STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
FILIPPO STEFANI
LA STORIA DELLA DOTTRINA E DEGLI ORDINAMENTI DELL'ESERCITO ITALIANO VOLUME III
* TOMO 2° DAGLI ANNI CINQUANTA ALLA RISTRUTTURAZIONE
ROMA 1989
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PRESENTAZIONE
Con il secondo tomo del terzo volume della Storia della dottrina e degli ordinamenti dell'Esercito Italiano si conclude l'opera ciclopica che soltanto la meticolosità e la pazienza certosina nella ricerca, nonché l'ampia preparazione del generale Filippo Stefani, hanno consentito di realizzare. È quindi in questa sede che l'Ufficio Storico sente il dovere di doverlo ringraziare poiché questi volumi - organicamente elaborati e nulla tralasciando - consentono agli esperti od agli appassionati l'esame approfondito dell'argomento evitando ricerche indubbiamente non facili, per la scarsa reperibilità delle fonti, o fornendo tutti quegli indispensabili dati bibliografici a coloro che desiderano invece ulteriormente approfondire un aspetto particolare della materia. Il presente tomo tratta la dottrina e gli ordinamenti fino al 1975, ristrutturazione appena affacciata sia perché troppo vicina a noi sia perché ancora in fase di progressivo adeguamento. Il ciclo della normativa d'impiego comprende quindi le serie dottrinali dalla 700 alla 800, lasciando fuori la 900, specifica dello strumento post-ristrutturazione. Si può tuttavia affermare che il corpo normativo risulta - comunque - assai aggiornato, non apportando la 900 innovazioni sostanziali alle concezioni d'impiego, ma soltanto integrazioni aggiuntive e di completamento della precedente. Non così invece per gli ordinamenti, sensibilmente diversificati non tanto negli organici - specie ai bassi e medi livelli - quanto nella gerarchia funzionale e di impiego. Provvedimento, comunque, giustificato dalla maggior disponibilità di potenza delle pedine basilari di combattimento odierne rispetto a quelle del passato: fattore che, se sotto taluni aspetti può implicare uno scalamento dei compiti operativi, sotto altri impone invece diverse e più elaborate modalità di coordinamento per l'aumento delle «redini» di comando, soprattutto ad alto livello. Ma l'esame di queste ulteriori sanzioni spetterà ai successori del generale Stefani. IL CAPO UFFICIO STORICO
CAPITOLO
LVII
RISTRUTTURAZIONE E RIDIMENSIONAMENTO NELLA SECONDA META DEGLI ANNI CINQUANTA 1. L'esercito di qualità e l'organizzazione scolastico-addestrativa. 2. La difesa militare territoriale. 3. L'organizzazione centrale. 4. Le grandi unità e l'organizzazione del comando operativo. 5. La fanteria, l'artiglieria, il genio, le trasmissioni, l'aviazione leggera dell'esercito, i servizi. 6. Riduzioni e riassetti vari. 7. Considerazioni conclusive sul nuovo ordinamento.
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Nd campo dell'ordinamento, due le operazioni connesse, ma distinte nelle finalità e nelle motivazioni, della seconda metà degli anni cinquanta: la ristrutturazione ed il ridimensionamento. La prima, tendente a conferire all'esercito, soprattutto alla componente operativa, in armonia con la nuova dottrina 600, la bivalenza; la seconda, diretta a favorire la prima e ad adeguare lo strumento alle disponibilità finanziarie, riducendo il programma di strutture e di forze ideato, forse con eccessiva speditezza, durante il precedente periodo della ricostruzione. La branca che non venne coinvolta nel duplice processo fu quella scolastico-addestrativa che, a parte alcuni mutamenti di denominazione 1, di ordinamento interno 2 e di organici di taluni istituti, rimase quella messa in piedi durante il decennio precedente e, anzi, venne ampliata e consolidata mediante la costituzione del Centro aviazione dell'Esercito in Viterbo 3, del Battaglione addestramento specializzati in Persano posto alle dipendenza della scuola truppe corazzate di Caserta 4, della Scuola elettromeccanici di artiglieria contraerei in Roma pe trasformazione del reparto allievi meccanici e motoristi contraerei già inquadrato nel laboratorio di precisione dell'esercito s. A favore dell'organizzazione scolastico-addestrativa non vennero risparmiati né personale né denaro, sulla base del principio che l'efficacia delle unità operative è in diretto rapporto con l'efficienza dell'orga-
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nizzazione addestrativa e che questa è indispensabile, specialmente in un'epoca di vertiginoso progresso della scienza e della tecnica e di spinta verso gli eserciti di qualità in luogo di quelli di massa. Esercito di qualità - scrisse il generale Liuzzi riferendosi alla strutturazione da lui compiuta - nel suo profondo e completo signi-
ficato vuol dire esercito dotato di materiali efficienti e moderni, ma prima ancora costituito da quadri e gregari di elevata qualificazione professionale, da tecnici specialisti e da specializzati 6, vale a dire da personale razionalmente scelto ed accuratamente addestrato, in grado di manovrare con la massima efficacia le armi e le macchine che la tecnica mette a disposizione, di assicurare la perfetta applicazione dei procedimenti tattici e tecnici e delle procedure derivanti dalla complessità, pluralità e sofisticazione dei mezzi e materiali stessi, dal carattere interarma del combattimento terrestre, da quello interforze della battaglia e da quello plurinazionale delle guerre di coalizione. Da qui il nascere, il moltiplicarsi e l'ampliarsi degli istituti di studio, di ricerca e di preparazione professionale, al livello N.A.T.O. 7, interforze 8 e di forza armata, ed il loro consolidarsi nella funzione di strutture portanti dell'operatività, elemento determinante, ancorché non il solo e neppure il primo, per la risoluzione del problema della difesa, s ia sul piano nazionale che su quello N.A.T.O .. Non per niente alla frequenza dei corsi presso i massimi istituti militari -NATO Defense College e Centro alti studi militari - vennero destinati - e continuano ad esserlo - anche funzionari direttivi di dicasteri diversi da quello della difesa. Ridotte che siano nella loro entità, le forze armate moderne non possono rinunziare ai loro istituti specializzati, ai vari livelli, nello studio e nella ricerca ed alle loro scuole di reclutamento, di perfezionamento e di specializzazione che, suscettibili di aggiornamenti, riordinamenti e modifiche, restano sostanzialmente immutabili nelle finalità e nelle funzioni. Eventuali possibili unificazioni al livello interforze e riduzioni altrettanto possibili delle strutture interne non possono comunque incidere sul numero e sul tipo delle specializzazioni che quadri e gregari vi debbono conseguire. Le discipline che formano oggetto di studio, di ricerca, di apprendimento e di applicazione tendono se mai ad aumentare, non certo a diminuire, ed il fenomeno è comune a tutte le scuole civili e militari di qualsiasi livello. Ciò spiega, seppure solo in parte, la crisi che un po' dappertutto, ma soprattutto in Italia, travaglia da anni tutti gli istituti civili d'istruzione, dalla scuola elementare a quella universitaria, ai quali le tante maxi o miniriforme tentate non sono riuscite a conferire un
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assetto adeguato_ Le scuole militari italiane, invece, frequentate anche da militari di eserciti stranieri - ad esempio la scuola di guerra di Civitavecchia - godettero fin da quegli anni, e continuano ad esserne circondate, di grande prestigio e dettero, come continuano a dare, risultati eccellenti per la razionalità della loro impostazione, la validità della loro organizzazione, la metodicità dei loro programmi, il continuo aggiornamento delle materie e adeguamento all'evoluzione sociale e tecnologica e per la serietà degli studi che vi si compiono. La nuova tendenza all'esercito di qualità ripropose a tutti gli eserciti il dilemma tra esercito di m estiere ed esercito di leva; l'avvento delle nuove anni pose addirittura in discussione l'identità delle forze terrestri convenzionali ed accelerò il tramonto definitivo dei grandi eserciti di massa. Nella situazione che si venne a determinare, l'esercito di mestiere sembrò rappresentare, si pensò, la soluzione più valida. Se più di due secoli prima la evoluzione politico-sociale aveva portato all'abbandono quasi generale degli eserciti di mestiere ed all'adozione degli eserciti di leva e, se dieci anni prima, il secondo sistema era sembrato ancora migliore, nella seconda metà degli anni cinquanta, la stessa evoluzione socio-politico-militare, per la vastità ed il ritmo di sviluppo del tecnicismo, non induceva a ritornare, sia pure con fine diverso e per motivi diversi da quelli a cui aveva risposto nel lontano passato, all'esercito di mestiere? Dal punto di vista meramente tecnico l'esercito di mestiere appariva senza dubbio la soluzione più conveniente e più convincente, ma quanto a costo la meno fattibile e, sotto il profilo etico, la più sconsigliabile. Se si doveva procedere al ridimensionamento era per motivi di economia ed allora come proporre all'autorità politica, già tanto poco propensa a considerare nella loro realtà le esigenze della difesa del paese, ed in particolare quelle delle forze armate, un sistema di reclutamento che avesse comportato una spesa di esercizio molto superiore a quella già considerata quasi insostenibile per l'esercito di leva? Era, inoltre, cessata la necessità della funzione educatrice e formativa della coscienza nazionale esercitata negli anni passati dall'esercito di leva a beneficio morale e culturale dell'intero paese? La Costituzione della repubblica non aveva forse sanc ito il dovere sacro per ogni cittadino della difesa della Patria? Fra i principali Stati dell' Europa dell'uno e dell'altro blocco, solo il Regno Unito aveva optato, dopo la fine della guerra, per l'esercito di mestiere, ma si era trattato, per esso, del ritorno ad un sistema tradizionale già sperimentato positivamente in passato. Una soluzione di compromesso avreb-
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be potuto essere, secondo non pochi competenti, quella di distinguere la componente operativa in forze di prima linea, costituita interamente da personale in servizio permanente o vincolato a lunghissima ferma, e in forze di seconda linea destinate alla difesa interna, a funzioni logistiche ed alla difesa di installazioni, impianti e località importanti e sensibili, costituite da personale di leva e da personale richiamato dal congedo. Una soluzione del genere presentava - e presenta - difetti enormi e gravi, in quanto è dannosa sotto il profilo spirituale e morale perché divide le forze in due categorie distinte e diverse, una di élite, l'altra scadente, e perché, non consentendo lo scambio fra le due categorie, né il rinforzo od il rinsaguamento della prima da parte della seconda, è antieconomica, stante la necessità di avere forze nei limiti del possibile intercambiabili. Prima in un articolo sulla Rivista militare 9 e successivamente nel suo volume Italia difesa? 10, il generale Liuzzi spiegò le ragioni che avevano indotto nel 1955 lo stato maggiore dell'esercito, di fronte al riproporsi del dilemma, a confermare la scelta di dieci anni prima. La necessità di disporre di combattenti ed ausiliari in gran parte dotati di conveniente preparazione tecnica allo scopo di garantire il corretto ed efficace impiego dei materiali in distribuzione ha fatto sì che oggi non solo la Marina e l'Aeronautica, come già si riteneva una volta, ma anche l'Esercito, vale a dire la forza armata di gran lunga più numerosa in Italia ed associata in passato al concetto di massa, debba essere considerato prevalentemente costituito da specializzati. All'esigenza di un addestramento di specializzazione, imponente in tutte e tre le forze armate per ampiezza e complessità (la varietà delle specializzazioni è davvero vastissima}, si aggiunge quella di fronteggiare, fra le ipotesi di conflitto, la più irta di difficoltà e di conseguenze: lo scoppio istantaneo o quasi delle ostilità, con uso indiscriminato di mezzi di offesa tenuti in potenza (in altre parole un'aggressione improvvisa, brutale e totale da parte del presumibile avversario), che renderebbe pressoché inattuabili i previsti procedimenti di mobilitazione. Tutto ciò ha indotto una folta schiera di tecnici e di critici militari a pensare che l'epoca del servizio di leva sia tramontata e che tutte e tre le Forze Armate debbono essere esclusivamente formate da personale di carriera od a lunga ferma. Anche l'esercito, perciò, la più consistente sotto l'aspetto numerico delle forze armate, non dovrebbe più essere un esercito di leva, come sinora in Italia per tradizione, bensì un esercito di mestiere. Una simile trasformazione avrebbe effetti assai rilevanti e non tutti benefici, ma offrirebbe il vantaggio di assicurare un 'accura-
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ta preparazione tecnica e la disponibilità di forze prontamente impiegabili in qualsiasi momento 11 . Dopo una rapida occhiata a quanto in materia era stato realizzato altrove e la constatazione che quasi nessuno Stato aveva rinunziato all'esercito di leva - in quel periodo neppure gli Stati Uniti - aggiungeva: «Di fronte a tali e tanti esempi l'Italia commetterebbe un errore colossale sopprimendo il servizio militare obbligatorio: non solo per il maggiore costo dei professionisti e dei volontari rispetto ai militari di leva (maggiore costo che viene del resto in buona parte compensato da un periodo assai più lungo di utilizzazione degli elementi addestrati, da una rotazione molto più attenuatà del personale in servizio e quindi da un reclutamento nel complesso meno numeroso), ma anche e soprattutto per ragioni di carattere etiçu e sociale. D'altra parte se l'esperienza altrui può risultare proficua, è bene considerare le gravi difficoltà che ha dovuto superare e gli ingenti sforzi che ha dovuto compiere la Germania occidentale (la quale, tutto il passalo lo dimuslra, è un paese fondamentalmente militarista) allorché ... ristabilì l'obbligo del servizio militare e cominciò a chiamare piano piano ed a piccolissime dosi i cittadini alle armi. È presumibile che, in situazione analoga, l'Italia la quale non è mai stata militarista, si troverebbe davanti a diffic:ultà ed a sfurzi perlomeno altrettanto pesanti ... La soluzione che si è quasi dovunque imposta, come la più opportuna e rispondente alle esigenze attuali d'impiego, è quella di forze costituite in buona parte da personale di leva, ma comprendenti una larga aliquuta di personale permanente od a lunga ferma» 12. Punti fermi della ristrutturazione furono, dunque, il mantenimento e l'incremento dell'organizzazione scolastico-addestrativa preesistente e la conferma del sistema di reclutamento di coscrizione obbligatoria, ma con l'inserimento di almeno un 30% di personale di carriera vincolato a lunga ferma. Il minimo del 30% di tale personale - presso gli eserciti francese, tedesco-occidentale, statunitense, l'entità dell'aliquota a lunga ferma veniva commisurata al 50% del totale d ella forza - parve sufficiente a fronteggiare le esigenze, anche per il fatto che la durata della ferma era fissata in 18 mesi. Ma l'esercito italiano era ancora molto lontano dal 30% di militari volontari e non sarebbe stato realistico pensare di poter raggiungere tale proporzione in tempi brevi e tanto meno superarla. L'aliquota di specializzati a lunga ferma soffriva di vuoti considerevoli e la mancanza di serie attrattive economiche non giovava certo ad attirare elementi idonei ed in numero sufficiente alla carriera delle armi. In w1 paese uuu solo non militari-
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sta, ma quasi indifferente ai problemi della difesa, sebbene disposto nel passato a battersi bene in guerra, era del tutto normale che, senza sostanziosi incentivi di remunerazione e di carriera, i bandi di concorso per i volontari da specializzare andassero quasi deserti e che i pochi concorrenti non costituissero certo il meglio della piazza. Si dovette perciò continuare a ricorrere, anche per coprire i posti di alta specializzazione, al personale di leva che, sebbene opportunamente selezionato e addestrato, non garantiva la continuità e non dava sicurezza di elevata efficienza, perché da sostituire per fine ferma proprio quando era in grado di un buon rendimento, mentre i mezzi ed i materiali, per la frequente rotazione degli uomini addetti al loro funzionamento od utilizzazione, venivano sottoposti ad un logorio continuo che ne riduceva la durata operativa. Gli sforzi compiuti dai vertici militari per porre rimedio a tale situazione di degrado dell'efficienza complessiva e di antieconomicità conseguirono risultati modesti, perché, se da una parte non si può dire che i ministri della <lifesa, onorevoli Taviani e Segni, non sensibilizzassero il problema, d'altra parte non si può non constatare come entrambi non furono in grado di renderne partecipi il consiglio dei ministri e il Parlamento al fine di stabilire condizioni di arruolamento allettanti che garantissero un trattamento economico e prospettive di sistemazione più soddisfacenti. L'insufficienza del personale a lunga ferma, già pesante nel 1955, andò via via facendosi sempre più forte a mano a mano che il fabbisogno di personale ad alta qualificazione ed il numero delle specializzazioni venivano crescendo in seguito all'incorporazione di nuove macchine. Ad acuire i vuoti concorse, inoltre, lo sviluppo economico del paese con il richiamo al lavoro nelle industrie in espansione assai meglio retribuito di quello, non certo concorrenziale, previsto per i volontari a lunga ferma. I ministri della difesa firmarono in quegli anni una infinità di bandi di concorso 13, ma i posti non vennero quasi mai coperti per intero e spesso lo furono da personale di seconda serie. La mancata copertura del fabbisogno del personale volontario a lunga ferma di.;enne una costante dell'esercito, con riflessi negativi durevoli e nel tempo sempre più vasti sia nei riguardi dell'efficienza operativa, sia dell'economicità della gestione, tanto da produrre una vera e propria crisi esistenziale quando la durata della ferma verrà ridotta prima a 15 e poi a 12 mesi. Le scelte operate e le decisioni adottate dallo stato maggiore dell'esercito in materia di organizzazione scolastico-addestr'a tiva e di sistema di reclutamento - nei riguardi di questo ultimo venne diramato
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un nuovo testo unico delle disposizioni legislative che lo regolavano 14 e venne disposto l'assetto definitivo dell'organizzazione della selezione attitudinale mediante il passaggio delle relative operazioni dai comandi militari territoriali di regione ai gruppi selettori dei distretti militari 15 - furono, in conclusione, del tutto aderenti alle esigenze operative ed alla situazione politico-sociale del paese. Quella riguardante il sistema di reclutamento privilegiò di fatto, in un certo senso, gli aspetti politici, etici ed economici rispetto a quelli meramente tecnico-militari, ma non per questo fu meno avveduta e realistica, in quanto, in quel periodo, era ancora del tutto possibile e conveniente, nell'interesse della nazione, fare affidamento, al di sopra di ogni gretta visione meramente settoriale, sul sistema del reclutamento di leva, fatto naturalmente salvo lo sforzo politico e finanziario necessario al reclutamento del personale a lunga ferma.
2. Gli studi per l'approntamento del progetto di ristrutturazione e di ridimensionamento ebbero inizio nell'ultimo scorcio del 1954 e trovarono corpo in un fascicolo che venne distribuito ai comandanti di territorio ed agli ispettorati d'arma nel giugno del 1955 16. I fini fondamentali che s'intesero conseguire con le due operazioni simultanee furono la completa separazione della gerarchia preposta alle forze del1'esercito di campagna da quella della organizzazione territoriale, l'armonizzazione della struttura generale dell'esercito alle nuove esigenze operative e dottrinali e la riduzione maggiore possibile di tutti gli enti, gli organi e le unità non strettamente indispensabili all'espletamento dei compiti nazionali e N.A.T.O .. La ristrutturazione riguardò, in primo luogo, la componente operativa o di campagna e successivamente il ridimensionamento dell'intero esercito (componenti centrale, territoriale, operativa). Le due operazioni avrebbero dovuto prendere le mosse dall'impostazione generale del problema della difesa che, ripetiamo, nella sua interezza abbraccia un complesso di organizzazioni parziali, corrispondenti a numerosi settori di attività. Di questi solo quello militare risultava, nel 1954, caratterizzato dal segno positivo dell'opera svolta, e tutt'allora in atto, nel periodo della ricostruzione, mentre tutti gli altri erano contraddistinti dal vuoto quasi.assoluto. Ma lo stesso settore militare non aveva informato la sua ricostruzione ad un programma razionale, organico e realistico, perché non era
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stato possibile disporre di un siffatto programma che avrebbe richiesto la definizione, da parte delle autorità politiche, dei compiti da affidare alle forze armate e di un'adeguata consistenza delle assegnazioni finanziarie, che avrebbero dovuto essere necessariamente pluriennali. Si era stati invece costretti a lavorare vivendo alla giornata, fino a quando l'ingresso dell'Italia nell'alleanza atlantica aveva imposto nuovi impegni, offrendo in compenso nuove possibilità e mezzi. Il ministro Pacciardi ed i vertici militari del periodo della ricostruzione avevano fatto da parte loro quanto possibile - forse con lo sguardo troppo rivolto al passato e poco alle esigenze ed agli sviluppi probabili dell'avvenire, ma pur sempre con impegno e fede - per portare a termine il programma di ricostruzione, senza poter peraltro riuscire a raggiungere una situazione di equilibrio tra esigenze ed obiettivi da un lato e sicurezza finanziaria dall'altro. Il Parlamento non aveva mai discusso i compiti da affidare alle forze armate e deciso un programma di finanziamento per il raggiungimento degli obiettivi ad esso connessi. L'ingresso nell'alleanza atlantica aveva aggiunto ai compiti della difesa militare delle frontiere e del territorio contro il nemico esterno, della sicurezza in caso di guerra del regolare afflusso dei rifornimenti essenziali dai paesi oltremare, della difesa delle istituzioni repubblicane e democratiche e dell'ordine interno in caso di gravi perturbamenti, anche quelli di concorrere alla difesa del mondo e della civiltà occidentale, mantenendo gli impegni assunti con l'adesione al patto atlantico, di essere in grado di partecipare prontamente alla formazione di corpi da inviare, in seguito a deliberazione dei comandi alleati e di organismi internazionali (per esempio l'O.N.U.), nell'area N.A.T.O. o in qualsiasi parte del mondo ove occorresse ristabilire o mantenere l'ordine e la pace. Questa definizione poteva essere sottintesa, ma non era mai stata resa esplicita dalla volontà del Parlamento, mentre solo da essa avrebbero potuto discendere le dimensioni delle singole forze armate e le loro caratteristiche di struttura e di armamento, nonché l'onere finanziario da sostenere. Tutti i governi che si erano succeduti nel decennio della ricostruzione non si erano voluti impegnare di fronte al Parlamento nella definizione dei compiti e non lo vollero fare per molti anni neppure quelli che vennero dopo di loro. Ciò costrinse i vertici militari ad operare la ristrutturazione e il ridimensionamento e a stabilire l'entità e la qualità delle forze necessarie per soddisfare le esigenze nazionali e quelle internazionali quasi da soli, muovendosi in un contesto finanziario incerto imposto dalla politica che, da parte sua, fissava gli stan-
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ziamenti di bilancio procedendo a tentoni, ignorando, o facendo finta di non conoscere, la realtà concreta e viva delle tre forze armate e la necessità del loro adeguamento ai compiti ed alle esigenze di uno strumento militare moderno, particolarmente abbisognevole di conservare e di accentuare la propria vitalità in un periodo di evoluzione rapidissima dei mezzi e delle dottrine. Il problema della difesa nazionale, molto più vasto e complesso di quello della difesa militare, avrebbe dovuto dunque essere affrontato pressoché esclusivamente dall'autorità politica e questa avrebbe dovuto impostare, definendo i compiti delle forze armate, anche quello della politica militare, alla cui soluzione avrebbe dovuto altresì provvedere d'intesa con i vertici militari. Ciò non avvenne e questi ultimi dovettero procedere senza poter inquadrare le proprie esigenze nel contesto del problema generale, vale a dire nell'organizzazione della nazione in guerra per la quale nulla o quasi esisteva, all'infuori della ancora vigente legislazione del periodo fascista che continuava a restare del tutto disattesa, come del resto lo era stata durante il ventennio stesso. Eppure era stato chiaro nel passato remoto, ed ancora più in quello prossimo, che una difesa militare senza una programmazione dell'economia di guerra, dell'industria, dei trasporti, ecc. vale di per sé assai poco. Malgrado ciò, i vertici militari posero mano alla ristrutturazione ed al ridimensionamento con l'intendimento, nell'ambito di tutte le loro possibilità, di salvaguardare il minimo strategico indispensabile alla difesa militare del paese nella fase iniziale di un eventuale conflitto. Il primo settore sul quale si appuntò lo sforzo dello stato maggiore dell'esercito fu l'intelaiatura dell'organizzazione territoriale che venne ristretta in base a due criteri principali: la suddivisione del territorio nazionale in scacchieri operativi, posti ai fini deJla difesa e logistici, ciascuno, sotto un solo comandante; l'attuazione delle misure necesarie ad una razionale e rapida organizzazione, all'atto dell'emergenza, dell'intendenza di scacchiere al fine di ridurre al minimo la crisi del passaggio dal tempo di pace a quello di guerra. I compiti dell'organizzazione territoriale rimasero, in linea generale, gli stessi del passato: difesa territoriale, organizzazione e funzionamento dei servizi territoriali, gestione degli espropri, delle servitù militari e dell'accasermamento, reclutamento, mobilitazione 17. Essi vennero però ripartiti fra un numero di organi di comando e di enti vari generalmente inferiore a quello preesistente 18. In sostituzione degli 11 Comiliter vennero istituiti 6 Comandi di regione militare: nord-ovest in
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Torino, nord-est in Padova, tosco-emiliana in Firenze, centrale in Roma, meridionale in Napoli, della Sicilia in Palermo. La Sardegna venne inclusa nel territorio di giurisdizione del comando militare territoriale della regione centrale. Vennero soppressi, in due tempi, i comandi militari territoriali di Bolzano, Milano, Genova, Bologna e Bari. I comandi di regione, come già quelli di Comiliter, furono posti alle dipendenze dell'autorità centrale e ne venne stabilita la preminenza gerarchica rispetto ai comandi di corpo d'armata, diversamente da quanto disposto nel passato allorché i comandi di territorio erano stati posti alle dipendenze dei comandi di corpo d 'armata nei casi di coincidenza in uno stesso territorio dei due organi dicomando 19. L'ampliamento di talune aree di giurisdizione e delle attività svolte dai comandi di regione portarono al ripristino della carica del vicecomandante, da conferire a generali di divisione nei comandi di regione più oberati, ponendo alle loro dipendenze dirette anche i comandi di zona «A », qualora retti da generali di divisione meno anziani del vice-comandante di regione, e lasciando alle dirette dipendenze del comandante della regione il comandante della Sardegna 20. Allo scopo di conferire alla nuova organizzazione una configurazione adeguata a lle caraltcristiche degli scacchieri operativi ed una struttura pienamente funzionale vennero subito costituiti ex novo, o ampliati, i reparti trasmissioni dei comandi di regione, proporzionandone l'entità e il livello alle nuove esigenze e prevedendo, per il tempo di pace, il concorso di personale e di mezzi dell'esercito di campagna per il funzionamento delle reti territoriali e, per il tempo di guerra, il potenziamento di quelle esistenti o la creazione ex novo di a ltre unità delle trasmissioni 21. Vennero altresì stabiliti nuovi compiti per le direzioni di amministrazione dei comandi di regione presso i quali venne is tituita una sezione trattamento economico, che assicurasse al personale, all'atto del collocamento in quiescenza, la tempestiva attribuzione degli stipendi maturati 22. L'orientamento generale al ridimensionamento dell'organizzazione territoriale non incise sui comandi di zona, dei quali si rese invece necessario aumentare il numero, costituendo, nel 1955, 3 nuovi comandi: uno in Torino, perché l'unico esistente nella regione nord-ovest, quello di Novara, non era in grado di espletare appieno i suoi compiti 23; uno in Trieste perché, dopo l 'inserimento del raggruppamento Trieste nella divisione Folgore, si rese necessario costituire in loco un comando retto da generale con compiti territoriali ed operativi con-
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nessi con le particolari duplici esigenze della città e del terrritorio limitrofo 24; uno in Vicenza dove stava per trasferirsi il comando della S.E.T.A.F. rendendosi perciò opportuna la presenza di un comando militare italiano retto da generale 25. Nel quadro dell'organizzazione del territorio di Trieste vennero, inoltre, disposte altre misure tendenti a meglio caratterizzare la fisionomia peculiare della città non inglobabile nel piano di difesa della frontiera orientale, ma non per questo da lasciare in balia dell'eventuale aggressore 26. In connessione con la soppressione dei comandi militari territoriali di Genova e di Bari venne soppresso il comando di zona di Foggia e costituiti i comandi di zona di Alessandria e di Bari. Un altro comando di zona venne costituito in Sicilia con sede in Palermo 27. Allo scopo di meglio commisurare la struttura ordinativa dei comandi di zona alla vastità del territorio di giurisdizione, alla centralità delle sedi e all'onerosità dei compiti a ciascuno affidati, essi vennero distinti in tipo «A» retti da generale di divisione (Genova e Bari) e in tipo «B» retti da generale di brigata (i rimanenti) 28, mentre il comando di zona de L'Aquila venne trasferito a Perugia 29. I distretti militari vennero gradualmente ridotti di 27 unità 30. Avviata fin dal 1954 l'opera di riduzione dei distretti e quella del loro declassamento o della loro elevazione di ruolo, a seconda delle varie necessità, essa venne condotta con il criterio di rendere più economica ed al tempo stesso non meno funzionale e snella l'intera organizzazione distrettuale meglio ripartendola in tutto il territorio nazionale senza sacrificarne la validità. Il riordinamento, peraltro, incontrò non poche difficoltà a causa di interventi esterni, ai quali non sempre rimasero insensibili i ministri Taviani e Segni, delle autorità politiche locali non disposte, per motivi di ordine vario, ad accettare i provvedimenti riduttivi. Esistevano, inoltre, remore di ordine interno, determinate dalle esigenze familiari e di alloggio degli ufficiali e sottufficiali da trasferire, che avrebbero subito danni economici notevoli nel passare da una città all'altra perdendo l'uso degli alloggi demaniali, INCIS od a fitto bloccato dei quali godevano, stanti la carenza di abitazioni analoghe o l'inaccessibilità dei fitti nelle nuove sedi di des tinazione. Difficoltà e remore che si ripetevano nei riguardi del personale degli enti logistici da sopprimere o ridimensionare, per cui quasi ovunque l'amministrazione militare fu costretta a lasciare nella stessa sede il personale degli enti soppressi o ridotti impiegandolo, dove possibile, persino extraorganico, presso altri comandi ed enti della stessa città, o tollerando il fenomeno del pendolarismo, per il
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quale ufficiali e sottufficiali residenti in una località prestavano servizio in altra, spesso distante dalla prima decine e decine di chilometri. Tale stato di cose finì per riguardare spesso anche il personale dei comandi e delle unità dell'esercito di campagna, riducendo sensibilmente i benefici del ridimensionamento e, soprattutto, creando gravi difficoltà allo sviluppo di una razionale ed avveduta politica d 'impiego dei quadri in servizio permanente, con conseguenze negative di ordine funzionale e disciplinare gravi. L'insufficiente disponibilità di alloggi demaniali, o convenzionati, o comunque a fitti accessibili, e la inadeguatezza delle retribuzioni finirono in pratica con quasi togliere all'autorità centrale la facoltà di disporre i movimenti di personale necessari in relazione alle esigenze organiche dei vari organismi e con il dare vita ad un inquadramento di carattere regionale, quando non addirittura comunale, che, riferito ai quadri, fu una delle cause di degrado dell'efficienza operativa. Nume rose e radicali furono le trasformazioni, le fusioni e le sopressioni apportate all'organizzazione logistica per renderla più economica ed armonizzarla con il nuovo panorama logistico delineato dalla già citata pubblicazione 6300 Norme generali per l'organizzazione logistica ed il funzionamento dei servizi in guerra 31 e successivamente dalla Memoria e dalle circolari degli anni 1957-'58 32. Ristrutturazione e ridimensionamento coinvolsero il servizio sanitario 33, quelli di commissariato 34, di artiglieria 35, del genio 36, delle trasmissioni 37, della motorizzazione 38, dei trasporti 39 e ippico veterinario 40. Anche nel settore deJla giustizia militare 41 e dei depositi 42, le riduzioni e le fusioni di compiti in un unico ente, prima esercitati da un maggiore numero di organismi, risposero al criterio dell'economia e della funzionalità e vennero attuate con ordine egradualità senza dare luogo a crisi di trapasso. La difesa aerea del territorio venne ordinata, dal 1° luglio 1955, d'intesa fra lo stato maggiore dell'esercito e quello dell'aeronautica, su: comandi artiglieria contraerei DAT - esercito di zona aerea territoriale (Z.A.T.) - Milano, Roma, Bari-; comandi di artigliera contraerei DAT - esercito di settore aeronautico (M. Venda, Settepani. M. Cavo, Martina Franca, Siracusa, Cagliari). I gruppi di artiglicr::1 con traerei DAT - esercito vennero costituiti su formazione qua tl·rn::1,·i:1 omogenea e, pertanto, le batterie contraerei leggere cessarono di 111 re parte dei gruppi pesanti che vennero ordinati, ciascuno, i. u 4 b1,1 terie pesanti, mentre le batterie leggere vennero riunite in l~rnppi leggeri di 4 batterie ciascuno. Per il tempo di pace ve nne prl'vì , 111 In
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contemporanea esistenza di batterie effettive e di batterie contratte, sia nei gruppi pesanti che in quelli leggeri. Venne tracciato altresì, sempre d'intesa tra i due stati maggiori di forza armata, un programma di sviluppo della difesa aerea prevedendo, per l'esercito, la costituzione di un totale di 7 comandi di raggruppamento, di 23 gruppi pesanti su 4 batterie (1 effettiva e 3 contratte), di 7 gruppi leggeri su 4 batterie - 3 gruppi su 2 batterie effettive e 2 contratte e 4 gruppi su 1 batteria effettiva e 3 contratte - di cui 3 per la difesa contraerei delle basi aeree 44. Il programma di sviluppo, sebbene inadeguato quantitativamente e qualititativamente, ebbe lo scopo principale di costituire la prima intelaiatura del sistema di difesa aerea in attesa della disponibilità dei mezzi aerei, contraerei e di allarme e protezione, di tutto il territorio nazionale e, in particolare, degli agglomerati urbani e industriali. Esso poi non ebbe seguito nei termini stabiliti perché i successivi rapidi sviluppi della tecnica aeronautica e missilistica gli tolsero validità e perché non furono mai disponibili i mezzi per sostituire i materiali superati con altri rispondenti per qualità e quantità alle nuove esigenze. Le due forze armate concentrarono in seguito le scarse risorse a favore della difesa aerea delle zone e delle basi operative delle forze di campagna e nulla poterono fare a favore della difesa aerea dell'intero territorio nazionale, che rimane a tutt'oggi un problema non ancora interamente risolto e del quale l'autorità politica non si fa carico, nonostante che esso rientri nel quadro dell'organizzazione generale della difesa del paese, di cui la difesa aerea è uno degli aspetti fondamentali e prioritari. In parallelo con il processo di ristrutturazione e di ridimensionamento, lo stato maggiore dell'esercito svolse un imponente lavoro di revisione e di riassetto delle predisposizioni di mobilitazione riguardanti la costituzione, all'atto della mobilitazione, di nuove unità, enti e reparti ed il completamento di quelli esistenti fin dal temo di pace, nonché l'istruzione delle riserve 45. Vennero rielaborati i piani di mobilitazione, revisionati quelli dell'impiego del personale in guerra, esperimentate le nuove predisposizioni di mobilitazione, impegnando a questo ultimo scopo, sul piano reale, distretti, depositi, centri di mobilitazione, intere grandi unità e reparti vari della difesa territoriale e dei servizi d'intendenza 46. I vari esperimenti si svolsero in situazioni di allarme e vennero in genere articolati in tre fasi: preallarme, per la messa a punto delle predisposizioni; allarme, fase in cui le unità, dopo avere assunto le formazioni e gli organici di guerra, svolsero un intenso ciclo di attività addestrativa; cessato allarme, fase in
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cui i riservisti vennero congedati e le unità esercitate rientrarono nelle rispettive sedi stanziali dalle quali si erano allontanate, al momento della ricezione dell'ordine di allarme, per raggiungere i campi di addestramento. Ottimi i risultati tratti dagli esperimenti di approntamento della divisione Pinerolo nell'estate del 1955, della divisione Aosta nell'estate del 1956, della divisione corazzata Centauro e di unità della difesa territoriale e dei servizi d'intendenza nell'estate del 1959. Nel settore dell'organizzazione territoriale, i tagli apportati ne migliorarono, in definitiva, il grado di funzionalità e ne diminuirono i costi di esercizio, ma le economie realizzate, che pure vi furono, non ebbero una portata incisiva ai fini della riduzione dello squilibrio esistente tra i fabbisogni e le disponibilità. Così, ad esempio, sarebbe stato necessario procedere alla costituzione di altre unità fucilieri per la difesa territoriale, anche per alleggerire gli impegni territoriali delle unità dell'esercito di campagna, ma ciò fu possibile solo entro limiti ristrettissimi 47, perché ulteriori riduzioni operabili nei settori logistico e degli approvvigionamenti, mediante la soppressione di altri stabilimenti, magazzini e deposili, il cui mantenimento in vita non sarebbe stato strettamente necessario, vennero impedite dall'autorità politica. Soprattutto nell'ambito dell'Esercito e della Marina vivono ancora la loro vita inutile e quindi parassitaria o dannosa - ebbe a scrivere a tale riguardo il generale Liuzzi - stabilimenti, magazzini, depositi, enti burocratici la cui esistenza non è giustificata da alcuna esigenza militare, bensì da ragioni che vengono definite sociali, ma che in realtà sono politiche o, per essere più esatto, elettorali. Queste ragioni, che impediscono una coraggiosa ed illuminata opera di potatura, consistono nel voler mantenere nelle attuali occupazioni e sedi determinate maestranze (magari in buona parte non qualificate) o determinati gruppi di impiegati ed operai, nel voler evitare la soppressione di qualche ente in regioni considerate come sottosviluppate, o addirittura nel voler astenersi da atti che potrebbero dispiacere a certe personalità politiche. Spesso risulta più facile sciogliere un reggim ento che un piccolo magazzino di materiali con dieci persone addette. E talvolta bisogna riconoscere che alcuni enti superflui vengono tenuti in piedi mentre qualche altro, che sarebbe necessario - come appunto lo erano i battaglioni fucilieri per la difesa del territorio - non viene creato per insufficienza finanziaria perché la ragione politica tende a prendere il sopravvento su quelle amministrative e tecniche ... Un altro esempio che dimostra la sfavorevole influenza dell'elemenlu pu-
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litico sull'organizzazione militare è quello dell'impiego non sempre corretto del personale civile ... Qualche volta è anche avvenuto che, apertesi per brevissimi periodi le assunzioni, anziché uno stretto numero di specialisti, fosse reclutato un numero più notevole di generici, dei quali non si sentiva alcuna necessità ma che avevano una particolarissima prerogativa: quella di rispondere, per località di origine o per interessi di partito, a determinate esigenze elettorali» 48. Molte, non tutte, furono le ipertrofie e le incrostazioni eliminate e, soprattutto, non quante sarebbero state senza gli interventi dell'autorità politica, contenuti durante il periodo dei ministri Taviani e Segni, ma che aumenteranno notevolmente nei tempi successivi. Le disponibilità finanziarie erano insufficienti, ma una parte di esse veniva spesa male. La riforma dell'organizzazione territoriale dell'esercito, attuata dal generale Liuzzi, fu comunque un primo grande passo in avanti nello snellimento delle strutture e la potatura avrebbe potuto risultare assai più copiosa qualora fosse stata impostata, attuata e condotta in un contesto interforze, anziché nell'ambito di ciascuna forza armata, troppe essendo le difficoltà oggettive nonché quelle artificiose determinate dall'inerzia degli organismi esistenti, contrari per consuetudine e pigrizia mentale ai cambiamenti, dalla tendenza di ogni forza armata a contrastare ogni provvedimento volto a diminuire la sfera della propria autonomia, dall'istinto di conservazione e dagli interessi particolaristici degli stessi orgànismi da sopprimere o ridurre.
3. Nei riguardi dell'amministrazione centrale, il ministro Taviani volle porre allo studio il problema di un riassetto generale diretto a snellirla ed a rende rla al tempo stesso più funzionale ed economica. Nel 1955 chiese ai capi di stato maggiore ed ai segretari generali di forza armata uno studio circa una possibile riforma della branca tecnicoamministrativa del ministero. Derivato, nel 1947, dal raggruppamento sotto l'egida e la direzione di un solo ministro dei tre presistenti ministeri della guerra, della marina, dell'aeronautica, il ministero della difesa aveva conservato pressoché intatte tutte le precedenti strutture ed articolazioni dei tre ministeri soppressi. Il provvedimento di unificazione aveva in pratica avuto carattere solo nominale. Ancorché determinato da motivi politici e demagogici piuttosto meschini, il provvedimento conteneva in sé un elevatissimo grado di positività
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e, qualora attuato per intero nelle sue naturali conseguenze, avrebbe potuto produrre una notevole economia di spesa ed un'elevazione dell'efficienza di funzionamento della branca tecnico-amministrativa. Dal 1947 in poi nulla o ben poco era stato unificato ed anzi erano state create nuove articolazioni rese necessarie dall'unicità del ministero. Numerosi, in verità, erano stati i comitati, le commissioni, i gruppi di lavoro, costituiti da elementi politici e tecnici, militari e civili, impegnati nello studio del problema della nuova struttura del dicastero, ma nessuno era giunto a risultati concreti o, meglio, nessuna delle tante relazioni ricche di proposte aveva avuto altra fortuna di quella di concorrere ad accrescere il materiale degli archivi ed il volume delle carte destinate alla polvere. Sarebbe stato perciò un primo successo se, come primo passo, si fosse raggiunto il traguardo indicato dal ministro Taviani e cioè l'unificazione delle singole distinte amministrazioni affini delle tre forze armate in modo da perseguire in un secondo tempo la fusione integrale delle branche omologhe. Rientrò in tale quadro d'impostazione la risposta dello stato maggiore dell'esercito alla richiesta del ministro 49: articolazione della branca tecnicoamministrativa in un ufficio generali, 7 direzioni generali (personale militare; leva, chiamata ad esoneri; personale civile ed affari generali; pensioni; approvvigionamenti; servizi amministrativi; lavori e demanio), un'intendenza generale dell'esercito (direzione del servizio di amministrazione), una direzione del servizio tecnico dell'esercito (reparto amministrativo); coordinamento dei servizi a cura del segretario generale per l'esercito, dipendente direttamente dal ministro della difesa. Si trattò di una proposta settoriale e limitata al ministero della difesa-esercito, non riguardante il ministero della difesa nel suo complesso, diretta soprattutto a conferire alla branca tecnicoamministrativa dell'esercito un'articolazione per funzioni anziché per materia. La proposta, che in definitiva non conteneva quasi nulla ai fini dell'unificazione vera e propria, qualora accolta, avrebbe potuto egualmente rappresentare un primo cauto passo verso un ammodernamento ed un riassetto che avrebbero giovato alla funzionalità della branca e reso meno difficoltosa, in un secondo tempo, la vera e propria fusione, obiettivo finale di ristrutturazione delle tre articolazioni autonome - esercito, marina, aeronautica - veramente significativa ai fini di un'economia di lavoro e di spesa. Ma la proposta dello s tato maggiore dell'esercito, dopo un anno dalla sua formulazione, venne restituita dal gabinetto del ministro perché venissero studiate le pos-
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sibilità di meglio configurare le attribuzioni della direzione generale del personale militare e di quella della leva-chiamata-esoneri e d'inserire la direzione centrale del servizio di amministrazione dell'intendenza generale ed il reparto amministrativo della direzione superiore del servizio tecnico tra i servizi dell'amministrazione centrale so. Frattanto il ministro Taviani lasciò la carica e tutto rimase lettera morta; non venne attuata nessuna riforma, neppure all'interno delle tre articolazioni di forza armata; le direzioni e gli ispettorati generali rimasero distinti per materia; l'unificazione rimase scritta sul libro dei desideri. Nel settore della branca tecnico-operativa dell'esercito il generale Liuzzi riuscì, d'iniziativa, a realizzare un assetto ordinativo ed organico razionale e moderno, assai meglio rispondente di quello precedente ai criteri di impostazione e di organizzazione del lavoro di un organo dirigenziale quale è uno stato maggiore di forza armata. Egli articolò lo stato maggiore dell'esercito in 5 reparti: un reparto segreteria e servizi speciali (uffici: segreteria ed affari vari; bilancio; statistica; metodologia; meccanografia; storico}; I reparto (uffici: reclutamento, stato, avanzamento - Restav -; movimento del personale; governo del personale}; II reparto (informazioni o S.I.O.S.); III reparto (uffici: operazioni; addestramento e regolamenti; ordinamento; rivista militare}; IV reparto (uffici: servizi; trasporti; infrastrutture; ricerche e studi). A capo dei reparti: generali di brigata; a capo degli uffici: colonnelli in servizio di stato maggiore; a capo delle sezioni: tenenti colonnelli in servizio di stato maggiore, fatta eccezione per poche sezioni alle quali potevano essere preposti anche tenenti colonnelli d'arma. La nuova strullura ordinativa 51 comportò la creazione di nuovi uffici, resi necessari dai sempre più numerosi e rapidi progressi della scienza dell'organizzazione del lavoro, ed un diverso raggruppamento degli stessi uffici tradizionali in base al criterio di facilitare il più possibile il coordinamento delle attività da parte del sottocapo di stato maggiore e dei capi reparti. Dopo un anno di esperimentazione, con risultati del tutto positivi, ed in seguito alle norme emanate dal ministro per disciplinare i compiti e gli organi della statistica e della meccanografia 5 2, l'ordinamento del 1955 subì nel 1956 e nel 1957 alcuni ritocchi, quali la trasformazione dell'ufficio statisticametodologia-meccanografia in ufficio statistica, meccanografia, ricerca operativa, l'inserimento nel I reparto del centro per la psicologia applicata all'esercito ed il mutamento di denominazione dell'ufficio movimento del personale in ufficio impiego del personale 53. A tale
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nuovo ordinamento interno dello stato maggiore dell'esercito mancò la sanzione legislativa che il generale Liuzzi richiese invano. A tale riguardo va sottolineato l'assoluto vuoto legislativo di quegli anni, durante i quali la grandissima maggioranza di tutte le innovazioni ordinative vennero adottate senza che mai il Parlamento si pronunziasse su di esse. Lo stato maggiore dell'esercito ebbe costante cura di sottoporre al ministro della difesa, in veste di schemi di disegni di legge, tutte le trasformazioni ordinative che veniva attuando - ora d'intesa con lo stato maggiore della difesa, ora su mandato di questo, ora per incarico del comitato dei capi di stato maggiore, un organo questo ultimo non istituzionalizzato legislativamente - ma quasi nessuno di tali schemi di disegni di legge andò oltre il gabinetto del ministro della difesa o, se qualcuno vi fu, giunse al massimo sui tavoli dei presidenti delle commissioni difesa della Camera dei deputati e del Senato. Lo stato maggiore presentò - per ricordare solo le più importanti - una proposta di legge sull'ordinamento dell'esercito intesa a modificare la legge del 9 maggio 1940, una sull'ordinamento generale militare, una riguardante l'aggiornamento del decreto n. 955 del 21 aprile 1948 relativo alla carica di capo di stato maggiore della difesa, una diretta a meglio definire le attribuzioni e le responsabilità dei capi di stato maggiore di forza armata, una tendente a modificare la legge 9 gennaio 1951, n. 167 sul Consiglio superiore delle forze armate e una diretta appunto a sanzionare il nuovo ordinamento interno dello stato maggiore ss, ma neppure quella fondamentale riguardante l'ordinamento dell'esercito, sebbene presentata di concerto dal ministro della difesa, onorevole Taviani, e dal ministro del tesoro, onorevole Giuseppe Medici, al Senato nel 1957 56 venne mai portata alla discussione dell'assemblea. Il Parlamento rimase, in sostanza, del tutto estraneo all'intero processo di ristrutturazione e ridimensionamento di quegli anni ed in materia di ordinamento si limitò a legiferare su questioni del tutto marginali. È più che stupefacente constatare che gli atti parlamentari e la Gazzetta Ufficiale della Repubblica dal 1955 al 1959 non presentino traccia di una discussione parlamentare o di un provvedimento qualsiasi in materia ordinativa, in un periodo in cui si veniva compiendo una vera e propria rivoluzione delle strutture portanti dell'esercito, e che gli unici decreti ministeriali od interministeriali che riempiono la voce ordinamento del Giornale militare di quegli anni fossero quelli concernenti la istituzione di nuovi addetti militari presso le varie rappresentanze diplomatiche italiane all'estero o le di-
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sposizioni circa gli stemmi ed i motti araldici! 57_ La volontà concorde dei vertici militari di volersi muovere nell'ambito di leggi che definissero con chiarezza i compiti delle forze armate, le attribuzioni dei capi, l'intelaiatura delle strutture, almeno a grandi linee, le relazioni tra i vari organismi di comando e l'impalcatura organizzativa dell'esercito di campagna e di quello per la difesa territoriale, venne del tutto frustrata dal muro d'incomprensione e d'indifferenza dell'auto_rità politica. Sarebbe però inesatto individuare la responsabilità di tale modo di procedere esclusivamente al livello di governo. Il ministro Taviani, come abbiamo or ora accennato, tentò, non solo nell'occasione ricordata, di portare in Parlamento proposte di provvedimenti legislativi afferenti l'organizzazione militare, ma questi rimasero sempre lettera morta. Nessun governo, d'altra parte, avrebbe potuto impedire al Parlamento d'intervenire sulle varie questioni, se questo ultimo l'avesse voluto, tanto più che era sollecitato a farlo dai vertici militari ed esistevano nt:i parlamenti degli altri paesi del mondo libero molteplici esempi di lunghi dibattiti sul problema della difesa nazionale e di quella militare, che occupavano ovunque una parte rilevante di sedute ed impegnavano a fondo maggioranze ed opposizioni. Le motivazioni di tale abnorme comportamento parlamentare furono di ordine vario: prima di tutte l'idiosincrasia dei politici a parlare di guerra e di preparazione alla guerra per non urtare il desiderio di pace dei cittadini ed a prospettare nella sua portata reale lo sforzo che la nazione intera avrebbe dovuto compiere proprio per scongiurare il pericolo di guerra. Si preferì da parte della maggioranza, prima ancora che da quella delle minoranze e dell'opposizione, non informare l'opinione pubblica - nessuna informazione è obiettivamente migliore del dibattito parlamentare - ed operare in sede governativa quasi di nascosto e con sotterfugi, non misurando a dovere le gravissime conseguenze negative dell'isolamento in cui venivano poste le forze armate, dell'illegalità ed illegittimità in cui si lasciavano le istituzioni militari e dell'incentivazione conferita all'indifferenza dell'opinione pubblica, od almeno di una buona parte di questa, nei riguardi del problema essenziale per ogni Stato, appunto quello della difesa. Giunse, invece, fortunatamente, in Parlamento, e venne approvata, la legge riguardante l'avanzamento degli ufficiali delle tre forze armate 58. Regolato fino ad allora dalla legge del 9 maggio 1940, n. 369, quello degli ufficiali dell'esercito, e dalla legge I 1-III-1926, n. 397, quello degli ufficiali della marina e dell'aeronautica, l'avanzamento
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degli ufficiali di tutte e tre le forze armate venne finalmente stabilito da un'unica legge basata su tre concetti fondamentali: permanenza nel grado stabilizzata nel numero degli anni più corrispondente alle esigenze della efficienza professionale dei quadri, dimodoché un'aliquota cli questi venisse promossa e potesse raggiungere il grado superiore prima di avere oltrepassato nel grado rivestito la presenza ritenuta normale per legge; avanzamento a scelta per taluni gradi e ad anzianità per altri, regolando l'avanzamento a scelta su percentuali fisse di ufficiali da ammettere ogni anno a valutazione; promozioni annuali in numero fisso nei gracli in cui l'avanzamento era previsto avesse luogo a scelta, numero calcolato in rapporto alla media delle vacanze normali che si potessero verificare anno per anno. Venne, dunque, adottato l'avanzamento normalizzato, sulla base di quelli in vigore presso le forze armate statunitensi e britan!}iche, il cui cardine fondamentale era il sistema delle promozioni fisse annuali. Si tratta di un sistema che tende a mantenere costanlt:: il ritmo delle promozioni nei vari gradi, eliminando ingorghi nei ruoli, acceleramenti, ritardi, ecc. La legge distinse in tre categorie gli ufficiali: in servizio permanente, vincolati cioè da un rapporto d'impiego; in congedo, non vincolati da un rapporto d'impiego, ma soggetti a limitati obblighi di servizio stabiliti per legge (ufficiali in ausiliaria, di complemento, della riserva, della riserva di complemento); in congedo assoluto, senza obblighi di servizio, ma con la conservazione del grado e dell'onore della uniforme. La legge si ripromise due scopi principali: assicurare la superiore esigenza della piena efficienza dei quadri attraverso una severa selezione; venire incontro alle aspirazioni ed alle legittime aspettative degli ufficiali, assicurando loro ragionevoli possibilità di progredire nella carriera ed eliminando osciJlazioni nel ritmo della carriera stessa, sperequazioni, difformità nel metodo delle selezioni e nel sistema delle valutazioni. Fu una legge positiva sotto entrambi gli aspetti, assicurò alla quasi totalità degli ufficiali il raggiungimento del grado di tenente colonnello, ivi compresi quelli già a carriera limitata al grado di capitano (categoria soppressa in base al decretolegge n. 45 del 20 gennaio 1948), previo superamento dei corsi e degli esperimenti di aggiornamento. L'avanzamento ad anzianità rimase in vigore solo per il passaggio dal grado di sottotenente a quello di tenente e da questo a quello di capitano e per il passaggio dal grado cli maggiore a quello di tenente colonnello. Per la promozione da capitano a maggiore e da tenente colonnello a colonnello vennero stabiliti appositi corsi di aggiornamento selettivi, con vantaggi di carriera
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per coloro che si qualificassero entro il primo decimo. La legge, in sintesi, risultò ben congegnata e rispondente, tenne nel massimo conto le questioni afferenti le condizioni dei quadri ufficiali e segnò un passo avanti nella via dell'unificazione della legislazione delle tre forze armate, dopo quelli già compiuti con la legge 10 aprile 1954, n. 113 59, riguardante lo stato giuridico degli ufficiali e con la legge 31 luglio 1954, n. 599 60, riguardante lo stato giuridico dei sottufficiali e l'istituzione, per questi ultimi, del ruolo speciale per le mansioni di ufficio. La disamina particolareggiata ed il commento critico dell'intero complesso legislativo, riguardante lo stato e l'avanzamento dei quadri, realizzato negli anni 1954 e 1955, richiederebbero un troppo lungo discorso a sé stante che ci porterebbe lontano. Non possiamo peraltro fare a meno di sottolineare che le tre leggi citate - la 113, la 599 e la 1173 - furono assai migliori e più proficue di quelle che abolirono e che se non dettero i frutti voluti non dipese dallo spirito che le informò e dalla lettera che le espresse, ma da cause diverse ed estranee al loro meccanismo. Esse avrebbero dovuto essere accompagnate da una legge sul trattamento economico, diversa da quella del trattamento tabellare unico per tutti i dipendenti statali, civili e militari, emanata in precedenza, la quale invece si risolse solo in un provvedimento quasi contabile, anziché in un armonico adeguamento delle remunerazioni in rapporto ai diversi profili di carriera degli appartenenti alle forze armate, alle maggiori restrizioni di attività economiche consentite ai quadri militari, ai maggiori vincoli d'impiego ed alle maggibri e più pesanti responsabilità connesse alle funzioni della gerarchia militare. A snaturare, vieppiù nel tempo, spirito e le ttera della legge di avanzamento degli ufficiali concorsero: il successivo mosaico legislativo fabbricato gradatamente, tessera per tessera, mediante l'emanazione di provvedimenti settoriali e contingenti (leggine) che valsero ad inceppare il funzionamento dell'ottimo meccanismo della legge; la mancanza di un rigido regolamento per il funzionamento della commissione superiore di avanzamento che sostituì la vecchia commissione centrale e della commissione ordinaria di avanzamento, le quali, entrambe, procedettero nella valutazione dei quadri sulla base di criteri discrezionali determinati spesso, di volta, in volta, secondo gli umori personali dei vari membri, senza seguire una linea di condotta valutativa costante che desse a tutti certezza e garanzia di giustizia e di equità comparative; la inevitabile debolezza degli uomini portati a non restare insensibili ed indifferenti alle
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sollecitazioni interne ed esterne, magari anche in ottima buona fede. D'altra parte, la valutazione comparativa di centinaia di ufficiali ai livelli di capitano e di tenente colonnello presenta umanamente di per sé molte e gravi difficoltà obiettive, per cui non è difficile cadere in errori. Per ridurre il numero di questi ultimi, molto avrebbe giovato l'elaborazione e la diramazione di un regolamento interno che avesse stabilito, reso noti i criteri e le modalità ai quali avrebbero dovuto attenersi le commissioni di avanzamento. L'assenza di un tale regolamento indusse spesso a giudicare ingiusti, non equi, macchiati di clientelismo e di favoritismo - ed alcuni lo furono certamente - anche deliberata che erano stati invece il risultato di coscienziose valutazioni e di attenti esami comparativi. Ma tutto ciò nulla ebbe a che fare con lo spirito e la lettera della legge 1137, intonata alle esigenze della professionalità dei quadri ed a quelle, non meno prioritarie, della certezza dei profili di carriera. Anzi, si deve aggiungere che l'istituto della posizione di a disposizione, quello del soprannumero temperato dalla ripetitività della valutazione per i dichiarati idonei ma non prescelti e quello nuovo del mantenimento in servizio fino ai limiti di età per i non promossi furono creati proprio a solo vantaggio dei quadri, con oneri non indifferenti per l'amministrazione, al fine di evitare la messa in quiescenza di quadri ancora giovani, come prevedevano le vecchie leggi di avanzamento del 1926 e del 1940. Attribuire al legislatore la responsabilità dei mali che derivarono dalla insufficiente e mala applicazione della legge è del tutto ingiusto ed arbitrario, come si può facilmente rilevare della rilettura della legge e dai commenti che ne accompagnarono la nascita sulla Rivista militare 61.
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La ristrutturazione dell'esercito di campagna venne condotta alla luce delle nuove esigenze operative determinate dall'avvento dell'arma atomica tattica e delle nuove ristrettezze finanziarie determinate dalle autorità politiche in seguito alla situazione politicosociale-economica del paese. Lo stato maggiore dell'esercito si trovò a rispondere a due domande strettamente connesse: una riguardante il tipo delle forze; l'altra la loro entità. Per rispondere alla prima domanda lo stato maggiore dell'esercito prese in esame quattro elementi principali: i prevedibili caratteri generali di un'eventuale guerra futura così come delineati nelle pubblicazioni della serie dottrinale 600;
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le caratteristiche morfologiche dello scacchiere operativo nordorientale contro il quale presumibilmente si sarebbe potuta scatenare un'eventuale aggressione improvvisa o quasi; l'esigenza assoluta di conferire all'esercito di campagna la bivalenza operativa; il tempo da guadagnare nello scacchiere nell'attesa dell'arrivo dei rinforzi alleati. Premesse dell'operatività vennero considerate l'efficienza del servizio informativo e di rilevamento dell'eventuale aggressione, la tempestività dell'allarme, la prontezza di almeno un'aliquota della componente operativa, la disponibilità di mezzi di lancio e di ordigni atomici efficacemente protetti. Almeno quattro i tipi di unità ritenute indispensabili: divisioni di fanteria, divisioni corazzate, brigate alpine, unità missilistiche. Nel determinare la costituzione particolareggiata dei vari tipi di unità lo stato maggiore dell'esercito partì dal criterio di trasformare tutto ciò che era necessario, ma nulla più del necessario. La divisione di fanteria conservò la tradizionale fisionomia <li grande unità a formazione organica fissa, come negli eserciti statunitense e francese e diversamente dagli eserciti britannico e tedescooccidentale 62. Essa non fu articolata in raggruppamenti misti precostituiti composti dalle varie armi e specialità, ma nei tradizionali reggimenti monoarma. Ciò non per gretto spirito di conservatorismo, ma per conferire alla unità divisionale il maggiore grado di flessibilità possibile, costituendo i raggruppamenti ed i gruppi tattici di volta in volta, secondo le diverse situazioni ed i vari momenti del combattimento. L'accentramento iniziale al livello di divisione delle unità di artiglieria e del genio, per poterle impiegare con maggiore scioltezza secondo il bisogno, fu una delle caratteristiche ordinative che distinse la divisione di fanteria italiana da quella degli altri eserciti della N.A.T.O. che avevano adottato la costituzione su raggruppamenti precostituiti (divisione statunitense e francese) o su brigate miste (divisione britannica e tedesco-occidentale). Al pari delle divisioni di fanteria statunitense e francese, la divisione italiana non venne integralmente né meccanizzata né motorizzata; il trasporto di tutta la fanteria, compresi i plotoni fucilieri, ai quali non vennero assegnati in organico i mezzi di trasporto, era possibile solo mediante un'assegnazione suppletiva di automezzi da parte dei comandi superiori. Si rinunziò alla distinzione esistente fra divisioni di fanteria leggere e divisioni di fanteria normali e venne introdotta quella tra divisioni di fanteria di pianura 63 e divisioni di fanteria di montagna 64. Non sfuggì allo stato maggiore dell'esercito che la soluzione ideale, alme-
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no per le divisioni di fanteria di pianura, sarebbe stata la meccanizzazione integrale della fanteria, che non poté però essere perseguita, contrariamente all'intendimento dello stato maggiore ed in particolare del generale Liuzzi, solo per motivi d'indisponibilità dei mezzi e dei fondi finanziari per acquistarli. La costituzione di due tipi di divisioni, una di pianura l'altra di montagna, analogamente a quanto fatto presso gli eserciti francese e tedesco-occidentale, si rese necessaria per le diverse condizioni, generalmente limitative dell'impiego delle unità corazzate e meccanizzate, fatte dalla media e bassa montagna a questo ultimo tipo di unità, al quale raramente offrono possibilità di manovra superiori a quelle di gruppo tattico al livello di battaglione, mentre rendono frequente e proficuo il ricorso al combattimento fanteria-carri in cooperazione. Entrambe vennero ordinate su formazione ternaria: la divisione di pianura venne ordinata su 2 reggimenti di fanteria, 1 reggimento corazzato, 1 reggimento di artiglieria, 1 battaglione esplorante divisionalt:, 1 battaglione genio pionieri, 1 battaglione trasmissioni, 1 sezione aere i leggeri, unità dei servizi (comando unità dei servizi, compagnia mista servizi, sezione sanità, ospedale da campo, nucleo chirurgico, ambulanza odontoiatrica, ambulanza radiologica, sezione sussistt:nza, autoreparto, officina mobile, parco mobile); la divisione di fanteria di montagna venne ordinata su 3 reggimenti di fanteria, di cui 1 su 2 battaglioni di fanteria ed 1 battaglione carri, 1 reggimento di artiglieria, 1 battaglione genio pionieri, 1 battaglione trasmissioni, 1 sezione aerei leggeri, unità dei servizi (le stesse della divisione di pianura con in più 1 reparto salmerie). Gli unici reparti con fisionomia di gruppo tattico e di raggruppamento tattico precostituiti furono il gruppo esplorante divisionale ed il reggimento corazzato della divisione di fanteria di pianura, il quale ultimo, con l'aggiunta quasi sistematica del gruppo di artiglieria da campagna semovente, incluso organicamente nel reggimento di artiglieria di tale divisione, costituì una formazione peculiare originale che non aveva riscontro in altri eserciti. Unità meccanizzate vennero assegnate nella misura di una compagnia (2 plotoni fucilieri meccanizzati, 1 plotone carri su 5 carri) per ogni battaglione dei reggimenti di fanteria della divisione di pianura e di una compagnia per ciascun reggimento di fanteria (ad eccezione di quello costituito da 2 battaglioni di fanteria ed 1 battaglione carri) della divisione di montagna. La forza complessiva di entrambi i tipi di divisione risultò piuttosto elevata - pari a 15 500+ 16 000 uomini - rispetto a que lla delle divisioni francese cd americana (13 700 uomini circa) e si avvicinò di
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pm, sotto tale punto di vista, a quella della divisione tedescooccidentale (14 500 uomini), la quale peraltro aveva una costituzione assai diversa (composizione variabile, articolazione su brigate organiche) e, fra tutte le altre della N.A.T.O., era la più forte in mezzi corazzati, oltre che essere integralmente meccanizzata. La maggiore entità numerica della divisione italiana ebbe la sua giustificazione principalmente in tre ordini di motivi: il conferimento di una maggiore robustezza ad ogni singola divisione per una maggiore durata nella lotta, stante il modesto numero di divisioni che era possibile mettere in piedi per il pronto impiego; la concezione difensiva, che faceva ancora affidamento sulla efficacia delle strutture statiche quali elementi di logoramento, d'incanalamento e di arresto dell'attacco avversario, oltre che quali perni di manovra per i contrattacchi; l'opportunità di mantenere in vita tutte le articolazioni tradizionali: dalla squadra al reggimento - senza la soppressione del gradino reggimento come negli eserciti tedesco-occidentale e britannico o del gradino battaglione come in quelli americano e francese - per evitare l'inflazione dei gradi e lo sconvolgimento della legge di avanzamento appena entrata in vigore. La divisione di fanteria italiana ebbe, dunque, punti di analogia e punti di difformità rispetto alle divisioni degli altri maggiori eserciti della N .A.T.O. e non si discostò molto neppure da quelle dell'esercito sovietico che, da quanto se ne sapeva allora, veniva avviando la trasformazione organica delle unità terrestri convenzionali secondo criteri e modalità abbastanza simili a quelli seguiti dallo stato maggiore italiano. In sostanza, la divisione di fanteria italiana fu quella che meno si distaccò dal modello della divisione ternaria, anche per il fatto che, stante l'indisponibilità in proprio dell'esercito italiano dell'arma atomica tattica, non fu possibile assegnare organicamente alla divisione unità con capacità atomica. Altri elementi che concorsero alla definizione ordinativa della nuova divisione italiana furono la convenienza a non appesantire ed impacciare l'esercizio del comando dei comandanti di reggimento o di raggruppamento elevando da tre a cinque (divisione pentomica statunitense e divisione ordinaria francese) le pedine da manovrare e l'elevato grado di rischio che si sarebbe potuto correre abbandonando un'articolazione armonica, collaudata e più flessibile per sostituirla con altra meno agile e, in definitiva, solo in apparenza più manovriera. La divisione corazzata 65 conservò, come del resto presso gli eserciti francese e statunitense, la struttura di base conferitale in passato, possedendo già le caratteristiche di grande potenza di fuoco e di
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elevata mobilità, necessarie ai rapidi concentramenti ed alle altrettanto rapide dispersioni richieste dall'ambiente atomico. Lo stato maggiore si preoccupò soprattutto di accentuarne la flessibilità mediante una più armonica dosatura proporzionale delle varie armi, intesa a consentire variabilità di costituzione dei complessi misti ai vari livelli della scala ordinativa tattica (complessi minori, gruppi tattici, raggruppamenti tattici). Essa venne ordinata su: 1 reggimento bersaglieri, 1 reggimento carri, 1 reggimento artiglieria corazzata, 1 gruppo squadroni di cavalleria blindata, 1 battaglione genio pionieri, 1 battaglione trasmissioni, 1 sezione aerei leggeri, unità dei servizi. Anche la brigata alpina 66 conservò la struttura di base dell'ordinamento precedente, ma, nei limiti della disponibilità dei mezzi, lo stato maggiore cercò di aumentarne l'autonomia, la mobilità e la capacità di difesa a giro d'orizzonte, garantendo anche ai minori reparti la possibilità di sostenere sforzi re lativamente prolungati. A tale fine, mentre vennero subito attuati i provvedimenti organici per abilitare il comando del reggimento alpini alle funzioni di vice comando di brigata, quello del reggimento artiglieria da montagna alle funzioni di comando artiglieria di brigata e quello della compagnia genio pionieri alle funzioni di organo di consulenza tecnica presso il comando di brigata mediante l'assegnazione di un vice comandante di compagnia per l'esercizio del comando del reparto, furono ritenute necessarie nuove esperimentazioni per stabilire: l'eventuale ordinamento quaternario della compagnia alpini; la costituzione di unità alpine mobili dotate di grande volume di fuoco, anche controcarri, per lo sbarramento delle zone di facilitazione; l'organico delle unità di artiglieria al fine di migliorarne l'armamento e di giungere ad un giusto compromesso tra mobilità su strada e fuori strada, risultato questo ultimo che fu possibile conseguire in un secondo tempo mediante l'assegnazione del nuovo obice da 105/14 67 . La brigata venne costituita su: comando, 1 reggimento alpini, 1 reggimento artiglieria da montagna, 1 compagnia genio pionieri, 1 compagnia trasmissioni, 1 plotone paracadutisti, unità dei servizi. Il riscontro ordinativo ed organico al rilievo dato alle aviotruppe dalla nuova dottrina d'impiego fu necessariamente modesto ed ebbe, come fine temporaneo, la costituzione di un gruppo tattico paracadutisti, quale nucleo embrionale di una unità di ordine superiore, da costituire appena possibile, al livello di raggruppamento o brigata 68. Il battaglione paracadutisti esistente presso il centro militare di paracadulismo venne trasformato da unità di addestramento in unità
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d'impiego, mentre nell'ambito del centro venne costituito un reparto addestramento reclute al quale, con chiamata quadrimestrale, anziché annuale, doveva affluire il personale volontario. Il reparto sabotatori paracadutisti della scuola di fanteria di Cesano venne trasferito alle dipendenze del centro 69. Si dette subito inizio, sotto forma di reparti sperimentali, alla costituzione della batteria di artiglieria, del plotone genio pionieri, del plotone trasmissioni e del reparto organizzazione e servizi ed alla attività addestrativa sperimentale di cooperazione, al cui termine si provvide alla determinazione della struttura organica definitiva dell'insieme del robusto gruppo tattico e delle sue singole unità costitutive. La parsimonia e la cautela dello stato maggiore nel costituire unità paracadutisti furono suggerite, oltre che imposte dall'insufficienza finanziaria, dalla minore priorità di tale tipo di forze nel quadro del compito difensivo dell'esercito, dalla scarsa disponibilità di velivoli da trasporto dell'aeronautica, dalla modesta esperienza dell'esercito italiano nell'impiego di paracadutisti nella seconda guerra mondiale durante la quale le due divisioni paracadutisti Folgore e Nembo erano state impiegate come grandi unità di fanteria: la Folgore in Africa Settentrionale, la Nembo in Corsica ed in Sardegna prima e nella guerra di liberazione poi. Si era trattato di un impiego antieconomico, al quale era stato fatto ricorso in mancanza di altre unità meno costose, per cui nella nuova situazione operativa la disponibilità di truppe paracadutiste in misura superiore al raggruppamento od alla brigata sarebbe stata un lusso ed uno spreco di energia a detrimento delle esigenze prioritarie, mentre il mantenimento della specialità ad un livello modesto era pur sempre necessario per fronteggiare un'improvvisa situazione di crisi, che si verificasse al di fuori della zona iniziale delle operazioni, e per poter disporre comunque di una forza mobile di rapido intervento, anche nelle circostanze di una grave calamità naturale o di un grave perturbamento dell'ordine pubblico. Per la difesa del fianco a mare dello schieramento difensivo della frontiera nord-orientale, venne riordinato il settore forze lagunari, incaricato appunto della difesa della cimosa lagunare veneta. Venne costituito un gruppo di lavoro per lo studio dei provvedimenti da attuare per meglio definire i compiti, per eliminare le deficienze, dovute anche all'ibrida composizione del reparto - costituito in parte da personale dell'esercito ed in parte da personale della marina - e per trasferire il settore sotto la responsabilità integrale dell'esercito 70. In seguito ai risultati dello studio, il settore assunse la denominazio-
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ne di raggruppamento lagunare e venne passato alle dirette dipendenze dell'esercito. Il personale dilla marina venne sostituito da personale dell'esercito, i mezzi navali di dotazione vennero riuniti in un unico gruppo natanti. Nell'ambito del V corpo d'armata venne costituito un comando di brigata di cavalleria 11, alle cui dipendenze furono posti il 2° reggimento Piemonte ed il 4° reggimento Genova, nonché, limitatamente al tempo di pace, il 5° reggimento Novara. La brigata avrebbe assunto in guerra la funzione di scaglione di presa di contatto e ritardo nel caso che tale azione, prevista dalla pianificazione allora in vigore, si fosse resa possibile sul davanti dello schieramento difensivo in territorio straniero. I reggimenti di cavalleria blindata Gorizia, Genova, Montebello, Piemonte ed Aosta, passati, nel gennaio 1954, alle dipendenze operative dei comandi di corpo d'armata o di regione militare 72, quali unità di supporto di armata o di corpo d'armata e lasciati inquadrati, in tempo di pace, ai fini addestrativi, disciplinari ed amministrativi, nell'ambito delle divisioni di fanteria, nel 1956 venne ro posti, a tutti gli effetti, alle dipendenze dirette dei comandi di regione o di corpo d'armata o della brigata di cavalle ria per evitare la crisi del passaggio di dipendenze all'atto della emergenza. L'ultimo tipo particolare di grande unità elementare di nuova creazione, che non aveva precedenti nella storia dell'esercito in cui mai erano state costituite grandi unità organiche di artiglieria, fu la brigata missili 73, i cui organici provvisori vennero definiti nell'agostosettembre 1959. Imperniata sul 3° reggimento artiglieria pesante, essa venne ordinata su: comandante, vice-comandante, uffici del comando, 1 reggimento di artiglieria pesante (missili) (ordinato su di un reparto comando, 2 gruppi lanciarazzi da 762 mm), 1 battaglione fucilieri, 1 battaglione genio pionieri, 1 battaglione acquisizione obiettivi, 1 compagnia trasmissioni, 1 reparto R.R.R., 1 sezione A.B.C., 1 sezione aerei leggeri. Nell'intento di far corrispondere il più possibile l'organizzazione di comando del tempo di pace e quella del tempo di guerra, aggiornata questa ultima sulla base della nuova dottrina d'impiego, ne vennero riesaminate l'intera struttura ed articolazione. Lo scacchiere operativo nord-orientale è caratterizzato, come noto, da due grandi zone morfologicamente diverse: una, con la fronte rivolta prevalentemente ad est, insistente su tre terreni diversi (uno alpino, uno di media montagna, uno collinare e di pianura) e con il fianco destro a mare; una, con la fronte tutta rivolta a nord, sviluppantesi per intero su ter-
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reno alpino. Ferma restando la responsabilità del comando delle F.T.A.S.E. sull'intero scacchiere e l'articolazione di questo ultimo in due settori - uno, quello con la fronte ad est, affidato in tempo di pace al comando del V corpo d'armata ed in tempo di guerra al comando designato della 3a armata; l'altro, quello fronte a nord, affidato in tempo di pace al comando del IV corpo d'armata ed in tempo di guerra al comando della 1a armata - vennero creati altri 2 comandi di corpo d'armata, il III ed il VI, il primo, con sede in Milano, destinato, all'emergenza, ad assumere la responsabilità del settore di pianura e di collina (Carso) lasciando cosi al comando del V corpo solo la responsabilità del settore di media e bassa montagna; il secondo, con sede in Bologna, destinato ad assumere il compito della organizzazione e del presidio della seconda posizione difensiva 74. Venne, inoltre, stabilita la costituzione, in un primo tempo embrionale, di un comando ad hoc- comando truppe Carnia- cui affidare la responsabilità operativa, all'emergenza, della zona alpina di raccordo tra la 1 a e la 3a armata 75. Con lo stesso intendimento di ridurre al minimo la durata della crisi del passaggio dalla pace all'emergenza: vennero potenziati il comando designato della 3a armata ed in tempo successivo il comando delle truppe Carnia 76; venne istituita fin dal tempo di pace la carica di comandante del genio presso i comandi del IV e del V corpo d'armata in luogo di quella preesistente di capo-ufficio del genio 77; vennero trasformati in comandi trasmissioni gli uffici omonimi di armata e di corpo d'armata 78; venne impostata un'organizzazione embrionale per la organizzazione e condotta della guerra psicologica 79 - una forma di lotta che aveva assunto maggiore rilievo che nel passato durante la seconda guerra mondiale e che si rivelava ancora più necessaria nel clima di guerra fredda del periodo postbellico per influenzare positivamente le opinioni, i sentimenti, le attitudini ed i comportamenti della popolazione civile e delle forze militari e per incidere negativamente sul morale del nemico - e venne disposta la costituzione di organi specifici per la difesa A.B.C. 80, sia al livello di grande unità (una sezione presso i comandi di ogni singola grande unità), sia al livello delle minori unità (una squadra di formazione per ogni compagnia o unità equivalente). Una compagnia A.B.C. venne costituita presso la scuola di fanteria di Cesano e posta alle dipendenze dell'ufficio difesa A.B.C. dell'organizzazione tecnicooperativa centrale 81. Vennero, infine, ripristinati i reparti lanciafiamme nella misura, per il Lempo di pace, di una squadra per ogni rcg-
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gimento di fanteria e di un plotone sperimentale presso la scuola di fanteria in Cesano 82. In contemporaneità ed in parallelo venne riesaminata l'organizzazione logistica di scacchiere, articolandola in intendenza nord-est con alle dipendenze due delegazioni d'intendenza, la Veneta e la Tridentina, da affiancare in guerra rispettivamente alla 3 a ed alla 1 a armata, e venne dato incarico al nucleo-intendenza nord-est, unico organo esistente in tempo di pace, di presiedere alla pianificazione logistica delle operazioni dello scacchiere e di mettere in atto tutte le predisposizioni necessarie perché la trasformazione dell'organizzazione logistica territoriale del V comando di regione potesse avvenire, dal momento della mobilitazione, il più ordinatamente e rapidamente possibile.
5. La r istrutturazione riguardò naturalmente anche le unità costitutive delle divisioni e delle brigate ed in particolare i reggimenti, i battaglioni e i gruppi, le cui articolazioni ed i cui organici vennero modificati - per alcune unità in misura notevole - in seguito alla introduzione di nuove armi, mezzi e materiali ed alla redistribuzione ai vari livelli di quelle già in dotazione. L'arma che più fu toccata dal processo di ristrutturazione fu senza dubbio la fanteria. Basti pensar e all'inizio ed all'avvio della meccanizzazione che lo stato maggiore avrebbe voluto fosse integrale, almeno nell'ambito della divis ione di pianura, non condividendo il timore di coloro che paventavano la perdita, mediante la meccanizzazione, delle tradizionali qualità di sobrietà, di resistenza ai disagi ed alle fatiche, di spirito di sacrificio e di coraggio che avevano sempre caratterizzato l'arma. Non condivido questo timore - ebbe ad affermare il generale Liuzzi - ed a ggiunse:
il giorno in cui la fanteria verrà generalmente riconosciuta come specialità, come élite, allora sarà stata finalment e superata la concezione dell'Arma di massa e dell'Arma del martirio, e nella fanteria si ravviserà un 'arma di alto valore tattico e tecnico, accuratamente e profo ndamente addestrata, dotata di armamento e di equipaggiamento aggiornati e capace di assolvere i delicall e fondamentali com piti ad essa assegnati sul moderno campo di battaglia. V'è chi dubita che La fanteria, avvezza a servirsi di mezzi m eccanici di trasporto, perda L'idoneità a muoversi e combattere a piedi. Questa perdita, che costit uì-
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rebbe una vera iattura, non deve verificarsi e l'attività addestrativa deve essere tale da evitarla. La fanteria deve sempre muoversi a piedi nei terreni ed in situazioni che non consentano l'impiego di mezzi meccanici (anche più rapidamente che in passato) e deve saper combattere a piedi come, anzi meglio, che in passato. Ma deve altresì saper muoversi, manovrare ed anche combattere a bordo dei suoi veicoli cingolati e blindati 83. Nell'impossibilità materiale della meccanizzazione integrale - alla quale non si giungerà neppure con la ristrutturazione del 1975, ultima in ordine di tempo fino ad oggi - e nella considerazione che l'impiego dei mezzi meccanici riveste di per sé carattere tattico, non efficacemente realizzabile se non da unità che li abbiano in dotazione organica, lo stato maggiore fu costretto a meccanizzare in modo stabile solo un'aliquota della fanteria, optando per una soluzione intermedia tra quella tedesca della meccanizzazione totale e quella francese ed americana della costituzione di un reparto meccanizzato <li trasporto da assegnare o ripartire di volta in volta secondo i bisogni. Da qui l'assegnazione di una compagnia meccanizzata al battaglione nella divisione di pianura ed al reggimento della divisione di montagna. Venne conservato il livello di reggimento, soppresso negli eserciti britannico e tedesco occidentale, sia per il valore spirituale, disciplinare, addestrativo ed amministrativo che tale unità racchiude in sé, sia per il vantaggio derivante da un'articolazione armonica e collaudata, sia per il pericolo che lo spostamento di un gradino verso l'alto, nonostante l'accresciuto valore tattico del battaglione conseguente dall'aumento della potenza di fuoco, delle fronti, della profondità e delle possibilità di manovra, avrebbe svilito la scala gerarchica e prodotto l'inflazione dei gradi, una volta che i maggiori fosseri stati preposti al comando di compagnia ed i colonnelli a quello di battaglione. I comandi di reggimento vennero strutturati organicamente in modo di poter svolgere le loro funzioni tradizionali come comandi di unità monoarma ed anche quelle di comando di raggruppamento tattico, non contraddicendo così la nuova dottrina che prevedeva l'articolazione tattica della divisione in raggruppamenti. Il reggimento continuò pertanto a rappresentare, con la sua Bandiera e con le sue tradizioni, spesso secolari, il cervello ed il cuore dell'arma, il centro propulsore e di amalgama delle attività morali, intellettuali, addestrative ed amministrative, l'unità di coagulo di una massa notevole di uomini che, guidata da un colonnello degno del posto che occupa, vive, opera e combatte unitariamente, ancorché articolato, avvalendosi della compattezza morale e dell'omogeneità professionale
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proprie di un corpo unico. L'articolazione e l'organico dei comandi di reggimento di fanteria e delle compagnie comando di reggimento, compresi quelli dei reggimenti bersaglieri, carri ed alpini, vennero pressoché unificati 84. Al reggimento di fanteria della divisione di pianura venne assegnata, come supporto alle dirette dipendenze, una compagnia mortai da 107, a quello della divisione di montagna una compagnia mortai da 107 ed una compagnia meccanizzata, al reggimento bersaglieri una compagnia cannoni controcarri ed a quello alpini una compagnia mortai da 107, mentre nessun supporto venne assegnato al reggimento carri ed al reggimento corazzato. Anche per i comandi di battaglione e delle compagnie comando di battaglione venne ricercato il massimo dell'uniformità possibile, mentre ovviamente difforme fu la costituzione dei vari tipi di battaglione 85. Il passo avanti nella modernizzazione della fanteria fu, dunque, conseguenza della creazione del reggimento di fanteria corazzato per le divisioni di pianura, dell'assegnazione <li una compagnia meccanizzata ad ogni battaglione di fanteria dei reggimenti inquadrati nelle divisioni di pianura e ad ogni reggimento di fanteria delle divisioni di montagna, del potenziamento dell'armamento controcarri, della motorizzazione di tutte le unità dell'arma ad e<.:c.:t:zione <lei plotoni fucilieri, della ricchezza dei mezzi di trasmissione presenti fino al livello di plotone e della configurazione attribuita ai comandi di reggimento e di battaglione che riproduceva, in formato ridotto, quella delle grandi unità di ordine superiore. Lo sforzo compiuto dallo stato maggiore per fare della fanteria un'arma tecnica, costituita da un complesso di specializzati, sia nel periodo della ricostruzione sia in quello della prima ristrutturazione, fu continuo ed intenso. Alla riduzione delle proporzioni di un'arma, che ancora nel 1943 costituiva il 70% dell'esercito, fu fatta corrispondere nel suo interno una riduzione degli assaltatori, cioè dei «fanti per eccellenza», che nel 1914 costi.tuivano il 90% degli effettivi di un reggimento, mentre nei nuovi organici del 1957-'59 rappresentarono appena il 17% dell'organico complessivo del reggimento di fanteria, una percentuale peraltro sufficiente ai nuovi compiti ad essi commessi. La graduale rarefazione degli assaltatori era stata determinata via via, infatti, dalle possibilità delle nuove armi di reparto e dalle crescenti esigenze del fuoco perché: la zona del fuoco difensivo da attraversare in attacco era divenuta via via più agevole a pochi che non a molti; i campi minati avevano costretto l'avanzata a passaggi obbligati tanto meglio sfruttabili quanto minore il numero degli uomini che dovevano attraversarli per primi; per sviluppa-
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re il fuoco che consentisse di raggiungere la distanza di assalto dall'obiettivo, erano occorse molte armi della gamma più vasta e più varia e perciò molti fanti per servirle; le molteplici armi della fanteria venivano compensando sempre maggiormente, con la loro potenza e con il loro volume di fuoco nell'unità di tempo, la scarsa consistenza numerica degli uomini che dovevano mettere piede sull'obiettivo; l'assalto si concretava sempre più solo nell'ultimo balzo sull'obiettivo, ma l'occupazione di questo poteva compiersi, di norma, soltanto quando le possibilità reattive di chi lo difendeva erano state già spente con il fuoco; in attacco ed in difesa la fanteria, là dove il terreno e la situazione consentivano l'impiego, si trovava a dover combattere soprattutto contro i carri armati, per cui l'armamento controcarri era diventato il principale ed era divenuto indispensabile a tutti i gradini ordinativi. In rapporto ai mezzi di fuoco, di movimento, delle trasmissioni ed a quelli della posa e della rimozione delle mine, le unità di fanleria acquisirono così le caratteristiche di numerosi gruppi di specializzazione integrati. In poche parole, lo stato maggiore dell'esercito pose il problema della fanteria in termini di nuova funzionalità, ne esaminò tutti i dati di impostazione senza trascurarne o sottovalutarne nessuno, s tudiò accuratamente le modalità idonee a semplificare il più possibile i procedimenti e le procedure d 'impiego coordinato delle varie specialità e giunse a soluzioni sufficientemente equilibrate, sia nel diminuire l'entità numerica della fanteria in rapporto alle altre armi, sia nello stabilire una giusta proporzione t ra gli assaltatori e gli specializzati destinati a servire le macchine, sia nello scegliere un'adeguata suddivisione tra l'armamento controcarri, spinto fino alla squadra mediante l'assegnazione del tromboncino, ed il restante arniamento a tiro teso ed a tiro curvo, ripartito dal reggimento alla compagnia. L'ordinamento dell'arma di artiglieria, attuato nel precedente periodo della ricostruzione, non subì varianti notevoli nel periodo della ristrutturazione. Già arma tecnica per eccellenza durante la prima guerra mondiale - nella quale, stante il carattere metodico delle battaglie e dei combattimenti, le fronti stabilizzate e la lentezza dello sviluppo delle azioni aveva avuto grandi possibilità di organizzare l'osservazione ed il tiro - l'artiglieria era divenuta, durante la seconda guerra mondiale, arma eminentemente tattica, perché alla rapidità consentita al concentramento delle masse aveva dovuto adeguare quella della manovra del fuoco. Essa aveva dovuto adattare i propri criteri d'impiego ad una lotta non più combattuta quasi su di una li-
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nea, ma in una zona profonda decine di chilometri, nella quale la sicurezza degli schieramenti veniva di continuo insidiata dal cielo e da terra dalle improvvise incursioni degli aerei, dei paracadutisti, dei sabotatori e dei partigiani e dalle non meno improvvise irruzioni in profondità delle formazioni corazzate e meccanizzate nemiche. Da qui il ricorso a procedimenti tecnici più semplici, pratici e sbrigativi, comuni alle artiglierie di maggiore e di minore calibro, e l'adozione di una organizzazione di comando e di trasmissioni capace di adattarsi tempestivamente alle situazioni e di plasmarsi sull'azione dell'arma base. Lo stato maggiore dell'esercito si era già preoccupato, prima della ristrutturazione della seconda metà degli anni cinquanta, di creare la premessa tecnica di carattere organizzativo per porre le unità di artiglieria pesante, pesante campale e da campagna sullo stesso piano, unificando i procedimenti di tiro sotto l'aspetto tecnico e creando lo strumento - il reparto specialisti di artiglieria - che permettesse il rapido inserimento di qualunque unità di artiglieria nel piano della organizzazione del fuoco delle grandi unità, sì da realizzare la diminuzione dei tempi occorrenti per la manovra delle traiettorie e per quella dei materiali. Stante la complessiva modesta entità numerica dei mezzi disponibili, neppure si pensò alla creazione di grandi unità di artiglieria, reclamata da alcuni sulla base di quanto era già stato fatto nell'esercito inglese ed in quello sovietico per meglio soddisfare le esigenze della manovra del fuoco, ed il migliore soddisfacimento di queste ultime fu necessariamente ricercato, più che nell'entità delle masse di artiglieria, nella loro organizzazione razionale e tecnicamen te moderna, che rendesse il complesso aderente, nel migliore dei modi, alla continuità della manovra del fuoco e delle bocche da fuoco nello stretto rapporto con la rapida dinamica della battaglia e del combattimento moderni. Il ritorno al rapporto reggimento dell'arma base - gruppo di artiglieria era stato senza dubbio un passo indietro rispetto al precedente reggimento dell'arma base- reggimento di artiglieria, ma non restò che accettarlo anche in sede di ristrullurazione, perché imposto dalla reale disponibilità dei mezzi ed a nche nella considerazione che la nuova organizzazione avrebbe consentito l'agevole inserimento di altri numerosi gruppi nei reggimenti da campagna e pesanti campali, qualora disponibili. Gli organici de i coma ndi di artiglieria di grande unità, dei reggimenti e dei gruppi vennero il più possibile uniformati 86, mentre rimasero in vigore le a rticolazioni e gli organici preesistenti dei vari tipi di gruppi 87. La ragione di e ssere dei comandi di artiglie ria divisionale, più ch e da es igenze
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tattiche e tecniche del momento riferite al nuovo ordinamento, fu proprio determinata dal fatto che un solo reggimento di artiglieria venne considerato del tutto insufficiente al supporto di fuoco della manovra divisionale; fu ritenuta perciò come normale, almeno sul piano dottrinale, l'assegnazione alla divisione dì altre unità da campagna e pesante campale; conseguentemente si rese opportuno affidare l'azione di coordinamento del fuoco ad un livello gerarchico superiore a quello del comando di reggimento di artiglieria divisionale. Dal processo di ristrutturazione della seconda metà degli anni cinquanta l'artiglieria, in definitiva, uscì notevolmente rinnovata e potenziata sul piano qualitativo, ma rido.t ta su quello numerico, sia nell'ambito divisionale, per il ritorno al rapporto di un gruppo da campagna per ogni reggimento dell'arma base, sia nel quadro generale della consistenza dell'arma segnata complessivamente da 20 gruppi di artiglieria da campagna da 105/22 a traino meccanico e 20 gruppi da 105/22 semoventi M7, 5 gruppi di artiglieria da montagna da 75/13 e 5 gruppi da 107/17, 28 gruppi di artiglieria pesante campale da 155/23 a traino meccanico e 3 gruppi da 155/23 semoventi M44, 9 gruppi di artiglieria pesante da 155/45 a traino meccanico e 9 gruppi di artiglieria pesante da 203/25 a traino meccanico, 4 gruppi di artiglieria mortai da 120, oltre i 2 gruppi lanciarazzi da 762 mm della brigata missili. Un totale di 1686 bocche da fuoco dei vari calibri, senza contare i missili ed i mortai da 107 dei reggimenti di fanteria e dei reggimenti di artiglieria da montagna, per sostenere l'azione di 63 battaglioni di fanteria, 9 battaglioni bersaglieri, 19 battaglioni carri, 17 battaglioni alpini, 21 gruppi squadroni di cavalleria blindata, 7 battaglioni o gruppi squadroni esploranti divisionali. Il raffronto in assoluto tra il numero delle bocche da fuoco ed il numero di battaglioni od unità di equivalente livello (136) è di per sé scarsamente significativo, ma serve a mettere in evidenza come una proporzione, di poco superiore a 12 bocche da fuoco dei vari calibri per ogni battaglione od unità equivalente, non tenesse sufficiente conto di quella che era stata l'esperienza della seconda guerra mondiale, dalla quale l'artiglieria era uscita potenziata numericamente, e della guerra di Corea dalla quale era emersa la conferma della necessità di un maggiore equilibrio tra l'arma base e l'artiglieria, da conseguire appunto migliorando il rapporto numerico a favore di questa ultima. A fronte di tale situazione critica, vi fu però un miglioramento qualitativo dei materiali, ma, prima ancora e soprattutto, della concezione e dell'organizzazione dell'impiego dell'arma. Il passaggio da una mentalità eminentemente tecnica, fino ad
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allora prevalsa, ad una mentalità preminentemente tattica - favorito anziché ostacolato, come potrebbe risultare da un esame affrettato, dallo stesso sviluppo dei nuovi mezzi tecnici (radar per la controbatteria e l'azione contromortai, radiospolette, cannoni senza rinculo, proietti teleguidati, mezzi semoventi, missili, ecc.) - si tradusse in un notevole accrescimento della capacità e dell'efficienza operative dell'arma e segnò uno dei momenti evolutivi più significativi delle concezioni d'impiego e delle modalità di azione. L 'arma del genio, scissa di fatto da quella delle trasmissioni dati la complessità e lo sviluppo di quest'ultima, uscì dalla ristrutturazione proporzionalmente potenziata numericamente e molto migliorata ed ammodernata qualitativamente; ma, sotto il profilo quantitativo, non incrementata quanto sarebbe stato necessario, almeno per talune delle tante specializzazioni in cui l'arma si articola. Il massimo dello sforzo possibile venne concentrato soprattutto, ed in primo luogo, a favore delle specialità pionieri, distinte in due branche principali: una destinata alla guerra d'arresto, alla quale farla partecipare con carattere vero e proprio di arma combattente; l'altra incaricata prevalentemente dei lavori attivi e passivi di viabilità, comprese la posa e la rimozione dell'ostacolo minato, fornendola il più possibile di mezzi meccanici che le consentissero un minore impegno delle energie fisiche umane e la riduzione, più spinta possibile, della durata dei vari lavori, il cui numero o, meglio, la cui portata venne limitata, rispetto al passato, trasferendo quelli di minore difficoltà tecnica alla fanteria ed all'artiglieria. I battaglioni genio pionieri di arresto - una specialità nuova e particolare dell'esercito italiano, parzialmente forgiata, nonostante la diversità dei compiti, sullo spirito e sulle tradizioni dei vecchi battaglioni guastatori - che erano stati inizialmente creati p er le esigenze connesse alla difesa su ampia fronte, trovarono una ragione d'essere ancora maggiore nella dottrina d'impiego delle armi atomiche tattiche, quali sostegni delle reazioni manovrate delle unità corazzate e meccanizzate e quali elementi di concorso all'azione di controllo e di difesa degli spazi vuoti fattisi più ampi e nume rosi. Ai battaglioni ed alle compagnie genio pionieri, inseriti organicame nte rispettivamente nelle divisioni di fanteria e corazzate e n elle briga te alpini, vennero conferite una consistenza numerica ed una fi s iono mia operativa che ben poco avevano in comune con quelle de l passa to 88. È pur vero che il bisogno del genio in tutte le sue specia lità era divenuto, sul nuovo campo di battaglia, di dimensioni non paragona bili con quelle del passato, ma l'aun1ento proporzionato dell 'a n11a n.:a li z-
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zato in sede di ristrutturazione nell'ambito delle divisioni e delle brigate, ancorché non soddisfacente in pieno tutte le esigenze, toccò il limite della saturazione, al di là del quale ogni ulteriore incremento quantitativo si sarebbe tradotto in un appesantimento dannoso per le grandi unità elementari. Sarebbe stato, invece, necessario aumentare il numero delle unità del genio ai livelli di armata e di corpo d'armata, in modo da consentire alle grandi unità complesse maggiori possibilità d'intervento secondo le situazioni ed i terreni, ma a ciò si opposero i noti, tante volte già ricordati, motivi finanziari. I preesistenti 1°, 2° e 3° raggruppamento delle unità del genio di corpo d'armata e di armata vennero trasformati in reggimenti 89, venne ricostituito il reggimento genio ferrovieri 90 e vennero adottati altri provvedimenti diretti a dare all'arma un assetto ordinativo che meglio ne soddisfacesse le esigenze d'impiego e particolarmente di addestramento. Dalla ristrutturazione l'arma del genio uscì, dunque, aumentata proporzionalmente rispetto alla fanteria ed all'artiglieria, arricchita della specialità pionieri di arresto, potenziata qualitativamente in seguito alla larga dotazione dei nuovi mezzi tecnici e delle nuove attrezzature meccaniche. Occorre, infine, tenere presente che la scissione di fatto delle trasmissioni dal genio si tradusse in pralica in un raddoppio del numero delle unità, in quanto, sia nell'ambito delle grandi unità elementari che in quello delle grandi unità complesse, ai battaglioni ed alle compagnie del genio, già comprendenti le specialità artieri e collegamenti, si affiancarono i battaglioni e le compagnie trasmissioni 91, il cui personale, pur non appartenendo sul piano giuridico e formale ad un ruolo a sé stante, venne di fatto a costituire un'arma distinta e diversa da quella del genio. L'aumento ed il continuo perfezionamento dei mezzi di trasmissione, dovuti il primo all'incremento notevolissimo dello spazio entro cui le unità di vario ordine dovevano operare e combattere sul nuovo campo di battaglia, il secondo all'incessante ed intensissimo progresso tecnico, avevano già conferito alle trasmissioni, durante la seconda guerra mondiale, un'importanza ed un ruolo ben diversi dal passato. Ai vecchi sistemi telegrafici, telefonici, radio - tuttallora in continua evoluzione - si erano aggiunti i ponti radio, i cavi coassiali, le telescriventi e le telecifranti e stava cominciando l'epoca della guerra elettronica che, in tempi successivi, avrebbe travolto concezioni e modalità d 'impiego tradizionali, non meno radicalmente dell'avvento delle altre forme rivoluzionarie di guerra. Non solo, pertanto, si era resa già necessaria la costituizone di un'apposita arma tecnica, ma questa andava sollevata da tutte
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le a ttività delle trasmissioni che era possibile commettere in proprio a lle altre armi, riservandole, in analogia a quanto fatto per il genio, i vasti campi di azione caratterizzati da accentuato tecnicismo. Da qui la consistente dotazione di mezzi di trasmissione moderni estesa alle unità di tutte le armi, dai reggimenti fino ai plotoni, alle sezioni ed alle pattuglie. L'aviazione leggera dell'esercito assunse, in sede di ristrutturazione, la natura e la configurazione di una specialità a sé stante, costituita da piloti, osservatori e da specialisti di vario genere, comprendente aeroplani leggeri, elicotteri ed un'apposita organizzazione aeroportuale e di riparazioni; essa estese il suo campo di azione molto al di là dei compiti di mezzo ausiliario dell'artiglieria fino ad allora adempiuti e pose le premesse per un suo graduale maggiore sviluppo nel futuro, che sarebbe stato più difficoltoso e lento qualora lo stato maggiore dell'esercito non avesse, fin dalla seconda metà degli anni cinquanta, proceduto ad aumentare il numero delle unità aerei leggeri e ad introdurre i primi velivoli ad ala rotante, dei quali la guerra di Corea e quelle successive combattute altrove avevano messo in evidenza l'ampiezza dei ruoli sul piano strategico e soprattutto su quello tattico. Venne proseguita la costituzione di nuove sezioni aerei leggeri presso i comandi di grandi unità e presso i comandi di reggimento di artiglieria 92 e, come già ricordato, venne costituito ascopo sperimentale il primo reparto elicotteri presso il comando del V çorpo d'armata 93. Dei provvedimenti di ristrutturazione dell'organizzazione logistica territoriale e d'intendenza e dei servizi di grande unità abbiamo già accennato. Basti qui ricordare-che per tutte le grandi unità elementari fu confermata l'assegnazione organica di una sezione di sanità, di almeno un ospedale da campo, di uno o più nuclei chirurgici, di una o più ambulanze radiologiche, di un'ambulanza odontoiatrica, di una sezione sussistenza, di un reparto trasporti, di un parco mobile, di un'officina media e di una compagnia servizi 94. A ciascuna di tali unità venne conferito, ritoccandone opportunamente le articolazioni e gli organici, il massimo di autonomia, di operatività e di funzionalità possibile evitando, come si rivela dall'esame delle singole formazioni, appesantimenti o lacune che avrebbero potuto incidere negativamente sulla manovrabilità della grande unità o sulla sua autonomia.
6. La risposta data dallo stato maggiore dell'esercito al secondo quesito, a quello cioè riguardante l'entità minima Jdla componente ope-
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rativa terrestre da approntare fin dal tempo di pace per fronteggiare l'emergenza, fu meno convinta, convincente e sicura di quella data al quesito circa la qualità delle stesse forze. Sulla necessità che si dovesse addivenire ad una riduzione quantitativa del programma di sviluppo delle forze, preventivato nel precedente periodo della ricostruzione, lo stato maggiore dell'esercito non ebbe dubbi. Non avrebbe potuto essere altrimenti, se si voleva davvero puntare sulla qualità più che sulla quantità. Ma fino a che punto sarebbe stato possibile farlo senza scendere al di sotto del minimo strategico indispensabile ad assicurare la pronta capacità di reazione ad un'aggressione improvvisa e conseguentemente la credibilità dell'esercito? A tale fine il primo traguardo da raggiungere non poteva non essere la prontezza operativa, non solo, come nel passato, delle sole forze di copertura, ma di tutte le componenti tattiche e logistiche necessarie a fronteggiare, ancorché per un tempo limitato, un'eventuale improvvisa aggressione non preceduta, da parte del nemico, da speciali operazioni di mobilitazione, essendo le forze destinate a compierla completamente efficienti fin dal tempo di pace e dislocate a distanza copribile in tempi molto brevi, e neppure dalla tradizionale dichiarazione di guerra. Prontezza operativa significa di per sé completezza organica di personale, di dotazioni rispetto alle tabelle di guerra ed elevato livello addestrativo. In tale contesto non avrebbe dovuto più essere ammessa, almeno per il complesso di forze dislocato fin dal tempo di pace in corrispondenza e ad immediato tergo dei vari settori d'impiego, la distinzione tra organici di guerra ed organici di pace, a meno di non accrescere la quota di rischio già piuttosto elevata dete rminata dalla riduzione all'osso della con sis tenza quantitativa d elle unità destinate a fronteggiare l'eventuale aggressione. L'esigenza «T» aveva indicato la gravità di tale rischio ed aveva ammonito perché venisse quanto meno ridotto. I primi provvedimenti di ristrutturazione e di ridimensionamento dell'esercito di campagna furono adottati nel 1955, cioè poco prima dell'elaborazione e della sperimentazione della nuova dottrina 600; e consistettero: nella trasformazione della divisione leggera Folgore in divisione ternaria mediante l'assorbimento del raggruppamento Trieste; nella ricostituzione della divisione leggera di fanteria Trieste mediante la trasformazione del comando raggruppamento Bologna in comando divisione Trieste e del comando raggruppamento Trieste in comando di zona militare di Trieste; nella contrazione delle divisioni di fanteria Pinerolo ed Aosta e delle divisioni corazzate Centauro e Poz-
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zuolo del Friuli 95. In tale quadro il 9° reggimento fanteria Bari ed il 13 reggimento fanteria Pinerolo si contrassero e si fusero sotto la data del 1° gennaio 1955 dando così inizio a quel graduale ridimensionamento delle forze di campagna che si concluse nel 1959: trasformazione delle divisioni di fanteria Granatieri di Sardegna 96, Folgore 97, Legnano 98 in divisioni di pianura e delle divisioni di fanteria Mantova 99 e Cremona 100 in divisioni di montagna; scioglimento della divisione corazzata Pozzuolo del Friuli 101; riduzione a divisioni di fanteria contratte dell'Aosta, della Pinerolo, della Friuli, dell'Avellino e della Trieste 102. Delle 10 divisioni di fanteria di vario tipo e delle 3 divisioni corazzate esistenti alla metà degli anni cinquanta, alla fine del 1959 restarono in essere: 5 divisioni di fanteria - 3 di pianura, 2 di montagna - articolate secondo il nuovo ordinamento, ma su organici inferiori mediamente di 1/4 di quelli di guerra; 2 divisioni corazzate di cui una con organici inferiori di 1/4 di quelli di guerra ed una inferiori di 1/3; 5 divisioni di fanteria contratte con una forza organica pari a circa 1/3 di quella prevista dalle tabelle di guerra. Il ridimensionamento riguardò, dunque, anche le grandi unità di previsto schieramento sulla prima posizione difensiva, per Je quali fu gioco forza, nonostante tutte le controindicazioni, stabilire livelli di forza inferiori di quelli degli organici di guerra. A tali grandi unità erano da aggiungere 5 brigate alpine (Julia, Cadore, Tridentina, Orobica, Taurinense), la brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli che ereditò il nome dell'omonima divisione corazzata disciolta e la brigata missili, peraltro ancora in via di costituzione alla fine del 1959. Anche le brigate alpine ebbero una forza inferiore di 1/4 di quella delle tabelle organiche di guerra. Legati taluni alla ristrutturazione, taluni al ridimensionamento e taluni ad entrambe le operazioni, i provvedimenti ordinativi adottati in quegli anni coinvolsero più o meno anche tutte le unità medie e minori, dal reggimento alla squadra. Vennero sciolti reparti: il Nizza cavalleria 103, i gruppi semoventi controcarri delle divisioni corazzate in seguito all'avvenuta sostituzione dei carri Sherman con i carri M47 e all'avvenuto potenziamentc. dell'armamento controcarri dei reggimenti bersaglieri 104, le compagnie cannoni controcarri su M6 dei reggimenti di fanteria in relazione all'introduzione in servizio dei cannoni senza rinculo da 106 105; ne vennero costituiti altri 106 ed a ltri infine vennero riordinati fissando nuovi organici o ritoccando quelli in vigore 107. Le compagnie fucilieri, bersaglieri, alpini, anfibie e carri 108, per effetto delle innovazioni apportate ai reggimenti ed ai batta-
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glioni 109, ricevettero un nuovo assetto ordinativo, di cui uno degli aspetti di rilievo, per la compagnia fucilieri, fu il ritorno nel suo ambito delle mitragliatrici, tenute nell'ordinamento precedente al livello di battaglione ed inserite nella compagnia armi di accompagnamento che venne sciolta e sostituita dalla compagnia mortai da 81. Venne mutata la denominazione della squadra fucilieri in squadra assaltatori, un provvedimento con riflessi morali intesi a valorizzare la specialità più importante e più scelta dell'arma; il suo organico e quello del plotone fucilieri non subirono nel 1957 varianti. La compagnia fucilieri venne ordinata su: 3 plotoni fucilieri, 1 plotone armi di compagnia (1 squadra mitragliatrici di 15 uomini e 2 armi, 1 squadra mortai leggeri di 17 uomini e 3 armi, 1 squadra cannoni senza rinculo di 16 uomini e 3 cannoni senza rinculo da 57, 1 gruppo armi controcarri su 2 uomini con un lanciarazzi controcarri, 1 nucleo mitragliatrice contraerei su 3 uomini ed 1 arma), 1 plotone comando comprendente il personale per il funzionamento del comando, delle trasmissioni, dei servizi e I squadra pionieri di 7 uomini. La forza complessiva della compagnia fucilieri fu portata a 200 uomini (7 ufficiali, 21 sottufficiali, 172 militari di truppa). Con la nuova articolazione e con il nuovo organico s'intese assicurare alla compagnia fucilieri la fisionomia della minore unità di fanteria che, nel quadro del gruppo tattico al livello superiore, fosse in grado: nell'azione offensiva, di realizzare la concentrazione degli sforzi e la continuità dell'azione in profondità, mediante l'impiego di un adeguato fuoco di accompagnamento in proprio e controcarri e del rincalzo; nell'azione difensiva, di mantenere lo scaglionamento in profondità dei mezzi di fuoco e l'impiego del rincalzo. Quando si accentuò la tendenza al più frequente ricorso al caposaldo di compagnia in luogo di quello di battaglione, unitario o nucleare, nella constatazione che la compagnia su tre plotoni fucilie ri finiva con il non disporre di un rincalzo organico, di cui il caposaldo di battaglione e di compagnia non può fare a meno se non rinunciando ad essere sé stesso - in quanto sono proprio l'azione di fuoco e la reazione di movimento a configurarne nel loro insieme inscindibile la natura di elemento difensivo credibile - venne esaminata l'opportunità di un ordinamento quaternario della compagnia (4 plotoni fucilieri) magari con plotoni di forza ridotta rispetto a quella degli organici in vigore. L'opportunità venne messa particolarmente in evidenza dal ciclo di esercitazioni Latermar, riguardanti la battaglia difensiva in montagna con impiego di armi atomiche, nell'ambiente cioè nel quale il ricorso al caposaldo di compagnia era già norma-
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le. Si addivenne così, sia pure a scopo sperimentale, all'aggiunta di un quarto plotone fucilieri modificando da 10 a 9 uomini l'organico delle squadre assaltatori di tutti i plotoni fucilieri. L'innovazione ebbe vita breve perché, come vedremo, nel 1963 la compagnia fucilieri verrà riportata a 3 plotoni fucilieri. Indipendentemente dal numero dei plotoni fucilieri, l'articolazione e l'organico erano tali da consentire alla compagnia di agire anche come piccolo gruppo tattico a sé stante, in quanto era previsto che essa potesse ricevere rinforzi dall'unità superiore e da altre compagnie fucilieri o cedere un'aliquota delle sue forze, commisurata, questa ultima, di norma, a non più di due plotoni fucilieri e a un'aliquota delle armi di accompagnamento, eccezione fatta di quelle controcarri che, data la estensione dell'offesa dei carri nemici, non potevano mai essere sottratte alla compagnia. La compagnia carri venne strutturata su 1 plotone comando e 3 plotoni carri, ciascuno di questi su 5 anzichè su 4 carri, con un totale di 16 carri medi. In definitiva l'unità compagnia di qualsiasi tipo fucilieri, fucilieri meccanizzata, bersaglieri, alpini, anfibia, carri com'è facile rilevare dagli organici riportati nella nota n. 107, assunse una più spiccata individualità tattica, derivante soprattutto dalla maggiore consistenza e varietà del nuovo volume di fuoco di cui venne dotata. Le batterie dei gruppi di artiglieria di campagna conservarono la precedente strutturazione su 6 pezzi 110 e la stessa struttura venn·e conferita anche alle batterie dei gruppi pesanti campali, mentre quelle dei gruppi pesanti vennero ordinate su 4 pezzi. Dopo la trasformazione del 3° reggimento artiglieria pesante campale in 3° reggimento artiglieria pesante - destinato poi a diventare reggimento missili - i reggimenti di artiglieria pesante campale e pesante furono rispettivamente 7 e 3 e dei primi: 2 (4° e 41 °) furono armati con i 153/23 a traino meccanico, 1 (27°) con i 155/23 semoventi, i resta nti 3 (6 °, 8 °, 22 °), in via provvisoria, con i 149/ 19 e i 140/30; i 3 reggi m e n ti di artiglieria pesante furono armati con pezzi da 155/45 e da 203 111 _
7. Il quadro riassuntivo, fin qui tracciato, dei principa li provved imenti ordinativi, adottati dallo stato maggiore dell'eserc ito ch.11 I 955 al 1959 per ristrutturare e ridimensionare l'esercito sulla base de i 11uovi orientamenti dottrinali e delle sempre maggiori ristre t1 c:1.z1..· l'in:rn
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ziarie, suggerisce alcune considerazioni delle quali la prima ci sembra debba riferirsi alla mole del lavoro ordinativo compiuto. Organizzazione centrale, difesa del territorio, esercito di campagna: non venne trascurato nessun settore. La ristrutturazione e il ridimensionamento vennero impostati e condotti in una visione globale del problema militare italiano, questo inserito nella difesa nazionale e N.AT.O .. La soluzione non poté essere ricercata in un quadro generale di politica militare definito e certo, che non esisteva, e che, peraltro, dové essere ipotizzato senza che l'autorità politica, cui sarebbe spettato determinarlo, l'avallasse o lo sostituisse con altro. Il silenzio dell'autorità pubblica, rotto solo anno per anno dalle comunicazioni riguardanti le assegnazioni di bilancio, ostacolò la stesura di un programma meno legato alla contingenza, meglio armonizzato con quelli delle altre forze armate, soprattutto inquadrato nelle esigenze complessive della difesa nazionale e degli impegni assunti in ambito N.A.T.O., a proiezione pluriennale. Per restare sul solo terreno della difesa militare, l'unificazione dei tre preesistenti ministeri militari in un solo ministero della difesa e la maggiore capacità operativa conferita allo stato maggiore della difesa non avevano prodotto né l'unificazione reale, né la semplificazione degli apparati centrali e periferici di comando e dei servizi, operazioni che sarebbero state necessarie anche ai fini di una maggiore economia della spesa, oltre che di una maggiore efficienza e funzionalità. I tentativi di unificazione o fusione erano stati compiuti senza un programma armonico e completo e se un qualche programma era stato studiato od abbozzato, questo non era uscito dall'iniziale stadio concettuale. Per procedere alla ristrutturazione ed al ridimensionamento sarebbe stato necessario, in primo luogo, rendere nelle grandi linee armonici gli ordinamenti delle tre forze armate e fare in modo che ciascuno di essi, considerato a sé stante, fosse moderno e funzionale ed inserito in un contesto unificato delle attività e degli elementi similari. Queste due grandi vere trasformazioni rimasero al di là da venire. Lo stato maggiore dell'esercito dové procedere per proprio conto e, malgrado ciò, svolse un buon lavoro e conseguì risultati soddisfacenti, tanto più apprezzabili se si pensi che il capo di stato maggiore dell'esercito avrebbe dovuto semplicemente adempiere, secondo le leggi in vigore, compiti di carattere tecnico-professionale e di consulenza e che conseguentemente lo stato maggiore dell'esercito avrebbe dovuto svolgere, a tenore di legge, soltanto funzioni di studio o poco più. I tentativi di riforma strutturale dell'esercito, in un primo tempo a c-
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cantonati in attesa dell'approvazione della C.E.D., poi ripresi negli anni 1955 e 1956 fino ad assumere la forma di disegni di legge o di progetti per disegni di legge, non andarono in porto essendosi quasi tutti una volta superata la più lunga fase di compilazione e di revisione da parte degli organi tecnici costituiti dallo stato maggiore dell'esercito e dal consiglio superiore delle forze armate - fermati nelle stazioni di transito o perduti nelle lunghe trafile del potere esecutivo o di quello legislativo, spesso per l'insufficiente importanza attribuita ai provvedimenti stessi dalle autorità politiche. La conseguenza fu che anche la riforma strutturale dell'esercito compiuta in quegli anni non ricevé il crisma della legittimità giuridica e legislativa. Una seconda considerazione può riguardare i criteri ai quali vennero ispirati il ridimensionamento e la ristrutturazione. Il primo di tali criteri fu il realismo, in ragione del quale lo stato maggiore dell'esercito tenne i piedi saldamente a terra e, pur avendo completa contezza delle soluzioni ideali o, come oggi si dice, ottimali, non teorizzò nulla che non fosse fattibile ed attuabile nella situazione evolutiva del momento. Il senso del reale, da una parte lo indusse ad evitare scosse rivoluzionarie e sovvertimenti radicali, dall 'altra non gli tarpò la capacità di immaginazione, che dimostrò di possedere in misura assai notevole, sia nell'elaborazione della nuova dottrina sia nella definizione dei nuovi ordinamenti. Questi ultimi furono concepiti e realizzati in modo da essere suscettibili, nelle loro linee fondamentali, di agevoli adattamenti agli ulteriori prevedibili sviluppi del progresso tecnico, in particolare alla meccanizzazione integrale della fanteria, al potenziamento e ammodernamento delle armi cor..trocarri e delle artiglierie tradizionali e missilistiche, all'impiego più vasto ed in nuovi ruoli degli elicotteri. Il secondo criterio al quale lo stato maggiore dell'esercito scelse ·di attenersi fu quello della prudenza, nel senso che nessuna innovazione ordinativa venisse sanzionata definitivamente prima che non fosse stata esperimentata presso unità di prova e c iò valse per i nuovi reparti esploranti divisionali 112, per le compagnie meccanizzate, per i reparti elicotteri, per le unità lanciafiamme, per gli organi A.B.C., per la batteria sperimentale da 40/70, per la briga ta missili, costituita in un primo tempo su organici provvisori, e cosi via. Il terzo dei principali criteri fu la gradualità di attuazione del riassetto ordinativo, sia mediante la raccolta preventiva dei mezzi da di sl ri buire o ridistribuire, sia mediante l'assunzione delle nuove f o rinazioni ai vari livelli in modo non solo da non determinare una crisi gc11crale dell'esercito, ma di ridurre al minimo anche quella inevitabile
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al livello delle singole unità da trasformare. A ciò valsero non poco i programmi di riassetto organico e funzionale diramati via via in anticipo per rendere edotti i comandi di regione, di corpo d'armata e gli ispettorati d'arma dei provvedimenti che sarebbero stati gradualmente da attuare nel corso dei singoli anni. Il nuovo ordinamento poté così entrare a mano a mano in vigore gradatamente ed al tempo stesso senza quasi che se ne avvertissero conseguenze disturbatrici, sia pure temporanee, dell'efficienza operativa delle unità. In conclusione, le tante e svariate questioni strutturali, che sono fra le più difficili da risolvere nell'arte e nella scienza militare, vennero trattate in modo razionale ed esauriente e le soluzioni adottate risposero a chiare e definite esigenze operative, addestrative, logistiche, tecniche, amministrative e di avanzamento dei quadri. Il nuovo assetto ordinativo non valse certamente a tranquillizzare lo stato maggiore dell'esercito e lo stesso generale Liuzzi. Questi, pur riconoscendone i principali effetti positivi, non esitò a denunziarne pubblicamente, qualche tempo dopo avere lasciato la carica, le lacune, le insufficienze ed i difetti 113, i quali però riguardavano, a ragione, quanto non era stato possibile fare, nonostante si fosse stati convinti della necessità di farlo, è non quanto realizzato. D'altra parte, dall'esame compiuto a distanza di più di un quarto di secolo da quando vennero decisi, non ci sembra che quei provvedimenti, nel loro insieme, fossero meritevoli di critica, in quanto diretti a mantenere in vita strutture già allora superate, o perché troppo innovatori, o perché - ciò sarebbe stato molto più grave- non rispondenti all'evoluzione della dottrina e dei mezzi del momento e dell'allora prevedibile futuro prossimo. Arretrata, invece, rimase l'organizzazione generale delle forze armate e, soprattutto, della branca tecnico-amministrativa, pletorica, confusa nelle competenze e nelle responsabilità, affatto snella e funzionale, ancora organizzata per materia e regolata da leggi e da norme amministrative vetuste e differenti per ogni direzione generale e per le varie categorie di materiali. Nell'ambito della pesante e lenta organizzazione centrale, catastrofica, venne definita dal generale Liuzzi, la situazione dei servizi tecnici dell'esercito, ossia proprio di quei servizi la cui importanza, dopo la seconda guerra mondiale, si era straordinariamente accresciuta per il gigantesco sviluppo della tecnica. Si può dire che in un 'esercito moderno (come nelle altre Forze Armate) l'attività tecnica ha acquistato un valore determinante. Orbene, secondo l'attuale organizzazione delle nostre Forze terrestri, i servizi tecnici e le funzioni tecniche sono confusi e sommersi, per lo più
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in situazione subordinata, fra i servizi amministrativi e le funzioni amministrative. L'esistenza di Ispettorati tecnici e di enti analoghi non basta a conferire ai servizi tecnici la posizione di rilevanza e di relativa autonomia che sarebbe necessaria. Indipendentemente dalle difficoltà che oggi ostacolano gravemente il reclutamento di giovani da immettere nei servizi tecnici e che consistono essenzialmente nell'insufficiente trattamento economico, gli stessi servizi tecnici conducono una vita grama e stentata; taluni di essi minaccia di estinguersi per esaurimento cronico. Qualche servizio tecnico manca addirittura: o perchè è stato inopinatamente soppresso nell'immediato dopoguerra (e non starò ora a criticare i provvedimenti precipitosi di quel periodo), come quello del genio e quello geografico, o perchè non è stato creato tempestivamente, in sintonia con l'evolversi della tecnica e degli ordinamenti, come quello fisico-chimico e quello delle trasmissioni 114. La branca tecnico-amministrativa non rispondeva, dunque, alle esigenze di un'organizzazione moderna, funzionale e per quanto possibile unificata in un assetto interforze. Il tentativo di ristrutturazione degli organismi centrali era fallito e con esso quello di creare, fin dal tempo di pace, un'organizzazione logistica che, all'emergenza, non ripetesse quella della seconda guerra mondiale, che si era dimostrata di rendimento del tutto insufficiente. La creazione di un'intendenza generale proposta, come abbiamo già ricordato, dallo stato maggiore dell'esercito sarebbe valsa a mettere a disposizione del capo di stato maggiore dell'esercito, fin dal tempo di pace, un organo direttivo logistico unitario responsabile, sulla falsariga di quanto era avvenuto durante la prima guerra mondiale e diversamente dalla seconda guerra mondiale, durante la quale non era stata costituita un'intendenza generale e come tale aveva funzionato il complesso delle preesistenti direzioni generali. Nonostante, infatti, l'esistenza presso lo stato maggiore dell'esercito di uffici coordinatori, tale complesso non aveva dato buona prova di sé come surrogato di un organismo direttivo centrale ed aveva dato luogo a sovrapposizioni, duplicati, malintesi, dispersioni di energie e addirittura a veri e propri disguidi e sprechi che si erano aggiunti a tutte le altre molteplici cause di debolezza intrinseca della branca logistica italiana. Nella situazione dell'organizzazione tecnicoamministrativa e tecnico-operativa vigente nella seconda metà degli anni cinquanta, dunque, l'organizzazione logistica in caso di guerra avrebbe ripetuto presso a poco quella della seconda guerra mondiale con alcune circostanze aggravanti, che, apparendo come molto pro-
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babili, devono essere tenute ben presenti: scoppio istantaneo o quasi delle ostilità, operazioni di mobilitazione e di approntamento rese difficilissime dall'offesa nucleare e missilistica. Non occorre grave sforzo di immaginazione per dedurre che i risultati, nel campo logistico, sarebbero disastrosi 115. La ristrutturazione ed il ridimensionamento dell'organizzazione logistica periferica, territoriale e di campagna, presentavano aspetti assai positivi e favorevoli rispetto alla situazione dei primi anni cinquanta, ma restava il fatto di una certa pletoricità e soprattutto quello del ritardo con il quale l'organizzazione logistica di pace si sarebbe trasformata in quella di guerra, stanti i tempi di completamento o di costituzione ex novo di alcuni organi di comando (intendenza di scacchiere e delegazioni d'intendenza), direttivi ed esecutivi, di prevista durata oltre il giorno M + 15 (M corrispondente al giorno della mobilitazione), quasi si fosse ancora nella situazione della prima o della seconda guerra mondiale, quando non vi erano state difficoltà di tempo e condizioni di ostacolo alla mobilitazione. Oltre ciò, la lacuna tragica dell'organizzazione logistica, quella che più incideva sulla capacità operativa dell'esercito in generale e più pericolosamente su quella dell'esercito di campagna, era l 'inadeguatezza delle scorte che, per alcuni mezzi e materiali, non raggiungevano neppure un terzo dei quantitativi valutati indispensabili alla durata delle operazioni iniziali in relazione ai prevedibili tempi di afflusso dei rifornimenti dall'oltremare. Il nuovo ordinamento dello stato maggiore dell'esercito valse, invece, a configurare una struttura moderna e funzionale, del tutto rispondente alle funzioni ed alle caratteristiche di un organismo centrale di comando e di controllo, le cui competenza e responsabilità non vennero però determinate con chiarezza e precisione da apposita legge. Di fatto, peraltro, il capo di stato maggiore dell'esercito, alla dipendenza del ministro ed in base alle direttive tecnico-operative del capo di stato maggiore della difesa, fu tacitamente messo in grado di esercitare la funzione di comando su tutte le unità e gli enti dell'esercito attraverso il suo stato maggiore, gli ispettorati d'arma e di specialità e le normali linee gerarchiche territoriali ed operative. Ma la mancanza di una legge-quadro o, quanto meno, di una direttiva di governo, che alla preminenza gerarchica di fatto del capo di stato maggiore dell'esercito facesse corrispondere una chiara definizione delle sue responsabilità di fronte all'autorità politica circa la preparazione e l'efficienza dell'esercito e che ponesse completamente nelle mani dello stesso capo di stato maggiore dell'esercito le redini indispen-
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sabili - quella relativa al personale, quella relativa ai servizi tecnici e quella relativa ai servizi logistici, in uno con quelle riguardanti le operazioni, l'addestramento, l'ordinamento, la mobilitazione, la ricerca e gli studi, ecc. - ad assumere la piena funzione di comando e di controllo e le correlative responsabilità, continuò a perpetuare il clima di incertezza e di legittime perplessità del periodo precedente. Il nuovo ministro della difesa, onorevole Giulio Andreotti, - che dirigerà il ministero della difesa dal 15 febbraio 1959 al 23 febbraio 1966, vale a dire per sette anni - non dimostrò, fin dall'inizio, un impegno superiore di quello dei suoi predecessori, ai quali forse era mancato il tempo per fare qualcosa di più nell'affrontare il problema della riforma strutturale dell'organizzazione centrale del ministero e della definizione legislativa delle responsabilità e dei rapporti interni tra i vertici tecnico-operativi e di questi con i vertici tecnico-amministrativi. La ristrutturazione dello stato maggiore dell'esercito, in conclusione, si tradusse in una conquista interna di modernità e di funzionalità, in parte peraltro frustata dal mancato ammodernamento dell'intera organizzazione centrale. Essa, malgrado ciò, ebbe il grande merito di infondere vital ità e viva cità maggiori all'organismo di vertice dell'esercito, il quale seppe avvalersene per l'espletamento, razionale, ordinato ed intonato alle esigenze, del suo lavoro. Circa l'organizzazione della linea di comando operativo dello scacchiere nordorientale, nonostante il previsto ritardo rispetto al giorno «M » con il quale sarebbero entrati in funzione a pieno regime i comandi della 1 a e della 3a armata, l'assetto ad essa dato nel progetto di mobilitazione - comando delle F.T.A.S.E. ed intendenza dello scacchiere no rdest, comandi d'armata e delegazioni d 'intendenza veneta e tridc nLi na, comandi di corpo d'armata (IV e V corpo) incaricati inizia lmc 11 lc della prima reazione ad un'eventuale aggressione - corris pose d el tutto alle esigenze della situazione strategico militare, d ella mo rfo logia della zona di schieramento e della disponibilità delle forze di pn:visto impiego, anche se per il settore tenuto dal IV corpo no n sa re bhe forse stato necessario prevedere il comando di un'arma ta che, d1: I r'"·sto, non venne neppure embrionalmente costituito. Eccellente già prima della ristrutturazione, il setto re scola s t in ,addestrativo non solo non venne ridimens_ionato, m a fu a nzi o pp111·1u namente potenziato. Rispondente, ancorché troppo plc lo r k11, 110 110 stante il taglio apportato, risultò l'organizzazione di co 111 a 11dn l l' I r itoriale, la quale però difettava delle forze necessa rie a solk-vu n · lr1 unità d'impiego e addestrative dai tanti servizi territoriali e di p1l's ldio
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dai quali continuavano ad essere gravate. La contrazione delle divisioni di fanteria dipendenti dai vari comandi di regione, di previsto impiego in corrispondenza della seconda posizione difensiva od in compiti di difesa di scacchieri diversi da quello nord-orientale, fu una soluzione obbligata, delle cui possibili pericolose conseguenze lo stato maggiore dell'esercito fu pienamente consapevole tanto che, per riparare entro una certa misura alla gravità del provvedimento, dispose i ricordati esperimenti di approntamento delle divisioni Pinerolo, Aosta, Trieste e Centauro. Gli esperimenti dettero garanzia di successo, ma dimostrarono che sarebbe occorso almeno un mese, nella migliore delle ipotesi, prima che le unità ricostituite nelle loro formazioni di guerra potessero acquisire un livello minimo di efficienza operativa sotto il profilo addestrativo, il che significava che né la seconda posizione difensiva avrebbe potuto essere presidata prima di 30 giorni dal giorno «M», né la risposta ad un eventuale sbarco dal mare o dal cielo o combinato in una zona qualsiasi del territorio nazionale, al di fuori di quella nord-orientale, avrebbe potuto raggiungere una consistenza adeguata prima dello stesso periodo di tempo. La suddivisione quantitativa delle forze, ossia la determinazione del numero delle grandi unità e delle unità delle varie armi e servizi che dovevano comporre l'esercito, di quante e quali di tali unità dovevano essere prontamente impiegabili, di quante e quali potevano essere tenute ad un livello di forza più basso in modo da richiedere procedimenti di mobilitazione più lunghi e complessi per raggiungere la piena efficienza operativa e di quali e quante potevano essere create ex novo in caso di emergenza, fu una conclusione di ripiego imposta da motivi finanziari. Presso quasi tutti gli eserciti moderni, in particolare presso gli altri eserciti della N.A.T.O., le forze venivano in quel periodo divise in due sole categorie: la prima, comprendente unità mantenute costantemente in alto grado di efficienza, le quali costituivano l'esercito operativo vero e proprio; la seconda, costituita da unità a basso livello di efficienza numerica o da unità non esistenti in tempo di pace e da costituire integralmente per mobilitazione, destinata di massima alla difesa interna, a funzioni logistiche od al completamento di secondo tempo delle forze di pronto impiego. La nuova distinzione, una volta assai meno necessaria, era imposta da due esigenze: fronteggiare l'eventualità dell'aggressione fulminea ed essere pronti a qualsiasi evenienza; evitare che un'improvvisa offesa nucleare, pregiudicando gravemente o addirittura irrimediabilmente la mobilitazione, paralizzasse ogni possibilità di reazione. Lo stato maggiore del-
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l'esercito si attenne, per quanto potè, a tale criterio e sulla base della considerazione che un'eventuale aggressione dal mare e dal cielo contro una regione qualsiasi del territorio nazionale non avrebbe potuto non essere preceduta da segnali indicativi e che, comunque, sarebbe stata in ogni caso meno probabile e meno improvvisa, oltre che meno in forze, limitò il numero delle unità di pronto impiego a quelle che ritenne indispensabili alla difesa della prima posizione difensiva: 5 divisioni di fanteria, di cui su di una, la Granatieri di Sardegna, gravava l'ipoteca dell'abbandono della capitale senza alcuna forma di difesa nel caso di trasferimento e di impiego nello scacchiere nordorientale; 2 divisioni corazzate; 5 brigate alpine; 1 brigata di cavalleria; 1 brigata missili; unità varie di supporto. Alla difesa della seconda posizione difensiva e degli altri scacchieri avrebbero dovuto provvedere le 5 divisioni contratte e le altre unità territoriali di prevista costituzione ex novo. Non fu, però, possibile, nonostante il ridimensionamento generale dell'esercito, garantire la completa capacità operativa di tutte le forze di pronto impiego, ivi comprese quelle inquadrate nel IV e nel V corpo d'armata. Riducevano, infatti, il grado di operatività di tali forze il livello numerico degli uomini non superiore del 75 +80% delle tabelle organiche di guerra ed il fatto che circa un terzo delle unità avevano uno scaglione alle armi che, al momento dell'emergenza, poteva trovarsi nella fase iniziale del periodo addestrativo di secondo ciclo. Non si può, dunque, dire che la soluzione quantitativa soddisfacesse pienamente il fabbisogno, ma non si può negare che rappresentasse la migliore di quelle possibili in quel periodo ed in quella situazione. Circa le caratteristiche qualitative dell'esercito di campagna, il passo in avanti compiuto nella seconda metà degli anni cinquanta fu senza precedenti. Esse furono le più elevate possibili in relazione alle disponibilità dei mezzi e dei materiali forniti, nel quadro del patto atlantico, dagli aiuti statunitensi. Le unità ristrutturate non ebbero molto da invidiare a quelle similari degli altri eserciti della N.A.T.O. L'esercito di campagna fu posto in grado, sotto il profilo quantitativo dell'armamento e dei materiali, di non sfigurare rispetto agli altri eserciti e di adempiere ai compiti di primo tempo a fianco degli alleati ed in campo internazionale. Ci sembra che una tale situazione di fatto, ricavabile dal raffronto particolareggiato delle dottrine, degli ordinamenti e del tipo degli armamenti in dotazione in quel momento, sia di per sé il più completo ed obiettivo giudizio positivo che si possa dare del lavoro compiuto dall stato maggiore dell'esercito e dal s uo
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capo nella seconda. metà degli anni cinquanta. Se, invece, si allarga il discorso al problema della difesa in generale, od anche solo a quello della difesa militare, la risposta che si può dare al quesito circa il grado di preparazione dell'Italia e delle sue forze armate alla eventualità di un'aggressione improvvisa non può non essere che del tutto negativa. L'Italia non era preparata ad una guerra difensiva e faceva ben poco - nonostante il lavoro dei vertici militari e dei loro organi di comando - per prepararvisi, proprio come era avvenuto nel periodo fra le due guerre mondiali, con la differenza che il 10 giugno 1940 l'entrata in guerra era stata una libera scelta, ancorché sconsiderata, ora poteva essere imposta dall'esterno contro ogni volontà di pace della nazione e dell'alleanza atlantica.
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NOTE AL CAPITOLO LVII 1 L'Accademia dei servizi di commissariato e di amministrazione assunse la denominazione, dal 1° ottobre 1955, di Scuola dei servizi di commissariato e di amministrazione militare (f. n. 1590-R/Ord. del 19 settembre 1955). A seguito di tale cambio furono diramate le nuove tabelle organiche che previdero: l'adeguamento dei quadri e della truppa alle nuove esigenze funzionali, l'inquadramento in apposito plotone del reparto comando dei V.A.S. e delle reclute in addestramento avanzato, la soppressione del battaglione allievi e la costituzione di una compagnia A.U.C. ed A.S. su 3 sezioni (f. n. 2195-R/Ord. del 30 dicembre 1955). In relazione al cambio di denominazione dell'Ispettorato del servizio ippico e veterinario in Tspettorato del servizio veterinario il Centro addestramento del servizio ippico e veterinario assunse la denominazione di Centro di addestramento del servizio veterinario (f. n. 51O-R/152 dell'8 maggio 1958) e successivamente di Scuola del servizio veterinario militare (f. n. 800-R/152 del 15 luglio 1958). In data 1° maggio 1959 il reparto specialisti della scuola di artiglieria assunse la denominazione di gruppo specialisti (f. n.600-R/152636621 n . ord. del 15 luglio 1959). In data 6 marzo 1955 il collegio militare di Napoli assunse la denominazione di Scuola militare Nunziatella (f. n. 360-R/Ord. I del 6 marzo 1955). In data 1° aprile 1959 la scuola artieri assunse la denominazione di Scuola meccanici e conduttori di automezzi (f. n. 860/0rd. I del 30 marzo 1959). 2 Nei riguardi dei C.A.R. vennero adottati i seguenti provvedimenti; trasferimento del 4° C.A.R. da Montorio Veronese a Trapani (con distaccamento a Siracusa); trasformazione del B.A.R. 111/60° in B.A.R. della Sardegna; scioglimento dei B.A.R. del 5 °, 6 °, 7° ed 8° reggimento alpini e dei B.A.R. 2°, 3°, 5° e 6° reggimento artiglieria da montagna; costituzione dei B.A.R. Orobica; Tridentina, Cadore in Montorio Veronese e del B.A.R. lulia in Bassano del Grappa, con il compito dell'addestramento di I ciclo delle reclute destinate alle corrispondenti brigate (circ. n. 4600-R/7 del 23 settembre 1955 dell'ufficio addestramento dello S.M.E.). Il B.A.R. della Sardegna venne posto alle dipendenze del comando militare della Sardegna, mentre i B.A.R. Tridentina, Orobica, Cadore e Julia vennero considerati distaccamenti dei reggimenti alpini delle rispettive brigale (f. n. 1775-R/Ord. del 30 settembre 1955). Successivamente, allo scopo di riunire sotto unica dipendenza i B.A.R. Orobica, Tridentina e Cadore, venne disposta la costituzione, in <lata 1° febbraio 1956, del 12° C.A.R. con sede in Montorio Veronese (f. n. 20-R/151 dell'ufficio ordinamento in data 15 gennaio 1955). Venne poi modificata, allo scopo di uniformare l'ordinamento degli enti addestrativi, l'organizzazione: il 12° C.A.R. assunse il seguente ordinamento: comando, B.A.R. Orobica, Tridentina, Cadore deposito; il B.A.R. del 4° reggimento alpini venne trasformato, in data 3 giugno 1956, in B.A.R. Taurinense che inquadrò anche le reclute del 1° reggimento artiglieria da montagna; il B.A.R. lulia venne ordinato, in data 1° marzo 1955, su 4 compagnie (f. n.25-R/151 dell'u. ord. in data 16 gennaio 1956). Per unificare le dipendenze dei C.A.R., dal 1° gennaio 1957 detti enti vennero posti alle dipendenze dirette dei comandi militari di zona (f. n. 190-R/1526367 u.ord. 1° gennaio 1957). Nel quadro degli enti preposti all'addestramento delle reclute (C.A.R. e B.A.R.) vennero presi successivamente i seguenti provvedimenti: scioglimento del 3° C.A.R. (1 battaglione a Cuneo, 1 a Brescia, 1 a Sassari) con passaggio dei 3 battaglioni rispettivamente alle dipendenze del 1° e del 2° C.A.R. e del costituendo 152° C.A.R. di Sassari (apt. n. 57 dell'u.ord. in data 3 marzo 1958) e costituzione in Sassari, in concomitanza con lo scioglimento del 60° reggimento fanteria, del 152° reggimento fanteria Sassari (C.A.R.) che inglobò il 111/3° ed il B.A.R. Sardegna di Cagliari (f.n. 100 S/151402 del 7 febbraio 1958 e f. n. 290-R/1526367
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del 6 marzo 1958). In relazione alla soppressione di alcuni reggimenti dell'esercito di campagna, venne disposto, nell'intento di tenere sempre vivo il retaggio di valore affidato alle Bandiere dei reggimenti, che tutti i C.A.R. (escluso il C.A.R.T.C. ed il 12° per i quali venne fatta riserva) assumessero le denominazioni e custodissero le Bandiere di Guena dei seguenti reggimenti: 1 ° C.A.R. (Casale), 11 ° reggimento Casale; 2° C.A.R. (Cuneo); 52° reggimento Cacciatori delle Alpi; 4° C.A.R. (Trapani), 60° reggimento fanteria Calabria; 5° C.A.R. (Imperia); 89° reggimento fanteria Salerno; 6° C.A.R. (Pesaro), 28° reggimento fanteria Pavia; 7° C.A.R. (Siena), 84° reggimento fanteria Venezia; 8° C.A.R. (Orvieto); 80° reggimento fanteria Roma; 9° C.A.R. (Bari), 48° reggimento fanteria Ferrara; 11 ° C.A.R. (Palermo), 46 ° reggimento fanteria Reggio (f. n. 560-R/152 u.ord. del 15 maggio 1950 e f. n. 1450-R/152 u.ord. del 13 dicembre 1958). Dal 1° gennaio 1955 la scuola allievi ufficiali di complemento di Lecce venne posta alle dipendenze del C.M.T. di Bari; la scuola allievi sottufficiali di complemento, la scuola allievi sottufficiali specializzati e la scuola allievi ufficiali di Ascoli Piceno alle dipendenze del C.M.T. di Roma (f. n. 2035-R/Ord I del 31 dicembre 1954). Dal 31 marzo 1955 le scuole d'arma e dei servizi vennero passate alle dipendenze disciplinari degli ispettorati d'arma e servizi, rimanendo invariata la dipendenza territoriale (f. n. 100-R/Ord. I del 17 marzo 1955). Scuola di fanteria: costituzione di una compagnia mista dimostrativa ad integrazione delle possibilità dimostrative del 111/17° reggimento fanteria Acqui in forza alla scuola quale battaglione dimostrativo (f. n. 893-R/152 u.ord. dell't 1 agosto 1958). Scuola truppe corazzate: sdoppiamento del battaglione allievi delle scuole in due distinti battaglioni: battaglione allievi ufficiali di complemento, battaglione allievi sottufficiali di complemento e specializzati di truppa (f. n. 2310-R/Ord. I del 20 dicembre 1955); costituzione dei reparti corsi, nel numero iniziale di 3 e successivo di 4, posti alle dipendenze di colonnelli comandanti di reparto corsi con funzioni di comandanti di corpi (f. n. 400-R/152 u. ord. del 31 marzo 1958); inserimento dell'ufficio addestramento di una sezione studi a trasformazione dell'autogruppo della scuola in battaglione blindo-corazzato (f. n. 1330-R/152 del 12 novembre 1958). Scuola di artiglieria: costituzione di una batteria sperimentale razzi campali in Anzio quale distaccamento permanente della scuola di artiglieria di Bracciano (f. n. 640-R/152636621 u. ord. del 29 luglio 1959); costituzione, a titolo sperimentale, di una batteria da 40no presso la scuola artiglieria contraerei di Anzio limitatamente al periodo 1° ottobre 1959- 15 febbraio 1960 (f. n. 850-R/15263622 u. ord. del 26 agosto 1959). Scuola dei genio pionieri: costituzione del centro mobile per l'addestramento al mascheramento e soppressione della cattedra ambulante di corpo d'armata per l'addestramento al mascheramento (f. n. 220-R/152636635 u. ord. del 22 febbraio 1956). Scuola della motorizzazione: passaggio dei corsi sottufficiali ed allievi sottufficiali dalla scuola specializzati della motorizzazione a quella della scuola meccanici e conduttori di automezzi (f. n. 2240-R/Ord. I del 14 febbraio 1955). Subirono ordinamenti e varianti varie di strutturazione ed organiche: Scuola militare alpina (f. n. 400-R/152636612 u. ord. del 25 marzo 1956 e f.n. 1170-R/152636612 u. ord. del 7 settembre 1957); Scuola specializzati delle trasmissioni (f. 250-R/Ord. I del 12 febbraio 1955 e f. n. 40-R/152636633 del 5 gennaio 1958); Scuola specializzati truppe corazzate (f. n. 230-R/1526363 del 28 febbraio 1957); Scuola truppe corazzate (f. n. 220-R/152636613 del 15 marzo 1957 e f. n. 1330-R/152636663 del 12 novembre 1958); Scuola di artiglieria (f. n. 1560-R/152636621 u. ord. del 30 settembre 1956; f. n. 600-R/152636621 u. ord. del 15 luglio 1959; f. n. 640-R/152636621 u. ord. del 29 luglio 1959); Scuola unica interforze armate per la difesa A.B.C. (f. n. 320-R/15263667 del 14 marzo 1956); Scuola dei servizi di commissariato e di amministrazione (f. n. 2195-R/Ord. I del 30 dicembre 1955); Scuola di aerocooperazione (f. n. 1950-R/Ord. I del 22 ottobre 1955); Scuola allievi sottufficiali di complemento di fanteria (f. n. 920-R/1526363 u. ord. del 14 maggio 1957); Scuola militare di educazione fisica (f. n. 1150-R/15263668 dell'2 novembre 1959); Scuola delle telecomunicazioni per le forze armate (f. n. 200-R/15236634 u. ord. del 5 marzo 1959).
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Centro sportivo esercito e reparti atleti. Al fine di soddisfare le esigenze sportive dell'esercito, dal 1 ° gennaio 1960 venne disposta la costituzione dei seguenti reparti speciali atleti: 1 a compagnia speciale atleti in Roma (atletica leggera, calcio, competizioni del Consiglio internazionale degli sport militari); 2• compagnia speciale atleti in Napoli (rugby, nuovo pallanuoto); 1 plotone speciale atleti presso la scuola militare alpina (sport invernali); 1 plotone speciale atleti presso la scuola militare di educazione fisica (pugilato, pentathlon militare). Detti reparti assorbirono il centro sportivo dell'VIII C.M.T. della regione centrale, il centro sportivo del X C.M.T. della regione meridionale, il nucleo sci-agonistico della scuola militare alpina e la sezione sportiva della scuola militare di educazione fisica che vennero sciolti. Per l'attività agonistica i nuovi reparti furono compresi in un unico ente - centro sportivo dell'esercito - facente capo alla sezione sport dell'ufficio addestramento dello S.M.E. (f. n. 1260-R/152 u. ord. del 29 dicembre 1959). Il centro militare ippico nazionale venne trasformato in centro preolimpionico militare (f. n. 1360-R/152636653 u. ord. del 17 novembre 1958). L'istituto (interforze) stati maggiori combinati assunse la definitiva struttura organica nel 1958 dopo un ciclo sperimentale durato 6 anni. Lo S.M.E., su mandato dello S.M.D., ne definì compili ed organici (f. n. 740-R/152 u. ord. del 28 maggio 1958). La scuola militare di educazione fisica, trasferita da Roma ad Orvieto il 15 settembre 1952, venne riordinata nel 1956 (f. n. 620-R/15263668 u. ord. del 30 aprile 1956) e nello stesso anno vi fu costituita una sezione preolimpica (f. n. 920-R/15263668 del 26 giugno 1956). Centro militare di paracadutismo. Nel 1957 venne riordinata l'intera specialità paracadutisti e venne disposta la costituzione di un gruppo tattico paracadutisti quale primo nucleo di una unità di ordine superiore (raggruppamento). Nel quadro di tale riorganizzazione, il reparto sabotatori paracadutisti della scuola di fanteria venne trasferito a Livorno, alle dipendenze del centro militare di paracadutismo (f. n. 650-R/15263614 e f. n. 1000-R/152636614 u. ord. del 12 maggio 1957). 3 Il Centro aviazione leggera dell'esercito (CAALE) venne costituito in Viterbo nel 1956 (f. n. 1010-R/152636628 u. ord. del 30 maggio 1956). Nel 1959 venne operato il suo primo riordinamento (f. n. 80-S/15263423 u. ord. del 1° febbraio 1959). 4 Il battaglione addestramento specializzati (cannonieri, piloti mezzi corazzati, specializzati trasmissioni radio) venne costituito in Persano nel 1955 (f. n. 1295-R/Ord. I del 24 agosto 1955). Al fine di consentire al comando della scuola truppe corazzate di meglio coordinare le attività disciplinari e logistiche del battaglione dimostrativo e del battaglione addestramento specializzati, distaccati entrambi a Persano, venne costituito nel 1957 il comando del distaccamento scuola truppe corazzate in Persano, posto a tutti gli effetti alle dipendenze del comando della scuola (f. n. 220-R/15263661 3 u. ord. del 15 marzo 1957). 5 La Scuola elettromeccanici artiglieria contraerei venne costituita in Roma il I 0 dicembre 1955 (f. n. 1890-R/Ord. I del 3 novembre 1955) al fine di accentrare in un unico istituto l'addestramento degli specializzati meccanici per apparati radar, pe r centrali elettroniche e per gruppi elettrogeni di artiglieria contraerei. Dipendenza d'impiego e disciplinari: dall'ispettorato di artiglieria territoriali: dal C.M.T. di Roma. 6 Rivista Militare, 1961, V, pag. 561, Caratteristiche ed esigenze di un esercito moderno. 7 Il Collegio di difesa - Nato Defense College - fu istituito, su iniziativa del generale Eisenhower, e venne inaugurato il 19 novembre 1951 presso l'Eco/e militai re di Parigi. Venne poi trasferito a Roma quando la Francia uscì dall'organizzazio11e militare della N.A.T.O.. 8 Il Centro alti studi militari - C.A.S.M. - venne inaugurato in Roma il 7 din·rnbre 1949. L'Istituto stati maggiori combinati - I.SS.MM.CC. - venne inaugura to nel 1952. 9 Rivista Militare, 1961, V, pag. 561. Op. cit.
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Giorgio Liuzzi, Italia difesa? Roma, 1963, Giovanni Volpe, editore. Ibidem, pag. 146. 12 Ibidem, pag. 149. 13 A parte i normali bandi di concorso per l'arruolamento degli allievi ufficiali e sottufficiali di complemento - oltre che quelli per l'accademia e per la scuola allievi sottufficiali - che possono essere considerati di ruotine, negli anni 1955-59 vennero indetti numerosi bandi di arruolamento volontario a lunga ferma per: allievi conduttori capi e allievi aiuto macchinisti dell'esercito (circ. n. 241, 3 giugno 1955, G.M. 1955, pag. 890; circ. n. 249, 30 maggio 1956, G.M. 1956, pag. 1286; circ. n. 198, 16 maggio 1957, G.M. 1957, pag. 869; circ. n. 299, 27 maggio 1958; G.M. 1958, pag. 1279); specializzati radiomontatori per la successiva nomina a meccanici per centrali contraerei o meccanici di radar(circ. n. 368, 28 luglio 1955, G.M. 1955, pag. 1279; circ. n. 183, 4 aprile 1956, G.M. 1956, pag. 512; circ. n. 400, 21 settembre 1957, G.M. 1957; pag. 1552; circ. n. 43, 17 gennaio 1958, G.M. 1958, pag. 81); vigilatori o custodi per gli stabilimenti militari di pena (circ. n. 318, 18 luglio 1957, G.M. 1957, pag. 1286; circ. n. 434, 31 luglio 1958, G.M. 1958, pag. 1567; circ. n. 294, 30 maggio 1959, G.M. 1959, pag. 968); specializzati vari (circ. n. 399, 21 settembre 1957, G.M. 1957, pag. 1541; circ. n. 44, 17 gennaio 1958, G.M. 1958, pag. 91; circ. n. 273, 15 maggio 1958, G.M. 1958, pag. 1192; circ. n. 274, 15 maggio 1958, G.M. 1958, pag. 1205; circ. n. 356, 28 giugno 1958, G.M. 1958, pag. 2398; circ. n. 513, 1° settembre 1958, G.M. 1958, pag. 1780; circ. n. 514, 1° ottobre 1958, G.M. 1958, pag. 1793; circ. n. 39, 20 gennaio 1959, G.M. 1959, pag. 211; circ. n. 40, 20 gennaio 1959, G.M. 1959, pag. 235; circ. n. 243, 8 maggio 1959, G.M. 1959, pag. 823; circ. n. 279, 15 maggio 1959, G.M.1959, pag. 923; circ ..n. 452, 23 settembre 1959, G.M. 1959, pag. 1528); meccanici per aerei leggeri (circ. n. 515, 10 ottobre 1958, G.M. 1958, pag. 1804; circ. n. 280, 15 maggio 1959, G.M. 1959, pag. 934; circ. n. 453, 23 settembre 1959, G.M. 1959, pag. 1541); meccanici per centrali contraerei o meccanici radar (circ. n. 454, 23 settembre 1959, G.M. 1959, pag. 1551). 14 Giornale militare, circ. n. 620, 23 dicembre 1958, pag. 2202. 15 F.n. 1080-R/152, 15 novembre 1959, dello S.M.E. - Ordinamento. 16 Promemoria n. 5 dell'Ufficio Ordinamento dello S.M.E. in data 26 maggio 1955. 17 Circ. n. 705 dello S.M.E. Uff. Ord. del 22 aprile 1954. 18 F. n. 1050-S/1526313 del 2 maggio 1957 dello S.M.E. Ord.; f. n. 1100-S/1526313 dello S.M.E. Ord. del 4 maggio 1957 e f. n. 1200-S/1526313, S.M.E. Ord., del 15 giugno 1957. 19 F. n . 1100-S/1526303, S.M.E. Ord., del 4 maggio 1957. L'adeguamento dell'organizzazione territoriale di transizione alle reali esigenze dell'esercito, venne effettuata gradualmente: soppressione dei C.M.T. di Genova, Bologna, Bari le cui funzioni vennero assorbite rispettivamente da quelli di Torino, Firenze, Napoli; trasformazione del C.M.T. di Firenze da tipo «A» a tipo «B» e sua collocazione alle dipendenze del VI corpo d'armata costituito con giurisdizione sul territorio già dipendenre dai C.M.T. di Bologna e di Firenze (f. n. 1100/152, S.M.E. Ord., del 27 luglio 1956); soppressione dei C.M.T. di Milano e di Bolzano le cui funzioni vennero assorbite rispettivamente dal comando della regione militare nord-ovest e dalla regione militare nord-est (f. n. 11 OO-S/1526313, S.M.E. Ord., del 4 maggio 1957). Alle direzioni di amministrazione dei C.C.M.M.T.T. di regione vennero attribuiti nuovi compiti ed allo scopo di assicurare al personale, durante il servizio ed all'atto del collocamento in quiescenza, la tempestiva attribuzione degli assegni maturati venne disposta, in data 1° dicembre 1957, la costituzione presso ciascuna direzione di amministrazione di una sezione trattamento economico (f. n . 2230-R/1526312, S.M.E. Ord., del 28 novembre 1957). Nel quadro della trasformazione dell'organizzazione di comando periferica ed allo scopo di assicurare nell'ambito dei CC.MM.TI. di regione il funzionamento dei centri e delle reti trasmissioni indispensabili in pace e nella prima fase dell'emergenza, vennero disposti la soppressione dal 30 settembre 1957 del battaglione trasmissioni tcrri10
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toriale del V C.M.T., delle compagnie territoriali tipo «A• e «B», delle compagnie territoriali del VII e dell'VIII C.M.T., della cp. trasmissioni del comando della Sardegna; la costituzione del XLI, XLII, XLIII, XLIV, XLV battaglione trasmissioni e della 6° compagnia trasmissioni (f. n. 1760-R/15263431, S.M.E. Ord., del 9 settembre 1957). Criteri informativi del provvedimento: costituire reparti di varia consistenza in relazione alle esigenze dei singoli comandi, prevedere in pace il concorso di personale e di mezzi dell'esercito di campagna, prevedere in guerra il completamento delle unità esistenti e la costituzione ex novo di altre nella misura necessaria per garantire il funzionamento delle reti definite in sede di pianificazione della difesa territoriale. Dal 1° gennaio 1960 le grandi unità e le unità di supporto tattico e logistico già inquadrate nel VI corpo d'armata vennero passate a tutti gli effetti alle dipendenze del VII C.M.T. della regione tosco-emiliana, che venne potenziato mediante la creazione di una sezione O.A.T.1.0. stante la mole di unità di artiglieria che vennero poste alle sue dipendenze: 7 reggimenti ed un gruppo autonomo (f. n. 1630-R/152, S.M.E. Ord., del 10 dicembre 1959 e f. n. 1240-R/152, S.M.E. Ord., del 10 dicembre 1959). 20 F. n. 200-R/15263226, S.M.E. Ord. 1 ° gennaio 1957. 21 F. n. 1760-R/15263431, S.M.E. Ord., 9 settembre 1957. 22 F. n. 2230-R/1526312, S.M.E. Ord., 28 novembre 1957. 23 F. n. 950-S/Ord. II, 15 luglio 1955, S.M.E. Ordinamento. 24 F. n. 870-S/Ord. II, 18 luglio 1955, S.M.E. Ordinamento. 25 F. n. 1220-S/Ord. II, 14 settembre 1955, S.M.E. Ordinamento. 26 Nei riguardi dell'organizzazione militare del territorio di Trieste vennero disposte dal I gennaio 1955: la soppressione dell'ufficio amministrativo, le cui attribuzioni vennero assunte dal distretto militare di Sacile, che costituì un distaccamento distrettuale in Trieste; la soppressione dell'ufficio stralcio del genio militare di Trieste le cui attribuzioni vennero assunte dalla sezione staccata genio militare del C.M.T. di Padova; il passaggio della commissione medica pensioni di guerra alle dipendenze dell'infermeria presidiaria di Trieste (f. n. 2460-R/Ord. II, 30 dicembre 1954). 21 F. n. 1100-R/152, S.M.E. Ord., 27 luglio 1956: soppressione del C.M.Z. di Foggia e costituzione dei C.M.Z. di Bari e di Alessandria; f. n. 960-R/152, S.M.E. Ord. 26 giugno 1956: costituzione del C.M.Z. di Palermo. 28 F. n. 1120-R/1526333, S.M.E. Ord., 15 agosto 1956. 29 F. n. 3141-S/153, S.M.E. Ord., 14 dicembre 1957 e f. n. 10-R/152, S.M.E. Ord., del 10 gennaio 1958. TI trasferimento avvenne il 10 novembre 1957. 30 Soppressione dei distretti militari di: Ivrea, Pinerolo, Mondovì, Torto na, Lodi, Treviglio, Varese, Reggio Emilia (f. 600-R/Ord. Il, 10 maggio 1955); elevazione del D.M. di Udine dalla 4a ali 2a classe e del D.M. di Padova alla ra classe e soppress ione del D.M. di Rovigo (f. n. 1100/0rd. Il, 5 agosto 1955); soppressione del D.M. di Sacile (f. n. 1470-R/1526353, S.M.E. Ord., 8 ottobre 1956), Pistoia (f. n. 670-R/1526353, S.M.E. Ord., 15 maggio 1956), Ravenna, Spoleto, Barletta, Enna, Ragusa (f. n. 860-R/1526353, S.M.E. Ord., 26 giugno 1956), Orvieto(f. n. 1650-R/1526353, S.M.E. Ord., 25 ottobre 1956), Novara (f. n. 1470-R/152, S.M.E. Ord., 8 ottobre 1956), Sulmona (f. n. 130-R/152635 3, S.M.E. Ord., 5 gennaio 1957), Ferrara e Parma (f. n. 410-R/1526353, S.M.E. Ord., 25 febbraio 1957), Casale Monferrato e Trapani (f. n. 250-R/1526323, S.M.E. Ord., 9 agos to 1958), Lucca (f. n. 400-R/1526353, S.M.E. Ord., 17 aprile 1959), Taranto (f. n. 410/1526353, S.M.E. Ord., 17 aprile 1959). 31 Vds. cap. LVI, nota n. 4. 32 Vds. cap. LVI, nota n. 9. 33 Alcuni dei principali provvedimenti in ordine cronologico: costituzione <li una infermeria presidiaria in Alessandria e declassamento dell'ospedale militare secondario (O.M.S.) di Savigliano dal tipo A/2 a l tipo A/2 bis (f. n. 450-R/Ord. JJ, 15 apri le 1955); soppressione dell'ufficio di sanità della Sardegna e trasformazione dell 'O.M.S. di Sussari in infermeria presidiaria (f. n. 520-R/Ord. Il, 27 aprile 1955); soppressione de l ma gazzino di mobilitazione cd ordinario di Sassai (f. n. 690-R/Ord. II, 28 maggio 1955);
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soppressione delle commissioni mediche pensioni di guerra Milano 2\ Bologna 2° e Napoli 2°, le cui attribuzioni vennero assunte dalle commissioni mediche di Milano 1 °, Bologna l O e Napoli l O (f. n. 1630-R/Ord. II, 23 dicembre 1955); costituzione ex novo per mobilitazione, in caso di emergenza, di tre campi contumaciali mobilitabili rispettivamente 2 dalla 10a compagnia di sanità di Napoli e l della 7• compagnia di sanità di Firenze (f. n. 2250-S/Ordn. III, 22 ottobre 1955); disarmo dei treni ospedale le 2, già tenuti permanentemente allestiti ed il cui approntamento venne da allora previsto solo in caso di emergenza (f. n. 1146-S/Ordn. 111 24 giugno 1956); declassamento degli O.M. tipo B/2, D/2 e C/2 (f. n. 1940-R/152, S.M.E. Ordn., 20 dicembre 1956); declassamento dell'O.M. tipo A/2 di Savigliano in O.M. tipo A/3 (f. n. 1970-R/152, S.M.E. Ordn., 20 dicembre 1956); contrazione della 2" 7• e 9• compagnia di sanità in plotoni distaccati rispettivamente in Genova, Firenze, Bari (f. n. 1980-R/152, S.M.E. Ordn., 20 dicembre 1956); contrazione della 2\ 7a e 9a sezione disinfezione in squadre, rispettivamente della l •, 6" e 10a sezione disinfezione in Genova, Firenze e Bari (f. n. 1980+ R/152, S.M.E. Ordn. , 20 dicembre 1956); trasformazione degli O.M. A/2 bis di Novara e Livorno e dell'infermeria presidiaria di Lecce in O.M. tipo A/3 e soppressione dell'infermeria presidiaria di Ancona (f. n. 600-R/1526340, S.M.E. Ord., 20 marzo 1957); soppressione delle commissioni mediche pensioni di guerra di Novara, Padova, Trieste, Piacenza, La Spezia, Livorno, Roma 2\ Perugia (f. n. 630-R/152, S.M.E. Ordn., 28 aprile 1956); soppressione della commissione medica di Caserta (f. n. 151 O-R/152, S.M.E. Ordn., 30 settembre 1956). 34 Alcuni dei principali provvedimenti in ordine cronologico: 1956: trasformazione in magazzino misto di commissariato tipo «A» dal distaccamento 2° mag. princ. v.f.c. di Genova, distacc. Mag. v.e. di Genova, distacc. 2° mag. princ. casermaggio di Genova, 2° mag. dislr. v.f.c. di Alessandria, magg. v.e. di Alessandria, distacc. 2° mag. princ. casermaggio di Alessandria; dal mag. princ. v.f.c. di Bologna, mag. princ. casermaggio di Bologna, mag. v.e. <li Bologna; <lei 9° mag. princ. distr. v.f.c. <li Bari, mag. v.e. di Bari, 9° mag. princ. casermaggio di Bari; trasformazione in Magazzino misto di commissariato, tipo «B»: del 2° mag. princ. di Cuneo e distac. mag. distr. v.f.c. di Cuneo e di Piacenza (f. n. 1830-R/152, S.M.E. Ordn., 13 dicembre 1956); soppressione del 2° panificio militare di Genova, del distac. mag. v.f.c. di Modena, del distac. portuale di Genova (f. n. 1830-R/152, S.M.E. Ordn., 13 dicembre 1956); concentrazione in plotoni distaccati della 1 •, 7• e 10• compagnia di sussistenza delle compagnie di sussistenza di Genova, Bologna e Bari (f. n. 1830-R/152, 13 dicembre 1956); contrazione in sezione ricuperi del centro confezioni e ricuperi di Bologna (f. n. 1830-R/152, 13 dicembre 1956); 1957: trasformazione dell'ufficio approvvigionamento materia li di commissariato U.A.Ma.co. - di Milano (f. n. 1700-R/11526313, S.M.E. Ordn., 22 agosto 1957), del 5° mag. princ. casermaggio di Udine e del distacc. di Padova mediante l'inversione dei ruoli; trasformazione dell'8° centro confezione e ricuperi di Roma in opificio militare; fusione, dando vita al magazzino misto di commissariato tipo «A », del mag. sec. distr. v.f.c. e della frazione di mag. U.E. e casermaggio di Bolzano (f. n. 1600-R/15263443, S.M.E. Ordn., 22 agosto 1957); trasformazione e fusione in magazzino secondario misto Ve. v.e.f., tipo «A•, del mag. second. distr. u.f.c., del distacc. del 5° mag. princ. cas., del distacc. del mag. V.E. di Udine (f. n. 1980-R/15263443, S.M.E. Ordn., 18 novembre 1957); soppressione dei centri di confezione e ricuperi di Torino, Genova, Milano, Verona, Padova, Firenze (e della sua sezione di Bologna), Palermo; soppressione del magazzino secondario v.f.c. di Roma; soppressione del reparto calzature del centro conf. e ree. di Lecce; soppressione dei panifici militari di Milano, Verona, Firenze, Roma, Palermo e Messina; cambio di denominazione di tutti i magazzini, sopprimendo l'aggettivo principale a lutti quelli dislocati nelle città sedi di comando di direzione (per la regione nord-est Verona anzichè Padova) ed attribuendo l'aggettivo secondario a tutti quelli dislocati nelle altre località (f. n. 2300-R/152, S.M.E. Ordn., 28 novembre 1957); 1958: soppressione del 10° panificio militare di Napoli e del molino militare di Aldifreda (f. n. 1460-R/152, S.M.E. Ordn., 13 dicembre 1958); nuovo organico delle sezioni di com-
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missariato e trasformazione dell'ufficio commissariato di Padova in sezione (f. n. 1310-R/152, S.M.E. Ordn., 29 ottobre 1958); scioglimento delle delegazioni servizi di Milano e di Bolzano (già costituite con carattere temporaneo e sperimentale) e costituzione delle sezioni di commissariato nelle sedi di Milano e di Bolzano e di un nucleo della delegazione di intendenza Tridentina in Vernna (f. n. 840-R/152, S.M.E. Ordn., 23 luglio 1958). 35 Alcuni dei principali provvedimenti in successione di tempo: 1956: declassamento a sezione staccata delle direzioni di artiglieria di Torino, Bologna e Taranto e soppressione dei mag. mat. di artiglieria di Valle Crosia, Valle Armea, Alessandria e Brindisi (f. n. 1970-R/152, S.M.E. Ordn., 20 dicembre 1956); 1957trasformazione in direzione materiali difesa A.B.C. della sezione autonoma materiali difesa chimica di Roma (f. n. 1300-R/l 5263411, S.M.E. Ordn., 25 giugno 1957); trasformazione della sezione stacc. artiglieria di Brescia in nucleo staccato artiglieria (f. n. 600-R/1526340, S.M.E. Ordn., 20 marzo 1957) e del nucleo staccato artiglieria in Bolzano in sezione staccata (f. n. 2170-R/l 526340, S.M.E. Ordn., 22 novembre 1957); soppressione della sezione staccata artiglieria di Mantova (f. n. l 739-R/1536340, S.M.E. Ordn., 28 agosto 1957), dei nuclei staccati di Boves, Udine, La Spezia e di 10 magazzini materiali di artiglieria (Boves, Carrù, Vigevano, Osselogno, Pianelloni, Pezzino, CasaraJta, forte Orlato, Cagliari, Nuoro) (f. n. 600-òR/1526340, S.M.E. Ordn., 20 marzo 1957); 1959: costituzione in Bologna, dal 1 ° gennaio 1960, presso il 9° rggt. a. c. a. DAT, di un laboratorio elettronico mobile (L.E.M.) per le riparazioni di 2° grado, l'assistenza alle unità e.a. per le riparazioni di O l grado, la tenuta a livello dei materiali di dotazione delle unità (f. n. 1130-R/152, S.M.E. Ordn., 26 novembre 1959). 36 Alcuni dei principali provvedimenti: 1956: declassamento a sottodirezioni della 28, 7a e 9• direzione lavori genio di Genova, Bologna e Bari ed a ufficio staccato delle sezioni di Cuneo e Piacenza; soppressione degli uffici lavori di Savona e di Taranto, dd mag. mat. genio di Brindisi, del nucleo lavori bonifica campi minali di Campobasso; 1957: trasformazione del 20° stabilimento genio militare di Roma in deposito materiali del genio tipo «A» e delle sezioni staccate lavori di Roma e di Catanzaro in ufficio staccato permanente genio militare; soppressione degli uffici staccati permanenti genio militare di Ancona, Catania, Macomer e dei magazzini genio direzionali di Fortezza bassa, Varana Abbaianla (per tutti i provvedimenti: f. n . 600-R/1526340, S.M.E. Ordn., 22 agosto 1957); costituzione del centro tecnico del genio (f. n. I 630-R/1526343, S.M.E. Ordn., 10 agosto I 957). 37 Alcuni dei principali provvedimenti: 1956: costituzione della sezione tecnologica nel centro tecnico trasmissioni (f. n. 1080-R/152, S.M.E. Ordn., 21 luglio 1956); 1957: costituzione della sezione difesa elettronica nell'ambito del centro tecnico trasmissioni (f. n. 1380-R/15263431, S.M.E. Ordn., 27 giugno 1957); 1958: definizione dei compiti del centro tecnico posto alle dipendenze disciplinari e di impiego dell'ispettore delle trasmissioni ed amministrative del 21 ° stabilimento trasmissioni (f. n. 770-R/152, S.M.E. Ordn., 8 luglio 1958). 38 Alcuni dei principali provvedimenti: 1956: costituzione, dal 1 ° gennaio 1957, del 2° R.R.A.L.E. con sede provvisoria a Bologna, alle dipendenze tecniche dell'ispettorato generale della motorizzazione e disciplinari ed amministrative dell'O.A.R.E. di Bologna (f. n. 2110-R/152, S.M.E. Ordn., 31 dicembre 1956); soppressione del comando del 2°, 6° e 9° centro autieri di Genova, Bologna e Bari e passaggio del deposito alle dipendenze del 1°, 7° e 10° centro autieri; contrazione in autosezione mista del 2° e 9° autoreparto di Genova e di Bari; declassamento in sezione staccata della 9a O.RA. di Bari; 1957: trasformazione della 2 8 0 .R.A. di Genova in sezione staccata della la O.RA. di Torino (f. n. 600-R/1526340, S.M.E. Ordn., 22 marzo 1957). Durante il 1957 proseguì il riordinamento dei centri autieri sulla base dei seguenti criteri: lasciarne in vita uno solo per ciascun C.M.T.R. e di trasformare i depositi rimasti in vita in uffici amministrazione. In tale quadro venne disposta la soppressione dei centri autieri di Milano e di Bolzano (i rispettivi depositi restarono in funzione fino alla fim~ ùdl'anno) (f. n.
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2100-R/1526355, S.M.E. Ordn., 1° novembre 1957); 1958: assunzione della denominazione di X e XI autogruppo rispettivamente dell'autogruppo M.D.E. e dell'autogruppo di manovra dello S.M.E. (f. n. 470-R/152, S.M.E. Ordn., 26 aprile 1958); costituz:one della 5a sezione esperienze aviazione presso il centro studi ed esperienze della motorizzazione (f. n. 830-R/152, S.M.E. Ordn., 15 luglio 1958); costituzione, a titolo provvisorio e sperimentale, dei seguenti organi: centro controllo rifornimenti materiali del servizio della motorizzazione (CO.RI.MO) presso il magazzino centrale ricambi auto (Ma.C.R.A.) di Roma; di punti di controllo presso il Ma.C.R.A. di Roma e Piacenza e la sezione Ma.Ri.Co., di Lenta, nuclei di controllo presso la 1 a, 2•, 3", 4°, 5°, 6°, 1•, 8 8 , 10\ 11 •, 12• O.R.A., l'O.A.R.E. di Bologna, le O.R.M.E.C. di Bologna e di Nola e presso l'O.R.T.E. di Piacenza (f. n. 750-R/152, S.M.E. Ordn., 26 giugno 1958, che definisce per tutti i sopraddetti organi compiti, dipendenze, organici); in previsione della costituzione del 2° reparto elicotteri e del conseguente inserimento di una sezione manutenzione e riparazioni elicotteri nel RRALE, dal 1° luglio 1958, tale ente assunse la denominazione di reparto riparazioni per l'aviazione leggera dell'esercito (f. n. 440-R/152, S.M.E. Ordn. , 5 maggio 1958); 1959: costituzione in Padova di una sezione staccata della 5" O.R.A. e trasferimento dell'o.m. Folgore da Padova a Treviso (f. n . 660-R/152, S.M.E. Ordn., 16 giugno 1959); passaggio alle dipendenze del 2° R.A.M. dell'autogruppo speciale e del reparto speciale marconisti per riunire nel 2° R.A.M. tutti gli enti che operano nell'ambito del S.l.E.A.R.; revoca dell'autonomia amministrativa del reparto speciale marconisti e attribuzione all'8° centro autieri della competenza della gestione carburanti (f. n. 700-R/152, S.M.E. Ordn., 30 giugno 1959). 39 Costituzione il 1° ottobre 1956 del comando militare di stazione di Trieste e soppressione di quello di Ancona (f. n. 1190-R/152, S.M.E. Ordn., 2 agosto 1956). 40 Alcuni dei principali provvedimenti: 1955: soppressione e trasformazione in ufficio stralcio <lei centri di rifornimento quadrupedi di Mirandola, Grosseto, del Lazio e di Persano daJ 18 agosto 1954. In relazione alle nuove ridotte esigenze del servizio e neJ quadro dello sport ippico militare, sotto la data del 15 gennaio 1955 venne disposta: la soppressione del centro militare ippico nazionale, la costituzione di un posto raccolta quadrupedi in Grosseto, di un distaccamento posto raccolta quadrupedi in Pesaro, di un centro preolimpico ippico militare nelle sedi dei disciolti centri rifornimenti quadrupedi del Lazio e centro ippico militare. Sotto la stessa data del 15 gennaio 1955 le mansioni dei disciolti enti vennero attribuite al D.M. di Modena. Tali provvedimenti vennero sanzionati con f. n. 30-R/Ord. II, 1° gennaio 1955; soppressione della 14° infermeria quadrupedi presidiaria di Cagliari (f. n. 940/0rd. II del 28 luglio 1955); 1956: soppressione delle infermerie quadrupedi di Genova, Bologna, Bari (f. n. 401/152, S.M.E. Ordn., 2 dicembre 1956); 1957: soppressione delle infermerie quadrupedi di Milano, Firenze, Roma, Napoli e Palermo (f. n. 600-R/1526340, S.M.E. Ordn., 22 marzo 1957). · Nel 1957 con D.P.R. n. 1957, 28 novembre 1957 (circ. n. 100, 28 novembre 1957, G.M. 1957, pag. 566) l'ispettorato del servizio ippico e veterinario assunse la denominazione di Ispettorato del servizio veterinario. 41 Anche l'organizzazione territoriale della giustizia militare venne sottoposta a ridimensionamento mediante la soppressione delle carceri giudiziarie militari di Torino, Padova, Bologna, Firenze, Napoli, La Spezia e della compagnia di correzione di Vestone. IJ riordinamento avvenne in due tempi e precisamente nel primo tempo: vennero soppresse le carceri militari di Padova, Bologna e La Spezia, vennero trasformati i carceri militari princ ipali di tipo «A» e «B», vennero contratte le carceri militari di tipo «B» di Torino, Firenze, Napoli e Cagliari in sezione di carcere militare, direttamente dipendente dagli stabilimenti militari di pena, venne soppressa la compagnia di correzione di Vestone (f. n. 1067-R/1526372, S.M.E. Ordn., 2 giugno 1957); nel secondo tempo vennero soppresse le sezioni di carcere militare di Torino, Firenze e Gaeta (f. n. 1210-R/1565372, S.M.E. Ordn., 16 giugno 1957). 42 Nel 1955 venne elaborato uno studio concernente un nuovo assetto per i depositi, la cui organizzazione non appariva più rispondente alle esigenze. Lo studio ten-
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deva ad alleggerire i reggimenti dell'eccesso di carichi amministrativi inerenti alla mobilitazione di unità non appartenenti ai corpi (memoria, dell'Uff. Ordn. in data 30 maggio 1955). Nel 1957, nel quadro del riassetto dei depositi e per realizzare unità di strutture sotto l'aspetto amministrativo nell'ambito dell'organizzazione addestrativa, vennero soppressi i depositi dal centro militare paracadutismo, della scuola allievi ufficiali e sottufficiali di artiglieria, della scuola genio pionieri, della scuola trasmissioni, della scuola specializzati delle trasmissioni e dei C.A.R. e costituiti, in loro vece, gli uffici amministrazione per quegli enti che non ne disponevano (f. n. 2120-R/1526355, S.M.E. Ordn., 22 novembre 1957). 43 F. n. 1200-R/Ord. II, S.M.E. Ordn., 10 settembre 1955. 44 F. n. 1210-R/Ord. Il, S.M.E. Ordn., 12 settembre 1955. 45 Nel quadro delle predisposizioni di mobilitazione: venne prevista la costituzione ex novo, in caso di emergenza, del 1 ° campo di transito per prigionieri di guerra nell'ambito dell'VIII C.M.T.R. (f. n. 1744-S/Ordn. III, S.M.E. Ordn., 25 settembre 19557 e del 4° campo per prigionieri di guerra d'intendenza nell'ambito del V C.M.T.R. di Padova (f. n. 1743-S/Ordn. Ili, 25 agosto 1955); venne prevista la costituzione, in caso di emergenza, del centro controllo mezzi TLC e della compagnia speciale controllo T.L.C. (f. n. 2603-S/Ord. III, S.M.E. Ordn., 15 gennaio 1956); venne prevista la costituzione, in caso di emergenza, del I. II e III battaglione genio pionieri difesa del territorio (f. n . 464-S/15365253, S.M.E. Ordn., 28 marzo 1956); venne diramato in bozza il fascicolo 4 ° della pubblicazione 8/S Istruzione provvisoria sulla mobilitazione dell'esercito, per la parte relativa alla mobilitazione degli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa, nella quale vennero definite le modalità per la designazione del personale in relazione agli incarichi da attribuire ed alla specifica competenza acquisita (f. n. 1494-S/l 536072, S.M.E. Ordn., 28 giugno 1956); vennero predisposti, a llo scopo di completare, sotto l'aspetto operativo e territoriale, l'organizzazione di comando in caso di mobilitazione, i seguenti provvedimenti: costituzione di tre comandi di retrovia per trasformazione dei C.M.Z. di Verona, Bolzano e Treviso alle dipendenze rispettivamente del comando F. T.A.S.E., del comando 1 a armata e del comando 3 8 armata (f. n. 41-SS/153.6310, S.M.E. Ordn., 20 giugno 1956); venne disposta l'organizzazione addestrativa dell'esercito in caso di mobilitazione: prosecuzione della loro attività da parte dei C.A.R. opportunamente ampliati; maggiorazione del 100% dell'intera forza organica dei C.A.R. e dei B.A.R. per renderli idonei ad accogliere circa 100.000 reclute in luogo delle 55.000 avviate quadrimestralmente in tempo di pace (f. n . 2390-S/15365062, S.M.E. Ordn., 1° settembre 1956); vennero riepilogate e diramate le direttive relative alle predisposizioni di mobilitazione: I C.M.T.R. (completamento su organici di guerra ed estensione della giurisdizione sulla circoscrizione del III C.M.T.); III C.M.T. (trasformazione in III corpo d'a rmata, cessione al V C.M.T.R. nord-est del territorio di talune province del C.M.Z. di Brescia, costituzione del tribunale militare presso il III corpo d'armata); IV C.M.T. (cessione al C.M.T. nord-est della propria circoscrizione territoriale, costituzione della delegazione intendenza Tridentina, trasformazione in comando di retrovie della J 3 a rmata, costituzione del comando di retrovie F.T.A.S.E. per trasformazione del C.M.Z. di Verona, costituzione del tribunale militare per il comando della 1a armata); V C.M.T. (trasformazione in comando legione nord-est, costituzione della delegazione intendenza Veneta, costituzione del comando 3a annata per completamento dell'esistente comando designato omonimo, costituzione del comando truppe Carnia, costituzione dei tribunali militari per i comandi 3a armata, V corpo d'armata e truppe Carnia, costituzione del comando retrovie della 3 8 armata per trasformazione del C.M.Z. di Treviso); VlI C.M.T. (costituzione del tribunale militare per il comando VI corpo d'armata): VIII C.M.T. (completamento su organici di guerra e trasformazione del comando militare della Sardegna in C.M.T.); X e XI C.M.T. (completamento su organici di guerra). Tutti i provvedimenti vennero sanzionati con f. n. 1071-S/ 1535021, S.M.E. Ordn., 29 aprile 1957; nel 1959 venne prevista la costituzione di recinti e campi di transito e smistamento per prigionieri di guerra in sostituzione dei campi per prigionieri di guerra (C. n .
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341-S/153791, 10 luglio 1959); per assicurare alla scuola di fanteria, anche in caso di emergenza, la disponibilità di unità dimostrative, venne disposto l'approntamento delle predisposizioni di mobilitazione per la costituzione ex novo di un battaglione di fanteria destinato a sostituire il III/17° reggimento fanteria Acqui (f. n. 1613-S/1536505, S.M.E. Ordn., 6 ottobre 1958). 46 Nel periodo 25 luglio - 7 settembre 1955 venne effettuato l'esperimento di approntamento della divisione di fanteria Pinerolo. La divisione, tenuta in tempo di pace al 30% degli organici di guerra (la cui struttura di base era definita su: comando, sezione carabinieri, 1 reggimento di fanteria su 3 battaglioni e reparti reggimentali; 1 reggimento di artiglieria su 1 gruppo di campagnia, 1 gruppo misto e 1 sezione specia1isti; 1 compagnia genio, 1 compagnia trasmissioni, 1 reparto trasporti, 1 officina mobile e 1 parco mobile) venne portata al 100% degli organici di guerra su: comando, compagnia carabinieri, 3 reggimenti di fanteria su 3 battaglioni e reparti reggimentali, 1 reggimento artiglieria su 3 gruppi da campagna, 1 gruppo pesante campale, 1 gmppo contraerei, 1 battaglione genio, 1 compagnia trasmissioni, 1 reparto servizi divisionali. Furono richiamati dal congedo, mediante cartolina precetto, 499 ufficiali, 1054 sottufficiali e 11.397 militari di truppa. 11 personale, ad eccezione di una piccola aliquota, era tutto residente nella circoscrizione territoriale del C.M.T. di Bari. Gli autoveicoli di requisizione (1331 dei vari tipi) vennero sostituiti da altrettanti automezzi militari, provvisoriamente attinti alla disponibilità dei vari CC.MM.TI. L'esperimento delle risultati proficui sia sotto l'aspetto mobilitazione, confermando l'efficacia del sistema seguito (sistema regione, richiamo a mezzo cartolina precetto) sia sotto quello addeslrativo risultalo pari a quello che le unità del tempo di pace conseguono al termine di un ciclo completo di addestramento curante il servizio di leva. Nel giugno 1956 vennero effettuati esperimenti di trasmissione dell'ordine di mobilitazione generale improvvisa che interessarono il comando generale dell'arma dei carabinieri, i comandi del TV e del V corpo d'armata, i C.M.T. di Torino, Genova, Milano, Bolzano, Padova, Bologna e Firenze. Le operazioni si svòlsero con regolarità e la recezione dell'ordine dello S.M.E. ai comandi interessati e alla ritrasmissione dello stesso avvenne entro lh e 20' circa. La ulteriore prosecuzione della diramazione dell'ordine agli enti detentori del manifesto di mobilitazione richiese 5h e 30', mentre gli altri enti vennero a conoscenza dell'ordine in 7h (f. n. 1749-S/15365074, S.M.E. Ordn., 12 luglio 1956). Sempre nell'anno 1956, nel periodo 1° luglio - 10 agosto venne effettuato l'esperimento di approntamento della divisione di fanteria Aosta con le procedure e le modalità esperimentate durante l'estate 1955 con la divisione di fanteria Pinerolo. La p.-esentazione dei riservisti avvenne normalmente e nei tempi previsti. Al giorno M-5 (ore 24.00 del S luglio) erano affluiti 518 ufficiali, 919 sottufficiali e 11. 725 militari di truppa, sicchè alla stessa data la Aosta raggiunse il 103% del livello previsto dagli organici di guerra. L'attività addestrativa venne svolta, dal 5 luglio al 5 agosto, nella zona di Nicosia. Il personale venne congedato da S al 10 agosto (f. n. 925-S/153656 JT, S.M.E. Ordn., 22 marzo 1957). Altro esperimento di approntamento venne effettuato nel periodo 1 agosto - 6 settembre 1958 e riguardò la divisione di fanteria Trieste. L'approntamento venne eseguito secondo il sistema della triplicazione, come nei casi della Pinerolo e dell'Aosta. Il 40° reggimento fanteria, articolato in tempo di pace su 3 battaglioni, dette vita al 19° ed al 20° reggimento di fanteria; il 21 ° reggimento di artiglieria, articolato in tempo di pace su di 1 gruppo da campagna ed 1 gruppo misto, assunse la struttura organica di guerra su 5 gruppi (3 da campagna, 1 pesante campale, 1 contraerei leggeri); la compagnia genio si trasformò in battaglione genio pionieri. Furono richiamati dal congedo 540 ufficiali, 890 sottufficiali e 11.138 militari di truppa, personale tutto residente nella circoscrizione territoriale ùel VII C.M.T. Vt:1mt:ru asst:g.uali iu riufur:w 1425 au-
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tomezzi che, aggiunti ai 325 in dotazione, costituirono l'intero parco veicoli della divisione. Risultati: molto buoni (f. n. 666-S/15365613, S.M.E. Ordn. 3 maggio 1958). Un altro esperimento di approntamento venne effettuato nel 1959 e riguardò la divisione corazzata Centauro e unità dei mezzi d'intendenza (84° ospedale da campo d'intendenza, 1° officina riparazioni motorizzazione d'intendenza, aliquota del II battaglione movieri d'intendenza) e unità della difesa territoriale (deposito divisionale Centauro, C.M.Z. di Alessandria, IV battaglione di sicurezza). Furono richiamati complessivamente 410 ufficiali, con una percentuale di affluenza rispetto ai precettati pari al 99,03%. Per il ripianamento delle deficienze di personale avente particolari incarichi, non potuto reperire nelle disponiblità dei distretti militari del C.M.T.R. nordovest, furono effettuati richiami da parte dei distretti militari del C.M.T.R. toscoemiliana. La piena forza di guerra fu raggiunta in 5 giorni. Risultati: molto soddisfacenti (f. n. 333-R/153656; S.M.E. Ordn., 30 aprile 1959). 47 Appunto n. 212 del 12 luglio 1958 e fogli n. 860-R/152 del 25 luglio 1958 e n. 1249-R/152 del 23 ottobre 1958 dello S.M.E. Ordinamento. 48 Giorgio Liuzzi. Italia difesa? Op. cit. pagg. 1155, 116 e 117. 50 Ministero della difesa. Gabinetto del ministro. Lettera n. 3177/UL del 5 agosto 1957. 51 F. n. 2360-R/Ord. I, S.M.E. Ordn., del 27 dicembre 1955. 52 D.M. 26 marzo 1957 (circ. n. 163, G.M. 1957, pag. 781). 53 F. n. 1520-R/15283, S .M.E. Ordn., 24 luglio 1957. 54 F. n. 1700-R/15161123, 27 dicembre 1956, S.M.E. Ordinamento. 55 Resoconto delle riunioni tenute dal comitato dei capi di stato maggiore nei giorni 27 e 28 gennaio 1956. 56 Documentazione dello S.M.E. Ordinamento, dell'anno 1956 ed atti del Senato dello stesso anno. 57 Giornale militare anni 1955, '56, '57, '58 e '59. 58 Legge 12 novembre 1955, n. 1137 Avanzamento degli ufficiali dell'esercito, della marina e dell'aeronautica (circ. n. 566 G.M. 1955, pag. n. 2156). Ad essa fecero seguito i decreti del Presidente della Repubblica per la definizione dei comandi equipollenti del 9 luglio 1956 (circ. n. 200, G.M. 1957, pag. 1957); del 5 settembre 1957 (circ. n. 517, G.M. 1957, pag. 1902), del 4 giugno 1958 (circ. n. 408, G.M. 1958, pag. 1489). 59 Legge 10 aprile 1954, n. 113, Stato giuridico degli ufficiali delle tre forze armate (circ. n. 172, G.M. 1954, pag. 513). 60 Legge 31 luglio 1954, n. 599 Stato giuridico dei sottufficiali delle tre forze armate (circ. n. 403, G.M. 1954, pag. 1140). 61 Rivista militare, 1956, IV, pag. 530, Aspetti favorevoli della nuova legge di avanzamento degli ufficiali delle tre forze armate, del dr. Giulio Ferrante; IX, pag. 1324, La prima applicazione della nuova legge di avanzamento nei riguardi degli ufficiali in servizio permanente del dr. Giulio Ferrante; 1958, VII e VIII, pag. 1171, La riforma delle strutture della pubblica amministrazione, del dr. Michele d'Andria; XII, pag. 1763, Lo stato giuridico degli ufficiali delle tre forze armate, del dr. Giulio Ferrante 1959, IV, pag. 527, L'articolo 38 della legge di avanzamento, del dr. Giulio Ferrante. 62 Divisione di fanteria francese di tipo medio: 5 reggimenti di fanteria (su 5 compagnie più elementi da ricognizione e di appoggio), 1 reggimento carri (su 5 compagnie), 1 reggimento esplorante, artiglieria divisionale integrata con mezzi di fuoco atomico, unità del genio, delle trasmissioni, di aviazione leggera e dei servizi. ForLa: 14.500 uomini. - Divisione di fanteria statunitense: 5 gruppi tattici potenziali al livello di battaglione formati essenzialmente da compagnie di fanteria, 1 battaglione carri su 5 compagni, reparti da ricognozione, del genio, delle trasmissioni, dei servizi, di aviazione dell'esercito, ed artiglieria divisionaJe. Forza: 13.700 uomini. Successivamente vennero aumentate le artiglierie divisionali - comprendenti materiali convenzionali e mezzi
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di lancio (artiglierie e lanciarazzi) di ordigni atomici - e le unità fucilieri, attenuando cosi la soluzione iniziale. - Divisione della Germania occidentale: di fanteria: 2 brigate granatieri ed 1 brigata corazzata; corazzata: 2 brigate corazzate e l brigata di granatieri; forza: 17.000 uomini. La divisione poteva essere costituita da 2 o 5 brigate con l'aggiunta di unità da ricognizione, del genio, delle trasmissioni, dell'avviazione dell'esercito e dei servizi, nonchè da un'aliquota di artiglieria comprendente mezzi di lancio atomici. La divisione era dunque a costituzione variabile. Ciascuna brigata era ordinata su 3 o 4 battaglioni di fanteria corazzata (granatieri) o di carri, da unità di artiglieria, del genio, delle trasmissioni e dei servizi. Secondo il prevalere dell'una o dell'altra specialità, la brigata si distingueva in brigata granatieri (3 battaglioni granatieri e 1 battaglione carri) o in brigata corazzata (2 battaglioni carri ed 1 battaglione granatieri). La brigata costituiva pertanto un raggruppamento tattico a costituzione fissa. - Divisione britannica: raggruppamenti tattici, denominati brigate, di formazione determinata e stabile e costituiti da reparti delle varie armi e dei servizi. Brigata di fanteria: 3 battaglioni di fanteria, 1 battaglione carri; Brigata corazzata: 3 battaglioni carri ed 1 battaglione di fanteria. In entrambe: unità delle altre armi e dei servizi. La divisione era di costituzione variabile ed eventuale e comprendeva un numero vario <li brigate d i fanteria e corazzale, oltre unità di supporto tattico e logicistico. 63 Tipi di divisioni esistenti nel 1956: - 3 ilivisiou.i (Grunatieri di Sardegna, Mantova, Folgore) su: comando, 3 1·eggimenti di fanteria, 1 reggimento di artiglieria, 1 reparto esplorante divisionale, 1 battaglione carri, l battaglione genio pionieri, 1 compagnia trasmissioni, 1 compagnia carabinieri, I sezione aerei leggeri, servizi. Organico di guerra: 843 ufficiali, 1566 sottufficiali, 15.945 militari di truppa (18.360 uomini in totale), 18.593 armi individuali, 576 fucili mitragliatori , 81 mortai leggeri, 81 mortai medi, 18 mortai da 107, 18 cannoni conlrocarrida 57/50, 81 cannoni senza rinculo da 57, 42 cannoni da 75 s.r., 32 cannoni da 40/56 contraerei, 54 obici da 105/22, 18 obici da 155/23, 32 complessi quadrinati contraerei, 64 carri armati; - 2 divisioni (Cremona e Friuli ) su: comando, 3 reggimenti di fanteria, reggimento di artiglieria, 1 battaglione carri, 1 battaglione genio, 1 compagnia trasmissioni, 1 compagnia carabinieri, 1 sezione aerei leggeri, servizi. Organico di guerra: 843 ufficiali, 1547 sottufficiali, 15.777 uomini di truppa (18.167 uomini in totale), 18.384 armi individuali, 570 fucili mitragliatori, 245 lanciarazzi bazooka, 124 mitragliatrici, 117 mitragliatrici contraerei, 81 mortai leggeri, 81 mortai da 81. 18 mortai da 107, 18 cannoni controcarri da 57/50, 81 cannoni s.r. da 57, 36 cannoni s.r. da 75, 32 ~nnoni da 40/56, 54 obici da 105/22, 18 obici da 155/23, 32 complessi quadrinati contrae1·ei, 56 carri armati; - una divisione (Legnano) su: comando, 2 reggimenti di fanteria, l reggimento di artiglieria, 1 reparto esplorante, 1 battaglione carri, 1 battaglione genio pionieri, 1 compagnia trasmissioni, 1 compagnia carabinieri, 1 sezione aerei leggeri, servizi. Organico di guerra: 706 ufficiali, 1265 sottufficiali, 13.101 militari di truppa (I 5.072 uomini in totale), 14.954 armi individuali, 413 fucili mitragliatori, 189 lanciarazzi bazooka, 96 mitragliatrici, 91 mitragliatrici contraerei, 54 mortai leggeri, 54 mortai da 81, 12 mortai da 107, 12 cannoni da 57/50, 54 cannoni s.r. da 57, 30 cannoni s.r. da 75, 32 cannoni da 40/56, 54, 36 obici da 105/22, 18 obici da 155/23, 32 complessi quadrupli, 64 carri armati; - una divisione (Avellino) su: comando, 2 reggimenti di fanteria, 1 reggimento di artiglieria, 1 battaglione carri, 1 battaglione genio pionieri, l compagnia trasmissioni, 1 compagnia carabinieri, 1 sezione aerei leggeri, servizi. Organico di guerra ridotto a: 700 ufficiali, 1246 sottufficiali, 12.933 militari di truppa (14.879 uomini in totale), 14.745 armi individuali, 407 fucili mitragliatori, 181 lanciarazzi bazooka, 94 mitragliatrici, 91 mitragliatrici contraerd, 54 mortai leggt:ri, 54 mortai da 81, 12 mortai <la 107,
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12 cannoni da 57/50, 54 cannoni s.r. da 57, 24 cannoni s.r. da 75, 32 cannoni da 40/56, 54 Obici da 105/22, 18 obici da 155/23, 32 complessi quadrupli, 56 carri; - 3 divisioni contratte (Aosta, Pinerolo, Trieste) su: comando, I reggimento di fanteria, l reggimento di artiglieria, l compagnia genio pionieri, I compagnia trasmissioni, l nucleo carabinieri, servizi. Forza di pace: 299 ufficiali, 555 sottufficiali, 5091 uomini di truppa (5945 uomini in totale). Nel caso di emergenza le 3 divisioni avrebbero dovuto raggiungere la formazione su 3 reggimenti di fanteria. Divisione di fanteria di pianura (Granatieri di Sardegna, Legnano, Folgore) su: comando, 2 reggimenti di fanteria, t reggimento corazzato, 1 regg imento di artiglieria, 1 battaglione esplorante divisionale, l battaglione genio pionieri, l battaglione trasmissioni, l compagnia carabinieri, 1 sezione aerei leggeri. Comando divisione: comandante, vice-comandante, stato maggiore (uffici segreteria e statistica personale e benessere, ordinamento addestramento informazioni operazioni, servizi, trasmissioni, centro cifra), quartier generale (plotone comando, plotone difesa vicina, ufficio amministrazione, autosezione mista, ufficio postale e telegrafico). Comando unità servizi: comandante, ufficiali del comando, plotone comando, plotone trasmissioni. Servizi: sezione sanità, ospedale da campo, nucleo chirurgico, ambulanza radiologica, ambulanza odontoiatrica, sezione sussistenza, autoreparto, officina mobile, parco mobile, compagnia mista servizi (comandate, plotone comando, 3 plotoni misti servizi). Battaglione esplorante divisionale: comando di battaglione, I plotone comando (l squadra comando, 1 squadra servizi, 1 squadra trasmissioni) e 2 compagnie esploranti (ciscuna s u plotone comando, 2 plotoni esploratori, 2 plutoni carri leggeri), totale del battaglione: 22 ufficiali, 52 sottufficiali, 386 militari di truppa (460 uomini in totale), 181 pistole, 247 moschetti automatici, 76 fucili, 26 fucili mitragliatori, 18 lanciarazzi bazooka, 4 mitragliatrici, 8 cannoni s.r. da 106, 20 carri leggeri, 24 moto, 65 automezzi vari, 50 rimorchi. Compagnia carabinieri: comandante, 2 sezioni ciascuna su 2 squadre a piedi e 1 squadra motociclisti. Sezione aerei leggeri: 5 velivoli. - Organici di guerra della divisione di pianura: 849 ufficiali, 1717 sottufficiali, 13.091 militari di truppa (15.675 uomini in totale), 3698 pistole, 3428 moschetti automatici, 4791 carabine, 4198 fucili, 36 fucili per tiratori scelti, 687 tromboncini controcarri, 724 fucili mitragliatori, 367 lanciarazzi bazooka, 126 mitragliatrici, 27 mitragliatrici contraerei, 12, 7, 63 mortai leggeri, 62 mortai da 81, 18 mortai da 107, 45 cannoni s.r. da 57, 52 cannoni s.r. da 106, 36 lanciafiarnme, 36 obici da 105/22 a traino meccanico, 18 semoventi da 105/22, 18 obici da 105/22, 32 canoni da 40/56, 32 complessi quadrupli, 7 carri leggeri per O.C., 58 carri armati leggeri, 54 carri armati medi, 5 carri armati medi comando, 5 mezzi blindati, 5 carri recupero, I 2 semoventi tipo Priest, 45 mezzi semicingolati, 16 velivoli, 376 motocicli, 2221 automezzi vari, 5 complessi traino, 130 trattori, 942 I"imorchi, 106 mezzi speciali del genio, 950 stazioni e complessi radio, 92 centrali e centralini telefonici, 827 apparecchi telefonici campali, 9 telescriventi campali. Comagnia carabinieri: 3 ufficiali, 11 sottufficiali, 96 militari di truppa (11 O uomini), 110 pistole, 104 moschetti automatici, 29 motocicli, 3 vetture da ricognizione, 6 autocarri leggeri, 3 autocarri pesanti. Sezione aerei leggeri: 5 ufficiali, 6 soLLufficiali, 7 militari di truppa (18 uomini), 1 I pistole, 7 moschetti automatici, 5 aerei leggeri, 1 motociclo, l autovettura da r icognizione, I autocarro medio, 1 autocarro leggero, 2 rimorchi da 1/4 t, 1 radio, 2 telefoni, 1 serie di stendimento lince, 6 km di cordoncino telefonico. 64 Divisioni da montagna (Cremona e Mantova) su: comando, 3 reggimenti di fa nteria, 1 reggimento di artiglieria, 1 battaglione genio pionieri, 1 battaglione trasmissioni, I compagnia carabinieri, 1 sezione aerei leggeri. Differenze rispetlo alla divisione di fanteria di pianura manca il reggimento corazzato; uno dei 3 reggimenti di fanteria è articolato su 2 battaglioni di fanteria ed 1 battaglione carri; manca il battaglione esplorante divisionale; ha in più, n ei servizi, un reparto salmerie. Organico di guerra della divisione da montagna (Mantova e Cremona): 854 uffi<.:iali, 1723 soLLufficiali, 13.846 militari di truppa (J 6.061 uomini in totale), 3411 pi s tole,
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3258 moschelli automatici, 5087 carabine, 4627 fucili, 48 fucili per tiratori scelti, 728 trnmboncini controcarri, 759 fucili mitragliatori, 388 lanciarazzi bazooka, 122 mitragliatrici, 72 mortai leggeri, 72 mortai medi, 18 mortai da 107, 48 cannoni da 57, 38 cannoni s.r. da 106, 48 lanciafiamme, 54 obici da 105/22 a trazione meccanica, 18 obici da 155/23, 32 cannoni da 40/56, 32 complessi quadrupli, 3 carri armati per O.C., 70 carri armati, 3 carri recupero, 13 velivoli, 326 motocicli, 2112 automezzi vari, 6 complessi traino, 151 trattori, 855 rimorchi, 300 muli, 106 mezzi speciali del genio, 961 stazioni e complessi radio, 104 centrali e centralini telefonici, 1 centrale telegrafica, 932 telefoni campali, 9 telescriventi. 65 Divisione corazzata del 1956 (Ariete, Centauro, Pozzuolo del Friuli) su: comando, 1 reggimento bersaglieri, 1 reggimento carri, 1 reggimento artiglieria corazzato, 1 gruppo squadroni di cavalleria blindata, 1 compagnia genio pionieri, 1 compagnia genio pontieri, 1 compagnia trasmissioni, 1 sezione carabinieri, 1 sezione aerei leggeri, servizi. Organico di guerra del 1956: 540 ufficiali, 1143 sottufficiali, 8236 militari di t ruppa (9919 uomini in totale), 9971 armi individuali, 252 fucili mitragliatori, 127 lanciarazzi bazooka, 44 mitragliatrici, 53 mitragliatrici contraerei, 27 mortai leggeri, 24 mortai da 81, 27 cannoni s.r. da 57, 32 canonni da 40/56, 32 cannoni s.r. da 106, 32 compless i quadrupli, 315 carri armati, 54 semoventi da 105/22, 18 semoventi da 155/23. Divisione corazzata dal 1959: 2 (Ariete e Centauro) su: comando, gruppo squadroni cavalleria blindata, 1 reggimento bersaglieri, 1 reggimento carri, 1 reggimento artiglieria corazzato, 1 battaglione genio pionieri, 1 battaglione trasmissioni, 1 sezione carabinieri motociclisti, 1 sezione divisionale, servizi. Organico di guerra del 1955: 633 ufficiali, 1271 sottufficiali, 8953 militari di truppa (10.857 uomini in totale), 3583 pistole, 2633 moschetti automatici , 4119 carabine, 1417 fucili, 317 tromboncini controcarri, 314 fucili mitragliatori, 125 lanciarazzi bazooka, 36 mitragliatrici, 104 mitragliatrici contraerei, 32 complessi quadrupli, 33 mortai leggeri, 24 mortai da 81, 27 cannoni s.r. da 75, 39 cannoni s.r. da 106, 32 cannoni da 40/56, 156 carri armati medi, 81 carri armati leggeri, 19 carri C.M.C., 19 mezzi blindati, 8 autoblindo, 36 autoprotetti, 4 autosoccorso, 16 carri recupero, 54 semoventi da campagna da 105/22, 18 semoventi M24 da 155/23, 50 cingolati semoventi tipo Priest, 186 semicingolati, 385 moto, 1394 automezzi vari, 18 autoradio, 13 complessi traino, 58 trattori, 605 rimorchi, 82 mezzi speciali per il genio, 737 stazioni radio, 50 centrali e centra lini telefonici, 450 telefoni campali 42 complessi radio. 66 Brigata alpini 1957 e 1959 (Julia, Tridentina, Taurinense, Cadore, Orobica) su: comando, 1 reeggimento alpini, 1 reggimento artiglieria da montagna, l compagnia genio pionieri, 1 compagnia trasmissioni, 1 plotone paracadutisti, l sezione carabinieri, 1 sezione aerei leggeri, servizi (1 sezione di sanità, 2 ospedali da campo, 1 nucleo chirurgico, 1 ambulanza radiologica, 1 ambulanza odontoiatrica, 1 sezione di sussistenza, 1 sezione panettieri, 1 sezione vestiario-lavanderia-bagni, 1 autoreparto, 1 officina mobile, 1 parco mobile, 1 plotone servizi, 1 reparto salmerie). Organico di guerra della brigata alpina 1957 e 1959- al numeratore i dati di forza relativi alla brigata su 3 battaglioni, al denominatore quelli relativi alla brigata su 4 battaglioni - ed esclusa la sezione carabinieri (1 ufficiale, 6 sottufficiali, 51 carabinieri, 50 pistole, 58 moschetti automatici, 5 motocicli, 5 automezzi vari) - : 376/426 ufficiali, 699n9s sottufficiali, 7354/8763 militari di truppa (totale uomini 8419/9984), 54/54 pugnali, 1402/ 1649 pistole, 945/1145 moschetti automatici, 90/117 tromboncini, 647/848 carabine automatiche, 3290/3624 carabine semiautomatiche, 2149/2732 fucili, 30/39 fucili per tiratori scelti, 213/271 fucili mitragliatori, 27/36 mitragliatrici, 54/63 mitragliatrici contraerei, 78/95 lanciarazzi; 27/36 mortai leggeri, 27/36 mortai da 81, 27/27 mortai da 107, 27/36 cannoni s.r. da 57, 12/16 cannoni s.r. da 75, 12/16 obici da 75/13, 12/ 12 obici da 100/17, 9/9 velivoli, 110/123 motocicli, 5/5 autovetture, 210/247 vetture da ricognizione, 508/516 automezzi vari, 17/17 trattori, 170/188 rimorchi, 6/6 autosoccorso, 891/1099 muli, 409/504 stazioni radio, 31 /35 centrali e centralini telefonici, 224/255 te-
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FILIPPO STEFANl
lefoni campali, 586/641 km di cavi e cordoncini telefonici, 36/42 serie stendimento linee volanti, 1/1 serie stendimento linee in cavo, 1/1 centrali telegrafiche, 2/2 telescriventi campali. 67 Obice da 105/14 - di fabbricazione italiana. Calibro 105 mm; gittata 10.200 m; celerità di tiro normale 3 colpi al minuto, massima 4 colpi aJ minuto, eccezionale 8 colpi al minuto; settore orizzontale ginocchiello alto 36°, basso 56°; settore verticale ginocchiello alto 0° -+ II, ginocchiello basso da -89° a + 53°; a traino meccanico ed animale, someggiabile, autotrasportabile, paracadutabile in vettura unica mediante piattaforma; peso in batteria 1250 kg con coda a due elementi e 1290 kg con coda a tre elementi; velocità iniziale 424 m/sec.; a cartoccio granata HEMI americano da 105/22, HEAT+M67, nebbiogeno, illuminante. 68 App. n. 104, 14 marzo 1957; f. n . 650-R/15263614 e f. n. 1000-R/152636614 del 12 maggio 1957 dello S.M.E. · Ordinamento. 69 Ibidem. 70 Promemoria n. 2/350/0P, 8 gennaio 1955 dello S.M.E. - Ordinamento. Organico del raggruppamento lagunare: comando (comandante, vice-comandante, ufficiali del comando), 1 compagnia comando, l compagnia trasmissioni, l compagnia addestramento, 1 sezione aerei leggeri, l sezione elicotteri, l reparto lagunare di appoggio, 2 battaglioni anfibi («Marghera», «Piave»), 1 battaglione motorizzato («Adria»), ufficiali 171. sottufficiali 343, militari di truppa 2606 (3120 uomini) pistole 844, moschelti automatici 850, fucili 1425, fucili mitragliatori 143, lanciarazzi 24, mitragliatrici 172, mitragliatrici contraerei 127, cannoni s.r. da 57 33, cannoni s.r. da 106 12, mortai leggeri 33, mortai da 81 24, motocicli 68, aulomezzi vari 257, rimorchi 55, naLanti 17, anfibi 57, carri armati 12, aerei leggeri 3, elicotteri 5, stazioni radio 217, rad ar 3, linee di corrispondenza in ponte radio 60, centralini 10, telefoni campali 108. Battaglione anfibio: comando, 1 compagnia comando, 4 compagnie anfibie, 1 compagnia armi accompagnamento anfibia, 44 ufficiali, 90 sottufficiali, 728 militari di truppa (912 uomini), 256 pistole, 273 moschetti automatici, 383 fucili , 81 mitragliatrici, 54 mitragliatrici contraerei, 8 mortai da 81, 12 cannoni s.r. da 57, 4 cannoni s.r. da 106, 12 mortai leggeri, 8 lanciarazzi, 48 fucili mitragliatori, 16 motocicli, 48 automezzi vari, 12 rimorchi, 27 mezzi anfibi, 62 stazioni radio, 2 centralini, 26 telefoni. Battaglione motorizzato: comando, 1 compagnia comando, 3 compagnie motorizzate, 1 compagnia anni accompagnamento, 31 ufficiali, 63 sottufficiali, 616 militari di truppa (710 uomini), 183 pistole, 297 moschetti automatici, 237 fucili, 41 fucili mitragliatori, 6 mitragliatrici, 8 lanciarazzi, 9 cannoni s.r. da 57, 9 mortai leggeri, 9 mortai da 81, 4 cannoni s.r. da 106, 2 motocicli, llO automezzi vari, 16 rimorchi, 57 radio, 2 centralini, 26 telefoni campali. 71 Organico del comando della brigata di cavalleria: comandante, stato maggiore, quartier generale, sezione aerei leggeri, sezione carabinieri. Forza e mezzi; 17 uffi. ciali, 22 sottufficiali, 120 militari di truppa (159 uomini in totale), 75 pistole, 43 moschetti automatici, 105 carabine, 2 fucili mitragliatori, 2 lanciarazzi, 1 mitragliatrici contraerei, 6 moschetti automatici dotazione di carro, 3 motocicli, 8 autovetture, 4 autocarri leggeri, 10 autocarri medi, 2 autouffici, 4 autoblindo, 5 rimorchi, 3 aerei leggeri, 3 carri leggeri, 8 radio di grande portata, 4 radio di media portata, 2 radio btg . rgt, 3 radio cp. - btg., l stazione radio su C.L., 1 complesso ACT, 7 centralini telefonici, 14 telefoni campali, 14 km di cordoncino, 2 serie stenditori linee campali (F. n. 395-R/15162436, 13 marzo 1957 e f. n. 555-S/15162456, 15 marzo 1957 dello S.M.E. - Ordinamento). Reggimento di cavalleria blindata: 100 ufficiali, 199 sottufficiali, 1175 militari di truppa (1474 uomini), 597 pistole, 538 moschetti, 500 fucili, 73 fucili mitragliatori, 20 lanciarazzi, 9 mortai leggeri, 9 milragliatrici, 18 mitragliatrici contraerei, 9 mortai da 81, 9 cannoni s.r. da 106, 49 tromboncini, 52 carri armati, 10 autoblindo, 15 automezzi blindati, 59 semicingolati, 37 motocicli, 169 automezzi vari, 83 rimorchi, 1 complesso traino per carri armati, 2 velivoli. 72 F. n. 635-R/15162456, 9 maggio 1956 dello S.M.E. - Ordinamento.
CAP. LVIT - RISTRUTTURAZIONE E RID1MENS10NAMENT0 ECC.
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73 Organiro della brigata missili: comandante, vice-comandante, uffici del comando (s'identificano con gli uffici del comando del reggimento artiglieria pesante - missili-), 1 reggimento artiglieria pesante missili articolato su l reparto comando, 2 gruppi artiglieria lanciarazzi da 762/m/m, «Honest John»: 1 battaglione fucilieri, 1 battaglione genio pionieri, l battaglione acquisizione obiettivi, 1 compagnia trasmissioni, l reparto R.R.R., l sezione A.B.C., 1 sezione aerei leggeri. Forza e mezzi distinti per comandi e reparti: comando di brigata: 19 ufficiali, 19 sottufficiali, 22 militari di truppa (60 uomini in totale), 29 pistole, 1 moschetto automatico, 29 carabine, 1 motociclo, 2 autovetture, l autoufficio, I rimorchio; reggimento artiglieria pesante missili: comando e 2 gruppi lanciarazzi da 762 mm., 59 ufficiali, 92 sottufficiali, 458 militari di truppa (609 uomini in totale), 109 pistole, 105 moschetti automatici, 394 carabine, 32 mitragliatrici, 20 lanciarazzi, 8 lanciarazzi autoportati da 762 mm, 3 motocicli, 167 automezzi, 4 trattori, 95 rimorchi, 64 apparecchi radio, 6 centrali e centralini telefonici, 74 telefoni campali; battaglione fucilieri: inizialmente solo 1 compagnia su: comandante, l plotone comando, 4 plotoni fucilieri per un totale di 6 ufficiali, 19 sottufficiali, 131 militari di truppa (156 uomini in totale), 29 pistole, 61 moschetti automatici, 70 fucili, 24 tromboncini e.e., 16 fucili mitragliatori, 4 lanciarazzi, 1 motociclo, 11 automezzi, 19 stazioni radio; compagnia t rasmissioni: comandante, plotone comando, 3 plotoni trasmissioni, 6 ufficiali, 31 sottufficiali, 160 militari di truppa, 18 pistole, 3 moschetti automatici, 176 carabine, 6 fucili mitragliatori, 3 motocicli, 34 automezzi radio, 28 rimorchi, 21 apparati radio, 6 centrali e centralini telefonici, 60 telefoni campali; battaglione genio pionieri: comandante ed ufficiali del comando, compagnia comando, 2 compagnie pionieri, 16 ufficiali, 28 sottufficiali, 310 militari di truppa (354 uomini in totale), 30 pistole, 7 moschetti automatici, 317 carabine, 2 mitragliatrici, 17 fucili mitragliatori, 4 lanciarazzi, 7 motocicli, 50 automezzi vari, 4 trattori, 23 rimorchi, 29 complessi vari e mezzi del genio (escavatori con lame apripista 4, escavatori mcdi ruotati 4, apripista leggeri con trivella 4, autogru da 5 t 2, motocompressori autoportati 2, attrezzature pneumatiche medie 3, serie materiali speciali per mascheratori 4, complessi per coloritura a spruzzo 4, sezione Bailey M2 1, autofficina pesante del genio I), 11 stazioni radio, l ricevitore allarme aereo, l centralino telefonico, 15 telefoni campali; battaglione acquisizione obiettivi: comandante, ufficiali del comando, compagnia comando (comandante, 1 plotone comando, 1 plotone trasmissioni, l plotone servizi), compagnia ricognizione e sorveglianza (comandante, 1 plotone comando, l plotone paracadutisti su comandante e 6 nuclei paracadutisti, l plotone sorveglianza e trasporto su: comandante, sezione sorveglianza aerea, sezione trasporti aerei, sezione manutenzione velivoli e servizi aeroportuali), 43 ufficiali, 46 sottufficiali, 205 militari di truppa (294 uomini in totale), 294 pugna li, 173 pistole, 4 moschetti automatici, 117 carabine, 6 mitragliatrici, 6 lanciarazzi, 4 motocicli, 18 automezzi, 14 rimorchi, 6 aerei, 2 elicotteri, 11 complessi radio, 19 stazioni radio, 1 centralino telefonico, 9 telefoni campali; Reparto R.R.R. (riparazioni, rifornimenti, recuperi) su: comandante, comando (sezione comando, ufficio amministrazione, sezione recuperi), officina media (direzione, sezione armi, sezione genio, sezioni trasmissioni, sezione motorizzazione), sezione materiali speciali (comandante, nucleo riparazioni, nucleo rifornimenti), officina legge ra, parco di brigata (comando, sezione armi, sezione genio, sezione trasmissioni, sezione motorizzazione), 7 ufficiali, 38 sottufficiali, 167 militari di truppa (212 uomini in totale), 45 pistole, 4 moschetti automatici, 163 carabine, 4 fucili mitragliatori, 4 motocicli, 56 automezzi, 1 complesso traino, 1 carro recupero, 20 rimorchi; sezione A.B.C.: l ufficiale, l sottufficiale, 20 militari di truppa (22 uomini in totale), 2 pistole , 20 carabine, 6 autovetture da ricognizione, 3 autocarri leggeri, 7 rimorchi da 1/4 t e da 1/2 t; sezione aerei leggeri: 3 ufficiali, 4 sottufficiali, 7 militari di truppa (14 uomini in tutto), 7 pistole, 7 moschettti automatici, 3 aerei leggeri, l motociclo, l autovettura da ricognizione, 1 autocarro leggero, 1 autocarro medio, 2 rimorchi da 1/4 t, 1 stazione r adio cp.-btg., 2 telefoni campali, 6 km cordoncino telefonico, 1 serie stendimento linee volanti leggere (F. n . 960-S/15162749, 20 agosto 1959 e f. n. 1225-S/15162749, 10 settembre 1959 S.M.E. - Ordinamento). La trasformazione del 3° reggimento artiglieria p<:>.s:inte e dei due suoi gruppi da
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FILIPPO STEFANI
155/45 in 3° reggimento artiglieria missili ed in I e II gruppo lanciarazzi da 762 mm era già stata disposta dal 20 febbraio 1959, 74 F. n. 1100-R/1526323, 27 luglio 1956 e f. n. 1510-S/15162226, 19 novembre 1956, S.M.E. - Ordinamento. 75 F. n. 2314-S/Ordn., 22 novembre 1955, f. n. 1500-S/ 151624112, 18 novembre 1956 e f. n. 1610-S/151624118, 10 dicembre 1959, S.M.E. - Ordinamento. 7 6 F. n. 1600-S/15162212, 10 dicembre 1959 e f. n. 1610-S/ 151624118, 10 dicembre 1959 dello S.M.E. - Ordinamento. 77 F. n. 70-R/Ordn. I, 26 gennaio 1955. 78 F. n. 2110-R/Ordn. I, 30 novembre 1955, dello S.M.E. - Ordinamento. 79 F. n. 2432-S/153677, 18 settembre 1959, dello S.M.E. - Ordinamento. 80 F. n. 890-R/15162746, 21 luglio 1957, dello S.M.E. - Ordinamento. 81 Ibidem. 112 Ibidem. 83 Rivista militare, 1959, XII, pg. 1599, Evoluzione degli ordinamenti e dei procedimenti delle forze terrestri in conseguenza dell'impiego delle nuove armi, del gen. Giorgio Liuzzi. 84 T comandi di reggimento vennero costituiti su: comandante, vice-comandante, ufficiali del comando, uffici maggiorità, personale e benessere, O.A.I.O. (operazioni, addestramento, informazioni, ordinamento), servizi reggimentali, ufficio amministrazione. Le compagnie comando di reggimento su: comandante, plotone comando, plotone trasmissioni, plotone servizi. La compagnia comando del reggimento di fanteria comprendeva, inquadrata nel plotone comando, la squadra informatori e inquadrata nel plotone servizi l'autosezione mista; la compagnia comando del reggimento bersaglieri comprendeva nel plotone comando il nucleo osservazione e collegamento e nel plotone servizi una squadra servizi, l'autosezione mista ed un'officina leggera. Le compagnie mortai da 107 su: comandante, vice-comandante, plotone comando (squadra tiro, squadra traino, squadra rifornitori, squadra servizi), 3 plotoni mortai da 107, ciascuno su: comandante, squadra comando, squadra mortai da 107. Le compagnie controcarri del reggimento bersaglieri su: comandante, plotone comando (comandante, squadra comando, squadra trasmissioni, squadra servizi), 3 plotoni cannoni controcarro, ciascuno su: squadra comando e 3 squadre cannoni. La compagnia meccanizzata del reggimento fanteria della divisione di montagna su: comandante, plotone comando (squadra comando, squadra servizi), 2 plotoni fucilieri meccanizzati (ciascuno su 2 squadre assaltatori, 1 squadra mitragliatrici, 1 squadra cannoni da 106), 1 plotone carri leggeri su 5 carri. Organici Reggimento fanteria della divisione di pianura: comandante, vicecomandante, ufficiali del comando, uffici: maggiorità, personale e benessere, operazioniaddestramento-informazioni-ordinamento amministrazione, servizi reggimentali, compagnia comando di reggimento su: comandante, plotone comando (comandante, squadra comando, squadra informtori), plotone trasmissioni (comandante, squadra comando, squadra trasmissioni ??????, squadra trasmissioni a filo), plotone servizi (comandante, squadra servizi, autosezione mista, officina leggera); 3 battaglioni di fanteria; compagnia mortai da 107 (comandante, vice-comandante, plotone comando (comandante, squadra tiro, squadra rifornitori, squadra servizi), 3 plotoni mortai da l 07 (ciasuno su: comandante, squadra comando, 3 squadre mortai da 107 su 1 pezzo). Organici Reggimento corazzato: comandante, vice-comandante, ufficiali del comando, uffici (maggiorità, personale e benessere, O.A.I.O. servizi reggimentali, amministrazione), compagnia comando di reggimento su: plotone comando (comandante, squadra comando, squadra informatori, nucleo O.C.), plotone trasmissioni (squadra comando, squadra trasmissioni radio, squadra trasmissioni a filo), plotone servizi (comandante, squadra servizi, autosezione mista, officina leggera), sezione aerei leggeri su 3 velivoli, l battaglione meccanizzalo, l battaglione carri; 89 ufficiali, 222 sottufficiali,
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1299 militari di truppa, 161 Ototale personale, 615 pistole, 251 carabine, 469 moschetti automatici, 390 fucili, 105 tromboncini. 25 lanciarazzi, 61 fucili mitragliatori, 12 mitragliatrici, 9 mortai leggeri, 9 cannoni s.r. da 57, 27 mitragliatrici contraerei, 8 cannoni da 106, 8 mortai da 81, 54 carri armati medi, 7 carri armati per i nuclei O.C., 1 carro medio comando, 5 mezzi blindati, 43 semicingolati, 8 carri armati leggeri, 3 carri recupero, 54 motocicli, 187 automezzi vari, 1 complesso traino, 83 rimorchi, 3 velivoli, stazioni e complessi radio 93, 5 ricevitori allarme aereo, 5 centralini, 49 telefoni campali. - Organici Reggimento fanteria della divisione da montagna (1 ° e 2°): 155 ufficiali, 388 sottufficiali, 2783 militari di truppa, 3326 totale personale, 783 pistole, 251 moschetti automatici, 1645 fucili, 18 fucili per tiratori scelti, 250 tromboncini, 205 fu. ciii mitragliatori, 84 lanciarazzi, 42 mitragliatrici, 27 mortai leggeri, 27 mortai da 81, 9 mortai da 107, 18 lanciafiamme, 18 cannoni s.r. da 57, 15 cannoni s.r. da 106, 16 carri armati, 37 motocicli, 351 automezzi, 1 complesso traino, 176 rimorchi, 178 stazioni radio, 2 ricevitori allarme aereo, 12 centralini telefonici, 156 telefoni campali, 21 serie stendimento linee volanti, 256 km di cordoncino telefonico. - Organici Reggimento fanteria della divisione da montagna (3°): 123 ufficiali, 306 sollufficiali, 1989 militari di truppa, 2418 totale personale, 675 pistole, 106 carabine, 699 moschetti automatici, 1041 fucili, 12 fucili per tiratori scelti, 158 tromboncini, 128 fucili mitragliatori, 52 lanciarazzi, 24 mitragliatrici, 18 mortai leggeri, 18 mortai da 81, 12 lanciafiammc, 12 cannoni s.r. da 57, 8 cannoni s.r. da 106, 3 carri armati per nucleo O.C., 40 carri armati, 2 nuclei recupero, 38 motociclim, 244 automezzi vari. 2 complessi traino, 102 rimorchi, 176 stazioni radio, 5 ricevitori allarme aereo, 9 centralini telefonici, 105 telefoni campali, 14 serie stendimento linee volanti, 196 km di cordoncino telefonico. - Organici Reggimento bersaglieri: comandante, vice-comandante, uffici del comando (maggiorità, personale e benessere, O.A.I.O., amministrazione servizi reggimentali); compagnia comando (comandante, plotone comando su: comandante, squadra comando, squadra informatori, nucleo O.C.; plotone trasmissioni su: comandante, squadra comando, squadra trasmissioni radio, squadra trasmissioni a filo; plotone servizi su: comandante, squadra servizi, autosezione mista, officina leggera); 3 battaglioni bersaglieri; 1 compagnia cannoni controcarri (comandante, plotone comando su: squadra comando, squadra trasmissioni, squadra servizi, 3 plotoni cannoni controcarri ciascuno su: comandante, squadra comando, 3 squadre cannoni. Organico: 141 ufficiai i, 314 sottufficiali, 2468 militari di truppa, 2923 totale personale. 767 pistole. 1021 moschetti automatici, 1224 fucili, 307 tromboncini controcarri, 167 fucili mitragliatori, 77 lanciarazzi, 27 mortai leggeri, 24 mortai da 81, 36 mitragliatrici, 81 mitragliatrici contraerei, 27 cannoni s.r. da 75, 33 cannoni s.r. da 106, 16 carri armati leggeri, 1 carro medio comando, 130 semicingolati, 2 automezzi blindati, 78 motocicli, 368 automezzi, 218 rimorchi, 206 stazioni radio, 4 ricevitori allarme aereo, 9 centralini telefonici, 98 telefoni campali. - Organici Reggimento alpini: comandante, ufficiali del comando, uffici (maggiorità, personale e benessere. O.A.I.O., amministrazione. servizi reggimentali): compagnia comando (comandante, plotone comando su: comandante, squadra comando, squadra informatori, squadra servizi; plotone trasmissioni su: comandante, squadra comando, squadra trasmissioni radio, squadra trasmissioni a filo autosezione mista, officina leggera; 3 o 4 battaglioni alpini; 1 compagnia mortai per il reggimento alpino (comandante, plotone comando su: comandante, squadra comando, squadra trasmissioni, squadra servizi, 3 plotoni mortai ciascuno su: comandante, squadra comando, 3 squadre mortai). Organico - numeratore 3 battaglioni, denominatore 4 battaglioni -: 143/190 ufficiali, 329/423 sottufficiali, 3772/490 1 militari di truppa; 4250/5504 totale personale, 786/1013 pistole, 541/698 moschetti automatic i, 330/426 carabine automatiche, 27/36 fucili per tiratori scelti, 2005/2593 fu cili, 81/108 tromboncini controcarri, 152/200 fucili mitragliatori, 27/36 mitragliatrici, 26/33 mitragliatrici contraerei, 50/65 lanciarazzi, 27/36 mortai leggeri, 27/36 m ortai da 81, 9/9 mortai da 107, 27/36 cannoni
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s.r. da 57, 12/16 cannoni s.r. da 75, 298/384 muli, 41/52 motocicli, 156/192 automezzi vari, 125/161 vetture da ricognizione con rimorchi da 1 t, 277/363 stazioni radio, 9/11 centralini telefonici, 90/110 telefoni campali. -Organici Reggimento carristi: comandante, vice-a>mandante, ufficiali del comando, uffici (maggiorità, personale e benessere, O.A.I.O., servizi reggimentali amministra·zione); compagnia comando (comandante, plotone comanso su: comandante, squadra comando, squadra informatori, nucleo O.e., squadra servizi, plotone trasmissioni su: comandante, squadra comando, squadra trasmissioni radio, squadra trasmissioni a filo); 3 battaglioni carri; sezione aerei leggeri. Organico: 109 ufficiali, 305 sottufficiali, 1507 militari di truppa, 192 l totale personale, 1079 pistole, 702 carabine, 537 moschetti automatici, 19 fucili mitragliatori, 1 mitragliatrice contraerei, 156 carri armati medi, 15 carri armati leggeri, 13 carri armati leggeri per nuclei O.e., 1 carro armato medio comando, 5 mezzi blindati, 9 carri recupero, 75 motocicli, 187 automezzi vari, 6 complessi traino, 32 rimorchi, 3 velivoli leggeri, 58 stazioni radio, 32 telefoni campali. 85 / comandi di battaglione vennero generalmente costituiti su: comandante, vicecomandante, ufficiali del comando. Le compagnie comando di ballaglione su: comandante, plotone comando (squadra informatori, squadra lanciafiamme), plotone trasmissioni (squadra radio, squadra filo, squadra staffette), plotone pionieri (squadra comando, 4 squadre pionieri), plotone cannoni da 106 (squadra comando, 4 squadre cannoni da 106), plotone servizi (squadra servizi, autosezione mista). I battaglioni di fanteria su: comandante, vice-comandante, ufficiali del comando, compagnia comando, 3 compagnie fucilieri (comandante; plotone comando su: squadre comando, squadra informatori, squadra servizi; 3 plotoni fucilieri su: 3 squadre assaltatori e 1 squadra armi leggere ciascuno; 1 plotone armi di accompagnamento s u: comandante, squadra mitraglieri, squadra mortai leggeri, squadra cannoni da 57); 1 compagnia meccanizzata (comandante; plotone comando su: squadra comando e squadra servizi; 2 plotoni fucilieri meccanizzati ciasuno su: 2 squadre assaltatori, 1 squadra mitraglieri, 1 squadra cannoni da 106; 1 plotone carri leggeri su 5 carri); 1 compagnia mortai da 81 su: comandante, vice-comandante, plotone comando (1 squadra tiro, l squadra traino, l squadra rifornitori, 1 squadra servizi), 3 plotoni mortai da 81 (ciascuno su: comandante, squadra comando, 3 squadre mortai). I ballaglioni bersaglieri su: comandante, vice-comandante, ufficiali del comando, compagnia comando (plotone comando su: squadra comando, squadra informatori, squadra servizi, squadra rifornitori, autosezione mista; plotone esploratori su: nucleo comando, 3 squadre esploratori, nucleo carri; plotone trasmissioni su: squadra radio, squadra filo, plotone pionieri su: nucleo comando e 4 squadre pionieri); 3 compagnie bersaglieri (plotone comando su: squadra comando, squadra rifornitori, squadra servizi, 3 plotoni fucilieri, ciascuno su: 2 squadre assaltatori e 1 squadra armi leggere; plotone armi di compagnia su 1 squadra mitragliatrici, 1 squadra mortai leggeri, l squadra cannoni s.r. da 75); 1 compagnia armi di accompagnamento (comandante; sottoco-mandante; l plotone comando su: squadra comando, squadra tiro mortai, squadra trasmissioni, squadra servizi; 2 plotoni mortai da 81 ciascuno su: comandante, squadra comando, 2 squadre mortai; 1 plotone cannoni da 106 su 4 squadre). T battaglioni meccanizzati della divisione di pianura su: comandante, vicecomandante, ufficiali del comando, compagnia comando (plotone comando su: nucleo comando, squadra informatori, squadra servizi, squadra rifornitori, autosezione mista; plotone esploratori su: nucleo comando, 3 squadre esploratori, 1 nucleo carri; plotone pionieri su: nucleo comando e 4 squadre pionieri; plotone trasmissioni su: squadra filo, squadra radio); 3 compagnie meccanizzate (plotone comando, 3 plotoni fucilieri ciascuno su: 2 squadre assaltatori e 1 squadra armi leggere - ogni squadra assaltatori s u : 2 squadre mitraglieri, 1 squadra mortai leggeri, 1 squadra cannone da 75); 1 compagnia armi di accompagnamento (plotone comando su: squadra comando, squadra tiro mortai, squadra trasmissioni, squadra servizi; 2 plotoni mortai da 81 ciascuno su:
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squadra comando e 2 squadre mortai, 1 plotone cannoni da 106 su 4 squadre cannoni da 106). I battaglioni carri su: comandante, vice-comandante, uffici del comando, compagnia comando (plotone comando su: squadra comando, squadra informatori, nucleo osservazione e collegamento; plotone esploratore su: nucleo comando, nucleo carri, 2 squadre esploratori; plotone servizi su: squadra servizi, autosezione mista, officina leggera); 3 compagnie carri ciascuna su: plotone comando e 3 plotoni carri ciascuna. Il battaglione esplorante divisionale: comandante, ufficiali del comando, plotone comando (su: squadra comando, squadra servizi, squadra trasmissioni), 2 compagnie esploranti ciascuna su: plotone comando, 2 plotoni esploranti, 2 plotoni carri leggeri. I battaglioni alpini: comando di battaglione, compagnia comando (plotone esploratori su: 3 squadre; plotone pionieri su: 4 squadre; plotone comando su: squadra comando, squadra trasmissioni, squadra pionieri, squadra servizi, autosezione mista salmerie); 3 compagnie alpini (plotone comando su: squadra comando, squadra trasmissioni, squadra pionieri, squadra servizi; 3 plotoni fucilieri su: 3 squadre assaltatori ed 1 squadra armi legere; 1 plotone armi di compagnia su 1 squadra mortai leggeri, 3 squadre mitraglieri, squadra cannoni s.r., nucleo mitragliatrici contraerei; salmerie); 1 compagnia mortai su: plotone comando (squadra comando, squadra trasmissioni, squadra servizi), 3 plotoni mortai da 81 (squadra comando, 3 squadre mortai); salmerie. 86 Artiglieria divisionale. - Comando dell'artiglieria divisionale su: 2 ufficiali, 1 sottufficiale, 6 militari di truppa (9 uomini in Lolale), 3 pislule, 1 111usd1ello automatico, 5 carabine. - Reggimento di artiglieria da campagna su: comando di reggimento, 1 batteria specialisti, 2 gruppi da campagna a traino meccanico, 1 gruppo semovente da campagna, 1 gruppo pesante campale a traino meccanico, 1 gruppo contraerei leggero a traino meccanico (nella divisione da montagna: 3 gruppi da campagna, lutti a traino meccanico). Comando di reggimento: comandante, vice-comandante dell'artiglieria divisionale, vice comandante, uffici del comando (maggiorità, personale, e benessere, operazioni-addestramento-tiro-informazioni-ordinamento, servizi reggimentali, amministrazione); reparto comando (sezione comando su: squadra comando, squadra trasmissioni, squadra servizi, sezione trasmissioni su: squadra comando, squadra trasmissioni a filo, squadra trasmissioni radio, sezione servizi su: squadra servizi, autocarreggio, officina leggera). Batteria specialisti: sezione comando; sezione topografica (squadra comando e squadra topografica), sezione osservazione su: 4 squadre osservazione, sezione aerologica; reparto aerei leggeri: 4 sezioni, ciascuna su 2 aerei. Organico reggimento di artiglieria divisionale per divisione di pianura: 199 ufficiali, 276 sottufficiali, 2510 militari di truppa (2985 uomini in totale), 478 pistole, 487 moschetti automatici, 2057 carabine, 46 tromboncini controcarri, 46 fucili, 97 fucili mitragliatori, 2 Lanciarazzi, 32 mitragliatrici, 32 cannoni da 40/56, 36 obici da 105/22, 18 obici semoventi da 105/22, 18 obici da 155/23, 8 complessi quadrupli e.a., 4 carri medi comando, 12 semoventi tipo Priest, 2 semicingolati, 1 carro recupero, 93 motocicli, 481 automezzi vari, 99 trattori, 285 rimorchi, 8 velivoli, 325 stazioni radio, 9 complessi radio, 48 centralini telefonici, 350 telefoni campali. - R eggimento artiglieria da montagna su: comando di reggimento; 1 gruppo artiglieria da montagna da 75/13 su 3 o 4 batterie; 1 gruppo di artiglieria da montagna da 100/17 su 3 batterie; 1 gruppo di artiglieria da montagna mortai da 120. - Organico reggimento di artiglieria da montagna - numeratore gruppo da 75/ 13 su 3 batterie, denominatore grupo da 75/13 su 4 batterie -: 102/110 ufficiali, 147/157 sottufficiali, 1913/2194 mililari di truppa, 2162/2421 totale del personale, 228/245 pistole, 259/295 moschetti automatici, 1674/1880 carabine, 25/28 fucili mitragliatori, 19/2 1 mitragliatrici contraerei, 28/30 lanciarazzi, 12/16 obici da 75/ 13, 12/12 obici da 100/17, 18/18 mortai da 107, 522/624 muli, 2628 motocicli, 183/ 185 automezzi vari, 15/ 15 trattori da montagna, 73/73 rimorchi, 6/6 velivoli, 77/86 stazione radio, 14/16 centralini telefonici. 82/92 telefoni campali.
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8? Gruppo artiglieria da campagna a traino meccanico (reparto comando, 3 batterie): comandante, ufficiali del comando, reparto comando su: nucleo U.O., sezione firo (squadra tiro, squadra topografica), sezione trasmissioni (squadra trasmissioni a tiro, squadra trasmissioni radio), sezione servizi (squadra servizi, autocarreggio); 3 batterie da campagna, ciascuna su: linea pezzi, autocarreggio. Organico del gruppo: 37 ufficiali, 36 sottufficiali, 417 militari di truppa (490 uomini in totale), 53 pistole, 71 moschetti automatici, 348 carabine, 20 fucili, 20 tromboncini, 24 fucili mitragliatori, 24 lanciarazzi, 18 obici da 105/22, 14 moto, 87 automezzi vari, 21 trattori, 52 rimorchi, 61 stazioni radio, 12 centralini, 63 telefoni. - Gruppo artiglieria da campagna semovente (reparto comando e 3 batterie): 36 ufficiali, 46 sottufficiali, 343 militari di truppa (425 uomini in totale), 213 pistole, 133 moschetti automatici, 153 carabine, 2 fucili, 2 tromboncini, 2 fucili mitragliatori, 2 lanciarazzi, 4 carri medi comando, 12 semoventi tipo Priest, 2 semicingolati, 18 semoventi da 105/22, l carro recupero, 13 moto, 57 automezzi vari, 38 rimorchi, 64 radio, 9 complessi radio, 4 centralini telefonici, 14 telefoni campali. - Gruppo artiglieria pesante campale (reparto comando e 3 batterie): 29 ufficiali, 39 sottufficiali, 439 militari di truppa (507 uomini in totale), 45 pistole, 63 moschetti automatici, 399 carabine, 24 fucili mitragliatori, 24 lanciarazzi, 18 obici, 14 motocicli, 76 automezzi vari, 21 trattori, 49 rimorchi, 23 radio, 9 centralini, 49 telefoni campali. - Gruppo artiglieria da montagna da 75113 su: reparto comando (sezione servizi, autocarreggio, salmeria), 3 o 4 batterie da 75/13 (comandante e comando di batteria, linea pezzi su 4 obici da 75/13, salmeria) - numeratore gruppo su 3, denominatore su 4 batterie - : 27/35 ufficiali, 36/46 sottufficiali, 681/900 militari di truppa, 744/1003 totale personale, 59/76 pistole; 60/96 moschetti automatici, 625/831 carabine semiautom atiche, 8/11 fucili mitragliatori, 6/8 mitragliatrici contraerei, 8/10 lanciarazzi, 12/16 obici da 75/13, 318/420 muli, 2/4 motocicli, 21/23 automezzi, 12/12 rimorchi, 21/30 radio, 4/6 centralini telefonici, 20/30 telefoni campali. - Gruppo artiglieria da montagna da JO<YJ7 (reparto comando su: comandante e comando di reparto, sezione servizi, autocarreggio, 3 batterie da 100/17 su comandante e comando di batteria, linea pezzi su 4 pezzi, autocarreggio): 23 ufficiali, 27 sottufficiali, 357 militari di truppa, 407 totale personale, 51 pistole, 58 moschetti automatici, 298 carabine semiautomatiche, 8 fucili mitragliatori, 2 mitragliatrici contraerei, 8 lanc iarazzi, 12 obici da 100/17, 5 motocicli, 61 automezzi, 15 trattori, 16 rimorchi, 16 stazioni radio, 5 centralini, 18 telefoni campali. - Gruppo artiglieria da montagna mortai da 120 (reparto comando su sezione servizi, autocarreggio, salmerie; 3 batterie mortai da 120 su comand ante e comando di batteria, linea pezzi su 4 pezzi, salmerie): 36 ufficiali, 38 sottufficiali, 702 militari di truppa, 776 totale personale, 74 pistole, 86 moschetti automatici, 616 carabine semiautomatiche, 8 mitragliatrici contraerei, 8 fucili mitragliatori, 8 lanciarazzi, 12 mortai da 120,301 muli, 5 motocicli, 47 automezzi, 42 rimorchi, 29 stazioni radio, 2 centralini telefonici, 29 telefoni campali. - Gruppo artiglieria contraerei leggeri (reparto comando e 4 batterie): 24 ufficiali, 64 sottufficiali, 648 militari di truppa (736 uomini in totale), 42 pistole, 87 moschetti automatici, 607 carabine, 19 fucili mitragliatori, 19 lanciarazzi, 32 complessi quadrinati, 32 cannoni da 40/56, 23 motocicli, 105 automezzi vari, 36 trattori leggeri, 55 rimorchi, 82 radio, 6 centralini, 125 telefoni. 88 Battaglione genio pionieri divisionale per divisioni di pianura e di montagna: comandante, ufficiali di comando, 1 compagnia comando: comandante, plotone comando (squadra comando, squadra trasmissioni), plotone servizi (squadra servizi, autosezione, officina leggera), 4 compagnie genio pionieri, ciascuna su: plotone comando (squadra comando, squadra servizi, squ adra attrezzature speciali), 3 plotoni pionieri su 4 squadre ciascuno, l compagnia parco campale su: plotone comando, autosezione, sezione attrezzature speciali, sezione materiali da ponte da traghetto, laboratorio. Totale d el battaglione: 38 ufficiali, 72 sottufficiali, 867 militari di truppa (977 uomini),
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72 pistole, 24 moschetti automatici, 881 carabine, 44 fucili mitragliatori, 36 lanciarazzi, 12 mitragliatrici, 17 motocicli, 146 automezzi vari, 6 automezzi speciali, 26 trattori, 26 rimorchi, 1 apripista pesante, 2 scarificatori, 12 complessi escavatori con lama apripista e scarificatore, 12 escavatori apripista a trivella, 3 autogru ruotate da 5 t, 1 gru cingolata, 2 frantoi con vaglio, 12 attrezzature per la posa di mine, 6 attrezzature pneumatiche medie, 15 attrezzature pneumatiche leggere, 4 complessi per saldatura autogena, 5 complessi spalleggiabili per coloritura a spruzzo, 1 impianto di trivellazione, 4 motopompe, 5 gruppi elettrogeni, 1 autofficina pesante del genio, 1 sezione traghettamento divisionale, 18 battelli da ricognizione, 1 unità Bailey da interruzione, 22 stazioni radio, 1 ricevente allarme aereo, 1 centralino telefonico, 6 telefoni campali, 20 km di cordoncino telefonico, 2 serie stendimento linee campali. Compagnia comando di battaglione: 3 ufficiali, 13 sottufficiali, 60 militari di truppa {76 uomini). Compagnia pionieri: 6 ufficiali, 13 sottufficiali, 147 militari di truppa {166 uomini). Compagnia parco: 5 ufficiali, 7 sottufficiali, 219 militari di truppa (231 uomini). Compagnia genio per brigata alpini: 1 plotone comando, 4 plotoni genio pionieri, 1 plotone parco campale, 6 ufficiali, 24 sottufficiali, 353 militari di truppa (385 uomini), 17 pistole, 14 moschetti automatici, 355 carabine, 10 fucili mitragliatori, 1 mitragliatrice contraerei, 5 lanciarazzi, 8 moto, 40 automezzi vari, 1 trattore, 6 rimorchi, 1 apripista leggera, 1 motocompressore stradale, 11 stazioni radio, 6 telefoni campali. Battaglione geniu pioneri per divisione corazzata: comandante, ufficiali del comando, compagnia comando (plotone comando, autosezione, officina mista; plotone parco), 3 compagnie genio pionieri (plotone comando su: squadra comando e squadra servizi; 3 plotoni pionieri su: 3 squadre pionieri); organici: 24 ufficiali, 46 sottufficiali, 489 militari di truppa, 559 totale personale, 53 pistole, 8 moschetti automatici, 498 carabine, 27 fucili mitragliatori, 8 mitragliatrici contraerei, 9 lanciarazzi, 8 motocicli, 81 automezzi vari, 22 trattori, 22 rimorchi, 1 autofficina pesante del genio, 18 complessi escavatori con lama apripista e scarificatore, l autogru, 3 motocompressori autoportati, 18 attrezzature pneumatiche leggere, 1 equipaggio da ponte Treadway M2, 4 motobarche, 9 barchetti d'assallo Ml, 18 battelli pneumatici, 9 motori fuori bordo, 17 stazioni radio, 1 centralino telegrafico, 20 telefoni campali, 25 km cordoncino telefonico. 89 F. n . 310-S/Ordn. I del 31 maggio 1955 dello S.M.E. Ordinamento. 90 F. n. 1330-S/Ordn. I del 22 agosto 1957, S.M.E. Ordinamento. 91 Battaglione trasmissioni per divisioni di pianura e di montagna: comandante, ufficiali del comando, 1 plotone comando {squadra comando, squadra servizi, officina leggera), 2 compagnie (una radio, una mezzi a filo), ciascuna su: 3 plotoni, 16 ufficiali, 63 sottufficiali, 462 militari di truppa {541 uomini), 55 pistole, 1 I moschetti automatici, 475 carabine, 12 fucili mitragliatori, 11 motocicli, 55 automezzi vari, 7 autostazioni radio, 9 autoradio, 2 centri trasmissioni, 1 autoufficio, l autosoccorso, 4 trattori, 15 rimorchi, 44 stazioni radio, 3 A.C.T., 6 Ticevitori, 4 centrali a 40 linee, 1 centrale telegrafica a 10 linee, 6 centralini telefonici a 10 linee, 88 telefoni campali, 180 km di cavo bicoppia, 90 km di cordoncino telefonico, 8 serie stendimento linee campali, 4 serie stendimento linee in cavo, 2 serie stendimento linee permanenti, 4 interracavi, 2 stendifili meccanici, 9 telescriventi campali, 13 terminali ponti radio. Compagnia trasmissioni per brigata alpina: 1 plotone comando, 1 plotone trasmissioni radio, 1 plotone trasmissioni a filo, 4 ufficiali, 44 sottufficiali, 245 militari di truppa (293 uomini), 20 pistole, 13 moschetti automatici, 212 carabine, 7 fucili mitragliatrici, 6 motocicli, 24 automezzi vari, l autosoccorso, 4 autoradio, 9 rimorchi, 20 stazioni radio, 1 complesso A.C.T., 4 ricevitori, 2 centrali a 40 linee, 1 centralino a 10 linee, 27 telefoni campali, 2 telescriventi. 92 Costituzione delle sezioni aerei leggeri presso il comando delle divisioni Mantova, Granatieri di Sardegna, Cremona, Friuli, Legnano ed l comando del 7° , 8° , 11 °, 33° reggimento artiglieria e il comando del 131 ° reggimento artiglieria Centauro (f. n. 1810/0rdn. I del 12 ottobre 1955, S.M.E. Ordinamento). Costituzione delle sezioni aerei leggeri per il comando del IV corpo d'armala. il comando della divisione Avelli-
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no, il comando delle brigate alpine Taurinense, Cadore, Owbica, il 2° reggimento artiglieria da montagna, la scuola di artiglieria (f. n. 1820-S/15162573 del 22 dicembre 1957, S.M.E. Ordinamento). 9 3 F. n. 45-R/15162571 del 24 gennaio 1956, S.M.E. Ordinamento. 94 Servizi della divisione di fanteria di pianura: Sezione sanità: comando, 3 reparti autocarreggiati, 2 reparti portaferiti, 1 reparto disinfezione e difesa antimalarica, 1 nucleo bagni, 3 nuclei rianimazione e trasfusione; in totale: 21 ufficiali, 24 sottufficiali, 369 uomini di truppa (414 uomini), 241 pistole, 170 carabine, 2 moschetti automatici, 2 motocicli, 74 automezzi vari, 1 rimorchio. Ospedale da campo: 7 ufficiali, 3 sottufficiali, 35 militari di truppa, (45 uomini), 15 pistole, 29 carabine, 4 autocarri pesanti, 1 autobotte. Nucleo chirurgico: 4 ufficiali, 1 sottufficiale, 18 militari di truppa (23 uomini), 9 pistole, 14 carabine, 1 autovettura da ricognizione, 1 autocarro medio, 1 autocarro speciale. Ambulanza radiologica: 1 ufficiale, 1 sottufficiale, 4 militari di truppa (8 uomini), 2 pistole, 4 carabine, 1 ambulanza. Ambulanza odontoiatrica: I ufficiale, 2 militari di truppa, 1 pistola, 2 carabine, 1 autoambulanza. Sezione sussistenza (3 nuclei, l autodrappello): 4 ufficiali, 9 sottufficiali, 54 militari di truppa (67 uomini), 8 pistole, 2 moschetti automatici, 57 carabine, 3 fucili mitragliatori, 2 motocicli, 1 autovettura da ricognizione, 9 autocarri medi, 3 autofrigorifcri. Autoreparto (ufficio comando, plotone comando, plotone rnovieri, 4 autosezioni medie, 2 pesanti): 11 ufficiali, 26 sottufficiali, 315 militari di truppa (352 uomini), 15 pistole, 28 moschetti automatici, 309 carabine, 14 fucili mitragliatori, 36 motocicli, 230 automezzi, 72 rimorchi, 3 stazioni radio. Officina mobile (direzione, sezione lavorazioni, sezione officina, sezione riparazioni materiali trasmissioni, sezione recuperi, sezione materiali: 7 ufficiali, 36 sottufficiali, 203 militari di truppa (246 uomini) + 1 impiegato civile + 1Ooperai civili (257 uomini), 28 pistole, 3 moschetti automatici, 215 carabine, 4 fucili mitragliatori, 3 motocicli, 3 autovetture da ricognizione, 11 autocarri leggeri, 16 autocarri medi, 3 autocarri officine, 3 autocarri officine per riparazione mezzi radio, 9 auto magazzini, 5 auto soccorso, 2 a uto recupero, 1 auto recupero, 2 complessi traino per carri annati, 1 autobotte, l trattore, 6 rimorchi speciali, 1 rimorchio da I t, 3 stazioni radio. Parco mobile (comando, ufficio amministrazione, uffico e magazzino materiali gruppo «C•, autosezione): 7 ufficiali, 17 sottufficiali, 72 militari di truppa (96 uomini), 1 impiegato civile (97), 20 pistole, 2 Moschetti automatici, 72 carabine, 2 fucili mitragliatori, Z motocicli, 3 autovetture d a ricognizione, 4 autocarri leggeri, 17 autocarri medi, I autocarro per carico batterie, 1 autocarro recupero, 13 a utocarri scaffalati, 1 autogru, 1 autobotte. Compagnia mista servizi (1 plotone comando, 3 plotoni misti): 5 ufficiali, 23 sottufficiali, 197 militari di truppa (225 uomini), 20 pistole, 5 moschetti automatici, 201 carabine, 2 fucili mitragliatori, 1 motociclo, 4 autocarri, 3 rimorchi. Servizi della divisione di fanteria da montagna: Sezione sanità: comando, 2 reparti a utocarreggiati, 3 reparti portaferiti, reparto disinfezione e difesa antimalarica, nucleo bagni, 3 nuclei rianimazione e trasfusione; in totale: 19 ufficiali, 24 sottufficiali, 396 militari di truppa, 439 totale uomini, 294 pistole, 142 carabine, 2 moschetti automatici, 8 motocicli, 59 automezzi, 1 rimorchio. Ospedale da campo: 6 ufficiali, 2 sottufficiali, 16 militari di truppa, 24 totale personale, 6 pistole, 15 carabine, 2 moschetti automatici. Nucleo chirurgico: come per la divisione di pianura. Ambulanza radiologica: come per la divisione di pianura. Ambulanza odontoiatrica: come per la divisione di pianura. Sezione sussistenza: come per la divisione di pianura. Autoreparto: 9 ufficiali, 22 sottufficiali, 235 militari di truppa, 266 totale perso-
CAP. LVII - RISTRUTIURAZIONE E RIDIME NSIONAMENTO ECC.
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nale, 13 pis tole, 26 moschetti automatici, 227 carabine, 10 fucili mitragliatori, 32 motocicli, 159 automezzi vari, 50 rimorchi, 3 stazioni radio. Officina mobile: come per la divisione di pianura. Parco mobile: come per la divisione di pianura. Compagnia mista servizi: come per la divisione di pianura. Servi zi della divisione corazzata: Sezione di sanità: comando, 3 reparti autocarreggiati, 1 reparto disinfezione, e difesa antimalarica, 1 nucleo bagni, 1 nucleo rianimazione, 11 ufficiali, 13 sottufficiali, 194 militari di truppa, 218 totale personale, 64 pistole, 4 moschetti automatici, 150 carabine, 4 motocicli, 62 automezzi, 2 rimorchi. Ospedale da campo: 7 ufficiali, 3 sottufficiali, 37 militari di truppa, 47 totale pe rsonale, 14 pistole, 35 carabine, 5 automezzi. Nucleo chirurgico: 4 ufficiali, l sottufficiale, 21 militari di truppa, 26 totale personale, 9 pistole, 17 carabine, 3 automezzi. Ambulanza radiologica: l ufficiale, 1 sottufficiale, 5 militari di truppa, 7 totale personale, 1 pistola, 3 carabine, l automezzo. Sezione sussistenza (comando, 2 nuclei, autodrappello): 3 ufficiali, 7 sottufficiali, 46 militari di truppa, 56 totale pe rsonale, 6 pistole, 2 m oschetti automatici, 48 carabine, 4 fucili mitragliatori, 2 motocicli. 9 automezzi vari, 1 rimorchio, 1 stazione radio. Sezione vestiario lavanderia bagni (comando, reparto vestiario equipaggiamento, reparto lavanderia-bagni, autodrappello): 4 ufficiali, 7 sottufficiali, 67 militari di truppa, 78 totale personale, 8 pisto le, 1 moschetto automatico, 69 carabine, 4 fucili mitrag liatori, l motociclo, 9 automezzi vari, 6 rimorchi. Autoreparto (comando, 2 autosezioni pesanti, 1 autosezione mista, l officina leggera, 1 plot.one movieri): 8 ufficiali, 18 sottufficiali, 2 38 militari di truppa, 264 totale personale, 16 pistole, 29 moschetti automatici, 219 carabine, 9 fucili mitragliatori, 4 mitragliatrici contraerei, 32 motocicli, 107 automezzi, 40 rimorchi, 4 stazioni radio. Officina mobile (direzione, sezione lavorazioni di officina, sezione riparazioni materiale trasmissione, sezione recuperi, sezione materiali): 7 ufficiali, 21 sottufficiali, 147 militari di truppa, 175 personale militare, 11 personale civile, 18 pistole, 8 moschetti automatici, 149 carabine, 2 fu cili mitragliatori, 8 motocicli, 24 automezzi vari, 6 complessi traino per carri armati, l carro recupero, 2 rimorchi, 1 stazione radio. Parco mobile (comando, ufficio amministrazione, ufficio e magazzino materiali «A» e «B », ufficio e magazzino materiali gruppo «C», autodrappe llo): 11 ufficiali, 18 sottufficiali, 70 militari di truppa, 99 totale personale militare, 1 personale civile, 30 pistole, 2 moschetti a utomatici, 67 carabine, 2 fucili mitragliatori, 2 motocicli, 22 a utomezzi vari, 1 carro soccorso, 1 stazione radio. Compagnia mista e servizi (comandante, squadra comando , plotone misto servizi, 2 plotoni ausiliari): 4 ufficiali, 11 sottufficiali, 126 militari di truppa, 141 totale personale, 6 pistole, 15 moschetti automatici, 120 carabine, 4 fucili mitragliatori, 4 motocicli, 6 automezzi. 95 F. n. 540-S/Ordn. 1 del 21 aprile 1955, S.M.E. Ordinamento. 96 F. n. 1590-S/151624111 del 3 dicembre 1958, S.M .E. Ordinamento. 97 F. n. 1220-S/15140222 del 15 settembre 1958, S.M.E. Ordinamento. 98 F. n. 385-S/15140211 del 4 aprile 1958, S.M.E. Ordiname nto. 99 F. n. 1490-S/151624113 del 26 ottobre 1958, S.M.E. Ordinamento. 100 F. n. 460-S/15140212 del 4 aprile 1958, S.M.E. Ordinamento. 101 F. n . 1265-S/140214 del 1° novembre 1958, S.M.E. Ordinamento. 102 F. n. 860-S/15 162402 del 23 luglio 1956, S.M.E. Ordinam ento. 103 F. n. 1660-S/ 151624152 del 13 novembre 1958, S.M.E. Ordinamento. 104 F. n . 1220-S/ 15162533 del 18 settembre 1956, S.M.E. Ordinamento. 105 F. n . 1535-R/15162504 del 3 dicembre 1957, S.M.E. Ordinamento. 106 Nel quadro della ristrutturazione i raggruppamenti di frontiera mutarono la loro denominazione in quella di raggruppamenti alpini da posizione e vennero arti-
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colati in battaglioni, compagnie, plotoni anzichè rispettivamente in gruppi sbarramenti, sbarramenti, opere; ne venne inoltre disposto il reclutamento locale o, al massimo, regionale (f. n. 1555-S/15162462 del 10 ottobre 1956, S.M.E. Ordinamento). Costituzione di unità alpine per il completamento delle brigate: f. n. 795-S/15162402 del 25 maggio 1957, S.M.E. Ordinamento. Allo scopo di conferire alle unità preposte in tempo di pace a l presidio dal sistema difensivo del Tagliamento un'articolazione più vicina a quella stabilita dalle formazioni del tempo di guerra, venne disposto che dal 1° novembre 1958 avesse inizio la costituzione del 1° raggruppamento da posizione per trasformazione del 1° battaglione da posizione costituito nel 1948 (f. n. 770-R/1516 2462 del 23 novembre 1958, S.M.E. Ordinamen lo). Allo scopo di potenziare per l'emergenza i reggimenti di artiglieria semoventi di corpo d'armata e di utilizzare i semoventi M36 resisi disponibili in seguito alla soppressione dei gruppi semoventi controcarri dei reggimenti di artiglieria corazzata, venne disposta la sostituzione dei semoventi Ml8 ed il cambio di denominazione in reggimenti artiglieria semoventi controcarri. Il provvedimento riguardò il reggimento artiglieria a cavallo, il 9°, il 35° ed il 155 °. Per il reggimento a cavallo, il 35° ed il 155° venne prevista, altresi, la costituzione di un quinto gruppo di mobilitazione con semoventi M18 (f. n. 390-S/15162533 del 10 febbraio 1957, S.M.E. Ordinamento). Per adeguare i compiti e le strutture delle unità del genio e delle trasmissioni delle divisioni corazzate alle esigenze tattiche della divisione corazzata venne disposta la costituzione di un battaglione genio pionieri su 3 compagnie pionieri, I compagnia parco, I compagnia comando in luogo delle due precedenti compagnie autonome pionieri e pontieri (f. n. 45-S/15162614 del 31 gennaio 1958, S.M. E. Ordinamento) e di un battaglione trasmissioni in luogo della precedente compagnia trasmissioni (f. n. 735-S/15162651 del 26 luglio 1958, S.M.E. Ordinamento). 107 Principali documenti riguardanti i movimenti ordinativi ed organici dell'esercito di campagna negli anni 1955-1959: Organici di guerra: divisioni di fanteria: f. n. 215-S/15162415 del 16 febbraio 1956; f. n. 580-S/151624111 del 15 giugno 1958; divisione corazzata: f. n. 865-S/15162412 del 10 luglio 1957; brigala alpini: f. n. l 135-S/15162432 del 15 luglio 1957; reggimento pontieri: f. n. 480-S/15162622 del 21 aprile 1956; enti costitutivi: dell'artiglieria per divisione di fanteria: f. n. 899-S/151-62415 del 1° settembre 1956; del reggimento artiglieria contraerei pesante: f. n. I 10-S/15162542 del 24 novembre 1956; del comando di corpo d'armata: f. n . 1200-S/ 15162222 del 27 luglio 1957; del gruppo squadroni di cavalleria blindata per divisione corazzata: f. n. 1540-S/151624518 del 25 novembre 1957; del reggimento di cavalleria blindata: f. n. 605-S/15162451 del 15 aprile 1957; comando divisione di fanteria: f. n. 775-S/15162415 dell'8 luglio 1957; del reggimento bersaglieri: f. n . 65-S/15162412 del 26 gennaio 1957; reggimento carri per divisione corazzata: f. n. 1650-S/151624514 del 28 novembre 1957. Organici di guerra e di pace: IV e V gruppo specialisti artiglieria di corpo d'armata e batterie specialisti delle divisioni di fanteria di pianura e di montagna: f. n . 1655-S/15162561 del 20 novembre 1957; gruppo artiglieria campagna semovente di corpo d'armala e gruppo artiglieria semovente da 105/22 dei reggimenti corazzati: foglio n. 660-S/15162531 del 18 aprile 1957; reggimento di fanteria: f. n. 1780-S/15162416 del 18 dicembre 1957; comando reggimento artiglieria pesante e gruppi artiglieria pesante da 155145 e 203/25: f. n. 233-S/15162418, del 22 dicembre 1958; reggimento artiglieria semovente controcarri: f. n. 80-S/15162541 del 20 febbraio 1959; comando brigata cavalleria: f. n. 740-S/15162451 del 20 luglio 1959. Organici di pace: reggimento artiglieria pesante: f. n. 1425-R/15162552 del 30 ollobre 1956; comandi IV e VI corpo d'armata: f. n. 1175-R/151612222 del 22 luglio 1957; comandi 111 e V corpo d'armata: f. n. 1050-R/15162222 del 30 giugno 1957; comando designato 3° annata: f. n. 1455-R/15162212 del 5 ottobre 1957; artiglieria divisionale per divisione fanteria di pianura: f. n. 400-R/15162514 del 30 marzo 1959; reggimento di
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fanteria con ordinamento di pianura: f. n. 410-R/15162411 del 20 aprile 1959; comando designato 3 ° armata: f. n. 1655-R/15162212 del 10 dicembre 1959_ 108 Compagnia fucilieri: comandante, plotone comando (squadra rifornitori, squadra servizi), 3 plotoni fucilieri (ciascuno su 3 squadre assaltatori, 1 squadra armi leggere), l plotone armi di compagnia (1 squadra mitragliatrici, 1 squadra mortai leggeri, 1 squadra cannoni senza rinculo da 57. Totale: 7 ufficiali, 21 sottufficiali, 172 militari di truppa (200 uomini), 41 pistole, 63 moschetti automatici, 98 fucili, 2 fucili per tiratoriscelti, 25 tromboncini, 18 fucili mitragliatori, 6 lanciarazzi bazooka, 3 mortai leggeri, 4 mitragliatrici, 2 cannoni senza rinculo da 57, 1 motociclo, 12 automezzi vari, 8 rimorchi, 6 stazioni radio_ Plotone fucilieri: l ufficiale, 4 sottufficiali, 27 militari di truppa (32 uomini), 6 pistole, 15 moschetti automatici, 6 tromboncini, 12 fucili, 4 fucili mitragliatori, l lanciarazzi. Compagnia meccanizzata del battaglione di fanteria di pianura: comandante, plotone comando (squadra comando, squadra servizi), 2 plotoni fucilieri meccanizzati (ciascuno su 2 squadre assaltatori, 1 squadra mitraglieri, l squadra cannoni s.r. da 106), 1 plotone carri armati leggeri su 5 carri, 5 ufficiali, 15 sottufficiali, 111 militari di truppa, 131 uomini in totale, 54 pistole, 39 moschetti automatici, 50 fucili, 10 tromboncini, 10 fucili mitragliatori, 3 lanciarazzi, 4 mitragliatrici, 2 cannoni s_r. da 106, 2 motocicli, 21 automezzi vari, 16 rimorchi, 5 stazioni radio. Plotone fucilieri meccanizzato: 1 ufficiale, 4 sottufficiali, 38 militari di truppa, 43 uomini in totale, 12 pistole, 13 moschetti automatici, 19 fucili, 5 tromboncini, 4 fucili mitragliatori, 1 lanciarazzi, 2 mitragliatrici; I cannone s.r. da 106, 8 auluvellure da 1·icognizione, 8 rimorchi da 1/4 t. Compagnia del battaglione meccanizzato del reggimento corazzato della divisione di fanteria di pianura: comandante, plotone comando (squadra comando, squadra servizi, squadra rifornitori), 3 plotoni fucilieri (comandante, 2 squadre assaltatori, 1 squadra mitraglieri, 1 squadra mortai leggeri, l squadra cannoni da 75), 6 ufficiali, 16 sottufficiali, 161 militari di truppa, 183 uomini in totale, 43 pistole, 64 moschetti automatici, 81 fucili, 33 tromboncini, 16 fucili mitragliatori, 7 lanciarazzi, 4 mitragliatrici, 3 mortai leggeri, 3 cannoni da 75, 9 mitragliatrici contraerei, 11 semicingolati, 2 motocicli, 17 automezzi vari, 13 rimorchi, 5 stazioni radio_ Compagnia bersaglieri: come compagnia meccanizzata del reggimento corazzato della divisione di fanteria di pianura. Plotone fucilieri della compagnia meccanizzata del reggimento corazzalo della divisione di pianura e plotone bersaglieri: comandante, 2 squadre assaltatori (ciascuna su I sottufficiale, 11 militari di truppa) e 1 squadra armi leggere su: l sottufficiale, 8 militari di truppa). Compagnia anfibia su: comandante, plotone com ando (squadra comando, squadra sei-vizi), 3 plotoni anfibi (ciascuno su: comandante, squadra comando, 2 squadre assaltatori), plotone armi di compagnia (comandante, squadra comando, squadra cannoni senza rinculo da 57, squadra mortai leggeri), 6 ufficiali, 15 sottufficiali, 129 militari di truppa, 150 uomini in totale, 45 pistole, 42 moschetti automatici, 63 fucili, 12 fucili mitragliatori, 15 mitragliatrici, 10 mitragliatrici contraerei, 3 mortai leggeri, 3 cannoni s.r. da 57, 2 lanciarazzi, 5 mezzi anfibi, I motociclo, 3 automezzi vari, 5 radio_ Compagnia motorizzata: comandante, plotone comando, 3 plotoni fucilieri ciascuno su: squadra comando e 2 squadre assaltatori, plotone armi di compagnia su: squadra comando, squadra cannoni s.r. da 57, squadra mortai leggeri; 6 ufficiali, 11 sottufficiali, 124 militari di truppa, 141 uomini in totale, 37 pistole, 44 moschetti automatici, 50 fucili, 12 fucili mitragliatori, 2 mitragliatrici, 3 mortai leggeri, 3 cannoni da 57, 2 lanciarazzi, 2 motocicli, 20 automezzi vari, 5 radio. Compagnia alpini: comandante, plotone comando (squadra comando, squadra trasmissioni, squadra pionieri, squadra servizi), 3 plotoni fucilieri (3 squadre assaltatori, 1 squadra armi leggere), plotone armi di compagnia (squa dra mortai leggeri, 3 squadre mitraglieri, squadra cannoni s.r. da 57, nucleo mitragliatrici controaerei), 7 ufficiali, 17 sottufficiali, 242 militari di truppa, 266 uomini in totale, 48 pistole, 16 moschetti automatici, 19 carabine, 3 fucili per tiratori scelti, 9 tromboncini, 118 fucili, 14 fucili
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mitragliatori, 3 mortai leggeri, 4 lanciarazzi, 3 mitragliatrici, l mitragliatrice contraerei, 3 cannoni da 57 s.r., 18 muli, 1 motociclo, 7 automezzi vari, 2 rimorchi da 1 t, 22 stazioni radio. Plotone fucilieri alpino: comandante, 3 squadre fucilieri su 1 gruppo mitragliatori e 1 gruppo assaltatori, 1 squadra armi leggere su 1 gruppo mitragliatori, 1 gruppo arma controcarri, l gruppo tromboncini, 1 ufficiale, 3 sottufficiali, 38 militari di truppa, 41 uomini in totale. Compagnia carri armati: comandante, plotone comando, 3 plotoni carri, 5 ufficiali, 19 sottufficiali, 78 militari di truppa, 102 uomini in totale, 82 pistole, 16 carabine, 4 moschetti automatici, 12 moschetti autoatici di dotazione, 16 carri medi, 4 motocicli, 1 autovettura da ricognizione, 1 autocarro leggero, l autocarro medio. Plotone carri: l ufficiale, 5 sottufficiali, 19 militari di truppa, 25 uomini in totale, 25 pistole, 10 moschetti automatici, 5 carri armati. Compagnia meccanizzata del reggimento di fanteria della divisione da montagna: comandante, plotone comando (squadra comando e squadra servizi), 3 plotoni fucilieri meccanizzati (ciascuno su: 2 squadre assaltatori, l squadra mitraglieri, 1 squadra cannoni s.r. da 106), 1 plotone carri leggeri, 8 ufficiali, 30 sottufficiali, 190 militari di truppa, 228 uomini in totale, 116 pistole, 72 moschetti automatici, 73 fucili, 15 tromboncini, 14 fucili mitragliatori, 4 lanciarazzi, 6 mitragliatrici, 3 cannoni s.r. da 106, 15 carri armati leggeri, 2 motocicli, 23 automezzi vari, 24 rimorchi, 5 stazioni radio. Plotone fucilieri: comandante, 2 squadre assaltatori, 1 squadra mitraglieri, l squadra cannoni s.r. da 106, l ufficiale, 4 sottufficiali, 33 militari di truppa, 43 uomini in totale, 12 pistole, 13 moschetti automatici, 19 fucili, 5 tromboncini, 4 fucili mitragliatori, 1 lanciarazzi, 2 mitragliatrici, 1 cannone s.r. da 106, 9 autovetture da ricognizione, 8 rimorchi da 1/4 t. 109 Reggimento di fanteria della divisione di fanteria e di pianura: compagnia comando, 3 battaglioni di fanteria, compagnia mortai da 107. Reggimento di fanteria della divisione di montagna (l O e 2°): compagnia comando, 2 battaglioni di fanteria, 1 compagnia mortai da 107, 1 compagnia meccanizzata. Reggimento di fanteria (3°) della divisione da montagna: compagnia comando, 2 battaglioni di fanteria, 1 battaglione carri armati, 1 compagnia mortai da 107. Reggimento di fanteria corazzato: compagnia comando, 1 battaglione meccanizzato, 1 battaglione carri armati. Reggimento bersaglieri: compagnia comando, 3 battaglioni bersaglieri, compagnia controcarri. Reggimento alpini: compagnia comando, 3 o 4 battaglioni alpini, compagnia mortai per reggimento alpini. Reggimento carri: compagnia comando, 3 battaglioni carri Reggimento cavalleria blindata: reparto comando, 2 gruppi squadroni, 1 gruppi squadroni accompagnamento (comando, squadrone armi di accompagnamento, squadrone carri leggeri). Battaglione di fanteria della divisione di fanteria da pianura: compagnia comando, 3 compagnie fucilieri, 1 compagnia meccanizzata, 1 compagnia mortai da 81. Battaglione di fanteria della divisione da montagna: compagnia comando, 3 compagnie fucilieri, 1 compagnia mortai da 81. Battaglione meccanizzato e battaglione bersaglieri: 1 compagnia comando, 3 compagnie meccanizzate o bersaglieri, 1 compagnia armi di accompagnamento (plotone comando, 2 plotoni mortai da 81 su 2 squadre ciascuno, plotone cannoni s .r. da 106 su 4 squadre). Battaglione alpini: l compagnia comando, 3 compagnie alpini, 1 compagnia mortai. Ballaglione carri: 1 compagnia comando, 3 compagnie carri. Gruppo squadroni cavalleria blindata: l reparto comando, J squadrone carri leggeri, 1 squadrone autoportato. Gruppo squadroni cavalleria blindata per divisione corazzata: comandante, vice-comandante e ufficiali di comando, squadrone comando (plotone pionieri, plotone servizi), squadrone blindo-corazzato (comandante, plotone comando, plotone esploratori, plotone fucilieri, plotone armi di squadrone, plotone carri leggeri), squadrone carri leggeri (comandante, plotone comando, 3 plotoni carri leggeri). I IO Vds. precedente nota n. 86 e precedente nota n. 87. li reggimento artiglieria da montagna nel 1959 venne ordinato su: comando di reggimento, 3 o 4 gruppi da 105/ 14
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ed 1 gruppo mortai da 120. Il gruppo da 105/14 venne costituito su: reparto comando e 3 batterie di 4 pezzi ciascuna (f. n. 755-S/15162521, 10 giugno 1959, S.M.E. Ordinamento). 111 Appunto 423, 14 setlembre 1955, S.M.E. Ordinamento. F. n. 1780-S/Ordn. I del 12 ottobre 1955, S.M.E. Ordn. e f. n . 1/4187/Serv. 15 ottobre 1955, S.M.E. - Servizi. Con gli stessi fogli si provvide altresì ad adeguare l'ordinamento del 47° reggimento artiglieria pesante campale della divisione Avellino e degli altri reggimenti similari del gruppo artiglieria da campagna Calabria e degli altri gruppi similari. 112 F. n. 550-R/Ordn. I del 18 luglio 1955, S.M.E. - Ordinamento. 113 Rivista militare, 1961, pag. 561 Caralleristiche ed esigenze di un esercito moderno, del gen. Giorgio Liuzzi - Giorgio Liuzzi Italia difesa?, Op. citata. 114 Rivista militare, 1960, pag. 697, L'unificazione interforze e il nuovo ordinamento dell'esercito, del gen. Giorgio Liuzzi, pag. 603. 115 Ibidem, pag. 604.
CAPITOLO
LVIII
GLI AVVENIMENTI INTERNAZIONALI NEL VENTENNIO 1960-1979 1. La fine degli anni cinquanta. 2. Gli Stati Uniti 3. L'Unione Sovietica. 4. La Cina. 5. La guerra del Vietnam. 6. La guerra dei sei giorni e la guerra del Kippur. 7. La guerra indo-pakistana e l'invasione sovietica dell'Afghanistan. 8. La guerriglia ed il terrorismo. 9. La strategia globale dell'Unione Sovietica e la strategia militare dei due blocchi. 10. Il progresso degli armamenti e degli equipaggiamenti. 11. La crisi economica e quella morale. 12. La situazione politico-militare alla fine degli anni settanta.
1.
Gli anni cinquanta, dei quali abbiamo dato un sommario nel capitolo XLVIII, si chiusero con due viaggi di Chruscev, uno negli Stati Uniti ed uno successivo in Cina. Il primo ebbe lo scopo di ottenere l'adesione di Washington alla convocazione di una conferenza al vertice per il problema tedesco; il secondo di tranquillare Pechino circa la politica di coesistenza pacifica e di garantire alla Cina la protezione nucleare sovietica per indurla a rinunziare alla fabbricazione in proprio di armi nucleari. La questione tedesca era stata riproposta all'ordine del giorno dei due blocchi il 27 novembre 1958 da una nota sovietica - approvata il 21 dicembre anche da un comunicato ufficiale del governo della repubblica popolare cinese - nella quale, nel riconoscere che purtroppo esistevano oramai due Stati tedeschi, si proponeva di riconoscere giuridicamente tale situazione di fatto e di far cessare il regime di occupazione di Berlino consentendo alla città di diventare un territorio libero e smilitarizzato. La nota aveva il tono minaccioso di un ultimatum, in quanto dichiarava che l'Unione Sovietica avrebbe mantenuto inalterate nei sei mesi seguenti le condizioni di accesso alla città, ma, qualora entro tale termine non fosse stato raggiunto un accordo quadripartito, avrebbe consegnato Berlino-est alla repubhlica democratica tedesca, rinunciando ai suoi diritti di po-
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tenza occupante e costringendo così le altre tre potenze occupanti a trattare direttamente con la Germania Orientale le condizioni per l'utilizzazione delle comunicazioni che attraversavano il territorio di giurisdizione di questa ultima. La nota aggiungeva che qualunque attacco occidentale contro la Germania orientale sarebbe stato considerato dai membri del Patto di Varsavia come diretto contro i propri territori. Non migliore fu il modo sovietico di propiziare il viaggio in Cina del primo segretario del PCUS. Il 9 settembre 1959 un comunicato ufficiale sovietico aveva vivacemente deplorato lo scontro verificatosi fra truppe cinesi ed indiane sulla frontiera della Himalaia ed aveva seccamente invitato le due parti ad essere ragionevoli perché l'Unione sovietica avrebbe rifiutato di dare appoggio all'una od all'altra. Il viaggio di Chruscev negli Stati Uniti fu un avvenimento di indubbio rilievo, particolarmente sul piano della propaganda, ed attirò l'attenzione del mondo intero per tutta la seconda metà del settembre 1959. Costellato di episodi teatrali, pittoreschi ed anche grotteschi, il viaggio del capo sovietico e del suo pletorico seguito creò un'ondata generale di ottimismo sui rapporti sovietico-americani e, come nel 1955 si era coniata l'espressione spirito di Ginevra, questa volta si parlò e si scrisse dello spirito di Camp David, la località dove si svolsero i colloqui tra il presidente Eisenhower e Chruscev. Eppure, qualche mese prima, proprio in Ginevra si era svolta in due sessioni una conferenza dei ministri degli esteri dei quattro grandi, la quale era stata tuttaltro che promettente, se non proprio deludente, appunto sul problema tedesco. Era, infatti, parso chiaro che la questione di Berlino aveva per i sovietici il risvolto della neutralizzazione dell'intera Germania, mediante il simultaneo ritiro della Germania occidentale dalla N.A.T.O. e di quella orientale dal patto di Varsavia e la rinunzia, da parte di entrambe le Germanie, a disporre di forze armate superiori di quelle necessarie per mantenere l'ordine interno e per vigilare le proprie frontiere. Nella riunione di Ginevra erano risultati evidenti: la tendenza americana ad un compromesso che non avesse comportato il riconoscimento della Germania orientale, la volontà sovietica di provocare una conferenza al vertice per un accordo definitivo, la disponibilità inglese al compromesso americano, la diffidenza francese nei riguardi di qualunque accordo fra gli anglosassoni ed i sovietici. Durante la visita negli Stati Uniti Chruscev insisté molto sulla richiesta di convocazione della conferenza al vertice togliendo ogni vincolo alla durata della discussione del problema tedesco - non più i sei mesi fissati nella nota, del resto già abbondantemente supe-
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rati - e riuscì a strappare l'assenso americano per tale conferenza, da tenersi prima della fine dell'anno, e per la visita del presidente Eisenhower nell'Unione Sovietica entro il 1960. L'assenso americano non piacque affatto né alla Cina né alla Francia e venne recepito con freddezza e sospetto dalla Germania occidentale, timorosa che l'incontro tra i quattro grandi potesse risolversi in una capitolazione delle tre potenze occidentali sul problema del riconoscimento della Germania orientale. La Francia riuscì a far posticipare la data della conferenza dalla fine del 1959 al maggio del 1960 in modo che si svolgesse dopo il viaggio di Chruscev in Francia, previsto per i primi mesi dell'anno. Il rinvio impedì, per il verificarsi nel frattempo di altri avvenimenti, che la conferenza avesse luogo. Non a torto Chruscev giudicò il suo viaggio negli Stati Uniti un grande successo della politica estera sovietica e suo personale perché l'accettazione americana della conferenza al vertice presupponeva il riconoscimento della sincerità dell'offerta sovietica di coesistenza pacifica, rafforzava il prestigio dell'Unione Sovietica rispetto al mondo comunista ed in particolare all'inquieta Cina, consolidava la posizione personale di Chruscev stesso all'interno degli organi di partito e di governo sovietici e concorreva ad evitare un ulteriore degrado dei malsicuri rapporti cino-sovietici, la cui fragilità Chruscev tenne del tutto nascosto al presidente Eisenhower, al quale anzi disse che la Cina era una grande amica ed alleata dell'Unione Sovietica, Mao Tse-Tung poco meno che un suo parente stretto e che i due paesi sarebbero rimasti fianco a fianco in qualsiasi
crisi internazionale. In Cina Chruscev era stato già poco più di un anno prima, nel luglio 1958, e vi era rimasto quattro giorni senza ottenere un grande successo nella ricucitura dei rapporti tra i due paesi e i due comunismi. A rendere meno respirabile l'atmosfera di quel viaggio aveva concorso lo sbarco dei marines americani nel Libano e dei paracadutisti inglesi nella Giordania, avvenuto il 14 luglio 1958, in seguito al quale Chruscev si era affrettato a proporre una conferenza al vertice senza la Cina e con la partecipazione dell'India per una soluzione pacifica dei problemi del Medio Oriente. La proposta aveva offeso profondamente la Cina che ne aveva preteso ed ottenuto il ritiro proprio durante il soggiorno di Chruscev. Subito dopo la Cina aveva aperto una nuova crisi nell'Estremo Oriente bombardando le isole di Quemoy e di Matsu in possesso della Cina di Chiang Kai-shek ed il fatto aveva costretto l'Unione Sovietica, anche se controvoglia, a ribadire che un attacco contro la repubblica popolare cinese sarebbe stato inteso co-
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me un attacco contro l'Unione Sovietica, in risposta alla nuova dichiarazione d'impegno fatta dal presidente Eisenhower a favore del governo di Taiwan subito dopo il bombardamento delle due isole. Successivamente, tornata alla normalità la situazione nello stretto di Formosa, vi erano stati la ricordata dichiarazione sovietica sugli incidenti di frontiera cino-indiani e il viaggio di Chruscev negli Stati Uniti che avevano ulteriormente guastato le relazioni tra i due paesi comunisti. Quando Chruscev partì per Pechino, per partecipare alle celebrazioni per il decimo anniversario della fondazione della repubblica popolare, lo stato di tensione tra i due paesi era piuttosto elevato ed egli perciò non riuscì a convincere i suoi interlocutori di potersi fidare della sua parola e tanto meno dal desistere dalla fabbricazione di proprie armi atomiche, tanto più che ben diversi erano stati gli impegni presi dall'Unione Sovietica due anni prima, nel 1957, quando aveva promesso di fornire informazioni riservate nel campo atomico ed una bomba sperimentale. L'unico ri sultato del nuovo viaggio fu quello di evitare la pubblicità dell'andamento storto delle relazioni tra i due paesi, una pubblicità che del resto in quel momento non conveniva neppure alla Cina. Chruscev dové capire, durante i colloqui, che la sua libertà d'azione era oramai ridotta ai minimi termini e che gli sarebbe stato impossibile, nel prossimo vertice per Ja questione tedesca, parlare anche in nome e per conto della Cina. La grande atout gli era caduta di mano. Fortunatamente anche per lui, con soddisfazione della Cina e della Francia e senza grande rammarico degli Stati Uniti, l'incontro al vertice non fu più possibile. L'inizio degli anni sessanta segnò il ritorno alla guerra fredda e poco mancò, nell'autunno del 1962, che scoppiasse la terza guerra mondiale. Il 1° maggio 1960 l'Unione Sovietica abbatté un aereo s pia americano U-2 mentre volava sul suo territorio e ne catturò il pilota, Francis Gary Power. Il 17 aprile 1961 fallì la dissennata spedizione a Cuba, organizzata dagli Stati Uniti, la quale prevedeva lo sbarco sulla baia dei Porci di esuli dell'isola addestrati nella repubblica stellata. Nel mese di giugno del 1961 l'incontro a Ginevra tra Chruscev e il presidente americano Fitzgerald Kennedy fu del tutto inconcludente. Il 13 agosto dello stesso anno l'Unione Sovietica dette inizio all'erezione del muro di Berlino. Nell'autunno del 1962 scoppiò la gravissima cr'1si determinata dall'installazione di missili sovietici neJl'isola di Cuba. La soluzione di compromesso raggiunta dalle due superpotenze per il superamento di tale crisi aggravò il conflitto ideologico e politico cino-sovietico già in atto, che venne clamorosamente ufficializ-
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zato nel 1963. Frattanto, dalla estate 1960, era in corso nel Congo una guerra civile che impegnava, tra l'altro, un contingente cospicuo di forze militari dell'O.N.U. L'insieme di tali avvenimenti, e di altri a questi in qualche modo connessi, non aprì prospettive favorevoli per il nuovo decennio, gravato di tutti i problemi lasciati insoluti da quello precedente - andamento dei rapporti est-ovest, processo di decolonizzazione, corsa al riarmo - e di quelli nuovi posti sul tappeto dal maggiore attivismo sovietico lungo direzioni di espansionismo nuove, dal progresso scientifico e tecnico in materia di mezzi bellici, dalla rottura cino-sovietica suscettibile di conseguenze pericolose e carica di incognite non facilmente decifrabili almeno all'inizio. Molti avvenimenti degli anni sessanta trovarono il loro ulteriore sviluppo od il loro compimento nel decennio successivo, così che ci sembra conveniente trattare, senza soluzione di continuità, l'intero ventennio 1960-1979, cominciando con il dare qualche cenno sugli uomini che diressero la politica delle due superpotenze, per passare poi alla narrazione dei principali acccadimenti politici e bellici che agitarono e tormentarono il ventennio e lo resero, almeno fino ad oggi, il più sanguinante del dopoguerra.
2.
Nel novembre 1960 gli Stati Uniti elessero presidente il candidato del partito democratico John Fitzgerald Kennedy che, durante la campagna elettorale, si era attestato su posizioni moderatamente liberali, nel senso americano del termine. Egli riuscì a battere di stretta misura, per 100 mila voti, il candidato del partito repubblicano Richard Milhons Nixon. Il programma politico - la Nuova Frontiera -di Kennedy aveva come meta: nella politica interna, il miglioramento delle condizioni sociali dei ceti meno abbienti e particolarmente della popolazione nera e la ripresa economica; nella politica estera, la sfida pacifica al comunismo ed il soddisfacimento delle richieste del Terzo Mondo. Si trattava in sostanza di un programma assai generico, impastato di ideali e di demagogia ad un tempo, scarsamente aderente alle reali possibilità del momento. La debolezza della posizione dello stesso Kennedy, la ritrosia del Congresso, sebbene a maggioranza democratica, a legiferare sulle proposte di rinnovamento sociale comprese quelle riguardanti lo scottante problema dei neri, le aperte ostilità dei trusts dell'acciaio e del petrolio accrebbero le dif-
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ficoltà di attuazione di un programma tanto apparentemente affascinante, quanto concretamente labile. In politica estera, Kennedy compromise fin dall'inizio il prestigio degli Stati Uniti ed il suo personale autorizzando la insulsa spedizione, organizzata dalla C.I.A. (Centrai lntelligence Agency) durante la presidenza Eisenhower, degli esuli cubani sulla baia dei Porci nell'aprile 1961. Egli intese contenere il comunismo in Asia non riconoscendo il governo della repubblica popolare cinese, dando tutto il suo appoggio al governo cinese di Taiwan, impegnando gli Stati Uniti nel sostegno del governo del Vietnam del sud, di Ngò Dinh Diem, mediante l'invio di migliaia di consiglieri militari per armare ed istruire con armi e tatiche moderne le forze regolari sudvietnamite, che si trovavano a dover fronteggiare la guerriglia dei vietcong, vale a dire del braccio armato delle opposizioni al governo di Diem, riunitesi nel 1960 nel Fronte di liberazione del Vietnam del sud. Si trovò a dover affrontare la gravissima crisi mondiale, scoppiata nell'ottobre 1962, in seguito all'installazione di missili sovietici a Cuba e questo lo fece dando prova di abilità politica e diplomatica e di coraggio morale, fermezza di decisioni, prontezza di reazione e adeguatezza di contromisure, tali da salvare la pace senza compromettere benché minimamente l'interesse ed il prestigio della nazione che, anzi, ne uscirono rafforzati all'interno del paese e fuori. Appena certo dell'avvenuta installazione, volle egli stesso darne notizia all'opinione pubblica, sebbene gli Stati Uniti fossero alla vigilia delle elezioni di metà mandato del presidente per il rinnovo parziale della Camera dei rappresentanti e del Senato, e contemporaneamente decise il blocco di Cuba - o quarantena come diplomaticamente venne designato - riscuotendo l'approvazione immediata degli alleati della N.A.T.O e di 19 Stati su 21 dell'O.A.S. (Organization of American Stales) 1. La sera stessa (22 ottobre), 90 navi da guera - tra le quali 8 portaerei - e migliaia di aerei cominciarono a pattugliare la zona ed a localizzare tutti i sommergibili sovietici, compresi quelli in immersione, mentre 12 navi sovietiche in navigazione verso Cuba rallentarono subito la velocità di rotta. AJle lettere di Chruscev per indurlo ad accettare il fatto compiuto, Kennedy rimase ufficialmente indifferente e conservò la fermezza delle sue decisioni fino al punto che Chruscèv si vide costretto a cedere e, in una nuova lettera, a dichiarare che le anni che Lei ritiene offensive vengono ritirate. Se dall'inconcludente incontro del giugno 1961 di Ginevra e dalla moderazione dimostrata durante la crisi per Berlino dell'agosto di quell'anno Chruscev aveva potuto trarre l'errata convinzione che Ken-
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nedy fosse un uomo disposto al cedimento, che la debolezza della sua posizione politica costituisse un punto di vulnerabilità molto sensibile e che il suo intendimento di pace e quello dell'intera ammiministrazione kennediana potesse prevalere anche di fronte alla più avventata delle minacce, il capo sovietico dové profondamente ricredersi in occasione della crisi di Cuba e tornare sui suoi passi. Kennedy poté così, partendo da una posizione di forza, riallacciare il dialogo con l'Unione Sovietica al quale dette inizio con il discorso di pace, pronunciato all'Università di Washington nel giugno 1963, quando, tra l'altro, annunziò che gli Stati Uniti avrebbero rinunziato agli esperimenti nucleari nell'atmosfera purché gli altri Stati avessero fatto altrettanto, aggiungendo che l'iniziativa non voleva essere un surrogato del disarmo, ma solo un atto per facilitarlo. La messa in funzione di un collegamento diretto tra Washington e Mosca - la linea calda - perché in caso di crisi i capi responsabili dei due paesi potessero comunicare s ubito e personalmente tra di loro e la firma avvenuta a Mosca, il 25 luglio 1963, del Trattato di divieto degli esperimenti atomici nell'atmosfera, nello spazio e sott'acqua furono i segni tangibili di una nuova distensione che si sarebbe potuta stabilire tra le due superpotenze. Il trattato, oltre che dagli Stati Uniti e dal'Unione Sovietica, venne firmato da altri Stati, ma non dalla Cina e dalla Francia, compresi quelli che si fronteggiavano come nemici: Israele e Stati arabi, India e Pakistan, Indonesia e Malaysia. Quando, il 22 novembre 1963, Kennedy venne assassinato a Dallas, il suo mito, nonostante il successo ottenuto nel superamento della crisi per Berlino e soprattutto di quella di Cuba che aveva trattenuto il respiro del mondo intero, era già molto sfuocato, perché i risultati del programma della Nuova Frontiera venivano dimostrandosi molto al di sotto delle aspettative e delle promesse. La situazione politica e sociale all'interno del paese non era granché mutata rispetto a quella di tre anni prima, l 'impegno a favore del Vietnam del sud era notevolmente aumtentato sebbene gran parte degli americani non lo vedesse di buon occhio, gli interventi degli organismi - Alleanza per il progresso e Organizzazione interna-
zionale intergovernativa per la cooperazione economica (Genera[ Agreement on Tariffs and Trade - G.A.T.T.) - dei quali Kennedy si era servito per creare i presupposti, incidendo sull'economia, di nuovi rapporti con l'Europa e con l'America latina, avevano dato e continuavano ad offrire risultati pressoché nulli. Da un angolo di visuale meno stretto di quello americano, risultava chiaro, inoltre, che il disimpegno americano di fatto dal grande processo di decolonizzazio-
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ne in corso, soprattutto nel continente africano ]asciato aperto alJ'espansionismo sovietico, era di per sé un grave pericolo per Ja sicurezza della N.A.T.O. e per la pace del mondo. Il primo problema di politica interna che il vice-presidente, divenuto presidente, Lyndon Baines Johnson, dové affrontare fu quello di evitare l'esplosione della rivolta della popolazione nera ed egli lo fece con il Civil Rights Act del 1964 con il quale intese assicurare la fine della segregazione razziale nei rapporti sociali e l'effettivo esercizio dei diritti civili da parte dei neri. La nuova legge non produsse i risultati voluti e Johnson, rieletto presidente nel novembre del 1968, si trovò durante l'intero mandato a dover fronteggiare le rivo! te dei ghetti, alle quali vennero vieppiù a sommarsi quelle dei campus universitari e dei movimenti pacifisti che misero in subbuglio tutto il paese (le scuole, le fabbriche, le città) e produssero, per la seconda volta nella storia degli Stati Uniti, una profonda divisione della nazione. Johnson, al pari di Kennedy, non ebbe chiara la visione che il problema del Vietnam del sud era soprattutto di carattere politico e la sua soluzione andava ricercata con l' intesa negoziale, a meno di non voler ricorrere ad un'azione globale e radicale di forza con tutti i pericoli che ne sarebbero potuti derivare per l'eventuale coinvolgimento diretto dell'Unione Sovietica e della Cina. Nel periodo di Kennedy, alla fine del mese di luglio de] 1962, la via dell'intesa politica era stata esperita per la questione del Laos mediante la firma in Ginevra, da parte del segretario di Stato americano Dean Rusk e del ministro degli esteri sovietico Andrej Andreevic Gromyko, di un accordo che non ebbe poi grande efficacia perché le lotte e le tensioni fra i principi locali continuarono, ma che non fu del tutto vano in quanto valse a legittimare pro tempore una suddivisione del potere tra i vari partiti locali senza l'intervento diretto esterno a favore dell'uno o dell'altro. Johnson trovò la via del negoziato preclusa dalla presenza nel Vietnam del sud di ben 16 500 consiglieri militari, inviativi in gran parte dal suo predecessore, e valutò, congiuntamente con l'apparato civile e militare della sua amministrazione, che la situazione poteva essere risolta sul piano esclusivamente militare, impegnando direttamente le forze armate americane. Dopo che nel novembre del 1963 Ngò Dinh Diem era stato rovesciato da un colpo di Stato e la situazione locale era divenuta ancora più caotica, Johson, privo del mandato per impegnare direttamente gli Stati Uniti nella guerra che stava estendendosi, ottenne dal Congresso i pieni poteri e dopo la sua rielezione si trovò di fronte all'alternativa tra un completo scacco della politica ameri-
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cana e il difficile disimpegno di 20 mila uomini o l'impegno nella guerra delle forze militari americane. I democratici, già accusati per la perdita della Cina sedici anni prima, non se la sentirono di affrontare la prospettiva di un altro fallimento: nel febbraio del 1964 aerei americani e sudvietnamiti effettuarono il primo bombardamento sul Vietnam del nord, nel marzo i marines sbarcarono sulla spiaggia di Da Nang. Da quel momento la guerra del Vietnam divenne una guerra americana, diretta da generali americani. Ciò rese poi assai piu difficile trovare una via di uscita, quando si dové constatare che una guerra da condurre, come già quella di Corea, con un braccio legato dietro
la schiena non concedeva la vittoria e che nel tipo di guerra che si combatteva nel Vietnam, dove non c'era una linea del fronte - i vietcong erano in grado di operare nella gran parte del paese e addirittura in prossimità di Saigon - non erano bastevoli i bombardamenti del Vietnam del nord e della pista di Ho Chi Minh per metter fuori causa il nemico. L'attività dei volontari - in realtà nella grandissima maggioranza truppe regolari del Vietnam del nord che s'infiltravano lungo la pista di Ho Chi Minh attraverso gli Stati neutrali del Laos e della Cambogia - non poteva difatti essere interdetta se non mediante il ricorso ad una strategia libera da vincoli e da linitazioni nell'impiego delle forze convenzionali. Quando Johnson capì di essersi cacciato in un vicolo cieco, dal quale ammise apertemante di non saper come uscire, rinunziò a ripresentare la sua condidatura per la riconferma del mandato presidenziale nelle elezioni del 1968, uscì di scena e lasciò al suo successore del tutto aperto il dilemma tra il rischio di una guerra generale e il ritiro delle forze americane. Queste avevano raggiunto frattanto la consistenza di 542 mila uomini ed i morti americani erano già saliti a oltre 40 mila. Poco prima della fine del suo mandato, il 1 luglio 1968, Johnson firmò il tratlato di non proliferazione delle armi nucleari, quasi a voler dimostrare di aver mantenuto fede al suo programma di pace annunciato durante la campagna elettorale del 1964, ma il trattato segnava un successo della politica e della strategia sovietiche, in quanto obbligava le potenze nucleari a non concedere ad altri Stati armi nucleari o nozioni riguardanti tali armi - una concessione che l'Unione Sovietica non avrebbe mai fatta - mentre lasciava libere quelle già nucleari da ogni controllo e da ogni restrizione sul numero e tipo delle armi nucleari di loro produzione. I sovietici per mezzo di questo trattato - scrisse F.O. Ruge - si sono
procurati, senza la minima contropartita, una considerevole influenza sui non possessori di armamenti nucleari della NA. T.O. Così come
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il trattato è famulato, sussiste il pericolo che esso venga sfruttato per mantenere irrimediabilmente in arretrato le nazioni non atomiche nell'impiego, ancha a scopo pacifico, dell'energia nucleare 2. Quando Johnson, il 20 gennaio 1969, cessò dal mandato, gli Stati Uniti non erano più la grande superpotenza ottimista, fiduciosa, consapevole della propria enorme potenza economica, unita e compatta nei suoi fondamentali ideali di libertà, di democrazia e di pace. La sua grande potenzialità industriale, agricola, tecnologica e finanziaria era prigione ria nelle sabbie mobili del Vietnam 3. A renderla divisa, angosciata ed umiliata avevano concorso molti fattori di ordine interno ed esterno, ma soprattutto la guerra del Vietnam che l'aveva distinta tra chi voleva il ritiro immediato delle forze e chi, pur disapprovando il ritiro unilaterale, non nascondeva il proprio disagio morale per una guerra che dissanguava il paese, ne assorbiva una parte sempre più crescente delle risorse e comportava uno sforzo militare rilevante che nessuno sapeva quando e come sarebbe cessato. La guerra del Vietnam inoltre aveva alienato al paese la simpatia del Terzo Mondo e l 'amicizia di molte nazioni normalmente legate da vincoli ideali ed economici e persino di nazioni alleate, ne aveva danneggiato il prestigio ed aveva indebolito la fiducia europea nella capacità politica e militare dei dirigenti di Washington. Essa aveva esasperato tutte le forme della protesta interna e questa non era più rivolta solamente contro l'impegno militare, ma si era estesa contro il complesso militare industriale, in pratica contro l'intero sistema politico americano. La protesta era stata esportata in altri paesi dell'Europa occidentale e dell'America latina, come principalmente in Francia e in Italia, ma anche altrove, dove aveva a ssunto la veste di un movimento nichilista abilmente strumentalizzato, ancorché senza condividerne l'impostazione anarchica, dai comunisti e dalle sinistre massimaliste e assecondato o, quanto meno, tollerato dagli altri movimenti culturali e politici, soprattutto per la paura di doverne altrimenti restare vittime. Non solo gli Stati Uniti, ma anche una buona parte dei paesi della N.A.T.O., poco mancò che venissero travolti dalla rivoluzione del sessantotto che negava la consistenza di qualsiasi valore tradizionale e l'esistenza di qualsiasi verità senza offrire in cambio che il caos. Dalle elezioni del 1968 uscì presidente degli Stati Uniti, sia pure con una esigua maggioranza sul rivale Hurbert Humphrey. Richard Milhons Nixon, candidato del partito repubblicano, il quale durante la campagna elettorale si era impegnato a porre fine alla guerra del Vietnam senza far perdere la faccia al paese. La guerra, svoltasi fino
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ad allora in un sovrapporsi di operazioni convenzionali alla continuità della guerriglia, 4, minacciò nel 1969, nonostante l'inizio di formali negoziati in Parigi il 25 gennaio di quell'anno, di estendersi alla Cambogia e nel novembre vi furono massicce dimostrazioni popolari americane contro il proseguimento della guerra, seguite nel maggio 1970 da altre di carattere estremamente violento contro il coinvolgimento del paese in Cambogia, da dove nei mesi di giugno-luglio furono ritirate le forze americane che vi erano state inviate a sostegno del governo del generale Lon Nol che, deposto il principe Norodom Sihanouk, aveva proclamato, il 18 maggio 1970, la repubblica cambogiana favorevole al Vietnam del sud. Nixon, da parte sua, non intendeva venir meno alle promesse fatte nel 1969 con La cosiddetta dottrina di Guam, in cui si era impegnato alla vietnamizzazione della guerra, alla pacificazione, al graduale disimpegno americano, al quale aveva in effetti cominciato a dare inizio fin dall'8 luglio 1969, alla continuazione del negoziato, ma proprio per salvare la faccia del paese non poté che procedere lentamente, tanto più che il Vietnam del nord alternava nel negoziato irrigidimenti a lunghe sospensioni per sfruttare a suo vantaggio il fattore tempo, che giocava a suo favore, e il vieppiù crescente dissenso delJ'opinione pubblica americana e degli altri paesi contro il perdurare della guerra. Egli, dopo qualche mese dal suo mandato, inviò a Saigon un esperto ed efficiente gruppo di politici, diplomatici e militari, sotto la guida dell'ambasciatore Ellsworth Bunker, per portare a compimento, in collaborazione con il governo del Vietnam del sud, un piano per il potenziamento dell'esercito sudvietnamita - l'A.R.V.N. (esercito della repubblica del Vietnam del sud) - ed un-piano per il ritiro graduale delle forze americane, mentre nel frattempo continuò a negoziare in segreto, per il tramite del suo consigliere personale, che nel 1973 assumerà la carica di segretario di Stato, Henry Kissinger, con il plenipotenziario del Vietnam del nord, Le Due Tho, il quale però poneva al negoziato pregiudiziali inaccettabili, quale quella dell'abbandono da parte degli Stati Uniti del governo di Nguyen Van Thieu, eletto presidente del Vietnam del sud, nel 1967, ancor prima dell'entrata in vigore del cessate il fuoco. I negoziati furono sospesi e ripresi più volte e si conclusero solo il 23 gennaio 1973, ma fin dal 12 agosto 1972 il grosso delle forze americane era stato già ritirato dal Vietnam del sud, dove erano rimasti solamente 43 mila uomini tra aviazione e personale di governo. Quando, nel novembre 1972, Nixon si ripresentò candidato alla presidenza ottenne un successo trionfale sul concorrente Mc Govern
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del partito democratico. Due altri atti di grande importanza politica compiuti da Nixon furono il suo viaggio a Pechino nel febbraio 1972 e il suo viaggio a Mosca nel maggio dello stesso anno, dove gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, per mano di Nixon e di Breznev, firmarono, il 26 maggio, dopo tre anni di trattative svoltesi alternativamente in più sessioni a Hensinki ed a Vienna, il primo trattato sulla limitazione delle armi strategiche - Strategie Arms Limitation Talks (S.A.L.T.1) 5 - che fu il primo atto concreto di distensione tra le due superpotenze. Il graduale ritiro delle forze americane dal Vietnam, il riconoscimento di fatto del governo di Pechino e la firma dei S.A.L.T.l, furono atti di saggezza e sagacia politica e, prima ancora, di grande coraggio morale ai fini della distensione, intesa nel senso occidentale, e della pace, a prescindere dal giudizio riduttivo che si può dare dell'operato complessivo di Nixon. Del resto, anche nella politica interna, pur seguendo una linea di rigido conservatorismo e nonostante l'accantonamento dei programmi sociali e l'accentuazione delle repressioni in nome della legge e dell'ordine, egli riuscì aspegnere e ad estinguere gradualmente la protesta studentesca e nera e a ridare credito al governo. Non fu, invece, in grado di evitare una grave crisi dell'economia americana ed anzi ne fu, congiuntamente con lo stuolo dei suoi collaboratori, in gran parte responsabile. Ma a costringerlo a dimettersi, il 9 agosto 1974, non furono né il suo conservatorismo, né la sua quanto meno imprevidente e certamente improvvida politica economica e neppure il troppo spregiudicato uso del potere, ma la sua slealtà, per aver tentato di coprire e soffocare uno scandalo di per sé meschino (effrazione e spionaggio nella sede del parti to democratico sita nell' edificio Watergate di Washington). Egli mentendo distrusse sé stesso e gettò il paese, ancora sotto lo choc del Vietnam, in uno stato di depressione morale e psichica, di sfiducia nelle proprie forze, di disinganno doloroso, per riaversi dal quale saranno necessari anni . Le dimissioni di Nixon - primo caso nella storia degli Stati Uniti - elevarono alla carica di presidente il vice presidente Gerald R. Ford., uomo di grande onestà politica, che ebbe costante nella politica estera la cura di proseguire la via della distensione e di favorirne il consolidamento ed a tale scopo lavorò intensamente per raggiungere con l'Unione Sovietica un nuovo accordo per la limitazione delle armi nucleari strategiche, essendo venute meno alcune delle condizioni previste dai S.A.L.T. l. Questi avevano concesso alla Unione Sovietica un vantaggio quantitativo per i missili offensivi - 2358 contro i 171 O ame-
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ricani, tra missili balistici intercontinentali (Intercontinental Ballistic Missile - I.B.M.) e missili balistici lanciati da sottomarini (Submarine Launched Ballistic Missile - S.L.B.M.) - che all'epoca della firma gli Stati Uniti ritenevano compensato dalla loro superiorità tecnologica generale e dal possesso dei missili con veicoli di ritorno (Multiple Indipendently Targeted Reentry Vehiche - M.I.R.V.). Nel frattempo l'Unione Sovietica aveva eseguito con risultati positivi alcuni esperimenti di mirvizzazione per cui la sostanza dei S.A.L.T.l risultava compromessa. Nixon, nel luglio 1977, si era recato a Mosca per tentare l'avvio di un nuovo accordo, ma il suo viaggio si era concluso con risultati limitati: un'itesa per affrontare in avvenire con nuovi criteri un accordo, valido per il periodo dal 1975 al 1985, che regolasse sia l'aspetto quantitativo che quello qualitativo delle armi nucleari. Ford non lasciò cadere la prospettiva di un nuovo approccio globale apertosi con l'incrontro Nixon-Breinev del luglio 1974 ed il 23 novembre 1974 si recò a Vladivostok dove convenne con Breznev che il nuovo accordo, previa proroga dei S.A.L.T.1 fino all'ottobre 1977, avrebbe dovuto rispettare il principio dell'uguale sicurezza, concedendo alle due parti di disporre globalmente, ciascuna, di 2400 vettori strategici (I.C.B.M., S.L.B.M. e bombardieri), di cui non più di 1320 (I.C.B.M. · e S.L.B.M.) equipaggiati con M.I.R.V.. Ford intervenne anche con successo nel recupero dell'Egitto alla area occidentale, mediante un'intelligente mediazione con Israele, e promosse un accordo finanziario tra i paesi più industrializzati dell'Occidente raggiunto a Rambouillet nell'estate 1975. Forse anche a causa del breve tempo avuto a disposizione, Ford non riuscì a ridare al partito repubblicano un'immagine nuova e pulita e nelle elezioni del 1976, candidato del partito che lo preferì a Ronald Reagan, fu battuto di stretta misura dal candidato del partito democratico, James Earl Carter, che ottenne il 50,4% del totale dei voti espressi. Il quadriennio della presidenza Carter (1977-1980) fu di segno negativo sotto quasi tutti gli aspetti, ma non tutto dipese da Carter, che peraltro parve una personalità sbiadita ed incerta forse più di quanto realmente lo fosse. Egli aveva ispirato il suo programma ad un ritorno a quegli ideali e principi morali che la guerra del Vietnam, la protesta ed il Watergate sembrava avessero sotterrato; ma quando dové passare alla loro applicazione, egli urtò contro una realtà interna ed internazionale dalla quale si lasciò più volte sopraffare. Sul piano dell'economia tentò di ricalcare parzialmente i programmi dei suoi predecessori - preminenza alla politica energetica, rilancio industria-
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le, superamento della fase di scontro tra le potenze altamente industrializzate - impegnandosi a fondo sul fronte del petrolio, i cui continui rincari e le cui eccessive importazioni erano la fonte principale dell'indebitamento con l'estero. Ma il progetto di austerità energetica incontrò una serie di decise opposizioni nelle sfere politiche ed industriali e nello stesso Congresso, tanto che l'approvazione, venne ritardata fino all'ottobre 1978. In campo sociale la crisi, esistente fin dalle precedenti amministrazioni, crebbe di misura e d'intensità: il divario tra l'America delle multinazionali, del consumismo, dei sindacati corporativi e l'America dei gruppi etnici di minoranza, degli immigrati clandestini e del subproletariato divenne maggiore e coinvolse anche i ceti maggiormente esposti alla contrazione della base produttiva. La disoccupazione, già elevata negli anni precedenti, assunse dimensioni tragiche (20 milioni) e riguardò sopratutto le donne, i giovani, specialmente quelli di estrazione operaia, ed i neri. Il sondaggio tentato da Carter nel 1978, presso i fornitori del greggio, per ottenere il contenimento dei prezzi non ebbe alcun risultato e del pari fallì il suo piano di organica collaborazione finanziaria con l'Europa ed il Giappone. In politica estera, seguendo i principi del Trilaterismo, teorizzati dal suo consigliere Zbigniew Brzezinski, e fedele alle sue forti convinzioni religiose, sviluppò sul piano interno ed internazinale un'intensa campagna per l'applicazione dell'Atto di Helsinki 6 firmato nel 1975 anche dall'Unione Sovietica, che peraltro lo veniva già violando. La campagna di Carter per i diritti umani, più che motivata e giusta dal punto di vista morale e giuridico, indusse l'Unione Sovietica ad una reazione arrogante e temeraria, che invano Carter cercò di mitigare ricorrendo ad una maggiore flessibilità della politica estera mediante la sospensione - che venne approvata dall'Occidente e duramente criticata dalla Cina che meglio conosceva i dirigenti sovietici - della produzione della bomba neutronica 7. Sempre ai fini di salvaguardare la coesistenza pacifica, fece molte pressioni, risultate vane, perchè il Senato ratificasse i S.A.L.T.2 8 da lui e da Breznev firmati, ma ritenuti dal Senato pregiudizievoli, così com'erano stati stilati, della sicurezza e della difesa nazionali. Dove egli ebbe successo fu nel settembre 1978 nella mediazione personale tra il primo ministro israeliano, Menahem Begin, e il presidente egiziano, Anwar-as-Sadat, che raggiunsero un accordo parziale a Camp David sulla questione del Medio Oriente. Lo scoppio della rivoluzione islamica nell'Iran, dove al rovescimanto del regime dittatoriale e oligarchico dello scià - sul quale gli Stati Uniti avevano da tempo fatto
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grande affidamento come loro sentinella avanzata nel Medio Oriente -fece seguito, qualche tempo dopo, l'instaurazione di un governo teocratico ancora più assoluto, illiberale e spietato, fu un grave colpo per gli Stati Uniti, che poi dovettero ingoiare il duro e amaro rospo dell'imprigionamento di tutto il personale della loro ambasciata di Teheran. Il fallimento dell'operazione militare ordinata da Carter per liberare i prigioneri e riportarli in patria fece ingoiare agli americani altro amarissimo fiele, cui si aggiunse, il 27 aprile 1978, quello del colpo di Stato comunista nell'Afghanistan. La creazione di una repubblica popolare comunista afghana non ebbe negli Stati Uniti né negli altri paesi dell'occidente una vibrata ed immediata reazione politica e ciò poté essere interpretato dall'Unione Sovietica come un segnale del disinteresse occidentale verso quella regione. Quando i dirigenti sovietici ebbero motivi di dubitare della saldezza e della fedeltà del nuovo governo, non esitarono, il 37 dicembre 1978, a invadere il paese e occuparlo con le loro forze militari. Dopo l'aggressione militare operata dai sovietici nell'Afghanistan, Carter divenne più reattivo e rigido e, mentre propose all'Unione Sovietica di aprire un nuovo negoziato, questa volta per la riduzione degli arsenali nucleari - Strategie Arms Reduction Talks (S. T.A.R. T.) - prese l'iniziativa, nell'ambito della N.A.T.O., di schierare missili nucleari di teatro, o a medio raggio, o euromissili, in Europa, quale contrappeso ai missili SS-20 sovietici, già da tempo puntati contro i paesi europei della N.A.T.O. Nel secondo biennio del suo mandato Carter rettificò, in sintesi, in parte la rotta e si accostò maggiormente nella politica estera ad un indirizzo di Realpolitik, ma gli zelanti dirigenti sovietici avevano già sfruttato con immediatezza i suoi errori e le sue incertezze. Nel ventennio 1960-1979 la politica estera degli Stati Uniti incontrò ostacoli, impedimenti e difficoltà obiettive di ardua rimozione, aggiramento e superamento. Di fronte alle iniziative strategiche e tattiche, all'attivismo ideologico, politico e propagandistico, all'alternarsi di minacce e di blandizie dell'Unione Sovietica, i dirigenti americani in alcune occasioni dettero prove di scarsa capacità d 'immaginazione, di previsione e di prevenzione e di insufficiente prontezza, decisione e fermezza nel parare le mosse dei dirigenti sovietici; in altre, invece, come ad esempio durante la crisi di Berlino e di Cuba, dimostrarono grande fermezza e saldezza di nervi. La linea della fermezza o della cedevolezza non coincise con la dirigenza repubblicana o con quella democratica e neppure con l'uno o con l'altro presidente. Kennedy e Carter, entrambi del partito democratico, furono,
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nel condurre la politica estera, assai meno simili di quanto non lo furono lo stesso Kennedy e Nixon. Errori, omissioni, contraddizioni, almeno apparenti talvolta reali, vi furono durante le amministrazioni repubblicane e durante quelle democratiche. A entrambe furono comuni, ad esempio, l'ostentata indifferenza verso il processo di decolonizzazione del continente africano - uno degli avvenimenti politicamente e strategicamente più impegnativi del dopoguerra, compiutosi senza nessuna concreta partecipazione degli Stati Uniti e con la presenza costante dell' Unione Sovietica - e il sostegno offerto e concesso a governi impopolari ed oppressori in Asia e nell'America latina. Molti errori ed omissioni derivarono dall'ines perienza degli Stati Uniti nell'esercizio di un ruolo determinante nello svolgimento della politica internazionale, dalla ignoranza sull'Unione Sovietica che era allora per gli americani un mistero racchiuso in un enigma 9, dalla demonizzazione del comunismo considerato un male da esorcizzare anziché una realtà da combattere sottraendo linfa alle sue radici, dalla tendenza eccessivamente ottimista nel considerare le vicende politiche basata sui passati successi del paese, dalla costante priorità data agli aspetti economici e materiali dei problemi e così via. Tutti questi fattori spiegano molte cose, ma non le giustificano tutte. Basti pensare alla guerra del Vietnam, nella quale all'errore di condotta di Johnson - evitabile sulla base dell'esperienza della guerra di Corea - che trasformò il conflitto da lotta contro l'aggressione dell'espansionismo comunista in una guerra coloniale americana - tale finì con l'apparire agli occhi di gran parte degli stessi americani - gettando il paese in una crisi morale senza precedenti ed offrendo una vera e propria -manna, dal punto di vista propagandistico, al comunismo e al regime sovietico, tanto all'interno che all'estero. Il ritardo di 23 anni nel riconoscere la realtà della repubblica popolare cinese, anche se lo si voglia giustificare per gli stretti antichi legami americani con il governo di Taiwan, non fu certo indice di senso del reale e di accortezza politica e diplomatica. Punto fermo della politica estera americana di quel ventennio restò la N.A.T.0. che, malgrado le crisi interne e la lacerazione francese, conservò in misura sufficiente la capacità politica e militare di dissuasione dell'eventuale aggressione sovietica. Non fu questo l'unico successo della politica estera americana, anche se fu uno dei maggiori. A parte i successi ottenuti nelle crisi di Berlino e di Cuba, già ricordati, non furono poche le occasioni nelle quali batterono ai punti l'Unione Sovietica, di cui alcuni successi immediati si dimostrarono poi inutili, quando non anche carichi di
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conseguenze postume negative. Non va, infine, dimenticato, nel valutare la politica estera americana, che esistono per i dirigenti politici e militari spazi di libertà, d'iniziativa e di mosse ben diversi tra i paesi che godono di istituzioni veramente democratiche - elezioni libere, pluralismo politico, autonomia della pubblica opinione - e quelli governati da dittature personali o oligarchiche, che non debbono rispondere ad un'opinione pubblica interna, oltretutto preventivamente manipolata con metodi e mezzi vari.
3. Nell'Unione Sovietica, dove sono le congiure di palazzo ed i compromessi di vertice a designare i dirigenti del partito e del governo, a capo del partito - la carica più importante in que l paese - furono nel ventennio 1960-1979 Chrusccv fino al 13 utlubre 1964 e dal 14 ottobre dello stesso anno Leonid Ilic Breznev. Il cambio della guardia fu improvviso e forse giunse inaspettato allo stesso Chruscev, che pure in cuor suo lo doveva temere da qualche tempo. L'uomo che aveva dominato l'Unione Sovietica per dieci anni e che aveva scussu il mundu con le sue minacce e con le sue iniziative, divenne da un giorno all'altro un oscuro pensionato 10. Il cambio non riguardò solo Chruscev; alla carica di capo di governo venne assunto Aleksej Nikolaevic Kosygin, già primo vice-presidente. Alla guida della politica eslera rimase, invece, Andrej Andreevic Gromyko. La guida del partito e del governo appartenne da quel momento e per un certo periodo ad una direzione collegiale che fece perno sul quadriunvirato Breznev, Kosygin, Nikolaj Viktorovic Podgornij, Michail An<lrevic Suslov - questo ultimo l'ideologo intransigente del partito - ma della quale, a poco a poco, Breznev, inizialmente primus inter pares, emerse con poteri ed onori sempre più vasti, fino a quando nel 1977 cumulò anche la carica di capo dello Stato, sottratta in maniera brusca al suo fedele compagno Podgornij, in concomitanza con il varo di una nuova Costituzione dove è difficile, spesso del tutto vano, ricercare mutazioni di fondo rispetto a quella staliniana del 1936. L'allontanamento di Chruscev venne giustificato chiamando in causa'l'età avanzata e la salute malferma; poi, al XXIII congresso del P.C. U.S., durante il quale nessuno fece esplicitamente il suo nome e in tutti gli interventi si parlò solo di un innominato dirigente sovietico, gli vennero addebbitati soprattutto grossi errori di politica
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economica, progetti assurdi, imprevedibilità di comportamento, promesse non mantenute, ma non sbagli di politica estera, tanto che a dirigere questa fu lasciato Andrej Gromyko. Forse nell'allontanamento di Chruscev i colleghi di partito tennero conto anche della crisi di Cuba e del peggioramento dei rapporti cino-sovietici, due avvenimenti che non avevano certo giovato al prestigio dell'Unione Sovietica, ma i motivi principali della defenestrazione furono, ci sembra, il progressivo logoramento del personaggio che gli altri dirigenti sovietici non rispettavano più e nei riguardi del quale si sentivano abbastanza forti da non averne più timore. Al suo logoramento, peraltro, avevano concorso più le lacune e le deficienze della politica interna e di quella economica che non la presunta arbitrarietà della politica estera, perché le crisi di Berlino e di Cuba, a parte gli errori personali di condotta e di stile, non erano state determinate da atti imprevedibili ed arbitrari di Chruscev, ma avevano aderito ad un disegno politico vasto ed ambizioso, quasi sicuramente condiviso, almeno nella fase progettuale, dagli altri dirigenti sovietici e dalla maggioranza di questi, altrimenti non si spiegherebbe la continuità di Gromyko. Chruscev perseguì in politica interna una certa liberalizzazione che non diminuisse peraltro il potere del partito ed in politica estera l'espansione della influenza sovietica e del comunismo sotto l'usbergo della coesistenza pacifica alla quale credette, se pure vi credette, interpretandola unilateralmente. Se si mettono da parte le sue intemperanze, il suo stile pittoresco e spesso grottesco, la sua ruvidità, spinta talvolta fino alla villania, e si bada, invece, alla sostanza della sua politica estera negli ultimi quattro anni in cui fu a capo dell'Unione Sovietica, risultano evidenti la continuità e la pertinacia con le quali in politica estera conferì priorità assoluta al problema di Berlino ed al trattato di pace con la Germania orientale, fino ad arrischiare, nella ricerca della soluzione, l'avventura della installazione dei missili a Cuba. Quando nel giugno 1961 s'incontrò in Vienna con il presidente Kennedy, Chruscev - che in quell'incontro si creò un'immagine inesatta della personalità di Kennedy - sulla questione di Berlino fu assolutamente intransigente. Kennedy cercò di fargli capire che gli Stati Uniti ricercavano l'equilibrio tra le due potenze, il progresso generale di tutti i popoli, il mantenimento dello status quo in Europa; Chruscev gli rispose che la mancata conclusione di un trattato di pace con la Germania orientale avrebbe avuto come conseguenza che Berlino-ovest sarebbe rimasta sì una città libera, ma alla presenza delle truppe delle tre potenze occidentali si sarebbe accompagnata quella delle truppe sovie-
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tiche. Un'altra conseguenza sarebbe stata la continuazione degli esperimenti nucleari da parte dell'Unione Sovietica che, invece, nel caso di un accordo sulla Germania orientale, sarebbe stata incline ad accettare un trattato per la sospensione di tali esperimenti e avrebbe indotto la Cina - con la quale l'Unione Sovietica intratteneva ed avrebbe continuato a mantenere ottimi rapporti (il che era già una menzogna) - a non produrre in proprio armi nucleari. L'incontro fu inconcludente e ad esso fecero seguito l'aperta violazione sovietica degli accordi di Potsdam e l'esplosione del più potente ordigno nucleare fino ad allora conosciuto nel mondo. A Berlino, nell'agosto del 1961, si giunse fino ad incidenti fra unità carriste sovietiche e occidentali. Dopo il fallimento dell'incontro di Ginevra e dopo i disordini provocatori di Berlino, Chruscev tentò la strada di Cuba, nella speranza che da una posizione di maggiore forza avrebbe ottenuto ciò che non gli era riuscito di raggiungere per le altre vie. La decisione dell'Unione Sovietica d'installare missili a Cuba venne presa probabilmente nel1'estate del 1962, prima che la Cina, il 3 settembre, rivendicasse il suo diritto ad armarsi nuclearmente. In autunno vi sarebbe stata l'assemblea generale dell'O.N.U. alla quale Chruscev in persona - che preannunziò la sua presenza - avrebbe rivelato la notizia dell'avvenuta installazione dei missili, il cui ritiro sarebbe stato subordinato alla stipulazione del trattato di pace con la Germania orientale ed al ritiro dell'appoggio statunitense al governo cinese di Taiwan, fatto questo ultimo che avrebbe dovuto indurre la Cina di Mao a rinunciare, almeno pro tempore, alla fabbricazione di armi nucleari. Le cose andarono diversamente: mancò il colpo di scena perché la notizia venne resa pubblica dal presidente Kennedy e non da Chruscev all'assemblea del1'0.N.U.. Apparve, inoltre, chiaro che l'Unione Sovietica aveva sottovalutato la portata e la prontezza di reazione degli Stati Uniti e sopravvalutato, di converso, la sua possibilità d'intervento sulla Cina. Se a Berlino erano stati gli Stati Uniti a dover subire l'aperta violazione degli accordi di Potsdam, a Cuba toccò all'Unione Sovietica di dover rapidamente ingranare la retromarcia. Nella crisi di Cuba, in sostanza, le armi nucleari si neutralizzarono vicendevolmente, mentre il saggio impiego di anni convenzionali e l'abile ricorso alle armi diplomatiche e psicologiche da parte americana salvarono la pace e fecero intendere all' Unione Sovietica i limiti invalicabili delle sue avventurose iniziative, le quali, sebbene piene di rischi, erano state sempre caratterizzate, compresa quella di Cuba, dalla disponibilità di vie per una ritirata di accomodamento. I problemi del trattato di pace
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con la Germania orientale e dei rapporti con la Cina di Mao non li aveva inventati Chruscev; avevano origini profonde e remote. Forse Chruscev li esasperò per il suo modo di condurre la politica, ma i suoi successori, pur seguendo una linea di condotta più cauta e misurata, non ottennero al riguardo risultati sostanzialmente diversi. Nei riguardi del processo di liberalizzazione della società sovietica i successori di Chruscev prima rallentarono il disgelo interno e poi, dall'inizio degli anni settanta - in particolare dopo Helsinki-, il timore che l'andare oltre avrebbe potuto mettere in pericolo la solidità del regime li indusse ad una nuova intransigenza. Nel settore dell'economia i tre piani quinquennali - 1966-'70, 1971-'75, 1976-'80 del periodo di Breznev non corrisposero mai alle previsioni e tanto meno alle aspettative dei cittadini, ma non furono privi di risultati positivi concreti, non solo nei riguardi della ricerca scientifica e dell'industria pesante, ma anche dei beni di consumo e della stessa agricol tura, che nel 197 6 segnò raccoIti di cereali da primato (223 milioni di tonnellate). Anche nel periodo di Breznev, la statalizzazione dell'apparato produttivo continuò a costituire un'imponente remora strutturale della produttività e la sua capacità di volano nei processi congiunturali risultò molto limitata quando ebbe inizio, nella seconda metà degli anni settanta, la crisi rec essiva generale delle economie non comuniste. D'altra parte, non sarebbe potuto accadere diversamente, tenendo presente che almeno un terzo degli scambi commerciali sovietici erano intrattenuti in quel periodo con paesi ad economia non del tutto stabilizzata. L'ultimo dei tre piani quinquennali, infatti, segnò chiaramente la tendenza recessiva degli andamenti produttivi, in quanto gli obiettivi abituali ve nnero ridimensionati, in sede di previsione, del 30-32% rispetto a quelli del piano quinquennale precedente. Il grande sforzo di potenziamento, i forti investimenti, il rafforzamento degli incentivi privatistici e gli spostamenti di reddito a favore degli agricoltori operati durante il periodo di Breznev dettero all'agricoltura un'ampiezza di respiro mai verificatasi nel passato, ma l'Unione Sovietica dové continuare ad importare milioni di tonnellate di cereali dagli Stati Uniti, dal Canada e dall'Australia anche negli anni di raccolto favorevole. Il fatto si è che le enormi dimensioni territoriali del paese, anche se possono consentire una gestione parziale all'interno dello Stato dei rapporti regionali sviluppo-sottosviluppo, pongono problemi infrastrutturali che non si possono risolvere, se contemporaneamente non si proceda ad un depotenziamento dell'industria pesante a favore di quella dei beni di consumo e dei servizi. TI
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prodotto nazionale lordo crebbe, aumentò anche il reddito pro-capite, migliorò il livello medio di vita e vi fu, almeno fino a tutta la prima metà degli anni settanta, una minore penuria di beni di consumo, ma il sistema economico del paese continuò a soffrire di tutti i mali congeniti che lo tormentano sul piano dell'impostazione e su quello dell'applicazione. I miglioramenti vennero conseguiti anche sfruttando il COMECON 11 - Council for Mutuai Economie Assistence o Soviet Economicesko Vzaimoposci - creato da Stalin nel 1949, che Breznev nel 1978 avrebbe voluto rafforzare, senza peraltro riuscirvi per l'opposizione degli Stati membri, insofferenti dello strapotere di Mosca che del COMECON si era sempre servita per affermare la sua egemonia politica ed economica. I successi di Breznev in campo economico riguardarono, in definitiva, soprattutto la ricerca scientifica e tecnica e l'industria bellica e furono tali che l'Unione Sovietic; vide crescere il proprio potenziale militare fin quasi a raggiungere quello degli Stati Uniti; i progressi negli altri settori, che pure vi furono, non ebbero un grado di stabilità sufficiente a resistere agli effetti della recessione generale. L'inflazione, ufficilamente negata, fu invece anche per l'Unione Sovietica una dura realtà, tanto che i dirigenti sovietici furono alla fine costretti ad aumentare quasi tutti i prezzi dei generi di consumo con l'eccezione di pochissimi beni essenziali. Durante il periodo di Breznev, il sistema economico dell'Unione Sovietica non trovò dunque un assestamento tale da razionalizzare le strutture, da diminuire in misura notevolmente sensibile e duratura gli squilibri interni, da accrescere la produttività delle forze del lavoro. Questa, anzi, al sopraggiungere della recessione mondiale, diminuì a causa del fiorire del mercato nero, dell'aumento della corruzione, del più forte assenteismo, della maggiore indisponibilità dei beni di consumo in uno con le crescenti disparità interne tra regione e regione, città e città, e del consolidarsi delle stratificazioni sociali legate, in parte, all'apparato burocratico del partito e dello Stato. Il peggioramento della situazione economica non mancò allora di produrre un irrigidimento della politica di Breznev anche sul piano delle relazioni internazionali. Nella politica estera, al di sopra dei dissensi che pure esistettero profondi, soprattutto nei primi anni, nei vari organi supremi del partito e del governo, specialmente a proposito dei rapporti con la Cina, i dirigenti sovietici succeduti a Chruscev continuarono ad ispirarsi sul piano ufficiale al principio della coesistenza pacifica che venne confern1ato nel XXIII congresso del P.C.U.S riunitosi a Mosca il 29
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marzo 1966: niente atteggiamenti troppo cordiali o troppo ostili con l'Occidente, buoni rapporti diplomatici e commerciali, niente scontri armati, ma nessun avvicinamento al modello liberale dell'Occidente, nel quale prevalgono la mollezza, il decadentismo, l'indisciplina e spesso la ribellione degli intellettuali. Kosyghin affermò: Nel nostro tempo diventa sempre più evidente che la rivoluzione scientifica e tecnologica. .. richiede maggiori rapporti economici fra paesi socialisti e paesi capitalisti. E questo fatto, a sua volta, può avere conseguenze positive. Ben presto l'Unione Sovietica firmò un accordo con la FIAT per la costruzione di una grande fabbrica di automobili. I rapporti economici con i paesi capitalisti divennero un fattore importante nella pianificazione dell'economica sovietica e nel miglioramento del livello di vita dei suoi cittadini... Nonostante tutto quello che si affermava a Pechino, questo non giustificava affatto le accuse di tradimento ideologico. Fra le speranze che Lenin aveva nutrito per lo Stato, che egli aveva creato, c'era anche lo stabilimento di importanti rapporti economici e scientifici con i paesi non comunisti. Ma l'importanza attribuita da Kosyghin a questi rapporti e l'influenza che venne loro impartita nel quadro della pianificazione economica russa, costituivano un'eloquente riaffermazione della validità della dottrina della coesistenza 12. L'accusa di tradimento ideologico non reggeva sul piano della dottrina leninista e soprattutto era priva di fondamento su quello della concretezza politica, perché Breznev e i suoi colleghi della direzione collegiale interpretavano, al pari di Chruscev, la coesistenza in chiave meramente economica e strumentalmente, senza che ne soffrisse in alcun modo il più importante e prioritario principio dell'affermazione della potenza sovietica e dell'ideologia comunista nel mondo. Ancora prima del XXIII congresso, i nuovi dirigenti sovietici, alla delegazione cinese, capeggiata da Chou En-lai, recatasi nel novembre 1964 a Mosca in occasione dell'anniversario della rivoluzione di ottobre, avevano fatto chiaramente intendere che la defenestrazione di Chruscev, a loro tanto accetta e gradita, non significava affatto una modifica della posizione di politica estera dell'Unione Sovietica nei riguardi dell'Occidente e della Cina. Meno di un anno dopo, in occasione del conflitto indo-pachistano dell'agosto 1965 13 e della drammatica repressione scatenatasi contro il partito comunista indonesiano dopo il tentativo di colpo di Stato del 30 settembre dello stesso anno 14, il quadriunvirato sovietico al potere ebbe modo di dimostrare ai cinesi e al resto del mondo come l'interesse diretto dell'Unione Sovietica fosse prevalente rispetto a quelli della concordia con la Ci-
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na e anche rispetto a quello degli altri partiti comunisti del mondo, tanto da lasciar morire centinaia di migliaia di comunisti ad opera dei militari del generale Suharto. Durante il XXIII congresso i nuovi dirigenti, a parte il ripristino della nomenclatura staliniana (il Praesidium tornò a chiamarsi Politburo ed il primo segretario del P.C.U.S. ridiventò segretario generale) e la riabilitazione di qualche vecchio compagno di Stalin, come il maresciallo Kliment Efremovic Vorosilov 15 già insultato e messo da parte da Chruscev, non rinnegarono la linea di tenue liberalizzazione del loro precedessore, decisero per la prima volta nella storia del loro paese l'incremento, nel piano quinquennale 1966-70, dei beni di consumo rispetto a quelli strumentali e soprattutto confermarono chiaramente la continuità della coesistenza pacifica intesa anche come risposta allo scisma cinese. Breznev, Kosyghin e Gromyko, fino a qualche tempo prima dell'invasione dell' Afghanistan, costellarono la politica estera sovietica di atti distensivi, dalla firma del Trattato di non proliferazione del 1 luglio 1968 16 a quella del S.A.L.T 1 del 26 maggio 1972 17, da quella dell'Atto di Helsinki del 1 agosto 1975 18 a quella dei S.A.L.T.2 19, dalla sistemazione delle pendenze europee grazie all'accordo dei paesi del patto di Varsavia con la Germania occidentale, ai viaggi di Breznev negli Stati Uniti e persino a Bonn. Non meno intensa, tenace e penetrante, nello stesso periodo, l'attività dei dirigenti sovietici per accrescere la potenza militare, nucleare e convenzionale, del proprio paese e per estendere nel mondo l'ideologia comunista, utilizzando le lotte di liberazione dei popoli coloniali per l'indipendenza e gli apparati dei partiti comunisti o para-comunisti dei paesi occidentali, ovvero i movimenti a questi affiliati, per destabilizzare i governi non comunisti, per incrinare la com pattezza della N.A.T.O. e per creare, ovunque possibile, nuovi focolai di disordini e di caos. Nel continente nero Breznev continuò la marcia di penetrazione iniziata, in verità all'inizio senza successi, da Ch ruscev durante la guerra civile nel Congo negli anni 1960-196 7 e riuscì ad acquisire alla sfera d'influenza sovietica vaste regioni del continente , di cui alcune strategicamente importantissime 20. In Asia, dalla guerra del Vietnam, nella quale l'Unione Sovietica si era impegnata con grande cautela, ma con altrettanta determinazione, Breznev conseguì un grand issimo successo politico e strategico, assicurandosi nel sud-est asiatico il favore del governo del Vietnam unificato in funzione antiamericana e anticinese. In Asia però, come già a Chruscev, così a Breznev, non fu possibile appianare i rapporti con la Cina e far uscire dal vicolo cieco in cui si era cacciato, in seguito al dissidio cino-
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sovietico, il movimento comunista mondiale. Subito dopo la defenestrazione di Chruscev, fra il novembre 1964 ed il marzo 1965, la polemica tra sovietici e cinesi scese di tono e si fece assai meno violenta, ma quanto frattanto stava accadendo nel Vietnam la ripropose con rinnovato vigore in termini d'incompatibilità degli obiettivi perseguiti dall' una e dall'altra delle due potenze comuniste. È stupefacente dover annotare come proprio la guerra del Vietnam servì a rallentare il processo centrifugo nel movimento comunista mondiale a tutto vantaggio dell' Unione Sovietica, che agì con prudenza e misura, pur inviando al Vietnam del nord aiuti in mezzi e materiali per più di un miliardo di dollari al valore di quel tempo, e come, di controverso, proprio dalla quella guerra la Cina, che più aveva incitato i comunisti di Ho Chi Minh all'intransigenza ed alla lotta, trasse motivo per aprirsi all'Occidente ed agli Stati Uniti fino ad accogliere con tutti gli onori il presidente Nixon a Pechino, prima ancora che cessassero le operazioni militari delle forze americane contro il Vietnam del nord. Nell'America latina il successo sovietico più importante e vistoso era stato l'allineamento di Cuba all' Unione Sovietica ottenuto da Chruscev nei primi anni sessanta, ma nella seconda metà degli anni sessanta, e per tutti gli anni settanta, le rivoluzioni, i colpi di Stato e la continuità della guerriglia rurale, urbana e combinata, anche quando l'Unione Sovietica non ne era affatto responsabile, dettero modo ai dirigenti sovietici di aprire un'altra fronte, quanto meno sul piano della propaganda - talvolta non solo nei riguardi del sostegno morale, ma anche di quello materiale per il tramite di Cuba - contro gli Stati Uniti, tutti presi dalla guerra del Vietnam. Come già a Chruscev, così a Breznev, non tutte le ciambelle riuscirono con il buco e talvolta i successi conseguiti andarono poco dopo in fumo, ma non ci cembra che si possa negare la grande dovizia di risultati positivi per l'Unione Sovietica e per il comunismo saputi trarre da Breznev e dai suoi colleghi della direzione collegiale in circa quindici anni di politica di coesistenza competitiva e pacifica che, peraltro, tale non fu, come stanno a dimostrare tutte le numerose guerre, rivoluzioni, guerriglie che insanguinarono quasi tutti i continenti in quegli anni. Neppure l' Europa venne risparmiata quando il 21 agosto 1968 le forze dei paesi del patto di Varsavia, con alla testa quelle dell'Unione Sovietica, entrarono nella Cecoslovacchia per reprimere manu militari il nuovo corso del comunismo instaurato da Alexander Dubcek. La politica di pace di Breznev, come questi si compiaceva di definirla, subì una graduale interruzione negli ultimi anni settanta a ma-
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no a mano che la contestazione interna e quelle dei paesi a regime comunista dell'est europeo, facendosi forti dell'Atto di Helsinki, andarono crescendo e si acuì la negatività dell'andamento dell'economia sovietica, in parte collegabile con la recessione mondiale, ma dovuta in primo luogo al persistere e all'aggravarsi delle incongruenze proprie del sistema economico comunista. Quando Breznev sensibilizzò la crescita del malcontento interno e si trovò a dover fronteggiare la crisi economica, al pari di tutti i dittatori o di tutte le oligarchie dittatoriali, irrigidì le posizioni di politica estera per far rientrare e tacere il dissenso interno, prospettando la gravità delle minacce esterne che, se non esistevano, andavano inventate. Le cause che determinarono l'irrigidimento della politica estera sovietica negli ultimi anni settanta non ebbero origine dalla particolare situazione di debolezza della presidenza di Carter nel primo biennio del mandato e neppure dalla decisione della N.A.T.O. d'installare in Europa i missili di teatro, tutt'al piu questi furono fattori concorrenti. Esse furono di carattere pressoché esclusivamente interno: l'aumento del divario tra la qualità dei consumi tra centri urbani e ceti privilegiati da una parte e le campagne dall'altra; il solido consolidamento delle stratificazioni sociali e la conseguente crescita del malumore anche in basso; la diminuzione della produttività della forza del lavoro, dimostrata dal crescere dell'assenteismo; il lento ritmo dell'incremento demografico con le conseguenze della scarsezza di mano d'opera, nonostante la larghissima diffusione dell'impiego di quella femminile; l'inversione del rapporto numerico tra i gruppi delle regioni europee - costituenti tradizionalmente l'etnia egemone, almeno sul piano culturale e delle professioni - e quelli delle regioni asiatiche; il rallentamento dei progetti di sviluppo economico, scientifico e tecnologico con l'Occidente anche a causa del pesante indebitamento del paese e dei suoi alleati verso l'area non comunista in seguito all'inflazione all'interno di questa ultima; lo squilibrio, appunto, degli scambi commerciali; il deterioramento dei rapporti fra i membri del COMECON per il rincaro delle forniture sovietiche di petrolio; i sintomi premonitori delle sollevazioni polacche; la fronda romena in politica estera; il deterioramento dei rapporti con il Giappone per le vecchie pendenze territoriali; il fallimento dei tentativi di migliorare i rapporti con la Cina, più che sul piano ideologico su quello politico e strategico a raggio mondiale che continuavano a manifestarsi molto al di là ed al di sopra della conflittualità prodotta dalle questioni di confine sul fiume Amur ed altrove. Breznev non fu più o meno pacifista di Chruscev;
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fu solo più realista e piu abile nello scansare il pericolo di una guerra nucleare, senza peraltro mai trattenersi dall'assecondare le tentazioni, per lui come per tutti i capi sovietici irresistibili, dell'espansionismo sovietico e comunista. L'invasione dell'Afghanistan fu per Breznev l'ultima di tali tentazioni, resa ancora piu apparentemente seducente dal difficile momento della politica interna, ed egli non seppe resistervi.
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L'avvenimento più importante del ventennio, sul piano della politica internazionale, fu senza dubbio lo scisma cinese. Nei primi dieci anni - anni cinquanta - della sua esistenza, la repubblica popolare cinese fu impegnata soprattutto nelle riforme strutturali (di carattere costituzionale, del diritto privato, del diritto familiare, dell'agricoltura, di avvio dell'industrializzazione, ecc.) necessarie a configurare lo Stato secondo i principi ed il modello del marxismo-lenismo. L'affinità ideologica con l'Unione Sovietica, che aveva peraltro ritardato alquanto nel riconoscere il governo di Mao Tse-Tung, aveva condizionato la linea della politica estera della Cina popolare. Quando l' incrinatura del monoblocco cino-sovietico, prodottasi gradualmente dopo la morte di Stalin e divenuta più grave dopo il XX congresso del P.C.U.S., fu resa manifesta al resto del mondo, che non ne sospettava l'esistenza, ebbe l'effetto di un fulmine a cielo sereno. Inizialmente sia la Cina sia l'Unione Sovietica - questa fece del tutto per cercare di salvaguardare l'unità comunista e per ritarda-re il più possibile la pubblicità della notizia, poi per tentare di ricucire lo strappo - diedero al conflitto il carattere ideologico. Revisionismo, settarismo di sinistra, sottovalutazione dell'imperialismo ... furono i termini più utilizzati nel corso della disputa, accompagnati da ampie citazioni di Lenin e da rimproveri agli avversari per avere abbandonato le loro posizioni originarie 21. I dirigenti cinesi insistettero soprattutto nel condannare il principio della coesistenza pacifica con l'imperialismo; quelli sovietici, da parte loro, si sforzarono di dimostrare la loro ortodossia marxista-leninista ed accentuarono la loro tendenza a realizzare l'espansionismo comunista sostenendo dovunque i movimenti di marca marxista. Altrettanto cercarono di fare i cinesi inserendosi, dove si presentava loro l'opportunità, nel processo di decolonizzazione in corso. Quali sarebbero state le possibili conseguenze nel caso che i so-
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vietici avessero affermato chiaramente che l'interesse nazionale dell'Unione Sovietica non coincideva più con la massima espansione del movimento comunista, che la solidarietà proletaria era un mito, che la Cina costituiva un pericolo maggiore della esistenza di Berlino e di intrighi capitalisti 22? Il ricorso alla forza da parte dell'Unione Sovietica per punire l'insubordinazione cinese non fu una ipotesi neppure presa in considerazione dai dirigenti sovietici, sia per il timore della reazione americana, sia per la portata titanica dell'impresa in rapporto alla vastità del territorio (9 551 000 km2) ed al numero degli abitanti (circa 760 milioni in quel periodo), ma non per questo non temuta dalla Cina. Gli Stati Uniti e l'Occidente in generale, preoccupati in quel periodo dalle crisi di Berlino e di Cuba e per i prodromi della guerra del Vietnam e convinti che la Cina, come del resto questa veniva ripetutamente dichiarando, fosse loro nemica quanto o più dell'Unione Sovietica, che in più era però una realtà politica e nucleare di assai diverso spessore, assunsero un atteggiamento di distacco sul piano politico e diplomatico, mentre dettero grande rilievo all'avvenimento dal punto di vista della propaganda, alla quale fu facile pprre in evidenza le bugie di Marx e di Lenin sull'internazionalismo comunista e l'antistoricità di molte delle tesi dei due padri del comunismo. All'interno del partito comunista sovietico e di quello cinese lo scisma ebbe forti ripercussioni, ma mentre nel primo prevalsero quasi subito, sebbene non senza contrasti e lotte, i continuatori della linea fissata dal XX congresso, ancorché con qualche attenuazione dell 'antistalinismo, nel partito comunista cinese si accese una violenta ed oscura lotta - di cui ~:i.cora si ignorano molti risvolti - tra le ragioni degli intransigenti e quelle dei cosiddetti moderati, usando un linguaggio che non esprime, se non molto approssimativamente, i termini di quel conflitto interno. Le fronde e le lotte interne dei due partiti non produssero la rovina dei due regimi, mentre il conflitto tra i due partiti ebbe conseguenze sui partiti e sui regimi comunisti degli altri paesi. Gli altri regimi comunisti, a seconda soprattutto della posizione geografica dei rispettivi paesi e conseguentemente della diversa influenza politica e strategica esercitata su di essi dall'Unione Sovietica e dalla Cina, subirono la forza di attrazione dell'uno o dell'altro polo, mentre i partiti comunisti dei paesi non a regime comunista si divisero, spesso con grande cautela, tra quelli a favore della posizione sovietica e quelli a favore della posizione cinese. Alcuni, in particolare quelli dell'Europa occidentale, furono indirizzati dai loro dirigenti a restare fedeli a Mosca, ma non senza un qualche atteggiamento cri ti-
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co nei riguardi della condotta sovietica verso Pechino. Nell'ambito del comunismo internazionale, ed in particolare di quello europeo, si può dire che il duello cino-sovietico si risolse a favore del P.C.U.S. e dell'Unione Sovietica che dové, peraltro, subire proprio in Europa lo scacco della secessione dell'Albania, che, nel 1961, prima ancora dell'aperta rottura cino-sovietica, passò da quello sovietico al campo cinese, dal quale poi disertò nel 1978 denunciandone la linea deviazionista, assunta dopo la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria. Tali le conseguenze principali, della rottura fra le due grandi potenze comuniste alla quale non furono estranee molte altre motivazioni di carattere politico interno e internazionale. Durante la rivoluzione culturale - un drammatico rivolgimento interno - la repubblica popolare cinese limitò le proprie relazioni con i paesi stranieri (con alcuni dei quali ebbe crisi abbastanza serie), assunse un atteggiamento molto cauto nei riguardi della guerra del Vietnam, si chiuse quasi in sé stessa in attesa di definire i gravi dissensi del gruppo dirigente sui problemi di politica interna ed estera, sul ruolo del partito e delle forze armate, sulle priorità di sviluppo delle varie branche dell'economia e così via. A schematizzarla, ma con scarsa rispondenza alla sua grande complessità, la rivoluzione culturale può essere configurata in uno scontro tra il numero uno del partito, il presidente Mao Tse-Tung, e il numero due, il capo dello Stato, Liu Shao-chi, accusato questo ultimo della burocratizzazione e dell' imborghesimento degli apparati del partito e dello Stato e -', ieviazionismo sovietico. Lo scontro fu vinto da Mao, sostenuto dalle forze armate o almeno dalla parte di queste che si riconosceva nel ministro della difesa Lin Piao. L'equilibrio stabilitosi dopo la vittoria di Mao fu di breve durata e nel 1971 Lin Piao scomparve dalla scena politica cinese; un anno dopo ne fu annunziata ufficialmente la morte che sarebbe avvenuta durante un tentativo di fuga in aereo verso l'Unione Sovietica. Net 1973, vivente Mao, ebbe inizio una nuova campagna di revisione critica del sistema ispirata al motto: criticare Lin Piao e criticare Confucio. Essa durò fino a tutto il 1974 e impegnò i dirigenti cinesi e i cittadini nella lotta al confucianesimo, dichiarato responsabile del predominio dei burocrati rispetto ai cittadini, ed alla linea di Lin Piao restauratore del confucianesimo e perciò di un revisionismo che avrebbe potuto ricondurre la Cina al regime capitalista. Nel 1975 si riunì a Pechino l'Assemblea nazionale del popolo che approvò una nuova carta costituzionale, in sostituzione di quella del 1954, che previde, tra l'altro, l' abolizione della carica di presidente della repubblica e il trasferimento allo Sta-
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to e alle comuni popolari di tutti i mezzi di produzione e definì la Cina uno Stato a dittatura del proletariato e non più uno Stato democratico popolare. Nel 1975, anno dell'immane catastrofe del terremoto di Tangshan, morirono nel febbraio il primo ministro Chou En-lai e nel settembre il presidente del partito Mao. Il conflitto interno, che Mao era riuscito ad imbrigliare, si riaccese violento, mandando in fumo le speranze nutrite dall'Unione Sovietica di un mutamento dei rapporti cino-sovietici che l'allontanamento mentre era in vita o la morte di Mao avrebbe dovuto determinare. Il conflitto tra intransigenti e moderati vide vincitore Hua Kuo-feng che riuscì ad eliminare dal potere la frazione radicale e pose agli arresti domiciliari la banda dei quattro (Chiang Ch'ing moglie di Mao, Chang Ch'un-Ch'iao, Wang Hang-wen, Yao-Wen-yuan vicepresidenti). Teng Hsiao -p'ing venne, invece, riabilitato e reinsediato nella carica di vice primo ministro, cominciando ad esercitare, da dietro le quinte, un ruolo di primissimo piano nella nuova politica cinese. La lotta al gruppo radicale continuò anche nel 1977, ma frattanto i nuovi dirigenti, pur richiamandosi sul piano dottrinale al pensiero di Mao - del quale continuarono ad essere pubblicate e diffuse le opere e i discorsi, in particolare il discorso del 26 aprile 1956 sui dieci grandi rapporti - accentuarono la linea politica, seguita a suo tempo da Chou En-lai, di razionalizzazione e modernizzazione del sistema, ferme restando l'assoluta indipendenza ed autonomia dalla politica dell'Unione Sovietica, guardata con diffidenza e spesso con aperta ostilità, e d'apertura cauta e misurata all'Occidente e al Giappone, diretta soprattutto a favorire il programma d'industrializzazione del paese, di potenziamento dell'apparato militare e di sviluppo delle relazioni commerciali. Agli inizi del 1978 fu convocata la va Assemblea nazionale del popolo che approvò una nuova Costituzione e rinnovò le cariche dirigenziali dello Stato e del partito, confermando in quella di presidente del partito e di primo ministro Hua Kuo-feng ed in quella di vice primo ministro Teng Hsiao-p'ing, da allora, nonostante l'età avanzata, il grande regista della politica cinese. La sola narrazione di tutti i numerosi e complessi rivolgimenti avvenuti in Cina nel ventennio 1960-1979 - molti tuttora quasi indecifrabili - avrebbe richiesto uno spazio assai più ampio. Ci è parso sufficiente segnare per memoria i più significativi per i loro riflessi sulla politica internazionale che, dopo la rottura ideologica e politica tra Cina e Unione Sovietica, pur restando centrata sulla bipolarità, fu caratterizzata da una realtà assai diversa da quella degli anni cin-
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quanta, proprio per l'inizio del trilateralismo Stati Uniti-Unione Sovietica-Cina. L'acquisizione della capacità nucleare da parte della Cina, il reinserimento di questo immenso Stato nel circuito degli interscambi commerciali, l'apertura all'ingresso in Cina dei capitali e delle tecnologie stranieri - specialmente statunitensi, giapponesi, francesi, tedesco-occidentali - la sostituzione (1971) nel Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. della rappresentanza del governo di Taiwan, che aveva fino ad allora occupato il posto riservato alla Cina nel gruppo dei 5 grandi, con· quella del governo di Pechino influenzarono notevolmente l'andamento dei rapporti est-ovest ed anche, in misura minore, quelli nord-sud, introducendovi un elemento non del tutto nuovo - l'ombra cinese - che da allora in poi vi si riflesse con continuità. Gelosa della riconquistata indipendenza ideologica e politica, pur nei limiti della bipolarità, la Cina impostò la sua politica internazionale sull'equidistanza spirituale dagli Stati Uniti e dall'Unione Sovietica, ma, in pratica, negli anni settanta fu più spesso dalla parte dell'Occidente. Nella crisi del Corno d'Africa del 1976 prese posizione contro l'Etiopia sostenuta dall'Unione Sovietica, nei riguardi del Medio Oriente approvò gli accordi m Camp David del settembre 1978 tra Israele ed Egitto patrocinati dagli Stati Uniti, sostenne la Cambogia contro il Vietnam con il quale ebbe più scontri armati in corrispondenza della comune frontiera, criticò gli Stati Uniti per avere accantonato la costruzione della bomba al neutrone, fu dalla parte della N.A.T.O. nella questione della installazione delle armi nucleari di teatro in Europa quale fattore riduttivo dello strapotere delle due superpotenze, firmò nel 1978 un importante trattato economico con il Giappone e un non meno importante accordo economico con la e.E.E., senza per questo modificare l'equilibrio della sua bilancia commerciale e senza pregiudicare l'autonomia e la singolarità del suo sistema produttivo. Nel 1978 Hua Kuo-feng compì un viaggio ufficiale in Jugoslavia, in Romania e nell'Iran, che destò grande interesse nel mondo occidentale e il malcelato livore di Mosca nei riguardi della dirigenza confermata dalla va Assemblea nazionale del popolo. Gli Stati Uniti e l'Occidente tardarono a lungo nel prendere atto dell'esistenza della realtà della Cina comunista e, ad eccezione della Francia che lo fece nel 1964, riconobbero il governo di Pechino solo verso la fine degli anni sessanta e nel primo quinquennio degli anni settanta. Dopo l'esempio della Francia, Italia, Gran Bretagna, Germania Occidentale, Giappone e molti altri paesi, sia pure con grande ritardo, allacciarono relazioni diplomatiche e rapporti di cooperazione economica e
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tecnologica con Pechino, mentre gli Stati Uniti, pur riconoscendo de facto la Cina comunista con il viaggio di Nixon del 1972, stabilirono rapporti diplomatici ufficiali, accompagnati dal ritiro delle loro truppe dalla Cina di Taiwan, solo nel 1978. Lo scisma cinese mise a nudo, molto più chiaramente della defezione iugoslava del 1948, la profonda contraddizione interna dell'ideologia marxista-lenista dell'unità del proletariato mondiale e, pur richiamandosi alle stesse fonti, esso dimostrò come tale ideologia potesse dare luogo ad applicazioni addirittura antitetiche. Sull'esempio prima jugoslavo poi cinese, non furono pochi gli Stati comunisti che cominciarono la ricerca di una propria via nazionale al comunismo, nell'intento di respingere le rigide imposizioni ideologiche dell'epoca staliniana e quelle dei successori di Stalin. Breznev si dimostrò inizialmente più tollerante di quanto non lo fosse stato Chruscev nei riguardi delle vie nazionali, ma non fu meno deciso, di quanto lo era stato nel 1956 Chruscev nel reprimere la rivolta ungherese, nell'intervenire militarmente per soffocare la primavera di Praga nel 1968. Egli fu consapevole che gli altri Stati comunisti del patto di Varsavia non costituivano più da tempo la cintura di sicurezza concepita da Stalin e che minacciavano di trasformarsi in punti di grande vulnerabilità, ma riuscì, malgrado tutto, a mantenere il saldo controllo di tutti gli Stati minori del patto di Varsavia, tollerando una qualche maggiore autonomia, ma fermo restando il principio della sovranità limitata - che sarebbe più proprio definire della libertà vigilata - teorizzato da Breznev stesso, principio per il quale i paesi della cintura di sicurezza debbono costantemente uniformare la loro politica estera e militare a quella dell'Unione Sovietica e comunque posporre a questa ultima ogni esigenza nazionale diversa. Il mantenimento al potere dei governi comunisti fedeli a Mosca nella Germania orientale, nella Polonia, nella Cecoslovacchia, in Ungheria, nella Romania e nella Bulgaria - specialmente nei primi tre Stati - per le posizioni geostrategiche che tali paesi occupano non è tanto, o solo, un fatto che riguarda l'unità del comunismo, quanto, e in primo luogo, l'interesse diretto strategico-militare dell'Unione Sovietica. Se l'Unione Sovietica si astenne dal ricorso alla forza militare nei riguardi delle secessioni della Jugoslavia - ed era vivo Stalin - e dell'Albania, non esitò a reprimere manu militari la rivolta ungherese del 1956 e la primavera di Praga del 1968, perché entrambe minacciavano la solidità dell'insieme del sistema militare sovietico. Ciò non significa che la secessione jugoslava e lo scisma cinese furono senza conseguenze nega- ·
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tive anche dal punto di vista militare, ma che lo furono in misura assai minore. La secessione jugoslava interpose una zona geografica di parziale separazione dei limiti di contatto tra i due blocchi antagonisti e il maresciallo Tito mise in piedi un vasto apparato di autodifesa da un'eventuale aggressione delle forze del patto di Varsavia; lo scisma cinese obbligò l'Unione Sovietica a rafforzare notevolmente la sua frontiera orientale. Ma le conseguenze più gravi dei due avvenimenti furono senza dubbio di natura ideologica e politica. Entrambi, infatti, aprirono una crisi gravissima, forse irreversibile, nel comunismo mondiale, distrussero il mito della unità dei regimi comunisti, seppellirono per sempre il principio dello Stato e del partito-guida e, dopo la repressione della primavera di Praga, accentuarono lo sgretolamento ideologico dei partiti comunisti occidentali che avevano già, subito dopo lo scisma cinese, cominciato a non riconoscersi nel P.C.U.S .. Nella seconda metà degli anni settanta in alcuni partiticomunisti dell'Europa occidentale (italiano, francese, spagnolo) venne affermandosi un nuovo indirizzo politico - l'eurocomunismo - con intenti di aggiornamento del programma marxista originario. Esulano dal nostro discorso l'esposizione, l'analisi e la critica dell'eurocomunismo - che ci sembra non sia stato altro che un vano tentativo di raggiungere la formazione di una società marxista mediante la sostituzione della rivoluzione e della dittatura del proletariato con l'accettazione delle regole della dialettica democratica - mentre è necessario sottolineare che l'eurocomunismo, a parte la contraddizione del termine, fu indice di un ulteriore sgretolamento del comunismo e racchiuse in sé, non volendo, un significato di polemica antisovietica e di implicito giudizio negativo sul socialismo reale.
5. Di tutte le guerre, le rivoluzioni, le guerriglie e i movimenti terroristici che insanguinarono il mondo nel ventennio, ci limitiamo a dare brevi cenni di quelli che più incisero sull'evoluzione del pensiero militare e conseguentemente delle dottrine e degli ordinamenti, alla cui trasformazione concorsero, in misura determinante, come sempre, l'introduzione di nuove armi e di nuovi mezzi e i perfezionamenti di quelli già apparsi nelle guerre precedenti. A tale riguardo, di tutti i conflitti armati combattuti nel ventennio, il più importante e significativo fu senza dubbio la guerra del Vietnam, durante la quale gli
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Stati Uniti, dopo più di dieci anni dalla guerra di Corea, ebbero modo di applicare tattiche e tecniche nuove e di impiegare armi e mezzi nuovi o perfezionati. Diversamente da quella di Corea, che era stata combattuta da entrambe le parti secondo gli schemi tradizionali e da forze armate regolari, la guerra del Vietnam fu la combinazione di operazioni tradizionali e di operazioni di guerriglia (o di controguerriglia) ed assunse perciò un carattere del tutto peculiare quale, ad esempio, non ebbero la guerra dei sei giorni del 1967 23 e quella del Kippur del 1973 24, che furono guerre tra opposte forze regolari, condotte nelle forme tradizionali, ancorché scatenate all'improvviso, di sorpresa, senza preventive dichiarazioni. La guerra del Vietnam, inizialmente uno scontro tra la repubblica del Vietnam del sud ed i ribelli comunisti, coinvolse la più grande potenza mondiale che ne uscì politicamente sconfitta e umiliata, senza essere stata mai battuta sul campo di battaglia sul quale, anzi, era vittoriosa. Il paradosso trova spiegazione prima di tutto nel contenuto politico della guerra, ossia nelle diversità dei fini delle due parti contendenti: il Vietnam del nord perseguiva l'unificazione del paese e con questa l'omogeneizzazione politico-socio-economica su base comunista, quello del sud, e gli Stati Uniti che lo sostenevano, il mantenimento dello status quo, vale a dire della suddivisione in due entità distinte, come in Germania e in Corea, di un corpo sostanzialmente unitario e di un regime che aveva raccolto più del 90% dei suffragi e si era dato una Costituzione simile a quella degli Stati Uniti, ancorché il paese fosse ancora distante dal raggiungimento di una vera democrazia politica e sociale. Sotto il profilo geo-strategico e sotto quello economico, il Vietnam non offriva agli Stati Uniti prospettive di rilievo, mentre richiamava su di sé gli interessi contrastanti della vicina Cina e dell'Unione Sovietica. Sotto il profilo morale e politico, invece, gli Stati Uniti avevano due obblighi precisi: l'impegno assunto dopo gli accordi di Ginevra del 1954 di aiutare il nuovo Stato indipendente, la fedeltà alla loro dottrina di contenere e di prevenire l'ulteriore espansione dei regimi comunisti in base al programma di Truman ed a quello della Nuova frontiera di Kennedy. Ai due fini politici diversi corrisposero due strategie diverse: offensiva da parte del governo di Hanoi, difensiva da parte di quello di Saigon e degli Stati Uniti. Questi ultimi, in definitiva, rifiutavano sul piano teorico ogni loro ingerenza diretta nel Vietnam del nord, ma sostenevano la posizione di Diem circa la inaccettabilità di un referendum per la unificazione dei due Vietnam, come previsto dagli accordi di Ginevra, stanti
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la mancanza di libertà nel Vietnam del nord e il divario di popolazione tra il nord (21 milioni) e il sud (18 milioni). La strategia di Hanoi si ispirava a quella della guerra rivoluzionaria teorizzata da Mao e da questi vittoriosamente applicata in Cina. I parametri di tale strategia erano il tempo, lo spazio, il costo: il tempo da impiegare per prolungare il più possibile la guerra sì da logorare fino al collasso finale la volontà di resistenza del nemico; lo spazio da utilizzare per determinare la costante insicurezza del territorio sotto la giurisdizione del!'avversario; il costo da imporre all'avversario non con grandi battaglie, ma con lo stillicidio prodotto dalla guerriglia. Nel Vietnam del sud esistevano le condizioni ideali per l'applicazione di una tale strategia politico-militare: disponibilità di sacche nel Vietnam del sud riattivabili per la lotta armata; configurazione geografica e topografica del territorio; possibilità di alimentazione tattica e logistica mediante l'invio di uomini e di rifornimenti utilizzando il sentiero o pista di Ho Chi Minh corrente lungo il territorio del Laos; instabilità ed insicurezza del governo; rivolgimenti interni del tipo di quelli dei bonzi buddisti ed altri. Se le fosse venuta a mancare la pista di Ho Chi Minh, la strategia di Hanoi non sarebbe stata praticabile. Diem rifiutò di firmare gli accordi per la neutralità del Laos, anche a costo di alienarsi il sostegno degli Stati Uniti, proprio perché gli accordi in definitiva lasciavano al Vietnam del nord la disponibilità della pista che correva parallela alla linea di confine ed era lunga mille chilometri. Alla strategia di Hanoi il Vietnam del sud e gli Stati Uniti opposero . una controstrategia inefficace e dispendiosa, basata, al pari di quella di Hanoi, sul logoramento, ma che non teneva conto del diverso grado di tollerabilità del logoramento delle due parti. Il governo di Hanoi sopportò un milione di morti, quello degli Stati Uniti fu costretto a ritirare le sue forze dopo che erano caduti 47 mila soldati americani. Kennedy pensò che Diem avrebbe potuto vincere la guerra purché gli Stati Uniti gli avessero dato ciò di cui avesse avuto bisogno ed aggiunse: noi affonderemo o rimarremo a galla con Diem. Ma una strategia siffatta, basata essenzialmente sulla grande disponibilità di forze, di armi e di mezzi, non poteva essere risolutiva, perché lasciava alla controparte ogni libertà d'iniziativa politica. L'esercito del Vietnam del sud - l'A.R.V.N. (esercito della repubblica del Vietnam del sud) - era stato costituito ed ordinato dagli Stati Uniti su basi tradizionali per fronteggiare un'aggressione del tipo di quella avvenuta in Corea il 25 giugno 1950, senza nessun riferimento alla guerra combattuta in Cina e nella stessa Indocina qualche anno prima. Diem aveva pro-
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posto - e gli americani lo avevano sostenuto - il piano di controguerriglia basato sui villaggi strategici, la cui difesa era stata affidata alla guardia civile - poi ribattezzata forze regionali - costituita da compagnie di fanteria reclutate e dislocate in ogni provincia, con armamento leggero, ed alle forze popolari, organizzate in plotoni per la difesa dei villaggi. Anche tale piano, senza dubbio efficace ai fini della protezione, era pur sempre esclusivamente difensivo e lasciava ampia libertà d'iniziativa alla guerriglia. Esso non era risolutivo, in quanto faceva affidamento solo sulla resistenza statica per il mantenimento di posizioni che il nemico non intendeva occupare di forza, ma solamente far cadere nel tempo - in tempi lunghi - per il progressivo indebolimento della volontà dei difensori. Nel 1964, dopo 8 anni di guerriglia, l'indebolimento della risolutezza dei vietnamiti del sud fu tale da preludere il crollo totale. L'arrivo nel Vietnam del sud di ingenti forze americane tra il 1965 ed il 1968, disposto dal presidente Johnson, fece sperare agli Stati Uniti di poter conseguire in breve tempo la vittoria per la situazione di schiacciante superiorità di armi e di mezzi e di soverchiante abbondanza di fuoco su cui le forze americane potevano contare. Le forze americane vinsero, infatti, una battaglia dopo l'altra e le unità regolari dell'esercito del Vietnam del nord - la N.V.A. - ed i vietcong furono sistematicamente sconfitti. Questi ultimi, in particolare, andarono incontro ad un rapido declino e, nonostante i rinforzi di personale dell'N.V.A., si ridussero ad un ruolo secondario e periferico. I vietcong, che avevano avuto gran parte nell'offensiva del Tet del gennaio 1968, quando con piccole unità erano riusciti ad entrare anche a Saigon, e che congiuntamente con le forze dell'N.V.A. avevano occupato la vecchia cittadella di Huè e 30 capoluoghi di provincia, dopo l'offensiva del Tet, rapidamente schiacciata dalle forze dell'A.R.V.N. e da quelle americane, si sentirono sfiniti. Il presidio dei marines americani rimasto isolato a Khe Sanh- 6000 uomini circondati da forze tre volte superiori dell'N.V.A. - aveva continuato a resistere ed era diventato quasi il simbolo dell'invincibilità americana. Del pari, il fallimento dei tentativi di ripresa offensiva dei vietcong e dell'N.V.A del marzo e dell'agosto, ancorché condotti con una tattica d'infiltrazione più subdola e più progredita, scoraggiarono ancor di più i vietcong che dal gennaio all'agosto persero più di trenta mila guerriglieri . Il mutamento della strategia americana determinato da Nixon - la vietnamizzazione del conflitto - dopo le tante vittorie ed i tanti successi delle forze americane, segnò un'importante svolta nella guerra, ma ormai la maggioranza dei cit-
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tadini americani era convinta che la guerra non potesse essere vinta. Eppure i bombardamenti americani sul Vietnam del nord, malgrado le limitazioni alle quali erano stati assoggettati nel marzo 1968, avevano già indotto una volta il governo di Hanoi, nel mese di maggio del 1968, ad avanzare proposte di pace. La loro ripresa, in uno con la posa di mine nel porto di Haiphong nel maggio del 1972, in risposta alla invasione del Vietnam del sud da parte dell'N.V.A iniziata il 30 marzo 1972 e brillantemente contenuta dalle forze aeree americane e dall'A.R.V.N., posero infatti Hanoi un'altra volta di fronte allo spettro di una quasi certa sconfitta. Accadde, invece, che il successo della nuova strategia-minaccia ai rifornimenti di sostentamento del Vietnam del nord non poté essere sfruttato fino alla vittoria finale, oramai a portata di mano, perché le pressioni interne ed esterne costrinsero Nixon ad accettare un cessate il fuoco che avrebbe inevitabilmente dato la vittoria al nord 25. La guerra del Vietnam confermò in primo luogo che la guerriglia diventa perdente e destinata alla sconfitta solo quando le vengano sottratte le basi esterne e neutralizzate le vie dei rifornimenti e quando le forze incaricate di combatterla, con tattica e tecnica appropriate, siano espressione di un governo forte e sicuro, che goda del consenso di una maggioranza politica determinata a battersi per la salvaguardia dei valori nei quali crede. La strategia della guerra rivoluzionaria ha fini politici ben precisi, che non possono essere ignorati dalla controparte, la cui controstrategia deve basarsi, non su vaghe promesse politiche, ma su di un convincente programma di riforme che non lasci indifferente o quasi, come accadde nel Vietnam del sud, la popolazione dalla quale vengono tratte le forze di combattimento. Alla base della strategia di Hanoi fu fin dall'inizio la visione del generale Giap 26: il nemico si troverà in un dilemma: egli deve necessariamente tirare avanti con la guerra per poterla vincere e, d 'altro canto, non possiede i mezzi politici e psicologici per una guerra di lunga durata. Ma la profezia di Giap non si sarebbe avverata se gli Stati Uniti non si fossero autolegati un braccio dietro la schiena ed avessero, ad esempio, neutralizzato con continuità le basi di rifornimento del nemico, nonché minato molto tempo prima il porto di Hai phong. La superiorità di forze e di mezzi nella guerra convenzionale serve la strategia offensiva che è quella che si avvale dell'iniziativa; quando questa ultima è lasciata indefinitivamente alla controparte, la superiorità diventa un non senso. A che cosa sarebbe valsa, se accolta, la richiesta di altri 200 mila soldati fatta dal generale Williarn Child Westmorc-
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land 27, dopo l'offensiva del Tet? I vietcong erano usciti battuti ed esausti da quella offensiva ed altri 200 mila soldati americani sarebbero stati necessari ed utili solo nel caso di una grande controffensiva, mentre alle forze americane era inibito di oltrepassare la linea di confine tra i due Vietnam ed una volta che l'avevano fatto, portandosi in Cambogia, erano state quasi subito fatte tornare indietro, in seguito alle violente dimostrazioni di piazza avvenute negli Stati Uniti contro il coinvolgimento in Cambogia. La strategia di Hanoi risultò vittoriosa proprio perché evitò il più possibile gli scontri tra forze regolari e puntò costantemente su obiettivi politici a lungo termine, nel presupposto di non poter sconfiggere gli Stati Uniti sul campo di battaglia, ma di poterlo fare per altre vie - alternanza di operazioni di guerriglia molto intense e di negoziazioni - di grande effetto psicologico all'interno degli Stati Uniti ed altrove. Diversamente da quella di Corea, dove le novità in fatto di armi e di mezzi erano state pochissime - la guerra era stata combattuta con le stesse armi o con anni molto simili a quelle della seconda guerra mondiale - se si fa eccezione per la comparsa sul campo di battaglia dell'elicottero, la guerra del Vietnam fu una chiara dimostrazione del progresso compiuto dalle due superpotenze nella tecnologia degli armamenti convenzionali e nelle innovazioni apportate nelle tecniche d'impiego delle forze terrestri e di quelle areee_ I vietcong inizialmente impiegarono le armi portatili ed i mortai della seconda guerra mondiale e della guerra indocinese, poi catturarono armi americane ed infine disposero di armi sovietiche e cinesi; prima dell'offensiva del Tet vennero tutti armati con la carabina AK47 e con i razzi B40. Dove i vietcong eccelsero fu nell'impiego delle mine e delle trappole - in sei settimane le forze regionali e popolari sudvietnamite di una sola provincia persero 290 uomini a causa delle sole trappole 28 - e nel ricorso a gallerie sotterranee per proteggersi dall'osservazione e dal fuoco degli aerei, per occultare le forze prima di muovere all'attacco (scopo tattico offensivo) e per sfuggire ai rastrellamenti (scopo tattiva difensivo). Fu sempre difficile, quando non addirittura impossibile, per le forze sudvietnamite ed americane stanare i vietcong dalle loro gallerie bene occultate e intricate. L'N.V.A. dispose fin dall'inizio di materiale bellico sovietico, parte del quale fabbricato in Cina: armi portatili, armi contraerei, razzi da 122 mm, questi poco precisi ma con gittata di 18 chilometri. Nel 1972, durante l'invasione del Vietnam del sud, l'N.V.A. comparve del tutto rinnovato nel suo armamento: carri armati cinesi PT76, TS4 sovietici con apparato di puntamen-
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to a raggi infrarossi e con cannone da 100 mm, cannoni sovietici da 130 mm, (mobili, precisi, di gittata superiore ai cannoni americani da 155 mm, pure in dotazione insieme ad alcuni obici americani da 155 mm di preda bellica), armi contraerei (cannone da 57 mm e di calibro maggiore guidati da radar, mitragliatrici calibro 12,7 e missili superficie-aria). I SAM-7, introdotti nell'N.V.A. nel 1972, furono un buon antidoto agli attacchi aerei dell'aeronautica americana e sudvietnamita, che furono costrette a limitare i loro interventi a bassa quota fino ad allora poco disturbati. Dal 1972, sotto il punto di vista della qualità dell'armamento, l'N.V.A. ebbe ben poco da invidiare all'esercito americano. L'A.R.V.N., preparato ad una guerra tradizionale, ebbe fin dall'inizio l'armamento e l'equipaggiamento dell'esercito americano, compreso un notevole quantitativo di carri armati e di veicoli corazzati per il trasporto truppa che incontravano, peraltro, grosse difficoltà a muoversi durante la stagione delle piogge e nelle zone intersecate dai canali o paludose. Stante il carattere difensivo della guera, spesso i carri armati vennero impiegati interrati. Dopo l'offensiva del Tet del 1968, tutte le forze furono dotate del fucile automatico Armalite M16. In tempi successivi, l'armamento controcarri e contraerei dell'A.R.V.N. fu eguale a quello dell'esercito americano: carri M48, armi controcarri leggere capaci d'immobilizzare alle brevi distanze i carri T54 e missili controcarri TOW. L'arma che, nell'azione difensiva dell'A.R.V.N. e dell'esercito americano, giocò un grande ruolo fu l'artiglieria e, in particolare, i pezzi da 105 e da 155 spesso trasportati per mezzo di elicotteri, schierati in postazioni fortificate e messi in grado di appoggiare i caposaldi di fanteria. Il dominio dell'artiglieria degli eserciti sudvietnamita ed americano scemò quando l'N.V.A. poté disporre del cannone sovietico da 130 mm, ris petto al quale l'unico pezzo americano che poteva reggere il confronto era il cannone da 175 mm, che impiegava un radar ed un calcolatore specialmente utili nella controbatteria. Raggi infrarossi eradar dettero all'A.R.V.N. e all'esercito americano, unitamente ai sensori, occhi per vedere lontano e vicino anche nella notte, durante la quale si svolgeva gran parte dei combattimenti. I sensori, ad esempio, consentirono un maggiore controllo della pista di Ho Chi Minh. Il mezzo che più di ogni altro incise sull'evoluzione della tattica delle forze terrestri fu senza dubbio l'elicottero, che ebbe un ruolo preminente anche ai fini della mobilità strategica. Nelle guerre precedenti gli elicotteri avevano trovato impiego soprattutto in c ompiti limitati di osservazione e di collegamento, di trasporto di nuclei di uomini,
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di evacuazione di feriti. Nella guerra del Vietnam gli elicotteri, oltre che mezzo di trasporto di intere consistenti unità di combattimento, divennero mezzi di combattimento veri e propri, armati di mitragliatrici e di razzi. I rinforzi alle unità impegnate dal nemico giunsero tempestivi_ La divisione americana di cavalleria del cielo impiegò più volte centinaia di Boeing CH-47 Chinook (birotori) per trasferire le sue unità da una zona non impegnata ad un'altra nevralgica e per trasportare artiglierie, automezzi, carichi pesanti o per recuperare uno dei 5000 Berl UH-I Huey danneggiato che veniva sollevato mediante paranchi installati sotto la fusoliera. La grande e la piccola tattica vennero in un certo senso rivoluzionate nella loro impostazione dall'impiego degli elicotteri da trasporto e da combattimento, ma la dipendenza di un'operazione dagli elicotteri si dimostrò spesso una condizione di grave svantaggio, specialmente quando gli elicotteri divennero bersaglio, oltre che delle mitragliatrici 12,7, anche dei SAM-7 efficaci contro i velivoli subsonici al di sotto <lei 3000 m. Nei riguardi del combattimento terrestre, offensivo e difensivo, trovò conferma l'esigenza della stretta cooperazione delle forze terrestri con quelle aeree tattiche. Inizialmente tennero banco, nell'impiego dei velivoli tattici, il vecchio T-28 ed il recenk F-4 Phantom, che irrorarono di bombe e di napalm i concentramenti e le colonne nemiche e che dispersero attacchi organizzati nemici contro posizioni fortificate sudvietnamite o americane, in particolare durante l'invasione del 1972. L'aeronautica sudvietnamita, che disponeva prevalentemente dei bimotori Cessna A-37, non fu invece in grado di agire, a causa della insufficiente velocità a bassa quota di tale tipo di velivolo, contro l'offensiva dell'N.V.A. iniziata il 5 marzo 1975. Lo schema generale di difesa di una posizione tenuta da fanterie dell'A.R.V.N. o americane fu abitualmente il caposaldo strategico - o base di combattimento - che batteva in profondità: con il fuoco della fanteria la zona circostante il perimetro; con le artiglierie, fino ai limiti di gittata, la zona antistante non battuta dalle armi della fanteria; con l'aviazione tattica lazona non battuta dal fuoco delle artigliere. Il contrattacco veniva affidato a forze di fanteria in riserva del caposaldo, era rinforzato dove possibile da forze corazzate, era appoggiato da basi di fuoco, in genere due, esterne al caposaldo, costituite da artigliere schierate su posizioni fortificate. Ad esempio, la base di combattimento di Khe Sanh, molto articolata all'interno, si presentava come un blocco difensivo unitario, dove erano schierate anche batterie di obici da 105. Al suo interno era stata costruita una striscia di atterraggio, mentre una zo-
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na di rifornimento aereo era stata ricavata in una località adiacente al perimetro della base di combattimento stessa, forte di 6000 uomini e di 46 pezzi d'artiglieria. Una formazione tipo di elicotteri per un attacco comprendeva: 1 a ondata di UH-ID con Cobra per l'appoggio di fuoco e i BELL UH-IE per il comando, 2a ondata di CH-47 Chinouk ciascuno trasportante 44 uomini completamente armati ed equipaggiati, 3a ondata di CH-47 Chinook per il supporto logistico immediato. Essa comprendeva altresì: Hughes OH-6 da ricognizione con appoggio di Cobra; Sikorsky HH-3 per il recupero di equipaggi abbattuti; CH-47 Chinook per il recupero dei materiali; OH-58A per l'acquisizione di obiettivi ed il controllo del tiro; CH-47 Chinook che trasportavano squadre per l'allestimento di zone d'atterraggio; Bell-UH-lE per il recupero dei feriti; CH-54 Tarhe Sky Crane per il trasporto di materiali pesanti e di rifornimenti.
6. Teatro di guerra nel 1948-'49 (arabi contro Israele) e nel 1956 (Israele contro Egitto), il Medio Oriente lornò ad essere insanguinato nel 1967 (Israele contro Egitto, Giordania e Siria) e nel 1973 (Egitto e Siria contro Israele). Nei quattro casi si trattò di conflitti del tipo tradizionale, combattuti da forze regolari, secondo i principi e gli schemi della strategia e della tattica delle guerre senza l'intervento o la minaccia delle armi nucleari. I due ultimi - la guerra dei sei giorni del 1967 e la guerra del Kippur del 1973 - dal punto di vista meramente tecnico-militare ebbero grande rilievo, anche maggiore di quello del Vietnam, sia perché furono lotte senza la presenza della guerriglia (intendiamo dire come realtà che condiziona l'impostazione e la condotta delle operazioni militari), sia perché dettero la misura del progresso della tecnologia bellica nel quinquiennio che intercorse tra l 'uno e l'altro. La guerra dei sei giorni, inoltre, ebbe la grande e quasi esclusiva peculiarità di essere stata impostata sul piano strategico con perfetta rispondenza ai principi tradizionali, riesaminati alla luce delle esperienze della seconda guerra mondiale, guardati però in prospettiva e non con occhio rivolto solo al passato, e di aver trovato, nello sviluppo delle operazioni, l'altrettanto perfetta aderenza al piano iniziale per quanto riguardò spazio, tempi e terreno. Essa, infine, fu un modello di azione offensiva strategica diretta e guadagnare spazio, mentre in quella del Kippur Israde <lette prove di ottima capacità an-
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che nell'azione difensiva, sebbene si fosse lasciato inizialmente sorprendere, mediante il ricorso a procedimenti difensivi statici e dinamici, applicati in modo brillante. La guerra dei sei giorni ebbe la sua origine remota dal modo come era stata ideata dall'O.N.U., il 29 novembre 1947, la creazione dello Stato di Israele sulle rovine del mandato inglese sulla Palestina. Il piccolo Stato, istituito il 14 maggio 1948, senza frontiere naturali difendibili e circondato da Stati arabi ostili che ne avevano contrastato nel 1948-'49 la stessa creazione, nel 1956 aveva tentato, d'intesa con la Gran Bretagna e con la Francia, attaccando l'Egitto, di consolidare la propria esistenza, ma nonostante la vittoria non era riuscito ad ottenere il riconoscimento del diritto all'esistenza da parte di nessuno dei cinque Stati confinanti: Egitto, Siria, Libano, Iraq e Giordania (allora Transgiordania). Nel 1967, dopo che l'Egitto il 16 maggio aveva richiesto il ritiro dal Sinai della forza di emergenza dell'O.N.U., la cui presenza in quella penisola era motivo di sicurezza per lo Stato d'Israele, e dopo che il giorno 17 alcune unità di sette divisioni egiziane (5 di fanteria, 2 corazzate) erano entrate nel Sinai, Israele decise di prevenire un'eventuale aggressione egiziana, di garantirsi una maggiore stabilità e sicurezza delle frontiere anche nei riguardi della Siria e della Giordania e di acquisire disponibilità di spazio in avanti per difendersi da eventuali attacchi dei suoi vicini. Il piano strategico, senza dubbio studiato da tempo, previde tre fasi successive principali: conquista dell'assoluta superiorità aerea, offensiva contro l'Egitto, offensiva contro la Siria e la Giordania. Alla base di tale concezione: la sorpresa e la rapidità delle operazioni, in modo da realizzare la massa prima su di una fronte, poi sulle altre, e di decidere la guerra in tempi brevissimi, stanti l'impossibilità demografica ed economica di sostenere un lungo conflitto e la convenienza a far presto per prevenire l'intervento dell'O.N.U. Il piano funzionò in pieno e dopo poche ore, nella giornata iniziale, Israele conquistò l'assoluta superiorità aerea che fu la premessa del suo successo finale. L'impiego intelligente ed improvviso di 350 aerei sopraffece i 610 aerei nemici, distruggendone la maggior parte al suolo, mentre l'inferiorità numerica delle forze terrestri israeliane risultò largamente compensata dall'elevatissimo grado di efficienza operativa dell'esercito e dell'aeronautica israeliani determinato: sul piano morale, dal particolare status di cittadino-soldato che conferiva al combattente una consapevolezza, una prontezza, una convinzione profondamente radicate nel dover difendere il paese da chi ne aveva giurato la cancellazione; sul pia-
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no professionale, dall'intenso e costante addestramento del tempo di pace rivolto sia all'aspetto tattico sia a quello tecnico, compreso l'attento impiego delle armi, la loro corretta conservazione e manutenzione e la cura per sfruttarne tutte le prestazioni ottimali. La qualità ebbe ragione della quantità, a conferma che morale e addestramento giocano un ruolo determinante e decisivo ai fini dell'efficienza operativa delle forze armate e dei loro successi. Nei riguardi della tattica degli attacchi si può dire che gli israeliani si rifecero a quella tedesca della prima fase della seconda guerra mondiale: forze corazzate articolate su due complessi convergenti nel tratto di apertura della breccia; fanterie meccanizzate al seguito dei carri con un'aliquota destinata a seguire i carri e un'aliquota ad eliminare le resistenze residue prima che la colonna principale dei rifornimenti proceda in profondità; costituzione di una colonna di rifornimenti, possibilmente al centro, arretrata rispetto alle due formazioni di attacco e suddivisa in due tronconi: uno avanzato, per la spola continua di rifornimento delle munizioni e dei carbolubrificanti tra unità avanzanti e la colonna principale dei rifornimenti, uno arretrato, appunto il principale, la cui progressione in profondità è legata alla eliminazione delle resistenze nemiche residue; scelta del tratto di rottura abitualmente là dove la difesa si presenta più debole sì da poter utilizzare al massimo il ricorso alla manovra ed alla tattica d'infiltrazione. Una tattica siffatta esige una strettissima cooperazione fra le unità corazzate e le altre e anche un ritmo di progressione dell'intero dispositivo armonico e regolato che, invece, spesso nella guerra d'Israele venne a mancare. In più casi, infatti, i carri corsero troppo in avanti, lasciandosi molto indietro le fanterie e le artiglierie, che dove ttero affrontare la resistenza nemica frattanto riorganizzatasi per suturare le brecce . Validissima fu, invece, la cooperazione tra le forze terrestri e quelle a ereo-tattiche. Furono queste ultime che consentirono - sulla fronte del Sinai con i loro interventi decisivi (per esempio a Rafah e al passo di Jeradi) - il raggiungimento dell'altopiano centrale e del canale al complesso di forze attaccanti dall'ala destra del dispositivo offensivo. Per battere la resistenza egiziana, particolarmente forte ed accanita nella zona tra Un Katif e Abu Aweigila, che cedette solo nel pomeriggio del giorno 6, l'ala sinistra del dispositivo israeliano dové ricorrere a un massivo schieramento di artiglieria, insolito per gli israeliani, a un attacco notturno: con la fanteria che impegnò frontalmente le posizioni, i carri che, operando sui fianchi delle posizioni, si scontrarono con quelli egiziani affluenti dall'altopiano centrale, i paracadutisti eli-
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trasportati che seminarono disordine nella zona degli schieramenti dell'artiglieria egiziana. Anche sulla fronte della Giordania le forze aero-tattiche, che poterono agire indisturbate per l'avvenuta preventiva distruzione dell'aviazione giordana e per l'assenza o quasi della difesa aerea, ebbero un ruolo determinante e svolsero 8000 missioni in appoggio diretto alle forze terrestri. Minore fu, invece, l'efficacia dei loro interventi, ancorché più numerosi di quelli effettuati sulle altre due fronti, nei riguardi delle fortissime posizioni siriane, resistenti spesso anche al napalm, che gli israeliani attaccarono con la fanteria per rimuovere i campi minati, in condizioni di assoluto svantaggio sia per la pendenza del terreno, sia per la robustezza delle fortificazioni, sia per la limitatezza del campo di tiro, sia per la soggezione del loro movimento alla vista e al fuoco del nemico. La tattica difensiva degli egiziani, siriani e giordani, specialmente dei primi e dei secondi, rispondeva in linea di massima a quella sovietica della spada e scudo. Lo scudo era rappresentato dalla zona battuta dall'artiglieria, da quella di schieramento dei campi minati a cui si allacciava quella dello schieramento della fanteria, dalla zona di schieramento delle armi controcarri ed infine da quella di schieramento delle artiglierie. La spada era costituita dalla piccola spada, una formazione di carri pronta ad impegnare i mezzi similari israeliani che riuscissero a bucare lo scudo e dalla grande spada, una formazione di 200-300 carri, arretrata, pronta al contrattacco in forze attraverso le brecce determinate dalla rottura dello scudo. Il terreno, specialmente sulle fronti egiziana e giordana, consentiva l'impiego delle unità corazzate e, sebbene in alcuni tratti la sabbia fosse molto soffice, i carri poterono scorazzare quasi dovunque una volta aperte le brecce, favorendo la manovra a tutti i livelli. Protagonisti delle battaglie e dei combattimenti tra unità corazzate furono i carri inglesi Centurion MkS e Mk6 da parte israeliana e giordana, i T-54 ed i T-55 sovietici da parte egiziana e siriana29, mentre della lotta aerea furono protagonisti i francesi Dassault Mirage III da parte israeliana ed i sovietici MiG 17 e MiG 21 da parte egiziana e siriana. La guerra dei sei giorni si concluse vittoriosamente per gli israeliani su tutte le fronti e con perdite modeste (689 morti e 2563 feriti) rispetto a quelle dei paesi arabi (stimate pari a 13 500 morti e 27 mila feriti); essa di tradusse nella triplicazione del territorio di Israele e nel trasferimento dei confini dello Stato su posizioni naturali facilmente difendibili (canale di Suez, riva del Giordano, alture del Golan); non risolse però il problema politico, reso anzi più complicato dell'inserimento nello stato d'Israele
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di un milione e mezzo di arabi. Il costo israeliano per la sistemazione a difesa delle nuove frontiere e per la modernizzazione delle infrastrutture civili del nuovo territorio (strade, abitazioni, scorte, ecc.) aumentò smisuratamente. L'occupazione israeliana di Gerusalemme acuì l'intransigenza araba, mentre Israele si illuse che la vittoria avrebbe nel tempo finito con il piegare i paesi arabi. Tutto ciò riaccese la lotta armata poco meno di sei anni dopo. La guerra del Kippur ebbe nelle intenzioni del nuovo presidente egiziano, Anwar-as-Sadat, succeduto a Nasser Gamal Abdel deceduto nel 1970, lo scopo principale d'indurre le due superpotenze - i cui tentativi nella ricerca della pace nel Medio Oriente erano fino ad allora falliti per l'intransigenza araba ed israeliana, compreso quello esperito durante gli incontri Breinev-Nixon nel 1972 - a premere su Israele perché addivenisse ad un compromesso. Sadat trovò una soluzione con un 'analisi sottile: si convinse che gli arabi non dovevano vincere una guerra, ma dovevano vincere due battaglie, una contro gli israeliani e l'altra nei giornali e nelle televisioni di tutto il mondo. Insomma ciò di cui gli arabi avevano bisogno erano condizioni politiche favorevoli a un intervento delle superpotenze. Lo scoppio della guerra ed i successi iniziali avrebbero potuto produrre questo effetto, specialmente se contemporanei a minacce sui rifornimenti di petrolio ai paesi occidentali. Sadat cercava insomma i benefici della vittoria, senza che la guerra arrivasse ad un punto tale da determinare l'inevitabile sconfitta araba. Gli avvenimenti successivi dimostrarono quanto la tesi di Sadat fosse esatta30. Sadat, d'intesa con il capo dello Stato siriano, Hafiz, el-Assad, previde un'offensiva di sorpresa simultanea sulle due fronti, condotta in forze, senza la partecipazione diretta della Giordania, che si sarebbe limitata a mobilitare le sue forze senza muove rsi sì da dare sicurezza indiretta al fianco destro siriano e da lasciare Israele nell'incertezza. Il punto a favore della coalizione araba era ancora una volta il numero che avrebbe dovuto prevalere sulla qualità. Le forze siriane avrebbero attaccato dal Golan con formazioni corazzate; quelle egiziane avrebbero attraversato il canale di Suez e, stabilitesi saldamente sulla riva orientale, avrebbero imposto una guerra di logoramento che Israele non avrebbe potuto sopportare per la scarsità del potenziale umano e finanziario. L'offensiva araba venne ispirata, dunque, ai principi strategici della sorpresa, d ella massa e della sicurezza, questa ultima ricercata soprattutto nella neutralizzazione degli attacchi aerei israeliani, facendo affidamento sui vecchi MiG-17, ma soprattutto sui missili sovietici SA-2, SA-3, SA-6, SA-7, SA-9 e ZSU-
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23-4, mezzi quasi del tutto, ad eccezione degli SA-2, ignoti all'aviazio-
ne israeliana. Nell'ambito delle forze terrestri le forze arabe disponevano di nuove armi controcarri filoguidate e di lanciagranate controcarri RPG-7, forniti le une e gli altri dai sovietici. Il piano ebbe successo: il canale venne attraversato in più di 5 tratti, le difese statiche israeliane travolte e i contrattacchi respinti; sulla fronte siriana i 1200 carri siriani non riuscirono peraltro a sfruttare il successo iniziale ottenuto contro i 180 carri israeliani. Gli egiziani, poi, anziché consolidarsi sulla riva orientale del canale, come previsto dal piano, s'inoltrarono in profondità nel Sinai, dove nella battaglia d'incontro che dovettero affrontare con gli israeliani ebbero la peggio e si trovarono minacciati alle spalle dalle formazioni israeliane che attraversarono, a loro volta, il canale; i siriani dopo aver intaccato fortemente la difesa israeliana, anche se a caro prezzo, non furono in grado né di consolidare il successo ottenuto né, tanto meno, di sfruttarlo davanti all 'afflusso di nuove forze israeliane ed alla grande capacità tattica e tecnica delle unità israeliane che, appoggiandosi alle proprie posizioni difensive, presero sul fianco le formazioni siriane penetrate fino a el Al, a Nafekh ed al ponte Bnot Ya'akov. Se la lotta nel cielo arrise alla fine, malgrado le pesanti perdite iniziali subite a causa del fitto schieramento di cannoni e di missili contraerei, agli israeliani, lo si dové soprattutto: alle brecce aperte dalle forze israeliane di terra nelle posizioni arabe con incidenza sugli schieramenti dei missili e dei cannoni contraerei arabi; all'impiego di interi gruppi di aerei in bombardamenti a tappeto sulle posizioni contraerei ed all'utilizzazione delle bombe intelligenti americane (in gran parte Walley); all'adozione di appropriate contromisure elettroniche attive e passive (Electronic Counter Measures - E.C.M.) dirette a disturbare le frequenze arabe (impiego dei chaff) mediante la creazione di una moltitudine di falsi bersagli; al fatto che gli arabi, per essere sicuri di colpire il bersaglio, spararono i missili a salve di più armi, esaurendo gradualmente la disponibilità delle loro armi. Nelle operazioni terrestri l'esercito israeliano, nel duello tra forze corazzata, continuò ad avvalersi della superiorità del Centurion, accanto a] quale impiegò l' M48 americano31, rispetto al T-55 e soprattutto della sua superirità tattica e tecnica, in forza della quale piccole unità carriste fronteggiarono battaglioni e brigate corazzate siriane, infliggendo ]oro perdite elevatissime (la 7a brigata corazzata israeliana agendo per complessi minori da sola distrusse 250 carri siriani nella valle delle Lacrime). Nella battaglia d'incontro nel Sinai gli israelia ni affrontarono le forma-
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zioni corazzate egiziane: frontalmente con azioni temporeggianti di complessi misti fanteria-carri; di fianco con unità carri. Le difese controcarri egiziane vennero neutralizzate schierando unità carri al livello di compagnia e rinforzandole con unità di fanteria su veicoli corazzati per il trasporto personale (Armound Personnel Carrier-A.P.C.), armate di mitragliatrici e di mortai pesanti, in grado di sommare il loro fuoco a quello dei carri contro le postazioni di missili guidati controcarri (Anti Tank Guided Weapons -ATGW). Dopo il 16 ottobre, inoltre, anche gli israeliani poterono contare su nuove armi controcarri giunte dagli Stati Uniti - tubi di lancio per missili a puntamento ottico, filoguidati - i TOW (Tubelaunched Optically-Traked Wireguided) 32_ Rispetto alla guerra dei sei giorni, quella del Kippur fece compiere un grande salto in avanti al tecnicismo delle operazioni e del combattimento: i missili controcarri e contraerei dominarono il campo di battaglia non meno dei carri e degli aerei che non ne furono più i padroni assoluti; la guerra elettronica s'inserì come componente determinante dell'azione offensiva e di quella difensiva. Dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, nessuno dei tanti conflitti combattuti aveva indicato con altrettanta chiarezza come la guerra convenzionale venisse gradualmente, ma con estrema rapidità, aprendo sempre più vasti campi di azione alla missilistica ed all'elettronica, senza per questo dover mettere in soffitta i cannoni controcarri e contraerei che venivano anche questi ammodernandosi e perfezionandosi per continuare ad adempiere i loro ruoli tradizionali. Non si trattava, come alcuni affrettatamente sostennero, di sostituire i missili ai cannoni, ma di realizzare ai vari livelli un'equilibrata integrazione dei due sistemi d'arma, atta ad accrescere la capacità di difesa dagli attacchi degli aerei e dei carri. Il binomio offensivo carro-aereo della seconda guerra mondiale non andò incontro ad un'eclissi, ma solamente ad un qualche indebolimento della sua capacità risolutiva il quale rese anzi più intensa ed accanita la lotta tra corazza e cannone e tra aereo ed armi contraerei.
7. Un'altra guerra convenzionale di grande portata politica in quanto ebbe come risultato la nascita di un nuovo Stato - il Bangla Desh - fu quella indopakistana durata dal 3 al 16 dicembre 1971 e conclusasi con la vittoria dell'India. Alla base della guerra fu l'assetto terri
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toriale conferito al continente indiano nel 1947 mediante la creazione di due Stati indipendenti - l'India ed il Pakistan - dei quali il Pakistan diviso dall'India in due regioni separate, distinte tra loro il Pakistan occidentale e quello orientale - aventi in comune la religione, ma non la razza, la cultura, la lingua, l'economia. Nel corso degli anni sessanta l'India aveva subito sconfitte in guerre e in incidenti di frontiera ad opera dei pakistani e dei cinesi, ma nel 1971 ebbe modo di affermarsi come grande potenza militare asiatica, sconfiggendo il Pakistan sia nello scacchiere operativo occidentale sia in quello orientale, in questo ultimo favorita dalla volontà della popolazione locale di ottenere una completa separazione del Pakistan occidentale da quello orientale. Sotto il profilo tecnico-militare gli avvenimenti più importanti della guerra indo-pakistana del 1971 furono il fallimento dell'offensiva aera preventiva condotta dal Pakistan contro l'India e la breve durata della guerra, ovvero la rapidità con la quale l'India ottenne il successo sia ad est che ad ovest_ L'intendimento pakistano di emulare l'offensiva aerea preventiva condotta vittoriosamente da Israele nella guerra dei sei giorni non poté essere perseguito perché il comando pakistano sbagliò nello scegliere l'ora dell'inizio dell'offensiva - ora del tramonto-, nel non realizzare la massa e nel non portare l'azione in profondità. L'aviazione pakistana realizzò la sorpresa, ma ebbe poco tempo di luce per continuare lo sforzo fino alla distruzione della forza aerea avversaria; si limitò a colpire o aeroporti avanzati (2 nel Kashimir, 5 nel Punjab, 3 più a sud), presumendo che l'aeronautica indiana fosse concentrata su di essi, mentre era disseminata in molti aeroporti (e, in più, molti dei suoi velivoli erano protetti in ricoveri in calcestruzzo vulnerabili soltanto da un colpo diretto); impiegò solo un terzo, almeno così sembra, dei suoi apparecchi per l'attacco iniziale tra le 17,40 e le 18, 15 del 3 dicembre. I pakistani, verosimilmente, non impiegarono la massa della loro forze aeree per motivi politici, volendo preservarne gran parte fino alla conclusione della guerra per pesare sul piano diplomatico. Vi fu, pertanto, nel loro comportamento contraddizione tra politica e strategia. L'aviazione indiana, inoltre, poté contare su di un mezzo nuovo: il sistema di allarme e controllo aviotrasportato (AWACS), impiegato per la prima volta nella storia delle guerre tradizionali. Gli aerei AWACS capaci di rilevamento, di controllo e di comunicazioni, in uno con l'adozione di efficaci contromisure elettroniche, consentirono all'aviazione indiana di controperare con grande efficacia, riducendo le possibilità della sorpresa avversaria ed impedendo il funzionamento dei radar
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e dei sistemi di comunicazione pakistani. Non solo non vi fu, dunque, la ripetizione da parte pakistana dell'offensiva aerea israeliana, ma la guerra aerea si risolse nettamente a favore dell'India. Inoltre, l'aviazione pakistana, eccetto che nel settore di Chamba, fu di scarsissimo aiuto alle proprie forze terrestri. Le battaglie e i combattimenti terrestri ebbero impostazione e sviluppi diversi nei due scacchieri: in quello occidentale, dove esisteva un sostanziale equilibrio tra le forze contrapposte e dove l'esercito pakistano fece del tutto per evitare la sconfitta totale, le operazioni si svolsero tra tre bfocchi di forze contrapposte, dei quali uno nel Kashmir, uno nel Punjab, uno nel Sinol; in quello orientale, l'offensiva indiana si produsse su di un gran numero di direttrici con l'intento di circondare da nord, da ovest e da sud l'intero Bangla Desh e di evitare la ritirata pakistana su Dacca. L'avanzata pakistana nel Kashimir verso Punch ebbe successo solo intorno a Chamba, ma venne arrestata in tutti gli altri settori e i pakistani persero quasi tutti i loro avamposti e dovettero cedere terreno, lasdando che gli indiani s'impadronissero del saliente pakistano sul fiume Manawar, vicino ad Akhmur, proprio sotto Chamba. Nel Punjab si svolsero violenti combattimenti, tra i quali un grande scontro di forze corazzate nei dintorni di Shakargarth, che si conclusero con la conquista indiana di quasi 1000 chilometri quadrati di territorio. Nel Sind gli indiani conquistarono oltre 2600 chilometri quadrati di territorio, ancorché in gran parte desertico e paludoso; anche nel Sind si ebbero scontri di forze corazzate a Ramgarth e a Naya Cor (che gli indiani non riuscirono a conquistare), ma i carri di entrambe le parti incontrarono non poche difficoltà a muoversi sul deserto sabbioso. La battaglia per il Bangla Desh ebbe tre settori focali: quello nord-occidentale nel quale gli indiani, dopo aspri combattimenti, conquistarono Bogra; quello sud-occidentale dove le truppe indiane conquistarono Darsana e Jessore; quello sud-orientale dove l' attacco indiano, iniziato la mattina del 4 dicembre, s'impadronì nella stessa giornata di Akhaura e Laksham, il giorno successivo di Peni, raggiunse il 9 il fiume Meghana, Ashuganj, Dandkandi e Chandpur, attraversò il fiume il giorno 10 e si consolidò al di là, a distanza relativamente breve da Dacca. L'attraversamento del fiume, largo 1500 m, avvenne con battelli e con il sostegno di elicotteri d'attacco. Gran 'parte, nell'attraversamento dei fiumi che spezzettano il terreno, lo ebbero i carri leggeri anfibi sovietici PT-76 - l'unico carro al mondo in quel periodo capace di operazioni anfibie33 - in dotazione all'esercito indiano e ancor maggiore fu la parte che vi ebbero gli elicotteri da trasporto
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e d'attacco. Le forze armate pakistane, numericamente inferiori a quelle indiane34, impiegarono prevalentemente armi di provenienza occidentale; quelle indiane prevalentemente armi di provenienza sovietica, ma molte armi (ad esempio gli aerei MiG. 19) furono comuni ad entrambe le opposte rorze armate. L'India, peraltro, si poté avvalere di armi e di mezzi sovietici recentissimi - aerei Moss AWACS, carri PT-76 - e di armi sovietiche meno recenti (carri T-54, cannoni da 130 mm, ecc.), ma ancora più che valide in quella guerra. La guerra indopakistana fu, in conclusione, una guerra combattuta con armi tecnicamente avanzate, appartenenti in buona parte alle generazioni postbelliche, alcune addirittura impiegate in combattimento per la prima volta. Gli anni settanta si chiusero con l'invasione sovietica dell'Arghanistan, nella quale armi e mezzi più recenti di quelli dell'inizio del decennio fecero mostra di sé e dettero prove della loro validità operativa, sia pure in un contesto strategico e tattico del tutto particolare. Di tutte le varie peculiarità che caratterizzarono l'operazione, la prima e più importante fu l'assenza, o quasi, della reazione armata da parte delle forze regolari afghane che ad eccezione di alcune unità quali, ad esempio, la ga divisione afghana che lottò aspramente ed altre unità che persero complessivamente 2000 uomini uccisi nei vari combattimenti - si lasciarono disarmare, disertarono e subirono nel loro insieme un collasso del tipo di quello da cui fu colpito 1'8 settembre 1943 l'esercito italiano, con la differenza, assai notevole, che l'esercito e l'aeronautica afghani godevano di un armamento e di un equipaggiamento moderni forniti loro dalla stessa Unione Sovietica. Un'altra peculiarità fu la preventiva presenza in loco di parecchie migliaia di consiglieri sovietici che facilitarono non poco, specialmente sotto il punto di vista informativo, l'operazione. Una terza peculiarità fu l'esistenza di una situazione politica interna d'instabilità e di divisione tra riformisti e moderati, se così impropriamente si possono classificare da una parte i seguaci di Hafizullah Amin, presidente al tempo dell'invasione, e dall'altra quelli di Nur Mohammed Taraki e di Babrak Karmal. Le opposizioni, in aperta ribellione al governo e sospettose del marxismo-leninismo sovietico, erano, a loro volta, estremamente divise, ancorché tutte intransigentemente islamiche e non avevano un capo carismatico che le tenesse unite. Il 14 settembre 1979 Amin fece assassinare Taraki nel palazzo presidenziale, ma non intese far posto a Karmal, fautore di una politica più moderata di quella estremamente dura di Amin stesso nei riguardi delle opposizioni, so
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stenute anche dall'Unione Sovietica, e si rifiutò di accettare l'invasione sovietica. Messo alle strette dal rappresentante sovietico a Kabul, general Voktov Papatin, perchè cedesse il potere a Karmal, Amin non si arrese e venne ucciso nel corso del combattimento ingaggiato alla periferia di Kabul, intorno al palazzo Daumal, dove il generale Papatin lo aveva convinto a trasferirsi per motivi di sicurezza, tra i paracadutisti sovietici della tosa divisione ed un reggimento di carri armati afghani che difendevano l'edificio. L'invasione sovietica ebbe inizio il 24 dicembre 1979 con lo sbarco di una prima aliquota de l la 105 a divisione aerotrasportata della Guardia sbarcata sull'aeroporto di Bagram, di cui i sovietici si erano impadroniti il 24 dicembre. Le forze terrestri sovietiche avanzarono su due complessi costituiti, ciascuno, da due divisioni di fanteria motorizzata: uno (37a e 66a divisione) attraversò il confine a Kuska ed occupò in successione Herat, Shindand, Farah e Kandahar dove si incontrò con l'altro (360a e 201 a divisione) che, attraversato il confine a Termeg, occupò Kundaz, Doshi, passo Salang, Kabul, Ghazni, Mukur, Kandahar ed inviò distaccamenti di forze a Iskasim e Gardez, verso il confine con il Pakistan. A metà gennaio 1980 scesero sull'Afghanistan altre due divisioni di fanteria motorizzata sovietiche. L'esercito sovietico stabili nel paese un pres idio di forze di occupazione di 80 mila uomini e mantenne altri 30 mila uomini a immediato ridosso del confine afghano-sovietico. Le forze di occupazione erano addestrate ed equipaggiate per un guerra tradizionale e non adatte, perciò, ad affrontare la guerriglia. Le truppe della 105a divisione giunsero nell'Afghanistan aerotrasportate con i velivoli AN-12, AN-22 e IL-76; esse disponevano di due speciali veicoli da combattimento: un semovente autotrasportabile (ASU-85) con un cannone contracarri da 85 mm; un mezzo corazzato per il trasporto truppa costruito espressamente per le truppe aerotrasportate, dotato di un cannone da 73 mm, di tre mitragliatrici cal. 7,62 e di una guida per il lancio di missili controcarri Sagger. Le divisioni di fanteria motorizzata disponevano di carri T-55 e T-6235, di veicoli trasporto truppa corazzati ruotati o cingolati, dell'obice M-38 da 122 mm e dell'obice D-30 da 122 mm ruotati, del cannone semovente M-1973 da 152 mm, de i mortai da 120 e da 160 mm. L'armamento individuale era costituito in gran parte dal fucile d 'assalto AKM ca!. 7,62 e anche dal fucile AK74 cal. 5,45 con proiettili laceranti. L'aeronautica sovietica disponeva dei caccia-bombardieri MiG-21 e MiG-23. Una delle armi principali dell'invasione furono gli elicotteri da trasporto Mi-8 e gli elicotteri Mi-24 da combattimento armati di mitragliatrici, lanciarazzi,
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missili e bombe. Il piano strategico dell'operazione si ispirò alla conquista prioritaria delle città e al controllo delle strade. L'invasione dell'Afghanistan, sotto certi aspetti di condotta simile a quella della Cecoslovacchia di più di dieci anni prima, fu un atto di mera aggressione di un paese indipendente, non facente parte di nessun blocco. Essa fu decisa da Breznev e dagli altri dirigenti civili e militari dell'Unione Sovietica non per soddisfare l'esigenza generica di espansione del marxismo-leninismo, ma per la paura, accresciutasi in seguito ai fatti che stavano accadendo nell'Iran dopo la detronizzazione dello scià, che la ribellione del mondo mussulmano-afghano potesse estendersi alle popolazioni dell'Asia centrale sovietica, aventi legami religiosi, razziali, linguistici e culturali sia con gli afghani che con gli iraniani. L'Unione Sovietica temé di perdere prestigio ed influenza nel mondo islamico e, faJlita la via della penetrazione dall'interno per l'opposizione di Amin, ricorse, non trovando altra risorsa, all'intervento armato. La reazione degli Stati Uniti - rinvio della ratifica dei S.A.L.T.2, riduzione della vendita di cereali e di tecnologie americane ai sovietici, boicottaggio dei giochi olimpici di Mosca - sorprese l'Unione Sovietica, ma la sorpresa maggiore le venne dalla resistenza degli afghani, tradizionalmente ostili ad ogni interferenza straniera, che dettero il via ad una guerriglia disperata contro le forze sovietiche di occupazione che, per la prima volta, si vennero a trovare nella condizione di dover neutralizzare la guerra rivoluzionaria tante volte da loro alimentata altrove.
8. La guerriglia - l'abbiamo già messo in evidenza - non è un' invenzione sovietica o cinese. Le sue origini sono remote e si perdono nei millenni passati. Dopo la seconda guerra mondiale essa ha comunque acquisito, specialmente nel contesto della strategia indiretta, una frequenza ed una funzione sostituiva, o complementare, della guerra convenzionale quasi senza precedenti nel pass ato. Nella seconda metà degli anni quaranta e durante gli anni cinquanta essa, da sola o come forma complementare della lotta fra forze armate regolari, fu presente, come abbiamo ricordato, su tutti i continenti, compreso quello europeo, sul quale del resto era stata particolarmente intensa contro l'occupazione tedesca. Dopo la fine della seconda guerra mondiale in Cina, in Indocina ed a Cuba - per fermarci alle manifestazioni più significative - la guerra rivoluzionaria, di cui la guerriglia è la forma più ricorrente, aveva riportato vittorie schiaccianti. Negli anni ses-
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santa e settanta il ricorso alla guerriglia, spesso con l'aggiunta di quello al terrorismo, divenne la strategia comune della grandissima maggioranza dei movimenti di liberazione e di indipendenza dei popoli ancora soggetti alla dominazione coloniale, delle ribellioni di nazioni oppresse da regimi dispotici ed egemoni, delle rivoluzioni promosse da partiti o da fazioni per destabilizzare governi costituzionali. Spesso la guerriglia non ebbe l'esito vittorioso che conseguì nelle guerre rivoluzionarie di Algeria e del Vietnam, anzi in alcuni casi venne neutralizzata e sconfitta, ma in altri casi essa non venne spenta tanto che alla fine degli anni settanta era ancora viva in Europa, nel Medio Oriente, in Asia, in Africa e nell'America latina, un po' dunque in tutto il mondo, senza che vi fossero prospettive di poterla debellare. Proprio verso la fine degli anni sessanta anche il terrorismo divenne un grosso problema potendosi giovare di intrecci internazionali, di nuove tecniche difficilmente controllabili in sede preventiva, della insufficienza delle contromisure dei governi democratici quando non anche della debolezza di questi ultimi. La grande madre e maestra della guerriglia moderna era stata, fin da subito dopo la fine della pirma guerra mondiale, la Cina, dove i comunisti dal 1920 al 1940 avevano combattuto prima contro i nazionalisti e poi contro i giapponesi. Quando, dopo la rottura del fronte unitario contro il Giappone, era scoppiata nel luglio 1946 la guerra civile, conclusasi con l'entrata di Mao TseTung in Pechino il 21 gennaio 1949, la dottrina e le tecniche della guerriglia avevano fatto enormi progressi e il partito comunista cinese, fondato nel 1921 su principi marxisti-leninisti, che era entrato nel Kuomintang di Sun Yat-sen quasi senza peso stante lo scarsissimo seguito, vi si era gradualmente affermato fino a diventarne l'unico ed assoluto protagonista. Mao Tse-Tung, che già nel ventennio prebellico aveva teorizzato criteri e modalità della guerriglia moderna, nel 1945, giovandosi dell'esperienza vissuta, aveva elaborato una vera e propria dottrina della guerriglia moderna non più vista, come nel passato, sotto forma complementare e secondaria delle operazioni militari principali, ma concepita con valore strategico tale da poter da sola assicurare la vittoria. La lezione piu importante che egli aveva tratto dal passato riguardava la natura politica d ella guerra rivoluzionaria, per cui presupposti della guerriglia non potevano essere che l'ideologia e la direzione proletaria. La guerra rivoluzionaria era di per sé, per d efinizione, una guerra offensiva, la quale, però, diversamente dalle guerre offensive tradizionali, soffriva, specialmente all'inizio, di una grande inferiorità di forze. Da qui il passaggio della guerriglia attra-
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verso tre stadi o fasi: conquista della superiorità tattica locale senza lasciare tregua all'avversario; stasi strategica di esaurimento dello sforzo massimo della controguerriglia e costituzione di un esercito semitradizionale ma fortemente politicizzato; controffensiva strategica mediante la trasformazione della guerriglia in guerra mobile nazionale. Questa ultima era stata la fase che in Cina era stata combattuta negli ultimi anni della guerra civile: sconfitta dell'esercito nazionalista a Changchun e a Sheyang in Manciuria e nella battaglia per il nodo ferroviario di Xuzhou; crollo delle infrastrutture politiche, sociali e militari del governo nazionalista; anelito alla pace della massa della popolazione. In Cina tutto si era svolto secondo la concezione di Mao e così pure, con alcune diversità, anche in Indocina. In entrambi i paesi, nel le prime due fasi era prevalsa la guerriglia rurale, appunto secondo i principi di Mao di ottenere in primo luogo il controllo di estese aree rurali e di piccole e medie città per concquistare poi le città maggiori. I procedimenti tattici della guerriglia erano stati quelli di sempre, con la differenza che dalle tattiche militari non erano mai state disgiunte quelle politiche. Abbiamo già ricordato le principali gesta della guerriglia in Europa, in Asia ed in Africa ed i successi e gli insuccessi da essa seguiti, nonché le diverse tattiche applicate nei vari casi. Un discorso a parte, sommario che sia, merita la guerriglia nell'America latina, dove essa ebbe motivazioni, impostazioni e sviluppi assai diversi da quelli fin qui esaminati. L'America latina non era stata coinvolta, se non tardi, parzialmente ed in misura pressoché trascurabile, nella seconda guerra mondiale. I vari Stati che la costituivano erano in gran parte costituzionalmente indipendenti e sovrani, ancorché condizionati dalla vincinanza degli Stati Uniti. Eppure, proprio nello Stato in un certo senso maggiormente sotto la tutela degli Stati Uniti, la guerriglia da sola, senza l'aiuto straniero e priva di basi di alimentazione adiacenti, aveva colto nella seconda metà degli anni cinquanta una vittoria strepitosa, che nessuno avrebbe potuto predire, quando il 2 dicembre 1956, Fide! Castro era sbarcato a Cuba dallo yacht Gamma con 81 seguaci. Egli era poi riuscito a raccogliere intorno a sé non più di 300 uomini e con questi aveva dato inizio alla guerra rivoluzionaria, sfruttando l'impopolarità di un regime corrotto e tirannico. Castro non si era posto inizialmente su posizioni ideologiche incondizionatamente marxisteleniniste, ma aveva fatto tesoro dell'insegnamento di Mao circa lanatura politica e la portata strategica della guerra rivoluzionaria. Egli non era stato tmo sprovveduto avventuriero gettatosi in un'impresa
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assurda e fallimentare in partenza, ma un avveduto rivoluzionario che aveva valutato attentamente i termini di situazione e di tempo e scelto, con non minore cura, la strategia e la tattica da seguire. Gli aiuti per la riuscita dell'impresa gli erano poi venuti a mano a mano dall'interno dell'isola, ed a quelli iniziali dei contadini si erano aggiunti successivamente quelli dei ceti medi, in informazioni, denaro, viveri, soldati e quadri. La sua guerriglia era d'ispirazione nazionale e sociale e, partita dalle zone rurali, si era gradualmente estesa a quelle urbane, così come Mao aveva insegnato. Lo avevano favorito la corrotta dittatura di Fulgencio Batista y Zaldivar, il disprezzo di questo ultimo per i diritti costituzionali, la brutalità delle repressioni da parte dell'esercito regolare e della polizia che arrestavano, torturavano ed uccidevano quasi indiscriminatamente gli oppositori del regime, i cui cadaveri esponevano al ludibrio. I suoi successi inizia li erano dipesi in gran parte dalla generale insofferenza del paese nei riguardi del dittatore, dalla inefficienza e c rescente demoralizzazione delle forze regolari di sicurezza - dalle quali erano stati allontanati i quadri migliori perché non fedeli al regime - e dalla scarsa volontà dei soldati di battersi per un uomo che aveva perduto tutta la popolarità goduta in passato. Ma proprio per questo, Castro aveva dato prova di esser e un eccellente stratega della guerra rivoluzionaria teorizzata da Mao. Partito da una modesta base rurale, aveva saputo portare la rivoluzione nel cuore dello Stato frantumandone le strutture politiche e militari. L'allineamento alle posizioni dell'Unione Sovietica - che non l'aveva materialmente aiutato e si era limitata ad esprimergli solidarietà morale ed a sostenerlo sul piano psicologico - era venuto dopo e soprattutto in seguito all'atteggiamento degli Stati Uniti schieratisi fin dall'inizio dalla parte di Batista e che, successivamente, sentitisi minacciati nei loro interessi economici, non avevano saputo far di meglio che tagliare fuori l'isola dai mercati tradizionali. La identificazione del castrismo con il marxismo fu un fatto successivo, che comportò processi e fucilazioni in massa degli oppositori, molti dei quali già seguaci fedeli di Castro. Forse l 'Unione Sovietica non aveva neppure immaginato all'inizio dell'avventura castrista di poter disporre entro brevissimo tempo di una base così importante e così avanzata per l'espansione de lla sua influenza e del comunismo. Agli inizi degli anni sessanta, prima la rottura de i rapporti diplomatici (gennaio 1961) decisa dal presidente Eisenhower e poi la spedizione della Baia dei Porci (aprile 1961), autorizzata dal presidente Kennedy, spinsero Castro verso Mosca e Cuba divenne così uno dei satelliti più affidabili
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dell'Unione Sovietica, nella cui orbita cominciò sempre più a muoversi dal 1962 in poi fino ad entrare nel 1972 nel C.O.M.E-CO.N_. Uno dei più abili collaboratori di Castro fu il suo luogotenente, l'argentino Ernesto Guevara, detto Che, che ritenne di poter ricavare dall'esperienza cubana un modello di guerra rivoluzionaria da esportare altrove. Egli si dimostrò, invece, un pessimo stratega politico e militare. Sostenne che la guerra rivoluzionaria avrebbe potuto essere vittoriosa dapertutto purché partisse da una base rurale_ L'area naturale della guerriglia era stata ovunque la campagna e perciò i rivoluzionari non dovevano attendere la crisi della società locale prima di muoversi, ma dovevano essi stessi provocarla. Una piccola forza bene armata e addestrata, mobile e convinta, poteva ripetere le gesta di Mao, di Ho Chi Mine di Castro ovunque e, con tale convinzione, si portò prima nel Congo e poi in Bolivia, certo di poter sconfiggere gli eserciti regolari anche là dove questi erano al servizio di una dittatura militare. Le sollevazioni rurali sarebbero state sufficienti ad avere ragione delle autorità di governo. Egli non tenne conto che la gran parte dei paesi della America latina, già agli inizi degli anni sessanta, erano entrati nel processo di urbanizzazione che veniva spopolando le campagne e che perciò sarebbe occorsa una strategia diversa. Nell' America latina, od almeno in molti Stati di questa, non mancava l'humus fertile per una guerra rivoluzionaria; nonostante ciò, tutte le insurrezioni popolari tentate nella prima metà degli anni sessanta nel Perù, nella Bolivia, nella Colombia ed altrove, fallirono proprio a causa di una strategia sbagliata. I movimenti rivoluzionari furono tutti sconfitti dalle forze regolari e con grande facilità_ L'idea di emulare la rivoluzione cubana si dimostrò disastrosa a i fini dell a guerra rivoluzionaria impostata sul foco dei piccoli gruppi rivoluzionari, mobili ed aggressivi, che avrebbero dovuto creare il terreno favorevole per ottenere l'appoggio popolare, che sarebbe sorto spontaneamente ed avrebbe condotto alla vittoria. Il foco di Guevara andava appiccato nelle città non più nelle campagne. A teorizzare la guerriglia urbana pensò il brasiliano Carlos Marighela con il suo libretto Manuale della guerriglia urbana. La violenza urbana aveva s empre fatto parte della lotta rivoluzionaria ed il contenuto del libretto di Marighela non era nuovo e in gran parte era ovvio. Marighela illustrò un aspetto particolare della guerra rivoluzionaria inquadrando questa nella situazione particolare dell'America centrale e meridionale ed indicando il sistema da seguire nell'applicare i metodi della guerriglia in un agglomerato urbano, come parte di una strategia globale coordinata
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di acquisizione degli obiettivi rivoluzionari. La strategia di Marighela era di carattere offensivo e aveva come punto di partenza la guerriglia urbana, collegata con i vari partiti politici locali. Il fallimento dei moti insurrezionali della prima metà degli anni sessanta era dipeso dalla organizzazione delle forze regolari che avevano potuto concentrare la loro potenza nelle campagne, sicure delle città che si erano lasciate alle spalle. Occorreva attirare le forze regolari nelle città per costringerle ad allentare la loro presenza nelle zone rurali. La guerriglia urbana e rurale sarebbero così divenute complementari e le forze regolari sarebbero venute a trovarsi nella incapacità, data la loro diluizione, di fronteggiare le due minacce. La guerriglia urbana, inoltre, avrebbe concentrato su di sé l'attenzione popolare ed avrebbe scosso il prestigio delle autorità costituite, diminuendo l'appoggio, la simpatia e soprattutto la credibilità e la fiducia della popolazione nei loro riguardi. Gli effetti di una guerra psicologica intramezzata da assassini, azioni dinamitarde, scioperi anche se pacifici, imponenti dimostrazioni di protesta sarebbero stati molto più validi e risolutivi che non l'occupazione e la libera disponibilità dei territori rurali. Le teorie poliLico-militari di Marighela, indubbiamente valide ed efficaci ai fini della guerra rivoluzionaria, molto più aderenti alla situazione politica e sociale dell'America latina di quelle del Che, non valsero a garantire il trionfo della guerra rivoluzionaria e del comunismo nel continente americano, ma determinarono spesso reazioni dei governi al potere e degli altri partiti, violente, sanguinose e liberticide. La storia dell'America latina degli anni sessanta e settanta di cui in nota ricordiamo cronologicamente gli avvenimenti salienti36 - fu un succedersi di guerriglie rurali, urbane e combinate, di atti di terrorismo, di scontri tra opposte fazioni, di colpi di stato e di rivoluzioni, di dittature militari e di governi autoritari ed arroganti, aventi quasi tutti per sfondo comune l'enorme disumano divario tra la ricchezza ed i privilegi di ristrettissime minoranze e le condizioni sociali subumane della gran massa della popolazione di quasi tutti gli Stati. Governi e movimenti rivoluzionari d'ispirazione comunista o anticomunista ritennero che la violenza in sé stessa fosse una forza politica e la utilizzarono gli uni contro gli altri. La guerriglia urbana, in particolare, covò spesso sotto cenere provocando, pe raltro, ogni tanto ritorni di fiamma e non di rado il divampare di nuovi incendi. Nessun movimento rivoluzionario riuscì ad ottenere quanto avevano ottenuto i gruppi rivoluzionari degli anni cinquanta e della prima m età degli anni sessanta, perché ognuno di essi aveva perduto, dalla se-
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conda metà degli anni sessanta in poi, prestigio, influenza e forza centripeta, anche a causa dei dissidi interni, del frazionamento e delle dispute sulla validità della strategia e della tattica da seguire. Anche quando, come nel caso del Cile, la scelta della via nazionale al socialismo venne determinata dall'andata al potere, nel settembre del 1970, in seguito a libere consultazioni, di un'alleanza frontista (comunisti, socialisti, radicali di sinistra, socialdemocratici, democratici cristiani dissidenti) e dall'elezione a presidente della repubblica del marxista Salvador Allende Gossens, le discordie interne, e nel caso del Cile anche il malgoverno dello stesso Allende, furono tali da favorire i colpi di Stato e le reazioni delle forze opposte. I movimenti rivoluzionari e la guerriglia urbana uscirono quasi dovunque battuti, ma non disfatti, dall'efficienza delle forze armate regolari e dalle misure autoritarie da queste adottate. Alla fine degli anni settanta la gran parte degli Stati dell'America latina e, in particolare, tre dei più grandi ed importanti - Argentina, Brasile e Cile - erano governati da dittature militari, mentre i loro problemi di fondo di carattere politico, sociale ed economico, anziché avviarsi ad una qualche soluzione, diventavano più complicati, più acuti e più drammatici. In molti paesi la situazione era caratterizzata: da una parte, dall'esistenza di governi militari dittatoriali, autoritari ed egemoni che imprigiovano, torturavano, uccidevano e lasciavano, quando non le ispiravano direttamente, che le fazioni a loro favorevoli commettessero assassini e saccheggi nei riguardi degli avversari del regime; dall'altra parte, dalla logica assurda dei rivoluzionari diretta a rendere più dura la repressione nel convincimento che questa sarebbe risultata ancor più controproducente per i governi ed avrebbe così spianato la strada del potere. Anche l'Europa occidentale, dagli ultimi anni sessanta, cominciò ad essere teatro di azioni terroristiche di diversa ispirazione ideologica e politica, aventi in comune l'obiettivo della destabilizzazione degli Stati democratici. Il terrorismo aveva costituito un importante fenomeno internazionale fin dalla seconda guerra mondiale ed era stato particolarmente attivo nella Palestina governata dagli inglesi, nel Kenya, in Malesia, a Cipro, ad Aden ed altrove. Il terrorismo in Europa e nel Medio Oriente degli ultimi anni sessanta e del decennio successivo ebbe volti diversi, di non facile identificazione e dai lineamenti non chiari, tanto che non si possono fare classificazioni precise, pur essendo provata l'esistenza di una solidarietà internazionale del terrorismo, quale che sia l'ispirazione ideologica dei vari movimenti. Di questi il più numeroso e forte fu senza dubbio quello d'ispirazione
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rivoluzionaria marxista-leninista comprendente i gruppi BaaderMeinhof in Germania e le brigate rosse e le formazioni di prima linea in Italia e molti altri gruppi minori con denominazioni diverse e congiunti comunque tra loro anche ai fini della salvaguardia della clandestinità. In Italia e in Francia furono altresì presenti ed operanti gruppi d'ispirazione neofascista, altrettanto spietati e sanguinari di quelli dell'opposto estremismo. In Irlanda, in Spagna, in Francia (Corsica) e in Italia (Alto Adige) agirono raggruppamenti terroristici d 'is pirazione nazionali sta e separatista (I.R.A. o Irish Republican Army in Irlanda; E.T.A. o Euskadi Ta Askatascena in Spagna; ecc.). Un altro movimento terrorista importante e numeroso, di ispirazione nazionalista e rivoluzionaria ad un tempo, che operò nel Medio Oriente, fu l'O.L.P. (Organiz zaeione per la libe razione della Palestina) che comprendeva in quegli anni almeno cinque corpi separati. Le azioni devastanti e terrificanti compiute dalle varie sette terroristiche di sinistra, di destra e nazionaliste negli anni settanta nell'Europa occidenta le, nel vicino Oriente e in Giappone - dove operò il gruppo Armata rossa - oltre che nell'America latina ed altrove, furono tante e tali che ogni elencazione risulterebbe lac unosa. I vari gruppi terroristi, quando non godettero di finanziamenti esterni, si autofinanziarono con rapine, assalti di banche, rapimenti e sequestri - tipico il rapimento dei ministri del petrolio alla conferenza dell'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Organization of the Petroleum Exporting Countries O.P.E.C.) a Vienna nel 1975 che fruttò all'O.L.P. 50 milioni di dollari - e spesso fruirono della protezione di Stati sovrani (Libia, Algeria, Siria, repubblica democratica del popolo dello Yemen) che consentirono loro di addestrarsi e di rifugiarvisi. Il capo dello Stato libico, colonnello al Qaddàfi Mu'ammar, conosciuto come Gheddafi, fu in quegli anni il grande finanziatore e protettore dell'O.L.P. e di molti altri gruppi terroristici. Anche se non risultò in quegli anni l'esistenza di legami diretti dei movimenti terroristici con l'Unione Sovietica, questa, sempre disponibile e pronta a promuovere o ad incoraggiare fattori di destabilizzazione dell'Occidente, fu quanto meno complice morale della loro attività criminosa mediante il notevole sostegno di copertura che offrì loro. Fino agli anni sessanta l'Unione Sovietica si mosse su motivazioni piuttosto intricate aiutando soprattutto, sempre sul piano psicologico, spesso su quello politico e diplomatico, i terrorismi allineati alla sua ideologia ed alla sua influenza, ma da allora in poi l 'aiuto sovietico si estese gradatamente anche ai gruppi non comunisti per il tramite dei servizi segreti dei paesi satelliti e dei
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paesi arabi filosovietici. Valsero a estendere e ad amplificare le azioni terroriste negli anni settanta rispetto agli anni precedenti: la maggiore capacità operativa offerta al terrorismo dall'impiego di nuove armi e mezzi (perfezionamento degli esplosivi plastici, facilità delle comunicazioni internazionali, uso di mezzi elettronici, come, ad esempio, i comandi a distanza per azionare gli ordigni esplosivi, lanciarazzi portatili, nuove armi portatili scomponibili e con grande celerità di tiro del tipo, ad esempio, dei mitra MAC-11, ecc.); la disponibilità di Stati sovrani ad utilizzare il terrorismo internazionale di qualsivoglia colore come fattore strategico della lotta politica; la impreparazione e spesso la debolezza dei governi democratici che negli anni settanta furono sorpresi dal terrorismo in un periodo di crisi generale determinata da cause morali, politiche, economiche, sociali e dalla presenza di minoranze etniche, linguistiche, cui turali alla ricerca di una loro maggiore autonomia. Nessun gruppo terrorista - neppure l'O.L.P. che è qualcosa di più e di diverso e che pure si mosse su di un fondamento di legittimità e ricevé finanziamenti, sostegni e protezioni non solo da parte dei numerosi paesi arabi e dell'Unione Sovietica, ma trovò riconoscimenti in sede O.N.U. e in alcuni Stati democratici dell'Occidente - raggiunse i suoi obiettivi. Il terrorismo, peraltro, divenne da quegli anni un grosso problema per l'Europa, i cui governi tardarono a sodalizzare in una lotta antiterrorismo comune e ad adottare contromisure efficaci in sede informativa e repressiva senza offendere la costituzionalità e la legittimità degli ordinamenti democratici. 9. Dal quadro, ancorché, sommario ed incompleto, degli avvenimenti politici e militari, compiutisi nel ventennio, balzano evidenti i profondi mutamenti della situazione internazionale che, alla fine degli anni settanta, si presentò molto diversa sotto il profilo politico, strategico e militare da quella dell'inizio degli anni sessanta. La carta geopolitica del globo si era arricchita di numerosissime nuove colorazioni; l'O.N.U. contava un numero di membri più che doppio rispetto a quello della sua costituzione;° le aree di conflittualità si erano estese e moltiplicate; gli arsenali militari delle due superpotenze, ed in particolare quello dell'Unione Sovietica, si erano ingigantiti al di là di ogni immaginazione. Ma tutto si era mosso, nonostante l'entrata in scena di una nuova potenziale superpotenza - la Cina-, lungo il binario della bipolarità, entrato in esercizio dopo la fine della seconda guerra
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mondiale. A fare la storia del ventennio fu in definitiva l'arma nucleare che con la sua presenza condizionò le azioni e le reazioni delle due superpotenze. La paura del confronto nucleare, che non avrebbe avuto altro risultato che quello della reciproca distruzione delle due superpotenze e di gran parte del resto del mondo, fu e rimase la suprema regolatrice degli avvenimenti. Una interpretazione siffatta, che potrebbe sembrare unilaterale e riduttiva, è, invece, l'unica esatta per individuare la causa prima che, pur nel mutevole equilibrio politico e strategico e nel succedersi di guerre e guerriglie destabilizzanti e di modifiche di potere e di influenze nei vari continenti e subcontinenti, mantenne il mondo sull'orlo del precipizio senza peraltro farvelo cadere. Ciò non vuol dire che non sorsero nel mondo nuovi centri di potere - Cina, India, Giappone-, che la politica internazionale non divenne enormemente più complicata e più turbolenta e che le guerre minori, le guerriglie ed il terrorismo passarono senza lasciare tracce incisive, ma solo che il confronto più importante nella politica e nella strategia mondiali rimase ancora quello fra Stati Uniti e Unione Sovietica. L'Unione Sovietica spese per le armi nei soli anni settanta oltre 150 miliardi di dollari in più degli Stati Uniti e stabilì a suo favore, nel settore delle armi convenzionali, una superiorità schiacciante, soprattutto in fatto di forze terrestri e navali. L'Unione Sovietica, che non era mai stata una grande potenza navale, cominciò negli anni settanta a solcare tutti gli oceani ed i mari del mondo e alla fine del decennio la sua marina da guerra esprimeva una potenza complessiva appena inferiore di quella della intera flotta di superficie e subacquea americana. Il ventennio si chiuse, dunque, con un bilancio politico, strategico e militare convenzionale del tutto favorevole all'Unione Sovietica che era riuscita ad estendere, indipendentemente dalla guerra fredda e dalla coesistenza impropriamente detta pacifica, la sua influenza in Asia, in Africa e nell'America centrale, nonostante i colpi subiti all'interno del suo blocco. D'altra parte, anche il blocco occidentale incassò, in quegli anni, colpi molto duri, quali lo sgretolamento della S.E.A.T.O. e della C.E.N.T.O. e l'indebolimento della stessa N.A.T.O. nell'ambito della quale la Francia nel 1966 e la Grecia nel 1974 assunsero una posizione di distacco del loro apparato militare. La N.A.T.O., peraltro, nonostante le crisi alle quali andò incontro, i sussulti sofferti e la minore disponibilità dei suoi membri a dare il loro appoggio automatico agli Stati Uniti, restò il baricentro della politica militare occidentale europea, con adeguamenti della strategia ai mutamenti di equilibrio tra i due blocchi determinati dal pro-
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gresso scientifico e tecnico e dall'incessante aumento della potenza nucleare e convenzionale sovietica. Il mutamento più importante della strategia della N.A.T.O. fu il passaggio, accettato e divenuto ufficiale nella seconda metà degli anni sessanta (1967), dalla strategia della rappresaglia massiccia (massive retaliation) a quella della risposta flessibile (jlexible reaclion). Già agli inizi degli anni sessanta, durante la presidenza Kennedy, la strategia della rappresaglia massiccia aveva perduto sempre più valore per la sempre maggiore potenza dell'armamento nucleare sovietico. Kennedy incaricò il nuovo ministro della difesa, Robert Strange McNamara, di elaborare una strategia più rispondente alla nuova situazione. Venne nominato presidente del comitato dei capi di stato maggiore statunitensi il generale Maxwell Davenport Taylor37 che qualche anno prima aveva scritto un libro The uncertain lrumpel (La incerta tromba), nel quale egli aveva proposto di sostituire alla massive retaliation la flexible reaction (risposta graduata) secondo la quale le armi nucleari, pur restando al vertice dell'impiego dei mezzi bellici, andavano integrate con armi convenzionali e con altri mezzi per dare alla politica ed alla diplomazia maggiori possibilità di negoziazione. In definitiva le idee del generale Taylor, riesaminate e rielaborate, valsero a ristabilire il primato della politica andato perduto nella strategia della rappresaglia massiccia, dove l 'arma nucleare segnava la via politica. Kennedy nel suo discorso inaugurale della presidenza e nel successivo messaggio alla nazione aveva espresso chiaramente la necessità di un poderoso armamento convenzionale per scoraggiare l'avversario e conseguentemente evitare la guerra. Mc Namara e il generale Taylor, sulla base di tale indicazione, condensarono la nuova strategia nella espressione multiple options (molteplici possibilità di scelta) che andava al di là della iniziale flexibile response. Nel novembre 1963 Mc Namara si espresse in questi termini: La nostra politica e la nostra strategia deve essere quella di accrescere la nostra forza combattiva. lo non ritengo gli attuali capi comunisti completamente sconsiderati nel loro agire. Ma le recenti esperienze, a Cuba ed in minor misura a Berlino, non hanno potuto convincermi di non poter predire con certezza i sistemi di provocazione che i capi comunisti riterranno accorti e vantaggiosi. Se si permettessero ancora una errala valutazione, così pericolosa come negli ultimi anni (nell'affare di Cu·ba), allora è di vitale importanza metterli di fronte alle conseguenze della loro condotta, dovunque avvenga. Essi devono cozzare infallibilmente contro una immediata azione militare, adeguata alla situazio-
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ne e pienamente efficace 38 . Gli elementi costitutivi della risposta sarebbero stati, prima ancora delle armi nucleari, le forze convenzionali di pronto intervento, gli aerei, le navi, i trasporti aerei e l'appoggio aereo tattico alle forze terrestri e navali e, prima di tutto, la volontà di impiegare queste forze contro le forze e l'armamento dei sovietici. Tale rinnovamento completo della strategia, in cui il perseguimento degli obiettivi strategici deve avvenire senza l'impiego effettivo delle armi nucleari, che restano peraltro sempre minacciose dietro le quinte, incontrò favore e opposizioni ed aprì la strada a un'inifinità di dibattiti sulla pausa, sulla soglia, sull'impiego delle armi nucleari contro impianti e forze militari (counter-force) o contro la popolazione (counter-city), sulla necessità della capacità di secondo attacco (second strike capability) o sulla convenienza di attaccare per primi (first strike), sulla gradualità d'impiego dei vari mezzi (escalation) e così via. Fu solo verso la fine degli anni sessanta che la nuova strategia venne accettata come strategia della N.A.T.O., nel cui ambito erano frattanto andate in fumo sia la proposta avanzata nel 1959 dal comandante supremo delle forze alleate in Europa (SACEUR) di fare della N.A.T.O. la quarta potenza nucleare mediante la costituzione di una forza multilaterale (M.L.F.), sia quella avanzata nel 1965 dal primo ministro britannico, Harold Wilson, per la costituzione di una forza nucleare alleata (Allied Nuclear Force - A.N.F.). A parte il deciso rifiuto della Francia, dove nel frattempo il generale de Gaulle era diventato capo dello Stato, di ogni proposta che non fosse conforme all'idea della sovranità nazionale, i due progetti non avevano incontrato l'unanime favore degli altri membri della N.A.T.O.: il primo, perché di fatto lasciava agli Stati Uniti la decisione dell'impiego della M.F.L. concedendo agli altri membri solo il diritto di veto su tale impiego; il secondo, perché, a pari del primo, non creava un'autorità sovranazionale e non risolveva così la questione della responsabilità di impiegare le armi nucleari in caso di emergenza. Le lunghe e accese discussioni erano servite a confermare quanto siano complicati i problemi politici, militari, tecnici e psicologici nel settore delle armi nucleari. Non rimase alla N.A.T.O. che accettare la nuova strategia della risposta flessibile che non subì negli anni settanta modificazioni sostanziali. Verso la fine degli anni settanta anche tale strategia divenne oggetto, da parte di correnti del pensiero militare europeo e di esperti politici e militari americani, di critiche politiche e tecniche e ne cominciò ad essere messa in dubbio la credibilità. Si disse che mai gli Stati Uniti avrebbero messo in forse la loro sopravvivenza per
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difendere l'Europa da un'aggressione sovietica e che, conseguentemente, la strategia della risposta flessibile, alla quale si legava quella della difesa avanzata, avrebbe dovuto essere sostituita da un'altra che rendesse la soglia nucleare molto più elevata, fino a rendere inconcepibile l'idea di doverla mai superare. Il dibattito si potrasse nei primi anni ottanta ed è, mentre scriviamo, tuttora in corso. Esso, pertanto, riguarda un periodo successivo a quello che ci siamo proposti di esaminare ed appartiene per ora alla cronaca più che alla storia. Resta, infatti, fermo che gli avvenimenti che si svolsero fino al termine degli anni settanta rimasero circoscritti nell'orbita della strategia N.A.T.O. della risposta flessibile, alla quale peraltro, notiamo per inciso, nessuno ha ancora trovato un'alternativa più valida, più tecnicamente fattibile, più credibile ed affidabile. La strategia globale sovietica degli anni sessanta e settanta trovò la sua esposizione ufficiosa nel libro Strategia militare pubblicato nel 1962, scritto da 19 ufficiali dell'esercito, delle forze missilistiche e dell'aeronautica, sotto la direzione del maresciallo Rodion Jakovievic Malinovskij39. Nessun ufficiale della marina compariva nel gruppo degli elaboratori. Il libro, come del resto la pubblicistica che gli fece seguito, inquadrava il pensiero militare sovietico nel contesto della dottrina marxista-leninista, con la novità, risalente al XX congresso del P.C.U.S. e in contrasto con le teorie fondamentali della dottrina tradizionale, che lo scontro armato non era più inevitabile, non volendo peraltro con ciò affermare la rinunzia né alla rivoluzione mondiale né alla guerra in generale. L'obietivo della strategia globale sovietica restava quello di sempre - non subì neppure negli anni successivi alcun cambiamento - soltanto variava il peso delle strategie parziali in rapporto alla situazione. La coesistenza di Stati con diversi sistemi sociali restava un aspetto della lotta di classe tra socialismo ed imperialismo. Un anno dopo (1963) dall'uscita del libro radio Mosca proclamava: La coesistenza pacifica imposta all'occidente inasprisce la lotta di classe e il disaccordo nel campo occidentale. Il di-
sarmo provoca la disoccupazione e dà ai partiti comunisti pacifisti l'opportunità di guadagnare alla propria causa i lavoratori mediante gli scioperi. La lotta per la pace dei popoli è un mezzo per guadagnare le masse occidentali al comunismo40. La coesistenza pacifica non doveva, perciò, influire affatto sul potenziamento delle forze armate da mantenere pronte ed operative per difendersi dall'aggressione imperialista e per esercitare una costante pressione strategica nel resto del mondo. La strategia militare doveva dipendere da quella politica
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fissata dal comitato centrale del P.C.U.S. che controlla, perciò, anche la strategia militare. Al XXII congresso nel 1962 il maresciallo Malinovskij disse in proposito: lo stato presente dell'evoluzione mondiale è caratterizzato da un gran numero di importanti elementi che hanno
fatto sostanzialmente mutare la situazione strategica dell'Unione Sovietica. Lo sviluppo delle questioni militari è altrettanto suscettibile di profonde modifiche. Ciò ha richiesto per molti riguardi nuovi sforzi per l'assolvimento dei compiti del nostro perfezionamento militare. Si è dovuto esaminare da cima a fondo in qual modo e con quale metodo dovessimo ricostituire più ampiamente il nostro potenziale bellico, affinché esso possa proteggere la nostra patria dall'aggressione imperialista. In altre parole: bisogna rielaborare una strategia militare per lo Stato sovietico, conforme all'odierna situazione ... Ora tale dottrina è stata rielaborata e con questo il comitato centrale e il compagno Chruscev hanno reso un grande servizio personale41. Il maresciallo aggiunse poi che il partito aveva fissato le idee fondamentali sulla natura di una eventuale guerra futura, sulle armi moderne, sul modo cli condurre la guerra e sullo sviluppo futuro del potere armato, esprimendo l'opinione che una guerra sarebbe s tata inevitabilmente (sic) una guerra nucleare di inaudita c rudeltà, con operazioni molto rapide, senza fronti stabilizzate, con la possibilità di profonde penetrazioni di sorpresa42. Sottolineata la necessità sia delle armi convenzionali, sia di quelle nucleari, annunziò la costituzione di una nuova specialità: il corpo missilistico strategico, il cui compito sarebbe stato quello di infligere rapidamente gravi danni a l nemico con un attacco nucleare massiccio, mentre in tutti gli altri settori delle forze armate e rano state introdotte armi nucleari tattiche. La quientessenza delle idee del maresciallo Malinoskij e di quelle del libro era in sintesi: la guerra non è più inevitabile, ma gli Stati capitalisti vi faranno ricorso; l'offensiva capitalista va fronteggiata con operazioni offensive; le armi nucleari debbono distruggere nell'ordine: le basi del potenziale economico e militare, il sistema direttivo politico e militare, le armi nucleari strategiche e le principali concentrazioni di forze del nemico; in seguito debbono essere annientate le rimanenti forze armate di terra e di mare. In sintesi: una guerra lampo nucleare, iniziata impiegando le anni nucleari strategiche contro le città e gli obiettivi d'interesse strategico; un'offensiva in grande stile con forze corazzate e meccanizzate. Nessuma considerazione sulle questioni agitate negli U.S.A. e in Occidente in merito ai problemi del non impi ego delle armi nucleari, del counter-city e del counter farce, dell'escala-
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tion e così via. La concezione di una guerra nuclerare controllata è demagogia e ipocrisia degli ambienti militari dell'imperialismo. Nel libro non si parlava espressamente di un'offensiva preventiva, ma non la si escludeva. L'approfondimento della guerra aerea e navale fu successivo. Nel 1965 sulla rivista Soldato comunista vi furono vari interventi nei quali venne confermata l'origine politica della guerra, venne riconosciuto giusto l'impiego delle armi nucleari contro un'aggressione imperialista, venne sostenuta la tesi che le armi nucleari non mutano il primato della politica, ma che non consentono una condotta di guerra con operazioni militari di lunga durata per cui occorre sferrare un solo potente colpo in un sol tempo, ossia senza second strike. Nella rivista Soldato comunista venne peraltro altresì sostenuto che non è vero che una guerra nucleare renda impossibile una vittoria, anche se le distruzioni sono elevatissime, perché rifiutare a priori la possibilità di vincere è dannoso, in quanto porta al disarmo morale, alla perdita della fiducia nella vittoria, al fatalismo e all'indifferenza. A questo punto veniva introdotta l'idea dell'utilizzazione di altri fattori e di altre forze per far recedere gli oppressori (azioni diplomatiche, manifestazioni di massa, guerre rivoluzionarie, ecc.). In un altro intervento del maresciallo Sokolovskij nella stessa rivista Soldato comunista nell'aprile 1966, vennero confutate, non senza averne prima deformate le concezioni, tutte le teorie strategiche occidentali e venne meglio sottolineato l'accrescimento del ruolo della strategia militare in seguito all'avvento delle armi nucleari. La guerra con tali armi resta in primo piano anche nell'intervento del 1966: essa, secondo il ministro della difesa sovietico, andrebbe evitata per le spaventose perdite prevedibili, ma gli Stati capitalisti fanno di tutto per sostenerla per cui l'Unione Sovietica deve armarsi fino ai limiti del possibile. La guerra nucleare non preclude la vittoria, ribadì il maresciallo Sokolovskij: Lo sfruttamento strategico della nostra superiorità morale e politica sul nemico e lo sfruttamento delle sue debolezze sotto tale aspetto sarà di grande importanza nella condotta della guerra. Nella guerra moderna i vincitori saranno coloro che sono moralmente forti e convinti della giustezza della causa per cui lottano43. Furono scritte e dette un'infinità di cose sul libro Strategia militare e sui commenti, chiarificazioni, ampliamenti dei concetti e precisazioni di interpretazione che negli anni sessanta e settanta vennero pubblicati sui giornali e sulle riviste dell'Unione Sovietica e, in particolare, sul giornale Krasnaja Svesda (Stella rossa) e sul periodico Kommunist Voorushonnyh (Soldato comunista) con nuovi interventi
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dello stesso maresciallo Sokolovskij. Le critiche maggiori rivo! te alla strategia militare sovietica riguardarono principalmente: la sottovalutazione delle armi nucleari, quasi queste constituissero solo una potentissima artiglieria; l'enfatizzazione, d'altra parte, degli effetti distruttivi delle armi nucleari riferiti ai danni che esse arrecano al nemico senza un'analisi realistica di quelle che ne derivano al proprio dispositivo bellico; l'incompletezza della visione strategica della guerra quasi localizzata sul teatro operativo aero-terrestre europeo con sottovalutazione dell'importanza dello scacchiere operativo dell'Atlantico e in generale della lotta sul mare, in contraddizione con il potenziamento che si veniva operando della marina sovietica già allora divenuta la seconda marina de] mondo; la disarmonia tra la nuova realtà nucleare e l'impostazione strategico-militare rimasta attaccata ai principi ed agli schemi della guerra convenzionale; la prospettiva della vittoria nella guerra nucleare quasi ignorando la potenza distruttiva del second strike che é tale da vanificare i risultati del first strike e così via. Non è verosimile che il marescialJo Sovoloskij, i nove generali ed i nove colonnelli compilatori del libro Strategia militare e tutti gli altri generali e colonnelli sovietici intervenuti nel lungo dibattito, protrattosi fin dopo la metà degli anni settanta, fossero talmente sprovveduti da elaborare una teoria della strategia militare piena di contraddizioni, discrepanze e lacune, addirittura puerile sotto certi aspetti. I critici avevano una qualche ragione, ma non tenevano sufficientemente conto che per i sovietici la strategia militare è solo una delle componenti della strategia globale. Più che dal libro Strategia militare, dagli interventi successivi risultò evidente che i capi politici e militari sovietici non si facevano grandi illusioni circa le conseguenze di una guerra nucleare e che anch'essi, al pari di quelli dell'Occidente, malgrado le ripetute affermazioni circa il nessun cambiamento radicale del quadro della guerra, davano alle armi nucleari valore deterrente e tutto sommato, benché non lo dicessero esplicitamente, seguivano un ragionamento logico ed obiettivo che li portava a dare un giudizio sulle armi nucleari simile a quello espresso dall'Occidente. Ma ogni critica della strategia militare sovietica, che rimase nelle sue grandi linee la stessa per tutti gli anni settanta, anche se nel tempo venne sempre più accentuandosi il riconoscimento della non fattibilità della guerra nucleare, non è valida qualora non si esamini la strategia militare sovietica come una, non l'unica, componente della strategia globale che Breznev definì molto bene il 23 settembre 1966 durante una seduta del XXIII congresso del P.C.U.S.: il Comitato cen-
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trale del P.C. U.S. considererà anche in futuro come direttrici fondamentali della politica estera del partito e dello Stato Sovietico, lo sviluppo ed il consolidamento dei legami politico-ideologici con i partiti comunisti di tutti i Paesi socialisti secondo i principi del marxismoleninismo, lo sviluppo ed il rafforzamento dei legami politici, economici e di altro genere del l'U.R.S.S. con gli Stati socialisti, il concorso universale alla realizzazione della collaborazione socialista, il rafforzamento ed il consolidamento del loro potere e della loro influenza. Dal canto suo il P.C. U.S. farà tutto ciò che è in suo potere per rendere sempre più potente il sistema socialista mondiale e per farlo passare di vittoria in vittoria... Il partito comunista dell'Unione Sovietica rimane fedele ai suoi impegni rivoluzionari internazionali... Il P.C.U.S. considera suo impegno internazionale far di tutto per appoggiare la lotta dei popoli per la liberazione finale dall'asservimento coloniale e neo-coloniale... È assolutamente necessario, per fermare l'aggressione e per impedire una nuova guerra mondiale, che le masse popolari partecipino il più largamente possibile a questa lotta. A tale scopo abbiamo bisogno di una intensa e sempre vigile attività di tutte le forze mondiali e l'attività del movimento degli amici della pace, dei sindacati, delle associazioni femminili e delle unioni giovanili e di altre organizzazioni democratiche di massa deve svilupparsi con rinnovata energia44. Alla strategia militare Breznev concesse moltissimo sul piano del potenziamento delle forze nuclerari, missilistiche, convenzionali, terrestri navali aeree, ma da freddo ragionatore adattò via via la strategia militare alla reale situazione dell'era nucleare, tendendo peraltro continuativamente, non senza successo, al raggiungimento, anzi al superamento, della parità dell'apparato bellico sovietico rispetto a quello americano. Delle componenti della strategia globale i capi sovietici, da Stalin in poi, utilizzarono quasi sempre la guerra rivoluzionaria, la guerra psicologica, la guerra sovversiva o le varie forme combinate, mentre alle forze armate convenzionali fecero ricorso solo tre volte: repressione della rivolta ungherese, di quella cecoslovacca e invasione dell'Afghanistan. I successi conseguiti nel quadro della sua strategia globale dall'Unione Sovietica, già considerevoli negli anni cinquanta, furono nel ventennio successivo ancor più numerosi, ampi, considerevoli e, sotto il profilo della strategia politica e militare, modificativi delle situazioni di equilibrio nelle varie aeree geografiche. Non mancarono insuccessi, anche gravi, ma il bilancio della strategia sovietica, alla fine degli anni settanta, eccezione fatta per l'Afghanistan, si chiuse tutto sommato in attivo. Sulla hase di motivazio-
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ni reali, spesso condivise da buona parte della pubblica opinione dei paesi occidentali e del terzo e quarto mondo, ovvero di pretesti artificiosi talvolta creati a bella posta, la strategia globale sovietica, mediante la combinazione delle varie forme, delle quali non solo la guerra rivoluzionaria, ma anche quella sovversiva (spionaggio, organizzazioni clandestine, infiltrazione, assassini e rapimenti, colpi di Stato, terrorismo, ecc.) furono di volta in volta lo strumento più appropriato, sostenne un'avanzata politica e militare in tutti i continenti, su tutti i mari e su tutti i cieli, senza precedenti nei secoli passati, appunto perché compiuta quasi sempre senza impegnare direttamente le proprie forze armate, se si fa eccezione delle tre circostanze ricordate, e senza quasi dover subire perdite, meno che nell'Afghanistan. Una strategia siffatta ne presuppone la stretta dipendenza dalla politica, dalla quale ha origine ed è diretta. L'Occidente non seppe inventare ed applicare una controstrategia globale intesa a garantire un ordinato processo delle giuste aspirazioni di indipendenza e di sovranità delle popolazioni che le richiedevano ed a rimuovere le ingiustizie e i disordini economici e sociali che determinavano condizioni di vita subumane, anche là dove esistevano preziose risorse locali per lo sviluppo ed il progresso. L'Occidente mancò di una politica unitaria e perciò di una strategia globale efficace. Quando si passa a confrontare le due strategie militari, le differenze che le contraddistinguono risultano subito evidenti. La strategia militare sovietica è di carattere offensivo, perché è strumento di una politica offensiva, qual'è quella dell'impegno rivoluzionario internazionale; la strategia miliare della N.A.T.O. è di natura difensiva e si ispirò fin dall'inizio al principio del contenimento (containament) che è di per sé un'operazione difensiva. L'Unione Sovietica non riconobbe alla strategia militare dell'Occidente la natura difensiva e la ritenne aggressiva e rivolta a preparare e scatenare soprattutto guerre nucleari contri i paesi socialisti (Sokolovskij), mentre attribuì alla sua strategia militare il perseguimento di obiettivi giusti e progressisti nella più alta misura, diretti ad arginare l'impeto aggressivo dell'imperialismo, a far perdere l'equilibrio all'aggressione imperialista ed a rintuzzarla sì da garantire la sicurezza dell'alleanza socialista (Sokolovskij). Tale deformazione della strategia militare dell'Occidente è di per sé pericolosissima perché può indurre i capi politici e militari sovietici a credere veramente nella volontà aggressiva dell'Occidente, a sopravvalutare ancor di più la loro potenzialità bellica e ad adottare decisioni che non rispondano alla situazione reale e siano addi-
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rittura al di fuori della stessa logica della guerra. Ciò non accadde negli anni sessanta e settanta - Cuba docet - durante i quali i capi sovietici vennero vieppiù convincendosi dell'assurdità di una guerra nucleare e, senza modificare i principi della loro strategia militare, mirarono di fatto ad evitare una tale forma di guerra globalmente distruttiva. Anche per i sovietici, dunque, l'obiettivo principale fu di evitare la guerra nucleare e di servirsi del loro arsenale nucleare come deterrente. Per conferire a questo la necessaria credibilità, lo potenziarono quantitativamente e lo migliorarono qualitativamente fin oltre i limiti del perseguimento della parità con quello degli Stati Uniti. Fecero intendere ai loro popoli che l'aggressione imperialista era mancata in virtù della potenza militare raggiunta frattanto dall'Unione Sovietica. Nella dottrina del maresciallo Sovoloskij non vi furono cenni di gradualità nell'impiego delle forze militari e di pluralità di opzioni e la guerra convenzionale non venne esclusa, ma le fu dedicato uno spazio assai modesto, senza entrare nei particolari. Eppure la cura dedicata alle forze convenzionali negli anni sessanta e settanta fu forse maggiore di quella ad esse prestata nel periodo post bellico da Stalin, che aveva sempre sottovalutato, o fatto finta di sottovalutare, le armi nucleari. Ciò dipese, nella visione dei capi sovietici, dalla esigenza d'integrare la componente nucleare con una componente convenzionale che, fermo restando il ruolo fondamentale della prima per il raggiungimento dell'obiettivo strategico finale, consentisse di proiettare visibilmente e concretamente la potenza militare sovietica su tutto il mondo, specialmente sul terzo mondo, e di renderla in grado di colpire, anche senza l'impiego delle armi, obiettivi su tutto il globo, costituendo di per sé, la componente convenzionale, un fattore di prestigio e di pressione elevatissimo. Lo sviluppo quantitativo e qualitativo della componente convenzionale fu al tempo stesso per i capi sovietici un'esigenza ideologica, politica e tecnico-militare, non meno importante e decisiva di quella di un sovrabbondante arsenale nucleare. I sovietici realizzarono così un potenziale convenzionale tale da consentire loro d'invadere in breve tempo l'Europa occidentale e di poter sbarcare in qualsivoglia parte del mondo senza fare ricorso alle armi nucleari. Divenne in tal modo facile per loro prendere l'impegno di rinunciare ad impiegare per primi le armi nucleari, una volta divenuti la più potente nazione militare del mondo nel settore dell'armamento convenzionale. La controstrategia della risposta flessibile, che rinunzia all'impiego immediato delle armi nucleari, ma non può escludere a priori il ricorso ad esse sia pure ritardato al massimo e
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comunque nel quadro dell'escalation, è debole sul piano tecnicomilitare appunto perché difensiva, ma lo è anche sul piano morale perché asservita all'eventuale impiego della componente nucleare nel caso di insufficienza di quella convenzionale. Eppure nella situazione che si determinò non solo fu l'unica praticabile sul piano della logica strategica politico-militare, ma fu anche quella che concretamente tenne lontana dall'Europa ogni forma di guerra e costrinse l'Unione Sovietica a misurare con cautela i suoi passi anche altrove. Ovviamente come tutte le strategie avrà vita limitata nel tempo e non è di p er sé tale da far escludere, anche se finora l'ha fatto, il ricorso alla guerra, ma p er ora resta l'unica praticabile in una situazione di equi li brio approssimato dei due arsenali nucleari e di superiorità convenzionale sovietica quasi schiacciante. La strategia della risposta flessibile è intesa ad evitare lo scontro militare, ma è legata all'impiego eventuale delle armi nucleari. La dottrina militare sovietica la definì ipocrita perché per i sovietici basterebbe lo scoppio di una sola arma nucleare tattica per trasformare ogni conflitto, anche locale e limitato, in una guerra nucleare globale. Tale tesi potrebbe avere il s uo fondamento, ma proprio per questo la strategia della risposta flessibile ebbe ed ha la sua validità. R esta naturalmente il fatto che il travolgente sviluppo scientifico e tecnico può, da un momento aJl'altro, azzerarne la validità e lasciarle solo il merito storico di aver funzionato dalla fine degli anni sessanta in poi.
10. Davvero travolgente il progresso scientifico e tecnico degli anni sessanta e settanta che, in fatto di armamenti e di equipaggiamenti, nucleari e convenzionali, segnarono un periodo tanto breve quanto accelerato di innovazioni, di trasformazioni e di perfezionamenti tale che, dalla fine degli anni settanta, qualsiasi bersaglio localizzato e identificato può essere colpito a qualunque distanza per piccolo che sia. Nel settore de lle armi nucleari, nel quale la valutazione delle forze presenta molte difficoltà, l'analisi quantitativa del totale del numero dei missili o di quello dei megatoni, esperita durante le trattative per i S.A.L.T.2, ancorché esatta, disse poco sulle qualità dei vari sistemi d'arma, sulla loro capacità di raggiungere l 'obiettivo e sulla loro precisione. Alla fine degli anni settanta la consistenza delle armi nucleari strategiche, s uddivisa con riferimento alla terna dei mezzi di lan
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cio - da terra, da sott'acqua, dal cielo - raggiunse una sovrabbondanza di micidialità (overkilling) ragguagliabile a 3 t di esplosivo convenzionale per ogni essere umano45. La corsa agli armamenti nucleari sopravanzò nel ventennio la stessa logica della guerra e si lasciò guidare dalla illogicità della follia. Non fu tutto. Gli arsenali così ricolmi di armi nucleari strategiche e tattiche si arricchirono altresì di armi nucleari di teatro operativo, o armi grige, o euromissili, di cui le più rappresentative furono i missili sovietici SS-20, lanciabili da rampe mobili e dotati, ciascuno, di tre testate di altissima precisione. L'entrata in servizio delle armi nucleari di teatro sconvolse l'equilibrio nucleare approssimato tra le due superpotenze e fu la causa di una minore credibilità della strategia della risposta flessibile, perché nacque allora il timore, o si accrebbe, che il deterrente strategico americano potesse essere neutralizzato dalla maggiore minaccia sovietica e, conseguentemente, l' impegno degli Stati Uniti di difendere l'Europa anche, se necessario, con mezzi nucleari, potesse venire meno. L'Europa si sarebbe venuta a trovare così privata dall'ombrello nucleare protettivo americano. Il presidente Carter, per colmare il nuovo divario determinato dallo schieramento dei miss ili SS-20 sovietici, propose ai paesi europei l'installazione di nuovi missili in Europa: 108 missili a media gittata Pershing II (Medium Range Ballistic Missile - M.R.B.M.) e 464 missili da crociera (Cruise) con rampe terrestri, tutti con una sola testata. Il presidente Breznev cercò di ostacolare tale mossa con il solito mezzo della minaccia e dell'offerta di negoziazione, ma la N.A.T.O. si dimostrò compatta e risoluta e nel dicembre del 1979 decise per l'installazione. Gli anni settanta si chiusero senza prospettive di cessazione della corsa agli armamenti nucleari, mentre gli Stati Uniti, dei quali diversamente di quanto accade per l'Unione Sovietica si sa sempre tutto, stavano sperimentando un nuovo missile strategico su rampa mobile dal peso di 86 tonnellate, dal diametro di 2,30 metri, portante 1O testate Mark 12 A, ciascuna in grado di dirigersi verso un proprio obiettivo, con potenza complessiva di oltre 300 megaton. Le testate nucleari di relativa potenza avevano raggiunto un grado di precisione sufficiente per essere piazzate con il 50% di probabilità entro 180 m dal bersaglio, mentre erano in corso di esperimentazione nuove testate con il 50% di probabilità di esplodere addirittura entro 15 m dal bersaglio. Tali enormi e spaventosi progressi dell'armamento nucleare non determinarono mutamenti delle strategie militari: i sovietici continuarono a non considerare la guerra nucleare distinta dalle
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altre forme di lotta e l'obiettivo strategico sovietico rimase quello di sviluppare la capacità delle proprie forze nucleari e convenzionali a combattere, superare e possibilmente vincere un conflitto nucleare, preparando le forze convenzionali a combattere in Europa una guerra nucleare aeroterrestre, equipaggiandole abbondantemente con strumenti di rivelazione della contaminazione radiologica e chimica ed organizzando i comandi operativi per un tale tipo di lotta; la N.A.T.O. non mutò la strategia della risposta flessibile e della difesa avanzata, in base alle quali le armi nucleari tattiche ed a medio raggio sono tenute in riserva, pronte ad essere impiegate su autorizzazione dei responsabili politici dell'alleanza, mentre le forze convenzionali debbono provvedere a difendere i loro territori il più avanti possibile, a controllare il loro spazio aereo e le loro rotte marittime attraverso l'Atlantico, vitali il primo e le seconde ai fini dell'alimentazione della lotta. Nel settore degli armamenti ed equipaggiamenti convenzionali, terrestri navali aerei, i progressi compiuti nel ventennio conferirono, alla fine degli anni settanta, alle forze armate una capacità operativa d'insieme e singola non più assimilabile a quella della seconda guerra mondiale e degli anni cinquanta. Uno degli aspetti più importanti fu la messa a disposizione delle forze armate delle apparecchiature di visione a distanza, diurna e notturna, del campo di battaglia e di quelle d'individuazione, identificazione e determinazione automatiche dei bersagli, nonché di direzione e di controllo del fuoco. Le apparecchiature elettroniche dei vari tipi, già presenti in misura limitata durante la seconda guerra mondiale, vennero moltiplicate e perfezionate ed assunsero un ruolo determinante in quasi tutti i sistemi d'arma ai fini de ll'operatività del sistema stesso. Navi ed aerei, ancorché armatissimi, se privi di apparecchiature per le misure e le contromisure elettroniche, vennero relegati nei muse i come non più utilizzabili nella battaglia e nel combattimento moderni. L'elettronica non fu più una speciale tecnica di guerra, ma entrò a far parte insostituibile della guerra stessa, tanto che questa senza l'impiego dei mezzi elettronici divenne addirittura inconcepibile alla stessa maniera di quanto era accaduto dopo l'invenzione delle armi da fuoco. Un altro aspetto determinante fu il continuo aumento del potere distruttivo delle singole armi tradizionali, determinato dall'utilizzazione di nuovi esplosìvi, dalla crescita della capacità di perforazione dei proietti, dalla possibilità di guida dei proietti stessi, de i razzi, dei mis.sili e dei siluri e , soprattutto, dalla precisione e dalla celerità di tiro raggiungibili dal-
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le varie armi, particolarmente da quelle asservite a sistemi centralizzati ed automatici di sparo. Un altro aspetto non meno determinante fu la crescita della mobilità strategica e tattica delle forze terrestri, navali ed aeree e della capacità anfibia - peraltro già elevate durante la seconda guerra mondiale, basti ricordare l'operazione Overlord - che resero praticabile in campo strategico, in tempi relativamente ristretti, il trasferimento di ingenti complessi di forze, armati di tutto punto, in ogni angolo della crosta terrestre e sulla o sotto la superficie di quasi tutti i mari, con velocità di traslazione fino ad allora irrealizzate e rese possibile, in campo tattico, l'accesso od il superamento di zone e di ostacoli intransitabili nel passato o richiedenti fatiche gravose e tempi lunghissimi per il loro scavalcamento oppure per la loro rimozione. Nel solo ambito delle forze terrestri46, i nuovi carri armati, i nuovi mezzi cingolati e ruotati di combattimento e di trasporto, gli elicotteri d'attacco e da trasporto, i missili superficiesuperficie e superficie-aria, le nuove artiglierie semoventi e trainate, le nuove prestazioni delle armi individuali e <li reparto, automatiche e semiautomatiche, dei mortai e delle armi e pezzi controcarri e contraerei, le nuove attrezzature meccaniche del genio, i nuovi mezzi di trasmissione, di intercettazione, di rivelazione degli obiettivi e di visione del campo di battaglia, nonché i nuovi aerei per l'esplorazione e per l'appoggio diretto alle forze terrestri modificarono in tempo assai breve la fisionomia della battaglia e del combattimento, incidendo sui fattori spazio e tempo in misura senza riscontro nel passato, neppure durante il corso ed alla fine della seconda guerra mondiale.
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Negli anni sessanta e settanta la corsa agli armamenti nucleari e convenzionali non conobbe soste e rallentamenti ed il decennio di distensione, compreso tra il 1963 ed il 1973, venne anzi utilizzato dall'Unione Sovietica per assumere la configurazione di un terribile colosso armato, in continua espansione militare su tutti i continenti e su tutti i mari. A partire dal 1973 le relazioni fra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica cominciarono gratadamente a peggiorare. La speranza che aveva fatto seguito alla firma dei S.A.L.T.1 nel 1972 andò a mano a mano spegnendosi e, quando nel novembre del 1974, il presidente Ford ed il presidente Breznev s'incontrarono a Vladivostok, fu chiaro che un nuovo negoziato sulla limitazione e riduzione delle armi nu
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cleari strategiche avrebbe incontrato difficoltà assai maggiori di quelle presentatesi durante le trattative per i S.A.L.T.l. I grandi mutamenti politici e strategici verificatisi dal 1960 in poi - nonostante la rottura del blocco cino-sovietico e lo sgretolamento ideologico del comunismo, le inquietudini dei paesi del patto di Varsavia - avevano reso l' Unione Sovietica più sicura di sé e più intransigente, mentre gli Stati Uniti, troppo cullatisi nella distensione, frustati dalla sconfitta nel Vietnam e dallo scandalo Watergate, afflitti da un certo decadimento economico rispetto al resto del mondo occidentale, in particolare della Germania federale e del Giappone, erano come caduti in letargo e sembravano essersi incamminati lungo la strada del declino. Anche quando, durante la guerra del Kippur, si posero in stato di allarme strategico, essi furono ben lontani dal manifestare lo slancio avuto durante la crisi di Cuba. Nella seconda metà degli anni settanta, quasi nella completa indifferenza degli Stati Uniti, Cuba, sostenuta dalle armi sovietiche, intervenne nell'Angola, Mosca continuò a manovrare la guerra tra l'Etiopia e la Somalia nel deserto dell'Ogaden, mentre Hanoi schierò le sue forze contro il Laos e la Cambogia sostenuti da Pechino. Nell'Afghanistan e nello Yemen del sud andarono al potere gove rni filosovietici e nell'Iran l'impero dello scià andò rapidamente in frantumi senza che gli Stati Uniti facessero nulla per salvarlo. Solo dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan, che ebbe parte determinante nella sconfitta il 20 novembre 1979 del presidente Jimmy Carter e nella elezione a presidente di Ronald Regan, gli Stati Uniti cominciarono a dimostrarsi preoccupati del nuovo attivismo sovietico e, quasi svegliatisi da lungo torpore, cominciraono a correggere l'immagine di una superpotenza in declino da loro data negli ultimi anni del decennio e ingigantita alla fine dal fallimento della loro impresa messa in opera per la libe razione degli ostaggi di Teheran. Mentre gli anni settanta si avvicinavano alla fine, il problema della corsa agli armamenti e quello della fame del mondo erano divenuti frattanto, anche per il sopraggiunto passaggio dall'economia industriale a quella postindustriale o tecnologica, più complessi, urgenti, carichi di pericoli. Negli anni sessanta e settanta il mondo aveva continuato a filosofare sui principi di tecnica economica di Adam Smith e di Karl Marx, non in termini speculativi di raffronto storico, ma come si trattasse di schemi ancora validi nel presente e nel futuro. Non erano mancati politici ed economisti previdenti che avevano sostenuto l'inagibilità de i due sistemi, ma ciò non aveva impedito, né al mondo occidentale né a quello sovietico, di continuare a non modificare il rispettivo as-
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setto socio-economico. L'inizio della crisi recessiva può essere fatto risalire alla guerra del Kippur, ma le cause che la determinarono non furono il solo petrolio. Essa investì gradatamente tutto il mondo, compreso il blocco sovietico, anche se produsse i guasti maggiori in Occidente e, in particolare, nei paesi europei occidentali più deboli economicamente. Acuì le conflittualità politiche tra est ed ovest, rese tragico il divaro fra nord e sud, mise maggiormente in evidenza il caos economico esistente nel mondo e fece toccare con mano la labilità delle strutture delle grandi a ssociazioni economiche - C.E.E., COMECON, ecc. - create negli anni precedenti. Le difficoltà preesistenti nelle varie comunità plurinazionali si moltiplicarono e, di fronte all'urto esterno della crisi energetica del 1973, poco mancò che la C.E.E., ad esempio, si sfaldasse del tutto. La C.E.E. che l'anno prima, nel vertice di Parigi del 1972, aveva vissuto il momento più felice con l'impegno preso dai nove capi di governo di condurre in porto, entro il 1980, l' Unione europea, della quale erano stati definiti i contenuti economici unione economica e monetaria, coordinamento delle politiche economiche e delle leggi tributarie, unificazione dei programmi dell'energia, dell'industria, della ricerca, ecc. - al momento dell'impatto con la crisi del petrolio, quasi si slegò ed ognuno dei nove membri si affrettò a stipulare accordi bilaterali separati con gli Stati arabi produttori e negò la sua solidarietà all'Olanda punita dagli arabi con l'embargo per aver confermato la politica di equilibrio nel Medio Oriente. Le elezioni del Parlamento europeo a suffragio universale del 1O giugno 1978 accesero nuove speranze, ma alla fine degli anni settanta la costruzione dell'edificio-Eruopa, che concretizzasse l'idea-Europa, era ancora privo di solide fondamenta e quel poco che ne era stato costruito fin dagli anni cinquanta continuava a minacciare di crollare da un momento all'altro per le continue scosse sismiche nazionaliste alle quali era soggetto. L'Europa continuò a non esistere come realtà politica e neppure economica, giacché non c'era un'economia unificata, ma solo integrata a metà. L'onda dell'inflazione e della disoccupazione si fece sempre più alta ed impetuosa in tutti i paesi industrializzati, mentre quella della fame divenne travolgente nei paesi del Quarto mondo. Dei due grandi problemi della pace e della fame del mondo si era fatto carico morale da sempre la Chiesa cattolica. Nell'ottobre del 1958 era stato eletto Sommo Pontefice il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli che aveva preso il nome di Giovanni XXIII. Egli pose a base della sua direttiva pastorale l'inserimento della Chiesa di Roma nel mon-
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do, così come questo si era venuto configurando dopo la fine della seconda guerra mondiale, ponendo l'accento sulla funzione religiosa e morale del papato. Di fronte alle tensioni politiche e sociali, rifacendosi ai suoi precedessori, ma con uno stile diverso, meno rigido, intensificò l'azione di pace e di pacificazione ammonendo governanti e popoli in encicliche fondamentali - Ad Petri cathedram del 29 giugno 1959 e Pacem in terris del 26 aprile 1963 - nelle quali, richiamandosi allo spirito ed ai principi di Leone XIII (enciclica Rerum novarum) e di Pio XI (enciclica Quadragesimo anno) e adattandoli agli aspetti della nuova economia (enciclica Mater et magistra del 15 maggio 1961), proclamò di vedere nel mondo i segni dei tempi ed il maturare di una nuova realtà umana, economica e sociale diversa dal passato, non necessariamente da condannare, quasi fosse in contrapposizione al cristianesimo ed al cattolicesimo, ma da rendere convergente verso le mete spirituali e sociali proprie della dottrina cristiana. In tale spirito allacciò relazioni con paesi comunisti, ricevé personalità di regimi atei (tra cui il genero di Chruscev), abolì la rappresentanza diplomatica presso la Santa Sede dei governi polacco e lituano in esilio e compì molti altri atti distensivi. Nella prospettiva di un maggiore e migliore inserimento del cattolicesimo nel mondo, convocò un Concilio (bolla Humanae salutis del 25 novembre 1961) che si aprì in Vaticano proprio nei giorni della crisi di Cuba. Gli scopi del Concilio Vaticano II, fissati dal papa nell'allocuzione di apertura (11 ottobre 1962) erano, tra gli altri, la ricerca di forme e di linguaggio nuovi, consoni ai tempi di trasformazione politica, sociale, economica e dei costumi, con cui presentare a tutti i popoli il messaggio cristiano e l'invito a tutte le chiese cristiane ad un ecumenismo che, esperimentandosi unitariamente, fosse lievito di pace e di solidarietà tra i popoli. A tali fini la Chiesa doveva riesaminare sé stessa, non certo per ridiscutere i dogmi e la tradizione evangelica, ma per rendere meglio intellegibili al mondo in crisi religiosa e morale, oltre che politica e d economica, la teologia, la morale, il diritto canonico e la liturgia e per conferire modernità ed efficacia all'evangelizzazione. La morte, sopravvenuta nel giugno 1963, gli impedì di portare a compimento i lavori che continuarono sotto il pontificato del suo successore, il cardinale Giovanni Battista Montini, che il giorno dell'elezione, 21 giugno 1963, prese il nome di Paolo VI. Il nuovo papa continuò il discorso innovatore del suo predecessore, lo condusse con grande ponderatezza e prudenza e con rigorosa fermezza specialmente sul problema della fede in opposizione ad alcune modernizzazioni della teologia, che venivano af-
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fiorando nel Concilio e che trovavano sostenitori soprattutto nel periodo postconciliare, e sul problema dell'obbedienza alla gerarchia costituita contro talune forme di dissenso manifestatesi anche nell'ambito del Concilio. Questo venne chiuso del papa l '8 dicembre 1965 con l'enciclica Gaudium et spes nella quale, con estrema chiarezza, il papa fece il punto sulla posizione della Chiesa cattolica nel mondo moderno. Paolo VI nei suoi numerosi interventi - enciclica Populorum progressio del 26 marzo 1965, lettera Octogesimo adveniens del 1971, esortazione Evangelii nuntiandi con la quale chiuse il giubileo del 1975, ecc. - dimostrò grande preoccupazione e sensibilità per i problemi della pace, della fame nel mondo, della dissacrazione della vita, delle condizioni sociali dei lavoratori, della collocazione della donna nella società e così via riconfermando in ogni occasione - e furono tantissime - la condanna esplicita del marxisto-lenismo e del liberalismo economico, senza mai confondere il discorso di teologia morale con quello puramente politico. Avverlì tutti i gravi peril.:uli <lella situazione internazionale, delle guerre e delle rivoluzioni che vennero combattute durante il suo pontificato e ne denunciò la spaventosa drammaticità, adoperandosi in sede diplomatica, oltre che in quella pastorale, per il superamento delle paradossali contraddizioni della politica internazionale. Soffrì moltissimo per tutte le crisi ed i guasti ideologici e morali che si verificarono nella conduzione degli avvenimenti internazionali ed in quella degli avvenimenti dei singoli Stati e per le deviazioni che vi furono nella stessa Chiesa cattolica, stanti le interpretazioni del Concilio che vennero date da parte di alcuni teologi. Non desistette dalla linea programmatica dell'ecumenismo, mantenendo e rafforzando i contatti con le altre chiese cristiane ed anche con le rappresentanze delle altre religioni (incontri, ad esempio, nel dicembre del 1977 con una delegazione islamica dell'Iran) e continuando la politica di disponibilità verso i paesi dell'est europeo (udienza, ad esempio, concessa nel giugno 1977 al presidente del consiglio ungherese Janos Kadar). Partecipò ad una delle assemblee generali del1'0.N.U. dove, con un elevatissimo discorso super partes, fece echeggiare parole inusitate nel palazzo di vetro. Il prestigio dell'O.N.U. aveva continuato durante gli anni precedenti ad indebolirsi ulteriormente. La Chiesa cattolica non fu sola, ma tutte le chiese cristiane si mossero e si adoperarono attivamente durante gli anni sessanta e settanta in favore della pace, in difesa del Terzo e del Quarto mondo, a sostegno dei diritti umani, contro le discriminazioni razziali, religiose e sociali ed i privilegi dei pochi rispetto al suttusviluppu e.li interi pae-
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si e di centinaia di milioni di esseri umani ridotti alla fame, alla miseria più nera e senza speranze, in difesa insomma della libertà e della giustizia calpestate in gran parte del mondo da regimi e governi dittatoriali, oligarchici, arroganti e spietati che imprigionavano, torturavano o uccidevano i loro oppositori e che rendevano la situazione internazionale ancor più gravida di terrore di quanto non lo fosse già per la presenza e l'incombenza delle armi nucleari. Non furono, comunque, solo l'andamento ad altalena delle relazioni est-ovest, le guerre e le rivoluzioni, il moltiplicarsi degli Stati, l'emergere di nuovi grandi potenze e tutti gli altri avvenimenti che abbiamo ricordato a rendere quanto mai insicuro ed agitato, vicino allo scoppio di una terza guerra mondiale totale, il ventennìo degli anni sessanta e settanta. Sarebbe storicamente errato interpretare quel ventennio esclusivamente in funzione delle relazioni est-ovest. Queste furono condizionate a nche da situazioni ed avvenimenti e strane i alla volontà degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica. I rapporti nord-sud non vi·ebbero parte minore. La moltiplicazione inorganica e disordinata di nuovi Stati - ciascuno caratterizzato da diverse disponibilità di risorse, da divari etnici religiosi culturali storici sociali, da situazioni di sviluppo e di sottosviluppo variegate - iniziatasi negli anni cinquanta ed estesasi nel ventennio successivo - la fine cioè del colonialismo e la nascita del Terzo e del Quarto mondo - ebbe la sua origine e la sua motivazione nella fine storicamente naturale del colonialismo. Non fu l'Unione Sovietica a determinare il processo, ma essa seppe sfruttarlo ai suoi fini. Furono, invece, gli Stati colonialisti a non comprendere l'ineluttabilità del processo o a dimostrarsi staccati e indifferenti, o a ritard a rlo anche con le armi, quando non anc he a tentare un neocolonialismo più pernicioso di quello antico. L'Occidente non fece nulla, o solo ben poco, per incanalare tale processo storico inarrestabile e mai, se non tardivamente e quasi solo con parole, pose al centro della politica la questione del Terzo e del Quarto mondo, relegandola tutto al più su di una posizione appunto di terzo o di quarto ordine. Quando poi il Terzo ed il Quarto mondo, ancorché compositi ed eterogenei, si posero come realtà politica, economica e sociale concreta e pressante, l'Occidente andò poco al di là delle teorizzazioni dei fattori che sarebbe stato necessario prendere in considerazione per dare a molti dei nuovi Stati a lmeno la speranza del graduale soddisfacimento delle loro esigenze vitali. La mancanza di una politica occidentale omogenea, diretta a comporre in qualche modo le grandi disparità preesistenti, esasperò i divari tra paesi ricchi e poveri, progrediti ed arre-
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trati, industrialmente e tecnologicamente avanzati o privi di tutto. La scarsa compattezza del Terzo e del Quarto mondo, le incertezze delle loro rivendicazioni, le lotte fratricide che lo insanguinarono, le divisioni che ne derivarono circa la condotta da seguire negli stessi Stati occidentali industrializzati - ciascuno, a cominciare dagJÌ Stati Uniti, preoccupato solo di concludere affari - resero, d'altro canto, complesso il problema anche dopo la raggiunta indipendenza dei vari Stati. Sopravvenuta la crisi recessiva, il problema delle relazioni nord-sud divenne disperato e sembrò destinato a marcire nella nebulosità e nella incertezza delle economie dei paesi ricchi e industrializzati, particolarmente colpiti simultaneamente dal passaggio all'epoca postindustriale o tecnologica. In definitiva, il problema delle relazioni nordsud s'inserì sempre più prepotentemente, durante il ventennio, in quello delle relazioni est-ovest, ma non ebbe nessun avvio verso una soluzione ordinata e coordinata e anzi si aprì gradatamente a prospettive più minacciose che incerte. I mutamenti dell'equlibrio politico e strategico verificatisi negli anni sessanta e settanta tra le due superpotenze, in seguito ai tanti avvenimenti ricordati e soprattutto all'inserirsi sulla scena della politica internazionale della Cina ed anche dell'India nonché, come potenza industriale di primissimo rango, del Giappone, pur con ripercussioni notevolissime nei rapporti est-ovest, dei quali complicarono l'andamento ed accentuarono la conflittualità o l'instabilità, non alterarono sostanzialmente il corso degli eventi condizionato dal potere nucleare che in definitiva impedì lo scontro armato diretto, forse inevitabile in una situazione ante era nucleare. L'Unione Sovietica, peraltro, con la _sua politica offensiva di espansionismo del comunismo e della sua influenza, trasse dall'equilibrio nucleare grandi successi e vantaggi. Eccezione fatta per le potenze dell'alleanza atlantica, la politica americana del contenimento fallì anche perché il sis tema politico americano visse anni di grave turbamento. I tentativi di frenare la corsa incontrollata agli armamenti quasi mai ebbero esito positivo e, comunque, dalla seconda me tà degli anni settanta la corsa riprese il suo ritmo folle, appena frenato in precedenza dal S.A.L.T. l. La costante regolatrice dei rapporti fra le due superpotenze rimase per l'intero ventennio l'equilibrio militare che nessuna delle nuove armi introdotte in servizio dall'una e dall'altra parte riuscì a sbilanciare. Gli elementi di instabilità crebbero, ma gli scompensi temporanei non incisero sulla funzionalità delle strategie dell'una e dell'altra parte, dirette a dissuadersi vicendevolmente dall'utilizzazione degli
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arsenali nucleari e dall'impiego delle armi custoditevi. I rischi della guerra aumentarono in seguito alla proliferazione degli Stati nucleari e con le manifestazioni di indocilità dei paesi del patto di Varsavia e dei paesi, quale, ad esempio, l'Egitto, già sottomessi all'influenza sovietica. L'equilibrio nucleare, e in genere l'equilibrio militare, divenne un equilibrio del terrore. Fu appunto contro un siffatto equilibrio che si elevarono le voci dei Sommi Pontefici, quelle di tutte le chiese cristiane e di gran parte delle altre fedi religiose, oltre quelle di scienziati, di filosofi, di uomini politici delle più diverse estrazioni etniche, ideologiche, religiose e sociali. Nacque il dissenso dalla politica ufficiale anche nei paesi comunisti, compresa l'Unione Sovietica. Non si possono negare la sincerità e la buona fede di gran parte, a cominciare dal vescovo di Roma, di coloro che si dedicarono alla crociata per la pace. Questa raccolse consensi e favori vastissimi, né avrebbe potuto essere diversamente considerato l'obiettivo di aspirazione universale al quale tendeva. Essa però venne diversamente interpretata e condotta. L'Unione Sovietica ed i partiti o movimenti comunisti, criptocomunisti e paracomunisti dell'Occidente e di altri paesi, la strumentalizzarono ai loro fini, individuando i nemic i della pace negli Stati Uniti, nei paesi <li questi alleati ed in pratica nelle democrazie occidentali in generale ed innalzando ad emblema della pace la politica dell 'Unione Sovietica e degli Stati satelliti od affini. Non dalla crociata in sé, intrinsecamente giusta e valida, ma dalla disinformazione sulla quale venne basata e dalle strumentalizzazioni che la intrecciarono, derivarono soprattutto elementi di destabilizzazione dell'Occidente. Le disquisizioni intellettualistiche, le previsioni di catastrofi imminenti, la richiesta dell'immediata abolizione di tutte le armi e le grandi manifestazioni di piazza per sollecitare l'emotività - libe re solo in Occidente - acquistarono un significato unilaterale, anche quando promosse contro l'est e l'ovest, se non altro perché posero sullo stesso piano morale i due blocchi e intesero far credere, contro la realtà assai più difficile e complessa, che la bipolarità e tutto ciò che a questa era connesso potessero essere abolite d'incanto. La teoria demoniologica delle armi nucleari prese piede, non importa se in buona od in mala fede, e le campagne contro la bomba «N» e l'installazione dei missili nuc..:leari a media gittata in Europa fecero perdere di vista, anche ad uomini responsabili, che è l'aggressione che va combattuta e non il difendersene. La crociata per la pace, contro la volontà di molti di coloro che la sostenevano in buona fede, indebolì la volontà di resistere alla sopraffazione, quasi l'Occidente noli. avesse co-
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me obiettivo prioritario ed assoluto della sua politica e della sua strategia, quello già indicato molti anni prima dal generale Beaufre: evitare il conflitto nucleare tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti, ricercare un sistema mondiale che sia al tempo stesso stabile e possibile, organizzare un buon sistema di coordinamento delle strategie47. Un altro elemento di destabilizzazione del mondo occidentale, che poco ebbe a che vedere almeno direttamente con la crociata per la pace, fu il movimento di rivolta del 1968. Esso prese l'a~io dalla guerra del Vietnam; fu assistito nella nascita da un'infinità di filosofi, sociologi, psicologi e politici; fu amorevolmente cura.to nel suo crescere e nel suo esplodere dai movimenti d'ispirazione marxista, vuoi sovietica vuoi cinese; venne tollerato, quando non sostenuto con furbeschi ammiccamenti e segni di benevola comprensione, anche da altri partiti_ Esso fu in realtà un movimento nichilista, nel senso nietzschiano del termine, in quanto fu un intervento attivo per distruggere i valori tradizionali della civiltà occidentale, ed anche nel senso marxista, in quanto barricardiero, violento e prevaricatore_ Ebbe gran seguito nelle università e nelle scuole, ma per diventare più generale e più forte cercò di attirare a sé, non senza qualche successo iniziale, i ceti operai che ben presto, al pari degli stessi partiti comunisti, finirono con il distaccarsene, per l'incosistenza del programma ideologico, politico e sociale, che si riprometta la sola distruzione assoluta senza la prospettiva di un ordine nuovo e diverso_ Non fu peraltro senza conseguenze di ordine morale e politico perché produsse un certo sgretolamento delle compagini nazionali e SQciali, peraltro già insidiate dal comunismo, dal dilagare della violenza, dall'abuso dei mass media, d a l permissivismo, dall'urbanesimo incontrollato, da lla pornografia, dalla droga, dalla corruzione pubblica e privata, ecc_ Non necessariamente derivato dal movimento del sessantotto, ma a que sto entro certi termini legato, sopravvenne nei maggiori paesi dell'Europa occidentale, e specialmente in Italia, in Francia e nella Germania federale, ma anche altrove, con origini e per motivazioni diverse, il terrorismo: un ulteriore grosso tentativo di destabilizzazione che, pùr raccogliendo migliaia di adepti, non trovò nessun seguito reale nei vari tessuti nazionali compatti, una volta tanto, nel combatterlo, a cominciare dagli stessi partiti comunisti che se non l'avevano inizialmente favorito, certo avevano concorso a creare il clima più adatto per la sua germogliazione, mentre poi ne compresero tutta la pericolosità ai fini della loro stessa sopravvivenza_ D'altra parte, il terrorismo era sì una rivoluzione violenta contro il mondo occidentale, ma
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anche una rivolta contro il conservatorismo e l'imborghesimento dei partiti comunisti. 12.
Non tutto nel ventennio fu negativo. Quando le due superpotenze vennero a trovarsi a cinque minuti dallo scontro diretto utilizzarono il brevissimo lasso di tempo per raggiungere una soluzione ragionevole. A Helsinki, malgrado le violazioni successive di quegli accordi da parte dell'Unione Sovietica, dei paesi del patto di Varsavia e di altri governi anche non comunisti, venne firmato un Atto di indubbio valore storico, con il quale gli Stati firmatari riconobbero implicitamente l'esigenza di un ordine morale quale pregiudiziale prioritaria di quello politico e sociale. Il rifiuto della strategia della rappresaglia massiccia, ancorché determinato dalla realtà della nuova situazione più che da una libera scelta strategica, segnò un pàsso avanti sulla via del progresso morale. L'aver scelto come chiave della strategia dell'era nucleare la dissuasione, cioè la prevenzione della guerra piuttosto che il ricorso all'impiego delle nuove armi, fu di per sé una vera conquista spirituale, prima che politica e tecnica, in quanto rivoluzionò e sovvertì la concezione dell'impiego delle forze militari. Il ripudio da parte dell'Unione Sovietica del principio marxistaleninista della inevitabilità della guerra tra Stati socialisti e Stati capitalisti, pur senza la rinunzia alla rivoluzione mondiale, non aprì la via alla normalizzazione delle relazioni internazionali e alla conciliazione delle ideologie - i comunisti non possono rinunziare alla lotta e alla vittoria della dittatura del proletariato e l'ideologia comunista è il presupposto dell'indiscutibile realtà che la realizzazione della società comunista in tutto il mondo è inevitabile - e non ridusse lo spirito aggressivo dell'ideologia, ma di fatto riconobbe la non praticabilità dello scontro diretto armato tra i due opposti mondi. Un altro addendo da scrivere all'attivo del bilancio del ventennio fu l'inizio del confronto triangolare Stati Uniti-Unione Sovietica-Cina che rese più flessibile la politica internazionale e, senza sfruttamenti spregiudicati di una delle tre parti, concorse a rendere più ponderati anche i ricorsi sovietici alla strategia indiretta. Si ebbe, inoltre, la smentita storica del monolitismo comunista e conseguentemente della validità del marxismo-leninismo come dottrina di pacificazione universale e di benessere sociale, smentita messa bene in evidenza dalle discordie e persino da scontri armati locali tra Stati comunisti e dalle in-
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sofferenze e dalle rivolte degli Stati del patto di Varsavia. La primavera di Praga, dopo vent'anni dall'inizio del freddo inverno comunista nella Cecoslovacchia, dette la misura di quanto fossero inconsistenti sul piano reale la fraternità dei paesi comunisti ed il benessere sociale dei regimi comunisti. Lo sgretolamento dell'ideologia e il disorientamento che gli fece seguito nei partiti comunisti dei paesi occidentali costrinsero questi ultimi a ripensamenti e revisioni fino all'affermazione, nella seconda metà degli anni settanta, appunto dopo la repressione della primavera di Praga, del cosiddetto eurocomunismo. La tesi della sostituzione della strategia della rivoluzione violenta, della inevitabilità della guerra e della dittatura del proletariato, con il principio del raggiungimento della formazione di una società marxista nell'accettazione delle regole della dialettica parlamentare, attuando una strategia riformista, rappresentò un mutamento innovatore di rilievo perché, in sostanza, fu un riconoscimento che i sistemi di democrazia rappresentativa garantiscono le libertà fondamentali dei cittadini contro le degenerazioni di tutte le dittature e degli Stati totalitari ed al tempo stesso fu anche un implicito giudizio negativo sui paesi a cosiddetta democrazia popolare. L'eurocomunismo assunse il carattere di una vera e propria polemica antisovietica, basata sulla tesi che l'esercizio del potere, attuato nel segno dell'autoritarismo e della dittatura del proletariato, soffoca il dissenso e impedisce la realizzazione dello stesso marxismo. Una teoria confusa ed ambigua, contraddittoria e sfumata nei contenuti e nelle forme, ma egualmente significativa dell'indebolimento dell'ideologia e dell'influenza sovietiche. La stessa crociata per la pace, infine, quando non offuscata da nebbie ideologiche o da strumentalismi di parte e di comodo, ricondotta nei termini della realtà e della concretezza, smitizzata e liberata dalle utopie, valse a meglio far comprendere la guerra e, sotto tale aspetto, trovò riscontro nella formula, suggerita fin da tanti anni or sono da Liddell Hart, nella sostituzione del si vis pacem, parabellum, con quella molto più vera ed attuale se desiderate la pace, comprendete la guerra. Le armi nucleari non segnano, infatti, un passaggio evolutivo morbido della scienza e dell'arte della guerra, costituiscono un evento rivoluzionario politico, assai più che militare, che prescinde da ogni modello del passato e rompe tutti gli schemi della strategia tradizionale politica e militare. Alla fine degli anni settanta la situazione internazionale, nonostante le positività appena elencate, peggiorò notevolmente a causa della crisi economica che si sovrappose a quella morale ed a quella degli
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equilibri strategici in atto da dopo il 1973. I problemi del disarmo e della fame del mondo, rimasti privi di sia pure un debole avvio a soluzione, anzi acuiti ed esasperati dalla corsa a nuovi armamenti e dalle difficoltà economiche interne dei vari Stati, moltiplicate dalla recessione, dall'inflazione e dalla disoccupazione, sembrarono portare le lancette dell'orologio della guerra a meno due minuti dall'ora tragica e fatale per l'intera umanità, ma le lancette si arrestarono. A fermarle furono le armi nucleari, una realtà che fece imboccare ancora una volta quella che Bertrand Russel aveva chiamato la via della ragionevolezza. Diventerebbe inintellegibile, sulla base dell'esperienza storica, il mancato scontro diretto in quel periodo di gravissima crisi generale tra le due superpotenze se si facesse astrazione dalla presenza del nucleare. La catastrofe non vi fu. La strategia della dissuasione sopravanzò ancora una volta ogni altra strategia politica e militare. Diciamo ciò non per concludere, ma per fare il punto della situazione alla fine di quel ventennio.
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NOTE AL CAPITOLO LVIII 1 L'O.A.S. (in spagnolo O.E.A.) è l'organizzazione internazionale che ha come antecedente l 'Unione Internazionale delle Repubbliche Americane istituita a Washington nel 1890. Nel 1947 il Trattato americano di reciproca assistenza, concluso a Rio de Janeiro, delineò un sistema di sicurezza collettiva regionale, nello spirito della Carta dell'O.N.U., che il patto di Bagotà del 1948, istituendo appunto l'O.A.S., entrato in vigore il 13 dicembre 1951 e successivamente modificato il 27 febbraio 1970, rese concreto. Organi principali sono: L'Assemblea generale con funzione direttiva, la Riunione di consultazione dei ministri degli esteri che si riunisce nei casi urgenti; il Consiglio permanente; il Consiglio economico e sociale, cui compete l'attuazione del programma di sviluppo economico, noto come Alleanza per il progresso voluta da Kennedy nel 1961; il Consiglio interamericano per l'educazione, la scienza e la cultura; il Comitato giuridico interamericano; la Commissione interamericana dei diritti dell'uomo; il Segretario generale. Ne fanno parte quasi tutti gli Stati del continente americano. Cuba ne venne estromessa il 31 gennaio 1962 per l'incompatibilità del regime castrista con i principi e fini dell'O.A.S. 2 Friedrich Oskar Ruge. Politica e strategia. Sansoni, Firenze, 1969, pg. 193. 3 Adam B. Ulam. Storia della politica estera sovietica (1917-1967). Rizzoli, Milano, 1970, pg. 1018. 4 La Conferenza di Ginevra del 1954 aveva portalo ad un accordo per il cessale il fuoco, sottoscritto dalle autorità militari francesi e da quelle del Vietminh. Era prevista la separazione delle forze e la creazione di una zona demilitarizzata al 17° parallelo, ma restava non risollo il vero problema della successione del potere francese in Indocina. La divisione al 17° parallelo del Vietnam in Vietnam del nord e Vietnam del sud, stabilita dalla conferenza di Ginevra del 26 aprile-21 luglio 1954, contrappose ancora una volta un governo comunista (nord) ad wi governo nazionalista anticomunista. Diversamente da quanto accaduto in Corea nel 1950, dove l'aggressione della Corea del nord a quella del sud venne operala da forze regolari e secondo i metodi della guerra tradizionale, nel Vietnam il conflitto ebbe inizio nel 1956 da parte del Vietnam del nord mediante il ricorso a l la guerriglia, organizzata inizialmente in movimento clandestino tra la popolazione, articolata in squadre di villaggio cd in unità regionali, appoggiata dal governo comunista di Hanoi mediante l'invio di anni, mezzi e materiali vari e di personale volontario, gran parte tratto dalle forze regolari. Il Vietnam del sud disponeva di un esercito regolare - ARVN, esercito della repubblica del Vietnam organizzato da consiglieri militari degli Stati Uniti sulla base dell'esperienza coreana, con dottrina ed ordinamento tradizionali, per fare fronte ad una possibile invasione del tipo di quella effettuata dal governo comunista del nord in Corea. La guerriglia dei vietcong (comunisti vietnamiti) veniva rifornita dal Vietnam del nord lungo il sentiero di Ho Chi Minh che attraversava gli Stati del Laos e della Cambogia. Per tentare di rendere neutrale il Laos venne riaperta la conferenza di Ginevra nella quale fu raggiunto un accordo che in pratica finiva con il garantire l'uso del sentiero di Ho Chi Minh al Vietnam del nord che non avrebbe altrimenti potuto proseguire la guerriglia nel sud. Principali awenimenti politici nel Vietnam del sud. 1955-26 ottobre: in seguito a referendum popolare viene proclamata la repubblica, di cui assume la presidenza Ngo Dinh Diem, già primo ministro nel gòverno dell'imperatore Bao Dai. 1961: Diem rifiuta di accenare elezioni congiunte per la riunificazione dei due Vict-
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nam con la giustificazione che nel nord esse non sarebbero state libere e che il volo del nord, con popolazione più numerosa, avrebbe sopraffallo quello del sud. 1963: Diem viene pressato dagli Stati Uniti perché firmi l'accordo sul Laos che egli non condivide perché comprende che in pratica consente l'uso del sentiero di Ho Chi Minh al Vietnam del nord. Il raffreddamento dei rapporti Stati Uniti-Diem si aggrava in seguito alla c risi creata all'interno del Vietnam del sud dai buddisti che protestano contro il governo di Diem. Il 2-3 novembre Diem viene d eposto ed ucciso in seguito ad un colpo di Stato, effettuato con l'aiuto americano, dal generale Duong Van Minh. 1963-1967: Continui cambiamenti nella direzione politica del paese: governo del generale Nguyen Khanh, che scalza Minh e che viene, a sua volta, scalzato dal vicemaresciallo dell'aria Nguyen, Caoky il 19 giugno t 965 diventa presidente della repubbli ca. Il 3 settembre 1967 viene eletto presidente della repubblica il generale Nguyen Van Thieu. Principali avvenimenti politici nel Vietnam del nord. Dopo gli accordi di Ginevra del 1954 il Vietminh ed il suo esercito di gueniglieri nel Tonchino e nelle zone dell'Annam a nord del 17° parallelo costitui scono la repubblica democratica del Vietnam senza referendum od elezioni. Il partito comunista, più tardi ribattezzato partito dei lavoratori di Lao Dong, sollo la guida di Ho Chi Minh, assume il potere ed è riconosciuto da tutti i paesi comun isti e da alcuni dei paesi non allineati. Membri de l poliburo (esclusi 5 che si alternano, uno dei quali disertò in Cina), oltre Ho Chi Minh: Le Duan, primo segretario del partito; Tuang Chinh, presidente del comitato permanente dell'assemblea nazionale (che dovrebbe riunirsi due volte l'anno, ma c he t ra il 1967 ed il 1970 s i riunì per 4 giorni una solta volta); Pham Van Dong, primo ministro; Pham Hung, membro del segretariato a capo del C.O.S.V.N. dal 1967 e governatore del Vietnam del s ud dal 1975; Vo Nguyen Giap, ministro della difesa e presidente del com itato centrale milita1·e del partito; Le Due Tho, membro del segretariato, responsabile dell'organizzazione e per un certo periodo anche capo del C.O.S.V.N. Finalità del governo: unificazione del nord con il sud; creazione della federazione dell'Indocina e, pertanto, appoggio alle forze comuniste del Pathet Lao nel Laos ed ai Khmer Rossi in Cambogia. · Coinvolgimento degli Stati Uniti. Dopo gli accordi <li Ginevra del 1954, i tre nuovi Stati sovrani - Vietnam del sud, Laos, Cambogia - non inclusi nella S.E.A.T.O. come membri, vengono inclusi nelle predisposizioni difensive della S.E.A.T.O. s tessa come «Stati protocollo ». Gli Stati Uniti si assumono il ruolo di consiglieri e il compiuto di addestrare le forLe armate del Vietnam del sud in b ase agli accordi di Ginevra. 1961: il generale americano Maxwel Taylor visita il Vietnam del sud su mandato del presidente Kenncdy, mentre la guerriglia dei vietcong è nel massimo sviluppo. Gli S tati Uniti decidono di concedere ulteriori aiuti, accrescere il numero dei consiglieri, inviare elicotteri da trasporto. Una brigata di marines viene dislocata nel nord-est della Tailandia nel quadro della S.E.A.T.O .. 1964: g li Stati Uniti, nell'agosto, compiono azioni <li rappresaglia per l'attacco subito dalle loro navi nel golfo <lei Tonchino. Il 7 agosto il Congresso am ericano approva la risoluzione del Tonchino e conferisce a l presidente Johnson estesi poteri militari nel Vietnam. 1965: nel mese di febbraio gli Stati Uniti, in seguito ad attacchi dei vietcong a loro infrastrutture, iniziano (7 febbraio) i bombardamenti de l Vietnam del nord ed in marzo effettuano uno sbarco di marines s ulla spiaggia di Da Nang. Da tale momento la guerra diventa una guerra americana, combattuta sotto il comando del generale William Westmoreland, e l'impegno americano diventa totale, tanto c he nei tre ann i successivi il numero degli effe ttivi a meri cani cresce fino quasi a 550 mila uomini, più il per·sonale dell'aviazione americana dell 'estremo Oriente e unità da s barco della marina.
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1966-1967: continuano i bombardamenti americani nel Vietnam del nord, mentre si sviluppano le operazioni aeroterrestri nel Vietnam del sud. 1968: vengono imposte (31 marzo) limitazioni ai bombardamenti del Vietnam del nord. Il 3 maggio gli Stati Uniti accettano le proposte di pace avanzate dal Vietnam del nord. Il 1° novembre i bombardamenti americani sul Vietnam del nord vengono temporaneamente sospesi. 1969: si riaprono a Parigi (25 gennaio) formali negoziati di tregua. L'8 luglio comincia i l ritiro pianificato delle forze americane. 1970: gli Stati Uniti inviano aiuti militari al generale Lon Noi che il 18 marzo depone il principe Sihanouk e proclama la repubblica della Cambogia. Grandi dimostrazioni nel maggio negli Stati Uniti contro il coinvolgimento del paese in Cambogia e nei mesi di giugno-luglio le forze americane si ritirano dalla Cambogia. Il 31 dicembre il Congresso americano revoca la risoluzione del Tonchino. 1972: l'aviazione statunitense nel mese di maggio mina i porti nordvietnamiti ed intensifica i bombardamenti. Il 12 agosto le ultime forze terrestri americane lasciano il Vietnam, dove restano 43 mila uomini tra aviazione e personale di governo. 1973: cessano le operazioni militari americane contro il Vietnam del nord. Il 27 gennaio viene firmato un accordo di pace tra gli Stati Uniti e il Vietnam del nord. Il 29 maggio gli ultimi soldati americani lasciano il Vietnam. Il 3 gennaio il presidente Nixon promette per iscritto al generale Thieu di adottare rapide e severe misure di rappresaglia qualora i nordvietnamiti violino il cessate il fuoco. 1975: Il Congresso, la legge sui poteri di guerra, lo scandalo Watergate e le dimissioni di Nixon mutano la situazione interna degli Stati Uniti cd il 5 maggio l'esercito del Vietnam del nord sferra l'offensiva decisiva contro il Vietnam del sud. Il 30 aprile le truppe nordvietnamite entrano a Saigon ed il Vietnam del sud capitola. Principali cicli operativi. 1956-1964: attività di guerriglia dei vietcong aiutati dal Vietnam del nord. 1967: operazione ~Cedri abbattuti» contro il «Triangolo di ferro» a nord di Saigon controllato dai comunisti. 1968: assedio di Khe Sanh (22 gennaio-7 aprile). Il 30 gennaio inizia l'offensiva del Tet su tutto il Vietnam del sud. Il 4-5 maggio nuova offensiva comunista contro le basi e le città del Vietnam del sud. 1971: operazione Lam Son 719; incursioni del Vietnam del s ud nel Laos. 1972: il 30 marzo il Vietnam del nord inizia l'invasione di quello del sud. 1974: assedio di Phnom Penh da parte delle forLe comuniste. 1975: 5 marzo inizio dell'offensiva decisiva del Vietnam del nord contro il Vietnam del sud. li 17 aprile Phnom Pcnh cade in mano agli insorti comunisti. 11 30 aprile le truppe nordvietnamite entrano a Saigon. Thicu si dimette ed il generale Duong Van Minh, che aveva rovesciato ed assassinato il presidente Ngo Dinh Diem, assume la p residenza per sovraintendere alla resa incondizionata di Saigon. La guerra d el Vietnam era costata complesiivamente 7 milioni e 300 mila uomini tra morti e feriti delle due parti. 5 Nel 1972 vennero firmati a Mosca, a conclusione dei SALT 1 (Strategie A rms Limitation Talks - negoziati per la limitazione delle armi strategiche), dopo tre anni di trattative: un trattato che limitava i missili antimissili (ABM - Anti-Ballistic Missile) a 200 per parte; un accordo provvisorio di durata quinquennale (valido cioè fino al 1977) sulle armi offensive, che impegnava le parti a non costruire nuove rampe terrestri fisse per i missili balistici intercontinentali (TCBM - lntercontinental Ballistic Missile) ed a limitare il numero dei missili balistici basati sui sottomarini (SLBM - Submarine launched Ballistic Missile), nonché il numero dei sottomarini nucleari lanciarazzi a quelli operativi od in costruzione alla data della firn1a dell'accordo; un protocollo aggiuntivo che stabiliva un duplice plafond massimo per SBLM e sottomarini vettori di armi nucleari. Gli a ccordi SALTI concedevano un vantaggio quantitativo all'Unione SovietiC<'I
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per i missili offensivi (2358 contro 1710 degli Stati Uniti), vantaggio che all'epoca g li Stati Uniti ritenevano compensato dalla loro superiorità tecnologica generale e dal possesso dei missili con veicoli di rientro a testate multiple (MIRV - Multiple Indipendently Targeted Reentry Vehicle). Una volta che anche l'Unione Sovietica ebbe acquisito la mirvizzazione, la sostanza del protocollo SALT 1 risultò compromessa per cui, di fronte alla nuova situazione, ebbe luogo a Mosca il terzo vertice nucleare Unione Sovietica - Stati Uniti con risultati limitati e deludenti. Un quarto vertice, avvenuto il 23 novembre 1974 a Vladivostok, stabilì che il nuovo accordo - per il periodo 1977-1985 - sarebbe stato basato sul principio de/l'uguale sicurezza, non più su quello della parità strategica dei SALT 1, concedendo alle due parti di disporre globalmente di 2400 vettori strategici (ICBM, SLBM e bombardieri), di cui non più di 1320 (ICBM e SLBM) equipaggiali con MIRV. 6 La.conferenza per la sicurezza e la cooperazione europea (CSCE - Conference on Security and Cooperation in Europe) si concluse a Helsinki il 1 agosto 1975 con la sottoscrizione di un Allo finale nel quale, per quanto riguarda il settore militare, venivano adottate alcune misure rivolte soprattutto a migliorare le relazioni reciproche ed a sviluppare la fiducia tra gli Stati firmatari, nell'intento di accrescere la stabilità e la sicurezza in Europa. 7 La bomba «N», o bomba neutronica, venne contestata rumorosamente in Europa e negli Stati Unili e, in pratica, le numerose polemiche si conclusero con la vittor ia dei cosiddetti pacifisti in seguito alla rinunzia, almeno pro temporc, del presidente Carler alla costruzione ed all'adozione della bomba da parte dei paesi della N.A.T.O .. La bomba «N» altro non è che una bomba «H » di piccole dimensioni e di potenza limitata, forse dell'ordine di un kiloton, ma dotata di opportuni accorgimenti tecnici che consentono una notevole diffusione dei neutroni entro un raggio superiore a quello degli altri effetti (200 -é- 300 m). La bomba «N » è in sostanza un'arma tattica che produce meno danni ai materiali, mentre amplia il raggio di micidialità nei riguardi degli esseri viventi. La crociata contro la sua produzione e distribuzione alle forze della N.A.T.O. in Europa, da parte dell'Unione Sovietica, ma sostenuta anche da ambienti occidentali non comunisti, soprattutto mediante una completa disinformazione dell'opinione pubblica, prese a pretesto la barbarie della nuova arma c he avrebbe lasciato in piedi gli edifici, mentre avrebbe ucciso gli uomini, quasi che le altre armi nucleari tattiche, già in dotazione alle forze N.A.T.O. in Europa, fossero meno barbare perché distruggevano simultaneamente uomini e cose, equipaggi e carri armati. Il maggior raggio di azione delle radiazioni, con il conseguente aumento delle vittime umane, fu l'elemento che giuocò un ruolo decisivo s ull'emotività dell'opinione pubblica che si lasciò fuorviare da quello che era e resta il problema di fondo d elle am1i nucleari e cioè se queste siano o no almeno per ora l'unica chance per evitare la terza guerra mondiale. È quanto accadde anche nella questione degli euromissili, sulla quale le voci che sostenevano la tesi delle armi nucleari come mezzo preventivo della guerra erano poche e soffocate. Una di esse, per fortuna non la sola, fu la voce del nuovo filosofo francese André Glucksman che, nel libro La forza della vertigine, sostenne che l'Europa avrebbe dovuto darsi un armamento nucleare perché solo così si poteva salvaguardare la pace, non già con i cortei dei pacifisti e non già lasciandosi abbagliare dalla vertigine che si spalanca quando si pensa all'eventualità dell'aggressione nucleare. Egli giudicò il disarmo unilaterale un varco alla guerra oppure alla dominazione politica ed economica dell'Unione Sovietica. Egli non si schierò contro i pacifisti e coloro che amano la pace e vogliono difenderla, ma contro coloro che, dinanzi alla prospettiva della guerra nucleare, chiedono che il loro paese si disarmi intanto unilateralmente e si tiri fuori. Costoro, secondo lui, come del resto secondo noi, lavorano in realtà per un Hiroshima planetaria oppure, in alternativa, per un Auschwitz allargata. Glucksman aggiunse che se la terza guerra mondiale era stata fino ad allora evitata, lo si doveva alla dissuasione che le anni nucleari americane avevano esercitato verso i marescialli di Mosca e che ora che l'Eurnpa era sotto il tiro dei missili SS-20 la difesa americana
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diventava credibile fino ad un certo punto, in quanto la tentazione al disimpegno veniva facendosi più forte: «gli americani una volta mantenevano un intero esercito nel Vietnam e nelle loro città c'erano proteste. Oggi, una cospicua parte dei politici statunitensi si oppone anche alla presenza di pochi marines in Libano. L'America è rimasta scioccata dal film After day, ma nel grande dibattito che ne è nato, l'Europa non è stata mai menzionata•. Egli avvalorava le sue tesi affermando che se l'Europa non si fosse convinta che avrebbe dovuto difendersi non sarà mai unita e che i padri dell'Europa sbagliavano credendo che il primo martire europeo potesse essere il fattore economico. B I SALTI erano basali sul principio dell'eguale sicurezza e limitavano gli arsenali delle due parti a 2400 vettori strategici (ICBM, SLBM, aerei da bombardamento) di cui non più di 1320 (ICBM e SLBM) equipaggiati con MIRV. Le maggiori divergenze sorte durante le trattative riguardavano la definizione delle caratteristiche e delle limitazioni d 'impiego operativo, da una parte, del bombardiere sovietico Backfire, dall'altra del missile da crociera statunitense (cruise-missile), in quanto entrambi i sistemi potevano trovare un impiego strategico oltre che tattico. La questione venne alla fine accantonata e fu deciso di esaminarla in un nuovo negoziato - SALT 3 - che avrebbe avuto per oggetto i missili a media gittata. 9 Richard A. Preston e Sydney F. Wise. Storia sociale della guerra. Mondadori, Verona, 1973, pag. 414. 10 Adam B. Ulam. Op. cit., pag. 995. I I La Soviet Ekonomivceskoj Vzaimopomvosci - in occidente denominata Council for Mutuai Economie Assistancc (Consiglio di Mutua Assistenza Economica) - è l'organizzazione intergovernativa istituita a Mosca, dove ha sede, nel 1949 fra Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, Ungheria e Unione Sovietica a cui si aggiunsero Albania (di fatto uscitane nel 1961), Jugoslavia (dal 1964), Repubblica Democratica Tedesca (dal 1950), il Vietnam, Cuba (dal 1972). Nata come risposta all'O.E.C.E. mira a promuovere lo sviluppo pianificato delle economie degli Stati membri. L'Unione Sovietica vi esercita una vera e propria egemonia male tollerata dagli altri Stati membri. 12 Adam B. Ulam. Op. cil., pag. 1036. 13 Tra India e Pakistan vi fu nel ventennio considerato uno stato di lotta sorda, mai cessata, a causa soprattutto dell'insoluta questione del Kashmir che diede luogo alle guerre di frontiere del 1948 e del 1965-66 per citare quelle più gravi. Nel 197 I i I Pakistan venne smembrato ad opera dell'India che nella guerra del 1971 si rifece delle sconfitte subite nel corso degli anni sessanta ad opera dei cinesi e dei pakistani. 14 La repubblica indonesiana fu dichiarata, prima della fine della guerra degli alleati contro il Giappone, da un gruppo di nazionalisti capeggiati da Akmed Sukarno che ne divenne il primo presidente. Gli olandesi, tentando di ripristinare il loro antico dominio, spinsero gli indonesiani ad una lotta rivoluzionaria che durò a lungo. Nel 1949, dietro intervento dell'O.N.U., si giunse ad una sistemazione definitiva che consisté nel riconoscimento, da parte olandese, dell'indipendenza e della sovranità indonesiana su tutto l'arcipelago, eccettuata la parte occidentale della Nuova Guinea. L'inefficienza dei vari governi a risolvere i problemi politici ed economici del paese e l'intensifica rsi delle crisi e delle rivolte spinsero Sukarno ad assumere più vasti poteri che fece riconoscere da una nuova Costituzione che diede origine ad un sistema detto della democrazia guidata. Tra il 1960 ed il 1965 Sukarno, che già si era spostato su posizioni di sinistra, tendendo ad includere il partilo comunista nelle forze governative, accentuò le posizioni antioccidentali. Nel 1965, per un paventato colpo di Stato, i militari esautorarono Sukarno assumendo, nella persona del generale Suharto, il controllo del paese con una sanguinosissima repressione che costò diverse centinaia di migliaia di morti. 15 Vorosilov Kliment Efremovic (1881-1969) maresciallo e uomo politico sovietico. Militare rivoluzionario nel 1903 ebbe una parte di rilievo nell'insurrezione bolscevica di Pietrogrado nel 1917 e nella costituzione dell'annata rossa. Prese parte alla guerra civile con la la armata di cavalleria di Budienij, legandosi a Stalin. Fu commissario della guerra dal 1925 al 1940. Nel 1941, comandante delle armate di Leningrado, fu
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esonerato per le sconfitte subite e destinato a compiti organizzativi nelle retrovie, conservando peraltro un ruolo politico: fu capo della missione sovietica in Ungheria nel 1945-'47 e presidente del Soviet Supremo dal 1953 al 1960. 16 Il trattato previde che le potenze atomiche non dovessero concedere ad altri Stati armi atomiche o nozioni relative all'armamento nucleare e che i paesi non possessori di armi atomiche firmatari dovessero sottoporsi ad un preciso controllo per evitare che essi stornassero materiale fissionabile per scopi bellici. Il trattato non impediva ai paesi non possessori di armi nucleari l'uso pacifico dell'energia atomica, ma le disposizioni che l'avrebbero dovuto regolare risultavano molto confuse e, comunque, davano ai possessori di armi nucleari considerevole influenza sui non possessori attraverso l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (lnternational Atomic Energy Agency · IAEA). 17 Vds. precedenta nota n. 5. 18 Vds. precedenta nota n. 6. 19 Vds. precedente nota n. 8. 20 Il disordine ed i contrasti interni che regnavano nei paesi dell'Occidente circa il processo di decolonizzazione in corso in Asia ed in Africa, con inizio subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, costituirono una tentazione irresistibile per l'Unione Sovietica e per la Cina, che vennero indotte a rice rcare l'espansione del comunismo e della loro influenza in tali continenti. La scarsa potenzialità industriale, bellica e finanziaria non consentì alla Cina, in uno con la situazione interna, neppure nel periodo della sua grande inimicizia con gli Stati Uniti, di !rane vantaggi dal caos quasi generale - scarsa efficacia degli interventi dell'O.N.U., disinteresse ed indifferenza degli Stati Uniti, miopia politica e sociale di alcune delle potenze coloniali, ecc. - nel quale si svolse l'intero processo di decolonizzazione, uno dei fenomeni più grandiosi e determinanti della storia dopo la seconda guerra mondiale. L'Unione Sovietica, sia pure favorita da circostanze propizie - estraneità al colonialismo e ideologia di facile presa su popolazioni desiderose di liberarsi della dominazione straniera, molte di esse in condizioni culturali, sociali e di vita subumane utilizzando la strategia indiretta acquisì alla sua area d'influenza gran parte degli Stati emergenti, dopo essersi fatta carico della propaganda, degli aiuti materiali, dell'invio di armi e di mezzi bellici, di consiglieri militari e negli ultimi tempi di mercenari cubani. Qui diamo l'elenco dei principali avvenimenti politici e militari avvenuti nel continente nero. In Africa, l'Unione Sovietica riuscì a creare una minaccia potenziale al fianco meridionale della N.A.T.O. conquistando alla sua influenza l'Algeria e la Libia ed acquisendo la disponibilità di posizioni marittime di grande rilievo strategico - anche se poi alcune, come l'Egitto, il Sudan e la Somalia, le sfuggirono - sia sulla costa occidentale dell'oceano Indiano, sia su quella orientale dell'oceano Atlantico, sia nel Corno d'Africa. Rivoluzione algerina (1954-1962), conclusasi con la vittoria politica dei nazionalisti algerini che, mediante gli accordi di Evian (18 marzo 1962), voluti dal generale De Gaulle, ottennero la completa indipendenza del paese sotto il G.P.R.A. (Governo Provvisorio della Repubblica di Algeria). Il F.L.N. (Fronte di Liberazione Nazionale), d'ispirazione soprattutto nazionalistica, fu aiutato durante la guerra, che tale fu la rivoluzione algerina, dal mondo arabo e da quello comunista. La guerra, iniziatasi il 1 novembre 1954, costò circa un milione di morti ai nazionalisti mussulmani, 17 456 alle forze popolari francesi, 2788 ai coloni europei o piedi neri. Il F.L.N. - l'organizzazione nazionalista rivoluzionaria inizialmente sotto la direzione collettiva di nove capi mussulmani - dopo alterne vicende, che nel 1955 e successivamente nel 1959 sembravano averne segnato per due volte quasi la fine, riuscì da ultimo ad imporre la sua vittoria politica e ad ottenere l'indipendenza assoluta dal paese senza neppure impegnarsi in qualche garanzia a favore dei coloni europei. Le forze armate francesi - che nel 1955, nel 1958 e nel 1959 erano state sul punto di vincere la guerra delle sparatorie, senza peraltro raggiungere la vittoria definitiva. che avrebbe presupposto una soluzione politica -
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furono travagliate da ribellioni e da veri e propri ammutinamenti di intere unità fino a realizzare, per conservare l'Algeria francese, un colpo militare ad Algeri, il 21 settembre 1961. con l'intento di rovesciare il governo deUa madrepatria tenuto dal generale De Gaulle. Questi il 16 settembre 1969 aveva promesso, in un discorso alla radio, l'autodeterminazione per l'Algeria, vale a dire aveva proclamato una politica di rinunzia all'Algeria francese. I piedi neri, che già nel maggio 1958 erano scesi in piazza provocando la costituzione di un comitato di salute pubblica presieduto dal generale Raoul Salan, comandante in capo delle forze francesi in Algeria, tornarono a scendervi il 24 maggio 1960, organizzati nel fronte nazionale francese (F.N.F.), capeggiato dal J o Ortiz e dall'ex paracadutista Pierre Lagaillard, per ripetere i successi del 1958 contro l'armata di liberazione nazionale algerina (ALN) che dal 1956, filiazione del F.L.N., inquadrava le formazioni guerrigliere. Essi persero la loro lunga battaglia dopo il fallimento della soUevazione del 21 aprile 1961 , durante la quale, aiutati da paracadutisti dissidenti e dai generali Salan, Maurice Challe, Edmond Jouhane e André Eller, avevano tenuto in loro dominio la città di Algeri per cinque giorni. La Francia si era frattanto raccolta intorno al generale De Gaulle togliendo ai piedi neri ed ai ribelli ogni speranza e costringendo i generali a rinunziare al loro piano. Fu proprio il generale De Gaulle, richiamato a l potere il 1 giugno 1958 ed investito dei pieni poteri per sei mesi dall'assemb lea nazionale, ad iniziare e concludere, malgrado tutto e, in particolare, malgrado la spietata campagna terrorista condotta dall'organizzazione dell'armata segreta (0.A.S.) - nella quale si erano rifugiati gli estremisti ed i paracadutisti sfuggiti alla catlura - i negoziati per l'indipendenza scma condizioni dell'Algeria. Il risultato finale - l'Algeria agli algerini - era neUa fatalità storica della decolonizzazione dell'Asia e dcli' Africa; il non averlo capito fin dall'inizio fu un gravissimo errore dei governi della Quarta repubblica, che pure nel marzo 1956 avevano concesso l'indipendenza al Marocco e alla Tunisia, che poi divennero territori di rifugio per i combattenti del F.L.N. algerino costringendo la Francia a dislocare ingenti truppe per la protezione dei confini (linea Motrice). Lenti a capire, i governi della Quarta repubblica, nonostante il fallimento dei loro tentativi d'integrare al livello locale le popolazioni francese e mussulmana, non avevano trovato nel 1956 altra soluzione che trasferire tutti i poteri nelle mani dell'esercito e si erano lasciati illudere dai successi del generale Jacques Massu riportati nel 1956 sulle forze dell'A.L.N. guidato da Suadi Yacef. La sottovalutazione da parte dei responsabili francesi dell'organizzazione guerrigliera li aveva indotti a far ricorso alla repressione ed a trattare l'Algeria, non come paese inglobato nella Francia fin dal 1848, ma come una colonia in stato di vero vassallaggio, più duro di quello dei protettorati del Marocco e della Tunisia. Ciò aveva determinato il consolidamento del F.N.L nel quale i c api moderati vennero soppiantati nel 1956 da quelli estremisti, che ristrutturarono le bande della guerriglia, costituirono l'A.N.L., formarono nel 1958 il G.P.R.A., organizzarono un forte partito rivoluzionario ed ottennero l'appoggio attivo e passivo di un notevole numero di paesi, principalmente del mondo arabo, nonché quello non meno necessario della popolazione algerina. Anche se il comitato rivoluzionario fondato nel 1954 da Ahmed Ben Bellà, dal quale rinacque il F.L.N., s'ispirò a Ho Chi Minh e prese ad esempio, nell'organizzazione, le wilayal (ripartizione in zone della guerriglia) dalle inter-zone vietminh, la guerra di Algeria fu prima di lulto una guerra fondamentalmente nazionalista. Ciò non tolse che, specialmente dopo la richiesta di aiuto avanzata da Tunisi al mondo comunista dal G.P.R.A., l'Unione Sovietica, agendo dietro le quinte, non fece del tutto per accen tuarne il carattere di rivoluzione comunista, dando il più largo sostegno appunto alle correnti aliene da ogni compromesso e più inclini alla violenza e all'espandere il terrorismo nella stessa Francia per cercare di convincere i francesi che non valeva la pena di combattere per l'Algeria. La vittoria finale non fu, infatti, dei moderati facenti capo a Ferhat Abbas, ma del gruppo guidato da Ahmed Ben Bellà e dal colonnello Houari Boumedienne. Guerra civile nel Congo (1960-1967), scoppiò alla metà del 1960, quando il Belgio concesse improvvisamente l'indipendenza al paese che non era pronto a riceverla. Di fron-
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te allo sfascio delle forze militari e di polizia, alle lotte tribali tra gli oltre 200 gruppi etnici maggiori, alle atrocità che si venivano commettendo ai danni degli europei e, soprattutto, alla secessione della provincia del Katanga, della quale era Presidente Moise Tshombe che ne aveva dichiarato l'indipendenza, il primo ministro Patrice Lumumba chiese aiuto all'Unione Sovietica e all'O.N.U. Il segretario generale dell'O.N.U., Dag Hammarskjold, si premurò di prevenire l'aiuto sovietico, peraltro subito concesso, cd inviò un primo contingente di forze internazionali che riuscì a chiudere gli aeroporti a tutti i voli sovietici. La forza dell'O.N.U. sali gradualmente fino a 20 mila uorriini, ma venne ritirata nel luglio del 1965 dopo che essa aveva scatenato il malcontento in tutte le parti per aver cercato di sostenere il governo centrale sia contro i secessionisti del Katanga, irritando così il Belgio, la Gran Bretagna e la Francia, sia contro gli altri oppositori del governo centrale del Leopoldville, sostenuto dai comunisti. Lumumha venne deposto il 14 settembre 1960 da un colpo di Stato organizzato dal capo di stato maggiore dell'esercito, generale Sese Mobuto, che imprigionò Lumumba, es pube il personale militare sovietico, chiuse le ambasciate dei paesi del blocco comunista. Uno stretto alleato di Lumumba, Antoine Gizenga, formò il 13 dicembre 1960 un nuovo governo, subito sostenuto dall'Unione Sovietica, che s'insediò a Stanleyville. L'appoggio a Lumumba, fuggito e poi ripreso dai soldati di Mobutu, andò progressivamente crescendo nelle province orientali e nel Kivu e quando Lumumba venne assassinato per ordine di Tshombc, capo secessionisla del Katanga, la guerra civile divenne ancora più aspra per l'aiuto cornw1ista fornito a Gizenga, il cui governo venne riconosciuto dall'Egillu, dall'Unione Sovietica, dalla Germania orientale, dalla Jugoslavia e dal Ghana. L'Unione Sovietica, appoggiata dall'India e da altri 66 paesi, chiese la sostituzione delle forze dell'O.N.U. con truppe interamente arricanc cd accusò Hammarskjold di essere il primo assassino. La morte di Hammarskjold, avvenuta nel 1961 in un incidente aereo mentre si recava proprio nel Congo per tentare di risolvere la crisi politico-militare, rese più difficile l'azione dell'O.N. U.. Gizcnga espulse le autorità consolari dei governi che non avevano riconosciuto il suo potere, entrò a far parte di un gabinetto presieduto da Cyrillc Adule sostenuto da un Parlamento con maggioranza lumumbiana, sciolse la sua base di Stanleyville, ma non riuscì a consolidare la sua posizione in seguilo alla scissione del suo partito, la quale valse a rinfocolare nel 1962 le lotte intestine. Slanleyvillc offrì comunque una base agli oppositori del governo centrale di Leopoldville, ora guidato dal separatista katanghese Tshombe, i quali ricevettero aiuti dall'esterno, allraverso l'ambasciata di Brazzaville, questa volta soprattutto dalla Cina. Nel 1964 Pierrc Mulelc, dopo aver fallo la spola per 18 me si tra Il Cairo e Pechino, guidò una nuova rivolta ed assunse il controllo della gran parte orientale della provincia di Kwilu, mentre le so llevazio ni s i es tesero nelle province di Kivu e nel nord del Katanga facendo capo ad un triunvirato costituito da Pierre Mulele, da Christophe Gbenye che aveva operato con Gizcnga nel 1961 e da Nicholas Olenga. La controrivoluzione di Tshombe, il cui governo era stato frattanto rovesciato, riuscì mediante l'appoggio di mercenari assoldati in Europa, nel Sud-Africa, e negli Stati Uniti, a riprendere Stanleyville. L'Unione Sovietica daci sc allora di finanziare e di approntare un ponte aereo congiunto egizianoalgerino a hl\ ore dei ribelli trasferitisi nel Sudan, dove peraltro si scissero nuovamente provocando il rallentamento degli aiuti esterni. Nel 1965 il presidente del Congo, Joseph Kasavubu, esonerò Tshombc dalla carica di primo ministro, ma fu a sua volta destituito dalla carica di presidente della repubblica dal gene rale Mobutu, che il 25 ·novembre 1965 assunse il potere, instaurando un regime presidenziale autoritario, legittimato da una nuova Costituzione emanata il 24 aprile 1967. L'intervento sovietico si concluse con un insuccesso, ma anche quello dell'O.N.U. sotto la cui supervisione si svolse una delle guerre più feroci degli anni settanta senza che le sue forze fossero in grado di padroneggiare né la situazione politica, né quella militare. Guerra civile nigeriana (1967-1970). Una guerra simile sotto alcuni aspetti a quella del Congo - intervento straniero a sostegno delle varie parti in lotta - fu quella combattuta in Nigeria nell'ultimo scorcio <legli anni sessanta. Essa scoppiò nel luglio 1967 do-
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po che il 30 maggio il colonnello Odumegu Ojukwu aveva dichiarato l'indipendenza del Biafra dalla Nigeria. La dichiarazione del colonnello Oju.kwu trasse origine dal fallimento del t entativo di abolire il federalismo e di creare uno Stato Unitario compiuto l'anno prima, nel maggio 1966, dal generale Johnson Aguiyi-Ironsi. Questi, impadronitosi del potere con un colpo di Stato, aveva instaurato un governo militare dominato dagli Ibo, la popolazione etnicamente più distinta, di fede cristiana, culturalmente elevata in confronto di quelle islamiche del nord. La mossa del generale Aguiyi-Ironsi aveva dato il via ad una serie di tumulti e di massacri degli Ibo da parte degli islamici, ai quali non aveva posto fine la salila al potere, dopo che il generale Aguiyi-Ironsi era stato ucciso dalle truppe ammutinate, del generale Yakubu Gowon che aveva ripristinato la federazione. La guerra tra le truppe del generale Gowon e quelle del colonnello Ojukwu durò fino al gennaio 1970, quando i federali occuparono Umuahia ed il colonnello Ojukwu dovette lasciare i I paese ponendo fine alla secessione del Biafra. L'antagonismo tribale segnò migliaia e migliaia di morti e moltiplicò la fame e la miseria. La causa dei biafrani riscosse simpatie nella Tanzania, nello Zambia, negli Stati di lingua francese del Gabon e d ella Costa d'Avorio - che riconobbero il Biafra - e da parte del Sudafrica, della Rhodesia, del Portogal lo e della Francia, la quale ultima si riprometteva di poter incorporare nella zona di influenza francese in Africa il Biafra indipendente. L'Inghilterra da parte sua, pur sostenendo il governo federale della sua colonia, per il timore di allargare il conflitto, si astenne dall'inviare armi alle forze del generale Gowon e si decise ad un qualche aiuto solo dopo che l'Unione Sovietica aveva messo a disposizione della marina nigeriana tre torpediniere ed aveva inviato fucili belgi, cannoni contraerei, 15 MiG e 10 reattori Delfin, i cui piloti vennero addestrati, per i MiG dalle forze aeree egiziane e, per i Delfin, vennero tratti da mercenari europei e sudafricani. Gli Stati Uniti, che avevano dichiarato la loro neutralità, finirono con lo spiacere ad entrambe le parli in conflitto. Nella guerra civile nigeriana fu, dunque, il vuoto lasciato dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti ad invogliare l'Unione Sovietica, che non ebbe scrupoli pur di essere presente, a sostenere il governo del generale Gowon che non aveva peraltro mai promesso i I comunismo e che, una voi ta al potere, si dimostrò di tendenze moderate, ancorché non fosse stato precedentemente in grado di evitare i bestiali eccessi dei federalisti. Le guerre nell'Africa portoghese (1961-1976). Qui la guerra fu molto lunga ed a prolungarla concorsero anche le tensioni interne e le scissioni dei vari movimenti di liberazione che, in luogo di coalizzarsi, spesso si frantumarono appoggiandosi, ciascuno, nell'interno dei vari Stati, al rispettivo gruppo etnico. Il carattere rurale e tribale della lotta fu a denominatore comune delle varie organizzazioni politiche e di guerrigl ia dell 'intera Africa portoghese, anche se non tutti i movimenti di liberazione si ispirarono a i principi del marxismo-leninismo. Nella Guinea il partito africano per l 'indipendenza della Guinea e del Capo Verde (P.A.I.G.C.), fondato nel 1956 da Amilcar Cabrai, cominciò ad ottenere notevoli successi militari dal 1961 in poi, assicurandosi a mano a mano il controllo di gran parte del paese e, sotto la gu ida di Aristide Pereira, succeduto a Cabra] ucciso nel 1973, riuscì a far proclamare unilateralmente la indipendenza del paese in quello stesso anno da un'assemblea nazionale formata da 40 deputat i nominali dal P.A.T.G.C. e da 80 eletti nelle zone liberate. Nell'Angola i due movimen t i costituitisi nel 1960 - il movimento popolare di liberazione dell 'Angola (M.P.L.A.) e l'unione delle popolazioni dell'Angola (U.P.A.) - invano tentarono di proporre al governo di Lisbona le trattative per l'indipendenza ed ebbero come risposta l'arresto di Agostino Neto capo dell'M.P.L. e di a ltri aderenti a i due movimenti. Tra il gennaio ed il febbraio 1961 la lotta divenne aperta e l'U.P.A. tolse il controllo della zona settentrionale del paese a l governo portoghese che fu preso di sorp1·esa. Nel 1962 si costituì nel Congo il governo rivoluzionario in esilio dell'Angola (Governo Revolucionario de Angola em Exilio - G.R.A.E.) capeggialo da Holden Roberto e successivamente sorse anche l'organizzazione del fronte nazionale della liberazione dell'Angola (Fruente Nacional de Libertacao dc Angola - F.N.L.A.). L'Angola acquisirà alla fine l'indipendenza com
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pleta l' 11 novembre 1975 sotto l'egida del M .P.L.A. che prenderà il nome ufficiale di partito marxista-leninista dei lavoratori dell'Angola. Nel Mozambico le prime associazioni politiche - U.D.E.N.A.M.O., M.A.N.U., U.N.A.M.J. - confluirono nel 1964 nel fronte di liberazione del Mozambico (Frente Libertacao Mocambique - FRE.LI.MO), fondato a Dar es Salam nella Tanzania, sotto Ja presidenza di Edoardo Modlane, assassinato poi dai portoghesi, al quale succedette Marcellino dos Santos. Il 25 giugno 1975 il Mozambico conseguirà l'indipendenza e si proclamerà repubblica popolare saldando i suoi rapporti sia con Mosca sia con Pechino e consacrerà nel 1977 la sua adesione al marxismo-leninismo nella sua nuova Costituzione. Le varie lotte di liberazione trovarono negli anni settanta e successivamente il loro sostegno nei paesi finitimi: il P.A.l.G.C. nel Congo e nel Senegal, la F.N.L.A. nello Zaire, l'M.P.L.A. nel Congo e nello Zambia, il FRE.LI.MO. nello Zambia e nella Tanzania. Questi due ultimi paesi - la Tanzania, nuovo Stato sorto dall'integrazione avvenuta nel 1964 tra Tanzanica, Zanzibar, Pemba - avevano ottenuto prima l'autonomia e poi l'indipendenza dall'Inghilterra tra il 1961 ed il 1964. I paesi finitimi furono così meglio in grado di concedere aiuti ed asilo ai movimenti di liberazione anche perché ciascuno di essi guidato da un partito unico appoggiato dal blocco comunista: nella Tanzania, l'unione nazionale africana, del Tanzanica (Tanzanika African National Union - T.A.N.U.), guidata da Julius Nyerere al qua le si unì nel 1964 Abeid K.arame, divenuti rispettivamente presidente e vice-presidente della repubblica unita; nello Zambia, il partito dell'unità e dell'indipendenza nazionale (United National Independence Party - U.N.I.P.), guidato da Kenneth Kaunda. Fu proprio nei paesi finitimi che si svolse la maggior parte dell'addestramento alla lotta delle varie formazioni antiportoghesi sotto la guida sia degli stessi guerriglieri nazionali, sia di quelli dei paesi ospitanti, sia di consiglieri esterni. I nuclei originari dei guerriglieri del FRE.Ll.MO e dcll'M.P.L.A. furono addestrati in Algeria, altri in Bulgaria, in Cecoslovacc hia e nella stessa Unione Sovietica, che assistette anche il P.A.I.G.C. ed il FRE.Ll.MO., mentre la Cina appoggiò lo stesso FRE.LI.MO. ed il F .N .L.A.; gli Stati Uniti concessero il loro tacito appoggio al F.N.L.A.. Il P.A.I.G.C. ed il FRE.LI.MO. ebbero anche il riconoscimento dell'organizzazione per l'unità africana che sostenne a ltresì il governo provvisorio del F.N.L.A. fino a quando, nel 1968, passò all'M.P.L.A .. Anche la gran parte delle armi dei guerriglieri furono di provenienza sovietica, come i fucili automatici Simov, i fucili di assalto Kalashnikov ed i mortai me di da 82 mm, anche se non pochi furono i cannoni senza rinculo da 75 ed i bazooka di origine americana. La Rivoluzione in Etiopia (1974-1980). La detronizzazione, il 12 settembre 1974, dell'imperatore Hailé Selassié fu il risultato di un collasso interno della Etiopia; nessun g ruppo rivendicò l'inizio della rivoluzione, né questa venne ispirata dall'esterno. Ad essa fece seguilo un periodo di grande confusione politica, resa più grave dalla guerra di secessione dell'E ritrea che si trascinava da 14 anni. A dare una svolta alla situazione furono i maggiori Menghistu Hailé Mariam e Atnafu Abate che strapparono il potere al generale Anam Andom, ucciso il 23 novembre 1974, che venne sostituito dal generale Tafari Bante che assunse la carica di capo dello Stato. La rivoluzione, che era sorta come movimento popolare, fu da quel momento dominata da un gruppo di militari. Nel 1977 Menghistu si liberò in modo sanguinoso di Tafari Bante e di Atnafu Abate e restò solo a governare l'Etiopia, ispirandosi inizialmente ad una specie di socialismo idealistico. Nel 1976 venne creata la repubblica democratica del popolo e fu istituito un ministero per politicizzare le masse. Furono intrapresi i primi passi per fondare il partito dei lavoratori su base marxista. Dopo lotte feroci tra i militari e i marxisti-leninisti contrari al governo militare, Hailé Fida, figlio di un generale dell'imperatore, riuscì a costituire il movimento di tutta l'Etiopia socialista (M.E.I.S.O.N.). I sostenitori del M.E.I.S.O.N. si batterono contro il partito rivoluzionario del popolo etiopico (E.P.R.P.) contrario a l governo dei militari. Verso la metà del 1977 Menghistu consolidò ulteriormente il suo potere per sonale ed eliminò anche Fida. Menghistu ebbe allora subito l'appoggio di Fide! Castro ed in seguito dell'Unione Sovietica che stipulò con lui 13 accordi di cooperazione. Menghistu si recò a Mosca dove ottenne l'appoggio completo della sua
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rivoluzione e di ritorno da Mosca si fermò in Libia, dalla quale ottenne forniture di armi sovietiche. Gli americani lasciarono il paese nell'aprile 1977 ed il blocco sovietico fu invitato ad aiutare l'Etiopia, a respingere un'invasione della Somalia nella regione dell'Ogaden, a resistere alle spinte separatiste dell'Eritrea. L'Unione Sovietica trovò più vantaggioso schierarsi dalla parte dell'Etiopia e di abbandonare la Somalia, alla quale era legata da un trattato di amicizia fin dal 1974, in quanto l'Etiopia le avrebbe offerto basi più sicure per la sua politica di espansione in Africa e nel Medio Oriente. Il 13 dicembre 1977 la Somalia invitò i sovietici ad abbandonare il paese. I sovietici furono cacciati dalla Somalia e dovettero partire in fretta mentre folle ostili li minacciavano. L'Etiopia cadde in tutto e per tutto sotto l'influenza sovietica, ma nell'Ogaden e in Eritrea continuò la guerriglia. Giunsero poi migliaia di cubani a dare man forte all'Etiopia contro la Somalia ed anche 1500 sovietici al comando del generale Vasily Petrov. L'intervento sovietico in Etiopia in difesa degli interessi sovietici nel golfo persico e nell'oceano indiano fu reso possibile dall'Occidente che aveva fatto poco o niente quando si era trovato di fronte al blocco sovietico in Angola negli anni 1975-'76. Gli stessi metodi furono attuati in entrambe le occasioni:. Cuba fornì gli uomini e l' Unione Sovietica mise a disposizione il materiale e supervisionò l'aspetto logistico dell'operazione (Guerre in tempo di pace dal 1945. De Agostini, Novara, 1983, pag. 249). 21 Adam B. Ulam. Op. cit., pag. 912. 22 Ibidem, pag. 911. 23 Guerra dei sei giorni (5-10 giugno 1967). Forze combattenti: Israele, 264 mila uomini, 800 carri armati, 350 aerei; Egitto, 240 mila uomini, 1200 carri armati, 450 velivoli; Siria, 50 mila uomini, 400 carri armati, 120 aerei; Giordania, 50 mila uomini, 200 carri armati, 40 aerei. Attacco aereo israeliano: improvvisamente l'aviazione israeliana attaccò alle 8.45 del 5 giugno (ora egiziana) 8 aeroporti egiziani nel Sinai, sul Canale, nelle vicinanze del Cairo; nella stessa giornata estese l'attacco ad altri 9 campi di aviazione egiziani; nel pomeriggio attaccò gli aeroporti giordani distruggendo 29 dei 40 velivoli dell'aviazione giordana e quelli siriani distruggendo 60 dei 120 velivoli dell'aviazione siriana. L'aviazione egiziana alla fine della giornata perse ogni capacità operativa significativa. L'attacco aereo ebbe uno splendido successo perché: realizzato di sorpresa, accuratamente pianificato, non meno accuratamente eseguito nei modi e nei tempi previsti; poté giovarsi di informazioni sull'aviazione nemica precisissime fino al punto di conoscere in partenza le installazioni e gli aerei finti; fu condotto con estrema perizia e coraggio dai piloti israeliani, alcuni dei quali giunsero ad abbassare i carrelli per diminuire la velocità ed aumentare la precisione del tiro dei cannoncini di bordo; fece affidamento su diversi Lipi <li munizionamento: cannoncini, bombe ad alto esplosivo, bombe con paracadute, bombe capaci di scavare ampi crateri, razzi a scoppio ritardato con capacità di penetrazione nel cemento. Gli aerei israeliani distrussero anche 17 dei 200 velivoli dell'aviazione irachena, colpendo l'unico aeroporto iracheno compreso entro il raggio di azione dei loro velivoli. Fronte del Sinai (5-7/8 giugno): offensiva lungo tre direttrici principali, condotta da tre complessi di forLe attaccanti, rispettivamente quello dell'ala destra, al comando del generale Abraham Tal, la striscia di Gaza; quello della ala sinistra, al comando del generale Ariel Sharon, le posizioni di Um Katif e cli Abu Aweigila; quello di centro, al comando del generale Abraham Joffe, la strada trasversale el Arisch- Abu Aweigila, lungo la quale poter poi sostenere l'ala destra o l'ala sinistra a seconda degli sviluppi dell'operazione. Lungo la striscia di Gaza la sera del 5 l'ala destra raggiunse el Arish, mentre fu solo nel pomeriggio del 6 che gli israeliani riuscirono a sopraffare le accanite resistente egiziane di un Um Katif. Aperta la breccia decisiva in 36 ore, gli israeliani raggiunsero i piedi dell'altopiano centrale e 1'8 giugno furono sul Canale, sul golfo di Suez e a Sharm el Sheikh anche mediante l'impiego di truppe aerotrasportate e paracadutiste, nonché di motosiluranti e di navi pattuglia che, partite dal golfo di Elat, raggiunsero Sharm el Shcik, qui preceih1te òa paracadutisti, per poi proseguire nel golfo
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di Suez. La guerra sulla fronte del Sinai vide la perdita della capacità operativa di sette divisioni egiziane e la morte di 10 mila soldati egiziani, la distruzione di centinaia di carri armati egiziani (solo un centinaio di carri sembra che riuscì a riattraversare il canale). Fronte della Giordania: difensiva iniziale (5-6 giugno) e successiva offensiva (7-8 giugno) con occupazione di Gerico, di Nablus e di Gerusalemme. La legione araba della Giordania perse 6000 dei suoi 15 000 uomini che si batterono con grande abilità ecoraggio, lodati dagli stessi israeliani. Fu quando le unità egiziane cominciarono a cedere nel Sinai, il terzo giorno di guerra, che gli israeliani cominciarono ad avere ragione delle forze giordane. Fronte della Siria (9-10 giugno): difensiva iniziale (5-8 giugno) e successiva offensiva (9-10 giugno) su tre direttrici da Dan, dal ponte di Beni Yakov, dalla zona di Haon. Al termine del primo giorno di combattimenti (9 giugno), gli israeliani si aprirono un largo varco a nord e il giorno dopo (10 giugno), mentre si accingevano a sferrare l'offensiva decisiva, i siriani cominciarono a ripiegare prima ordinatamente, poi confusamente;.al tramonto, gli israeliani furono padroni di tutte le alture del Golan cdi parte del monte Hermon. Gli israeliani persero 500 uomini; i siriani persero quasi 100 dei lori 250 carri e 200 dei 260 cannoni schierati sulle alture. 24 Guerra del Kippur (6 ottobre - 24 ottobre 1973). Forze combattenti: Tsraele: 275mila uomini, 1700 carri armati, 432 aerei; Egitto: 285 mila uomini, 2000 carri, 600 velivoli; Siria: 100 mila uomini, 1200 carri, 210 aerei. Fronte egiziana: offensiva egiziana basata sulla sorpresa strategica e Lattica, pienamente conseguite, iniziata con un'ora di preparazione di fuoco di artiglieria ed aviazione sulle posizioni israeliane lungo il canale e sulle posizioni chiave del Sinai; attraversamento del canale da parte della fanteria egiziana con infiltrazione negli intervalli tra le posizioni israeliane; messa in opera di dieci ponti tra il 6 e 1'8 ottobre; respinta dei contrattacchi israeliani; ammassamento di circa 800 carri e 75mila uomini lungo quasi tutto la riva israeliana del canale; inizio il mattino del 14 dell'offensiva egiziana verso i passi' di Khatima, Mitla e Giddi con 800 carri, fanteria, artiglieria; arresto dell'offensiva da parte israeliana mediante azione frontale di contenimento con fanteria ed armi controcarri e contrattacchi dei carri sui fianchi dei dispositivi egiziani; passaggio all'atteggiamento difensivo da parte degli egiziani; controffensiva israeliana del giorno 15 lungo la strada di el Tasa e attraversamento del Grande Lago Amaro, il mattino del 16, da parte dei paracadutisti israeliani su barchini di assalto, nonché trasporto su pontoni SP di carri armati attraverso la parte superiore del lago; inizio, il giorno 18, della controffensiva israeliana sulla riva orientale del canale per ricacciarne gli egiziani; fallimento del tentativo israeliano di aggirare la 2.a armata egiziana e d'impadronirsi di Ismailia; prosecuzione dell'azione israeliana contro le retrovie della 3a armata egiziana; il giorno 20 situazione critica degli egiziani sulla riva destra del canale incapaci di fermare l'avanzata israeliana; dichiarazione di disponibilità dell'Egitto ad una tregua, entrata in vigore alle 18,52 del 22 ottobre; operazioni di Israele, nonostante la tregua, per completare l'accerchiamento della 3 8 armata egiziana, cessate il 24 ottobre in seguito alle pressioni esercitate dagli Stati Uniti. Gli israeliani riuscirono alla fine a difendere ed ampliare i vantaggi territoriali conseguiti nel 1967. Fronte siriano: offensiva siriana alle 14 del giorno 6 su di una fronte di 50 km con impegno di 2 divisioni corazzate, 3 di fanteria e varie brigale non indivisionate (in totale 1200 carri armati) su due blocchi di forze (uno a nord e uno più a sud); divisioni di fanteria in 1 a schiera e divisioni corazzate pronte a sfruttare le brecce aperte d alle divisioni di fanteria che si trovarono di fronte 2 brigate israeliane con circa 180 carri; distruzione quasi totale delle due brigate israeliane dal 6 al 7 ottobre; avanzata dei siriani del blocco di forze nord anche se pagata a caro prezzo; rallentamento dell'azione siriana del blocco di for,:e nord; penetrazione siriana del blocco di forze sud fin quasi a el Al, a Nafekh e al ponte Bnot Ya' akow; inizio, la sera del 9 ottobre, della rottura del contatto su tutta la fronte da parte delle forze siriane in seguito all'arrivo tli for7.e
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fresche israeliane; accettazione il 22 ottobre da parte della Siria della tregua proposta dall'O.N.U. Gli israeliani riconquistarono tutto ciò che avevano perduto dopo il 10 ottobre ed aggiunsero nuovi guadagni territoriali alle conquiste del 1967; essi arrivarono quasi fino a Kfar Shams (nonostante la resistenza siriana, giordana e irachena), Knaker, Mazrat Beit Jat ed al centro Tel Shams (13 ottobre). Anche le posizioni perse sulle pendici del monte Hermon vennero tutte riconquistate. Perdite: 1400 carri da parte siriana, 250 carri da parte israeliana 150 dei quali recuperati insieme ad elevalo bottino di armi, di mezzi e di materiali abbandonati dai siriani. 25 Autori vari. Guerre in tempo di pace. Istituto Geografico De Agostini, 1983, pag. 195, saggio di Sir Robert Thompson. 26 V6 Nguyen, detto Giap, (1912), generale e uomo politico vietnamita. Da giovanissimo militò nel partito del nuovo Vietnam, poi nel partito socialista ed infine in quello comunista. Nel 1939 si rifugiò in Cina dove prese contatto con Ho Chi Minh adoperandosi per la costituzione del Viet-Minh. Rientrato in patria fu organizzatore e dirigente dei reparti partigiani durante l'occupazione giapponese dell'Indocina (1941-'45). Proclamata la repubblica (2 settembre 1945) ne fu ministro degli interni e poi della guerra. Diresse la lotta contro i francesi, come comandante supremo delle forze del Viet-Minh fino a Dien Bien Phu (1954). Fu successivamente comandante in capo delle forze del Vietnam del nord, ministro della difesa e vice primo ministro (1960) del governo di Hanoi e diresse la lotta contro il Vietnam del sud. Dopo l'unificazione del paese (1975) continuò ad essere ministro della difesa e vice-primo ministro. Grande teorico della guerriglia rurale ha scritto, tra l'altro, Guerra di popolo e La vittoria del Vietcong. 27 Westmoreland William Childs (1914), generale americano. Prese parte alla 2a guerra mondiale e successivamente alla guerra di Corea. Comandante in capo nel Vietnam, favorì il sempre maggiore intervento delle forze americane ed ottenne successi di rilievo. Ma in seguito ad una nuova richiesta di 200 mila uomini dopo l'offensiva del Tet, che era riuscilo a far fallire, venne richiamato in patria e dové abbandonare il comando de lle forze americane nel Vietnam. 28 Autori vari. Op. cit., pag. 198, saggio di Sir Robert Thompson. 29 Carro da combattimento Centurion V: peso 51, 82 t; lunghezza 9,85 m; altezza 3,39 m; armamento: 1 cannone stabilizzato da 105, 2 mitragliatrici da 7,62, l mitragliatrice da 12,7; velocità max. su strada 34,6 km/h; autonomia 190 km; pendenza 60%; gradino 0,915 m; trincea 3,352 m; munizioni a bordo: 64 colpi APSD ed HESH, 4250 cartucce da 7,62, 700 cartucce da 12,7; equipaggio: 4 uomini. Carro da combattimento T-54: peso 36 t; lunghezza 9 m; larghezza 3,27 m; altezza 2.4 m; armamento: I cannone d a 100, 2 mitragliatrici da 7,62, l mitragliatrice da 12,7; velocità max. su strada 48 km/h; autonomia 400 km; guado 1,4 m; pendenza 60%; gradino 0,8 m; trincea 2,7 m; munizionamento: 42 colpi APHE, H E AT, HE, 3000 cartuece da 7,62, 500 cartucce da 12,7. Il Centurion aveva il vantaggio di una maggiore celerità di tiro e di una maggiore capacità di perforazione delle corazze. Inoltre il Centurion portava 64 colpi anziché 42, aveva una gittata utile di oltre 2000 m contro i 1000 m del T-55 e la sua granata APDS era di gran lunga più efficace di tulle quelle prodotte fino ad allora dai sovietici. Come distruttore di carri il Centurion non ebbe in quella guerra rivali. 30 Autori vari. Op. cit., pag. 229, saggio di H.P. Willmott. 3l Carro di combattimento M48A: peso 47,17 t; lunghezza 8 ,686 m; larghezza 3,631 m; altezza 3,124 m; armamento: 1 cannone da 90 mm, 1 mitragliatrice da 7,62, l mitragliatrice da 12,7; velocità max. su strada 48,2 km/h; autonomia 463 km; guado 1,219 m; pendenza 60%; gradino 0,915 m; trincea 2,59 m. 32 Missile controcarri TOW ante 1976: lunghezza 1,174 m per il modello base; peso al lancio 22,5 kg; razzo bistadio a propellente solido; gittata 65-3000 m; Ogiva HE carica cava da 3,9 kg; perforazione corazza 600 mm. Dopo il 1976 il TOW venne perfezionato e acquisi nuove prestazioni (gittata 65-3570 m; capacità di perforazione 800+ _mm).
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33 Carro PT-76 sovietico: equipaggio 3 uomini; peso 14 t; vel. max. su strada 44 km/h; autonomia 260 km; guado: anfibio; pendenza 60%; gradino 1, 1 m; trincea 2,8; velocità in acqua 10 km/h; cannone da 76 mm (40 colpi) con mitragliatrice coassiale 7,62 mm (1000 colpi); propulso in acqua da due idrogetti per un'autonomia di 65 km; preparazione occorrente prima di entrare in acqua: erezione dello schermo ribaltabile di galleggiamento, attivazione delle pompe di sentina, messa in azione degli. idrogetti. 34 Pakistan: 365 mila uomini, 820 carri armati, 1100 pezzi di artiglieria, 285 aerei; India: 860 mila uomini, 1450 carri armati, 3000 pezzi di artiglieria, 625 aerei. 35 Carro T-62 sovietico: 4 uomini di equipaggio; peso 40 t; ve!. max. su strada 50 km/h; autonomia 650 km; pendenza 60%; gradino 0,815; trincea 2,85 m; cannone da 115 mm (40 granate) e una mitragliatrice da 7,62 coassiale (2500 colpi). È uno sviluppo, più costoso, del T-54/T-SS. Impiega 3 tipi principali di munizioni: HE, FRAG, FS, delle quali le FRAG (alto esplosivo frattura prestabilita ad alette) perforano corazze di 430 mm a qualsiasi distanza e le FS (perforante stabilizzata ad alette a distacco di Sabot) corazze di 330 mm alla distanza di 1000 m. 36 Argentina: deposto nel 1956 il generale Juan Domingo Per6n, salito a l potere nel 1946 in seguito ad elezioni, la vita politica fu bloccata dall'impossibilità di trovare una formula per reinserire le masse fedeli al giustizionalismo di Pcr6n. Non vi riuscirono né il radicale intrasingente Arturo Frondizi, dal 1958 al 1962, né José M. Guido, presidente dal 1962 al 1963, né il radicale del popolo Arturo Ilia, presidente dal l 963 al 1966. Ilia venne deposto nel 1966 da un colpo di Stato militare ed assunse la presidenza il generale Juan Carlos Ongania che invano tentò, affidandosi ai tecnocrati, di far uscire il paese dalla situazione di stallo politico. Deposto nel g iugno 1970 dagli stessi militari che lo avevano fino ad a llora sostenuto, venne sostituito dal generale Roberto Marcello Levingston, deposto a sua volta nel 1971 e sostituito il 23 marzo 1971 dal generale Alejandro Agustin Lanusse, comandante in capo dell'esercito. Nel 1973, il potere, in seguito ad elezioni, tornò nelle mani dei peronisti. Morto Pcr6n nel luglio 1974, gli su ccesse la moglie Maria Estella Martinez (lsabelita). Sopravvenne un periodo di grande debolezza dell'esecutivo e di disordine (scandali, manifestaziohi, scontri e tumulti nelle piazze, lotte di vertice, dure polemiche tra le fazioni peroniste). Nel marzo 1976, vi fu un nuovo golpe dei militari, che nominarono capo dello Stato il generale Rafael Videla. Soppresso il Parlamento, sciolti i partiti, introdotta la censura, i militari instaurarono un regime oppressivo e poliziesco e lasciarono fiorire gruppi di guerriglieri di estrema destra che produssero danni enormi al paese, catturando, tormentando e facendo sparire - congiuntamente con le forze di sicurezza (polizia) - migliaia di cittadini dei partiti contrari al regime militare (radicali, socialisti, peronisti e comunisti). Il 30 marzo 1978 Videla presentò al paese un piano a lungo termine per la reintroduzione del sistema democratico e poco dopo rassegnò le dimissioi;ii dall'esercito e fu nominato presidente civile del paese. I gravi e cronici mali del paese non ebbero termine, anzi si aggravarono, neppure quando il generale Leopoldo Galtieri, capo di una nuova giunta militare, assunse il potere. · Brasile, già sull'orlo della guerra civile negli anni 1954-55, il 25 agosto 1961 fu investito da una crisi politica in seguito a lle for7..atc dimissioni del presidente l a.no Ouadros e le lacerazioni interne colpirono il sistema istituzionale (repubblicano presidenziale o repubblicano parlamentare) e si accese una aspra lotta politica tra i gruppi di destra e gran parte dei militari e tra la sinistra democratica e quella rivoluzionaria. Nell'aprile 1964 un golpe militare sciolse tutti i partiti preesistenti ed al posto di questi ne creò due di regime - alleanza rinnovatrice (A.Re.NA.) di sostegno al governo; movimento democratico brasiliano (M.D_B.) di opposizione - i quali nel 1966 designarono a capo dello Stato il generale Arturo da Costa e Silva. Questi instaurò un regime dittatoriale continuato poi dal suo successore, generale Emilio Garrastazu Medici. Il 15 Novembre 1970 si svolsero le elezioni per il rinnovo del Congresso, ma si trattò di una consultazione parziale, alla quale poterono concorrere solo l'A.Rc.NA. e l'M.D.B ..
Aumentò il malessere politico e sociale e cominciò la guerriglia in un e lima di crcsccn
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te violenza, nonostante i risultati positivi che il regime veniva acquisendo nel campo dell'espansione economica e commerciale. Nelle elezioni legislative del 1974 l'M.D.B. ebbe la meglio sull'A.Re.NA.. Il risultato creò forti tensioni all'interno del regime, ma il presidente generale Ernesto Geisel fronteggiò la situazione con provvedimenti di moralizzazione pubblica più che con nuovi rigori repressivi. Nelle elezioni amministrative del 1976 l'A.Re.NA. tornò al successo e l'occasione indusse il generale Geisel a modificare la legge per l'elezione del presidente: non più eletto direttamente dal popolo, ma da un collegio di grandi elettori, composto dai membri del Congresso e dai rappresentanti delle amministrazioni locali. La successione avvenne nell'ottobre 1978 con la nomina del generale J.B. Figueiredo. Nelle elezioni legislative del novembre 1978 l'M.D.B. ebbe una notevole affennazione. Le forze armate e quelle di sicurezza brasiliane governarono il paese con estrema durezza e, ancorché il metodo fosse meno autoritario, corrotto ed assolutistico di quello dei militari argentini, il loro regime fu oppressivo, antidemocratico e favorì la ristrettissima casta dei supermiliardari a danno dell'intera popolazione del paese, lacerata da profondi squilibri (unà massa immensa di cittadini in condizioni di vita subumane). Cile. Rettosi durante gli anni cinquanta ed i primi anni sessanta su regime di stampo liberalcon servatore (presidenza di Ibanez del Campo dal 1952 al 1958 e presidenza di J .A. Alessandri dal I 958 al 1964), i1 3 settembre 1964 il Cile elesse a grande maggioranza presidente il democratico cristiano E. Frei Montalva, fautore di una rivoluzione nella libertà. Il governo di Frei si distinse per tutta una serie di misure progressiste, tra le quali la riforma agraria, quella scolastica, l'acquisto da parte dello Stato dei pacchetti di maggioranza fino al 51 % delle azioni delle compagnie cuprifcrc straniere, ecc. Frei non aveva la maggioranza del Congresso, per cui fu indotto più volte a patteggiare con la destrn liberal-conservatrice, unitasi in un solo partito (partito nazionale). Ciò urtò la sinis tra che si unì nel partito di unità popolare (comunisti, socialisti, radicali <li sinistra, s0<.:ialdem=ralici, democratici cristiani dissidenti). L'unità popolare vinse le elezioni del settembre 1970 e portò alla presidenza della repubblica il socialista Salvalor Allende. L'estrema destra ricorse alla violenza per impedire ad Allende di continuare la via cilena al socialismo. Allende si destreggiò, negoziò di volta in volta il voto favorevole o l'astensione dei democratici cristiani. Nel 1971 nazionalizzò le compagnie del rame. Gli impegni che Allende fece assumere allo Stato nei settori dell'economia e dell'assistenza sociale alimentarono un'inflazione galoppante. D'altra parte, anche l'estrema sinistra, che riteneva troppo rispettoso della Costituzione e della legalità il governo Allende, mentre questo lo era in realtà solo entro certi limiti, cominciò a dimostrarsi ostile a quella che chiamavano l'involuzione borghese di Allen<le. Questi venne confermato nelle elezioni del 1973, ma il paese aveva già cominciato a cadere in uno stato di gravi agitazioni, anche per la scarsezza di viveri, rarefallisi per la caduta del prezzo del rame sui mercati mondiali. L' 11 settembre 1974 un colpo di Stato militare rovesciò il governo e Allende fu ucciso nell'assalto dei militari al palazzo presidenziale. I militari sciolsero la Camera cd il Senato, a bolirono le libertà civili, soppressero e congelarono tutti i partili, costituirono una giunta di governo composta dai comandanti delle tre forze annate e dei ca rabineros. Capo dello Stato e del governo divenne il generale Augusto Pinochet che, in base ad una legge del 25 giugno 1974, assunse la denominazione di capo supremo della nazione. La dittatura militare ebbe una mano pesantissima; incurante delle critic he e delle rimostranze internazionali e del crescere della opposizione interna, governò con estrema durezza - e continua a farlo - ed intensificò la lotta anche ai cileni in esilio, di cui fece assassinare alcuni esponenti. Nel gennaio 1978 fece svolgere un referendum per ricevere una fonna di consenso, dopo aver promesso un programma di riforme a lungo termine per restituire il paese alla legalità democratica; il referendum gli fu favorevole, anche se fu opinione unanime che Pinochet avesse manipolato i risultati. Bolivia: Guevara, messosi a capo dell'esercito di liberazione nazionale, di base rurale, venne catturato ed ucciso nel 1967. La giunta militare, che nel 1952 era stata ro-
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vesciata dalla rivoluzione, tornò al potere nel 1964. Il generale José Torres, che pure instaurò un regime nazionalista e rivoluzionario e si mostrò deciso a portare avanti le riforme e le nazionalizzazioni, non riuscì a dare stabilità al paese che, durante gli anni sessanta, conobbe tra un pronunciamento e l'altro, continui disordini, specie nelle miniere, controffensive dei conservatori, rivolte, stati di assedio, violenze. Il governo conservatore del colonnello Hugo Banzer Suarez, sorto dal colpo di Stato dell'agosto 1971, fece conoscere al paese dal 197 4 al 1977 il periodo più tormentato della sua storia. Le elezioni del 1978, indette sotto la pressione della piazza, avvennero in un clima di violenze e di brogli che sfociarono in un nuovo colpo di Stato. Il generale Juan Penda Abujr obbligò il generale Banzer a rassegnare le dimissioni e si fece eleggere presidente. Nel novembre un nuovo colpo di Stato abbatté Asbun e portò alla presidenza il generale David Pedilla Arauciba. Venezuela. Nel più urbanizzato degli Stati sud-americani, e al tempo stesso guidato da presidenti eletti democraticamente - Romùlo Betancourt, eletto il 7 dicembre 1952, che terminò il suo mandato nel 1963; Raul Leoni eletto nel 1963 e rimasto in carica fino al 1968; Rafae l Caldera, presidente dal 1968 al l 973; Carlos André Perez, presidente dal 1973 al 1978; Luis Herrera Campius eletto presidente il 3 dicembre 1978 - la guerriglia scelse come campo di azione le città e venne condotta dalle forze armate di liberazione nazionale, una alleanza tattica di vari gruppi rivoluzionari, particolarmente attiva negli anni 1962-63. L'attività di guerriglia urbana si concretò anche in scontri a fuoco con la polizia che si scagliò contro i partiti di sinistra ed i movimenti studenteschi. Nel 1963 il F.A.L.N. fu molto attivo specialmente a Caracas (rapine, rapimenti, sabotaggi) e propagandò il sabotaggio delle libere elezion i, ma nel 1964 il presidente Raul Leoni riuscì a batterlo ed a costringerlo a ripiegare dalle città sulle zone rurali. Dopo le elezioni del 1964, nelle quali votò il 90% dell'elettorato, il F.A.L.N. cominciò a declinare, nonostante l'attivismo dei comunisti. Il Venezuela fu uno dei pochi paesi dove, osservando i limiti della legge e con poche prevaricazioni, i presidenti, Betancourt e Leoni in particolare, vinsero la guerriglia e rafforzarono la democrazia, poi di nuovo insidiata dalla successiva crisi economica mondiale. Colombia. Nella Colombia, la repubblica indipendente contadina venne soffocata nel 1964 dalle forze dell'esercito, ma nel 1965 il grande protagoni sta della guerriglia, Camillo Torres, riuscì a trasformare la gu erriglia in un fatto endemico. Torres mori in combattimento nel 1968. Il regime del fronte nazionale, concordato tra liberali e conservatori nel 1967, cessò di fatto nel 1974 senza aver saputo risolvere le grandi c risi in cui il paese si dibatteva fin dall'inizio del secolo. Sulle endemiche rivolte contadine continuarono ad innestarsi, negli anni sessanta e nella prima metà degli anni settanta, violente manifestazioni studentesche e lotte continue delle forze armate rivoluzionarie colombiane (F.A.R.C.) e dell'alleanza nazionale popolare (A.NA.PO.). Le elezioni ebbero sempre regolarmente luogo, ma registrarono sempre fortissime astensioni (fino all'80%). Ciò accadde anche dopo il 1974, allorché come candidato del solo partito liberale venne eletto presidente della repubblica Alfonso Lopez Michelsen il quale, nonostante il suo conclamato progressismo, ricorse più volte allo stato di assedio. Le elezioni parlamentari del 1978 denunciarono un nuovo ampio margine di astensionismo, mentre anche quelle del 4 giugno dello stesso anno, dalle quali uscì eletto presidente della repubblica il liberale Julio César Turbay Ayala, non registrarono affluenza maggiore. El Salvador. Nel 1961 venne soffocata una rivolta progressista e il governo passò nelle mani di una giunta militare. L'anno seguente, dopo una nuova Costituzione e nuove elezioni, la presidenza della repubblica fu affidata al colonnello Julio Adalberto Rivera, candidato del partito della conciliazione nazionale, a l quale seguirono, nel 1967, due colonnelli: Fidel Sanchez Hernandez e Arturo Armando Molina. Nel giugno 1969 El Salvador e Honduras furono protagonisti di una breve guerra non dichiarata, scaturita da profondi contrasti economici e sociali che affliggevano in realtà all'interno entrambi i paesi. La vita politica di El Salvador fu dal 1960 al 1979 continuamente turbata da gravi episodi di violenza che costrinsero più volte i governi a ricorrere allo
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stato di assedio. A metà degli anni settanta, videro la luce formazioni di guerriglia come le forze popolari di liberazione Farabundo Marti. Nel 1977 in un clima di violenza e di assassini si svolsero le elezioni che dettero la vittoria al candidato del partilo di conciliazione nazionale .generale Carlos Humberto Romero. Le opposizioni, raccolte in un'unione nazionale, contestarono i risultati elettorali, dando vita a nuove manifestazioni di protesta e di violenza in tutto il paese, dove cominciò la guerra civile tra forze di estrema destra e forze rivoluzionarie e tra queste ultime e le fo·r ze governative, in una gara spietata di assassini, rapimenti, devastazioni. Guatemala. Durante la prima metà degli anni cinquanta si erano succeduti governi progressisti, bersaglio degli Stati Uniti anche quando niente affatto comunisti. Poi ebbe successo il movimento capeggiato dal colonnello Carlos Castillo Armos, riuscito a penetrare nel paese e ad impadronirsi del potere nel giugno 1954. Questi rimase al potere fino al 25 luglio 1957, giorno in cui venne assassinato; egli aveva restaurato l'antico ordine (o disordine) abrogando tutte le riforme dei suoi predecessori, finendo con l'asservire l'economia guatemalteca agli interessi degli Stati Uniti. Alla sua morte succedé un periodo di grandi convulsioni e si manifestò la guerriglia rurale, il cui fallimento venne segnato dall'abortito colpo di Stato del 13 novembre 1960. Nel 1962 anche la rivolLa rurale venne spezzata. Nel 1963 i gruppi rivoluzionari trasferirono la lotta nelle città e questa venne condotta dalle forze armate ribelli - un fronte costituito da comunisti al quale aderirono ufficiali e soldati scontenti - e dal movimento MR-13 (studenti e ceti mcdi); i due movimenti si fusero nel 1968. La guerriglia urbana, particolarmente auiva nel 1965 -MR-13 guidato da Marco Antonio Youdosa; F.A.R. guidato da Luis Augusto Turcios - si scontrò anche con le formazioni antiterroriste di destra che, tra il 1967 e il 1968, si resero da sole responsabili di quasi 10 mila assassini. La guerriglia urbana non ottenne successi apprezzabili contro la feroce repressione delle forze militari regolari e i vigilantes dell'estrema destra. Le elezioni del 1970 e del 1974 dettero la vittoria ai militari o ai candidati civili da questi sostenuti. Il generale Kjell Langerud Garda, eletto nel 1974, tentò di awiare un programma di sviluppo industriale avvalendosi della collaborazione straniera, ma non riuscì a cogliere i successi sperati, perché dovette impegnarsi a fondo nel mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza interna a causa della ripresa della guerriglia sui monti e del terrorismo urbano. Nelle elezioni presidenziali del 5 marzo 1978 ebbero successo il partito rivoluzionario (P.R.) ed il partito istituzionale democratico (P.L.D.) che presentarono la candidatura del generale Romeo Lucas Garcia, appoggiato dalla borghesia più illuminata e dai militari meno conservatori. La volontà del nuovo presidente, che confermò di accellerare la crescita del paese con l'espansione dell'attività industriale, urtò contro lo scoppio di agitazioni popolari, provocate dall'inflazione e dalla disoccupazione, che vennero soffocate nel sangue. Nicaragua. Dal 1933 al 1980 il potere fu, quasi ininterrottamente, nelle mani della fa!nÌglia Sornoza: Anastasio Somoza, fattosi eleggere presidente nel 1936; Louis Somoza Debayle, figlio di Anastasio, succeduto al padre morto in seguito ad un attentato; René Schick Gutiérrez, intimo amico della famiglia Somoza, morto nel 1966; Anastasio Somoza Debayle, fratello di Louis, il quale dal 1966 in poi - salvo una breve parentesi, 1972-74, durante la quale la suprema magistratura venne tenuta da un triunvirato - rimase al potere fino alla fine degli anni settanta. La dinastia dei Somoza, con il suo regime repressivo, esercitò il potere nel proprio interesse e degli oligarchi suoi sostenitori, rafforzando l'ostilità dei più e l'opposizione democratica. Sui monti riprese vigore la guerriglia del fronte sandinista di liberazione nazionale (F.S.L.N.), il cui capo C. Fonseca morì in combattimento nel novembre 1976 ed essa si spinse, alla fine del 1977, fin dentro i vari centri urbani, accolta favorevolmente dalla popolazione. Nel 1978 si combatté per le strade in numerose città e nel 1979 la guerriglia urbana uscì vittoriosa rovesciando il regime del generale Anastasio Somoza Debayle. Perù. Negli anni 1961-'63 la guerriglia rurale assunse il controllo dei distretti montani, ma alla fine venne sopraffatta dall'esercito che da allora in poi fu il vero protago
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nista della politica del paese. Negli anni sessanta nelle rivolte rurali s'inserirono gli indios. La lotta guerrigliera fu capeggiata da Hugo Bianco. Nel 1962 si ripresentò candidato Haya de la Torre il quale vinse le elezioni che vennero però annullate dai militari. L'anno seguente la consultazione fu ripetuta e fu proclamato vincitore Fernando Belaunde Terry, capo del partito di azione popolare (P.A.P.) di orientamento socialdemocratico. Il suo governo introdusse qualche riforma, ma condizionato dai conservatori fu osteggiato dagli altri partiti. Gli estremisti scelsero la guerriglia. Nell'esercito intanto si era verificato il sopravvento di ufficiali giovani c he il 30 ottobre 1968 effettuarono una rivoluzione d'ispirazione radicale e proclamarono capo dello Stato il generale J uan Velusco Alvarado. Ebbe inizio un esperimento nuovo. Il governo si definì: rivoluzionario, socialista, umanitario, contrario al capitalismo ed al marxismo e, in politica estera, fautore dell'indipendenza e del non-allineamento. Velusco Alvarado colpì in effetti grossi interessi nazionali ed internazionali, introducendo una riforma agraria, nazionalizzando banche e giornali, confiscando impianti petroliferi, aprendo alla partecipazione operaia il sistema produttivo industriale. Egli però calcò la mano sui metodi repressivi, limitò le libertà, pose sotto controllo le università, diede spazio a ll a corruzione. Fu cosi estromesso, il 29 agosto 1975, dal governo e venne sostituito dal generale Francisco Morales Bermudez, già ministro de lla difesa e capo del governo. Questi bloccò il riformismo di Velasco Alvarado e si fece promotore di una linea politica più moderata, che sul piano economico produsse una serie di misure deflazioniste con gravi sacrifici per il mondo del lavoro. Ne derivò un malessere generale che il governo dové contenere con l'impiego dell'esercito. Il 18 giugno 1978 si svolsero le elezioni per l'assemblea costituente e la m aggioranza relativa fu conquistata dal partito aprista di Haya de la Torre, mentre le elezioni stesse confermarono il declino del partito popolare cristiano (P.P.C.). Ebbe una significativa affermazione anche la sinistra. Morales Bermudez, dal canto suo, ribadì l'impegno a promulgare la nuova Costituzione in tempo utile per far svolgere nel 1980 le nuove elezioni presidenziali . lJn movimento della sinistra rivoluzionaria (M.I.R.) del 1965 era stato guidato da Louis de la Puente e da Guillermo Lobaton, entrambi sconfitti dall'esercito. Uruguay. La contesa fra colorados e blancos, risalente al secolo XIX, riprese subito dopo la fine della seconda guerra mondiale e non si placò nel 1959 con la villoria dei blancos. Nel 1960 sorsero gruppi che organizzarono la guerriglia urbana, tra i quali molto attivi si rivelarono i tupamaros, fin entro la capitale, Montevideo. 11 culmine della guerriglia urbana e dell'attività dei tupamaros si ebbe nel 1968: rapimenti, rapine, dimostrazioni, terrorismo. Le elezioni del 1971 portarono alla presidenza il colorado Juan Maria Bordaberry che, nel 1973, alluò un vero golpe, sciogliendo il Parlamento ed abolendo lutti i partiti. Nel 1976 Bordaberry fu cost1·euo a dimellersi ed il potere passò ai militari, che costituirono un consiglio della nazione (CONSENA) ed elessero capo dello Stato Aparicio Ménder, un giurista, ma in realtà conservarono per loro il potere. Le sommarie notizie riportate su quanto accaduto negli Stati sudamericani nel ventennio sessanta-settanta sono sufficienti a mettere in evidenza: l'humus fertile di quei paesi per la fioritura dei movimenti rivoluzionari non tutti necessariamente comunis ti; l'instabilità dei governi determinata pressoché ovunque dalle abissali differenze economiche e sociali tra le ristrette oligarchie dei ricchi e tutti g li altri celi sociali, alcuni in condizioni di vita impossibili; il continuo far politica dei militari i cui governi, con qualche eccezione, dimostrarono la loro congenita incapacità a sciogliere i peraltro difficili nodi politici, sociali ed economici dei singoli paesi. La guerriglia rurale, urbana, o combinata, fu quasi ovunque b attuta, ma a prezzo di sangue, di miseria, di fame, di tortura e di assassini. Focolai di guerriglia continuarono a covare anche verso la fine del ventennio, in particolare nel El Salvador, nel Guatemala ed altrove, mentre nel Nicaragua il movimento sandinista ebbe il sopravvento. 3 7 Maxwell Davenporl Taylor (1901-1987), generale statuniten se. Prese parte alla conquista dell'Africa settentrionale, allo sbarco in Italia e alla campagna di Fran-
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eia. Nel dopoguerra fu capo di Stato maggiore delle forze americane in Europa. Comandò poi (1953) I'8 a armata in Corea e dal 1955 al 1959 fu capo di stato maggiore dell'esercito americano. Consigliere militare del presidente Kennedy, nel 1962-64 fu presidente del comitato dei capi di Stato maggiore riuniti. Fu infine ambasciatore a Saigon negli anni 1964-65. 38 F.O. Ruge. Op. cit., pag. 116. 39 Rodion Jakovlevic Malinovskii (1898-1967). Ufficiale dell'esercito zarista si unì all'esercito rosso e si distinse durante la guerra civile. Nel corso della 2a guerra mondiale comandò dapprima un corpo d'armata. Si distinse a Stalingrado (1942). Nel 1944 fu nominato maresciallo. Dall'Ucraina, attraverso Romania e Ungheria, procedette all'occupazione di Vienna (1945). Successivamente diresse le operazioni contro il Giappone e occupò la Manciuria. Nel 1956 fu nominato comandante supremo delle forze di terra e nel 1957 fu ministro della difesa, carica che tenne fino alla morte. 40 F.O. Ruge. Op. cit., pag. 127. 41 Ibidem, pag. 128. 42 Ibidem, pag. 129. 43 Ibidem, pag. 137. 44 Ibidem. pag. 140. 45 Arsenale nucleare alla fine del 1979. Missili ICBM: USA 1054, URSS 1398; testate ICMB: USA 2154, URSS 4306; IRBM e MRBM: URSS 600; SLBM USA 656, URSS 1003; testate SLBM USA 5120, URSS 1309. Aerei L.R. bombardieri USA 338, URSS 156; MR bombardieri USA 65, URSS 518. Sottomarini: missili balistici su sottomarini nucleari: USA 41, URSS 87. In isviluppo i missili da crociera: l'URSS dispone di 68 sottomarini nucleari adibiti al trasporto di missili da crociera. 46 Carri armati. Carro sovietico da combattimento T-72: equipaggio 3 uomini; peso 41 t; velocità max. su strada 60 km/h; autonomia 480 km; guado 1,4 m pendenza 60%; gradino 0,916 m; trincea 2,9 m; armato di un cannone ad anima liscia da 125 mm completamente stabilizzato, da una mitragliatrice da 7,62 mm coassiale e da una mitragliatrice da 12,7 mm per tiro contraerei; 40 granate: 12 APF SD, 22 HE, 6 HEAT; telemetro ottico e telemetro laser; sistema NBC; visori notturni all'infrarosso; schnorkel; lama apripista. Carro sovietico da combattimento T-80: equipaggio 3 uomini; peso 48,5 t; velocità max. su strada 70 km/h; autonomia 450 km; pendenza 60%; gradino 0,92 m; trincea 2,8 m; cannone da 125 mm; munizionamento: anche granate HVAPFSDS (alta velocità perforante stabilizzata ad alette a distacco di Sabot) munite di un penetratore (freccia balistica) di uranio esaurito; 1 mitragliatrice da 7,62 coassiale e 1 da 12,7 o da 14,5 mm contraerei; 4 mortai per il tiro fumogeno o per il lancio di chaff o di altri mezzi d'inganno. Carro americano da combattimento M60AI: equipaggio 4 uomini; peso 48,98 t; vel. max. su strada 48,28 km/h; autonomia 500 km; guado 1,219 m; pendenza 60%; gradino 0,914 m; trincea 2,59 m; cannone da 105 mm; 1 mitragliatrice da 7,62 mm coassiale e 1 mitragliatrice da 12,7 nella cupola del capocarro; 63 granate di cui alcune HESH (alto esplosivo ogiva plastica); apripista; schnorkel. Carro americano da combattimento MI Abrams: equipaggio 4 uomini; peso 54,432 t; ve!. max. su strada 73,5 km/h; autonomia 450 km; pendenza 60%; gradino 1,244 m; trincea 2,743 m; cannone da 105 mm; 1 mitragliatrice da 7,62 mm coassiale e 1 mitragliatrice da 12,7 mm brandeggiabile per 360° ; 6 lanciafumogeni; 55 granate; lo scafo e la torretta sono di corazza tipo Chobham avanzata; propulso da un motore a turbina a gas; sistema di controllo del tiro perfezionato (telemetro laser e sistema di visore a immagine termica); cannone stabilizzato che può sparare con il veicolo in movimento. Carro tedesco-occidentale da combattimento Leopard 2: equipaggio 4 uomini; peso 55,15 t; vel. max. su strada 72 km/h; autonomia max. 550 km; pendenza 60%; gradino 1, l rn; trincea 3 m; cannone ad anima liscia da 120 mm; granate HEAT-MP-T (alto esplosivo contro carri multiruolo tracciante) e APFSDS-T (perforante stabilizzato ad alette a distacco Sabot tracciante); 42 colpi; 1 mitragliatrice da 7,62 mm coassiale e 1 da 7,62 mm controcarri-contraerei; 8 mortai lanciafumogcni; canocchiali stabilizzati; telemetro laser; dispositivo ad immagine termica;
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strumentazione passiva per visione notturna; sistema di soccorso NBC; schnorkel; motore pluricarburante. Carro armato da combauimento Chieftain MKS: equipaggio 4 uomini; peso 55 t; vel. max. su strada 48 km/h; autonomia. su strada 400-500 km; guado 1,066 m; pendenza 60%; gradino 0,914 m; trincea 3,149 m; cannone rigato da 120 mm; 1 mitragliatrice da 7,62 mm coassiale e 1 mitragliatrice contraerei; munizionamento 64 colpi (APDS-T, HESH, APFSDS-T); sistema migliorato di condotta del tiro a sistema spaziale e di difesa; telemetro laser; 6 lanciafumogeni; strumenti all'infrarosso con proiettore all'infrarosso/luce bianca; strumentazione di visione nottura a immagine termica. Mezzi cingolati per la fanteria. Veicolo francese da comballimento della fanteria AMX-lOP: equipaggio 3 + 8 uomini; peso 14,2 t; vel. max. su strada 65 km/h; autonomia 600 km; guado anfibio; pendenza 60%; gradino 0,7 m; trincea 1,6 m; cannoncino da 20 mm e mitragliatrice da 7,62 mm coassiale; 2 lanciafiamme per fumogeni; 800 colpi da 20 mm e 2000 colpi da 7,62; sistema di protezione NBC; dispositivi per la visione nottura. Veicolo francese da combattimento per la fanteria AMX VCI: equipaggio 3+ 10 uomini; peso 15 t; vel. max. su strada 60 km/h; autonomia 350 km; guado 1 m; pendenza 60%; gradino 0,65 m; trincea 1,6 m; 1 mitragliatrice; ne esistono versioni ambulanza, posto comando, trasporto materiali, per il genio, controcarri (con missili fologuidati ENTAC), radar RATAC, controllo del tiro di artiglieria, mortai da 81 e da 120, supporto vario. Veicolo inglese corazzato da traspol'to truppe FV432: equipaggio 2+ 10 uomini; peso 15,28 t; ve!. max. su strada 52,2 km/h; autonomia 483 km; guado 1,066 m; pendenza 60%; gradino 0,609 m; trincea 2,05 m; I mitragliatrice 7,62 mm; ne esistono diverse versioni per a ltri ruoli. Veicolo inglese da combattimento per la fanteria MCV-80: equipaggio 2 + 8 uomini; peso 24 t; ve!. max. su strada 75 km/h; autonomia 500 km; guado 1.32 m ; pendenza 60%; gra<lino0,75 m; trincea 2,49 m; cannonc ino da 30 mm e 1 mitragliatrice 7,62 mm; non anfibio; dispositivi per la visione notturna; ne esistono varie versioni per diversi ruoli. Veicolo italiano corazzato da combattimento per la fanteria VCC: equipaggio 2+7 uomini; peso 11,6 t; ve!. max. su strada 64,4 km/h; autonomia 550 km; guado anfibio; pendenza: 60%; gradino 0,61 m; trincea 1,68 m; 1 mitragliatrice da 12,7 mm e 1 mitragliatrice da 7,62 mm. Veicolo tedesco-occidentale da combattimento della fanteria Marder: equipaggio 4+6 uomini; peso 28,2 t; ve!. max. strada 75 km/h; autonomia 520 km; guado 1,5 m; pendenza 60%; gradino 1 m; trincea 2,5 m; 1 cannoncino da 20 mm e 1 mitragliatrice coassiale da 7,62 mm; 1 mitragliatrice da 7,62 mm telecomandata; lanciarazzi ATGW MILAN o lanciarazzi terra-aria Roland; altre versioni per radar di sorveglianza. Veicolo americano da combattimento per la fanteria M2 Bradley: equipaggio 3+7 uomini; peso 22,66 t; ve!. max. su strada 66 km/h; autonomia 483 km; guado anfibio; pendenza 60%; gradino 0,914 m; trincea 2,54 m; cannoncino da 25 mm; mitragliatrice coassiale da 7,62; lanciamissili binato per TOW; tiro in movimento. Veicolo americano corazzato da combattimento per la fanteria AIFV: equipaggio 3 + 7 uomini; peso 13,687 t; vel. max. s u strada 61,2 km/h; autonomia 490 km; guado anfibio; pendenza 60%; gradino 0,635 m; trincea 1,625 m; cannoncino da 25 mm; 1 mitragliatrice da 7,62 mm coassiale. Veicolo sovietico da combattimento" aviotraspol'tabile BMD: equipaggio 7 uomini; peso 6.7 t ; vel. max. su strada 70 km/h; autonomia 320 km; guado anfibio; pendenza 60%; gradino 0,8 m; trincea 1,6 m: cannone da 73 mm e 2 mitragliatrici da 7,62 mm; rampa di lancio per l'ATGW AT-3 Sagger; sistema di protezione NBC; dispositivi per la visione notturna; ne esistono versioni per altri ruoli. Veicolo sovietico da combattimento della fanteria meccanizzata BMP-1: equipaggio 3 +8 uomini; peso 13,5 t; vel. max. su strada 80 km/h; autonomia 500 km; guado anfibio; pendenza 60%; gradino 0,8 m; trincea 2,2 m; cannone da 73 mm, missile filoguidato controcarri, 1 mitragliatrice da 7,62 mm; spara da fermo; dispositivi a ll'infrarosso; sistema di protezione NBC; ne esistono varie versioni. Veicolo sovietico corazzato da trasporto truppe BTR-50 PK: equipaggio 2+ 10 uomini; peso 14,2 t; ve!. max. su strada 44 km/h; autonomia 400 km; guado anfibio; pendenza 70%; gradino 1,1 m; trincea 2,8 m ; 1 mitragliatrice 7,62 mm. Veicolo cingolato sovietico multiruolo MT-LB: equipaggio 2 + 11
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uomini; peso 11,9 t; ve!. max. su strada 61,5 km/h; autonomia 500 km; guado anfibio; pendenza 60%; gradino 0,7 m; trincea 2,7 m; 1 mitragliatrice da 7,62 mm; apparecchiatura all'infrarosso; sistema di protezione NBC; ne esistono molte versioni. Artlgllerla trainata. Obice francese modello 50 da 155 mm: calibro 155 mm; peso in assetto di marcia 9000 kg, in assetto di combattimento 8100 kg; elevazione da +69° a - 4°; direzione 80°; gittata max. con proietto standard 18 000 m, con proietto HE semiauto-propulso 23300 m; celerità max. di tiro 3-4 colpi al minuto; trainato da un autocarro Berliet GBU-15, 6 X6. Cannone francese TR da 155 mm: calibro 155 mm; peso in assetto di marcia e di combattimento 10 650 kg; elevazione da +65° a - 5°; direzione 65° in totale; gittata max. 24 000 m con proietto standard e 33 000 m con proietto semiautopropulso; velocità di tiro: 3 colpi nei primi 18 secondi, 6 colpi al minuto nei primi due minuti e 120 colpi all'ora successivamente. Obice italiano someggibile OTO Melara modello 56 da 105 mm: calibro 105 mm; peso in assetto di marcia 1290 kg; elevazione da + 65° a O; direzione 36° in totale; gittata max. 10 575 m; someggiabile, autotrasportabile, eliportabile. Obice italo-inglese-germanico da campagna da 155 mm: calibro da 155 mm; peso 9300 kg; elevazione da +70° a - O; direzione 56° in totale; gillala max. con il proietto standard 24 000 m e con il proietto semiautopropulso 30 000 m; munizionamento: HE, CLGP (proietto guidato), M549AI (semiautopropulso); vel. normale 6 colpi al minuto. Cannone inglese leggero da 105 mm: calibro 105; peso 1858 kg; elevazione da + 70° a - 5°; direzione sulla piattaforma girevole 360°; gittata max. 17 200 m. Obice americano M102 tla 105 mm: calibro IOS mm; pes:o 14R6 kg; elevazione da + 75° a O; direzione in totale 360°; gittata max. con proietto MI 11 500 m, con proietto HERA M548 15 100 m; trainato da un M561, 6 x 6 o comunque dai veicoli da 1 t; può essere trasportato come carico sospeso da un elicottero. Obice americano MJ98 da 155 mm: calibro 155; peso 7076 kg; elevazione da +72° a - 5°; direzione 45° in totale; gittata max. con il proietto Ml07 18 150 e con il proietto semiautopropulso 30 000 m. Obice sovietico D-30 da 122 mm: calibro 121,92 mm; peso 3210 kg in assetto di marcia e 3150 kg in assello di combattimento; elevazione da + 70° a - 7°; settore di direzione 360°; gittata max. con proietto HE 15 400 me con proietto semiautopropulso 21 000. Cannone sovietico da campagna M-4(, da 130 mm: calibro 130 mm; peso in marcia 9450 kg e in combattimento 7700 kg; elevazione da +45° a - 2,5°; direzione 50° in totale; gittata max 27 150 m. Cannone sovietico S-23 da 180 mm: 180 mm; peso 21 450 kg; elevazione + 50°/- 2°; direzione 44°; gittata max. con HE 30 400 m; con semiaulopropulso 43 800 m. Artiglieria semovente. Obice francese semovente Mk61 da 105 mm: equipaggio 5 uomini; calibrolOS mm; peso 16 500 kg; vcl. max su strada 60 km/h; autonomia 350 km; pendenza 60%; gradino 0,65, trincea 1,6 m; 56 colpi; 1 mitragliatrice da 7,62 (2000 colpi). Cannone francese semovente MkF3 da 155 mm: equipaggio 2 uomini; cal ibro 155 mm; peso 17 400 kg; vel. max. su strada 60 km/h; autonomia 300 km; pendenza 40%; gradino 0 ,6 m; trincea 1,5 m. Cannone francese semovente GCT da 155 mm: equipaggio 4 uomini; peso 42 000 kg; vel. max. su strada 60 km/h; autonomia 450 km; pendenza 60%; gradino 0,93 m; trincea 1,9 m; sistema di caricamento automatico; 42 proietti; colpo singolo o raffica di 6 colpi; 1 mitragliatrice da 7,62 o da 12,7 mm; munizioni illuminanti, nebbiogene, normali, semiaulopropulse (con queste la gittata max. è di 30 500 m), mine anticarro, proietto americano guidato CLGP; dispositivo per visione notturna; sistema di ventilazione; protezione NBC; dispositivi per il controllo del fuoco. Obice americano semovente M52 da 105 mm: equipaggio 5 uomini; peso 24 040 kg; vel. m ax. su strada 56,3 km/h; autonomia 160 km; pendenza 60%; gradino 0,914 m; trincea 1,828 m ; 102 colpi; gittata max. 11 270 m; munizionamento chimico, antipersonale, alto esplosivo semiautop~opulso (gittata 15 000 m), di propaganda, illuminante, nebbiogeno e CS tattico; puntamento diretto e indiretto; 1 mitragliatrice da 12,7 mm contraerei; riscaldatore, ventilatore, generatore ausiliario, pompa di sentina; non ha capacità anfibia e protezione NBC. Obice americano semovente M109 da 155 mm: equipaggio 6 uomini;
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peso 23 786 kg; vel. max. su strada 56 km/h; autonomia 390 km; pendenza 60%; gradino 0,533 m; trincea 1,828 m; elevazione da + 75° a - 5°; un colpo al minuto; proietti HE (gittata max 14 320 m), illuminanti, nucleari tattici, nebbiogeni, chimici CS, VS o GB; 28 colpi; 1 mitragliatrice da 12,7 contraerei (500 colpi). Cannone americano semovente M107 da 175 mm: equipaggio 5+8; peso 28 168 kg; vel. max. su strada 56 km/h; autonomia 725 km; pendenza 50%; gradino 1,016 m; trincea 2,326 m; settore azimutale 60° in totale; zenitale da - 2° a +65°; gittata max. 32 700 m; non ha capacità anfibia, né sistema di protezione NBC; solo 5 uomini a bordo, gli altri 8 su M548 cingolato che trasporta anche la gran parte dei colpi in quanto a bordo vengono trasportati solo 2 colpi. Obice americano semovente M110 da 203 mm: equipaggio 5 + 8 uomini; peso 26 536 kg; vel. max. su strada 56 km/h; autonomia 725 km; pendenza 60%; gradino 1,016 m; trincea 2,362 m; elevazione + 65° e depressione di - 2°; direzione 60° in totale; munizioni HE (gittata max. 16 800), chimiche CB o VS, nucleari tattiche, a bordo 2 colpi ed il resto su M548 che trasporta anche la squadra di servizio. Obice italiano semovente Palmaria da 155 mm: equipaggio 5 uomini; peso 46 000 kg; vel. max. su strada 60 km/h; autonomia 400 km; pendenza 60%; gradino 1 m; trincea 3 m; 30 colpi; proietti HE, nebbiogeni, illuminanti; 1 mitragliatrice da 7,62 mm; 4 lancianebbiogeni, apparecchiatura di visione notturna e sistema di protezione NBC. Cannone/obice sovietico semovente M1973 da 152 mm; equipaggio 6 uomini; peso 25 000 kg; vel. max. su strada 55 km/h; autonomia 300 km; pendenza 60%; gradino 1, 1 m; trincea 2,5 m; proietto HE (gittala max. 18 500 m, HEAT, HE a capacità prolungata (gittata 24 000 m), semiautopropulso (gittala 37 000 m), nebbiogeni, illuminanti.nucleari tattici da 2 chiloton; 40 colpi: 4 colpi a l minuto; elevazione da +60° a - 4 °; direzione 360°; non ha capacità anfibia; ha un sistema di protezione NBC e apparecchiature per la visione notturna. Obice sovietico, semovente Ml974 da 122 mm: equipaggio 4 uomini; peso 16 000 kg; velocità max.' su strada 60 km/h; autonomia 500 km; pendenza 60%; gradino 1,1 m; trincea 3 m; elevazione da + 70° a - 3°; brandeggio azimutale 360°; munizioni HE (gittata max. 15 300), chimiche, illuminanti, nebbiogene, controcarri, GE-rap (gittata max. 21 900 m); 40 colpi. Artiglierie contraerei semoventi. Cannone italiano semovente da 76 MM OTOMATlC: equipaggio 4 uomini; peso 46 t; vel. max. su strada 60 km/h; autonomia su strada 500 km; pendenza 60%; gradino 1,15 m; trincea 3 m; elevazione da + 60° a - 5°; 100 colpi; proietti HE con spoletta a percussione o di prossimità e frattura prestabilita; APFSDS contro bersagli terrestri; 3 lanciagranate fumogene; 1 mitragliatrice da 7,62 mm. Cannone francese contraerei semovente da 20 mm binato Panhard M3 VDA: equipaggio 3 uomini; peso 7,2 t; ve!. max. su strada 90 km/h; autonomia 1000 km; pendenza 60%; gradino 0,3 m; trincea 0,8 m; velocità di tiro teoriche 200 e 100 colpi al minuto, tiro a colpo singolo, a raffiche, automatico; 1 mitragliatrice da 7,62 mm; 2 lanciagranate fumogene; 300 colpi di pronto impiego per ciascuna delle due armi, ma altre munizioni possono essere montate sullo scafo. Cannone francese contraerei semovente da 30 mm binatoAMX-13 DCA:equipaggio3 uomini; peso 17,2 t; vel. max. su strada60 km/h; autonomia su strada 300 km; pendenza 60%; gradino 0,65 m; trincea 1,7 m; elevazione da +85° a - 5°; direzione 360°; tiro a colpo semplice, a raffiche d a 5 a 15 colpi, automatico; gittata max. utile 3500 m. Cannone francese contraerei semovente da 30 mm binato Dragon: equipaggio 3 uomini; peso 31 t; vel. max. su strada 72 km/h; autonomia 600 km; pendenza 65°; gradino 1 m; trincea 2,5 m. Cannone svizzero-tedesco semovente contraerei da 35 mm binato Gepard: equipaggio 3 uomini; peso 47 ,3 t; ve!. max. su strada 65 km/h; autonomia su strada 550 km; pendenza 60%; gradino 1, 15 m; trincea 3 m; radar di ricerca e rada r d'inseguimento; celerità teorica di tiro 550 colpi al minuto; 310 colpi di pronto impiego per ciascuna delle due armi e 20 proietti APDS; s istema completo di controllo del tiro; sistema di navigazione terrestre; sistema di protezione NBC. Cannone sovietico contraerei semovente da 57 mm binato ZSU 57-2: equipaggio 6 uomini; peso 28,1 t; ve!. max. su strada 50 km/h; autonomia 420 km; pendenza 60%; gradino 0,8 m; trincea 2,7 m; celerità di tiro teorica da 105 a 120 colpi; proietto FRAGT e APC-T perforanti; gittata utile contraerei 4000 m; gittata max. in quota 8800 me
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sull'orizzonte 12 000 m. Cannone sovietico contraerei semovente da 23 mm quadrinato ZSU-23-4: equipaggio 4 uomini; peso 19 t; vel. max. su strada 44 km/h; autonomia su strada 260 km; pendenza 60%; gradino 1,1 m; trincea 2,8 m; radar di controllo del tiro; celerità di tiro teorica 800-1000 colpi al minuto per canna; elevazione da +85° a - 4°; direzione 360°; tiro a raffiche di 3/5, 5/10, 50 colpi; gittata utile 2500 m; 500 colpi di pronto impiego per ogni arma; munizioni API-T ed HEI-T; dispositivo ricerca radar, computer controllo tiro. Cannone americano contraerei semovente da 4() mm binato M247 Sgt York: equipaggio 3 uomini; peso 54,43 t; vel. max. su strada 48 km/h; autonomia su strada 500 km; pendenza 60%; gradino 0,914 m; trincea 2,591 m; elevazione da +85° a - 5°; direzione 360°; 502 colpi per arma; proietto HEPD e PFPX; spoletta a percussione e di prossimità; telemetro laser; periscopio panoramico; controllo del tiro automatico. Cannone americano contraerei semovente da 4() mm binato M42: equipaggio 6 uomini; peso 22,452 t; vel. max. su strada 72,4 km/h; autonomia 161 km; pendenza 60%; gradino 0,711 m; trincea 1,829 m; 480 colpi in totale; velocità di tiro pratica 120 colpi al minuto; gittata contraerei utile 5000 m; proietti AP-T, HE-T, HEI-T, TP-T; 1 mitragliatrice da 7,62 mm (1750 colpi); congegno di puntamento computerizzato. Missili superficie-aria. Sistema missilistico francese superficie-aria Crotale: peso al lancio 84 kg; velocità Mach 2,3; quota di tangenza max. 3000 m; gittata max. 12 000 m contro bersaglio alla velocità di 200 m/sec.; radar di acquisizione 18 km. Sistema francese missilistico superficie-aria Shanine, SICA: peso al lancio 100 kg; quota di tangenza max. 6100 m; gittata max. da 10 000 a 13 500 m. Sistema francese-tedesco occidentale missilistico superficie-aria Roland: peso al lancio 69 kg; veloc. max. Mach. I ,S; gittata 6000 m; raggio di scoperta radar 16 km; distanza minima intercettazione circa 500 m; quota minima d'intercettazione sotto 20 m. Sistema inglese missilistico superficie-aria Bloodhound MK2: quota operativa da 100 a 23 010 m; gittata oltre 80 km. Sistema inglese e missilistico portatile superficie-aria Blowgige: peso sistema completo 21,9 kg; missile e tubo 13 kg; missile 11 kg; tangenza effettiva 2000 m; gittata effettiva da 3 a 4 km. Sistema inglese missilistico superficie-aria Papier: peso al lancio 42,6 kg; quota di tangenza massima oltre 3000 m; gittata max. oltre 6500 m. Sistema sovietico superficiearia Sa4 «Ganef»: peso al lancio 1800 kg; vel. Mach. 2,5; gittata 72 km; quota minima di ingaggio 1100 m; quota di tangenza 24 000 m. Sistema sovietico missilistico superficiearia SA-6 «Gainfal»: peso al lancio circa 550 Kg (di cui 80 per la testata); vel. Mach. 2,8; gittata max. 22-30 km; gittala a bassa quota circa 60 km; quota di tangenza max. fino a 18 000 m. Sistema sovietico missilistico portatile superficie-aria SA-7 «Grail»: pesi: lanciatore 10,6 kg, missile 9,2 kg; altitudine effettiva fra 45 e 1500 m; gittata 3,2 km. Sistema sovietico missilistico superficie-aria SA-8 «Facko»: peso al lancio 190 kg; vel. Mach 2; gittala 12 km; quota massima d'ingaggio 50 m; quota di tangenza max. 13 000 m. Sistema sovietico missilistico superficie-aria SA-9 «Gaskin»: equipaggio 3 uomini; peso 8000 kg; vel. max. su strada 100 km/h; autonomia 750 km; capacità anfibia per guadi; pendenza 60%; gradino 0,4 m; trincea 1,25 m. Sistema americano missilistico superficiearia M48 «Chapparal»: peso al lancio 85 kg; velocità ipersonica; gittata 6 km; quota minima d'ingaggio 350 m; quota di tangenza max. 3050 m. Sistema missilistico americano superficie-aria MIM-104 «Patriot»: peso al lancio circa 998 kg; quota di tangenza max. 24 000 m; gittata 60 km. Sistema missilistico americano portatile superficie-aria FIM-92 «Stinger»: peso missile 10,l kg e lanciatore 13,6 kg; quota di tangenza max. 4800 ro; gittala max 5 km. Elicotteri armati. Elicollero francese Aerospatiale Alouette III: elicottero d'impiego generale; armamento vario: un cannoncino da 20 mm, diversi tipi di rrùtragliatrice, contenitori per razzi, missili aria-superficie; vel. max. 220 km/h al livello del mare; autonorrùa 605 km a pieno carico. Elicottero italiano Agusta A 109A: multiruolo, capacità di trasporto: fino a 8 sedili, dispositivo di trasporto di 907 kg di carico sospeso e di sollevamento di 150 kg, 2 barelle oppure più di 60 alloggiamenti speciali per un'ampia gamma di armi; vel. max. a pieno carico 269 km/h; vel. di crociera 230 km/h. Elicottero italiano Agusta A 129: elicottero controcarri e ricognitore armato; 4 piloni per il trasporto di
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8 missili TOW (2 complessi quadrupli) più 2 mitragliatrici da 12,7 mm o 2 contenitori sub-alari, ciascuno dei quali con 7 o 19 razzi da 70 mm; peso a vuoto 2530 kg, massimo al decollo 3555 kg. Elicottero tedesco-occidentale Messerschmith Bol Kov-Blohm B0-105: elicottero controcarri; 6 missili HOT su bracci di sostegno laterali; ve!. max. 210 km/h; peso a vuoto 1322 kg e massimo al decollo 2400 kg; durata della missione con 20 minuti di riserva 1 ora e 30 minuti. Elicottero sovietico Mii Mi-24 «Hind»; elicottero tattico armato; 1 mitragliatrice da 12,7 quadrinata, razziere per 32 razzi da 57 mm, 2 travetti ciascuno con 2 slitte per missili controcarri a guida laser AT-2 «Swater» o AT-6 «Spirai»; vel. max. 346 km/h; autonomia a pieno carico di armi 900 km; peso a vuoto 6500 kg, al decollo 11 500 kg. Elicottero americano Bell 209 «Huey Cobra»: elicottero controcarro; 8 missili TOW; mitragliatrice da 20 mm a 3 canne, tipi vari di razzi; vel. max. variante da 333 a 227 km/h a seconda della soluzione adottata per l'armamento; autonomia al livello del mare 507 km. Elicottero americano Modello 500 «Defender»: multiruolo; armamento; varie possibilità, comprendenti 1 cannoncino da 30 mm, 4 missili TOW, 2 missili contraerei MLMS «Stinger»; ve!. max. 217 km/h; autonomia 509 km; peso a vuoto 572 kg e massimo al decollo 1361 Kg. Elicottero americano AH-64 «Apache»: da combattimento, armamento cannoncino automatico da 30 mm con 1200 colpi e dispositivo di telepuntamento, 4 mensole per 16 missili Hefire (inizialmente a guida laser), eventualmente 4 razziere per 18 razzi da 70 mm; vel. max., con il peso di 6316 kg, 309 km/h; autonomia 611 km; autonomia di trasferimento con carburante esterno 1804 km; peso a vuoto 4657 Kg e massimo al decollo 8006 Kg.. Elicotteri da attacco e da trasporto. Elicottero francese Aerospatiale Westlands SH-330 «Puma»: elicottero medio da trasporto e d'attacco; ampia varietà di cannoni, mitragliatrici, razzi e missili; vel. max. 293 km/h; vel. max. di crociera 271 km/h; tangenza operativa 6000 m; autonomia massima a velocità normale di crociera 572 km; peso a vuoto 3615 kg, massimo al decollo 7400 kg. Elicottero inglese Westland Wessex: da trasporto tattico e d'attacco; armamento: mitragliatrici e· missili controcarri; vel. max. 212 Km/h; ve!. di crociera 195 km/h; tangenza operativa 4300 m; autonomia con carico standard di carburante 628 km; peso a vuoto 3927 kg, massimo al decollo 6120 kg. Elicottero inglese« Westland Commando»: da trasporto e d'attacco; ampia varietà di cannoni, mitragliatrici, razzi e missili; vel. di crociera 208 km/h; autonomia con massimo carico utile 444 km; raggio di trasporto con massimo del carburante 1460 km; peso a vuoto 5544 kg, massimo al decollo 9525 kg. Elicottero americano Sikorsky CH-3 e HH-3: da trasporto; nessun armamento; vel. max. 261 km/h; tangenza operativa 3385 m; autonomia con il massimo di carburante e riserva 748 km; peso a vuoto 6010 kg, normale al decollo 9635 kg, max. al decollo 10 000 kg. Elicottero ameicano Sikorsky CH-53 «Sea Stallion»: elicottero pesante da trasporto; armamento nessuno; trasporto di 55 militari armati ed equipaggiati; vel. max. 315 km/h; vel. max. di crociera 278 km/h; autonomia in condizioni di crociera normali e con riserva 492 km; peso a vuoto 14 537 kg massimo al decollo 31 369 kg. Elicottero americano Sikorsky CH-54 « Tarh e»: elicottero gru volante da trasporto; nessun armamento; vel. max. 203 km/h; vel. max. di crociera 169 km/h; tangenza operativa 2475 m; autonomia con il massimo di carburante e riserva 370 km; peso a vuoto 8724 kg, massimo al decoJlo 19 050 kg. Elicottero americano Sikorsky UH..{,(] «Black Hawk»: elicottero d'attacco; armamento 2 mitragliatrici da 762 mm; vel. max. 296 km/h; ve!. max. di crociera 27 km/h; tangenza operativa 5790 m; au• tonomia con il massimo peso al decollo con riserva di 30 minuti 600 km; peso a vuoto 4944 kg, max. al decollo 9185 kg. Elicottero americano Beli UH-I «Iroquois» multiruolo; 2 mitragliatrici da 7,62 mm; ve!. max. e di crociera 204 km/h; autonomia con il massimo di carburante 512 km; peso a vuoto 2362 kg, massimo al decollo 4909 kg. Elicottero americano leggero Beli OH-58 «Kiowa»: da osservazione e ricerca; nessun armamento; vel. max. 222 km/h e ve!. di crociera 188 km/h; autonomia con 10% di riserva 481 km; peso a vuoto 664 kg, massimo al decollo 1361 kg. Elicottero americano Boeing Veryol CH47 «Chinook»: medio da trasporto e d'attacco; armamento nessuno; ve!. max. 304 km/h; tangenza operativa 4750 m; autonomia con 3294 kg di carico utile 185 km/h, peso
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a vuoto 9351 kg, carico 14 969, massimo al decollo 20 866 kg; trasporta 40 militari armati ed equipaggiati. Elicottero sovietico M.L Mi-6 «Hook» e Mi-10 «Harkx»: elicottero pesante da trasporto; trasporta 70 militari; nessun armamento; ve!. max. 300 km/h; vel. di crociera 250 km/h; tangenza operativa col massimo peso al decollo 4400 m; autonomia (con 12 000 kg di carico utile) 400 km e con 400 kg 500 km (con 400 kg); pesi a vuoto 27240 kg; con decollo normale 40 500 kg; con decollo verticale 42 500. Elicottero sovietico MiL Mi-8 Hip: medio da trasporto e d'attacco; armamento: fino a 4 pod ciascuno con razzi da 32,57 mm e 4 missili controcarri AT-2 «Swatter», 1 mitragliatrice da 12,7 mm; vel. max. 260 km/h; vel. di crociera 200 km/h; autonomia (con 2950 kg di carico utile) 425 km; peso a vuoto 7160 kg, massimo al decollo 12 020 kg. L'elencazione non comprende tutte le armi e tutti i mezzi utilizzati dalle forze terrestri; delle varie specie e tipi di armi e di mezzi elencati, comprende solo i più significativi, soprattutto di fabbricazione statunitense, sovietica, italiana, francese ed inglese. I progressi compiuti dalle forze navali, aeree e dai marines sono ancora più notevoli e decisivi. Un'analisi dell'evoluzione compiuta dalle armi dalla prima guerra mondiale ad oggi e l'elencazione analitica delle principali armi da guerra sono contenute in Armi da guerra, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1983-1984. I dati soprariportati sono stati tratti da tale pubblicazione che consideriamo fondamentale per la conoscenza della storia delle armi terrestri, navali ed aeree del secolo XX.
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LIX
L'ITALIA E LA QUESTIONE MILITARE NEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA 1. Il boom economico della fine degli anni cinquanta. 2. La prima fase della politica di centro-sinistra (luglio 1960 - febbraio 1972). 3. La seconda fase della politica di centro-sinistra (luglio 1973 - giugno 1976). 4. La situazione di emergenza degli anni settanta. 5. La politica estera, la politica di difesa e la politica militare. 6. L'ordinamento dell'area tecnico-operativa e di quella tecnico-amministrativa della difesa ed i principali provvedimenti d'interesse interforze. 7. Il punto di rottura delle forze armate e la ristrutturazione. R. I,a politica della distensione.
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Agli inizi degli anni sessanta l'Italia, che giusto allora compiva cento anni dalla sua costituzione in Stato unitario, era un paese in espansione, ma ancora in isviluppo sociale in ritardo, mentre anche nello stesso settore economico perduravano vecchi squilibri territoriali ai quali si erano aggiunti i nuovi, determinati dalla stessa grande crescita economica. Al boom economico avevano concorso, da una parte l'impegno del grande capitale privato e gli interventi dello Stato con la partecipazione diretta alla maggiore holding italiana - l'I.R.!. -, all'E.N.I. e ad altre imprese minori, dall'altra parte la trasmigrazione della mano d'opera dal sud al nord e le basse remunerazioni del lavoro. La scelta di sfruttare la grande risorsa disponibile, appunto la mano d 'opera, era stata potentemente sostenuta dai prestiti e dagli aiuti del piano Marshall, dell'O.E.C.E . e della C.E.C.A. Le industrie - guida furono la chimica e la meccanica, entrambe dipendenti dall'estero sia per l'importazione di materie prime (petrolio, ferro, carbone) sia per l'esportazione dei prodotti finiti sui mercati internazionali, data la limitatezza di quello interno. Dal 1951 al 1960 la popolazione residente era cresciuta da 47 milioni e mezzo a 50 milioni e 600 mila; quella attiva impegnata nell'industria era salita dal 32 al 40% e negli altri setlori dal 26 al 31 %,
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mentre quella impegnata nell'agricoltura e nella pesca era scesa dal 42 al 29%. La popolazione scolastica era cresciuta da 6 800 931 (dalla scuola materna all'università comprese, còn la eccezione dei fuori corso) a 8 210 761 e l'analfabetismo era sceso dal 12,9 degli abitanti residenti di età superiore ai 6 anni all'8,3%. L'emigrazione in Europa, nel bacino del Mediterraneo e nei paesi transoceanici si era aggirata sulla media annua delle 300 mila unità. I tassi di crescita della produzione si erano mantenuti sulla media annua del 6%; il reddito nazionale pro capite, ragguagliato in dollari, era salito da 400 a 644 dollari; quello lordo interno per settori da 5000 a 7000 miliardi nell'industria, da 2300 a 3000 nell'agricoltura e nella pesca, da 4000 a 6000 nelle attività terziarie e da 1000 a poco più di 1500 nella pubblica amministrazione. La bilancia dei pagamenti aveva registrato un aumento delle importazioni da 1 496 955 milioni (1953) a 4 711 994 (1963) e delle esportazioni da 930 046 a 3 154 117. In dieci anni l'Italia da paese preminentemente rurale era divenuto un paese industriale avanzato. La crescita demografica (incremento medio annuo per 1000 pari a 7,4) ed economica aveva prodotto grandi mutamenti nell'assetto sociale, nella mentalità, nei costumi, nelle abitudini e persino nei gusti. L'abbandono indiscriminato e frelloloso della montagna e della campagna, il rapido e incontrollato moto d 'inurbamento e il diffondersi di una mentalità edonistica e consumistica, senza lenire i mali ancestrali - disoccupazione e divario economico tra nord e sud - avevano prodotto altri guasti . La creazione nel 1950 della Cassa per il Me zzagiorno, alla quale era stato affidato il compito di elaborare i programmi di sviluppo dell'economia meridionale, di finanziarne i piani e di sovrintendere la esecuzione delle relative opere, era valsa a realizzare una qualche vitalizzazione e modernizzazione economica, non sufficienti peraltro, anche in alcuni casi per la scarsa razionalità degli interventi (es. riforma agraria), a raccorciare le distanze tra nord e sud ed a recuperare i ritardi. NeJl'assecondare la crescita economica del paese, mediante la creazione di imprese di grandi dimensioni con partecipazione azionaria di maggioranza od esclusiva dello Stato, la concessione di crediti agevolati e la distribuzione di finanziamenti a fondo perduto, nella più che giustificata fretta della ricostruzione e della ripresa economica, erano state considerate di seconda priorità le attività terziarie (trasporti, commercio, turismo, servizi vari) e ciò aveva determinato un altro squilibrio tra la nuova realtà economica e la vecchia realtà sociale e tra i vari settori della stessa economia. Da qui le costanti tensioni tra il mondo imprenditoriale e
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quello della mano d'opera: il primo dedito al massimo profitto nel quadro di una concezione capitalistica egoista superata, il secondo impegnato a perseguire, tutto e subito, il massimo del benessere materiale - quasi simboleggiato dal possesso dell'autovettura, della televisione (dal 1954), degli elettrodomestici, ecc. - senza nessun riguardo per coloro che, privi di lavoro, stentavano a procurarsi i mezzi di sopravvivenza fisica. La conflittualità tra l'imprenditoria e la mano d'opera aveva continuato ad esprimersi in agitazioni, manifestazioni interruttive della produzione, scioperi generali, settoriali o locali e, talvolta, in violenze morali e fisiche. Nei consigli di amministrazione delle imprese a partecipazione statale erano stati immessi fiduciari dei partiti e dei sindacati che ne intralciavano in pratica la corretta gestione, aumentandone i costi, e ne inquinavano i bilanci mediante il prelievo di tangenti a favore delle parti politiche rappresentate, dando luogo all'inizio di un rapporto politica-economia devastante entrambi i settori. I partiti politici di governo e di opposizione e, soprattutto, i sindacati non compivano un'analisi approfondita delle trasformazioni che si erano venute compiendo negli anni cinquanta e continuavano a regolarsi secondo concezioni e schemi anacronistici ed esclusivi, alcuni addirittura riferiti a modelli inattuali e già falliti altrove. La D.C., da partito unitario d'ispirazione cristiana e popolare, si era gradualmente trasformata, nella seconda metà degli anni cinquanta, in un'aggregazione di correnti e di controcorrenti, che ne avevano sfigurato l'immagine originaria e che lottavano fra di loro con non minore accanimento di quanto il partito come tale non facesse nei riguardi degli altri partiti. Il P.C.I., nonostante le rivelazioni di Chruscev al XX congresso del P.C.U.S., la repressione della rivolta di Budapest e le divaricazioni iugoslava ed albanese, era rimasto fermo alla concezione marxista-leninista e, pur adeguandosi negli ultimi anni alla coesistenza pacifica, non aveva accantonato nessuno dei suoi vecchi dogmi, che continuavano a fare presa su di una notevole parte del mondo culturale ed operaio italiano, ed aveva conservato, pressoché integri, la sua obbedienza a Mosca, il suo sottinteso rivoluzionario e la sua compattezza di blocco unitario coagulato da un potere direttivo centrale. Il P.S.I., che aveva compiuto, dopo la rottura del patto di azione con il P.C.I., notevoli passi verso una propria autonomia di pensiero e di azione, continuava peraltro ad essere profondamente diviso in un'ala riformista e in una massimalista, entrambe a loro volta suddivise in correnti interne più o meno sfumate, e rimaneva nel suo insieme
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a metà del guado tra la sponda del marxismo e quella della democrazia socialista occidentale, incerto se andare avanti o fermarsi. I partiti intermedi, che avevano svolto un ruolo determinante nel sostenere i governi centrali, meno travagliati dalle lotte di correnti, che pure esistevano, riuscivano a stento a salvaguardare la loro individualità -specifica e a conservare la loro immagine originaria ancorché variegata. I sindacati avevano premuto costantemente non solo per l'aumento delle retribuzioni, ma anche per una politica di riforme che investissero le strutture, ma l'avevano fatto spesso con poco senso del reale e della misura e quasi sempre con toni e atteggiamenti demagogici e punitivi del mondo imprenditoriale. Lo sbandamento interno dei partiti democratici, il velleitarismo dei sindacati e l'irrigidimento del mondo imprenditoriale avevano dato vita ad una conflittualità continuativa,'esasperata dalla strumentalizzazione politica, che rendeva costantemente incerta ed irrequieta la vita della nazione. Questa, da parte sua, incline, per essere s tata chiusa per più di un ventennio entro i rigidi confini della dittatura fascista, ad importare acriticamente idee, teorie, modelli e mode da qualunque parte provenissero, specialmente se da oltre oceano, e ra stata sottoposta, dall'8 sette mbre 1943 in poi, ad un continuo bombardamento distruttivo dei valori ideali ed etici tradizionali, propri della sua civiltà, al quale bombardamento si erano congiunti l'impatto della civiltà contadina con quella industriale, lo spopolamento rurale, l'enorme crescita urbana e il dissolversi di molte unità familiari per motivi di lavoro e per la carenza di alloggi. Le elezioni politiche del 1958 1 non avevano modificato granché lo schieramento parlamentare determinato dalle elezioni del 1953, ad eccezione di un r ecupero de l 2,2 % di voti da parte de lla D.C. e di un aumento dell'l,4% del P.S.I. Dopo le elezioni si erano succeduti un gover no bipartito ed un governo monocolore 2. Questo ultimo, attaccato dalla Confindustria e perduto l'appoggio esterno del P.L.I., nel febbraio 1960 fu costretto a dimettersi e venne sostituito da un altro governo monocolore democristiano, presieduto dall'on. Fernando Tambroni Armaroli, che 1'8 aprile 1960 ottenne la fiducia della Camera dei deputati con 300 voti contro 293 mercé l'appoggio esterno dete rminante del M.S.I. La D.C. decise di riaprire la crisi per crollarsi di dosso il consenso del M .S.I., ma il presidente della Repubblica, on. Giovanni Gronchi, rinviò il governo al Senato per la verifica della maggioranza, risultata positiva per il governo. Esplose allora una grave crisi politica che contrappose il potere legale costituzionale a quello illega le della piazza. La rivolta sfociò in dimostra zioni violente che
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raggiunsero l'apice tra la fine di giugno e la prima metà di luglio dopo che il governo aveva autorizzato il M.S.I. a svolgere il proprio congresso nella città di Genova, già distintasi nella lotta per la resistenza contro i tedeschi ed i fascisti della repubblica di Salò. Le agitazioni, gli scioperi, i cortei e le adunate di protesta si moltiplicarono in tutta Italia e dettero luogo a scontri con contusi, feriti e morti. Vennero messe in giro voci sull'imminenza di un colpo di stato di destra e la D.C., temendo la resurrezione del fronte popolare e la radicalizzazione della lotta politica tra destra e sinistra, indusse Tambroni, che non era in verità uomo politico di destra, a dimettersi e sollecitò al tempo stesso la collaborazione indiretta del P.S.I. per la formazione di un nuovo governo monocolore democristiano, presieduto dall'on. Amintore Fanfani, che in Parlamento venne appoggiato dall'esterno dalla convergenza dei voti della D.C., de l P.S.D.I. e del P.R.I. e fruì de ll'astensione del P.S.I.
2. Il terzo governo Fanfani - questi aveva già nd passato presieduto due governi - segnò il passaggio dalla politica di centro, durata tredici anni, a quella di centro-sinistra, che durerà, ancorché variamente accentuata e con qualche breve interruzione, fino al febbraio 1972. In tale periodo: si succederanno alla carica di presidente della Repubblica l'on. Giovanni Gronchi fino al maggio 1962, l'on. Antonio Segni fino al dicembre 1964, l'on. Giuseppe Saragat fino al dicembre 1971 e l'on. Giovanni Leone dal dicembre 1971; si svolgeranno due volte le elezioni politiche 3 e per la prima volta le elezioni per le amministrazioni delle regioni a statuto ordinario 4; si susseguiranno 11 governi, dei quali 2 presieduti dall'on. Fanfani, 2 dall'on. Leone, 3 dall'on. Aldo Moro, 3 dall'on. Mariano Rumore 1 dall'on. Emilio Colombo s. Nella prima fase della politica di centro-sinistra l'obiettivo prioritario fu costantemente lo stesso: il perseguimento della messa in parallelo dello sviluppo sociale con quello economico, mediante la ricerca di conciliazione tra le spesso contrastanti e contraddittorie esigenze e priorità dell'economia con quelle delle riforme strutturali necessarie ad elevare il tenore di vita e ad estendere il benessere materiale, allargando al tempo stesso l'area democratica e la partecipazione dei cittadini alla vita politica, sociale e amministrativa del Paese. L'attuazione di tale politica, già di per sé difficile e laboriosa, incontrò
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nei dodici anni di sviluppo una serie di ostacoli e di difficoltà di ordine variò, alcuni esterni e al di fuori della volontà degli operatori politici di centro-sinistra, altri, forse i più, determinati dal mancato raggiungimento di una sufficiente unità d'intenti all'interno della coalizione e dei partiti. L'instabilità dei governi, durati in media, ciascuno, poco più di un anno, alla quale in un certo senso fece da contrappeso la stabilità degli uomini politici chiamati a dirigerli ed a comporli sia pure nella variazione degli incarichi, dipese assai più dalle divergenze tra i partiti della coalizione e dalle lotte interne dei partiti stessi, segnate in Parlamento dal fenomeno dei franchi tiratori, che non dalla necessità di correzioni di rotta o di cambio dei nocchieri. Questi ultimi dovettero impiegare buona parte del loro tempo nell'opera di mediazione delle divergenze e dei diverbi interni, spesso superati con instabili e talvolta ambigui compromessi o con rimandi delle soluzioni dei problemi, a scapito di un'attività di governo più intensa, più rapida, più decisa e_penetrante. È estremante difficoltoso capire le vicende degli 11 governi senza correlarle con quelle dei singoli partiti, che ne fecero di volta in volta parte organica o ne furono il sostegno esterno, e capire quelle dei singoli partiti senza porle in relazione alle lotte delle correnti, alcune derivate da motivi ideali ed etici, altre dai personalismi dei cosiddetti notabili e da gelosie di potere. Facciamo solo qualche cenno brevissimo in nota 6 dei fatti interni dei partiti maggiori, ma la realtà politica di quegli anni fu assai più complessa e composita di ogni schematizzazione che si riesca a comporre. La politica di centro-sinistra incontrò, inoltre, l'opposizione durissima del P.C.I. e di altre frange di estrema sinistra, oltre che quella di una gran parte dei ceti conservatori ed imprenditoriali, che ne condizionarono, più o meno direttamente, lo sviluppo, ne ritardarono l'attuazione e spesso la vanificarono. Altro ostacolo fu il brusco arresto, verificatosi nell'autunno del 1963, della fase di espansione economica, arresto determinato dalla spinta inflazionistica originata dall'aumentata richiesta interna di beni cli consumo, consentita, a sua volta, dall'incremento delle retribuzioni, dalla crescita economica disordinata ed inorganica degli anni precedenti, dalla mancata pianificazione di uno sviluppo coerente delle riforme sociali, dal freno psicologico posto all'imprenditoria dalla incertezza della situazione politica e dalla minaccia dei sindacati cli una programmazione coercitiva. Un'altra congiuntura economica sfavorevole, dopo il superamento della prima, fu quella del 1970 che, al pari della prima, convogliò necessariamente l'opera dei governi su misure di carattere
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anticongiunturale, le quali fecero accantonare e procrastinare l'esecuzione dei piani normali, provocando ed aumentando così i malumori ed i malcontenti e, con questi, le tensioni politiche e sociali che sboccarono, negli ultimi anni sessanta, nella rivolta studentesca e nell'autunno caldo. La politica di centro-sinistra durante la sua prima fase, malgrado tutto, non fu senza risultati positivi sul piano economico e su quello delle riforme soci~li. Dal 1961 al 1972 la popolazione residente salì da 50 milioni 600 mila a 54 milioni 137 mila, anche se dal 1965 la tendenza demografica s'invertì e l'incremento medio annuo per mille scese dal 7,4 al 6,7, con largo anticipo rispetto alla crisi economica degli anni settanta; la popolazione attiva nel settore dell'industria salì dal 40 al 43% e dal 31 al 37% negli altri settori, mentre quella impegnata nell'agricoltura e nella pesca scese dal 29 al 19%. La popolazione scolastica salì da 8 210 761 a 11 249 616 degli abitanti residenti di età superiore a 6 anni (nel dicembre 1962 il quarto governo Fanfani aveva istituito la scuola media unificata obbligatoria); l'analfabetismo scese dall'8,3 al 5,2%. L'emigrazione media annua si dimezzò. I tassi di crescita annua della produzione si mantennero sul 6%; il reddito nazionale pro capite, ragguagliato in dollari, salì da 644 a 884 nel 1965 e a 1587 nel 1970; il reddito lordo interno per settori di attività salì da 7000 a 25 000 miliardi nell'industria, da 3000 a 5000 nell'agricoltura e nella pesca, da 6000 a 20 000 nelle attività terziarie e da poco meno di 2000 a più di 2000 nella pubblica amministrazione. La bilancia dei pagamenti registrò un aumento delle importazioni da 4 711 994 lire del 1963 a 16 224 105 nel 1972 e delle esportazioni da 3 154 117 lire a 12 969 377 lire. Il divario del reddito pro capite in lire tra la Lombardia, dove era salito da 349 640 del 1956 ad 1240320 del 1971, e la Calabria, dove era salito nello stesso periodo solo da 90 678 a 526 882, costituiva, peraltro, uno degli indici più eloquenti degli squilibri esistenti e ad esso andava aggiunto quello della disoccupazione pari per ogni 1000 abitanti - Italia 100 - a 33 in Lombardia ed a 172 in Calabria (187 in Basilicata). Anche sul piano delle riforme i vari governi, pur nella costante difficoltà di conciliare le esigenze di rinnovamento ·c on le disponibilità economiche per soddisfarle, vararono leggi e decreti-legge d'importanza fondamentale per il corso futuro della vita nazionale, tra i quali i principali furono: la già ricordata legge per l'unificazione della scuola media obbligatoria, quella per la nazionalizzazione dell'elettricità, quella per la creazione dell'ente nazionale per l'elettricità (E.N.E.L.), quella per il piano quinquennale che prese
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il nome dal ministro del bilancio on. Giovanni Pieraccini, la legge sui patti agrari, quella per l'urbanistica e per le aree fabbricabili, la legge elettorale dei consigli regionali, quella per il miglioramento delle pensioni e molte altre dirette a risolvere, sia pure in via temporanea, i problemi della casa, della sanità e della scuola. I progressi economici e sociali realizzati, ivi compreso il superamento delle due congiunture economiche sfavorevoli (1963 e 1970), non valsero ad assicurare ai partiti del centro-sinistra un maggiore numero di consensi; anzi, nelle elezioni del 1963 essi calarono complessivamente dal 62,7 al 59,6% ed in quelle del 1968 al 56,4%. Ciò dipese in buona parte dalla incertezza dei loro comportamenti, dalle loro litigiosità interne, dall'ambiguità di alcune delle loro tesi programmatiche e dalla mancata attuazione, o dai ritardi esasperanti nel portarle a compimento, delle promesse fatte durante le campagne elettorali e, prima ancora, dalla loro perdurante incapacità d'interpretare le trasformazioni della società e di farsi esatti portavoce dei settori dell'opinione pubblica, nonché dal dilagante sospetto, non senza chiare conferme, di disonestà e di corruzione nell'amministrazione, centrale e periferica, del denaro pubblico ed in quella delle grosse imprese statali, parastatali ed a partecipazione statale, che si erano trasformate in pozzi di San Patrizio, dai quali i partiti di governo, nella lottizzazione del potere politico e di quello economico, traevano il loro indiscriminato alimento, magari non senza dispersioni a fini personali. Non aveva riscontro nella realtà la generalizzazione che si veniva facendo circa la disonestà imperante ovunque - vi erano, infatti, in tutti i partiti, centinaia di migliaia di galantuomini e migliaia di amministratori integerrimi, anche se a lcuni incompetenti ed incapaci - ma non potevano esservi dubbi circa gli inquinamenti e gli intrallazzi per il finanziamento dei partiti e gli illeciti arricchimenti di alcuni dei loro rappresentanti con incarichi direttivi o fiduciari nelle varie amministrazioni ed enti. Riaffiorò la vecchia polemica contrapposizione tra paese legale e paese reale, che in realtà in un paese democratico, con libere elezioni, su liste, plurime non trova fondamento, perché il primo è un derivato del secondo. ed i partiti di opposizione, in particolare il P.C.I., raccolsero un numero sempre maggiore divoti per la confluenza su di essi di voti dei moltissimi cittadini scontenti, spesso per motivi opposti, e di molti altri ancora più scontenti perché senza lavoro e costretti a vivere molto al di sotto delle condizioni medie della maggioranza. Il P.C.I. nelle elezioni del 1963 salì in percentuale dal 22,7 al 25,3% (un milione di voti in più) ed in quelle del
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1968 al 26,9%. I partiti di centro sinistra avevano perso agli occhi degli italiani parte della loro credibilità e della loro capacità di aggregazione dei consensi, per le loro incertezze ideologiche, le loro divisioni interne ed il loro muoversi discorde, lento ed al rimorchio delle situazioni. Tutto ciò giovò non poco alle opposizioni, dalle quali peraltro si staccarono le frange estreme dando vita al cosiddetto movimento del sessantotto, ai movimenti extraparlamentari, ai comitati di base e ad altre associazioni del genere che, ad un certo momento, sfuggirono al controllo dei partiti, dei sindacati e dei movimenti che ne avevano tollerato con benevolenza la nascita, quando non l'avevano promossa, sia pure indirettamente, quanto meno con la violenza delle idee rivoluzionarie, del linguaggio e della protesta. Il complesso fenomeno del sessantotto, che interessò moltissimi paesi dell'Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti, dove si era mosso all'insegna delle rivolte dei campus contro la guerra del Vietnam e dei ghetti dei neri contro la discriminazione razziale, in Italia trovò l'humus fertile per la crescita e lo sviluppo nella scuola in generale e nelle università in particolare, stanche l'una e le altre dei ritardi nelle riforme di contenuto e di metodo degli studi. La protesta studentesca, non di rado guidata da docenti estremisti insoddisfatti, male retribuiti od irrequieti, esplose tra la fine del 1967 e l'inizio del 1968, dilagò ben presto più o meno violentemente in tutto il paese e si manifestò sotto forma di una vera e propria rivoluzione culturale, assumendo altresì precisi significati politici e sociali, diretti, oltre che a modificare la scuola, anche a contestare globalmente il sistema ed i suoi istituti politici costituzionali e giuridici. La scuola venne accusata dalla rivolta studentesca di essere un oppressivo strumento del capitalismo, un organismo autoritario e discriminatorio, un'eredità anacronistica del mondo borghese, piena di ingiustizie e di favoritismi compiuti all'insegna di una falsa necessità di selezionare i meriti (18 o 6 politico, esame di gruppo, ecc.). Con lo stesso carattere d 'intransigenza, con il rifiuto, come nelle scuole, del principio democratico della rappresentatività e con la rivendicazione della democrazia assembleare, la rivolta si estese nelle fabbriche, dove i comitati di base riuscirono l'anno dopo a sovrapporsi agli stessi sindacati che vennero scavalcati e desautorati durante l'autunno caldo del 1969, concretatosi in una ininterminabile catena di scioperi, di occupazioni delle fabbriche e di manifestazioni arroganti e violente. Neppure la Chiesa cattolica si sottrasse al clima caotico e tempestoso di quegli anni; sorsero al suo interno i gruppi spontanei che, richiamandosi pretestuosamente alla concezione biblica
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del popolo di Dio e ai dettati del Concilio Vaticano II, dei quali offrivano interpretazioni unilaterali e di comodo, contestarono le omelie, occuparono le chiese e predicarono che l'obbedienza non è una virtù, neppure quella al Sommo Pontefice. Il sessantotto e le manifestazioni che lo precedettero, lo concretarono e ad esso fecero seguito non fu, come molti storici, sociologi e politologi sostennero e sostengono, un'esplosione improvvisa ed inaspettata, ma una manifestazione clamorosa rivelatrice di una situazione di degrado morale e culturale che maturava da tempo. Tale degrado risaliva ai primi anni del dopoguerra, a quando cioè aveva avuto inizio l'azione demolitrice dei valori ideali e morali tradizionali, l'avvelenamento della gioventù attraverso la droga del materialismo storico e di quello capitalista, dell'edonismo fatto assurgere a valore esistenziale, del consumismo, del libro dei diritti senza una pagina dedicata ai doveri. Tutto il passato, da allora, era stato messo in discussione - filosofia, letteratura, arti figurative, costumi, ecc. - a tutto si era irriso, tutto era stato dissacrato e, con il pretesto di abolire i miti e di scoprire i tabù, erano state ripudiate e rinnegate quelle virtù e quei valori - tra i quali quelli religiosi, di Patria, di famiglia, di solidarietà umana civile nazionale che soli rendono possibile la convivenza sociale e la saldezza di una nazione. Non erano state distrutte le ideologie, ma gli ideali. I giovani del '68 erano nati e venuti su nel disordine e nel disorientamento morale e culturale degli anni dell'immediato dopoguerra e di quelli successivi. La guerra del Vietnam, le massime di Mao e le situazioni di reale disagio furono i detonatori della rivolta sessantottesca, ma il materiale esplosivo si era venuto accumulando da più di vent'anni ed alla sua accumulazione avevano contribuito in larga misura la disfatta deI1'8 settembre, la disinformazione e la mortificazione dei valori e delle virtù, l'opera di livellamento generale dei mass media, l'incitamento all'edonismo, al consumismo ed alla violenza, l'avvilimento della cultura ed il degrado della lingua e del linguaggio. L'opportunismo, il timore di dispiacere ed il terrore di essere bollati come fascisti o, quanto meno, conservatori e retrogradi, avevano indotto partiti, sindacati, senati accademici, consigli dei professori e famiglie al più largo permissivismo e lassismo che nel 1968 dettero i loro frutti nel soqquadro delle urtiversità, delle scuole e delle fabbriche con degenerazioni, ancora più violente, di vandalismo, di devastazioni delle aule, delle apparecchiature di ricerca e di studio, dei macchinari. Erano state devastate le menti e le coscienze e queste, prive di remore morali e civiche, devastarono i sautuar'ì dello studio e del lavoro, ri-
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bellandosi alla cultura, alla disciplina ed alla stessa professionalità, all'insegna dell'egualitarismo dell'ignoranza, dell'incompetenza e dell'amoralità. Il sessantotto fu una rivolta nichilista e basta; esso non ebbe un contenuto ideale e costruttivo, sostitutivo di quello che intendeva distruggere. La contestazione globale utopistica ed antistorica, emotiva e passionale, espressa in forme antirazionali ed immorali, ebbe un solo vero risultato drammatico: l'ulteriore peggioramento del sistema politico e sociale. Essa favorì il rigurgito di ulteriori fermenti dell'estremismo di sinistra e di destra ed incentivò il terrorismo rosso e nero. Gli anni sessanta si chiusero con il dramma di Piazza Fontana che non rimase un episodio isolato, ma segnò l'inizio spaventoso di un decennio di terrore, durante il quale una minoranza fanatica esasperata minaccerà la giovane Repubblica e la democrazia in misura ben maggiore del fantomatico colpo di Stato del 1960 e della paventata soluzione autoritaria della crisi di governo della metà luglio 1964 7.
3. Dal febbraio 1972 al giugno 1973, la politica di centro sinistra subì un'interruzione perché, dopo le dimissioni del governo Colombo, presentate ritualmente in seguito all'elezione alla carica di presidente della Repubblica dell'on. Leone, i partiti di centro-sinistra non riuscirono a ritrovare un'intesa per la ricostruzione di un governo quadripartito. La costituzione di un governo monocolore democristiano, presieduto dall'on. Giulio Andreotti, non ottenne la fiducia del Parlamento. Il nuovo presidente della Repubblica dichiarò sciolta con anticipo di un anno la quinta legislatura e vennero indette nuove elezioni per i giorni 7-8 maggio 8. Dopo le elezioni, l'on. Andreotti, incaricato di formare un nuovo governo, tentato invano di dare vita ad una nuova coalizione che andasse dal P.S.I. al P.L.I. in seguito al rifiuto del P.S.I. di una coalizione siffatta, formò il suo secondo gabinetto con la D.C., il P.S.D.I., il P.L.I. e l'appoggio este rno deJ P.R.I. (il P.S.I. passò alla opposizione). Il s econdo gabine tto Andreotti, cosiddetto di centralità democratica, a base parlamentare neo-centrista, poté contare su di una maggioranza limitata (18 voti alla Camera e 4 al Senato), dimostrò b en presto di non poter durare a lungo e si autosfaldò in seguito ad una denuncia della necessità di un cambiamento fatta nel marzo dallo stesso vice-presidente del consiglio, on. Mario
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Tanassi, al disimpegno del P.R.I. dalla maggioranza, al rimescolamento delle correnti interne della D.C. che indussero a non ripresentarsi alla segreteria l'on. Arnaldo Forlani, favorevole alla centralità democratica. Andreotti si dimise e l'incarico di formare il nuovo governo venne affidato all'on. Mariano Rumor ed ebbe così inizio una seconda fase della politica di centro-sinistra. Il ritorno alla politica di centro-sinistra (7 luglio 1973), dopo la parentesi del governo di centralità democratica, conclusosi con risultati estremamente negativi sul piano dell'economia 9 , ebbe come fine la ricostituzione di una maggioranza autonoma ed autosufficiente (Rumor), con un programma di risanamento dell'economia (le direzioni dei ministeri chiave dell'economia vennero affidate a tre esperti della materia: all'on. Ugo La Malfa il tesoro, all'on. Emilio Colombo le finanze, all'on. Antonio Giolitti il bilancio), di ristabilimento dell'ordine pubblico e di attuazione delle riforme possibili anziché di quelle mitiche (Rumor), andando incontro, entro tali limiti, alle richieste dei sindacati tornati ad associarsi in una confederazione unitaria dal 24 luglio 1972. Durante tale seconda fase, durata fino al 20 giugno 1976, ebbero luogo 3 consultazioni popolari che condizionarono pesantemente il dibattito politico - le elezioni svoltesi nel Trentino il 17 novembre 1974 per il rinnovo del consiglio della regione a statuto speciale 10, le elezioni a metà giugno 1975 per il rinnovo delle amministrazioni delle regioni a statuto ordinario e della quasi totalità dei consigli provinciali e comunali 11, il referendum abrogativo della legge I O dicembre 1970 n. 898 riguardante la disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio 12 - e si succedettero 4 governi 12 bis: 2 organici di centro-sinistra presieduti dall'on. Rumor (nel quinto governo Rumor il P.R.I. continuò a far parte della maggioranza, ma non del governo), 2, uno bipartito (D.C. - P.R.I.) ed uno monocolore, presieduti dall'on. Aldo Moro. Agli obiettivi prioritari del risanamento dell'economia e dell'ordine pubblico, il quinto governo Rumor aggiunse quello, considerato non meno urgente e inderogabile, della moralizzazione della vita pubblica giunta frattanto ad un livello di degrado scandaloso. Gli ostacoli che la politica di centro-sinistra incontrò nella seconda fase lungo il suo cammino furono, oltre quelli propri della coalizione già dovuti fronteggiare nella prima fase, il perdurare della crisi economica mondiale iniziatasi con la guerra del Kippur ed aggravata dalla politica economico-finanziaria-monetaria del secondo governo Andreotti, l'aumento della delinquenza e della criminalità in tutto il Paese ed il manifestarsi sempre più virulento del terrorismo
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rosso e nero, entrambi rivolti a destabilizzare lo Stato e ad evertirne le istituzioni democratiche. La violenza politica si estese; già durante il governo di centralità democratica l'estremismo di destra, con epicentro Milano, la Lombardia e la Calabria, aveva dato luogo ad episodi inquietanti e drammatici; poi nel maggio 1974, in piazza della Loggia in Brescia, una nuova strage e nell'agosto del 1974 un'altra ai danni del treno / talicus viaggiante tra Firenze e Bologna. A pochi giorni dalle elezioni politiche del 1976 la violenza rossa, da parte sua, aggiunse ai tanti precedenti attentati, rapimenti, ferimenti ed assassini compiuti in quegli anni contro le forze di polizia, i magistrati ed i giornalisti, l'assassinio del procuratore generale della repubblica di Genova. Un fatto che acuì la discordia tra i partiti di centro-sinistra e tra le correnti interne dei singoli partiti della maggioranza parlamentare furono, prima, l'offerta di un'opposizione diversa del P.C.I. ad un governo diverso dal secondo ministero Andreotti, successivamente, nel settembre 1973, la proposta di un grande compromesso storico fra comunisti e cattolici avanzata dal segretario del P.C.I., on. Giovanni Berlinguer, senza più porre la pregiudiziale dell'on. Palmiro Togliatti di una spaccatura in due della D.C. In effetti il nuovo atteggiamento del P.C.T., che aveva frattanto, almeno sul piano formale, dato a vedere di voler correggere parzialmente la rotta degli anni cinquanta, in particolare dopo la repressione sovietica della primavera di Praga del 1968, mise nell'imbarazzo la D.C., rinforzò le correnti del P.S.I. inclini ad un minore distacco dal P.C.I. ed intimorì i partiti intermedi di centro-sinistra preoccupati di restare soffocati e di essere messi fuori gioco da un'intesa D.C. - P.C.I. In luogo di serrare le file per evitare un avvenimento siffatto, di per sé mortale per la democrazia qualora fosse stato definitivo, cioè veramente storico, i partiti di centro-sinistra si divisero in nuovi contrasti e resero ancora più incerta e debole la maggioranza di governo già inquieta, come nel passato, per il malessere determinato da molteplici cause complesse e profonde, alcune di natura oggettiva, altre derivanti da scarsa preveggenza politica, da incomprensione politica della realtà del paese, da lotte per la preminenza di potere e da nefasti personalismi. Le elezioni amministrative del 1974 e 1975 espressero una accentuata tendenza a sinistra (in parte dovuta anche alla reazione per il governo di centralità democratica) che, variamente interpretata nell'ambito dei partiti, dette luogo ad un periodo confuso e tormentato del dibattito politico e alla formazione nelle amministrazioni locali di una serie varia di maggioranze improvvisate, confuse e contraddittorie
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rispetto alla formula di centro-sinistra. Alla fine del 1975, mentre il quarto governo Moro s'impegnava in un tentativo di affrontare la disoccupazione, la riconversione industriale, il rifinanziamento della Cassa per il Mezzogiorno, il P.S.I. assunse una posizione formale di dissenso sul piano del rilancio dell'economia nazionale e sulle scelte governative in materia di interventi finanziari. In verità il P.S.I., deluso dai risultati delle elezioni del giugno, intendeva riproporre al paese nuove elezioni politiche. Moro si dimise e, reincaricato di formare un nuovo governo, dette vita ad un monocolore che ricevé nel febbraio 1976 la fiducia, con il voto favorevole della D.C. e del P.S.D.I. e l'astensione del P.S.I., del P.R.I. e del P.L.I. Nella primavera si svolsero i congressi di alcuni partiti della maggioranza (P.S.I., P.S.D.I., P.L.I.. D.C.) che modificarono gli schieramenti interni 13, ma il fatto che scosse il quadro del centro-sinistra fu il voto della Camera del 1° aprile sull'art. 2 della proposta di legge sull'interrnzione volontaria della gravidanza, una legge che non avrebbe potuto in nessun caso avere l'approvazione della D.C. e dei cattolici in genere. Il 30 aprile, preso atto dello sfaldarsi della coalizione, Moro si dimise; il presidente della Repubblica sciolse con l'anticipo di un anno la sesta legislatura; vennero indette nuove elezioni per il 20-21 giugno, data che concluse la seconda fase dc.Ila politica di centro-sinistra.
4. Le elezioni politiche del 1976 14 segnarono la sconfitta dei partiti intermedi, il mantenimento delle posizioni del 1972 da parte della D.C. (38,7% anzichè 38,8%) e l'aumento del P.C.I. dal 27,2 al 34,4%. I partiti di centro-sinistra non trovarono un'intesa, che sarebbe stata ancora possibile, per la ricostituzione di un governo, preferirono concordare con il P.C.I. la partecipazione agli incarichi parlamentari ed accettarono, senza entusiasmo, un nuovo governo monocolore, presieduto dall'on. Andreotti, che ottenne la non sfiducia mercé l'astensione del P.C.I., del P.S.I., del P.S.D.I., del P.R.I. e del P.L.I. Per la prima volta, dal 1947, il P .C.I. tornò a sostenere, sia pure mediante la formula dell'astensione, il governo ed assunse così un ruolo determinante nell'attuazione del programma. La situazione economica era diventata frattanto drammatica ed altrettanto quella dell'ordine pubblico a causa dell'attivismo destabilizzatore sempre più dinamico del terrorismo. La debolezza del governo Andreotti ed il serpeggiare del malcon-
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tento dei partiti per l'anomala situazione della non sfiducia, fattosi nel tempo maggiore e più acuto, indussero il presidente del consiglio a rassegnare le dimissioni (16 gennaio 1978), aprendo una crisi governativa delicata e di difficile soluzione. Lo stato di emergenza era peraltro tale da richiedere subito più energici interventi per affrontare i problemi economici , quello dell'ordine pubblico e quello della moralizzazione della vita politica inquinata dall'aria irrespirabile delle rivelazioni di nuovi scandali che coinvolgevano partiti, ministri, alti burocrati, uomini di affari ed amministratori di enti pubblici. Andreotti fu reincaricato della formazione del governo nel tentativo di una più salda convergenza delle forze politiche che con la loro astensione avevano sostenuto il suo terzo ministero. Vi-riuscì e, presentatosi in Parlamento, il 16 marzo con un nuovo monocolore, ottenne il voto favorevole della D.C., del P.C.I., del P.S.I., del P.S.D.I., del P.R.I. e dei demonazionali. Qualche ora prima, in Roma, in via Fani le brigate rosse avevano trucidato la scorta dell'on. Moro e rapito ed imprigionato l'uomo politico. Il governo di emergenza, sorretto da una maggioranza larghissima, ma profondamente discorde, resse fino al 31 gennaio 1979 - meno di un anno - e poi dové dimettersi per il venir meno di fatto del sostegno del P.C.I.. La nuova crisi durò fino al 20 marzo quando Andreotti riuscì a comporre il suo quinto ministero, un tripartito D.C., P.S.D.I., P.R.I., che il 31 dello stesso mese non ottenne la fiducia al Senato. Il nuovo Presidente della Repubblica, on. Sandro Pertini, eletto a tale carica 1'8 luglio 1978 in sostituzione dell'on. Giovanni Leone dimessosi il 15 giugno precedente 15, sciolse la settima legislatura. I comizi elettorali vennero indetti per il 3-4 giugno successivo, mentre restò in carica il governo tripartito. Gli anni settanta furono, dunque, più travagliati e tumultuosi di quelli del decennio precedente e carichi di pericoli per la Repubblica ancora più gravi di quelli già gravissimi della rivolta del '68, dell'autunno caldo del '69 e della strage di Piazza Fontana. Nel presentare il suo quarto governo al Parlamento, il 16 marzo 1978, l'on. Andreotti aveva illustrato in questi termini la situazione del momento: tutti, pur senza indulgere a facili generalizzazioni, anche prima di stamane, eravamo consapevoli dell'attuale stato di eccezionalità, per l'attivismo di spietati terroristi, per il numero dei disoccupati, per il caotico disordine in molte scuole, per la depressione nel sud, specie nelle maggiori città, per la fragilità del nostro sistema economico-finanziario, gravato, tra l'altro, da un massiccio indebitamento con l'estero. E non sono questi soltanto i motivi di preoccupazione che disorientano i giovani
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ed infondono negli anziani il timore di vedere annullati gli sforzi di ricostruzione e di progresso che il popolo italiano ha, con tanta fatica, realizzato nel dopoguerra. Altri ancora, infatti, gli sconvolgenti fattori disgregativi che laceravano nazione e Stato: la crisi di credibilità dei partiti, delle istituzioni e dell'intero sistema; il dissesto dell'intero apparato statale; le spaventose lungaggini dei processi penali, civili ed amministrativi con la perdita di fiducia nella giustizia e negli organi giudiziari inquinati dalla politicizzazione; l'ingiustizia fiscale e tributaria; il degrado ecologico e del patrimonio artistico; l'impunità di delitti e di atti illegittimi; le sperequazioni dei trattamenti retributivi e pensionistici; la lottizzazione partitica dei posti di lavoro; l'aleatorietà dei servizi pubblici; la modesta funzionalità della burocrazia ed i numerosi atti di disonestà che si accompagnavano al suo pigro ed imperturbabile procedere indifferente rispetto ai bisogni essenziali dei cittadini. Ingiustizia, incompetenza, disonestà ed arroganza imperanti nella conduzione della cosa pubblica avevano sottratto credito alle stesse istituzioni democratiche che, proprio per questo, il terrorismo s'illuse fossero giunte al punto di rottura definitiva. Quando, dopo 54 giorni di segregazione, il 9 maggio 1978, l'on. Moro venne lasc iato cadavere nel cofano di un'autovettura abbandonata emblematicamente a metà strada tra la sede della D.C. e quella del P.C.I., l'Italia non solo fu turbata dal più grave assassinio politico verificatosi nel dopoguerra, ma sconvolta dal richiamo alla tragica realtà morale, politica e sociale che stava vivendo. Fu allora che Parlamento, partiti, governo, sindacati e cittadini senza distinzione furono posti, ciascuno, di fronte alla propria coscienza ed alle proprie responsabilità, dovendo esaminare attentamente quanta colpa di quell'orrendo assassinio dovesse essere attribuita anche alle malefatte, agli errori, alle incomprensioni, alle leggerezze, al permissivismo ed alle omissioni di ognuno. Non era bastato che si fosse venuta realizzando, in buona parte mercé proprio l'intervento dell'on. Moro, una legislazione sociale 16 che alla fine degli anni settanta collocò l'Italia tra i paesi più avanzati dell'Europa occidentale (scuola, lavoro, pensioni, assistenza), anche se si erano voluti compiere passi assai più lunghi di quelli compatibili con la gamba economica, se si era proceduto ne lle riforme con insufficiente competenza e con lungo margine alla demagogia, e se si era lasciato che la licenza venisse scambiata con la libertà, la sopraffazione con la giustizia, il lassismo con il progresso. L'Italia, alla fine degli anni settanta, pagò il fio di un trentennio di permissivismo con-
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sumistico materialista durante il quale numerose e vibrate erano state le rivendicazioni dei diritti, poche e flebili le voci di richiamo ai doveri, in quanto tutti sembrava avessero dimenticato, a cominciare dal partito di maggioranza relativa, che imporre all'uomo dei doveri senza riconoscergli dei diritti è avvilirlo; ma riconoscergli i diritti senza imporgli dei doveri, è corromperlo. I partiti politici di centro-sinistra avevano continuato ad attardarsi negli anni settanta su dispute, discordie e divergenze già sorte durante il decennio precedente e, nell'incertezza di una posizione chiara e decisa da prendere nei riguardi del nodo gordiano della politica italiana - il rapporto con il P.C.I. -, avevano continuato a lacerarsi in discussioni teoriche ed in atteggiamenti ambigui, da cui era derivata loro un'ulteriore perdita di credito e di prestigio. I sindacati avevano proseguito la loro strada lungo la direttrice dell'intransigenza rivendicativa, intesa soprattutto al miglioramento delle retribuzioni a favore degli occupati ed al mantenimento dei posti di lavoro di questi ultimi indipendentemente dalla passività economica delle imprese, opponendosi con estrema durezza, anche quando il P.C.I. faceva parte della maggioranza di governo, a ogni misura che, incidendo sul costo del lavoro, tendesse a mitigare gli effetti inflazionistici dell'indennità di contingenza. I governi, con i loro affrettati interventi d'urgenza, compiuti sotto l'incubo degli scioperi, per rispondere alle richieste dei sindacati e per allentare le tensioni, avevano concorso spesso ad aumentare la confusione morale e sociale, oltre che economica. Tutti, insomma, avevano continuato a ragionare secondo la logica economica e sociale dei decenni precedenti, del tutto superata dalla nuova realtà, dando prova d'incapacità d'ideazione e di previsione di quelle che sarebbero state le imminenti conseguenze, nella produzione e nell'assetto sociale, della rivoluzione tecnologica in corso. Erano cresciuti i consumi e diminuita la produttività (scioperi e fenomeno dell'assenteismo). Gli anni settanta furono non solo politicamente difficili e tumultuosi - quali, oggi, non lo sono? - ma caratterizzati dall'accelerazione del processo di trasformazione della società da una parte e dal tendenziale immobilismo dei partiti, dei sindacati e delle strutture politiche e amministrative dall'altra. Ad un rapido processo di miglioramento del tenore medio di vita, di elevazione del grado medio d'istruzione e dell'aumento delle possibilità di benessere materiale, anche per la grande disponibilità di mezzi capaci di ridurre la fatica e i disagi nell'esecuzione dei vari lavori industriali, agricoli ed artigianali, aveva fatto riscontro un altrettanto rapido degrado morale e culturale molto diffusi, ancorché non gene-
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ralizzati, del quale si erano avvalsi gli estremismi ed il terrorismo per tentare l'eversione del sistema. Il terrorismo fu un'aberrazione morale e culturale di pochi - se ci si riferisce ai terroristi in servizio attivo, ai fiancheggiatori, agli ausiliari ed ai simpatizzanti - ma coinvolse responsabilità morali, professionali e tecniche di molti. I movimenti extraparlamentari autonomi erano stati lasciati crescere nell'indifferenza generale senza avvertirne, o facendo finta di non comprenderne, la pericolosità mortale. I partiti erano stati travagliati anche da cause oggettive, ma spesso avevano tentato di sopperire all'idealismo delle loro ideologie originarie e dei loro schemi di riferimento mediante trasformismi, ammiccamenti reciproci, compromessi sottobanco, transazioni tattiche e strumentali che avevano maggiormente disorientato l'opinione pubblica. Le loro insufficienze, ritardi, ondeggiamenti e debolezze avevano indirettamente favorito il fenomeno come, d'altra parte, il peso crescente dei partiti nelle decisioni politiche mediante l'obnubilamento dello Stato parlamentare spesso eclissato dallo Stato dei partiti, nel quale il Parlamento frequentemente aveva dovuto limitarsi a registrare le decisioni esterne, aveva agevolato il degrado delle istituzioni costituzionali. Lo stesso effetto aveva prodotto il processo cosiddetto dell'espropriazione delle strutture .l egittime da parte dei sindacati, con continue intromissioni nel settore legislativo e del potere esecutivo. Si era, insomma, accentuato negli anni settanta il processo degenerativo dell'intero sistema politico e di sclerosi dell'ordinamento statale. I meccanismi costituzionali erano rimasti intatti, ma appunto per questo era risultato via via più evidente il fossato tra la democrazia della Costituzione ed il modo concreto di esprimersi di essa sul piano della realtà quotidiana. Il Parlamento, pur svolgendo una grande mole, forse troppa e disordinata, di lavoro legislativo aveva avocato a sé funzioni proprie dell'esecutivo; i governi di coalizione, deboli per le divisioni interne più che per la consistenza numerica delle maggioranze che li sostenevano, minati di continuo dai / ranchi tiratori, non si erano m ostrati in grado di essere fermi e decisi nel reprimere la delinquen za comune e la violenza politica e avevano messo in luce gravi lacune tecniche di preparazione e di organizzazione negli apparati informativi e nelle forze di sicurezza e forti ritardi nella lotta al terrorismo; la pubblica amministrazione, di cui erano pure venute alla luce numerose malefatte, aveva risentito della mancanza di molti elementi di valore e di esperienze che l'avevano abbandonata in seguito alla legge del secondo governo Andreotti pe r l'esodo volontario dei diri-
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genti e dei funzionari più elevati - i cosiddetti superburocrati - ed aveva offerto prove d'incapacità e di scarsa competenza, attribuibili alla mancata maturazione di professionalità dei giovani; l'ordinamento tributario e fiscale aveva lasciato larghe maglie all'evasione di cui esso stesso si era reso complice, mentre si era accanito di riflesso sui deboli; l'ordinamento giudiziario, privo di procedure moderne, di apparecchiature e di mezzi moderni e progrediti, era rimasto costretto nella camicia di forza della vecchia procedura e delle vecchie ed insufficienti strutture che ne avevano accresciuto le incertezze e i ritardi. In parallelo, la crisi dell'economia. Alla fine del 1979 la popolazione residente aveva raggiunto i 57 milioni. L'economia ebbe negli anni settanta un andamento sussultorio: stagnazione nel 1971 (crescita della produzione 1,6%) e nel 1972 (3, I%); crescita di breve durata nel 1973 (6,9%); nuova stagnazione nel 1974 (3,9%) e nel 1975 (3,5%); ripresa nel 1976 (5,6%), perdita e ristagno dal 1977 al 1979 (1,7%). Nel decennio, i tassi di crescita annua della produzione erano stati pari al 3%, vale a dire alla metà di quelli del decennio precedente (6%). L'aumento del costo del petrolio e delle altre materie prime aveva sbilanciato il rapporto fra prezzi delle importazioni e quelli delle esportazioni, fino ad allora in rapporto favorevole all'economia italiana, ed esso era peggiorato nella misura del 25%, mentre il valore della lira, dai primi mesi del 1973 alla fine del 1979, aveva perduto oltre il 50% del suo iniziale potere di acquisto internazionale. Nel 1976 il blocco del prezzo del petrolio e la svalutazione del dollaro avevano consentito una ripresa temporanea ed un risanamento della bilancia dei pagamenti durante il 1977, ma il ritmo annuo dell'inflazione aveva continuato ad essere fra i più elevati di quelli degli altri paesi dell'area industrializzata (in media circa il 16%). Gli scivolamenti del cambio erano stati particolarmente notevoli negli anni 1973-74 e nel 1976 e avevano provocato pesanti interventi della banca d'Italia, restrizioni del credito, inasprimenti fiscali, leggi contro l'esportazione dei capitali, tasse sulle importazioni, ecc. che non erano rimasti senza risultati. Ma spesso tali misure avevano avuto carattere frammentario e disorganico. Verso la fine del decennio le contraddizioni della economia italiana - carenza della struttura produttiva, del commercio con l'estero e dell'apparato pubblico, carenze esistenti ùa sempre, ma fortemente accentuate dal particolare difficile momento internazionale di crisi economica generale - si riproposero così in tutta la loro drammaticità per il progressivo aumento della disoccupazione e del divario tra nord e sud. A parte gli ondeggiamenti ùdl'economia,
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che avevano raggiunto la punta estrema negativa nell'estate del 1976 - andamento negativo della lira investita da ondate speculative, situazione dei conti con l'estero gravemente deficitaria, inflazione in aumento con tassi minacciosi (18,1 %) - ed a parte il lieve riequilibrio economico ottenuto nel 1978 (incremento del 2,6% del reddito nazionale, discesa del tasso d'inflazione al 12,7%, attivo della bilancia dei pagamenti ·di 5308 miliardi), il male strutturale di fondo che nel decennio, come in quelli precedenti, aveva tormentato il paese fu che, benché si fosse sempre parlato di programmazione, una reale programmazione economica non era mai stata attuata. Per ottenere un certo coordinamento si era fatto ricorso all'opera dei comitati interministeriali (Comitato interministeriale per la programmazione economica o C.I.P.E.; Comitato interministeriale per la politica industriale o C.I.P.I.; Comitato interministeriale per la politica agricola e alimentare o C.I.P.A.A.), ma il nuovo tentativo fatto nel 1979, per avviare definitivamente il sistema economico italiano verso una vera programmazione, mediante la presentazione da parte del governo al Parlamento di un programma triennale - chiamato in bozza Piano Pandolfi - abortì in seguito alla fine prematura della settima legislatura. La crisi dell'economia mondiale, l'intrinseca debolezza del sistema e la mancanza di una programmazione globale furono, a nostro parere, le cause maggiori del dissesto economico degli anni settanta, ma ad esso concorsero altresì, in misura non certo insignificante, la instabilità e la discontinuità dei governi - la seconda segnata da governi di centro-sinistra, dal governo di centralità democratica, dal ritorno a governi di centro-sinistra, dal governo della non-sfiducia, dal governo di emergenza - e l'accumulazione degli effetti negativi di una politica economica di scialacquo nella spesa pubblica, particolarmente accentuata nel governo di centralità democratica, di una politica economica imprenditoriale eccessivamente utilitaristica e bisognosa di assistenzialismo improduttivo, di una politica sindacale dissennata, diretta in pratica ad allargare il fossato tra i ceti protetti e quelli indifesi, tra gli occupati e i sempre più numerosi disoccupati. La tendenza dei governi a muoversi su richiesta ed a cedere ai sindacati, oltre il consentito dalle disponibilità reali, gli appelli degli imprenditori per sostegni assistenziali (sovvenzioni a imprese inefficienti o improduttive), l'intransigenza dei sindacati sulla cassa integrazione, la scala mobile, ecc. avevano sacrificato gli investimenti e fatto crescere i disoccupati. La spesa pubblica raggiunse il 43,4% del reddito nazionale (1977) e i disoccupati superarono i due milioni, di cui nd 1977
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634 833 giovani (154 883 nell'Italia settentrionale, 113 204 in quella centrale e 366 622 nell'Italia meridionale ed insulare). La grande industria, alla fine degli anni settanta, giunse allo stato prefallimentare. Le misure anticongiunturali via via adottate nel decennio, indubbiamente necessarie, se da un lato non erano state senza risultati positivi contingenti, dall'altro avevano reso più incerta e confusa la situazione generale futura. Forse la complessità e la gravità delle varie e mutevoli difficoltà esogene ed endogene avevano superato le possiblità dei governi chiamati a risolverle, anche se alcuni vi erano riusciti; ma erano state operate anche alcune scelte sbagliate, altre inopportune e altre inadeguate, che avevano aumentato il tasso d'inflazione, dilapidato il risparmio ed avuto un costo economico e politico sproporzionato, provocando, ad esempio, il ristagno di settori chiave come quello della edilizia, intralciato inoltre, come del resto molti altri, dalla insufficienza delle amministrazioni pubbliche centrali e periferiche (350 mila abitazioni ogni anno negli anni sessanta, meno di 150 mila negli anni settanta). Troppe volte e troppo ingenti i ricorsi all'aumento della spesa pubblica per alleviare le tensioni sociali e soprattutto troppo indiscriminati: sovvenzioni ad aziende parassitarie, elargizione incontrollata di pensioni d'invalidità e di assistenza per motivi di clientelismo, vere e proprie dilapidazioni del denaro pubblico per spese superflue, inutili e comunque rinviabili, quando non addirittura dannose (esodo dei burocrati). Si era avuto, insomma, nel complesso, scarso riguardo alla realtà del sistema economico-produttivo, finanziario e monetario e ad avvantagiarsi di ciò erano stati pochi ed illusoriamente, mentre i ceti più disagiati, i disoccupati e i sottoccupati erano cresciuti di numero e in miseria. La disastrata situazione morale, culturale, politica, sociale ed economica del Paese verso la fine degli anni settanta non derivava, a nostro giudizio, dalla scelta della politica di centro-sinistra operata nel luglio del 1960, ma dal non aver saputo, o forse potuto, realizzare tale politica che era noto in partenza avrebbe incontrato ostacoli e difficoltà di ogni genere, come tutte le politiche coraggiose, e l'ostilità in tutte le forme possibili dell' imprenditoria conservatrice e arretrata, rimasta attaccata all'utilitarismo capitalista asociale, e non avrebbe soddisfatto neppure la estrema sinistra che, anzi, vi aveva ravvisato un grave pericolo per la sua stessa esistenza. Le due ali estreme dello schieramento politico, soprattutto il P.C.I., avevano avuto successo nella lotta a fondo contro il centro-sinistra polarizzando su di loro tutta la grande massa degli scontenti delle loro disagiate, e talvolta dispe-
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rate, condizioni, e mantenendo perennemente in agitazione i settori produttivi del Paese. I partiti di opposizione avevano attratto sotto i loro emblemi un sempre maggior numero di scontenti a ragione od a torto e i governi e le maggioranze che li sostenevano, timorosi di perdere ulteriormente consensi, da un lato avevano cercato, senza riuscirvi, di accontentare tutti finendo con lo scontentare una gran parte del Paese, dall'altro, in luogo di mostrarsi compatti e decisi nell'attuare un programma che fosse chiaro punto di riferimento per l'intera nazione, si erano persi in divisioni interne, in gelosie e in conflitti demagogici che avevano ridotto la loro credibilità e fiducia. Il malessere alla fine degli anni settanta divenne generale e non solo nei settori economico e sociale, ma, come abbiamo già scritto, prima ancora in campo morale e culturale, ed esso scosse le fibre profonde del Paese. Non fu, peraltro, tale da travolgere l'intero ordinamento democratico: il terrorismo rosso e nero s'illusero. Il terrorismo non fu un fenomeno importato o guidato dal di fuori, ma spontaneo e indigeno, quale indice della massima aberrazione raggiungibile da temperamenti paranoidi e schizoidi ad un tempo, in un rapporto alterato con la realtà, ma coerente con la pazzia morale nel senso che a questa espressione danno i vecchi testi di psichiatria 16. Gli aspetti di dissolvimento dello Stato e della società non furono però generali. Accanto alle degenerazioni disgregatrici convivevano, infatti, forze molteplici, di varia ispirazione e organizzazione, che andavano alla ricerca del ristabilimento dei valori tradizionali morali, civili e religiosi e che volevano costruire il nuovo, richiesto dai tempi, negli spiriti e nelle strutture, mediante la ripresa di un associazionismo d'iniziativa autonoma, che si mostrò fin dal suo sorgere fecondo nei partiti, nella scuola e nella Chiesa, ravvivando dal di dentro le istituzioni e riportando nelle coscienze il senso dello Stato e della solidarietà nazionale e internazionale. Era stato, infatti, il senso dello Stato quello che più di ogni altro era mancato a molti partiti, a molti uomini di governo e a molti uomini politici che avevano diretto la politica di centro-sinistra o che ne erano stati magna pars. Tra di essi non vi erano stati, infatti, veri statisti o, quanto meno, personaggi espressivi come tali, anche se vi erano stati uomini onesti, seri e capaci di anteporre lo Stato agli interessi partitici o correntocratici. Ciò che alla fine degli anni settanta salvò l'Italia dalla catastrofe, che pure era sembrata imminente, fu appunto la superstite vitalità morale di una parte degli uomini di governo e di partito e di una buona parte dell'intera società italiana che aveva lavorato, stu-
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diato, sopportato sacrifici nell'adempimento dei doveri civici e professionali e che aveva continuato e continuava ad obbedire alle leggi ed a pagare le tasse.
5. La politica estera italiana dal 1960 al 1979 continuò costantemente a muoversi sul binario dell'atlantismo e dell'europeismo e, nella cornice della distensione tra le due superpotenze, venne sviluppata lungo più direzioni, spesso con modesto successo, ma talvolta anche con risultati positivi, soprattutto ai fini dell'affermazione di imprese italiane nei grandi lavori pubblici nei paesi mediterranei, africani, del Medio Oriente e della promozione della partecipazione di capitali stranieri nelle grandi industrie della penisola. La posizione internazionale dell'Italia rimase stabile, nonostante l'instabilità dei governi e la diversità degli uomini chiamati a reggere il dicastero degli affari esteri. La politica atlantica, la politica di costruzione dell'Europa, quella dell'ampliamento e del miglioramento dei rapporti con gli Stati comunisti e delle relazioni con il Terzo Mondo, la politica mediterranea e di collaborazione con i grandi paesi industriali, la ricerca insomma dell'allentamento delle tensioni, di un maggiore equilibrio e di una maggiore stabilità venne perseguita, per quanto possibile, con continuità in tutte le direzioni. Rientrarono in tale cornice, ad esempio, la firma del trattato di non proliferazione nucleare (1969), il riconoscimento della Repubblica popolare della Cina (1971), della Germania dell'est (1973), del Vietnam (1973), ed i numerosi accordi bilaterali e multilaterali firmati durante l'intero ventennio. Come presupposti di pace con i paesi vicini: il 30 settembre 1969 vennero conclusi a Copenaghen gli accordi con l'Austria per la definizione del problema dell'Alto Adige, dove dal 1961 gli estremisti tirolesi avevano condotto ripetuti atti di terrorismo; con legge 14 marzo 1977, n. 73 vennero ratificati gli accordi di Osimo con i quali si era trovata, d'intesa con la Jugoslavia, ma non senza dolorose rinunzie italiane, la soluzione del problema di Trieste sulla base del riconoscimento della sovranità italiana sulla zona A e di quella jugoslava sulla zona B, del diritto di opzione per i cittadini dei due paesi residenti nelle due 'zone, di ritocchi di confine intorno a Gorizia, della creazione di un canale di passaggio in acque profonde per l'accesso delle navi di grosso tonnellaggio al porto di Trieste senza passare per le acque jugoslave e dell'ipotesi di dare vita a una zona franca di Trieste. Gli accordi di Osimo non furono,
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in realtà, che l'avallo di una situazione di fatto determinata dalla politica sbagliata seguita dai governi italiani prima e dopo la seconda guerra mondiale. Essi, comunque, non furono certo un affare vantaggioso per l'Italia, se non come riferimento all'eliminazione di una questione pendente dolorosa. Anche se la politica estera non fu sempre ispirata a rigida coerenza e a sufficiente fermezza, non vi furono mai tentativi di inversioni di tendenza ad eccezione, verso la fine del 1972, di una revisione della posizione di neutralità nel Medio Oriente e di un certo avvicinamento alle posizioni filo-arabe, peraltro in base ad una dichiarazione congiunta dei 9 paesi che allora costituivano la comunità europea. Le scelte di fondo vennero, comunque, sempre .ribadite nel programma di tutti i governi succedutisi nel ventennio e sempre approvate dal Parlamento. Il contributo dell'Italia al rafforzamento delle istituzioni europee fu senza dubbio notevole, specialmente attraverso la realizzazione del nuovo Parlam ento ele tto a suffragio universale, l'adesione al sistema monetario europeo (S.M.E.} e gli importanti passi per l 'allargamento mediterraneo della C.E.E. Nei vertici atlantici e dei vari organi dell'alleanza, l'Italia, ferma la propria collocazione a fianco delle democrazie occidentali, non mancò mai di assumere gli impegni che le vennero richiesti, compreso quello dello schieramento su territorio italiano dei missili di crociera a medio raggio (euromissili). Tale costante e fedele adesione alla politica dell'alleanza atlantica non trovò, però, coerente riscontro in una politica di difesa ed in una politica militare adeguate in quantità, qualità e continuità alle esigenze generali del Paese, con riferimento a tutti i parametri che intervengono nella costituzione del potenziale b ellico della nazione ed alle specifiche necessit à di un apparato militare rispondente ai compiti di carattere internazionale e nazionale fissati nel quadro degli impegni a ssunti. Della politica di difesa, che abbraccia un campo assai più vasto di quello della politica militare, si può dire che fu nel ventennio del tutto, o quasi, ignorata e, comunque, nessuno dei complessi e numerosi settori che essa comprende fu oggetto di esame, di dibattito e tanto meno d'intervento. Sotto tale particolare aspe tto i governi succedutisi dal 1960 al 1979 non fecero mai nessun accenno, neppure programmatico, all'esistenza del problema ed il loro disinteresse per una concreta politica di difesa e per il coordinamento che questa comporta nell'attività dei vari dicasteri interessati da parte degli organicostituzionali dello Sta to, a cominciare dal Consiglio Supremo di difesa
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e dal Consiglio dei ministri, fu pari a quello dei governi del periodo precedente. L'attenzione posta ai problemi della politica di difesa da parte dei due organi appena citati e del Parlamento, a voler essere benevoli, non può essere definita che appena modesta. Il Consiglio Supremo di difesa, istituito nel 1950, che nel periodo considerato non sempre si riunì due volte l'anno, come previsto dalla legge istitutiva, ma qualche anno una sola volta, confermò, se mai ve ne fosse stato bisogno, la vaghezza costituzionale della sua funzione che formò oggetto di vasto dibattito, ancora nella seconda metà degli anni settanta, da parte di costituzionalisti e di partiti. Basta all'economia del discorso che veniamo svolgendo porre in evidenza che, quando su di un organo così essenziale non c'è accordo neppure sui compiti e sui poteri di cui è investito dalla Costituzione, è vano pretendere che esso svolga un'azione concreta ed efficace, non meramente formale, di determinazione di criteri e di emanazione di direttive cogenti per la condotta di altri organi, ad esempio, il Consiglio dei Ministri, che ha un ruolo autonomo di responsabilità che esercita sotto il controllo del Parlamento, al quale solo deve rispondere della sua attività, nella quale oltre tutto non rientra, almeno formalmente, la direzione della difesa del paese, assegnata dalla Costituzione appunto al Consiglio Supremo. A che cosa serve, infatti, il Consiglio Supremo, che per legge ha il compito di esaminare i problemi generali politici e tecnici attinenti alla difesa nazionale, se è privo di poteri reali ed è al tempo stesso esente dal controllo parlamentare? Può dare consigli, suggerimenti, orientamenti che per la sede dalla quale provengono hanno, o dovrebbero avere, il loro peso, ma non può andare oltre, perché il potere decisionale è collocato altrove. La formulazione della politica di difesa non può non spettare, nell'ordinamento costituzionale italiano, al Consiglio dei ministri, che però non ne è formalmente investito; approvarla, correggerla, modificarla, al limite mutarla del tutto, compete solo al Parlamento, sotto il cui controllo, invece, non ricade il Consiglio Supremo, di cui è presidente il capo dello Stato, appunto non soggetto a sindacato del Parlamento. Sono state attribuite al Consiglio funzioni che esso non è in grado di adempiere. Meno evidente, in superficie, l'assenza di una politica militare, se per tale s'intende la ricerca costante della rispondenza dell'apparato militare ai compiti per esso previsti nel quadro dell'alleanza atlantica e delle esigenze nazionali. La conclusione alla quale con tutta obiettività si giunge non può discostarsi granché da quella espressa per la politica della difesa. La politica militare, componente di quella della
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difesa, si lega strettamente alla politica estera, in quanto tra le tre esiste un rapporto d'interdipendenza, tanto che si può affermare che non vi è politica estera senza una corrispondente politica di difesa e una armonizzata politica militare. L'armonizzazione è compito del presidente del consiglio e del consiglio dei ministri, mentre la realizzazione della politica militare, sulla base delle direttive concordate nella sede collegiale, spetta al titolare del dicastero della difesa. I vari governi ed i vari ministri della difesa 17 che si succedettero non riuscirono, se non raramente, o perché non vollero o perché non poterono, ad impostare e condurre una politica militare diretta a mantenere equilibrato il rapporto compiti-strumento operativo, ancorché riferita al minimo strategico, vale a dire ad un complesso difensivo ridotto, armonico, equilibrato e proporzionato strettamente ai compiti. Tutte le proposte e le sollecitazioni al riguardo dei vertici militari 17bis s'infransero di fronte all'obiezione, opposta ripetutamente dalle autorità politiche delle disponibilità finanziarie devolvibili ad un piano organico di sviluppo, di ammodernamento e di potenziamento delle forze armate. Nel piano quinquennale Pieraccini il problema dello sviluppo delle forze armate non fu neppure accennato per memoria. Abbiamo esposto, soffermandoci a lungo di proposito, l'andamento dell'economia nel ventennio e sarebbe fuori della realtà negare che esso non abbia esercitato un'influenza decisamente limitativa della spesa militare e che non sia stato, in larga misura, corresponsabile del modesto livello di efficienza delle forze armate. Mancarono, peraltro, prima ancora dei mezzi finanziari, un interesse, che non fosse di apparenza e di rito, per la questione militare e la volontà politica di porre le forze armate al posto dovuto nella scala delle esigenze nazionali. L'assenza di interesse e di volontà, o la loro scarsa consistenza, ebbero molteplici e varie motivazioni storiche e politiche, oggettive o contingenti, parte delle quali già messe in evidenza. Ne ricordiamo le principali. L'Italia non ha tradizioni militari e guerriere di origine lontana e radicate, come altre nazioni europee, e il suo popolo, che non é per natura antimilitare, non è certo militarista né per indole, né per cultura; esso si entusiasma e si esalta per le cause nobili battaglioni Curtatone e Montanara, camicie rosse di Garibaldi, volontari di guerra nelle formazioni regolari, patrioti e militanti nelle bande partigiane, volontari della libertà, ecc. - ma il suo individualismo eccessivo, lo scarso senso del collettivismo e la sua tendenza all'improvvisazione gli rendono poco comprensibile ed accettabile lo sforzo prolungato e metodico della preparazione militare fin dal tempo
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di pace, tanto più che i frutti di questa si colgono solo in caso di guerra. A ciò va aggiunto che prima il fascismo - che, nonostante le apparenze in contrario, fu un regime che non curò la preparazione militare, sia negandole l'indispensabile supporto finanziario, sia affiancando alle forze armate regolari la milizia volontaria, dove i sottotenenti di complemento, ed anche personaggi che non erano neppure ufficiali di complemento, vennero investiti di gradi elevatissimi, sia mettendo in uniforme tutto il paese e determinando un parallelismo economico e gerarchico tra le forze armate e la burocrazia statale e poi le vicende belliche avevano ulteriormente abbassato il già modesto spirito militare della nazione. Altro fattore negativo determinante per la definizione di una politica militare chiara, organica e decisa, che raccogliesse consensi ragionati e non emotivi, fu l'opera di dissacrazione dei valori morali e culturali compiuta da alcune parti politiche e l'inerzia di altre nel non contestarla. Parlamento e governi si trovarono perciò di fronte ad una situazione generale, la più sfavorevole che vi potesse essere, difficile e delicata per rendere comprensibile e far accettare all'opinione pubblica lo sforzo militare. Le forze politiche di maggioranza, o almeno quelle più consistenti e di maggiore potere decisionale, quale la D.C., per formazione ideologica e culturale, per i precedenti di comportamento fin dalla prima guerra mondiale, per il timore delle reazioni delle opposizioni, seguirono la strada del distacco e dei rinvii, del silenzio e del poco ascolto, della minimizzazione e mimetizzazione della questione militare. Moro, da presidente del consiglio, giunse a rifiutare di discutere un accurato, completo e laborioso progetto, presentato in sede di riunione del consiglio dei ministri dall'on . Roberto Tremelloni, ministro d ella difesa che, d'intesa con il capo di stato maggiore della difesa, aveva incaricato il generale di squadra aerea Luigi Bianchi l 8 di studiare e proporre (utilizzando tecnici militari e civili, prendendo contatto con le amministrazioni centrali e comunali interessate, facendo elaborare i relativi progetti tecnici e i piani economici particolareggiati da ingegneri, architetti, esperti catastali e finanziari}, un piano per la riunione in un unico complesso unitario, da fabbricare in una località periferica della capitale, di tutta l' amministrazione centrale della difesa, sparsa in edifici demaniali o in affitto in tutta Roma, solo perché la costruzione di un tale pentagono (sic) avrebbe potuto sollevare l'accusa di militarismo al governo da parte dell'opinione pubblica e delle opposizioni. Moro non volle prendere neppure in esame gli aspetti economici vantaggiosi del progetto la cui attuazione, tra l'altro,
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avrebbe consentito un notevole utile finanziario, in quanto il costo dell'opera (che avrebbe compreso anche alloggi per ufficiali, mense, parcheggi, eliporti, ecc.) sarebbe stato inferiore del ricavo ottenibile dall'alienazione degli immobili fino ad allora in uso. L'episodio è emblematico della mentalità cui si ispirava la politica militare degli anni sessanta e settanta. Fu solo verso la metà degli anni settanta che la questione militare - ibernata per tutti gli anni precedenti, durante i quali i notevoli sforzi dei vertici militari per disgelarla erano stati in parte vanificati dall'affatto edificante dissidio pubblicizzato tra il capo di stato maggiore della difesa, generale Giuseppe Aloia 19, ed il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Giovanni de Lorenzo 20, e dalle deviazioni del servizio informazioni delle forze armate (S.I.F.A.R.), anche queste venute alla luce nel 1966 - venne alla ribalta e forse più per iniziativa dell'opposizione che non per volontà della maggioranza e del governo. Un altro episodio emblematico dell'incomprensione della questione militare fu il ritardo con il quale il governo intervenne nel porre fine al dualismo Aloia-Di Lorenzo che, per oltre un anno - l'intervento avvenne nell'aprile 1967 - rese inquieto e scombussolò l'intero organismo militare e, in particolare, l'esercito, con conseguenze negative sul morale che non si annullarono in breve tempo. Nello stato di depressione morale delle forze armate, che si sentivano trascurate e indifese dal potere politico e di riflesso dalla nazione, sarebbe occorsa una politica militare, cauta quanto si voglia, ma certa, continua, decisa ed aperta alle prospettive dell'evoluzione della dottrina, degli ordinamenti e dei mezzi, soprattutto di questi ultimi, che progredirono nel ventennio con ritmo impressionante e senza nessun precedente di raffronto, né con il ventennio tra le due guerre, né con il decennio degli anni cinquanta. Nessun governo, eccezione fatta per quelli delle due superpotenze, riuscì a tenere il passo con i tempi ed anche altre nazioni europee della N.A.T.O. rimasero indietro ed accusarono lacune, insufficienze e debolezze assai pericolose, ma l'Italia occupò costantemente il posto di fanalino di coda 21 e superò di gran lunga il livello di guardia del minimo strategico, al di sotto del quale entra in discussione la convenienza del mantenimento in vita delle stesse forze armate, non costituendo più queste il deterrente dissuasivo atto ad allontanare l'aggressione. L'ombrello nucleare americano indusse molti paesi e governi, a cominciare dall'Italia, a sottovalutare l'importanza dello sforzo militare da compiere in proprio, quasi la difesa del paese fosse stata ceduta in appalto agli Stati Uniti d'America. Molte volte i governi italiani sottoscrissero impegni
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che non mantennero e che ciò fecero anche altri non giustifica l'omissione di quelli italiani; tutto ciò al più rivela la scarsa volontà di tutti di concorrere, almeno entro i limiti degli accordi sottoscritti, alla difesa comune. Nell'assenza di una politica militare attenta e sollecita, anche una strategia militare intelligente, economica ed accorta non ha valore reale, mentre le poche risorse finanziarie si disperdono in rivoli semiasciutti o paludosi che insidiano, anziché alimentare, la salubrità dell'ambiente. La p9litica militare appartiene alla sfera dell'autorità politica, ma anche a quella dei vertici militari, che vi partecipano per contribuirvi o per conformarvisi, ma anche in questo secondo caso non certo passivamente. I vari governi succedutisi nel periodo ignorarono quasi sempre tale peculiare aspetto della politica militare e si limitarono a stanziare le scarse risorse finanziarie annuali e pluriennali senza esaminare il degrado di efficienza che sarebbe derivato dalla lesine all'intero apparato militare, quasi la politica militare consistesse solo nel destinare fondi e non, prima ancora, nell'esaminare e valutare le esigenze tecnico-operative da soddisfare per adeguare le forze ai compiti. Essi non vollero mai neppure ridurre i compiti che, anzi, estesero in notevole misura al di fuori del settore propriamente militare, per cui il divario tra compiti e possibilità concrete di adempierli aumentò progressivamente senza sosta, anche a causa della mancata unificazione interforze che trovò opposizione, per motivi diversi, da parte dell'autorità politica ma anche degli stessi vertici di forza armata. È questo un discorso che abbiamo già fatto, ma che qui richiamiamo perché la situazione degli anni cinquanta non si modificò negli anni successivi, durante i quali i tentativi di rompere la cristallizzazione ordinativa ottennero risultati quasi insignificanti, quando addirittura non indurirono lo stato di fatto preesistente, come ora vedremo esaminando in primo luogo sommariamente le principali leggi e decreti d'interesse interforze emanati in quegli anni.
6. Le maggiori modificazioni dell'organizzazione centrale della difesa furono quelle che trassero origine dalla legge 12 dicembre 1962, n. 1862 22 con la quale il Parlamento autorizzò il governo ad effettuare un riordinamento del ministero della difesa e degli stati maggiori e la revisione delle leggi sul reclutamento e sulle circoscrizioni dei tribunali militari. Furono necessari quasi tre anni interi prima che il
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governo adempisse, almeno in parte, il compito devolutogli - si rese, infatti, necessario un rinnovo della delega sanzionato con la legge 9 ottobre 1964 n. 1058 23 - emanando i decreti del Presidente della Repubblica 18 novembre 1965 n. 1477 e n. 1478 24, il primo riguardante l'ordinamento dello stato maggiore della difesa e dei tre stati maggiore di forza armata in tempo di pace, il secondo la riorganizzazione degli uffici centrali del ministero. Il primo decreto, come si rivela dal testo che riproduciamo in nota, non introdusse innovazioni in materia di rapporti ministro-capo di stato maggiore della difesa. Infatti questo ultimo dipende direttamente dal ministro per la difesa, di cui è l'alto consigliere tecnico-militare per i problemi interessanti la difesa e al quale risponde della attuazione delle direttive ricevute, un consigliere peraltro che può essere consultato dal ministro sulle principali questioni relative all'organizzazione e aJla preparazione delle singole forze armate o che comunque abbiano riflessi sulla efficienza difensiva del Paese nonché sui problemi ordinativi dell'Amministrazione centrale e periferica della difesa, ma che può anche non essere consultato dal ministro, che non è tenuto per legge a chiedergli pareri preventivi, ancorché naturalmente non vincolanti, in materia di politica militare che può, in conseguenza, legittimamente essere impostata, formulata e sviluppata senza la preventiva consulenza ed opinione del capo di stato maggiore della difesa. Alcuni anni fa, per ovviare alla carenza di consulenza politico-militare per il ministro, nell'ambito del gabinetto del ministro fu costituito un doppione dell'organo di politica militare dello stato maggiore. Tale situazione ricorda quella esistente nel 1925 quando lo Stato Maggiore e il Ministro erano ... costruiti in modo che quasi ogni ufficio dell'uno trovasse nell'altro il suo doppione senza una chiara divisione del lavoro. Ma non sempre repetita iuvant, soprattutto dopo la disastrosa performance della prima versione. Anche oggi, ci si trova con due organi di politica militare, uno presso lo stato maggiore, che possiede requisiti sufficienti per funzionare, ma senza poter comunicare faci Imente con il ministro, l'altro, invece, quello del gabinetto del ministro, che ha accesso al ministro stesso e non dispone dei requisiti necessari per funzionare 25 quale organo di consulenza tecnico-operativa. Il ministro, in sostanza, massimo responsabile in materia di politica militare, può fare a meno di discuterla con il capo di stato maggiore della difesa della cui collaborazione può avvalersi o non ad libitum, dovendosi limitare a tenerlo solo informato. Il capo di stato maggiore, che dovrebbe essere il naturale consulente del ministro in materia, perché, oltre
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la sua funzione interforze, presiede l'organo competente a trattarla, finisce invece con esserne informato saltuariamente come se la cosa lo riguardasse appena ed egli non fosse sempre al fianco del ministro nei suoi maggiori impegni politico-militari. Un vero capolavoro di carenza culturale e di superficialità professionale da parte degli estensori della legge 26. Ma forse non si trattò né di carenza culturale né di superficialità professionale, ma di quella chiara volontà politica, espressa con costanza dal 1945 in poi dai governi, di fare del capo di stato maggiore della difesa un organo di carattere preminentemente esecutivo che operi sempre per incarico del ministro, su indirizzi fissati dal ministro, per delega del ministro, d 'ordine del ministro. Il decreto fu meno ingeneroso nei riguardi del capo di stato maggiore della difesa nel fissarne le attribuzioni nel campo internazionale ed in quello interforze 27, ma in questo ultimo settore, lasciando ferma la dipendenza diretta dal ministro dei capi di stato maggiore di forza armata e al tempo stesso accentuando su <li questi anche quella dal capo di stato maggiore della difesa - ha alle sue dipendenze, nell'ambito dei poteri e delle attribuzioni a lui conferiti dalla legge, i capi di stato maggiore delle tre forze armate - salvaguardò in misura integrale il rapporto diretto del ministro con i capi di stato maggiore di forza armata, mentre impose a questi, tendenzialmente inclini alla massima autonomia tecnico-operativa, una duplice dipendenza sulla stessa materia, di per sé confusa e variamente interpretabile, confusione che fu poi all'origine, al momento dell'entrata in vigore del decreto n. 1477, del dissidio tra i generali Aloia e De Lorenzo. Una immediata messa a punto interpretativa da parte del ministro e del governo - doverosa e necessaria per salvaguardare la tranquillità delle forze armate - avrebbe evitato la degenerazione del dissidio tra i due vertici militari in una lotta di carattere personale. Le attribuzioni aggiuntive in campo internazionale furono, invece, unanimamente intese ed accette in quanto dirette ad equiparare i compiti e i poteri del capo di s tato maggiore della difesa italiano a quelli degli altri capi di stato maggiore dei paesi della N.A.T.O. La nuova configurazione della carica e le nuove attribuzioni conferitele nel campo dei rapporti internazionali, ed in quello della attività tecnico-scientifica militare, risultarono sufficientemente rispondenti alle esigenze dell'evoluzione politica e tecnica della funzione del capo e dello stato maggiore della difesa, mentre il mancato inserimento del capo di stato maggiore della difesa nel processo d'impostazione, di formulazione e di sviluppo della politica militare e l'accentuazione della duplicità di
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dipendenza dei capi di stato maggiore di forza armata - due elementi negativi deliberatamente voluti dall'autorità politica che continuò ad ispirarsi ai criteri di tenere nel minor conto possibile l'aspetto tecnico della politica militare, di conservare in assoluta soggezione il vertice militare negandogli ogni autorità d'intervento ed ogni libertà d'iniziativa e del divide et impera - non rispettarono la logica funzionale propria di una carica e di un organismo (lo stato maggiore della difesa) la cui esistenza trova giustificazione nello stretto rapporto che esiste tra i due aspetti della politica militare e nella gerarchizzazione chiara e rigida delle attribuzioni e delle responsabilità di comando in pace e in guerra. Il decreto n. 1478, concernente la riorganizzazione degli uffici centrali del ministero, segnò, invero, un certo passo avanti verso l'unificazione interforze dell'area tecnico-amministrativa, sostituendo i tre segretari generali di forza armata con un segretario generale unico 28 e unificando, in parte, gli uffici centrali e le direzioni generali, fatta eccezione delle direzioni generali del personale e dei materiali che rimasero distinte per forza armata (esercito: direzione generale per gli ufficiali, direzione generale per i sottufficiali e militari di truppa, direzione generale delle armi, delle munizioni e degli armamenti terrestri; marina: direzione generale per il personale militare, direzione generale delle costruzioni, delle armi e degli armamenti navali; aeronautica: direzione generale per il personale militare, direzione generale delle costruzioni, delle armi e degli armamenti aeronautici e spaziali). Il nuovo ordinamento fu un tentativo, in parte riuscito, di una migliore razionalizzazione dell'area tecnico-amministrativa senza alterarne le linee fondamentali tradizionali. Non si volle addivenire subito, non a torto, ad una separazione centralizzata dell'area tecnico-amministrativa, articolandola per funzioni (rifornimenti, riparazioni, ecc.) alla quale oltre tutto sarebbe risultato impreparato il personale dirigente, direttivo ed esecutivo in servizio, ma s'intese seguire una strada mediana equilibrata, non scevra peraltro di ostacoli derivanti dalla persistente incertezza dei rapporti tra area tecnicoamministrativa e quella tecnico-operativa e tra segretario generale e direttori generali. Venne stabilito, come logico e rispondente alla responsabilità politica del ministro, la diretta dipendenza da questi del segretario generale, al quale vennero riconosciute le attribuzioni di impartire concrete direttive per l'attuazione degli indirizzi generali segnati dal Ministro nel campo tecnico-amministrativo e di coordinare gli affari di maggiore importanza delle direzioni generali e degli uffi-
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ci centrali che rimasero, entrambi, alle dirette dipendenze del ministro. D'altra parte, il contemporaneo decreto 1477 riconobbe al capo di stato maggiore della difesa l'attribuzione di dare al segretario generle e, ove sia utile, alle direzioni generali tecniche, le direttive d'ordine tecnico-militare necessarie per l'attuazione dei programmi approvati dal Ministro per la difesa e stabilì l'obbligo del segretario generale di tenere al corrente il capo di stato maggiore della difesa del procedere nella realizzazione dei suddetti programmi. Esiste, nella realtà, una stretta connessione fra le attribuzioni delle due aree di competenza e tra l'aspetto interforze e quello di forza armata dei vari problemi, per cui una separazione assoluta non è realizzabile erisulterebbe dannosa. Ma la sovrapposizione delle competenze non venne sufficientemente eliminata, come anche non sufficientemente chiarita quella del rapporto tra il segretario generale e i direttori generali. Altra grave lacuna della nuova legislazione fu la mancata definizione di una struttura funzionale unificata, che avrebbe dovuto articolare gli impegni di bilancio in una visione globale e a lungo termine delle esigenze armonizzate. Unificato il bilancio fin dalla costituzione del ministero unico, si continuò a ripartirne gli stanziamenti per quote di forza armata e la nuova legislazione non introdusse nessuna modifica per cui, anziché partire da una visione globale sul merito delle scelte, una visione chiaramente e realmente interforze, venne implicitamente confermato il sistema di programmazione per forza armata, con la conseguenza che il bilancio della difesa continuò a non corrispondere ad una unica volontà decisionale, ma alla somma degli interventi e delle quote particolari. L'unificazione del bilancio restò un fatto formale perché in effetti, una volta ripartite le quote, ogni forza armata, l'arma dei carabinieri e lo stesso segretario generale continuarono ad operare, ciascuno, le loro scelte rapportate alla consistenza della propria quota senza che esse fossero preventivamente vagliate nel quadro globale della strategia militare. Non si volle capire, non solo da parte politica, che la strategia non può non essere interforze e che conseguentemente la valutazione delle esigenze e delle loro priorità e la ripartizione dei mezzi disponibili per soddisfarle nel1'ordine adeguato, perché siano rispondenti ed economiche, debbono tenere esatto, non approssimato, conto delle reciproche influenze operative, funzionali, economiche e finanziarie. L'esame dei due decreti, ancorché sommario e limitato agli aspetti di più diretta attinenza al nostro discorso, rende evidente che si ottenne quakht! progresso migliorativo del sistema tecnico-operativo e di
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quello tecnico-amministrativo, ma che molto, troppo, rimase indefinito, incerto ed ambiguo. La sostanza delle cose rimase invariata: assenza di una vera politica militare, incompletezza ed incompiutezza del processo di unificazione interforze, indefinitezza dei rapporti tra i vertici della difesa o, più propriamente, loro ingarbugliamento. In una situazione siffatta, l'andamento delle cose non poteva dipendere che dagli uomini chiamati a dirigerle e cioè dai rapporti personali che si sarebbero di volta in volta stabiliti tra il ministro ed i vertici militari e da quelli che sarebbero intercorsi tra i vertici militari stessi. Il primo ordine di rapporti - ministro-vertici militari - risentì constantemente, anche nei periodi di maggiore intesa, della scarsa attenzione e interesse, quando non anche di vera e manifesta indifferenza o addirittura diffidenza, che i governi e i ministri della difesa ebbero per la questione militare, sulla base di pregiudiziali politiche proprie del partito di maggioranza relativa e di altri partiti, aventi scarsa conoscenza dei problemi militari, dei quali non si erano mai occupati, o solo scarsamente e quasi sempre con intenti riduttivi. Costante fu invece la preoccupazione dei governi e dei ministri per la ricerca di un sempre maggior controllo politico delle forze armate che garantisse il paese da ogni inframettenza dei militari nelle ques tioni di politica interna - il che in un regime democratico deve essere così ma essa fu spinta al di là del dovuto, senza accompagnarla dall'altrettanto doverosa ricerca della coincidenza di intenti fra ambiente politico e ambiente militare, quale, al livello del ministero della dif_e sa, era stata ottimamente realizzata quando era stato ministro l'on. Pacciardi. La diffidenza politica nei confronti di un concreto accesso del capo di stato maggiore della difesa alla formulazione ed elaborazione della linea di politica militare e di un vertice militare unificato fu l'elemento di base al quale s'ispirò il ministro della difesa, on. Andreotti, che presiedé la stesura e presentò al consiglio dei ministri per l'approvazione i decreti delegati. D'altra parte, l'opposizione delle sinistre, che continuavano ancora in quel periodo a guardare le forze armate come organismi tramanti disegni autoritari - l'evoluzione del partito socialista era appena agli inizi - sarebbe certamente insorta contro il governo, accusandolo di essere andato oltre i limiti della delega concessagli, qualora esso avesse inteso definire con chiarezza il contenuto e le forme della funzione di consulenza del capo di stato maggiore della difesa nell'ambito del Consiglio Supremo di difesa e nei rapporti con il ministro e procedere verso una unificazione reale del vertice militare e delle forze armate. Infine, i vertici militari di quel
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periodo, seguendo una linea di condotta ispirata a pragmatismo, videro nei decreti più ciò che c'era di valido rispetto alla situazione in atto che non i vuoti, le omissioni e la confusione concettuale e ordinativa che vi regnavano, senza dire della cieca persistente tendenza delle tre forze armate ad evitare e contrastare tutto ciò che avesse ristretto l'area della loro singola autonomia. Sul piano dei rapporti tra i vertici militari, in costante contesa per la ricerca della maggiore fetta possibile dei magri stanziamenti di bilancio, intervenne nel 1968 ad essere regolata, malauguratamente sulla base delle stesse pregiudiziali e perciò sotto una formulazione parimenti ambigua, l'istituzione del Comitato dei capi di stato maggiore - un comitato che di fatto funzionava fin dagli anni cinquanta e che dopo l'emanazione dei decreti 1477 e 1478, su iniziativa del generale Aloia, aveva accentuato la frequenza delle riunioni ed esteso la materia di esame - organo consultivo del ministro della Diresa, costituito dal capo di stato maggiore ùdla ùifesa, dai capi di stato maggiore delle tre forze armate e dal segretario generale del ministero della difesa 29_ Nello stesso anno venne altresì modificato il Consiglio superiore delle forze armate nato dalla unificazione, nel 1951, dei tre consigli superiori delle forze armate e m: venne riconfermata l'articolazione su 3 sezioni (esercito, marina, aeronautica) 30 . Sebbene si trattasse di due organi distinti nei compiti, nelle funzioni e nella composizione - del Consiglio non facevano parte i 4 capi di stato maggiore e il segretario generale, ma i generali e gli ammiragli più anziani senza incarichi di vertice - apparvero subito evidenti le possibili collisioni ed interferenze tra i due organismi, stante la già ricordata impossibilità di una separazione assoluta delle materie riguardanti l'area tecnico-operativa da quelle dell'area tecnico-amministrativa. Esula dal nostro discorso l'esame tecnico della necessità, opportunità e convenienza della unificazione dei consigli superiori di forza armata - argomento sul quale vi furono e vi sono pareri autorevoli discordi ma non ci sembra che il provvedimento abbia dato risultati pratici negativi, mentre notevole fu l'apporto del silenzioso lavoro di consulenza del Consiglio unificato per il corretto funzionamento della prismatica attività degli organi direttivi centrali. Resta peraltro il fatto che la coesistenza dei due organismi si risolse progressivamente in un lento decadimento del ruolo del Consiglio determinato dalla sempre maggiore rilevanza che assunse il Comitato. Questo ultimo, peraltro, impallidendo ulteriormente la figura del capo di stato maggiore della difesa - che presiede il comitato quasi, ma forse neppure, con la
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veste del primus inter pares - accrebbe l'indeterminatezza dei rapporti gerarchici tra i vertici ed espresse al ministro una consulenza piuttosto problematica e poco significativa, ponendolo spesso di fronte a proposte e pareri discordi. Il comitato divenne nel tempo più un foro di dibattito e di mediazione che di decisione e di consulenza 31. La legge che istituzionalizzò il comitato trasferì ad un organo collegiale la trattazione dei problemi militari di maggior rilievo e in particolare quelli concernenti la pianificazione operativa con i conseguenti programmi tecnico-finanziari, nonché l'ordinamento interforze e di forza armata e l'ordinamento dell'amministrazione centrale e periferica della difesa, ma non l'autorità, le responsabilità e i mezzi necessari per conferire al nuovo organo autorità e funzionalità tali da farne un centro di consulenza e decisionale unitario, di carattere interforze. La legge, in pratica, esauturò il capo di stato maggiore della difesa ed esaltò le prerogative dei capi di stato maggiore di forza armata, facendo compiere in sostanza un passo indietro al processo di unificazione interforze. Essa ubbidì all'intento sempre acceso e vivace del potere politico, quasi pentito del decreto 1477, di conferire una funzione simbolica, più che reale, al capo di stato maggiore della difesa, che non venne privato dei poteri e delle attribuzioni conferitigli dal decreto del 1965, ma condizionato nell'esercitarli da un organo collegiale, non giuridicamente responsabile. Essa, infine, favorì la forza centrifuga degli stati maggiori di forza armata, resasi superiore a quella centripeta dello stato maggiore della difesa, aggravando così i mali preesistenti. La situazione dei rapporti tra i vertici divenne, insomma, più confusa e contraddittoria e la legge dell'istituzione del comitato, mentre accentuò la polverizzazione del potere e delle responsabilità militari rispetto a quella del potere politico ed esaltò lo spirito corporativo delle tre forze armate, non giovò, anzi nocque, alla stabilizzazione di un vertice militare unitario, personalizzato, unico responsabile in definitiva, pur attraverso un organo collegiale di sostegno, delle scelte strategico-militari rispondenti agli indirizzi di politica militare fissati dal governo, anche sulla base della consulenza fornitagli da un unico organo tecnico-operativo espresso al vertice dal capo di stato maggiore della difesa. Nulla, infine, in tutto il ventennio venne fatto nei riguardi del comando supremo delle forze armate in guerra, una questione divenuta più complessa e delicata per la coesistenza della catena di comando nazionale e di quella N.A.T.O. Dal 1960 al 1979 molte altre leggi e decreti riguardanti le tre forze armate vennero emanati per meglio regolare e disciplinare le isti-
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tuzioni militari ed i vari campi di azione a queste attinenti, ma, almeno alcuni, vennero ispirati a considerazioni ed esigenze contingenti e settoriali e si dimostrarono solo espedienti temporanei, tanto che fu necessario più volte completarli e correggerli, o addirittura annullarli, come, ad esempio, in materia di stato e di avanzamento dei quadri 32 e di equipollenza degli incarichi ai fini della valutazione dei periodi di comando. Campo, questo ultimo, in cui i decreti del Presidente della Repubblica si contarono nel ventennio a centinaia: segno manifesto ed evidente della inesistenza di una razionale e consapevole politica del personale e del suo impiego, d ' altro canto resa impraticabile sia dall'assenza di una politica militare ben definita, sia dalla mancanza di uno spirito e di una prassi interforze veramente sentiti e seguiti, sia infine dal fatto di non voler scindere la carriera gerarchica da quella amministrativa. A tale ultimo riguardo i tentativi compiuti dal primo segretario generale unico, gen. Giuseppe Giraudo 33, prima ancora che contro gli usla<.:oli politici, urtarono contro quelli degli stessi vertici militari, che preferirono il moltiplicarsi del numero di generali e di ammiragli, di colonnelli e di capitani di vascello mediante l'istituto dell'a disposizione, per dare loro, con il raggiungimento di un grado più allo, una retribuzione economica meno insoddisfacente ai fini pensionistici, piuttosto che stabilire remunerazioni rapportate agli anni di servizio considerando inammissibile - ascoltammo personalmente tale qualificazione dalla bocca di un supremo vertice militare - che un capitano potesse godere di un trattamento economico superiore a quello di un colonnello, ancorché questi contasse molti meno anni di anzianità di servizio. L'espediente dell'a disposizione, previsto dalla legge 12 novembre 1955, n . 1137, se da un lato, per il suo fine assistenziale, rese meno grave il disagio dei tanti che poterono usufruire del beneficio, dall'altro sminuì le funzioni ed il prestigio dei gradi e fu motivo di altro malessere morale. Sempre nei riguardi della politica del personale vi furono interventi contingenti, occasionali ed improvvisi che produssero vere e proprie ingiustizie, oltre che illegittimità costituzionali, come quando venne abolito il beneficio della promozione al grado superiore al momento della cessazione dal servizio attivo per poi ripristinarlo, meno di un anno dopo, senza procedere a sanare la situazione di coloro che nell'intervallo avevano cessato dal servizio. Le lacune, le insufficienze e le storture della legge di avanzamento, modificata da tante varianti ed aggiunte, e quelle dell'applicazione per la quale non vennero mai elaborati regolamenti che defiuiss~ro i criteri di attuazione, furono nel periodo
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considerato, uno dei tanti mali che incisero non solo sul morale dei quadri, ma anche sul loro livello di professionalità. Governi, ministri e parti politiche per la loro indifferenza alla questione militare - le cose cambiarono in parte verso la seconda metà degli anni settanta - ebbero non poca responsabilità di tale situazione di disagio morale e se talvolta furono sensibili, su sollecitazione dei vertici militari, all'alleviamento del disagio economico, mai si curarono dei riflessi che leggi e provvedimenti avrebbero potuto avere sul morale dei quadri; ma, non minori furono le colpe dei vertici militari cui mancò una ampia ed esatta visione dei problemi del personale e non considerarono una prospettiva globale, guardando le contingenze, non il quadro d'insieme. Degli altri provvedimenti di rilievo di carattere interforze adottati dal 1960 al 1979, ricordiamo: la definizione degli organici dei sottufficiali 34; la riduzione della ferma di leva da 18 a 15 mesi per l'esercito e l'aeronautica e da 28 a 24 mesi per la marina 35; l'emanazione di nuove norme per il reclutamento e per il servizio obbligatorio di leva 36; la nuova definizione delle cause di non idoneità al servizio militare 37; la dis ciplina del reclutamento obbligatorio per le tre forze armate 38; l'istituzione dell'accademia di sanità militare interforze 40; la nuova regolamentazione delle servitù militari 41; il riconoscimento dell'obiezione di coscienza 42; l'emanazione di un nuovo regolamento di disciplina unificato in sostituzione di quello dell'esercito del 1929, di quello della marina del 1924 e di quello dell 'aereonautica del 1942 43; il riordino degli stabilimenti e degli arsenali militari 44. Il nuovo regolamento unificato di disciplina non si discostò nella sostanza dal precedente, ma costituì un primo tentativo di aggiornamento e di modernizzazione delle vecchie norme diretto ad eliminare i comportamenti formali non più rispondenti ai tempi e allo spirito della Costituzione. L'impronta moderna del nuovo regolamento dispiacque ai conservatori e non accontentò i cosiddetti progressisti, ma fu quanto di meglio si poté fare in quel momento da parte di un governo che, tutto sommato, per motivi di prudenza o di altro genere, non intendeva porre la questione militare all'ordine del giorno del paese e del Parlamento. Fu solo una diecina di anni dopo, intorno alla metà degli anni settanta, che la questione militare divenne improvvisamente di moda e venne portata in più fori per essere discussa e valutata nei suoi diversi aspetti. Le parti politiche, compreso il P.C.I., si resero conto ad un tratto di aver per troppo tempo ragionato e sragionato sulla questione militare in chiave di pura op-
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portunità politica, senza ancoraggi alla realtà, finendo così con il danneggiare più che favorire sé stesse. Le forze armate italiane fin dagli anni cinquanta avevano cercato di uscire dalle caserme, di mostrare la loro vera nuova immagine, di rompere la cintura di indifferenza che le aveva costrette all'isolamento e di dimostrare di vivere la realtà sociale del paese. Da quell'isolamento forzato, al quale le forze armate erano state spinte proprio dall'incomprensione dei problemi militari da parte del Parlamento, dei governi e degli stessi ministri della difesa e dall'ostilità persistente di alcuni partiti e di alcuni movimenti politici, era derivata la loro perdita d'identità di fronte al paese e la loro intima frustazione. Questa aveva coinvolto spesso anche i vertici, i quali, piuttosto che rivendicare il ruolo e la funzione delle forze armate, avevano manifestato in passato, e continuavano a farlo, nei riguardi dell'autorità politica una sudditanza culturale e psicologica che non aveva nulla a che fare con il principio della subordinazione dell'organizzazione militare al potere politico. La mancata definizione di una politica militare maggiormente coerente con la politica estera e la marginalità conferita alla questione militare da parte del Parlamento e dei governi avevano estraniato lo stesso paese dalle forze armate e viceversa, quasi che in una repubblica democratica la funzione delle forze armate fosse anacronistica e l'apparato militare superfluo. Tale estraneità di fatto alla questione militare era stata costantemente riscontrata anche nei discorsi programmatici dei vari governi, nei quali i vacui e vaghi accenni di prammatica alle forze armate avevano costantemente dimostrato l'assenza della intelligibilità della questione militare intesa in chiari termini reali. Gli omaggi formali ed episodici, di stretta osservanza liturgica, non erano certo validi per la comprensione del problema e il paese aveva avuto ben donde di ignorare, o quasi, le forze armate, visto che la questione era stata trascurata od appena sfiorata dalla direzione politica del paese stesso. Nella seconda metà degli anni settanta, dunque, la questione militare entrò nel dibattito parlamentare ed in quello dei partiti, dandone l'occasione prima la dichiarazione del ministro della difesa, on. Mario Tanassi, che alla fine del 1972 espose la necessità di impostare studi per rivedere la struttura della organizzazione militare italiana al fine di concentrare le risorse nel settore operativo e poi il discorso, di prolusione all'anno accademico 1972-73 del C.A.S.D., del capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Eugenio Henke 45, il quale annunziò che da circa un anno lo stato maggiore della difesa, su direttiva dd precedente capo di stato maggiore della difesa, generale
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Enzo Marchesi 46, aveva messo allo studio, mediante la costituzione di 5 gruppi di lavoro interforze, la ristrutturazione delle forze armate nell'intento di tendere al raggiungimento degli obiettivi di forza N.A.T.O. e nazionale in base all'entità delle risorse finanziarie che il governo avrebbe potuto mettere a disposizione della difesa in una programmazione pluriennale relativa al prossimo futuro: e cioè sulla base di quella che si usa chiamare l'ipotesi finanziaria attendibile. Al fine di incanalare il dibattito lungo la strada della concretezza, l'ammiraglio Henke ricordò quale fosse l'obiettivo da raggiungere con la ristrutturazione, vale a dire un nuovo ordinamento ispirato ad una concezione unitaria e moderna. L'intervento dell'ammiraglio Henke, sebbene tutto proiettato verso il futuro prossimo e di medio termine, ebbe implicitamente altresì il significato di un giudizio negativo sull'operato politico dei governi che nel decennio precedente avevano lasciato quasi nell'abbandono le forze armate giunte in quel momento ad una svolta: o queste avevano ancora il loro perché e Parlamento e governo dovevano dire quale esso fosse affinché la ristrutturazione si compisse all'insegna della funzionalità, prima ancora che della economia, oppure lo strumento militare, restando privo del minimo di capacità operativa adeguato ai compiti, avrebbe continuato ad alimentare un'illusione nel paese, si sarebbe posto al di fuori del quadro generale politico - che ne reclamava l'idoneità ad adempiere i compiti N .A.T.O. ed a intervenire autonomamente, a fronte di minacce per le quali non si possa fare sicuro affidamento sul concorso diretto ed immediato delle Nazioni alleate - e sarebbe divenuto di per sé vuoto di efficacia, senza un'identità propria. Occorreva perciò un impegno politico per creare una politica militare, in stretto rapporto con quella estera, che rivalutasse in campo nazionale le forze armate prima di tutto culturalmente, moralmente e politicamente e ponesse fine all'aggressione fino ad allora condotta contro di esse da alcuni partiti e dai mass-media. Anche se non lo disse esplicitamente, l'ammiraglio Henke lasciò chiaramente comprendere che una scelta etico-politica avrebbe dovuto precedere quella organizzativa e strutturale, la quale" per essere valida e organica, avrebbe, a sua volta, dovuto riguardare anche l'organizzazione di un alto Comando per l'emergenza e tutti i problemi operativi, logistici e amministrativi che ne discendono in cascata sia per l'ordinamento centrale che per quello territoriale. Solo così si sarebbe potuto stabilire un rapporto solido tra politica estera e politica militare e tra paese e forze armate. Il sasso gettato nello s tagno dell'ostilità e dell'indifferenza mosse le acque e le forze politi-
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che, in particolare le sinistre, non rimasero indifferenti alla logica del capo di stato maggiore della difesa, ma anziché porsi il problema nella sua interezza- verifica della politica militare e dell'efficienza del suo strumento operativo - concentrarono la loro attenzione sull'aspetto sociale della questione militare. Non che tale aspetto non fosse importante e prioritario e non valesse a conferire un'idoneità m_o dema e funzionale alle forze armate, ma, scisso dagli altri ed estratto dalla globalità della politica militare, venne esaminato e dibattuto alla luce di candela e non di un riflettore che chiarisse tutto il panorama, e, da alcuni, con intenti politici strumentali. I convegni tenuti dai partiti di sinistra, sia di governo sia di opposizione, in quegli anni centrarono il loro interesse sulla condizione militare e chiesero modifiche sostanziali del regime disciplinare per la cosiddetta democratizzazione delle strutture militari, ma tacquero, o quasi, sul resto della questione militare, della quale la condizione militare è solo parte. I problemi della difesa nazionale e della difesa militare vennero si e no sfiorati, spesso con estrema superficialità e quasi sempre, per quel poco che vennero trattati, con distacco o con senso di sopportazione e di tolleranza, quasi le forze armate fossero un lascito scomodo e antieconomico ereditato dal passato, al quale pe r ora non si poleva rinunziare, ma che andava gestito con criteri di grande ristrettezza ed utilizzato il più possibile in compiti d'interesse civile, accentuando così l'importanza delle funzioni complementari e mettendo da parte quella primaria e prioritaria della difesa dalle aggressioni esterne. I congressi, i convegni e gli interventi dei partiti della sinistra 47 ebbero, peraltro, un loro merito: posero fine, almeno sul piano formale e pe r il momento, al vecchio e consumato atteggiamento antimilitare al quale si erano ispirati nel passato remoto e recente, dimostrarono una certa disponibilità delle parti politiche a ragionare sulla questione militare in termini politici moderni, costrinsero gli altri partiti ad uscire dal loro agnosticismo, suscistarono un qualche interesse del paese nei riguardi del problema militare e sollecitarono una maggiore partecipazione ed operatività del governo nei problemi militari. Ancorché cauta, incerta e timorosa, quando non anche fatta di riserve, di sottintesi e di compromessi, comunque incompleta, Parlamento e governi dettero negli ultimi anni settanta una prima risposta alle sollecitazioni dei vertici militari e delle varie parti politiche, mediante l'approvazione delle Norme di principio sulla disciplina militare 48, la pubblicazione del primo Libro bianco sulla difesa 49 e l'emanazione delle cosiddette leggi promozionali quali premessa del processo di
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ristrutturazione avviato nel 1975 so_ Esamineremo meno sommariamente più avanti quanto riguardò la ristrutturazione dell'esercito, ma ci sembra necessario mettere subito in evidenza che l'insieme di tali provvedimenti, senza dubbio positivi sotto molti aspetti, non fu tale da riempire il vuoto segnato dall'assenza preesistente di una vera politica della difesa e di una vera politica militare, né tale da impostare compiutamente la problematica della questione militare, della quale trascurò, o non pose nel rilievo dovuto, la componente politicostrategico e quella dell'efficienza operativa delle forze armate, né tale da sollevare granché il morale del personale di carriera ed a lunga ferma, morale al quale giovarono peraltro sensibilmente i miglioramenti del trattamento economico disposti in quegli anni e la venuta meno, anche da parte delle sinistre, dell'accusa di antidemocraticità ed antisocialità fino ad allora sostenuta nei loro riguardi, ma non giovò il mancato riconoscimento dell'identità specifica che fa del militare e della sua funzione morale, politica, sociale e professionale una figura atipica particolare, di grande spicco nel contesto delle istituzioni di uno Stato democratico. Le Norme di principio della disciplina militare - legge di compromesso tra la maggioranza e l'opposizione parlamentare - dettero vigore di legge a concezioni e principi connaturali ad ogni organismo militare, già contenuti nel regolamento di disciplina interforze del 1964, ma al tempo stesso introdussero innovazioni sostanziali nei procedimenti e nelle modalità di applicazione dj tali principi, con l'intento di aderire nella misura più ampia possibile all'art. 52 della Costituzione: l'ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica. Esse sancirono prima di tutto i compiti delle forze armate: difesa della Patria e concorso alla salva-
guardia delle libere istituzioni e al bene della collettività nazionale nei casi di pubbliche calamità. Fino ad allora nessun testo legislativo sanciva esplicitamente tali compiti, anche se nella sostanza a questi si era sempre ispirato nel passato l'impiego delle forze armate. Troppe volte però in passato si era abusato nel fare ricorso alle forze armate per l'ordine pubblico, un compito da esse poco gradito, benché nell'adempierlo esse avessero quasi sempre dato prova di moderazione e il loro intervento fosse valso spesso a ridurre il grado di esasperazione delle folle. Le forze armate, dunque, stabilì l'art. 1 della nuova legge, non servono per il mantenimento dell'ordine pubblico - e tanto meno per altri compiti, del tipo della guardia ai musei e della sorveglianza dei parchi pubblici (non erano mancate proposte del genere)
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- ma vi concorrono solo in circostanze eccezionali, tanto più rare, quanto più valido il potenziamento delle forze di polizia, di cui fanno parte i carabinieri, unica arma dell'esercito impegnata in un compito del genere. I vertici militari non erano mai stati inclini, anzi sempre riluttanti, all'impiego dei soldati per sedare manifestazioni di lotta fra partiti e fazioni e fra sindacati ed imprenditori, per cui l'art. 1 andò incontro a un'aspirazione che era propria dei vertici militari oltre che di alcune parti politiche. Il concorso nei casi di pubblica calamità era stato sempre, anche nel passato remoto, merito e vanto delle forze armate, che l'avevano realizzato, spesso d'iniziativa e prevenendo le altre organizzazioni, con larghezza, generosità e spirito di abnegazione in tutte le circostanze. Dal 1945 al 1979 l'esercito, in particolare, accorse ovunque le calamità si verificassero, impiegando uomini, mezzi e materiali senza risparmio 51, anche sacrificando la propria efficienza operativa per il mancato reintegro dei materiali impiegati e delle spese sostenute. La legge stabilì una nuova formula del giuramento, dalla quale venne eliminato l'esplicito riferimento al capo dello Stato - forse in ragione dei fatti del 1964 - e venne invece specificato il dovere della salvaguardia delle libere istituzioni, oltre quello, s'intende, della difesa della Patria. Fermi restando i principi della disciplina, della gerarchia, della subordinazione e dell'obbedienza, la legge definì la natura degli ordini ai quali il militare deve obbedire (ordini che attengano alla disciplina, riguardino il servizio e non eccedano i compiti d'istituto), i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini e le limitazioni nell'esercizio di alcuni di tali diritti nell'ambito dei principi costituzionali che la legge impone ai militari. Stabilito che l'assoluta fedeltà alle istituzioni democratiche è il fondamento dei doveri militari e che il militare osserva con senso di responsabilità e consapevole partecipazione tutte le norme attinenti alla disciplina ed ai rapporti gerarchici, la legge sancì che dev'essere sempre garantita nei rapporti personali la pari dignità di tutti i militari. In queste poche parole è, in effetti, racchiuso tutto il significato etico che la nuova legge intese conferire alla disciplina, facendo perno sulla corresponsabilità e sulla partecipazione attiva del subordinato, che deve improntare la sua attività ad un costruttivo spirito di responsabile collaborazione che, d'altra parte, il superiore può ottenere solo serispetta la dignità del subordinato e impartisce ordini legittimi. La legge introdusse un'altra innovazione assoluta rispetto al passato: una rigorosa delimitazione tra il servizio ed il fuori servizio. Questa fu forse l'innovazione più radicale, ma la meno appropriata, perché ripudiò
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la concezione della disciplina militare come regola di vita e la sostituì con quella di una regola da osservare limitatamente nel tempo e nello spazio relativi alle effettive necessità di servizio, sia pure restando ferma in ogni caso l'osservanza dei doveri principali, indipendentemente dal in servizio o dal fuori servizio, vale a dire di quelli attinenti al giuramento, al grado, alla tutela del segreto e al riserbo sul.le questioni militari. La distinzione tra in servizio e fuori servizio - mutuata da ordinamenti stranieri - intese ampliare la sfera della libertà personale del singolo militare, ridurre il peso della disciplina militare e facilitare i contatti dei militari con il mondo civile esterno, ma essa, sottraendo alla disciplina militare il valore etico di regola di vita e relegandone l'osservanza integrale solo entro le caserme e nelle incombenze di servizio, fratturò la consapevolezza dell'appartenenza ad uno status particolare che di per sé è fondamento di certezza di coscienza, la quale è una e indivisibile. La legge definì anche i rapporti tra la condizione militare e l'attività politica e lo fece con estrema chiarezza in aderenza al principio di carattere generale che le Forze
Armate debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche, in base al quale vietò l'esercizio del diritto di sciopero e la costituzione d'associazioni professionali a carattere sindacale e l 'adesione ad altre associazioni. Riconobbe all'autorità militare la potestà disciplinare e del suo esercizio definendo il tipo delle sanzioni (richiamo verbale, rimprovero scritto, consegna, consegna di rigore) e le procedure da seguire nell' irrorarle (il processo disciplinare) e previde - altra innovazione di rilievo - l'istituto della rappresentatività, mediante la costituzione di un organo centrale, di organi intermedi e di organi di base, tutti elettivi, d e i quali fissò particolareggiatamente i settori di competenza e le modalità di funzionamento. La legge, nel suo insieme, comprese norme precettive e disposizioni programmatiche - di queste ultime ad es. quella dell'art. 3: Lo
Stato predispone misure effettive volte a tutelare e promuovere lo sviluppo della personalità dei militari nonché ad assicurare loro un dignitoso trattamento di vita e quella dell'art. 10: Lo Stato promuove l'elevamento culturale, la formazione della coscienza civica e la preparazione professionale dei militari e ne predispone le condizioni per l'effettivo perseguimento - ed ebbe indubbia rilevanza politica. Essa racchiuse in sé indubitabili aspetti positivi, primo fra tutti l'inserimento delle forze armate come parte determinante e insostituibile dello Stato repubblicano, mediante la determinazione chiara e precisa
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dei loro compiti. Ebbe il merito di dissipare incertezze, dubbi e perplessità e di stringere un rapporto consapevole e disciplinato tra paese e forze armate, garantendo la democraticità e la rispondenza alla Costituzione dell'ordinamento militare della repubblica. Il contemporaneo riconoscimento al militare della titolarità di tutti i diritti costituzionali, propri del cittadino non militare, e alla potestà del legislatore di imporre limitazioni al militare nell'esercizio di alcuni di tali diritti costituzionali dette vigore e certezza al principio della disciplina militare, intesa come insieme di regole di funzionamento necessarie e indispensabili al raggiungimento del fine dell'organismo militare e come obbligo di obbedienza a tali regole e alla scala gerarchica preposta a farle rispettare. Non mancarono, peraltro, aspetti assai discutibili, quando non anche contraddittori, com'è facile rilevare dalla lettura del testo, quale quello già rilevato di voler attribuire un diverso valore etico al comportamento in servizio rispetto a quel lo non in servizio, quando invece sarebbe stato sufficiente elencare le facoltà concesse al militare quando non impegnato in servizio. Una minore accondiscendenza del legislatore al lassismo di moda ed alle sollecitazioni demagogiche e una maggiore incisività etica, mentre non avrebbero contraddetto l'ordinamento democratico delle forze armate e il rapporto tra diritti costituzionali e doveri del militare, sarebbero state più appropriate per un paese dove lo spirito militare, e perciò di sacrificio, ha pochi cultori, la tradizione militare è assai debole, il senso del collettivo e della disciplina, anche di quella civica, sono piuttosto scarsi, i valori etici e civili in ribasso e la ten_d enza a ridicolizzare la condizione militare in genere e, in particolare, la figura dell'ufficiale e del sottufficiale molto vivace. La legge, inoltre, sembrò ispirata ad una concezione limitativa della gerarchia, quasi questa fosse stata fino ad allora responsabile di chissà quali colpe di lesa dignità della persona umana, quando, invece, precedendo i tempi, essa si era già adeguata d'iniziativa da anni ai mutamenti sociali positivi della nazione ed aveva fatto tutto il possibile, dai vertici agli ultimi gradini della scala gerarchica, per educare e formare i giovani nello spirito della Costituzione e per rendere meno disagiate possibile le condizioni materiali di vita del cittadino-soldato. La legge, comunque, nonostante le radicali innovazioni, non produsse effetti rivoluzionari, perché molte norme sancite erano già realtà di vita, altre trovarono la completa disponibilità di immediata e convinta accettazione, pur nella consapevolezza che alcune non avrebbero faci1i tato l'azione educativa e l'esercizio del comando.
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7. Il passaggio negli ultimi anni sessanta, nell'ambito della N.A.T.O., dalla strategia della rappresaglia massiccia a quella della risposta flessibile rese necessario il riesame dell'organizzazione militare italiana in ragione della rivalutazione delle forze convenzionali che, nella nuova strategia, assumevano il ruolo di primo fattore della dissuasione dalle aggressioni, alle quali, infatti, si sarebbe dovuto rispondere in primo luogo opponendo ad esse il potere convenzionale, elevando così la soglia nucleare. Alle armi nucleari si sarebbe dovuto ricorrere, inoltre, solo nel caso di non tenuta delle forze convenzionali e, comunque, in modo limitato e selettivo. Lo stato maggiore della difesa, sebbene con ritardo e con prudenza forse eccessiva, impostò così gli studi per la verifica della validità dello strumento disponibile - progressivamente degradatosi durante la seconda metà degli anni sessanta - e dei provvedimenti correttivi necessari in relazione alla nuova visione strategica ed alla nuova situazione di fatto determinatasi via via, sia sotto il profilo dell'entità delle forze, ridotte dai ripetuti ridimensionamenti, sia sotto quello della qualità dei mezzi. All'impostazione della verifica dette il via il generale Marchesi, capo di stato maggiore della difesa dal gennaio del 1970, e sotto il suo impulso gli studi vennero subito iniziati e condotti per essere poi proseguiti sotto la direzione del suo successore, ammiraglio Henke. L'obiettivo generale della ristrutturazione, fissato dal generale Marchesi, d'intesa con il ministro pro tempore, avrebbe dovuto essere quello di giungere alla definizione - e quindi all'attuazione - di uno strumento milita· re che persegua obiellivi di forza equilibrati, raggiungibili, e poi sostenibili, rendendo massimo il rapporto efficienza-costi, nel quadro di un'ipotesi finanziaria a lungo termine realistica ed attendibile. Le difficoltà che si opposero ad una sollecita definizione di un tale obiettivo, anche solo nel campo degli studi e delle proposte, derivarono, oltre che dalla complessività e delicatezza dell'aspetto tecnico del problema, dalla congenita debolezza costituzionae e decisionale dello stato maggiore della difesa e dalle contese tra gli stati maggiori di forza armata che, dovendosi ripartire le scarse risorse, ebbero l'occhio fisso più ai propri interessi settoriali che non al rapporto ottimale complessivo. La contesa fu tanto più aspra perché non si trattava solo di equilibrare le forze delle tre componenti per raggiungere la massima efficienza dello strumento globale, ma perché le tre componenti erano già così malridotte per l'obsolescenza delle loro anni e dei loro mez-
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zi e per la mancanza assoluta od insufficienza della copertura di determinati settori- si pensi, ad esempio, per l'esercito alla difesa controcarri e contraerei - che prima di tutto occorreva restituire a ciascuna forza armata un livello di operatività adeguato all'adempimento dei compiti a ciascuna devoluti. Il lavoro abbracciò tre diverse sfere: quella riguardante il grado di efficienza funzionale, tattica e logistica di ciascuna unità e della forza armata; quella del numero delle varie unità sufficienti ad ogni forza armata per l'adempimento del proprio compito; quella dell'entità complessiva dell'apparato militare per garantire il minimo strategico necessario, sul piano N.A.T.O. e su quello nazionale, a fare fronte alla difesa militare del paese nel quadro dei compiti fissati dall'autorità politica. Il lavoro sarebbe risultato molto più organico, funzionale e rapido qualora il processo di unificazione interforze avesse già raggiunto uno stadio più razionale e completo ed il bilancio della difesa non fosse stato articolato, nonostante l'unificazione del ministero e del bilancio stesso, per impegni di forza armata, ma nel quadro di una visione globale ed a lungo termine. Erano sempre mancate una pianificazione e una pr ogrammazione a lungo termine in sintonia con gli impegni strategico-militari dell'intero apparato militare, per cui il totale ùd bilancio ripartito per quote di forza armata aveva continuato ad essere la somma delle quote particolari. Gli stanziamenti erano stati senza dubbio insufficienti, ma non sempre erano stati amministrati bene, secondo il principio della massima efficienza dell'insieme, la cui applicazione sarebbe stata tanto più necessaria quanto maggiore il divario tra gli oneri per soddisfare le necessità prioritarie della difesa militare e le risorse finanziarie che il paese metteva a disposizione. Dal 1949 al 1957 le forze armate avevano goduto degli aiuti derivanti dalla scelta atlantica e si erano potute ricos truire perseguendo un grado di efficienza soddisfacente, anche se il progressivo moderato aumento del reddito nazionale lordo e l'incremento del bilancio dello Stato non avevano avuto riflessi sulla percentuale del bilancio della difesa che, anzi, aveva segnato la tendenza a diminuire. Dal 1958 al 1964, durante la fase cioè del massimo sviluppo dell'economia· italiana e del raddoppio del reddito nazionale lordo e del bilancio dello Stato, la tendenza alla progressiva diminuzione della percentuale del bilancio della difesa si era accentuata, vigendo il principio del bilancio consolidato e dell'incremento annuo fisso del 6%. Dal 1965 al 1969 ad una più moderata crescita sia del prodotto nazionale lordo che del bilancio dello Stato si era accompagnato un costante calo del pen:en-
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to del bilancio della difesa. Dal 1970 al 1975 il calo era divenuto ancora più marcato rispetto agli altri due parametri e, congiuntamente ai tagli più volte operati, aveva finito con il rendere insostenibile la situazione di fatto venutasi a determinare, e sempre più ad aggravare, fino a che la necessità di ridimensionare le foze si fece preminente rispetto a quella della loro ristrutturazione. Questa, dunque, fu determinata assai più dall'oggettiva situazione d'insostenibilità finanziaria, non consentendo le assegnazioni di bilancio il mantenimento utile dell'apparato militare esistente, che non da esigenze strategiche ed operative che vennero poste in secondo piano. Lo stato di indigenza in cui Parlamento e governi avevano lasciato sopravvivere le forze armate, anche nei periodi meno secchi dell'economia nazionale, si era alla fine tradotto in uno stato di vera e propria miseria per l'aumento dei costi d'investimento e di esercizio, degli oneri per il personale cresciuti per le maggiori esigenze di ordine sociale, del processo d'inflazione. L'aver speso troppo poco per la difesa 52, e nel modo pasticciato di cui abbiamo fatto cenno, anche quando sarebbe stato possibile fare diversamente, esercitò il valore di un'ipoteca sulla ristrutturazione e ne falsò lo scopo prioritario. L'ipotesi finanziaria di base su cui si fondò il processo di ristrutturazione e su cui vennero calibrati l'entità ed il tipo di forze da tenere in piedi, assumendo peraltro rischi gravi, si basò sul bilancio discrezionale del 1975 in termini reali, con l'aggiunta del finanziamento dei programmi previsti dalle leggi promozionali. Ma a parte il fatto che già il bilancio discrezionale 1975 presentava un buco di 73 miliardi, pari al 6,5 del bilancio stesso, negli anni successivi, fino al 1979 compreso, le assegnazioni furono inferiori alle ipotesi finanziarie di base e nessuna delle altre previsioni ottimistiche - ulteriori ridimensionamenti dell'area logistica e di quella territoriale; riduzione graduale, a lunga scadenza, del personale permanente militare e civile - corrispose alla realtà. Le stesse leggi promozionali, che furono peraltro un punto di riferimento molto importante, avrebbero dovuto investire un periodo di 1O anni ed avrebbero comportato un'assegnazione globale di 3050 miliardi, ma subito dopo la loro approvazione si constatò che i prezzi del 1° gennaio 1975, presi a base, non trovavano più riscontro reale, stante l'elevato incremento dei costi. L'onere globale dei costi dei programmi delle leggi promozionali alla fine del 1979 era già circa quadruplicato rispetto a quelli del 1975, rendendo necessaria la procrastinazione del completamento del programma decennale dal 1985 agli anni novanta e più oltre. Ciò non vuot dire che tali leggi non rappresentaro-
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no una svolta concettuale di grande rilievo, stante in primo luogo il loro preciso carattere d'investimento programmato e il beneficio che riversarono sull'industria nazionale degli armamenti, interessando più di 60 ditte (meccaniche, cantieristiche, aeronautiche ed elettroniche) ed impegnando direttamente circa 36 mila unità lavorative, più altre 12 mila nelle fonti produttive, collaterali e complementari, interessate al mercato indotto dalle commesse principali. In ultima analisi, le leggi promozionali contribuirono - e contribuiscono - con l'alta percentuale di valore aggiunto al sostegno dei livelli occupazionali ed alle esportazioni per l'elevato contenuto tecnologico dei prodotti, ma, poiché adottate in ritardo e basate su dati di riferimento dimostratisi infondati, non furono d'immediato sollievo per le forze armate che, nonostante le riduzioni strutturali, dalla metà degli anni settanta ai quali si ferma la trattazione dell'opera - si trovarono ridotte di consistenza e, quelle superstiti, assai poco migliorate nella qualità, tanto da indurre a pensare ad un ulteriore ridimensionamento nel solco, costantemente ed illusoriamente seguito durante l'intero ventennio dall'autorità politica, di risolvere la questione militare al di fuori della logica dei compiti, che sono invece i soli fattori che determinano l'entità e la qualità dell'apparato militare di una nazione. I bilanci della difesa degli anni 1960-1975 espressero una volontà politica che rifiutava tale logica e riflessero scelte operate sulla base di valutazioni diverse e contingenti che non si riflessero in un processo di ammodernamento e di adeguamento tali da fronteggiare l'invecchiamento dei mezzi. I vari ridimensionamenti compiuti dal 1960 al 1975, nonostante le modifiche strutturali e ordinative, comprese quelle dei decreti delegati del 1965, non avevano realizzato economie significative, anche perché non erano stati improntati ad una caratteristica programmatica globale e ad un coordinato e armonico carattere interforze.
8. Abbiamo ricordato, nel capitolo precedente, gli avvenimenti salienti di politica internazionale degli anni 1960-1979: il ventennio si aprì con la guerra nel Congo (1960) e la crisi di Cuba (1962) e si chiuse con l'invasione dell'Afghanistan (1979) da parte dell'Unione Sovietica. Gli anni compresi tra la soluzione della crisi cubana e l'invasione afghana furono definiti anni della distensione. Vi furono senza dubbio atti distensivi di rilievo notevole, quali la firma del trattato di non
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proliferazione (1967), dei S.A.L.T.1 (1972) e dell'Atto di Helsinki (1975) a conclusione della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione europea (C.S.C.E. - Conference on Security and Cooperation in Europe). Ma in quegli anni Asia, Africa e America latina furono teatro di guerre, di rivoluzioni e di bagni di sangue - guerra del Vietnam, dei sei giorni, del Kippur, del Congo, dell'Africa portoghese, guerra civile nigeriana, guerriglia rurale e urbana negli Stati dell'America latina, guerriglia nella boscaglia rhodesiana, invasione del Pakistan orientale, guerre e rivoluzioni nel Corno d'Africa, terrorismo nell'Ulster, nel Medio Oriente, in Europa ed altrove, ecc. - quanti mai si erano verificati in un ventennio. In Europa, se durante la guerra fredda c'era stata la repressione della rivolta ungherese, durante il periodo della distensione si ebbe quella della primavera d i Praga (1968). La gran parte degli avvenimenti volse a favore dell'Unione Sovietica che si rafforzò notevolmente sul piano strategico-territoriale, ma alcuni di essi furono colpi gravi per il prestigio politico di Mosca: lo scisma cinese, il voltafaccia albanese, le irrequietudini polacche e romene, la primavera di Praga. La bipolarità rimase durante l'intero ventennio l'asse portante della politica internazionale, ma il distacco di Pechino da Mosca e la ripresa di contatto della Cina con il mondo occidentale, l'entrata in scena dell'India come grande potenza asiatica in fieri e l'avanzata tecnologica del Giappone conferirono alla politica internazionale un'articolazione più flessibile e duttile. L'O.N.U., dalla guerra del Congo in poi, mentre accentuò il suo carattere di universalità in seguito all'ingresso di nuovi numerosi Stati resisi indipendenti, perse via via di credibilità e si mostrò del tutto impari rispetto al suo compito istituzionale di salvaguardare la pace, comporre le conflittualità e prevenirle. Essa, peraltro, riuscì per il tramite del Comitato del disarmo (C.C.D. - Conference of the Committee on Disarmament), a conseguire un qualche risultata, ancorché settoriale e limitato, in materia di non proliferazione delle armi nucleari, di bando degli esperimenti nucleari nell'atmosfera e sotto i mari, di denuclearizzazione del fondo marino e di proibizione delle armi batteriologiche. L'inserimento nella scena mondiale dei cosiddetti paesi emergenti, il disordine del processo di decolonizzazione, la sempre più difficile governabilità dell'economia mondiale nel quadro dei vecchi schemi e via via tutti gli altri mutamenti che configurarono in modo diverso dal passato i fenomeni economici, accentuando il divario tra i paesi sviluppati e quelli del Terzo e Quarto mondo, resero le relazioni internazionali e la vita dell'O.N.U. più instabili, precarie e piene di at-
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triti e di tensioni. Le associazioni economiche di più paesi - la e.E.E., il eOMECON, ecc. - non valsero a scongiurare le congiunture sfavorevoli e spesso non seppero anteporre gli interessi della comunità a quelli nazionali. L'Europa occidentale non seppe trovare l'unità politica che le avrebbe consentito di coprire il vuoto di potere determinato dal ridimensionamento del ruolo svolto nell'anteguerra dalle maggiori potenze del continente ed il suo processo di assestamento economico non fu tale da pesare quanto avrebbe potuto, nonostante l'allargamento della e.E.E., nel 1973, alla Gran Bretagna, Danimarca ed Irlanda. Essa, comunque, riuscì, non senza difficoltà, a salvaguardare la sua immagine di facciata. La solidarietà tra Stati Uniti ed Europa occidentale non venne meno, anche se vi furono momenti d'incrinatura - uscita della Francia dalla N.A.T.O. (1966) - e di discordia (guerra del Vietnam e bomba «N»). Le forze militari della N.A.T.O. e del patto di Varsavia continuarono a fronteggiarsi con le anni al piede. La Conferenza per la riduzione mutua e bilanciata delle forze del centro Europa (M.B.F.R. - Mutuai and Balanced Forces Reduction) non fece alcun progresso. Le relazioni tra i paesi europei dell'est e dell'ovest migliorarono sul piano degli scambi culturali e commerciali, divennero meno tese sul piano politico, ma il muro di Berlino eretto nel 1961 non venne demolito. La pace in Europa e la salvaguardia della indipendenza politica e dell'integrità territoriale furono assicurati dalla alleanza atlantica che promosse altresì migliori relazioni con le nazioni dell'Oriente europeo e svolse una funzione stabilizzatrice all'interno dell'area coperta dal trattato. Gli organi politici e militari dell'alleanza - in particolare il Consiglio atlantico e il Comitato dei piani di difesa (D.P.e. - Defence Planning Commitee) operanti in sede permanente a Bruxelles - riuscirono ad elaborare con continuità una politica di sicurezza comune e una strategia comune di difesa. Verso la fine degli anni sessanta, la N.A.T.O. adottò la strategia della risposta flessibile che, fermo restando il principio della difesa avanzata, poggiò la sua maggiore credibilità, rispetto alla strategia della rappresaglia massiccia: sulla ferma determinazione degli alleati ad agire congiuntamente e a difendere l'area della N.A.T.O. contro ogni forma di aggressione; su di una reale capacità di rispondere adeguatamente ed efficacemente ad un'aggressìone a qualsiasi livello; su di una flessibilità di reazione che impedisse al potenziale offensore di prevedere con sufficiente precisione quale sarebbe la risposta della N.A.T.O. ed entro quali limiti essa verrebbe contenuta 53. Da ciò la triade delle armi necessarie -
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forze convenzionali, nucleari di teatro, nucleari strategiche - e la rivalutazione delle forze convenzionali che più sono adeguate ed efficienti, più mantengono alta la soglia nucleare. Nel contesto mondiale, atlantico ed europeo - del quale ci è sembrato conveniente ripetere le grandi linee di sviluppo, alle quali è d'aggiungere quella del rapido progresso scientifico e tecnico che rese estremamente breve l'intervallo nel succedersi delle varie generazioni delle armi e dei mezzi bellici - l'Italia, malgrado le difficoltà politiche e sociali di carattere interno, impostò e condusse la sua politica estera mantenendosi costantemente ferma alle scelte degli anni precedenti, senza perplessità e ripensamenti di fondo. Fermo restando il rifiuto di tutte le altre opzioni - difesa autonoma, neutralità armata, disarmo unilaterale - prospettate da alcune parti politiche, le varie legislature ed i vari governi, ancorché con diverse sfumature, ebbero a cuore con continuità il miglioramento dei rapporti con tutti i popoli, l'allentamento delle tensioni est-ovest, la ricerca delle strade per il disarmo e per la pace ed il mantenimento inalterato, sul piano dei rapporti di forza, delle condizioni politiche e strategiche dell'alleanza atlantica. L'Italia offrì utili contributi politici, in tutte le sedi dove essa fu presente, per rendere reale la distensione e si adoperò più di ogni altra nazione dell'Europa occidentale per l'allargamento della C.E.E. e per la costruzione dell'unità politica europea. L'impegno europeistico fu più vivace di quello atlantico, ma entrambi vennero perseguiti con lealtà e tenacia tali che alla fine lo stesso P.C.I. dové prendere atto della scelta atlantica e di quella europeistica come situazione di fatto, non più modificabile se non nel quadro di una reciproca intesa tra le due superpotenze. La politica estera italiana rimase pressoché estranea a tutte le agitate vicende politiche interne e, sebbene diretta da uomini politici di diversi partiti, ognuno di essi di estrazione e formazione differenti e di doti e qualità intellettuali, culturali, politiche e diplomatiche non eguali, non subì ufficialmente deviazioni di sorta, neppure temporanee, dal binario lungo il quale l'avevano istradata i governi di centro-destra, anche se affiorarono sempre più evidenti simpatie e tendenze terzomondiste. Il ventennio si aprì per l'Italia con la rivolta di piazza contro il governo Tambroni e si chiuse con la mattinata di terrore a Torino in seguito ai ferimenti ed alle rapine da parte dei brigatisti rossi contro il personale e le casse della Fiat. Durante il ventennio - un periodo di storia italiana quanto mai pieno dì contraddizioni, durante il quale all'indubbio progresso sociale ed economico si accompagnò un pro-
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cesso di degrado morale, culturale e politico non meno rapido e profondo - il paese visse esperienze traumatiche e drammatiche che toccarono il loro apice nella rivolta del sessantotto, nell'autunno caldo del 1969, nelle stragi di piazza Fontana, di piazza della Loggia, del treno ltalicus, di via Fani ed in tutta quella lunga serie di delitti delle brigate rosse e nere, o formazioni assimilabili, che colpirono magistrati, forze dell'ordine, giornalisti, uomini politici, dirigenti, funzionari e persino operai delle fabbriche. La conflittualità del mondo del lavoro, acuita dalla miopia della politica degli imprenditori e dei sindacati - questi ultimi addirittura ciechi perché ancora abbagliati da teorie e schemi oramai fuori di ogni realtà economica moderna - ed alimentata da forze estranee aggravò i mali delle congiunture economiche sfavorevoli e disperse gran parte dei benefici dei momenti vantaggiosi. La politica di centro-sinistra che, pur negli ondeggiamenti dei partiti di maggioranza e dei governi che la condussero, risultò sostanzialmente stabile positiva circa la linea d'impostazione e di programma, non ebbe sufficiente capacità di presa e mancò di forza decisionale e di vigore di convinzione, moltiplicando via via le dimostrazioni d'incertezza, d'insufficienza e di debolezza che riflettevano i travagli, i dissensi e le tensioni interni dei partiti e tra i partiti della coalizione. L'opera di mediazione prevalse su quella dell'assunzione di chiare responsabilità. I governi si preoccuparono assai più di ammorbidire le opposizioni e i sindacati che non di realizzare i postulati d'impostazione della loro attività riformatrice. Spesso la demagogia prevalse sulla democrazia. Non tutto andò per il peggio, ma molto di più avrebbe potuto andare per il meglio se la politica di centro-sinistra non si fosse lasciata troppe volte trascinare fuori daJJa sua strada dal timore dell'impopolarità e delle reazioni dell'opposizione. L'esasperata ricerca dei consensi esterni all' area della maggioranza - quasi che questa non avesse il diritto ed il dovere di governare in virtù del suo numero - produsse spesso ritardi, rinvii e rimandi che favorirono il dissesto morale, politico ed econqmico. Non di tutte le cose che andarono male fu responsabile il centro-sinistra; molte delle origini e delle cause dei guai furono a monte della coalizione e di carattere generale. Il centro-sinistra ebbe soprattutto il torto di non capire tempestivamente le mutazioni dei tempi, di non possedere sufficiente previggenza, di lasciare incancrenire le piaghe preesistenti. Fece poco o nulla pe r fronteggiare l'ondata di malcostume politico, di criminalità organizzata, di eversione emergente che sconvolsero nel ventennio il paese. Esistevano circoli viziosi dai quali era obiettivamente diffi-
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cile uscire, a cominciare dalla partitocrazia che si era sovrapposta allo stesso Parlamento, ma il centro-sinistra, ed ancora meno i governi di centralità democratica e di solidarietà nazionale, non riuscirono a ridare sufficiente credibilità allo Stato, che in molti settori (scuola, sanità, giustizia, burocrazia, forze dell'ordine, politica tributaria, ecc.) era in notevole calo ed era ·e sso stesso fonte di ingiustizie e di mortificazioni morali e materiali. Fra i tanti settori insufficientemente curati o trascurati, il più dimenticato fu quello della difesa. La politica della difesa non fece parte di nessun programma di governo, neppure di quelli che ressero le sorti del paese nei periodi di congiuntura economica favorevole. Non vi fu pertanto grande coerenza con gli impegni di politica estera. La politica militare, sia pure meno dimenticata di quella della difesa, fu discontinua e inorganica, mancò fino alla metà degli anni settanta di un indirizzo programmatico. La grande preoccupazione di tutti i governi succedutisi dal 1960 al 1975 fu di spendere il minimo indispensabile alla sopravvivenza delle forze armate, senza badare se il loro grado di efficienza rispondesse all'adempimento dei compiti assegnati. Vi furono realizzazioni importanti-le abbiamo ricordate-, ma pur volendo tenere debito conto della situazione generale del paese - decadimento dei valori tradizionali, urgenza delle riforme sociali, instabilità dei governi - quel poco che i governi fecero a favore delle forze armate non fu sufficiente a impedirne il progressivo degrado che giunse al suo apice nella prima metà degli anni settanta. I criteri che ispirarono la politica militare dei governi furono essenzialmente due: il massimo di economia e una buona dose di demagogia 54, acuiti dalla connaturale inclinazione di alcune delle forze politiche di centrosinistra, a cominciare dalla D.C., ad occuparsi con fastidio o con indifferenza della questione militare. Quasi nessun ministro della difesa degli anni 1960-1979 lasciò nell'ambiente militare rimpianto di sé. Ciò non dipese dal fatto che tutti non fossero uomini politici di vaglio, capaci ed abili - anzi, in generale, alla direzione del dicastero della difesa vennero preposte personalità politiche di spicco, tenute in alta considerazione nell'ambito dei partiti di provenienza e dell'ambiente politico in generale - ma dal prevalere in ciascuno di loro, sia pure in misura diversa, della concezione politica di origine. A parte La grande difficoltà insita nella conduzione di un dicastero così complesso, delicato, multiforme ed a parte le doti e le qualità personali di carattere, di cultura, di capacità menageriale e di comando di ogni singolo, i ministri furono rappresentanti di partiti che, nel migliore
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dei casi, erano profondamente convinti che la questione militare fosse d'importanza assai secondaria rispetto a tutto il resto della politica. Scrisse nel 1963 il generale Liuzzi riferendosi al periodo 1945-1963:
Non intendo asserire che tutti i ministri succedutisi nei dicasteri delle singole Forze Armate prima ed in quello della Difesa poi abbiano di proposito orientato la loro opera verso l'insabbiamento e la trascuratezza dei problemi militari e che abbiano a bella posta frenato, sul piano politico od economico, gli sforzi dei tecnici per la ricostruzione. NO davvero. C'è anzi stato qualche Ministro che ha dimostrato una capacità di assimilazione delle questioni militari ed un impegno realizzatore molto notevoli. Ma si tratta di eccezione. Mi duole assai che, volendo escludere da questo scritto ogni carattere polemico, io non possa fare nomi. Contro l'eccezione stanno numerose prove di una insufficiente attitudine e talora di una congenita od imposta riluttanza da parte di Ministri ad approfondire e risolvere adeguatamente i già nominati problemi militari cd una incomprensione o non voluta presa in considerazione di tali problemi da parte dei Governi in genere del dopoguerra 55. Partiti ed uomini politici ambirono sempre la titolarietà del dicastero, valutata una posizione di potere e di prestigio di grande rilievo, ma alcune volte accade che la carica venisse utilizzata per fini elettorali del partito e del titolare. La scelta dei ministri della difesa ebbe spesso motivazioni di partito o di corrente, di lottizzazione del potere, non già di valutazione delle qualità professionali e dell'attitudine del titolare a reggere il ministero che gli veniva affidato. Per quanto riguarda il capo di stato maggiore della difesa, la legge stessa, come abbiamo rilevato più volte, non gli concesse di esercitare una consulenza istituzionalizzata nelle forme e nei modi, ancorché non vincolativa, per concorrere a determinare un reale indirizzo della politica militare e per godere di una reale autorità decisionale super partes. Se i capi di stato maggiore della difesa non poterono esprimersi meglio, ciò dipese anche dai limiti che la loro azione incontrò nelle leggi che non riconoscevano la natura politica del loro incarico confinato nel ristretto settore tecnico. A rendere più sfumata e meno incisiva la loro opera concorse altresì l'indefinitezza della loro responsabilità. Una parola quest'ultima che non trova posto in nessuna delle leggi e dei decreti che configurano la carica. Nel 1974 in un Convegno indetto dal P.C.I. un relatore, commentando il decreto presidenziale, scriveva che la figura del capo di stato maggiore della Difesa, ne risulta, in pratica, indebolita, per poi aggiungere che i poteri e le attribuzioni conferiti dalla legge in pratica non
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esistono e che il capo di stato maggiore non sembra sia responsabile di alcunché dato che i termini responsabilità e responsabile di non sono mai citati negli articoli che lo riguardano 56. E questa fu una delle ragioni per le quali anche capi di stato maggiore molto validi moralmente e professionalmente non poterono esprimere interamente sé stessi, presi come furono sotto il fuoco del disinteresse politico, della insufficienza degli stanziamenti, dell'assoluta indipendenza decisionale del ministro, dell'insofferenza degli stati maggiori di forza armata. I capi di stato maggiore della difesa che si succedettero in quegli anni 57, non furono posti nella posizione giuridica e nelle condizioni favorevoli ad esercitare il loro mandato. Vi furono, senza dubbio, lacune, insufficienze ed inerzie anche dei vertici militari, accettazioni e obbedienze acritiche, ma il voler ancora una volta riversare pressoché esclusivamente sui vertici militari, inascoltati, la inadeguatezza delle forze armate al loro compito di preparazione all'eventualità di una guerra nei limiti necessari alla sicurezza ed alla difesa del paese nell'ambito nazionale e N.A.T.O., significherebbe ignorare la realtà nella quale essi dovettero operare. La conclusione, al di là della valutazione delle responsabilità, fu che nel periodo 1960-1979 l'Italia non si dette una politica della difesa e, in contraddizione con la linea di politica estera seguita, non approntò uno strumento militare adeguato alla situazione geo-strategica del paese, agli impegni assunti nell'alleanza atlantica e, tanto meno, alle esigenze di sicurezza e di difesa nei casi in cui, per circostanze di tempo e di luogo, non sia prevedibile o possibile il concorso diretto ed immediato della NATO 58. Le forze armate non furono messe in grado, quantitativamente e qualitativamente, di adempiere i loro compiti. I nove capitoli del Libro bianco della difesa del gennaio 1977, al di là delle enfasi alle quali spesso fa ricorso e degli eufemismi di cui abbonda, per chi sa leggerli con accortezza, senza pregiudizì politici di carattere polemico, fotografano con sufficiente chiarezza la situazione reale delle forze armate nella seconda metà degli anni settanta. Il libro, peraltro, ancorché lasci in ombra o addirittura ignori qualche aspetto fondamentale della questione militare, costituì la prima presa ufficiale di posizione da parte del ministro sugli indirizzi politico-strategico-militari ed al tempo stesso offrì alle forze politiche e sociali ed al paese intero una visione sufficientemente chiara su molti degli aspetti politici, tecnici ed amministrativi della problematica militare. Per questo fu un fatto nuovo ed importante in un paese in gran parte disinteressato o insofferente delle questioni pur vitali
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della sicurezza e della difesa, abituato a considerare improduttiva la spesa militare, non educato, quando non spinto in direzione opposta, dalla dirigenza politica al culto dei valori morali tradizionali, senza i quali il termine Patria non ha senso. Le forze armate italiane, malgrado tutto, seppero conservare, anche in quegli anni, un'assoluta ed incondizionata fedeltà alla Costituzione repubblicana e, mentre accentuarono la loro professionalità in conformità ai mutamenti della società italiana ed al progresso scientifico e tecnico dei mezzi d'impiego che venivano loro affidati, conservarono un posto preminente ai valori spirituali e morali di lealtà, onore, dedizione, obbedienza e spirito di sacrificio, di cui sempre avevano dato prove convincenti durante tutta la loro storia. Le tensioni interne ed esterne, le recriminazioni e le inquietudini, che talvolta si tradussero in atteggiamenti eterodossi, non prevalsero e gli attentati contro la loro compattezza e solidità ve ne furono molti - fallirono. Naturalmente gli uomini, capi e gregari, degli anni sessanta e settanta non avevano più la mentalità e la formazione di quelli che li avevano preceduti, ma, a parte le insufficienze e le deviazioni di singoli, le forze armate italiane conservarono integra la fisionomia di apparato militare al servizio esclusivo della Patria e delle istituzioni.
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NOTE AL CAPITOLO LIX 1
Le elezioni politiche del 1958 ebbero i seguenti risultati: Camera: O.C. 42,3%; P.C.l. 22,7%; P.S.I. 14,2%; P.S.O.I. 4.6%; P.L.l. 3,5%; P.R.I. 1,4%; P.N.M. 2,2%; P.M.P. 2,6%; M.S.l. 4,8%; S.V.P. 0,5%; Unione Valdostana 0,1%; Altri 1.1 %. S enato: D.C. 41,3%; P.C.I. 21,8%; P.S.l. 14,1 %; P.S.O.l. 4,4%; P.L.I. 3,9%; P.R.l. 1,0%; P.N.M. 2,2%; P.M.P. 3,0%; M.S.J. 4,3 %; S.V.P. 0,5%; Unione Valdostana 0,1 % . 2 Governo Fanfani (D.C. e P.S.D.I.): luglio 1958-febbraio 1959. Governo Segni (D.C.): febbraio 1959-marzo 1960. 3 Elezioni politiche 1963: Camera: D.C. 38,3%; P.C.l. 25,3%, P .S.I. 13,8%; P.S.D.I. 6 ,1%; P.L.l. 7,0%; P.R.I. 1,4%; P.O.J.U.M. 1,7%; M.S.I. 5,1%; S.V.P. 0,4%; Unione Valdostana O, I%; Altri 0,8%. Senato: D.C. 34,9%; P.C.I. 25,5%; P.S.T. I 4,0%; P.S.O.l. 6,4%; P .L.l. 7,5%; P.R.I. 0,8%; P.D.J.U.M. 1,6%; M .S.I. 5,1 %; S.V.P. 0,4%; Unione Valdostana 0,11 %; Altri 0,5%; o.e. - P.R.I. 2,3%; Miste destra 0 ,9%. Elezioni politiche 1968: Camera: D.C. 39,1 %; P.C.I. 26,9%; P.S.l.-P.S.0.1. 14,5% (P.S.U.); P.L.I. 5,8%; P.R.T. 2,0%; P.S.I.U .P . 4,5%; P.D.1.U.M. 1,3%; M.S.J. 4,5%; S.V.P. 0,5%; Unione Valdostana 0.1 % ; Altri 0,8. Senatn: O.C. 38,3%; P.C.J. 30,0%; P.S.1.-P.S.D.I. 15,2%; P.L.I. 6,8%; P.O.I.U.M. 1,1 %; M.S.I. 4,6%; S.V.P. 0,5%; Unione Valdostana 0,11 %; Mis te destra I ,O%; Altri 0,2%. 4 Elezioni regionali 7 giugno 1970: D.C. 37,9%; P.C.l. 27,9%; P.S.I. 10,4%; P.S.U. 7,0%; P.L.I. 4,7%; P.R.l. 2,9%; M.S.I. 5,2%; P.D.I.U.M. 0,7%; P.S.l.U.P. 3,2%; Altri 0,1 %. 5 Governi dal 1960 al 1972: Fanfani (D.C.), dal lug lio 1960 al febbraio 1962; Fanfani (D.C.) dal febbraio 1962 al giugno 1963; Leone (O.C.) dal giugno al dicembre 1963; Moro (O.C., P.S.I., P.S.D.l., P.R.I.) dal dicembre 1963 a l luglio 1964; Moro (O.C., P.S.I., P.S.0.1., P.R.J.) dal luglio 1964 al febbraio 1966; Moro (D.C., P.S.I., P.S.O.I., P.R.I.) dal febbraio 1966 al giugno 1968; Leone (D.C.) dal giugno al dicembre 1968; Rumor (D.C., P.S.I., P.S.0.1., P.R.I.) dal dicembre 1968 all'agosto 1969; Rumor (O.C.) dall'agosto 1969 al febbraio 1970; Rumor(O.C., P.S.I., P.S.0 .1., P.R.l.) dal marzo all'agosto 1970; Colombo (D.C., P.S.I. , P.S.D.I., P.R.I.) dall'agosto 1970 al febbraio 1972. 6 I due maggiori partiti della coalizione di centro sinistra, la D.C. cd il P.S.l. , vissero negli anni sessanta e settanta una vita inte rna molto tormentata e difficile. E ntrambi nella r icerca di una d efinizione di una nuova linea politica (rispetto a quella seguita nel decennio 1945-1955), che meglio interpretasse le esigenze dello sviluppo economico del Paese e, conseguentemente, costretti dalla realtà d ella situazione a muoversi incontro a questa, dettero spesso di loro immagini opache, con traddittorie od incerte, talvolta addirittura inintellcgibili al mondo esterno, colpito, e via via nauseato, dai bizantinismi ideologici che malcela vano i personalismi de i cosiddetti notabili dei due partiti. Le naturali perplessità di fronte alla svolta che entrambi i partiti d ovettero compiere per cercare d'incontrarsi a metà strada non vennero affrontate con c hiarezza, risolutezza, vigore e comune volontà di rimuoverle né all'interno d ei due parti ti, né ne i loro rapporti reciproci. La scarsa omogeneità interna dei due partiti rese ancora più difficile, lento e ritardato il cammino sulla strada dell'incontro che avvenne in modo confuso, non privo di riserve mentali da entrambe le parti, e titubante. Alla base degli scarsi risultati del cen tro-sinistra, una politica complessa e delicata di per sé ma naturalmente assai valida sul piano della real tà cont ingente, furono proprio l'insufficienza di chiarezza dei propositi e dei p rogrammi, la debolezza interna dei due partiti maggiori, la continuità del tiramolla tra conservatorismo e progressismo nella D.C., tra massimalismo e riformismo nel P.S.I., tra convincimenti m editati e concreti ed ondate di bassa demagogia e, infine, ma non per ultimi, il continuo timore d ell'ulte-
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riore perdita di consensi a destra da parte della D.C. ed a sinistra da parte del P.S.I. e l'insufficienza di «leaders» in genere molto modesti. Principali avvenimenti interni della D.C.: congresso di Napoli del 1954, durante il quale la corrente di iniziativa democratica conquistò la maggioranza ed il suo leader Fanfani divenne segretario del partito e tutti gli esponenti più in vista della prima generazione lasciarono il campo a quelli della generazione successiva, non senza prolungare la loro resistenza alla nuova linea, come dimostrò nel 1955 l'elezione di Gronchi alla presidenza della Repubblica; nascita della corrente La base diretta ad intrecciare il dialogo con il P.S.I., attuato, dopo le elezioni del 1958, in un governo bipartito (D.C., P.S.D.I.) guidato da Fanfani; divisione della corrente iniziativa democratica e costituzione di una nuova corrente di maggioranza - corrente dei dorotei - che nel congresso di Firenze del 1959 elesse a segretario del partito Moro; consacrazione della politica di centro-sinistra nel congresso di Napoli del 1952 sfociata nel governo Fanfani (D.C., P.S.D.I., P.R.I.) con l'appoggio esterno del P.S.l.; netto calo del partito nelle elezioni del 1963 per il ritiro del consenso di tanti settori della borghesia moderata in seguito all'adozione della politica di centro-sinistra e per il manifestarsi sempre più vivo delle dissidenze interne, come in occasione dell'elezione a presidente della Repubblica dell'on. Segni (leader della composita maggioranza dorotea), durante la quale un'aliquota dei parlamentari democristiani continuò, fino alla fine, a votare il presidente uscente Gronchi o ]'on. Attilio Piccioni; consolidamento delle diverse correnti interne e creazione di nuove correnti dopo l'introduzione nel 1964 della proporzionale nelle elezioni degli organi interni; nuova dimostrazione delle dure lotte e dissidenze intestine in occasione dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, nella quale il candidato della D.C., on. Giovanni Leone, uscì perdente rispetto all'on. Giuseppe Saragat sul quale confluirono anche i voti del P.S.I. e del P.C.l. in precedenza andati all'on. Pietro Nenni; acuirsi dei contrasti interni e distacco di Moro dalla coffente dorotea nel 1968; lancio, dopo le elezioni del 1968, ùa parte ùi Murn della formula della strategia de/Z-attenzione verso il P.C.I. e riaffermazione del carattere «irreversibile» dei legami della D.C. cui partiti della sinistra; distacco della corrente Colombo-Andreotti dal l'area dorotca RumorPiccoli; costituzione del cartello delle sinistre capeggiato da Moro nell'XI congresso del 1969; nuove divisioni interne in seguito al naufragio dell'unificazione socialista; creazione di un nuovo blocco di forze orientato a sinistra nel convegno del 1969 di San Genesio dove venne raggiunta un'intesa tra la corrente Nuove cronache capeggiata da Furlani e la corrente basista capeggiata da De Mita; interruzione della politica di centrosinistra e ritorno alla politica di centro nel 1972; ritorno nel 1973 alla politica di centrosinistra dopo la confluenza della corrente Taviani in quella Rumor, che divenne di nuovo leader della corrente più numerosa del partito, e riavvicinamento fra Moro e Fanfani; ritorno di Fanfani alla segreteria del partito nel giugno 1973 in sostituzione di Forlani che non ripresentò la sua candidatura e confermò la sua piena fiducia nella centralità democratica, avanzando molti dubbi sulla opportunità di rilanciare il centro-sinistra; uscita dalla direzione dei gruppi Andreotti e Colombo e sostituzione di Fanfani nella carica di segretario del partito con l'on. Benigno Zaccagnini; dopo l'insuccesso elellorale delc consultazioni amministrative del 1975, XIII congresso a Roma nel marzo del 1976 che confermò Zaccagnini con solo il 52% dei voti a segretario del partito dopo uno scontro vivace tra la parte favorevole al centro-sinistra e quella che intendeva riconfermare l'immagine della D.C. come partito rigorosamente chiuso verso sinistra non meno che sulla destra (rimasero all'opposizione dorotei, fanfaniani, andreottiani); attenuazione sempre maggiore dell'anticomunismo e coinvolgimento del P.C.I. nell'area di governo (governo delle astensioni parallele presieduto da Andreotti che era stato fautore della centralità democratica e fino ad allora ritenuto uomo politico di centro se non di destra). Principali avvenimenti interni del P.S.1.: conferma della maggioranza autonomista nel XXXIV congresso del marzo 1961 ed accellazione della posizione internazionale dell'Italia considerata, peraltro, pn:messa pe1· lu sviluppo della distensione; decisione
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della partecipazione diretta del partito al governo nel XXXV congresso dell'otobre 1963 in Roma con il 57,42% dei voti favorevoli (39,30% vennero dati alla corrente di sinistra e 2,20% a quella dell'on. Sandro Pertini); defezione di 25 deputati dal partito, capeggiati dagli on. Basso, Valori, Vecchietti, e fondazione nel 1964 di un nuovo partito socialista - il P.S.I.U.P. -; passaggio all'opposizione all'interno del partito dell'ala capeggiata dall'on. Riccardo Lombardi che, peraltro, dopo la scissione di quasi tutta la sinistra, non aveva più la forza di modificare l'indirizzo generale del partito sostenuto dalle correnti autonomiste; inizio del processo di unificazione con il P.S.D.I. secondo i risultati del XXXVI congresso del novembre 1965, dove la corrente autonomista ottenne 1'80% dei voti contro il 18% dei lombardiani, ma con il sorgere di alcune differenziazioni tra i due «leaders» della corrente stessa (on. Pietro Nenni e on. Francesco De Martino); costituente socialista nell'autunno del 1966 per l'unificazione P.S.I.-P.S.D.I., effettuata sul piano ideologico e programmatico in base ai principi dell'Internazionale socialista (Nenni presidente del nuovo partito, De Martino e Tanassi segretari); esplosione di contrasti fra l'ala socialdemocratica e quella socialista sia per il timore della prima di essere sopraffatta sul piano organizzativo, sia per le tendenze aperturistiche nei confronti del P.C.I. dell'ala demartiniana; scissione nel luglio 1969 e creazione del P .S.U. (partito socialista unitario) guidato da Tanassi e da Preti; congresso del P.S.I. a Genova nel novembre 1972 e nuova confluenza delle correnti di Nenni e di De Martino che raggiunsero una maggioranza del 58%, mentre le sinistre di Lombardi e dell'on. Giacomo Mancini restavano in minoranza; ripresa del dialogo nel febbraio 1973 con la D.C. per il rilancio del centro-sinistra; decisione, all'inizio del 1976, di togliere l'appoggio parlamentare a l governo Moro-La Malfa e desiderio, più o meno confessato, del partito di riproporre al paese un nuovo appello alle urne per il rinnovo anticipato delle Camere; IXL congresso del partito nel febbraio 1976 che unanimamcntc si pronunciava per un nuovo confronto elettorale ritenuto utile per rafforzare il partito in vista di un suo rapporto immediato con la D.C. meno subordinato ed in preparazione di un futuro governo delle sinistre; sostituzione, da parte della generazione dei quarantenni, in seguito agli accordi dell'hotel Midas di Roma, della generazione dei vecchi capi storici del partito ed elezione a segretario dell'on. Bettino Craxi; elaborazione della Bozza di progetto per l'alternativa socialista per la ricerca di una terza via per superare la logica di sviluppo del capitalismo e i guasti del collettivismo burocratico; rafforzamento dei legami con gli altri partiti eurosocialisti e promozione della Union des Parties Socialistes et Sociaux démocrates de la Communauté Européenne, costituita a Elseneure (Danimarca) nel 1976 in vista delle elezioni del Parlamento europeo. Gli avvenimenti nel P.C.I.: dopo le elezioni del 1963 il P.C.I. rimase il solo partito di opposizione a sinistra; morte nell'agosto del 1964 a Jalta dell'on. Palmiro Togliatti che lasciò un documento critico della politica sovietica rivendicando una maggiore autonomia per i singoli partiti comunisti; assunzione della segreteria del partito da parte dell'on. Luigi Longo; costituzione di piccoli e numerosi nuclei marxisti-leninisti al di fuori ed alla sinistra del P.C.I. in seguito al ripudio da parte del P.C.I. della linea assunta dal partito comunista cinese nel grande scisma del mondo comunista; lancio nel 1964 dell'idea di un partito unico della sinistra italiana e prospettive di convergenza con la sinistra cattolica (cosiddetta repubblica conciliare); IX congresso nazionale svoltosi a Roma nel gennaio 1965 dove si manifestarono un fermento interno e una differenziazione, per la prima volta, di posizioni fra una destra e una sinistra; accenti di riprovazione nel 1968 dell'occupazione della Cecoslovacchia da parte delle forze del patto di Varsavia; annuncio nel 1972 da parte dell'on. Enrico Berlinguer, succeduto nella carica di segretario del partito a Longo, di un tipo di opposizione diverso da quello praticato sino ad allora, un'opposizione flessibile ed elastica, portando avanti una politica di avvicinamento verso l'area del potere; accentuazione dell'impegno per un'Europa né antisovietica né antiamericana; proposta nel settembre 1973 dell'unione delle forze di sinistra con la D.C. per evitare colpi di Stato eversivi e fascisti del tipo di quelli verificatisi in quel periodo in Cile; articolo di Berlinguer, apparso in ottobre
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su Rinascita, per un grande compromesso storico fra comunisti e cattolici, senza più porre la pregiudiziale togliattiana della spaccatura in due della D.C.; nuove proposte, nel 1975, per il compromesso storico; grande successo elettorale nelle elezioni per la VIl legislatura (20 giugno 1976) nelle quali il P.C.I. ottenne il 34,4% dei voti, 227 deputati e 116 senatori; attribuzione di alcune importanti cariche dello Stato al P.C.I.; appoggio parlamentare esterno del P.C.I. ai governi monocolore democristiani guidati da Andreotti; rottura nel 1979 della solidarietà nazionale. In sintesi, il nodo fondamentale che pesò nel ventennio sull'andamento della politica italiana fu costantemente quello dei rapporti D.C.-P.C.I. e P.S.1.-P.C.I. L'intesa raggiunta a tale riguardo nel 1976 determinò una situazione anomala e di estrema debolezza che, comunque, consentì di superare la grave emergenza determinata negli ultimi anni settanta dal terrorismo. La convergenza politica fu di breve durata, né avrebbe potuto essere diversamente, essendo la D.C. ed il P.C.I. due forze alternative e non complementari, escludentesi a vicenda da una coabitazione al potere sul piano ideologico, su quello del corretto funzionamento del sistema democratico, nonché sul piano economico e sociale. 7 Il retroscena della crisi del luglio 1964, venuto alla luce tre anni dopo, venne ampliato e strumentalizzato da alcune parti politiche e fatto apparire come un tentativo di colpo di Stato militare. In realtà nel luglio 1964 il Presidente della Repubblica, on. Antonio Segni, preoccupato della situazione politica interna che si stava determinando. nella sua qualità di comandante delle forLe armate, aveva richiamato l'attenzione dei vertici militari o, meglio, di alcuni di essi suJla delicatezza della situazione stessa. Il comandante generale dell'arma dei carabinieri, generale Giovanni De Lorenzo, aveva interpretato estensivamente il richiamo del capo di Stato ed aveva disposto lo studio di un piano - piano Solo - per il caso si fosse dovuta fronteggiare un'emergenza rivoluzionaria. L'accusa rivolta dalla stampa al generale De Lorenzo di aver predisposto un colpo di Stato venne dimostrata priva di fondamento dall'autorità giudiziaria ordinaria che condannò i giornalisti querelati dal generale De Lorenzo. Ampiamente provate furono, invece, le deviazioni del S.l.F.A.R. da parte di una commissione d'inchiesta presieduta dal generale Aldo Beolchini. Il S.I.F.A.R. era andato molto al di fuori dei compiti istituzionali e si era trasformato in un centro di potere occulto messo al servizio delle parti politiche. Ciò era dipeso anche dal mancato controllo sulla sua attività da parte del ministro della difesa che, interrogato in tribunale, sulla sua azione di vigilanza esercitata sul delicato servizio si limitò a rispondere di non aver mai messo piede nei locali del S.l.F.A.R .. 8 Elezioni politiche 1972: Camera: D.C. 38,8%; P.C.I. 27,6%; P.S.l. 9,6%; P.S.D.I. 5,1 %; P.R.I. 2,9%; P.L.I. 3,9%; P.S.I.U.P. 1,9%; M.S.I. e P.D.I.U.M. 8,7%; S.V.P. 0,5%; Altri 1,4%. Senato: D.C. 38,1 %; P.C.l. e P.S.I.U.P. 28,4%; P.S.I. 10,7%; P.S.D.I. 5,4%; P.R.I. 3%; P.L.l. 4,4%; M.S.I. e P.D.I.U.M. 9,2%; S.V.P. 0.4%; Unione Valdostana + D.C. + P.S.D.I. 0,1 %; Altri 0,2%. 9 L'intento di stimolare la domanda mediante un incremento del potere di acquisto implicò l'espansione della spesa pubblica con provvedimenti (attuazione degli aumenti delle retribuzioni ai superburocrati) che alimentarono reazioni e richieste a catena in altri settori del pubblico impiego. Si ebbero un'accentuata c rescita del costo della vita e una non meno accentuata svalutazione della lira. 10 Elezioni del 17 novembre 1974 nel Trentino-Alto Adige: perdita in voti e seggi della D.C.; flessione del P.S.D.I. e del P.L.I.; conferma del P.R.I.; avanzata del P.C.I. e del P.S.I.. 11 Elezioni del giugno 1974 per il rinnovo delle amministrazioni delle quindici regioni a statuto ordinario: D.C. 35,3% (dal 37,9% del 1970); P.C.I. 33,4% (1970:27,9%); P.S.I. 12,0% (1970:10,4%); P.S.D.I. 5,6% (1970:7,0%); P.R.I. 3,2% (1970:2,9%); P.L.I. 2,5 % (1970:4,7%); destra nazionale 6,4% (1970: M.S.I. e P.D.I.U.M. 5,9%); P.D.U.P. (nato dalla fusione del P.S.I.U.P. con gruppo del Manifesto) 1,4%.
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12 Referendum abrogativo della legge l O dicembre 1970 n. 898: no (divorzisti) 59,1%; si (antidivorzisti) 40,9%. 12 bis Governi dal 1973 al 1976: Rumor (D.C., P.S.I., P.S.D.I., P.R.I.) dal 7 luglio 1973 al 2 marzo 1974; Rumor (D.C., P.S.I., P.S.D.I.)dal 14marzo al 3 ottobre 1974; Moro (D.C., P.R.l.) dal 23 novembre 1974 all'8 gennaio 1976; Moro (D.C.) dall'l 1 febbraio al luglio 1976. 13 XL congresso del P.S.I. apertosi il 3 marzo 1976 e conclusosi con la approvazione unanime della mozione presentata dal segretario, on. De Martino, orientata ad un nuovo confronto elettorale ed a preparare un futuro governo delle sinistre. XVII congresso del P.S.D.I. in Firenze nel marzo conclusosi con la formazione di una nuova maggioranza e con l'elezione a segretario dell'on. Saragat in sostituzione dell'on. Tanassi coinvolto nello scandalo degli aerei Hercules. XIII congresso della D.C. in Roma nel marzo conclusosi con la conferma dell'orientamento a sinistra e del segretario on. Zaccagnini. XV congresso del P.L.I. in Napoli nel mese di aprile conclusosi con la vittoria della corrente dell'on. Valerio Zanone che si discostava dalle tradizionali posizioni di centro-destra e si avvicinava al centro-sinistra. 14 Elezioni politiche 1976: Camera: D.C. 38,7%; P.C.l. 34.4%; P .S.I. 9,6%; P.S.D.I. 3,4%; P.R.I. 3, 1 %; P.C.T.-P.S.1.-P.D.U. 0,11 %; P .L.I. 1,3%; M.S.1.-D.N. 6, 1%; S.V.P. 0,5%; D.P. 1,5%; P.R. 1,1%. Senato: D.C. 38,9%; P.C.I. 33,8%; P.S.J. 10,2%; P.S.D.I. 3,1 %; P.R.l. 2,7%; P.L.I. 1.4%; P.C.1.-P.S.I. 0,2%; P.L.1.-P.R.I.-P.S.D.l. 1,1%; M .S.1.-D.N. 6,6%; D.C.P.R.I.-Unione Valdostana 0,1 %; S.V.P. 0,5%. 15 L'on. Giovanni Leone si dimise la sera del 15 giugno 1978 e ne dette l'annuncio con una sua dichiarazione - inviata in precedenza al presidente della Camera on. Pietro lngrao, del Senato on. Amintore Fanfani, del consiglio on. Giulio Andreotti diretta a dissipare sensazioni che un avvenimento senza precedenti nella storia della nostra Repubblica potrebbe provocare. Nella dichiarazione l'on. Leone: spiegò le ragioni de lle sue dimissioni (preminenza dell'interesse nazionale su quello personale); affermò di essere s tato un presidente onesto, che riteneva d'aver servito il paese con correttezza costituzionale e dignità morale; richiamò i suoi precedenti di lavoro nella Costituente, come presidente della Camera e come presidente del consiglio dei ministri; augurò progresso e giustizia nel vivere civile al Paese. Le colpe addotte dalle parti politiche per la richiesta delle dimissioni del Presidente Leone non furono mai pubblicamente suffragate da circostanze provate. 16 Stefano Stefani. l dittatori: lo Stalin di Kruscev. Minerva medica. Voi. XLIX, n. 12, 1O febbraio 1958. 17 Ministri della difesa dalla terLa (1958-1963) alla ottava legislatura (1979): on. Antonio Segni d a l 1 ° luglio 1958 al 26 gennaio 1959; Giulio Andreotti dal 18 febb raio 1959 al 21 gennaio 1966; on. Roberto Tremelloni dal 23 febbraio 1966 al 5 giugno 1968; on. Luigi Gui dal 24 giugno 1968 al 7 febbraio 1970; on. Mario Tanassi dal 27 marzo 1970 al 15 gennaio 1972; on. Franco Restivo dal 17 al 26 febbraio 1972; on. Mario Tanassi dal 26 giugno 1972 al 2 marzo 1974; on. Giulio Andreotti dal 14 marzo al 3 ottobre 1974; on. Arna ldo Forlani dal 23 novembre 1974 al 30 luglio 1976; on. Vito Lattanzio dal 31 luglio 1976 al 19 settembre 1977; on. Attilio Ruffini dal 20 settembre 1977 al 13 gennaio 1980. 17 bis Capi di Stato Maggiore della difesa dal 1959 al 1980: generale di C.A. Aldo Rossi dal 1° aprile 1959 al 31 gennaio 1966; gen. di C.A. Giuseppe Aloia dal 1 ° febbraio 1966 al 28 febbraio 1968; gen. di C.A. Guido Vedovato dal 29 febbraio 1968 al 14 gennaio 1970; gen. di C.A. Enzo Marchesi dal 15 gennaio 1970 al 31 luglio 1972; ammiraglio di squadra Eugenio Hcnke dal 1° agosto 1972 al 31 gennaio 1975; gen. di C.A. Andrea Viglione dal 1° febbraio 1975 al 31 gennaio 1978; gen. di squadra aerea Francesco Cavalera dal 1° febbraio 1978 al 31 gennaio 1980. 18 Luigi Bianchi (1908), generale di Squadra Aerea, proveniente dagli ufficiali di complemento, ha frequentato poi i corsi regolari dell'Accademia Aeronautica ed il corso di specializzazione nella caccia. Ha disimpegnato incarichi di comando e di S.M. anche all'estero fin dai primi anni della carriera. In particolare, ha svolto, nel 1939, una mis-
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sione speciale in Finlandia, è stato comandato in missione presso il Governo del Perù per l'organizzazione di quell'aeronautica militare. Ha partecipato alle operazioni militari in Spagna quale comandante di squadriglia ed ha partecipato alle operazioni della 2• guerra mondiale, quale comandante di gruppo. È stato poi addetto aeronautico aggiunto presso l'Ambasciata d'Italia a Madrid e, successivamente, addetto aeronautico a Lisbona. Successivamente, è stato capo dell'ufficio studi dello S.M.A., comandante della scuola di volo di Lecce, poi addetto all'Ispettorato delle scuole. Da generale di brigata è stato comandante della 56a T.A.F., da generale di divisione è stato ispettore all'addestramento ed all'impiego delle forze aeree, quindi vicecomandante delle forze aeree alleate del Sud Europa. Da generale di squadra aerea ha comandato la prima regione aerea di Milano, la 5• A.T.A.F. e la 56a T.A.F. Ha anche ricoperto la carica di presidente del C.A.S.M. e di presidente del Consiglio superiore delle forze armate. 19 Giuseppe Aloia (1905-1980), Generale di corpo d 'armata. Sottotenente di fanteria dal 27 luglio 1924, poi capitano, maggiore (1° gennaio 1940), colonnello (1 ° gennaio 1949), generale di brigata (1 ° luglio 1954), di divisione (4 agosto 1957) e di corpo d'armata (22 giugno 1960). Frequentò i corsi dell'accademia e della scuola di guerra. Prese parte alla 2a guerra mondiale con le divisioni «Sassari» e «Puglie». Dopo 1'8 settembre, si sottrasse alla cattura da parte dei tedeschi e comandò formazioni partigiane nella zona del Garigliano. Nel dopoguerra comandò il 45° reggimento di fanteria, la divisione «Legnano» e la regione militare tosco-emiliana. Tra gli incarichi di stato maggiore più importanti, fu capo di S.M. del Comiliter di Roma e capo di S.M. del comando designato 3a Armata. Vice comandante del V Comiliter, comandante della zona militare di Genova, comandante della regione tosco-emiliana, segretario generale dell'esercito dal 28 febbraio 1961. Dal 1962 al 1966 fu capo di S.M. dell'esercito e dal febbraio 1966 al febbraio 1968, fu capo di S.M. della difesa. 20 Giovanni De Lorenzo (1907-1973), generale di corpo d'armata. Sottotenente di artiglieria dal 1° settembre 1928. Partecipò alla 2a guerra mondiale dal 1942 al 1945. Frequentò i corsi della scuola di guerra. Durante la guerra di liberazione svolse attività partigiana in Romagna ed a Roma. Nel dopoguerra ebbe incarichi di comando e di stato maggiore. Comandò il 132° reggimento a. corazzato ed il 33° reggimento «Folgore». Capo di S.M. del Comiliter di Padova, capo di S.M. del comando V corpo d'armata, comandante d'artiglieria della divisione «Pinerolo» e del Comiliter di Bari. Successivamente: capo del S.I.F.A.R., comandante generale dell'arma dei carabinieri e, dal 1° febbraio 1966 al 14 aprile 1967, capo di S.M. dell'esercito. 21 Le spese per la difesa dei paesi della N.A.T.0. (in percentuale del prodotto nazionale lordo, al costo dei fattori, cioè, al valore dell'insieme dei beni e dei servizi calcolato ai prezzi effettivamente ricavati dalle imprese) furono negli anni 1973, 1974 e 1975 rispettivamente: Portogallo 6,8%, 8,1 %, 7,5%; Grecia 4,6%, 4,3%, 6,9%; Stati Uniti 6,5%, 6,6%, 6,7%; Gran Bretagna 5,4%, 5,9%, 5,7%; Francia 4,4%, 4,3%, 4,6%; Germania Federale 3,9%, 4,1 %, 4, 1%; Olanda 3,5%, 3,6%, 3,9%; Norvegia 3,7%, 3,5%, 3 ,6%; Turchia 4,4%, 4,2%, 4,8%; Danimarca 2,5%; 2,7%, 2,9; Canada 2,5%, 2,7%, 2,9%; Italia 3,2%, 3,1%, 2,8%; Lussemburgo 0,9%, 0,9%, 1,0%. Le spese per la difesa pro-cap_ite nei paesi della N.A.T.O. (in dollari U.S.A. al valore medio del 1975) furono nel 1975: Stati Uniti 416, Germania Federale 273, Francia 255, Norvegia 228, Olanda 220, Gran Bretagna 214, Belgio 204, Danimarca 183, Grecia 163, Canada 135, Portogallo 120, Italia 63, Lussemburgo 63, Turchia 28 (dato del 1974). L'Italia dedicò alla difesa nel 1975 una percentuale del P.N.L. del 2,8%, registrando una tendenza decrescente dal 1973 al 1975. Essa occupò il 12° posto tra i 14 paesi della N.A.T.O. (esclusa l'Islanda che non partecipa allo sforzo militare) in una graduatoria decrescente del parametro di riferimento e risultò notevolmente distanziata dalla media statistica relativa all'insieme delle nazioni europee della N.A.T.O. che per il 1975 si aggirò intorno al 4,3%. Circa la spesa per la difesa pro-capite, l'Italia nel 1975 figurò al terz'ultimo posto della graduatoria tra le nazioni della N.A.T.O.
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Nel decennio 1968-1978 l'Italia destinò alla difesa 34 milioni di dollari contro gli 80 della Gran Bretagna, gli 85 della Francia, i 144 della Germania federale e nel 1979 l'Italia spese circa 19 mila dollari per ogni militare contro i 200 mila degli Stati Uniti, i 75 mila della Gran Bretagna, i 60 mila della Francia, della Germania, dell'Olanda, ecc. Le spese della difesa durante il ventennio 1960-1979 non superarono mai il 15% delle spese sociali e per l'istruzione, mentre negli altri paesi occidentali furono in media pa· rial 40%. Le spese per la difesa furono ogni anno adeguate solo in termini compensativi al tasso d'inflazione. 22 Legge 12 dicembre 1962, n. 1862, circ. n. 98, G.M. 1963, p. 971 Delega al governo per il riordinamento del Ministero della difesa e degli Stati Maggiori, e per la revisione delle leggi sul reclutamento e delle circoscrizioni dei tribunali militari. 23 Legge 9 ottobre 1964, n. 1058, circ. n. 417, G.M. 1964, pag. 1544. Rinnovo della delega al governo per l'emanazione di norme relative al riordinamento del Ministero della Difesa e degli Stati Maggiori e delega per il riordinamento delle carriere delle categorie e per la revisione degli organici del personale civile. 24 Decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1965, n. 1477, circ. n. 42, G.M. 1964, pag. 193.
CAPO I STATO MAGGIORE. DE.LUI DIFESA
Art. 1.
Configurazione della carica di capo di Stato Maggiore della difesa Il capo di Stato maggiore della difesa: a) è scelto fra gli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica di grado non inferiore a quello di generale di corpo d'armata, ammiraglio di squadra e generale di squadra aerea; b) è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la difesa; e) dipende direttamente dal Ministro per la difesa, di cui è l'alto consigliere tecnico-militare per i problemi interessanti la difesa e al quale risponde della attuazione delle direttive ricevute; d) è tenuto al correnle dal Ministro della situazione politico-militare per quanto può avere riflesso sulle predisposizioni belliche e sull'impiego delle forze armate; e) assicura l'unitarietà delle tre forze armate ai fini della difesa del Paese; f) ha rango gerarchico preminente nei riguardi di tutti i generali dell'Esercilo e gradi corrispondenti della Marina e dell'Aeronautica; g) fa parte, in qualità di membro, del Consiglio supremo di difesa; h) ha alle sue dipendenze, nell'ambito dei poteri e delle attribuzioni a lui conferiti dalla legge, i capi di Stato Maggiore delle tre forze armate.
Art. 2.
Attribuzioni nel campo interforze Il capo di Stato Maggiore della difesa: a) sentiti collegialmente i capi di Stato Maggiore delle tre forze armate, propone al Ministro per la difesa - in base alle necessità difensive del Paese e tenuto conto
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degli impegni militari assunti in campo internazionale - la pianificazione operativa con i conseguenti programmi tecnico-finanziari; b) dà al segretario generale del Ministero della difesa, ai capi di Stato Maggiore delle forze armate e, ove sia utile, alle Direzioni generali tecniche, le direttive d'ordine tecnico-militare necessarie per la attuazione dei programmi approvati dal Ministro per la difesa; è tenuto al corrente dal segretario generale stesso del procedere nella realizzazione dei suddetti programmi; e) sentiti i capi di Stato Maggiore delle tre forze armate: fissa i criteri riguardanti l'organizzazione, la preparazione e l'impiego delle singole forze armate; propone al Ministro per la difesa le linee fondamentali dell'ordinamento di ciascuna forza annata; dJ è consultato dal Ministro per la difesa sulle principali questioni relative all'organizzazione ed alla preparazione delle singole forze armate o che comunque, abbiano riflessi sulla efficienza difensiva del Paese nonché sui problemi ordinativi dell'Amministrazione centrale e periferica della Difesa; e) per l'esame dei principali problemi interforze, riunisce i capi di Stato Maggiore di forza armata, per incarico del Ministro per la difesa, di propria iniziativa. oppure su proposta di uno o più di essi; /J sulla base degli indirizzi fissati dal Ministro per la difesa, coordina l'organizzazione, la preparazione e l'impiego delle forze armate, impartendo le necessarie direttive e indirizzando le attività delle forze armate stesse_ Con particolare riguardo: impartisce direttive alle forze armate per la difesa delle frontiere terrestri e marittime, per la difesa del territorio e per la difesa del traffico marittimo; traccia i criteri generali per la difesa aera; soprintende all'attività addestrativa delle tre forze armate, impartendo le direttive per l'addestramento in cooperazione delle forze armate e definendo i programmi delle esercitazioni interforze; gJ soprintende al servizio unificato di informazioni delle forze annate il quale provvede, a mezzo dei propri reparti, uffici e unità, ai compiti informativi di tutela del segreto militare e di ogni altra attività di interesse nazionale per la sicurezza e la difesa del Paese, attuando anche l'opera intesa a prevenire azione dannosa al potenziale difensivo del Paese; h) nell'ambito delle attribuzioni a lui conferite dalla legge, o per delega del Ministro per la difesa, esercita funzioni ispettive su tutti i comandi, scuole, unità ed enti delle forze annate; i) segue l'attuazione delle istruzioni impartite, d'ordine del Ministro per la difesa o nell'ambito delle proprie attribuzioni, ai capi di Stato Maggiore delle singole forze armate; l) definisce i programmi riguardanti la preparazione dei quadri più elevati e degli Stati Maggiori, per la parte relativa all'impiego coordinato delle tre forze armate_
Art. 3.
Attribuzioni relative ai quadri più elevati Il capo di Stato Maggiore della difesa viene consultato dal Ministro per la difesa sulla nomina dei capi di Stato Maggiore di forza armata e sulla destinazione ne i vari incarichi, in base alle indicazioni dei capi di Stato Maggiore delle singole forze armate, degli ufficiali generali ed ammiragli di grado non inferiore a generale di divisione o grado l:urrispumlt:ult:.
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Art. 4 .
Attività nel campo tecnico-scientifico Il capo di Stato Maggiore della difesa: a) sentiti i capi di Stato Maggiore delle tre forze annate, fissa gli obiettivi e stabilisce l'indirizzo degli studi e delle ricerche tecnico-scientifiche di interesse comune a più forze annate e dà direttive per gli sviluppi e per la utilizzazione dei risultati; b) per delega del Ministro per la difesa, mantiene con i Ministeri e con gli organi interessati rapporti volti a prevedere le esigenze della difesa del Paese nello specifico campo tecnico-scientifico.
Art. 5.
Attribuzioni e attività nel ca,:npo internazionale Il capo di Stato Maggiore della difesa: a) mantiene con gli alti Comandi militari alleati rapporti attinenti ai problemi militari di difesa comune; b) dichiara, a nome del Ministro per la difesa, l'indirizzo nazionale presso gli alti Consessi militari istituiti nel quadro degli Accordi internazionali di difesa; c) partecipa alla formulazione delle direttive per la pianificazione difensiva comune, per l'addestramento e per i programmi c he derivano dalle rispettive pianificazioni, in aderenza alle direttive del Ministro per la difesa e tenuto conto degli impegni militari esistenti; dj impartisce alle tre forze armate e agli enti civili che vi prendono parte le istruzioni per lo svolgimento delle maggiori esercitazioni internazionali che interessano la difesa; e) dichiara, a nome del Ministro per la difesa, nei Consessi militari internazionali, l'indirizzo nazionale nel campo delle attività tecnico-scientifiche ai fini della difesa; f) è consultato dal Ministro per la difesa sulle questioni concernenti i rapporti internazionali interessanti la difesa; g) è consultato dal Ministro per la difesa sulla destinazione ad incarichi in campo internazionale degli ufficiali indicati dai capi di Stato Maggiore di forza armata.
Art. 6.
Ordinamento Il capo di Stato Maggiore della difesa, per l'esercizio delle sue attribuzioni: a) è coadiuvato da un sottocapo di Stato Maggiore il quale è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la difesa, ed ha grado di generale di Corpo d'armata (o ammiraglio di Squadra o generale di Squadra aerea) in servizio permanente effettivo. Di massima il sottocapo di Stato Maggiore della difesa dovrà appartenere a forza armata diversa da quella del capo di Stato Maggiore della difesa; b) dispone di un proprio Stato Maggiore, ordinato in reparti e in uffici; ai reparti sono preposti ufficiali generali o ammiragli delle tre forze armate; c) ha alle sue dipendenze gli organi tecnico-militari e gli Istituti scientifici interforze costituiti nell'ambito della difesa, dei quali determina gli organici nei limiti delle dotazioni organiche complessive indicate dalle leggi in vigore.
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Il capo di Stato Maggiore della difesa propone al Ministro per la difesa, sentiti i capi di Stato Maggiore di forza armata, gli ufficiali da assegnare allo Stato Maggiore della difesa e agli organi tecnico-militari interforze dipendenti dallo Stato Maggiore della difesa.
Art. 7.
Posizione organica
Il capo di Stato Maggiore della difesa è considerato in soprannumero all'organico della forza armata di appartenenza. In caso di cessazione dalla carica tale soprannumero sarà riassorbito con il verificarsi della prima vacanza nell'organico del corrispondente grado. CAPO II STATI MAGGIORI DELL'ESERCITO,
DELLA MAR1NA E DELL' ÀERONAUTICA
Art. 8.
Configurazione delle cariche di capo di Stato Maggiore dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica I capi di Stato Maggiore dell'Esercito. della Marina e dell'Aeronautica: a) sono scelti tra gli ufficiali generali o ammiragli della rispettiva forza armata, di grado non inferiore a quello di generale di Corpo d 'armata, ammiraglio di Squara o generale di Squadra aerea; b) sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dal Ministro per la Difesa, udito il capo di Stato Maggiore della difesa; c) dipendono direttamente dal Ministro per la difesa, di cui sono gli alti consulenti per le questioni interessanti la rispettiva forza armata e dal capo di Stato Maggiore della difesa nell'ambito delle attribuzioni e dei poteri a questo conferiti dalla legge; d) sono responsabili, nel quadro delle direttive ricevute, della pianificazione e della programmazione tecnica e delle altre predisposizioni relative all'impiego della rispettiva forza armata; e) vengono consultati daJ Ministro per la difesa sulle questioni che possono comunque interessare l'organizzazione e l'efficienza della rispettiva forza armata; /) sono tenuti al corrente della situazione politico-militare per quanto può aver riflesso sulle predisposizioni belliche e sull'impiego della rispettiva forza armata; g) hanno rango gerarchico, nell'ambito della rispettiva forza armata, preminente nei riguardi di tutti gli ufficiali generali od ammiragli.
Art. 9.
Attribui.ioni I capi di Stato Maggiore di forza armata, sulla base degli indirizzi fissati dal Ministro per la difesa e delle direttive del capo di Stato Maggiore della difesa nell'ambito
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delle attribuzioni e dei poteri a questo conferiti dalla legge, sono competenti per la pianificazione e la programmazione tecnica e le altre predisposizioni relative all'impiego della rispettiva forza armata, nonché per il controllo dell'attuazione delle istruzioni emanate. Con particolare riguardo, essi, sulla base degli indirizzi e delle direttive suddette: a) sono sentiti collegialmente dal capo di Stato Maggiore della difesa per la pianificazione operativa e per la formulazione dei relativi programmi tecnico-finanziari; b) impartiscono alle competenti Direzioni generali direttive d'ordine tecnicomilitare per la migliore realizzazione dei programmi tecnico-finanziari approvati dal Ministro; e) defiscono i piani operativi particolari di forza armata;
d) determinano:
la composizione, l'organizzazione e lo schieramento delle forze; le modalità per l'attuazione della mobilitazione; la regolamentazione nei vari settori di attività tecnico-militare; i piani degli apprestamenti difensivi; gli organici del personale dei comandi, delle unità, delle scuole e degli enti vari, nei limiti delle dotazioni organiche complessive indicate dalle leggi in vigore; le dotazioni e le scorte di armi, materiali e mezzi; l'attività addestrativa della quale fissano gli obiettivi e le linee programmatiche; i programmi, le ricerche, gli studi e le esperimentazioni concernenti armi, materiali e mezzi di interesse della forza armata; le esigenze di personale civile per i comandi, le unità, le scuole e gli enti vari della forza armata; e) promuovono studi relativi: all'ordinamento della rispettiva forza armata ed aJJa circoscrizione territoriale che ad essa si riferisce; al reclutamento, allo stato, all'avanzamento, al governo disciplinare, ai criteri generali di impiego ed al trattamento economico del personale militare della forza armata; f) designano al Ministro per la difesa i generali di brigata o maggior generali o contrammiragli e gli ufficiali con qualifica di Stato Maggiore da destinare nei vari incarichi nell'ambito della rispettiva forza armata, nonché i colonnelli o capitani di vascello da destinare ai vari comandi o incarichi valevoli per l'espletamento delle attribuzioni specifiche; g) indicano al capo di Stato Maggiore della difesa, per il personale della rispettiva forza armata: l'impiego degli ufficiali generali od ammiragli di grado non inferiore a generale di divisione o grado corrispondente; l'impiego degli ufficiali destinati a ricoprire incarichi in campo internazionale; h) sono sentiti dal capo di Stato Maggiore della difesa sull'impiego degli ufficiali della rispettiva forza armata da assegnare allo Stato Maggiore della difesa e agli organi tecnico-militari interforze da questo dipendenti. L'attività logistica nell'ambito di ciascuna forza armata è devoluta al capo di Stato Maggiore il quale la esercita tramite un apposito Ispettorato di forza armata; tale organo provvede alla organizzazione, alla direzione e al controllo dei servizi logistici con particolare riguardo per la distribuzione, la conservazione, la manutenzione, la revisione, il raddobbo e la riparazione dei materiali approvvigionati e distribuiti alla forza armata dalle Direzioni generali competenti per materia, nonché alla gestione statistico-contabile delle scorte, al controllo dei consumi e della giacenze e alla indicazione alle varie Direzioni generali della ripartizione tra gli organi territoriali dei fondi occorrenti per l'espletamento del-
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le rispettive attività logistiche. I capi dei Corpi e dei Servizi che svolgono attività logistica sono posti alle dipendenze del capo di Stato Maggiore della rispettiva forza armata.
Art. 10.
Attribuzioni particolari del capo di Stato Maggiore dell'Esercito È di specifica competenza del capo di Stato Maggiore dell'Esercito disporre il concorso alla difesa aerea.
Art. 11.
Attribuzioni particolari del capo di Stato Maggiore della Marina
F. di specifica competenza del capo di Stato Maggiore della Marina: a) definire, in accordo con il Comando generale del Corpo della guardia di finanza, gli apprestamenti, l'organizzazione e le norme di impiego delle aliquote di forze e mezzi del Corpo stesso destinate ad essere impiegate dalla Marina;
b) concorrere alla definizione degli apprestamenti e della organizzazione delle navi e dei mezzi della Marina mercantile in previsione del loro impiego in guerra; c) disporre il concorso alla difesa aerea.
Art. 12.
Attribuzioni particolari del capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica
F. di specifica competenza del capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica: a) definire l'organizzazione della difesa aerea e coordinare l'impiego di tutti i mezzi che ad essa concorrono, ivi compresi quelli messi a disposizione dalle altre forze armate; b) presiedere all'alta direzione tecnica, operativa e di controllo dell'intero traffico aereo;
c) predisporre, con gli altri organi competenti, i piani per l'impiego, in caso di emergenza, delJ'aviazione civile.
Le attribuzioni di cui alla lettera b) sono esercitate mediante un apposito Ispettorato delle telecomunicazioni e dell'assistenza al volo.
Art. 13.
Rapporti con gli organi tecnico-amministrativi In relazione alle attribuzioni di cui ai precedenti articoli 9, 10, 11 e 12 i capi di Stato Maggiore di forza armata ciascuno per la rispettiva forza armata: hanno facoltà di inoltrare al Ministro proposte relative a leggi e a disposizioni regol a mentari; danno istruzioni, per delega del Ministro, ai competenti organi del Ministero della difesa per il soddisfacimento delle esigenze tecnico-logistiche e di quelle relative al personale militare.
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Art. 14.
Rapporti con gli organi periferici
I capi di Stato Maggiore dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, nell'ambito delle attribuzioni a loro conferite dalla legge, hanno alle dipendenze rispettivamente: comandi, ispettorati, grandi unità, reparti, istituti, scuole, enti e servizi dell'Esercito; alti comandi navali e marittimi, unità, enti autonomi, ispettorati, istituti, scuole e centri di addestramento della Marina; comandi, ispettorati, reparti, scuole ed enti dell'Aeronautica.
Art. 15.
Rapporti con autorità militari e civili Il cnpo di Stato Maggiore di ciascuna forza armata corrisponde direttamente con le autorità militari e civili nazionali per l'esplicazione dei suoi compiti e con quelle internazionali nei limiti degli accordi di difesa comune.
Art. 16.
Ordinamento Per l'esercizio delle sue attribuzioni ciascun capo di Stato Maggiore: è coadiuvato da un sottocapo di Stato maggiore che lo sostituisce in caso di temporanea assenza o di impedimento o di vacanza della carica. Il sottocapo di Stato Maggiore di ciascuna forza armata al grado di generale di Corpo d'armata o di divisione in servizio permanente effettivo dell'Esercito, di ammiraglio di Squadra o di divisione in servizio permanente effettivo della Marina, di generale di Squadra aerea o di divisione in servizio permanente effettivo dell'Aeronautica ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per la difesa, udito il capo di Stato Maggiore della rispettiva forza annata; dispone di un proprio Stato Maggiore di forza armata, ordinato in reparti e in uffici.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 18 novembre 1965
SARAGAT
MORO-ANDREOTTI-COLOMBO
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Decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1965, n. 1478, circ. n_ 43, G.M.
CAPO I ORGANIZZAZIONE GENERALE
Art. 1. L'organizzazione centrale del Ministero della difesa è la seguente: Gabinetto del Ministro; Segreterie particolari dei Sottosegretari di Stato; Ufficio del Segretariato Generale; Uffici centrali: • Ufficio centrale per gli studi giuridici e la legislazione; • Ufficio centrale del bilancio e degli affari finanziari; • Ufficio centrale per l'organizzazione, i metodi la meccanizzazione e la statistica; • Ufficio centrale per gli allestimenti militari; • Ufficio centrale per le ispezioni amministrative. Direzioni generali: • Direzione generale per gli ufficiali dell'Esercito; • Direzione generale per i sottufficiali e i militari di truppa dell'Esercito; • Direzione generale per il personale militare della Marina; • Direzione generale per il personale militare dell'Aeronautica; • Direzione generale per gli impiegati civili; • Direzione generale per gli operai; • Direzione generale della leva, del reclutamento obbligatorio, della militarizzazione, della mobilitazione civile e dei Corpi ausiliari; • Direzione generale delle armi e delle munizioni e degli armamenti terrestri; • Direzione generale delle costruzioni, delle a rmi e degli armamenti navali; • Direzione generale delle costruzioni, delle armi e degli armamenti aeronautici e spaziali; • Direzione generale degli impianti e dei mezzi per l'assistenza al volo, per la difesa aerea e per le telecomunicazioni; • Direzione generale della motorizzazione e dei combustibili; • Direzione generale di commissariato; • • • • • •
Direzione generale Direzione generale Direzione generale Direzione generale Direzione generale Direzione generale
dei lavori, del demanio e dei materiali del genio; della sanità militare; delle pensioni; delle provvidenze per il personale; del contenzioso; dt:i st:rvizi ge:=nerali.
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CAPO II GABINETTO, SEGRETERIE PARTICOLARI E ORGANI DI COORDINAMENTO
Art. 2. Il Gabinetto del Ministro per la difesa ha la seguente composizione: un capo di Gabinetto ufficiale, generale o ammiraglio; un segr etario particolare; non più di cinque ufficiali o impiegati delle carriere direttiva e di concetto, di cui soltanto due di grado superiore a tenente colonnello o di qualifica superiore a quelle corrispondenti degli impiegati civili; non più di sei sottufficiali o impiegati della carriera esecutiva, per i servizi di archivio; non più di sei sottufficiali o impiegati della carriera esecutiva pe r i servizi di copia.
In caso di eccezionali lavori, possono essere distaccati al Gabinetto del Ministro non più di tre ufficiali o impiegati delle carriere direttiva e di concetto del Ministero della difesa. I distacchi devono essere autorizzati con decreto ministeriale da r egistrare alla Corte dei Conti.
Art. 3. Le Segreterie particolari dei Sottosegretari di Stato per la difesa hanno la seguente composizione:
un segretario particolare; non più di due ufficiali di grado non superiore a t enente colonnello o impiegati delle carriere direttiva e di concetto con qualifica non superiore a que lla corrispondente al grado di tenente colonnello; non più di due sotlufficiali o impiegati della carriera esecutiva per i servizi di archivio; non più di tre sottufficiali o impiegati della carriera esecutiva, per i servizi di copia. Non sono ammessi distacchi di impiegati, sotto qualsiasi forma, alle dipendenze dei Sottosegretari di Stato.
Art. 4. Il segretario generale del Ministero della difesa è nominato con decreto del Presidente della Repubblica previa d eliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la difesa. e dipende diretlamente dal Ministro; è scelto fra i generali e gli ammiragli in servizio permanente effettivo di grado non inferiore a quelli di generale di corpo d'armata, di ammiraglio di Squadra e di generale di Squadra aerea. Il segretario generale:
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dà concrete direttive per l 'attuazione degli indirizzi generali segnati dal Ministro nel campo tecnico-amministrativo; coordina gli affari di maggiore importanza delle Direzioni generali e degli uffici centrali; dispone di un ufficio composto di: un capo ufficio, ufficiale, generale o ammiraglio, appartenente a forza armata diversa da quella del segretario generale; un segretario; non più di quindici ufficiali appartenenti alle tre forze armate o impiegati delle carriere direttive e di concetto; non più di ventiquattro sottufficiali appartenenti alle tre forze armate o impiegati della carriera esecutiva, per il servizio di archivio e di copia.
Art. 5. Nell'ufficio del segretario generale possono essere addetti ai servizi degli archivi riservati, nei limiti organici indicati nel precedente articolo 4, anche ufficiali di grado non superiore a quello di capitano, appartenenti al ruolo speciale unico delle Armi di fanteria, cavalleria, a rtiglieria e genio dell'Esercito o al ruolo del Corpo equipaggi militari marittimi o al ruolo servizi dell'Aeronautica.
Art. 6.
Al personale compreso negli organici degli uffici indicati ai precedenti articoli 2 e 3 compete l'indennità di Gabinetto di cui all'art. 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 novembre 1947, n. 1282, e successive modificazioni. Art. 7. Gli uffici centrali di cui al precedente art. 1 dipendono direttamente dal Ministro e di essi si avvale il segretario generale per l'esercizio delle funzioni di cui al precedente art. 4. Ai precedenti uffici centrali sono preposti impiegati con la qualifica di direttore centrale o ufficiali di grado non inferiore a generale di brigala o grado corrispondente. Le suddette funzioni sono conferite agli ufficiali con decreto del Presidente d ella Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, s u proposta del Ministro per la difesa.
Art. 8. L'Ufficio centrale per gli studi giuridici e la legislazione provvede: a predisporre gli atti per i rapporti con il Parlamento; a lla elaborazione e alla formulazione degli sch emi di provvedimenti legislativi e regolamentari interessanti l'Amministrazione della difesa e all'esame di quelli predisposti da altre Amministrazioni dello Stato; a lla predisposizione e alle altre incombenze per l'emanazione dei decreti presidenziali e ministeriali che non rientrano nella specifica competenza delle direzioni generali e degli altri uffici centrali; alla redazione delle pubblicazioni ufficiali periodiche di competenza;
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alla risoluzione di questioni di massima sulla interpretazione e sull'applicazione delle disposizioni di legge vigenti; ad assistere, nel campo giuridico, gli Stati Maggiori e gli organi centrali del Ministero.
Art. 9. l'Ufficio centrale del bilancio e degli affari finanziari procede: alla formulazione dello schema del preventivo di spesa e alle relative proposte di varianti, nonché all'esame e alla valutazione del bilancio consuntivo; all'attribuzione dei fondi stanziati, nel quadro delle direttive ricevute, ai competenti uffici della Difesa; ad eseguire studi, d'intesa con gli a.Itri uffici del Ministero, in materia di trattamenti economici del personale dipendente dal Ministero della difesa; a svolgere attività di consulenza finanziaria, economica e sulla gestione dei fondi; a promuovere direttive di carattere generale in relazione all'esercizio del bilancio e ai risultati delle verifiche amministrative e contabili; a svolgere attività di carattere amministrativo e finanziario in merito alla cooperazione inten1aziunal~.
Art. 10. L'Ufficio centrale per l'organizzazione, i metodi, la meccanizzazione e la statistica: soprintende agli studi sulla razionalizzazione delle strutture amministrative e sulla semplificazione delle procedure; ne coordina la realizzazione; soprintende agli studi sulla meccanizzazione dei servizi tecnico-amministrativi e ne coordina la realizzazione; raccoglie, elabora e pone a disposizione degli altri organi centrali dati statistici relativi a funzioni amministrative.
Art. 11. L'Ufficio centrale per gli allestimenti militari provvede: a raccogliere e ad elaborare dati e notizie riflettenti la capacità produttiva nazionale e a calcolare le scorte nazionali di materie prime, promuovendone la costituzione, sentiti gli altri Ministeri interessati; ad effettuare studi, progetti e prosposte per la mobilitazione industriale nazionale, per l'incremento della produzione nazionale dei settori che interessano le forze armate e per l'attività degli stabilimenti e degli arsenali militari ai fini delle esigenze civili; . alla tenuta dell'albo unico dei fornitori del Ministero della difesa e alla tutela dei brevetti di interesse militare; alla tutela e all'aggiornamento della situazione dei materiali delle forze armate e al coordinamento della attività di classificazione, standardizzazione e codificazione dei materiali.
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Art. 12. L'Ufficio centrale per le ispezioni amministrative provvede: al servizio delle ispezioni amministrative e contabili, con azione sia diretta che decentrata, promuovendo l'accertamento delle eventuali responsabilità e i conseguenti provvedimenti; ai rapporti con il Ministero del tesoro per l'attività a questo devoluta nel campo ispettivo.
CAPO III DIREZIONI GENERALI
ED ALTRI ORGANI MINJSTERJALI
Art. 13. La Direzione generale per gli ufficiali dell'Esercito provvede alla trattazione delle materie relative:
a l reclutamento, allo stato, all'avanzamento, alla disciplina, alla documentazione caratteristica e matricolare e al trattamento economico degli ufficiali dell'Esercito, nonché al loro impiego, ferme restando, per quanto riguarda quest'ultimo, le attribuzioni dei capi di Stato Maggiore; alla concessione e perdita di ricompense, distinzioni onorifiche e onorificienze per il personale militare dell'Esercito; all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle materie sopraindicate, con l 'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 14. La Direzione generale per i sottufficiali e i militari di truppa dell'Esercito provvede alla trattazione delle materie relative:
al reclutamento dei sottufficiali, nonché dei militari di truppa a lunga ferma dell'Esercito; allo stato, all'avanzamento, alla disciplina, alla documentazione caratteristica e matricolare e al trattamento economico dei sottufficiali e dei militari di truppa dell'Esercito, nonché al loro impiego, ferme restando, per quanto riguarda quest'ultimo, le attribuzioni del capo di Stato Maggiore dell'Esercito; all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle materie sopraindicate, con l'osservazione del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 15. La Direzione generale per il personale militare della Marina provvede alla tratta7.ione delle materie relative :
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al reclutamento degli ufficiali, dei sottufficiali e dei militari volontari del Corpo equipaggi militari marittimi; allo stato, all'avanzamento, alla disciplina, alla documentazione caratteristica e matricolare e al trattamento economico degli ufficiali, sottufficiali e militari del Corpo equipaggi militari marittimi, nonché al loro impiego, ferme restando, per quanto riguarda questo ultimo, le attribuzioni del capo di Stato Maggiore; alla concessione e perdita di ricompense, distinzioni onorifiche e onorificicnze per il personale militare della Marina; all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle materie sopraindicate, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 16. La Direzione generale per il personale militare della Aeronautica provvede alla trattazione delle materie relative: al reclutamento degli ufficiali, dei sottufficiali e dei militari di truppa a ferma volontaria dell'Aeronautica; allo stato, all'avanzamento, alla disciplina, alla documentazione caratteristica e matricolare e al trattamento economico degli ufficiali, ùt:i sottufficiali e dei militari di truppa dell'Aeronautica, nonchè al loro impiego, ferme restando, per quanto riguarda quest'ultimo, le auribuzioni del capo di Stato Maggiore; alla concessione e perdita di ricompense, distinzioni onorifiche e onorificicnze per il personale militare dell'Aeronautica; all'amministrazione dei i;apitoli di bilancio relativi alle materie sopraindicate, con l'osservanza del di sposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art . 17.
La Direzione generale per gli impiegati civili provvede alla trattazione delle materie relative all'assunzione, allo stato giuridico, all'impiego, all'addestramento, a llo svolgimento della carriera, alla di sciplina, alla documentazione caratteristica e matricolare e al trallamento economico e previdenziale degli impiegati civili della Difesa e dei professori di Accademie e Istituti militari, nonché dei magistrati militari e degli ufficiali del Corpo in congedo della giustizia militare. Provvede, altresl, all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi al personale anzidetto, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 18.
La Direzione generale per gli operai provvede alla trattazione delle materie relative:
all'assunzione, a llo stato giuridico, all'impiego, all'addestramento d'intesa con le direzioni generali competenti per ramo di servizio, allo svolgimento della carriera, alla disciplina, alla documentazione caratteristica e matricolare e al trattamento economico e previdenziale degli operai della difesa; agli allievi operai; Provvede, a ltresì, all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle mate-
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rie sopraindicate, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923; n. 2440.
Art. 19. La Direzione generale della leva, del reclutamento obbligatorio, della militarizzazione, della mobilitazione civile e dei Corpi ausiliari provvede:
all'organizzazione e allo svolgimento delle operazioni relative alla leva, alla selezione attitudinale e al reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nel1' Aeronautica; alla militarizzazione e alla mobilitazione civile; alla trattazione delle materie relative al reclutamento, allo stato, all'avanzamento, all'impiego, alla disciplina, alla documentazione caratteristica e matricolare, al trattamento economico del personale del Servizio dell'assistenza spirituale, del personale militare della Associazione dei Cavalieri italiani del Sovrano militare Ordine di Malta e del personale militare della Croce Rossa Italiana; alla trattazione delle pratiche relative ai militari caduti e dispersi in guerra e alla formazione dell'Albo d'Oro; all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle materie e al personale sopraindicati, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 20. La Direzione generale delle armi, delle munizioni e degli armamenti terrestri soprintende: alle seguenti attività pertinenti alle anni, alle munizioni, ai materiali di artiglieria e ai materiali per la difesa nucleare, biologica, chimica: studio e sviluppo tecnico; costruzione, produzione, trasformazione, approvvigionamento, distribuzione e conservazione; manutenzione, riparazione, revisione, recupero e alienazione; emanazione della relativa normativa tecnica;
alle attività di cui sopra per quanto concerne le apparecchiature e gli equipaggiamenti formanti parte integrante ed inscindibile dei complessi d'arma terrestri; a lla formazione, quando effettuata presso gli organi e gli stabilimenti dipendenti, di personale tecnico specializzato militare e civile per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi a lle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 21. La Direzione generale delle costruzioni, delle armi e degli armamenti navali sopraintende:
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alle seguenti attività pertinenti ai mezzi navali: studio e sviluppo tecnico; costruzione, produzione, trasformazione, approvvigionamento, distribuzione e conservazione; raddobbo, manutenzione, riparazione, revisione, recupero e alienazione; emanazione della relativa normativa tecnica; alle attività di cui sopra per quanto concerne le armi, le munizioni, gli armamenti, le apparecchiature e gli equipaggiamenti formanti parte integrante ed inscindibile dei complessi d'arma navali nonché, per quanto concerne i mezzi, le apparecchiature ed i materiali per gli sbarramenti subacquei o ad essi connessi; alla formazione, quando effettuata presso gli organi e stabilimenti dipendenti, di personale tecnico specializzato militare e civile per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 22. La Direzione generale delle costruzioni, delle armi e degli armamenti aeronautici e spaziali sopraintende:
a lle seguenti attività pertinenti ai mezzi vettori aerei e spaziali: stuclio e sviluppo tecnico; costruzione, produzione, approvvigionamento, trasformazione, distribuzione e conservazione; manutenzione, riparazione, revisione, recupero e alienazione; emanazione della relativa normativa tecnica; alle attività di cui sopra per quanto concerne le armi, le munizioni, gli armam enti, le apparecchiature e gli equipaggiamenti formanti parte integrante ed inscindibile dei complessi d'arma aeronautici e spaziali, nonché i materiali di aviolancio; alla formazione, quando effettuata presso gli organi e g li stabilimenti dipendenti, di personale tecnico c specializzato militare e civile pe1· le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 23. La Direzione generale degli impianti e dei mezzi per l'assistenza al volo, per la difesa aerea e per le telecomunicazioni sopraintende, salvo le attribuzioni di cui all'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1965, n. 1477. concernente l'ordinamento dello Stato Maggiore della difesa e degli Stati Maggiori dell'Esercito, della Marina e dell 'Aeronautica, in tempo di pace:
alle seguenti attività pertinenti agli impianti e ai mezzi per l'assistenza al volo, per la difesa aerea e per le telecomunicazioni, esclusi quelli formanti parte integra nte cd inscindibile dei complessi d'arma terrestri, navali, ae,rei e spaziali:
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studio e sviluppo tecnico; costruzione, produzione, approvvigionamento, trasformazione, distribuzione e consevazione; manutenzione, riparazione, revisione, recupero e alienazione; emanazione della relativa normativa tecnica; alla formazione, quando effettuata presso gli organi e gli stabilimenti dipendenti, di personale tecnico e specializzato militare e civile per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 24. La Direzione generale della motorizzazione e dei combustibili sopraintende:
alle seguenti attività pertinenti ai mezzi di combattimento cingolati, ruotati ed anfibi, agli automotoveicoli, ai combustibili e ai lubrificanti: studio
e
svilupo tecnico;
costruzione, produzione, approvvigionamento, trasformazione, distribuzione e conservazione; manutenzione, riparazione, revisione, recupero, alienazione; emanazione della relativa normativa tecnica; alla formazione, quando effettuata presso gli organi e gli stabilimenti dipendenti, di personale tecnico e specializzato militare e civile, per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 25.
La Direzione generale di commissariato sopraintende: alle seguenti attività pertinenti ai viveri, al vestiario, ai materiali di equipaggiamento e di casermaggio, ai foraggi, nonché ad altri materiali di uso ordinario determinati con decreto del Ministro: studio e sviluppo tecnco; costruzione, produzione, approvvigionamento, trasformazione, distribuzione e conservazione; emanazione della relativa normativa tecnica; alla formazione, quando effettuata presso gli organi e gli stabilimenti dipendenti, del personale tecnico e specializzato militare e civile, per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
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Art. 26.
La Direzione generale dei lavori, del demanio e dei materiali del genio sopraintende: alla progettazione, alla realizzazione e alla manutenzione delle costruzioni edili di ogni tipo (ordinarie e speciali); alle seguenti attività pertinenti ai materiali del genio: studio e sviluppo tecnico; costruzione, produzione, approvvigionamento, trasformazione, distribuzione e conservazione; manutenzione, riparazione, revisione, recupero e alienazione; emanazione della relativa normativa tecnica; alla formazione, quando effettuata presso gli organi e gli stabilimenti dipendenti, di personale tecnico e specializzato militare e civile per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre: alla trattazione delle materie relative all'acquisizione, all'utilizzazione, all'amministrazione e alla dismissione dei beni demaniali militari, fatte salve, in ogni caso, le attribuzioni demandate dal le leggi e dai regolamenti vigenti al Ministero delle finanze; alla trattazione di ogni questione attinente alla servitù e ai vincoli di varia natura connessi a proprietà demaniali militari; alla definizione di liquidazioni per danni a proprietà private; all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate nel presente articolo, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 27.
La Direzione generale della sanità militare sopraintende: all'attività sanitaria militare; alle seguenti attività pertinenti ai materiali sanitari e farmaceutici: studio e sviluppo tecnico; costruzione, produzione, approvvigionamento, trasformazione, distribuzione e conservazione; manutenzione, riparazione, revisione, recupero e alienazione; emanazione della relativa normativa tecnica; alla formazione, quando effettuata presso gli organi e gli stabilimenti dipendenti, di personale tecnico e specializzato militare e civile per le unità operative e per gli organi addestrativi, logistici e territoriali. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 28. Lo studio e lo sviluppo tecnico delle armi, dei mezzi e dei materiali da parte delle Direzioni generali di cui agli articoli dal 20 al 27 devono essere effettuati in collaborazione con gli organi di ricerca, studio e progettazione degli Stati Maggiori interessati;
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restano ferme le attribuzioni di carattere logistico devolute ai capi di Stato Maggiore di forza armata per quanto attiene le materie di competenza delle Direzioni generali predette. Art. 29. La Direzione generale delle pensioni provvede alle attività concernenti: il trattamento di pensione normale e privilegiato ordinario, nonché l'indennità «una tantum» e l'indennizzo privilegiato aeronautico, spettanti a l personale militare e civile dipendente dal Ministero della difesa; il riscatto e il riconoscimento dei periodi di servizio computabili ai fini pensionistici; l'autorizzazione del pagamento di indennità connesse al trattamento di quiescenza; il pagamento degli assegni connessi alle ricompense al valor militare e delle pensioni spettanti agli insigniti dell'Ordine Militare d'Italia; i progetti per il calcolo dell'assegno integratore in aggiunta alle pensioni di guerra e i progetti di liquidazione delle indennità di buona uscita. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n_ 2440.
Art. 30. La Direzione generale delle provvidenze per il personale soprainLende:
alle attività assistenziali, culturali e ricreative a favore del personale militare e civile comunque dipendente dal Ministero della difesa e di quello cessato dal servizio, nonché delle famiglie del personale stesso; alle attività tendenti a far conseguire al personale militare, mediante la frequenza di corsi interni o esterni, qualificazioni professionali civili, nonché a quelle rivolte ad agevolare il collocamento dei militari che cessano dal servizio. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n_ 2440.
Art- 31. La Direzione generale del contenzioso provvede:
alla trattazione del contenzioso speciale in materia di leva; a lla istruttoria ed alle altre incombenze relative ai ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica; alla raccolta ed alla elaborazione degli clementi necessari per la trattazione dei ricorsi giurisdizionali e per i giudizi che comunque interessano l'Amministrazione della difesa, instaurati davanti alla magistratura ordinaria ed amministrativa ed ai collegi arbitrali; alla stipulazione degli atti di transazione a seguito degli accordi intervenuti durante lo svolgimento del giudizio;
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all'azione di competenza dell'Amministrazione nei giudizi di responsabilità contabile e amministrativa; alla liquidazione degli indennizzi e dei risarcimenti di danni nelle materie di competenza nonché delle spese di liti; alla trattazione di pratiche inerenti ai sinistri e agli infortuni, compresa la stipulazione di transazioni intese a prevenire le liti. La Direzione generale provvede inoltre all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle attività indicate al comma precedente, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 32. La Direzione generale dei servizi generali sopraintende:
agli affari connessi con i servizi di competenza del Provveditorato generale dello Stato relativi agli organi centrali; alle gestioni affidate ai consegnatari-cassieri; ai servizi poligrafici ed ai servizi generali, determina ti con decreto de l Ministro, relativi al funzionamento degli organi centrali difesa; agli archivi generali. Provvede inoltre alle incombenze amministrative relative al servizio dei trasport i ferroviari, per via ordinaria, per via marittima e per via aerea interessanti le forze armate, alle esigenze di manovalanza degli organi centrali ed a quelle connesse ai trasporti. La Direzione generale provvede infine all'amministrazione dei capitoli di bilancio relativi alle predette attività, nonché di quelli relativi alle spese generali per gli Enti e i Corpi Militari, alle spese per la propaganda per le tre forze armate, alle spese di rappresentanza, per riviste e per cerimonie, nonché alle spese connesse al funzionamento delle biblioteche, con l'osservanza del disposto degli articoli 49 e 52 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Art. 33. Il comandante generale dell'Arma dei carabinieri può provvedere, su delega del Ministro per la difesa, direttamente all'amministrazione dei capitoli di propria competenza con facoltà analoghe a quelle dei direttori generali.
Art. 34. È istituito, alle dipendenze del capo dell'ufficio del segretario generale del Ministero della difesa, un Raggruppamento autonomo comandato da un ufficiale con grado di generale di brigata o corrispondente, con i seguenti compiti: inquadramento dei militari di truppa dell'Esercito, della Marina e della Aeronautica comunque impiegati presso il Ministero della difesa e presso gli Stati Maggiori; inquadramento dei reparti automobilistici dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica impiegati per le esigenze del Ministero della difesa e degli Stati Maggiori.
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Art. 35. È istituito, alle dipendente del capo dell'ufficio del segretario generale del Ministero della difesa, l'Ufficio amministrazioni speciali che provvede alla corresponsione degli assegni ai personali militari dipendenti dall'Amministrazione centrale della difesa o che si trovino in speciali posizioni in Italia o all'estero e che non abbiano un proprio centro amministrativo, nonché alle operazioni amministrative e contabili affidate dal Ministro all'ufficio stesso.
Art. 36. L'Ispettorato delle telecomunicazioni e dell'assistenza al volo, dalla data stabilita dal Ministro per la difesa ai sensi dell'art. 40, conserva la sola competenza a carattere operativo per le esigenze militari e civili nel campo dell'assistenza al volo e per la difesa aerea ed è posto alle dipendenze del capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica. Le attuali attribuzioni tecnico-amministrative dell'Ispettorato delle telecomunicazioni e dell'assistenza al volo, strettamente connesse all'attività delle telecomunicazioni e dell'assistenza al volo, sono trasferite alla Direzione generale competente per materia, con le modalità indicate nel citato art. 40.
Art. 37. L'Ispettorato del servizio veterinario, dalla data e con le modalità stabilite dal Ministro per la difesa ai sensi dell'art. 40, passa alle dipendenze del capo di Stato Maggiore dell'Esercito conservando le attuali attribuzioni, salvo quelle d 'ordine amministrativo che vengono trasferite alle Direzioni generali competenti per materia.
CAPO IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
... omissis ... Dato a Roma, addì 18 novembre 1965 SARAGAT 25
MORO - ANDREOTTI - COLOMBO
Piero Ostellino. Luigi Caligaris. / nuovi militari. Mondadori, Milano, 1973, pag.
188. Ibidem, pag. 189. Vds. precedente nota n. 25. 28 Nel 1978 il segretario generale unico assunse anche le funzioni di direttore generale delle armi, delle munizioni e degli armamenti terrestri (D.P.R. 3-IV-1978, circ. n. 384, G.M. 1978, pag. 1506). 29 Legge 8-III-1968, n. 200, circ. n. 279, G.M. 1968, pag. 1207. Istitu zione del comitato dei capi di stato maggiore e varianti alla legge 12-XI-1955, n. 1137: D.P.R. 13-X-1972, n. 781 , circ. n. 783, G.M. 1972, pag. 3937: Ordinamento e modalità di funzionamento 26
27
del Cnmitatn dei capi di Statn Maggiore.
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FILIPPO STEFANI
30 Legge 8-Ill-1968, n. 176, (circ. n. 277, G.M. 1968, pag. 1203). Varianti alla legge 9-1-1951, n. 167 sul Consiglio superiore delle forze armate e successive modifiche. D.P.R.-l-VI-1977 (circ. n. 461 , G.M. 1977, pag. 1793): Integrazione legge 9-1-1951, n. 167, istitutiva Consiglio superiore FF.AA. 3 1 Piero Ostellino. Luigi Caligaris. I nuovi militari. Op. cit., pag. 189. 32 Legge 16-IX-1960, n. 1015 (circ. n. 421, G.M. 1960, pag. 1405) Modifiche alla legge 12-Xl-1955, n. 1137, già modificata con la legge 27-XI-1958, n. 295: Legge 20-X-1960, n. 1189 (circ. n. 446, G.M. 1960, pag. 1475). Legge 9-V-1961, n. 416 (circ. n. 289, G.M. 1961, pag. 1111). Legge 27-IX-1962, n. 1419 (circ. n. 448, G.M. 1961, pag. 1626). Legge 18-X-1962, n. 1499 (circ. n. 55, G.M. 1962, pag. 181). Limiti di età. Legge 7-Xl-1962, n. 1598 (circ. n. 505, G.M. 1962, pag. 1137). Legge 16-Xl-1962, n. 1622 (circ. n. 506, G.M. 1962, pag. 1806): Riordinamento dei ruoli degli ufficiali in s.p.e.. Legge 2-III-1963 n. 308 (circ. n. 309, G.M. 1963, pag. 1148). Legge 18-X-1962, n. 1499, (circ. n. 478. G.M. 1962, pag. 1700): Limiti di età per gli ufficiali e sottufficiali. Legge 25-V-1962, n. 417 (circ. n. 298, G.M. 1962, pag. 1094) Modifiche allo stato giuridico di cui alla legge 10-IV-1954, n. 113. Legge 21-Il-1963. n. 326 (circ. n. 309, G.M. 1963, pag. 1148). Legge 16-X-1964, n. 1148, (circ. n. 430, G.M. 1964, pag. 1586). Legge 14-11-1964, n. 39 (circ. n. 121, G.M. 1964, pag. 1586). Legge 14-U-1964, n. 39 (circ. n. 121 , G.M. 1964, pag. 428). Stato degli ufficiali. Legge 6-VI-1965. n. 235 (circ. n. 231, G.M. 1965, pag. 657). Legge II-V-1966, n. 334 (circ. n. 279, G.M. 1966, pag. 1012). Legge 2-II-1968, n. 63 (circ. n. 147, G.M. 1968, pag. 695). Legge 21-III-1969, n. 97 (circ. n. 323, G.M. 1969, pag. 1493). Legge 26-V-1969, n. 260 (circ. n. 497, G.M. 1969, pag. 2094). Legge 10-Vl-1969, n. 309 (circ. n. 505, G.M. 1969, µag. 2260). Legge 10-VII-1969, n. 375 (circ. n. 563, G.M. 1969, pag. 2516). Legge 25-III-1971, n. 185 (circ. n. 310, G.M. 1971, pag. 1643). Legge 22-VII-1971, n. 536 (circ. n. 565, G.M. 1971 , pag. 2590). Norme in materia di avanzamento degli ufficiali e sottu/ficiali in particolari situazioni. Legge 9-X-1971, n. 908 (circ. n. 836. G.M. 1971, pag. 3765). Abrogazione delle nonne sul matrimonio per i dipendenti delle FF.AA. Legge 6-XII-1971, n. 1082 (circ. n. 59, G.M. 1972, pag. 209). Legge 20-X-1972, n. 915 (circ. n. 838, G.M. 1971, pag. 3767). Legge 26-XI-1971, n. 28 (circ. n. 839, G.M. 1971. pag. 3768). Legge 16-IV-1973, n. 175 (circ. n. 261, G.M. 1973, pag. 1072). Legge 10-XII-1973, n . 804 (circ. n. 769, G.M. 1973, pag. 3679). Modifiche alla legge 18-III-1%8, n. 249, modificata con legge 28-X-1970, n. 775. Legge 5-VI-1973, n. 339 (circ. n. 356, G.M. 1973. pag. 1483). Legge 22-X-1973, n. 666 (circ. n. 666,G.M.1973, pag. 3331). Legge30-I-1974,n. 12 (circ. n. 170, G.M. 1974, pag. 720). Legge 18-VI-1974, n. 257 (circ. n. 438, G.M. 1974, pag. 2463). D.P.R. 20-II-1975 (ci rc. n. 142, G.M. 1975, pag. 542) «Var. D.P.R. II-VII-1974». Legge 18-UI-1968, n. 249. Legge 27-V-1975, n. 178 (circ. n. 271, G.M. 1975, pag. 1571). Legge 2-V-1977, n. 228 (circ. n. 329, G.M. 1977, pag. 1297). D.L. 23-XII-1978, n. 814 (circ. n. 9. G.M. 1979, pag. 66). D.M. 19-11-1979, n. 52 (circ. n. 134, G.M. 1979, pag. 583). Legge 24-XII-1979, n. 671 (circ. n. 35, G.M. 1980, pag. 140). Legge 8-1-1979, n. 5 (circ. n. 38, G.M. 1979, pag. 306). A tale serie di provvedimenti riguardanti tutte e tre le forze armate si aggiunsero quelli specifici di forza armata e, in particolare, per l'esercito: Legge 9-III-1961, n. 202 (circ. n. 173, G.M. 1961, pag. 744). Legge 16-XI-1962, n. 162 (circ. n. 506, G.M. 1962, pag. 1806). Legge 2-III-1963, n. 308 (circ. n. 184, G.M. 1963, pag. 611)) «Mod. alla legge 16-XI-1962, n. 1622 circa il riordinamento dei ruoli». Legge 18-XI-1964, n. 1249 (circ. n. 467, G.M. 1964, pag. 1695) Modifiche alla legge 16-XI-1962, n.1622 e alla legge 2-lll-1963, n. 308 sul riordinamento dei ruoli degli ufficiali in s.p.e. dell'esercito». Legge 18-XI-1964, n. 1249, (circ. n. 407, G.M. 1964, pag. 1695 «MO(L legge 16-XI-1962, n.1622 e legge 2-IIl-1963 n. 308 sul riordinamento dei ruoli degli ufficiali in s.p.e. de/l'esercito Legge 18-XII-1964, n. 1414 (circ. n. 27, G.M. 1965, pag. 60) R eclutamento degli ufficiali dell'esercito. Legge 30-VI-1973, n. 489 (circ. n. 475, G.M. 1973, pag. 2077) Modifiche alla legge 18-Xll-1964, n. 1414. Legge 2-XII-1975, n. 626 (circ. n. 786, G.M. 1975, pag.3141) Riordinamento del ruolo speciale unico dell'Esercito. 33 Giuseppe Giraudo (1909-1987), generale di Corpo di Armata. Sottotenente di artiglieria, frequentò l'accademia. la scuola di applicazione e i corsi della scuola di
CAP. LIX - L'ITALIA E LA QUESTIONE MILITARE DEGLI ANNI ECC.
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guerra. Partecipò alla 2• guerra mondiale sulla fronte russo. Ricopri incarichi di stato maggiore e partecipò alla Resistenza quale addetto all'organizzazione militare clandestina in Roma ed in Torino. Comandò il reggimento di art. a cavallo. Sottocapo di S.M. del nucleo comando designato 3a armata, capo di S.M. del Comiliter di Bologna, vice capo di Gabinetto del ministro della difesa. Comandò l'art. della divisione «Granatieri di Sardegna» e la divisione corazzata «Centauro». Presso l'organizzazione centrale, fu direttore generale dell'artiglieria, sottocapo di S.M. dell'esercito, capo di gabinetto del ministro della difesa, dal 5-11-1964 al 31-1-1966, segretario generale per l'esercito e dal 1°-7-1966 al 30-7-1972 fu segretario generale del ministero della difesa. 34 Le principali leggi riguardanti i sottufficiali in genere e in particolare quelli dell'esercito furono: Legge 2-6-1959, n. 353 (circ. n. 31, G.M. 1959, pag. 1057)Norme per l'inquadramento economico dei sottufficiali delle tre forze armate. Legge 14-11-1960, n. 1191 (circ. n. 443, G.M. 1960, pag. 1472) Organici dei sottufficiali dell'esercito. Legge 23-6-1962, n. 882 (circ. n. 361, G.M. 1962, pag. 1314) Modifiche alla legge 14-X-1960 n. 1191. Legge 18-X-1962 n. 1499 (circ. n. 478, G.M. 1962, pag. 1700) Limiti di età. Legge 29-1-1975, n. 14, (circ. n. 142, G.M. 1975, pag. 422). Legge 10-6-1964, n. 447 (circ. n. 262, G.M. 1964, pag. 983) Norme per i volontari dell'esercito, della marina e dell'aeronautica e nuovi organici dei sottufficiali in s.p.e. delle tre forze armate. Legge 9-7-1967, n. 564 (circ. n. 338, G.M. 1967, pag. 1189) Organici dei sottufficiali e militari di truppa dell'arma dei carabinieri. Legge 28-3-1968, n. 397 (circ. n. 350, G.M. 1968, pag. 1526) Norme sul reclutamento dei sottufficiali dell'arma dei carabinieri. Legge 2-2-1970, n. 56 (circ. n. 223 G.M. 1970, pag. 683) Organici dei sottufficiali e dei militari di truppa dei carabinieri. Legge 22-11-1973, n. 872 (circ. n. 61, G.M. 1973, pag. 194). Legge 29-7-1975, n. 392 (circ. n. 511, G.M. 1975, pag. 2223) Modifiche legge 12-11-1955, n. 1137 riguardante l'arma dei carabinieri. Legge 29-1-1975, n. 14 (circ. n. 142, G.M. 1975, pag. 422) Nuovi organici dei sottufficiali in s.p.e. dell'esercito. 35 Legge 18-2-1963, n. 164 (circ. n. 168, G.M. 1963, pag. 517) Riduzione della ferma di leva. Legge 21-5-1975, n. 191 (circ. n. 349, G.M. 1975, pag. 1403)Nuove norme per il servizio di leva. Legge 31-3-1966, n. 259 (circ. n. 246, G.M. 1966, pag. 879) Facoltà di adempiere volontariamente agli obblighi di leva al compimento del 18° anno di età. Legge 18-11-1975, n. 590 (circ. n. 785, G.M. 1975, pag. 3149) Obblighi di servizio per sot(ufticiali, graduati e militari volontari di truppa dell'esercito. 36 D.P.R. 9-4-1962 (circ. n. 355, G.M. 1962, pag. 1299) Mod. al regolamento del T.U. delle disposizioni legislative sul reclutamento dell'esercito approvato con R.D. 3-4-1942, n. 1133. D.P.R. 14-2-1964, n. 237 (circ. n. 178, G.M. 1964, pag. 664) Leva e reclutamento obbligatorio. 37 D.P.R. 28-5-1964, n. 496 (circ. n. 282, G.M. 1964, pag. 1095) Elenco delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare. D.M. 4-4-1975 (circ. n. 278, G.M. 1975, pag. 914) Var. al D.M. 9-1-1936 e successive modifiche circa gli elenchi di imperfezioni e infermità ... ». 38 D.P.R. 14-2-1964, n. 237. Circolare n. 178 del 14-2-1964, G.M. 1964, pag. 664. 39 D .M . 15-3-1961 (circ. n. 193, G.M. 1961, pag. 772). 4 0 Legge 14-3-1968, n. 273 (circ. n. 287, G.M. 1968, pag. 1227). 41 Legge 8-3-1968, n. 180 (circ. n. 278, G.M. 1968, pag. 1205) Mod. legge 20-12-1932, n. 1849, T.U. leggi sulle servilù militari. Legge 24-12-1976, n. 898, (circ. n. 46, G.M. 1977, pag. 175). 42 Legge 15-12-1972, n. 772 (circ. n. 989, G.M. 1972, pag. 3976) Norme per il riconoscimenlo dell'obiezione di coscienza. Legge 24-12-1974, n. 695 (circ. n. 61 , G.M. 1975, pag. 200). Legge 21-3-1974, n. 249 (circ. n. 424, G.M. 1974, pag. 2355) Disposizioni prima applicazione legge 15-12-1972, n. 772 D.P.R. 28-11-1977, n. 1139 (circ. n. 273, G.M. 1977, pag. 957). 43 D.P.R. 25-5-1962 (circ. n. 79, G.M. 1962 pag. 231) Modifiche del regolamenlo di disciplina. Regolamento di disciplina del 31-10-1964 firmato dal presidente del Senato,
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FILIPPO STEFANI
on. Meragora, facente funzione di capo dello Stato e dal ministro della difesa, on. Andreotti, entrato in vigore il 15-1-1965, abrogativo dei decreti 24-6-1929, 13-11-1924, 12-5-1942. 44 D.P.R. 18-11-1965 n. 1481 (circ. n. 46, G.M. 1966, pag. 330). D.P.R. 5-6-1976, n. 1077 (circ. n. 598, G.M. 1976, pag. 2521) Applicazione regolamento per gli stabilimenti e arsenali militari a carattere militare. 45 Eugenio Henke (1909), ammiraglio di squadra. Iniziò la carriera nel 1931 quale guardiamarina. Durante la seconda guerra mondiale fu sempre imbarcato prima su c.t. «Gioberti», quale comandante in 2\ poi sul T. «Orso» quale comandante e sul cacciasommergibile «S. Alfonso» quale comandante del gruppo addestramento mobile. Dopo il conflitto ha ricoperto vari incarichi tra i quali quello di sottocapo di Stato maggiore del comando superiore siluranti, del comando della 3• divisione navale e del dipartimento militare di Napoli. Da capitano di fregata comandò la l • e la 2• squadriglia del comando navale e, da capitano di vascello, la flottiglia scuola comando. Vice capo di gabinetto del ministro della Difesa, capo di Stato maggiore aggiunto del comando in capo della squadra navale, capo ufficio del segretario generale della marina e comandante di Marina - Roma., È stato poi, da ammiraglio di divisione, capo di stato maggiore delle forze navali, comandante della 4 8 divisione navale, capo ufficio del segretario generale della difesa. Nel 1965 assunse la carica di capo del servizio informazioni della difesa. Dal 18 ottobre 1970 al 12 aprile 1972 fu comandante in capo della squadra navale, poi comandante del Mediterraneo centrale e vice-presidente della sezione Marina del Consiglio superiore delle forze armate. Dal 1-VIII-1972 al 31-I-1975 ha ricoperto la carica di capo di Stato maggiore della difesa. 46 Enzo Marchesi (1907), generale di corpo d'armata. Sottotenente di fant. (alpini) dal 16-8-1929. Ha compiuto i corsi dell.'Accademia della scuola di applicazione e della scuola di guerra. Ha partecipato al 2° conflitto mondiale ed alla guerra partigiana prima nella banda «Moriglio» e poi nella divisione partigiana« Valle Stura». Ha ricoperto molteplici incarichi di S.M.: capo di S.M. del 30° CA, capo ufficio operazioni dello S.M. esercito, capo di S.M. delle F.T.A.S.E. Ha comandato il 4° reggimento alpini, la brigata alpina «Julia», la Regione militare della Sicilia. il 4° C.A. alpino. È stato capo di S.M. dell'Esercito dal 28-2-68 al 14-1-70 e Capo di S.M. della Difesa dal 15-1-70 al 26-4-1971. 4 7 Convegno del P.C.T. 20-21 febbraio 1974. Convegno su Il rinnovamento delle forze armate nel rinnovamento dello Stato e del paese 12, 13, 14 dicembre 1975. 4 8 Legge 2-7-1978, n. 382 (circ. n. 522, G.M. 1978, pag. 2104). 49 Ministero della Difesa. Libro Bianco della Difesa_ Roma, gennaio 1977. Il libro comprende una premessa, 9 capitoli, 50 allegati. Cap. I: I fondamenti della politica di difesa_ Cap. II: Le spese per la difesa. Cap. 11I: La ristrutturazione delle forze armate. Cap. IV: Lu strumento militare. Cap. V: Il personale militare. Cap. VI: Il personale civile. Cap. VII: Pianificazione, programmazione e leggi promozionali. Cap. VIII: Rice rca e sviluppo, produzione ed acquisizione di armi e mezzi. Cap. IX: Prospettive. Il volume fotografa la situazione delle forze armate a metà degli anni settanta e costituisce una fonte di notizie di grande valore sia per l'ufficialità del testo, sia per la completezza con la quale venne esposta la questione militare. Per la prima volta nella storia d'Italia il governo espose al Parlamento ed al paese in termini reali i problemi militari e ne esaminò l'esatta collocazione nel contesto politico generale. Il ministro della difesa, on. Vito Lattanzio, che volle e realizzò, con la collaborazione diretta dello stato maggiore dell a difesa e degli stati maggiori di forza armata, il libro, affermò nella introduzione di voler presentare le Forze Armate quali esse sono, senza infingimenti e senza apologie, negli aspetti morali e materiali, negli ordinamenti e nelle strutture, nella vasta tematica dei loro problemi e delle prospettive verso il futuro; anche perchè da questa presentazione possano scaturire osservazioni, commenti e suggerimenti per la continuazione del dialogo con l'opinione pubblica. Il libro bianco ruppe finalmente un si lenzio durato a lungo e fu un tardivo, ma pur sempre a pprezzabile, atto di responsahilit.à cli cu i le forze armate furono grate al ministro Lattanzio, che fu anche il pro-
CAP. LIX - L'ITALIA E LA QUESTIONE MILITARE DEGLI ANNI ECC.
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motore delle leggi promozionali e che lasciò di sé un buon ricordo nell'ambiente militare per essersi immedesimato della questione militare, ed essersi adoperato per tentare di riparare all'abbandono nella quale era stata lasciata ed essersi fatto autorevole interprete dell'allarme lanciato dai vertici militari agli inizi degli anni settanta. 50 Le forze armate si trovarono, agli inizi degli anni settanta, invecchiate nei mezzi e con disponibilità inadeguate al loro rinnovamento per la trascuratezza con la quale erano state trattate per oltre 15 anni. La crisi si era rapidamente accentuata verso la fine degli anni sessanta per la necessità di devolvere, in quantità sempre maggiore, fondi per fronteggiare le crescenti esigenze del personale in relazione all'evoluzione sociale del paese. Per tentare un primo rinnovamento qualitativo delle unità, alla metà del 1974 vennero individuati gli specifici settori tecnico-operativi abbisognevoli di un primo urgente intervento: mobilità tattica, difesa controcarri e difesa contraerei per l'esercito; rinnovo dell'intera linea operativa per la marina; velivoli per la contraviazione e per l' intervento diretto e indiretto, nonché apparecchiature elettroniche per l'aeronautica. La terapia d'urto fu individuata nelle leggi promozionali che previdero un'assegnazione di: 1000 miliardi in 10 anni per la marina (legge 22-3-1975, n. 57), 1115 miliardi per l'esercito e di 935 miliardi per l'aeronautica. 51 Principali interventi dell'esercito per esigenze di pubblica calamità:
PERIODO
EMERGENZA
REPARTI INTERVENUTI
ENTITÀ DEL CONCORSO
28.10-7.11/1946
PORTO S. STEFANO -Alluvione ed epidemia di tifo
CLXXXIV btg. misto D.f. «Folgore»
1 U. - 40 SU. e Tr. - 1 nucleo sanitario del 57° ospedale da campo con 40 posti letto.
4.9.-2.10/1948
MONFERRATO - Alluvione che interessa vaste zone dell'Astigiano e dell'Albese
Reparti della D.f. «Cremona» ed in particolare il 52° rgt.a.cam.
10400 g/u. - 600 g/au. - 700 g/cisterne - km 12000.
27.11-8.12/1948
BASSA FERRARESE - Alluvione e straripamento del PO e del Reno
2° rgt. pontieri; 40° rgt.f.
4 U. - 6 SU. - 143 Tr. - 23 natanti e 2 fotoelettriche.
6.12-12.12/1950
Eruzione dell'ETNA - Interventi di sgombero di personale e materiali delle aree minacciate dalla lava
-
232 viaggi per 4800 km.
14.11-5.12/1951 e poi fino al 5.1/1952
POLESINE - Straripamento dell'Adige e del Po. - Zona a nord del CANAL BIANCO.
V COMILITER
235 U. - 367 SU. - 5901 Tr. - 785 au. - 21 mezzi speciali - 160 natanti - 8 stazioni fotoelettriche 45 sta.radio - 30 ambulanze - 1 treno ospedale.
POLESINE
VI COMILITER
72 U. - 116 SU. - 1847 Tr. - 366 au. - 41 mezzi speciali - 220 natanti - 6 fotoelettriche - 22 sta.radio
REGGIO CALABRIA
5° rgt.f. - 24° rgt.a.cam. - cp. g. e c.p.t. della D.f. «Aosta».
15 U. - 13 SU. - 274 Tr. e 48 au.
22.10-30.10/1953
45° rgt.f. 5° rgt.f. 22° rgt.a.
PERIODO
5.2-25.2/1956
7 .2.-8.3/1956
EMERGENZA
REPARTI INTERVENUTI
ENTITA DEL CONCORSO
MARCHE - UMBRIA-ABRUZZI. Nevicate eccezionali.
- 18° rgt. c/a pe. - SA USA (Foligno); - 8° C.A.R.; - 4° e 8° rgt. alp.
PUGLIA - LUCANIA. Nevicate eccezionali
- 9° rgt.f. - 14° rgt.a. - Reparto Trasporti «Pinerolo».
90 g/U. · 164 g/SU. - 2395 g/Tr. 108 au. per 27000 km.
cp. g.p. «Pinerolo» Parco Mobile «Pinerolo» cp.t. «Pinerolo»
2716 g/U. - 120 automezzi per 28702 km
-
-
30 U. - 30 SU. - 300 Tr.; plotoni sciatori.
10.2-26.2/1956
LAZIO e CAMPANIA. Nevicate eccezionali.
13° rgt.a.cam.
48 U. - 110 SU. - 640 Tr. - 118 au.
14.6-18.6/1957
VAL D'AOSTA, Valli SUSA, CHISONE · VARAITA, MAIRA sono sconvolte dalle acque di fiumi e torrenti in piena.
Reparti della D.f. «Cremona» (22°-21° e 157° rgt.f., 7° rgt.a. cam). Reparti della B.alp. «Taurinense» (40 rgt.alp. e 10 rgt.a.mar). - Nizza Cavalleria
71 U. - 90 SU. - 2167 Tr. - 232 au. e 70 quadrupedi.
20.4-5.5/1960
Modenese - Straripamento del F. Secchia
2° rgt. pontieri.
3. U. · 12 SU. - 160 Tr. 5 U. - 8 SU. - 220 Tr. - 17 mezzi speciali · 18 au. · 20 natanti.
PERIODO 10.10-21.12/1963
REPARTI INTERVENUTI
EMERGENZA VAJONT
IV C.A.; ve.A.; Truppe Carnia (All. 5). TOTALE
1.9-18.9/1965
ALTO ADIGE - Piogge torrenziali interrompono la SS. 44 del BRENNERO, la linea ferroviaria BOLZANO-MERANO e la SS. 12 di Val d'Adige.
5° 6° 2° 5° 2°
TRENTINO. Piogge torrenziali.
4° rgt.a.pe.cam. 2° rgt.g. TOTALE
PIANURA VENETO-FRIULANA. Straripamento del TAGLIAMENTO-LIVENZA-MEDUNA e PIAVE
133 U. · 190 SU. · 3842 Tr. 338 U. · 255 SU. · 5393 Tr. 4 u. · 3 su.· 55 Tr. 575 U. - 448 SU. - 9290 Tr. 10 u. - 5 su.· 339 7 u. - 3 su.· 70 43 u. - 70 SU. - 1850 5 u. - 4 su. - 151 14 U. - 28 su.· 394
rgt. alp. rgt. alp. rgt. alp. rgt.a.mon. rgt.g. TOTALE
3.9-15.9/1965
ENTITA DEL CONCORSO
- 182° rgt.f.cor. «Garibaldi» - 33° rgt.a.cam. - btg.g.p. «Folgore» - Reparti D.cor. «Ariete» -
3° rgt.msl. 5° rgt.g.
-
3° rgt.a.mon. 2° rgt.g. V Autogruppo C.A.
- Scuola della Motorizzazione (RM)
Tr. Tr. Tr. Tr. Tr.
79 U. - 105 SU. - 2804 Tr. 6 u. - 6 SU. - 135 Tr. 6 U. - 15 SU. - 153 Tr. 6 fotoel. 30 au. 12 U. - 21 SU. - 288 Tr. 48 U. - 43 SU. - 975 Tr. - 133 au. - 30 natanti. - 377 U. - 380 SU. - 5785 Tr. - 607 au. - 144 Ml 13 - 9 fotoelettriche. - 6 U. - 5 SU. - 142 Tr. - 32 U. - 44 SU. - 691 Tr. - 93 au. - 8 fotoel - 6 U. - 5 SU. - 142 Tr. - 1 U. - 2 SU. - 14 Tr. - 8 U. - 2 SU. - 76 Tr. - 42 automezzi. - 19 U. - 41 SU. - 521 Tr. · 263 au.
PERIODO
Novembre 1966
4.11-7.11 4:11-7.11 4.11-30.11
4.11-24.11 Novembre 1966 (4 nov.)
EMERGENZA
Pianura Veneto-Friulana ed altre zone d'Italia - Piogge torrenziali con straripamenti di fiumi e torrenti - LODI e RHO
REPARTI INTERVENUTI
30 u. - 124 su. - 975 Tr. 305 au. 37338 g/u . - 2562 g/au.
III C.A.
- TRENTINO ALTO ADIGE - Pianura Veneto-FriulanaPolesine
IV C.A.
- Bresciano e Mantovano - Emilia Romagna FIRENZE - Straripamento del F. Arno e dell'Ombrone con inondazione delle province di FIRENZE e GROSSETO.
Truppe CARNIA VI C.A. VII CMT VI C.A. VIII CMT Enti dipendenti dello SME X CMT e XI CMT III C.A.
ve.A.
TOTALE gennaio-febbraio 1968
Terremoto nella Valle del Belice
ENTITA DEL CONCORSO
- 46° rgt.f. «Regto » (CAR) - 60° rgt.f. «Ca abria» (CAR) - 5° rgt.~. - B.f. «Pinerolo» - D.f. «Granatieri di Sardegna» -VIII CMTR - B.f. «Aosta» - III C.A. (Ali. 7) TOTALE
~
e:><
130 tu.· 205 g/SU. - 2280 g/Tr. - 47 g/au. 198 g/U. - 160 g/SU. - 3745 g/Tr. 19 U. - 31 SU. - 377 Tr. 50 u. - 68 SU. - 1053 Tr. 156 U. - 247 S.U. - 1759 Tr. 24 u. - 37 su.· 399 Tr. 25 u. · 44 SU. - 350 Tr. 2 u. - 2 su. - 30 Tr. 179 U. - 213 SU. · 3625 Tr. 436 U. - 611 SU. - 7216 Tr.
u. - 11 su. · 617 Tr. 28 u. · 8 su. - 243 Tr. 5 u. - 8 su. - 34 Tr. 10 u. - 34 su. - 272 Tr. - 65 au. 16
9U.- 22SU.- 103 Tr. - 37 au. 11 u. - 18 su. - 320 Tr. 51 u. - 54 su.· 952 Tr. - 86 au. 2 u. - 4 su. - 40 Tr. N
132 U. - 141 SU. - 2581 Tr.
00 \Jl
PERIODO
2 nov. - 20 dic. 1968
EMERGENZA
Alluvioni in Val Strora (VC) e nella Valle del BELRO (CN e AT).
REPARTI INTERVENUTI
-
Reparti della D.cor. «Centauro» - btg.g.p. «Cremona» - 2° rgt.g. pontieri - btg.g.p. «Legnano»
- Rep. D.f. «Cuneense» - Rep. D.f. «Legnano» - Supp. III C.A. TOTALE 7-25 ott. 1970
Alluvione a GENOVA e località della provincia.
D.f. «Cremona& D.cor. «Centauro» Altri TOTALE
4 feb.-22 feb. 1972
Terremoto in ANCONA.
- 28° rgt.f. «Pavia» (CAR) - 18° rgt.a.cal. - 40° gr.f. «Bologna» Autoreparto B.f. «Trieste» - rgt.g.fv. - XI bgt. col. TOTALE
ENTITÀ DEL CONCORSO
34
u. -
53
u. u. -
15 8
su. -
su. su. 1 u. - 2 su. -
8 5
45 U. - 55 2 u. - 2 5 u. - 6
su. su. su. -
550 Tr. 154 110 20 70 15 894 40 67
Tr. Tr. au. - 23 Tr. au. - 12 Tr. Tr. Tr.
100 U. - 141 SU. - 1885 Tr.
u. u. 13 u. 60 u. 40 7
-
59 9 28
su.· su. su. -
919 Tr. 128 Tr. 242 Tr.
96 SU. - 1289 Tr.
7U.- 2SU.- 130Tr. lOU.- 7SU.- 133 Tr. - 42 au. 7U.- 12 su. - 150 Tr. - 26 au. 1 u. - SU.- 19 Tr. - 18 au. 2 u. - 24 1 u. -
su. su. -
49 Tr. 5 Tr.
28 U. - 45 SU. - 386 Tr.
PERIODO
EMERGENZA
maggio 1976 1° periodo 6/5 - 25/7 2 ° periodo 26/7 - 11/9 3° periodo 12/9 - 30/10
Terremoto in FRIULI
23.11.80 - 28.2.81
Terremoto in CAMPANIA e BASILICATA
REPARTI INTERVENUTI
ENTITÀ DEL CONCORSO
Prime 24 ore Prime 48 ore
6350 8171 19 648 2518 au. 29 elc. 6 aerei
leggeri 1.3. - 31.5/81
Terremoto in CAMPANIA e BASILICATA
MAX
3200
uomini
(MAX)
MIN
-
1586 uomini (MIN)
269 automezzi - 214 (MAX)
11 elc. 6 aerei leggeri
- 8 elc. - 6 aerei leggeri.
(cifre in mld.) ESERCIZI FINANZIARI
P.I.L.
BILANCIO DELLO STATO
BILANCIO STATO SU P.I.L. %
BILANCIO DELLA DIFESA
BILANCIO DIFESA SU P.I.L. %
BILANCIO DIFESA SU BILANCIO STATO %
1957-58 1958-59 1959-60 1960-61 1961-62 1962-63 1963-64 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979
15.266 16.318 17.477 21.692 24.173 27.168 31.107 34.018 39.124 42.391 46.695 50.614 55.876 57.937 63.056 69.080 82,503 101.723 125.378 156.657 189.978 220.743 265.810
3.108,3 3.451 ,9 3.744,6 4.281,2 4.850,2 5.172,7 6.164,1 3.263,9 7.247,9 8.013, 1 8.950,2 9.976,6 11.418,1 12.825 14.014 16.483 20.338 24.662 30.374 38.072 47.083 64.444 19.396
20,36 21,15 21,42 19,74 20,06 19,04 19,82 19,19 19,01 18,90 19, 17 19,71 20,43 22,13 22,22 23,86 24,65 24,24 24,22 24,30 24,78 29,19 44,91
572 ,0 595,2 619,5 672,2 739,0 794,9 886,3 541,2 1.112,S 1.239,8 1.269,8 1.31 9,9 1.408,5 1.511 1.657 1.888 2.294 2.373 2,451 2.957 3.531 4.314 5.119
3,75 3,65 3,54 3, 11 3,06 2,92 2,85 1,59 2,84 2,92 2,72 2,59 2,52 2,6 1 2,63 2,73 2,78 2,33 1,95 1,88 1,86 1,95 1,92
18,40 17,24 16,54 15,75 15,24 15,37 14,38 16,59 15,14 15,47 14, 19 13,14 12,34 11 ,78 11,82 11 ,45 11,28 9,62 8,07 9,77 7,50 6,69 4,28
N
00 00
CAP. LIX · L'ITALIA E LA QUESTIONE MILITARE DEGLI ANNI ECC.
289
Libro bianco della difesa. Op. cit., pag. 26. Giorgio Liuzzi. Italia difesa? Ed A.BE.T.E., Roma, 1963, pag. 24. 55 Ibidem, pag. 28. 56 Piero Ostellino. Luigi Caligaris. I nuovi militari. Op. cit., pag. 136. 57 Gen. Aldo Rossi dal 1 ° aprile 1959 al 31 gennaio 1966; gen. Giuseppe Aloia dal 1 ° febbraio 1966 al 28 febbraio 1968; gen. Guido Vedovato dal 29 febbraio 1968 al 14 gennaio 1970; gen. Enzo Marchesi dal 15 gennaio 1970. 58 Libro bianco della difesa. Op. cit., pag. 35. 53 54
CAPITOLO
LX
ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, SCOLASTICO-ADDESTRATIVA, TERRITORIALE, LOGISTICA, DAL 1960 AL 1975 1. Le assegnazioni di bilancio. 2. Lo stato maggiore, gli ispettorati d'arma e i servizi tecnici. 3. Istituti scolastici, C.A.R. e B.A.R. 4. L'iter formativo dei quadri. 5. Gli organici degli ufficiali e dei sottufficiali. 6. Le strutture territoriali. 7. L'organizzazione logistica. 8. Considerazione riassuntiva.
1.
La seconda metà degli anni cinquanta aveva segnato, da una parte un grande rinnovamento della dottrina e degli ordinamenti, dall'altra il primo ridimensionamento delle forze dell'esercito di campagna e di quelle per la difesa del territorio. Dell'esercito di campagna erano stati sciolti la divisione corazzata Pozzuolo del Friuli 1 e il reggimento Nizza cavalleria z, mentre le divisioni di fanteria Granatieri di Sardegna, Folgore e Legnano si erano via via trasformate in divi sioni di pianura e le divisioni di fanteria Mantova e Cremona in divisioni di montagna 3. Il successore del generale Liuzzi, generale Bruno Lucini 4, che tenne la carica di capo di stato maggiore dell'esercito dal t aprile 1959 al 24 dicembre 1960, limitò di proposito il suo programma di lavoro al consolidamento dei risultati fino ad allora conseguiti, sia perché, com'egli stesso dichiarò a l momento dell'assunzione della carica, avrebbe avuto davanti a sé un periodo troppo breve (sarebbe stato raggiunto dai limiti di età il 24 dicembre 1960), sia perché, pur non condividendo tutte le idee del suo predecessore, giu_d icò opportuno e conveniente di non introdurre modifiche dottrinali ed ordinative volte a mutare il corso dell'ordinamento in atto da breve tempo. Generale di profonda onestà morale ed inte llettuale, di grande capacità organizzativa e di esperimentata capacità di comando, svolse la sua attività con il fermo proposito di fare quanto gli sarebbe stato concesso dal tempo a disposizione, dando priorità alle rifar
292
FTLTPPO STEFANI
me imposte dall'evoluzione tecnica dei mezzi, prima fra tutte quella dell'ammodernamento delle armi della fanteria. Del resto, lo stesso generale Liuzzi, che aveva fatto compiere all'esercito un salto di qualità senza precedenti in tutti i settori, aveva sottolineato, al momento di lasciare la carica, che quanto fino ad allora era stato fatto, anche se molto, andava completato, migliorato ed anche modificato in relazione al progresso scientifico-tecnico ed all'incessante evoluzione del pensiero militare legata particolarmente all'impie~o delle armi nucleari. Dopo quattro anni da quando aveva lasciato la carica e subito dopo aver cessato dal servizio attivo, il generale Liuzzi pubblicò il più volte citato libro Italia difesa? 5, nel quale pose molto efficacemente in rilievo come l'Italia fosse priva di una difesa integrale ed efficiente, spiegandone chiaramente le ragioni. In primo luogo non esisteva una politica di difesa riguardante quei settori che nel loro insieme rappresentano quel complesso di attività che una volta si chiamava organizzazione della Nazione per la guerra e che oggi, come ho già rilevato, potrebbe anche essere in altro modo denominata (per esempio, organizzazione delle principali attività civili per la guerra ovvero difesa civile ed economica). Orbene questo compless<J di attività esiste in Italia solamente sulla carta: nulla di concreto è stato realizzato salvo qualche timidissimo passo iniziale (e non nella più giusta direzione) in fatto di protezione civile 6. La politica militare non era stata né impostata né condotta con chiarezza e decisione al fine di non ricadere nel divario tra politica estera e politica militare con le conseguenze già sperimentate all'inizio della prima guerra mondiale e durante l'intero corso della seconda. L'organizzazione delel forze armate - che in quindici anni, nonostante che all'inizio fosse sembrata un sogno irrealizzabile - era stata portata avanti, con un lavoro da pionieri, dai pochi quadri superstiti rimasti ai loro posti di lavoro e tetragoni alle più violente e prolungate burrasche in un'atmosfera di marasma morale impressionante, accusava gravi difetti organizzativi, di bilancio, di carattere spirituale. Occorreva: ridimensionare la pletorica, farraginosa, antiquata amministrazione centrale, incidendo non soltanto sulle strutture e sul personale militari, ma estendendo l'operazione agli elementi civili dell'Amministrazione militare ed alle propaggini politiche che in questa s'insinuano; aumentare gli stanziamenti in misura rispondente alle insoddisfatte esigenze della difesa civile ed economica ed a quelle solo parzialmente soddisfatte della difesa militare, raddoppiando o, quanto meno, (tanto per incominciare), moltiplicando per uno e mezzo le assegnazioni annuali; restituire ai quadri di carriera
CAP. LX • ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERTJVA CENTRALE ECC.
293
- ufficiali, sottufficiali, personale di truppa a lunga ferma - la fiducia e l'entusiasmo per la loro missione, per dare ad essi non soltanto una pallida sensazione, ma la sicurezza che la loro opera ed i loro sacrifici sono riconosciuti, apprezzati e seguiti con calore di affetto e di gratitudine dalla massa della popolazione ed in special modo dalle categorie dirigenti, intellettuali, politiche e governative, non bastando che siano frellolosamente adottati uno o due provvedimenti intesi a migliorare di qualche poco le condizioni materiali e che qualche voce isolata si levi ogni tanto a gridare viva l'Italia, viva le forze armate7 . L'esercito, in particolare, aveva assoluto bisogno di ulteriore mobilità strategica e tattica, di ammodernamento delle armi e dei mezzi che davano segni di vetustà e di stanchezza, di una coraggiosa ed illuminata opera di potatura di tutti quegli enti che vivono ancora la loro vita inutile e quindi parassitaria e dannosa, di costituzione delle scorte ora esistenti a livelli inaccettabili 8. Non sappiamo se gli uomini politici. il ministro della difesa in carica nel 1963 ed i suoi successori9, lessero il libro e ne intesero l'importanza politica e tecnica. Sappiamo invece che esso rimase lettera morta negli ambienti esterni a quello militare e che le modeste innovazioni introdotte dai decreti delegati dal 1965 non valsero a modificare granché, nemmeno sul piano della riorganizzazione degli organi centrali, la situazione, mentre nei riguardi del bilancio si continuò a procedere all'insegna delle limitazioni e delle decurtazioni che determineranno lo stato prefallimentare del 1975. Dal 1960 al 1975 l'esercito visse costantemente nella drammatica contraddizione tra la progressiva crescita delle esigenze e la non meno progressiva diminu,zìone delle risorse reali per soddisfarle. Lo dimostrano i bilanci annnali a consuntivo - totale degli stanziamenti nei singoli anni finanziari - che riportiamo in nota 10, espressi in miliardi e riferiti alla forza bilanciata per una durata della ferma di leva pari a 18 mesi fino al 1963 ed a 15 mesi dal 1964. Dal 1964, inoltre, l'esercizio finanziario fu fatto corrispondere all'anno solare, mentre dal 1968 le spese vincolate - trattamento economico del personale militare in servizio permanente, in quiescenza (pensioni provvisorie) e del personale civile; carichi finanziari per accordi internazionali e per esigenze extra-istituzionali (bonifica del territorio da ordigni esplosivi, onoranze ai caduti, Croce Rossa Italiana, servitù militari, ecc.) - vennero inserite nell'area amministrativa del ministero e non furono più a carico delle singole forze armate. Nel 1969 venne attribuita a ciascuna forza armata la determinazione delle proprie esigenze finan-
294
FILIPPO STEFANI
ziarie in tre distinti settori di spesa: programmi di forza (trattamento economico del pesonale non in servizio permanente; spese relative al vitto, vestiario ed igiene del personale); di esercizio (ricerca scientifica; attività operativa e addestrativa; sostegno logistico; organizzazione e funzionamento degli organi centrali e periferici; attività diverse, quali il funzionamento degli arsenali, stabilimenti, magazzini); ammodernamento e rinnovamento (delle infrastrutture, delle armi, dei mezzi; costituzione e ripianamento delle scorte). Le richieste di finanziamento annuale avanzate dallo stato maggiore dell'esercito vennero quasi sempre disattese e spesso decurtate - nel 1975 la decurtazione fu di 80 miliardi, mentre nel 1971 - che avrebbe dovuto essere il primo anno di una programmazione pluriennale intesa a raggiungere gli obiettivi minimi connessi con gli impegni N.A.T.O. e con le esigenze più strettamente nazionali - la decurtazione fu di 248 miliardi. Dopo il parziale rinnovamento delle armi e dei mezzi degli anni 1963-1965, non fu piu possibile realizzare un qualche programma di ammodernamento e di potenziamento e la costante lievitazione dei prezzi costrinse il rinvio di anno in anno delle realizzazioni preventivate, nonostante la stabilizzazione della forza bilanciata in 295 mila uomini, ridotta poi di SO mila unità nel 1975. Dall'inizio degli anni settanta, infatti, le quote di bilancio destinate ai settori programmi di forza e esercizio furono pari rispettivamente al 36 ed al 37% nel 1971, al 40 e 40% nel 1972, al 39 e 35% nel 1973, al 38,9, % e 41,2% nel 1974, al 44,5 e 31 % nel 1975, mentre quelle destinate al settore ammodernamento e rinnovamento al 27% nel 1971, 20% nel 1972, 25,8% nel 1973, 19,9% nel 1974 e 24,5% nel 1975. L'andamento della spesa, sia dell'area vincolata sia di quella discrezionale, risentì naturalmente dei mutamenti della situazione economica del paese e, in particolare, dei miglioramenti del trattamento del personale e degli incrementi dei prezzi dei prodotti per l'alimentazione, il vestiario e l'igiene. Nel settore esercizio le spese, a causa del processo inflazionistico, furono ridotte entro limiti strettissimi, con un danno all'attività addestrativa che venne pressoché limitata ai livelli appena sufficienti a garantire la sicurezza nell'impiego dei mezzi e che non fu più adeguata alle esigenze della capacità operativa dei singoli e delle unità, mentre vennero ancor più intaccate le già magrissime scorte. L'ammodernamento ed il rinnovamento, che esprimono la capacità d'investimento dell'apparato militare, vennero definiti e ricavati per differenza tra le assegnazioni globali e le spese incomprimibili. Fino al 1964, nonostate la fase di massimo sviluppo
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO.OPERTIVA CENTRALE ECC.
295
dell'economica nazionale, si accentuò la tendenza alla diminuzione del bilancio della difesa rispetto ai parametri del reddito nazionale lordo e di quello del bilancio dello Stato, sulla base del criterio del bilancio consolidato e dell'incremento annuo fisso (6% ), un criterio forse valido nei periodi di stabilità monetaria, ma che prescindeva dalla fine degli aiuti americani e dal moltiplicarsi delle esigenze, sia per il naturale evolversi della tecnica militare, sia per il progressivo invecchiamento dei mezzi in esercizio. Dal 1965 al 1969, nonostante la pur moderata crescita del prodotto interno lordo e la grande dilatazione del bilancio dello Stato, il percento destinato alla difesa subì un costante calo e dal 1970 questo divenne ancora più notevole sì da rendere la situazione insostenibile nel 1975. Lo stato di fatto del 1975 fu, dunque, determinato dalla poca attenzione delle autorità politiche e di governo agli appelli che i capi di stato maggiore della difesa 11 e dell'esercito 12 erano andati costantemente ripetendo, forse non con tutto il vigore necessario, perché non si fosse più costretti ad associare i finanziamenti quantitativamente più modesti ed aleatori alle priorità più elevate, quali appunto quelle dell'addestramento e dell'ammodernamento e rinnovamento. Appelli ed allarmi non furono presi nella dovuta considerazione e gli espedienti riduttivi dell'intera struttura non valsero a frenare il processo di graduale degrado operativo.
2. L'assoluta inadeguatezza degli stanziamenti finanziari fu, dunque, il maggiore dei mali che negli anni 1960-1975 afflisse le forze armate italiane fino a determinarne la sclerosi, ma non il solo. Abbiamo già rilevato, nel capitolo precedente, gli effetti fortemente negativi de lla mancata corretta impostazione concettuale e procedurale dell'articolazione degli organi centrali dell'area tecnico-operativa e di quella tecnico amministrativa e, soprattutto, quelli della mancata chiara definizione delle rispettive attribuzioni in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze e di responsabilità. I ricordati decreti delegati del novembre 1965 non solo non produssero nessuna economia di spesa, ma non ebbero una sufficiente positività incisiva sull'organizzazione e sulla suddivisione del lavoro dell' insieme degli organi centrali che contjnuarono ad a mpliars i ed a moltiplicarsi secondo le note leggi di Northcote Parkinson 13, mentre il sommarsi <le-
296
FILIPPO STEFANI
gli organi collegiali di vertice preesistenti (Consiglio Supremo di difesa e Consiglio Superiore delle forze armate) e di quelli di nuova costituzione (Comitato dei capi di Stato maggiore), in uno con la coesistenza di cinque vertici (capo di stato maggiore della difesa, segretario generale della difesa, capi di stato maggiore di forza armata), ciascuno pressoché autonomo per la dipendenza diretta dei cinque dal ministro, rese pletorico e dispersivo il funzionamento dell'organismo centrale, ritardò i processi decisionali e burocratizzò, oltre misura, sia l'area tecnico-operativa sia quella tecnico-ammistrativa, in un confuso sovrapporsi di competenze e in una labile certezza delle responsabilità. Da qui, almeno nello stato maggiore dell'esercito, l'accentuarsi della vecchia tendenza ad una sempre maggiore autonomia e l'affermarsi di una nuova tendenza intesa a sottrarre spazio all'area tecnico-amministrativa. Si sviluppò di fatto un processo inverso a que llo del periodo fra le due guerre mondiali: allora gli organi del ministero della guerra avevano invaso le competenze dello stato maggiore che avevano ridotto in stato di soggezione (un fenomeno abnorme eliminato dal maresciallo Cavallero nel giugno del 1941 quando rientrò a Roma dall'Albania); negli anni 1960-1975 lo stato maggiore venne via via accentrando in sé un numero sempre maggiore di funzioni tecnico-amministrative che ne ingigantirono la struttura e ne burocratizzarono il funzionamento. La conseguenza fu che, contro ogni legge di armonica proporzionalità, la testa continuò a crescere, mentre il resto del corpo andò via via rimpicciolendosi, nonostante il sempre più largo ricorso alle moderne metodologie di lavoro, alla meccanizzazione, alla ricerca operativa, all'informatica ed alla dotazione di macchine per l'elaborazione dei dati e la riproduzine dei documenti. L'assetto conferito allo stato maggiore verso la fine degli anni cinquanta 14 venne mutato otto volte in quindici anni 15; gli ufficiali addetti allo stato maggiore che nel 1960 erano 270 salirono nel 1975 a 350, i sottufficiali da 260 a 340, i militari di truppa da 50 a 60, il personale civile da 140 a 190 unità. Il numero dei reparti oscillò da 4 a 5, mentre quello degli uffici salì da 17 a 22. Alcune modifiche dell'organigramma furono di ordine marginale, altre investirono l'assetto generale funzionale, tra queste quella della fine 1975 che riguardò l'unificazione del IV reparto con l'ispettorato logistico. Agli inizi del 1976 lo stato maggiore dell'esercito assunse il seguente ordinamento: capo di stato maggiore con proprio ufficio e segreteria particolare; sottocapo di stato maggiore con proprio ufficio; ufficio programmazione
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERTIVA CENTRALE ECC.
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finanziaria; il I reparto su 3 uffici (personale; reclutamento, stato, avanzamento, o RESTAV; statistica, informatica, ricerca operativa o STAINFRO); il II reparto su 3 uffici (1 °, 2°, 3°); il III reparto su 3 uffici (operazioni; ordinamento; addestramento e regolamenti; generale addetto al coordinamento dell'attività ippica); il IV reparto - ispettorato logistico - su 6 uffici (programmi di approvvigionamento; organizzazione logistica; ricerche e studi; movimenti e trasporti; infrastrutture; statistica, meccanografia, codificazione o STAMECO); il V reparto su 4 uffici (affari generali; documentazione e propaganda; storico; rivista militare). Dal capo di stato maggiore dell'esercito continuarono a dipendere, nel periodo considerato, anche gli ispettorati d'arma, le cui articolazioni e tabelle organiche subirono numerose varianti e modifiche. L'ispettorato di fanteria venne trasformato in ispettorato di fanteria e cavalleria 16; l'ufficio dell'ispettore delle trasmissioni venne elevalo ad ispettorato delle trasmissioni 17; venne istituita la carica di ispettore per la difesa N.B.C. e successivamente l'ispettorato per la difesa N.B. C. con la carica di ispettore abbinata poi a quella di ispettore dell'artiglieria 18; anche l'ufficio dell'ispettore dell'aviazione leggera dell'esercito verrà poi, dopo il 1975, trasformato in ispettorato dell'aviazione leggera dell'esercito 19. Agli ispettorati d'arma, oltre i compiti già loro propri, tra i quali quello della elaborazione delle norme tecniche riguardanti l'armamento, l'equipaggiamento ed i mezzi di dotazione delle varie armi e specialità, fu devoluta l'elaborazione dei regolamenti d'impiego tattico delle rispettive minori unità fino al livello di compagnia, o unità equivalente, compreso. Gli ispettori d'arma ebbero alle dirette dipendenze le rispettive scuole d'arma su cui esercitarono azione di comando, furono i consulenti tecnici del capo di stato maggiore e, per conto di questi, furono alternativamente a capo delle missioni tecnico-operative inviate periodicamente ad ispezionare le grandi unità dell'esercito di campagna e quelle territoriali, inquadrate nei corpi di armata o nei C.M.T. di regione. A capo dei singoli principali uffici degli ispettorati furono posti ufficiali in servizio di stato maggiore, o con titolo scuola di guerra, per valorizzare i compiti e meglio qualificare il livello di lavoro degli ispettorati stessi, ma in pratica gli ispettorati continuarono ad essere organi ausiliari dello stato maggiore, più che organi di stato maggiore vero e proprio, operanti in nome e per conto del capo di stato maggiore dell'esercito entro un'area di competenza dai confini piuttosto incerti, stanti le norme necessariamente piuttosto generiche che li definivano, spesso sovrapponentisi a quelle degli altri organi cen-
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trali tecnico-operativi e tecnico-amministrativi. Dopo l'istituzione del-
l'ufficio ricerche e studi dello stato maggiore dell'esercito ed il graduale ampliamento delle attribuzioni di tale ufficio, gli ispettorati, nati a suo tempo come organi di consulenza del ministro della guerra in materia di armamento e di equipaggiamento della rispettiva arma e trasformati nel dopoguerra, senza mutare la legge iniziale, in organi di consulenza tecnica del capo di stato maggiore, cedettero buona parte delle loro attribuzioni tecniche allo stato maggiore e, pur conservando il compito generico di consulenza sulle nuove armi, mezzi e materiali, della cui esperimentazione continuarono ad essere incaricati, vennero via via attenuando in tale settore la loro influenza, nel passato preminente rispetto a quella dello stesso stato maggiore. Gli ispettorati, in realtà, nella loro concezione originaria avevano fatto il loro tempo; non però gli ispettori quali consulenti del capo di stato maggiore. La sopravvivenza di questi ultimi continuava ad essere irrinunciabile, ma avrebbe potuto essere garantita, peraltro, in un contesto ordinativo diverso, forse nell'ambito dello stesso stato maggiore, evitandone l'appesantimento organico ed al tempo stesso accentuando meglio le funzioni e le responsabilità degli ispettori, senza dar luogo a nuove duplicazioni burocratiche che impegnarono altre decine di ufficiali, di sottufficiali e di militari di truppa, nonché altre unità di personale civile. Ne avrebbe guadagnato in organicità, efficienza, snellezza e rapidità di decisione l' intero organismo centrale tecnicooperativo e non si sarebbe dato luogo alla coesistenza di due stati maggiori vagamente antagonisti, di cui uno pletorico. La sempre maggiore complessità dei nuovi sistemi d'arma e la crescente interconnessione tra le varie branche della tecnologia militare resero ben presto necessaria l' istituzione di nuovi servizi tecnici che si aggiunsero a quelli già esistenti di artiglieria e della motorizzazione. Nel 1960 venne ripristinato il servizio tecnico del genio e vennero istituiti i servizi tecnici delle trasmissioni, chimico-fisico e geografico 20, mentre l' anno dopo, come abbiamo già ricordato, venne istituito, al livello di stato maggiore della difesa, il consiglio tecnicoscientifico della difesa 21. Nei riguardi dell'istituzione dei servizi tecnici di forza armata si potrebbe obiettare che sarebbe stato più economico e conveniente procedere alla loro unificazione interforze, ma poiché ciò non avvenne, lo stato maggiore d e ll'esercito non poté fare a meno di crearsi in proprio gli organi necessari a tener dietro all'incessante estendersi e moltiplicarsi delle tecnologie d ei vari settori in rapporto ai mezzi e materiali da scegliere per introdurli in servizio
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ed alle condizioni di ambiente del combattimento delle forze terrestri in cui si prevedeva dovessero essere impiegati od utilizzati. Il riordinamento ed il completamento dei servizi tecnici colmarono una lacuna oramai insostenibile e dettero all'organo propulsore e coordinatore della ricerca applicata - l'ufficio ricerche e studi dello stato maggiore dell'esercito - il mezzo necessario per conferire alle scelte da operare il requisito indispensabile della validità tecnica in rapporto alla struttura, ai materiali di costruzione e alle prestazioni pratiche di ogni singolo mezzo. All'ufficio ricerche e studi continuarono a far capo gli studi dei gruppi di lavoro operanti in sede nazionale, europea e N.A.T.O. in materia di mezzi delle forze terrestri e i servizi tecnici consentirono la partecipazione qualificata dell'esercito italiano nei gruppi FINABEL e nei gruppi N.A.T.O. ad hoc. I servizi tecnici, inoltre, favorirono la collaborazione tra esercito, università, istituti ed enti di ricerca in genere, industria bellica nazionale e concorsero ai progetti di standardizzazione e d'interoperabilità in sede plurinazionale per la migliore utilizzazione economica delle risorse nazionali e di più nazioni ed incrementarono le conoscenze tecnologiche e l'acquisizione di lavoro qualificante da parte dell'industria bellica italiana. A disposizione dei vari servizi tecnici e dei servizi di sanità, di commissariato e veterinaria vennero posti i vari centri sperimentali - centro esperienze di artiglieria, centro studi ed esperienze della motorizzazione, centro tecnico del genio, centro tecnico delle trasmissioni, centro tecnico chimico-fisico-biologico, istituto geografico militare, centro studi e ricerche della sanità militare, centro sperimentale della scuola dei servizi di commissariato e di amministrazione, centro studi del servizio veterinario - dando così vita ad un'organizzazione di ricerca sperimentale che giovò in misura determinante alla validità tecnica e all'efficienza funzionale dell'intera organizzazione centrale dell'esercito e valse a conferire alle rappresentanze di questa ultima nelle sedi plurinazionali la competenza ed il prestigio necessari. L'organizzazione tecnico-operativa centrale dell'esercito - stato maggiore, ispettorati d 'arma, servizi tecnici - della quale abbiamo indicato le articolazioni principali, non priva di difetti congeniti (è più facile costruire un edificio dalle fondamenta che non ristrutturarne ed ammodernarne uno già esistente), non fu né quale avrebbe potuto essere, né quale sarebbe stato ideale che fosse. La pletora degli organi spesso sovrapponentisti con il conseguente allungamento e ritardo del processo decisionale, l'invasione dell'area tecnico-ammini-
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strativa a mano a mano sempre più privilegiata rispetto a quella tecnico-operativa con la crescente burocratizzazione del lavoro, la maggiore difficoltà nella governabilità di un organismo, di per sé complesso e delicato, determinata dall'eccessivo numero di redini posto nelle mani del capo di stato maggiore nocquero in misura notevole alla remuneratività di un lavoro che peraltro fu intenso, accurato, coscienzioso e generoso da parte del personale prepostovi, che spessissimo vi si dedicò senza limiti di orario e senza remore di festività e di licenze o ferie. Molti sacrifici e rinunzie, ai quali talvolta fecero seguito vere e proprie frustrazioni e delusioni di carriera, avrebbero potuto essere evitati qualora l'ordinamento fosse stato diverso, più organico e snello, le competenze dei vari organi meglio definite e delimitate, la tendenza all'accentramento quanto meno attenuata e la responsabilizzazione dei vari organi e dei loro dirigenti esaltata. Il continuo ampliamento degli organici dell'organismo centrale dipese anche dall'esuberanza di ufficiali abilitati al servizio di stato maggiore, determinata a sua volta dall'eccessivo numero degli ammessi e dei promossi nei corsi della scuola di guerra. Nell'impostazione concettuale non vi fu arretratezza culturale; in quella procedurale prevalse, invece, la volontà di salvaguardare l'autonomia della forza armata in tutti i settori, compresi quelli nei quali l'unificazione interforze sarebbe risultata più economica e funzionale. La tendenza all'accentramento venne, infine, alimentata anche dalla mancata organicità dell'intera amministrazione della difesa articolata dai decreti delegati del 1965 in due branche principali facenti capo, entrambe, mediante canali molteplici e distinti, al ministro.
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Agli istituti scolastici degli anni precedenti, che rimasero tutti in piedi seppure più volte riordinati e adeguati alle diverse esigenze dei tempi, si aggiunsero nel 1963 la Scuola lingue estere dell'esercito, con sede in Roma 22, e nel 1965 la Scuola allievi sottufficiali, con sede in Viterbo 23, questa sistemata in un complesso edilizio funzionale di nuova costruzione. La prima trasse la sua ragione d'essere dal crescente numero di ufficiali e di sottufficiali da inviare all'estero per la frequenza di scuole e di corsi presso gli eserciti dell'alleanza o da impiegare presso i vari comandi e organismi N.A.T.O. o nelle rappresentanze diplomatiche nazionali; la seconda valse a dare maggiore pre
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stigio e risonanza al reclutamento, all'istruzione ed alla formazione dei sergenti, da immettere successivamente in carriera continuativa, mediante una migliore razionalizzazione dei corsi di studio e delle attività pratica e l'offerta di un ambiente moderno e confortevole di vita con larghe possibilità di sviluppo delle attività culturali, sportive e ricreative, sì da invogliare un maggior numero di giovani a intraprendere la carriera di sottufficiale ed offrire così maggiore spazio di scelta agli organi preposti alla selezione dei frequentatori_ L'istituzione delle due nuove scuole fu ideata e realizzata dal generale Aloia 24, che nel periodo in cui tenne la carica di capo di stato maggiore dell'esercito dedicò a tutte le scuole una gelosa attenzione e cura potenziandone ed ammodernandone i programmi, le infrastrutture, gli ordinamenti e le attrezzature didattiche, nonché selezionandone accuratamente comandanti e corpi istruttori_ Sull'importanza prioritaria da conferire alle scuole di reclutamento, di perfezionamento, d'arma e di specializzazione non vi furono, dal dopoguerra in poi, soluzioni di continuità: il generale Aloia l'aveva ricevuta in eredità dai suoi predecessori e tutti indistintamente i suoi successori non la tennero in minor conto. Nella prima metà degli anni sessanta la revisione degli ordinamenti e delle tabelle organiche fu ispirata generalmente a criteri di ammodernamento, ampliamento e potenziamento; nel decennio successivo, stante il peggioramento della situazione finanziaria, a criteri di maggiore economia (riduzione deJla durata di alcuni corsi, delle articolazioni e delle tabelle organiche del quadro permanente, ecc-), ma senza che mai venissero sacrificati i compiti e le strutture essenziali dei singoli istituti_ Dal 1960 al 1975 la scuola militare Nunziatella 25 subì due riordinamenti principali al pari dell'Accademia militare di Modena 26, le scuole di applicazione d'arma di Torino 27 tre, la scuola di fanteria di Cesano di Roma 28 tre, la scuola truppe corazzate di Caserta 29 tre, la scuola specializzati truppe corazzate 30 cinque, la scuola militare alpina di Aosta 31 due, la Scuola militare paracadutismo di Pisa 32 - che assunse tale denominazione nel 1964, - sei, la Scuola di artiglieria di Bracciano 33 sei, la scuola artiglieria contraerei di Sabaudia 34 quattro, la scuola tecnici elettronici di artiglieria di Roma Cecchignola 35 tre, la scuola pionieri del genio di Roma Cecchignola 36 due, la scuola delle trasmissioni di Roma Cecchignola 37 due, la scuola specializzati delle trasmissioni di ~n Giorgio a Cremano 38tre, la scuola di educazione fisica di Orvieto 39 uno, il centro aviazione leggera dell'esercito di Viterbo quattro 39 bis, l'istituto geografico militare di Firenze 40 due, la scuola militare di equi-
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tazione di Passo Corese 4 1 - che assunse tale denominazione nel 1969 - cinque, le scuola della motorizzazione di Roma Cecchignola 42 due, la scuola di commissariato e di amministrazione di Maddaloni 43 due, la scuola del servizio di veterinaria 44 tre. La scuola allievi ufficiali di complemento di fanteria 4 5 - che assunse tale denominazione nel 1964 - e la scuola allievi ufficiali e sottufficiali di artiglieria 46 vennero riordinate sei volte, mentre la scuola allievi comandanti di squadra di fanteria di Spoleto 47 - che assunse tale denominazione nel 1967 - subì tre riordinamenti. La scuola allievi sottufficiali specializzati di Rieti 48, riordinata nel 1960 e nel 1963, venne poi assorbita dalla scuola sottufficiali di Viterbo. Nello stesso periodo anche le scuole interforze - scuola delle telecomunicazioni di Chiavari 49, scuola unica interforze per la difesa N.B.C. di Roma so, scuola di aerocooperazione di Guidonia 51 - vennero più volte riordinate. Nel 1968 venne costituita in Firenze l'accademia di sanità militare interforze 52. La scuola di guerra - nata in Torino l'l l marzo 1867 dopo la sconfitta di Custoza e tornata embrionalmente a vivere, dopo il periodo di inattività connesso con gli avvenimenti della seconda guerra mondiale, in Civitavecchia il 3 novembre 1947 - e ufficialmente ricostituita il 15 ottobre 1949 appunto con tale denominazione - celebrò nel 1967 il compimento dei primi cento anni di vita. Abbiamo già annotato i vari riordinamenti che essa aveva subito dal 1947 in poi fino al 1960, ma la ristrutturazione di maggiore portata fu senza dubbio quella diposta dal generale Aloia alla fine del 1962 53. Essa riguardò l'ordinamento degli studi e delle attività pratiche, le norme per l'ammissione, gli esami e la classificazione degli allievi, l'articolazione dell'istituto, la costituzione del corpo permanente. Fermi restando i compiti del passato - preparazione e formazione degli ufficiali destinati al servizio di stato maggiore, diffusione della dottrina militare, concorso alla formazione dei comandanti di grado elevato - gli studi vennero riportati a tre anni accademici consecutivi distinguendoli in due fasi: corso di stato maggiore, della durata di due anni, inteso ad abilitare i frequentatori a funzioni esecutive di stato maggiore; corso superiore di stato maggiore, della durata di un anno, inteso all'abilitazione dei frequentatori a funzioni direttive di stato maggiore e all'acquisizione dei fondamenti teorici propedeutici alle successive attività di studio o di lavoro in campo interforze presso l'Istituto stati maggiori interforze. La crescita del numero delle discipline d'insegnamento e del volume dei programmi aveva alterato, verso la fine degli anni cinquanta, l'equilibrio didattico, vale a dire l'armonico rap-
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porto tra le discipline e la disponibilità del tempo per il loro insegnamento e apprendimento. Il generale Aloia intese ristabilire tale equilibrio ed al tempo stesso, d'intesa con il comandante della scuola di quel periodo, generale Pietro Testa 54, privilegiare nell'impostazione dei corsi lo sviluppo della personalità, la formazione morale, l'onestà intellettuale, la capacità ragionativa, il rigore del metodo, la capacità organizzativa e decisionale degli allievi. Il primo anno del corso di stato maggiore venne considerato introduttivo e perciò basato su di un indirizzo prevalentemente pratico, riguardante soprattutto le discipline professionali (tattica, logistica, servizio di stato maggiore, servizio informazioni, impiego delle armi speciali, organica, arte militare aerea) e solo marginalmente quelle di carattere culturale generale (lingua straniera). Nel secondo anno, avente lo scopo di ampliare la preparazione e di estenderla a taluni settori di cultura integrativa delle discipline professionali del primo anno; vennero aggiunte la geografia militare, la storia e l'arte militare e nelle attività pratiche oltre l'educazione fisica, comune anche al primo anno, venne inserito un corso sull'impiego dell'aviazione leggera dell'esercito da svolgere presso il centro addestramento di Viterbo. In relazione agli obiettivi specifici del corso superiore di stato maggiore - completamento della preparazione professionale elevandola ai livelli di responsabilità di collaboratore dell'organo tecnico-operativo centrale e dei comandi di grande unità complessa ed immissione dei frequentatori nel quadro degli aspetti politici, strategici, militari ed extramilitari della guerra sul piano nazionale e su quello dell'alleanza - venne inserito lo studio dei criteri di pianificazione, organizzazione e condotta della difesa interna del territorio, della guerra psicologica, delle relazioni internazionali, della politica ed economia di guerra. Le materie d'insegnamento del terzo anno - operazioni delle grandi unità, scacchieri di operazione, storia militare, politica ed economia di guerra, lingua straniera ed educazione fisica - rimasero quelle stabilite dal generale Liuzzi nel 1956, ma ne vennero meglio scandite le interelazioni in un quadro di omogeneità e di osmosi. Nel terzo anno, in sintesi, si doveva passare dalla esecuzione alla creazione, da una visione vincolata ad una a giro d'orizzonte. La riforma del generale Aloia s'ispirò agli stessi principi fondamentali che, nonostante le numerose variazioni delle modalità di applicazione verificatesi nel tempo, avevano regolato l'indirizzo generale della scuola fin dal suo nascere: scuola con impronta di vero ateneo; conoscenza della guerra sotto il rapporto della scienza-potenza; insegnamento delle materie professionali per appli-
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cazione facendo seguire ad una lezione teorica uno studio pratico; scuola che insegna, ma che contemporaneamente ricerca la scienza. La determinazione di tre anni di consecutivo insegnamento fu la logica conseguenza dell'ampliarsi del quadro della guerra, il cui esame, pur razionalizzando il più possibile il metodo di indagine e facendo ampio ricorso a metodologie nuove ed all'utilizzazione del sistema applicativo, non poteva essere compresso, secondo il giudizio espresso dal generale Aloia in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 1963-64, oltre un certo limite se non con danno dell'uomo - insegnante e frequentatore - che non può essere sottoposto in permanenza ad uno sforzo eccezionale, in quanto diversamente le idee si fanno confuse e l'insegnamento non viene ritenuto. Si trattò di un ritorno al passato, in quanto circa i due terzi dei corsi svoltisi fino ad allora avevano compreso periodi di studi di tre anni consecutivi, mentre i periodi in cui la durata era stata contenuta in due anni avevano corrisposto a situazioni di emergenza, quasi sempre a cavallo di grandi avvenimenti bellici. Nel regolamento del 1963, che sostituì quello del 1956, vennero disciplinati anche i corsi valutativi per i tenenti colonnelli delle varie armi che, istituiti dalla legge 12-XI-1955 n . 1137 55, venivano svolti presso la scuola dal settembre 1957 in sostituzione dei corsi informativi degli anni precedenti. Negli anni successivi, fino al 1975, vennero introdotte modifiche nell'ordinamento degli studi e delle attività pratiche dirette a sempre meglio proiettare i programmi verso il mondo contemporaneo, travagliato da problemi politici, strategici, economici, sociali e psicologici, tutti con riflessi diretti sulla guerra, sia dal punto di vista tecnico che da quello umano. Di tali modifiche ricordiamo l'introduzione dell'insegnamento del servizio di stato maggiore, quale attività complementare di quella operativa, nel corso superiore di stato maggiore, e di quello di mate riali e mezzi tecnici nel secondo anno del corso di stato maggiore, nonché l'abolizione, quali cattedre a sé stanti, di scacchieri di operazione e di politica ed economia di guerra e la loro sostituzione con la nuova cattedra di elementi di strategia globale nel corso superiore di stato maggiore. L'anno in cui la scuola di guerra raggiunse il più alto livello di personale fu proprio quello del centenario - 86 ufficiali, 52 sottufficiali, 250 militari di truppa, 97 impiegati ed operai civili, 328 ufficiali frequentatori - nonostante che nel 1965, una volta concluso il secondo turno dell'8° corso, fossero stati sospesi i corsi valutativi per tenenti colonnelli. La sospensione di tali corsi fu determinata dal fatto che la frequenza obbligatoria di essi, anche da
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parte degli ufficiali in possesso del titolo di scuola di guerra, non solo si era dimostrata del tutto superflua, ma privilegiava quasi sempre tali ufficiali che, classificandosi tra i primi, finivano con il fruire di ulteriori vantaggi di carriera rispetto ai colleghi che non avevano frequentato i corsi di stato maggiore. In sede di ristrutturazione, nel 1975-'76, anche la scuola di guerra, come vedremo più avanti, subirà una nuova riforma, questa volta di carattere riduttivo, che si rifletterà anche sulla durata dei cicli di studio ridotti di nuovo a due anni ma non più consecutivi: il primo con frequenza obbligatoria da parte di tutti i capitani dei ruoli normali delle varie armi delJo stesso corso di accademia 56, il secondo con accesso per concorso. L'organizzazione addestrativa riguardante i militari di truppa di leva, al pari di quella scolastica finora esaminata relativa agli ufficiali e sottufficiali in servizio permanente e di complemento e ai militari di truppa a lunga ferma specializzati, conservò in linea generale l'assetto degli anni precedenti, nonostante la riduzione della durata della ferma da 18 a 15 mesi disposta nel 1963 57. Lo sviluppo dell'attività addestrativa di base - I ciclo - rimase affidato ai C.A.R.ecf ai B.A.R., mentre l'addestramento di II e III ciclo continuò ad essere svolto presso i corpi di assegnazione. Ovviamente la durata dei cicli venne ridotta, ma la riduzione incise soprattutto sul III ciclo, lasciando quasi inalterato lo sviluppo degli altri due cicli fondamentali, fatti salvi alcuni rimaneggiamenti dei programmi ed un parziale esperimento, nella prima metà degli anni settanta, di invio diretto delle reclute ai corpi di assegnazione, senza il passaggio attraverso i C.A.R. o i B.A.R.. La vasta ed imponente organizzazione addestrativa, messa in piedi nella seconda metà degli anni quaranta e negli anni cinquanta, attraversò: un primo periodo di ulteriore assestamento (l 9(>0-1962); un secondo periodo (1963-65) di ammodernamento e di potenzjamento sia sul piano dei programmi sia su quello delle infrastrutture, delle attrezzature didattiche e del miglioramento delle condizioni di vita; un terzo periodo (1966-72) di riordino e di riassetto; un quarto periodo (1972-1975) nel quale ebbero inizio i primi ridimensionamenti, preludio della ristrutturazione che verrà portata a compimento nel 1976. Nel 1960 il terzo battaglione dell'80° reggimento fanteria C.A.R. assunse la denominazione di battaglione addestramento volontari specializzati e fu posto alle dipendenze della scuola omonima 58; nel 1961 il reparto addestramento reclute paracadutisti venne trasformato in B.A.R. paracadutisti 59; nello stesso anno un battaglione del 48° reggimento fanteria C.A.R. venne trasferito da Bari a Cosenza, cessando
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di far parte del reggimento ed assunse la denominazione di B.A.R .. Sila alle dipendenze del X C.M.T. della regione meridionale 60 alle cui dipendenze venne altresì posto il C.A.R.T.C. (centro addestramento delle truppe corazzate) che cessò di far parte della scuola truppe corazzate 61; nel 1962 il IV battaglione dell' 11 ° reggimento fanteria C.A.R. cessò di far parte del reggimento e si trasformò in B.A.R. autonomo alle dipendenze del I C.M.T. della regione militare nord-ovest tramite il comando della zona militare (C.Z.M.) di Como 62 e il III battaglione del 60° reggimento fanteria C.A.R. cessò di far parte del reggimento e venne trasformato in B.A.R. autonomo rimanendo nella sede di Siracusa e passando alle dipendenze dell'XI C.M.T. per il tramite del C.M.Z. di Catania 63. Negli anni 1963-1965, nel quadro del riordinamento e del potenziamento dell'organizzazione scolastica e addestrativa disposti dal generale Aloia: il I e il II battaglione del 52° reggimento fanteria C.A.R. assunsero la denominazione di II e IV battaglione del 48° reggimento fanteria C.A.R. e ne venne previsto il trasferimento dalla sede di Cuneo rispettivamente a quelle di Bari e Barletta 64; il III e IV battaglione del 52° reggimento fanteria C.A.R. assunsero la denominazione rispettivamente di 1° e 2° reggimento fanteria C.A.R. restando nella sede di Fossano 65; il B.A.R. Taurinense con sede a Bra passò dalle dipendenze del C.M.Z. a quelle del 2° reggimento alpini C.A.R. che venne trasferito da Montorio Veronese a Cuneo, Mondovì e Boves, mentre gli altri battaglioni del reggimento assunsero rispettivamente le denominazioni di Taurinense, Orobica e Cadore 66; vennero emanati provvedimenti per il potenziamento organizzativo e funzionale di tutti i C.A.R. e B.A.R. stabilendo nuove tabelle organiche distinte relative ai reggimenti di fanteria C.A.R., al 2° reggimento alpini C.A.R., al C.A.R.T.C., ai B.A.R. dislocati nella stessa sede del rispettivo C.A.R. ed ai B.A.R. autonomi o in distaccamento 67, nonché per il campo addestramento per le unità corazzate (C.A.U.C.) di Capo Teulada 68; fu disposta la costituzione di una terza compagnia del B.A.R. paracadutisti 69; il B.A.R. di Fossano venne trasferito a Potenza e inquadrato nel 48° reggimento fanteria C.A.R. di Bari, aumentandone il carico addestrativo 70. Nel periodo successivo (1966-1972) continuò il trasferimento dei C.A.R. e dei B.A.R. dall'Italia settentrionale a quella centro-meridionale, dove frattanto erano state costruite caserme nuove e si ebbero conseguentemente nuovi cambi di dipendenze: fu costituito un B.A.R. autonomo in Chieti, trasferendo in tale sede un comando di battaglione e una compagnia del 48° reggimento fanteria C.A.R. di Bari e due compagnie dell'80° reg-
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gimento fanteria C.A.R. di Orvieto e ponendo il nuovo B.A.R. alle dipendenze dell'VIII C.M.T. della regione centrale per il tramite del C.M.Z. di Perugia 71; il 2° reggimento alpini C.A.R. venne passato alle dipendenze del comando brigata alpini Taurinense 72; vennero costituiti altri due nuovi B.A.R. autonomi, uno in Cassino e uno in Sora, alloggiati in nuove caserme, mentre vennero contratti 1'84° e 1'89° reggimento fanteria C.A.R. con sede rispettivamente in Pistoia ed Imperia 73; 1'80° reggimento fanteria C.A.R. di Orvieto venne ordinato su tre battaglioni (I con sede in Sora, II in Orvieto, III in Cassino) e il II battaglione del 48° reggimento fanteria C.A.R. di Bari venne trasferito in Campobasso assumendo le tabelle organiche previste per i B.A.R. autonomi 74. Al fine di migliorare ulteriormente le condizioni di accasermamento, nel 1970 una compagnia del battaglione B.A.R. Cadore venne trasferita da Mondovì a Ceva e venne costituita in Pistoia una compagnia reclute distaccata dell' 84° reggimento fanteria C.A.R. di Siena 75_ Sempre nello intento di migliorare l'inquadramento e l'accasermamento, con inizio dal primo contingente della classe 1971, venne disposto l'invio di aliquote di reclute predesignate per determinati incarichi direttamente ai corpi 76 e venne altresì disposto, nel 1971, un nuovo ordinamento del 28° reggimento fanteria C.A.R. di Pesaro e dell'84° reggimento fanteria C.A.R. di Siena, trasferendo il comando del III battaglione, una compagnia del 28° e una compagnia dell'84° rispettivamente da Falconara Marittima e da Pistoia ed inserendo in tale battaglione la compagnia dell'84° reggimento fanteria C.A.R. già dislocata in Pistoia 77 . Nel 1973: vennero sciolti il comando dell'84° reggimento fanteria C.A.R. di Siena, il comando del II battaglione dello stesso reggimento, il comando del C.A.R.T.C. di Avellino, il III battaglione del C.A.R.T.C. di Nocera, il II battaglione in Ceva del 2° reggimento alpini C.A.R.; vennero trasformati in B.A.R. autonomi il I battaglione dell'84° che assunse la denominazione di B.A.R. Venezia, il battaglione C.A.R.T.C. di Salerno che assunse la denominazione di II B.A.R.T.C., il II C.A.R.T.C. di Avellino che assunse la denominazione di I B.A.R.T.C.; una compagnia conservò la sua sede in Arezzo; il III battaglione dell'89° assunse la denominazione di II battaglione dello stesso reggimento e il battaglione Cadore del 2° reggimento alpini C.A.R. quella di battaglione B.A.R. Orobica; la 3 a compagnia del B.A.R. Sila dislocata in Catanzaro venne sciolta 78_ Ci siamo di proposito soffermati nell'elencazione dei principali - ve ne futono molti altri minori - provvedimenti riguardanti i C.A.R. e i B.A.R. proprio per sottolineare lo sforzo compiuto dallo stato mag-
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giore dell'esercito nei quindici anni per potenziare e migliorare in un primo tempo l'organizzazione addestrativa - come del resto quella scolastica - e per tentare, successivamente, sotto l'assillo della situazione finanziaria, di salvaguardare il più possibile l'impostazione e l'organizzazione, che avevano dato eccellente prova, create ed ordinate negli anni precedenti. L'avvio diretto delle reclute ai corpi, generalizzato nei primi anni settanta per le unità del III corpo di armata, fu un esperimento attuato per esaminare se fosse possibile e remunerativa la soppressione completa dei C.A.R. e dei B.A.R. al fine di realizzare economie sulle spese di esercizio a favore delle unità dell'esercito di campagna, salvaguardando così il quadro di battaglia dell'esercito di campagna esistente o quanto meno contenendone il più possibile la contrazione. Sotto il profilo dell'applicazione l'esperimento non dette luogo ad inconvenienti; i corpi in breve tempo misero in essere la complessa organizzazione dell'accoglimento e della vestizione delle reclute, addestrando il personale incaricato delle varie operazioni, approntando le apposite infrastrutture, potenziando il servizio sanitario e quello di commissariato e adottando tutti i provvedimenti di carattere vario necessari e utili per rendere spedito e il meno disagiato possibile l'accoglimento. Il vantaggio morale dell'appartenenza ad un unico corpo e reparto, dal momento della chiamata a quello del congedamento, del cittadino in servizio militare non era un fatto di poco conto, ma il ritorno al sistema prebellico, nonostante tutti gli accorgimenti adottati, ripropose in termini più marcati e più problematici che nel passato le questioni dell'operatività e della prontezza delle unità d'impiego. La suddivisione in tre blocchi di diverso livello addestrativo, uno dei quali assolutamente non impiegabile, rappresentava nelle unità operative di per sé un grave ulteriore decadimento dell'efficienza operativa dei reggimenti e dei battaglioni, in particolare di quelli di fanteria, già notevolmente ridotti di forza rispetto alle tabelle organiche di guerra e persino di quelle di pace. Inoltre, il nuovo carico addestrativo finiva con l'appesantire, oltre limiti accettabili, la vita dei reggimenti e dei battaglioni, cui incombeva l'onore della contemporaneità di tre cicli addestrativi, ciascuno con esigenze d'inquadramento, di istruttori, di a ule e di attrezzature didattiche distinte. La scarsità delle aree addestrative, specialmente dei poligoni di tiro per lo svolgimento delle lezioni di primo ciclo, rendeva inoltre assai aleatorio lo sviluppo completo dei programmi e gli intralci che ne derivavano, sia a quelli di primo che di secondo ciclo, erano tali che le lezioni di tiro dovevano essere con-
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tenute in termini di tempo non remunerativi o addirittura condensate sommandone più d'una in poche ore. L'avvio diretto di tutte le reclute ai corpi ebbe termine e nella ristrutturazione del 1975-'76 i B.A.R. vennero mantenuti in vita sottraendo quelli destinati a rifornire le unità da campagna dalle dipendenze dei comandi territoriali e ponendoli alle dipendenze delle rispettive grandi unità cui dovevano avviare le reclute al termine dell'addestramento di primo ciclo. In precedenza C.A.R. e B.A.R. erano stati constantemente mantenuti alle dipendenze d'impiego e disciplinari dei C.M.T. direttamente o per il tramite dei C.M.Z .. Meno stabile, invece, fra il 1960 ed il 1975, la linea di dipendenze delle scuole. Nel 1960 il generale Lucini divisò l'istituzione della carica di ispettore delle scuole che avrebbe dovuto esercitare, per conto del capo di stato maggiore dell'esercito, l'azione ispettiva e di controllo sull'attività didattica e addestrativa delle scuole di applicazione d'arma di Torino, delle scuole allievi ufficiali di complemento di Ascoli Piceno e Lecce, della scuola allievi sottufficiali di Rieti, della scuola allievi sottufficiali specializzati, della scuola militare di educazione fisica, della Nunziatella e del centro preolimpico ippico militare 79. L'istituzione di tale carica non ebbe seguito e nell'aprile del 1961 lo stato maggiore dell'esercito dispose che l'accademia e le scuole di applicazione d'arma rimanessero, com'erano fino ad allora state, alle dipendenze dirette del capo di stato maggiore e che le altre scuole (allievi ufficiali, allievi sottufficiali, Nunziatella, scuola di educazione fisica e centro ippico) fossero poste alle dipendenze dei C.M.T. di regione nel cui territorio di giurisdizione erano dislocate so. Successivamente, ferma restando, come già nel passato, la dipendenza delle scuole d'arma dai rispettivi ispettorati, nel quadro del potenziamento degli ani 1962-'65, il generale Aloia dispose che: scuola di guerra, accademia - che successivamente venne posta alle dipendenze delle scuole di applicazione d'arma - scuole di applicazione d'arma, Nunziatella e centro ippico restassero, o fossero trasferite, alle dirette dipendenze del capo di stato maggiore; le scuole allievi ufficiali e sottoufficiali di complemento passassero alle dipendenze delle rispettive scuole d'arma e conseguentemente degli ispettorati; la scuola allievi ufficiali di Viterbo e la scuola di educazione fisica di Orvieto fossero poste alle dipendenze dell'ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria. La linea di dipendenze non venne più sostanzialmente variata, rispetto a quella fissata negli anni 1963-1965, fino alla ristrutturazione del 1975-1976.
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4. Tale imponente organizzazione scolastica e addestrativa, senza precedenti nel passato remoto e in quello più recente del periodo fra le due guerre mondiali, caratterizzò più e meglio di ogni altro fattore, fin dal primo momento, la fisionomia dell'esercito italiano degli anni del dopoguerra. Tutti indistintamente i capi di stato maggiore che si succedettero dal 1945 al 1975 dedicarono alla costruzione ed al mantenimento di tale edificio il massimo delle risorse e delle cure possibili, che valsero a far perseguire ai quadri e ai gregari un livello di cultura generale e professionale, forse spesso superiore, comunque sempre alla pari, di quello dei maggiori eserciti dell'alleanza atlantica. Concorsero altresì a determinare tale invidiabile situazione di favore le strette relazioni intessute con gli altri eserciti nell'ambito dei comandi e degli enti della N.A.T.O. e l'invio di una considerevole aliquota di quadri alla frequenza di corsi particolari presso scuole cd unità estere - dove gli ufficiali ed i sottoufficiali italiani raccolsero grandi successi, spesso superando nelle calssifiche di merito e di rendimento i colleghi dell'esercito ospitante (vi furono alcuni che altermine dei corsi risultarono primi assoluti) - ma alla base furono proprio la completezza e la serietà dei corsi d'istruzione e di formazione seguiti nelle scuole .d ell'esercito. Le unità d'impiego che parteciparono alle esercitazioni plurinazionali furono sempre all'altezza dei loro compiti e spesso si distinsero per impegno, rendimento e professionalità. Quelle che parteciparono ad esercitazioni svolte congiuntamente con unità di altri eserciti in territori stranieri raccolsero notevoli successi ed ebbero riconoscimenti laudativi, non suggeriti da doveri di cortesia e di ospitalità, ma da obiettive considerazioni sulla loro capacità operativa. Un gruppo tattico alpino venne inserito permanentemente nella forza mobile alleata di pronto intervento dissuasivo -Allied Mobile Forces (Land) - 81 e nelle continue esercitazioni tattico-logistiche d'impiego dette costanti prove di grande professionalità, tenendo alto il prestigio professionale dell'esercito italiano. Lo sforzo compiuto a favore dell'organizzazione scolastica e di quella addestrativa fu, in definitiva, molto grande e anche molto oneroso economicamente, ma fu portato avanti nella consapevolezza di dover dare applicazione a una delle più importanti lezioni della seconda guerra mondiale, durante la quale all'esercito italiano non erano mancati solo l'armamento, l'equipaggiamento, la tattica e gli ordinamenti adeguati, ma aveva fatto difetto altresì un sufficiente grado di professionalità. Non vi fu, pertanto, nessuno straripamento concettuale ed organizzativo nella realizzazione di un sempre maggiore potenziamen-
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to e ammodernamento delle strutture scolastiche e addestrative, ma anzi prevalse, in qualche settore, un eccesso di prudenza e si registrarono ritardi nell'apportare ai corsi formativi dei quadri, in particolare degli ufficiali in servizio permamente, le modifiche rese necessarie dall'esperienza fatta negli anni cinquanta. Così, ad esempio, l'introduzione del biennio d'ingegneria come corso base di studio dell'accademia - un provvedimento appropriato e salutare quando venne adottato - cominciò progressivamente, negli anni sessanta, a dare segni di dubbia validità in relazione al mutare della situazione generale del paese ed al polarizzarsi delle fonti di reclutamento su categorie sociali e culturali diverse da quelle del periodo precedente la seconda guerra mondiale. L'ufficiale in servizio permanente del ruolo normale delle varie armi, dal momento dell'ingresso in accademia fino al grado di tenente colonnello compreso, veniva impegnato obbligatoriamente, dopo l'entrata in vigore della legge di avanzamento del 1955, in un ciclo non continuativo di studi della durata complessiva di circa sei anni (2 di accademia, 2 di scuola di applicazione, circa 6 mesi (poi ridotti a 3) di corso tecnico applicativo presso la scuola d'arma, circa 6 mesi di corso di addestramento alle funzioni di ufficiali superiore o corso A.F.U.S., circa 6 mesi di corso valutativo per tenenti colonnelli). Se voleva frequentare i corsi della scuola di guerra doveva aggiungere ai sei altri tre (dal 1963) anni e se, successivamente, veniva prescelto per frequentare i corsi dell'istituto stati maggiori interforze e del centro alti studi militari, finiva con il trascorrere sui banchi di scuola più di un quarto dell'intera durata del servizio. I correttivi apportati a tale iter già dal 1966 con la sospensione dei corsi valutativi per i tenenti colonnelli e, dieci anni dopo, con l'abrogazione dei corsi A.F.U.S., sostituiti dalla frequenza obbligatoria del corso di stato maggiore ridotto da due ad un anno, limitarono la eccessiva durata e il pesante costo di tale iter, ma, pur considerando l'aspetto positivo della frequenza obbligatoria del corso di stato maggiore a cominciare dal 17° corso dell'accademia militare, essi risultarono insufficienti e inficiati dalla pregiudiziale dell'intangibilità del biennio d'ingegneria, un complesso di studi utile all'ampliamento della cultura tecnicoscientifica generale, all'ulteriore sviluppo della capacità ragionativ~ e all'assimilazione di una rigida metodologia d'indagine e di analisi, come pure a dare lustro all'accademia, ma che finiva con l'impegnare faticosamente gli allievi non solo durante due anni di accademia, ma anche durante la scuola di applicazione d'arma, in uno studio pres-
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soché esclusivamente scientifico. Il rispetto reverenziale per tale biennio - che senza dubbio, lo ripetiamo, aveva rappresentato a suo tempo un'elevazione del livello culturale degli allievi ed un segno distintivo di prestigio per l'accademia - pose in secondo piano il soddisfacimento di altre nuove esigenze manifestatesi fin dalla seconda metà degli anni cinquanta e divenute vieppiù pressanti negli anni sessanta, quali quelle essenziali di un ampliamento delle possibilità di selezione degli aspiranti all'accademia e di una maggiore valorizzazione delle qualità e doti psico-fisiche e caratteriali che individuano nell'insieme l'attitudine di un giovane alla vita militare ed alle responsanbilità di comando. Il biennio d' ingegneria era, infatti, di per sé motivo di esclusione di un'aliquota di giovani - quelli poco inclini agli studi delle discipline matematiche - dalla partecipazione ai concorsi di ammissione all'accademia. L'esperienza degli anni ci nquanta, e soprattutto quella del decennio successivo, dimostrarono vieppiù che il numero delle domande per l'ammissione all'accademia era inversamente proporzionale alle maggiori possibilità di trovare sistemazioni in altri settori della vita produttiva della nazione: maggiori il benessere economico e la disponibilità di posti di lavoro altrove, minore il numero delle domande. Il perdurare, anzi l'acuirsi dalla seconda metà degli anni sessanta, della crisi de i valori morali veniva notevolmente mutando il modo di pensare e di essere delle nuove generazioni che si sentivano invogliate, attratte e spinte verso il materialismo, l'edonismo e l'utilitarismo ed erano molto meno disposte, a meno di un'impellente necessità occupazionale, ad intraprendere professioni di grande impegno morale, divenute per di più di scarsa considerazione e prestigio, di modesta remuneratività economica e d'incerto e difficile sviluppo di carriera. In quel momento una revisione generale del sistema di reclutamento 8l bi s e dell'iter formativo degli ufficiali in servizio permanente sarebbe stata quant'altra mai necessaria, opportuna e conveniente, ma neppure i capi di stato maggiore più animati di fervore innovativo vollero affrontarla, nonostante non mancassero loro indicazioni al riguardo all'interno dello stesso s tato maggiore. Si trattava senza dubbio di un'operazione complessa, difficile ed assai delicata, da non poter intraprendere a cuor leggero e fu appunto il timore di sbagliare, magari congiunto con quello di non ricevere il consenso delle autorità politiche e della parte del1'esercito meno propensa al mutamento di un iter ormai consolidato, ad esercitare la resistenza alle innovazioni. Frattanto crescevano le dimensioni dei fenomeni negativi del reclutamento degli ufficiali in
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servizio attivo, quali la meridionalizzazione, la scarsa affluenza di giovani delle categorie sociali più favorite e il degrado del livello culturale dei diplomati delle scuole medie superiori_ La grandissima maggioranza, in media pari al 70-75% ma con punte fino al 90%, degli aspiranti e degli ammessi annualmente all'accademia era originaria delle regioni centrali e meridionali della penisola; gli aspiranti e gli ammessi provenienti dalle categorie sociali medie ed elevate raggiungevano punte minime del 5-8%, mentre quelli provenienti da famiglie con tradizioni militari (figli di ufficiali e sottufficiali) non superavano il 13-15%; i giovani in possesso di maturità classica o scientifica erano mediamente appena poco più di un terzo degli aspiranti, mentre il resto proveniva da istituti magistrali e professionali. Dopo il sessantotto la selezione divep.ne necessariamente ancor più approssimata nel senso di una minore rigidità nella valutazione delle motivazioni morali e delle doti culturali e di attitudine militare degli aspiranti. Il continuare a privilegiare il biennio d'ingegneria, rispetto a tutto il resto, fu un errore, anche perché l'esperienza aveva già dimostrato che non tutti quelli che eccellevano negli studi di quelle particolari discipline risultavano altrettanto bravi negli altri campi di attività e possedevano un'attitudine militare ed al comando più spiccata degli altri. Inoltre, prima e dopo il sessant'otto, non furono pochi gli allievi che stentarono a portare a compimento gli studi matematici e non mancarono né allievi che smisero di frequentare i corsi, né altri che, superato con successo il biennio, optarono a favore di scelte diverse. Mancò, in conclusione, una revisione globale del sistema di reclutamento e del corso di studi degli ufficiali in servizio permanente, resa necessaria dalla mutata situazione generale rispetto a quella dell'immediato dopoguerra, diretta a dare preminenza alla formazione moraJ.e ed alla preparazione tecnico-professionale sul piano applicativo delle discipline propriamente militari e a dare maggiore spazio ad una cultura generale di più ampio respiro. Ciò avrebbe consentito di ridurre di almeno un anno l'iter formativo. Quanto alla formazione e preparazione dell'ufficiale in servizio di stato maggiore vien fatto di rilevare che la riforma voluta dal generale Aloia, elevando a tre anni la durata dei corsi di stato maggiore, soddisfece un'esigenza già fortemente avvertita in passato fin da quando il generale Luigi Mezzacapo 82, intervenendo in Senato il 10 febbraio 1892, ebbe a dire: la riduzione del corso da tre anni a due condensa gli studi, onde la mancanza di tempo agli allievi per assimilarsi bene gli insegnamenti ricevuti ed agli insegnanti per fornirli bene assimilabili....
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Se già allora la durata di tre anni era stimata necessaria, come non poteva esserlo dopo il secondo conflitto mondiale, che aveva avuto il carattere di fenomeno totale nei riguardi degli obiettivi, dei metodi, del potenziale umano ed economico e dell'intera popolazione dei paesi belligeranti? Il ritorno ai tre anni s'impose perciò come logica conseguenza dei tempi, ma sarebbe stato opportuno nel contempo tener conto che, diversamente dal passato, l'ufficiale, terminati i corsi dell'accademia, della scuola di applicazione e quello tecnico-applicativo doveva tornare due volte sui banchi di scuola prima di essere valutato per il grado di colonnello: corso A.F.U.S., corso valutativo per i tenenti colonnelli. Nel 1966, come accennato, i corsi valutativi per i tenenti colonnelli vennero aboliti 82 bis - non i corsi A.F.U.S. - ma la riduzione di soli 6 mesi della durata dell'intero ciclo di studi dell'ufficiale in servizio permanente non realizzava grandi economie di tempo e di spesa. Sarebbe stato quanto mai opportuno, proprio in quel periodo, il riesame completo di tale ciclo, riferito però anche alla fase accademia-scuola di applicazione, mentre ci si limitò, qualche tempo dopo, a ridurre da 6 a 3 mesi la durata del corso tecnico-applicativo, privilegiando ancora una volta la teoria rispetto alla pratica. Quando poi, nel 1975, il problema del ridimensionamento dell'intera struttura dell'esercito si pose in termini di stretta economia, vennero aboliti anche i corsi A.F.U.S. 82 ter e sostituiti con l'obbligatorietà, per tutti gli ufficiali d'arma, della frequenza del corso di stato maggire ridotto da due ad un anno. Ancora una volta la durata di quattro anni di studio presso l'accademia e la scuola di applicazione rimase invariata e una proposta di legge avanzata dallo stato maggiore dell'esercito - poi sostanzialmente approvata dal Parlamento 83 - abolì il corso A.F.U.S. e il corso per tenenti colonnelli conglobandoli nel corso di stato maggiore. Il provvedimento ebbe aspetti vantaggiosi 84, maridusse altresì la durata dell'iter formativo dell'ufficiale abilitato a funzioni direttive nel servizio di stato maggiore, un provvedimento questo ultimo che rispondeva ad un criterio di economia, non certamente a quello del conferimento di un adeguato grado di preparazione professionale ad un ufficiale destinato ad assumere elevati incarichi di comando e manageriali. Molto venne fatto per il reclutamento e la preparazione dei sottufficiali da avviare al servizio permanente. La fonte di reclutamento primaria rimasero i sergenti in ferma volontaria e in rafferma giudicati idonei ed i sergenti di complemento richiamati o trattenuti in servizio vincitori di concorso per esami. I sottufficiali in fermavo-
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lontaria dal 1965 vennero tutti tratti dalla scuola allievi sottufficiali di Viterbo o dai militari che avevano ultimato la ferma biennale. La scuola sottufficiali di Viterbo venne impostata dal generale Aloia su basi strutturali e didattiche, oltre che infrastrutturali, completamente nuove ed edificate ad hoc, moderne ed avanzate, anche se la durata dei corsi dové essere contenuta in termini brevi per le solite ragioni di economia. La scuola venne portata subito a un livello di funzionalità e di prestigio, di tono culturale e professionale, molto spiccati e vi affluirono giovani con titoli di studio superiori a quello minimo richiesto (licenza di scuola media inferiore). L'iter istruttivo-formativo venne articolato in due fasi: la prima, di base, comune a tutti gli allievi; la seconda, di prima qualificazione. Completato il corso della durata di 7 mesi presso la scuola di Viterbo, gli allievi idonei venivano inviati, secondo la designazione, presso le scuole d'arma, di specializzazione e dei servizi per il completamento della qualificazione e per il perfezionamento della specializzazione tecnico-professionale. I bandi di concorso per il reclutamento dei sottoufficiali 85 assicurarono l'alimentazione della categoria nei limiti consentiti dalle disponibilità finanziarie, peraltro inferiori rispetto a quelle che erano le esigenze organiche. Anche la scuola di Viterbo trasse la grande maggioranza dei suoi allievi dalle regioni centro-meridionali della penisola, in proporzione analoga a quella dell'accademia di Modena, ed il numero delle domande di ammissione fu tanto più elevato, quanto minori le offerte di lavoro negli altri settori occupazionali del paese. Le numerose domande di ammissione dei giovani in posssesso di titolo di studio che sarebbe stato valido per il concorso di ammissione all'accademia di Modena, se da un lato concorse a elevare il tono culturale della categoria dei sottufficiali, dall'altro rivelò la preferenza data ad una carriera meno brillante e meno remunerata economicamente, ma di minore impegno e responsabilità, meno disagiata perché meno soggetta a trasferimenti di sede e di più facile sbocco in attività burocratiche. Gran parte dei desiderata dei giovani erano rivolti all'assegnazione a specializzazioni tecniche ed a mansioni di ufficio, mentre solo pochi chiedevano incarichi di comando, offrendo così una conferma dello scarso entusiasmo giovanile per il mestiere delle armi nella sua espressione più significativa, appunto quella di guida di uomini, della prevalenza della motivazione occupazionale che li spingeva ad entrare nella scuola e della riserva mentale con la quale intendevano indossare l'uniforme. I fenomeni negativi che incisero in quel periodo sul reclutamento degli allievi ufficiali e sottufficiali in servizio per-
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manente riflettevano, come uno specchio, la situazione generale del paese, che se cresceva rapidamente sul piano sociale, degradava su quello morale e culturale, come abbiamo avuto modo di annotare. Da parte della gerarchia militare ben poco si poteva fare, nonostante che si avvertisse la gravità dei fenomeni stessi. Uno dei provveddimenti correttivi fu l'istituzione dei corsi di ardimento, voluta dal generale Aloia, resi obbligatori in un secondo momento per tutti gli ufficiali e i sottufficiali del servizio permanente che uscivano dalle scuole di reclutamento e di applicazione. Tali corsi - che furono oggetto di accanita contestazione da parte dei partiti di sinistra che vollero surrettiziamente interpetrarli come un segnale di svolta antidemocratica dell'esercito - costituirono una rivalutazione delle doti fisiche e psichiche proprie del soldato e del comandante delle minori unità, troppo soffocate dalla preminenza data allo studio della altre discipline e concorsero a riequilibrare, sia pure in parte, il rapporto tra la componente teorica e quella applicativa dell'iter formativo dei quadri di carriera, due componenti egualmente essenziali del processo d'istruzione e di formazione. Nei primi anni sessanta si affacciarono in forma nuova problemi di ordine qualitativo e quantitativo anche nei riguardi del reclutamento e de lla formazione dei quadri ufficiali e sottufficiali di complemento. Si rese necessario commisurare la durata dei corsi alla riduzione della durata della ferma di leva ed al tempo stesso di mantenere a un livello adeguato la preparazione morale e professionale del personale. Si fece, inoltre, più marcato il fabbisogno di tali quadri per il potenziamento delle forze dell'esercito di campagna e di quelle territoriali, per l'aumentata entità dei contingenti di leva conseguente alla riduzione della durata della ferma e infine per sopperire alla carenza di quadri in servizio permanente. In tale contesto furono adottati tre ordini di provvedimenti: costituzione di gruppi selettori speciali per A.U.C. e A.S. 86, riordinamento delle scuole 87, nuova programmazione dei corsi 88. I corsi A.U.C. vennero articolati in due fasi: una di preparazione di base, della durata di 5 mesi, presso le scuole d'arma o dei servizi, al termine della quale gli idonei venivano promossi sergenti A.U.C.; una di tirocinio pratico-applicativo, della durata di 4 mesi, presso le unità di impiego, nelle funzioni di sergenti comandanti di squadra. Al termine del tirocinio i sergenti dichiarati idonei da apposite commissioni venivano promossi sottotenenti e trasferiti ad altre unità d'impiego. Per i sottufficiali l'innovazione consisté nell'ammissione ai corsi allievi comandanti di squadra di giovani tratti dai con-
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tingenti di leva, ai quali venne data la possibilità di raggiungere, a domanda, e se idonei, il grado di sergente di complemento, previa la frequenza di un corso della durata di 5 mesi. Dal gennaio 1964 vennero svolti annualmente 4 corsi allievi ufficiali di complemento e 4 corsi allievi comandanti di squadra. I provvedimenti di totale revisione del reclutamento e della formazione dei quadri di complemento dettero risultati eccellenti, ma verso la fine del 1971 i corsi A. U.C. (dal 64 °) vennero ridotti a soli 6 mesi, abolendo il periodo praticoapplicativo del grado di sergente, al duplice scopo di ridurre le spese e soprattutto di una più pronta disponibilità degli ufficiali di complemento stante la sempre maggiore carenza di quadri subalterni di carriera presso le unità di impiego operativo. Nel provvedimento della fine del 1963 era stata privilegiata la qualità, in quello della fine del 1971 la preoccupazione del numero prevalse sul resto e dal 1972 le unità riuscirono a coprire meglio le loro esigenze organiche, ma con personale ad un livello di preparazione molto modesto. Il vasto e delicato campo della selezione, del reclutamento e della formazione dei quadri di carriera e di complemento non fu certo privo di attenzioni e di interventi da parte delle autorità centrali dell'esercito, in particolare dello stato maggiore, ma, indipendentemente dalle difficoltà derivanti dalla situazione generale del paese, che offriva poche opzioni, non si può dire che le scelte di volta in volta operate, spesso su linee di tendenza contradditorie, corrisposero ad una politica del personale lungimirante. Le riforme innovatrici della prima metà degli anni sessanta abbracciarono quasi tutta la materia, eccezione fatta nei riguardi dell'accademia e delle scuole di applicazione d'arma (di cui vennero solo potenziate le infrastrutture e le strutture, ma non revisionati i programmi di studio), e molte di esse dettero risultati di grande rilievo. Il sopraggiungere, nella prima metà degli anni settanta, di nuove e più gravi difficoltà finanziarie non consentì di mantenere in vita quanto era stato creato. L' intero settore, che avrebbe avuto bisogno di ulteriori mutamenti e ammodernamenti per migliorare il suo assetto, venne invece coinvolto in una serie di provvedimenti riduttivi e di compromesso che aprirono la strada al risorgere di mali antichi ed al riacutizzarsi di quelli mai guariti. Se la selezione, il reclutamento ed il successivo processo formativo non avevano ancora trovato la soluzione ottimale, tanto meno questa divenne a portata di mano quando l'iter formativo dei quadri di carriera e di complemento, che avrebbe avuto bisogno di essere intensificato e arricchito, venne impoverito. La politica del personale che, per i mo-
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tivi esogeni ed interni ricordati, non era mai stata nel dopoguerra pienamente soddisfacente, dovendo fare fronte alle tante difficoltà - tra le altre quelle create dal sessantotto - divenne ancora più incerta e ondeggiante nella ricerca di soluzioni che poco potevano tenere conto dei criteri di fondo ai quali avrebbe dovuto essere intonato il suo sviluppo: la realizzazione della maggiore operatività mediante una severa selezione; una stretta integrazione tra reclutamento, formazione ed impiego del personale; tirocinio psico-fisico duro; prevalenza dell'addestramento militare professionale rispetto allo studio delle altre discipline e queste scelte in funzione dello sviluppo della capacità di metodo e dell'acquisizione di conoscenze proficue all'esercizio della professione; miglioramento dei rapporti con la società ai fini del reclutamento sulla base di un'estrema chiarezza e senza infingimenti; onore al criterio che privilegia la qualità rispetto al numero senza espedienti improvvisati e contingenti per colmare i vuoti sul piano quantitativo. In sintesi, dal 1960 aJla ristrutturazione del 1975-'76, la storia della selezione e del reclutamento dei quadri fu caratterizzata: da un primo periodo (1960-1965) di rinnovamento, espansione e potenziamento dell'intero settore; da un secondo periodo di assestamento e consolidamento (1966-1970); da un periodo riduttivo (1971-1975) preparatorio alla ristrutturazione della seconda metà degli anni settanta. Comune ai tre periodi, l'immobilismo dell'assetto accademia-scuole di applicazione d'arma nei riguardi delle materie, dei programmi e della durata del ciclo quadriennale dell'intero corso istruttivo-formativo, un immobilismo che restrinse l'area della selezione, acuì le note stonate del reclutamento (meridionalizzazione dei quadri, abbassamento del tono culturale, esaltazione della motivazione occupazionale) e che, in pratica, non consentì né di avere il numero giusto di uomini, né di avere molti uomini giusti.
5. Enormi i condizionamenti interni ed esterni all'impostazione e allo sviluppo di una politica del personale realistica e lungimirante che, indipendentemente dalla soluzione dei problemi contingenti peraltro seri e delicati - e dagli interventi per sanare gli squilibri del momento, tenendo conto delle profonde trasformazioni in corso nella società italiana degli anni sessanta e settanta, ponesse su basi diverse il reclutamento, la selezione e l'impiego dei quadri di carrie-
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ra. Dalla seconda metà degli anni sessanta l'esigenza di un mutamento di direzione della politica del personale si manifestò in termini ineludibili, ma i vertici militari e gli stati maggiori, assillati dall'ansia di migliorare il trattamento economico dei quadri in servizio - provvedimento senza dubbio inderogabile - e dal bisogno di colmare in qualche modo le deficienze organiche, si sforzarono sì di ridurre in tutti i modi possibili i divari e le lacune esistenti, incontrando anche in tale settore non pochi ostacoli e difficoltà nel campo politico, ma poco o nulla operarono per razionalizzare meglio reclutamento, selezione e impiego del personale in servizio permanente. Molto, anzi moltissimo, dipese dall'insufficienza degli stanziamenti finanziari che rendevano precaria la situazione in atto e non inducevano certo a preoccuparsi molto del futuro, ma pur tenuto conto di tale non opinabile realtà sarebbero stati necessari: un maggiore approfondimento delle potenzialità morali, intellettuali e attitudinali dei singoli; un reclutamento più consistente in vista di quanto sarebbe accaduto in futuro quando sarebbero venuti a mancare per esaurimento gli ufficiali di complemento trattenuti (il numero degli allievi ufficiali e sottufficiali in servizio permanente venne, invece, progressivamente dimezzandosi rispetto a quello della prima metà degli anni cinquanta: dalle 500 unità annuali alle 220); il riesame del cursus della preparazione professionale e dell'attività fisica, sportiva e pratico-applicativa in genere. Accadde, invece, che le boccate di ossigeno costituite dagli interventi d'urgenza non valsero a soddisfare sufficientemente i bisogni del momento, mentre cronicizzarono disagi e malcontenti che resero sempre più difficoltosa in prospettiva la soluzione di fondo che, per essere integrale, avrebbe dovuto coinvolgere l'intera legislazione sul reclutamento, sulle selezioni e sull'iter formativo ed istruttivo dei quadri del servizio permanente. Ma indipendentemente dal vuoto che si aprì per il futuro, la situazione non migliorò granché neppure per il presente. La stessa eterogeneità degli ufficiali in servizio - ufficiali dei ruoli normali della varie armi, ufficiali del ruolo speciale unico, ufficiali a disposizione, ufficiali di complemento trattenuti, ufficiali di complemento in servizio di prima nomina - determinò uno stato di conflittualità potenziale e comunque di disagio e di malcontento nell'ambito della categoria con riflessi negativi indotti nel servizio. Le autorità politiche non vollero riconoscere l'atipicità della carriera degli ufficiali e dei sottufficiali non assimilabile a quella dei funzionari e degli impiegati delle altre branche dell'amministrazione statale: il progetto del generale Giraudo 89 di separare la
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carriera gerarchica da quella amministrativa incontrò l'opposizione degli stessi vertici militari ed in luogo di migliorare il trattamento degli ufficiali e dei sottufficiali in relazione all'atipicità della carriera ed agli anni di servizio si ricorse all'accelerazione delle carriere e soprattutto all'inflazione delle promozioni, mediante l'istituzione della categoria degli ufficiali a disposizione e la promozione al grado superiore al momento del collocamento in congedo. Vi fu un periodo in cui il numero dei generali e dei colonnelli a disposizione superò quello dei pari grado in servizio permanente effettivo e la gran parte degli ufficiali collocati in ausiliaria raggiunse due gradi in più di quello effettivamente ricoperto all'atto di lasciare il servizio. Solo nel 1973 90 vennero soppresse la promozione a disposizione e quella alla vigilia del collocamento in ausiliaria, ma questa ultima verrà poi ben presto ripristinata 91, sempre per motivi economici, perpetuando così una situazione inflattiva, sia pure limitata agli ufficiali in ausiliaria, che non gioverà, come non aveva giovato prima, al prestigjo delle forze armate e neppure dei singoli. La politica del personale fu, dunque, casuale e contingente, quasi priva di visioni in prospettiva, affannata e del caso per caso, aggravata dal fenomeno delle leggine sollecitate da singoli o da settori particolari, espressioni queste ultime di interessi personali o di ruolo; la politica del personale, insomma, fu più subìta che voluta dagli stessi vertici militari. Nessuno può negare che molto dipese, come abbiamo sottolineato, dalla situazione generale di disagio morale e materiale del paese, dall'indifferenza delle autorità politiche nei riguardi della condizione militare e dal disinteresse dell'opinione pubblica, ma ci sembra che proprio per tutte queste ragioni una politica del personale più accorta, più proiettata verso il futuro, più attenta ai guasti che sarebbero derivati da alcuni provvedimenti di emergenza sarebbes stata, malgrado tutte le innegabili difficoltà, possibile e praticabile, soprattutto in materia di reclutamento, di selezione e di conseguimento di una maggiore professionalità tecnico-militare. La legge del 1955 92 era stata una buona legge, ma essa aveva subito nel tempo molteplici distorsioni nell'interpretazione e soprattutto nell'applicazione ad opera delle leggi successive che ne avevano via via alterato la sostanza. I modi con i quali venne applicata, anche dalle commissioni di avanzamento, in una girandola di criteri cangianti secondo le mode del momento, furono poco appropriati per cui, ad esempio, l'aver prestato servizio all'estero o presso comandi N.A.T.O. in alcuni periodi fu motivo di merito per il valutando, in altri di de-
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merito e così via. Ma il discorso si farebbe lungo e complicato, mentre a noi interessa qui accennare in particolare alla questione dei volumi organici che la legge del 1955 aveva stabilito e mettere in evidenza il fenomeno, determinato anche questo da preoccupazioni circa il trattamento economico, per il quale al graduale ridimensionamento dell'intelaiatura generale dell'esercito si accompagnò, paradossalmente, l'aumento del numero dei ruoli e di quello dei volumi organici degli ufficiali di grado più elevato. I volumi organici della legge del 1955 erano stati ragguagliati alle esigenze del tempo di pace, calcolate sulla base dell'ordinamento in fieri in quel periodo senza, peraltro, che tale ordinamento trovasse una collocazione legislativa sia pure su linee generali 93. Nel 1962 venne istituito il ruolo speciale unico 94 alimentabile con concorsi riservati agli ufficiali di complemento ed ai marescialli e sergenti maggiori in carriera continuativa in possesso di determinati requisiti di età e di titolo di studio. L'istituzione di tale ruolo rispose ad un triplice ordine di esigenze: coprire l'insufficienza dei volumi organici della legge 1955 creando una categoria ad hoc un ritorno al ruolo «M» degli anni trenta - destinata a incarichi diversi da quelli di comando delle unità operative; dare la possibilità agli ufficiali di complemento trattenuti, che non avessero superato i 32 anni di età, di transitare in servizio permanente stabilizzando così la loro precaria situazione ed aprendo loro prospettive di carriera fino al grado di colonnello; aprire l'ingresso nella categoria degli ufficiali ai sottufficiali meritevoli e in possesso di adeguata cultura, ampliandone notevolmente le possibilità di carriera e traendoli fuori dall'hortus conclusus proprio della loro categoria. Nel 1964 vide la luce una nuova legge base per il reclutamento degli ufficiali dell'esercito 95 che, pur introducendo alcune innovazioni, rimase sostanzialmente legata a quella in vigore, eccezione fatta per un ampliamento delle fonti di reclutamento; nel 1973, come accennato, venne soppressa la promozione a disposizione e la promozione il giorno avanti della cessazione del servizio attivo e vennero fissati nuovi volumi organici per i gradi di generale e colonnello 96; nel 1975 vennero ritoccati i volumi organici del ruolo speciale unico 97. In seguito alla legge n. 804 del 1973 il numero dei generali del ruolo unico normale venne portato per i generali di corpo d'armata da 21 a 31, per i generali di divisione da 38 a 77, per i generali di brigata da 104 a 213 e per i colonnelli da 668 a 1379. La legge n . 804, varata alla vigilia della ristrutturazione e mentre erano già in corso provvedimenti riduttivi dei comandi di livello elevato (armata, corpi d'armata), fu il colpo di grazia dato
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al prestigio delle funzioni e dei gradi ed allargò il varco dell'inflazione gerarchica, già via via venutosi ad aprire dal 1955 in poi, determinando la destinazione di generali ad incarichi prima coperti da colonnelli e di questi ad incarichi già devoluti a tenenti colonnelli e maggiori 98. Nell'intento di privilegiare la carriera economica, la legge svilì quella gerarchica e, inflazionando il numero dei generali e dei colonnelli, deresponsabilizzò ulteriormente i gradi inferiori. Fu, dal punto di vista tecnico-militare, una legge abnorme perché, in luogo di adeguare i volumi organici alle esigenze reali, li fissò sulla base di un criterio assistenziale che nulla aveva a che vedere con la funzionalità dell'organismo. I militari, almeno in servizio, indossano l'uniforme e su di questa portano i segni distintivi del grado che rivestono per cui se ad un generale o ad un colonnello si assegnano compiti e funzioni che possono essere svolti da gradi inferiori non solo si umiliano gli individui, ma s i feriscono i principi della gerarchia e della disciplina sui quali poggia la condizione militare. Alla carenza di ufficiali inferiori e di sottufficiali 99 non si può rimediare moltiplicando il numero dei generali e dei colonnelli, così come, per assicurare agli ufficiali e ai sottufficiali un trattamento economico adeguato e dignitoso, non si possono promuovere tutti in massa ed in tempi brevi colonnelli e generali. La legge n. 804 fu, in sintesi, sbagliata e nociva ed i maggiori benefici di carriera che intese concedere ad un numero maggiore di ufficiali non compensarono i danni morali che e ssa produsse all'interno dell'organismo. Fu quanto meno singolare che in una situazione siffatta, gli uffi. ciali e i sottufficiali dell'esèrcito continuassero ad esprimere un indice di r endimento più che encomiabile. Costre tti spesso ad adempiere, per deficienza di personale rispetto agli organici, più di un incarico - e talvolta a sostituirsi ai gradini della scala gerarghica mancanti, assumendosi compiti del grado superiore o, in particolare, i capitani, quelli dei gradi inferiori per la carenza di ufficiali subalterni e di sottufficiali di carriera o per la gen e rica scarsa affidabilità dei giovani ufficiali di complemento in servizio di prima nomina - i quadri permanenti deJl'esercito moltiplicarono le loro energie morali, intellettuali e fisiche e seppero vincere il senso di scorament o, di demoralizzazione e di frustazione derivante dall'incomprensione e dal quasi isolamento dalla società civile e dall'attacco a fondo del movimento sessantottesco, che tentò di affermarsi nelle caserme, ma ne venne repentinamente e decisamente respinto, proprio mercé la fermezza della fede nei valori tradizionali e la volontà di difesa a qualunque
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costo di tali valori della massa degli ufficiali e dei sottufficiali di carriera. Lo scarso sostegno morale del paese contro la campagna calunniatrice e denigratoria che durava da trent'anni, e che si fece più virulenta verso la fine degli anni sessanta, e gli assalti allo spirito militare condotti senza risparmio dai vari movimenti eversivi nell'indifferenza del Parlamento e del governo rinsaldarono gli animi dei quadri; fecero superare loro i tanti motivi di scontento interno che si erano venuti moltiplicando negli anni sessanta; fortificarono l'anima dell'esercito che proprio verso la metà degli anni settanta pose fine alla politica di clausura fino ad allora seguita, quasi geloso della torre d'avorio in cui era stato costretto a chiudersi, e si aprì alla nazione di cui sollecitò una diversa attenzione e cura sul piano morale e culturale. In altre parole, i guasti esterni ed interni sommatisi dalla fine della guerra incisero senza dubbio sul morale dei quadri, ma non al punto tale da far diminuire la consapevolezza dell'importanza del proprio compito, l'attaccamento al dovere, lo spirito di rinunzia e di sacrificio nell'adempimento del dovere, malgrado la burocratizzazione dell'organismo e l'imborghesimento della mentalità. Naturalmente l'indebolimento della coesione nazionale si riflette, prima o dopo, sul morale delle forze armate e, in particolare, dell'esercito, costituito in gran parte da personale di leva. Mai comunque in quegli anni, proprio per merito principale dello stato maggiore, degli ufficiali e dei sottufficiali, il morale dell'esercito raggiunse il livello di guardia. La fedeltà alla Costituzione e agli ideali risorgimentali e della Resistenza, l'attacamento alla avita tradizione di costituire presidio della sicurezza daJle offese esterne, di difesa dell'indipendenza e della sovranità nazionale, ora nel quadro di una alleanza liberamente scelta, l'estraneità ad ogni interesse di parte nel meditato convincimento di essere esclusivamente al servizio della Patria - intesa come valore storico reale oltre che ideale - non vennero meno, nonostante che quasi tutto congiurasse contro, anzi in un ce rto senso furono cementati dalle lunghe avversità, tanto che le forze accanitamente ostili, che dal 1945 avevano cercato invano di sfaldarne il tessuto connettivo, mai stanche di incentivare il dualismo quadri-soldati, mutarono tattica, rinunziando alla ghettizzazione delle forze annate e dimostrando maggiore disponibilità a discutere quanto meno la condizione militare se non anche la questione militare.
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6. Nelle sue grandi linee la struttura dell'organizzazione territoriale conservò la configurazione assunta alla fine degli anni cinquanta: comandi militari territoriali di regione, comandi militari di zona, comandi militari provinciali, di istituzione prevista in caso di emergenza nei capoluoghi di provincia, comandi di distretto, militare di prima classe - distinti in distretti tipo «A» (popolazione superiore ai 2 milioni abitanti), tipo «B» (tra 1 300 000 e 2 000 000 di abitanti), tipo «C» (tra 750 000 e 1 300 000 di abitanti) - di seconda classe (tra 400 000 e 750 000 abitanti), di terza classe (con popolazione fino a 400 000 abitanti), comandi di deposito divisionali e di brigata o misti. Anche i comandi militari di zona rimasero distinti in due tipi «A» (Torino, Milano, Genova, Bologna, Bari) e «B» (tutti gli altri). I comandi territoriali di regione rimasero i 6 già fissati nel 1957 (regione Nord-Ovest-I-; regione nord-est-V-; regione tosco-emiliana-VII-; regione centrale-VIII-; regione meridionale-X-; regione della Sicilia-XI). I comandi militari di zona da 19 vennero portati a 16 100, i comandi militari di distretto da 67 a 62 101, mentre non subì variazioni il numero dei depositi che restarono 33 102, Ogni ulteriore tentativo di ridurre ulteriormente l'apparato di comando territoriale, in particolare il numero dei distretti, urtò contro la volontà del potere politico centrale, a sua volta sollecitato da quello periferico, affatto interessati entrambi ai problemi militari, spesso anzi pronti a frapporre ostacoli allo svolgimento delle attività addestrative ed alle imposizioni di servitù militari nelle zone di giurisdizione, ma fortemente interessati, per motivi di lustro od economici, a non perdere i benefici della presenza di un comando o di un ente militare. La mancata eliminazione delle evidenti ridondanze nelle strutture funzionali territoriali moltiplicò e complicò i problemi dell'inquadramento delle unità minori. L'elevata aliquota di enti che avrebbero potuto essere tranquillamente soppressi, anzi avrebbero dovuto esserlo, rese ulteriormente disequilibrato anche l'impiego del personale civile, la cui disponibilità, oltre tutto, rimase costantemente inferiore al previsto volume organico 103, costringendo così a ripianare le carenze con il ricorso a personale militare di carriera o in servizio di leva. Anche questa fu una delle tante concause che ostacolarono una politica d'impiego del personale militare e civile organica ed ordinata e che posero in costante sofferenza la vita dell'esercito. Lo stato maggiore dell'esercito, proprio nell'intento di ridurre il numero dei comandi ed enti territoriali, di potenziare la fun-
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zionalità e la rapidità delle operazioni di quelli da lasciare in vita e di rendere il reclutamento e la mobilitazione meglio aderenti alle esigenze militari e dei cittadini, dette ampio sviluppo, in particolare dal 1962 in poi, alla creazione di nuovi centri meccanografici ed al potenziamento di quelli esistenti, trasformandoli in organismi di grande potenzialità, riordinando l'.intero servizio e adeguandolo via via alle nuove esigenze ed alle trasformazioni ordinative dei comandi e degli enti territoriali 104. Immutata nelle sue linee generali, l'organizzazione territoriale di comando venne fatta oggetto di molteplici aggiustamenti ed ammodernamenti, intesi anche a meglio precisarne compiti, funzioni e responsabilità 105. In tale quadro, tra l'altro, venne disposta la scissione, dal 1°-I-1963, della carica di comandante designato della 3° armata da quella di comandante del V C.M.T. della regione nordest 106. Sempre nello stesso ambito dei C.M.T. vennero migliorate e potenziate le branche riguardanti il reclutamento e la mobilitazione, le:: infrastrutture territoriali fisse per l'addestramento in tempo di pace e in caso di mobilitazione, i trasporti di radunata, le attività sportive ed agonistiche e le relazioni con le autorità politiche e civili 107. Lo stato maggiore dell'esercito, in sintesi, si preoccupò dell'organizzazione territoriale, base del reclutamento, della mobilitazione e del supporto logistico dell'esercito di campagna e delle unità d'impiego in genere, in misura non minore di quella strettamente operativa e ne curò in sommo grado la struttura e la funzionalità, nella convinta consapevolezza che essa occuppa nella sicurezza e nella difesa del paese un posto, entro certi limiti addirittura prioritario o, quanto meno, di pari rilievo, di quello delle forze destinate a combattere sulle varie fronti. Si trattò di un lavoro meno appariscente e stimolante, ma non certamente meno impegnativo e proficuo al fine dell 'efficienza e della capacità operativa dell'insieme delle forze terrestri, sia di quelle destinate alla difesa della frontiera nord-orientale, sia di quelle, in verità assai modeste, chiamate a compiti di difesa del resto del territorio nazionale. Queste ultime subirono una drastica riduzione mediante la trasformazione in brigate di fanteria delle divisioni di fanteria Friuli, Trieste, Avellino, Pinerolo e Aosta 108, ciascuna costituita su di un reggimento di fanteria di 3 battaglioni, un gruppo di artiglieria da campagna, una compagnia del genio pionieri, una compagnia trasmissioni e nuclei dei servizi essenziali. Le 5 divisioni contratte in brigate erano state impegnate negli anni precedenti in un'intensa attività addestrativa, centrata premintemente sulla difesa da sbarchi dal mare
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e dal cielo e, a turno, in esperimenti di mobilitazione e di partecipazione ad esercitazioni di aggiornamento e di impiego che avevano dato, come abbiamo ricordato, eccellenti risultati. Le cinque divisioni, peraltro, non erano grandi unità di pronto impiego e la loro forza effettiva corrispondeva si e no al 50% di quella organica, con la conseguenza del ricorso alle unità quadro, una soluzione questa apparsa molto opinabile anche nel passato e, comunque, affatto conforme alle esigenze di un eventuale conflitto futuro, nel quale i tempi di mobilitazione, di radunata e d'intervento si ridurranno presumibilmente a qualche ora o tutto al più a qualche giornata. La trasformazione in brigata, determinata dalla insufficienza delle assegnazioni finanziarie per la tenuta della forza ai livelli di pronta efficienza operativa e per le esigenze addestrative e di vita delle unità, intese garantire ai C.M.T. della regione tosco-emiliana, di quella meridionale e di quella della Sicilia un livello di forza, appunto due brigate alla prima ed alla seconda e<l una alla tt:rza, <li miuurt: t:ntità, ma di più pronto impiego, se non altro per il loro più elevato grado di addestramento conseguibile in seguito alla soppressione delle unità quadro. Tale l'intendimento dei generali Rossi 109 e Lucini, rispettivamente in quel periodo capo e.li stato maggiore della difesa e capo di stato maggiore dell'esercito, ed esso, sebbene non conseguito per intero per il persistere dei molteplici onerosi servizi territoriali, di presidio e di caserma, ai quali le brigate continuarono a dover fare fronte, fu sostanzialmente giovevole e remunerativo perché consentì un migliore inquadramento ed un più proficuo addestramento di due gruppi tattici per ciascuna brigata. In tempi successivi, le brigate di fanteria per la difesa interna del territorio vennero trasformate dal generale Aloia in brigate d'ardimento e tre di esse - Pinerolo, Trieste ed Avellino - impegnate nell'estate del 1965 in una grande esercitazione di difesa del territorio (esercitazione Vedetta Appula) dimostrarono un grado di affidabilità pari a quello delle grandi unità dell'esercito di campagna, dando prova - specialmente la Pinerolo e la Trieste - di avere acquisito una grinta (intesa nel senso di forza e volontà combattiva) morale, una veste formale ed una capacità professionale affatto infe riori a quelle delle unità bersaglieri, paracadutisti e lagunari. Da quella esercitazione, oltre che dalle precedenti visite effettuate dalla scala gerarchica alle brigate che si venivano trasformando in brigate di ardimento e dagli entusiastici rapporti pervenutigli dai comandanti dei C.M.T. interessati, il generale Aloia trasse conferma della validità della impostazione data alla fisionomia <lellt: forze c.ld-
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la difesa interna del territorio ed affrettò i tempi della trasformazione delle altre tre brigate, a cominciare dall'Avellino, che, pur essendosi comportata assai egregiamente durante la Vedetta Appula, non era ancora una brigata di ardimento. Ma proprio qualche settimana dal termine dell'esercitazione, l'Avellino dovette essere sciolta 110 per sopravvenute nuove restrizioni finanziarie, talché anche il C.M.T. della regione meridionale, nonostante l'importanza operativa e la grande estensione del suo territorio affacciantesi su tre mari, venne a disporre di una sola brigata di fanteria. La critica rivolta allo stato maggiore dell'esercito di essersi preoccupato dal 1960 al 1975 soprattutto dello scacchiere operativo nord-orientale e di avervi ammassato la gran parte delle forze disponibili, quasi avesse volutamente trascurato la difesa del resto del territorio, è assolutamente priva di b ase razionale. Lo stato maggiore dell'esercito tenne sempre nel conto dovuto l'importanza operativa della regione meridionale e di quella della Sicilia, ma non volle, per dare l'impressione di difendere tutto, finire con il non difendere niente. In più, l'opzione a favore dello scacchiere nordorientale rispondeva agli impegni assunti nel quadro N.A.T.O. in fatto di difesa avanzata, mentre alla difesa degli altri scacchieri, dei quali particolarmente sensibile quello pugliese, si sarebbe dovuto provvedere autonomamente in sede nazionale con forze distinte da quelle assegnate alla N.A.T.O.. Quando venne sciolta l'Avellino, i generali Rossi e Aloia rappresentarono ancora una volta al ministro della difesa, on. Andreotti, la maggiore vulnerabilità che si sarebbe venuta a determinare nella regione meridionale, ma il ministro confermò l'impossibilità di un aumento de lle assegnazioni di bilancio. Forse una presa di posizione più energica dei generali Rossi ed Aloia con la quale governo, Parlamento e paese fossero stati subito posti di fronte alle loro res ponsabilità, avrebbe se non a ltro anticipato di un decennio la messa all'ordine del giorno del problema della ristrutturazione dell'intero apparato militare, ma né il generale Ross i, a lieno da ogni esibizionismo e da ogni esasperazione dei problemi, né il generale Aloia, che temeva l'invalidazione, in seguito ad una ristrutturazione generale, di almeno una parte del grande lavoro di consolidamento e di ammodernamento fino ad a llora compiuto, non giudicarono né necessario né opportuno e conveniente drammatizzare una situazione ritenuta ancora tollerabile, malgrado i rischi si venissero facendo sempre più gravi. D'altra parte lo scioglimento dell 'Avellino di pe r sé non era un provvedimento di estrema gravità, ma confermava la costanza della
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civa e pericolosa - dell'esercito, già espressa dagli inizi degli anni sessanta mediante la trasformazione delle 5 divisioni di fanteria in brigate e di quella della divisione corazzata Pozzuolo del Friuli nell'omonima brigata di cavalleria nel 1958 111. Una grande unità bivalente, avente cioè il compito della difesa interna dal territorio e di riforzo dello schieramento a difesa dello scacchiere nord-orientale, era la divisione di fanteria Granatieri di Sardegna, che nel 1958 aveva assunto le formazioni della divisione di pianura e che nel 1964 112 inglobò, a completamento di tale formazione, il 3° reggimento fanteria corazzato, costituitosi per trasformazione del comando del IV reparto corsi, del gruppo tattico corazzato dimostrativo e del CIV battaglione carri della scuola truppe meccanizzate e corazzate di Caserta. Il C.M.T. della regione centrale poté così contare, per il caso di emergenza, su di una divisione organica, di cui però il 3° reggimento corazzato e un battaglione del 17° reggimento fanteria Acqui erano alle dipendenze d'impiego, in tempo di pace, rispettivamente della scuola di Caserta e di quella di Cesano. Un ulteriore indebolimento delle brigate di fanteria per la difesa interna del territorio venne determinato dall'assegnazione del compito di B.A.R. per l'addestramento di I ciclo, mediante l'invio diretto di reclute, ad uno dei tre battaglioni di fanteria di ciascuna brigata, sicché solo due battaglioni potevano dirsi operativi e lo erano in termini molto ridotti in quanto comprendenti contemporaneamente personale in II e in III ciclo. La sovrapposizione di compiti e di dipendenze per un'aliquota delle unità costitutive della divisione Granatieri di Sardegna e delle brigate Aosta, Avellino (fino a quando restò in vita), Friuli, Pinerolo e Trieste - stato di necessità determinato da motivi di economia - non giovò all'amalgama morale e addestrativo delle grandi unità, in quanto, eccezione fatta per i reparti dimostrativi (3° reggimento fanteria corazzato e 111/17° reggimento fanteria Acqui), ben poco era il tempo che restava agli altri da dedicare all'attività addestrativa, che era giocoforza sacrificare per disimpegnare i compiti di rappresentanza e di servizio territoriale (in particolare di guardia alle installazioni ed ai depositi e magazzini), compiti fattisi sempre più gravosi e molteplici in relazione al dilagare del terrorismo. Vennero ridotti al minimo gli impegni di rappresentanza, incidendo anche sulle onoranze funebri e sui picchetti d'onore; vennero abolite le sentinelle all'ingresso delle caserme e adottate molte altre misure restrittive circa l'impiego del personale in compiti territoriali, di presidio e di caserma, ma l' aumento degli oneri di sicurezza non consentì sensibili
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recuperi a favore dell'attività addestrativa. Enormi gli sforzi dei comandanti e dei quadri per salvaguardare il più possibile l'attività addestrativa, non tutti senza successo, ma le grandi unità per la difesa interna del territorio nella prima metà degli aruù settanta, nonostante l'impegno lodevole prodigato nelle esercitazioni e le prove di grande bravura e di somma abnegazione offerte nelle varie calamità che colpirono il paese, non erano più quelle della Vedetta Apula, avendo se non altro perso la fisionomia di unità di ardimento rapidamente acquisita nella prima metà degli anni sessanta. Costrette a ridurre ai minimi termini l'attività addestrativa ed a disertare le palestre di ardimento, d'altra parte già poste in disuso, fin dalla seconda metà degli anni sessanta, in seguito alla campagna sostenuta da talune parti politiche di sinistra contro l'addestramento alla guerra psicologica, all'ardimento ed alla controguerriglia, esse continuarono ad operare e lavorare con grande senso di responsabilità, ma con scarsa soddisfazione, soprattutto dei militari di leva che si sentivano frustati a causa del prevalente impiego in servizi di guardia e vari e dal fatto che, per l'insufficienza della forza disponibile per lo svolgimento di un addestramento utile, venivano adibiti a lavori generici ripetitivi o talvolta lasciati in ozio. Un esperimento indovinato, purtroppo fuori tempo, era stata la costituzione dei battaglioni fucilieri di sicurezza con personale di leva destinati pressoché esclusivamente a compiti territoriali. Nati come ripiego per alleggerire le unità operative dell'esercito di campagna e della difesa interna del territorio dai molteplici ed onerosi impegni della custodia e della sicurezza dei depositi munizioni e carburanti e di altre installazioni, vennero successivamente sciolti 113, sia per motivi di economia, sia in seguito alla constatazione della inopportunità d'impiegare personale di leva in compiti per i quali sarebbe stata molto più appropriata, ancorché più costosa, l'istituzione di quell'apposito corpo civile ausiliario, sottoposto adisciplina militare, proposto dalla ricordata Commissione Consultiva nel luglio del 1948. Di particolare rilievo fu l'attività dei comandi territoriali nei riguardi del reperimento dei poligoni e delle aree addestrative e della loro disciplina di uso da parte delle unità operative stanziate nelle rispettive zone di giurisdizione, nonché quella della gestione dei campi sportivi militari, della organizzazione delle settimane sportive dell'esercito istituite dal generale Aloia e della sovraintendenza delle compagnie atleti in cui vennero inquadrati i militari di leva distintisi al livello nazionale nelle maggiori discipline sportive 11 4 . Fu il generale
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Lucini nel 1959 a dare inizio alla costituzione, nella zona di capo Teulada (Sardegna), di un campo di addestramento per le unità corazzate (C.A.U.C.), al livello di raggruppamento, che venne posto alle dipendenze del comando militare della ~ardegna, mentre l'ente preposto a coordinare tutte le attività inerenti alla costituzione fu l'VIII C.M.T. della regione centrale. Il C.A.U.C. venne poi potenziato nel 1964 incrementandone notevolmente gli organici 115 in relazione all'aumento del peso addestrativo e logistico derivante dal maggior numero di unità corazzate che vi si dovevano esercitare. L'VIII C.M.T. della regione centrale fu particolarmente impegnato, nel quadro della collaborazione fra le forze armate e il C.O.N.I., in occasione della XVII3 Olimpiade, per l'organizzazione e la direzione del raggruppamento olimpico militare (R.O.M.) cui venne affidata la parte esecutiva del concorso delle forze armate nelle varie gare olimpiche 116. Lo stato maggiore dell'esercito ed i CC.MM.TT. di regione continuarono a completare, adeguare e migliorare la branca di attività connessa alla mobilitazione, già bene avviata nel decennio precedente, mantenendo aggiornati i dati relativi all'entità dell'esercito mobilitabile, ai fabbisogni di personale in congedo da reimpiegare e da richimare alle armi per mobilitazione, alle aliquote di riservisti, distinte per C.M.T. di regione, occorrenti per il completamento delle unità esistenti, tenute a livelli di forza inferiore a quelli previsti dalle tabelle organiche di guerra, ed alle aliquote per la formazione ex novo delle unità di costituzione immediata e di quelle di costituzione successiva. Venne disposto che in caso di mobilitazione generale improvvisa, oltre l'affissione del manifesto del richiamo, dovessero essere spedite le cartoline precetto individuali a tutto il personale in possesso di preavviso di destinazione 117. Vennero compiuti studi e predisposte misure circa il personale militare di riserva 118 e circa le forze assegnale e precettate per l'assegnazione alla N.A.T.O .. Furono altresì emanate le disposizioni relative all'organizzazione addestrativa dei C.A.R. e dei B.A.R. nel caso di emergenza 119, nonché quelle per la costruzione degli organi direttivi ed esecutivi della censura militare e del servizio postale 120 e dei centri di mobilitazione della Croce Rossa Italiana 121. Vennero mantenute via via aggiornate, sulla base delle norme sulla mobilitazione dell'esercito (pubblicazione S.M.E. 8/S), le rubriche degli ufficiali e sottufficiali in congedo ai fini del loro reimpiego all'emergenza 122. Nel 1970 vennero iniziati esperimenti per la meccanizzazione di tutte le operazioni di mobilitazione 123. Allo scopo di conferire il massimo grado d'impiegabilità alle unità della difesa ter-
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ritoriale di prevista costituzione all'emergenza, venne disposta l'assegnazione per mobilitazione del personale anche per le unità dicostituzione successiva per le quali fosse accantonato almeno 1'80% del vestiario e dell'armamento individuale e il 40% degli altri materiali 124_ Il ciclo di mobilitazione del 1975 venne articolato su due tipi di predisposizioni di mobilitazione: le prime denominate convenzionalmente aggancio per le unità esistenti in pace e per le unità quadro, le seconde per le unità da costituire ex novo e per l'arma dei carabinieri. L'aggancio ebbe la finalità di utilizzare per mobilitazione i riservisti delle classi più giovani, ridurre all'emergenza i tempi di amalgama dei riservisti con il personale alle armi, conferire alle unità completate un maggiore grado di efficienza operativa. Ai fini dell'addestramento delle riserve, l'insufficienza delle disponibilità finanziarie non consentì di svolgere l'attività che sarebbe stata necessaria. Nei quindici anni vennero effettuate due sole esercitazioni di approntamento. La prima riguardò la divisione Granatieri di Sardegna, di cui vennero attuati un parziale completamento delle unità esistenti e la costituzione ex novo di alcune unità logistiche, e il CLXXV battaglione fucilieri , di prevista mobilitazione nell'ambito dell'VIII C.M.T. di regione, che venne mobilitato ex novo 125. La seconda interessò la brigata Aosta ed il 3° reggimento bersaglieri. Anche i richiami di ufficiali, sottufficiali e militari di truppa specializzati dovettero essere contenuti in limiti molto angusti e senza le periodicità prestabilita, rimettendone l'attuazione a quelle che furono di volta in volta le esigue possibilità di trarre fondi dalle assegnazioni finanziarie ordinarie. Non fu solamente quella fin qui appena accennata l'attività svolta dallo stato maggiore dell'esercito e dai comandi militari territorial i dal 1960 al 1975. Si può dire che sia gli organi centrali sia quel Ii . periferici, dai CC.MM.TT. di regione ai depositi misti, vissero tre lustri di vita intensa e dinamica sotto il profilo ordinativo per fronteggiare le numerose, mutevoli e complesse esigenze di adeguamento dell'organizzazione e delle strutture territoriali alle trasformazioni determinate dal nuovo ordinamento dello Stato (es. nascita degli organismi regionali amministrativi e creazione di nuove provincie) e, soprattutto, dall'incessante divenire sociale, culturale e politico. Vi fu uno sforzo operativo costante e coscienzioso, da una parte per cogliere il significato reale degli incessanti mutamenti, dall'altra per inserire sempre più e meglio l'esercito nel tessuto del paese sì da approntare un organismo con elevata prontezza d'impiego. Ciò spie-
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gai tanti interventi operati per ridurre il peso della mobilitazione e della difesa interna del territorio, applicando metodologie nuove e moderne, riducendo il più possibile i tempi del passaggio dal periodo di pace a quello dell'emergenza, limitando gli effetti negativi della crisi che un tale passaggio inevitabilmente produce. Il lavoro si svolse in condizioni di gravi difficoltà per la scarsa compartecipazione delle autorità politiche, la insufficiente cooperazione delle altre amministrazioni dello Stato e soprattutto per le restrizioni finanziarie. L'esercito riuscì, comunque, a fare tutta intera la s ua parte, anche se ben altro sarebbe stato necessario realizzare nei vari settori riguardanti la preparazione e l'organizzazione della nazione per l'eventualità di una guerra. La costituzione di una efficiente rete gerarchica territoriale esistente fin dal tempo di pace, le predisposi zioni per completarla prontamente all'atto dell'emergenza, tra le quali quelle riguardanti l'immediata costituzione dei comandi militari provinciali, il potenziamento delle reti territoriali di telecomunicazioni, le attente e costantemente aggiornate ed adeguate misure per la mobilitazione del personale da richiamare all'atto dell'emergenza e tutta l'altra serie di provvedimenti adottati, di cui la sola elencazione richiederebbe un ulteriore eccessivo spazio, consentirono la realizzazione di un sistema di mobilitazione e di trasporti di radunata e la pianificazione di un sistema potenziale di sicurezza e di difesa dalle offese terrestri all'interno del territorio nazionale, non commisurato alle esigenze, ma in grado di costituire il nucleo embrionale, sul quale innestare i vari rami operativi necessari all'efficienza in guerra. Non fu molto, ma l'esercito non avrebbe potuto da solo fare di più.
7. Il modello organizzativo logistico preesistente, messo in essere negli anni cinquanta, non subì modifiche sostanziali, ma nel quadro del riordinamento dei singoli servizi vennero adottati molteplici provvedimenti, gran parte di carattere riduttivo, diretti a realizzare assetti funzionali più razionali ed economici l26. Dei più significativi o, quanto meno, di quelli che meglio si prestano a dare l'idea del lavoro compiuto dallo stato maggiore dell'esercito dal 1960 al 1975 nel campo dell'organizzazione logistica territoriale, diamo l'elenco in nota, sottolineando che i servizi più interessati ai vari graduali riordinamenti furono quelli delle armi, munizioni ed armamenti terrestri, della
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motorizzazione, dei trasporti, dei lavori, del demanio e materiali del genio, vale a dire quelli più condizionati dal rapido progresso tecnico che si sviluppò in quegli anni. La linea di tendenza dello stato maggiore dell'esercito nell'ammodernare e potenziare l'organizzazione logistica territoriale, riducendone il più possibile l'entità e l'estensione di sedi ed incrementandone contemporaneamente le potenzialità, rispose alla concenzione di un sistema logistico moderno, del quale la seconda guerra mondiale ed appunto l'evoluzione delle armi e dei mezzi, dei sistemi di classificazione dei materiali e delle stesse procedure amministrative avevano delineato e continuavano gradatamente a determinare la nuova fisionomia. La seconda guerra mondiale aveva confermato che il successo delle operazioni militari, offensive o difensive che fossero, era legato, più che alla validità delle concezioni strategiche e tattiche e degli stessi ordinamenti tattici, alla consistenza e alla solidità dell'apparato logistico e alla mobilità e flessibilità del suo funzionamento. La mobilità logistica e la tempestività dei rifornimenti avevano esercitato sulle operazioni un'influenza spesso maggiore della mobilità tattica e della stessa potenza di fuoco. La gran parte delle misure di riordinamento e di ristrutturazione furono ispirate a tale visione, mentre altre ebbero le loro motivazioni nel moltiplicarsi di armi, di mezzi e di strumenti nuovi e tecnicamente avanzati. Le innovazioni introdotte nei riguardi dei compiti, delle funzioni, delle strutture, delle tendenze e delle procedure furono, inoltre, suggerite dai mutamenti ordinativi verificatisi con l'entrata in vigore del D.P.R. 1478 del 18-XI-1965. Alcuni enti del servizio armi munizioni e armamenti terrestri, della sanità, del servizio del genio, di quello della motorizzazione e di quello del commissariato vennero passati alle dipendenze del CC.MM.TI di regione 127_ Allo scopo di meglio definire la linea di dipendenza degli organi esecutivi dei servizi venne stabilito che i servizi privi di una loro specifica direzione venissero posti alle dipendenze dei CC.MM.TT. di regione per il tramite dei rispettivi comandi d'arma, facendo assumere a tali enti la denominazione di Comandi di arma e direzioni dei servizi 12 8. Ma se si può a ragione affermare che fu fatto tutto il possibile ai fini di perseguire un assetto della logistica territoriale il più possibile conforme alle nuove esigenze, non si può certamente sostenere che l'esercito non continuasse ad avere il suo punto di maggiore debolezza proprio nella logistica. Le condizioni quasi proibitive dei bilanci annuali, le carenze opposte dalla mancanza di una legislazione chiara, completa e moderna, le pastoie di quella rigidamente in vigore ancorché superata e
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lacunosa, le inframettenze delle autorità politiche centrali e periferiche su problemi tecnici che avrebbero richiesto soluzioni diverse resero inattuabili riforme e riordinamenti di più vasto respiro. L'organizzazione logistica territoriale rimase povera di scorte ed esposta alle offese dal cielo e da terra. I risultati positivi ottenuti sul piano concettuale ed organizzativo furono molteplici e notevoli, ma un assetto armonico e funzionale degli organi di comando, direttivi ed esecutivi, ancorché essenziale, non basta da solo a creare una logistica affidabile e rassicurante che, per essere tale, deve poter contare in primo luogo su scorte adeguate e protette.
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Gli anni 1960-1975 furono caratterizzati, come rilevato, dal crescente divario fra risorse ed esigenze e dalla sempre maggiore incidenza del progresso scientifico e tecnologico sulle strutture delle forze armate. A prescindere da tutto il resto, che pure abbiamo posto in evidenza, basterebbe considerare questi due fattori per rendersi conto delle enormi difficoltà incontrate dallo stato maggiore dell'esercito nel dover operare le scelte e nello stabilire la scala delle priorità. L'aver privilegiato l'organizzazione scolastico-addestrativa rispetto a quella territoriale e logistica, senza incidere su di essa, almeno sulle sue strutture di base, nel contesto dei vari ridimensionamenti imposti dalla situazione finanziaria, fu una decisione decisamente saggia e proficua. Qualcosa di più e di meglio sarebbe stato, peraltro, necessario realizzare in materia di politica di reclutamento, di selezione e d'impiego del personale in una visione meno contingente e ristretta, più lungimirante ed ampia. Quanto all'organizzazione territoriale, le drastiche riduzioni delle forze destinate alla difesa interna del territorio furono, in qualche modo, compensate dalle misure predisposte per rendere automatica, semplice e rapida la mobilitazione e la radunata delle unità territoriali da costituire ex novo in caso di emergenza; un accorgimento o, meglio, un espediente peraltro di successo incerto, essendo questo legato ai fattori imponderabili di un'eventuale aggressione improvvisa. Ancora assai più grave risultò la debolezza dell'apparato logistico accresciutasi via via nel tempo e non eliminabile senza un poderoso intervento finanziario straordinario. I tentativi compiuti dagli otto capi di stato maggiore dell'esercito sue-
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cedutisi dal 1960 al 1975 per cercare di chiarire alle autorità politiche i termini della realtà non sortirono effetti di sorta. Nessun ministro della difesa nell'illustrare il bilancio al Parlamento denunziò pubblicamente la gravità e pericolosità della situazione di debolezza della difesa interna del territorio e di carenza delle scorte. Se alla prima un notevole contributo poteva essere dato dai reparti dell'arma dei carabinieri esistenti fin dal tempo di pace, in quanto la difesa del territorio è un aspetto fondamentale dell'operatività dell'arma, il completamento delle scorte non aveva che una soluzione: provvedervi direttamente, ancorché gradualmente, perché in caso di un'aggressione improvvisa nulla potrà arrivare nei primi giorni dalle nazioni alleate.
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NOTE AL CAPITOLO LX 1 La D. cor. Pozzuolo del Friuli venne sciolta il 31-XII-1958 (f.n. 1265-S/140214 del .I-XI-1958, S.M.E. Ordinamento). 2 Il rgt. Nizza Cavalleria venne sciolto il 20-XII-1958 (f.n. 1660-S/151624152 del 13-XI-1958, S.M.E Ordinamento). · 3 La D. f. Granatieri di Sardegna venne trasformala in divisione di pianura nel dicembre 1958 (f.n. 1590-S/151624111 del 3-XII-1958, S.M.E. Ordinamento); La D. f. Folgore nell'ottobre 1958 (f.n. 1220-S/15140222 del 15-l.X-1958); la D. f. Legnano nel maggio 1958 (f.n.385-S/151440211 del 4-IV-1958, S.M.E. Ordinamento). Le D.f. Mantova e Cremona furono trasformate in divisioni di montagna rispettivamente nell'ottobre 1958 (f.n. 1490-S/151624113 del 26-X-1958, S.M.E. Ord.) e nell'aprile del 1958 (f.n. 460-S/15140212 del 4-JV-1958, S.M.E. Ord). 4 Bruno Lucini, ( 1897-1982), generale di corpo d'armata. Ufficiale di artiglieria, partecipò alla prima guerra mondiale sul Carso, sul Montello e sul Piave. Dopo la guerra ebbe incarichi di comando, di stato maggiore e di insegnante presso la scuola di guerra. Durante il secondo con11itto mondiale fece parte della commissione di armistizio con la Francia e prese poi parte alle operazioni in Egeo e nei Balcani. Fatto prigioniero dai tedeschi a Lubiana nel settembre 1943 fu internato in campo di concentramento. Rimpatrialo fu successivamente presidente dcli' Istituto stali maggiori combinati, segretario generale dell'esercito, comandante del III corpo d'armata e comandante designalo della 3° armata. Fu capo di stato maggiore dell'esercito dal I aprile 1959, succedendo a l generale Liuzzi, al 24 dicembre 1960. 5 Giorgio Liuzzi. Italia difesa? Ed, Volpe, Roma, 1963. 6 Ibidem, pg. 222. 7 Ibidem, pgg. 232-233. 8 Ibidem, pg. 115. 9 Ministri della difesa dal 15-II-1959 al 19-IX-1977: on. Giulio Andreotti dal 15-11-1959 al 23-II-1966 (7 anni); on. Roberto Tremelloni dal 23-11-1966 al 24-VI-1968 (2 anni e 4 mesi); on. Luigi Gui dal 23-Vl-1968 al 27-ill-1970 (21 mesi); on. Mario Tanassi dal 28-lll-1970 al 15-1-1972 (21 mesi); on. Franco Reslivo dal 16 al 25 giugno 1972 (10 · giorni); on. Mario Tanassi dal 26-VI-1972 al 13-ill-1974 (20 mesi); on. Giulio Andrcotti dal 14-III-1974 al 22-X-1974 (6 mesi); on. Arnaldo Forlani dal 23-X-1974 a l 29-VII-1976 (21 mesi); on. Vito Lattanzio dal 30-VII-1976 al 19-IX-1977 (15 mesi). IO Bilanci annuali dell'esercito a consuntivo: esercizio 1957-58, 1.261, 1 miliardi (forza bilanciata 256 mila uomini); esercizio 1958-'59, 1.272, 2 miliardi (forza bilanciala 259 mila); esercizio 1959-'60; 1.282, O milia rdi (fon:a bilanciata 258 mila); esercizio 1960-'61, 1.311, 2 miliardi (forza bilanciata 268 mila); esercizio 1961-62, 1.346, 2 miliardi (forza bilanciata 265 mila); esercizio 1962-63, 1.382, 7 miliardi (forza bilanciata 416 mila); esercizio 1963-'64, 1.416, 7 miliardi (forza bilanciata 416 mila); secondo semestre 1964, 1.262, 1 miliardi (forza bilanciala 249 mila); esercizio 1965, 1.497, 7 miliardi (forza bilanciata 265 mila, ferma di 15 mesi); esercizio 1966, 1.553, 9 miliardi (fona bilanciata 267 mila, 474); esercizio 1967, 1.570, 4 miliardi (forza bilanciata 267 mila); esercizio 1968, 1.155, 7 (forza bilanciata 268 mila e 206). Il bilancio del 1968 coincise con la ristrutturazione d egli organi centrali del ministero e le spese dell'area delle spese vincolate vennero inserite in quelle dell'area amministrativa e non vennero più poste a carico delle singole forze armate; esercizio 1969, 1.317, 2 miliardi (forza bilanciata 291 mila 045); esercizio 1970 1.348, 8 (forza b ilanciata 294 mila 199); esercizio 19711.357,
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O miliardi (forza bilanciata 295 mila 753); esercizio 1972 1.387, O miliardi (forza bilanciata 294 mila 423); esercizio 1973 1.494, 7 miliardi (fona bilanciata 302 mila 229); esercizio 1974 1.492, 1 miliardi (forza bilanciata 292 mila 220); esercizio 1975 1.561, O(forza bilanciata 244 mila 820). 11 Capi di stato maggiore della difesa: dal I-IV-1959 al 31-1-1978: gen. Aldo Rossi dal l-IV-1959 al 31-1-1966 (circa 7 anni); gen. Giuseppe Aloia dal 1-11-1966 al 28-11-1968 (2 anni e I mese); gen. Guido Vedovato dal 29-11-1968 al 14-1-1970; (22 mesi); gen. Enzo Marchesi dal 15-1-1970 al 31-VIl-1972 (2 anni e 6 mesi); gen. Andrea Viglione dal 1-11-1975 al 31-1-1978 (3 anni). 12 Capi di stato maggiore dell'esercito dal l-IV-1959 al 22-VIl-1977; gen. Bruno Lucini dal l -IV-1959 al 24-XII-1960 (21 mesi); gen. AntonioGualano dal 10-1-1961 al 9-IV-1962 (un anno e 2 mesi); gen; Giuseppe Aloia dal 10-IV-1962 al 31-1-1966 (3 anni e circa 10 mesi); gen. Giovanni De Lorenzo dal 1-2-1966 al 15-IV-1967 (un anno e circa un mese); gen. Guido Vedovato dal 16-IV-1967 al 28-2-1968 (10 mesi e 15 giorni); gen. Enzo Marchesi dal l-ID-1968 al 15-1-1970 (23 mesi); gen. Francesco Mcreu dal 16-1 -1970 al 7-IV-1973 (3 anni e 3 mesi); gen. Andrea Viglione dall'S-IV-1973 al 31-1-1975 (un anno e 9 mesi); gen. Andrea Cucino dal 9-Il-1975 al 22-VIIl-1977 (due anni e circa 7 mesi). 13 Northcote Parkinson. La legge di Parkinson, Bompiani, Milano, 1966. 14 Assetto dello S.M.E nel 1956: capo di S.M.E. con ufficio del capo S.M.E; sottocapo di S.M.E con segreteria del sottocapo; reparto segreteria e servizi speciali su 4 uffici (segreteria cd affari vari, bilancio, statistica-meccanografia-ricerca operativa o STAMERO, storico con alle dipendenze la biblioteca centrale); I reparto su 3 uffici e 1 centro (reclutamento-stato-avanzamento o RESTAV, impiego personale, governo personale, centro di psicologia); II reparto o SIOS non articolato in uffici; III reparto su 4 uffici (operazioni, ordinamento, addestramento e regolamenti, rivista militare); IV reparto su 4 uffici (servizi, trasporti, infrastrutture, ricerche e studi) e 2 nuclei (nucleo intendenza generale, nucleo direzione servizi tecnici). Fogli: n. 171-R/Ord. VI del 16-Xll-1955; n. 2360-R/Ord. I del 27-XII-1955; n. 1030-R/1546110 del 2-V-1956; n. 1700-R/15161126 del 27-Xll-1956. 15 Assetto dello S.M.E. 1961: capo di S.M.E. e ufficio del capo S.M.E.: sottocapo di S.M.E. con alle dipendenze: ufficio bilancio; I reparto (segreteria, RESTA V, impiego e governo del personale, storico, STAMERO); II reparto SIOS; III reparto (operazioni, ordinamento, addestramento e regolamenti, rivista miliare); IV reparto (servizi, trasporti, infras trutture, ricerche e studi). Fogli n. 1800-R/ 151611 26 del 29-XII-1959 S.M.E. Ord.; 140-R/15161126 del 12-2-1960 S.M.E. Ord.; n. 800-R/15461122 dell'S-V-1961 S.M.E. O,d. Assetto dello S.M.E 1962: stesso del 1961, ma con: passaggio del SIOS alle dipendenze dirette del capo S.M.E.; soppressione del RESTA V; costituzione di un ufficio segreteria e di un nucleo quartier generale nell'ambito del I reparto, di un nucleo cifra e di un nucleo istituto geografico nell'ambito del III r eparto; passaggio d ella biblioteca alle dipendenze del sottocapo. Fogli: n. 2310-R/154 del 6-X-1961; n. 2673-R/154 del 23-XI-1961; n. 1284/154 del 25-IV-1962; s.n. del 30-X-1962, dello S.M.E. Ord. Nuovo assetto dello S.M.E. 1962: lo stesso del precedente con le seguenti varianti: ricostituzione del RESTAV, soppressione dell'ufficio segreteria e costituzione di una segreteria affari vari inquadrata nel I reparto; costituzione di una segreteria speciale, cui venne annesso anche il nucleo cifra, posta alle dirette dipendenze del sottocapo di S.M.E. Fogli: n. 1817/154 del 14-VII-1962; n. 2222/154 del 31-VIII-1962; n. 3096/154 d el 30-XI-1962 dello S.M.E. Ord. Assetto dello S.M.E. 1964: stesso del 1962 con le seguenti varianti: potenziamento dell'ufficio del capo di S.M.E.; scissione dell'ufficio addestramento e regolamenti in ulficiu addestramenlo e ufficio regolamenti. Fogli: n. 43/ 154 del 26-1-1963; n . 857/154
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de l 31-Ill-1963; n. 935/154 dell'II-IV-1963; n. 1739/ 154 del 29-VII-1964; n. 1750/154 del 29-VII-1964; n. 2582/154 del 24-IV-1964, dello S.M.E. Ord. Assetto dello S.M.E. 1967: stesso del 1964 con le seguenti varianti: trasformazione in ufficio affari vari della segreteria affari vari; costituzione dell'ufficio documentazione e propaganda alle dirette dipendenze del capo di S.M.E.; istituzione della carica di generale addetto al coordinamento dell'attività ippica posto alle dirette dipendenze del sottocapo di S.M.E.; potenziamento del nucleo quartier generale. Fogli: n. 3182-R/154 del 26-V-1965; n. 367-R/154 del I-III-1966; n. 861/154 del 28-III-1967; n. 2408/154 del 4-IX-1967; n. 2458/154 del 24-IX-1967. Assetto dello S.M.E. 1971: stesso del 1967 con seguenti varianti: costituzione del V reparto alle cui dipendenze vennero posti l'ufficio affari generali già alle dipendenze del I reparto, il comando unità servizi (di nuova costituzione); isitituzione della carica di vice capo-reparto ; passaggio del generale addetto al coordinamento dell'attività ippica alle dipendenze del III reparto; costituzione nell 'ambito del S.I.O.S. dell'ufficio coordinamento atomico; cambio di denominazione dell'ufficio trasporli in ufficio movimenti e trasporti. Fogli: n. 1008-R/154 del 23-VU-1969; n. 8-R/154 del 13-1-1970; n. 63-R/154 del 30-1-1971 dello S.M.E. Ord. Assetto dello S.M.E. 1975: stesso del 1971 con le seguenti varianti: passaggio dal I al V reparto dell'ufficio storico, dalle dirette dipendenze del capo al V reparto della rivista militare, dalle dirette dipendenze del capo al V reparto dell'ufficio documentazione e propaganda, dalle dipendenze del III reparto alle dirette dipendenze del sottocapo del generale addetto al coordinamento dell'attività ippica; costituzione di un nucleo interpreti e traduttori nell'ambito del S.1.0.S.; costituzione di una sezione leggi nell'ambito dell'ufficio personale. Fogli;. n. 105-R/154 del 15-III-1972; n. 674-R/154 del 4-IX-1972; n. 780/154 del 30-IX-1972; n. 993/154 del 29-XIl-1972; n. 61/154 del 19-11-1975 dello S.M.E. Ord. Nuovo assetto S.M.E. 1975: stesso del precedente con le seguenti varianti: passaggio di dipendenza del generale addetto al coordinamento dell'attività ippica e del nucleo quartier generale al III reparto. Foglio n. 216-R/154 del 19-VI-1975 S.M.E. Ord. t6 F .n. l 723-R/1546121, del l -X-1960, dello S.M.E. Ord. 17 F.n. 2524-R/154 del 22-Xl-1961, dello S.M.E. Ord. 18 F.n. 1608-R/154 del 22-IX-1961, dello S.M.E. Ord. 19 La carica di ispettore dell'A.L.E. venne istituita il 25-1-1959: f.n. 20-R/1516126, 25-1-1959, S.M.E. Ord.; l'ufficio dell'ispettore dell'A.L.E. verrà trasformato in ispettorato dell'A.L.E. nel 1977: f.n. 259/154, 27-X-1977, S.M.E. Ord. 20 Legge 6-XII-1960, n. 1479 (circ. n. 503, G.M. 1960, pg. 1637). Vengono istituiti i servizi tecnici: geniu (1 maggiore generale, 3 colonnelli, 27 ufficiali dei vari gradi); trasmissioni (l maggiore generale, 3 colonnelli, 27 ufficiali dei vari gradi); chimico (1 tenente generale, 2 maggiori generali, 10 colonnelli, 66 ufficiali dei vari gradi); geografico (1 maggior generale, 2 colonnelli, 18 ufficiali dei vari gradi). 21 Decreto ministeria le 15-III-1961 (circ. n. 193, G.M. 1961, pg. 772). 22 Scuola di lingue estere dell'esercito. Costituzione: f.n. 1310-R/15263660 del 18-VIII-1963, S.M.E. Ord.; tabelle organiche: f.n. 1390-R/ 15263660 del 3 l-Vlll-1963, S.M.E. Ord.; riordinamento: f.n. 240-R/152 del 10-IV-1972, S.M.E. Ord. 23 Scuola allievi sottufficiali. Costituzione: f.n. 990-R/1526364 del 21-VI-1965, S.M.E. Ord. Venne sciolto il battaglione corsi integrativi della scuola allievi sottufficiali di Rieti, dove venne costituito un battaglione difesa N.B.C.. F. n. 130-R/1526364 del 6-II-1957, S.M.E. Ord. e f.n. 120-R/1526274 del 6-Il-1967, S.M.E. Ord. 24 Vds. capitolo LIX nota 19. 25 Scuola militare Nunziatella. Principali riordinamenti nel 1966 e nel 1968: f.n. 980-R/1526362 del I-VII-1966, S.M.E. Ord.; f.n.1610-R/1526362 del 5-IX-1968, S.M.E. Ord., Nel 1966 le nuove tabelle organiche e il nuovo ordinamento conferirono alla scuola un assetto diverso sia sotto il profilo tlell'inquatlrnmento (1.:ostilu:dom: cli uu 1.:umautlu
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di battaglione, riduzione da 12 a 7 dei plotoni allievi), sia sotto quello amministrativo (gestione dei materiali e del contante accentrata al livello di battaglione); nel 1968 venne in parte mutata la linea di dipendenza (dal III reparto dello S.M.E. per l'impiego e la disciplina, dal X C.M.T. per le questioni territoriali ed amministrative) e diversamente articolato il comando: f.n. 1420-R/152, 20-VIl-1968 e n. 1610-R/152, 5-IX-1968, S.M.E. Ord. 26 Accademia militare. Dal 1-1-1 964 l'accademia e le scuole di applicazione d'arma vennero riordinate su base sperimentale assumendo nuove strutture ordinative ed organiche (f.n. 2060-R/152 del 31-XII-1963, S.M.E. Ord.) che divennero, con alcune modifiche, definitive nel 1965 (f.n. 1970-R/1526362, 31-X-1965 S.M.E. Ord. e n. 2280R/1526362, 18-XII-1965, S.M.E. Ord.). Nel 1966 l'accademia cessò di dipendere direttamente dallo S.M.E. e passò alle dipendenze del comando delle scuole di applicazione d'arma (f.n. 1290-R/1526362, 18-VII-1967, S.M.E. Ord.). 27 Scuole di applicazione d'arma. F.n. 2060-R/1526362, 31-XII-1963 , n. 1560-R/1526362, 23-VIII-1963, n. 1000-R/1526362, 26-VI-1969, tutti dello S.M.E. Ord. Dal I-X-1967 venne istituita la carica di comandante in 2a attribuita ad un generale di brigata (f.n. 1290-R/1526362, 18-VII-1967, S.M.E. Ord.) 2 8 Scuola di fanteria. Riordinamenti: struttura sperimentale nel 1963 (f.n. 1000-S/15 163606, 3-V-1963, S.M.E. Ord.); nuova struttura del 1964 (f.n. 940-R/1526360, 20-V-1964, S.M.E. Ord.); 1iordinamenti del 1966 (f.n. 1000-R/1526363, 31-VII-1966, S.M.E. Ord.) e del 1968 (f.n. 2560-R/152636611, 20-XII-1968. S.M.E. Ord.) A tali riordinamenti principali si accompagnarono quelli riguardanti la costituzione, il riordino e le modifiche delle unità sperimentali e dimostrative: f.n. 1724-R/152, 23-XII-1961, S.M.E. Ord. (costituzione di plotoni missili controcarri filoguidati a media distanza); f.n. 700-S/15163606, 17-Ill-1965, S.M.E. Ord. (struttura delle unità dimostrative); f.n. 530-S/162636611, 18-III-1965, S.M.E. Ord. (riordinamento compagnia controcarri sperimentale); f.n. 40/152, 31-1-1975, S.M.E. On!. (soppressione della compagnia controcarri e costituzione della compagnia dimostrativa). L'articolazione e le tabelle organiche della scuola furono altresì strettamente legate nel tempo a quelle delle scuole A.U.C. e A.S.C.: f.n. 500-R/162, 30-1-1962, S.M.E. Ord. (riordinamento dei corsi A.U.C.); f.n. 1300-R/152, 14-IX-1963, S.M.E. Ord (revisione del reclutamento e della formazione dei quadri di complemento); f.n. l 01 O-R/1526363, 31-Vll-1966, S.M.E. Ord. (riordinamento della scuola di fanteria, della scuola A.U.C. cd A.C.S. di Ascoli Piceno e di Spoleto); f.n. 1560-R/1526364, 9-IX-1967, S.M.E Ord. (cambio di denominazione della scuola allievi sottufficiali di complemento di Spoleto); f. n. 240-R/152, 17-IIl-1960, S.M.E. Ord. (numero dei plotoni della scuola A.U.C. di Ascoli Piceno). 29 Scuola truppe corazzate. Dopo il riordinamento del 1958 (f.n. 1330-R/152636613, 12-XI-1958, S.M.E. Ord.)venne riordinata nel 1962 (f.n. 200-R/1526349, 27-ll-1962, S.M.E. Ord.), nel 1964 (f.n. 950-R/1526360, 26-V-1964, S.M.E. Ord.) e nel 1967 (f.n. l 520-R/152636613, II-IX-1969, S.M.E. Ord.). A tali riordinamenti principali si accompagnarono quelli riguardanti specificamente le unità sperimentali e dimostrative: f.n. 1150-S/15163606, 24-X-1963 (gruppo tattico corazzato sperimentale); f.n. l 150-S/15163606, 12-V-1964, S.M.E. Ord. (potenziamento e struttura definitiva de l gruppo tattico corazzalo dimostrativo). Altre modifiche ordinative ed organiche vennero apportate nel tempo, analogamente a quelle della scuola di fanteria, in relazione ai diversi mutamenti dei corsi A.U.C. e A.S.C. e delle rispettive scuole: f.n. 689-R/1526613, 26-V-1961, S.M.E. Ord.; f.n. 1189-R/15266613, 9-IX-1961, S.M.E. Ord.; f.n. 1647-R/152, 6-Xll-1961, S.M.E. Ord.; f. n. 1510-R/1 5263613, 9-IX-1967, S.M.E. Ord.; f.n. 1520-R/152636613, II-IX-1967, S.M.E. Ord. 30 Scuola specializzati truppe corazzate. Riordinamenti: 1962 (f.n. 640-R/1526363, 3-V-1962, S.M.E. Ord.); 1963 (f.n. 1300-R/1526360, 14-IX-1963, S.M.E. Ord.); 1964 (f.n.
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FILIPPO STEFANI
950-R/1526360, 24-V-1964, S.M.E. Ord.); 1967 (f.n. 1520-R/152636613, TJ-TX-1967, S.M.E. Ord.); 1975 (f.n. 450/152, 7-VIII-1975, S.M.E. Ord.). 31 Scuola militare alpina. Riordinamenti: 1961 (f.n. 490-R/152636612, 20-IV-1961. S.M.E. Ord.); 1964 (f.n. 950-R/1526360, 26-V-1964, S.M.E. Ord.). A tali riordinamenti più significativi si accompagnarono quelli riguardanti le unilà sperimentali e dimostrative: f.n. 1000-S/ 15163606, 3-V-1963, S.M.E. Ord.; f.n. 700-S/ 15163606, 17-III-1965, S.M.E. Ord.; f.n. 280/151, 23-Vl-1971, S.M.E. Ord. (cosliluzione della squadra di soccorso alpino); f.n. 190/ 152, 19-V-1975, S.M.E. Ord. 32 Scuola militare di paracadutismo. Trasformazione del reparto sabotatori paracadutisti in hatLaglione: f.n. 1430-S/15162428, 25-IX-1961, S.M.E. Ord.; organici di guerra del battaglione sabotatori paracadutisti: f.n. 1685-S/1516 2428, 18-XII-1961 , S.M.E. Ord.; trasformazione in B.A.R. del reparlo addestramento reclute paracadutisti: f.n. 1990-R/152636614, 28-VIl-1961, S.M.E. Ord.; riordinamenlo del centro militare di paracadutismo: f. n. 1420-R/152636614, 29-VIII-1962, S.M.E. Ord.; trasformazione del centro in brigata paracadutisti alle cui dipendenze rimane il centro: f.n. 2320-S/15162428, 18-Xll-·1962, S.M.E. Ord.; cambio di denominazione del centro in scuola militare di paracadutismo: f.n. 340-R/152636614, 31-III-1964, S.M.E. Ord.; nuovo organigramma della scuola: f.n. 90/152, 22-Il-1975, S.M.E. Ord.; costituzione di un centro sanitario nell'ambito della scuola: f.n. 300/152, 2-VI-1972, S.M.E. Ord .. 33 Scuola di artiglieria. Riordinamenli: 1964 (f.n. 1040-R/1 526360, 8-Vl-1964, S .M.E . Ord.); 1965 (f.n. 1045-R/15263662 l , 4-VI-1965 e f. n. 2210-R/l 526630, 9-Xll-1965, S .M.E. Ord.); 1970 (f.n. 400-R/152, 26-IV-1970 e f.n. 770-R/152, 24-V lll-1970, S.M.E. Ord.); 1971 (f.n. 130-R/152, 24-II-1971, S.M.E. Ord.); 1973 (f.n. 320/152, 19-VII-1973 e f.n. 520/152, 22-X-1973, S.M.E. Ord.); 1974 (f.n. 190-R/152, 5- IV-1974, S.M.E. Ord.). Articolazione e tabel le organiche vennero modificale nel tempo in relazione alla costituzione e soppressione di reparti sperimentali e dimostrativi: f.n. 900-R/1526366621. 22-V-1962, S.M.E. Ord. (soppressione della balleria sperimentale razzi campali); Ln. 1027-R/J 52636621, 8-VII-1963, S.M.E. Ord. (passaggio alle dipendenze della scuola, quali unità sperimentali e dimostrative, del 1/13° rgt. a camp. e dell'Vill gr. a smv. di C.A.), nonché in relazione ai diversi carichi addestrativi dei corsi A.U.C. e A.C.S .. 3 4 Scuola artiglieria contraerei. Riordinamenti: 1964 (f.n. 1040-R/1526369, 8-VI-1964, S.M.E. Ord.); 1969 (f.n. 330-R/1526369, 7-IIl-1969, S.M.E. Ord.); 1972 (f.n. 490-R/152, 8-VI-1972, S.M.E. Ord.); 1976 (f.n. 160/152, 20-III-1976, S.M.E. Ord.). Nel 1966 vennero stabilite altresì le formazioni d elle unità artiglieria missili contraerei (f.n. 1490-S/ 15162749, l-lX-1966, S.M.E. Ord.). 35 Scuola tecnici elettronici di artiglieria. Riordinamento 1964 (f.n . 1040-R/1526360, 8-VI-1964, S.M.E. Ord.); trasformazione in scuola tecnici elettronici di artiglieria da scuola elettromeccanici di artiglieria contraerei (f.n. 540/152, 30-X-1973, S.M.E. Ord.); riordinamento 1976 (f.n. 170/153, 20-III-1976, S.M.E. Ord.). 36 Scuola pionieri del genio. Riordinamenti;. 1963 (f.n. 900-R/1526349, 31-V-1963, S.M.E. Ord.); 1972 (f.n. 400/153, 21-VIII-1972, S.M.E. Ord.). 37 Scuola delle trasmissioni. Riordinamenti: 1960 (f.n. 10-R/152626632, 12-1-1960, S.M.E. Ord.); 1964 (f.n. 1150-R/1526360, 22-VI-1964, S.M.E. Ord.). 38 Scuola specializzati delle trasmissioni. Riordinamenti; 1964 (f.n. 1150-R/1526360, 22-Vl-1964, S.M.E. Ord.); 1972 (f.n. 640/152, 16-IX-1972, S.M.E. Ord.); 1976 (f.n. 280/152, 2-Vl-1976, S.M.E. Ord.). 39 Scuola militare di educazione fisica. Riordinamento 1965: f.n. 1260-R/15263668, 30-VI-1965, S.M.E. Ord. 39 bis Centro aviazione leggera dell 'esercito. Riordinamenti: 1962 (f.n. 1312-R/152636628, 17-VIII-1962, S.M.E. Ord.); 1964 (f.n. 1320-R/152636628, 16-Vll-1964, S.M.E. Ord.); 1968 (f.n. 1170-R/152636628, 8-VU-1968, S.M.E. Ord.); 1971 (f.n. 770/ 152, 15-XI-1971, S.M.E. Ord.). Nel 1964 venne costituito il I reparto elicotteri della S.E.R.
CAP. LX· ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
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del VII R.A.L. (f.n. 2850-S/15162573, 28-XII-1964, S.M.E. Ord.) e nel 1966 i reparti elicotteri di uso generale e da ricognizione (f.n. 2010-S/ 15162571, 15-XII-1966, S.M.E. Ord.). 40 Istituto geografico militare. Riordinamenti: 1962 (f.n. 370-R/1526131, 28-II-1962, S.M.E. Ord.); 1966 (f.n. 1250-R/1526131, 27-VIII-1966, S.M.E. Ord.); I 971 (f.n. 630-R/152, 16-VII-1971 , S.M.E. Ord.). Dal I-I-1964 passò alle dipendenze del sottocapo di S.M.E. (f.n. 1970-R/152, I-XII-1963, S.M.E. Ord.). Nel 1962 venne costituito in Peschiera un magazzino cartografico dell'I.G.M. con compiti di conservazione e distribuzione della cartografia nella combat zone (f.n. 1126-R/152, 5-VII-1962, S.M.E. Ord.). 41 Scuola militare di equitazione. Il centro militare ippico nazionale, costituito nel 1946 in Pinerolo, trasferitosi a Montelibretti nel 1949, trasformatosi in centro preolimpico nel 1955, riordinato nel 1958, subì dal 1960 al 1975 5 riordinamenti: uno nel 1966 (f.n. 1050-R/152636652, 21-VII-1966, S.M.E. Ord.); uno nel 1967 (f.n. 1690-R/ 152636653, 19-X-1967, S.M.E. Ord.); uno nel 1968 (f.n. 1600-R/152636653, 3-VIII-1968); uno nel 1974 (f.n. 700/152, 24-XI-1974, S.M.E. Ord.); uno nel 1975 (f.n. 820/152, 2-XI-1975, S.M.E. Ord.). Assume la denominazione <li scuola militare di equitazione nel 1969 (f.n. 1140-R/152636653, 26-VI-1969, S.M.E. Ord.) 42 Scuole della motorizzazione. Riordinamenti: 1964 (f.n. 1170-R/1 526360, 24Vl-1964, S.M.E. Ord.); 1976 (f.n. 410/152, 2-XI-1976, S.M.E. Ord.). 43 Scuola di commissariato e di amministrazione. Riordinamenti: 1964 (f.n. 1170-R/15266360, 24-VI-1964, S.M.E. Ord.); 1976 (f.n. 240/ 152, 7-VI-1976, S.M.E. Ord.). Nel 1973 venne costituito il VI reparto allievi specialiu.ati in Nocera (f.n. 290/ 152, 3-Vll-1973, S.M.E. Ord.) e nel 1974 una seconda compagnia di tale reparto (f.n. 320/ 152, 24-IV-1974, S.M.E. Ord.). 44 Scuola del servizio di veterinaria. Riordinamenti: 1963 (f.n. 2070-R/1526360, 31-Xll-1963, S.M.E. Ord.); 1964 (f.n. 1170-R/1526360, 24-VI-1964, S.M.E. Ord.); 1971 (f. n. 880-R/152, 22-Xl-1971. S.M.E. Ord.). Nel 1976 venne costituito un nucleo accademia di sanità militare-servizio veterinario presso la scuola (f.n. 50-R/152636655, 27-1-1969, S.M.E. Or<l.); nel 1976 venne costituito un centro ippico militare presso la scuola (f.n. 690/ 152, 14-XII-1 976, S.M.E. Ord.). 45 Scuole allievi ufficiali di complemento di fanteria. Le due scuole A.U .C. - Lecce, Ascoli Piceno - vengono riordinate una prima volta nel 1962 in seguito a lla riduzione della durata dei corsi a partire da I-III-1962 (29° corso): f. n. 500/162, 30-1-1962, S.M.E. Ord.). I corsi annuali aumentano cosi da 2 a 3. I nuovi organici prevedono per la scuola A.U.C. di Lecce: 3 btg, dei quali 2 su 3 cp. ed 1 su 4 cp. e ciascuna cp. su 3 pi; 1 cp. comando su sq. comando, 3 pl. servizi, 1 autosezione; per quella di Ascoli Piceno: 2 btg, dei quali 1 su 3 cd 1 su 4 cp. e ciascuna cp. su 3 pl., 1 cp. comando, pi. servizi e<l 1 autosezione. Un nuovo ordinamento viene disposto nel 1963 in seguito ad una profonda revisione del reclutamento e della formazione degli A.U.C. (f. n. 1300-R/ 152, 14IX-1963, S.M.E. Ord.): la scuola A.U.C. di Ascoli Piceno assume la denominazione di scuola A. U.C. di fanteria e deve provvedere alla formazione degli A.U.C. di fanteria non meccanizzata; la scuola A.U.C. di Lecce assume la denominazione di scuola A. U.C. delle truppe meccanizzate e deve provvedere alla formazione degli A.U.C. delle truppe meccanizzate; la scuola truppe corazzate di Caserta assume la denominazione di scuola truppe meccanizzate. Successivamente le scuole vengono riordinate nel 1966 (f.n. 1010-R/1526363, 31-VII-1966, S.M.E. Or<l.), nel 1968(f.n. 2560-R/152636611, 28-XII-1968, S.M.E. Ord.), nel 1970 (f.n. 240-R/152, 17-III-1970, S.M.E. Ord.). Le scuole di Ascoli Piceno e di Lecce vengono sciolte nel 1976 (f.n. 100-R/152 22-II-1976, S.M.E. Ord.). 46 Scuola allievi e sottuffuciali di artiglieria. Riordinamenti: 1964 (f.n. 1040-R/1526360, 8-VI-1964, S.M.E. Ord.); 1969 (f.n. 330-R/1526369, 7-lli-1969, S.M.E. Ord.); 1970 (f.n. 770-R/152, 24-VIII-1970, S.M.E. Ord.); 1971 (f. n. 130-R/152, 24-II-1971, S.M.E. Ord.); 1973 (f.n. 520/152, 22-X-1973, S .M.E. Ord.); 1976 (f.n. 150/152, 20-III-1976, S.M.E. Ord.).
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47 Scuola allievi comandanti di squadra di fanteria. Nel 1963 venne modificata la normativa per l'ammissione ai corsi A.C.S.; gli allievi vennero tratti dai contingenti di leva e la durata dal corso venne fissala in 5 mesi. La scuola di Spoleto assunse la denominazione di scuola A.S.C. di fanteria e provvide alla formazione dei sergenti di fanteria di complemento, mentre la scuola di Lecce provvide a quella di sergenti di fanteria meccanizzata (f.n. 1300-R/152, 14-IX-1963, S.M.E. Ord.). La scuola di Spoleto, venne riordinata: nel 1962 (f.n. 30-R/1526349, 16-1-1962, S.M.E. Ord.); nel 1964 (f.n. 940-R/1526360, 20-V-1964, S.M.E. Ord.); 1968 (f,n. 2560-R/152636611, 28-XII-1968, S.M.E. Ord.). Nel 1967 cambiò denominazione in scuola allievi comandanti di squadra di fanteria (f.n. 1560-R/1526364, 9-IX-1967, S.M.E. Ord.); nel 1976 venne sciolta (f.n. 110/ 152, 22-11-1976, S.M.E. Ord.). Le scuole di fanteria, truppe corazzate e meccanizzate, alpina, paracadutisti, artiglieria contraerei, genio, trasmissioni e le altre varie scuole preposte alla formazione degli A.U.C. e degli A.S.C. - tutte poste alle dipendenze dei rispettivi ispettorati d'arma e delle singole direzioni dei servizi - subiscono modifiche ordinative e riordinamenti in relazione ai mutamenti dei corsi A.U.C. e A.S.C. 48 Scuola allievi sottufficiali. Costituita in Rieti come scuola allievi sottufficiali specializzali nel 1952, viene riordinata nel 1960 (f.n. 70-R/1526364, 29-1-1960, S.M.E. Ord.) e nel 1963 (f.n. 1300-R/1526360, 14-IX-1963, S.M.E. Ord.); nel 1965 (f.n. 990-R/1526364, 21-VI-1965, S.M.E. Ord.), in seguito alla costituzione della scuola A.S. di Viterbo, viene preposta allo svolgimento qi corsi integrativi che vengono aboliti nel 1967 (f.n. 130R/1526363, 6-II-1967, S.M.E. Ord.). 19 Scuula Tclecumunicuduni. Riordinamenti: 1965 (f.n. 1785-R/Ord. I, I-X-1965, S.M.E. Ord.); 1971 (f.n. 500-R/152, 31-V-1971, S.M.E. Ord.); 1972 (f.n. 270.R/152, ll-IV-1972, S .M.E. Ord.); 1973 (f.n. 550/152, 19-XI-1973, S.M.E. Ord.). Nel 1963 la scuola passò alle dipendenze dell'ispettorato delle trasmissioni (f. n. 122/3310/0/3-2, 17-IV-1963, S.M.O.). so Scuola unica interforze per la difesa N.B.C.. Costituita nel 1953 e riordinata nel 1956, dal 1960 al 1975 subisce 4 ulteriori riordinamenti: nel 1966 (f.n . 590-R/15263667, 6-VI-1966, S.M.E. Ord.); nel 1968 (f.n. 2410-R/15263667, 6-XTT-1968, S.M.E. Ord.); nel 1970 (f.n. 250-R/152, 9-III-1970, S.M.E. Ord.); nel 1971 (f.n. 1090-R/152, 4-XII-1971, S.M.E. Ord.). Muterà la denominazione A.B.C. in N.B.C. nel 1977 (f.n. 70/152, 15-1-1977, S.M.E. Ord.). 51 Scuola di aerocooperazione. Costituita nel 1951 (f.n. 3825-R/Ord. I, 3-Xll-1951, S.M.E. Ord.) e riordinata nel 1955 (f.n. 1950-R/Ord.1, 22-X-1955, S.M.E. Ord.); vennero assegnate nuove tabelle organiche nel 1959 e nel 1970. 52 Scuola di sanità militare. Costituita nel 1946, riordinata nel 1951 e potenziata nel 1954, viene riordinata ancora una volta nel 1964 (f.n. 1170-R/1526364, 24-VI-1964, S.M.E. Ord.). Nel 1968 si costituisce il nucleo accademia di sanità militare per la costituenda accademia di sanità interfon:e (f.n. 2300-R/15263452, 24-XI-1968, S.M.E. Ord.). Un nuovo ordinamento della scuola viene effettuato nel 1969 (f.n. 1420-R/152636651, 8-VTJI-1969, S.M.E. Ord.). Il nucleo esercito dell'accademia di sanità militare interforze (N.E.A.S.M.I.) viene riordinato nel 1971 (f.n. 420-R/152, 28-IV-1971, S.M.E. Ord.) e nel 1976 (f.n. 480/ 152, 22-VIII-1976, S.M.E. Ord.). 53 Scuola di guerra. Riordinamenti: 1960 (f.n. 1600-R/1526361 , 30-IX-1960, S.M.E. Ord.); 1961 (f.n. 1710-R/1526361, 14-XII-1961, S.M.E. Ord.); 1962 (f.n. 1777-R/1526361, U-XTT-1962, S.M.E. Ord.); 1976 (f. n. 140/152, 16-11-1976, S.M.E. Ord.). 54 Pietro Testa (1906-1964), generale di C. d'A. Allievo dell'Accademia di fanteria e cavalleria di Modena dal 1928 al 1933, frequentatore della Scuola di guerra a Torino dal '33 al '36. Tentente presso il 152° rgt. fanteria a Trieste, capitano comandante una compagnia bersaglieri a Zara, comandante del btg. bers. «Zara». Partecipò alla 2 8 guerra mondiale, in Jugoslavia ed in Balcania dove fu sottocapo di S.M. del VI C. d 'A. Prigioniero in Ge rmania dal 1943 a l '45 e comandante italiano del Campo 83 di Wietzendorf. Capo di S.M. della divisione «Friuli, poi addetto militare ad Ankara. Da colonne llo comandò il 1° rgt. brs. a Roma, comandò poi le divisioni corazzale «Pozzuolo del Friuli » e «Centauro». Fu sottocapo di S.M. del Comando F.T.A.S.E. e poi ca-
CAP. LX· ORGANIZZAZTONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
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po di S.M. dello stesso comando. Da generale di C. d'A. comandò la Scuola di Guerra. 55 Legge 12-XI-1955, n. 1137 (circ. n. 566, G,M. 1955, pg. 2156). 56 Legge 28-IV-1976, n. 192 (circ. n. 284, G.M. 1976, pg. 945). 57 Legge 18-IJ-1963, n. 164 (circ. n. 168, G.M. 1963, pg. 517). 58 F.n. 930-R/152: 18-VI-1960, S.M.E. Ord.. 59 F.n. 1990-R/152, 28-XII-1961, S.M.E. Ord .. 60 F .n. 800-R/1526367, 7-VI-1961, S.M.E. Ord .. 61 F.n. 1630-R/152, 30-XI-1961, S.M.E. Ord.. 62 F.n. 330-R/152, 9-II-1962, S.M.E. Ord .. 63 F.n. 820-R/152, 18-V-1962, S.M.E. Ord .. 64 F.n. 760-R/152, 18-V-1963, S.M.E. Ord.. 65 Ibidem. 66 F.n. 1160-R/152, 13-VIII-1963, S.M.E. Ord.. 67 F.n. 1360-R/152, 1526267, II-VIII-1964, S.M.E. Ord. f.n. 1590-R/1526367, 28-VIII1964, S.M.E. Ord .. 68 F.n. 2040-R/152636615, 25-XI-1964, S.M.E. Ord .. 6 9 F.n. 930-R/152636614, 23-V-1964, S.M.E. Ord .. 70 F.n. 70-R/1526367, 15-I-1965, S.M.E. Ord.; f.n. 1320-R/1526367, 12-VTT-1965, S.M.E. Ord.; f.n. 1340-R/1626367, 12-VII-1965, S.M.E. Ord.. 1 7 F.n. 80-R/1526367, 24-1-1967, S.M.E. Ord.. 72 F.n. 740-R/1526367, 20-V-1966, S.M.E. Ord.. 73 F.n. 610-R/152, 21-V-1968; f.n. 1880-R/152, 20-IX-1968; f.n. 1880-R/152, 20-IX1968; f.n. 2100-R/152, 30-X-1968, S.M.E. Ord .. 74 F.n. 280-R/152, 10-Ill-1969, S.M.E. Ord.; f.n. 1290-R/152, 6-VIIJ-1969, S.M.E. Ord.; f.n. 1840-R/152, 29-XI-1969, S.M.E. Ord.. 7 5 F.n. 10-R/152, 3-1-1970, S.M.E. Ord.; f.n. 780-R/152, 26-VTTT-1970, S .M.E. Ord .. 76 F.n. 940-R/152, 21-X-1970, S.M.E. Ord.; f.n. 150-R/152: 15-II-1971, S.M.E. Ord .. 11 F.n. 280-R/152, 16-III-1971, S.M.E. Ord .. 78 F.n. 310-R/152, 18-VII-1973, S.M.E. Ord.; f.n. 560-R/152, 8-XI-1973, S.M.E. Ord.. 79 F.n. 1910-R/152, I-XII-1960, S.M.E. Ord .. 80 F.n. 480-R/1526127, 20-IV-1961, S.M.E. Ord.. 8 1 F.n. 710-R/15162574, 4-V-1963, S.M.E. Ord .. 81 bis Reclutamento degli ufficiali in s.p.e. dell'esercito: carabinieri: allievi dell'accademia militare (70%), ufficiali inferiori di complemento dei carabinieri, marescialli in servizio permanente dei carabinieri; fanteria, cavalleria, artiglieria, genio: allievi ruolo normale, allievi dell'accademia militare, in via sussidiaria giovani in possesso del biennio o quadriennio d'ingegneria o laureati in una disciplina scientifica previa frequenza di corsi della durala, rispettivamente, di 2 anni, 1 anno, 6 mesi presso le scuole di applicazione d'arma cui sono ammessi con il grado di sottotenente o di tenente (laureati); ruolo speciale unico delle varie armi: ufficiali di complemento delle varie armi, marescialli e sergenti maggiori - questi ultimi se in possesso di diplona di scuola media superiore - in servizio permanente delle varie armi; ruoli dei servizi logistici (automobilistico, amministrazione, commissariato, sussistenza, servizio sanitario ufficiali medici, ufficiali chimici farmacisti, veterinari, commissariato-commissari), secondo i ruoli: allievi dell'accademia militare, ufficiali di complemento, marescialli o sergenti maggiori in servizio permanente - i sergenti maggiori se in possesso di diploma di scuola media superiore - allievi dell'accademia di sanità militare interforLe, giovani in possesso della relativa laurea e abilitati all'esercizio della professione; ruoli dei servizi tecnici (artiglieria, motorizzazione, chimico-fisico, genio, trasmissioni, geografico): ufficiali inferiori in s.p.e. delle varie armi e del servizio auto-mobilistico, laureati in una delle discipli~e previste o anche non laureati purché abbiano superato con successo apposito concorso, giovani in possesso di laurea in una delle discipline previste. Reclutamertlu dei ~u11ufficiali: sottufficiali in servizio permanente: sergenti in ferma
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volonlaria o rafferma giudicati idonei da apposita commissione, sergenti di complemenlo richiamati o trattenuti vincitori di concorso per esami; sottufficiali in fermavolontaria: scuola allievi sottufficiali, militari volontari che abbiano ultimato la ferma biennale; sottufficiali di complemento: scuole allievi sottufficiali di complemenlo. 82 Vds. capitolo III, nota n. 12. 82 bis Legge II-V-1966, n. 334. (circ. n. 279, G.M. 1966, pg. 1012). 82 ter Legge 18-VI-1974, n. 257 (circ. n. 438, G.M. 1974, pg. 2463). 83 Legge 28-IV-1976, n. 192 (circ. n. 284, G.M. 1976, pg. 945). 84 Vantaggi della frequenza obbligatoria del corso distalo maggiore da parte di tutti gli ufficiali del ruolo nornale delle varie armi: una sola interruzione dal servizio, dopo il compimento del ciclo formativo accademia-scuola d'applicazione-corso lecnicoapplicativo, anzichè due (corso A.F.U.S. e corso valutalivo per tenenti colonnelli); conferimento di una più completa ed organica preparazione alle funzioni di ufficiali superiore sia di comando, sia di lavoro esecutivo di stalo maggiore; riassiemamento, dopo alcuni anni, di un intero corso di accademia per cementare le vecchie conoscenze, scambiarsi le rispettive diverse esperienze, consolidare lo spirito interarma; approccio spirituale e materiale alla scuola di guerra di tutti i capitani del ruolo normale delle varie armi - quelli del ruolo unico speciale a domanda e per concorso per titoli ed esami - con la caduta delle prevenzioni da molti nutrite nei riguardi della scuola di guerra; elevazione del tono del corso di studi stante la specificità della scuola, l'alta qualificaziuue t.lel corpo insegnanti e la configu1·azione universitaria dell'istituto. 85 I bandi di concorso fino al 1965 vennero indetti per blocchi di specializzati (XXX blocco, circ. n, 33, 15-T-1960, G.M. 1960; pg. 104; XXXI blocco, circ. n. 154, 22-TV-1960, G.M. 1960, pg. 607; XXXII blocco, circ. n. 400, 29-lX-1960, G.M. 1960, pg. 1336; XXXIII blocco, circ. n. 515, 27-XI-1960, G.M.1960, pg.1668; XXXIV blocco, circ. n . 198, 27-lV-1961, G.M. 1961 , pg. 812; XXXV blocco, circ. n. 431, 20-IX-1961 , G.M. 1961 , pg. 1624; XXXVI blocco, cir-c. n. Il, 8-XII-1961, G.M. 1962, pg. 25; XXXVII blocco, circ. n. 232, 2-V-1962, G.M. 1962, pg. 838; XXXVIII blocco, circ. n. 350, 4-VIII-1962, G.M. 1962, pg. 1253; XXXIX blocco, circ. n. 500, 12-XI-1962, G.M. 1962, pg. 1765; XL blocco, circ. n. 171, 28-III-1963, G.M. 1963, pg. 524; XLI blocco, circ. n. 351, 28-VI-1963, G.M. 1963, pg. 1261 ; XLII blocco, circ. n. 500, 28-X-1963, G.M. 1963, pg. 1798: XLIII blocco, circ. 128, 16-III-1964, G.M. 1964, pg. 446; XLIV blocco, circ. n. 264, 8-VIl- 1964, G.M. 1964, pg. 1009; XLV blocco, circ. n. 478, 5-XIl-1964, G.M. 1964, pg. 1782) e dal 1965 per i corsi presso la nuova scuola sottufficiali di Viterbo (1 ° corso circ., n. 291, 10-1-1965, G.M. 1965, pg. 912; II corso, circ. n. 481, I-X-1965, G.M. 1965, pg. 1775; circ. n. 589, 18-XL-1965; G.M. 1965, pg. 1750; 111 corso, circ. n. 72, 3-II-1966, G.M. l 966, pg . 394: IV corso, circ. n. 267, TT-V-1966, G.M. 1966, pg. 968; V corso, circ. n. 398, 15-IX-1966, G.M. 1966, pg. 1474; VI corso, circ. n. 49, 20-1-1967, G.U.D. 1967, pg. 149; VII corso, circ. n. 228, 24-V-1967, G.U.D. 1967, pg. 804; VIII corso, circ. n. 392, 18-IX-1967, G.U.D. 1967, pg. 1448; IX corso, circ. n. 95, 5-II-1968, G.U.D. 1968, pg. 394; X corso, circ. n. 313, 10-V-1968, G.U.D. 1968 pg. 1860; XI corso, circ. n. 707, 19-IX-1968, G.U.D. 1968, pg. 3201; XII corso, circ. n. 38, 15-1-1969, G.U.D. pg. 313; XIII corso. circ. n. 424, 22-V-1969, G.U.D. pg. 1880; XIV corso, circ. n. 702, 5-IX-1969, G.U.D. pg. 3269; XV corso, c irc . n. 449, 14-V-1970, G.U.D. 1970, pg. 171; XVI corso, circ. n. 449, 14-V-1970, G.U.D. 1970, pg. 1463; XVII corso, circ. n. 707, 18-IX-1970,.G.U.D. 1970, pg. 2587; XVIII corso, circ. n. 83, 28-1-1971, G.U.D. 1971, pg. 568; XIX corso, circ. 314, 22-IV-1971 , G.U.D. 1971, pg. 1656; XX corso, circ. n. 668, 27-IX-1971, G.U.D. 1971, pg. 3201; XXI corso, circ. n. 140, 29-I-1972, G.U.D. 1972, pg. 553; XXII corso, circ. n. 443, 12-V-1972, G.U.D. 1972, pg. 1609; circ. n . 544, 9-VI-1972, G.U.D. 1972, pg. 1882; XXIII corso, circ. n. 771, 12-Vlll-1972, pg. 2912; XXXIV corso, circ. n. 18, 3-1-1973, G.U.D. 1973, pg. 22; XXV corso, circ. n. 205, 31-III-1973, G.U.D. 1973, pg. 793: XXVI corso, circ. n. 381, 14-Vll-1973, G.U.D. 1973, pg. 1600; XXVII corso, circ. n. 750, 4-XII-1973, G.U.D. 1973, pg. 3623; XXVIII corso, circ. n. 345, 27-V-1975, G.U.D. 1974, pg. 1981; XXIX corso, circ. n. 509, 30-Vll-1974, G.U.D. 1974, pg. 2781; XXX
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
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corso, circ_ n_ 35, 27-XII- 1974, G.U.D. 1975, pg. 109; XXXI corso, circ. n. 316, 19-V-1975, G.U.D. 1975, pg_ 1133; XXXII corso, circ. n. 628, 6-X-1975, G.U.D. 1975, pg. 2549; XXXIII corso, circ. n. 87, 7-11-1976, G.U.D. 1976, pg. 352; XXXIV corso, circ. n. 326, 21-V-1976, G.U.D. 1976, pg. 1210; XXXV corso, n. 724, 21-X-1976, G.U.D. 1976, pg. 2651. I bandi di concorso per specializzati radiomontatori, operatori radar, centrali e.a. e meccanici per aerei leggeri vennero indetti con le seguenti circolari: n. 35, 15-1-1960, G.M. 1960, pg. 128, (V scaglione); n. 34, 15-1-1960, G.M. 1960, pg. 117; n. 153, 22-IV-1960, G.M. 1960, pg. 621; n. 190, 2-V-1960, G.M. 1960, pg. 705 (VI scaglione); n. 401, 29-1-1960, G.M. 1960, pg_ 1350 (XVII scaglione); n. 516, 27-XIl-1960, G.M. 1960, pg. 1682 (XVITI scaglione); n. 199, 27-JV-1961, G.M. 1961, pg. 826 (XIX scaglione); n. 432, 20-IX-1961, G.M. 1961, pg. 1637 (XX scaglione); n. 10, 18-Xll-1961, G.M. 1962, pg. 13 (XXI scaglione); n_ 233, 2-V-1962, pg. 851 (XXII scaglione); n. 256, 14-V-1962, G.M. 1962, pg. 964 (VII scaglione); n. 502, 12-XI-1962, G.M. 1962, pg. 1266 (XXID scaglione); 502, 12-XI-1962, G.M. 1962, pg. 1790 (XXIV scaglione); n. 172, 28-ITI-1963, G.M. 1963, pg. 537 (XXV scaglione); n. 377, 15-VII-1963, G.M. 1963, pg. 1329 (XXVI scaglione); n . 501, 29-X-1963, G.M. 1963, pg. 1811 (XXVII scaglione); n. 502, 30-X-1963, G.M. 1963, pg_ 1823 (IX scaglione); n. 129, 17-111-1964, G.M. 1964, pg. 460 (XXVII scaglione); n_ 130, 18-111-1964, G.M. 1964, pg. 472 (X scaglione); n. 265, 13-VII-1964, pg. 1025 (XXIX scaglione); n. 350, 18-IX-1964, G.M. 1964, pg. 1323 (Xl scaglione); n. 437, 12-XI-1964, G.M . 1964, pg. 1592; n. 480, IIXII-1964, pg. 1811 (XXX scaglione); n. 481, 22-XJJ-1964, G.M. 1964, pg. 1824 (piloti elicotteri); n. 681, 6-IX-1969, G.D. 1969, pg_ 3183 (piloti di elicotteri e di aerei leggeri); n_ 540, 26-VI-1970, G.D. pg. 1875 (piloti elicotteri); n. 250, 16-III-1971, G.D. 1971, pg. 1353 (per A-LE.); n . 269, 2-IV-1971, G.D. 1971, pg. 1442 (A.LE); n . 528, 4-VIII-1971, G.D. 1971, pg. 2448 (A-LE.); n. 669, 8-X-1971, G.D. 1971, pg. 3217 (A.L.E); n. 728, 20-X-1971 , G.D. 1971, pg. 3372 (meccanici); n. 169, 3-II-1972, G.D. 1972, p g. 642 (piloti e meccanici A.L.E.). I bandi di concorso per il genio ferrovieri vennero indelli con circolari: n. 151, 22-IV - 1960, G._M . 1960, pg. 588; n. 197, 27-IV-1961, C .M. 1961, pg. 792; n. 231, 30-IV-1962, G.M. 1962, pg. 818; n. 173, 29-TTJ-1963, G.M. 1963, pg. 549; n. 144, 27-III, 1964, G.M. 1964, pg. 515; n. 310, 4-VIII-1964; G.M. 1964, pg. 1178; n. 46, 15-1-1965, G.M. 1965, pg. 120; n. 490, 8-X-1965, G.M. 1965, pg. 1502; n. 146, 24-111-1966, G.M. 1966, pg. 615; n. 417, 29-IX-1966, G.M. 1966, pg. 1552; n. 299, 6-Vll-1967, G.U.D. 1967, pg. 1018; n. 203, 12-111-1968, G.U.D. 1968, pg. 966; n. 595, 18-VII-1968, G.U.D. 1968, pg. 2788; n. S29, 2-VII-1969, G.U.D. 1969, pg. 2324; n. 541, 3-VIl-1970, G.U.D. 1970, pg. 1879; n. 462, 28-VI-1971, G.U.D. 1971, pg. 2221; n. 246, 19-11-1972, G.U.D. 1972, pg. 981; n. 644, 3-VIl-1972, G.U.D. 1972, pg. 2235; n. 380, 12-VT-1973, G.U.D. 1973, pg. 1582; n. 521, 7-Vlll-1974, G.U.D. 1974, pg. 2849; n. 514, 5-IX-1975, G.U.D. 1975, p g. 2227; n. 498, 14-VII-1976 G. U.D. 1976, pg. 1832. Bandi di concorso vennero indetti anche per i vigilatori o cu stodi degli stabilimenti mi litari di pena: circ. n. 233, 18-V-1960, G.M. 1960, pg. 805; circ. n. 260, 15-V-1961 , G.M. 1961, pg. 1025; circ. n. 270, 30-V-1962, G.M. 1962, pg. 1066; circ. n. 175, 29-ITJ-1963, G.M. 1963, pg. 570: circ. n. 143, 24-111-1964, G.M. 1964, pg. 506. Altri bandi riguardarono l'arruolamento di volontari con nomina a sergente prima della costituzione della scuola di Viterbo: c irc. n. 280, 24-V-1960, G.M. 1960, pg. 902 (XIII corso); circ. m. 305, 15-VI-1961, G.M. 1961, pg. 1170 (XJV corso); circ. n. 319 , 30-Vl-1962, G.M. 1962, pg. 1143 (XV corso); circ. n. 245, 4-V-1963, G.M. 1963, pg. 830 (XVI corso); c irc. n. 189, 2-V-1964, G.M. 1964, pg. 759 (XVII corso). Dal 1971 al 1976 il reclutamento di volontari militari di truppa a ferma volontaria venne indetto con i bandi di cui alla circ. n. 845, 19-XI-1971, G.U.D. 1971, pg. 3775 (I scaglione); circ. n. 166, 19-11-1972, G.U.D. 1972, pg. 647 (Il scaglione); circ. n. 412, 14-IV-1972, G.U.D.1972, pg. 1452 (III scaglione); circ. n. 723, 10-VIII-1972, G.U.D. 1972, pg. 2567 (IV scaglione); circ. n. 934, 10-XI-1972, G.U.D. 1972, pg. 3500 (V scaglione); circ. n. 177, 24-111-1973, G.U.D. 1973, pg. 718 (VI scaglione); circ. n. 316, 28-V-1973, G.U.D. 1973, pg. 1291 (VII scaglione); circ. n. 152, 12-11-1974, G.U.D. 1974, pg. 672 (VIII scaglio-
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FIUPPO STEFANI
ne); circ. n. 25-VII-1974, G.U.D. 1974, G.U.D. 1974, pg. 820 (IX scaglione); circ. n. 820, 13-XI-1974, G.U.D. 1974, pg. 4872 (X scaglione); circ. n. 198, 13-III-1975, G.U.D. 1974, pg. 593 (XI scaglione); circ. n. 438, 26-VII-1975, G.U.D. 1975, pg. l 722 (XII e XIII scaglione); circ. n. 800, 2-XII-1975, G.U.D. 1975, pg. 3212, (XIV e XV scaglione); circ. n. 305, IT-V-1976, G.U.D. 1976, pg. 1097 (XVI e XVII scaglione); circ. n. 759, 13-X-1976, G.U.D. 1976, pg. 2774 (XVIII e XIX scaglione); circ. n. 871 , 16-XI-1976, G.U.D. 1976, pg. 3150 (XX e XXI scaglione); Altre circolari riguardanti modific he ed aggiunte ai vari bandi di concorso ordinari e bandi indetti per l'arruolamento straordinario di ufficiali: circ. n. 263, 8-Vll-1964, G.M.1964, pg. 1002; circ. n. 448, 20-XI-1964, G.M. 1964, pg. 1616; circ. n. 399, 15-IX-1966, G.M. 1966, pg. 1488; circ. n. 227, 22-V-1967, G.U.D. 1%7, pg. 799; circ. n. 376, 28-VIIl-1967, G.U.D. 1967, pg. 1339; circ. n. 26, 7-1 + 1972, G.U.D. 1973, pg. 112. 86 F.n. 1080-R/152, 15-XI-1959, S.M.E. Ord; f.n. 1600-R/152635, 31-VIII-1965, S.M.E . Ord.; f.n. 710-R/1526357, 14-V-1966, S.M.E. Ord; f.n. 1070-R/152, 26-VI-1968, S.M.E. Ord .. 87 F.n. 640-R/152, J-V-1962, S.M.E. Ord; f.n. 633-R/1526363, 5-IV-1962, S.M.E. Ord.; f.n. 1300-R/152, 14-IX-1963, S.M.E. Ord.; f.n. 1010-R/1526363, 31-VII-1966, S.M.E. Ord.; f.n. 1510-R/152636613, 9-IX-1967, S.M.E. Ord.; f.n. 1520-R/152636613, II-TX-1967, S.M.E. Ord.; f.n. 1560-R/1526364, 9-Xl-1967, S.M.E. Ord.; f.n. 2560-R/ 152, 26-VII-1968, S.M.E. Ord; f.n. 240-R/152, 15-IIl-1970, S.M.E. Ord.; f.n. 230 R/ 152, 17-IIl-1970, S.M.E. Ord.; f.n. 770-R/152, 24-VIII-1970, S.M.E. Ord. 88 F.n. 1300-R/152, 14-IX-1963, S.M.E. Ord. 89 Vds. cap. LIX nota n. 33. 90 Legge 10-XII-1973, n. 804 (<.:ire. n. 769, G.U.D. 1973, pg. 3679). 91 Legge 5. V 1976, n. 187 (circ. n. 287, G.U.D. 1976, pg. 980). 92 Legge 12-Xl-1955, n. 1137 (circ. n . 566, G.M. 1955, pg. 2156). 93 Organici fissati dalla legge n. 1137 del 1955: generali di corpo d 'armata 21; generali di divisione 34; generali di brigata 86; arma dei carabinieri: generali di divisione 4, generali di brigata 10, colonnelli 30, tenenti colonnelli 134, maggiori 159, capitani 514, subalterni 581; arma di fanteria: colonnelli 225, tenenti colonnelli 586, maggiori 1001 , capitani 2001, subalterni 1791; arma di cavalleria: colonnelli 21, tenenti colonnelli 56, maggiori 94, capitani 190, subalterni 170; arma di artiglieria: colonnelli 120, tenenti colonnelli 302, maggiori 557, capitani 1179, subalterni 1073; arma del genio: colonnelli 60, tenenti colonnelli 155, maggiori 264, capitani 539, subalterni 479; servizio tecnico di artiglieria; tenenti generali 1, maggiori generali 2, colonnelli 10, altri gradi 77; servizio tecnico della motorizzazione: lenenti generali I, maggiori generali 2, colonnelli 10, altri gradi 66; servizio automobilistico: lenenti generali 1, maggiori generali 2, colonnelli 18, tenenti colonnelli 75, maggiori 160, capitani 316, subalterni 260; servizio sanitario (medici): tenenti generali I, maggiori generali 4, colonnelli 34, tenenti colonnelli 153, maggiori 191, capitani 416, subalterni 252; servizio sanitario (chimicifarmacisti): maggiori generali 1 colonnelli 2, tenenti colonnelli 12, maggiori 20, capitani 40, subalterni 26; servizio di commissariato: lenenti generali 1, maggiori generali 2, colonnelli 16, tenenti colonnelli 40, maggiori 70, capitani 142, subalterni 93; servizio di commissariato (sussistenza): colonnelli 1, tenenti colonnelli 12, maggiori 24, capitani 92, subalterni 57; servizio di amministrazione: maggiori generali 1, colonnelli 13, tenenti colonnelli 75, maggiori 155, capitani 393, subalterni 230; servizio di veterinaria: maggiori generali 1, colonnelli 2, tenenti colonnelli 10, maggiori 19, capitani 36, subalterni 24. Legge 6-Xl/-1960, n. 1479(circ. n. 510, G.M. 1960, pg. 1637) «istitu zione dei servizi tecnici del genio, delle trasmissini, chimico-fisico, geografico»: SJ!rvizio tecnico del genio: maggiori generali I, colonnelli 3, altri gradi 27; servizio tecnico delle trasmissioni: maggiori generali I, colonnelli 3, altri gradi 27; servizio tecnico chimico fisico: tenenti generali 1, maggiori generali 2, colonnelli IO, a ltri gradi 66; servizio tecnico-geografico: maggiori generali l , colonnelli 2, altri gradi 18.
CAP. LX · ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATlVA CENTRALE, ECC.
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Legge 7-Xll-1960, circ. n. 6, G.M. 1961, pg. 66, modifiche all'organico del ruolo degli ufficiali del servizio di amministrazione: + 1 tenente generale, + 1 maggiore generale, - 5 capitani. Legge 22-/X-19(,(), n. 1031 (circ. n. 410, G.M. 1960, pg. 1387), modifiche all'organico degli ufficiali di sussitenza: + 1 maggiore generale, + 2 colonnelli, + 3 capitani. Legge 16-Xl-1962, n. 1622, circ. n. 506, G.M. 1962, pg. 1806: riordinamento dei ruoli degli ufficiali dell'esercito: ruolo unico dei generali: generali di corpo d 'annata 21, generali di divisione 34, generali di brigata 86; arma dei carabinieri: generali di divisione 5, generali di brigata 13, colonnelli 38, tenenti colonnelli 216, maggiori 144, capitani 514, subalterni 566; arma di fanteria: colonnelli 225, lenenti colonnelli 788, maggiori 450, capitani 1265, subalterni 1124; arma di cavalleria: colonnelli 21. tenenti colonnelli 73, maggiori 42, capitani 117, subalterni 105; arma di artiglieria: colonnelli 130, tenenti colonnelli 455, maggiori 260, capitani 731, subalterni 650; arma del genio: colonnelli 60, tenenti colonnelli 210, maggiori 120, capitani 338, subalterni 300; servizio tecnico artiglieria: tenenti generali 1, maggiori generali 3, colonnelli 14, altri gradi 95; servizio tecnico della motorizzazione: tenenti generali 1. maggiori generali 2, colonnelli 12, altri gradi 75; servizio tecnico chimico-fisico: tenenti generali 1, maggiori generali 2, colonnelli 10, altri gradi 66; servizio tecnico del genio: maggiori generali 1, colonnelli 3, altri gradi 27; servizio tecnico geografico: maggiori generali 1, colonnelli 2, altri gradi 18; servizio tecnico automobilistico: tenenti generali 1. maggiori generali 2, colonnelli 18, tenenti colonnelli 140, maggiol'i 90, capitani 266, subalterni 207; servizio sanitario (medici): tenenti generali 1, maggiori generali 7, colonnelli 42, tenenti colonnelli 266, maggiori 142, capitani 353, subalterni 176; servizio sanitario (chimico-farmacisti): maggiori generali 1, colonnelli 2, tenenti colonnelli 17, maggiori 10, capitani 26, subalterni 14; servizio di commissariato (commissari): tenenti generali I, maggiori generali 2, colonnelli 16, tenenti colonnelli 80, maggiori 50, capitani 123, subalterni 60; servizio di commissariato (sussistenza): maggiori generali 1, colonnelli 3, tenenti colonnelli 40, maggiori 25, capitani 69, subalterni 60; servizio di amministrazione: tenenti generali 1, maggiori generali 2, colonnelli 16, tenenti colonnelli 160, maggiori 100, capitani 266, subalterni 238: servizio di veterinaria: maggiori generali 1, colonnelli 4, tenenti colonnelli 23, maggiori 15, capitani 37, subalterni 18. 94 Legge 16-Xi-1962, n. 1622 (circ. n. 506, G.M. 1962, pg. 1806): istituzione del ruolo speciale unico (R.S.U.). Fonti di reclutamento: ufficiali di complemento di età non superiore ai 32 anni, sottufficiali di età non superiore ai 40 anni, ufficiali in s.p.e. a domanda; organico: colonnelli 52, tenenti colonnelli 870. maggiori 560, capitani 1113, subalterni 1120. 95 Legge 18-XIJ-1964, n. 1415 (circ. n. 27, G.M. 1965, pg. 60). Con legge 6-IV-1965, n. 235, (circ. n. 231, G.M. 1965, pg. 657) vennero fissati i periodi di comando. Con legge II-V-1966, n. 334, (circ. n. 279, G.M. 1966, pg. 657) vennero aboliti i corsi valutativi per tenenti colonnelli. Con legge 18-VI-1974, n. 257 (circ. n . 438, G.U.D. 1974, pg. 2463) vennero aboliti i corsi A.F.U.S. e sostituiti con il corso di stato maggiore. 96 Legge 10-Xll-1973 (n. 804, circ. n. 769 G.U.D., pg. 3679) Nuovi organici dei generali e dei colonnelli: generali di corpo d'armata 31, generali di divisione 77, generali di brigata 213, colonnelli 1379. 97 Legge 7-XJT-1975, n. 626 (circ. n. 786, G.U.D. 1975, pg. 3151) Organici del R.S. V.: colonnelli 78, tenenti colonnelli 844, maggiori 560, capitani 1113, subalterni 1120. 98 Nel 1968 (marzo) il fabbisogno di ufficiali deducibile dalle tabelle organiche di pace e da a ltre disposizioni in vigore raffrontato alle disponibilità riferita al I-IJJ-1968, con esclusione degli ufficiali dell'arma dei carabinieri, degli iscritti nella forza assente, dei maestri di scherma, dei cappellani militari, offriva il seguente quadro complessivo di esuberanze o di deficienze: colonnelli fabbisogno 815, disponibilità 858 ( + 43), disponibilità di altre categorie 798 a disposizione, 75 richiamali; tenenti colonnelli e maggiori fabbisogno 0522 disponibilità 5108 (- 1414), disponibilità di altre categorie
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FILIPPO STEFANl
56 richiamati e 124 di complemento; capitani fabbisogno 5719, disponibilità 3953 (1766), disponibilità di altre categorie 8 richiamati e 907 di complemento trattenuti; fabbisogno subalterni 10 342, disponibilità 2661 (- 7681 ), disponibilità di altre categorie 1812 richiamati o trattenuti e 4000 in servizio di prima nomina. A fronte di un'esuberanza di circa 1000 colonnelli (916) in servizio esisteva la deficienza di 851 capitani e di ben 1869 subalterni. Tale situazione di fatto, rimasta più o meno uguale fino all'entrata in vigore della legge n. 804 del 1973, quando peggiorò sensibilmente, denunzia da sola i gravissimi malanni dello inquadramento dell'esercito specialmente al livello delle unità minori (compagnie e plotoni). A ciò devesi aggiungere che quasi nessun maresciallo veniva impiegato, come sarebbe stato obbligatorio per legge, nel compito di comandante di plotone, per cui il comando di queste ultime unità era affidato, nel migliore dei casi, ad un sottotenente di prima nomima e, spesso, ad un sergente di complemento. 99 Vds. appendice l. 100 Nel 1961 vennero soppressi i C.M.Z. di Novara e di Alessandria e costituito il C.M.Z. di Como (f.n. 1620-R/152 del 30- XI-1961, S .M.E. ord.) che venne, a sua volta, soppreso nel 1965 (f.n. 1000-R/1526340, 28-V-1965, S.M.E. Ord.). Sempre nel 1961: il C.M.Z. di Torino venne trasformato da tipo «B» a tipo «A»; il C.M.Z. di Brescia venne trasferito alle dipendenze del V C.M.T. della regione nor·d-est (f.n. 1620-R/152, 30-Xl-1961, S.M.E. Ord.). Nel 1963: il C.M.Z. di Bologna venne trasformato da tipo «B» a tipo «A» {f.n. 330-R/152, 28-11-1963, S.M.E. Ord.); il C.M.Z. di Brescia venne soppresso ed i suoi compiti vennero assuti dal C.M.Z. di Verona (f.n. 700-R/152, 6-V-1963, S.M.E. Ord.). Nel 1964 vennero meglio definite le attribuzioni del genera le addello ai CC.MM.ZZ. tipo «A» la c ui denominazine venne modificata in quella di vice comandante di reg ione (f.n. 1390-R/1526332, 5-VIII-1964, S.M.E. Ord.). Nel quadro del riassetto dell'organizzazione di comando territoriale, vennero stabilite le <leuum.iuaziuui, 1t: sedi e le giurisdizioni d.i tutti i CC.MM.ZZ {f.n. 1000-R/1526340, 28-V-1965 e f.n. 1450-R/1526331, 27-VII-1975, S.M.E. Ord.). Jn seguito alla costituzione della provincia di Pordenone, la giurisdizione militare del corrispondente territorio fu affidata a l C.M.Z. di Treviso (f.n. 950-R/152, 27-V-1968, S.M.E. Ord.), mentre il J-XJ-1968 venne riordinata l'organizzazione territoriale del Veneto e dell'Alto Adige, sopprimendo il C.M.Z., di Verona, trasformando da tipo «B » in tipo «A» il C.M.Z. di Vicenza, il C.M.Z. di Treviso ed il C.M.Z. di Trento, per i qual i venne stabili lo che in caso di guerra avrebbero assunto le funzioni di comandi delle retrovie ris pellivamente del Comando delle F.T.A.S.E., del comando della 3° arma e del comando <le] IV corpo d'armata (f.n. 1890-R/152, 23-IX-1968, S.M.E. Ord.). Nel 1968 vennero stabiliti nuovi organici, più attenti a lle attività svolte, per· il Cvmando militare della Sardegna; f.n. 2050-R/152, 26-X- I 968, S.M.E. Ord.. Nel 1969 vennero definite le modalità per la corretta procedura nella designazione dei comandi de lle zone militari e dei comandi militari provinciali di prevista costituzione ex novo per emergenza (f.n. 549-S/153, l -IX-1969, S.M.E. Ord.). In seguito alla costituzione della provincia di Isernia, venne revisionato lo scomparto territoriale dei CC.MM.ZZ. e la provincia di Isernia venne inserita nella giurisdizione del C.M.Z. di Bari (f.n. 400-R/ 152, 25-IV-1970, S.M.E. Ord.). Nell'ambito dei CC.MM.ZZ. di Firenze, Perugia, Roma, Salerno e Cosenza vennero costituiti, a titolo sperimentale, un ufficio addestramento per verificare la possibilità di porre i CC.MM.ZZ. in migliori condizioni di adempimento dei compiti di carattere addestrativo ad essi affidati nei riguardi dei C.A.R. e dei B.A.R. (f. n. 300-R/152,9-VII-1973, S.M.E. Ord.). Nel 1960 il D.M. di Firenze assunse la fisionomia dei distretti di la classe tipo «A», avendo assorbito il carico di popolazione del disciolto D.M. di Arezzo {f. n. 910-R/152, 6-VII-1960, S.M.E. Ord.). Nel 1971 anche il D.M. di Milano della I • classe tipo «B » passò alla 1 a classe tipo «A» (f. n. 285-R/152, 21-III-1971, S.M.E. Ord.). Allo scopo di alleggerire il lavoro dei DD.MM. venne ridimens ionata la forza in con-
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gedo truppa gestita per il cai.;o di emergenza mediante: abrogazione di alcuni fai.;c icoli del ruolo mod. 115 relativi al personale non utilizzabile per mobilitazione; tenuta a ruolo del solo personale appartenente alle otto classi più giovani; snellimento dello schedario di mobilitazione (f. n. 176/153, 9-Vl-1975, S.M.E. Ord.). 101 . Sopprcsione dei OD.MM. di Arezzo, Nola, Pesaro: f. n. 1/327, 25-11-1960 e f. n. I/653, 15-III-1960 del Gabinetto del Ministro. Soppressione del D.M. di Venezia: f. n. 1280-R/1526340, 5-VJT-1965, S.M.E. Ord .. Soppressione del D.M. di Be nevento: f. n. 1450-R/1526340, 26-VIII-1969, S.M.E. Ord.. Soppressione di 29 uffici provinciali di leva: D.P.R. 14-IT-1964, n. 237, f. n . 4061/65, 2-Ill-1965 della direzione generale leva sottufficiali e truppa, f. n. 418-R/1526351, IIIII-1965, S.M.E. Ord., Scioglimento della compagnia di correzione del comando stabilimenti militari di Vestone (f.n. 1300-S/ 1536025, 22-VIII-1963, S.M.E. Ord.). Costituzione della banda dell'esercito: legge I-III-1965, n. 121, circ. n . 175, D.M. 1965, pg. 463 e f. n. 2340-R/15228, 21-XII-1964, S.M.E. Ord .. Unificazione dei servizi c ifra N.A.T.O. e nazional e: f . n. 2000-S/1526312, 29-X-1964, S .M.E. Ord.. Riduzione dei tribunali militari a 9: Torino, Padova, Verona, La Spezia, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Cagliari. 102 • Anche nei riguardi dei depositi, lo S.M.E. dal 1960 al 1975 operò numerosi interventi per migliorarne la funzionalità e per adeguarne g li organici e il peso di lavoro alle reali possibilità in relazione alle esigenze: f. n. 900-R/152, 18-VI-1960; f. n. 1790-R/152, 15-XI-1960; f. n. 760-R/152, 7-VI-1961; f . n. 230-R/152, 18-11-1963; f . n. 1040-R/1526355, 14-Vl-1965; f. n . 1610-R/1526355, 14-IX-1965; f. n. 1960-R/1526355, 22-XTT-1966; f. n. 2150-R/152,20-XT-1968; f. n. 750-R/152,9-Vlll-1971; f. n. 680-R/152, 14-X-1972, tutti dello S.M.E. Ord.. Criterio di massima seguho: riduzione delle sezioni di magazzino. 103 . Situazione quantitativa del personale civile - impiegati ed operai - dal 1960 al 1975: Lo stato giuridico degli impiegati era stato definito nel 1956 con legge II-1-1956 n. 16' e con il D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 , i quali ne avevano altresì ordinato le ca rriere ed i vo lumi organici. Carriera direttiva: direttore generale, ispettore generale, di rettore di divisione, direttore di sezione, consigliere 1 •. 2• e 3 3 classe; carriera di concetto: segretario capo, segretario principale, primo segretario, segretario, segretario aggiunto, vice segretario; carriera esecutiva: archivista capo, primo archivista, a rc hivista , applicato, applicato aggiunto; personale ausiliario: commesso capo, commesso, usciere capo, usciere, inserviente, agente tecnico capo, agente tecn ico. La consistenza organica degli impiegati venne fissata con il D.P.R. 18-XI-1965, n. 1579 pari a 14 308 unità per l'esercito, 3307 unità per la marina, 6072 unilà per l'aeronautica, 3235 unità per gli enti interforze. Con legge 24-V-1970, n. 336 il personale impiegati collocato in congedo venne porta to in diminuzione nella qua lifica iniziale del rispettivo ruo lo di appartenenza, per cui il provvedimento comporlò una graduale diminuzione del volume organico. La legge 5-111-1961, n. 90 iscrisse g li organi a ruolo secondo la seguenle classifica: capi operai; l a categoria: specializzati; 2• categoria: qua lificati; 3" categoria: comuni; 3 4 categoria: manovali; sa categoria: lavori tipicamente femminili; 6a categoria: apprendisti. Col il D.P.R. 18-Xl-1965 n. 1480 vennero istituiti i seguenti ruoli organici: ruo lo del personale operaio addetto alle lavorazioni, ruolo d el per sonale operaio addetto ai servizi genera li. I due ruoli furono distinti nelle seguenti categorie: capi operai, operai specializzati, operai qualificati, operai comuni. La consistenza organica venne modificata con legge 6-Vl-1973 n. 313 che previde: 21494 unità per l'esercito, 19 232 unità per la marina, 6410 unità per l'aeronautica, 5237 per gli enti inte rforze .
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Il volume organico di legge degli impiegati riferito al solo esercito salì dalle 4729 unità degli anni cinquanta a i 15 315 della seconda metà degli anni sessanta, per poi scendere, nel 1975, a 13 220 unità, ma la forza effettiva si mantenne costantemente inferiore rispetto a quella organica: 12 442 rispetto a 15 415, 11 000 circa rispetto a 13 220. Il volume organico di legge degli operai riferito al solo esercito sali dalle 8710 unità degli anni cinquanta alle 21 481 della seconda metà degli anni sessanta ed alle 21 494 unità della seconda metà degli anni settanta. ma la forza effettiva si mantenne costantemente inferiore a quella organica: 18 000 rispetto a 21 494, 13 000 rispetto a 21 494. 104 • Il programma di potenziamento dei centri meccanografici venne perseguito dal 1962 in poi senza soste: trasformazione del centro meccanografico del I C.M.T. in centro di grande potenzialità e soppressione dei centri di Genova e di Milano (f. n. 1770-R/152,24-XI-1962, S.M.E. Ord.); trasformazione del centro meccanografico dell'Vill C.M.T. in centro di grande potenzialità (f.n . 1110-R/152; 19-VII-1963, S.M.E. Ord.); trasformazione del centro meccanografico del V. C.M.T. in centro di grande potenzialità e soppressione del centro di Verona (f. n. 240-R/1526354, II-II-1965, S.M.E. Ord.); trasformazione del centro meccanografico dell'XI C.M.T. in centro di grande potenzialità (f. n. 300-R/1526 354,23-II-l 966, S.M.E. Ord.); soppressione del centro di Bologna e trasformazione in centro di grande potenzialità di quello di Firenze (f. n. 1300-R/ 1526354; 19-IX-1966, S.M.E. ORd.). Nel quadro dei provvedimenti connessi con I'ammodernamento dell'organizzazione meccanografica nel 1968: i centri meccanografici militari dei C.M.T. di regione assunsero la denominazione di centri elaborazione dati e il cenlro meccanografico dell'esercito quella di centro calcolo elettronico dell'esercito, rimanendo invariati compiti e dipendenze (f. n. 550-R/1526112, 20-III-1968, S.M.E. Ord.). Il cenlro calcolo elellronico dell'esercito venne successivamente strutturato e ordinato secondo nuove tabelle organiche (f. n. 80-R/152, 18-1-1969, S.M.E. Ord.). 105 F. n. 190-R/152, 20-11-1960, S.M.E. Ord.; f. n. 6547-S/143312,20-VIl-1961, S.M.E. Ord.; f. n. 1600-S/152, Il-X-1962, S.M.E. Ord.; f. n. 520-R/152, 27-III-1962, S.M.E. Ortd.; f. n. 1390-R/152322,5-VIII-1968, S.M.E. Ord.; f. n. 1077-S/1536585, 30-VI-1965, S.M.E. Ord.; f. n. 2080-R/1526312, 27-XII-1967, S.M.E. Ord.; f. n. 720-R/152, 18-X-1972, S.M.E. Ord. (soppressione dei nuclei di consulenza e di studio per la protezione civile con passaggio dei loro compiti agli uffici operazione-addestramento dei C.M.T.); f. n. 800-R/t 52, 21-XI-1972, S.M.E. Ord. (modifiche delle tabelle organiche e ristrutturazione dei comandi genio e del servizio lavori-demanio-materiali del genio dei CC.MM.TI. di regione). I06 F. n. 1631-R/152, 16-X-1962 e f. n. 1830-R/152, II-XIl-1962, S.M.E. Ord .. IO? Nel 1963 venne diramato dallo S.M.E. il Piano alternativo per via ordinaria dei trasporti di radunata con le predisposizioni per gli organi interessati a tale piano (f. n. 1701-S/1536518, 2-X-1963, S.M.E. Ord.) e fissate le tabelle organiche di detti organi (f.n. 1700-S/1536518, 2-X-1963, S.M.E. Ord.). Nel 1971 venne disposto l'adeguamento della nuova impostazione del problema dei trasporti di emergenza - passaggio dalla requisizione di autoveicoli in prestazione alla requisizione di autoveicoli in acquisto - mediante l'adeguamento degli organi, del personale, dei materiali, dei mezzi, degli oneri finanziari. dei tempi di attuazione (f. n. 1700/153,20-XII-1971, S.M.E. Ord.). ios F. n. 310-S/15162411,20-III-1960; f . n. 2255-S/ 15162411,10-X-1960; f. n. 2260-S/ 151624II,IO-IX-1960, tutti dello S.M.E. Ord .. 109 Aldo Rossi (1898), generale di C. d'A. Allievo dell'accademia militare, promosso sottotenente di art. nel 1916. Ha partecipato alla 1 • guerra mondiale col 54° rgt. art. da campagna. Ha frequentato i corsi della scuola di guerra ed ha partecipato alla campagna contro l'Etiopia. Da colonnello ha ricoperto la carica di capo di S.M. della divisione Trieste; ha comandato il 1° rgt. art. divisionale in Albania. Successivamente, è stato capo di S.M. della divisione di fant. Ravenna ed ha prestato servizio presso l'Intendenza dell'Africa settentrionale. Successivamente, è stato Capo Ufficio Servizi dello S.M.E. insegnante presso la Scuola di guerra e comandante dei corsi di S.M.. Nominato
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coma ndante della scuola di guerra, ha poi comandalo la divisione, Mantova. Prima adÙcllo allo S.M.E . e poi sottocapo dello stesso, ha, successivamente, comandato la divisio ne corazzata Pozzuolo del Friuli. Da generale di C.d'A. ha comandato il Comiliter di Bologna e, successivamente, ha prestato servizio presso gli organi centrali con incarichi vari. Dal novembre '58 al mano '59 ha comandato le F.A.T.S.E. e, il 18.3.'59, fu nominato Capo di S.M.D., carica che lasciò il 1°.2.'66. I IO F. n. 2010-S/Ordn, 2-IX-1965 e f. n. 2020-S/Ordn. 3-IX-1965, S.M.E. Ordn .. 111 F. n. 1265-S/140214.l-XI-1968, S .M.E. Ordn. 112 F. n. 2340-S/15262412,23-IX-1964, S.M.E. Ord.: trasformazione del comando 4° reparto corsi, del gruppo tattico dimostrativo, del CIV ballaglione carri in 3° reggimento fanteria corazzato, erede delle tradizioni del 3° reggimento carristi, su: comando di reggimento; IV battaglione bersaglieri; IX battaglioni carri; vennero altresì costituiti uno squadrone del gruppo squadroni Cavalleggeri di Alessandria, 1 batteria semovente (7•) del m gruppo del 13° reggimento a. da campagna, 1 officina leggera tipo «A». Tali unità organicamente assegnate alla divisione f. Granatieri di Sardegna vennero poste alle dipendenze del comando dela Scuola truppe m eccanizzate e corazzate di Caserta, quali unità dimostrative, con dislocazione in Persano. 113 Il 1° giugno 1962 il CXXXV battaglione fucilieri si trasformò in I battaglione del 151° reggimento fanteria (f. n. 285-S/ 15162424, 21-11-1962, S.M.E. Ord.); nel 1963 venne sciolto il CIII battaglione (f. n . 2845-S/ 15162423, 7-Xll-1963, S.M.E. Ord.); 114 La 3• compagnia speciale atleti venne costituita in Bologna il I-II-1962 per l'inquadramento, unitamente alla 1 3 compagnia speciale atleti, dei militari ùesignati per la partecipazione a competizioni di calcio; essa venne posta alle dipendenze, per l'attività tecnico-militare ed agonistica e per l'assegnazione del personale, dello S.M.E. Add. e del VTT C.M.T. per le questioni disciplinari ed amminis trative (f. n . 1610-R/152, 29-XII-1961, S .M.E. Ord.). li I-VI-1964 venne costituito un plotone bersaglieri atleti che, unitamente alla 1 • compagnia speciale atleti, inquadrò i militar i ciclisti di chiaro interesse nazionale e venne posto alle dipendenze del comando III corpo d'armata per la parte addestrativa e sportiva e del XVIII battaglione del 3° rgt. bersaglieri per la parte disciplinare e addeslrativa (f. n. 750-R/15263668, 8-V-1964, S.M.E. Ord.). In seguito allo scioglimento dell'Avellino, la za compagnia speciale atleti di Napoli venne inquadrata, per l'emergenza, nel 9° reggimento fanteria Bari della Pinerolo (f. n. 167-S/1536506, 4-111-1966, S.M.E./Ord.). Le compagnie Sptciali atleti ebbero le loro sedi la l • in Roma, la 2 • in Napoli, la 3 • in Bologna; il plotone atleti bersaglieri in Milano; in ognuna delle sedi delle compagnie furono costruiti campi sportivi militari. 11 5 Cos tituzione del C.A.U.C. : f. n. 320-R/ 152636615,26-III-l 959; f . n. 240-R/15263661 5, I 3-IIT-1 959; f. n. 262-R/1526, 14-lll-1959, f. n. 263-R/1526, 17-lll-1959, S.M.E. Ord.; potenziamento del C.A.U.C.: f.n n. 2040-R/152636615,25-Xl-1964, S.M.E. Ord .. 11 6 F. n . 310-R/152, 14-III-1960, S.M.E. Ordn.. 117 F. n. 1696-S/15365072, 30-IX-1964, S.M.E. Ordn .. 118 F . n. 419-S/ 1536506, 14-V-1966, S.M.E. Ordn., f. n. 100-S/153, 12-VII-1969, S.M.E . Ordn.; f. n. 800-S/153, S-XI-1970, S.M.E. Ordn .. 11 9 F. n. 1791-S/15261741,31-X-1966, S.M.E. Ordn .. 120 F. n . 52-R/1526681.15-1-1966, S.M.E. Ordn.. 121 F. n. 530-S/153, 19-IX-1969, S.M.E. Ord.. 122 F. n . 1571-S/ 153, 20-Xl-1970, S.M.E. Ord.; f. n . 1158-R/153,9-IX-197 1, S.M.E. Ordn .. 123 F. n. 118-S/ 153,4-III-1970, S.M.E . Ord.. 124 F. n. 800-S/153,8-VII-1974, S.M.E . Ord .. 125 F.n. 800-R/152656, 12-V-1960, S.M.E. Ord. L'esercitazione si sviluppò in tre fasi: la prima, dedicala all'attuazione delle predisposizioni di mobilitazione delle unità interessate, all'attività di un centro di presentazione campale per il CLXXV battaglione fucilieri, all'afflusso dei richiamati cd all'inquadramento delle unità; la seconda, devoluta allo svolgimento di un intenso ciclo di attività in coincidenza con il ciclo di
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FILIPPO STEFANT
esercitazioni estive; la terza, connessa con il congcdamento del personale richiamato e con lo scioglimento delle unità costituite ex novo. Furono richiamati 102 ufficiali, 199 sottufficiali e 2095 militari di truppa con una percentuale di affluenza rispetto ai precettati del 100%. L'esercitazione, pur non interessando un'elevata quantità di uomini e mezzi, comportò egualmente un complesso lavoro di organizzazione logistica e dette risultati eccellenti. 126 Servizio sanitario; costituzione del centro studi e ricerche della sanità militare il I-II-1960 e conseguente scioglimento ed assorbimento da parte del nuovo ente del centro studi della sanità militare inserito nell'ospedale principale di Roma, del laboratorio di biologia applicata, del laboratorio chimico-bromato-logico (f. n. 120-R/152, 25-1-1960 e f. n. 60-R/152, 31-1-1960, S.M.E. Ord.); potenziamento, in caso di emergenza, degli ospedali militari di Brescia, Udine, Bolzano e Trento (f. n. 565-S/15371, 6-IV-1966, S.M.E. Ord.); riordinamento delle sezioni disinfezione (f. n. 380-R/152, 25-ill-1968, S.M.E. Ord.); costituzione di un centro cura delle malattie reumatiche e delle cardiovasculopatie presso l'ospedale militare specializzato di Anzio (f. n. 590-R/152, 30-IV-1969, S.M.E. Ord.); dislocazione in Milano e Genova rispettivamente della 2 a e 3a squadra della 1 • sezione di disinfezione con sede in Torino (f. n. 347/R/152, 3-IX-1973, S.M.E. Ord.); soppressione della 3a e 4a sezione di disinfezione e delle squadre disinfezione di Genova, Firenze, Bari, nonché della 7\ 9\ 13\ 16•, 1s•, 19" e 20" sezione disinfezione di prevista costituzione all'emergenza (f. n. 390-S/152, 9-V-1973, S.M.E . Ord.). Servizio di commissariato: contrazione in sezione recuperi e suo inserimento nel 5° magazzino V.E. del 10° centro confezioni e recuperi (f. n. 730-R/15263443, 14-VI-1966, S.M.E. Ord.); soppressione del distaccamento di Mestre del magazzino secondario misto di Udine e trasferimento a Mestre del magazzino secondario di casermaggio di Padova (f. n. 560-R/152, 28-V-1971, S.M.E. Ord.); trasferimento da Torino ad Alessandria della IOl O sezione di magazzino del I deposito misto (f. n. 170-R/152, 28-IV-1973, S.M.E. Ord.); scioglimento della 923" sezione di magazzino del XV deposito misto dislocato a Lecce (f. n. 1040-R/1526355, 14-Vl-1965, S.M.E. 01·d.); passaggio di dipendenze della 523" sezione di magazzino dell'VIII deposito misto al deposito divisionale Ariete (f. n. 1610-R/1526355,14-IX-1965, S.M.E. Ord.); scioglimento della 922" sezione di magazzino del XV deposito misto di Barletta (f. n. 1690-R/1526355, 22-XII-1966, S.M.E. Ord.); scioglimento della 723• sezione di magazzino del XII deposito misto di Livorno (f. n. 520-R/152. 17-V-1968, S.M.E. Ord.); scioglimento della 933• sezione di magazzino del XX deposito misto di Caserta (f. n. 2150-R/152, 21-XI-1968, S.M.E. Ord.); soppressione del comando e degli uffici del deposito misto di Genova e costituzione nella stessa sede della 110a sezione di magazzino alle dipendenze del I deposito misto di Torino (f. n. 750-R/152, 9-VIII-1971, S.M.E. Ord.); soppressione del comando e degli uffici del XX deposito misto di S. Maria Capua Vetere e delle sezioni di magazzino di Vicenza (522"), Bologna (604"), Parma (611 "). Forll (633") e costituzione della 911 4 sezione di magazzino in Santa Maria Capua Vetere alle dipendenze del XVI deposito misto di Nocera Inferiore nonché passaggio di dipendenza al XVI deposito misto di Novera Inferiore delle sezioni di magazzino di Salerno (912") e Capua (934a) (f. n. 680-R/152, 14-X-1972, S.M.E. Ord.); soppressione del 9° centro confezioni e recuperi di Bari e del distaccamento di Lecce e trasformazione del distaccamento di Fasano in 9° centro confezioni e recuperi (f. n. 780-R/152, 4-XII-1972, S.M.E. Ord.). Servizio armi e munizioni: estensione dei compiti della sezione rifornimenti materiali speciali della s• direzione di artiglieria ed inserimento di un nucleo manutenzione razzi (f. n. 350-S/152, 15-IV-1960, S.M.E. Ord.); soppressione del magazzino materiali artiglieria di Novate Milanese (f. n. 403-R/152, ll-IV-1961, S.M.E. Ord.); trasformazione del laboratorio sperimentale difesa A.B.C. in centro tecnico chimico-fisico-biologico con dipendenza dal capo del servizio chimico-fisico (f. n. 1840-R/152, 31-XII-1961, S.M.E. Ord.); costituzione del 2° laboratorio elettronico campale (2• LEC) con sede in Verona e dipendenza dal Laboratorio di precisione dell'esercito e cambio di denominazione del laboratorio elettronico mobile di Bologna in J 0 laboratorio elettronico campale (1 °
II j
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l
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
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I
I
353
LEC) (f. n. 1980-R/152, 10-XII-1962, S.M.E. Ord.); trasformazione della sezione artiglieria di Mestre in 4a direzione di artiglieria e passaggio di dipendenza alla nuova direzione della sezione staccata di artiglieria di Conegliano (f. n . 2010-R/15223614,21-VII-l 967, S.M.E. Ord.); costituzione del deposito centrale materiali di artiglieria di Torre de l Parco (Came rino)(f. n. 1690-R/152, 17-IX-1968, S.M.E. Ord.); costituzione dei nuclei di bonifica de i poligoni di tiro presso ciascuna direzione di artiglieria e presso la sezione autonoma di artiglieria di Nuoro (f. n . 850-R/152, 3-V-1968 e f. n. 900-R/152,II-V-1968, S.M.E. Ord.); mutamenti di dipendenza di alcuni organi centrali e periferici determinati dalla nuova organizzazione assunta dal ministero della difesa in seguilo all'entrata in vigore del D.P.R. n. 1478 del 18-XI-1965: ufficio balistica esterna (nucleo elaborazione tavole di tiro) dalla direzione S.Te.A. all'ispettorato dell'arma; laboratori tecnologici, elettronici, chimici, disegni dalla direzione del S.Te.A. alla direzione generale armi e munizioni armamenti terrestri; officina PRORA dalla direzione del S.Te.A. al laboratorio di precisione dell'esercito; centro tecnico delle trasmissioni da lla direzione del S .Te.A. alla direzione generale armi munizioni ed armamenti terrestri; centro tecnico chimico-fisico dalla direzione del S.Te.Ch. a lla direzione generale anni, munizionamento ed armamenti terrestri. Tali mutamenti di dipendenza vennero disposti con f. n. 281/454,31-1-1967, S.M.E. Ord.); soppressione del deposito munizioni di Val d'Aosta (f. n. 520-R/152, 12-IV-1969, S.M.E. Ord.); passaggio di dipendenza del magazzino materiali difesa A.B.C. di Civitavecchia-S. Lucia dall'VIII C.M.T. alla direzione generale delle armi, munizioni ed armamenti terrestri (f. n. 2120-R/152, 15-XII-1969., S.M.E. Ord.); costituzione del depu:,iW munizioni di Monte Cimarone (f. n. 2060-R/15263415, ll-XII-1 969, S .M.E. Ord.; costituzione del magazzino dire'l.ionale materiali artiglieria e difesa chimica di Tor Sapienza (f. n. 1215-R/152, 27-XII-1970, S.M.E. Ord.); soppressione del deposito centra le materiale di a rtigl ieria di Fonte d'Amore-Sulmona (f. n . 260-R/152, 17-llI-1970, S.M.E. Ord.); scioglimento del magazzino direzionale di For te Portuense (f.n. 1215-5/ 152, 27-XTI-1 970, S.M.E. Ord.); scioglimento del magazzino di Forte Prenestino (f. n. 1216-R/152, 27-XII-1970, S.M.E. Ord.); costituzione in distaccamento dello stabilimento del laboratorio precisione esercito di viale Pretoriano in Rom a e assunzione della denominazione di sezione distaccata del L.P.E. (f. n. 510-R/152, 20-X-1973, S.M.E. Ord.); costituzione del deposito munizioni di Rapolano (f. n. 2060-R/15263415,11XII-1969, S.M.E. Ord.); passaggio di dipendenza del reparto allievi armaioli, in quadrato nella fabbrica armi esercito di Temi, al comando dell'artiglieria dell'VUI C.M.T. della regione centrale (f. n. 124-R/152, 7- IV- 1973, f . n. 191- R/152, 19-V-1973, f. n. 430-R/152, 19-X-1973, S .M.E. Ord.). Nel 1972 ebbe luogo il riordinamento generale del servizio con il conseguente mutamento delle tabelle organiche risalenti agli anni 1951-1957. Le nuove tabelle organiche previdero: la dislocazione di tutti i m agazzini e depositi del senizio che vennero mantenuti in vita; l'adeguamento dei volumi organ ici e delle dotazioni dei mezzi di trasporto; l'aggiornamento delle carriere e delle qualifiche di mestiere del personale civile; l'inserimento nell'ambie nte dell'8" direzione di artiglieria del ruolo di codificazione periferico e del nucleo imbarco e sbarco materiali e nell'ambito della 10 8 direzione di a rtiglieria dell'ufficio materiali provenienza estera; la dis tinzione delle tabelle o rganiche tra le sezioni staccate con autonomia amministrativa e quella senza; l'attribuzione di tabelle organiche al reparto allievi artificieri ed ai reparti allievi armaioli di Firenze, Bologna e Roma (f. n. 210-R/152, 12-V-1972 e f . n. 220-R: 152, 12-V-1972 S.M.E. Ord.); scioglimento dei depositi munizioni cli Pozzarello (Grosseto) e di Cava di Castellana (La Spezia) (f. n. 142-R/l 52, 5-XI-1971, S.M.E. Ord.); soppressione del deposito munizioni di Spirito (f. n. 43/152, 18-11-1974, S.M.E. Ord.); soppressione del deposito munizioni di Castelli (f. n. 126/152, 27-III-1974, S.M.E. Ord.). Servizio della motorizzazione: costituzione di una sezione del centro studi esperienze della motorizzazione (C.S.E.M.) in Passo Corese (f . n . 2QOO-R/152, 20-XII-1960, S.M.E. Ord.); sostituzione presso la 4 8 O.R.A. di una sezione riparazioni materiali speciali e cioè dei materiali Honest fohn (f. n . 760-S/152, 24-V-1960, S.M.E. Ord.); nuova struttura organica del X e XI autogmppo (f. n . 1200-R/15263421 , 30-Vl-1964, S .M.E.
354
FILIPPO STEFANI
Ord.); scioglimento dei comandi centri autieri, 1°, 5°, 7°, 8°, 10° e n• con passaggio dei compiti amministrativi e di mobilitazione già attribuiti a detti centri ai depositi misti e passaggio alle dipendenze degli uffici servizi dei CC.MM.TI. degli autoreparti territoriali, e delle direzioni della motorizzazione dei CC.MM.TI. dei depositi carburanti di media capacità, mentre l'attività relativa ai contratti per l'approvvigionamento dei carburanti e dei lubrificanti, sul piano nazionale, venne assorbita dalla direzione della motorizzazione dell'VIII C.M.T. (f. n. 1/2339,5-X-1964 del Gabinetto del Ministro, f. n. 1820-R/1526355, II-X-1964 e f. n. 1799-R/1526355, 12-X-1964, S.M.E. Ordn.) secondo le nuove tabelle organiche delle direzioni della motorizzazione dei CC.MM.TI. di regione, delle officine riparazioni automobilistiche (O.R.A.), della direzione staccata di O.R.A., del III, IV e V autogruppo di corpo d'armata e dell'autogruppo della scuola della motorizzazione; costituzione di una sezione lavorazione mezzi corazzati presso la 3°, 6•, 1•, s•, 10• e 11 • O.R.A. (f. n. 50-R/15263423,20-II-1965, S .M.E. Ord.); nuova fisionomia organica degli organi di riparazione di 1°, 2° e 3° grado; assunzione di nuove denominazione officina riparazioni motorizzazione esercito (O.R.M.E.), struttura di base unificata comprendente cinque settori di attività (segreteria e personale, riparazioni, controllo e collaudo, rifornimenti, amministrazione) e classificazione in tre tipi - «A», «B», «C» - in relazione al carico di lavoro ed organici differenziati per i vari tipi (f. n. 10-R/15263423, 16-11-1967, S.M.E. Ord.); costituzione in Lenta (Vercelli) del Ì 0 parco veicoli corazzati; soppressione del centro controllo rifornimenti materiali della motorizzazione (CO.RI.MO.) e passaggio delle sue attribuzioni all'ispettorato logistico dell'esercito: cambio di denominazione del parco veicoli corazzati di Casertn in / parco veicoli corazzati; trasformazione del centro meccanografico in centro calcolo elettronico esercito con dipendenza dallo S.M.E. Ufficio Sta.Me.R.O.; soppressione del centro controllo rifornimenti materiali della motorizzazione (f. n. 520-R/152, 30-III-1968, f. n. 680-R/152, 26-IV-1968, f. n. 550-R/152, 28-III-1968, f. n . 1490-R/152, 26-VII-1968, S.M.E. Ord.); inserimento nel punto controllo del magazzino centrale ricambi mezzi cor<!ZZati (Ma.C.Ri.Co.) di un nucleo complementare di codificazione materiale A.L.E. (f. n. 310-R/152, 6-IV-1970, S.M.E. Ord.). Servizio trasporti: costituzione temporanea, a scopo sperimentale, dell'ufficio trasporti presso il Vll C.M.T. nell'intendimento di costituire, nell'ambito dello stato maggiore di ciascun C.M.T., un ufficio trasporti e di passare )e relative delegazioni alle dipendenze dei CC.MM.TI. di regione (f. n. 360-R/23-Ill-1961, S.M.E. Ord.); soppressione dei comandi militari di stazione» di Trieste, Piacenza, Bari e Palermo e loro sostituzione con posti di vigilanza ferroviaria; soppressione del comando militare di stazione di Livorno e sua sostituzione con un nucleo militare ferroviario distaccamento del comando militare di stazione di Firenze; soppressione delle biglietterie militari di Torino e di Milano (f. n. 1740-R/152, 19-Xl-1969); soppressione del posto di vigilanza ferroviaria di Trieste (f. n. 670-R/15263461, 13-IV-1965, S.M.E. Ord.); riorganizzazione del servizio trasporti militari (f. n. 1750-R/15263461, 27-X-1967, S.M.E. Ord.); costituzione di un ufficio movimenti e trasporti nell'ambito dello stato maggiore del I C.M.T.; assunzione della denominazione di ufficio movimenti e trasporti dell'ufficio trasporti costituito nel 1963 nell'ambito del comando logistico del V C.M.T.; cambio di denominazione degli uffici trasporti del VII e dell'VIII C.M.T. costituiti in via sperimentale rispettivamente nel 1961 e nel 1964 in ufficio movimenti e trasporti con cessazione della fase sperimentale; ritorno alle dipendenze dello S .M.E. ufficio trasporti della delegazione trasporti militari di Bologna; soppressione delle biglietterie militari di Roma Termini e di Napoli centrale (f. n. 1380-R/152, 31-Vlll-1968); nuovo ordinamento della organizzazione periferica del servizio trasporti-branca ferroviaria (f. n . 1390-R/152,31-Vill-l 968); costituzione ex novo dei comandi militari di stazione ridotti in sostituzione dei posti di vigilanza ferroviaria permanente (f. n. 2360-R/152, 12-XII-1968, S.M.E. Ord.); nuovo ordinamento degli autogruppi e degli autoreparti territoriali (f. n. 2260-R/521,18-Xll-1968, S.M.E. Ord.); contrazione del 1°· autoreparto misto in a utosezione autocarri pesanti inserita nel 7° autoreparto misto territoriale (f. n. 1070-R/1 'i2,
CAP. LX · ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
355
26-Xl-1971, S.M.E. Ord.); soppressione dei comandi militari di stazione ridotti di Vicenza, Padova, Piacenza, Catania e dell'ufficio imbarchi e sbarchi di Napoli e potenziamento del comando militare di stazione di Udine che assume l'organico rinforzato (f. n. 310-R/152, 9-V-1972, S.M.E. Ord.). Servizio materiali del genio e trasmissioni: cambio di dipendenza del distaccamento laboratorio pontieri di Legnago: dal deposito ·materiali genio di Peschiera al laboratorio pontieri di Piacenza (f. n. 2040-R/152, 23-XII-1963, S.M.E. Ord.); trasformazione della sezione speciale T.L.C. della 12" direzione lavori genio militare di Udine in sezione speciale lavori e materiali trasmissioni con laboratorio (f. n. 40-S/152, 25-11-1969, S.M.E. Ord.); riordinamento del servizio lavori, demanio e materiali del genio dal 1-1-1973: le direzioni lavori del genio assumono la denominazione di direzione lavori, demanio e materiali del genio e vengono articolate in tipo «A» (Torino, Padova, Udine, Roma) e tipo «B» (Milano, Bolzano, Bologna, Firenze, Cagliari, Napoli, Bari, Palermo); le sezioni staccate lavori genio militare di Genova, Trieste, Verona, Livorno, Pescara e Messina assumono la denominazione di uffici staccati permanenti lavori, demanio e materiali del genio; le sezioni staccate lavori genio militare di Treviso e Brescia vengono soppresse; gli uffici staccati permanenti lavori genio militare di Alessandria, Cuneo, Imperia, Trento, Belluno, l'Aquila, Perugia, Sassari, Catanzaro, Lecce vengono soppressi, mentre quello di Piacenza viene trasformato in ufficio staccalo permanente lavori, demanio e materiali del genio (f. n. 560-R/152, 30-Vlll-1972, S.M.E. Ord.); dismissione del deposito di mine di Pietratagliata (f. n. 450-2026214/4, 29-V-1975, S.M.E. Ord.). Altri provvedimenti riguardanti l'organizzazione territoriale logistica: passaggio dei magazzini materiali difesa A.B.C. di Scansano Belfiore e di Lago di Vico dalle dipendenze dell'VIII C.M.T. a quelle della direzione generale anni, munizioni e armamenti terrestri; costituzione del deposito centrale materiali difesa N.B..C di Romito Magra; trasformazione dei magazzini materiali difesa A.B.C. di Tarquinia e Orzieri in depositi centrali materiali difesa N.B.C.; utilizzazione dei depositi munizioni di Forte Pietole, ponte Ronca, Anagni e Macomer nonché del magazzino direzionale materiali artiglieria di Castelnuovo Veronese per le esigenze di conservazione e distribuzione di materiali per la difesa N.B.C. (f. n. 2020-R/15263415, 2 l-XII-1967, S.M.E. Ord.); costituzione, a titolo sperimentale, con dipendenza dall'O.R.Me.C. di Bologna, dell'ufficio di sorveglianza e controllo tecnico delle coproduzioni articolato nei nuclei IMSO presso le società OTO-Melara di La Spezia, Fiat di Torino, Lancia di Bolzano e Pirelli Marelli di Milano (f. n. 21896, 17-VII-1968 del M.D. ufficio del segretario generale e f. n. 1570-R/152, 31-VII-1968, S.M.E. Ord.); soppressione del R.E.L.L.A. di Padova (Regional Long Line Agency) costituito in via sperimentale nel 1961 e devoluzione dei suoi compiti alla sezione N.A. L.L.A. dello stato maggiore della difesa (f. n. 110-S/152, 30-V-1969, S.M.E. Ord.); passaggio di dipendenza del 1°, 2° ·e 3 ° reparto riparazioni A.L.E. rispettivamente al comandante del C.A.A.L.E., al comandnate del VI corpo di annata e al comandante del III corpo d'armata. Compiti dei R.R.A.L.E.: supporto logistico dei reparti di volo dell'A.L.E. dislocati rispettivamente nel territorio di giurisdizione dell'VIII C.M.T., del comando militare della Sardegna, del X e XI C.M.T. (1 ° RRALE), del V C.M.T. e del VII è.M.T. (2° RRALE), del I e del V C.M.T. (3° RRALE)(f. n. 1230-R/152,29-XII-1970, S.M.E. Ord.); soppressione del deposito munizioni tipo «D» di forte Gazzera; trasformazione del deposito mine ed esplosivi del genio di forte Cosenz in deposito munizioni tipo «D» (f. n. 123-R/152, 24-11-1971, S.M.E. Ord.); soppressione della sezione posto raccolta quadrupedi di Persano e devoluzione dei suoi compiti al posto raccolta quadrupedi di Grosseto (f. n. 950-R/152, 13-Xl-1971, S.M.E. Ord.). 127 F. n. 1640-R/1526112,31-XII-1966, S.M.E. Ord.. 128 F. n. 10-R/152, 11-1-1969, S.M.E. Ord..
356
FILIPPO STEFANI
RUOLI ORGANICI UFFt 1
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Generali Corpo d'Armata
21
Generali Divisione e Tenenti Generali
34
5
39
Generali Brigata e Maggiori Generali
86
13
99
21
38
225
21
130
60
52
Tenenti Colonnelli
216
788
73
455
210
870 2612
Maggiori
144
450
42
260
120
560 1576
Capitani
514 1265 117
731
338 1113 4078
566 1124 105
650
300 1120 3865
Colonnelli
526
Tenenti Sottotenenti TOTALE
141 1496 3852 358 2226 1028 3715 12816
357
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC. Appendice I al Cap. LX
IALT DELL'ESERCITO
ugno 1969 RUOLO DEI DIPLOMATI
RUOLO DEI CORPI LAUREATI SERVIZI TECNICI ~
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69
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266
5278
176
14
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60
238
207
4638
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198
783
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79
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31
27
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31
18
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21
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-
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947
70
98
358
FILIPPO STEFANI
SITUAZIONE UFFICIALI IN SERVIZHA ' COLONNELLI Servizio Permanente
ARMA O SERVIZIO
--..... ., 'N ·È: :;.
~
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C/lW
Farmacisti Commissari Sussistenza Amministrazione Veterinari
47 327 26 181 41 43 58 19 17 6 .6
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19
TOTALE
Congedo
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Carabinieri Panteria Cavalleria Artiglieria Genio Trasmissioni Ruolo Speciale Unico S. Te. Art. S. Te. Mot. S. Te. Gen. S. Te. Trasm. S. Te. Chimico Fisico S. Te. Geografico S. Automobilistico Medici
TENENTI
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52 2 1 1 1 -
165 234 732 1003 45 73 289 462 71 115 98 88 58 787 19 33 19 24 6 3 6 5 6 11 3 14 64 138 164 227 7 16 so 86 10 54 85 187 13 21
16 250 60 1063 9 82 18 480 2 Il7 5 103 l 788 33 24 3 5 l 12 14 5 143 - 227 16 I 87 4 58 Il 198 21 -
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133
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279 61 86 58 19 19 6 6 6 3 64 112 5
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3724
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CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
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28 4 37 25 96 5
-
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-
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-
5
46
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3814
-
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139 451 60 258 64 73 247 39 40 7 8 14 2 90
261 20 87 58 198 26
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Servizio Permanente
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-
81
92
139 478 62 267 73 77 247 39 40 7 8 14 2 99 52 8 37 29 96 5 1779
359
360
FILIPPO STEFANI
SITUAZIONE UFFICIALI IN SERVIZidA CAPITANI
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Servizio Permanente
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Carabinieri Fanteria Cavalleria Artiglieria Genio Trasmissioni Ruolo Speciale Unico S. Te. Art. S. Te. Mot. S. Te. Gen. S. Te. Trasm. S. Te. Chimit.:o Fisico S. Te. Geografico S. Automobilistico Medici Farmacisti Commissari Sussistenza Amministrazione Veterinari Maesti·i di sche rma
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511 1255 157 956 255 144 168 2
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1
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-
-
226 171
-
226 171 12 77 67 266 19
12 77
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1 512 619 1874 27 184 183 1139 26 281 3 147 - 168 2 -
-
-
1
-
-
-
36 98 3 1 5 22
38 134 7 1 5 24
264 305 19 78
-
-
-
118
943
5
72
290 19 5
1073 5360
S ITUAZIONE COMPLESSIVA: Colonnelli 1900; Tenenti Colonnelli 3814; Maggiori 1779; Capitani 5360Tc TOTAE UFFICIALI IN SERVIZIO 2 l.958.
361
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE , ECC.
~LLA DATA DEL 1° GIUGNO 1969) SOTIOTENENTI
TENENTI Servizio Permanente o o
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28 1 17 5 2 12 -
121 398 36 189 68 32
-
445 537 53 398 121 74 325 124 2 2 59 14 123 5 -
2282
2282
65
957 1022
445 537 53 398 121 74 325 -
-
124 2 2 59 14 123 5
42 32 2 2 5 29 1 -
enenti 3304; Sottotenenti 5801
121 426 37 206 73 32 -
44 44 2 2 5 29 1
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Servizio Permanente
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168 46 4 61 19 152 6 -
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96 180 10 93 21 17 492 -
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566 963 90 604 194 106 325
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93 21 17 492 43 -
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31 74
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3304 1057 1057
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95 7 229 2 18 - 106 17 - 12 - - - - - - - 14 3 11 - 3 - 12 - 14 - - -
120 1564 112 860 203 202
12 531
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oI-< 215 1800 132 966 220 214
-
-
57 20 6 16 30 6 122 656 76 21 32 74 24 -
57 20 6 16 30 6 136 670 76 24 44 88 24 -
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4744
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311 1980 142 1059 241 231 492 67 20 6 16 30 6 179 670 76 24 75 162 24
5801
362
FIUPPO STEFANl
DOTAZIONE ORGANICA DI LEGGE E DISPONIBILITÀ DI UFFICIALI GRADO: COLONNELLI ALTRE CATEGORIE RUOLO
Arma d i Fanteria
Fabbisogno
Disponib. (servizio effettivo)
A Ausiliaria disposiz. e riserva
286
322
378
12
Anna di Cavalleria
27
30
28
1
Arma di Artiglieria
165
187
126
9
Arma del Genio
76
85
71
7
Speciale unico delle Armi di f .• c., a., e g.
59
48
-
1
Servizio tecnico di ARTIGLIERIA
14
18
3
-
Servizio tecnico della MOTORIZZAZIONE
15
17
3
-
Servizio Tecnico CHIMICO - FISICO
8
6
Servizio Tecnico del GENIO
6
5
-
-
Servizio Tecnico delle TRASMISSIONI
8
5
-
Servizio Tecnico GEOGRAFICO
2
3
-
-
Servizio AUTOMOBILISTICO
28
28
23
-
Servizio SANITARIO (uff. medici)
71(a)
so
72
44
Servizio SANITARIO (uff. chim. - farm.)
1
3
2
1
Serv. di COMMISSARIATO (uff. comrn.)
18
21
23
-
Serv. di COMMISSARIATO (uff. suss.)
-
4
2
-
28
20
62
-
3
6
5
-
858 (b)
798 (c)
75 (c)
Servizio di AMMINISTRAZIONE Servizio VETERINARIO TOTALE
815
(a) Compresi n. 41 colonnelli medici in servizio presso il Ministero del Tesoro, con assegni a carico di quest'ultimo. (b) L'eTfettiva disponibilità di Colonnelli, si riduce di un centinaio di unità che permangono neUo stesso incarico ricoperto nel grado inferiore, in attesa di essere impiegati in comando. (e) Di massima sono impiegati per soddisfare esigen7.P. cli fatto non sanzionate organicamente.
363
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
GRADO: TENENTI COLONNELLI E MAGGIORI DISPONIBIUTA RUOLO
Fabbisogno
SERV. PERMANENTE
ALTRE CATEGORIE Totale
S.E.
A dispos.
Aus.-Ris.R.O
Cpl.
1836
1504
4
11
27
1546
171
135
-
1
-
136
1061
740
5
6
11
762
491
351
1
7
11
370
1538
1091
2
11
-
1104
66
72
-
1
-
73
MOTORIZZAZIONE
67
66
-
-
-
66
Servizio Tecnico CHIMICO - FISICO
29
21
-
-
-
21
Servizio Tecnico del GENIO
27
9
-
-
-
9
Armadi CAVALLERIA Arma di FANTERIA Arma di ARTIGLIERIA Arma del GENIO Speciale unico delle Armi di f., c., a. e g. Servizio Tecnico di ARTIGLIERIA Servizio Tecnico della
Servizio Tecnico delle TRASMISSIONI
28
9
-
-
-
9
Servizio Tecnico GEOGRAFICO
14
16
-
-
-
16
Servizio AUTOMOBILISTICO
240
235
2
-
17
254
Servizio SANITARIO (uff. medici)
404
279
-
15
so
344
Servizio SANITARIO (uff. chim. - farm.)
26
22
-
l
5
28
· Serv. di COMMISSARIATO (uff_ comm.)
180
134
-
-
Serv. di COMMISSARIATO (uff. suss.)
21
83
1
-
281
304
-
2
42
37
-
6522
5108
Servizio di AMMINISTRAZIONE
Servizio VETERINARIO TOTALE
15
-
134 3'
87 306
1
-
56
124
5303
38
364
FIUPPO STEFANJ
GRADO: CAPITANI DISPONIBlLITA RUOW
Fabbisogno
ALTRE CATEGORIE S.P.E .
TOTALE Aus.-Ris.R.O Rich.o tratt.
Arma di FANTERIA
1569
1343
Arma di CAVALLERIA
146
156
-
Arma di ARTIGLIERIA
906
968
Anna del GENIO
419
4
525
1872
23
179
2
144
1114
399
1
33
433
1379
222
-
-
222
Servizio Tecnico di ARTIGLIERIA
12
6
-
-
6
Servizio Tecnico della MOTORJZZAZIONE
17
4
-
-
4
Servizio Tecnico CHIMICO · FISICO
2
6
-
6
Servizio Tecnico del GENIO
5
2
-
-
2
Servizio Tecnico delle TRASMISSIONI
1
6
-
-
6
Servizio Tecnico GEOGRAFICO
4
1
-
1
Servizio AUTOMOBILISTICO
260
214
-
31
245
Servizio SANITARIO (uff. medic i)
415
189
1
117
307
Servizio SANITARIO (uff. chim. - farm.)
23
12
-
6
18
Serv. di COMMISSARIATO (uff. comrn.)
34
70
-
1
71
Serv. di COMMISSARIATO (uff. suss.)
95
69
-
5
74
398
266
-
22
288
34
20
-
-
5719
3953
Speciale unico delle Armi di f ., c., a. e g.
Servizio di AMMINISTRAZIONE Servizio VETERINARIO TOTALE
8
907
20 4868
365
CAP. LX · ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPl!RATIVA CENTRALE, ECC.
GRADO: TENENTI E SOTTOTENENTI DlSPONIBlLITA (a) RUOLO
Fabbisogno
ALTRE CATEGORIE S .P.E.
TOTALE IRich.o tratt. cpl.l • nom.
3517
799
896
1520
3215
Arma di CAVALLERIA
327
81
70
110
261
Arma di ARTIGLIERIA
2031
534
404
855
1793
940
263
180
400
843
1837
493
-
-
493
Arma di FANTERIA
Arma del GENIO Speciale unico delle Armi di f., c., a. e g. Servizio Tecnico di ARTIGLIERIA
(b)
50
-
-
so
50
Servizio Tecnico della MOTORIZZAZIONE
(b)
20
-
-
20
20
Servizio Tecnico CHIMICO - FISICO
(b)
30
-
30
30
Servizio Tecnico del GENIO
(b)
6
-
-
6
6
Servizio Tecnico delle TRASMTSSTONI
(b)
8
-
-
8
8
Servizio Tecnico GEOGRAFICO
(b)
6
-
-
6
6
Servizio AUTOMOBILISTICO
482
184
77
115
376
Servizio SANITARIO (uff. medici)
686
7
116
650
773
Servizio SANITARIO (uff. chim. - farm.)
44
4
4
80
88
Serv. di COMMISSARIATO (uff. comm.)
26
63
5
20
88
Setv. di COMMISSARIATO (uff. suss.)
102
28
20
30
78
Servizio di AMMINISTRAZIONE
187
200
38
70
308
43
5
2
30
37
10342
2661
1812
4000
8473
Servizio VETERINARIO TOTALE
(a) Per gli ufficiali di complemento di 1• nomina è stata considerata la disponibilità media. (b) Fabbisogno non organico, conseguente ad una esigenza di fatto.
366
FILlPPO STEFANI
DOTAZIONE ORGANICA DI LEGGE Ell l ESERCITO
ANNO
LEGGE
DOTAZIONE
~uolo speciale Mansioni d 'uffi. CIO
1960
.. . .. . ..................
Marescialli Maggiori e Aiutanti di Battaglia . . .............. Marescialli Capi ............ 14 ottobre 1960, Mar. Ord. . ......... . ....... n. 1101 (c) Sergenti Maggiori (a) ........ Sergenti (b) ................
DISP0N1B.
LEGGE
1.500 2.500 3.300 D.L. 31 a83sto 1945, D. J e 3.900 Vedas i Ali. «A» successive mo7.200 difiche 4.000
TOTALE .. . ......... .. . 22.400
1963
3 novembre 1963, N. 1543
CAP. LX· ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
367
IS PONIBILITA DI SOTTUFFICIALI CARABINIERI
NOTE DISPONIB.
DOTAZIONE
(a) Da raggiungere progressivamente: 2.306 3.757
2.488 (d) 4.280 (d)
T1 uppa
4.573 3.164 49.438
5.172 (d) 5.856 (d) 59.392 (d)
TOT.
63.238
77.188
Mnt. Magg. . . . . . . . . . . M.ir. Ca . . . . . . . . . . . . . Mun. d'alloggio
1961 .................. 5.800
-
1962 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6.600 1963 .............. . ... 7.200
(b) Entità previste dalla legge di bilancio
l\1 ig. , , ... ...... , .. . V Brig.
-
(c) I soprannumeri nei vari gradi vengono riassorbiti con gradualità · (d) compreso il personale richiamato o tratte· nuto per motivi vari. (e) Sono compresi n. 300 Marescialli Maggiori nominati alle «cariche speciali»
Ruo lo Speciale Mansioni d'ullicio . . . . .. . . . . . . 600 Ma rt·scialli di a llogggio Mnggio ri (e) . . . . . . . . . 2.706 M~1rc~cia lli di a lloggio n ,pl . . . . . . . . . . . . . . . . 2.000 M11re~cia lli di alloggio Ordinari . . . . . . . . . . . . 2.357 l:frigadicri e Vice Brigatlie rl . . . . . . . . . . . . . . . 9.237 Appuntati . . . . . . . . . . . 7.836 Carabinieri scelti e Carabinie ri . . . . . . . . . . . . . . 45.951 Allievi Carabinieri . . . 3.151 TOTALE
. . . . . . . . 73.238
341 2.949 (f) 3.095 (f) 1.414 9.606 (f) 57.887 (f) 75.292
(f) Sono comprensivi dell'entità dei Sottufficiali e graduati trattenuti o richiamati per esigenze varie.
368
FILIPPO STEFANI
(segue) DOTAZIONE ORGANICA DI LE( <; ESERCITO
ANNO LEGGE
l)()TAZIONE
DISPONIB.
LEGGE
Ruolo speciale Mansioni d'ufficio ... ............. .. ..... 1.500 Marescialli Maggiori e Aiutanti di Battaglia ............... 3.500 1964
Marescialli Capi .. ......... 4.000 10 giugno t 964, Vedasi Ali. «B• n . 447 (h) Marescialli Ordinari ........ 4.500 Sergenti Maggiori (g) . . ..... 8.500 Sergenti
.... .. ............ 4.000
TOTALE ......... ...... 26.000
1967
9 luglio 1967, n . 564 (i)
369
CAP. LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE ECC.
;E E DISPONIBILITÀ DI SOTTUFFICIALI CARABINIERI
NOTE
DOTAZIONE
DISPONIB.
~ -
~a,:~,r~~~e;~ :~~~~~~~i~~~~~~~: .......... .
" " "
" " "
7.500 1965 ............... ............ . 7.800 1966 .......... . ................ . 8.100 1967 ........................... . 8.500
(h) I soprannumeri nei vari gruppi vengono riassorbiti
con gradualità (i) Gli organici debbono essere raggiunti in un periodo di 7 anni secondo le segueni progressioni: Organici Organici Organici Orpnici Or&anici Organici Or-p.nici
Ruolo Speciale Mansioni d'ufficio
GRA DI
600
592
Marescialli di alloggio Maggiori .... 3.200
2.857
Marescialli di alloggio Capo ........ 3.450
3.142
Marescialli di alloggio Ordinario . . . 3.450
1.113
Brigadieri e Vice Brigadieri ...... 9.300
8.786
Appuntati ....... 9.450 Carabinieri scelti e Carabinieri .....41.237
Mar. d'alloggio Maggiori ........ Mar. d'alloggio capi ............... Mar. d'alloggio ordinari .........
al
al
al
al
al
.,
al
1°-1-67
1°-1 -68
1°-1-69
l "-1·70
1°-1-71
1°- 1-72
1°-1-73
2.706
2.747
2.806
2.884
3.0IO
3.1 18
3.200
2.000
2.122
2.296
2.523
2.894
3.211
3.450
2.357
2.449
2.58 1
2.752
3.03 1
3.270
3.450
9.245
Brigadieri e Vice Brigad .... Appuntati ...... Carabinieri scelti e carabinieri
9.237 8.516
8.594
9.253 8.704
9.262 8.843
9.278 9.075
9.291 9.278
9.300 9.450
45.271
44.930
44.447
43.823
42.799
41.919
41.237
Allievi e.arabinicri .......~ ......
3.151
3.151
3.151
3.151
3.151
3.151
3.15 1
73.238
73.238
73.238
73.238
73.238
73.238
73.238
TOTALE ....
62477 (I)
Allievi Carabinieri 3.151 TOTALE ....73.238
78.967
(l) Compresi i Carabinieri ausiliari
370
FILIPPO STEFANI
(segue) DOTAZIONE ORGANICA DI LEGG•~ -
ESERCITO
ANNO LEGGE
DOTAZIONE
DISPONIB.
LEGGE
I I I
I I I
1970
10 giugno 1964, n . 447
Vedasi anno 1964
Vedasi All. cC»
11 febbraio 1970 n . 56 (n)
I I
I I
. I I
.
Ruolo Speciale Mansioni d'ufficio
.. . ............ . ....... - ... 1.900
Marescialli Maggiori e Aiutanti di Battaglia ..... . ........ . .... 4.550 1975
29 gennaio 1975,n. 14
Marescialli Capi ....... .... . 5.500 Marescialli Ordinari . .... .... 5.500 Sergenti Maggiori .. . .... .... 9.450 Sergenti .. . ................ 7.000 TOTALE ............... 33.900
Vedasi Ali. «C»
371
CAP. LX . ORGANIZZAZIONE TECNICIO-OPERATIVA CENTRALE, ECC.
IJ1SPONIBILITA DI SOTTUFFICIALI CARABINIERI
NOTE DISPONIB.
DOTAZIONE
(m) Compresi n. 300 Marscialli Maggiori nominati alle «Cariche speciali»
Kuo lo speciale Mansioni d'ufficio
(n) Gli organici devono essere raggiunti in 4 anni secondo le seguenti progressioni: 600
Ma rescialli di alloggio Maggiori . . . . 3200 Marescialli di allog1tio Capi . . . . . . . . 3450 Ma rescialli di alloggio Ordinari . . . . . 3450 Hrigadieri e Vice Brigadieri . . . . . . . 9300 Appuntati, carabinieri scelti, carabinie ri ed allievi . . 59.000 TOTALE
.. ..79.000
561 2.851 (m) 3.129(p) 1.805
8.598
62636 (o) 79.580
CRADT
Sottufficiali del ruolo speciale per mansioni di ufficio ...... .. .... Marescialli d'alloggio maggiuci e il::liuh1.uli Ji battaglia ..... . .. .... Marescialli d'alloggio capi . ... . . . . . . . . . . . . Marescialli d 'allaoggio ordinari ... .......... Brigadieri e Vice Brigadieri . ..... .. .. . ..... Appuntati, carabinieri scelti, carabinieri e al· lievi carabinieri .. ... . TOTALE ... .. ..
.....
Organici
Organici
Organici
Orpnici
1° gennaio
1 o gt:on.aio
1° eennaio
1° ge nnaio
1970
1971
1972
1973
600
600
600
600
2.884
3.010
3.118
3.200
2.523
2.894
3.211
3.450
2.752
3.031
3.270
3.450
9.262
9.278
9.291
9.300
60.979
60.187
59.510
59.000
79.000
79.000
79.000
79.000
(o) Compresi i Carabinieri ausiliari (p) Compresi i SU. richiamati o trattenuti per motivi vari
- - - - - - - - - - - + - - - ----!
(q) Compresi i SU. richiamati o trattenuti per motivi vari
Ruolo Speciale (r) Compresi i Carabinieri ausilian· Mansioni d'uf. ficio ...... 600 Marescialli Maggiori ...... 3.751 (q)
Vedere legge I 1 febbraio 1970, n. 56
Marescialli Capi ..... 3.437
Mmscialli Ordi· nari ... 3.461 (q)
Brig. Vice Brig. e • • ••••••
9.119
Truppa 60.49 (r)
TOT......... 79.000 TOT 80.417
ANNO 1960 GRADO
Servizio Permanente
Ruolo Speciale
In rafferma
Ferma volon.
Riserva
Territor i inaccess.
Aiutante di Battaglia
98
11
1
Maresciallo Maggiore
7.679
1.316
93
6
Maresciallo Capo
3.616
2
48
41
7
13
2
93
Maresciallo Ordinario Sergente Maggiore Sergenti TOTALE
134 2.782
1479
25
3.096
{.893
4.575
1.813
14.334
1.329
151
Altre posizioni
Compi. Serv. Leva
TOTALE
2
11 2
1
9.095 3.707
1
155 4.356
6
16
2.189
7.225
159
20
2.189
24.650
ANNO 1964 GRADO
Servizio Pennanente
Ruolo Speciale
Aiutante di Battaglia
77
17
Maresciallo M~ggiore
8.860
1.563
Maresciallo Capo
In raffenna
Ferma volon.
852
Riserva
Territori inaccess.
TOTALE
1
95
4
10.252
24
4
94
950 2.406
2.398
8
Sergente Maggiore
5.269
20 1.820
Compi. Serv. Leva+AUC in tirocinio pratico
1
Maresciallo Ordinario
Sergenti
Altre posizioni
934
1 93
5 .290 40
4.901
2.014
TOTALE
17.256
1.580
1.820
934
5
146
99
2.054
23.894
ANNO 1970 GRADO
Servizio Permanente
Ruolo Speciale
In rafferma
Ferma volon.
Rtsena
Territori inaccess.
Compi. Serv. Altre Leva+AUC in posizioni tirocinio pratico
TOTALE
Aiutante di Battaglia
27
21
3
1
Maresciallo Maggiore
5.066
2.077
65
95
Maresciallo Capo
2.993
2
2
9
3.006
Maresciallo Ordinario
2.500
4
2.504
Sergente Maggiore
6.298
1
Sergenti
TOTALE
16.884
2.100
52 5
7.308
1
1.178
3.238
1.179
3.238
70
109
6.300
436
3.812
10.649
442
5.798
29.814
ANNO 1975 GRADO
Servizio Permanente
Ruolo Speciale
In rafferma
Ferma volon.
Riserva
Aiutante di Battaglia
9
11
6
Maresciallo Maggiore
3.425
1.885
916
Maresciallo Capo
3.877
Maresciallo Ordinario
2.591
Sergente Maggiore
8.091
2
17.993
Altre posizioni
Compi. Serv. Leva
64 12
35
6.325 I
2
3.896 2.592 8.094
3
1.898
TOTALE
26
1
Sergenti TOTALE
3
Territori inaccess.
997
2.832
1.000
2.832
926
76
664
2951
7.444
701
2951
28.377
CAPITOLO
LXI
LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975. 1. Quadro d'insieme. 2. Le grandi unità di fanteria 3. Le grandi unità corazzate e meccanizzate. 4. Le brigate alpine. 5. La brigata paracadutisti. 6. La brigata missili e la brigata di artiglieria. 7. L'artiglieria contraerei. B. Le unità di arresto. 9. Il reggimento lagunari. 10. L'artiglieria, il genio, le trasmissioni e l'aviazione leggera. 11. La linea di comando. 12. Considerazioni riassuntive. 1.
Negli ultimi anni cinquanta e nei primi anni sessanta il provve<limento ordinativo di maggiore rilievo, nei riguardi della componente operativa, fu la riduzione a brigata di sei divisioni, di cui una corazzata 1_ Il pesante ridimensionamento avrebbe dovuto consentire di convogliare maggiori energie che non in passato al riordinamento e potenziamento delle restanti grandi unità per ammodernarne l'armamento e i mezzi. Sia il generale Lucini, successore nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito del generale Liuzzi, sia il generale Antonio Gualano 2, che tenne la carica per 15 mesi, nonostante il breve periodo, impostarono ed avviarono gli studi per il riassetto ordinativo di tutta la componente operativa, vale a dire dell'aliquota destinata alla difesa dello scacchiere nord-orientale e di quella per la difesa interna del territorio. Il generale Lucini ritenne di dover assegnare priorità uno all'ammodernamento delle armi della fanteria, risalenti quasi tutte agli anni della seconda guerra mondiale, ed alla meccanizzazione più spinta possibile dell'arma e su tale direzione continuò a muoversi il suo successore. I primi anni sessanta furono, dunque, un periodo di studio più che di realizzazione, anche se queste non mancarono e vennero dirette in particolare, nel quadro della strategia N.A.T.O. della rappresaglia massiccia, a dare corpo alla Illa brigata missili 3, ad integrare con personale italiano 4 la S.E.T.A.F. (Southern Europe Task Force) - la forza nucleare tattica americana alle dirette dipendenze del generale italiano comandante delle F.T.A.S.E., in Italia dal 1955 - ed alla trasformazione da sperimentale in meno provvisoria dell'organizzazione A.B.C. 4 bis. Entrambi i capi di stato maggiore impressero altresì un forte impulso alla fortificazione per-
378
FILIPPO STEFANJ
manente sul piano degli studi e della costruzione di opere, per cui il presidio vennero costituite altre unità s, in modo di affrettare itempi di una prima chiusura della porta di casa. Il generale Gualano procedé altresì ad un primo riordinamento dell'artiglieria contraerei, compresa la D.A.T., e di quella pesante campale, mediante la trasformazione del 3° reggimento contraerei pesante in reggimento di artiglieria pesante, armato con ·pezzi da 155/23 s. A tale periodo di studi e di programmazione, che comprese, grosso modo, i primi tre anni del decennio, fece seguito il periodo di realizzazioni che durò dal 1963 al ·t969, durante il qual~ si successero nella carica di s tato Ill:aggiore dell'esercito i generali Giuseppe Aloia 7, Giovanni De Lorenzo 8, Guido Vedovato 9, Enzo Marchesi 10. Fu questo un periodo di grande fervore, speciahnente all'inizio, durante il quale l'esercito intero, dopo la fase dolorosa del ridimensionamento, e, pur dovendosi ricorrere ad un ulteriore riduzione delle forze media nte lo scioglimento della brigata Ave llinn 11 e di altre unità minori 12 ed alla contrazione o trasformazione in unità quadro di reparti vari 13, lo stato maggiore dell'esercito riuscì a migliorare quasi tutti i settori, ed in particolare il grado di operatività dell'esercito di campagna, anche se qualche esigenza non venne affatto soddisfatta ed altre lo furono solo in parte. Il fattore di maggiore importanza, che consentì allo stato mag.giore dell'esercito di lavorare attivamente e con successo per il perseguimento di una migliore efficienza della componente operativa, fu l'aver conservato, nelle sue grandi linee, l'intelaiatura ordinativa generale e quella tattica in particolare delineate a suo tempo dal generale Liuzzi. L'intelaiatura tattica rimase, infatti, pressoché integra: divisioni di fanteria di pianura, divisioni di fanteria di montagna, divisioni corazzate, brigate alpine. La rivoluzione che aveva fatto seguito . alla comparsa delle armi nucleari tattiche, interpretata con grande immaginativa creatrice e con grande senso del reale dal generale Liuzzi, continuò ad essere il punto di riferimento cardine dell'attività ordinativa, oltre che di quella dottrinale, e non solo non vi fu nessuna soluzione di continuità tra il lavoro del generale Liuzzi e quello dei suoi successori, ma il generale Aloia, che mantenne la carica per circa quattro anni prima di assumere quella di capo di Stato maggiore della difesa, fu anzi, nei riguardi dell'ordinamento, il più attento e fedele continuatore del modello schematizzato dal suo predecessore. Del resto egli nutriva profonda stima e quasi venerazione per il suo predecessore, anche se tra i due non esisteva una stretta amicizia. Il pro-
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
379
gramma di rivitalizzazione spirituale e materiale dell'esercito attuato dal generale Aloia fu del tutto aderente alle indicazioni date a suo tempo dal generale Liuzzi che le ripetè, proprio nel 1963, nel suo già più volte ricordato volumetto L'Italia difesa? La essenziale capacità ideativa e realizzatrice ad un tempo del generale Liuzzi trovò nel generale Aloia un intelligente ed abile regista, nonostante le molteplici e notevoli diversità esistenti tra i due quanto a temperamento, carattere, estrazione sociale e culturale, modo di esercitare il comando e comportamento nei riguardi delle autorità politiche: il primo fermo, rigido, schivo di sè; il secondo flessibile, diplomatico, non alieno da un qualche egocentrismo. Entrambi capaci di fervorosa attività costruttiva, favorita da personale ascendente sui propri collaboratori e sull'intero esercito. Maggiore il merito del generale Liuzzi per la creatività ed originalità della sua linea di pensiero, non meno singolari le doti di assimilazione e di fervore organizzativo del generale Aloia. Da quella linea di pensiero non si scostarono granché neppure i successori del generale Aloia. Moltissimi, forse troppi, i riassetti, i rior~inamenti e la emanazione di nuove tabelle organiche operati dal 1962 al 1969, ma tutti nello spirito del modello ordinativo della seconda metà degli anni cinquanta. La divèrsa personalità dei capi di stato maggiore degli anni 1962-1969 ebbe naturalmente incidenze differenti sull'esercito, ma, sul piano ordinativo, anche se vi fu qualche ripensamento, quale quello del ritorno della divisione corazzata all'articolazione originaria operato dal generale Marchesi nel 1968 14, le idee cardine non subirono modificazioni di sorta e le varie aggiunte e varianti organiche furono effetto della introduzione in servizio di nuove armi e mezzi e della naturale dinamica di sviluppo dei procedimenti tattici. Esse, infatti, riguardarono molto più da vicino e furono assai più numerose nell'ambito delle singole armi e delle loro unità minori che non in quello delle grandi unità. Nella prima metà degli anni settanta la situazione mutò e la tendenza al mantenimento stabile dell'ordinamento ereditato dal periodo precedente, potenziandolo ed ammodernandolo il più possibile, fino allora prevalsa, subì una svolta, non però sul piano concettuale, ma determinata dal crescente divario tra il mantenere in piedi funzionalmente l'edificio, ancora incompleto, che peraltro era stato costruito in venticinque anni di enormi sforzi e sacrifici, e la disponibilità delle risorse che erano venute facendosi sempre meno adeguate, anche in relazione al drammatico aumento dei costi di esercizio e soprattutto di acquisizione delle nuove tecnologie necessarie a conferire mo-
380
FILIPPO STEFANI
demità e rispondenza alla struttura operativa. I primi sintomi della crisi si manifestarono giustappunto agli inizi degli anni settanta e ad affrontarli, nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito, furono prima il generale Francesco Mereu 15 e successivamente il generale Andrea Viglione 16. La crisi raggiunse il suo acme nel 1974 quando non erano stati ancora portati a compimento gli studi per i programmi di ristrutturazione, studi avviati nel 1973 su base interforze, ed il generale Viglione decise la contrazione a quadro, dal 10 dicembre 1974, di 20 unità del livello di battaglione I 7. Ma lo stillicidio dello scioglimento di comandi e di unità o della loro riduzione a quadro era già iniziato fin dagli anni precedenti, come vedremo più avanti, e via via l'esercito raggiunse limiti sempre più bassi di capacità operativa. Vennero accelerati gli studi in corso per I.a ristrutturazione ed a questa dette corpo il generale Andrea Cucino 18 succeduto nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito al generale Viglione il 1° febbraio 1975. Gli anni 1960-1975 possono, pertanto, essere suddivisi in tre periodi ordinativi: 1960-1961 un periodo di messa a fuoco dei problemi ordinativi e di ridimensionamento della componente operativa; 1962-1969, anni di ammodernamenlu e di potenziamento delle forze di previsto impiego nello scacchiere nord-orientale e di quelle per la difesa interna del territorio; 1970-1975, nuovo periodo di ridimensionamento, prima lento e successivamente drastico ed improvviso, fino a giungere alla riduzione di un terzo della componente operativa. Ovviamente il periodo di maggiore interesse sul piano concettuale nei riguardi dell'ordinamento fu il secondo, quello cioè c he coincise con il riarmo dell'esercito, un avvenimento che non fu in quel periodo solo dell'Italia, ma comune a gran parte degli eserciti dell'alleanza atlantica, del patto di Varsavia ed anche a quelli estranei ai due blocchi. La strategia della N.A.T.O. in vigore fino al 1968 era quella della rappresaglia massiccia - di cui peraltro fin dalla prima metà degli anni sessanta si era cominciato a mettere in dubbio la validità in regime di parità nucleare - e della strategia avanzata. Il ripudio della Francia e di altri paesi della N.A.T.O. di un accordo per la costituzione di una forza nucleare multilaterale e la successiva uscita della Francia, nel 1966, dall'organizzazione militare integrata del patto atlantico accrebbero la necessità di un'elevata efficienza della componente operativa convenzionale. Il riarmo convenzionale non fu, dunque, una iniziativa unilaterale italiana - più che giustificata anche se lo fosse stata in rapporto alla specifica situazione dell'armamento e dell'equi-
CAP. LXI · lA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
381
paggiamento dell'esercito italiano - e tanto meno l'espressione di una volontà bellica dei generali Rossi 19 ed Aloia e dei loro successori, ma una risposta dovuta alla situazione generale. Qualora non si fosse provveduto ad una ·r ivitalizzazione delle forze convenzionali, l'esercito avrebbe perso in quegli anni ogni potenzialità difensiva ed anzi quanto fu fatto non fu sufficiente a garantire un grado di efficienza bastevole alJ'adempimento dei compiti, ma appena accettabile ai fini del mantenimento in vita dell'esercito. La valutazione della consistenza delle forze e del tipo di quelle necessarie fu mantenuta nei termini ristretti del ridimensionamento degli anni 1960-1961, più al di sotto che al di sopra del minimo strategico, senza la cui disponibilità ogni possibilità di difesa viene a mancare. Nell'ordinamento degli anni sessanta non vi fu nessun sogno di grandezza e neppure di ricerca di tranquilità professionale, ma esclusivamente la volontà di tendere, pur nella ristrettezza degli stanziamenti finanziari, a salvaguardare nel miglior e dei modi possibili la sicurezza e la difesa della Patria. Tutti gli eseciti si e rano fatti più piccoli rispetto a quelli del recente passato; quello italiano lo era già ed i vertici militari non intesero ingrandirlo, ma solo renderlo efficiente nelle modeste dimensioni raggiunte, conferendogli maggiore potenza di fuoco e maggiore mobilità. Il programma di rivitalizzazione scartò ogni possibilità, anche futura, di ampliamento della struttura e fu centrato dal generale Aloia, su concorde parere del generale Rossi, del comandante delle F.T.A.S.E. e dei comandanti di armata, di corpo d 'armata e di regione, sul perseguimento di quattro obiettivi fondamentali: l'esaltazione dello s pirito di ardimento e della preparazione fisica e psicologica; il rinnovo dell'armamento a cominciare da quello della fanteria; il riassetto organico delle varie armi e delle loro unità per adeguarne ed armonizzarne la costituzione e l'articolazione ai nuovi mezzi; la maggiore meccanizzazione possibile di tutte le unità, a cominciare da quelle delle divisioni corazzate per le quali la mobilità tattica era necessario fosse integrale. A monte, un'organizzazione scolastico-addestrativa in grado di conferire un elevato grado di professionalità ai quadri ed ai gregari. AJ livello di grandi unità rimasero in vita quelle esistenti dopo il ridimensionamento 1960-1961 - 3 divisioni di fanteria di pianura, 2 di montagna, 2 corazzate, 5 brigate alpine, 5 di fanteria, 1 di cavalleria, 1 missili - alle quali venne ad aggiungersi la brigata paracadutisti, embrionalmente già preesistente fin dalla fine degli anni cinquanta. Il programma di riarmo o, meglio, di ammodernamento delle ar-
382
FILIPPO STEFANI
mi, iniziato nel 1962, venne portato a pieno compimento nella seconda metà degli anni sessanta. Vennero assegnati e distribuiti i fucili automatici leggeri (F.A.L.) in più versioni 20, le mitragliatrici leggere bivalenti MG 42/59 21, i mortai da 81 e da 120 alleggeriti 22, i missili filoguidati controcarri di media (Mosquito e Cobra) e di grande (SS.11) gittata 23; vennero ridistribuiti i 500 veicoli da trasporto truppa AMX-12 24 ed acquistati inizialmente 1500 M 113 25 di vario ruolo, assicurando in brevissimo tempo la meccanizzazione globale delle divisioni corazzate e quella parziale delle unità di fanteria e di cavalleria; venne unificata.la linea carri mediante la sostituzione di quasi tutti gli M 26 e gli Sherman con M 47 26 e venne altresì acquistata una prima aliquota di carri M 60 27 che nel tempo avrebbero dovuto sostituire tutti gli M 47 che cominciavano già a dimostrare tutta l'età che avevano, essendo stati costruiti nel 1950; i missili Honest John vennero sostituiti da quelli di tipo migliorato e da ultimo dai Lance 28; venne dato inizio all'introduzione in servizio dei missili contraerei Howk 29 . che armarono due reggimenti di artiglieria contraerei pesanti in sostituzione dei cannoni da 90/53; venne introdotto in servizio il cannone da 175/60 su semovente M 107 30 con il quale venne armato un reggimento. Un'aliquota delle risorse disponibili venne utilizzata per il rinnovo dei mezzi ruotati, delle apparecchiature e delle attrezzature tecniche della fanteria, della cavalleria, dell'artiglieria terrestre e contraerei e del genio che ebbe in dotazione il materiale da ponte Krupp Mann della classe sessanta 31. Notevolissimo fu l'impulso dato all'ammodernamento e potenziamento dei mezzi di trasmissione in dotazione alle varie armi ed in particolare alle unità trasmissioni divi sionali, di brigata e dei comandi operativi elevati, nonché dei comandi territoriali. Dalla fanciullezza l'aviazione leggera dell'esercito (A.LE.) entrò rapidamente nella maturità, particolarmente per quanto riguardava gli apparecchi ad ala ruotante - da ricognizione e di uso generale - che, per successivi riordinamenti, trovarono via via la loro articolazione e sede organica adeguate 32. Nella prima metà degli anni settanta vennero introdotti in servizio pezzi di artiglieria semovente M 109 G 33, i VCCI e i VCC2 34, ebbero inizio la sostituzione dei carri M 47 con i carri armati Leopard 35 e l'introduzione in ser_vizio dei missili e.e. TOW 36, In un capitolo successivo daremo in nota l'elenco di tutti i principali mezzi e materiali di cui venne dotato l'esrecito dal 1960 al 1975 al fine di offrire la visione integrale dello sforzo compiuto in quei quindici anni per migliorare l'efficienza complessiva e per cercare di non restare troppo indietro rispetto agli altri eser-
CAP. LXI - !A COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
383
citi della N.A.T.0. In tale contesto si svolse altresì tutta quell'intensa attività di riordino e di riassetto ordinativo ed organico che coinvolse tutto l'esercito e più marcatamente la componente operativa - specialmente dal 1962 al 1966 - non solo mediante i continui adeguamenti e rinnovi delle tabelle organiche, ma la costituzione di nuove unità o la trasformazione di quelle esistenti. Un aspetto importante di tale rinnovamento - sul quale in particolare pose attenzione il generale Aloia - fu quello di evitare che si costituissero, quanto ad armamento ed equipaggiamento, grandi unità di serie «A» e grandi unità di serie «B», per cui anche le forze per la difesa interna del territorio vennero armate ed equipaggiate con gli identici materiali delle grandi unità di previsto impiego nello scacchiere nord-ordientale.
2.
Le divisioni di fanteria di pianura e di montagna mantennero sostanzialmente la fisionomia tattico-ordinativa assunta negli anni cinquanta con le seguenti principali varianti: la sostituzione del battaglione esplorante divisionale (B.E.D.), costituito con personale di fanteria, con il gruppo esplorante divisionale (G.E.D.) 37, costituito con personale di cavalleria; l'assegnazione anche alla divisione di monta· gna del G.E.D.; la riunione delle unità dei servizi in raggruppamenti; l'assegnazione di un reparto aviazione leggera in luogo di una sezione (S.A.L.). La divisione di pianura conservò sostanzialmente la sua arti· colazione in: comando di divisione e quartier generale, 2 reggimenti di fanteria (ciascuno su 3 battaglionì di fanteria e I battaglione meccanizzato); 1 reggimento corazzato (su 1 battaglione bersaglieri e 1 bat· taglione carri); 1 reggimento di artiglieria (su 2 gruppi da campagna a traino meccanico, 1 gruppo da campagna semovente, 1 gruppo pesante campale a traino meccanico, 1 gruppo contraerei leggero); il G.E.D. (in luogo del B.E.D.); 1 battaglione genio pionieri; 1 battaglione trasmissioni; 1 compagnia carabinieri; 1 R.A.L. (in luogo della S.A.L.); 1 raggruppamento servizi in luogo di unità dei servizi a sé stanti 38; quella di montagna la stessa articolazione di quella di pianura, con la differenza che in luogo del reggimento corazzato disponeva di un terzo reggimento di fanteria (su 2 battaglioni) e, tra le unità di supporto, di un battaglione carri 39 . Gli interventi dello stato m_a ggiore dell'esercito sulle tabelle organiche dei due tipi di divisione furono nei quindici anni molti e frequenti 40, ma essi furono rivolti soprat-
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FILIPPO STEFANI
tutto ad accrescere la potenza di fuoco e la mobilità ed a facilitare l'esercizio del comando, anche se ovviamente ebbero riflessi sulla forza organica. Questa per la divisione di pianura era pari a 15 622 uomini nel 1960 ed a 16 291 nel 1975 e per la divisione di montagna rispettivamente a 16 061 e 18 314. La divisione di fanteria conservò il ruolo centrale di grande unità elementare, capace di condurre una manovra tattica ovunque fosse da esercitare uno sforzo sistematico e prolungato, su qualunque terreno e, in particolare, su quelli accidentati e ricchi di ostacoli. In verità un tale ruolo era in buona parte scaduto dopo la comparsa dell'arma nucleare tattica e dopo lo sviluppo dato alla corazzatura ed alla meccanizzazione in quasi tutti gli eserciti dei due blocchi. La divisione di fanteria, così com'era comunemente intesa prima della seconda guerra mondiale, era scomparsa da tempo ed ormai era stata da tempo sostituita dalla divisione di fanteria meccanizzata o, comunque, almeno motorizzata , fruente cioè di completa autonomia di autotrasporto. Sui terreni di pianura e collinosi una divisione non meccanizzata non era più credibile o quasi. La divisione italiana non era né sufficientemente meccanizzata né sufficientemente mobile; i plotoni fucilieri, infatti, non disponevano in proprio dei mezzi necessari per il loro autotrasporto. L'ibrida soluzione di compromesso unità motorizzate, unità meccanizzate e corazzate, unità appiedate non fu il risultato di una valutazione concettuale arretrata e fuori tempo, ma di un esame concreto delle risorse disponibili, che non avrebbero consentito la meccanizzazione integrale della grande unità, mentre la mobilità totale su automezzi avrebbe appesantito ulteriormente il carico organico, senza giovare granché alla mobilità tattica; inoltre le sedi stanziali delle divisioni di fanteria di primo intervento erano tali che il problema dell'autotrasporto sulle località d'impiego avrebbe potuto essere facilmente risolto con il ricorso alla manovra dei m ezzi mediante l'utilizzazione di quelli degli autoreparti e degli autogruppi delle GG.UU. Non vi fu nessuna obiezione di principi alla meccanizzazione integrale delle divisioni di fanteria ed anzi essa venne generalmente auspicata 41, ma vi si oppose la disponibilità finanziaria. Lo stato maggiore dell'esercito tentò di meccanizzare la Cremona, ma dové accontentarsi di trasformarla in un secondo tempo da divisione di montagna in divisione di pianura 42. Esso ritenne, comunque, che la divisione di fanteria potesse ancora operare con sufficiente credibilità così com'era stata ordinata negli anni cinquanta e potesse svolgere il suo ruolo difensivo in corrispondenza delle posi-
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zioni di confine, in buona parte imperniante su terreno montano o accidentato (Carso) e comunque con notevole coefficiente di attrito, che opponeva remore iniziali anche allo spiegamento delle forze corazzate e meccanizzate avversarie. La strategia delle difesa avanzata, del resto, imponeva la difesa ad oltranza di tali posizioni, per cui il ricorso alla manovra di arresto con i procedimenti della difesa ancorata venne valutato dallo stato maggiore dell'esercito ancora pratìcabile con successo in corrispondenza della frontiera italiana. Non era d'altra parte possibile, per assicurare l'integrale meccanizzazione delle divisioni di fanteria, ridurne il numero complessivo, perché le dimensioni delle fronti divi sionali che ne sarebbero derivate avrebbero superato di gran lunga il rapporto forze-spazio necessario ad assicurare la coesione tattica di un sistema difensivo divisionale. Il nuovo armamento e la sua diversa collocazione organica, questa ultima in conformità con la tendenza, comune a tutti gli eserciti, di assegnare fino ai livelli più bassi armi a tiro teso, a tiro curvo, controcarri e contraerei, avrebbero da parte loro garantito un'assai maggiore potenza e celerità di fuoco, mentre l'inserimento organico del reggimento corazzato nella divisione di pianura, del battaglione carri in quella di montagna e dei battaglioni o compagnie meccanizzate in entrambi i tipi di divisione, ancorché in misura diversa, aveva conferito ad entrambe una notevole capacità di manovra. Si trattò allora soprattutto di migliorare: l'organizzazione di comando e delle trasmissioni ai fini di una maggiore possibilità di direzione e di controllo della manovra divisionale e di quelle dei raggruppamenti e dei gruppi tattici; l'organizzazione informativa per meglio garantire la chiarificazione delle situazioni e parare le sorprese, comprese quelle N.B.C.; l'organizzazione del fuoco delle artiglierie convenzionali, degli aerei e dei miss ili; l'organizzazione del movimento e dell'ancoraggio al terreno ed infine quella logistica per assicurare un'autonomia sufficiente a fronteggiare anche temporanee interruzioni del flusso dei rifornimento. E tutto questo venne fatto. La divisione di fanteria, in sintesi, mantenne l'attitudine a garantire il possesso di posizioni anche per tempi prolungati ed a persistere negli sforzi difensivi specialmente su terreni limitativi o proibitivi dello spiegamento e dell'impiego delle grandi unità corazzate e, sebbene s trutturata e ordinata assai più per l'azione difensiva che per quella offensiva, conservò anche una certa capacità offensiva o controffensiva, mentre migliorò notevolmente le sue capacità generiche d'impiego, ferme restando le sue accentuate limitazioni di partecipa-
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zione a manovre spiccatamente mobili e rapide. Dal 1960 al 1975 rimasero costantemente in vita: la Cremona, in un primo tempo divisione di montagna poi di pianura; la Folgore, di pianura; la Granatieri di Sardegna, di pianura, destinata alla difesa interna del territorio, ma precettata per l'impiego nello scacchiere nord-orientale; la Legnano, di pianura; la Mantova, di montagna. La brigata di fanteria, derivata dalla preesistente divisione di fanteria contratta, venne articolata via via su: un comando ed un quartier generale; tre battaglioni di fanteria; un battaglione corazzato; un gruppo di artiglieria da campagna; una batteria contraerei/leggera; una compagnia genio pionieri; una compagnia trasmissioni; una sezione carabinieri; una S.A.L.; un battaglione servizi 43. Anche gli organici della brigata furono soggetti nei quindici anni a ripetute aggiunte e varianti ed a nuove edizioni delle relative tabelle 44 per adeguare la costituzione delle varie unità a quelle di corrispondente livello della divisione di fanteria di pianura. La tendenza costante fu, infatti, quella di unificare il più possibile le unità minori delle varie armi e specialità, indipendentemente dal loro inquadramento nell'uno e nell'altro tipo di divisione, sulla base di moduli unici per cui, ad esempio, i battaglioni di fanteria, appartenessero alla divisione od alla brigata, ebbero organici identici, così come, del resto, la brigata riprodusse, in formato ridotto, lo schema ordinativo della divisione di fanteria. Il criterio non rispose solo ad una necessità di semplificazione ordinativa e logistica, ma anche a quello dell'eventualità d'impiego delle brigate di fanteria nello schieramento difensivo dello scacchiere nord-orientale. La predesignazione della brigata a compiti di difesa interna non doveva, infatti, precluderne l'impiego nel quadro delle altre grandi unità di fanteria; la brigata doveva essere idonea, entro s'intende limiti di spazio e di tf:!mpo assai più contenuti, a sostenere uno sforzo difensivo ed offensivo simile a quello della divisione e maggiore di quello di un raggrippamento tattico di fanteria, in quanto rispetto a quest'ultima formazione disponeva di autonomia ordinativa, tattica e logistica molto più spiccata e di maggiore capacità di manovra. Lo sforzo intenso e duraturo compiuto per evitare la territorializzazione delle brigate di fanteria ebbe successo ed i provvedimenti via via adottati per il loro potenziamento morale e materiale furono mo! teplici ed efficaci 45 come si potè constatare, non solo nella grande esercitazione Vedetta Apula dell'estate del 1975, della quale esse furono protagoniste, ma anche nelle varie esercitazioni tattiche di routine. L'idea di farne brigate di ardimento -:- proposito
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realizzato nei riguardi della Trieste e della Pinerolo nel 1975 dal generale Aloia - venne successivamente abbandonata dal generale De Lorenzo, anche in seguito allo strepito che le sinistre politiche sollevarono nel 1966 contro la preparazione psicologica e l'addestramento all'ardimento delle unità operative. Dalla prima metà degli anni sessanta al 1975 furono in vita l'Aosta, la Friuli, la Pinerolo e la Trieste, mentre l'Avellino, come già ricordato, venne sciolta nel 1965. La brigata di fanteria ebbe, dunque, la fisionomia propria di una grande unità elementare in grado di condurre, perciò, uno sforzo tattico unitario sul campo di battaglia moderno, pur con le stesse remore della divisione di fanteria di pianura, ed al tempo stesso di operare contro sbarchi dal mare e dal cielo e in operazioni di controguerriglia. Essa rappresentava un modesto, ma valido, strumento operativo nelle mani dei comandanti di C.M.T. di regione, capace di agire su ogni tipo di terren di pianura, di collina e di media montagna, privo però di una completa autonomia di movimento su automezzi che, sotto taluni aspetti, le sarebbe stata ancora più necessaria di quanto non lo fosse per le divisioni di fanteria di primo intervento. A garantirne il completo autotrasporto avrebbero, peraltro, provveduto gli autogruppi di C.M.T .. Per effetto della sua struttura, la brigata di fanteria disponeva organicamente delle forze e dei mezzi pe condurre sforzi persistenti diretti nell'azione difensiva a logorare, imbrigliare ed anche arrestare la progressione avversaria, nonché ad effettuare vasti rastrellamenti ed isolamenti delle zone occupate da truppe sbarcate dal mare e dal cielo od eliportate o da guerriglieri. Essa, nell'impiego, si articolava, di norma, in gruppi tattici generalmente al livello di battaglione - in casi particolari in gruppi tattici al livello di compagnia - e poteva realizzare una notevole serie di dispositivi che le consentivano l'investimento di fronti piuttosto ampie e l'alimentazione in profondità dello sforzo offensivo, oltre la parata degli imprevisti, mediante l'impiego del battaglione corazzato, in cui la presenza di due compagnie carri e di una compagnia meccanizzata consentiva la disponibilità di un potente mezzo di manovra e di reazione. Nella tenuta di una fronte poteva assumere uno schieramento che gli consentiva di assorbire progressivamente gli sforzi di penetrazione del nemico, di logorarli, incanalarli in successive fasce di terreno adeguatamente sistemate, ma il suo impiego normale sarebe stato quello controffensivo e questa fu la ragione per la quale il generale Aloia avrebbe voluto che venissero tutte addestrate secondo lo spirito e la tecnica dei corsi di ardimento.
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3.
Le divisioni corazzare e meccanizzate nei primi anni sessanta conservarono l'articolazione in reggimenti assunta in precedenza, successivamente vennero articolate in brigate secondo lo schema standars N.A.T.O., poi riassunsero la struttura originaria peraltro modificata ed infine di nuovo quella in brigate 46, che nel 1975 venne estesa anche alle divisioni di fanteria. Alla base di tale travaglio ordinativo fu la ricerca di un'organizzazione di comando che meglio garantisse la funzionalità tattica della grande unità, ma non tutte le soluzioni furono indovinate ed il ritorno all'articolazione originaria, abbandonando quella in brigate, costituì un momento involutivo che lo stato maggiore dell'esercito non seppe giustificare con motivazioni convincenti né sul piano operativo, né su quello ordinativo. All'adozione dell'ordinamento standard N .A.T.O . - approvato dallo Standing Group su proposta del COMLANDCENT - si giunse nel 1963 non solo per cercare di uniformare, nei limiti del possibile, le divisioni corazzate e meccanizzate - di queste ultime non poté esserne costituita neppure una per la solita indisponibilità di risorse - a quelle degli altri paesi della N.A.T.O., ma anche perché la loro articolazione in brigate fu ritenuta più rispondente al loro impiego nello scacchiere operativo nordorientale italiano, dove la ristrettezza dello spazio di spiegamento ed il diverso indice di scorrimento del terreno tra la fascia a nord della linea delle risorgive e quella a sud ne condizionavano il dispositivo e accrescevano la necessità di una autonomia tattica e logistica spiccata anche delle articolazioni minori. Indipendentemente dall'una o dall'altra articolazione, la divisione corazzata conservò costantemente la sua fisionomia di grande unità potente e manovriera, idonea a svolgere su terreni con buon indice di scorrimento azioni massive, violente, rapide e risolutive in qualsiasi ambiente operativo. La articolazione in brigate, peraltro, assimilava le divisioni corazzate e le divisioni meccanizzate, entro certi limiti, ad una grande unità complessa, in quanto ne ampliava la portata della manovra che diventava la risultante di quelle sviluppate dalle singole brigate corazzate e meccanizzate. Ordinata in brigate, la divisione corazzata comprendeva: un comando, due brigate corazzate, una brigata meccanizzata, una brigata di artiglieria, il G.E.D., un battaglione genio pionieri, un battaglione trasmissioni, una compagnia carabinieri, un R.A.L., un raggruppamento servizi; quella meccanizzata aveva la stessa struttura ed articolazione, ma disponeva di due brigate meccanizzate, anziché
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di una, e di una brigata corazzata anziché di due. L'ordinamento standard, mediante la disponibilità di tre grandi unità elementari con completa autonomia tattica e logistica organicamente esistente fin dal tempo di pace, estendeva in profondità e sulla fronte le possibilità d'impiego di entrambi i tipi di divisione e non legava le divisioni stesse ad un impiego strettamente unitario, ma solo ad un impiego coordinato, problema questo che veniva risolto nel quadro dell'organizzazione di comando e dei sistemi di trasmissione. Le divisioni godevano di una grande flessibilità - assai maggiore di quella offerta dall'articolazione in raggruppamenti tattici - che consentiva loro di assorbire un numero di brigate superiore a quello previsto dalle tabelle organiche ed al limite di cambiare agevolmente la fisionomia da corazzate in meccanizzate e viceversa. Nello scacchiere nordorientale italiano, inoltre, l'impiego strettamente unitario dell'una o dell'altra divisione era - e resta - per motivi di situazione difensiva, di spazio, di terreno e <li superiorità aerea n emica meno probabile. La divisione corazzata standard si dimostrò subito, nel ciclo delle esercitazioni Corazzata alata, molto più elastica e soddisfece pienamente le aspettative. Perché il ritorno all'ordinamento originario, benché modificato, mediante la presenza organica di un battaglione bersaglieri nel reggimento carri e di un battaglione carri nel reggimento bersaglieri? Si disse ufficialmente che un siffatto ordinamento disponeva ad un'organizzazione di comando più funzionante ed a una migliore prontezza operativa, due motivi che davano invece ragione all'altra tesi ordinativa. Il passaggio delle divisioni corazzate Ariete e Centauro - entrambe rimaste in vita come tali fino alla ristrutturazione del 1975 - prima dalla formazione orginaria a quella standard e poi da questa alla prima modificata, richiese tempi lunghi anche in relazione, specialmente per il primo passaggio, ai cambiamenti di sede delle unità e all'approntamento delle infrastrutture. Non pochi furono gli interventi dello stato maggiore dell'esercito diretti con continuità a ricercare, nei diversi tipi di ordinamento, l'assetto più rispondente all'evoluzione della dottrina ed all'introduzione di nuove armi e mezzi, per cui numerose, come del resto per le altre grandi unità e per tutte le armi e servizi, le aggiunte e varianti ordinative e soprattutto organiche che vennero via via introdotte 47, ma che non riguardarono, se non di riflesso, la struttura portante. Questa, nell'essenza, conservò i tratti salienti, già ricordati anche per la divisione di fanteria, di un'organizzazione del comando e delle trasmissioni idonea ad assicurare la di-
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rezione unitaria ed il costante controllo della manovra divisionale, di un'organizzazione in grado di garantire per forze e mezzi la chiarificazione delle situazioni e della portata delle sorprese, compresa quella N.B.C., di un'organizzazione del fuoco coordinata mediante un apposito organo (C.C.F.), in grado di erogarlo secondo la necessità e i diversi valori di potenzialità distruttiva, di un'organizzazione tecnica specializzata per mantenere la continuità del movimento anche in presenza di ostacoli fluviali ed infine di un'organizzazione logistica in grado di consentire di operare per un certo tempo anche nel caso di interruzione della linea dei rifornimenti. La divisione corazzata, in sostanza, conservò sempre: un'ampia gamma di possibilità di manovra, disponendo di fanteria interamente meccanizzata, di consistenti unità carri e di artiglieria tutta semovente; la idoneità a condurre operazioni in tutti gli ambienti operativi; il possesso di un'elevata autonomia logistica. Essa si presentò costantemente come una grande unità che affida essenzialmente alle azioni dinamiche, anche in difensiva, la risoluzione della battaglia e che, nel contempo, dispone di un grado di potenza di fuoco in giusto equilibrio con quello della mobilità. La divisione standard possedeva tali requisiti in misura maggiore dell'altra, anche se la costituzione fissa delle brigate poteva dare l'impressione di una certa rigidità tattica. La brigata corazzata - in cui le unità carri rappresentavano l'elemento fondamentale - venne costituita su: un comando; un reggimento su una compagnia comando due battaglioni carri, un battaglione bersaglieri; una compagnia controcarri; un gruppo di artiglieria da campagna semovente; una compagnia esplorante; una compagnia genio pionieri; una compagnia trasmissioni; un ba ttaglione servizi 48 . Essa possedeva: la specifica attitudine agli interventi, da sola o coordinati nell'ambito divisionale, manovrati e potenti, fondati sull'azione principale de{ carri e sull'azione integrativa dei bersaglieri; un notevole potere controcarri conferitole dal numero delle bocche da fuoco dei due battaglioni carri medi e dalle armi del battaglione bersaglieri e della compagnia controcarri; una spiccata idonei là a d agire contro formazioni similiari in campo aperto. A favore de lle unità carri operavano i bersaglieri per: facilitarne l'azione mediante la creazione di perni di manovra, l'eliminazione delle difese con t roca rri nemiche, la costituzione di fianchi difensivi mobili o di test· di ponte nel superamento degli ostacoli; favorirne i movimenti me rcé la rimozione di ostacoli attivi o passivi, non altrimenti supe ra bi Ii; pro! ·µg ·rie da agguati; completarne l'azione e, quando n ecessa r io, t'OIIMJ liù:,rnc
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le conquiste con la materiale occupazione delle posizioni raggiunte. Diversa dal raggrupparam_e nto corazzato -formazione tattica occasionale, ancorché abituale, della divisione corazzata non standard - aveva in comune con il raggruppamento la possibilità di condurre una manovra unitaria nel suo ambito e parimenti calibrata in termini di gruppi tattici, normalmente di composizione mista, ma in più disponeva in proprio di un'organizzazione tattica e logistica che le consentiva un'autonomia ed una flessibilità più ampie ed una capacità di modificare la propria fisionomia organica più elevata mediante incrementi, sottrazioni e sostituzioni di unità, purché, s'intende, commisurati, gli incrementi, alle possibilità di assorbimento, peraltro notevoli, senza determinare crisi. La disponibilità di un'organo di comando organico semplice e funzionale le consentiva di regolare lo svolgimento della sua manovra molto più efficacemente di quello che non avrebbe potuto fare il comando di un raggruppamento, mentre possedendo in proprio tutti gli elementi necessari per fare fronte ai casi medi d'impiego - unità carri, di fanteria meccanizzata, reparto esplorante, unità di artiglieria, aerei leggeri, unità del genio, delle trasmissioni e, in particolare, dei servizi - la brigata corazzata era una vera e propria grande unità elementare, nella quale l'equilibrio tatticologistico-ordinativo le consentiva sia l'azione nel quadro delle divisioni, sia un'azione a sé stante ed in entrambi i casi una propria manovra estesa e profonda. Rispetto al raggruppamento godeva, infine, di una coesione spirituale e funzionale che le derivava dal legame proprio che tiene stretti gli elementi costitutivi di una unità con propria individualità organica, abituata ad addestrare insieme le proprie componenti, sotto la direzi.one unitaria di un generale. ·La brigata meccanizzata - in cui le unità bersaglieri costituivano l'elemento fondamentale - venne ordinata sull'identico modello della brigata corazzata con la sola differenza che il reggimento inquadrava due battaglioni bersaglieri ed un battaglione carri 49 . La struttura, unitamente alle caratteristiche ordinative dei battaglioni eguali a quelle degli omologhi reparti della brigata corazzata, la faceva idonea a sviluppare azioni dinamiche su spazi ampi, sfruttando l'alta velocità di movimento su terreno vario, ed in particolare a condurre azioni sistematiche contro elementi difensivi nemici investiti sul terreno, ad operare in zone di ostacolo naturale o artificiale, a costituire teste di ponte a favore delle brigate corazzate e, quando necessario, a sistemarsi a difesa su posizioni di cui fosse necessario assicurare temporaneamente il possesso. L'elevata capacità di fuoco, in relazio-
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ne alla vasta gamma di armi a tiro teso ed a tiro curvo, e il considerevole potere controcarri le davano elevate capacità di arresto, di sostegno frontale o d'ala delle manovre delle brigate corazzate, di condotta di una manovra d'arresto basata sui procedimenti della difesa mobile. La brigata di cavalleria - grande unità elementare meccanizzata, atipica, il cui comando era stato costituito nel 1957 50 per esigenze di carattere addestrativo, funzionale e di pianificazione operativa in tempo di pace e di coordinamento dell'impiego in caso di guerra - comprendeva: un comando, tre reggimenti di cavalleria (poi due e un gruppo squadroni), un reggimento di artiglieria da campagna semovente (in un secondo tempo) e un R.A.L. 51 . Il nuovo ordinamento subì nel tempo ritocchi e riassetti 52 dei quali i più importanti furono quelli del 1964 quando appunto le fu passato alle dipendenze 1'8° reggimento artiglieria da campagna semovente e quando il 5° reggimento Lancieri di Novara venne ridotto a un gruppo squadroni 53 . La riunione di due reggimenti di cavalleria - il 4° Genova, il 2° Piemonte ed un gruppo squadroni del 5° Lancieri di Novara - in una brigata consentì a lla componente operativa dell'esercito la disponibilità di uno strumento idoneo a svolgere neJl'azione difensiva la funzione di scaglione di presa di contatto e di frenaggio, ed in quella controffensiva la funzione di scaglione di ricerca e presa di contatto. Si trattava, in verità, di due ipotesi d'impiego legate a determinate condizioni politiche e di situazione operativa, auspicabili più che concretamente realizzabili, ma che non andavano del tutto accantonate. Quale scaglione di presa di contatto e di frenaggio, la brigata infatti avrebbe potuto operare solo nel caso che l'autorità politica avesse concesso il nulla osta per un'azione militare oltre frontiera e quale scaglione di ricerca e presa di contatto solo nel caso di successo della battaglia difensiva in corrispondenza delle posizioni di confine. Ma la brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli - che aveva ereditato tale nome dall'omonima divisione corazzata disciolta 54 - indipendentemente dal verificarsi delle due ipotesi d'impiego pianificate, era una grande unità elementare che non sarebbe in nessun caso rimasta inattiva, costituendo di per sé un potente elemento di manvora, al livello di corpo di armata e di armata, impiegabile con grande rendimento nella condotta di qualsiasi azione o reazione mobile. Essa, perciò, non era un surplus, ma un quid di necessario a coprire il fabbisogno complessivo di unità corazzate e meccanizzate per la battaglia difensiva di frontiera e idoneo ad intervenire prontamente contro sbarchi nemici da l
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mare e dal cielo nelle retrovie, sul fianco meridionale del dispositivo difensivo ovvero anche in altre regioni adiacenti del territorio nazionale. Ad essa non venne, peraltro, conferita nessuna autonomia logistica, per cui il suo impiego sarebbe stato in ogni caso condizionato dal potersi appoggiare all'organizzazione logistica del comando operativo superiore entro il cui ambito fosse chiamata ad operare. Alla sua costituzione, al suo successivo potenziamento ed al suo mantenimento in vita fino al 1975 concorsero, dunque, due esigenze principali: la ricerca di un giusto equilibrio tra capacità di arresto e capacità di manovra dèlla componente operativa; la tesaurizzazione di un patrimonio di tradizioni che l'arma di cavalleria aveva accumulato nel tempo rendendosi protagonista di tanti gloriosi fatti d'arme fino alle cariche di Isbuscenki del Savoia cavalleria nella seconda guerra mondiale. Non si può, peraltro, non rilevare che l'arma di cavalleria fu oltremodo privilegiata rispetto alle altre, perché, dopo il ridimensionamento dell'esercito dei primi anni sessanta, rimasero in vita 4 reggimenti (Genova, Montebello, Piemonte e Savoia) e 8 gruppi squadroni (Aosta, Guide, Lodi, Milano, Nizza, Novara e Salu zzo); ma se ciò poté in un certo senso dispiacere alle altre armi, costrette a riduzioni ben maggiori, giovò nell'insieme all'esercito che poté disporre di un'altra grande unità elementare meccanizzata, mobile e spiccatamente manovriera, e poté restituire, dopo la trasformazione dei B.E.D. in G.E.D., la funzione dell'esplorazione, nell'ambito delle divisioni di fanteria e corazzate, ad unità che per forma mentis, oltre che per tradizione, erano le più idonee a svolgerla. La X/a brigata meccanizzata carabinieri, di cui abbiamo fatto cenno nel preced en te capitolo LX, venne costituita nel 1963 dal genera le Aloia su richiesta del generale de Lorenzo, in quel periodo comandante generale dell'arma dei carabinieri. La sua costituzione fu sugge rita da motivi di addestramento e di disciplina, per riunire sotto unico comando i vari battaglioni mobili fino ad allora alle dipendenze dei comandi di legione territoriale. Essa non venne costituita come grande unità d'impiego, né avrebbe potuto esserlo, priva com'era di artigliera, del genio e degli altri supporti indispensabili ed avendo le unità dislocate in sedi diverse e distanti. Venne ordinata su: comando di brigata; 1° (in Milano), 2° (in Roma), 3° (in Napoli) reggimento carabinieri raggruppanti, ciascuno, da 4 a 3 bataglioni cui venne sottratta la qualifica di mobili; 4 ° reggimento carabinieri a cavallo (in Roma) su tre gruppi squadroni 55 . Dei battaglioni, solo il VII ed il XIII furono posti o , meglio, mantenuti alle dipendenze operative, per il caso
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· di emergenza, rispettivamente del IV e V corpo d'armata; gli altri bat- . taglioni conservarono integri i loro compiti d'istituto e, per il caso d'emergenza, quelli di concorso alla difesa interna del territorio. Nel 1972 venne costituito il 5° reggimento che riunì il IV, VII e XIII battaglio~e già del l O reggimento 56. Armati via via con le nuove armi della fanteria e con i carri M47 e dotati di autoblindo e di V.C.T., oltre che di equipaggiamenti ed attrezzature proprie, i battaglioni carabinieri vennero a costituire gruppi tattici meccanizzati_con notevole volume di fuoco ed elevato grado di mobilità.tattica che·li resero particolarmente idonei alla pronta reazione contro piccoli sbarchi dal mare e dal cielo ed alla controguerriglia. Sotto tale profilo è fuori dubbio che la riunione in reggimenti e quella di questi in una brigata costituirono un incremento della loro efficienza operativa, in quanto l'unitarietà dell'indirizzo addestrativo e disciplinare ne valorizzò in misura considerevole la preparazione tattico-tecnica. La bivalenza all'adempimento dei compiti d'istituto e di quelli di combattimento contro le eventuali forze di invasione venne assai meglio garantito mercé il comando unico e la sottrazione dalla dipendenza dei comandi di legione territoriale, assorbiti quotidianamente dal lavoro di routine che lasciava loro poco o punto tempo per dedicarsi alla funzione addestrativa. I battaglioni continuarono naturalmente ad essre impegnati nei servizi di ordine pubblico, particolarmente gravosi e continui dalla seconda metà degli anni sessanta, ma ebbero modo e tempo di dedicarsi, almeno in parte, allo svolgimento dei programmi di addestrar mento al combattimento sulla base di direttive e di schemi centralizzati. I benefici che ne derivarono sotto il profilo del concorso alla sicurezza e alla difesa del paese dal1e aggressioni esterne furono senza dubbio di rilievo; la brigata non assunse mai il ruolo di comando operativo. Quattro anni dopo, durante la polemica sui fatti del luglio 1964 57 , alcune parti politiche vollero dare della costituzione dell'XIa . brigata un'interpreta~ione distorta e fantasiosa, quasi i generali Aloia e de Lorenzo avessero voluto precostituirsi Ùno strumento idon.e o a velleitarietà golpistiche, mentre si era trattato esclusivamente di un'esigenza tecnico-militare, senia nessun sottinteso politico. I battaglioni, infatti, rimasero quelli che erano e, indipendentemente dalla loro riunione o no in reggimenti, conservarono la loro idoneità di strumento difensivo della legalità costituzionale. Fu perciò normale che, quando il comandante generale dell'arma dei carabinieri venne sollecitato dal presidente della repubblica, on. Segni, nel luglio 1964, a porre particolare attenzione alla situazione dell'ordine pubblico del paese
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che, a detta dello stesso presidente, avrebbe potuto peggiorare da un momento all'altro, il generale de Lorenzo considerasse, nelle predisposizioni da attuare, anche l'impiego, non certo unitario, delle unità dell'IXa brigata. Può darsi che egli abbia peccato in tale circostanza di eccesso di zelo nell'interpretare il pensiero del presidente della repubblica o che questi abbia incautamente esagerato i pericoli, ma è certo che non appartiene alla storia un'interpretazione diversa da quella che diamo circa la costituzione dell'Xla brigata meccanizzata.
4.
La brigata alpina conservò pressoché immutata dal 1960 al 1975 la sua articolazione fondamentale: un comando, 1 reggimento alpini su 3 o 4 battaglioni, 1 reggimento artigliera da montagna su 3 o 4 gruppi, 1 compagnia genio pionieri, 1 compagnia trasmissioni, 1 plotone paracadutisti, 1 sezione carabinieri, 1 R.A.L., unità dei servizi 58 . Le tabelle organiche subirono cionostante numerosissime variazioni determinate in gran parte dall'introduzione in servizio di nuove armi ed equipaggiamenti 59 e nei quindici anni si andò accentuando la tendenza alla diminuzione del numero degli uomini e di quello dei muli - 1963: 10 859 uomini e 1464 muli; 1975: 9673 uomini e 1118 muli - ed all'aumento dei mezzi meccanici, ivi compresi i veicoli 3x3, ma la struttura portante rimase quella del passato. Non vi fu neppure nessuna riduzione del numero delle brigate e la Cadore, la Julia, l'Orobica, la Taurinense e la Tridentina furono tutte lasciate in vita. La svolta, auspicata da alcuni, verso una più spinta modernizzazione, sulla base di quanto venivano facendo altri eserciti europei che avevano unità assimilabili a quelle alpine italiane, non venne compiuta. Dei due partiti, se così si può dire, esistenti nell'ambito delle stesse unità alpine prevalse quello attaccato alla concezione e all'ordinamento tradizionali. Vi era, infatti, il partito di quelli orientati a rendere le unità di montagna idoneee soprattutto ad operare sulle cime e dalle cime e quello di coloro che tendenvano ad esaltarne la funzione di manovra, a similitudine delle truppe da montagna sovietiche o dei Gebirjager della repubblica federale tedesca, armati ed equipaggiati, le une e gli altri, per agire prevalentemente nei fondi e sui fianchi delle valli a cavaliere delle vie di comunicazione. Il primo reclamava l'esaltazione dell'addestramento e dell'equipaggiamento sci-alpinistico, della tattica d'infiltrazione delle unità minori (pattuglie, squadre, plotoni, com-
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pagnie), delle tecniche della guerriglia e della controguerriglia; il secondo prospettava .la necessità di un armamento, equipaggiamento e ordinamento, di una tattica e di modalità d'impiego simili a quelli della divisione di fanteria da montagna, mediante l'inserimento organico nella brigata di unità corazzate e meccanizzate. Il dilemma venne dibattuto anche sulla Rivista Militare 60 e non venne risolto neppure quando vide la luce, nel 1975, la pubblicazione 810 Impiego della brigata alpina 61 , che esamineremo in un capitolo successivo. Il nuovo orientamento normativo, nonostante le indubbie innovazioni concettuali, si limitò, nei riguardi della struttura della brigata, a prospettare modifiche anche sensibili, ma di fatto finì con il consolidare l'indirizzo tradizionale. Resta comunque il fatto che in quindici anni non si trassero le conseguenze ordinative concrete suggerite, per non dire dettate, dall'avvento degli elicotteri, oltre che dei missili, dei carri armati e dei mezzi meccanizzati. La brigata alpina, ancorché migliorata e potenziata, non venne messa nella condizione di affrontare un'eventuale aggressione di forze corazzate e meccanizzate condotta lungo le vie di comunicazione nei fondi valle, stretti o larghi che siano. È chiara, nella guerra moderna, la tendenza generale ad evitare la montagna e a superarla dal cielo e, dovendola necessariamente attaccare, ad utilizzare soprattutto· i solchi vallivi. Nei primi due casi le truppe schierate a difesa di un determinato settore potrebbero restare del tutto inattive; nel terzo caso, la brigata alpina italiana, così come strutturata, non è sufficientemente in grado, per armamento ed equipaggiamento, ad affrontare ad armi pari non tanto lo sciatore ed il rocciatore, quanto il corazzato e il meccanizzato. Addestrata ed equipaggiata per combattere in zone alpine o di alta montagna anche in condizioni estremamente avverse, sia per la natura e l'asperità del terreno, sia per il clima, la brigata ha perso e ceduto ad altri la funzione originaria di grande unità con caratteristiche territoriali che, utilizzando la speciale conoscenza topografica delle Alpi, deve poter sostenere con sicurezza il primo urto e provvedere alle prime esigenze per la difesa montana, come si esprimeva il fondatore del corpo degli alpini. A ciò sono oggi destinate le unità alpine di arresto che presidiano le opere della fortificazione permanente, . mentre la brigata alpina non può non essere intesa come grande unità di manovra, caratterizzata perciò da grande mobilità sia nelle zone impervie sia nei fondi valle. Per conferirle tali possibilità di manovra sarebbe stato necessario, fin dagli anni sessanta, assegnarle organicamente elicotteri, mezzi meccanizzati e carri armati per ac-
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correre prontamente là dove le si offrano possibilità di manovra dall'alto o nel basso, qui per affrontare forze similari nemiche, non eventualmente meccanizzate e corazzate, ma sicuramente tali. Diversamente, la brigata alpina è solo - come lo fu nei quindici anni considerati - una forza di occupazione, che corre il rischio di restare inoperosa a difesa di un settore difensivo che forse non sarà mai investito ed essa potrebbe non arrivare in tempo per parare lo sfondamento di uno sbarramento difensivo presidiato dalle unità di arresto. L'affermarsi di una tale nuova concezione trovò difficoltà di ordine vario, in primo luogo senza dubbio finanziario e d'indisponibilità di mezzi adeguati, ma vi furono non pochi condizionamenti derivanti da un esasperato attaccamento al passato e da un malinteso culto delle tradizioni, duri a morire nelle menti e nei cuori di alcuni degli stessi alpini, quasi le unità alpine non avessero tenuto nella prima guerra mondiale cime, passi e forcelle all'interno di settori difensivi tenuti da brigate e divisioni di fanteria, o non avessero nel passato combattuto spessissimo in pianura, nelle lande africane e nelle steppe russe. La struttura ordinativa ed organica della brigata, rimasta sostanzialmente la stessa dal 1960 al 1975, acquisì senza dubbio maggiore potenza in fatto di fuoco - i I reggimento di artiglieria da montagna conservò gli iniziali 48 obici da 105/14, mentre rinnovò il materiale da 120 (16 mortai) sostituendo il vecchio modello con quello A.M. 50 - ed anche una maggiore mobilità, ma la sua capacità di manovra non venne sufficientemente incrementata. Si disse ufficilamente che a fornire i mezzi per la manovra - elicotteri, carri armati, veicoli protetti - avrebbe provveduto all'occorrenza il comando superiore, ma a parte il fatto che neppure questo ne disponeva in proprio in misura adeguata, una grande unità di manovra è tale solo se dispone organicamente delle armi, dei mezzi e degli equipaggiamenti necessari per i casi medi d'impiego e se è addestrata sulla base dei criteri e dei procedimenti connessi al raggiungimento degli obiettivi da perseguire. D'altra parte, il nuovo impiego della brigata nel presidio di un settore della posizione difensiva previsto dalla pubblicazione .840 - manovra condotta prevalentemente per aree - avrebbe richiesto, ancor più che nel passato, l'accentuazione della capacità di manovra perché la grande unità potesse coagularsi a protezione delle principali zone sensibili, assicurarsi la libertà d'azione negli ampi spazi vuoti e garantirsi le possibilità d'intervento contro forze avversarie che minacciassero l'integrità delle zone critiche, per le quali diventa frequente il ricorso al contrattacco contro forze corazzate, meccanizzate ed
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eliportate. In conclusione, la brigata alpina compì passi in avanti dal punto di vista del suo organico e delle sue dotazioni, ma non tali da indicare un'evoluzione della grande unità verso i modelli ordinativi delle unità similari degli altri eserciti. La soluzione data al problema della brigata alpina peccò, in sintesi, in eccesso quanto al numero di brigate lasciate in vita nei quindici anni e in difetto quanto ad un'evoluzione che meno si fosse lasciata inceppare dalle incertezze e perplessità tra il mantenimento in vita del vecchio modello, ancorché ammodernato, delle truppe da montagna e l'adozione di uno nuovo nel quale l'incremento della mobilitòà tattica e della capacità di manovra venisse ricercato anche mediante l'inserimento organico di unità meccanizzate e corazzate.
5. La brigata paracadutisti - embrionalmente nata negli anni cinquanta nei suoi iniziali elementi costitutivi - venne creata ufficialmente il 1° gennaio 1963 62 e crebbe via via per successivi completamenti ordinativi ed organici 63 fino a raggiungere la sua articolazione definitiva su: un comando, un reggimento paracadutisti, un battaglione carabinieri paracadutisti, un battaglione sabotatori, un gruppo di artiglieria paracadutisti, un R.A.L., una compagnia manutenzione 64 . Essa assunse la denominazione di Folgore nel 1967 65 . L'inserimento di una brigata paracadutisti nella componente operativa dell'esercito ne incrementò la potenzialità strategica e tattica, sia sul piano della difesa dello scacchiere nord-orientale, sia su quello della difesa interna del territorio. Resa in breve tempo efficiente mediante l'assegnazione di nuovi e moderni materiali per l'aviolancio e delle nuove armi leggere della fanteria, talute adattate al particolare impiego, quale il F.A.L., la brigata, innestata sulle tradizioni recenti, ma non per questo meno valide e solide, del paracadutismo italiano, venne a coprire l'assenza di un elemento di manovra quanto mai necessario a completare il quadro della difesa del paese. Il livello di brigata sembrò soddisfare sufficientemente la particolare esigenza di una grande unità elementare di manovra, di pronto impiego, in grado di accorrere là dove la sua presenza potesse giovare all'effettuazione del piano difensivo nazionale. Le vicende delle forze paracadutiste sulle varie fronti della seconda guerra mondiale non erano state, nel loro insieme, granché soddisfacenti nei risultati,
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pagati quasi sempre ad un prezzo di vite umane molto caro. Nessun esercito europeo aveva peraltro rinunziato a mantenere in vita la specialità, nonostante le prospettive che venivano aprendosi alle operazioni mediante le truppe eliportate. Lo stato maggiore dell'esercito italiano, già nel periodo dell'immediato dopoguerra, aveva divisato la necessità che la componente operativa comprendesse anche unità paracadutiste che, per la loro grande flessibilità d'impiego, pur nel quadro dell'azione difensiva, avrebbero costituito una specie di polizza di assicurazione per una pronta ed immediata reazione ad un'eventuale improvvisa aggressione nemica, specie se questa si fosse verificata ai danni delle regioni interne del territorio, alcune peculiramente sensibili, quale, ad esempio, la costa adriatica pugliese. Considerata in tali termini - impiego in azione difensiva quale strumento di reazione ad un'eventuale aggressione - la costituzione della brigata non fu certo un lusso, ma anzi una scelta economica, perché arricchì la componente operativa di uno strumento valido ad intervenire prontamente su chiamata contro sbarchi dal mare e dal cielo dovunque si verificassero. La consistenza delle forze organiche venne mantenuta al livello minimo necessario al conferimento della fisionomia di grande unità elementare in grado di adempiere più compiti e cioè, oltre quello di contrasto degli sbarchi, anche quelli della controguerriglia e della repressione delle al tre forme particolari di lotta che si potessero manifestare sul territorio nazionale. Il quadro politico internazionale e nazionale - proprio nel 1963 vi fu una ripresa del terrorismo altoatesino - era tale che la costituzione della brigata risultò quanto mai indovinata e prioritaria, consentendo allo stato maggiore dell'esercito la disponibilità di una riserva strategica modesta, ma di alta validità operativa. La brigata, anche sotto il profilo dello spirito dal quale venne animata fin dall'inizio 66 e per la particolare forma mentis propria delle unità paracadutiste di tutti gli eserciti, acquisì ben presto un elevato grado di efficenza morale e tecnico-professionale, le cui possibilità di utilizzazione restavano peraltro condizionate dalla disponibilità di aerei da trasporto dell'aeronautica. Ma nel caso di emergenza sarebbe stato sempre possibile, ancorché con alcune limitazioni operative; il ricorso alla requisizione di aerei civili di linea della società di bandiera. Vi fu chi volle vedere anche nella costituzione della brigata un effetto della tendenza ad espandersi del1'esercito oltre i limiti dell'indispesabile e chi, al solito; ne interpretò la costituzione come indice di orientamento aggressivo e quasi divolontà reazionaria, ma in realtà la presenza della forza paracadutista
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nella componente operativa fu esclusivamente il risultato di una valutazione tecnico-militare éondottà con senso del reale, confrontata con i paradigmi degli altri eserciti europei e strettamente contenuta entro i limiti della necessità e della fattibilità.
6.
La brigata missili e la brigata di artiglieria costituirono entrambe una novità assoluta dell'esercito italiano ma, mentre la prima ebbe un significato operativo di grande rilievo e ben preciso, la brigata di artiglieria si concretò in un provvedimento di carattere pressoché esclusivamente ordinativo-organico. La brigata missili, nata negli anni cinquanta in seguito alla comparsa delle armi nucleari tattiche 67, trovò un suo primo asse tto, conforme all'impiego delle armi che le vennero inizialmente assegnate, mediante graduali e ripetuti ampliamenti e riordinamenti68 e dové successivamente modificare in larga misura la sua struttura69 quando i razzi da 762 mm Honesl John vennero sostituiti dai Lance. La grande unità, in grado di erogare fuoco nucleare e convenzionale, si rivelò fin dall'inizio un organismo delicato e non furono poche le difficoltà da superare anche per reperire e addestrare il personale specializzato, stante, tra l'altro, l'elevato fabbisogno di sottufficiali da qualificare per l'adempimento di compiti tecnici specifici. Essa, comunque, congiuntamente alla S.E.A.T.A.F. (Souttern Europe Task Allied Force), entrambe operativamente autonome, dotata di missili balistici tattici armati di testate convenzionali o nucleari, conferì alla componente operativa dell'esercito italiano, in particolare all'aliquota destinata ad agire nell'ambiente della N.A.T.O., una potenzialità di fuoco elevatissima ed al tempo stesso una capacità di dissuasione di tutto rispetto. La costituzione della brigata ebbe, dunque, significato politico oltre che tecnico-militare. Tenuta ad alti livelli organici e frequentemente impiegata in esercitazioni congiunte con la S.E.T.A.F., raggiunse in breve tempo un grado di prontezza operativa maggiore di quello delle altre grandi unità d'intervento immediato e pari a quello delle unità contraerei Hawk. La brigata di artiglieria, costituita nel quadro delle divisioni corazzate standard, venne ordinata su di: un comando e d un reggimento di artiglieria corazzato comprendente, a sua volta, un comando, una batteria specialisti, un gruppo di artiglieria pesante campa le sem ovente, un gruppo-di artiglieria p e sante semovente7°. In passato, l'e-
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sercito italiano, diversamente da altri eserciti, in particolare da quello sovietico, che già durante la seconda guerra mondiale aveva fatto ricorso a grandi unità di artiglieria, non aveva mai proceduto alla costituzione organica di grandi unità di artiglieria, ma solo a quella di grandi raggruppamenti di circostanza, creati di volta in volta in relazione alle esigenze temporanee e locali delle operazioni. Le artiglierie organiche della nuova brigata rappresentavano il minimo per i casi medi d'impiego, mentre erano da considerare normali sia l'assegnazione alla brigata di unità di artiglieria di rinforzo, sia il concorso di fuoco da parte delle grandi unità laterali o di livello superiore. In pratica perciò, nell'ambito della brigata, era l'organizzazione di comando del reggimento a consentire l'impiego di altri gruppi di vario calibro, eventualmente assegnati in rinforzo, e l'inserimento dei gruppi organici e di quelli delle brigate corazzate e meccanizzate nell'organizzazione della manovra del fuoco al livello divisionale ed eventualmente in quella di ordine superiore. L'ossatura della brigata era costituita dai due gruppi - il pesante campale e il pesante - in verità, pur tenuto conto degli eventuali rinforzi e concorsi del comando superiore, un po' poco per giustificare la presenza di due comandi, uno di brigata e uno di reggimento, anche nel caso di una manovra del fuoco unitaria al livello divisionale. Vero è che comandante della brigata e comandante del reggimento di artiglieria avevano funzioni e compiti distinti, sia nella fase di preparazione sia in quella di condotta delle operazioni, essendo: il primo, il consulente del comandante della divisione per le questioni concernenti l'impiego di tutto il fuoco disponibile, il coordinatore del fuoco e il comandante dell'artiglieria divisionale; il secondo, solo il responsabile dell'addestramento dei gruppi direttamente dipendenti e il diretto collaboratore, oltreché potenziale sostituito, del primo. R estava comunque il fatto che l'organo che doveva garantire al comandante della divisione l'impiego coordinato del fuoco ed il controllo delle unità della brigata di artiglieria mantenute accentrate e di quelle e ventualmente in rinforzo era il comando dell'artiglieria divisionale (C.A.D.) che era costituito da personale e mezzi del comando del reggimento di artiglieria corazzato. Nell'insieme vi era, dunque, un qualcosa di pleonastico, o di troppo, derivante dalla pochezza dell'artiglieria da manov rare, di ben'altra consistenza nelle divisioni corazzate e meccanizza te standard degli altri eserciti della N.A.T.O .. In conclusione, la costituzione della brigata di artiglieria rispose più ad una. esigenza di conformità allo schema ordinativo standard che a reali necessità operative e funzionali, an-
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che se; in tempo di pace, la presenza del generale comandante della brigata di artiglieria garantiva l'uniformità dell'indirizzo tatticotecnico d'impiego ed il controllo unitario dell'attività addestrativa di tutte le artiglierie della divisiona corazzata, comprese quelle organiche delle brigate. Non si può certo affermare che la costituzione delle brigate di artiglieria fosse di per sé un errore concettuale, anzi, al contrario, sul piano dottrinale essa venne incontro alla nuova più complessa fisionomia della manovra del fuoco determinata dalla presenza del fuoco convenzionale e di quello nucleare e dalle diverse e molteplici fonti di erogazione, ma la nuova struttura ~opravanzava la reale rispondenza a quelle che era prevedibile sarebbero state le effettive disponibilità di fuoco da manovrare in guerra.
7. L 'artigliera contraerei, al cui riordinamento dei primi anni sessanta abbiamo già accennato 71 , subì successivamente altri numerosi mutamenti ordinativi ed organici, dei quali il più radicale fu quello del 1963 che, tra l'altro, previde l' attribuzione del comando ad ungenerale di divisione e la trasformazione di due reggimenti pesanti (4° ~ 5°) in reggimenti missili 72 armati di Hawk." L'acquisizione graduale dei nuovi materiali rese altrettanto graduale la trasformazione ordinativ~ ed organica e le.nta la dichiàrazione di raggiunta operatività delle nuove unità.missili, la cui costituzione, a sua volta, fu condizionata, oltre che dalla ripartizione della spesa d'impianto in più anni finanziari, anche dalla difficoltà, analoga a quella verificatasi per la costituzione della brigata missili, di reperire e qualifi care cioè gli ufficiali e sottufficiali da specializzare, parte dei quali dovettero seguire appositi corsi negli Stati Uniti. Quanto all'ordinamento. ed agli organici fu gioco forza procedere per appossimazioni successive 73 e, comunque, verso la fine degli anni sessanta il comando dell'artiglieria contraerei dell'esercito, assimilabile àd un comando di divisione, e le unità dipendenti assunsero un assetto ordinativo ed organico ben definiti, anche se necessariamente mutevoli in relazione al raggiungimento del grado di operatività da parte delle nuove unità che vennero via via costituendosi 74. Il comando artiglieria contraerei dell'esercito fu costituito su di: un comando, due reggimenti missili contrae rei e tre reggimenti artiglieria contraerei leggeri. _ Nel settore della difesa contraerei, nonostante il grande poten-
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ziamento realizzato mediante la costituzione di due reggimenti missili e l'introduzione in servizio prima del materiale Hawk e successivamente dell' Hawk migliorato, rimase presoché scoperta la difesa delle unità operanti dagli attacchi da bassa quota in quanto, per l'indisponibilità di mezzi ,finanziari, ma non solo per questo motivo, lo stato maggiore dell'esercito non poté procedere alla definizione e all'acquisizione dell'armamento contraerei missilistico portatile, già in dotazione nei vari tipi fin dagli anni sessanta negli altri eserciti. C'è di più: non fu neppure possibile, come abbiamo rilevato in nota, sostituire tutto il materiale da 40/56 delle unità contraerei divisionali e di brigata con materiale da 40/70, tanto che tali unità vennero sciolte e transitate nel quadro di quelle da costituire in caso di mobilitazione75 . Venne, inoltre, ridotta la consistenza degli stessi reggimenti contraerei leggeri dipendenti dal comando artiglieria contraerei dell'esercito. Senza voler entrare nei problemi della difesa contraerei e della difesa aerea di tutto il territorio nazionale, la cui soluzione prima ancora che di carattere tecnico-militare è di ordine politico e che comunque investe lo stato maggiore della difesa, non si può non rilevare la grande e grave lacuna che afflisse - ed affligge tuttora - la componente operativa delle forze terrestri, rimaste pressoché scoperte rispetto agli attacchi aerei da bassa quota ai quali, secondo ogni ragionevole probabilità, essa verrebbe sottoposta fin dal primo momento di un'eventuale aggressione. Di tale estrema vulnerabilità dell'intero apparato difensivo nazionale e, in particolare, del1'esercito di campagna, lo stato maggiore ebbe costantemente piena consapevolezza, tanto che in sede dottrinale non poté fare a meno di sancire la necessità che si dovesse provvedere alla difesa dagli attacchi aerei da bassa quota mediante il ricorso all'azione combinata di missili portatili e di cannoncini pluricanna, come del resto venivano facendo gli altri eserciti. Ma come per quasi tutti quei settori - sorveglianza del campo di battaglia, visione notturna, la stessa difesa controcarri, ecc. - per i quali la tecnologia produce in fretta mezzi sempre più avanzati e perciò assai costosi, l'esercito, mentre fu costretto dalla realtà della situazione a ritirare dal servizio i mezzi superati, quali appunto le bocche da fuoco contraerei da 40/50, non poté equipaggiarsi dei nuovi, sia che fossero sostitutivi di quelli dismessi, sia che fossero integrativi di quelli ancora validi, ma insufficienti da soli a fronteggiare le nuove esigenze. Se, dunque, la creazione delle unità Hawk fece compiere un grande passo in avanti verso la soluzione del delicato problema della difesa contraerei dell'area della battaglia, la pres-
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soché totale assenza di sistemi d'arma validi ai fini della difesa dagli attacchi da bassa quota pose e mantenne la componente operativa nell'impossibilità di una qualsiasi efficace reazione autonoma fin dalla fase iniziale dell'emergenza, tanto da far dubitare, per ricorrere ad un eufemismo, della intera capacità operativa dell'esercito di campagna di fronte all'accertato grado di superiorità aerea dei presumibile aggressore. A nulla od a poco, infatti, sarebbe valsa la maggiore mobilità strategica e tattica, che l'esercito senza dubbio conseguì nel periodo 1960-1975, di fronte ad incursioni aeree da bassa quota che avrebbero potuto paralizzare ogni movimento e sconvolgere l'attuazione di ogni piano difensivo.
8.
Le unità di arresto - che assunsero tale denominazione in luogo di quella di unità da posizione nel 1962 76 - già in progressiva espansione negli anni cinquanta, vennero ulteriormente incrementate, più volte riordinate e sensibilmente potenziate nei quindici anni successivi, in particolare durante la prima metà degli anni sessanta, in aderenza alla concezione dottrinale in vigore che conferiva alla fortificazione permanente un notevole coefficiente d'incremento della potenza difensiva sia nei terreni alpini e montani sia in quelli di pianura e collinosi. Nel 1960 il generale Lucini emanò un'appendice alla pubblicazione n. 600 della serie dottrinale 77 nella quale, a proposito dell'azione difensiva con impiego di armi atomiche in terreni fortificati di pianura e collinosi, mise in luce come la fortificazione permanente adempisse ancora una funzione integrativa, essenzialmente controcarri, di potenziamento d elle strutture statiche campali, degli ostacoli e delle zone e posizioni particolarmente sensibili, incidendo essa favorevolmente: in via diretta e preminente, sul terreno di cui accresce il valore difensivo, specie sotto l'aspetto della protezione; in via indiretta, sull'ostacolo, del quale incrementa il valore impeditivo, e sullo spazio, in quanto consente, a parità di forze disponibili, un maggior sviluppo in profondità delle azioni di ritardo e di logoramento. In ambiente nucleare, inoltre, aggiungeva la pubblicazione, la fortificazione permanente riduce la vulnerabilità del complesso delle strutture statiche all'offesa nemica, aumenta le possibilità d'impiego delle armi nucleari della difesa e si traduce non solo in un aumento globale di potenza, ma anche in un'economia di forze mobili a favore della
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manovra. Tale concezione, che venne poi integralmente ripresa dalla successiva pubblicazione n. 700 della serie dottrinale - che esamineremo più avanti - fu, dunque, alla base dello sviluppo che venne conferito, fino al 1975, sia alle opere fortificate ed ai complessi di opere sia alle unità di arresto. Nei riguardi dei terreni alpini e montani si continuò ad attribuire alla fortificazione la funzione, riconosciutale anche in passato, di sbarramento delle più importanti vie di facilitazione e di difesa delle zone critiche e delle posizioni non aggirabili che controllino le vie tattiche di alto rendimento. In tale contesto vennero ripristinate ed ammodernate opere e complessi di opere preesistenti e ne vennero costruiti altri nuovi con l'intento di farli concorrere nella zona di sicurezza al logoramento ed all'incalanamento dell'avversario, di attribuire loro, nella posizione di resistenza, e più in generale nell'area della battaglia - a tale fine vennero riattivate anche quelle schierate sul fiume Tagliamento - la funzione di ossatura dell'intero dispositivo difensivo. Le opere, consistenti ciascuna in postazioni blindate cooperanti, vennero intese come elementi in grado d'interdire ai mezzi corazzati e meccanizzati una determinata via di facilitazione; i complessi di opere, costituiti da un numero vario di opere tra loro intervallate in modo che un'esplosione nucleare tattica non ne coinvolgesse due contigui, vennero utilizzati per interdire in profondità una singola direttrice operativa inserendoli in tutto, od in parte, nei caposaldi della posizione di resistenza. L'inserimento dell'opera nel caposaldo pose problemi cli stretta cooperazione tra il presidio dell'opera e l'azione propria del caposaldo costituito da forze mobili e furono adottate tutte le misure necessarie per realizzare la dipendenza d'impiego delle opere dal comando delle forze mobili agenti nello stesso settore, la disponibilità di un rispondente sistema di trasmissioni tra i due tipi di unità, le modalità dell'addestramento in comune. All'inizio degli anni sessanta erano già in vita quattro raggruppamenti alpini da posizione (11 °, 12°, 21 ° e 22°) ed un raggruppamento da posizione (1 °), questo derivato dal I battaglione da posizione destinato al presidio del sistema difensivo del Tagliamento78, articolati, gli uni e l'altro, in gruppi di sbarramento, sbarramenti, opere. In relazione alla graduale attuazione del programma relativo alla fortificazione permanente, consistente nel ripristino e nell'ammodernamento dei manufatti preesistenti e nella costruzione di nuovi, secondo la tecnica della filtrazione e della pressurizzazione ai fini della difesa N.B.C., nel febbraio del 1960 vennero costituiti due nuovi battaglioni che inquadrarono anche le tre compagnie da po-
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sizione preesistenti79 e nel 1963 una nuova compagnia8°, mentre dallo stesso anno il generale Aloia procedé per tappe successive al riordinamento generale della unità di presidio della fortificazione ed al loro potenziamento morale e materiale8 L Il I raggruppamento venne trasformato nel 73° reggimento fanteria d'arresto Lombardia 82 , vennero costituiti il 53° reggimento fanteria d'arres to Umbria 83 e il 52° reggimento fanteria d'arresto Alpi, questo per trasformazione del 52° reggimento C.A.R. Alpi, e venne prevista la costituzione, all'atto dell'emergenza, di un altro reggimento - i l 54° Umbria - quale filiazione di uno dei battaglioni esistenti fin dal tempo di pace del 53 ° reggimento Umbria84 , mentre i raggruppamenti alpini di arresto vennero ridotti da quattro a tre (venne sciolto il 12°) 85 . I reggimenti di arresto vennero articolati in battaglioni, compagnie, plotoni opera e plotoni per la difesa vicina e le loro tabelle organiche, al pari di quelle dei raggruppamenti alpini di arresto, costantemente aggiornate sulla base dei dati di esperienza raccolti durante la rapida espansione delle unità verificatasi in quei quindici anni. Fino al 1972, anno in cui la linea del comando operativo subì una radicale mutazione, che esamineremo più avanti, il 21 ° e 22° raggruppamento rimasero alle dipendenze del IV corpo d'armata per il tramite delle brigate Tridentina ed Orobica e 1'11 ° venne posto alle dipendenze del comando truppe Carnia-Cadore, mentre il 73° reggimento fanteria d'arresto Lombardia fu posto alle dipendenze del comando unità di fanteria della 3a armata, il 53° Umbria ed il 52° Alpi del comando del V corpo d'armata per il t ramite rispettivamente dei comandi delle divisioni Folgore e Mantova. Nel quadro della graduale riduzione della componente operativa nella seconda metà degli anni settanta, il 73° Lombardia venne poi contratto su di un battaglione di quattro compagni e 86 · L'opera di rivitalizzazione della fortificazione permanente e delle unità di arresto sul piano concettuale e su quello ordinativo fu uno degli a s petti qualificanti di tutta l'attività svolta dallo stato maggiore dell'esercito, in particolare negli anni sessanta, per tentare di chiudere la porta di casa, utilizzando ogni risorsa possibile ed al tempo stesso per realizzare, nella particolare situazione di sperequazione in difetto tra forze e spazio, il migliore rapporto, nell'intento di economizzare forze a favore della manovra. L'idea base che guidò tali inte nti fu quella che la fortificazione permanente, qualora investita da dispositivi di attacco misti operanti con i procedimenti tipici della ta ttica d'infiltrazione, non sarebbe stata in grado di svolgere in pro prio, dissociata da forze mobili, una durevole ed apprezzabile a zione di ar-
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resto, e che le forze mobili, a loro volta, avrebbero trovato nella fortificazione permanente l'ossatura della loro sìstemazione.a difesa, conservando così un'alta potenzialità reattiva da esplicare anche a favore della stessa fortificazione permanente. Al fine di realizzare il reciproco appòrto di potenza tra unità di arresto ed unità mobili, sarebbe stato indispensabile un pari livello morale e professionale tra i due tipi di forze: per il conseguimento di tale obiettivo vennero adottati tutti quei vari provvedimento sostanziali e formali già ricordati. La consegna della bandiera di guerra ai reggimenti, il mutamento di denominazione (unità d'arresto anziché unità da posizione), l'articolazione in reggimenti, battaglioni, compagnie, plotoni e squadre, l'inserimento delle . unità nelle divisioni e nelle brigate, non come appendici aggiuntive ma come elementi non meno decisivi degli altri per il successo dell'azione difensiva della grande unità di appartenenza, l 'attenzione e la cura costanti degli organi centrali e periferici per l'efficienza delle unità di arresto, oltre che far superare aUe unità di arresto quel complesso di inferiorità fino ad allora avvertito, concorsero a determinare la connessione di base tra unità mobili e forze di presidio delle opere fortifi.cate, indispensabile ai fini della cooperazione tra i due diversi elementi. Venne così meno l'isolamento concettuale fino ad a llora esistente.
9. Il reggimento lagunare - il quale nel 1964 assunse la denominazione di Serenissima 87 - attraverso varie misure di riassetto ordinativo 88, fermo restando il compito prioritario della difesa del fianco a mare del dispositivo di difesa dello scacchiere nord-·o rientale in corrispondenza della cimosa lagunare veneta, acquisì, dopo l'assegnazione organica di un battaglione carri 89, la fisionomia propria di una unità meccanizzata in grado di operare sia sùl mare di costa, sia sulla terraferma per opporsi alle incursioni anfibie. L'assegnazione di mezzi meccanizzati, di nuovi mezzi anfibi 90 - questa avvenuta peraltro solo nella prima metà degli anni settanta - e di carri armati, ne potenziò l'efficienza morale e materiale e ne indirizzò l'addestramento verso le forme proprie delle unità meccanizzate. Esso divenne un complesso operativo di grande affidabilità sia contro i piccoli sbarchi anfibi, le azioni di commando, le incursioni, sia per sviluppare una robusta reazione mobile contro unità meccanizzate e corazzate. Il suo ammodernamento e potenziamento rientrarono in quell'ampio quadro di elevazione del livello di efficienza che lo stato maggiore dell'esercito perseguì a favore di tutta la componente operativa - a liquota operante nel quadro della pianificazione N.A.T.0., aliquota destinata
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alla difesa interna del territorio - nella consapevolezza che il grado di capacità operativa dell'insieme è in stretta relazione con quello delle singole unità ed in particolare di quelle atipiche, come il reggimento Serenissima, alle quali sono affidati compiti particolari, il cui mancato adempimento potrebbe compromettere il raggiungimento del successo dell'azione difensiva generale. D'altra parte, la stessa insufficienza delle risorse non avrebbe consentito di lasciare inattive forze non investite direttamente dall'azione dell'aggressore sol perché destinate ad una funzione particolare, mentre all'occorrenza si sarebbe potuto rendere necessario il loro impiego in compiti diversi per i quali perciò andavano altresì strutturate e addestrate. Questo il motivo per cui lo stato maggiore dell'esercito, senza sfigurarne la fisionomia peculiare originaria, anzi accentuandone i tratti essenziali, intese conferire al Serenissima la bivalenza di unità anfibia da costa e di unità meccanizzata di terraferma.
10. Il riordinamento della componente operativa coinvolse anche le unità non indivisionate di artiglieria, del genio, delle trasmissioni e dell'aviazione leggera, nei cui riguardi vennero operati numerosi successivi interventi, diretti soprattutto ad uniformare, nei limiti del possibile, nell'ambito della stessa arma, strutture e tabelle organiche, salvaguardando, s'intende, la diversità dei compiti e le peculiarità d'impiego delle varie armi e unità. La semplificazione e l'orientamento all'unificazione più spinta possibile delle strutture ordinative furono i criteri base che guidarono il lavoro ordinativo anche nei riguardi delle unità non indivisionate, secondo un piano organico sufficientemente lineare nel suo complesso e di esatta prospettiva per il futuro, condizionato peraltro, nel suo sviluppo, da una realtà mutevole ed incerta sotto il profilo tecnologico e finanziario. I riflessi di tale realtà si fecero particolarmente sentire nei settori dell'artiglieria e del genio, come del resto in quello dei mezzi corazzati e meccanizzati, mentre nei riguardi delle trasmissioni e dell'aviazione leggera, alle quali lo stato maggiore intese conferire una certa priorità di potenziamento, furono possibili progressi notevoli, seppure non tali da coprire per intero le esigenze. Nei riguardi dell'anna di artiglieria, oltre i provvedimenti concernenti la costituzione della rna hrigata missili e la riorganizzazio-
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ne dell'artiglieria contraerei, delle quali abbiamo trattato, gli altri interventi di carattere ordinativo ed organico via via adottati riguardarono le unità di campagna, pesante càmpale, pesante e da montagna, indivisionate e non, e le unità controcarri, queste ultime successivamente sciolte in relazione alla cessata rispondenza dei materiali esistenti alla nuova realtà del combattimento. Le artiglieria controcarri, già sottratte negli atti cinquanta al livello divisionale e riunite in unità di supporto delle grandi unità di ordine superiore, fecero una fine prematura che, giustificata per la vetustà del materiale, non lo fu sul piano concettuale dell'impiego giacché, anche se fin d'allora cominciò a prevalere la tesi che la migliore arma controcarri è il carro e che l'avvento dei missili oscurava definitivamente la fama che i cannoni controcarri si erano acquistati nella seconda guerra mondiale - si ricordi la battaglia di Medenine del marzo 1943 - altri eserciti continuavano ad armarsi di cannoni controcarri semoventi, cosiddetti d'assalto, per azioni di agguato e di manovra nel quadro della caccia ai carri. D'altra parte, i miglioramenti quantitativi e qualitativi raggiunti mediante la distribuzione di nuove armi controcarri alla fanteria non furono tali da colmare le lacune esistenti. Si trattò, comunque, di una scelta obbligata, ancorché ufficialmente motivata dall'aumentata capacità controcarri della fanteria, scelta determinata dall'impossibilità di acquisire cannoni controcarri moderni ed al tempo stesso dalla necessità d'incrementare il volume di fuoco dell'artiglieria da campagna, pesante campale e pesante e, mentre il 35° reggimento artiglieria semovente controcarri venne sciolto, come via via tutte le unità di artiglieria controcarri, il 155° cambiò numero, divenendo 27°, e venne trasformato in reggimento artiglieria pesante semovente91 . Quanto all'artiglieria da campagna, pesante campale, pesante e da montagna, dei numerosi interventi di quegli anni92 , i più significativi furono: la trasformazione del 3 ° reggimento artiglieria contraerei pesante in reggimento artiglieria pesante campale armato con materiale da 155/2393 ; il cambio dei materiali da 149/19 con quelli da 155/23 nel 6° reggimento artiglieria pesante campale94; il riordinamento dell'artiglieria pesante campale e pesante del maggio 1961 in base al quale venne previsto il mantenimento in vita fin dal tempo di pace di 5 reggimenti pesanti campali a traino meccanico (7°, 4°, 6°, 8° e 41 °), di un reggimento pesante campale semovente, di 2 reggimenti (9° e 52°) e di un gruppo pesante (XV) e la costituzione, in caso di emergenza, di altri 3 reggimenti pesanti campali (l 0 , 9° e 22°) e di un gruppo (VI) pesante95 ; la trasformazione del reggimento arti-
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glieria a cavallo da controcarri a reggimento da campagna semovente su: comando e tre gruppi ciascuno su tre batteria96; la successiva costituzione, fin dal tempo· di pace, del 9° reggimento pesante campale con obici da 155/23 97 ; la già ricordata costituzione del 27° reggimento artiglieria semovente pesante 98 con materiale da 17 5/60; l'introduzione in servizio (72 pezzi nel 1971 e 124 nel 1973) dei semoventi M109 G 99; il nuovo riordinamento dell'artiglieria pesante campale e pesante a traino meccanico (3°, 4°, 8°, 9° e 41 ° pesante campale e 52° pesante) effettuato nel 1974 100. Il processo di riordinamento dell'arma del genio si svolse con ritmo molto lentò e, occorre riconoscerlo, non sufficientemente sostenuto da quell'ansia di modernizzazione e di potenziamento che, almeno sul piano concettuale e della programmazione, anche se con risultati incompleti su quello delle realizzazioni, vivacizzò gli interventi nei riguardi delle altre armi. Ciò dipese, in primo luogo - è fuori dubbio - dall'insufficienza delle risorse finanziarie e non certo da sottovalutazione da parte dello stato maggiore dell'importanza dell'arma sul campo di battaglia moderno, ma vi concorse anche, forse inconsapevolmente, la ferma volontà degli stessi genieri di salvaguardare nella misura più larga possibile la partecipazione delle proprie unità al combattimento in primissima linea, anche a danno di una minore presenza ed efficienza nei riguardi delle altre attività, nelle quali i fattori tecnici fanno premio sugli altri. L'esaltazione della specialità pionieri di arresto, poi guastatori di arresto 101 - una denominazione che non convince perché il guastatore è piu chi attacca che non chi si difende - e cioè il privilegiare le attività tattiche rispetto a quelle tecniche non giovò alle altre specialità, comprese quelle dei pionieri e dei minatori, senza le quali, anche nel passato, ma peculiarmente dopo l'avvento dell'arma nucleare tattica, non è possibile impostare e condurre nessuna manovra al livello di grande unità elementare. La preminenza che venne data in quegli anni alla specialità di arresto, la si rileva indirettamente anche dagli scritti apparsi sulla Rivista Militare, dove pochi furono gli interventi sulle questioni dell'arma, ma di quei pochi i più riguardarono i pionjeri di arresto 102. Non è che questa specialità non avesse la sua ragione d'essere e che non rispondesse, nel quadro della pianificazione della manovra difensiva di scacchiere, ad un'esigenza reale e insopprimibile, ma essa finì con l'attrarre su di sé troppa attenzione e con il far distogliere troppe volte gli sguardi dalle altre funzioni e responsabilità proprie e non surrogabili dell'arma. Un primo riordinamento, tendente alla semplifi-
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cazione delle ·specialità dell'arma, venne effettuato negli anni 1963-1965 e coinvolse soprattutto le unità di supporto esistenti nello scacchiere nord-orientale, ma sfiorò, più che toccare, l'essenza del problema 103• Fu solo nel 1968 che, su sollecitazione dell'ispettorato dell'arma, lo stato maggiore dell'esercito pose allo studio di un apposito gruppo di lavoro il riordinamento dell'arma 104, che presentava oramai gravi squilibri nella struttura generale e nella costituzione organica delle unità. L'arma aveva continuato ad essere articolata in 11 specialità (pionieri, pionieri di arresto, pontieri, ferroviari, minatori, telefonisti, fotoelettrecisti, mascheratori, meccanici elettricisti, idrici, anticendi) di cui una sola, i pionieri, avrebbe dovuto essere in grado di adempiere tutti i compiti, mentre le altre specialità avevano conservato compiti specifici e limitati. Esisteva, inoltre, carenza di personale a lunga ferma per l'impiego delle attrezzature tecniche e queste erano inadeguate. Era, dunque, accaduto che l'esigenza di riordinamento dell'arma, sentita fin dal 1960 e ripresa in esarne negli anni 1964-'65, era stata ulteriormente tenuta in sospeso per ricercare una soluzione ordinata e consona ed un miglioramento delle disponibilità di bilancio, che vennero invece decurtate costringendo a dare priorità ad altre esigenze e a rimandare ancora il soddisfacimento di quelle del genio. Il gruppo di lavoro elaborò un approfondito studio, condotto anche sulla base delle soluzioni date all'ordinamento dell'arma negli eserciti francese, tedesco-occidentale e statunitense, che si concluse con tre _proposte principali 105: articolare l'arma in due specialità, o grupi di specialità, fondamentali, entrambe polivalenti, ma in campi di attività diversi: una destinata essenzialmente a compiti con premiente carattere di combattimento, l'altra per l'esecuzione dei lavori con preminente carattere tecnico; affidare i compiti relativi all'attività di lavoro a carattere logistico soprattutto ad unità ausiliarie (anche specializzate), senza escludere il concorso delle unità dell'arma per gli interventi più urgenti nel campo della viabilità e dell'OEZED e facendo grande ricorso ad imprese civili militarizzate; procedere al riordinamento per gradi, tenendo conto dei riflessi in campo ordinativo, logistico, addestrativo e delle incidenze sulle predisposizioni di mobilitazione, al fine di ridurre al minimo la crisi di trasformazione. Si passò, quindi, a definire i compiti delle unità ai vari livelli, ad esaminare la possibilità di sopprimere le specialità minori devolvendone i compiti alle unità polivalenti e a procedere all'aggiornamento e all'adeguamento delle tabelle organiche, con priorità per i supporto di armata e di corpo d'amrata, tendendo all'unificazione delle
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strutture delle unità di base. Un primo passo avanti, sul piano delle realizzazioni, venne effettuato, in sede ordinativa, nel rielaborare gli organici dei battaglioni pionieri di corpo d'armata e dei battaglioni pionieri di arresto, unità considerate matrici delle due future specialità o gruppi di specialità fondamentali 106. Venne previsto, inoltre, di adeguare la programmazione tecnico-finanziaria al fine di coprire il fabbisogno delle nuove moderne attrezzature e di studiare il ricorso a più ampie acquisizioni di esse per le esigenze di mobilitazione. Sul piano concettuale, in sintesi, l'arma venne articolata in due grandi branche: una del genio da combattimento, l'altra del genio di supporto (questa in grado non solo di soddisfare le esigenze di carattere tattico, ma anche di concorrere al soddisfacimento delle esigenze in ambiente logistico, peraltro di pertinenza preminente del servizio lavori ponti e strade); al livello di grande unità elementare fu ritenuta necessaria l'assegnazione, in misura prevalente, di unità da combattimento e in misura meno spinta di unità di supporto, mentre al livello di corpo d'armata si cercò di realizzare, in misura equilibrata, l'assegnazione di unità di supporto e di unità di combattimento ed al livello di armata, essenzialmente, di unità integrate in larga misura dalle unità del servizio lavori ponti e strade e dalle organizzazioni civili militarizzate. Sulla base di tali criteri si cominciò a dare vita al graduale riordinamento dell'arma 107, ma il sopraggiungere della crisi degli anni 1974-1975 non consentì di sviluppare adeguatamente il programma. Molto diverso da quello dell'arma del genio, il processo di ammodernamento e di potenziamento delle trasmissioni che dal 1960 al 1975 non conobbero soste nell'adeguamento delle loro strutture e dei loro molteplici mezzi d'impiego al rapido progredire della tecnologia. Non tutti i fabbisogni di personale e di attrezzature vennero coperti, ma dal comando di scacchiere fino al comando di plotone l'intera organizzazione di comando e controllo fu posta in condizione di funzionare con sufficiente sicurezza e continuità mediante la disponibilità di istradamenti multipli del traffico presso i centri trasmissioni dei vari livelli. Le grandi unità vennero dotate dei mezzi necessari all'impianto di reti telegrafoniche e radio, queste ultime in grado di funzionare anche in movimento, con criteri di larga autosufficienza. Le tabelle organiche delle unità trasmissioni furono soggette a ripetuti mutamenti soprattutto a causa della graduale introduzione in servizio di nuovi mezzi e della costante tendenza ad estendere l'impiego delle telescriventi e delle telecifranti, nonché in relazione alla dispo-
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nibilità di linee in ponte radio, fino al livello di brigata e spesso di reggimento. I vari riordinamenti e le varie modifiche delle tabelle organiche riguardarono sia le unità inquadrate nelle divisioni, brigate e unità particolari sia, in maggior misura, quelle di supporto dei comandi di corpo d'armata, armata e scacchiere108, nonché quelle addette allorganizzazione e all'esercizio della rete particolare integrata - comandi di grande unità operativa e C.M.T. della regione nord-est - destinata a coprire le esigenze dell'ip.tero scacchiere operativo, ivi comprese quelle delle comunicazioni della linea di comando N.A.T.0. 109. Nel settore delle trasmissioni, forse anche perché strettamente integrato al livello superiore con quello dei comandi N.A.T.O. e dei comandi operativi dell'aeronaturica, i ritardi, se ve ne furono, dipesero da motivi tecnici di scelta, di acquisizione e di messa in opera dei materiali, più che da difficoltà finanziarie. Anche l'aspetto della guerra elettronica formò oggetto di particolare e costante cura dello stato maggiore dell'esercito fino alla costituzione di apposite unità ed all'acquisizione dei mezzi necessari per poter disporre, fin dal tempo di pace, di un embrione funzionale sufficiente alle esigenze immediate110. Naturalmente anche nei riguardi delle trasmissioni non furono poche le difficoltà da superare in fatto di personale e di mezzi, oltretutto divenuti questi ultimi via via sempre più sofisticati ecostosi, ma non è azzardato affermare che in tale settore si raggiunse, se non completa, almeno sufficiente rispondenza tra dottrina ed ordinamento, vale a dire tra criteri d'impiego e le possibilità reali della loro applicazione. Se così non fosse stato, il ricorso alla manovra su fronti sempre più estese e con formazioni sempre più diradate a tutti i livelli sarebbe rimasto una semplice enunciazione dottrinale teorica. L'esercito, invece, per quanto atteneva ai mezzi di attivazione delle correnti informative, di esercizio del comando, di condotta e di controllo delle operazioni, raggiunse in quegli anni, ancorché gradatamente, un'operatività non molto inferiore, sotto tale aspetto particolare, a quello degli altri maggiori eserciti europei. Altro settore di sforzo massimo fu senza dubbio quello dell'aviazione leggera. Nata ex novo durante i primi anni del secondo dopoguerra, mediante la creazione delle prime sezioni con apparecchi ad ala fissa, e fatti i primi passi nell'impiego dei velivoli ad ala rotante nella seconda metà degli anni cinquanta, l'aviazione leggera dell'esercito, dal 1960 al 9175, moltiplicò il numero delle sue sezioni (S.A.L.), dei suoi reparti (R.A.L.) e dei tipi di velivolo, in particolare della componente elicotteristica, in misura assai notevole fino ad affermare la
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sua presenza a tutti i livelli di grande unità, dalla brigata all'armata e agli organi centrali di comando (stato maggiore dell'esercito e stato maggiore della difesa). Al compito iniziale di osservazione e di controllo del tiro delle artiglierie - l'A.L.E. era nata nell'ambito delle unità di artiglieria111 - aggiunse via via quelli di ricognizione, di collegamento, di controllo degli spazi vuoti, di trasporto dei comandanti e degli ufficiali dei comandi, di trasporto di minori unità di fanteria, di rifornimento logistico, di sgombero sanitario e, infine, quello di partecipazione diretta al combattimento, quale piattaforma di armi automatiche e/o di armi controcarro. Le vicende ordinative ed organiche112, che ne caratterizzarono in quegli anni l'articolazione e la consistenza, s'ispirarono in una prima fase al criterio di un largo decentramento e in una seconda fase a quello di un maggiore accentramento, questo determinato da motivi di economia, ma anche funzionali e logistici . In entrambe le fasi, peraltro, essa consolidò la sua importanza come elemento imprescindibile della lotta sul campo di battaglia moderno, come, del resto, accadde dovunque, specialmente nei riguardi dell'elicottero. Questo, dalla guerra di Corea in poi, era venuto dimostrando via via una potenzialità bellica sempre crescente, peraltro prevista dallo stato maggiore dell'esercito italiano ancora prima della guerra del Vietnam, sia nelle operazioni di controguerriglia od antiinsurrezionali, sia in quelle dei conflitti tra opposti eserciti convenzionali, tanto da assumere un ruolo determinante anche nella lotta controcarri. Nel 1961 l'A.L.E. contava già: 46 S.A.L., 2 reparti elicotteri e 2 reparti riparazione, 400 piloti e 500 specialisti; ai vecchi PIPER e agli elicotteri della serie 47 (G-G2-G3-J) vennero via via affiancati i CESSNA LI9-E e gli elicotteri multiruolo AB-204, AB-205, e AB-206 sicché, dopo l'introduzione in servizio degli ultimi due tipi di velivoli, per le caratteristiche dei mezzi e per l'apporto che essi fornivano nel campo della mobilità tattica alle forze di superficie, la componente elicotteristica dell' A.LE. conquistò rapidamente un ruolo predominante rispetto a quella ad ala fissa. Per mantere le cadenze serrata del progresso tecnologico, l'A.L.E. venne ulteriormente potenziata nella prima metà degli anni settanta mediante l'introduzione in servizio dell'aereo a turbina SM 1019 113 e dell'elicottero A-109 Hirundo 114 . L'ultimo riordinamento venne operato nel 1975 secondo il già accennato criterio di accentramento ed esso portò alla costituzione di 4 raggruppamenti e di un certo numero di gruppi di squadroni autonomi, assicurando la disponibilità di velivoli ai livelli di stato maggiore della difesa, di stato maggiore dell'esercito, di C.M.T. di regione, di cor-
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po d'armata, di divisione di fanteria, corazzata e meccanizzata, di brigata missili e di brigata paracadutisti 115. Nei riguardi dell'A.L.E. non vi furono, da parte dello stato maggiore, incertezze e perplessità concettuali e neppure ritardi di realizzazioni, anzi, sul piano dottrinale e su quello della costituzione delle prime unità, lo stato maggiore anticipò altri eserciti e mantenne costantemente il passo con l'evoluzione dei criteri d'impiego e della tecnologia. Una minore insufficienza di risorse finanziarie avrebbe consentito un ulteriore potenziamento della componente elicotteristica armata - esigenza particolarmente sentita nel settore di pianura dello scacchiere nord-orientale italiano e nelle zone del resto del territorio nazionale vulnerabili agli sbarchi dal mare e dal cielo - ma aver coperto in una certa misura e con mezzi rispondenti ed efficaci tutte le altre esigenze costituì un successo di grande rilievd, se si tiene conto oltre che delle solite difficoltà, in particolare di quelle finanziarie, soprattutto gravi in relazione ai costi dei velivoli e delle attrezzature a terra, della responsabilità e della delicatezza del compito di creare dal nulla una flotta aerea dicentinaia di velivoli. Nel riassetto del 1975 dei quattro raggruppamenti, ciascuno articolato su di un numero di gruppi squadroni diverso, uno venne assegnato allo stato maggiore dell'esercito e uno a ciascuno dei corpi d'armata (III, IV e V), mentre al VII, VIll, X e XI C.M.T. di regione e al comando militare della Sardegna vennero assegnati gruppi squadroni autonomi. I compiti generali assegnati alla A.L.E. furono quelli della ricognizione, del controllo del combattimento e dell'addestramento, del trasporto tattico e logistico e del concorso di fuoco, mentre le unità d'impiego vennero articolate in gruppi squadroni a loro volta distinti in squadroni omogenei (aerei leggeri o elicotteri) e gli squadroni elicotte~i, anche questi omogenei, in da ricognizione, da trasporto, d'attacco o multiruolo. Si trattò, in sostanza, di una profonda riorganizzazione della A.L.E. della quale, non solo venne meglio razionalizzato l'impiego, ma meglio caratterizzate l'individualità e la fisionomia, diyenute molto simili a quelle di un vero e proprio corpo a sé stante.
11.
Altri interventi dello stato maggiore dell'esercito riguardarono l'aerocooperazione116, il nuovo assetto dell'organizzazione della difesa N.B.C. 117, la costituzione del reparto guerra psicologica 118, l'organiz-
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zazione degli organi d'interpretazione de1Je fotografie aeree 119, l'organizzazione dell'attività addestrativa nel caso di emergenza120 e l'organizzazione d'Intendenza 121 , dei più significativi dei quali diamo notizia in nota. Qualcosa di più va, invece, detto, per completare il panorama tracciato sull'ordinamento della componente operativa N .A.T.O. e regionale, nei riguardi della linea di comando e di controllo delle operazioni. Questa, pur modificata mediante la creazione di qualche nuovo organo intermedio e soprattutto mediante una diversa collocazione di dipendenze rispetto alla situazione preesistente, rimase fino al 1972 nelle sue linee fondamentali, per il caso di emergenza, quella della seconda metà degli anni cinquanta: comando dello scacchiere operativo nord-orientale affidato al comandante N.A.T.O. delle forze terrestri alleate del Sud-Europa con sede in tempo di pace in Verona 122, con alle dipendenze il comando designato della 3a armata con sede in Padova 123 (con alle dipendenze: comandi del III e V corpo d'armata ed il comando Truppe Carnia Cadore) ed il comando del IV corpo d'armata con sede in Bolzano. Dallo stato maggiore dell'esercito continuarono a dipendere, anche per il caso di emergenza, i C.M.T. di regione e il comando del VI corpo d'armata con sede in Bologna, questo ultimo peraltro eventualmente trasferibile, in caso di necessità, alle dipendenze del comandante di scacchiere. Le tabele organiche inziali dei comandi di corpo d'armata andarono soggette nel corso di quegli anni a completamenti, aggiunte, varianti, rielaborazioni 124, tendenti nell'insieme a garantirne la sempre migliore rispondenza alle presumibili situazioni via via ipotizzabili nella pianificazione operativa ed a criteri di articolazione interna che ne garantissero, oltre che la piena funzionalità, anche la massima prontezza operativa e l'immediata entrata in funzione. Nella impossibilità di mantenerli in tempo di pace ai livelli di forza delle tabelle di guerra, furono studiate ed attuate tabelle ordinative ed organiche del tempo di pace, che comunque soddisfacevano, pur nel loro formato ridotto, l'immediata messa in opera del dispositivo difensivo e l'altrettanto immediato esercizio del comando e del controllo. Anche nei riguardi dell'organizzazione logistica dello scacchiere - intendenza nord-est, delegazione d'intendenza veneta affiancata al comando della 3a armata, delegazione d'intendenza tridentina affiancata al IV corpo d'armata - centrata su quella di pace del V C.M.T. della regione nord-est, non solo vennero elaborate e predisposte le formazioni di campagna da assumere all'atto della mobilitazione, ma venne attuata una serie di misure dirette a rendere il più possibile conformi le
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articolazioni e le dipendenze del tempo di pace a quelle del tempo di guerra ed a ridurre il più possibile i tempi di trasformazione dalla fisionomia territoriale a quella di campagna. Tra l'altro, come già ricordato, venne di nuovo scissa la carica di comandante designato della 3a armata da quella di comandante del V C.M.T. della regione militare nord-est 125. Nel 1960 venne costituito il Comando delle Truppe Carnia 126, che nel 1962 venne posto alle dipendenze del comando designato della 3 a armata 127, dopo che nel 1961 aveva assunto la denominazione di Comando Truppe Carnia e Cadore 128 ; nel 1968 tale comando venne passato alle dipendenze del IV corpo d'armata 129, provvedimento questo ultimo determinato da motivi di spirito di corpo - riunire tutte le truppe alpine in un unico corpo d'armata alpino al comando di ungenerale proveniente dagli alpini o dall'artiglieria da montagna - più che da esigenze operative. La costituzione di un comando ad hoc per conferire unitarietà alla pianificazione e alla direzione delle operazioni nel settore di raccordo tra la fronte est e quelJa nord dello schieramento difensivo, era stata avvertita già durante la prima guerra mondiale e nel secondo dopo guerra era stata, fino al 1968, opinione costante e prevalente dei capi di stato maggiore e dei comandanti operativi che la dipendenza di comando di tale settore dovesse essere attribuita al comandante responsabile della fronte est, per la ben maggiore incidenza che l'andamento delle operazioni nella regione Carnia-Cadore esercita sul retro della fronte est che non su quella nord. Sulla base di tale evidente realtà la brigata Julia prima e, dopo la sua costituzione, anche la Cadore erano state poste e mantenute alle dipendenze del comando V corpo d'armata, nei primi tempi unico responsabile della fronte est. Un altro comando intermedio che venne progressivamente potenziato fu il Comando militare di Trieste 130 - che nel 1965 assunse la denominazione di Comando truppe Trieste 131 - alle cui dipendenze vennero posti un reggimento di fanteria (151 ° Sassari), un reggimento di artiglieria da campagna (il 14°), un plotone genio pionieri, un plotone trasmissioni, una S.A.L. e un nucleo sussistenza, in modo da conferirgli una fisionomia simile a quella di una brigata di fanteria, senza peraltro poter includere nel nuovo organico una unità carri che consentisse al comando una qualche possibilità di reazione manovrata. Il mutamento di dipendenza - dalle dipendenze del V C.M.T. della regione nord-est fu passato a quelle del V corpo d'armata - ebbe la sua valida giustificazione nel fatto che l'acquisizione di una sia pur
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modesta potenzialità di difesa dava risalto alla sua funzione operativa rispetto a quella essenzialmente·territoriale fino ad allora devolutagli. Il provvedimento, a prescindere da ogni altra considerazione, ebbe inoltre riflessi morali positivi sulle truppe di quel comando che, entrate nella giurisdizione operativa, addestrativa e disciplinare del comando del V corpo d'armata, si sentirono maggiormente valorizzate nel loro difficile e delicato compito di difesa ad oltranza di una città per la cui riunione alla madrepatria erano cadute centinaia di migliaia di soldati. Un nuovo comando intermedio, la cui costituzione non ebbe una giustificazione operativa, ma solo di opportunità e di convenienza addestrativa e disciplinare, fu il comando delle unità di fanteria del comando designato della 3a Armata, che riunì sotto di sé il 73° reggimento fanteria d'arresto Lombardia e il reggimento lagunari Serenissima 13 2, due unità atipiche e diverse per compiti, funzioni, ordinamento, armamento, equipaggiamento e per forma mentis, aventi, peraltro, in comune la destinazione ad operare in caso di guerra nell'ambito della 3a armata. La riunione di due unità così diverse, chiamate ad operare in ambienti differenti e con procedimenti tattici distinti, sembrò inizialmente quasi paradossale e non fu facile neppure far comprendere ai quadri e ai gregari, gelosi della individualità del proprio reparto, le ragioni di tale commistione. Eppure nel tempo vennero meno e scomparvero le reciproche diffidenze e, nel campo dell'addestramento, la presenza da una parte di terreni fortificati e dall'altra di unità meccanizzate e corazzate consentì lo sviluppo di esercitazioni in bianco di cooperazione e di esercitazioni a partiti contrapposti di alta ed insperata remuneratività addestrativa. Ordinamento e tabelle organiche dei comandi di armata e di corpo d'armata e dei loro supporti, in vita o da costituire all'atto della mobilitazione, furono soggetti a frequenti modifiche e completamenti 133, in particolare quelli riguardanti il comando designato della 3 a · armata sul quale gravavano non soltanto i compiti della pianificazione operativa e le responsabilità della preparazione e, dal momento dell'emergenza, della direzione delle operazioni del settore fronte est dello scacchiere, nonché l'alto controllo dell'addestramento del III e V corpo d'armata, ma anche l'esercizio del comando a tutti gli effetti , fin dal tempo di pace, su: comando Truppe Carnia-Cadore (brigate Julia e Cadore), comando artiglieria contraerei dell'esercito, comando della Illa brigata missili e, per il tramite del comando fanteria, 73 ° reggimento fanteria d'arresto Lombardia e reggimento lagunari Se-
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renissima, oltre che sul comando trasmissioni (con alle dipendenze due battaglioni) e sul R.A.L.. Un carico operativo, addestrativo, disciplinare e logistico di notevole peso che aveva fatto, nel tempo, del vecchio nucleo del comando designato della 3a armata un organo di grande importanza e di grande rilievo anche perché era l'unico comando operativo nazionale di livello strategico, direttamente responsabile, oltre tutto, della chiusura della principale porta di accesso via terra al territorio della penisola. Nell'ipotesi di una tensione del tipo di quella verificatasi nel 1954 per la questione di Trieste e, comunque, di un conflitto non riguardante la N .A.T.O., sarebbe toccato al comando designato della 3a armata, in tali casi operante alle dirette dipendenze dello stato maggiore dell'esercito, di assumere il comando operativo ed il controllo delle forze nazionali impegnate nella particolare emergenza, mentre a questa sarebbe rimasto estraneo il comando delle F.T.A.S.E. che, benché retto da un generale italiano e costituito in gran parte da personale italiano, è un comando N.A.T.O .. Fino agli inizi del 1972 il quadro di battaglia per la difesa dello scacchiere nord-orientale fu cosi articolato: comando delle F.T.A.S.E. con alle dirette dipendenze il comando della 3a armata e il comando del IV corpo d'armata: la prima, a sua volta, con alle dipendenze il III ed il V corpo d'armata e, fino 1968, le Truppe Carnia-Cadore; il secondo con alle dipendenze le brigate alpine Orobica, Taurinense, Tridentina e dal 1968 il comando delle Truppe Carnia-Cadore (brigate Cadore e Julia). Il III corpo d'armata comprendeva le divisioni di fanteria Cremona e Legnano e la divisione corazzata Centauro, il V corpo d'armata la divisione di fanteria da montagna Mantova, la divisione di fanteria Folgore, la divisione corazzata Ariete e la brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli . Del III corpo d'armata la sola Legnano era grande unità di schieramento immediato. Sia l'armata sia i corpi d'armata comprendevano anche un numero vario di supporti di artiglieria, del genio, delle trasmissioni, le unità d 'arresto e le unità particolari. Le altre grandi unità, non comprese in tale quadro - la divisione di fanteria Granatieri di Sardegna, le brigate di fanteria Trieste, Friuli, Pinerolo, Aosta, paracadutisti Folgore - dipendenvano dai C.M.T. di regione o dal VI corpo d'armata con sede in Bologna. Sembrava che tale linea di comando, vieppiù consolidatasi nel tempo, segnasse un punto di arrivo stabile e definitivo, quando, pressoché all'improvviso, venne radicalmente mutata in seguito allo scioglimento del comando designato della 3 8 armata e di quello del VI corpo d'armata 134, al quale fece poi seguito, in sede di ristrutturazione del-
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l'intera componente operativa, circa tre anni dopo, lo scioglimento del Comando Truppe Carnia-Cadore 135 . Lo scioglimento del comando designato della 3 a 136 armata, disposto dal ministro della difesa pro-tempore, on Tanassi, su proposta, si disse, del capo di stato maggiore dell'esercito, generale Mereu, fu un provvedimento di grande rilevanza tecnico-operativa, morale e politica. Non persuase l'ambiente militare, colpì sfavorevolmente la parte dell'opinione pubblica nazionale interessata ai problemi militari, ferì il patrimonio della tradizione militare italiana eliminando dal novero degli alti comandi in vita uno dei più prestigiosi per il ruolo positivo determinante svolto ai fini della vittoria del 1918. Nell'esaminare il provvedimento di scioglimento del comando designato dalla 3a armata sotto il profilo tecnico-militare, non si può non annotare che uno sconvolgimento così improvviso e, comunque, immaturo di una linea di comando oramai consolidata deve pur aver avuto una sua ragione, debole che sia stata. Questa forse è da individuare nell'intendimento dello stato maggiore di offrire all'autorità politica una prova di disponibilità al ridimensionamento della struttura dell'esercito nel quadro della più vasta ristrutturazione in corso di studio al livello interforze. Se così fu, come il generale Mcreu ebbe a dichiarare pubblicamente nel suo ultimo incontro ufficiale con i quadri del comando designato della 3 a armata verso la fine del mese di marzo del 1972, non si può non rilevare che l'intervento chirurgico d'urgenza sulla linea di comando - un'operazione talvolta necessaria ancorché dolorosa - avrebbe dovuto essere inquadrato in una diagnosi approfondita di tutta la situazione ordinativa ed organica e valutato anche negli effetti collaterali che esso avrebbe potuto produrre. Gli studi per la ristrutturazione delle forze armate procedevano con estrema lentezza, in un susseguirsi di accese riunioni dei gruppi di lavoro e del comitato dei capi di stato maggiore non ancora giunti, in quel periodo, ad orientamenti conclusivi. D'altra parte, se è vero che la sola previsione di un ridimensionamento dell'entità delle forze operative può suggerire di ridurre gli anelli della catena di comando - una riduzione che può essere imposta dalla stessa evoluzione della strategia e della tattica - è altresì vero che nel caso s pecifico lo scioglimento del comando designato della 3 a armata ebbe conseguenze pesantemente negative quali: l'attribuzione al comandante delle . F.T.A.S.E. di un secondo berretto con distintivo nazionale, rendendolo così responsabile anche delle operazioni non interessanti direttamente la N.A.T.O.; la costituzione a tale fine di un nucleo di stato
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maggiore, distinto e separato dallo stato maggiore internazionale del comando delle F.T.A.S.E., incaricato di trattare le questioni operative di puro interesse nazionale quasi a conferma dell'esigenza avvertita da quando era stato costituito il nucleo del comando designato della 3a armata di un organo nazionale in grado di coordinare l'intervento di più corpi d'armata nazionali sia sul piano addestrativo, sia eventualmente su quello operativo; l'appesantimento delle funzioni e delle responsabilità dei comandi del V e del IV corpo d'armata, nei riguardi di questo ultimo dopo lo scioglimento del comando Truppe Carnia-Cadore. Il comando dell'artiglieria contraerei dell'esercito venne trasferito alle dipendenze dell'ispettorato d'artiglieria e N.B.C. che non è organo della catena di comando operativo - la 111 3 brigata missili e il comando fanteria della 3 a armata a quelle del V corpo d'armata. Nessun inconveniente di carattere operativo ed ordinativo derivò, invece, dallo scioglimento del VI corpo d'armata - che con il passare del tempo aveva quasi finito con l'assumere nella pianificazione operativa la veste di comando di sostituzione di uno degli altri corpi d'armata di previsto impiego in pianura - le cui grandi unità vennero passate alle dipendenze del VII C.M.T. della regione toscoemiliana. Lo scioglimento del comando della 3a armata fu una decisione discutibile sul piano operativo, prematura su quello ordinativo e, avulsa come fu da un contesto generale, inopportuna dal punto di vista politico, psicologico e spirituale, tanto è vero che vi fu chi lautilizzò, sia pure fraudolentemente, per bassi scopi di parte. Sotto il profilo del realizzo di economie non siamo in grado di indicare cifre, ma non si è fuori della verità nel definirlo assai esiguo e quasi inavvertito, sia nei riguardi del personale, di cui la gran parte rimase in Padova passando nella forza effettiva di altri comandi, quando un'aliquota non anche tenuta a disposizione senza impiego, sia della spesa in termini finanziari e di consumo di mezzi e materiali. A proposito della ragione economica va sottolineato il fatto che ancora una volta dovendosi iniziare a ridimensionare l'intero strumento, lo si fece con inizio della componente operativa, anziché dalle altre.
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L'ordinamento ideato dallo stato maggiore dell'esercito nei riguardi della componente operativa seguì, in genere, nell'insieme una linea di sviluppo aderente all'evoluzione del pensiero militare e del
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progresso dei mezzi ed equipaggiamenti bellici. Sotto il profilo dell'impostazione concettuale esso si mosse, al pari di quello che venivano facendo contemporaneamente quasi tutti gli altri eserciti della N.A.T.O. ed anche gli altri, nella costante ricerca dell'incremento della potenza di fuoco e della mobilità tattica: la prima perseguita con priorità a favore della fanteria e della cavalleria mediante l'ammodernamento delle armi 13 7, specialmente carri armati 138 e controcarri 139, e la loro collocazione organica a livelli più bassi; la seconda, soprattutto, mediante la meccanizzazione della fanteria e della cavalleria ed il sempre maggiore approccio alla componente elicotteristica dell'A.L.E .. In tale impostazione di fondo, senza dubbio valida, non vi furono in tutti quegli anni né correzioni di rotta, né ripensamenti, anche se almeno uno di questi ultimi sarebbe stato opportuno e conveniente. Ci riferiamo ai mezzi assegnati alle unità di cavalleria per il compito di esplorazione. Senza voler entrare nel merito della vexata quaestio se l'attività esplorante debba essere affidata esclusivamente a veicoli cingolati o anche a veicoli ruotati (autoblindo), sta di fatto che i G.E.D. e le altre unità esploranti ebbero in dotazione A.R. (in via provvisoria, poi sostituite con mezzi meccanizzati), AMX e MIB, mezzi che da soli non coprono i requisiti di estrema mobilità e scioltezza necessari alle unità esploranti. Anche se si volle sposare senza riserva la tesi sostenuta negli anni sessanta dall'esercito americano e da quello tedesco-occidentale, oltre che da quello sovietico, dell'esclusivo affidamento per l'esplorazione sui veicoli cingolati, sarebbe stato necessario tenere presente che né gli AMX né gli MII3 erano - e sono - mezzi specifici per l'esplorazione, ma solo mezzi di ripiego, e che, pertanto, essi avrebbero dovuto essere sostituiti, non appena consentito dal bilancio, da veicoli simili a quelli delle unità esploranti degli altri eserciti, indipendentemente che essi fossero tutti cingolati o parte cingolati e parte ruotati. Il bilancio non lo avrebbe mai consentito, ma ciò non esimeva lo stato maggiore dal porre la questione sul piano concettuale, tanto più che dalla seconda metà degli anni sessanta tutti gli eserciti, sia pure con diverse preferenze, venivano dotando le loro unità esploranti di mezzi cingolati e ruotati ideati e costruiti ad hoc per compiti esploranti. Le altre lacune dell'ordinamento di quegli anni già rilevate - assenza, dopo lo scioglimento in tempo di pace dei gruppi contraerei leggeri, di mezzi di difesa dagli attacchi aerei da bassa quota; vetustà dell'ordinamento dell'arma del genio alla quale, peraltro, si cominciò a mettere un qualche riparo nel 1970; priorità troppo bassa attribuita ai mezzi tecnici per la sorveglianza ed il
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controllo del campo di battaglia e per le operazioni notturne; ecc. non possono essere attribuite ad errori concettuali d'impostazione perché tali non furono, ma esse dipesero esclusivamente da indisponibilità finanziaria. Caratterizzarono altresì l'impostazione ordinativa di quegli anni: la visione globale che lo stato maggiore ebbe dell'intero problema della componente operativa, sia dell'aliquota maggiore destinata alla difesa dello scacchiere nord-orientale, sia di quella minore assegnata alla difesa del territorio; la ricerca spinta il più avanti possibile della standardizzazione degli organigrammi dei comandi di tutti i livelli in modo da stabilire, secondo un modello di base, la piena corrispondenza, naturalmente con dimensioni diverse a seconda dei livelli, tra gli organi esercitanti la stessa funzione ai vari gradini della scala del comando operativo; l'orientamento alla maggiore uniformità possibile nella costituzione organica delle unità delle varie armi sì da abolire le differenziazioni non strettamente necessarie e rendere omogenee ed equilibrate le articolazioni dei reparti e le loro prestazioni sul piano tattico e tecnico; l'attenta cura all'elevazione dei valori spirituali nella piena consapevolezza che solo nella fusione di essi con quelli materiali risiede la capacità operativa delle formazioni tattiche. Se si fa eccezione dell'abbandono della articolazione standard e del ritorno a quella originaria della divisione corazzata, quasi tutti i numerosissimi provvedimenti di carattere ordinativo ed organico, adottati nel periodo precedente la ristrutturazione del 1975, ebbero effetti di ammodernamento e di potenziamento e valsero a configurare una componente operativa con sufficiente capacità di arresto e di manovra, in relazione ai compiti difensivi da svolgere nei modi e nei tempi previsti dalla pianificazione in vigore. Le grandi unità e quelle di supporto, via via modellate dalla fine della guerra in poi fino al 1975, pur con tutti i loro punti deboli, ricalcarono sul piano concettuale, non senza peculiarità originali e proprie, le concezioni degli eserciti più avanzati ed ebbero con questi in comune i principi ed i criteri ordinativi di base. Ciò non vuol dire che una grande unità italiana godesse della stessa potenzialità di fuoco, di mobilità e di prestazioni tecniche di un'omologa grande unità americana o tedesco-occidentale. La tesi sostenuta da alcuni, secondo cui la componente operativa dell'esercito italiano rimase in posizione di svantaggio agli occhi del mondo sul piano dell'immagine complessiva rispetto a quelle degli altri eserciti maggiori, è vera se riferita alla quantità e qualità dei mezzi; riflette però una visione del tutto superficiale qualora la si voglia esten-
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dere all'impostazione che guidò lo stato maggiore dell'esercito nel lavoro ordinativo ed organico di quegli anni. Le domande da porsi riguardano piuttosto la dimensione che venne data alla componente operativa, vale a dire se questa fu commisurata al minimo indispensabile e se una sua ulteriore riduzione non si sarebbe potuta tradurre in un aumento dell'efficienza complessiva. A tale riguardo occorre distinguere tra dimensione imposta dall'adempimento dei compiti e quella consentita dalla disponibilità delle risorse. Non vi possono essere dubbi sulla preminenza della qualità, rispetto alla quantità, ma è altrettanto fuori discussione che il rapporto forze-spazio, questo inteso nelle sue dimensioni di ampiezza e di profondità, già moltto ridotto rispetto al passato, non può scendere al di sotto di determinati valori che nessun coefficiente di qualità, elevato che sia, potrebbe compensare. Nell'ordinamento degli anni 1960-1975 non vi furono nei riguardi della componente operativa surplus, orpelli di lusso, concessioni a desideri di grandezza. Entrambe le aliquote furono complessivamente commisurate all'indispensabile, tanto è vero che l'indicazione dottrinale di una seconda posizione difensiva, della quale si era tenuto conto nella pianificazione operativa degli anni cinquanta e per la cui organizzazione era stato costituto il comando del VI corpo d'armata e previsto l'impiego di alcune grandi unità destinate alla difesa interna, venne del tutto, o quasi, disattesa nella valutazione dell'entità delle forze, le quali vennero tutte proiettate a favore della posizione difensiva avanzata. Non v'è contraddizione tra quanto veniamo affermando e quanto abbiamo rilevato a proposito delle brigate alpine: una diminuzione del numero di queste avrebbe dovuto essere convalidata dall'acquisizione di mezzi più costosi. Nelle ristrettezze finanziarie che dovette costantemente fronteggiare, lo stato maggiore dell'esercito non fu mai incline in quegli anni ad accettare l'invito del proverbio melius abundare quam deficere. Convinto che quello stabilito era il minimo indispensabile, esso fece di tutto per salvaguardarne la sopravvivenza, ricorrendo, peraltro forse in misura eccessiva, a provvedimenti riduttivi e ad accorgimenti ed espedienti di emergenza, non senza gravi rischi per la prontezza ed efficienza operative. Si può osservare che la politica dell'attesa di tempi migliori, dei rinvii ai nuovi esercizi finanziari, della estrema docilità alle richieste riduttive dell'autorità di governo, della parata delle decurtazioni e dei mancati aumenti di bilancio mediante il ricorso a ripieghi, fu improvvida ed imprevidente, ma le difficoltà oggettive, via via crescenti in ragione della situazione interna econo-
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mica e sociale del paese, furono molte e gravi. Non si può non tenere conto di tale realtà. Ma se l'entità della componente operativa copriva il fabbisogno minimo - come di fatto era - allora, pur non dovendosi escludere il ricorso a molti accorgimenti che non ne modificassero la natura sostanziale e non ne inficiassero l'operatività e il rendimento, l'alternativa dell'autorità politica avrebbe dovuto essere il realiz-. zo di economia in altri settori dell'amministrazione dello Stato e, in ambito militare, in altre branche dell'organizzazione. La determinazione dell'equilibrio tra le esigenze della difesa e le disponibilità per soddisfarle appartiene alla sfera delle competenze politiche, ma la definizione tecnica della consistenza numerica e qualitativa dello strumento militare, riferita ai compiti a questo assegnati, ricade nella responsabilità esclusiva dei vertici militari. Il compromesso, ciononostante, è la regola, tanto più che i vertici militari tendono in genere a chiedere di più per ottenere il minimo, anche se questo non fu il sistema di quegli anni, ma la politica dei compromessi seguita negli anni 1960-1975 si concluse con un fallimento determinato dalla contemporaneità della riduzione della ferma da 15 a 12 mesi e dalla drastica improvvisa ed inaspettata decurtazione della forza bilanciata. Lo stato maggiore dell'esercito, in previsione della riduzione della ferma, aveva programmato per il 1975 di incorporare per intero i tre con~ tingenti di leva {prevedibilmente di 70 000 unità ciascun.o) per complessive 210 000 unità. Il provvedimento non avrebbe soddisfatto, nonostante le numerose riduzioni organiche apportate negli anni precedenti, il fabbisogno del personale addestrato che sarebbe risultato inferiore a quello degli anni precedenti, già largamente insufficiente. La contrazione degli stanziamenti per il settore dei programmi di forza costrinse invece lo stato maggiore dell'esercito a rinunciare all'incorporazione per intero dei tre contingenti di leva e ad apportare una riduzione di 15 000 unità a ciascuno di essi {per complessivi 45 000 uomini), facendo scendere la forza bilanciata a 165 militari di truppa (più 12 000 tra A.U.C. e A.C.S.). Allo scopo di assorbire la riduzione, venne disposta la contrazione a quadro di 20 unità al livello di battaglione e equivalente, non vennero avviate reclute, a partire dal contingente 1/75, ad altre 37 unità al livello di battaglione - il che volle dire l'eliminazione di tali unità nell'arco di un anno - e venne effettuata un'ulteriore riduzione media del 14% delle assegnazioni di . personale a tutto il resto delle unità dell'esercito. Per rimediare al fallimento della politica militare del governo, si fece ricorso al concordato della ristrutturazione, di cui ci occuperemo più avanti.
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I provvedimenti d'urgenza adottati nel 1974 140 nei confronti di un organismo in crisi per la preesistente disparità tra forza disponibile e dimensione globale della componente operativa determinarono un ulteriore abbassamento del livello di operatività delle unità, oramai assai prossimo a quello della insufficienza assoluta. La consistenza dei reparti scesa a livelli medi apparenti dell'ordine del 52% rispetto agli organici di guerra e, nella sostanza, al 34%, se si tiene conto che un terzo della forza di ciascuna unità, vale a dire l'ultimo contingente incorportato, era in addestramento di base e perciò non operativamente impiegabile. Un livello, in realtà, ancora più basso e cioè non superiore al 22 % degli organici se si tiene conto delle assenze per cause varie, valutabili statisticamente nell'ordine del 21,5%. Lo stillicidio di scioglimenti, contrazioni, riduzioni a quadro e di nuove tabelle di pace sempre più ridotte rispetto a quelle di guerra non erano valsi a salvaguardare la sopravvivenza di un ordinamento che, malgrado lacune, difetti e punti deboli, era pur sempre, nella sua natura
essenziale, il quid di meglio che era stato possibile realizzare sulla base di un triplice ordine di esigenze: distanza più corta possibile rispetto all'evoluzione del pensiero militare ed al progresso della scienza e della tecnica; aderenza maggiore possibile nei termini minimi irrinunciabili alle esigenze del quadro operativo N.A.T.O. e nazionale; adeguamento alle reali disponibilità finanziarie sia pure assai esigue nella speranza, poi dimostratasi illusione, che non sarebbero mai scese al di sotto di quelle minime indispensabili. Mancò da parte dello stato maggiore il senso del reale nell'impostazione e nella regìa dell'ordinamento 1960-1975? La risposta non può non essere che negativa, almeno per quanto riguarda gli anni sessanta. In effetti durante quel decennio l'ordinamento, sia pure con i ritocchi riduttivi iniziati fin dal primo periodo, poté essere salvaguardato e l'efficienza delle unità operative in vita fu mantenuta a livelli complessivamente soddisfacenti, consentendo le assegnazioni di bilancio un razionale, metodico, ampio e regolare sviluppo dell'attività addestrativa riguardante anche il III ciclo. All'inizio degli anni settanta, anche perché nel frattempo le armi ed i mezzi in dotazione erano venuti invecchiandosi, cominciarono a farsi più acuti ed evidenti i segni d'insostenibilità fin da breve termine della situazione ordinativa. Il capo di stato maggiore della difesa, generale Marchesi, sollecitò, come abbiamo già ricordato, gli stati maggiori di forza armata allo studio di un riesame globale dell'organizzazione militare, compresa la componente operativa. Lo stato maggiore dell'esercito si mise al lavoro, che si trascinò
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a lungo in sede di gruppi di lavoro interforze e di comitato dei capi di stato maggiore, un lavoro di per sé assai complesso sotto il profilo tecnico-militare, ma reso ancora più difficoltoso dalla incertezza circa le disponibilità finanziarie future, oltre che dalle diatribe tra le tre forze armate. D'altra parte, né il generale Mereu né il generale Viglione se la sentirono di andare oltre i soliti provvedimenti riduttivi parziali ed in più il generale Mereu ritenne di doverli iniziare incidendo sulla linea di comando, il cui ridimensionamento, se necessario, avrebbe dovuto scaturire dalla riduzione delle unità e non precederle. È peraltro innegabile che la drastica riduzione nel settore dei programmi di forze fu un fulmine non certo a ciel sereno, ma di entità impensabile. La quasi improvvisa riduzione di un terzo della componente operativa potrebbe indurre a ritenere che questa fosse stata fino ad allora sovrabbondante e soverchia e che conseguentemente i vertici militari, e in particolare lo stato nmaggiore dell'esercito, avessero per oltre trent'anni seguito una politica ordinativa di lusso e di spreco, in ogni caso non consona per eccesso alle prevedibili esigenze concrete della difesa del paese da un'eventuale aggressione dall'esterno. Non fu così. Il computo delle forze terrestri e del grado di efficienza e prontezza necessari a garantirne l'operatività renumerativa ai fini dei compiti da adempiere fu, in linea di massima, contenuto entro i limiti dell'indispensabile, senza nulla concedere al superfluo ed anche a ciò che sarebbe stato solo conveniente, e contenuto altresì negli stretti limiti della strategia difensiva concordata in sede politica e militare nell'ambito della N.A.T.O. e di quella diretta a fare fronte alle altre esigenze della difesa nazionale. Una diversa politica ordinativa, intesa a ridurre ulteriormente la componente operativa, non sarebbe stata accettabile neppure se fossero state accolte e soddisfatte le pregiudiziali di una migliore qualità delle armi e dei mezzi. Quando, verso i primi anni settanta, il crescente divario fra risorse ed esigenze, sia in mezzi finanziari sia in personale, determinò il rapido insostenibile deterioramento dell'efficienza funzionale della componente operativa - in seguito alla incidenza del progresso tecnologico, alla necessità di utilizzazione di tali tecnologie avanzate ed all'aumento vertiginoso dei costi di esercizio e di acquisizione dei nuovi armamenti e mezzi, costi esasperati dal processo inflazionistico che investì l'economia mondiale e in particolare quella italiana - venne drasticamente ridotta la dimensione della componente operativa, senza incidere, almeno sul piano teorico, sui compiti, non si trattò di riparare ad errori del passato e d'invertire tendenze ordinative esagerate, ma molto
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più semplicemente di abbassare ulteriormente il già modesto grado di priorità attribuito alla difesa del paese rispetto ad altre esigenze di carattere sociale ed economico valutate di maggiore peso ed urgenza dalla direzione politica. I provvedimenti riduttivi della componente operativa messi via via in esecuzione dal 1972 in poi e la successiva integrale ristrutturazione dell'esercito del 1975, che incise negativamente soprattutto sulle strutture operative e scolastico-addestrative, non ebbe origine e motivazione da una nuova o diversa valutazione della situazione politica internazionale e della strategia da seguire per fronteggiarla - rimaste inalterate - ma esclusivamente dalla insufficienza degli stanziamenti di bilancio che non consentivano più, per le ragioni appena ricordate, di mantenere funzionalmente efficiente neppure una forza operativa di dimensioni e con grado di prontezza già a mala pena accettabili. Le riduzioni e la ristrutturazione furono rese di più agevole attuazione per il governo della repubblica daJla mancanza di una legge sull'ordinamento delle forze armate che lo stato maggiore dell'esercito, d'intesa con gli stati maggiori delle altre due forze armate, aveva elaborato, sotto forma di disegno, fin dal 1966, ma che non era mai giunta in consiglio dei ministri. L'esistenza ditale legge avrebbe costretto il governo a chiederne la modifica al Parlamento che avrebbe avuto così modo di valutare assai meglio la portata dei vari provvedimenti riduttivi, dando luogo a dibattiti più approfonditi e portando le questioni a conoscenza dell'opinione pubblica. Questa, ancorché tradizionalmente poco sensibile ai problemi militari, non sarebbe rimasta pressoché all'oscuro di una scelta politica così fondamentale per l'avvenire del paese quale fu quella decisa nel 1975. Si dichiarò di voler dare vita ad un nuovo complesso operativo di forze di dimensioni ridotte, ma caratterizzato da una maggiore prontezza operativa che sarebbe stata conseguita mediante l 'ammodernamento dei mezzi, la razionalizzazione e lo snellimento delle rimanenti strutture per renderle più funzionali e, nel contempo, realizzare ogni possibile economia a favore della componente operativa, si finì in pratica con il far scendere al di sotto del minimo strategico il fattore quantità senza migliorare granché quello della qualità. In concJusione nel 1975 la componente operativa dell'esercito divenne solo meno consistente, ma non certamente più efficiente, pronta e funzionale.
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NOTE AL CAPITOLO LXI 1 Lo scioglimento deJla D.cor. Pozzuolo del Friuli fu disposto sotto la data del 31-Xll-1958 (f.n.1265-S/140214, 1-Xl-1958, S.M.E. Ord.}. Il nome venne assunto dalla B.cav. costituita l'anno avanti (f.n.395-R/15162456, 13-111-1957, S.M.E. Ord.). La trasformazione delle divisioni di fanteria contratte in brigate avvenne gradualmente tra il 1960 e il 1961: Friuli (f.n.310-S/15162411. 20-III-1960; f.n.660-S/15162411 , 16-IV-1960; f.n.2140-S/15162411, 28-VIl-1960: S.M.E. Ord.); Trieste (f.n.2135-S/15162411 , 31-VIJ-1960; f.n.2255-S/15162411. 10-IX-1960; f.n.2890-S/15162411, 6-XIl-1960: S.M.E. Ord.}; Aosta (f.n.2030-S/15162411, 31-VIl-1960; f.n.645-S/151624121, 18-IV-1960}; Avellino e Pinerolo (f.n.2200-S/15162411, 20-VIII-1960; f.n.2260-S/15162411, 10-IX-1960; f.n.675-S/151624124, 22-IV-1961; f.n.1210-S/151624124, 28-VII-1961; f.n.750-S/151624122, 4-V-1962; f.n.750-S/151624122, 4-V-1962: S.M.E. Ord.}. 2 Antonio Gualano (1899-1983), generale di C.d'A .. Fu nominato sottotenente di fanteria nel 1918 e partecipò alla 18 guerra mondiale. Negli anni dal 1934 al ' 37 frequentò i corsi della Scuola di guerra. Nei gradi da sottotenete a lenente colonello ebbe il comando di reparti di fanteria ed esercitò incarichi di S.M. Da colonello comandò il 114° rgt.f.«Mantova». Durante l'ultimo conflitto, dopo aver prestato servizio presso l'ufficio operazioni del comando della 4a armata e presso lo S.M. Generale, fu direttore dei trasporti dell'Intendenza dell'8a armata sul fronte russo, Capo di S.M. dell'Intendenza nel II C.d'A., addetto all'ufficio operazioni del comando della 6a armata in Sicilia, membro della missione militare italiana presso l'alto comando alleato nel Mediterraneo. Nella guerra di liberazione fu sottocapo di S.M. del C.I.L. e poi capo di S.M. del gruppo di combattimento «Mantova», successiv.te, fu capo di S.M. del Comiliter di Padova. Con i gradi di generale di brigata e di divisione fu, rispettivamente, comandante di raggruppamento della divisione «Friuli», comandante della fant. della divisione «Mantova», comandante della div.ne di f. «Cremona», ispettore dell'arma di fanteria. Da generale di C.d'A. ricoprì la carica di sottocapo di S.M. dell'esercito, di comandante della regione militare centrale, di comandante della F .T.A.S.E. Dal 1960 al 1962 fu capo di S.M. dell'esercito. 3 La lll 4 brigata missili venne costituita gradualmente con inizio dal febbraio 1959 e s'identificò, inizialmente, con il 3° reggimento artiglieria pesante, che trasformò dapprima il I e II gruppo da 155/45 in I e II gruppo missili Honest John da 762 mm. I vari provvedimenti di costituzione vennero disposti con i fogli dell'ufficio ordinamento dello S.M.E.: n.250-S/15162749, 16-II-1960;n.450-S/15162749, S-IV-1960 (costituzione della 1 a cp. per il btg. acquisizione obiettivi};·n.260-S/15162749, lSJI-1960; n.35-S/15162749, I-II-1960 (trasformazione del XII btg.g. pionieri in vista del suo inserimento nella B.msl.}; n.325-S/151624119, 10-IIl-1960; n.630-S/15162749, 10-IV-1960 (aggiunte e varianti alle TT.00.); n.877-S/15162749, 31-IV-1960 (costituzione del III gr.msl. da 762mm); n.2060-S/15162749, 22-VIl-1960; n.2212-S/15162749, 16-VIIl-1960; n.2450-S/15162772, 30-X-1960; n.2660-S/15162749, 9-XJ-1960 (costituzione del reparto R.R.-R. di B.); n.725-S/15162749, 27-VIIJ-1961 (scissione del comando della IIJa B. dal comando del 3°rgt.a.pe.); n.15-S/15162749, 12-1-1962; n.495-S/15162749, 21-V-1962 (compagnia trasmissioni per B.}; n.900-S/15162749, 29-1-1962 (costituzione VIII btg. fuc. per B.}; n.947-S/15162749, 2-VI-1962 (costituzione IV gr. msl. da 762mm.}; n.515-S/15162749, 2-Vl-1962 (idem); n.1060-S/15162749, 30-VI-1962 (costituzione del gruppo acquisizione obiettivi-Gr.AC.0.-); n.1560-S/15162749, 14-X-1961 (trasformazione di una btr. del Il1/9°pe. e di una btr. del XV gr.a.pe per assumere l'idoneità ad impiegare munizionamento
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nucleare); n.1420-S/15162749, 12-VIII-1962 (unità da 203/25 alla B.msl.); n.1410-S/15162749, 12-VIII-1962. 4 F.n.205-S/15162749, 22-VII-196, S.M.E. Ord.;f.n.540, 7-IV-1961, S.M.E. Ord. 4 bis F.n.205-S/15162744, 20-V-1961 , S.M.E. Ord. 5 F.n.2250-S/15162463, 31-VIII-1960, S.M.E. Ord. (6° e 7° ragpt. da posizione); f.n.110-S/15162463, 1-II-1960, S.M.E. Ord. (costituzione del XII e XVI btg. da posizione); f.n.50-S/15162462, 20-1-1961, S.M.E. Ord. (livelli di forza dei rggt.alp. da posizione); f.n.670-S/15162462, 20-1-1961. S.M.E. Ord. (organici di guerra 1° rggt. da pos.); f.n.780-S/15162463, 24-V-1961 (riordinamento XXI btg. da pos. e tabelle organiche); f.n.530-S/15162462, 10-V-1961, S.M.E. Ord (costituzione compagnie da pos.); f.n.2415-S/15162462, 31-XII-1962, S.M.E. Ord.(riordinamento e potenziamento delle unità di presidio alle opere). 6 Nel quadro del riordinamento dell'artiglieria: il 3° rgt.a.da pe. venne trasformato in 3° rgt.a.pe.camp da 155/23 su comando, 3 gr. in vita, 1 gr. quadro (f.n.l 130-S/15162452, 31-VIl-1961, S.M.E. Ord.); vennero riordinati il 1 °, 2°, 4°, 5°, 18°, 21 ° rgt.a.c/a pe.: il l 0 ,2°,18° vennero strutturati su comando, 2 gr.a.da pe. e 1 gr.c.a.l.; il 4°, 5° e 21 ° vennero strutturati su comando, 3 gr.c/a pe.e lgr.c.a.l. (ogni gr. ordinato su 4 btr):f.n.1125-S/15162542, 12-VIl-1961, S.M.E. Ord.; il rgt. a. a cavallo venne trsformato da smv. e.e. in smv. da campagna su 3 gr. (ciascuno su 3 btr.): f.n.260-S/15162541, 15-III-1961. S.M.E. Ord.; venne sciolta la batteria sperimentale razzi campali, costituita nel 1959, ad Anzio e successivamente, nel maggio 1961, trasferita a Cagliari, recuperando il personale per le esigenze del poligono interforze di Salto di Quirra a fine di migliorarne la sicurezza: f.n.900-R/152, 29-V-1962, S.M.E. Ord.; i gr.a. da 149/19 del 6° rgt.a.pe.cam. vennero trasformati in gr. da 155/23:f.n.650-S/15162555, 10-IV-1960, S.M.E. Onl; vennero riordinati i gr.a.c.a.l. dell'esercito di campagna: f.n.2090-S/15162542, 20-VIl-1960 e f.n.655-S/15162542, 20-IV-1960, S.M.E. Ord.; vennero stabiliti i nuovi organici del rgt.a.mon.: f.n.890-S/15162521, 31-V-1960, S.M.E. Ord.; vennero sciolti i comandi D.A.T. - Esercito di Roma (3 8 Z.A.T.) e di Bari (4 1 Z.A.T.), 2 comandi di rgpt. (Anzio e Lodi), 6 comandi di gr.a.c./a.pe e 2 comandi gr.a.c.a.l. e il comando D.A.T. - Esercito di Milano (1 • Z.A.T.) venne trasferito a Padova (Monte Venda): f.n.170-S/15264424, 13-11-1961, S.M.E. Ord. (rimasero in vita 6 gr.a.c/a pe. e 5 gr.a.c.al.); vennero riordinate le a.smv.c.c.: f.n.90-S/ 15162541, 23-1-1961, S.M.E. Ord.; vennero definite nuove TT.00. per i rgt.a.pe. e pe.cam.: f.n.475-S/ 15162555, 12-IV-1961, S.M.E. Ord.; vennero costituite le terze batterie presso i gr. del 155° rgt.a.smv.c.c.: f.n.695-S/15162541, 22-IV-1961, S.M.E. Ord.; f.n.1265-S/15162541, 15-IX-1961, S.M.E. Ord.: vennero riordinate le unità di a.pe. e pe.cam.: 3°, 4°, 6° e 8° rgt.pe.cam; 27° rgt.pe.cam.smv.; 41 ° rgt.pe.cam.; 9° e 52° rgt e XV gr.pe.; da costituire per mobilitazione: 1°, 9° e 22° rgt.pe.cam. e VI gr.a.pe.: foglio n.25/SS/ 15162555, 25-Vl-1961 , S.M.E. Ord.; venne sciolto il III gr. del 1° rgt.a.da pe.: foglio n.1860-S/15162542, 30-XI-1961 , S.M.E. ord.; f.n.1710-S/15162542, 18-XI-1961, S .M.E. Ord.; venne disposto un nuovo ordinamento delle a .c.c.smv: f.n. 1570-S/15 162541, 27-Xl-1961, S.M.E. Ord.; vennero stabiliti nuovi organici dei gr.a.cam.smv.: f.n. l 775-S/1516, 30-XI-1961 , S.M.E. Ord.; un successivo ulteriore riordinamento dell'a.c./a pe. previde: 1 °, 2° e 18° rgt
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su 2 gr.pe ed 1 gr.c.a.l.; 4°, 5° e 121 ° rgt. su 3 gr.pe. e 1 gr.c.a.l.; (f.n.1065-S/15162202, 5-VIl-1961, S.M.E. Ord.). 7 Vds. capitolo LIX nota n.19. 8 Vds. capitolo LIX nota n.20. 9 Guido Vedovato (1906), generale di C.d'A. Frequentò i corsi regolari presso l'accademia, scuola di applicazione di art. e g., conseguendo nel 1928 la nomina a tenente di art. Quale osservatore di aereoplano, partecipò alla campagna in A.O.; successivamente, frequentò i corsi della scuola di guerra. Nei gradi di maggiore e di tenente colonello comandò un gruppo del 35° reggim.to art. e ricoprì le cariche di capo ufficio operazioni e di sottocapo di S.M. del comando VIII C.d'A. sulla frontiera occidentale e su quella greco-albanese e di capo sezione ordinamento dello S.M.E. Ha poi comandato il rgt. art. a cavallo nel 1949-50. ~ stato capo ufficio del capo di S.M.E., capo ufficio ricerche e studi dello S.M.E., ufficiale di collegamento con il comando delle F.A.T. del Centro Europa. Da generale di brigata è stato capo reparto dello S.M.E.; da generale di div.ne comandò la div.ne «Granatieri di Sardegna»; da generale di C.d'A. fu ispettore dell'arma di art. e sottocapo di S.M.E. Ha comandato, inoltre, il III C.d'A. e le F.T.A.S.E. Dal 1967 al '68 è stato capo di S.M.E. e successivamente, dal 29.2.'68 al 14.1.'70, capo di S.M.D. 10 Vds. capitolo LIX, nota n.46. 11 F.n.2010-S/151614124, 2-IX-1965 e f.n.2020-S/15164124, 3-IX-1965 S.M.E. Ord.: scioglimento B.f. Avellino. 12 Alcuni provvedimenti di riduzione di unità non più necessarie o,comunque, la cui costituzione si ritenne poter essere rinviata al momento della mobilitazione, vennero adottati fin dal 1960 e riguardarono: scioglimento della cp. servizi del comando mii. della Sardegna (f.n. l 90-R/1526321, 20-Il-1960, S.M.E. Ord.);scioglimento colombaia militare di Roma (f.n.2680-R/151626419, 20-XI-1960, S .M.E. Ord.);scioglimento reparti salmerie della Cremona e della Taurinense (f.n.2420-S/15162522, 5-XI-1960, S.M.E. Ord.); scioglimento CI e CXV battaglioni fucilieri (f.n.1565-S/15162423, 31-VIII-1962, S.M.E. Ord.);scioglimento 3° reparto salmerie (f.n.1660-S/15162744, 27-VIII-1960, S.M.E. Ord.); scioglimento gr. mortai pe. IV, Ve VII corpod'annata(f.n.1935-S/15162744, 30-IX-1963, S.M.E. Ord.); scioglimento CIII battaglione fucilieri (f.n.2845-S/15162423, 7-XII-1963, S.M.E. Ord.);scioglimento CIV battaglione fucilieri (f.b.2831-S/15162441, 7-XIl-1963, S .M.E. Ord.); scioglimento CIII gr.a.smv.c.c. (f.n.2840-S/15162541, 7-XIl-1963, S .M.E. Ord.);scioglimento reparti salmerie delle B.alp Julia , Cadore, Tridentina, Orobica (f.n.2850-S/15162522, 7-XII-1963, S.M.E. Ord.);scioglimento 3a cp.I btg.g. ferrovieri (f.n.2835-S/15162726, 7-XII-1963, S.M.E. Ord.); scioglimento plotone genio p. e pi. trasmissioni Aquileia (f.n.2855-S/ 15162617, 7-XII-1963, S.M.E. Ord.); scioglimento gr.a.c.a.l.; delle divisioni Ariete e Centauro (f.n.2010-S/ 15162442, 23-VIII-1964, S.M.E. Ord.);scioglimento dei gr. e.a.I. delle divisioni di fanteri a(f.n.2000-S/15162543, 2-IX-1965, S.M.E. Ord.); scioglimento del comando 1°rgt. genio (f.n.280-S/15162222, 1-11-196, S.M.E. Ord.); scioglimento del V btg.g.p arresto (f.n.780-S/ 15162617, 20-11-196, S.M.E. Ord.);scioglimento XXI btg. trasmissioni per comando F.T.A.S.E. (f.n.27-S/154432, 21-1-1968, S.M.E. Ord.); scioglimento 2° reparto salmeria (f.n.235-S151, 2-V-1973, S .M.E. Ord.); scioglimento comandi genio D.f. Folgore e D.cor. Ariete (f.n.620-S/151, 8-X-1973, S.M.E. Ord.); scioglimento cp.c.c. delle divisioni Centauro e Ariete (f.n.640-S/151, 20-X-1973, S.M.E. Ord.); scioglimento 1 a cp. teleferisti, cp. mista mascheratori, cp. fotoelettricisti (f.n.280-S/ 151, 20-IV-1974, S.M.E. Ord.);scioglimento 111/3° rgt.a.msl. (f.n.265-S/151, 8-Xl-1964, S.M.E. Ord.); scioglimento 3° rgt.a.msl. (f.n.879/01903, 30-IX-1974, Uff. Segr. e Statistica). Abbiamo citato i principali, ve ne furono altri, m a alcuni scioglimenti vennero compensati da costituzioni di nuove unità, taluni rientrarono nel quadro di riassettodelle varie armi, altri furono fine a sé stessi, come, ad esempio, quelli dei reparti salmerie. 13 Oltre quelle ricordate nella nota n.6, le unità ridotte a «quadm» nel 1974 fu-
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rono: la za cp. del XIV btg.g.p. di C.A., il VII btg. genio p. di C.A., il I btg. g. pontieri, il IV btg. g. minatori, il III/4° rgt.a. pe.carn., il 1/6° rgt.a. pe.cam. (f.n.280-S/151, 20-IV-1974, e f.n.260-S/151, 20-IV-1974, S.M.E. Ord.), il 11113° rgt.amsl. (f.n.315-S/151, 3-VI-1974, S.M.E. Ord.). In seguito alla riduzione della forza bilanciata per il 1975 ed in attesa di dare corso alla ristrutturazione, vennero ridotti a quadro: il IV gr. del 3° rgt.a pe.cam., il m btg. del 17° rgt.f. Acqui (meno una cp.), il III gr. 9° rgt.a.pe.cam., il 11/67° rgt.f., il 11/157° rgt.f., il XVIII/I O rgt. bersaglieri, il 11/2° rgt.a.cam., il IV/11 ° rgt.a.cam., il II gr. del rgt.a. cavallo, il 11/52° rgt.a.pe., il btg. alpini d'arresto Val Cismon (meno una compagnia), il btg. Mondovì dell'8° rgt.alp., il btg.alp. d'arresto Val Fella dell'l 1 ° rgt. d'arresto, il III gruppo squadroni del rgt. Savoia Cavalleria, il gr.a.mon. Pinerolo del 3° rgt.a.mon., il 1114° rgt.a. pe.cam., il IV/2° rgt.alp., il btg. Marghera del Serenissima, il IIJ/41 ° rgt.a. pe.cam., la cp. movieri del comando logistico, il IV/1 ° rgt. granatieri, il IV/13° rgt.a.carn., il 1121 ° rgt.f., il I, II e IV btg del 68° rgt.f., il IV/157° rgt.f., il XVIII/3° rgt bersaglieri, il gr. sqd. Nizza cavalleria, il gr.sqd. Lancieri di Milano, il gr.sqd. Cavalleggeri di Lodi, il III e IV/7° rgt.a.cam., il II e m gr J t 1° rgt.a.cam., i btgg gp. Cremona e Legnano, i btgg. trasmissioni Cremona e Legnano, i btg.alpini Aosta del 4° rgt., Edolo del 5°, Bergamo del 6°, Belluno del 7°, Mondovì del 1°, Verona del 7°, Vestone del 5°, Agordo del 6°, il I e il II/59° rgt.f., il II1176 rgt.f., il I/92° rgt.f., il III/183° rgt.f., il 11/14° rgt.a.cam., il XXX btg.g. d'arresto, una cp. fucilieri per ogni btg. del 114° rgt.f. (f.n.360-S/151, 11-XI-1974, S.M.E. Òrd.). 14 F.n.525-S/151490, 16-V-1968, S .M.E. Ord.: riassetto organico GG.UU. corazzate (scioglimento delle brigate e costituzione dei comandi di fanteria e di artiglieria al livello divisionale). 15 Francesco Mereu (I 910-1981), generale di C.d'A. Sottotenete di fanteria dal 4.9.1930, frequentò succ.te la scuola di applicazione di f. Dal '37 al '40 frequentò i corsi della scuola di guerra. Da capitano svolse incarichi di S.M. presso il VI C.d'A. e partecipò, con tale grande unità, alle operazioni in Jugoslavia ed all'occupazione della Balcania. Fu, quindi, trasfel'ito a prestare servi'zio presso lo S.M.E. All'atto dell'armistizio si sottrasse alla cattura e ricoprì la carica di capo di S.M. di una formazione partigiana. Nel dopoguerra alternò incarichi di S.M., anche in ambito N.A.T.O., con comandi di unità. Da colonello comandò il 183° rgt. f. «Nembo» e fu, quindi, capo di S.M. del VI C.d'A. Da generale di brigata comandò le fant. della div.ne «Granatieri di Sardegna», fu capo del I reparto dello S.M.E. e comandò successivamente la scuola di fanteria di Cesano. Quale generale di div.ne comandò la divisione f. «Granatieri di Sardegna». Da generale di C.d'A. fu ispettore delle Armi di fanteria e cavalleria e comandò la regione militare centrale. Dal 15.1.'70 al 7.4.'73 fu Capo di S.M.E. 16 Andrea Viglione (1914), generale di C.d'A. Sottotenente di fanteria dal 1.10.'38, dopo aver frequentato l'accademia militare e la scuola di applicazione ha frequentato altresì, i corsi della scuola di guerra. Ha comandato un btg. dal 78° rgt.f., il 76° rgt f., la fanteria della divisione « Granatieri di Sardegna», la divisione «Folgore» il X e !'VIII Comiliter. Ha partecipato alla 2a guerra mondiale sulla fronte occidentale e a quella greco-albanese. Dopo l'armistizio ha svolto attività partigiana e ha preso parte alla guerra di liberazione. È stato comandante del corso superiore di S.M. presso la scuola di guerra, vice comandante dell'VIII Comiliter, direttore generale della motorizzazione e dei combustibili. Dall'8.4.'73 al 31.1.'75 é stato capo di S.M.E. e dal 1.2.'75 al 31.l .'78, capo di S.M.D.. 17 Vds. precedente nota n.13. 18 Andrea Cucino (1914), generale di C.d'A. Ha frequentato l'accademia di art.e g.,la scuola di applic.ne di art., il corso di spec.ne sui mezzi corazzati, i corsi della scuola di guerra, il corso degli stati maggiori combinati, il cor so del NATO Defense Col-lege. Ha comandato una batteria, durante l'ultimo conflitto, sul fronte russo, dove é stato anche capo centro controllo fuoco dell'art. divisionale. Ha comandato un gruppo del 35° rgt. art. da carn. c, da colonello, il 132 rgt. art. smv. «Ariete ». Da generale di brigata ha comandato la 3°.brig. cor. «Ariete» e da generale di div. ne la div.ne cor. «Ariete». È stato capo sezione regolamenti dello S.M.E., esperto militare al gruppo di lavoro in-
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terministeriale per il disarmo; pianificatore, presso il gruppo permanente della NATO a Washington, capo ufficio del Capo di S.M.E., capo reparto politica militare dello S.M.D., ispettore dell'arma di artiglieria; segretario generale del ministero della difesa dal 1.8.'72 al 31.1.'75 e, dal 1.2.'75 al 22.8.'77, capo di S.M.E.. 19 Vds. cap. LX, nota n.109. 2 Fucile automatico leggero (F.A.L.) BM/59, trasformazione italiana del Garand MI operata dalla Berretta in tre versioni: normale, per truppe alpine, per truppe paracadutiste. Peso totale dell'arma:5,338 Kg (normale), 5,445 Kg (truppe alpine), 5,596 Kg (truppe paracadutiste): vel.iniziale 800 m/s; celerità di tiro: 100 colpi al minuto primo; distanza d'impiego 300 m: bipiede ripiegabile; tiro mirato semiautomatico 300 m, fermo d'assalto SO m; lancio di bombe a schegge, nebbiogene ed incediarie 300+350 m a tiro curvo; su bipiede a brevi raffiche di fuoco (a funzionamento automatico) 300-350 m. 21 Mitragliatrice MG.42/59 della Germania federale. Calibro 7,62; nastro metallico collegabile in serie 50 colpi; peso dell'arma con bipiede 12 Kg; peso del treppiede mod.4 14,400 Kg; vel. iniziale 820 m/s; celerità di tiro 800 colpi al minuto primo; distanza d'impiego su bipiede 400-500 m, su treppiede 800-1000 m; gittata max. 3650 m; pallottole ordinaria, perforante, tracciante. Altra mitragliatrice rimasta in servizio fu la Browning 12,7, treppiede MI o altro particolare sostegno per tiro e.a. e con treppiede M3 per tiro terrestre. Ca!. 12,7 (O", 50); peso 14,380 Kg, peso treppiede 21,500 Kg; vel. iniziale 900 m/s; celerità di tiro prnlil.:a 400 colpi al minuto primo, teorica 600 colpi al minuto primo; gittata max. 6600 m circa; pallottole: ordinaria, perforante, incediaria, tracciante, perforante-tracciante, perforante-tracciante- incediaria. 22 Mortaio da 81 rnod.62: peso 40,2 Kg; lunghezza del tubo 1,55 m; gittata max con bomba ML 61 rn 5000; celerità di tiro 15+25 bombe al minuto primo; peso della bomba ML61 4,330 Kg; distanza di sicurezza 280 m. Più preciso, mobile, sicuro nell'impiego e con maggiore gittata del mod. 35, ma in grado di impiegare tutti i proietti del vecchio modello. Mortaio da 120, mod. 63: peso 91,5 Kg; lunghezza del tubo di lancio 1,64 m; celerità di tiro 8-10 colpi al minuto primo; gittata max. con bomba leggera 4750 m, con bomba P.E.P.A.(Projectil empenné à propulsion additionelle) 6550 m; peso della bomba P.E.P.A. 14 Kg (bomba Hotchiss-Brandt). 23 Missile filoguidato COBRA: calibro 100 mm; lunghezza 9,52 rn; peso 9700 Kg; perforazione mm 475; velocità di crociera m/s 85; distanza d' impiego rn 400-1600; peso posto tiro Kg 30; missile a carica cava, missile inerte. Missile filoguidato MOSQUITO: calibro 120 mm; lunghezza m 11,40; peso Kg 13,500; perforazione corazza omogenea 550 mm; velocità di crociera 95 m/s; distanza d'impiego m 400-1800; peso posto di tiro Kg 10,14; missile a carica cava, missile antiuomo, missile inerte. Missile filoguidato SS l l, a grande gittata: calibro 164 mm; lunghezza 12,01 m; peso 29,900 Kg; perforazione di corazza omogenea 600 mm; velocità di crociera da 110 a 190 m/s; distanza d'impiego da 500 a3000 m; peso posto Liro 73 Kg; missile a carica cava, missile a carica anulare, missile antiuomo, missile a carica cava rinforzante, missile inerte, impiegabile da terra, da bordo di mezzi meccanizzati, da elicotteri. 24 Veicolo cingolato per la fanteria, francese: peso 158 kg; lunghezza 5,7 m; vel.max. su strada 60 Km/h; autonomia 350 Km; guado 1 m; pendenza 60%; gradino 0,65; trincea 1,6 m. 25 Veicolo cingolato trasporto truppa M-113, prodotto in Italia su licenza: peso t 10,450; lunghezza m 4,90; ve!. max. su strada 61 Km/h; autonomia a gasolio 480 Km, a benzina 320 Km; corazzatura da 30 a 42 mm; può attraversare corsi d'acqua; é armato di ut1a mtr.12,7. Denominazioni: M577 posto comando, M106 per mortai da 120, M132 lanciafiamme, M548 trasporto munizioni e materiali, T122 traino, ecc..
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26 Carro armato M47 Patton: bocca da fuoco da 90/50, 1 mtr. e.a. Browning 12,7; celerità di tiro del cannone 10-12 colpi al minuto primo; distanza d'impiego e.e. 1500-2000 m; scafo: peso 44 t, lunghezza 7,14 m; velocità max. su strada 48 Km/h; gradino 0,91 m; pendenza 60%; trincea 2,58 m; autonomia su strada 110 Km, su terreno vario 6 ore; 61 colpi (27 HE, 34 perforanti), 1500 colpi per la 7,12 e 700 per la 12,7, altre nebbiogene). 27 Carro armato M60-AI: peso 48,98 t; lunghezza 9,436 m; lunghezza del solo scafo 6.946; larghezza 3,63/m; altezza 3,27 m; velocità max. su strada 48,28 Km/h; autonomia su strada 490 Km; autonomia su terreno vario 14 ore; pendenza 60%; gradino 0,91; trincea 3,05 m; armamento: 1 cannone da 105/51, 1 mtr. coassiale da 7,62, 1 mtr.c.a. da 12,7 (le due mtr. sono Springfield); 64 cartocci granata o cartocci proietto A.P.D.S.SABOT,HEAT (a carica cava), HEP (a ogiva plastica),' WP-T (n~bbiogene-incendiarie); celerità di tiro 10 colpi al minuto primo; distanza d'impiego e.e. 2000-;-2500 m. 28 Sistema d'arma LANCE: sistema missilistico superficie-superficie, a corto raggio, di supporto tattico campale; lunghezza 6,17 m; diametro 0,65 m; peso 1530 Kg con testata nucleare, 1778 Kg con testata convenzionale; peso della testata da 212 Kg a 454 Kg convenzionato; tipo testata da 10 a 100 Kiloton M234 nucleare, M251 convenzionale a grappolo e da addestramento; gittata minima 4,8 Km, max. 121 Km con testata nucleare, 70 Km con testata convenzionale; CEP 455 m ; veicolo di lancio cingolato MS72; propellente guida liquido inerziale semplificato. La rampa può essere aviotrasportata da un elicottero o lanciata con il paracadute. Il sistema missilistico a corto raggio di supporto tattico campale Honest John migliorato: lunghezza 7,75 m; diametro 0,76 m; peso 2136 Kg; peso testata 680 Kg nucleare o convenzionale, 564 Kg chimica; tipo testata: nucleare da 5-25 chiloton, esplosivo ad alto potenziale, a grappolo, da esercitazione; gittata minima: 7,2 Km, max. 37 Km; CEP 830 m; veicolo di lancio: trasportatore su ruote; propellente/guida: solido, nessuna guida. 29 Sistema missilistico superficie-aria MIM-23B HA WK: lunghezza 5,12 m; diametro 35,6 cm; apertura alare 1,22 m; peso al lancio 626 Kg; altidudine minima 30 m; quota di tangenza max. 11 858 m; gittata 40 Km. Consta di: 1 centrale automatica di batteria (ICC), 1 posto comando elettronico di batteria (BCC), 1 radar acquisizione ad onda continua (CWAR), 1 radar di acquisizione ad impulsi (PAR), 2 radar illuminatori ad alta potenza (HPIR), 1 radar per la sola distanza (POR), 6 lanciatori LCHR, 2 cassette di smistamento (LSCB), 36 missili, 3 caricatori -trasportatori cingolati (CTC), 12 supporti trainati per msl. (di cui 6 montati su rimorchi a due ruote), 6 gruppi elettrogeni da 45 Kw oppure 3 da 60, cablaggio, strumenti e lettronici per il controllo degli apparaLi (GETS). La btr. può scindersi in due nuclei e dispone di 6 complessi quadrupli da 12,7 mm per l'autodifesa. 30 Cannone da 175/60 su smv. Ml07: peso 280 quintali; gittata max. 33 Km; settore di tiro verticale da 2 a 65, orizzontale 60°; velocità di tiro normale 1 colpo ogni due minuti, max. 3 colpi ogni due minuti primi; granata ad alto esplosivo che pesa 67 Kg; velocità max. su strada 55 Km/h; autonomia 720 Km; colpi al seguito 2; 3 cariche di lancio. 31 Equipaggio da ponle Krupp M .A.N.: galleggianti di gomma ed elementi metallici d'impalcata, montaggio a mano perché gli elemanti sono di lega leggera; classe da 35 a 60 t; tempo max. di montaggio SO minuti primi. 32 L'A.L.E., per essere una specialità nuova, ebbe bisogno di varie prove ed esperimentazioni per trovare l'assetto più rispondente; ciò spiega i vari numerosi riordinamenti che essa subì in 15 anni: f.n. 435-S/15162573, 26-IIl-1961, S.M.E. Ord. (riordino delle S.A.L.); f.n.940-S/15162573, 12-VI-1961, S.M.E. Ord. (assetto delle S.A.L.); f.n. 2420-S/15162573, 31-XII-1962 (riordinamento dell'A.L.E.); f.n. 1740-S/15162573, 12-VIII-1963, S.M.E. Ord. (costituzione III R.A.L.); f.n.1675-S/1516349, 20-VIII-1963, S.M.E. Ord.(varianti ai R.A.L. di corpo d'a nnata); f.n.2200-S/15162573, 18-X-1 963 (costituzio-
CAP. LXI· LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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ne di una S.A.L per il comando di Trieste); f.n.2915-S/15162303, 18-XII-1963 (elicotteri per rgt. carabinieri); f.n.2750-S/15162603, 20-XII-1963 (ancora sulla costituzione del III R.A.L. di corpo d'armata); f.n.1770-S/15162573, 24-VII-1964, S.M.E. Ord. (costituzione S.A.L. per rggt. unità speciale); f.n.2850-S/15162373, 28-XII-1964, S.M.E. Ord.(costituzione del reparto elicotteri dello S.M.E. e della S.E.R del VII R.A.L.);f.n.1680-S/15162573, 13-VIl-1965, S.M.E. Ord.(R.A.L. per B.alp. «Orobica»; S.E.R per i R.A.L. V corpo d'armata, «Folgore», «Ariete», «Centauro», «Orobica»; f.n.1740-S/15162573, 10-VIII-1965, S.M.E. Ord.(costituzione 3° R.R.A.L.E.); f.n.2010-S/; 15-XII-1966, S.M.E.(riorganizzazione e potenziamento dell'A.L.E.: costituzione del 2° R.E.U.G., del comando R.A.L. e della S.E.R. della B.alp. «Cadore», assegnazione al XIII GRACOffiI0 B.msl. degli elicotteri di uso generale); f.n.640-S/151, 6-VII-1966, S.M.E. Ord.(inserimento negli organici di guerra e di pace dei comandi di A., C.A., C.M.T. di regione di l ufficiale superiore P.O. addetto all'A.L.E. e di l ufficiale tecnico specialista dell'AL.E.); f.n.900-S/, 4-Vl-1966, S.M.E. Ord.(costituzione della S.E.U.G. per B. paracadutisti); f.n.850-S/15162571, 22-V-1967, S.M.E. Ord.(costituzione del R.A.L. per la B. paracadutisti); f.n.340-S/151490, 3-VIl-1969, S.M.E. Ord.(costituzione S.E.U.G. per il comando militare di Sardegna); f.n.345-S/141490, 8-VIl-1969, S.M.E. Ord.(riassetto organico dell'A.L.E.); f.n.410-S/151490, 27-VIII-1969, S.M.E. Ord.(riassetto organico dell'A.L.E.); f.n.580-S/, 25-XI-1969, S.M. E. Ord.(nuovo assetto organico dell'A.LE.); f .n.660-S/151490, 22-XII-1969, S.M.E. Ord.(riassetto organico dell' A.L.E. ); f.n. l O/151, l-III-1971, S.M.E. Ord.(nuovo piano di riassetto organico); f.n.170-S/151, 12-VI-1971, S.M.E. Ord.(tabelle organiche dell'A.L.E.). Le tabelle prevedono che un R.A.L. possa essere costituito su: 1 S.A.L. e 1 S.E.U.G. (elicotteri uso generale), o su: 2 S.E.R. (elicotteri da ricognizione), o su 2 S.A.L., o sul S.E.R. e 1 S.E.U.G.; f.n. 610-S/151, 29-X-1971, S.M.E. Ord. (trasformazione VI R.A.L. in R.A.L. Trieste e scioglimento S.A.L Trieste); f.n. 329-S/151, 20-VI-1973, S.M.E. Ord. (nuovi organici R.E.U.G., R.A.L., S.A.L.). ll R.E.U.G. costituito su 2 S.E.U.G.: 12 elicotteri di uso generale; il R.A.L. su 2 S.A.L., 1 S.E .U.G.: 4 aerei leggeri, 4 elicotteri da ricognizione, 6 elicotteri uso genrale; il R.A.L. su 1 S.A.L. e 1 S.E.R.: 4 aerei leggeri, 4 elicotteri da ricognizione; il S.A.L. autonomo su 4 aerei leggeri; il RA.L. su 2 S.E.R. con 8 elicotteri; il R.A.L. su 1 S.E.U.G. e 1 S.E.R. con 4 elicotteri da ricognizione e 6 elicotteri di uso generale; f.n. 550-S/151, 11-IX-1971, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00 R.A.L.); f.n. 205-S/151, 20-V-1975, S.M.E. Ord. (riordinamento e accentramento A.LE: riduzione dei velivoli ad ala fissa a favore di quelli ad ala ruotante; accentramento a S.M.D., S.M.E., C.M.T. di regione esclusi I e V C.M.T., C.A., Divisioni, B. msl., B. paracadutisti; compiti presso C.M.T. di regione: ricognizione e controllo aree di aviosbarco e di sbarco, controllo attività addestrativa; presso e.A.: ricognizione in proprio e a favore delle unità non indivisionate, controllo del combattimento, trasferimenti tattici e logistici, concorso di fuoco; presso le divisioni: ricognizione e controllo del combattimento; presso B. msl: ricognizione, trasferimento tattico, concorso di fuoco; presso B. paracadutisti: ricognizione, trasferimento tattico, concorso di fuoco. Vennero costituiti 4 comandi di raggruppamento A.L.E. articolati in «gruppi squadroni» e questi in squadroni. Il nuovo ordinamento previde: S.M.D. 1 squadrone su 4 velivoli; S.M.E.: 1 rggt. su: 2 gr. sqd. elicotteri da trasporto medi, ognuno su 2 squadroni (24 elicotteri), 1 gr. sqd. elicotteri multiruolo su 4 sqd. (24 elicotteri), l gr. efficienza veicoli; VII, VIII, X, XI C.M.T. e comando Sardegna: 1 gr. sqd. su 1 sqd. aerei leggeri e l sqd. elicotteri da ricognizione (6 aerei leggerie 6 elicotteri da ricognizione); III, IV, V e.A.: 1 rggt. su 1 gr. sqd. con 1 sqd. aerei leggeri e l sqd. elicotteri da ricognizione (6 aerei leggeri, 6 elicotteri da ricognizione), 1 gr. sqd. elicotteri multiruolo su 3 sqd. elicotteri multiruolo per Ili e.A. (18 elicotteri), su 5 sqd. elicotteri multiruolo per IV e .A. (30 elicotteri); 4 sqd. elicotteri multiruolo per V e .A. (24 elicotteri); 1 gr. sqd. elicotteri da ricognizione su 2 sqd. per IV C.A. (12 elicotteri) e 1 gr. sqd. elicotteri di attacco su 4 sqd. per m e V e.A. (24 elicotteri per ciascun gr. sqd.); divisioni: 1 gr. sqd. da ricognizione su 2 sqd. (12 elicotter); B. paracadutisti: l gr. sqd. su 1 sqd. elicoteri da ricognizione e 1 sqd elicotte ri mutiruolo (6+6
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elicotteri); B. msl.: 1 sqd aerei leggeri e 1 sqd. elicotteri multiruolo (4 aerei leggeri, 4 elicotteri multiruolo); C.A.A. L.E.: 1 °, 2° e 3° reparto riparazioni; f.n. 575-S/151, 2?-XII-1975, S.M.E. Ord. (modifiche al precedente ordinamento). 33 Obice da 155/23 smv. MI09 G: peso 243 q; gittata max 18 km; settore di tiro orizzontale 360°, verticale da -2,30' a + 70°; celerità di tiro normale 2 colpi al minuto primo, max l colpo al minuto primo; granate: HE, fumata colorata, nebbiogena, incendiaria, illuminante; peso granata 43 kg; 8 cariche di lancio; colpi al seguito 28; velocità max; su strada 56 km/h; autonomia 350 km. 34 V.C.C.I., di fabbricazione nazionale: trasporta 9 u. compreso il pilota; peso 11, 030 t; lunghezza 5,04 m; velocità su strada 60 km/h; autonomia 480 km; impiego armi individuali dall'interno del veicolo da 4 feritoie latarali e I posteriore; periscopi Ml7; armato 1 mtr. 12,7. V.C.C.2, di frabbricazione nazionale, basato su VTI Ml 13, trasporta 9 uomini compreso il pilota; peso 11, 5 t; lunghezza 4,90 m; velocità max su strada 64 km/h; autonomia 520 km; impiego armi individuali dall'interno mediante 4 feritoie laterali e 1 posteriore; armato 1 mtr. Browning 12,7. 35 Carro armato Leopard: Germania occidentale, costruito su licenza: 1 cannone da 105/51 inglese, 1 mtr. coassiale MG 42/59 da 7,62 mm, 1 mtr. e.a. MG. 42/59, 8 tubi lancianebbiogeni da 76 mm; 60 colpi per il cannone (HESI-1, HEAT, A.P.D.S., W.P.T.), 16 bombe nebbiogene da 76 mm, 2400 colpi per mtr.; celerità di tiro 9 colpi al minuto primo; distanza d'impiego 2000+2500 m; scafo: peso 40 t; lunghezza 8,17 m; velocità max. su strada 65 km/h; pendenza superabile 60%; gradino 1,15 m; trincea 2,90 m; gua· do 2,25 m; autonomia su strada 600 km; autonomia su terreno vario 18 ore. 36 Sistema Tow (Tube-lancered Optically Tracked Wire-command link): lanciatore e contenitore con missile. Lanciatore: treppiede, complesso di brandeggio, complesso di puntamento e di rilevamento, tubo, complesso elettrico di guida; treppiede peso 9,530 kg; apparato peso 24,510 kg; tubo di lancio peso 5,900 kg; scatola di guida peso 14,24 kg 3 batterie di alimentazione; contenitore con missile peso 14, I IO kg; testata HEAT; filo di guida 3100 me 3800 con extense range; calibro ogiva 147 m; lunghezza 1,18 m; peso del missile 18,140 kg; velocità di traiettoria decrescente da 345 a 150 m/s; distanza d'impiego min. 64 m, max 3000 e 3750 m con extense range; capacità di perforazione 600 mm. 7 3 F.n. 1250-S/151624214,3-VII-1962, S.M.E. Ord. (TT.00.B.E.D.); f.n. 1765-S/151624214, 24-VII-1954, S.M.E. Ord. (trasformazione dei B.E.D. in G.E.D.). Gli organici di guerra del B.E.D. erano stati stabiliti con il f.n. 1250-S/151624 214, 31-VII-1962, S.M.E. Orde le aggiunte e varianti con il f.n. 1160-S/15 162442, 30-V-1963, S.M.E . Ord. Il B.E.D. delJa Folgore venne trasformato in btg. f. mecc. con foglio n. 1650-S/15162411, 6-VII-1964, S.M.E. Ord.. I B.E.D. cambiarono denominazione con f.n. 2040-S/151624214, 3-XIX-1964, S.M.E. Ord.. Il rgt. cav. Lancieri di Aosta venne riordinato nel 1964 (f.n. 320-S/15162457, 23-III-1964, S.M.E. Ord.) e poi sciolto dando vita al gr. sqd. Lancieri di Aosta e al gr. sqd. Cavalleggeri di Sa/uz zo (f.n. 1855-S/15162457, 26-VIl-1969, S.M.E. Ord. e f.n. 1860-S/15162457, 27-VIl-1964, S.M.E. Ord.). I nuovi G.E.D. furono: gr. sqd. Lancieri di Aosta per la D. Mantova, gr. sqd. Cavalleggeri Saluzw per D. Folgore, gr.sqd. Lancieri di Milano per la D. Legnano, gr. sqd. Nizza cavalleria per D. Cremona, gr. sqd. Cavalleggeri guide per D. Ariete, gr. sqd. Cavalleggeri Lodi, per D. Centauro. I G.E.D. per D.f. furono articolati su: comandante; vice-comandante; ufficiali de l comando; squadrone comando e servizi su 4 plotoni (comando: comandante, sq. comando, sq. trasmissioni, sq. informatori, sq. N.B.C., sq. sanità; missili filoguidati a media gittata: comandante, nucleo comando, 2 sq. msl; pionieri: comandante e nucleo comando, 3 sq. pionieri; servizi: comandante, sq. servizi, officina leggera); 2 sq. esploratori ciascuno su 4 plotoni (comando su: comandante, sq. comando, sq. servizi) 2 pi. esploratori ciascuno su: comandante, sq. cdo., 1 8 e 2a esploratori, 3 8 sq. esploratori; 1 pi. carri su 5 carri); 1 sqd. carri su: comandante, pi. cdo. (sq. cdo. e sq. servizi), 3 pi. carri. In
CAP. LXJ - LA COMPONENtE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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totale: 31 ufficiali, 57 sottufficiali, 538 militari di truppa, 279 pistole, FAL per tr. alp. 77, FAL 132, fucili semiautomatici 227, mtr. bivalenti 34, lanciarazzi c. c. 17, cn. da 106 s.r.8, posti tiro missili filoguidati 2, motocicli 25, autovetture da ricognizione 25, autocarri leggeri 13, medi 14, pesanti 7, pesanti scaffalati), autobotti 1, autosoccorso 1, carri recupero 1, VTC 37, carri armati 27, carri recupero 1, rimorchi da 1/4 t 19, rimorchi da 1 t 2, rimorchi pesanti 1, rimorchi officina I, complessi traino 1, stazioni radio pi. cp. 36, cp.-btg. 3, btg.-rtg. 4, radio veicolari 1, strazioni radio veicolari p.p. 11 (f.n. 140-S/t 51, I-VII-1969, S.M.E. Ord.). I G.E.D. per D. cor. ebbero eguali organici ed eguale articolazione (f.n. 330-S/151, 10-VIII-1971, S.M.E Ord). In sede di ristrutturazione l'articolazione e le TT.00. dei G.E.D. vennero stabilite con f.n. 236-S/15 1, 21-VI-1975, S.M.E: Ord. 38 Articolazione e tabelle organiche della divisione di fanteria di pianura riferite agli anni 1957, 1959, 1963, 1975 preristrutturazione). Articolazione del 1957: comando; 2 rgt. f.; 1 rgt. cor.; 1 rgl. a; 1 B.E.D.; 1 btg. g.p.; 1 btg. t; 1 cp. carabinieri; I SAL; servizi divisionali. Articolazione del 1963: comando; 2 rgt. f.; 1 rgt. cor.; 1 rgt a.; 1 B.E.D.; l btg. g.p. 1 btg. t.; 1 cp. carabinieri; 1 S.A.L.; 1 S. elicotteri; servizi divisionali. Articolazione del 1975 (preristru.tturazione): comando; 2 rgt. f.; 1 rgt. cor.; 1 rgt. a.; I G.E.D., 1 btg. g.p.; 1 btg. t ., 1 cp. carabinieri; 1 R.A.L.; 1 rgpl. servizi.
Tabelle organiche
1960
1963
1975
ufficiali sottufficiali militari di truppa
849 1712 13 091
853 1699 12 716
919 1814 13 558
totale
15 652
15 268
16 291
Per i particolari vds. Appendice n. 1. Vds. precedente nota n. 38. Le aggiunte e varianti furono numerose e spesso riguardarono le singole unità costitutive e ciò richiese talvolta una nuova compilazione delle TT.00. delle divisioni. Citiamo alcune delle principali: Ln. 320-S/151624II, 31-III-1960, S.M.E. Ord. (agg. e var. D.f. pianura); f.n. 2010-S/15162411, 20-IX-1960, S.M.E. Ord. (rgt. cor. D.f. pianura); f.n. 70-S/15162431, 31-1-1961, S.M.E. Ord. (agg. e var. D.f. pianura e montagna); f.n. 2005-S/15162412, 20-IX-1960, S.M.E. Ord (nuove TT.00. D.f. montagna); f.n. 105-S/15162522, 23-I-1961. S.M.E. Ord. (reparti salmerie D.f. montagna): f.n. 248-S/15371, I-lll-1961, S.M.E. Ord. (TT.00. degli ospedali da campo, dei nuclei chirurgici, delle ambulanze radiologiche e odontoiatriche); f.n. 645-S/151624121 , 18-IV-1961, S.M.E. Ord. (numerazione dei battaglioni bersaglieri e carri: 3° rgt. b . XVIII, XX, XXV btg. b.; 8° rgl. b. VII, VIII, X btg. b.; 1 ° rgt. f. cor. della Granatieri di Sardegna: I btg. b., VIII btg. cr.; 4 ° rgt. f. cor. della «Legnano»: II btg. b . e XX btg . cr.; 182° rgt. f.cor. della Folgore»: XXIII btg. b. e XIII btg. cr.; btg. cr. della Cremona XIV; btg. c r. della Mantova LXIII; btg. cor. della Trieste Xl; btg. cor. della Friuli XIX; btg. cor. dell'Avellino LX; btg. cor.della Pinerolo LXI; btg. cor. dell'Aosta LXII; btg. cor. di supporto CI, CIV, CVI); f.n. 660-S/15162411, 31-V-1961, S.M.E. Ord. (TT.00. D.f. di pianura); f.n. 830-S/15162441, 31-V-1961, S.M.E. Ord. (agg. e var. D.f. pianura e D.f. mon); f.n.655-S/15162411 , 31-V-1961, S.M.E. Ord. (sostituzione TT.00. D.f. montagna); f.n. 885-S/15162411, 23-VI-1961, S.M.E. Ord. (unità t. di Folgore, Mantova);f.n. 1355-S/15162442, 31-Vlli-1961, S.M.E. Ord. (TT.00. btg.b); f.n. 1470-S/ 15162603. 26-IX-1961, S .M.E. Ord. (organici R.R.R.R.); f.n. 1700-S/15162411, 17-XI-1961, S.M.E. Ord. (TT.00. rgt. f.); f.n. 30-S/15162411, 7-II-1962, S.M.E. Ord. (officine leggere e posti manutenzione D.f. montagna); f.n. 1355-S/15162442, 31-VIII-1961, S.M.E. Ord. (TT.00. btg. b.); f.n. 1315-S/15162603, 24-VIIl-1961. S.M.E. Ord. (costituzione R .R.R.R. D.f.); f.n. 500-S/15162411, 28-VIIl-1962, S.M.E. Ord. (00.LL. e posti 39 40
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FILIPPO STEFANJ
manutenzione D.f. pianura); f.n. 150-S/15166349, 9-11-1963: S.M.E. Ord. (varianti organiche); f.n. 940-S/15162749, 27-IV-1963, S.M.E. Ord. (costituzione plotoni missili e.e. fi. loguidati a media e grande gittata); f.n. 1580-S/15162749, 29-VII-1963, S.M.E. Ord. (idem); f.n. 1230-S-15162411, 31-VII-1962, S.M.E. Ord. (TT.00. rgt. f.D. di pianura); f.n. 850-S/ 1516349, 7-VI-1963, S.M.E. Ord. (Var. TT.00. D.f. montagna per il comando unità servizi, D.f. pianura per il R.R.R.R.); f.n. 1230-S/15162411, 31-VII-1963 (TT.00. rgt.f.); f.n.650-S/15162603, 12-VIII-1962, S.M.E. Ord. (costituzione R.R.R.R. D.f. pianura e montagna); f.n. 1465-S/15162423, 27-VIII-1962, S.M.E. Ord. (riordinamento Granatieri di Sardegna); f.n. 500-S/15162411, 28-VIII-1962, S.M.E. Ord. (officine leggere e posti manutenzione D.f. pianura); f.n. 180-S/15162411, 28-I-1963, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti btg. b. e btg. cr.); f.n. 1580-S/15162749, 29-VII-1963, S.M.E. Ord. (costituzione plotoni msl. filoguidati su mezzi ruotati); f.n. 1480-S/15162411, 30-VII-1963, S.M.E. Ord. (trasformazione in btg. mec. delle cp. mecc. del 76° e 114° rgt. f.); f.n. 2075-S/15162452, 19-IX-1963, S.M.E. Ord. (inserimento nella Cremona del gr. sqd; Nizza cavalleria); f.n. 2845-S/15162423, 7-XII-1963 S.M.E. Ord. (trasformazione in III/59° rgt. f. Calabria del CIV btg. fucilieri); f.n. 1640-S/15162411, 3-VII-1969, S.M.E. Ord. (O.L. per btg. mecc. rgt. f.); f.n. 1870-S/15162412, 5-VIII-1964, S.M.E. Ord. (provvedimenti per D.F. Granatieri di Sardegna); f.n. 1930-S/15162411, 5-VIII-1964, S.M.E. Ord. (costituzione btg. mec. del 21 ° e del 22° rgt. f.); f.n. 2005-S/151624II, 23-VIII-1964, S.M.E. Ord. (enucleazione dei reparti salmerie delle D.f. montagna); f.n. 2360-S/152642, 29-IX-1964, S.M.E. Ord. (gr. a. cam. smv. della Legnano); f.n. 1300-S/1516349, 10-X-1964, S.M.E. Ord. (varianti TT.00. D.f. pianura e montagna); f.n. 2500-S/ 151624II, 16-XI-1964, S.M.E. Ord. (organici btg. f., btg. b., cp. fucilieri mec. ed incremento della capacità e.e.); f.n. 2510-S/15162411, 16-XI-1964, S.M.E. Ord. (idem); f.n. 2980-S/151624II, 12-XII-1964, S.M.E. Ord. (varianti organiche btg. cr., btg. cor., btg. mecc., gr. sqd., sqd. cav. e G.E.D.); f.n. 500-S/1516349, 13-ill-1965, S.M.E. Ord. (varianti organiche rgt. f.); f.n. 1290-S/15162721, 26-VI-1965, S.M.E. Ord. (varianti organiche servizi divisionali); f.n. 1205-S/15162744, 31-VII-1965, S.M.E. Ord. (riorganizzazione della difesa N.B.C. nei comandi e nelle unità); f.n. 1500-S/ 1516349, 27-VIII-1965, S.M.E. Ord. (varianti organiche D.f. mon., D.f. pianura riguardanti i btg. t.); f.n. 2820-S/15162416, 27-XII-1965, S.M.E.Ord. (sz. su. della Folgore); f. n. 2920-S/l 51624II, 31-XII-1965, S.M.E. Ord. (plotoni semoventi e.e. rgt.f. - scioglimento); f.n. 125 -S/15162442, 18-I-1964, S.M.E. Ord. (btg. b. Granatieri di Sardegna» organicamente uniformato ai btg. b. D. cor. e D. mecc.); f.n.220-S/15162415, 22-11-1964, S .M.E. Ord. (riordinamento 59° rgt. f. Calabria e trasferimento LXIII btg. cr. dal 59° rgt. f. al e.do. D.f. Mantova); f.n. 1500-S/1516349, 27-VIII-1965, S.M.E. Ord. (varianti organiche riferite btg. D.f. pianura e D.f. montagna); f.n. 120-S/1516349, 16-II-1966 (varianti organiche D.f. pianura e montagna); f. n. 1305-S/15162603, 15-X-1966, S.M.E. Ord. (TT.00. degli organi di riparazione 1 a e 2• categoria dei mezzi ruotati e cingolati, R.R.R.R. di D.f.); f.n. 2010-S/15162571, 15-XII-1966, S.M.E. Ord. (costituzione reparti elicotteri di ricognizione e di uso generale); f.n. 180-S/1516349, 4-II-1967, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti D.f. e rgt; f); f. n. 830-S/15162442, 25-VII-1968, S.M.E. Ord. (unità cr. al livello btg., cp., sqd. e cp. espi.); f.n. 231-S/ 151490, 3-V-1969, S.M.E. Ord. (riassetto organico D.f. Cremona); f.n. 330/S-151, 20-Vl-1969 e f.n. 435/S/151490, (dassetto organico D.f. Cremona 22° rgt. f. su IV btg. b. e XIV btg. cr.); f.n. 360-S/151624II, 16-IX-1969, S.M.E. Ord. (nuove TT.00. delle GG.UU. di fanteria); f.n. 230-S/151, 24-III-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti comandi GG.UU. elementari); f.n. 280-S/151, 30-IV-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti GG.UU. di fanteria relative rgt. f. cor., btg.b., btg. cr.); f.n. 520-S/151,14-VIl-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. D.f.); f.n. 590-S/ 151 , 31-X-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti rgt. f. e rgt. f. cor.); f.n. 880-S/151, 31-XII-1970, S.M.E. Ord. (TT.00. btg. g. pionieri D.f.); f.n. 30-S/151, 11-1-1971, S.M.E. Ord. (TT.00. per btg. t. D.f.); f.n. 60-S/151, 25-1-1971, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti rgt. f. cor., G.E.D., btg. cr.); f. n. 420-S/151, 24-VII-1971, S.M.E. Ord. (nuova edizione TT.00. di guerra delle GG.UU. di fanteria); f.n. 450-S/151, I-VIIl-1971, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00.
CAP. LXI - lA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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rgt_ f.); f_n_ 490-S/151, 10-VIlI-1971, S .M.E. Ord. (aggiunte e varianti rgt. f. cor.), f.n. 660-S/15, II-XI-1971. S.M.E. Ord. (nuova edizione TI.00. GG.UU. di fanteria); f.n. 755-S/151. 31-XII-1971, S.M.E. Ord. (rgt. a. D.f.); f.n. 450-S/151, 27-VI-1972, S.M.E. Ord. (agg. e var. TI.00. GG.UU. di fanteria); f.n. 30-S/151, 27-1-1972, SM.E. Ord. (aggiunte e varianti TI.00. GG.UU. di fanteria riferite alle DD. Folgore, Legnano, Granatieri di Sardegna, Cremona, Mantova); f.n. 220-S/151, 4-VI-1975; f.n. 225-S/151, 6-VI-1975; f.n. 240-S/151, 9-VI-1975; f.n. 230-S/151, 9-VI 1975; f.n. 245-S/ 151, 21-Vl-1975; f.n. 235-S/ 151 , 21-VI-1975; f.n. 315-S/151 , 24-VII-1975; f.n. 300-S/151, 24-VII-1975; f.n. 270-S/151, 8-VII-1975; f.n. 275-S/151, 8-VII-1975; f.n. 265-S/ 151. 22-VTI-1975; f.n. 340-S/151, 4-VIII-1975; f.n. 330-S/151, 4-VIII-1975; f.n. 310-S/151, 6-VIII-1975; f.n. 430-S/151, 25-VIIl-1975; f.n. 360-S/ 151, 25-VIII-1975; f.n. 335-S/151, 8-VIII-1975; f.n. 400-S/151, 25-VIII-1975; f.n. 390-S/151, I-IX-1975; f.n. 385-S/151, I-IX-1975; f.n. 420-S/151, 10-IX-1975; f.n. 435 S/151, 12-IX-1975; f.n. 370-S/151, I-IX-1975; f.n. 415-S/151, 12-IX-1975; f.n. 375-S/151, I-IX-1975; f.n. 530-S/151, 29-XI-1975; f.n. 574-S/151, 22-XII-1975: sono i documenti dello S.M.E. Ord. che fissano le nuove TI.00. per le unità delle D.f., delle D. cor., della D. rnecc., delle B. alp., delle B.f. moto, della B. paracadutisti e delle unità non indivisionate da ristrutturare. 41 Vds. Rivista Militare: Caratteristiche ed esigenze di un esercito moderno, gen. Giorgio Liuzzi, anno 1961, Fase. V, pg. 561. Aspetti evolutivi della fanteria, gen. Antonio Severoni, anno 1962, Fase. VII-VIII, pg. 831. Che cosa è avvenuto della fanteria? gen. Paolo Pctroni, anno 1966. fase. IX, pg. 1124. Note sulle linee evolutive della fanteria d'oggi, col. Pier Antonio Barbaro, anno 1966, fase. IX, pg. 1124. L'evoluzione della fanteria meccanizzara e considerazioni circa il suo impiego nell'azione difensiva, gen. Rodolfo Rufino, anno 1969, fase. II, pg. 149. La fanteria oggi e domani, magg. Giuseppe Va lerio, anno 1966, fase. XII, pg. 1523 L 'evoluzione del veicolo da trasporto e da combattimento della fanteria meccanizzata, ten col. Giovanni Gambardella, anno 1973, fase. TU, pg. 54. Qualche considerazione sulla mobilità e sulla meccanizzazione della fanteria, col. Ciro Di Martino, anno 1975, fase. I. pg. 88. 42 F.n . 330-S/151, 20-VI-1969 e f.n. 435-S/151590, 13-IX-1969 S.M.E. Ord.. La trasformazione comportò che un rgt. f. diventasse rgt. f. cor. mediante la costituzione ex novo di un btg. b. e l'inquadramento del btg. cr. già supporto divisionale e che un gr. a. da cam. autotrainato divenisse smv. 43 Articolazione e tabelle organiche della brigata di fanteria. Articolazione: comando; 1 rgt. f. su I cp. cdo., 3 btgg. f., 1 c p. m . da 107; l btg. cor. su 2 c p. cr. e 1 cp. mecc.; l gr. cam . su 3 btr.; 1 gr. a .e.a.I. su 3 btr.; 1 cp. g.p.; 1 cp.t.; 1 sez. carabinieri; 1 S.A.L.; 1 btg.; servizi. Per i particolari vds. appendice 2. 44 F.n. 20-S/15162754, 26-1-1960, S.M.E. Ord. (IT.00. B.f.); f.n . 360-S/ 1516241 I, 20-III-1960, S.M.E. Ord. (organici rp. disinfezione, decontaminazione, bonifica); f.n . 380-S/15162412, 20-III-1960, S.M.E. Ord. (costituzione btg. cor); f.n. 310-S/15162411 , 20-111-1960, S.M.E. Ord. (trasformazione D.f. contratte Friuli, Trieste e Avellino in B.f.); f.n. 660-S/15162411, 16-IV-1960, S.M.R. Ord. (B. f_Friuli); f.n. 2255-S/15162411, IO-X-1960 e f.n. 2260-S/ 15162411, 10-IX-1960, S.M.E. Ord. (idem c .s .); f.n. 2135-S/15162411, 31-VII-1960, S.M.E. Ord. (B.f. Trieste, btg. cor. e R.R.R.R.); f.n. 2030-S/15162411, 31-Vll-1960, Ord. (B.f. Aosta); f.n. 2140-S/ 15162411, 28-VTI-1960, S.M.E. Ord. (B.f. Friuli); f.n. 200-S/15162411, 20-VIII-1960, S .M.E. Ord. (B.f. Pinerolo e B.f. Avellino); f.n. 998-S/15162411, 2-VIII-1960, S.M.E. Ord. (D.f. contratta, cp.g.p ., cp. t., autoreparto); f.n . 225 5-S/15162411, 10-IX-1960, S.M.E. Ord. (B.f. Trieste); f.n. 2260-S/15162411, 10-IX-1960, S.M.E. Ord. (B.f. Avellino); f.n. 2890-S/15162411, 6-XII-1960 S.M.E . Ord. (B.f. Trieste); f.n. 1700-S/ 15162411, l 7-XI-1960 S.M.E. Ord. (varianti organiche B.f.); f.n. 1820-S/151624121, 31-VII-1965 (B.f. Aosta); f.n, 248-S/ 1537 1, T-III-1961 , S.M.E . Ord. (varianti organiche ospedale da campo, nu. eh., amb. radiologia, amb. odontoiatrica); f.n. 675 S/151624124, 22-IV-1961 , S .M.E. Ord. (B. f . Avellino); f.n. 645-S/151624121, 18-IV-1961,
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FILIPPO STEFANI
S.M.E. Ord. (B.f. Aosta); (numerazione btg. cor.: Trieste Xl, Friuli XIX, Avellino LX, Pinerolo LXI, Aosta LX Il); f.n. 1210-S/151624121, 28-VII-1961, S.M.E. Ord. (B.f. Pinerolo); f.n. l 700-S/151624II, l 7-Xl-1961, S.M.E. Orci (varianti TT.00. B.f.); f.n. 50-S/15162411, 27-1-1962, 27-1-1962, S.M.E. Ord. (btg. cor.); f.n. 750-S/151624122, 4-V-1962, S.M.E. Ord. (B.f. Pinerolo); f.n. 770-S/15162411, 4-V-1962, S.M.E. Ord. (ponteziamento B.f.); f.n. 750-S/151624122, 4-V-1962, S.M.E . Ord. (B.f. Pinerolo); f.n. 850-S/1516349, 7-VI-1962, S.M.E. Ord. (varianti TT.00); f.n. 1230-S/15162411, 31-Vll-1962, S.M.E. Ord. (TI'.00. rgt. f.); f. n. 1350-S/ 15162411, 31 - VIIl-1962, S.M.E. Ord. (potenziamento B.f.); f.n. 1875-S/15162403, 25-X-1962, S.M.E. Ord. (assunzione nuova struttura dei btg. cor. e scioglimento gr. e.a.I.); f.n. 940-S/1562749, 27-IV-1963, S.M.E. Ord. (costituzione plotoni msl. filoguidati); f.n. 871-S/15162441, 30-JV-1963, S.M.E. Ord. (btg. cor.); f.n. 1160-S/1516442, 30-V-1963, S.M.E. Ord. (btg. cor); f.n. 1219-S/ 15162411, 31-V-1964, S.M.E. Ord. (funzioni di B.A.R. ad un btg. B.f.: 11/40° per la Trieste, II/9° per la Pinerolo, IIIn8° per la Friuli, III/231 ° per l'Avellino, 1/5° per l'Aosta); f.n . 1501-S/ 15162411, S-Vll-1964, S.M.E. Ord. (btg. cor.); f.n. 2500-S/15162411, 13-Xl-1964, S.M.E. Ord. (incremento capacità e.e. unità f., f. mecc., b ., alp.); f.n. 2510-S/15162411, 16-XI-1964, S.M.E. Ord. (organici btg. f., b ., alp., cp. fucilieri mecc.); f.n. 2980-S/15162411, S.M.E. Ord. (varianti TI.00. btg. cor); f.n. 190-S/15162425, 27-1-1965, S.M.E. Ord. (potenziamento B.f.: per la Trieste viene stabilito che 1 compagnia sia dotata di autovetture da ricognizione, 1 di autocarri medi per l'autotrasporto, 1 di V.C.T. in modo di aumentare il grado di mobilità della B.); f.n . 500-S/1516349, 13-lll-1965, S.M.E. Ord. (varianti organiche rgt. f.); f.n . 1820-S/15164122, 31-VII-1965, S.M.E. Ord. (B.f. Aosta, analogo provvedimento della B.f. Trieste); f.n. 1760-S/151624122, 20-VII-1965, S.M.E. Ord. (B.f. Pinerolo, analogo provvedimento B.f. Trieste per elevarne il grado di mobilità); f.n. 1500-S/1 516349, 27-VII-1965, S.M.E . Ord. (varianti organiche cp.t); f.n. 2010-S/151624122, 2-IX-1965 e f.n. 2020-S/151614124, 3-IX-1965, S.M.E. Ord. (scioglimento B.f. Avellino); f.n. 120-S/1516349, 16-TI-1966, S.M.E . Ord. (var. organiche); f. n . 395-S/15162411, 28-11-1966, S.M.E. Ord. (nuovo ordinamento btg. servizi per B. f.); f.n. 830-S/15162442, 30-IV-1966, S .M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. btg. servizi); f.n. 1305-S/15162603, 15-X-1966, S.M.E. Ord. (TI'.00. organi di riparazione 1• e 2• categoria dei veicoli ruotati e cingolati); f.n. 180-S/1516349, 4-II-1967, S.M.E. Ord. (varianti organiche rgt. f.); f.n. 850-S/15162442, 25-VII-1968, S.M.E. Ord. (unità cr. al livello btg. e cp.); f.n. 1190-S/ 1516349, 7-X-1968, S .M.E. Ord. (varianti cp. g. p.); f.n. 80-S/15162402, 10-1-1966, S.M.E . Ord. (nuove dotazioni FAL, fucili semiautomatici, mtr. bivalenti); f.n. 155-S/15162442, 14-II-1966, S.M.E. Ord. (nuovo ordinamento servizi btg. cor.); f.n. 360-S/15162411, 16-IX-1969, S .M.E. Ord. (nuove IT.00. GG.UU. di fanteria); f.n. 230-S/ 151, 24-III-1970, S .M.E . ord. (varianti TT.00. comandi GG.UU. elementari); f.n. 280-S/151, 30-IV-1970, S .M.E. Ord. (varianti 'IT.00. comandi GG .UU. di fanteria); f.n. 570-S/151, 6-VIIT-1970 S.M.E. Ord. (incremento mobilità tattica de lla fanteria: 15 V.C.T. a ciascun btg.); f.n. 590-S/151, 31-X-1970, S.M.E. Ord. (varianti rgt. f.); f.n. 880-S/151, 31-XTI-1970, S.M.E . Ord. (IT.00. cp. g. p.); f.n. 40-S/151, 14-1-1971, S.M.E. Ord. (varianti btg. cor.); f.n. 160-S/151, 18-111-1971 , S.M.E. Ord. (agg. e var. rgt. f. di pace: il livello medio riferito alle TT.00. di gue rra è: per la Friuli 19, 66 e 60% rispettivamente per ufficiali, sottufficiali e militari di truppa; per la Trieste, 19,66,60%; per l'Aosta, 88,92 e 97%; per la Pinerolo, 76, 67 e 67%; per il 151 ° rgt. f. de lle truppe di Trieste 76,67 e 67%; per la Cremona, 62, 69 e 63%; per il 17° rgt.f della Granatieri di Sardegna 66,68 e 61%).; f.n. 420-S/ 151, 24-VTI-1971, S.M.E. Ord. (nuove TI.00. delle GG.UU. di f. , c p.t per B.f.); f.n. 450-S/1 S1, I-VIII-1971 , S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. rgt. f.); f.n. 570-S/151, 18-X-1971, S.M.E. Ord. (IT.00. relative cp. cr.); f. n. 660-S/151 , IIXI-1971 , S.M.E. Ord. (nuova edizione TT.00. GG.UU. di f.); f.n. 510-S/151, S-VII-1972, S.M.E. Ord. (btg. servizi); f.n. 259-S/ 151, 3-IV-1972, S.M.E. Ord. (varianti cdo. B.f.); f.n. 30-S/151, 27-T-1972, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. GG.UU. di fanteria); f.n. 255-S/151, 6-VI-1975, S.M.E. Ord. (btg. motorizzato B.f. ristrutturata); f.n. 245-S/151, 21-Vl-1975, S.M.E . Ord. (btg. cor. B.f. ristrutturata); f.n. 315-S/151, 24-VIII-1975, S.M.E. Ord. (e .do. B. ristmtt11ra ta); f.n. 300-S/l 51, 24-VII-1975, S.M.E. Ord. (reparto comando
441
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
e trasmissioni B. f. ristrutturata); f.n. 270-S/151, 8-VII, 1975, S.M.E. Ord. (cp. g.p. B. ristrutturata); f.n. 275-S/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord. (cp.c.c.); f.n. 265-S/151, 22-VII-1975, S.M.E. Ord. (gr.a.T.M. da 155/23 B.f. ristrutturata); f.n. 365-S/151, 8-VIII-1975, S.M.E. Ord. (riordinamento unità logistiche GG.UU. motorizzate). 4 5 F.n. 871-S/15162441, 30-IV-1963, S.M.E. Ord.: scelta accurata dei comandanti dei btg., assegnazione dei vice-comandanti, incremento assegnazione ufficiali. F.n. 1210-S/Ordn. 3 l-V-1964 S.M.E. Ord.: provvedimento per migliorare l'addestramento del I ciclo ed afflusso diretto delle reclute presso il 11/40°, IIIn8°, II/9°, III/231 °, 1/5° con funzione di B.A.R.. F.n. 1780-S/Ordn. 20-VIl-1965: autotrasporto delle cp. fucilieri dei btgg. f. della Pinerolo e della Trieste. F.n. 570-S/151, 6-VIII-1970, S.M.E. Ord.: incremento della mobilità tattica. 46 Articolazione e tabelle organiche divisioni corazzata e meccanizzata 1952, 1957, 1963, 1975 (preristrutturazione). Articolazione 1952: comando; 1 rgt. b.; 1 rgt. cr.; 1 rgt. a. cor.; 1 sqd. cav. bl.; 1 cp.g.p.; 1 cp.g.t.; 1 sz. carabinieri; 1 sz. sanità; 1 sz. sussistenza; 1 autoreparto; 1 parco mobile; 1 officina mobile. Articolazione 1957: comando; 1 rgt. b.; 1 rgt. cr.; 1 rgt. a. cor.; 1 gr. sqd. cav.; 1 btg.g.p.; 1 cp. pontieri; 1 btg.l.; 1 sz. carabinieri; 1 sz. A.L.; 1 sz. elicotteri; servizi divisionali. Articolazione 1975 (preristrutturazione): comando; 1 rgt.b.; 1 rgt.cr.; 1 rgt.a.cor; 1 GED; 1 btg.g.p.; 1 btg.t.; 1 RAL; l cp. carabinieri; 1 rgpt. servizi.
Tabelle organiche ufficiali sottufficiali militari di truppa Totale
1952
1957
1963
1975
403 880
532 1131
631 1275
943 2127
6177 7400
8086 9749
8263 10 169
12 973 16 043
Articolazione e organici delle divisioni corazzata e m eccanizzata «standard» NATO (f. n. 1230-S/ 15162442, 31-V-1963, SME-Ordin.). Divisione corazzata: cte; cdo; 2 B. cor.; 1 B. mec.; 1 B. a.; 1 GED; 1 btg. g. p.; 1 btg. l.; 1 cp. carabinieri; l RAL; 1 rgpt. servizi. Divisione meccanizzata: idem, ma 2 B. mec. e 1 B. cor. in luogo di 2 B. cor. e 1 B. mec. Organici e dota zioni: a numeratore dati riguardanti la divisione corazzata, a denominatore quelli riguardanti la divisione meccanizzata: 990/1042; sottufficiali 2168/2279; militari di truppa 14 564/15 844; totale 17 722/19 165. Pistole 5797/6053; moschetti automatici 4645/5125; fucili 1986/2750; carabine 6819/5686; tromboncini e.e. 533/735; fucili mitragliatori 544/650; lanciarazzi 280/332; mitragliatrici 72/96; mo. da 81 40/56; cn. da 75 45/63; cn. da 106 60/76; complessi quadrupli 32/32; cn. da 40/56 32/32; posti missili a gr. gitt. 12/12; posti missili a media gittata 18/24; carri armati leggeri 75/80; carri armati medi 278/227; smv. e.e. da 90 18/18; smv. da camp. 54/54; smv. pe. cam. 18/18; smv. priert 18/18; mezzi blindati 4/4; veicoli cingolati 584/713; carri recupero 17/13; motocicli 625/645; automezzi vari 2585/2729; rimorchi 949/1037; rimorchi cingolati 80/80; complessi traino 7/4; aerei leggeri 6/6; elicotteri 3/3; stazioni radio 1371/ 1533; complessi radio 41/41; ricevitori allarme aereo 34/34; centralini 72/75: telefoni 688/734. Per i particolari vds. appendice 3. 47 F.n. 2920-S/15162442, 21-XII-1960, S.M.E. Ord. (varianti organiche D. cor); f.n.
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FILIPPO STEFANI
950-S/15162441, 31-V-1961, S.M.E. Ord. (TT.00. della D. cor.); f.n. 830-S/15162441, 31-V-1961, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti IT.00. D.f. e D. cor); f.n. 885-S/15162441, 23-V-1961, S.M.E. Ord. (IT.00. Folgore, Mantova, Ariete, Julia, Pou.uolo del Friuli, V. btg. t. di C.A.); f.n. 1155-S/15162441, 27-VIl-1961, S.M.E. Ord. (pl. esploratori btg.b. e btg. cr.); f.n. 1470-S/15162603, 26-IX-1961, S.M.E. Ord. (organici di guerra R.R.R.R. delle D.f. e D. cor.); f.n. 1320-S/15162603, 10-IX-1961, S.M.E. Ord. (costituzione R.R.R.R. D.f., D. cor., B. alp.); f.n. 1355-S/15162442, 31-VIII-1961, S.M.E. Ord. (organici di guerra btg. b.); f.n. 1315-S/15162603; 24-VIII-1961, S.M.E. Ord. (costituione R.R.R.R. C.A., D.f., D. cor., B. alpina); f.n. 850-S/1516349, 7-VI-1963, S.M.E. Ord. (varianti IT.00); f.n. 1400-S/15162541, 8-VIII-1962, S.M.E. Ord. (cdo. rgt. a da cam. smv.); f.n. 650-S/15162603, 12-VIII-1962, S.M.E. Ord. (costituzione R.R.R.R. D.f., D.f., D. cor., B. alpina); f.n. 1480-S/15162442, 22-VIII-1962, S.M.E. Ord. (assegnazione carri M47); f.n. 509-S/151, 20-XIl-1963, S.M.E. Ord. (trasformazione DD. cor. Ariete e Centauro); f.n. 23@5/15162442, 30.Xll-1962, S.M.E. Ord. (trasformazione D. cor Ariete); f.n. 40-S/15162442, 14-1-1963, S.M.E. Ord; (assegnazione veicoli cingolati trasporto truppe); f.n. 45-S/15162442, 26-I-1963, S.M.E. Ord. (assegnazione carri M47, 2a aliquota); f.n. 180-S/15162411, 28-I-1963, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti btg. b. e btg. cr.); f. n. 550-S/15162442, 7-IIl-1963, S.M.E. Ord. (assegnazione M113); f.n. 940-S/15162749, 27-IV-1963, S.M.E. Ord. (costituzione plotoni msl. filoguidati a media e grande gittata); f.n. 1160-S/15162442, 20-V-1963, S.M.E. Ord. (varianti btg. b.); f. n. 1730-S/1516442, 22-VIII-1963, S.M.E. Ord. (trasformazione D. cor. Ariete); f.n. 2155-S/15162442, 30-IX-1963, S.M.E. Ord. (trasformazione D. cor. Centauro); f.n. 2550-S/151624414, 16-XIl-1963, S.M.E. Ord. (trasformazione DD. cor. Ariete e Centauro, CI e CVI btgg. cor.); f.n. 315-S/ 15162442, 8-II-1964, S.M.E. Ord. (costituzione ua B. cor. Ariete); f.n. 1165-S/15162442, 30-IV-1964, S.M.E. Ord. (gr. e.a.I. D. cor. e D. mecc. su 2 anziché 4 btr.); f.n. 1875-S/ 15162442, 5-VIII-1964, S.M.E. Ord. (costituzione na B. cor. Centauro); f.n. 2010-S/15162442, 23-VIJI-1964, S.M.E. Ord. (gr. e.a.I. e gr. a. pc. smv. D. cor.; scioglimento gr. e.a.I. Ariete, e Centauro e costituzione della terza btr. da 203/25 smv. del gr. a pe. smv. del 132° rgt. a. dell'Ariete); f.n. 2095-S/15162442, 14-X-1964, S.M.E. Ord. (costituzione seconda B. cor. Ariete e Centauro); f.n. 2500-S/15162411, 19-XI-1964, S.M.E. Ord. (riordinamento unità b.); f.n. 2510-S/15162411, 16-XI-1964, S.M.E. Ord. (organici btg. b.); f.n. 2980-S/15162411, 12-XII-1964, S.M.E. Ord. (varianti btg. cr., gr. sqd. e GED.), f.n. 2770-S/15162442, 21-XII-1964, S.M.E. Ord. (DD. cor. Centauro e Ariete, cp. g.p. u• B. cor.); f.n. 2840-S/15162442, 27-XII-1964, S.M.E. Ord. (btg. servizi B. cor. e mecc.); f.n. 1270-S/15162442, 19-V-1965, S.M.E. Ord. (IP B. cor. Centauro, costituzione nu. cp. g. p. II• B. cor.); f.n. 1290-S/15162721, 26-VI-1965, S.M.E. Ord. (varianti organiche unità servizi divisionali); f.n. 1500-S/1516349, 27-VIII-1965, S.M.E. Ord. (varianti organiche); f.n. 1850-/15162443, 12-X-1965, S.M.E. Ord. (collocazione organica M113 e AMX-12 nelle varie versioni); f.n. 2630-S/15162442, 26-XI-1965, S.M.E. Ord. (nuovo ordinamento btg. servizi B. mecc. e B. cor); f.n. 120-S/1516349, 16-II-1966, S.M.E. Ord. (varianti organiche); f.n. 320-S/1516349, 24-11-196, S.M.E. Ord. (varianti organiche); f.n. 400-S/15162442, 28-11-1966, S.M.E. Ord. (nuovo ordinamento rggt. servizi D. cor. e D. mecc.: cp. cdo., cp. sa., 3 O.C., nu. eh., 1 amb. odontoiatrica, 1 autoreparto, 1 R.R.R., 1 centro smistamento complementi, 1 plotone onoranze caduti in guerra); f.n. 680-S/15162402, 18-V-1966, S.M.E. Ord. (nuove dotazioni FAL, fucili semiautomatici, mtr. bivalenti per D. cor.), f.n. 1450-S/1516349, 25-VIIl-1966, S.M.E. Ord. (varianti organiche); f.n. 1305-S/15162603, 15-X-1966, S.M.E. Ord. (IT.00 organi riparazioni 1 ° e 2° grado dei veicoli ruotati e cingolati, R.R.RB. mecc. e B. cor); f.n. 1760-S/115162442, 10-XII-1966, S.M.E. Ord. (btg. servizi di B. della D. cor. Centauro); f. n. 2000-S/15162443, 21-XII-1966, S.M.E. Ord. (codificazione organica dei V.C.T.T. Ml 13 e AMX12); f.n. 525-S/151490, 16-V-1968, S.M.E. Ord. (riassetto organico GG.UU. cor. dal I-X-1968: ritorno all'articolazione in reggimenti e costituzione dei comandi di fanteria e di artiglieria di D.); f.n. 860-S/151490, 20-VII-1968, S.M.E. Ord. (riassetto organico D. cor); f.n. 830-S/15162442, 25-VIl-1968, S.M.E. Ord.
CAP. LXI · LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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(unità cr. al livello btg., gr. sqd., cp., sqd.); f.n.; 875-151490, 31-VII-1968, S.M.E. Ord. (TI.00. D. cor); f.n. 106-S/151490, 6-11-1969 S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti collocazio-
ne organica V.C.T.T. D. cor.); f.n. 554-R/183-6213-r, 22-IV-1971 , S .M.E. Ord. (rinnovo linee pezzi GG.UU. cor.: introduzione smv. MI09 G nel numero di 72 nel 1971 e 124 nel 1973 per i rgt. a smv. 131 °, 132° e 8°); f.n. 570-S/151, 18-X-1971. S.M.E. Ord. (TI.00. btg., gr. sqd, cp., sqd. cor.); f.n. 600-S/151. 26-X-1971, S.M.E. Ord. (nuove TT.00. D. cor., btg. b.); f. n. 765-S/151. 31-XIl-1971, S.M.E. Ord. (nuove TT.00. rgt. a. cor. per D. cor.); f.n. 760-S/151, 27-XI-1971, S.M.E. Ord. (riordinamento organico D. cor); f.n. 40-S/151, 27-1-1972, S.M.E. Ord. (nuova edizione TT.00. D. cor.); f.n. 640-S/151, 20-X-1973, S.M.E.; Ord. (scioglimento cp. e.e. meno un pl. dei btgg. b. e cr. D. cor. Ariete e Centauro); f.n. 220-S/151, 4-VI-1975, S.M.E. Ord.(btg. mec. e sqd. mecc.); f.n. 230-S/151, 9-VI-1975, S.M.E. Ord. (btg. cr. e gr. sqd. cr.); f.n. 235-S/151, 21-VI-1975, S.M.E. Ord. (G.E.D.); f.n. 315-S/ 151, 24-VIl-1975, S.M.E. Ord. (cd. B.); f.n. 300-S/151, 24-VIl-1975, S.M.E. ord. (reparti cdo. et. B. cor. e B. mecc.); f.n. 270-S/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord. (cp. g. p. B. cor. e B. mecc.); f.n. 275-S/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord. (cp. e sqd. e.e. per B. cor. e B. mccc.); f.n. 265-S/151, 22-VI-1975, S.M.E. Ord. (gr. a smv. per B. cor. e B. mccc.); f.n. 340-S/151, 4-VIII-1975 S .M.E. Ord. (btg. t. divisionale); f.n. 330-S/151, 4-Vlll-1975, S.M.E. Ord. (btg. g.p. divisionale); f.n . 365-S/151. 8-VIII-1975, S.M.E. Ord. unità logistiche delle GG.UU. cor. e mccc.); f.n. 390-S/151, I-IX-1975, S.M.E. Ord. (gr. specialisti artiglie ria); f.n. 530-S/ 151, 29-XI-1975, S.M.E. Ord. (btg. e gr. sqd. mecc., btg. e gr. sqd. cr., sqd esploranti). 4 8 Brigata corazzata 1963. comando; rgt.; gr. a cor. smv.; cp. esplorante; cp. g. pionieri; cp. trasmissioni; btg. servizi. Reggimento: comando; cp. cdo.; 2 btgg. cr.; 1 btg. b.; 1 cp. e.e .. Totale B. cor.: ufficiali 207, sottufficiali 501, militari di truppa 3062: pistole 1396, moschetti automatici 1081, fucili 406, carabine 1348, tromboncini e.e. 107, fucili mitragliatori 105, mitragliatrici 14, mortai da 81 9, mortai da 81 45, m. pe. 8, cn. da 75 9, cn. s.r. da 106 12, complessi quadrupli 32, cn. da 40/56 32, posti missili a grande gittata 4, posti missili a media gittata 3, carri armati leggeri 20, carri armati medi 104, semoventi da campagna 18, smv. e.e. da 90 6, smv. Priest 6, veicoli cingolati 128, carri recupero 6, motocicli 140, automezzi vari 532, rimorchi 183, rimorchi cingolati 18, complessi traino 2, stazioni radio 290, complessi radio 10, ricevitori allarme aereo 7, centralini 12, telefoni 107. 49 Brigata meccanizzata 1963: comando; rgt.; gr. a cor. smv.; cp. eplorante; cp. g. pionieri; cp.t.; btg. servizi. Reggimento: comando; cp. comando; 2 btgg. b.; 1 btg. cr.; 1 cp. e.e. Totale B. mecc.: ufficiali 259, sottufficiali 612, militari di truppa 4342; pistole 1652, moschetti auto matici 1561, fucili 1170, carabine 1215, tromboncini e.e. 309, fucili mitragliatori 211 , mitragliatrici 38, mortai leggeri 27, mortai medi 24, cn. s.r. da 75 27, cn. s.r. da 106 28, posti msl. g. gittata 4, posti missili media gittata 9, cr. armati leggeri 25, carri armati medi 53, smv. da cam. 18, smv. e.e. da 90 6, smv. Priest 6, veicoli cingolati 257, carri recupero 3, motocicli 160, automezzi 676, rimorchi 271, rimorchi cingolati 18, complessi traino 1, stazioni radio 452, complessi radio 10, ricevitori allarme ae reo 6, centralini 15, telefoni 1532. 50 F.n. 555-S/15162456, 15-III-1957 e f. n. 395-R/15162456, I..3-III-1957, S.M.E. Ord. 51 Comando B. cavalle ria 1960: 18 ufficiali, 22 sottufficiali, 120 militari di truppa; 1 ufficiale, 5 sottufficiali, 27 carabinieri; 76 pistole, 43 moschetti automatici, 105 carabine, 2 fucili mitrag liatori, 2 lanciarazzi e.e.; carabinieri. 1 mtr. e .a., 6 moschetti automatici, 33 motocicli, 1 autovettura, 7 autovetture da ricognizione, 4 autocarri leggeri, 10 autocarri medi, 2 autouffici, 4 autoradio, 5 rimorchi da 1/4 t, 3 carri armati leggeri, 3 aerei leggeri, 8 radio g.p., 4 radio divisionali, 2 radio btg.-rgt., 3 btg. cp., 2 ACT, 1 centralino, 7 telefoni, 14 km di cavo, 1 serie stendimento linee leggere volanti (f.n. 850-S/15162451, 25-V-1960, S.M.E. Ord.). La B. inquadrò inizialmente: 2° rgt. cav. hl. Piemonte + S.A.L., 4° rgt. cav. hl. Genova + S.A.L., 5° rgt. cav. hl. Lancieri di Novara. Totale B.: 307 ufficiali, 602 sottufficiali, 3557 militari di truppa, 1801 pistole , 1648 moschetti, 1500 fucili, 219 fucili mi-
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FILIPPO STEfANl
tragliatori, 60 lanciarazzi e.e., 27 mortai legeeri, 27 mitragliatrici, 53 mtr. e.a., 27 mortai da 81, 27 cn. s.r. da 106, 147 tromboncini e.e., 156 carri armati, 30 autoblindo, 45 automezzi blindati, 177 cingolati, 113 motocicli, 517 automezzi vari, 249 rimorchi, 3 complessi traino, 9 velivoli. Nel 1959 la B. assunse la denominazione di B. cav. Pozzuolo del Friuli, il 2° rgt. cav. bi. di 2° rgt. Piemonte cavalleria, il 4° rgt. cav. bi. di 4° rgt. Genova, il 5° rgt. cav. bi. 5° rgt. Lancieri di Novara. Il 5° rg. Lancieri di Novara nel 1960 costava delle seguenti TT.00. di guerra: 104 ufficiali, 284 sottufficiali, 1291 militari di truppa, 1032 pistole, 514 moschetti, 106 fucili, 15 fucili mitragliatori, 405 carabine, 4 tromboncini c. c., 2 lanciarazzi e.e., 2 mtr. e.a., 187 carri armati, 3 mezzi blindati, 2 semicingolati, 66 motocicli, 183 automezzi vari, 39 rimorchi, 4 traini, 2 velivoli. Nel 1963 le TT.00 di gu~ra della B. stabilivano: 333 ufficiali, 757 sottufficiali, 3922 militari di truppa, 2337 pistole, 1952 moschetti, 1128 fucili, 674 carabine, 102 tromboncini e .e., 170 fucili mitragliatori, 42 lanciarazzi e.e., 18 mtr., 8 mtr. e.a., 18 mortai leggeri, 18 mortai da 81, 18 cn. s.r. da 106, 18 posti missili filoguidati e.e., 156 carri annati, 175 veicoli cingolati, 5 mezzi blindati, 190 motocicli, 531 automezzi vari, 5 complessi traino, 216 ·rimorchi, 2 autovetture, 11 autovetture da ricognizione, 3 ACL, 9 ACM, 2 autoffici, 4 autoradio, 6 aerei leggeri. Nel 1964: il 5° rgt. Lancieri di Novara venne sciolto e rimase in vita il I gr. sqd. che assunse la denominazione di gr. sqd. Lancieri di Novara; 1'8° rgt. a. cam. smv. venne passato alle dipendenze della B.. Articolazione e TT.00. di guerra (dati principali) B. cav. nel 1975, preristrutturazione. Per i particolari vds. appendice n. 4. Nei totali sono compresi uomini e mezzi del R.A.L.: 9 ufficiali, 21 sottufficiali, 33 militari di truppa, 31 pistole, 32 FAL, 2 mtr. bv., 2 motocicli, 4 A.R., 2 A.C.L., 3 A.C.M., 2 rimorchi. Il R.A.L., era dotato di 4 aerei leggeri e 4 elicotteri da ricognizione. 52 F.n. 560-S/151624516, 27-lV-1961, S.M.E. Ord. (varianti TT.00. 5° rgt. Lancieri di Novara); f.n. 630-S/15162411, 31-V-1961, S.M.E. Ord. (TT.00. rgt. cav.); f.n. 1920-S/15162515, 3-VIII-1964, S.M.E. Ord. (8° rgt. a. cam. smv. passa alle dipendenze B. cav.); f.n. 320-S/1516349, 24-11-1966, S.M.E. Ord. (varianti TT.00. cdo. B. cav.); f.n. 660-S/1516349, 26-IV-1967, S.M.E. Ord. (varianti TT.00. B. cav.); f.n. 1220-S/1516349, 21-X-1968, S.M.E. Ord. (varianti e aggiunte cdo. B. cav.); f.n. 210-S/15162459, 18-lll-1964, S.M.E. Ord. (aggiunte e variant rgt. cav.); f.n. 330-S/151, 5-V-1972, S.M.E. Ord. (TT.00. rgt. cav.). Organico comando reggimento cavalleria nel 1972: comando, squadrone comando e servizi, 3 gruppi squadroni. Totale: 112 ufficiali, 179 sottufficiali, 1470 militari di truppa, 685 pistole, 170 FAL tr. alp., 546 FAL, 510 fucili semiautomatici, 58 mtr. biv., 9 treppiede per mtr. biv., 41 lanciarazzi e.e., 12 cn. s.r. da 106, 9 mortai da 81, 9 mortai da 120, 6 posti msl. filoguidati e.e., 1 autovettura, 40 motocicli, 56 A.R., 40 autocarri leggeri, 40 medi, 3 attrezzati a cisterna, 18 autocarri pesanti, 12 autoradio, 1 complesso traino carri armati, 1 autoscaffalato, 5 autogru medie, 1 autogru pe., 1 rimorchio officina, 3 rimorchi attrezzati cisterna, 46 rimorchi da 1/4 t, 31 rimorchi da 1 t, 66 carri armati, 105 V.C.T.T., 1 carro recupero, 96 stazioni radio pl.-cp., 52 cp.-btg., 16 btg.-rgt., 12 divisionali su autoradio, 90 stazioni radio su V.C.T.T., 15 complessi radio su V.C.T.T., 52 stazioni radio su cr., 15 complessi radio su mezzi cor., 1 stazione radio veicolare p.p., 4 ricevitori allarme aereo, 4 centralini telefonici, 66 telefoni, 135 km cordoncino. F.n. 220-S/151, 4-VI-1975, S.M.E. Ord. (gr. sqd. mccc. ristrutturazione); f.n. 230-S/151, 9-VI-1975, S.M.E. Ord. (gr. sqd. cr. ristrutturazione); f.n. 245-S/151 , 2-VI-1975, S.M.E. Ord. (gr. sqd. cor. Savoia, Montebello, Nizza, ristrutturazione); f.n. 235-S/151, 21-VI-1975, S.M.E. Ord. (G.E.D. ristruttu razione); f.n. 315-S/151, 24-VII-1975, S.M.E. Ord. (cdi. B. ristrutturazione); f.n. 300-S/151, 24-VIl-1975, S.M.E. Ord. (reparto cdo. e t.B. mecc. e B. cor.); f.n. 270-S/15 I, 8 VII-1975, S.M.E. Ord. (cp. g.p. D. ristrutturazione); f.11. 275-S/15 l,
CAP. LXI - LA COMPO~ENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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8-VII-1975, S.M.E. Ord. (sqd. c. c. ristrutturazione); f.n. 265-S/151, 22-VII-1975, S.M.E. Ord. (gr. a. da 155/23 smv ristrutturazione); f.n. 310-S/151, 6-VIII-1975, S.M.E. Ord. (sqd. espi. per B. mecc. autonoma ristrutturazione); f.n. 365-S/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord. (unità' logistiche GG.UU. cor. e mecc. ristrutturazione); f.n. 530-S/151, 29-Xl-1975, S.M.E. Ord. (gr. sqd. mecc. e gr. sqd. cor., sqd. espi. ristrutturazione). 53 F.n. 1850-S/15162456 del 31. VIII 1964 dell'Ufficio Ordinamento dello S.M.E .. 54 F.n. 1265-S/140214, l-X-1958, S.M.E. Ord. 55 Costituzione XI 0 B. mecc. carabinieri: f.n. 670-S/ 15162303, 30-III-1963, S.M.E. Ord. e f.n. 740-S/ 15162303, 9-IV-1963, S.M.E. Ord. Battaglione carabinieri 1963: comando; cp. comando su 3 pi. (cdo., espi., serv.); 2 cp. fucilieri (ciascuna su: pi. cdo, 3 pl. fucilieri, 1 pi. armi di campagnia); 1 cp. carri (pi. cdo., 3 pl. cr); 1 cp. m. 81 (pl. cdo. 2 pi. mortai). Totale btg.: 30 ufficiali, 80 sottufficiali, 622 carabinieri, 732 pistole, 573 moschetti, 28 f. mtr., 10 lanciarazzi e.e., 13 mitragliatrici, 3 cn. s.r. da 75, 6 mortai da 60, 6 morLai da 81, 16 carri armati, 15 autoblindo, 35 motocicli, 106 automezzi vari, 1 complesso traino, 57 rimorchi vari, 61 stazioni radio, 9 centralini, 45 telefoni, 7 serie stendimento linee, 30 km cordoncino telefonico. La B. all'atto de lla costituzione fu così dislocata: 1° rgt. con sede in Milano, 2° rgt. con sede in Roma, 3° rgt. con sede in Napoli, 4° rgt. a cavallo con sede in Roma, VII e XIII btg. autonomi. La pianificazione per l'impiego nel quadro della difesa interna del territorio venne devoluta ai C.M.T. di regione. T.O. comando B. 1963: 11 ufficiali, 13 sottufficiali, 44 carabinieri, 68 pistole, 53 moschetti automatici, 2 motocicli, 3 autovetture, 3 A.R., 2 stazioni radio cdo. B.-cdo. superiore, 2 cdo. B-cdo. sqd., 3 centralini, 8 telefoni, 16 Km cordoncino telefonico, 2 serie stendimento linee. T.O. e.do. rgt. carabinieri 1963: cdo., cp. cdo. (1 pi. cdo. e serv., 1 pl. L); 10 ufficiali, 18 sottufficiali, 49 carabinieri, 77 pistole, 61 moschetti, 2 autovetture, 2 moto, 4 A.R., 3 autocarri leggeri, 2 stazioni radio B.-rgt., 2 rgt. btg., 1 centralino telefonico, 8 telefoni campali, 18 km cordoncino telefonico, 2 serie stendimento linee. F.n. 2530-S/15162303, 15-X-1964, S.M.E. Ord. (dipendenze del VII e XIII btg.); f.n. 1350-S/151662303, 26-V-1965, S.M.E. Ord. (4° rgt. a cavallo su 3 gr. sqd.); f;n. 1460-R/1526306, 30-VII-1965, S.M.E. Ord. (costituzione cdo. carabinieri guardia presidente della repubblica); f.n. 2480-R/1526301, 12-XII-1968, S.M.E. Ord. (riordino delle divisioni e delle brigate carabinieri: 1 a divisione Pastrengo con sede in Milano su 1 a B. in Torino, na B. in Milano, 1na B. in Padova; 2a divisione Podgora con sede in Roma su IV B. in Bologna, v• B. in Firenze, VI" B. in Roma; 3a divisione Ogaden con sede in Napoli su VII " B. in Napoli, VIII" B. in Bari, IX" B. in Palermo. Alle dirette dipendenze del comando generale dell'arma: x• e XP B. con sede in Roma); f.n. 480-S/15162303, 16-X-1969, S.M.E. Ord. (nuove TT.00. btgg. carabinieri). TT.00. btg. carabinieri (esclusi VII e XIII) 1969: cdo.; cp. cdo. e serv. (pi. cdo. e serv., pi. espl., pi. pionieri, pi. t., pi. carri, pi. trasporti); 1• cp. fuc. mecc. (pi. cdo. e serv., 3 pi. fucilieri, 1 pi. mortai da 81); 2a cp. fucilieri: come 1 • ; cp. mortai da 120 (pi. cdo. e serv., 2 pi. mortai da 120); 1 cp. autoblindo (pi. cdo. e serv., 3 pi. autoblindo). Tota le btg.: 40 ufficiali, 64 sottufficiali, 570 carabinieri, 696 pistole, 449 FAL, 60 FAL tr. alp., 27 mtr. bv., 20 lanciarazzi e.e., 6 mortai da 120, 6 mortai da 81, 16 autoblindo, 5 carri a rmati, 16 motocicli, 35 A.R., 25 autocarri leggeri, 27 m cdi, 5 pesanti, 1 autosoccorso, 1 autoscaffalato, 1 autobotte, 1 autoambulanza, l autoradio, 1 autocisterna, 1 carro recupero, 38 rimorchi da 1/4 t, 37 rimorchi da 1 t, 1 rimorchio officina, 14 V.C.T.T., 2 centralini telefonici, 30 lelefoni, SO km cordoncino telefonico, 7 serie stendimento linee, 1 ricevitore allarme a ereo, 35 stazioni radio pl.-cp., 43 cp.-blg., 5 btg.-rgt. TT.00. VII e XII! btg. 1969: cdo.; cp. cdo. e serv..(pl. pionieri, pi. esploratori, pl. t., pi. trasporti); 2 cp. mecc. (ciascuna su pi. cdo. e serv., 3 pl. fuc., I pi. c.; c., 1 pi. mortai da 8 1); I cp. mortai tla 120 (pi. ctlu. e sel"V., 2 pl. mortai); 1 cp. carri (pi. cdo. e serv.
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e 3 pl. cr.); 42 ufficiali, 94 sottufficiali, 656 carabinieri, 788 pistole, 526 FAL, 59 FAL tr. alp., 27 mtr. bv., 20 lanciarazzi e.e., 8 cn. s.r. da 106, 6 mortai da 81, 6 mortai da 120, 52 V.C.T.T., 5 autoblindo, 16 carri armati, 16 motocicli, 25 A.R., 22 autocarri leggeri, 25 medi, 5 pesanti, 1 carro recupero, 25 rimorchi da 1/4 t, 33 da 1 t, 1 autosoccorso. 1 autoscaffalato, 1 autobotte, 1 autocisterna, 1 rimorchio officina, 1 autoambulanza, 1 autoradio, 32 stazioni radio pl.-cp., 38 cp.-btg., 3 btg.-rgt., 1 ricevitore allarma aereo, 2 centralini, 30 telefoni, 7 serie stendimento linee volanti leggere, 50 km cordoncino. F.n. 630-S/15162303, 19-XII-1969, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00): f.n. 735..S/151, 10-XIl-1971, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00.): f.n. 630-S/151 31-X-1972, S.M.E. Ord. (costituzione 5° rgt. carabinieri con alle dipendenze IV, VII e XIII btg.); f.n. 490-S/151, 30-Vl-1972, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. btg. carabinieri); f.n. 360-S/151, 8-V-1972, S.M.E. Ord. (dipendenze VII e XIII btg.); f.n. 255-S/151, 16-IV-1972, S.M.E. Ord. (dipendenze VII e XIII btg.). 56 F.n. 630-S/151, 31-X-1972, S.M.E. Ord. 57 Nel 1966 sulla stampa italiana venne diffusa la notizia che nel luglio 1964 i vertici militari avrebbero avuto l'intenzione di compiere un golpe. Tale notizia, priva di ogni fondamento, nacque per illazioni tratte circa un colloquio tra il presidente della repubblica ed il comandante generale dell'arma dei carabinieri sulla situazione dell'ordine pubblico nel paese. Il comandante generale dell'arma predispose misure precauzionali che non ebbero seguito. Egli non agì d'iniziativa e anche in sede penale fu riconosciuta la sua assoluta estraneità ad ogni intendimento golpista. 58 Vds. appendice n. 5. 59 F.n. 20-S/15162754, 10-1-1960, S.M.E. Ord. (organici di guerra); f.n. 2205-S/4-X-1960, S.M.E. Ord. (varianti organiche): f.n. 2925-S/15162521, 20-XII-1960, S.M.E. Ord. (organici rgt. a. da mon.): f.n. 70-S/15162431, 31-1-1961, S.M.E. Ord. (sostituzione cn. s.r. da 106 con cn. da 75); f.n. 640-S/15162431, 30-Vl-1961, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. B. alp.): f.n. 1530-S/15162521. 10-X-1961, S.M.E. Ord. (costituzione gr. a. mon. Osoppo del 3° reggimento a. mon.); f.n. 120-S/15162432, 18-11-1962, S.M.E. Ord. (TT.00. cp. genio pionieri); f.n. 850-S/15163497, 7-Vl-1963 (varianti e aggiunte TT.00.); f.n. 1300-S/15162521, 18-Vll-1962, S.M.E. Ord. (costituzione 27a btr. gr. mon. Osoppo); f.n. 1450-S/15162574, 20-VIIl-1962, S.M.E. Ord. (gr. tatt. alpino aviotrasportato della B. alp. Taurinense); f.n. 1470-S/1S162574, 20-VIII-1962, S.M.E . Ord. (idem c.s.); f.n. 85-S/15162574, 16-11-1963, S.M.E. Ord. (gr. tatt. alp. Taurinense); f.n. 71 O-S/15162574, 4-V-1963, S.M.E. Ord. (gr. tatt. alp. Taurinense); f.n. 895-S/15162432, 24-Vl-1963, S.M.E. Ord. (autoreparto per B. alp.); f.n. 1550-S/15162432, 31-VII-1964, S.M.E . ord. (passaggio della B. Taurinense alle dipendenze del IV C.A.); f.n. 890-S/15162432, 24-Vl-1963, S.M.E. Ord. (inserimento di una sezione veicoli da montagna 3X3 nella B. alp.); f.n. 355-S/Ord., 28-II-1964, S.M.E. Ord. (costituzione di una cp. alp. paracadutisti quale supporto del IV C.A.): f.n. 2015-S/2015-S/15162574, 24-IX-1963, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile B. alp. Taurinense); f.n. 355-S/ 15162428, 28-11-1964, S.M.E. Ord. (riordinamento unità alpine paracadutisti); f.n. 380..S/ 151626428, 29-II-1964, S.M.E. Ord. (riordinamento unità alpine paracadutisti); f.n. 65-S/15162574, 8-111-1964, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile B. alp. Taurinense); f.n. 393-S/15162574, 9-IIl-1964, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile B. alp. Taurinense); f.n. 1240-S/15162574, 12-V-1964 e f.n. 1240-S/15162574, 14-V-1964, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile B. Taurinense); f.n. 1880-S/15162432, 5-VIII-1964, S.M.E. Ord. (contrazione a quadro btg. alp. Saluzzo e scioglimento cp. cn. s.r. da 106 del 4° rgt. alp.); f.n. 2535-S/ 15162462, 31-X-1964, S.M.E. Ord. (TT.00. btgg. alpini Val Tagliamento, Val Fella e Val Natisone); f.n. 2560-S/15162462, 26-X-1964, S.M.E. Ord. (TT.00. btgg. alpini Val Chiese, Val Brenta, Val Cismon, Val Camonica); f.n. 230-S/Ordn., 13-IX-1964, S.M.E. Ord. (scioglimento cp. mortai da 107 rgt. f . alpini); f.n. 200-S/15162574, 8-Il-1965, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile B. a lp. Taurinense); f.n. 1905-S/15162574, 14-IX-1965 e f.n. 19()().S/15162574, 14-IX-1965, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile B. alp. Taurinense); f.n. 2640-S/15162654, 26-XI-1965,
CAP. LXI· U COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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S.M.E. Ord. (IT.00. cp.t. B. alp.); f.n. 1235-S/15162432, 19-VIl-1965, S.M.E. Ord. (ricostituzione btg. Saluzzo B. alp. Taurinense); f.n. 1200-S/15162431, 10-X-1966, S.M.E. Ord. (ristampa TI.00. B. alp.); f.n. 1900-S/, 14-IX-1965, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile B. alp. Taurinense: btr. obici da 105/14 del gr. tatt. Susa da 4 a 6 pezzi ed assegnazione di un elicottero); f.n. 875-R/Ordn. 19-VI-1967, S.M.E. Ord. (assegnazione di cani da valanga alle GG.UU. alp.); f.n. 20-S/15162462, 14-1-1967, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TI.00. btg. Val Brenta); f.n. 600-S/15162431-6-VI-1967, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TI.00. alp.); f.n. 90-S/15162402, 10-1-1966, S.M.E. Ord. (nuove dotazioni FAL, fucili simiautomatici, mtr. bv.); f.n. 400-S/15162431, 16-IV -1968, S.M.E. Ord. (dal I-V-1968 la B. alp. Cadore viene posta alle dipendenze del Comando Truppe Carnia-Cadore); f.n. 20-S/15162523, 12-1-1970, S.M.E. Ord. (riordinamento unità a.da mon., costituzione del gr. a da mon. Mondovì); f.n. 185-S/151, 7-III-1970, S.M.E. Ord (aggiunte e varianti TI.00. B. alp.); f.n. 760-S/151, 19-XI-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TI.00. B. alp.); f.n . 700-$/151, 10-X-1970, S.M.E. Ord. (TI.00. btgg. Val Chiese, Val Brenta, Val Cismon, Val Camonica, Val Fella, Val Tagliamento, Val Natisone); f.n. 1920-S/151 31-XII-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TI.00. btgg. Val Camonica e Val Chiese); f.n. 560-$/ 151 , 15-IX-1971, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti rggt. servizi B. alp.); f.n. 20-S/15162523, 12-1-1970, S.M.E. Ord. (costituzione di un nuovo gr. a. mon. della B. alp. Taurinense); f.n. 20-S/15162529, 12-1-1970, S.M.E. Ord. (costituzione della terza btr. da 105/14 autotrainata in sostituzione delle btr. mortai da 120 transitate nelle unità di mobilitazione); f.n. 810-S/151, 23-XI-1972, S.M.E. Ord. (TI.00. rgt. a mon.); f.n. 230-S/151, 7-IV-1972, S.M.E. Ord. (lT.00. rgt. alp.); f.n. 230-S/151, 16-IV-1973, S.M.E. Ord. (TT.00. rggt. servizi B. alp.}; f.n . 470-S/151, 2-VID-1973, S.M.E. Ord. (gr. tatt. aviotrasportabile); f.n. 240-$/ 151, 9-VI-1975, S.M.E. Ord. (I'T.00. btg. alp.); f.n. 315-S/ 151, 24-VII-1975, S.M.E. Ord. (TI.00. cdo. B. alp.); f.n. 415-S/151, 12-IX-1975, S.M.E. Ord. (TI.00. gr. a. mon); f.n. 375-S/151, I-IX-1975, S.M.E. Ord. (TI.00. btg. logistico); f.n. 300-S/151, 24-VII-1975, S.M.E. Ord. (reparto cdo. e trasmissioni di B.); f.n. 270-S/151, 8-VIl-1975, S.M.E. Ord. (TI.00. cp. g. pionieri di B.); f.n. 275-$/151 , 8-VIl-1975, S.M.E. Ord. (TI.00. cp. e.e.). 60 Alpini: addestramento al combattimento, del gen. Giuseppe Inaudi, anno 1962, fase. IX, pg. 1003; La montagna dal punto di vista operativo, del gen. Giuseppe Inaudi, anno 1963, fase. IX, pg. 1021; La montagna e i principi dell'arte militare, del gen. Giuseppe Inaudi, anno 1964, fase. Il, pg. 1984; Gli alpini e la guerra in montagna, del gen. Zopitantonio Liberatore, anno 1960, fase. IV, pg. 473, Considerazioni sull'ordinamento della Brigata alpini, del gen. Ettore Forrnento, anno 1967, fase. III, pg. 338; Le operazioni alpine nella guerra moderna, del gen. Zompitantonio Liberatore, anno 1967, fase. IX, pg. 1020; Potenziamo le unità alpine, del col. R affaele Gandolfi, anno 1968, fase. I, pg. 51; La guerra in montagna, del col. Luigi Poli, anno 1972, fase. I, pg. 5; Gli alpini domani, del magg. Angelo Becchio, magg. Alessandro Testa Messadaglia, cap. Gianfranco Zaro, cap. Giorgio Franzosi, anno 1972, fase. XII, pg. 1613; Come vogliamo gli alpini?, del ten. col. Paolo Inzerilli e del ten. col. Carlo Parodi, anno 1973, fase. III. pg. 305; Parliamo ancora degli alpini domani, del ten. co. Patrizio Flavio Quinzio, anno 1973, fase. VI, pg. 806. 61 S.M.E. III Reparto Ufficio Regolamenti Pubblic. 5838: «Impiego della Brigata Alpina» (n. 840 della serie dottrinale), Gaeta, Officina grafica-militare, 1974. La pubblicazione consta di pg. 215, dell'approvazione del gen. Andrea Viglione ed è articolata in: P remessa, Parte I: generalità; Parte II: la B. alpina in operazioni difensive; Parte III: la B: alp. nelle op. offensive; dicci allegati e sei appendici. La p. I comprende tre capitoli: I - Fisionomia org. e tattica della B. alp.; II - Compiti della B. alp., quadro operativo in cui agisce e criteri d'impiego; III - Il movimen to e lo staz.to. La parte II comprende due capitoli: IV - La B. alp. nel presidio di un settore nella posizione difensiva (concezione della manovra, org. della manovra, assunzione d el dispositivo, sviluppo della difesa, la difesa in terreno innevato, adeguamento per il passaggio al combattimento con l'impiego di armi nucleari); V - La B. alp. nelle ma-
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novre in ritirata (la B. alp. nel ripiegamento dei grossi, la B. alp. nell'azione di frenaggio). La parte III comprende tre cap.: VI - La B. alp. di prima schiera per la battaglia off.va (zona d'attesa per l'attacco, avvicin.to, combattimenti preliminari); VII - La B. alp. nell'attacco (concezione della manovra, organizz.ne della man., .sviluppo dell'attacco, l'attacco in terreno innevato); VIII - La B. alp. nell'annientamento (lineamenti della manovra per la prosecuzione di uno sforzo in profondità, lineam. della man. nella eliminazione delle resistenze residue). 62 F.n. 2320-S/15162428, 18-XIl-1962, S.M.E. Ord. 63 F.n. 1990-S/152, 28-XIl-1961, S.M.E. Ord.: dal 1-11-1962 il reparto addestramento reclute paracadutisti si trasformò in battaglione addestramento reclute paracadutisti su cdo., pl. cdo., due cp. reclute (ciascuna su cdo. e 4 pl. reclute); f.n. 1300-R/152, 8-VIII-1962 il centro militare di paracadutismo assunse la struttura: un cdo., pl. cdo., due cp. reclute (ciascuna su cdo. e 4 pl; reclute); f.n. 1300-R/152, 8-VIII-1962 il Centro militare di paracadutismo assunse la struttura: un cdo. del centro e cdo. reparti d'impiego; cp. cdo. per trasformazione del reparto cdo., manutenzione e servizi; (cp. su pl. cdo., pl. t., autosezione mista); una cp. manutenzione; un R.A.L. (sz. cdo. e 2 sz. aerei); un gr. tatt. paracadutisti (btg. paracadutisti, btr. a. paracadutisti, autoreparto (aviolanciabile); un btg. sabotatori; una cp. aviorifornimenti; un battaglione addestramento reclute. F.n. 1430-S/ 15162428, 25-IX-1961. S.M.E. Ord. (TI.00. btg. sabotatori e sua costituzione per trasformazione del preesistente reparto sabotatori); f.n. 1690-S/15 162428, 18-XII-1961, S.M.E. Ord. (IT.00. cp. aviorifornimenti); f.n. 1685-S/15162428, 18-XII-1961, S.M.E. Ord. (TI.00. btg. sabotatori); f.n. 280-S/15162428, 28-IV-1962, S.M.E. ord. (IT.00. btg. para., btr. para., autoreparto aviolanciabile); f.n. 1005-S/ 15162428, 10-V-1963, S.M.E. Ord. (TI.00. gr. a. cam. para.); f.n. 1010-S/15 162428, II-V-1963, S.M.E. Ord. (IT.00. B. para.); f.n. 1450-S/15162428, 30-V-1963, S.M.E. Ord. (costituzione de( btg. carabinieri della B. para.); f.n. 1590-S/15162428, 18-VTI-1963, S.M.E. Ord. (TT.00. provvisorie btg. carabinieri para.); f.n. 2085-S/15162428, 20-IX-1963, S.M.E. Ord. (costituzione quartier generale della B.); f.n. 2260-S/15162428, 18-XI-1963, S.M.E. Ord. (TI.00. btg. paracadutisti sabotatori); f. n. 355-S/15162428, 28-11-1964, S.M.E. Ord. (riordinamento unità paracadutisti alpini); f.n. 990-S/15162428, 25-IV-1964, S.M.E. Ord. (costituzione reparti); f.n. 800-S/15162626, 2-VI-1965, S.M.E. Ord. (IT.00. cp. aviorifomimenti); f.n. 1050-S/15162428, 26-IV-1965, S.M.E. Ord. (IT.00. btg. paracadutisti e cp. mortai da 120 di rgt.); f.n. 16010-S/15162426, 20-VI-1965, S.M.E. Ord. (costituzione cp. manutenzione); f.n. 2400-S/15162428, 27-X-1965, S.M.E. Ord. (Tf.00. btg. carabinieri); f.n. 85-S/15162428, 22-Ill-1966, S.M.E. Ord. (Tf.00. btg. sabotatori); f.n. 1270-S/15162428, S.M.E. Ord. (TT.00. btg. carbinieri paracadutisti e gr. a. cam. paracadutisti); f.n. 100-S/15162428, 25-1-1967, S.M.E. Ord. (TT.00. cdo. B. paracadutisti e rgt. paracadutisti). Organici cdo. B. paracadutisti 1967: comandante; comando (capo di S.M., ufficio personale e benessere, ufficio O.A.I.O., ufficio servizi); quartier generale (pi. cdo. e serv., pi. t., autodrappello, ufficio postale e telegrafico). Totale: 25 ufficiali, 34 sottufficiali, 140 miJitari di truppa, 17 pistole, 45 fucili semiautomatici, 185 FAL per para, 4 la nciarazzi e.e., 4 mtr. bv., 17 motocicli aviolanciabili, 2 autovetture, 25 A.R. aviolanciabili, 9 CU52 aviolanciabili, 4 medi, 1 autofficina radio M30, 1 cisterna, 16 rimorchi da 1/4 t, 7 rimorchi da 1 t, 4 rimorchi medi, 2 carrelli pieghevoli aviolanciabili, 6 stazioni radio pl.-cp., 11 cp.-btg., 5 divisionali, 10 veicolari, 4 complessi radio per aerocooperazione, 1 centralino, 20 telefoni, 3 radar fari. Organici rgt. paracadutisti 1967: comandante; vice-comandante; cdo. rgt.; 2 btgg. paracadutisti; 1 cp. mortai da 120. Tota li: l 11 ufficiali, 202 sottufficiali, 1558 militari di truppa, 1970 pugnali, 488 pistole, 1618 FAL per tr. para, 164 mtr. bv., 90 treppiedi, 76 lanciarazzi e.e., 18 mortai da 81, 6 da 120, 18 cn.s.r. da 57, 12 cn.s.r. da 75, 12 cn. s.r. da 106, posti lancio missili filoguidati media gittata, 12 lanciafiamme, 175 motocicli, l autovettura, 63 A.R. aviolanciabili, 2 autofurgoncini, 73 autocarri leggeri aviolancia-
CAP. LXI · 1A COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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bili, 21 medi, 1 autosoccorso, 1 autocarro pesante speciale, 63 rimorchi da 1/4 t, 73 rimorchi da l t, 20 rimorchi medi, 1 rimorchio offina, 21 carrelli pieghevoli aviolanciabili, 1 autogru ORMCE, 6 sollevatori a forcella, 2 apripista aviolanciabili, 206 stazioni radio pl.-cp., 100 cp.-btg., 26 btg.rgt., 2 ricevitori allarme aereo, 3 centralini, 46 telefoni, 125 km cordoncino telefonico. F.n. 850-S/15162571, 22-V-1967, S.M.E. Ord. e f.m. 855-S/15162428, 23-V-1967, S.M.E. Ord. (costituzione RAL per B. para); f.n. 860-S/15162428, 20-VI-1967, S.M.E. ord. (IT.00. cp. alp. paracadutisti); fn. 1510-S/15162428, 10-X-1967, S.M.E. Ord. (IT.00. cp. alp. paracadutisti); f.n. 1510-S/15162428, 10-X-1967, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00.); f.n. 1220-S/1516249, 21-X-1968, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. quartier generale e cdo.); f.n. 490-S/151, 18-VII-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti gr. a. cam. para.); f.n. 790-S/151, 31-X-1970, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti rgl. paracadutisti); f.n. 260-S/151, 3-IV-1972, S.M.E. Ord. (IT.00. cdo. B.). Organici comando brigata paracadutisti 1972: 30 ufficiali, 38 sottufficiali, 144 militari di truppa, 262 pugnali, 53 pistole, 194 FAL per tr. para., 4 lanciarazzi e.e., 4 mtr. bv., 17 motcicli aviolanciabili, 2 autovetture, 25 A.R. aviolanciabili, 9 CU52 aviolanciabili, 4 autocarri medi, I autofficina radio M30, 16 rimorchi da I/4 t, 7 rimorchi da 1 t, 4 rimorchi medi, 2 carrelli pieghevoli aviolanciabili, 6 stazioni radio pl.-cp., 13 cp.btg. e btg.-rgt., 7 stazioni radio g.p., 11 stazioni radio veicolari, 4 complessi radio per aerocooperazione, 2 centralini, 30 telefoni, 3 radar fari, 4 ricevitori allarme aereo, 3 serie stendimento linee volanti, 65 km cordoncino telefonico, 2 telescriventi, 2 telecifranti. F.n. 520-S/151, 6-IX-1973, S.M.E. Ord. (TT.00. gr. a. cam. para.); f.n. 430-S/151, 25-VIII-1975, S.M.E. Ord. (cp. espl. per B. para); f.n. 360-S/15 l, 25-VII-1975, S.M.E. Ord. (cp.c.c. per B. para); f.n. 335-S/151, 8-VIII-1975, S.M.E. Ord. (B. para.); f.n. 385-S/151, l -IX-1975, S.M.E. Ord. (reparto cdo. et. di B. para.); f.n. 420-S/151, 10-IX-1975, S.M.E. Ord. (gr. a cam. para.); f.n. 435-S/151 , 12-IX-1975, S.M.E. Ord. (btg. logistico B. para.); f.n. 565-S/151, 29-Xl-1975, S.M.E. Ord. (btg. d'assalto para). 64 Organico Brigata paracadutisti 1967. Articolazione: comando di brigata; 1 btg. carabinieri paracadutisti; 1° reggimento paracadutisti (su cdo., 2 btg., 1 cp. m. da 120); 1 battaglione sabotatori paracadutisti; l gruppo artiglieria da campagna paracadutisti; l compagnia manutenzione; l R.A.L. Totali: 240 ufficia li, 559 sottufficiali, 3009 militari dì truppa, 3807 pugnali, 1697 pistole, 3207 FAL per tr. para., 30 fucili semiautomatici, 20 FAL, 20 moschetti, 15 fucili mitragliatori, 308 mtr. bv., 135 treppiedi, 5 mtr. 12,7, 2 mortai leggeri, 29 mortai da 81, 7 mortai da 120, 170 lanciarazzi e.e., 29 cn. s.r. da 57, 20 cn. s.r. da 75, 19 cn. s.r. da 106, 6 posti tiro missili filoguidati media gittata, 8 obici da 105/ 14, 20 lanciafiamme, 3 motocicli, 261 motocicli aviolanciabili, 3 autovetture, 136 A.R. aviolanciabili, 2 autofurgoni, 137 CU52 aviolanciabili, 40 autocarri leggeri, l autocarro medio, 1 ambulanza, 2 autocarri radio M30, 1 autocisterna, 1 autocarro soccorso, 1 autocarro pesante speciale, 124 rimorchi da 1/4 t, 138 rimorchi da 1 t, 32 rimorchi medi, l rimorchio officina, 130 carrelli pieghevoli aviolanciabili, 10 sollevatori a forcella, 3 autogru ORMEC, 2 apripista aviolanciabili, 2 trattori, 3 aerei leggeri, 3 elicotteri di uso generale, 385 stazioni radio pl.-cp., 223 cp.-btg., 48 btg.-rgt., 5 stazioni radio divisionali, 13 radio veicolari p.p., 6 AN/PRC, 26 radio per aerocooperazione, 4 complessi radio per aerocooperazione, 7 complessi VHF-AN-PRC, 13 centralini, 126 t elefoni, 3 radar fari, 6 ricevitori allaIJile aereo, 230 km cordoncino telefonico. 65 F.n. 800-R/15162428M 4-VI-1967, S.M.E Ord. 66 L'operazione Harring previde un lancio di paracadutisti oltre le linee su 8 zone a sud del Po ed a sud-est di Ferrara, tra Ferrara e Mirandola, allo scopo di creare confu sione e panico tra i reparti tedeschi, rendendone caotica la ritirata e facilitando il compito dello sfondamento e della rottura affidato alle unità alleate di prima linea. La centuria di paracadutisti dello squadrone da ricognizione «F» non faceva parte del
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FILIPPO STEPANI
gruppo di combattimento Folgore, ma operava alle dipendenze di unità britanniche. Nonostante le difficili condizioni nelle quali la maggioranza delle pattuglie ·della centuria giunse a terra, l'azione ebbe successo e perseguì tutti gli scopi fissati. I risultati complessivi furono rilevanti: 481 morti nemici accertati, 1083 prigionieri catturati, 26 automezzi distrutti e 18 inutilizzati, 7 strade di grande transito minate, 77 linee telefoniche distrutte, 3 ponti salvati, 1 deposito munizioni fatto saltare in aria. La centuria ebbe le seguenti perdite: 6 morti e 6 dispersi. 6 7 I primi due gruppi lanciarazzi da 762 mm (Honest John) vennero costituiti il 20-II-1959 nell'ambito del 3° rgt. a. pe. per trasformazione del I e II gr. da 155/45 di tale rgt.. 68 F.n. 250-S/15162749, 16-11-1960, S.M.E. Ord.; f.n. 35-S/15162749, 1-11-1960, S.M.E. Ord.; f.n. 260-S/15162749, 15-11-1960, S.M .E. Ord.: costituzione della 1 • cp. ricognizione sorveglianza per il btg. acquisizione obiettivi che assorbi il pl. para. del centro militare di paracadutismo; costituzione del III gr. lrz. da 762 mm presso il 3° rgt. a. pe;, costituzione del R.R.R.R.; costituzione cp. fucilieri per B. msl.; trasformazione del XXI btg. g. pionieri in vista del suo inserimento nella B. msl. F.n. 877-S/15162749, 31-V-1960, S.M.E. Ord. (costituzione III gr. Honest John); f.n. 2060-S/15162749, 22-VII-1960, S.M.E. Ord. (varianti organiche); f.n. 2212-S/15162749, 16-VIII-1960, S.M.E. Ord. (III gr. msl.); f.n. 2450-S/1516249, 18-X-1960, S.M.E. Ord. (III gr. msl.); f.n. 2660-S/15162749, 9-XI-1960, S.M.E. Ord. (R.R.R.R.); f.n. 1560-S/15162749, 14-X-1961, S.M.E. Ord. (assunzione di due btr. da 203/25 della formazione idonea all'impiego anche di munizionamento nucleare: una del Ill/9° rgt. a. pe. cd una del XV gr. a. pe.); f.n. 1220-S/15162749, 27-VIIl-1961, S.M.E. Ord. (scissione del cdo. rn• B. msl. dal cdo. 3° rgt. a. pe.); f.n. 15-S/15162749, 12-1-1962, S.M.E. Ord. (R.R.R.R.); f.n. 75-S/ 15162749, 18-11-1962, S.M.E. Ord. (costituzione XIII btg. f. per B. msl.); f.n. 180-S/15162749, 12-III-1962, S.M.E. Ord. (varianti organiche btr. obici da 203/25); f.n. 460-S/151624116, 31-III-1963, S.M.E. Ord. (nuovi organici gr. a. msl.); f.n. 900-S/15162749, 29-V-1962, S.M.E. Ord. (XIII btg. f.); f.n. 947-S/15162748, 2-VI-1962 e f.n. 515-S/15162749 dello S.M.E. Ord. (costituzione IV gr. a. msl.); f.n. 1060-S/15162749, 30-VI-1962, S.M.E. Ord. (costituzione Gr. Ac. O.); f.n. 1420-S/15162749, 12-VIII-1962M S.M.E. Ord. (gr. a. da 203/25); f.n. 1410-S/15162749, 12-VIII-1962, S.M.E. Ord. (gr. a. da 203/25); f.n. 1670-S/15162749, 5-VIII-1963, S.M.E. Ord. (IT.00. gr. a. msl.); f.n. 1330-S/1330-S/15162749, 21-V-1964, S.M.E. Ord. (costituzione sezione aerei teleguidati); f.n. 2810-S/15162749, 30-XI-1960, S.M.E. Ord. (XIII btg. f.); f.n. 2180-S/15162749, 9-Xll-1965, S.M.E. Ord. (cp. fuc.); f.n. 320-S/151634, 24-11-1966, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti cdo. B. msl.); f.n. 710-S/15162749, 21-IV-1966, S.M.E. Ord. (IT.00. XIII R.R.R.R.); f.n. 1010-S/15162749, 20-VI-1966, S.M.E. Ord. (varianti IT.00. XIII RR.R.R.); f.n. 1225-S/15162749, 25-VII-1966, S.M.E. Ord. (Gr. Ac. O.); Articolazione 111° B. msl. 1966 (f.n. 1420-S/ 15162749, 6-VII-1966, S.M.E. Ord.): comando; stato maggiore; 3° rgt. a. msl. (su: cdo., 4 gruppi missili); XIV e XV gr. a. da 203/25 a T.M.; Gr. Ac.O.; btg. g.p.; R.R.R.R.; 4 compagnie fucilieri; cp.t.; sezione N.B.C.. F.n. 1650-S/15162749, 24-IX-1966, S.M.E. Ord. (TT.00. III 0 B. msl.); f.n. 1650-S/15 162749, 24-IX-1966, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00.); f.n. 1550-S/15162749, 10-X-1967, S.M.E. Ord. (costituzione XIII btg. t.); f.n. 1360-S/ 15162749, 6-Xl-1967, S.M.E. Ord. (costituzione quartier generale); f.n. 660-S/15162749, 6-VI-1968, S.M.E. Ord. (nuove IT.00.); f.n. 320-S/15162749, 4-VI-1969, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. gr. a. da 203/25); f.n. 350-S/15162749, 20-VI-1969, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00.); f.n. 660-S/15162749, 3-XII-1970, S.M.E. Ord. (TT.00. 3° rgt. a . msl.); f.n. 70-S/151, 10-II-1971, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00); f.n. 310-S/151, 31-V-1971, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TT.00. R.R.R.R.); f.n. 850-S/151, 21-XII-1972, S.M.E. Ord. (scioglimento IV/3° rgt. a. msl.); f.n. 650-S/151, 19-IX-1972, S.M.E. Ord. (gr. XIV e XV da 203/25); f.n. 310-S/ISIM 18-V-1973, S.M.E. Ord. (scioglimento I/3° rgt. a. msl.). Articolazione B. msl. 1973: cdo.; stato maggiore; quartier generale; 3° rgt. a. msl. (su cdo e 3 gr.); XIV e XV gr. a. pe. a T.M.; Gr. Ac. O.; btg. g.p.; 4 cp. fuc.; R.R.R.R.
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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F.n. 420-S/151, 18-VIl-1973, S.M.E. Ord_ (articolazione XIII Gr. Ac. O.: cmte; cdo.; btr. cmd. e servizi; btr. aerei teleguidati; btr. ricognizione ed acquisizione obiettivi; R.A.L; 27 ufficiali, 95 sottufficiali, 234 militari di truppa, 4 aerei leggeri, 6 elicotteri uso generale, 24 aerei teleguidati); f.n. 600-S/151 27-IX-1973, S.M.E. Ord. (XIV e XV gr. a. pe. da 203/25); f.n. 265-S/151, 8-XI-1973, S.M.E. Ord. {TT.00. costituzione gr. a msl. Lance); f.n. 879-S/151, 30-IX-1974, S.M.E. Ord. (scioglimento 3° rgt. a. msl.); f.n. -S/ 151, 6-Xl-1974, S_M.E. Ord. (scioglimento III/3° rgt. a. m.s.l.); f.n. 460-S/151, 6-XII-1974, S.M.E. Ord. (varianti IT.00. XIII Gr. Ac. O.); f.n. 570-S/151, 28-XIl-1974, S.M.E. Ord. (costituzione dal 1-1-1975 gr. a. msl. Lance). 69 Ordinamento /Ila B. msl. 1975 (f.n. SO-S/151, 28-1-1975, S.M.E. Ord.)- Articolazione: cte.; vice-<:te.; cdo. (stato maggiore e quartier generale); II gr. a. msl. H.j.; gr. msl. Lance; XIV e XV gr. a_ pe. a T.M. 203/25; Gr. Ac. O.; btg. g.p.; btg. t.; R.R.R.R.; 4 cp. fucilieri. Il cdo. B. comprende: cte.; stato maggiore: sz_ personale e benessere, sz. O.A.I.O., sz. servizi. sz.t., sz_ armi speciali, quartier generale, cte., pi. cdo., uff. amministrazione, autosezione mista, sz. N.B.C., nucleo carabinieri; in totale: 40 ufficiali, 44 sottufficiali, 132 militari di truppa, 91 pistole, 22 FAL, 2 FAL per tr_alp., 111 fucili semiautomatici, 2 mtr. bv., 2 lanciarazzi e.e., 2 V.C.T.T .• 2 moto, 3 autovetture. 16 A.R., 2 autocarri leggeri, 29 medi, 2 autouffici, 1 autoambulanza, 16 rimorchi biga leggeri, 16 rimorchi biga medi, 7 stazioni radio btg.-rgt., 7 stazioni radio veicolari p.p. 70 F.n. 1230-S/15162442, 31-V-1963M S.M.E. Ordn. 71 Vds. precedente nota n. 6. 72 Nel quadro generale del graduale riordinamento dell'artiglieria e.a. nel 1963 venero disposti i seguenti provvedimenti: trasferimento cdo. a. e.a. da Milano a Bologna; attribuzione del cdo. ad un generale di divisione dal I-IV-1963; asswizione alle proprie dipendenze da parte di detto cdo, del l 0 , 2°, 4°, 5°, 18° e 21 ° rgt. a_e.a. dal I-VIII-1963 (f.n_ 740-S/15162303, 31-III-1963 e f.n. 770-S/15152545, 3 l-IJI-1963, S_M.E. Ord.). Inoltre venne definita: la struttura del 4° e 5° rgt. a . msl. e.a. (ciascuno su 2 gr.), del 2° e 121 ° rgt. a. c. a. pe. (ciascuno su 3 gr-), del 3° e 18° rgt. a. c. a. I. (ciascuno su 4 gr.); la trasformazione del 4° e 5° rgt. a. e.a. pe., in rgt. a. msL e.a. e del 18° e 3° rgt. a. c. a. pe. in rgt. a. c. a. I.; lo scioglimento del 1° e del 17° rgt. a. c. a. pe. e del III gr. a c. a. pe. del 3° rgt. a . pe. cam. (f.n. 1350-S/15162545, 5-VII-1963, S.M.E. Ord.). In relazione al ritardo di circa tre mesi nell'arrivo dei materiali Hawk vennero variati alcuni tempi di riordinamento: f.n. 2634-S/15162545, 12-XII-1963, S.M.E. Ord_Vennero infine stabiliti i nuovi organici di guerra dei rgt. a. msl. e.a., dei rgt. a. e.a. pe.. dei rgt. a.c_aJ.: f.n. 2340-S/ 15162545, 10-XIl-1963, S.M.E. Ord. Con il f.n. 430-S/15162542, 25-11-1963, S.M.E. Ord. era stato stabilito in precedenza che: i rgt_ a.c.a.pe. passassero dalla forma zione di pace su 2 btr. effettive e 2 btr. contratte a quelle su 1 btr. effettiva e 3 contratte; i gr. c.a.L delle D.f. e delle D. cor. conservassero il materiale da 40/56 senza più prevederne la sostituzione con quello da 40/70; il materiale da 40/70 in dotazione al gr. c.a.L del 5° rgt. a.c.a.pe. venisse ceduto al 18° rgt. a.e.a.pc .. 73 F.n_ 2340-S/15162545, 10-XII-1963 e f.n. 2634-S/15162535, 12-XII-1963, S.M.EOrd. (riordinamento artiglierie c_a.); f.n. 750-S/15162545, 23-111-1964, S.M.E. Ord. (riordinamento: il 3° rgt. a.e.a.I. assume la denominazione di 17° rgt. a.e.a.I.); f .n. 2340-S/162545 del 3-VIII-1963, S.M.E. Ord. (scioglimento del cdo. e del I e III gr. del 2° rgt. a .c.a.pe.• del II gr. del 4° rgt. a.c.a.pe. e del VI e VII gr.aJ . del 17° a.e.a.I.); f.n. 2870-S/1 5162749, 27-XIl-1964, S.M.E. Ord.(costituzione del deposito materiali Hawk); f.n. 1480-S/15162543, I-IX-1956, S_M.E. Ord. (riordinamento a.e.a.); f.n. 1290-S/15162749, 10-IX-1966, S.M.E. Ord. (costituzione reparto rifonnimenti msl. e.a.); f.n. 1300-S/ 15162749, 10-IX-1966, S .M.E_ Ord. (costituzione sz. riparazioni materiali elettronici e.a.); f.n . 1600-15162749: 20-IX-1966, S.M.E. ord. {TT.00. unità di supporto logistico a.c.a.msl. e a.e.a. campali); f.n. 70-S/15162543, 20-1-1967, S.M.E. Ord (aggiunte e varianti TT.00. rgt. a.e.a.I.); f.n. 250-S/15162545, 20-II-1967, S_M.E. Ord. {TT.00. cdo. a.c_a_ dell 'esercito); f.n. 1330-S/15162749, S-IX-1967, S.M.E. Ord. {TT.00. reparto R.R.R-a.c.a-); f.n. 15-S/15162544, 9-Il-1968, S.M.E. Ord. (TT.00. rgt. a.e.a. msl.); f.n. 1230-S/1516658,
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FILIPPO STEFANI
13-XI-1968, S.M.E. Ord. (TI.00. cp.t. per rgt. a msl. e.a.); f.n. 310-S/15162545, 24-V-1969, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti TI.00. cdo. a.e.a.); f.n. 180-S/ 151, 28-V-1970, S.M.E. Ord. (riordinamento artiglieria contraerei); f.n. 210-S/151. 8-IV-1971. S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti R.R.R.R.); f.n. 780-S/151, 28-XII-1972, S.M.E. Ord. (riordinamento, TI.00. del cdo., riduzione dei gr. del 17° (3 su 3 btr), 18° (2 su 4 btr) e del 121 ° (2 su 4 btr.); f.n. 260-S/151, 24-IV-1973, S.M.E. Ord. (reparti delle trasmissioni per le unità a.e.a.); f.n. 340-S/151, 26-V-1973, S.M.E. Ord. (R.R.R.R. nuove TI.00.); f.n. 550-S/151, 15-X-1973, S.M.E. Ord. (aggiunte e varianti rgt. a.e.a.I.); f.n. 110-S/151, 7-II-1974, S.M.E Ord. (aggiunte e varianti reparto R.R. materiali). 74 Ordinamento artiglieria contraerei dell'esercito 1969. L'a.c.a. dell'esercito comprende (f.n. 310-S/15162545, 24-V-1969, S.M.E. Ord.): comando; 4° e 5° rgt. a.e.a. msl.; 17°, 18° e 121 ° rgt. a.e.a.I. ; 21 a, 24a e 25a cp.t.; reparto rifornimenti rosi.e.a.; reparto riparazioni materiali a.e.a .. Comando: 24 ufficiali, 18 sottufficiali, 64 militari di truppa, 50 pistole, 4 FAL tr. alp., 10 FAL, 52 fucili semiautomatici, 4 moto, 3 autovetture, 4 A.R., 2 autocarri leggeri, 7 medi, 1 autoufficio, 1 autobotte, 4 rimorchi da I/4 t, 4 rimorchi da 1 t. TT.00. rgt. a.c.a.pe. 1969 (di mobilitazione): 12 I ufficiali, 241 sottufficiali, 1804 militari di truppa, 190 pistole, 119 moschetti automatici, 1850 carabine, 34 fucili mitragliatori, 32 lanciarazzi e.e., 48 compiesi quadrupli 12, 7 mm, 48 cn. da 90/50, 3 radar SN/TPS-JE, 12 radr 4 Mac. 6, 12 radar 3 Mac. 7, 39 gruppi elettrogeni, 35 motocicli, 237 autocarri vari, 107 trattori, 96 rimorchi, 66 stazioni radio, 37 ricevitori allarme aereo, 18 centralini, 260 telefoni, 340 km cavo telefonico S. 4 (bobine), 380 km cordoncino telefonico. TT.00. rgt. a.e.a.I.: 154 ufficiali, 497 sottufficiali, 3276 militari di truppa, 252 pistole, 57 moschetti automatici, 3617 carabine, 108 fucili mitragliatori, 106 lanciarazzi e.e., 128 complessi quadrupli da 12, 7, 128 cn. da 40/ 170, 16 radar AN/TPS-IE, 64 complessi di rilevamento e calcolo, 144 gruppi elettrogeni, 57 moto, 426 automezzi vari, 336 trattori, 72 rimorchi, 129 stazioni radio, 136 ricevitori allarme aereo, 27 centralini, 300 telefoni, 490 km cordoncino telefonico, 40 km cavo S. A (bobine). Comando artiglieria contraerei dell 'esercito 1972: comandante; vicecomandante; stato maggiore (capo di S.M., ufficio segreteria e personale, segreteria speciale, O.A.I.O., ufficio t, ufficio serv.); quartier generale (cte., uff. amministrazione, pl.cdo e serv., pi. t., autosezione mista). Totale: 29 ufficiali, 38 sottufficiali, 146 militari di truppa, 8 carabinieri, 66 pistole, 7 FAL tr. alp., 9 FAL, 148 fucili semiautomatici, 2 mtr. bv., 7 motocicli, 4 autovetture, 1 autobus a 10 posti, 7 A.R., 4 autocarri leggeri, 8 medi, l autoufficio, 1 autocentro trasmissioni, 10 autoradio, 1 autobotte, 6 rimorchi da 1/4 t, 6 rimorchi da 1 t, 2 stazioni radio cp.-bt., 2 radio veicolari, 10 stazioni radio divisionali su autoradio, 1 centralino telefonico a 40 linee, 6 telescriventi campali, 1 telecifrante ON/UNE, 2 complessi per telesscriventi, 2 perforatrici di zona, 6 apparati per telegrafia inte rfonica, 1 serie stendimento linee normali, 30 telefoni campali, 15 km cordoncino telefonico (f.n. 260-S/151, 24-IV-1973, S.M.E. Ord.). Compagnia trasmissioni per reggimento a. msL e.a. 1973: comandante; pi. cdo. e serv.; 3 pi. ponti radio; 24° cp.: 5 ufficiali, 55 sottufficiali, 183 militari di truppa; 25° cp.: 4 ufficiali, 51 sottufficiali, 171 militari di truppa; 24° cp.: 9 pistole, 4 FAL tr. alp., 43 FAL, 187 fucili semiautomatici, 2 mtr. bv., 4 moto, 4 A.R., 14 autocarri leggeri, 42 pesanti, 1 autopesante, 2 furgoncini, 2 rimorchi da 1/4 t, 6 terminali P.R. a 4 canali, 27 terminali P.R. a 12-24 canali, 15 ripetitori P.R., 1 centralino telefonico, 12 telefoni campali; 25a cp.: 9 pistole, 4 FAL tr. alp., 39 FAL, 175 fucili semiautomatici, 2 mtr. bv., 4 moto, 4 A.R.. 14 autocarri leggeri, 38 pesanti, 1 autopesante, 2 furgoncini, 2 rimorchi da 1/4 t, 6 terminali P.R. a 4 canali, 24 terminali P.R. a 12-24 canali, 14 ripetitori, P.R., 1 centralino telefonico, 12 telefoni campali (f.n. 260-S/15 l, 24-IV-1973, S.M.E. Ord.). Reparto riparazioni rifornimenti msl. e.a. e deposito parti di ricambio 1973: 3 ufficiali, 49 sottufficiali, 54 militari di truppa, 52 pistole, 54 fucili semiautomatici, 2 mtr. bv., I A.R., 2 autofurgoni, 2 autocarri leggeri, 3 medi, 8 speciali, I autocarro pesante,
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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1 rimorchio da 1/4 t, 2 rimorchi da 1 t, 2 rimorchi scaffalati, 5 telefoni campali, 5 km cordoncino telefonico (f.n. 340-S/151, 26-V-1973, S.M.E. Ord.). TT.00. Reggimento artiglieria missili e.a. 1970: comandante; vice-comandante; cdo. (sz. segreteria, personale, benessere; O.A.T.I.O.; sz. servizi; ufficio amministrazione); reparto comando di reggimento (cte., sez. cdo., se.t., sz. serv.); 2 gr.a.msl. e.a., ciascuno su: cte.; vice-cte.; ufficio controllo del fuoco (BOL); R.R.R.R. {cte., sez. cdo., sz. riparazioni, sz. manutenzione); btr. cdo. (cte. sez. cdo_ sez. t., sz. autocarreggio, officina leggera, sq. servizi); da 4 a 5 btr. msl. ciascuna su: sz. cdo., sz. controllo del fuoco, sz. missili e.a., sz. autocarreggio. Totale: rgt. variabile se gr. con più di 3 btr.: 124 ufficiali, 646 sottufficiali, 1050 militari di truppa, 559 pistole, 27 FAL tr. alp. 51 FAL, 1183 fucili semiautomatici, 62 mtr. bv., 42 lanciarazzi e.e., 36 complessi quadrupli da 12, 7 mm, 48 mezzi di lancio, 46 stazioni radio btg.-rgt., 8 stazioni radio veicolari p.p., 3 stazioni divisionali, 30 ricevitori allarme aereo, 29 centralini a 10-12 linee, 176 telefoni campali TA-312/PT, 276 telefoni campali EE8, 112 complessi microfonici, 21 serie stendimento linee volanti, 170 km cordoncino telefonico, 40 km cavo telefonico S4 (bobine), 27 motocicli, 1 autovettura, 40 A.R, 1 camioncino, 1 furgoncino, 49 autocarri leggeri, 168 autocarri medi, 2 autocarri speciali pesanti, 2 autocarri pesanti, 2 autoscaffalati pesanti, 2 autocisterne per carburanti, 2 autosoccorso, 3 autoambulanze, 10 autogru, 42 rimorchi da 1/4 t, 78 rimorchi da 1 t, 20 rimorchi scaffalati, 2 rimorchi officina, 2 escavatori ruotati, 28 seghe a catena con motore incorporato, complessi elettronici vari per riparazioni, mezzi tecnici vari. 75 F.n. 2855-S/15162617, 7-XII-1963, S.M.E. Ord. {scioglimento dei gr. e.a.I. delle D. cor. Ariete e Centauro); f.n. 2000-S/15162543, 2-IX-1965, S.M.E. Ord. (scioglimento dei gr. e.a.I. delle DD. e BB. f.). 76 F.n. 2290-S/15162462, 18-XII-1962, S.M.E. Ord.. 77 Stato Maggiore dell'esercito. III Reparto. Ufficio addestramento e regolamenti. 3° sezione regolament.i. Memoria sull'azione difensiva con impiego di armi atomiche in terreni fortificati di pianura e collinosi. Appendice alla pubblicazione n° 5373 (n. 600 della serie dottrinale). N. 601 della serie dottrinale, n. 5451 numero categorico. La pubblicazione, formato 12 X 18, consta di 18 pagine, 3 capitoli, 11 paragrafi. Il capitolo I tratta i lineamenti generali della fortificazione permanente e loro incidenza sulla difesa; il II l'organizzazione e condotta della difesa; il III le dipendenze d'impiego-trasmissioniaddestramento. 78 F.n. 770-R/15162462, 23-XI-1958, S.M.E. Ord. 79 F.n. 110-S/15162463, I-II-1960, S.M.E. Ord. 8 F.n. 2040-S/ 15162462, 24-IX 1963, S.M.E. Ord. 8 1 Al riordinamento dei rgt. alp. da posizione era stato già provveduto negli anni precendenti: f.n. 2250-S/15172464, 31-Vlll-1960, S.M.E. Ord.; f.n. SO-S/15162462, 20-1-1961, S.M.E. Ord. (11 ° rgt. su XII, XIII, XIV, XV e XVI btg.); (21 ° su XXIII, XXIV e XXV btg.); (22° su XXIX e XXX btg.); XIX btg. autonomo. Nel 1961 era stata costituita altresì una nuova cp. da posizione nel settore di pianura: f.n. 530-S/15162462, 10-V-1961, S.M.E. Ord. F.n. 2290-S/15162462, 18-XII-1962, S .. M.E. Ord. (riordinamento e potenziamento unità di presidio delle opere fortificate); f.n. 2415-S/15162462, 31-XII-1962, S.M.E. Ord. (riordinamento e potenziamento delle unità di presidio delle opere fortificate); f.n. 2040-S/15162462, 24-IX-1963, S.M.E. Ord. (riordinamento e potenziamento delle unità di presidio delle opere); f.n. 1540-S/15162462, 25-IX-1963, S.M_E. Ord. (idem c.s.); f.n. 1495-S/15162462, IO-X-1963, S.M.E. Ord. (idem c.s.); f.n. 950-S/15162462, 21-V-1964, S.M.E Ord. (riordinamento unità alpini d'arresto e scioglimento del comando 21 ° rgt.); f.n. 675-S/15162462, 22-VI-1964, S.M.E. Ord. (riordinamento unità fanteria d'arresto del V corpo d'armata); f.n. 2545-S/15162462, 3 l-X-1964, S.M.E. Ord. (btgg. alp. d'arresto e btgg. alp. valle); f.n. 3135-S/15162462, 3 t-XII-1964, S.M.E. Ord. (TT.00. 11 ° rgt. alp. d 'arresto); f.n. 1320-S/ 1516 2463, 24-Vl-1965, S.M.E. Ord. (TT_OQ_ 52° Alpi, 53° e 54° Umbria); f.11. 1475-S/ 15162462, 9-VII-1965, S.M.E. 01·d. (TT.00. 73° Lombardia).
°
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FILIPPO STEFANI
Nel 1970vennero emanate nuove TI.00. per le unità alpini d'arresto(btg. Val Chiese, Val Brenta, Val Cismon, Val Camonica, Val Fella, Val Tagliamento, Val Natisone): f.n. 700-S/151, 10-X-1970, S.M.E. Ord.; vennero altresi apportate aggiunte e varianti alle TI.00. dei reggimenti di fanteria d'arresto: f.n. 720-S/151, 25-X-1970, S.M.E. Ord., nonché aggiunte e varianti alle TI.00 dello 11 ° rgt. e dei battaglioni valle: f.n. 920-S/151, 31-XII-1970, S.M.E. Ord. Nel 1972 vennero stabilite nuove TI.00 per i rgt. f. d'arresto: f.n. 290-S/151 25-IX-1972, S.M.E. Ord.; nel 1973 vennero di nuovo modificate: f.n. 210-S/151, 6-VI-1973, S.M.E. Ord. I reggimenti di arresto vennero articolati ciascuno su: comando; compagnia comando e servizi, (pi. cdo. e serv. e 1 pi. trasporti); 3 (52° e 53°), 2 (54° e 73°) battaglioni. 82 F.n. 2290-S/15162462 del 18-VII-1962, S.M.E. Ord. 83 F.n. 2290-S/15172462 del 18-XII-1962, S.M.E. Ord. 84 F.n. 2290-S/15162462 del 18-XII-1362, S.M.E. Ord. 85 F.n. 950-S/15162462M 21-V-1964, S.M.E. Ord. (scioglimento del cdo. del 21 ° rgt. alp. d'arresto, dei cdi. btgg. alp. Val Leogra e Val Natisone e di 3 cp). 86 F.n. 580-S/151, 26-IX-1973, S.M.E. Ord. s 7 F.n. 1230-S/Ordn. 18-V-1964, S.M.E. Ord. 88 F.n. 630-S/15162411, 31-V-1961, S.M.E. Ord. (TI.00.); f.n. 1230-S/15162472, 18-V-1964, S.M.E. Ord. (riassetto e potenziamento; costituzione su: comando, compagnia comando, 3 battaglioni anfibi, 1 battaglioni carri, 1 compagnia trasmissioni, 1 cp. trasporti); f.n. 40-S/15162472, 9-1-1965, S.M.E. Ord. (nuove TT.00.). Organici rgt. Serenissima 1965: 196 ufficiali, 441 sottufficiali, 3158 militari di truppa; 1126 pistole, 1218 FAL, 299 FAL per tr. alp., 1238 fucili semiautomatici, 137 mtr. bv., 27 lanciarazzi e.e., 27 mortai da 81, 18 mortai da 120, 3* cn.s.r. da 75, 30 cn. s.r. da 106, 6 posti di lancio msl. filoguidati di media gittata, 245 mtr. da 12,7 mm, 215 veicoli cingolati, 30 mezzi anfibi, 51 carri armati M47, 6 carri recupero, 54 battelli pneumatici con motore fuoribordo, 1 MTM, 2 MTP, 2 motoscafi, 2 motobarche, 6 battelli a motore, 2 barchetti Ml, 82 motocicli, 1 autovettura, 124 A.R., 57 autocarri leggeri, 67 medi, 21 pesanti, 5 autoradio, 5 autosoccorso, 5 autoscaffalati, 5 autocisterne, 5 autobotti, 13 rimorchi da 1/4 t, 139 rimorchi da 1 t, 11 rimorchi offina, 145 radio cp.-pl., 147 cp.-bg., 12 stazioni radio veicolari p.p., 15 AN/GRC-3, 82 AN/GRC 4, 15 AN/GRC-3, e AN/GRC 9, 2 stazioni radio g.p., 5 stazioni radio divisionali, 1 complesso radio ACT, 8 ricewvitori allarme aereo, 2 ricevitori, 10 centralini, 127 telefoni campali, 3 telescriventi. F.n. 510-S/15172472, 5-XI-1969, S.M.E. Ord. (AA.VV. alle TT.00.); f.n. 20-S/151 , 27-1-1972, S.M.E. Ord. (AA.VV. alle TI.00.); f.n. 390-S/151, 12-VI-1972, S.M.E. Ord. (AA.VV. alle TI.00. cp.t.); f.n. 540-S/151, 30-VII-1972, S.M.E. Ord (nuove TI.00. rgt. Serenissima). Articolazione ed organici rgt. Serenissima 1972. Articolazione: comando; compagmia comando e servizi; 3 battaglioni anfibi; 1 battaglione carri armati; 1 compagnia trasmissioni; 1 compagnia trasporti/anfibi. Organici: 203 ufficiali, 484 sottufficiali, 3202 militari di truppa; 1243 pistole, 1152 FAL, 300 FAL tr. alp., 1391 fucili semiautomatici, 142 mtr. bv., 27 treppiedi, 103 lanciarazzi e.e., 27 mortai da 81, 18 mortai da 120, 18 cn. s.r. da 75, 30 cn. s.r. da 106, 6 posti msl filoguidati e.e. da m.g., 51 carri armati, 79 motocicli, 1 autovettura, 131 A.R., 60 autocarri leggeri, 2 a utocarri leggeri da 2 t anfibi, 73 autocarri medi, 21 autocarri pesanti, 5 autocarri scaffalati pesanti, 2 autobus, 1 autofurgoncino, 1 autocentro trasmissioni, 1 autocentro cifra, 5 autocarri attrezzati cisterna, 4 autobotti, 6 autogru pesanti, 1 complesso traino, 121 rimorchi da 1/4 t, 102 rimorchi da 1 t, 5 rimorchi officina, 8 rimorchi pesanti, 6 carri recupero, 218 mezzi cingolati, 30 LVT, 4 MTM, 2 MTP, 2 motoscafi da ricognizione, 2 motobarche, 2 barchetti Ml, 6 barche a motore, 54 battelli pneumatici con motore fuoribordo, 1 motobarca cisterna, 147 stazioni radio pi. cp., 151 cp.-btg., 21 btg.rgt., 9 veicolari p.p., 133 radio su mezzi corazzati e cingolati, 2 stazioni radio g.p., 5 stazioni radio divisionali su autoradio, 9 complessi radio su mezzi corazzati e cingola-
CAP. LXI - U COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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ti, 2 ACT, 9 centralini, 1 centrale telefonica a 40 linee, 127 telefoni, 3 telescriventi, 4 terminali telefonici a potenza vettrice, 4 terminali ponte radio, 2 serie di stendimento linee in cavo, 15 serie stendimento linee volanti leggere, 10 serie stendimento linee volanti normali, 30 km cavo bidoppio, 53 km cordoncino telefonico, 6 ricevitori allarme aereo, 1 ricevitore a M.A., 1 ricevitore a M.F .. Nel 1975 il rgt. ed i btgg_ vennero ordinati diversamente e ristrutturati: f.n. 470-S/151. 8-X-1975, f.n. 600-S/151, 28-Xl-1975, S.M.E- Ord. 8 9 F.n. 2090-S/Ordn., I-IX-1964, S.M.E. Ord. 90 F.n. 1480-S/15162442, 22-VIIl-1962, S.M.E. Ord.; foglio 40-S/15162442, 14-1-1963, S.M.E. Ord_; f.n. 45-S/15162442, 26-1-1963, S.M.E. Ord.; f.n. 550-S/15162442, 7-IIl-1963, S.M.E. Ord.; f.n. 1850-S/15162443, 12-X-1965, S.M.E. Ord. 91 F.n. 710-S/15162441, 13-IV-1964, S.M.E. Ord. (trasformazione del 155° rgt. a . smv. e.e. in 27° rgt. a.pe. smv.); f.n. 1100-S/15162541, 20-IV-1964, S.M.E. Ord. (TT.00.); f.n. 1755-S/ 15162541, 17-VII-1964, S.M.E. Ord. (costituzione del III gruppo). Organico iniziale provvisorio su 2 gruppi: 32 ufficiali, 56 sottufficiali, 499 militari di truppa, 210 pistole, 160 moschetti automatici, 269 carabine, 21 fucilimitragliatori, 21 lanciarazzi e.e., 13 Ml 13, 12 smv. M 107 con cannone da 175, 1 carro recupero, 8 motocicli, 103 automezzi vari, 93 rimorchi vari, 53 stazioni radio, 8 centralini telefonici, 51 telefoni. Per i provvedimenti fino al 1962, vds. precedente nota n. 6. I principali provve92 dimenti ordinativi ed organici successivi fino al 1975 furono: la costituzione della 27 3 btr. da 120 del gruppo a. mon. Osoppio del 3° rgt. (f.n. 1300 S/15162521 18-Vll-1962, S .M.E. Ord.); del 9° rgt. a. pe. camp. armato con gli obici da 155/23 (f.n. 1830-S/15162521; 22-X-1962, S.M.E. Ord.); della terza btr_ da 203/25 smv. del 132° rgt. a. cor. (f. n. 2010-S/15162442, 23-VIII-1964, S .M.E. Ord.); della btr. a cavllo presso il rgt. a. pe. caro. smv. (f.n. 100-R/15162551 , 31-1-1966, S.M.E. Ord.). La batteria ippotrainata venne armata con materiale da 75/27 (f.n. 376-R/15162551, 15-V-1967, S.M.E. Ord_); del gr. a. caro. della B. paracadutisti (f.n. 1005-S/ 15162428; 10-V-1963, S.M.E. Ord.); del III gr. a_ pe. smv. del 27° (f.n. 1755-S/15162541, 17-II-1964, S.M.E. Ord.); del gr. a. mon. Mondovì (f.n. 20-S/15162523, 12-1-1970, S_M.E. Ord.); La trasformazione del rgt. a. a cavallo da cam. smv. ape. cam. smv. (f.n. 785-S/Ord., 3-VIII-1964, S.M.E. Ord.), del 27° rgt. a. pe. smv. (f.n. 600-S/15162541, 6-III-1964, S.M.E. Ord.); idem f.n. 370-S/1516541, S.M.E. Ord.; idem f.n. 710-S/15162541, 13-IV-1964, S.M.E . Ord.); del 14° rgt. a. caro. con materiali d a 105/22 mod. 14/61 in sostituzione di quelli da 88/27 (f.n. 2555-S/15162511, 30-XI-1964, S.M.E . Ord.); Lo scioglimento del 35° rgt. a. smv. e.e. (f.n . 370-S/Ordn., 6-III-1964, S.M.E. Ord.); del 27° rgt- a. pe. caro. smv.. attribuzione della denominazione al trasformando 155° rgt . a. smv. e.e. (f.n. 785-S/Ordn. 21-111-1964, S.M.E. Ord.); dei gr. a. mortai pesanti IV, V e VII (f.n. 1935-S/15162744, 30-IX-1963, S.M.E. Ord.); dei gr. e.a.I. delle DD. cor. (f.n . 2010-S/15162442, 23-VIII-1964, S.M.E. Ord.); dei gr. c.a.L delle divisioni f. (f.n. 2010-S/151624122, 2-IX-1965, S.M.E. Ord_ e f.n. 2020-S/151614124, 3-IX-1964, S.M.E. Ord.); d el cdo. 9° rgt. a. pe. (f.n. 380-S/151, 21-VI-1973, S.M.E. Ord.); La contrazione a quadro del CIX/35° rgt. a. smv. e.e. poi sciolto (f.n. 2855-S/ 151 62617, 7-XII-1963, S.M.E. Ord.); del XIV e XV gr. a. da 203/25 (f.n. 600-S/151, 27-IX-1973, S.M.E. Ord.); del IV/4° rgt. a . pe. cam. e d el 1/6° rgt_ a. pe. cam. (f.n. 260-S/151, 20-IV-1974, S.M.E. Ord.); dei gr. IIl/3°, III/4°, III/6° , 111/8° e III/52° (f.n. 380-S/151, 21 -Vl-1973, S.M.E. Ord.). La definizione delle TT.00.: dei gr. a. pe. cam. da 155/23 e dei gr. a. pe. caro. da 149/19 (f.n. 850-S/1516 349, 7-VI-1963, S.M.E Ord.); dei cdi. di rgt. a. cam . smv. (f.n. 1400-S/15162541, 8-VIIl-1962, S.M.E. Ord.); dei gr. d a 203/25 (f.n. 1420-S/ 15162749, 12-VIII-1962, S.M.E. Ord.); dei rgt. a. pe. (AA.VV. f.n. 1300-S/1516349, 10-X-1964, S.M.E. Ord.); dei rgt. e. gr. a. (AA.VV. f.n. 500-S/1516349, 13-III-1965, S.M.E. Ord.); dei gr. a. smv. M109 (f.n_ 2755-S/15162515, 21-XII-1965, S .M.E. Ord.); del gr. a. caro. paracadutisti (f.n. 1270-S/15162428, 31-VII-1966, S.M.E. Ord.); dei gr. a. cam. smv. M109 (nuove TT.00., f.n. 1115-S/15162534, 7-IX-1968, S.M.E. Ord.); dei gr. a. cam. smv. M109 (AA.VV.
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f.n. 485-S/151, 14-Vl-1970, S.M.E. Ord.); dei rgt. a . cor. per D. cor. (nuove TT.00., f.n. 765-S/ 151, 31-XIl-1971, S.M.E. Ord.); dei rgt. a. cam. D. f., B.f., dei gr. a. cam. smv. di supporto (nuove TT.00., f.n. 765-S/151, 31-Xll-1971, S.M.E. Ord.); dei gr. XIV e XV da 203/25 (AA.W. f.n. 650-S/151, 19-IX-1972, S.M.E. Ord.); dei rgt. a. da mon. (f.n. 810-S/151, 23-Xl-1972, S.M.E. Ord.); delle unità di a. (AA.W., f.n. 235-S/151, 16-ill-1972, S.M.E. Ord.); dei gr. a. cam. paracadutisti (f.n. 520-S/151, 6-IX-1973, S.M.E. Ord.); dei gr. 155/23 a traino meccanico e smv. delle DD., delle BB. motorizzate, delle BB. meccanizzate autonome (f.n. 265-S/ 151, 22-Vll-1975, S.M.E. Ord.); dei gr. a. pe. da 155/23. II riordinamento dell'artiglieria pe. cm. e pe. (f.n. 5-SS/15162555, 13-V-1963, S.M.E. Ord.); del gr. a. cavallo (f.n. 1895-S/15162515, 31-Vll-1964, S.M.E. Ord.); dei gr. a. mon. (f.n. 20-S/151562523, 12-1-1970, S.M.E. Ord.); dei gr. a. smv. M109 (programma di assegnazioni, f.n. 560-R/1836213/2, 23-VII-1970, S.M.E. Ord.); delle unità a. cor. (rinnovo delle linee pezzi e introduzione dei smv. Ml 09G, di cui 72 nel 1971 e 124 nel 1973 per il 131 °, il 132° e 1'8° rgt. a.: f.n. 554-R/1836213/2 22-VI-1971, S .M.E. Ord.); unità di a. di supporto a traino meccanico: 3° rgt. pe. cam., 6° e 9° rgt. pe. caro., 8° e 41 ° rgt. pe. caro., 4 ° rgt. pe. cam., 52 rgt. pe. (f.n. 380-S/151, 21-Vl-1973, S.M.E. Ord.). I gr. armati con 155/23 su 18 pezzi, quelli con 155/45 e 203/25 su 12 pezzi. Unità a. di supporto a traino meccanico pe. e pe. cam.: 3° rgt. a. pe. cam., 52° rgt. a. pe. (f.n. 390-S/ISI , I-VIII-1974, S.M.E. Ord.); 4 ° rgl. a. pe. cam. e 52° rgt. a. pe. (f.n. 380-S/11, 21-VI-1973, S.M.E. Ord.). 93 F.n. 1830-S/ 15162511, 22-X-1962, S.M.E Ord .. Vennero inizialmente costituiti il comando di rgt. ed il I e III gr.; successivamente, in seguito allo scioglimento dei rgt. a. smv. e.e., il rgt. venne completato (f.n. 1860-S/15162542, 22-X-1962, S.M.E. Ord.). 94 F.n. 650-S/15162555, 10-IV-1960, S.M.E. Ord. 95 F.n. 25-AA/15162555, 25-V-1961, S.M.E. Ord.: esistenti fin dal tempo di pace: 3°, 4°, 6° e 8° rgt. a. pe. ca.; 27° rgt. a. s mv.; 41° rgt. a. pe. cam.; 9° e 52° rgt. a. pe.; XV gr. a. pe.; da costituire all'emergenza: 1°, 9°, 22° rgt. a. pe. cam., VI gr. a. pe .. 96 F.n. 1896-S/15162512, 31-VII-1964, S.M.E. Ord.; f.n. 785-S/Ordn., 3-VIIl-1964, S.M.E. Ord. 97 F.n. 1830-S/15162521, 22-X-1962, S.M.E. Ord. 98 F.n. 600-S/151626541, 6-III-1964; f.n. 370-S/15162541, 6-111-1964; f.n. 710-S/15162541, 13-IV-1964: tutti dello S.M.E. Ord. 99 F.n. 554-R/183-6213-2; 22-Vl-1971, S.M.E. Ord. 100 F.n. 390-S/151, I-VIII-1974, S.M.E. Ord. In precedenza, con f.n. 380-S/151, 21-Vl-1973, S.M.E. Ord., erano stati ridotti a quadro i terzi gruppi del 3°, 4 °, 6°, 8° e 52° rgt. Le formazioni di guerra rimasero per: il 3° rgt. a. su 4 gr. da 155/23, ciascuno su 3 btr.; il 6 ° e 9° rgt. a. su 3 gr. da 155/23, ciascuno su 3 btr.; 1'8° e 41 ° su 2 gr. da 155/23 e I gr. da 155/45, ciascuno su 3 btr.; per il 4 ° rgt. su 3 gr. da 155/23 e 2 g r. da 155/45, ciascuno su 3 btr.; il 52° rgt. su 3 gr. da 155/45 e 2 gr; da 203/25, ciascuno su 3 btr. 101 F.n. 610-S/151, I-IX-1972, S.M.E. Ord. 102 Rivista Militare: Il futuro ruolo dei pionieri di arresto?, del ten. col. Arnaldo Giacalone, anno 1960, fase. II, pg. 187, Impiego dei pionieri di arresto, del col. Arnaldo Giacalone, anno 1961, fase. VII-VIII, pg. 863 Sono attuali le unità pionieri di arresto, del col. Fausto Felcini, anno 1966,fasc. X, pg. 1244. Le specialità pionieri di arresto, del cap. Angelo Di Fuccia, anno 1967, fase. I, pg. 116. Nello stesso periodo i problemi generali dell'arma vennero trattati negli articoli: L'arma del genio. Alcune considerazioni sui compiti e sulla organizzazione, del gen. Ottavio Di Casola, anno 1960, fase. Xl, pg. 1381. L'evoluzione dell'arma del genio dall'inizio del secondo conflitto mondiale all'avvento dell'arma atomica in campo tattico, del col. Arnaldo Giacalone, anno 1960, fase. XII, pg. 1523. Genio militare. Arma da qualificare, del gen. Luigi Savini, anno 1963, fase. IX, pg. 1074. Problemi posti dall'ambiente nucleare all'arma del genio, del gen. Enzo Vescovini, anno 1965, fase. X, pg. 1299. Aspetti evolutivi dell'impiego, dei mezzi e dell'addestramento del genio, del gen. Enzo Vescovini, anno 1966, fase. I, pg. 42 Alcune
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idee per l'adeguamento dell'arma del genio alle esigenze del combattimento moderno, del col. Giovanni De Paoli, anno 1969, fase. IV,. pg. 438. 103 Dal 1960 al 1968 i principali provvedimenti riguardanti le unità della arma del genio furono: la definizione delle TI.00. e di AA. e W.: f.n. 2590-S/15162624, 30-IX-1960, S.M.E. Ord. (btgg. g. minatori); f.n. 785-S/15162509, 18-V-1961, S.M.E. Ord. (1°, 2° e 5° rgt. g. pionieri d'arresto); f.n. 1160-S/15162631, 27-VII-1971, S.M.E. Ord. (TI.00. cp. mascheratori); f.n. 1930-S151562626, 20-XII-1961, S.M.E. Ord. (rgt. g. ferrovieri); f.n. 775-S/15162622, 4-V-1963, S.M.E. Ord. (rgl. g. pontieri); f.n. 650-S/15162628, 8-III-1964, S.M.E. Ord. {costituzione cp. mista fotoelettricisti mascheratori); f.n. 790-S/15162634, 4-IV-1964, S.M.E. Ord. (cp. teleferisti); f.n. 880-S/15162626, 2-IV-1965, S.M.E. Ord. (II btg. g. ferrovieri-esercizio); f.n. 1320-S/15162626, 28-Vlll-1967, S.M.E. Ord. (AA.VV. btg. g. ferrovieri); f.n. 820-S/15162626, 12-VII-1968, S.M.E. Ord. (TI.00. II btg. g. ferrovieriesercizio); f.n. 1190-S/1516349, 7-X-1968, S.M.E. Ord. (AA.W. cp. g.p. e cp g. par.); f.n. 150-S/151, 14-11-1969, S.M.E. Ord. (TI.00. btg. g.p. di corpo d'armata); il riassetto di alcune unità: f.n. 2870-S/15162222, 7-Xll-1963, S.M.E. Ord. (riassetto unità del genio d'armata: il btg. teleferisti si contrae su I cp. di 3 pi.; la cp. fotoelettricistie la cp. mascheratori vengono trasformate in una cp. mista su 2 pl.); f.n. 60-S/Ordn. 36-1-1964, S.M.E. Ord. {passaggio del II btg. g. pontieri dalle dipendenze del rgt. fv. al rgt. pt); lo scioglimento di alcune unità; f.n. 2870-S/15162222, 7-XIl-1964, S.M.E. Ord. (scioglimento IV btg. p. arresto del 2° rgt. g.); f.n. 280-S/Ordn. I-II-1964, S.M.E. Ord. (scioglimento cdo. 1° rgt. g. e passaggio delle unità che lo costituiscono alle dipendenze del 2° rgt. g.); f.n. 780-S/Ordn., 20-III-1964, S.M.E. Ord. (scioglimento del V btg. g.p. arresto del 3° rgt. g. p. a .). la costituzione di alcune unità; f.n. 145-S/Ordn., 18-1-1965, S.M.E. Ord. (trasformazione delle cp. esercizio linee ferroviarie del rgt. fv, in III btg. g. fv. esercizio); I04 F.n. 15/ 151 (appunto), I-Ill 969, S.M.E. Ord.: riordinamento dell'arma del genio; f.n. 15/151 (appunt), 4-III-1969, S.M.E. Ord.: riordinamento dell'arma del genio. Gli studi condotti dal gruppo di lavoro furono particolarmente estesi e approfonditi sia sul piano storico che su quello della comparazione delle struttura ordinatva del genio presso eserciti stranieri oltre che, s'intende, sulla situazione dell'arma in atto presso l'e sercito italiano. Si volle rivedere l'organizzazione generale dell'arma che risultatava squilibrata per l'articolazione in 11 specialità, l'inadeguato inquadramento dei reparti, la grave carenza di personale a lunga ferma, l'inadeguatezza delle strutture. Il problema, per la verilà, era stato preso in esame fin dal 1960 e poi riesaminato in periodo successivo (1964-1965), ma venne tenuto in sospeso per ricercarne la soluzione nel quadro più vasto di una struttura generale dell'esercizio. Le decurtazioni di bilancio indussero a dare priorità ad altre esigenze. Nel marzo 1968 il problema venne nuovamente affrontalo su nuove basi, nell'intento di contenere gli oneri del riassetto dell'arma nelle effettive disponibilità economiche, di personale e di mezzi e con criteri aderenti alle nuove correnti di pensiero sull'impiego e la presenza delle unità dell'arma ai vari livelli. I criteri di base d'impostazione del riordinamento furono: la ricerca di una più razionale ripartizione dei compiti tra le unità, in relazione ai preminenti aspetti tattici e tecnici dei compili stessi; l'adozione di provvedimenti che portassero sul piano organico a notevoli economie di militari di truppa (circa 3000); l'assegnazione di ufficiali e sottufficiali nel numero strettamente necessario a coprire le definicienze di inquadramento esistenti e ad assicurare l'impiego e la manutenzione delle attrezzature e dei mezzi tecnici; la presa in considerazione, per i materiali, sulla base delle prevedibili disponibilità finanziarie, della possibilità di procedere ad una parziale revisione della programmazione tecnico-finanziaria, allora in atto, intesa a conferire priorità, negli approvvigionamenti, alle attrezzature protette idonee all'impiego anche in combattimento (non reperibili per requisizione) ed ai materiali di preminente importanza operativa (ad es.: ponti legger i di interruzione, ponti stradali e ferroviari).
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F.n. 15/151 (appunto), 4-IIl-1969, S.M.E. Ord.. F.n. 480-R/151, 27-VIII-1971, S.M.E. Ord. A conclusione del ciclo di studi e di esperienze durato oltre tre anni, lo stato maggiore indicò i principali lineamenti della ristrutturazione: due specialità fondamentali: pionieri per le attività di combattimento (posa e superamento di campi minati, demolizioni, superamento ostacoli non attivi); artieri per le attività tecnico-tattiche di supporto (viabilità tattico-logistica, protezione, facilitazione delle condizioni di vita delle truppe, dei comandi e dei servizi); mantenimento in vita delle specialità pionieri di arresto che, oltre allo schieramento e difesa dei campo minati, avrebbe da allora in avanti dovuto adempiere gli altri compiti di combattimento del genio, previsti nella fase addestrativa sperimentale appena conclusasi, e delle specialità pontieri e ferrovieri per le particolari esigenze della viabilità logistica e dei trasporti; sopressione delle specialità minatori, fotoelettricisti, mascheratori, teleferisti, meccanici elettricisti, idrici, antincendi. I compiti delle specialità minatori vennero trasferiti ai pionieri, mentre quelli delle altre specialità vennero devoluti alle unità artieri che sarebbero state dotate delle specifiche relative attrezzature. Il nuovo ordinamento fu inteso a realizzare ai vari livelli un adeguato dosaggio delle unità appartenenti alle due specialità fondamentali per: assicurare in proprio alle grandi unità elementari un minimo di autonomia operativa sia nel campo delle attività di combattimento, sia in quello delle attività tecnico-tattiche di supporto; conferire la possibilità ai corpi d'annata di rinfon.are le grandi unità elementari dipendenti e di provvedere alle proprie esigenze; migliorare la capacità operativa dei C.M.T. di regione. In tale quadro: i btg. delle DD.f. vennero articolati su 1 cp. cdo. e parco, 4 cp. pionieri, 1 cp. artieri; i supporti delle BB. f ed alp., pur non potendo, per allora, elevarli al livello di btg. su 2.;-3 cp., come sarebbe stato conveniente, venne previsto di potenziarli nelle attrezzature e nei materiali per migliorarne le capacità d'impiego, mentre i pi. g.p. del cdo. Truppe Trieste e della B. para. vennero portati al livello di cp. (inizialm ente da costituire per mobilitazione); i supporti di corpo d'armata vennero costituiti da tanti btg. misti (ognuno su 1 cp. cdo e parco, 2 cp. pionieri, 1 cp. artieri) quante erano le grandi unità elementari dipendenti in 1 • schiera, nonché da 1 btg. artieri (su 1 cp. cdo. e parco e 3 cp. artieri); le cp. g. D.T. dei C.M.T. di regione vennero elevate al livello di btg. (nella mobilitazione). Il riordinamento dell'arma, cadenzato in due fasi (1 a fase di massima entro il 1972; 2° fase dopo il 1972), previde di adottare in un primo tempo i provvedimenti attuabili con il personale ed i materiali a disposizione e in un secondo tempo di completare l'assetto definitivo con l'acquisizione dei nuovi materiali necessari, con il perfezionamento degli organici e con l'adeguamento della pianificazione operativa. 106 F.n. 480-R/l 15, 27-VIII-1971, S.M.E. Ord. Fu avviata la formazione differenziata dei quadri di leva secondo la nuova articolazione dell'arma in specialità; venne definita la nuova struttura organica sperimentale delle unità pionieri ed artieri; venne dato inizio alla trasformazione delle unità pionieri esistenti e all'assunzione dei relativi compiti; fu avviata la trasformazione delle unità minatori in unità pionieri; vennero soppresse le specialità mascheratori, fotoelettricisti, teleferisti, meccanici elettricisti, idrici, antincendi e venne disposto il passaggio dei loro compiti alla specialità artieri; il 3° rgt. g. pionieri guastatori assunse una nuova struttura ordinativa; fu avviato il riordinamento delle unità pontieri. Ricordiamo che: i pionieri era la specialità dalle origini più antiche, già presente nelle milizie medievali (guastatori in Italia, pionieri in Francia) e nei secoli XVIII e XIX avevano p reso il nome di zappatori che in Italia conservarono fino al 1923, anno nel quale vennero fuse in unico btg. la specialità zappatori e quella minatori. Nel 1934 gli zappatori-minatori divennero zappatori-artieri, m entre nel 1935 vennero ricostituiti i btg. minatori e nel 1936 gli zappatori artieri presero il nome di artieri e come tali parteciparono alla seconda guerra mondiale; i pontieri esistevano già nell'armata sarda e con l'ordinamento Ricotti del 1873 vennero costituite le prime cp. che diedero vita sue IOS 106
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cessivamente al rgt. pt.; i ferrovieri, costituiti su 2 cp. nel 1873, successivamente costituirono un rgt, fv.; i miratori, vennero costituiti nel 1603 da Carlo Emanuele I come specialità dell'artiglieria, nel 1886 erano stati ordinati nella 1 • brigata della specialità e nel 1895 nacque il primo rgt; fusi volta a volta con gli zappatori, le unità minatori vennero ricostituite nel 1935; i teleferisti, i fotoelettricisti, gli idrici, gli antincendi, i meccanici erano specialità più recenti che risalivano alla prima guerra mondiale, durante la quale erano stati inquadrati nella brigata genio specialisti; i mascheratori erano stati costituiti, come i pionieri di arresto, dopo la seconda guerra mondiale. 107 I principali provvedimenti riguardanti l'arma del genio, disposti da appena iniziati gli studi per il riordinamento generale dell 'arma, furono: un primo riassetto organico del genio pionieri di arresto (f.n. 120.S/15166111, 4-III-1969, S.M.E. Ord.); un primo progetto di riassetto di tutta l'arma (appunto n. 252-S/15162605, 9-V-1969, S.M.E. Ord.); una nuova tabella organica per il btg. g. p. della m• B. msl. (f.n. 530-S/151, 20-VII-1970, S.M.E. Ord.); varianti alla TI.00. del btg. g.p. di corpo d'armata (f.n. 23().S/151, 18-V-1971, S.M.E. Ord.); ristrutturazione dell'arma (f.n. 480.R/151, 27-VIII-1971 , S.M.E. Ord.); scioglimento I btg. guastatori di arresto, mentre il II e III btg. assunsero rispettivamente la denominazione di XXX e XXI btg. guastatori di arresto (f.n. 610-S/151, I-IX-1972, S.M.E. Ord.); ordinamento del btg. pt. su 3 cp. pt. (f.n. 570-S/151, 4-VIIl-1972, S.M.E. Ord.); nuove IT.00. rgt. g. pt. (f.n. 560-S/151; 4-VIII-1972, S.M.E. Ord.); nuove TI.00. 3 ° rgt. g. guastatori d'arresto (f.n. 400-S/151, 6-VI-1972, S.M.E. Ord.); aggiunte e varianti alle TI.00. di varie unità del genio (f.n. 280-S/151, 15-IV-1972, S.M.E. Ord.); aggiunte e varianti alle TI.00. del btg. g. guastatori d'arresto (f.n. 370-S/151 , 14-VI-1973, S.M.E. Ord.); nell'ambito del processo di generale riordinamento dell'arma vennero diramate nuove TI.00. del rgt. g. pt. che disposero: rgt. g. pt. l'accentramento al livello battaglione e cp. dei mezzi di trasporto e delle attrezzature, l'articolazione in squadre delle compagnie pl. n.s., l'incremento dei mezzi di trasporto per mettere su ruote una sz. di ponte SE, l'adeguamento degli equipaggiamenti per i lavori in terra e la riduzione delle attrezzature e dei materiali per la posa in opera dell'armamento fv. (f.n. 500-S/151 , 9-IX-1973 e f.n. 510-S/151, 5-IX-1973, dello S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. rgt. g. fv. (f.n. 160-S/l 51, l 2-ill-1974, S.M.E. Ord.); la soppressione cp. teleferisti, cp. mista mascheratorifotoelettricisti (f.n. 280-S/151, 20-IV-1974, S.M.E. Ord.); riduzione a quadro 2•/XIV btg. di corpo d'armata, VII btg. di corpo d'armata, I btg. pontieri, IV btg. g. minatori (f.n. 280-S/151. 20-IV-1974, S.M.E. Ord.); contrazione a quadro VII btg. g. di corpo d'armata, I btg. g. pt., IV btg. g. mn. (f.n. 300.S/151, 9-B-1974, S.M.E . Ord.); AA.VV. TT.00. btg. g. di corpo d'annata (f.n. 200-S/151, 25-VI-1974, S.M.E. Ord.); contrazione a quadro IV btg. g.p. (f.n. 360-S/151, II-XI-1974, S.M.E. Ord.); TT.00. del XXI btg. g. (f.n. 20-S/151, 14-V-1975, S .M.E. Ord.); TT.00. cp. g. di B. (f.n. 270-S/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord.); TT.00. btg. g. divisionale (f.n.330-S/l51, 4-VIII-1975, S.M.E. Ord.); IT.00. btg. g. di corpo d 'armata (f.n. 550-S/151, 3-XI-1975, S.M.E. Ord.); aggiornamento TI.00. unità g. pt. (f.n. 560-S/151, 3-XI-1975, S.M.E. Ord.); istituzione a titolo sperimentale della carica dicomandante genio divisionale nell'ambito della D. cor. Ariete (f.n. 690-S/ 151, 12-XII-1975, S.M.E. Ord.); trasferimento del cdo. genio del V corpo d'armata da Vittorio Veneto a Udine (f.n. 630.S/ 151, 10-XII-1975, S.M.E. Ord.). 108 TI.00. btg. t. di armata (f.n. 75-S/15162648, 31-1-1960, S.M.E . Ord.); AA.VV. TI.00. btg. t . delle DD., delle ep. delle BB. e delle unità speciali (f.n. 500-S/ 1516349 27-VIIl-1965, S.M.E. Ord.); nuove TT.00. btg. t. di corpo d'armata(f.n. 2860-S/15162641, 31-XII-1965, S.M.E. Ord.); TT.00. unità trasmissioni (f.n . 860-S/1526349, 14-XII-1966, S.M.E. Ord.); nuove TT.00. btg. di corpo d'armata (f.n. 855-S/15162645, 7-VI-1968, S.M.E Ord.); TT.00. reparto t. per I.N.E. (f.n. 800-S/ 15162646, 16-VIII-1968, S.M.E. Ord.); nuove TT.00. rgt. t. di armata (f.n. 520-S/15162624, 18-X-1969, S .M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. btg. t. di corpo d'armata (f.n. 470-S/151 24-VI-1970, S.M.E. Ord.). AA.VV. TT.00. t. btg. corpo d'armata (f.n. 470-S/ 151, 24-VI-1970, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. supporto l. per I.N.E. (f.n. 460-S/ 151, 24-VI-1970, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. rgt. t. di armata (f.n.. 730.S/151, 8-X-1970, S.M.E. Ord.); TT.00. per cp. t. B.f. (f.n. 420.S/151, 24-VII-1971, S.M.E.
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Ord.); AA.VV. btg. t. di supporto e XV btg. t. (f.n. 1090-S/1526349, 31-VIl-1962, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. unità t. D.f., D. mecc. e cor., B.f., B. alp., B. para., ecc. (f.n. 1500-S/1516349, 27 -VIII-1965, S.M.E. Ord.); TI.00. btg. t. V corpo d'armata (f.n. 2860-S/15162641, 31-XII-1965, S.M.E. Ord.); TI.00. btg. t. di corpo d'armata (f.n. 855-S/15162645, 7-VI-1968, S.M.E. Ord.); t. perl.N.E. (f.n. 420-S/151 , 14-VI-1972, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. unità t. (f.n. 280-S/151, 15-IV-1972, S.M.E. Ord.); scioglimento btg. t. XXXI (f.n. 185-S/151, 9-III-1972; S.M.E. Ord.); costituzione rgt. t. (f.n. 540-S/151 , 19-VJII-1972, S.M.E. Ord.); TI.00. III, IV, V e VI btg. t. corpo d'armata (f.n. 135-S/151, 19-11-1974, S.M.E. Ord.); TT.00. XXXII btg. (f.n. 115-S/151 , 19-11-1972, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. unità t. (f.n. 280-S/151, 15-IV-1972, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. 1° rgt. t. (f.n. 80-S/152, 12-III-1974, S.M.E. Ord.); TI.00. btg. t. divisionale (f.n. 340-S/151, 4-VIII-1975, S.M.E. Ord.). Nella definizione delle TI.00. dei btg. t. supporto di corpo d'armata le unità, fin dal 1968, furono articolate per funzioni, anziché per specializzazioni. In sede di ristrutturazione vennero emenate nuove TT.00. per: reparti cdo. e t. di B. (f.n. 300-S/151, 24-VII-1975, S.M.E. Ord.); btg. t. divisionale (f.n. 340-S/151, 4-VIIl-1975, S.M.E. Ord.); reparto cdo. et. per B. para. (f.n. 385-S/151, I-IX-1975, S.M.E Ord.). 109 Costituzione del cdo. t . della 3° annata (f.n. 200-R/15162641, 6-III-1966, S.M.E. Ord.); riordinamento del sistema delle trasmissioni del V C.M.T. di regione e del V corpo d'armata (f.n. 1260-S15163431, 25-VII-1968, S.M.E. Ord.); ufficio t. cdo. designato 3° armata (f.n. 170-S/ 151, 14-11-1972, S.M.E. Ord.); nuova organizzaione delle trasmissioni nella zona di combattimento (f.n. 105-S/151, 19-II-1972, S.M.E. Ord.); istituzione della carica di generale coordinatore delle trasmissioni per la zona di combattimento (f.n. 70-S/151, 13-III-1973, S.M.E. Ord.); 11 0 Potenziamento unità di difesa elettronica (f.n. 2125-S/ 15162661, 9-Xl-1963, S.M.E. Ord.); idem (f.n. 2600-S/15162661, 20-XI-1963, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. (f.n. 500-S/1516349, 13-IIl-1965, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. (f.n. 320-S/ 1516349, 24-11-1966, S.M.E. Ord.); enti e reparti di guerra elettronica (f.n. 450-S/151, 18-VI-1970, S.M.E. Ord.); cp. mista di guerra elettronica (f.n. 150-S/151, S-11-1972, S.M.E. Ord.); enti e reparti guerra elettronica (f.n. 410-S/151, 8-VI-1972; S .M.E. Ord.); costituzione XXXIII btg. guerra elettronica (f.n. 470-S/151, 28-XIl-1974, S.M.E. Ord.); centro difesa elettronica (f.n. 505-S/151, 16-X-1975, S.M.E. Ord.). 111 L'A.L.E. decollò nel 1951 con piloti che avevano frequentato appositi corsi ed erano stati brevettati negli Stati Uniti. Il 24-IV-1951 il comandante della scuola di artiglieria in Bracciano diramò l'ordine per la costituzione, del primo nucleo dell 'A.L.E. ed il primo reparto di volo venne costituito successivamente nello stesso 1951 e presso la stessa scuola di Bracciano con la denominazione di reparto aerei leggeri. Nel 1953 vennero costituiti, sempre nella sede di Bracciano, il centro addestramento osservazione aerea per l 'artiglieria (CAOAA) e il I reparto riparazione ALE (Rep. RALE). Successivamente con i PIPER L- 21B nacquero le sezioni aerei leggeri (SAL) che vennero assegnate organicamente alle DD., BB. ed ai rgt. a. dell'esercito di campagna. Nel 1956 si costituì a Casarsa della Delizia il reparto sperimentale elicotteri, dotato di velicoli AB-47G. Nel 1958 venne costituito in Viterbo il centro addestramento aviazione leggera dell'esercito (C.A.A.L.E.). 112 Vds. precedente nota n. 32. 113 Aereo leggero SM-1019: velicolo monomotore, STOL, biposto in tandem, ad ala alta e struttura metallica, con carrello convenzionale fisso a balestra. Compiti: osservazione, ricognizione, collegamento, concorso di fuoco. Principali tipi di missione: sorveglianza del campo di battaglia, osservazione per l'artiglieria, ricognizione a vista o fotografica, collegamento e controllo delle unità in marcia o in combattimento. Con equipaggiamento accessorio in configurazione armata: ricognizione armata, operazioni controguerriglia, rifornimento aereo a piccole unità, rilevamento radiologico, illuminazione del campo di battaglia. Prestazioni; vel. di crociera 130 kts, autonomia 04,00 h, quota di tangenza 25 000 ft .. Armamento per semiala: 1 lcr tipo AL 18-50 (18 razzi),
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1 lcr. tipo M 158 AI (7 razzi), 1 lanciabengala tipo AC8-120TC/8 bengala o 8 nebbiogeni); munizionamento: razzo ARF/8M2, LSFFAR da 2, 75", bengala LUU-2B, nebbiogeni COCCIA-N. Equipaggiamento di bordo: IVHF/AM, IVHF/FM (da 30 MH2 a 75, 9S MH2, IADF, 1 HOMING. Capacità di carico: 1 passeggero e 45 kg di materiale o, in alternativa, 135 kg di materiale. 114 Elicottero A 109: bimotore. a struttura a semiguscio, con carrello rètrattile triciclo con ruota anteriore direzionale;. monomotore quadripala del tipo articolato, con settore di coda anticoppia. Compiti: comando e controllo della fascia meno avanzata dell'area della battaglia. Principali missioni: di collegamento, ma è in grado di svolgere tutte le altre missioni relative ai compiti di ricognizione, di osservazioe e di trasporto limitato. Prestazioni: velocità di crociera 150 kts; velocità massima 167 kts; autonomia 03,40 h; quota di tangenza pratica 16 000 ft.; capacità di carico: 2 piloti + 6 passeggeri o 1000 kg di materiale. Equipaggiamento di volo: 1 VHF/AM, 1 UHF/AM, 1 VHF/FM, 1 ADF, 1 trasponder. 1 IFF, 1 radar altimetro, 1 MARKER-BEACON, 1 ILS, 1 sistema di stabilizzazione ASE, 1 HOMING. · Altri velivoli in dotazione di prossima entrata ìn servizio nella seconda metà degli anni settanta: aerei leggeri: LI8c, L2Ib, 01-E; elicotteri AB 47G2, AB47G313 e BI, AB 47J e J3, AB-206-AI, AB 206-CI, AB-204B, AB 205, AB 212, A 109, A 109/AT, CH47C, Al 29. 115 F.n. 575-S/151, 22-XII-1975, S.M.E. Ord. 116 F.n. 140-S/15162656, 18-1-1965, S .M.E. Ord.: assegnazione degli A.C.T. ai vari livelli di unità. 117L'organizza:d one ABC, precisata più congiuntamente nella sua fisionomia organica ai vari livelli nel 1961 (f.n. 205-S/1.516 2744, 20-V-1961, S.M.E Ord.), venne reimpostata, sulla base della revisione dei lineamenti dottrinali e della graduale acquisizione di nuovi materiali. nel 1965. I criteri ispiratori della nuiova organizzazione furono quelli di: assicurare una sqd. NBC alle unità al livello di btg.; assegnare alle unità al livello di cp. materiali commisurati alle prime necessità del reparto stesso; dotare ciascun combattente dei mezzi di difesa individuale; integrare la rilevazione terrestre con quella aerea (f.n. 1205-S/Ordn., 31-VIIl-1965, S.M.E. Ord.). L'organizzazione venne parzialmente revisionata ne l 1972 (f.n. 500-S/151, 12-XII-1972, S.M.E. Ord.). Nel 1974, venne riorganizzata la rete nazionale militare per l'osservazione e la segnalazione offese NBC (Ln. 325-S/151, 30-VIll-1974, S.M.E. Ord.). Nel 1967 venne costituito in Rieti un btg. difesa NBC (f.n. 120-R/1526274, 6-11-1967, S.M.E. Ord. è f.n. 200-R/1526274, 10-11-1967, S .M.E. Ord,). 118 F.n. 440-S/151, 5-VIIl-1970, S.M.E. Ord.; f.n. 250-S/151, 6-IV-1974, S.M.E. Ord. 119 F . n. 218-S/10, 26-N-1968, S.M.E. Ord.. 120 F.n. 1175-S/1536506, 4-X-1965, S.M.E. Ord.: organizzazione addestrativa dell'esercito in caso di mobilitazione. 121Anche l'organizzazione logistica, territoriale e d 'intendenza fu oggetto di molteplici provvedimenti ordinativi ed organici ed in particolare, nei riguardi dell'intendenza dello scacchiere nord-est, si cercò di far coincidere il più possibile la sua organizzazione con quella territoriale del tempo di pace del V C.M.T. della regione N.E .. Dopo la costituzione del Comando Truppe Carnia e Cadore venne prevista, in sede di pianificazione delle mobilitazione, la costituzione di un centro logistico autonom o Ca· dore (f.n. 315-S/151624119, 10-lll-1960, S.M.E. Ord) per cui l'articolazione dell'intendenza venne prevista su due delegazioni (Tridentima e Veneta) ed Wl centro autonomo (Cadore); vennero via via stabìlite le TT.00. dei vari organi d'intendenza: comando di centro logistico (f.n. 690-S/151624119, 30-IV-1960, S.M,E . Ord.), organi di servizio armi e munizioni (f.n. 2540-S/15162711, 20-X-1960, S.M.E. Ord.}, cdi. delle delegazioni Tridentina e Veneta (AA.VV. f.n. 2250-S/15162772, 30-X-1960, S.M.E. Ord.), direzione veterinaria (f.n. 2545-S/15162772, 30-X-1960, S.M.E. Ord.), servizio onoranze funebri caduti in guerra (f.n. 4-S/ 1586/44, 10-11-1961, S .M.E. Ord.), cdi. di centro logistico d'intertdenza (nuove TT.00., f.n. 344-S/153771, 3-lll-1961, S.M.E. Ord), ospedali dà campo, nuclei chirurgici, ambulanze radiologiche, ambulanze odontoiatriche (f.n. 248-S/15371, I-Ill-1971,
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FILIPPO STEFANI
S.M.E. Ord.), btg. movieri (f.n. 665-S/15 1627, 30-IV-1961, S.M.E. Ord.), trasmissioni d'intendenza (f.n. 860-S/15162671, 26-V-1961, S.M.E. Ord.), direzione della motorizzazione (f.n. 1050-S15162766, S.M.E. Ord.), magazzino materiali del genio e frazioni di magazzino (f.n. 1280-S/15162622, 10-Vlll-1961, S.M.E. OTd.), compagnia t, per il N.I.N.E. (AA.VV., f.n. 85-R/15162644, 18-Il-1962, S.M.E. Ord.), intendenza nord-est IT.00. (f.n. 213-S/153701, 20-Il-1962, S.M.E. Ord.), costituzione gruppi logistici avanzati (f.n. 213-S/ 153701, 20-Il-1962, S.M.E. Ord.), compagnia artificieri per NJ.N.E. (f.n. 220-S/15162225, 3-ill-1962, S.M.E. Ord.), AA.VV. TT.00.1.N.E. (f.n. 850-S/ 1516349, 7-Vl-1969, S.M.E. Ord.), AA.VV. IT.00. I.N.E. (f.n. 1030-S/15162225, 15-VI-1963, S .M.E. Ord.). Nel 1963, il N.I.N.E. venne inserito nel V C.M.T. della regione N.E. assumendo la denominazione di comando logistico per il tempo di pace ed intendenza nord-est (I.N.E.) dal momento della mobilitazione (f.n. 1670-S/15263475, 24-X-1963 e f.n.1830-R/15263475, 9-Xl-1963, S.M.E. Ord.); IT.00. V. C.M.T. e cdo. logistico (f.n. 1430-S/ 1526312, 9-Xl1968, S ,M.E. Ord.). Nel febbraio 1964 venne effettuato un ridimensionamento dell'organizzazione logistica territoriale. AA.VV. organi vari (f.n. 500-S/1516349, 13-ill-1965, S.M.E. Ord.); AA.VV. organi vari (f.n. 1450-S/1516349, 25-VIII-1966, S .M.E. Ord.). Nel 1966 venne istituito al livello centrale, nell'ambito dello S.M.E., l'ispettorato logistico dell'esercito (lspe log) (f.n . 2871-S/154, 19-Xl-1966, S.M.E. Ord. e f.n. 2300-R/154, 19-XI-1966, S.M.E. Ord.). Nuovo ordinamento V C.M.T. della regione nord-est e del comando logistico (f.n. l 930-R/1526312, 9-XI-1968, S.M.E. Ord.); nuove IT.00. btg. movieri d'intendenza e cp. movie.-i per cdo. log. (f.n. 430-S/151, 18-Vl-1970, S.M.E. Ord.); AA.VV. supporto t. per I.N.E. (f.n. 420-S/151, IV-VI-1972, S.M.E. Ord.); riordinamento di tutte le unità logistiche delle GG.UU. elementari (f.n. 365-S/151, 8-VIII-1975). 122 I comandi N.A.T.O. con sede in Italia (Verona e Napoli) e fuori d'Italia, già tutti costituiti negli anni cinquanta, non modificaro no granché le loro articolazioni iniziali e le loro IT.00. negli anni successivi, manifestando maggiore stabilità dei comandi operativi italiani. Essi, comunque, andarono incontro ad alcuni mutamenti di completamento ed aggiornamento dei quali citiamo quelli di cui ai fogli: n. 1944-S/ 15365712, 14-IX-1962, S.M.E. Ord.; n. 424-S/1535212, 30-VI-1963, S.M.E. Ord.; n. 2050-S/ 15265212, 9-XII-2963, S.M.E. Ord.; n. 384-S/154, 23-VIII-1971, S.M.E. Ord.; n. 957-S/153, 14-VII-1972, S.M.E. Ord.; n. 360-S/151, 16-Vl-1973, S.M.E. Ord.; n. 570-S/153, 21-VI-1974, S.M.E. Ord.; n. 745-S/153, 24-Vl-1974, S.M.E. Ord.; 123 Nuove IT.00. (f.n. 10-S/1516202, 20-1-1960, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. (f.n. 375-S/15122212, 10-11-1960, S.M.E. Ord.); AA.VV. (f.n. 410-S/15162212, 20-III-1960, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. (f.n. 1065-S/1516229, 25-VII-1961, S.M.E. Ord.); costituzione del quartier generale (f.n. 1260-S/15162212, 12-IX-1961, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. (f.n. 180-S/ 15162749, 2-III-1962, S.M.E. Ord.); AA.VV. IT.00. (f.n. 850-S/1516349, 7-VI-1963, S.M.E. Ord.); passaggio del cdo. Truppe Carnia alle dipendenze del cd. des. 3° armata (f.n. 2100-S/151624118, 17-XI-1962, S.M.E. Ord.); scissione della carica di cte. dell'armata da quella di cte. del V C.M.T. di regione (f.n. 1830-R/1526312, II-XII-1962, S.M.E. Ord.); costituzione comando unità di fanteria 3° armata (f.n. 1050-S/15162212, 4-V-1963, S.M.E. Ord.); comando unità di fanteria 3 a armata (f.n. 1050-S/15162212, 4-V-1963, S.M.E. Ord.); AA.VV. IT.00. (f.n. 1300-S/1516349, 10-X-1964, S.M.E. Ord.); istituzione cdo. trasmissioni (f.n. 2000-R/5162641, 6-111-1966, S.M.E. Ord.); istituzione carica sottocapo di S.M. (f.n. 1300-S/1516222, 24-VIII-1967, S.M.E. Ord.); AA.VV. TT.00. rgt. t . di armata (f.n. 730-S/151, 8-X-1970, S.M.E. Ord.); passaggio del tribunale militare (di mobilitazione) della 3a armata al cdo. F.T.A.S.E. (f.n. 957-S/153, 14-VIl-1972, S.M.E. Ord.); scioglimento 3a armata (f.n. 140-S/151, 14-XII-1972 S.M.E. Ord.). 124Provvedimenti ordinativi ed organici riguardanti comandi di corpo d'armata: TI.00. cdi. di corpo d'armata (f.n. 10-S/15162202, 20-1-1960, S.M.E Ord.); nuove IT.00. cdi. corpi d'armata (f.n. 145-S/15162201, 30-IV-1950, S.M.E. Ord.); btr. specialisti artiglieria di corpo d'armata (f.n. 2765-S/15162561, 28-XII-1960, S.M.E. Ord.); costituzione R.R.R.R. di corpo d'armata (f.n. 1315-S/ 15162603, 24-VIlI-1961, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. (f.n. 810-S/15162201, 25-V-1961, S.M.E. Ord.); costituzione 4° autogruppo di corpo
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d'armata (f.n. 690-S/15162223, 3-V-1961, S.M.E. Ord.}; AA.VV. TI.00. (f.n. 850-S/1516349, 7-VI-1963, S.M.E. Ord.); costituzione cdo unità servizi V corpo d'armata (f.n. 1050-S/15162223, 31-VII-1962, S.M.E. Ord.); costituzione V R.R.R.R. di corpo d'armata (f.n. 1455-S/15162603, 31-VIII-1963, S.M.E. Ord.); costituzione IV autoreparto del V autogruppo di corpo d'armata (f.n. 1090-S/15162223, 29-VIII-1962, S.M.E. Ord.); AA.VV. autogruppo e RA.L. di corpo d'armata (f.n. 1675-S/1516349, 20-VIII-1963, S.M.E. Ord.); autogruppo di corpo d'annata (f.n. 2280-S/151627615, 17-Xl-1963, S.M.E. Ord.}; costituzione III R.R.R.R. di corpo d'armata (f.n. 2750-S/15162603, 20-XII-1963, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. (f.n. 1300-S/1516349, 10-X-1964, S.M.E. Ord.}; btg. t. di corpo d'annata (f.n. 2860-S/15162641, 31-XII-1965, S.M.E. Ord.}; AA.VV. TI.00. (f.n. 1630-S/1516349, 16-VIl-1965, S.M.E. Ord.); nuove TI.00. del cdo. truppe Trieste e dipendenza dal cdo. V corpo d'armata (f.n. 2420-S/15162424, 15-XI-1965, e f.n. 2460-S/15162424, 16-XI-1965, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. (f.n. 120-S/1516349, 10-11-1966, S.M.E. Ord.); AA.VV. autogruppo di corpo d'annata (f.n. 320-S/1516349, 24'11-1965, S.M.E. Ord.); AA.VV. autogruppo di corso d'armata (f.n. 55-S/151627615, 31-I-1966, S.M.E. Ord.); AA.VV. TI.00. autogruppi di corpo d'annata (f.n. 450-S/151627615, 25-III-1968, S.M.E. Ord.); btg. t. di corpo d'armata: nuove TI.00. (f. n. 855-S/15162645, 7-VI-1968, S.M.E. Ord.); riordinamento delle trasmissioni del V corpo d'armata e del V C.M.T. (f.n. 1260-S/1516229, 25-IX-1968, S.M.E. Ord); AA.VV. TI.00. btg. t. di corpo d'annata (f.n. 230-S/151, 18-V-1971. S.M.E. Ord.); autogruppi di manovra (f.n. 1140-S/152, 22-XII-1971, S.M.E. Ord.); R.RR.R. di corpo d'armata (f.n. 2177-S/151, 3-IV-1972, S.M.E. Ord.); autogruppi di corpo d'armata (f.n. 220-S/151. S.M.E. Ord.); unità genio e trasmissioni (f.n. 280-S/151, 15-IV-1972, S.M.E. Ord.); unità specialisti di artiglieria di corpo d'armata (f.n. 680-S/151. 3-X-1972, S.M.E. Ord.); btg. carabinieri (f.n. 1321-S/153, 10-X-1972, S.M.E. Ord.); cp. t. per cdo. retrovie V corpo d'armata (f.n. 1317-S/53, 20-I-1972; S.M.E. Ord.); costituzione del cdo. retrovie V corpo d'armata (f.n. 1316-153, 20-IX-1972, S.M.E. Ord.); istituzione carica di capo servizio amministrazione (f.n. 330-S/151, 23-V-1973, S.M.E. Ord.); scioglimento del cdo. unità di fanteria del cdo. V corpo d'armata (f.n. 130-S/151, XI-11-1974, S.M.E. Ord.); dipen<lem:e VII e XIII btg. carabinieri (f.n. 360-S/151, 8-V-1972, S .M.E. Ord.); III; IV; V e VII btg. t. di corpo d'armata (f.n. 115.S/151, 19-11-1972, S.M.E. Ord.). AA.VV. 1° t. (f.n. 80-S/152, 12-III-1974, S.M.E Ord.); reparti specialisti artiglieria (f.n. 390-S/15 l, I-IX-1975, S.M.E. Ord.); istituzione della carica di vice-cte. del IV corpo d'armata alpino (f.n. 170-S/ 151, II-IV-1975, S.M.E. Ord.); definizione di nuovi incarichi nell'ambito del cdi. di corpo d'armata: capo di stato maggiore colonnello in S.S.M. o generali di B., sottocapo di S.M. colonnello in S.S.M., capo ufficio personale ten. col. in S.S.M. (f.n. 100-S/151, 12-III-1975, S.M.E. Ord.); ristrutturazione per il tempo di pace del cdo. III corpo d'armata contrazione dei cdi. d'arma a cdo. supporti tattici (f.n. 195-S/151, 17-VI-1975, S.M.E. Ord.). 125 F.n. 1830-R/1526312, II-XII-1962, S .M.E. Ord. 126 F.n. 290-S/15162118, 24-11-1960, S.M.E. Ord. costituzione Comando truppe Carnia e Cadore. 127 F.n. 2100-S/151624118, 17-XI-1962, S.M.E. Ord.: cdo Truppe Carnia e Cadore passa alle dipendenze del cdo. des. 3° armata. 128 F.n. 290-S/15162118, del 24-11-1960, che fa seguito al F.n. 1610-S/151624118 del 10-XII-1959, sempre dello S.M.E Ord. 129 F.n. 400-S/15162431, 16-IV-1968, S.M.E. Ord.: passaggio del cdo. Truppe Carnia e Cadore dalle dipendenze del cdo. des. 3" armata a quelle del cdo. IV corpo d'armata. Le TI.00. di tale cdo. vennero inizialmente stabilite con il f.n. 290-S/15162118, 24-11-1960, S.M.E. Ord.; successivamente furono modificate con: f.n . 370-S/151624118, 10-III-1960, S.M.E. Ord.; f.n. 1175-S/151624118, 25-VII-1961, S.M.E . Ord.; f.n. 200-S/ 15162431, 10-V-1969, S.M.E Ord. Il Comando Truppe Carnia-Cadore venne soppresso in sede di ristrutturazione con il conseguente passaggio: alle dirette dipendenze del cdo. IV corpo d'armata delle BB. alp. Julia e Cadore, del VII btg. t. e del VII R.A.L.; alle dipendenze della B. alp. Julia dell'tt 0 rgt. alp. di arresto e del btg. alp. di arresto Val Tagliamento (f.n. 180-S/ 151, 14-VII-1975, S.M.E. Ord.). 130 Le unità poste alle dipendenze del comando militare di Trieste furono inizialmente il 151 ° rgt. f. Sassari, un pi. g.p. del V btg. g.p. di corpo d'armata, un pi. t. del
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Vbtg. t di corpo d'armata. Il 151 ° rgt. f. «Sassari- venne costituito il I-IV-1962 median·te la trasformazione in I/151 ° del CXXXV btg. fuc. e la costituzione ex novo del II btg. I provvedimenti di cui sopra vennero stabiliti con il f.n. 285-S/15162424, 21-11-1962, S.M.E. Ord. Il 3° btg. iniziò a costituirsi il I-X-1963, ordinato inizialmente su 2 anzichè 3 cp. (f.n. 450-S/15162424, 7-III-1963, S.M.E. Ord.). AA.VV. TT.00.: f.n. 1260-S/ 15162424, 16-XI-1961 S.M.E. Ord.; f.n. llOO-S/ 15162424, 21-VI-1962, S.M.E. Ord.; f.n. 2220-S/ 15162573, 18-X-1963, S.M.E. Ord. (costituzione S.A.L.); f.n. 255-S/15162511, 30-XI-1964, S.M.E. Ord. (14° rgt. a . cam. armato con materiale da 105/22, 14/6 1); 131 F.n. 2420-S/15162424, 15-XI-1965, e f.n. 2460-S/15162424-X-1965, S.M.E. Ord .. In seguito alle disposizioni contenute in detti fogli: il comando assunse la denominazione di Comando delle truppe di Trieste e venne passato alle dipendenze del cdo. V corpo d'armata. Nel 1967 vennero definite nuove TT.00. (f.n. 880-S/15162424, 19-VI-1967, S.M.E. Ord.), successivamente modificate (f.n. 1252-S/115162424, 15-IX-1967, S.M.E. Ord.), e il cdo. venne così costituito: cdo. delle truppe di Trieste; 151 ° rgt. f. su 3 btgg., l cp. cdo. e serv., I cp. e.e.; 14° rgt. a. cam. su btr. cdo. e serv. e 2 gr.; l pl. g;. 1 pi. t.; 1 nucleo servizi; 1 nucleo carabinieri; in totale: 227 ufficiali, 357 sottufficiali, 2677 militari di truppa. Ulteriori AA.VV. alle TT.00. vennero apportate nel 1968 (f.n. 300-S/1516424, 31-III-1968, S.M.E. Ord.); nel 1971 (f.n. 70-S/151, I-III-1971, S.M.E. Ord.); nel 1972 (f.n. 180-S/151, 2-III-1972; S.M.E. Ord.). 132 I'.n. 1050-S/15162212, 4-V-1963, S.M.E. Ord. In seguito allo scioglimento del cdo. des. 3a armata, il cdo. unità f. 3a armata venne passato alle dipendenze del cdo. V corpo d'armata, assumendo la denominazione di Comando unità fanteria del cdo. V corpo d'armata, c he venne poi sciolto il I-III-1974 (f.n. 130-S/151, 11-11-1974, S.M.E. Ord.). 133 Vds. precedenti note 122, 123 e 124. 134 F.n. 140-S/ 151, 14-11-1962, S.M.E. Ord. 135 F.n. 180-S/ 151, 14-VI-1975, S.M.E. Ord. 136 Lo scioglimento del comando designato della 3 8 Armata, variamente interpretato e commentato dalla stampa, fu oggetto di illazioni cervellotiche che presero lo spunto dalla morte per incidente o per malore dei due penultimi com andanti: i gen. Ciglieri e Rubino. Il primo perse la vita in un incidente automobilistico; il secondo morì colpito da infarto durante le cure termali di Abano. L'ultimo comandante fu il generale Pistotti. Carlo Ciglieri (1911-1969), generale di C. d'A. Sottotenente di Artiglieria il 17.9.'31 , partecipò con il grado di tenente alla campagna etiopica. Frequentò poi i corsi della scuola di guerra. Da capitano partecipò alla 2a guerra mondiale sul fronte grecoalbanese. Prestò poi servizio presso lo S.M.E. con i gradi di maggiore e di tenente colonnello, quindi presso il comando della divisione alpina «Taurinense» e presso la divisione «Garibaldi» nel Montenegro, da dove rimpatriato venne assegnato al 184° rgt. «Folgore». Successivamente, prestò servizio presso l'ufficio operazioni dello S.M.E. Da colonnello comandò il 2° rgt. art. da m ontagna e fu, success., capo di S.M. del IV C. d 'A. di Bolzano. Comandò, quindi, la brigata alpina «Orobica» e venne, succ., trasferito al Comiliteer di Torino per prestare servizio, presso lo S.H.A.P.E. di Parigi. Da generale di C. d'A., comandò il IV C. d.'A. e, dal 1, 2, 66, assunse la carica di comandante generale de lla arma dei CC, che lasciò il 28.2'68 per assumere, dal 3.9.'68, la carica di Comandante designato della 3a Armata. Rubino Cirino (1910-1970), generale di corpo d'armata. Sottotenente di fanteria nel 1931, fu trasferito nel reggimento carri armati di Bologna nel 1936. Partecipò alla guerra di Spagna nel corpo italiano e, rimpatriato per ferita, tornò a prestare servizio ne lle unità carriste. Partecipò alla 2 8 guerra mondiale in A.S. con la divisione «Trento». Fece parte della formazione partigiana C.M.R.P. in Torino quale «capo servizio». Frequentò la Scuola di Guerra e svolse vari incarichi di stato maggiore, tra i quali quello di capo di SM della D.f. «Legnano». Da colonnello comandò il 4° rgt. carristi e successivamen-
CAP. LXI - L\ COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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te fu capo reparto piani e operazioni dello SMD. Da generale di divisione comandò la D.cor. «Ariete» e da generale di corpo d'armata il VI corpo d'armata. Dal 19 giugno 1969 al 13 settembre 1970 tenne il comando designato della 3a armata. Pistotti Ezio (1910-1978), generale di corpo d'armata. Sottotenente dell'arma di fanteria dal 1930, prestò servizio nelle unità alpine e partecipò alla campagna in A.O. negli anni 1935-36. Frequentò il 68° corso della scuola di guerra. Prestò servizio durante la seconda guerra mondiale in Albania con la D. «Casale», poi presso il Comando Supremo e infine presso lo S .M. italiano di collegamento presso il Gruppo Armate dell'Asse in Tunisia. Dopo un periodo di prigionia presso le truppe alleate, rientrò in Italia e tornò a prestare servizio presso lo S.M. Generale. Da colonnello comandò 1'8° rgt. alp., fu capo dell'ufficio «I » del comando delle FTASE; insegnò successivamente presso il NATO Defense College. Fu poi rappresentante nazionale militare italiano presso lo SHAPE. Da generale di brigata fu vice comandante della D.f. «Trieste» e da generale di divisione comandò detta divisione. Da generale di corpo d'armata, fu ispettore della difesa NBC, direttore dello stato maggiore integrato del comitato militare NATO di Washington, comandante dell'XI Comiliter e dal 10.10.1970 al 31.3.1972 tenne il comando designato de lla 3a armata. Fu anche presidente del Consiglio Superiore delle FF.AA.. 137 F.n. 384-S/154, 23-VIII-1971, S.M.E. Ord.: costituzione del nucleo italiano di pianificazione e di collegamento presso il comando delle F.T.A.S.E. del 15-IX-1971 per la pianificazione operativa nazionale e per la trattazione dei problemi di esclusivo interesse nazionale. 138 Il potenziamento delle grandi unità venne perseguito attraverso l'introdu:t:ione in servizio di nuove armi e materiali: attribuzione organica <lei FAL, dei fucili semiautomatici, delle mitragliatrici bivalenti MG/59 (f.n. 230-S/Ordn. 6-11-1964, S.M.E. Ord.; f.n. 90-S/15162402, 10-1-1966, S.M.E. Ord.; f.n. 270-S/15162402, 10-XI-1966, S.M.E. Ord.; f.n. 680-S/15162402, 18-V-1968, S.M.E. Ord.; f.n. 690-S/15162402, 10-Vl-1968, S.M.E. Ord.); prima assegnazione di cn. s.r. da 106 e approvvigionamento dei mortai da 81 a 120 alleggeriti (f.n. 2500-S/Ordn., 13-IX-1964 S.M.E. Ord.). Il nuovo armamento comportò lo scioglimento delle cp. mo. 107 dei rgt. f. e alp. e la costituzione delle cp. e.e. dei rgt. f.. L'impossibilità di acquisire, in un'unica soluzione, tutto il nuovo armamento previsto, obbligò alcune unità a conservare ancora a lungo l'armamento vecchio che venne poi a mano a mano ritirato dal servizio. 139 F.n. 990-S/15162411, 30-VI-1960, S.M.E. Ord.: costituzione CIV e CVI btg. c. z.; f.n. 2120-S/15162411, 31-VII-1960: idem; f.n. 1920-S/1536523, 6-IX-1960, S.M.E. Ord.: idem; f.n. 2635-S/ 15162441 , 31-X-1960, S .M.E. Ord.: costituzione CVI btg. cz.; f.n. 2715-S/15162441, 19-IX-1960, S.M.E. Ord.: idem; f.n.1480-S/15162442, 22-VIII-1962, S.M.E. Ord.: assegnazione carri armati M47; f.n. 45-S/15162442, 26-1-1963, S .M.E. Ord.: idem. 140 I primi reparti al livello di pl. msl. e.e. filoguidati vennero costituiti dal 1-1-1963 e così organicamente collocati: a media gittata: scuola di fanteria, cp. dc (sperimentale) e cp. cdo. III/17° rgt. f.; scuola militare alpina, cp. cdo. btg. alp. Aosta; btg. f. para. e B.E.D., cp. cdo.; btg. b., cp. e.e., gr. sqd. D. cor., sqd. cdo.; a grande gittata: scuola di fanteria, cp. e.e. sperimentale; rgt. f., b., cor. delle DD.f. e cor., cp. cdo. di rgt. in attesa della prevista costituzione della cp. e.e. al livello di rgt. (f.n. 940-S/15162749, 27-IV-1963, S_M.E. Ord.). 141 Vds. precedenti note n. 6 e n. 16.
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• GRANATIERI DI SARDEGNA • MANTOVA • FOLGORE
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5945
467
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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DI PIANURA
• GRANATIERI DI SARDEGNA • LEGNANO • FOLGORE
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1
DA MONTAGNA
• CREMONA • MANTOVA
AVVERTENZE Le D.f. contratte: «AOSTA», «PINEROLO», «FRIULI», «AVELLINO», «TRIESTE » si sono trasformate
471
CAf. LXI· U COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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• FOLGORE • LEGNANO • CREMONA
• GRANATIERI DI SARDEGNA
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CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
(PRE-RISTRUTTURAZIONE)
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2
11
. . . . . .
NOTA: (a) - Dei quali n. 22 AR/51 e n. 21 rimorchi costituiscono dotazione provvisoria; saranno sostituiti da 16 veicoli cingolati.
150 353 2576 3079 666 879 1554 18 235
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475
CAP. LXI· LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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AVVERTENZE La D. cor. «CENTAURO» ha in meno una Sz. sa. La D. cor. «POZZUOLO DEL FRIULI» ha in meno una Sz. sa. ed una Sz. su.
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477
CAP. LXI · LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
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CAP. LXI . LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
~ORAZZATE 1963
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480
FILIPPO STEFANI
DIVISIONI CO I Personale
+
Armamento = mezzi
1 Ufficiali Sottufficiali Truppa Totale personale pistole moschetti automatici fucili fucili mitragliatori mortai leggeri mortai da 81 lanciarazzi e.e. mitragliatrici mitragliatrici e.a. cannoni e.e. da 57/50 cannoni da 75 s.r. cannoni da 57 s.r. cannoni da 40 mm semoventi tipo Priest semoventi M 10 da 76/50 semoventi da 105/22 moschetti Carri armati Carri armati leggeri Autoblindo Mezzi blindati Semicingolati Carrette cingolate motocicli automezzi vari automezzi speciali del genio trattori rimorchi traini
e.do div.ne
Rgt. bers.
Rgt. carristi
Rgt. a. cor.
Sqd. cav. bi.
Cp. g. p1on.
2
3
4
5
6
7
24 19 68
124 285 2433
127 294 1455
75 144 1094
20
126
7 22 207
lii
2842
1876
1313
153
236
39 8 2
619 900 1367 187 39 24 88 36 9 20 12 27
955 448 23
666 252 26
73 76
18 198 9
10
1
64
841
9 -
156 5
18 20 10 39 658 13
-
24 21
15
78
75 173 SI
44 140 6
1
1
51
76
8
9 9
s
102 136
12
-2
1
-
190
7
2 20 10
6 33 16
481
CAP. LXI· LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
RAZZATE 1969 Cp. Sz. trasmiss. carabin.
Segue Sz. sanità
Sz. sussist.
Autoreparto
Parco mobile
Off. mobile
TOTALE DIV.NE COR.TA
8
9
10
11
12
13
14
15
5 30 186
1 3 22
7 10 145
3 6 29
7 14 181
11
15 64
5 18 107
403 880 61177
221
26
162
38
202
90
130
7400
8 6
26 24
35 3
6 2
21 9 6
30 2 2
8 2
2504 1930 1367
-3
-
1
2
263
39 24 99 36
3
13
20 12 27 18 20 10
207
-
124
30
172
3
120
1
1
174 23 18 29 102 177
2 22
2 20
266 730 16 53 81 2
9 3
19 2
3 44 J
2 6
9 68 6
36 2365
65
-
6 22
APPENDICE
-
2 3
3
482
FILIPPO STEFANI
DIVISIONll PERSONALE
UNITA
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2127 12973 16043
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TOT,
I
• CENTAURO • ARIETE
I AVVERTENZE TRASFORMAZIONI A SEGUITO RISTRUTTURAZIONE D. f. «LEGNANO • D. f. «CREMONA• D.f. «GRANATIERI DI SARDEGNA»-- - - - -- - - - -D.f. «MANTOVA» - - - -- - - - -- - - - - - -- -: D.f. «FOLGORE• D . cor. «CENTAURO» - - - -- - - -- - - - -- -- D. cor. «ARIETE»
483
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 Al 1975
CORAZZATE 1975
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MEC. «LEGNANO MOT. «CREMONA» MEC. «GRANATIERI DI SARDEGNA» MEC. «MANTOVA» MEC. «FOLGORE» COR. «CENTAURO» COR. «ARIETE»
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484
FILIPPO STEFANJ
ARTICOLAZIONE E TT.00. DI GUERRA (dati principali) I
- ufficiali . sottufficiali · m. di truppa - pistole - FAL - fuc. semiautomatici - mtr. biv. - mtr. e.a. 12,7
- larz. e.e. - cn. s.r. d a 100 - m. da 81 - m . da 120 - po. msl. m . g. - smv. da 155/23Ml9 - motocicli - automezzi - autovetture - A.R. - A.C.M. - A.C.L. -A.C.P. - autocarri attrezzati cisterna - autoradio
C.do. B.
2° Piemonte
15 22 121 75 42
112 244 1470 685 677 621 58
llO 2
-
-
C.do. B.
2° Piemonte
2
41 12
-
-
9 9
-
-
32 31 2
40
43
1 56 43 18
3 12
8 3
I
6
40
C.do. B. - autobotti - complessi traino - autoscaffalati - autogru - rimorchi - carri armati -V.C.T. - trattori - camioncini
I
2° Piemonte
1 1 5 81 67 105
I.I I
I
I
li
.I
485
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
J. CAV. NEL 1975 (preristrutturazione)
r
APPENDICE
4° Genova
8° a. smv.
gr. sqd. Novara
Totale
112 244 1470 685 677 621 58 -
143 223 1505 891 284 803 34 132
31 90 357 290 153 150 5 -
422 844 4956 2657 1865 2305 159 132
4° Genova
8° a. smv.
gr. sqd. Novara
Totale
41 12 9 9 6 40 1 56 74 40 18 3 12
30
-
-
-
114 24 18 18 12 54 173 31 5 195
4° Genova
54 38 1 68 11 39 55
8° a. smv.
5
105
21
-
11
174 10 20 1
gr. sqd. Novara 1 1
1 1 81 67
-
3 137 4 86 1 1
1 14 57 8
131 111 7 24 Totale l
3 2 14 323 198 304 1 1
4
486
FILIPPO STEFANI
BRIGATJI I ADLulENTO
PERSONALE
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DENOMINAZIONE
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Comandi e reparti: Comando Brigata Alpina .......... .. ... Sezione carabinieri per Brigata alpina ... Sezi. aerei leggeri per Com.do Brigata alpina
so
52
I
6
3
4
182 284 51 58 9 16
-
. 149 329 3.17, 4.252 190 423 3.901 5.m
-
Reggimento artiglieria da montagna (a) .. 102 140
147 1.91: 2.141 157 2.15' 2.411
-
Compagnia genio pionieri per Brigata alpina
8
17 302 327
-
19
Compagnia trasmiss. per Brigata alpina /a/
4 4
41 42
-
19 19
Plotone paracadu1isti per Brigata alpina
2
6
Sezione di sanità per Brigata alpina . .. .. 2 Ospedali da campo per Brigata alpina . Nucleo chirurgico per Brigata alpina .... Albuianza radiologica per Brigata alpina Albulanza odontoiatrica per Brigata alpina Sezione di sussistenza per Brigata alpina Sezione panettier per Brigata a lpina . . .. Sezione ,·est. lavand. e bagni per Brig. alpina Autoreparto per Brigata alpina .... ..... Officina mobile per Brigata alpina .. . . ... Parco mobile per Brigata alpina .. Plotonesrevizi per Brigata alpina ... .. .
5 12 3 I I 3 I 4 6 6 IO I
li 4
Reparto salmeria per Brigata alpina (a/ . .
5 6
Reggimento alpini (a) ..
. .. . .
. . . . .. . . . .
191 236 198 244
46
54
54
92 58 7
6
-
-
786 541 81 603 330 2.005 1.013 698 108 804 426 2.593
-
4
-
-
27 152 36 200
-
1.674 1.88(
-
-
-
19 28
7
-
-
301
-
-
4
63 70
-
-
154 155
-
-
-
7 7
44
-
-
-
-
-
63 70 17 5 3 48 47 76 157 107 68 57
-
113
-
144
9
-
93 28 9 2 I
-
3
3
5
-
-
-
218 259 245 295
4
I
27 36
26 33
-
19 21
5 6
2
-
-
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-
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-
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Servizi:
TOTALI (li/ .
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Totali esclusa Sezione carabinieri (a} ..
140 156 84 100 23 26 5 7 3 4 49 58 45 51 77 88 158 178 108 132 71 97 58 63
-
7 11 8 130 8 ISO 164
I
6 5 7 14 18 16 4
-
-
8 3
-
-
-
-
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-
4 3 2 I
-
-
17 22 27 5
-
16 19
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-
-
-
-
-
-
-
-
-
2 I 4 6 2 2 I
-
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3
-
-
-
-
4
-
-
5
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-
- -
377 695 7.40! 8.477 427 801 8.81< 10.04,
54 1.46( 1.003 90 647 3.29( 2. 149 54 1.707 1.203 117 848 3.624 2.737
30 213 39 271
27
54
.
36
63
9
376 689 7.354 8.4JS 426 795 8.761 9.984
54 1.402 945 90 647 3.29( 2.149 54 I.MS 1.145 117 848 3.624 2.737
30 213 39 271
27 36
54 63
1
-
NOTE:
/a) Al numt'ratort' i da1i
-
<li forza relativi alla Brigata alpina su 3 btg .. al denominatore quelli rclati\'i a lla Brigata ali::ina su 4 btg.
(b) Valido per B. alp.: •OROBICA ». TRIDENTINA•. •CADORE•
/e/ Valido per B. alp.: • TAURINENSE• . •JULIA•.
'
487
CAP. LXI. LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
/\LPINA 1957/1959
APPENDICE
AUTOMEZZI
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2
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298 277 384 363
26 28
63 118 64 119
73 73
522 624
12
15 15
77 86
7
2
35
5
6
6 6
5
20 21
10
21 21
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27 27
12 16
12 36
12 12
9 115
36
9 128
5 210 513 5 247 551
17 170 17 188
6 891 409 6 1.099 504
31 224 586 35 255 641
36 42
2 2
27 27
27 36
12 16
12 16
12 12
9 I IO 9 123
5 21( 508 5 247 546
17 170 17 188
6 891 409 6 1.099 504
31 224 586 35 255 641
36
2
27
488
FILIPPO STEFANI
BRIGATU Reggimento alpini su:
PERSONALE -ARMAMENTOQUADRUPEDI · MEZZI
Comando di Brigata
2 Ufficiali .............. . Sottufficiali .. . .............. . Truppa ................. .... . Totale per~oµale militare . . . Personale civile ... . . ......... . pugnali ................. .... . pistole ............... . .. . .. . . moschetti automatici . .... .. .. , carabine semiautomatiche .... . carabine automatiche .. .. .... . . fucili ....................... . fucili per tiratori scelti ... . . .. . tromboncini e.e. . ... .. ....... . fucili mitragliatori . . . ........ . lanciarazzi e.e. . . ............. . mitragliatrici ....... . .. . . . ... . mitr;iglia lrici e.a. . ... . ........ . mortai leggeri ............... . mortai da 81 ....... .... . .... . mortai da 107 ...... ......... . cannoni s.r. da 57 .... ........ . cannoni s.r. da 75 ...... .. . ... . obici da 105/14 ... ........... . mortai 120 ......... .. .. . .. . .. . muli ....... ...... ........... . :fì~~t1:~g~~i-:: : ::: ::: : :::::::: motocicli ........ ... ......... . automezzi vari .. ,. ............ . automezzi speciali ...... ..... . trattori .............. ....... . rimorchi .... ........... . . ... . stazioni radio .... . . .... ..... . cehtrali telefoniche o telegrafiche telescri~enti . ... .. , .......... . telefoni campali . ... . ........ . cordoncino telefonico (km.Il.) .. . serie stendimento linee volanti .
53.
3 battaglioni
4 battaglioni
3
4
4.591 5.250
107 37
752 569 339
975 735 437
546
728
201
1.869
2.415 36 324 268 104 60 33 36 36
239 342
21 6
15 13 4
244 204 80 45 26 27 27 9
9
24 16
306
10 45 1
12 ·4
20 60
4
211 448
18 12
3 gruppi e 3 S.A.L
4 gruppi e
4S.A.L 6
165 348 3.532 4.045
50
Reggimento artiglieria da montagna su:
394
128 148 2.388
163 184
2.664
3112 3.459
291 270 2. 102
371 347 2.740 .
33
43
34
44
35
46
36 12 732
48 16 976
6
8
35 336'
425
47 376
59 484
195 307 12 ".
254 403 15
298 165 33
388 214 43
140 153 23
175 185 29
128
162
44
489
CAP. LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
Segue
APPENDICE
i\LPINA 1963 Reparti minori per Brigata alpina su:
Servizi per Brigata alpina su:
4
3
battaglioni
battaglioni -.
TOTALE BRIGATA ALPINA SU:
4
3 battaglioni
battaglioni
3 battaglioni alpini 3 gruppi a.
4 battaglioni alpini 4 gruppi a.
10
11
12
7
8
9
12 93 660 774
21 94 667 782
105 824 994
65 107 , 854 1.026
64
-
-
Il
li
52 124 98 607
52 124 99 614
-
-
3
3
-
22
-
-
22
261 14 717
I
-
20
-
-
-
-
-
2
-
3 3 12 81 2 1 18 52 5 2 33
-
5
2
-
3 3 21 82 2 I 18 52 5 2 .34
-
.
-
-
5
-
263- , 14 747
-
3
-
3
-
-
-
-
-
74
94
-
·-
18 209
18 209
1 36 3
1 36 3
-
-
-
-
-
.
-
-
-
.
J
513 883 9.463 10.859
Il
Il
52 1.535 988 3.765 546
52 1.840 1.232 4.538 728 2.616
2.01(/ 30
21
-
431 ,· 745 • 7.643 8.819
250 294 132 45 70 27 27 9 18 12 36 12 1.112 9 .3 131 1.047 2 2 548 . 539 54 2 321 213 27 ,OROBICA , TRIDENTINA ,CADORE,
39
330 369 166 60
88 36 36 9 24 16 48 16 1.454 Il
3 152 1.245 2 2 697 684 67 2 391 245 33 ,JUUA,
5
490
FILIPPO STEFANI
1963 - B. alp. «TAURINENSE» PERSONALE-ARMAMENTO QUADRUPEDI· MEZZI
Rgt. alp. su 4 btg. (*) Rgt. a. mon su 3 gr (**)
2
3
480 850 8.748 10.078
Personale civile . .. .. . . .. ... . . . .
li
pugnali ...................... . pistole ....................... . moschetti automatici ...... . .... . carabine semiautomatiche . .. . .. . carabine automatiche ..... ... . . . fucili ......................... . fucili per tiratori scelti ...... . .. . tromboncini e.e. . ... . . .. . .. . . .. . fucili mitragliatori ... .. ... . . .. . . lanciarazzi e.e. . . .. . ..... . .. . .. . mitragliatrici ................. . mitragliatrici e.a............ . .. . mortai leggeri ................. . mortai da 81 .... . ............. . mortai da 107 . .. . . ... . .. . .... . . cannoni s.r. da 57 cannoni s.r. da 75 .. . .. . . . ..... . obici da 105114 . .. . .... .. . . .. . . . mortai 120 . . ...... . .... . ...... .
52 1.765
aerei leggeri . .. .. . .. . .. . .. . . . . . elicotteri motocicli autome1.zi vari ...... ...... . automezzi speciali trattori ............. .. . ... . rimorchi ... . .................. . stazioni radio . . . .... . ... .. .. . . . ct:ntrali tddonicht: o tdt:graficht: telt:scriventi .. . .. . .. . . .. ..... . . telefoni campali ............... . cordoncino telefonico (km.Il.) . serie stendimento linee volanti .. .
APPENDICE
TOTALE
Ufficiali ............ . ... . . . ... . Sottufficiali ......... . ........ . Truppa ................... . Totale personale militare ....
muli
Segue
1.158
3.906 728 2.616 39 330 359 156 60 78
36 36 9
24 16
36 12 1.220 11 3
141 1.140 2 2
609
637 57 2 359
245 33
(*) Il btg. alp. «MONDOVI», in-
quadrato organicamente nella B. alp. «TAURINENSE» ha di-
pendenze operative dalla B. alp. «JULIA »
(**) Il gr. a. mon. «PINEROLO•
inquadrato organicamente nella B. alp. «TAURINENSE» ha dipendenze operative dalla B. alp. •JULIA»
5
491
CAP. LXI - LA COMPON E NTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
BRIGATE ALPINE
Segue
APPEN DICE
1975 (PRE-RISTRUTTURAZIONE)
Per il gr. a. mon. •PINEROLO• e il btg. alp. ,MONOOVf. della
•TAURINENSE• . ,•ds. note anno 1963
Rg.t Alpini
!Rgt. a. montagna
·g:
PERSONALE-ARMAMENTOQUADRUPEDI - MEZZI
..
2
6
4
Ufficiali Sottufficiali Truppa .... .... . . ..
TOTALE B.A l.p
8
10
44
299
390
122 134
166
23 93
157
2831
3737
2142
2786
690
70 132 972
TorALEl'<nonale
250
3292
4336
2398
3107
806
1174
7920
9673
f~!Wl~u;~~-.~i·;~~ri·~; ·r;_·Aip.
107 19 128
673
882 1622 1912 24 303 192 3 67 36 24 24 16
284 195 1918
363 249 2494
125 122 618
331 19 822
32
42
24
20
32 34
42
1520 1577 4943 18 315 144 42 103 27 1M 18 12
36 12
48 16
504
672
49
fucili semiautomatici . . ... . . . fuci~i per tiratori scelti .
mitragliatrici leggere bivalenti
Il
treppiedi per mitragliatrici leggere bivalenti mitragliatrici e/a lanciarazzi dc . . ......... .
2
11
mortai da 81 mortai da 120 . . ... . . . cannoni s.r. da 57 .. . . . cannoni s.r. da 106 ... . obici da 105/14 ... .. . . monai da 120 AM. 50 .
muJi ...
162
1222 1457 18 228 144 3 51 27 18 18 12
34
209
432
155
44
aerei .. .... . ...... . 4
12
15
43
. . .. ••. .. . .. .
2
I
I
1
autovetture da ricogniz.ione . . aurocarri leggeri . . . . . . . . . . . . , ..... . . autocarri medi autocarri triribaltabili ... . .. . . . autosoccorso autoradio ... .. .. .. . . . . . . .. . . . autoccnlro trasmissioni . . .. .. . aùtocarri pesanti autouffici ... .... . ..... .... , . . ... , ...... . camioncini ... .. . autobotti . .. .. ... ... .... . autocisterna autvetture per disinfezione . autobagni . . . . autocarri speciali ambulanze leggere . . .. ....... . ... . .. .. autobus a 10 posti ambulanze odontoiatriche autofrigorifcri autorecuperi autocarri pesanti scaffalati autofficine per riparazioni mezzi radio autofficine per riparazioni mc7.ij a filo veicoli da monu1gna 3 x 3 rimorchi speciali ... . . . . rimorchi officina ... .
14 7
182 54 109
241 68 141
222 86 68
rimorchi per acqua . . .. . rimorchi da 1/4 di 1 . ... . .
rimorchi da 1 t ... . . . . . . trattori per artiglieria .. . trattori per rimorchi speciali
5 2·
3
54 I 290 108 87
14
24 17 49 10 19
22 I 25 21 139
239 146
186 113 12
242 147 16
12
1808 2031 5974 24 400 192 52 129 36 74 24 16 48 16
842
11 18
3 3 105 5 460
119
217 329 19
3 3
5 587 253 380 19 6 6
1
6
5
6
2
2
2
I
9
9
5
5 I
2 I 1 I
180 110
825 8342
36
3 3
clicc-tteri ... . . motocicli . . ... ..... . . . . . . autovetture . . . . . . . . . . . . .
5
506
426 702 6792
17 12
1 8 2 1 I
9
2 I I 3 18 2 I 3 I
3
3
18
18
2 I 3
2 I 3
1 12
1 12
1 I
1 1
1
30
30
30
5 2
I 5 2
I 5 2
392 273 12
507
I
I
7
37
12
I
343 16
S
CAPITOLO
LXII
DOTTRINA E TATTICA DALLA FINE DEGLI ANNI CINQUANTA ALLA SERIE DOTTRINALE 700.
1. Generalità. 2. La pubblicazione n. 601: Memoria sull'azione difensiva con impiego di armi atomiche in terreni fortificati di pianura e collinosi. 3. La circolare n. 1400: La manovra in ritirata. 4. La circolare n. 4620: I risultati del ciclo di esercitazioni sull'azione offensiva in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche. 5. La pubblicazione 2400: Il gruppo tattico di fanteria. 6. La pubblicazione n. 1400: Il gruppo tattico corazzato. 7. La pubblicazione n. 2300: Procedimenti di azione della compagnia fucilieri e la pubblicazione n. 1250 Lineamenti d'impiego delle minori unità carri. 8. La pubblicazione Il centro di coordinamento del fuoco. 9. La pubblic azione n. 7200 Impiego dell'aviazione leggera dell'esercito. 10. Il N.O.T.L. edizione 1962. 11. Regolamenti e istruzioni varie.
1.
Delle pubblicazioni della se rie dottrinale 600, edite in veste di bozza di stampa, solo la Memoria sull'azione difensiva in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche aveva visto la luce in veste definitiva nell'aprile 1958; le altre avevano conservato il loro carattere iniziale di provvisorietà, meno quella riguardante l'impiego tattico delle armi atomiche (n. 650 della serie dottrinale), edita in veste definitiva nel 1957, per la prima volta ristampata nel 1959 (1). Nell'attesa dell'elaborazione dei testi definitivi delle pubblicazioni riguardanti l'azione offensiva, lo stato maggiore dell'esercito diramò il 30 aprile 1960 la circolare n. 4620 nella quale illustrò i risultati del ciclo di esercitazioni riguardanti appunto l 'azione offensiva con impiego di armi atomiche tattiche. Frattanto, benché restasse ferma nell'ambito della N.A.T.O. la strategia della rappresaglia massiccia e della difesa avanzata, alcuni dei presupposti sui quali era stata basata l'impostaz ione della serie 600 - primo fra tutti il rapporto di potenza tra
494
FILIPPO STEFANI
l'alleanza atlantica ed il patto di Varsavia- erano venuti modificandosi sì da generare alcune perplessità circa la rispondenza della dottrina in vigore alla nuova realtà strategica. La rielaborazione della dottrina, sulla base dei nuovi presupposti che venivano maturando, avrebbe richiesto tempi non brevi, mentre era pressante la necessità di porre a disposizione dei quadri gli strumenti normativi su cui fondare l'impiego e l'addestramento dei complessi tattici e delle unità minori d'arma, i cui procedimenti variano più in relazione ai mutamenti dell'armamento e dell'equipaggiamento che non alle variazioni"lli rotta delle concezioni strategiche. I successori del generale Liuzzi, generali Lucini e Gualano, adottarono, nei riguardi della dottrina d'impiego, una linea di condotta intesa da una parte a completare ed aggior ~are, là dove necessario ed urgente, le pubblicazioni della serie 600, rinviandone il riesame generale a tempi più maturi, dall'altra a rielaborare con sollecitudine e con priorità la regolamentazione d'impiego dei complessi tattici e delle minori unità d'arma, rimasta quella dei primi anni cinquanta, intonandola all'avvento dell'arma atomica tattica ed alla evoluzione che ne era derivata sul piano ordinativo e delle dotazioni di armi e di mezzi ai livelli medi e minori. Nel quadro della prima esigenza - completamento ed aggiornamento della serie 600 - videro la luce negli anni 1960-1963 la pubblicazione n. 601 della serie dottrinale, riguardante l'impiego della fortificazione permanente in terreni di pianura e collinosi, la già ricordata circolare n. 4620 e la circolare n. 1400, relativa ad una concezione e terminologia della manovra in ritirata, che modificò l'intero capitolo Il della Memoria sull'azione difensiva in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche (n. 600 della dottrinale). La seconda esigenza - nuova normativa sull'impiego dei complessi tattici e delle minori unità dell'arma base - venne in gran parte soddisfatta mediante la elaborazione e la diramazione, sotto forma di bozza di stampa, di una pubblicazione sull'impiego del gruppo tattico di fanteria e di una sull'impiego del gruppo tattico corazzato, dalle quali derivarono rispettivamente una pubblicazione sui procedimenti d'azione della compagnia fucilieri ed una sui lineamenti d'impiego della minori unità carri. Sempre in materia di normativa d'impiego, videro altresì la luce in quegli anni una pubblicazione s ul centro coordinamento del fuoco, una sull'impiego dell'aviazione leggera dell'esercito, una sul combattimento notturno ed una nuova edizione del Nomenclatore organico tattico logistico in sostituzione di quella del 1956. Accanto a tali interventi più significativi, non s ubì sosta la normale
CAP. LXII - OOITRINA E REGOLAMENTI DALLA FINE DEGLI ANNI CINQUANTA ECC.
495
produzione di regolamenti e di istruzioni riguardanti l'addestramento - di particolare rilievo una nuova pubblicazione sulle Norme per l'impianto, l'organizzazione e lo sviluppo delle esercitazioni - l'impiego tecnico delle armi e dei mezzi, le procedure tecniche ed operative, la disciplina e l'amministrazione, dei quali daremo notizia in nota alla fine di questo capitolo, per continuare ad offrire il panorama più vasto possibile della mole di lavoro svolto dallo stato maggiore del1'esercito, dagli ispettorati d'arma e dagli altri organi centrali nei circa quattro anni dei quali stiamo occupandoci. A proposito degli ispettorati d'arma, occorre ricordare che il 31 ottobre 1960 l'ufficio dell'ispettorato delle truppe corazzate venne assorbito dall'ispettorato della fanteria, che assunse la denominazione di Ispettorato delle armi di fanteria e cavalleria, al quale spettò da allora in poi l'elaborazione della regolamentazione d'impiego e di tecnica d 'impiego delle minori unità delle due armi, realizzandosi così l'unitarietà nella direzione e nel coordinamento delle attività tecnico-addestrative, resa vieppiù necessaria dalle sovrapposizioni che si venivano verificando nei settori dell'armamento e dell'equipaggiamento e dalle analogie nelle stesse modalità di azione della fanteria e della cavalleria.
2. La Memoria sull'azione difensiva con impiego di armi atomiche in terreni fortificati di pianura e collinosi (n. 601 della serie dottrinale) - alla quale abbiamo già accennato nel capitolo precedente (2) parte della premessa che ogni organizzazione difensiva, qualunque sia la sua impostazione, non può fare a meno di ancorare al terreno un'aliquota, più o meno consistente, delle forze, tale comunque da consentire di dare vita a strutture statiche capaci, per numero ed entità singola, da imporre al nemico attaccante un determinato tasso di logoramento e da rendere possibili, od appoggiare adeguatamente, le reazioni manovrate della difesa. Le strutture statiche rappresentano, peraltro, altrettanti potenziali obiettivi per l'offesa atomica dell'attaccante, per cui occorre conciliare l'esigenza d'investire sul terreno concentrazioni di sufficiente potenza difensiva con quella, altrettanto essenziale, di presentare la minore vulnerabilità possibile all'offesa atomica dell'attaccante. La fortificazione permanente, fra le altre indicate dalla memoria 600 - dilatazione delle superfici d 'investimento, orientamento verso forme ellittiche delle strutture statiche, ridu-
496
FILIPPO STEFANl
zione dell'entità delle singole concentrazioni, ecc. - è una delle soluzioni possibili. Essa riduce la vulnerabilità ed aumenta le possibilità d 'impiego delle armi atomiche della difesa perché costringe l'attaccante a concentrazioni maggiori ed attenua le esigenze di sicurezza del difensore dallo scoppio atomico. Su terreni di pianura e collinosi, dove la capacità controcarri della difesa diventa preminente, la fortificazione permanente - opere fortificate consistenti, ciascuna, in più postazioni blindate cooperanti e complessi di opere costituiti da un numero vario di opere tra loro intervallate in modo che un'esplosione atomica di piccola potenza non coinvolga simultaneamente due opere contigue - svolge una funzione controcarri di rilievo, in grado d'interdire ai mezzi corazzati una via di facilitazione (l'opera) o una direzione (complesso di opere). Opere e complessi di opere esercitano un'incidenza favorevole in via diretta e preminente sul terreno ed in via indiretta sull'ostacolo e sullo spazio; inoltre consentono economia di forze mobili a vantaggio di una maggiore potenzialità reattiva in situazioni di sufficienza di forze mobili, nonché il perseguimento di un migliore rapporto tra forze e spazio in situazioni caratterizzate da sensibile sperequazione tra i due fattori. Quando esiste, la fortificazione permanente va utilizzata: nella zona di sicurezza per concorrere al logoramento dell'avversario e determinarne l'incanalamento in aree ove sia predisposto l'intervento det fuoco convenzionale od atomico e per dare carattere di persistenza e di continuità all'attività informativa; nella posizione di resistenza per costituire l'ossatura della difesa controcarri e, finché possibile, dei singoli capisaldi, nonché, per potenziare il controllo degli spazi'vuoti; nella manovra in ritirata, per ritardare o logorare il nemico concorrendo a dare sicurezza al movimento retrogrado dei grossi e per costituire l'intelaiatura di una posizione intermedia. Di norma, a meno che non vi si oppongano difficoltà insuperabili, l'opera è inserita nel caposaldo e tale inserimento permette di ridurre l'entità delle forze mobili apresidio dei caposaldi nella posizione di resistenza, incidendo peraltro sullo schieramento delle unità mobili che devono contemperare le proprie esigenze con quelle dell'opera. Nel caposaldo a s truttura unitaria, dell'ordine della compagnia rinforzata, l'opera rappresenta l'elemento di forza sul quale l'unità di fanteria plasma il suo schieramento; nel caposaldo, dell'ordine del battaglione o di più compagnie, l'opera è inse rita nel fronte principale, quale settore a sé stante o suddivisa in settori di compagnia ed è sempre integrata da unità di fanteria essenzialmente per attivare il contrassalto. Quando non inserita in
CAP. LXII - DOTTRINA E REGOLAMENTI DALLA FINE DEGLI ANNI CINQUANTA ECC.
497
un caposaldo, l'opera è destinata al controllo degli spazi vuoti in relazione alla necessità di non limitare la funzione offensiva degli spazi vuoti ed alla valutazione delle esigenze di controllo degli spazi vuoti stessi; limiti e modalità di utilizzazione sono definiti contemperando le esigenze derivanti dalle ipotesi d'impiego delle riserve con quelle relative al controllo degli spazi vuoti. Le interazioni tra forze mobili e forze di presidio dell'opera richiedono la chiara definizione preventiva delle reciproche responsabilità, secondo il criterio generale che opere e complessi di opere dipendono per l'impiego dai comandanti delle unità mobili destinate ad agire nello stesso settore. Il complesso di opere schierate in un settore divisionale è soggetto al controllo operativo del comando della divisione, il quale ne definisce i compiti e le dipendenze particolari, le responsabilità logistiche ed il peculiare inserimento nel sistema divisionale delle trasmissioni (a filo e radio), la cui rete deve garantire la continuità e la sicurezza dei collegamenti tra le singole postazioni dell'opera a cura del comando dell'opera e tra le singole opere ed il comando dell'unità mobile dal quale dipendono a cura di questo ultimo: nella zona di sicurezza, il comandate delle unità mobili ivi operanti; nella posizione di resistenza, in genere, il comandante del settore di raggruppamento se l'opera è schierata negli spazi vuoti; sulla posizione di contenimento, il comandante della riserva divisionale o lo stesso comandante della divisione. La fortificazione permanente assurge, dunque, nella 601 ad importante fattore incrementale della potenza difensiva, a sé stante, non più inglobato, come nella 600, nella trattazione del terreno, piattaforma sulla quale è possibile investire, organizzare e proteggere le strutture statiche. La 600 si era limitata ad attribuire aJla fortificazione permanente una funzione prevalentemente protettiva, secondo il criterio di porre in ambiente atomico il combattente di qualsiasi Arma in grado di sostare e possibilmente combattere sotto corazza ed interrato; la 601 va molto al di là e, pur sottolineando che la concezione generale della difesa qualora questa si avvalga di opere fortificate non muta rispetto a quella delineata per la difesa in terreno libero, conferisce alla singola opera ed al complesso di opere fortificate una collocazione concettuale del tutto nuova ed originale, proprio in un periodo nel quale era prevalente, presso altri eserciti, l'opinione che l'avvento dell'arma atomica tattica avesse segnato il tramonto della difesa ancorata, ivi compresa la fortificazione permanente, anzi, la sua fine definitiva sulla base delle esperienze della seconda guerra mondiale dove le grandi linee fortificate avevano dato cattiva prova. Lo stato
498
FILIPPO STEFANI
maggiore dell'esercito italiano aveva seguito un ragionamento tatticotecnico diverso. Dato per scontato il decadimento della fortificazione sul piano strategico; quanto al piano tattico, sia la minore idoneità, rispetto al passato, dell'opera fortificata a sostenre attacchi condotti dalla fanteria e dal genio, sia le assai minori possibilità che essa potesse adempiere in proprio, dissociata da forze mobili, una durevole ed apprezzabile azione di arresto contro dispositivi di attacco misti, agenti con i procedimenti tipici della tattica d'infiltrazione, restava fuori dubbio che essa offrisse un maggior grado di sicurezza e di protezione al personale incaricato di chiudere alle formazioni corazzate le vie di penetrazione e che, a condizione di un'accurata organizzazione (massa coprente, filtrazione, pressurizzazione), riducesse l'effetto radioattivo, attenuasse quello d'urto ed annullasse, o quasi, quelli luminoso e termico di un'esplosione nuclerare. Uno dei principlai requisiti di un'arma controcarri è la mobilità, che ne riduce, tra l'altro, la vulnerabilità, mentre se l'arma è installata in una opera le viene meno del tutto tale requisito. Ma un'arma controcarri in un'opera fortificata garantisce maggiore persistenza e continuità dell'azione e minore emotività dei serventi che si sentono e sono più protetti, soprattutto dall'offesa radiologica e chimica, per cui, proprio in ambiente atomico, la fortificazione permanente, pur nei suoi limiti circoscritti e ridotti, assume un valore incrementale della potenza difensiva assai considerevole. La decisione di fare affidamento anche sulla fortificazione permanente fu, dunque, in primo luogo, il risultato di una valutazione tecnico-tattica e non una scelta di ripiego o l'accettazione rassegnata di uno stato di fatto. Ad essa concorsero altresì, in via subordinata, altri fattori, quali la necessità di condurre la battaglia difensiva in corrispondenza delle posizioni di confine (strategia avanzata), la scarsa disponibilità di spazio per una battaglia in profondità, il difetto di forze in rapporto allo spazio da coprire sulle stesse posizioni di confine e il modesto grado di mobilità tattica dell'intero strumento operativo.
3. La 600 aveva distinto due forme di manovra in ritirata: la manovra di ripiegamento e l'azione ritardatrice, la prima intesa a sottrarre il grosso delle forze a contatto con il nemico dando a queste nel movimento retrogrado sicurezza, la se conda diretta a logorare e ritardare
CAP. LXII · DOTIRINA E REGOLAMENTI DALLA FINE DEGLI ANNI CINQUANTA ECC.
499
l'avanzata nemica mediante l'impiego dell'insieme delle forze a contatto. L'elemento fondamentale ed insopprimibile di entrambe le forme di manovra era l'azione ritardatrice che nella prima forma era condotta da un'aliquota delle forze (retroguardia) e nella seconda s'identificava con la stessa manovra in ritirata. Il termine di azione ritardatrice ricorreva perciò una volta come una delle modalità della manovra di ripiegamento ed un'al~ra come forma della manovra in ritirata. Alla manovra in ritirata si ricorreva in via temporanea ed in situazioni particolarmente sfavorevoli o delicate per riprendere o tutelare la propria libertà d'azione compromessa o minacciata e per reintegrare od iniziare la difesa ad oltranza con un rapporto di forze meno sfavorevole e su terreno di propria scelta. La manovra in ritirata comportava, comunque, cessione di spazio in cambio di guadagno di tempo per coprire, quando necessario, la radunata e lo schieramento dei grossi all'inizio delle ostilità, oppure sottrarre i grossi in seguito ad eventi sfavorevoli su di una prima posizione e schierarli su di una nuova, oppure comportava l'impegno di tutte le forze a contatto per dare tempo ad altre forze, provenienti da tergo, di schierarsi su di una seconda posizione difensiva. La distinzione tra le due forme di manovra - di ripiegamento, ritardatrice - era riferita al fine; in entrambi i casi si trattava infatti di cedere spazio per logorare e ritardare l'avanzata nemica e le modalità della cessione erano le stesse: difesa a tempo determinato di una o più posizioni ed azione di contrasto negli interspazi. Unico elemento di diversità la presenza o non di un grosso che ripiegava. La distinzione riferita solo al fine e l'utilizzazione di un unico termine per significare due cose diverse si potevano prestare a confusioni concettuali e di linguaggio; da qui la decisione del generale Lucini di semplificare, rispetto alla 600, la concezione e la terminologia della manovra in ritirata nell'intento di renderle altresì, nella impostazione e nei lineamenti organizzativi, più aderenti al caso concreto italiano. La circolare n. 14 000, il cui allegato costituì la serie di aggiunte e varianti da apportare al capitolo II della 600, definisce la manovra in ritirata forma dell'azione difensiva che, utilizzando soprattutto lo spazio, si prefigge di riprendere o conservare la libertà di azione. La manovra si sviluppa mediante l'abbandono della posizione e i combattimenti temporeggianti. Gli scopi di questi ultimi non mutano sia se condotti da tutte le forze già schierate su di una posizione o da un'aliquota di esse e sia che le forze che li conducono costistuiscano un blocco unico o siano ripartite in due aliquote che si avvicendino al-
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FlUPPO STEFANI
ternativamente sulle varie posizioni intermedie e nei vari spazi interposti. I combattimenti temporeggianti sono in ogni caso il complesso di atti tattici, dinamici e statici, diretti a logorare e ritardare il nemico e, se connessi con il movimento redrogrado dei grossi, a dare sicurezza a questi ultimi. Si esplicano unitariamente mediante: la difesa a tempo determinato di una o più posizioni intermedie da parte di uno scaglione di arresto; l'azione di ritardo e logoramento nello spazio antistante a ciascuna posizione intermedia ed alla seconda posizione difensiva da parte di uno scaglione ritardatore. Possono comprendere anche attacchi con obiettivo limitato svolti da appositi complessi di forze. La difesa a tempo determinato è una modalità di condotta della difesa, propria dei combattimenti temporeggianti, che si prefigge il mantenimento di una posizione almeno per un tempo minimo prestabilito; si esplica con: la resistenza delle strutture statiche, le reazioni di movimento delle riserve per fronteggiare improvvise rotture e per bloccare attacchi attraverso le cortine, la rottura del contatto. L'azione di ritardo e di logoramento è il complesso di atti tattici che si prefiggono di logorare e ritardare la progressione nemica essenzialmente con il ricorso a procedimenti dinamici e di agguato e con l'impiego dell'ostacolo. Altra modalità - eventuale e condizionata dal determinarsi di situazioni locali e temporanee favorevoli, dalla disponibilità di forze corazzate e meccanizzate, dalla possibilità di arrestare temporaneamente il nemico, dalla sufficienza di spazio di manovra sul davanti della posizione intermedia - è l'attacco con obiettivo limitato, tipico dei combattimenti temporeggianti, diretto a colpire di sopresa il nemico che avanza per disorganizzarne il dispositivo, rallentarne la progressione ed infliggergli perdite. È sviluppato, in genere, da unità corazzate e meccanizzate, normalmente appoggiate da fuoco atomico. Scompare, pertanto, la distinzione tra manovra di ripiegamento e azione ritardatrice; sono aboliti i termini manovra di ripiegamento, manovra ritardatrice e azione ritardatrice sostituito, questo ultimo, dal termine combattimenti temporeggianti. La manovra in ritirata è identificata, negli scopi e nei procedimenti, con la manovra di ripiegamento, nella quale può esservi o non il ripiegamento dei grossi. Il termine combattimenti temporeggianti viene utilizzato anche per indicare l'azione sviluppata sul davanti della prima posizione difensiva da parte dello scaglione di presa di contatto e di ritardo e quello di azione di ritardo e di logoramento è esteso alle azioni delle forze operanti nella zona di sicurezza e delle forze che operano sul davanti della posizione di contenimento, in quanto tali azioni hanno identità di scopi e di
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procedimenti con quella dello scaglione ritardatore nel quadro dei combattimenti temporeggianti. La semplificazione valida ed opportuna nei riguardi della terminologia risulta meno convincente sul piano concettuale. La manovra di ripiegamento della 600 era, infatti, una manovra interna della grande unità che la effettua; quella ritardatrice era svolta a favore di altre forze provenienti da tergo destinate a schierarsi su posizioni arretrate e su queste ad accettare battaglia oppure in settori laterali rispetto a quello della manovra perché altre forze possano sottrarsi ad un avvolgimento e retrocedere su di altre posizioni. Esistono, perciò, differenze evidenti, specialmente al livello di armata, in quanto nella manovra di ripiegamento della 600 il grosso dell'armata è sottratto alla battaglia e va a schierarsi su di una posizione arretrata e l'armata svolge la manovra a proprio diretto favore per sottrarsi alla stretta del nemico e dargli battaglia altrove. Nella circolare n. 14 000, inoltre, è previsto che la manovra in ritirata possa essere fine a sé stessa, confondendo così la manovra in ritirata con quella, assai diversa negli scopi e nelle modalità, che la successiva serie dottrinale 700 designerà appropriatamente con il termine manovra di logoramento, prendendo a modello la campagna condotta in Italia dai tedeschi nella seconda guerra mondiale. La manovra di logoramento tende ad esaurire lo sforzo offensivo nemico in un'area molto profonda e ha perciò uno scopo risolutivo, estraneo ad ogni forma di manovra in ritirata. Essa non è praticabile nello scacchiere operativo italiano ed allora perché accennarla se l'intendimento della circ. n. 14 000 era anche quello di una maggiore aderenza della dottrina al caso concreto? Un problema, quello della genericità o della specificità della dottrina, che darà luogo in tempo successivo ad un processo di tesi e di antitesi espresso rispettivamente dalla serie dottrinale 700, che esaminerà il quadro generale delle operazioni comprendendovi il problema nazionale, ma non limitandosi a questo, e dalla successiva serie dottrinale 800 che conterrà e circoscriverà la trattazione dottrinale nell'ambito delle sole ipotesi d'impiego valide nello scacchiere operativo italiano. La 700 reintrodurrà la distinzione tra manovra di ripiegamento e manovra ritardatrice e tratterà a sé stante, in contrapposizione alla manovra di arresto, la manovra di logoramento che, al pari di quella d'arresto, tende ad un fine risolutivo e crea le premesse per il passaggio all'azione controffensiva. La 800 tornerà peraltro ad intendere la manovra in ritirata nei termini della circ. 14 000.
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4. La circolare n. 4620 / risultati del ciclo di esercitazione sull'azione offensiva in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche3 confermò, di massima, la validità dei lineamenti generali dell'azione offensiva tracciati dalla memoria 620, ma ne rivide e modificò alcuni aspetti sulla base degli studi e delle esperimentazioni effettuate nel ciclo di esercitazioni Freccia Azzurra, che il generale Lucini aveva diretto, prima di assumere la carica di capo di stato maggiore dell'esercito, quale comandante del III corpo d'armata, nel cui ambito il ciclo di studi e di esercitazioni si era svolto. Essa ebbe un'incidenza di forte rilievo sullo sviluppo della dottrina, almeno pari se non assai maggiore di quello della pubblicazione n. 601 della serie dottrinale relativa alla fortificazione permanente. Gran parte del suo contenuto verrà accolto nella serie dottrinale 700, di cui costituirà la base di partenza per la trattazione dell'azione offensiva. L'appendice, riguardante i lineamenti essenziali di impiego del gruppo tattico di fanteria, troverà il suo completo sviluppo, appena due mesi dopo, nella pubblicazione n. 5414. Il gruppo tattico di fanteria, dalla quale ci occuperemo più avanti. La memoria 620, ad esempio, aveva valutato la disponibilità atomica in termini assoluti, senza distinguere i casi diversi di una disponibilità larga o limitata; aveva attruibuito all'esclusiva competenza dello scaglione di ricerca e presa di contatto i combattimenti preliminari; non aveva dato spiccato rilievo alle tre diverse attività - preparatoria, concettuale, organizzativa - che configurano l'azione del comandante della divisione durante la ricerca e la presa di contatto (marcia al nemico e avvicinamento) ed i combattimenti preliminari; aveva sorvolato sulla successione dei pacchetti di ordini e su talune modalità riguardanti l'organizzazione e la condotta dall'azione che le esercitazioni sperimentali avevano indicate abbisognevoli di precisazione oppure, in taluni casi, di modifica. La circolare n. 4620, in sintesi, completò, aggiornò e talvolta corresse la memoria 620 senza metterne in discussione la validità fondamentale che, anzi, confermò nella sua sostanza. L'azione offensiva può aver luogo con larga disponibilità atomica, con soli mezzi convenzionali in ambienti in cui incomba la minaccia atomica oppure in ambiente in cui sia esclusa ogni possibilità di impiego delle armi atomiche. Essa passa, nel caso più completo, come previsto dalla 620, attraverso le fasi di ricerca e presa di contatto e di battaglia offensiva, ma la prima fase può mancare de l tutto ori-
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dursi ai soli combattimenti preliminari quando la battaglia abbia inizio o venga ripresa in una situazione di contatto. L'apporto che le armi atomiche possono offrire nella prima fase è generalmente scarso in quanto raramente nel suo sviluppo si formano obiettivi remunerativi. La possibilità di una rapida progressione in tale prima fase dipende, essenzialmente, dalla superiorità di forze convenzionali che occorre realizzare a beneficio del proprio scaglione di ricerca e di presa di contatto (Sc.R.P.C.) che, a titolo largamente orientativo, dovrebbe disporre mediamente di almeno un distaccamento esplorante per ogni asse di movimento e di adeguate forze in riserva per ogni gruppo di assi interdipendenti. L'obiettivo strategico dell'armata, secondo il rapporto di potenza esistente nei confronti del nemico, può essere situato a tergo dell'area predisposta dall'avversario per la battaglia difensiva oppure a tergo della prima posizione difensiva. Nel primo caso, l'armata mira all'accerchiamento ed alla distruzione delle forze nemiche, con una manovra unitaria profonda che si basa almeno su due sforzi principali e sforzi sussidari, tutti, sia pure in misura diversa, largamente appoggiati da fuoco atomico, oppure su di un solo sforzo principale ed uno o più sussidiari, condotti unitariamente da corpi d'armata, il primo con largo appoggio atomico, il secondo (od i secondi) anche con soli mezzi convenzionali. Nel secondo caso, l'armata sviluppa, in fasi successive, la manovra di accerchiamento e di distruzione delle forze nemiche operanti nell'area della battaglia, esercitando sforzi di divisione: quelli principali, largamente intervallati ed appoggiati dal fuoco atomico disponibile; quelli sussidiari, svolti, al limite, con soli mezzi convenzionali. Gli sforzi principali sono da attribuire, come prevedeva la 620, alle grandi unità corazzate che, operata la rottura della posizione difensiva nemica con le armi atomiche, sono le più idonee a scontrarsi con le riserve di corpo d'armata nemiche, di norma corazzate, ed a proseguire in profondità, ma quando imposto dal terreno o dalla limitata disponibilità di grandi unità corazzate, uno o più sforzi principali possono essere affidati a divisioni di fanteria. Queste, pur perseguendo obiettivi situati a tergo della posizione difensiva, stante la loro minore dinamicità, si limitano, di massima, a sostenere l'urto di tali riserve ed a consentire lo sbocco e la manovra delle unità corazzate di 2a schiera. Esiste la convenienza - diversamente da quanto prevedeva la 620 - di attribuire i combattimenti preliminari allo Sc.R.P.C. anziché alle avanguardie, limitando, in tale modo, le possibilità di offese atomiche e convenzionali del nemico sui dispositivi divisionali in movimento, svincolando le divisioni in 1 a
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schiera dalla necessità di dover intervenire tempestivamente nel combattimento con tutte le conseguenze che tale intervento comporta, riducendo il numero degli scavalcamenti e, prima ancora, gli oneri di sicurezza movimento durante (avanguardie). I combattimenti preliminari restano di competenza delle divisioni di prima schiera quando la battaglia s'inizi o venga ripresa in una situazione di contatto. La divisione di fanteria, durante la ricerca e presa di contatto, muove in ambiente di chiarificazione e di sicurezza indiretta creato dallo Sc.R.P.C., attua in proprio misure di sicurezza diretta, imposta ed organizza progressivamente l 'attacco, raggiunge, con dispositivo già articolato, le basi di partenza, di norma occupate e mantenute, a seguito dei combattimenti preliminari, dalle unità dello Sc.R.P.C .. Il movimento al nemico si sviluppa in due tempi successivi: marcia al nemico, avvicinamento. La marcia al nemico consiste in un movimento motorizzato, con carattere tattico-logistico, durante il quale la divisione si articola in colonne di marcia (prevalenza delle esigenze tecniche), predispone un sistema di avvistamento e di segnalazione, orienta un'aliquota delle forze alla reazione immediata contro insidie terrestri, si manliene ad una distanza tale dallo Sc.R.P.C. dagarantire a sé stessa il tempo necessario per fronteggiare imprevisti. La marcia al nemico ha termine allorché lo Sc.R.P.C. inizia i combattimenti preliminari: le teste delle colonne di marcia divisionali stanno cioè per entrare nel raggio di azione delle unità corazzate nemiche (dato largamente orientativo: 50 km). Durante lo svolgimento dei combattimenti preliminari, la divisione sosta in attesa che questi abbiano termine e sviluppa ulteriormente e completa l'organizzazione dell'attacco, proteggendosi con un sistema di avamposti. La zona dove sosta la divisione - zona di attesa che prende il posto della posizione di attesa prevista in passato - deve consentire il massimo diradamento delle unità ed adeguata copertura sì da evitare la costituzione di obiettivi remunerativi all'offesa atomica nemica. L'avvicinamento ha inizio allorché, terminati i combattimenti preliminari, la divisione lascia la zona di attesa; consiste in un movimento, se possibile completamente motorizzato, che la divisione compie, utilizzando tutti gli itinerari esistenti nel settore, per portarsi, con il dispositivo già articolato per l'attacco, sulle basi di partenza. La cornice di sicurezza è garantita indirettamente dalle unità dello Sc.R.P.C. a contatto con il nemico e direttamente dal dispositivo di sicurezza messo in atto dalla divisione: per ogni itinerario di movimento un'avanguardia, una retroguardia e, quando l'itinerario è d'ala, un distaccamento fian-
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cheggiante. Quando la divisione esegue uno sforzo principale con largo sostegno atomico, il suo obiettivo è a tergo della prima posizione difensiva e la divisione concorre alla distruzione delle riserve di corpo d'armata nemiche; quando, invece, seppure in via eccezionale, conduce lo sforzo principale con limitato sostegno atomico, il suo obiettivo coincide con l'ultimo ordine di strutture statiche nemiche e la divisione deve distruggere le riserve divisionali nemiche. Se la divisione conduce uno sforzo sussidiario, con limitato o senza sostegno atomico, ha il compito: nel primo caso, di fissare e, ove possibile, distruggere le riserve divisionali nemiche; nel secondo caso, di fissare i presidi delle strutture statiche e, ove possibile, le riserve divisionali. La reazione atomica della difesa, specialmente durante l'organizzazione dell'attacco, rende necessario ridurre la crisi: nello spazio, mantenendo durante tale fase le unità a conveniente distanza dal nemico e dirandandole il più possibile; nel tempo, adottando misure idonee a comprimere la durata delle attività organizzative ed a ridurre al minimo la permanenza delle unità sulle basi di partenza. Per accelerare e comprimere i tempi di organizzazione, la procedura da seguire consiste nell'emanazione di una prima serie di orientamenti e di ordini (primo pacchetto) elaborati dal comandante della divisione non appena in possesso degli elementi necessari per abbozzare una prima concenzione dell'azione e di una seconda serie di ordini (secondo pacchetto di ordini), a modifica, conferma, ampliamento della prima effettuata durante la permanenza della divisione nella zona di attesa. L'attività preparatoria dell'attacco comprende le attività ricorrenti in qualsiasi attacco (predisposizioni logistiche, misure di sicurezza, inizio delle ricognizioni tecniche, ecc.) e quelle intese ad acquisire elementi informativi per la risoluzione del problema tattico specifico del caso concreto. L'attività concettuale si perfeziona e si precisa a mano a mano fino ad assumere forma definitiva e sintetica nel concetto di azione (espresso nel secondo pacchetto di ordini). La concezione dell'attacco deriva dai seguenti elementi che il comandante della divisione riceve dal comando superiore: compito, obiettivo (più o meno in profondità a seconda del largo o del limitato appoggio atomico o delJa sua mancanza), obiettivo eventuale sostituibile con orientamenti sull'azione successiva specie in caso di attacco con largo appoggio atomico, settore d'azione (valore medio lS -;- 20 km considerando quattro gruppi tattici in 1° scaglione, ciascuno spiegato su 1-2 km, e calcolando in 3 km l'intervallo laterale di sicurezza tra i singoli gruppi tattici), una o più direttrici di attacco (assegnate quando sia necessario
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assicurare il coordinamento dello sforzo divisionale nel quadro della intera manovra). L'attività organizzativa comporta, al livello di divisione, la definizione della composizione ed articolazione delle forze e la relativa assegnazione di obiettivi, delle basi di partenza e dell'ora d'inizio dell'attacco, del fuoco di preparazione e di appoggio convenzionale e/o atomico. Circa la composizione e l'articolazione delle forze, la circolare 4620 conferma la normalità del dispositivo su due raggruppamenti in primo scaglione ed uno in riserva (questa da prevedere anche nel caso eccezionale di tre raggruppamenti in primo scaglione) e la possibilità d'impiegare il raggruppamento corazzato in primo scaglione, limitatamente a particolari situazioni ed ambienti, sempreché sia sostenuto da un adeguato appoggio atomico che assicuri l'apertura di brecce sufficientemente ampie e profonde e il raggruppamento possa perciò giungere relativamente intatto allo scontro con le riserve nemiche. L'obiettivo divis ionale, rappresentato da una zona ampia e profonda, è raggiunto nel suo margine anteriore dai raggruppamenti in primo scaglione e conquistato nella sua totalità mediante l'azione coordinata dei predetti raggruppamenti e della riserva, il cui obiettivo s'identifica pertanto con quello della divisione. Le basi di partenza continuano a svolgere le funzioni di sicurezza, di ancoraggio e, talvolta, di zona di schieramento delle basi di fuoco, degli osservatori, ecc. La linea di riferimento dell'attacco, di cui alla memoria 620, non è strettamente indispensabile in quanto le caratteristiche delle moderne organizzazioni difensive non richiedono di investire contemporaneamente tutte le strutture statiche del primo ordine della difesa e perché la presenza dell'arma atomica sminuisce sensibilmente l'esigenza di sincronizzare sulla linea di riferimento per l'attacco il movimento delle unità avanzate per ottenere il contemporaneo investimento degli obiettivi di primo piano e trasferisce, per motivi di sicurezza, l'esigenza stessa alla sincronizzazione dell'inizio del movimento dalle basi di partenza con la fine della preparazione. L'ora d'inizio dell'attacco è la stessa per tutti i gruppi tattici in primo scaglione ed è riferita al momento in cui le compagnie avanzate superano il margine anteriore della base di partenza (linea di partenza); essa segna il termine della preparazione e l'inizio dell'appoggio. La preparazione può essere svo.lta con: mezzi atomici (in questo caso il fuoco convenzionale fa seguito immediatamente a quello atomico e dura per il tempo necessario a controllare gli effetti del primo ed eventualmente a reitirare gli interventi); mezzi convenzionali; mezzi atomici e convenzionali (la durata della preparazione deve essere
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commisurata al tempo necessario al fuoco convenzionale per neutralizzare gli obiettivi non battuti dal fuoco atomico). Criterio di dosaggio degli ordigni: sugli obiettivi del primo ordine, ordigni di potenza proporzionata all'ampiezza delle brecce da realizzare; sugli obiettivi in profondità e le riserve, ordigni tattici di grande e media potenza. L'appoggio si sviluppa con: prevalenza di tiri predisposti ad orario fino a quando i gruppi tattici in primo scaglione non giungano a distanza di sicurezza dagli obiettivi di primo piano; prevalenza di tiri a richiesta, predisposti o non, successivamente. Nella condotta ed esecuzione dell'attacco, restano normali le azioni per manovra, specie quelle laterali, al livello di raggruppamento tattico e le combinazioni manovrate tra i raggruppamenti tattici in primo scaglione, intese a realizzare la convergenza degli sforzi, mentre risultano convenienti alcuni provvedimenti idonei in tutti i casi a rendere più spedito l'attacco: affiancamento di nuclei di collegamento dei gruppi tattici in secondo e terzo scaglione alle antistanti unità in primo scaglione; consolidamento solo se necessario e comunque di breve durata; intervento delle unità in secondo scaglione per inserimento piuttosto che per scavalcamento; impiego riunito, in situazioni favorevoli, delle unità meccanizzate dagli scaglioni arretrati a favore dei primi scaglioni. Il controllo degli effetti ottenuti con le esplosioni atomiche è predisposto e attuato al livello divisionale, ma deve limitarsi ad accertare, essenzialmente con mezzi di osservazione terrestre, che la esplosione sia avvenuta nelle condizioni previste e (a meno che non vengano rilevati errori circa il punto zero, l'altezza di scoppio, il diametro della sfera di fuoco, ecc., superiori ad un previsto margine di tolleranza) è preferibile che la G. V. non si attardi per ulteriori. controlli ed inizi l'attacco, accettando l'eventualità di resistenze residue superi.ori. al previsto. La radioattività residua e quella indotta, ponendo talvolta vincoli rilevanti, inducono ad attenuare il concetto dell'investimento frontale delle strutture statiche atomizzate che, qualora non interdicano direttamente le vie tattiche da percorrere, possono essere aggirate e rastrellate, se necessario, in un secondo tempo. Il raggruppamento tattico controlla e, se necessario, isola con il minimo indispensabile di forze, la struttura statica atomizzata e contemporaneamente immette negli spazi vuoti laterali le restanti forze che proseguono l'azione in profondità, mentre il gruppo tattico che riceve l'ordine di occupare una struttura statica atomizzata sfrutta con immediatezza l'effetto della neutralizzazione atomica con la compagnia meccanizzata e control-
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la, sulla fronte e sui fianchi, l'obiettivo con le compagnie fucilieri che procedono al rastrellamento solo quando consentito dal grado di radioattività tollerabile. Le innovazioni, le modifiche ed i ritocchi che la circolare n. 4620 apportò alla memoria 620 non furono, dunque, né pochi né di poco conto. Lo sforzo compiuto, per completare e chiarire il quadro dell'azione offensiva su terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche, segnò un momento evolutivo di portata di notevole rilievo per tutto il periodo nel quale la dottrina continuerà ad aderire alla strategia della rappresaglia massiccia che, in campo tattico, si traduceva in una larga disponibilità di ordigni atomici. Nessun estremismo nucleare, ma la piena consapevolezza di una situazione di fatto, che era andata maturando nell'ambito dell'alleanza atlantica e del patto di Varsavia, in seguito alla quale le concezioni della serie dottrinale 600, riferite essenzialmente ad una limitata disponibilità di armi atomiche tattiche, risultavano superate. La circolare n . 4620 volle prendere atto di tale superamento ed indicare i quattro diversi ambienti operativi - larga o limitata disponibilità di armi atomiche tattiche, presenza potenziale dalla minaccia atomica, esclusione assoluta di questa - nei quali l'azione offensiva avrebbe potuto svilupparsi, mettendone in rilievo le diversità d'impostazione, organizzazione e condotta. Ciò non significò che il generale Lucini fosse più oltranzista del generale Liuzzi e che preferisse l'uno o l'altro ambiente operativo, ma soltanto che le ipotesi d'impiego delle forze erano aumentate rispetto a qualche anno prima e di ciò occorreva tenere conto nella pianificazione operativa e nella realtà addestrativa di tutti i giorni.
5. L'«appendice» della circolare n. 4620 si era limitata a tratteggiare i lineamenti essenziali di impiego del gruppo tattico di fanteria in attacco; la pubblicazione n. 5415, Il gruppo tattico di fanteria, n. 2400 della serie dottrinale4, oltre completare, ampliare e sviluppare particolareggiatamente tali lineamenti, trattò anche l'impiego del gruppo tattico di fanteria nell'azione difensiva, tenendo conto del nuovo orientamento, concettuale e terminologico, che, nei confronti della manovra in ritirata, sarebbe stato reso noto quanto prima con la circolare n. 14 000 che vide la luce circa sci mesi dopo (20 dicembre 1960)
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della 2400 della serie dottrinale (6 luglio 1960)_ Questa ultima fu diramata sotto forma di bozza di stampa con lettera di accompagnamento n. 7050/163513 nella quale, tra l'altro, era scritto che il capo di stato maggiore dell'esercito desiderava conoscere, prima di addivenire all'approvazione della stessa bozza, il pensiero dei vari comandi sulla base delle esperienze e degli ammaestramenti tratti dalle esercitazioni già svolte o che lo sarebbero state nei successivi mesi di attività ai livelli considerati nella pubblicazione. La collaborazione dei comandi avrebbe dovuto essere riferita non solo ai procedimenti, ma anche alla parte strutturale e formale della pubblicazione ed avrebbe dovuto concretarsi in suggerimenti e in proposte di emendamenti, aggiunte e varianti. La pubblicazione preesistente, che aveva una qualche analogia con la nuova, era quella con il titolo Lineamenti d'impiego del battaglione di fanteria edita nel 1950, prima cioè dell'avvento delle armi atomiche tattiche e quando il battaglione di fanteria aveva ordinamento, organici e dotazioni assai diversi da quelli del 1960. I mutamenti intervenuti non erano solo questi: il battaglione di fanteria, oltre quella ordinativa ed organica, aveva mutato la fisionomia tattica in quanto, nella nuova realtà operativa, le unità fondamentali del combattimento non erano più a costituzione fissa, ma variabile e cioè gruppi Lattici, la cui costituzione, inoltre, non era legata più necessariamente all'esecuzione di un compito autonomo e al decentramento di aliquote di altre armi. Il gruppo tattico di fanteria s'identifica in un complesso di forze, posto sotto unico comando, idoneo a portare a termine uno o più atti tattici fondamentali del combattimento. È costituito: normalmente da unità dell'ordine del battaglione di fanteria; al limite, da una sola compagnia. Può comprondcre, tra l'altro, carri, artiglieria, pionieri del genio. La possibilità di agire su ampi spazi, consentita dalle nuove organizzazioni difensive ed incrementata dall'impiego di armi atomiche tattiche, esalta il rendimento della manovra e ne consente l'attuazione anche nell'ambito del gruppo tattico. Alla visione di una unità, a costituzione fissa, che in attacco svolgeva un solo atto tattico a cavallo di una sola direzione e procedendo per traguardi successivi, si sostituisce quella di una unità, a costituzione variabile, che può svolgere più atti tattici successivi ed agire in profondità, combinando azioni frontali con azioni avvolgenti od accerchianti. Nell'ambito della divisione, il comandante della grande unità concepisce l'azione in termini di gruppi tattici e la organizza e conduce, di massima, mediante i comandi di raggruppamento. Nell'azione offensiva il gruppo tattico
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di fanteria può essere impiegato per: dare sicurezza ad un G. U. o ad un'aliquota di essa in movimento, costituendo' avanguadia o distaccamento fiancheggiante o retroguardia; ad una unità in sosta, costituendo distaccamento di un sistema di sicurezza in stazione; eliminare avanstrutture di sicurezza di una posizione difensiva nemica nel caso di combattimenti preliminari svolti in proprio dalla divisione od eventualmente concorrere a tale azione quando i combattimenti stessi sono sostenuti dallo Sc.R.P.C.; partecipare all'attacco, nell'ambito di un raggruppamento od alle dirette dipendenze del comandante della G.U.,
per la rottura, la penetrazione o la eliminazione di resistenze residue; concorrere, nel quadro della divisione, allo sfruttamento del successo. Nell'azione difensiva, i suoi compiti specifici sono: garantire il possesso di una posizione; distruggere o, almeno, bloccare forze nemiche penetrate nella posizione di resistenza contrattaccando a breve raggio oppure partecipando al contrattacco divisionale; logorare e ritardare la progressione del nemico, svolgendo azione ritardatrice nell'interno di una posizione di resistenza o nel quadro dei combattimenti temporeggianti. Nella fase di ricerca e presa di contatto, al livello divisionale, il gruppo tattico può far parte del dispositivo di sicurezza in movimento o in stazione oppure del grosso (scaglione di marcia nel quadro del movimento motorizzato della divisione, o gruppo tattico in primo o secondo scaglione nel quadro dell' avvicinamento del raggruppamento); sia che faccia parte del dispositivo di sicurezza sia del grosso, può essere impiegato per rinforzare lo Sc.R.P.C. nei combattimenti preliminari che talvolta può svolgere in proprio. Il gruppo tattico può, altres ì, cos tituire con un'aliquota delle forze una propria avanguardia nell'eventualità che, destinato ad agire in 1° scaglione, disponga, nel quadro dell'avvicinamento del rispettivo raggruppamento, di un proprio itinerario. La presenza organica della compagnia meccanizzata nel battaglione di fanteria conferisce al gruppo tattico di fanteria del1'ordine del battaglione una capacità operativa maggiore rispetto al passato ed una più ampia gamma di articolazioni nell'adempimento di uno qualsiasi dei compiti di sicurezza 5 e di sviluppo, quando previsto, dei combattimenti preliminari. Un'azione, questa ultima, improntata a grande speditezza ed impostata soprattutto sulla valutazione degli itinerari che adducono alle posizioni da occupare e delle caratteristiche dell'azione nemica. Essa, conseguentemente, si sviluppa: gravitando sugli itinerari lungo i quali è prevedibile la maggiore reazione nemica; adottando un dispositivo ampio, comprendente di
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massima elementi per l'esplorazione ravvicinata, plotoni avanzati ed un rincalzo generalmente di consistenza limitata; impegnando frontalmente con il fuoco le resistenze nemiche ed aggirandole sui fianchi, se possibile, con gli stessi plotoni avanzati, altrimenti con il rincalzo. Questo segue, mantenendosi al centro del settore, il movimento delle unità avanzate, pronto ad intervenire tempestivamente contro le resistenze che arrestino o ritardino considerevolmente la progressione del dispositivo. L'azione del rincalzo è favorita dalla presenza di unità meccanizzate e si sviluppa negli spazi vuoti ricercando il fianco e il tergo degli elementi ritardatori più consistenti per impedirne il ripiegamento e distruggerli. In condizioni favorevoli di terreno e di situazione, la compagnia meccanizzata può essere impiegata in testa ed in tale caso essa punta nei vuoti esistenti fra le resistenze nemiche e si spinge in profondità per bloccare gli itinerari di ripiegamento, mentre il rincalzo elimina le resistenze attive già superate. I combattimenti preliminari si concludono, comunque, con l'occupazione a nuclei, polarizzata sui tratti vitali delle posizioni, con la sorveglianza mobile o fissa degli intervalli, con il pattugliamento attivo, soprattutto a scopo infomativo sul davanti de lle posizioni occupate, e con la costituzione di un rincalzo costituito da carri armati. Altermine dei combattimenti preliminari, condotti o dallo Sc.R.P.C. rinforzato o non da gruppi tattici di fanteria, o da questi ultimi, o da aliquote di questi, i gruppi tattici in 1° scaglione: sono dislocati in corrispondenza del futuro settore d 'azione per l'attacco; hanno una aliquota delle proprie forze, che costituiscono avanguardia, già sulla base di partenza; sono largamente orientati sulle caratteristiche del terreno e sulla situazione di contatto; se necessario, sono in grado di procedere celermente alla sostituzione della rispettiva avanguardia senza rimaneggiare sensibilmente il dispositivo. Il processo concettuale dell'attacco è frutto, anche al livello di gruppo tattico, di un complesso di attività che, come per il livello di divisione, si possono distinguere in preparatoria, concettuale ed organizzativa, peraltro interdipendenti, compenetrantisi e da sviluppare in parallelo. Per porre in rilievo il valore determinante dell'attività concettuale, la pubblicazione la tratta per prima, mentre, seguendo l'ordine cronologico, avrebbe dovuto essere trattata dopo l'attività preparatoria. Per concepire l'attacco, il comandante del gruppo tattico riceve dal comando superiore, oltre le notizie sul nemico, gli elementi necessari a definire, sotto tutti gli aspetti, il primo atto tattico da svolgere e ad orientare sugli atti tattici success ivi: compito (formula-
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to solo quando l'assegnazione dell'obiettivo non si~ sufficiente a caratterizzarlo conpiutamente); obiettivo di attacco (che definisce le posizioni che devono essere raggiunte con il primo atto tattico nella loro estensione frontale materializzata da più punti sul terreno); obiettivo eventuale (assegnato di norma in caso di attacco senza appoggio diretto di armi atomiche); orientamenti sull'azione successiva (caso dell'attacco con appoggio diretto di armi atomiche) che configurano quanto più possibile l'atto tattico successivo e si traducono, al momento opportuno, in un obiettivo; settore di azione (valore medio di 47 5 km) che definisce, ferme restando, almeno all'inizio, le esigenze di sicurezza atomica, lo spazio di manovra e di responsabilità attribuito al gruppo tattico; direzione di attacco (assegnata solo quando sia necessario vincolare lo sforzo principale del gruppo tattico); base di partenza e linea di partenza; ora d'inizio dell'attacco (identica per tutti i gruppi tattici in primo scaglione, conducano essi, oppure no, l'attacco a seguito di esplosione atomica). Sulla base di tali elementi, il comandante del gruppo tattico formula il concetto d'azione nel quale definisce la forma di manovra che intende condurre: attacco frontale o avvolgente o accerchiante. L'attacco frontale è un'azione unitaria, condotta con la totalità delle forze lungo una sola direzione, con ritmo e modalità diversi secondo se effettuato a seguito o non di esplosione atomica, in quanto: nel primo caso, di norma, è attuato con un dispositivo che prevede la compagnia meccanizzata avanzata, una o due compagnie fucilieri in primo rincalzo, due o una compagnia fucilieri in secondo rincalzo; nel secondo caso, due o tre compagnie fucilieri avanzate, una compagnia fucilieri e la compagnia meccanizzata (oppure solo questa ultima) in rincalzo. Nel battaglione per divisione di fanteria da montagna, la compagnia meccanizzata, quando il terreno ne consenta l'impiego, può essere sostituita da unità tratte dalla compagnia reggimentale. L'attacco avvolgente consiste nella combinazione di un'azione frontale (di norma affidata a una sola compagnia) e di una sul fianco condotta lungo due direzioni distinte, ma strettamente interdipendenti; l'azione sul fianco è generalmente attuata con una o due compagnie fucilieri avanzate e una compagnia fucilieri o la compagnia meccanizzata, oppure solo questa ultima, in rincalzo. L'attacco accerchiante è la combinazione di un'azione frontale (che ha sempre carattere di fissaggio ed è attuata esclusivamente con uno schieramento delle basi di fuoco) e di due distinte azioni sui fianchi; lo sforzo principale può concentrarsi nella combinazione sull'obiettivo delle due azioni sui fianchi con una ripartizione pressoché unifor-
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me fra le due azioni (due compagnie fucilieri che agiscono su di un fianco, una compagnia fucilieri e la compagnia meccanizzata che agiscono sull'altro fianco; di norma una avanzata ed una di rincalzo in entrambe le azioni) oppure essere effettuato, lo sforzo pricipale, su di un solo fianco, attribuendo all'azione sull'altro fianco carattere sussidiario, mediante l'impiego della maggior parte delle forze (dispositivo dello sforzo principale variamente articolabile, ma che prevede sempre un rincalzo). L'attività preparatoria riguarda: i contatti con l'unità antistante mediante l'affiancamento dell'organo informativo del gruppo tattico da attuare nel corso dei combattimenti preliminari e, una volta conclusi questi, l'invio dei gruppi «R» sulle posizioni occupate; le ricognizioni del terreno, progressivamente più estese, dirette ad accertare gli itinerari di accesso alle basi di partenza, le condizioni offerte da queste allo schiermanto, gli sbocchi verso le posizioni nemiche, le particolarità del terreno del settore di azione; l'impiego ed il funzionamento degli osservatori; l'inizio delle ricognizioni tecniche dell'ostacolo; la costituzione, degli scaglioni «A» e «B» e la loro dislocazione; l'inizio, se possibile, del prelevamento delle munizioni delle armi pesanti che si prevede di far partecipare alla preparazione. L'attività organizzativa riguarda principalmente: la composizione e l'articolazione delle forze (ripartizione degli obiettivi, assegnazione delle vie tattiche, definizione del dispositivo che configura la forma di manovra scelta); la base di partenza, le cui funzioni e caratteristiche variano sensibilmente secondo che l'attacco si sviluppi a seguito o non di esplosione atomica; l'organizzazione del fuoco di accompagnamento (eventuale decentramento di armi di accompagnamento, costituzione della base di fuoco di gruppo tattico, compilazione del piano di fuoco); superamento del campo minato con i procedimenti di sorpresa o di forza oppure con il fuoco atomico6. La condotta e l'esecuzione dell'attacco variano in relazione al tipo di difesa contrapposta ed a seconda che l'attacco sia svolto a seguito o non di esplosione atomica. L'attacco assume carattere di rapida progressione se svolto a seguito di esplosione atomica e si sviluppa, invece, con carattere di maggiore sistematicità qualora svolto a seguito di sola preparazione convenzionale. Il gruppo tattico, di norma, raggiunge il proprio obiettivo di attacco con le unità avanzate: compagnia meccanizzata e compagnie fucilieri, a seconda che l'attacco è scomposto in obiettivi di attacco per le compagnie fucilieri avanzate che concentrano tutti i loro sforzi nella conquista di essi, considerando a tale fine normale anche l'impiego del rincalzo e proseguono su-
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gli obiettivi eventuali - posizioni più ravvicinate rispetto all'obiettivo eventuale di gruppo tattico - solo nel caso conservino una residua capacità offensiva adeguata, altrimenti vengono superate dal rincalzo che, procedendo nel frattempo a sbalzi da una posizione all'altra a cavaliere della direzione di movimento assegnata, si è posto in condizioni di pronto intervento. Le unità si consolidano su obiettivi eventuali quando l'attacco si sviluppa nel quadro delle previsioni o sulle posizioni raggiunte quando esso incontra resistenze insuperabili. Il comandante del gruppo tattico conduce l'attacco impiegando il fuoco ed il rincalzo e disponendo, in casi particolarmente favorevoli, modifiche al dispositivo di attacco. Il fuoco, diretto inizialmente a favore dello sforzo principale, può, nel corso dell'attacco, essere concentrato a favore di un'unità, impiegata in un'azione sussidiaria, che per un favorevole sviluppo del combattimento progredisca più rapidamente ed ottenga risultati superiori al previsto. Variano in questo caso il compito e la direzione di movimento del rincalzo che, in tutto o in parte, è indirizzato a sostegno della compagnia che progredisce più rapidamente. A favore di questa può anche essere disposto l'intervento delle unità avanzate, già incaricate dello sforzo principale, le quali possono: sviluppare attacchi sui fianchi delle resistenze che si oppongano alla progressione sul nuovo asse di sforzo principale; concorrere con il fuoco a creare un fianco difensivo; proseguire l'azione lungo la direzione originaria per fissare i rincalzi della difesa. L'attacco contro posizioni difensive con caposaldi non cooperanti se svolto a seguito di esplosione atomica: ha come obiettivo una struttura nemica dell'ordine del battaglione, prosegue poi in profondità secondo gli orientamenti previsti, si attua con un dispositivo che prevede la compagnia meccanizzata rinforzata da pionieri avanzata, due compagnie fucilieri al seguito della meccanizzata (per rastrellare le posizioni nemiche se necessario e se consentito dalla radioattività residua), la terza compagnia fucilieri in rincalzo; se svolto con i soli mezzi convenzionali: ha come obiettivo una parte della struttura statica nemica se presidiata da un battaglione o l'intera struttura se presidiata da una compagnia, ha come obiettivo eventuale o la parte arretrata della struttura nemica (nel primo caso) o una posizione retrostante il capodalso di compagnia (nel secondo caso), si attua con un dispositivo che prevede in ogni caso, indipendentemente dalla forma di manovra adottata, in rincalzo la compagnia meccanizzata congiuntamente ad una compagnia fucilieri. L'attacco contro posizioni difensive con piccoli caposaldi cooperanti se sviluppato a seguito di esplosione ato-
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mica: investe sempre due strutture statiche successive, ha come obiettivo il tergo della seconda struttura, pur conservando carattere unitario si sviluppa con ritmo e modalità diverse in relazione alla potenza dell'ordigno ed al punto di scoppio7 ; se condotto con soli mezzi convenzionali: ha come obiettivo una posizione che può coincidere con una struttura statica del primo ordine presidiata da una compagnia oppure una struttura del secondo ordine quando sia questa che quella del primo ordine non superino, ciascuna, l'entità del plotone rinforzato. L'attacco contro difesa manovrata, che normalmente non beneficia di appoggio diretto di fuoco atomico: ha l'obiettivo di attacco coincidente con posizioni che delimitino e garantiscano una testa
di ponte di profondità sufficiente a sottrarre dalle offese dei mortai medi i passaggi creati nell'ostacolo, si sviluppa frontalmente all'inizio (forzamento dell'ostacolo e penetrazione nel vivo del dispositivo di vigilanza nemico) e successivamente mediante azioni laterali delle compagnie avanzate per saldare le teste di ponte realizzate e rastrellare le posizioni interposte, si attua con un dispositivo che prevede in genere le tre compagnie fucilieri avanzate e la compagnia meccanizzata in rincalzo. Nel quadro della difesa ad oltranza di una divisione di fanteria in 1a schiera, il gruppo tattico può svolgere compiti di resistenza, di concorso al contenimento, di partecipazione al contrattacco (in concorso all'azione della riserva divisionale o quale elemento costitutivo della riserva stessa), di integrazione della reattività della difesa mediante contrattacchi a breve raggio dalle posizioni organizzate a caposaldo ed indipendentemente dalla reazione della riserva. Incaricato del mantenimento di una posizione importante ai fini della difesa, il gruppo tattico si schiera a caposaldo, il quale presidiato può assumere la struttura nucleare od unitaria nei termini definiti nella memoria 600, edizione definitiva del 19588 . La costituzione del caposaldo richiede già in ambiente convenzionale una notevole disponibilità di tempo; in ambiente atomico, questa ultima è ancora maggiore stanti la esecuzione di lavori protettivi più onerosi e l'estensione delle superfici di investimento, mentre, per contro, il tempo a disposizione per organizzare il caposaldo si riduce per le possibilità di rapida progressione deJl'azione offensiva nemica nella fase di ricerca e di presa di contratto. È, perciò, più necessario che in passato impostare ed attuare la difesa in modo che questa esprima fin dall'inizio un minimo di capacità difensiva e contrarre la durata delle attività - preparatoria, concettuale ed organizzativa - compenentrandole e sovrapponen-
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dole. L'attività concettuale inizia con la valutazione, sommaria e sulla carta, dei termini del problema operativo, da parte del comandante di gruppo tattico alla ricezione del preavviso, e prende forma concreta, seppure embrionale, con il primo pacchetto d'ordini che, nel caso più completo, comprende: notizie sul nemico, compito e struttura del caposaldo, tratto d'importanza vitale e posizioni da includere, articolazione, zona di dislocazione del rincalzo e orientamento d'impiego, organizzazione del fuoco controcarri, tratti di sbarramento delle artiglierie e dei mortai, andamento dell'ostacolo, collegamenti, servizi, pattugliamento e sicurezza, disposizioni per l'approntamento, il movimento e lo scarico delle unità e dei materiali, zona di scarico e relative misure di sicurezza, posto comando. Gli elementi essenziali che definiscono la concezione e condizionano l'organizzazione, normalmente precisati nel secondo pacchetto d'ordine, sono: il tratto d'importanza vitale scelto in funzione del compito e del terreno; le disposizioni da includere, scelte con il criterio di potenziare la difesa del tratto vitale e di consentire il concorso reciproco del fuoco delle armi automatiche; direzione o direzioni da interdire sbarrandole o, quantomeno, controllandole con i I fuoco; articolazione interna, stabilita in relazione alle caratteristiche del terreno e soprattutto all'adempimento del compito, applicando il criterio della gravitazione delle forze a favore del tratto vitale; perimetro (linea di resistenza) che deve includere la massima superficie di investimento ed assicurare la continuità di fuoco lungo l'intero tratto vitale; le direzioni di contrassalto scelte per l'eventuale riconquista del tratto vitale o di uno dei caposaldi minori o per recidere una penetrazione fra questi. L'attività preparatoria scaturisce dalla prima sommaria concezione della difesa, effettuata dal comandante del gruppo tattico sulla carta e in base agli elementi forni tigli dal comando superiore con il preavviso, e comprende le attività tattico-logistiche genericamente connesse con il compito e non suscettibili di modifiche e, per quanto invece riguarda concezione ed organizzazione della difesa, i primi orientamenti anche se incompleti e provvisori. Diramato il primo pacchetto di ordini, il comandante del gruppo tattico: raggiunge le posizioni da presidiare e, con la collaborazione del gruppo «R», attua le ricognizioni; giovandosi delle ricognizioni effettuate in proprio e di quelle dei comandanti in sottordine, perfeziona la concezione della difesa ed emana un secondo pacchetto di ordini, a conferma, modifica o completamento del primo, in seguito al quale viene dato inizio effettivo alla organizzazione e sistemazione difensive. L'attività preparatoria comprende,
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inoltre, il rinvio a tergo degli automezzi ricevuti in rinforzo e la costituzione degli scaglioni «F», «A» e «B». L'attività organizzativa, che si sviluppa in parallelo a quella preparatoria e concettuale, si esprime inizialmente nel progetto di difesa, che è costituito dal complesso di pacchetti d'ordine e contiene gli elementi essenziali per l'impostazione delle singole organizzazioni da realizzare. Ai vari livelli vengono elaborati i progetti parziali di ciascuna organizzazione ed essi assumono successivamente forma completa e definitiva di piani parziali, il cui insieme costituisce alla fine il piano di difesa di gruppo tattico, che viene tradotto in ordini definitivi, espressi per iscritto. I piani parziali riguardano le organizzazioni: del fuoco, che deve realizzare una cintura di fuoco continua, una gravitazione del fuoco controcarri e contro fanteria sulla fronte ed in profondità, la saldatura di fuoco tra i caposaldi minori; della reazione di movimento del rincalzo; dei lavori e dell'ostacolo; della manovra del presidio del caposaldo; del controllo della zona di competenza; della funzione di comando9 . La condotta e l'esecuzione della difesa del gruppo tattico in caposaldo si sviluppano con sequenze diverse secondo che l'attacco nemico sia a seguito di esplosione atomica o sia attuato con mezzi convenzionali. Nel primo caso: le reazioni di fuoco e di movimento non seguono la traccia della pianificazione e sono affidate alle forze superstiti che le svolgono nella misura e con le modalità consentite dalla situazione del momento; le armi a tiro teso ed a tiro curvo sfuggite alla offesa nemica intervengono con immediatezza al limite della gittata efficace; il fuoco controcarri assume particolare importanza, considerata la natura delle forze che generalmente investono il caposaldo; il rincalzo - non soggetto presumibilmente all'offesa atomica data la sua dislocazione all'esterno del caposaldo - rinforza il presidio del tratto vitale oppure, ove ciò non sia consentito dalla radioattività residua o non sia necessario, punta sul fianco del nemico avanzante coordinando la sua azione con le reazioni di fuoco delle armi superstiti del caposaldo. Nel secondo caso: la reazione del caposaldo è caratterizzata da maggiore sistematicità e aderenza al piano di difesa; al fuoco d'interdizione prima e di sbarramento poi dell'artiglieria e dei mortai fa seguito, a mano a mano che il nemico giunga a distanza di tiro efficace, quello delle diverse armi che effettuano i tiri previsti ne] piano dei fuochi adattandoli alle esigenze contingenti; di notte o con la nebbia, il fuoco di fanteria si stabilizza inizialmente sulla linea di arresto automatico e sui settori di falciamento, quello di artiglieria e dei mortai sugli obiettivi e sui tratti di sbarramento, e successivamente
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viene sviluppato, nei limiti del possibile, a ragion veduta; qualora l'attacco non impegni contemporaneamente tutti i caposaldi minori, le armi di quelli non investiti intervengono a favore del fronte attaccato, se necessario utilizzando postazioni sussidiarie; il rincalzo di gruppo tattico interviene per recidere eventuali penetrazioni che minaccino il tratto d'importanza vitale. Qualora l'attacco avversario sia condotto lungo due direzioni mediante la combinazione di un'azione frontale e di una sul fianco, la difesa gravita con il fuoco contro questa ultima ed il rincalzo è pronto a colpire sul fianco l'avversario mediante contrassalto partente dall'esterno. Di fronte ad attacco accerchiante, i caposaldi minori reagiscono con i propri mezzi contro le unità nemiche che li investano ed il comandante del gruppo tattico interviene con il fuoco disponibile e con il rincalzo - fatto affluire nel caposaldo prima che le azioni sui fianchi gli precludano le vie di accesso - a favore del caposaldo minore che difende il tratto di importanza vitale. Il gruppo tattico nel contrattacco agisce con modalità analoghe a quelle per l'attacco. Esso partecipa al contrattacco nell'ambito divisionale quale elemento costitutivo della riserva: normalmente, nella divisione di fanteria con ordinamento da montagna; eventualmente, in qudla con ordinamento di pianura. Vi partecipa anche o concorrendo all 'azione della riserva divisionale o svolgendo in proprio l'azione a breve raggio, indipendentemente da quella della riserva divisionale. Il gruppo tattico facente parte della riserva divisionale è di norma inquadrato in un raggruppamento di fanteria della divisione da montagna o nel raggruppamento corazzato della divisione di pianura; in ogni caso è motorizzato. La sua zona di dislocazione iniziale è, di massima, 3-4 km a tergo dell'ultimo ordine di caposaldi ed in essa si disloca largamente intervallato dagli altri gruppi tattici della riserva e frazionato per compagnia, provvedendo alla propria s icurezza contro attacchi di paracadutisti e di guerriglieri ed alla protezione del personale e dei mezzi contro offese atomiche e convenzionali. Dalla zona di dislocazione iniziale il gruppo tattico può, direttamente o dopo una sosta intermedia - effettuata quando, pur non essendo ancora maturate le condizioni favorevoli per il contrattacco, sia conveniente avvicinare il gruppo tattico alla zona d'impiego per assicurarne una maggiore tempestività d'intervento - raggiungere la base di partenza. Il contrattacco può essere sviluppato ad immediato seguito di esplosione atomica o di una breve intensa azione di artiglieria; in ogni caso riceve il massimo possibile concorso di fuoco
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da parte dei caposaldi in condizione di darlo. Eliminate le forze nemiche penetrate, il gruppo tattico occupa e consolida le posizioni rioccupate, di massima corrispondenti ad un caposaldo caduto e da riattivare o tali da favorire l'ulteriore sviluppo in profondità del contrattacco. Un gruppo tattico in caposaldo può essere incaricato di concorrere al contrattacco divisionale o con il solo rincalzo o con tutte le forze, meno l'aliquota che presidia il tratto vitale. Le forze partecipanti possono essere inglobate nel dispositivo di contrattacco della riserva divisionale, e in questo caso sono poste agli ordini del comandante della riserva, oppure operare con azione distinta - diretta a colpire un fianco dell'avversario o ad impegnare una aliquota delle sue forze - e in questo caso il coordinamento è assicurato dal comandante della divisione o da altro comandante da lui delegato. Il gruppo tattico organizzato a caposaldo può, inoltre, svolgere un contrattacco a breve raggio per stroncare penetrazioni che, pur non incidendo direttamente sul caposaldo, si siano verificate nella sua zona di competenza. Si tratta di un'azione che integra quella organizzata al livello superiore negli s pazi vuoti fra le strutture statiche, è ordinata dal comandante della divisione o eccezionalmente è svolta d'inziativa del comandante di settore del raggruppamento; è appoggiata dal massimo possibile concorso di fuoco di artiglieria ed accompagnata da tutte le armi del caposaldo in condizioni di intervenire; è sviluppata da un'aliquota delle forze, talvolta dal solo rincalzo. Nell'azione di logoramento e di ritardo a favore delle forze impegnate sulla posizione di contenimento, il gruppo tattico già organizzato a caposaldo: lascia temporaneamente in posto l'aliquota di forze che presidia il tratto vitale; agisce in un settore di ampiezza proporzionata alla sua residua capacità operativa ed alle caratteristiche del terreno; è rinforzato con mezzi di trasporto e, quando possibile, con unità carri; riceve il massimo appoggio di fuoco dell'artiglieria schierata a favore della posizione di contenimento; si articola in posti di osservazione e di allarme, posti di sbarramento, pattuglie. I lineamenti dell'azione ricalcano quelli tradizionali delle unità in zona di sicurezza. Nell'attivazione della posizione di contenimento, il gruppo tattico - quale elemento della riserva divisionale o quale presidio ripiegato da un caposaldo di ordine più avanzato - può essere chiamato a presidiare un caposaldo predisposto o a difendere una cortina. Il caposaldo predisposto è generalmente occupato da un gruppo tattico dell' ordine della compagnia rinforzata, può avere anche in questo caso struttura nucleare, è caratterizzato dalla proiezione in avanti dei mezzi di fuoco. La difesa
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di una cortina è attuata mediante la costituzione di un unico ordine di centri di resistenza cooperanti, dando profondità alla difesa, dove necessario, con centri di fuoco arretrati, senza costituire un rincalzo. Nella manovra in ritirata il gruppo tattico può: effettuare un ripiegamento nel quadro dell'unità superiore od in proprio; svolgere, quale retroguardia di un complesso tattico di ordine superiore, i combattimenti temporeggianti; partecipare ai combattimenti temporeggianti normalmente quale aliquota dello scaglione di arresto o eccezionalmente quale scaglione ritardatore od aliquota di questo. A fattore comune dei suddetti atti tattici è, generalmente, la rottura del contatto, che è operazione da predisporre nei particolari e nella massima segretezza, da eseguire finché possibile di notte, da agevolare da parte del comando superiore mediante particolari misure protettive. Nell'ambito del gruppo tattico. la rottura avviene per unità minori e, di massima, nella successione: compagnie fucilieri arretrate, compagnia mortai e plotoni fucilieri arretrati delle compagnie avanzate, rimanenti unità delle compagnie avanzate, unità pionieri e controcarri, compagnia meccanizzata 16 . Nel ripiegamento il gruppo tattico adotta modalità diverse secondo che lo esegua o nel quadro ordinativo superiore e sotto la protezione di una retroguardia (caso in cui l'operazione s'identifica con un movimento retrogrado motorizzato), o in proprio, nel caso eccezionale che agisca isolato, o dopo aver svolto compiti di retroguardia a favore di altre unità (in questo caso lo compie con modalità diverse, secondo l'entità della pressione nemica e il ripiegamento può assumere la fisionomia di un movimento retrogrado della totalità delle forze con spiccate misure di sicurezza o di un ripiegamento in proprio, protetto da un'aliquta delle forze costituenti la retroguardia). Nel caso di ripiegamento isolato, il gruppo tattico rompe il contatto e protegge il proprio movimento retrogrado affidando ad un'aliquota delle forze - in genere la compagnia meccanizzata rinforzata da pionieri - funzioni di retroguardia. Questa: agevola, inizialmente e se necessario, la rottura del contatto; si tiene in misura di proteggere con il fuoco il ripiegamento delle unità verso la zona di carico; reitera da posizioni successive l'azione ritardatrice con il fuoco a distanza e per il tempo sufficiente a garantire il ripiegamento del gruppo tattico; conclude generalmente l'azione sganciandosi dal nemico e ricongiungendosi al grosso. Il compito di retroguardia, nel gruppo tattico costituito dal battaglione di fanteria della divisione da montagna, può essere svolto da unità fucilieri, adeguatamente motorizzate e rinforzate con controcarri e pionieri, che
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svolgono l'azione generalmente in corrispondenza di una sola posizione. Quando, quale retroguardia di una unità superiore in ripiegamento, svolge in proprio i combattimenti temporeggianti, il gruppo tattico: è sempre autoportato e rinforzato con artiglieria e mezzi controccarro, possibilmente semoventi, e con pionieri; si schiera inizialmente su di una posizione scelta a tergo di quelle occupate dalle unità che devono ripiegare; reitera i combattimenti temporeggianti, quando si preveda di non poter realizzare il guadagno di tempo prescritto su di una sola posizione, su una o più posizioni successive, distanziate fra loro in modo che non siano coinvolte contemporaneamente dalle artiglierie da campagna nemiche schierate su di una stessa posizione. Lo schieramento prevede: compagnie fucilieri disposte nuclearmente e costituenti in genere un solo ordine di centri di fuoco o di centri di resistenza (profondità ricercata in avanti mediante pattuglie ritardatrici); plotoni mortai e cannoni s.r. da 106 decentrati alle compagnie fucilieri; artiglieria schierata su posizioni che consentano d'intervenire possibilmente su tutto il settore ed in particolare in corrispodenza delle direttrici più pericolose; compagnie meccanizzate ed eventuali unità carri in rinforzo riunite sul tergo o su di un'ala, o articolate in due aliquote su entrambe le ali, in condizioni di eseguire puntate sul fianco o sui fianchi del nemico arrestato frontalmente dalle compagnie fucilieri; mezzi di trasporto dislocati a tergo ed in prossimità della posizione, opportunamente articolati. Nella difesa a tempo determinato di un settore di posizione intermedia, il gruppo tattico è di norma impiegato, nel quadro del raggruppamento, per intercettare una o più vie di facilitazione; presidia un settore d 'azione ampio ciréa 5 -,-6 km e profondo quanto la posizione intermedia; in tale settore costituisce caposaldi di compagnia e di plotone, cooperanti o non, scaglionati in profondità e caratterizzati dalla proiezione in avanti dei mezzi di fuoco; predispone l'impiego della compagnia meccanizzata quale rincalzo a sostegno dei caposaldi e per il pattugliamento degli spazi vuoti. La condotta della difesa è basata sull'azione di fuoco dei caposaldi iniziata alle maggiori distanze e valorizzata dall'ostacolo e dagli interventi tempestivi dell'artiglieria, nonché su reazioni di movimento minute ed immediate, dirette ad impedire od eliminare penetrazioni, svolte dai rincalzi locali e dalla compagnia meccanizzata. Nel quadro del settore di raggruppamento, la condotta della difesa è basata altresì sull'intervento, a favore dei diversi gruppi tattici, di rise rve corazzate generalmente decentrate ai raggruppamenti stessi. Nell'azione ritardatrice nel quadro dei combattimenti temporeggian-
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ti, l'impiego del gruppo tattico, quale scaglione ritardatore od aliquota di questo, è da ritenere eccezionale; qualora si dia il caso, l'azione è impostata, organizzata e condotta come quella a favore delle forze impegnate sulla posizione di contenimento.
6. Esattamente un anno dopo dalla circolare n. 2400 della serie dottrinale, vide la luce la pubblicazione n. 5499, Il gruppo tattico corazzato - n. 1400 della serie dottrinale - approvata dal successore del generale Lucini, generale Gualano 10. Essa fu l'ultima delle pubblicazioni redatte dalla sezione regolamenti dell'ufficio addestramento e regolamenti dello stato maggiore dell'esercito, riguardanti la dottrina d'impiego fino al livello di gruppo tattico compreso, ad essere impostata sulla visione del combattimento della serie dottrinale 600. Al pari dell'analoga pubblicazione n. 2400 della serie dottrinale, benché edita in veste di bozza di stampa, rimase in vigore fino al 1968, ma i criteri ed i procedimenti in essa indicati, come quelli della 2400, verranno in gran parte accolti e considerati validi anche nelle pubblicazioni successive. Già la 600 aveva sottolineato come l'avvento dell'arma atomica tattica avesse esaltato ed esteso )'importanza e le possibilità d'impiego delle forze corazzate e meccanizzate in grado, sui terreni che ne consentano l'impiego, di sfruttare con immediatezza gli effetti delle esplosioni atomiche, di ridurre notevolmente il tempo di esposizione all'offesa atomica nemica, di superare rapidamente le resistenze residue, di opporsi prontamente alle reazioni avversarie e di attraversare senza danni sensibili per il personale le zone contaminate. La pubblicazione Il gruppo tattico corazzato raccolse i criteri ed i procedimenti d'impiego, riguardanti tale livello, delineati nella serie dottrinale 600 e nelle circolari n. 14 000 e n . 4620 di completamento e di aggiornamento, li interpretò alla luce delle successive esperienze e li espose in forma ordinata, organica e particolareggiata, seguendo, là dove possibile, la traccia strutturale e formale della pubblicazione Il gruppo tattico di fanteria. Essa introdusse innovazioni e caratteristiche di rilievo quali, fra le altre, la nuova concezione del gruppo tattico, la definizione di due sole forme di manovra che sintetizzano i dispositivi e i procedimenti del gruppo tattico corazzato in attacco, l'eliminazione di ogni argomento non strettamente pertinente il livello considerato. Riferita essenzialmente al gruppo tattico
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corazzato della divisione corazzata e del raggruppamento corazzato della divisione di fanteria con ordinamento di pianura, essa fu considerata valida, nelle sue linee generali, per i gruppi tattici corazzati comunque costituiti con unità carri ed unità meccanizzate di fanteria o di cavalleria. Non prese in considerazione, in modo specifico, l'impiego del gruppo tattico corazzato nell'azione di contenimento, nella difesa a tempo determinato di una posizione e nell'occupazione preventiva di una posizione, in quanto nelle prime due azioni, affidate normalmente ad unità omogenee, l'impiego del gruppo tattico come tale fu ritenuto eccezionale, mentre nell'occupazione preventiva di una posizione, l'azione venne considerata uguale nella prima fase a quella della ricerca e presa di contatto e nella seconda fa·s e ai combattimenti temporeggianti, ai quali la pubblicazione dedica un capitolo della parte IIP. Il gruppo tattico corazzato s'identifica in un complesso di forze, sempre comprendente unità carri ed unità bersaglieri o di fanteria meccanizzata e posto sotto unico comando, idoneo a portare a termine uno o più alti tattici fondamentali del combattimento. È costituito: normalmente, da una compagnia carri e da una bersaglieri; al limite superiore, da due compagnie carri (o due compagnie bersaglieri) ed una bersaglieri (od una carri); al limite inferiore e per compiti particolari, da un plotone carri ed un plotone bersaglieri. Può comprendere, tra l'altro, unità esploratori, di artiglieria, di pionieri del genio. Nel suo interno, il gruppo tattico corazzato - che nella nuova definizione assorbe anche la nozione di minore complesso tattico corazzato utilizzata fino ad allora per indicare complessi di forze di entità inferiore alla compagnia carri o bersaglieri - si articola in unità avanzate ed unità di rincalzo e ciascuna di queste compie uno o più atti tattici elementari necessari per sviluppare o portare a termine l'atto tattico fondamentale assegnato al gruppo tattico; può svolgere azioni di carattere difensivo anche nel quadro di un atteggiamento offensivo del gruppo tattico o viceversa, come pure può essere rinforzato con aliquote tratte dalle altre unità costituenti il gruppo tattico stesso. Nell'azione offensiva il gruppo tattico può: svolgere attività esplorativa a cavaliere di un asse principale di movimento; dare sicurezza ad una grande unità o ad _un'aliquota di questa, costituendo, in movimento, avanguardia o retroguardia o distaccamento fiancheggiante e, in sosta, distaccamento di un sistema di sicurezza in stazione; eliminare avanstrutture di sicurezza di una posizione difensiva nel quadro sia di -µn dispositivo esplorante sia di un dispositivo di sicurezza; partecipare all 'attac-
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co per la rottura, la penetrazione, la eliminazione di resistenze residue; concorrere allo sfruttamento del successo. Nell'azione difensiva il gruppo tattico può: distruggere od almeno arrestare forze nemiche, penetrate nella posizione di resistenza, con il contrattacco; garantire la difesa a tempo determinato di una posizione sia nel quadro dei combattimenti temporeggianti sia in quello dell'azione di contenimento; logorare e ritardare la progressione del nemico sviluppando in proprio i combattimenti temporeggianti oppure, quando questi sono condotti da un complesso tattico di ordine superiore, svolgendo azioni di ritardo e di logoramento negli spazi tra le posizioni intermedie. Nella fase di ricerca e presa di contatto, il gruppo tattico corazzato, al pari del gruppo tattico di fanteria, oltre che di un dispositivo di sicurezza, può far parte di un dispositivo esplorante costituente «distaccamento esplorante» oppure de l grosso (o riserva) del dispositivo esplorante stesso. In tale particolare ruolo - che gli è affidato quando la divisione corazzata o il raggruppamento corazzato costituisce Sc.R.P.C. di altre grandi unità - ha costituzione variabile in relazione al numero di pattuglie esploranti da distaccare od all'ampiezza del settore assegnatogli e ha il compito di svolgere l'attività esplorativa distaccando, avvicendando, alimentando le pattuglie esploranti, coordinandone l'attività e sostenendole, quando necessario o conveniente, con il ricorso ad azioni di forza, nonché il .compito di condurre, una volta a contatto con la zona di sicurezza nemica, i combattimenti preliminari e occupare e mantenere le posizioni destinate a costituire basi di partenza per l'attacco delle retrostanti grandi unità in 1 a schiera. In situazioni medie e a titolo orientativo, esso è costituito da una compagnia carri, una bersaglieri ed un plotone esploratori e può comprendere artiglierie, pionieri e, quando disponibili, unità del gruppo squadroni di cavalleria. Si articola in pattuglie esploranti cui è affidata l'attività esplorativa, distaccamento esplorante, costituito con le restanti forze del gruppo tattico (articolate dall'avanti all'indietro: in elementi di sicurezza, pionieri, mezzi controcarri ed eventualmente aliquote di carri, unità carri e bersaglieri, artiglieria), il quale precede il grosso (o riserva) dell'intero dispositivo esplorante di 10-15 km. II settore di esplorazione del gruppo tattico ha ampiezza variabile, in relazione alla situazione ed al terreno, dell'ordine medio di 10-15 km. L'attività esplorativa si sviluppa ad opera delle pattuglie esploranti di costituzione mista e di consistenza variabile (elementi tratti dai plotoni esploratori o, quando disponibile, dal gruppo squadroni o dalle stesse unità carri e bersaglieri), che hanno il compito di osservare e
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riferire sul terreno e sul nemico, muovono sugli itinerari loro assegnati, precedendo di circa 10 km il distaccamento, da un punto di osservazione all'altro e, preso il contatto con il nemico, ne informano il comandante del gruppo tattico, aggirando le resistenze incontrate ed attaccandole solo quando il rapporto di forza e la situazione siano favorevoli. Di fronte a resistenze non aggirabili o non eliminabili, mantiene il contatto in attesa dell'intervento di forze da tergo. Il distaccamento, che segue muovendo a sbalzi e regolando la sua progressione su quella delle pattuglie, provvede a rinforzare le pattuglie che abbiano perso parte della loro capacità esplorativa, sostituisce quelle logore, ne distacca altre lungo nuove direzioni redditizie, interviene, con tutte o parte delle proprie forze, per sbloccare le pattuglie arrestate dal nemico, agendo sempreché possibile per manovra (movimento aggirante che costringa le resistenze a ripiegare) e, solo quando necessario, di forza (fissaggio della fronte e attacco sul fianco oppure lungo una unica direzione con i carri in testa). I combattimenti preliminari si differenziano, a seconda che si svolgano contro un nemico blindo-corazzato o contro un nemico costituito prevalentemente da forze di fanteria. Nel primo caso, il gruppo tattico affida alle pattuglie il compito di individuare e fissare gli elementi nemici di maggiore consistenza ed alle restanti forze il compito di agire a massa per distruggerli o, quanto meno, costringerli al ripiegamento; nel secondo caso, si articola in unità avanzate (generalmente bersaglieri rinforzati da carri), che eliminano le resistenze nemiche fissandole frontalmente con il fuoco dei bersaglieri ed aggirandole sui fianchi con i carri, e in unità di rincalzo (spesso solo carri) che intervengono contro le resistenze che arrestino o ritardino a lungo la progressione. Quando il gruppo tattico costituisce il grosso o riserva di un dispositivo esplorante è impegnato: per rinforzare con un'aliquota delle sue forze i distaccamenti esploranti maggiormente provati; per intervenire, con tutte o parte delle forze, a sbloccare i distaccamenti arrestati dal nemico; per distaccare pattuglie che estendano l'esplorazione; per parare improvvise minacce nemiche. Quando hanno inizio i combattimenti preliminari, il gruppo tattico grosso o riserva: riduce la distanza dagli antistanti distaccamenti e si tiene pronto ad intervenire a massa (normalmente) lungo una nuova direzione che consenta di approfondire rapidamente la penetrazione tra gli elementi nemici e di disorganizzarne il dispositivo o (eventualmente) ad intervenire con un' aliquota delle forze a favore di un distaccamento ostacolato nella sua progressione. Nel quadro di un dispositivo di sicurezza - avan-
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guardia, distaccamento fiancheggiante (mobile o fisso), retroguardia, distaccamento di un sistema di sicurezza in stazione - l'azione del gruppo tattico corazzato è simile a quella del gruppo tattico di fanteria, ma nei vari dispositivi mancano le punte ed in quello del distaccamento fiancheggiante anche le pattuglie di allarme, in quanto i loro compiti vengono generalmente attribuiti agli altri elementi (pattuglie e grosso). Del pari simile a quello del gruppo tattico di fanteria, è il comportamento del gruppo tattico corazzato nella marcia al nemico - quando ciè costituisce scaglione di marcia di un raggruppamento - ed in avvicinamento. Nei riguardi dell'avvicinamento la pubblicazione n. 5499 prevede l'ipotesi che esso si svolga senza la protezione di unità amiche antistanti e sbocchi nell'attacco senza soluzioni di continuità, mentre non considera quella del gruppo tattico che costituisca, con una aliquota delle forze, una propria avanguardia che è invece prevista per il gruppo tattico di fanteria. L'ipotesi della pubblicazione n. 5499 è caratteristica del combattimento d'incontro con unità similari e in tal caso l'avvicinamento ha inizio a l momento in c ui, individuata la formazione nemica, il gruppo tattico corazzato, già in fase di movimento, deve portarsi a distanza utile di tiro dal nemico. Manca, in sostanza, la possibilità di organizzare avvicinamento e attacco in una zona di attesa. Il movimento sfocia direttamente ne ll'attacco, in genere, in corrispondenza di una linea di riferimento e di attestamento ed è compiuto con un dispositivo che, già inizialmente orientato per l'attacco, evolve, a mano a mano, in vista dell'azione specifica da compiere. Il processo creativo dell'attacco è lo stesso di quello stabilito per il gruppo tattico di fanteria, con la differenza che nella pubblicazione riguardante il gruppo tattico corazzato l'attività preparatoria viene trattata prima di quella concettuale e che negli elementi essenziali che definiscono il primo atto tattico da svolgere ed orientano sugli atti tattici successivi manca, rispetto a quelli del gruppo tattico di fanteria, l'obiettivo eventuale, mentre sono inseriti: la zona di dislocazione iniziale, assegnata al gruppo tattico corazzato in 1° scaglione solo quando si ritenga necessario, per esigenze organizzative o di sicurezza, interrompere l'avvicinamento prima di raggiungere le basi di partenza o si stimi conveniente che l'aliquota di carri sosti in zona arretrata rispetto alla base di partenza (è sempre prevista per i gruppi tattici in secondo o terzo scaglione); la zona di raccolta, assegnata quando il mantenimento dell'obiettivo raggiunto venga affidato, nel quadro della manovra superiore, ad altro gruppo tattico (altrimenti è
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assegnata, nell'ambito del gruppo tattico corazzato, alle sole unità carri). Due le forme di manovra caratteristiche del gruppo tattico corazzato: attacco lungo una unica direzione, attacco avvolgente. L'attacco lungo una unica direzione è un'azione unitaria incidente sulla fronte o sul fianco del nemico; è attuato con un dispositivo che - secondo la consistenza della sistemazione nemica (specie sotto l'aspetto della difesa controcarri), delle caratteristiche del terreno e, fondamentalmente, dell'entità dell'appoggio atomico, quando esistente - può prevedere in testa le unità carri oppure le unità bersaglieri e in questo secondo caso l'unità carri svolge inizialmente un'azione di fuoco di accompagnamento e successivamente si inserisce nel dispositivo dell'unità bersaglieri oppure supera sul fianco l'obiettivo per continuare l'azione in profondità. L'attacco avvolgente è una combinazione di un'azione sul fianco o sul tergo e di una frontale, condotte lungo due direzioni distinte, ma interdipendenti ai fini della manovra; comprende l'azione sul fianco o sul tergo, che si identifica con lo sforzo principale, condotta dall'unità carri, mentre l'azione frontale può assumere forme diverse secondo la funzione attribuitale nel quadro della manovra. L'azione frontale, infatti, può concretarsi in: un'azione di fissaggio di un'aliquota delle unità bersaglieri da posizioni ravvicinate a quelle nemiche, condotta esclusivamente con il fuoco, senza giungere, in ogni caso, all'urto e diretta altresì ad appoggiare, unitamente all'artiglieria, lo sforzo principale; un'azione dinamica, di fuoco e di movimento, svolta dalla maggiore aliquota delle unità bersaglieri e sostenuta dal fuoco dell'artiglieria, tendente a penetrare frontalmente, e per una profondità limitata, nelle difese marginali del dispositivo nemico per realizzare un più diretto ed efficace concorso allo sforzo principale; un 'azione di arresto, da parte di caposaldi e di schieramenti controcarri costituiti con le unità bersaglieri, sulla quale si impernia la manovra condotta dalle unità carri. I principali elementi da esaminare per organizzare, sul piano tattico, l'attacco sono gli stessi di quelli previsti per il gruppo tattico di fanteria: composizione ed articolazione delle forze, base di partenza e in più zona di dislocazione iniziale, fuoco di accompagnamento e di appoggio, superamento dell'ostacolo. La composizione e l'articolazione delle forze si concretano nella definizione del dispositivo e nell'assegnazione delle vie tattiche. Il dispositivo è in relazione alla forma di manovra: nell'attacco lungo una unica direzione, è precisato indicando unità avartzate e unità in rincalzo e loro posizione iniziale reciproca e delineando le prevedibili trasformazioni azione durante; nell'attacco avvolgente, indicando eia-
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scuna unità incaricata di eseguire l'azione frontale o quella sul fianco (o tergo) e la rispettiva articolazione. Nell'attacco lungo una unica direzione con i carri in testa, la direzione di attacco della unità carri avanzata e dell'unità bersaglieri che segue coincide con quella del gruppo tattico; con i bersaglieri in testa, o quando occorra realizzare · un investimento del dispositivo nemico più esteso, può rendersi necessario, scomponendo la direzione del gruppo tattico, precisare una direzione per ciascuna delle unità bersaglieri avanzate. Nell'attacco avvolgente, le direzioni di attacco sono assegnate alle due aliquote in cui il gruppo tattico si articola in modo da realizzare la combinazione degli sforzi sull'obiettivo. Di norma il gruppo tattico corazzato raggiunge il proprio obiettivo di attacco con la totalità delle forze, anche se in tempi successivi e per direzioni diverse, cosicché l'obiettivo può essere integralmente assegnato alle unità dipendenti o scomposto nel senso della profondità, quando, nell'attacco lungo una unica direzione con i bersaglieri in testa, si renda necessario materializzare con un obiettivo di attacco il limite della penetrazione affidata ai bersaglieri oppure, nell'attacco avvolgente, si voglia che l'azione principale sul fianco incida sulla parte più arretrata dell'obiettivo di attacco del gruppo. Il gruppo tattico corazzato in attacco agisce, pur secondo i lineamenti generali caratteristici di una delle due forme di manovra, con modalità diverse in relazione alla situazione delle forze da attaccare - in posizione od in movimento su terreno libero - alla natura ed al grado di sistemazione delle forze nemiche, il quale può variare da un minimo (assenza o quasi di campi minati e di difesa controcarri) ad un massimo (presenza di campi minati protettivi, poco profondi e discontinui, e di una ridotta difesa controcarri) e, naturalmente, a seconda che l'azione si svolga o non con l'apporto di fuoco atomico. L'attacco contro nemico in posizione difensiva priva, o quasi, di campi minati e difesa controcarri si sviluppa, di massima, lungo un'unica direzione con le unità carri in testa; quello contro posizione scarsamente organizzata, ma con presenza di campi minati protettivi e di una ridotta difesa controcarri, si sviluppa lungo un'unica direzione con le unità bersaglieri in testa. All'attacco avvolgente si può fare ricorso ogni qualvolta si accerti una minore efficienza della organizzazione nemica. Contro posizioni difensive consistenti, l'attacco può essere sviluppato solo dopo una preparazione atomica o convenzionale che riduca l'efficienza della difesa a quella tipica delle posizioni scarsamente organizzate. Nell'attacco lungo una unica direzione con
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i carri in testa contro nemico in posizione: l'unità carri, giunta a contatto balistico (1000-1500 m) inizia ad alternare fuoco e movimento (di massima a sbalzi di plotone); l'unità di fanteria segue sui propri mezzi tenendosi a circa 400 m dai carri; a distanza di 300-400 m dal1'obiettivo, l'unità carri irrompe tutta senza più fermarsi sul nemico facendo fuoco con le mitragliatrici di bordo (assalto carrista) e l'unità di fanteria serra sui carri seguendone il movimento e sostenendone l'azione, finché possibile da bordo dei mezzi, e costituendo, solo se necessario, basi di fuoco essenzialmente per armi a tiro curvo, mentre l'artiglieria continua nell'azione di appoggio o d'interdizione vicina; ad obiettivo di attacco raggiunto, l'unità carri si dispone temporaneamente al di là dell'obiettivo oppure prosegue in profondità, l'unità di fanteria provvede al rastrellamento e sostituisce poi i carri schieratisi al di là dell'obiettivo oppure, se i carri proseguono in profondità, riduce il rastrellamento all'essenziale e segue, sui propri mezzi, l'azione dei carri. Nell'attacco lungo una unica direzione con le unità bersaglieri in testa, contro nemico in posizione, l'azione del gruppo tattico è diversa a seconda che questo agisca in primo scaglione isolato od anche inquadrato in un raggruppamento, operante unitariamente ed articolato in gruppi tattici variamente disposti sulla fronte o in profondità, oppure agisca inquadrato in un raggruppamento che adotti un dispositivo profondo (gruppi ta,ttici uno dietro l'altro). Nel primo caso: le unità bersaglieri, superata la linea di partenza, puntano sugli obiettivi assegnati, agendo a cavaliere delle loro direzioni, articolate in plotoni avanzati (sempre appiedati) e di rincalzo e sostenute dalla base di fuoco di gruppo tattico e successivamente anche dalle proprie basi di fuoco; le unità carri raggiungono una posizione iniziale, che può coincidere o non con la zona di dislocazione iniziale, dalla quale accompagnano con il fuoco (carri possibilmente a scafo sotto) le unità bersaglieri su di uno o su entrambi i fianchi del loro dispositivo; allorché la progressione dell'attacco renda impossibile o poco efficace l'azione di fuoco, i carri si spostano a sbalzi su posizioni (o linee di attesta.mento) successive per continuare l'accompagnamento, tenendosi in misura di fronteggiare eventuali minacce sui fianchi e di sostenere con puntate le unità bersaglieri qualora queste debbano sganciarsi e ripiegare; aperti i varchi dalle unità bersaglieri e mentre queste investono le difese perimetrali, i carri le raggiungono, le superano e procedono, in concomitanza, sugli obiettivi oppure, accertata l'assenza di campi minati, superano sul fianco la posizione attaccata e, con un'aliquota di bersaglieri al seguito, proseguono in profondità.
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Nel secondo caso (dispositivo del raggruppamento profondo): le unità bersaglieri muovono appiedate con tutti i plotoni avanzati e, giunte a ridosso del margine anteriore del campo minato, appoggiate dall'artiglieria e coperte da cortine nebbiogene, forzano il campo minato; l'unità carri ha il compito, durante tutto l'attacco, di favorire l'azione dei bersaglieri essenzialmente mediante la costituzione di basi di fuoco mobili; superato il campo minato, le unità bersaglieri penetrano quanto più possibile nel dispositivo nemico, si consolidano e si pongono in misura di facilitare ed accompagnare lo sbocco e l'azione del gruppo tattico in secondo scaglione che, scavalcamento durante, può assorbire, in tutto od in parte, le unità carri del primo scaglione. Tutta l'azione impegna le basi di fuoco avanzate a tiro teso costituite dai plotoni bersaglieri, la base di fuoco di gruppo tattico, le basi di fuoco mobili costituite dai plotoni carri e l'artiglieria. Nell'attacco avvolgente contro nemico in posizione: le unità bersaglieri lasciano la base di partenza e, sostenute dall'artiglieria e dalla base di fuoco di gruppo tattico, muovono verso le posizioni nemiche sia per dare al nemico la sensazione di essere investito frontalmente, sia per consentire alle unità carri di iniziare il movimento avvolgente, si limitano poi a fissare con il fuoco frontalmente il nemico da posizioni il più possibile ravvicinate oppure penetrano nelle difese marginali attestandosi su posizioni favorevoli al fuoco efficace contro i centri nemici arretrati e al concorso all'azione dei carri; le unità carri, dopo l'inizio dell'azione dei bersaglieri, lasciano la zona di dislocazione iniziale e, possibilmente al coperto, raggiungono una linea di attestamento dalla quale iniziano l'attacco sul fianco o sul tergo del nemico, mentre elementi esploratori e un'aliquota di bersaglieri precedono o seguono rispettivamente le unità carri con compiti di sicurezza e di eliminazione dell'eventuale ostacolo artificiale; in relazione al compito attribuito alle unità bersaglieri - fissaggio o penetrazione nelle difese marginali-le unità investono la posizione nemica nel suo complesso oppure nella sua parte arretrata. L'attacco contro nemico in movimento su terreno libero - combattimento d' incontro - ricalca criteri e modalità dell'attacco lungo una unica direzione con i carri in testa, quando le forze nemiche siano costituite prevalentemente da fanteria, e quelli dell'attacco avvolgente quando le forze nemiche siano costituite da unità corazzate. Il combattimento d'incontro presuppone, in linea di principio, che ciascuno dei due contendenti abbia accertato, o presuma, di essere in condizioni di superiorità o almeno di parità rispetto all'altro. Spesso però, o per errata valutazione, o
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per condizioni sfavorevoli del terreno, o per effettiva inferiorità, uno dei contendenti può essere costretto a subire l'iniziativa dell'altro che, in pratica, diventa attaccante. In ogni caso, nel combattimento d'incontro, il fuoco dei carri, aperto con immediatezza e concentrato nel suo massimo volume sulla formazione carrista nemica, costituisce la premessa insopprimibile per il conseguimento del successo. Nell'attacco lungo una unica direzione con i carri in testa contro nemico costituito prevalentemente da fanteria in movimento su terreno libero: le unità bersaglieri costituiscono basi di fuoco a tiro teso e a tiro curvo per neutralizzare le armi controcarri nemiche in grado di intervenire in corrispondenza della direzione di attacco prescelta e danno vita ad uno schieramento controcarri che, sempre in funzione della direzione di attacco prescelta, possa opporsi alla contromanovra dei carri nemici; le unità carri, a massa e per la via tattica più breve, attaccano, seguite da un'aliquota di bersaglieri, per disorganizzare il dispositivio nemico; eliminati gli elementi di manovra nemici. le unità bersaglieri intervengono, se possibile da bordo dei loro mezzi, per eliminare le resistenze nemiche e le unità carri concorrono a tale azione effettuando puntate successive sui fianchi delle resistenze; l'artiglieria e le forze aeree tattiche, se disponibili, intervengono all'inizio per costringere il nemico ad interrompere il movimento e per impedirgli di assumere uno schieramento ad esso conveniente. Nell'attacco avvolgente contro le forze nemiche similari in movimento su terreno libero, l'azione è imperniata essenzilamente sulle unità carri, mentre le unità bersaglieri vi concorrono mediante la creazione dei necessari perni di manovra. In particolare: le unità carri aprono il fuoco alle massime distanze consentite e lo concentrano in successione sulle aliquote di carri nemici più pericolose, non persistono in una determinata manovra, specie quando questa li possa condurre nel raggio di azione dei perni di manovra nemici, adeguano la loro manovra a quella del nemico, agiscono essenzialmente con puntate successive combinando direzioni e formazioni, tenendo presente che il combattimento deve essere risolto con la manovra e con il fuoco, senza mai lasciarsi tentare di concluderlo con l'assalto; le unità bersaglieri costituiscono caposaldi controcarri o schieramenti controcarri con funzioni di perni di manovra e reti di cacciatori di carri, attaccano i perni di manovra nemici la cui eliminazione giovi all'azione delle proprie unità carri, distaccano, se conveniente, nuclei di personale che possano agire dai mezzi al seguito immediato dei carri; l'artiglieria svolge azioni di fuoco controcarri (per concentramenti) per limi-
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tare la manovra dei carri nemici, di appoggio a favore dei bersaglieri quando attaccano i perni di manovra nemici e di sbarramento a favore dei propri perni di manovra. Nell'azione difensiva - contrattacco e combattimenti temporeggianti - il gruppo tattico corazzato ispira la sua azione a procedimenti tipicamente dinamici, in quanto il suo impegno, quale aliquota dello scaglione di arresto nella difesa a tempo determinato di un tratto di una posizione intermedia, è da considerare eccezionale. Nel contrattacco, di massima, il gruppo tattico corazzato è inquadrato in un complesso tattico superiore. Il contrattacco è sempre inquadrato in una situazione difensiva e presuppone comunque che l'attaccante sia stato preventivamente rallentato e logorato e possibilmente arrestato. Esso può svolgersi nell'interno od a tergo della posizione di resistenza oppure sul davanti di questa (contrattacco preventivo appoggiato da interventi atomici); nell'interno della posizione di resistenza, può essere affidato ad un gruppo tattico non inquadrato, quando è svolto contro forze nemiche localmente penetrate ed arrestate nella loro progressione dalle strutture statiche ancora efficienti. In attesa dell'impiego, il gruppo tattico: sosta nella zona di dislocazione iniziale provvedendo alla propria sicurezza contro attacchi di paracadutisti e guerriglieri (vigilanza a giro d'orizzonte, predisposizione di forze per una reazione immediata); effettua lavori per la propria protezione dalle offese atomiche e convenzionali; si occulta quando non in contrasto con le esigenze tattiche e provvede al mascheramento del personale e dei mezzi; concepisce ed organizza le azioni corrispondenti a determinate ipotesi di impiego e le prova, se possibile, sul terreno di previsto svolgimento. Esso contrattacca ad immediato seguito di esplosione atomica oppure di breve ed intensa azione di artiglieria; è sostenuto nell'azione dal massimo concorso di fuoco de ll'artiglieria e dei caposaldi in condizioni d'intervenire; opera in modi analoghi a quelli dell'attacco. Contro nemico temporaneamente arrestato, contrattacca: utilizzando, quali perni di manovra, gli elementi della sistemazione difensiva che hanno arrestato l'attacco; impiegando la totalità delle forze per l'azione dinamica; agendo lungo un'unica direzione incidente sul fianco del nemico, normalmente con le unità carri in testa. Contro nemico in movimento: contrattacca, di massima, inquadrato in un complesso tattico di ordine superiore; in tale quadro può usufruire dell'azione di arresto svolta da perni di manovra attivati da altro gruppo tattico corazzato od essere impiegato per la creazione di perni di manovra (azione a temporaneo carattere difensivo); agisce di massi-
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ma lungo un'unica direzione (carri in testa) quando può impostare l'azione sui perni di manovra creati da altro gruppo tattico oppure per avvolgimento quando è costretto a creare, con una aliquota delle sue forze, in tutto o in parte, i perni di manovra necessari; conclude l'azione con l'occupazione e il temporaneo consolidamento di posizioni che consentano di riattivare uno o più elementi fondamentali della posizione difensiva oppure di riattivare in profondità il contrattacco del livello superiore. Il gruppo tattico corazzato, se impiegato nell'ambito del raggruppamento nel contrattacco preventivo, ha per obiettivo la rioccupazione delle posizioni che permettano di ricostituire in tutta la sua profondità la zona di sicurezza; se impiegato isolato od inquadrato in un contrattacco nell'interno della posizione di resistenza, ha come obiettivo posizioni che consentano di riattivare almeno il primo ordine di caposaldi; se inquadrato nel quadro del raggruppamento, nel contrattacco a tergo della posizione di contenimento, raggiunge posizioni tali da consentire la riorganizzazione della posizione di resistenza, possibilmente fino al primo ordine di caposaldi compreso. Il contrattacco svolto, nel quadro dell'azione di contenimento, a favore delle forze impiegate nel presidio della posizione omonima: è esclusivamente diretto ad eliminare le penetrazioni; non supera, in genere, nel suo sviluppo il margine anteriore della pos izione di contenimento; è impostato essenzialmente su puntate condotte sui fianchi delle penetrazioni e sviluppate con fuoco a distanza; può concludersi con lo schieramento di tutte o parte delle forze sul tratto della posizione di contenimento di cui occorra potenziare la capacità di fuocodi arresto; è svolto spesso dalle sole unità carri, in quanto le unità bersaglieri sono per la quasi totalità assorbite per presidiare caposaldi predisposti o cortine. Nei combattimenti temporeggianti, quando retroguardia di un complesso tattico di ordine superiore, il gruppo tattico - costituito almeno da una compagnia carri, da una compagnia bersaglieri, da aliquote di esploratori e pionieri e comprendente unità di artiglieria-: svolge l'azione di ritardo e di logoramento con un'aliquota delle forze (esploratori, pionieri, unità carri ed eventualmente bersaglieri) con un dispositivo che, in terreni di media accidentalità, può comprendere posti di sbarramento, pattuglie ritardatrici, posti di osservazione ed allarme; svolge la difesa a tempo della posizione inte rmedia con il resto delle forze, comprendenti unità bersaglieri, artiglieria e residue unità carri, impiegando le unità bersaglieri per attivare caposaldi di plotone con spiccata capacità controcarri e pe r svolgere un'azione di contenimento fondata sul fuoco a distanza,
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mentre tiene inizialmente in rincalzo le unità carri, a tergo o sulle ali della posizione, per farle intervenire con azioni di fuoco da posizioni prestabilite negli intervalli fra i caposaldi controcarri od a potenziamento di questi o degli schieramenti controcarri oppure per farle intervenire con puntate limitate nel loro braccio e che evitino il combattimento ravvicinato. Quando il gruppo tattico, nel quadro dei combattimenti temporeggianti condotti da un complesso tattico di ordine superiore, ha la funzione di scaglione ritardatore, o di aliquota di questo, e svolge perciò l'azione di ritardo e di logoramento a favore dello scaglione di arresto schierato sulla posizione intermedia: si articola in posti di osservazione e di allarme, pattuglie ritardatrici, posti di sbarramento oppure in sole pattuglie ritardatrici; svolge l'azione con le consuete modalità previste per i compiti similari; ricerca il coordinamento dell'azione, che sviluppa in un settore che può raggiungere l'ampiezza di 10-15 km, mediante la flessibilità del dispositivo e l'organizzazione delle trasmissioni. Quando aliquota di uno scaglione ritardatore, il gruppo tattico costituisce distaccamento dello scaglione stesso ed assume un dispositivo che, oltre i normali elementi, può comprendere un grosso, costituito in genere da unità carri, che rappresenta l'elemento di manovra del comandante del gruppo tattico; ha i compiti di: rinforzare o sostituire le pattuglie ritardatrici o i posti di sbarramento logori; distaccare nuovi elementi; svolgere puntate offensive dirette a favorire lo sganciamento di elementi impegnati dal nemico; parare ed eliminare penetrazioni nemiche. Quando, infine, inpiegato per svolgere un attacco preventivo, il gruppo tattico corazzato sfrutta un'esplosione atomica e agisce secondo le modalità previste per l'attacco. L'azione si ripromette di imporre al nemico un tempo di arresto e disorganizzarne il dispositivo, trova le sue premesse in un contenimento frontale delle punte avanzate del dispositivo nemico, si sviluppa lungo una direzione incidente sul fianco del nemico e con le unità carri in testa, può assumere nel movimento retrogrado per il rientro nelle posizioni il carattere di azione di ritardo e di logoramento.
7. L'ampio riassunto, che per la sua estensione può aver provocato tedio e fastidio, delle due pubblicazioni ha la sua giustificazione nel fatto che queste furono i primi documenti dottrinali e normativi ad
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offrire una visione ordinata, completa e particolareggiata del combattimento dei gruppi tattici dopo l'avvento dell'arma atomica tattica e dell'evoluzione che il combattimento stesso, indipendentemente dall'avvento dell'arma atomica tattica, aveva percorso in poco più di un decennio per il perfezionarsi dei procedimenti tattici e di tecnica d'impiego e per il rapido progredire, sul piano tecnologico, delle armi e dei mezzi e delle loro prestazioni non più raffrontabili, in molti casi, perché tanto più avanzate, con quelle dei materiali della seconda guerra mondiale. C'è di più: le due pubblicazioni enunciarono criteri d'impiego ed indicarono modalità d'azione che conserveranno a lungo, nelle loro linee fondamentali, piena validità e che ritroveremo nelle edizioni successive o nelle rielaborazioni, senza grandi variazioni, a meno di quelle che deriveranno dall'introduzione in servizio operativo di armi e mezzi nuovi e più sofisticati. Impostate nel quadro della serie dottrinale 600 e mossesi su tale scia, le due pubblicazioni, malgrado la loro veste di bozza di stampa, colsero in pieno i nuovi aspetti essenziali del combattimento al livello di gruppo tattico e, pur restando entrambe aderenti alla realtà dell'esercito italiano, riferita aJle risorse ed ai mezzi concretamente disponibili, guardarono in avanti e prefigurarono, con corretta immaginazione, una linea di sviluppo della tattica che troverà la sua conferma nel prosieguo del tempo. Entrambe le pubblicazioni videro la luce in un momento cruciale dell'evoluzione della dottrina e degli ordinamenti ai livelli di gruppo tattico e delle minori unità d'arma, quando cioè il molto che era stato fatto nei due settori negli anni precedenti e, in particolare, nella seconda metà degli anni cinquanta, appariva già abbisognevole di completamenti e di aggiornamenti e rivelava nuove esigenze e nuove linee di tendenza. La pubblicazione Il gruppo tattico di fanteria trasferì dal battaglione organico a tale complesso variabile di forze il ruolo di protagonista del combattimento moderno nell'ambito della divisione, il cui comandante concepisce la sua manovra in termini di gruppi tattici. La diversa composizione e articolazione del gruppo tattico rispetto a quelle rigide di una unità organica del tipo del battaglione di fanteria considerato nella pubblicazione Lineamenti d 'impiego del battaglione di fanteria del 1950 esaltarono le possibilità di manovra della divisione di fanteria, un'esigenza rivelatasi già incombente durante la seconda guerra mondiale e fattasi insopprimibile dopo la comparsa sul campo di battaglia dell'arma atomica tattica. Questa, infatti, consentendo concentrazioni istantanee di potenza distruttiva mai rag-
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giunte nel passato, esaspera in proporzione il concetto di manovra e lo estende non solo al battaglione, ma a qualunque complesso di forze, anche di consistenza minore del battaglione, incaricato di compiere un atto tattico fondamentale nell'economia della tattica della divisione. Il gruppo tattico di fanteria, dell'ordine del battaglione, non svolge più un solo atto tattico e non procede più sistematicamente per traguardi successivi, ma compie più atti tattici in serie e agisce su fronti e profondità notevoli. La pedina fondamentale del combattimento moderno, appunto il gruppo tattico, deve agire con elevata velocità e deve estendere, in rapporto al passato, la sfera di competenza o, inversamente, conseguire un dato risultato con un impiego di energie minori che nel passato. L'arma atomica tattica conferisce alla divisione una capacità operativa enormemente maggiore rispetto a quella raggiunta nella seconda guerra mondiale, ma induce, tra l'altro, a rarefare i dispositivi e ciò pone seri problemi alla stessa capacità operativa, alla comandabilità dei complessi tattici ed alla cooperazione tra i complessi stessi e tra le unità costitutive di questi. La rarefazione dei dispositivi diventa ]a caratteristica saliente della tattica moderna, ma essa non può non essere contenuta nei limiti dell'adempimento del compito. Il gruppo tattico, che è destinato a compiere un atto tattico fondamentale del combattimento, dispone di ampi settori di azione ed è perciò in grado di manovrare, ma proprio per questo non può non rispettare, nel suo interno, intervalli e distanze di sicurezza. L'adozione di misure protettive anche dall 'offesa atomica è indispensabile, ma esse si traducono nella riduzione dei tempi di esposizione all'offesa atomica e nel ricorso alla fortificazione campale e, sempre che possibile, nell'azione difensiva, a quella permanente, mai in una dilatazione del dispositivo che ne comprometta la potenzialità operativa ricercata proprio nella costituzione variabile del gruppo tattico. Fattori essenziali della manovra del gruppo tattico di fanteria sono la potenza di fuoco, specialmente controcarri quando opera su terreni di pianura e collinosi, e la velocità operativa che, su tali terreni, si realizza mediante la meccanizzazione. Maggiore il grado di meccanizzazione, più ampie le possibilità di manovra e più elevata la velocità operativa, ma ciò non vuol dire che, indipendentemente dalla meccanizzazione integrale o parziale, il gruppo tattico di fanteria non debba combattere appiedato. La pubblicazione n. 5414 ha davanti agli occhi l'ordinamento, gli organici e le dotazioni delle unità del 1960, non senza prevedere i possibili miglioramenti immediati consentiti dai provvedimenti in corso o in studio, legati per al-
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tro alle disponibilità finanziarie, e realisticamente ad essi si riferisce stabilendo i criteri e le modalità d1 azione del gruppo tattico di fanteria. Dalla pubblicazione traspaiono, peraltro, evidenti la definizione dei criteri e dei procedimenti tattici riferiti alla realtà operativa generale ed al tempo stesso, quanto aJla loro applicabilità, la ricerca e la indica in alternativa di accomodamenti e ripieghi parzialmente sostitutivi dei provvedimenti ottimali non consentiti, soprattutto, dal grado di mobilità e velocità operativa e di potenzialità controcarri delle unità di fanteria del momento. La nuova fisionomia del gruppo tattico di fanteria, l'elasticità della sua costituzione ed articolazione interna, l'attribuzione al gruppo, tattico stesso di più di un atto tattico, l'unitarietà conferita alla sua manovra sia in attacco che in difesa, l'alternativa in attacco di tre forme di manovra - frontale, avvolgente ed accerchiante - attuabili purché il gruppo tattico sia costituito da un complesso di forze sufficiente ad attivarle lungo le direzioni previste e la pluralità dei compiti difensivi, oltre quello principale del mantenimento di una posizione di interesse fondamentale per la divisione: sono le innovazioni concettuali, o quanto meno gli aggiornamenti di alcune dj quelle preesistenti, che, nel loro insieme, configurano un quadro del combattimento ed un grado di operatività del gruppo tattico assai diversi dal passato, vale a dire più multiforme, ampio e cromatizzato il primo e più consistente, esteso e dinamico il secondo. Quanto alla terminologia, la pubblicazione, pur non unificata in tutto a quella che proprio in quel periodo veniva sostituendo in alcuni settori la preesistente, utilizza i termini nuovi già propri della serie dottrinale 600. Vi è, nella pubblicazione, se si considera il livello al quale si riferisce, un eccesso di casistica che non ne facilita il pronto apprendimento: casi, sottocasi e ulteriori distinzioni di sottocasi. Ciò si può spiegare in considerazione della necessità di distinguere per la prima volta i due ambienti operativi (atomico e convenzionale}, i due tipi di terreno (di pianura o collinoso e montano), i due tipi di battaglione (quello della divisione di fanteria con ordinamento di pianura e quello della divisione di fanteria con ordinamento di montagna), ma pur tenuto conto di ciò, una minore sequela di ipotesi ed un minore frazionamento della materia, oltre essere più appropriati al livello, avrebbe conferito alla pubblicazione maggiore incisività e chiarezza, due requisiti essenziali per la normativa di impiego. L'altra pubblicazione - Il gruppo tattico corazzato - oltre stabi-
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lire, in analogia a quanto previsto per il gruppo tattico di fanteria, la nuova fisionomia ordinativa del gruppo tattico corazzato e dare grande sviluppo alle attività preparatoria, concettuale ed organizzativa, presenta innovazioni e caratteristiche proprie, delle quali la più importante, ci sembra, la riduzione a due sole forme fondamentali della manovra di attacco: lungo una unica direzione, avvolgente. Le possibili varianti, che davano vita nel passato ad una estesa casistica, sono indicate a sé stanti con riferimento alla natura, all'atteggiamento ed al grado di organizzazione delle forze nemiche da attaccare o contrattaccare e, naturalmente, a seconda che l'attacco o il contrattacco vengano effettuati con l'appoggio diretto di fuoco atomico o senza. Il gruppo tattico corazzato conserva le caratteristiche di mobilità, potenza di fuoco e protezione che gli erano già proprie e quella della sua idoneità alla manovra, ora esaltata dalla capacità di sfruttare con immediatezza gli effetti delle esplosioni atomiche, di ridurre al minimo i tempi di esposizione all'offesa atomica, di attraversare le zone contaminate da radioattività e di operare con grande velocità operativa grazie alla sua integrale mobilità tattica che gli consente tempestive concentrazioni e pronte rarefazioni del dispositivo. Una idoneità alla manovra che sarebbe sterile - mette in rilievo la pubblicazione - se non fosse intesa, anche e soprattutto, come attitudine mentale dei comandanti di ogni livello, cioè come capacità di rapido orientamento, celere valutazione e pronta decisione. La pubblicazione tratta anche argomenti non considerati nella regolamentazione precedente - accerchiamento ed eliminazione dei tronconi - e, circa lo sfruttamento del successo, introduce la distinzione tra quando questo si sviluppa in una situazione interessante complessi tattici corazzati di ordine superiore, e perciò per una notevole profondità, e quando riguarda l'ambito più ristretto dello sfruttamento di situazioni favorevoli locali. L'impiego del gruppo tattico corazzato è ispirato quasi sempre a criteri e procedimenti offensivi, anche nell'azione difensiva, e la pubblicazione tratta in modo specifico solo il contrattacco e i combattimenti temporeggianti, mentre omette di considerare il contenimento e la difesa a tempo determinato, due azioni normalmente affidate ad unità omogenee (bersaglieri} e nelle quali l'impiego di un complesso tattico come tale è eccezionale. Per quanto concerne i combattimenti temporeggianti, essa dà sviluppo, oltre all'azione di ritardo e di logoramento ed in tono minore a quella della difesa a tempo determinato della posizione intermedia, all'attacco con obiettivo limitato introdotto nella dottrina della circolare n. 14 000. In breve, la
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pubblicazione semplifica la materia e la sfronda degli argomenti non strettamente attinenti il livello del complesso, aggiorna la terminologia, dà spazio all'evoluzione della tattica dei corazzati maturata nel frattempo e ne mette in rilievo soprattutto l'aspetto riguardante i procedimenti giacché, sul piano concettuale, restano in gran parte validi i criteri generali e specifici già acquisiti dalla precedente dottrina italiana_ D'altra parte, il gruppo tattico corazzato, i cui elementi costitutivi essenziali - carri e bersaglieri - e i cui terreni d'impiego restano quelli del passato, non era stato soggetto alle grandi mutazioni determinate nel gruppo tattico di fanteria dalle varianti ordinative ed organiche conseguenti l'inserimento della compagnia meccanizzata al livello di battaglione (divisione di pianura) o di reggimento (divisione di montagna). Circa l'impiego, in alcune situazioni, di carri armati a scafo sotto, nell'ambito del gruppo tattico corazzato, trovano solo parziale conferma gli orientamenti già espressi nella 600 ericavati dalla esercitazione Orazio Coclite. Legata alla pubblicazione Il gruppo tattico di fanteria vide la luce, il 1° agosto 1961, edita dall'Ispettorato delle armi di fanteria e cavalleria, la pubblicazione n. 5526 Procedimenti d'azione della compagnia fucilieri (n. 2300 della serie dottrinale), che abrogò e sostituì l'edizione del 1949 (11). Ne diamo uno stralcio molto ampio in nota, limitandoci qui ad un breve excursus, sufficiente a dare rilievo alle innovazioni riguardanti i criteri e i compiti dell'unità, dovute al mutato ambiente operativo ed alla nuova struttura organica: l'aumento da tre a quattro dei plotoni fucilieri e il potenziamento del plotone armi di accompagnamento. L'elemento nuovo che influenza la struttura e la stesura dell'intera pubblicazione non è tanto la comparsa dell'arma atomica tattica, che non introduce varianti sostanziali nelle linee generali dell'impiego della compagnia, quanto proprio il mutamento della struttura organica dell'unità. La compagnia fucilieri è la minore unità di fanteria che, nel quadro del gruppo tattico al livello superiore, assicura: in offensiva, la concentrazione degli sforzi e la continuità dell'azione in profondità, mediante l'impiego delle armi di accompagnamento e controcarri e del rincalzo; in difensiva, il mantenimento di una posizione avente caratteristiche d'unitarietà, mediante lo scaglionamento in profondità dei mezzi di fuoco e l'impiego del rincalzo. Essa non solo può ricevere rinforzi come nel passato, ma anche cedere un'aliquota delle sue forze. I criteri d'impiego non mutano, ma i compiti ed i procedimenti di azione sì, perché è il progresso tecnico che, perlezionando armi e mezzi. obbliga a ricercare procedimenti
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idonei a sfruttare appieno l'apporto di potenza dei materiali nuovi. A suggerire l'assegnazione del quarto plotone fucilieri era stata la memoria 600 per potenziare la capacità difensiva della compagnia e renderla adeguata alla più estesa gamma di temi difensivi da risolvere in proprio. Una delle novità assolute è l'impiego della compagnia nella manovra in ritirata, dove è previsto che essa possa eseguire il ripiegamento e partecipare ai combattimenti temporeggianti normalmente inquadrata nel gruppo tattico di fanteria scaglione di arresto, eventualmente nello scaglione ritardatore ed eccezionalmente quale retroguardia di un gruppo tattico che ripieghi isolato La pubblicazione, inoltre, approfondisce particolarmente l'argomento relativo alla cooperazione con i carri e sottolinea come tale cooperazione non si ponga negli stessi termini di fusione dei due elementi carri e fanteria meccanizzata, propri delle unità corazzate, ma come occorra tenderè ad ottenere dal binomio qualcosa di più della somma e che più si avvicini al prodotto delle due azioni. A tale riguardo la pubblicazione analizza due casi: il primo, normale, nel quale i carri svolgono azioni di fuoco di accompagnamento da posizioni successive fino ad inserirsi nel movimento della compagnia all'altezza del campo minato che i carri superano al seguito dei fanti; il secondo, eventuale, nel quale i carri svolgono la loro azione di accompagnamento fino all'assalto dei centri di fuoco nemici avanzati da parte dei fanti e muovono poi lungo una direzione esterna che consenta loro, ad assalto dei fucilieri iniziatosi, di portarsi velocemente su di un obiettivo in profondità. Altro argomento, al quale l'edizione 1949 dedicava un breve capitolo, ora particolarmente sviluppato è quello del combattimento notturno. La pubblicazione, in sintesi, costituisce un adeguamento delle modalità di azione della compagnia alla pubblicazione Il gruppo tattico di fanteria e dà, al tempo stesso, alla compagnia una individualità tattica più spiccata di quella fino ad allora conferitale. Un'altra pubblicazione - anche di questa diamo un ampio stralcio in nota - che vide la luce il 1° settembre 1960 Lineamenti d'impiego delle minori unità carri (numero categorico n. 5415 e n . 1250 della serie dottrinale), edita dall'ufficio dell'ispettore delle truppe corazazate perché elaborata prima ancora della istituzione dell'ispettorato unico delle armi di fanteria e cavalleria12 - fu solo una rielaborazione dell'edizione 1959 diretta a semplificarne la materia, ad aggiornarne la terminologia ed a renderne più agevole l'assimilazione da parte dei quadri minori, soprattutto di quelli di complemento. Essa è riferita essenzialmente alle minori unità carri delle divisioni coraz-
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zate, dei reggimenti corazzati delle divisioni di fanteria da pianura e dei reggimenti di cavalleria con fisionomia carrista (allora ancora esistenti}. Essa avrebbe dovuto essere accompagnata da un'analoga pubblicazione relativa alle minori unità bersaglieri che, invece, non venne più edita. La pubblicazione non contiene criteri e procedimenti di azione che già non fossero noti nella precedente edizione ed anche nelle pubblicazioni relative al plotone ed alla compagnia carri, rispettivamente n. 1200 e n. 1300 della serie dottrinale allora già abrogate. La trattazione della materia è sviluppata per atto tattico anziché per livello di unità, e tale impostazione sanziona la sostanziale identità, già messa in luce nella precedente edizione, dei criteri c dei procedimenti dei due livelli - compagnia e plotone - prescindendo, ovviamente, dal maggior respiro dell'azione della compagnia rispetto a quella del plotone. La casistica di,impiego, benché ridotta rispetto alle pubblicazioni n. 1300 e n. 1200, è ancora sensibilmente estesa, ma il concetto-cardine è che la forma di cooperazione delle unità carri, nell'ambito dei gruppi tattici, non dipende dai rapporti di dosatura delle due specialità, bensì dalla funzione di forza o di rinforzo che meglio si adatti di volta in volta a ciascuna delle due specialità nei vari ambienti e nelle varie situazioni. La pubblicazione, che risente dell'incertezza determinata dalla rapidità dell'evoluzione concettuale e terminologica dei primi anni sessanta, si colloca, comunque, su di una posizione interlocutoria tra il vecchio ed il nuovo, ben presto peraltro superata dalla pubblicazione Il gruppo tattico corazzato che compendiò la nuova visione del combattimento delle minori unità carri e di quelle bersaglieri e pose le premesse per il rifacimento dell'intera regolamentazione riguardante l'impiego delle minori unità carri e di quelle meccanizzate, fossero queste ultime costituite da bersaglieri, o da fanteria meccanizzata, o da cavalleria_
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Risultante degli studi teorici condotti sulla base della regolamentazione di impiego della serie dottrinale 600 (600, 620, 650, 14 000 e 4620) e delle esperimentazioni pratiche già svolte dai comandi di grande unità, la pubblicazione n. 5527 Il centro di coordinamento del fuoco (C.C.F.), che vide la luce il 14 gennaio 1962, approvata dal generale Gualano 13, sanzionò la scelta dello stato maggiore dell'esercito tra le due tesi, che a l riguardo si dibattevano da tempo, circa il centro di
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coordinamento del fuoco, un organismo già in essere presso altri eserciti fin dalla seconda guerra mondiale. Sulla base dell'esigenza, da tutti unanimamente riconosciuta, di dover assolutamente coordinare l'impiego del fuoco in maniera diversa da come fino ad allora praticato, la prima delle due tesi considerava l'organo, da destinare a tale importante e fondamentale attività, un'individualità propria, a sé stante, funzionante nell'ambito del comando avanzato (MAIN) della grande unità; la seconda tesi lo indicava come organo investito sul comando artiglieria della grande unità. Entrambe le tesi presentavano aspetti positivi, ma la grande maggioranza degli enti interpellati si era dichiarata favorevole alla prima soluzione, quella cioè che considerava il C.C.F. organo con funzioni autonome, operante nell'ambito del comando avanzato della grande unità e, di norma, dislocato nelle immediate adiacenze dell'ufficio operazioni della grande unità stessa. Tale organizzazione, sancita appunto dalla pubblicazione n. 5527, era sembrata più vantaggiosa perché la vicinanza del centro di coordinamento al comandante della grande unità avrebbe garantito, in tutte le fasi del combattimento, la stretta e costante cooperazione tra gli elementi che costituiscono le componenti essenziali della manovra (movimento e fuoco); avrebbe, infatti, facilitato la decisione e l'esecuzione degli interventi atomici su obiettivi imprevisti o poco persistenti; avrebbe determinato la chiara demarcazione tra le competenze dell'organo di coordinamento e degli organi tecnici esecutivi configurando con precisione le funzioni del comandante dell'artiglieria; la distinta dislocazione del C.C.F. e del comando artiglieria avrebbe, infine, limitato gli inconvenienti connessi con l'offesa nemica, soprattutto atomica, in quanto nel caso di offesa sul MAIN che distruggesse anche il C.C.F., il comando artiglieria sarebbe stato in grado di assumere le fun zioni di coordinamento del fuoco per il periodo di crisi durante il quale il comando di sostituzione predesignato non fosse in condizioni di agire e, nel caso di distruzione del comando artiglieria, le funzioni tecniche avrebbero potuto essere devolute temporaneamente al C.C.F .. La publicazione si apre con l'esame degli aspetti generali del coordinamento del fuoco e ne puntualizza l'importanza fondamentale, essendo il fuoco l'elemento essenziale della manovra e potendo il fuoco atomico esserne addirittura l'elemento determinante. L'uno e l'altro debbono essere concepiti unitariamente ed adeguati, di volta in volta, alle forze destinate ad avvantaggiarsene o a sfruttarne gli effetti. Nel combattimento moderno i comandanti di grande unità e quelli dei complessi tattici dispongono di più sorgenti di fuoco di tipo diverso
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(artiglierie, razzi, missili, aerei) e di fuoco di diversa potenza distruttiva (atomico e convenzionale), per cui è necessario che, durante l'attività concettuale della manovra, vengano considerati anche gli aspetti tecnici del problema, mediante la consulenza continua di organi e di elementi qualificati ad indicare, caso per caso, possibilità e limitazioni dei mezzi erogatori disponibili. Nelle fasi di organizzazione e di condotta della manovra, i criteri definiti nella fase concettuale danno luogo ad una complessa pianificazione ed abbisognano spesso, condotta durante, di controllo e di adeguamento a eventuali nuove esigenze. L'insieme di tali attività tattiche e tecniche ad un tempo, nelle quali si estrinseca il coordinamento, sono le sole a poter garantire il fuoco voluto dal comandante, fuoco predisposto e, quanto più possibile, pianificato nel tempo e nello spazio, in aderenza con il movimento. I vari mezzi erogatori disponibili devono essere impiegati in modo da utilizzarne bene tutte le rispettive caratteristiche tecnico-balistiche, sì da ottenere, sugli obiettivi, gli effetti desiderati nella maniera più economica. Al livello di corpo d'armata, di divisione e di complesso tattico, sostenuti solo dal fuoco terrestre convenzionale, il coordinamento compete al comandante della, o delle, unità di artiglieria organiche od assegnate che vi provvedono mediante la propria normale organizzazione di comando; quando, invece, il coordinamento ha per oggetto mezzi di fuoco diversi e fuoco di diversa potenza, il comandante dell'artiglieria, che pur sempre ne è il gestore, non può fare a meno di un organismo ad hoc, comprendente personale specificamente competente nell'impiego dei vari mezzi; un caso, questo ultimo, da considerare oggi pressoché normale al livello di corpo d'armata e di divisione. L' organo, peraltro, che non è previsto dagli organici della grande unità, viene costituito con personale e mezzi prestabiliti e tratti dal personale organico del comando della grande unità stessa; è formato da vari nuclei (operazioni, informazioni, artiglieria, aviazione, armi atomiche, eventualmente fuoco navale) che adempiono ciascuno compiti specifici, inerenti all'assemblamento di dati informativi tattici e tecnici, alle decisioni per l'impiego delle diverse unità di fuoco ed al collegamento delle unità stesse; coordina il fuoco non di aderenza, in quanto all'altro provvedono le organizzazioni di coordinamento dei comandi dipendenti; svolge attività consultiva nella fase di impostazione della manovra, organizzativa in quella della pianificazione del fuoco e consultiva, organizzativa ed esecutiva nella fase di condotta dell'azione. Fino ad allora l'organo erogatore del fuoco di non aderenza era
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stato, al livello delle grandi unità, il comandante dell'artiglieria, che aveva il compito di assicurare l'integrazione reciproca di mezzi similari (artigliere convenzionali). L'entrata sulla scena operativa di due tipi di fuoco di potenza distruttiva assai diversa e di una molteplicità di mezzi erogatori richiede la creazione di uno stato maggiore del fuoco - per così dire - a capo del quale viene posto il comandante dell'artiglieria. Attribuzioni e compiti del C.C.F. vengono fissati tenendo presenti i modelli già attivati da tempo presso gli eserciti stranieri, ma la sua costituzione e il suo funzionamento vengono regolati secondo una formula diversa, senza modificare l'ordinamento tradizionale dei comandi di corpo d'armata e di divisione e dei rispettivi organi funzionali. A dettare i criteri per l'impiego del fuoco rimane il comandante della grande unità; il comandante dell'artiglieria, consulente del comandante della grande unità per l'impiego e il coordinamento del fuoco con l'azione delJe unità dell'arma base, ha l'incarico di sovrintendere alla integrazione dei due tipi di fuoco e dei molteplici mezzi erogatori, di fissare i criteri per la stesura del piano di fuoco generale e dei piani di fuoco particolari e di dirigere l'attività del nuovo organismo adeguandone il funzionamento alle mutevoli esigenze della situazione operativa. L'assemblamento di personale di organi diversi pone il problema di fissarne con chiarezza e precisione le rispettive attribuzioni ed i principi di funzionamento dell'organo, i cui ordini di fuoco possono derivare o da una richiesta di fuoco di un comando in sottordine o da un ordine di intervento impartito direttamente dal comando della grande unità o da quello di ordine superiore. In relazione ai due casi, la pubblicazione prescrive che: nel primo, il C.C.F. valuti e disponga gli interventi previa approvazione del comandante della grande unità qualora la richiesta comporti un impiego considerevole, per entità e durala, delle artiglierie o l'impiego di appoggio aereo o di ordigni atomici; nel secondo caso, emani le disposizioni esecutive, se necessario, coordinando l'intervento delle unità chiamate in azione con le altre azioni di fuoco in corso (fase condotta) o da pianificare (fase organizzativa). Da tale principio di base derivano le procedure particolari riguardanti l'emanazione degli ordini esecutivi, l'afflusso delle informazioni e le procedure specifiche relative alla pianificazione ed alla esecuzione del fuoco atomico e di quello aereo. La trattazione particolareggiata, che la pubblicazione conteneva in merito ai compiti ed alle modalità per adempierli da parte di ciascuno dei numerosi e vari elementi costitutivi del C.C.F., concorse in misura determinante, in uno con il lungo periodo delle precedenti esperimentazioni, alla pronta funzionalità del nuovo e complesso organismo.
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9. Altro intervento di rilievo in materia dottrinale fu costituito dalla pubblicazione n. 5522 Impiego dell'aviazione leggera dell'esercito (n. 7200 della serie dottrinale) che abrogò e sostituì la n. 5127 Norme sull'impiego dell'aviazione leggera dell'esercito - parte I - edita nel 1954 14. La nuova pubblicazione non fu solo un aggiornamento della precedente e neppure solo lo specchio delle linee di sviluppo perseguite dall'A.L.E. negli otto anni intercorsi dal 1954 al 1962, ma anche una proiezione nel futuro, con visione realistica, del processo evolutivo della nuova specialità che, nella nuova situazione operativa, avrebbe sempre più moltiplicato ed esteso i suoi compiti generali e speciali. Essa non si limitò, infatti, alla normativa sull'impiego e sull'addestramento dell'A.L.E., ma indirettamente offrì una visione d'insieme del campo di battaglia moderno e della nuova prevedibile evoluzione che l'ulteriore introduzione in servizio dei mezzi aerei leggeri avrebbe determinato nei criteri e procedimenti d'impiego di tutte le forze terrestri. L' A.L.E. ha lo scopo di fare fronte, nelle operazioni, ad esigenze di osservazione, di collegamento, di trasporto limitato di persone e di materiali, nonché ad esigenze di carattere vario connesse con le attività dei comandi e con l'impiego delle unità. L'impiego dell'A.L.E. riceve notevole incremento della comparsa dell'arma atomica in campo tattico, la quale esalta la manovra ed accentua la rarefazione dei dispositivi. Il continuo perfezionamento tecnico degli aerei leggeri e degli elicotteri fa prevedere che nel prossimo futuro l'impiego del1'A.L.E. avrà ancora maggiore sviluppo. In tale quadro l'A.L.E. trova impiego in tutte le fasi dell'azione offensiva e di quella difensiva, un impiego che: è funzione propria dei comandanti delle unità alle quali i mezzi dell' A.L.E. sono assegnati in organico o in rinforzo; l'impiego va armonizzato con quello delle forze aerre tattiche, la cui attività è del tutto diversa e distinta, dei missili, delle artiglierie, dei mortai e delle armi contraerei. Caratteristiche fondamentali dell'A.L.E. sono: l'elasticità, che si concreta nella possibilità di condurre missioni diverse con uno stesso aeromobile o con la stessa unità di volo, senza che l'esecuzione di una vada a scapito dell'esecuzione delle altre; la flessibilità, che consiste nel poter manovrare facilmente, nel tempo e nello spazio, i mezzi aerei, aderendo alle mutevoli esigenze del combattimento, senza addivenire necessariamente a trasferimenti delle unità e dei mezzi a terra; la rapidità, che consente di condurre qualsiasi tipo di missione entro tempi brevissimi dall'emanazione dell'or-
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dine; la manovrabilità, che consegue dalla spiccata mobilità conferita alle unità dalla loro intrinseca leggerezza e dalla disponibilità organica dei mezzi di trasporto. I velivoli sono soggetti a rapida usura e perciò l'impiego dell'A.L.E. va dosato e limitato alle missioni che non possano essere affidate, altrettanto efficacemente e tempestivamente, ad altre unità o svolte con altri mezzi. Aerei leggeri ed elicotteri operano normalmente nel cielo delle linee amiche, ma può essere consentito e utile spingerle nel cielo nemico: di giorno, se la situazione tattica lo consente, specie nelle fasi fluide dell'azione, quando la difesa contraerei nemica è in crisi, facendoli volare, possibilmente, al di sopra degli spazi vuoti dello schieramento nemico; di notte, in determinate condizioni atmosferiche, per condurre missioni particolari (rilevamento vampa, illuminazione degli obiettivi, ecc.). La scelta del tipo del mezzo - aereo leggero o elicottero - è in rapporto al compito, alla situazione ed alle condizioni meteorologiche e quella della quota in rapporto al compito, alla sicurezza tattica e alla sicurezza tecnica. Nel quadro di tali criteri generali d'impiego, l'A.L.E. agisce per: integrare l'attività informativa, organizzativa e di controllo; concorrere alle ricognizioni tecnico-tattiche, all'aggiustamento del tiro e al controllo del fuoco di efficacia, ad azioni di fuoco (in situazioni particolari), al funzionamento dei collegamenti. Essa può essere eventualmente impiegata anche per favorire e, in casi particolari, assicurare il tempestivo funzionamento del servizio sanitario, soddisfare particolari esigenze logistiche, assicurare il sostegno logistico ad unità isolate. I compiti generali sono perciò: osservazione aerea locale; ricognizioni tattiche, tecniche e logistiche; osservazione aerea del tiro; acquisizione obiettivi; controllo e guida di unità in combattimento; collegamento; rilevamento fotografico; trasporto di carattere tattico e logistico; soccorso aereo. I compiti speciali sono: concorso di fuoco; propaganda; rilevamento meteorologico; rilevamento della radioattività; rilevamento topografico; irrorazione od annebbiamento; cooperazione (eventuale) con le forze navali e con quelle aeree tattiche. In relazione a tale vasta gamma di compiti - che possono essere svolti sia da aerei leggeri, sia da elicotteri, pur tenuto conto delle caratteristiche e delle prestazioni dei due tipi di mezzo, del compito, della situazione e delle condizioni meteorologiche - gli aeromobili dell'A.L.E. si distinguono in due categorie: da ricognizione e da collegamento, di uso generale e per il trasporto leggero. L'assegnazione dei compiti comporta la pianificazione e l'organizzazione delle missioni, ognuna delle quali ha uno scopo particolare, al quale si aggiunge sempre quello generale di osservazione del terreno di sorvolo, richiede una partico-
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lare organizzazione e va compiuta secondo modalità specifiche. L'assegnazione dei compiti è di competenza dei comandanti delle unità terrestri da cui le unità dell'A.L.E. dipendono per l'impiego e tali comandanti si avvalgono, al livello delle grandi unità complesse, degli ufficiali superiori piloti-osservatori addetti all' A.L.E. e, ai livelli inferiori, degli stessi comandanti delle unità A.L.E. I progressi compiuti dai mezzi aerei leggeri, ed in particolare da quelli ad ala rotante, la disponibilità di mezzi elettronici e all'infrarosso e quella di particolari attrezzature consentono di operare anche in ambiente notturno, montano ed alpino; in questi due ultimi ambienti da strisce in alta quota su nevai e ghiacciai. Tale il quadro generale ed essenziale dell'impiego dell'A.L.E. delineato dalla pubblicazione che non si limita ad esso, ma tratta a fondo l'impiego delle unità neile singole missioni illustrandone, per ognuna, lo scopo e l'organizzazione. Quanto fin qui riportato ad Zitteram o sunteggiato della pubblicazione pone sufficientemente in risalto e convalida l'importanza dottrinale della pubblicazione stessa che, come abbiamo scritto all'inizio della illustrazione, innesta l'impiego dell'A.L.E. nel quadro di una visione realistica ed al tempo stesso precorritrice del combattimento moderno. 10. Resta infine da esaminare un'altra pubblicazione non meno significativa, anzi forse la più espressiva, perché documentale dell'evoluzione dottrinale dei primi anni sessanta: il Nomenclatore organico-tattico-logistico (N.O.T.L.), edito nel 1962, approvato dal generale Gualano, in sostituzione della edizione 1956 15. A poco più di cinque anni, la nuova edizione del N.O.T.L. abrogò la precedente, di cui più che un aggiornamento fu un vero e proprio rifacimento, tali e tante essendo state le mutazioni verificatesi nel frattempo in materia di impostazioni dottrinali e ordinative. Il maggior numero delle pubblicazioni dottrinali - quali, ad esempio, le memorie 600, 610 e 620 e le circolari 14 000, 4620, ecc. - in vigore nel 1962 erano state edite e diramate dopo il 1956 ed avevano introdotto nuovi termini, modificato il significato di altri e altri ancora abolito. La nuova edizione rispecchiò, pertanto, l'evoluzione registrata nel frattempo nelle varie branche e introdusse altresì modificazioni di carattere formale che, peraltro, nulla tolsero alla tradizione che contraddistingueva da anni il manuale. Anche la nuova edizione non volle essere un dizionario da consultare nell'incertezza o nel dubbio, ma giustappunto un vero e proprio manuale che riepilogava, a mo' di tavola sinottica, tutta la dottrina in vigore e che presupponeva la conoscenza diretta delle pub-
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blicazioni già edite, di cui volle essere, come lo era stato nel passato, lo specchio. Il criterio fondamentale della rielaborazione fu la ricerca di una maggiore elasticità delle definizioni, rendendole più stabili e, al tempo stesso, valevoli per ogni ambiente. Le nuove definizioni intesero esprimere l'essenza del significato del termine, limitando gli elementi di chiarificazione a quelli strettamente indispendabili, senza aggiungere specificazioni particolari e contingenti di dubbia durata di validità. Altri criteri ai quali si informò la rielaborazione furono: l'eliminazione dei termini di carattere esclusivamente tecnico, taluni già inclusi nell'edizione 1956, in quanto il conservarli e il dover includere, per completezza, i mancanti avrebbero raddoppiato la mole del volume, sottraendo praticità al manuale; l'indicazione, per i termini aventi significato eguale presso l'esercito italiano e nell'ambito N.A.T.O., della corrispondente voce in lingua inglese, per compiere un primo passo avanti nell'unificazione della terminologia, senza dover perciò rinunziare, nei limiti del possibile, ad esprimere con voci italiane i termini inglesi; l'eliminazione dei termini generici definibili di per sé o aventi identico significato nell'accezione comune e in quella militare; il mantenimento o l'introduzione delle definizioni dei termini generici aventi nel linguaggio militare un proprio significato tecnico specifico; il mantenimento, per comodità di riferimento e per non dover mutare una sigla oramai familiare, del titolo di N.0.T.L., nonos tante l'introduzione di altri termini riguardanti il servizio informativo operativo e l'addestramento. Venne mantenuta, nelle varie definizioni, la stampa con carattere differenziato dei termini ricorrenti ne l N.O.T.L. e vennero indicate, accanto alle voci di uso più frequente, le rispettive abbreviazioni per completare o, talvolta, modificare quelle de lla pubblicazione n. 5348 Segni convenzionali e abbreviazioni. Il nuovo manuale, nonostante l'eliminazione di 220 termini che apparivano nel vecchio, si arricchì di 503 voci del tutto nuove, comprendendo così in totale ben 1152 definizioni. Nel settore dell'organica venne attribuito significato diverso a termini già noti; furono introdotte le definizioni riguardanti gli organi della leva, il reclutamento, la mobilitazione, la ripartizione delle unità ai fini dell'impiego (esercito di campagna e forze della difesa interna del territorio), dell'approntamento (unità di costituzione immediata, di costituzione successiva, di primo scaglione, ecc.) e la distinzione tra complesso di forze (termine di significato generico riferibile a qualsivoglia riunione di unità, di personale e mezzi) e complesso tattico (insieme di unità riunite, di volta in volta, per l'espletamento di un compito). Venne data della divisione una nuova definizione, che sottolineò il concetto che la grande unità si poteva articolare non solo in complessi tattici, ma
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anche in brigate, stante la trasformazione ordinativa delle divisioni corazzate in corso e venne reintrodotta la definizione della brigata eliminata nella edizione 1956 che si limitava a definire la brigata alpina_ Al termine combinato, fino ad allora inteso come interforze, venne sostituito quello interalleato, mentre venne soppressa la voce integrato e sostituita da interforze. Venne introdotta la definizione del termine operativo con il significato di qualifica da attribuire ad attività, problemi, documenti, ecc_ con significato congiuntamente tattico o strategico, informativo e logistico. La terminologia tattica fu quella che subì le modificazioni maggiori: molte delle vecchie definizioni vennero radicalmente mutate, moltissimi i termini nuovi. Di questi ultimi alcuni riguardarono le varie forme di guerra (guerra biologica, chimica, elettronica, psicologica, sovversiva, ecc.), altri la difesa interna del territorio, altri l'articolazione dei comandi nelle operazioni (comando avanzato, arretrato, di sostituzione) ed infine, la difesa A.B.C .. I numerosi mutamenti apportati alle vecchie definizioni discesero soprattutto dalle pubblicazioni della serie dottrinale 600 che avevano imposto il riesame delle concezioni strategiche e tattiche e l'adozione di un linguaggio nuovo. Il nuovo quadro d'insieme aveva stabilito nuove correlazioni di concetti e di termini e nuove distinzioni tra attività concettuale ed attività organizzativa, nonché tra i vari livelli di comando e i diversi spazi di manovra: gruppo di armate, scacchiere operativo, linea di operazione, armata, aerea della battaglia, fascio operativo, corpo d'armata, settore di azione, direttrice operativa, divisione (e livelli inferiori fino al raggruppamento tattico compreso), settore di azione, direttrice di attacco, gruppo tattico (e minori unità), settore di azione, direzione di attacco. La manovra strategica venne riferita al gruppo di armate o allo scacclùere operativo, la battaglia all'annata, il combattimento al corpo d'armata, divisione e brigata, l'atto tattico fondamentale al raggruppamento e al gruppo tattico, l'atto tattico elementare alle minori unità. Lo scopo della guerra fu individuato nella distruzione del pontenziale bellico nemico, quello delle operazioni militari nella distruzione della capacità operativa del nemico mediante l'annientamento delle sue forze armate. L 'azione offensiva, quella controffensiva e quella difensiva furono intese come forme di lotta e queste come ispirate ai principi tradizionali di massa, sorpresa, sicurezza, ecc. praticabili attraverso la manovra. La manovra - i cui parametri vennero individuati nelle forze, nel fuoco e nel movimento - venne distinta in strategica e in battaglia, la prima intesa come l'insieme delle operazioni condotte da un gruppo d'arma-
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te nel quadro di una scacchiere operativo, la seconda come l'insieme delle operazioni condotte dall'armata nel quadro dell'area della battaglia. Tutte le operazioni dell'armata furono intese come atti e fasi della battaglia e tutto lo spazio del loro sviluppo come area della battaglia. Il settore del servizio informativo operativo, che aveva fatto la sua prima apparizione nell'edizione 1956, venne ampliato e completato in misura tale che il nuovo N.O.T.L. consentì di ricostruire compiutamente compiti, funzioni, procedure e modalità di svolgimento di tutta l'attività informativa, sia offensiva che difensiva. Tra le nuove definizioni: attività informativa, apprezzamento informativo, elaborazione di una notizia, processo informativo, attendibilità di una fonte informativa, attendibilità di una notizia, rapporto tecnico complementare e moltissime altre. Nella terminologia addestrativa, le innovazioni furono poche e riguardarono essenzialmente l'introduzione di talune voci tratte dalla pubblicazione n. 5500 Impianto, organizzazione e svolgimento delle esercitazioni, che aveva visto la luce verso la fine del 1960, della quale faremo cenno più avanti. L'esame della edizione 1962 e il rapporto di questa con quella del 1956 consentono anche oggi di cogliere il valore dell'accelerazione assunta dal processo evolutivo dottrinale in quasi sette anni e di misurarne la portata e l'entità ben maggiori rispetto a quelle della successiva serie dottrinale 700 che si esprimerà, nella sua grandissima parte, secondo le concezioni e la terminologia definite nel N.O.T.L. 1962. Anche questa ultima edizione avrà presto bisogno di ulteriori messe a punto e innovazioni perché il pensiero militare non può mai costituire un capitolo chiuso ed esso evolve, o muta, o si adegua a nuove esigenze in base ad arricchimenti culturali e critici o alla comparsa di nuovi armamenti, mezzi di combattimento e trasporto, ecc. Essa, nonostante ciò, dette l'immagine compiuta e nitida della dottrina in vigore e della corrispondente semantica, in quanto affondò le sue radici in criteri razionali e rapidi d'impostazione e di esposizione e nella ricerca di una chiarezza di concetti e di una precisione delle voci, ancora perfettibili, ma già di chiara e di facile accezione. Si può aggiungere che il nuovo N.O.T.L. chiuse in bellezza la feconda attività dottrinale dei primi anni sessanta, la quale non contrassegnò la nascita di una nuova serie dottrinale ma, completando e perfezionando i contenuti della serie 600 e rielaborando ed aggiornando pubblicazioni superate, pose le premesse indispensabili per il riesame generale della dottrina d'impiego riferito, come vedremo, più al riordino organico e conseguenziale della materia e solo in parte alla modifica dei contenuti.
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Dei numerosi interventi normativi riguardanti l'addestramento, espressi soprattutto dalle direttive annuali 16 e dalle varie circolari spesso riguardanti anche l'impiego oltre l'addestramento, va ricordata in particolare la pubblicazione n. 5500 Norme per l'impianto, l'organizzazione e lo svolgimento delle esercitazioni che, approvata dal generale Lucini, vide la luce il 30 dicembre 1960 ed abrogò e sostituì la n. 5032 Norme per la organizzazione, la direzione e lo svolgimento delle esercitazioni, edita nel 1953, fatta eccezione della parte relativa al metodo per la risoluzione dei problemi operativi che rimase in vigore 17• La nuova pubblicazione si differenziò dalla precedente per: la eliminazione di tutti gli argomenti che erano stati inseriti, a suo tempo, nella pubblicazione 9/A-L'addestramento militare. Voi. I Or-
ganizzazione dell'addestramento dei quadri e delle truppe presso i corpi. Vol. II Tecnica addestrativa - della quale abbiamo fatto cenno nel capitolo LVI; la riduzione all'essenziale delle norme e delle direttive di carattere generale e l'eliminazione di quelle particolari che potevano essere incluse nelle direttive annuali; il largo sviluppo dato alla tecnica organizzativa riferita ai diversi tipi di esercitazione ed ai possibili ambienti di svolgimento; la trattazione completa dell'organizzazione e del funzionamento del servizio dei giudici di campo e dell'attivazione; l'inserimento di numerosi esempi di organizzazione di esercitazioni tipiche dell'ambiente divisionale. Essa classificò le esercitazioni, a seconda dell'oggetto dell'addestramento, in esercitazioni con i quadri (E.Q.), esercitazioni con i posti comando (E.P.C.), esercitazioni con le truppe (E.Tr.); a seconda del sistema di rappresenta" zione del nemico in a partito unico, a partiti contrapposti; a seconda dell'ambiente di svolgimento in aula, sul terreno, in aula e sul terreno, e del munizionamento impiegato in bianco, a fuoco. La pubblicazione traccia il quadro completo delle attività relative alle tre fasi in cui ogni esercitazione si estrinseca - impianto, organizzazione, svolgimento - prima in generale e, quindi, in particolare, con riferimento specifico ai diversi tipi di esercitazione previsti. Anche negli altri settori della normativa, la produzione negli anni che vanno dal 1958 al 1964 fu particolarmente copiosa, a cominciare da quella riguardante la tecnica d'impiego e l'addestramento 18, ad opera principalmente degli ispettorati d'arma che curarono altresì, congiuntamente alle direzioni generali, le pubblicazioni di carattere tecnico riguardanti le armi, i mezzi ed i materiali di nuova acquisi-
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zione, nonché l'aggiornamento o il completamento delle pubblicazioni relative ad armi, mezzi e materiali già in servizio 19. Analogo lavoro venne sviluppato in materia di tavole didattiche20, di tavole di tiro numeriche e grafiche21 , del catalogo dei materiali di gruppo «C»22 e di procedure operative e tecniche23 . Nel settore delle pubblicazioni di carattere generale: nel 1959, come abbiamo ricordato nel capitolo LXVI, videro la luce una nuova edizione delle Norme per la vita ed il servizio interno di casenna24 e del Regolamento sul servizio territoriale e di presidio25; nel 1962, una nuova edizione del Regolamento per le riviste e parate 26 che abrogò quella del 1957; nel 1964 venne ristampato, aggiornato, il Regolamento di disciplina militare per l'esercito 27• Il Testo unico delle disposizioni legislative sul reclutamento dell'esercito28 venne ristampato ed aggiornato, rispetto a quello del 1938, nel 1958. Altro oggetto di aggiornamento e di modifica fu la materia riguardante l'amministrazione in generale e la contabilità, nonché il personale29 . Di proposito abbiamo ripetuto, almeno in parte e limitatamente agli anni 1958 e 1959, l'elencazione di alcune pubblicazioni che, prese nel loro insieme, consentono di meglio individuare la linea di continuità seguita dagli organi tecnico-operativi e tecnicoamministrativi centrali nel processo generale di revisione di tutta la normativa, da quella dell'impiego a quella molto terra-terra riguardante i cataloghi dei materiali di gruppo «C», i prezzari e la classificazione unificata dei materiali - un settore questo ultimo dove vennero effettuati molti passi in avanti - al fine di ammodernare e di migliorare tutti indistintamente i molteplici settori della vita dell'esercito. Lo sforzo complessivo compiuto dal 1958 al 1964 a tale riguardo fu senza dubbio notevole e non rimase senza risultati, primo dei quali fu senz'altro la continuazione dello sviluppo positivo di quel processo di qualificazione professionale e di tecnicizzazione, riguardante i quadri e i gregari, iniziato dopo 1'8 settembre 1943, divenuto via via sempre più pressante e decisivo ai fini dell'efficienza operativa. La sola elencazione delle pubblicazioni edite negli anni 1958-1964 è bastevole a confermare che l'esercito non subì stasi di sorta nel tendere ad ammodernare e migliorare tutta la normativa quale strumento indispensabile alla remuneratività dell'addestramento ed all'ordinato svolgersi della vita spirituale e materiale delle unità. Naturalmente non è la normativa tattica, addestrativa, logistica30, tecnica, disciplinare, procedurale ed amministrativa in genere che conferisce efficienza e credibilità allo strumento militare, ma i silenzi, le lacune e i ritardi in materia di regolamenti - specie quan-
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do derivanti da conservatorismo o, peggio ancora, da scarsa capacità di ideazione, da una qualche insufficienza cui turale e dall'incomprensione dei mutamenti sociali e tecnologici in corso o prevedibili - determinano incertezze spirituali e professionali che si traducono in danno della capacità operativa complessiva. Non ci sembra che neppure negli anni a cavallo del 1960 fecero difetto volontà, passione e visione compiuta dei problemi - la regolamentazionè elaborata in quel periodo ne è testimonianza - ma mancò, o fu del tutto insufficiente, ancora una volta la sollecitudine della autorità di governo, nonostante che il boom economico di quegli anni avrebbe potuto consentire di porre il problema della difesa, e conseguentemente della sua componente militare, all'ordine del giorno della nazione e del Parlamento. La difesa del Paese continuò a non essere considerata in una prospettiva integrale e la difesa militare continuò a gravare sui soli militari, senza che lo stesso ministro della difesa·pro tempore se ne facesse un qualche carico, quasi che la definizion~ dei compiti delle forze armate e la decisione di commisurare ai compiti le risorse per poterli adempiere non fossero di esclusiva competenza politica, specialmente nell'epoca nucleare, in cui la strategia militare non può non essere l'ancella fedele ed obbediente della strategia dell'alleanza di cui un paese faccia parte.
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NOTE AL tAPITOLO LXII 1 Stato maggiore dell'Esercito. ufficio addestramento. 3a sezione. Pubblicazione S.M.E. 5376 Impiego tattico delle armi atomiche (n. 650 della serie dottrinale) 1 a ristampa dell'edizione 1957. Roma, 1959. La pubblicazione, formato 24x17, approvata dal generale Liuzzi il 4 gennaio 1957, comprende - oltre la premessa, lo specchio di distribuzione, la registrazione delle aggiunte e varianti, l'atto di approvazione - 4 capitoli: il I tratta le caratteristiche d 'impiego delle armi atomiche, il II l'analisi dell'obiettivo atomico, il III i criteri d'impiego delle a rmi atomiche, il IV l'attività dei comandi per l'impiego delle armi atomiche. La pubblicazione comprende, oltre il testo (60 pagine), tre appendici: la prima relativa ai dati non classificati delle possibilità d'impiego degli o rdigni e dei raggi di efficacia e di sicurezza; la seconda relativa all'impiego dei grafici per la determinazione dei danni e delle perdite percentuali ed alle relative probabilità; la terza riguardante un esempio di stima della percentuale delle perdite e dei danni con il metodo dell'analisi grafica. Circa i criteri generali d'impiego delle armi atomiche tattiche - che sono quelle che formano oggetto di esame - la pubblicazione indica: la costante convenienza ad associare la manovra tattica all'intervento atomico, allo scopo di sfruttare la disorganizzazione e la c risi morale provocata nell'avve rsario e ad impedire che questo possa adottare contromisure efficaci; la convenienza a concentrare gli effetti nel tempo e nello spazio a favore dei dispositivi che svolgono o sostengono lo sforzo principale; la necessità che gli obiettivi siano remunerativi, abbiano cioè valore proporzionato alla poten7a esplosiva messa in giuoco ed ai probabili effetti distruttivi, tenendo peraltro presente, oltre la remuneratività economica, anche quella tattica e cioè quella di obiettivi di limitato valore assoluto, ma che, inquadrati in una determinata situazione tattica, possono assurgere ad un'importanza tale da giustificare, per la loro eliminazione, l'impiegto di un ordigno atomico; la necessità di valutare la convenienza tattica in relazione: ai vantaggi tattici derivanti dalla distruzione o dalla neutralizzazione dell'obiettivo ai fini della manovra, al tempo d'intervento, al numero e tipo degli ordigni disponibili in rapporto al numero dei possibili obiettivi, alle possibilità d'intervento con i mezzi convenzionali, all'attendibilità dei dati sull'obiettivo, alla vulnerabilità specifica dei singoli obiettivi e alla disponibilità di truppe per sfruttare i risultati conseguiti con l'offesa atomica; la necessità di valutare il rischio che l'impiego degli ordigni atomici può comportare per le truppe amiche, pena l'inefficacia dell'intervento; la convenienza, per criteri di economia e per esigenze tattiche, a perseguire su determinati obiettivi soltanto risultati parziali, evitandone una inutile distruzione totale; la necessità della determinazione del danno percentuale, da parte del comandante, in base ai danni o alle perdite indispensabili per conseguire la voluta superiorità locale sul nemico, danno percentuale da stabilire in relazione a l grado di organizzazione delle forze avversarie, al loro specifico addestramento a lla difesa A.B.C. ed alla possibilità di integrare gli effetti atomici con azioni di fuoco convenzionali. F., infine, da tenere presente il particolare impiego degli ordigni atomici per creare demolizioni ed inte rruzio ni (mine atomiche). Impiego delle armi atomiche nell'azione offensiva: - parte degli ordigni vengono destinati alla preparazione e parte all'appoggio, in una ripartizione quantitativa strettamente connessa con il concetto d'azione: - è conveniente iniziare l'azione con il lancio contemporaneo di tutti gli ordigni previsti per la preparazione; - gli interventi atomici in profondità effettuati in fase di preparazione, rendendo difficile l'immediato sfruttamento, debbono essere integrati con azioni di fuoco convenzionale che ne protraggano gli effetti nel tempo cd isolino la zona interessata all'attacco per impedirne la riorganizzazione;
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- nella fase di appoggio, gli interventi atomici possono essere diretti contro obiettivi noti in precedenza e non battuti durante la preparazione oppure contro obiettivi che si svelino azione durante; - nello sfruttamento del successo, gli interventi atomici vengono diretti principalmente contro concentramenti e contro le aree o gli elementi vitali per la mobilità, l'alimentazione tattica e logistica e l'esercizio del comando del nemico; - nell'aviosbarco, in fase di preparazione, l'offesa atomica viene principalmente diretta contro gli schieramenti contraerei, le armi atomiche ed i mezzi aerei nemici, mentre nella fase di appoggio essa mira a colpire i concetramenti di truppe avversarie, in particolare corazzate, od a creare zone di ostacoli in modo da isolare la zona di sbarco. Impiego delle armi atomiche nell'azione difensiva: - gli ordigni atomici sono diretti contro i concentramenti del nemico, le sorgenti di fuoco, gli organi di comando, i mezzi di movimento, le installazioni logistiche oppure vengono impiegali per creare zone d'intransibilità; - nella difesa imperniata su elementi statici, la distruzione o neutralizzazione atomica di reparti o mezzi avversari non è fine a sé stessa, ma deve costituire la premessa di una reazione che sfrutti gli effetti ottenuti dall'esplosione; - gli interventi vanno diretti all'inizio dell'attacco nemico, tendendo a stroncarlo sul nascere, ed essere seguiti da un contrattacco immediato; qualora non sia possibile tale azione, l'offesa atomica deve essere diretta contro le penetrazioni negli intervalli, 4ua.udu queste si trasfurminu in concentrazioni capaci di irrompere in profondità; - nella manovra in ritirata, l'offesa atomica viene principalmente diretta contro gli eventuali concentramenti del nemico e gli elementi importanti ai fini della sua rapida progressione ed alimentazione. Durante i movimenti retrogradi acquista notevole importanza l'impiego di mine atomiche precollocate, soggetto peraltro a remore; - nella difesa contro aerosbarchi, le armi impiegate sono quelle convenzionali fino a quando non vengano a determinarsi i punti di maggiore concentrazione del nemico e ciò anche per non coinvolgere nell'intervento atomico le truppe amiche, la popolazione civile ed eventuali infrastrutture che si vogliano salvaguardare. Ovviamente la difesa condotta con mezzi convenzionali deve tendere a costringere il nemico a concentrarsi, ma gli obiettivi atomici più remunerativi per la difesa sono costituiti dagli aeroporti nemici di partenza e da quelli delle forze aerotattiche di appoggio. La pubblicazione, sempre nel capitolo III, tratta l'impiego delle armi atomiche in ambiente montano, nelle zone boscose, di notte, e nelle zone fortificate, mettendo in rilie;:vo, per ciascuno degli ambienti, caratteristiche, limitazioni e modalità d'impiego. 2 Vds. anche cap. LXI. Stato maggiore dell'esercito. ID Reparto. Ufficio addestramento. 3a sezione - Regolamenti. Pubblicazione n. 5451. Memoria sull'azione difensiva con impiego di armi atomiche in terreni fortificati di pianura e collinosi. Appendice alla pubblicazione n. 5373 (n. 600 della serie dottrinale). N. 601 della serie dottrinale. Roma, 1960. La pubblicazione, approvata dal generale Lucini, consta di 18 pagine, 11 paragrafici ed ha il formato di 18 X 12. Nel primo capitolo, tratta i lineamenti generali della fortificazione permanente e loro incidenza sulla difesa; nel secondo, l'organizzazione e condotta della difesa, nel terzo dipendenze d'impiego - trasmissioni - addestramento. 3 Stato Maggiore dell'esercito. III Reparto. Ufficio addestramento. 3° sezione Regolamenti. Circ. n. 4620 del 30 aprile 1960. J risultati del ciclo di esercitazioni sull'azione olfensiva in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche. Roma, 1960. La circolare, firmata dal generale Lucini, ha il formato 18x12, consta di 33 pagine, comprendenti il testo, l'elenco di distribuzione e gli indirizzi (34 paragrafi), un'appendice (6 paragrafi) ed un riepilogo dei paragrafi che trattano lo stesso argomento nella circolare e nella memoria 620. Il testo comprende i seguenti sottotitoli: premessa; disponibilità atomica; lineamenti dell'azione offensiva nell'ambito dell'armata; la divisinne di
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fanteria nell'azione offensiva. L'appendice contiene i lineamenti essenziali di impiego del gruppo tattico di fanteria. 14 Stato Maggiore dell'esercito. III Reparto. Ufficio addestramento. 3a sezione Regolamenti. Pubblicazione n. 5414 Il gruppo tattico di fanteria (n. 2400 della serie do ttrinale). Roma, 1960. La pubblicazione, bozza di stampa, diramata con lettera di accompagnamento firmata per il sottocapo di stato maggiore dal capo del I reparto, consta di un testo di 166 pagine e 206 paragrafi e di 8 allegati. Il testo è suddiviso in una premessa, nella parte I relativa all'azione offensiva e nella parte JJ, relativa all'azione difensiva. La parte prima consta di 9 capitoli: I La divisione di fanteria nella fase di ricerca e presa di contatto (generalità; marcia al nemico; zona di attesa; avvicinamento; presa di contatto da parte delle avanguardie); II Jl gruppo tattico nella fase di ricerca e presa di contatto (compiti; il gruppo tattico in avanguardia di un raggruppamento; il gruppo tattico in distaccamento fiancheggiante, mobile o fisso; il gruppo tattico in retroguardia; il gruppo tattico nella sicurezza in stazione; modalità di azione del gruppo tattico impiegato nel dispositivo di sicurezza; il gruppo lattico nei combattimenti preliminari; il gruppo tattico scaglione di marcia di una colonna nel quadro della marcia al nemico; il gruppo tattico nell'avvicinamento; il gruppo tattico che costituisce con una aliquota delle forze una propria avanguardia); III Generalità dell'attacco; IV Attività concettuale, preparatoria, organizzativa dell'attacco (generalità); attività concettuale: compito, obiettivo di attacco, obiettivo eventuale, settore d'azione, direzione di attacco, base di partenza e linea di partenza, ora d'inizio dell'atlacco ora H, posizioni di cuusulidamentu, urit:utamenti sull'azione successiva, attacco frontale, attacco avvolgente, attacco accerchiante; attività preparatoria; attività organizzativa: composizione ed articolazione delle forze, base di partenza, organizzazione del fuoco di accompagnamento, superamento del campo minato); V Condotta ed esecuzione dell 'attacco; VI Caratteristiche particolari dell'attacco del gruppo tattico in relazione ai principali tipi di posizioni difensive (attacco contro posizioni difensive con capisaldi non cooperanti; attacco contro posizioni difensive, con piccoli capisaldi cooperanti, attacco contro difesa manovrata); VII Il gruppo tattico in secondo (o terzo) scaglione; VIII Il gruppo tattico nell'accerchiamento o nella eliminazione dei tronconi della posizione difensiva; IX Il gruppo lattico nello sfruttamento del successo. La parte seconda consta di 8 capitoli: Il gruppo tattico in caposaldo (generalità; il caposaldo con struttura nucleare di gruppo tattico dell'ordine del battaglione o di più compagnie; il caposaldo con struttura nucleare dell'ordine della compagnia; il caposaldo con struttura unitaria di gruppo tattico dell'ordine del battaglione o di più compagnie; il caposaldo con struttura unitaria di gruppo lattico dell'ordine della compagnia; reazione di movimento); III Allività concelluale, preparatoria, organizzativa della difesa (generalità); allività concettuale: tratto di importanza vitale, posizioni da includere, direzione o direzioni d a interdire, articolazione interna, perimetro-linea di resistenza, direzioni di contrassalto; attività preparatoria; attività organizzativa: del fuoco, de lla reazione di movimento, dei lavori e dell'ostacolo, della manovra del presidio del caposaldo, del controllo della zona di competenza, della funzione di comando; ordini; organizzazione speditiva del caposaldo); IV Condotta della difesa; V Il gruppo tattico nel contrattacco; VI Il gruppo tattico nell'azione ritardatrice a favore delle forze impegnate nella posizione di contenimento; VII Il gruppo tattico nella manovra in ritirata (generalità); il gruppo tattico nel ripiegamento; il gruppo tattico, quale retroguardia, nei combattimenti temporeggianti; il gruppo tattico nella difesa a tempo determinato di un settore di posizione intermedia nel quadro dei combattimenti temporeggianti; il gruppo tattico nell'azione ritardatrice nel quadro dei combattimenti temporeggianti. Gli allegati trattano: 1 lo schema di costituzione dei gruppi «R» ed «O»; 2 lo schema dimostrativo çli attacco frontale; 3 lo schema dimostrativo di attacco avvolgente; 4 lo schema dimostrativo di attacco accerchiante. Gli allegati S, 6, 7 e 8 sono schizzi sommari riguardanti rispettivamente: il n. 5 il caposaldo con struttura nucleare, costituito da un gruppo tattico d ell'ordine del battaglione, articolato in tre caposaldi mino-
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ri; il n. 6 il caposaldo minore costituito da una compagnia; il n. 7 il caposaldo con struttura nucleare costituito da un gruppo tattico dell'ordine della compagnia rinforzata, articolato in tre caposaldi di plotone; il n. 8 il caposaldo con struttura unitaria costituito da un gruppo tattico dell'ordine del battaglione. 5 Compiti di sicurezza: avanguardia, distaccamento fiancheggiante mobile o fisso, retroguardia, durante il movimento; distaccamento fisso del sistema di sicurezza in stazione, durante la sosta della grande unità nella zona di attesa. 6 I procedimenti propri dei pionieri, indicati dalla pubblicazione, sono del tipo di sorpresa o di forza: il primo consente la creazione di passaggi - corridoi, varchi attraverso l'ostacolo minato in tratti prestabiliti, senza l'impiego di particolari mezzi tecnici; il secondo consente la creazione di passaggi attraverso l'ostacolo minato ovunque se ne presenti la necessità, all'inizio e nel corso dell'attacco, con il ricorso ad una notevole disponibilità di mezzi esplosivi (tubi, reti, ecc.) previa dissociazione, per quanto possibile, del fuoco nemico dall'ostacolo. Era altresì allo studio, in quel periodo, la possibilità di aprire i passaggi con il fuoco di artiglieria e mortai con risultati sperimentali positivi per quanto si riferiva alle mine antiuomo. 7 La pubblicazione distingueva nell'attacco a seguito di esplosione atomica due casi: investimento contemporaneo da parte dell'esplosione di due strutture statiche successive; investimento da parte dell'esplosione della seconda struttura. Nel primo caso l'azione si sviluppa senza alcuna soluzione di continuità: compagnia meccanizzata, seguita da una o due compagnie fucilieri, punta sull'obiettivo di attacco, lungo una direzione, se possibile, esterna alla prima struttura statica; sulla struttura statica agiscono, nel [raltempo, le restanti unità fucilieri che, una volta completato il rastrellamento, passano in rincalzo. Quando l'esplosione atomica investe soltanto la prima struttura statica, la compagnia meccanizzata, preso contatto con la seconda struttura statica, è costretta a sostare in attesa che serrino sotto le compagnia fuc ilieri, ma la sosta, ridotta al minimo, deve essere utilizzata per completare la ricognizione degli apprestamenti difensivi nemici, specie di eventuali campi minati, e per battere con fuoco convenzionale l'obiettivo; l'attacco alla seconda struttura è in genere svolto per manovra impiegando avanzata una o più compagnie fucilieri. Nel secondo caso - esplosione atomica che investa soltanto la seconda struttura statica - l'azione, svolta con appoggio convenzionale sulla prima, si sviluppa poi, senza soluzioni di continuità, sulla seconda mediante l'impiego della compagnia meccannizzata che, tenuta inizialmente in rincalzo, viene, non appena delineatosi il successo, lanciata sull'obiettivo di attacco. Particolare importanza riveste in questo caso la scelta del momento in cui effettuare l'intervento atomico sulla seconda struttura statica: esso potrà avvenire al termine della preparazione convenzionale sulla prima o, se necessario, anche attacco durante. 8 Caposaldo Funzioni: assicurare il possesso di una posizione importante ai fini della difesa, costringendo l'attaccante ad organizzare un'azione di forza per impadronirsene; incanalare l'attacco nelle direzioni più favorevoli ad una ulteriore azione di arresto od alla reazione di movimento; appoggiare la reazione di movimento. Caratteristiche: investito su posizioni che controllino direttamente od indirettamente una delle possibili direzioni dell'attacco nemico; dominio tattico della direzione da sbarrare; reattività a giro d'orizzonte intesa anche come reattività di movimento; capacità di resistenza a tempo indeterminato; unità di comando; autonomia tattica e logistica. Forza del presidio: un battaglione o più compagnie in ambienti di pianura o di media accidentalità e copertura; una compagnia in montagna ed anche in pianura, limitatamente alle posizioni più forti per natura ovvero alla posizione di contenimento. Struttura: nucleare (articolazione in caposaldi minori autonomi, ma cooperanti) oppure unitaria (articolazione in settori strettamente connessi) se presidiato da un gruppo tattico della forza di un battaglione o di più compagnie; unitaria in pianura sulla posizione di contenimento se presidiato da un gruppo tattico della forza di una compagnia (eventualmente struttura nucleare); unitaria o nucleare in montagna, sempreché presidiato da un gruppo tattico dell'ordine della compagnia. Dime nsioni: caposaldo a struttura
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nucleare presidiato da un gruppo tattico dell'ordine del battaglione: diametro 2000 m, perimetro 6000 m, superficie d'investimento 300 ha; caposaldo a struttura nucleare presidiato da un gruppo tattico dell'ordine della compagnia: diametro 1200 - 1500 m, perimetro 4000-4500 m, superficie d'investimento 145-155 ha, distanza fra caposaldi minori di plotone 800-1000 m; caposaldo con struttura unitaria di gruppo lattico dell'ordine del battaglione o di più compagnie: diametro 1500 rn, perimetro 4500 m, superficie d'investimento 150 ha. 9 Organizzazione del fuoco: cintura di fuoco continua lungo tutto i1 perimetro; gravitazione di fuoco controcarri e contro fanteria sulla fronte e in profondità, in aderenza al concetto di azione; saldatura di fuoco tra caposaldi minori. Criteri: assicurare l'immediata apertura del fuoco in qualsiasi circostanza contro attacchi improvvisi od interventi vari; consentire l'intervento, di giorno a ragion veduta, di notte con carattere di automaticità, con: i fucili mitragliatori per garantire l'arresto del nemico mediante la cintura continua perimetrale di fuoco, con le mitragliatrici per conferire profondità alla difesa ed assicurare la saldatura di fuoco, con i mortai da 60 (di norma accentrati ed impiegati a massa) per battere obiettivi defilati non battibili dalle armi automatiche, con i mortai da 81 per effettuare azioni d'interdizione vicina e di sbarramento avanti il perimetro del caposaldo (di norma con interventi a massa), con le armi controcarri per assorbire in profondità l'attacco di unità corazzate (armi a corta gittata: tiro improvviso, a breve distanza, a colpo sicuro; armi a media gittata: a distanza utile di tiro; a lunga gittata: a distanza utile di tiro). L'organizzazione è concretata graficamente nel piano parziale dei fuochi del caposaldo, piano che deriva dalla fusione del piano parziale dei fuochi al livello di gruppo tattico con quelli delle compagnie. Nel piano di gruppo tattico vengono indicati: settori di responsabilità delle articolazioni, punti di saldatura fra le singole articolazioni, ubicazione dei centri di fuoco costituiti con le armi di accompagnamento non decentrate, schieramento delle armi controcarri, tratti di sbarramento di artiglierie e mortai. Nel piano parziale di fuoco delle compagnie sono indicati: centri <li resistenza e, per ogni centro, centri di fuoco e direzioni di arresto automatico, punti di saldatura fra i singoli centri di resistenza, linea di apertura del fuoco, dislocazione dei centri di fuoco arretrati costituiti con le armi di accompagnamento non decentrate e direzioni ed obiettivi di arresto automatico, schieramento delle armi controcarri e loro direzioni di arresto automatico. Organizzazione della reazione di movimento: la reazione può essere lanciata quando stia per essere sopraffatto uno dei caposaldi minori, la cui caduta comprometterebbe il tratto vitale; è sempre sferrata contro forze nemiche che minaccino il tratto vitale; può essere condotta sia dall'interno sia dall'esterno del caposaldo. L'organizzazione consiste nel definire, per ciascuna delle ipotesi d'impiego del rincalzo, le relat ive modalità di esecuzione: obiettivi, direzioni di movimento o settori di azione, base di partenza, concorso di fuoco. Il rincalzo, se costituito dalla compagnia meccanizzata, viene dislocato, di norma, fuori del caposaldo in un raggio di circa 2000 m dalla fronte di gola; se costituito da unità fucilieri, può essere necessario scegliere una zona di dislocazione iniziale nell'interno del caposaldo oppure all'esterno, ma in un raggio da.Ila fronte di gola sensibilmente inferiore ai 2000 m. Organizzazione dei lavori e dell'ostacolo. I lavori riguardano l'organizzazione del fuoco, la protezione, la difesa dall'osservazione e l'ostacolo. Nell'attività occorre seguire un ordine di precedenza e di progressione. I lavori relativi a ciascuna delle attività devono essere eseguiti contemperando l'esigenza di portarli a termine nel più breve tempo e con il minor impiego del personale con quella di poterli utilizzare, anche se non ultimati, in qualunque fase della loro realizzazione. Elementi di base: entità, tipo e caratteristiche dei lavori e dell'ostacolo; personale, attrezzature e materiali occorrenti; limiti di tempo entro cui i vari lavori e l'ostacolo devono essere condotti a termine. Criteri per i lavori relativi all'organizzazione del fuoco: ricercare la protezione dagli effetti termici e d'urto delle esplosioni atomiche nella profondità dello scavo più che nello spessore delle masse coprenti; evitare la costruzione di opere complesse (ricove-
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ri collettivi di capacità non superiore alla squadra); evitare, almeno in un primo tempo, la costruzione di postazioni onerose per materiali relativamente vulnerabili (carri annati, mortai, ecc.). Campi minati: di competenza del gruppo tattico sono quelli perimetrali e quelli interni del caposaldo. I campi minati perimetrali - che fanno sistema con l'organizzazione dei fuochi- sono in genere posati secondo schemi regolamentari, hanno le massime profondità e densità possibili ed alla !ora posa provvedono i pionieri di fanteria rinforzati da altri fanti; i campi minati interni possono talvolta essere posati senza seguire schemi regolamentari, hanno profondità e densità minore di quelli perimetrali ed alla loro posa provvedono normalmente le varie unità interessate del gruppo tattico. Elementi da stabilire per lo schieramento di ciascun campo minato: tipo, profondità e densità, andamento del margine anteriore e posteriore, ubicazione e andamento dei falsi campi minati, numero ubicazione andamento dei varchi e corridoi, ordine di priorità, mine materiali attrezzi necessari e modalità per il loro afflusso, tempi di approntamento, unità ed orari di lavoro. Organizzazione della manovra del presidio del caposaldo. Vi si ricorre per: guarnire un caposaldo predisposto; rinforzare o sostituire presidi di caposaldi; attivare una cortina della posizione di contenimento; contrattaccare a breve raggio; partecipare al contrattacco divisionale; sviluppare azione di ritardo a favore delle forze in corso di organizzazione a difesa della posizione di contenimento. L'organizzazione della manovra del presidio richiede che essa sia predisposta ed organizzata minutamente, nonché provata nei vari singoli atti tattici da compiere. L'organizzazione consiste nel prevedere i casi di occupazione <li uu caposaldo predisposto, di attivazione di una cortina della posizione di contenimento, di rinforzo o di sostituzione di un presidio di altro caposaldo, definendo forze, materiali occorrenti, mezzi di trasporto, modalità di ab· bandono della posizione, modalità di movimento, misure di sicurezza, modalità di OC· cupazione delle nuove posizioni; nel prevedere i casi di contrattacco a breve raggio o di partecipazione al contrattacco divisionale, definendo per ciascuna ipotesi d'impiego: forze, modalità di abbandono della posizione, base di partenza, modalità di raggiungimento della base di partenza, articolazione delle forze, concorso di fuoco, direzioni di contrattacco; per l'azione ritardatrice, occorre definire forze, mezzi di trasporto, modalità di abbandono della posizione, settore di ripiegamento, articolazione delle forze, direzioni di ripiegamento, posizioni dalle quali iniziare l'azione, concorso di fuoco. Organizzazione del controllo della zona di competenza: è attuato mediante l'osservazione terrestre, i posti di osservazione ed allarme, le pattuglie meccanizzate o fucilieri motorizzate. Organizzazione della funzione di comando consiste nell'organizzazione dell'osservazione al livello di gruppo tattico, nel coordinamento della rete di osservazione degli elementi minori, nell'organizzazione de lle trasmissioni (reti delle trasmissioni a filo e radio); si prefigge lo scopo di porre sotto continua sorveglianza tutto il terreno di competenza; si basa su osservatori di gruppo tattico, osservatori di caposaldo minore o di settore, vedette; richiede la definizione dei settori di osservazione, del personale e dei mezzi, delle modalità di trasmissione delle notizie, dei turni di servizio. L'orga· nizzazione delle trasmissioni deve rispondere al criterio della continuità; è attuata con mezzi a filo e radio, integrati con mezzi per segnalazioni ottiche. Essa consiste nel definire, per la rete a filo: comandi da collegare, impiego dei centralini, modalità di stendimento delle linee; per la rete radio: maglie da costituire, indici, nominativi, frequenze, modalità di funzionamento ed eventuale uso di codici convenzionali. 10 Stato maggiore dell'Esercito. III Reparto Ufficio addestramento. 3° sezione Regolamenti. Pubblicazione n. 549911 gruppo tattico corazzato (n. 1400 della serie dottrinale), Roma, 1961. La pubblicazione, bozza di stampa, approvata dal generale Gualano: ha il formato 18x12, consta di un testo di 92 pagine e 89 paragrafi e di un allegato, oltre l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, la registrazione delle aggiunte e varianti, l'indice. Il testo è suddiviso in Preme.~.M, generalità, parte I: L'azione offensiva, parte Il:
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L'azione difensiva. La parte prima comprende 6 capitoli:/ ricerca e presa di contatto (compiti; il gruppo tattico corazzato grosso (o riserva) di un dispositivo esplorante; il gruppo tattico corazzato in avanguardia di un raggruppamento; il gruppo tattico corazzato in distaccamento fiancheggiante, mobile o fisso; il gruppo tattico corazzato in re troguardia; il gruppo tattico corazzato nella sicurezza in stazione; il gruppo tattico corazzato nella marcia al nemico; il gruppo tattico corazzato in 1° (o 2° o 3°) scaglione in avvicinamento); II Attività preparatoria, concettuale, organizzativa nell'attacco (generalità); attività preparatoria; attività concettuale; attività organizzativa; III /I gruppo tattico corazz.ato in attacco (generalità; attacco contro nemico in posizione; attacco contro nemico in movimento su terreno libero); IV Il gruppo tattico corazzato in 2° scaglione; V il gruppo tattico corazzato nell'accerchiamento e nell'eliminazione di tronconi della pnsizone difensiva; VI il gruppo tattico corazzato nello sfruttamento del sucesso. La parte seconda compende 2 capitoli: I Il gruppo tattico corazzato nel contrattacco; II li gruppo tattico nei combattimenti temporeggianti (il gruppo tattico corazzato nell'azione di ritardo e di logoramento nel quadro dei combattimenti temporeggianti; il gruppo tattico corazzato nell'attacco con obiettivo limitato). L'allegato tratta del superamento del campo minato ed è stralcio della pubblicazione n. 5414 Il gruppo tattico di fanteria (n. 2400 della serie dottrinale)». 11 Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria. Ufficio fanteria divisionale e paracadutisti. Pubblicazione n. 5526 Procedimenti d'azione della compagnia fucilieri (n. 2300 della serie dottrinale)», Roma, 1961. La pubblicazione, boz.z.a di stampa, approvata dal generale Guido Bosd1elli, ispettore delle due armi, ha il formato 16,5x12 e consta di 170 pagine e 148 paragrafi (compresi l'atto di approvazione, l'indice, lo specchio di distribuzione, la registrazione delle aggiunte e varianti) e l'allegato n. 1 Schema di costituzione dei gruppi «R» (ricognizione) e «O » (ordini). La pubblicazione è suddivisa in 20 capitoli riguardanti l'azione offensiva (11 capitoli) e l'azione difensiva (9 capitoli). L'azione offensiva è suddivisa in 2 parti: La compagnia fucilieri nella ricerca e presa di contatto e La compagnia fucilieri nella difesa ad oltranza e La compagnia fucilieri nella manovra in ritirata. Dei 4 capitoli riguardanti la compagnia nell'azione di ricerca e presa di contatto: il I tratta i compiti; il II tratta della compagnia in un dispositivo di sicurezza (avanguardia; distaccamento fiancheggiante, mobile o fisso; retroguardia; sicurezza in stazione); il Ili tratta la compagnia nei combattimenti preliminari; il IV la compagnia nel movimento e nelle soste (marcia al nemico; zona di attesa; avvicinamento). Dei 7 capitoli relativi alla compagnia fucilieri nell'attacco: il V riguarda generalità; attività preparatoria; attività concettuale; attività organizzativa); il VII l'esecuzione dell'attacco (generalità; attacco con impiego dei soli mezzi convenzionali: avanzata per l'assalto e assalto, infiltrazione; la compagnia di rincalzo; attacco a seguito di esplosione atomica; consolidamento); !'VIII l'attacco della compagnia fucilieri rinforzata da carri; il IX l'attacco notturno; il X la compagnia fucilieri nell'accerchiamento e nella eliminazione dei tronconi della posizione difensiva nemica; l'XI la compagnia fuc ilieri nello sfruttamento del successo. Degli 8 capitoli riguardanti la compagnia fucilieri nella difesa ad oltranza: il XII tratta i compiti; il XIII la compagnia fucilieri nella resistenza (a presidio di un caposaldo; a presidio di un settore di caposaldo; a presidio di un caposaldo autonomo; nella reazione di movimento; nell'attivazione di un tratto di cortina sulla posizione di contenimento); il XIV l'attività preparatoria, concettuale ed organizzativa (generalità; attività preparatoria; attività concettuale; atività organizzativa; organizzazione del fuoco; organizzazione del contenimento; organizzazione dei lavori e dell'ostacolo; organizzazione della manovra del presidio del caposaldo; organizzazione della funzione di comando; ordini); il XV la condotta della difesa; il XVI la difesa nell'ambiente notturno; il XVII la compagnia fucilieri in rincalzo di un gruppo tattico in caposaldo; il XVIII la compagnia fucilieri nel contrattacco (generalità); la compagnia fucilieri inquadrata nel contrattacco di un gruppo tattico in riserva divisionale, nel quadro del concorso al contrattacco divisionale, nel contrattacco a breve raggio); il XIX la com-
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pagnia fucilieri nell'azione di ritardo e di logoramento nel quadro della difesa ad oltranza. La parte seconda dell'azione difensiva comprende solo il XX capitolo- la compagnia fucilieri nella manovra in ritirata - che tratta: compiti; la roltura del contatto; il ripiegamento; la compagnia inquadrata in un gruppo tattico che costituisca o faccia parte di uno scaglione di arresto; la compagnia inquadrata in un gruppo tattico che faccia parte di uno scaglione ritardatore; la compagnia retroguardia di un gruppo tattico che ripieghi isolatamente. La semplice leltura dell'indice mette in rilievo come la pubblicazione segua lo sviluppo logico e strutturale de Il gruppo tattico di fanteria ed a questo sia strettamente aderente. Rispetto alla edizione del 1949, oltre la diversa, più estesa e più aggiornata articolazione e trattazione della materia ed il mutato quadro operativo in cui la compagnia fucilieri è inserita, la pubblicazione, che ricalca molti dei criteri e delle modalità della precedente edizione, sviluppa più particolareggiatamente i vari argomenti, alcuni dei quali del tutto nuovi, e concede maggiore spazio di manovra alla compagnia fucilieri, anche quando inquadrata, ma ne fissa altresì con chiarezza le limitazioni. Di tali argomenti ci sembra conveniente sottolinearne alcuni. La compagnia fucilieri nei combattimenti preliminari, a meno che non agisca su terreni montani o comunque non percorribili da mezzi a cingolo od a ruote, deve essere autotrasportata; assume di norma il ruolo di compagnia avanzala; può costituire rincalzo del gruppo tattico nel caso in cui in Lesta al dispositivo sia impiegata la compagnia meccanizzata; inizia l'azione della linea di attestamento; oltrepassa la linea di riferimento individuata dalle pusi.duni raggiw1te dalle pattuglie esploranti dell'avanguardia; procede quanto più speditamente possibile: gravitando sugli itinerari lungo i quali è prevedibile la maggior reazione nemica e sorvegliando gli altri con pattuglie, realizzando un dispositivo che di norma comprende: elementi di esplorazione r avvicinata, plotoni avanzati (di massima tre), un rincalzo (di massima un plotone fucilieri), armi di accompagnamento non decentrate (in testa al rincalzo); agisce in un settore di 2-4 km: impegnando frontalmente con il fuoco le resistenze nemiche che decide di travolgere per proseguire in profondità e, aggirandole sui fianchi o sul tergo, se possibile, con gli stessi plotoni avanzati, altrimenti con il rincalzo, tentando di risolvere con un solo atto tattico e su di una sola postazione la sorte d ella resistenza nemica; dà preminenza a ll 'azione di aggiramento e di accerchiamento rispelto a quella frontale; si sistema a difesa al termine dei combattimenti preliminari, in attesa del sopraggiungere delle unità incaricate dell'attacco, adottando una struttura nucleare che comprende: centri di resistenza di plotone su di un unico ordine investiti su tratti determinanti delle posizioni, mezzi di fuoco (specie controcarri) proiettati in avanti nell'ambito dei singoli plotoni, un rincalzo (di norma un plotone fucilieri o unità carri e meccanizzate in rinfono). La compagnia fucilieri nell'avvicinamento. Il suo compito è avanzare con un dispositivo che consenta il rapido passaggio alla formazione di attacco fino a raggiungere la base di partenza. L'avvicinamento: ha inizio allorché la compagnia muove dalla zona di attesa; è eseguito, fin dove possibile, su automezzi, a meno che situazione o terreno non impongano diversamente; ha termine quando la compagnia raggiunge la base di partenza o, comunque, quando per progredire essa è obbligata ad impiegare le sue armi di accompagnamento oppure i suoi plotoni. Nell'avvicinamento su automezzi le formazioni, a titolo orientativo, possono essere in fila (plotoni su automezzi moventi l'uno dietro l'altro lungo la stessa direzione), a quadrato (plotoni disposti ai vertici di un quadrato e moventi lungo due direzioni parallele); nell'avvicinamento appiedato: in fila (plotoni moventi l'uno dietro l'altro lungo la stessa direzione), a quadrato (plotoni disposti ai vertici di un quadrato e moventi lungo due direzioni parallele), a losanga (plotoni disposti ai vertici di un rombo e moventi lungo tre direzioni parallele), a scacchiera (plotoni variamente disposti e moventi ciascuno lungo una propria direzione). La compagnia fucilieri. n.ell'attar.r.n p11ò ::igire inquadrata oppure isolala; quando
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inquadrata in un gruppo tattico che attacchi con l'appoggio di soli mezzi convenzionali, può essere avanzata o di rincalzo; quando inquadrata in un gruppo tattico che attacchi a seguito di intervento atomico, può essere in 1° rincalzo od in 2° rincalzo; quando isolata, informa la propria azione ai criteri sanciti per il gruppo tattico di fanteria. La compagnia inquadrata non agisce per manovra, ma attacca a cavallo di una direzione unica, sviluppando azione unitaria nel tempo e concentrando il suo sforzo sul tratto determinante del proprio obiettivo. Essa opera con botta dritta, evitando ogni conversione che, a contatto con il nemico, si tramuterebbe in sicuro insuccesso (a meno che la compagnia non muova in terreni boscosi, di macchia o a ridosso di costoni non occupati dal nemico). Le formazioni di attacco della compagnia sono normalmente: due plotoni avanzati, uno in I O rincalzo e uno in 2° rincalzo; due plotoni in 1° rincalzo e un plotone in 2° rincalzo; tre plotoni avanzati ed un plotone di rincalzo; eccezionalmente: tutti i plotoni fucilieri avanzati oppure un plotone fucilieri dietro l'altro. Dati orientativi circa fronte, profondità e distanze: fronte di spiegamento da 400 (2 plotoni avanzati) e 600 m (tre plotoni avanzati); profondità 600 m; distanza fra plotoni avanzati e rincalzo, all'inizio dell'azione, compresa entro i 300 m; distanza fra I O e 2° rincalzo, all'inizio dell'azione, entro i 200 m. La compagnia è in attacco allorché supera la linea di partenza. La condotta della compagnia in attacco s'imposta e si risolve, soprattutto, sul piano d'impiego del fuoco delle armi organiche, di quelle in rinforLO, dei mortai e delle artiglierie operanti a favore, del rincalzo. Criteri per l'attacco con impiego di soli mezzi convenzionali: avanzare, finché possibile, senza fare uso delle proprie armi, sfruttando il fuoco di appoggio dell'artiglieria e quello di accompagnamento sviluppato dalle armi del gruppo tattico; intervenire, quando necessario, con il fuoco della base di fuoco di compagnia in strettissima aderenza al movimento dei plotoni fucilieri e concentrato lungo la direzione dove s'intenda gravitare; investire i centri di fuoco nemici che si oppongano al movimento mediante l'azione dei plotoni avanzati per creare una breccia nel dispositivo nemico; intensificare lo sforzo in corrispondenza della breccia, considerando normale a tale fine anche l'impiego del rincalzo. Criteri per l'attacco a seguito di esplosione atomica: imprimere al movimento carattere di rapida progressione, al fine di limitare la scollatura con la compagnia meccanizzata che precede; non lasciarsi attardare da elementi nemici isolati superstiti; tenersi in misura di parare un'eventuale reazione da parte di rincalzi nemici non intercettati dalla compagnia meccanizzata; rastrellare sollecitamente, radioattività residua permettendolo, le posizioni atomizzate o, in caso contario, fissarle e controllarle sulla fronte e sui fianchi fino a che il decade re di intensità della radioattività residua ne consenta il rastrellamento; svincolare, prima che possibile, la compagnia meccanizzata dalle posizioni raggiunte. Allacco con impiego di soli mezzi convenzionali. Durante l'avanzata per l'assalto: la base di fuoco di gruppo tattico sviluppa al massimo l'azione di accompagnamento; la compagnia avanza celermente e fa entrare in azione la propria base di fuoco solo quando ciò sia imposto dall'improvviso rivelarsi di armi nemiche o dalla presenza di resistenze che richiedano reazioni di fuoco immediate ed aderenti; i plotoni fucilieri avanzano senza aprire il fuoco e ricorrono all'impiego delle proprie squadre armi leggere soltanto quando sorgenti di fuoco nemiche pregiudichino direttamente il movimento; il trafilamento attraverso i corridoi ed i varchi disponibili nei campi minati viene compiuto in maniera celere e ordinata per squadra: quando la squadra più avanzata attraversa il corridoio, le altre si schierano a 50--,-- 60 m dal margine anteriore del campo minato e ai lati dell'imbocco del passaggio per proteggerne il movimento con il fuoco e, non appena la prima suqadra ha superato l'ostacolo, essa si schiera a sua volta a 50 --,-- 60 m dal margine posteriore per proteggere il movimento delle squadre che seguono; nell'imminenza dell'assalto la base di fuoco sospende o sposta il suo tiro. L'assalto consiste in una azione episodica, fraziona ta, svolta dai singoli gruppi assaltatori, senza preoccupazione di contemporaneità, contro resistenze che la precedente neutralizzazione ha già disarticolato dal complesso del dispositivo difensivo. Esso non può essere confignr;ito entro uno schema rigido. In linea di massima, l'assalto ha inizia]-
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mente luogo contro gli elementi dei centri di fuoco più avanzati; successivamente si sviluppa in profondità, infiltrandosi nel sistema difensivo attraverso le vie di minore resistenza. L'infiltrazione, che ha luogo quando sia stata prodotta una breccia nello schieramento avversario; avviene con modalità diverse a seconda della situazione. Qualora soltanto uno dei plotoni avanzati abbia raggiunto l'obiettivo assegnatogli e si sia affermato al di là di questo, il comandante di compagnia può: proiettare attraverso il tratto d'irruzione il plotone od i plotoni di rincalzo, facendoli convergere sul fianco del nemico che ancora si opponga alla progressione dell'altro plotone avanzato, per determinarne il cedimento; alimentare lo sforzo del plotone che ha raggiunto l'obiettivo, nell'intento di sfruttare la favorevole situazione creatasi e contemporaneamente agevolare la progressione dell'altro plotone avanzato, creando una minaccia a tergo delle resistenze che gli si oppongono. Qualora tutti i plotoni avanzati abbiano raggiunto i loro obiettivi e conservino ancora capacità offensiva, essi proseguono nell'azione puntando sui rispettivi obiettivi eventuali; qualora, invece, tutti i plotoni avanzati non siano in grado di penetrare ultriormente, il comandante della compagnia può impiegare il rincalzo per scavalcare gli altri plotoni ed approfondire la breccia oppure sostituire il plotone avanzato, od i plotoni avanzati, più provato. Criteri per l'attacco a seguito di esplosione atomica. La compagnia se: di 1° rincalzo ha il compito di svincolare prima possibile la compagnia meccanizzata; se di 2° rincalzo ha il compito di rastrellare l'obiettivo atomizzato. La compagnia meccanizzata muove lungo una direzione esterna all'obiettivo atomizzato; attraversa questo ultimo solo quando consentito dalla radioattività residua. La compagnia in 2 ° rincalzo: fissa e controlla sulla fronte e sui fianchi l'obiettivo atomizzato; si schiera nuclearmente articolata in centri di fuoco; attua un pattugliamento per prevenire reazioni di eventuali elementi superstiti; costituisce un rincalzo. Nell'altacco notturno occorrono: la conoscenza, quale premessa, della situazione nemica e del terreno; disponibilità di tempo per realizzare un'organizzazione meticolosa; adeguato fuoco di artiglieria e di mortai; il segreto assoluto; il ricorso a particolari accorgimenti per mantenere l'orientamento ed il collegamento e per evitare di svelare al nemico il movimento. L'organizzazione riguarda, in particolare: sistemazione della base di partenza possibilmente coincidente con una linea naturale del terreno, normale alla direzione di attacco ed alla minore distanza dalla posizione nemica; scelta degli obiettivi di plotone corrispondenti a particolari topografici, bene individuabili anche di notte, e di direzioni di attacco lungo vie naturali contraddistinte da punti caratteristici; scelta di una formazione raccolta e adozione di distanze e di intervalli contenuti; pianificazione del fuoco che consenta con le armi a tiro curvo la neutralizzazione del nemico anche mediante nebbiogeni e con le armi a tiro teso la delimitazione dei settori di attacco con impiego di proiettili traccianti cd il tiro attraverso corridoi di sicurezza negli intervalli od ai lati dei settori; accordi ed intese con l'artiglieria e con il genio molto stretti e minuti; preparazione minuziosa dell'azione (raccolta estesa di informazioni, studio delle fotografie aeree, ricognizioni notturne e diurne, preventivo orientamento dei quadri, prove effettuate di giorno e di notte su terreno simi le a quello dell'attacco, adozione di accorgimenti vari). L'azione si svolge di massima secondo i seguenti lineamenti: al termine della preparazione, la compagnia oltrepassa la linea di partenza e, con un movimento celere e continuo, facilitato dal lancio intermittente di artifizi illuminanti sulle posizioni nemiche, punta verso gli obiettivi, in stretta aderenza con lo spostamento del fuoco di artiglieria; a contatto con gli elementi avanzati ancora efficienti, la lotta si fraziona in singoli episodi in cui il valore e l'audacia acquistano preminenza; profilandosi il successo su di un tratto, il comandante della compagnia interviene con il rincalzo in profondità; il rastrellamento rinviato, di norma, a quando sia diponibile la luce diurna, è effettuato dal plotone o dai plotoni di rincalzo. La compagnia a presidio di un caposaldo minore. Il caposaldo minore di compagnia: ha struttura unitaria; si articola in centri di resistenza; è caratterizzato normalmente da dominio tattico della direzione da interdire, reattività di fuoco e di movimento
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a giro d'orizzonte, impenetrabilità, comando unico, autonomia tattica e logistica; dispone, nel suo interno, di un rincalzo organico per il contrassalto o per fronteggiare possibili infiltrazioni nelle cortine fra i caposaldi minori di compagnia; assume costituzione analoga a quella del caposaldo di battaglione con struttura unitaria; realizza le seguenti dimensioni: diametro 400-500 m, perimetro 1200-1500 m, superficie d'investimento 15+20 ha. La compagnia a presidio di un settore di caposaldo. Quando presidia un settore della fronte principale schiera: 4 centri di resistenza di plotone tutti avanzati sul margine esterno oppure tre avanzati ed uno arretrato; centri di fuoco delle armi di accompagnamento e controcarri, in genere arretrati; eventualmente un rincalzo organico o di formazione. Quando presidia il settore della fronte di gola schiera: 4 centri di resistenza di plotone fucilieri sul margine esterno del caposaldo; le armi di accompagnamento e controcarri in un primo tempo orientate ad intervenire sul fronte principale e successivamente inserite nell'organizzazione del fuoco della fronte di gola; realizza uno sviluppo perimentrale del settore dai 1500 ai 2000 m secondo il numero dei centri di resistenza avanzati. La compagnia a presidio di un caposaldo autonomo: costituisce gruppo tattico e dà vita ad un caposaldo che può assumere struttura unitaria o nucleare; il primo frequente nei terreni di pianura e di collina - ha caratteristiche pressoché uguali al caposaldo minore di compagnia inscritto in un caposaldo di gruppo tattico con struttura nucleare, ma è caratterizzato da proiezione in avanti dei mezzi di fuoco e, per quanto possibile, da maggiore sviluppo frontale e maggiore superficie d 'investimento; il secondo - al quale si fa ricorso nei terreni di montagna ed anche nei terreni non montani, ma rotti - si articola in caposaldi minori (due, tre o quattro) cooperanti dell'ordine del plotone; ha caratteristiche analoghe a quelle del caposaldo di battaglione con struttura nuclerare; realizza un diametro di 1200-1500 m, un perimetro di 4000-5000 me copre una superficie d'investimento di 145-155 ha. La condo/la della difesa, nel quadro della difesa ad oltranza. della compal(nia. La compagnia, durante la preparazione dell'attacco nemico, mantiene al riparo nei ricoveri personale e mezzi, lasciando in atto il servizio di vedetta; non appena il fuoco nemico s i sposta su obiettivi di secondo piano, assume il dispostivo completo di schieramento; a mano a mano che il nemico giunge a distanza di tiro efficace, svolge le azioni previste dal piano dei fuochi e quelle rese necessarie dalla situazione contingente, sviluppando il fuoco in maniera graduale e conferendogli la massima intensità nella fase d e l superamento del campo minato da parte del nemico; di notte e con la nebbia, apre il fuoco sulle direzioni od obiettivi di arresto automatico e sui settori di falciamento; arresta il nemico prima che giunga a distanza di assalto, agendo con le proprie armi e richiedendo l'intervento di tutto il fuoco possibile a favore dei tratti di maggiore importanza; si avvale dei contrassalti dei rincalzi di plotone contro gli elementi avversari che riescano a penetrare nei centri di resistenza; contrassalta con il proprio rincalzo allorché sia minacciato il tratto vitale del caposaldo di compagnia. In caso di attacco di mezzi corazzali, le armi controca rri della compagnia aprono il fuoco a brevissima distanza e a visione diretta; qualora i mezzi corazzati, sfuggiti al tiro controcarri, investano direttamente le difese, il personale e.lei centri avanzati cerca riparo entro le postazioni lasciando passare i mezzi stessi e riaprendo successivamente il fuoco contro le fanterie che seguono. Nel caso la compagnia venga investita da un'esplosione atomica, le forze superstiti svolgono le reazioni di fuoco e di movimento che la situazione consente, impiegando le armi superstiti al limite di gittata efficace; il rincalzo di compagnia e quelli di plotone, se efficienti, rinfor,:ano i centri di resistenza o di fuoco superstiti. La difesa in ambiente notturno richiede: intensificazione del pattugliamento; accurata organizzazione dell'ostacolo; valorizzazione della tecnica di agguato. La condotta della difesa di notte è il frutto della capacità reattiva dei singoli centri di resistenza dove assaltatori ed armi si distribuiscono compili e funzioni: contrappondendosi di norma, settore per settore, unicamente ad elementi avver sari similari, lasciando solo
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ai casi di oscurità assoluta (nebbia naturale o artificiale, pioggia battente, ecc.) l'attivazione delle direzioni e degli obiettivi di arresto automatico, su ordine specifico del comandante del reparto. La compagnia fucilieri nell'azione di ritardo e di logoramento nel quadro della difesa ad oltranza: può agire neli 'interno della posizione di resistenza e nella zona di sicurezza, eccezionalmente in tereni di pianura e di collina, più frequentemente in terreni montani; è, di massima, autoportata ed è sempre rinforzata con armi controcarri e, se possibile, con.carri e mezzi radio; sviluppa la sua azione in settori di ampiezza variabile in relazione al terreno e alla residua capacità combattiva e per profondità variabile a seconda che l'azione sia svolta a favore della posizione di contenimento (2 o 3 km) o in zona di sicurezza (max 10 km) e in relazione alle caratteristiche del terreno; si articola in posti di sbarramento, che distaccano, a loro volta, posti di osservazione ed allarme, pattuglie rilardatrici, eventualmente in un rincalzo con compiti di alimentazione. In terreni montani - vie di penetrazione facilmente individuabili dai fondi valle attestanti ad un valico o dalle dorsali interposte, il cui possesso sia indispensabile all'attaccante per sbloccare i solchi vallivi sottostanti - la compagnia schiera i posti di sbarramento lungo le valli in corrispondenza delle posizioni più forti ed economiche, impiega le pattuglie ritardatrici sulle dorsali per ritardare l'avanzata degli elementi nemici mediante resistenze reiterate su posizioni di ritardo scelte sfalsate in avanti in rapporto ai sottostanti posti di sbarramento. In terreni di pianura, la compagnia schlera. di norma, i posti di sbarramento a cavaliere di una rotabile ed impiega le pattuglie ritardatrici negli intervalli fra i posti di sbarramento, per ritardare e logorare il nemico e per facilitare, quando necessario, lo sganciamento dei posti di sbarramento mediante puntate di fuoco sui fianchi del nemico. Allorché l'azione di ritardo e di logoramento si trasforma in difesa a tempo determinato, i posti di osservazione e di allarme rientrano nei posti di sbarramento; questi ultimi si schierano sull'ultima linea di ritardo; le pattuglie ritardatrici, riunite o non, si dislocano a tergo dei posti di sbarramento per svolgere, unitamente all'eventuale rincalzo, azioni di contrassalto e puntate intese ad agevolare lo sganciamento dei posti di sbarramento stessi all'atto in cui questi devono ripiegare a tergo della posizione di contenimento o raggiungere comunque una zona di raccolta. La compagnia fucilieri nella manovra in ritirata: quando esegue inquadrata il ripiegamento, effettua il movimento retrogrado normalmente autotrasportata ed in una cornice di sicurezza organizzata al livello superiore, limitando le misure di sicurezza in proprio a quelle di autosicurezza contro guerriglie ri e sabotatori; quando inquadrata in un gruppo tattico che costituisca o faccia parte di uno scaglione di arresto, organizza un caposaldo autonomo oppure caposaldi di plotone e basa la sua azione sul fuoco a distanza, sull'ostacolo e su reazioni minute ed immediate, dirette ad impedire od eliminare infiltrazioni, svolte dal rincalzo di plotone; quando impegnata quale aliquota di uno scaglione ritardatore - che agisca entro un settore molto ristretto, su terreno che presenti limitazioni allo spiegamento del nemico ed alla percorribilità dei mezzi corazzati - è sempre autotrasportata, è rinforzata da elementi meccanizzati o da carri, nonché da mezzi controcarro e da pionieri ed agisce secondo i noti procedimenti dell'azione di ritardo e di logoramento; quando impiegata quale retroguardia di un gruppo tattico che ripieghi isolatamente, si schiera nuclearmente con il grosso delle sue forze su di una posizione retrostante a quella occupata dal gruppo tattico, distacca di massima tre posti osservazione ed allarme (ed eventualmente pattuglie) sulla posizione tenuta dal gruppo tattico per mantenere il contatto con il nemico e svolgere azione chiarificatrice, di sicurezza e possibilmnete di ritardo e conclude la sua azione, rompendo il contatto con l'avversario, dopo il guadagno del tempo prescritto, ricongiungendosi con il gruppo tattico. A fattore comune di quasi tutti compiti della compagnia nella manovra in ritirata, la rottura del contatto che può avvenire con o senza la pressione nemica. Nel primo caso, l'operazione presenta particolari difficoltà e la compagnia lascia le posizioni nella seguente successione: centri di resistenza arretrati, centri di re-
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sistenza avanzati meno un centro di fuoco, plotoni armi di accompagnamento, ultimi centri di fuoco avanzati, squadra cannoni senza rinculo da 57. 12 Stato maggiore dell'esercito. Ufficio dell'ispettore delle truppe corazzate. Pubblicazione n. 5415. Lineamenti d'impiego delle minori unità carri (n. 1250 della serie dottrinale). Roma, 1961. La pubblicazione, bozza di stampa, approvata dal generale ispettore Goffredo Fiore, ha il formato 18xl 1,5, consta di 202 pagine, 265 paragrafi, esclusi l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, la registrazione delle aggiunte e varianti e le appendici. Essa unifica ed abroga le pubblicazioni 1200 e 1300 della serie dottrinale, rispettivamente catalogate con il n. 5248 e 5388. Si riferisce essenzialmente alle minori unità carri delle divisioni corazzate, dei reggimenti di cavalleria a fisionomia carrista, ma è estensibile, con opportuni adattamenti, alle altre minori unità carri comunque inquadrate nelle grandi unità di fanteria ed a quelle dei reggimenti di cavalleria blindata. La pubblicazione è articolata in due parti: parte prima Generalità; parte seconda Le minori unità carri nel combattimento; contiene altresl tre appendici: n. 1 Le trasmissioni nelle minori unità carri (con due annessi); n . 2 Attribuzioni dei comandanti delle minori unità carri relative all'impiego del fuoco; n. 3 Gli ordini dei comandanti delle minori unità carri nell'allacco contro avversario in posizione. La parte prima - Generalità - consta di 9 capitoli: I Costituzione e caratteristiche; II Criteri generali d'impiego; III Formazioni ed evoluzioni (del plotone, della compagnia); IV Osservazione; V Sfruttamento dell'ambiente naturale; VI Fuoco e movimento; VII Cooperazione carri-fanteria; VIII Movimento. stazionamentn P. ricognizioni (movimento, stazionamento, ricognizioni); IX Il comandante. La parte seconda - Le minori unità carri nel comballimenlo - consta di 8 capitoli: X Compiti ed inquadramento; XI Ricerca e presa di contatto (dispositivo esplorante, dispositivo di sicurezza, avvicinamento); Xli Attacco (generalità, attacco contro avversario in posizione; attacco contro avversario in movimento); XII il plotone e la compagnia carri di rincalzo; XIV Completamento e sfruttamento del successo; XV Contrassalto e contrattacco; XVI Combattimenti temporeggianti (difesa a tempo determinato di una o più posizioni nell'ambito di uno scaglione di arresto; azione di ritardo e di logoramento nell'ambito di uno scaglione ritardatore; attacco con obiettivi limitati); XVIl Azioni particolari (combattimenti notturni; combattimenti nei boschi; combatti.m enti negli abitati). Il plotone carri è l'unita elementare del combattimento carrista ed è costituito da 5 carri (carro comando di plotone, 4 carri gregari riuniti stabilmente in due coppie); la compagnia carri è l'unità lattica fondamentale del combattimento carrista ed è costituita da comandante, plotone comando, 3 plotoni carri. L'impiego delle minori unità carri deve avere carattere offensivo, a massa, di sorpresa. L'impiego della armi a tomiche non influisce sensibilmente sui criteri e procedimenti di azione, peraltro richiede che le unità carri agiscano con formazioni e dispositivi di marcia e di sosta diradati quanto più possibile in relazione al compito, attuino misure protettive intese a ridurre gli effetti di eventuali offese atomiche nemiche, operino con spregiudicatezza allorché la loro azione sia volta a sfruttare l'effetto di esplosioni atomiche. Le formazioni delle minori unità carri sono: la colonna, la linea, il cuneo dritto, il cuneo rovescio, lo scalare (a destra od a sinistra); le formazioni di base sono la colonna e la linea. La razionale scelta della formazione costituisce una fondamentale premessa di successo nel combattimento delle unità carriste. Nella compagnia in colonna i plotoni sono disposti uno dietro l'altro ed i plotoni possono essere in colonna, a cuneo diritto; nella compagnia in linea, i plotoni sono affiancati approssimativamente alla stessa altezza, possono essere in colonna o a cuneo diritto; nella compagnia a cuneo diritto, i plotoni sono affiancati e quello centrale è avanzato rispetto agli altri due e possono essere in colonna o a cuneo diritto; nella compagnia a cuneo rovescio, i plotoni sono affiancati, quello centrale è arretrato rispetto agli a ltri due, e possono essere in colonna o a cuneo diritto; nella compagnia a scalare, i plotoni sono affiancati, ma sfalsati in profondità l'uno rispetto all'altro e possono essere a cuneo diritto o due a cuneo ed uno a scalare.
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L'ossservazione delle unità carri deve essere rivolta al terreno, al nemico, alla propria unità ed è assicurata personalmente dai comandanti mediante l'assegnazione di un settore di osservazione a ciascun carro da parte del comandante di plotone o a ciascun plotone da parte del comandante di compagnia. I settori di osservazione debbono essere mantenuti costantemente in atto; essere automaticamente variati in relazione al cambiamento di formazione; non escludono, sempre che possibile, l'osservazione a giro di orizzonte. Le minori unità carri debbono sfruttare nel migliore modo possibile l'ambiente naturale. Da qui l'importanza della conoscenza e della valutazione dell'ambiente naturale. La valutazione deve condurre all"apprezzamento delle facilitazioni e delle limitazioni che il terreno e le condizioni meteorologiche del momento esercitino ai fini del movimento su strada e fuori strada, dello spiegamento dei carri, del fuoco, dell'osservazione. dell'occultamento e della sicurezza. Dalla valutazione deriva lo sfruttamento dell'ambiente naturale il quale consiste nel trarre il massimo vantaggio da tutte le condizioni favorevoli e nell'attenuare, con adeguati provvedimenti tattici e tecnici, gli effetti delle limitazioni. Il fuoco è il principale mezzo di azione del carro. Il movimento è in funzione del fuoco, nel senso che serve a portare celermente a distanza ed in posizione utili per il tiro le bocche da fuoco dei carri. Direzioni, formazioni e celerità del movimento obbediscono al criterio di rendere il fuoco quanto più efficace possibile. L'alternanza di fuoco e movimento si esplica, di norma, in modo che venga eseguita un'azione alla volta: o di fuoco o di movimento. Gli sbalzi da una posizione di fuoco ad un'altra più avanzata possono essere successivi (allorché i carri in movimento si arrestano alla stessa altezza dei carri che li hanno preceduti) o alternati (allorché i carri si arrestano dopo aver sopravanzato i carri che li hanno preceduti). Nell'ambito del plotone l'alternanza del fuoco con il movimento si effettua: o con la totalità dei carri, o per coppie di carri; nell'ambito della compagnia l'alternanza fuoco-movimento si effettua, di norma, mediante sbalzi successivi o alternati dei singoli plotoni. Allorché la minore unità carri giunge a 300-400 m. dall'obiettivo, i carri puntano su di questo interrompendo di massima l'alternanza di fuoco e di movimento e facendo uso delle mitragliatrici di bordo (assalto carrista). L'efficacia del fuoco è in funzione della capacità d'intervento, della giustezza del tiro, della concentrazione e manovrabilità, della direzione e formazione adottate, del tipo di munizionamento impiegato. Le minori unità carri costituiscono: elemento di forza. quando l'azione è essenzialmente impostata su di loro; elemento di rinforzo, quando esse sono impiegate essenzialmente per integrare l'azione principale che viene svolta dalla fanteria La distinzione comporta due differenzi compiti e perciò due differenti forme di cooperazione. Nella prima forma: i carri possono esplicare tutte le loro possibilità di fuoco, movimento e manovra; la loro azione è integrata da quella della fanteria il cui compito principale è quello di cooperare con i carri e per i carri. La fanteria: forza o rimuove gli ostacoli anticarro, concorre alla distruzione o neutralizzazione delle armi controcarri, protegge i carri dalle offese ravvicinate di cacciatori, guerriglieri, sabotatori, ecc.; precede i carri nell'attacco quando è necessario oppure fissa il nemico con il fuoco per consentire ai carri di avvolgerlo, rastrella e consolida gli obiettivi, costituisce quando necessario perni di manovra a vantaggio dei carri. Nella seconda forma: l'azione principale è svolta dalla fanteria; i carri agiscono per la fanleria e con la fanteria accompagnandone con il fuoco l'avanzata, proteggendola con il fuoco e con la manovra contro attacchi di carri nemici, precedendo talvolta le unità di fanteria nell'attacco (specie nelle fasi conclusive). L'organizzazione del movimento e dello stanziamento riveste importanza basilare per le unità carri, le cui marce, eccetto che nelle situazioni di assoluta superiorità aerea, si svolgono di notte. Prima di dare inizio al movimento occorre procedere all'approntamento (operazioni di carattere tecnico riferite ai mezzi) dell'unità ed all'organizzazione della marcia. Per quanto concerne la velocità di marcia e le distanze, i valori
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medi adottati sono generalmente: velocità 20-25 km/h di giorno, 10-15 km/h di notte; distanze: valori non inferiori a 50 m tra carro e carro di giorno e valori inferiori di notte o in condizioni di scarsa visibilità. La regolare esecuzione della marcia è basata anche, oltre che sull'organizzazione del movimento, sull'addestramento del personale, sull'applicazione delle norme che regolano la tecnica del movimento, sulla rigida disciplina, sul controllo costante da parte di ciascun comandante. In caso di allarme aereo, la minore unità carri isolata deve, se possibile, uscire dalla sede stradale per sostare in vicine zone d'ombra o coperte; in caso di attacco aereo di sorpresa, è conveniente aumentare le distanze e reagire a l tempo stesso con le mitragliatrici contraerei; contro le insidie terrestri, l'unità reagisce con il fuoco di chi per primo è impegnato dando cosi modo aJ comandante della minore unità di valutare la situazione e di fare intervenire, se necessario, le rimanenti forze. Durante le brevi fermate (fermata di 15 minuti dopo la prima mezz'ora di marcia e di 20 minuti dopo 2 ore di marcia), i carri sostano sul margine della strada, vengono mantenute le misure di sicurezza, vengono effettuati i prescritti controlli d'ordine tecnico; durante le lunghe fermate, di nonna effettuate fuori strrada: i carri sono occultati o mascherati e non dispos ti in formazione geometriche, gli automezzi adibiti al trasporto dei carburanti e munizioni sono separati il più possibile, gli equipaggi riposano nelle immediate vicinanze dei carri, vengono effettuati lavori di protezione, vengono adottate misure di sicurezza contro le offese aeree e terrestri, i carri sono tenuti in condizioni di muovere e di defluire ordinatamente e rapidamente. Nello stazionamento sono di preminente importanza la scelta della zona, nonché la sua ripartizione e tutte le altre predisposizioni riguardanti la sicurezza, la disciplina, la durata delle soste, ecc.. li successo delle minori unità carri in combattimento dipende dalla capacità del comandante e dal grado di addestramento del personale. li comandante delle minori unità carri è responsabile della preparazione tecnica e tattica dei suoi uomini; cura l'efficienza dei carri e ne segnala tempestivamente le deficienze e le inefficienze; educa gli equipaggi ad un elevato senso di collaborazione reciproca; dirige e regola l'azione del suo reparto. Egli deve possedere spiccate doti fisiche, morali e professionali. I comandanti di compagnia e plotone, allorché inseriti nei complessi tattici direttamente (vale a dire non per il tramite del comando dell'unità carri superiore) debbono sviluppare un'attività non solo esecutiva, ma anche attivatrice e promotrice. Le fasi del combattimento offensivo e difensivo nelle quali le minori unità carri possono essere impiegate sono: la ricerca e la presa di contatto, l'avvicinamento, l'attacco contro avversario in posizione, l'attacco contro avversario in movimento, il completamento e sfruttamento del successo, il contrassalto e contrattacco, i combattimenti temporeggianti (nelle forme di azione ritardatrice, difesa di una posizione a tempo determinato, attacco con obiettivi limitati). In ciascuna di tali fasi una minore unità carri può essere impiegala isolata, oppure inserita in un complesso tattico, oppure inquadrata nell'unità carri immediatamente superiore. Nella ricerca e presa di contatto una minore unità carri può essere impiegata in un: dispositivo esploranle per concorrere alla costituzione delle pattuglie esploranli, costituire o concorrere a costituire i distaccamenti esploranti, quale aliquota della riserva; dispositivo di sicurezza nell'avanguardia, nei distaccamenti fiancheggianti, nella retroguardia, in un sislema di sicurezza in s tazione. ln avvicinamento la minore unità carri segue modalità immutabili (compiere i movimenti celermente, sottrarsi all'osservazione aerea e terrestre del nemico, risparmiare l'energia fisica degli equipaggi, aprire istantaneamente il fuoco contro improvvise azioni avversarie) e variabili in funzione della possibilità e convenienza di effettuare soste su di una base di partenza o su di una zona di dislocazione iniziale, dell'esistenza o non di forze amiche a contatto con l'avversario, delle condizioni di inquadramento. Il movimento di avvicinamento può essere: per il plotone continuo oppure a sbalzi da posizione a posizione, per la compagnia continuo, a sbalzi di tutta la compagnia o a sbalzi di plotone (alternati o successivi) da posizione a posizione. Modalità particolari di avvicinamento debbono essere
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seguite secondo che la minore unità carri, inserita in un complesso tattico, coesista e cooperi con una unità inferiore o analoga, oppure con una unità superiore, vale a dire a seconda che l'unità carri sia l'elemento di forza o l'elemento di rinforzo. L'attacco può essere condotto: contro avversario in posizione; contro avversario in movimento su terreno libero. Nel primo caso: si tratta in genere di posizione scarsamente organizzata a difesa; non è da escludere che, in azioni condotte con l'impiego di armi atomiche, la minore unità carri faccia parte di un complesso di forze corazzate operanti contro avversario mediamente organizzato a difea. L'unità carri inizia l'attacco, dopo aver sostato in zona di attesa o sulla base di partenza (attacco organizzalo) oppure sboccando direttamente nell'attacco da una situazione di movimento (attacco d'incontro). All'unità carri sono assegnati: compito, obiettivo di attacco e quello eventuale, direzione di attacco, eventualmente settore di azione, zona di raccolta. L'attacco contro avversario in posizione obbedisce ai seguenti criteri di ordine generale: non trascurare ogni possibilità di orientamento sul terreno e sull'avversario; sfruttare il terreno ai fini del movimento, del fuoco e dell'occultamento; variare le formazioni adattandole alle necessità dell'osservazione, del fuoco e del movimento; impiegare il fuoco il più unitariamente possibile; coordinare correttamente il fuoco con il movimento; deviare dalla direzione di attacco prefissata solo se esigenze imprescindibili di situazione o di terreno rendano necessaria tale decisione; tener sempre presenti le necessità imposte dalla cooperazione con i bersaglieri; prevedere sempre di dover fronteggiare controttacchi; evitare, finché possibile, di addentrarsi in profonde cortine nebbiogene create dal nemico e, comunque, uscirne sempre in formazione aperta; materializzare tempestivamente il successo mediante un conclusivo assalto carrista. Le modalità organizzative ed esecutive variano a seconda che le minori unità carri operino isolate, inserite in complessi tattici, inquadrate in unità carri di ordine superiore. I criteri informativi dell'azione di una minore unitit carri isolata sono: iniziare il fuoco al limite di gittala efficace; impostare l'azione sulla efficacia del fuoco e sulla combinazione della direzione di attacco con la formazione, al fine di realizzare l'avvolgimento o l'aggiramento oppure l'accerchiamento dell'avversario; concludere l'attacco con l'assalto carrista. L'attacco deve essere iniziato con la formazione in linea per poi passare gradatamente alla formazione a cuneo rovescio ed a scalare. Se l'unità carri, pur operando isolatamente, è rinforzata con elementi bersaglieri, questi possono essere impiegati o per fissare frontalmente il nemico oppure per seguire da vicino i carri per la difesa ravvicinata contro i cacciatori di carri, la rimozione di mine sparse, la neutralizzazione di armi controcarri, ecc.. Per la minore unità carri inserita in un complesso tattico - il che costituisce la norma nell'attacco contro nemico in posizione - compiti, modalità di azione e forma di cooperazione con i bersaglieri variano secondo la funzione di forza o di rinforzo affidata ai carri in seno al complesso tattico corazzato ed a seconda del livello della unità: compagnia o plotone. La compagnia carri può operare, nell'ambito di un gruppo tattico, in cooperazione con una unità di fanteria meccanizzata di ordine superiore, pari od inferiore. I possibili lineamenti dell'azione, nel caso di cooperazione con unità di fanteria meccanizzata di ordine superiore, sono: l'unità di fanteria meccanizzata si porta sulla base di partenza, mentre la compagnia carri rimane di solito su di una posizione arretrata; nell 'imminenza dell'attacco, il comandante della compagnia carri raggiunge una posizione più avanzata, scelta in genere su di un'ala dello schieramento della fanteria; durante la prima fase dell'attacco, i carri, schierati possibilmente a scafo sotto sulla posizione iniziale, accompagnano con il fuoco l'unità di fanteria meccanizzata; allorché il progredire dell'attacco renda impossibile o poco efficiente l 'azione di fuoco, i carri, normalmemte a sbalzi di plotone, avanzano su posizioni più ravvicinate all'obiettivo; i carri non si devono trasformare in basi di fuoco fisse, devono agire contro obiettivi imprevisti ed essere in condizioni di fronteggiare con il fuoco e la manovra minacce rivolte ai fianchi della unità di fanteria meccanizzata, intervenire con il fuoco anche nei settori laterali e sostenere, eventualmente, con puntate controffensive la fanteria mecca-
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nizzata nel caso in cui, fallito l'attacco, essa debba sganciarsi e ripiegare; non appena aperti i varchi ed eliminate le anni controcarri più pericolose, i carri puntano in concomitanza con la fanteria meccanizzata sugli obiettivi oppure, se non esistano altri campi minati sino agli obiettivi, aggirano con un'aliquota di fanteria meccanizzata al seguito al largo della posizione attaccata e proseguono l'azione in profondità su altri obiettivi, presumibilmente meno protetti da difesa controcarri; raggiunto l'obiettivo, la compagnia carri conclude l'azione, di massima, con il raggiungimento di una zona di raccolta. La compagnia carri in cooperazione con una compagnia di fanteria meccanizzata opera contro una organizzazione difensiva priva, o quasi, di campi minati e di una forte difesa controcarri. L'azione, sempre impostata su concetti e procedimenti estremamente semplici, si concreta in un attacco lungo un'unica direzione con la compagnia carri avanzata oppure in un attacco per avvolgimento. Lineamenti dell'attacco lungo un'unica direzione con carri avanti: la compagnia carri avanza in formazione di avvicinamento preceduta dai propri elementi di esplorazione; quando questi sono costretti ad arrestarsi, la compagnia carri li supera e continua ad avanzare adattando la sua formazione e, se necess<1-rio, assumendo subito una formazione di attacco; ad una distanza dall'obiettivo che può variare dai 1500 ai 1000 m, la compagnia carri, appoggiata dall'artiglieria, inizia ad alternare fuoco e movimento, di massima a sbalzi di plotone; la fanteria meccanizzata avanza a bordo dei propri mezzi, tenendosi inizialmente a circa 400 m dai carri e riducendo tale distanza a mano a mano che i carri serrino sull'obiettivo; durante l'avanzata, la compagnia carri muove di massima in linea con i plotoni ampiamente intervallati e distrugge o neutralizza con il fuoco qualsiasi obieuivo visibile o noto; a distanza di 300-400 m dall'obiettivo, l'artiglieria continua l'appoggio o passa ad azioni d'interdizione, la fanteria meccanizzata scende dai mezzi costituendo basi di fuoco solo se necessario, i carri irrompono senza più fermarsi sull'obiettivo e lo superano di slancio per disporsi temporaneamente al di là di esso o per proseguire eventualmente l'azione su altro obiettivo. Lineamenti dell'attacco per avvolgimento. L'attacco per avvolgimento si concreta nel fissare !"avversario con il fuoco della fanteria meccanizzata e dell'artiglieria e nell'avvolgerlo ed investirlo con il fuoco della compagnia carri su di un fianco o sui fianchi od eventualmente sul tergo. Esso si fonda essenzialmente sull'azione manovrata e di fuoco della compagnia carri e sull'azione prevalente di fuoco della fanteria meccanizzata. Di massima la compagnia carri sbocca da una linea di partenza (che segna l'inizio dell'azione avvolgente) quando la fanteria meccanizzata ha già iniziato l'azione frontale, raggiunge al più presto il contatto balistico con l'avversario e quindi procede nell'attacco con le modalità solite sino a concluderlo con l'assalto carrista. Per quanto concerne la formazione: se l'avvolgimento si esplica a raggio molto breve, la compagnia può già implicitamente realizzarlo adottando una formazione a scalare, altrimenti le formazioni iniziali più ricorrenti sono quelle a cuneo diritto o a cuneo rovescio. La compagnia carri in un complesso tattico corazzato con prevalenza di carri. Una dosatura siffatta - prevalenza di carri - viene adottata nel quadro di una situazione generale molto fluida, che consenta appunto l'impiego di complessi tattici così costituiti e che si possa sviluppare con l'insieme di complessi che, inizialmente in secondo scaglione, proseguano in profondità l'azione iniziata dai gruppi tattici in primo scaglione. L'azione, condotta a ritmo serrato, si basa essenzialmente sull'impiego dei carri, mentre la cooperazione fanteria meccanizzata-carri si concreta in una intima combinazione degli sforzi dei due elementi. Di massima, il gruppo tattico in secondo scaglione, muovendo da una retrostante zona di dislocazione iniziale: supera di slancio le basi di partenza del gruppo tattico che l'ha preceduto; penetra attraverso i varchi realizzati nella fase precedente; ricompone il proprio dispositivo; attacca l'obiettivo lungo la direzione di attacco assegnata. :è impossibile prevedere tutte le molteplici situazioni che, nel corso dell'attacco, richiedano la intima combinazione carri-fanteria meccanizzata. Le più probabili sono: la compagnia carri sosta sulla zona di attesa o sulla zona di dislocazione iniziale prima di iniziare l'azione, mentre la fanteria meccanizzata provvede alle misure di sicurezza ed alla difesa ravvicinata; i carri
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attraversano zone infestate, o presunte tali, da cacciatori di carri: la fanteria meccanizzata previene l'offesa od a questa reagisce con il fuoco; mine sparse ritardano la progressione dei carri: la fanteria meccanizzata, che precede i carri, le rimuove protetta dal proprio fuoco e, se necessario, da quello dei carri; i carri incontrano zone minate impreviste: la fanteria meccanizzata ne protegge con il fuoco lo sganciamento; i carri non possono distruggere o neutralizzare una pericolosa arma controcarri avversaria per la natura della sua postazione: la fanteria meccanizzata l'attacca, possibilmente su di un fianco, accompagnata dal fuoco dei carri che, non appena l'arma è neutralizzata, muovono verso la postazione per completarne la distruzione; i carri sorprendono con il fuoco ed assaltano elementi appiedati avversari: la fanteria meccanizzata seguè sui mezzi e, appiedando solo se necessario, completa la distruzione o rastrella; i carri non individuano obiettivi da battere: la fanteria meccanizzata li indica ad essi con modalità prestabilite. Criteri di massima: il comandante della compagnia carri dirige e controlla l'azione della fanteria meccanizzata per il tramite del comandante di questa; è conveniente impiegare la fanteria meccanizzata unitariamente, specie quando è rappresentata da un plotone rinforzato o da più di un plotone; non conviene articolare le forze in nuclei dell'ordine plotone carri-squadra assaltatori, se non quando siano difficili da realizzare il contatto a vista ed il reciproco appoggio oppure debbano essere costituiti elementi di sicurezza; la fanteria meccanizzata avanza il più possibile a bordo dei propri mezzi, in linea con i carri o al loro immediato seguito, lascia i mezzi quando costrettavi dal fuoco nemico oppure quando deve agire appiedata; allorché sia necessario, essa può montare sui carri; durante l'attacco e l'assalto: precedono i carri contro mezzi similari, anni automatiche, reticolati, mine anti-uomo, fanteria scarsamente organizzata a difesa oppure precede la fanteria contro solide postazioni controcarri, oppure fanteria meccanizzata e carri muovono insieme in zone coperte, contro lavori difensivi campali, contro difese controcarri non protette, nei casi di scarsa visibilità.
CAPITOLO
LXIII
LA SERIE DOTTRINALE 700 (Parte prima). 1. Origine della serie 700. 2. Generalità sulle operazioni. 3. La battaglia offensiva. 4. La battaglia difensiva: la manovra di arresto. 5. La battaglia difensiva: la manovra di logoramento. 6. La battaglia difensiva: la manovra in ritirata. 7. La circolare J0.21CY221.82: l'impiego della brigata di fanteria. 8. La circolare 10.4()(Y221.82: spunti ed ammaestramenti tratti dalle esercitazioni dell'anno 1965. 1.
La serie dottrinale 600 - una delle tappe più importanti e significative del pensiero militare dell'esercito italiano - ebbe vita breve. Dopo poco più di sette anni dalla comparsa de ll a prima bozza della m emoria 600, lo stato maggiore dell'esercito dec ise di procedere ad un completo riesame e ad una integrale rielaborazione della materia, sparsa in cinque pubblicazioni (600,601,610, 620, 4620), essendo venuti meno alcuni dei presupposti sui quali essa si era basata ed essendosi verificata una notevole disarmonia tra l'azione offensiva e quella difensiva: la prima riferita all'ambiente di larga disponibilità atomica della 4620, la seconda rimasta legata all'ambiente di limitata disponibilità atomica della memoria 600. Quali i presupposti venuti meno? Quali le conseguenze della disarmonia tra l'offensiva e la difensiva ? Non sarebbe stata più opportuna e conveniente la strada dei ritocchi e degli aggiustamenti che avrebbero salvaguardato la sopravvivenza di una dottrina di affermato prestigio e di conseguita assimilazione? Dal 1956 al 1963 - anno questo ultimo in cui venne diramata la pubblicazione Impiego delle grandi unità complesse 1 capostipite della serie dottrinale 700 - la strategia della N.A.T.O., ancorché tramontata la fase del deterrente unilaterale, rimase quella della risposta massiccia (massive retaliation), a nche se la sua validità e credibilità erano venute progressivamente scadendo. Negli stessi Stati Uniti, che ne erano stati convinti sostenitori negli anni cinquanta, erano in corso da tempo dibattiti e discussioni p er la ricerca di una formula stra-
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tegica meno rigida e più credibile. Furono il presidente John Kennedy, che assunse la carica nel 1961, il suo segretario di Stato, Robert McNamara, ed il nuovo presidente del comitato dei capi di stato maggiore, generale Maxwell Taylor2, che trasferirono il dibattito sul piano ufficiale e vennero via via elaborando la teoria della strategia della risposta flessibile (flexible reaction) che la N.A.T.O. farà propria solo nella tarda metà degli anni sessanta. Se la concezione della risposta massiccia era rimasta ferma, era però mutato il valore nei rapporti di potenza tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica e questa ultima aveva raggiunto, od era sul punto di farlo, la parità nucleare con gli Stati Uniti. A prendere atto per prima di tale mutamento era stata la circolare 4620 che aveva ipotizzato quattro ambienti operativi - di larga o limitata disponibilità atomica, convenzionale in cui incomba la minaccia nucleare, esclusivamente convenzionale - in luogo dei due della serie 600. In pratica la 4620 aveva già messo in discussione la bivalenza della serie 600 e non solo per l'avvenuto mutamento dei rapporti di potenza tra le due superpotenze, ma anche per il processo di creazione di una vasta gamma di potenze degli ordigni nucleari nella ricerca di valori di efficacia unitaria sempre maggiori e di una sempre più spinta miniaturizzazione dell'esplosivo nuclerare con la conseguente crescita delle opzioni nucleari in campo tattico. Un altro presupposto della 600 venuto a modificarsi era quello dello strumento disponibile, il quale aveva subito notevoli miglioramenti rispetto agli anni cinquanta in fatto di armi e di mezzi e, conseguentemente, di ordinamento e di organici. La disarmonia tra la serie 600 e la circolare 4620 aveva:, inoltre, determinato una frattura nella coerenza di pensiero ed incertezze e confusioni nella prassi scolastica e addestrativa. Nel caso di guerra con larga disponibilità nuclerare - poco felicemente tradotta nella 700 in disponibilità illimitata in campo strategico e tattico - il ruolo delle forze classiche si sarebbe potuto addirittura invertire rispetto a quello delle forze nuclerari: le prime, fungendo da supporto delle seconde e relegate allo sfruttamento degli effetti del fuoco nucleare. I mutamenti ordinativi ed organici nell'ambito dell'esercito italiano erano già in corso di sviluppo nel 1962, mediante l'approvvigionamento di armi e mezzi tecnicamente più moderni e la loro graduale introduzione in servizio, l'adozione dell'articolazione in brigate delle divisioni corazzate e meccanizzate, il livello di collocazione più basso delle armi di sostegno della fanteria ed il migliorato grado di potenza di fuoco e di mobilità tattica acquisite, od in procinto di esserlo, dalle forze di campagna e da quelle della
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difesa interna. La strada dei ritocchi, ipotizzata in tempi successivi, a posteriori in un articolo del 1974 della Rivista Militare3 era stata presa in considerazione, seguita per la 601 , la 14 000 e la 4620, ma venne scartata nel 1962 perché ritenuta impraticabile, stante il nuovo e diverso quadro della guerra e le conseguenze delle nuove realtà che modificavano profondamente le concezioni delle operazioni e delle modalità di azione ad essa appropriate. Promotore della rielaborazione della dottrina fu il generale Aloia4 che fissò sia i criteri sui quali condurre il lavoro sia la metodica da seguire. Egli dette mandato al capo della sezione regolamenti, allora ancora inserita nell'ufficio addestramento e regolamenti, di dirigere un gruppo di lavoro che procedesse alla rielaborazione della· dottrina nel segno di una conseguenziale continuità di pensiero, introducesse idee e concezioni innovatrici salvaguardando, dovunque e comunque possibile, tutto ciò che potesse esservi ancora di valido nel contenuto e nella terminologia della serie 600. Il lavoro ebbe inizio nel giungo 1962 e venne condotto nell'ambito della sezione regolamenti dell'ufficio addestramento dello stato maggiore dell'esercito fino al marzo 1963; quindi, dall'aprile 1963, proseguito in quello del neo istituito ufficio regolamenti. Alla rielaborazione concorsero, per incarico affidato loro ad personam, anche due generali di corpo d 'armata (uno in servizio e uno in ausiliaria), l'uno all'insaputa dell'altro, ed entrambi non noti fino al termine del lavoro ai componenti del gruppo ad hoc creato nell'ambito della sezione e poi dell'ufficio. I due generali, a mano a mano che ricevevano i vari elaborati del gruppo, li esaminavano, li annotavano, li criticavano e suggerivano modifiche ed aggiunte o obbliterazioni riconsegnandoli al generale Aloia. Questi, presa visione delle varie osservazioni, riconsegnava gli elaborati e le annotazioni dei due generali al capo sezione regolamenti (poi capo ufficio regolamenti) lasciando libero il gruppo di lavoro di accogliere o non le proposte, ma esigendo le motivazioni dei rifiuti ed avocando a sé la decisione finale. Accadde talvolta che su di una determinata questione emergessero tre tesi contrastanti, ma ciò giovò non poco ad un approfondimento critico dell'intera dottrina ed a scelte ponderate e prudenti. Quando, nel giugno 1963, la bozza della pubblicazione fu completata, il generale Aloia la sottopose all'esame del comandante delle F.T.A.S.E., del comandante designato della 3a armata, dei comandanti dei C.M.T. di regione e di corpo d'armata, degli ispettori d'arma e del comandante della scuola di guerra, invitandoli ad esprimersi sul merito e sulla struttura della pubblicazione ed a for-
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mulare eventuali proposte di modifiche, anche sostanziali, nei riguardi di tutto ciò che ritenessero di dover contestare. Tutti, indistintamente, si espressero positivamente, alcuni in toni entusiasti, ed offrirono una collaborazione convinta ai fini di una migliore messa a punto di taluni argomenti. Il comandante della scuola di guerra, generale Raffaele Caccavale5, chiese ed ottenne dal generale Aloia di poter discutere talune questioni in riunioni da tenere presso il comando della scuola con il capo ufficio regolamenti ed il capo del gruppo di lavoro. Prima ancora della diramazione ai comandi ed e nti, la pubblicazione venne presentata in antevisione al capo di stato maggiore della difesa ed al comandante delle forze alleate del sud Europa (CINCSOUTH) che espressero, per iscritto, il loro apprezzamento. Fu questo il motivo per il quale la pubblicazione, che negli intendimenti iniziali del generale Aloia avrebbe dovuto vedere la luce in veste di bozza di stampa, venne invece diramata senza tale riserva cautelativa. La 700, dunque, ancorché non sottoposta al vaglio preventivo dei cicli sperimentali della serie 600, poté avvalersi di un contributo critico quanto mai esteso e qualificato. Nell'estate 1964, alcuni aspetti della nuova concezione difensiva - peculiarmente quelli riguardanti la difesa mobile a tergo della posizione di resistenza da parte di una divisione corazzata trovarono campo di esperimentazione nella esercitazione Corazza alata Ila, alla quale presenziarono i capi di stato maggiore della difesa e dell'esercito e, all'episodio conclusivo, il presidente della repubblica ed il ministro della difesa. Il collaudo sortì esito positivo come poi attestarono anche le relazioni del comandante designato del la 3 a armata, del comandante del V corpo d 'armata e dei comandanti delle unità che avevano preso parte alla esercitazione. Nella elaborazione della nuova dottrina, il gruppo di lavoro studiò in primo luogo la normativa per la difensiva in vigore presso gli altri eserciti della N.A.T.O., in particolare quelli statunitense, francese e tedesco-occidentale, e la dottrina offensiva di quello sovietico; le confrontò con la serie dottrinale 600 e di questa selezionò i criteri e le modalità ancora validi; decise di estendere il contenuto della pubblicazione anche alle forme di manovra del tutto estranee al problema operativo naziona le per dare un quadro generale delle operazioni. Questo ultimo criterio mutò la natura della pubblicazione: obiettivo della serie 600 era stato di costituire una m emoria per i comandanti e per i loro stati maggiori ai fini della soluzione del problema difensivo nazionale, quasi una traccia cioè per il piano operativo; obiettivo della 700 fu quello di redigere un manuale, un testo-guida, utile an-
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che alJe scuole ed ai quadri, al fine di consentire alle une e agli altri di avere davanti agli occhi l'impianto strategico generale di un eventuale conflitto futuro che si prevedeva sarebbe stato caratterizzato da pluralità di manovre e di procedimenti di azione in relazione alle diverse situazioni ed ai diversi momenti operativi. La 700 prese anche la veste tipografica del manuale anziché quella tradizionale del regolamento. Una dottrina che circoscrivesse l'esame alla sola situazione contingente, prescindendo dalle istanze dei teatri di operazione contigui - fu scritto nell'articolo ufficioso di presentazione sulla Rivista Militare6 - risulterebbe ormai troppo angusta e potrebbe provocare una cristallizzazione di idee inammissibile in un 'epoca di alleanze intercontinentali e di concezioni politiche (e strategiche) in continuo divenire. Da qui la trattazione anche della manovra di logoramento, della quale la circolare 14 000 aveva fatto un vago cenno la manovra in ritirata fine a sé stessa - del tutto inapplicabile al caso italiano e della mann,va in ritirata che la stessa 700 escluse di fatto dalle forme di manovra praticabili nello scacchiere nord-orientale italiano. La memoria 600 aveva previsto la difesa ad oltranza di una prima posizione difensiva e, se necessario, una successiva manovra in ritirata a premessa di una difesa ad oltranza da reiterare su di una seconda posizione. La 700, pur non negando la possibilità di una posizione difensiva arretrata, ne taglia ogni legame con la prima e ne attribuisce l'occupazione ed il presidio a forze distinte e diverse da quelle della prima posizione. La difesa dell'Italia è e resta impostata, senza riserve mentali, sulla manovra d'arresto da concepire, organizzare e condurre il più avanti possibile nel territorio nazionale. Manovra d'arresto che ricerca, più che nel passato, la conclusione favorevole nell'ambito della prima posizione difensiva, alla quale, proprio a tale fine, vengono conferiti valori di profondità più che doppi rispetto a quelli finora previsti7. E questa - scomparsa della manovra in ritirata e sua sostituzione con il ricorso alla combinazione in profondità, uno in prosecuzione dell'altro, di due diversi procedimenti di difesa, da condurre con forze distinte e diverse su due fasce di manovra successive fu l'innovazione più significativa introdotta dalla 700 sul piano strategico. La conoscenza diretta che abbiamo di come fu impostata e condotta la rielaborazione della dottrina e della metodica alla quale si attenne lo stato maggiore ci ha consentito un'esposizione particolareggiata utile ai fini di una valutazione oggettiva della pubblicazione e soprattutto del suo contenuto. Molti dei rilievi, quasi tutti postumi,
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mossi alla 700, anche da alcuni che avevano avuto modo e tempo di sollevare prima tutte le obiezioni che fecero dopo, derivarono dalla insufficiente conoscenza delle origini e delle motivazioni della pubblicazione e dalla mancanza di precisi riferimenti al periodo in cui essa venne elaborata, il quale sottraeva certezza ad ogni tesi politicostrategica, di strategia e di tecnica militare. Era, tra l'altro, il periodo in cui i sovietici preconizzavano inevitabile una guerra nucleare illimitata, una volta che fosse esploso il primo ordigno nucleare tattico. L'accettazione della distinzione dei quattro ambienti operativi, propria della 4620, compreso quello della limitata disponibilità nucleare che contraddiceva la nuova situazione di larga disponibilità di entrambe le parti, lasciò aperta la strada al passaggio dalla strategia della risposta massiccia a quella della risposta flessibile, o delle opzioni multiple (multiple options), e cioè dell'impiego dissuasivo di tutti gli elementi costitutivi del potenziale militare, a cominciare dalle forze convenzionali, per raggiungere scopi politici senza l'effettivo concorso delle armi nucleari, anche se queste resteranno nella nuova strategia minacciose dietro le quinte e ne sarà ipotizzato, a fini dissuasivi, l'impiego limitalo e dosalo. La trattazione di forme di manovra non praticabili dall'esercito italiano sul territorio nazionale, e di quella di logoramento che la stessa 700 intese rifiutare, sarebbe senza dubbio quanto meno superflua in una pubblicazione che non fosse un manuale. Essa rende più estesa e complessa la pubblicazione e non ne agevola la rapida assimilazione dei principi, dei criteri e dei procedimenti e deve, invece, esporre il processo mentale e culturale dal quale essi derivano. Lo scopo del manuale fu anche quello di mettere in evidenza quanto fosse divenuta variegata la guerra e quanto complesse e difficili le operazioni militari in un mondo diviso ideologicamente , nel quale parecchie concezioni, che prese in sé avevano punti in comune, raggiungevano conclusioni differenti, quando non opposte. Alcune scelte della 700, a cominciare da quella del manuale, possono essere opinabili, ma non furono senza ponderate motivazini. Non si può, peraltro, non riconoscere che la pubblicazione ebbe le sue pecche, come del resto quasi tutti i prodotti dell'intelligenza umana, ma non si possono negare né la sua aderenza alla realtà politica e militare del momento, né la sua conformità agli intendimenti voluti, né soprattutto la sua derivazione dal processo logico della serie 600 e, in particolare, della 4620. Essa non interruppe la continuità del pensiero militare italiano ma, nel complesso, ne fu il conseguenziale sviluppo evolutivo.
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Dalla possibilità di formulare una scala della maggiore o minore probabilità di uno o dell'altro tipo di un eventuale conflitto futuro, la 700 deduce il superamento della bivalenza della dottrina 600 ed intende conferire alla dottrina carattere di duttilità: sebbene il potenziale nucleare dei due blocchi antagonisti consenta che un conflitto si inizi e si sviluppi come conflitto nucleare, ed altresì che le operazioni in campo strategico e/o tattico vengano condotte - almeno nei settori di maggiore interesse - con larga disponibilità di ordigni e di mezzi di lancio, non è dato prevedere quale delle possibili fisionomie assumerà un 'eventuale futura guerra. Duttilità della dottrina vuol dire possibilità di scelta, in campo strategico e tattico, della concezione adatta al tipo reale di conflitto ed alle diverse condizioni di ambiente operativo, naturale e di situazione. Alla quadruplice distinzione dell'ambiente operativo si affianca quella, triplice, dell'ambiente naturale: terreni di pianura e collinosi, terreno montano, terreno alpino. Dalla incertezza dell'ambiente operativo deriva la necessità della polivalenza dello strumento, intesa come capacità di agire in tutti gli ambienti operativi ed in tutti gli ambienti naturali, fatte naturalmente salve, a tale ultimo riguardo, le caratteristiche proprie delle forze alpine e di quelle corazzate e meccanizzate. Duttilità della dottrina e polivalenza dello strumento richiedono elasticità della pianificazione operativa prendendo a base l'ipotesi più pericolosa - che non è detto sia la più probabile - e prevedendo gli adeguamenti alle situazioni di guerra meno difficili. A fattore comune di ogni ambiente operativo esistono particolari forme di lotta (guerra non tradizionale, guerriglia, guerra territoriale, attività clandestina, guerra sovversiva) e speciali tecniche (guerra elettronica, guerra psicologica, guerra biologica, guerra chimica) che possono o no essere utilizzate nel quadro di un conflitto alcune lo sono sempre quali, ad esempio, la guerra elettronica e quella psicologica - o, talune, in preparazione del conflitto o addirittura come a sé stanti. L'ipotesi di guerra più pericolosa si configura nell'improvvisa aggressione nucleare strategica e nella contemporanea, o immediatamente successiva, offensiva terrestre, aerea, navale contro le aree strategiche vitali, in concomitanza ad una preorganizzata guerra sovversiva nell'interno del Paese aggredito. La 600 aveva dato un quadro diverso, allora realistico, di due fasi: una iniziale nella quale entrambi i contendenti svilupperanno intensamente l'offesa atomica specie in campo strategico; una successiva, durante la quale l'offesa
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atomica diminuirà di intensità, per l'impossibilità di reintegrare rapidamente i consumi... e di ripristinare le infrastrutture di lancio danneggiate. La neutralizzazione di un'aggressione improvvisa non è delineata in modi granché diversi nelle due pubblicazioni. La 700 include nel piano di neutralizzazione anche l'energica e tempestiva reazione contro ogni aggressione sovversiva ed accanto alla necessità di un alto grado di prontezza operativa e di efficienza pone l'azione psicologica diretta a far conoscere ed apprezzare i valori ideologici e gli interessi da difendere e ad assicurare la compattezza spirituale e materiale della Nazione e delle Forze Armate, indispensabile al successo della politica e delle operazioni belliche. I requisiti fondamentali delle forze terrestri restano quelli della 600 - potenza di fuoco, mobilità, flessibilità organica, autonomia operativa dei minori complessi ma ad essi si aggiunge quello della prontezza psicologica a fronteggiare la guerra sovversiva e la propaganda del nemico. Alla base delle operazioni offensive resta il presupposto del favorevole rapporto di potenza che, nelle operazioni condotte nell'ambiente nucleare attivo, è determinato da una considerevole superiorità di ordigni e di mezzi di lanc io, oltre che da una adeguata corrispondenza di forze classiche, ovvero, in situazione di equilibrio nucleare, da rilevante superiorità di forze e di mezzi convenzionali, comprese le superiorità aerea e logistica. Nelle operazioni difensive, necessarie al contendente più debole, ma con carattere transitorio nel tempo e nello spazio, restano validi i fattori incrementali - terreno, spazio, ostacolo, fortificazione permanente e campale - della 600 e della 601. Dei principi fondamentali cui si erano sempre ispirate le operazioni strategiche e le manovre tattiche, la 700 sottolinea quelli di massa, di sorpresa e di sicurezza. La massa intesa come concentrazione di fuoco nucleare e/o convenzionale sul punto decisivo senza ricorrere a preventivi ingenti ammassamenti di forze e di mezzi e facendovi convergere rapidamente le forze necessarie a sfruttare gli effetti della potenza del fuoco da zone inizialmente lontane e largamente diradate. La manovra, già esaltata come principio di tutte le operazioni nella serie 600, viene intesa come mezzo indispensabile al successo perché impiego coordinato nel tempo e nello spazio, delle forze e dei mezzi a disposizione per raggiungere, malgrado le reazioni nemiche, un determinato scopo. I parametri della manovra sono il fuoco ed il movimento - non già le forze come nella 600 - perché è il movimento che consente alle forze di rendere duraturi gli effetti del fuoco e di sfruttarne tempestivamente i dsultati. Tutte le unità, anche le più pie-
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cole, manovrano quando impiegano coordinandoli i loro mezzi di azione. La manovra strategica è propria del teatro e dello schacchiere operativo, vale a dire del gruppo di armate e dell'armata quando questa è responsabile di uno scacchiere; la manovra tattica è propria dell'armata inquadrata, del corpo d'armata, della grande unità elementare, del raggruppamento e del gruppo tattico. A seconda degli scopi e delle modalità di azione, la manovra può essere offensiva o difensiva e di aggiramento, avvolgimento, accerchiamento od anche frontale, che è quella diretta a superare frontalmente una difesa continua eliminando, con azione più o meno metodica, le posizioni forti Iungo uno o più assi di sforzo inizialmente paralleli (rottura), oppure superando di slancio gli elementi di forza della difesa neutralizzati con il fuoco nucleare (manovra d'irruzione). Alla difesa ad oltranza la 700 sostituisce il termine di manovra di arresto per uniformità terminologica con le altre manovre vale a dire la manovra di logoramento e la manovra in ritirata che torna a distinguere in manovra di ripiegamento e manovra ritardatrice. La manovra di arresto resta un'azione ad oltranza ed essa tende a bloccare la progressione e ad annullare La capacità offensiva del nemico entro un'area determinata, nella quale le unità schierate si difendono ad oltranza, mentre la manovrn di logoramento tende ad esaurire la capacità offensiva del nemico in uno spazio molto profondo conteso mediante ripetute difese non ad oltranza. La manovra di ripiegamento è quella che tende a sottrarre il grosso delle forze dalla pressione del nemico e a dare sicurezza, con un'aliquota di esse - retroguardia - a l movimento retrogrado generale; la manovra ritardatrice tende, invece, a guadagnare, con la massa delle forze a contatto, il tempo necessario perché altre forze possano schierarsi su posizioni arretrate o possano sottrarsi ad un accerchiamento od avvolgimento. La circolare 14.000 aveva abolito la distinzione tra la manovra di ripiegamento e quella ritardatrice, perché l'essenza di entrambe non muta e non mutano i procedimenti, la 700 torna a tenere conto della diversità dei fini. Nell'elencare i principali fattori che influiscono sulle operazioni - tutti implicitamente e molti esplicitamente già considerati nella serie dottrinale 600 - la 700 elenca il fuoco nucleare, l'ambiente naturale, il potere aereo, la specie delle forze disponibili, la dottrina e la manovra del nemico; non include nell'elencazione il potenziale logistico dal quale, in concreto, nessun tipo di operazioni può prescindere. Si tratta di una omissione che non è segno di sottovalutazione del fattore logi stico perché già in precedenza si legge che un 'adeguala di
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sponibilità di scorte, un 'elevata flessibilità dell'organizzazione logistica, la libertà dei movimenti, un 'organizzazione dei trasporti e degli itinerari improntata a grande elasticità - vale a dire la logistica costituiscono fattore insopprimibile ed insurrogabile di successo e, più avanti, si afferma che la inadeguatezza e l'insufficienza del sistema logistico turbano ed al limite paralizzano lo svolgimento di qualsiasi operazione, tanto che obiettivi prioritari delle grandi operazioni offensive e difensive debbono essere lo sconvolgimento del sistema logistico nemico e la salvaguardia del proprio. Sarebbe stato comunque meglio inserire nell'elencazione anche il fattore logistico. Nei riguardi del fuoco nucleare, dell'ambiente naturale e del potere aereo la 700 ricalca la 600. Il fuoco nucleare moltiplica le possibilità di manovra e della manovra e può sostituire l'azione di poderosi complessi di forze convenzionali, in quanto realizza da sé la massa, favorisce il rapido inserimento nella lotta di forze corazzate e meccanizzate, di aviotruppe e di forze anfibie, accelera il ritmo delle operazioni - benché talvolta possa ostacolarne lo sviluppo creando demolizioni imponenti ed ostacoli intransitabili - e costituisce in ogni caso una riserva potenziale di fuoco di valore eccezionale. Esso, inoltre, esercita sulle operazioni un'influenza indiretta per le particolari caratteristiche che impone alle forze ed ai procedimenti di queste in dipendenza del suo impiego effettivo o potenziale: forze convenzionali estremamente mobili e manovriere, schieramenti molto flessibili, dispositivi profondi, diradati ed il meno possibile statici, misure di protezione molto onerose, ricorso di preferenza ad azioni notturne. Nelle operazioni offensive, richiede il normale ricorso, sui terreni di pianura e collinosi, ad unità corazzate e meccanizzate, offre larga libertà di scelta nell'applicazione degli sforzi, non obbliga a identificare gli sforzi principali con i complessi di forze convenzionali più consistenti, favorisce il subitaneo spostamento della gravitazione dello sforzo da un asse ad un altro, permette una maggiore varietà delle combinazioni di manovra, conferisce elevata dinamicità alla manovra con conseguente compenetrazione delle fasi. Nelle operazioni difensive, consente di annientare o, quanto meno, colpire duramente le concentrazioni dell'attaccante, costringe questo a costituire obiettivi tatticamente remunerativi, neutralizza le infrastrutture del potere aereo dell'offesa e sottrae a questa uno dei fattori essenziali di superiorità, paralizza l'alimentazione logistica dell'azione offensiva. L'incidenza dell'ambiente naturale è quella di sempre: il terreno di pianura e collinoso favorisce l'azione offensiva, ostacola quella difensiva ed assicura il massimo
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rendimento del fuoco nucleare; quello montano limita l'entità ed il ritmo delle operazioni offensive, offre minori possibilità di tempestivo sfruttamento del fuoco nucleare, mentre favorisce per il suo attrito le operazioni difensive e, localizzando le zone di obbligato passaggio, di attesa e di schieramento, consente alla difesa l'impiego remunerativo del fuoco nuclerare, dal quale offre anche una certa protezione; il terreno alpino presenta, esasperati, gli stessi vantaggi e svantaggi di quello montano, restringendo ulteriormente le possibilità di impiego del fuoco nucleare da parte dell'attaccante e concedendo, invece, al difensore di creare vaste zone di ostacolo con alto valore impeditivo e di difficile aggiramento. I terreni boscosi non favoriscono operazioni di grande consistenza, in particolare se offensive, ma aumentano la remuneratività degli interventi nucleari per gli effetti di ordine riflesso. I grandi abitati, esposti come sono in ambiente nucleare attivo o potenziale alla minaccia di istantanea e totale distruzione, non appaiono più idonei alla funzione di grandi caposaldi strategici svolta nella campagna sulla fronte orientale durante la seconda guerra mondiale e vanno evitati sempre dalla difesa e, nei limiti del possibile, anche dall'attacco. L'ambiente notturno, sfruttato in passato prevalentem.ente a fine logistico, acquista rilevante valore tattico in parallelo alla utilizzazione delle speciali apparecchiature, sempre più perfezionate, che consentono il movimento, l'acquisizione degli obiettivi e la corretta condotta del fuoco; nell'ambiente nucleare attivo, le operazioni notturne traggono vantaggio dall'aumento dei danni prodotti dalle esplosioni per l'abbagliamento e per i riflessi psicologici. Il potere aereo resta determinante nel campo strategico e tattico: in campo strategico, la superiorità aerea è essenziale per le operazioni offensive; in campo tattico, la presenza delle forze aerotattiche è sempre indispensabile per l'esplorazione e l'interdizione; è necessaria per l'appoggio ravvicinato in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale; è frequentemente necessaria in tutti gli ambienti per il trasporto. Le operazioni offensive non possono prescindere dalla superiorità aerea; quelle difensive possono avvalersi dell'appoggio ravvicinato nella misura consentita dalla preminente esigenza di contrastare la superiorità aerea nemica, ma nelle fasi critiche, particolarmente quando si debbano sviluppare reazioni dinamiche in forze, l'incremento di fuoco dell'interdizione aerea e dell'appoggio ravvicinato diventa indispensabile. La specie delle forze disponibili caratterizza il vigore e il ritmo delle operazioni. Grande potenza di fuoco, mobilità e velocità operative elevate, capacità di superare ostacoli
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- requisiti connaturali, anche se in misura diversa, alle forze corazzate e meccanizzate ed alle aviotruppe - conferiscono a tali forze il ruolo di protagoniste della manovra strategica. Le forze corazzate e meccanizzate sono, infatti, idonee ad agire in ambiente nucleare per la minore vulnerabilità all'offesa nucleare nemica e l'attitudine ad attraversare indenni, o con danni limitati, le zone contaminate e possono sfruttare con tempestività i risultati del fuoco, in particolare di quello nucleare; possono, inoltre, passare celermente da dispositivi radi a dispostivi concentrati, ma risentono delle limitazioni del terreno; non sono idonee senza il sostegno nucleare ad agire contro sistemazioni difensive robuste; trovano limitazioni negli ostacoli naturali ed artificiali e sono soggette a forti servitù logistiche ed a rapido logoramento. Le aviotruppe costituiscono, sia in campo strategico che tattico, mezzo che esalta l'iniziativa, la libertà di azione e la sorpresa. Il loro impiego resta, peraltro, condizionato dal possesso della superiorità aerea e dalle condizioni meteorologiche; è oneroso sotto l'aspetto dell'alimentazione logistica e spesso è legato alla certezza del ricongiungimento con le forze di terra od anfibie. In campo strategico, possono essere impiegate per a prire nuove fronti, impadronirsi di aree vitali, decidere le sorti di una manovra strategica o, quanto meno, accelerarne l'epilogo favorevole, prevenire o reprimere la guerra sovversiva; in campo tattico, per moltissimi compiti che vanno dall'occupazione preventiva di posizioni alla costituzione di teste di sbarco o di ponte, dalle azioni di forza sul tergo della linea di contatto all'alimentazione in profondità degli sforzi, dal rinforzo di unità isolate alla intercettazione di riserve nemiche in afflusso e dal contrasto dei movimenti retrogradi del nemico all'alimentazione della guerriglia. La fanteria tradizionale - forza di qualità e non più di massa - continua ad adempiere una funzione determinante e spesso insostituibile, specialmente sui terreni montani ed alpini. Nell'ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale rimane, su tutti i tipi di terreno, l'elemento fondamentale per investire e disarticolare dispositivi difensivi che si appoggino a sistemazioni robuste e per garantire il possesso delle posizioni vitali; nell'ambiente nucleare attivo su terreni di pianura, la sua capacità offensiva è assai modesta e qua si inesistente, mentre quella difensiva è ancora valida purché le unità riescano ad interrarsi. Resta, altresì, elemento fondamentale per condurre le forme particolari di lotta o per opporsi ad esse. La conoscenza della dottrina e della manovra del nemico è essenziale perché incide direttamente sulla impostazione, organizzazione e condotta del0
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le operazioni e, nel campo tattico, delle varie manovre. Essa consente di prevedere, con sufficiente attendibilità, la linea di azione che il nemico è portato a realizzare. Tale conoscenza influisce variamente a seconda dei livelli. L'influsso è maggiore ai minori livelli, sicché le ripercussioni sull'attività concettuale ed organizzativa, come pure su quella di condotta, sono più significative in campo tattico che in quello strategico. Le operazioni offensive sono sempre notevolmente orientate da numerosi elementi, accertabili o presumibili, che consentono, in uno con la conoscenza della dottrina del difensore, di configurare con sufficiente approssimazione la linea di azione della difesa, di individuare i punti forti ed i punti deboli di questa e di valutarne la capacità reattiva e di contromanovra. Nelle operazioni difensive, per contro, possedendo il nemico l'iniziativa e la libertà di azione, l'impostazione della manovra difensiva è molto elastica in modo da fronteggiare qualunque linea di azione attribuibile all'offesa; ciò soprattutto in ambiente nucleare attivo. Durante la condotta delle operaziuui, la conoscenza della manovra del nemico è determinante a lutti i livelli e qualunque sia l'azione, offensiva o difensiva, in quanto è essa che consente di opporsi con elasticità e flessibilità alle forze contrapposte e di sfruttarne con immediatezza gli errori. La 700 esamina tre livelli di manovra: <li scacchiere, di armata, di corpo d'armata. Della manovra strategica di scacchiere operativo dà gli elementi essenziali necessari a fornire il quadro d'insieme nel quale si inseriscono l'armata ed il corpo d'armata. La manovra di scacchiere è operazione complessa interforze, condotta in corrispondenza di una linea di operazioni. Essa si prefigge: se offensiva o controffensiva, la conquista di un'area di interesse risolutivo per l'esito della lotta nello scacchiere o per l'ulteriore sviluppo della guerra in altri scacchieri; se difensiva, il mantenimento di un'area vitale, per prendere successivamente, o riconquistare, l'iniziativa nello scacchiere ovvero per assumerla, o mantenerla, in altri scacchieri. La manovra strategica si sviluppa generalmente mediante più battaglie nel senso della fronte lungo fasci operativi distinti ed in que llo della profondità in s uccessione di tempo. Il protagonista della manovra strategica è, di massima, il comando di scacchiere o di gruppo di armate che concepisce, organizza e conduce l'intera manovra unitariamente. Esso è anche il centro preminente e propulsivo dell'organizzazione logistica di campagna e si avvale, a tale fine, di una propria intendenza. Al gruppo di armate sono affiancate più forze aeree tattiche, riunite sotto unico comando (A.T.A.F.). La serie dottrinale 600 si era fermala al livello
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di armata, la 700 completa il quadro d'insieme dello scacchiere, al cui comandante spetta il compito del coordinamento strategico delle operazioni alle dipendenze del comandante del teatro operativo. Atto della manovra strategica, ·della quale persegue uno scopo particolare, è la battaglia, manovra aeroterrestre complessa condotta unitariamente in una determinata area dello scacchiere in corrispondenza di un fascio operativo. Essa si prefigge: se offensiva o controffensiva, l'annullamento della capacità operativa delle forze contrapposte ed il raggiungimento di un obiettivo strategico, che può essere coincidente, od intermedio rispetto ad esso, con l'area, tutta od in parte, a cui tende la manovra strategica; se difensiva, la conservazione di un obiettivo strategico mediante l'annullamento della capacità offensiva delle forze contrapposte o entro un'area determinata (manovra di arresto) o esaurendola in spazi molto profondi (manovra di logoramento). L'armata è la grande unità fondamentale della manovra strategica e, perciò, la protagonista della battaglia. Ad essa può o non essere affiancata una forza aerea tattica (T.A.F.), ma in ogni caso opera con l'ausilio delle forze aeree. È, inoltre, anello intermedio tra l'organizzazione logistica d'intendenza e quella delle grandi unità subordinate ed a tale fine dispone di una delegazione d'intendenza. Le molte attività tattiche e logistiche 8 dell'armata si fondono in gran parte sul servizio informativo operativo (S.I.O.), la cui importanza, sempre determinante, lo è ancora di più in ambiente nucleare per il più vasto campo di applicazione in tale ambiente, per la necessità di contrazione dei tempi disponibili per la concezione e l'organizzazione della battaglia, per l'accavallarsi delle fasi durante la condotta. L'organizzazione di comando, flessibile ed articolata, garantisce all'armata la piena funzionalità attraverso il comando avanzato (MAIN), quello arretrato (REAR) e quello tattico (TAC). Il TAC consente al comandante dell'armata di portarsi, senza pregiudizio per l'azione stessa, ove possa valutare rapidamente la situazione e decidere. Legata a quella di comando è l'organizzazione dei collegamenti e delle trasmissioni, multipla, flessibile, aderente, che assicuri la continuità delle correnti informative e dell'emanazione e ricezione delle direttive e degli ordini. Altro presupposto di successo della battaglia è l'efficienza logistica - soprattutto al livello di Armata, la logistica più che mai condiziona la tattica che consente di misurare le dimen s ioni temporali e spaziali della manovra e che è il supporto indispensabile della manovra stessa, di cui assicura l'alimentazione senza la quale la manovra sarebbe destinata ad esaurirsi. La difesa aerea dell'area della battaglia, la difesa e la
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sicurezza delle retrovie, la difesa N.B.C, l'O.E.Z.KD.9, l'organizzazione dei movimenti e degli itinerari, l'utilizzazione delle risorse locali, la salvaguardia, insomma, dell'efficienza operativa delle unità appartengono all'armata non meno della concezione della manovra e del cordinamento delle manovre tattiche dei corpi d'armata subordinati, e di quelle delle grandi unità elementari eventualmente tenute alle proprie dipendenze, degli interventi di fuoco nucleare e/o convenzionale (terrestre ed aereo), dell'inserimento di eventuali azioni concomitanti di aviotruppe e/o di forze navali (concorso di fuoco e operazioni anfibie) e infine della impostazione ed organizzazione delle eventuali azioni di guerra territoriale, non tradizionale, psicologica ed elettronica. Ma tutti questi presupposti non bastano: occorre, aggiunge la 700, un altissimo spirito combattivo che assicuri, anche nel campo dei valori morali, il predominio sul nemico, una superiorità che non s'improvvisa, ma è il risultato della capacità dei comandanti e degli stati maggiori, dell'addestramento delle unità e della decisa volontà, in tutti, di prevalere sul nemico. La 700, in definitiva, pone in stretta correlazione battaglia ed aerea della battaglia, talché ne risulta un quadro unitario, in cui la manovra dell'armata è momento operativo di quella di scacchiere, mentre le manovre delle grandi unità subordinate sono atti di una battaglia unica e lo spazio in cui questi si sviluppano è unitario. Tale spazio comprende perciò la zona che va dalla linea di contatto iniziale - ingloba anche il terreno di sviluppo dell'azione di ricerca e presa di contatto o quello dell'azione di presa di contatto e di frenaggio (termine questo ultimo sostitutivo di ritardo) - all'obiettivo strategico da conquistare o difendere. La manovra tattica del corpo d 'armata, è appunto, un atto della battaglia con il quale si persegue uno scopo tattico concorrente al conseguimento di quello strategico. Essa consiste in un insieme coordinato di manovre tattiche minori, sviluppato con visione unitaria, in corrispondenza di una direttrice operativa. Il corpo d'armata è la grande unità complessa che conduce una manovra tattica coordinando l'azione delle GG. UU. elementari e delle unità di supporto dipendenti; comprende un numero vario di GG.UU. elementari, eguali o di tipo diverso, nonché unità di supporto delle varie armi e servizi. Non è anello logistico intermedio e la sua funzione logistica si concreta nella alimentazione delle proprie unità di supporto non decentrate, nel coordinamento nel campo del movimento, degli schieramenti e della sicurezza, nel concorso nel campo dei trasporti e nel controllo nei vari campi delle attività logistiche_ A parte la funzione logistica, del tutto diversa da quella del-
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l 'armata, per il resto le responsabilità del comandante del corpo d'armata sono analoghe, naturalmente su scala ridotta e limitatamente alla propria zona di competenza, a quelle del comandante della grande unità di ordine superiore: tanto più vaste tanto maggiori di volta in volta le funzioni attribuitegli. Il comandante del corpo d'armata coordina le manovre tattiche delle GG.UU. elementari dipendenti; interviene con il fuoco nucleare e/o convenzionale (terrestre ed eventualmente aereo) e con la riserva; predispone il quadro di sicurezza della manovra; conduce nella zona di competenza la guerra non tradizionale, territoriale, psicologica ed elettronica; coordina, nell'ambito delle sue attribuzioni e nella zona di propria competenza, la difesa N.B.C. e l'O.E.Z.E.D .. L'organizzazione di comando, dei collegamenti e delle trasmissioni risponde agli stessi criteri e requisiti di quella dell'armata di cui, per altro, è meno complessa ed articolata. Tale il quadro generale delineato dalla 700, nella quale le innovazioni e le differenze rispetto a quello della serie 600, ancorché alcune di grande rilievo, sono minori delle analogie e delle somiglianze. La quadruplice distinzione degli ambienti operativi e quella degli ambienti naturali erano già proprie della serie 600, in cui va compresa la 4620. Duttilità della dottrina e polivalenza dello strumento costituiscono l'innovazione di fondo e sono i cardini della 700. L'elasticità della pianificazione operativa é solo una conseguenza della duttilità e della polivalenza. L'esplicito richiamo ai principi di massa, sorpresa e sicurezza era implicito nella 600 e non è affatto limitativo, tanto vero che la 700 successivamente richiama anche quello dell'economia delle forze. Essa sta a sottolineare che, nonostante la natura delle nuove armi abbia un effetto rivoluzionario sul sistema mondiale degli Stati, sulla strategia politica e militare, sulla stessa tecnica militare, alcuni dei principì tradizionali, ancorché da intendere diversamente, quale ad esempio quello della massa, conservano un loro valore, quanto meno relativo, anche nell'ambiente nucleare in ordine all'impiego delle forze. Del tutto nuovo è, invece, il modo di intendere la manovra. La 620 l'aveva classificata tra i concetti fondamentali a cui ispirare l'azione offensiva, accanto alla sorpresa e rapidità di penetrazione ed alla sicurezza, la 700 le conferisce o, meglio, ne sottolinea il carattere di indispensabilità in qualsivoglia tipo di operazione fino ai minori livelli, interpretandola non come principio, ma come mezzo di applicazione dei principi. Altra innovazione di grande rilievo è la riduzione del ruolo d ella fanteria tradizionale alla quale, nell'ambiente nucleare attivo, è negata, sui terreni di pianura e collinosi, quasi ogni capacità offen-
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siva e riconosciuta solo una buona capacità difensiva a condizione che s'interri. Ciò in relazione alla sua scarsa mobilità tattica ed alla sua modesta velocità operativa che non le consentono i rapidi concentramenti e le rapidi dispesioni propri dell'ambiente nucleare e tanto più necessari sui terreni di pianura e di collina, dove nella difensiva è conveniente ]'impiego della fanteria di arresto cui è connaturale l'interramento fortificato e nell'offensiva quello della fanteria meccanizzata. Occorre ricordare che nel periodo di elaborazione della 700 lo stato maggiore dell'esercito aveva già progettato il potenziamento delle unità di arresto e la trasformazione in divisione meccanizzata della Cremona. Le altre innovazioni della parte prima della pubblicazione, oltre quella della natura di manuale già ricordata, riguardano il tono espositivo-didattico, estraneo alla serie 600, ma proprio del manuale, la diversa strutturazione ed articolazione della materia e l'introduzione di alcune voci nuove nella terminologia9. Le innovazioni concettuali e formali non ci sembrano comunque tali da interrompere il filone fondamentale del pensiero innescato dalla serie 600.
3.
Nel periodo in cui la 700 veniva elaborata vide la luce, dopo decenni di silenzio, la prima opera sovietica che si occupasse di problemi strategici: Strategia militare (Vojennaja Strategija). Il libro, scritto da 19 ufficiali sotto la direzione del maresciallo Vasilij Danilovic SokolovskijlO, trattava molto piu estesamente le idee espresse durante il XXII Congresso del P.C.U.S., nel 1962, dal maresciallo Rodion Jacovlevic Malinovskijll, ministro della difesa pro-tempore dell'U.R.S.S .. La quintes senza di tali idee era che una guerra moderna sarebbe stata inevitabilmente una guerra nucleare di inaudita crudeltà, con operazioni molto rapide, senza fronti stabilizzate, con la possibilità di profonde penetrazioni di sorpresa, e che, per tale guerra, sarebbero state necessarie sia le armi nucleari sia quelle convenzionali. Sarebbe stato compito del neo corpo missilistico sovietico infliggere rapidamente gravi danni al nemico con un attacco nucleare massiccio diretto a distruggere gli obiettivi costituenti le basi del potenziale economico e militare del nemico, il sistema amministrativo e direttivo statale e militare, le armi nucleari strategiche e le principali concentrazioni di forze. In successione avrebbero dovuto essere annientate le rimanenti forze di terra e di mare con un attacco in gran-
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de stile condotto con l'impiego di armi atomiche tattiche, di armate corazzate seguite immediatamente da armate motorizzate. Per condurre tale guerra, sarebbero stati necessari grandi eserciti nel cui ambito la funzione primaria sarebbe comunque stata propria delle unità nucleari. Era assiomatico che l'impiego di un solo ordigno nucleare avrebbe scatenato la guerra nucleare generale ed ecco perché la guerra convenzionale veniva trattata nel libro come questione secondaria. Il testo era pieno di discrepanze, contraddizioni e lacune, come pure privo di un'analisi realistica della guerra nucleare e della conseguenzialità strategica. Tutto, inoltre, era cristallizzato sul teatro operativo europeo e, in particolare, sulle operazioni aereoterrestri con scarsa attenzione a quelle aereo-navali. Tale impostazione della dottrina stategico-militare sovietica e delle operazioni offensive affidate al binomio armi nucleari-forze corazzate e meccanizzate venne tenuto presente nella elaborazione della 700, sia nei rispetti delle operazioni offensive, sia soprattutto di quelle difensive, appunto perché la conoscenza della dottrina d'impiego del potenziale aggressore avrebbe giovato non poco alla formulazione di contromisure appropriate. Quanto alle operazioni offensive delineate nella 700 - peraltro molto simili a quelle della 620 e più particolarmente della 4620 - non si può certo parlare di un'influenza del testo sovietico proprio perché essericalcarono quelle della dottrina già in vigore precedentemente alla pubblicazione del volume Vojennaja Strategija, ma è certo che il pensiero del maresciallo Sokolovskij non venne ignorato ed è quanto meno curioso rilevare che le accuse di oltranzismo nucleare rivolte da qualche scrittore italiano comunista alla 700 non siano state estese al pressoché contemporaneo testo sovietico. Caratteristiche essenziali delle operazioni offensive messe in luce dalla 700 sono: la potenza di fuoco e di forze necessaria alla superiorità sul nemico, la flessibilità del fuoco e dei dispositivi necessaria ad adeguare rapidamente lo sviluppo delle operazioni alle varie situazioni, la celerità di progressione che è funzione degli effetti del fuoco, della mobilità delle forze e della continuità dell'alimentazione logistica. La battaglia offensiva s'identifica sempre in una serie di concentrazioni di potenza dirette ad investire e disarticolare il dispositivo nemico ed a penentrare in profondità il più rapidamente possibile. Tre le azioni fondamentali: l'azione di ricerca e presa di contatto, l'azione di investimento e di disarticolazione, !'l'azione di annientamento. La prima è propria dello Sc.R.P.C. e ha inizio con l'esplorazione
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e può concludersi con i combattimenti preliminari; la seconda appartiene ai corpi d'armata in prima schiera, passa di massima attraverso le tradizionali fasi della preparazione, dell'attacco e del completamento del successo, e si polarizza in una serie di sforzi principali e sussidiari - altrettante manovre tattiche - variamente combinati sulla fronte ed in profondità; la terza è sviluppata dalla riserva di armata mediante manovre aggiranti, avvolgenti, accerchianti, o la loro combinazione, per annullare definitivamente - scopo ultimo della battaglia offensiva - ogni ulteriore capacità operativa di tutte le forze nemiche operanti nell'area della battaglia od in grado di intervenirvi. La battaglia offensiva, ferme restando le tre azioni fondamentali in cui si articola, assume fisionomia diversa a seconda dell'ambiente operativo, di quello naturale e della forma di manovra del nemico (di arresto o di logoramento}, nonché dei procedimenti con i quali questa è condotta. La distinzione principale di riferimento della 700 é tra la battaglia offensiva contro nemico che attui una manovra di arresto ed a seconda che adotti procedimenti di difesa ancorata o di difesa mobilell, o contro nemico che attui una manovra di logoramento. A differenza della serie dottrinale 600, che aveva distinto i procedimenti di attacco della divisione di fanteria a seconda che questa operasse contro posizione difensiva a capisaldi non cooperanti, o contro posizione difensiva a piccoli capisaldi cooperanti, o contro difesa manovrata, la 700 introduce la distinzione tra due tipi di battaglia offensiva e suddivide il primo in relazione alla diversità dei procedimenti adottati dal nemico. Ai livelli di armata e di corpo d'armata è la forma di manovra attuata dal nemico e, subordinatamente, i procedimenti adottati per condurre la manovra di arresto che incidono direttamente su due delle azioni fondamentali della battaglia offensiva: l'azione di investimento e di disarticolazione, l'azione di annientamento. Nel periodo di elaborazione della 700, i tre casi di attacco delineati nella 620 erano ormai superati, essendo nel frattempo giunti a maturazione presso gli eserciti della N.A.T.O., in particolare quelli francese, tedesco-occidentale e statunitense, orientamenti diversi da quelli della seconda metà degli anni cinquanta, mentre la concezione delle operazioni offensive presso l'esercito sovietico, che poco o nulla si occupava di quelle difensive, lasciava chiaramente intendere la preminenza della potenza delle concentrazioni per rompere i dis,positivi difensivi coagulati entro un'area determinata e quella della celerità di penetrazione per sconvolgere una difesa intenzionata ad utilizzare prevalentemente lo spazio al fine di costringere l'attaccante ad una lenta
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alternanza di combattimenti e di soste. Necessariamente la distinzione di due tipi di battaglia, la suddivisione di un tipo in due sottotipi, congiuntamente a quelle dei quattro ambienti operativi e dei tre ambienti naturali determinano un ventaglio molto ampio di casi e di sottocasi, quale è quello della 700, che rende complessa la materia, complicata l'articolazione della esposizione e difficoltosa e lenta la assimilazione. La critica di maggior peso rivolta alla 700 è proprio quella dell'eccesso di casistica ed essa non è senza fondamento, ma la pubblicazione è destinata ai comandi delle grandi unità complesse ed alle scuole militari di ordine superiore ed è necessariamente costretta a riferirsi alla realtà del momento che era multiforme e complessa. L'attività concettuale ed organizzativa del comandante dell'armata nella battaglia offensiva contro nemico che allui la manovra di arresto non è delineata granché diversamente da quella illustrata nella memoria 620. La concezione della battaglia discende dal compito assegnato dal comando superiore e dalla valutazione dei termini del problema operativo. L'obiettivo dell'armata, diversamente dalla 620 zona al di là dell'ultima posizione difensiva predisposta dall'avversario nell'area della battaglia - può essere o coincidente od intermedio rispetto a quel lo di scacchiere ed il suo raggiungimento segna il successo della manovra di armata, anche quando l'obiettivo non sia coincidente. Agli elementi che debbono trovare risalto nel disegno di manovra del comandante dell'armata indicati nella 620 13, la 700 aggiunge l'impostazione della ricerca e presa di contatto (eventuale) ed i tempi della battaglia nella cons iderazione che la presa di contatto, ancorché eventuale, quando la si effettui è parte integrante dell'intera battaglia offensiva e non una fase distinta dell'azione offensiva come definita dalla 620 e che i tempi della battaglia non tanto scandiscono la successione delle azioni e delle fasi, tendenti a compenetrarsi specialmente in ambiente nucleare attivo, quanto concorrono a determinare l'articolazione in profondità del dispositivo. I tempi della battaglia sono, infatti, definiti in base alle prevedibili necessità di adeguamento del dispositivo alle varie situazioni ipotizzabili (soste, scavalcamenti, inserimenti) e di coordinamento della manovra, ancorché non vi possa essere nessuna rigidità fra azioni fondamentali, fasi e tempi. Quanto all'organizzazione della battaglia - materializzazione degli sforzi in termini di GG.UU. in prima schiera e di ordigni nucleari, raggruppamento delle forze in corpi di armata in relazione al criterio della connessione tattica fra gli sforzi, determinazione del
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favorevole rapporto di potenza in corrispondenza degli assi degli sforzi principali, definizione della riserva di fuoco, di forze e di scorte le differenze tra le due pubblicazioni riguardano l'inclusione nella 700, tra gli elementi che il comandante dell'armata assegna ai comandanti dei corpi d'armata in prima schiera14, del compito e del tipo numero e natura degli sforzi (generalmente uno principale ed uno o più sforzi sussidiari correlativi, che talvolta possono identificarsi con azionidi fissaggio, e, per ciascuno di essi, numero e tipo delle GG.UU. da impiegare in prima schiera e numero e tipo di ordigni nucleari assegnati). Il fissare il compito, oltre l'obiettivo di attacco, al livello di corpo d'armata ed a quello divisionale, non è un di più; dà della manovra una visione più ampia e più specifica nello stesso tempo e serve a spiegare il vero significato dell'obiettivo. L'innovazione più significativa è, comunque, quella della determinazione del tipo, numero e natura degli sforzi, in quanto limitativa della libertà di azione e della iniziativa dei comandanti dei corpi d'armata, la cui attività concettuale, nei riguardi degli sforzi, consiste nel coordinamento di quelli sussidiarì con il principale e nella scomposizione, per altro eventuale, di quello principale in termini di direttrici e di obiettivi: un eventualità che si verifica quando più divisioni in I a schiera siano incaricate di condurre lo sforzo principale assegnato al corpo d'armata stesso. L'innovazione comporta un ampliamento, rispetto alla 620, della libertà e della responsabilità del comandante dell'armata e conferisce indubbiamente una fisionomia più unitaria alla sua manovra di cui, in pratica, egli è il regista unico; concetto, peraltro, comune anche alla 620, ancorché meno esplicito e chiaro. La 620 stabiliva che il comandante dell'armata organizzasse la battaglia valutando gli sforzi in termini di divisioni, di armi atomiche e di supporti e si avvalesse dei comandanti di corpo d'armata essenzialmente come di organi per il coordinamento e la demoltiplicazione del comando. Una innovazione, dunque, più di forma che di sostanza. Altri, invece, sono gli elementi concettuali e organizzativi che il comandante dell'armata deve prendere in considerazione per la battaglia offensiva contro nemico che attui la manovra di logoramento. Essi non trovano nessuna rispondenza nella 620, che non tratta tale tipo di battaglia, e sono in parte, specialmente sul piano concettuale, diversi da quelli del precedente tipo di manovra. Di fronte ad una difesa che intenda esaurire la capacità offensiva del nemico in uno spazio molto profondo, assumono, infatti, rilievo elementi diversi nella valutazione del problema operativo dell'armata, quali le posizioni di arresto temporaneo che il nemico può
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utilizzare, la profondità degli spazi interposti e le possibilità che questi concedono al contrasto dinamico, l'entità, specie, dislocazione ed articolazione delle riserve nemiche e la propria disponibilità di ordigni nucleari e di mezzi di lancio. Il disegno di manovra deve, perciò, tendere a realizzare la continuità del contatto con il nemico, la riduzione dei tempi di organizzazione e delle soste operative, l'investimento rapido e d'impeto delle posizioni di arresto, il celere raggiungimento delle posizioni in profondità che si prestino ad un ulteriore difesa da parte del nemico, la dosatura del numero degli sforzi (pochi e potenti) e l'articolazione delle forze che consenta non solo di superare rapidamente le prime resistenze, ma di portare subito l'offesa su quelle successive. L'obiettivo dell'armata è individuabile nella posizione che, una volta travolta, non consenta al nemico di opporre tina nuova resistenza in forze o che m.eglio si presti per l'attacco ad affrontare l'eventuale urto conclusivo. Il dispositivo dell'armata può essere o per ala (tutti i corpi d'armata in prima schiera) o per linea (due scaglioni, uno avanzato ed uno arretrato, ciascuno costituito da urio o due corpi d'armata e comprendente altresì una riserva di armata). L'articolazione per ala comporta che ad ogni corpo di armata sia affidato il raggiungimento dell'obiettivo strategico o di una sua parte; quella per linea consente di sviluppare la battaglia con due distinte masse, in grado di scavalcarsi lungo la stessa direttrice di penetrazione, agenti indipendentemente l' una dall'altra, senza che sia necessario che la seconda entri in azione quando la prima abbia condotto a termine il suo compito, o che entrambe debbano appoggiarsi mutualmente. L'attività concettuale e quella organizzativa del comandante del corpo di armata in prima schiera nella battaglia offensiva contro nemico che attui la manovra di arresto restano, in gran parte, caratterizzate dagli elementi già indicati nella 62015, ma sul piano concettuale al centro di gravità dell'attacco viene sostituito il centro di polarizzazione della manovra, che è il primo degli elementi che deve trovare rilievo nel concetto d'azione del comandante del corpo d'armata. Il centro di polarizzazione d ella manovra corrisponde alla zona vitale della difesa di cui occorre assicurarsi al più presto il possesso, od il controllo, per togliere al nemico ogni possibilità e convenienza di contromanovrare efficacemente. Esso è determinato in funzione del1'obiettivo da raggiungere, della situazione (schieramento e dislocazione) delle forze contrapposte e del terreno. Nei terreni montani ed alpini è materializzato spesso da una zona sensibile de l sistema delle comunicazioni e può essere scelto anche molto in profondità, fino a
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coincidere, tavolta, con l'obiettivo di attacco. Nel concetto di azione devono trovare risalto anche i tempi della manovra, in analogia a quanto la 700 stabilisce per il livello di armata per i tempi della battaglia, con i quali, quelli della manovra, possono coincidere o rappresentarne un'ulteriore scomposizione. Nell'organizzare la sua manovra tattica, anche il comandante del corpo d'armata fissa per ogni G.U. in 1 a schiera oltre l'obiettivo di attacco e quello eventuale (o gli orientamenti sull'azione successiva), la direttrice di attacco (considerata eventuale nella 620 e tassativa nella 700) ed il settore di azione, il compito. Nella battaglia offensiva contro nemico che attui la manovra di logoramento, il concetto di azione del comandante del corpo d'armata è meno legato ad uno schema sia pure orientativo come nel caso dell'altro tipo di battaglia. La concezione dell'azione è in relazione al fatto che il corpo d 'armata conduce generalmente più manovre distinte, che possono alternarsi a quelle di altro corpo d'armata (articolazione dell'armata per linea) oppure succedersi l'una a ll'altra (articolazione dell'armata per ala). Ogni manovra è articolata negli sforzi indispensabili a realizzare l'accerchiamento o l'avvolgimento di un blocco di forze, combinati nel tempo e nello spazio in modo da convergere in profondità il più rapidamente possibile. Ogni manovra, inoltre, comporta sempre l'alternarsi di azioni di forza con azioni caratterizzate prevalentemente da movimento e ciò richiede, di massima, nell'organizzarla la presenza nel dispositivo del corpo d'armata di forze quali tativamente differenti, specie quando le difese dello schieramento nemico siano forti e si avvalgano di ostacoli di notevole valore impeditivo. Da qui la suddivisione in blocchi idonei a condurre l'una o l'altra azione, possibilmente realizzata nell'ambito delle stesse GG.UU. elementari in 1 a schiera del momento (specialmente nell'articolazione dell'armata per ala), anziché nell'ambito del corpo d'armata, per evitare scavalcamenti che comporterebbero oneri di tempo e di coordinamento maggiori. Agli elementi da fissare per ogni grande unità in 1 a schiera previsti per la battaglia del primo tipo si aggiunge la indicazione degli assi di progressione e degli eventuali vincoli per l'azione di ricerca e presa di contatto. Il compito della G.U. elementare in 1 a schiera si concreta nel condurre uno degli sforzi de lla manovra del corpo d'armata, travolgendo lungo gli assi di progressione il dispositivo di contrasto dinamico, investendo e forzando la posizione di arresto temporaneo, realizzando in concorso con gli altri sforzi l'accerchiamento o l'avvolgimento dello schieramento difensivo investito. L'obiettivo di attacco della G.U. elementare in 1 a schiera s'identifica,
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conseguentemente, con una zona la cui conquista comporti la chiusura del braccio di accerchiamento o di avvolgimento sull'obiettivo del corpo d'armata o, quanto meno, il superamento delle difese statiche della posizione di arresto temporaneo. Prima di dare il quadro di sviluppo delle varie azioni fondamentali nei due tipi di battaglia, la 700 premette la trattazione della marcia al nemico e dell'avvicinamento: i due tempi, intervallati di massima da una sosta in zona di attesa, in cui si articola il movimento che le GG.UU. compiono, quando non già a contatto, per raggiungere da zone lontane l'area di impiego. Le novità di rilievo, rispetto alla regolamentazione fino ad allora in vigore, sono la riduzione da 50 -,- 60 a 20-;- 30 km tra il margine anteriore della zona di attesa e le basi di partenza per l'attacco e la precisazione dell'area della zona di attesa, per una divisione di fanteria, ragguagliata, in ambiente nucleare attivo o potenziale, a 1000-;- 1500 km 2 (ampiezza media sui 20 km e profondità sui 50 7 70 km.). La riduzione della distanza tra le zone di attesa e le basi di partenza è in relazione alla necessità di contenere il più possibile l'onere e il braccio dei movimenti connessi con il completamento dell'organizzazione per l'attacco; la determinazione orientativa dell'area della zona di attesa di una divisione risponde al criterio di consentire a blocchi di forze dell'ordine del battaglione, od unità corrispondente, di restare a distanza di sicurezza nucleare e di poter cambiare dislocazione entro tale area. L'azione di ricerca e presa di contatto, pur conservando sostanzialmente gli scopi, le caratteristiche e le modalità di sviluppo indicati nella 620, viene potenziata nella sua consistenza per accrescerne il vigore e il ritmo. Non più un reggimento di cavalleria blindata, eventualmente rinforzato, sulla fronte di ogni corpo di armata in 1 a schiera - eccezionalmente sulla fronte di una divisione, nel caso, ad esempio, di azione condotta lungo una direttrice eccentrica - ma su quella di una divisione di fanteria e non più eventualmente, ma sempre, rinforzata con unità varie (carri, fanteria meccanizzata o motorizzata, artiglieria, possibilmente semovente, da campagna e pesante campale, controcarri, genio e trasmissioni). Sui terreni di pianura e collinosi la consistenza dello Sc.R.P.C. può essere, sulla fronte di un corpo d'armata, pari ad una divisione corazzata o meccanizzata (o di una sua aliquota); sui terreni montani ed alpini essa è pari a .complessi vari di forze per l'azione lungo i fondi valle (cavalleria e/o fanteria meccanizzata o motorizzata, alpini, ecc.) ed ad altri complessi di forze (unità, motorizzate o non, di fanteria e/o alpini) per le azioni manovrate in zone di più difficile percorribili-
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tà. L'esplorazione, che nella 620 agisce se necessario di forza, nella 700: si basa sempre sulla rapidità e sulla forza; continua ad essere sostenuta, anche in ambiente nucleare attivo, prevalentemente da fuoco convenzionale; è potenziata altresì con aviolanci e/o aviosbarchi_ Oltre dell'esplorazione, lo Sc.R.P.C. è incaricato dei combattimenti preliminari, diretti ad eliminare le avastrutture di sicurezza nemiche, stabilire e mantenere il contatto con il vivo dello schieramento nemico, ricercare ulteriori dati informativi e continuare a fornire sicurezza indiretta e talvota anche diretta alle retrostanti GG.UU. in 1 a schiera. Si tratta, in sostanza, di una seconda azione di forza che lo Sc.R.P.C. compie sempre e, perciò, cade la distinzione della 620 che prevedeva un rinforzo appropriato per qualità e quantità solo per il caso che lo scaglione, oltre il normale compito esplorativo, dovesse assicurare il possesso di posizioni particolarmente importanti occupate dal nemico. Questa, nella 700, non è più un'eventualità, ma la norma, perché i combattimenti preliminari sono di competenza delle GG.lJU. in la schiera solo quando manchi l'azione di ricerca e presa di contatto. Nel-
la battaglia offensiva contro nemico che attui la manovra di logoramento l'azione di ricerca e presa di contatto è, invece, affidata a dispositivi esploranti generalmente distaccati dalle stesse GG.UU. elementari in 1 a schiera ed è l'insieme dei dispositivi esploranti che operano sulla fronte dell'armata per costituire lo Sc.R.P.C. dell'armata stessa. L'azione di sviluppa come nella battaglia del primo tipo, ma comprende normalmente solo la fase esplorazione e può talvolta essere reiterata negli spazi compresi tra le successive posizioni di arresto temporaneo. Questa ultima eventualità potrebbe verificarsi nel caso che il nemico riesca a rompere il contatto, ma nel particolare tipo di battaglia occorre che una volta preso, il contatto non venga
mai perduto, qualunque siano la profondità e la velocità degli sbalzi retrogradi compiuti dal nemico. L'azione di investimento e disarticolazione nella battaglia contro nemico che attui la manovra di arresto si sviluppa in fasi più o meno distinte, con maggiore o minore sistematicità a seconda dell'ambiente operativo, di quello naturale e dei procedimenti di difesa adottati dal nemico. Le fasi previste dalla 700 - preparazione, attacco, completamento del successo - sono quelle tradizionali, ma la preparazione non è più intesa solo come azione di fuoco, ma come complesso di
attività dirette ad ultimare l'organizzazione e a creare le condizioni migliori per lo sviluppo dell'attacco (azioni di fuoco, apertura di passaggi nei campi minati, completamento e perfezionamento dei dispo-
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sitivi di attacco, accertamento dei danni inflitti al nemico, ecc.). Come azione di fuoco complessa, affidata ad artiglierie, missili, e aerei, comprende, a sua volta, azioni d'interdizione, di controbatteria e contromortai. Essa può essere impostata su fuoco prevalentemente nucleare, o fuoco nucleare e convenzionale, o fuoco esclusivamente convenzionale. Nel primo caso: il fuoco nucleare è diretto a distruggere le sorgenti di fuoco nucleare ed a paralizzare la capacità difensiva nemica neutralizzando, con priorità diversa a seconda dei procedimenti adottati dalla difesa, le riserve, gli schieramenti di artiglieria e logistici e gli organi di comando; quello convenzionale tende ad integrare gli interventi nucleari per il tempo necessario a consentire l'accertamento dei risultati delle esplosioni, l'eventuale reiterazione degli interventi, l'apertura, ed il completamento di questa, dei passaggi nei campi minati. Nel secondo caso: il fuoco nucleare distrugge le sorgenti di fuoco nucleari e paralizza, in corrispondenza degli sforzi principali, la capacità difensiva del nemico; il fuoco convenzionale integra quello nucleare e favorisce gli sforzi sussidiari e le azioni di fissaggio. Il terzo caso rientra per intero nella normativa tradizionale. L'atlacco s'informa ai criteri di: indirizzare gli sforzi sul centro di polarizzazione della manovra; procedere per concentrazioni di potenza; alimentare gli sforzi più favorevoli, trasformando quando indispensabile gli sforzi sussidiari in principali o introducendo nuovi assi di sforzo; reagire ad improvvise controffese nemiche con la manovra, perseguendo con vigore l' azione intrapresa; realizzare un adeguato quadro di sicurezza di cui la migliore garanzia è la celerità di progressione, criterio questo ultimo ripreso tale e quale dalla 620. L'attacco, sottolinea la 700, assume aspetti diversi nell'ambiente nucleare attivo, in quello nucleare polenziale e in quello convenzionale ed in ognuno di tali ambienti a seconda del tipo di terreno e dei proce dimenti del nemico. Nel primo ambiente - nucleare attivo su terreni di pianura e collinosi - gli sforzi principali sono sostenuti prevalentemente dal fuoco nucleare e sono generalmente affidati a GG.UU. corazzate e/o meccanizzate che penetrano rapidamente, nelle breccie aperte dal fuoco nucleare del dispositivo statico, od avanzano celermente lungo assi di irruzione, creati dal fuoco nucleare, per rinserrare ed eJiminare per blocchi le GG.UU. nemiche in 1a schiera. L'attacco quasi si compenetra con la precedente fase di preparazione e con quella seguente del completamento del successo e si prefigge di battere le riserve delle GG. UU. elementari nemiche in 1a schiera (compito dell 'attacco) ed anche di impegnare e battere le riserve nemiche di ordi-
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ne superiore (compito del completamento del successo), sia che queste intervengano a diretto sostegno delle GG.UU. elementari in 1a schiera, sia che ne prolunghino l'azione in profondità. L'impiego delle divisioni di fanteria negli sforzi, principali è eccezionale, mentre è normale in quelli sussidiari. Sui terreni di montagna ed alpini l'attacco, anche nell'ambiente nucleare attivo, subisce attenuazioni di potenza e di ritmo, dati i vincoli all'impiego delle forze, il minore rendimento del fuoco nucleare e le difficoltà opposte dal terreno al tempestivo sfruttamento di tale fuoco. Gli sforzi principali sono affidati, generalmente, a divisioni di fanteria e/o brigate alpine - rinforzate queste ultime con unità corazzate e/o meccanizzate - e polarizzati lungo le vie di maggiore facilitazione. Essi sono diretti a superare le barre montane, che si frappongano allo sbocco verso gli obiettivi strategici, per creare al di là di queste vere e proprie teste di ponte, idonee a facilitare la successiva irruzione in profondità. Gli obiettivi degli sforzi principali sono, perciò, essenzialmente i nodi più importanti della rete delle comunicazioni, le zone di convergenza di importanti vallate e gli sbocchi in piano. Gli sforzi sussidiari, sostenuti o non da fuoco nucleare, sono quelli condotti lungo vie non facili ma di alto rendimento e tendono a posizioni la cui conquista possa determinare, o concorrere a determinare, la caduta per manovra delle difese che si contrappongano agli sforzi principali. Nell'ambiente nucleare potenziale, dove l'attacco è condizionato dalle esigenze dell'ambiente convenzionale (concentrazione delle forze) e dalle remore di quello nucleare (diradamento dei dispositivi) e dove la minaccia di questo ultimo risulta determinante soprattutto sui terreni di pianura e collinosi, gli sforzi principali sono affidati a divisioni di fanteria in 1a schiera, sostenute, se necessario, da altre GG.UU., elementari in 2a schiera e tendono a battere al più presto le riserve nemiche di primo intervento nel caso essi urtino contro un dispositivo di difesa ancorata, mentre sono affidati a GG.UU. corazzate e meccanizzate in 1 a schiera e tendono in profondità lungo assi di irruzione per accerchiare od avvolgere per blocchi le forze nemiche nel caso che la difesa non sia appoggiata ad un sistema ancorato. Gli sforzi sussidiari, affidati generalmente a GG.UU. e lementari di fanteria, tendono a favorire la rapida penetrazione in profondità di quelli principali o concorrendo all'accerchiamento dei punti forti, o assumendo l'onere di azioni sistematiche, o impegnando forze mobili del nemico. L'attacco nell'ambiente nucleare potenziale ha più punti in comune con quello in amhiente nucleare attivo che non con quello in ambiente esclusiva-
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mente convenzionale; esso richiede disponibilità considerevole di fuoco aereo, adotta gli stessi dispositivi previsti per l'ambiente nucleare attivo, applica gli sforzi principali in corrispondenza dei tratti più deboli purché redditizi, ricorre frequentemente alle aviotruppe, sfrutta più che in ogni altro ambiente operativo la notte, ricerca il massimo ricorso alla manovra ed al fuoco, specie per manovra dei materiali. L'attacco in ambiente convenzionale assume caratteristiche di sistematicità e di gradualità, ancorché meno esasperate che nel passato. Occorre, comunque, distinguere in relazione al tipo di terreno. Sui terreni di pianura e collinosi gli sforzi principali sono affidati di massima a divisioni di fanteria in 1 a schiera ed a GG.UU. elementari in 2 a schiera e tendono ad aprire brecce in corrispondenza delle posizioni fondamentali della difesa e a penetrare fino a battere al più presto le riserve nemiche di primo intervento, nel caso che il dispositivo nemico sia ancorato al terreno ed abbia raggiunto un avanzato grado di sistemazione, mentre contro nemico che adotti procedimenti di difesa mobile gli sforzi principali devono essere affidati a GG.UU. corazzate o meccanizzate le quali, procedendo rapidamente in profondità, effettuano manovre di accerchiamento o di avvolgimento contro le GG.UU. elementari nemiche in 1a schiera. Gli sforzi sussidiari, sempre su terreni di pianura e collinosi, devono soprattutto concorrere all'azione iniziale d'investimento. Sui terreni montani ed alpini, nell'ambiente convenzionale, gli sforzi principali sono affidati a GG.UU. elementari di fanteria e/o alpine (le seconde sempre rinforzate con complessi tattici corazzati e/o meccanizzati) e tendono a costringere il nemico ad impegnare la maggior parte delle sue forze sulle posizioni avanzate, mentre gli sforzi sussidiari alleggeriscono quelli principali quando fortemente contrastati o, quando lo sono meno, possono raggiungere obiettivi in profondità e determinare l'avvolgimento delle forze nemiche impegnate dagli sforzi principali. Nella battaglia offensiva contro nemico che attui la manovra di logoramento, l' azione di investimento e di disarticolazione s'inizia senza indugio e tende a superare di impeto o, quando necessario, di forza le resistenze nemiche, a penetrare in profondità per precedere il nemico sui nodi delle comunicazioni ed a rinserrare le forze, fisse o mobili, in una o più sacche. Gli sforzi iniziali sono tutti principali, ma azione durante possono acquistare funzione diversa od essere prolungati lungo assi diversi da quelli iniziali o da quelli previsti a priori. L'obiettivo dell'attacco materializza la chiusura dell'avvolgimento o dell'accerchiamento delle forze nemiche operanti nell'area della posizione investita e per rag-
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giungerla è necessario realizzare la massima concentrazione di potenza sui tratti di applicazione degli sforzi, irrompere spregiudicatamente nelle difese non tanto per battere le forze che ostacolino la progressione quanto per sopravanzarle e tendere comunque a chiudere rapidamente la morsa. Il completamento del successo consiste nelle conquista di quegli obiettivi che garantiscano in maniera definitiva la disarticolazione della difesa dei corpi d'armata nemici in 1 a schiera. Esso si concreta nel battere le riserve dei corpi d'armata nemici in 1 a schiera e nell'impedire che la difesa riesca a recuperare, con sforzi dall'interno e/o dall'esterno, le forze rimaste nei tronconi o rinchiuse nelle sacche. I tronconi vengono accerchiati mediante forze immesse nelle brecce del sistema statico (caso della manovra di arresto con procedimenti della difesa statica); le sacche vengono ristrette mediante puntate offensive (caso della manovra di arresto con procedimenti della difesa mobile). Nell'ambiente montano ed alpino, esso si conclude spesso con la creazione di teste di ponte, dalle quali le forze corazzate o meccanizzate, destinate alla successiva azione di annientamento, possano sboccare in piano senza correre il pericolo che i vari scaglioni vengano battuti separatamente. Il completamento del successo spetta alle GG.UU. elementari in 1 a schiera ogni qualvolta conservino ulteriore capacità offensiva, il che è normale in ambiente nucleare attivo, mentre negli altri ambienti operativi è frequente che il completamento del successo venga realizzato dalle GG.UU. in 2a schiera (terreni di pianura e collinosi) o dalla riserva di corpo d'armata (terreni montani ed alpini). Nella battaglia contro nemico che attui la manovra di logoramento, il completamento del successo ha inizio subito dopo la chiusura dei bracci della manovra ed è diretto a comprimere sempre più le forze strette nelle sacche, realizzando nel contempo schieramenti idonei ad opporsi a tentativi di sortite o di forzamento dall'esterno. L'azione di annientamento, designata nel passato sfruttamento del successo, consiste nella prosecuzione degli sforzi in profondità per raggiungere l'obiettivo strategico e nella eliminazione delle forze accerchiate nei tronconi o rinchiuse nelle sacche; abbraccia tutta l'area della battaglia e impegna tutte le forze dell'armata (compresa la riserva di armata). Essa si basa sul trinomio GG.UU. corazzate e/o meccanizzate-forze aerotattiche-aviotruppe e si sviluppa con modalità diverse nel caso della manovra nemica di arresto a seconda che il nemico stesso manovri in ritirata, ovvero sviluppi contrattacchi in forze affidati a riserve fino ad allora risparmiate. Le caratteristiche dell'azione sono
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simili in tutti e tre gli ambienti operativi, anche se nell'ambiente nucleare attivo gli ordigni nucleari possono trovare impiego per eliminare le resistenze più consistenti o per creare zone di intransibilità atte a bloccare il movimento retrogado del nemico. La prosecuzione degli sforzi in profondità, comunque, è affidata in ambiente nucleare attivo alle riserve dei corpi d'armata in 1 a schiera, rinforzate o non con complessi tattici tratti dalle GG.UU. già impegnate, mentre in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale alla riserva di armata (terreni di pianura e collinosi) ed alle stesse riserve di corpo d'armata, eventualmente rinforzate con aliquote della riserva di armata (terreni montani ed alpini). L'eliminazione dei tronconi e delle sacche può avere inizio in contemporaneità con la prosecuzione degli sforzi in profondità, può essere differita, ovvero iniziata anche prima in taluni settori; in tutti i casi è subordinata alle esigenze preminenti dell'azione in profondità. In ambiente nucleare attivo, il mezzo più rapido per l'eliminazione dei tronconi e delle sacche è il fuoco nucleare; essa è affidata, nel caso che la prosecuzione degli sforzi in profondità sia compiuta dai corpi di armata in 1 a schiera o dalla riserva di armata, alle forze dei corpi d'armata in 1 a schiera ed alla riserva di armata, mentre nel caso che la prosecuzione degli sforzi in profondità impieghi la riserva di armata alle stesse forze dei corpi d'armata in 1a schiera. Nel quadro della battaglia contro nemico che attui la manovra di logoramento, l'azione di annientamento è la risultante delle singole azioni di eliminazione delle forze rinchiuse nelle sacche per effetto delle varie manovre dei corpi d'armata. Può concretarsi anche in uno scontro risolutivo con le ultime riserve nemiche di ordine superiore. In genere, è affidata alle stesse forze del corpo d'armata con l'eventuale concorso delle riserve di armata oppure, quando l'armata non sia ordinata per linea, alle riserve di armata con l'eventuale concorso dei corpi d'armata. Nel suo complesso, l'azione di annientamento, nel caso particolare della manovra di logoramento, ha termine con la distruzione delle ultime forze nemiche ottenuta median te l'eliminazione delle sacche od eventualmente lo scontro risolutivo. Essa, comunque, deve segnare il totale annullamento della capacità difensiva del nemico e concludere così la battaglia offensiva. La battaglia offensiva delineata nella 700 assomiglia, come abbiamo già rilevato, a quella delineata nella 620 ed ancora più a quella della 4620. Essa, peraltro, risente anche, nella sua concezione ed organizzazione, della nuova dottrina strategica sovietica, della quale però non accetta gli assolutismi e gli estremismi, mentre tiene in conside-
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razione altri elementi che quella trascura. Abbiamo via via sottolineato le innovazioni di maggior rilievo - ripartizione in tre azioni fondamentali, eventualità che l'obiettivo dell'armata sia intermedio rispetto a quello di scacchiere, introduzione del centro di polarizzazione della manovra tattica di corpo d'armata, maggiore elasticità conferita alla ripartizione dei compiti tra GG.UU. elementari in 1 a e 2a schiera ed in riserva di armata, riduzione apportata alla distanza tra margine anteriore della zona di attesa e basi di partenza per l'attacco, maggiore consistenza conferita allo S.R.P.C. ed altre ancora - ma, a conclusione dell'intero discorso sulla battaglia offensiva, si possono aggiungere alcune considerazioni particolari. La battaglia offensiva, quali che siano l'ambiente operativo e naturale e indipendentemente dal tipo di manovra del nemico, è sempre azione di forza e di rapidità, appunto come la concepiscono anche i sovietici. In tutti i casi, mira a concentrare il fuoco più che le forze, a sorprendere con prontezza, a superare il nemico in velocità ed a batterlo con la manovra. Essa s'informa ai criteri d'investire con decisione e sfondare con rapidità, penetrare senza indugio in profondità, non concedere tregua né sosta alle forze nemiche, chiudendo loro ogni via di scampo. La massa e la sorpresa trovano la loro esaltazione nell'ambiente nucleare attivo, nel quale è altresì maggiore la libertà di manovra al livello di armata e di corpo d'armata. La libertà di manovra inoltre è maggiore nella battaglia contro nemico che conduca la manovra di logoramento o la manovra di arresto con i procedimenti di difesa mobile e lo è altresì nei terreni montani ed alpini. Là dove è maggiore la libertà di manovra, la battaglia offensiva si fonda prevalentemente sulla celerità delle azioni; negli altri casi, prevalentemente sulla potenza delle concentrazioni. L'ambiente nucleare attivo conferisce alla battaglia offensiva, quale che sia l'ambiente naturale e quali che siano le forme di manovra ed i procedimenti di difesa del nemico, una fisionomia ben diversa da quella degli altri due ambienti operativi; esso incide, prima ancora che sulla organizzazione e sulla condotta, sulla concezione dell'azione. La differenza tra i vari ambienti operativi non incide solo sul ritmo più o meno serrato della battaglia offensiva - le armi nucleari, come già affermava la 620, rendono possibile la rottura e la penetrazione in profondità con le stesse GG.UU. in 1 a schiera, riducendo al minimo gli scavalcamenti - ma ne condiziona la concezione e l'organizzazione, in quanto compiti, numero degli sforzi, obiettivi, assi di penetrazione o di irruzione, impiego del fuoco e del genio, ecc. si informano a criteri diversi e obbediscono ad imperativi diversi. Vi so-
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no naturalmente criteri, scelte e modalità a denominatore comune, ma non pochi sono quelli peculiari di ogni singolo ambiente. La 620 aveva appena sfumato le differenze della battaglia offensiva in rapporto alla manovra ed ai procedimenti di difesa del nemico, la 700 attribuisce all'una ed agli altri un valore determinante, non solo sul piano organizzativo e di condotta, ma prima ancora su quello concettuale ed avverte che un conto è agire offensivamente contro un nemico che conduca una manovra di arresto ed un altro contro un nemico che conduca una manovra di logoramento o manovri in ritirata, come pure che la battaglia offensiva non può non assumere caratteristiche diverse, ancorché rivolta contro nemico che attui una manovra di arresto, a seconda dei procedimenti che questo adotti. Dall'incidenza della manovra e dei procedimenti del nemico, la 700 ne fa un postulato d'impostazione della battaglia offensiva, andando molto al di là della 620. Non si tratta di una concezione rivoluzionaria e neppure nuova, ma di una diversa valutazione del fattore nemico, mai trascurato dalle dottrine e dai grandi capitani del passato, considerato ora sul piano concettuale di pari, se non di superiore, importanza di quello dell'ambiente naturale. In definitiva la 700 dà della battaglia offensiva una visione molto articolata e variegata, ma rigidamente coerente e molto aderente alla realtà generale del momento. L'aggressore potenziale è l'U.R.S.S., dove la battaglia offensiva gode di assoluta priorità e s'ispira a principi, criteri e modalità analoghi. Per contrapporsi all'eventuale aggressore occorre conoscere come questi imposterà e condurrà l'azione. Ecco il perché la 700 dedica all'argomento tanta attenzione e tanto spazio sul piano teorico, pur nella piena consapevolezza che, sul piano pratico, l 'Italia e la N .A.T.O. non sono interessate ad una guerra offensiva, che l'Italia in particolare ripudia nella sua Costituzione. Una battaglia offensiva è addirittura fuori delle possibilità concrete delle forze armate italiane, prive di potere nucleare proprio, quantitativamente e qualitativamente molto scarse di potere convenzionale e, soprattutto, destinate a compiti esclusivamente di difesa del territorio nazionale.
4. La battaglia difensiva, qualunque sia la forma di manovra che la configuri, utilizza il più possibile tutti i fattori incrementali della difesa ed è sempre caratterizzata da profondità dei dispositivi .. . elastici-
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Là dei dispositivi e flessibilità del fuoco ... reattività di fuoco e di movimento. Le caratteristiche indicate dalla 700 sono sostanzialmente le stesse della serie dottrinale 600, ma il passaggio dalla situazione di limitata a quella di larga disponibilità nucleare pone in discussione il valore dei coefficienti dei singoli fattori incrementali e quello del rapporto profondità-elasticità-reattività, necessariamente diversi da quelli della serie dottrinale 600: maggiore la disponibilità delle armi nucleari, minore l'affidabilità del terreno e maggiore, di converso, quella dello spazio. Il ricorso ad una maggiore utilizzazione dello spazio consente di aumentare la profondità del dispositivo difensivo, ma sul teatro operativo europeo nessuno degli eserciti N.A.T.O., a contatto con i paesi del Patto di Varsavia, dispone in larga misura di spazio cedibile. Occorre compensare la limitatezza dello spazio e conseguentemente della modesta profondità facendo il massimo ricorso alla elasticità ed alla reattività. La 700 prospetta in linea teorica due soluzioni de li 'equazione - manovra di arresto e manovra di logoramento - ma per lo scacchiere operativo della frontiera nord-orientale italiana conferma che l'unica forma possibile è la manovra di arresto. La nuova situazione di larga disponibilità nucleare di entrambe le parti contrapposte inficia di per sé, pertanto, la validità della manovra di arresto delineata dalla 600, a meno di un aumento della profondità dell'area della battaglia e di una maggiore elasticità dei dispositivi. Da qui l'accettazione del procedimento di difesa mobile e della combinazione in profondità con quello di difesa ancorata, al quale ultimo vengono, inoltre, conferite una maggiore elasticità mediante un maggiore ricorso alla manovra dei presidi, una minore vulnerabilità dei caposaldi e una minore entità dei presidi stessi. L'ampia disponibilità nuclerare consente, infatti, all'aggressore di distruggere o, quanto meno, neutralizzare, all'improvviso e simultaneamente, più strutture statiche, di aprire così con immediatezza ampie brecce nel sistema difensivo e di superarlo in tempi così brevi da rendere aleatoria ogni reazione di movimento in forze, sia per la esiguità del tempo disponibile per svilupparla, sia soprattutto per il modesto tasso di logoramento che, nonostante l'impiego da parte del difensore di armi nucleari tattiche, l'attaccante subisce. Ma la soluzione della 700 risulta altresì condizionata da una persistente valutazione positiva dell'attrito offerto dal terreno, specialmente da quello alpino e montano, anche in ambiente nucleare attivo, al dispiegamento di grandi dispositivi offensivi ed all'impiego delle GG.UU. corazzate e meccanizzate, dall'apporto d'incremento conferito alla capacità difensiva dalla for-
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tificazione permanente e, da ultimo, dalla realtà finanziaria e ordinativa dell'esercito italiano, che non consente la meccanizzazione integrale delle divisioni di fanteria destinate alla difesa del settore di pianura e collinoso. Diverse le soluzioni contemporanee date dai maggiori eserciti della N.A.T.O. - statunitense, tedesco-occidentale, francese - operanti in Europa al loro rispettivo problema difensivo. Alla base resta per tutti la manovra di arresto e nessuno trascura l'importanza del terreno e della fortificazione, ma i procedimenti per condurla danno preminenza alla mobilità, ancorché nessuno escluda l'azione statica, specialmente nella zona avanzata dell'area della battaglia. L'esercito tedesco-occidentale, in particolare, accanto alla difesa essenzialmente mobile (iiberwiegend beweglich gefiihrte Abwer) prevede il ricorso alla difesa essenzialmente di posizione (iiberwiegend aus Verteidigungraiimen gefiihrte Abwer), qualora il terreno o la situazione aerea o difficoltà logistiche pongano limitazioni al movimento o non si disponga di adeguata profondità o di sufficienti unità corazzate. La 700 ha davanti agli occhi le concezioni difensive statunitense, tedesco-occidentale e francese ed i loro procedimenti di attuazione, in particolare quello della difesa mobile, riassunti in un brillante studio comparativo pubblicato nel febbraio 1962 sulla Rivista Militare l6 e ne subisce in qualche misura l'influenza, ma riserva al procedimento di difesa mobile una posizione di secondo tempo e ne modifica alcuni termini ed alcune modalità di sviluppo e di condotta. La 700, in conclusione, configura la manovra di arresto, non solo introducendo notevoli e profondi cambiamenti nello stesso procedimento di difesa ancorata, ma prevedendone l'articolazione in due fasi successive la seconda eventuale e solo nell'ambiente nucleare attivo - condotte da grandi unità distinte ed operanti con procedimenti diversi. Ancorché mutuato dai maggiori eserciti della N.A.T.O., presso i quali peraltro era variamente modulato sul piano applicativo, il procedimento di difesa mobile viene inserito dalla 700 nella dottrina d'impiego italiana secondo criteri di larga autonomia dai modelli stranieri. L'inserimento costituisce comunque di per sé una novità assoluta in quanto segna, tra l'altro, il superamento della concezione della inidoneità, o della scarsa convenienza d'impiego, delle divisioni corazzate nella difesa ad oltranza di posizioni difensive, concezione alla quale, nonostante le prove in contrario offerte dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale specialmente sulla fronte orientale, la dottrina italiana fino ad allora in vigore aveva continuato, in linea di massima, a restare attaccata.
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La manovra di arresto persegue lo scopo di arrestare l'azione offensiva del nemico entro un'area determinata a priori, della quale si voglia mantenere il possesso. Le azioni fondamentali in cui essa si scompone sono quattro: presa di contatto e ritardo {eventuale), frenaggio, resistenza ed arresto, annientamento. L'azione di presa di contatto: è diretta a stabilire il più avanti possibile il contatto con il nemico; si sviluppa su11'intera fronte dell'armata; è affidata ad un apposito complesso di forze che prende il nome di scaglione di presa di contatto e frenaggio (Sc.P.C.F.). L'azione di frenaggio si sviluppa anche questa sull'intera fronte dell'armata e si concreta: nei combattimenti contro gli scaglioni nemici avanzati, svolti in un primo tempo dallo Sc.P.C.F. e successivamente dalle avanstrutture di sicurezza delle GG.UU. elementari in 1 a schiera; nell'azione in profondità contro i grossi nemici, condotta direttamente dall'armata. Scopo dell'intera azione è ritardare e logorare il nemico ed i mezzi sono il fuoco a distanza, le demolizioni, gli allagamenti, le mine nucleari, ecc. nonché il ricorso a particolari forme di lotta, oltre, s'intende, i combattimenti propri dello Sc.P.C.F. e delle avanstrutture di sicurezza. L'azione di resistenza e di arresto - la più decisiva, complessa e difficile è diretta a ridurre ulteriormente l'iniziale superiorità di potenza dell'attaccante e ad arrestarne definitivamente la progressione. Essa comprende la contropreparazione, la resistenza e l'arresto; è affidata ai corpi d 'armata in 1 a schiera; si concreta in un insieme di sforzi difensivi di grande unità elementare, variamente combinati e coordinati sulla fronte e in profondità, che si sviluppano con progressiva potenza frenante fino ad irrigidirsi definitivamente non appena possibile e comunque entro la zona prescelta. Nel loro insieme gli sforzi tendono a disarticolare e frazionare l'offesa, ad impedirne le penetrazioni massicce, possibilmente a deviarne i tentacoli per convogliarli verso zone dove si preveda di poterli annientare. L'azione di resistenza e di arresto può essere impostata su procedimenti di difesa ancorata o di difesa mobile, il cui scopo minimo è comunque l'arresto definitivo dell'attacco nemico.L'azione di annientamento è diretta ad annullare la capacità operativa di tutte le forze nemiche penetrate nell'area della battaglia ed a riconquistare la piena disponibilità di questa ultima. Essa è affidata alle riserve di armata, ma vi concorrono le riserve di corpo d'armata con residua capacità operativa. Si concreta in contrattacchi risolutivi tendenti ad eliminare le penetrazioni ovunque e comunque arrestate, specie quelle più profonde. È un'azione che può venire a mancare quando la difesa non conservi ulteriore capacità reat-
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tiva ad arresto del nemico conseguito. L'area della battaglia abbraccia, così, dall'avanti all'indietro: una zona di frenaggio (Zo.F.) eventuale; una posizione difensiva (P.D.) che comprende: una zona di sicurezza (Z.S.) (profonda 5 -;-15 km), una zona di arresto (Zo.Arr.) (profonda tra i 70 e i 130 km), la quale, a sua volta, comprende, una posizione di resistenza (P.R.) e una zona delle riserve di corpo d'armata (Zo.Ris.C.A.), una zona delle retrovie di armata (Zo.Retr.A.) (profonda 80-;-100 km). La posizione difensiva assume valori di profondità più che doppi rispetto a quelli della 600, mediante l'attribuzione alla Zo.Ris.C.A. della funzione di fascia di manovra (Fa.Man.) e cioè divolano di spazio operativo. La 700 parte cioè dal concetto che nell'ambiente nucleare il sistema statico possa non essere sufficiente da solo a consentire la risoluzione della battaglia difensiva, mediante reazioni manovrate in forza nell'ambito della P.R., e predispone il prolungamento dell'azione di resistenza e di arresto, anche a tergo del dispositivo ancorato, da parte delle riserve dei corpi d'armata in 1a schiera che, essendo composte da unità corazzate e meccanizzate, adottano il procedimento della difesa mobile. La manovra di arresto, in sintesi, pur r icercando la soluzione positiva il più avanti possibile, deve utilizzare tutta la profondità della Zo.Arr., quando necessario, per assorbire gli sforzi non contenuti nell'ambito della P.R .. Nella Zo.Arr. interviene anche la riserva di armata, costituita anche questa da forze corazzate e meccanizzate, per sviluppare contrattacchi in forze tendenti ad annientare le penetrazioni comunque bloccate o, nel caso più sfavorevole, ad arrestarle definitivamente. Cadono così le numerose alternative d'impiego della riserva di armata a favore di una seconda posizione difensiva arretrata, perché essa deve essere spesa interamente nell'ambito della P.D. avanzata. Cade altresì l'alternativa di extrema ratio, prevista dalla 600 nei riguardi dell'impiego della riserva di ordine superiore nella manovra in ritirata ed essa è sostituita da quella, non meno estrema, tra contrattacco o prolungamento in profondità dell'azione di resistenza e di arresto. La nuova alternativa tra contrattacco o difesa mobile pone i comandanti delle GG.UU. complesse di fronte ad una scelta non meno difficile di quella del passato, ma il passaggio alla difesa mobile, in luogo del contrattacco, in molte circostanze può essere imposto dalla situazione e, comunque, diversamente dal passaggio alla manovra in ritirata, risponde all'esigenza primaria d'impiegare tutte le forze disponibili nell'area della battaglia per arrestare all'interno di questa, in particolare della P.D., l'attacco, in aderenza al principio, riaffermato nella premessa della 700,
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di condurre la difesa il più avanti possibile nel territorio nazionale ed in relazione allo scopo della stessa manovra di arresto che è quello di mantenere il possesso dell'area della battaglia, dell'unica battaglia possibile nella situazione italiana in cui una seconda posizione difensiva da andare a presidiare anche con le forze della prima, previa manovra in ritirata, era divenuta già dai primi anni sessanta un'ipotesi irreale ed una semplice enunciazione di principio. L'attività concettuale ed organizzativa17 del comandante dell'armata ripete, con alcune aggiunte e varianti, gli schemi della 600. Il comandante sintetizza la concezione della battaglia nel disegno di manovra, nel quale prende in considerazione: l'impostazione delle azioni di presa di contatto e di frenaggio per sfruttare al massimo lo spazio, eventualmente disponibile o conquistabile nella zona anteriore dell'area della battaglia; la posizione difensiva che sceglie con il criterio di valorizzare al massimo la capacità difensiva delle forze, il rendimento del fuoco e dell'ostacolo e la possibilità di manovra e di ridurre, nel contempo, la vulnerabilità dei propri dispositivi tattici e logistici; il procedimento di difesa, generalmente unico per tutti i corpi d'armata - solo ambienti naturali del tutto diversi nei vari tratti possono imporre l'adozione di procedimenti differenziati tra i corpi d 'armata - sulla base del quale viene determinata la consistenza da conferire alle riserve dei corpi d'armata ed alla riserva di armata; gli sforzi difensivi e la gravitazione iniziale della difesa fissati in funzione delle direttrici operative che incidono nel settore difensivo e del1'entità e specie del fuoco, delle forze e dei mezzi; le eventuali azioni concorrenti che abbiano valore rilevante nel quadro dell'intera manovra. Il compito dell 'armata si materializza sempre nell'interdire al nemico un fascio operativo, agendo entro limiti di spazio determinati dal comando superiore, o da definire dal comandante dell'armata, in relazione alle aree vitali da coprire nel quadro della manovra strategica di scacchiere. Il compito consiste sempre in una difesa da condurre ad oltranza e la battaglia deve concludersi in ogni caso nella Zo.Arr.. Gli sforzi difensivi, in cui la manovra di arresto dell'armata si scompone, corrispondono ad altrettante manovre tattiche delle singole GG.UU. elementari, composte, a loro volta, in una manovra tattica di corpo d 'armata. I criteri per la definizione degli sforzi difensivi sono quelli di opporre unitarietà di difesa, nel senso della fronte ed in quello della profondità, ad unitarietà di offesa e di adeguare la capacità di resistenza e di arresto di ogni singola manovra di corpo d'armata alla presumibile potenza della contrapposta azione:: nt:mica,
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differenziando i settori di interesse essenziale da altri aventi funzione complementare mediante una diversa gravitazione iniziale effettiva di fuoco, di forze e di ostacolo e mediante una gravitazione potenziale di fuoco e di riserve. L'attività organizzativa del comandante dell'armata è indicata in termini analoghi a quelli della 600. Essa consiste nel materializzare gli sforzi difensivi in termini di GG.UU. elementari e di ordigni nucleari, nel raggruppare in corpi d'armata le forze destinate a condurre sforzi tatticamente connessi, nel garantirsi la possibilità di intervento diretto nella battaglia mediante una costante disponibilità di riserva di forze, di fuoco e di scorte. Più rigida nell'ambiente convenzionale, più duttile, elastica e più ispirata a prudenza in quello nucleare attivo ed ancora più prudenziale in quello nucleare potenziale, l'organizzazione riguarda inizialmente: il dispositivo (Sc.P.C.F. eventuale), corpi d'armata in 1 a schiera ed eventuali GG.UU. elementari in 1a schiera non inquadrate in un corpo d'armata, GG.UU. ed eventuali complessi tattici in riserva, unità di supporto non decentrate; l'impiego del fuoco; l'impiego del genio; la definizione dei collegamenti e del sistema delle trasmissioni; la gestione delle missioni aeree. Nel quadro delle misure di protezione dell'area della battaglia, il comandante dell'armata organizza la difesa aerea, la difesa e la sicurezza delle retrovie, la difesa N.B.C. e l'O.E.Z.E.D. In sede di organizzazione, come misura prudenziale, il comandante dell'armata deve anche prevedere l'eventualità di passare ad una manovra in ritirata qualora la potenza offensiva si dimostri incontenibile sulla fronte dell'armata, ovvero la manovra strategica di scacchiere abbia sviluppi sfavorevoli in altri settori. Delle due situazioni di ricorso alla manovra in ritirata indicate in questo paragrafo (n. 251) della 700, la seconda è senza dubbio ipot izzabile in tutti gli ambienti operativi e naturali ed il ricorso alla manovra in ritirata diventa un'imposizione da subire. Il passaggio alla manovra in ritirata qualora la potenza offensiva si dimostri incontenibile sulla fronte dell'Armata è, invece, un'eventualità da prevedere solo per la manovra di arresto sviluppata su terreni alpini e montani, sui quali non è praticabile la difesa mobile - e la 700 avrebbe dovuto chiarirlo esplicitamente - perché per i terreni di pianura e collinosi il ricorso alla manovra in ritirata contraddirebbe l'intera impostazione concettuale ed organizzativa conferita alla manovra di arresto, là dove la 700 afferma, come abbiamo già rilevato, che l'armata sviluppa una difesa ad oltranza da concludersi in ogni caso nella Zo.Arr. Anche l'attività concettuale ed organizzativa18 dei comandanti dei
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corpi d'armata in 1a schiera è illustrata dalla 700 in termini analoghi a quelli della 600. Nel concetto di azione del comandante del corpo di armata in 1 a schiera trovano risalto: l'impostazione dell'azione di frenaggio nella Z.S. (funzioni e profondità della Z.S.); l'impostazione dell'azione di resistenza e di arresto nella Zo.Arr.; la gravitazione (dosatura iniziale degli sforzi difensivi e riserva potenziale di fuoco e di forze con cui incrementare o, se necessario, modificare quella iniziale); il coordinamento degli sforzi difensivi di G. V. elementare fissati dal Comando Superiore (misure per ridurre gli effetti degli eventuali scollamenti tra i singoli sforzi delle GG.UU., per sintonizzare l'azione della riserva di corpo d'armata con quella delle GG.UU. elementari in 1 a schiera, per adeguare compiti e dispositivi delle forze e impiego del fuoco agli sviluppi prevedibili di un'azione nemica diversa da quella presa a base dell'impostazione della manovra di arresto). Particolare importanza assume, nell'attività concettuale del comandante del corpo di armata in 1 a schiera, la valutazione dell'azione di resistenza e di arresto che discende dal procedimento di difesa stabilito dal comando superiore e che comporta la definizione di come la manovra del corpo d'armata debba essere sviluppata. Elementi essenziali, a fattor comune di ciascun procedimento di difesa, sono la profondità della P.R., le zone di convogliamento del nemico e le ipotesi d'impiego della riserva. Nella difesa ancorata elementi particolari da definire sono, inoltre, la struttura del sistema statico nei vari tratti del settore difensivo di corpo d'armata, le posizioni chiave ai fini del convogliamento e dell'arresto, l'andamento generale della posizione di contenimento, le eventuali posizioni da presidiare con la riserva a tergo della P.R. (terreni alpini); nella difesa mobile, sono l'indicazione dei principali ostacoli naturali ed artificiali da utilizzare, per rallentare e canalizzare la progressione dell'attacco, e la definizione delle posizioni di cui occorra mantenere il controllo e di quelle fondamentali da presidiare a ragion veduta in funzione dei contrattacchi. Sul piano organizzativo, il comandante del corpo di armata definisce la costituzione particolareggiata delJ'aliquota dello Sc.P.C.F. operante nel settore, la rete di avvistamento e di allarme nella Zo.F. e le misure per saldare l'azione dell'aliquota dello Sc.P.C.F. con quella delle forze in Z.S .. Il comandante: articola il dispositivo (che inizialmente comprende GG.UU. elementari in 1 a schiera, GG.UU. elementari e/o complessi tattici in riserva, unità di supporto non decentrate); delinea l'impiego del fuoco, che il comandante dell'artiglieria traduce in un progetto di piano di fuoco generale della G.U., il quale, quando ap-
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provato dal comandante del corpo d'armata, si trasforma in piano di fuoco generale; delinea, altresì, l'impiego del genio che il comandante del genio traduce in un progetto d'impiego che, quando approvato dal comandante del corpo d'armata, si trasforma in piano di impiego; dà direttive al comandante delle trasmissioni circa le esigenze da soddisfare in fatto di collegamenti e di sistema delle trasmissioni; si avvale, per l'impiego delle missioni aeree, del centro coordinamento del fuoco; provvede, nella misura devolutagli dal comandante dell'armata, all'organizzazione della protezione dell'area del suo settore (difesa N.B.C. e O.E.Z.E.D.). La manovra tattica dei corpi d'armata in 1 a schiera deve concludersi nella P.R. o nella Fa.Mam .. Il comandante del corpo d'armata deve condurre l'azione di resistenza e di arresto in funzione della successiva azione di annientamento, cercando di incanalare, irretire, od incapsulare gli sforzi nemici nelle previste zone di annientamento, ovvero in altre zone dove si determinino condizioni di spazio e di forze favorevoli ai contrattacchi. Ciò mediante: la saldatura di resistenze in atto; il mantenimento di appoggi d'ala; la costituzione di fianchi difensivi; il presidio di perni di manovra predisposti; i contrattacchi di logoramento e di arresto. Tutto deve essere fatto per arrestare la progressione. Le riserve di corpo d'armata devono, se necessario, essere impiegate anche per intero in funzione di arresto. La decisione circa l' impiego della riserva non si pone più pertanto in termini di alternativa - arresto od annientamento - perché il secondo è sempre subordinato al primo, ma riguarda invece come impiegare la riserva nei contrattacchi o nel contenimento nella P .R . (difesa ancorata e difesa mobile), o nel prolungamento della resis tenza nella Fa.Man., o nei contrattacchi nella P.R. (combinazione in profondità dei due procedimenti) e quando impiegarla per evitare di bruciarla in azioni non risolutive o in interventi prematuri. In terreni montani ed alpini, nei quali le riserve di primo intervento tendono ad arrestare sul nascere le penetrazioni, l'impiego delle riserve di corpo d'armata è tendenzialmente anticipato rispetto ai terreni di pianura e collinosi. Il comandante del corpo d'armata frequentemente interviene sui terreni montani con la riserva per presidiare posizioni, a tergo dello schieramento delle GG.UU. elementari, raccordabili alle difese superstiti e idonee ad arrestare le penetrazioni in profondità. A parte le innovazioni terminologiche 19, peraltro assai significative, al pari di quelle introdotte nella trattazione della battaglia offensiva, e quelle riguardanti la difesa mobile e la combinazione in
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profondità del procedimento di difesa ancorata e di quello di difesa mobile - due innovazioni di fondo - la 700 modifica altresì sensibilmente la stessa visione della difesa ancorata, il cui sistema statico viene inscritto, se così si può dire, in situazioni ed ambienti bene definiti e non risponde più ad un unico cliché precostuito, ma ad un adeguamento, di volta in volta, della densità, della forma e della consistenza complessive e di quelle delle singole strutture statiche al particolare caso concreto, anche in ragione dell'ambiente operativo e di quello naturale. E ciò è in piena aderenza con il criterio della duttilità della dottrina, al quale la 700 dà il valore di cardine della sua logica di impostazione. Delle azioni in cui la 700 articola la manovra di arresto: la presa di contatlo continua a basarsi sull'esplorazione da parte dello Sc.P.C.F. che agisce articolato per aliquote di corpo d'annata, ognuna, a sua volta, comprendente distaccamenti esploranti ed una riserva, e che fonda l'azione più sulla rapidità che sulla forza; l'azione di frenaggio continua ad essere propria dello Sc.P.C.F. che, arlicolato per aliquote di corpo d'armata, comprende uno scaglione ritardatore ed uno scaglione di arresto i quali si alternano rispettivamente in azioni di contrasto dinamico e in difese a tempo determinato nello spazio compreso tra la linea raggiunta nella fase di esplorazione e la linea di sicurezza. Azione di frenaggio è altresi, benché condotta principalmente mediante il solo contrasto dinamico, quella delle forze in Z.S., di norma articolate per settori di G.U. elementari in 1 a schiera, le quali possono essere incrementate - un'innovazione - da forze già facenti parte dello Sc.P.C.F.. L'azione di resistenza e di arresto è scandita, teoricamente più che praticamente, come abbiamo già rilevato, in tre fasi. La contropreparazione è intesa non solo come azione eventuale di fuoco nei termini tradizionali, ma anche come fase dell'azione di resistenza e di arresto, comprendente il complesso delle attività dirette ad impedire o ritardare l'inizio dell'attacco, disturbarne l'organizzazione e raccogliere dati informativi, anche mediante azioni di fuoco, di colpi di mano, l'impiego di particolari forme di lotta e di speciali tecniche e il ricorso a contrattacchi preventivi. Questi ultimi previsti, sia pure con carattere di eventualità, anche nell'ambiente convenzionale, mentre la 600 li considerava esclusivi dell'ambiente nucleare attivo, in alternativa della contropreparazione di fuoco. Il contrattacco preventivo perde, dunque, il carattere di azione alternativa e assume anzi quello di azione che, situazione e terreno permettendolo, può essere contemporanea allo svolgimento della contropreparazione di fuoco sviluppata in settori contigui. La contropreparazione, come azione
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di fuoco, può essere impostata, così come già previsto dalla 600, su fuoco prevalentemente nucleare, su fuoco nucleare e convenzionale e su fuoco esclusivamente convenzionale. Nel primo caso, tende: con il fuoco nucleare, a distruggere le sorgenti di fuoco nucleare localizzate ed a paralizzare la capacità operativa distruggendo o neutralizzando le unità sulle basi di partenza o sulle zone di dislocazione iniziale, i comandi, i servizi, i nodi di comunicazione; con il fuoco convenzionale, ad integrare gli interventi nucleari nel tempo e nello spazio. Nel secondo caso: il fuoco nucleare è impiegato per distruggere le sorgenti di fuoco nucleare localizzate e per neutralizzare le concentrazioni più pericolose; quello convenzionale per integrare il fuoco nucleare e neutralizzare il dispositivo di attacco negli altri settori. Nel terzo caso - fuoco esclusivamente convenzionale - la contropreparazione tende con aerei e missili a colpire obiettivi in profondità e con le artiglierie a battere i dispositivi delle GG.UU. nemiche in 1 a schiera. La resiste nza è azione specifica delle GG.UU. elementari in 1 a schiera ed è materializzata dagli sforzi difensivi da queste condotti. Si ispira ai criteri di: opporsi agli sforzi offensivi; contrapporre alla spinta offensiva una potenza di logoramento progressivamente crescente dall'avanti all'indietro; provocare o, quanto meno, favorire l'incalanamento delle penetrazioni verso zone sfavorevoli all'offesa; indurre l'attacco alle concetrazioni; adeguare prontamente la resistenza agli sforzi nemici più potenti o minacciosi; sferrare al momento opportuno colpi decisivi di logoramento, e possibilmente di arresto, mediante i contrattacchi delle riserve di primo intervento. Tali criteri di base, validi in ogni caso, trovano applicazione diversa nei due tipi di procedimenti, come vedremo più avanti. L'arresto è il risultato della resistenza in quanto segna la raggiunta neutFalizzazione della superiorità iniziale del nemico. Si materializza nell'irrigidimento degli sforzi difensivi in corrispondenza di zone di annientamento e può dirsi conseguito quando le penetrazioni siano state definitivamente bloccate. È azione che, di massima, compete ai corpi d'armata in 1 a schiera che, a tale fine, impiegano le proprie riserve: un impiego normale in ambiente nucleare attivo, in cui talvolta vengono impegnate a tale fine anche le riserve di armata (nei terreni alpini e montani l'arresto è conseguito di norma senza l'intervento della riserva di armata), mentre in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, l'arresto è generalmente conseguito con le sole riserve di corpo d'armata e, nei terreni montani ed alpini, spesso può essere conseguito interamente dalle stesse GG.UU. in 1 a schiera.
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L'azione di annientamento è diretta ad annullare la capacità operativa delle forze nemiche arrestate nella P.R. perché l'armata riacquisti la libera disponibilità dell'area della battaglia - o di gran parte di questa - al fine di riorganizzarvi la difesa o di prepararsi alla controffensiva. Essa consiste in una serie di contrattacchi risolutivi, possibilmente lungo le direttrici che incidono sui fianchi e sul tergo delle penetrazioni, che, in ambiente nucleare attivo, possono essere battute con il fuoco nucleare. ~ azione propria della riserva di armata e ad essa concorrono tutte le riserve dei livelli inferiori ancora impiegabili ad arresto perseguito; in taluni casi vi può concorrere un'aliquota della riserva di scacchiere. I contrattacchi e gli interventi di fuoco, specie nucleare, condotti dalle riserve di ordine inferiore all'armata appartengono all'azione di resistenza e di arresto. L'eliminazione delle penetrazioni arrestate nella P.R. è generalmente condotta dalle GG.UU. in 1 a schiera, ciascuna nel proprio settore, con il concorso o non delle riserva di armata, con il com;urso delle riserve di ordine inferiore non impegnate, ed è condotta dai comandanti di corpo d'armata, ciascuno nel proprio settore difensivo. L'annientamento delle penetrazioni massicce e profonde é, invece, sempre un'azione unitaria affidata alla riserva di armata e condotta dallo stesso comandante dell'armata o da un comandante di corpo d'armata da lui delegato. Facciamo un passo indietro e torniamo all'azione di resistenza e rileviamone i criteri d'impostazione concettuale e di organizzazione ai quali si ispira nella difesa ancorata, in quella mobile, nella combinazione dei due procedimenti. Nella difesa ancorata la resistenza poggia s ul m antenimento della coesione tattica del sistema statico, conseguibile: investendo sul terreno caposaldi ed ostacoli per il controllo dei punti forti, lo sbarramento delle vie di facilitazione, la copertura dei punti sensibili; precostituendo spazi vuoti che favoriscano l'incanalamento dei tentacoli dell'attacco per reciderli con interventi di fuoco e reazioni di movimento; ricorrendo alla manovra dei presidi dei caposaldi per l'occupazione a ragion veduta di posizioni predisposte, la difesa di campi minati e le reazioni di movimento con carattere locale; contrattaccando più che per riconquistare posizioni perdute, per arrestare e se possibile distruggere le penetrazioni consistenti; contenendo, ove non sia possibile contrattaccarla, la spinta nemica demandando alle riserve di ordine superiore il compito di arrestarla definitivamente. Sono, in linea di massima, gli stessi criteri indicati dalla 600, ma, subito dopo, nell'indil..:are gli obiettivi da per-
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seguire circa la densità, la forma e la consistenza del sistema statico la 700 introduce mutamenti di rilievo rispetto alla 600. La densità rapporto di superficie tra pieni e vuoti - viene messa in relazione all'ambiente operativo ed a quello naturale, per stabilire che deve tendere a valori minimi in ambiente nucleare attivo e, indipendentemente dall'ambiente operativo, sui terreni montani ed alpini. La forma - distribuzione dei pieni sul terreno - oltre che dall'ambiente operativo e da quello naturale, è determinata dalla presenza o non della fortificazione permanente e da come si intenda assicurare la coesione tattica del sistema, e cioè dei legami tra i pieni realizzati prevalentemente con il fuoco manovrato e/o con l'ostacolo artificiale o con la cooperazione diretta tra caposaldi, una cooperazione indispensabile nel senso della fronte quando il sistema statico si avvalga di piccoli caposaldi cooperanti - un'altra innovazione rispetto alla 600 che non prevedeva tale tipo di organizzazione - e non conseguibile in nessun caso nel senso della profondità - conferma del criterio della 600 per l'esigenza di conferire alla P.R. la notevole profondità necessaria a consentire nel suo interno i contrattacchi e le esplosioni nucleari. La consistenza - entità delle forze complessivamente impiegate nelle strutture statiche - è messa in rapporto alla densità, alla forza intrinseca delle posizioni, alla funzione attribuita a ciascuna struttura statica ed alla prevalenza di caposaldi ed ostacoli artificiali. Nell'ambiente nucleare attivo e potenziale, la consistenza di un caposaldo, su terreni di pianura e collinosi, non supera generalmente l'entità del gruppo tattico al livello di compagnia, soluzione indicata dalla 600 come normale per il solo ambiente alpino e montano. Il caposaldo di battaglione , eccezione fatta per l'ambiente convenzionale, scompare o quasi, e ciò in conseguenza della larga disponibilità nucleare. Sui terreni montani ed alpini, dove il ricorso alla difesa ancorata, qualunque sia l'ambiente operativo, è regola, la resistenza è p~aticamente una prolungata azione di arresto che tende a conservare l'integrità del sistema statico, impedendo le penetrazioni o stroncandole sul nascere. Conservano perciò validità i criteri e le modalità della serie dottrinale 600 ed in particolare la polarizzazione della resistenza a sbarramento dei solchi vallivi, la proiezione in avanti dell'azione per logorare ed arrestare gli sforzi nemici verso il margine anteriore del sistema statico, l'intervento delle riserve, più che per ristabilire situazioni compromesse, per alimentare ed integrare il sistema statico originario. Nella difesa mobile, la resistenza poggia soprattutto sulla flessibilità propria delle unità corazzate e meccanizzate, in grado di
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dare vita ad un dispositivo spiccatamente elastico, idoneo cioè a condurre la lotta con atteggiamento costantemente offensivo, a cedere terreno preservando la propria capacità operativa, ad adeguarsi alle mutevoli situazioni del combattimento. A tale fine, la divisione corazzata o meccanizzata in 1 a schiera contrasta i tentativi di superamento dell'ostacolo naturale od artificiale a cui si appoggia sul davanti il dispositivo difensivo ed elimina, a mano a mano che il nemico le crei, le teste di ponte iniziali; arresta e recide le infiltrazioni e le penetrazioni di minore consistenza; logora l'avanzata al di qua dell'ostacolo schierato sulla fronte contendendo, con procedimenti di contrasto dinamico, il terreno che intende cedere ai fini del convogliamento dell'attacco ed assestando colpi sempre più forti, a mano a mano che l'azione si sposti in profondità, mediante il presidio aragion veduta di perni di manovra predisposti, l'intervento del fuoco nuclerare o convenzionale a massa per colpire le concentrazioni e lo sviluppo di contrattacchi locali che tendano a riportare la lotta sul davanti; incapsula appena possibile, in zone di annientamento predisposte o suggerite dalla situazione del momento, le forze nemiche penetrate, occupando a tale fine posizioni allacciabili in sistema che delimitino sulla fronte e sui fianchi le penetrazioni e costituiscano appoggi d'ala o basi di lancio per i contrattacchi di annientamento devoluti generalmente, come si è detto, alle riserve di ordine superiore. Il mantenimento di posizioni ha significato solo se serva a provocare concentrazioni dell'attacco od a costiture perni di manovra ed a delimitare le zone di annientamento. L'ostacolo adempie funzione precipua di ritardo e d'incanalamento; quello sul margine anteriore della P.R. ha anche la funzione di linea di attestamento, possibilmente continua, dalla quale dare inizio alla resistenza. Il fuoco e le reazioni di movimento costituiscono i mezzi di logoramento e di arresto e la resistenza, in sostanza, si traduce in una serie di interventi massicci di fuoco e di atti offensivi. C'è, dunque, oltre che una diversità assoluta sul modo di organizzarla e di condurla, una radicale impostazione concettuale diversa tra la difesa ancorata e quella mobile. Nella prima, si scelgono in anticipo, suggerite dal terreno, le posizioni da presidiare a priori ed a ragion veduta ed intorno ad esse si determinano le zone d'intervento dei rincalzi e delle riserve, ancorché sui terreni di pianura e collinosi il concetto si attenui; nella seconda, la preceenza è conferita alla scelta delle zone d'intervento per le reazioni manovrate. Le unità corazzate e meccanizzate operano su terreni di pianura e collinosi, in gran parte percorribili, dove scarse o nulle sono le
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posizioni con significato difensivo, a meno degli ostacoli fluviali e degli abitati. Tutto o quasi il terreno è zona di facilitazione e consente all'attacco ed alla difesa ampia libertà di manovra ed elevata velocità operativa. Spetta alla difesa, che dispone quasi sempre di un certo lasso di tempo per organizzarsi, predisporre il terreno per imbrigliare la manovra nemica, frenarla e farla fallire. Quando la difesa fa ricorso alla combinazione in profondità del procedimento di difesa ancorata con quello di difesa mobile, la resistenza è impostata sul presupposto che la P.R. del sistema statico non abbia la capacità di assorbire tutta la spinta offensiva. La P.R. del sistema mobile, analoga a quella prevista per la difesa ancorata, deve arrestare nel suo interno la progressione dell'attacco e, anche se superata in alcuni tratti, deve con la sua azione di filtraggio consentire alle riserve di ordine superiore di concentrare la propria potenza contro le sole penetrazioni in profondità. La difesa mobile, quando fa seguito all'antistarite difesa ancorata, è un prolungamento di un'unica azione di resistenza; essa tende a logorare ulterioremente l'attacco e ad arrestare gli sforzi che abbiano superato la posizione di contenimento della prima P.R..
Dall'esposizione fatta risultano evidenti le grandi differenze sul piano concettuale ed organizzativo, come pure di condotta, tra la manovra di arresto della 700 e quella della 600, ma anche i legami che ancora restano, nell'ambito del procedimento di difesa ancorata, tra i criteri e le modalità indicati dall'una e dall'altra pubblicazione . Le innovazioni tout court - quali l 'adozione del procedimento di difesa mobile secondo una visione in gran parte diversa da quella di altri eserciti ed il ricorso alla combinazione dei due procedimenti in successione di tempo e condotti da forze diverse - e molte di quelle intese ad introdurre mutamenti nella dottrina d'impiego già in vigore derivano dal passaggio da un regime di limitata a uno di larga disponibilità nucleare. Non tutte, perché alcune, non poche, sia sul piano concettuale che su quello terminologico, sono segni della naturale evoluzione del pensiero militare italiano e dello sforzo dello stato maggiore dell'esercito perché la teoretica d'impiego venisse costantemente aggiornata in relazione alla comparsa di nuove armi e di nuovi mezzi ed al mutare delle situazioni politiche, strategiche e tecnico-militari e perché s'inserisse sempre più armonicamente nella visione strategica della N .A.T.O., senza perdere di originalità, intesa questa come attenta considerazione dello sviluppo culturale e sociale del paese. La manovra di arresto della 700 é sì diversa da quella della 600, ma re-
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sta fedele alla strategia della risposta massiccia e della difesa avanzata. Si tratta di una manovra di arresto studiata ed elaborata, nella sua impostazione, su misura del momento, destinata a perdere in gran parte la sua validità con il mutare dei presupposti, anche se molte delle concezioni e dei criteri sui quali si basa, costituendo di per sé significativi passaggi evolutivi di approfondimento e di affinamento della dottrina difensiva italiana, trascendono il momento in cui vennero elaborati e si proiettano validamente nel futuro. La memoria 600, che aveva segnato un enorme passo in avanti di tale dottrina, non solo per l'analisi del significato dell'avvento delle armi nucleari tattiche e delle conseguenze da trarne nelle operazioni, ma anche per la visione nuova e diversa del combattimento con le sole armi convenzionali, trova nella 700 il suo superamento, ma anche la conferma.della sua validità e del suo realismo riferiti alla situazione di allora.
s. La battaglia difensiva impostala sulla manovra di logoramento ten. de ad esaurire l'azione offensiva in un'area molto profonda, nella quale si vuole contendere lo spazio, pur in condizioni di notevole inferiorità rispetto al nemico. L'area sulla quale s'intende svilupparla viene suddivisa in tante fasce di logoramento, quante sono le posizioni sulle quali s'intende imporre al nemico un tempo di arresto. Ciascuna fascia comprende una zona di contrasto dinamico (Zo.Con.Di.) antistante ed una posizione di arresto temporaneo (P.A.T.). La prima è la fascia di terreno nella quale la difesa si oppone dinamicamente alla progressione degli scaglioni avanzati nemici; la seconda è la fascia nella quale la difesa tende a costringere il nemico ad impegnare a fondo gli scaglioni avanzati, a serrare sotto con i grossi e ad iniziare l'attacco in forze della posizione, la quale, di norma, è investita su elementi del terreno naturalmente forti, irrobustiti dall'ostacolo artificiale o dalla fortificazione, o appoggiata a linee fluviali di alto valore impeditivo. L'ampiezza delle P.A.T. è pari a quella del settore difensivo assegnato all'armata e la profondità orientativamente è di 20-25 km. Le riserve di ordine superiore a quelle di primo intervento si dislocano inizialmente a tergo della P.A.T., quelle di corpo d'armata a tergo della P.A.T. arretrata e quelle di armata a tergo di queste ultime. Il procedimento di difesa consiste in un'alternanza di azioni di contrasto dinamico e di azioni di arresto temporaneo ripetute fino
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ad esaurire la capacità offensiva del nemico. Le azioni fondamentali sono tre: presa di contatto, logoramento, annientamento. L'azione di presa di contatto è del tutto analoga a quella della manovra di arresto. L'azione di logoramento è diretta ad esaurire in spazi profondi la capacità offensiva del nemico; comprende la reiterazione di azioni di contrasto dinamico e di azioni di arresto temporaneo; è affidata alle forze dell'armata nel loro complesso, variamente articolate a seconda delle situazioni e degli ambienti. L'azione di annientamento è diretta ad anticipare nello spazio l'esaurimento della residua capacità offensiva del nemico con una reazione manovrata in forze, oppure ad annullare ogni ulteriore capacità operativa nemica, una volta che l'offesa abbia esaurito la sua spinta, mediante una manovra di accerchiamento o di avvolgimento; è propria della riserva di armata e delle altre forze in riserva o disponibili sul momento. Essa presuppone sempre l'irrigidimento della battaglia in corrispondenza di una P.A.T. ed è sviluppata mediante contrattacchi in forze condotti unitariamente dal comandante dell'armata o, a seconda della situazione, affidati ai comandanti di corpo d'armata. Delle tre azioni, la più importante e decisiva è quella di logoramento ed essa richiede spazi profondi che concedano ampio respiro sia al contrasto dinamico, sia all'arresto temporaneo. La manovra di logoramento può essere svolta solo in teatri di operazione caratterizzati da spazi profondi dell'ordine di centinaia di chilometri e non soggetti a vincoli di ordine economico, sociale e politico. Delle due azioni in cui si articola il logoramento, quella di contrasto dinamico: ha inizio da una linea di attestamento corrispondente, nella prima fascia di logoramento, alla linea raggiunta nella precedente azione di presa di contatto oppure alla linea di contatto iniziale; è affidata ad un complesso di forze articolate per aliquote di corpo d'armata o di G.U. elementare in 1 a schiera; si sviluppa con fuoco a distanza, ostacolo, demolizioni, sbarramenti temporanei con prevalente funzione controcarri, rapido alternarsi di improvvisi irrigidimenti locali (spesso non simultanei, effettuati da complessi tattici meccanizzati, diretti a contenere le teste di progressione del dispositivo nemico, nonché a costituire perni di manovra), tempestive puntate offensive condotte da complessi tattici corazzati contro i fianchi delle forze temporaneamente arrestate, reazioni immediate contro elementi nemici che minaccino la libertà di movimento; ha termine in corrispondenza di una linea di riferimento antistante alla P.A.T., raggiunta la quale le forze ripiegano a tergo della P.A.T. per portarsi in zone di raccolta da dove, al momento voluto, raggiun-
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gono un'altra linea di attestamento per riprendere l'azione. L'altra azione, quella di arresto temporaneo, ha inizio con il fuoco a distanza; è affidata ad un complesso di forze, generalmente meccanizzate, articolate in settori di divisione o di brigata autonoma; si sviluppa con l'azione di sorveglianza e di fuoco svolta da elementi, cooperanti o non, investiti sull'ostacolo stesso e gravitanti in corrispondenza delle zone di facilitazione, con puntate offensive tendenti ad eliminare con immediatezza le teste di ponte iniziali, con reazioni di movimento delle riserve di primo intervento per bloccare attacchi attraverso cortine indifese, fronteggiare irruzioni improvvise e facilitare la rottura del contatlo; è protratta, non in funzione di un determinato guadagno di tempo, bensì del tasso di logoramento da imporre al nemico; si conclude con la rottura del contatto. Nell'azione di contrasto dinamico la G.U., in genere corazzata, si articola in uno scaglione di contrasto dinamico - articolato, a sua volta, per settori di brigata in dis taccamenti di contrasto dinamico e riserva settoriale che conduce le puntate offensive - ed in una riserva divisionale, frazionata in aliquote, orientata ad agire a sostegno dello scaglione di contrasto dinamico ed a reagire contro pe netrazioni che minaccino la libertà di movimento. Nell'azione di arresto temporaneo, ciascuna divisione o brigata autonoma si articola in scaglione di arresto e riserva. Lo scaglione di arresto temporaneo controlla l'ostacolo su cui si appoggia sul davanti la P.A.T. e contrasta i tentativi nemici di superamento; elimina con reazioni locali le teste di ponte di modesta consistenza; impone battute di arresto al nemico, riuscito a penetrare al di qua dell'ostacolo, mediante l' attivazione di campi minati e di perni di manovra predisposti che costringano il nemico a concentrarsi diventando vulnerabile al fuoco nucleare ed al fuoco convenzionale a massa; dà profondità alla difesa predisponendo una posizione di contenimento verso il limite posteriore della P.A.T., da presidiare, se necessario, al momento opportuno per favorire il deflusso delle forze antistanti, la rottura del contatto e l'inizio della successiva azione di contrasto dinamico. La riserva è tenuta costantemente in misura di fonteggiare irruzioni improvvise e di facilitare la rottura del contatto. Esistono analogie tra la manovra di logoramento e la manovra in ritirata, ma pressoché limitate alla meccanica dei procedimenti, non tanto alla impostazione ed organizzazione delle due manovre, ben diverse negli scopi che ciascuna persegue, negli elementi concettuali ed organizzativi che le caratterizzano (profondità minori, tipo delle forze, mancanza dell'azione di annientamento, ecc. nella manovra in
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ritirata) e nella dinamica del loro sviluppo. La concezione e l'organizzazione della manovra di logoramento al livello di armata20 e di corpo d'armata21 si basano su criteri ed elementi specifici, non solo diversi da quelli della manovra in ritirata, ma qualcuno addirittura opposto. Ad esempio, nella prima, il criterio dell'accentramento dell'organizzazione e della condotta e quello dell'unitarietà della manovra tendono a prevalere; nella seconda, maggiore è la libertà d'azione che viene lasciata ai comandi di livello inferiore. Ma la differenza di fondo, oltre che quella di scopo, è data dal presupposto di situazione: comune ad entrambi i tipi di manovra l'inferiorità notevole di forze, ma mentre la manovra in ritirata è propria di una situazione di crisi determinata dal nemico, quella di logoramento è una scelta ponderata, ancorché obbligata in ragione dell' inferiorità di potenza, che lascia, a chi la fa, una ben maggiore libertà d'azione e d'iniziativa. Nella manovra di logoramento, l'area de lla battaglia non ingloba zone vitali, il cui abbandono possa incidere gravemente sull'interesse nazionale, e non coinvolge grandi masse della popolazione civile nazionale; nella manovra in ritirata, si può essere costretti a cedere obiettivi di grande rilievo economico e politico e si può verificare il coinvolgimento della popolazione civile nazionale, il cui esodo può coincidere con l'arretramento del dispositivo difensivo. In tutti gli ambienti operativi, la manovra in ritirata incontra, per la frequente presenza della popolazione civile nazionale, vincoli e remore all'impiego del fuoco, specie di quello nucleare, sui territori abbandonati. La obiezione della inutilità di trattare un tipo di manovra inattuabile nello scacchiere operativo della frontiera nord-orientale italiana ed in genere in tutto il teatro operativo europeo della N.A.T.O. è validissima se riferita alla concezione che la dottrina d'impiego debba limitarsi alla realtà operativa del proprio paese e dell'alleanza di cui il paese è membro, ma non lo è qualora la si voglia estendere ad un manuale di tattica, quale la 700, che comprende il caso particolare e, nel contempo, esamina anche forme di manovra estranee al problema operativo nazionale e all'alleanza, ma non alla realtà della guerra, specialmente di quella condotta in ambiente di larga disponibilità nucleare.
6. Dopo tante innovazioni introdotte nell'azione offensiva ed in quella difensiva, la 700, nel suo ultimo capitolo, ritorna alla distinzione de lla manovra in ritirata, contemplata nella memoria 600 (ediz. 56) ed
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abolita dalla circolare 14 000, in manovra di ripiegamento e in manovra ritardatrice. Nella prima, il grosso delle forze è sottratto al combattimento o perché esausto o perché possa schierarsi altrove. Nella seconda, il grosso delle forze combatte esso stesso per ritardare la progressione del nemico, a vantaggio di altre forze che stanno organizzando su di una posizione difensiva arretrata una successiva battaglia di arresto oppure tendono a sottrarsi ad un accerchiamento od avvolgimento. Nessun cambiamento di rilievo rispetto alla edizione 1956 della 600; solo qualche mutamento di terminologia. Notevole, peraltro, lo sviluppo dato alla trattazione delle modalità riguardanti l'abbandono delle posizioni, il movimento retrogrado dei grossi, l'azione di frenaggio e l'attività concettuale ed organizzativa del comandante dell'armata22 e dei comandanti di corpo d'armata23. Tali argomenti, trattati anche dalla 600, trovano nella 700 spazio più ampio, mediante una più particolareggiata descrizione delle modalità esecutive, ma scopi, criteri d'impostazione, procedure ed organizzazione e criteri di condotta della manovra di ripiegamento e di quella ritardatrice sono, quasi tutti, indentici a quelli della dottrina già in vigore. La 700, infine, conferma lo scarso ricorso che la manovra in ritirata può fare al fuoco nucleare, anche in ambiente nuclerare attivo, sia a causa delle minori possibilità di provocare le concentrazioni dell'attacco sia, soprattutto, per il coinvolgimento della popolazione civile nazionale.
7. La diramazione della 700, la nuova fisionomia ordinativa delle divisioni corazzate e meccanizzate ed il potenziamento delle divisioni e delle brigate di fanteria infirmarono in buona parte la regolamentazione preesistente relativa ai livelli divisionali e inferiori. A risentire in maggior misura della nuova situazione, più che le divisioni di fanteria e le brigate alpine, per le quali la serie dottrinale 600 poteva continuare a costituire un riferimento in parte valido, erano le divisioni corazzate e la meccanizzata in fieri (Cremona), nonché le brigate di fanteria, per le quali, accanto alle funzioni istituzionali di difesa interna del territorio, la 700 prevedeva la possibilità d'impiego anche nell'ambito dell'esercito di campagna. Lo stato maggiore dell'esercito, che aveva già dato inizio all'opera di revisione e di aggiornamento della normativa dei livelli da divisione in giù, da dedurre dalla 700, ritenne necessario di definire con urgenza, ricorrendo ad un documen-
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to interlocutorio, la fisionomia operativa ed i lineamenti essenziali d'impiego di tali GG.UU. diramando, a due mesi di distanza dalla diramazione della 700, la circolare 10.210/221.82: Cenni sull'impiego delle GG. UU. corazzate e meccanizzate e delle Brigate di fanteria24. Possiamo omettere di riferire il contenuto della circolare relativo all'impiego delle GG.UU. corazzate e meccanizzate che venne, due anni dopo, trasferito, ampliato e sviluppato particolareggiatamente, nella apposita pubblicazione - n. 720 della serie dottrinale - riguardante appunto l'impiego della divisione corazzata, mentre ci sembra necessario soffermarci sull'impiego delle brigate di fanteria al"quale la regolamentazione successiva non dette ulteriore sviluppo. La brigata di fanteria nella difesa interna del territorio costituisce, di norma, massa di manovra nelle mani del comandante di regione militare ed è destinata ad intervenire per risolvere situazioni non fronteggiabili ad opera dei comandi dipendenti. Essa trova impiego, in particolare, nell'azione contro aviosbarchi e contro sbarchi dal mare in forze e nella controguerriglia, della quale ultima la circolare non tratta, limitandosi a sottolineare che nel particolare impiego l'azione della brigata si fraziona generalmente in atti tattici parziali e minuti, ancorché condotti sempre sotto il controllo del comandante di brigata. Le operazioni che consentono alla brigata di esprimere appieno la capacità operativa conferitale dal potenziamento sono soprattutto quelle contro gli sbarchi. L'azione s'informa a due criteri fondamentali: massima tempestività d'intervento, impiego unitario della brigata. La massima tempestività d'intervento consente di cogliere il nemico mentre è ancora in fase di costituzione della testa di sbarco e, perciò, in situazione di crisi, e di impedirgli di dilagare; l'unitarietà d'impiego consente alla brigata di esprimere per intero la sua potenza, mentre un impiego frazionato e graduale si tradurebbe in un susseguirsi di episodi tattici senza risultati determinanti. La brigata muove dalla zona di dislocazione iniziale preceduta da un complesso tattico corazzato con compiti di ricerca e presa di contatto. D'importanza fondamentale, durante il movimento della G.U., è la ricezione di continue informazioni che le consentano la tempestiva assunzione del dispositivo per l'azione. Raggiunta la zona di combattimento, la testa di sbarco nemica può risultare di consistenza modesta ovvero notevole e robusta. Nel primo caso, la brigata l'attacca immediatamente, previa, quando indispensabile, una brevissima preparazione di fuoco cui, concorre, ogni qualvolta possibile, l'avia~ione tattica. L'attacco si basa sulla manovra di disarticolazione del dispositivo nemico; è condotto
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generalmente lungo du e (o più) direzioni convergenti in profondità; tende a colpire alla base la zona di alimentazione delle forze sbarcate; si conclude con l'eliminazione della testa di sbarco. Nel secondo caso - quando cioè la testa di sbarco raggiunga, prima dell'intervento della brigata, consistenza e robustezza tali da rendere aleatoria la sua eliminazione - si presenta l'alternativa: o assumere atteggiamento difensivo a stretto contatto con il dispositivo nemico per contenerlo in posto, o per contrastargli, con azione di frenaggio, l'ulteriore progressione; o schierarsi con il grosso su di una posizione arretrata atta ad interdire le direttrici di penetrazione, mentre lo scaglione di ricerca e presa di contatto si trasforma in scaglione di frenaggio che ritarda e logora l'avversario. In tutti i casi l'azione di contenimento è caratterizzata: da concentrazione della difesa su poche posizioni di spiccato valore tattico (caposaldi di entità varia, generalmente presidiati da forze non superiori alla compagnia, appoggiati a località naturalmente forti od a linee di ostacolo); da diversa consistenza e profondità della difesa; dal controllo delle cortine mediante la vigilanza, l'ostacolo ed il fuoco; dall'intervento della riserva corazzata per arrestare o, se possibile, annientare, le penetrazioni che minaccino la tenuta del sistema. Il battaglione corazzato durante il movimento della G.U. verso la zona d'impiego può essere impiegato quale scaglione di ricerca e presa di contatto con compito di esplorazione. Nell'attacco, trova impiego o quale gruppo tattico in primo scaglione lungo la direzione dello sforzo principale (caso in cui la testa di sbarco sia in crisi) o quale riserva di brigata (caso contrario). Nell'azione di contenimento, il gruppo tattico corazzato può costituire: la riserva della G.U. quando questa contenga il nemico in posto; lo scaglione di contrasto dinamico, quando la G.U. conduca la manovra ritardatrice, opera cioè in questo caso come scaglione di presa di contatto e di frenaggio in primo tempo e successivamente quale riserva allorché la G.U. si schiera su posizioni arretrate. La brigata di fanteria nel quadro della battaglia agisce, di norma, inquadrata in una G.U. complessa e può essere impiegata: nell'azione offensiva, in 1 a schiera, per svolgere uno sforzo sussidiario; nell'azione difensiva, in 1 a schiera, a presidio di un determinato settore della posizione di resistenza organizzata con il procedimento della difesa ancorata. In particolari situazioni, in entrambe le azioni, può costituire riserva di alimentazione, generalmente nelle mani del comandante dell'armata. L'azione della G.U. s'ispira, nei limiti della propria capacità operativa e fatti salvi gli adattamenti imposti dalla sua strut-
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tura ordinativa, agli stessi criteri che informano l'azione della divisione di fanteria. Nell'azione offensiva, perciò, ha il compito di favorire, mediante il raggiungimento dell'obiettivo di attacco assegnatole, la penetrazione in profondità dello sforzo principale correlativo, fissando riserve nemiche di primo intervento o, quanto meno, concorrendo all'azione iniziale d'investimento. Nell'azione difensiva, la G.U. riceve, di massima, il compito di sbarrare una via di facilitazione, generalmente autonoma, ed essa si schiera in un settore di ampiezza variabile, che organizza a difesa su più ordini di caposaldi, normalmente di compagnia non cooperanti, tenendo in riserva il battaglione corazzato. Questo adempie i compiti previsti, nelle azioni offensiva e difensiva, per il raggruppamento corazzato della divisione di fanteria, mentre, nella sosta in zona di attesa e nell'avvicinamento, gli vengono affidati - preferibilmente solo ad una sua aliquota - i compiti di sicurezza in sosta od in movimento, che nelle divisioni di fanteria vengono adempiuti dal B.E.D. Sia quando impiegata nel quadro della difesa interna del territorio, sia in quello della battaglia, la brigata si articola, in genere, in gruppi tattici di entità varia. Difficoltà di comando derivanti da un troppo elevato numero di pedine, ovvero particolari esigenze di coordinamento connesse con l'unitarietà da conferire all'azione di più gruppi tattici, possono consigliare l'articolazione su di un raggruppamento, al comando del comandante del reggimento, e su uno o più gruppi tattici. L'esigenza è particolarmente avvertita: nell'attacco, quando la brigata debba scomporre il suo sforzo lungo due assi ed applicare su uno di questi l'azione di più gruppi tattici con sforzi strettamente connessi; nella difesa, per coordinare, specie nella fase di organizzazione, l'impiego delle forze investite sul terreno. La definizione della fisionomia operativa della brigata di fanteria e dei lienamenti d'impiego della G.U., nel duplice quadro della difesa interna del territorio e delle operazioni offensive e difensive dell'esercito di campagna, valse a completare l'impostazione dell'addestramento di tali GG.UU., oramai potenziate nella loro mobilità e nella loro potenza di fuoco mediante le graduali assegnazioni di armi e di mezzi nuovi e gli altri provvedimenti ordinativi ed organici via via adottati dal 1962 in poi. La validità dello sforzo compiuto a favore delle cinque brigate dallo stato maggiore dell'esercito, su direttiva esplicita del generale Aloia, trovò conferma, una ventina di mesi dopo, nella già ricordata esercitazione Vedetta Appula, svolta nell'Italia meridionale nell'estate del 1965. A questa parteciparono le brigate di
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fanteria Pinerolo, Trieste ed Avellino, una brigata corazzata di formazione, unità paracadutisti e sabotatori, unità della scuola truppe corazzate, il 9° reggimento artiglieria pesante campale, l'XI battaglione carabinieri, il battaglione S. Marco della marina, reparti incursori della marina, unità della guardia di finanza, supporti vari, numerose formazioni tattiche dell'aeronautica e, sul mare, due divisioni navali. Le brigate vennero impiegate, sia in compiti di difesa interna del territorio, sia nella condotta di operazioni proprie dell'esercito di campagna, con risultati del tutto positivi che vennero illustrati subito dopo in un articolo ufficioso della Rivista Militare25. Le brigate di fanteria partecipanti, di cui due di ardimento, dettero prova di aver assimilato e saputo applicare la nuova dottrina d'impiego e di aver saputo adeguare i procedimenti di azione alla nuova fisionomia ordinativa ed ai nuovi armamenti. Durante l'esercitazione le brigate vennero interessate ad una serie di episodi vari, in contemporaneità od in successione di tempo, alcuni attinenti alla controguerriglia, tutti inseriti in un quadro di cooperazione interforze. Esse dettero prova di corretti e tempestivi interventi, sia da parte delle unità di vigilanza e di controllo dei settori sia delle riserve mobili, e di saper operare con tecniche appropriate e differenziate secondo i diversi atti tattici e le diverse manovre da compiere, compreso il combattimento negli abitati. L'esercitazione fu ricchissima di insegnamenti specifici per le brigate ed anche per tutta l'impostazione dottrinale e ordinativa già date e che continuavano ad essere conferite alle unità della difesa territoriale e dell'esercito di campagna.
8. Nell'autunno del 1965 il generale Aloia, nel fare il consuntivo del1'attività addestrativa dell'anno 1965, diramò la circolare 10 400/221.8226 preannunciando l'imminente venuta alla luce delle pubblicazioni riguardanti l'impiego della divisione di fanteria e dei suoi raggruppamenti costitutivi e quello della divisione corazzata e delle brigate corazzate e meccanizzate. Nell'attesa delle due pubblicazioni egli ritenne opportuno: soffermarsi sul problema della combinazione in profondità del procedimento di difesa ancorata con quello di difesa mobile, sul quale aveva colto durante le esercitazioni alcune incertezze d'interpretazione delle norme contenute nella 700; anticipare taluni aspetti dell'impiego dei gruppi tattici, le cui relative pub-
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blicazioni avrebbero richiesto ancora un certo tempo prima di essere stampate e diramate; mettere a fuoco alcune questioni d'impiego e di addestramento per stabilire univocità di criteri e di modalità organizzative. La premessa della circolare riguardava gli effetti positivi della generalizzazione di due strumenti primari che, oggi più del passato, condizionano in sede tecnica e tattica l'addestramento: l'azione psicologica, l'ardimento. La prima necessaria a fare del soldato un attore consapevole e volitivo della difesa della libertà, dall'indipendenza e delle istituzioni democratiche della Patria, utilizzando gli efficaci metodi scientifici .... La seconda indispensabile ad esaltare la fisionomia individuale del combattente, mediante esercizi che richiedono saldezza di nervi e di muscoli, originano ed affinano doti di coraggio fisico e morale, intuito, iniziativa, serenità, impassibilità, energia delle quali si sostanzia l'ardimento dei singoli. La premessa si concludeva con l'affermazione della necessità di continuare lungo tale direzione, nulla lasciando alla improvvisazione od alla consuetudine, ma affidando la preparazione spirituale e fisica a tecniche scientificamente sperimentate e costantemente aggiornate nei temi, nei metodi e nei programmi. A proposito della combinazione in profondità del procedimenti di difesa ancorata con quello di difesa mobile, dopo il richiamo ai termini di situazione, in base ai quali si può essere costretti a farvi ricorso, specificati nella 700, la circolare precisava che il passaggio dall'uno all'altro procedimento interessa, di norma, settori di livello non inferiore al corpo d'armata, per cui può verificarsi che, nell'ambito della stessa armata, mentre uno o più corpi d'armata conducono la manovra con il procedimento della difesa ancorata, un altro sia costretto a passare a quello della difesa mobile. Per contro ciò non è generalmente possibile, stante l'unitarietà della manovra del corpo d'armata, nell'ambito di questo: se, per l'evolvere della situazione, si deve passare alla difesa mobile, occorre quasi sempre che ciò avvenga in tutto il settore del corpo d'armata che impiega appunto a tale scopo le sue riserve. Le GG.UU. di fanteria in 1a schiera non coinvolte direttamente dalla penetrazione continuano l'azione in sito, passando alle dipendenze di un corpo d'armata laterale, o della armata, e persistono nella loro azione di resistenza e di arresto. L'impostazione della manovra di arresto sulla combinazione dei due procedimenti non ha perciò riflessi particolari sulle GG.UU. di fanteria in 1 a schiera, ad eccezione delle predisposizioni per la zona di saldatura; si concreta, al livello di corpo d'armata, nell'attribuire alla riserva l'orientamento a proseguire in profondità l'azione di resistenza e di
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arresto e nell'assegnarle una zona di dislocazione iniziale che le consenta la tempestiva attivazione della difesa mobile da posizioni favorevoli, nonché nell'organizzare e sistemare la Fa.Man. utilizzando a tale scopo la stessa riserva ed altre unità eventualmente alle dirette dipendenze. Al livello di armata, l'impostazione si concreta nell'assegnare generalmente alla riserva anche i compiti che, nella difesa mobile a sé stante, competono alla riserva di corpo d'armata, pur lasciandole quelli istituzionali, e il compito di organizzare e di sistemare la zona di annientamento dove essa deve condurre i contrattacchi. Tale scalamento di funzioni non ha luogo quando il corpo d'armata disponga di una riserva attinta da GG.UU. già in 1 a schiera od assegnatagli dal comando dell'armata . Il passaggio da un procedimento all'altro richiede una stretta cooperazione fra tulle le GG.UU. interessate ed il coordinamento delle operazioni del passaggio spetta al comando del corpo d'armata in sede organizzativa od al momento dell'attuazione. Il comando del corpo d'armata conduce l'azione di resistenza e di arresto esercitando un'attività di coordina mento che è più o meno estesa, secondo le possibilità che esso ha di intervento diretto, oltre che impiegando il fuoco e la riserva; se dis pone di questa ultima, provvede anche all'azione di annientamento che, in caso diverso, spetta all 'armata. Predisporre la combinazione dei due procedimenti è misura prudenziale da os servare, ma non vuol dire attuarla, perché si deve tendere a conseguire il successo il più avanti possibile. Delle anticipazioni sulla normativa riguardante il gruppo tattico, poi quasi tutte inserite nelle pubblicazioni successive, ci occuperemo più avanti, mentre ci se mbra conveniente ricordare che la circolare dedicava alcune annotazioni al problema della controgucrriglia. Data per acquisita l'importanza della guerriglia quale strumento di lotta e la sua presenza sempre più diffusa, occorre che le unità dell'esercito, siano esse di campagna o della difesa del territorio, ne conoscano le possibili manifestazioni e siano pronte a fronteggiarle . Gli elementi fondamentali che caratterizzano la controguerriglia sono pochi e semplici: profonda conoscenza dell'ambiente naturale ed umano in cui si svolge e massimo adeguamento ad esso; episodicità di manifestazione; ripudio di ogni schematismo nell'azione; elasticità di condotta. La controguerriglia non può più essere considerata un'attività d'importanza secondaria e subordinata, cui destinare unità non altamente qualificate, e, poiché tutte le unità possono esse re chiamate a svilupparla, occorre che tutte si addestrino all' acquisizione delle tattiche e delle tecniche specifiche . Da qui l'importanza: dello svilup-
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po della capacità ad orientarsi sul terreno, nelle più svariate e difficili condizioni climatiche ed ambientali, ed a condurre in modo autonomo attività operative, proporzionate al livello ordinativo dell'unità, anche in zone insidiate dalla guerriglia; dell'acquisizione dell'abitudine ad agire fuori degli schemi tradizionali, con iniziativa, in modo autonomo per adempiere compiti particolari in spazi sempre più ampi e per tempi sempre più prolungati; dell'aumento in ciascun militare della fiducia nelle proprie forze, della conoscenza e dell'impiego di tutte le armi del reparto, della convinzione che la saldezza morale e la coesione della propria unità rappresentano la garanzia più sicura di sopravvivenza, in ogni circostanza, per superare le insidie dei guerriglieri ed imporre a questi la propria volontà. La 700 e le successive circolari di chiarificazione e di messa a punto di alcuni argomenti particolari, mentre non interruppero il dibattito che si veniva sviluppando negli anni 1960-1970 sulla Rivista Militare su temi strategici27 , quale quello della risposta flessibile, e su temi di tattica e di tecnica d'impiego, sollecitarono numerosi interventi sullo stesso periodico, specialmente in merito alla combinazione in profondità del procedimento di difesa ancorata con quello della difesa mobile ed alla controguerriglia28_ La duttilità della dottrina e la polivalenza dello strumento, messe alla prova nelle grandi esercitazioni annuali e nella quotidiana attività addestrati va, concorsero ad elevare il livello culturale e professionale dei quadri, mentre l'intensificarsi dell'addestramento delle unità per l'apprendimento dei nuovi procedimenti tattici e tecnici e per l'acquisizione, di conserva, di una preparazione spirituale e fisica - azione psicologica e ardimento - equilibrata ed armonica alzò il grado di prontezza e di efficienza di entrambe le componenti dell'esercito, quella di campagna e quella della difesa interna del territorio. L'azione di comando del capo di stato maggiore dell'esercito, secondata con convinzione e con fervore a tutti i livelli, a cominciare dallo stesso stato maggiore dell 'esercito, ispirata ad una concezione globale della difesa, non lasciò scoperto, nei limiti delle possibilità reali, nessuno dei settori propri dello strumento militare. A poco sarebbero valsi i nuovi armamenti ed equipaggiamenti, che venivano gradualmente introdotti in servizio, se ad essi non si fossero accompagnati l'adeguamento della dottrina e soprattutto la vivificazione dell'addestramento. Vi furono da parte dello stato maggiore dell'esercito realismo, coerenza e una corretta valutazione di tutti i fattori concorrenti alla determinazione dell'efficienza operativa, dal divenire della società italiana alla esistenza
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di una strategia ancora basata sulla risposta massiccia, dal vertiginoso processo tecnologico al moltiplicarsi delle forme in cui si veniva articolando il fenomeno bellico. Vi furono lacune, insufficienze e forse qualche errore, come sempre accade quando non si resta fermi e ci si muove per migliorare, aggiornare e potenziare, ma nel complesso il lavoro dottrinale, ordinativo e addestrativo della prima metà degli anni sessanta fu carico di risultati positivi. Forse proprio per questo, qualche anno dopo, si tentò dall'esterno dell'ambiente militare di gettare discredito su quelle attività, tacciandole di oltranzismo militarista e di mire golpiste, come se prendere atto della larga disponibilità nucleare adeguandovi la dottrina d'impiego e collocare la guerriglia e, conseguentemente, la controguerriglia nella realtà di un'eventuale guerra futura fossero fisime di generali e di stati maggiori e non doveri morali e professionali dell'intero apparato militare.
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NOTE AL CAPITOLO LXIII 1 • Stato maggiore dell'esercito, III Reparto, Ufficio regolamenti Impiego delle grandi unità complesse (n. 700 della serie dottrinale). Roma, Regionale, 1963. La pubblicazione, formato 25xl 7. approvata dal generale Aloia, consta di 226 pagine, 393 paragrafi e 2 allegati, oltre l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, la registrazione delle aggiunte e varianti e l'indice. Essa si articola in una premessa e tre parti: La parte prima Generalità sulle operazioni comprende: capitolo I La guerra e le operazioni (tipi di conflitto; caratteristiche dello strumento bellico; caratteristiche de lla dottrina d'impiego; caratteristiche della pianificazione operativa); capitolo li. Le operazioni delle forze terrestri e le forme che esse assumono (forme delle operazioni; operazioni offensive: presupposti che le condizionano; operazioni difensive; fattori incrementali della potenza difensiva: il terreno, lo spazio, l'ostacolo, la fortificazione permanente, la fortificazione campale); capitolo III. La condotta delle operazioni ed i principi che la ispirano (i principi fondamentali della guerra: la massa, la sorpresa, la sicurezza; la manovra: tipi di manovra in relazione agli scopi); capitolo IV Principali fattori che influiscono sulle operazioni (fuoco nucleare, ambiente naturale: il terreno di pianura e collinoso, il terreno montano, il lt:1Ttmo alpino, i terreni boscosi, gli abitati, l'ambiente notturno; potere aereo; specie delle forze disponibili; dottrina e manovra del nemico); capitolo V La manovra strategica di scacchiere operativo. Il gruppo di armate (la manovra strateg ica; il gruppo di armate); capitolo VI La battaglia. L'armala (la battaglia, l'armala); capitolo VII La manovra tattica del corpo d'armata. Il corpo d 'armala) La manovra tattica di corpo d'armata; il corpo d'armata). Parte seconda. La battaglia offensiva comprende: capitolo VIII Caratteristiche e lineamenti essenziali (caratteristiche; azioni fondamentali: azione di ricerca e presa di contatto, azione d'investimento e disarticolazione, azione di annientamento). La battaglia offensiva contro nemico che imposta la difesa sulla manovra di arresto: capitolo IX Concezione ed organizzazione della battaglia (concezione: compito, valutazione dei termini del problema operativo, disegno di manovra; organizzazione: il dispositivo dell'armata, l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, i collegamenti ed il sistema delle trasmissioni, le missioni aeree); capitolo X Attività concettuale ed organizzativa dei comandanti di corpo d'armata in prima schiera (concezione: il concetto d'azione; organizzazione: il dispositivo del corpo d'armata, l'impiego del fuoco, l'impiego d el genio, i collegamenli ed il sistema delle trasmissioni, l'impiego delle missioni aeree); capitolo XI La marcia al nemico (marcia al nemico: il dispositivo, la zona di attesa, l'avvicinamento). Capitolo XII L'azione di ricerca e presa di contatto (l'esplorazione, i combattimenti preliminari, lo scaglione di ricerca e di presa di contatto); capitolo XIII L'azione di investimento e di disarticolazione (la preparazione: come fase della battaglia, come azione di fuoco; la preparazione impostata su fuoco prevalentemente nucleare, su fuoco nucleare e convenzionale, su fuoco esclusivamente convenzionale; l'attacco in ambiente nucleare attivo, nucleare potenziale, in ambiente convenzionale; il completamento del successo); capitolo XIV L'azione di annientamento - capitolo XV Condotta della battaglia (al livello di armata; al livello di corpo d'armata). La battaglia offensiva contro nemico che imposta la difesa sulla manovra di logoramento; capitolo XVI: Concezione ed organizzazione della battaglia: (concezione della battaglia: il disegno di manovra; organiuazione della battaglia: il dispositivo dell'armata, gli altri elementi organizzativi); capitolo XVII Attività concettuale ed organizzativa dei comandanti dei corpi d'armata (concezione; organizzazione: il dispositivo del corpo d'armata); capitolo XVIII Le azioni fondamentali della ba/taglia (azione di ricerca e presa di contatto; azione di investimento e di disarticolazione; azione di annientamento): capitolo XIX Condotta della battaglia (al livello di ar-
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mata; al livello di corpo d'annata). Parte terza: La baltaglia difensiva comprende: capitolo XX Scopo, caratteristiche e lineamenti essenziali (caratteristiche, lineamenti della manovra di arresto: azione di presa di contatto, dì frenaggio, azione di resistenza e di arresto, azione di annientamento; lineamenti della manovra di logoramento: azione di presa di contatto, di logoramento, di contrasto dinamico, di arresto temporaneo, di annientamento). La battaglia difensiva impostata sulla manovra di arresto: capitolo XXI L'area della battaglia. Procedimenti di difesa (area della battaglia: zona di frenaggio, posizione difensiva, zona di sicurezza, zona di arresto, zona delle retrovie di armata, posizione difensiva arretrata; procedimenti di difesa: difesa ancorata, difesa mobile, combinazione in profondità dei due procedimenti); capitolo XXII Concezione ed organizzazione della battaglia (concezione della battaglia: il compito, la valutazione dei termini del problema operativo, il disegno di manovra; organizzazione della battaglia: il dispositivo dell'annata, l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, i collegamenti ed il sistema delle trasmissioni, le missioni aeree); capitolo XXIII Attività concettuale ed organizzativa dei comandanti dei corpi di armata in prima schiera (concezione: il concetto d'azione; organizzazione: il dispositivo del corpo d'annata, l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, i collegamenti ed il sistema delle trasmissioni, l'impiego delle missioni aeree); capitolo XXIV L'azione di presa di contatto; capitolo XXV L'azione di frenaggio (sviluppo dell'azione; lo scaglione di presa dì contatto e di frenaggio; le forze in zona di sicurezza; le azioni di presa di contatto e di frenaggio nel quadro della copertura); capitolo XX VI L'azione di resistenza e di arresto (la contropreparazione come fase della battaglia; la contropreparazione come azione di fuoco; la contropreparazione impostata su fuoco prevalentemente nucleare, la contropreparazione impostata su fuoco esclusivamente convenzionale; i contrattacchi preventivi; i colpi di mano; la resistenza: nella difesa ancorata, nella difesa mobile, nella combinazione in profondità dei due procedimenti; l'arresto); capitolo XXVII L'azione di annientamento; capitolo XXVIII Condotta della battaglia: (al livello di armata; al livello di corpo d'annata). La baltaglia difensiva impostata sulla manovra di logoramento capitolo XXIX L'area della battaglia, Procedimento di difesa (aerea della battaglia: fasce di logoramento, zona di contrasto dinamico, posizione di arresto temporaneo; procedimento dì difesa: azione di contrasto dinamico, azione di arresto temporaneo, compiti delle riserve di ordine superiore); capitolo XXX Concezione ed organizzazione della baltaglia (concezione: il compito, la valutazione dei termini del problema operativo, il disegno di manovra; organizzazione: il dispositivo dell'armata, altri elementi organizzativi); capitolo XXXI Attività concettuale ed organizzativa dei comandanti dei corpi d'armata (concezione: il concetto di azione; organizzazione: il dispositivo del corpo d'armata, l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, il sistema delle trasmissioni); capitolo XXXII Le azioni fondamentali della battaglia (l'azione di presa di conlallo; l'azione di logoramento: l'azione di contrasto dinamico, l'azione di arresto temporaneo; l'azione di annientamento); capitolo XXXIII Condotta della battaglia (al livello di armata; al livello di corpo d 'armata); La manovra in ritirata: capitolo XXXIV La manovra in ritirata (generalità; la manovra di ripiegamento: scopi, il ripiegamento dei grossi, l'azione di frenaggio della retroguardia, attribuzioni dell'armata, attribuzioni del corpo d'annata; la manovra ritardatrice: scopi, procedimenti, attribuzioni dell'armata, attribuzioni del corpo d'armata). Allegato l: Area della battaglia impostata sulla manovra d'arresto. Allegato 2: Area della battaglia impostata sulla manovra di logoramento. 2 Vds. capo LVIII nota n. 37. 3 Mutamenti della concezione difensiva italiana dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, generale Luigi Salatiello, Rivista Militare, 1974, I, pg. 31. 4 Vds. capitolo LIX nota n. 19. 5 Caccavale Raffaele (1906 - ). generale di capo d'armata. Frequentò l'accademia di Modena negli anni 1925 e '26 e fu nominato sottotenente di fanteria nel 1927. Frequentò successivamente la scuola di guerra. Combatté in Africa settentrionale dal 1940 al 2 gennaio 1942, quando cadde prigioniero degli inglesi. Da colonnello, comandò il
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157° reggimento fanteria e fu poi insegnante presso la scuola di guerra. Da generale di brigata comandò la scuola di fanteria e da generale di divisione fu ispettore dell'arma di fanteria e comandante della divisione Granatieri di Sardegna. Da generale di corpo d'armata, comandò in successione il V.C.M.T. della regione nord-est, la scuola di guerra, il V corpo d'armata e, da ultimo, fu comandante FTASE fino al 15 ottobre 1960. 6 Tmpiego delle G. U. complesse. Pubblicazione 700 della serie dottrinale. Rivista Militare, 1963, X, pg. 1141. 7 Ibidem, pg. 4. 8 Impiego delle G.U. complesse. Op. cit. pag. 41. Il comandante dell'armata: coordina le manovre tattiche dei corpi d'armata e quelle delle GG.UU. elementari eventualmente mantenute alle dirette dipendenze, nonché l'impiego dei supporti dipendenti; interviene direttamente con il fuoco nucleare e/o convenzionale (terrestre ed aereo) e con la riserva; regola, in relazione all'andamento della battaglia, lo svolgimento di eventuali azioni concomitanti di aviotruppe e/o di forze navali; predispone l'indispensabile quadro di sicurezza; determina il supporto logistico in rapporto allo sviluppo della manovra; conduce, nell'ambito della zona di competenza e nel quadro delle direttive del comando superiore, la guerra non tradizionale, la guerra territoriale, la guerra psicologica e la guerra elettronica; espleta le attività, di volta in volta devolutegli, in materia di difesa delle retrovie e di affari civili, provvedendo alla protezione dell'area della battaglia. Nel quadro delle misure di protezione, devono essere attuate un'organizzazione della difesa N.B.C. ed una organizzazione tendente a far fronte, con procedimenti di urgenza, ad improvvisi decadimenti, per effetto dell'offesa uemica, spede nucleare, dell'efficienza operativa delle forze impegnate nello scacchiere. Questa ultima - che prende il nome di organizzazione di emergenza di zone eccezionalmente danneggiate (O.E.Z.E.D.) - è impostata al livello di scacchiere operativo e coordinata, nei limiti delle responsabilità e delle rispettive competenze, dai comandi di armata e di corpo d 'armata. Sulla base delle disposizioni specifiche impartite dai comandi responsabili, tale organizzazione compete, per la parte direttiva, essenzialmente agli organi logistici che si avvalgono di truppe e mezzi comunque disponibili sul momento. 9 Vds. nota precedente. 10 Sokolovskij Vasilij Danilovi;, (1897-1968) maresciallo sovietico. Divenuto ufficiale dura nte il regime zarista, aderl al partito comunista nel 1931 c quattro anni dopo divenne capo di stato maggiore della regione militare di Mosca. Scoppiata la seconda guerra mondiale, partecipò nel 1941 alla difesa della città agli ordini di Tim6senko e poi di Zukov; nel 1943 liberò Smolensk nel corso della grande offensiva estiva. Maresciallo comandante il 2° fronte bielorusso dal gennaio 1945, mosse su Lipsia e Berlino. Nel maggio 1946 succedette a Zukov alla testa delle forze di occupazione in Germania. Primo vice ministro della difesa nel 1949, membro del comitato centrale del partito comunista, fra il 1953 ed il 1960 fu capo di stato maggiore generale delle forze armate dell'U.R.S.S .. 11 Vds. cap. LVIII, nota n. 39. 12 Impiego della Grandi Unità complesse. Op. cit., pgg. 138-140. La difesa ancorata: fa affidamento sul potere di logoramento, disarticolazione e arresto di un profondo sistema statico e sulla capacità di annientamento di consistenti reazioni dinamiche, sferrate contro forze ne miche logorate ed arrestate nell'ambito del sis tema statico stesso; è adottata sui terreni alpini ed anche su quelli montani, qualunque sia l'ambiente operativo; può essere adottata su terreni di pianura e collinosi, ma solo in ambiente convenzionale, sempreché sia possibile incrementare il potere difensivo delle strutture statiche grazie alle caratteristiche del terreno ed alla presenza di fortificazione permanente. La P.R. ha profondità dell'ordine dei 20+ 25 km. In essa operano le GG.UU. elementari di fanteria e/o alpine, con: un'aliquota delle forze, la maggiore, per il presidio di strutture statiche (caposaldi di entità e struttura diverse, eventualmente opere e complessi di opere fortificate, ostacoli - specie campi minati - difesi o difendibili a ragion veduta), diversamente distanziate ed intervallate, ma sempre le-
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gate tra di loro da coesione tattica (la P.R. comprende altresì schieramenti di missili e di artiglieria e zone di dislocazione iniziale delle riserve delle GG.UU. elementari in 1 a schiera}. L'ultimo ordine di strutture statiche assume la funzione di posizione di contenimento (P.Cn.}, sulla quale si deve comunque irrigidire lo sforzo difensivo della G.U. per fronteggiare situazioni di crisi e rendere possibili contromisure da parte dei livelli superiori; la divisione mantiene un'aliquota di forze in riserva, con il compito di contrattaccare le penetrazioni nella P .R. o, quanto meno, di contenerle. La zona delle riserve di corpo d'armata (Zo.Ris.C.A.) deve avere profondità commisurata alle esigenze di dislocazione delle riserve dei corpi d 'armata in 1a schiera ed alle necessità di ordine logistico (orientativamente dell'ordine dei 50 km}. Essa adempie la funzione preminente di base di lancio delle riserve di ordine superiore, alle quali spetta: al livello di corpo d'armata, intervenire, unitariamente o per aliquote, a sostegno dell'azione delle GG.UU. elementari nella P.R., per arrestare definitivamente le.penetrazioni eristabilire l'integrità funzionale della P.R. stessa ovvero. in via subordinata, per concorrere a contenere le forze penetrate, eventualmente per recidere penetrazioni nemiche a tergo della posizione di contenimento, su terreni alpini per presidiare posizioni più arretrate; al livello di armata, potenziare o sostituire, per aliquote, l'azione delle riserve dei corpi d'armata e condurre, con il concorso di queste ultime, l 'azione di annientamento. In sintesi, la battaglia è concepita con l'intento di concluderla nell'ambito della P.R.. La difesa mobile: fa affidamento sul potere di logoramento e di imbrigliamento di resistenze dinamiche ed aggressive, sempre più forti a mano a mano che il nemico proceda in profondità e, soprattutto, sul valore risolutivo di poderosi contrattacchi; è adottala, qualunque sia l'ambiente operativo, sui terreni con alto indice di scorrimento. La P.R, di massima coperta anteriormente da un ostacolo naturale, assume profondità notevole, dell'ordine dei 50-80 km. In essa operano GG.UU. elementari corazzate e/o meccanizzate, con: un'aliquota, la maggiore, articolala in complessi tattici scaglionati in profondità e destinata soprattutto a logorare con azione dinamica il nemico cd a frenarne l'avanzata: presidiando a ragion veduta posizioni che obblighino l'offesa a concentrarsi o che costituiscano perni di manovra per robuste puntate offensive, contrastando la progressione nemica sul t erreno che si vuole o si è costretti a cedere e convogliandola verso zone favorevoli alla difesa, attivando posizioni di irrigidimento temporaneo, non appena se ne determinino le condizioni di tempo e di luogo, per incapsulare le penetrazioni; l'altra aliquota, in riserva, destinata prevalentemente a contrattacchi locali e, in via subordinata, al contenimento di penetrazini improvvise e profonde o ad alimentare l'aliquota antistante. L'azione, caratterizzata da un rapido susseguirsi di concentrazioni e di dilatazioni improvvise, è protratta in profondità per utilizzare anche lo spazio come fattore incrementale di potenza, fino a creare - una volta incapsulate le penetrazioni in zone di annientamento - le premesse per i contrattacchi risolutivi. La Zo.Ris.C.A. ha profondità e funzioni analoghe a quelle previste nella difesa ancorata. Alle riserve di ordine superiore spetta: al livello di corpo d 'armata, intervenire generalmente per contrattaccare o, in via s ubordinata, per incrementare l'azione delle GG.UU. elementari nella P.R.; al livello di armata, sviluppare - per aliquote od unitariamente, in concorso o non con le riserve di corpo d'armata - contrattacchi in forze, per annientare le penetrazioni incap sulate o, nel caso più sfavorevole, per arrestarle definitivamente. In sintesi, anche nella difesa mobile la battaglia è concepita con l'intento di concluderla nell'ambito della P.R. che è tuttavia molto più profonda di quella prevista nella difesa ancorata. 13 Memoria sull'azione in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche. Op. cit. pgg. 38-39. Elementi elencati: fronte di attacco, sforzi principali, sforzi ed azioni sussidiari, prosecuzione in profondità degli sforzi principali, azione di accerchiamento e di eliminazione de lle forze nemiche superstiti. 14 Impiego delle grandi unità complesse. Op. cit., pgg. 63-64. Elementi che il comandante dell'armata fissa per ogni corpo d'armata in pdma schit:ra: compito, obiet·
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tivo di attacco, orientamenti sull'azione successiva oppure obiettivo eventuale, direttrice operativa, settore d'azione, tipo, numero e natura degli sforLi. 15 Memoria sull'azione offensiva in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche. Op. cit., pg. 41. Ad ogni corpo d'armata in prima schiera sono assegnati inizialmente: settore d'azione, obiettivo d'attacco, uno o più obiettivi eventuali, una direttrice operativa, eventualmente una o più direttrici di attacco. 16 La pubblicazione 620 e le concezioni difensive straniere del colonello Luigi Salatiello, Rivista Militare, 1962, II, pg. 137. 17 Impiego delle grandi unità complesse. Op. cit. pgg. 142-152. Il comandante dell'armata sintetizza la concezione della battaglia nel disegno di manovra, nel quale devono trovare risalto i seguenti elementi: impostazione dell'azione di presa di contatto e di frenaggio; posizione difensiva; procedimento di difesa; sforzi difensivi e gravitazione iniziale della difesa; azioni concorrenti (eventuali). Per ogni corpo d'armata in 1 a schiera, il comandante dell'armata fissa: compito, posizioni fondamentali, procedimento di difesa, sellore difensivo, misure da attuare o da predisporre per evitare scullamenli con i settori dei corpi d'armata contigui, tempo a disposizione. 18 Tbidem, pgg. 153-163. Nel concetto d'azione del comandante del corpo d 'armata trovano risalto: impostazione dell'azione di frenaggio in Z.S.; impostazione dell'azione di resistenza e di arresto nella Zo. Arr.; gravitazione; coordinamento degli sforLi difensivi di G.U. elementare fissati dal comando superiore. Il dispositivo del corpo d'armata comprende inizialmente: GG.UU. elementari in 1 a schiera; GG.UU. elementari c/o complessi tattici in riserva; unità di supporto non decentrate. 19 Termini nuovi: azione di investimento e disarticolazione; manovra di arresto; manovra di logoramento; azione di frenaggio; azione di resistenza e di arresto; difesa ancorata; difesa mobile; azione di contrasto temporaneo; zona di arresto; fascia di manovra; zona di contrasto dinamico; fascia di logoramento; posizione di arresto temporaneo. Termini già in uso di cui si amplia o modifica il significato: azione di annientamenlo; azione di logoramento; preparazione; contropreparazione. Termini già soppressi e rimessi in vigore: manovra di ripiegamento e manovra ritardatrice. La 700 tende ad esprimere i concetti nuovi con i termini più appropriati e ad eliminare le distonie esistenti nella terminologia in vigore preferendo, talvolta, ricorrere a voci inusitate e linguisticamente non pure (es. frenaggio, fissaggio) piuttosto che attribuire un significato nuovo ad un termine già in uso con altro significato. 20 Impiego delle grandi unità complesse. Op. cit., pgg. 196 e 197. Nel disegno di manovra del comandante dell'armata, devono trovare risalto: fasce di logoramento ed andamento generale delle posizioni di arresto temporaneo; gravitazione iniziale; impiego della riserva; azioni concorrenti. Il dispositivo dell'armata comprende: corpi d'armata in 1 • schiera; GG.UU. ed eventualmente complessi tattici in riserva; unità di supporto non decentrate. Per ogni corpo d'annata in 1 a schiera, il comandante dell'armata fissa: compito: si concreta nel logorare gli sforzi nemici condotti lungo una direttrice operativa (talvolta due), mediante lo sviluppo in profondità di più manovre di corpo d'armata, impostate sull'alternanza di azioni di contrasto dinamico e di azioni di arresto temporaneo; (ove manchi il contatto con il nemico, il compito comprende, di norma, anche l'azione iniziale di presa di contatto); settore d'azione; posizioni di arresto temporaneo; vincoli di tempo e di spazio, ai fini del coordinamento delle manovre di corpo d'armala; direttive per i movimenti retrogradi. 21 Ibidem, pgg. 199-204. Nel quadro della battaglia difensiva impostata sulla manovra di logoramento, ogni corpo d'armata sviluppa una serie di manovre tattiche strettamente legate tra loro in termini di spazio e ciascuna subordinata alla precedente. Il comandante del corpo d'armata concepisce, con visione unitaria, la serie di manovre da sviluppare in profondità, ma generalmente esprime i suoi intendimenti in più
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concetti di azione successivi, riferiti, ciascuno, ad una o più di una manovra taltica. Per ognuna di queste definisce: andamento particolare della P.A.T.; rapporto reciproco tra l'azione di contrasto dinamico e quella di arresto temporaneo e loro coordinamento; gravitazione del fuoco, delle forze e degli ostacoli. Il dispositivo del corpo d'armata comprende: divisioni e/o brigate autonome in 1• schiera; divisioni e/o brigate autonome in 2• schiera; GG.UU. elementari e complessi tattici in riserva; unità di supporto non decentrate. Per ogni divisione e/o brigata autonoma, in 1 a e in 2• schiera, il comandante del corpo d'armata fissa: compito: consiste nel reiterare una sola delle azioni fondamentali od ambedue; settore d'azione; vincoli di spazio e di tempo; eventuali vincoli di impiego della riserva; modalità per il passaggio di responsabilità dall'una all'altra G.U. 22 Ibidem, pgg. 219-220 e pgg. 223-225. Manovra di ripiegamento. Il comandante dell'armata: fissa i vincoli di tempo e di spazio della manovra; designa le forze da recuperare e quelle che devono costituire la retroguardia; definisce il comando responsabile dell'azione di frenaggio condotta dalla retroguardia; dà direttive, quando necessario, per il passaggio delle responsabilità tra GG.UU. che ripiegano e forze incaricate dell'azione di frenaggio; regola il movimento retrogrado dei grossi; conduce l'azione in profondità contro i grossi nemici; si tiene in misura di fronteggiare, con il proprio fuoco ed eventualmente con aliquota di forze, situazioni di gravi crisi della retroguardia; potenzia la cornice di sicurezza entro la quale deve effettuarsi il movimento retrogrado dei grossi; organizza il recupero delle forze che conducono l'azione di frenaggio_ Manovra ritardatrice. Spetta al comandante dell'armata: definire gli scopi della manovra e, in particolare, il tempo minimo da guadagnare; delimitare lo spazio in cui la manovra deve essere svolta; indicare le fasce di logoramento, l'andamento generale delle posizioni di arresto temporaneo cd il calendario dei tempi parziali; articolare le forze ed i mezzi disponibili; coordinare l'assunzione delle mru1ovre tattiche dei corpi d 'annata o delle GG.UU. elementari direttamente dipendenti, nel senso della fronte cd in quello della profondità, adattandone lo sviluppo alla evoluzione della situazione; impiegare il fuoco a propria disposizione per interdire al nemico, alle massime distanze possibili, l'alimentazione tattico-logistica; tenersi in misura di fronteggiare con il fuoco e con la riserva situazioni di grave crisi locale e di garantire la sicurezza a tergo delle GG.UU_ in t • schiera; organizzare il recupero delle forze che hanno condotto la manovra. 23 Ibidem, pgg. 220-221 e pgg. 224-225. Manovra di ripiegamento. Spetta al comandate del corpo d'armata incaricato di condurre l'azione di frenaggio: stabilire le posizioni di schieramento iniziale della retroguardia; articolare e scaglionare forze e mezzi in modo da garantirsi anche la disponibilità di un'adeguata riserva di fuoco e forze; articolare la retroguardia per blocchi; definire il numero e l'andamento delle posizioni da difendere a tempo detenninato; elaborare il calendario dei tempi parziali; impartire disposizioni per il passaggio delle responsabilità del settore dalle GG.UU. che ripiegano a quelle che conducono l'azione di frenaggio; coordinare i piani delle demolizioni e degli ostacoli; intervenire per coordinare sulla fronte cd in profondità le azioni di contrasto dinamico e le difese a tempo determinato; decidere di volta in volta il momento in cui debba porsi fine alle difese a tempo determinato e le varianti al calendario iniziale dei tempi; intervenire, con il fuoco nucleare e/o convenzionale, nei settori ove la pressione nemica si manifesti più minacciosa; mantenersi in misura d 'intervenire con la propria riserva per parare minacce che rischino di compromettere il movimento retrogrado dei grossi e l'ulteriore sviluppo dell'azione di frenaggio. Manovra ritardatrice. Spetta ai comandanti di corpo d'armata: definire l'andamento particolare delle singole P.A.T., il rapporto reciproco tra le azioni di contrasto dinamico e quelle di arresto temporaneo per ogni fascia di manovra e le modalità per il loro coordinamento, nonché la gravitazione del fuoco, delle forze e dcll'ustal:olu; articolare
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forze e mezzi disponibili; coordinare i piani delle demolizioni e degli ostacoli; armonizzare le azioni delle GG.UU. dipendenti adattandole alla evoluzione della situazione; regolare la successione dei passaggi di responsabilità e i movimenti retrogradi; intervenire tempestivamente con il fuoco nucleare e/o convenzionale e, quando necessario, con la riserva a favore delle GG.UU. dipendenti in crisi e, comunque, per tutelare la propria libertà di azione. La riserva di corpo d'armata deve essere impiegata senza esitazione, quando ciò sia condizione necessaria per garantire il guadagno di tempo minimo fissato. 24 Stato Maggiore dell'esercito. III Reparto. Ufficio regolamenti. Circ. n. 10.221.82 di prot. del 25-XI-1963: Cenni sull'impiego delle GG.UU. corazzate e meccanizzate e delle brigate di fanteria. 25 Consuntivo dell'esercitazione Vedetta appula. Rivista Militare, 1965, IX, pg. 1141. 26 Stato Maggiore dell'esercito. III Reparto. Ufficio regolamenti. Circ. n. 10.400/221.82 di prol. del 25 novembre 1965: Spunti ed ammaestramenti tratti dalle esercitazioni dell'anno 1965. 27 La nuova strategia in formazione. La stategia della minaccia, del generale Paolo Supino, Rivista Militare, 1962, IV, pg. 401. Cenni ed effelli dell'affermazione di nuove strategie, del generale Paolo Supino. Rivista Militare, 1962, X. pg. 1166. Guerra limitata e guerra totale, R.M., 1963, VI. pg. 728. La strategia della risposta flessibile, del gen. Carlo Cigliana, R.M., 1963, XX, pg. 788; VII-VIII, pg. 890. Concezioni di funzione strumentale della guerra e loro riflessi internazionali, del generale Paolo Supino, R.M., l 963, XII, pg. I 385. I principi informatori delle odierne concezioni strategiche e la nuova dottrina dell'esercito, del generale Raffaele Caccavale, R.M.. 1964, II, pg. 135. La strategia globale e l'aggiornamento delle difese nazionali. f_,(1 guerra aeroterr-estre, d el generale Paolo Supino, R.M.. 1964, ll, pg. 157. Tipi di guerra e modalità di preparazione, del generale Paolo Supino, R.M., 1965, I. pg. 17. La teoria della risposta flessibile non è più valida?, del generale Carlo Cigliana, R.M., 1965, I, pg. 32. Il capo della guerra moderna sempre più dominata dalla tecnica, del generale Angelo Galateri di Genola, R.M., 1965, I, pg. 82. Condotta politica e condotta militare della guerra, del generale Giovanni Lenuzza, R.M., 1965, X, pg. 1309. La base della strategia, del generale Corrado Sangiorgio, R.M., 1965, XII, pg. 1533. La strategia nucleare: considerazioni sulle attuali correnti di pensiero, del generale Marcello Sessich, R.M., 1965, XII, pg. 1552. Guerra nucleare limitata, strategia avanzata e difesa mobile, del generale Cirino Rubino, R.M., 1966, III, pg. 284. Guerra e tecnica, del generale Paolo Montù, R.M., 1966, IX, pg. 1122. Probabili aspetti della guerra futura, del colonnello Diego Dorella, R.M., 1966, X, pg. 1301. La strategia militare della N.A.T.O., del generale Arnaldo Giacalone, R.M., 1967, IV, pg. 451. La sistematizzazione delle guerre limitate, del generale Paolo Supino, R.M., 1968, IX, pg. 1059. 28 Guerriglia e controguerriglia, del maggiore Enrico Rebecchi, Rivista Militare, 1962, V, pg. 552. La strategia dell'azione indiretta e il problema del casus belli, del gen. Paolo Supino, RM., 1962, Vll-Vlll, pg. 815, Controguerrig/ia, del capitano Antonio Mantone, R.M., 1963, X, pg. 1188. La geografia della guerriglia, del maggiore generale Carlo Traversi , R.M., I 964, XI, pg. 1201. Guerriglia e controguerriglia, del ten. col. Enrico Revecchi, R.M., 1966, 1, pg. 78. Guerriglia e controguerriglia in ambiente montano, del gen. Piero Zavattaro Ardizzi, R.M., 1966, III, pg. 334. Guerra rivoluzionaria e operazioni tradizionali, del generale Nicolò Perniciaro, R.M., 1966, pg. 349. La guerriglia come forma di lotta a sé stante, del colonnello Ermanno Becchi, R.M., 1966, IV, pg. 503. Contributo alla valutazione della funzione della guerriglia nei conflitti internazionali, del generale Paolo Supino, R.M., 1966, VII-VIII, pg. 833. La controguerriglia. Fattori di successo, d el generale Giovanni De Gennaro, R.M., 1966, XI, pg. 1327. Criteri fondamentali per una moderna difesa del territorio, del generale Mario Leonida Politi, R.M.., 1966, Xl, pg. 1335. Definizioni e aspetti della guerra non ortodossa, del generale Vittorio Carrillo, R.M., 1967, II, pg. 167. Strategia indiretta e forze morali, del colonnello Arturo Baldini,
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Prosecuzione della difesa. ancorata da parte delle GG. UU. di fanteria in prima schiera mentre è in atto la difesa mobile a tergo della P.R., del generale Cosimo Cassone, R.M., 1964, X, pg. 1045. Passaggio dalla difesa ancorata alla difesa mobile: problemi di coordinamento, del generale Antonio Severoni, R.M., 1964, XIl, pg. 1350. La difesa combinata: influenza dei fattori geotopografici nella individuazione del livello di comando responsabile della decisione di passare dalla difesa ancorata a quella mobile e loro coordinamento, del colonnello Giacomo Durio, R.M., 1966, X, pg. 1302. Intervalli e profondità nella organizzazione della difesa del generale Antonio Saltini; Rivista Militare, 1960, III, pg. 309. Gruppi anfibi e guerra d'arresto, del capitano Patrizio Flavio Quinzio, R.M. , 1960, VI, pg. 802. La difesa ad oltranza con impiego di armi atomiche in montagna, del colonnello Ama.Ido Adami, R.M., 1961, Il, pg. 147. ll caposaldo elemento fondamentale della nostra attuale concezione della difesa; R.M., 1961, IV, pg. 415. La coesione tattica e il fuoco nella difesa ancorata. Considerazioni ed esempi, del generale Corrado Sangiorgio, R.M., 1965, VII-VITI, pg. 981. La difesa controcarri nella battaglia offensiva, del colonnello Giovanni Masia, R .M., 1966, IX, pg. 1044. L 'isola di resistenza, del generale Giuseppe Vasile, R.M., 1969, I, pg. 9. Le riserve nella battaglia difensiva, del generale Ivan Fantasia, R.M., 1969, lii, pg. 280.
CAPITOLO
LXIV
LA. SERIE DOTTRINALE 700 (PARTE SECONDA). 1. Le pubblicazioni 710 e 720. 2. La divisione di fanteria. 3. La divisione corazzata. 4. ll raggruppamento di fanteria ed il raggruppamento corazzato. 5. La brigata corazzata e la brigata meccanizzata. 6. La dottri-
na logistica.
I. Dopo circa due anni dalla sua diramazione, la 700 ebbe il suo primo sviluppo al livello di divisione di fanteria e di divisione corazzata, mentre la normativa riguardante i vari gruppi tattici venne completata solo nel 1968. La 700 aveva avuto forma e veste di manuale; le pubblicazioni derivate vennero redatte e diramate come regolamenti d'impiego. Inserite nel quadro della 700, ne seguirono con aderenza la linea concettuale non senza introdurre alcune innovazioni - in particolar~ le pubblicazioni riguardanti i vari gruppi tattici - determinate dalla naturale evoluzione della tattica e da alcuni mutamenti organici. La pubblicazione 5642 - Impiego della divisione fanteria n.710 della serie dottrinale (1) e la pubblicazione n.5638 - Impiego della divisione cc;,razzata - n. 720 della serie dottrinale (2) vennero elaborate ed edite contemporaneamente e in paraHelo e videro la bce sotto forma di bozza di stampa nel novembre 1965. La prima trattava anche l'impiego del raggruppamento di fanteria e del raggruppamento corazzato della divisione di pianura; la seconda, oltre l'impiego della divisione corazzata, anche quello della brigata corazzata e di quel la meccanizzala. In tal modo, l'analisi nella stessa pubblicazione di due livelli, anziché di uno solo, mentre consentì da un lato di configurare, nella maniera più completa ed esauriente, la fisionomia delle due grandi unità ed il quadro operativo integrale di ciascuna e delle loro rispettive articolazioni maggiori, dall'alLro servì a far scivolare il discorso anche sui gruppi tattici, sia pure mantenendolo sul piano generale. Le innovazioni principali delle due pubblicazioni furono che il loro contenuto non si riferiva, come in quelle del passato, alle sole norme d'impiego tattico, ma abbracciava tutto l 'insieme dell'attiviLà
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della G.U., compresi gli aspetti logistico e delle procedure, e che le due pubblicazioni erano articolate in eguale maniera ed avevano parti simili e paragrafi identici. Lo stato maggiore dell'esercito volle così facilitare la consultazione e consentire rapidi confronti, nonché evitare, mediante l'identicità letterale di molti paragrafi, formulazioni differenti degli stessi concetti e criteri ed il sorgere di dubbi o di erronee interpretazioni. Ognuna delle due pubblicazioni venne articolata in tre volumi rispettivamente riguardanti: il primo, le caratteristiche strutturali della G.U., i criteri d'impiego, le articolazioni più ricorrenti, l'organizzazione del comando e delle trasmissioni; il secondo, l'impiego tattico nell'azione offensiva, in quella difensiva ed in alcune azioni particolari; il terzo - che non venne diramato - la logistica ed i lineamenti d'impostazione, di organizzazione e di funzionamento dei servizi. Il primo volume é di per sé un'innovazione. Esso presenta la G.U., ne cataloga gli elementi costitutivi analizzandoli, ne fissa i criteri e le norme generali d'impiego, ne determina le modalità concrete di funzionamento del comando e del sistema delle trasmissioni ed indica le principali procedure da seguire (informative, per le operazioni, per l'impiego del fuoco, per la cooperazione aeroterrestre, per le trasmissioni) per l'esplicazione dell'azione di comando. Gran parte della materia era nota, ma solo in parte regolamentata e, comunque, sparsa in varie pubblicazioni di prevalente carattere tecnico. La presentazione della G.U., nella sua fisionomia organica, tattica e logistica di cui vengono esaminate la struttura e le possibilità d'impiego in rapporto ai vari ambienti operativi e naturali - gli stessi della 700 - e la definiz ione delle sue caratteristiche fondamentali e delle sue articolazioni maggiori consentono di fare subito un' approfondita conoscenza con la G.U. stessa, di misurarne la potenzialità operativa, di avere una prima idea circa i criteri generali ai quali s'ispira il suo impiego. Quasi per cancellare l'impressione di una certa rigidità delle articolazioni tattiche, che si potrebbe ricavare dall'ordinamento e dall'organico della G.U., viene subito dato risalto al concetto dell'equilibrio tattico dei dispositivi. Si tratta di una formulazione esplicita di un concetto, venuto sempre più affermandosi dalla seconda guerra mondiale in poi, mediante il ricorso, di volta in volta, agli aggruppamenti particolari di forze nel generale convicimento che i dispositivi tattici non possano più essere legati agli schemi organici od a schemi comunque precostituiti, ma che occorra si adeguino alle esigenze contingenti, anche azione durante, perché vanno soggetti a rapidi scompensi per il fre-
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quente rapido mutare delle situazioni. L'equilibrio tattico di un dispositivo é determinato dalla ripartizione della potenza complessiva nel senso della profondità ed in quello della fronte, dalla scelta della dosatura e della posizione reciproca dei singoli elementi, dalle distanze ed intervalli tra i vari elementi costituitivi. Esso va subito ristabilito, quando venga meno, mediante la manovra del fuoco, la sostituzione e il rinforzo della forze prematuramente esaurite, il rapido mutamento delle formazioni, l'intervento della riserva o la richiesta dell'intervento di rinforzi al comando superiore. Un dispositivo é equilibrato quando possiede l'intrinseca capacità di adempiere il compito in opposizione alla manovra nemica e quando conserva la sua coesione tattica anche in presenza di azioni o di reazioni nemiche imprevedute. L'organizzazione di comando, in entrambe le pubblicazioni e per ciascuno dei due livelli, come pure quella delle trasmissioni, trovano per la prima volta una codificazione ufficiale organica che ne considera tutti gli aspetti. Dell'organizzazione di comando (.1) vengono esaminate le attribuzioni e le responsabilità dei comandanti e vice comandanti di divisione e di brigata o raggruppamento, dei comandanti e vice comandanti di artiglieria, del comandante del genio divisionale (divisione di fanteria) e l'articolazione degli organi di comando - comando avanzato (MAIN) e comando tattico (TAC), comando arretrato (REAR), comando di sostituzione (SOST) - la costituzione minuta di ciascuno e la dislocazione. La visione d'insieme dell'organizzazione di comando ai due livelli - divisionale e di brigata o raggruppamento - che le due pubblicazioni offrono, ne mette in evidenza la complessità e la pesantezza assunte rispetto a quelle del passato remoto ed al tempo stesso le conseguenti esigenze di flessibilità e di mobilità da soddisfare, per evitare che un'organizzazione così completa ed attraente sulla carta non costituisca uno svantaggio, anziché una condizione di favore, per il funzionamento in guerra. Essa deriva dalla sempre maggiore estensione della manovra ai livelli che nel passato agivano soprattutto per botta diritta, dal conseguente aumento delle fronti e delle profondità dei dispositivi, dal moltiplicarsi di armi e mezzi d'impiego tecnologicamente sempre più avanzati e dal progredire della stessa scienza dell'organizzazione, sempre più esigente in fatto di organi e personale specializzati per ogni singola branca di attività. Accanto a tali cause obiettive del dilatarsi e complicarsi dell'organizzazione di comando a tutti i livelli, eccezione fatta per quelli di squadra e di plotone, c'é nei modelli e schemi codificati nelle due pubblicazioni l'influenza delle analoghe organizzazioni esistenti presso i maggiori eser-
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citi della N.A.T.O., in particolare quello statunitense, propensi ad allargare l'area delle specializzazioni e restii genericamente ad abbinare gli incarichi. Del resto il pericolo della burocratizzazione dei comandi operativi era stato già avvertito dallo stesso esercito statunitense che, attraverso la filiazione del TAC dal MAIN, aveva provveduto a creare un organo decisionale snello e mobile in grado, al momento del bisogno, di staccarsi dal MAIN e portarsi o~e la sua presenza risulti necessaria per un controllo più diretto della situazione, mantenendosi in collegamento costante con gli altri organi del comando e con i comandi dipendenti. Alle norme di organizzazione del comando non viene, peraltro, attribuito carattere di rigidità e gli schemi unificati vengono suggeriti come modelli razionali di massima, da adattare alle esigenze contigenti specifiche di funzionalità dettate dalle situazioni particolari. Spiccata importanza é attribuita alla mobilità dei posti comando per garantirne la sopravvivenza, mentre i SOST ne assicurano la continuità. Per quanto riguarda l'organizzazione delle trasmissioni, le due pubblicazioni si limitano ad indicarne le varie esigenze e le possibilità di soddisfarle con le dotazioni e gli organici delle unità, mentre gli schemi che esse riportano hanno carattere orientativo e servono ad esemplificare il problema divenuto essenziale ai fini dell'azione di comando. Il sistema al livello divisionale é, di norma, del tipo reticolare e consegue dalla struttura della rete telegrafica e dall'armonizzazione di questa con quelle dei comandi dipendenti, laterali e superiori. La continuità dei collegamenti é assicurata dalla possibilità di instradamenti multipli del traffico presso i vari centri trasmissioni divisionali e delle unità dipendenti. Il sistema comprende: tre centri trasmissioni di posti di comando (MAIN, REAR, SOST), una rete telegrafonica (in ponte radio ed in cavo campale), una rete radio, le staffette (motocicli, autoveicoli da ricognizione ed aeromobili).Quanto alle procedure, infine, entrambe le pubblicazioni ne sottolineano la necessità peculiare per l'evolversi rapidissimo delle situazioni di combattimento, specie nell'ambiente nucleare attivo, e per la qualificazione indispensabile all'impiego di unità e di mezzi molteplici e diversi, con spiccato carattere tecnico. Alla ripartizione dei compiti tra organi specializzati dei comandi non possono non accompagnarsi l'unificazione delle procedure di lavoro e l'impiego di schemi unificati per la diramazione di ordini e di dati informativi e per l'inoltro delle richieste di fuoco, di missioni aeree, di supporto logistico, ecc .. Il se~ondo volume riguarda l'impiego tattico e si articola in tre
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parti, di cui la prima esamina l'impiego della G.U. e delle sue articolazioni maggiori nella battaglia offensiva, la seconda in quella difensiva e la terza in talune azioni particolari. Sia per la battaglia offensiva che per quella difensiva, vengono indicati i compiti, poi analizzati compiutamente, che possono essere affidati alla G.U. in relazione all'ambiente operativo, a quello naturale, al tipo di azione a cui partecipa, al tipo di sforzo che é chiamata a condurre e infine alla posizione della G.U. di ordine superiore. Vengono poi fissati i lineamenti della manovra divisionale e precisate sia la posizione della G.U. nell'ambito dell'azione affidata al corpo d'armata che l'inquadra, sia le caratteristiche dell'azione che essa é chiamata a compiere. Grande risalto viene dato nella trattazione, come già nelle altre pubblicazioni degli ultimi tempi, compresa la 700, alle attività concettuale ed organizzativa dei comandanti e vengono precisati gli elementi fondamentali che determinano la formulazione del concetto di azione e quelli che in questo dehhono apparire ai fini dell'organizzazione della manovra divisionale, di brigata e di raggruppamento. La manovra di divisionale nella battaglia offensiva, così come delineata nelle due pubblicazioni, non si discosta sostanzialmente da quella delineata nelle pubblicazioni della serie 600 e, in particolare, nella circolare n.4620 ed é strettamente aderente, nella impostazione e nella visione di sviluppo, oltre che nella tecnica espositiva con cui é trattata, ai lineamenti della battaglia offensiva della 700. Vengono, peraltro, messe in rilievo talune peculiarità proprie del livello divisionale, diverse rispetto a quelle della serie 600. La divisione, di fanteria e corazzata, può essere chiamata, nel quadro della manovra del corpo d'armata, a condurre uno sforzo principale od uno sussidiario. Tale sforzo può essere condotto, senza che veng~ ulteriormente scomposto, con la divisione in colonna o con blocchi di forze di pari entità in primo scaglione, senza che ciascuno di questi riceva, almeno inizialmente, funzione preminente, oppure può essere ulteriormente scomposto in uno principale e in uno o, eccezionalmente, due sussidiari. Il numero degli sforzi é definito in funzione dello scopo della manovra, del numero e della capacità delle direttrici disponibili, dell'ampiezza del settore di azione, della situazione del nemico riferita soprattutto ai procedimenti di difesa, della specie e dell'entità del fuoco disponibile. Spazi di manovra ampi, nemico che si difenda con procedimenti manovrieri e numero di ordigni nucleari adeguato ad aprire più brecce e/o corridoi di irruzione indirizzano a scomporre lo sforzo divisionale in sforzi di brigata o di raggruppamento. J,a scelta dell' obiettivo segue e non precede l'indivi-
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duazione degli sforzi. Il comandante della divisione, sulla base del compito e dell'obbiettivo assegnatogli dal comando superiore, deve anzitutto concepire la sua manovra nel quadro della dinamica da imprimerle nel tempo e nello spazio e nell'individuazione degli obiettivi da assegnare ai singoli sforzi: questa la conclusione del processo ragionativo, non il punto di partenza. L'obiettivo di attacco divisionale materializza il compito della divisione e si identifica in una zona di alto valore tattico, non tanto ai fini territoriali, quanto agli effetti dello sviluppo della manovra della G.U. di ordine superiore. Nell'ambiente nucleare attivo, per la divisione corazzata l'obiettivo di attacco può coincidere in tutto od in parte con quello della G.U. complessa. Nel caso che la manovra divisionale si scomponga in più sforzi, l'obiettivo di attacco della divisione é conquistato, di norma, dalle forze dello sforzo principale e, fino a che possibile, senza il concorso della riserva divisionale. Gli obbiettivi di attacco delle unità di minore livello - brigate e raggruppamenti - incaricate dello sforzo principale debbono essere tatticamente connessi in modo da favorire la combinazione delle singole azioni di brigata o di raggruppamento; l'obiettivo di uno sforzo sussidiario deve essere una posizione interdipendente con quelle dello sforzo principale, sì da accrescere le possibilità della intera manovra divisionale e da diminuire quelle del nemico costretto ad impegnare le riserve di primo intervento. La riserva divisionale e quelle di brigata o di raggruppamento non devono essere ipotecate a priori nella conquista dell'obiettivo di attacco divisionale, che deve essere raggiunto con gli aggruppamenti di primo e secondo scaglione. Quando l'obiettivo di attacco é conquistato da scaglioni avanzati, la riserva, che fino ad allora ha seguito il movimento delle forze antistanti, pronta ad intervenire per parare imprevisti o contrastare reazioni dinamiche in forze, viene lanciata in avanti per estendere in profondità la manovra divisionale. Quando, invece, le unità in primo o secondo scaglione (o schiera) esauriscono la loro capacità offensiva prima di raggiungere l'obiettivo di attacco, la riserva é chiamata a sostituirle o ad alimentarle per il raggiungimento dell'obiettivo divisionale. Nella battaglia difensiva impostata sulla manovra di arresto - quella impostata sulla manovra di logoramento non é trattata perché inattuabile nel quadro concreto della difesa nazionale - la divisione di fanteria é impiegata col procedimento della difesa ancorata, quella corazzata con il procedimento della difesa mobile. Gli scopi che la divisione di fanteria si può proporre variano, evidentemente, secondo l'ambiente operativo e naturale: sui terreni
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montani, qualunque sia l'ambiente operativo, la divisione deve logorare ed arrestare il nemico e, nei casi favorevoli, annientarlo entro la P.R.; sui terreni di pianura, invece, la divisione deve perseguire l'arresto solo in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, perché in quello nucleare attivo difficilmente può riuscire ad arrestare sforzi poderosi e violenti sostenuti dal fuoco nucleare e deve, spesso, limitarsi solo ad imporre al nemico, nell'ambito della P.R., un elevato tasso di logoramento. A tale diversa possibilità di risultato devono ispirarsi, conseguentemente, concezione, organizzazione e condotta della manovra divisionale. Cardini della difesa ancorata sono: lo sfruttamento integrale di tutta la forza difensiva dell'ambiente naturale, l'impostazione della condotta su di un elevato indice di reattività integrando armonicamente ancoraggi al terreno su punti forti con reazioni dinamiche in spazi di manovra preorganizzati, la ricerca del mantenimento della coesione tattica del sistema assicurata, in ogni momento, soprattutto dalla tempestività e adeguatezza della manovra del fuoco. La divisione corazzata con il procedimento della difesa mobile persegue da sola il logoramento del nemico nell'intento di attuare, con il concorso o non della riserva di corpo d 'armata, anche l'arresto dell'attacco. La sua azione é caratterizzata inizialmente dal contrasto dinamico contro gli scaglioni avanzati nemici e succesivamente dal logoramento degli sforzi offensivi perseguito reiterando, su spazi profondi, successive resistenze temporanee che tendano a far decadere in misura sempre crescente la capacità offensiva delle formazioni attacanti, frazionandole, invischiandole e convogliandole verso le zone nelle quali sono predisposti interventi di fuoco nucleare e/o convenzionale, così da arrestarle e possibilmente annientarle. La manovra divisionale non é configurabile in schemi rigidi, la difesa mobile non obbedisce ad una meccanica e dinamica uniformi; l 'essenziale é logorare e, possibilmente, arrestare il nemico, più avanti possibile. Quanto alla difesa combinata, a completamento di quanto oggetto della circolare 10 400, illustrata nel precedente capitolo, le due pubblicazioni ne mettono in evidenza gli aspetti propri del livello divisionale: la 720 per la parte d'interesse della divisione corazzata. Le due pubblicazioni esaminano poi, particolareggiatamente, la manovra in ritirata ed i vari casi d'impiego possibili sia nella m anovra in ripiegamento, sia in quella ritardatrice. Esse modificano parzialmente la terminologia della 700, uniformando quella relativa alle azioni in cui le due manovre si scompongono ed alle aliquote di forze incaricate di condurle. Entrambe le manovre vengono scandite in: azio-
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ne di contrasto dinamico, azione di arresto temporaneo, condotte da forze distribuite in scaglioni che assumono omonime denominazioni (nella manovra di ripiegamento della 700 gli scaglioni della retroguardia erano stati denominati scaglione ritardatore e scaglione di arresto, mentre nella manovra ritardatrice il primo scaglione di contrasto dinamico ed il secondo scaglione di arresto temporaneo). Circa l'impiego in compiti particolari, la 710 esamina l'azione contro aviosbarchi e sbarchi del mare seguendo la falsariga, naturalmente rapportata al diverso livello di G.U., della circolare 10 210 che aveva delineato l'azione al livello di brigata di fanteria, mentre la 720 tratta l'impiego della divisione corazzata, o di una aliquota, nella ricerca e presa di contatto e nell'azione contro aviosbarchi o sbarchi dal mare, nonché quello della brigata corazzata o meccanizzata quale aliquota dello scaglione di presa di contatto e di frenaggio. Il primo ed il secondo volume - il terzo non vide la luce - eccezione fatta per l'aspetto logistico, danno delle unità che prendono in esame una visione completa ed articolata, unitaria ed organica, che consente ai comandanti di divisione, di brigata, di raggruppamento ed ai loro stati maggiori - ai quali essenzialmente le pubblicazioni sono destinate - la piena conoscenza dei loro rispettivi strumenti operativi. L'inserimento degli argomenti del primo volume e di quello relativo all'organizzazione e funzionamento dei servizi, che avrebbero dovuto essere codificati nel terzo volume, intende confermare il concetto che, nel combattimento moderno in particolare, la tattica é soltanto una delle facce della composita realtà operativa. Se é vero che anche nel passato la logistica incideva sensibilmente sulla tattica a ventre vuoto e senza munizioni non si poteva combattere neppure allora - oggi la G.U. elementare, compresa la stessa divisione di fanteria, senza carbolubrificanti, non solo non combatte, ma neppure si muove. Per combattere, sottolineano entrambe le pubblicazioni, occorono senza dubbio comandanti e stati maggiori che abbiano spiccate qualità e doti di carattere, chiarezza di idee, preparazione professionale ed esperienza di uomini ed unità ad allo livello spirituale, di elevata efficenza fisica, materiale e professionale, ma che dispongano anche di uno standard logistico che assicuri l'alimentazione del combattimento con sufficenza e continuità. Tutto ciò non sarebbe, peraltro, bastevole qualora la G.U. non fosse sostenuta da un'organizzazione di comando razionale, un sistema di trasmissioni costantemente efficiente e flessibile, un complesso di procedure unificate funzionale: tutti fattori determinanti del s uccesso. Senza la presa in consi-
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derazione di tali fattori, una pubblicazione di normativa tattica non può dare l'esatta configurazione di un G.U. o di un raggruppamento e gruppo tattico e senza tale conoscenza da parte dei comandanti e degli stati maggiori si corre il rischio di chiedere troppo o, viceversa, di lasciare inoperose - quanto meno non utilizzate appieno - alcune potenzialità di azione delle unità. Le due pubblicazioni sulla scia della 700 - nella quale all'organizzazione di comando e dal sistema di trasmissioni era già stato dato un grande rilievo - dedicano agli argomenti la metà del primo volume. Le due pubblicazioni configurano nella loro completezza i livelli esaminati, offrendo così uno strumento di studio e di consultazione completo e organico, che evita il ricorso alle altre numerose pubblicazioni dove era sparsa una buona parte degli argomenti inseriti; non riportano, naturalmente, le istruzioni tecniche, delle quali trascrivono solo quanto necessario od utile a conoscere in materia di esigenze specifiche, di prestazioni generiche e di caratteristiche peculiari. La vastità della materia tratlala e la natura sinottica delle due pubblicazioni - corredate, tra l'altro, di numerosi grafici illustrativi - conferiscono a queste una mole che non trova riscontro nelle analoghe pubblicazioni del passato, ivi comprese quelle della serie dottrinale 600. Ciò può provocare una reazione psicologica negativa, ma quando se ne affronta lo studio si avvertono subito la completezza del quadro e la facilità d'interpretazione delle norme che non vengono solo sancite, ma spiegate e giustificate. A questo ultimo riguardo si può osservare che la tecnica di stesura assomiglia molto, forse troppo, a quella della 700, ma il modelo aveva dato buona prova di sé e lo stato maggiore dell'esercito volle continuare ad utilizzarlo, pur trattandosi di veri e propri regolamenti d'impiego e non di manuali. Da qui lo sviluppo ampio e diffuso conferito ad entrambe le pubblicazioni, la dovizia di particolari e il rilievo dato alle diversità rispetto alle precedenti norme d'impiego. Le due pubblicazioni furono, del resto, il frutto di un lavoro largamente collegiale, al quale parteciparono in primo luogo la scuola di guerra, in secondo luogo gli ispettorati d'arma per gli argomenti di loro prevalente interesse ed infine il comando designato della 3 a armata, i comandi di regione, di corpo d'armata e di divisione corazzata, invitati a formulare osservazioni e proposte che, in buona parte, vennero accettate. Meritano infine un particolare rilievo il realismo e la concretezza con i quali vengono indicate le soluzioni dei vari problemi tattici, esaminati costantemente alla luce delle esigenze operative del problema difensivo nazionale e della diversa natura
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dell'ambiente naturale dello scacchiere italiano nord orientale dove, per la zona ad alto indice di scorrimento, la combinazione della difesa ancorata con quella mobile viene confermata come il provvedimento più conveniente nell'ipotesi di un conflitto con larga disponibilità nucleare da entrambe le parti. L'estrapolazione dai due testi delle norme d'impiego delle due divisioni e delle loro articolazioni maggiori nei principali compiti offensivi e difensivi - che ora esponiamo può essere sufficiente, congiuntamente a quanto rilevato, a gettare uno sguardo, meno panoramico, al processo evolutivo dell'impiego delle GG.UU. elementari nella dottrina dello stato maggiore dell'esercito italiano fino al 1965.
2. La divisione di fanteria (4) ha come caratteristiche fondamentali l'idoneità ad agire in tutti gli ambienti naturali, la capacità di persistere negli sforzi e l'attitudine a mantenere il possesso di posizioni, anche per tempi prolungati. Agisce ispirandosi ai concetti di manovra, azione unitaria, sicurezza e si articola, di massima, in tre raggruppamenti tattici, due sulla base dei reggimenti di fanteria e uno su quella del reggimento corazzato. Nella battaglia offensiva può, nel dispositivo della G.U. complessa, essere impiegata in 1a schiera, in 2a schiera, in riserva di corpo d'armata; nella battaglia difensiva, in 1a schiera, in riserva di corpo d'armata (generalmente su terreni montani) e in riserva d'armata. La disponibilità di pedine fondamentali differenziate - raggruppamenti di fanteria e raggruppamento corazzato - le consente libertà di azione maggiore che nel passato in ogni tipo di ambiente naturale, in quanto essa meno risente dei vincoli o delle limitazioni che l'ambiente naturale pone alla manovra; le condizioni di ambiente naturale che più le si confanno sono, comunque, quelle della media montagna o quelle ricche di ostacoli naturali ed artificiali. Rispetto agli ambienti operativi, non soffre di vincoli d'impiego in quello convezionale, mentre nell'ambiente nucleare attivo e potenziale conserva una propria capacità difensiva integrando le proprie caratteristiche, in montagna, con la forza intrinseca del terreno, in pianura, con l'ostacolo e la fortificazione permanente; sui terreni di pianura risente della scarsa mobilità e velocità operative delle unità di fanteria e della loro scarsa protezione nei confronti delle esplosioni nucleari, solo in parte compensate dalla capac ità manovriera delle unità
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mobili (reggimento corazzato, battaglioni meccanizzati, G.KD.), dal diradamento dei dispositivi e dal ricorso al combattimento notturno. La struttura della divisione non é rigida, può essere modificata, entro determinati limiti, per evitare inutili appesantimenti e per consentire la migliore integrazione delle forze con il terreno; così, ad esempio, la divisione di montagna ha già una costituzione organica diversa da quella della divisione di pianura (un terzo reggimento di fanteria su due battaglioni e un battaglione carri divisionale). Il comandante della divisione imposta la propria manovra anzitutto individuando e definendo gli sforzi da compiere per adempiere il compito assegnatogli e, per ciascuno degli sforzi, valuta le forze indispensabili a porli in atto in termini di raggruppamenti tattici. Tale impostazione é diversa da quella del passato, quando -era previsto che il comandante della divisione concepisse la manovra in termini di gruppi tattici. In passato, il raggruppamento era essenzialmente un organo demoltiplicatore di comando, mentre il gruppo tattico, al livello di battaglione, disponendo di una pedina organica meccanizzata, aveva la possibilità di manovrare entro limiti più ampi ed elastici. Ora, invece, il gruppo tattico, per la mancanza di un elemento meccanizzato e per la riduzione dei plotoni fucilieri delle compagnie da quattro a tre, ha una fisionomia tattica diversa, pur mantenendo inalterata la capacità di portare a termine un atto fondamentale del combattimento. Il raggruppamento, invece, per la disponibilità organica di un gruppo tattico meccanizzato e di una compagnia controcarri, assume un ruolo diverso ed é strumento idoneo a condurre nella grande maggioranza dei casi, con le sole forze organiche, uno degli sforzi in cui si scompone la manovra divisionale. Le forze di supporto organiche, specie quelle di artiglieria e del genio, soddisfano solo le esigenze minime della G.U., sono strutture essenziali per la cooperazione con l'arma base, ma hanno quasi sempre necessità di essere rinforzate nella misura richiesta dalle situazioni. La divisione di fanteria in prima schiera nella battaglia offensiva sui terreni di pianura e collinosi partecipa, nelle generalità dei casi, all'azione di investimento e disarticolazione solo contro nemico che sviluppi una manovra d'arresto imposta sulla difesa ancorata ed opera lungo una direttrice di attacco, avanzando attraverso brecce aperte dal fuoco nucleare e/o dagli scaglioni avanzati sostenuti da fuoco convenzionale, adottando un dispositivo più diradato in ambiente nucleare attivo, ma in tutti gli ambienti idoneo alle continuità della progressione; impronta l'azione ad elevato dinamismo; impegna, se
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necesario, tutte le sue forze per raggiungere l'obiettivo assegnatole e, possibilmente, per spingersi ulteriormente in profondità; impiega, se le é assegnato, il fuoco nucleare per scardinare la difesa con l'eliminazione delle strutture statiche più consistenti lungo le direzioni di attacco prescelte. Nell'ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, essa investe frontalmente i tratti più deboli della difesa e manovra contro quelli più forti. Il comandante della divisione concepisce ed organizza (S) la manovra sintetizzandone i lineamenti nel concetto di azione, nel quale trovano risalto: l'impostazione generale della manovra, lo sforzo o gli sforzi da effettuare e, in questa seconda ipotesi, la loro combinazione, l'impiego della riserva e i tempi della manovra. La definizione del numero degli sforzi e la conseguente scelta degli obiettivi per ciascuno di essi costituiscono l'operazione concettuale fondamentale sulla quale tessere l'impostazione e l'organizzazione della manovra. L'obiettivo di attacco divisionale é, di norma, conquistato dalle forze incaricate dello sforzo principale e, per quanto possibile, senza il concorso della riserva divisionale, che: nei casi più favorevoli, é destinata ad estendere in profondità l'azione dei raggruppamenti in primo ed eventualmente in secondo scaglione; nei casi meno favorevoli, a contrastare le reazioni dinamiche in forze o ad alimentare l'azione dei raggruppamenti. La divisione agisce in un settore di azione che, secondo l'ambiente operativo e l'indice di scorrimento del terreno, varia dai 10 ai 20 Km, di norma più ampio della fronte materialmente investita. L'attività organizzativa consiste essenzialmente nel dosare forze e fuoco dei singoli sforzi, nel garantirsi costantemente la disponibilità di un'adeguata riserva di fuoco e di forze e nel definire le modalità di coordinamento. La manovra - prescindendo dalla marcia del nemico, dall'avvicinamento e dai combattimenti preliminari che sono di competenza della divisione solo quando manchi la ricerca e presa di contatto dello Sc.R.P.C. - passa attraverso le fasi di preparazine, attacco, completamento del successo, le quali hanno sviluppo diverso a seconda dell'ambiente operativo. La preparazione, intesa come azione di fuoco, tende a neutralizzare le difese attive dell'ostacolo, le strutture statiche che insistono o controllano le vie prescelte per l'apertura delle brecce, le riserve nemiche di primo intervento. In ambiente nucleare attivo, gli ordigni nucleari sono impiegati contro le strutture statiche avanzate, soprattutto quelle ubicate in corrispondenza dello sforzo principale. Durante la preparazione, i raggruppamenti in primo scaglione raggiungono la base di partenza, completano l'apertura dei passaggi nei campi minati, men-
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tre i raggruppamenti in secondo scaglione e la riserva muovono dalla zona di attesa verso le zone di dislocazione iniziale e le forze già a contatto arretrano a distanza di sicurezza dagli effetti degli ordini che vengano impiegati sugli obiettivi ravvicinati. In ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, durante la preparazione i raggruppamenti in primo scaglione sostano sulle basi di partenza, il più possibile rawicinate al dispositivo nemico, e provvedono all'apertura dei passaggi nei campi minati e/o alle operazioni iniziali di forzamento dell'ostacolo naturale, mentre i raggruppamenti in secondo scaglione e la riserva raggiungono le loro zone di dislocazione inziale. L'attacco in ambiente nucleare attivo é, per la divisione di fanteria in prima schiera, un caso eccezionale, eccezione fatta per l'eventualità del forzamento di un corso d'acqua inguadabile. Chiamata a svilupparlo, la divisione adotta frequentemente il dispositivo in colonna, con i I raggruppamento corazzato, che spesso comprende anche il G.E.D., in primo scaglione. Al termine della preparazione, il raggruppamento corazzato: supera con i gruppi tattici in primo scaglione,preceduti dalla esplorazione ravvicinata, la linea di partenza e procede rapidamente in profodità evitando le zone di più intensa radioattività; impronta l'avanzata a spregiudicatezza per sfruttare gli effetti delle esplosioni nucleari e per battere il nemico sul tempo; durante la progressine in profondità, evita le zone contaminate ed aggira, finché possibile, le resistenze residue; neutralizza i contrattacchi delle riserve di primo intervento con il fuoco nucleare, se disponibile, o altrimenti con la contromanovra (fissaggio frontale e attacco su di un fianco o sul tergo); raggiunge l'obiettivo di attacco, si riordina e, se può, prosegue l'azione in profondità; quando debba sboccare al di là del sistema statico, adegua progressivamente il dis positivo per favorire l'irruzione in profondità delle GG.UU. che seguono. I raggruppamenti tattici in secondo scaglione e in riserva seguono il movimento del raggruppamento in primo scaglione, pronti a entrare in azione per investire le resistenze residue o non previste, allargare quanto necessario la breccia iniziale, costituire fianchi difens ivi, sostituire il più presto possibile il raggruppamento corazzato sulle posizioni conquistate o su quelle per le quali sia stato costretto ad impegnare aliquote delle sue forze in compiti di sicurezza o di controllo, alimentare il raggruppamento corazzato mediante la cessione di aliquote delle proprie forze meccanizzate. In ambiente nucleare, quando agisca con scarso sostegno nucleare, la divisione impiega in primo scaglione i raggruppamenti di fanteria per completare l'apertura delle brecce con
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procedimento convenzionale e tiene in riserva il raggruppamento corazzato. Nel forzamento di un ostacolo fluviale inguadabile, la divisione, in ambiente nucleare attivo, adotta il procedimento speditivo: i raggruppamenti di fanteria, comprendenti personale specializzato del genio e mezzi di elitrasporto, occupano, su di una fronte la più ampia possibile, un elevato numero di approdi sulla riva opposta e creano le premesse per il gittamento di ponti-traghetto e la costruzione e l'esercizio di portiere; il raggruppamento corazzato amplia successivamente in profondità le teste di ponte e realizza le condizioni per l'immissione nella battaglia delle GG.UU. retrostanti. Durante l'attacco, il fuoco nucleare di appoggio é impiegato per completare l'apertura delle brecce, rimuovere resistenze consistenti, distruggere le riserve nemiche, favorire le contromanovre del raggruppamento corazzato. In ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale,l'attacco della divisione é più sistematico e procede con ritmo assai attenuato. La libertà di scelta dei punti di applicazione degli sforzi é minore; il dispositivo divisionale é più profondo nell'ambito dei raggruppamenti (due gruppi tattici in primo scaglione, uno in secondo e uno in riserva), non in quello della divisione nel quale il dispositivo più frequente é quello di due raggruppamenti tattici di fanteria in primo scaglione e del raggruppamento tattico corazzato in riserva, oppure di due raggruppamenti tattici di fanteria in primo scaglione, del raggruppamento tattico corazzato in secondo scaglione e di un gruppo tatticp meccanizzato in riserva. In tali ambiente, al termine della preparazione, i raggruppamenti tattici di fanteria in primo scaglione muovono da una base di partenza molto ampia, con dispositivi iniziali molto diradati, e investono la posizione nemica in più tratti; trafilano per i passaggi nei campi minati od attraverso l'ostacolo naturale; procedono lungo la direttrice di attacco conducendo sforzi convergenti, manovrati; raggiungono i rispettivi obiettivi di attacco determinando le condizioni favorevoli perché il raggruppamento corazzato, spesso in secondo scaglione, possa battere le riserve nemiche di primo intervento e raggiungere l'obiettivo divisionale. Il raggruppamento tattico corazzato ritma la sua avanzata su quella dei raggruppamenti antistanti e, scavalcati questi ultimi in corrispondenza delle loro posizioni di consolidamento, impegna la riserva nemica di primo intervento proseguendo almeno fino all'obiettivo di attacco divisionale. La riserva divisionale - raggruppamento corazzato e/o G.E.D. - interviene o per sostenere l'azione dei raggruppamenti antistanti o per ampliarne il successo in profondità. Il completamento del successo si
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svolge con modalità diverse a seconda che la divisione, raggiunto l'obiettivo di attacco, conservi o non ulteriore capacità offensiva. Nel primo caso, l'azione tende a facilitare l'immissione nella battaglia delle GG.UU. retrostanti, ostacolare l'afflusso dall'esterno di nuove forze nemiche, opporsi a tentativi nemici di raccordare le strutture superstiti in isole di resistenza o di sottrarsi al contatto. Nel secondo caso, frequente in ambiente nucleare potenziale e in quello convenzionale, l'azione tende inizialmente a mantenere il contatto ed a compartimentare ulteriormente le forze nemiche e successivamente a inserirsi nel quadro dell'azione della G.U. di ordine superiore diretta ad accerchiare e distruggere le forze nemiche ormai divise in tronconi. In tutti gli ambienti operativi, il comandante della divisione dirige la manovra: coordinandola nel tempo e nello spazio mediante l'intervento armonico di tutti gli elementi che vi possano concorrere; imprimendo la maggiore potenza e velocità possibili allo sforzo principale senza trascurare, specie in ambiente nucleare attivo, eventuali più favorevoli sviluppi che si.offrano agli sforzi sussidiari; intervenendo con il fuoco per garantire il carattere unitario della manovra, realizzare la gravitazione voluta, sostenere i raggruppamenti e fronteggiare i contrattacchi; scegliendo il momento ed il luogo per l'intervento del secondo scaglione, quando esiste; impiegando la riseva dove e quando se ne delinei l'opportunità o la necessità. La divisione di fanteria in prima schiera nella battaglia offensiva su terreni montani sviluppa una manovra che subisce adattamenti e limitazioni rispetto a quella sui terreni di pianura e di collina. La manovra si basa su; pluralità di sforzi, separati nel tempo e nello spazio, ma concorrenti su obiettivi in profondità (sforzo principale generalmente per il basso e sforzi sussidiari per l'alto); ricorso alla mai;Jovra a tutti i livelli ed esaltazione del movimento inteso come mezzo risolutivo per occupare, anche con poche forze, posizioni importanti che compromettano la coesione della difesa; impiego di più complessi tattici, taluni anche di entità modesta, differenziati per compiti e costituzione, ciascuno con fisionomia autonoma; settori di azione e fronti d'investimento molto ampi e, comunque, tali da inglobare tutte le vie tattiche utilizzabili per il raggiungimento degli obiettivi e da comprendere almeno un asse di rifornimento e sgombero e da dare possibilità allo schieramento dell'artiglieria d'intervenire sulla maggior parte del settore di azione divisionale; autonomia tattica e logistica dei singoli complessi; proiezione verso l'avanti delle artiglierie. In ambiente nucleare attivo, la divisione: se conduce uno sforzo principale, deve rom-
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pere il sistema statico nemico e raggiungere l'obiettivo del corpo d'armata (posizioni che assicurino lo sblocco in piano oppure il posseso di un nodo di comunicazioni necessario all'ulteriore manovra della G.U. di ordine superiore); se conduce uno sforzo sussidiario, deve incidere sensibilmente nel sistema statico nemico fino a raggiungere posizioni la cui conquista minacci di avvolgimento le difese che sbarrano la direttrice dello sforzo principale. In ambiente nucleare ed in quello convenzionale: se conduce uno sforzo principale, deve raggiungere un obiettivo territoriale, la cui conquista costituisca il superamento del sistema statico o ne fissi le premesse; se conduce uno sforzo sussidiario, deve perseguire l'eliminazione di una consistente aliquota delle difese ancorate e tendere a posizioni dalle quali si possa vincolare la manovra delle riserve nemiche e, comunque, minacciare, almeno potenzialmente, le difese che si oppongono allo sforzo principale. L'impostazione concettuale della manovra risponde al criterio di agire su ampia fronte e da più direttrici e direzioni:scomposizione della manovra in uno sforzo principale e in uno o più sforzi sussidiari (al limite uno dei sussidiari può identificarsi in un'azione di fissaggio); concetrazione dello sforzo principale sui tratti che controllano la più importante delle zone di facilitazione; sviluppo degli sforzi sussidiari mediante azioni manovrate per l'alto, in corrispondenza di direttrici e di direzioni di elevato rendimento anche se di scarsa potenzialità. La divisione opera in un settore di azione che oscilla fra i 15 ed i 20 Km e che tende verso i valori massimi. Il dispositivo più ricorrente é quello che prevede due raggruppamenti tattici in primo scaglione ed un raggruppamento tattico in riserva. Il fuoco nucleare é diretto, con gli ordigni di maggiore potenza, a paralizzare il sostegno e l'alimentazione della difesa e, solo, in corrispondenza delle zone di facilitazione, gli elementi statici, mentre con gli ordigni di più piccola potenza vengono neutralizzate le strutture statiche schierate su zone non percorribili da unità corazzate e meccanizzate. Nell'ambiente nucleare attivo, l'azione di forza é ottenuta, essenzialmente, con il fuoco nucleare concetrato sulle difese che sbarrano le vie di facilitazione. La preparazione é devoluta spesso al comandante della divisione; la sua durata é maggiore che sui terreni di pianura; non é uniforme per tutti i tratti della fronte divisionale. L'attacco nell'ambiente nucleare attivo é azione di forza e di manovra, nella quale i raggruppamenti in primo scaglione: superata la linea di partenza, si trafilano attraverso i passaggi nei campi minati e procedono, rapidamente quando Ù terreno lo consente, con i gruppi tattici meccanizza-
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ti in testa (in caso diverso muovono con i gruppi tattici di fanteria in testa); superano, compatibilmente con il rischio che si vuole accettare, od aggirano, le zone contaminate e le resistenze residue a cavaliere delle direttrici e delle direzioni, con azioni a stretto raggio e lungo i fianchi della breccia; manovrano per precedere il nemico, anche con poche forze, quando possibile eliportate, su posizioni in profondità; sviluppano un complesso di atti tattici, distinti nello spazio e, se necessario, nel tempo, ma sempre concorrenti su obiettivi tatticamente connessi; salvaguardano i fianchi delle brecce da reazioni che tendano a recidere la penetrazione od a minacciarne l'alimentazione; raggiunti gli obiettivi di attacco, o proseguono l'azione in profondità o si consolidano. Nell'ambiente nucleare potenziale ed in quello convezionale, i raggruppamenti in primo scaglione: ricercano la rottura median te sforzi plurimi con azione manovrata sull'obiettivo, limitando quando é possibile le azioni frontali e ricercando l'infiltrazione; improntano la progressione ad atti tattici combinati; impiegano unitariamente il gruppo tattico meccanizzato, se e là dove il terreno lo consenta, attribuendogli nel dispositivo la posizione iniziale idonea oppure, in caso diverso, decentrano le unità carri ai gruppi tattici per sostenerne l'azione soprattutto con il fuoco. Il completamento del successo é caratterizzato da immediatezza e da decisa spinta in profondita; in molti casi si concreta nella costituzione di vere e proprie teste di ponte che consentano lo sbocco in piano di GG.UU. corazzate e/o meccanizzate. I procedimenti differiscono secondo che si debbano superare o no altre quinte montane: nel primo caso, é sufficiente conferire sicureza alla unità incaricata di penetrare in profondità, mediante l'occupazione di poche posizioni di spiccato dominio tattico sulle più importanti vie di penetrazione; nel secondo caso, le unità incaricate del completamento del successo, spesso operanti lungo direttrici separate fra di loro e di scarsa potenzialità, potrebbero poter far fronte a reazioni di riserve nemiche corazzate e/o meccanizzate in condizioni sfavorevoli di terreno e di forza e perciò la loro azione, strettamente coordinata, deve essere sostenuta, quando possibile, con elisbarchi e, sempre, con il fuoco nucleare e/o convezionale erogato dal le artiglierie di maggior potenza, dai missili e dagli aerei. In montagna, una volta operata la rottura, é più conveniente proseguire in profondità che non tentare di allargare le brecce; é sulla base di tale concetto che il completamento del successo deve tendere alla progressiva occupazione dei principali nodi di comunicazioni e delle zone di convergenza delle vie di facilitazione, premessa al frazionamento ed all'isolamento in tronconi delle forze nemiche superstiti.
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La manovra.della divisione nella battaglia offensiva delineata nella
71 Onon si discosta granché da quella della memoria 620 e della circolare 4620. Gli elementi fondamentali che la distinguono, anche se interpretati in parte diversamente, restano: la scomposizione della manovra stessa in sforzi di raggruppamento, l'individuazione degli obiettivi e l'impiego della riserva. I parametri che incidono sulla manovra sono l'ambiente operativo e quello naturale ed il procedimento adottato dal nemico. Viene però accentuato il concetto che il terreno sul quale la divisione può operare con maggiore rendimento é quello di montagna. Anche nell'ambiente nucleare attivo, infatti, la divisione può sfruttare convenientemente le esplosioni nucleari evitando l'investimento frontale delle strutture statiche, tendendo ai fianchi od al tergo delle stesse, ricercando allo scopo vie tattiche di elevato rendimento pur se di difficile percorribilità. In pianura, invece, dove lo sfruttamento delle esplosioni nucleari può essere realizzato con tempestività solo da forze corazzate o meccanizzate, la divisione di fanteria é impiegata solo in carenza di queste ultime e con un dispositivo
che preveda il raggruppamento corazzato in primo scaglione. La meccanica e la dinamica della manovra divisionale restano quelle della 620 e della 4620. La manovra, come si è visto, s'inizia con la preparazione di fuoco che tende a neutralizzare le difese attive dell'ostacolo, le strutture statiche che insistono sulle vie prescelte per la penetrazione e le riserve nemiche di primo intervento. Il fuoco nucleare, quando disponibile, costituisce il mezzo fondamentale per una preparaziÒrierapida ed efficace. La manovra si sviluppa, quindi, sostenuta costantemente dal fuoco che spiana la strada al movimento, mentre questo utilizza direttrici che consentano sforzi convergenti e direzioni che favoriscano gli aggiramenti a breve raggio delle forze superstiti. L'attenzione maggiore é rivolta allo sforzo principale od a quello che si manifesta, azione durante, meglio suscettibile di sviluppo favorevole. La manovra divisionale non si conclude necessariamente sull'obiettivo di attacco, ma prosegue in profondità proporzionalmente alla capacità offensiva residua della divisione. La divisione di fanteria nella battaglia difensiva trova impiego, in tutti gli ambienti operativi e naturali, nella manovra di arresto e in quella in ritirata. Nella manovra di arresto la divisione: partecipa all'azione di resistenza e di arresto ed all'azione di annientamento (a questa ultima solo sui terreni montani); può trovare posto in 1 a schiera, in riserva di armata; quando in prima schiera, ha il compito d'interdire una o più direttrici di attacco. In ambiente nucleare attivo, la manovra divisionale può tendere ad imporre a l nemico un elevato
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tasso di logoramento e, in qualche caso, costringerlo ad un arresto almeno temporaneo, ma il più delle volte la divisione deve lasciare alla riserva del corpo d'armata il compito dell'arresto definitivo; nell'ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, può arrestare l'attacco entro il proprio settore di azione, con il concorso o non delle riserve di ordine superiore. Il terreno montano conferisce un deciso apporto alla capacità difensiva della G.U. e la pone in grado, in qualsiasi ambiente operativo, non solo di logorare, ma anche, in concorso o non con le riserve di ordine superiore, di arrestare definitivamente l'attacco e, in casi favorevoli, di annientarlo. Nella manovra in ritirata e, in particolare, in quella di ripiegamento, la divisione può costituire, la retroguardia, mentre in quella ritardatrice può far parte del complesso di forze di un'armata o di un corpo d'armata. L'impiego della divisione nella manovra in ritirata é eventuale su terreni di pianura e, comunque, su tali terreni la divisione deve essere rinforzata con unità corazzate e meccanizzate e resa interamente mobile. La divisione di fanteria in prima schiera nella manovra di arresto su terreni di pianura e di collina: agisce, di massima, in un settore la cui ampiezza varia dai 15 ai 20 Km e che si articola in Z.S. (profonda 10 - 15 Km) ed in P.R. (profonda 20+25 km); articola le sue forze in scaglione di sicurezza (di norma, il G.E.D.), raggruppamenti di fanteria in primo scaglione (presidio di strutture statiche, controllo degli spazi vuoti, contrattacchi settoriali), raggruppamento corazzato in riserva. Gli elementi strutturali fondamentali del procedimento di difesa ancorata, sui quali s'impernia la manovra divisionale, sono le strutture statiche, gli ostacoli e le zone organizzate per le reazioni dinamiche. Le strutture statiche, campali e permanenti, hanno costituzione adeguata alle caratteristiche degli appigli naturali sui quali sono investite ed ai compiti a ciascuna affidati; sono presidiate a priori o a ragion veduta e disposte irregolarmente e, specie in ambiente nucleare, in modo discontinuo sulla fronte ed in profondità, sempre però in maniera da evitare che l'eliminazione di talune di esse causi la disarticolazione dell'intero complesso. Le strutture statiche più arretrate, ·legate in sistema, assumono anche la funzione di posizione di contenimento. A seconda della loro ubicazione, le strutture possono essere avanzate, intermedie ed arretrate. Compito principale per tutte é il logoramento e l'arresto dell'avanzata nemica, mentre alcune possono adempiere anche funzioni di convogliamento e di perno di manovra. Gli ostacoli artificiali, convenzionali e nucleari, ad integrazione o in sostituzione di quelle naturali, vengono schierati in fon-
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zione di convogliamento delle penetrazioni nemiche verso zone predisposte per gli interventi del fuoco e delle riserve. Gli spazi vuoti tra le varie strutture statiche vengono controllati con complessi mobili per inibirvi le infiltrazioni e contrastarvi dinamicamente le penetrazioni. Le zone prescelte per le reazioni dinamiche sono sempre delimitate sui fianchi e sul tergo da strutture statiche e da ostacoli aventi funzioni di perni di manovra per i contrattacchi da condurre, a seguito o non ùi esplosione nucleare, ùa parte delle riserve dei vari livelli. Gli elementi strutturali della difesa, pur avendo ciascuno una propria fisionomia, debbono essere concepiti con visione unitaria, organizzati in modo da perseguire costantemente non solo il logoramento ma anche il convogliamento, legati sempre da un elevato grado di coesione tattica da assicurare essenzialmente con il fuoco convezionale dei mortai, delle artiglierie e delle armi controcarri a lunga gittata, con l'azione dei complessi mobili negli spazi vuoti ed infine con l'ostacolo. ln ambiente convezionale, tale coesione va ricercata anche con la cooperazione diretta fra le varie strutture statiche. La difesa ancorata ripudia, comunque, ogni schematismo e ripone la sua forza nella sapie nte organizzazione del terreno e nella tenace volontà di difenderlo. L'attività concettuale cd organizzativa del comandante della divisione (6) si sviluppa, come di consueto, sulla base del concetto di azione, degli ordini del comando superiore e della valutazione dei termini del problema operativo (tattico e logistico). Nel concetto d'azione de l comandante della divisione, trovano risalto l'impostazione Renerale della manovra, la gravita zione dello sforzo difensivo e L'impiego della riserva. L'impostazione generale della manovra consiste nella definizione delle zone delle reazioni e delle posizioni di ancoraggio. La definizione del numero e della ubicazione delle zone d'intervento delle riserve può essere considerala il punto di partenza dal quale si comincia a tessere la trama della manovra divisionale. Nell'ambito della P.R. sono previste una zona delle reazioni divisionali, di massima scelta dal comando superiore ed ubicata nella fascia arretrata, e due o più zone delle reazioni settoriali, ubicate nella fascia intermedia. La scelta di tali zone condiziona quelle delle posizioni da presidiare per convogliare verso le prime il nemico e determina i criteri d'impiego del fuoco, specie nucleare, ma é a sua volta condizionata dalla corzvergenza delle vie di facilitazione. È questa una innovazione concettuale di fondo, che fa il paio con quella, prevista per l'azione offensiva, circa la preminenza da dare alla definizione del numero degli sforzi rispetto alla scelta degli obiettivi. Si ha, in entrambi i casi,
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un rovesciamento della metodologia del passato - del resto già in fieri nella serie dottrinale 600- che si traduce in un'esaltazione della manovra in tutti gli ambienti operativi e sui terreni di pianura e di collina. Sui terreni montani ed alpini la libertà di scelta é piuttosto ridotta perché é la morfologia stessa a condizionare la manovra, ma anche su tali terreni la difesa deve tendere ad investire le strutture statiche sulle posizioni che hanno preminente importanza ai fini del convogliamento dell'attacco, dell'appogio ai contrattacchi e della cooperazione con le opere della fortificazione permanente. Accanto a tale criterio prioritario si collocano, in via subordinata, quello del dominio che le posizioni esercitano sulle vie di facilitazione per interdirle al nemico e quello del grado di robustezza che, quanto maggiore, tanto più economica ne rende la sistemazione a difesa. Il numero delle posizioni da sistemare a caposaldo, da presidiare a priori o/e azione durante, dipende, invece, dall'ambiente operativo, dalle caratteristiche del terreno, dal rapporto spazio-forze, dalle densità del sistema conseguibile con le altre strutture statiche: in ambiente nucleare la densità tende ai valori minimi, in quello convenzionale ai valori massimi. Il caposaldo conserva i requisiti già stabiliti nella memoria 600 e, in particolare, quello della resistenza ad oltranza e viene precisato, sottolineandolo, il concetto che il suo comandante non ne può' ordinare l'abbandono <li iniziativa. Nel senso della profondità, le struture statiche il cui compito precipuo é di arrestare il nemico, o quanto meno deviarlo logorandolo - si distinguono in avanzate, intermedie e arretrate. Quelle avanzate precludono al nemico la disponibilità delle vie tattiche e hanno perciò la funzione di primo convogliamento e di perni di manovra per l'eventuale attacco preventivo; quelle intermedie hanno la funzione preminente di perni <li manovra per le reazioni settoriali; le arretrate hanno funzione di perni di manovra delle reazioni dinamiche della riserva divisionale e, eventualmente, di quelle di ordine superiore. Nessun rigido schematismo regola lo schieramento delle strullure statiche ... ma esso varia di volta in volta, ed anche da tratto a lrallo, secondo l'ambiente operativo, le caratteristiche del terreno, l'ubicazione della fortificazione permanente, le esigenze di intervenire negli spazi vuoti con il fuoco nucleare e con le riseve. Queste ulti. me, costituite dal raggruppamento corazzato con il G.E.D. o con altre forze assegnate dal comando superiore, hanno, come già ne lla 600, la funzione principale di sviluppare contrattacchi (eventualmente anche preventivi), ma anche quella, subordinata, di contenere qualora non sussistano le condizioni per il contrattacco. In ambiente nuclea-
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re attivo, in particolare, il contrattacco può non essere redditizio e, in tale caso, la riserva contiene per consentire l'intervento di quella di ordine superiore, la quale contrattacca nell'ambito della P.R. o prolunga l'azione di resistenza e di arresto a tergo della P. Cn.; in ambiente nucleare potenziale, può trovare spesso condizioni favorevoli di sviluppo; in ambiente convenzionale, il contrattacco risulta di efficacia maggiore sì da rendere normale l'impiego della riserva in tale compito. L'attività organizzativa del commandante della divisione (7) consiste essenzialmente nel dosare le forze, il fuoco e l'ostacolo e nel garantirsi la costante possibilità d'intervento diretto con il fuoco e con la riserva. Il dispositivo divisionale comprende lo scaglione di sicurezza, i raggruppamenti tattici in primo scaglione, il cui settore di azione é ampio dai 7 ai 10 Km e profondo dai 15 ai 20 Km, la riserva. L'azione in Z.S. é quella prevista nel passato. L'azione nella posizione di resistenza comprende la contropreparazione e l'azione di resistenza e di arresto. La contropreparazione, intesa come fase della battaglia e come azione di fuoco, é impostata e condotta secondo i criteri e le modalità indicati nella 700. Durante la contropreparazione, la divisione può essere incaricata di sferrare un contrattacco preventivo, di norma affidato alla riserva divisionale e generalmente, ma non sempre, in seguito ad intervento nucleare. Lo spazio di manovra é più ampio che profondo e perciò consente di utilizzare più direzioni di attacco tatticamente connesse e che si possono combinare su di un obiettivo ubicato, spesso, nella fascia anteriore della Z.S .. Il contrattacco preventivo si prefigge di rompere il dispositivo nemico, penetrare in profondi tà fino a colpire o minacciare sul tergo almeno gli scaglioni avanzati nemici. L'azione di resistenza e arresto, all'infuori di un'ulteriore esaltazione della manovra, segue la falsariga di quella tracciata nella memoria 600. Inizialmente la divisione assume lo schieramento corrispondente all'ipotesi più probabile sull'azione nemica: le unità di arresto presidiano a priori le rispettive opere fortificate; la maggior parte del personale destinato al presidio delle strutture statiche campali ripara, specie durante la preparazione nemica, nei ricoveri esterni o costruiti nelle strutture stesse; i complessi mobili gravitano nella fascia avanzata; le riserve sostano nelle rispettive zone di dislocazione iniziale; le artiglierie e i mortai assumono gli schieramenti previsti. Iniziatosi l'attacco nemico, i raggruppamenti in primo scaglione: concentrano il fuoco dell'artiglieria orientata e dei mortai sulle teste delle formazioni nemiche; presidiano tempestivamente i caposaldi avanzati e occupano quelli intermedi ed arretra-
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ti a mano a mano che la situazione si chiarisce ed in relazione all'entità della minaccia nemica; reagiscono con le armi della fanteria a distanza di gittata utile, concentrando il fuoco contro gli obiettivi più pericolosi; sviluppano negli spazi vuoti l'azione di contrasto dinamico (sbarramenti temporanei controcarri, fuoco a distanza, agguati, piccole reazioni locali); ricorrono, quando possibile e conveniente, alla manovra dei presidi dei caposaldi, procedendo all'occupazione aragion veduta di posizioni predisposte per integrare il sistema statico o per sostituire in profondità caposaldi importanti in procinto di cadere o distrutti dal fuoco nucleare; attivano campi minati d'interdizione o di convogliamento con complessi mobili, rincalzi di gruppo tattico, presidi di caposaldi non attivati ed al limite con aliquote della riserva settoriale; colpiscono con azione unitaria della riserva settoriale le formazioni nemiche convogliate, arrestate frontalmente e contenute dalle strutture statiche; concorrono, soprattutto con il fuoco, ma quando possibile anche con la riserva, ai contrattacchi di ordine superiore. Il raggruppamento corazzato in riserva deve tendere a contrattaccare, ma in ambiente nucleare attivo può essere chiamato più spesso a contenere per consentire l' intervento della riserva di corpo d'armata, la quale può, a sua volta, o contrattaccare o prolungare in profondità l'azione di resistenza e di arresto. Per il contrattacco il raggruppamento corazzato: assume fin dall'inizio una dislocazione che gli consenta d'intervenire con azione unitaria; si articola normalmente in due gruppi tattici al livello di battaglione (entrambi in primo scaglione oppure uno in primo e uno in riserva) oppure in tre gruppi tattici avanzati e uno in riserva; agisce partendo da fronte molto ampia e procedendo lungo direzioni parallele o convergenti, utilizzando come perni di manovra le strutture sta tiche, investendo sul fianco con il fuoco dei carri le formazioni nemiche arrestate frontalmente o contenute dai raggruppamenti di fanteria e impiegando il G.E.D. o per coprire il fianco esposto o per chiarificare la situazione; si spinge in profondità per riguadagnare spazio ai fini della manovra divisionale, altrimenti si porta in zona di raccolta, dove si riordina. Per il contenimento la riserva divisionale interviene:in funzione statica per presidiare caposaldi o schieramenti controcarri ad integrazione o in sostituzione delle strutture della fascia arretrata della P.R., conservando il più possibile le unità carri per la difesa delle cortine; dinamicamente, per sviluppare, a tergo della P.Cn. e alle dipendenze della divisione corazzata in riserva di corpo d'armata, un'azione di contrasto dinamico che faciliti la saldatura tra il procedimento di difesa ancorata e quello di difesa mobile.
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La divisione di fanteria in prima schiera nella manovra di arresto sui terreni montani imposta la sua manovra su di: un'azione di contrasto dinamico, che sfrutta lo spazio non solo per logorare ma, ogni qualvolta possibile, anche per convogliare ed arrestare le punte avanzate del dispositivo nemico mediante elementi difensivi mobili (pattuglie) e statici (posti scoglio), campi minati, mine nucleari, opere e postazioni fortificate; un'azione di resistenza e di arresto improntata a grande reattività. Questa ultima é caratterizzata da: sbarramento delle principali vie di facilitazione con strutture statiche variamente dosate, di profondità e consistenza diverse, disposte generalmente su più fasce; controllo delle zone impervie mediante l'osservazione e il pattugliamento; occupazione, se necessaria, delle posizioni che intercettano le vie tattiche adiacenti alle zone di facilitazione; utilizzazione dello spazio tra le successive strutture statiche per sviluparvi, con i complessi mobili, il contrasto dinamico diretto ad invischiare l'attacco in profondità; largo ricorso alla manovra dei presidi dei caposaldi, all'autotrasporto ed all'elitrasporto delle forze; costituzione di rincalzi e riserve a tutti i livelli per eliminare con immediatezza infiltrazioni e penetrazioni locali e per garantire il mantenimento delle posizioni; contrattacchi settoriali e divisionali sviluppati il più avanti possibile, sostenuti, in ambiente nucleare attivo, da fuoco nucleare ed affidati anche a complessi corazzati e/o meccanizzati, se il terreno lo consente. L'impiego della divisione risente, sul piano concettuale: della più spiccata funzione di arresto da attribuire alle strutture statiche, specie a quelle più avanzate; dell'innalzamento di un livello nelle attribuzioni e nelle funzioni di ciascun gradino gerarchico; dell'attribuzione della funzione di elemento connetivo della difesa, più che al fuoco, ai complessi di forze destinati ad alimentare il combattimento in avanti, ad integrare e potenziare il sistema statico, a ristabilire situazioni compromesse. La scelta delle posizioni da presidiare acquista spesso preminenza rispetto a quella delle zone di intervento per i contrattacchi delle riserve. Le vie di facilitazione principali devono essere sbarrate con strutture statiche scaglionate in profondità, disposte però in modo da facilitare i contrattacchi e le reazioni nucleari negli spazi interposti. Le strutture statiche avanzate hanno preminente funzione di arresto, ogni qualvolta che il terreno lo consenta, o altrimenti di convogliamento; quelle intermedie, alla funzione di arresto sommano quella di perni di manovra; quelle arretrate forniscono la necessaria profondità al sistema, <::ostituiscono perni di manovra per il contrattacco divisionale quando questo non possa essere sviluppa-
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to più avanti e rappresentano altresì l'intelaiatura della P.Cn., cioé l'estremo limite di tolleranza consentito alla progressione nemica. L'ampiezza del settore divisionale può variare dai 20 ai 40 Km, mentre la profondità non scende al di sotto dei 15-,--20 Km. L'ambiente nucleare attivo induce, sul piano concettuale e organizzativo, ad un diverso impiego delle forze, in quanto l'arma nucleare: utilizzata come mina economizza le ·forze in determinati settori; impiegata con scoppio aereo nelle zone delle reazioni, esalta l'efficacia dei contrattacchi; utilizzata come mezzo d'interdizione, consegue risultati decisivi nei riguardi dei dispositivi tattici e logistici costretti nei fondi valle. I compiti della riserva divisionale sono il contrattacco per eliminare le penetrazioni che minaccino l'integrità della P.R. o il contenimento in attesa dell'intervento di riserve di ordine superiore. L'azione nella Z.S. é analoga a quella svolta sui terreni di pianura e di collina, ma persegue una più spiccata funzione di arresto e consegue un più alto rendimento ai fini del ritardo e del logoramento. L'azione nella P.R. é impostata su di una elasticità e reattività maggiori che sui terreni di pianura mediante: il differimento dell'occupazione integrale delle singole strutture statiche campali, comprese quelle della fascia avanzata, a quando direzione e consistenza degli sforzi nemici si siano chiaramente delineati; l'esaltazione della manovra dei presidi dei caposaldi; l'impiego dei rincalzi dei settori di gruppo tattico per garantire, contrassaltando, la stabilità delle strutture statiche essenziali, per rinforzare i presidi, per occupare a difesa posizioni integrative o sostitutive di quelle già attivate; l'impiego della riserva di raggruppamento per contrattaccare, unitariamente o per aliquote, le penetrazioni in corrispondenza delle predisposte zone delle reazioni settoriali o dovunque se ne presenti l'occasione favorevole o per svolgere altri compiti (eliminare infiltrazioni e penetrazioni, suturare brecce, sbarrare a ragion veduta le vie tattiche esistenti nelle zone interposte tra le vie di facilitazione, intervenire contro unità elisbarcate od aviolanciate, svolgere azione di contenimento a premessa dell'intervento della riserva di ordine superiore, concorrere al contrattacco divisionale). In sintesi, la manovra della divisione deve tendere a conseguire, eventualmente con il concorso della riseva di ordine superiore, l'arresto del nemico nell'ambito della P.R.. Essa, perciò, é condotta come una prolungata azione di arresto che tende a salvaguardare l'integrità funzionale del sistema. Le possibilità di rottura offerte all'attacco dai mezzi nucleari possono, peraltro, rendere talvolta incontenibile lo sforzo offensivo del nemico in taluni tratti del settore
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divisionale ma, anche in tale caso, la divisione deve mantenere il combattimento nell'area della P.R. a premessa del contrattacco della riserva di ordine superiore o, nei casi meno favorevoli, dello schieramento di quest'ultima su posizioni arretrate raccordabili con quelle antistanti ancora valide. La manovra divisionale raggiunge i suoi scopi, più che con i provvedimenti messi in atto inizialmente, con quelli adottati azione durante, appunto mediante la gamma di azioni combinate dei numerosi elementi a disposizione: fuoco nucleare(eventuale), attivazione a ragion veduta di strutture statiche, azioni di contrasto dinamico, manovra dei presidi dei caposaldi, manovra delle traiettorie e degli schieramenti e manovra intersettoriale delle riserve.
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divisinne cnrazzata (8) ha come caratteristiche positive fondamentali la mobilità su terreni con buon indice di scorrimento, la potenza di fuoco, la flessibilità organica e tattica, la protezione, l'attitudine ad operare in qualsiasi ambiente operativo. Non é, per contro, idonea La
ad operare, senza sostegno di fuoco nucleare, contro forze saldamente sistemate a difesa, ha scarsa attitudine a fare fronte ad impegni operativi prolungati, é vulnerabile alle offese aeree, risente delle limitazioni imposte alla manovra ed al combattimento dall'ambiente notturno. Agisce ispirandosi ai criteri fondamentali di manovra, azione unitaria, aggressività. Nella battaglia offensiva può, nel dispositivo della G.U. complessa, essere impiegata: nello scaglione di ricerca e presa di contatto, in 1a schiera, in 2a schiera, in riserva di corpo d'armata, in riserva di armata. Il suo impiego in 1 a schiera é normale nel quadro dell'azione di investimento e disarticolazione in ambiente nucleare attivo, quali che siano la forma di manovra e i procedimenti di difesa attuati dal nemico; in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, non può operare contro difese del tipo ancorato, a meno che queste non siano scarsamente organizzate. In tutti gli ambienti operativi, la divisione tende, mediante una manovra iniziale di irruzione o di rottura, a superare le resistenze statiche e dinamiche e a penetrare rapidamente in profondità, almeno fino ad impegnare ed eliminare le riserve nemiche di primo intervento. La fisionomia organica diversa da quella tradizionale, conferita alla G.U. per effetto dell'adozione dell'ordinamento standard N.A.T.O., la rende assimilabile a d una G.lJ. complessa, in quanto le due brigate corazzate e la briga-
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ta meccanizzata, in cui essa si articola, sono vere e proprie GG.UU. elementari operative autonome. La divisione corazzata in 1 a schiera nel quadro dell'azione di investimento e di disarticolazione é chiamata, di norma, a sviluppare uno sforzo principale. I lineamenti della manovra divisionale variano a seconda dell'ambiente operativo ed a seconda che il nemico conduca la manovra di arresto con il procedimento della difesa ancorata o della combinazione in profondità dei procedimenti di difesa ancorata e di difesa mobile oppure che la conduca, fin dall'inizio, con il procedimento della difesa mobile. Nel primo caso, nell'ambiente nucleare attivo, la divisione: adotta un dispositivo idoneo a garantire una veloce penetrazione, diradato e atto a conseguire la convergenza degli sforzi in profondità; utilizza la preparazione, impostata su fuoco prevalentemente nucleare, per operare la rottura delle difese ancorate e, possibilmente, per neutralizzare le riserve di primo intervento; progredisce lungo le hrecce aperte dal fuoco nucleare nel sistema statico ed impegna le riserve nemiche di primo intervento e quelle di ordine superiore impiegate a favore del sistema statico; prosegue successivamente, lungo un corridoio di irruzione, ottenuto per quanto possibile con il fuoco nucleare, fino alla conquista di obiettivi che garantiscano in maniera definitiva la disarticolazione della difesa. Sempre nel primo caso, ma in ambiente nucleare potenziale e in quello convezionale, la divisione: utilizza la preparazione di atiglieria per neutralizzare le difese più avanzate; rompe il sistema difensivo impiegando prevalentemente gruppi tattici meccanizzati; penetra e converge in profondità, dopo aver rotto la dìfesa in uno o più tratti, aggirando e accerchiando i tronconi intermedi, per battere almeno le riserve di primo intervento; adotta un dispositivo profondo che consenta: inizialmente la graduale chiarificazione della reattività nemica, specie controcarri, e il forzamento di eventuali ostacoli, successivamente l'estensione della manovra in profondità mediante una penetrazione condotta a ritmo serrato. Nell'ambiente nucleare potenziale, la divisione adotta un dispositivo costantemente adeguato al grado di minaccia d'impiego delle armi nucleari; tende a sfruttare la notte; cerca continuamente di ridurre la distanza dal dispositvo contrapposto per impedire al nemico di impiegare gli ordigni nucleari. Nel secondo caso - nemico che attui fin dall'inizio il procedimento di difesa mobile in ambiente nucleare attivo - la divisione: utilizza la preparazione, impostata su fuoco prevalentemente nucleare, per aprirsi il corridoio di irruzione e per neutralizzare le riserve nemi-
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che di primo intervento; procede al forzamento dell'ostacolo, a ~ui la difesa é di massima appogiata sul davanti, realizzando sulle direttrici di attacco delle brigate numerose piccole teste di ponte; irrompe successivamente dalle teste di ponte aprendosi la strada, se necessario, con il fuoco nucleare e punta rapidamente sull'obiettivo in profondità in modo da spezzare la coesione tattica della difesa, batterne le forze, o, quanto meno, sopravanzarle e rinserrarle in blocchi per cadere al più presto sulle riserve di primo intervento o di ordine superiore; adotta e conserva un dispositivo adatto alla progressiva chiarificazione della situazione, diradato, idoneo a sopraffare, in qualsiasi momento, le reazioni dinamiche in forze. In ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, sempre nel secondo caso, la divisione: neutralizza le difese più avanzate mediante la preparazione di artiglieria, che ha una durata minima commisurata almeno al tempo necessario per il forzamento dell'ostacolo; forza l'ostacolo - di norma di notte e, possihilmente, con il concorso di aviosbarchi e di alisbarchi a piccolo raggio - e tende alla costituzione di poche e robuste teste di ponte in corrispondenza delle direttrici di attacco di brigata; procede su obiettivi la cui conquista comporti la disarticolazione delle GG.UU. nemiche in prima schiera; adotta un dispositivo più profondo di quello necessario all'ambiente nucleare attivo, con scaglioni avanzati robusti, idoneo a conseguire, in ogni momento, la superiorità necessaria per sostenere con successo gli scontri con le riserve nemiche. Contro nemico che manovri in ritirata, la divisione deve tendere, senza soluzione di continuità, a creare le premesse per la successiva azione di annientamento. A questo scopo, sempre che possibile in concomitanza con l'azione di aviotruppe: rompe in più tratti le difese a tempo determinato in modo da immettere, attraverso almeno due brecce, blocchi di forze consistenti destinati, ciascuno, a proseguire con un aliquota l'azione in profondità e ad avvolgere con l'altra i tronconi superstiti; punta sull' obie ttivo strategico impedendo al nemico di recuperare le forze e di reiterare in profondità le difese temporanee. In tutti i casi, la divisione: una volta raggiunti gli obiettivi di attacco, si spinge il più profondamente possibile anche con il concorso delle forze aerotattiche e con quello eventuale di aviotruppe; svolge l'intera azione attraverso la manovra delle brigate, combinata con il fuoco nucleare e/o convezionale, in armonia con il concetto di azione iniziale, ma pronta ad approfittare di ogni errore del nemico, attenta a non lasciarsi attrarre in zone ad esso favorevoli, decisa ad imporgli la sua volontà; garantisce la continuità della progressione
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e la sicurezza dell'azione soprattutto mediante le necessarie trasformazioni del dispositivo e il gioco delle formazioni e delle direzioni; procede alla eliminazione dei tronconi e delle sacche solo quando indispensabile, lasciando altrimenti tali compiti alle GG.UU. che seguono. Gli elementi da prendere in esame nella concezione e nella organizzazione della manovra divisionale 9 sono identici a quelli previsti per il comandante della divisione di fanteria. Lo sforzo, anche per la divisione corazzata, può essere scomposto (normalmente in uno principale ed uno sussidiario, eccezionalmente in uno principale e due sussidiari) o essere condotto senza ulteriore scomposizione (divisione in colonna o con due blocchi di forze di pari entità in prima schiera e uno in riserva). Ad ogni sforzo , principale o sussidiario, corrisponde una direttrice di attacco e perciò una breccia o un corridoio di irruzione, da aprire rispettivamente nel sistema statico o nel dispositivo di difesa mobile del nemico. Definito il numero degli sforzi, il comandante individua le posizioni da raggiungere in relazione al valore che rivestono ai fini della manovra (a ogni sforzo corrisponde un obiettivo) e determina la specie degli sforzi, i rispettivi obiettivi e i criteri d'impiego del fuoco. Le funzioni principali della riserva sono la prosecuzione in profondità dalla manovra fino a raggiungere, tutto o in parte, l'obiettivo strategico dell'armata (caso più favorevole) o l'alimentazione dell'azione delle brigate in 1 a schiera per il raggiungimento dei loro obiettivi (caso meno favorevole). Le articolazioni possibili del dispositivo sono: due brigate in 1 a schiera e una riserva; una brigata in 1 a schiera, una in 2 a e una in riserva; una brigata in 1 a schiera, due in 2 a e un complesso tattico in riserva. La posizione reciproca delle brigate corazzate e di quella meccanizzata varia soprattutto in funzione dell'ambiente operativo, della situazione nemica e, talvolta, delle caratteristiche del terreno. In genere, conviene impiegare: in ambiente nucleare attivo, le brigate corazzate in I a e in 2 a schiera e la brigata mecanizzata in riserva; in ambiente nucleare potenziale e in quello convezionale, la brigata meccanizzata, o questa e una brigata corazzata rinforzata con unità meccanizzate, in 1a schiera e le brigate corazzate in 2 a schiera e/o in riserva; contro un nemico che si avvalga di una sistemazione difensiva ricca di ostacoli naturali e artificiali, la brigata meccanizzata, o questa e una brigata corazzata rinforzata da unità meccanizzate, in 1a schiera e le brigate corazzate in 2a schiera e/o in riserva; in qualsiasi ambiente operativo, quando il terreno presenti caratteristiche differenziate, la brigata meccanizzata va impiegata lungo la fascia avente indice di scorri-
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mento meno elevato. La preparazione, come azione di fuoco, tende a neutralizzare, con priorità, le difese attive dell'ostacolo in corrispondenza dei tratti prescelti per la costituzione di varchi o di teste di ponte, le strutture statiche che insistono sulle vie prescelte per l'apertura delle brecce o dei corridoi di irruzione e le riserve nemiche di primo intervento. Nell'ambiente nucleare attivo, durante la preparazione: le brigate in 1 a schiera raggiungono la base di partenza e provvedono al completamento dell'apertura dei varchi in corrispondenza delle direzioni di attacco dei gruppi tattici in primo scaglione; la brigata in 2 a schiera e la brigata in riserva danno inizio al movimento dalla zona di attesa per raggiungere le zone di dislocazione iniziale. Nell'ambiente nucleare potenziale ed in quello convezionale, durante la preparazione, le brigate in 1 a schiera sostano, quando necessario, sulla base di partenza e provvedono all'apertura dei varchi nei campi minati e/o alle operazioni iniziali connesse con il forzamento dell'ostacolo naturale; le brigate in za schiera e la riserva raggiungono le loro zone di dislocazione iniziale. L'attacco in ambiente nucleare attivo contro un sistema difensivo basato su procedimenti di difesa ancorata si concreta: nel superare la linea di partenza al termine della preparazione; nel procedere rapidamente in avanti aggirando a breve raggio le zone contamjnate e le resistenze residue; nell'improntare l'avanzata a spregiudicatezza; nel neutralizzare i contrattacchi nemici con il fuoco nucleare, se disponibile, altrimenti con la contromanovra (arresto e fissaggio frontale con il fuoco e attacco su di uno od entrambi i fianchi o sul tergo); nell'allargare, se necessario, le brecce iniziali con azioni manovrate dei gruppi tattici; nel superare il sistema difensivo statico e nel proseguire verso l'obiettivo di attacco o nel contromanovrare di fronte alle eventuali reazioni delle riserve nemiche di ordine superiore. Durante l 'avanzata, la divisione adegua progressivamente il suo dispositivo alle esigenze dell'azione successiva ed a quelle della prevedibile reazione nemica; se il nemico contrattacca in forze, la brigata in 1 a schiera, con il concorso o non di quelle in 2 a schiera e in riserva, attua una manovra convergente al livello divisionale, intesa ad arrestare frontalmente il nemico da posizioni idonee del momento ed a colpirlo sui fianchi e sul tergo con azioni variamente combinate (se la manovra non riesce o é mancata la possibilità di tentarla, la divisione si limita a fronteggiare il contrattacco nemico per contenerlo); se il nemico continua in profondità l'azione di resistenza e di arresto, le brigate in 1 a schiera si comportano come nell'attacco in ambiente nucleare attivo, per penetrare attraverso un
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sistema difensivo basato sul procedimento di difesa mobile. Contro tale sistema la divisione, al termine della preparazione, proietta in avanti le brigate in 1 a schiera che: forzano con procedimenti speditivi l'ostacolo naturale o artificiale costituendo al di là di questo numerose teste di ponte; utilizzano il fuoco nucleare e quello convenzionale per aprire i corridoi di irruzione; procedono lungo questi evitando od eliminando i perni di manovra e rintuzzando le reazioni nemiche che ad essi si appogiano; attuano costantemente tutte le misure che garantiscano l'attivita informativa e l'esplorazione ravvicinata; parano i contrattacchi in forze con il fuoco convenzionale e/o nucleare; sopraffanno in scontri risolutivi le forze mobili non arrestate con il fuoco, contromanovrando con azioni di fissaggio e reazioni avvolgenti; raggiungono gli obiettivi di attacco e, secondo la residua capacità offensiva, proseguono verso quelli eventuali oppure si consolidano. Quando le brigate in 1a schiera non siano in grado di battere da sole le forze contrapposte, si limitano a fronteggiarle e provvedono a creare la situazione favorevole per l'intervento delle brigate in 2 a schiera o della riserva divisionale. Per battere il nemico che manovra in ritirata, sempre in ambiente nucleare attivo, le brigate in 1 a schiera: spingono la loro azione in profondità cercando di battere sul tempo i tentativi nemici d'imbastire resistenze successive; assumono dispositivi profondi ma robusti sul davanti, idonei a facilitare il movimento e le tempestive concetrazioni; muovono con spregiudicatezza, limitando al minimo le misure di sicurezza diretta e cautelandosi unicamente mediante l'azione dell'esplorazione ravvicinata; tendono a creare profonde sacche nel dispositivo nemico, utilizando il fuoco nucleare per rompere le difese e per impedire l'aflusso delle riserve e sono frequentemente sostenute nella loro azione dall'intervento manovrato dalle brigate in 2 a schiera e in riserva, che operano lungo di rettrici concorrenti. L'attacco in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale contro nemico che attui il procedimento di difesa mobile o che si avvalga di difese ancorate scarsamente sistemate mira ad impegnare le riserve nemiche di primo intervento ed a logorarle. L'attacco é realizzato: normalmente al livello di divisione con due brigate in prima schiera, ciascuna in colonna, e una in riserva; eccezionalmente, al livello di divisione, con la G.U. in colonna e la brigata meccanizzata in prima schiera. Al termine della preparazione, le brigate in 1 a schiera: muovono da una base di partenza molto ampia con i gruppi tattici in primo scaglione sostenuti da basi di fuoco mobile; si trafilano per i varchi nei campi minati od attraverso l'ostacolo naturale; co-
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stituiscono una robusta testa di ponte di brigata; sboccate da questa, progrediscono il più rapidamente possibile con azione serrata lungo le direttrici di attacco; durante la progressione in profondita, trascurano, quando possibile, le resistenze meno pericolose e contromanovrano contro le reazioni dinamiche del nemico, attivando temporanei perni di manovra con le unità bersaglieri e sviluppando azioni avvolgenti con le unità carri; secondo lo sviluppo dell'azione, o continuano lo sforzo in profondità fino a raggiungere l'obiettivo divisionale, battendo almeno le riserve di primo intervento, o favoriscono l'intervento della brigata in 2 a schiera o della riserva mantenendo il posseso di posizioni favorevoli alla contromanovra. In qualsivoglia ambiente operativo, le brigate in 2a schiera, quando previ ste, lasciano le zone di dislocazione iniziale e si portano su zone di dislocazione successive, mantenendosi in misura di: alimentare le brigate in 1a schiera; parare le azioni nemiche di suturazione delle brecce e di minaccia ai corridoi di irruzione; ampliare eventualmente le brecce o i corridoi agendo contro strutture statiche o resistenze temporanee; immettersi nelle brecce o nei corridoi di irruzione per alimentare l 'attacco in profondità in concor so all'azione delle briga le in 1 a schiera o in loro sostituzione e, in quest'ultimo caso, esse scavalcano quelle di prima schiera e puntano sull'obiettivo divisiona le o verso quello di corpo d'armata. La brigata in riserva entra in combattimento: o per partecipare alla manovra delle brigate già impegnate, o per spingersi in profondità verso l'obiettivo eventuale della divisione, o per parare gli imprevis ti. Il completamento del successo si concreta, in ambiente nucleare attivo: o nel proseguire verso l'obiettivo strategico dell'armata prendendo parte così all'azione di annientamento, di compe tenza dell'armata stessa, o nel partecipare all'eliminazione, in concorso la riserva di corpo d'armata, delle forze residue. In ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale, il completamento del successo viene, quasi sempre, effettuato dalla riserva di corpo d'armata e la divisione corazzata in 1 a schiera ad esso concorre n e lla misura consentitale dalla capacità operativa residua. La mecanicca e la dinamic a della manovra tattica offensiva della divisione in 1 a schie ra sono esaminate più realisticamente che nella pubblicazione n.1800 della serie dottrinale edizione 1957. Il raggiungimento dell'obiettivo strategico diventa eventuale e comunque comporta il rinforzo della divisione con unità della riserva di corpo d'armata. Lo sforzo divisionale tende inizialmente ad evitare la scomposizione in sforzi minori e ad essere unico, condotto o con due bloc-
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chi di forze inl a schiera, di pari entità e senza preminenza di funzioni, o con un dispositivo in colonna_ Successivamente esso può scomporsi in sforzo principale e sforzo sussidiario, qualora uno dei parametri - terreno ad alto indice di scorrimento, situazione fluida, limitata disponibilità di fuoco nucleare - subisca una variazione_ Gli obiettivi delle brigate stanno ad indicare i traguardi che le brigate debbono raggiungere perché la divisione conquisti il proprio. Essi pertanto sono legati sempre da uno stretto nesso d'interdipendenza_ L'obiettivo di attacco della divisione viene raggiunto di norma senza l'impiego della riserva, che é destinata, generalmente, a parare gli imprevisti ed a costituire serbatoio di forze per alimentare e spingere in profondità la manovra divisionale. Diversa concezione, invece, informa l'impiego della riserva di brigata, in quanto questa ultima, data la sua maggiore snellezza, sviluppa una manovra più strettamente unitaria in cui, più manifesti, rispetto a quanto avviene per la divisione, sono i vincoli di conne.s sione tra le azioni dei gruppi tattici dipendenti, le direzioni di attacco e gli obiettivi intermedi. La riserva di brigata, oltre adempiere i compiti istituzionali di tutte le riserve, é destinata, di norma, a rinforzare l'azione dei gruppi tattici in primo scaglione per la conquista dell'obiettivo di attacco della brigata stessa. Nei riguardi del gruppo tattico, la 720 modifica la concezione della serie dottrinale 600, introducendo la nozione di gruppo tattico meccanizzato. Il gruppo tattico corazzato o meccanizzato é definito come un complesso variabile di forze, di consistenza e caratteristiche adeguate al compito, posto sotto unico comando e idoneo a svolgere, di massima alle dipendenze del comando di brigata, uno o più atti tattici della manovra di brigata. Esso comprende forze a composizione mista (bersaglieri - carri )oppure solo bersaglieri ed eventualmente unità di artiglieria, specie controcarri, e del genio pionieri. È normalmente dell'ordine di battaglione, talvolta della compagnia, ed é investito, nel primo caso, su di un comando di battaglione carri o bersaglieri, nel secondo caso su di un comando di compagnia bersaglieri o carri. Può articolarsi a sua volta in complesso minore. Esso viene, dunque, normalmente costituito su di un numero vario - e non paritetico come nel passato - di compagnie carri e di compagnie bersaglieri, talché é la prevalenza delle prime rispetto alle seconde, o viceversa, che ne configura la natura di corazzato o di meccanizzato. Soluzioni che prevedono un numero uguale di unità carri e bersaglieri non vengono escluse e, in tale caso, prevalgono le concezioni d'impiego del gruppo tattico corazzato. Le brigate vengono articolate in
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complessi a composizione prestabilita, commisurati alle esigenze di impiego più ricorrenti; ciascuno di questi complessi, se appartiene a una brigata corazzata, é costituito, di norma, da due compagnie carri e da una compagnia bersaglieri; se, invece, fa parte di una brigata meccanizzata, da un battaglione bersaglieri e da una compagnia carri. La brigata meccanizzata, inoltre, quando necessario, può dare vita a quattro, anziché a tre, complessi di forze, di composizione diversa in funzione delle singole esigenze. Nella manovra offensiva della divisione, infine, é dato grande risalto al fuoco che é diretto a spianare la strada al movimento, ad eliminare le minacce più consistenti e pericolose, a colpire le riserve nemiche ed a favorire lo sblocco dalle brecce e gli scavalcamenti. La brigata di artiglieria eroga il suo fuoco mediante le azioni predisposte, su richiesta dei comandanti di brigata, su ordine del comandante della divisione, d'iniziativa del centro coordinamento del fuoco. Il fuoco delle artiglierie organiche e in rinforzo delle brigate in prima schiera é erogato su ordine dei comandanti di brigata, su richiesta dei gruppi tattici, di iniziativa degli ufficiali osservatori di artiglieria. Il fuoco nucleare di appoggio é utilizzato: per completare l'apertura delle brecce o per concorrere all'apertura dei corridoi di irruzione a mano a mano che la manovra del nemico si delinei e che occorra dare impulso alle proprie forze; distruggere le riserve nemiche; rimuovere resistenze cons istenti che costringerebbero a soste prolungate ed esporrebbero le forze alla reazione nucleare della difesa; favorire le contromanovre dirette a stroncare i contrattacchi in forze, che, al limite, possono essere neutralizzati sul nascere da interventi nucleari prontamente sfruttati, anche con semplici azioni frontali, dai complessi avanzati del momento. I lineamenti de lla manovra offensiva divisionale, in tutti gli ambienti operativi e qualunque siano i procedimenti della difesa nemica, configurano un'azione che si concreta in un'avanzata profonda che consenta di promuovere successive azioni accerchianti od avvolgenti dirette ad eliminare, per aliquote, le forze del dispositivo difensivo nemico. Essa ha come protagonisti, sia al livello divisionale sia a quello di brigata, alternativamente blocchi di forze prevalentemente meccanizzate o corazzate ed esige, a tutti i livelli, il costante impiego delle unità esploranti, sia ai fini della chiarificazione d ella situazione, sia ai fini della sicurezza dei fianchi. È, in definitiva, una manovra, diversa da quella delineata nella edizione 1957 della pubblicazione 1800 della serie dottrinale: più realistica, più sistematica ancorché non meno spregiudicata, più elastica, più unitaria e più aggressiva, in quanto maggiori
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sono la potenza di fuoco e la flessibilità organica e tattica della divisione corazzata standard N.A.T.O .. L'impiego della divisione corazzata in 1 a schiera nella manovra di arresto costituisce un'innovazione pressoché assoluta nella normativa italiana dei corazzati. La divisione trova impiego nel quadro dell'azione di annientamento e può agire in 1a schiera, in riserva di corpo d'armata, in riserva di armata. In 1 a schiera, trova le migliori condizioni d'impiego nell'ambiente nucleare attivo dove, mercé il fuoco nucleare, sono maggiori le possibilità che essa riesca a spegnere rapidamente la forza viva dell'offesa. Dato l'ambiente naturale nel quale opera, si trova a fronteggiare, quasi sempre, forze meccanizzate ecorazzate delle quali persegue, da sola, il logoramento nell'intento di ottenerne, con il concorso o non della riserva di corpo d'armata, anche l'arresto. Nell'azione di resistenza e di arresto, la divisione inizialmente contrasta dinamicamente gli scaglioni avanzati nemici e successivamente logora e, possibilmente, arresta l'avanzata delle forze nemiche, con il procedimento della difesa mobile, lungo la direttrice o le direttrici che essa sbarra nell'ambito di una P.R. molto profonda. Il procedimento di difesa mobile comprende: l'iniziale difesa temporanea dell'ostacolo naturale e/o artificiale al quale é appogiato il margine anteriore della P.R.; la reiterazione in profondità di successive resistenze temporanee; l'irrigidamento della resistenza in profondità in corrispondenza delle zone delle reazioni divisionali; il contrattacco della riserva divisionale. La P.R. comprende: un'ostacolo naturale di notevole valore impeditivo (di solito un corso d'acqua inguadabile) oppure un ostacolo artificiale, in corrispondenza del suo margine anteriore; un sistema di ostacoli naturali e/o artificiali che la compartimentano a scacchiera irregolare nel senso della fronte ed in profondità, allo scopo di logorare, invischiare e convogliare le forze attaccanti, così da disarticolarle, isolandole ed ingabbiandone le varie aliquote; pochissime posizioni fondamentali, stabilite dal comandante della divisione, di cui occorra, sinché possibile, mantenere il possesso ed il controllo; numerose posizioni per le resistenze temporanee, avanzate ed in profondità, che, a volta a volta, sono occupate o rioccupate a ragion veduta dai gruppi tattici in primo scaglione delle brigate in prima schiera e che sono fissate dai comandanti di brigata; zone delle reazioni nelle quali si tende a convogliare le forze attaccanti per batterle con il fuoco nucleare e/o convenzionale e con contrattacchi (sono previsti al livello di brigata e di divisione); una zona di annientamento verso cui la manovra divisionale tende a convoglia-
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re l'attacco (quando essa non sia riuscita ad arrestarlo ed annientarlo più avanti) perché sia contrattaccato dalle riserve di corpo d'armata o di armata. La divisione corazzata agisce, di massima, in un settore ampio 25-=- 30 Km che, nel senso della profondità, comprende una Z.S., profonda da 10 a 15 Krn,ed una P.R., profonda, secondo l'ambiente operativo, da SO a 80 Km. Essa articola le sue forze in: scaglione di sicurezza, costituito dal G.E.D. e dalle compagnie esploranti di brigata, variamente rinforzate, per l'azione di contrasto dinamico; due brigate in prima schiera ed una in riserva oppure una brigata in prima schiera e due in riserva, per l'azione di resistenza e di arresto. Nel primo caso, operano in prima schiera la brigata meccanizzata ed una brigata corazzata, entrambe rimaneggiate, se necessario, nella loro struttura organica, per conferire alla prima una maggiore potenza reattiva ed alla seconda una più elevata attidudine alle resistenze temporanee. Nel secondo caso, agiscono in prima schiera la brigata meccanizzata, che può assorbire le forze dello scaglione di sicurezza al termine dell'azione nella Z.S., e unità carri tratte dalle brigate corazzate di riserva. La gamma molto estesa delle situazioni e degli ambienti operativi e le multiformi possibilità della divisione corazzata non consentono di vincolare la manovra divisionale a un'unica formula. La manovra, infatti, rifugge da ogni schematismo, come pure da una ripartizione precisa, fra i vari livelli, delle azioni e degli scopi da perseguire. La divisione tende, in ogni caso, come traguardo medio, a logorare il nemico nel proprio settore e, possibilmente, ad arrestarlo il più avanti possibile, perseguendo, in casi favorevoli, anche l'annientamento delle forze penetrate nel settore divisionale, e, nei casi meno favorevoli, limitandosi soltanto a logorare il nemico, senza peraltro arrestarlo nemmeno temporaneamente. Nel quadro d'insieme dell'intera manovra, assumono particolare valore l'impiego del fuoco, la sistemazione del terreno e dell'ostacolo, il coordinamento unitario della manovra stessa al livello divisionale. La manovra va impostata principalmente sul fuoco organico e in rinforzo, nucleare e/o convenzionale. Il fuoco nucleare é impiegato soprattutto per battere le concentrazioni nemiche determinate dalle resistenze temporanee ed a favore dei contrattacchi della riserva divisionale e, sinché possibile, di quelli delle riserve di brigata. Il terreno e l'ostacolo debbono essere preventivamente organizzati per tutta la profondità della P.R., mentre le strutture predisposte vengono attivate progressivamente, a ragion veduta, in modo da realizzare un unico sistema, reso tatticamente coerente mediante il fuoco, l'ostacolo, il controllo degli spazi
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vuoti e le reazioni dinamiche ai vari livelli. È a tale visione d'insieme della manovra, oltre che alla concezione e agli ordini del comandante di livello superiore ed alla valutazione dei termini del problema tattico e logistico del caso concreto, che il comandante della divisione ispira la sua attività concettuale ed organizzativa 10, dando risalto nel concetto d'azione alla impostazione generale della manovra, alla gravitazione iniziale dello sforzo difensivo, all'impiego della riserva. L'azione in Z.S. é improntata a spietata aggressività ed é impostata sui consueti mezzi di azione: fuoco, ostacolo, posti di sbarramento, pattuglie, rincalzi. L'azione nella P.R. comprende la contropreparazione, eventuale come azione di fuoco, la resistenza e l'arresto. Nella P.R. il dispositivo della divisione é proiettato inizialmente verso l'avanti ed a mano a mano che la manovra si sviluppa può spostarsi gradualmente verso l'indietro e comprimersi. Le brigate in 1a schiera, inizialmente, dislocano le forze destinate alle resistenze temporanee sulle posizioni predisposte o su altre dalle quali sia possibile la rapida occupazione delle prime al momento del bisogno. Da tali posizioni esse assicurano la sorveglianza dell'ostacolo al quale si appoggia sul davanti la P.R., ne contrastano i tentativi di superamento da parte del nemico e recidono, finché possibile, le teste di ponte iniziali. Nell'ambito delle brigate, la manovra si sviluppa mediante l'impiego, coordinato nel tempo e nello spazio, dei gruppi tattici in primo ed eventualmente in secondo scaglione e del gruppo tattico in riserva, impegnati, i primi, in successive resistenze temporanee. I gruppi tattici incaricati delle resistenze temporanee si articolano in complessi minori che danno vita a caposaldi e schieramenti controcarri, preventivamente organizzati o di carattere speditivo, di rapida attivazione, di consistenza (compagnia articolabile, a sua volta, in funzione delle caratteristiche del terreno, in complessi al livello di plotone) appropriata alla funzione, alla via tattica da interdire e al terreno. Essi sviluppano la loro azione manovrata alternando la posizione reciproca dei minori complessi nell'interno del dipositivo; questi ultimi, adempiuto il' compito sulle posizioni avanzate del momento, quando non siano in grado di resisistere ulteriormente, scavalcano quelli arretrati per portarsi a tergo su nuove posizioni, dove reiterano la resistenza. Il gruppo tattico in riserva di brigata, sostenuto dal fuoco ed appoggiandosi alle resistenze temporanee utilizzabili sul momento, interviene, quando possibile o conveniente, con azione unit~ria contro le formazioni nemiche arrestate frontalmente o contenute dalle resistenze temporanee stesse. Le brigate in prima schiera interrompono la dinamica degli scavalcamen-
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ti retrogradi in corrispondenza delle posizioni che delimitano, posteriormente, le zone delle reazioni divisionali e vi irrigidiscono la difesa per consentire interventi massicci di fuoco e lo sviluppo del contrattacco divisionale. La brigata in riserva, all'inizio della manovra, assume una dislocazione che le consenta sia d'intervenire con azione unitaria di contrattacco, sia di potenziare o di sostituire, se necessario, le brigate antistanti e di fronteggiare imprevisti. Successivamente, essa regola il movimento retrogrado sul ritmo delle manovre delle brigate in 1a schiera, mantenendosi costantemente in misura di contrattaccare ogniqualvolta se ne presentino le condizioni favorevoli. In corrispondenza di ogni zona delle reazioni divisionali, l'azione della brigata in riserva si salda con quelle delle brigate in 1a schiera: queste infatti interrompono la manovra retrograda per coagulare la difesa sulle posizioni di irrigidimento, mentre la prima conduce il contrattacco intervenendo con la totalità delle sue forze. Per il contrattacco la brigata si articola normalmente in due gruppi tattici in primo scaglione; in entrambi i casi i gruppi tattici sono a prevalenza di carri. Il contrattacco si sviluppa partendo da fronte molto ampia, procedendo su direzioni parrallele o convergenti ed utilizzando, come perni di manovra, le posizioni di irrigidimento delle brigate in 1 a schiera. Esso tende ad investire sui fianchi, con il fuoco dei carri, le formazioni nemiche arrestate frontalmente o contenute, mentre i bersaglieri, che seguono finché possibile le unità carri sui propri veicoli, si oppongono alle fanterie operanti a sostegno dei carri nemici oppure danno vita a caposaldi o schieramenti controcarri che ostacolino eventuali contromanovre delle forze attaccanti. Il contrattacco tende a spingersi in profondità verso l'avanti, per guadagnare spazio ai fini della manovra complessiva. Al termine, la brigata si porta in zona di raccolta per riordinarsi e reiterare l'azione su di una successiva zona delle reazioni. La brigata in riserva può concorrere ai contrattacchi condotti dalle riserve di ordine superiore, schierandosi sulle posizioni che delimitano la zona di annientamento. Nel caso che non sia conveniente, per situazione sfavorevole, impiegare la brigata in riserva nel contrattacco, questa può partecipare all'azione di contenimento dinamicamente, a tergo della posizione di irrigidimento, per potenziare l'azione delle brigate in 1a schiera, o staticamente per realizzare caposaldi e schieramenti controcarri, ad integrazione di quelli costituiti dalle altre forze, coservando il più possibile le unità carri per la difesa delle cortine o per recidere penetrazioni locali. Il procedimento di difesa mobile, delineato sommariamente dal-
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la 700, si traduce nella 720 in modalità concrete, particolareggiate, consistenti in una combinazione di quelle proprie delle resistenze temporanee e di quelle proprie delle reazioni manovrate. La combinazione si esprime con robustezza crescente dall'avanti all'indietro e si protrae per tutta la profondità della P.R. su posizioni che non hanno carattere di continuità e che vengono attivate di volta in volta a mano a mano che la G.U. effettua il movimento retrogrado. Il procedimento é molto diverso da quello previsto presso altri eserciti: ripudia ogni rigido schematismo e si esprime in un continuo adattamento alla situazione del momento; sfrutta tutto lo spazio quale fattore incrementale della potenza difensiva e della manovra; é duttile perché non lega l'irrigidimento della resistenza e le conseguenti reazioni dinamiche a particolari posizioni, ma a momenti propizi; sfrutta gli ostacoli continui ad andamento trasversale rispetto al senso della progressione nemica per irrigidirvi le resistenze ed effetuarvi, in corrispondenza, le reazioni di movimento, ma non fa degli ostacoli continui la condizione indispensabile per agire. Le diversità dai procedimenti analoghi allora in vigore presso altri eserciti della N.A.T.O. riguardano anche altri aspetti molto opinabili quali, ad esempio: l'impiego del fuoco nucleare più per distruggere le forze penetrate nella P.R. che per colpire l' alimentazione dell'attacco; il modesto rilievo conferito alla capacità del rapido passaggio da un compito difensivo ad uno offensivo, e viceversa, da attribuire a tutte indistintamente le formazioni operanti nella P.R., sia a quelle di 1a schiera che a quelle in riserva; l'accentuata tendenza al movimento retrogrado delle formazioni delle brigate in 1a schiera e l'assenza di un centro di gravitazione della difesa, lo Schwerpunk, che per i tedeschi e i frances i é elemento determinante dell'impostazione, organizzazione e condotta della difesa mobile. Ma, a parte tali osservazioni, che non inficiano la validità del procedimento di difesa mobile delineato nella 720, questa conferma la validità dello specifico contenuto della 700 e, d'altra parte, lascia tale e tanta libertà di adeguare i procedimenti ai vari casi concreti, che la realtà della guerra non risparmia certo ai contendenti, per cui si può concludere che il procedimento di difesa mobile ideato daI1o stato maggiore dell'esercito italiano non é meno accettabile di quelli allora proposti dagli altri eserciti della N.A.T.O. e che, anzi, proprio per la sua duttilità, meglio esprime l'adattabilità del procedimento stesso alla gamma molto estesa delle situazioni e degli ambienti operativi, in quanto non obbedisce ad uno schema sia pure orientativo, ma, fatti salvi il carattere unitario della manovra e della coesione del
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sistema, utilizza la profondità per assicurarsi libertà di azione e per sfruttare appieno la mobilità che caratterizza la divisione corazzata.
4. Sia per la divisione di fanteria che per quella corazzata ci siamo limitati a sunteggiare l'impiego in prima schiera dell'una e dell'altra nella battaglia offensiva ed in quella difensiva. Le due pubblicazioni prendono in esame anche gli altri ruoli e per ognuno trattano diffusamente criterì e modalità. Per la divisione di fanteria, in particolare, la 71 O dedica molto spazio alla manovra della divisione in 2 a schiera ed in riserva di corpo d'armata o di armata nella battaglia offensiva, nonché all'impiego della divisione nella manovra in ritirata nell'azion e contro aviosbarchi o sbarchi dal mare. Non minore lo spazio occupato nella 720 dalla trattazione de ]l'impiego della divisione corazzata in 2 3 schiera o in riserva di corpo d'armata o di armata nella battaglia offensiva e da quella della divisione in riserva di corpo d'armata o di armata nella battaglia d ifensiva e nella manovra in ritirata, nonché quello dedicato alla trattazione dei compiti particolari di ricerca e presa di contatto e all'azione contro aviosbarchi o sbarchi dal mare. Non mancano nella trattazione di tali argomenti criteri e modalità innovatori, ma non tali da meritare un'analisi approfondita in questa sede. A noi sembra che quanto abbiamo trascritto delle due pubblicazioni sia sufficiente ad offrire un quadro pressocché completo della nuova dottrina, delle sue innovazioni concettuali, dei criterì e procedimenti nuovi od aggiornati e soprattutto - ciò ci pare essenziale - del legame logico che unisce la serie dottrinale 700 alla 600. Prima di passare all'esame sommario delle pubblicazioni riguardanti i vari gruppi tattici - traguardo finale raggiunto dalla serie dottrinale 700 - merita una qualche ulteriore attenzione l'impiego delle brigate e dei raggruppamenti trattati nella 710 e nella 720 dove delle une e degli altri vengono precisati diffusamente compiti, ruoli e modalità di azione. L'inquadramento delle brigate corazzata e meccanizzata nella divisione non ha, infatti, precedenti nella dottrina e nell'ordinamento dell'esercito italiano, mentre il raggruppamento di fanteria ed il raggruppamento corazzato, già presenti nella serie dottrinale 600, assumono, nella serie dottrinale 700 ed in particolare nella pubblicazione 710, un ruolo ed una identità operativa molto più spicc ati che nel passato.
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Il raggruppamento di fanteria 11, la cui aliquota fondamentale è costituita da un reggimento di fanteria, si articola in gruppi tattici, costituiti, di norma, da unità al livello di battaglione, ma, per compiti particolari, anche in gruppi tattici del livello di compagnia. Esso assume, nei casi medi e più ricorrenti d'impiego nell'offensiva, il dispositivo di due gruppi tattici in primo scaglione, un gruppo tattico in secondo scaglione ed uno, in genere quello meccanizzato, in riserva. Tale dispositivo consente l'investimento di una fronte sufficientemente ampia, l'alimentazione dello sforzo per il raggiungimento di obie ttivi profondi, la possibilità di parare tempestivamente eventuali imprevisti. Nella difensiva, nella manovra di arresto attuata con il procedimento della difesa ancorata, il dispositivo comprende un numero vario di gruppi tattici di fanteria - al livello di battaglione ed eventualmente di compagnia - scaglionati in profondità e un gruppo tattico, in genere meccanizzato, in riserva, il che consente al raggruppamento tattico stesso di assorbire progressivamente gli sforzi di penetrazione del nemico, logorandoli ed imbrigliandoli in successive fasce di terreno adeguatamente sistemate. Nella manovra in ritirata, il dispositivo comprende tre gruppi tattici di fanteria al livello di battaglione in primo scaglione e uno meccanizzato in riserva, dispositivo che permette una difesa di durata limitata, ma nello stesso tempo efficace. Il raggruppamento costituisce anello logistico solo nei confronti delle unità direttamente dipendenti. A favore dei gruppi tattici svolge, infatti, funzioni logistiche di controllo, di coordinamento ed eventualmente di concorso. La sua funzione logistica può essere modificata, nel quadro di una manovra autonoma, mediante la temporanea assegnazione di organi e di mezzi dei servizi e di dotazioni ; in tale caso esso costituisce vero e proprio anello logistico. Il comando si articola operativamente in comando avanzato (MAIN) e comando arretrato (REAR), mentre in caso di distruzione del MAIN la continuità dell'azione di comando è assicurata da un comando di gruppo tattico presso il quale, all'entrata in funzione come SOST, si trasferisce il comandante, se sopravissuto, o il vicecomandante, o chi lo sostituisce in caso diverso. Le attività concettuale ed organizzativa del comandante del raggruppamento ripetono, naturalmente in formato ridotto, il processo di sviluppo e lo schema di impostazione di quelle del comandante della divisione. Nel quadro della manovra offensiva condotta dalla divisione su terreni di pianura e di collina 12, lo sforzo del raggruppame nto è di norma unico ed è spesso la risultante di più atti t attici, di s tinti, ma combinati variamente tra loro e con il fuoco, per
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il raggiungimento dell'obiettivo di attacco. Gli atti tattici si misurano in termini di gruppi tattici, variamente dosati in funzione del compito, della situazione, del terreno. Gli atti tattici vengono definiti nell'impostazione della manovra che deve figurare nel concetto d'azione. Il raggruppamento conquista il suo obiettivo di attacco, possibilmente senza impiegare la riserva, attraverso il raggiungimento di obiettivi scaglionati in profondità, tatticamente connessi e ubicati a cavaliere di direzioni convergenti ed interferenti che garantiscano il carattere unitario dello sforzo di raggruppamento. La riserva di raggruppamento, costituita generalmente da un gruppo tattico meccanizzato, oltre a fronteggiare esigenze impreviste, è des tinata normalmente a proseguire in profondità l'azione dei gruppi tattici antistanti, oltre l'obiettivo di attacco del raggruppamento, o eventualmente a concorrere alla conquista dell'obiettivo di attacco. Il settore di azione del raggruppamento è ampio tra i 6 ed i 10 Km. Il dispositivo più ricorrente è quello di due gruppi tattici in primo scaglione, uno in secondo e uno in riserva, oppure di tre gruppi tattici in primo scaglione e uno in riserva. Il comandante informa la condotta dell'azione a criteri analoghi a quelli seguiti dal comandante della divisione. Egli: conferisce carattere unitario alla manovra, coordinando strettamente gli atti tattici dei gruppi tattici dipendenti; agisce lungo la direttrice di attacco per successive manovre laterali tendenti a colpire sul fianco e sul tergo le resistenze nemiche; eroga il fuoco disponibile in modo da potenziare di volta in volta il gruppo tattico che conduce sul momento l'azione più impegnativa e da accellerare il ritmo dell'avanzata; impiega la riserva, senza esitazione, laddove nei momenti decisivi sia necessario fare massa. Quando la divisione opera in 1 a schiera su terreni montani, il raggruppamento esercita, generalmente, uno sforzo principale ed uno o più sussidiari, ma questi ultimi, al pari delle azioni di fissaggio, possono spesso essere affidati a complessi di forze di entità modesta (gruppi tattici al livello di compagnia). La riserva di raggruppamento può essere chiamata a concorrere alla conquista dell'obiettivo di attacco del raggruppamento. Il battaglione meccanizzato, quando non impiegabile riunito, rinforza per aliquote i vari gruppi tattici oppure passa alle dipendenze dirette del comando della divisione. L'ampiezza dei settori, la loro discontinuità e l'esigenza di frequenti scavalcamenti rendono indispensabile scandire la manovra del raggruppamento in tempi. Resta, peraltro, ferma la necessità di limitare i periodi di crisi e, a tale fine, gli scavalcamenti, ogni qualvolta possibile, debbono essere effettuati p er affiancamento d'ala o
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lung<;> direzioni eccentriche rispetto alle unità da scavalcare. Il dispositivo é molto articolato nel senso della fronte e delle profondità e frequentemente agiscono in primo scaglione due o tre gruppi tattici, uno in secondo, uno eventualmente in terzo e uno in riserva. Il ricorso a gruppi tattici al livello di compagnia é assai frequente. Il settore di azione é~mpio tra gli 8 ed i 12 Km. Nel quadro della manovra di arresto condotta dalla divisione su terreni di pianura e collinosi 13, il raggruppamento di fanteria in primo scaglione esercita uno sforzo difensivo unitario in un settore di azione ampio, di massima, 7-10 Km e profondo 15-20 Km. Il sistema statico del settore deve consentire di sbarrare le vie tatticamente utilizzabili dalle formazioni nemiche, invischiare i dispositivi di attacco e romperne la coesione, ostacolare la libertà di manovra del nemico impedendogli penetrazioni in forze o, quanto meno, limitando l'ampiezza e la profondità di queste, convogliare la progressione verso le zone delle reazioni, disporre di spazi vuoti per gli interventi del fuoco nucleare e delle riserve. Il sistema deve, in sintesi, in tutti gli ambienti operativi, creare le condizioni per arrestare il nemico; arresto che in ambiente convezionale deve essere sempre conseguito nell'ambito del sistema ed il più avanti possibile. Particolare importanza ha, in ambiente nucleare attivo, la scelta delle posizioni sostituitive da presidiare in luogo dei caposaldi distrutti dall'offesa nucleare o contaminati dall'offessa chimica e radiologica. Il settore di raggruppamento é suddiviso in zone di competenza - due di gruppo tattico al livello di battaglione avanzate ed una arretrata; tre, rispettivamente una avanzata, una intermedia ed una arretrata; più zone di gruppo tattico al livello di battaglione variamente disposte - con il criterio di riunire sotto unico comando gli elementi difensivi che nel loro insieme esercitino una funzione unitaria ai fini della difesa, specie in rapporto alle possibilità d'impiego, da parte del nemico, di forze corazzate e meccanizzate. In qualsiasi ambiente operativo, anche al livello di raggruppamento, la dosatura delle strutture statiche e del fuoco deve essere stabilita soprattutto in funzione controcarri. I complessi mobili, di massima due per ogni settore di raggruppamento, hanno costituzione variabile, sono imperniati sul comando di una delle compagnie mecanizzate del battaglione meccanizzato, o della compagnia controcarri reggimentale e sono costituiti da plotoni controcarri; agiscono di norma alle dirette dipendenze del comanda nte di raggruppamento che ne dirige l'azione; hanno il compito di 05tacolare il pattugliamento nemico, impedire le infiltrazioni, contras tarle e concorrere ad incalanare le penetrazioni verso le zone
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delle reazioni dinamiche. La riserva di raggruppamento - costituita generalmente da un gruppo tattico meccannizzato (battaglione meccanizzato meno le forze impegnate nei complessi mobili) - é destinata in via prioritaria a condurre contrattacchi contro le formazioni nemiche convogliate ed arrestate in corrispondenza della zona delle reazioni divisionali. Ad essa, inoltre, possono essere affidati i compiti di presidiare strutture statiche disposte in sostituzione o ad integrazione di quelle nelle quali sono destinate le altre unità di raggruppamento, condurre a zioni di contrasto dinamico sul davanti della P.Cn. (soprattutto in ambiente nucleare attivo) e alimentare le strutture statiche e i complessi mobili. Il comandante del raggruppamento conduce la manovra: coordinando strettamente l'azione dei gruppi tattici soprattuto ai fini di mantenere il possesso delle posizioni chiave e d' incanalare le penetrazioni verso le zone predisposte; presidiando, a ragion veduta, posizioni sostituitive ed integrative e impiegando i complessi mobili sempre al duplice fine di garantire il possesso delle posizioni chiave e di convogliare il nemico; erogando il fuoco disponibile in modo da sostenere le strutture statiche più impegnate e da appoggiare i contrattacchi; impiegando la riserva per contrattaccare e per colpire penetrazioni che si sottraggano al convogliamento. Sui "terreni montani, l'impostazione concettuale della difesa al livello di raggruppamento in primo scaglione - e, nella proporzione dovuta, di gruppo tattico autonomo - é meno vincolata dal comando superiore di quanto non lo sia sui terreni di pianura e di collina. Spetta, in molti casi, al comandante del raggruppamento la definizione di molti elementi, tra l'altro la scelta di gran parte delle posizioni sulle quali investire le strutture statiche campali delle zone delle reazioni settoriali, che possono essere più di una per ogni raggruppamento. Le posizioni debbono: possedere forza intrinseca e possibilmente profondità; dominare e non essere dominate sul davanti; consentire fuoco a tiro teso radente; favorire l'accesso al coperto da tergo alle forze destinate a presidiarle. Le zone delle reazioni, specie se vi agiscano riserve di fanteria, debbono consentire ai contrattacchi di svilupparsi dell'alto verso il basso e permettere l'aflusso delle riserve al coperto. I complessi mobili contribuiscono, in montagna più che in pianura, a conferire coesione tattica al sistema delle strutture statiche, specie in profondità. Essi, con la loro azione, legano le strutture statiche successive in un insieme cooperante e possono opporre al nemico penetrato nella P.R. più resistenze in profondità. La loro costituzione, là dove il terreno consenta l'impiego di unità meccanizzate, é analoga
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a quella dei complessi mobili operanti sui terreni di pianura, ma essi devono comprendere sempre anche unità di fanteria destinate ad operare sui fianchi dei solchi lungo i quali agiscono le forze meccanizzate. La riseiva di raggruppamento é costituita da unità di fanteria e dal battaglione meccanizzato, quando il terreno ne consenta l'impiego, oppure da sole unità di fanteria tratte da quelle destinate a presidiare le strutture campali arretrate. Essa é impiegata spesso per eliminare infiltrazioni e penetrazioni, suturare brecce, sbarrare a ragion veduta le vie tattiche esistenti nelle zone interposte tra le maggiori vie di facilitazione, inteivenire contro unità elisbarcate o paracadutiste, svolgere azioni di contenimento a premessa dell'intervento della riserva di ordine superiore, concorrere ai contrattacchi di questa ultima. Da tale quadro operativo risulta chiaro ed evidente che, come abbiamo già accennato, il raggruppamento di fanteria non é più solo un organo di coordinamento, ma il protagonista di una manovra tattica che, in formato ridotto, ricalca quella del livello superiore. La divisione, infatti, sia nella battaglia offensiva che in quella difensiva, agisce per manovre di raggruppamento. Questo ha in proprio i mezzi per manovrare anche se la sua manovra soffre di limiti tattici e logistici che, salvo il caso di consistenti rinforzi di fuoco e di specifiche assegnazioni di organi e mezzi logistici, non gli consentono un'autonomia ed un'iniziativa di azione pari a quelle di una brigata. Nella serie dottrinale 700 il raggruppamento assume comunque una individualità ed una identità tattica assai precise e spiccate che nulla o poco hanno in comune con quelle della pubblicazione 2600 e 3000 del periodo precedente l'avvento dell'arma nucleare tattica e con quelle, ancorché, meno sfumate, del la serie dottrinale 600. Mai, neppure nel passato remoto, il reggimento di fanteria, sul quale s'impernia il raggruppamento tattico di fanteria, aveva goduto di una funzione tattica di così determinante incidenza nel combattimento della divisione. Nel passato, il reggimento di fanteria era stato soprattutto un'unità organica spirituale, addestrativa, disciplinare ed amministrativa; ora diventa anche pedina di manovra o, meglio, potenzia decisamente la sua fisionomia tattica e viene inserito tra la divisione e il battaglione come cardine di tenuta, più che come anello di congiunzione. Il raggruppamento corazzato é dotato di mobilità, potenza di fuoco e flessibilità organica elevate ed é capace di sviluppare manovre rapide e risolutive. È imperniato sul reggimento corazzato della divisione di fanteria con ordinamento di pianura, é ordinato su di un bat-
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taglione bersaglieri e su di un battaglione carri. Il raggruppamento corazzato, come abbiamo già rilevato, é particolarmente idoneo, in offensiva a penetrare tempestivamente nelle brecce, aperte dai complessi tattici di fanteria o dal fuoco nucleare, allo scopo d'intercettare e neutralizzare le riserve nemiche e, in difensiva, ad infliggere un colpo di arresto, che può anche essere decisivo, al nemico logorato dalla resistenza delle altre unità della divisione. Per le caratteristiche delle unità costitutive, agisce sempre con procedimenti dinamici e atteggiamento aggressivo, anche nelle situazioni difensive, e l'eventuale ancoraggio al terreno di un'aliquota delle sue forze ha carattere temporaneo. Ha fisionomia logistica analoga a quella del reggimento di fanteria. Si articola, generalmente, in gruppi tattici a composizione mista (bersaglieri e carri). L'entità dei gruppi tattici corazzati o meccanizzati é varia e differente, ma quando sia opportuno limitare a due i gruppi tattici, questi vengono inquadrati dai comandi dei due battaglioni organici e il gruppo tattico in prevalenza di carri (due compagnie carri e una bersaglieri) é imperniato sul comando del battaglione carri, mentre l'altro (due compagnie bersaglieri e una compagnia carri) su quello del battaglione bersaglieri. È possibile, inoltre, che esso si articoli in tre gruppi tattici di pari entità (una compagnia bersaglieri e una compagnia carri) e anche in più gruppi tattici al livello di compagnia. I gruppi tattici corazzati e meccanizzati si articolano in complessi minori. Il raggruppamento adotta, nei casi medi e più ricorrenti d'impiego, il dispositivo con tutti i gruppi tattici in primo scaglione o con questi variamente disposti in scaglioni successivi. L'organizzazione di comando é uguale a quella del raggruppamento di fanteria e così pure le linee generali dell'attività concettuale e organizzativa del comandante del raggruppamento.Ne/ quadro
della manovra offensiva condotta dalla divisione sui terreni di pianura e di collina, il raggruppamento si articola generalmente o in colonna su due o tre gruppi tattici oppure su due gruppi tattici in primo scaglione e uno in riserva, ma il dispositivo iniziale ha valore solo per la prima fase dell'azione, perché l'evoluzione della manovra e la fluidità delle situazioni impongono sempre, azione durante,modifiche dei compiti e delle reciproche posizioni dei gruppi tattici. Il raggruppamento può operare in primo scaglione nell'ambiente nucleare attivo, mentre negli altri ambienti operativi costituisce, di norma, da solo, o con il G.E.D. ed altre unità mobili, la riserva divisionale. Quando la divisione in 1 a schiera opera su terreni montani, la sua costituzione, proprio in relazione alle difficoltà che il terreno offre al movimento
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delle unità corazzate e meccanizzate, può subire modificazioni parziali e il reggimento corazzato può essere sostituito con un reggimento di fanteria. Nel quadro della manovra di arresto condotta dalla divisione su terreni di pianura e di collina, il raggruppamento corazzato costituisce, di norma, riserva della divisione 14 idonea a condurre contrattacchi od a concorrere al contenimento nell'abito della P.R .. La specificità delle due azioni - contrattacco, contenimento - diversifica l'attività concettuale ed organizzativa del comandante del raggruppamento corazzato da quelle dei comandanti di raggruppamento di fanteria in primo scaglione. Per il contrattacco, sulla base degli orientamenti ricevuti dal comandante della divisione, il comandante del raggruppamento corazzato definisce, per ciascuna ipotesi d'impiego, le linee essenziali della manovra e ne fissa gli elementi fondamentali: tanti i concetti di azione e gli ordini di operazione, quante le ipotesi di impiego. Per il contenimento, sempre sulla base degli orientamenti ricevuti dal comandante della divisione, egli valuta, in sede preventiva, le varie ipotesi di impiego e determina, per ognuna di esse, le modalità d'inserimento'delle proprie forze quando il raggruppameno concorra all'azione, oppure le principali modalità d'impiego quando esso la conduca in proprio, salvo a definirle nei particolari al momento della esigenza. Nel corso della manovra divisionale, il comandante del raggruppamento corazzato si mantiene in costante collegamento tattico con i comandanti dei raggruppamenti in primo scaglione, adegua gradualmente il dispositivo e la dislocazione del raggruppamento all'ipotesi d'impiego che viene a mano a mano manifestandosi più probabile, conduce il contrattacco o l'azione di contenimento coordinando le azioni dei gruppi tattici, erogando il fuoco soprattutto per sostenere l'azione là dove essa si delinei risolutiva e impiega la sua riserva per alimentare ed estendere l'azione d ei gruppi tattici in primo scaglione. Sui terreni montani, il raggruppamento corazzato costituisce la riserva divisionale solo quando il terreno ne consenta l'impiego. Esso é in genere suddiviso in aliquote orientate ad intervenire in corrispondenza di una o più zone delle reazioni. Quando il terreno ne consenta l'impiego unitario, contrattacca con le stesse modalità previste per i terreni di pianura e collinosi, ma: la forma di manovra più ricorrente é quella frontale condotta lungo un ' unica direzione di contrattacco; il concorso da parte delle strultre s ta tiche, a lle quali iJ contrattacco si appoggia, si concreta essenzialmcnk nel ridurre le possibilità di contromanovra del nemico e ne l gara ntire la sic urezza dei fianchi del raggruppamento; il con-
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trattacco si conclude, quasi sempre, con il consolidamento sulle posizioni raggiunte per dare modo alla difesa di riportarsi in avanti eripristinare la coesione del sistema statico. Quando il terreno non ne consenta l'impiego unitario, i contrattacchi sviluppati dalle varie aliquote tendono a recidere tempestivamente e separatamente le penetrazioni nemiche, prima che queste abbiano la possibilità di convergere e di aprirsi gli sbocchi in profondità.
5. La brigata corazzata 15 possiede: specifica attidudine agli interventi manovrati e potenti, fondati sull'azione principale dei carri e sull'azione integrativa dei bersaglieri; notevole potere controcarri; spiccata idoneità ad agire contro formazioni similari in campo aperto. Le unità carri ne rappresentano l'elemento fondamentale e a loro favore agiscono, dai mezzi di combattimento o a piedi, le unità bersaglieri per facilitarne l'azione mediante la creazione di perni di manovra, l'eliminazione delle difese nemiche controcarri , la costituzione di fianchi difensivi e di teste di ponte nel superamento degli ostacoli. I bersaglieri favoriscono i movimenti dei carri mercé la rimozione degli os tacoli attivi o passivi, non altrimenti superabili; proteggono i carri dagli agguati; ne completano l'azione e, ove necessario, ne consolidano il successo con la materiale occupazione delle posizioni raggiunte. La brigata corazzata possiede, dunque, le stesse caratteristiche della divisione e, poiché dispone di maggiore potenza di fuoco della brigata meccanizzata, é più idonea a svolgere compiti risolutivi. Si · articola in gruppi tattici, ciascuno dei quali é destinato a condurre, . alle dirette dipendenze del comandante della brigata, uno o più atti tattici fondamentali. La sua struttura organica ne rende possibile l' articolazione in tre gruppi tattici, equivalenti per peso e natura, dei quali due su di un battaglione carri (meno una compagnia) ed una compagnia bersaglieri ed il terzo su di un battaglione bersaglieri (meno due compagnie) e due compagnie carri. L'articolazione in tre gruppi tattici presenta il vantaggio della semplicità e soddisfa, quasi sempre, le esigenze della manovra di brigata, sia nell'azione offensiva che in quella difensiva, mentre l'articolazione in gruppi tattici omogenei (solo carri e solo bersaglieri), pure possibile, é da ritenere eccezionale perché non consente l'integrazione, al livello di battaglione, delle possibilità proprie delle unità bersaglieri e di quelle carri. Il comando della
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brigata si integra, nelle operazioni, con il comando del reggimento carri e si articola in comando avanzato (MAIN) e in comando arretrato (REAR}, mentre il comando di sostituzione (SOST), in caso di distruzione del MAIN, é costituito dal comando del reggimanto carri; in caso di distruzione del REAR, dal comando del battaglione servizi. La brigata corazzata nel quadro dell'azione di investimento e di disarticolazione, agisce in prima schiera o in seconda schiera o in riserva e i dispositivi più ricorrenti sono: due gruppi tattici in primo scaglione e uno in riserva; tre gruppi tattici in primo scaglione e uno in riserva; uno in primo scaglione, due in secondo e uno in riserva. L'attività concettuale ed organizzativa del comandante della brigata 16 ripetono, in campo ristretto, quelle del comandante della divisione e conseguentemente nel concetto di azione trovano risalto l'impostazione della manovra, l'impiego della riserva e i tempi della manovra. La manovra di brigata é la risultante di successivi atti tattici basati sulla combinazione di direzioni, formazioni e posizioni reciproche degli elementi costitutivi della brigata stessa e delle azioni di fuoco. Essa è sempre unitaria, anche quando, eccezionalmente, venga scomposta in uno sforzo principale e in uno o più sforzi sussidiari. Gli atti tattici si misurano in termini di gruppi tattici e questi sono variamente dosati e, normalmente, a composizione mista. Prevale l'azione dei bersaglieri, quando occorra eliminare elementi difensivi dotati di capacità controcarri, costituire perni di manovra e forzare ostacoli; prevale quella dei carri, quando si debbano battere unità similari o si debba irrompere su obiettivi in profondità. La manovra, di norma, si configura in uno sforzo unico, che comprende atti tattici contemporanei e/o successivi diretti, nel loro insieme, al raggiungimento dell'obiettivo di brigata che, di norma, è raggiunto dai gruppi tattici in primo o secondo scaglione. L'obiettivo di attacco della brigata può coincidere con tutto o parte dell'obiettivo divisionale e, quando non coincide, costituisce, comunque, premessa o concorso alla conquista di quello divisionale. Raggiunto l'obiettivo, la brigata o procede in profondità, o muove verso l'obiettivo eventuale, o sfrutta posizioni favorevoli ai fini di una estensione della manovra iniziale. La riserva di brigata, oltre che fronteggiare gli imprevisti, è destinata normalmente a rinforzare i gruppi tattici in primo scaglione del momento o a reagire contro le minacce nemiche sui fianchi dei gruppi tattici antistanti. L'entità e la composizione dei gruppi tattici sono variabilissime e dipendono soprattutto dal compito, dalla situazione nemica. specie per quanto riguarda la difesa controcarri, e dalle carat-
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teristiche del terreno. Di massima, negli scaglioni avanzati prevalgono i carri, ma sono prevalenti i bersaglieri quando si debbano forzare ostacoli, occupare sbocchi per irrompere in profondità, eliminare le difese controcarri ravvicinate, costituire perni di manovra. Il dispositivo iniziale, comunque, ha valore per la prima fase. L'azione della brigata è, infatti, tanto più efficace, quanto più manovrata e quanto meno obbedisce a schemi rigidi ed è schiava di dispositivi precostituiti. Il comandante della brigata, in un quadro più ristretto, informa la condotta della sua manovra a criteri analoghi a quelli del comandante della divisione. Egli conferisce alla manovra carattere unitario, garantendo nel tempo e nello spazio i] concorso vicendevole di tutti i gruppi tattici, senza mai frazionare la lotta in episodi parziali e senza rompere la coesione della manovra. Agisce, perciò, lungo la direttrice di attacco per successive manovre laterali e combina costantemente direzioni, formazioni e posizioni reciproche dei gruppi tattici, in modo da realizzare le migliori condizioni per prevenire il nemico sulle posizioni che consentano di porre questo in condizioni sfavorevoli, sottoporlo al fuoco del maggior numero di armi, specie delle bocche da fuoco dei carri, cadere sul suo fianco o sul tergo od investirlo da entrambi i lati per assoggettarlo ad azioni proveniennti da direzioni inattese e concorrenti. Il comandante, inoltre, fa variare la posizione reciproca dei gruppi tattici in base allo sviluppo della manovra, mandando avanti quelli meccanizzati quando la reazione controcarri nemica è robusta e quelli corazzati nel caso diverso, ed eroga il fuoco in modo da potenziare, di volta in volta, il gruppo tattico che conduce sul momento l'azione più impegnativa e da accelerare il ritmo dell'avanzata dell'intera brigata. Impiega, infine, la riserva senza esitazione laddove, nei momenti decisivi, sia necessario fare massa per opporsi efficacemente alle reazioni nemiche. La brigata corazzata nella manovra di arresto può agire in prima schiera o in riserva. Il comandante della brigata in 1a schiera concepisce ed organizza la sua manovra 17, nel quadro di quella divisionale, imperniandola sulla scelta delle posizioni sulle quali investire le resistenze temporanee, delle zone dei contrattacchi della riserva della brigata e sull'impiego della riserva. La manovra di brigata è sempre la risultante della combinazione e della reiterazione in profondità di resistenze temporanee e di contrattacchi: le prime affidate a gruppi tattici, con prevalenza di meccanizzati, al livello di battaglione, il cui compito principale consiste nel logorare il nemico, deviarlo dai suoi obiettivi immediati ed imporgli successivi tempi di arresto per col-
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pirlo con il fuoco e convogliarlo verso le zone delle reazioni divisionali; i secondi, affidati a gruppi tattici con prevalenza di carri, anche questi al livello di battaglione, i quali utilizzano, come perni di manovra, le resistenze temporanee. I contrattacchi si ripromettono di ridurre ulteriormente la capacità offensiva del nemico. La riserva di brigata è costituita, di norma, da un gruppo tattico corazzato al livello di battaglione ed è destinata a contrattaccare le formazioni_ !?:~miche più consistenti, di volta in volta arrestate dai gruppi tattici in primo scaglione, ad arrestare o contenere le penetrazioni che abbiano superato il dispositivo avanzato dei gruppi tattici in primo scaglione, ad alimentare questi e, al limite, a sostituirli quando siano esausti, nonché a completare lo schieramento dei gruppi tattici in primo scaglione in corrispondenza delle posizioni di irrigidimento, saldando queste ultime tra loro, mediante schieramenti controcarri, attivazione di campi minati, presidio di punti forti. Il dispositivo della brigata in prima shiera comprende gene ralmente da due a quattro gruppi tattici in primo scaglione, ciasc'uno operante su di un settore ampio 6-7 Km e profondo inizialmente 5-6 Km, ed un gruppo tattico in riserva. Il comandante della brigata in prima schiera conduce la propria manovra: coordinando strettamente le azioni dei gruppi tattici per conferire carattere unitario alla manovra e per conseguire costantemente il logoramento, sbarrando al nemico la strada e facendolo deviare dai suoi obiettivi; erogando il fuoco in modo da potenziare, di volta in volta, le resistenze temporanee più impegnate e di sostenere i contrattacchi; impiegando la riserva per sostenere l'azione dei gruppi tattici in primo scaglione e, ogni volta possibile, per contrattaccare concentrazioni arretrate o per colpire penetrazioni che abbiano avuto ragione delle resistenze incontrate. Il comandante della brigata in riserva articola, normalmente, la brigata in gruppi tattici, tutti con prevalenza di carri: due in primo scaglione e uno in riserva oppure tre tutti in primo scaglione. Azione durante, si mantiene in costante collegamento tattico con i comandanti delle brigate in prima schiera, adegua g radualmente il dispositivo e la dislocazione della brigata all'ipotesi d'impiego che viene a mano a mano manifestandosi più probabile, coordina le azioni dei gruppi tattici, eroga il fuoco per accellerare il ritmo del contrattacco o per sostenere i tratti più sensibili della pos izione di irrigidimento in corrispondenza della quale la brigata sia schierata, impiega la riserva nel contrattacco o per scompagina re e di s truggere le formazioni arrestate dai gruppi tattici in primo scaglio ne, o pe r facili tare lo sganciamento di questi ultimi, o nel caso
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di attivazione di una posizione di irrigidimento, per integrare lo schieramento dei gruppi tattici in primo scaglione o per sviluppare reazioni di movimento minute ed immediate, tendenti ad evitare ed eliminare penetrazioni nell'interno delle posizioni o scivolamenti sui fianchi di quest'ultime. La brigata meccanizzata 18: ha attitudine a sviluppare azioni dinamiche su ampi spazi, sfruttando soprattutto l'alta velocità di progressione, anche su terreno vario, di tutte le sue unità costitutive; è idonea a condurre azioni sistematiche contro elementi difensivi investiti sul terreno, ad operare in zone di ostacolo naturale ed artificiale, a costituire teste di ponte ed eventualmente a sistemare a difesa posizioni per mantenerne il possesso; dispone di elevata capacità di fuoco di accompagnamento (armi a tiro teso e curvo e bocche da fuoco dei carri); è dotata di notevole potere controcarri. Essa ha, conseguentemente, elevata capacità di arresto di unità corazzate nemiche e idoneità a costituire base di appoggio o di sostegno (frontale o d 'ala) per la manovra della brigata corazzata. Le unità bersaglieri ne costituiscono la componente principale. Le unità carri integrano l'azione di quelle dei bersaglieri sostenendole essenzialmente con il fuoco, concludendone la manovra che estendono in profondità, garantendone la sicurezza contro minacce nemiche, specie di carri, reagendo dinamicamente per favorirne la rottura del contatto. Essa possiede le stesse caratteristiche della divisione, ma la sua potenza di fuoco, risultante del fuoco differenziato dei battaglioni bersaglieri e del battaglione carri, la rende particolarmente idonea a quelle azioni che richiedano il sostegno e l'integrazione dell'intervento, meno potente e più metodico, delle unità bersaglieri con quello, più irruento e più decisivo, delle unità carri. La sua struttura le consente l'articolazione in tre o quattro gruppi tattici: nel primo caso, una delle soluzioni possibili è la costituzione di ciascun gruppo tattico con un battaglione bersaglieri ed una compagnia carri, un'articolazione che assicura un'alta coesione operativa; nel secondo caso, le soluzioni possibili più frequenti sono la costituzione di due gruppi tattici su di un battaglione bersaglieri e un plotone carri, di un gruppo tattico su di un battaglione bersaglieri (meno una compagnia) e un plotone carri e di un gruppo tattico su di un battaglione carri (meno una compagnia) e una compagnia bersaglieri. Sempre nel secondo caso, eccezionalmente, una soluzione possibile è la costituzione di tre gruppi tattici su di un battaglione bersaglieri e di un gruppo tattico su di un battaglione carri. L'articolazione su quattro gruppi tattici è propria di quando acquisti premi-
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nenza l'azione delle unità meccanizzate e sia necessario disporre di una riserva robusta. Quella su quattro gruppi tattici non omogenei offre il vantaggio di tre complessi con fisionomia spiccatamente meccanizzata, nei quali l'elemento carri, rappresentato nella sua entità minima, è destinato essenzialmente a incrementare la potenza di fuoco di accompagnamento e controcarri dei bersaglieri e di un complesso prevalentemente corazzato dotato di adeguata potenza per interventi risolutivi o per fronteggiare imprevisti. La costituzione su quattro gruppi tattici, tre su di un battaglione bersaglieri e uno sul battaglione carri, presenta, invece, lo svantaggio di non consentire, al livello di battaglione, l'integrazione delle possibilità operative delle unità carri. La brigata meccanizzata: se articolata su tre gruppi tattici, può attivare gli stessi dispositivi della divisione; se articolata su quattro gruppi tattici, può adottare dispositivi molteplici, fermo il criterio di preferenza del dispositivo che favorisca la concentrazione e l'alimentazione e conceda larghe possibilità di variare il concetto d'azione. L'organizzazione di comando della brigata meccanizzata è identica a quella della brigata corazzata. L'impiego della brigata meccanizzata, nel quadro della manovra offensiva della divisione corazzata in prima schiera e di quella difensiva condotta con il procedimento della difesa mobile, s'ispira agli stessi criteri e modalità ai quali in[orma la sua azione la brigata corazzata. Identiche sono altresì l'attività concettuale e quella organizzativa, in entrambi i casi, a quelle del comandante della brigata corazzata, come anche lo è la condotta dell'azione. Nell'azione di investimento e disarticolazione, la brigata meccanizzata trova generalmente impiego in seconda schiera nell'ambiente nucleare attivo e in prima schiera in quello nucleare potenziale e in quello convenzionale, mentre è sempre impiegata in prima schiera nel quadro della manovra di arresto. Non sarebbe stato privo d'interesse, ai fini dello studio approfondito della dottrina italiana, esaminare anche l'impiego delle brigate negli altri compiti fissati della 720 per la divisione corazzata, quali quelli della divisione in 2 a schiera (battaglia offensiva) e della divisione in riserva di corpo d'armata o di armata (battaglia offensiva e battaglia difensiva), nonché quelli nel quadro dell'azione di ricerca e presa di contatto, nella manovra in ritirata e nell'azione contro avio-sbarchi o sbarchi dal mare. Non lo abbiamo fatto per la divisione e tanto meno c'è sembrato conveniente farlo per la brigata, in quanto, in realtà i criteri generali d'impiego sono gli stessi di quelli che guidano la manovra offensiva e quella difensiva, sulle quali ci siamo dif-
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fusi abbastanza fino a riportare per intero o in stralcio gran parte del testo delle due circolari. Pensiamo, in conclusione, che quanto riferito sia sufficiente a dare risalto alle notevoli differenze di fondo che esistono tra la edizione 1957 della pubblicazione 1800 della serie dottrinale e la 720, il che in pratica è quanto basta ad uno studio come il nostro che intende soprattutto sottolineare il perenne ed il mutevole della dottrina dell'esercito italiano. La serie dottrinale 700 che, partendo dalle G.G.U.U. complesse, giunge fino ai gruppi tattici, costituisce un corpus completo e compiuto, legato nelle sue tre articolazioni principali - GG.UU. complesse, GG.UU elementari e raggruppamenti tattici, gruppi tattici - da stretti vincoli di conseguenzialità e da grande uniformità di pensiero e di linguaggio nell'intendere ed interpretare le manovre dei vari livelli.
6.
Il rinnovamento dottrinale e ordinativo degli anni 1962-1965 riguardò anche il settore della logistica, nel quale lo stato maggiore dell'esercito intervenne, sia mediante una nuova definizione ordinativa ed organica dei vari organi logistici, sia mediante la diramazione di due circolari interlocutorie: la prima, Precisazioni sulla dottrina logistica 19, intesa a riprendere i concetti generali delle pubblicazioni 6300 e 630 della serie dottrinale e a delineare gli adattamenti, soprattutto di carattere organizzativo, resi necessari o convenienti per armonizzare la dottrina logistica con il quadro operativo delineato nelle pubblicazioni 700; la seconda, Organizzazione logistica delle grandi unità corazzate e meccanizzate 20, diretta a modificare le norme della pubblicazione 1800 della serie dottrinale ed a renderle aderenti, dopo l' assunzione dell'ordinamento standard N.A.T.O. da parte delle divisioni corazzate, ai criteri d'impiego sanciti nella circolare 10.210/221.82 del 25-IX-1963 per tale tipo di divisione 2 I. I I ineamenti essenziali della dottrina logistica allora in vigore erano contenuti nelle pubblicazioni 6300 della serie dottrinale, Norme generali per l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi di guerra, edita nel 1955 22, e nella pubblicazione 630 della serie dottrinale, Memoria orientativa sui riflessi logistici dell'impiego dell'arma atomica, edita nel 1957 23, che definiva i criteri organizzativi per la realizzazione di un apparato logistico efficiente e funzionale in ambiente nucleare.
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La circolare Precisazioni sulla dottrina logistica del 31 dicembre 1964 chiarisce che cosa si debba intendere, nel campo logistico, per duttilità della dottrina e polivalenza dello strumento e stabilisce che la prima va intesa come possibilità di adottare un complesso di misure per il sostegno dei reparti rispondenti all'ambiente topografico, all'ambiente operativo ed al tipo di procedimento prescelto e la seconda come configurazione delle unità dei Servizi - nel loro insieme e singolarmente - capace di dar vita all'organizzazione imposta dalle circostanze. Il potenziale logistico - questa la premessa dalla quale la circolare parte - deve sempre e comunque consentire lo sviluppo della manovra strategica e tattica nella sua interezza, con congruo margine per l'imprevisto. L'entità di tale potenziale, peraltro, varia in relazione all'ambiente operativo. In un quadro di larga disponibilità di ordigni nucleari e d'immanenza dell'offesa biologica e chimica, il dispositivo logistico può essere colpito anche in profondità, con la conseguente interruzione della corrente di alimentazione o, quanto meno, con sensibili ripercussioni nell'automatismo dei rifornimenti. La previsione di forti perdite di materiali e mezzi, oltre che di personale e organi logistici, sia in fase di organizzazione sia in fase di condotta della battaglia, indurrebbe a ricercare la sicurezza del successo nella costituzione di scorte ingenti e di riserve non meno abbondanti, ma le disponibilità finanziarie ed economiche ed anche funzionali costringono a contenere in limiti ragionevoli scorte e riserve, per cui è necessario ricorrere a una soluzione contenuta, che consenta di : disporre, nell'ambito delle GG.UU. elementari, di dotazioni differenziate secondo i tipi di materiali, non inferiori ad un'autonomia di due giornate di combattimento, eventualmente incrementate da dotazioni aggiuntive 24; conferire all'intendenza l'articolazione più rispondente allo scopo essenziale di facilitare, in tutta l'area dello scacchiere operativo, l'adozione di provvedimenti atti a garantire, azione durante, la sicurezza e la tempestività dei rifornimenti anche nei casi di danni improvvisi all'organizzazione dell'alimentazione della battaglia; rendere funzionale ed operante l'O.E.Z.E.D., sia sotto l'aspetto organizzativo sia per quanto ha tratto alla disponibilit~ di organi e di mezzi. Resta valida la ripartizione del territorio dello Stato nelle due grandi zone - zona di combattimento (Zo. Cbt.) e zona territoriale (Zo.T.) ma il limite fra le due zone, dettato di volta in volta da ipotesi operative specifiche, è variabile con l'evolvere delle operazioni. La Zo.T.: comprende tutta la parte di territorio che si estende a tergo della Zo.Cbt.; ingloba gli stabilimenti territoriali, i centri di produzione, le
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basi logistiche, le zone polmone, le zone sanitarie ed i fasci di comunicazioni fra le infrastrutture territoriali e l'esercito di campagna; è suddivisa in profondità in zona delle comunicazioni (Zo.Cht.) e in zona dell'interno (Zo.lnt.); fa capo all'autorità centrale che si avvale per la demoltiplicazione del comando dei comandi territoriali di regione. In essa operano i servizi territoriali con il compito di: concorrere a produrre, ricevere e conservare i mezzi provenienti dalle fonti produttive nazionali ed estere; provvedere all'alimentazione di tutte le forze nazionali ed eventualmente di quelle alleate; ricevere, curare e riparare personale, quadrupedi e materiali sgomberati dalla Zo.Cbt. o nell'ambito della stessa Zo.T .. La Zo.Cbt. comprende uno o più scacchieri operativi e, poiché la manovra strategica a tale livello è unitaria, l'organizzazione logistica della Zo.Cbt. è distinta per scacchiere. Da qui la necessità di un' intendenza propria per ogni scacchiere. In essa agiscono i servizi di campagna che provvedono: a distribuire alle unità i rifornimenti provenienti dagli organi Lerritoriali; ad assicurare la raccolta, la cura del personale e dei quadrupedi e le riparazioni dei materiali nell'ambito delle responsabilità fissate; a sgomberare sulla Zo.T. quanto esuberante, non impiegabile o comunque eccedente le capacità locali di cura, di ricovero e di riparazione; a provvedere all'organizzazione del traffico s tradale, alla esecuzione dei movimenti e al controllo della circolazione. Permane la necessità, già messa in evidenza dalla pubblicazione 630 della serie dottrinale, della coesistenza nella Zo. Cbt. di complessi tattici e di organi dei servizi per cui la suddivisione della Zo.Cbt. in zone logistiche conserva valore di indicazione generica. Tale suddivisione, peraltro, si basa su tre criteri principali: coincidenza dei limiti di giurisdizione strategica e tattica e logistica per evitare responsabilità territoriali diverse, con conseguente danno della coordinazione; inclusione dell'organizzazione logistica di campagna interamente nella Zo.Cbt. senza debordamenti, in linea di principio, nella Zo.Com.; distinzione della zona stessa in un'area avanzata nella quale insistono i servizi delle GG.UU. elementari e dei corpi d'armata in 1a schiera ed in un'area arretrata nella quale si schierano i servizi del gruppo di armate e delle armate. Da qui la successione, dall'avanti all'indietro, della zona dei servizi di J a schiera (Zo.Pri.S.), della zona dei servizi d'intendenza (Zo.S.I.), ripartita questa ultima in zona avanzata dei servizi d'intendenza (Z.A.S.I.) ed in zona arretrata dei servizi d'intendenza (Z.Ar.S.I.). La profondità delle singole zone trova i suoi limiti nel braccio dei trasporti e nella necessità del diradamento tra i vari complessi di forze, tattici elogi-
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stici, in esse dislocati. La Zo.Pri.S. - compresa tra il margine anteriore del dispositivo tattico e quello posteriore della zona delle riserve di corpo d'armata (Zo.Ris.C.A.) - è articolata in tanti settori divisionali e di brigata autonoma quante sono le GG.UU. elementari in 1 a schiera e in una zona delle riserve di corpo d'armata; di esse assumono la responsabilità i comandi di corpo d'armata e di G.U. elementare, ciascuno per il proprio settore di competenza definito dal comando di corpo d'armata che conserva alle dirette dipendenze la Zo.Ris.C.A.. La Z.A.S.I. coincide con la zona delle retrovie di armata, mentre la Z.Ar.S.I. - che si estende a tergo della Z.A.S.I. fino al margine posteriore della Zo.Cbt. per una profondità non superiore ai 150 Km - è sotto la diretta giurisdizione del comando dello scacchiere. L'organizzazione d'intendenza e le competenze e responsabilità dell'intendente di scacchiere restano quelle previste dalla dottrina già in vigore, ma la competenza territoriale dell'intendente viene limitata esclusivamente alle zone occupate dai complessi logistici, mentre l'organizzazione delle retrovie, nei suoi molteplici aspetti, è devoluta ai comandi di scacchiere e di armata sotto la cui giurisdizione ricadono pertanto rispettivamente la Z.Ar.S.I. e la Z.A.S.I.. L'intendenza svolge la sua attività per il tramite di una vice intendenza - (V.I.) che funge da comando SOST dell'intendenza - e delle delegazioni d'intendenza (D.I.) che operano nella Z.A.S.I. e ad ognuna delle quali è affidato il sostegno logistico di un'armata o di un corpo d'armata autonomo; ognuna ha giurisdizione su 4+8 centri logistici (C.L.) e su 2 + 3 centri sanitari (C.Sa.), oltre che sugli organi eventualmente non inglobati nei due tipi di complesso. Le DD.I. sono poste alle dipendenze d'impiego del comandante della G.U., pur rimanendo, sotto il profilo tecnico amministrativo, agli ordini dell'intendente, e presiedono al1'0.E.Z.E.D. nel settore di competenza dell'armata, o del corpo di armata autonomo, per delega del comandante della G.U.. Nel caso di una spiccata compartimentazione del terreno, di una notevole espansione del settore, di una costituzione particolarmente complessa del gruppo d'armate, la responsabilità della regolare e continua alimentazione logistica di ogni D.I. avanzata può essere attribuita ad una delegazione d'intendenza arretrata (D.I.Ar.), la quale sopraintende a 3 + 5 CC.LL. ed 1 -;- 2 CC.Sa. e dipende dall'intendenza sia dal punto di vista tecnico-amministrativo, sia per l'impiego. La catena logistica comprende quattro anelli: 1° anello: battaglione e reparti equivalenti, reggimento (per i reparti direttamente dipendenti), minori unità autonome; 2°anello:brigata, divisione, corpo di armata (per le unità di suppor-
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to); 3° anello: scacchiere operativo, la cui responsabilità è attribuita normalmente al gruppo di armate, eventualmente all'armata; 4° anello: organizzazione territoriale. Gli anelli differiscono l'uno dall'altro per la zona nella quale esercitano la loro attività, l'autonomia consentita a ciascuno dalle dotazioni organiche o di base, il grado di attività e la periodicità dei rifornimenti ordinari. È il grado di attività, più che la zona nella quale esercitano la loro attività, e il grado di autonomia, che contraddistinguono la fisionomia logistica dei diversi anelli. L'attività di 1 ° grado è, infatti, propria degli elementi specifici che fanno parte organica delle unità singole; quella di 2° grado è propria degli organi dei servizi a carattere campale delle GG.UU. elementari e del corpo d'armata; quella di 3° grado è affidata all'intendenza che l'attua con le formazioni e gli stabilimenti di entità e peso differenti in rapporto alla loro funzione (gli stabilimenti avanzati costituiscono l'immediato supporto delle GG.UU. inferiori all'armata e non sempre sono dotati di specializzazione, mentre lo sono quelli arretrati che rappresentano il grosso della base logistica d'intendenza); il 4° grado è di pertinenza dei servizi territoriali. In relazione all'autonomia di base fissata per i diversi anelli, vengono determinate, nei confronti degli organi esecutivi, le pnssihilità fun zinnali 25, la struttura, la mobilità26_ I rifornimenti ordinari 27 hanno lo scopo di tenere a numero le dotazioni e le scorte mediante il ripianamento dei consumi normali. Il loro afflusso assume aspetti differenziati in dipendenza dell'origine e della destinazione del rifornimento, del sistema di trasporto e della periodicità del rifornimento stesso; il ripristino delle dotazioni di 1 a e 2a linea ha carattere di automatismo e periodicità giornaliera (in combattimento il reintegro di taluni materiali essenziali della 1a linea, soprattutto munizioni e carburanti, è continuativo); il reintegro delle scorte dei CC.LL. della Z.A.S.I., ad opera delle D.I.Ar. ove esistenti o dell'intendenza, avviene automaticamente su segnalazione dei consumi, ogni due o tre giorni; per quanto riguarda la scorta dei CC.LL. della Z.Ar.S.I., l'entità dei materiali che debbono essere inoltrati da tergo ed il tipo di trasporto da utilizzare, si fa ricorso al sistema della previsione dei consumi (le direzioni dei servizi d'intendenza, sulla base di previsioni quindicinali, inoltrano i preventivi all'autorità centrale, dopo aver attribuito ai vari blocchi di materiali un grado di priorità). Elemento fondamentale dell'organizzazione logistica nella Zo.Cbt. restano i centri logistici e i centri sanitari, i quali rispondono à criteri di sicurezza, presupposto indispensabile pe r la sopravvivenza, di
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flessibilità dei rifornimenti e di elasticità del dispositivo, premesse necessarie per evitare soluzioni di continuità nel flusso dei rifornimenti e per adeguare il supporto logistico alle esigenze della manovra in corso. Il criterio della sicurezza si traduce nel frazionamento delle risorse, nel diradamento delle formazioni e nella protezione del personale e del materiale, provvedimenti che non possono trovare applicazione per i singoli elementi dei servizi; il dislocare nel C.L. i vari elementi costituitivi a reciproca distanza di sicurezza dagli effetti di un'esplosione nucleare del tipo medio, oltre richiedere un'area difficilmente disponibile, comporterebbe una dilatazione spaziale che male si accorderebbe con le esigenze di comando, di funzionalità e di difesa vicina. Di conseguenza i rapporti di distanza dei vari elementi costitutivi del C.L. vanno riferiti alle sole offese convenzionali. Per salvaguardare l'intero sistema logistico è sufficiente: far assumere ai singoli CC.LL. uno schieramento a forma tendenzialmente lineare e a distanza di sicurezza nucleare dai complessi tattici o logistici continui; ricostituire tempestivamente, integralmente o parzialmente, i CC.LL. distrutti mediante l'aflusso coordinato di dotazioni o scorte su ruote e/o di organi di riserva; assegnare ai CC.LL. di ogni livello compiti intesi a garantire la temporanea alimentazione di unità rimaste prive di sostegno per effetto di azioni N.B.C. o convenzionali; disporre nell'ambito dell'intendenza di CC.LL. di riserva. Il C.L. delle GG.UU. elementari e del corpo d'armata è un insieme leggero e funzionale, costituito essenzialmente di posti distribuzione materiali, possibilmente su ruote. Gli organi di ricovero e cura possono essere riuniti in complessi sanitari posti in forma palese sotto la protezione dell'immunità garantita a l servizio e dislocati in modo da evitare che la corrente dei rifornimenti e degli sgomberi li attraversi o passi nelle loro adiacenze. Il C.L. di D.I. o d'I. soffre , per sua natura, di una certa pesantezza ed occuppa una superficie piuttosto ampia. Nel suo ambito la dislocazione dei singoli elementi costitutivi risponde ai criteri di funzionalità ed i provvedimenti da adottare per limitare i danni dell'offesa N.B,C. sono analoghi a quelli previsti per i CC.LL. di G.U., ma il diradamento acquista valore spaziale maggiore per evitare l'esistenza di zone a forte densità di organi esecutivi. La costituzione di C. Sa. è normale. I CC.LL. della Z.A.S.I., dislocati su due o più ordini, sono di due tipi: CC.LL. con funzione di sostegno delle GG.UU. (cias cuno provvede all'alimentazione di 1 7 2 complessi divisionali ed eventualmente, a titolo temporaneo, assume il compito di altro C.L. colpito da offes a N.C.B. o distrutto da offesa convenzionale), con scorte limi-
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tate a poche giornate, con aliquote di materiali su ruote, scorte miste su ruote; CC.LL. con caratteristiche di riserva di organi e di materiali di limitata entità, ma possibilmente di tutti i tipi per ricostituire, almeno parzialmente, complessi distrutti, subentrare nelle funzione di detti complessi o di altri in via di esaurimento per interruzione del flusso dei rifornimenti, soccorrere con tempestività le GG.UU. in crisi. I CC.LL della Z.Ar.S.I., dislocati anche questi su due o più ordini, hanno funzione di volano tra l'organizzazione territoriale e quella di campagna; assicurano l'alimentazione dei CC.LL. delle DO.I. e rappresentano l'insieme logistico che, battaglia durante, deve essere armonizzato in anticipo, qualitativamente e quantitativamente, con le operazioni future, per garantire a queste il rapido ed agevole sviluppo; adempiono, in sostanza, compiti di sostegno nei confronti dei complessi logistici della Z.A.S.I. (in linea di massima in rapporto di uno ogni due complessi di O.I.A.V.) oppure di riserva per tutti i tipi di materiali, a somiglianza di quanto previsto per gli analoghi CC.LL. della Z .A.S.I..
Nelle operazioni offensive, l'essenza del problema logistico risiede nel limitare gli spostamenti del dispositivo e nel mantenere la continuità del sostegno. Lo schieramento iniziale è spinto il più a ridosso possibile delle GG.UU. elementari in 1 a schiera, per cui la profondità delle zone logistiche è in primo tempo ridotta e limitata alle strette esigenze della sicurezza; poi la profondità aumenta in seguito alla progressiva dilatazione verso l'avanti delle GG.UU. fino a quando, per non compromettere la tempestività dell'alimentazione, lo schieramento logistico si sposta in avanti, per scavalcamenti successivi dei CC.LL., soprattutto nell'ambito delle GG.UU. elementari e dei corpi d'armata. Spesso, in determinate situazioni di rapida e profonda progressione, è conveniente fare ricorso all'impiego di DO.I. di riserva. L'assegnazione di dotazioni aggiuntive, il rifornimento a domicilio dei materiali essenziali, sempre che possibile per via aerea, e l'assorbimento al livello superiore delle riparazioni di 2a categoria e, ove occorra, degli sgomberi sono i provvedimenti più comuni per alleggerire gli oneri delle GG.UU. incaricate della prosecuzione degli sforzi in profondità e pe r limitare gli inconvenienti derivanti dalle crisi di spostamento. Nelle operazioni difensive, mentre non può sussistere dubbio circa il dinamismo della manovra di logoramento e le conseguenze che ne derivano in campo logistico, occorre tenere conto che anche la manovra di arresto è contraddistinta da profondità ed elasticità dei dispositivi, nonché da grande reattività di fuoco e di movimento, ca-
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ratteristiche che richiedono un'organizzazione logistica non legata ad alcuna rigidità di schieramento, specialmente per l 'eventualità del trapasso dalla difesa statica a quella mobile, il quale comporta fluttazioni di notevole portata dei dispositivi tattici e logistici. È, inoltre, da tenere presente che la superiorità di forze e di mezzi dell'attacante può mettere a dura prova e addirittura compromettere lo schieramento difensivo, cosicché s i accentua la necessità di predisporre un'efficiente O.E.Z.E.D. per il ripristino delle linee essenziali dell'apparato operativo. La manovra di arresto esige che la messa a punto dell'organizzazione della Zo.Pri.S. sia contenuta nel tempo disponibile per quella della P.D., mentre le DD.I. avanzate e, soprattutto, i complessi logistici della Z.Ar.S.I. possono completare la loro messa a punto anche dopo l'inizio dell'attacco nemico. Nella manovra di arresto le difficoltà maggiori da superare consistono nel riuscire a conciliare le esigenze dell'alimentazione con quelle della contrazione di spazio determinata dalla penetrazione nemica nella Zo.Ar .. Occorrono: un dispositivo inizialmente steso in profondità e sufficientemente diradato; la previsione di un arretramento dell'organizzazione logistica dei corpi d'armata in prima schiera, per l'eventualità che la conclusione della battaglia debba e ssere ricercata nella Fa.Man.; l'adozione di misure atte ad evitare la paraJisi della difesa per effetto di gravi alterazioni prodotte dall'attacco nemico al sistema logistico. L'arretramento può spingersi sino alla Zo.Retr.A. sì da lasciare, sin dall'inizio, nella fascia avanzata della Z.A.S.I. aree disponibili per i CC.LL. delle divisioni corazzate e meccanizzate incaricate dell'azione a tergo della P.R .. Anche nella manovra di arresto sono necessarie riserve di organi e mezzi su ruote a tutti i livelli e possibilità di rifornimenti a domicilio, possibilmente per via aerea, dei materiali essenziali. Nella manovra in ritirata, occorre lasciare in posto il necessario alle forze della retroguardia od a quelle che conducono la manovra ritardatrice ed arretrare nel contempo gli altri elementi logistici, in genere assai provati, per ricostituire con essi e con altri affluenti dalla Zo.T. il dispositivo atto a sostenere una nuova manovra di arresto sulla P.D. arretrata. Per il caso del passaggio da operazioni difensive alla controffensiva è necessario ripianare al più presto le perdite, adeguare le zone logistiche e l'autonomia delle DD.I. e delle GG.UU. alle diverse esigenze operative, pianificare lo scorrimento in avanti dell'intero dispositivo d'intendenza, da effettuare ad obiettivo strategico raggiunto. La circolare 10.240/222.20 fece seguito ad altra 28, diramata il 31/XII/1963 a titolo sperimentale, ed abrogò il capitolo XVI della pub-
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blicazione n.1800 della serie dottrinale Norme d'impiego della divisione corazzata. Essa s'inserì nel processo di revisione e di aggiornamento, allora in corso, della normativa, fece seguito alla circolare 10.210/221.82 29 che aveva tracciato i lineamenti dottrinali dell'impiego delle GG.UU. corazzate e meccanizzate ed illustrò i criteri e glielementi fondamentali per l'organizzazione logistica di tali unità, in attesa della definitiva sistemazione della materia. Dai compiti e dalle caratteristiche d'~mpiego delle GG.UU. standard N.A.T.O., fissati nella circolare 10.230, era stata ricavata la fisionomia ordinativa ed organica dei servizi delle divisioni e delle brigate corazzate e meccanizzate. I criteri che avevano determinato la nuova fisionomia erano stati quelli - chiariva la circolare 10.240/222.20 - di adeguare la funzione logistica della divisione alla sola attività da svolgere a favore della brigata di artiglieria e delle unità divisionali, di conferire alle brigate corazzate e meccanizzate la possibilità di un'attività logistica completa, di unificare i servizi per i due tipi di brigata, di attribuire piena funzionalità ai comandi di C.L., di accentrare gli organi sanitari di ricovero e cura al livello divisionale, di realizzare la motorizzazione integrale di tutti gli organi esecutivi, di dotare di mezzi cingolati gli organi di raccolta e sgombero dei feriti, di rifornimento delle munizioni e dei carburanti, dell'immediato recupero dei carri della linea di combattimento, e di rendere possibile il ricorso a mezzi aerei per i rifornimenti e gli sgomberi di emergenza nell'ambito della divisione. Fissate le funzioni logistiche della divisione e delle brigate e le responsabilità, nel settore· logistico, del comandante del reggimento servizi della divisione e quelle del comandante,del capo di stato maggiore, del capo ufficio servizi e del comandante del battaglione servizi, la circolare tratta le varie esigenze - sicurezza, flessibilità, mobilità - che, nel suo insieme, l'organizzazione logistica e divisionale deve soddisfare. In particolare, per quanto ha tratto alla sicurezza dei rifornimenti occorre l'incremento, di volta in volta, dell'autonomia di base delle brigate e la costituzione di un volano divisionale che consenta di intervenire tempestivamente, mediante rifornimenti a domicilio, in caso di interruzione temporanea del flusso dei rifornimenti fra una brigata ed il C.L. della D.I.. Per soddisfare l'esigenza della flessibilità è necessario assegnare ai CC.LL. delle divisioni e delle brigate il compito di organi sostitutivi temporanei o parziali di un C.L. di brigata che perda la sua funzionalità in seguito all'offesa nemica e rifuggire, specie azione durante, da rigidi schematismi nella corrente dei rifornimenti, f~cendo ampio ricorso anche al mezzo aereo. Ai fini
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della mobilità debbono prevalere i criteri di regolare i rifornimenti in modo da ridurre al minimo le operazioni di carico e di scarico presso i posti di distribuzione dei materiali e di sgomberare sugli organi d'intendenza i materiali abbisognevoli di riparazioni di 2° categoria, alle quali non sia possibile dare corso a causa dello spostamento della G.U .. Il centro logistico continua a rappresentare la soluzione più rispondente in rapporto agli effetti dell'immanenza dell'offesa nucleare. Nell'ambito divisionale vengono costituiti 4 CC.LL e, ove opportuno, un C.Sa .. La circolare, inoltre, conferma la forma tendenzialmente lineare da conferire ai CC.LL e la dislocazione in zone con buoni rapporti di viabilità, sia nei riguardi delle posizioni reciproche, sia dell'asse o degli assi dei rifornimenti e sgomberi assegnati alla G.U .. Essa passa successivamente a trattare l'organizzazione interna del G.U. ai fini della sopravvivenza funzionale, della parziale ricostituzione di un C.L distrutto, o comunque impossibilitato a svolgere ulteriormente la propria funzione, e del soccorso immediato a complessi tattici in crisi per cause varie. Sottolineato il grado di mobilità totale dell'intero apparato logistico e indicate le misure organizzative, da aggiungere a quelle organiche già prese, per sfruttare tale grado di mobilità, specie per quanto concerne il servizio sanitario, la circolare chiude la trattazione indicando le modalità per l'elaborazione degli ordini in materia logistica da redigere sulla base dell 'ordine logistico-amministrativo della O.I. e di quello del corpo d'armata (integrativo del primo), sottolineando che essi debbono essere estremamente sintetici e che è necessario, perciò, farli precedere da un ordine permanente per i servizi, con il quale vengano stabilite le modalità comuni e ricorrenti, la cui applicazione rivesta carattere di automaticità in assenza di disposizioni diverse. Le due circolari - la 10.230/222.20 e la 10.240/222.20 - condensarono in due brevi sommari i concetti ed i criteri fondamentali, nonché le principali modalità di organizzazione e di funzionamento, dei servizi di campagna, riprendendo quelli della regolamentazione in vigore ed armonizzandoli con il quadro operativo generale delineato dalla 700. Esse, in effetti, convalidarono i lineamenti generali della dottrina logistica espressa dalle pubblicazioni 6300 e 630 - che avevano operato un mutamento radicale, rispetto aJ passato, in materia di organizzazione e di funzionamento dei servizi di campagna e territoriali, in una visione moderna ed avanzata della logistica - e segnarono nello stesso tempo un nuovo momento evolutivo della logistica, indicando gli adattamenti necessari conseguenti dal nuovo ambiente
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di larga disponibilità nucleare e dell'arricchimento, frattanto avvenuto, od in corso, delle dotazioni delle unità dei servizi ed i miglioramenti suggeriti dall'esperienza pluriennale ricavata dalle numerose esercitazioni nazionali e N.A.T.O. svoltesi dalla seconda metà degli anni cinquanta in poi. Delle due circolari: la prima avrebbe dovuto trovare il suo sviluppo integrale nella pubblicazione 760 della serie dottrinale - Norme per l'organizzazione e funzionamento dei servizi di campagna - che avrebbe dovuto sostituire le pubblicazioni 6300 e 630; la seconda avrebbe dovuto costituire la traccia del terzo volume della 720 e, in genere, del terzo volume delle pubblicazioni riguardanti l'impiego delle varie GG.UU. elementari. Né l'una né le altre di tali pubblicazioni videro la luce, ancorché preannunziate ufficialmente, la prima nella circolare n.4466./AII del 1° dicembre del 1965 30 e le altre, almeno per quanto riguardava la divisione di fanteria e quella corazzata, all'atto delJa diramazione della 710 e 720. Ciò dipese, probabilmente, dal fatto che i successori del generale Aloia nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito valutarono più urgente procedere alla elaborazione e diramazione della normativa di impiego dei gruppi tattici - costretti nel fraltempo a continuare ad applicare le norme sancite nelle vecchie pubblicazioni con gli adattamenti, non pochi, determinati dai nuovi organici, dalle armi e dai mezzi di recente introduzione in servizio, dalla nuova terminologia della serie 700 piuttosto che completare il programma stabilito dal generale Aloia nella appena citata circolare 4466/A/I del 1° dicembre 1965, la quale prevedeva, per il 1966, la diramazione delle norme di impiego relative alla brigata alpini e alla brigata paracadutisti e, in campo logistico, appunto la diramazione della pubblicazione 760 e di una seconda edizione della pubblicazione 5369 Muni zioni, dotazioni e procedure di rifornimento 31, nonché, in campo tecnico, della pubblicazione N.750 della serie dottrinale Le armi N.B.C. - Impiego e difesa. I e III volume 32. D'altra parte, nel settore logistico, la circolare 10 230 poteva per il momento essere ritenuta esauriente nei riguardi degli elementi essenziali per la risoluzione del problema logistico al livello di scacchiere operativo o di gruppo di armate, di armata e di corpo d'armata, così come la 10 240, non solo per quella della GG.UU. corazzate e meccanizzate, ma anche, pur con le dovute differenze, per le GG.UU. elementari di altro tipo. È comunque da rilevare che lo stato maggiore dell'esercito non interpose indugi tra l'elaborazione e la diramazione della nuova dottrina d'impiego, sancita nella serie dottrinale 700, e la corrispondente dottrina logistica, in quanto la circolare JO 230
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fece seguito immediato alla 700 e la 10 240 addirittura precedé la 720. La serie dottrinale 700, al pari di quella 600, ebbe in sostanza ben presente il concetto che ogni dottrina tattica non può essere avulsa da una corrispondente dottrina logistica, in quanto il fattore logistico è determinante per la preparazione e la condotta della guerra moderna, di cui addirittura condiziona l'impostazione e lo sviluppo sul piano strategico, tattico, ordinativo, organico e addestrativo. Una verità spessissimo misconosciuta, nella pratica se non anche nella teoria, nel passato, alla quale, invece, la serie 600 e la serie 700 riconoscono un valore quasi dogmatico, preoccupandosi, entrambe, di trarne le conseguenze sul piano dell'applicazione, mediante l'adozione, in sede organizzativa e funzionale, di tutte le misure possibili consentite dalla disponibilità del personale, dei mezzi e dei materiali, a sua volta condizionata dalle risorse economiche e finanziarie, stabilite dall'autorità politica governativa sulla cui sensibilità al rigua rdo nulla o ben poco influirono le pubblicazioni di contenuto logistico di entrambe le serie dottrinali.
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NOTE AL CAPITOLO LXIV 1 Stato Maggiore dell'Esercito. III Reparto. Ufficio regolamenti. Pubblicazione n. 5642 Impiego della divisione di fanteria (n. 710 della serie dottrinale). Roma, 1966, Istituto poligrafico dello Stato. P.V .. La pubblicazione, forr.!lato 20X 14, con allo di approvazione a firma del generale Aloia, in data 30-Xl-1965, consta di due volumi, sotto forma di bozza di stampa. Il primo volume comprende: l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, l'indice, la registrazione delle aggiunte e varianti, la premessa. Consta nel testo di 96 pagine, di 100 paragrafi e di una tabella di segni convenzionali usati nella pubblicazione. Tratta le Generalità e si articola in 6 capitoli. Capitolo I Fisionomia organica e tattica della divisione: la divisione; i reggimenti di fanteria; il reggimento corazzato; il reggimento di artiglieria da campagna; il gruppo esplorante divisionale; il battaglione genio pionieri; il battaglione trasmissioni; la compagnia carabinieri; il reparto aviazione leggera; i servizi divisionali. Capitolo II Caratteristiche, possibilità e criteri generali d'impiego: caratteristiche e possibilità d'impiego; criteri generali d'impiego. Capitolo lll Equilibrio tattico del dispositivo. Articolazione della divisione e dei raggruppamenti: equilibrio tattico del dispositivo; articolazione della divisione e dei raggruppamenti. Capitolo IV Organizzazione di comando: il comandante della divisione; il vicecomandante; il comando della divisione (avanzato, arretrato, di sostituzione); il comando dell'artiglieria divisionale; il comandante di raggruppamento; il comando del raggruppamento (avanzato, arretrato, di sostituzione). Capitolo V Organizzazione delle trasmissioni: le trasmissioni del comando della divisione (centri trasmissioni,rete telegrafonica, rete radio, staffette); le trasmissioni del comando artiglieria divisionale; le trasmissioni del comando di raggruppamento (centro trasmissioni, rete a filo, rete radio, staffette). Capitolo VI Procedure: informative; per le operazioni; per l'impiego del fuoco; per l'impiego delle unità del genio; per la cooperazione aereoterrestre; per le trasmissioni. TI secondo volume - La divisione di fanteria nella battaglia offensiva ed in quella difensiva - è articolalo in tre parti (battaglia offensiva, battaglia difensiva, impiego in compiti particolari) e consta, indice compreso, di 229 pagine e 260 paragrafi in 12 capitoli. Capitolo I Compiti della divisione di fanteria nella battaglia offensiva. Capitolo II La divisione di fanteria nella marcia al nemico, nell'avvicinamento e nei comba.llimenti preliminari: la marcia al nemico; la zona di attesa; l'avvicinamento; i combattimenti preliminari. Capitolo Ili La divisione di fanteria in 1 • schiera nei terreni di pianura e di collina: lineamenti della manovra divisionale; l'attività concettuale ed organizzativa del comandante della divisione (attività concettuale, attività organizzativa); attività concettuale ed organizzativa dei comandanti dei raggruppamenti (attività concettuale, attività organizzativa); lo sviluppo dell'azione (la preparazione, l'attacco, il completamento del successo); la condotta della manovra divisionale e di raggruppamento. Capitolo IV La divisione di fanteria in J• schiera nei terreni montani: lineamenti della manovra divisionale; attività concettuale ed organizzativa del comandante della divisione; attività concettuale ed organizzativa dei comandanti di raggruppamento; lo sviluppo dell'azione (la preparazione, l'attacco, il completamento del successo). Capitolo V La divisione di fanteria in 2a schiera: prosecuzione in profondità di uno sforzo principale; eliminazione di resistenze residue; accerchiamento dei tronconi e delle sacche. Capitolo VI La divisione di fanteria in riserva di corpo d'armata o di armata. Parte seconda. Capitolo VII Compiti della divisione di fanteria nella battaglia difensiva. Capitolo VIII La divisione di fanteria in J• schiera nella manovra di arresto nei terreni di pianura e di collina: lineamenti della manovra divisionale; attività concettuale ed
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organizzativa del comandante della divisione (attività concettuale, attività organizzativa); attività concettuale ed organizzativa dei comandanti de raggruppamenti in primo scaglione (attività concettuale, attività organizzativa); attività concettuale ed organizzativa del comandante del raggruppamento in riserva; l'azione in zona di sicurezza; l'azione neJla posizione di resistenza (la contropreparazione, la resistenza, l'arresto, il passaggio dalla difesa ancorata a quella mobile); condotta della manovra al liveJlo di divisione e di raggruppamento. Capitolo IX La divisione di fanteria in 1a schiera nella manovra di arresto nei terreni montani: lineamenti della manovra divisionale; attività concettuale ed organizzativa del comandante deJla divisione; attività concettuale ed organizzativa dei comandanti del raggruppamento; l'azione in zona di sicurezza; l'azione nella posizione di resistenza; condotta della manovra al livello di divisione e di raggruppamento. Capitolo X La divisione di fanteria in riserva di corpo d'armata (generalità, impiego nella difesa di posizione a tergo della P.R., impiego nella costituzione di un fianco difensivo, impiego per aliquota); riserva di armata. Capitolo Xl La divisione di fanteria nella manovra in ritirata: generalità; la divisione aliquota del grosso di una G.U. complessa nella manovra di ripiegamento (generalità, attività concettuale ed organizzativa ai vari livelli, l'abbandono delle posizioni, il movimento retrogrado); la divisione nella manovra di ripiegamento con il compito di retroguardia (generalità attività concettuale ed organizzativa ai vari liveJli, l'azione di contrasto dinamico, l'azione di arresto temporaneo, condotta della manovra); la divisione neJla manovra ritardatrice (generalità, attività concettuale ed organizzativa ai vari livelli, l'azione di contrasto dinamico, l'azione di arresto temporaneo). Parte terza. Capitolo XII La divisione di fanteria nell'azione contro aviosbarchi e sbarchi dal mare: lineamenti della manovra divisionale e di raggruppamento; la ricerca e presa di contatto; la delimitazione ed il contenimento della testa di sbarco; l'annientamento delle forze sbarcale. Costituzione della divisione di fanteria: comando, 2 reggimenti di fanteria, 1 reggimento artiglieria da campagna, 1 G.E.D., l battaglione pionieri, 1 battaglione trasmissioni, l compagnia carabinieri, 1 reparto aviazione leggera, unità dei servizi. Ogni reggimento di fanteria è costituito su: comando, 3 battaglioni di fanteria, 1 battaglione meccanizzato, 1 compagnia controcarri. Il reggimento corazzato è costituito su: comando, 1 battaglione bersaglieri, 1 battaglione carri, 1 compagnia controcarri. Il reggimento di artiglieria da campagna è costituito su: comando, 2 gruppi a traino meccanico, 1 gruppo da campagna semovente, 1 gruppo pesante campale a traino meccanico, 1 gruppo contraerei leggero. Il battaglione genio pionieri è costituito su: comando, 4 compagnie genio pionieri (delle quali una dotata di veicoli da trasporlo e da combattimento), 1 compagnia parco campale. Il battaglione trasmissioni è costituito su: comando, 2 compagnie trasmissioni. La compagnia carabinieri è ordinata su: comando, 2 sezioni. Il reparto A.L.E. è ordinato su: comando, 2 S.A.L., 1 S.E.R.. I servizi divisionali, riuniti sotto unico comando - il comando unità servizi C.U.S. - comprendono 1 sezione di sanità, 2 ospedali da campo, 2 gruppi chirurgici, I ambulanza odontoiatrica, 1 sezione sussistenza, 1 autoreparo, 1 reparto rifornimenti riparazioni recuperi, 1 compagnia mista servizi, 1 plotone onoranze caduti in guerra. Organizzazione di comando al livello divisionale: MAJN comprende: complesso operativo; comando tattico (T.A.C.); centro trasmissioni; centro comunicazioni classificate; centro controllo messaggi e corrispondenza; gruppo difesa e sicurezza; gruppo servizi generali; striscia di atterraggio. Il complesso operativo si articola in: ufficio operazioni, addestramento, informazioni, ordinamento• (O.A.I.O.), centro di coordinamento del fuoco (C.C.F.), comando genio, ufficio trasmissioni, sala operativa. REAR comprende: ufficio servizi, ufficio personale e benessere, ufficio segreteria e statistica (sezione statistica), ufficio postale e telegrafico, ufficio amministrazione, un centro trasmissioni, un gruppo di difesa e sicurezza, un gruppo servizi generali. Organizzazione di comando al livello di raggruppamenti: MATN comprende: sala operativa, comando tattico (T.A.C.), aiutante maggiore in 1 a ed ufficio maggiorità, cen-
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trn trasmissioni, gruppo difesa vicina, gruppo servizi generali. La sala operativa comprende l'ufficio O.A.I.O., il comandante e l'ufficiale di collegamento dell'unità di arLigieria cooperante, l'ufficiale alle trasmissioni del raggruppamento. REAR comprende: ufficio servizi, ufficio segreteria personale benessere, ufficio amminislrazione. 2 Stato Maggiore dell'Esercito. III Reparto. Ufficio regolamenti. Pubblicazione n. 5638 Impiego della divisione corazzata (n.720 della serie doLLrinale). Roma, 1966, Istituto poligrafico dello Stato P.V.. La pubblicazione, formato 20,5 X 14,2, con atto di approvazione a firma del generale Aloia, in data 18-XI-1965, consta di due volumi, sotto forma di bozza di stampa. Il primo volume comprende l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, l'indice, la registrazione delle aggiunte varianti e la premessa; consta nel testo di 101 pagine, di 127 paragrafi e di una tabella di nuovi segni convezionali; tratta le Generalità e si articola in 6 capitoli. Capitolo I Fisionomia organica e /altica della divisione corazzata e delle unità costitutive: la divisione; le brigate corazzate e meccanizzate (le brigate corazzate, le brigate meccanizzate); la brigata di artiglieria; i supporti divisionali e di brigata); il gruppo di artiglieria da campagna semovente delle brigate; le unità del genio: il battaglione pionieri, le compagnie pionieri; le unità delle trasmissioni: il bauaglione, le compagnie; la compagnia carabinieri; il reparto aviazione leggera; i servizi (il raggruppamento servizi, il battaglione servizi). Capitolo II Caratteristiche, possibili1à e criteri d'impiego: caratleristiche e possibilità d'impiego; criteri generali d'impiego. Capitolo III Equilibrio tattico del dispositivo -A rticolaziune della divisione e delle brigare: equilibrio tattico del dispusilivu; articolazione della divisione e delle brigate corazzata e meccanizzata (la divisione,le brigate: le brigate corazzate, la brigata meccanizzata) Capitolo IV Organizzazione di comando: il comandante della divisione; il comando di divisione (avanzato, a rretrato, di sostituzione); i comandanti della brigata corazzata e meccanizzata; il comando della brigata corazzata o meccanizzala (avanzato, arretrato, di sostituzione); il comandante della brigata artiglieria; il vicecomandante de ll'artiglieria divisionale; il comandante del gruppo di artiglieria della brigata; organizzazione di comando per l'impiego del genio. Capitolo V Organizzazione delle trasmissioni: le trasmissioni del comando di divisione (centri trasmissioni, rete telegrafonica, rete radio, staffette); le trasmissioni dei comandi di brigata corazzata e meccanizzata (centri trasmissioni, rete telegrafonica, rete radio, staffette); le trasmissioni del comando artiglieria divisionale. Capitolo VI Procedure: informative; per le operazioni; per l'impiego del fuoco; per l'impiego delle unità del genio; per la cooperazione aereoterrcstre; per le trasmissioni. Il secondo volume - La divisione corazzata nella battaglia offensiva e nella battaglia difensiva - è articolato in tre parti e consta, indice compreso, di 200 pagine e 253 paragrafi in 13 capitoli. Capitolo I Compiti della divisione corazzata nella battaglia offensiva. Capitolo II La divisione corazzata nella marcia al nemico e nell'avvicinamento: la marcia del n emico; la zona di attesa; l'avvicinamento. Capitolo III La divisione corazzata in 1 4 schiera nel quadro dell'azione di investimento e di disarticolazione: lineamenti della manovra divisionale contro un nemico che ricorra, in una manovra di arresto, alla difesa ancorata o alla combinazione in profondità dei procedimenti di difesa ancorata e di difesa mobile ( in ambiemte nucleare attivo, in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale); contro un nemico che attui fin dall'inizio il procedimento di difesa mobile (in ambiente nucleare attivo, in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale); contro nemico che manovri in ritirata; attività concettuale ed organizzativa del comandante della divisione ( attività concettuale, attività organizzativa); attività concettuale ed organizzativa dei comandanti delle brigate corazzate e meccanizzata (attività concettuale, attività organizzativa); lo sviluppo d ell'azione (la preparazione; l'attacco in ambiente nucleare attivo contro difesa ancorata, difesa mobile, manovra in ritirata; l'attacco in ambiente nucleare potenziale ed in quello convenzionale; l'attacco in qualsivoglia ambiente operativo; il completamento del successo); la condotta della manovra divisionale e di brigata. Capitolo IV La di-
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visione corazzala in 2° schiera. Capilolo V La divisione corazzata in riserva di corpo d'armata ed in riserva di armata: lineamenti della manovra; la manovra contro nemico che sia in procinto di contrattaccare; la manovra contro nemico che si ritiri ordinatamente; la manovra contro nemico battuto ed in rotta; attività concettuale ed organizzativa dei comandanti della divisione e delle brigate; la condotta della manovra divisionale e di brigala. Parte seconda. Capitolo VI Compili della divisione corazzata nella battaglia difensiva. Capitolo VII La divisione corazzata in prima schiera nella manovra di arresto: lineamenti della manovra divisionale; attività concelluale ed organizzativa del comandante della divisione (attività concettua le, attività organizzaliva); attività concettuale ed organizzaliva dei comandanti delle brigate in prima schiera (attività concettuale, attività organizzativa); attività concettuale ed organizzativa del comandante della brigata in riserva; l'azione in zona di sicurezza; l'azione nella posizione di resistenza (la contropreparazione, la resistenza e l'arresto); condotta della manovra al livello divisionale e di brigata. Capitolo VIII La divisione corazzata in riserva di corpo d'armata: generalità; impiego nella difesa ancorata (i contrattacchi a concorso od a reiterazione, i contrattacchi in sostituzione, i contrattacchi contro penetrazioni nemiche sfociate a tergo della posizione di contenimento, il concorso all'azione di contenimento, l'azione di contenimento condotta in proprio); impiego nella difesa mobile (i contrattacchi a concorso, reiterazione od in sostituzione, l'attivazione delle posizioni di irrigidimento); impiego della combinazione in profondità del procedimento di difesa ancorata con quello di difesa mobile. Capitolo IX La divisione corazzata in riserva di armata: generalità; il contrattacco della divisione nell'azione di annientamento (attività concettuale e organizzativa dei comandanti della divisione e delle brigate,condotta della manovra): la divisione nella difesa del margine posteriore della zona di arresto. Capitolo X La divisione corazzata nella manovra in ritirata: generalità; la divisione nella manovra di ripiegamento aliquota di una G.U. complessa in ripiegamento (l'abbandono delle posizioni, la rottura del contatto, il movimento retrogrado); la divisione nel compito di retroguardia (generalilà, lineamenti dell'azione, attività concettuale ed organizzativa ai vari livelli, l'azione di contrasto dinamico, l'azione di arresto temporaneo, condotta della manovra); la divisione nella manovra ritardatrice (generalità, attività concettuale e organizzativa ai vari livelli, l'azione di contrasto dinamico, l 'azione di arresto temporaneo). Parte terza. Capitolo XI La divisione corazzata nel quadro dell'azione di ricerca e presa di contatto: lineamenti della manovra divisionale e di brigata; l'esplorazione tattica terrestre (le brigate in prima schiera, la brigata in riserva); i combattimenti preliminari (la brigala in prima schiera, la brigala in riserva); Capitolo XII La brigata corazzata o meccanizzata aliquota dello scaglione di presa di contatto e di frena ggio. Capitolo XIII La divisione corazzata nell'azione contro aviosbarchi e sbarchi dal mare: lineamenti della manovra divisionale e di brigata; la ricerca e presa di contatto; la delimitazione ed il contenimento della testa di sbarco; l'annientamento delle forze sbarcate. Costituzione della divisione corazzata: comando, 2 brigate corazzate, 1 brigata meccanizzata, t brigata di artiglieria, 1 G.E.D., 1 battaglione genio pionieri, 1 battaglione trasmissioni, 1 compagnia carabinieri, 1 reparto aviazione leggera, 1 raggruppamento servizi. Le brigate corazzate e quella meccanizzala, differenziate per la diversa proporzione tra battaglioni bersaglieri (2 nella brigata meccanizzala e 1 in quella corazzata) e battaglioni carri (1 nella brigata meccanizzata e 2 in quella corazzala), dispongono di id entici supporti: 1 gruppo di artiglieria da campagna semovente, 1 compagnia esplorante, 1 compagnia genio pionieri, 1 compagnia trasmissioni, 1 battag lione servizi. La brigala di artiglieria è ordinala su: comando, 1 batteria specialisti, 1 gruppo di artiglieria campale semovente, l gruppo di artiglieria pesante semovente. Il G.E.D. è ordinato su: comando, 2 squadroni esploranti, l squadrone carri. Il battaglione genio pionieri divisionale è ordinato su: comando, 2 compagnie pionieri, 1 compagnia parco campale. Il battaglione trasmissioni è ordinato su: comando, 2 compagnie
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trasmissioni (la prima provvede all'impianto ed esercizio del centro trasmissioni del MAIN, la seconda del REAR). La compagnia carabinieri è ordinata su: comando, 2 sezioni. Il reparto aviazione leggera è ordinato su: comando, 2 S.A.L., 1 S.E.R.. Il raggruppamento servizi è ordinato su: comando (plotone misto servizi e plotone sussistenza), 1 compagnia sanità, 3 ospedali da campo, 3 nuclei chirurgici, 1 ambulanza odontoiatrica, I autoreparto, 1 reparto rifornimenti riparazioni recuperi, 1 centro smistamento complementi, 1 plotone onoranze caduti in guerra. Il battaglione servizi di brigata è ordinato su: comando (plotone rifornimenti e plotone sussistenza), 1 compagnia sanità, 1 autoreparto, 1 reparto rifornimenti riparazioni recuperi. Organizzazione di comando al livello di divisione. MAIN comprende: complesso operativo, comando tattico (TAC), centro trasmissioni, centro comunicazioni classificate, centro controllo messaggi e corrispondenza, gruppo difesa e sicurezza, gruppo servizi generali, striscia di atterraggio. Il complesso operativo si articola in: ufficio O.A.I.O., C.C.F., ufficio trasmissioni e sala operativa. Il REAR comprende: ufficio servizi, ufficio personale e benessere, ufficio segreteria e statistica (sezione statistica), ufficio postale e telegrafico, ufficio amministrazione, centro trasmissioni, gruppo difesa e sicurezza, gruppo servizi generali. Organizzazione di comando al livello di brigata: MATN comprende: sala operativa, T.A.C., centro trasmissioni, gruppo difesa vicina, gruppo servizi generali. Nella sala operativa risiedono il comandante, il capo di stato maggiore, il comandante del gruppo di campagna semovente ed il personale, di turno, dell'ufficio O.A.I.O.. Il REAR comprende: ufficio servizi, ufficio segreteria personale benessere, ufficio amministrazione. 3 Vds. precedenti note n.1 e n. 2. 4 Vds. precedente nota n.l. 5 Il comandante della divisione: riceve dal comando superiore ordini riguardanti essenzialmente: compito, obiettivo di attacco, orientamenti sull'azione successiva od obiettivo eventuale, direttrice di attacco e settore di azione, modalità di coordinamento; sintetizza nel concetto di azione: l'impostazione generale della manovra, lo sforzo e gli sforzi da effettuare e in questa ipotesi la loro combinazione, l'impiego della riserva, i tempi della manovra; fissa il dispositivo, l'impiego del G.E.D., l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, le modalità di coordinamento (ora d'inizio della preparazione e dell'attacco, base di partenza, forzamento dell'ostacolo, linee di riferimento ed eventuali di attestamento, norme per il collegamento tauico, eventuali provvedimenti pc,· la p1-otezione dei fianchi scoperti, passaggio di responsabilità ed ope razioni di scavalcamento e di sostituzione delle forze già a contatto), l'organizzazione dei collegamenti e del sistema trasmissioni. 6 Il comandante della divisione: riceve dal comando superiore ordin i rigua rdanti il compito, l'impostazione dell'azione in Z.S. (funzioni, profondità linea di sicurezza), le posizioni fondamentali da includere nella P.R. (e andamento generale della P.Cn), il settore difensivo e la sua organizzazione (limiti di settore, margini anteriore e posteriore della P.R., zone delle reazioni divisionali, eventuali vincoli per l 'azione di convogliamento e per l'impiego della riserva), le modalità di coordinamento (deflusso dello Sc.P.C.F., armonizzazione della manovra divisionale con quelle delle GG.UU. laterali, concorso del corpo d'armata all'azione divisionale, tempo a disposizione per l'organizzazione e la sistemazione della difesa); sintetizza, nel concetto di azione, l'impostazione generale della manovra, la gravitazione dello sforzo difensivo, l'impiego della riserva; fissa il dispositivo divisionale, l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, le modalità di coordinamento (deflusso dello Sc.P.C.F., eventuali misure da adottare per la coesione tattica, azione dei raggruppamenti in primo scaglione sulle posizioni che delimitano la zona de lle reazioni divisionali), concorso della riserva divisionale a lla sistemazione della P.Cn., saldatura con l'eventuale azione in profondità della riserva di corpo di armata, tempo a disposizione per la sistemazione a difesa), l'organizzazione e il funzionamento dei servizi, l'organizzazione dei collegamenti e del sistema di trasmissioni. 7 Vds. precedente nota n. 6.
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Vds. precedente nota n. 2. Vds. precedente nota n. 5. IO Il comandante della divisione: riceve dal comando superiore il compito, l'impostazione dell'azione in Z.S. e la linea di sicurezza, il settore difensivo e la sua orga· nizzazione (limiti di se ttore, margine anteriore e posteriore della P.R., zona di annientamento, eventuali vincoli alla manovra divisionale per l'azione di convogliamento), il concorso del corpo di armata alla manovra divis ionale, le modalità di coordinamento (deflusso dello Sc.P.C.F. ed eventuale concorso di sue aliquote all'azione in Z.S., armonizzazione della manovra divisionale con quelle de lle GG.UU. contermini, tempo a disposizione per l'organizzazione e la sistemazione o difesa). Sintetizza nel concetto di azione l'impostazione generale della manovra divisionale, la gravitazione iniziale dello sforzo difensivo, l'impiego della riserva; fissa il dispositivo divisionale, l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, le modalità di coordinamento (deflusso dell'aliquota dello Se. P.C.F., collegamento tattico, sostegno di fuoco da parte della divisio ne, itinerari da utilizzare ne lla Z.S. e nella P.R. , passaggio di responsabilità), eventuali misure da adottare ai fini della coesione tattica tra settori contermini di brigata; azione delle brigate in prima schiera sulle posizioni che delimitano le zone delle reazioni divisionali; concorso della riserva alla sistemazione del le posizioni di irriggidimento in corrispon· dcnza delle zone dei contra ttacchi divisionali, linee di riferimento e, eventualmente, quelle di attestamento per cadenzare, quando necessario, lo sviluppo per la sistemazione a difesa; l'organi1.zazione ed il fun zionamento dei servizi; l'organizzazione dei collegamenti e del sistema di trasmissioni. 11 Vds. precedente nota n.1. 12 Il comandante del raggruppamento: sintetizza nel concetto di azione l'impos tazione della manovra, l'impiego della riserva, i tempi della manovra; fissa il di spositivo, l'impiego della compagnia controcarri (per i soli raggruppamenti di fanteri a), l'impiego del fuoco, l'impiego del geniu, le modalità di coordinamento (base di partenza, forzamento dell'ostacolo, linee d i riferimento ed eventualmente di a ttestamento, misure per il collegamento tattico tra gruppi tattici contermini). 13 Il comandante del raggruppamento di fanteria in primo scaglione: sintetizza nel concetto di azione la definizione delle strutture s tatiche scelte ad integrazione di quelle s tabilite dal coma ndante della divisione, l'impiego dei complessi mobili, l'impiego della riserva, la gravitazione; fissa il dispositivo, l'impiego della compagnia con· trocarri, l'impiego del fuoco, l'attività di lavoro, le modalità del coordinamento (deflusso attraverso la Z.S. e la P.R . dell'aliquota dello Se. P.C.F.: collegamento tattico, sostegno di fuoco, itinerari di deflusso; raccolta, deflusso ed eventualmente impiego dell'aliquota dello scaglio ne di sicurezza al termine dell'azione in Z.S.), l'armonizzazione dell'attività dei complessi mobili con quella delle strutture statiche, il collegamento tattico per la cooperazione tra opere, caposaldi, campi minati e funzioni di arresto, complessi mobili, unità mortai e di artiglieria, concorso di fuoco da fornire da parte delle strutture statiche ai contrattacchi della riserva, concorso de lla riserva e delle unità del genio all'esecuzione dei lavori e dello schieramento dei campi minati, brillamento delle inte rruzioni, o rganizzazione dell'osservazione, tempo a disposizione per la sistemazione della difesa, il coordinamento dell 'attività logistica, l'organizzazione dei collegamenti e del sistema delle trasmissioni. 14 Il comandante del raggruppamento in riserva nella manovra di arresto condotta con il procedimento della difesa ancorata: definisce per ciascuna ipotesi di impiego nel contrattacco: le linee essenziali della manovra da condurre e ne fissa gli elementi fondamentali: dispositivo, obiettivi e direzioni di contrattacco dei gruppi tattici in primo scaglione, orientamenti d'impiego per l'eventuale gruppo tattico in riserva, itinerari di movimento, basi di partenza, zone di raccolta al termine dell'azione o posizione per l'eventuale consolidamento. Per il contenimento, il comandante del rag· gruppamento in riserva: determina, per ognuna delle ipotesi di impiego, le modalità di in serimento delle proprie forze quando il raggr·uppamento concorra all'azione op8 9
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pure le principali modalità d'impiego quando esso la conduca in proprio, salvo a definirle nei particolari al momento dell'esigenza. In sede preventiva determina perciò le posizioni principali da presidiare, le forze da orientare all'azione statica e quelle per la reazione dinamica, l'articolazione, gli itinerari di afflusso alle varie posizioni e tutte le altre modalità suscettibili di pianificazione. 1s Vds. precedente nota n.2. 16 Il comandante della brigata: sintetizza nel concetto di azione l'impostazione della manovra, l'impiego della riserva, i tempi della manovra; fissa il dispositivo, l'impiego della compagnia controcarri, l'impiego del fuoco, l'impiego del genio, le modalità di coordinamento (base di partenza, forzamento dell'ostacolo, linee di riferimento ed eventualmente di attestamento, misure per il collegamento tattico tra i gruppi tattici contermini), l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi, l'organizzazione dei collegamenti e del sistema trasmissioni. 17 Il comandante della brigata in 1 a schiera sintetizza nel concetto di azione le posizioni sulle quali investire le resistenze temporanee, le zone per i contrattacchi delle riserva di brigata, l'impiego della riserva; fissa negli ordini il dispositivo, l'impiego della compagnia esplorante, l'impiego della compagnia controcarri, l'impiego del fuoco, l'impiego della compagnia genio, le modalità di coordinamento (deflusso attraverso la Z.S. e la P.R. dello Sc.P.C.F.: collegamento tattico, sostegno di fuoco, itinerari di deflusso ed eventualmente impiego di un'aliquota dello scaglione di sicurezza al termine dell'azione in Z.S.); posizioni che possono essere cedute solo su ordine; sovrapposizione del fuoco in corrispondenza delle fasce di terreno a cavaliere dei limiti di settore fra le brigate; appoggio di fuoco da fornire ai contrattacchi di brigata e divisionali; concorso fra le varie unità per l'esecuzione dei lavori e lo schieramento dei campi minati; brillamento delle interruzioni; organizzazione dell'osservazione; tempo a disposizione per la sistemazione a difesa, l'organizzazione e funzionamento dei servizi, l'organizzazione dei collegamenti e del sistema delle trasmissioni. 18 Vds. precedente nota n.2. 19 Stato Maggiore dellEsercito. III reparto. Ufficio regolamenti. "circolare 10.230/222.20 del 31 dicembre 1964 Precisazioni sulla dottrina logistica. Roma, 1964. La pubblicazione, formato 18 X 12, a firma del generale Aloia, consta di 47 pagine, 28 paragrafi, 5 allegati. Essa comprende, oltre gli indirizzi: premessa, considerazioni generali, zone logistiche, organizzazione di intendenza, catena logistica, articolazione e schieramento dei servizi, cenni sull'organizzazione logistica in offensiva ed in difensiva. L'allegato «A» riporta lo schema delle zone logistiche, il «B» lo schema di organizzazione di comando (scacchiere al livello di gruppo d'armate), il «C» i gradi delle attività logistiche, il «D» le operazioni sui materiali e l'cE» lo schema dei rifornimenti ordinari (caso di costituzione di D.I.Ar.). 20 Stato maggiore dell'esercito. III reparto. Ufficio regolamenti. Circ. n .10.240/222.20 del I-JII-1965 L'organizzazione logistica delle grandi unità corazzate e meccanizzate (criteri ed elementi fondamentali)- Roma 1965. La pubblicazione, formato 18 X 12, a firma del generale Aloia, consta di 32 pagine, 31 paragrafi, 4 allegati. Essa comprende, oltre gli indirizzi:premessa, caratteristiche e compiti delle GG. UU. corazzate e meccanizzate, funzioni logistiche della divisione e delle brigate, organi logistici divisionali, organi logistici di brigata, cenni sulla organizzazione e schieramento dei servizi, ordini. L'allegato «A» riporta lo schema della organizzazione logistica generale nell'ambito della divisione corazzata e meccanizzata, il cB» lo schema dell'organizzazione logistica della divisione corazzata o meccanizzata, il «C» lo schema dell'organizzazione logistica della brigata corazzata o meccanizzata in guerra e il «D» lo schema di flusso dei rifornimenti ordinari nell'ambito della divisione corazzata (valido anche per la divisione meccanizzata). 21 Vds. capitolo LXIII, nota n. 24. 22 Vds. capitolo LII, nota n. 39. 23 Vds. capitolo LVI, nota n. 9.
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24 Per dotazione aggiuntiva deve intendersi qualunque aliquota incrementale di munizioni, carburanti, viveri, materiali del genio e sanitario, assegnata a complessi tattici o a GG.UU. di livello inferiore all'armata, allo scopo di elevarne l'autonomia consentita rispettivamente dalle dotazioni di 1 a e 2 a linea, in funzione di un determinato compito. 2 5 Le possibilità funzionali, per quanto concerne l'entità delle riparazioni di materiali, vengono distinte in quattro categorie in base aJla durata della lavorazione, procedono secondo una scala di gradualità che dai limititati mezzi dei reparti perviene ai complessi impianti territoriali, con una progressione crescente di possibilità tecniche. Ad ogni categoria corrisponde, di massima, uno specifico tipo di officina. Di conseguenza: l'attività di 1° grado comprende operazioni di manutenzione e riparazione di 1 a categoria, l'attività di 2° grado include riparazioni di 1 a e 2• categoria, nelle attività di 3 ° e 4° grado rientrano rispettivamente le riparazioni di 3a e 4• categoria 26 La modalità, intesa come capacità di spostamento immediato e totale, mediante disponibilità in proprio di mezzi di trasporto idonei per quantità e prestazioni (I 0 e 2° anello); oppure graduale - per via ordinaria o per ferrovia - mediante assegnazione di volta in volta dei mezzi di trasporto necessari (3° e 4° anello). 27 I rifornimenti ordinari effettuati dalle GG.UU. pressso i CC.LL. deJla Z.A.S.I. e quelli nell'ambito dell'intendenza vengono svolti normalmente facendo ricorso ad autocolonne e sfruttando l'arco notturno. La distanza fra i CC.LL. dei livelli considerati dipende dalla periodicità del flusso dei rifornimenti e dalla entità della lappa automobilistica (attorno ai 160 Km) essa pertanto è pari all'incirca a mezza tappa fra i CC.LL. divisionali e di corpo d'armata e quelli della O.I. avanzata; a una tappa fra i CC.LL. della Z.A.S.I. e quelli della Z.AR.S.I.. 28 S.M.E.. III reparto. Ufficio regolamenti. L'organizzazione logistica delle grandi unità corazzate e meccanizzate. (criteri ed elementi fondamentali). Roma 1965. La pubblicazione, firmata dal generale Aloia, è articolata su: I premessa; II caratteristiche e compiti delle GG.UU. corazzate e meccanizzate; lll fun zioni logistiche della divisione e delle brigate; IV org. logistitici divisionali; V org. logistici di brigata; VI cenni sulla org. e di schieramento dei servizi; VII ordini. La pubblicazione comprende quattro allegati: A Org. logistica generale nell'ambito della divisione corazzata o meccanizzata; B Org. logistica della D. cor. omecc.; C Org. log. della divisione corazzata o meccanizzata in guerra; D schema di flusso dei rifornimenti ordinari nell'ambito della divisione corazzata. 29 Vds. capitolo LXIII, nota n. 24. 30 Stato maggiore dell'esercito. III reparto. Ufficio addestramento. Circ. n. 4467/A/I del 16-XI-1966 Dfrettive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel 1967. Roma, 1966, Regionale 31 S.M.E. IV Reparto. Ufficio Servizi. Pubblicazione n. 5369: Munizioni. Dotazioni e procedure di rifornimento. II edizione. Roma,1971. 32 Vds. cap. LV, nota n. 17.
CAPITOLO
LX V
LA SERIE DOTTRINALE 700 Parte terza
1. Il completamento della serie dollrinale 700. 2. La nuova fisionomia organico-tattica dei hallaglioni. 3. La circolare 1510/221.82 del 1 ollobre 1967. 4. Le pubblicazioni sui gruppi taltici. 5. Il gruppo tattico di fanteria al livello di battaglione. 6. Il gruppo tattico alpino al livello di battaglione. 7. Il gruppo tattico paracadutisti al livello di battaglione. 8. Il gruppo tallico corazzato al livello di battaglione. 9. Il gruppo tattico lagunare al livello di hallaglione. 10. L 'impiego delle avio! ruppe. 11. L 'elitrasporto tattico e logistico. 12. Considerazioni sulla serie dottrinale 700.
1.
Alle pubblicazioni 710 e 720 avrebbero dovuto fare seguito, come preannunziato nella circolare 4466/A/1 del 1 dicembre 1965 (1), quelle riguardanti la brigata alpini e la brigata paracadutisti. Ciò non avvenne e, c irca un anno dopo, il generale De Lorenzo (2), succeduto il I febbraio 1966 nella ca rica di capo di stato maggiore dell'esercito al generale Aloia, dette notizia, con la circolare n. 4467/A/ l del 16 novembre 1966 (3), dell'avvenuto mutamento di programma, in base al quale venne previsto di conferire pr·iorità a ll a e laborazione della normativa di impiego de i gruppi tattici, diramando, in bozza, entro il 1967, a cura dell'ufficio regolamenti dello stato maggiore dell'esercito, le pubblicazioni relative ai gruppi tattici di fanteria, corazzato, alpino · e meccanizzato, mentre in parallelo l'ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria avrebbe provveduto a rielaborare le pubblicazioni riguardanti la compagnia fucilieri, la compagnia fucilieri meccani zzata, la compagnia <li fanteria di arresto, il ploton e fu cilieri e la squadra assaltatori. La promessa non venne mantenuta nei tempi stabiliti, anche a causa della sostituzione, verificatasi il 15 aprile 1967, nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito del generale De Lorenzo con il generale Vedovato (4) che peraltro confermò il programma del s uo predecessore e preannunziò, con la circolare n. 4468/A/1 del 9 novembre 1967 (5), che entro il 1968 sarebbe stato provveduto
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alla diramazione delle pubblicazioni, già in corso di elaborazione, relative ai gruppi tattici di fanteria, alpino e corazzato. La prima di tali pubblicazioni, riguardante il gruppo tattico di fanteria, vide la luce, approvata dallo stesso generale Vedovato, nel gennaio 1968 e ad essa fecero seguito, entro il 1968, quelle riguardanti il grnppo tattico corazzato (aprile), il gruppo tattico paracadutisti (giugno), il gruppo tattico alpino (luglio) ed il gruppo tattico lagunare (settembre), tutte approvate dal generale Marchesi (6), succeduto, il 28 febbraio 1968, al generale Vedovato nella carica di capo di stato maggiore. La normativa sviluppò, al livello di gruppo tattico, la dottrina d'impiego delle pubblicazioni 700, 710 e 720, assumendone la numerazione di serie, e concluse le pubblicazioni di tale serie dottrinale di competenza dello stato maggiore dell'esercito. Alla serie, per essere completa, mancarono le pubblicazioni relative all'impiego della brigata alpini e di quella paracadutisti, anche se l'impiego di questa ultima trovò i suoi lineamenti generali nella pubblicazione, che esamineremo più avanti, sull'impiego delle aviotruppe (n. 770 della serie dottrinale) edita nella seconda metà del 1968. La serie dottrinale 700 fu la prima del dopoguerra a raggiungere un tale grado di completezza ed a configurare, di conseguenza, il quadro d'insieme del pensiero militare ufficiale dello stato maggiore dell'esercito italiano. La regolamentazione 700, senza nessuna pretesa di infallibilità, indicò con concretezza la strada da seguire nell'esame e nella risoluzione dei problemi di tattica, grande e piccola, e valse a consolidare l'unità di valutazione e di applicazione delle norme tattiche, anche perché essa venne elaborata con il contributo di pensiero e di esperimentazione dei quadri e delle unità, esteso e spinto il più ampiamente possibile proprio nei riguardi della dottrina di impiego dei gruppi tattici, che ora esaminiamo sommariamente a completamento di quanto già fatto per i livelli superiori. Il lungo e faticoso lavoro, iniziato nel 1962, venne così portato a compimento nel settembre 1968 e si concluse, pertanto, un periodo di appassionate discussioni e di serrato confronto di idee - che ebbe i suoi echi anche nella Rivista Militare (7)- senza segnare però l'inizio, soprattutto al livello delle GG.UU. complesse ed elementari, di un successivo periodo di stabilità dottrinale, perché il venire meno, fin dal 1967, di uno dei presupposti della serie 700 la strategia della rappresaglia massiccia - costringerà ben presto lo stato maggiore dello esercito a riesaminare la dottrina d'impiego a lla luce della nuova strategia della N.A.T.O., vale a dire della s tra ll'gia de.Ila risposta flessibile. Della serie 700, a ragione del minore peso t lu·
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i mutamenti della linea strategica e lo stesso impiego delle armi nucleari esercitano sui livelli minori, resteranno peraltro in vigore fin oltre il 1975 proprio le pubblicazioni riguardanti i criteri ed i procedimenti di impiego sanciti nelle cinque pubblicazioni relative ai gruppi tattici, livello il cui impiego tattico è, soprattutto, condizionato dal progresso tecnico delle armi, dei mezzi e dei materiali di dotazione. Il ritmo di tale progresso non diminuì certo di intensità nella seconda metà degli anni sessanta e nella prima metà del decennio successivo, anzi aumentò notevolmente, ma l'esercito italiano poté avvantaggiarsene in misura assai contenuta, mediante soprattutto il parziale rinnovo della linea carri, di _alcune artiglierie e di alcuni aeromobili. Non si ebbero pertanto mutamenti sensibili negli ordinamenti, negli organici e nelle dotazioni delle varie specialità della fanteria, le cui unità conservarono all'incirca la fisionomia conferita loro nel triennio 1962-1964 sulla base della quale venne redatta la normativa d'impiego del 1968.
2. La riforma ordinativa ed organica dei battaglioni di fanteria, realizzata negli anni 1962-1964, era stata resa necessaria, più che dal la sopraggiunta larga disponibilità nucleare in sé e per sé, dall'introduzione in servizio di nuove armi e mezzi. L'avvento dell'arma nuclerare tattica aveva obbligato l'attacco e la difesa ad adottare dispositivi largamente diradati per ev itare concentrazion i di forze facilmente eliminabili in un solo istante dall'offesa nucleare, ad acquisire un'elevata autonomia operativa e la maggiore idoneità possibile alle rapide concentrazioni e dispersioni. Il diradamento dei dispositivi aveva determinato la presenza sul campo di battaglia di notevoli spazi vuoti, a tutto danno della coesione tattica, e la conseguente esigenza di controllarli e di dominarli soprattutto con il fuoco, da erogare con immediatezza, per concentramenti massicci, a ragion veduta, e con forze mobili in grado di accorrere tempestivamente per le reazioni manovrate. Un primo passo verso l'incremento della potenza di fuoco e della mobilità delle GG.UU. elementari era stato compiuto, pur nella ristrettezza dei mezzi, dal generale Liuzzi, ma il passaggio dalla limitata alla larga disponibilità nucleare anche in campo tattico richiese un ulteriore incremento sia della potenza di fuoco, sia della mobilità, sia dell'autonomia logistica, anche ai livelli minori. Il battaglione, in particolare, avrebbe dovuto essere posto in grado di soddisfare in eguale misura le
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esigenze sia del combattimento offensivo che di quello difensivo, in ambiente nucleare ed in quello convenzionale, mediante l'acquisizione di un elevato potere risolutivo e di un supporto logistico adeguato alla nuova situazione. Nei riguardi dell'incremento della potenza di fuoco lo stato maggiore dell'esercito decise l'assegnazione di una compagnia mortai da 120 al battaglione di fanteria e lo scalamento dei mortai da 81 dal battagl.ione alla compagnia fucilieri, nonché l'aumento delle armi controcarri nell'ambito del reggimento di fanteria, mentre ai fini di una maggiore capacità logis tica vennero sensibilmente potenziati gli organi dei servizi ed unificati il più possibile gli organici dei battaglioni e delle compagnie, per ridurre il numero dei reparti omologhi a fisionomia differenziata e facilitare così gli approvvigionamenti ed i rifornimenti, nonché il completamento del personale. La nuova struttura dei battaglioni (8), eguale per tutti i tipi, previde: comandante ed ufficiali del comando, compagnia comando e servizi, tre compagnie fucilieri, una compagnia mortai da 120. Il nuovo battaglione conservò ] 'ordinamento ternario considerato valido per il suo associare notevole leggerezza alla capacità di coprire fronti estese e dj reiterare sforzi in profondità. Il comando di battaglione venne potenziato mediante l'assegnazione m un altro ufficiale addetto alle operazioni e di un ufficiale addetto agli automezzi per il controllo del parco automezzi e mezzi corazzati che, tra l'altro, subì un notevole incremento. Gli ufficiali medici da due vennero portati a tre nel battaglione di fanteria e bersaglieri ed a quattro nel battaglione alpini, dove in quest'ultimo tre di essi vennero assegnati organicamente uno per ognuna delle tre compagnie. La tradizionale denominazione di compagnia comando venne modificata in que lla di compagnia comando e servizi, che non solo conservò riuniti tutti gli organi di comando e continuò ad essere l'organo logistico esecutivo del comando di battaglione, ma ebbe confermata la sua funzione operativa, in quanto accentrò personale e mezzi tattici il cui impiego sarebbe stato deciso, di volta in volta, direttame nte dal comandante del battaglione. La compagnia comando e servizi venne articolata su: comandante, plotone comando e servizi, plotone trasmissioni, plotone pionieri, plotone esploratori (eccezione fatta per il battaglione di fanteria), plotone controcarri, plotone trasporti. Le differenze sostanziali, rispetto alla struttura precedente, furono: l'inclusione nel plotone comando e servizi di una squadra N.B.C. - articolabile in due nuclei, composta di personale avente incarico esclusivo e dotata di mezzi di collegam e nto e di tras porto in proprio - e di una squadra sanità articolabile in tre posti di medicazione e in tre nuclei portaferiti, dotati di veicoli attrezzati; la
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riunione in un unico plotone delle armi controcarri; l'inserimento di un plotone trasporti su di: un posto manutenzione di battaglione (officina leggera per il battaglione bersaglieri), una squadra trasporli per le dotazioni di reparto delle compagnie fuci Iieri e della compagnia comando e servizi e una squadra trasporti per le necessità connesse al movimento del comando di battaglione e della compagnia comando e servizi. La squadra N.B.C. ebbe il compito del rilevamento della radioattività e di prima bonifica e sostituì la squadra N.B.C. di compagnia che, essendo di formazione di circostanza e costituita di personale non con incarico esclusivo, si era dimostrata di scarsa affidabilità. La squadra sanità - articolabile in tre nuclei per dar vita a tre posti di medicazione con a capo, per ciascuno, uno dei tre ufficiali medici organici ed a tre nuclei portaferiti dotati, ciascuno, di autovetture da ricognizione attrezzate con barelle - venne a garantire un più esteso e immediato concorso al seguito del battag lione destinato ad operare in un ambiente dove le perdite avrebbero raggiunto percentuali assai maggiori che nel passato. La squadra sanità del battaglione bersaglieri venne dotata di tre veicoli cingolati, anziché di tre autovetture da ricognizione, e quella del battaglione alpini fu costituita su di un solo posto di medicazione e su tre nuclei portaferiti, in quanto altri tre pos ti medicazione vennero costituiti presso le tre compagnie fucilieri aventi, ciascuna, in organico un ufficiale medico. La riunione di tutte le armi controcarri in un unico plotone rispose a scopi di addestramento e di economia di personale, mentre l'entità delle armi controcarri, il calibro e il rapporto tra missili e cannoni senza rinculo vennero determinati in relazione alle maggiori o minori probabilità del singolo battaglione di dover affrontare unità corazzate e meccanizzate nemiche: più armi al battaglione bersaglieri e meno al battaglione alpino. Quanto ai trasporti, la costituzione del plotone omonimo rispose al criterio di accentramento di tutti gli autoveicoli e di unificazione della responsabilità della loro gestione affidata ad un ufficiale con incarico esclusivo, che doveva controllare altresì il funzionamento del posto di manutenzione (o della officina leggera). Nella prima squadra del plotone trasporti vennero riuniti solo gli automezzi per il trasporto delle munizioni di reparto delle tre compagnie fucilieri e della compagnia comando e servizi, mentre per il trasporto delle munizioni della compagnia mortai da 120, per la quale non era realizzabile la manovra, i mezzi vennero assegnati in organico alla compagn ia stessa che, a l pari della compagnia comando e servizi, venne interamente motorizzata. I mezzi organ ici del plotone trasporti avrebbero consentito, all'occorrenza, l'autotrasporto di
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un'intera compagnia fucilieri (od alpini). Nel battaglione bersaglieri i mezzi di trasporto delle munizioni di reparto vennero, invece, assegnati in proprio alle compagnie, conferendo così a queste una maggiore autonomia: il plotone trasporti venne costituito su di una officina leggera e una sola squadra. Nel battaglione alpini, il plotone trasporti venne ordinato su 2 squadre trasporti, un posto manutenzione e una salmeria su 35 muli destinati al trasporto del materiale del comando di battaglione (6 muli) ed a quello, in alternativa, o di un plotone mortai da 120 completo delle dotazioni di arma, o delle dotazioni di munizioni di reparto di una compagnia alpini, o di materiali e munizioni dai rispettivi posti di battaglione alle compagnie al pini. La compagnia comando e servizi ebbe, in sintesi, in sé tutti gli organi necessari per l'esplicazione dell'azione di comando da parte del comandante del battaglione e per il sostegno logistico, mentre il comandante, coadiuvato da un vice comandante - incaricato di presiedere all'organizzazione logistica ed al funzionamento dei servizi, avvalendosi dell'aiutante maggiore in 2a, dell'ufficiale addetto ai rifornimenti, del-
l'uffic iale addetto agli automezzi, dei tre uffic iali medici e del comandante della compagnia comando e servizi e giovandosi dell'organizzazione del suo comando - ebbe in proprio tutti gli organi cd i mezzi per concepire, organizzare e condurre la manovra della sua unità e per fare di questa la base di un gruppo tattico comprendente altre forze (artiglieria, genio, elementi cooperanti delle forze aei·otattiche, ecc.). Le compagnie fucilieri, bersaglieri, alpini vennero ordinate su: comandante, plotone comando e servizi, 3 plotoni fucilieri, plotone armi a tiro teso (plotone controcarri nella compagnia bersaglieri), plotone mortai da 81. La struttura, valida per la compagnia fucilieri, bersaglieri ed alpini, venne estesa, nella variante della compagnia bersaglieri, anche alla compagnia anfibia del battaglione lagunari e alla compagnia meccanizzata dei battaglioni meccanizzati e di quelli corazzati. Le innovazioni di maggiore rilievo furono la riduzione da quattro a tre dei plotoni focilieri ed alpini (le compagnie b ersagli eri erano già su tre plotoni) e l'inserimento del plotone mortai da 81. 11 plotone comando e servizi conservò pressoché la stessa composizione del passato ed in quello della compagnia alpini rimasero in organico i 24 muli per il someggio di tutte le armi di re parto con le relative dotazioni di arma e di materiale del comando di compagnia. I plotoni fucilieri e alpini continuarono a restare differenziati dal plotone bersaglieri: i primi, a struttura mista, rimasero ordinati su 3 squadre assaltatori - armate, ciascuna, di una mitragliatrice MG 42/59 bv - e su di una
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squadra armi leggere armata di due mitragliatrici dello stesso tipo nonché, solo per le squadre armi leggere del plotone fucilieri della compagnia fucilieri, di un lanciarazzi controcarri; il secondo, a struttura omogena, su 3 squadre assaltatori armate, ciascuna, di una mitragliatrice MG 42/59 e di un lanciarazzi controcarri. Il plotone armi a tiro teso delle compagnie fucilieri ed alpini fu dotato di 4 MG 42/59 e di 2 cannoni senza rinculo, il cui calibro si differenziava nei due tipi di plotone (fucilieri ed alpini) per l'adeguamento alle diverse condizioni di impiego; nel plotone alpini, inoltre, venne previsto anche un nucleo lanciarazzi su 2 armi. Il plotone controcarri della compagnia bersaglieri ebbe in dotazione 4 cannoni senza rinculo. Il plotone mortai da 81 venne articolato su di una squadra tiro e 3 squadre mortai, ciascuna su di un'arma. Le compagnie fucilieri ed alpini, malgrado ridotte a tre plotoni, conservarono sostanzialmente il medesimo numero di sorgenti di fuoco e la medesima percentuale, non lo stesso numero, di assaltatori; mentre il nuovo armamento mise la compagnia in grado di risolvere una più vasta gamma di situazioni. Il potere di arresto venne incrementato dotando di treppiede, come dotazione di reparto, il 70% delle MG 42/59 (nella compagnia bersaglieri il 30%). La compagnia bersaglieri, con i plotoni bersaglieri su squadre omogenee e dotate di una sola MG 42/59, venne profondamente trasformato rispetto al precedente, ma la diminuzione delle armi automatiche venne compensata dall'apporto delle mitragliatrici di bordo calibro 12,7 mm, delle quali venne prevista la sostituzione con altre di calibro maggiore (20 7 25 mm), possibilmente protette. La compagnia bersaglieri si vide, dunque, accrescere il volume di fuoco, specie controcarri, e la percentuale degli assaltatori. L'assegnazione del plotone mortai da 81 a tutti i tipi di compagnia fu il provvedimento che più degli altri soddis fece l'esigenza di ammodernamento e potenziamento dell'armamento della fanteria che, quasi presso tutti gli eserciti, veniva rinunziando ai cannoni di accompagnamento, sostituiti appunto dai mortai, e veniva incrementando, di converso, il potere controcarri. La gittata dei mortai da 81 alleggeriti, la loro manovrabilità e la loro elevata velocità di tiro conferirono alla compagnia la capacità di controllo di un'area molto più ampia e quella dell'effettuazione di rapidi e robusti concentramenti di fuoco, senza precedenti nel passato, che ne incrementarono notevolmente la forza di penetrazione e di resistenza e arresto. La discesa dei mortai da 120 dai livelli superiori a quello di battaglione rispose a criteri analoghi a quelli dello scalamento dei mortai da 81 dal battaglione alla compagnia. La compaf!.nia mortai da 120
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venne ordinata su: comandante e vice comandante, plotone comando e se rvizi, due plotoni mortai, ciascuno su 3 armi. La struttura, unica per tutti i tipi di battaglione, venne differenziata in fatto di mezzi di trasporto: le compagnie mortai dei battaglioni di fanteria ed alpini furono dotate di autovetture da ricognizione, quella del battaglione bersaglieri di veicoli cingolati. In quella del battaglione alpini non furono organicamente inserite salmerie, in quanto la notevole gittata dell'arma ne avrebbe consentito, di norma, l'impiego da schieramenti prossimi alle rotabili e, comunque, in caso di necessità, la compagnia avrebbe potuto utilizzare per il trasporto le salmerie della compagnia comando e servizi di battaglione. L'assegnazione dei mortai da 120 al battaglione, stanti le caratteristiche tecnico-tattiche dell'arma, si tradusse in aumento veramente considerevole dello spazio controllabile con i I fuoco del battaglione stesso, conferendo a questo la capacità di garantire alle compagnie fucilieri una costante copertura di fuoco e di concorrere in maniera efficace al mantenimento della coesione tattica dell'intero dispositivo del battaglione, nonché quella di intervenire massivamente e prontamente là dove la situazione lo richiedesse. L'inserimento dei mortai da 120 nel battaglione non eliminò, naturalmente, la necessità dell'indispensabile sostegno dell 'artiglieria, ma consentì di svincolare l'artiglieria da una parte degli oneri connessi con le azioni di appoggio e di sbarramento a favore di altre azioni non meno importanti ai fini della manovra divisionale. Esso, comunque, conferì al battaglione una potenzialità di fuoco che non aveva mai avuto nel passato. Il nuovo battaglione, assai diverso dal passato, più potente, più manovriero, più autonomo e più idoneo a trasformarsi in gruppo tattico - comprendendo, di volta in volta, unità carri, semoventi controcarri e missili controcarri a grande gittata, unità meccanizzate, pionieri del genio ed eccezionalmente unità di artiglieria - acquisì, dunque, con il nuovo ordinamento ed organico, la fisionomia spiccata di pedina fondamentale del combattimento delle unità di fanteria. La sua nuova capacità risolutiva, per l'accresciuto numero delle sorgenti di fuoco e per la più vasta gamma di quelle utilizzabili, in uno con il migliorato rapporto tra volume di fuoco e uomini destinati a sfruttarlo, divenne tale da consentirgli davvero quella persistenza negli sforzi che gli si richiedeva. La 600 e la 700 avevano posto in chiara evidenza che in tutti gli ambienti operativi il gruppo tattico doveva restare imperniato sul battaglione, eccezione fatta sui te rreni alpini, spesso anche su quelli montani, dove l' unità fondamentale continuava ad essere la compagnia. La 700 aveva poi fatto della compagnia
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fucilieri l'elemento fondamentale del sistema s tatico nell'ambiente nucleare attivo ed in quello nucleare potenziale. Sulla base di tali presupposti si era reso perciò necessario conferire maggiore capacità operativa al battaglione ed una individualità più spiccata alla compagnia per metterla in condizioni di svolgere, sia in proprio sia nel quadro del battaglione, azioni a più ampio respiro e di operare con maggiore autosufficienza. L'assegnazione dei mortai da 120 al battaglione e di quelli da 81 alla compagnia risolse in buona parte il problema. I due livelli organici, pur conservando compiti e fun zioni differenziati, acquisirono con la nuova struttura un ancor più largo grado d'indipendenza operativa e anche una maggiore libertà di azione su spazi più ampi. Con ciò non vogliamo dire che il nuovo ordinamento ed il nuovo organico del battaglione e della compagnia costituissero la soluzione ottimale, ma solo che quella adottata fu la migliore possibile in relazione alla disponibilità dei mezzi. Restarono insoluti alcuni problemi essenziali - quali quello dei mezzi di sorveglianza del campo di battaglia e quellu della difesa co11Lracn;i dagli attacchi da bassa e bassissima quota - ed altri ebbero soluzioni parziali (difesa controcarri e mobilità) che li resero meno spinosi che nel passato ma, nel complesso, sia il battaglione sia la compagnia compirono un notevole salto di qualità ed assunsero una fisionomia molto più simile a quella di cui i due livelli godevano presso altri eserciti.
3. Le pubblicazioni sull'impiego dei gruppi tattici di fante ria, alpino, corazzato, paracadutisti e lagunare, al livello di battaglione, rappresentarono, come abbiamo già rilevato, il naturale sviluppo della serie dottrinale 700, ma contennero anche alcuni elementi di novità derivanti dalla circolare n. 1510/22 1.82, diramata il 1 ottobre 1967, a firma del generale Vedovato, con il titolo di Precisazioni ed anticipazioni dottrinali - Spunti addestrativi (9). L'a nno 1967 segnò, infatti, una tappa significativa nella elaborazione della regolamentazione di impiego dei gruppi tattici, in quanto in quell'anno si svolse un intenso ciclo sperimentale, quale fase propedeutica di tale processo di elaborazione, che rese i comandi ed i quadri partecipi dei problemi difensivi ed offensivi che vennero dibattuti e che consentì di confrontare e convalidare, nel corso di esercitazioni appositamente organizzate, norme e procedure. Fu sulla base dei dati acquisiti nei due ci.cli addestrativi del 1966 e del 1967 che il generale Vedovato dispose la
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stesura definitiva dei regolamenti concernenti i gruppi tattici sulla base di due criteri distinti fondamentali: semplicità e concretezza. La circolare n. I 510/221.20 aveva inteso dirimere alcune perplessità manifestatesi in materia di dottrina in quel biennio, anticipare le principali norme relative all'impiego dei gruppi tattici, richiamare l'attenzione dei quadri su particolari di carattere organizzativo ed esecutivo rilevati dal capo di stato maggiore dell'esercito durante le esercitazioni e sottolineare, al tempo stesso, l'intima compenetrazione della teoria e della pratica, nella unitarietà della preparazione professionale dei quadri stessi. Dei tre argomenti della circolare - precisazioni dottrinali, anticipazioni sulla normativa di impiego, spunti addestrativi - prendiamo in esame solo il primo, perché le anticipazioni sulla normativa di impiego dei gruppi tattici, che vennero poi inserite nelle varie pubblicazioni, verranno riassunte ed illustrate particolareggiatamente in tali sedi e perché gli spunti addestrativi, che riguardano principalmente questioni attinenti la tecnica delle esercitazioni, quasi esulano dal discorso dottrinale e ordinativo. Le precisazioni dottrinali si riferivano soprattutto ai procedimenti da adottare nell'ambiente nucleare potenziale nel quale l'impiego delle forze non trac vantaggio dall'apporto decisivo del fuoco nucleare, mentre, per contro, è condizionato dalla remora del diradamento. E vero - afferma la circolare - che l'incertezza circa la fisionomia di un eventuale futuro conflitto costringe ad una preparazione che soddisfi tutte le ipotesi e, conseguentemente, conservano la loro validità i principi della duttilità della dottrina e della polivalenza dello strumento, ma quando si passa a configurare i procedimenti idonei per l'ambiente nucleare potenziale nascono gravi difficoltà, determinate dalla contraddittorietà tra l'esigenza della sicurezza per l'incombenza della minaccia nucleare e quella della concentrazione delle forze per stabilire il rapporto di potenza adeguato allo sforzo da compiere. Il problema, peraltro, non si presenta per le unità corazzate, in quanto per queste l'ambiente operativo, ai fini della sicurezza, ha un incidenza limitata, stante che la loro mobilità non pone vincoli alle rapide e momentanee concentrazioni di forze, mentre si pone in termini di calcolo dei rischi che si possono o si devono accettare nei riguardi delle unità di fanteria e di distinzione tra l'azione offensiva e quella difensiva ai diversi livelli tattici. Di tali livelli, i minori (squadra, plotone, compagnia) adottano procedimenti sostanzialmente indipendenti dall'ambiente operativo; i livelli maggiori, invece, debbono tenere conto del fattore vulnerabilità all'offesa nucleare, valutando le possibilità che, di volta in volta, offrono al nemico per l'impiego remunerativo delle
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armi di maggiore potenza. Le esigenze di diradamento diventano così determinanti in relazione allo specifico ambiente in cui si opera, ma esse però non devono costituire, nell'ambiente nucleare potenziale, un vincolo insuperabile a scapito della capacità di azione e di reazione. La vulnerabilità del dispositivo è limitata, infatti, quando le concentrazioni, indispensabili al successo, siano realizzate solo per il tempo strettamente necessario ad ottenere la decisione e decresce a mano a mano che si riduca la distanza tra gli schieramenti contrapposti. Nella battaglia offensiva, pertanto, il gruppo tattico al livello di battaglione adotta un dispositivo a larghe maglie, quando opera in primo scaglione, soltanto in quelle fasi del combattimento in cui, mancando il contatto con il nemico, può essere soggetto ad una offesa nucleare improvvisa, mentre se opera in secondo scaglione o in riserva mantiene costantemente un dispositivo a larghe maglie. Nella battaglia difensiva impostata sulla manovra di arresto e condotta con il procedimento della difesa ancorata, il difensore è, invece, fortemente condizionato dalla libertà di iniziativa dell'attaccante ed in più l'intelaiatura del sistema difensivo diventa, una volta attuata, irreversibile nella mi sura in c ui è imperniata su strutture statiche legate al terreno. Anche se vi sono segni (schieramento generale delle forze, articolazione delle uni là in la sd1iera, ecc.) che possano manifestare in qualche modo il procedimento che l'attaccante seguirà nell'azione, essi hanno solo valore di indizio e perciò il difensore si trova nel dilemma di una difesa a larghe maglie, più adatta a fronteggiare un attacco condotto con il sostegno del fuoco nucleare, o di una difesa più concentrata, meglio in grado di contrapporsi alle concentrazioni di un attacco con il sostegno del solo fuoco convenzionale. La chiave di soluzione del dilemma va perciò ricercata: nella opportunità di conferire a lla organizzazione difensiva la capacità di essere reversibile nella misura in cui lo richiedano le esigenze dei due differenti ambienti operativi; nella n ecessità di operare una scelta del procedimento, da contrapporre all'attacco, entro limiti di tempo che non compromettano l'efficienza della difesa. La prima esigenza rientra nel quadro delle predisposizioni ed investe la responsabilità dei comandi operativi direttamente interessati; la seconda rientra, invece, nel quadro delle decisioni dei più alti livelli responsabili della condotta delle operazioni. In sede di pianificazione si rende, dunque, necessario prevedere e predisporre uno schema di difesa, configurato per l'ambie nte nucleare attivo, che partendo dal precedente - preso come trama di fondo - ponga in essere un'organizzazione difensiva idonea a contrastare sforzi offensivi del tipo convenzionale ed impone una serie di misure
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di adeguamento che consentano, all'occorrenza, di passare con la massima tempestività dall'uno all'altro schema. Il secondo schema deve, perciò, prevedere: il raffittimento degli elementi statici, soprattutto nella fascia avanzata della P.R., in modo da incrementarne la capacità di arresto; l'attribuzione di una forte capacità di logoramento in profondità all'insieme fuoco-ostacolo-strutture statiche arretrate; l'impostazione della risoluzione della lotta sulle reazioni dinamiche combinate con una difesa controcarri, concentrata essenzialmente nelle zone di facilitazione per le forze corazzate. L'incertezza del modo con il quale potrebbe esordire un eventuale conflitto lascia, in sede di pianificazione, non definibile il grado di maggiore o minore probabilità di applicazione del primo o del secondo schema; saranno le condizioni del momento in cui verrà decisa l'assunzione degli schieramenti a fornire gli elementi in base ai quali i comandi operativi competenti dovranno decidere quale dei due schemi attuare. La decisione investe, comunque, la responsabilità dei live lli al di sopra del gruppo tattico, poiché, da questo livello in giù, ciò che conta è l'applicazione dello schema che si decide di adoltare nel caso concreto. La precisazione dottrinale della circolare 1510/221.82 circa l'amqiente nucleare potenziale mette molto bene in evidenza la grande difficoltà che tale ambiente, più di quello nucleare attivo e di quello convenzionale, pone alla soluzione dei problemi operativi sia offensivi che difensivi. Ma proprio per ques to - si legge nella circolare è l'ambiente che meglio si presta, in sede addestrativa, a studiare i problemi ed a sperimentare le soluzioni adottate. Di queste, quelle delineate nella circolare risultano quanto mai appropriate, anche se im- ' plicano l'adozione di misure complesse <la m ettere in atto entro ristretti limiti di tempo. D'altra parte, l'esistenza di un ambiente nucleare potenziale nell'alto grado di indeterminatezza, specie nell'azione difensiva, derivante dalla larga disponibilità nucleare anche in campo tattico, non rientrava nelle ipotesi d el terzo tipo, ma anzi era <la ritenere la meno improbabile. Rendere lo strumento operativo capace di fronteggiare queste probabilità, senza rinunziare alla idone ità ad agire negli altri ambienti, aveva dato luogo, fin dall'apparire della 700, ad una problematica piena di contrasti e di divergenze che, a ragione, il generale Vedovato intese riportare nell'ambito dei principi generali di massa e di sicurezza, che debbono sovraintendere all'impiego delle forze in combattimento. Le modalità di azione indicate nella circolare per l'azione offensiva e per quella difensiva interpretano correttamente quei principi e sono commisurate alla poten zialità operativa delle forze disponibili. La c ircolare, in sintesi, non si discosta dalla logica della se-
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rie dottrinale 700, della quale convalida i postulati, ma vi resta fedele, indicando solo alcuni adeguamenti suggeriti dall'esperienza addestrati va di due anni, durante i quali l'applicazione della dottrina 700, trasferita ai livelli minori, si era dimostrata abbisognevole di precisazioni e chiarimenti.
4. Le pubblicazioni riguardanti l'impiego dei gruppi tattici al livello di battaglione costituiscono una famiglia unica per impostazione, struttura e trattazione e possono essere suddivise, per analogia di materia, in due blocchi: il primo si riferisce alle unità che conducono il combattimento essenzialmente a piedi (gruppo tattico di fanteria, alpino, paracadutista); il secondo alle unità che operano montate su mezzi corazzati o protetti (gruppo tattico corazzato o gruppo tattico lagunare). E sse intendono perseguire, come già accennato, obiettivi di semplicità, concretezza, completezza. La trattazione non è condotta secondo il metodo tradizionale per casi di impiego, adottato anche dalle precedenti pubblicazioni della serie 700, ma secondo quello più generale per attività e momenti operativi tipici. Indicano i criteri generali ai quali ispirare le azioni, delineano i procedimenti da adottare per ciascuna delle attività o momenti operativi tipici e fissano le procedure per l'azione di comando e per la esecuzione dei vari atti tattici. La fusione di criteri, procedimenti e procedure risulta abbastanza armonica e non si può non rilevare che le cinque pubblicazioni raggiungono pienamente i tre obiettivi prefissati. I crite ri riferiti a casi del tutto generali rispettano i principi di massa, sorpresa e sicurezza richiamati dalla 700 e costituiscono il punto di riferimento e di controllo per la soluzione dei singoli casi concreti; i procedimenti di azione, derivati dai criteri, definiscono le modalità di utilizzazione delle forze e dei mezzi disponibili nelle varie situazioni di impiego e tengono conto dei fattori relativi ai termini del problema operativo; le procedure, infine, rappresentano le regole di lavoro per rendere più semplice e spedita l'organizzazione e l'esecuzione del combattimento mediante l'adozione di schemi fissi per determinate attività e prescindono, diversamente dai procedimenti, da qualsiasi variabile, purché restino ferme le caratteristiche organiche dello strumento considerato. Le pubblicazioni non contengono enunciazioni teoriche e sono, per contro, ricche di dati numerici riguardanti pres tazioni di unità e di mate riali (specie dei servizi), come
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pure di quadri sinottici relativi agli ordini che i comandanti di volta in volta ricevono e debbono impartire ed alle modalità della cooperazione. Esse si riferiscono sempre alle effettive capacità dello strumento disponibile e quando accennano, ad esempio, all'elitrasporto ed alle possibilità di intervento degli elicotteri nei vari atti tattici, lo fanno commisurando tali interventi ad una previsione di disponibilità ristretta. Limitano all'indispensabile i riferimenti ad altre pubblicazioni ed includono spesso integralmente concetti e procedure desunti da altri testi di cui evitano la necessità di consultazione. Trattano anche il combattimento in ambienti particolari (boschi, abitati); comprendono, oltre la parte tattica, l'organizzazione logistica ed i criteri d'impiego dei servizi e sono corredate da allegati ed appendici. Nella premessa di ciascuna pubblicazione è scritto, con caratteri grafici evidenziati, che le norme definite nella pubblicazione stessa non vanno asso.l utamente intese come astralli e rigidi schemi dottrinali, ma che esse intendono lasciare ai comandanti largo margine di iniziativa. L'adattamento del procedimento al caso concreto spella al comandante in funzione del compito cd in relazione ai vincoli ed alle possibilità derivanti della situazione e dell'ambiente naturale. Sia la circolare 1510/221.82 che le cinque pubblicazioni successive insistono molto sui criteri di semplicità ai quali intendono ispirarsi le pubblicazioni e sul ripudio della casistica e del rigidismo delle norme e quasi sembrano rivolgere un tacito rimprovero alle precedenti pubblicazioni della serie 700. Sia la 710 che la 720, come abbiamo visto, avevano trattato la materia riguardante il live llo divisionale, di brigata e di raggruppamento in un unico testo che comprendeva tutti gli elementi necessari per la risoluzione dei vari problemi operativi e l'avevano ordinata e sviluppata pe r casi di impiego, il che aveva comportato una inevitabile casistica, determinata dai tre tipi di ambiente operativo e dai tre tipi di ambie nte naturale (alpino, molano, di pianura e collinoso), nonché dalla diversa posizione occupata dalla G.U. o dal raggruppamento, secondo i casi, nel quadro del dispositivo deJla G.U. superiore. Al livello di gruppo tattico, ferme restando le differenze determinate dalla diversità degli ambienti naturali, quelle riguardanti l'ambiente operativo quasi scompaiono, o comunque si riducono di mollo, come giustamente sottolinea la ci rcolate 1510/221.82, mentre le diversità della posizione occupata dal gruppo tattico nel quadro deJla brigata o del raggruppamento si riducono anche queste - I O o 2° scaglione o in riserva - , indipendentemente che il gruppo tattico operi nell'ambito di una G.U. in prima o in seconda schiera o in riserva di corpo d'armata o di armata. Quanto
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al frequente ricorso all'ausilio di illustrazioni schematiche, fatto dalla 710 e dalla 720, esso aveva avuto lo scopo, in uno con il carattere sinottico dell'esposizione dei testi, di assicurare univocità di interpretazione e facilità di assimilazione, non già di stabilire una rigidità di applicazione delle norme, come del resto si leggeva a chiare lettere, ancorché non evidenziate da un diverso carattere grafico, nella premessa delle due pubblicazioni che lasciavano ai comandanti di divisione, di brigata e di raggruppamento ampie possibilità di scelta di adeguamento dei procedimenti e delle modalità d'azione indicate riferiti a casi tipici d'impiego - alle molteplici e mutevoli situazioni contingenti del campo di battaglia moderno. Questo ripudia, di per sé, ogni rigidezza e schematismo ed esige viceversa l'intelligente adattamento delle norme al caso concreto, nel rispetto dei principi e dei criteri fondamentali ai quali l'impiego delle unità deve essere costantemente ispirato. C'è, dunque, piena ed assoluta sintonia di concetti e di intendimenti tra le pubblicazioni <lei livello divisionale e quelle dei.gruppi tattici e non potrebbe essere diversamente, dato che le seconde costituiscono sviluppo delle prime e s'inseriscono sulla stessa linea concettuale. Chiudiamo la parentesi aperta non certo per contestare le pubblicazioni dei gruppi tattici che, anzi, giudichiamo le più complete, razionali ed avanzate di tutte quelle analoghe che l'avevano precedute, ma piuttosto le affermazioni, i sottintesi od i malintesi provocati, forse del tutto involontariamente, dalla insistenza con la quale le premesse ed i commenti ufficiosi apparsi nella Rivista militare accompagnarono in qualche caso la venuta alla luce delle cinque pubblicazioni che, derivate dalla matrice 700 ed elaborate e strutturate, sotto il profilo formale, con eguali modalità, coronarono e conclusero un corpo dottrinale che, per la sua concretezza e completezza, resta, nel suo insieme, uno dei migliori prodotti culturali e professionali dello stato maggiore dell'esercito italiano, anche per la sua ricchezza di valide prospettive circa la via evolutiva della dottrina d'impiego. Una peculiarità delle cinque pubblicazioni, che rappresenta una sostanziale novità rispetto al passato, è lo spazio riservato all'organizzazione logistica e all'impiego dei servizi. Solo la pubblicazione n. 2400 degli anni cinquanta aveva riportato tali elementi, ma sotto forma di accenni, mentre la successiva edizione del 1960 ne aveva taciuto del tutto. La trattazione logistica è suddivisa in testo e appendici ed il testo riguardante le due pubblicazioni base - il gruppo tattico di fanteria ed il gruppo tattico corazzato - è articolato in due capitoli: il primo enuncia i principi fondamentali per
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lo svolgimento delle attività logistiche delle quali fissa le modalità e le procedure, il secondo detta i criteri particolari di impiego dei servizi nelle attività tipiche indicate nella parte tattica. Esiste, perciò, una stretta armonia tra parte tattica e parte logistica e ciascuna delle pubblicazioni, in particolare le due di base, alle quali le altre tre rinviano per le parti valide in comune, fornisce ai quadri una guida pratica davvero molto ben riuscita. Circa l'impostazione concettuale della logistica di gruppo tattico vengono enunciati principi e criteri delle pubblicazioni precedenti ancora in linea con l'evoluzione ordinativa del 1962-1964. Il gruppo tattico è complesso a fisionomia logistica completa ed autonoma, costituente il primo anello della catena funzionale, e la sua organizzazione logistica rimane fondamentalmente impostata sul sistema per materia, o gruppo di materie affini, facente capo ad un apposito servizio, ma un unico ufficiale (addetto in rifornimenti) ha il compito di provvedere ai rifornimenti per tutti i servizi e un altro ufficiale (aiuta nte maggiore in 2 a) quello <li dirigere tutti i trasporli, alluamlo così, al livello direttivo, l'organizzazione per fun zioni delle attività fondamentali dei rifornimenti e dei trasporti. Viene confermato il criterio dell'automatismo del rifornimento del gruppo tattico presso il 2° anello logistico, ma vie!).e sottolineata altresì l'importanza del rifornimento a domicilio che il comando superiore deve attuare con la maggiore frequenza possibile. Resta la distinzione dei trasporti di prima linea negli scaglioni "F", "A" e "B", introdotta nella pubblicazione 2400 del 1950, ma viene precisato che il comandante del gruppo tattico deve poter fare affidamento immediato, in caso di necessità, sugli autoveicoli dello scaglione "B". Per la prima volta viene sanzionata ufficialmente la zona dei servizi di gruppn tattico, della quale ve ngono stabiliti la composizione, la dimensione ed i rapporti di distanza dei vari organi tra loro e rispetto agli altri elementi del gruppo tattico, precisando, inoltre, che nella normalità dei casi ad essa è preposto il comandate della compagnia comando e servizi. Ci sembra opportuno dare, dei particolari procedimenti d'impiego contenuti nelle cinque pubblicazioni, maggiore rilievo a quelli fissati per l'attacco e per la difesa del gruppo tattico di fanteria e di quello corazzato, in quanto le due pubblicazioni, come abbiamo già annotato, costituiscono documenti di base rispettivamente per le unità che operano a piedi e per quelle che agiscono montate. Meritano, peraltro, alcune annotazioni anche le pubblicazioni riguardanti il gruppo tattico paracadutista ed il gruppo tattico lagunare, soprattutto per le parti interessanti alcune loro attività tipiche, sia perché entrambe
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non hanno precedenti nel dopoguerra, sia perché completano la visione generale del combattimento moderno nel quale paracadutisti e lagunari occupano, nei riguardi del problema operativo nazionale, una posizione secondaria se si vuole, ma pur sempre indispensabile ai fini di una capacità di immediata reazione alle offese in profondità od a quelle sul fianco a mare dello schieramento difensivo in corrispondenza della frontiera nord-orientale. Tutte le cinque pubblicazioni, seguendo la falsariga della 71 O e della 720, sviluppano la trattazione della parte Lattica articolandola, quasi per tutti i singoli momenti operativi tipici, in quattro atlività distinte - concettuale, organizzativa, esecutiva e di condotta - specificando per ognuna i fattori da esaminare e i procedimenti da seguire per realizzare, al livello di gruppo tattico, le varie manovre offensive e difensive.
5. Il gruppo tattico di fanteria (1O), qualunque sia la situazione generale nella quale opera, svolge, in alternativa, una delle seguenti attività tipiche, ciascuna delle quali configura un particolare momento operativo: movimento in lontananza dal nemico, stazionamento, movimento a contatto con il nemico, attacco, difesa, abbandono di posizioni, controllo di zune estese, superamento di un ostacolo acqueo inguadabile, combattimento in ambienti particolari. Per adempiere il compito assegnato a l suo complesso di forze, il comandante del gruppo tattico concepisce l'azione sulla base degli elementi fornitigli dal comando superiore, generalmente il comando di brigata o di raggruppamento tattico, e dei risultati dell'esame dei termini del problema operativo e ne fissa i caposaldi nel concetto di azione. Nell'organizzare l'azione, prendendo l'avvio dal concetto di azione, egli indica lepredisposizioni e le modalità per realizzare la manovra, stabilendo l'impiego delle forze, del fuoco, delle trasmissioni, dei mezzi particolari e delle misure per il coordinamento. Egli, infine, la conduce impartendo gli ordin i che la situazione richieda; esplica la sua azione di comando portandosi, se necessario, là dove più decisivo è il combattimento; la dirige coordinando l'azione delle varie articolazioni minori ed impiegando il fuoco ed il rincalzo, nonché apportando, senza esitazione, quando necessario, modifiche a l concetto iniziale di manovra pe r fronteggiare gli imprevisti e per sfruttare ogni occasione favorevole, tenendo sempre presente l'imperativo d ell 'adempimento del compito. La sequenza di tali attività è comune a tutti i gruppi tat-
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tici ed a tutti i momenti operativi tipici, compresi quelli (es. movimento in lontananza dal nemico, stazionamento, ecc.) nei quali l'attività organizzativa, esecutiva e di condotta prevalgono, in un certo senso, su quella concettuale, in quanto si tratta solo, molto spesso, di applicare criteri e norme generali sanciti da appositi regolamenti (es. le norme della pubblicazione Il movimento per via ordinaria e lo stazionamento) (11). Al fine di sottilineare la complessità dell'attività organizzativa, riportiamo in nota, straJciandoli dalle varie pubblicazioni, gli argomenti che formano oggetto di esame e di decisione da parte del comandante del gruppo tattico nei principali momenti operativi tipici. Il gruppo tattico di fanteria opera in attacco quando adempie un compito che si concreta nel raggiungimento di un obiettivo previo superamento della resistenza diretta del nemico. In tale attività tipica confluiscono tre principali casi di impiego: combattimenti preliminari, attacco nel significato tradizionale del termine, contrattacco. Al li mite - e<l è questa una innovazione - al gruppo tattico può venire assegnato solo il compito. La sequenza dell'attacco non si discosta da quella della regolamentazione già in vigore: combinazione delle azioni delle varie articolazioni del dispositivo, conquista dell'obiettivo, prosecuzione verso l'obiettivo eventuale ovvero in profondità sull a base degli orientamenti per l'azione successiva tradotti in obiettivi nel corso dell'azione, consolidamento delle posizioni raggiunte ogni qualvolta venga meno e si esaurisca la capacità offensiva o la manovra si debba arrestare per esigenze di coordinamento con quella di ordine superiore. Sulla base del suo concetto di azione, il comandante del gruppo tattico emana gli ordini per realizzare la manovra voluta, riguardanti la ripartizione dell'obiettivo tra le unità dipendenti, l'assegnazione delle vie o degli spazi tattici, la scelta del dispositivo, l'organizzazione del fuoco, delle trasmissioni, del comando e le varie modalità di coordinamento (12). Il gruppo tattico può conquistare l'obiettivo di attacco con le compagnie avanzate o con il rincalzo: nel primo caso il comandate assegna a ciascuna compagn ia avanzata un proprio obiettivo di attacco (parte di quello di gruppo t attico) e dà al rincalzo solo orientamenti di impiego; nel secondo caso, assegna a ciascuna compagnia avanzata un obiettivo costituito dalla parte più ravvicinata del proprio obiettivo di attacco ed al rincalzo l'obiettivo di gruppo tattico. Il gruppo tattico agisce normalmente in un settore di ampiezza non inferiore ai 4 km cd articola il suo dispositivo, di massima: su due compagnie avanzate ed una di rincalzo oppure su di una compagnia in primo scaglione, una in secondo ed una in rincalzo; in
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taluni casi, e quando il gruppo tattico disponga delle forze necessarie per costituire un rincalzo, su tre compagnie avanzate. Le unità carri, facenti eventualmente parte del gruppo tattico, agiscono o come elemento di rinforzo o, meno frequentemente, come elemento di forza: nel primo caso, i carri agiscono per i fucilieri ed il loro apporto si esplica essenzialmente con il fuoco di accompagnamento e controcarri; nel secondo, i carri svolgono un'azione propria, in connessione con quella delle unità fucilieri, in modo da sfruttare, oltre la potenza di fuoco, anche la capacità di manovra. Le due forme - altra novità possono coesistere od alternarsi nel tempo secondo lo sviluppo della manovra del gruppo tattico. Ad ogni compagnia, alla quale vengono assegnati o un settore di azione o una direzione di allacco, secondo i vincoli che si vogliono porre alla sua azione, si schiera su di una fronte ed una profondità media di 600 m, mentre gli intervalli e le distanze fra le compagnie oscillano tra valori massimi (600 m circa) sulla base di partenza per l'attacco e minimi (300 m circa) a mano a mano che il dispositivo si accosta all'obiettivo. I valori aumentano nell 'am biente nucleare attivo, fermo restando che la dilatazione del dispositivo non deve comunque essere tale da compromettere la coesione tattica. Il sostegno di fuoco convenzionale è assicurato in ogni caso dalle unità organiche, dall'artiglieria, dalle forze aerotattiche e, talvolta, dall 'aviazione leggera ùell'<.:sercito. L'organizzazione del fuoco tende a realizzare la neutralizzazione delle sorgenti di fuoco nemiche che si oppongano alla progressione, mediante interventi efficaci, manovrati, aderenti e tempestivi. Essa comporta la valutazione delle esigenze, la determinazione dell'ordinamento tattico e dei compiti delle varie aliquote di fuoco, la definizione delle intese e degli accordi fra il comandante del gruppo tattico e gli organi di fuoco cooperanti, lo inoltro delle esigenze di fuoco al comando superiore e, infine, la precisazione delle modalità per garantire la tempestività e l'ade ren za delle armi del gruppo tattico (impiego degli V.O. dei mortai da 120, schieramenti iniziali e successivi dei mezzi arretrati, coordinamento dei cambf di schieramento, predisposizione per la manovra speditiva del fuoco). La organizzazione del fuoco si traduce prima in progelli parziali di piano del fuoco e successivamente in piano dei fuochi per l'attacco. La base di fooco del gruppo tattico è costituita dai mezzi di fuoco del l'aliquota alle dirette dipendenze del comandante di gruppo tattico ed è ripartita in aliquota mortai (da 120 ed eventualmente da 81 delle compagnie non impegnate) ed in aliquota controcarri (missili, cannoni senza rinculo, semoventi controcarri, eventualmente carri). La 712, dopo la diffusa trattazione circa l'organizza z ione del fuoco (13), codi-
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fica una nuova tecnica di apertura dei corridoi nei campi minati, fondata sull'utilizzazione di ordigni esplosivi autopropulsi, precisando modalità e tempi per l'esecuzione dell'operazione, realizzata di norma attacco durante. La creazione di corridoi per il trafilamento degli clementi avanzati (due corridoi per ogni plotone avanzato ed uno di riserva per ogni compagnia avanzata) ed il loro successivo allargamento per consentire il transito di mezzi ruotati e cingolati si attuano secondo i procedimenti fissati dai comandi superiori e hanno, conseguentemente, uno sviluppo diverso nel caso di impiego di ordigni esplosivi autopropulsi (tipo vipera) o di mezzi esplosivi del tipo cariche allungate, i primi lanciati, i secondi spinti attraverso i campi minati. L'apertura dei corridoi con ordigni esplosivi autopropulsi - caso normale - comprende: movimento dei pionieri, loro inserimento tra le squadre assaltatori avanzate e quelle di rincalzo fino alla distanza di 150-100 m dal margine anteriore del campo minato, superamento delle squadre assaltatori avanzate da parte dei pionieri e prosecuzione del movimento in avanti fino a 80-60 m dal margine anteriore del campo minato, effettuazione dell'apertura dei corridoi mediante i mezzi autopropulsi sostenuta dal fuoco dei plotoni fucilieri avanzati oltre che da quello di tutte le armi in grado di intervenire efficaéemente, trafilamento dei plotoni avanzati attraverso i corridoi, afflusso dei materiali esplosivi necessari per l'ampliamento dei corridoi in varchi nel numero di uno per compagnia. L'apertura dei corridoi con il metodo delle cariche allungate è, invece, operazione lunga e complessa. I pionieri, durante l'azione di preparazione, raggiungono il margine anteriore del campo minato dopo la neutralizzazione delle direse dirette del campo stesso, fruiscono operazione durante della protezione degli speciali gruppi appoggio (pattuglie di combattimento tratte in genere dal rincalzo), s i sottraggono all'osservazione mediante cortine nebbiogene inizialmente create dall'artiglieria ed a limentate successivamente dalla base di fuoco del gruppo tattico e dai gruppi di appoggio, aprono i corridoi in una o più riprese impiegando i materiali ammassati prima dell'attacco a distanza ravvicinata dal margine anteriore del campo minato. Rispetto all'attacco diurno, caratterizzano quello notturno la minore profondità dell'obiettivo di attacco, l'incidenza determinata del fattore sorpresa, l'esigenza di uno stretto coordinamento del fuoco e del movimento con l 'impiego dei mezzi di illuminazione del campo di battaglia e, infine, la possibilità di proseguire l'azione di giorno sviluppando, in tale caso, l'attacco con una combinazione dei due procedimenti, quello dell'ambiente notturno e quello dell'ambiente diurno.
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Ciò che più distingue le linee essenziali dell'attacco della 712 da quello della pubblicazione 2400 della serie dottrinale, edizione 1960, sono il diverso volume di fuoco che il gruppo tattico della 712 può sviluppare, grazie alla disponibilità organica della compagnia mortai da 120 ed a quella dei mortai da 81 al livello di compagnia, e la nuova tecnica di apertura dei corridoi nei campi minati. La manovra di attacco del gruppo tattico è ora più potente e più spedita e, poiché, al livello di gruppo tattico minore è l'incidenza dell'ambiente operativo sul dispositivo e sui procedimenti di azione, la 712 considera sostanzialmente costanti le nuove caratteristiche, indipendentemente dall'ambiente operativo stesso. 11 dispositivo ed i procedimenti di azione, a meno di lievi varianti dipendenti dal grado di rischio accettato della distanza dal nemico, non mutano granché se si voglia salvaguardare la coesione tattica, la quale peraltro, proprio mediante la nuova disponibilità dei mortai da 81 e da 120, può essere concepita in termini di spazio più estesi che nel passato. Ecco il perché, ai rini <li un'azione opportunamente articolata, i1 settore <li azione del gruppo tattico di fanteria è ora ampio circa 4 km. Il gruppo tattico di fanteria è in difesa allorquando adempie un compito che si concreta essenzialmente nel mantenimento di determinate posizioni (difesa nella P.R., dife sa in una P.A.T., costituzione di un fianco dirensivo, concorso alla costituzione di una fronte di accerchiamento). Il compito del gruppo tattico nell'ambito della P.R. al quale limitiamo l'esame - si concreta ne ll'interdire al nemico una o più vie di facilitazione, nell'infliggere all'attacco il maggiore logoramento possibile ed a romperne la coesione, concorrendo, in sistema con i gruppi tattici contermini o non, all'incapsulamento delle pe netrazio ni nelle zone per le a zioni manovr a te che , di no rm a, sono svolte da altre forze. L'azione si sviluppa nell'ambito di una zona di competenza - riferita sempre alla difesa nell 'ambito della P.R. - la cui estensione non supera di massima, i 50 km2 (5 + 8 km <li ampiezza e 10 + 6 km di profondità) e s'impernia su di una resistenza a tempo determinato condotta coordinatamente dalle strutture statiche, dai complessi mobili e dal fuoco manovrato. Lo schieramento delle strutture statiche, unitamente a quello degli altri elementi difensivi, è definito in base ai lineamenti della manovra che - specialmente in terreni di pianura e collinosi - è concepita in fun zione del convogliamento del nemico ve rso le predisposte zane d elle rea zioni setturali e divisionali. Nella zona di competenza del gruppo tattico operano i complessi mobili alle dirette dipendenze, di norma, del comandante del raggruppamento (solo in casi particolari del comandante del gruppo
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tattico) e possono schierarsi temporaneamente unità di artiglieria, missili od altri elementi. Il fuoco manovrato garantisce ad ogni struttura statica l'indispensabile sostegno per lo sbarramento delle vie tattiche da interdire o per il costante potenziale dominio degli spazi vuoti. L'organizzazione della difesa (15) riguarda le forze, gli spazi vuoti, il fuoco, i lavori, l'ostacolo, le trasmissioni e l'esercizio del comando. Delineata inizialmente in un progetto di difesa, viene prendendo via via corpo nei progetti parziali che, perfezionati ed armonizzati, diventano piani parziali di difesa e alla fine danno vita ad un piano di difesa che è l'insieme dei piani parziali. L'articolazione delle forze prevede le unità fucilieri per il presidio delle strutture statiche campali, le opere della fortificazione permanente quanclo esistano, le unità od i mezzi controcarri, eventualmente i complessi mobili in proprio (di norma costituiti al livello di raggruppamento) ed eventualmente il rincalzo di gruppo tattico. Il presidio di una struttura statica campale è, di massima, dell'ordine della compagnia rinforzata, ma nei terreni montani è frequente il ricorso a caposaldi <li plutone. Requisiti del caposaldo sono il dominio tattico, quanto meno potenziale, delle vie da interdire e l'autonomia tattica e logistica; il requis ito dell'impenetrabilità è trasferito al livello di plotone, in quanto il caposaldo di compagnia assume, normalmente, struttura nucleare a caposaldi minori di plotone cooperanti. La manovra dei presidi dei caposaldi, attuata normalmente solo su ordine dei comandi superiori, può essere estesa anche al di là della zona di competenza del gruppo tattico al fine di attivare caposaldi predisposti e tratti di campi minati d'interdizione o per eseguire reazioni manovrate. Le opere della fortificazione permanente: se inglobate in un caposaldo a strullura unitaria assumono le fun zioni di centro di resistenza, se inglobate, invece, in un caposaldo a struttura nucleare quella di caposaldo minore. Le unità controcarri si schierano inizialmente in corrispondenza delle zone di maggiore minaccia carrista e possono essere manovrate, azione durante, per realizzare altre gravitazioni di fuoco. I complessi mobili sono costituiti, di massima, da un plotone meccanizzato e da unità controcarri (in montagna anche da minori unità di fanteria) ed ostacolano il pattugliamento nemico, impediscono le infiltrazioni, contras tano l'azione nemica e concorrono al convogliamento. Il rincalzo di gruppo tattico è di costituzione eventuale; normale solo in terreni montani. Quando esiste - costituito in genere da una compagnia fucilieri, più raramente da una compagnia meccanizzata - è impiegato per contrassaltare a favore di posizioni vitali, o per presidiare a ragion veduta strutture statiche campali predisposte ma non attivate, o p er
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rinforzarne altre, o per controllare tratti della zona di competenza del gruppo tattico. Gli spazi vuoti costituiscono elemento essenziale della difesa. Nell'ambiente nucleare attivo e potenziale (in questo ultimo quando venga deciso di adottare i procedimenti dell'ambiente nucleare attivo), le esigenze di un maggiore diradamento impongono tra le compagnie distanze cd intervalli non inferiori ai 2 km; in quello convenzionale e nucleare potenziale (nel quale non venga deciso di adottare i procedimenti dell'ambiente nucleare attivo), gli intervalli possono essere tali da realizzare la cooperazione diretta anche tra elementi superiori al livello di plotone. L'organizzazione del fuoco, dell'ostacolo e dei lavori è quella della regolamentazione già in vigore, ma all'organizzazione del fuoco, in particolare, è dato ancora maggiore risalto e, come per l'attacco, ne vengono precisati tutti gli aspetti fin nelle modalità minute. La sequenza dell'azione può essere così sintetizzata: prima dell'inizio dell'attacco nemico, ass unzione della responsabilità della zona di competenza; prima e durante l'attacco, controllo della zona di competenza; ad allaccu iuizialu, concorso all'azione delle forze antistanti, attivazione delle strutture statiche, interventi negli spazi vuoti, eventuale manovra dei presidi dei caposa]di campali. La pressione dell'attacco nemico può comportare, talvolta, l'abbandono della posizione o la creazione di un'isola di resistenza. Questa ultima eventualità, che si può verificare anche per iniziativa del comandante del gruppo tattico, richiede l'adeguamento del dispositivo al nuovo compito (mortai da 120 schierati in posizione centrale, costituzione di elementi di sicurezza dando vita a posti di sbarramento e pattuglie perimetralmente alla zona occupata, eventuale inglobamento di altre forze costrette ad abbandonare le posizioni, ecc.). Anche in tema di difesa la 712 introduce innovazioni rispetto al passato derivanti, in gran parte, dalla nuova struttura del battaglione, ma anche dalla definitiva scomparsa del caposaldo di battaglione e del rincalzo organico di gruppo tattico. La manovra difensiva del gruppo tattico di fanteria al livello di battaglione risente però della mancanza del rincalzo organico. Ancorché reattiva in ragione del ricorso all'attivazione di strutture statiche predisposte (caposaldi e campi minati), alla manovra dei presidi dei caposaldi ed a quella delle unità e dei mezzi controcarri, l'azione del gruppo tattico è meno manovrata, perché il comandante non dispone di uno dei due fattori essenziali della manovra. Si rende così meno affidabile il mantenimento delle posizioni e ciò può produrre l'abbandono di queste ultime, ancorché sempre e solo su ordine del comando superiore, anche quando forse potrebbe esserne possibile il mantenimento salvaguardando le posi-
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zioni vitali mediante un robusto contrassalto. D'altra parte, senza la disponibilità di un rincalzo organico, anche l'abbandono delle posizioni o la creazione di un'isola di resistenza diventano operazioni aleatorie, a meno di interventi di forze e di fuoco da parte della unità di ordine superiore. Ogni operazione, grande o piccola, senza la disponibilità di una riserva o di un rincalzo, rischia l'insuccesso. Ciò è ancora più vero quando le zone di competenza raggiungono i valori medi elevati indicati dalla serie dottrinale 700 e la difesa di esse è affidata ad unità prive di mobilità integrale. Il gruppo tattico manovra e non vi può essere manovra vera quando uno dei due parametri - il movimento - viene meno. La 712 conferma anche per la difesa - ed aragione - la scarsa incidenza che l'ambiente operativo ha sulle dimensioni e sulla configurazione generale della sistemazione difensiva, mentre sottolinea la maggiore influenza, rispetto all'ambiente convenzionale, che quello nucleare attivo esercita sui lavori. I complessi mobili - secondo elemento caratteristico della difesa e principale elemento di attivazione d egli spazi vuoti - vengono classificati giustamente come i naturali mezzi di potenziamento della fkssibilità dei sistema. Del fuoco la pubblicazione esalta la funzione di principale fattore della coesione tattica del dispositivo e di principale mezzo di tutel a della libertà di azione del comandante di gruppo tattico. La disponibilità di un maggiore volume di fuoco consente, tra l'altro, nella visione della 712, di assegnare alle compagnie zone di competenza il cui controllo è realizzato con il fuoco e con elementi fissi o mobili (pattuglie appiedate o motorizzate) tratti dai presidi dei caposaldi, soprattutto di quelli non investiti dall'attacco avversario. In armonia con le precisazioni circa l'ambiente operativo della circolare 1510 e altrimenti dalla pubblicazione 710, la 712 stabilisce che la dislocazione al di fuori della struttura di una parte del presidio sia provvedimento da attuare solo in ambiente nucleare attivo e sempre che il terreno consenta l'occultamento in zone vicine e non ponga remore alla tempestività dell'afflusso sulle posizioni da presidiare. Indipendentemente da tali innovazioni, la concezione della difesa espressa dalla 712 è una concezione dinamica che, anzi, amplia quella della 710, ma che soffre di una qualche anchilosi proprio per la rinunzia a priori, almeno sui terreni di pianura e di collina, ad un rincalzo organico.
6. IL gruppo lattico alpino (16) svolge le stesse attività tipiche previste per il gruppo tattico di fanteria, ma con procedimenti adeguati
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al particolare ambiente in cui opera. Nell'attacco raggiunge l'obiettivo assegnatogli mediante la manovra tendente al superamento e, ove necessario, all'eliminazione delle forze nemiche interposte. Esso realizza la massima concentrazione di effetti sulle unità nemiche e ricerca la sorpresa; impegna o supera le difese nemiche lungo direzioni o da posizioni che consentano risul lati rapidi e decisivi o, per superarle od aggirarle, sfrutta zone impervie e condizioni meteorologiche particolari. Autonomia, sorpresa e adeguato supporto logistico sono gli elementi della manovra del gruppo tattico alpino, il quale fruisce di ampia libertà nella scelta del dispositivo che, in funzione delle molte possibilità consentite alla manovra e della potenzialità delle vie tattiche disponibili, si articola: di norma, in un numero vario di aliquote - al livello di compagnia o di plotone eventualmente rinforzato da una a tre, avanzate ed in una di rincalzo; eventualmente, in una o due aliquote avanzate, una in primo ed una in secondo rincalzo. La manovra, peraltro, di ampia scelta in sede concettuale ed organizzativa, è vincolata in sede esecutiva per le difficoltà di spostare con tempestività aliquote di forze per variare gli assi di gravitazione degli sforzi nel corso dell'azione. Le differenze principali, in sede concettuale ed organizzativa (17), rispetto al gruppo tattico di fanteria riguardano: il controllo dell'ampio settore di azione - non determinabile a priori al pari delle distanze e degli intervalli, condizionati quasi esclusivamente dalle caratteristiche del terreno e dalla manovra che si decide di compiere -. il dispositivo, lo impiego del plotone esploratori, il coordinamento del fuoco di artiglieria e dei mortai da 120, l'esecuzione di eventuali colpi di mano definiti nel quadro della manovra del livello superiore. In ogni caso il settore di azione e gli intervalli tra le aliquote sono in genere più ampi di quelli del gruppo tattico di fanteria e il dispositivo risulta, invece, di norma più raccolto nel senso della profondità. L'obiettivo di attacco del gruppo tattico - raggiungibile con le aliquote avanzate, assegnando a ciascuna di queste un obiettivo di attacco che sia parte di quello di gruppo tattico ed attribuendo al rincalzo orientamenti d'impiego - è rappresentato da località essenziali ai fini della prosecuzione dello sforzo in profondità della brigata e da località il cui possesso tolga al nemico la facoltà di una contromanovra efficace. Nelle situazioni di contatto stabilizzato, di sistemazione difensiva nemica di media consistenza e di terreno poco favorevole al movimento delle aliquote avanzate, l'obiettivo di attacco assegnato a queste ultime è più ravvicinato <li quello <li grup·po tattico, mentre l'obiettivo eventuale può
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coincidere con quello di attacco del gruppo tattico. Le vie tattiche scelte debbono incidere più che sulla fronte sulla profondità, sì da raggiungere le posizioni maggiormente risolutive ai fini della manovra complessiva. Il plotone esploratori è l'elemento che chiarifica costantemente la situazione, dando sicurezza ai fianchi del dispositivo ed operando di sorpresa sui fianchi e sul tergo dello schieramento avversario mediante l'utilizzazione delle vie ~attiche di più difficile percorribilità. Il comandante del gruppo tattico - tale procedura costituisce una innovazione tendente ad agevolare l'azione del comandante, senza sottrargli le responsabilità decisionali - può devolvere il coordinamento del fuoco dei mortai da 120 e di quello dell'artiglieria del complesso tattico al comandante dell'unità di artiglieria. In tal caso, è questi che provvede ad inserire la compagnia mortai da 120 nella rete topografica di artiglieria cd a regolare l'erogazione del fuoco (distribuzione sugli obiettivi, durata, successione), i cambi di schieramento, il consumo delle munizioni. Di notte, raramente il gruppo tattico sviluppa l'intera azione; più frequentemente, esso impiega una piccola aliquota delle sue forze (pattuglie di combattimento) per l'esecuzione di colpi di mano ed utilizza l'arco notturno per iniziare l'attacco, la cui prosecuzione e conclusione avvengono, in genere, di giorno. L'ora di inizio dell'attacco notturno deve essere tale da consentire alle aliquote avanzate, in caso di insuccesso, di ripiegare o di ancorarsi al terreno prima dell ' alba, in modo da non soggiacere al dominio di osservazione e di fuoco nemico. Nell'attacco notturno l'infiltrazione negli spazi vuoti, affidata ad aliquote di forza appositamente designate, è il mezzo più efficace per realizzare la sorpresa e sottrarre al nemico le maggiori possibilità di contromanovra. Su terreno innevato l'attacco può manifestarsi essenzialmente con azioni di sorpresa e a breve raggio, sotto forma di colpi di mano, imboscate od agguati; con azioni ad ampio raggio aggirando le difese nemiche per colpirle sul tergo. La neve favorisce chi si difende perché gli facilita l'osservazione e l'individuazione deU 'attaccante, limita all'attaccante l'utilizzazione degli appigli tattici e lo spazio per gli schieramenti di artiglieria e riduce il rendimento delle armi a proietto scoppiante. Ma non pe r questo inibisce l'attacco al quale, invece, consente di realizzare la sorpn..:sa in caso di condizioni proibitive (tormenta, nebbia), rende problematico e spesso nullo l'effetto dell'ostacolo artificiale (mine, re tico la I i) dopo un'abbondante nevicata ed una successiva gelata e cons1.·11l l' :1 dii deve avanzate di muovere rapidamente a piedi su neve gc lntn . Rispetto all'attacco del gruppo tattico di fanteria, que llo d,•I g 111p po tattico alpino è ispirato ad una maggiore esaltaz io,w d,·11:, 111:1 110 -
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vra. Da qui l'esigenza della disponibilità di complessi pluriarma dotati di larga autonomia tattico-logistica ed il frequente decentramento dalla brigata ai gruppi tattici dell'artiglieria e delle unità del genio. Si esaspera il concetto di evitare configurazioni schematiche della manovra che va adeguata, più che su altri tipi di terreno, alla morfologia molto variegata del terreno stesso. La già accennata difficoltà di procedere a rimaneggiamenti del dispositivo azione durante affida soprattutto al fuoco dei mortai e dell'artiglieria la possibilità di insistere a favore dello sforzo principale iniziale e di assicurare la condotta unitaria dell'attacco, che presenta aspetti organizzativi più onerosi di quelli del gruppo tattico di fanteria, specialmente nel settore logistico. I nuovi mezzi di trasporto e di intervento (cingolati, elicotteri) possono, però, offrire all'attacco su terreni alpini, anche quando innevati, nuove possibilità di sviluppo e di successo od alleggerirne in parte gli oneri logistici. Quando sviluppa la difesa nell'ambito di una P.R., il gruppo tattico alpino è responsabile anche dell'azione del settore di zona di sicu rezza antistante la posizione da mantenere. Le unità che agiscono in tale settore svolgono i compiti propri delle for1:e in Z.S. (raccolta di informazioni, logoramento e ritardo delle forze avanzate dell'attacco, eventualmente prime resistenze opposte in corrispondenza di posizioni naturalmente forti) e si articolano in posti di sbarramento, che distaccano posti di osservazione e allarme, pattuglie e rincalzo, dando vita inoltre, quando possibile, a posti scoglio. Sul ·piano concettuale, su quello organizzativo (18) e su quello della condotta esistono anche nella difesa alcune differenze rispetto al gruppo tattico di fanteria. Le unità da impiegare, sin dall'inizio, per il presidio delle strutture statiche e quelle da destinare ad azioni dinamiche possono essere ripartite secondo un rapporto di forze favorevole alle seconde, con conseguente esaltazione della reattività mobile nell'interno del settore. Al gruppo tattico è assegnata la responsabilità di un settore difensivo della P.R., oltre che della Z.S., nel quale la resistenza, in un ambiente geo-topografico generalmente unitario, s'impernia su strutture statiche (campali e permanenti), elementi per il controllo degli spazi vuoti e delle zone impervie (complessi mobili, pattuglie, eventualmente unità controcarri), fuoco manovralo e rincalzo. La estensione del settore difensivo varia entro limiti molto ampi e comprende, in genere, strutture avanzate, intermedie ed arretrate; la profondità della Z.S. può variare da tratto a tratto, aggirandosi nei casi medi sui 5+ 10 km e spingendosi, quando c'è disponibilità di spazio, fino ai 15 km; al limite la Z.S. può addirittura mancare del tutto. Situazioni eccezionali possono suggerire di attribuire al settore difensivo solo strutture sta-
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I ichc avanzate, o solo quelle intermedie, o solo quelle arretrate. Il sis tema statico deve tendere ad arrestare il nemico il più avanti possibile. Gli clementi per il controllo degli spazi vuoti e delle zone impervie agiscono alle dipendenze dirette del comandante di gruppo tattico con compiti di osservazione (pattuglie) e di contrasto dinamico e controllo (complessi mobili). Il rincalzo (od i rincalzi) è orientato alla reazione dinamica, ma può essere impiegato anche per estendere ed integrare le possibilità di controllo del settore. Il gruppo tattico alpino, diversamente da quello di fanteria, deve arrestare più che incanalare. L'articolazione delle forze prevede: un'aliquota di forze operanti nella Z.S., un'aliquota a presidio delle strutture statiche che possono inglobare in taluni casi opere della fortificazione permanente, opere della fortificazione permanente non inserite nelle strutture statiche campali, aliquota di unità per il controllo degli spazi vuoti (complessi mobili, unità per il controllo delle zone impervie, pattuglie), rincalza. Il comandante del gruppo tattico assegna una zona di competenza a ciascuna compagnia alpini responsabile del presidio di una struttura statica, oppure ad una compagnia i cui plotoni fucilieri presidiano caposaldi autonomi non eccessivamente distanziati gli uni dagli altri, od assegna la zona di competenza anche a singoli plotoni isolati allorc hé presi<liino caposaldi notevolmente distanziati. Il caposaldo, che in montagna ancor più che in pianura conserva piena validità, è presidiato di norma da unità del livello del plotone fucilieri rinforzato, più raramente da compagnia alpini. Il caposaldo di plotone ha struttura unitaria, quello di compagnia, normalmente, struttura nucleare, ma anche caposaldi presidiati da forze superiori al plotone ed infe riori alla compagnia possono avere struttura nucleare. L'area d'investimento dei caposal<li varia entro limiti assai ampi perché le caratteristiche del terreno possono imporre, p e r il redditizio impiego delle armi, soluzioni assai diverse da caso a caso. Di norma, il caposaldo è presidiato fin dall'inizio. I presidi dei caposaldi possono essere impiegati, nel corso della resistenza, anche al di fuori della propria zona di competenza per attivare caposaldi predisposti o tratti di campi minati d'interdizione. La manovra dei presidi dei caposaldi, attuata in genere nell'ambito del settore del gruppo tattico, è disposta dallo stesso comandante del gruppo tattico e talvolta può essere effettuata, su ordine del comando superiore, a favore di altri gruppi tattici. Le opere della fortificazione permanente, ubicate nel settore, sono in genere riunite in uno sbarramento ed agiscono alle dirette dipendenze <lei comandante del gruppo tattico quali strutture statiche a sé stanti. In merito all'organizzazione del fuoco, anche nella difesa il coman-
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dante del gruppo tattico può devolvere al comandante dell'artiglieria, facente parte del gruppo tattico, il coordinamento del fuoco di artiglieria e dei mortai da 120. Le unità controcarri possono svolgere azioni di fuoco contro la fanteria nemica quando il terreno non consenta l'impiego dei mezzi corazzati e meccanizzati od essere assegnate, dal comando superiore, ad altro settore quando non trovino proficuo impiego nell'ambito del battaglione di appartenenza. L'ostacolo artificiale di più diffusa utilizzazione è, anche in montagna, la mina, ma su tale terreno essa integra l'ostacolo naturale, trovando peraltro limitazioni a causa degli oneri connessi con l'ammassamento e la messa in opera dei materiali. Trovano largo impiego anche le demolizioni, le abbattute ed i reticolati. Su terreno innevato il gruppo tattico deve adottare predisposizioni particolari per sventare la sorpresa e contrapporsi alle azioni manovrate dell'attacco, sfruttando le maggiori possibilità di osservazione e di individuazione dell'avversario, facendo ampio r·icorso all'impiego di reparti sciatori (da mantenere in rincalzo per atLivarc tempestivamente posizioni, recidere infiltrazioni, evitare sorprese), individuando le posizioni soggette a valanghe o slavine sulle quali sono investite strutture statiche per le necessarie varianti da apportare allo schieramento, esaltando la manovra del fuoco, controllando ripetutamente l'ostacolo minato per rinnovarlo o modificarlo, attuando un piano di inganno per evitare l'individuazione delle piste di accesso alle strutture statiche attive cd ai ricoveri. I criteri cd i procedimenti della difesa ancorata da parte del gruppo tattico alpino sono, dunque, abbastanza diversi da quelli del gruppo tattico di fanteria. Il problema degli spazi vuoti, ad esempio, è acuito sui terreni alpini dalle notevoli dimensioni dei settori e dallo sfavorevole ra pporto forze-spazio, a nche se le zone impervie, controllate da pattuglie, limitano le possibilità operative dell'attaccante. Da qui il ruolo importante delle pattuglie, tratte in genere dal plotone esploratori, per il controllo delle zone impervie, per svolgere compiti di osservazione o di fuoco a distanza da posizioni dominanti, dalle quali le pattuglie ripiegano, in caso di infiltrazione nemica, lungo intinerari prestabiliti, continuando a svolgere la loro attività informa ti va e l'azione di logoramento. Non meno importante il ruolo dei complessi mobili costituiti di massima da un plotone fucilieri rinforzato e da eleme nti del plotone esploratori (se disponibili) nell'azione sui fianchi dei solchi e per l'alto od eventualmente, quando costituiti da un plotone meccanizzato e da unità controcarri, nell'azione sui fondi valle. Il rincalzo, generalmente costituito da una compagnia alpini, offre al comandante del gruppo tattico ampie possibilità di intervento
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pe r contrassaltare, sulla base di più ipotesi, le forze nemiche che minaccino le posizioni vitali o per presidiare a ragion veduta strutture s tatic he predisposte o rinforzare quelle già attivate. Il fuoco costituisce, anche nell'ambiente alpino, l'elemento in grado di legare tra loro le singole pedine del sistema, assicurando la coesione tattica del dispositivo, ma il gruppo tattico alpino gode, rispetto a quello di fanteria, di maggiore possibilità reattive, che gli consentono di sviluppare un'azione più manovrata al fine di arrestare il nemico il più avanti possibile e, comunque, di logorarlo. Solo in taluni casi il sistema può ripromettersi lo scopo minimo di costringere la progressione-nemica ad incanalarsi verso una determinata direzione. L'ambiente nucleare attivo non sposta granché i termini del problema difensivo sui terreni alpini: ampiezza e profondità dei settori in rapporto alle forze disponibili ed alla entità, in genere assai limitata, dei presidì delle strutture statiche garantiscono di per sé una notevole pr·otezione del dispositivo. Potenziato quanto a volume di fuoco in proprio e migliorato quanto a mobilità, il gruppo tattico alpino, al livello di battaglione, nell'impiego delineato dalla 742 è un complesso di forze strutturato per sviluppare azioni unitarie, reattive e manovrate. Il battaglione alpini, pur conservando la natura, la forma mentis tradizionale e la specificità dell'impiego sul terreno alpino, viene inserito in un quadro operativo non poco diverso da quello del passato. Il mulo meccanico e l'elicottero, ancorché appaiano solo timidamente per effetto della scarsa disponibilità dei mezzi, lasciano intravedere ulteriori aperture alle azioni manovrate sempre comunque riferite all'ambiente alpino. Lascia perciò perplessi quanto è scritto nella premessa della pubblicazione dove si legge che quando il gruppo tattico opera in terreni non tipicamente montani, il suo impiego si effettua secondo i criteri ed i procedimenti indicati nella pubblicazione 712, cioè nella pubblicazione che tratta il gruppo tattico di fanteria. L'impiego degli alpini su terreni diversi da quelli tipici per i quali furono specificatamente creati è stato nel passato un fatto ricorrente e può darsi che, nell'eventualità di una guerra, debba ripetersi, ma proprio i criteri ed i procedimenti di impiego sanciti nella 742 caratterizzano, oggi assai più che nel passato, un tipo di combattimento, anche nell'ambiente esclusivamente convenzionale, che ben poco ha in comune con quello che si sviluppa su altri tipi di terreno. Il gruppo tattico alpino della 742 è destinato ad operare su terreni alpini e, tutto al più, montani; pensare che lo si possa impiegare su altri terreni solo indicandogli, quale guida, i criteri e i procedimenti previsti per il gruppo tattico di
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fanteria è un ripiego di dubbia efficacia, al quale ricorrere in casi estremi, specialmente ora che, come lascia chiaramente intendere la 700, la stessa fanteria, non corazzata o meccanizzata, ancorché strutturata e addestrata per combattere anche su terreni di pianura e di collina, palesa debolezze e lacune che ne riducono la capacità operativa. Il gruppo tattico alpino della 742, portato fuori dal suo ambiente naturale, ancorché questo fosse assai meno aspro e difficoltoso di quello alpino, subirebbe un disorientamento professionale così grave che nessun grado di buona volontà del personale, altissimo che fosse, potrebbe compensare. La polivalenza è conseguibile in rapporto all'ambiente operativo, non a quello naturale.
7. Il gruppo tattico paracadutista (19), in relazione alle sue specifiche caratteristiche d ' impiego, svolge una o più delle seguenti attività tipiche, ciascuna della quali configura un particolare momento operativo: approntamento, riordinamento dopo l 'aviolancio, movimento a contatto con il nemico, attacco, difesa a tempo determinato di posizioni, ripier,amentu, combattimento in ambienti particolari. La pubblicazione 712 costituisce, anche per il gruppo tattico paracadutista, punto di riferimento, ma i criteri fondamentali che ispirano l' impiego del gruppo tattico paracadutista sono la sorpresa, l'azione violen·ta e di breve durata, il più frequente ricorso al combattimento notturno, l'aggressività, la spregiudicatezza, l'ini ziativa, la cooperazione interforze ed interarma. Presupposti essenziali per l 'impiego sono la ferma determina zione di adempiere il compito costi quel che costi, la tutela della propria sicurezza, da perseguire innanzitutto con il dinamismo dell'azione, e la tutela della propria libe rtà di azione, da garantire mediante la rice rca della sorpresa più che con la disponibilità di rincalzi, e la costante disponibilità di informazioni sul nemico. De lle sei attività tipiche elencate, intendiamo soffermarci brevemente, oltre che sull'attacco e sulla difesa a tempo determinato di posi zioni, sull'approntamento e sul riordinamento dopo l 'aviolancio. Nell'allacco confluiscono due principali casi di impiego: la conquista, nel vivo del territorio nemico, di posizioni importanti ai fini della manovra di ordine superiore (da mantenere successivamente a tempo determinato); lo sviluppo di azioni di forza a tergo della posizione nemica. L'occupazione preventiva di località, nella quale il gruppo la llico paracadutista può trovare impiego, rien tra nelle attività
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tipiche del movimento a contatto con il nemico e della difesa a tempo determinato di posizioni. Nell'attacco il gruppo tattico opera, inquadrato o isolato, mediante la combinazione deJle azioni delle diverse aliquote in cui si articola, investendo l'obiettivo, quando possibile, lungo più vie tattiche; quando isolato, può disporre in proprio di artiglierie; sfrutta al massimo la superiorità iniziale per adempiere il compito prima che sopraggiungano altre forze avversarie; conclude l'azione con la prosecuzione in profondità (aviosbarco di tipo indipendente) oppure con la difesa a tempo delerminato delle posizioni conquistate fino al congiungimento con le forze amiche (aviosbarco di tipo coordinato), oppure con un ripiega~_e nto o, infine, con l'attuazione di misure di sopravvivenza (caso di mancato congiungimento o di fallimento dell'operazione). In questi ultimi due casi può passare ad altre forme di lotta quali, ad esempio, la guerra terriloriale e la guerriglia. Il gruppo tattico, che agisce normalmente se inquadrato in un sctlore di azione di ampiezza variabile e senza alcun vincolo di settore se isolato, si articola in due compagnie avanzate ed una in rincalzo, o in Lre compagnie avanzate ed una eventuale aliquota di forze in rincalzo, o in tre compagnie avanzate aventi obiettivi e direzioni di attacco dis tinti (quando è prevista la conquista di posizioni distanziate in modo tale da imporre un'arlicolazione a larghe maglie dell'intero complesso). L'obiettivo di attacco è materializzalo, secondo i casi, da posizioni che delimitino un'area di adeguata ampiezza per la costituzione di una testa di ponte a premessa del superamento di ostacoli, o che abbiano rilevanza Latlica e si prestino ad una difesa economica ne l caso debbano essere mantenute fino al congiungimento con unità di superficie, od offrano le condizioni per l'impiego di a llre forze aviolanciate nel caso della cosliluziom: di una testa di sbarco, o coincidano con elementi determinanti ai fini dello scardinamento della difesa ma scarsamente sistemati nel caso di attacco sul tergo del nemico. Le fronti e le profondità sono le stesse di quelle proprie de l gruppo tattico di fanteria, mentre gli intervalli e le distanze fra le compagnie oscillano fra valori massimi (qualche chilometro) nel caso in cui le posizioni da conquislare s iano sensibilmente distanziate tra loro e minimi (300 m circa) nel caso di obietLivi di altacco di compagnie adiacenti e quando il contatto con il nemico diventi più stretto. La concezione e la organizzazione (20) de ll'attacco seguono la falsariga di quelle previste per il gruppo tattico di fanteria. Lo sviluppo dell'azione prevede, nel caso più completo: il superamento di una linea di partenza, previ a occupazione o non di una base di partenza ed una eventuale sosta su di questa; il movimento variamente arti-
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colato delle compagnie avanzate; eccezionalmente il superamento dell'ostacolo minato; il sostegno di fuoco aderente della base di fuoco e di quello dell'artiglieria e delle forze aerotattiche; l'impiego del rincalzo; la sistemazione a difesa della posizione conquistata o la prosecu zione dell'azione su altro obiettivo o il ripiegamento. La convenienza di sfruttare l'oscurità e le ore di luce può suggerire di combinare variamente l'aviolancio e l'azione terrestre tra ore di luce ed ore di oscurità; in relazione agli scopi dell'aviosbarco: aviolancio notturno ed azione terrestre notturna oppure aviolancio diurno c<l azione terrestre notturna. Una delle differenze notevoli, rispetto a quanto previsto per l'attacco del gruppo tattico di fanteria, è la notevole delicatezza dell'organizzazione del fuoco e del coordinamento del fuoco aereo, del fuoco terrestre delle aviotruppe e del fuoco terrestre delle GG.UU. di superficie agenti eventualmente in coordinazione; un'altra differenza è l'eccezionalità del superamento dell'os tacolo minato, sia perché spesso l'azione si sviluppa in zone scelte a tergo della posizione difensiva nemica, sia perché la rapidità che deve caratterizzare l'azione esige di individuare, in sede di preparazione dell'azione, vie tattiche che aggirino gli eventuali ostacoli minati. Altre differenze riguardano la concezione dell'attacco nella quale si fondono unitariamente ele menti appartenenti a diverse attività tipiche (difesa a tempo determinato e congiungimento, ripiegamento, passaggio ad altre forme di lotta) e normalmente il mancato inquadramento dell'attacco in un'azione condotta dal livello superiore. È infine da sottolineare che l'organizzazione dell'attacco deve sempre prevedere un piano alte rnato. Nella difesa a te mpo d e terminato di pos izioni conquistate o comunque occupate, l'azione del gruppo tattico si sviluppa nell'ambito di un'area di azione (gruppo tattico isolato) o di un settore difensivo (gruppo tattico inquadrato), comprendente anche l'area nella quale opera un dispositivo di sicurezza. L'estensione è variabile in limiti assai ampi in dipendenza del tipo .di aviosbarco (testa di ponte o testa di sbarco), della costituzione o non del dispos itivo di sicurezza, della maggiore o minore disponibilità di automezzi e delle caratteristiche del terreno. La resistenza è il risultato di azioni coordinate di strutture statiche, rincalzi, fuoco manovrato e pattuglie. Le strutture statiche interdicono le vie tattiche per il tempo previsto per il ricongiungime nto con le forze di s uperficie e fino all'inizio della manovra successiva. Lo schema generale d'investimento delle strutture statiche sul terreno varia secondo il tipo di operazione di
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aviosbarco, l'ampiezza dell'area da sottrarre alle offese dirette dell'avversario, del tipo di difesa da organizzare (caposaldi più o meno intervallati e loro scaglionamento o non in profondità) e del tipo di unità che probabilmente il nemico impiegherà in funzione antiaviosbarco. Ciascun settore difensivo di compagnia ha ampiezza variabile: 3000-4000 m nel caso di costituzione di due caposaldi; 5000-6000 m nel caso di costituzione di tre caposaldi (21). La profondità varia secondo che si preveda o non di reiterare la resistenza su più strutture statiche successive. Ogni struttura statica è presidiata in genere da un plotone fucilieri riforzato ed è caratterizzata da dominio tattico della via di facilitazione da interdire e da autonomia tattica e logistica proporzionata; ha andamento pressoché lineare e mentre si estende notevolmente in ampiezza (nel caso di disponibilità di tre armi controcarri anche 500-600 m) è poco profonda e non è generalmente cooperante con le altre. Se di compagnia, è presidiata in pe rmanenza e ha struttura nucleare, con caposaldi minori cooperanti (Ja sua arca di investimento è pari a circa 0,5 + 1 kmq. L'organizzazione della difesa (22), pur ricalcando il modello generale della difesa ancorata, è contraddistinta <la alcune peculiarità quali, ad esempio, l'assenza <lei complessi mobili, la particolare configurazione dell'area di azione o del settore difensivo (in genere a spicchiu), l'adozione di strutture statiche tendenzialmente lineari al livello di plotone rinforzato normalmente non cooperanti, la costituzione di un dispositivo di sicurezza con il compilo di concorrere, nella maggiore misura possibile, al guadagno di tempo e la necessità di realizzare settori di compagnia idonei ad assicurare la difesa su 360 o su 180 gradi. Il controllo degli spazi vuoti, notevolmente estesi per il basso rapporto forze-terreno, viene realizzato essenzialmente con patLuglie autoportate incaricate sia di localizzare sul nascere le situazioni suscettibili di sviluppi tali da mettere in crisi la difesa oltre tutto molto debole per l'indisponibilità del tempo necessario ad effettuare i lavori di rafforzamento e di posa dell'ostacolo minalo, per cui acquista rilievo il massimo sfruttamento di quello naturale - sia di parare tali crisi facendo ricorso al fuoco manovrato cd al rincalzo. Il gruppo tattico dispone di un proprio rincalzo quando esista la garanzia di un impiego tempestivo, altrimenti vi rinunzia ed assicura la costituzione di adeguati rincalzi di compagnia. Il rincalzo di gruppo tattico, quando costituito, ha in genere la forza massima di una compagnia, adempie funzioni varie (di alimentazione, di costituzione di nuovi elementi difensivi, di concorso all'azione di controllo degli spazi vuoti) e non svolge contrassalti, data la natura
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delle forze avversarie (generalmente corazzate e meccanizzate). Le pattuglie autoportate operano, di norma, alle dipendenze dei comandanti di settore difensivo di compagnia. Quando è previsto, il congiungimento con forze di superficie comporta mi sure predisposte riguardanti il collegamento tattico, il coordinamento del fuoco, la responsabilità di comando, le azioni da svolgere in comune a congiungimento effettuato e le modalità esecutive del congiungimento stesso da parte dei reparti avanzati. Le sequenze dell'azione sono: l'assunzione del dispositivo e la sistemazione della difesa prima dell'attacco avversario; la messa in atto dd controllo dell'area o del settore prima dell'attacco ed il suo mantenimento attacco durante; l 'eventuale azione di ritardo del dispositivo di sicurezza; l'azione delle strutture statiche; il ricongiungimento quando trattasi di aviosbarco coordinato. La progressione dell'attacco nemico può comportare la riduzione dell'ampiezza del settore difensivo di gruppo tattico in quanto l'azione delle strutture statiche è condotta ad oltranza e ntro i termini di tempo previsti, ma si può dare il o iso che il gruppo tattico debba abbandonare le posizioni non impegnate recuperandone il presidio a favor·e di altre retrostanti ed è altresì possibile che il gruppo tattico inquadrato debba ridurre, in determinate circostanze, la superficie di investimento, ripiegando le forze su posizioni arretrate ed affidando ad un'aliquota di esse l 'azione di ritardo necessaria a favorire il ripiegamento del grosso. L'appronlamenlo è il complesso de lle operazioni, svolte nel quadro de lla preparazione e dell'organizzazione di un aviosbarco, al fine di mettere a punto il gruppo tattico paracadutista per il successivo impiego. Esso deve garantire l'accertamento d e lla idoneità dei reparti in ogni singola componente (personale, armamento, equipaggiamento, m ezzi e materiali) all'imbarco, al movimento aereo, all'aviolancio cd alla manovra di superficie. Ha inizio con l'affluenza delle unità in una zana di dislocazione iniziale, nella quale s i attuano le misure per la tutela del segreto, si avvia la ricerca informativa, si preparano le forze, i mezzi ed i materiali; prosegue in una, o più, zona di concenlramento, dove si attuano le misure di isolamento delle unità. Frattanto, s'intensifica la ricerca informativa, si condi zionano i carichi per l'aviolancio, si distribuiscono le carte topografiche, le muniz ioni ed i viveri, si completano gli ordini per la manovra di superficie, si frazionano e si ripartiscono le unità per l 'imbarco. L'approntamento ha termine al momento in cui le unità si trasferiscono sugli aeroporti di imbarco. L'approntamento comporta, dunque, tre trasferimenti, due soste e un insieme di attività (23) di carattere d elicato, il cui regolare ed accurato svolgimento è determi-
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nante ai fini del successo. Dopo l'aviolancio occorre in primo luogo che il gruppo tattico si riordini. li riordinamento è momento di cris i in quanto si tratta di recuperare le armi ed i mezzi aviolanciati, di far riassumere al gruppo tattico la capacità operativa e la fisionomia ordinativa e organica, perciò la funzionalità operativa, mediante l'assunzione del dispositivo scelto per la manovra di superficie. La operazione si inquadra, congiuntamente con l'aviolancio, nella fase di presa di terra che è la più difficile e la più abbisognevolc di un'accurata pianificazione (24) riguardante l'eventuale impiego della pattuglia guida, la definii.ione delle aree, o dei punti, di riordinamento, le precise misure di sicurezza della zona di lancio e riordinamento; gli accorgimenti tecnici ed i collegamenti da attuare. Il comandante del gruppo tattico: si pone in condizioni, fin dall'inizio del riordinamento, di comunicare <li persona, con i mezzi di trasmissione predisposti per i collegamenti di primo tempo, con le s ue pedine principali; provvede alla immediata chiarificazione della situazione propria e nemica del momento cd alla rapida emanazione di eventuali varianti agli ordini impartiti in precedenza; si porta, non appena realizzato il collegamento radio, dove meglio può condurre l'azione. Se incidentato, è sostituito dall'ufficiale più elevato in grado o più anziano predesignato in sede di organizzazione <le i!'aviosbarco. La pubblicazione 772 è del tutto intonata alla 770 - Impiego delle aviotruppe (25) - di cui ci occupiamo alla fine di questo capitolo e delinea con completezza ed organicità i presupposti, le caratteristiche, i criteri ed i procedimenti d'impiego del gruppo tattico paracadutisti, di carattere generale e di carattere specifico, per ognuna del le varie attività tipiche. TI gruppo tattico paracadutisti, benché combatta appiedato, impronta la sua manovra agli stessi criteri del gruppo tattico corazzato. Può faria perché s i giova della sorpresa, ma prima ancora dello spirito particolare che anima la specialità. Meno potente e mobile del gruppo tattico di fanteria, combatte in situazioni più difficili ed incerte che non offrono grandi possibilità di alimentazione della lotta. La sua potenzialità operativa iniziale è soggetta a rapido decadimento, qualora la durata dell'azione non sia contenuta in limiti proporzionati a ll'autonomia conferi tagli in partenza. La cooperazione interforze in entrambe le fasi, organizzativa ed esecutiva, sotto l'aspetto del trasporto e del concorso tattico e logistico all'azione di superficie, comporta un grande grado di affiatamento spirituale, di intesa professionale e di rigida osservanza delle procedure standardizzate con le forze acrotattìche e di trasporto aereo. I paracadutisti,
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infine, sebbene appiedati, debbono possedere la stessa attitudine dei corazzati a passare rapidamente da atteggiamenti offensivi a quelli difensivi ed al tempo stesso a passare dai procedime,nti propri del campo di battaglia a quelli della guerriglia, una idoneità che si acquista qualora si posseggano doti psicofisiche eccellenti e si svolga un costante ed approfondito addestramento individuale e di reparto, sia al combattimento proprio della fanteria, sia a quello episodico e sui generis della guerriglia. La 770 e la 772 mettono in chiara evidenza tutti i particolari aspetti positivi e negativi delle unità paracadutisti: i primi costituiti dalla mobilità derivante dalla utilizzazione della terza dimensione, dalla rapidità dell'azione fondata sull'impiego di unità di livello modesto, che agiscono con grande aggressività, dalla flessibilità organica che consente l'articolazione in complessi tattici di differente livello; i secondi, connessi con la vulnerabilità durante il movimento aereo, l'aviolancio e d il riordinamento, la scarsa autonomia (48 7 72 ore), la limitata potenza di fuoco per insufficienza di artiglieria e la mancanza di mezzi corazzali, la scarsa idoneità ad azioni in campo a perto contro unità corazzate e meccanizzate.
8. Il gruppo tattico corazzato (o meccanizzato) (26), qualunque sia la situazione generale ne lla quale sia chiamato ad intervenire, svolge sempre, per l'adempimento del compito, una o più delle seguenti attività tipiche: esplora zione, movimento in lontananza del nemico, stazionamento, movimento a contallo con il nemico, sicurezza, allacco, contrasto dinamico, difesa mobile: reiterazione di resistenze temporanee su più posizioni, difesa a tempo determinato: mantenimento di posizioni, abbandono di posizioni, controllo di zane estese, forzamento di un corso d'acqua inguadabile. Nella 772 esso è inteso come complesso variabile di forze, comprendente unità carri e/o meccanizzate, posto sollo unico comando, idoneo a portare a termine uno o più alfi tattici. Trova la sua base, secondo il compito da compiere, nel battaglione (carri, corazzato, bersaglieri, m eccanizzato, anfibio), o nel gruppo squadroni (di cavalleria), o nel G.E.D., oppure nella compagnia (carri, bersaglieri, fucilieri, meccanizzata, a nfibia), o nello squadrone (carri, meccanizzato, esplorante). Assume più propriamente la fisionomia di g ruppo tattico meccanizzato, a llorc hé le unità meccanizzate cntrnno in misura preponderante nella sua composizione. Il termine gruppo tattico corazzalo è usato nella 722 in senso generale e riferito,
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perciò, anche al gruppo tattico meccanizzato. Il suo impiego è sempre ispirato a criteri di aggressività, azione unitaria, cooperazione carrimeccanizzati e manovra. Il gruppo tattico corazzato è in allacco quando adempie un compito che, di norma, si concreta nel raggiungimento di un obiettivo, previo il superamento della resisten za diretta del nemico. Confluiscono nell'attacco quattro principali casi di impiego e cioè i combattimenti preliminari, l'attacco vero e proprio, il contrattacco cd il combattimento d'incontro. Il gruppo tattico corazzato opera, come già previsto dalla pubblicazione 1400, mediante l'azione coordinata déi complessi minori in cui si articola convergendo o puntando sull'obiettivo di attacco assegnatogli. Le forme di manovra restano, dunque, quelle della 1400: attacco avvolgente o attacco lungo un'unica direzione con in testa i minori complessi corazzati o meccanizzati. Il gruppo tattico agisce in un settore di azione di ampiezza non inferiore ai 4 + 5 km oppure lungo una direzione di attacco; raggiunge l'obiettivo di attacco che è materializzato da posizioni che ris ultino indispensabili per la costituzione della base di parten za o della linea di partenza per l'attacco successivo (caso dei combattimenti preliminari) o da posizione di valore determinante per la prosecuzione in profondità della manovra di ordine superiore (caso dell'attacco dal gruppo tattico inquadrato n ella unità superiore), o da posizioni da rioccupare (caso del contrattacco); prosegue in profondità verso l'obiettivo eventuale .o sulla base di semplici orientamenti per l'azione successiva; si consolida sulle posizioni raggiunte quando è costretto ad arrestare la sua progressione per l'esaurimento della sua capacità di penetrazione. Nel combattimento di incontro gli viene assegnato il compito e non anche l'obiettivo di attacco. Il gruppo tattico, di nor·ma, raggiunge il proprio obiettivo di attacco con la massa delle forze, ivi comprese, se necessario, quelle tenute inizialmente in rincalzo, anche se in tempi success ivi e per direzioni diverse; articola il proprio dispositivo o in due complessi minori avanzati ed uno in rincalzo nel caso dell'attacco lungo un'unica direzione oppure, nell'attacco avvolgente, in un complesso minore meccanizzato per l'azione di ri ssaggio e in due complessi minori avanzati oppure in uno avanzato e l'altro in rincalzo per l'azione avvolgente. L'articolazione non può, peraltro, essere considera ta s tabile e ha valore solo per la prima fase dell'azione perché, nel cors o di questa, va adeguata al mutamento della situazione, il qua le comporta quasi sempre modiriche dei compiti e delle posizioni rcc ipro· che dei complessi minori come, ad esempio, nell'attacco avvo lgente , dove si può giungere all'inversione dei compiti tra le due aliquote ne l
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caso che l'azione di fissaggio ottenga maggiore successo, rispetto al previsto, e quella avvolgente sia, invece, arrestata. L'attività concettuale ed organizzativa (27) del comandante del gruppo tattico ricalcano quelle dei comandanti degli altri Lipidi gruppo tatlico ed esse si ispirano al criterio fondamentale di realizzare un'avanzata decisa e spregiudicata mediante la creazione, nel tempo e nello spazio voluti, delle concentrazioni di potenza necessarie ad avere ragione dell'avversario. La sequenza prevede nel caso più completo: l'occupazione di una base di partenza ed una sosta su di questa ridotta al tempo strettamente indispensabile per l'ultima messa a punto del dispositivo oppure il raggiungimento della linea di partenza muovendo eventualmente da una zona di dislocazione iniziale; il movimento, variamente articolato, verso l'obiettivo; l'eventuale forzamento dei campi minati; il sostegno del fuoco aderente della base di fuoco del gruppo tattico (se costituita); l'impiego del rincalzo; la prosecuzione su altro obiettivo oppure il consolidamento. L'apertura dei corridoi nei campi minati, fondata prevalentemente sull'utilizzazione di ordigni esplosivi autopropulsi, è compito specifico delle unità meccanizzate ed è eseguita, di norma, attacco durante. Il comandante del gruppo tattico impronta, in sintesi, la manovra al massimo dinamismo, coordinando il movimento dei complessi minori in funzione del tipo di manovra prescelta, sempre pronto, peraltro, a variare la gravitazione dello sforzo e i tempi dell'azione più che a modificare la composizione quantitativa e qualitativa dei complessi minori. Nel combaltimenlo d'incontro - caso sempre più frequente sul campo di battaglia moderno - ha la meglio chi avvista per primo il nemico e lo altacca con spregiudicatezza e con impeto, imponendogli la propria iniziativa. L'attacco non può essere preventivamente organizzato e va sviluppato con immediatezza; il suo successo dipende, in larga misura, dalla tempestività dei dati informativi, dalla rapidità di valutazione e di decisione del comandante, dal grado di addestramento delle unità e dalla capacità di sfruttare convenientemente il terreno. La meccanica dell'azione è simile a quella consueta nell'attacco del gruppo tattico corazzalo, con l'unica differenza sostanziale che il complesso minore meccanizzato, anziché sviluppare un attacco od un'azione di fissaggio, dà vita ad uno schieramento controcarri con runzione di perno di manovra; in qualche caso può essere necessario il ricorso ad un complesso minore corazzalo per la costituzione di uno schieramento controcarri a favore dell'azione avvolgente condotta da altro complesso minore corazzato. Le varianti da apportare all'attacco notturno riguardano la minore profondità dell'obiettivo di attacco, il ravvicinamento del-
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la base di partenza alle posizioni nemiche, la estrema semplicità da conferire alla manovra. Nell'attacco notturno la perfetta conoscenza del terreno, la sorpresa e l'attività dei plotoni esploratori svolta nelle ore diurne acquistano un'importanza ancora maggiore di quella consueta. L'attacco noturno risulta particolarmente redditizio nel caso venga svolto a seguito di un'esplosione nucleare, nel caso di forzamento di un corso d'acqua inguadabile e nelle fasi fluide in cui il nemico ripieghi o tenda a sottrarsi al contatto, oppure quando sia necessario mantenere alla manovra generale un ritmo elevato. Rispetto alla 1400 le differenze non sono morte, mentre la pubblicazione si inquadra del tutto nella linea concettuale della 720, nei c ui confronti attenua i riflessi dell'ambiente operativo sul dispositivo e sui procedimenti di azione considerando sia l'uno sia gli altri, a meno di lievi varianti dipendenti dal grado di rischio accettato e dalla distanza dal nemico, sostanzialmente costanti. La 722 - valida, diversamente dalla 1400, anche per il gruppo tattico meccanizzato sottolinea la possibilità dell'assegnazione al g1·uppu talli<.:u in attacco, in alternativa, di un obiettivo eventuale nel caso di un attacco caratterizzato da uno sviluppo più sistematico o di orientamenti per l'azione successiva (tradotti in obiettivi nel corso della azione) nelle situazioni fluide e conferma il contenuto della circolare n. 1510 circa la variabilità dell'articolazione del gruppo tattico, la quale deve essere intesa a presentare le unità nelle migliori condizioni al momento dello scontro nemico, circa il ricorso del complesso minore corazzato ad azioni di fissaggio limitate solo a particolari situazioni (combattimento di incontro od attacco in terreno libero) e, infine, circa lo stretto coordinamento, nello sviluppo dell'attacco avvolgente, tra la base di partenza del complesso meccanizzato destinato all'azione di fissaggio e la linea di riferimento da c ui ha inizio l'azione avvolgente. Nell'azione di con trasto dinamico, il gruppo tattico corazzato ha il compito di rallentare e logorare gli scaglioni avanzati avversari, controlla rne la progressione e individuarne le linee di azione. Si tratta di un'attività tipica in cui confluiscono gli atti compiuti nella zona di frenaggio, nella zona di sicurezza, nell'interno della P.R. (azione neg li spazi vuoti) e nella manovra in ritirata. Il gruppo tattico sviluppa un'attività coordinata che si basa sull'osservazione, sul controllo del nemico, sul fuoco e su procedimenti di astuzia e di agguato tendenti a sorprendere l'avve rsario e ad ingannarlo nel tempo e nello spazio. Agisce in un settore di azione la cui ampiezza è, in genere, dell'ordine dei 10 + 15 km e la cui profondità varia entro limiti assai larghi in relazione al quadro generale in cui l'azione s'inserisce. Il dispositivo
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si articola in due o più punte di contrasto dinamico e in un rincalzo. Le punte, complessi minori dell'ordine della compagnia (almeno un plotone carri, un plotone meccanizzato e/o clementi del plotone esploratori, armi controcarri, elementi del genio, U.O.), danno vita ad una pattuglia di contrasto dinamico e ad un posto di sbarramento, che, a sua volta, distacca uno o più posti di osservazione e allarme. Il rincalzo è costituito, di massima, da una compagnia carri, rinforzata se poss ibile da mecanizzati, ed è riunito, di norma, per agire alle dirette dipendente del comandante del gruppo tattico che ne imposta ed organizza (28) l'azione. Se imposto dalle condizioni del terreno o della situazione (spazi di modesta profondità della Z.S. e della P.R.), il rincalzo può essere ripartito fra i settori assegnati alle punte di contrasto dinamico. L'azione si sviluppa mediante il controllo continuo dei movimenti del nemico, l'impostazione di battute di arresto successive a tale movimento determinate dai posti di sbarramento e dalle pattuglie di contrasto dinamico (in genere un plotone carri), l'intervento del rincalzo per alimentare le punte, superare s ituazioni locali critiche, sviluppare puntate offensive ed infine il ricorso sistematico ad ogni genere di ostacolo mercé l'impiego di unità pionieri e minatori del genio. La nuova pubblicazione, segue, in tema di azione di contrasto dinamico, la linea concettuale e la terminologia della 720 e non si discosta sostanzialmente, quanto ai procedimenti, dalla 1400, eccezione fatta per l'impiego del rincalzo nella alimentazione delle punte e nel superamento delle situazioni critiche in cui vengano a trovarsi gli elementi avanzati e per l'eventuale assegnazione al comandante del plotone esploratori del comando di una punta di contrasto dinamico, nel caso in cui il nume ro de lle punte sia superiore a quello dei comandanti delle compagnie carri o fuc ilieri m ecc anizzate disponibili nel gruppo tattico. La difesa mobile si concreta per il gruppo tattico corazzato nella attivazione successiva di posizioni scaglionate in profondità, mediante un 'a zione manovrata condotta dai complessi minori in cui si articola allo scopo di logorare e, qualora possibile, concorrere ad arrestare gli scaglioni attaccanti nemici. Il gruppo tattico tende ad interdire al nemico una o più vie di facilitazione legate in sistema, ad imporgli successive battute di arresto e ad infliggergli il maggior logoramento possibile; esso concorre, in sistema con gli elementi dei gruppi tattici contermini, al convogliamento delle penetrazioni verso le zone delle reazioni dei livelli superiori. A tali fini, esso è responsabile di un settore di azione ampio 6 -=- 8 km e profondo inizialmente 5 -=- 6 km, dove conduce più azioni di resistenza temporanea, variamente combina-
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te in fronte e profondità, mediante l'attivazione a ragion veduta di posizioni predisposte con funzione di caposaldi o schieramenti controcarri, ostacoli naturali ed artificiali con funzione di arresto, posizioni del momento idonee per la costituzione di schieramenti controcarri; sfrutta l'apporto delle opere della fortificazione permanente eventualmente esistenti nel settore di azione; impiega il rincalzo in puntate offensive per assicurare, in ogni caso, lo sviluppo della predisposta azione difensiva; impronta costantemente la manovra ad atteggiamento aggressivo, cedendo ad alto prezzo il terreno; assicura la coesione tattica del sistema con il fuoco manovrato o con l 'ostac,,lo e, se necessario, con l'intervento dinamico. Così, ad litteram, il paragrafo 103 della 722 al quale soccorre per chiarimento il 108: la difesa mobile è, per il gruppo tattico, essenzialmente manovra, intesa come combinazione di atteggiamenti dinamici, in un quadro ben coordinato, per far pagare a caro prezzo all'attaccante la sua progressione nella P.R.; essa è predisposta nelle sue grandi lince, ma è posta in essere solo in funzione delle condizioni del momento, per sfruttare ogni situazione di crisi <lel nemico e far fronte ad ipotesi diverse da quel le previste; va sviluppata con accanimento ed astuzia, in modo da creare per l'attaccante uno stato di incertezza e ritardarne lo slancio; va improntata ad aggressività, nel senso che più di adeguarsi alla progressione avversaria, essa deve tendere ad intralciarne e possibilmente comprometterne lo sviluppo nel tempo e nello spazio; è caratterizzata non già da un costante movimento a ritroso, ma da successive compressioni e dilatazioni del dispositivo, per infliggere all'attaccante il massimo logoramento possibile. Si configura, in sintesi, in un ins ieme di movimenti coordinati dei singoli complessi minori del gr·uppo lattico: sia verso l'indietro, per reiterare la resistenza in profondità nell'intento di conseguire il massimo logoramento del nemico con il fuoco; sia verso l'avanti, per compiere puntate offensive intese ad intralciare lo sviluppo dell'azione del nemico, ad infliggergli perdite e/o a riassumere il possesso od il controllo di posizioni avanzate, precedentemente abbandonate. Tale la difesa mobile del gruppo tattico corazzato delineata dalla 722 che, circa l'impiego delle forze, aggiunge: il gruppo tattico assume di norma la seguente articolazione: più complessi minori meccanizzali, potenziati nella loro capacità di arresto con unità o mezzi controcarri, un complesso minore corazzato; ingloba nel dispositivo, nel corso dell'azione, opere della fortificazione permane nte ...; sviluppa la sua manovra: attivando, di volta in volta, con i complessi minori meccanizzati, caposaldi con funzioni controcarri, campi minati con funzione di ar-
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resto e posizioni del momento o ponendo in atto schieramenti controcarri; impiegando il complesso minore corazzato, quale rincalzo, in puntate offensive sul davanti degli elementi temporaneamente s tatici, per facilitarne lo sganciamento o consentire loro di rinnovare l'azione su altre posizioni (predisposte o non) in profondità. L'organizzazione della manovra (29) deve tendere: a contrastare inizialmente i tentativi di superamento de ll 'ostacolo al quale si appoggia sul davanti la P.R. ed a recidere le teste di ponte iniziali; a svolgere successivamente un insieme di atti tattici coordinati da parte di complessi meccanizzati che danno vita a caposaldi e schieramenti controcarri, preventivamente organizzati o di carattere speditivo, di rapida attivazione e di consistenza varia (compagnia articolata in complessi del livello di plotone); a predisporre la graduale inversione delle posizioni reciproche dei complessi minori meccanizzati avanzati con quello (o quelli) arretrato. I complessi avanzati ripiegano, su ordine del comandante del gruppo tattico, a compito ultimato e si portano a tergo di quelli arretrati su nuove posizioni dalle quali reiterano la resistenza o sulla quale la irrigidiscono. La dinamica degli scavalcamenti retrogadi è interrotta, in genere, in corrispondenza di posizioni che delimitino, sul fianco o sul tergo, una zona delle reazioni dinamiche del livello superiore e che consentano l'irrigidimento della resistenza a favore dei contrattacchi. La d ifesa mobile, ancorché adottabile in linea ùi principio in tutti gli ambienti operativi sui terren i di pianura e di collina, era stata introdotta dalla 700 soprattutto nell'ambiente nucleare attivo ed in funzione della prosecuzione in profondità, nel quadro della manovra di arresto, della difesa ancorata svilu ppata sul davanti da divisioni di fanteria. Essa assumeva l'aspe tto di lolla in un determinato spazio, nel quale la decisione andava ricercata mediante il potere di logoramento e di imbrigliamento di resisten ze dinamiche ed aggressive, sempre più furti a mano a mano che il nemico procede in profondità e, soprattutto, sul valore risolutivo di poderosi contrattacchi. L'aliquota maggiore della G_U_, articolata in complessi tattici scaglionati in profondità, è destinata soprattutto a logorare con azione dinamica il nemico ed a frenare l'avanzata: presidiando a ragion veduta posizioni che obblighino l'offesa a concentrarsi o che costituiscano perni di manovra per robuste puntate offensive; l'altra aliquota, in riserva, destinata prevalentemente a contrattacchi locali o ad alimentare l'aliquota antistante. La 720, pur derivata dalla linea concettuale sancita dalla 700, s i era espressa ponendo troppo l'accento sulla re iterazione di successive resistenze temporanee in profondità, quasi queste, e non
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le puntate offensive ed i contrattacchi, fossero l'aspetto più significativo della difesa mobile: la manovra della Brigata è sempre la risultante della combinazione e della reiterazione in profondità di resistenze temporanee e di contrallacchi, gli uni e gli altri sostenuti da massicci interventi di fuoco. Le resistenze temporanee sono effettuate per mezzo di gruppi tattici, con prevalenza di meccanizzati, al livello di battaglione, il cui compito principale consiste nel logorare il nemico, deviarlo dai suoi obiettivi immediati ed imporgli successivamente tempi di arresto per colpirlo con il fuoco e convogliarlo verso la zona delle riserve divisionale. La 722 interpreta, al livello di gruppo tattico, la difesa mobile della 720 soprattutto come reiterazione della resistenza temporanea su più posizioni, un'interpretazione accettabile, in una certa misura, per il gruppo tattico meccanizzato, non già per quello corazzato orientato soprattutto alle reazioni manovrate attive (puntate offensive e contrattacchi). Sta di fatto che in materia di difesa mobile sia la 720 sia la 722 delineano un procedimento che non è in perfetta armonia con quello tratteggiato dalla 700, nel quale le protagoniste della difesa mobile sono le resisten ze dinamiche ed aggressive. Le resistenze temporanee - di durata limitata al tempo strettamente necessario per assorbire la forza d ' urto dell'attacco nemico, arrestare o disarticolare le forze attaccanti o, quanto meno, incanalarle verso direzioni prestabilite e per costituire perni di manovra per lo sviluppo delle puntate offensive, del contrattacco (o contrattacchi) di brigata e del contrattacco divisionale - devono tendere essenzialmente a garantire la libertà d'azione dei comandanti di brigata e di divisione per il duplice intervento (fuoco nucleare e contrattacco) al momento e sulle direzioni prescelte. Esse debbono più che interdire al nemico una o più vie di facilita zione legate in sistema - come si esprime la 722 - respingere mediante il fuoco e le puntate offensive, sviluppate nell'ambito dello stesso gruppo tattico, il nemico che le attacchi. La 720, che aveva derivato in parte la difesa mobile dalla concezione che di questa aveva l'esercito della repubblica federale tedesca, non aveva messo sufficientemente in risalto che i movimenti in avanti avrebbero dovuto essere non meno frequenti di quelli retrogradi e che il riportare la difesa sulle posizioni avanzate, precedentemente dovute abbandonare, avrebbe dovuto costituire il primo intendimento del difensore e rappresentare l'aspetto più significativo del particolare procedimento. La 722 dichiara che il procedimento delineato presenta notevoli difficoltà di condotta (coordinamento) ed è particolarmente rischioso (sminu zzamento delle forze, disarticolazione del dispositivo) e mette in rilievo che lo stato maggiore dell'esercito ha allo studio una
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diversa impostazione della difesa mobile, ma l'affermazione e la notizia della revisione non ci sembrano opportune, perché quando si regolamenta un procedimento è doveroso sottolinearne le difficoltà ed i rischi, ma non infirmarne la validità d'impostazione, pena il disorientamento, quando non anche il rifiuto, di chi deve poi applicarlo in sede addestrativa e in combattimento.
9.
Il gruppo tallicu lagunare (30) nelle operazioni anfibie di conquista, svolte in proprio ed a breve raggio, è interessato ad una o più delle attività tipiche comprendenti l'approntamento, l'avvicinamento in mare, l'allacco anfibio, il movimento a conlallo con il nemico, l'attacco, la difesa a tempo determinato di posizioni, il ripiegamento. L'adempimento del compito principale del gruppo tattico, interessante la manovra di livello superiore ed al quale tende l'operazione anfibia nel suo complesso, comporta l'attacco, seguito in alternativa dalla difesa a tempo determinato di posizioni e dal ripiegamento o dalla difesa a tempo determinato di posi zioni sviluppata nel quadro della occupazione preventiva di località che costituisce, questa ultima, un'attività tipica complessa comprendente il movimento a contatto con il nemico prima e la difesa a tempo determinato di posizioni successivamente. La pubblicazione è rivolta esclusivamente all'impiego del reggimento lagunare Serenissima nelle particolari situazioni e condizioni che caratterizza no le operazioni anfibie di conquis ta pe rché, all'infuori di tali casi, il gruppo tattico lagunare opera come il g ruppo tattico corazzato. I criterì ai quali si ispira l'impiego del gruppo tattico lagunare - dinamismo, iniziativa ed aggressività , adattamento alle condizioni offe rte dall'ambiente naturale, sorpresa, ricorso al combattimento notturno, manovra - sono in gran parte gli stessi sanciti per il gruppo tattico paracadutista e per il gruppo tattico corazzato. L'approntamento comprende la comple ssa a ttività concettuale ed organizzativa (31) relativa a ciasuna componente dell'operazione anfibia ed esso si conclude con il caricamento e l'imbarco del personale e dei materiali. Le attività preparatorie ed organizzative sono svolte in una zona di concentramento, ampia in media 20 -=- 30 kmq, comprendente in genere un tratto di spiaggia ubica ta fuori dell'immediato contatto con il nemico e scelta in vista del successivo impiego n ell'o-
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perazione anfibia di conquista. In essa il gruppo tattico si raccoglie, staziona e svolge le varie attività che si concretano nella ricerca di dati informativi, nella formulazione dei primi orientamenti sull'operazione, nella definizione e preparazione delle forze e dei mezzi e materiali, nelJ'emanazione degli ordini iniziali, nel completamento dell'addestramento specifico, nell'esecuzione di eventuali prove e nel completamento degli ordini. La sicurezza della zona di concentramento è garantita dall'azione indiretta delle unità antistanti e dalle misure di protezione di retta adottate dal gruppo tattico per ridurre la propria vulnerabilità ed assicurare il segreto, utilizzando, tra l'altro, a questo ultimo scopo, la sola rete a filo ed osservando il silenzio radio. L'attività di approntamento nella zona di concentramento ha inizio con la emanazione del piano di caricamento e di movimento, si svolge nelle zone di imbarco assegnate alle unità e si conclude con il caricam ento dei materiali e l'imbarco del pe rsonale. Il piano di car·icamento e di movimento stabilisce la composizione della colonna anfibia e comprende i ruolini di imbarco del personale e di caricamento del materiale, che indicano i mezzi anfibi e quelli di sbarco assegnati a ciascuno scaglione e, per ogni mezzo, il personale da imbarcare e il materiale da caricare (criterio di massima: caricamenti misti); comprende altresì la tabella <li movimento che stabilisce nei particolari l'articolazione della colonna anfibia e di ogni singolo scaglione e definisce i tempi del movimento. Ogni compagnia, designata per la costituzione di uno scaglione, si disloca in una zona di imbarco, scelta a distanza di sicurezza da quella contigua (non meno di un chilometro), cd includente uno specchio di acqua confinante con il mare od un corso d'acqua di adeguata portata ovvero un tratto di mare; essa comprende più posti di caricamento e imbarco (di norma uno per ogni onda ta anfibia) distanziati cd ubicati nell'entroterra in prossimità delle rotabili, ma coperti per i mezzi anfibi, o dei luoghi di attracco per i mezzi da sbarco. L'avvicinamento in mare e l'attacco anfibio costituiscono la parte anfibia dell'operazione. La prima attività s i concreta nel trasferi mento in navigazione dalla costa amica alla spiaggia di sbarco; la seconda attività comporta la costituzione iniziale, da parte di una aliquota delle forze del gruppo tattico, di una testa di sbarco e l'immiss ione a terra delle rimanenti unità nella cornice di sicurezza garantita daJle forze già sbarcate. L'avvicinamento ha inizio con l'incolonnamento degli scaglioni e, nell'ambito di questi, delle ondate in cui si articolano le unità anfibie; si sviluppa con la navigazione; si concreta, nell'ultima fase, con l'assunzione del dispositivo per l'attacco anfibio;
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si svolge in genere di notte (in talune situazioni fluide può essere effettuato, per l'intero sviluppo o nella parte finale, di giorno); ha lunghezza variabile in relazione all'ubicazione degli obiettivi, tale comunque da lasciare ai mezzi anfibi e da sbarco il carburante necessario per il loro rientro nella zona di concentramento. L'incolonnamento è regolato anche mediante la costituzione di punti di incolonnamento secondario e di un punto di incolonnamento principale; può essere effettuato per accostamento ovvero a tempo; si concreta nell'assunzione della formazione di avvicinamento che può essere in fila, aperta (ondate affiancate lungo rotte parallele e scaglioni l'uno dietro l'allro), spiegata (ondate a scaglioni affiancati lungo rotte parallele) e mista. La navigazione comprende una prima parte di allontamento dalla costa svolta perpendicolarmente alla costa stessa, una seconda parte di trasferimento rino al traverso della zona di sbart co cd un'ultima parte di accostamento alla spiaggia per pendicolare a questa. L'organizzazione dell'avvicinamento in mare (32) esige grande accuratezza di particolari e di misure. La navigazione, sotto controllo radar e guidata da un ufficiale di rotta, deve essere protetta dalle offese aeree e di superficie (mediante il ricorso alle armi di bordo, agli elicotteri armati, al fuoco delle forze aerotattiche e di unità navali). Giunta in corrispondenza della zona di sbarco, la colonna assume senza sostare il dispositivo per l'attacco anfibio. Con la formazione di avvicinamento, in fila, il dispositivo è di norma convergente e lo si ottiene mediante il cambiamento di direzione di ciascuna ondata allorché questa raggiunge il traverso della spiaggia di sbarco; eccezionalmente il dispositivo può essere quello in linea che si ottiene mediante il cambiamento simultaneo di direzione di tutte le ondate costituenti uno scaglione. Con le a ltre formazioni di avvicinamento, il dispositivo è sempre quello convergente. Nell'attacco anfibio, il gruppo tattico prende terra e raggiunge subito un obiettivo posto a distanza tale dalla spiaggia da consentire, in condizioni di sicurezza, la presa di terra e lo schieramento di tutte le sue unità costitutive. L'obiettivo va raggiunto prima che il nemico sia in condizioni di sviluppare una reazione coordinata. La concezione e l'organizzazione (33) dell'attacco anfibio prendono in considerazione gli elementi abituali riferiti peraltro a due atti tattici distinti: la costituzione della testa di sbarco iniziale (di norma la compagnia del primo scaglione), l 'immissione a terra delle altre forze. La profondità della testa di sbarco iniziale non è facilmente determinabile in assoluto; è funzione essenzialmente delle caratteristiche del terreno; può aggirarsi sui 2000 m . L'obiettivo di attacco è materializzato da posizioni
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che individuino il margine esterno della testa di sbarco e che si estendano lungo un arco di 1000 -;- 1200 m circa. Nel movimento per la conquista dell'obiettivo, il primo scaglione segue una via tattic~ che, assegnata quale direzione di attacco, si prolunga idealmente dal mare ed è riconoscibile mediante punti di riferimento visibili a terra. I restanti scaglioni si susseguono lungo una direzione di movimento coincidente in mare con la direzione di attacco. L'attacco anfibio può essere preceduto da colpi di mano anfibi e/o da colpi di mano effettuati da forze eliportate, svolti nelle ore notturne da incursori o da nuclei anfibi eliportati. L'atlacco con dispositivo convergente comprende: il superamento della linea di partenza; l'immissione sulla spiaggia di sbarco delle ondate del primo scaglione; il rapido riordino delle unità e l'inizio del movimento a contatlo con il nemico per raggiungere, nel caso di successivo attacco, la base di partenza ovvero, altrimenti, le posizioni da organizzare per la difesa a tempo determinato (nel caso di occupazione preventiva di località); la espansione delle unità su linee di attestamento successive; il sostegno di fuoco dell'artiglieria, delle forze aerotattiche, eventualmente di unità navali e, dopo lo sbarco, della base di fuoco di gruppo tattico; lo sbarco dei restanti scaglioni. La linea di partenza è un allineamento ideale materializzato da due natanti picchetto ed è posta a circa 1000 ---;- 1600 m dalla spiaggia per consentire alle varie ondate di assumere e perfezionare le formazioni fuori dal tiro delle armi automatiche nemiche. L'immissione delle ondate del primo scaglione segue l'ordine di una prima ondata di assalto e di 3 ---;- 4 ondate di attacco e l'ondata di asalto comprende un gruppo organizzazione spiaggia (incursori) e palluglie di combattimento (squadre anfibie). L'ondata di assalto conquista una serie di posizioni, costituenti il ciglio di fuoco, a distanza variahile dalla linea di spiaggia (300 ---;- 400 m), il cui possesso garantisca lo sbarco delle ondate successive. Le ondate di attacco comprendono i plotoni anfibi, avanzati e di rincalzo, e le armi di accompagnamento, organiche e di rinforzo, delle compagnie del primo scaglione. La prima ondata di attacco si porta rapidamente sul ciglio di fuoco ed i mezzi anfibi cingolati accompagnano con il fuoco da bordo i reparti avanzati e si portano quindi sul ciglio di fuoco, occupando postazioni idonee a fare fuoco a scafo sotto. A mano a mano che sbarcano le successive ondate del primo scaglione, le unità avanzate proseguono il movimento dal ciglio di fuoco verso l'avanti raggiungendo una prima linea di attestamento, materializzata da posizioni poste a distanza tale da quelle precedenti da consentire lo schieramento della compagnia (600 ---;- 800 m) e da costituire sicuro ancoraggio nel caso di reazioni nemiche.
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L'espansione delle unità prosegue, di norma, con l'occupazione di una seconda linea di attestamento, a circa 600 + 800 m dalla prima, che includa l'obiettivo di attacco e rappresenti perciò il margine anteriore della testa di sbarco. Il movimento a contatto con il nemico è organizzato dal comandante del gruppo tattico (34); è effettuato a piedi dalla quasi totalità delle forze con un dispositivo che garantisca la pronta reattività; ha lo scopo di trasferire le forze sbarcate dalla spiaggia alle posizioni st abilite per l'azione; s' ini zia perciò dalla zona di sbarco e ha termine sulla base di partenza per l'attacco o sulle posizioni dalle quali il gruppo tattico sia costretto ad impiegare le proprie armi per avanzare oppure su quelle da presidiare per la difesa a tempo determinato; si sviluppa lungo un percorso di lunghezza variabile, di norma, non inferiore ai 10 km. Il gruppo tattico lascia un'aliquota delle sue forze in genere un plotone rinforzato - a presidio della zona di sbarco, frattanto ridotta nelle sue dimensioni; muove lungo più itinerari fiancheggiando, quando possibile, un ostacolo naturale; si articola in pattuglie esploranti, grosso e pattuglie di sicurezza sul retro; assume, così, un dispositivo di pronto impiego nel quale le armi controcarri del gruppo tattico sono decentrate alle pattuglie ed alle compagnie e le unità pionieri vengono ordinate e disposte nel dispositivo secondo i prevedibili sviluppi del movimento. Durante il movimento, il gruppo tattico può essere sostenuto dal fuoco dell'artiglieria e dei mortai da 120 m erogato dallo schieramento assunto inizialmente nella zona di sbarco e da schieramenti successivi più avanzati. Nel movimento assume un ruolo determinante l'esplorazione tattica aerea, mentre il quadro di sicurezza è garantito dall'articolazione del dispositivo, dalle forze aero-tattiche e da specifici provvedimenti precauzionali. Il gruppo tattico lagunare nell'attacco deve conquistare posizioni da mantenere successivamente a tempo determinato oppure sv iluppare un'azione di forza sul tergo degli schieramenti nemici: in ambedue i casi deve superare la resistenza diretta dell'avversario. L'attacco assume la fisionomia di semplice occupazione preventiva di località quando non comporti l'azione di forza. L' attacco presenta caratteristiche peculiari, che lo differenziano dall'analoga attività svolta da altre unità, e comporta la conquista di un obiettivo che consenta la costituzione di una testa di ponte: a premessa del superamento di un ostacolo da parte di altre forze, o del mantenimento di posizioni tatticamente importanti fino al congiungimento con altre forze, o dello sconvolgimento delle difese nemiche (attacco sul tergo dello schieramento nemico). L'azione si conclude o con la difesa a tempo
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determinato delle posizioni e con il successivo congiungimento con altre forze amiche, o con il ripiegamento quando previsto il reimbarco o nel caso di insuccesso dell'azione. Di norma l'articolazione è a larghe maglie, ma la manovra si svolge, comunque, sempre in un quadro unitario. La concezione e l'organizzazione (35) dell'attacco e lo stesso sviluppo sono simili a quelJi previs ti per il gruppo tattico paracadutista, in quanto il gruppo tattico lagunare fruisce di ampia autonomia e libertà di scelta. Il dispositivo più ricorrente è quello di due compagnie avanzate cd una in rincalzo oppure di tre compagnie avanzate ed eventualmente un rincalzo di formazione. Il gruppo tattico, di norma, conquista l'obiettivo di attacco con le compagnie avanzate. L'attacco comprende: l'occupazione della base di partenza e la sosta su di questa (non previste per l'attacco del gruppo tattico paracadutista); il superamento della linea di partenza che segna l'inizio vero dell'attacco; il movimento delle compagnie avanzate verso i rispettivi obiettivi di attacco lungo le direzioni di attacco o nell'ambito dei rispellivi settori di azione; l'eventuale forzamento dell'ostacolo minato; il sostegno di fuoco da parte della base di fuoco di gruppo tattico; l'eventuale entrata in azione del rincalzo; la sistemazione a difesa delle posizioni acquisite, o la prosecuzione dell'attacco su di un altro obiettivo, o il ripiegamento. Nella difesa a tempo determinato di posizioni il gruppo tattico lagunare opera secondo criteri e procedimenti simili a quelli stabiliti per il gruppo tattico paracadutista. La concezione, l'organizzazione (36) e l'esecuzione della manovra, come pure le modalità per condurla da parte del comandante del gruppo tattico, ricalcano pressocché identicamente quelle della pubblicazione 772. Le poche differenze riguardano il dispositivo di sicurezza, che il gruppo tattico lagunare attua solamente se assolutamente necessario, l'assenza delle pattuglie previste per il controllo degli intervalli e l'eventualità del ripiegamento prevista per il gruppo tattico lagunare e non per quello paracadutista. In p articolare: il gruppo tattico opera in un'area di azione, in c ui la resistenza si sviluppa mediante l'azione coordinata di strutture statiche, di unità in rincalzo e di fuoco manovrato; se ritenuto conveniente, il gruppo tattico può sviluppare azione di ritardo e di logoramento sul davanti dell e posizioni occupate; le strutture statiche sono presidiate in genere da plotoni anfibi rinforzati; il rincalzo, impiegato principalmente per alimentare gli elementi dell'organizzazione difensiva, è previsto al livello di gruppo tattico quando l'ampiezza dell'area di azione ne consenta il tempestivo intervento; negli altri casi il rincalzo è costituito al livello di compagnia anfibia.
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Il gruppo tattico lagunare ripiega allorché, adempiuto il compito, debba reimbarcarsi ovvero quando, a causa del mancato congiungimento con altre unità amiche o in caso d'insuccesso, abbandona la zona del combattimento per raggiungerne un'altra secondo quanto previsto dai piani alternativi. Il ripiegamento (37) si attua con modalità sostanzialmente identiche, sia nel caso che tenda al reimbarco od al ricongiungimento con unità amiche, sia che tenda al trasferimento in zone controllate dalla guerriglia dove sviluppare tale particolare forma di lotta od altre. Nel primo caso, peraltro, è preminente il criterio della celerità per il raggiungimento della zona di reimbarco; nel secondo, è essenziale la scelta degli itinerari per il trafilamento attraverso il dispositivo nemico; nel terzo, l'accuratezza nella ripartizione dei compiti e delle zone di azione. Il ripiegamento presuppone che il gruppo tattico conservi una qualche capacità operativa e comporta la suddivisione in aliquote, in genere non superiori al plotone, e la scelta di itinerari che consentano la rapidità <li movimento e la possibilità di evasione dalle azioni nemiche, specialmente da quelle condotte da unità corazzate e meccanizzate. Il gruppo tattico ripiega <li norma a piedi ed utilizza sia le ore di luce che quelle di buio; se scisso in articolazioni di livello minimo, esso deve tendere a consegui re lo scopo arrecando, ogni qualvolta possibile, danni <li qualsiasi genere al nemico. Il gruppo tattico nella difesa di un tratto di costa ha il compito di garantire la libera disponibilità di un'area di particolare interesse confinante con il mare. L'estensione di tale area, che costituisce il settore costiero affidato al gruppo tattico, si aggira sui 200 + 300 kmq. L'ampiezza dell'area non consente alla difesa di fondarsi prevalentemente sul presidio <li <le te r·minate posizioni, in quanto, in tale caso, disperderebbe le proprie forze o correrebbe il rischio di non utilizzarle. I procedimenti da adottare debbono sfruttare l'elevata mobilità che caratterizza le unità anfibie su terraferma ed in acqua; queste debbono tendere ad impedire lo sbarco di unità nemiche con azioni dinamiche ovvero a logorare le forze sbarcate e contenerne le penetrazioni, creando le migliori premesse per i contrattacchi svolti da altre forze. A tale fine la difesa s'impernia: sull'azione coordinata di posti <li sbarramento, posti di osservazione e allarme, pattuglie (comprese quelle anfibie) che svolgono un'azione di contrasto dinamico, reiterandola su posizioni successive; su strutture statiche predisposte, da attivare per lo sviluppo delle reazioni di movimento o per il contenime nto; su unità meccanizzate e carri in rincalzo, con il compito di svolgere reazioni dinamiche da sole o in concorso con quelle di
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ordine superiore o di presidare caposaldi predisposti. La concezione, l'organizzazione e l'esecuzione dell'azione (38), vincolate dal.l'ampiezza del settore costiero affidato al gruppo tattico, sono diverse da quelle della difesa a tempo determinato di posizioni. Le unità destinate a sviluppare l'azione di contrasto dinamico sono le compagnie anfibie (rinforzate o non da minori unità afibie, unità carri, armi controcarri e unità incursori) alle quali è affidata la responsabilità di un settore difensivo con ampiezza dai 4 agli 8 km. Le pattuglie anfibie, di norma costituite da una squadra incursori, eventualmente rinforzata, sono montate su di un mezzo anfibio o su battelli pneumatici ed operano alla foce dei corsi d'acqua, lungo i corsi stessi ed in laguna. I caposaldi vengono, di norma, presidiati su ordine sulla base di una o più ipotesi di impiego prefigurate e tenuti da plotoni rinforzati (area di investimento di 60000 mq circa) ed eventualmente da compagnie schierate nuclearmente con caposaldi minori di plotone cooperanti (area di investimento da 0,5 ad 1 kmq circa). Le opere della fortificazione permanente, eventualmente comprese nel settore, possono adempiere le funzioni di posti scoglio o di strutture statiche a sé stanti od essere inglobate con funzione di caposaldo minore in un caposaldo a struttura nucleare. Le unità controcarri sono costituite dall'aliquota del plotone controcarri di battaglione non decentrata e da altre armi eventualmente avute in rinforzo; esse si schierano in corrispondenza delle provenienze più probabili e più pericolose di intervento dei carri nemici e gravitano su di esse. Il rincalzo è costituito dalle unità carri non decentrate alle compagnie e da unità anfibie ed esso non supera l'entità di una compagnia. È impiegato per contrassaltare o per concorrere al contrattacco di riserve dell'ordine superiore oppure per presidiare le posizioni di contenimento. Quando possibile, il rincalzo interviene nella fase iniziale dello sbarco nemico per tentare di rigettare a mare le unità sbarcate. L'azione complessiva prevede: prima dello sbarco e durante l'attacco del nemico, il vigile controllo dell'intero settore; a sbarco avvenuto e ad attacco iniziato, l'azione di contrasto dinamico, l'attivazione delle strutture statiche in funzione delle reazioni di movimento, il contenimento sulla fascia arretrata del settore costiero. La pubblicazione 782 non trova riscontro in pubblicazioni precedenti; è la prima volta che lo stato maggiore dell'esercito codifica l'impiego delle unità lagunari e proprio per tale motivo ci è parso utile riassumere, più ampiamente di quanto fatto per le a ltre, il contenuto della pubblicazione, davvero pregevole sotto tutti gli aspetti. Ma tutte le cinque pubblicazioni riguardanti i vari tipi di gruppo tattico,
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pur con le riserve avanzate a proposito della trattazione della difesa mobile nella pubblicazione 722, perseguono il raggiungimento di un traguardo evolutivo molto avanzato nella elaborazione della normativa di impiego dei complessi minori di forze. Le concezioni dalle quali partono, i criteri ai quali ispirano la tattica e la stessa tecn ica d'impiego ed i procedimenti che indicano sono, nell'insieme, quanto di più moderno e valido esistesse in quel periodo in materia. La continuità di stretti rapporti con gli altri eserciti della N.A.T.O. e di frequenti stambì di idee nell'ambito dei vari gruppi di lavoro, tra i quali il gruppo FINABEL incaricato di studiare la tattica delle grandi unità elementari e dei complessi tattici minori, aveva consentito il costante aggiornamento della dottrina senza peraltro far perdere a questa l'impronta nazionale. Le pubblicazioni, infatti, ancorché innovatrici per i contenuti, per la struttura e per la forma conservano il marchio nazionale e confermano quanto ancora valido della normativa precedente, senza peraltro nessun timore di cambiare quanto di superato ed inattuale l'esperienza aveva dimostrato. Le cinque pubblicazioni, conseguenti dalla linea concettuale sanci la nelle pubblicazioni 700, 71 O, 720 e dalle altre pubblicazioni della stessa serie dottrinale, sono il risultato di circa tre anni di esperimentazionc pratica, dalla quale era stato possibile trarre suggerimenti convincenti di modifiche e di armonizzazione di criteri e di proccdimc.:nti offensivi e difensivi in un quadro d'insieme che aveva consentito valutazioni e raffronti approfondi ti e dialettici. Nel 1966 erano stati approfondi ti gli aspetti della manovra di arresto, in ambiente nucleare attivo; nel 1967 quelli della battaglia offensiva in ambiente nucleare potenziale; nel 1968 vennero esaminati le operazioni difensive in un ambiente caratterizzato, nella fase prc-operativa, dalla minaccia nucleare e, nella fase condotta, dal solo impiego di armi convenzionali. Il contributo fornito dai comandi delle grandi unità, della scuola di fanteria e di quella dei corazzati, dai comandi dei livelli minori e dai quadri in merito all'impiego dei gruppi tattici di fanteria, alpino, corazzato, paracadutista e lagunare era stato determinante ed aveva consentito di mettere a fuoco tutti i problemi di grande importanza e di individuare, per ognuno di essi, le soluzioni più rispondenti, riportate poi nella normativa ufficiale. Le pubblicazioni, il cui ritardo nella diramazione fu determinato proprio dalla esigenza della sperimentazione, colmarono una lacuna da tempo avvertita e, ponendosi come elemento di saldatura fra la normativa riguardante i livelli superiori e quella dei livelli minimi (compagnia, plotone, squadra), consentì agli ispettorati d'arma di procedere alla elaborazione dei regolamenti riguardanti la tecnica d'impiego.
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10. Della serie dottrinale 700 fa parte anche la pubblicazione Impiego delle aviotruppe - n. 770 della serie dottrinale (39) - che vide la luce nella seconda metà del 1968, anno in cui la serie dottrinale 700 poté dirsi portata a compimento fino al previsto livello di gruppo tattico. La pubblicazione sull'impiego delle aviotruppe delinea gli aspetti essenziali delle operazioni delle unità paracadutisti e delle unità aerot rasportabili e pone nel dovuto rilievo i problemi organizzativi e le procedure, specifici, nonché gli aspetti interforze, di tali operazioni nel campo strategico ed in quello tattico. Introdotta la distinzione tra unità paracadutisti e unità aerolrasporlabili e definite le caratteristiche e le limitazioni delle une e delle altre (40), la pubblicazione distingue le operazioni delle aviotruppe in aviosbarchi coordinati, indipendenti e di incursione, secondo gli scopi, l'entità delle forze impiegate e la prevista durata dell'az ione (41), dando comunque alla classificazione un valore puramente orientativo, in quanlu nun sempre esiste una differenziazione marcata tra i vari tipi di operazione, diversamente configurati, di volta in volta, dal compito, dalla situazione, dalla durata e dal raggio di azione. Le aviotruppe possono essere impiegate in campo strategico per: l'apertura di nuove fronti, la reazione immediata ad un'analoga iniziativa del nemico, la conquista <li aree vitali il cui possesso migliori lo schieramento strategico od incrementi la potenzialità operativa, la conclusione di una manovra strategica o quanto meno l'accelerazione di un epilogo favorevole, la repressione e la prevenzione di una guerra rivoluzionaria in territorio alleato e l'alimentazione di una guerra rivoluzionaria in territorio nemico. In campo lattico , invece, le aviotruppe e, in particolare le unità paracadutiste, possono trovare impiego nell'occupazione preventiva di posizioni e località importanti, nella costituzione di teste di ponte a premessa del superamento di ostacoli o di operazioni anfibie, nello sviluppo di azionidi forza a tergo della linea di contatto, nel rinforzo di unità isolate o circondate, nell'intercettazione di riserve nemiche in afflusso, nel contrasto di movimenti retrogradi del nemico, nella organizzazione e alimentazione della guerriglia e nell'esecuzione di colpi di mano. Il massimo livello ordinativo, nel quale possono essere riunite unità omoge nee paracadutisti ed aerotrasportabili, è la brigata, che agisce normalmente per gruppi tattici, mentre brigate paracadutisti e brigate ae rotrasportabili possono costituire una divisione di aviotruppe, grande unità particolarmente idonea a condurre operazioni strategiche.
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Molti i fattori che influiscono sugli aviosbarchi e di essi i più importanti sono la disponibilità dei mezzi aerei di trasporto, il grado di libertà di azione aerea, la situazione del nemico, l'ambiente naturale, sotto gli aspetti del terreno e delle condizioni meteorologiche, l'ambiente operativo, la disponibilità del supporto logistico, l'entità dell'appoggio aereo e l'esistenza o non della guerriglia nella zona prescelta per l'aviosbarco. La disponibilità di mezzi aerei di trasporto non solo è la conditio sine qua non per un aviosbarco, ma ne condiziona le modalità di svolgimento, incidendo in modo particolare sull'entità delle forze impiegabili, sul periodo e sui tempi di svolgimento. La libertà di azione aerea è un altro presupposto indispensabile qualora il successo non venga fondato esclusivamente sulla sorpresa; altrimenti, la superiorità aerea, almeno locale e temporanea, ed un sufficiente grado di neutralizzazione della difesa aerea del nemico in condizioni di interferire suJJ'aviosbarco sono essenziali per il successo. La conoscenza, quanto più completa ed aggiornata, della situazione nemica è un'altra condizione indispensabile per cui occorre predisporre in tempo una rete informativa efficiente, in grado di raccogliere tutti i dati che, in altre situazioni, possono essere acquisiti dalle unità a contatto. Terreni favorevoli agli aviosbarchi sono quelli che, oltre offrire zone idonee alla presa di terra, pongono difficoltà all'intervento di forze corazzate nemiche (terreni coperti e rotti, boscosi, paludosi, ricchi di abitati e di corsi d'acqua). Negli aviosbarchi coordinati, peraltro, le aviotruppe trovano impiego anche su terreni non intrinsecamente forti, purché il congiungimento con le forze di superficie sia previsto in tempo utile per il loro disimpegno da forze corazzate nemiche. Le condizioni meteorologiche debbono essere tali da consentire l'aviosbarco in termini di sicurezza accettabili. Nell'ambiente operativo nucleare, l'impiego delle aviotruppe è esaltato dalla possibilità di neutralizzazione immediata delle forze nemiche e dalla esistenza di spazi vuoti; diventa, invece, aleatoria l'attuazione di consistenti aviosbarchi per la grande vulnerabilità che contraddistingue le aviotruppe nelle fasi d' imbarco e di riordinamento; esiste, cioè, la scarsa convenienza all'effettuazione di aviosbarchi con l'impiego di complessi di forze di entità superiore al gruppo tattico. Il supporto logistico dell'aviosbarco deve essere tale da: garantire una larga disponibilità di materiali sia per fronteggiare gli elevati consumi dell'operazione, sia per consentire l'attuazione di soluzioni alternative; assicurare l'afflusso del personale e dei mezzi agli aeroporti e la preparazione delle unità per l'imbarco; far giungere al momento e nei punti desiderati i rifornimenti necessari, distinguendo quelli da por-
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tare al seguito da quelli che devono raggiungere in un secondo tempo le unità aviolanciate. L'appoggio aereo incide sulle possibilità di riuscita dell'aviosbarco, specialmente quando questo impegni forze di una certa entità e l'avversario sia in condizione di reagire efficacemente; si tratta di un appoggio da garantire nell'intera misura necessaria perché non esistono sorgenti erogatrici sostitutive. La guerriglia, infine, se in atto da parte amica nella zona prescelta per l'aviosbarco, è di notevole ausilio per il concorso informativo e di sicurezza che può fornire, per la possibilità di sostituire le pattuglie guida nella zona di lancio e per il supporto che può dare agli eventuali nuclei sabotatori impegnati nelle azioni preliminari . L'organizzazione di un aviosbarco è un'operazione complessa, alla quale sono interessati numerosi comandi (42) e che si sviluppa secondo procedure coordinate a tutti i livelli di comando interessati. La pianfficazione riguarda la definizione degli obiettivi iniziali e delle zone di lancio, la determinazione dell'articolazione delle aviotruppe e dei tempi dell'azione, il coordinamento del fuoco, la determinazione delle azioni preliminari, la definizione del sistema delle trasmissioni, lo sviluppo della ricerca informativa, la scelta degli aeroporti di imbarco e di riserva e delle zone di concentramento, la definizione delle modalità d 'imbarco e del movimento aereo, la determinazione delle misure per il congiungimento con le forze di superficie, per il recupero delle forze aviosbarcate e per la loro sopravvivenza ed infine l'organizzazione del supporto logistico. La definizione degli obiettivi iniziali e delle zone di lancio spetta al comando di aviosbarco, che tiene conto delle richieste del comando delle aviotruppe e di quelle del comando della forza aerea di trasporto. Nella valutazione unitaria delle esigenze, quelle relative alla manovra terrestre hanno la preminenza. Ai fini della manovra terrestre, le zone di lancio devono favorire il raggiungimento rapido ed economico degli obiettivi iniziali, il sollecito riordinamento, un soddisfacente diradamento delle aviotruppe tale da evitare la costituzione di obiettivi remunerativi per l'offesa nucleare e da realizzare il conseguimento della sorpresa; sotto l'aspetto aeronautico, le zone di lancio devono favori re le operazioni di aviolancio e/o di atterraggio e, nel secondo caso, il successivo decollo dei veicoli da trasporto. La determinazione dell'articolazione delle aviotruppe compete al comando delle aviotruppe, che provvede a ripartire le forze in complessi di primo scaglione (eventualmente anche di secondo) ed in complessi di riserva. Ai fini della successione nella presa di terra, le forze si articolano in ondata di assalto e ondate successive, la prima generalmente costituita da unità paracadutiste (eventual-
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mente da unità aerotrasportabili di assalto) per la conquista degli obiettivi iniziali, le seconde costituite da unità paracadutiste (e/o aerotrasportabili) per rinforzare le teste di sbarco iniziali e/o raggiungere gli obiettivi finali della operazione; negli aviosbarchi di entità limitata viene costituita soltanto l'ondata di assalto. La determinazione dei tempi dell'azione compete al comando di aviosbarco, sulla base delle proposte del comando delle aviotruppe e di quello della forza aerea di trasporto: le ore diurne sono più favorevoli allo sviluppo del concorso aereo offensivo, alla individuazione delle zone di lancio e/o di atterraggio, al riordinamento delle unità ed alla rapidità dell'azione terrestre; quelle notturne favoriscono il conseguimento della sorpresa e riducono l'efficacia della reazione nemica. Il coordinamento del fuoco riguarda il comando di aviosbarco presso il quale si costituisce il C.C.F. ed il comando delle aviotruppe presso il quale viene costituito, quando necessario, un altro C.C.F. oppure un nucleo di coordinamento del fuoco. Nella fase che si conclude con la presa di terra dell'ondata di assalto, il fuoco è organizzato per garantire condizioni di sicurezza agli aerei da trasporto in atterraggio e per neutralizzare le forze terrestri nemiche in grado di agire contro le aviotruppe nella fase critica della presa di terra. Esso è sviluppato mediante missioni di bombardamento nucleare e/o convenzionale e di attacchi al suolo, tende a paralizzare il movimento del nemico e la sua capacità di reazione, ha durata e violenza proporzionate agli effetti che s'intendono conseguire sugli obiettivi, inizia il più tardi possibile per attuare la sorpresa e non consentire al nemico la contromanovra, termina contemporaneamente alla presa di terra dell'ondata di assalto. Durante l'azione terrestre, il fuoco è organizzato per assicurare l'interdizione della zona di aviosbarco e per sostenere le forze aviosbarcate, è fornito dalle forze aerotattiche e dalle armi di cui sono dotate le aviotruppe, nonché dai mezzi delle forze di superficie cooperanti e si concreta in una serie di operazioni di concorso aereo offensivo intorno alla zona di aviosbarco per intendirla alle forze nemiche in afflusso e in un'altra serie di missioni aeree e di azioni di fuoco terrestre (eventualmente anche navale) effettuate su richiesta contro elementi che si oppongano direttamente all'azione. Le azioni preliminari vengono disposte dal comando del teatro o dello scacchiere operativo, anche sulla base delle esigenze prospettate dal comando di aviosbarco, e sono sviluppate in modo non solo da non dare indicazioni sulla zona e sulla data dell'aviosbarco, ma da trarre in inganno il nemico, da neutralizzare aerobasi, impianti di scoperta, difese contraerei, da interrompere le vie di comunicazione di afflusso delle forze nemiche
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nella zona di aviosbarco. La definizione del sistema delle trasmissioni riguarda il comando di aviosbarco ed il comando delle forze aeree di trasporto interessate all'aviosbarco. Anche la ricerca informativa viene pianificata e diretta dal comando di aviosbarco; sue fonti sono l'esplorazione aerea (a vista e fotografica), le memorie e le monografie sulla zona di impiego, gli informatori clandestini, le osservazioni meteorologiche. La scelta degli aeroporti d 'imbarco e di riserva e delle zone di concentramento compete al comando di aviosbarco, sulla base delle proposte del comando della forza aerea da trasporto e del comando delle aviotruppe. Le modalità di imbarco, del movimento aereo e della presa di terra costituiscono l'aspetto spiccatamente interforze della pianificazione. Per addivenire alla loro definizione si inizia con il valutare le esigenze della presa di terra che è organizzata dal comando delle aviotruppe, d'intesa con il comando dell'unità aerea interessata. L'aviolancio del materiale pesante è predisposto su zone contigue a quelle previste per il personale e l'atterraggio delle ondate di forze aerotrasportabili è predisposto o su apposite zone o su quelle utilizzate per l'aviolancio. L'organizzazione del movimento aereo compete al comando della forza aerea di trasporto d'intesa con il comando delle aviotruppe e comprende la definizione della composizione ddle serie aeree e <lellt:: modalità per la navigazione e per l'arrivo nella zona di aviosbarco. L'imbarco ed il caricamento sono predisposti in modo da ridurne al minimo i tempi; i materiali vengono trasferiti dalle zone di concentramento agli aeroporti con anticipo di 3 -=- 4 ore sull'ora di imbarco, mentre le unità possono affluirvi con anticipo minore (un'ora è sufficiente). L'organizzazione dell'imbarco compete, nelle sue linee generali, al comando di aviosbarco e, in particolare, al comando de lle aviotruppe d'inte sa con il comando d ella forza aerea da trasporto. Il congiungimento con le forze di superficie, il recupero delle forze aviosbarcate e la loro sopravvivenza in territorio nemico comportano, al pari di tutti gli altri elementi, una pianificazione accurata che compete al comando di aviosbarco. In particolare, per il congiungimento, occorre definire, d ' intesa con il comando delle forze terrestri cooperanti: i punti di congiungimento, le misure per il coordinamento del fuoco e per il collegamento tattico, le responsabilità di comando delle azioni da svolgere in comune; per il recupero: le modalità di azione sia per il caso in cui il recupero avvenga a seguito della sostituzione delle aviotruppe, sia per il caso in cui queste ultime debbano sottrarsi al nemico; per la sopravvivenza: gli elementi della guerriglia ai quali appoggiarsi, le località di approntamento ed il frazionamento delle forze in nuclei. L'organizzazione
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del supporto logistico compete al comando di aviosbarco che si avvale: del comando logistico di supporto, per l'organizzazione generale delle operazioni inerenti all'aviosbarco e per l'organizzazione dei servizi in zona di concentramento; del comando de11e aviotruppe, per la preparazione logistica nella zona di dislocazione iniziàle e per l'organizzazione e funzionamento dei servizi nella zona di aviosbarco. Il sostegno logistico è organizzato secondo gli stessi criteri che informano la pianificazione di un'operazione di superficie, con gli adeguamenti imposti dai mezzi di trasporto (organizzazione logistica delle zone di concentramento, adeguamento delle dotazioni, condizionamento dei materiali per il trasporto sugli aerei o per il lancio, ripartizione degli organi di servizio in relazione alle esigenze da soddisfare nelle zone di aviosbarco, ammassamento, nella sede fissata, dei materiali e dei mezzi per l'alimentazione de lla operazione). La preparazione di un aviosbarco comporta altre attività, non necessariamente legate alla soluzione di tutti i problemi organizzativi finora menzionati, le quali perciò possono essere intraprese contemporaneamente aJlo svolgimento dell'attività di pianificazione. Esse consistono nell'adozione di misure per la tutela del segreto, nell'approntamento delle forze e dei mezzi, nell'allestimento degli aeroporti di imbarco e delle zone di concentramento e nell'afflusso delle aviotruppe alle zone di concentramento e degli aerei agli aeroporti di imbarco. Ognuna di tali attività risponde a criteri e modalità propri e investe le responsabilità di tutti i comandi e unità (tutela del segreto) ovvero ora dell'uno (del comando aviosbarco, per l'approntamento), ora degli altri (del comando deJla forza aerea di trasporto, per l'allestimento degli aeroporti di imbarco e del comando incaricato del supporto logistico per l'allestimento delle zone di concentramento), ora di più di uno dei vari comandi (comando di aviosbarco, comando aviotruppe e comando della forza aerea di trasporto, per l'afflusso). L'esecuzione di un aviosbarco s'inizia con le azioni preliminari e con l'afflusso delle aviotruppe nelle zone di concentramento; prosegue con il trasferimento delle aviotruppe agli aeroporti di imbarco e con l'imbarco sugli aerei nei tempi e nei modi stabiliti secondo le procedure fissate. Segue il movimento aereo che avviene per serie aeree, ciascuna delle quali assume le formazioni previste fin daJl'aeroporto di partenza, vola successivamente verso il punto di riunione e prosegue poi secondo quanto pianificato. Coordinata con il movimento delle serie aeree, si sviluppa frattanto anche la preparazione, nucleare e/o convenzionale, diretta a diminuire, prima della presa di terra, la capac ità difensiva del nemico. 11 movimento aereo avviene sotto la
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responsabilità del comandante dell'unità aerea interessata, è regolato e diretto da apposita organizzazione di guida e di controllo e si svolge sotto la protezione di formazioni di caccia e di caccia-bombardieri. Le operazioni di presa di terra dell'ondata di assalto iniziano al termine della preparazione, se questa è avvenuta, e sono facilitate da terra dalle pattuglie guida, quando queste sono impiegate. La presa di terra costituisce sempre l'atto più critico dell'operazione in cui assume valore determinante il fattore tempo. I complessi di forze e le unità procedono, perciò, con grande celerità al loro riordinamento, protetti da elementi preventivamente designati, avanzano con spregiudicatezza e il più rapidamente possibile verso la conquista di posizioni il cui possesso garantisca uno spazio sufficiente allo sviluppo dell'operazione e consenta l'adempimento del compito (qualora l'aviosbarco persegua scopi limitati). Le unità con compiti di esplorazione e di sicurezza, prime a prendere terra nell'ambito dell'ondata di assalto, puntano con la massima celerità sugli obiettivi assegnati che coincidono con punti obbligati, nodi stradali, punti di dominio tattico e vi si consolidano; una volta preso il contatto con il nemico, es se sviluppano un'azione di contrasto dinamico diretta a ritardarne la progressione verso le posizioni presidiate frattanto dal grosso dell'ondata di assalto. Questa, sostenuta da tutto il fuoco aereoterrestre ed eventualmente navale disponibile, agisce con un dispositivo che consenta l'utilizzazione del maggior numero di vie tattiche adducenti agli obiettivi, in modo da disorientare il nemico e da frazionarne le reazioni. Il possesso delle posizioni conquistate od occupate viene garantito con un'organizzazione informata a criteri di pronta reattività a tutti i livelli e di reiterazione della resistenza in profondità. In particolare: le unità es ploranti e di sicurezza, integrate da a liquote controcarri, preso il contatto con il nemico, ne ritardano la progressione; le rimanenti forze assumono uno schieramento difensivo a nuclei, nel quale la massa delle armi gravita in avanti per utilizzare il fuoco fin dalla massima distanza, e reiterano le resistenze sfruttando lo spazio esistente e ricorrendo, quando necessario, allo impiego dei rincalzi; entrambe le aliquote fruiscono di tutto il sostegno di fuoco disponibile, compreso quello fornito dalle forze aerotattiche. L'operazione si conclude con la prosecuzione dell'azione in profondità negli aviosbarchi indipendenti, il congiungimento con le unità di superficie negli aviosbarchi coordinati, il recupero negli aviosbarchi di incursione e, in caso di fallimento, nei limiti del possibile, anche negli altri tipi di aviosbarco. Gli aviosbarchi in ambiente alpino perseguono scopi tattici di preventiva occupazione di posizioni importanti, di intercettazione di forze
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nemiche in afflusso e di contrasto dei movimenti retrogradi del nemico. Le unità di aviotruppe impiegate sono quelle paracadutiste, di limitata entità, fornite di notevole autonomia operativa e costituite con personale dotato di spiccata capacità alpinistica. Le caratteristiche del particolare ambiente inducono ad impiegare aerei molto manovrabili ed idonei a raggiungere quote di tangenza elevate, dotati di autonomia proporzionata al raggio generalmente limitato degli aviosbarchi. L'esecuzione è basata essenzialmente sulla sorpresa, senza le azioni preliminari e la preparazione, e si conclude, quasi sempre, con la difesa a tempo determinato delle posizioni occupate a seguito di aviolancio.
11. Un'altra pubblicazione èdita dal III reparto - ufficio regolamenti - dello stato maggiore dell'esercito nel 1968 fu la n. 6119 L'elitrasporto tattico e logistico (n. 790 della serie dottrinale) avente carattere di regolamento di impiego e di tecnica di impiego e procedurale (43). Essa segna l'acquisizione di un traguardo dottrinale significativo in merito alla visione del nuovo campo di battaglia, dove la presenza dell'elicottero in campo tattico e logistico, ancorché allora ancora limitata nell'ambito dell'esercito italiano, ma non di altri eserciti, veniva vieppiù affermandosi come requisito indispensabile, in moltissime situazioni, della operatività delle forze terrestri. Circa l'aviazione leggera dell'esercito, lo stato maggiore si era già espresso nel 1962 (44) definendone i compiti, i criteri di impiego ed i procedimenti di azione, rimandando per quanto concerneva i procedimenti tecnici di impiego degli aerei leggeri e degli elicotteri ali' Istruzione tecnica sull'A.L.E. edita dall'ufficio dell'ispettore dell'A.L.E. (45). La 790, ferma restando la validità della 7200 della serie dottrinale - edizione 1962 - fissa i compiti specifici dell'elicottero, i quali risultano ora più dilatati, più vari e più specifici rispetto al passato, sia sul piano tattico che su quello logistico. Nel campo tattico, in particolare, gli elicotteri trovano impiego nell'occupazione preventiva di posizioni importanti ai fini della manovra terrestre, specialmente sui terreni montani dove il movimento e la manovra per via ordinaria incontrano ostacoli e limitazioni da parte delle asperità delle forme del terreno. Mezzo ideale per il superamento degli ostacoli naturali ed artificiali, l'elicottero trova impiego quanto mai remunerativo nella costituzione di teste di ponte o di
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teste di sbarco al di là dell'ostacolo. Nessun altro mezzo è in grado di assicurare, altresì, la tempestiva e celere alimentazione della manovra in profondità e l'esecuzione di colpi di mano, di azioni di guerriglia o di controguerriglia. Altri compiti di carattere tattico elencati dalla 790 sono quelli riguardanti il trasferimento dei rincalzi e dei presidi dei caposaldi, la manovra intersettoriale dei rincalzi, lo schieramento di campi minati mediante l'impiego di mine seminabili, i rapidi mutamenti di schieramento di unità ed i recuperi di unità, il concorso nelle operazioni di abbandono di una posizione e di spostamento dei comandi. Ne l campo logistico il sollecito sgombero di personale abbisognoso di cure immediate, il tempestivo rifornimento di materiali critici ad unità dislocate su posizioni non facilmente e celermente raggiungibili con mezzi di superficie e l'esecuzione di rifornimenti di urgenza ad unità in particolare s ituazione di bisogno: sono i compiti più comuni che l'elicottero può adempiere, stanti le sue caratteristiche Lalliche e tecniche e le versatili prestazioni che offre, in particolare quella della elevata rapidità di traslazione. La 790 indica nella semplificazione delle procedure, nella pianificazione delle missioni e nel decentramento dell'organizzazione i criLeri da seguire per poler utilizzare a pieno rendimento il mezzo che, indipendente relativamente dalle asperità del terreno e degli ostacoli, trova limitazioni nella notte, nella nebbia, nelle condizioni meteorologiche (ghiaccio, pioggia battente, vento con velocità superiore ai 50 km/h, grandine). Intcrcsati alla concezione e organizzazione di un'operazione di elitrasporto sono il comandante della grande unità, il comandante del reggimento di fanteria od alpino, il comandante del gruppo tattico ai quali spetta, in sede esecutiva, il coordinamento della manovra, mentre il comandante del reparto che conduce l'intera manovra tattica terrestre, il comandante dell'unità eliportata ed il comandante dell'unità elicotteri, legati da un efficiente sistema di trasmissioni, regolano l'imbarco, il trasporto e lo sbarco, ciascuno nell'ambito delle specifiche competenze, e coordinano l'azione, che può essere sviluppata anche ad ondate successive, con quella delle altre unità operanti nella zona di sbarco. Scarso o, meglio, quasi nullo il rilievo dato dalla pubblicazione alle missioni di concorso di fuoco che avevano, invece, formato oggetto di esame dalla 7200 sia pure riferite a missioni speciali, di cui le più ricorrenti erano state intraviste nella controguerriglia, nelle azioni in favore delle unità costituenti un dispositivo di sicurezza ed in quelle per la protezione di missioni di trasporto aereo. Ciò non vuol
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dire che la pubblicazione segni il rifiuto degli elicotteri armati di razzi, di missili filoguidati e di armi automatiche su installazione fissa e almeno parzialmente brandeggiabile - che, tra l'altro, proprio in quel periodo venivano dimostrandosi validissimi nella guerra in corso nel Vietnam - ma che essa, senza contestare tale tipo di impiego, si astiene dal regolamentarlo in attesa dell'acquisizione della sperimentazione e dell'entrata in servizio del mezzo presso le unità dell'esercito italiano. All'inizio degli anni settanta gli elicotteri svolgevano già una molteplicità di compiti che andavano dalla guerra elettronica a quella dell'avvistamento lontano, ma ancora, pur previsto tra i suoi compiti specifici, il concorso di fuoco e l'attacco armato non erano diventati i suoi compiti più importanti, quelli che avrebbero allegerito i compiti della fanteria, ora non solo in grado di evitare le marce forzate del passato e di raggiungere il campo dello scontro fresca e pronta all'azione, ma anche di disporre, virtualmente, in qualsiasi zona e situazione, di un sostegno di fuoco flessibile e manovrabile e di poter fare affidamento, qualora le vicende del combattimento volgessero al peggio, su di un rapido sganciamento e su di una rapida evacuazione per essere reimpiegata altrove. L'elicottero, grande o piccolo, si era già dimostrato un moltiplicatore della potenza bellica di un esercito e molto di più che un semplice mezzo di ausilio della fanteria; esso offriva a questa arma un incremento di mobilità e di potenza di fuoco, almeno nello interno delle linee amiche, quale nessun altro mezzo del passato era riuscito a combinare in sé.
12.
Da tutte le pubblicazioni della serie 700, comprese quelle che esamineremo nel successivo capitolo LXVI, traspare evidente lo sforzo compiuto dallo stato maggiore dell 'esercito di conciliare la nuova realtà strategica e tattica con quella della efficienza operativa dell'esercito italiano nel senso di rendere concreto l' impiego delle forze, malgrado le lacune e le debolezze di queste, pur nel sempre più complesso e delicato congegno della guerra e , in pa rticolare, del combattimento. La serie dottrinale 700 è in sintonia con i tempi, non pecca di arretratezza culturale ed anzi, sotto certi aspetti, mantiene una posizione di avanguardia, ma non prescinde dalla capacità reale dello strum ento disponibile sul momento e ne ll'immediato futuro. Essa non è priva di difetti, di soluzioni opinabili e soprattutto di ripieghi, ques ti derivanti dalla debolezza dello strumento chiamato ad applicare i
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criteri ed i procedimenti ai quali essa ispira, sul piano concettuale ed organizzativo, le operazioni offensive e difensive ed il combattimento, ma è pur sempre una dottrina coerente, completa, applicabile e consona alla pontenzialità operativa delle unità alle quali è indirizzata. Gli intendimenti dello stato maggiore dell'esercito, nel dare inizio alla dottrina della serie 700, erano stati di duplice origine: l'allineamento della tattica alla concezione strategica della rappresaglia massiccia ed ai mutamenti nei rapporti di potenza tra le opposte coalizioni, in un quadro di larga disponibilità di armi nucleari in campo strategico e tattico; la ricerca della soluzione del problema difensivo nazionale in un rapporto, il meno disequilibrato possibile, tra esigenze e disponibilità di forze per soddisfarle tenuto conto della comparsa nel campo di battaglia di armi e mezzi nuovi o più perfezionati ed allo stesso tempo della reale disponibilità esistente, o di quella di un immediato futuro, delle une e degli altri presso le forze d'impiego. Riferita alla s ituazione del momento, la dottrina 700 perseguì entrambi i fini, ma il rapido evolvere dei presupposti strategici e del progresso tecnico-scientifico, che rendono oramai sempre più instabili le concezioni di impiego e gli stessi procedimenti tecnico-tattici delle vari armi ed unità, le concessero, nei riguardi delle grandi unità, una vita piuttosto breve, mentre, quanto ai gruppi tattici ed alle unità minori delle varie armi.- di queste ultime ci occuperemo nel successivo capitolo LXVI - conserveranno la loro validità fin oltre la seconda metà degli anni settanta, anche perché la realtà finanziaria degli anni settanta consentirà, come vedremo, ben poco in fatto di ammodernamento e di potenziamento delle armi, dei mezzi e degli equipaggiamenti.
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NOTE AL CAPITOLO LXV I) Stato maggiore dcll'esen:ito. III reparto. Uffico addestramento. Circ. n. 4466/A/1, 1-XII-1965 Direttive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel 1966. Roma, 1965, Regionale. 2) Vds. capitolo LIX nola n. 20. 3) Stato maggiore dell'esercito. III reparto. Ufficio addestramento. Circ. n. 4467/A/ I; 16-XI-1966 Direttive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel 1967. Roma, 1966, Regionale. 4) Vds. capitolo LXI nola n. 9. 5) Stato maggiore dell'esercito. III reparlo. Ufficio addestramento. Circ. n. 4468/A/ I, 9-XI-1967 Direttive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel 1968. Roma, I 967, Regionale. 6) Vds. capitolo LIX, nota n. 9. 7) Vds. capitolo LXIII, note n. 27 e n. 28 ed inoltre i seguenti altri interventi sulla Rivista Militare. Prosecuzione della difesa ancorala da parte della G.U. di fanteria in prima schiera mentre è in atto la difesa mobile a tergo della P.R. del generale Cosimo Cassone, R.M. 1964, fase. X, p g. 1045. Passaggio della difesa mobile alla difesa ancorata, del gen. Antonio Scvcrnni, R.M. 1964, XII, pg. 1350. Il coordinamento degli sforzi difensivi a livello di C.A. nella battaglia difensiva imposlala sulla manovra di arresto, del gcn. Oreste Viligiardi , R.M. 1966, I, pg. 21. Lineamenti della bauaglia offensiva e difensiva secondo la dottrina italiana. Evoluzione e prospettive, del gen. Vilibaldo Pieruzzi, R.M. 1966, III, pg. 322. Principi e criteri evolutivi della difesa secondo la concezione italiana, del gen . Vi Lo Venlura, R.M. 1966, lV, pg. 425. La stralegia della N.A. T.O., del gen. ArnaldoGiacalonc, R.M. 1967, IV, pg. 451. Difesa unidirezionale o difesa a giro d'orizzonte. Considerazioni su un articolo del gen. Ailleret, del ten. col. Luigi Poli, R.M. 1968, 11, pg. 231. Incremento della mobilità sul campo di hallaglia. Il veicolo servitore della fanteria, del gen. Agoslino Spano, R.M. 1965, III, Pg. 368. T.a brigala di fanteria nella manovra di arreslo, con procedimento di difesa ancorata, in ambienle nucleare a/Livo, del gen. Giancarlo Vitale, R.M. 1965, pg. 1451. Riflessi del nuovo armamento sull'impiego delle unità di fanteria, del gcn. Vittorio Casassa, R.M. 1966, Vl, pg. 755. Problemi della lotta della fanteria contro i carri, del gen. Mario Romanelli , R.M. 1966, VII-VIII, pg. 874. Melliamo a fuoco il problema della cooperazione fanleria-arliglieria e gli aspelli salienti dei problemi connessi, del gen. Mario Palla, R.M. 1966, VI, pg. 997. Spunli per una regolamenta zione d'arma su/l'impiego delle minori unilà di fanleria meccanizzata, del col. Diego Vicini, R.M. 1966, IX, pg. 1076. li gruppo fallico di fanteria nella difesa ancorata, del col. Angelo Pagolo, R.M. 1967, 1, pg. 48. lncidenza delle nuove a rmi sui procedimenti d 'azione della squadra assaltatori e del plotone fucilieri, del gen. Agoslino Spano, R.M. 1967, II, pg. 183. Morlai medi e pesanti della fanteria: azioni di fuoco, del magg. Raoul Frascadorc, R.M. 1967, V, pg. 610. Ancora qualche nota sul coordinamenlo del fuoco nell'ambito del gruppo tattico di fanteria , del col. Vittorio Rastclli , R.M. 1967. VII-Vlll, pg. 865. Esigenze di manovra (forza e fuoco) nella condotta della difesa ancorala da parte di un raggruppamento taltico di fanteria, dei Len. col. Maurizio Delgado, Amilcare Campi e del cap. Sergio Bonfi, R.M. 1967, X, pg. 11 54. Rapporti tra fuoco e movimento e tra le diverse specie di fuoco nell'ambito del gruppo tallico di fanteria a livello batlaglione, del magg. Renato Agostini e d e l cap. Pietro Suraci, R.M. 1969, III,
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pg. 305. L'organizzazione del fuoco controcarri nell'ambito di un sei/ore di raggruppamento tattico di fanteria nella manovra di arresto condotta con il procedimento della difesa ancorata, del len . col. Antonio Vigl ietti, del len. cui. Sergio De Ros, del magg. Alfonso D'Arienzo, R.M. 1969, V, pg. 570 . Possibilità di azioni offerte al f!,fuppu tallicu di fanteria al livello di battiglione dalla disponibilità di una aliquota di veicoli cingolati e protetti dei ten. col. Antonio Viglietti, Sergio De Ros. e del magg. Alfonso D'Aricnzo, R.M. 1969, V, pg. 570. {,'avvicinamento in terreno montano, del col. Zopitantonio Liberatore, R.M. 1963, II, pg. 166. / complessi la/lici in montagna, del col. Zopitan tonio Liber atore, R.M . 1963, Ili, pg. 323. Il combattimento notturno in montagna, del gen. Franco Magnani, R .M. 1964, X, pg. 1061 . La difesa in terreno montano, del ten. cui. Umberto Cappuzzo, R.M. 1965, JX, pg. 420. La pubblicazione 700 e la difesa in terreno alpino, del gen. Piero Zavattaro Ardizzi , R.M. 1966, V, pg. 589. Ordinamento delle artiglierie da montagna in relazione alla nuova fisionomia dei battaglioni alpini ed ai conce lii dollrinali espressi dalla circolare 700, del gen . Enrico Benvenuti, R.M. 1966, VIT-VITT, pg. 863. Organizzai.ione dell'attacco condotto da un gruppo tattico al livello di battaglione in ambiente alpino invernale, del magg. Benedetto Rocca, R.M. 1967, TV, pg. 468. Impiego del gruppo tattico alpino al livello compagnia in terreni di alta montagna, <lei rnagg. Ca rlo Jean, R .M. 1969, Vl, pg. 716. Note sulla cooperazione alpini-corazzati, del col. Sa lvatore Azzuro, R.M. 1969, X, p g. 127 1. Impiego del f11oco, nucleare e convenzionale. nel quadru della difesa mobile al livello di Corpo d'Armata, di Divisione Corazzata, di Brigata (corazzata o meccanizzata) in 1a schiera, del gen . Giovan ni Bonzani, R.M. 1966, TT, pg. 167. TI conlrattaccu corn z.za10, del gen. Luigi Rieca rdi, R.M. 1966, VI, pg. 677. Note su/l'impiego della Brigata corazzata in 1a schiera nella difesa mobile in fascia di manovra, del gen. Vincenzo Leoncll i, R.M . 1966, IX, pg. 1004. La Divisione corazzata in I" schiera nella manovra d'arresto condolla con il prucedimenlU della difesa mobile: a11ività concetluale ed organizzativa del comandante della divisione, del gen. Michele Chillemi, R.M . 1967, ITT, pg. 308. Considerazioni sull'impiegu del gmppo latlicu corazzato e meccanizza/o, del col. Ad riano Salvatori, R.M. 1967, Xll, pg. 1437. li perno di manovra nel combattimento dei cora zzati, del col. Adriano Salvadori, Len. col. Gregorio Luc ia, cap. Arnaldo Grolli, R.M. 1968, I, pg. 29. Corazzati in amhiente notturno, del ten. col. Alfredo Guacci, R.M. 1968, IV, pg. 429. li problema del superamento de?,li oslacoli per le unità curazza/e, del col. Adriano Salvadori e del ten. col. rrancesco Surnce, R.M. 1969, I. pg. 24. Le aviotruppe e il fuoco nucleare, del col. Alberto Fiorentino, R.M. 1965, VII-VIII, pg. 1023. Paracadutisli s ì... paracadutisti no, del ten. col. Patrizio Flavio Quinzio, R.M. 1967, IX, pg. 1148. La compagnia paracadutisti nella difesa di un settore di una tesla di aviosbarco, del ten. col. Francesco De Vita, magg. Filiberto Bertolazzi, ten. Bruno Loci, R.M. 1967, XII, pg. 1422. Unità paracadutisti: obici e mortai pesanti, del rnagg. Mario Sardo, cap. Ennio Di Bello, ten. Antonio Quintan a, R.M. 1969, X, pg. 1284. Possibilità e modalità di attuazione della manovra d egli schieramenti delle artiglierie di Corpo d'Armata alla luce dei nuovi procedimenti di impiego sanciti dalla pubblicazione 700, del gen. Franco Angioni, R.M. 1964, X, pg. 1087. La preparazione di artiglieria impostata sul fuoco nucleare e convenzionale nella ballaglia offensiva ecc., del gcn . Carlo Meozzi, R.M. 1965, Il, pg. 203. Tenden ze evolutive de/l 'artiglieria terrestre: mezzi e criteri di impiego, del gcn . Michele Giardino, R.M. 1965, V, pg. 681. Dell 'artiglieria contraerei, del col. Roberto Candilio, R .M. 1965, V, pg. 786. La difesa contraerei a/li va ai vari livelli delle 1111ità dell'eserdto di ,·ampagna nel comhallimento, del len. col. Bruno Ca1·boni, R.M. l 965, VII-VIII. pg. !085. Esigenze dell'artiglieria e urientamenti 11el s110
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fu/uro sviluppo, del gen. Salvatore Arcovi lo, R.M. 1965 , I X, pg. 1167. Ordinamenlo delle artiglierie da monlagna ecc., d el gen . Enrico Benvenuti, R.M . 1966, Vll-Vlll, pg. 863. Lii difesa co111raerei a bassa quota nell'amhitodelle Grandi Unità, del col. Di no Salsi li i, R.M . 1966, VH-VIII, pg. 934. Considerazioni ordinative e sui livelli di assegnazione dell'artiglieria pesante campale per l'impiego in montagna, del ten . col. Pau·izio Flavio Quinzio, R .M . 1966, X l, pg. 1426. Qualcosa di veramente nuovo può essere dello sul fuoco d'artiglieria, del gen . Cesare Pavoni, R .M. 1967, VT, p g. 692. Questione sul ca libro dell'artiglieria da campagna, del ten. col. Patrizio F lavio Qu inzio, R.M. 1967, VTT-VTTT, pg. 922. Questioni arliglieristiche del ten . col. Pat r izio F lavio Quinzio, R.M. 1967, IX, pg. 1033. Questioni artiglieristiche, del gen. Cesare Pavoni, R .M. 1967, X, p g. 11 78. Un importante problema operativo a/luale: la di fesa contraerei capillare, del gcn. Paolo Supino, R.M. 1968, X li, pg. 1473. Considerazioni e orientamenti sull'ordinamento delle unità di artiglieria cooperanti in previsione della sostituzione del 105 cun il 155, dei ten. col. Da nilo Di R u scio e Enrico T ire lli, R.M. 1969, I. pg. 34. Artiglieria domani, del te n . col. Pa tr izio Flavio Quinzio, R .M. 1969, VII-Vlll, pg. 860. Problemi posti de/l'ambiente nucleare all'Arma del genio, del gcn. E n zo Vescovin i, R. M. 1965, X, pg. 1299. Aspetti evolutivi dell'impiego, dei mezzi e dello addestramento del genio, del gen. Enzo Vescovini, R .M. 1966, 1, pg. 42. Sono a/luali le unità pionieri d'arresto?, del col. Fau sto Felc ini, R.M. 1966, X, pg. 1344. Del valore a/luale della fortificazione permanente, del gcn . Arnaldo G iacalone, R.M. 1968, VI , pg. 691. li forzamen10 di w1 corso d'acqua inguadabile, <lei col. Sebastiano Di Tullio, R.M. 1968, VII-VIII pg. 834. Fortifica zione perrnanenle dei reparli d 'arreslo, <lei col. Enzo Corselli, R.M. 1968, X, pg. 1201. Alcune idee per l'adeguamento del/'A rma del genio alle esigenze del combattimento moderno, del col. Giovanni De Paoli, R.M. 1969, TV, pg. 438. Le prospettive delle trasmissioni, <le i tcn. cui. Gino Parolin, R .M. 196 1, V, pg. 579. Dare t:d avere delle trasmissioni, del col. Gi no Parolin, R .M. 1965; Il, pg. 250. Centri reti e sistemi delle trasmissioni, del genera le Sergio Giulian i, R.M. 1965, JV , pg. 562. TI sislema delle Jrasmissioni nell'area della baflaglia: come è e come po/rebbe essere, d el col. Pier Attilio Rosina, R. M. 1966, IV, pg. 5 17. l'roblemi relativi alla mobilità d ei mezzi di trasmissione campale, <lei gen. Giuseppe Calamani e del ten. col. Guido Martinelli, R .M. 1967, X l, pg. l 266. 8) V<ls. a p pendice n . I. 9) Stato maggiore dell 'esercito. III reparto. Ufficio regolamenti. Circ. n . 1510/22 1, 82, l-X-1967, Precisazioni ed anlicipaz ioni dottrinali. Spunti addestra/ivi anno /967. (I O) Stato maggior e dell 'ese rc ito. TTT reparto. Uffi cio 1·egolamenti. Pu bbl. n. 5869 Impiego del J!,ruppo tattico di fanteria (n . 712 de lla serie dottrin ale). Rom a, 1968, Regionale. La p ubblicazione, formato 18x 18, con allo di approvazione a firma <lei generale Vedovato, in d ata 16-XJl-1967, ven ne di ram ata sollo forma d i bozza di stampa. Essa compn:n<le: l'atto d i approvazione, lo specch io di di str ib uzione, la registrazione d elle aggiunte e varianti, l'indice; si art icola in: premessa, generalità, d u e parli (parte prima: Attività e momenli ope rativi lipici; parte seconda: Organizzazione logistica e cri Ieri d'impief!,o dei servizi), 5 allegati. Consta di 2 15 pagine e 179 paragrafi (solo testo) e d i 11 cap ito li. Capitolo I: Il gruppo tattico nel movimenLo in lunlananza dal nemico. Capito lo IJ: li gruppo tallico nello stazionamento. Capitolo III: TI gruppo Lallico nel movimento a contai/o con il nemico . Capito lo I V: Il gruppo tattico nell'a11acco: concezione; o rgan izzazione; csecu tione; condolla; va1·ianti a l proced imento in amhienle nollurno. Capito lo V : // gruppo tattico nella difesa: concezio n e; organizzazione; esecuzione; con<lolla. Capo VI: Il [!,ruppo tattico ne/l'abbandono delle posizioni. Capitolo Vll: li gruppo tattico nel conLrollo di zone estese. Capitolo VIII: li gruppo Lallicu nel for zamento di
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un corso d'acqua inguadabile: procedimento metodico {concezione, organizzazione, esecuzione, condotta); procedimento speditivo. Capitolo IX: Il combattimento del gruppo tattico in ambienti particolari: combattimento nei boschi (attacco, difesa); combattimento negli abitati (generalità, attacco, difesa); ordini relativi alle azioni in ambienti particolari. Capitolo X : Organizza zione logistica e criteri d'impiego dei servizi. Capitolo XI: Crilerf particolari di impiego dei servizi nelle attività e nei momenti operativi tipici: movimento in lontananza dal nemico; stazionamento; movimento a contatto con il nemico; attacco; difesa; abbandono di posizioni; combattimento nei boschi; combattimenti negli abitati; controllo di zone estese; forLamento di un corso d'acqua inguadabile. Allegati: "A" il comando del gruppo tattico; "B" procedure per l'attività informativa e per l'organizzazione e la condotta delle azioni {con 3 appendici); "C" procedure per l'utilizzazione del concorso fornito dall'artiglieria; "D" procedure per l'utilizzazione del concorso fornito d all 'A.L.E. e dalla forze aerotattiche; "E" procedure per l'azione in ambiente N.B.C.; "F" organizzazione dei servizi {con 14 appendici). (11) S.M.E. III reparto. Ufficio regolamenti. Pubbl.ne n. 5622: Il movimento per via ordinaria e lo stazionamento. Roma, 1965, I stituto Poligrafico dello Stato. Abroga le pubblicazioni 3120 ("Organizzazione e disciplina del movimento in guerra", ed. 1939); la 3301 ("Prontuario di dati organici tecnici logistici", fase. 11, pane 1 •: "Movimento e s tazionamento delle truppe", ed. 1339); la 3302 {"Prontuario di dati organici tecnici logistic-i", fase. II, pa.-1e 2°: "Profondità di marcia e tempo di sfilamento di Comandi, tmppe e Servizi", ed. 1938); la 4260 {"Istruzioni sul movimento e stazionamento delle truppe" ed. 1942). La pubblicazione porta l'approvazione del generale Aloia; è suddivisa in tre parti, contiene dodici allegati e sei appendici. La prima parte tratta il movimento per via ordinaria in guerra e consta di cinque capito li; la seconda tratta lo s tazionamento in guerra e comprende tre capitoli; la parte terza dà alcune indicazioni sul movimento per via ordinaria e sullo stazionamento in tempo di pace e comprende due capitoli. {12) Ordini che il comandante del gruppo tattico impartisce: cenni sulla situazione am ica e nemica; compito d el gruppo tattico; concetto di azione del comandante del gruppo tattico (azioni da compiere, tempi, impiego del rincalzo, gravitazione); composizione ed articolazione delle forze {assegnazione a ciascuna compagnia fucilieri avanzata della posizione nel dispositivo, degli eventuali rinforzi e/o sottrazioni, del compito, dell'ohiettivo di attacco, dell'obiettivo eventuale, del seLLore <li azione o della direzione di a ttaçco) ed alla compagnia di rincalzo del compito e degli 01·ienlamenti d ' impiego, delle zone di dislocazione iniziale e della direzione di movimento); organizzazione del fuoco {ordinamento lattico dei mezzi dis ponibili, affiancamen to d egli U.0., piano dei fuochi per l'attacco, dati relativi ad eventuali interventi nucleari e misure di sicurezza da adottare); impiego delle unità pionieri; impiego della squadra N.B.C.; misure per facilitare la cooperazione aeroterrestre durante l'effettuazione di missioni di appoggio aereo ravvicinato; modalità per il coordinamento (zone di schieramento sulla base <li partenza, ora entro cu i deve avvenire l'occupazione della base di partenza, misure di sicurezza da attuare prima e durante l'attacco, ora di inizio della preparazione, ora di inizio dell'attacco, procedimenti da adoLLare per il forzamento dei campi minati e composizione dei gruppi di appoggio, lince di riferimento e di attestamento); organizzazione logistica e fun zionamento dei servizi; dislocazione iniziale e successiva del posto comando di gruppo laLLico; ubicazione degli osservatori di gruppo tallico; organiu.azionc dei collegamenti e delle trasmissioni. (13) Paragrafo 37 della 712: L'organizza zione del fuoco : riguarda le sorgenti di cui a l paragrafo 7 (unità organic he: compagnia mortai da 120; unità mortai cvcntual-
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mente poste alle dipendenze temporanee del comandante del gruppo tattico; artiglier ia; forze aero-tattiche e, talvolta, déll'A.L.E. con elicotteri armati); deve consentire la neutralizzazione degli e lement i che s i oppongono alla progressione del gruppo lallico; tende ad assicurare interventi efficaci, m anovrati, aderenti e tempestivi; comporla: l'individuazione e la valutazione delle esigenze di fuoco , la determinazione dell'ordinamento tattico e dei compiti dei mezzi di fuoco dipendenti, la d e finizione delle intese e degli accordi rra il comandante de l gruppo tattico e gli organi cooperanti e l'inoltro delle 1·elative esigenze di fuoco al comando superiore, la precisazio ne de lle modalità per gara ntire la tempestività e l'aderenza del fuoco delle armi del gruppo tattico; si concreta, per le armi del gruppo tattico, n el piano dei fuochi per l'attacco. Paragrafo 38: le esigenze di fuoco: scaturiscono dalla manovrn che si intende svolgere; si traducono in un calcolo orientativo del fuoco necessa.-io (entità e tipo) nelle diverse fasi dell 'azione e sugli obielli vi s uccessivi, a mano a m ano che l'attacco si svi luppa. Paragrafo 39: l'ordinamento tatti co dei mezzi di fuoco dipendenti : è dete1·minato in funzione della situazione, delle esigenze di fuoco, della forma di manovra adollata e delle condizioni poste d a l terreno; si concreta nella ripartizione dei mezzi stessi in : a liquota alle <lirelle dipendenze: di nonna, mortai da 120 ed a rmi controcarri (in genere semoven ti e missili filoguidati, qualora disponibili), even t uale aliquota decentrata: d i m assima cannoni controcarri. TI decentramento delle armi controcarri alle compag nie, in ogni caso, deve avere carallere temporaneo ed essere limitalo, finché possibile, ai soli mezzi di minore mobilità. Tali a rmi, infatti, costituiscono riserva di fuoco controca rri p er la protezione dei fianchi esposti e per l'azione nello s pazio interposto fra le compagn ie avanzate. La precisazione dei compiti discende dall' idea di m anovra e d a lle esigenze di fuoco c he ne conseguono. I mezzi di fuoco dell'aliquota alle dirette dipend en ze costituiscono la base di fuoco del gruppo tattico ripartita in: a liquota morta i (morta i da 120 e, eventualmente, mortai da 81 delle compagnie fucilieri non impegnate); a liquota controcarri (missili filoguidati, cannoni controca rri da 106, semovent i controcarri, eventualmente carri). Paragrafo 40: le intese e gli accordi con il comandante della batteria di artiglieria e l'inoltro delle esigenze di fuoco sono regolati da procedure permanenti (vds. Allegato "C"). Tali esigenze, se riconosciute, vengono inserite n e l progetto p arziale del piano di fuoco d e l comando s uperiore. Pa rngrafo 4 1: le modali Là per ga1·antire la tempestività e l'ade1·enza del fuoco d elle armi del gruppo tattico riguardano: l'impi ego degli U.O. dei mortai da 120; gli schieramenti, iniziali e s uccessivi, dei mezzi di fuoco compresi ne ll 'aliquota alle dirette dipendenze; il coordinamento d ei cambi di schie ra mento, necessari per assicurare l'aderen za del fuoco e per diminuire l'effi cacia d elle azioni nemiche volte a neutralizzare le sorgenti di fuoco; la predisposizione della ma novr a spedi ti va del fuoco. Per le stesse esigenze dell'azione, gli UO dei mortai da 120 vengono a trovarsi, di norma,in prossim ità de i comanda nti delle compagnie fucili eri avan zate, dai quali possono, pertanto, ricevere dire ttamente le ri chies te. Tali richieste sono tradotte in ordini d'intervento d ei mortai, s ui quali, però, il comandante della compagnia mortai, in aderenza al concetto di gravitazione del fu oco espresso dal comandante del gruppo tattico e in relazione alla situazione contingente, può porre il veto. Gli schie r a m e nti dei mortai da 120 cons is t on o, di norma, in una zona di schieramento iniziale, in genere di compagnia, e una o due s u ccessive, in relazione a lla profondità dell'azione. Ogni zona di schieram ento con sta di una posizione principale e di una posizione s u ssidiaria; questa ultima ubicata a poche centinaia di me tri, di massima lateralmente a lla prima, e da utilizza-
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re, qualora necessario, per sottrarsi all'azione di fuoco nemica. Per i mezzi di fuoco controcarri alle dirette dipendenze, sono previste una posizione iniziale spinla in avanti e in genere laterale rispetto alle vie talliche utilizzate dalle compagnie avanzate, ed una o più posizioni successive in relazione alla prnfondità dell'allacco. Nessuna remora deve esistere, però, alla manovra dei mezzi di fuoco s u nuovi schiernmenti per fronteggiare minacce provenienti da direzioni non previste. I cambi di schieramento richiedono uno stretto coo1t:linamento <lei movimenti in un quadro unitario, al fine di disp<.>1-re costantemente del maggior volume di fuoco possibile. Tale coordinamento è assicurato: assegnando ad un solo responsabile - il comandante della compagnia mortai da 120 - l'organizzazione e la condotta del fuoco dell'aliquota mortai alle dirette dipendenze <lei comandante del gruppo tattico; assegnando ad altro responsabile, definito di volta in volta, il coordinamenlo degli spostamenti dell'aliquota controcarri alle dirette dipendenze del comandante de l gruppo tattico; orientando, <li norma, alm eno due unità di fuoco schierate in zone diverse sullo s tesso tratto di fronte, in modo da garantire la neutralizzazione deglì obiellivi in esso compresi, anche quando una di tali unità deve cambiare schieramento. La manovra speditiva de l fuoco è predisposta allo scopo di consentire: ai comandanti delle compagnie fucilieri, impegnate nell'azione, di chiedere e di ottenere il fuoco necessario per neutralizzare gli elementi nemici che s i oppongono, o minacciano d'opporsi, alla progressione delle loro forze; a tutti i mezzi di fuoco di intervenire con la massima celerità su qualsiasi punto del settore di azione del gruppo tattico. F. organizzata m ediante: la definizione sul terreno <li un sistema di lince e punti di riferimento, tale da rendere facile e inequivocabile la designazione degli obiettivi; l'assegnazione ad ogni unità di fuoco <li un settore d'intervento normale e di uno eventuale; l'orientamento di ciascuna unità di fuoco ad eseguii-e un ce1·to numero di azioni predisposte, da effettua1·e a 1·ichiesta o ad orario o, ancor:ct, al rnggiungimcno di determinate linee di riferimento, e ad intervenire su qualsiasi obiettivo designato sul tamhuro. Paragrafo 42: il piano dei fuochi per l 'allacco del gruppo tattico riassume in modo s inte tico gli elementi indica ti nei precedenti paragrafi. Nell'Appendice T all'allegato "3" è riportato un esempio dell'organizzazione del fuoco ne l quale trovano risalto gli elementi essenziali elencati n ei paragrafi sopra indicati. (14) Ordini che il comandante del gruppo tattico impartisce: cenni sulla situazione nemica ed amica; compito d el gruppo tallico; concetto <li azione del comandante del gruppo tattico (funzioni da adempiere, posizioni da presidiare, grnvimzionc del fuoco, eventuali reazioni di movimento); composizione cd articolazione d elle fo1·ze (per ciascuna cp. fucilieri destinata a pres idiare s trutture statiche: rinforzi e sottrazioni, com pito, zona di competenza, zona di dislocazione dell 'aliquota di forze che eventualmente non presidia permanentemente le posizioni, e lementi relativi alle strutture s ta tiche: s truttura, posizioni da includere, p<1sizioni integrative, posizioni sostitutive, entità delle for.1:e destinate al presidio permanente, tempo massimo di attivazione al 100% di ciascun caposa ldo; clementi re lativi ai tratti di campo minato da attivare; orientamenti di impiego dell'unità al di fuori della sua zona di competenza e sulle misure d a predis porre per l'abbandono delle posizioni; per ciascuna opera de lla fortificazione pennanente tenuta alle dirette dipendenze: compito, zona di compete nza, modalità di coordinamento delle azioni <li fuoco, disposizioni particolari riguardanti le unità di difesa vicina delle opere; per le unità controcarri: ordinamento tattico, schieramenti iniziale e successivi, settore d'intervento per ogni schiera mento, orientamenti di impiego corrispondenti a lle ipotesi più probabili sulla minaccia carrista; p er i compless i mobili eventualmente alle dirette dipendenze: composizione, compito, direzio ne su cu i g ra-
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vitarc, lince di attestamento, posizioni da occupare inizialmente, modalità di cooperazione con gli altri elementi <lella difesa; per il rincalzo (ove costituito): composizione e mezzi di trasporto a disposizione, zona <li <lislucazione iniziale, orientamenti <li impiego - obiettivo, direzione di contrassalto, linea di par·tenza. concorso di fuoco relativi alle due o più ipotesi <la forn1ula1-c; organizzazione del fuoco (ordinamento tattico, affiancamento degli U.0. dei mortai e della ar·tiglieria, piano dei fuochi <lella <lifcsa, dati relativi ad eventuali interventi nucleari e misure di sicurezza da adottare); or·ganizzazione dei lavori e messa in opera <lell'ostacolo (ordine di priorità relativo alla predisposizione delle strutture statiche e limiti di tempo per i lavori essenziali, tipo e <lensità del campo minato protettivo relativo a ciascuna struttura statica, attrezzature e materiali per l'esecuzione dei lavori, predisposizione delle mine e <lei materiali necessari per la posa <lcll'ostacolo); impiego della squadra N.B.C.; modalità per il coordinamento, oltre quelle prescritte dal comando superiore (azione negli spazi vuoti; concorso delle varie unità al controllo dello spazio esterno alla zona di competenza; concorso <li fuoco delle unità fucilieri, destinate al presidio delle strutture statiche, a favore delle opere della fortificazione permanente, dei complessi mobili e delle riserve cli 01-dinc superiore); organizza1.ionc logistica e funzionamento dei servizi; dislocazione iniziale e successiva del posto coman<lo <li gruppo tattico; ubicazione degli osservatori del gruppo tattico e di altri eventuali osser-vatori dislocati dai coman<li superiori nella zona <li competenza del gruppo I.attico; organi7.zazione clei ~ollee.amen ti e clelle trasmissioni. (1 S) Stato maggiore dell'esercito. lll reparto. Ufficio regolamenti. Pubbl. n. 5888 lmpieJ!,u del J!,ruppo lallico alpino al livello di baflaglione (n. 742 della serie dottrinale). Roma, 1968, tip. Marinelli. La pubblicazione, formato 18 X 12, bozza di stampa, con allo di approvazione <lei generale Marchesi in data IO-VII-1968, comprende: l'atto di.approvazione, lo specchio di dist1·ibuzione, la registrazione delle aggiunte e varianti, l'in<lice. Il lesto, premessa e generaliLà comprese, non che allegati cd appendici, consta di 212 pagine, 137 paragrafi (solo testo), di 8 capitoli raggruppali in due parti e di 6 allegati. Parte prima: A1tivi1à e momenti operativi tipici. Cap. l li gruppo ta/lico nel movimento in lurilanan za dal 11emicu. Cap. II /I J!,rttppu latlicu nello stazionamenlo. Cap. IT[ li gruppo tattico nel movirnento a contatto con il nemico. Cap. IV li gruppo tallico nella sicure;:_;:_a. Cap. V li gruppu tallicu nel/'at1acco: concezione; organizzazione; esecuzione; condotta; varianti al procedimento in ambiente nollur·no; procedimenti in terreno innevato. Cap. VI li gruppo tallico nella difesa: concezione; 01-ganizzazione; esec uzi'one; condolla; varianti al procedimento in ambiente notturno; procedimenti in terreno innevato. l'arte seconda: Organizzazione logistica e crite ri fondamentali di impiego dei servizi. tap. VII Organiz.z.aziune lugistit:a e criteri fondamentali di impiego dei serviz i. Cap. Vlll Criteri particolari di impiego dei servizi nelle allivilà e nei momenli operativi tipici: movimento in lontananza dal nemico; stazionamento; sicurezza; movimento a contatto con il nemico; attacco; difesa. Allega ti: "A": il coman<lo <lei g ruppo tattico; "B": procedure per l'att ività informativa e per l'organizzazione e condotta delle azioni, con 3 appen<lici; "C": proce<lure per l'utilizzazione del concorso fornito dall'A.L.E. e dalle forze ae.-otattich e; "E": procedu1·e per l'azione in ambiente NBC; "F": organizzazione dei servizi, con 14 appendici. (16) Il comandante del gruppo tattico alpino in attacco impartisce ordini rig uardanti: cenni sulla situazione n emica e amica; compito del gruppo lattico; concetto di azione <lei comandante del gruppo tal tico (azioni da compier·e, tempi, impiego <lei rinca lzo, gravitazione); composizione e<l anicolazionc delle forze (per ciascuna aliquota avanzata: pos izione nel dispositivo, composizione, compito, obiettivo di attacco, obiettivo
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eventuale, settore di azione o direzione .di attacco; per l'aliquota in rincalzo: composizione, compilo od orientamento di impiego, zona di dislocazione iniziale, direzione di movimento); 01·ganizzazione del fuoco (ordinamento tattico dei mezzi disponibili, compiti e schieramenti delle artiglierie decentrate e della compagnia mortai da 120, affiancamento degli U.O., piano dei fuochi per l'atLacco del g rnppo Lattico, dati relativi ad eventuali interventi nucleari e misure di sicurezza da adottare); impiego del plotone esploratori; impiego delle uni là pionieri; impiego della squadra NBC; misure per facilitare la cooperazione aeroterrestre durante l'effettuazione di missioni di appoggio aereo ravvicinato; modalità per il coordinamento (zone di schieramento sulla base di partenza, ora entr·o cui deve avvenire l'occupazione della base di partenza, misure di sicurezza da adottare prima e durante l'attacco, ora d'inizio della preparazione, ora d'inizio dell 'attacco, procedimenti per il forzamento dei campi minati ed eventuale costituzione e composizione dei gruppi di appoggio, linee di riferimento e di attestamento, dispositivo per l'eventuale consolidamento delle posizioni conquistate ad obiettivo di attacco raggiunto); modalità organizzative di eventuali colpi di mano; organizzazione logistica e funzionamento dei servizi; dislocazione iniziale e successiva del pos to comando di gr·uppo Lattico; ubicazione deg li osservatori del gruppo Lattico; organizzazione dei collegamenti e delle trasmission i. (17) li comandante del gruppo tattico alpino in difesa impartisce ordini riguardanti: cenni sulla situazione nemica ed amica; compito del gruppo tattico; concetto di azione del comandante del gruppo tattico (funzioni da adempiere, posizioni da presidiare o da predisporr-e, gravitazione del fuoco, reazioni di movimento). Per l'azione in Z.S.: compiti della Z.S.; composizione d elle forze dest inate alla Z.S. e lorn articolazioni (posti di sbarramento, posti di osservazione e a llarme, pattuglie, schie1·amcnti iniziali e s uccessivi, posti scoglio da presidiare ed entità del presidiò); limiti del settore della Z.S.; organizzazione del fuoco (ordinamento tattico, affiancamento degli U.O. dei mortai e dell'artiglieria, piano dei fuochi); linee di riferimento; funzioni degli sbarramenti e delle opere eventualmente esistenti in Z.S.; schic 1·amcnto dell'ostacolo minato; modalità per il deflusso delle forze operanti in Z.S.; organizzazione dei collegamenti e delle trasmissioni. Per la difesa ad oltranza ne lla P.R.: composizione ed articolazione delle fo1·ze (pe1· ciascuna unità alpina destinata a presidiare strutture statiche: rinforzi e sottrazioni, compito, zona di competenza propria o di compagnia in cui sono inseriti i plotoni cost ituenti caposaldi autonomi, zona di dislocazione dell 'aliquota di forze che eventualmente non presidia permanentemente le posizioni, clementi n:laLivi alle s lrullurc statiche - strnttura, posizioni da include r e, posizioni integra tive, entità delle forze destinale al presidio permanente, tempo massimo di attivazione al 100% di ciascun caposaldo - elementi r elativi ai tratti di campo minato da allivare, orientamenti sull'impiego de lle unità al di fuori della zona di competenza e sulle mis ure da predisporr e per l'abbandono delle posizioni; per c iacun schieramento alle dirette dipendenze: compito du.-ante l'azione di resis tenza ed in caso di superamento da pa1·te del nemico, zona di competenza, modalità di coordinamento delle azioni di fuoco, disposizioni particolari rigua1·danti le unità di difesa vicina delle opere; per· le unità conlrocarri: ordina mento tattico, schieramenti iniziali e successivi, settore di inte rvento per ogni schieramento previsto, orientamenti di impiego corrisponden ti a lle ipotesi più probabili s ulla minaccia carrista o ai compiti di accompagnamento; per il complesso mobile: composizione, compito, dfrczionc su c ui gravitare, lince di attestamento, zona di competenza, posizioni da occupare inizialmente. modalità di cooperazione con gli altri clementi della difesa; per il rincalzo: composizione e m ezzi di trasporto a disposizione, zona di dislocazione iniziale, orientamenti di impiego - o biettivo, direzione di
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contrassalto, linea di partenza per il contrassalto, con corso di fuoco - e per il plotone esplorato ri: compiti, con particolare riguardo al controllo delle zone impervie); ipotes i di manovra dei presidi dei caposaldi e mezzi di trasporlo disponibili; organizzazione del fuoco (ordinamen to tattico e compiti dei m ezzi di fuoco disponibili, modalità per 1·ealizzare il coordinamento del fuoco dell'artiglieria e dei mortai, affiancam ento degli U.O. dei mortai e dell'artiglieria, schieramenti, piano dei fuochi della difesa, d ati relativi ad eventuali interventi nucleari e mi sure di sic urezza da adottare); organizzazione dei lavori e de lla messa in o pera dell'ostacolo (ordine di priorità re lativo alla predispos izione delle strutture statiche e limiti di tempo per il completamen to dei lavori essenziali; tipo e d en sità del campo minato protettivo rela tivo a c iascuna s truttura s tatica, a ttrezzature e m ateriali disponibili per l'esecu zion e de i lavori, p1·edispo sizione d elle mine e dei m a teriali necessari per la posa d ell'ostacolo, altri ostacoli da porre in opera: abbattute, allagamenti, demolizioni, ecc.); impiego della squadra NBC; m odali tà per il coordinamento, oltre quelle prescritte dal comando s upe ri01·e (sostegno di fuoco da fomi1·e durante il deflu sso delle unità operanti nell a Z.S., azioni negli spazi vuoti, concorso delle val"ic unità a l con t rollo dello s pazio este1·no a lla zona di competenza assegnala. concorso di fuoco delle unità destinate al presidio delle strutture statiche a favore de lle o pere della fo1·tificazione permanente, dei complessi mobili e delle riserve di ordine superiore); organizzazione logistica e fun zionamento dei servizi; dislocazione iniziale e su ccessiva del posto comando di g ruppo tattico; ubicazione degli osservatori di gruppo tatt ico e di altri eventuali osservatori dislocati dai comandi superiori nel settore difens ivo; organizzazione de i collegamenti e delle t rasmissioni. ( 18) Stato maggiore dell 'esercito. 111 repa rt o. Ufficio 1·egolamenli. Pubbl. n. 5889 / mpiegu del gruppo fallico paracadutista al livello di battaglione (n. 772 della serie dot11·inalc). Roma, 1968, Regionale. La pubblicazione, formato 18 x 12, bozza di stampa, con atto d i approvazione del gen erale March esi in data Il-V-1968, comprende: l'alto <li approvazione, lo specchio di distribuzione, la registrazione delle aggiunte varianti e l'indice. Il testo, premessa e generalità comprese, nonché allegati ed appendici, consta di 2 13 pagine, 11 7 paragrafi (solo testo), 7 capi tol i raggruppa ti in due parti e 7 a llegati. Parte prima: Allività e mumenti operativi tipici. Cap. I Il gruppo fallico nell'appronta m ento. Cap. II Il gruppo tattico nel riordinamento dopo il lancio. Cap. III Il gruppo tallico nel muvimento a contai/o con il nemico. Cap. IV Il gruppo tattico nell'attacco: concezione, organizzazione; esecuzione; condotta; va r ianti al procedimento in ambiente notturno. Cap. V /I gruppo tatticu nella difesa a tempo dete nni nato di posizioni: concezio ne; o rganizzazione; esecuzione; condo tla. Cap. VI Il gruppu fallico nel ripiegamento. Parte seconda: Organizzazione logistica e criteri di impiego d ei serviz i. Cap VII Organizzazione lugislica e criterf d'im piegu dei servizi: approntamento; riordinamento d opo l'aviolancio; movimento a contatto con il nemico; attacco; difesa a Lempo determinato di posi zioni . Allegali: " A": il coman do del gruppo tattico; "B": procedure p er l'attivit à informativa e pe1· l'organizzazione e la condotta d elle azioni con 3 appendic i; "C": p rocedure per l'utilizzazione de l concorso fornito dall'artiglieria; "D": procedure per l'utilizzazione del concorso fornito dall'A.L.E. e dalle forze aerotattichc; " E": procedure per l'azione in a mbiente NBC; " F": procedure per la compilazione della doc umentazione relativa a ll 'imbarco, con 4 appendici; "G": organizzazione d ei serv izi, con 6 appendici. Tabella dei segni convenzionali. (19) Il comandante del gruppo tattico p ar acaduti s ta, per l'attacco, impartisce le segue nt i informazioni cd ordini: situazione n emica ed amica; compito del gruppo tattico; concetto di azione del com anda nt e del g ruppo tattico (azio ni da compiere, tempi, impiego del 1·incalzo, gravi tazione del fuoco); compos izion e cd a rticolazione d elle for-
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ze (assegnazione agli clementi esploranti: del compito e della direzine di movimento; a ciascuna compagnia fucilieri avanzata: della posizione nel dispositivo, degli eventuali rinfo1·zi e/o sottrazioni, del compito e dcll'obicltivo di attacco, della direzione di attacco, degli automezzi da impiegare; al rincalzo, se costituito: della composizione, degli orientamenti di impiego, del posto nel dispositivo, della direzione di movimento, degli automezzi da impiegare; all'unità di artiglieria e/o mortai da 120, nel caso di disponibilità: del compito, delle zone di schierament o iniziale e successivi, delle disposizioni per il camhio di schieramento, per l'eventuale decenti-amento temporaneo di aliquote); organizzazione del fuoco (organo di coordinamento del fuoco terrestre ed aereo nel caso in cui il gruppo tattico operi isolato, affiancamento degli U.O., assegnazione degli ACT, piano di fuoco per l'attacco nel caso in cui il grnppo tattico operi isolalo, dati relativi ad eventuali interventi nucleari e misure di sicurezza da adottare, linea di coor·dinamento del fuoco in profondità o FSCL); impiego delle unità pionieri (compiti , 01·dinamento tattico, mezzi e materiali); impiego della squadra NBC; disposizioni particolari relative alla utilizzazione del concorso aereo pr·e<lisposlo ed a richiesta; modalità di coordinamento (schieramento sulla base di partenza per l'attacco nel caso s ia unica per tutte le unità, misure di sicurezza prima e durante l'attacco, ora di inizio e termine della preparazione, ora di inizio dell'attacco, procedimenti da adottare per apri re passaggi in aree minate, linee di rife.-imento e di attestamento); comportamento in caso di fallimento dell 'attacco; organizzazione logistica e funzionamento dei servizi; dislocazione iniziale e successiva <lei posto comando di gruppo lattico; organizzazione dei collegamenti e delle trasmissioni. (20) Tali valori numerici derivano dai seguen ti dati di base 01·ien1ativi: ampiezza frontale di un caposaldo di plotone rinforzalo: 500-600 m; ampiezza frontal e, coni rollabile da ciascun caposaldo: 1200-1500 m; numero di caposaldi nell'ambito del settore difensivo di compagnia: 2 o 3; intervallo tra caposaldi di plotone: 1000-2000 m. (21) Il comandante del gruppo Lattico paracadutista impartisce per l'organizzazione della difesa i seguenti ordini cd informazioni: si tuazione n emica ed amica; compito <lei g nippo tattico; concetto di azione del comandante del gruppo tattico (funzioni da adempiere; posizioni da presidiare e gravitazione del fuoco; eventuali rimaneggiamenti delle forze) ; composizione cd a rticolazioni delle forze (assegnazione a ciascuna unità fucilieri: dei rinforzi e soltrazioni, del compito, del seltore difensivo, d el rinca lzo d a costituire ed eventuali vincoli di impiego e di dislocazione, degli e le menti r elativi alle strullure statiche: dislocazione, entità delle fo1,e destinale al presidio, degli elementi 1·elativi all'ostacolo minato, degli elementi relativi al pattugliamento cd a l controllo degli spazi vuoti; all'unità controcani: dell'ordinamento tallico, degli schieramenti iniziali e s uccess ivi, del sctt.orc di intervento per ogni sc hieramento previsto delle unità non decentrate, degli orientamenti di impiego corrispondenti alle ipotesi più probabili circa la minaccia carrista; al rincalzo, ove costituito: della composizione, degli eventuali mezzi di Lraspo1·to a dispos izione, della zona di dislocazione iniziale, degli orientamenti di impiego; all'artiglieria e/o compagnia morta i da 120: dell'ordinamento tattico e d elle zone di schieramento; all'eventuale dispositivo di s icu1·ezza: del comandante, d ei posti di sbarramento e delle pattuglie da costituire, del compito e del t empo minimo da guadagnare, delle direzioni da interdire, degli itinerari a caval iere dei quali agire, degli irrigidimenti successivi, dell'ostacolo da predisporre, dei concorsi di fuoco, del reimpiego delle forze a compito adempiuto, degli automezzi da impiegare); organizzazione d el fuoco (ordinamento tattico dei mezzi d i fuoco disponibili, affiancamento degli U.O. dei mortai da 120 e/o dell'art ig lieria, piano <lei fuochi della difesa, FSCL iniziale, asse-
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gnazione ACT, dati relativi ad eventuali interventi nucleari e misure di sicurezza da adottare); impiego de lle unità del genio (compiti e ordinamento Lattico); organizzazione dei lavo1·i e messa in opera dell'ostacolo (ordine di priori là relativo alla s istemazione a difesa de lle va.-ie posizioni, elementi r elat ivi a ll'os tacolo minato, allrczzaturc e materia li di sponihili per l'esecuzione dei lavoi-i); impiego della squadra NBC; elementi pe1· l'eventuale congiungimento (organi di collegamento tattico, misure di coordinamento del fuoco, responsabilità di comando, azioni comuni a con giungimento effettuato, collegamento radio, punti di congiungimento, modalità di identificazione); mod ali tà pe1· il coordinamento (quelle presc rillc dal comando supe rio r e cd altre eventuali); 0 1·ganizzazionc logistica e funzionamento d e i servizi; dislocazione iniziale e successiva del pos to com ando di g ruppo tattico; ubicazione degli osservatori; organizzazione d ei collegamenti e delle trasmissioni. (22) Il comandante del gruppo tallico paracadutis ta impa1·tisce, per l'approntamento, i seguenti ordini ed infom1azioni: dis posizioni per l'afflu sso in zona di dis locazion e iniziale (data e ora del movimento di ciascuna unità, mezzi di tras porlo a disposizione di ciascuna unità); elementi r elativi allo stazio name nto cd a ll e a ttiv ità in zona di d is locazione inizia le (ripartizione della zon a tra le unità dipe ndenti , forma di stazio11a rnento, disposizio ni relative all'occultamento, mascheramento, proiezione, vita dei repa.-ti, circolazione dei mezzi, misure di s icu rezza poste in atto dai comandi su periori, misure di sicurezza che dchho no adot ta re le s in gole uni tà, mis u re per la tutela del segreto, limiti di tempo dello s tazionamento, attività parlicola 1·i di c iascuna unità durante lo stazionamento, a llivit à addcst ralivc, prove da svolgere e rclat ivc localit à, di sposizioni pe1· lo svolgimento dell'attività organiuativa e preparatoria cormessa co11 i futu r i com pi li, mezzi di trasporlo a disposizione di ciascuna unità, dotazioni da appronta1·e per l'operazione di aviosbarco, costituzion e di riserve di uomini , m ezzi e materiali per ripiana r e eventuali pe1·dite prima dell'imbarco, Ol·ganizzazionc logistica, di comando e delle tras missioni, dispos izioni p er il t rasferimento ne lla zona di con centra ment o: d ata e ora del movimento per· ciascuna unità, mezzi <li tras por to a <li s pos izio11e di ciascuna unità); ele m ent i relativi allo s tazionamento ed all'allivilà in zona di concentramento (ripartizione della zona tra le unità dipendenti, forma di s tazionamento, disposizioni relative all'occullamenlo, mascheramento, prnlezione, vita d e i reparti, cii-colazione d ei mezzi; misure d i sicurezza poste in atto dai comandi s uperiori; mis ure di sicurezza che debbono a<lollare le s ingole unità; misure per la tutela <lei segreto e di isolamen to; attività particola1·i di ciascuna unità durante lo s tazionamento: ordini s uccessiv i e com u nicazione deg li ohicll ivi reali; disposizion i per il compl etamento de ll 'attività organizzativa e preparatoria connessa con i futu1·i compiti, disposizioni panicola1·eggiate a ciascuna unità per il prelevamento d ei paracadute individuali, carte topografic he, munizioni e viveri di combattimento; disposizioni per il condizionamento <lei carichi per l'aviolancio); organizzazione logis tica, di comando e d elle trasmi ssioni; d isposizioni per l'afflusso agli aeroponi di imharco: data e ora del movimento di ciascuna unità, aernpo rlo di imba 1·co di ciascuna unità, mezzi d i trasporlo a dis posizine di c iascuna unità , ordini di dettag lio p er ]'imba1·co. (23) Il coman<lanle <lei gruppo Lattico paracadutista impartisce, per il riordinamento dopo l'aviolancio, le seguenti informazioni ed ordini: costituzione e compiti della, o delle, pa ttug lia guida; area di riordinamento ed even tuale punto od itinerario <li riordinamento di ciascuna unità; accor·gimenli tecnici per· il r·icono scimenlo dei ca,·ichi e de i punti di riordinamento (mezzi da u sar e e codice colori); misure di s icurezza per la zona di lancio ed a i fini del riordinamento: costituzione e compiti deg li elementi di difesa vic ina e delle pattuglie di esplornzione ravvicinala, p1·ior-ità dell 'attivazione dei
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collegamenti, disposizioni particolari per il recupero dei carichi, dotazioni da portare al seguito ed aliquote da lasciare in posto, dispositivo da assumere al termine del riordinamento; schieramenti iniziali dell'artiglieria e/o dei mortai da 120, nel caso in cui il gruppo tattico ne disponga; personale che deve rimanere in zona di lancio e relative disposizioni per il soccorso agli incidenti; raccolta, localizzazione e sorveglianza del materiale da lasciare in posto; dbposizone per l'inizio del movimento; azioni di interdizione svolte dalle forze aerotattiche; impiego alternato degli automezzi in caso di inefficienza; ufficiali destinati a sostituire il comandante del gruppo tattico. (24) Stato maggiore dell'esercito. III reparto. Ufficio regolamenti. Puhbl. n. 5893 Impiego delle avio/ruppe (n. 770 della serie dottrinale). Roma, 1968, tip. Ma1·inelli. La pubblicazione. formato 20x 14. con atto di approvazione del generale Marchesi, in data I-VI-1968, comprende, olt1·e l'atto di apprnvazione, lo specchio di distribuzione, l'indice, la premessa, il testo e due allegati: "A" e "B". Il testo consta di 53 pagine e 68 parngrafi ed è articolato in 5 capitoli: Cap. I Generalità: le aviotruppe, le operazioni delle aviotruppe. Cap. II Organizzazione di un aviosbarco: comandi interessat i, prncedm·e da utilizzare, pianificazione. Cap. III Preparazione di un aviosbarco. Cap. TV Esecuzione di un aviosbarco. Cap. V Aviosbarchi in ambiente alpino. Allegato "A": comandi interessat i alla pianificazione di un aviosbarco; schema delle dipendenze. Allegato " B": schema delle procedure di pianificazione. (25) Stato maggiore dell'esercito. 111 Reparto. Uffic io regolamenti. Pubbl. n. 5887 Impiego del gruppo tattico corazzato al livello di battaglione (n. 772 d e lla serie dollrinale). Roma, 1968, Regionale. Nella pubblicazione il termine gmppo tauicu corazzato è usato in senso generale e riferito, perciò, anche al gruppo lattico meccanizzato. Nella generalità dei casi esso t rova la sua naturale base, secondo il compito da adempiere, nel battaglione (bersaglieri, meccanizzato, carri, corazzato, anfibio) o nel gruppo squadroni (di cavalleria, G.E.D.), oppure nella compagnia (bersaglieri, fucilieri meccanizzata, carri, anfibia) o nello squadrone (carri, meccanizzato, esplorante). La pubblicazione, formato 18 X 12, bozza di stampa, con atto di approvazione del· genernle Marchesi in ùata I-IV-1968, comprende l'atto di approvazione, lo specchi o di distribuzione, la registrazione de lle aggiunte e varianti , l'indice. Il testo, premessa e generali1à comprese, nonché allegali ed appendici inclusi, consta di 265 pagine, 211 paragrafi (solo testo) 14 capitoli, raggruppati in due parli e di 6 allegati. Parte prima: Attivi1à e momenli operativi tipici. Cap. I Il gruppo tattico corazzato nella esplorazione. Cap. Il: /I gruppo tatlico corazzato nel movimento in lontananza dal nemico. Cap. Hl: li gruppo taflico corazzato nello stazionamento. Cap. IV: li gruppo tatlico ~orazzato nel movimento a conta/tu con il nemico. Cap. V: li gruppo tallico corazzato nella sicurezza. Cap. IV: li gruppo tattico corazzato nell 'attacco: concezione, organizzazione, esecuzione, condotta, varianti a l procedimento in a mbiente notturno. Cap. VII: li gruppo fallico corazzato nell'azione di contrasto dinamico: concezione, organizzazione, esecuzione, condotta. Cap. VIII: /I gruppo tattico corazzato nella difesa mobile: reiterazione della resistenza temporanea su più posiziòni: concezione, organizzazione, esecuzione, condotta. Cap. TX: Il gruppo tattico coraz zato nella difesa a tempo determinato: mantenimento di posizioni, concezione, organizzazione, esecuzione, condotta. Cap. X: il gruppo tallico corazzato nell'abbandono di posizioni. Cap. XI: Il gruppo tatlico corazzato nel controllo di zone estese. Cap. XTT li gruppo lattico corazzato nel forzamento di un corso d 'acqua inguadabile: procedimento metodico (concezione, organizzazione, esecuzione, condotta); procedimento speditivo. Parte seconda: Organizzazione logistica e criteri di impiego dei servizi. Cap. Xlll Organizzazione logistica e criteri di impiego dei servizi.
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Cap. XIV Criteri particolari di impiego dei servizi nelle attività e nei momenti operativi tipici: esplorazione; movimento in lontananza dal nemico; s tazionamento; movimento a contatto con il nemico; sicurezza; attacco; contrasto dinamico; reiterazione della r es istenza temporanea su più posizioni; difesa a tempo d ete rminato; abbandono di posizioni; controllo di zone estese; forzamento di un corso <l'acqua . Allegati: "A": il comando de l gruppo tattico; " B": procedure per l'attività informativa e per l'organizzazione e condotta delle azioni, con 5 appendici; "C": procedure pe r l'u t ilizzazione del concorso fornito dall'artiglieria; " D": procedure per l'utilizzazione del concorso fornito dall'A.L.E. e dalle forze aerotattiche; "E": procedure pe1· l'azione in ambiente N.B.C.; " F" organizzazione d e i servizi, con 14 appendici. Tabella di nuovi segni convenzionali. (26) TI comandante del grnppo tattico cor azzato in attacco impartisce i seguenti ordini: cenni s ulla situazione nemica ed amica; compito del g ruppo tattico; concetto di azione d el comandante del gruppo tattico (azioni da compier e, tempi dell'azione, gravitazione); composizione ed articolazione delle forze (assegnazione a ciascun complesso minore avanzato: delle forze che lo compongono, della pos izione nel dispositivo, del compito, obiettivo di attacco, obiettivo eventuale o orie ntamenti s ull'azion e successiva, del selto1·e di azione o della direzione di attacco; al complesso mino,·e in rincalzo: delle forze che lo compongon o, d el compilo od m·ientamento di impiego, della zona di dislocazione iniziale, della direzione di movimento; alle unità controcarri eventualmente mant enute alle dire,tte, cliJ)"'nclenze: deg li schieram enti iniziale e s uccessivi, dell'itinerario o direzione di movimento, d egli orientamenti di impiego corrispondenti alle ipotesi più p robabili circa la minaccia carrista); organizzazione del fuoco (ordinamento tattico dei mezzi di sponibili. a m ancamento degli U.0 ., piano dei fuochi per l'attacco del g ruppo tattico, dati relativi ad eventuali interventi nucleari e misure di sicurezza d a adottare); impiego delle unità pionieri; impiego della squadra NBC; misure per faci litare la cooperazione aeroterrestre durante l'effettuazione di miss ioni <li appoggio aereo ravvicinato; modalità di coordina m ento (zone di schieramento s ulla base di partenza per l'attacco e zone di dislocazione iniziale, ora entro cui deve avveni re l'occupazione della base di pa1"tenza per l'attacco o il superam ento della linea <li partenza, misure di s icurezza da attuare prima e durante l'atlacco, ora d i inizio della preparazione, ora <li inizio dell 'attacco, procedimento da adottare per il forzamento dei campi' minati, linee di riferimento e di attestamento, zona di raccolta a compito ultima lo); organizzazione logistica e funzionamento dei servizi; dis locazione iniziale e su ccessiva del posto comando di gruppo tattico; organizzazione dei collegam en t i e delle trasmissioni. (27) Per l'azione <li contrasLo dina mico, il comandante d e l gruppo tattico corazzato impar tisce: cenni sulla situazione n emica cd a mica; compito <lei gruppo tattico; concetto di azione; composizione cd articolazione delle forze e, cioè, assegnazione: a ciascuna punta di c ontrnsto dinamico delle forze ch e la compongono, d ella posizione nel dispositivo, de ll' ubicazione dei posti di s barramento, delle direzioni <la precludere, d el setto re di azione, de llo schieramento iniziale, degli itinera ri di ripiegamento, delle zone <li raccolta a compito adempiuto, delle eventuali demolizioni spc<litive da att'.uare, della responsalbilità de l brillamento (attuato da elementi <lei genio minatori), di eventuali demolizioni strategiche o ta lliche; al .-incalzo: delle forze che lo compongono, della dis locazione iniziale, d egli orientamenti di impiego ne lle impotcsi più probabili, dello itinerario d i ripiegamento, della zona <li raccolta a compito adempiuto; organizzazione del fuoco (ordinamento tattico d ei mezzi disponibili, affiancamento degli U.O. dell'artiglieria , piano dei fuochi pe r l'azione di contrasto dinamico de l gruppo tattico, dati r e lat ivi ad eventua li in terventi nucleari e misure di s ic urezza da adottare); mi sure p er facilila r e la cooperazione aerote rrestre durante l'effettuazione <li eventuali missioni
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di appoggio aereo ravvicinato; modalità per il coordinamento (ora entro la quale lo schieramento deve essere in atto, eventuali ore di inizio e termine del ripiegamento di forze a ntis tanti ed ilinerari di deflusso, tempo minimo da guadagnare, linea di cessione della responsabilità alle forze r elros la nti, lince di 1·ifc1·imcnto); organizzazione log is tica e funzionamento dei servi zi; di slocazio ne iniziale e s uccessiva del posto di comando di gruppo tattico; organizzazione dei collegamenti e del le trasmissioni. (28) Il com andante d el g ruppo tattico corazzato nella difesa mobile (reilcrnzionc delle resiste nze te mporanee s u più posizioni) imparti sce gli ordini rigu ardant i: cenni s ulla s ituazion e n emica ed amica; compilo del gruppo ta ttico; concetto di azione d el comandante del g ruppo tattico (funzioni da adempiere, posizioni s ulle quali investire le resistenze temporanee, impiego d el rincalzo, tempi dell'azione e gravitazione); composizione ed articolazione d elle forLe (per c iascun complesso minore meccanizzato : forze che lo compon gono, zona di di slocazio ne iniziale. elementi relativi alle posizioni predisposte e/o ostacoli da attivare in fun zione controcarri per la resistenza temporanea sia delle posizioni iniziali sia di que lle successive, itinerari di ripiegam en to per il raggiung imento d elle pos izioni success ive, cleme nti relativi alle posizioni di irrigidime nto tratti da attivare, sa lda tura con i complessi m obili , cenni sulle ipotesi dell e ,·cazioni dinamiche cond o tte da altre forze-; pe r ciascun'opera della fortificazione permanente eventualmente inclu sa n el settore di azione e tenuta a lle dirc llc dipendenze: compito duran te l'az.ione <li r.,sist.,nza e<l in caso di supèram e1Ho da parte del nem ico, ,:ona d i compe tenza , modalità di coord ina m ento de lle azioni di fuoco, disposizioni pa1·ticolari r iguardanti la difesa vicina delle opere; per il rincalzo: forze c he lo compongono, zona di di s locazione iniziale, orientamenti d 'impiego - direzioni lungo le quali condurre le puntate o ffensive e conco1·si di fuoco - relat ivi a lle più pmbabili ipotesi, itinerari di ripiegamento per il raggiungimento d elle zone d i dislocazio11c success iva, clementi relativi a lle posizioni di irrigidimento e cioè eventuali Imiti da a ttivare e concorso o non a lle reazioni dinamiche condotte da alu·e forze); o rganizzazione del fuoco (ordinamento ta ttico, affiancamento degli U.O. dei mortai e dell 'artiglieria, piano d ei fu ochi per le resi s tenze temporanee d el gruppo tattico, da ti relativi cd eventuali interventi nuclea1·i e misu1·e di sicurezza da adottare); organizzazio ne de i lavo ri e m essa in opera dell 'ostacolo (ordine di priorità relativo a lla predi sposizio ne dei caposaldi essenzialmente controcarri e d egli schieramenti conlrocarri e limiti di tempo per il com pletamento dei lavori esscn1.ia li , tipo e de n sità del campo minato proiettivo relativo a ciascun caposaldo, attrezzature e m ateria li disponibi li per l'esecu zione dei lavori, p redisposizione delle mine e d ei materiali necessari per la posa dell 'ostacolo); impiego della squadra NBC; modalità per il coor·dinamento o lt1·e quelle prescritt e dal com ando s u periore (concorso dei va1·i complessi mino ri a l controllo dello s pazio esterno a lla zona di r esponsabilità segnata, linee di riferimento e o rienta mento s ulle posizioni non predisposte ch e possano essere utilizza te quali posizioni del momento); organizzazion e logistica e funziona mento d ei se r vizi; dis locazione ini ziale e su ccessiva del posto comando del gruppo fa ll ico; organizzazione dei collegamellli e delle trasmissioni. (30) Il comandante del gruppo tattico lagunare, per l'approntamento, dà informazion i cd impa rti sce ordini r ela tivi a : cenni s ulla si tuaz ione nemica cd a mica; scopo d ell'approntam en to e disposizioni per lo svolgimento dell 'a ttività o r gani zzativa connessa con i futu ri compiti; limiti de lle zone di imba rco assegnate a ll e unità dipendenti; d ispos izio ni pe1· il mascheramento, l'occulta mento, la vita dei reparti e la circolazione dei mezzi; d isposizioni per la tutela del segre to; dispositivo di s ic urezza d a adottare; piano di ca1·icamenlo e di movimento; clementi che config uran o l'organizzazione logistica; d is locazione del coma ndo del gmppo tattico e modalità per il collegam ento .
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(31) li comandante del gruppo lattico lagunare, per l'avvicinamento in mare, dà informazioni ed impartisce ordini relativi a: cenni sulla situazione nemica ed amica; modalità per l'incolonnamento; costituzione del posto di incolonnamento principale e, eventualmente, di taluni posti di incolonnamento secondari (sistema di incolonnamento, zone assegnate per i circuiti di attesa, for·mazioni da assumere, tempi dell'operazione); ufficiale di rotta; modalità per la navigazione (rotte da seguir·e, punti di riferimento, s istema di segnalazioni per il collegamento, tempi di movimento); cfo;positivo per l'attacco anfibio; mobilità per la difesa contraer ei e contro naviglio nemico; eventuale concorso di elicotteri armali, di unità navali e <li forze aerotattichc; modalità per il recupero <lei mezzi in avaria; dislocazione dell 'aliquota tattica del comando di gruppo tattico. (32) Il comandante del grnppo tattico lagunare, per l'attacco anfibio, dà informazioni cd impartisce ordini relativi a: situazione nemica e<l amica; compito del gruppo Lattico; concetto di azione del comandante del gruppo Lattico (azioni <la compiere, tempi, gravitazione); composizione e<l articolazione delle forze (assegnazione: alla compagnia costituente primo scaglione di eventuali rinforzi e/o sottrazioni, del compilo, dell'obiettivo di attacco, delle linee di alleslamenlo, del ciglio di fuoco, delle direzioni di attacco e, eventualmente, dei limiti di settore; alle compagnie cosliluenli 2° e 3 ° scaglione: degli eventuali rinforzi e/o sottrazioni, della direzione di movimento, della zona di riordinamento); elementi per ]'esecuzione dei colpi di mano: unità incaricale di ogni colpo di mano, compiti di ciascuna unità, mezzi di trasporto, tempi dell'azione; organizzazione del fuoco (ordinamento tattico dei mezzi disponibili, affiancamento degli U.O., piano dei fuochi per l'attacco anfibio); costituzione e compiti del gruppo organizzazione spiaggia e <lelle pattuglie dell'ondata di assalto; impiego delle unità incursori; modalità per il coordinamento (spiaggia di sbarco, linea di partenza per l'attacco anfibio, punti di riferimento a terra, ora di inizio della preparazione, ora di inizio dell'attacco anfibio, linee di riferimento); elementi che configurano la organizzazione logistica; dislocazione a terra dell'aliquota tattica del comando di gruppo tattico; ubicazione deg li osservatori di gruppo tattico; organizzazione dei collegamenti e delle trasmissioni. (33) Il comandante del gruppo tattico lagunare, per· il movimento a contatto con il n emico, dà informazioni ed impartisce ordini relativi a: s ituazione nemica ed amica; compito del gruppo tattico; composizione dell'aliquota da lasciare a presidio della zona di sb arco; dis pos itivo di movimento (art icolazione delle forze. loro posizione r eciproca, assegnazione di rinforzi - unità pionieri e conlrocarri - alle compagnie anfibie); compiti delle varie aliquote (posizioni finali cd ora in c ui debbono essere raggiunte); dispositivo di sicurezza (composizione e compito delle pattuglie); elementi per l'or·ganizzazione de l movimento (itinerari da percorrere, ora di inizio del movimento p er ciascuna aliquota, utilizzazione dei m ezzi anfibi cingolati); compilo e schieramenti delle unità mortai da 120 e controcarri; impiego delle unità pionieri e della squadra " I"; modalità di coordinamento relative a l movimento (linee di rifer·imento e. eventualmente, di attestamento ed orario di raggiungimento da parte de i singoli e lem enti del dispositivo, presa di contatto con le unità esploranti, concorsi di forze aerotattiche nell 'esplorazione e nell'interdizione); elementi che configurano la organizzazione logistica; posizione aliquota tattica del comando del gruppo ta ttico e modalità particolari per il collegamento r-adio e per l' impiego delle staffette. (34) Vds. precedenti note n. 19 e n . 26. (35) Vds. precedente nota n. 21. (36) li comandante del g ruppo tallico lagunare, per il ripiegamento, dà informazioni e impartisce ordini relativi a: cenni su lla sit uazione nemica ed amica; compito del
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gruppo tattico; articolazione delle forze; itinerario assegnato a ciascun'aliquota; zona da raggiungere; modalità per l'abbandono delle posizioni; eventuale inutilizzazione delle anni pesanti; interruzioni da attuare; modalità pc1· il coordinamento (ora di inizio del ripiegamento, successione dei vari reparti nell'abbandono delle posizioni, misu1·e di sicu1·ezza da adottare, ora entro cui il ripiegamento deve essere ultimato); itinera1·io percorso dal comandante con il suo nucleo. (37) TI comandante del gruppo tattico lagunare, per la difesa di un tratto di costa, dà informazioni cd impartisce ordini ,·e lativi a: cenni sulla situazione nemica cd amica; compito del gruppo tattico (funzioni da adempiere, posizioni da predisporre e da p1·esidiare, gravitazione del fuoco, reazioni di movimento); composizione ed articolazione de lle forze (assegnazione: a ciascuna compagnia anfibia: dei rinforzi (o definizione delle sottrazioni), del compito, del settore difensivo, dei posti di sharrnmcnto da costituire e delle posizioni sulle quali reiterare la ,·esistenza, delle pattuglie da cos tituire comprese quelle anfibie, delle zone particola1·i - specchi e corsi d'acqua - da sorvegliare, delle strutture statiche - entità del presidio, struttura, posizioni da includc 1·c - da predispone, delle modalità per l'attivazione delle strutture statiche; a ciascuna opera della fortificazione per·manente a lle dirette dipendenze: del compito durante l'azione di resistenza ed in caso di superamento da parte del nemico, delle modalità di coordinamento delle azioni di fuoco , delle disposi1.ioni per le unità di difesa vicma delle ope1·e; alle unità cont1·oca1-ri: dell'ordinamento tallico, deg li sch1ei-amenti iniziali e successivi, del settore di intervento per ogni schie1-amento previsto, degli 01·icntamcnti di impiego corrispondenti alle ipotesi più prohahili cii-ca la minaccia ca1..-ista o all 'azione contrn fanteria; al ,·incalzo : d e lla composizione, della zona di di slocazione iniziale, degli orientamenti di impiego relativi alle va1·ie ipotesi , del corn;orso all 'inte1·vento d elle riserve di ordine s uperiore, degli orientamenti per l'intervento nei settori contermini, dei caposaldi da attivare nel corso della resistenza, dei caposaldi da predispon-e per il contenimento; organizzazione del fuoco (ordinamento tattico, affiancamento degli UO dei mortai e dell'artiglieria, piano dei fuochi della difesa); organizzazione dei lavori e della messa in opera dell'ostacolo (01·dine di priorità re lativo alla esecuzione dei lavori, tipo e densità dei campi mina ti protettivi , ostacoli suhacquei da allestire, interruzioni e allagamenti da effettuare azione durante, allrezzatu1·e e matc.-iali disponibili pe1· l'esecuzione dei lavor·i, p·1·edisposizione delle mine e dei materiali necessari per la posa dell'ostacolo minato); impiego d egli incursori ; impiego della squadra NBC; modalità per il coordinamento oltre quelle prescritte dal com ando superiore (disposizioni per la sorveglianza dei limiti di settore, concorso di fuoco a favore delle opere della fortificazione permanente, del rincalzo e delle riseve di 01·dine supei-ion:); organizzazione logis tica e funzionamento dei servizi; dislocazione iniziale e successiva d el posto comando del gruppo ta ttico; ubicazione degli osscrva to1·i di gruppo tattico e di altri eventuali osservatori dislocati dai comandi superiori nel settore costiero; organizzazione dei collegamenti e delle trasmissioni. (38) Stato maggiore dell'esercito. III ,·eparto. Ufficio regolamenti. Pubbl. n . 5893 Impiego delle avio/ruppe (n. 770 della serie dottrinale). Roma , 1968, tip. Marinelli. La pubblicazione, formalo 20 X 14, 5, huzz.a di stampa, con allo di approvazione del generale Marchesi in data J-VI-1968, comprende l'atto di apprnvazione, lo specchio di dis u ·ibuzione, la registi-azione delle aggiunte e va rianti e l'indice, il Lesto e gli allegati. Consta di 53 pagine, 68 paragrafi e 2 a llegati ("A" e "B"); comprende la premessa ed il lesto. Questo consta di 5 capitoli: Cap. I Ceneralilà (le aviotruppe, le operazioni delle aviotruppe). Cap. TT Organiz:az.ione di w1 al'iosbarco (comandi interessai i, p.-ocedurc <la utilizzare, pianificazione). Cap. III Prcpara;:,iunc di 1111 t11·iusbarcu. Cap. IV Ese
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cuzione di un aviosbarco. Cap. V Aviosbarchi in ambiente alpino. Allegati: "A": comandi interessati alla pianificazione di un aviosbarco. Schema delle dipendenze; "B": Schema delle proct:dure di pianificazione". (39) Le unità paracadu1iste sono unità ordinate, armate, equipaggiate cd addestrate per l'impiego in operazioni nelle quali sia necessario prendere ten-a mediante aviolancio. Le unità aerotrasportabili sono unità ordinate, armale, equipaggiale cd addestrate per essere, all'occorrenza, trasportale con aeromobili direttamente nella zona di impiego; non differiscono dalle normali unità di fanteria se non per una più ridotta disponibilità di mezzi di combattimento e di trasporto di superficie. Il massimo livello ordinativo nel quale possono essere riunite unità omogenee p a.-acadutisli ed aerolrnspo1·1abili è la br·igata che agisce normalmente per gruppi tatt ici. Brigale parncadutisti e brigate aerolrasportabili possono costituire una divisione di aviotruppe: grande unità, questa, particolarmente idonea a condurre operazioni strategiche. (40) Aviosbarchi coordinati: quando connessi con manovre strategiche o tattiche di forze di superficie che debbono raggiungere le posizioni conquistate dalle aviotruppe in un lasso di tempo non superiore alla autonomia operntiva di queste ultime (sono gli aviosbarchi di tipo più ricorrente). Aviosbarchi indipedenli: quando non è previsto il congiungimento con forze di superficie; si tratta di aviosbarchi condotti, generalmente, da forze di entità notevole cd in grado di iniziare a condurre a termine da sole operazioni di superficie (sono, pertanto, di carattere eccezionale). Aviosbarchi di incursione: quando sono condolli da forze di modesta entità e si ripromettono scopi particolari e limitati . (4 1) Ad una operazione di aviotruppe sono dir·ettamente interessati: comando del teatro d'opera zioni (o di schacchiere operativo); comando di aviosbarco; comando delle aviotruppe impiegate; comando della forza aerea di trasporto cooperante; comando logistico destinato a fornire supporto all'aviosbarco. Concorrono, inoltre, alla pianificazione ed alla esecuzione della operazione i com andi: delle forze terrestri con le quali, eventualmente, le aviotruppe agiscono in coordinazione; delle fon.e navali eventualmente interessate a ll 'aviosbarco; delle forze aerotattiche pa1·tecipanti all'azione. La decisione di attua1·e un 'operazione di aviou·uppe compete al comando del teatro operativo (o di scacchiere operativo); in casi particolari la decisione può essere delegata a livelli inferiori, che ne d efinis cono i lineamenti essenziali. Il comando di aviosbarco, costituito su designazione del comando di teatro o di scacchiere, è l'organo responsabile della concezione, organizzazione e condotta dell'aviosbarco; ha composizione variabile; comprende generalmente rappresentanti del comando che decide l'operazione. del comando aviotruppe, del comando della forza ae1·ea di trasporto, de l comando delle unità terrestri, nava li cd ac1·cc che concorrnno all'aviosbarco e d el comando logis tico incaricato del supporto. Negli aviosbarchi indipendenti di entità limitala e, quasi sempre, in quelli coordinali e di in~ursione non è necessaria la costituzione di un apposito comando di aviosbarco, ma ne assume le funzioni il comando della grande unità complessa che conduce la battaglia (o la manovra tattica) con il rinfor-zo di personale qualificalo. Il comando di aviosbarco ha alle sue dipendenze, per tutta la durala dell'azione, il comando delle aviotruppe designato per l'azione, il comando della forza aerea di trasporto ed il com ando incaricato del suppo1·to logistico. Il comando delle aviotruppe_ha costituzione organica e, sulla base d egli ordini ricevuti dal comando di aviosbarco. con cepi sce. organizza e conduce l'azione terrestre delle aviotruppe; con-
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corre, inollre, alla pianificazion e dell'operazione nei suoi aspetti inte rforze. li comando della forza aerea di trasporto ha cosliluzione organica e presiede all'impiego dell e unità aeree necessarie pe 1· il trasporto delle aviotruppe nella zona di impiego e per la loro a limen la zione; concorre, pertanto, a lla pia nificazione. JI comando logistico - cos tituito s u designazione del comando del Leatro operativo o di scacchiere - partecipa alla pianificazione ed all'organizzazione dei servizi e delle operazioni logistiche inerenti all'aviosb arco. Il comando delle forze lerreslri, con le quali eventualmente le aviotruppe agiscono in coordinazione, coinc ide, secondo l'entità e lo scopo dell'aviosbarco, con il comando responsabile dell a condotta de lla battaglia o della m anovra tattica; esso coordina l'azione delle sue unità con q ue lla delle aviolruppe: direttamente quando è anche comando di aviosb a rco, d ' intesa con questo ultimo, quando cost ituito ad hoc. Il comando delle forze navali, eventua lmente interessato all'aviosbarco, partec ipa a lla pianificazion e ed alla esecuzione per la parte di sua competenza, d'intesa con il comando di aviosbarco. Il comando delle forze aero/altiche partecipanti all'oper azione con t ribuisce alla pianificazione ed alla esecuzione per la parte di su a compete nza, d'intesa con il comand o di aviosba1-co. (42) Stato maggiore dell'eserci to. Hl r eparto. Ufficio regola m en ti. Pubbl. SME 42/R (n. 6119) ALE - L'elitrasportu fallico e logislico (n. 790 della serie dottrinale), Roma, 1968. La pubblicazione, fo rmato 18 X 12, bozza di stampa, con atto di approvazione d el generale Vedovato in data 10-1-1968, comprende: l'atto di app,·ovazionc, lo :;pecd,iu di distribuzione, l'indice, la registrazione delle aggiunte e va1·ianti, la premessa ed il testo. Questo consta di due parti: parte prima testo; parte seconda allegati; 63 pagine, 50 paragrafi, 6 a llega ti. li testo è articolato su 4 capitoli: Cap. I Generalità sull'elitraspurto. Cap. TI Procedu re e competenze. Cap. 111 L 'elitrasporto tallico. Cap. IV L 'elitrasporto logistico. Gli allegati riguardano: " A": " Messaggio per la richiesta di trasporlo"; " 8 ": Messaggi di assegnazion e di elicotteri di u so generale per elitrasporli "; "C": "Piano degli elitrasporti"; " D": "Messaggio di accettazione o di rifiuto"; "E": "Ripartizione di un plotone fucilieri per l'imbarco s u e licotte ri AB-204 B": parte prima (personale, armi, munizion~menlo d 'arma), parte seconda (munizionamento di r eparto); "F": "Ripartizione di una compagnia fu cilieri per l'imbarco s u e licotteri A8-204 8: parte prima (personale, armi, munizionamento d'arma), parte seconda (munizionamento di reparto). La pubblicazione, bozza di stampa, con carattere riserva to h a come scopo principale la definizione delle modalità orga nizzative e procedurali d c ll'elitrasporto. (43) Vds. pubbl. n. 5522 Impiego de/l'avia zione le~~era dell'esercito (n. 7200 d e lla serie dottrinale) illuslrata nel capitolo n . L XTT. (44) S ta to maggiore dell'esercito. III. 1·eparto. Ufficio regolament i. Pubbl. n . 5602 Istruzione lecnica sull'aviazione leggera de/l'esercito, Roma, 1965.
APPE NDICE N . I GRA NOJ UNITA
IO
1
l
TOTALE BTG.
RED + 9 btg.f. btg.mec.
Rgt.f. (5°) Rgt.f.(9°) Rgt.f.(21 ° - 22° - 157° "Liguria ") Rgt.f. (67° - 68 °) + RED
1 (f.) l (f.) 3 (L) 2 (f.)
D. FRIULI D. MANTOVA
Rgt.f. (78° "Lupi" - 87° - 88°) Rgt.f. (59° "Calabria" - 76° "Napoli" - 114°) + RED
3 (f.) 3 (f.)
D. AVELLINO B. TRIESTE
Rgt.f. (75° " Napoli" - 231 °) Rgt.f. (40° "Bologna ")
2 (f.) l (f.)
3 btg.f. + 1 btg.mec. 3 btg.f. + l btg.mec. 9 btg.r. + 3 btg.mec. RED + 6 btg.f. + 2 btg.mec. 9 btg.f. + 3 btg.mec. RED + 9 btg.f. + 3 btg.mec. 6 btg.f. + 2 btg.mec. 3 btg.f. + 1 btg.mec.
D. FOLGORE
Rgt.f.(82 ° "Torino" - 182 ° "Garibaldi" - 183° " Nembo") + REO
3 (f.)
Rgt.f. ( I O
D. AOSTA D. PINEROLO D. CREMONA D. LEGNANO
o.
ARIETE
B. POZZUOLO F.
5
TOTALE RGT.
3 (f.)
D. GRANATIERI S.
D. CENTAURO 3
REGGIMENTI BTG. AUTN . ARMA BASE anno 1957
B. B. B. B. B. B.
TAURINENSE TRIDENTINA JULIA CADORE OROBICA CAVALLERIA
•
17° "Acqui " . 46° "Reggio") + RED
3° r91.b. (3 b tg.) - 31 ° rgt.carris ti - gr.sqd.c.bl. " Lo i" 8° rgt.b.(3 btg.) · 132° rgt.carristi - gr. sqd.c.bl. "Guide" O
I rgt.b. (3 btg.). 4° rgt.carristi · gr.sqd.c.b l. " Friuli " 4° rgt.alp. (4 btg.) 6° rgt.alp. (3 btg.) 8° rgt.alp. (4 btg.) 7° rgt.alp. (3 btg.) 5° rgt.alp. (3 btg.) 2° R.C.B. " Piemonte" - 4° R.C.B. "Genova" 5° R.C.B. "No,•a ra" + R.C.B. ~'Nizza " 3° C.A. - "Gorizia" 4° C.A. "Aosta " 6 C.A. - "Montebello" VIII CMT) Rgpt.lag. (3 btg.)
l (b.) - l (carr.) l (b.) · l (carr.) 1 (b.) · I (carr.)
btg.b. + gr.sqd.c.bl. btg.cr. btg.alp. btg.alp. b tg.a lp. btg.a lp . btg.alp. gr.sqd.cav.
I I I 3 4
12 gr.sqd.cav.
l
3 btg.lag.
1
3
>< <
RED + 9 btg.f. + 3 btg.mec. 3 btg.b. + gr.sqd.c.bl. + 3 btg.cr. 3 btg.b. + gr.sqd.c.bl. + 3 btg.cr. 3 3 4 3 4 3 3 9
1
+
+ ~
'J>
...,""
'J>
segue APPENDICE l 2
5
GRANDI UNITA
5
Rgt.f. (1° G.. 17 ° "Acqui") Rgt.b.cor. (1°). BED
2 (f.J . I (b.cor. )
D. CREMONA
Rgt.f. (~,1°: 2~~ . 157° " Liguria") · XIV btg.cr. gr.sqd. Nizza
3 (f.)
D. LEGNA:-lO
Rgt.f.(67°. 68°) Rgt. f.cor. (4°) BED
2 (f.) · I (cor.)
D. MANTOVA
Rgt.f.(59° " Calabria". 76° "Napoli "· 114°) · gr.sqd. " Lane. Aosta" Rlt.f. (82° "Torino"· 183 ° "Nembo") Rgt.f.cor. ( I 2° 'Garibaldi") . BED
3 (f.)
D. CENTAURO
3° rgt.b. . 31 ° rgt.cr. . gr.sqd. " Lodi"
I (b .)· I (cr.)
+
8° rgt.b. . 132° rgt.cr. . gr.sqd. "Guide"
1 (b.)· I (cr.)
5° rgt.f.. 62° btg.cor.
I (f.)
B. B. B. B. B.
231 ° rgt.f.Av . . 60° btg.cr. 9° rgt.f. . 61 ° b tg.cor . 40° rgt.f. "Bologna" . 11 ° cor. 78° "Lupi"· 19° btg.cor. 4° rgt.alp. 6° rgt.alp. 8° rgt.alp. 7° rgt.alp. 7° rgt.alp. I O rgt.par. · btg.sab.par. · btg. CC par.
I (f.) l (f.) I (f.) I (f.) 1 1 l I l I
2° rgt."Piemonte cav."-4° rgt."Genova cav."-5° rgt. "Lane Novara" +3° r'J:. " Savoia" (4° C.A.(. + 6° "Lane.Aosta" (6° C.A.) . 0 " Lane. Montebel o) (VIII CMT)
3
3 b tg.alp. 3 btg.alp. 5 btg.alp. 3 btg.alp. 3 btg.alp. I btg.sab. · l btg.CC + 3 btg.par. 3 gr. sqd.lrgt.
3
3 gr.sqd./rgt.
15 1° rgt.f. "Sassari"
I
3 btg.f. + I btg.mec. .,. 18 cp.mo. I bt!!.la~. · I bt~.cr.
B.
B. B.
AVELLINO PI:-lEROLO TRIESTE FRIULI TAURINENSE TRIDENTINA JULIA CADORE OROBICA FOLGORE
B . POZZUOLO
I
I
I BED + 2 \3 btg.f. + I btg.mcc. + cp.mo.) + I btg.b. + I btg.c r. I GED + l btg.cr. + 3 (3 btg.f. + l btg.mec. · l cp.mo.) I BED + 2 \3 btg.f. + l btg.mec. + cp.mo.) + I btg.b. + I btg.cr. I GED + 3 \3 btg.f. + I btg.mec. + cp.mo.) I BEO + 2 \3 btg.f. + I btg.mec. + cp.mo.) I btg.b. + l btg.cr. I GED + 3 btg.cr. + 3 btg.b. + cp.cn. e/e 1 GEO + 3 btg.cr. + 3 btg.b. + cp.cn. e/e 3 btg.f. + I btg.mec. + I cp.mo. + I btg.cor.
D. ARIETE
5
I
2 (f.) · I (cor.)
TOTALE BTG.
B. AOSTA
B.
I
TOTALE RGT.
D. GRAI\ATIERI S.
D. FOLGORE
2
REGGIMENTI BTG . AUTN. ARMA BASE anno 1963
COMANDO MILITARE TRIESTE rirnt.lmz.
I
.. ..
799
CAP. LXV · LA SERIE D01TRINALE 700
seRue APPENDICE I 1963
1957
63 htg.
r.
Da ti organici 38 U. - 81 SU. - 936 Tr. 4 cn. 75 sr. 9 cn. 57 sr.
9 mo. 81 9 mo. I. 7 mitr. e/a IO mitr. IO lrz. e/e 5 1 fuc. mitr.
54 btg. f. Dat i o r ganici 43 U. - 85 SU. - 762 T r. 8 cn. 106 sr. 9 mo. 81 19 lrz. e/e 48 MG 6 lanciafiamme 2 m s l. filoguidati e/e 6 mo. 120
Cp. Cdo S.
Cp. Cdo S.
- pi. pionieri s u 4 sq.
- pi. eh: su • I sq. c n.
sq. pionieri su
106
SL
I Cl,·
I C;i. arma 4 ,cn.
2
l'll.
IOt,
si
I 2 AR
2 Cc.lU. 8
• ?. SfJ . m sl.flg.C'/c
I Cl<'
2 scn·. I cau.
I pu.t i.m:,-1.
+ I AR
4
- pi. p ionie.-i s u 4 sq.
e,,.
• I sq . pionieri su I
1
6 pionieri
3 cp. fuc. su · 3 pi. fuc su
3 cp. fuc. su - pi. Cùo S. s u
• 3 sq. ass. s u
sq . piunie.-i
- 3 p i. fuc. s u
• 3 sq. fuc. su
I I I 4 2
Ctc
,1rma. ca. gr. ass . .,. I MG
\"<.l.
ass. mit r.
9
I Cte 9 tr.
+
I fuc.mitr.
• I sq. a rmi I. su
I Cte S tr.
I Ctc·
2 ca.arma
10 • sq. a rmi I. s u
I
I MG t, lanciai .
m il r.
I prn·t a an 11.1 d c I 2 MC
+
I lrz e/e
I ad. lrz. e/e 4 mitr.
I f11c. 111i1r. I li-1.. rk
9
6
- I pi. a rmi t i. teso su
I pi. a rmi d i c p. s u • sq. mitr. su
I Ctc 14 l r.
+
2 mitr.
15
• sq. mo. I. su
I Ctc
16 lr. + 3 mo. I. 17
• 2 sq . mi t.-. s u
I 2 4 2 9
Ct,·
ca. arma mitr. rau.
-+
2 MG 2 AR
800
FILIPPO STF.FANI
segue APPENDICE 1 1963
1957
• sq. cn. sr. su
I Cte 15 lr.
+ 3 rn
57 sr.
16
• 1 sq. cn. 106 sr. su
...------------. I Cte I ca.unna cn. + 2 rn.106 sr can. 2 AR 2 cau.
4
• gr. arma e/e • nu. miti-. e/a
8
~I=2=t=r.====== +==lr='·=c=·/=c===:I _3_t_r._ _ _ +_ l _n_1i_t1_·._c_h_,1I
..._!
- pi. mo. 81 su • 3 sq. mo. 8 1 su
...----------~ I Ctc 3 sen·. I cau.
+ I
1110.
81
I AR
5
I cp. armi di accompagnamento su - 1 pi. mitr. su 2 sq. sq. rnilL su
I Ctc 14 lr.
+ 2 mitr.
I cp. mo. 120 su - 2 pi. mo. 120 su 3 sq. sq. mo. 120 su I C1,·
15
4 St'IT.
I cau. 6
- 3 pi. mo. su 3 sq. sq. mo. su
7 tr.
~
I mo. 81 ) Ci..llTcl
ta cing. AR/51
- I p i. cn. sr. su 4 sq. sq. cn. sr. su
I Ctc
s tr. 6
+ I cn.
75 sr.
+
I
1110.
I AR
120
801
CAP. LXV - LA S ERIE OOTTRINALI:: 700
segue APPENDICE I 19~7
I
1963
btg . cor.
6 btg. cor.
5 btg. cor. Dati organici 34 U. - 83 SU. - 417 Tr. 14 MG. 17 lrz. e/e 3 mo. 8 1 4 cn. 106 sr. . . . . . . . . . . . (0 ) 20 VTC (Tr.) 3 VTC (mo.) 33 c r.
cp. Cdo S. 3 MG 3 lrz. c/c 6 VTC 1 cr.
cp. mec.
- pi. Cdo S. 2 MG 2 lrz. e/e 1 VTC - pi. e/e su 2 sq. cn . 106 sr.
sq. e/e su
I Cte 5 scn·. 2 RF cau .
+ 2 AR
2 cll. 106 sr.
8
- 3 pi. fuc . su
• I sq. Cdo (1 lrz. e/e, • 3 sq. ass. 1 e,., 4 ass. 2 milr.
VTC)
+
I MG I lr,. dc
2 scrv. I VTC 2 pii. e 2° pii. li (
0
)
In via di sos lilu:lione con 6 msl. mg. MILAN. - 1 pi. mo. m. su 3 mo. 8 1 e 4 VTC
802
FILIPPO STEFANI
segue APPENDICE 1
I
1957
1963
IO btg. bersaglieri (1 rgt.b su 3 btg. per D.rnr. + 2 btg. D "Granatieri" + 1 per D. "Legnano" e "Folgore'·)
9 btg. bersaglieri (I rgt.b. su 3 btg. per D.cor.)
Dati organici (di massima coinci<lono) 39 U. - 89 SU. - 757 T1·. 55 fuc. mitr. 25 lrz. e/e 9 mo. I. 12 mitr. 8 mo. 81 9 cn. 75 sr. 8 cn. 106 sr. 3 cr. I. 43 cr. VCTT
Cp. Cdo
- pi. Cdo - 2 VCTT - pi. esploratori su 3 sq. • sq. espi. su
I Cl~
61r.
I fuc. n1itr.
+
2 VCTf
+
I VCTT
7
• nucleo cr. su 3 cr. I. - pi. pionieri su 4 sq.
i 1,.-.
sq. p. su
3 ep. b. - pi. C<lo 1 fuc. mitr.
I lrz. e/e 6 VCTT
- 3 pi. fuc. su
+
• 2 sq. ass. su
11 1r.
• l sq. armi I. su
7 1r. + I fuc. milr. I. + I VCTT
2 fuc. milr.
+
1 milr.dal.
i 10 tr. + 2 rnilr.
I
vcrr !
+ 2 lrz. dc + 1 mitr.da
- pi. armi <li cp. su • 2 sq. mitr. su
+
I 2 AR
I
803
CAP. LXV - LA SERJE ·DOTTRINAI.E 700
segue APPENDICE 1 1957
1963
I • 1 sq. mo. I. su • sq. cn. 75 si-. su
7 1r. I 3 mo.I.
l 'i
lr.
+
I VCTT
+ 3m. 75 sr . + 3 AR
Cp. armi di accompagnamento per btg. b. - pi. C<lo 2 fuc. mitr. 2 In:. e/e - 2 pi. mo. 81 su 2 sq. mo.
sq. mo. s u
I.:.------ - +-9 lr. + 2 1110. 81
- 2 pl. rn. 106 sr. su 4 sq. (0 ) sq. cn. su
0 (
)
- ~
I VCTT
-3-tr.-- - ----~ + I .:n. !06 + I AR
Ncll'ambilo <lei rgt. c'è una cp.cn.c/c su 9 c n. 106 s r.
804
FILIPPO STEFANI
segue APPENDICE 1
I
1957
9 btg. cr. (I rgt. carristi su 3 btg.cr. per ogni D. cor.)
1963
12 btg. cr.
ti rgt. cr. s u
3 btg.c i-. per D.cor. 2 btg. nella D. "Gra natie ri" e I btg. nelle D. "Legnano", "Folgore" e " Cremona" + I btg. ne l rgpt. lag.)
Dati organic i
28 U. - 85 SU. - 385 Tr. 4 fuc. m it r. 5 1 c r. m . 3 VC.TI 5 cr. I. 3 cr. ree.
Cp.Cdo
· pi. Cdu l VCTT 3 cr. m .
· pi. esploratori su 2 sq . espi. e I nu .c r. 2 fuc. mi1r. 5 cr. I. 2 VCTT 3 cp. cr. - pi. Cdo
I cr. m. - 3 pl.cr. su 5 sq .cr. sq.cr. s u
I Clc "' . u pii 4 lr.
5
+
I cr.
805
CAP. LXV - LA SERI!:: DOTrRINALE 700
segue APPENDICE I l'JS7
1%3
17 btg. alp.
Dati organici 41 U. - 94 SU. - 1290 Tr 48 fuc. mitr. I 5 lrz. e/e 9 mitr. 7 miti-. e/a 9 mo. I. 9 mo. 81 9 cn. 57 sr. 4 cn. 75 s r. 86 muli
17 btg. alp. Dati organic i 47 U. - 91 SU. - 906 Tr. 75 MG 9 mo. 8 1 6 mo. 120 16 lrz. e/e 6 cn . 57 sr. 4 cn. 106 sr. 108 muli
Cp. Cdo
Cp. Cdo S.
- pi. esploratori su 3 sq.
· pi. esplor-ato1·i su 3 sq.
sq. espi. su
I Ctc
IO tr.
+
sq. espi. s u
I ruc. mitr.
1 Cie 11 lr.
12
Il
- pl.cn. 75 s r. su 4 sq. sq. cn. su I Cte
---------I rn. 75 sr. 5 lr.
1 MG
2 AR
+
- pi. e/e s u 2 sq . -1-- - -2 cn. ---~ sq.cn . sr. su Cte 106 sr.
AR
7 lr.
+
2 AR
8
6
- pi. pionieri s u 4 sq. sq.p. su I Cte
- pi pionie1·i su 4 sq. sq.p. su
[r:J
6 l r.
I MG
7
- pi. trasporti su 36 muli 3 cp. alp. - pi. Cdo
• sq.Cdo s u
3 cp. alp. - pi. Cdo
i
2 fuc.mìtr. + I lrz. e/e
• sq . pionieri
!
2 MG 2 lrL e/e 24 muli 3 pl.fuc. s u 3 sq.ass. s u
- 3 pi. fuc. su • 3 sq. fuc. s u ~ - - - - - - -- 1 Ctc 4 tr.(g r.milr.) 5 lr.(gr.ass.)
1O
+
I fuc.mìtt
1 C11: 8 lr. 9
I MG
806
f'ILIPPO STEFA NI
segue APPENDICE I 1963
1957
• sq.armi I. su
• sq .a rmi I. s u
I Ctc
j :::i::::~;~t)
I Ctc 6 tr.
I fuc.mitr + I lrz.c/c 3 tr.(gr.trombon.)3 tromb.
+
2 MG
-
7
11
- pi. armi di cp. su • sq.mo.l. su I Cl<' 6 lr.
- pi. armi a tiro leso su • nu.li-1:. su 5 lr. + 2 lrz. e/e
I
I
+ 3 mo.I.
-
7
• 3 sq.mitr. su
I Ctc 8 lr.
• 2 sq .mit r. su
+ I mitr.
-
-
I Ctc 15 [L
+
3 c n.57 sr
• sq .cn.sr. s u
-
16
• nu.mitr.c/a su
I
+
2 MG 2 lreppkdi
+
2 cn.57
7
9
. I sq .cn.sr. s u
I Cte 6 tr.
I Cte 6 tr.
SL
7
3 tr.
+ I mitr. eia
I
- pl.mo.81 s u 3 sq. su I Ctc 41.-.
+ Imo.lii
-
5
Cp. mo. per btg.alp. 2 fu c.mitr. - pi. Cdo su I lrL.c/C 2 mitr.c/a
Cp.mo. 120 - pl.C<lo S . su
- 3 pi.mo.S I su 3 sq. mo. I mo. 81 sq. mo. s u I C 1e -j
- 2 pi.mo. 120 su 3 sq . s u
9 l r.
-
IO
1 ACL
2MG 2 lrz. e/e
16 Tr. + I mo. 120 + I A~
807
CAP. LXV · LA SERIE DOTTRINALE 700
segue APPENDICE 1 1957
1963
4 RED (D. "Granatieri", " Legnano" " Mantova" e "Folgore") Dati organici 6 U. • 19 SU.· 168 Tr. 2 milr. 6 cn. 75 sr. 8 lrz. e/e 6 fu<.:. mitr. 8 c r. I.
7 BED/GED (uno per D.)
Dati organici
29 U.. 79 SU .. 507 Tr. 30 fuc. mitr. 4 mitr. 2 milr. e/a 17 lrz. e/e 8 cb. 106 sr. 3 m sl.flg. e/e IO
Cl".
I.
17 cr.m. 4 mz. blindati 35 VCTT 1 cr. ree. pi. Cdo 2 pi. esploranti
3 sq .espl. s u
~ - - -- - - - . , 1 Ctt:
11 lr.
+
12
1 rn.75 sr.
6
I fuc.milr. 1 h-,. e/e
- pi. pionieri s u 3 sq . sq.p. su I Ctc
~-------~ 1 vcrr
2 pi. cr. I.
su 4 sq.cr.l. su
Cp/sqd. Cdo . pl.ms l.c/c fl g. sur_3_sq..:.·- - -- - . , sq.ms l. s u I Cte I po.ti.ms l. + 1 VCTI 5 lr.
8 lr. I Ctt: 3 tr.
+
+
I AR
9
1 cr. M24
4
Le D.cor. hanno un gr.sqd . c. bi. (vds. 8 .cav.)
2 cp./sqd. esploranti . pi. Cdo. 1 VCTT · 2 pi. esploratori • 1° e 2 ° sq.espr. _s_u_ __ __ _~ 1 Cte 11 tr.
-
+
12
• 3° sq.esp. s u
1 Ctt: 18 tr.
+
I fuc.mit r. I c n.106 sr 1 lrz.c/c I VCTT 1 AR
3 fuc.m itr. 3 VCTI
19
I BED sono cli massima pari a 2 RED e la loro costituzione è suc<.:essiva.
Sotto la data del I O otl. 64 i BED hanno assunto la denominazione cli GEO.
808
FILIPPO STEFANI
segue APPENDICE 1 1963
1957
- pl.c r.l. s u 5 cr.l. Cp. carri - pl.Cdo s u I cr. - 3 pl.cr. s u 5 cr.
809
CAP. LXV· LA SERIE DOTTRINALE 700
segue APPENDICE 1 1957
21 gr.sqd.cav. blindata ( 0 ) Dati organici
26 U. · 57 SU. · 354 Tr. 24 fuc .mitr.
6 lrz.c/c 3 mo.I. 3 mitragliat1·ici 5 mitr.c/ 3 mo. 81 3 cn.sr. 106 15 tromhoncini e/e 16 cr. ( 00) 19 cingolati
Sqd.Cdo - pi. esploratori su 4 sq:-· - -- - - - -~ sq.cspl. su I Cte
+
5 Lr.
2 AR
6
- pi. pionieri su 3 sq. sq.p. su
1 Cte 6 tr.
VClT
7
· pi. mo. 8 1 s u 3 sq. sq. mo. s u
1 Cte
+
4 tr.
I mo. 81 l VCIT
s Sqd. mec. - 3 p i. fuc. su • 2 sq. fuc. su
j
10 t r.
+
l fuc.mitr.
+
I
verri
• sq.armi I. su j S tr. + l fuc.mitr. + I lrz.c/c ~ 1 VC1T
I
- pi.anni di sqd. s u • sq.milr. s u
! 12 tr. + 3 mitr.
• s q .mo.l. su
I 7 tr. + 3 mo.I. + VCTT I
+
3 AR
j
• 3 sq .cn.106 s r. su
- -- - --~ I~3 t-r. + I c n. 106 + I Aaj
Sqd. carri su 16 carri - 3 pi. s u 5 cr. ciascuno
0
( ) Non sono conte ggiati i 3 g r.sqd.cav.b . de lle B .cor. in quan to posti in relazio ne ai GEO. 00 ( ) 7 g r.sqd. - uno pe r r gt. - sono s u cr. medi , g li ahri sono su carri leggeri.
810
FILIPPO STEFANI
segue APPENDICE 1 1963
18 btg. mec. e 5 btg. cor. (0 )
Dat i organic i (btg.mec)
18 U. · 45 SU.· 243 Tr. 15 fuc.mitr. 5 lrz.c/c 6 MG
3 c n. 106 sr. 17 cr. m. I c r. ree.
pl. Cdo l fu c.mitr. I lrz. e/e I er. m. I cr. ree.
Cp. fuc. mec. - pl.Cdo S. I MG l lrz.c/c I VCTT
- 3 pi. fuc . su 3 sq.ass. _ _ _ __ __ _ sq.ass. s u
1 C1e 11 tr.
+
I VCIT
12
- I pi.e/e su 2 sq.cn. 106_s_r_._ _ _ _ __ sq.c/c su 1 C1e + 2 AR 7 1r. 8
- I pl.mo.8 1 s u 3 sq. sq.mo.8 1 su
1 Cle 3 scrY. 1 pii.
2 cn.106 sr
+
I mo. 1 VCTT
5
Cp. carri su 16 carri · 3 pi. s u 5 cr. c iascuno
0 ) Il btg.m ec. è su I c p.C<lo S. - I c p.fuc.mcc. - I c p.cr .. li bt g.cor. è s u I cp.Cdo S. - 1 cp.mec. - 2 cp.cr..
(
CAPTTOLO
LXVI
LA REGOLAMENTAZIONE D'ARMA DAL 1965 AL 1975
1. Le norme per l'addestramento individuale al combattimento. 2. Le pubblicazioni riguardanti i procedimenti tecnico-tattici delle minori unità di fanteria. 3. La compagnia fucilieri. 4. Il plotone fucilieri. 5. La squadra assaltatori. 6. La compagnia fucilieri meccanizzata e la compagnia di arresto. 7. Istruzioni tecniche varie e istruzioni sul tiro dell'artiglieria contro obiettivi terrestri. 8. L'artiglieria nel combattimento. 9. La cooperazione arma base - artiglieria. 10. La pianificazione del fuoco. 11. I comandi e le unità d'impiego dell'artiglieria. 12. Il genio nel combattimento. 13. Le unità d'impiego del genio. 14. L'impiego e l'organizzazione delle trasmissioni. 15. Le istruzioni tecniche, le norme di funzionamento dei centri di trasmissione e le unità d'impiego delle trasmissioni. 16. Le pubblicazioni dell'ispettorato A.B.C. e dell'ufficio dell'ispettore dell'A.L.E..
1.
Durante .l a seconda metà degli anni sessanta e la prima metà degli a nni settanta lo statv maggiore dell'esercito, gli ispettorati d 'arma e gli altri organi centrali interessati proseguirono l'atività di elaborazione o rielaborazione dei vari regolamenti ed istruzioni intesa, in particolare, ad armonizzare, sul piano dei criteri e della terminologia, la tecnica d'impiego delle varie unità con il quadro dottrinale della serie 700, ad illustrare la caratteristica delle armi, dei mezzi e del materiale di nuova distribuzione e a modificare, aggiornare e completare le norme disciplinari, organizzative ed amministrative in rapporto all'evoluzione sociale e culturale del paese, al progredire della tecnologia in fatto di organizzazione del lavoro ed all'acquisizione di nuovi sistemi e di nuovi mezzi per lo svolgimento del lavoro stesso da parte degli organi militari centrali e periferici. La prima delle pubblicazioni riguardanti la tecnica d'impiego ad essere in buona parte rielaborata, a cura dell'ufficio addestramento
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dello stato maggiore dell'esercito, fu quella relativa alle Norme per l'addestramento individuale al combattimento (1) che vide la luce nel s uo nuovo testo nel 1966. Essa apportò alla precedente edizione del 1952, della quale ricalcò in grandissima parte il contenuto, le modifiche rese necessarie dalla sempre maggiore importanza che l'uomo, il soldato, il singolo combattente era venuto acquisendo sul campo di battaglia moderno, dove la presenza dell'arma nucleare tattica, l'adozione di nuove armi e di nuovi mezzi convenzionali sempre più avanzati e sofisticati ed il più frequente ricorso a forme particolari di lolla avevano esaltato, diversamente da quanto avrebbero potuto pensare i non addetti al lavoro, l'esigenza di una preparazione tecnica del singolo, spinta al più elevato grado di affinamento. Ma le diverse caratteristiche, rispetto al passato, del combattimento moderno non imponevano soltanto l'esigenza di una preparazione tecnica ottimale, ma anche quella di una maggiore tenuta del morale - si pensi alle nuove situazioni di isolamento in cui si sarebbe venuto frequentemente a trovare il singolo - in quanto, come si legge, nella premessa della nuova edizione, a nulla vale la capacità tecnica d el singolo, se questi non è sorretto da elevato morale. La pubblicazione omette la trattazione di alcuni argomenti - mine e campi minati, difesa chimica, norme di igie ne e misure di pronto soccorso, copertura del fuoco - che nel frattanto avevano trovato la loro più appropriata collocazione in altri regolamenti specifici (2), ai quali la pubblicazione rimanda, mentre pone l'accento su quelli che il nuovo ambiente operativo, più quello convenzionale che non il nucleare, rende di maggiore rilievo e attualità. L'esperienza di più di tre lustri di applicazione della edizione 1952 vi è messa a frutto e vengono introdotte innovazioni e perfezionamenti c he, peraltro, non intacca no la validità sostanziale dell'impostazione, della struttura e dei contenuti della precede nte edizione. Ci si potre bbe chiedere perché si volle dunque rie laborare la pubblicazione , a nziché curare la ristampa dell'edizione 1952, sia pure previo stralcio della materia trasferita nel frattempo in altre pubblicazioni. La rispos ta al quesito, che gli venne espressamente rivolto, la diede il capo di stato maggiore dell'esercito del periodo che affermò di voler richiamare, in modo più incisivo di quello di una semplice ristampa, l'attenzione dell'esercito sull'importanza sempre maggiore da attribuire all'addes tramento individuale al combattimento, inteso, prima di tutto, come duro esercizio della volontà, oltre che severo impegno delle energie fisico-psichiche del singolo soldato. Nellfl pubblicazione 1000/A/I del 1966, infatti. il richiamo a i doveri morali - ogni sforzo
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deve essere pertanto esercitato per inculcare nei soldati la fiducia in sé stessi e la convinzione che il successo è essenzialmente frutto divolontà - diventa ancora più che in passato esplicito nella premessa e ciò proprio in un pe1-iodo in cui la cosiddetta demitizzazione degli ideali tradizionali della nazione ed il rifiuto dei valori morali aprivano la strada alla contestazione sessantotesca e, in successione di tempo, al terrorismo nero e rosso ed alle sue ripugnanti imprese. La pubblicazione è, infatti, un codice morale, oltre che un vademecum di tecnica d'impiego individuale, che richiama, nello spirito della Costituzione repubblicana, la sacralità del dovere di difendere la Patria. Essa è, dunque, anche la riaffermazione della validità dei valori dello spirito in un momento in cui erano di gran moda le teoretiche materialistiche e pseudo illuministiche che relegavano i valori in un contesto storico che consideravano definitivamente superato.
2. Un primo passo per aggiornare la tecnica d'impiego delle minori unità di fanteria era stato compiuto nel 1961 mediante la diramazione della pubblicazione n. 5526 Procedimenti d'azione della compagnia fucilieri (3). Da allora, in seguito alla diramazione delle prime pubblicazioni della serie dottrinale 700, ]'ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria dové attendere che vedessero la luce le pubblicazioni di tale serie dottrinale riguardante i gruppi tattici prima di poter procedere alla elaborazione e diramazione di quelle relative alla compagnia fucilieri , al plotone fucilieri cd alla squadra assaltatori. Frattanto, nel 1966, avevano avuto inizio, come già rilevalo, sulla base di circo~ lari inte rlocutorie, cicli sperimentali riguardanti i gruppi tattici, cicli nei quali rurono necessariamente coinvolte anche le unità minori, per cui il tempo che intercorse tra la diffusione delle pubblicazioni sui gruppi tattici e quella delle pubblicazioni riguardanti i procedimen ti tecnico-tattici delle unità minori fu molto breve. Gli elementi per la elaborazione erano stati, infatti, raccolti in parallelo ed in contemporaneità per entrambe le serie di pubblicazioni che videro così la luce quas i simultaneamente, tutte comunque nel 1968. Anche le pubblicazioni riguardanti la compagnia fucilieri, il plotone fucilieri e la squadra assaltatori furono il risultato degli insegnamenti tratti da una lunga a ttività addestrativa svolta nei cicli normali ed in esercitazioni sperimentali ad hoc, durante i quali erano stati messi alla prova i nuovi
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ordinamenti ed organici delle unità minori e le armi ed i mezzi nuovi introdotti in servizio, di cui l'ispettorato delle armi di fanteria e cavalleria aveva illustrato con apposite istruzioni, via via edite (4), i dati tecnici e le caratteristiche peculiari di impiego. La pubblicazione di base - in quanto su questa sono imposta te e strutturate quelle riguardanti il plotone fucilieri e la squadra assaltatori - è la n. 5885 Procedimenti tecnico-tattici della compagnia fucilieri (n. 713 della serie dottrinale), edita sotto forma di bozza di stampa (5). Nella prima parte, essa delinea i procedimenti tecni<.:otattici della compagnia fucilieri inquadrata nel gruppo tattico al livello di battaglione, impiegata su terreni che impongono di operare prevalentemente a piedi e considera le incidenze sui procedimenti dell'ambiente alpino e dell'impiego a seguito di aviolancio; nella seconda parte, tratta l'impiego dell'unità quale elemento di base per la costituzione di un gruppo tattico al livello di compagnia fucilieri , alpini e paracadutisti. Essa abroga e sostituisce la pubblicazione n. 5525 (n. 2300 della serie dottrinale) Procedimenti di azione della compagnia fucilieri, edizione 1961, e la circolare sperimentale del I -XI-1966. Logicamente inserita nel quadro della regolamentazione della serie dottrinale 700 e, in particolare, delle pubblicazioni 712 (battaglione di fanteria), 742 (battaglione alpini) e 772 (battaglione paracadutisti), essa ne costituisce il naturale sviluppo ai livelli minori, prendendo in esame le s tesse attività tipiche ed utilizzando la corrispondente terminologia. A parte le innovazioni di impostazione, di struttura e in parte di terminologia, i procedimenti tecnico-tattici che essa - e le pubblicazioni che ne derivano - delinea non sono granché diversi da quelli della pubblicazione del 1961; ve ne sono peraltro alcuni del tutto nuovi ed altri risultano meglio aderenti alle maggiori possibilità di impiego offerte alla compagnia, al plotone ed alla squadra dal nuovo assetto organico e dal nuovo armamento. Del resto abbiamo già sottolineato come l'ambiente operativo eserciti un'incidenza pressoché nulla nei riguardi delle unità minori, che risentono invece molto di più dell'ambiente naturale e dell'armamento ed equipaggiamento di dotazione. Diversamente da quanto abbiamo fatto nel capitolo precedente nei riguardi dei gruppi tattici, limitandoci a dare preminente rilievo all'attacco ed alla difesa, dei procedimenti tattico-tecnici delle minori unità riassumeremo anche quelli che si riferiscono alle altre attività tipiche, perché riteniamo utile offrire un quadro completo dell'evoluzione compiuta in circa un ventennio dalla tecnica d'impiego della fanteria che, stabile nella sua linea generale di coordinazione
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di fuoco e movimento, non cessa di arricchirsi e di perfezionarsi alla ricerca dei modi di infliggere le maggiori perdite possibili all'avversario, di evitare di essere colpita dal fuoco delle armi nemiche e di perseguire il successo entro limiti di tempo più brevi possibili.
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La compaKnia fucilieri 1·esta la minore unità di fanteria che può assicurare in attacco la concentrazione degli sforzi e la continuità dell'azione in profondità ed in difesa il mantenimento o la riconquista di una posizione o il semplice logoramento dell'avversario. Essa è costituita da un plotone comando e servizi, tre plotoni fucilieri, un plotone armi a tiro leso ed un plotone mortai da 81; opera, di massima, nella interezza della sua struttura organica, ma può ricevere rinforzi o cedere un'aliquota delle sue forze; adempie una o più delle seguenti attività tipiche, ciascuna delle quali configura un particolare momento operativo: movimento in lontananza o a contatto con il nemico, stazionamento, attacco, difesa, abbandono di posizioni, controllo di zane estese, superamento di un ostacolo acqueo inguadabile, azioni in ambienti particolari (boschi, abitati). La compagnia fucilieri muove normalmente su automezzi sia in lontananza sia, finché possibile, a contatto con il nemico, mentre muove a piedi nell'ultima fase dell'avvicinamento e quando condizioni di situazione e di terreno lo impongano. I mezzi organici le consentono di far muovere su automezzi il comando (1 autovettura da ricognizione), il plotone armi a tiro teso (6 AR), il plotone mortai da 81 (6 AR) ed il plotone comando e servizi (4 autocarri medi), mentre per muovere su automezzi i tre plotoni fucilieri ha bisogno di 6 AC M. (o 12 ACL, o 24 AR, o veicoli da trasporto e combattimento VTC). Nel movimento in autocolonna, nell'ambito dell'unità superiore, la compagnia costituisce unità di marcia oppure dà vita ad un certo numero di nuclei a seconda del sistema di movimento fissato; se isolata, costituisce autocolonna autonoma. La tecnica del movimento è regolata dalla pubblicazione n. 5622 Il movimento per via ordinaria e lo stanziamento, edita dall'ufficio regolamenti dello stato maggiore dell'esercito nel 1965 (6), che aveva abrogato e sostituito le vecchie pubblicazioni, alcune risalenti al 1942. Il caricamento-tipo sugli automezzi dei plotoni è, invece, indicato dalla 713 limitatamente al plotone armi a tiro teso, a l plotone mortai da 81 ed al plotone comando e servizi, mentre per
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quello del plotone fucilieri la pubblicazione rimanda alla n. 714 della serie dottrinale che tratta appunto i procedimenti tecnico-tattici del plotone fucilieri. Nel movimento in lontananza del nemico, la compagnia: utilizza un unico itinerario; assume il dispositivo consigliato dalla situazione (di massima: un plotone fucilieri in testa ed uno in coda; un plotone fucilieri, il plotone comando e servizi, il plotone mortai da 81, il comando di compagnia al centro in successione variabile; armi del plotone a tiro teso variamente decentrate); si muove in ambiente di sicurezza garantito e.lai livelli superiori, ma predispone in proprio le misure necessarie a parare le eventuali offese aeree e quelle della guerriglia eù a rimuovere eventuali sbarramenti stradali. Soggetta ad attacco aereo, essa: arresta gli automezzi fuori strada e, possibilmente, in zona coperta o, su itinerario scoperto e nella impossibilità di uscire fuori strada o di proseguire il movimento, arresta gli automezzi possibilmente alternanùoli ai ùue lati della carreggiata; reagisce con il fuoco soltanto contro aerei a volo lento o elicotteri impiegando tutte le armi in grado di intervenire; dispone gli uomini, una volta che il veicolo si è arrestato ed essi sono balzati rapidamente a terra, a 50 -e- 60 m dall'automezzo stesso. Soggetta da parte di elementi della guerriglia ad azioni di fuoco a distanza, la compagnia riduce la propria vulnerabilità aumentando la velocità e le distanze tra i mezzi e, se è possibile, individuate le sorgenti di fuoco nemiche, reagisce da bordo con le armi in grado di intervenire; in caso di imboscata, il comandante di compagnia, ordinato l'arresto del le forze non coinvolte nella imboscata, le impiega, tutte od in parte, per localizzare il nemico ed individuarne l'entità, occupare posizioni idonee a sostenere con il ruoco gli elementi direttamente impegnati e attaccare, con la reazione di movimento, sul fianco le forze nemiche. In presenza di uno sbarramento stradale, il comandante di compagnia provvede ad arrestare il movimento evitando di addossare i mezzi all'ostacolo e di ridurne le distanze, a schierare gli elementi di testa in modo da battere con il fuoco le zone adiacenti a ll 'interruzione, a riconoscere tali zone con elementi appiedati, a far rimuovere l'ostacolo. Nel movimento su automezzi a contatto con il nemico, la compagnia opera in ambiente di più accentuata insicurezza aerea e terrestre per c ui, a llorché la viabilità lo consenta e vi sia l'esigenza di ridurre la profondità del dispositivo, la compagnia può effettuare il movimento su due itinerari. Soggetta ad azioni di fuoco di disturbo dell'artiglieria e dei mortai nemici, aumenta la velocità e le distanze fra i mezzi; soggetta ad attacchi aerei, si comporta come nel caso del movimento in lontananza
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dal nemico; attaccata da forze infiltratesi attraverso l'antistante dispositivo di sicurezza, si arresta possibilmente portandos i fuori strada , appieda e, nel caso di attacco da parte di forze meccanizzate o corazzate, schiera le armi controcarri per reagire cont1·0 i carri avversari, i mortai e le mitragliatrici per inte rvenire contro le fanterie; nel caso di attacco da parte di forze similari, schie ra un plotone fucilieri e le armi di compagnia non decentrate pe r arrestare con il fuoco l'attacco nemico, impiegando uno o tutti e due i rimanenti plotoni fu. c ilieri pe r a ttacca re, poss ibilmente sul fia nco, l'avversario, ma se l'entità de lle forze nemiche è tale da non consentirne l'eliminazione , la intera compagnia s i schiera per conte ne re l'attacco in attesa dell'intervento d ell'unità superiore. Nel movimento a piedi il compito de lla compagnia è quello di avanzare con un dis pos itivo c he consenta il te mpestivo passaggio alla formazione di attacco. Le formazioni, le distanze, gli intervalli e le fronti possono variare notevolmen te in dipendenza della situazione e del terreno, sicché non è possihile schematizzare l'articolazione. Le formazioni possibili, a titolo o rienta tivo, possono essere quelle di in fila (plotoni l 'uno dietro l'altro nella stessa direzion e), su due file (plotoni che muovono lungo due direzioni parallele), a losanga (plotoni disposti ai quattro vertici di un rombo ed uno al centro, muoventi lungo direzioni parallele), a scacchiera (plotoni vari a me nte dis posti e muove nti lungo più direzioni paralle le). La formazionc in fila è tipica dell'avvicinamento n otturno, quando il movime nto avviene lungo un solo itinerario; le altre sono proprie del movimento diurno. La compagnia soggetta ad azioni di fuoco di artiglieria e di mortai, non arresta il movimento, m a cerca di muovere cele rme nte specie durante gli inte rvalli tra con centramenti successivi; ad attacchi di forze terrestri, reagisce con le stesse m oda lità previste per l'ana logo caso di movimento su au tomezzi; a<;! attacchi aerei a bassa quota od a volo radente, ricerca la protezione, ove non possa s fruttare zone coperte o in ombra, nel diradamento della fo r mazione (se possibile) o nelJa immobilità assoluta e reagisce con il fuoco delle mitragliatrici e dei fucili mitraglia tori in condizioni di eseguire un tiro efficace. Le innovazioni maggiori, rispetto al passato, sono rappresen tate dalle modalità di movime nto su automezzi: caricamento degli uomini sui m ezzi, successione dei plotoni nell'incolonnamento, ul teriori misure di protezione e ulteriori pre di spos izioni per una pronta reazione a ll 'offesa aerea, a quella dell'artiglie ri a e de i mortai e d a quella de i guerri glieri . Quanto a llo stazionamento fuori dell'immediato contat-
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to con il nemico, sia che assuma la forma dell'accantonamento o dell'accampamento o dell'addiaccio o quella mista, la compagnia occupa orientativamente un'area di 3 -;- 4 km 2 e fruisce di massima della protezione organizzata dall'unità di ordine superiore, mettendo peraltro in atto tutte le misure intese a diminuire la propria vulnerabilità e predisponendo quelle necessarie alla reazione alle offese. Essa: assume la sua dislocazione in funzione del dispositivo previsto per la ripresa del movimento; ricerca la protezione dalle offese aeree sfruttando la copertura e il mascheramento, utilizzando ripari naturali ed artificiali, definendo le modalità per l'allarme e predisponendo le armi che devono intervenire contro attacchi a bassa quota; si garantisce la sicurezza diretta dalle offese terrestri con il pattugliamento, approntando un'aliquota di primo intervento e definendo preventivamente i compiti e lo schieramento delle singole unità dipendenti per il caso di attacco nemico. A parte la dilatazione dell'area di stazionamento, per il resto la 713 non introduce innovazioni nelle modalità previste nella regolamentazione già in vigore. La compagnia fucilieri inquadrata in un gruppo tattico al livello superiore, in attacco può essere impiegata, come già nel passato, avanzata o di rincalzo; essa non agisce per manovra, ma attacca a cavallo di una direzione unica, sviluppando azione unitaria nel tempo e concentrando il suo sforza sul tratto determinante del suo obiettivo. Normalmente assume il dispositivo di due plotoni avanzati e di uno di rincalzo, o quello di un plotone avanzato e due di rincalzo (in situazioni incerte, quando non sia possibile preventivamente determinare la gravitazione dello sforzo o quando vi sia l'esigenza di adeguare il dispositivo azione durante); eccezionalmente può operare con tre plotoni avanzati (obiettivi estesi e poco consistenti), o con un plotone avanzato, uno in primo ed uno in secondo rincalzo (obiettivi poco estesi, ma profondi e consistenti). Nel caso del dispositivo di due plotoni avanzati e uno in rincalzo, la compagnia ha una fronte di spiegamento di circa 600 me una profondità di eguale valore, mentre l'intervallo iniziale fra i plotoni avanzati è di 200 m circa e la distanza iniziale fra i plotoni avanzati e quello di rincalzo di 200 ...,.. 300 m. La compagnia avanzata in attacco tende alla conquista dell'obiettivo di attacco con i plotoni avanzati, tra i quali è perciò normalmente ripartito nel senso della fronte tale obiettivo, la cui parte assegnata ad ogni plotone è materializzata in un tratto di terreno al di là dei centri di fuoco da eliminare; qualora i plotoni avanzati abbiano esaurito prima la propria capacità offensiva, lo obiettivo di attacco è conquistato dal pio-
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tone di rincalzo. Gli obiettivi di attacco dei plotoni debbono essere scelti in modo che possano costituire, una volta conquistati, appigli per bloccare un'eventuale reazione dinamica avversaria e che garantiscano sufficienti possibilità ai plotoni di riacquistare il diradamento andato perduto per la necessità di concentrare lo sforzo sull'obiettivo. Al pari de] comandante del gruppo tattico in cui la compagnia è inquadrata, anche il comandante di questa unità sviluppa una sua attività concettuale, organizzativa e di condotta che ha inizio, normalmente, in zona <li attesa alla ricezione del primo pacchetto di ordini, si sviluppa successivamente in base agli orientamenti sull'azione ricevuti e<l ai risultati delle ricognizioni del gruppo "R", si pcrreziona gradualmente in relazione alle disposizioni contenute nei successivi pacchetti di ordini e si conclude con la formulazione del concetto di azione e la diramazione degli ordini. Le predisposizioni organizzative (7) riguardano essenzialmente la ripartizione dell'obiettivo di attacco tra i plotoni, l'assegnazione a ciascuno <li questi della direzione di attacco, la definizione del dispositivo, l'organizzazione del fuoco, il forzamento dell'ostacolo, l'organizzazione della base di partenza. Il dispositivo è definito in base alla profondità estensione consistenza dell'obiettivo, alla profondità di spiegamento offerta dal terreno, alla posizione della compagnia nel dispositivo <lei gruppo tattico, all'eventuale concorso di carri armati. L'organizzazione del fuoco consiste nel definire dove, come e quando le varie armi debbano intervenire e va realizzata sulla base degli obiettivi noti e presunti, degli elementi del terreno e della situazione che possano far prevedere le reazioni di fuoco e di movimento dell'avversario, delle possibilità di intervento dell'artiglieria e delle varie armi disponibili. L'elencazione in nota degli elementi che il comandante di compagnia deve fornire ai suoi reparti in merito all'organizzazione dell'intera azione dà un'idea sufficiente di come anche l'attacco di compagnia, un'azione di per sé lineare e semplice sul piano concettuale, diventi laborioso e complesso sul piano organizzativo, oltre, si intende, che difficile su quello esecutivo. Lo sviluppo dell'azione comprende l'occupazione della base di partenza, il movimento verso l'obiettivo, l'assalto, la prosecuzione verso l'obiettivo eventuale ed il consolidamento sulle posizioni raggiunte. Circa il movimento verso l'obiettivo, la 713 ne prevede lo sviluppo, in linea di massima, in tre fassi cadenzate sulle tre linee di riferimento che segnano le distanze di sicurezza rispettivamente al tiro dell'artiglieria, dei mortai pesanti e dei mortai medi: la prima comprende il movimento dalla base di partenza (orientati-
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vamente ubicata a 600 m dalle posizioni nemiche) fino alla distanza di s icurezza dal tiro dell'artiglieria e dei mortai da 120 sugli obiettivi di primo piano; la seconda il movimento fino alla distanza di sicurezza dal Liro dei mortai da 81 sugli obiettivi di primo piano; la terza, il movimento ollre la linea che segna la distanza di sicurezza dal tiro dei mortai da 81 s ino all'assalto. Si tratta di tre fasi cadenzate che potrebbe sembrare contrastino con il criterio fondamentale, sancito dalla 712, di non porre remore al movimento che deve essere, il più possibile, continuo e variamente articolato nei limiti della coesione tattica del dispositivo. Ma le Iinee di riferimento non comportano nessuna sosta, anche se in pratica si traducono quanto meno in un rallentamento dell'azione; esse, peraltro, sono giudicate necessarie dalla 713 proprio ai fini di mantenere la coesione tattica del dispositivo della compagnia. L'attacco di questa si sviluppa, dunque, attraverso quattro momenti particolari, di cui il secondo è articolato in tre fasi. La compagnia affluisce e sosta (per il tempo necessario al completamento degli ordini, al controllo del dispositivo, alla messa in atto delle predisposizioni organizzative per il fuoco di accompagnamento e controcarri, all'apertura dei passaggi nel campo minato nel caso in cui questa venga realizzata preparazione durante) sulla base di partenza durante la preparazione svolta dall'artiglier-ia con l'eventuale concorso d ei mortai da 120 e delle forze aerotattiche (non, di norma, dei mortai da 81 per evitare che vengano individuati e neutralizzati dall'avversario fin dall'inizio dell'attacco). Durante la prima fase del movimento: i plotoni avanzati superano la linea di partenza e muovono con le squadre, generalmente in formazione spiegata, senza impiegare le proprie armi; il plotone di rincalzo procede a sbalzi, regolando il suo movimento su quello dei plotoni avanzati e tenendo i gruppi mitragliatori sull'ala esposta; la base di fuoco a tiro curvo di compagnia, schierata sulla base di partenza, integra e raffittisce, con interventi su richiesta, l'azione dell'artiglieria e dei mortai da 120 sugli obiettivi di primo piano; la base di fuoco a tiro teso raggiunge le posizioni di primo schieramento ed inizia, se necessario, l'azione di accompagnamento; il comandante di compagnia cerca di tenere conslan temente sotto il fuoco gli obiettivi individuati con richieste di fuoco al comando superiore o con interventi delle proprie armi e, allorché i plotoni avanzati stanno per raggiungere la linea di riferimento della distanza di sicurezza dell'artiglieria e dei mortai da 120, richiede un ulteriore massiccio intervento (in genere predisposto) di tali armi, facendolo seguire subito da quello dei propri mortai , s ì da realizza-
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re, senza soluzione di continuità, la presa in consegna da parte delle armi di compagnia degli obiettivi ancora attivi. Nella seconda fase: l'artiglieria e i mortai da 120 effettuano il tiro s ug li obiettivi di secondo piano; i plotoni avanzati, possibilmente senza inizialmente fare uso delle proprie armi, procedono a sbalzi più rapidi e più brevi c, allorché il forzamento viene effettuato attacco durante, si attestano a circa 150 . .,. . 100 m dal margine anteriore del campo minato per essere scavalcati dai pionieri e per sostenere l'operazione con il fuoco delle proprie arm i; il plotone di rincalzo continua il suo movimento diminuendo la distanza iniziale dai plotoni avanzati; la base di fuoco a tiro curvo assume la funzione di ossatura dell'azione di accompagnamento (contemperando l'esigenza di ass icurare la continuità del fuoco con quella eventuale di sottrars.i all 'azione contromortai); la base di fuoco a tiro teso interviene di iniziativa con i cannoni e le mitragliatrici contro le armi nemiche che può efficacemente battere e si sposta, se necessario, a scaglioni di arma, su posizioni avanzate. Nel la terza fase: i plotoni avanzati, una volta aperti i corridoi, raggiungono il campo minato, con le squadre avanzate sostenute dal fuoco della squadra armi leggere e da quello delle armi a tiro teso della compagnia che, incrementando la loro azione, svincolano le squadre assaltatori per consentire loro di riprendere il movimento e trarilare nei corridoi; il plotone di rincalzo prosegue nel movimento, riducendo ulteriormente la distanza e tenendosi in misura di intervenire, su ordine del comandante di compagnia; la base di fuoco a tiro curvo, dopo un ultimo intervento sviluppato nel momento in cui i plotoni avanzati sono a 250 m circa dagli obiettivi di primo piano, sposta il fuoco sugli obiettivi di secondo piano sovrapponendolo a quello dell'artiglieria, prima che questa debba di nuovo al lungare il tiro su obiettivi più in profondità; la base di fuoco a tiro teso soddisfa da sola le esigenze del fuoco di accompagnamento agendo sugli obiettivi imprevisti ch e si svelino a distanza ravvicinata. Segue l'assalto durante il quale le armi a tiro teso allungano il tiro per neutralizzare gli obiettivi arretrati che i mort~i da 8 1 non possano battere per ragioni di sicurezza, mentre il comandante di compagnia richiede il fuoco dell'artiglieria e dei mortai da 120 per battere le probabili basi di partenza del contrassalto nemico, fa spostare a scaglioni di armi la base di fuoco a tiro teso cd impegna eventualmente il rincalzo, mediante scavalcamento preferibilmente d'ala, o per sostituire uno dei plotoni avanzati o per proseguire l'azione in profondità. Il consolidamento si attua schierando le armi, specie controcarri, in funzione di arresto,
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gravitando sulle direzioni di più probabile sviluppo dell'offesa nemica; l'intelaiatura del consolidamento è costituita dai plotoni fucilieri e successivamente raffittita dalle basi di fuoco di compagnia che superano, a scaglioni, il campo minato e raggiungono nuove posizioni; sul davanti della posizione di consolidamento vengono spinte pattuglie per mantenere o ricercare il contatto con il nemico. Tale il quadro dell'attacco di una compagnia fucilieri avanzata ed inquadrata delineato dalla 713, notevolmente diverso da quello della 2300 del 1961, soprattutto in ragione della presenza dei mortai da 120 al livello di battaglione e dei mortai da 81 a quello di compagnia. I nuovi, più affinali e validi procedimenti tattico-tecnici, tendono, infatti, in primo luogo, a far risultare che l'attacco altro non è che fuoco che avanza; il movimento al livello di compagnia, la quale non agisce per manovra, è solo il mt:zzo per portare avanti il fuoco. Questo ul timo deve essere continuo per tutta la durata dell'azione e, perché non si determinino soluzioni di continuità, occorre eh<:: il tiro delle varie armi si sovrapponga a quello delle armi che per motivi di sicurezza debbano spostare il fuoco su obiettivi meno ravvicinati, prima che abbia luogo tale spostamento in profondità del Liro. Le remore e le pause nelle continuità del fuoco, lamentate nel passato, sono ora rimosse per l'avvenuto scalamento dei mortai e per l'aumento del volume di fuoco a tiro curvo erogabile appunto al livello di battaglione e di compagnia. Il grande regista dell'attacco è il fuoco dell'artiglieria (eventualmente quello delle forze aerolaltiche ad integrazione o in sostituzione), quello dei mortai da 120 e quello dei mortai da 81 che assumono, in momenti diversi, il ruolo di protagonisti dell'azione. Almeno sul piano teorico, le armi automatiche a tiro teso della compagnia e dei plotoni non entrano in scena che alla fine della seconda fase, per sostenere le operazioni di apertura dei corridoi e durante la terza fase per sostenere il trafilamento dei plotoni fucilieri lungo i corridoi stessi oltreché per battere gli obiettivi non ancora neutralizzati o che si rivelino all'ultimo momento, imprevedutamente ed a distanza ravvicinala. TI fuoco, al limite, dovrebbe rimuovere la necessità dell'assalto che, comunque, accentua la sua caratteristica di episodici Là già assunta durante la seconda guerra mondiale e già sottolineata dalla circ. 400/Reg. del generale Liuzzi. La compagnia di rincalzo nell'attacco può essere impiegata per proseguire l'azione delle compagnie avanzate e raggiungere l'obiettivo eventuale del gruppo tattico, concorrere con le compagnie avanzate alla conquista dell'obiettivo di attacco del gruppo Lattico,
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fronteggiare una improvvisa azione avversaria. Essa muove lungo l'asse di gravitazione del gruppo tattico, a sbalzi lunghi, pronta ad intervenire, su ordine, per assicurare la penetrazione del dispositivo e per proteggerne i fianchi; assume inizialmente una distanza di circa 600 m dalle compagnie avanzate e la riduce, a mano a mano che le compagnie avanzate si avvicinano agli obiettivi, sino a circa 300 m. Il suo plotone mortai può, in particolari situazioni, esserle sottratto per darlo in rinforzo alla base di fuoco di gruppo tattico, ma le deve essere restituito non appena, con il progredire dell'azione, vengano meno i motivi che ne avevano determinato il distacco. La compagnia avanzata in attacco rinforzata da una unità carri, di massima al livello di plotone, la impiega, come elemento di rinforzo, quale base di fuoco mobile per l'accompagnamento o per proteggersi il fianco da eventuali reazioni di movimento di mezzi similari nemici. L'unità carri: raggiunge, nell'imminenza dell'attacco, una pos izione iniziale coincidente o non con la base di partenza di compagnia, schierandosi per coppia alle ali o su di un'ala del dispositivo; accompagna, possibilmente con i carri a scafo sotto, la compagnia dirigendo il proprio fuoco contro obiettivi noti o presunti o contro obiettivi imprevisti; si sposta muovendo a sbalzi e continuando la sua azione di fuoco, allorché il progredire dell'attacco renda impossibile l'accompagnamento dalla posizione iniziale; protegge il fianco del dispositivo da eventuali reazioni dinamiche reagendo contro i mezzi similari, mentre le unità fu. cilieri intervengono contro la fanteria nemica appiedata; supera il campo minato, non appena ampliati i corridoi, per accompagnare ulteriormente la progressione della compagnia o per completare ed estendere la conquista dell'obiettivo. Nell'attacco notturno, la compagnia fucilieri: si ripromette la conquista di un obiettivo più ravvicinato rispetto a quello dell 'attacco diurno; agisce di norma in un settore di attacco (investimento frontale), eventualmente in un settore di azione e lungo una direzione di attacco (se l'attacco deve essere eseguito previa infiltrazione negli spazi vuoti interposti fra gli elementi difensivi nemici); non impiega, di massima, il proprio plotone mortai che agisce nell'ambito della base di fuoco di gruppo tattico; riceve, di norma, in rinforzo armi controcarri; si consolida sull'obiettivo di attacco. L'attacco notturno è impostato essenzialmente sulla sorpresa. La compagnia oltrepassa la linea di partenza e, con movimento continuo, punta sull'obiettivo: cercando di eludere l'ascolto e l'osservazione del nemico, cadenzando la progressione su successive linee di riferimento. garante ndosi con il plo-
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tone di rincalzo la protezione dei fianchi. L'artiglieria, i mortai e le basi di fuoco sono potenzialmente in grado di intervenire su richiesta. Caduta la sorpresa, o in seguito al forzamento del campo minato od ancor prima perché individuato dal nemico, l'attacco assume le caratteristiche di azione di forza. Artiglierie e mortai neutralizzano le sorgenti di fuoco nemiche al di là dei limiti di sicurezza, isolano l'obiettivo di attacco e concorrono alla illuminazione del campo di battaglia; i plotoni fucilieri avanzati, quando giunti a contatto, effettuano l'assalto che assume un ancor più spiccato carattere episodico; il plotone di rincalzo si tiene in misura di respingere eventuali contrassalti nemici sui fianchi del dispositivo; la base di fuoco a tiro teso di compagnia interviene per delimitare con proiettili traccianti i settori di attacco di plotone e per dare sicurezza ai fianchi. La compagnia fucilieri nella difesa può essere chiamata a compiti di resistenza, di reazione di movimento e di contrasto dinamico: nell'azione di resistenza, per predisporre e presidiare od attivare una parte delle strutture statiche del gruppo tattico; nella reazione di movimento, per costituire rincalzo di gruppo tattico (previsto su terreni di montagna per effettuare il contrassalto) o come aliquota di gruppo tattico in riserva settoriale o divisionale per il contrattacco; nell'azione di contrasto dinamico, per agire in Z.S., normalmente su terreni montani, quale aliquota dello scaglione di sicurezza o nella P.R., per aliquote al livello di squadra o di plotone, per concorrere alla costituzione di complessi mobili o, nel quadro della manovra in ritirata, eccezionalmente, quale aliquota dello scaglione di contrasto dinamico. L'azione di resistenza può essere a tempo indeterminato (nell'ambito della P.R., di un fianco difensivo, o di una fronte di accerch iamento o a tempo determinato (nell'ambito di una P.A.T.). Nella resistenza a tempo indeterminato la compagnia può: dare vita ad un caposaldo a struttura nucleare (normalmente) o a struttura unitaria (eccezionalmente), inglobando o non opere della fortificazione permanente; attivare un tratto di campo minato di interdizione. Il caposaldo di compagnia a struttura nucleare: si articola, di norma, in tre caposaldi minori di plotone rinforzato; ha orientativamente una fronte di 1100-;- 1400 m, una profondità di 850-;- 1100 m, una superficie di investimento di 0,5 -;- 1 kmq; non dispone di massima di un rincalzo svincolato da compiti statici; soddisfa in alternativa all'esigenza del contrassalto predesignando il plotone fucilieri che presidia il caposaldo minore arretrato anche alla funzione di rincalzo o precostituendo il rincalzo con un plotone fucilieri (di massima su due o tre squadre as-
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saltatori). In montagna, se il terreno non offre la profondità necessaria, il caposaldo nucleare: può essere articolato su due caposaldi di plotone ed in tale caso il terzo plotone costituisce rincalzo precostituito pe r la reazione di movimento, o essere articolato su quattro caposaldi minori, assegnando al quarto caposaldo squadre assaltatori tratte dai vari plotoni e da elementi del plotone armi a tiro teso. L'intervallo tra i caposaldi minori di plotone è compreso tra i 500 e gli 800 m. Il caposaldo di compagnia a struttura unitaria, caratterizzato da impenetrabilità a giro di orizzonte, si articola in centri di resistenza; ha orientativamente una fronte di 700 + 800 m, una profondità di 500 -;- 600 m ed una superficie di inve stimento di 0,5 -;- 0,20 kmq; non dispone di un rincalzo precostituito, la cui funzione è normalmente attribuita al centro di resistenza arretrato. Nell'attivazione di un campo minato di interdizione la compagnia: si schiera su di un unico ordine di centri di resistenza, fra loro cooperanti, con quasi tutte le armi proie ttate in avanti; dà profondità alla difesa solo nei tratti dove sia indispensabile, schierandovi centri di resistenza arretrati; non costituisce un proprio rincalzo. Nella resistenza a tempo determinato la compagnia, quale aliquota dello scaglione di arresto temporaneo: costituisce caposaldo generalmente a struttura nucleare, caratterizzato da sistemazione speditiva, in corris pondenza di una via di facilitazione; è normalmente rinforzata con armi controcarri; proietta in avanti quasi tutte le armi a tiro teso disponibili. Il processo dell' attività concettuale ed organizzativa del comandante della compagnia ripete, grosso modo, quello del comandante del gruppo tattico nei modi e nei tempi di sviluppo e negli elementi da prendere in considerazione, ben s 'intende nei limiti della propria zona di compe tenza, la cui area non supera i 12 kmq. L'attività organizzativa (8), che si sviluppa, come sempre, in parallelo con quella concettuale, riguarda, in particolare, la definizione del perimetro e degli elementi costitutivi delle strutture da organizzare e dei lavori essenziali da eseguire, dei compiti dei caposaldi minori o de i centri di resistenza, della sistemazione dell'aliquota di forze che eventualemente non presidia in permanenza le posizioni, degli e lementi necessari per la organizzazione del fuoco, dei lavori e dell'ostacolo, della reazione di movimento, del controllo degli spazi vuoti, della funzione di comando, delle esigenze da soddisfare in relazione ad altri compiti devoluti alla compagnia nel quadro della manovra dei presidi dei caposaldi. La sequenza dello sviluppo dell'azione è riferita soprattutto al nemico. Nel cas o che l' occupazione della struttura non venga a ttuata integralmente a prio-
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ri, le forze sostano occultate e diradate nella zona di dislocazione ed
affluiscono, su ordine del comandante del gruppo tattico, sulle posizioni, nel più breve tempo possibile, articolate per aliquote corrispondenti ai presidi dei singoli elementi difensivi; durante la preparazione di fuoco nemica, personale e mezzi a presidio della struttura rimangono al riparo nelle postazioni, negli appostamenti o nei ricoveri ed in questo ultimo caso i posti di combattimento vengono raggiunti, di norma su ordine, non appena l'avversario inizi il movimento dalla base di partenza; nella prima fase dell'attacco nemico, i mortai da 81 (su ordine) e i cannoni e le mitragliatrici non decentrati integrano il fuoco di interdizione: cannoni e mitragliatrici agiscono solo con tiro mirato contro mezzi o elementi avversari sfuggiti all'azione dell'artiglieria e dei mortai; allorquando gli elementi avanzati raggiungono la linea che segna il limite di intervento dell'artiglieria e dei mortai da 120, il fuoco di queste armi si stabilizza sullo sbarramento e le armi di compagnia assumono da questo momento il ruolo di protagoniste del fuoco della difesa: i mortai da 81 prendono in consegna gli elementi avanzati che hanno superato lo sbarramento ed i cannoni e le mitragliatrici intensificano la loro azione coprendo con il loro fuoco la fascia tra il limite di sicurezza dell'artiglieria e dei mortai - che tendono ora ad impedire l'alimentazione dello sforzo nemico ed a neutralizzare le sorgenti di fuoco più lontane - e il margine anteriore dell'ostacolo; col progredire dell'avanzata nemica, il fuoco delle armi della compagnia s'intensifica fino a quando i reparti avanzati nemici giungano alla distanza di 200 . .,. . 250 m dalle postazioni (linea di apertura del fuoco), da dove tutte le armi della compagnia, in grado di intervenire, aprono il fuoco per creare una fascia di intransibilità (fucili mitragliatori, mitragliatrici decentrate, FAL concentrano il fuoco contro gli assaltatori che tentino di superare l'ostacolo, mentre i cannoni e Jc mitragliatrici agiscono specialmente contro le basi di fuoco nemiche); se elementi avversari riescono a superare l'ostacolo ed a penetrare nei caposaldi minori o nei centri di resistenza avanzati, vengono contrassaltati dai rincalzi di plotone; se il nemico stia per sopraffare un caposaldo minore od un centro di resistenza avanzato, il rincalzo di compagnia, preventivamente attestato sulla linea di partenza, effettua il contrassalto sostenuto da tutte le armi in grado di intervenire; riuscita l'azione, il rincalzo ripristina con tutte o parte delle sue forze il presidio delle posizioni riconquistate. L'intervento dei rincalzi di plotone e di compagnia è condizionato da una situazione del momento tale da garantire buone possibilità di succes-
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so; in caso contrario, i rincalzi sono impiegati per la difesa statica del tratto vitale del caposaldo minore o dell'intera struttura di compagnia. Il quadro dell'azione di resistenza delineato dalla 713 è simile a quello della 2300, fatti salvi naturalmente il diverso volume di fuoco , a tiro teso ed a tiro curvo, erogabile dalle armi del battaglione e della compagnia. I procedimenti tecnico-tattici sono anche questi simili nelle due pubblicazioni: la resistenza resta imperniata soprattutto sul fuoco. Anzi, rispe tto alla 2300, la 713 è costretta a dare minore risalto alla reaz ione manovrata della compagnia che, perso il quarto plotone, non è più in grado, eccezione fatta in montagna, di disporre di un plotone destinato a priori al compito prioritario ed esclusivo del contrassalto. Lo abbiamo già rilevato nei riguardi del gruppo tattico al livello di battaglione: la mancanza di un rincalzo organico limita molto le possibilità della difesa, cui viene, se non a mancare del tutto - stanti i ripieghi previsti di assegnare il compito delle reazioni a squadre e plotoni impegnati nella tenuta di posizioni - certo a ridursi notevolmente uno dei requisiti essenziali della difcsa, a tutti i livelli, che è appunto la reattività non solo di fuoco, questa anzi è assai maggiore che nel passato, ma anche di movimento. Per il resto la 713 attribuisce normalità al caposaldo di compagnia a s truttura nucleare, am plia peraltro in misura assai contenuta le aree di investimento dei tipi di caposaldo, mantiene, nel quadro della resistenza a tempo indeterminato, la linea di apertura del fuoco pressoché sui valori della precedente regolamentazione. Il criterio che la 713 ribadisce implicitamente a proposito della linea di apertura del fuoco è che questa non può essere riferita alla maggiore o minore gittata utile delle arn1i e tanto me no essere basata su di una "distanza", ma sul criterio ch e la difesa non deve svelarsi prematuramente, facendo così il gioco dell'avversario, e deve invece manifestarsi, violenta ed improvvisa, solo quando l'avversario inizi a trafilarsi attraverso i passaggi aperti nel campo minato e, in ogni caso, quando non possa più essere appoggiato od accompagnato né dalla propria artiglieria né dai propri mortai. Spostare in avanti, rispetto al passato, la linea di apertura del fuoco <le i fucili mitragliatori dei caposaldi minori o dei centri di resistenza, sarebbe stato, a nostro avviso, un porre in non cale le esperienze della seconda guerra mondiale e, in definitiva, un errore, perché, come riafferma la 713, i centri di fuoco avanzati devono entrare in azione quando il nemico è convinto di avere distrutto o neutralizzato le difese avanzate e di avere davanti a sé, tutto al più, solo poc hi centri di fuoco arretrati sopravvissuti. Quando entrano in azione i cen-
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tri di fuoco avanzati, quelli arretrati riprendono il ruoco contro le basi di fuoco ed i rincalzi nemici per dissociare questi ultimi dai plotoni avanzati. La larga disponibilità di treppiedi non vuol <lire che tutti i fucili mitragliatori debbano ncccessariamente trasformarsi in mitragliatrici, ma che essi debbono essere impiegati in tale funzione solo quando sia utile e conveniente (9). I fucili mitragliatori dei centri di fuoco avanzati debbono pertanto essere impiegati come tali, mentre i treppiedi vanno utilizzati anche per costituire postazioni multiple (treppiedi già sistemati in posto) per i centri di fuoco arretrati che debbono effettuare frequenti cambi di postazione per sottrasi all'azione avversaria. C'è, perciò, a tale riguardo piena concordanza tra i procedimenti della vecchia e della nuova regolamentazione. Le proposte avanzate da alcuni circa lo spostamento in avanti della linea di apertura del fuoco, l'attribuzione ad un caposaldo minore o ad un centro di resistenza di una maggiore ampiezza frontale e l'installazione di massima dei fucili mitragliatori su treppiede, la 713 le respinge di fatto confermando al riguardo, senza quasi mutare di una virgola, le modalità di azione della edizione 1961 della 2300. Di notte o in condizioni di scarsa visibilità, i procedimenti che informano la difesa di giorno non subiscono sostanziali modifiche, ma le limitazioni poste dal particolare ambiente incidono soprattutto sull'osservazione e sull'esecuzione del fuoco. L'osservazione, facilitata allorché siano disponibili i mezzi per la visione notturna, va integrata intensificando il pattugliamento, mentre il fuoco è generalmente effettuato intervenendo inizialmente sulle direzioni - o nei settori di falciamento - e sugli obiettivi di arresto automatico e, successivamente, a ragion veduta, con l'ausilio di apparecchiature per il tiro notturno, se disponibili, e della illuminazione del campo di battaglia. La compagnia fucilieri che ha il compito di sviluppare una reazione di movimento (contrassalto o contrattacco) dispone normalmente di mezzi di trasporto (automezzi, VTC e, eventualmente, elicotteri). Quando, quale rincalzo di gruppo tattico, è impiegata per il contrassalto, predisposto sulla base di due o tre ipotesi di impiego, la compagnia conduce l'azione, solitamente dall'esterno della struttura statica interessata, sviluppandola con tempestività per colpire il dispositivo nemico nel momento di maggior crisi lungo una direzione che cada sul fianco del dispositivo stesso o dall'alto. Il contrassalto presuppone, comunque, l'arresto frontale della penetrazione realizzato dagli elementi difensivi superstiti, od il presidio a ragion veduta di un tratto di campo minato, eventualmente da parte di una aliquota
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della s tessa compagnia di rincalzo, schierata temporaneamente a difesa. La compagnia fucilieri, quando opera inquadrata in un gruppo taltico incaricato di un contrattacco, può fare parte dell'aliquota che sviluppa l'azione dinamica vera e propria (nel qual caso opera con i procedimenti tipici dell'attacco) oppure può essere destinata all'arresto frontale della penetrazione nemica (schieramento difensivo prevalentemente nucleare con proiezione verso l'avanti di tutte le sue armi). La compagnia fucilieri viene impiegala nell'azione di contrasto dinamico su terreni montani o, comunque, nei casi in cui non è possibile operare con unità meccanizzate. Nell'impiego in Z.S. o sul davanti di una P.A.T., la compagnia, di massima autoportata: è sempre rinforzata con armi controcarri ed eventualmente con carri e con mezzi di trasmissione radio; sviluppa la sua azione in settori di ampiezza e profondità variabili in relazione alle caratteristiche del terreno ed al quadro operativo; si articola in posti di sbarramento, pattuglie, rincalzo (eventuale). Le pattuglie concorrono all'azione di contrasto operando negli intervalli tra i posti di sbarramento lungo le dorsali (in montagna) o lungo le strade secondarie o di raccordo (terreni di pianura e di collina); esse sono di massima costituite da elementi appiedati (in terreni di montagna) ovvero da nuclei di uomini autoportati o da una coppia di carri o di semoventi controcarri; svolgono la loro azione con fuoco a distanza; hanno il compito di ostacolare il pattugliamento nemico, di opporsi alle infiltrazioni tendenti ad aggirare i posti di sbarramento e di favorire la rottura del contatto di questi ultimi. Il rincalzo, allorché costituito, ha solo il compito di alimentazione. Il plotone morta i da 81 agisce, da successive posizioni, a favore dei posti di sbarramcn lo. Il comandante della compagnia nella fase di condotta armonizza l'azione dei posti di sbarramento e delle pattuglie e interviene con il fuoco a sua disposizione e, eventualmente, con il rincalzo per sostituire o rinforzare i posti di sbarramento e le pattuglie. Allorché aliquote della compagnia siano inserite in complessi mobili operanti nell'ambito della P.R. (terreni montani), esse agiscono sui fianchi dei solchi o per l'alto con gli stessi procedimenti delle pattuglie operanti nell'ambito della Z.S. o sul davanti di una P.A.T .. Il quadro dell'impiego della compagnia fucilieri tracciato dalla 713, molto più ampio di quello della 2300, dà rilievo a sé stante al l'o- . perazione di abbandono delle posizioni, prevedibile nel quadro della manovra in ritirata o in seguito all'esigenza di apportare modifiche locali allo schieramento delle forze nella P.R .. L'abbandono ha luogo
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soltanto su ordine superiore ed è eseguito, sin che possibile, di notte. Esso si avvantaggia delle azioni di fuoco dei livelli superiori e può essere facilitato dall'azione di mezzi controcarri o di carri eventualmente in rinforzo. L'abbandono può avvenire sotto la pressione nemica o senza di questa. Nel primo caso, la compagnia rompe il contatto lasciando le posizioni nella seguente successione: caposaldo minore (o centro di resistenza) arretrato; caposaldi minori (o centri di resistenza) avanzati, meno un centro di fuoco per ciascun caposaldo minore o centro di resistenza; mitragliatrici non decentrate; ultimi centri di fuoco avanzati; cannoni senza rinculo; semoventi controcarri e/o carri in rinforzo; posto comando di compagnia; mortai da 81. All'ora s tabilita la compagnia inizia il ripiegamento - minutamente predisposto quanto a misure di sicurezza, azioni di fuoco di sostegno e controcarri, eventuali puntate offensive, misure per un rapido e ordinato deflusso dei reparti - sotto la protezione del fuoco di artiglieria e dei mortai pianificato c d a richiesta e l'azione dei carri eventualmente in rinforzo che eseguono puntate offensive o si tengono in condizioni di fronteggiare l'azione di carri avversari. La compagnia raggiunge la zona di raccolta o il nuovo schieramento, muovendo autotrasportata o a piedi. Se la pressione nemica è tale da non consentire il sicuro ripiegamento di tutte le forze, la compagnia, su ordine o ùi iniziativa, resiste in posto con l'aliquota più impegnata. Nel caso di abbandono di posizioni senza pressione nemica, la compagnia ripiega contemporaneamente con tutte le forze adottando misure di sicurezza in proprio. Un caso nuovo di impiego, derivato dalla pubblicazione 712 relativo al gruppo tattico di fanteria al livello di battaglione, è quello del controllo di zone estese, un'operazione c he la compagnia può essere incaricata di svolgere quale aliquota di un gruppo tattico che abbia eccezionalmente avuto il compito di garantire un'area di particolare interesse da azioni di aviosbarco e/o sbarco dal mare o di guerriglia. In tale impiego la compagnia: è sempre rinforzata da mezzi di trasmissione; assume la responsabilità di un'area la cui estensione non supera i l 00 kmq; si disloca in modo da poter tempestivamente intervenire secondo gli orientamenti ricevuti; adotta le misure di sicurezza necessarie per la propria protezione diretta nell'area di dislocazione; pone in atto un dispositivo di osservazione e sorveglianza, e d'intervento immediato comprendente pattuglie (dotate di mezzi di trasporto, di trasmissione ed eventualmente di armi controcarri) e posti di sbarramento. La compagnia può intervenire a massa sulla base delle ipotesi definite dal comandante del gruppo tattico in aree limitrofe alla
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propria zona di competenza ed è proprio tale possibilità di interventi intersettoriali che garantisce la validità del controllo di zone estese. L'altro caso particolare di impiego, anche questo derivato dalla circolare 712, è quello del forzamento di un corso d'acqua inguadabile, nel quadro di una unità al livello superiore che agisca in primo scaglione e che debba sopraffare resistenze nemiche per acquisire una delle posizioni che delimitano la testa di ponte oltre l'ostacolo naturale. L'operazione - scandita in tre fasi: passaggio oltre l'ostacolo, conquista della testa di ponte, difesa della testa di ponte - può essere condotta, secondo i casi, con procedimento metodico o speditivo. Nel primo procedimento, la compagnia può essere avanzata (normalmente) o di rincalzo (quando tale funzione, per condizioni di terreno, non può essere affidata ad un complesso corazzato, di norma assegnato in rinforzo al gruppo tattico). La complessità e la difficoltà della fase di passaggio oltre l'ostacolo comportano la soluzione del problema al livello superiore (attività ricognitive, eventuali operazioni preliminari, organizzazione tecnica del passaggio), per cui l'azione della compagnia è maggiormente vincolata che non negli altri casi di impiego. La compagnia avanzata: riceve un obiettivo di attacco ubicato a circa 2 + 3 km al di là del corso d'acqua; agisce su di una fronte di forzamento ampia circa 600 m (comprendente almeno due punti di imbarco); si schiera inizialmente su di una base di partenza (nel caso di trasporto con natanti di assalto) od in un'area di imbarco (nel caso di trasporto a mezzo elicotteri); si articola di norma in due ondate: la prima costituita da unità pionieri in rinforzo, dai plotoni avanzati, da missili controcarri eventualmente assegnati, dai cannoni controcarri organici (da impiegare inizialmente senza il relativo mezzo di trasporto); la seconda dal plotone di rincalzo. Le squadre mitraglieri, la squadra cannoni senza rinculo (qualora non inserita nella prima ondata), il plotone mortai da 81 e i mezzi dello scaglione "F" superano il corso di acqua con traghetti (natanti e portiere) e/o con elicotteri. L'organizzazione del fuoco di accompagnamento, unitamente alle azioni di fuoco predisposte dall'artiglieria e dalla base di fuoco del gruppo tattico, deve consentire l'iniziale presa di terra delle due ondate sulla sponda nemica in condizioni favorevoli: base di fuoco a tiro teso di compagnia sistemata, di massima, alle due ali della fronte di forzamento; base di fuoco a tiro curvo di compagnia schierata il più avanti possibile. Lo sviluppo dell'azione comprende: l'afflusso su di una base di partenza, il passaggio oltre l'ostacolo, la conquista dell'obiettivo, il consolidamento delle posizioni. La compagnia, articolata in aliquote di
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imbarco, raggiunge la base di partenza con i reparti destinati a superare il corso d'acqua con natanti durante l'ultima fase della preparazione, oppure l'area <li imbarco, con i reparti eventualmente destinati all'elitrasporto solo al momento dell'azione; all'ora stabilita, le aliquote di imbarco, accompagnate dalle guide del genio: provvedono, unitamente ai piloti, al trasporto dei natanti di assalto il più vicino possibile al corso d'acqua compatibilmente con .l e esigenze di sicurezza, si tengono pronte a muovere verso il fiume per lanciare in acqua i natanti all'ora fissata per l'inizio del forzamento, effettuano il passaggio, la prima ondata secondo il piano ad orario, la seconda e le basi di fuoco secondo il piano di successione preventivamente stabilito. Allorché i plotoni fucilieri si siano affermati sulla sponda nemica e siano state approntate le portiere, le unità a tiro teso e i mortai si spostano sui previsti punti d'imbarco e raggiungono la riva opposta. Qui la compagnia, riordinato il dispositivo, punta sull'obiettivo eliminando le resistenze che si oppongano direttamente alla progressione. Ad obiettivo conquistato, la compagnia si consolida sistemandosi a difesa speditivamente mecliante lo schieramento di un unico ordine di caposaldi di plotone, cooperanti o non, con le armi proiettate essenzialmente sul davanti, e l'attivazione di un servizio di pattugliamento per il controllo degli spazi vuoti. Allorché, in casi particolari, anziché essere avanzata, la compagnia costituisca rincalzo di gruppo tattico, essa o prosegue l 'azione di una delle compagnie avanzate, o completa l'eliminazione delle forze residue, o para le reazioni clinamiche dell'avversario operando secondo i procedimenti propri della compagnia di rincalzo nell'attacco. L'attacco e la difesa nei boschi e negli abitati - due ambienti particolari che anche la regolamentazione fino ad allora in vigore riguardante i livelli minori aveva sempre trattato distintamente in ragione dei particolari procedimenti tecnico-tattici da utilizzare - occupano nella 713 un intero capitolo che ci sembra opportuno riassumere perché, accanto a criteri e modalità d'azione già noti, ve ne sono altri innovativi che sono il risultato di una più maturata esperienza addestrativa e che segnano il raggiungimento di un alto livello de lla tecnica di impiego. Nel combattimento nei boschi la compagnia fucilieri , nel quadro dell'azione condotta in boschi estesi dall'unità al livello superiore: può, in attacco, costituire compagnia avanzata o in rincalzo. Quale compagnia avanzata: è rinforzata con pionieri ed eventualmente con carri e controcarri; agisce su di una fronte ridotta rispetto a quella normale; riceve un obiettivo di attacco che costituisce parte
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di quello del gruppo tattico; può sviluppare un'azione frontale o un'azione avvolgente; si articola generalmente in due plotoni avanzati e uno di rincalzo o in un plotone avanzato e due di rincalzo (con fronte di spiegamento di 350 -;- 400 m, profondità di 300 m, non tenendo conto del plotone mortai da 81; intervalli a distanze tra i plotoni 100 m). L'organizzazione dell'attacco è rivolta particolarmente a definire la direzione di attacco dei plotoni (tra l'altro anche mediante l'angolo di bussola), l'efficacia del fuoco, il forzamento dell'ostacolo, le misure atte a garantire il dispositivo da ogni sorpresa (distacco di pattuglie sul fianco esposto). Per assicurare l'efficacia del fuoco è necessario proiettare verso l'avanti, decentrandole normalmente ai plotoni, le armi a tiro teso, adottare particolari accorgimenti per conseguire con i mortai da 81 le azioni di aderenza (scelta di uno schieramento iniziale avanzato, proiezione dell'UO su posizioni avanzate, utilizzazione dei procedimenti del cambiamento di obiettivo) e fare largo ricorso alle minime distanze alle bombe unificate lanciabili con il FAL. Il forzamento del campo minato protettivo è normalmente effettuato con l'impiego dei mezzi esplosivi del tipo cariche allungate e, pertanto, l'operazione prevede l'ammassamento dei materiali prima dell'attacco, la costituzione di gruppi di appoggio con personale del plotone di rincalzo, il raggiungimento da parte dei pionieri del margine anteriore del campo minato durante la preparazione o nella fase iniziale dell'attacco, il coordinamento del movimento dei plotoni avanzati in modo da poter iniziare il trafilamento non appena ultimata l'apertura dei corridoi, la rimozione di eventuali ostacoli (abbattute, trappole esplosive, ecc.) effettuata dai pionieri in rinforzo ai plotoni avanzati. Il movimento dalla base di partenza (molto avanzata) è iniziato al termine della preparazione (se effettuata) da parte della compagnia destinata all'azione frontale, con adeguato anticipo rispetto alla compagnia destinata all'azione avvolgente. Il movimento verso l'obiettivo non è cadenzato nelle tre fasi abituali per la difficoltà di materializzare le linee di riferimento; quello dei plotoni avanzati assume caratteristiche di maggiore sistematicità e le squadre armi leggere rinforzate si precostituiscono in vere e proprie basi di fuoco. Gli interventi del plotone mortai da 81 sono effettuati essenzialmente a favore del plotone che muove lungo la via di infiltrazione più redditizia e dove la vegetazione è meno folta. I carri ed i mezzi controcarri, eventualmente in rinforzo, agiscono per proteggere la compagnia da reazioni di mezzi similari, mentre l'unità carri può essere impiegata anche per l'accompagnamento, sempre protetta da vicino da unità fuci-
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lieri. Il rincalzo è pronto a parare le puntate nemiche sui fianchi, a sostituire un plotone avanzato ed a proseguire l'azione in profondità oppure a rastrellare i nuclei di resistenza superstiti superati dai plotoni avanzati. Il consolidamento è effettuato sugli elementi topografici di maggiore rilievo (crocivia, radure, ecc.) a mano a mano che vengano raggiunti dai plotoni fucilieri avanzati e sull'obiettivo di attacco in contemporaneità con il rastrellamento delle posizioni conquistate. Quale rincalzo di gruppo tattico, la compagnia può essere impiegata per parare le eventuali contromanovre nemiche, sostituire una compagnia avanzata, sviluppare un'azione autonoma, rastrellare la parte di bosco superata dalle compagnie avanzate. Nella difesa attuata in boschi estesi dall'unità di livello superiore, la compagnia può adempiere compiti di resistenza in una zona di competenza, di reazione di movimento o <li contrasto dinamico concorrendo con aliquote alla costituzione <li un complesso mobile. Allorché la compagnia assuma la responsabilità di una zona di competenza: sbarra la via di infiltrazione più redditizia per l'attacco e interdice, o tiene sotto sorveglianza, gli spazi tra le vie di facilitazioni mediante l'impiego di mezzi di allarme (mine e pattuglie). Il dispositivo comprende: un plotone fucilieri che predispone almeno due strutture statiche scaglionate in profondità, da presidiare in successione di tempo; un plotone fucilieri orientato a sviluppare puntate offensive sui fianchi e, se possibile, sul tergo del nemico; il terzo plotone designato a costituire pattuglie che operino sul tergo di ciascuna struttura statica abbandonata, per mantenere il contatto con l'avversario al fine di consentire il ripiegamento del presidio sulla posizione successiva e favorire le reazioni dinamiche, e che operino altresì negli intervalli tra le vie di facilitazione a scopo di sicurezza. Il plotone mortai <la 81 si schiera in tempi successivi sul tergo di ciascuna struttura s tatica ed integra l'azione dell'artiglieria e dei mortai da 120. Allorché adempia le funzioni di rincalzo, la compagnia può essere impiegata per: fronteggiare, contromanovrando, l'eventuale manovra avversaria; tendere in situazione favorevole al fianco o al tergo dell'attaccante e reiterare o rinforzare puntate offensive condotte da altre compagnie nelle rispettive zone di competenza. Allorché aliquote della compagnia sono inserite in un complesso mobile, esse operano a cavaliere delle più agevoli vie di comunicazione per logorare la penetrazione nemica. Nel combattimento negli abitati, nel quadro de ll'azione condotta dal gruppo tattico contro un piccolo centro abitato, la compagnia -
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nell'attacco ad un grande centro abitato, essa opera nell'ambito dell' unità superiore che sviluppa unitariamente una od al massimo due delle azioni di isolamento delle forze della difesa, del loro frazionamento in aliquote, di eliminazione metodica delle forze isolate o frazionate - può costituire in a lternativa: a liquota di avvolgimento, aliquota incaricata dell'attacco frontale, aliquota di rincalzo con il compito di rastrellare le posizioni nemiche o di alimentare la seconda aliquota. Quale aliquota incaricata dell'avvolgimento, la compagnia, rinforzata o non <la carri e mezzi controcarri, sviluppa l'azione in due tempi: nel primo tempo, elimina le difese nemiche che sbarrino gli accessi all'abitato sui lati non investiti dall'aliquota che sviluppa l'azione frontale, articolando i plotoni fucilieri in 2 --,-- 3 aliquote avanzate ed in un'aliquota di rincalzo, decentrando essenzialmente alle aliquote avanzate le armi a tiro teso di compagnia, tenendo alla mano i I plotone mortai da 81 cd impiegando i carri e i semoventi quali basi di fuoco mobili; nel secondo tempo, si articola in rohusti posti di sharramento, in corrispondenza delle vie <li comunicazione che adducono all'abitato, per impedire sortite dei difensori e il loro rifornimento, e si organizza a difesa a giro d'orizzone. Quale aliquota incaricata dell'attacco frontale, la compagnia, rinforzata di norma con unità lanciafiamme e pionieri ed eventualemente con carri e semoventi controcarri, svi luppa la sua azione penetrando il più rapidamente possibile nell'abitato (di norma con due plotoni avanzati e uno di rincalzo), attaccando solo se necessario per procedere le posizioni di maggiore resistenza, costituendo, nei punti nevralgici dell'abitato, posti di sbarramento per frazionare la difesa ed ancoraggi temporanei a premessa dello sviluppo in profondità dell'attacco; in tale quadro vengono assegnate ai plotoni fucilieri avanzati le armi a tiro teso per la costituzione di appoggi fissi di fuoco, unità lanciafiamme e pionieri per la distruzione e la rimozione di trappole esplosive e di barricate, uno o due carri o semoventi controcarri per la costituzione di appoggi mobili di fuoco. Quale rincalzo impiegato nel rastrellamento dei settori in cui è sezionato l'abitato, la compagnia assume un dispositivo articolato, di norma, su tre plotoni fucilieri avanzati (rinforzati con armi a tiro teso), ciascuno dei quali procede a l rastrellamento sistematico di una strada e delle case ai lati <li questa. L'azione può svilupparsi: a seconda della situazione, contemporaneamente o in successione di tempo nei vari settori; in relazione ai punti di accesso ed al numero delle posizioni tenute all'interno dell'abitato dagli elementi della seconda aliquota, con attacchi coordinati lungo direzioni convergenti.
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Nella difesa <li abitati condotta dall'unità al livello superiore, la compagnia: assume la responsabilità di una zona di competenza che può includere un piccolo centro abitato da difendere in proprio ovvero comprendere parte del centro abitato difeso dal gruppo tattico; concorre alla costituzione del rincalzo <li gruppo tattico. Quando assume la responsabilità <li una zona <li competenza, la compagnia articola i polotoni fucilieri in aliquote commisurate al numero ed alla importanza degli accessi all'abitato (o alla parte di esso) da difendere ed assegna ad esse la responsabilità di un sellore della propria area <li competenza; costituisce, nel caso di difesa in proprio di un piccolo centro abitato, un rincalzo schierato nella parte centrale dell'abitato stesso destinato ad alimentare le aliquote a difesa dei singoli settori o aripristinare posizioni perdute; decentra le armi a tiro teso e mantiene alle dirette dipendenze il plotone mortai da 81 schierandolo nella parte centrale o nella parte arretrata per intervenire a favore di tutti i settori; sviluppa i lavori per garantire la massima efficacia delle armi e la protezione delle armi e del personale, per assicurarsi la possibilità di manovra al coperto, incrementare il valore impeditivo dell'abitato con la messa in opera di ostacoli di ogni genere (barricate, mine trappolate, reti alle finestre, ccc.) e per premunirsi dagli incendi. Quando concorre alla costituzione del rincalzo di gruppo tattico, in genere formato con aliquote di forze tratte dalle compagnie fucilieri, l'aliquota della compagnia viene impiegata, congiuntamente alle altre, per fronteggiare l'attacco, rinforzare presidi che stiano per essere sopraffatti ed attuare eventualmente bretelle per il contenimento di penetrazioni avversarie. La compagnia alpini segue i procedimenti tecnico-tattici della compagnia fucilieri: allorché opera su terreni <li montagna inquadrata in w1 gruppo tattico al livello superiore; quando agisce nell'ambiente alpino ed è chiamata a svolgere singole attività tipiche, essa utilizza procedimenti in parte differenziati da quelli della compagnia f ucilieri in relazione alle situazioni di maggiore isolamento, di maggiore possibilità di manovra e <li maggiore ampiezza degli spazi disponibili. Finché consentito dall'ambiente naturale, essa muove su automezzi, previo rinforzo di 9 autocarri mcdi per il caricamento dei plotoni fucilieri e o del plotone armi a tiro teso e di 4 autocarri medi attrezzati per il caricamento di 24 muli; successivamente prosegue il movimento a piedi, someggiando parte delle armi di reparto e delle dotazioni di arma e il materiale del comando di compagnia; si articola in funzione del futuro impiego, tenendo conto che la formazione adotlata non può
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essere agevolmente modificata; sfrutta anche la viabilità minore e quella alpinistica e, su terreni innevati, si fa precedere da sciatori e racchetta tori. Il movimento della compagnia frui sce del quadro di SÌ· curezza garantito dal livello superiore, ma la maggiore autonomia in cui operano le singole aliquote del gruppo tattico e/o l'eventualità di dover condurre in proprio i combattimenti preliminari comportano l'adozione di misure di sicurezza in proprio. Ciò vale anche per lo stazionamento, dove gli intervalli e le distanze fra i vari elementi del grup· po tattico sono spesso condizionati dalla compartimentazione del terreno e sono talvolta maggiori di quelli dell'ambiente di pianura e di collina. L'ambiente alpino, inoltre, pone allo s tazionamento difficoltà crescenti con l'aumentare dell'altitudine e, pertanto, l'organizzazione dell'operazione è più onerosa, stanti le misure cautelative da adottare per il personale e per i quadrupedi (ricoveri in neve, trune, trincee, igloo, tettoie di circostanza, ecc.). Nell'attacco la compagnia alpini fa ricorso alla manovra delle forze e del fuoco, ma il disposi ti· vo che assume gode di minore flessibilità ai fini di realizzare travasi di forze da una via tattica all'altra, per c ui il rincalzo muove al seguito del plotone avanzato che agisce lungo la direzione di maggiore r·cndimento e, quando possibile, lungo una direzione eccentrica che consenta di impegnare ]'avversario su di un fian co cd eventualmente sul tergo, sicché nel primo caso l'interve nto può esplicarsi a favore di un solo plotone, mentre nel secondo, esso costistuisce concorso indiretto alla conquista dell'obiettivo. L'organizzazione del fuoco è caratterizzata dal decentramento dei cannoni senza rinculo ai plotoni fucilieri e dall'attribuzione al comandante della compagnia delle intese e degli accordi con l'organo di collegamento tattico dell'artiglieria è, infatti, normale il livello di cooperazione compagnia-batteria - e dell'inoltro delle inchi este di fuoco. La base di partenza può risultare costituita su zone variamente intervallate ed a diversa distanza dalle posizioni nemiche, cosicché ne deriva la necessità di accorgimenti per il coordinamento del movimento dei plotoni. Lo schieramento di questi sulla base di partenza è, di massima, più esteso nel senso della fronte che non in quello della profondità, per diminuire i tempi di traslazione dei rincalzi. Il movimento verso l'obiettivo si cadenza nelle tre fasi, ma le squadre armi leggere dei plotoni avanzati assumono, specie nell'ultima fase, la fisionomia di vere e propr ie basi di fuoco. Se la compagnia, anziché avanzata, costituisce rincalzo di gruppo tatti· co, può essere impiegata o per conquistare, o concorrere a conquista· re, l'obiettivo di gruppo tattico oppure per proseguire l'azione in pro-
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fondità; essa muove lungo la via tattica di maggiore rendimento o, quando possibilie, lungo una direzione laterale per concorrere alla conquista dell'obiettivo di gruppo tattico. La distanza iniziale della compagnia di rincalzo da quelle avanzate può essere inferiore ai 600 me la sua riduzione con il progredire dell'attacco è in funzione delle caratteristiche del terreno, sempre comunque tale da garantire la tempestività d'intervento. Nell'attacco notlurno, la compagnia alpini opera con un dispositivo ancora più raccolto ed il plotone di rincalzo segue il movimento del plotone avanzato incaricato di agire lungo la direzione <li maggiore rendimento. Nella difesa, allorché destinata al presidio <li strutture statiche, la compagnia alpini dà vita, normalmente, a caposaldi di plotone rinforzato (area di investimento dei singoli caposaldi 60000 mq). Raramente costituisce caposaldo; di norma questo è a struttura nucleare su 2, 3 o 4 caposaldi minori cooperanti (arca di investimento 0,5 -=- l,5 kmq). La compagnia assume, di norma, la responsabilità di una zona di competenza. salvo il caso in cui, articolata in caposaldi di plotone autonomi, il comandante di gruppo tattico attribuisca ai singoli plotoni una propria zona <li competenza. Circa l'organizzazione del fuoco è frequente il decentramento dei cannoni e delle mitragliatrici del plotone armi a tiro teso, sia in relazione al normale livello <li costituzione dei caposaldi, sia alla maggiore esigenza di garantire la saldatura fra i caposaldi minori, conseguente alla più ampia superficie di investimento del caposaldo di compagnia a struttura nucleare. Per l'interdizione dei tratti di obbligato passaggio, occorre integrare il fuoco delle armi a tiro teso con quello dei mortai in modo da garantire che l'avversario possa comunque venire battuto. L'esecuzione dei lavori subisce sensibili limitazioni in relazione alle caratteristiche del suolo e all'onerosità del trasporto dei materiali di rafforzamento, per cui occorre sfruttare il più possibile le accidentalità naturali, ricercare la protezione più nella massa coprente che nello scavo, assicurare la possibilità di vita agli elementi dislocati alle quote più elevate e maggiormente esposte alle condizioni atmosferiche avverse ed utilizzare l'ostacolo artificiale prevalentemente ad integrazione di quello naturale. Il controllo degli spazi vuoti deve essere esteso a tutte le provenienze, anche le meno probabili, median te il largo impiego di pattuglie, costituite, in caso di terreno innevato, da sciatori. La compagnia alpini può essere impiegata anche nel controllo di zone estese ed in tale impiego essa è normalmente rinforzata con mezzi di trasporto ed assume la responsabilità di una zona estesa sui 150 kmq.
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La compagnia fucilieri paracadutisti svolge, a seguito di aviolancio, le seguenti attività tipiche: il riordinamento, il movimento a contatto con il nemico, l'attacco, la difesa a tempo determinato di posizioni. I suoi procedimenti tecnico-tattici presentano, rispetto a quelli della compagnia fucilieri, talune differenze in relazione alla scarsa consistenza degli obiettivi da raggiungere, alle situazioni fluide e di totale isolamento in cui opera, a lla minore possibilità di fuoco di appoggio e di accompagnamento, alla limitata mobilità terrestre e alla scarsa idoneità a persistere nello sforzo. La sua azione va, perciò, improntata a rapidità, aggressività e sorpresa ed a prevenire l'avversario prima che questi possa svi] uppare la reazione. Occorre che la compagnia ab bia armi controcarri, fruisca di un sistema di esplorazione e di sicurezza messo in atto dal comando superiore, benefici di un largo appoggio aereo. li riordinamento dopo l'aviolancio s'inquadra, unitamente all'aviolancio, nella presa di terra e rappresenta un momento particolarmente critico in cui la compagnia deve provvedere al recupero delle armi c dei materiali, riacquistare la propria unità organ ica e funziona lità operativa (messa in atto dei collegamenti) e assumere il dispositivo tattico previsto per l'azione. L'operazione, agevolata da una opportuna distribuzione delle squadre nei singoli aerei ai fini del riordinamento verticale (ripartizione del personale di una stessa unità organica in più aerei in modo che, lanciandosi contemporaneamente, prenda terra tutto nella medesima parte della zona di lancio) deve essere accuratamente pianificata per contenerne al massimo la durata (10). Nella fase di esecuzione, il riordinamento fruisce di un ambiente di s icurezza garantito indirettamente dall'azione delle forze aerotattiche, intesa a realizzare l' interdizione della zona interessata all'aviolancio, e direttamente dalle specifiche misure disposte dal comando del gruppo tattico nel cui ambito la compagnia opera (nucleo con funzioni di sicurezza per la difesa diretta della zona di lancio; pattuglie di adeguata consistenza che, riassorbiti gli elementi del nucleo di sicurezza, svolgono compiti di sicurezza a più ampio raggio e di esplorazione ravvicinata). Complessivamente il tempo necessario alla compagnia per portare a termine il riordinamento, compreso lo scondizionamento di 4-5 autocarri, è di circa mezz'ora. Il movimento a con tatto con il nemico s'identifica con l'avvicinamento o con il movimento per raggiungere le posizioni di cui occorra assicurare l'occupazione preventiva; è effettuato interamente a piedi, prevedendo l'utilizzazione di più itinerari, s u distanze non superiori ai 10 km; inizia dall'area di riordinamento e termina sulla base di partenza oppu-
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re sulle posizioni da occupare preventivamente. La compagnia muove con una formazione che le consenta di sboccare rapidamente nell'attacco e si tiene in misura di fronteggiare con il minimo delle forze le eventuali reazioni avversarie. Nell'attacco la compagnia opera lungo una direzione, indipendentemente dal fatto che il suo obiettivo di attacco sia territorialmente separato o no da quelli assegnati alle altre compagnie. Le caratteristiche dell'obiettivo e delle vie tattiche sono gli elementi determinanti della scelta del dispositivo, che può essere definito su: due plotoni avanzati e uno di rincalzo (obiettivi estesi o poco profondi), o su tre plotoni avanzati (obiettivi estesi e poco consistenti), o su di un plotone avanzato e due di rincalzo (obiettivo constituito da una serie di piccole e deboli sistemazioni dislocate in profondità). Alla compagnia sono assegnati in rinforzo normalmente cannoni senza rinculo e missili del plotone controcarri del battaglione ed eccezionalmente aliquote di artiglieria o un plotone mortai da 120; ai plotoni fucilieri sono normalmente decentrate mitragliatrici e cannoni senza rinculo del plotone armi a tiro teso. La sosta sulla base di partenza, allorché si renda necessaria, è brevissima ed è solo eccezionalmente legata alle azioni di fuoco (preparazione) svolte dalle forze aero tattiche, dall'artiglieria e/o dai mortai da 120. Il movimento verso l'obiettivo non segue le stesse fasi delineate per la compagnia fucilieri; l'azione è improntata a maggiore rapidità ed aggressività in relazione alla scarsa consistenza dell'obiettivo e all'assenza, in via normale, di ostacoli minati protettivi. Il consolidamento assume l'aspetto di una vera e propria organizzazione difensiva, a meno che non sia previsto il proseguimento verso altri obiettivi, caso questo ultimo in cui il consolidamento si limita ad uno schieramento delle armi, specie controcarri, per il tempo strettamente necessario a riordinare i reparti. Nella difesa a tempo determinato di posizioni la compagnia può essere inquadrata in un gruppo tattico che, in alternativa, abbia il compito di assicurare il possesso di posizioni marginali di una testa di ponte o di aviosbarco, o quello di intercettare unità nemiche in afflusso a vantaggio della manovra condotta da forze di superficie; in entrambi i casi, essa può essere impiegata per concorrere alla costituzione di un dispositivo di sicurezza sul davanti dell'area da difendere, presidiare un settore della predetta area, costituire eventualmente rincalzo di gruppo tattico. Le unità fornite dalla compagnia per il concorso alla costituzione di un dispositivo di sicurezza - che trae origine dall'insieme delle pattuglie esploranti della fase di riordinamento - danno vita a posti di sbarramento e a pattuglie
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operanti alle dipendenze dirette del comandante del gruppo tattico. L'azione dei posti di sbarramento si differenzia da quella normale perché l'apertura del fuoco è effettuata a distanza ravvicinata, con la tecnica dell'agguato, al fine di conseguire la sicura efficacia del tiro, in rapporto alla limitata disponibilità di munizioni. Quale unità destinata ad un settore dell'area da difendere a tempo determinato, la compagnia, normalmente rinforzata da armi controcarri, è articolata, di norma, in : 2 + 3 strutture statiche al livello di plotone rinforzato, normalmente non cooperanti; rincalzo di settore; unità mortai; pattuglie. Eccezionalmente può costituire caposaldo a struttura nucleare. Il settore assegnato alla compagnia ha un'ampiezza compresa fra i 300 ed i 600 me una profondità variabile a seconda che sia o no previsto di reiterare la resistenza su più strutture statiche in profondità. La funzione del rincalzo è quella dell'alimentazione delle strutture statiche e delle pattuglie, della costituzione azione durante di un nuovo elemento dell'organizzazione difensiva, ciel concorso all'azione di c.onLrollo degli inlervalli. L'evenluale abbandono delle posizioni da parle dei caposaldi avanzali ha luogo su ordine del comandante del gruppo tattico; è sostenuto, finché possibile, dalle azioni di fuoco dei livelli superiori e del plotone mortai da 81; nell'ambito di ciascuna struttura statica, si effettua nell'ordine: centro di fuoco arretrato, centri i fuoco avanzati meno i gruppi assaltatori, gruppi assaltatori e armi controcarri. L'organizzazione del fuoco deve tendere a realizzare una fascia di fuoco continua, almeno in corrispondenza dei punti più sensibili , e ciò impone, per l'ampiezza della rronte e per la necessilà di battere il nemico a maggiore distanza (in relazione alla mancanza o carenza dell'ostacolo protettivo), di decentrare in via normale ai plotoni fucilieri le armi a tiro teso della compagnia e di limitare loscaglionamento delle armi in profondità. L'organizzazione dei lavori deve essenzialmente tendere a valorizzare le accidentalità del terreno ai fini della protezione del personale, mentre quella dell'ostacolo deve basarsi sulla massima utilizzazione di quello naturale più che sull'impiego dell'ostacolo artificiale (mancanza di lcmpo per schierarlo, indisponibilità di maleriale, difficollà di trasporlo). La compagnia fucilieri può, in casi particolari, essere impiegata per condurre a termine, da sola, uno o più atti tattici, che richiedano uno sforzo adeguato alla sua entità, in azioni a seguito di aviosbarchi o aviolanci o in montagna; in tali casi essa dà vita ad un gruppo tattico di cui rappresenta l'elemento di base. A seconda del compito e del terreno, il gruppo tattico al livello di compagnia comprende pionieri,
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unità di arresto, armi controcarri, meccanizzati, carri, elementi dei servizi e frequentemente, per gli alpini e paracadutisti, anche artiglieria. Il gruppo tattico al livello di compagnia è impiegato: nella sicurezza in marcia o in stazione (avanguardia, distaccamento fiancheggiante mobile o fisso, retroguardia, distaccamento di un sistema di sicurezza in stazione); nell'attacco (sforzo sussidiario, uno degli atti tattici nei quali si scompone la manovra di raggruppamento o di brigata alpini o paracadutisti; azione isolata in operazioni svolte da aviotruppe che prevedano il rapido congiungimento con unità di superficie); nella difesa (azione di resistenza nella P.R. o su di una P.A.T.; reazione di movimento quale aliquota della riserva di raggruppamento o di brigata nel contrattacco; azione di contrasto dinamico nella Z.S. o sul davanti di una P.A.T.). La seconda parte della 713 tratta i procedimenti che il gruppo tattico al livello di compagnia adotta: per fornire sicurezza ad altre unità, attaccare o contrattaccare, difendere a tempo indeterminato o determinato una posizione. Riteniamo sia sufficiente mettere in risalto il fatto che per la prima volta, nella regolamentazione ufficiale, trova sanzione specifica l'impiego della compagnia quale gruppo tattico, un impiego che già la serie dottrinale 600 aveva delineato come rientrante con frequenza nell'eventualità del combattimento moderno. Non ci sembra, invece, necessario riassumere i vari procedimenti tecnico-tattici specifici di tale impiego - ai quali la 713 dedica una ventina di pagine e 38 paragrafi - sia perchè essi spesso rientrano in quelli previsti per il gruppo tattico al livello di battaglione, sia perché altre volte sono solo adattamenti di quelli utilizzati dalla compagnia fucilieri inquadrata nel gruppo tattico al livello di battaglione. Diversa, naturalmente, è la situazione in cui il gruppo tattico al livello di compagnia è chiamato ad operare e ben maggiore è l'ampiezza dell'attività concettuale, organizzativa e di condotta che il comandante di compagnia è chiamato a svolgere. Va, comunque, sottolineato che: in attacco, il gruppo tattico al livello di compagnia deve ricercare la manovra mediante l'utilizzazione di vie tattiche esistenti nel suo settore di azione (ampio 2 + 3 km) che consentano l'aggiramento dell'avversario o mediante la combinazione degli obiettivi assegnati ai plotoni in modo che il raggiungimento di determinate posizioni favorisca l'economica progressione del movimento degli altri: in entrambi i casi, in un quadro di sicurezza che spetta alla compagnia garantirsi in proprio (scelta del dispositivo, protezione dei fianchi esposti); in difesa, è incaricato di interdire una via di facilitazione di potenzialità limitata, con responsabilità di una zona di
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competenza che non supera i 15 kmq, la quale comprende una o più strutture statiche avanzate, o intermedie, o arretrate. La costituzione del rincalzo nella difesa è eventuale e perciò il gruppo tattico al livello di compagnia, come già quello al livello di battaglione, è di per sé privo di uno dei mezzi essenziali d'intervento della manovra - perché il gruppo tattico al livello di compagnia manovra - vale a dire del rincalzo o, quanto meno, è solo in grado di svellere dal terreno il presidio di una struttura statica ed impiegarlo nel contrassalto, un provvedimento di difficile e delicata attuazione nel quadro di un complesso di forze pari a ll a compagnia rinforzata.
4. La pubblicazione n. 5884 - Procedimenti tecnico-tallici del plotone fu cilieri - (n. 7 14 della serie dottrinale), che fece seguito, poco più di un mese dopo (11), alla 713, ricalca la strutturazione di questa, ne parla il linguaggio ed esamina le modalità di azione del plotone nello sviluppo delle varie attività tipiche in modo pressoché analogo a quello della compagnia. Essa, peraltro, non tratta l'impiego del plotone nel controllo di zone estese e nel forzamento di un corso d'acqua inguadabile, attività tipiche del la compagnia esaminate dalla 713, mentre si sofferma a considerare l'impiego del plotone nell'attacco contro strutture fortificate. Nella 7 14 il quadro generale del combattimento è, perciò, identico a quello della 713 - né avrebbe potuto essere altrimenti - e il plotone vi si inserisce, normalmente inquadrato nella compagnia, conservando il ruodo di unità elementare del combattimento, già assegnatogli dalla regolamentazione precedente. Rispetto a questa ultima - in particolare alla pubblicazione 2200 della serie dottrinale li plotone fucilieri, edizione 1948, e alla circolare sperimentale n. 5200/026320 Procedimenti tecnico-tattici del plotone fucilieri del l-VI-1966 - essa, più che introdurre grandi innovazioni, aggiorna, completa e perfeziona i procedimenti applicati in più di venti anni di routine addestrativa, tenendo soprattutto conto di tre parametri fondamentali: la maggiore potenza di fuoco del battaglione, della compagnia e del plotone stesso; la maggiore vulnerabilità di tutte le unità per la incombenza di offese sempre più vaste e micidiali derivanti dal moltiplicarsi e perfezionarsi degli armamenti ed equipaggiamenti convenzionali e dal ricorso sempre più frequente a forme e tecniche particolari di lotta nell'ambito delle operazioni aeroterre-
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stri; il maggiore rilievo acquisito dalle unità minori di fanteria che, ancorché generalmente inquadrate, sono chiamate in vari casi a svolgere il loro ruolo in situazioni più fluide e più insicure che nel passato, nelle quali la capacità tattico-tecnica, l'esempio dei comandanti di plotone e di squadra e l'energia fisico-psichica dei fanti, oltre che l'amalgama spirituale e professionale dei singoli e dei piccoli reparti, acquistano, rispetto ai venti anni passati, un'importanza ancor più determinante, spesso decisiva, ai fini del successo delle operazioni e delle manovre delle unità di livello superiore. Il plotone fucilieri è costituito, come nel passato, da tre squadre assaltatori e una squadra armi leggere, operanti unitariamente in stretta coordinazione. La squadra armi leggere, il cui comandante è anche il vice comandante del plotone, è articolata su due gruppi mitragliatore ed un gruppo lanciarazzi, anziché su di un gruppo mitragliatore, un gruppo armi controcarri cd un gruppo mortaio leggero. ln attacco, esso è una delle punte di penetrazione del dispositivo di attacco dell 'unità superiore; in difesa, costituisce l'elemento fondamentale (caposaldo minore o centro di resistenza) di una struttura statica ovvero elemento a sé stante od inquadrato per la reazione di movimento. Alle formazioni del passato - in fila, aperto, spiegato - si aggiunge quella a losanga (squadre in fila, o aperte, o a cuneo, disposte ai vertici di un rombo ed in movimento lungo tre direzioni parallele). TI plotone resta privo organicamente di mezzi di trasporto che gli possono essere assegnati, di volta in volta, nel numero di due autocarri medi o di quattro leggeri o di otto autovetture da ricognizione o di quattro veicoli cingolati (VTC). In relazione al tipo di mezzo, il caricamento assume forme diverse e varia altrcsì la successione dei mezzi nella colonna di plotone. Quali che siano il caricamento del personale a bordo dei mezzi e la successione dei mezzi nel movimento, l'esigenza prioritaria è quella di assicurare l'osservazione e l'immediata reazione alle offese da parte del personale di ciascun mezzo. Nel muvimenlu e nello stazionamento a ciascuna squadra vengono assegnati i settori di sorveglianza e d'intervento, in corrispondenza dei quali il personale vigila, a turni non lunghi, in modo che l'osservazione risulti attenta e continua. Nel movimento in luntananza dal nemico il plotone - aliquota di una unità di marcia o nucleo a sé stante - muove in autocolonna, di norma inquadrato nella compagnia, e reagisce alle eventuali offese degli elementi della guerriglia, alle imboscate, agli attacchi aerei ed in presenza di uno sbarramento stradale secondo le modalità previste dalla 713 che la 714 riporta cor-
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redate di particolari. In pratica: contro le offese della guerriglia, il plotone aumenta la velocità di progressione e, se è possibile individuare sorgenti di fuoco a distanza di tiro utile, reagisce da bordo con il personale predesignato che, appoggiando le armi alle sponde del mezzo, apre il fuoco, mentre gli altri uomini si riparano abbassandosi nel cassone; contro le imboscate che lo costringano ad arrestare il movimento, appieda e da terra apre il fuoco istintivamente per poi, una volta spiegato dietro la protezione di nebbiogeni lanciati da assaltatori predesignati, agire a ragione veduta; contro un attacco aereo, ferma gli automezzi fuori strada e possibilmente in zona coperta ed appieda, mentre i suoi uomini, portandosi di corsa a 50 -,- 60 m dai mezzi, reagiscono con il fuoco sul Lan to contro aerei a volo lento o elicotteri; in presenza di uno sbarramento stradale, si arresta, evitando di addossarsi all'ostacolo e mantenendo le distanze tra i singoli mezzi, appieda e s i schiera in modo da controllare con il fuoco le immediate adiacenze dell'interruzione. Nel movimento a contatto con il nemico su automezzi e/o a piedi - inquadrato nella compagnia o inserito in un dispositivo di sicurezza (avanguardia, distaccamento fiancheggiante, retroguardia)- il plotone reagisce alle offese nemiche con le stesse modalità previste per il movimento in lontananza. Quando, inquadrato, è costretto a lasciare gli automezzi iu una zona di scarico ed a proseguire il movimento a piedi, in particolare quando tale movimento si sviluppi nell'ultima fase dell 'avvicinamento, a vanza il più celermente possibile lungo la direzione assegnatagli, curando la sicurezza, occultando il movimento e conservando la propria posizione nell'ambito della unità della quale fa parte. Soggetto al fuoco di artiglieria e di mortai, non sosta, ma avanza sfruttando ogni riparo e ricerca, ne lla speditezza del movimento e nell'utilizzazione degli intervalli di tempo fra i concentramenti successivi, la protezione c.lall 'offesa; soggetto a puntate di carri armati avve rsari, si dirada, sfrutta tutti gli appoggi del terreno per occultarsi e ripararsi, reagisce con il lanciarazzi e con le bombe controcarri da fucile o, se il terreno lo consenta, cerca di raggiungere zone impraticabili ai caITi e zone dove la vegetazione sia più fitta. inserito in un dispositivo di sicurezza in marcia, può provvedere alla costituzione di pattuglie esploranti, o di pattuglie di a llarme, o di un posto di sbarramento (distaccamento fiacheggiante fisso), oppure può essere·inquadrato nel grosso, oppure costituire eventualmente punta del dispositivo di sicurezza (avanguardia e retroguardia). Quando costituisce punta, il plotone, variamente rinforzato, muove a cavaliere dell'itinerario assegnato, regola il pro-
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prio movimento su quello delle pattuglie antistanti, si mantiene da queste ad una distanza di 10 krµ nel caso di movimento su automezzi e di 2 km nel caso di movimento a piedi; adotta di norma la formazione in fila o quella aperta; distacca sulla fronte sui fianchi sul tergo clementi di sicurezza, impiegando di massima una squadra assaltatori articolata in due o tre pattuglie di sicurezza. Di fronte ad un attacco improvviso: le pattuglie danno l'allarme e mantengono il contatto con il nemico, mentre il plotone, in alternativa, o schiera le armi e impegna il nemico con il fuoco in attesa dell'intervento del grosso o provvede direttamente all'eliminazione degli elementi avversari. La punta di avanguardia e il distaccamento fiancheggiante mobile ispirano la loro azione ad atteggiamento offensivo; quella di una retroguardia svolge, per contro, il suo compito ricorrendo all'azione di contrasto dinamico. Nello stazionamento, quando inquadrato nell'unità di livello superiore, il plotone si disloca nell'area assegnata ponendo in allo le misure di sicur·czza <lalle offese aeree, concorre eventualmente alla costituzione del dispositivo di sicurezza disposto dalla compagnia per la protezione diretta (pattuglie, aliquota di primo intervento) e sviluppa le attività tattico-logistiche in vista del successivo .impiego. Qualora inserito in un sistema di avamposti, costituisce di norma un posto di sbarramento. In allacco - che per il plotone ha inizio quando lascia la base di partenza o, comunque, deve impiegare le proprie armi per neutralizzare le sorgenti di fuoco nemiche che si oppongano direttamente alla sua progressione - il plotone agisce di norma inquadrato, (avanzato o di rincalzo), talora isolato. Generalmente attacca con due squadre assaltatori avanzate, una di rincalzo e la squadra armi leggere arretrata e laterale rispetto a quelle avanzate, o, talvolta, anch'essa avanzata su di un lato od al centro del dispositivo; in casi particolari, può attaccare con le squadre assaltatori tutte avanzate e la squadra armi leggere arretrata oppure con le squadre assaltatori una dietro l'altra e la squadra armi leggere su di un lato. La fronte e la profondità del dispositivo sono in relazione diretta con il numero delle squadre avanzate ed arretrate e con gli intervalli e le distanze che, comunque, oscillano tra i valori di 80-90 m (superiori nel caso d'impiego del plotone isolato). Il plotone in attacco con due squadre assai tatori avanzate ed una di rincalzo si spiega su di una fronte di circa 200 m e su di una profondità di circa 150 m (distanza iniziale fra le squadre avanzate e quella di rincalzo circa 100 + 150 m; di notte il dispositivo è più raccolto). Il comandante del plotone sviluppa la sua attività concettuale
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e organizzativa ( 12) secondo gli schemi d'impostazione e di successione comuni anche ai comandanti di ordine superiore, ma naturalmente in formato ridotto, per cui quanto all'organizzazione, ad esempio, gli elementi essenziali da prendere in esame in ogni caso sono il compito, l'obiettivo di attacco (da ripartire fra le squadre avanzate) ubicato oltre i centri di fuoco da eliminare, lo sfruttamento del fuoco di appoggio e di accompagnamento a tiro teso e tiro curvo sugli obiettivi noti e presunti e le predisposizioni relative al forzamento dell'ostacolo. Il plotone avanzato, per adempiere il compito, esce dalla base di partenza, avanza per portarsi a distanza di assalto, assalta la posizione tenuta dall'avversario, raggiunge l'obiettivo assegnatogli, si consolida o prosegue l'azione in profondità. Il plotone lascia la base di partenza, allorché questa è ubicata a non più di 600 m dalle posizioni nemiche, in formazione spiegata e con le squadre generalmente spiegate; nel caso che la distanza sia maggiore o che il terreno offra copertura, può iniziare il movimento con le squadre aperte od a cun<.:o. Durante l'avanzata per portarsi a distanza di assalto: nella prima fase muove a sbalzi lunghi effettuati per squadra quando la distanza della base di partenza sia superiore ai 600 m, a sbalzi brevi e veloci effettuati per squadra quando la distanza della base di partenza sia superiore ai 600 m, a sbalzi brevi e veloci effettuati di massima per gruppi se la base di partenza sia a distanza non superiore ai 600 m o comunque allorché tale distanza viene raggiunta; nella seconda fase, continuando possibilmente a non impiegare le proprie armi, prosegue il movimento a sbalzi di gruppo sempre più brevi e veloci e riduce gradualmente le distanze e gli intervalli fino a regolarsi, in prossimità del campo minato, al valore orientativo di 50 m per assicurare la convergenza delle squadre avanzate sugli elementi attivi da eliminare e la rapidità di intervento della squadra di rincalzo; nella terza fase, non appena aperti i corridoi, il plotone impiega la squadra armi leggere per svincolare i fucili mitragliatori delle squadre avanzate dal battere gli elementi attivi avanzati nemici e la squadra di rincalzo per il lancio di bombe nebbiogene per coprire il trafilamento. Nella prima e seconda fase, il plotone tende a non impiegare il proprio fuoco e sfrutta quello dell'artiglieria, delle basi di fuoco a tiro curvo e teso del gruppo tattico e della compagnia. È solo alla fine della seconda fase, allorché il forzamento viene effettuato attacco durante con mezzi esplosivi autopropulsi, che il plotone deve neutralizzare con le proprie armi le sorgenti di fuoco avversarie che ostacolino l'apertura dei corridoi effettuata dai pionieri e deve attestarsi con le squadre assal-
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tatori avanzate a circa 150 ~ 200 m dal margine anteriore del campo minato per consentire lo scavalcamento da parte dei pionieri e per sostenere con il fuoco le operazioni di forzamento. Per il trafilamento lungo i passaggi: le squadre avanzate convergono in corrispondenza del corridoio assegnato e vi trafilano possibilmente di corsa; la squadra arretrata, non appena ultimato il lancio delle bombe nebbiogene, balza a sua volta verso il corridoio assegnatole e vi trafila, di norma con il gruppo mitragliatori in testa; la squadra armi leggere, allorché le squadre assaltatori si sono affermate al di là dell'ostacolo, sospende il fuoco e trafila a sua volta per gruppi d'arma. L'assalto è atto unitario del plotone e ad esso partecipano assaltatori e mitragliatori in un succedersi ininterrotto di azioni di fuoco e di movimento per l'affermarsi del plotone sulle posizioni attaccate, eliminando gli elementi avanzati superstiti, reagendo ad un eventuale contrassalto, neutra)izzando gli clementi arretrati. Lo scatto iniziale <ldle squadre non è necessariamente simultaneo: una squadra, pronta per l'assalto, lo può effettuare d'iniziativa o su segnale del comandante del plotone, mentre l'altra segue la prima il più rapidamente possibile. La squadra di rincalzo, in alternativa, partecipa all'assalto in sostituzione o ad integrazione di una squadra avanzata, elimina gli elementi arretrati, rastrella la posizione, mentre la squadra armi leggere protegge i fianchi e il tergo del plotone, pronta ad intervenire con il fuoco contro un eventuale contrassalto. Il consolidamento sull'obiettivo raggiunto è operazione che ha carattere di immediatezza e consiste nella sistemazione a difesa delle squadre secondo un piano già delineato prima dell'attacco. Esso ha luogo solo quando, raggiunto l'obiettivo di attacco, il plotone abbia esaurito la sua capacità offensiva e non sia in grado di proseguire l'azione sull'obiettivo eventuale. La prosecuzione dell'azione in profondità è, di norma, affidata al plotone di rincalzo, il quale scavalca sugli obiettivi raggiunti le unità avanzate; ma se queste conservano adeguata capacità offensiva proseguono nell'azione puntando sui rispettivi obiettivi eventuali. Di notte, l'attacco è impostato essenzialmente sul fattore sorpresa e il plotone tende a giungere a distanza di assalto senza fart! uso delle proprie armi, ma quando, a seguito delle operazioni <li forzamento del campo minato o allorché il movimento sia comunque scoperto dal nemico, il plotone <leve sviluppare un'azione di forza che si conclude con il consolidamento, normale di notte all'atto della conquista dell'obiettivo. li plotone di rincalzo può avere il compito di proteggere i fianchi ed il tergo del dispositivo di compagnia, sostituire uno dei plotoni avanzati, prose-
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guire l'azione in profondità ad obeittivo di attacco raggiunto. Esso muove lungo la direzione assegnatagli (di norma quella di gravitazione dello sforzo di compagnia o quella che domina il settore di azione), procede a sbalzi lunghi ed effettuati unitariamente all'inizio del movimento, conserva inizialmente la distanza di 200 -;- 300 m dai plotoni avanzati, assume le formazioni che meglio si adattino al terreno e soddisfino al tempo stesso la tempestività dell'intervento: inizi almente quella aperta con le squadre aperte od a cuneo, successivamente quella spiegata con i fucili mitragliatori alle ali o all'ala esposta. Destinato a scavalcare uno dei plotoni avanzati, lo supera preferibilmente per affiancamento d'ala o, in linea subordinata, nell'intervallo fra i plotoni stessi o frammezzo. Il plotone isolato trova impiego nell'eliminazione di elementi ritardatori o nell'azione sussidiaria, su terreni di montagna, dello sforzo principale condotto da altre unità. Esso, di norma, è rinforzato con armi, con mezzi di trasmissione ed eventualmente con pionieri e riceve, altresì, concorso di fuoco dall'artiglieria e dai mortai. Il plotone isolato o pera in una s ituazione tattica analoga a quella in cui agisce, di norma, la pattuglia di combattimento: ampiezza del settore, assenza della cornice di sicurezza fornita dalle unità laterali e retrostanti, esigenza di provvedere in proprio al fuoco di accompagnamento a tiro teso. I procedimenti s'identificano: con quelli della pattuglia di combattimento quando sia possibile la sorpresa, con quelli del plotone inquadrato negli altri casi, ma con talune differenziazioni riguardanti principalmente l'impiego del fuoco e del rincalzo. Il fuoco, che le squadre sviluppano quasi istintivamente, quando il plotone è inquadrato, deve éssere, per quanto possibile, pianificato, non su base oraria, ma sulla previsione della particolare situazione tattica. Tale pianificazione si traduce: nell a costituzione di una base di fuoco (armi ricevute in rinforzo e squadra armi lcgger·e); nella determinazione preventiva della quantità e del tipo di fuoco occorrente per garantire il successo; nella previsione del concorso che può essere fornito dall'artiglieria e dai mortai; nelle predisposizioni per assicurarne il tempestivo ed efficace intervento (successive posizioni della base di fuoco); nella valutazione delle carenze di fuoco che possano verificarsi per definire come colma rle. TI rincalzo adempie la duplice funzione di garantire la protezione di un fianco o del tergo del plotone e di adeguare lo sforzo alla situazione mediante il rinforzo delle squadre avanzate o lo scavalcamento di una di esse per procedere direttamente sull'obiettivo oppure per aggirare l'elemento nemico e attaccarlo sul fianco o sul tergo. La maggiore disponibilità di spazio,
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rispetto al caso dell'attacco in cui il plotone agisca inquadrato, non deve portare ad un diradamento eccessivo del dispositivo e mai comunque far perdere all'azione il suo carattere strettamente unitario o rendere difficoltosa l'azione di comando. L'azione si sviluppa di massima con la stessa successione di atti indicata per il plotone inquadrato. Alcune differenze consistono: nell'uscita dalla base di partenza che avviene con le ~quadre già spiegate sotto la protezione della base di fuoco schierata, possibilmente, su di un lato; nella maggiore distanza, rispetto a quella adottata dal plotone inquadrato, tra la squadra di rincalzo e quelle avanzate ai fini di una maggiore libertà di azione; nella conquista dell'obiettivo effettuata dalle squadre avanzate, mentre quella di rincalzo assicura la protezione dei fianchi e del tergo, tenendosi pronta a sostituire od integrare l'azione di una delle squadre avanzate, a rastrellare l'obiettivo e a puntare in profondità aggirando, quando possibile, l'elemento nemico attaccato. In difesa, il plotone può adempiere compiti di resistenza, di reazione di movimento, di contrasto dinamico. Nell'azione di resistenza può dare vita ad un caposaldo minore inglobato in uno di compagnia a struttura nucleare, o ad un caposaldo autonomo, o ad un centro di resistenza in un caposaldo di compagnia a struttura unitaria, o ad un posto scoglio eventualmente costituito nella Z.S .. Il caposaldo di plotone inglobato in un caposaldo di compagnia a struttura nucleare: ha il compito di concorrere al mantenimento di una posizione; è caratterizzato da dominio della via tattica da interdire, impenetrabilità agiro d'orizzonte, autonomia tattica e logistica intesa come capacità di resistenza ad oltranza; si articola di massima in 4+5 centri di fuoco avanzati e uno o più centri di fuoco arretrati in relazione ai rinforzi ricevuti; ha una ampiezza frontale di 300 + 330 m, una profondità di 250 m, una superficie di investimento di 60000 mq; gli intervalli e le distanze tra i centri di fuoco si aggirano sugli 80 -+- 90 m. L'attività concettuale e organizzativa (13) del comandante si concreta nello stabilire le modalità esecutive per l 'azione e, in particolare, i compiti, la costituzione e l'ubicazione dei centri di fuoco, nonché gli elementi necessari per l'organizzazione del fuoco, dei lavori, dell'ostacolo, della reazione di movimento e della funzione di comando. Il caposaldo di plotone autonomo: ha il compito di sbarrare in proprio una via tattica sussidiaria di particolare rendimento; pur non differenziandosi sensibilmente dal caposaldo minore inglobato, è caratterizzato da una più complessa organizzazione della difesa a giro di orizzonte, da un maggior numero di armi (anche controcarri) in rinforzo, da sviluppo
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del proprio fuoco in profondità, dalla maggiore importanza del rincalzo, dall'onere del controllo degli spazi vuoti nella zona di competenza (la cui area si aggira sui 2 kmq) e dalla esigenza di cooperazione diretta con l'artiglieria e con i mortai (possibilmente affiancamento di UO al comandante del caposaldo). Il centro di resistenza: ha il compito di impedire la penetrazione nemica nell'interno del caposaldo in corrispondenza del tratto di fronte assegnato e di concorrere ad assicurare la continuità del fuoco sul perimetro del caposaldo; ha u_n'ampiezza frontale di 400 m, una profondità di 250 m, intervalli e distan ze tra i centri di fuoco di 80 - 90 m. L'organizzazione del centro di resistenza è analoga a quella del caposaldo di plotone, ma quanto al fuoco essa è diversa, perché l'azione di arresto si esplica soltanto in corrispondenza del tratto di fronte assegnato e non a giro di orizzonte e la saldatura con i centri di resistenza contigui deve essere assicurata con le proprie armi. Il posto scoglio, per la sua costituzione e per le sue funzioni, può essere assimilato al caposaldo di plotone autonomo; è caratteristico in montagna e sui te rreni fortemente accidentati e l'az ione di fuoco che svolge è coordinata con quella di contrasto dinamico svolta dagli clementi che operano in corrispondenza delle posizioni su cui è investito il posto scoglio. Nella reazione di movimento il plotone cos tituisce rincalzo di una struttura statica di compagnia oppure aliquota del rincalzo di gruppo tattico. Esso, nell'ambito di una struttura statica presidiata da una compagnia, può costituire ri ncalza predesignato (è predesignato quando il suo compito primario si ide ntifica con il presidio di una parte della struttura), o rincalza p recostituito (è precostituito quando il suo compito primario si identifica con il contrassalto). In un caposaldo a struttura nucleare, il rincalzo è , di norma, dislocato nel caposaldo minore arretrato, a presidio della s truttura se predesignato, ovvero in ricoveri se precostituito. Quale rincalzo predesignato il plotone: impiega nel contrassalto due o tre squadre assaltatori lasciando nel caposaldo la squadra armi leggere ed eventualmente una squadra assaltatori a presidio della struttura per il caso del fallimento d el contrassalto; in vis ta d ell'impiego, si attesta su di una linea di parte nza nelle vicinanze d el caposaldo minore a favore del quale deve sviluppare il contrassalto; assume di norma la formazione con le squadre assaltatori tutte avanzate e inte rvallate fra di loro di 25 --,-- 30 mal massimo; sviluppa la sua azione possibilmente dall'alto, o su di un fianco dell'avversario, nel momento in cui questo sta per assaltare gli elementi a difesa del tratto vitale del caposaldo minore; ad azione riuscita, ripristina il presidio della posi-
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zione con tutte o parte delle sue forze. Quale rincalzo precostituito, predispone postazioni per raffittire la cintura di fuoco del caposaldo minore in cui è dislocato, sviluppa il contrassalto con le forze all'uopo stabilite e con le modalità indicate per il rincalzo prcclesignato ed attiva le posizioni predisposte qualora il comandante di compagnia rinunci al contrassalto. In un caposaldo a struttura unitaria il plotone, quale rincalzo predesignato: presidia il centro cli resistenza arretrato; qualora impiegato nel contrassalto, muove da una linea di partenza ubicata all'interno del centro di resistenza e, in linea di massima, fruisce anche del concorso di fuoco de lle squadre rimaste apresidio del centro di resistenza. Nell'azione di contrasto dinamico, il plotone: può essere incaricato di costituire un posto di sbarramento su terreni montani nei quali non sia possibile l'impiego di unità meccanizzate, alle quali di norma è affidata l'azione di contrasto dinamico, e, per l'impiego, il plotone è di massima autoportato e semp,-e rinforzato con armi controcarri ed eventualmente con mezzi radio; si schiera in corrispondenza di una via di facilitazione per mezzi corazzati con il compito di inibire ad essi l'uso della strada; riceve concorso di fuoco di artiglierie e di morta i; si articola su di una o due squadre assaltatori, che costituiscono posti di osservazione e di allarme, un'aliquota controcarri (costituita d a uno o due pezzi controcarri e dal gruppo lanciarazzi della squadra armi leggere) e una aliquota (la restante) costituita dalla squadra armi leggere e da una o due squadre assaltatori per la costituzione di centri di fuoco. L'azione di contrasto dinamico è condotta su linee successive, sulle quali il posto di sbarramento si garantisce direttamente dagli aggiramenti a breve raggio con i centri di fuoco e da quelli a medio raggio con i posti di osservazione cd allarme; a largo raggio sono le pattuglie coordinate ai livelli superiori a garantirlo dall'aggiramen to. Es istono alcune differenze nella costituzione e/o nei procedimenti di azione dei posti di sbarramento a seconda delle situazioni ne lle quali il posto di sbarramento trova impiego: nell'ambito di un dispositivo di sicurezza (difesa agiro di orizzonte, non reiterazione dell 'azione in profondità, resistenza in posto fino all'arrivo cli altre forze); a protezione di una zona di scarico (costituito per· trasformazione delle pattuglie in precedenza impiegate lungo gli itinerari utilizzati dall'unità in movimento ed operante con gli stessi procedimenti di quello inserito in un dispositivo di sicurezza); nel controllo di zone estese ([unzione controcarri ridotta); nel quadro di un attacco ad un abitato (difesa a giro di oriz·zonte, adozione dei procedimenti de l plotone inserito in un dispositi-
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vo di s icurezza). Il plotone inserito in un complesso mobile, su terreni montani, dà vita a pattuglie che agiscono appiedate, sui fianchi dei solchi o per l'alto, con il compito di ostacolare il pattugliamento nemico, opporsi ad infiltrazioni tendenti all 'aggiramento degli elementi del complesso mobile operante nel fondo valle, favori re la rottura del contatto di questi ultimi. Il plotone fucilieri nell'abbandono delle posizioni adotta, come già nel passato, procedimenti diversi a seconda che l'operazione, eseguita possibilmente di notte, avvenga sotto o f uo1-i della pressione nemica. Le modalità sono più o meno le stesse di quelle indicale nella pubblicazione 2200 del 1948. L'azione, oltre che fruire <lei fuoco di sostegno dell'artiglieria e dei mortai, può essere favori La dalle punlate offensive sviluppate, nel quadro dell'azione condotla dalla compagnia, da mezzi corazzati eventualmenle in rinforzo. I cenlri di fuoco ripiegano sotto la protezione di uno di ess i, di massima, di uno arretrato; ma se questo non è inizialmente in condizioni di dare dirclla protezione di fuoco alle altre squadre del plotone, modifica preventivamente lo schieramento di alcune armi allo scopo di assumere la dislocazione idonea a dare protezione. Le squadre si portano a l punto di afflusso (comandante del plotone e gruppo lanciarazzi controcarri in coda) con movimento continuo e s uccessivarnenlc, su or·dinc, si porta a l punto di afflusso anc he il centro di fuoco rimaslo a presidio delle posizioni già occupale. Se il nemico ha superalo l'ostacolo a diretta protezione della strutlura, le posizioni non debbono essere abbandonate e perciò, qualora il movimento non abbia ancora avuto inizio, l'intero plotone resiste in posto, mentre ove i centri di fuoco abbiano già iniziato il ripiegamento, quello rimasto a presidio delle posi zioni si sacrifica per permetlere il recupero delle rimanenti squadre del plotone. TI capilolo seslo della 714 esamina l'impiego del plotone fucilieri in azioni cd ambienli par·licolari c he ne differenziano notevolmente le modalità d'azione da quelle normali. L'azione particolare è quella dell'attacco contro strutture fortificate, mentre g li ambienti particolari considerati sono quello dei boschi e quello degli abitati, nei quali sia l'attacco sia la difesa modificano parzialmente i loro procedimenti abituali. L'attacco contro strutture fortificate, anche quando condotto dal plotone iso lato, è organizzalo e pianificato ai livelli superiori. Esso tende a rompere in alcuni punti la sistemazione avversaria per disarticolare il sistema delle postazioni blindate e per creare le condizioni necessarie al la successiva penetrazione di altre unità. Il p io-
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tone è sempre rinforzato con pionieri, con armi idonee al tiro di imbocco, con lanciafiamme; è, altresì, sostenuto dal fuoco dei livelli superiori. Esso si articola di norma in: una squadra assai latori avanzala, affiancata ai lati dalla squadra armi leggere articolata in gruppi; in una prima aliquota di pionieri destinata all'apertura dei corridoi (di norma due) nel campo minato; in una seconda aliquota di pionieri, destinata alla distruzione della postazione blindata; in aliquota cannoni senza rinculo e missili filoguidati; in due squadre assaltatori di rincalzo. Le distanze e gli intervalli tra le squadre sono ridotti e si aggirano sui 40 ..,.. 50 m. Filmato dell 'azione: preparazione di artiglieria, di mortai ed eventualmente delle forze aerotattiche; azione delle basi di fuoco di gruppo tattico e di compagnia; attestamento del plotone con i suoi elementi avanzati a circa 150 -;- 200 m dal campo minalo; scavalcamento della squadra assaltatori avanzata da parte della prima aliquota di pionieri; apertura dei corridoi (due); trafilamento della squadra assaltatori avanzata protetta dall'azione di accecamento da parte delle squadre di rincalzo e s uo s piegamento oltre l'ostacolo
per battere da vicino, anche con bombe antipersonale da fucile, le postazioni ancora attive; raggiungimento da parte della seconda aliquota di pionieri, sotto la protezione del fuoco della squadra armi leggere (attestatasi ai lati dei corridoi) e della squadra assaltatori avanzata, della postazione blindata e distru zione di questa con cariche esplosive e, se necessario, con getti di lanciafiamme contro il personale; trafilamento d e lle squadre di rincalzo e da ultimo della squadra armi leggere; rastrellamento e consolidamento; eventuale ulteriore infiltrazione nella struttura fortificata da parte delle squadre di rincalzo e dei pionieri e successiva distruzione di altre postazioni blindate; nel caso di insuccesso: le squadre cli rincalzo proteggono il ripiegamento dello intero plotone sulla base di partenza. Nell'attacco nei bosc hi, nel qua dro dell'azione condotta in boschi estesi dall'unità al livello superiore, il plotone può costituire plotone avanzato o rincalzo. Quale plotone avanzato: è rinforzato, di norma, con pionieri e con armi a tiro leso; ass ume un dispositivo più raccolto di quello normale sia ne l senso della fronte che in quello della profondità (dispositivo con due squadre avanzate: fronte di spiegamento 150 m, profondità 100 m, intervallo a distanza tra le squadre 50 m); avanza per l'assalto con maggiore sistematicità del caso normale. In sede di organizzazione occorre: provvedere a materializzare la direzione di attacco almeno della squadra di direzione, con una serie di contrassegni allorché manchino particolari topografici od elementi caratteristici di sicura individuazione; tenere presente l'eventualità che non sia possibile dalla
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base di partenza una inequivocabile indicazione degli elementi nemici da eliminare e dell'obiettivo di attacco e conseguentemente definire uno o più punti sui quali saranno completati ai comandanti di squadra ordini e indicazioni; costituire fin dall'inizio una base di fuoco di plotone comprendente anche le mitragliatrici in rinforzo; prevedere una larga dotazione di bombe unificate lanciabili con il FAL. Il plotone procede regolando rigidamente il movimento sulla squadra di direzione; la base di fuoco segue inizialmente, articolata in gruppi, le squadre avanzate, portandosi in linea con esse in caso di necessità d'intervento e si schiera, successivamente, sulle posizioni fissate dal comandante del plotone, per sostenere il movimento delle squadre a distanza ravvicinata dalle postazioni da eliminare. Il consolidamento, oltre che sull'obiettivo di attacco, può essere effettuato su elementi topografici di maggiore rilievo precedentemente definiti al fine di controllare le vie di comunicazione. Quale plotone di rincalzo, è impiegato per la protezione dei fianchi del dispositivo della compagnia da puntate offensive dell'avversario, per la sostituzione di un plotone avanzato, per la prosecuzione dell'azione in profondità in caso di sviluppo favorevole della situazione o per il rastrellamento e l'eliminazione dei nuclei di resistenza superati dai plotoni avanzati. Nel rastrellamento di boschi, il plotone può essere impiegato, isolato ovvero inquadrato, per catturare gruppi isolati di paracadutisti o di guerriglieri i quali, di norma, tendono a mettere in atto una tattica evasiva. Il plotone isolato nel rastrellamento di un piccolo bosco o di una macchia boschiva di limitata entità: provvede, in primo luogo, a controllare il perimetro con la squadra armi leggere; si articola in una linea di balli turi, uno o due f!.ruppi di sostegno e un rincalza. La linea di battitori percorre il bosco da un albero all' altro e di cespuglio in cespuglio mantenendo l'allineamento (il numero dei battitori e l'intervallo tra i singoli sono in relazione all'ampiezza della zona da rastrellare ed alle condizioni di visibilità; ciascun battitore deve vedere i due contigui); i gruppi di sostegno (ciascuno su 3 -:- 4 assaltatori e su di un gruppo mitragliatori) concorrono alla progressione dei battitori e provvedono alla materiale operazione di rastrellamento del personale e dei mezzi; il rincalzo segue, al centro della formazione, i gruppi di sostegno con funzione di alimentazione. Allorché i battitori incontrano una qualunque resistenza si mettono al coperto, fanno fuoco in direzione dell'elemento avversario e chiamano il gruppo di sostegno più vicino che, ricevute dai battitori le indicazioni necessarie, raggiuhge una posizione sul fianco del nemico, dalla quale provvede ad
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eliminarlo con il fuoco. Nei boschi estesi il plotone: opera in quadrato in un'unità di ordine superiore; costituisce la linea dei battitori con gli assaltatori, i gruppi di sostegno con i gruppi mitrngliatori, il rincalzo con la squadra armi leggere. Nella di resa attuata in boschi estesi, il plotone, nell'ambito dell'unità di livello superiore, può essere impiegato per reiterare l'azione di resistenza e di arresto su posizioni predisposte in profondità, per sviluppare reazioni di movimento e per costituire pattuglie. Quando destinato a reiterare l'azione di resistenza e ùi arresto, il plolone: predispone almeno due strutture statiche che attiva in successione di tempo; riceve normalmente in rinforzo armi a tiro teso; assume uno schieramento tendenzialmente lineare; organizza un accurato servizio di osservazione; dà vita a molti centri di fooco (una squadra assaltatori ne può costituire anche due: uno con il fucile mitragliatore, uno con un nucleo di armati di FAL) dislocati lungo le vie di comunicazione o in corrispondenza <li radure, incroci, ecc. e, ognuno, ha il proprio rincalzo costituito da un nucleo assaltatori largamente dotato di bombe a mano; predispone, eventualmente, anche un proprio rincalzo; quando ripiega, è favorito dall'azione di contrasto dinamico svolta dalle pattuglie nello spazio interposto tra la posizione avanzata e quella successiva. Nell'attacco negli abitati, il plotone può agir-e inquadrato in una unità incaricata dell'azione avvolgente, in una unità incaricata dell'azione frontal e, in una unità incaricata del rastrellamento ovvero può agire isolato. Inquadrato in una unità incaricata dell'azione avvolgente, può costituire aliquota avanzata o rincalzo; nel primo caso, è di norma rinforzato con armi a tiro teso, è impiegato per eliminare gli elementi difensivi di un accesso all'abitato, opera con le modalità del plotone isolato nell'attacco, e liminati gli clementi difensivi si sistema a difesa in corrispondenza de lla via di accesso all'abitato ed organizza un posto di sbarramento a giro d'orizzonte; nel secondo caso - aliquota <li rincalzo è impiegato per alimentare l'azione dell'aliquota avanzata e per garantire i fianchi del dispositivo della unità nella quale è inquadrato. Inquadrato in una unità incaricata dell'azione frontale, può costituire plotone avanzato o rincalzo; nel primo caso: è di norma rinforzato con armi a tiro teso, lanciafiamme, pionieri ed eventualmente con uno o due carri o semoventi controcarri; si articola su due squadre assaltatori avanzate (che procedono in fila ai bordi d ella strada con i gruppi mitragliatori sul lato opposto di quello lungo dei rispettivi gruppi assaltatori), su di una squadra assaltatori in rincalzo (rimanenti pionieri e lanc iafiamme), su <li un nucleo armi a tiro teso in rinforzo (co-
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stituente appoggi fissi potenziali di fuoco); attacca i nuclei di resistenza asserragliati nelle case solo se questi ne impediscano la progressione; utilizza gli appoggi di fuoco per mantenere sotto controllo le strade e gli edifici (quanto meno i piani superiori); muove, con le squadre avanzate protette dal proprio gruppo mitragliatori, avvicinandosi agli edifici per individuarne gli ingressi ed operarne l'apertura con il lanciarazzi se assegnato in rinforzo o con le bombe unificate per fucili; avanza il più rapidamente possibile lungo la strada; real izzati gli accessi ad un edificio, i gruppi assaltatori balzano verso di essi e penetrano rapidamente nell'interno dopo aver effettuato, immediatamente prima, lanci di bombe a mano; appena penetrati, i primi assaltatori si dispongono con le spalle al muro e prevengono, con raffiche di FAL, la reazione degli elementi avversari eventualmente barricati negli angoli o dietro i mobili; analogamente le squadre avanzate si comportano per ogni stanza del piano terra salendo poi al piano superiore dove ripetono l'operazione con la stessa tecnica; durante l'azione le squadre avanzate si proteggono vicendevolmente sicché il gruppo assaltatori, che ha eliminato la resistenza nell 'edificio attaccato, attende prima di procedere che il gruppo assaltatori operante sull'altro lato della strada si porti alla sua altezza (il sostegno reciproco attraverso le fines tre o dall'alto è più redditizio di quello del Fucile mitragliatore dal basso); impiega il rincalzo per sostenere la squadra più impegnata. Quando il plotone è rincalzo di compagnia, viene impiegato per alimentare l'azione dei plotoni avanzati e per costituire, nei punti nevralgici dell'abitato, posti di sbarramento che servono a frazionare le difese ed a costituire ancoraggi temporanei a premessa dello sviluppo dell'azione in profondità. Inquadrato in una unità incaricata de l rastrellamento, il plotone è impiegato per rastrellare sistematicamente una strada e le case ai lati di questa. Prima di procedere, si costituisce un appoggio fisso di fuoco (di massima con le armi a tiro teso ricevute in rinforzo) che gli guardi le spalle e poi procede lungo l'itinerario con il sostegno di Ul,l appoggio mobile di fuoco, di norma costituito dalla squadra armi leggere, che ha il compito di tenere la strada e le case sotto il tiro delle proprie arm i e di seguire la progressione delle squadre assaltatori che rastrellano i fabbricati ai lati della strada. Ciascuna squadra assaltatori si articola in un gruppo di rastrellatori (gruppo assaltatori) e in un gruppo di sostegno (gruppo mitragliatori); mentre il gruppo di sostegno è pronto ad agire con il fuoco contro porte, finestre e tetti, il g ruppo di rastrella tori penetra nell 'edificio cercando di raggiunge re il tetto o i piani superiori,
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procedendo successivamente al rastrellamento dall'alto verso il basso. Per tutta l'azione un assaltatore rimane all'ingresso per mantenere il collegamento con il gruppo di sostegno e con il comandante del plotone. Il gruppo rastrellatori, che agisce con la massima rapidità, ma non senza circospezione, impiega un assaltatore per aprire una dopo l'altra le porte e sorvegliare pianerottoli e scale, mentre il comandante penetra rapidamente in ogni stanza seguito da un altro assaltatore disponendosi, entrambi, con le spalle al muro ai Iati della porta, pronti ad aprire il fuoco. Compiuta l'ispezione di tutto l'edificio, il gruppo rastrellatori passa a quello adiacente, possibilmente attraverso il tetto, mentre il gruppo di sostegno avanza lungo la strada e assume una nuova posizione idonea per sostenere l'azione contro il nuovo edificio. Il comandante del plotone con la terza squadra assaltatori muove dietro l'appoggio mobile per coordinare l'azione dei rastrellatori, sostenerli e concorrere alla loro opera, specie quando l'esistenza di grandi cortili, giardini, ecc. ne impone il rinforzo. Il plotone fucilieri isolato può essere incaricato di rast r ellare un piccolo gruppo di case isolate. Il plotone: provvede a circondare l'abitato postando i gruppi mitragliatori in modo da dominare con il fuoco gli sbocchi e possibilmente l'intero perimetro; procede con i gruppi rastrellatori da un margine all'altro dell'abitato oppure converge con tali gruppi dall'esterno verso il centro, ispezionando prima le immediate adiacenze delle case e successivamente le case stesse; mantiene sotto il fuoco potenziale dei fucili mitragliatori le finestre dei piani superiori e i tetti delle case; prosegue il rastrellamento a squadre intere, quando, penetrando nell'interno dell'abitato, venga a mancare la protezione dei fucili mitragliatori dislocati esternamente. Nella difesa di abitati condotta dall'unità al livello superiore, il plotone può assumere la responsabilità di un settore dell'area di competenza della compagni a per sbarrare un accesso all'abitato o può costituire rincalzo. Nel primo caso il plotone, di norma rinforzato con armi a tiro teso: costituisce centri di fuoco dislocati sul margine esterno dell'abitato (gravitazione del fuoco controcarri in corrispondenza della direzione d'attacco da interdire); predispone a difesa alcuni edifici per reiterare in profondità l'azione; mette in opera un sistema di ostacoli (mine, abbattute, barricate, ecc.) nelle strade principali per frazionare e rendere ancora più difficoltosa la progressione nemica. L'apprestamento a difesa dei fabbricati si realizza mediante misure atte a: assicurare l'azione di fuoco (armi di reparto in postazioni arretrate rispetto alle finestre nei piani terra, realizzazione di piccole feritoie
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nei muri o nel vano delle finestre protette con sacchetti a terra o di fori nei pavimenti per il lancio di bombe a mano dall'alto, predisposizione di postazioni esterne nei giardini o nei cortili per controllare gli ingressi al fabbricato, sgombero del campo di tiro ricorrendo anche a parziali demolizioni di muri o costruzioni esterne); protegger·e il personale (utilizzazione degli scantinati come ricoveri dalle offese aeree, realizzazione di telai con tavole e lamiere al di sopra delle postazioni per proteggere i tiratori dalla caduta di materiale dai soffitti, sistemazione sul pavimento di sacchetti per salvaguardare il personale delle postazioni situate nei piani superiori contro colpi sparati dal di sotto, eliminazione dei vetri dalle finestre realizzando la protezione a prova di pallottola di quelle non utilizzate, protezione con rete metallica sulle finestre a pian terreno per impedire il lancio di bombe a mano nell'interno, costruzione con le masserizie di barricate <lietro le porte e negli angoli delle stanze, sistemazione di un ostacolo protettivo ad una dist<1nza dal fahhricato superiore a quella di lancio di bombe a mano da parte dell'avversario, predisposizione su ogni pianerottolo di attrezzature e di materiali antincendi); garantire la possibilità di movimento al coperto, rendendo comunicanti i fahbricati contigui mediante fori nei muri, specie in corrispondenza di cantine o scantinati, o sfruttando cunicoli sotterranei. Quale rincalzo di una compagnia che abbia organizzato in proprio la difesa di un piccolo centro abitato, il plotone, di norma schierato nella parte centrale dell'abitato stesso, è impiegato per alimentare le unità a difesa dei singoli settori e per riconquistare posizioni dovute abbandonare. Il plotone fucilieri alpini utilizza gli stessi procedime nti del plotone fucilieri con alcune differenzc che riguardano sia il movimento, sia l'attacco, sia la difesa. Nel movimento a contatto con il n emico: il ricorso al movimento a piedi è molto più frequente o per la mancanza di un'adeguata rete rot~bile o per la necessità di salire in quota; il plotone riceve in rinforzo nuclei per il trasporto di parte delle armi di reparto e delle dotazioni d'arma; la formazione più ricorrente è quella in fila; le distanze e gli inte1-valli nel dispositivo del plotone possono s ubire variazioni sensibili rispetto a quelle medie normali. L'impiego del plotone per la costituzione di una punta, n el dispositivo di sicurezza messo in atto dall'unità al livello superiore, è da considerare normale quando il movimento si sviluppi per raggiungere posizioni non occupate da truppe amiche. Nell'attacco, la maggior·c autonomia operativa di cui fruisce il plotone, anche se inquadrato, rende possibile nel suo a mbito l'attuazione della manovra, ma solamcn-
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te entro i limiti consentiti dalle esigenze della comandabilità. Le squadre avanzate, ferma restando la necessità di garantirsi il reciproco appoggio di fuoco, possono assumere intervalli maggiori che consentano di puntare sugli elementi attivi della difesa per di rczioni diverse; la squadrn di rincalzo può seguire una direzione eccentrica, rispetto a quelle assegnate alle squadre avanzate, che possa consentire di impegnare l'avversario su di un fianco o, addirittura, sul tergo; la squadra armi leggere e le mitragliatrici e cannoni senza rinculo ricevuti in rinforzo costituiscono base di fuoco, anche nel caso che il plotone agisca inquadrato. Nella difesa, il plotone è impiegato per organizzare e presidiare un caposaldo autonomo o per concorrere alla costituzione di un complesso mobile. Quando dà vita ad un capo saldo autonomo, il plotone: è normalmente rinforzato da armi di accompagnamento; può assumere la responsabilità di una propria zona di competenza; organizza il caposaldo al di fuori di ogni schematismo cù avuto riguardo alle caratteristiche del terreno; impiega il rincalzo più frequentemente nella reazione dinamica - favorita dal fatto che l'attacco è condotto da truppe a piedi, la progressione dell'avversario è lenta e faticosa e dà luogo ad infiltrazioni di modesta entità, il terreno offre in genere buone possibilità al contrassalto dall'alto o sul fianco della formazione penetrata - che non nella resistenza in posto; può essere impiegalo, anche al di fuori della sua zona di competenza, per attivare caposaldi predisposti o tratti di campo minato di interdizione o per effettuare reazioni dinamiche. AHorché faccia parte di un complesso mobile, il plotone, eventualmente rinforzato con esploratori, concorre al controllo degli spazi vuoti nella P.R. con il compito di ostacolare il pattugliamento nemico, impedire le infiltrazioni e contrastare le penctra;,.ioni e sviluppa la sua azione sui fianchi dei solchi e per l'alto, in cooperazione con le unità meccanizzate e controcarri operanti nel fondo val le. Il plotone fucilieri paracadutisti adotta i procedimenti tecnicotattici del plotone fucilieri, ma l'impiego a seguito di aviolancio e il particolare ambiente operativo in cui agiscono le aviotruppe ne condi zionano le modalità d'azione. La 714 limita l'esame alle attività tipiche che il plotone svolge a seguito di aviolancio - riordinamento dopo l'aviolancio, movimento a contatto con il nemico, difesa a tempo determinato di posizioni - e rimanda per le alLre alle pubblicazioni specifiche della serie 700 o agli STANAG's. Nel riordinamento a terra dopo l'aviolancio - fase critica di vulnerabilità - il comandante del plotone d eve in sede organizzativa: precisare tutti gli accor-
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gimenti tecnici per facilitare il riordinamento; informare il personale incaricato del recupero dei materiali circa i segnali applicati ai singoli carichi; dare disposizioni sul comportamento da tenere nel caso che il reparto sia impegnato dal nemico nella zona di lancio oppure nell'eventualità che qualche nucleo atterri fuori della zona prevista; precostituire ed orientare sull'azione pattuglie o nuclei che, ove disposto dal comando superiore, debbano concorrere ad assicurare la protezione delle zone di lancio. L'operazione è agevolata da una opportuna distribuzione negli aerei degli uomini e dei materiali tendente a far sì che il plotone possa prendere terra nello stesso tratto della zona di lancio (riordinamento verticale). Nel movimento a contatto con il nemico - che coincide con l'avvicinamento o con il movimento per raggiungere posizioni da occupare preventivamente - il plotone: muo- . ve di norma interamente a piedi dall'area di riordinamento fino alla base di partenza o alle posizioni da occupare; adotta frequentemente la fo1-mazione a losanga che consente l'immediata azione di fuoco in tutte le direzioni; dà sicurezza al dispositivo e agevola l'assunzione della formazione di attacco. Nell'attacco, il plotone fucilieri paracadutisti, anche quando inquadrato, gode di maggiore libertà di azione, sia per quanto dguarda l'organizzazione del fuoco di accompagnamento, sia pe1- quanto riguarda le modalità dell'avanzata per l'assalto. Il plotone: precostituisce frequentemente una propria base di fuoco, uti1izzando anche le mitragliatrici e i cannoni senza rinculo in rinforzo, sia perché non può benefici,ffe dell'accompagnamento della base di fuoco di compagnia (costretta ad operare su ampi spazi), sia perché deve poter intervenire contro obiettivi per la quasi totalità imprevis ti; avanza per l'assalto con grande rapidità e spregiudicatezza - scarsa consistenza dell'obiettivo da attaccare, assenza in via normale ckll'ostacolo minato, immediata utilizzazione del fuoco di accompagnamento sviluppato direttamente dal plotone - e il suo movimento non è cadenzato in fasi legate all'erogazione del fuoco di appoggio e di accompagnamento dei livelli superiori; si consolida immediatamente sulla posizione conquistata od occupata. Nella difesa a tempo determinato, il plotone è inserito in un complesso di forze destinato alla difesa di una testa di ponte o di sbarco oppure alla intercettazione di unità nemiche in afflusso. In tale quadro può costituire: posti di sbarramento (nel caso faccia parte di un dispositivo di sicurezza organizzato sul davanti di strutture statiche che difendano un'area a tempo determinato); pattuglie per il controllo degli intervalli tra i posti di sbarrame nto e tra le strutture statiche; una struttura statica (allorché fac-
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eia parte di un'unità a presidio di un settore di un'area da difendere a tempo determinato); rincalzo di un settore di compagnia o eventualmente a liquota del rincalzo di gruppo tattico. Il posto di sbarramento (due armi controcarri, almeno una squadra assaltatori, elementi del genio e delle trasmissioni) sviluppa di massima la sua azione da distanza ravvicinata con i procedimenti della tecnica di agguato, protrae la resistenza per tempi brevi, reitera l'azione dal maggior numero di posizioni possibili, ricorre invece al fuoco a distanza quando è schierato dietro ostacoli e dis tacca in tali casi uno o due pos ti di osservazione ad allarme. La struttura s tatica è costituita di norma da un plotone rinforzato, è investita su pos izioni intrinsecamente forti, intercetta una via tattica, ha un'accentuata ampiezza frontale ottenuta con la proiezione in avanti dei centri di fuoco (500 - 600 m nel caso di disponibilità di 3 armi controcarri in rinforzo), esercita il controllo su di un tratto di terreno ampio fino a 1200 + 1500 m, sviluppa la a7.ione. di fuoco alle maggiori di stan7.c cd eventualmente il contrassalto impiegando le forze che presidiano il centro di fuoco arretrato, quando costituito. Il rincalzo o alimenta le strutture statiche e le pattuglie, o costituisce nel corso dell'azione un nuovo elemento dell'organizzazione difensiva, o concorre all'azione di controllo degli intervalli. Nell'eventuale abbandono di posizioni per reiterare la difesa in profondità, il plotone ripiega prima il centro di fuoco arretrato se costituito, quindi i centri di fuoco avanzati meno i gruppi assaltatori ed infine i gruppi assaltatori e le armi controcarri. ll plotone fucilieri conserva, in sostanza, i compiti attribuitigli nella regolamentazione precedente, ispira l'azione a criteri pressoché identici a quelli della 2200 e opera con procedimenti tecnico-tattici simili, ma perfezionati rispetto al passato. La tecnica d'impiego è assa più raffinata. Il suo ordinamento resta quello di tre squadre assaltatori e di una squadra armi leggere, mentre il suo organico perde tre assaltatori. Muta notevolmente l'armamento, vale a dire l'entità, il tipo e la velocità di erogazione del fuoco. l 5 fucili mitragliatori MG.42/59 (o l fucile mitragliatore e 4 mitragliatrici su treppiede) sviluppano un volume di fuoco circa sette volte superiore a quello dei 4 B.A.R. g ià in dotazione; le 32 armi automatiche FAL Bcrctta 7,62 mm N.A.T.O. sono capaci di fuoco a utomatico efficace fino ad una distanza di 300 + 350 m, di lanci di bombe (antipersonale, nebbiogene, illuminanti, controcarri) a corta gittata (170 m); il lanciarazzi controcarri ha una gittata di 350 m rispetto a quella di 100 m dell'analoga arma precedente. I FAL erogano, ovviamente, nell ' unità di tempo un
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solo tipo di fuoco (o automatico, o a tiro curvo, o controcarri), per cui si può dire che il plotone viene a disporre, mediamente, di 1O armi automatiche individuali, 10 lanciagranate e 10 armi controcarri a corta gittata. La nuova potenza di fuoco è 40 volte in attacco e 50 volte in difesa superiore rispetto alla precedente. Il plotone, nonostante ciò, non muta la sua fisionomia tradizionale, solo che esso ora è in grado, operando entro gli stessi limiti di spazio, di fare ciò che anche prima gli veniva richiesto, ma che allora il numero e il tipo delle armi in dotazione e le loro prestazioni tecnico-balistiche non gli garantivano di poter fare con efficacia. TI nuovo armamento incide in misura sensibile sui procedimenti tecnico-tattici che la 714 giustamente modifica e perfeziona, ma non sulle possibilità di impiego dell'unità, alla quale la 714 non chiede molto di più o di diverso di quanto non facesse la 2200. In attacco, la disponibilità di tiro curvo, nebbiogeno e controcarri offerta dai FAL favorisce l'operazione di forzamento dell 'ostacolo e di Lr·afilamento attraverso i corridoi, mentre la grande disponibilità di fuoco automatico (con Liro in caccia o dall 'anca) facilita l'assalto e, spesso, finisce con il tradurlo in un semplice rastrellamento. I nuclei mitragliatori delle squadre assaltatori conferiscono a queste, stante il maggior volume <li fuoco erogabile nell 'unità di tempo, una capacità di infiltrazione e <li penetrazione multo più consistente. La squadra armi leggere - su 2 fucili mitragliatori anziché uno e su <li un lanciarazzi bazooka - ha la possibilità di agire con continuità fino alle minime distanze e può essere validamente integrata, in caso di necessità, da qualche FAL, da impiegare su bipiede, da un porta munizioni o da un qualche assaltatore. Le maggiori prestazioni in gittata ed in pe rforazione <lei lanciarazzi controcarri, in uno con il tiro controcarri di alcuni FAL, garantisce un mi g liore quadro di sic urezza dall'eventuale reazione <li carri nemici ed al tempo stesso la possibilità di neutralizzare (prima inesistente) postazioni fortificate. Nella difesa, principalmente nella P.R., il nuovo armamento conse ntè al plotone di costituire un caposaldo minore o autonomo o un centro di resistenza che soddisfi i requisiti proprì dell'uno e dell'altro elemento. TI plotone costituisce ora 5 anziché 4 centri di fuoco, può utilizzare i FAL per battere con tiro curvo, con appoggio per il calcio, gli angoli morti o i punti defilati (azione non possibile con i moschetti automatici) per integrare o raffittire il fuoco delle MG.42/59 non appena queste entrino in azione, per svolgere a 170 mdi distanza efficace fuoco controcarri, per neutralizzare con tiro curvo a 210 m l'avversario non appena questi trarili nel campo minato; può agire con il lanciarazzi ad una dis tanza più che tripla rispetto alla precedente ma, nonostan-
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te tutto ciò, la 714 non sposta in avanti, rispetto al passato, la linea di apertura del fuoco e non amplia la fronte del centro di resistenza. Il criterio su cui si basa la linea di apertura del fuoco resta, a ragione, anche per la 714 quello di aprire il fuoco quando l'avversario, do- · po aver effettuato tutte le possibili azioni di fuoco sulla struttura statica, inizi il trafilamento attraverso i passaggi aperti nel campo minato, quando cioè non sia più appoggiato dal fuoco della propria artiglieria od accompagnato <la quello dei propri mortai e sia convinto di avere distrutto o neutralizzato le <li fese della struttura statica. Una maggiore ampiezza frontale del centro <li resistenza andrebbe a detrimento della profondità e la gittata delle nuove armi non la giustificherebbe; l'esigenza di realizzare gli incroci di fuoco per l'arresto automatico e i punti di saldatura non lo consiglierebbe ed il numero deg li assaltatori disponibili non lo permetterebbe. Fa perciò benissimo la 714 a interpretare l'incremento <lei volume e della celerità di fuoco nell'unità di tempo come un quid dovuto al plutone per 4uello che già era prev isto dovesse fare, non per accrescerne la portata dei compiti o dilatarne i limi ti dei settori <li azione.
5. La pubblicazione n. 5883 - Procedimenti tecnico-tattici della squadra assaltatori (n. 715 della serie dottrinale) - che vide la luce contemporaneamente alla 714 (14), delinea i procedimenti tecnico-tattici della più piccola unità organica di fanteria che conserva integra la fisionomia del passato. I prncc<limcnti sono riferiti ai terreni di m edia accidentalità e copertura, hanno largo m argine di applicabilità e sono validi in tutti i possibili diversi ambienti operativi . La squadra continua ad operare normalmente nel quadro del plotone mediante la combinazione del fuoco e del movimento nell'attacco e l'azione di fuoco di arresto nella difesa. Continua, altresì, ad essere costituita da un gruppo assallaturi (4 anziché 5) e un gruppo mitragliatori . Nel quadro plotone la squadra può far parte di un grosso in movime nto (in lontananza o a contatto con il nemico) o in stazionamento, di un dispositivo di sicurezza in marcia o in stazione, di un dispositivo di attacco con funzione di squadra avanzata o di rincalzo, di un'organizzazione difensiva per svolgere azione di arresto, di contrassalto o di contrasto dinamico. L'impiego isolato resta eccezionale. Le formazioni
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sono queHe abituali: in fila, aperta, a cuneo, spiegata. Le distanze e gli intervalli fra uomo e uomo (2 - 5 m) e fra gruppo e gruppo (20 m), come pure la fronte di spiegamento (40 + 50 m), non subiscono varianti rispetto al passato. Nel movimento e nello stazionamento la squadra assaltatori è inquadrata ed è normalmente autotrasportata, sistemandosi in relazione al mezzo di trasporto - 1 autocarro leggero o 2 autovetture daricognizione, o AMX/12, o Ml 13 - secondo schemi prestabiliti (che la pubblicazione indica), peraltro variabili quando particolari condizioni di ambiente o di situazione lo consiglino. In ogni caso, la disposizione del personale a bordo deve consentire l'osservazione, anche a giro d'orizzonte, la pronta reazione di fuoco e il rapido appiedamento: posto da occupare nel veicolo, settore di osservazione, direzione di tiro in modo da conseguire l'automatismo necessario alla tempestiva reazione. Nel movimento a piedi - al quale la squadra passa nell'ultima fase dell'avvicinamento - l'unico tassativo compito della squadra è quello di avanzare decisamente, curando la propria sicurezza e conservando la posizione assegnatale nel dispositivo del plotone. Il movimento - secondo le formazioni di volta in volta più appropriate in relazione alla distanza dal nemico, dell'attività della sua aviazione e della sua artiglieria, della copertura che il terreno offre - è regolato nell'ambito del plotone dalla squadra di testa o dalla squadra di direzione, senza vincoli di allineamento o rigidità di intervalli e distanze. Gli uomini di coda e quelli laterali sorvegliano tergo e fianchi della squadra e mantengono il collegamento a vista con le unità contigue. Durante lo stazionamento, la squadra assaltatori può far parte del dispositivo di sicurezza incar-icato di proteggere le unità in sosta e in tale caso può costituire da sola una pattuglia o essere inserita in un posto di sbarramento. La squadra assaltatori nell'attacco può essere avanzata o di rincalzo; se avanzata, ha il compito di conquistare l 'obiettivo assegnatole; per adempierlo muove dalla base di partenza, avanza per portarsi a distanza di assalto, assalta la posizione tenuta dall'avversario, si afferma sull'obiettivo. L' uscita dalla base di partenza è contemporanea per i due gruppi della squadra. L'avanzata per l'assalto evolve da una fase iniziale di solo movimento (effettuato in silenzio e senza farsi scoprire, sfruttando l'apporto delle basi di fuoco dei livelli superiori) verso la combinazione di questo con il fuoco delle proprie armi._La squadra impiega il proprio fuoco solo quando vi è costretta dal tiro delle armi avversarie, non sufficientemente neutralizzale dall'azione di ac-
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compagnamento delle basi di fuoco dei livelli superiori. Nella prima fase dell'avanzata per l'assalto, allorché la linea di partenza sia ubicata a più di 600 m dalle posizioni nemiche, la squadra muove con sbalzi unitari molto lunghi, alternandoli a brevi pause per mantenere il dispositivo e per adattare le formazioni alla situazione ed al terreno; allorché la linea di partenza sia ubicata a distanza non superiore ai 600 m o, comunque, quando tale distanza viene raggiunta, la squadra assume la formazione spiegata e gli sbalzi, compiuti di massima per gruppi, diventano più brevi e veloci. Nella seconda fase, la squadra, protetta dall'azione delle basi di fuoco di compagnia e di gruppo tattico, continua il suo movimento a sbalzi di gruppo sempre più brevi e sempre diversi per durata, punto di partenza e punto di arrivo dei gruppi stessi; deve dare protezione ai pionieri incaricati dell'apertura del corridoio sulla sua fronte - allorché il forzamento del campo minato venga effettuato con mezzi esplosivi autopropulsi - attestandosi a circa 150 -=- 100 m da l margine anteriore del campo minato, lasciandosi scavalcare dai pionieri e proteggendo con il fuoco del gruppo mitragliatori le operazioni di forzamento. Nella terza fase che comprende il trafilamento attraverso il corridoio e il raggiungimento della distanza di assalto - la squadra, non appena aperto il corridoio, muove a sbalzi, frequenti e brevi, di nuclei (2 -=- 3 uomini) protetti dal fuoco delle armi che sostano momentaneamente tra uno sbalzo e l'altro, sicché la progressione di uno o due nuclei trovi tutte le rimanenti armi della squadra pronte a rintuzzare istantaneamente l'azione di arresto dell'avversario. Il perno della squadra è il fucile mitragliatore che è il propulsore del movimento. La squadra giunge a circa 50 -:- 30 m dal campo minato, da questa distanza converge verso il passaggio e lo attraversa velocemente per aprirsi a ventaglio non appena al di là, si da trovarsi nuovamente spiegata a circa 30 -=- 50 m oltre l'ostacolo. Il trafilamento va effettuato possibilmente di corsa, a nuclei ben distanziati, spingendo avanti, di massima, il gruppo mitragliatori in modo da disporre a distanza ravvicinata di un'arma automatica che con la sua azione di fuoco renda più spedito e sicuro lo spiegamento degli assaltatori. Venuta a trovarsi a 60 -,- 30 m dalle postazioni marginali avversarie, la squadra, se la distanza è ridotta (30 m), inizia subito l'assalto, anche se sia ancora in atto il trafilamento del resto del plotone; se non è possibile effettuare ]'assalto di slancio (distanza di circa 60 m), la squadra prosegue il movimento per nuclei, strisciando per portarsi in posizione idonea al lancio di bombe a mano. L'assalto conserva il valore episodico e si svolge come un succe-
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dersi, dopo il primo slancio, di sbalzi, di raffiche di fuoco, di lanci di bombe a mano e di scontri all'arma bianca più volte reiterati dai singoli componenti della squadra che, di riparo in riparo, di appostamento in appostamento, cercano di raggiungere, con azione regolata individualmente, l'obiettivo della squadra. La profondità dell'assalto di una squadra, allorché nell'ambito del plotone debba eliminare un centro di fuoco avanzato, può essere intorno ai 100 + 150 m. Concluso l'assalto, la squadra può o progredire in profondità per l'eliminazione di elementi di un centro di fuoco arretrato o partecipare al consolidamento. La squadra di rincalzo ha il compito o di concorrere all'assalto, o di rastrellare il terreno conquistato, o di proseguire l'azione in profondità. Durante l'avanzata per l'assalto, essa segue, lungo la direzione assegnatale, il movimento di una delle squadre avanzate a una distanza iniziale che si aggira sull'ordine di 100 + 150 m; agevola il trafilamento delle squadre avanzate con il lancio di bombe da fucile nebbiogene; supera l'ostacolo all' immediato seguito dcllJ squadre avanzate. Quando partecipa all'assalto, la squadra sostituisce od integra una squadra avanzata, che abbia subito perdite rilevanti, effetLuando la sostituzione per affiancamento d'ala o, meno frequentemente, negli intervalli tra le squadre avanzate; quando incaricata del rastrellamento, procede alla perlustrazione delle posizioni conquistate con gli assaltatori che rastrellano, con il fucile mitragliatore pronto a stroncare eventuali sporadiche resistenze; quando destinata a proseguire l'azione in profondità, opera con le modalità proprie della squadra avanzata. La squadra assaltatori nella difesa nell'azione di resistenza predispone e pres idia un centro di fuoco inglobato in un caposaldo (minore o autonomo) o in un centt·o di resistenza nella P.R. o nella P.A.T. ovvero un posto scoglio, eventualmente previsto in Z.S .. Il centro di fuoco inglobato in una struttura statica: ha il compito di arrestare con il fuoco il nemico che avanza su direzioni e settori determinati; si sistema con il gruppo mitragliatori al centro ed il gruppo assaltatori alle ali, suddiviso normalmente in tre nuclei; ha un'ampiezza frontale di 80+ 100 me una profondità di 50 + 60 m; mantiene gli intervalli e le distanze fra le postazioni del fucile mitragliatore e gli appostamenti dei nuclei assaltatori sui 40-45 m. La squadra assaltatori che debba presidiare un centro di fuoco provvede in proprio all'organizzazione dell'elemento difensivo, effettuando i lavori di primo tempo (postazioni, appostamenti, sgombero del campo di vista e di tirò) e quelli di secondo tempo (ricoveri collettivi, camminamenti), discipli-
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nando opportunamente l'attività giorna liera (lavoro, riposo, vigilanza) e dedicando a l riposo le ore diurne e all'attività lavorativa quelle notturne. Solo un terzo degli uomini può riposan: a turno, ma vestito ed equipaggiato, mentre gli altri due terzi provvedono ai lavori cd a lla sorveglianza. Le armi debbono cssere tenute sempre cariche e in posizione, le bombe a mano e le munizioni a portata di mano, i mezzi illuminanti deposti sempre nello stesso posto, in cassette aperte, pronti per l'uso. L'attività lavorativa viene sospesa all'alba perché nessuna manifcstaziorn: di vita deve poter· essere rilevata dal nemico. Il servizio di vigilanza è attuato di norma da vedette accoppiate e nell'ambito di c.:iasc.:una <.:oppia gli uomini iniziano il servizio in ora diversa in modo che, dei due, uno sia sempre più fresco dell'altro. Le vedette devono conoscere il tratto di terreno da sorvegliare, la posizione delle vedette vicine, le pattuglie uscite e che possono rientrare, la parola d 'ordine, il segnale ·di allarme. Al g ruppo mitragliatori vengono assegnati un sctto,·e di tiro normale, un settore di tiro eventuale, una di rezione di tiro per l'arresto automa tico. Il gruppo a ssaltatori integra frontalmente <.:on le proprie armi il ruoco del rucile mitragliatore, protegge il fianc.:o del gruppo mitragliatori quando questo non sia sufficientemente coperto dal terreno o dall'ostacolo, batte con le bombe anlipcrsonalc da fucile i tratti di terreno defilati al tiro delle armi automatiche e interviene con bombe da fucile controcarri contro mezzi corazzati o blindati che riescano ad avvicinarsi al centro di fuoco. Delineatosi l'attacco nemico: il fucile mitragliatore, di giorno, interviene non appena l'avversario giunge sulla linea di apertura del fuoco (250 m) e dirige il tiro contro i nuclei nemici p iù numerosi e pericolosi che avanzino nel settore di tiro no rmale ovve ro ne l s ettore di tiro eventuale (qualora il centro di fuoco non sia direttame nte invest ito); gli a ssaltatori, sempre se di giorno, aprono il f uo<.:o <.:on tiro a utomatico contemporaneamente al fuçile mitragliatore. Di notte o con nebbia: il fucile mitragliatore apre il fuoco, su ordine o segnale convenuto, sulla direzione di arresto automatico, pronto a spostarlo sull'avversario non appena si ,-iveli a lle distanze più ravvicinate; gli assaltatori a tte ndono c.:hc l'avversa rio si sveli a lle brevi distanze per colpirlo <.:on tiro effe ttuato a brevi raffiche. Gli assaltatori, in ogni caso, integrano l'azione con il lancio di bombe antipersonale da fucile diretto nelle zone defilate al tiro teso e l'agevolano, di notte, con il lancio di bombe da fucile illuminanti. Qualunque sia la condizione in cui la squadra venga a trovarsi durante l'azione, e conseguentemente anch e se aggirata od oltrepassa ta, essa resiste sul posto fino all'ultimo uo-
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mo. Quando il centro di fuoco è inglobato in un posto di sbarramento: ha il compito di evitare l'aggiramento a breve raggio delle armi contrncani; fruisce di un ostacolo protettivo di consistenza minore; reitera l'azione in profondità su posizioni successive; sviluppa l'azione fino a quando la progressione nemica non ne comprometta la possibilità di ripiegamento. La squadra assaltatori con funzione di rincalzo ha il compito di presidiare uno dei centri di fuoco arretrati, ma è orientata anche a contrassaltare a favore dei centri di fuoco avanzati cd a sostituire un centro di fuoco distrutto dall'avve r sario. Il contrassalto deve essere sviluppato solo quando esistano buone probabi lità di ristabilire con successo una situazione che stia per essere compromessa . Esso, pertanto, deve essere lancialo contro fanteria a piedi lungo una direzione vantaggiosa che consenta di pervenire ad una completa eliminazione dell'avversario penetrato in uno dei centri di fuoco avanzati; qualora non esistano tali condi zioni , la squadra permane ne l p1·oprio cent ro di fuoco per prolungare l'azione di a rres to svolta dai centri di fuoco superstiti. Per sviluppare il contrassalto, la squadra: s i schiera su di una linea di partenza, fissata nello interno e ne lle immediate vicinanze del centro di fuoco, allorquando l' avversario stia superando il campo minato protettivo; investe con bombe a ntipe r sonale lanciate dai FAL gli clementi avanzati ne mici giunti a dis tanza di assalto e scatta al contrassalto sostenuta dal fuoco degli altri centri in grado di intervenire; sviluppa un succedersi di raffiche di fuoco is tintivo, di lanci di bombe a mano unificate e di scontri con l'arma bianca più volte reiterati dai singoli componenti della squadra fino alla completa eliminazione dei nuclei avversari penetrati; riuscito il cont rassa lto, presidia, con tutte o parte delle sue forze, il centro di fuoco a favore de l quale ha svolto l'azione. Nell'azione di contrasto dinamico, la squadra c ostituisce un posto di osservazione e di allarme nell 'ambito di un posto di sbarramento o di una struttura statica o può concorrere alla costituzione di un complesso mobile operante sui terreni montani (in questo ultimo caso d à vita ad una pattug lia a ppiedata che agisce sui fian c hi de i solchi o per l'alto). La squadra assaltatori alpini nel movimento a contatto con il n emico s i muove con maggiore frequenza a pi edi e la formazione più ricorrente è quella in fila, che consente un migliore sfruttamento d elle vie di comunicazione o di facilitazione che offrano un'accettabi le copertura e defilamento. Nella avanzata per l'assalto, la squadra adatta di volta in volta gli intervalli fra i gruppi cd i singoli a lle caratteris tiche <lel terreno e alle condizioni a mbientali. Ne ll'assalto, da svilup-
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pare quando possibile dall'alto verso il basso, è più frequente il caso che il gruppo mitragliatori, una volta superato l'ostacolo, utilizzi una sola postazione per sostenere gli assaltatori sino alla conquista dell'obiettivo. La squadra può agire spesso isolata e in tale caso è di norma rinforzata con armi di reparto per costituirsi una base di fuoco e sviluppa la sua azione accentuando maggiormente l'articolazione tra i due gruppi. Nella difesa, nei riguardi della squadra assaltatori che costituisca un posto di osservazione e di allarme assume notevole importanza la scelta della posizione iniziale e di quelle successive ai fini dell'osservazione, che è esigenza prevalente su quella dell'azione di fuoco. Per quanto riguarda il centro di fuoco occorre: definire l'ubicazione della postazione e degli appostamenti prescindendo da vincoli di distanze e intervalli regolamentari e tenendo soprattutto conto delle forme del terreno; tendere in linea prioritaria a realizzare l'arresto in corrispondenza dei tratti di obbligato passaggio; organizzare i lavori sfruttando al massimo le accidentalità naturali e assicurando accettabili condizioni di vita al personale; realizzare l'ostacolo protettivo con un minore sviluppo complessivo, ma con una maggiore gravitazione in corrispondenza dei tratti di obbligato passaggio. La squadra assaltatori paracadutisti attua i procedimenti tecnicotattici delineati per la squadra assaltatori del plotone fucilieri con alcune differenze. Il riordinamento dopo l'aviolancio viene attuato, a sua volta, con modalità differenziate in relazione alla diversa posizione che l'unità occupa nell'ambito del dispositivo della unità superiore (nucleo di sicurezza, pattuglia di sicurezza, pattuglia di esplorazione ravvicinata, grosso). Quando inseriti nel nucleo di sicurezza, i paracadutisti si riordinano rapidamente mediante il ricongiungimento con il proprio comandante per poi dirigersi verso il luogo di impiego dove, all'occorrenza, resistono in posto per consentire l'eventuale intervento di forze più consistenti; se inseriti nella pattuglia di sicurezza con compiti di sorveglianza a più largo raggio ed informativi che comportino l'uso di armi pesanti e automezzi, i paracadutisti si dirigono verso il carico previsto per poi raggiungere il luogo di impiego; se fanno parte del grosso della compagnia, si portano al punto di riordinamento per inquadrarsi nel reparto di appartenenza, se dotati di contenitore individuale; raggiungono il carico previsto e successivamente il punto di riordinamento, se addetti all'impiego di armi pesanti o di automezzi. Nel movimento a contatto con il nemico la squadra muove a piedi da ll'area di riordinamento fino alla base di partenza o alle posizioni da occupare preventivamente di massima con la for-
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mazione a cuneo; nell'avanzata per l'assalto, opera con rapidità e spregiudicatezza ed è normalmente sostenuta dall'azione di accompagnamento delle armi organiche e in rinforzo del plotone; nel consolidamento, che assume l'aspetto di una vera e propria sistemazione a difesa, dà immediata esecuzione all'organizzazione del fuoco; nella costituzione di un posto di osservazione ed allarme, può essere impiegata nella sua interezza organica o solo in parte (solo gruppo assaltatori) tenuto conto dei compiti prevalentemente informativi che deve adempiere; nella costituzione di un centro di fuoco avanzato o eventualmente di un centro di fuoco arretrato, impiega le armi alle maggiori distanze. L'impiego della squadra nel contrassalto è eventuale, in quanto eventuale è la costituzione di un centro di fuoco arretrato, a cui di norma è attribuita tale funzione. Le differenze dei procedimenti tecnico-tattici della 715 rispetto a quelli della 2100 sono poche. La squadra continua ad operare: in attacco. sfruttando il terreno. il fuoco di appoggio dell 'artiglieria e di accompagnamento delle basi di fuoco dei livelli superiori, nonché, quando necessario, quello delle proprie armi, per progredire il più celermente possibile e per giungere sull'obiettivo conservando il massimo grado di efficienza; nella difesa, sfruttando la forza intrinseca del terreno, incrementata dai lavori in terra e dall'ostacolo artificiale, e il fuoco organizzato delle proprie armi per arrestare l'avversario e, eventualmente, per contrassaltare gli elementi penetrati in un centro di fuoco. Il nuovo armamento garantisce meglio alla squadra l'adempimento dei compiti già attribuitile nel passato, ma non ne ampia od estende la gamma; anzi, all'impiego della squadra isolata la 715 dà un carattere di eccezionalità ancora più accentuato di quello della 2100.
6. Le pubblicazioni 713, 714 e 715 della serie dottrinale erano state precedute, nel 1966, rispettivamente dalle circolari 5300/026320, 5200/0226320 e 5100/026320 dello stesso ispettorato delle armi di fanteria e cavalleria, con le quali erano stati anticipati gli elementi fondamentali dei procedimenti tecnico-tattici della compagnia, del plotone fucilieri e della squadra assaltatori. Le circolari avevano dato inizio alla fase propedeutica del processo di revisione della regolamentazione d'impiego delle minori unità di fanteria, promuovendo l'at-
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tività sperimentale volta a valutare la rispondenza pratica dei procedimenti delineati nelle pubblicazioni stesse e ponendo alcuni quesiti specifici le cui risposte avrebbero dovuto essere ricavate, in linea priori tana, appunto dalla pratica addestrativa e riferite all'ispettorato entro il 1967. Nelle pubblicazioni 713, 714 e 715 della serie dottrinale trovano perciò la loro sede definitiva, in più ampio sviluppo, le indicazioni di larga massima delineate nelle circolari del 1966 ed i risultati delle numerose esercitazioni sperimentali svolte nel corso dei normali cicli addestrativi con le truppe. Lo stesso procedimento era stato seguito anche per la compagnia fucilieri meccanizzata mediante la diramazione, da parle dell'ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria, della circolare n. 5301/026320 del l-IX-1966 Procedimenti tecnico-tattici della compagnia fucilieri meccanizzata (15). La circolare, nella quale veniva illustrata la tecnica d'impiego della compagnia fucilieri meccanizzata, segnandone i relativi procedimeriti di base nel movimento, nello stazionamento e nel corso del combattimento offensivo e di quello difensivo, si concludeva con ben tredici quesiti (16), le cui risposte - è da presumere - non soddisfecero l 'ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria se questo, diversamente da come si regolò nei riguardi della compagnia fucilieri, non tradusse in una pubblicazione definitiva la circolare sperimentale n. 5301/026320 che, pertanto, conservò il suo valore di documento orientativo circa l'impiego della compagnia fucilieri meccanizzata. La circolare definisce la compagnia meccanizzata come la minore unità meccanizzata che può realizzare continuità d'azione in profondità mediante successivi atti tattici elementari e sviluppare temporanee azioni statiche e reazioni di movimento. Ciò le è consentito dalla disponibilità organica di armi a differenti caratteristiche di gittata, di veicoli cingolati armati, veloci e protetti, e dalla possibilità di costituirsi sempre un rincalzo. Essa è intesa dalla circolare come una unità capace di: condurre il combattimento con tutte o parte delle forze a terra od a bordo dei veicoli cingolati; sviluppare azioni rapide, violente e ardite, potenziate dalla manovra, trasformando rapidamente il proprio dispositivo per adattarlo alle mutevoli esigenze del combattimento; operare nell'attacco e nella difesa in settori più ampi e più profondi di quelli nei quali operano le corrispondenti unità di fanteria non meccanizzata; entrare a far parte di un gruppo tattico corazzato o meccanizzato nel cui ambito agire quale minore complesso misto a base meccanizzata oppure quale complesso omogeneo. Le differenze di fondo. rispetto alla compagnia fucilieri non meccanizzata,
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sono, dunque, che la compagnia fucilieri meccanizzata: manovra; può operare a bordo dei veicoli da combattimento nelle fasi più dinamiche delle operazioni (ricerca e presa di contatto, avvicinamento, prosecuzione dell'azione in profondità, azione di contrasto dinamico) e, nell'attacco e contrattacco, a sfruttamento del fuoco nucleare; può operare a piedi; il passaggio dall'azione con personale (o tutto o in parte) a bordo dei veicoli a quella con personale (tutto o in parte) a terra può avvenire più volte nel corso dello stesso atto tattico. Le formazioni della compagnia sono diverse a seconda che essa operi a piedi o a bordo dei veicoli: nel primo caso, sono le stesse di quelle della compagnia fucilieri non meccanizzata; nel secondo caso, sono identiche, per configurazione e denominazione, a quelle delle unità carri e cioè in colonna, in linea, a cuneo (diritto o rovescio), a scalare (destro o sinistro). La formazione della compagnia non si identifica necessariamente con quella dei suoi plotoni . Le evoluzioni consistono nel variare soltanto la direzione, soltanto la formazione, oppure la formazione e la direzione contemporaneamente; esse non possono essere vincolate a schemi fissi perché notevolmente influenzate dalle caratteristiche del terreno e della situazione e devono essere contenute nel più breve tempo e nel minore spazio possibili, rappresentando un momento di crisi per l'unità. I cambiamenti di formazione si attuano mediante la variazione della velocità di marcia dei singoli plotoni, quando la direzione di movimento della compagnia resti invariata; mediante la variazione della direzione e della velocità dei singoli plotoni, quando la compagnia debba assumere la formazione in una direzione di movimento diversa dalla precedente. Sottolineata l'importanza dell'osservazione, che il comandante della compagnia ed i comandanti di plotone debbono rivolgere al terreno, al nemico ed alla propria unità, la circolare passa ad illustrare le modalità di azione della compagnia nell'ambito di un dispositivo esplorante e di un dispositivo di sicurezza, limitandosi a delineare soltanto il quadro dei possibili impieghi della compagnia quale elemento costitutivo dei due dispositivi. Nell'ambito di un dispositivo esplorante, la compagnia può costituire distaccamento esplorante oppure riserva del dispositivo esplorante: concorrendo, ne l primo caso, alla costituzione, rinforzo, sostituzione delle pattuglie esploranti, o al distacco di nuove pattuglie, od allo sblocco di quelle arrestate dal nemico; rinforzando, nel secondo caso, i distaccamenti esploranti maggiormente provati o combattendo, nel quadro del gruppo tattico, per sbloccare un distaccamento
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esplorante arrestato dall'avversario, o per partecipare ai combattimenti preliminari. Nell'ambito di un dispositivo di sicurezza, la compagnia fa parte, normalmente, di un gruppo tattico costituente l'avanguardia, o la retroguardia, o un distaccamento fiancheggiante, o un distaccamento di sicurezza in stazione. Essa concorre alla costituzione di pattuglie, o è inserita nel grosso dell'avanguardia, o della retroguardia, o del distaccamento, oppure è incaricata di costituire posti di sbarramento con relativi posti di osservazione ed allarme, o di far parte del grosso incaricato della sicurezza in stazione. I procedimenti tecnico-tattici sono gli stessi di quelli del plotone fucilieri e della squadra assaltatori non meccanizzati quando la compagnia debba costituire pattuglie, posti di sbarramento e posti di osservazione ed allarme, mentre quando essa debba intervenire riunita nel quadro del)'azione del complesso tattico nel quale è inserita opera, offensivamente o difensivamente, con gli stessi procedimenti di attacco o di difesa previsti pc1· gli specifici casi di impiego. Nell'avvici11ame11to la compagnia compie, di norma, l' intero movimento a bordo dei propri veicoli. Delle modalità con le quali la compagnia effettua l'avvicinamento: alcune sono costanti (movimento celere, sottrazione all'osservazione aerea e terrestre, risparmio di energie del personale, reazione immediata alle offese), altre variabili (sosta su di una base di partenza o in una zona di dislocazione iniziale, esistenza o non di forze amiche a contatto con l'avversario, compito che la compagnia deve adempiere in seno al gruppo tattico). Qualora l'avvicinamento preluda all'impiego della compagnia quale minore complesso misto incaricato di condurre l'azione di testa oppure un'azione di fissaggio, la compagnia sbarca dai veicoli sulla base di partenza oppure in corrispondenza di una linea di attestamento; quando invece l'avvicinamento sbocca in un attacco nel quale l'azione di testa sia affidata ad uno o più complessi misti minori, la compagnia raggiunge e supera la base di partenza a bordo dei veicoli. Durante la sosta in zona di attesa o nella zona di dislocazione iniziale, la compagnia mette a punto i veicoli, attua le disposizioni logistiche per iniziare il combattimento con piena autonomia, effettua la ricognizione del terreno di avvicinamento (gruppo "R"), mentre il comandante della compagnia disloca i plotoni in relazione al previsto dispositivo di avvicinamento, impianta il posto comando, controlla le misure di sicurezza dalle offese aeree, provvede alla sicurezza diretta della propria unità dalle offese terrestri ed assicura al personale, compatibilmente con le esigenze operative, un conveniente riposo. Le formazioni della compagnia in avvicinamento
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dipendono dalla situazione, dal terreno e dalla visibilità; di massima: la formazione in colonna è propria della fase iniziale dell'avvicinamento, di notte o con nebbia, su terreni coperti oppure non percorribili agevolmente, quando l'esigenza della celerità prevalga su ogni altra; la forma zione a cuneo è propria della fase conclusiva dell'avvicinamento o comunque allorché si preveda di sboccare improvvisamente nell'attacco, di giorno, su terreni poco coperti e di agevole percorribilità. La circolare 5301/026320 esamina, successivamente, l'impiego in attacco della compagnia quale complesso minore "mistu" di un gruppo tattico corazzato o meccanizzato e quale complesso minore "omogeneo" di un gruppo tattico meccanizzato, prescindendo dall'ambiente operativo e dal grado di sistemazione difensiva dell'avversario, ma distinguendo, oltre che a seconda della posizione che la compagnia occupa nel dispositivo, e cioè se avanzata o di rincalzo, anche a seconda che attacchi un avversario in posizione od un avversario in movimento i procedimenti tecnico-tattici che essa deve attuare. Quando la compagnia è avanzata ed attacca un avversario in posizione - azione che nell'ambito del gruppo tattico si sviluppa secondo la forma di attacco lungo un'unica direzione o di attacco avvolgente - la compagnia attacca con azione unitaria a cavaliere di un'unica direzione e con i plotoni fucilieri avanzati largamente intervallati tra loro. Caratterizzano la sua azione: la subordinazione dell'azione stessa all'apertura dei passaggi nell'ostacolo minato, l'adozione di una base di partenza ravvicinata agli elementi avanzati nemici, l'articolazione iniziale in plotoni meccanizzati avanzati ed in plotone di rincalzo (questo ultimo di massima montato su veicoli) - meno frequente o addirittura eccezionale il dispositivo su tre plotoni avanzati - il fuoco di accompagnamento della base di fuoco a tiro curvo e di quella a tiro teso, l'aderenza del fuoco di accompagnamento dei carri all'azione dei fucilieri, l'impiego del rincalzo per conquistare l'obiettivo, ove questo non sia raggiunto dai plotoni avanzati, o per proseguire l'azione in profondità. La fronte della compagnia varia dai 700 agli 800 m con due plotoni avanzati e dai 1200 ai 1300 m con tre plotoni avanzati; la profondità, prescindendo dalla base di fuoco a tiro curvo, oscilla tra i 600 ed i 900 m. Il dispositivo normale è di due plotoni avanzati e uno in rincalzo costituito da un plotone fucilieri e dal plotone carri (attacco sistematico, per sforzi successivi, per la conquista di un obiettivo dislocato in profondità); i dispositivi eventuali possono essere: un plotone fucilieri avanzato, il plotone carri in primo rin-
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calzo e due plotoni fucilieri in secondo rincalzo (situazioni non ancora chiarificate e necessità di adeguamento del dispositivo azione durante), oppu,-e r,-e plotoni avanzati cd il plotone carri in rincalzo (obiettivi estesi e poco consistenti). [I plotone carri in rinforzo, più che un rincalzo vero e proprio, va considerato come un reparto che partecipa attivamente aù ogni fase dell 'attacco: in un primo tempo, mediante il fuoco a favore ùei plotoni avanzati, successivamente, ad avvenuta apertura dei passaggi, mediante fuoco e movimento per acquisire nuove posizioni ùi fuoco; in un secondo tempo, agisce in simbiosi con il plotone fucilieri in rincalzo o per conquistare l'obiettivo di attacco della compagnia, o per proseguire l'azione in profondità. Il rincalzo meccanizzato muove, finché possibile, a bordo dei veicoli, raggiungendo successive posizioni, ad una distanza dai plotoni avanzati, nella prima fase dell'azione, variabile dai 300 ai 600 m, che via via viene diminuendo in relazione allo sviluppo dell'azione, e lungo la direzione di uno dei plotoni avanzati où in corrispondenza del centro della fronte della compagnia. L'organizzazione del fuoco si fonda sugli obiettivi noti e presunti, sull'esame del terreno e della situazione, sulle caratteristiche delle armi (mortai medi, cannoni senza rinculo, cannoni del plotone carri in rinforzo, mitragliatrici veicolari dei mezzi del plotone <li rincalzo, possibilità <li intervento delle artiglierie). Nei riguardi dell'organizzazione ùcl fuoco e del movimento valgono i criteri indicati per la compagnia fucilieri non meccanizzata, ma il ritmo più serrato ùel combattimento meccanizzato richiede caratteristiche di maggiore speditezza nell'organizzazione del fuoco. Quando il complesso minore meccanizzato agisce nell'ambito di un gruppo tattico corazzato, non usufruisce dell'accompagnamento ùei mortai da 120 e ciò determina che l'esponente di maggiore efficacia ùel fuoco sia quello dei carri in rinforzo, il quale, perciò, va inserito, ma non vincolato, nella organizzazione ùel fuoco di accompagnamento, tenendo presente che in nessun caso i carri possono o devono essere asserviti a schemi orari o ad interventi su richiesta. Il fuoco dei carri, pianificato solo per il primo tempo dell 'azione, si sviluppa d'iniziativa, regolato spesso da ciascun capocarro. Meccanica e dinamica dell'attacco corrispondono nelle linee generali a quelle dell'attacco della compagnia f ucilieri. È, peraltro, indispensabile che i corridoi nei campi minati vengano rapidamente trasformati in varchi non appena i plotoni fucilieri abbiano eliminato le armi controcarri nemiche, sì da consentire ai carri di spostarsi in avanti, serrando parzialmente le distanze che li separano dai plotoni avanzati, e di sviluppare il loro fuoco sulle po-
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stazioni arretrate nemiche. A mano a mano che procede la penetrazione dei plotoni avanzati nella posizione nemica, il rincalzo di compagnia e il plotone carri superano, a loro volta, l 'ostacolo minato per proseguire l'azione ed occupare l'obiettivo di attacco della compagnia o per partecipa re al consolidamento dell'obiettivo. Il consolidamento assume per la compagnia importanza particolare perché deve realizzare un s icuro ancoraggio dal quale possa partire il balzo ulteriore. Il consolidamento si concreta: nella proiezione a breve raggio di pattuglie; nella costituzione di un rincalzo meccanizzato-carri; nello sch ieramento delle armi controcarri; nello schie ramento in profondità delle a,·mi di accompagnamento. La compagnia di rincalzo nell'attacco contro avversario in posizione: segue, montata, il movimento del complesso minore avanzato lungo la c ui direzione è orientata ad intervenire; si tiene inizialmente a una distanza in nessun caso inferiore ai 400 m dall'elemento più arrctrnlo dell'antistante complesso minore; prncede a sbalzi da una posizione all'altra in costante collegamento con il complesso minore avanzato; adotta, di massima, la formazione a cuneo; si tiene pronta ad intervenire in alLernativa per fornire propri plotoni a l complesso minore avanzato, per assumere a sua volta la condotta dell'azione di tesla quando la situazione comporti la necessità di scavalcare o sopravanzare il complesso minore antistante, per proteggere il fianco del dispositivo del gruppo tattico da un'improvvisa minaccia; sostituisce, di norma al t ermine dell'azione, sull 'obiettivo, i minori complessi corazzati avanzati e procede al rastrellamento ed al consolidamento (quest'ultimo quando necessario). La fisionomia della compagnia fucilieri meccanizzata quale rincalzo di un gruppo tattico corazzato o meccanizzato si distacca da quella della compagnia r·i11calzo del gruppo tattico di fanteria. Il combattimento del grup po tattico corazzalo o meccanizzato, infatti, è condotto spesso in situazioni rapidamente evolventisi per cui offre all'impiego del rincalzo la possibilità di interventi frequenti e mutevoli, determinando la necessità di una maggiore rapidità ed elasticità nell'azione (scavakamento, sostituz ione, condotta in proprio di un'azione diretta a sbloccare un complesso avanzato arrestato, parata di una improvvisa reazione dinamica nemica sul fianco). Nel quadro di un attacco per avvolgimento effcttuato dal gruppo tattico, cioè nella combinazione di un'azione frontale, affidata normalmente al complesso minore meccanizzato, e di un'azione avvolgente affidata ad uno o più complessi minori corazzati, la compagnia fucilieri meccanizzata può essere incaricata o del solo fis-
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saggio, o di un attacco non spinto in profondità (penetrazione nelle difese marginali). In entrambi i casi, il nemico deve avere la sensazione di essere decisamente investito frontalmente; nel primo caso, comunque, la compagnia agisce prevalentemente con il fuoco; nel secondo, conquista posizioni dalle quali sia possibile esercitare una efficace azione di fuoco sui centri di resistenza arretrati; da tali posi zioni riprende poi la penetrazione allorché ha inizio l'assalto dei complessi minori che conducono l'avvolgimento. Raggiunto l'obiettivo di attacco del gruppo tattico, la compagnia fucilieri meccanizzata concorre alla successiva azione in profondità, o conduce l'a~ione di testa, o assume il ruolo di rincalzo. Nell'attacco per avvolgimento, ancorché avanzata, la compagnia svolge un ruolo sussidiario dacché l'azione principale è quella avvolgente, ma impreviste circostanze sfavorevoli potrebbero porre la necessità di trasformare la manovra in un attacco lungo una direzione unica con la compagnia meccanizzata in tes ta e con il concorso di fuoco di un'aliquota o di tutti i carri disimpegnatisi dall'azione avvolgente. La compagnia attacca con lulli i plotoni avanzati senza costituirsi il rincalzo; la sua fronte di spiegamento tende al valore massimo; i mortai medi sono accentrati; le armi controcarri alle dipe ndenze del comandante di compagnia agiscono sui fianchi del dispositivo di attacco; le mitragliatrici di bordo dei plotoni fucilieri incrementano il volume di fuoco negli intervalli; il fuoco dei carri è diretto contro le sorgenti di fuoco più a rretrate della posiz ione avversaria. Nell'attacco contro avversario in movimento, la compagnia, nell'ambito del gruppo tattico nel quale è inquadrata, può essere incaricata di: bloccare frontalmente il movimento avversario dando vita a temporanei perni di manovra configurati di massima in schieramenti controcarri, eccezionalmente in caposaldi, mentre le restanti forze del gruppo tattico investono sul fianco e, possibilmente, a nche sul tergo, la formazione avversaria una volta arrestata; attaccare i perni di manovra nemici per favorire la manovra del grosso delle forze; costitu i re rincalzo di gruppo tattico. L'azione, caratterizzata da lla estrema mutevolezza della situazione, si sviluppa, in linea di massima, attraverso: l'azione di fuoco dell'artiglieria cooperante contro le formazioni corazzate più avanzate per dissociare i carri dalla fanteria, contro i pern i di manovra non direttamente attacati ed a favore dei meccanizzati con azioni di appoggio predisposto quando essi stanno per superare la linea di partenza; il raggiungimento da parte della compagnia, s uperata la linea di partenza per l'attacco a bordo dei veicoli, di una linea di attestamento sulla quale i plotoni avanzati appiedano
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ed iniziano l'avanzata per l'assalto, si schierano le armi controcarri per assicurare il fianco esposto della compagnia e si schierano altresì il plotone di rincalzo, possibilmente montato, ed il plotone carri in rinforzo per intervenire con il fuoco a favore dei plotoni avanzati è tenersi in misura di agire in combinazione contro reparti carri avversari; l'azione d'investimento, in contemporaneità con quella della compagnia meccanizzata, da parte dell'aliquota dinamica del gruppo tattico, per altra direzione, del fianco del dispositivo avversario sì da impegnare i corazzati nemici prima che reagiscano all'attacco della compagnia meccanizzata; il rastrellamento sommario, eliminati i perni di manovra nemici, della posizione conquistata, senza operarvi il consolidamento, da parte della compagnia meccanizzata, in quanto dopo il rastrellamento, rimontata sui veicoli, la compagnia s'inserisce nel dispositivo dell'aliquota dinamica del gruppo tattico per la prosecuzione dell'azione sino alla conquista dell'obietLivo di attacco del gruppo tattico. L'arresto frontale dell'aversario in movimento scaturisce di massima da una situazione d'incontro con unità similari, normalmente di entità pari o superiore al gruppo tattico, e l'esito del combattimento dipende perciò dalla tempestività di valutazione della situazione avversaria, dalle condizioni offerte dal terreno e dal di loro immediato sfruttamento, dalla rapidità di concezione e di deci sione dei comandanti di ogni livello. Stabilita la necessità di dare vita ad un caposaldo o ad uno schieramento controcarri, la compagnia,· mentre l'artiglieria cooperante inizia il fuoco di interdizione, raggiunge rapidamente la posizione da occupare, muovendo a bordo dei veicoli, e vi si schiera per plotoni rinforzati da armi controcarri, con il plotone carri su posizioni arretrate, possibilmente a scafo sotto, dalle quali sia in condizione di intervenire con il fuoco a distanza su tutta la fronte della compagnia. Durante lo schieramento, la compagnia può trovarsi n~ lla necessità di dover iniziare il fuoco a distanza anche prima che sia completata l'organizzazione, seppure speditiva, della posizione e , perciò, debbono essere schierate per prime le armi controcarri ed i carri, mentre i fuc ilieri meccanizzati collocano subito mine sparse sul dava nti d ella posizione. La compagnia meccanizzata deve obbligare la formazione avversaria ad arrestarsi; sfruttando tale tempo di arresto, l'aliquota dinamica del gruppo tattico inves te la formazione avversaria sul fianco e, possibilmente, sul tergo. Il coordinam ento fra le due azioni deve tendere a che l'investimento avvenga quando l'attacco nemico contro la compagnia meccanizzata, che opera l'a rresto frontale, non abbia avuto ancora la possibilità di pronunciarsi in for-
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ze. È il rapporto di reciprocità fra perno di manovra ed aliquota dinamica che assume in questo caso valore determinante, in quanto come il perno di manovra offre all'aliquota dinamica il punto d'appoggio dal quale muovere, così l'aliquota dinamica, intervenendo nel combattimento a tempo gisuto, consente al perno di manovra di adempiere vantaggiosamente la propria funzione. Nella difesa, facendo astrazione dal dove e dal quando la compagnia fucilieri meccanizzata li attui, i procedimenti tecnico-tattici da adottare si riferiscono a tre casi di impiego tipici: compagnia punta di contrasto dinamico, compagnia a presidio di un caposaldo controcarri, compagnia che metta in atto uno schieramento controcarri. La compagnia quale punta di contrasto dinamico: è di norma rinforzata con un plotone carri, con armi controcarri e con elementi pionieri ed esploratori, mentre, di massima, le viene sottratto un plotone fucilieri meccanizzato; gravita su di un itinerario di movimento assegnatole nel suo settore di azione ed agisce con fuoco a distanza, fuoco di agguato, insidie cd inganni, improvvise e locali reazioni dinamiche condotte con i carri; si articola in pattuglia di contrasto dinamico e posto di sbarramento. La compagnia meccanizzata nella costituzione di un caposaldo o di uno schieramento controcarri: nel primo caso, realizza una concentrazione di potenza di fuoco controcarri su di una posizione, idonea sotto i punti di vista topografico e tattico e con possibilità di reattività a giro d'orizzonte, per assicurare il possesso della posizione stessa e per rompe re la formazione di attacco nemica incanalandola in direzioni favorevoli alle previste reazioni dei carri amici; nel secondo caso, organizza uno schieramento controcarri pressoché lineare e più speditivo di quello del caposaldo, sfruttando il valore impeditivo di un ostacolo naturale che interdica all'unità avversaria una redditizia direzione di attacco. La compagnia, sempre rinforzata con armi controcarri, quando debba costituire un caposaldo controcarri si può articolare in centri di resistenza (caposaldo a struttura unitaria) o in caposaldi minori di plotone rinforzato (caposaldo a struttura nucleare). Entrambi comprendono: centri di fuoco controcarri per determinare la saldatura di fuoco controcarri a giro d'orizzonte e centri di fuoco contro fanteria per la difesa vicina dei centri di fuoco controcarri e per eliminare le infiltrazioni di fanterie avversarie tra gli intervalli e nell'interno dei centri di resistenza. L'articolazione interna dei centri di resistenza e dei caposaldi minori e lo schieramento in profondità delle armi controcarri di varia gittata ed efficacia devono tendere a sommare la reazione controcarri su di un al/i-
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neamento antistante 600 --=- 800 m, avvalorato possibilmente da un ostacolo naturale, sempre da campo minato o mine sparse. Se la compagnia riceve in rinforzo un numero limitato di armi controcarri, è preferibile la costituzione di un caposaldo a struttura unitaria, le cui dimensioni possono essere orientativamente di 1300 m di fronte, di 700 7 800 mdi profondità, di 3000 7 3200 mdi perimetro; se la compagnia è rinforzata con armi controcarri a maggiore gittata (missili filoguidati o cannoni semoventi controcarri), è normale la costituzione di un caposaldo a struttura nucleare, le cui dimensioni possono essere orientativamente di 1800 7 2000 mdi fronte, di 1500 mdi profondità e di 5000 + 5500 rn di perimetro. La distanza fra caposaldi minori è definita in modo da ottenere la saldatura di fuoco con le armi controcarri e con quelle controfanteria, mentre l'intervallo fra due armi controcarri contigue è mantenuto tra i 250 7 300 m per assicurare la sovrapposizione dei settori di tiro ed ottenere un efficace potere <li arresto controcarri. La scelta delle postazioni delle armi controcarri a maggiore gittata deve essere rivolta ad ottenere una cintura di fuoco perimetrale per 270°, sì da realizzare la maggiore densità di fuoco controcarri nel settore di più probabile provenienze <lei carri nemici. Nella organizzazione del caposaldo, dati i tempi ristretti che normalmente sono disponibi li, la priorità e la gradualità da segui re riguardano, nell'ordine: la ripartizione delle forze e lo schieramento dei centri di fuoco controcarri e dei centri di fuoco contro fanteria che dispongono di postazioni multiple; l'attivazione dell 'ostacolo minato; i lavori per il completamento delle postazioni controcarri; i lavori per gli appostamenti del personale. Il caposaldo controcarri può avvalersi, inoltre, dell'azione di posti di sbarramento proiettati lungo le direzioni di più probabile provenie nza dell'avversario, i quali, ad azione ultimata, possono essere inglobati nel caposaldo st esso a pres idio della fronte di gola. I veicoli sono, di massima , dislocati nell'interno dei centri di resistenza o dei caposaldi minori, ne i quali integrano l'azione di fuoco contro la fanteria da postazioni multiple, a scafo sotto. Quando la compagnia rucilieri me.c canizzata cos tituisce uno schieramento controcarri: assume un'articolazione in settori (ciascuno dei quali si identifica in genere con un plotone fucilieri rinforzato con cannone controcarri) ed uno schieramento pressoché lineare dei centri di ruoco; si disloca a 150 + 200 m dall'ostacolo; occupa una fronte di 1500 7 1700 m ed una profondità de ll'ord ine di 200 m (compagnia rinforzata con due cannoni controcarri).
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La circolare n. 5301/026320 considera, infine, il caso dell'impiego della compagnia fucilieri meccanizzata quale complesso minore omogeneo. Il combattimento offensivo e difensivo della compagnia rientra, in tale caso, negli stessi schemi orientativi previsti per la compagnia fucilieri non meccanizzata, salvi alcuni aspetti che derivano dal carattere di temporaneità e di dinamicità peculiari del combattimento dei meccanizzati. Nell'avvicinamento la compagnia muove normalmente sui veicoli sino all'occupazione della base di partenza; se proprio costretta ad appiedare nell'ultima fase, appieda in una zona coperta dall'osservazione avversaria e prosegue il movimento a piedi assumendo le stesse formazio previste per la compagnia fucilieri non meccanizzata. In ogni caso, una volta schierata sulla base di partenza, non deve rinunciare alla possibilità d'impiegare il fuoco delle mitragliatrici di bordo dei veicoli perché i suoi plotoni sono privi della squadra armi leggere e la compagnia stessa non dispone di squadre mitraglieri. I veicoli debbono, pertanto, a ffluire in un secondo tempo s ulla base di partenza. Nell'attacco, le differenze maggiori, rispetto a quello della compagnia non meccanizzata, riguardano l'organizzazione del fuoco e la condotta dell'azione che sono influe nzate dalla presenza di un reparto carri (in genere una compagnia) nell'ambito del gruppo tattico meccanizzato. Tale presenza influenza l'organizzazione del fuoco perché mediante l'accompagnamento dei carri, anche se non direttamente cooperanti con la compagnia, si verifica un maggiore scalamento degli obiettivi, vale a dire al fuoco di appoggio dell'artiglieria e di accompagnamento del livello di battaglione, si aggiunge, ad integrazione e completamento, quello dei carri. La compagnia è così accompagnata efficacemente fino alla minore distanza (350 -:- 400 m) dalla posizione da eliminare e le bas i di fuoco di compagnia possono perciò schierarsi ad una distanza dagli obiettivi inferiore a quella delle basi di fuoco della comagnia non meccanizzata, ottenendo così una maggiore aderenza di fuoco dei morati da 81 a favore dei plotoni fucilieri, in quanto diminuiscono le distanze di sicurezza e aumentano le possibilità di intervenire in maggiore profondità, s ia con i morati da 81, sia con i cannoni senza rinculo. La presen za del reparto carri influenza, inoltre, la condota dell'attacco perché il suo fuoco agevola lo scorrimento della compagnia durante l'avanzata per l'assalto, riducendo così i tempi dell'azione. Tale scorrimento maninfesta i suoi effetti specie durante il forzamento cd il superamento dell'ostacolo minato, perché proprio in tale fase il fuoco dei carri deve assumere maggiore intensità ed essere volto a colpire le sorgenti
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di fuoco nemiche più avanzate. Nella difesa, le differenze più importanti sono la temporaneità della difesa e i diversi compiti del caposaldo. La compagnia rucilieri meccanizzata non permane a lungo a difesa di una posizione, per cui la sua capacità di resistenza deve fondarsi sul sapiente connubio fuoco-ostacolo minato più che sul grado di consistenza dei lavori in terra. La solidità intrinseca del caposaldo è ricavata dal potere di arresto di un ostacolo minato poco profondo, speditivamente posato, e dal fuoco di armi a protezione delle quali possono essere normalmente realizzati pochi lavori in terra. I compiti del caposaldo si identificano nell'arresto conlrocarri, mentre l'azione contro fanteria è in funzione di difesa delle armi controcarri che costituiscono l'ossatura del fuoco del caposaldo stesso. Si capovolge, perciò, l'aspetto dell'organizzazione del fuoco nel caposaldo della compagnia meccanizzata nei confronti di quella operala nella compagnia non meccanizzata. La compagnia fucilieri meccanizzata è, dunque, vista quale elemento base di un complesso minore meccanizzati-carri agente o inquadrato in un gruppo tattico meccanizzato o corazzato, oppLll'e isolato, non anche come base di un gruppo tattico meccanizzato al livello di compagnia. Sotto questo secondo profilo, la circolare 5301 /026320 fa riserva di elaborare un apposito capitolo della circolare stessa non appena noti gli elementi principali che avrebbero informato l'impiego del gruppo tattico meccanizzalo al livello di battaglione. Tutto, invece, rimase in sospeso, sia la normativa definitiva riguardante la tecnica d'impiego della compagnia fucilieri meccanizzata, sia quella circa l'impiego del gruppo tattico meccanizzato al livello di compagnia. La visione della circolare 5301/026320 è nuova; si distacca da quella sino ad allora ricorrente che considerava la compagnia fucilieri meccanizzata quale reparto omogeneo nel dispositivo tattico della unità superiore in cui era inquadrata. Una visione che deriva, come si legge nella premessa della circolare, dall'ordinamento delle grandi unità e delle unità minori che riunisce meccanizzati e carri in reparti organici e dalla dottrina d'impiego che definisce l'intervento nel combattimento per complessi misti (pubbl. n. 720 della serie dottrinale). Da ciò consegue, secondo la circolare, che la compagnia meccanizzata trova normale impiego quale minore complesso misto a prevalenza meccanizzato, mentre la sua azione di unità omogenea diventa meno ricorre nte. Si attenuano perciò le tradizionali moda lità di cooperazione avanti ai carri o al seguito dei carri nell'ambito del gruppo tatti-
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co, dovendosi considerare normale l'articolazione di questo ultimo in minori complessi misti che comportano di per sé l'integrazione di meccanizzati e di carri. Tale visione relega a casi poco frequenti l'impiego della compagnia fucilieri meccanizzata omogenea, che pernltro la circolare 5201/026320 tratta dando risalto agli clementi di differenziazione rispetto ai procedimenti tecnico-tattici della compagnia fucilieri non meccanizzata. Se sono i complessi misti minori, corazzati e meccanizzati, le vere pedine dei gruppi tattici corazzato e meccanizzato, e non la compagnia carri e la compagnia meccanizzata, cade infatti la necessità di due regolamenti distinti, uno per ciascuna delle due compagnie, e la materia va regolata da un'unica pubblicazione che tratti appunto la tecnica d'impiego dei complessi minori corazzati e meccaizzati. L'impiego della compagnia carri e della compagnia meccanizzata quali complessi minori omogenei potrebbe trovare sede di tratta:1.ionc nella stessa pubblicazione in un capitolo a parte. Forse manca nella circolare 5301/026320 una visione più precisa, chiarita poi nelJa pubblicazione 722 della serie dottrinale, dell'aspetto caratteristico del combattimento dei corazzati e m eccanizzati che si estrinseca nella forma della reciproca integrazione, realizzata con preminenza di ruolo dell'una o dell'altra componente a seconda della costituzione del g ruppo tattico: se questo ha composizione paritetica, o con prevalenza di carri, l'azione dei carri è preminente, mentre quella dei meccanizzati è di supporto o di premessa di quella dei carri; se la prevalenza nel gruppo tattico è di meccan izzati, la funzione dei carri è di supporto all'azione dei meccanizzati oppure ne rappresenta la conclusione o l'estensione. La compagnia fucilieri meccanizzata della circ. 5301/026320 è, in pratica, un complesso minore meccanizzato perché, salvo il caso dell'impiego quale complesso minore omogcno, è sempre rinforzata da un plotone carri che ha il compito di sviluppare l'azione di rinforzo a favore dei meccanizzati, i quali perciò costituiscono l'elemento di forza della formazione. Il chiarimento offerto dalla pubblicazione 722 avrebbe dovuto indurre l'ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria ad elaborare una normativa riguardante i procedimenti tecnico-tattici dei minori complessi misti, corazzati e meccanizzati, ma ciò non avvenne e la circolare 5301/026320 rimarrà in vigore fino al 1976 quando una nuova circolare, la n. 3000/026401 del 28-V-1976, Articolazione per l'impiego della compagnia meccanizzata e della compagnia motorizzata (17) armonizzerà i procedimenti tecnico-tattici della compagnia meccan izzata con la nuova struttura organica <lei baltaglione di fanteria m eccan izzato, nel quale tutte le
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compagnie saranno meccanizzate e saranno destinate ad operare, inquadrate od isolate, anche senza l'ausilio o il rinforzo di unità carri, quali unità 01-ganichc omogenee. Un'altra pubblicazione edita nel 1969 dall'ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria fu la n. 5886 Procedimenti tecnico-tattici della compagnia di arresto (n. 716 della serie dottrinale) la quale venne classificata di vietata divulgazione (18), per cui non ci è dato poterla riassumere. Oltre i regolamenti fin qui esaminati e le istruzioni di tecnica d'impiego e tecniche già ricordate all'inizio del capitolo, l'ispettorato delle armi di fanteria e cavalleria diramò negli anni sessanta e nella prima metà degli anni settanta numerose note tecnico-tattiche e tecnicoaddestrative di chiarimento e di completamento delle pubblicazioni, riguardanti i procedimenti tecnico-tattici delle minori unità e la tecnica addestrntiva al tiro individuale, al tiro istintivo, al tiro di agguato, all'addestramento controcarri e così via (19). Il lavoro normativo compiuto dall'ispettorato delle due armi dal 1960 al 1975 - '76 fu senza dubbio notevole e proficuo, sia sul piano dei criteri e dei procedimenti di impiego delle minori unità di fanteria, sia su quello dell'affinamento e dell'approfondimento degli aspetti addestrativi, sia su quello dello impiego e della manutenzione delle armi e dei mezzi in dotazione, sia infine su quello dell 'esperimentazione di nuove armi e materiali. Frattanto era venuta maturando l'esigenza del rinnovo della linea carri, un problema a lungo dibattuto sotto l'aspetto delle prestazioni operative e tecniche del mezzo da selezionare, alla fine risolto mediante la scelta e la graduale introduzione in servizio del carro da combattime nto Leopard J (20), di un limitato nume ro di veicoli corazzati da combattimento per la fanteria VCC-1 (Camillino) fabbri cati in Ita lia che, diversamente dai pur eccellenti Ml 13, offrono la possibilità di fare fuoco con le armi dall'interno del veicolo in condizioni di sicurezza (21) e con i missili filoguidati controcarri TOW (22). Ma i problemi della fanteria non erano solo questi che, nei limiti consentiti dalla disponibilità finanziarie, vennero in una qualche misura affrontati. In dieci anni, quelli lasciati insoluti dalla metà degli anni sessanta, quando la fanteria aveva migliorato la sua potenza di fuoco e parzialmente la sua mobilità tattica, si erano fatti più complessi ed impellenti - apparecchiature per il combattimento notturno, armi contro gli attacchi aerei da bassa quota ed a volo radente, mezzi di sorveglianza del campo di battaglia, servitore della fanteria, ecc. mentre ne erano sorti altri attinenti alla stessa fisionomia ordinativo-
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organica ed alla stessa funzione dell 'arma. Avremo modo di esaminarli più avanti, qui ci basta accennare che alla vigilia della ristrutturazione degli anni 1975 - '76 la fanteria dell'esercito italiano, nonostante gli sforzi compiuti per migliorarne l'assetto operativo, era ben lungi dal grado di efficienza richiesto dal ruolo che l'arma svolge nel combattimento moderno.
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Nel decennio 1965-1975 l' is pc llo ra to dell 'arma di artiglieria sviluppò un intenso programma di rie laborazione della regolamentazione riguardante l'impiego e la tecnica d' impiego delle unità dell 'arma e di aggiornamento e completamento d elle is truzioni tecniche circa l'a rmamento, il munizionamento, le apparecchiature ottiche, elettroniche, all'infrarosso ed i1 materiale vario (23). Di particolare importanza, nel quadro delle istruzioni di caratte re eminente m ente tecnico, la pubblicazione n. 5917 Istruzione sul tiro dell'artiglieria contro obiettivi terrestri - Volume primo. Tiro dell'artiglieria campale c he abrogò e sostituì la pubblicazione n . 4960 (testo) del 1958 (24). Il volume secondo, che peraltro non vide la luce almeno fino a l 1976, avrebbe dovuto trattare il Liro con razzi e missili. La rielaborazione dell'edizione del 1958 fu resa necessaria dal continuo evolversi della tecnica del tiro e dall'adozione di nuovi m a teria li e mezzi tecnici, nonché, da lle numerose varianti ai procedime nti di tiro ed alle loro modalità esec utive via via definite da circolari varie nel susseguirsi degli anni. Nella nuova edizio ne: venne dato maggiore sviluppo a lle n ozioni generali sul tiro, alla osservazione ed alla preparazione del tiro; venne adeguato il sistema de ll e correzioni meteorologiche a lla nuova e dizione del messaggio meteobali stico; venne perfezionata la parte dedicata al fuoco di efficacia completandola con gli argomenti relativi agl i obiettivi tipo ed a lle norme sulla dosatura de l fuoco. Vi vennero, inoltre , introdotti argomenti nuovi, quali quelli delle no zioni generali szii mezzi di lancio e sulle muniziuni, della descri zione e impiego delle tavole di tiro, de ll'aggiustamento del tiro a percussione in base alla misura delle deviazioni e d e l tiro contro obiellivi in movimento. La struttura della pubblicazione venne migliorata contemperando, per quanto possibile, l'esigenza di una successione degli argomenti con sona a i fini de ll'insegnamen to del tiro con quella <li una prese ntazio ne della m a teria nell'ordine cron ologico di svolgimento delle operazioni re la tive a l tiro s tesso.
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Anche se gli argomenti, per essere di carattere eminentemente tecnico, esulano dai temi del nostro discorso, ci sembra opportuno sottolineare lo sforzo compiuto dall'ispettorato dell'arma, sulla base di risultati positivi degli studi e delle esperienze condotti nel decennio 1958-1968, per adeguare i procedimenti di tiro e le modalità esecutive alla nuova visione del combattimento quale visualizzato nella serie dottrinale 700. La pubblicazione contiene non poche innovazioni apportate alla preparazione del tiro, alla determinazione dei dati di tiro per il fuoco di efficacia ed alla organizzazione ed esecuzione del fuoco di efficacia. L'inquadramento balistico, introdotto ex novo nella preparazione del tiro, trova nella pubblicazione uno sviluppo adeguato all'importanza che il procedimento ha nella determinazione delle correzioni sperimentali e conseguentemente nei trasporti di tiro. La determinazione dei dati di tiro per il fuoco di efficacia, effettuata median te la utilizzazione delle correzioni sperimentali, tende ad accrescere sia l' immediatezza sia il grado di aggiustatezza degli interventi su tutti gli obiettivi determinati nella rete topografica delle unità che devono batterli. Le innovazioni apportate alle modalità organizzative ed esecutive del fuoco di efficacia interessano la forma e le dimensioni degli obiettivi, la distribuzione e la dosatura del fuoco e, per rendere più semplice l'esecuzione delle varie operazioni, vengono definiti sette obiettivi-tipo: 1 puntiforme (diametro 50 m od inferiore), 4 circolari (diametro 100,200, 300 e 400 m) e 2 rettangolari (ampi 200 7 300 me profondi 100 m). La definizione degli obiettivi-tipo non solo favorisce l'assimilazione degli obiettivi tattici agli obiettivi-tipo, ma consente di stabilire norme esecutive unificate per la distribuzione del fuoco. La pubblicazione definisce, inoltre, per ciascun obiettivo-tipo, la dosatura del fuoco riferita a ciascuno dei materiali dell'artiglieria campale: numero dei colpi che devono essere sparati inizialmente e nelle riprese successive per conseguire, sui vari tipi di obiettivo circolare, effetti di neutralizzazione rappresentati da perdite del 30% su truppe nemiche allo scoperto e del 10% su truppe nemiche in ricoveri campali a cielo scoperto; durata del tiro iniziale; numero delle riprese successive; durata di ciascuna ripresa e intervallo di tempo tra le varie riprese. La parte sesta della pubblicazione Fuoco di efficacia è senza dubbio quella che contiene le innovazioni di maggior rilievo, ma anche le altre parti modificano notevolmente l'edizione del 1958. Così, la prima parte (No zioni generali sui mezzi di lancio e sulle munizioni) e la seconda (No zioni ge nerali sul tiro) contengono la trattazione ex novo: delle caratteristiche g enerali ciei mezzi di lancio e delle
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munizioni e degli effetti dei proietti con esplosivo convenzionale e nucleare; della struttura e dell'impiego delle tavole di tiro, un argomento che colma una lacuna della precedente regolamentazione; delle condizioni e correzioni del tiro. La parte quarta (Prepara zione del tiro) introduce innovazioni <li rilievo nella preparazione balistica, mentre la parte quinta (Determinazione dei dati di tiro per il fuoco di efficacia) presenta un gran numero di varianti, rispetto alla precedente edizione, in quanto introduce il procedimento di aggiustamento del tiro a percussione in base alla misura delle deviazioni, utilizzando, per la determinazione di punti di arrivo dei colpi, le basi di rilevamento e introduce altresì, ne i trasporti di tiro, la determinazione della spoletta per il fuoco di efficacia a tempo, qualora venga effettuato l 'inquadramento balistico mediante gruppi di colpi a tempo. La pubblicazione, inoltre, abroga: la seconda fase dell'aggiustamento a percussione sostituendola con l'aggiustamento di esattezza che ripristina, in linea di massima. i tre periodi tradizionali; il procedimento di aggiustamento del tiro a tempo mediante la misura dell'altezza media degli scoppi di un gruppo di colpi date le difficoltà che i posti di osservazione incontrano in tale misura; il trasporto di tiro all'origine o il riporto dei dati di aggiustamento su di un obiettivo, in quanto i due procedimenti non trovano più utile applicazione. La parte quinta, infine, dà la definizione di nuovi valori: del grado <li aggiustatezza presunto dei dati di tiro del momento; dei limiti di schieramento per il cambiamento di origine; del limite in distanza per il cambiamento di obiettivo; de i limiti in distanza, in direzione e in quota nella utilizzazione delle correzioni sperimentali (trasporti di tiro); del limite di distanza del trasporto doppio <li tiro; del grado di aggiustatezza dei dati di tiro determinati mediante l'utilizzazione delle correzioni sperimentali. Anche nelle appendici, aggiornate e perfezionate, sono introdotte innovazioni - ad esempio, il Liro contro obiettivi in movimento - e varianti rispetto a quelle della pubblicazione 1958. In poco più di un decennio, la evoluzione della tecnica del tiro assunse una rapidità di sviluppo senza precedenti e l'ispettorato dell'arma dell'artiglieria dimostrò con la nuova istruzione di averne saputo cogliere tutti gl i aspetti significativi, nonostante il moderato processo di ammodernamento dei materiali e delle apparecchiature consentito all'artiglieria italiana in quel decennio (25). Valida sul piano scientifico e tecnico, la nuova istruzione sul tiro testimonia e conferma la costante attività dell'ispettorato dell'arma rivolta a cogliere ed accettare tutte le innovazioni e le modificazioni comunque giovevoli alla presen-
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za sempre e dovunque di un'artiglieria al più elevato grado di efficienza tecnica. Ma diversamente dal passato, quando talvolta la preminenza data al fattore tecnico era risultata eccessiva a causa della ricerca di un perfezionismo non sempre remunerativo, nella nuova istruzione il fattore tattico prevale su quello tecnico, per cui la ricerca della tempestività e dell'efficacia degli interventi è affidata, oltre che alle migliori prestazioni dei materiali e delle apparechiature ed a l loro razionale sfruttamento tecnico, a lla capacità dei comandanti dell'arma base e degli ufficiali di collcgamcnto tattico di artiglieria, che debbono saper valutare concretamente le possibilità di intervento dell'unità di artiglieria, ai fini della pianificazione del fuoco, del suo dosaggio e del suo coordinamento con il movimento, nonché a quella dei comandanti, degli ufficiali osservatori e dei posti comando delle unità di artiglieria che debbono saper adeguare il volume di fuoco e la durata degli interventi alle caratteristiche Lattiche degli obiettivi ed agli effetti che il fuoco deve conseguire. Un'ultima novità della nuova istruzione sul tiro è il preannunzio della elaborazione di un secondo volume della pubblicazione riguardante il tiro con razzi e missili, di cui solo i missili da 762 mm erano già in servizio nell'esercito italiano. Quanto ai razzi - che solo l'esercito dell'U.R.S.S. aveva costantemente mantenuto in servizio dopo la fine della seconda guerra mondiale, migliorandone e perfezionandone le prestazioni, specialmente in fatto di gittata e di precisione - lo stato maggiore dell'esercito italiano in quel periodo, sulla scia degli altri eserciti della N.A.T.O. finalmente convintisi dell'importanza di un'arma complementare delle bocche da fuoco tradizionali, particolarmente idonea a saturare lazona di combattimento ed a colpire a grande profondità come una volta l'artiglieria di armata, venne orientandosi, sia sul piano dottrinale che su quello della messa in programma di una qualche realizzazione, sulla necessità di dotarne l'artiglieria da campagna nella misura consentita dalle future disponibilità finanziarie. D'altra parte, proprio in quello stesso periodo, si cominciò a palesare la necessità di rivedere ab imis tutto il problema dell'artiglieria, giacché l'aumento delle fronti e delle profondità, più che doppie rispetto ai valori del 1945, aveva prodotto la diminuzione della densità pezzo/chilometro a meno della metà di quella del passato. L'acquisizione del cannone da 175, dell'obice semovente da 203, degli ipsoteodolite, dei distanziametri elettronici, dei radar contromortai, del sistema Drone e di altri materiali non bastava più a tenere il passo con i tempi e se fino ad allora l'artiglieria dell'esercito italiano era rimasta in linea con quella di molti altri eserciti
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della N.A.T.O., da quel periodo rischiava, nonostante gli sforzi in tutti i settori dell'ispettorato dell'arma, di perdere il minimo indispensabile della sua operatività. Così, ad esempio, la mancanza di calcolatori balistici spinse l'ispettorato dell'arma a promuovere, nel 1969, anche il deciso e rapido ammodernamento delle tavole di tiro e della relativa documentazione grafica, diramando cinque tavole di tiro ammodernate e preannunziando la diramazione di altre sei in modo da coprire interamente il fabbisogno per le artiglierie in servizio. Le tavole di tiro, infatti, avrebbero dovuto continuare a far parte delle dotazioni dei comandi di artiglieria dei vari livelli, sia per l'indisponibilità dei calcolatori balistici, sia non fosse altro che per sostituire, una volta disponibili, i calcolatori stessi in caso di guasti. Accanto alle pubblicazioni di carattere eminentemente tecnico, tra le quali le principali, di interesse generale, furono, appunto, I' Istruzione sul tiro e le Tavole di tiro e ducumentaziune grafica per il tiro per artiglierie campali videro la luce, negli ultimi anni sessanta e nella prima metà degli anni settanta, un numero copioso di pubblicazioni relative all'impiego ed alla tecnica d'impiego dell'arma sul piano generale e su quello dei vari livelli di comando e di unità.
8. La pubblicazione n. 5910 L'artiglieria nel cpmbattimento (circ. 5000 de lla serie dottrinale) vide la luce nella prima metà del 1969 ed abrogò la pubblicazione n. 3064, edizione 1937, ristampata nel 1939, aggiornando i principi ed i criteri fondamentali ai quali informare l'impiego delle artiglierie terrestri (26). Chiamata a partecipare con il suo fuoco allo sviluppo della manovra - preparando e sostenendo l'attacco o potenziando la resistenza e facilitando i contrattacchi - l'artiglieria incontra nel combattimento moderno - stanti gli ampi spazi dell'area della battaglia, il diradamento dei dispositivi, il dinamismo dell'attacco e la spiccata reattività della difesa - difficoltà d'impiego maggiori che nel passato, in particolare in fatto di coordinamento, di controllo e di manovra del fuoco. Malgrado ciò, il fuoco di artiglieria continua a costituire l'elemento di manovra più tempestivo ed efficace nelle mani del comandante pe r gli interventi decisivi nel combattimento. Il fuoo dell'artiglieria deve ispirarsi prima di tutto ai principi fondamentali della massa, della sorpresa, della sicurezza ed essere tempestivo e aderente alle esigenze della manovra. Da qui
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l'importanza dell'accurata organizzazione per il combattimento e dell' organizzazione del fuoco di artiglieria, nonché della stretta cooperazione con l'am1a base. In genere la situazione operativa non consente l'impiego a massa di tutte le artiglierie a disposizione del comandante in tutta la zona di competenza, per cui: l'impiego a massa va inteso come possibilità di realizzare determinate concentrazioni di potenza in prestabilite aree di gravitazione del fuoco; presuppone un'appropriata articolazione delle artiglierie disponibili e un altrettanto appropriato schieramento; si attua mediante la manovra del fuoco che è manovra di traiettorie e, quando indispensabile, anche manovra di mezzi. La sorpresa si realizza mediante interventi che investano l'obiettivo fin dalla prima salve e presuppone una organizzazione del fuoco completa. La sicurezza degli schieramenti la si persegue mediante l'adozione di misure tattiche e di misure di protezione che pongano le unità di impiego nelle migliori condizioni di adempimento del compito e di continuità di intervento. L'organizzazione per il combattimento, da portare a compimento prima dell'entrata in azione, è quella che consente l'impiego coordinato delle unità di artiglieria disponibili; l'organizzazione del fuoco, che può essere sviluppata progressivame nte, è la sola che assicuri le massime e migliori possibilità di impiego; e ntrambe necessitano di un continuo adeguamento alla s ituazione e debbono essere contenute in limiti ristretti di tempo. Ciò è possibile mediante la tempestiva emanazione di pacchetti successivi di ordini e l'anticipata esecuzione, rispetto allo schieramento, de lle attività relative alla organizzazione della cooperazione e dell'osservazione, alla predisposizione delle zone di schieramento e alla rea1izzazione della preparazione del tiro. Parte di tali attività tattiche e tecniche vanno sviluppate durante l'arco notturno. I criteri fondamentali ai quali s'ispira l'impiego, sono, dunque: la stretta continua cooperazione con l'arma base, il coordinamento delle azioni di fuoco sviluppate ai vari livelli in modo che i loro effetti si integrino e si completino nel quadro generale del combattimento, la flessibilità e la scioltezza della manovra del fuoco me diante la m a novra delle traiettorie e quella dei mezzi (questa per adattarsi con immediatezza allo sviluppo dell'azione tattica in ispecie quando assuma carattere di spiccato dinamis mo), la costante condizione di sapere e di vedere per assicurarsi le più ampie iniziative d'intervento ed il mantenimento del continuo e sicuro rifornimento delle munizioni, un'operazione questa ultima onerosa e difficile, che va alleggerita m ediante l'oculato impiego delle munizioni disponibili , regolandone i consumi in stretta 1·e-
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!azione alle caratteristiche ed all'importanza tattica degli obiettivi. Le aree di gravitazione del fuoco hanno spiccato carattere d'individualità tattico-topografica e non sono in genere contigue né sulla fronte né in profondità, ma negli spazi interposti deve essere assicurata la continuità del fuoco. La massa si realizza con: la manovra del fuoco attuata nell'ambito di ciascuna area di gravitazione del fuoco; la manovra delle traiettorie di una prestabilita aliquota di unità di artiglieria; tra più aree di gravitazione del fuoco, con la manovra dei mezzi di tutte o di alcune unità di artiglieria della grande unità. La manovra delle traiettorie, eseguita nel settore normale di azione, presuppone la preparazione del tiro, l'organizzazione della osservazione e delle informazioni, l'organizzazione delle trasmissioni e la pianificazione del fuoco; la manvora dei mezzi, realizzata quando possibile utilizzando il settore eventuale d'azione e quando necessario per cambio di schieramenti, pn:suppone l'ac-curata valutazione preventiva dei tempi, lo strcllo e tempestivo coordinamento con le attività relative
all'organizzazione del fuoco e, infine, per il cambio degli schieramenti, lo studio preventivo dei nuovi schieramenti, l'esecuzione tempestiva delle ricognizioni, l'organizzazione delle posizioni e dei relativi itinerari <li accesso ed il coordinamento dei movimenti. La sorpresa è funzione di una celere acquisizione c.lcgli obcittivi e e.li una rapida trasmissione degli ordini, di una completa preparazione c.lel tiro e di una pianificazione del fuoco costantemente aggiornata. La sicurezza tende a sottrarre gli schieramenti alla sorveglianza, alla sorpresa ed alle offese del nemico, con particolare riguardo all'offesa nucleare, agli elisbarchi, alle irruzioni di corazzati, mediante misure tattiche (diradamento, difesa vicina, predi s posizione di pos izioni sussidiarie, attività notturna, sfruttamento della mobilità) e misure di protezione (occultamento e mascherame nto, inganno, interramento, contromisure elettroniche, difesa N.B.C.). La fisionomia organico-fallica delle unità di artiglieria campale (26 bis), in relazione alle loro caratteristiche d'impiego, è di tre distinte branche: artiglierie da campagna e da montagna, generalmente assegnate alle grandi unità elementari, per compiti di cooperazione; artiglierie pesanti campali, assegnate alle grandi unità elementari o costituenti unità di supporto di corpo d'armata, per compiti di potenziamento e di estensione in profondità del fuoco erogato dalle artiglierie da campagna o da montagna; artiglierie pesanti, unità di supporto di corpo d'armata, pe r lo sviluppo in profondità di fuoco potente e manovrato in ampi settori. I missili (e i razzi) superficie-
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superficie, pur essendo precipuamente destinati quali vettori di ordigni nucleari, possono anche essere muniti di teste cariche di esplosivo chimico ed essere utilizzati per il fuoco convenzionale nello stesso quadro di impiego delle artiglierie pesanti. Le artiglierie campali, ad eccezione di quelle da montagna, possono essere autotrainate o semoventi; quel le da montagna autotrainate o someggiate; alcuni tipi di artiglierie campali possono essere autotrasportate o eliportate. Anche i mezzi di lancio dei missili e razzi superficie-superficie possono essere autotrainati o semoventi. Le artiglierie campali conservano l'ordinamento in: batteria (unità di tiro monotipo e monocalibro, di norma non fr-azionabilc, quasi sempre inquadrata in un gruppo, senza autonomia logistica, operante alle dipendenze del proprio comandante che si avvale del posto comando di batteria per la direzione ed il controllo del fuoco); gruppo (insieme di più unità di tiro normalmente dello stesso tipo e calibro, di norma inquadrato in reggimenti od anche autonomi, unità di impiego frazionabile se necessario nelle sue unità <li tiro, con propria autonomia logistica per il sostegno logistico delle dipendenti batterie, operante alle dipendenze del proprio comandante che si avvale del posto di comando di gruppo per la direzione e il controllo del fuoco delle dipendenti unità di tiro e di altri gruppi eventualmente assegnati in rinforzo); reggimen to (insieme di più gruppi dello stesso o di diverso tipo e calibro, inquadrato in una grande unità elementare o costituente unità di supporto di corpo d'armata e che, a sua volta, inquadra sotto il profilo disciplinare-addestrativoamministrativo i gruppi organicamente dipendenti, ha una propria autonomia logistica assicuratagli dagli organi logistici della batteria comando e servizi, a gis ce alle dipendenze de l com a ndante dell'arti glieria della grande unità elementare o del comandante delJ'artiglieria di corpo d'armata, che si avvale dei pos ti di comando di raggruppamento di artiglieria pe r la demoltiplicazione della direzione e del controllo del fuoco delle unità di impiego dipendenti). Il comandante di artiglieria di corpo d'armata esercita la direzione ed il controllo del fuoco dei raggruppamenti di artiglieria dipendenti, avvale ndosi del posto comando di artiglieria di corpo d'armata, che viene costituito con il personale e i mezzi tecnici del comando d'arma organicamente inserito nel comando di corpo d'armata e con il concorso di personale, di mezzi di trasporto e di mezzi delle trasmissioni forniti dalle unità di supporto di corpo d'armata. Completano il quadro organico-tattico le unità specialisti incaric ate delle attività relative alla preparazione (topografica e balistica) del tiro ed alla ricerca
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e determinazione degli obiettivi ed ordinate in sezioni, batterie e gruppi organicamente costituiti (una sezione o una batteria su più sezioni al livello di grande unità elementare; un gruppo autonomo su più batterie al livello di corpo d'armata). Anche le unità missili e razzi sono ordinate in batterie, gruppi e reggimenti, ma sia la batteria sia il gruppo sono unità di impiego e la sezione, costituita da un singolo mezzo di lancio, è unità di tiro, mentre il reggimento nel campo dell'impiego adempie i compiti che gli vengono di volta in volta assegnati dal comando della brigata missili, il quale esercita di norma direttamente la direzione ed il controllo del fuoco delle unità d'impiego dipendenti. Nei riguardi del fuoco di artiglieria, la pubblicazione dà largo sviluppo alla trattazione dei suoi effetti nei loro aspetti più spiccatamente tattici. In relazione agli effetti da perseguire il fuoco può essere di distruzione, di neutralizzazione, di disturbo. Nella dinamica del comba ttimento moderno, il più delle volte non è possibile, o conveniente, ricercare con il fuoco - che riveste carattere di esattezza e richiede artiglierie idonee, possibilità di osservazione terrestre e vasta continua completa adeguata disponibilità di tempo e corrispondenti quantità e qualità di munizionamento - la distruzione degli obiettivi, ma occorre limitarsi alla loro neutralizzazione (riduzione della efficienza dell'obicllivo), infliggendo perdite o danni, o quanto meno sospendendone temporaneamente l'attività. Nella neutralizzazione è preminente la preventiva valutazione dei risultati da conseguire sugli obiettivi effettuata da parte del comandante dell'arma base in relazione alla loro impostazione tattica, alle loro caratteristiche, alle possibilità di immediato sfruttamento degli effetti conseguiti. L'effetto di disturbo viene conseguito mediante tiri tendenti a ridurre l'efficienza degli obiettivi, ostacolandone l'attività e creando disagio morale e senso di insicurezza nel nemico. In relazione alle modalità con cui vengono definiti gli elementi necessari per l'esecuzione del fuoco di efficacia, gli interventi possono essere predisposti o non predisposti. I primi, diretti contro obiettivi noti o presunti, richiedono la preventiva definizione del tipo e numero delle unità d'intervento, della forma di intervento, della specie del munizionamento, della dosatura del fuoco, della durata e relativa celerità del tiro, dei dati di tiro per il fuoco di efficacia. Gli interventi possono essere programmati ad orario o a richiesta. Gli interventi non predisposti sono diretti contro obiettivi imprevisti e la loro efficacia dipende dagli stretti e capillari legami di cooperazione tra l'arma base e l'artiglieria, dalla capacità
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ed iniziativa dei comandanti e degli ufficiali osservatori di artiglieria e dalla pronta reattività e celerità di funzionamento dei posti comando delle unità di artiglieria e delle relative linee pezzi. In relazione allo scopo tattico che si ripromettono, gli interventi sono classificati in azioni di fuoco: appoggio, di arresto e controcarri, controbatteria, contromortai, interdizione (vicina e lontana), repressione, sbarramento. Rispetto alla circ. n. 5000/Reg. del 24-VIl-1948 dell'ufficio addestramento e regolamenti dello stato maggiore dell'esercito (27), l'azione di arresto e controcarri è limitata solo al quadro della difesa vicina degli schieramenti, con tiri alle minime distanze e generalmente a puntamento diretto, rivolti rispettivamente contro fanterie o contro mezzi corazzati o meccanizzati che attacchino direttamente le posizioni delle batterie, mentre nel passato l'azione controcarri era prevista anche per concentramenti di artiglieria allo scopo di arrestare o rallentare l'avanzata dei carri stessi. Frattanto l'azione controcarri era stata attribuita alla esclusiva competenza della fanteria e ciò spiega le differenze tra le due pubblicazioni. L'impiego del fuoco in combattimento è atto di comando che si estrinseca, da parte del comandante della grande unità, nella enunciazione della gravitazione del fuoco, espressa nel concetto di azione, e nella conseguente definizione dei dati di base, diramati di norma sotto forma di diretlive per l'impiego del fuoco, necessari per coordinare l'impiego delle varie sorgenti disponibili e per consentire ai vari livelli interessati l'elaborazione contemporanea della pianificazione del fuoco. Alle direttive si accompagnano le prescrizioni tecniche, elaborate dal comandante di artiglieria della grande unità, che: traggono origine dalle direttive per l'impiego del fuoco emanate dal comandante della grande unità; tengono conto delle analoghe prescrizioni del comando artiglieria superiore; hanno lo scopo di definire le modalità esecutive di carattere tecnico delle attività di interesse comune sviluppate dai comandi e dalle unità di artiglieria direttamente dipendenti o dei livelli inferiori; riguardano generalmente la pianificazione degli interventi, i concorsi di fuoco, la determinazione degli obiettivi e dei dati di tiro per il fuoco di efficacia, l'inquadramento balistico ed ogni altro elemento necessario ai fini della pianificazione e dell'impiego del fuoco; vanno aggiornate in concomitanza con eventuali varianti delle direttive e ogni qualvolta necessario per esigenze di ordine tecnico. Sono, dunque, le direttive che determinano l'impiego del fuoco in quanto esse, in armonia_con quelle diramate dal comando superiore e tempestivamente quando necessario
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completate o variate nel corso dell' azione, costituiscono la premessa per la definizione degli ulteriori elementi organizzativi della manovra tattica da parte del comandante della grande unità, del relativo comandante di artiglieria della grande unità stessa e dei comandanti dei complessi tattici e la premessa per la definizione delle prescrizioni tecniche. Le direttive comprendono, infatti, nella forma più completa: la situazione tattica, le linee di rispetto, le aree di gravitazione del fuoco, la densità di fuoco da realizzare in ciascuna delle aree di gravitazione, gli obiettivi di preminente interesse, l'entità del concorso aereo e del fuoco di appoggio navale eventualmente disponibili, l'entità ed il tipo di fuoco nucleare eventualmente disponibile, i concorsi di fuoco da ricevere o da erogare, le facoltà di iniziativa concesse ai sottordini, le modalità e i tempi particolari di coordinamento. La pubblicazione sviluppa successivamente, in due capitoli distinti, la trattazione dell'organizzazione per il combattimento e di quella del fuoco di artiglieria. Nei riguardi dell'urganizzazione per il combattimento - che comporta la definizione dell'ordinamento tattico, dei compiti, del controllo del fuoco, del collegamento tattico, del movimento e dello schieramento - la pubblicazione, pur confermando in linea di massima quanto in vigore, introduce alcune innovazioni e modifiche che meritano una particolare sottolineatura. A proposito dell'ordinamento tattico, ferma restando la ripartizione in artiglieria decentrata e artiglieria massa di manovra, questa ultima articolata in raggruppamenti di artiglieria al livello di corpo d'armata ed in aliquote, orientala o di manovra, al livello di grande unità elementare, diventa più frequente il decentramento delle unità di artiglieria cooperanti ai complessi tattici. L'ordiname nto tattico della massa di manovra in raggruppamenti o in aliquote te nde a r ealizzare la densità di fuoco voluta nelle varie aree di gravitazione , a garantire la cooperazione con l'arma base, ad assicurare elasticità di impi ego in relazione alle possibilità di controllo del fuoco, a favorire la definizione dei compiti per le aliquote in cui viene articolata la massa ed a far corrispondere la comunanza di dipendenze alla comunanza dei compiti, conservando per quanto possibile le dipendenze organiche. I raggruppamenti di artiglieria - costituiti di norma da un comando di reggimento e da un numero vario di unità d'impiego dello stesso o di diverso tipo e calibro, ivi compresi, quando necessario e possibile, i gruppi organici deJle grandi unità elementari in riserva e/o in seconda schiera - assumono diverse fisionomie in relazione ai compiti loro affidati: raggruppamenti con compiti specifici (di con-
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trobatteria e d'interdizione lontana, di concorso di fuoco); raggruppamenti misti. Le aliquote di artiglieria in cui viene articolata la massa di manovra di una grande unità elementare sono costituite dall'aliquuta orientata a favore dei complessi tattici in cui si articola la grande unità e dall'aliquota di manovra: la prima comprendente le unità da campagna o da montagna, organiche e di rinforzo, che, pur restando alle dipendenze del comandante dell'artiglieria della grande unità elementare per l'impiego a massa, ha il compito preminente della cooperazione con l'arma base; la seconda, comprendente le rimanenti unità di artiglieria, organiche e di r inforzo, ha il compito di sviluppare in profondità la manovra del fuoco nel settore della grande unità, di forni re concorso di fuoco all'aliquota orientata o decentrata ed eventualmente alle grandi unità contermini. La partecipazione delle aliquote orientate alla manovra del fuoco soggiace in ogni caso alle limitazioni determinate dalla preminente necessità che esse soddisfino prioritariamente le esigenze di fuoco delle unità dell'arma base a favore delle quali sono orientate. I limiti entro i quali i comandanti di artiglieria dei vari livelli hanno la facoltà di esercitare il controllo di fuoco derivano dall'ordinamento tattico attuato. Tale facoltà può essere temporaneamente modificata mediante la designazione di U.O. autorizzati, l'en trata in funzione di comandi di sostituzione e la temporanea delega, limitatamente nell'ambito della grande unità elementare, del controllo del fuoco erogato da unità _facenti parte dell'aliquota di manovra ai comandanti dell'aliquota orientata o decentrata. L'esercizio del controllo del fuoco nell'ambito del corpo d'armata è devoluto al comandante di artiglieria del corpo d'armata sui raggruppamenti e gruppi non inquadrati che agiscano alle dirette dipende nze del comando artiglieria di corpo d'armata, ai comandanti di raggruppamento sui gruppi inquadrati ·nei raggruppamenti stessi ed ai comandanti di gruppo e di batteria sulle unità rispettivamente dipendenti. Nell'ambito delle grandi unità elementari, l'esercizio è devoluto: al comandante di artiglieria della grande unità su tutti i gruppi costituenti l'aliquota di manovra, sui gruppi dell'a liquota orientata ogni qualvolta vengano ripresi alla mano per la manovra del fuoco, sulle unità di a rtiglieria di corpo d'armata nei limiti del concorso di fuoco predisposto; ai comandanti di gruppo e di batteria delle unità dell'aliquota di manovra sulle unità dipendenti; ai comandanti dei gruppi cooperanti sulle batterie del gruppo e sulle altre unità eventualmente in rinforzo e, nei limiti del concorso di fuoco predisposto, sulle unità dell'aliquota di manovra destinate a fornirlo; agli ufficiali
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di collegamento tattico sulla propria batteria e sulla unità messa a loro disposizione per le necessità della cooperazione; ai comandanti di aliquota di artiglieria decentrata sulle unità di artiglieria dipendenti e, nei limiti del concorso di fuoco predisposto, sulle unità dell'aliquota di manovra destinate a fornirlo. La realizzazione del collegamento tattico - compito dei gruppi di campagna e da montagna nell'ambito delle grandi unità elementari, al quale provvedono mediante la disponibilità organica di nuclei CO - è funzione del numero delle esigenze da soddisfare e della contingente disponibilità di nuclei CO, per cui il problema non può essere risolto secondo schemi rigidi , ma lo deve esser di volta in volta in relazione ai termini che lo conrigurano, re rma restando la convenienza a mantenere presso le unità dell'arma base gli organi di collegamento di normale affiancamento. Ai fini del movimento e dello schieramento la pubblicazione fissa le modalità di esecuzione e le responsabilità specifiche dei vari comandanti sulla base del criterio generale, per quanto riguarda lo schieramento, che la definizione delle linee generali è propria del comandante della grande unità mediante l'i ndicazione delle aree disponibili per lo schieramento, iniziali e s uccessive, mentre la realizzazione, nell'ambito delle aree disponibili, spetta al comandante di artiglieria della grande unità che determina le singole zone e le assegna alle dipendenti unità. La manovra degli schieramenti deve essere razionalmente studiata e pianificata perché possa essere attuata in tempi ristretti, soddisfare le esigenze di fuoco determinate dallo sviluppo in profondità della manovra tattica ed essere aderente allo sviluppo dell'azione condotta dalle unità dell'arma base. Pe r quanto riguarda l'organizzazione del fuoco - che comprende la preparazione del tiro, l'osservazione, le informazioni, le trasmissioni, la pianificazione del fuoco ed il concorso di ruoco - la priorità deve essere assegnata ai procedimenti tecnici che consentano la determinazione dei dati di tiro per il fuoco di efficacia senza preventivi aggiustamenti, sì da creare le premesse per l'adempimento dei criteri generali d'impiego massa e sorpresa - che garantiscano un grado elevato di efficacia. La preparazione del tiro (28) - preparazione topografica, preparazione per l'apertura del fuoco, preparazione balistica - deve consentire alle unità di interve nire con il fuoco di effi cacia s u qualsiasi obiettivo che si presenti nel rispettivo settore di azione e di realizzare le premesse essenziali per la manovra de l fuoco a qualsiasi live llo di comando. L'organizzazione del fuoco viene generalmente iniziata contempo-
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raneamente a lutti i livelli e sviluppata progressivamente nell'ambito di ciascun livello interessato al fine di raggiungere, in tempi successivi ma per quanto possibile ristretti, il massimo grado di completezza e consentire la partecipazione di tutte le unità schierate alla manovra del fuoco a qualsiasi livello. Altro aspetto essenziale dell'organizzazione del fuoco è l'osservazione di artiglieria, (29) che ha il compito della ricerca ed acquisizione degli obiettivi, dell'osservazione del tiro e del concorso alla sorveglianza del campo di battaglia. L'attività informativa, nelle due correnti, l'ascendente e la discendente, è principalmente rivolta alla ricerca di notizie circa: il tipo, l'entità, lo schieramento, l'attività ed il movimento dei mezzi erogatori nemici, con particolare riguardo al Iivello di corpo d'armata ed ai mortai al livello di grande unità; l'attività di movimento e di trasporto sulle vie di comunicazione. L'organizzazione delle trasmissioni d'artiglieria deve assicurare la continuità e l'immediatezza delle comunicazioni relative alle informazioni e agli ordini per il fuoco; essa consta di centro trasmi ss ioni, rete radio, rete a filo e staffette che si integrano vicendevolmente. I si.sterni di trasmissione: assicurano l'esercizio delle attività di comando, <li osservazione ed informative, di direzione e di controllo del fuoco e, limitatamente alle aliquote di artiglieria orientate o decentrate, di cooperazione; sono realizzati secondo schemi tipo; sono impiantati e tenuti in esercizio da personale specializzato organicamente assegnato, ad eccezione per il comando artiglieria di corpo d'armata per il quale provvedono unità tratte dal battaglione trasmissioni di corpo d'armata; sono inseriti in quelli dei comandi di grande unità e, al livello di artiglieria orientata (o decentrata), in quelli dell'arma base. Alla pianificazione del fuuco - argomento che trova sviluppo in una apposita pubblicazione di cui facciamo cenno più avanti - concorrono: nel la fase di impostazione, i I comandante della grande unità che definisce la gravitazione del fuoco e gli elementi di base per l'impiego, i comandanti di complesso tattico che definiscono d'intesa con i comandanti dell'aliquota orientata o decentrata i compiti dell'aliquota stessa, i comandanti di artiglieria ai vari live lli che emanano le prescrizioni tecniche; nella fase <li elaborazione e approvazione, i posti comando <li artiglieria ai vari livelli che elaborano i progetti di piano di fuoco, il vice comandante di artiglieria di corpo d'armata che approva il progetto di piano di fuoco de lla massa di manovra de l corpo d 'armata, il comandante di artiglieria della grande unità elementare che approva il progetto di piano di fuoco r elativo all'aliquota di manovra, il comandante di complesso tattico che approva
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il progetto di piano di fuoco dell'aliquota orientata o decentrata; nella fase diramazione, i comandi di artiglieria ai vari livelli che trasmettono i piani di fuoco ai comandi superiori e in istralcio alle unità di artiglieria interessate, i posti comando di gruppo e di batteria che, a ricezione avvenuta, procedono, nei limiti di tempo più ristretti possibili, a compilare i documenti per il tiro di rispettiva competenza. Il concorso di fuoco è il diretto contributo di fuoco che l'artiglieria di un determinato livello fornisce a quella dei livelli inferiori ed eventualmente a quella di unità contermini. Possono fornire concorso di fuoco: l'artiglieria massa di manovra de l corpo d'armata all'artiglieria aliquota di manovra delle grandi unità dipendenti cd alla massa di manovra dei corpi d'armata contermini; l'artiglieria aliquota di manovra di una grande unità elementare all'aliquota orientata o decentrata ed all'aliquota di manovra delle grandi unità contermini; l'aliquota di artiglieria orientata o decentrata ad altra aliquota di artiglieria di pari livello. Il moderno campo di battaglia esalta la necessità che l'artiglieria operi in ambiente notturno sia per sostenere i combattimenti, sempre più frequenti in tale ambiente, dell'arma base, sia per sviluppare alcuni atti dell'organizzazione per il combattimento e della organizzazione del fuoco (movimenti, schieramenti, preparazione del tiro). Nell 'azione difensiva le maggiori possibilità di preventiva organizzazione delle varie attività comportano una naturale semplificazione del combattimento notturno dell'artiglieria; nell'azione offensiva, invece, la predisposizione delle varie attività può essere generalmente basata solo su previsioni di larga massima. Il ricorso da parte dell'artiglieria al combattimento notturno richiede nella preparazione e nella esecuzione delle varie attività accorgimenti particolari. Nel campo della cooperazione occorre: considerare l'incidenza dell'oscurità sugli accordi che intercorrono tra i comandanti delle unità dell'arma base e gli ufficiali di collegamento tattico di artiglieria al fine di assicurarne la validità anche durante l'arco notturno; realizzare una pianificazine del fuoco che consenta il più ampio ricorso agli interventi predisposti; garantire buone possibilità di osservazione per la cooperazione (illuminazione del campo di battaglia, realizzazione di un fitto inquadramento topografico, raffittimento dello schieramento degli U.O., collaborazione degli ufficiali dell 'arma base); definire particolari modalità per la sicurezza delle truppe amiche (linee di riferimento, segnalazioni luminose per allungare od accorciare il tiro, ecc.); concordare procedure semplici e idonee per la trasmissione delle ri-
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chieste di fuoco e, in particolare, di quelle riferite ai tiri illuminanti ed agli interventi per specifiche azioni di fuoco. Nel campo dell'osservazione è necessario: preorganizzare posti per l'osservazione notturna (segnando opportunamente i limiti del settore di osservazione, e, nell'interno di questo, le direzioni dei punti di riferimento e/o degli obiettivi di maggiore importanza); integrare l'osservazione ottica con quella acustica; raffittire i posti di osservazione visuale e sfruttare al massimo le possibilità offerte dai pos ti di osservazione e dalle basi di rilevamento strumentali; predisporre tiri illuminanti per l'illuminazione della zona di azione. Quanto al movimento ed allo schieramento assumono rilievo: le ricognizioni preventive con l'ausilio dei documenti cartografici e delle informazioni circa gli itinerari e le zone da riconoscere; la segnalazione degli itinerari di accesso e di deflusso a mezzo di fettucce bianche, paletti luminescenti, lampade colorate, ecc.; la predisposizione e l'effettuazione di lavori per agevolare il movime nto e per mascherare le postazioni e i posti comando; la messa in atto di uno specifico servizio di movieri dotati di indumenti e di attrezzature luminescenti ed il controllo dell'efficienza dei sistemi di illuminazione notturna degli automezzi; il massimo silenzio nei movimenti e nello schieramento e la disciplina dei movimenti nella zona di schieramento al fine di evitare la formazione indiscriminata di pis te. Nel campo della preparazione del tiro, occorre particolarmente: adottare per la preparazione topografica procedimenti semplici; sfruttare ampiamente, sia per la preparazione topografica sia per la preparazione per l'apertura del fuoco, tutti i mezzi tecnici disponibili (distanziometri elettronici, orientatori giroscopici, polarimetri, mezzi per l'illuminazione dei goniometri, dei falsi scopi, degli strumenti di puntamento, ecc.); curare che le varie attività siano sviluppate secondo schemi prestabiliti e bene assimilati dal personale che deve eseguirle. La pubblicazione - che si conclude con un capitolo relativo alla organizzazione ed al funzionamento dei servizi nell'ambito del reggimento e del gruppo di artiglieria, con particolare riguardo al rifornimento delle munizioni - è ispirata a principi e criteri fondamentali per l'impiego dell'artiglieria nel combattimento moderno e definisce norme e procedure che possono essere applicate nei casi medi di impiego, in qualsiasi situazione tattica ed in ogni ambiente naturale, ·ma mette altresi in evidenza come per le molteplici e mutevoli esigenze del campo di battaglia sia da ripudiare ogni rigidezza e schematismo e s ia, invece, essenziale saper adeguare le norme e le procedure alle
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situazioni contingenti, sempre nel rispetto dei principi e criteri fondamentali. Essa utilizza la terminologia tattica della serie dottrinale 700, ma risente già del passaggio, che proprio verso la fine degli anni sessanta veniva attuandosi, dalla strategia della rappresaglia massiccia a quella della risposta ricssibilc e c ioè dalla serie dottrinale 700 alla 800. Indipendentemente da ciò, la edizione 1969 della pubblicazione L'a rtiglieria nel comballimenlo è un documento che riveste un interesse dottrinale e storico di enorme rilievo, perché inquadra in un contesto moderno ed aggiornato l'impiego e la tecnica d'impiego dell'artiglieria e perché consente di misurare tutto il cammino compiuto, dal periodo precedente la seconda guerra mondiale alla prima metà degli anni settanta, nel modo di concepire, organizzare e condurre il fuoco dell'artiglieria terrestre. La pubblicazione, inoltre, capostipite della serie dottrinale 5000, specifica dell'arma di artiglieria, costituisce la normativa di base della tecnica d'impiego dell'artiglieria terrestre nella quale si inquadrano la pubblicazione 5907 La cooperazione arma base-artiglieria (n. 5100 della serie dottrinale) che la precedé di un anno e la pubblicazione n. 6007 La pianificazione del fuoco di artiglieria (n. 5030 della serie dottrinale) che vedrà la luce nel 1972 e che, pur intonata alla concezione cd alla terminologia della serie dottrinale 800, conserverà uno stretto legame con la capostipite edita anni prima.
9. La pubblicazione n. 5907 La cooperazione arma base-artiglieria (circ. 5100 della serie dottrinale) vide la luce il I-IX-1968 (30). Essa sanzionò e perfezionò la prassi, già di fatto seguita da anni per la realizzazione di una delle forme di maggior rilievo, e sempre presente, della cooperazione interarmi, quale è quella arma base-artiglieria, sottolineandone la fondamentale importanza, specificandone le componenti essenziali - il collegamento tattico, l'osservazione per la coo0 perazionc, le trasmissioni per la cooperazione - e fissa ndo per ognuna di queste i procedimenti e le procedure di realizzazione. La cooperazione arma base-artiglieria si esprime mediante l'organizzazione delle tre componenti ed il costante aggiornamento del1'organizzazione stessa, in modo da ottenere il massimo rendimento per tutta la durata dell'azione, indipendentemente dal variare delle condizioni di situazione e di amhiente e media nte l'esecuzione, nel hm-
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go e nel momento voluti, nella forma idonea ed in modo quanto più possibile diretto ed immediato, di una serie di interventi di fuoco, a richiesta dell'arma base o d'iniziativa, conformi al concetto di azione del comandante dell'arma base, aderenti allo sviluppo dell'azione tattica, adeguati per consistena e tempestività agli effetti da conseguire. Le unità di artiglieria destinate a realizzare la cooperazione con i complessi tattici sono normalmente i gruppi, da campagna o da montagna, organici delle grandi unità elementari: ciascun gruppo è predesignato a cooperare rispettivamente con un determinato reggimento nell'ambito delle divisioni e della brigata di cavalleria - nella brigata di fanteria e paracadutisti la cooperazione è assicurata dal gruppo da campagna organico della brigata stessa - e con un determinato battaglione alpini nell'ambito della brigata alpini. Presupposto fondamentale per l'organizzazione della cooperazione è la determinazione dell'ordinamento tattico iniziale e degli orientamenti per quelli successivi relativi alle unità di artiglieria destinate a cooperare. Il collegamento tattico - che ha lo scopo di rendere valida e concreta la cooperazione, di permettere la perfetta conoscenza simultanea della reciproca situazione, di consentire la formulazione di decisioni congiunte - si realizza mediante l'affiancamento degli organi di collegamento tattico di artiglieria ai comandanti delle unità dell'arma base, lo scambio delle intese e la formulazione degli accordi. Il compito di collegamento tattico è devoluto al comandante di gruppo ed ai comandanti di batteria del gruppo da campagna o da montagna organico normalmente cooperante e, nei gruppi da campagna che ne dispongono organicamente, all'ufficiale di collegamento tattico (capitano capo nucleo CO del comando di gruppo) del comando di-gruppo. Gli ufficiali si avvalgono del rispettivo nucleo (nucleo del comandante di gruppo, nucleo CO di batteria ed eventualmente di gruppo), comprendente il personale ed i mezzi necessari. La disponibilità organica dei nuclei CO presso i gruppi normalmente cooperanti è commisurata al caso medio di collegamento tattico fino al gruppo tattico al livello di battaglione per le unità di fanteria, meccanizzate, corazzate e di cavalleria; fino al gruppo tattico al livello di cOmpagnia per le unità alpine. I normali affiancamenti sono pertanto: per le unità di fanteria, meccanizzate, corazzate e di cavalleria, comandante di gruppo da campagna - comandante di raggruppamento tattico e comandante di batteria - comandante di gruppo tattico al livello di battaglione; per le unità alpine, comandante di gruppo da montagna - comandante di gruppo tattico a l live llo di battaglione, comandante di
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batteria - comandante di gruppo tattico al livello di compagnia (o comandante di compagnia inquadrata). Nell'ambito dell'aliquota decentrata ad un complesso tattico, valgono gli stessi affiancamenti ogni qualvolta sia decentrato al complesso tattico il gruppo normalmente cooperante, eventualmente rinforzato; qualora invece venga decentrato ad un gruppo tattico al livello di battaglione il gruppo di artiglieria da campagna, lo schema di affiancamento assume la fisionomia di quello previsto per le unità alpine. Spesso può sorgere l'esigenza di un affiancamento più capillare ed essa può essere soddisfatta mediante l'utilizzazione di nuclei CO tratti dalle unità in rinforzo al gruppo normalmente cooperante, l'impiego di nuclei CO eventualmente messi a disposizione del comandante di artiglieria della grande unità, l'attribuzione del compito di collegamento tattico ai nuclei O di gruppo e di batteria del gruppo normalmente cooperante, limitatamente ai soli casi indispensabili. Le attribuzioni ed i compiti degli ufficia li di collegamento tattico sono molteplici e di ordine vario (32) e dal loro completo espletamento dipendono in larga misura i risultati della cooperazione, di cui elemento essenziale sono anche le intese e gli accordi: le prime aventi lo scopo di far conoscere, attraverso uno scambio reciproco di dati informativi: all'ufficiale di artiglieria il compito del complesso tattico, la situazione, i lineamenti dell'azione e le conseguenti esigenze di fuoco e di collegamento tattico ed al comandante del complesso tattico la situazione dell'artiglieria e cioè le possibilità di sostegno diretto da parte dell'aliquota orientata o decentrata e di concorso di fuoco da parte di altre unità di artiglieria, nonché le disponibilità di organi per il collegamento tattico; i secondi aventi lo scopo di definire, attraverso decisioni congiunte, le modalità e le procedure per soddisfare le esigenze dell 'arma base in relazione alle possibilità dell'artiglieria cooperante. L'osservazione per la cooperazione è organizzata nell'ambito dell'aliquota orientata (o decentrata) a cura del comandante del gruppo cooperante, con la collaborazione degli ufficiali di collegamento tattico presso l'arma base. La rete di osservazione viene costituita con i posti di osservazione impiantati dagli UO di gruppo e di batteria del gruppo cooperante e, quando disponibili, dagli clementi di quelli di rinforzo. In essa vengono altresì inseriti i posti di osservazione eventualmente realizzati dagli ufficiali in collegamento tattico presso l'arma base. La disponibilità organica di tre UO di gruppo e di altrettanti per ciascuna batteria nell'ambito dei gruppi da campagna assicura la presenza di un UO presso ciascuna compagnia o squadrone dell'ar-
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ma base, mentre nell'ambito dei gruppi da montagna la disponibilità di un UO di gruppo e di un UO per ciascuna batteria consente di raffittire l'osservazione al livello di compagnia e di realizzare anche possibilità di osservazione presso unità al livello inferiore di quello di campagnia. All'organizzazione dell'osservazione per la cooperazione provvedono, ciascuno nell'ambito dei propri compiti, e il comandante del gruppo (assegnazione dei settori di osservazione, determinazione delle esigenze di posti di osservazione per ciascun ufficiali di collegamento tattico, assegnazione di eventuali UO di rinforzo, eventuale definizione della dislocazione dei posti di osservazione di particolare importanza, designazione di eventuali UO autorizzati, emanazione di eventuali disposizioni per il concorso alla s orveglianza del campo di battaglia, indicazione degli accorgimenti da adottare per l'osservazione notturna, emanazione di direttive per la successiva manovra dei posti di osservazione, ecc.) e gli ufficiali di collegamento tattico in armonia con le disposizioni del comandante del gruppo (definizione della dislocazione dei singoli posti di osservazione costituiti coi nuclei O dipendenti, suddivisione del settore di osservazione, disposizioni per l'eventuale adeguamento del sistema di trasmissioni, emanazione di ordini per il concorso alla sorveglianza del campo di battaglia, vaglio e disciplina delle attività informativa e tecnica degli UO, organizzazione e condotta della manovra dei posti di osservazione, ecc.). Gli UO di gruppo e di batteria devono impiantare il proprio posto di osservazione, mantenere lo stretto collegamento con il comandate della minore unità della arma base con la quale cooperano, fornire notizie all'ufficiale di collegamento tattico da cui dipendono ed al posto comando di gruppo sulla situazione, provvedere all'acqui s izione degli obiettivi e a inoltrare richieste d'interventi, su richieste di fuoco dell'arma base o di iniziativa, al posto comando di batteria per gli interventi di batteria od al posto comando di gruppo per gli interventi di gruppo, previa autorizzazione dell'ufficiale di collegamento tattico da cui dipendono. Le trasmissioni per la cooperazione, realizzate con mezzi radio e talvolta anche a filo, assicurano il collegamento diretto tra i comandanti di complesso tattico (o di minori unità) dell'arma base e gli ufficiali di artiglieria cooperanti, nei casi in cui non sia possibile l'affiancamento di persona. La responsabilità di realizzare e di mantenere i collegamenti è delle unità di artiglieria cooperanti, le quali dispongono organicamente dei relativi mezzi necessari. A mezzo di tali collegamenti, i comandanti dell'arma base sono in condizioni in ogni mo-
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mento di inoltrare le richieste di fuoco agli "ufficiali di artiglieria cooperanti. Sui collegamenti stessi, inoltre, transita il traffico relativo allo scambio delle notizie, necessario per il continuo aggiornamento della situazione e per l'adeguamento degli accordi. Nel gruppo di artiglieria da campagna a traino meccanico o da montagna, cooperante con unità di fanteria o alpine, il comandante di gruppo e i comandanti di batteria, generalmente, si affiancano di persona aì comandanti dei complessi tattici (o minori unità) dell'arma base e non esistono pertanto esigenze di particolari collegamenti di cooperazione, mentre gli UO di gruppo e di batteria, che generalmente non possono affiancarsi di persona ai comandanti delle minori unità con i quali cooperano, si avvalgono di una stazione radio compagnia - plotone inserendosi nella maglia radio della compagnia o squadrone nel cui ambito operano. Nel gruppo di artiglieria da campagna semovente, il comandante di gruppo può generalmente affiancarsi di persona al comandante del rnggruppamcnlo tattico e non necessita pertanto del collegamento di cooperazione (nel caso si renda necessario, realizza tale collegamento inserendosi nella maglia radio del raggruppamento tattico mediante una delle stazioni radio di cui dispone), mentre i comandanti di batteria, ]'ufficiale <li collegamento tattico del comando di gruppo e gli UO non possono di norma affiancarsi di persona ai comandanti di gruppo tattico cd ai comandanti dei complessi minori e, pertanto, gli ufficiali di artiglieria realizzano il collegamento con una s tazione radio veicolare di piccola potenza di cui dispongono e gli UO con una stazione radio compagnia-plotone. Tali, nelle loro linee generali, i criteri, le modalità e le procedure della circ. 5100 della serie dottrinale che sce nde, per ogni argomento, in altri particolari che non ci è sembrato necessario riassumere, mentre ci è parso essenziale riferire, più diffusamente di quanto non siamo soliti fare su argomenti analoghi, sulla cooperazione arma base· artiglieria che è uno dei fattori determinanti del combattimento mo· derno, in quanto assicura l'indispensabile sostegno di fuoco alla manovra tattica ai vari livelli e lo stretto coordinamento tra fuoco e movimento che sono i due parametri della manovra stessa. La 5100, nella conclusione, afferma che presupposto base di una e fficace cooperazione è la capacità e la volontà dei Quadri chiamata a realizzarla e ciò è profondamente vero, tanto che più volte, nella seconda guerra mondiale, malgrado l'insufficienza normativa degli organi e dei mezzi per la cooperazione, l'intesa tra i comandanti delle unità dell'arma base e quelli delle unità di artiglierìa e la loro congiunta Òec.isa volontà di
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realizzare l'unitarietà degli sforzi consentirono di conseguire importanti successi, ancorché di carattere locale, che danno lustro alla storia della cooperazione tra l'arma base (fanteria e cavalleria) e l'artiglieria campale. Ma nel combattimento moderno, condotto dai complessi pluriarma con larga autonomia di azione e su valori di spazio in ampiezza ed in profondità assai maggiori che nel passalo, la cooperazione arma base-artiglieria esige, oltre che la capacità e la volontà dei quadri, un'accurata e minuta organizzazione del collegamento tattico, dell'osservazione per la cooperazione e delle trasmissioni per la cooperazione, la quale renda istintiva e quasi automatica, all'occorrenza, la immediata messa in atto di organi e di mezzi e lo sviluppo delle allività che configurano la cooperazione stessa. Da qui la importanza preminente dell'addestramento alla quale fa richiamo la conclusione della 5100 che ne detta le norme particolareggiate da osservare nelle esercitazioni a fuoco ed in bianco. La pubblicazione n. 6007 - La pianificazione del fuoco di artiglieria (circolare 5030 del la serie dottrinale), - che vide la luce nel maggio 1972 (31), ha i suoi precedenti nelle circolari emanale dall'ispettorato dell'arma di artiglieria n. 1/3851/2° F,ffelli del fuoco di artiglieria e azioni di fuoco del 20-3-1957 e n. 4561 Pianificazione del fuoco di artiglieria del I-VI-1961. Questa ultima era apparsa in concomitanza con lo STANAG n. 2031 Piano di fuuco dell'artiglieria di cui era un'integrazione, diretta non solo ad illustrare le caratteristiche e le modalità di compilazione dei documenti costitutivi del piano di fuoco, ma anche a definire le procedure cui dovevano attenersi i comandi dell'arma nello sviluppo delle attività connesse con l'elaborazione dei vari documenti per la pianificazione del fuoco. L'ispettorato dell'arma, inoltre, aveva elaborato e diramato sull'argomento due successive bozze di circolare, la prima nel 1967 in relazione alle pubblicazioni 700, 710 e 720 della serie dottrinale, la seconda nel 1971 in relazione alla pubblicazione capostipite della serie 800. Entrambe le circolari erano state sottoposte al vaglio sperimentale dei comandi di artiglieria nelle esercitazioni di impiego e, in particolare, nelle esercitazioni annuali di artiglieria, per cui l'ideazione e il contenuto della nuova pubblicazione sulla pianificazione del fuoco di artiglieria fu il risultato di un lungo ciclo sperimentale, al quale avevano offerto un largo contributo di idee e di suggerimenti i comandi d'artiglie ria di corpo d'armata e di divisione. La pubblicazione nacque strellamente coordinata con la terminologia della serie dottrinale 800, con la nuova organizzazione dei comandi delle grandi unità elementari stabilita dalla serie 800, c he
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previde la sostituzione, al livello di grande unità elementare, del Centro di coordinamento del fuoco con il Nucleo per l'impiego del fuoco di superficie inserito nel Centro operativo del comando della grande unità (MAIN), con le norme e le procedure per l'impiego del fuoco ai livelli di grande unità e dei complessi tattici, con le attribuzioni e i compiti dei comandi artiglieria definiti nelle pubblicazioni che citeremo più avanti e con la documentazione costitutiva dei piani di fuoco di artiglieria prescritta dallo STANAG 2031 e sue successive varianti. L'opportunità di trattare, raccolta in un unico capitolo, la regolamentazione d'arma degli anni 1965-1975 rende necessario anticipare l'illustrazione di alcune pubblicazioni che vennero ispirate alla serie dottrinale 800 e, tra queste, appunto quella riguardante la pianificazione del fuoco di artiglieria che, diversamente dalla 5000 e dalla 5100, aderisce e si uniforma alla nuova dottrina, che esamineremo, invece, nel capitolo successivo. L' inconveniente non ci sembra grave, ancorché possa ingenerare qualche incertezza, specialmente in fatto di terminologia, comunque meno rilevante di quello dello spezzettamento cronologico della materia riferita alle singole armi, la cui regolamentazione di impiego e di tecnica di impiego ai livelli di gruppo tattico e minori prescinde, in una qualche misura ed entro certi limiti, dalla normativa dei livelli superiori.
10. La pubblicazione La pianificazione del fuoco di artiglieria ha carattere eminentemente tecnico e procedurale, ma naturalmente tratta anche argomenti di tattica ed è di questi ultimi che ci interessa principalmente mettere in rilievo il contenuto, per cui al riassunto della pubblicazione conferiamo un carattere più sommario di quello dato alle c irc. 5000 e 5001, insistendo soprattutto sulle innovazioni più significative, tra le quali, oltre la già ricordata abolizione al livello di grande unità elementare del centro di coordinamento d el fuoco e la s ua sostituzione con il nucleo per l'impiego del fuoco di superficie inserito nel centro operativo del MAIN, la soppressione, nell'elencazione delle azioni di fuoco, della contropreparazione non più considerata nelle pubblicazioni della serie 800, in quanto non ritenuti dallo stato maggiore dell'esercito realizzabili, nel combattimento moderno, i presupposti tattici che ne consentivano in passato l'effettuazione. Una soppressione sulla quale torneremo quando esamineremo la 800. Una terza innovazione di rilievo, che discende a nche questa dalla 800, riguarda la grande libertà di azione, pur compatibilmente con le esigenze del coordinamento, conferita ai comandanti gerarchici, dalla
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quale derivano conseguenze sui livelli di approvazione dei piani di fuoco, sulla definizione delle zone di. competenza per l'impiego del fuoco delle varie aliquote di artiglieria e sulle procedure da seguire per l'aggiornamento della pianificazione del fuoco nella fase di condotta della manovra. La pubblicazione sancisce che un piano di fuoco è di per sé operante al livello in cui viene elaborato senza attendere, come previsto dalla normativa precedente, l'approvazione del comando superiore. Si tratta di una innovazione, già introdotta dalla 5000, determinata dalle esigenze di tempestività e rapidità di decisione, caratteristiche peculiari del combattimento moderno. Alla maggiore speditezza della pianificazione conseguente dalla operatività del piano di fuoco al livello in cui viene elaborato e, in pratica, dalla delega ai comandi in sottordine di molte funzioni concettuali ed organizzative già proprie dei comandi di livello superiore, si accompagna la definizione preliminare di zone di competenza distinte per l'impiego del fuoco della massa di manovra del corpo d'armata, delle aliquote di manovra delle grandi unità elementari e delle aliquote di artiglieria cooperanti con i complessi tattici. Alla delimitazione delle zone di responsabilità per l'impiego del fuoco si perviene avvalendosi della linea di distanza di sicurezza delle truppe amiche, della linea per il coordinamento del fuoco di aderenza e della linea di demarcazione tra interdizione vicina e interdizione lontana. Si determinano così: una zona di competenza delle artiglierie cooperanti con i complessi tattici, compresa tra la linea della distanza di sicurezza e quella per il coordinamento del fuoco di aderenza; una zona di competenza delle aliquote di manovra delle grandi unità elementari, compresa tra la linea di coordinamento del fuoco di aderenza e quella di d emarcazione tra interdizione vicina e interdizione lontana; una zona di competenza della massa di manovra di corpo d'armata, compresa tra la linea di demarcazione tra interdizione vicina e interdizione lontana ed il limite di gittata delle artiglierie. I limiti delle zone mutano rapidamente e con continuità in funzione dell'evolvere della situazione operativa e perciò occorre aggiornarne di continuo l'andamento, anche in fase di condotta, per ottenere un efficace coordinamento del fuoco ed un'armonica ed e conomica integrazione di tutte le sorgenti di fuoco disponibili nel quadro generale della manovra. I limiti delle zone di competenza, infine, non vanno intesi in senso rigido e vincolativo perché, in determinate circos tanze, può risultare necessario l'intervento di un'aliquota di ar·tiglieria al di fuori della propria zona di competenza, come, ad esem-
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pio, nel caso dell'erogazione di concorso di fuoco a favore di unità dipendenti e nel caso dello sviluppo dell'azione di controbatteria. li primo ed il secondo capi Lolo della 5030 trattano rispettivamente le generai i tà relative alla pianificazione del fuoco nel suo complesso e le caratteristiche generali della pianificazione del fuoco di artiglieria (fasi ed iter). Elemento di particolare interesse, ai fini dell 'impiego dei vari mezzi di lancio disponibili (artiglierie, aerei, rampe di lancio) e di fuoco diverso (convenzionale, nucleare), restano, come previsto dalla 5000, le direttive per l'impiego del fuocu, diramate sotto forma di successivi pacchetti di urdini ed alla fine inserite nell'allegato fuoco all'urdine di operazione del comando della grande unità. Esse vengono elaborate, sulla base della gravitazione del fuoco espressa dal comandante della grande unità, dal centro coordinamento del fuoco al livello di corpo d'armata e dal centro operativo (nucleo per l'impiego del ruoco) al livello di grande unità elementare; costituiscono gli elementi concettuali per l' impiego del fuoco e ad esse si riferiscono per lo sviluppo delle attività di rispetliva competenza, i comandi in sottordine interessati. Nel terzo capitolo sono illustrati i documenti costitutivi del piano di fuoco di artiglieria ed i conseguenti documenti per il tiro e viene dato particolare rilievo al piano di fuoco speditivo, che riunisce in un solo documento l'elenco degli obiettivi e lo specchio degli interventi predisposti, particolarmente utile nei casi di azioni dinamiche limitate nel tempo e nello spazio. Nel quarto capitolo vengono descritte le azioni di fuoco e le caratteristiche che le contraddistinguono, dando maggiore sviluppo alla trattazione fattane nella c irc. 5000. Sono riportate anche le azioni di fuoco tipiche dell'arma base - accurnpagnamentu, arresto, controcarri - le ultime due delle quali possono essere sviluppate anche da parte delle unità di artiglieria nel quadro della difesa vicina degli schieramenti. Nel capitolo quinto trovano illustrazione i piani di fuoco elaborati, da parte di ciascun livello di comando interessato, in relazione alle azioni in cui la circ. 800 articola la battaglia difensiva, la manovra in ritirata, la battaglia offensiva. Viene chiarito che il piano di fuoco deve riferirs i a llo sviluppo dell'intera azione, affidala ad una singola unità o complesso dell'arma base, e che le esigenze che si determinano azione durante debbono essere annotate mediante il costante aggiornamento dell'elenco degli obiettivi ed il conseguente aggiornamento degli specchi degli interventi predisposti e la elaborazione e diramazione di nuovi specchi.
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11. La trattazione dell'impiego tecnico dell'arma di artiglieria Lrovò altresì sviluppo nelle pubblicazioni relative ai comandi di artiglieria ai livelli di corpo d'armata, di grande unità elementare e di raggruppamento ed ai gruppi di artiglieria dei vari tipi e calibri. Nel 1965 l'ispettorato dell'arma diramò la pubblicazione n. 5615 Tl comando artiglieria della divisione di fanteria (n. 5202 della serie dottrinale) che indicava la costituzione, le attribuzioni e l'articolazione tallica del comando artiglieria per divisione di fanteria, nonché l'organizzazione e il funzionamento del relativo posto comando, le attribuzioni e i compiti degli elementi chiave del comando, la documentazione e le procedure per la direzione ed il controllo del fuoco e l'organizzazione del posto comando di artiglieria e di sostituzione (32). La pubblicazione venne abrogata e sostituita dalla n. 5997 IL comando artiglieria delle GG.UU. elementari (n. 5203 della serie dottrinale), edita nel 1972 (33) e compilata sul modello delle pubblicazioni n. 6098 Il comando artiglieria di corpo d'armala (circ. n. 5201 della serie dottrinale) e n 5959 Il comando di raggruppamento di artiglieria (circ. n. 5205 della seri e dottrinale) che videro la luce rispettivamente nel 1974 (34) e nel 1970 (35). Nel quadro della elaborazione della regolamentazione riguardante le unità di impiego, l'ispettorato dell'arma compilò e diramò: la pubblicazione n. 5919 Il gruppo artiglieria missili da 762 mm, circ. n. 5215 della serie dottrinale (36); la pubblicazione n. 6026 Il gruppo artiglieria da campagna da 105122, circ. n. 5211 della serie dottrinale (37); la pubblicazione n. 5920 Il gruppo artiglieria da campagna semovente da 155123 M 109, circ. n. 5221 della serie dottrinale (38); la pubblicazione n. 5933 IL gruppo artiglieria da montagna, circ. n. 5231 della serie dottrinale (39); la pubblicazione n. 6033 Il gruppo artiglieria pesante campale e pesante a traino meccanico, circ. n. 5213 del la serie dottrinale (40); la pubblicazione n. 6056 Il gruppo artiglieria pesante campale e pesante semovente, circ. n. 5223 della serie dottrinale (41); la pubblicazione n. 6075 Le unità specialisti di artiglieria, circ. n. 5241 della serie dottrinale (42); la pubblicazione n. 6038 Il gruppo artiglieria e.a.I., circ. n. 5530 della serie dottrinale (43). Un'altra pubblicazione, di particolare rilievo, fu quella contraddistinta dal n. 6101 Disciplina del fuoco (44) indicante: le predisposizioni e le procedure che regolano la trasmissione delle comunicazioni per il tiro tra i posti comando delle unità di impiego e di tiro, gli osservatori e le linee pezzi, al fine di realizzare il loro coordinato funzionamento e la cor-
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retta esecuzione del tiro; le comunicazioni relative agli ordini per la preparazione per l'apertura del fuoco, agli ordini di intervento, alle richieste di intervento, agli ordini per la esecuzione d e l tiro, compresi quelli di carattere logistico, specie a i fini del rifornimento munizioni. La pubblicazione n . 6101 abrogò e sostituì la circolare n. 5400, pari oggetto, diramata sotto forma di bozza di stampa nel 1962. Accanto a quelle - le principali - elencate, l'ispettorato dell'arma di artiglieria, sempre in materia di impiego, di tecnica di impiego e di addestramento delle unità dell'arma, operò numerosi altri interventi (45) mediante la diramazione di testi tecnici, manuali, istruzioni varie, riguardanti s ia l'artiglieria terrestre che quella contraerei, nell'intento di conferire uniformità di organizzazione e la migliore funzionalità possibile degli organi operativi, oltre che nell'intento di mantenere il più elevato possibile il grado di professionalità dei quadri e delle unità. Nel periodo 1965-1975, l'i spettorato de ll'arma di artiglieria impresse a l lavoro di aggiornamento, completamento e perfezionamento della regolamentazione d'arma un ritmo a ltame nte sostenuto che valse a coprire tutti i settori riguardant i l'impiego del fuoco di a r·tiglieria in stretta correlazione con : l'evoluzione delle concezioni dottrinali espresse dallo stato maggiore dell'esercito prima con le pubblicazioni della serie 700 e s uccessivamente con quelle della serie 800; l'introduzione in servizio di nuove armi e di nuove apparecchiature tecniche; il graduale profilarsi delle nuove esigenze e, in particolare, di que lle relative all'aumento del calibro dei pezzi da campagna e pesanti campali, all'introduzione in servizio di razzi a lunga gittata, all' incremento dei mezzi tecnici per l'automatismo dei calcoli e delle operazioni di tiro. L'artiglieria dell'esercito italiano, che negli anni sessanta aveva mantenuto a ll'incirca il passo con quelle di a ltri eserciti della N.A.T.O., all'inizio degli anni settanta mostrava peraltro chiaramente il bisogno di un radicale rinnovo de i materiali in servizio e di una sostanziosa acquisizione di nuovi mezzi, oltre che di una maggiore disponibilità di bocche da fuoco semoventi. Sul piano culturale e professionale essa poteva essere annoverata tra le più progredite ed avanzate, ma ciò non sarebbe bastato a garantirle efficienza cd operatività, se non si fosse provveduto in tempo ad a umentarne la potenza e la mobilità, ora che il ricorso all'impiego delle a rmi nucleari Lattiche aveva assunto, nel contesto della strategia della risposta flessibile, carattere limitato e selellivo. La rivalutazione delle forze e dei mezzi convenzionali - componenti fondamentali e determinanti del-
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le operazioni - pone in primo piano il problema dell'artiglieria, sia sotto l'aspetto quantitativo, vale a dire del rapporto con l'arma base, sia sotto quello qualitativo, vale a dire della potenza del colpo singolo e della tempestività di interventi precisi al momento e nel luogo voluti e nella quantità necessaria.
12. La serie dottrinale 700, diversamente da quanto avvenne per la fanteria, la cavalleria e l'artiglieria, i cui ispettorati provvidero ad uniformare ad essa la regolamentazione d'arma, non determinò, come sarebbe stato naturale, la rielaborazione della normativa di impiego e di tecnica di impiego dell'arma del genio, nonostante che le pubblicazioni della serie 700, dalla capostipite a quelle riguardanti le altre unità, fossero sature di richiami ai compiti, alle azioni di combattimento, alle attività tecnico-tattiche ed alla varietà dei lavori attributi all'arma. Fu solo nel 1974, cioè dopo oltre tre anni dall'entrata in vigore della dottrina 800, che l'ispettorato dell'arma dette mano alla elaborazione della regolamentazione tecnico-tattica, con inizio dalla pubblicazione n. 6130 Impiego del genio, circ. n. 8000 della serie dottrinale (46), alla quale fecero seguito, in breve tempo, la pubblicazione 6132 Il battaglione genio portieri (47), la 6133 Il battaglione genio ferrovieri (48), la 6134 La compagnia genio pionieri per brigata alpina (49), la 6135 Il ballaglione genio pionieri per divisione corazzata (50), la 6143 Il battaglione genio guastatori (51), tutte inquadrate nella dottrina 800. Da qui una certa difficoltà ad anticiparne il riassunto, prima di esporre il contenuto della 800, per il pericolo di ingenerare confusioni, stante anche la difformità della terminologia. Ma l'impiego d el genio, c he ovviamente risente delle concezioni strategiche e tattiche alla quali si ispira il quadro generale delle operazioni, è s trettame nte legato al terreno ed alle vie di comunicazione, il cui sfruttamento e la cui valorizzazione sono, entro certi limiti, indipendenti dallo stesso ambiente operativo c he, quando nucleare, richiede peraltro un impegno di forze e di mezzi maggiore e più intenso. L'ambie nte operativo non modifica, peraltro, per il genio, la sostanza del suo impiego, che consiste nell'aumentare le possibilità di manovra delle forze amiche e nel ridurre quella dell'avve rsario, con azioni e lavori aventi, come oggetto costante, il terreno e le vie di comunicazione. Il silenzio dell'ispettorato del genio nei rigua,-ùi dell,;i regolamentazione d'arma non si estese
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peraltro alle istruzioni tecniche (52) ed alle altre pubblicazioni di carattere addestrativo (53) che, benché non numerose, valsero a coprire i bisogni reali, in verità non molti, perché l'arma, per un complesso di motivi, tra i quali, al solito, l'insufficienza delle disponibilità finanziarie, fu interessata in misura ridotta, e quasi marginale, al processo di ammodernamento e di potenziamento della prima metà degli anni sessanta. Ad evitare il pericolo di confusione al quale abbiano appena accennato, limitiamo il riassunto della pubblicazione 8000 della serie dottrinale - Impiego del genio - alla parte prima, che tratta i compiti, l'ordinamento ed i criteri generali d'impiego, mentre per le parti (seconda, terza e quarta) che trattano i lineamenti d'impiego nella battaglia difensiva, in quella offensiva e nella manovra in ritirata faremo richiami quando riassumeremo le pubblicazioni della serie dottrinale 800. L'impiego del genio va considerato, come scrive la circ. 8000, tanto in relazione alla specie di esigenze da soddisfare o finalità da perseguire, quanto in ordine al tipo dì attività da compiere in dipendenza della situazione. Quattro le esigenze fondamentali: l'ostacolo, il movimento, la protezione, la facilitazione dell'impianto e del funzionamento dei comandi e dei servizi ed il miglioramento delle condizioni di vita delle truppe. Da qui i compiti che, per quanto riguarda l'ostacolo, comprendono: lo schieramento dei campi minati e l'apprestamento di ostacoli artificiali (sbarramenti stradali, reticolati, abbattute, fossi anticarro, ecc.); l'attivazione, con mine e trappole, degli ostacoli passivi; l'approntamento ed il brillamento delle interruzioni e l'attuazione delle demolizioni per creare ostruzioni ed allagamenti. Quanto al movimento, le unità del genio debbono provvedere: all'apertura di corridoi e di varchi nei campi minati ed all'approntamento di passaggi per il superamento degli ostacoli in genere; al ripristino delle interruzioni; all'allestimento di traghetti ed al gittamento di ponti di equipaggio per l'attraversamento dei corsi d'acqua inguadabili; a ll'apertura di piste ed alla costruzione di tronchi stradali, raccordi, deviazioni, ecc.; al riattamento ed a ll'esercizio di linee ferroviarie; all'impianto di telefori e teleferiche; alla costruzione di strisce di atterraggio per aerei leggeri ed aree di atterraggio per elicotteri. Circa la protezione, spettano alle unità del genio la costruzione di ricoveri, l'esecuzione di lavori di mascheramenti per i posti comando ed il concorso ai lavori di fortificazione campale e di difesa dall'osservazione eseguiti dalle altre arm i, mentre in fatto di facilitazione dell'impianto e del funzionamento dei comandi e dei servizi ed il miglioramento delle
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condizioni di vita delle truppe, il gen io è interessato: all'adattamento di fabbricati ed alla costruzione di baracche, tettoie, aree di parchegg io, ecc.; al riattamento di impianti esistenti od alla installazione di impianti campali per la captazion e e potabilizzazione dell'acqua e la produzione e distribuzione dell'energia elettrica per illuminazione e forza motrice. Altri compiti del genio sono: la difesa dei campi minali e l'attacco ad opere fortificate, le demolizioni per impedire al nemico la utilizzazione di impianti vari (industriali, idrici, elettrici, ecc.), l'approntamento <li simulazioni per il piano di inganno e la bonifica delle zone minate. Le allivilà <lei genio si distinguono in: di cvmballimento, tecnicotattiche, lavori. Le prime sono quelle nelle quali l'adempimento del compilo avviene in presenza del nemico che le contrasta e nelle quali le unità del genio - ad eccezione di quelle guastatori che sono in grado di eseguire atti tattici in proprio - agiscono, di norma, inquadrate in complessi tattici ed in stretta coordinazione con l'azione delle altre armi. Le attività tecnico-lattiche sono quelJe svolte non a diretto contatto con il nemico, ma in aderenza alla manovra, in corso o prevista, delle unità delle altre armi; sono anch'esse condizionate, sia pure in misura minore delle azioni di combattimento, dalle esigenze tattiche e rruiscono, quando necessario, dell a protezione garantita da unità dell'arma base.! lavori sono le attività compiute al di fuori del contatto con il nemico e per le quali non sussistono necessità di stretta cooperazione con le altre anni. Le azioni ed i lavori del genio dell'esercito di campagna - l' impiego del genio si estende anche a tergo della zona di combattimento - si collegano ai lavori eseguiti in proprio dalle unità delle al t re armi e servizi ed all'attività svolta nella zona <lei servizi d'intendenza dal servizio lavori, ponti e strade. I cr·iteri che regolano la ripartizione dei compiti <li competenza non sono rigidi, ma possono variare sensibilmente sia incre mentando con unità del genio le capacità di lavoro delle altre armi (assistenza tecnica, rinforzi di attrezzature e di specializzati), sia facendo concorrere ai lavori ed alle azioni delle unità <lei genio personale e mezzi delle a ltre armi, sia integrando reciprocamente le attività delle unità ùel genio di più elevata collocazione o rgan ica con quelle del servizio lavori, ponti e strade. Le unità delle a ltre armi e <lei servizi provvedono, per quanto possibile, da sole alle proprie esigenze, mentre a l genio sono riservati i compiti per i quali occorra particolare competenza tecnica, sia necessario l'impiego di attrezzature o materiali non in dotazione alle unità delle altre armi e servizi. ricorrano motivi di particolare rapi-
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dità di esecuzione e non possano essere eseguiti dalle unità delle altre armi per motivi di ordine tattico. Il servizio lavori, ponti e strade estende la sua attività il più avanti possibile, in modo da rendere disponibili, per compiti di più diretto interesse tattico, le unità del genio delle grandi unità complesse e tali unità, a loro volta, subentrano nei compiti di quelle delle grandi unità elementari non appena poss ibile ed il più avanti possibile. L'ordinamento dell'arma prevede - circolare dello stato maggiore dell'esercito, ufficio ordinamento, n. 280/151 del 20-lV-1974 - le specialità: pionieri, guastatori d'arresto, minatori, pontieri e ferrovieri. Il criterio ordinativo di base è quello di disporre, al livello di grande unità elementare, di unità in grado di svolgere tutti i compiti essenziali dell'arma, purché di limitata entità e complessità, e, al livello di grande unità complessa, di unità capaci di sostituire o rinforzare quelle delle grandi unità elementari e di svolgere compiti di maggiore mole ed impegno tecnico e di unità operanti in campi di attività meno ampi, ma con maggiore grado di specializzazione. Si hanno, pertanto: al livello di divisione e di brigata, unità pionieri; al livello di corpo d'armata ed armata, unità pionieri, guastatori di arresto, minatori e pontieri. Le unità ferrovieri non fanno normalmente parte dell'esercito di campagna, ma loro aliquote possono operare nella zona di combattimento. Dal punto di vista funzionale, il genio dell'esercito di campagna è ordinato su comandi genio di grande unità, comandi di raggruppamento del genio, unità fondamentali delle varie specialità. I comandi genio di grande unità esis tono a l live llo di grande unità complessa, mentre al livello di grande unità elementare il comandante del genio s'identifica col comandante dell'unità organica del genio. I comandi di raggruppamento genio, di costituzione eventuale, adempiono di massima funzioni di organi demoltiplicatori dell'azione di comandi dei comandanti del genio. Le unità fondamentali sono di rango e struttura diversa a seconda delle specialità e hanno propria individualità tecnica, tattica e logistica e capacità di vivere cd operare autonomamente nell'ambito della grande unità di cui fanno parte. Sono costituite normalmente da battaglioni o compagnie a utonome, comprendenti organi di comando e dei servi zi essenziali (compagnia, o plotone, comando e servizi), unità di impiego, unità di sostegno tecnico. Le unità d'impiego hanno rango diverso secondo la specialità (plotone nei pionieri, compagnia nei guastatori di arresto, minatori e pontieri) e possono ripartirs i in unità di lavoro. Le unità di sostegno tecnico hanno d enom inazione, consistenza e collocazione (in seno all'u-
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nità fondamentale) diverse, di massima: compagnie e plotoni parco al livello di battaglione; plotoni o squadre attrezzature speciali al livello di compagnia. Esse rispondono alla necessità di accentramento, nell'ambito delle unità fondamentali, dei mezzi, dei materiali e delle dotazioni più pesanti per consentirne la manovra a ragion veduta e per non appesantire troppo le unità di impiego. La specialità base dell'arma sono i pionieri che sono in grado di svolgere tutti i compiti fondamentali dell'arma. Essi sono idonei ad operare, nell'ambiente proprio della grande unità, in stretta cooperazione con il tipo di unità (di fanteria, cavalleria, alpine, corazzate) che la compongono; hanno l'attitudine ad agire in situazioni di scarsa sicurezza e disponibilità di tempo e con limitata possibilità di spiegamento dei mezzi di lavoro; soddisfano, per la loro struttura organica, le esigenze medie di decentramento ai complessi tattici e di soddisfacimento nel contempo delle più urgenti necessità di interesse generale; dispongono di attrezzature e di dotazioni relativamente leggere. Al di là delle caratteristiche e del differente equilibrio tecnico-tattico, tutte le unità pionieri hanno la capacità, entro certi limiti, di sostituirsi o di integrarsi reciprocamente. I guastatori di arresto rappresentano la specialità di più spiccata attitudine tattica e normalmente agiscono decentrati alle grandi unità elementari per lo schieramento e la difesa dei campi minati. l'approntamento ed il brillamento di interruzioni e demolizioni, l'apertura dei passaggi nei campi minati e l'attacco ad opere fortificate. L'unità di impiego è la compagnia guastatori di arresto che dispone di armi di reparto, di veicoli da trasporto e da combattimento, di attrezzature per la rapida posa di mine e per lo scavo di postazioni e di appostamenti, di carri pioniere e gittaponte per il rapido superamento di ostacoli non attivi. l minatori - unità d'impiego la compagnia che agisce articolata in drappelli - hanno come compito normale quello di attuare le demolizioni. Il battaglione, che costituisce l'unità fondamentale della specialità, è idoneo ad operare in settori ampi e profondi e dispone di larga dotazione di attrezzature meccaniche e pneumatiche di perforazione e demolizione. I suoi compiti normali sono: la predisposizione, l'approntamento e l'attuazione delle demolizioni strategiche; il concorso ai pionieri nell'approntamento e nel brillamento delle demolizioni tattiche; la posa di campi minati, mine sparse e trappole ad integrazione delle demolizioni; l'esecuzione di lavori di viabilità e di fortificazione campale in roccia; l'individuazione e la neutralizzazione delle demolizioni predisposte dal nemico e rinvenute non brillate. I pontieri sono ordinati in battaglioni, le cui caratteristiche
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organiche sono: la consistenza dell'unità d'impiego - la compagnia - che è in grado di provvedere al gittamento di un ponte d'equipaggio o all'impiego di tutto il materiale che compone il ponte per operazioni di traghettamento; il notevole peso delle dotazioni accentrale, pressoché lolalmenle, nell'unità di sostegno tecnico (compagnia parco da ponte). Compito fondamentale dei pontieri è quello di stabi lire passaggi, attraverso corsi d'acqua inguadabili, mediante l'impiego di mezzi di traghettamento e di gittare ponti di equipaggio, compresi i lavori di sistemazione delle sponde e la difesa degli specchi d'acqua contro mine derivanti. I pontieri possono, in linea subordinata, essere impiegali per la costruzione di ponti a carallere semipermamentc e per la esecuzione di lavori stradali. Rientra nei loro compiti anche la distruzione o inutilizzazione di ponti di equipaggio, di pontili, natanti, ecc. nemici. Di massima, agiscono alle dipendenze dell'armata e sono assegnali ai corpi d'armata cd alle grandi unità in prima schiera ogni qualvolta il loro compilo compor-ti attività organizzative ed esecutive tecnico-tattiche. Le unità ferrovieri - che non fanno parte dell'esercito ùi campagna - comprendono battaglioni ferrovieri ponti metallici scomponibili, battaglioni ferrovieri armamento, battaglioni ferrovieri esercizio, compagnie movieri e smistamento carichi. La loro attività è diretta a potenziare e mantenere in efficienza la viabilità ferroviaria necessaria per l'alimentazione dell'esercito di campagna: montaggio di piani scaricatori scomponibili; costruzione di tronchi e raccordi ferroviari per depositi e magazzini militari; riparazione di danni alla piattaforma stradale, all'armamento ed agli impianti essenziali; ripristino di inte rruzioni di ponti e/o pontiviadotti ferroviari impiegando ponti metallici scomponibili; esercizio di lince o di tronchi ferroviari di particolare interesse contingente; nel caso di interruzione delle opere d'arte corrispondenti ai maggiori ostacoli fluviali, trasferimento del carico dei convogli su automezzi e viceversa, al di qua ed a l di là dell'ostacolo, e passaggio degli automezzi attraverso il corso d'acqua mediante portiere e ponti di equipaggio, con il concorso di autogruppi di manovra, di personale di manovalanza, di formazioni del servizio lavori, ponti e strade e, se necessario, di unità pionieri e pontieri. Le unità ferrovieri agiscono normalmente nella zona territoriale, alle dipendenze della direzione superiore trasporti, in cooperazione con il personale delle ferrovie del· 10 Stato. I criterì generali d'impiego dell'arma s'ispirano ai principi' della: concentra zione degli sforzi, definendo l'ordine di priorità delle esigenze
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da soddisfare e la gravitazione delle forze e dei mezzi; economia delle forze, riservando al genio i compiti non eseguibili dalle altre armi o servizi, decentrando le unità solo quando necessario e per il tempo necessario, impiegando i reparti secondo le loro specializzazioni ed adottando per ogni esigenza la soluzione tecnica più semplice e spedita; sopresa, conferendo rapidità e risolutezza agli interventi soprattutto a quelli da effettuare a contatto con il nemico, limitando il più possibile e dissimulando le attività preparatorie ed evitando lo spiegamento di mezzi e l'ammassamento prematuro di materiali sui luoghi d'impiego; sicurezza mantenendo sempre alla mano una riserva di forze e di mezzi, provvedendo alla protezione ed alla difesa vicina delle unità e conferendo alle attività ed ai lavori carattere di progressività. Le forme di ordinamento tattico che le unità del genio possono assumere per l'impiego sono l'accentramento ed il decentramento: il primo è la forma che meglio soddisfa il principio dell'economia delle forze, che favorisce la manovra dei reparti e dei mezzi; il secondo che può avvenire da parte delle grandi unità complesse a favore delle grandi unità elementari e, nell'ambito di queste, a favore dei complessi tattici - tende ad adeguare l'autonomia operativa dell'unità, a favore della quale avviene il decentramento, a particolari esigenze contingenti, ad assicurare maggiore efficacia alla cooperazione ed a consentire interventi più tempestivi e aderenti alle necessità. Le unità del genio debbono svolgere un'attività organizzativa spesso onerosa e non sempre improvvisabile ed il loro impiego presuppone, nella maggioranza dei casi, la disponibilità di sufficienti dati tecnici sul terreno e sulle opere apprestate dal nemico, la possibilità di integrare Je unità di impiego con specializzati, mezzi e materiali, tratti dalle unità di sostegno tecnico ed il tempestivo afflusso a pie' d'opera di materiali in aggiunta alle dotazioni portate al seguito dai reparti. È, perciò, necessario che le unità del genio: agiscano in base ad un piano d'impiego; ricavino per tempo le informazioni tecniche necessarie per l'adempimento dei propri compiti ed abbiano la possibilità di eseguire le ricognizioni necessarie per acquisirle; mantengano, anche quando decentrate, adeguato collegamento con il comando genio o con i comandi delle unità del genio di rango superiore; siano inserite nello schieramento e nei dispositivi della grande unità, del complesso con cui cooperano, in modo da conciliare la sicurezza con la tempestività degli interventi; stabiliscano e mantengano il colJegamento tattico con le unità delle armi a favore delle quali agiscono, collegamento tattico che si Mt11a attraverso il comandante dell'unità del genio decentrata
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o mediante un ufficiale designato presso le unità a favore delle quali siano orientate unità del genio tenute inizialmente alle dirette dipendenze. Aliquote delle forze accentrate possono, infatti, essere orientate e predisposte ad essere automaticamente decentrate al verificarsi di prevedibili esigenze. Le procedure per l'impiego delle unità del genio nell'ambito delle grandi unità elementari o complesse si sviluppano in modo analogo a quelle relative alle operazioni in generale. Esse s'informano al criterio di avviare l'attività organizzativa dei comandi dipendenti contemporaneamente a quella del comando della grande unità, mediante l'emanazione di direttive per l'impiego delle unità del genio unitamente al primo pacchetto d'ordini e di pervenire agli ordini completi e definitivi - di norma compendiati nei piano per l'impiego delle unità del genio - tenendo conto anche delle richieste e delle proposte avanzate dai comandi di grande unità. Concorrono alla definizione dell'impiego del genio, ciascuno in funzione delle proprie competenze cd attribuzioni, il MAIN della grande unità, il comandante del genio, i comandanti delle unità del genio. Nella fase di organizzazione: il MAIN elabora le direttive; il comando genio dirama le disposizioni tecniche; il comando genio ed i comandanti delle unità del genio compilano i progetti di piano che, dopo l'approvazione rispettivamente del comandante del genio e dei comandanti dei complessi tattici per le unità del genio cooperanti in tale ambito, si trasformano in piani per l'impiego delle unità del genio; il MAIN controlla la conformità dei piani alle direttive del comandante della grande unità e redige l'apposito allegato all'ordine di operazione della grande unità. Nella fase di condotta: il MAIN impartisce gli ordini necessari per adeguare l'impiego delle unità del genio alle esigenze della manovra, autorizza gli interventi proposti dal comandante del genio e inoltra richieste di intervento al comando di livello superiore; il comando genio soddisfa le richieste dj intervento dei comandi inferiori nei limiti delle facoltà concessegli dal comandante della grande unità e formula proposte e richieste di intervento al MAIN. Simili a quelle nell'ambito della grande unità, le procedure nell'ambito del raggruppamento tattico dove, quando le unità del genio vengono ulteriormente decentrate ai gruppi tattici, esse seguono, con le dovute semplificazioni, le linee essenziali dello schema indicato, il quale, peraltro, non va ritenuto rigido perché può subire varianti, anche sensibili, in funzione delle varie situazioni. Nell'ambito del raggruppamento tattico, il comandante dell'unità del genio cooperante adempie, per quanto possibile, funzioni simili a quel-
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le dei comandanti del genio di grande unità. La pubblicazione si chiude con due capitoli, uno riguardante le competenze e le attribuzioni del comandante del genio e dei comandanti delle unità del genio (54), l'altro riguardante l'elaborazione delle direttive, delle disposizioni tecniche, dei progetti e dei piani d'impiego. Essa, dunque, offre un quadro completo ed organico dell'arma nel combattimento moderno, ben diverso da quello della pubblicazione n. 2814 Memoria sull'organizzazione e sull'azione del genio in guerra, rimasta in vigore dal 1935 in poi, in quanto le pubblicazioni degli anni cinquanta Impiego del genio divisionale· ed organizzazione dei lavori nella Divisione di fanteria (n. 8100 della serie dottrinale, in <lata 13-10-1951), Impiego dei campi minati (n. 8200 della serie dottrinale, in data 21-3-1951), Impiego dei pionieri di arresto (n. 8300 della serie dottrinale, in data 23-VI-195 I), ecc. avevano avuto per oggetto aspetti particolari e limitali, a sé stanti, non sufficientemente inseriti in una visione generale di impi ego dell'arma. Ciò non vuol dire che il genio fosse rimasto fermo, quanto a criteri e procedimenti <li impiego, ordinamento e dotazioni, al periodo dell 'immediato dopoguerra. I concetti ed i procedimenti di impiego erano stati in gran parte aggiornati; erano stati studiati ed adottati nuovi mezzi e materiali ed approfondito e perfezionato l'addestramento dei quadri e delle truppe, ma il processo di ammodernamento e di potenziamento dell'arma, anche per il suo elevato costo, era proceduto alquanto a rilento. Eppure se i compiti del genio erano rimasti analoghi a quelli del passato, le esigenze della presenza dell'arma nel combattimento e nelle operazioni offensive e difensive erano di gran lunga aumentate e, in particolare, più spinte e forti erano diventate quelle del concorso, diretto o indiretto, al l'azione d ella fanteria e della cavalleria e delle unità corazzate e della partecipazione al combattimento ravvicinalo. Aumentate la potenza di fuoco e l'ampiezza degli spazi di manovra, si erano moltiplicate le forme di concorso tecnico-tattico del genio alle altre armi, si era fatto più stretto e diretto il grado di cooperazione con l 'arma base e molto più serrato ed acceleralo il ritmo della cooperazione stessa. I requisiti che vieppiù si richiedevano all 'arma erano quelli della mobilità totale su strada e su terreno vario, limitatamente questo alle unità destinate ad operare nell'ambito delle forze corazzate, della meccanizzazione d elle attività fondamentali, dell'autonomia e flessibilità di impiego, intesa questa ultima come attitudine a compiere anche attività già di spettanza esclusiva di specialità diverse da quelle di base e dell'intercambiabilità nell'adempimento dei compiti fonda-
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mentali. L'avvento dell'arma nucleare tattica, inoltre, in ragione del maggiore diradamento delle forze, dell'accelerazione del ritmo del combattimento, della grande vulnerabilità dei dispositivi e dello accentuato grado di insicurezza del campo di battaglia, aveva posto il problema dell'arma del genio, sia sotto l'aspetto del fabbisogno della forza sia sotto quello della qualità, in termini di non facile soluzione, specialmente in materia di rinnovamento dei mezzi.
13. Il rinnovamento e l'adeguamento dei mezzi era problema comune a tutte le armi e la sua soluzione era ostacolata non solo dalle difficoltà di ordine economico, ma anche dal continuo progredire della scienza e della tecnica che faceva apparire in breve tempo antiquati i materiali che solo qualche tempo prima erano considerati molto avanzati. Per il genio, stante la molte plicità e la varietà dei mezzi per l'ostacolo, di quelli per la facilitazione del movimento, di quelli per la protezione e di quelli per il migliorame nto delle condizioni di vita delle truppe, la definizione di nuove dotazioni, e conseguentemente di nuovi organici, e la scelta di nuovi materiali erano operazioni più complesse e delicate di quanto non lo fossero per le altre armi. D'altra parte, gli stessi problemi si ponevano anche per il genio degli altri eserciti della N.A.T.O., presso i quali gli anni sessanta furono un periodo di sperimentazione più che di scelte defintive, di d efini zione delle esigenze più che del loro soddisfacimento. Dall'immediato dopoguerra alla fine della prima metà degli anni settanta non furono, peraltro, di poco conto le innovazioni apportate alle dotazioni delle unità del genio dell'esercito italiano mediante l'introduzione in servizio di mezzi e di materiali di nuova concezione quali, per citarne solo alcuni: la mina antiuomo a pressione, di rapida messa in opera, non rilevabile al cercamine magnetico e la mina antiuomo ad azione estesa, funzionante a pressione ed a strappo, idonea a colpire, con proiez ione di schegge, in un raggio di 8 m ; la mina anticarro con un accenditore perfezionato, insensibile agli urti, funzionante su sollecitazione esterna (pressione) di durata da pochi centesimi di secondo al mezzo secondo; le cariche cave taglienti e demolenti, di pratico impiego nell'attuazione di demolizioni di manufatti stradali sui quali non siano s tate eseguite predisposizioni interrutive; la vipera esplosiva; il carro gittaponte; il materiale Bailey migliorato nella carreggiata e nella
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portata; l'equipaggio da ponte in lega leggera su appoggi galleggianti in sostituzione del materiale Treadway; l'escavatore medio con attrezzatura multipla; l'autocarro medio triribaltabile; la rete mimetica guarnita con lami nato plastico non rilevabile alla fotografia a raggi infrarossi; i vari mezzi simulati per l'attuazione dei piani di inganno; ecc .. Accanto a tali realizzazioni sono da porre gli studi, le ricerche e le sperimentazioni, condotti su base nazionale e N.A.T.0.: sulle mine seminabili interrate manualmente oppure lanciate, singolarmente od a grappoli, da un automezzo in movimento o dall'elicottero; sulla mina anticarro senza involucro, praticamente amagnetica, provvista di un tipo di accenditore a pressione, di semplicissima fattura; sulla mina anticarro ad elevato potere distruttivo capace di mettere fuori combattimento, e non solo di immobilizzare, il carro e l'equipaggio; sulla mina ad azione laterale capace di immobilizzare un carro che transiti ad una distanza di 40 m dal punto ove la mina è collocata; sull'accenditore ad impul si ripetuti (o prolungati) e sull'accenditore ad influenza per la mina antican-u; sui dispositivi idonei all'attivazione e disattivazione delle mine a distanza; sul mezzo per la posa meccanica delle mine; sul modo del minamento a distan za a mezzo di elicotteri, aeroplani e razzi; sui sistemi di ostacolo di peso logistico inferiore rispetto a quello della mina; sugli esplosivi plastici; sul rilevamento a dis tanza delle mine a mezzo di drones; sui mezzi costituiti da elementi anfibi semoventi, collegabili rapidamente uno all'altro per costituire il ponte o la portiera; su <li un mate riale da ponte in lega leggera unificato; su nuove attrezzature di scavo idonee per l'esecuzione di scavi a sezione ristretta; ecc. L'ispettorato dell'arma del genio compì, in sintesi, un notevole sforzo per essere, a lmeno sul piano concettuale, a lla pari con l'evoluzione in atto presso gli altri eserciti in materia di procedimenti e di mezzi, animato in primo luogo dalla volontà di soddisfare, nella magg iore misura possibile, le esigenze di concorso alle altre armi. La pubblicazione impiego del genio del 1974 venne e laborata e diramata quando ormai e1-..rnu già state hene individuate le esigenze fondamentali dell'arma, erano state definite le modificazioni da apportare alla struttura ordinativa ed erano stati introdotti in servizio una parte dei nuovi mezzi e materiali, mentre e rano oramai sufficientemente delineati altresì il processo evolutivo e le linee di tendenza d 'impiego secondo le quali si sarebbe sviluppato a medio termine il processo stesso. Da tale pubblicazione derivarono s ubito dopo quelle già ricordate riguardanti li battaglione genio pontieri, li battaglione
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genio ferrovieri, Il battaglione genio pionie ri per Divisione corazzata, La compagnia genio pionieri per Brigata alpina e Il battaglione genio guastatori . Questa ultima abrogò la pubblicazione n. 4996 Impiego dei pionieri di arresto del 195 t. Non venne invece rielaborata la pubblicazione 8100 della serie dottrinale, edizione 1951, riguardante il battaglione genio della divisione di fanteria e se ne ignorano i motivi. In ognuna di tali pubblicazioni, tutte inserite ne l quadro della serie dottrinale 800 e della normativa di base pe r l'i mpiego del genio in combattimen to così com e sancita ne lla pubblicazione 8000, ve nnero prec isati i compiti , la fi sionomia organico-tattica e quella logistica della unità presa in considerazione in ogni singola pubblicazione e vennero definite le procedure per lo sviluppo d ell e attività concettuale, organizzativa e di condotta, fornendo così ai comandanti dell 'arma del genio una guida organica per la loro azione di comando ed ai quadri delle a ltre a rmi e servizi una s intesi delle poss ibilità e d ei limiti d elle va rie unità del genio ai fini del concorso e della coop erazione interarma.
14.
L'ampiezza degli s pazi di manovra, g ià aumentata dura nte la seconda guerra mondia le ed esasperata da ll 'avven to d ell'arma nuc leare tattica, e l'accentuazione de lla velocità e del ritmo d e lle operazioni e del combattime nto, specia lmente s ui terreni ad alto indice di scorrimento e soprattutto in ambi en te nuclea re attivo, avevano via via reso più complesso e m eno immediato l'esercizio del comando e, d 'altra parte, i nuovi mezzi di trasmissione, sempre più progrediti cd avanzati, m essi a disposizione d a l progresso della scienza e della tecnica, se consentivano il collegame nto a distanze sempre maggiori, presentavano complicazioni tecniche di impianto e di esercizio ed elevata vulnerabilità all'intercettazione e d alla tecnica della guerra e lettronica. La problematica delle trasmissioni dive nne così, dal dopoguerra in poi, per tutti gli eserciti, una realtà in continuo divenire, vieppù di grande complessità in relazione a l c rescere del livello ordinativo considerato. Una problematica vari a, complicata e presente in og ni questione operativa, di ordine strategico, tattico e logistico, perché ins ita, come aspe tto particolare inscindibile, nell'essenza del problema operativo stesso. Una problematica di contenuto operativo, prima che tec nico, che t rae origine d a ll a duplice necessità di verificare
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preventivamente se una determinata linea di azione sia realizzabile anche in rapporto ai collegamenti che si possono attuare e di definire il più idoneo dei mezzi di trasmissione tra quelli disponibili al fine di consentire ai comandanti, in qualsiasi momento operativo, la direzione ed il controllo costanti della manovra. L'intrinseca componente di natura operativa della problematica delle trasmissioni comporta, inoltre, la modifica, in relazione allo sviluppo delle operazioni e del combattimento, delle trasmissioni iniziali e, ciò che é più delicato, soggiace alla volontà del nemico che ne contrasta lo sviluppo con provvedimento di natura tecnica, oltre che con il ricorso ai normali mezzi distruttivi. Concorrono, infine, ad attribuire alla problematica delle trasmissioni la complessità accennata la dosatura della densità dei mezzi di trasmissione nell'intero arco della manovra da condurre, il coordinamento dell'impiego degli stessi nei punti nodali spessissimo soggetti a spostamenti, il bisogno di flessibilità dei canali di trasmissione e di sicurezza sia nei riguardi del funzionamento. anche in rapporto all'ambiente naturale, sia come tutela del tessuto connetLivo elettronico, dalle offese belliche e tecniche nemiche. Fu sulla base di tale visione d'insieme che l'ispettorato delle trasmissioni, soprattutto dopo l'avvento dell'arma nucleare tattica, impostò e via via adottò soluzioni gradatamente sempre più avanzate per consentire ai comandi dei vari livelli il pieno esercizio della loro azione direttiva e di controllo e per restare al passo con le concezioni e le realizzazioni dei tempi, nonostante le vincolanti remore di carattere finanziario che ritardarono spesso l'acquisizione di nuove apparecchiature e di nuovi sistemi di trasmissione. Ispirata alla dottrina 700 vide la luce, nel 1966, in sostituzione dell ' omonima pubblicazione n. 4953 (n. 9000 della serie dottrinale) diramata nel 1952 dall'ufficio addestramento e regolamenti dello stato maggiore dell'esercito, la pubblicazione n. 5262 Organizzazione e impiego delle trasmissioni (n. 9000 della serie dottrinale), elaborata e diramata dall'ispettorato delle trasmissioni (55). La pubblicazione riprende tre concetti fondamentali della 700 - polivalenza dello strumento, duttilità della dottrina, elasticità della pianificazione operativa - e li trasferisce alle trasmissioni per le quali: la polivalenza è assicurata quando esse sono qualitativamente idonee e quanlilalivamenle sufficienti ad agire in ambiente nucleare; la duttilità consiste nella solida preparazione tecnica dei quadri, in un ordinamento delle unità trasmissioni funz.ionale, flessibile, adeguato all'aumentata libertà di azione lasciata ai comandanti di tutti i livelli, ai complessi vincoli di coordinamento
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ed ai variabili rappor·ti di cooperazione, e nella tendenza ad organizzare i sistemi per area più che per catena gerarchica; la elasticità de1·iva da un'ampia flessibilità c.Ji p1·estazioni c.Jelle infrastrutture delle trasmissioni, che vanno impiantate in condizioni <li sicurezza nucleare su tutto il territorio, per l'allarme, la ritorsione nucleare, la radunata, la difesa del territorio, la protezione civile, ccc. e nelle aree strategiche vitali per facilitare lo schieramento iniziale delle forze, il compito delle unità trasmissioni delle grnndi unità e per creare le condizioni atte ad assicurare la successiva condotta delle operazioni. Le nuove concezioni, procedimenti e criteri organizzativi fissati d_a lla 700 si traducono in un aumento delle esigenze di trasmissioni a causa della necessità di frazionare e diradare i dispositivi e di realizzare concentrazioni rapide e per il tempo strettamente indispensabile, della necessità di grande tempestività e segretezza nelle informazioni e nell'azione di comando, del grande volume del traffico e delle aumentate distanze di collegamento, della complessità dell'azione di coordinamento, dell'accentuata vulnernbilità degli organi <li comando e dei sistemi di trasmissione e degli sviluppi della guerra elettronica. Sono i mezzi a condizionare le possibilità di soddisfacimento delle esigenze e la scelta della struttura del sistema delle trasmissioni; essi debbono essere quantitativamente sufficienti e qualitativamente rispondenti per rapidità di impianto, sicurezza di funzionamento e capacità <li traffico. Per unità destinate ad operare con rapide concent_razioni eù altrettanto rapidi diradamenti, occorrono mezzi leggeri e poco voluminosi, di notevole portata, con il maggior numero di canali in comune. La tempestività e la segretezza, unite al grande volume di traffico, richiedono: materiali telegrafonici (in ponte radio e a filo) capaci di grande numero di canali per eliminare e ridurre il numero delle comunicazioni; w1 esteso impiego sulle linee a filo e in ponte radio <li ripetitori; un largo impiego, sulle reti telescriventi, delle trasmissioni a zona perforata; trasmissioni radio in telescrivente a preferenza di quelle in fonia ed in telegrafia manuale; un'organizzazione delle reti radio alla a consentire, all 'occorenza, la trasformazione delle maglie con più stazioni periferiche predisposte in funzione di riserva in maglie con due sole corrispondenti, per soddisfare improvvise esigenze; un'attenta valutazione, nel più esteso impiego delle stazioni radio <li media e grande potenza, del rendimento operativo di esse, che deve compensare largamente quello informativo del nemico; l'equipaggiamento di una parte dei circuiti con telecifranti in linea. L'aumentata complessità del coordinamento può essere fronteggiata or-
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ganizzando in maniera unitaria le trasmissioni delle grandi unità complesse, riservando al coordinamento appositi canali e costituendo apposite reti (per l'aerocooperazione, per l'impiego delle armi speciali, per il coordinamento del fuoco, ccc.). L'accentuata vulnerabilità fisica delle reti e dei centri trasmissioni e salta le reti in ponte radio rispetto a quelle a filo, comporta una più onerosa struttura dei sistemi, l' impianto dei mezzi destinati ad assicura re la continuità dell'azione di comando, la costituzione di riserve consistenti e conferma l'insostituibilità delle s taffe tte a tutti i live lli e dei corrieri aerei per le maggiori distanze. Gli sviluppi della guerra elettronica impongono l'adozione di misure difensive {co ntro - contromisure elettroniche) per assicurare l 'efficace uso dei propri m ezzi di trasmissione ed impedire o ridurre la utilizzazione delle emissioni di detti mezzi da parte del nemico. L'ambiente nucleare, in particolare, modifica l'importanza relativa dei vari mezzi, esaltando quelli in ponte radio nei confronti di quelli a filo. accen tua a i m aggiori livelli le caratteris tiche di riserva <lei mezzo radio e rivaluta l'impiego delle staffette. Le linee in ponte radio rappresentano il mezzo fondamentale per la costituzione de lle reti telegrafoniche <lei comandi di grande unità fino ai comandi di raggruppamento; le linee in cavo e in cordoncino costituiscono il mezzo per integrare le reti tclcgrafoniche in ponte radio d ei comandi di grande unità e talvolta pe r raddoppiare le linee principali, il m ezzo fondamentale per la costituzione delle reti telefoniche delle unità delle varie armi e servizi e lo strumento insostitituibile per lo a llacciam en to d elle centrali telegrafoniche ai ponti radio per i collegamenti intern i dei posti comando. I mezzi radio sono principalmente impiegati quando i collegamenti con gli altri mezzi o non siano ancora realizzati, o non siano s ufficienti, o non siano effici enti, o non siano a da tti alla dinamica dell 'azione. Essi sono, <li norma, di riserva. La t rasmissione dei messaggi mediante staffette è utilizzata a sussidio e in riserva delle trasmissioni con mezzi e le ttri ci e ne i casi in c ui essa possa assicurare un più rapido e sicuro recapito de i messaggi s tessi. Le s taffette inte rne (portaordini) servono per la consegna di messaggi dal cen tro trasmi ssioni ai destinatari locali; quelle es terne, c he s i avvalgono <li motoc icli, automezzi e aerei, servono per il recapito e l'inoltro di messaggi a destinatari lontani. Un sistema di trasmissioni è un complesso di centri e di reti di trasmissioni unitariamente organizzato per soddisfare le esigenze di collegamento di un comando o ente o per con sentire i principali collegam e nti tra comandi cd enti dislocati in una determinMa zon a. F s-
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so è caratterizzato essenzialmente dalla struttura della sua rete telegrafonica fondamentale in ponte radio e/o in cavo, costituita da tronchi di trasmissioni che, nel loro insieme, formano assi e bretelle. In relazione alla struttura, si hanno sistemi radiali, sistemi reticolari, sistemi di area, sistemi misti. Ogni sistema comprende uno o più centri di trasmissione ed ognuno di questi adempie la funzione, fondamentale e non trasferibile, di assicurare i collegamenti diretti di un posto comando con i comandi ed enti superiori e laterali e la funzione di assicurare i collegamenti indiretti (comunicazioni di transito) fra comandi ed enti che non dispongano di collegamenti diretti in proprio o perché non impiantati o perché interrotti. Nel sistema di trasmissioni di una grande unità complessa esistono centri di trasmissioni di posto comando e centri trasmissioni sussidiari. Una rete di trasmissioni - complesso unitariamente organizzato di mezzi di trasmissione, riuniti per tipo e per funzione - si distingue in rapporto al tipo di mezzo impiegato (a filo, in ponte radio, radio, con sta ffette), al tipo di collegamento realizzato (rete telefonica, telegrafica, radiotelefonica, radiotelegrafica, radiotelescrivente), alla funzione (di comando, dei comandanti, logistica, informativa, per l'osservazione, per l'allarme, per l'artiglieria, ecc.). Le unità trasmissioni hanno una struttura ordinativa ed organica adeguata alle esigenze dei collegamenti che devono impiantare e gestire ed alle caratteristiche <lei sistema idoneo a soddisfare tali esigenze. L'adeguatezza <lelle unità trasmissioni ai vari livelli ordinativi e ne.lle unità specializzati trasmissioni di altre armi è conseguita: conferendo alle unità un'articolazione organica funzionale affinché, ad un complesso ben definito di compiti di impiego, corrispondano prestabilite competenze e responsabilità (ordinamento di base uguale al normale ordinamento tattico); proporzionando, in ogni unità, le varie specializzazioni in rapporto alle caratteristiche del sistema da impiantare e raggruppandole in unità elementari snelle e manovriere; aumentando la mobilità dei singoli mezzi di trasmissione; costituendo riserve e mantenendole accentrate. Le unità trasmissioni, commisurate alle esigenze da soddisfare nei casi mcdi di impiego, possono ricevere rinforzi dal comando superiore quando vengano costituiti complessi tattici in numero superiore al normale, quando le caratteristiche morfologiche di particolari ambienti naturali non ·cosentan:o ai mezzi in dotazione di assicurare portate rispondenti alle distanze da coprire e quando il sistema di trasmissioni di una unità <lebba consentire il collegamento di comandi ed enti di altre unità temporaneamente dislocate nella stessa zona mediante appositi cen-
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tri trasmissione sussidiari_ La riserva di trasmissioni è indispensabile quanto la riserva tattica e logistica. Costituiscono riserva tutte o parte delle seguenti aliquote: riserva operativa (unità organiche: battaglioni, compagnie, plotoni, squadre, unità elementari), riserva di personale specializzato, riserva di materiali, riserva tecnica (canali telefonici, telegrafici, radio, staffette, in potenza; frequenze di riserva per le trasmissioni radio e in ponte radio). I criteri generali d'impiego delle trasmissioni sono quelli della continuità, dell'aderenza e della sicurezza. La continuità si assicura: mediante l'impiego per lo stesso collegamento di mezzi multipli di tipo diverso o dello stesso tipo, ma di caratteristiche diverse; raddoppiando su tracciati diversi i collegamenti a filo; dando ai sistemi una struttura flessibile con l'impianto di centri sussidiari, di posti di permutazione e di bretelle e con la realizzazione di anelli sulle reti fondamentali; progettando, realizzando e predisponendo la manutenzione di ogni collegamento come se dovesse essere il solo a funzionare; dislocando ed impiegando opportunamente le 4 riserve; proteggendo le installazioni, le apparecchiature ed il personale (difesa dall'osservazione, ricoveri, difesa contraerei, difesa N.B.C., ecc.); vigilando e reagendo contro colpi di mano e atti di sabotaggio. L'aderenza si consegue in linea generale: mantenendo constantemente orientati gli ufficiali addetti alle trasmissioni sui prevedibili sviluppi della situazione; realizzando ogni collegamento per gradi (progressività); organizzando accuratamente l'attività esecutiva; dando alle unità trasmiss ioni un ordinamento tattico e fissando per le varie aliquote di esso uno schieramento in armonia con la situazione e le esigenze da soddisfare. In sede di organizzazione iniziale occorre valutare le ipotesi operative e d efinire conseguentemente una organizzazione del sistema aderente. È, pertanto, necessario: gravitare con i canali in corrispondenza degli assi interessati agli sforzi principali ed all'impiego della riserva; impiantare e te nere in potenza anche le trasmissioni verosimilmente necessarie azione durante; prevedere per ognuna delle ipotesi operative le eventuali trasformazioni da apportare al sistema ed alle reti e le azioni da svolgere verso i comandi inferiori; costituire e opportunamente dislocare una consistente riserva; ripartire i circuiti telegrafonici in circuiti di uso comune e circuiti in esclus iva, in relazione alle esigenze operative ed al prevedibile volume del traffico. In sede condotta l'aderenza alla situazione operativa è mantenuta manovrando i canali, sviluppando con continuità i sistemi ed impiegando, quando è strettamente necessario, la riserva. La sicurezza è in ragione d el-
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l'osservanza scrupolosa da parte di tutti gli interessati alle trasmissioni delle norme, delle prescrizioni e delle procedure ed in particolare di quelle relative all'attribuzione delle classifiche di segretezza dei messaggi. Il comandante di qualunque livello è sempre responsabile della sicurezza delle trasmissioni, la quale concorre in misura determinante alla sicurezza delle forze ed al conseguimento della sorpresa. Egli deve, perciò, esercitare una vigile azione di controllo sulla cifra, sul traffico, sugli operatori dei mezzi, sugli utenti. ecc. e precisare quali ufficiali (pochi) possano in sua assenza autorizzare la trasmissione su qualsiasi circuito di messaggi class ificati in chiaro, in caso di grande urgenza operativa e quando le notizie siano tali che il nemico non possa utilizzarle in tempo. Al livello di grande unità, inoltre, è necessario assicurare che il centro controllo messaggi, quando costituito, garantisca la qualifica di precedenza e la classifica di segretezza dei messaggi in partenza e occorre precisare quali sono i circuiti telegrafonici approvati al traffico classificato in chiaro e quali sono i gradi di dassifica più elevati da attribuire ai circuiti stessi. Delle tre attività - concettuale, organizzativa, esecutiva - riguardanti la soluzione di ogni problema operativo, per quanto riguarda l'impiego delle trasmissioni: quella concettuale è propria del comandante della unità considerata, coadiuvato dall 'ufficiale alle trasmissioni; quella organizzativa è propria dell'ufficiale alle trasmissioni, deriva dalla precedente e si sviluppa in stretta collaborazione con gli organi di comando dell'unità stessa; quella esecutiva è svolta dalle unità trasmissioni e dagli specializzati delle trasmissioni della unità considerata. In sede di attività concettuale il comandante precisa i collegamenti da assicurare, i lineamenti del sistema da realizzare, i tempi di attuazione, le relative priorità ed i vincoli all'impiego di determinati mezzi. L'attività organizzativa è di per sé complessa, in quanto su di essa incidono fattori di ordine operativo e fattori di ordine tecnico, i primi con prevalenza sui secondi. Sotto l'aspetto operativo, l'attività organizzativa si esplica in stretta aderenza alla concezione del comandante e riguarda, in tutto o in parte, a seconda del livello gerarchico delle unità: la definizione della struttura inziale del sistema di trasmissioni e la sua articolazione in centri e reti; il coordinamento dei sistemi progettati dai comandi dipendenti nel quadro del sistema dell'unità; le predisposizioni per ]'adeguamento dei sistemi e delle reti in parallelo con il previsto sviluppo della manovra; la ripartizione dei compiti alle unità inca ricate de lla esecuzione; la determinazione delle riserve e della loro dislocazione. Sotto l'aspetto tecnico,
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l'attività organizzativa si esplica in armonia con le direttive dell'ufficiale alle trasmissioni dell'unità di ordine superiore e riguarda, in tutto o in parte, a seconda del livello gerarchico dell'unità, la scelta dei mezzi e la conseguente progettazione del sistema, nonché la determinazione delle modalità tecniche atte ad assicurare un ordinato funzionamento delle trasmissioni progettate ed il loro inserimento nel sistema della unità superiore. L'organizzazione si concreta nella redazione degli ordini per le trasmissioni a carattere operativo contingente (sottoparagrafo trasmissioni e allegato trasmissioni dell'ordine di operazione) e delle prescrizioni tecniche ed organizzative: gli uni e le altre redatti sulla scorta dell'ordine base per le trasmissioni. L'organizzazione delle trasmissioni è attribuzione del comandante delle trasmissioni nelle grandi unità complesse e nei comandi di sezione militare, del capo ufficio trasmissioni nelle divisioni e nelle brigate alpini, del capo sezione trasmissioni nella brigata di fanteria e nella brigata di cavalleria, del comandante dell'unità trasmissioni nella brigata corazzata e meccanizzata, dell'ufficiale inferiore organicamente assegnato nel reggimento, del comandante dell'unità specializzati trasmissioni nel battaglione o gruppo (ove tale unità esista), dell'ufficiale inferiore della rispettiva arma appositamente incaricato nei battaglioni o gruppi in cui non è prevista l'unità specializzati trasmissioni. L'attività esecutiva consiste nell'impianto, nell'esercizio e nella manutenzione delle trasmissioni ed è affidata alle unità trasmissioni assegnate organicamente ai comandi delle grandi unità ed a talune particolari unità delle altre armi ed agli specializzati per le trasmissioni delle altre armi compresi nelle formazioni di tali armi, ordinati in minori unità organiche o inseriti nelle unità elementari di impiego dell'arma considerata. Ciascun comando provvede ad impiantare il proprio sistema trasmissioni per soddisfare tutte le sue esigenze di collegamento con l'unità trasmissioni in organico, eventualmente rinforzata. La attività esecutiva è sostanzialmente facilitata dalla compilazione e dal continuo aggiornamento da parte dell'unità di un ordine permamente che stabilisce le modalità comuni e ricorrenti, da mettere in atto in assenza di disposizioni in contrario, quali le attribuzioni di compiti e di responsabilità circa l'impianto e l'esercizio di centri e reti, le modalità di organizzazione interna dei centri e le prescrizioni per il loro spostamento, i provvedimenti per la sicurezza ed il funzionamento dei servizi. Le attività logistiche riguardanti l'efficienza dei mezzi, che incide al pari della loro disponibilità quantitativa e qualitativa sulla rispondenza dei sistemi di trasmissioni alle esigenze operative, ven-
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gono svolte dal servizio trasmissioni, che deve essere particolarmente efficiente a tutti i livelli gerarchici, per quanto riguarda le operazioni e dagli organi tattici e logistici delle trasmissioni in stretta correlazione realizzata, nello ambito delle grandi unità, mediante la collaborazione tra l'organo preposto all'organizzazione delle trasmissioni e l'ufficio servizi, specie per quanto riguarda la priorità nei rifornimenti e nelle riparazioni. Stabiliti così come fin qui riassunti i concetti generali ed i criteri di impiego ed organizzativi delle trnsmissioni nei vari ambienti operativi e delineati i sistemi di trasmissioni di possibile realizzazione in rapporto alle nuove esigenze riferite soprattuto all'area della battaglia, ma estensibili, in una certa misura, alle trasmissioni della zona territoriale, la pubblicazione 9000, dopo aver definito i compiti degli ufficiali alle trasmissioni ai vari livelli - comandante delle trasmissioni, capo ufficio (o sezione) trasmissioni, ufficiale alle trasmissioni di reggimento e di battaglione (o gruppo) - passa a trattare gli aspetti organizzativi e tecnici dei sistemi di trasmissioni radiali e reticolari, mettendone in evidenza le rispettive caratteristiche positive e negative, la costituzione, l'organizzazione, il funzionamento e lo schieramento dei centri trasmissioni, gli aspetti tattici e tecnici dei collegamenti in ponte radio, a filo, radio e le competenze di collegamento. A proposito di queste ultime sancisce che ciascun comando, con le unità trasmissioni organiche, provvede a: impiantare ed esercire il centro o i centri trasmissioni presso le varie aliquote in cui esso si articola e a realizzarne l'interconnessione; assicurare il collegamento (radio, in ponte radio e a filo) con i comandi ed enti direttamente dipendenti e con il comando laterale di destra; concorrere all'impianto e all'esercizio di reti particolari per la cooperazione, per l'impiego di armi speciali, per i centri di coordinamento del fuoco, per l'artiglieria, ecc .. Per le trasmissioni a filo assicurare il collegamento significa: provvedere allo stendimento delle linee fino al posto ripartizione e prova circuiti o alla centrale telefonica del comando collegato ed alla loro manutenzione; equipaggiare le linee, se necessario, con ripetitori e terminali telefonici e telegrafici e provvedere all'esercizio degli stessi; fornire al comando collegato la telescrivente ed eventuali altri mezzi utilizzatori, qualora non li abbia in dotazione. Per le trasmissioni in ponte radio: assicurare il collegamento consiste nel fornire e provvedere all'esercizio dei ripetitori dislocati lungo la linea dei terminali installati presso il comando collegato e nel provvedere allo stendimento delle linee a filo costituenti le code fino al posto ri-
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partizione e prova circuiti o alla centrale telefonica del comando col: legato. Per le trasmissioni radio assicurare il collegamento significa provvedere a lla organ izzazione c.lella maglia fornendo i dati e le modalità di funzionamento (frequenze, nominativi, tabelle di autenticazione, ecc.). Di no rma, il comando collegato fornisce la stazione periferic a per stabilire il collegamento in maglia, fatta eccezione per i collegamenti fra com andi di grande unità e comandi di raggruppamento e gruppo tattico direttamente da essa dipe ndenti, le cui trasmi ssioni sono a ffidate a specializzati trasmissioni di alt re armi, perché in tali casi l'unità trasmissioni de lla grande unità fornisce a nche le stazioni periferiche ai comanc.li collegati. Il collegamento tra una unità assegnata in rinforzo ed il comando che la riceve è assic u ralo dalla di sponibilità in proprio d ei mezzi di trasmissione, da parte dell'unità di rinforzo, p er inserirs i nel sistema del comando rinforzato e dell'organizzazione dell ' inserimento effettuata a cura del coma ndo ch e riceve il rinforzo. Gli ultimi due capito li della pubblicazione 9000 sono dedicati a i sistemi di t rasmissioni di area e mi sti ed ai s istemi per· i comandi e.li sostituzione. Il quadro che la pubblicazione abbraccia può dirsi vera~ mente completo e chiaro e nessuno degli elementi da considerare nella risoluzione dei problemi delle trasmissioni è messo in ombra. Particolareggiato ed o rganico risulta a ltresì il processo ragionativo da seguire ne ll'analis i dei presupposti operativi e tecnic i del problema, nell' indivic.luazione delle esigenze di collegamento, s ia di carattere permanente sia di carattere contingente, nell a valutazione delle possibilità di collegamento e nel raffronto fra esigenze e possibilità. La pubblicazione si concreta in una integrale revisione delle norme del 1952 compiuta alla luce dei principi e e.lei c ,-ited della 700 e condotta con sguarc.lo rivo lto no n solo ai mezzi nuovi già in esercizio, ben diversi da que lli degli anni cinquanta, ma anche a quell i in a ppron tam ento ec.l in via di espe rimentazione. Il problema delle trasmissioni viene valutato in tutti i suoi aspetti, da quello della disponibilità e del grado di addestramento del personale, argomento continuamente richiamato nel testo, a quello de lla disponibilità ed efficienza del m a teria le, dalle predisposizioni organizzative e tecniche a quelle pe r la sicurezza e per la continui tà dei collegamenti.
15. Il progresso tecnico in materia di trasmissio ni ed il conseguente a mmodername nto e potenziamento del relativo materiale mec.liante
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l'introduzione in servizio di apparecchiature nuove modificatrici dell'organizzazione e del funzionamento dei sistemi e, in particolare, dei centri trasmissioni richiesero l'elaborazione ex novo o la rielaborazione di molte istruzioni tecniche sull'uso e la manutenzione dei nuovi mezzi, di manuali di carattere tecnico e di tecnica d'impiego, di pubblicazioni particolari riguardanti le norme e le procedure per le comunicazioni (56). Vi provvide con sollecitudine e con continuità l'ispettorato delle trasmissioni, il quale, tra l'altro, nel 1966 diramò la pubblicazione n. 5669 Ordini e prescrizioni per le trasmissioni (n. 9200 della serie dottrinale) che abrogò e sostituì tutte le precedenti disposizioni in materia (57) e nel 1969 la pubblicazione n. 5929 Norme sull'or~anizz.azione e funzionamento dei centri trasmissione (n. 9100 della serie dottrinale) che abrogò e sostituì la pubblicazione n. 4952 del 1952 (58). Nel 1975 vide la luce la pubblicazione n. 6142 Il battaglione trasmissioni di corpo d'armata (n. 9400 della serie dottrina!~). informata alle linee dottrinali della serie 800 e inserita nd qum.lru udla regulame11Laziu11e di base delle trasmissioni rappresentata dalle pubblicazioni 9000, 9100 e 9200 della serie dottrinale, alle quali frattanto erano state apportate le aggiunte e varianti necessarie ad uniformarle alla nuova dottrina e terminologia (59). La pubblicazione 9400 relativa al battaglione trasmissioni di corpo d'armata fu la prima di una serie riferita alle unità trasmissioni dei diversi livelli ordinativi e, perché tale, merita una breve illustrazione del suo contenuto e della sua struttura. Essa esamina in successione: l'ordinamento del battaglione e delle sue unità costitutive, anche sotto l'aspetto tattico; il sistema delle trasmissioni tipo del comando di corpo d'armata e i relativi adeguamenti alle diverse situazioni operative; l'organizzazione logistica cd il funzionamento dei principali servizi nell'ambito del battaglione. Tale illustrazione ci sembra opportuna, ancorc hé esuli a stretto rigore dall'oggetto specifico della nostra trattazione, in quanto, dopo la soppressione del livello di armata operata nel 1972, il battaglione trasmissioni di corpo d'armata assunse compiti ed attività di portata più vasta e subì notevoli adattamenti ordinativi ed organici. TI battaglione trasmissioni di corpo d 'armata ha in sé, nel 1975, gli elementi che gli consentono di adempiere il suo compito che è quello di porre in atto e di gestire le trasmissioni del com ando della grande unità e di concorrere, eventualmente, alla realizzazione delle trasmissioni delle grandi unità elementari e dell'unità non indivis ionate dipendenti dal corpo d 'armata. Tali eleme nti sono: il comandante, il vice comandante, gli organi per le attività di comando, le unità di im-
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piego destinate all'impianto e alla gestione del sistema delle trasmissioni del comando di corpo di armata, gli organi per il funzionamento del comando di battaglione, il sostegno logistico (60). Le possibilità del battaglione sono commisurate alle esigenze di collegamento del comando di corpo d'armata nei casi medi di impiego e sono sostanzialmente influenzate da fattori operativi contingenti, dai vincoli tecnici imposti alla realizzazione del sistema delle trasmissioni e dalla valutazione della consistenza della riserva di trasmissioni che deve assicurare la continuità di funzionamento delle reti e l'aderenza di queste allo sviluppo della manovra tattica. Le unità di impiego - tre compagnie trasmissioni - hanno, ciascuna, compiti e ordinamento tattico specifici. La 1a compagnia, su quattro plotoni, deve impiantare e gestire il centro trasmissioni del MAIN e realizzare l'ossatura fondamentale del sistema delle trasmissioni del comando costituita da linee in ponte radio a 12 canali e sussidiata da linee in cavo equipaggiate con apparecchiature telefoniche a frequenze vettrici, i cui tronchi hanno le terminazioni nei centri nodali di area del sistema e nelle sezioni gestione circuiti dei centri trasmissioni del MAIN e del REAR di corpo d'armata; in operazioni essa si articola in un aliquota comando e servizi, in un centro trasmissioni per il MAIN di corpo d'armala e in quattro centri nodali di area. La 2a compagnia, su quattro plotoni, deve impiantare e gestire il centro trasmissioni del REAR, predisporre nelle sezioni del centro le misure per soddisfare le esigenze di collegamento connesse con la sostituzione del MAIN, allacciare ai centri nodali arretrati delle grandi unità del corpo d'armata il comando d'area arretrata e la grande unità laterale di destra e collegare, con linee in cavo equipaggiate con terminali telefonici a frequenza vettrice, il centro trasmissioni del REAR di corpo d 'armata con il centro trasmissioni del MAIN e di centri nodali arretrati; in operazioni essa si articola in un'aliquota comando e servizi, in un centro trasmissioni per il REAR di corpo d'armata e in un insieme di unità elementari per ponti radio e costruzione linee (aliquota schierata nei centri nodali arretrati, aliquota per le giunzioni in ponte radio arretrate, aliquota costruzioni linee). La 3a compagnia, su quattro plotoni, deve impiantare e gestire il centro trasmissioni del comando artiglieria di corpo d'armata, nonché allacciare ai centri nodali avanzati i MAIN delle grandi unità elementari del corpo d'armata e i supporti di artiglieria, estendendo i circuiti di questi ultimi al comando artiglieria di corpo d'armata; in operazioni essa si articola in un'aliquota comando e servi zi, in un ce ntro trasmissioni per il comando artiglieria di corpo d 'arma-
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ta, in un insieme di unità elementari per ponti radio e costruzioni linee (aliquota schierata nei centri nodali avanzati, aliquota per le giunzioni in ponte radio avanzate, aliquota per le giunzioni del fuoco, aliquota costruzioni linee). Le esigenze di collegamento del comando di corpo d'armata MAIN, REAR, comando artiglieria - riguardano lo sviluppo delle attività di comando ed informative, l'impiego del fuoco, lo svolgimento delle attività logistiche, le predisposizioni di sostituzione delle aliquote di comando. Le esigenze di collegamento per lo sviluppo delle attività di comando ed informative sono essenzialmente l'interconnessione delle aliquote (MAIN, REAR, comando artiglieria, TAC) ed i collegamenti tra il MAIN e i comandi MAIN e SOST delle grandi unità elementari e delle unità di supporto, il comando della grande unità di destra del settore contiguo, il comando superiore, il comando d'area arretrata e gli organi centrali di scacchiere quando il corpo d'armata operi in settore autonomo. Le esigenze di collegamento per l'impiego del fuoco riguardano il funzionamento del centro di coordinamento del fuoco di corpo d'armata, l'organizzazione, la pianificazione, l'impiego del fuoco (aereo, eventualmente navale, nucleare) e l'impiego eventuale di unità del genio per la posa di mine nucleari. Le esigenze di collegamento per lo svolgimento delle attività logistiche si concretano negli allacciamenti del REAR con i REAR delle grandi unità dipendenti, con la delegazione d'intendenza quando il corpo d'armata sia responsabile di un settore autonomo e la delegazione non abbia sede nell'ambito del REAR, con i centri logistici di corpo d'armata, con il centro sanitario e con gli organi esecutivi dei servizi di corpo d'armata non schierati in complessi logistici. Le esigenze di collegamento connesse con le predisposioni di sostituzione delle aliquote di comando riguardano il REAR, nell'ambito del quale sono preordinate le misure per la sostituzione del MAIN, ivi compreso il centro di coordinamento del fuoco ed il comando delle unità dei servizi del corpo d'armata, per le eventuali sostituzioni del REAR. L'organizzazione delle trasmissioni che ne consegue prevede: un comandante delle trasmissioni di corpo d'armata operante nel MAIN; un sistema delle trasmissioni unitariamente organizzato su tre centri trasmissioni di posto comando; una rete telegrafonica (la cui struttura fondamentale in ponte radio multicanale caratterizza il sistema stesso) di tipo misto che comprende centri nodali di area, una rete radio, staffette e corrieri; reti trasmissioni per le esigenze dei collegamenti interni dei centri logistici. ·
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Il sistema tipico delle trasmissioni di corpo d'armata si basa su mezzi in ponte radio integrati da mezzi a filo, su mezzi radio da impiegare oculatamente e quando costituiscano unico strumento di collegamento nelle fasi dinamiche della battaglia, su staffette su moto e su corrieri. Esso deve rispondere ai requisiti di flessibilità, molteplicità e sicurezza. Ha una configurazione mista, risultante dal potenziamento della struttura reticolare con elementi caratteristici dei sistemi di area: centri nodali collegati fra loro da bretelle multicanali. La rete telegrafonica è quella fondamentale nella quale si innestano le trasmissioni di carattere tattico e logistico; la rete radio costituisce un complesso di trasmissioni riserva di quelle telegrafoniche, salvo nelle fasi della manovra in cui si ricorra ad operazioni dinamiche; le staffette e i corrieri, specie arei, rappresentano mezzi sussidiari di quelli elettronici. Gli elementi tipici della rete telegrafonica del sistema misto di corpo d'armata si possono ridurre ad un complesso di nodi e di tronchi di trasmissioni. I centri nodali sono schierati normalmente ai vertici di un quadrilatero, collegati fra loro e con il MAIN ed il REAR mediante bretelle in ponte radio a 12 canali e lince in cavo equipaggiate con terminali telefonici e frequenze vettrici; essi consentono collegamenti diretti, e/o eventualmente per commutazione, dei posti comando con le grandi unità dipendenti e con gli clementi dell'organizzazione logistica, nonché l'inserime nto del sistema mi sto di corpo d'armata nel sistema del comando superiore ed in quelli del comando laterale e della zona te rritoriale. Facilitano, inoltre, nei casi di movimento, l'adeguamento degli assi di trasmissione in zone diverse e le attuazioni delle predisposizioni relative alla sostituzione del MAIN in caso di neutralizzazione o distruzione . I c ircuiti in telescrivente sono realizzati normalmente con collegamenti punto punto, ricavati, nella generalità dei casi, da quelli telefonici mediante l'impiego di apparecchiature telegrafiche. La rete radio è articolata in gruppi di maglie di comando e informative, per l'impiego del fuoco o logistiche. Il sistema d elle trasmissioni tipo di corpo d'armata subisce adeguamenti vari e dive rs i nella battaglia offensiva e difensiva pe r plasmars i al dispositivo del caso concreto e adattarsi alla plastica generale del terreno e la pubblicazione 9400 indica tali adeguamenti ai qua li dedica gli ultimi due capitoli (il VI cd il VII) della parte seconda.
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16. Anche l' ispettorato N.B.C. e l'ufficio de ll ' is pettore (poi ispettorato) dell'aviazione leggera dell'esercito(A.L.E.) dira marono, nel deceu-
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nio 1965-1975, numerose istruzioni di carattere tecnico e di tecnica d'impiego. Di particolare rilievo, l'opuscolo Vulnerabilità del dispositivo amico in relazione all'impiego di ordigni nucleari (61) e la pubblicazione n. 5921 Nomenclatore N.B.C. (62) elaborati rispettivamente nel 1973 e nel 1969 dall'ispettorato A.B.C.: il primo costituente una guida per la valutazione dei risultati di eventuali attacchi nucleari nemici sui dispositivi e sulle installazioni amici; la seconda avente lo scopo di consentire l'acquisizione dell'esatto significato dei termini militari attinenti alla attività N.B.C. (impiego, difesa, OEZED) e dei più usuali termini tecnico-scientifici necessari per la comprensione dei fenomeni che la contraddistinguono. In nota diamo l'elenco delle istruzioni tecniche emanate dall'ispettorato ABC (63) e di quelle emanate dall'ufficio dell'ispettore dell'A.L.E. (64). Abbiamo così completato il quadro della regolamentazione d'arma edita nel decennio caratterizato da una rapida evoluzione della dottrina d'impiego e da un altrettanto rapido progresso della tecnica e della produzione bellica. La regolamentazione d'arma elaborata dagli ispettorati, organi tecnici dello stato maggiore dell'esercito, risentì notevolmente del continuo superamento di armi, di mezzi e di materiali di eguipaggiamento che al loro apparire, appena qualche anno prima, erano stati ritenuti il non plus ultra della ideazione e della realizzazione. Consapevoli da un lato del prodigioso divenire della tecnologia e costretti dall'altro a fare i conti con l'assoluta insufficienza delle disponibilità reali, gli ispettorati d'arma cercarono, nell'elaborare la regolamentazione d'impiego e di tecnica d'impiego delle loro unità, di rendere meno acuto possibile il divario e si può dire che in via temporanea vi riuscirono. La regolamentazione, infatti, non risultò mai né anacronistica, né avveniristica, ma fu sempre aderente alla realtà del momento.
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NOTE AL CAPITOLO LXVI I) Stato maggiore dell'esercito. Ufficio addestramento. 1 • sezione. N. I 000/A/I. Norme per l'addestramento individuale al comballimento. Roma, 1966, 1st. Poligr. Stato. La pubblicazione, formato 2lx15, con atto di approvazione del gcn. Aloia, comprende due fascicoli: testo e illustrazioni. Il testo consta di 122 pagine e 241 paragrafi, le illustrazioni di 236 pagine. Il fascicolo testo comprende, oltre l'alto di approvazione, lo s pecl·hio di dist.-ibuzione, le rt!gi s11-azion i delle aggiunte e varianti, l'indice, una premessa e /2 capitoli. Il cap. I traila l'utilizzazione dell'ambiente (generalità, masche.-amt!nlo individuale, movimento, sfruttamento del terrt!no); il cap. II il passaggio di ostacoli passivi (generalità, tecnica di passaggio di alcuni ostacoli di giorno; passaggio di ostacoli di 110/le, tecnica del passaggio di alcuni ostacoli di notte); il cap. Ili osservazione (generalità, apprezzamento e nomenclatura del terreno, scelta di un posto di osservazione di giorno, indicazione di un posto di osservazione di notte, osservazione del terreno di giorno, osser·vazione e ascolto di notte, indizi che rivelano la presenza del n emico l' accorgimt!nti che l'osse,-vatorc può usare, uso del binocolo, modalità pt!r- l'indicazione di un obiellivo); il cap. IV stima delle distanze (stima a vista, con l'udito, grafici de lle distanze, alt,·e stime utili); il cap. V orientamento (generalità, metodi di orientamtmto di giorno, meto<li di orientamento di notte, orientamento d'inverno); il cap. VJ uso della carta topografica (generalità, orientamento della carta topografica, metodo per orientare la carta topografica con la bussola, orientamento della carta topografica con il sole, con l'ossen·azione dirella del terreno, di notte); il cap. VII scelta di w1 iti11erario, 11w11te11i111e11to di w,a ilire<-io11e di lltul'imento, rico11oscime11to di liii iti11erario già percorso, pre1•isiu11i del tempo (scelta di un itinerario, mantenimento di una direzione di movimento, uso della bussola goniometrica, dcteminazione dell'angolo di m arcia, u so della carta topografica o di uno schizzo planimetrico o di una fotografia aerea planimct rica, sfruttamento dell'orientamento cui sole, con le stelle e con la luna, utilizzazione dei punti di riferimento, riconoscimento di un itinerario già percorso, cenni sulle pre\·isioni dd tempo): il cap. VIII impiego delle armi indil'id11ali (generalità, fuc ile, fucile pc,- il lancio di bombe, bombe a mano, armi individuali nella lotta controcarri, armi bianche, mezzi speciali per la lotta ,·avvicinata, armi individuali di notte); il cap. IX staffe/le (equipaggiamento e addestramento <ldle staffette, impiego delle staffette); il cap. X segnali (segnal i con la mano, con il fucile, con il picchellu); il cap. XI l'attività informativa (attività informativa offensiva: raccolta di dati informativi, osservazione, utilizzazione dei prigionieri di guen-a, civili provenienti dal territorio nemico, utilizza~.iunc dei documenti e materiali catturati al nemico; attività cont roinformativa: difesa contro l'allività informativa del nemico, l'azione psicologica); il cap. Xli co111porw111ento del militare prigioniem. (2) Pubbl. 9500/A/I per il superamento degli ostacoli attivi; Pubbl. n. 54 17 (n. 1150 della serie dottrinale) ed. 1959 per la caccia ai carri. (3) Stato Maggiore dell'esercito. Ispettorato delle arm i di fanteria e di cava lleria. Ufficio fanteria divisionale e paracadutisti. Pubbl. n. 5526 Procedimenti d'azione della co11111<1i;11ic1 f11cilieri (n. 2300 della serie doti rinalc). Bozza di stampa. Roma, 1961 , Tst iIul o Poligrafico dello Stato. La pubblicazione, formato 17 X 12, con allo di a pprnvazionc del generale Guido Boschelli , ispettore delle a rmi di fanteria e di cavalle.-ia, consta di 170 pagine, 148 para-
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grafi, 1 allegato. Comprende: l'alto di approvazione e la dichiarazione di abrogazione e sostituzione dell'edizione 1949, l'indice, lo s pecchio di distribuzione, lo specchio di registrazione delle aggiunte e varianti , il lesto. Il testo è s uddivi so in due parti principali - la prima riguardante l'a zione offensiva e la seconda l'aziu11e difensiw, - a loro volta, ciascuna, articolata in parte prima e pa1·te seconda. " L 'azione offensiva". Parte prima: Lu compagnia fucilieri nella ricerca e presa di conia/lv. Cap. J: compiti; capo Il: la compagnia fucilieri in un dispositivo di s icurezza (avanguardia, distaccamento fianc heggiante mobile o fisso, retroguardia, sicurezza in stazione); cap. 111: la compagnia fucilieri nei combattimenti preliminari; cap. IV: la compagnia fucilieri nel movim e nto e nelle soste (nella marcia al nemico, ne lla zona di attesa, nell'avvicinamento). Parte S<'C011da: La compagnia fucilieri 11el/'a//acco. Cap. V: genera lità; cap. VT: att ività preparatoria, concettuale ed organizzativa (generalità, attività preparatoria, concettuale cd organizzativa); cap. Vll: esecuzione de ll 'attacco (generalità, attacco con impiego di soli mezzi convenzipnali, avanzata pe r l'assalto e assalto, infiltrazione, la compag nia di rincalzo, attacco a seguito di esplosione atomica, consolida mento); cap. VTTT: attacco notturno; cap. X: la compagnia fucilieri nell'accerchiamento e nella eliminazione dei tronconi della posizione difensiva nem ica; cap. XI: la compagnia l"uc ilieri nello sfrntta mcnlo del successo. L'az.io11e difensiva. l'arte prima: La com pagnia l"ucilicri nella difcs::i ::id o lt1·;:inz::i .. Cap. XTT: compiti; cap. XTTI: la compagnia fucilieri nella resistenza (a prcsi<liu <li un caposaklu minore, a pH·si<liu <li un sd lore di capusaklu, a pn·sidio di un caposaldo autonomo, nella reazione di movimento, ne ll'attivazione di un tratto di cortina sulla posizione -di contenimento); cap. XIV: attività preparatoria, concettuale ed 01·ganizzativa (generalità, attività preparatoria, con cettuale, organizzativa, organizzazione del fuoco, elci contrassalto, de i laYori l' dell'ostacolo, della manovra del prn,idio del caposa ldo, d e lla funzione di comando, ordini); cap. X V : la condot la clclla difesa; eap. XVI: la difesa in ambiente notturno; cap. XVTT: la com pagnia fucilieri in rincalzo di un g 1·uppo ta ttico in caposaldo; cap. XVTTT: la compagnia fucilieri nel contrattacc o (generalità, la compagnia inquadrata nel contrallacco nel quadro di un gruppo tattico in riserva divisionale, in quello del concorso al contrattacco divisionale, in quello a breve raggio); cap. XIX: la compagnia fu cilieri nell'azione di ritardo e di logoranwnto nel quadro della difesa ad oh ranza. Parte seco11da: La co111pag11ia f11cilieri n ella 111a1101•ra i11 ritirata. Cap. XX: la compag nia fucilieri nella m anovra in i-itirata (compili, la rottura d e l contatto, il ripiegamento, inquadrata in un gruppo tattico c he cost ituisca o faccia parte di uno scaglione di arresto, inquad rata in un gruppo tattico c he facc ia parte di uno scaglione ritardatore, quale retroguardia di un gruppo lattico che 1·ipiega isolatamente). Allegato I: schema di costituzione dei grnppi "R" ed "O". (4) Istruzioni di tecnica d'impiego e tecniche: n . 5688, Addestramento tecnico dei pamcad111isti ed urga11i;:.;:.a;:.io1 1e degli al'iola11ci, anno 1968; n. 5221 Tec11ica ddl'al'io~ lw,ciu pna111e ad rstra;:.io11e, anno 1969; n. 5948 Addestra111e1110 al liro i11dil'id11ale, a nno 1969; n. 5877 Tecnica del/'aviola11cio a gravità, anno 1969; n. 5990 Istru zioni s11l muro di tela, anno 1970; n. 6000 lsJru zioni .ml bersaglio ad S, anno 1971; n. 5998 /stmzione s11/la striscia per /'addestramento allo sfrullamento del lerreno in siluazioni di coniai lv con il nemico (SAST), anno 1972; n. 5999 ls/ru zione sulla slriscia per l'addestramento al combatlimen/u no/Izano (pisla del silenzio). anno 1972; n . 6100 Impiego tecnico-tattico an11i i1u/i,·id11ali <' di t<'partu, anno 1975. Circolari di tecnica d'impiego e tecniche: n. 7700/026402 Note di carattere tec11ico rdati1·e ad alc1111i aspetti addestrativi delle unità di fanteria, a nno 1967; n. 150/026237 Noi<' t<'Cllicl,e addes/ra/il•e sul tiro isti11tivo, a nno 1968; n. 160/026237 Note tecnico-
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addestrati ve sul tiro di agguato, anno I 968; n. 460/026402 Note tattico addestrati ve riguardanti i minori reparti, anno 1971; n. 470/026402 Lo schieramento controcarri, anno 1971; n . 1880/026452 Scuola di tiro per mortai da 120111111, anno 1974; n. 1890/026452 Eserci::.i di 1iru con ca1111011i dc, anno 1974. Istruzioni tecniche sull'impiego dei mezzi e materiali: n . 5345 Confezio11a111ento dei contenitori leggeri per aviolancio con paracad111e, anno 1965; n. 5368 Ripiegamento del paracadute da carico leggero Ci, anno 1965; n. 5640 Attrezzature Polydrive-Comet 30 per l'addestramento del tiro controcarri in poligono. Descrizione, uso e manutenzione, anno 1966; n . 5230 Aviolancio meccanico contenitori leggeri monorotaia dall'aereo da tra.,portn Cl 19, anno 1968; n. 5329 lstm ziuw: s11/ C01Ulizio1w111e11to dell'obice da 105/14 1110d. 5n peral'i()/a11cio con paracadute dall'aereo Cl/9 G., anno 1968; n. 5817 /stru zi011e ripieg,ame11to paracadute da carico medio E.I.CM.1(}{)(}-Gl2 10, anno 1968; n. 5882 l slmzione s11! ripiegamento del paracadute E.I. CP. 1500 GIJIA, anno 1968; n. 5862 lslruzi"ni sul condizionamento dell'autocarro OM CU52 (4 X 4) per aviolancio con paracadute dal C.119/C", anno 1968; n. 5878 lst ra zione sul condizionamento dell 'aUlovettura Fiat AR/59 per l'aviolancio con paracadute, anno 1970; n. 5858 Istruzione sul complesso radio VllFANITRC/7, anno 1968; n. 5882 Istru z ione ripiega111e11to pa racadllle da carico pesante E i CP-/5()().(;/ I/A , anno 1968; n . 595 1 lstru z.ione sul disposilil'u di liro a sall'e con armi NATO ca/. 7,62 e sulla cartuccia a salve 7,62 PECA , anno 1970; n. 5886 ls1ru zio11e s11/ fa ro rotante lipo ANICVX-l. anno 1969; n. 6028 Is tru zione ripiegamento paracadute CMP/55, anno 1972; n. 6036 Istruzione ripiegamenlo paracad111e ausilario T.10/R, anno 1972; n . 6037 Istruzioni tecniche condizionamenlo lancio munizioni e manufatti esplosivi anno 1972; n. 6116 Is truzione sul microproiettore per FAL, anno 1973; n. 5568, Istruzione provl'isoria sul fucile aulomalico leggero RM/59 ml. 7,62 111111 N.A. T.O.. anno 1972: n. 5617. ls1ru ::.ion e prnl'l'iw,ria sul sim11/atoi"e Dx43. anno 1966; n . 5620 l slr11zio1w prol'Pisorio sul rn1111011e da 106 s.r.M40 e M40-Al. anno 1965; n. 5857 ls tru z.ione su i bossoli ca /. 6,5. 7,7, 12,7, anno 1968; n. 5869 l slrnzione provvisoria bombe dc da fucile super F.nerga, anno 1969; n. 5955 /sJruziune per la manutenzione e la conservazione del mortaio da 81 mm, mVll. 62, anno 1969; n. 5957 Is truzione sulla manuten zione e la conservazione della mitragliatrice MG 42/59, cal. 7,62, anno 1969; n. 5957 Istru zione sulla manutenzio Il<' armi portatili FAI, BM59 ca/. 7,62 e fucile Garwul 7,62 NATO tipo I e 2, anno 1969; n. 6138 l stm:.io11e sulle a11re;:.za111re per tiro rido/lv ca/. 14,5 da impiegare slli carri armati M49, M60Al, l,eopard, anno 1975; n. 5065 Istru z ione bombe a mano SRCM/35 ad effetto rido110, anno 197 2; n. 6073 Istru zione per la ma11uten z.ione e la co11servazio11e d elle milragliatrici M73 e M73El, anno 1975; n. 5652 Istruzione sul morlaio da 81 mm mOll. 62, anno 1975; n. 5627 Istruzione provvisoria s ul missile filuguidatu dc a grande gillata SSJJ-Bl, anno 1966; n . 5628 Istru zione provvisoria sul missile filoguidato dc a 111eili11 gittala COBRA, anno 1966. Circolari sull'impiego di mezzi e materiali: n . 1354/033200 Tru111bu11ci110 1::,·11erga modificato, a nno 1973; n. 7100/026451 Nule /emiche sulla 111i11a e /e /Irica per / 'addes trame,11", anno 1968; n. 500/023108 Morta io allegerito da 120 mm mod. 63, anno 1968; n. 2440/033803 VTC M/06 IT per il trasporlo e l 'impiego del mortaio da 120 mm mod. 61, anno 1970; n. 2450/033805 VTC Ml06JT per il trasporto e l'impiego del mortaio da 120 mm mud. 63, anno 1970; n. 2000/026402 impiego dei veicoli da trasporlo e combatti111e11 tu (VTC MI 13) 11el/'ambi10 dell'u11i1à di fa111eria. anno 1971 ; n . 1354/033200 Tru111 hu11ci11u modificato per il fucile s.11. Ca rand ml. 7,62 NATO lipo 2, anno 1973; n. 900/033907 Dispusiti1•u a specchi pe r il controllo homhe del cu11J.(eg1w di pu11ta111e11/o 111ud. 70 su VTC M 106, a nno 1974.
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Istruzioni varie e tavole didattiche: n. 6027 Tavole didattiche T.FC 6102, carro armato Leopard, anno 1972; n. 6115 TT.DD. la squadra assaltatori, anno 1973; n. 5643, TT.DD. bomba a 111a1101111i/icata 1110d. 64 /anciabile con il fucile. T.IF.2221, anno 1965; n. 5830 TT.DD. fucile automatico leggero BM 59, ml. 7,62 NATO, T.I F.2222, anno 1970; n . 5909 TT.DD. missile filoguidato SSJJ-Bl, T.IF.2263, anno 1968; n. 6818 TT.DD. missile filoguidato Cobra T. /F. 2273, anno 1971. Programmi per l'addestramento di specializzazione: n. 5831 Pionieri di fanteria e cavalleria, anno 1967; n. 5832 Cannoniere di unità d 'a rresto, anno 1967; n. 5835 Specializzati per il tiro di fanteria e cavalleria, anno 1967; n. 5837, Secondo pilota, mitragliere, radiofonista per ,•eicoli ci11golati trasporto truppa, anno 1967; n. 5838, Mitraglieri, anno 1967; n . 5839 Murtaisti per mortai medi, anno 1967; n. 5842 Pilota mezzo wrfihiv, anno 1967; n. 5843 Pilota veil·vli cingolati, anno 1967; n. 5944 Aviurifvrniture anno 1967; n. 5845 Ripiegature di paracadute, anno 1967; n . 5846 Aiuto istrullvre di paracadutismo, anno 1967; n. 5847 Segnalatore pattuglia guida, anno 1967; n. 5848 Mitraglieri contraerei di fanteria e cavalleria, anno 1967; n. 5849 Staffette sciatori, anno 1967; n. 5850 Esploratori per unità corazzate, anno 1967; n.5851 Esploratori per truppe alpine, anno 1967; n . 5852 St>rventi per ca11110ne s.r., anno 1967; n . 5853 Serve111i per missili cm1tmcarri filvp,idati, anno 1967; n. 5854 Mortaisti per mortai pesanti anno 1967; n. 5928 Programmi corsi allievi is tmi/uri C.D.R., anno 1970; circ. n . 2626, Appendice all'addestramento i11dil'id11ale al comballimentu con gli sci, anno 1966. (5) Stato maggiore dell'esercito. lspellorato delle armi di fanteria e cavalleria. Pubbl. n. 5885 Procedimenti tecnico-tattici della compagnia fucilieri (n. 713 della serie dottrinale). Roma, 1968, Regionale. La pubblicazio ne, formato 18X 12, bozza di stampa, a pprnvata dal gcn,·ralc ispe ttore Giuninni Buttiglionc, consta di 219 pagine+XVI. di 224 parag.-afi e di 9 allegati. Comprende: l'auu di apprnvazionc, lo specchio di distribuzione, la tabella per la registrazione delle aggiunte e varianti, l'indice, la premessa, il testo diviso in due parti, gli allegati. Parte prima: La compagnia fuc ilieri inquadrata. Cap. I: generalità; Cap. II; la compagnia nel movimento (generalità, movimento in lontananza dal nemico, movimento a contatto con il nemico: su automezzi, a piedi); cap. III: la compagnia fucilieri 11ello sta::.io11a111e11to; cap. TV: /a compagnia f11cilieri 11el/'a11acco (generalità, la compagnia avanzata: concezione, organizzazione, esecuzione; la compagnia di rincalzo; la compagnia rinforzala da cari-i; la compag nia n e ll'attacco nollurnu); cap. V: la compagnia fu cilie ri 11ella difesa (genernlità; la compagnia ndl 'aziune di ,·esistenza: concezione, organizzazione, esecuzione; la compagnia nella reazione di movimento; la compagnia nell'azione di contrasto dinamico); cap. VI: l'impiego della compagnia fucilieri nel controllo di zone estese e nel forzamento di un corso d 'acqua inguadabile (controllo di zone estese. fu1-zamcnlo di un corso d'acqua inguadabile): cap. VITI: l'impiego della cu111pag11ia f11cilicri in ambienti particolari (comballimcnto nei buschi: attacco, difosa; cumbaltimcnto negli abitati: allacco, difesa); cap. JX : le incidenze dell'ambiente alpi110 s11i procedime11ti tecnico-tallici della compagnia alpina (generalità, movimento, stazionamento, attacco, difesa, controllo di zone estese); cap. X: le inciden ze dell'impiego a seguito di aviolancio sui procedimenti tecnico-tallici della compagnia fucilieri paracadutisti (generalità, riordinamento dopo l'aviolancio, movimento a contatto con il nemico, allaceu, difesa a tempo determinato di posizioni). Parte se,mula: il gruppo tattico al lil'ellu di co111pag11ia. Cap. XI: ge11e ralità. Cap. XU : il gruppo tallico nella sic11re::.::.a irr 111t1rcia e i11 sw ::.ione (avanguar·dia, distaccamento fianchegg iante, retr·oguardia, sicurezza in s tazione); cap. XIII: il gruppo ltlllico nell'allacco (generalità, il g ruppo tal tico in primo
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scaglione: concezione, organizzazione, esecuzione, il gruppo tattico nei combattimenti preliminari), cap. XIV: il gruppo tattico nella difesa (generalità, concezione, organizzazione, esecuzione). Allegali: A: articolazione per l'impiego con 3 appendici; B: grafico tipico delle trasmissioni radio con 3 appendici; C: grafico tipico delle trasmissioni a filo della compagnia [ucilieri ed alpini; D: ordini cd informazioni che il comandante della compagnia riceve ed impartisce con 9 appendici; E: schema di costituzione dei gruppi R ed O; F: esempio di organizzazione del fuoco per l'attacco; G: esempio di organizzazione del fuoco per la diresa, H: ordini ed informazioni che il comandante di gruppo tattico riceve ed impartisce con 4 appendici. (6) Stato maggio,·e dell'esercito. III reparto. Uffcio regolamenti. Pubbl. n. 5622 li movimento per via ordinaria e lo staz.iunamentu. Roma, 1965, Istituto Poligrafico dello Stato. La pubblicazione abroga la n. 3120, del 1939, la n. 3301 del 1939, la n. 3302 del 1938, la n. 4260 del 1942. (7) Ordini ed informazioni che il comandante della compagnia riceve ed impartisce per l'attacco: 1° cenni sulla situazione nemica ed amica; 2° compito della compagnia; 3° concetto d'azione; 4° composizione ed articolazione delle forze e cioé: assegnazione a ciascun plotone avanzato della posizione nel dispositivo, degli eventuali rinforzi e/o sottrazioni, del compito, dell'obiellivo di attacco, dell'obiettivo eventuale, della direzione di attacco, degli orientamenti di impiego (zona <li dislocazione iniziale, direzione di movimento e successive posizioni); 5° organizzazione del fuoco: base di fuoco a tiro teso (compiti nelle varie fasi dell'azione, articolazione in aliquote omogenee o miste, posizioni iniziali, posizioni s uccessive e modalità per la loro occupazione, obiettivi noti e presunti e loro ripartizione tra le armi, settori di sorveglianza e di intervento); base di ruoco a tiro curvo (compiti nelle va.-ic fa si de ll'azione. costituzione. sch ieramenti iniziale e successivi. obiettivi noti e presunti e relative distanze di sicurezza, moda lità per le richieste di fuoco e per l'immediato intervento, quantità e tipo di munizionamento occorrente); 6° misure di sicurezza da adottare per eventuali interventi nucleari, biologici, chimici; 7° azioni di fuoco svolte dall'artiglieria e dai mortai da 120 ed eventualmente dagli aerei; 8° modalità per il coordinamento: zone sulle quali i plotoni debbono schierarsi sulla base di partenza, ora di occupazione della base di partenza, oi-a d'inizio della preparazione, ora di inizio d e ll 'attacco, forzamento dei campi minati (procedimento da adottare, eventuale costituzione e composizione di g ruppi appoggio, numero e ubicazione dei passaggi, momento in cui le squadre pionieri dehbono iniziare le operazioni di apertura, modalità per il trafilamento, personale e mezzi esplosivi in riserva), linee di riferimento e di allestamento; 9 indicazioni sull'organizzazione logistica e funzionamento dei servizi di sanità (dislocazione del posto medicazione, modalità per lo sgombero dei feriti), di commissariato (modalità per la confezione. dist.-ibuzionc e consumazione del rancio ed eventualmente della .-azione vive ri da comba ttimento), armi e munizioni (dis locazione del posto munizioni e modalità per il rifornimento munizioni); 10 posto del comandante di compagnia; 11 modalità per il collegamento ed eventuali vincoli per l'impiego di m ezzi radio. (8) Ordini cd informazioni che il comandante della compagnia impartisce nella dife sa: azione di resislenza: 1 cenni su ll a situazione nemica ed amica; 2 compito della compagnia e concetto d'aziom:; 3 composizione cd articolazione delle forze: a) indicazione d elle zone di competenza, della zona di di locazione delle forze che eventualmente non pres idiano permanentemente la posizione 'principale; b) disposizioni relative a: posizione principale e sostitu tiva (caposaldi minori o centri di rcsisten7,"l en eventua li
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posizioni integrative d a realizzare, loro costituzione, compiti, posizioni da includere, tratto vitale del caposaldo, definizione per il rincalzo precostituito o predesignato, dei compiti, delle dir·ezioni di conlrassaho, del concorso dei centri di fuoco cd eventualmente della dislocazione iniziale e della linea di partenza; entità delle fon'.e destinate al presidio permanente del caposaldo, del tratto di campo minalo di interdizione eventualmente da attivare (centri di resisten za e centri di fuoco arretrati da organizzare, loro costituzione, compiti e posizioni da includere, tempo massimo per l'attivazione); e) orientamenti sull'impiego del presidio del caposaldo al di fuori della sua zona di competenza e misure da predisporre per l'abbandono delle posizioni; 4 organizzazione del fuoco - g li elementi sotto indicati sono riportati nel piano parziale dei fuochi della compagnia unitamente agli elementi dell'organizzazione del fuoco dei singoli plotoni -: schieramento delle armi di compagnia non decentrate e di quelle avute in rinforzo e definizione di compiti, direzioni (obiettivi) di a1Testo automat ico, azione dell'artiglieria e dei mortai da 120, lince di riferimento (tratti di sbarramento e modalità per l'intervento), punti per la saldatura del fuoco tra i caposaldi minori o centri di resistenza, linea di apertura del fuoco di arresto; 5 organizzazione dei lavori e messa in opera dcli 'ostacolo: ordine di priorità r elativo a lla predis posizione delle strutture statiche e limiti di tempo per il completamento dei lavori (postazioni, osservator·io, posto comando), andamento, tipo, densità e profondità del campo minato protettivo, dislocazione e dimensione del reticolato, attrezzature e materiali disponibili per l'esecuzione dei lavori; 6 impiego della squadra NBC; 7 modalità per il coordinamento (oltre quelle prescritte dal comando superiore): disposizioni circa l'allività sulle posizioni nelle ore di luce e durante la notte; costituzione di posti osservazione e allarme e pattuglie per il controllo degli spazi vuoti ; 8 indicazioni su lla organizzazione logistica e sul funzionam ento dei servizi: di sanità (ubicazione del posto di medicazione e modalità per lo sgombero dei feriti), di commissariato (posizioni per l'impianto delle cucine, modalità per il rifornimento viveri), armi e munizioni (ubicazione del posto munizioni e modalità per il r ifornimento munizioni); 9 dislocazione del posto comando di compagnia; 10 costituzione, compiti e ubicazione dell'osservatorio di campagnia, ubicazione di altri eventuali osservatori dislocati nella zona di competenza; 11 organizzazione dei collegamenti (n:ti a filo, maglie radio, segnali <>Ltici, sta ffett e presso il posto comando di compagnia. ccc.). (9) Rivista Militare , anno 1967, fa se. II, pg. 183 Inciden za delle nuove armi sui pmcedi111enri d 'a zione della squadra assallatori e del plotone fucilieri, del gen. Agostino Spano. (lO) Il comandante di compagnia deve provvedere: a lla designazione degli elementi da inserire nel nucleo di riordinamento (di massima un sottufficiale ed un numero ,·ar-io di paracadu tisti) e in quello con funzioni di s icurezza (costituito da paracadutisti armati con armi automatiche e se n ecessario con armi e.e .); alla determinazione su lla car·ta topografica e/o sulle fotografie aeree e a lla successiva indi ca zione ai comandan ti di plotone dell'area di riordinamento assegnata, cd eventualmente del punto di riordinamento, e dell'itinerario per raggiungerla nel caso in cu i l'area stessa non sia adiacente alla zona di lancio; alla ripartizione dell 'arca di riordinamento tra i singoli plotoni in funzione del dispositivo previsto per la successiva azione e alla indicazione dell'uhicazionc del proprio posto com ando nell'ambi Lo di tale ar·ea; al la definizione delle modalità pe r l'alluazione progressiva dei collegamenti sulla b ase delle priorità s tabilili: dal comando s uperiore; a ll a precisazione degli accorgimenti da adouare per· il riordina mento de l personale e d ei carichi e alle disposizioni particolari per il recupero di questi ultimi .
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( 11) Stato maggiore dell'esercito. lspettoralo delle armi di fanteria e di cavalleria. Pubbl. n. 5884 Procedimenti tecnico-tattici del plotone fucilieri (n. 714 della serie dottrinale). Roma, 1968, Regionale. La pubblicazione, formalo 18 X 12. bozza di stampa, approvata dal generale is pe ttore Giovanni Buttiglione, consta di 152 pagine + XIV e di 1SO paragrafi. Essa comprende l'atto di approvazione, lo specchio di dis tribuzione, la tabella per le aggiunte e varia nti, l'indice, la premessa, il testo, un allegato con 11 appendici. Cons ta di 8 capitoli: cap. I: generalità; cap. II; i/ plotone fucilieri nel movimento e nello stazionamento: movimen to (generalità, movimento in lontananza da l nemico, movimento a contatto con il nemico), s tazion am ent o; cap. 111: il plorone fucilieri nell'a((acco: generalità, il plotone avanzalo (concezione, organ izzazione, esecu zione), il plotone di rincalzo, il plotone isolato; cap. IV: il plotone fucilieri nella difesa: generalità ; l'azione di resistenza: il caposaldo di plotone (concezione, organizzazione, esecuzione); il centro di resistenza; il posto scoglio; la reazione di movimento; l'azione di contrasto dinamico (il posto di sbarramento, il plotone inserito in un complesso mobile); cap . V: il plotone fucilieri nell'abbandono di posizioni; cap. VI: l'impiego in azioni ed ambienti particolari: attacco contro strutture fo1·tificale, comhallimcnto nei boschi (at tacco, d ifesa, ras trellamento), combatt imento negli abitati (attacco, difesa); cap. VTJ: le incidenze dell'ambiente alpino sui procedimenti recnico-ta11icì del plotone fucilieri della compagnia alpini: generalità, movimento, attacco, difesa; cap . Vlll: le incidenze dell'impiego a seguito di aviolancio sui procedimenti tecnico-tattici del plotone fucilieri della compagnia paracadutisti: generalità, riordinamento dopo l'aviolancio, movimento a contatto con il nemico, attacco, difesa a tempo determinato. Allegato A: ordini ed informazioni che il comandante del plotone l"iccvc ed im partisce, con 13 appendici. (12) Ordini cd inforn1azioni che il comandante di plotone avanzato impa rtisce in attacco: 1 cenni s ulla situazione nemica cd a mica; 2' compiti del plotone; 3 m odalità pe r lo svi luppo dell'azione; 4 composizio ne ed articolazione delle forze e cioé assegnazione: a ciascuna squadra avanzata dell'obiettivo di attacco e della direzione di a Ltacco, alla squadra di r incalzo del compito e della di rezione di m ovimento, alla squadra di rincalzo d el compito e della direzione di movimento, alla squadra armi leggere degli obiettivi da battere, d elle posizioni s uccessive da cui svolgere le azio ni di fuoco, del scltorc d i sorveglianza e d'intervento; 5 01·ganizzazione del fuoco: conco1-so che il p lo tone può ricevere dall'artiglieria, dai m ortai da 120 e d a lle basi di fuoco a tirn curvo e a Li ro teso de lla compagnia; 6 mi sure da adottare pe1- eventuali interventi nucleari; 7 modalità per il coordinamento: a) dislocazione delle squ adre sulla base di pa1·tenza, b) orn di occupazione della base di partenza, ora di in izio dell'operazione, c) ora di inizio dell'attacco, d) apertura dei corridoi nei campi minati (procedimento a dottato, numc1·0 cd ubicazione dei corridoi, linea di attestamento delle squadre avanzale per il loro supcrnmcnt o da parte dei pionieri, gruppi mitrngliatori incai-ica ti dell a p rotezione, moda lità di trafil a mento); f) linee di riferimento per il coordinamento <lei fuoco di artig lieria, d ei m ortai da 120 e da 81 con il movimento; g) modalità per il riordino e per l'eventuale consoli damento; 8 cenni sul funzio namento dei servizi: di sanità (d islo·cazione d el posto di medicazione e moda lità per lo sgom bero dei ferit i), di commissarialo (modalità pe1· la distribuzione e consumazione del rancio ed e ventualmente della 1·azionc viveri da combatlimenlo), arn1 i e munizioni (dislocazione del posto munizioni de lla com pagnia e modalità pe1· il 1·ifornimento delle muni zioni); 9 posto del com a n dante del plotone; IO segnali per il coordinamento d e ll'azio ne. ( 13) Ordini cd informazioni che il com.indan te <li plotone in difesa - caposaldo
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di plotone, centro di resistenza, posto scoglio - impartisce: 1 cenni sulla situazione nemica ed amica; 2 compiti del plotone; 3 composizione ed articolazione delle forze: a) indicazione: della zona di competenza del plotone (caso di caposaldo autonomo), della entità delle forze che eventualmente non presidiano permanentemente la posizione princ ipale e della loro zona di dislocazione; b) disposizioni relative alla posizione principale e sostitutiva (tratto vitale, compiti, costituzione e ubicazione dei centri di fuoco), definizione per ciascun fucile mitragliatore (della postazione. dei settori di tiro, della direzione di arresto automatico o settore di falciamento). ubicazione delle postazioni per il gruppo lanciarazzi e sua dislocazione iniziale, designazione della squadra con funzioni di rincalzo c indicazioni delle probabili ipotesi di impiego, tratto di campo minato eventualmente da atlivare (centro di res istenza e relativi centri di fuoco da cos1itui1·e, loro composizione, compiti e posizioni da includere, tempo massimo per-l'attivazione), orientamenti d'impiego del presidio del caposaldo al di fuori della zona di competenza e misure da predisporre per l'abbandono della posizione); 4 organizzazione del fuoco: dislocazione e compili dei centri di fuoco eventualmente predisposti (per l'attivazione in fase condotta con armi a tiro teso della compagnia) negli intervalli tra i caposaldi mino.-i (o i centri di resistenza), schieramento delle armi di compagni a (indicazione della loro azione e di quella dell'artiglieria e d ei morta i da 120, delle lince di riferimento, dei traili di sbarramento, delle modalità per l'intervento), definizione delle armi che devono realizza re la saldatura di fuoco con i caposaldi minori (o centri di resistenza) contigui e indicazione dei relativi punti in cui deve essere realizzato l'inc rocio d ei fuochi; indicazione sul terreno a ciascun centro di fuoco della linea di apertura del fuoco con le mitragliatrici e i fuc ili mitragliatori e delle zone da battere con le hombc da fu c ile antipersonale; 5 organizzazione dei lavori e messa in opera dell'ostacolo: d efinizione del persona le pe1· la realizzazione delle postazioni e degli appostamenti e per la messa in opera dell'ostacolo, indica7.ione delle priorità e dei tempi per il completamento dei lavori, ripartizione delle attrezzature e dei materiali assegnati per l'esecuzione dei lavori, registrazione <lei campi minati posati; 6 modalità per il coordinamento (oltre quelle prescritle dal comando superiore): indicazione dei segnali di allarme per l'apertura del fuoco di arresto automatico e per la difesa NBC. definizione <lei turni di riposo del personale; 7 indicazioni s ull'organizzazione logistica e sul fun zionamento dei servizi: di sanità (ubicazione del posto medicazione e modalità per lo sgombe1·0 dei" feriti), di commi ssariato (modalità per il rifornimento viveri), armi e munizioni (ubicazione <lei posto munizioni e modalità per il rifornimento munizioni); 8 dislocazioni del posto comando di plotone; 9 disposizioni per il servizio <li vigilanza nei vari centri di fuoco e definizione dei sellori di osservazione di ciascuno; 10 modalità pr il collegamento con e tra i vari centri di fuoco (segnali convenzionali, staffette, ecc.). ( 14) Stato maggiore d ell'ese1-cito. Ispetto rato de lle anni di fan1e1·ia e di cavalle1-ia. Pubbl. n. 5883 Procedim e nti tec11ico-'ta11ici della squadra assaltatori (n. 71 S della serie <lollrinale). Roma, 1968, Regionale. La pubblicazione, formalo IS x 12, bozza di stampa, approvato dal generale Giovanni Buttiglione, consta di 67 + XII pag ine e di 73 paragrafi. Essa comprende: l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, lo specchio per la regist razione delle aggiunte e varianti, l'indice, la premessa. 5 capitoli, un allegato di 8 appendici. Cap. I: in1eralità; cap. 11: la squadra assaila turi 11el 111uPi111entu e 11ello s1az ioname111u: movimento s u au tomezzi, movimento a piedi, stazionamento; cap. lii /a squadra assalta/ori 11el/'at1acco: generalità, la squadra avanzata, la squadi-a di rincalzo; cap. IV: la squadra tLuallatori nella difesa: genera lità. l'azione di resistenza (il centro di fuoco). la reazione
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di movimento (la squadra assaltatori con funzione di rincalzo), la squadra assaltatori
elemento di un complesso mobile; cap. V le incidenze dell'ambiente di aviolancio sui ??? e dell'impiego a seguito di aviolancio sui procedimenti tecnico-tattici della squadra assaltatori alpini e paracadutisti: incidenza dell'ambiente alpino (movimento, attacco, difesa), incidenza dell'impiego a seguito aviolancio (riordinamento, movimento a contatto con il nemico, attacco, difesa). Allegato A: ordini e informazioni che il comandante di squadra riceve ed impartisce, con 8 appendici. (15) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato delle armi di fanteria e di cavalleria. Circ. n. 5301/026320, I-Xl-1966 Procedimenti tecnico-tattici della compagnia fucilieri meccanizzata. Roma, 1966. Regionale. La pubblicazione, formato 17 X 12, firmat a dal generale ispettore Lazzaro Dessy, consta di 73 pagine. Comprende: premessa; struttura della pubblicazione; elementi essenziali della pubblicazione (generalità e caratteristiche); formazioni; evoluzioni; osservazione; ricerca e presa di contatto; sicurezza; avvicinamento; attacco: attacco contro avversario in posizione, attacco contro avversario in movimento; difesa: la compagnia fucilieri meccanizzata, quale punta di contrasto dinamico, ne lla costituzione di un caposaldo e di uno schieramento controcarri; la compagnia fucilieri meccanizzata quale complesso minore omogeneo; il gruppo lattico meccanizzato al livello di compagnia; quesiti; esperimenti da compiere. (16) Quesiti posti dalla circ. n . 5301/026320, del I-IX-1966. Quesito A: l'impostazione data alla circolare nel considerare prevalentemente la compagnia fucilieri meccanizzata quale complesso minore meccanizzato-carri è ritenuta attuale e ricorrente nella media de i casi di impiego della compagnia stessa? Quesito B: in consegue nza della nuova vis ione di complesso minore misto altl'ibuila a lla compagnia fucilie1·i meccanizzata, sono stati propriamente intesi e lumeggia ti i rapporti di cooperazione carri-meccanizzali nell'ambito del complesso minore? In caso diverso. la cooperazione m eccanizzati-carri in tale complesso sotto quali altre forme, diverse da quelle intraviste, potrebbe manifestarsi e secondo quali modalità potrebbe attuarsi? Quesito C: nell'indicare i procedimenti tecnico-tattici della compagnia ne l combattimento, la circolare asi rac da specifiche s ituazioni di impiego, ma illustra tali procedimenti riferendoli ai tipi di azione c he la compagnia può essere chiamata ad effettuare: nella fase di ricerca e presa di contatto, nell'avvic inamento, nell 'attacco, nella difesa. èiò perché l'est rem a mutevolezza delle situazioni, che caratterizzano il combattimento dei meccaniu.ati e dei corazzati, richiede nonnalmente alla compagnia di intervenire nel combattimento secondo modalità di azione non s t1·ettamente vincolate a singoli casi d'impiego. Ta le melodica è ritenuta sufficientemente chiara, completa ed efficace a configu.-are le azioni della compa'g ni a nel comballimento, sicché i procedimenti ad esse r elativi costituiscono sicura g uida nella condotta di ciascun caso concreto? Quesito D: la compagnia fucilieri meccanizzala è sufficientemente configurata per i suoi aspetti ca r a tteristic i nel capitolo 4 della precedente circolare? Quali altri peculiari elementi potrebbe ro essere inseriti nell 'intento di meglio presentarla in un s intetico quadro d'insieme? Quesito E: le formazioni che la compagnia assume a bordo dei V.C.T.T. ne l corso del movimento e del combattimento sono ritenute valide e consone alle varie fasi del combattimento nelle qua li s i precisa di adottarle? Vi possono essere altri tipi di formazioni più r ispondenti di quelle illus trate o, fermo rimanendo i tipi di formazioni, una loro adozione diversa da quella qui indicata rela tivamente alle fasi del combattimento? Quesito F: nella fase di rice1·ca e di presa di contatto e nella sicurezza sono s tati indicati i possibili compiti d ella compagnia fucilie1·i meccanizzata nell'a mbito di un dispositivo esplorant e e n ell 'ambit o di
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un dispositivo di sicurezza. Si ritiene che oltre ai compiti precisati, la compagnia possa assolverne alLri che non figurano nella presente circolare? In caso affermativo, quali po11·ebbern essere questi compiti e quali le modalità per assolverli? Quesito G: nel quadro dell'avvicinamento sono siate precisate le attività più importanti del comandante di compagnia durante la sostanza in zona di attesa e nella zona di dislocazione ini ziale. De lle allività comprendono, in pratica, i provvedimenti principali perché la compagnia venga predisposta all'avvicinamento o a lla ripresa di esso, in modo che il movimento della compagnia stessa s i compia secondo un'organizzazione che lasci all'imprevisto un margine minimo? Quesito H: l'attacco c ontro avversario in posizione è stato s ufficientemente tratteggiato, specie per quanto attiene l'organizzazione del fuoco nell'ambito della compagnia e le modalità esecutive che la compagnia allua nel co1·so dell'azione? L'impiego d el fuoco dei carri armati risponde a concelli pratici ed a possibilità effettive ? J possibili dispositivi della compagnia e i valori di profondità dei suoi dispositivi sono indi cati secondo misure realistiche? L'impiego del rincalzo di compagnia, nel quale è normalmente inserito anche il plo tone carri, è visto in maniera organica e tale da assicurare la prosecuzione dello sforzo che la compagnia compie sino all'acqui sizione dell'obiellivo ad essa fissato? In tale quadrn, i valo1·i de lla distanza iniziale fra plotoni avanzati e rincalzo r ientrano in termini accellabili? Diversam ente prospettare altre soluzioni da dare allo specifico problema dell'a llacco contro avversario in posizione. Quei!;to l: L'azione di fissaggio frontale svolta d alla compagnia nel quad ro de ll'attacco per avvolgimento è stat a configurata secondo le effettive possibilità de lla compagnia m eccanizzata? In pa rticola re, la dupl ice impostazione secondo la quale l'azion e può esse re condotta in alternativa (o limitarsi a l fi ssaggio o penetrare nelle difese marginali) risponde a casi rea list ici oppure la comp agnia, in tale azione, è più verosimi le che agisca soltanto per fissare il nemico d a posizioni ravvicinate o soltanto per pene trare nelle sue difese marg inali? Quesilo L: la visione della compagnia fu cilieri meccanizzata quale rincalzo di gruppo tallico e gli aspelli particolari del s uo inte rvento nel combaltimento secondo 01·ientamenti inizia li si discostano da quelli ricorre nti per il ri ncalzo d el gruppo tattico di fanteria. Appare, tale visione, aderente a lle carat· !eris tich e d el combattimento d ei m eccanizzati o dei cor azzati ? La distan za minima iniziale dai compless i minori avanzati, indicata in 400 m , è ritenuta g iusta o di valore inferiore a quell a a lla quale, in p a rticola re, può tenersi inizialmente un rincalzo meccan i7..zato che, d ate le sue possibilità di movimento in terreno vario, può rapidamente serrare distanze anche superiori ai 400 m? Quesito M: l'allacco contrn avversario in movimento è chiaramente e realisticam e nte config urato"! In particolare, i lineam ent i d ell 'azio ne esprimono una logica e fattibil e s uccessio ne di a tti nel m argine di te mpo, sempre breve, a disposizione della compagnia prima ch e avven ga il contatto con l'avversario ? Diversam ente qua li potrebbero esser e i lineam enti de ll'azione? Quesito N: nell'azio ne di contrasto dinamico, considerando anche in tale attività la compagnia quale complesso minore misto, si è ritenuta poss ibile l'articolazione della compagnia stessa in una pattuglia ed in un posto di sbanamento. Date le forze di sponibili , è possib ile da re un'altrn articolazione al dis pos itivo senza però indebolire l'entità di ciascun e lemento? Pot1·ebbero, ad esempio, costituirsi due pattuglie e due posti di sbarramento? Inoltre, ne lla soluzione adottata si è do tato il posto di sbarramento di un'aliquota de l plotone carri, no n sarebbe invece più logico lasciare tale aliquota del plotone carri alle dirette dipendenze del comandante di compagnia, articolando il dispositivo in tre elementi: pattug lia, posto di sbarramento, rincalzo di compagnia? Quesitu O: lo schie1·am enlo e.e. ed il caposaldo e.e. sono stati illus trati tenendo a base di ciascuno losco-
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po al quale deve rispondere l'organizzazione del fuoco controcarri, la configurazione specifica, le condizioni del momento in cui si attua. Si ritiene che quanto illustrato risponda ad as petti 1·ealistici, s ia nelle specifiche fa si del combattimento nelle quali occorre da1·e vita alle due s is temazioni difensive, sia in relazione al possibile rinforzo di arn1i contro ca!To di c ui la compagnia può venire a dis porre? Diversamente, quale dovrebbe essere lo scopo dell'organizzazione del fuoco e.e., la conformazione specifica e le condizionj del momento in cui attuare, rispettivamente, lo schieramento cd il caposaldo e.e.? Inoltre, quali i valori di tempo e di spazio per una accettabile efficienza di c iascuna delle due sistemazioni ? (17) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato de lle armi di fante ria e di cavalleria. Circ. n. 3000/026401 Articolazione per l'impiego della compagnia meccanizzata e d ella compagnia motorizzata, firmata d al generale ispe ttore Alvaro Rubco e dirama ta n e.I maggio 1976. (18) Stato maggiore d ell'esercito. Tspettorato de ll e armi di fante ria e di cavalleria. Pubbl. n. 5886 Procedimenti tecnico-tattici della compagnia di arresto (n. 716 della serie dottrinale). (19) Vds precedente nota n. 4. (20) TI carro standard dell 'esen: ito italiano, l'M47, venne via via g radualmente sostituito d agli M60AI e, nel 1970, d ai primi 200 Leopard ordinati alla Germania ou:identale. Carnlleristiehe del Leupll rd /: equipaggio4 uomiui; peso40 l; dimensioui: lung hezza (cannone avanti) 9,543m, lunghezza (solo scafo) 7,09 m , la rghezza 3,25 m, altezza totale 2,613 m; pres tazioni: velocità massima su strada 65 Km/h, autonomia 600 Km, pendenza 60%, guado 4m, gradino l ,15 m, trincea 3 m; armamento: 1 cannone da 105 mm ad anima ri ga ta, mitragliatrice da 7,62 mm coassiale, I mitrag lia trice d a 7,62 mm in torretla con fun zioni cont.-ac1·e i, 4 lanc iafumogeni u·inati; puntamento e tiro con ca1-ro in movimento su terreno vario mediante sistema di stabi lizzazione del cannone. (2 1) Veicolo corazzato da combattimento per la fanteria VCCI: equipaggio 2+7 uomini; peso: 11,6 t; dimensioni: lunghezza 5,041 m. larghezza 2,685 m, altezza (alla sommità dello scafo) 1,828 m, altezza (con la mitragliall·ice da 12,7 mm) 2,552 m; prestazioni: velocità mass ima su strada 64,4 Km/h, autonomia 550 Km, guado anfibio, pendenza 60%, gradino 0,61 m , trincea 1,68 m; a rma ment o: 1 mitragliatrice d a 12,7, 1 mi t ragli atrice da 7,62 m. (22) Miss ile pesante controcarr i BGM-71 TOW (Tube-launched Optically-Tracked Wi re guided). Dimensioni: lunghezza 1,174 m per il modello base, 1,55 per l'l mpruved TOW con son da e 1,714 m per il TOW 2 con sonda; diametrn 15,2 cm; aperturn a lare 34,3 c m ; peso al lancio 22,5 Kg per il modello base, 25,7 Kg p er l' Improved e 28,1 Kg per il TOW 2; prestazioni: gittata 65-3000 m per i mo d elli ante 1976 e 65-3750 m p er i mo delli successivi; perforazione corazza: 600 mm per il modello base, 700 mm per I' lm pmved e 800 mm per il TOW 2; ogiva: HE ca rica cava d a 3,9 Kg per i modelli base e l m pruved, HE carica cava da 5,9 Kg per il TOW 2. (23) Istrnzjoni tecniche riguardanti la branca d elle artiglierie terrestri n. 5625 Is truzioni provvisorie sul missile filof!,uidato dc a media gi1tata Mosquito, anno 1966; n. 5627 id. id. a grande gittata SSJJ-BI, anno 1966; n. 5628 id . id. a media gittata Cobra, anno /966; n. 5418 Obice da 10.5/14 mnd. 56-servizio al pezzo, a nno 1965; n. 5419 id. id . materiali e munizioni anno 1964; n. 5420 id. id. Manuten zione, anno 1965; n. 6164 Obice da 105114 mod. 56, anno 1986; n. 5949 Distanziomel ru elellrunicu MR. A43-MKII, anno 1969; vis i/a tecnica smontaggio e sostituzione, riparazione e montaggio del complesso anno 1966; n. 6076 De/ermi nazione dei punti mediante distan ziometro ele ttro11ico bozza, an -
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no 1973; n. 5566 Obice da 105122 su semovente Sexton - servizio al pezzo, anno 1965; n. 5964 Istruzione per la manutenzione dell'obice da 105122 mod. da 14151, anno 1970; Istruzione sul tiro contro obiettivi terrestri. Tiro con missili da 762 mm (G.M. 1965, circ. 149, 24-11-1965, pg. 379); n. 5970 Istru zione per la manutenzione dell'obice da 105122 smv Sex ton, anno 1970; n. 5993 Istru zione sulla manutenzione e conservazione del mortaio da 120 mod. 63, anno 1971 ; n. 6150 Obice da 105123 a traino meccanico - addestramento del pezzo - servizio del pezzo, anno 1976; n. 6969, Istruzione per la manutenzione dell'obice da 155123, anno 1976; n. 5647 Misuratore del vento di superficie, anno 1966; n . 6059 Obice da 155123 smv. M/09 G - materiali e munizioni, anno 1972; n. 6059 Obice da 105123 smv. M109 G - servizio al pezzo, anno 1973; n. 6154 Cannone da /05145 servizio al pezzo, anno 1976; n. 5662 id. id. materiali e munizioni, anno 1967; s.n. Cannone da 175160 su smv. M/07 - servizio al pezzo, anno 1976; n. 6160 Cannone da 175160 su smv M /07 - manutenzione, anno 1967; n. 6160 Cannone da 175160 smv. M107 - servizio al pezzo, anno 1969; n. 5634 Obice da 20Y25 su smv. M55 - servizio del pezzo, anno 1966; n. 5636 id. id. manutenzione, anno 1966. 1st ruzioni tecniche riguardanti le artiglierie contrae1·ei: n. 6100 Impiego tecnico/attico delle armi individuali e di reparto per l'autodifesa da, anno 1975; n. 5567 Cannone da 4fY70 - materiali e munizioni, anno 1965; n. 5589 Cannone da 40/70 - servizio del pezzo, anno 1965; n. 5639 Cannone da 4fY70 su affusto Bofors e su affusto BredaGalileo-manutenzione, anno 1965; n. 5899 Complesso quadruplo da 12,7 su affusto M55 - materiale e munizioni, anno 1968; n. 5914 Radar ANI TPS-IE-istruzione sul materiale e sul servizio, anno 1971; n. 5982 Complesso di rilevamento e calcolo CT/40 G - istruzione sui materiali e il servizio, anno 1971 ; n. 6039 Complesso quadruplo da 12,7 su affusto M55 -servizio del pezzo. anno 1972; n. 5899 Complesso quadruplo da 12,7 su affusto M55- materiali e munizioni, anno 1968; n. 6062 Apparecchiatura Suro per l'addestramento degli operatori al complesso CT/40 G - istruzioni sul materiale e sul servizio, anno 1973; circ. S.M.E. - IA, n. 15 l/ diagramma di copertura per batteria msl e.a. JJAWK, anno 1972; n. 6040 istruzione sul riconoscimento degli aerei - parte / , anno 1975. Tavole di tiro: n. 5536 Obice da 105114 mod. 56, anno 1969; n. 5536 Grafici P.B. cariche 2.3,3 bis, 4,4 bis, 5,6,7 e grafici D.C.M. cariche 2.3,3 bis, 4,4 bis, 5,6, 7, anno 1969; n. 5536 A Obice da 105114 mod. 56 granata illuminante M314 A2 El, anno 1970; n. 5903 Obice da 105122 TM e smv. M7, anno 1970; n. 5903/p.b. Grafici P.B. cariche 2,3,4,5,6,7, anno 1970; n. 5903/d Grafici D.C.M. cariche 2,3,4,5,6,7, anno 1970; n . 5961 Morlaio da 120 DM 50, anno 1973; n. 58 19 Obice da 155123 smv. M/09, anno 1975; n. 5918 Obice da 155123 TM e smv M44, anno 1971; n. 5918/p.b. Grafici P.B. cariche 2,3 fB,4 fB, 5 ecc, anno 1971 ; n. 59 18/dcm Grafici DCM obice da 155123 cariche 2V, 3B, 4B, 4V, anno 197 1; n. 5950 Cannone da 155145, anno 1972; n. 5851 Grafici P.B. e D.M.C. cannone 155145, anno 1972; n. 5699 Cannone da 175160smv. M107, anno 1969; n. 5699/P/C Grafici P.B. e C.D.M. del 175160, anno 1969; n. 5912 Obice da 20Y25 TM e smv. Tavole di Liro e grafici p.t. e d.c.111., anno 1968; n. 5814 Obice da 203/25 TM e smv M53, an no 1985. (24) Stato maggiore dell'esercito. Ispelloralo dell 'arma di artiglieria . Ufficio artiglieria terrestre. Pubbl. n. 5917 Istru zione sul tiro dell'artiglieria contro obiettivi terreslri. Volume primo. Tiro dell'artiglieria campale. Testo. Roma, 1969, Regionale. Gli allegali al volume primo furono pubblicati nella n. 5917 del 197 t. Nel 1969 venn e diramato l'allegato n. 5. L'Js trttzione sul Liro dell'artiglieria contro obiettivi Lerrestri comprende: volume primo tiro dell'arlif!,lieria terreslre (testo e a llegati): volume secondo Tiro con razzi e missili. La materia del primo volume è suddivi sa in sci parti: I nozioni generali sui mezzi
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di lancio e sulle munizioni; Il nozioni generali sul tiro; III osservazione; IV preparazione del tiro; V determinazione dei dati di tiro per il fuoco di efficacia; VI fuoco di efficacia. Essa comprende anche 5 appendici: I tiro con il secondo arco; Il tiro con spolette di prossimità e tiro a rincalzo; III tiro illuminante, IV tiro contro obiettivi in movimento; V numeri convenzionali degli ottanta del globo terrestre. La pubblicazione è appro· vata dal generale ispettore Andrea Cucino. (25) Dal 1965 al 1975 vennero introdotti in servizio i seguenti materiali e mezzi tecnici: cannocchiale binoculare periscopico stereoscopico a base goniometrica (1975); un nuovo binocolo (1972); una nuova bussola (1974); il distanziometro elettronico (1971); gancio traino per AR/59 per obice da 105/14 (1964); trattore Fiat TL65, 6 X 6 (1965); trattore Fiat TM65-6 x6 (1965); PC artiglieria su CP/26 Fiat (I 969); trattore Fiat TM69, 6 x6 ( 1971 ); veicolo cingolato trasporto munizioni M548 (1972): sistema missilistico da HA WK (1963-1964) migliorato nel 1975; stazione aerologica HASLER (1958); apparecchiature SURO per l'addestramento degli operatori CT/40G (1972). (26) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma dj artiglieria. Ufficio studi, regolamenti e scuole. Pubbl. n. 5910 L'artiglieria nel comba11imento (drc. n. 5000 della serie dottrinale). Roma, 1969, Regionale. La pubblicazione, formato 21 X 14,5, approvata dal generale is pettore Andrea Cucino. consta di 105+X pagine e di 134 paragrafi. Comprende l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, lo specchio per la registrazione delle aggiunte e varianti, l'indice, la premessa ed il testo articolato in 10 capitoli. Cap. I: generalità; cap. II: i criteri generali di impiego; cap. III la fisionomia organico-tattica delle unità; cap. IV il fuoco (gli effetti del fuoco, il fuoco di efficacia, le azioni di fuoco): cap. V la cooperazione; cap. VI: i compiti dell'artiglieria; cap. VII l'or~anizzazione per il combattimento (l'ordinamento tattico, i compiti particolari, il controllo del fuoco, il collegamento tattico, il movimento e lo schieramento); cap. VIII: l'organizzazione del fuoco (la preparazione del tiro, l'osservazione, le informazioni. le trasmissioni, la pianificazione del fuoco, il concorso di fuoco); cap. IX: i/ combattimento notturno; cap. X: l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi. (26) bis Vds. appendice n° I. (27) Ministero della difesa. Stato maggiore dell'esercito. Ufficio addestramento e regolamenti. Sezione regolamenti. Circ. n. 5000/Rcg. d el 24-VII-1948 Generalità sull'impiego dell'artiglieria da campagnia e pesante campale. Roma, I 948. (28) La preparazione del tiro è l'insieme delle attività svolte dai comandanti, dalle unità di artiglieria e dalle unità specialisti al fine di realizzare la preparazione topo· grafica (insieme delle operazioni tecniche per insel"ire in un unico sistema di l"iferimento gli elementi topografici che interessano una data unità), la preparazione per l'apertura del fuoco (insieme delle operazioni tecniche svolte nell'ambito del gruppo per la formazione del fascio parallelo, per l'esecuzione dei riporti di puntamento e per l'impianto delle carte per il tiro e dei correttori di posizione); la preparazione balistica (insieme d elle operazioni tecniche svolte nell'ambito dei posti comando di gruppo e di batteria allo scopo di predisporre i documenti e di ricavare i dati necessari per la successiva d eterminazione dei dati di tiro per il fuoco di efficacia). (29) L'acquisizione degli ubiellivi è il risultato delle attività di individuazione, determinazione e valutazione che portano al possesso degli clementi n ecessari per aprire il fuoco sugli obiettivi stessi. Sua premessa è la ricerca degli o biettivi ai fini della loro individuazione svolta nel quadro della sorvegliam..a del campo di battaglia ed è anche uno degli aspetti del processo informativo, in quanto l'obietti vo è anche esso
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un dato informativo. L'osservazione del tiro è il complesso delle attività svolte per determinare il centro di gruppi di colpi ai fini dell'inquadramento balistico, effettuare l'aggiu stamento del tiro, eseguire il controllo del fuoco di efficacia. L'osservazione per la cooperazione viene organizzata nell'ambito dell'aliquota di artiglieria orientata (o d ecentrata) a c ura dei comandanti di gruppo, ciascuno nel settore del complesso tattico con il quale coopera. L'osservazione per la manovra del fuoco viene organizzata nell'ambito dell'artiglieria aliquota di manovra delle grandi unità elementari e dell'artiglieria massa di manovra del corpo d'armata a cura dei comandanti di artiglieria di grande unità con carattere unitario nel settore delle grandi unità stesse. (30) Stato maggiore dell'ese,·cito. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Ufficio studi, regolamenti e scuole. Pubbl. n. 5907 La cooperazione arma base-artiglieria (circ. n. 5100 della serie dottrinale). Roma, 1968, Regionale. La pubblicazione, formato 21 X 14,5, approvata dal generale ìspellore Ugo Scotto Lavina, consta di 46+ IX pagine, di 25 paragrafi e di 3 allegati. Comprende l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, lo specchio per la registrazione delle aggiunte e va.-ianti, l'indice, il testo e gli allegati. Il Lesto è articolato nei seguenti titoli: generalità, il collegamento tattico (gli affiancamenti per il collegamento tallico, le attribuzioni e ì compiti degli ufficiali di collegamento tattico, le intese e gli accordi); l'osservazione per la cooperazione; le trasmissioni per la cooperazione; conclusione. L'allegato A tratta le intese e gli accordi nella azione offensiva; il B le intese e gli accordi nell'azione difensiva; il C la richiesta di fuoco. (31) Stato maggiore dell'eser·cito. Ispettorato dall'arma dì arliglieria. Ufficio s tudi. 1·egolamenti e scuole. Pubbl. n. 6007 La pianificazione del fuoco di artiglieria (circ. n . 5030 della serie dottrinale), Roma, 1972, Regionale. La pubblicazione, formato 21 X 14,5, approvata dal generale ispettore Andrea Cucino, consta di 83 + XI pagine (allegati esclusi) e di 86 paragrafi. Comprende l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, lo specchio per la r egistrazione delle aggiunte e varianti, l'indice, il testo, 12 allegati. Il testo è articolato in 5 capitoli. Cap. I: la pianificazione del fuoco (genernlità, le direttive per l'impiego del fuoco, piani di concorso aereo offensivo, di appoggio navale, di fuoco nucleare); cap. II: la pianificazione del fuocu di artiglieria (caratte,·istiche generali della pianificazione del fuoco di artiglieria, aggiornamento della pianificazione del fuoco di artiglieria); cap. III: documenti costitutivi dei piani di fuoco di artiglieria e relativi documenti di tiro (generalità, elenco degli obiettivi, lucido degli obiettivi, specchio d egli interventi predis pos ti, piano di fuoco speditivo, specchio dei tiri predisposti, programma dei tiri predispos ti del pezzo); cap. IV le azioni di fuoco (generalità, accompagname nto, appoggio, arresto, controbatteria, con trocarri, contromortai, interdizione, preparazione, repressione, sbarramento); cap. V: i piani di fuoco di artiglieria nelle operazioni difensive e offensive (i piani di fuoco di artiglieria nella battaglia difensiva: generalità, il piano di fuoco dell'artiglieria per l'azione di frenaggio, per l'azione di contrasto dina mi co ne lla zona di sicurezza, per la difesa a tempo indeterminato in posizione di ,·esistenza, per il sosteg no dei contrattacchi condotti dalle riserve delle grandi unità complesse a tergo della posizione di resistenza; i piani di fuoco di artiglieria nella manovra in ritirata: generalità, il piano dì fuoco nell'artiglieria per l'azione di contrasto dinamico, per l'azione di arresto temporaneo; i piani di fuoco di artiglieria nel la battaglia offensiva: generalità, il piano di fuoco per l'azione di ricerca e di presa di contatto, per l'attacco, per l'annientamento). Allegati: A: fasi ed iter della pianificazione del fuoco di artiglieria; B; denco degli obiettivi; C: lucido degli obiettivi; D: specchio degli interventi predisposti;
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E: specchio degli interventi predisposti; F: piano di fuoco speditivo; G: specchio dei tiri predisposti: H: programma dei tiri predisposti del pezzo; I: le azioni di fuoco; L: il piano di fuoco di artiglieria nella battaglia difensiva; M : i piani di fuoco di artiglie1·ia nella manovra in ritirata; N i piani di fuoco di artiglieria nella battaglia offensiva. (32) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell 'arma di artiglieria. Ufficio, studi, regolamenti e scuole. Pubbl. n. 5615 Il Cumandu artiglieria nella divisione di fanteria (circ. n. 5202 della serie dottrinale). Roma, 1965, Regionale (G.U. 1965, circ. 203 , 18-IJI-1965, pg. 571). La pubblicazione, formato 21 X 15, approvata dal generale ispettore Melchiorre Jannelli, consta di 72 + XI pagine (allegati esclusi) e di 78 parag.-afi. Comprende l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, lo specchio per la registrazione delle varianti, l'indice, la premessa, l'elenco delle abbreviazioni , il testo e 18 allegati. li testo è articolato in 6 capitoli: cap. I: il comando artiglieria divisionale; cap. II: articolazione tallica del comando artiglieria divisionale; cap. III: il postu cumandu artiglieria divisionale (generalità, organizzazione del posto comando, d islocazione dei nuclei de l pos to comando, m a teriali e mezzi occorrenti per la sistemazione) cap. IV: attribuzioni e compiti degli elementi chiave (comandante, vicecomandante, vicecomandante del reggimento, capo ufficio O.A.Ti.I.O., ufficiale al tiro, ufficiale informatore , ufficiale a lle operazioni e all'addestramento, ufficiale all'ordinamento, ufficiale alla contromortai, ufficiale alle trasmissioni, comandante d ella sezione trasmissioni, ufficiale di collegamento, ufficiale ai servizi, aiutante maggiore in l •, ufficiale ai rifornimenti, ufficiale di armamento, ufficiale agli automezzi, comandante del repa1·to comando); cap. V: direzione e controllo del fuoco (generalità, documentazione <lei posto com ando per la direzione e il controllo del fuoco, norme di procedura p er la direzione ed il controllo del fuoco su obiettivi imprevisti, norme di procedura per la direzione e<l il controllo del fuoco su obiettivi per i quali il tiro s ia s tato predisposto ad orario od a richiesta); cap. VI: il posto comando di sostituzione del posto comando artiglieria divisionale (generalità, impiego del personale c hiave del g ruppo, approntamento e aggiornamento della documentazion e, varianti al sistema di trasmissioni del gruppo). Allegati: I: a rticolazione tattica del comando artiglieria divisionale; 2: pos to comando artiglie ria divisionale; 3: organizzazione del nucleo del vice comandante d'artiglieria; 4: organizzazione d el nucleo Liro; 5: organizzazione d el nucleo operazioni; 6: organizzazione del nucleo contromorta i; 7: organizzazione d el nucleo ufficiali di collegamento; 8: organizzazione del centro trasmissioni; 9: d islocazione dimostrativa dei nuclei del posto comando sistemato su automezzi; IO: dislocazione dimost rativa de lla sis t emazion e d ei nuclei del posto comando sistemat i sotto tenda; 11 : dis locazione dimos trativa dei nuclei d el posto comando sistemat i in ricove ro; 12: e 13: caratteristiche dei materia li va ri per la sistemazione d el posto comando artiglieria divisiona le; 14: riepilogo dei materiali del posto comando per la sistemazione s u automezzi, sotto t enda, in ricovero; 15: modulo tiro 1 ° C.A.D.; 16 modulo tiro 2° C.A.D.; 17: modulo informazioni C.A.D.; 18: modulo contromorta i CAD. (33) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Ufficio s tudi, regolamenti e scuole. Pubbl. 5997 Il comando artiglieria della grande unità elementa re (c irc. n. 520 3 della serie dottrinale). Ro ma, 1972, Regiona le . (34) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato d ell 'arma di a rtiglieria. Ufficio studi, regolamenti e scu ole. Pubbl. n. 6098 Il comando artiglieria di corpo d'armata (circ. n. 5201 d ella serie dottrinale). Roma, 1974, Regionale. La pubblicazione, formato 20 X 14,5, a pprova ta dal genernle ispetto1·e Alberto Fiorentino, con s ta di 116 + XI pagine e 72 paragrafi . Comprende l'atto di approvazione, lo specchio di registrazione d elle aggiunte e varianti, lo specchio di distribuzione, l'indice, il tes to e 10 allegati. Il testo è articolato in 8 capitoli: cap. I: /'artiglieria del corpo
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d'armata; cap. II: il comando artiglieria di corpo d'armata; cap. III: articolazione tattica del comando di corpo di armata; cap. IV: il posto comando artiglieria del corpo d'armata (generalità, nucleo del comandante di artiglieria di e.A., nucleo dei vice comandante di artiglieria di e.A., centro operazioni, centro trasmissioni, organizzazione delle trasmissioni); eap. V: attribuzioni e compiti degli elementi chiave (comandante, vice comandante, capo ufficio OATIO, ufficiale al tiro, ufficiale addetto al nucleo tiro, ufficiale alle informazioni, ufficiale alla controbatteria, ufficiale alle operazioni, ufficiale all'ordinamento, ufficiali di collegamento, ufficiali rappresentanti del capo ufficio OATIO e dell 'ufficiale alle informazioni presso il e.e.F. di e.A., capo nucleo segreteria e personale); cap. VI: direzione e controllo del fuoco (generalità, documentazione del centro operazioni del posto comando, procedure per la direzione e il controllo del fuoco); cap. VII: movimento e schieramento (attività relative aJ movimento e allo schieramento dei gruppi dei raggruppamenti di artiglieria e del gruppo specialisti di artiglieria, attività relative al movimento dello scaglione operazioni e aJla dislocazione del posto comando artiglieria di e.A.); cap. VIII il posto comando di sostituzione. Allegati: A: articolazione tattica del comando artiglieria di e.A.; B: sistemazione del centro operazioni del posto comando; e: schema indicativo del centro trasmissioni; D: grafico della rete telegrafonica; E: grafico delle trasmissioni radio; F: modulo per l'ordine o la richiesta d'intervento; G: registro delle munizioni; H : modulo I; I: registro della controbatteria; L: mo<lulu c/btL (35) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Ufficio studi, 1·egolamenti e scuole. Pubbl. n. 5959 Il comando di raggruppamento di artiglieria (circ. n. 5205 della serie dottrinale). Roma, 1970. Regionale. (36) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Ufficio Studi, regolamenti e scuole, Pubbl. n. 5919 Il gruppo artiglieria missili da 762 mm (circ. n. 52 15 della serie dottrinale). Roma, 1969, Soc. A.B.E.T.E. (37) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Ufficio studi, regolamenti e scuo le. Pubbl. n. 6026 Il gruppo di artiglieria da campagna da 105/22 a traino meccanico (circ. n. 5211 della serie dottrinale). Roma. 1972, Regionale. (38) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglieria Ufficio studi, regolamenti e scuole. Pubbl. n. 5933 Il gruppo di artiglieria da montagna (ci_rc. n. 523 I della serie dottrinale). Roma, I 970, Regionale. (40) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglie ria. Ufficio studi, regolamenti e scuole. Pubbl. n. 6033 Il gruppo di artiglieria pesante campale e pesante a traino meccanico (circ. n. 5213 della serie dollrinale). Roma, 1972, Regionale. (41) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Ufficio studi, regolamenti e scuole. Pubbl. n. 6056 Il gruppo artiglieria pesante campale e pesante semovente (circ. n. 5223 della serie dottrinale). Roma, 1972, Regionale. (42) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglie ria. Ufficio studi, regolamenti e scuole. Pubbl. n. 6075 Le unità specialisti di artiglieria. Roma, 1973, Regionale. (43) Stato maggiore dell 'esercito. Ispettore dell'arma di artiglieria. Ufficio studi , regolamenti e scuole. Pubbl. n. 6038 Il gruppo artiglieria e.a.I. da 40/70" (circ. n. 5530 della serie dottrinale). Roma, 1972, Regionale. (44) Stato Maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma di artiglieria. Ufficio studi, regolamenti e scuole. Pubbi. n. 6106 La disciplina del fuoco. Roma, 1974, Regionale. (45) Pubblicazioni di tecnica d'impiego e tecniche riguardanti le a rtiglierie terrestri: n. 6019 Schemi di ordini impartiti dai comandi di artiglieria, (circ. n. 5030 della
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serie dottrinale). anno 1972; n. 4757 Addestramento Artiglieria. Voi. IV. Parte 5°. Fase. 1°. Ali. II Reticolo di aggiustamento (millesimale e sessagesimale). anno 1965; n. 5700 Balistica esterna razionale, anno 1972; n. 5906 Costruzioni di artiglieria, anno 1967; n. 6145 Istruzioni sulla topografia per le unità specialisti di artiglieria, anno 1975: n. 582 Tavole numeriche per l'artiglieria, anno 1969; n. 6079 Difesa vicina degli schieramenti di artiglieria, anno 1973; n. 4836 Add. dell'artiglieria. Voi. V. Istruzioni reparti specialisti di a. divisionale. Parte 1° Sez. top., anno 1966; n . 6003 Istruzione sull'aerologia per unità specialisti di artiglieria (testo), anno 1971; n. 6004 Istruzione sull'aerologia per Ltnilà specialisti di arliglieria (tavole), anno 1972; n. 4757 Reticolo di aggius/amenLo, anno 1965; s.n. Dati tecnici di base per l'artiglieria lerrestre (bozza). anno 1977; n. 6100 Im piego tecnico-tattico delle armi automatiche individuali e di reparto per l'autodifesa contraerei, anno 1975. Circolari di tecnica d'impiego e Lecniche riguardanti le artiglierie terrestri: n. 25010/DIF/I Lineamenti di impiego dell'artiglieria di corpo di armata e di grande unità elementare in operazioni difensive (Zo. T,·.). 30-IV-1974; n. 25010/DIF/2 Lineamenli d'impiego dell'artiglieria di corpo d'armata e di grande unità elementare nelle operazioni difensive (Z.S.). 30-VI-1974; n. 25010/DIF/3 Lineamenti d'impiego de/l'artiglieria di corpo d'armata e di grande uni1à elementare nelle operazioni difensive (P.R.). 30-Vl-1974; n. 250 10/DIF/4 Di11eamenti d'impiego dell'artiglieria di corpo d'armata e di grande uni· Là elemenlare nelle operazioni difensive (manovra in ritirata), 30-VI-1974; n. 25010/J G11ida alla compilazione dell'allegalo C f11oco - all'ordine di operazione, I-IX-1974; n. 25015/0FF/I Lineamenli di impiego dell'artiglieria di corpo d'armata o di grande unità elemenlare nelle opera zioni offensive (ricerca e pn:sa di contatlo, schieramento per la battaglia). IO-III-1975; n. 25015/0FF/2 Lineamenti d'impiego dell'artiglieria di corpo d 'armala e di grande unità elementare nelle operazioni offensive (attacco), 20-Ill-1975; n. 25015/0FF/3 Lineamenti d'impiego de/l'artiglieria di corpo d 'armata e di grande unità eleme111are nelle operazioni offensive (annientamento), 20-IV-1975; n. 25101/CBTR/CM Generalità sull'azione di fuoco di conlrobaueria e conlrornorlai, 26-VIl-1975; n. 120 Nonne di sicurezza per liri del/'ar1iglieria terreslre, anno 1966; n. 106 Norme per la bonifica dei poligoni, anno 1968; n. 139 Preparazione topografica di gruppo in ore notturne, anno 1966. Aggiunte a varianti alla pubbl. n. 4861 obice da 105/22. Tavole di tiro (G.M. 1965, c irc. n. 124, 3-11-1965, pg. 309). Obice da 105/14 mm. 56. Grafico della preparazione halisLica. cariche 3° bis e 4° bis (G.M. 1965, circ. n. 245, 8-IV-1965, pp. 679). 2• serie di aggiunte e va rianti alla puhhl. n. 4960 istruzione s ul tiro contro obiettivi terrestri. Testo. Ediz. 1958 (G.M. 1985, circ. n. 442, 18-VIII-1965, pg. 1367). Istruzione sulla rampa di lancio smv. M289 e sui missili della serie MGR-lA e MGR-18 (G.M. 1985, circ. n. 443, 18-VIII-1965, pg. 1362). Misure di sicurezza nelle esercitazioni di tiro a proietto (G.M. 1965, circ. n. 524, 7-X-1965, pg. 1568). Istruzione su l tiro. Tiro contro obiettivi terTcstri. 1• serie di aggiunte e varianti (G.M. I 965, circ. n. 525, 7-X-1965, pg. 1569). Obice da 105/14 mod. 56 servizio del pezzo (G.M. 1965, circ. n. 574, I 2-XI-1965, pp. 1736). Ohiceda 105/22 susmv.(ex servizio del pezzo(G.M. 1966,circ. n. 7, 3-XIl-1965, pg. 24). Obice da 105/14 mod. 56 grafici e listelli per determinatore delle correzioni del momento. Cariche 3abis e 4abis (G.M. 1988, circ. n. 335, 22-Vl-1966, pg. 1297). Obice da 203/25 s u smv. M55. Materiale e munizioni (G.M. 1966, circ. n. 415, 7-IX-1966, pg. 1547). Cannone da 175/60 s u smv. M\07. Servizio del pezzo. EU. 1965 (G.M. 1966, circ. n. 527, 28-Xl-1966, pg. 1984). Obice da 203/25 su lmv. M.55. Servizio del pezzo. EU. 1988 (G.M. 1988, circ. n. 528, 28-Xl-1966, pg. 1984). Misuratore del vento di superficie AN/MM2-I 8
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(G.M. 1988, circ. n. 529, 28-XT-1988, pp. 1984). Serie CM9-1610 Baionetta - Baionette pugnali e foderi (G.M. 1987, circ. n. 17, 30-XTI-1988, pg. 85). Circolare serie CM9-A316. Elenco di tutte le parti componen ti la pistola automatica cal. 9 mod. 34 (G.M. 1967, circ. n. 576, 21-XJI-1967, pp. 2308). Circola r e serie CM9-A344-A34 5-A346-A347. Elenco di tutte le parli componenti il moschetto a utomatico cal. 9 mod 1, 2, 3, 4 , 3A, 38, 4A, 4B (G.M. 1957, cir c. n. 577, 21-XTJ-1967, pg. 2309). Circolare serie CM9-A08 1. Elenco di tutte le parti componenti il cannone s.r. da 75 mm. M20 e 721-El 2 (G.M. 1987, ci r c. n . 578, 21-XTI- 1987, pg. 2309). Circolare serie CMD-244. Elenco di tutte le parti componenti il mortaio 120 mm mod. 63 (G.M. 1987, cire. n. 579, 21-XIl-1987, pg. 2310). Fascicolo provvisorio buffetLerie in servizio (G.M. 1967, ci1·c. n. 580, 21-XII-1987 , pp. 23 10). Pubblicazioni di tecnica d 'impiego e tecniche I"iguardanti le artig lierie contraerei: n. 6 100 Impiego tecnico-lallico delle armi individuali e di reparto e per l'autodifesa contraerei, anno 1975; n. 6040 Istruzioni sul riconuscimen/u degli aerei Parte 1°, a nno 1975. Pubblicazioni e circolari di carattere a ddestrativo: n . 5986 Manuale del capo centro tiro, anno 1971; n. 6146 Manuale pratico di tiro (bozza), anno 1975; ci1·c. n. I IO Addestramento di specializzazione per gli incarichi delle unità di artiglieria, anno 1974; n. I 1/04/20510/1 Schemi di esercizi di tiro, anno 1975; n. 11 /04/2 1900/1 Nota addestrativa n. I, anno 1974; n. II addestramento di secondo ciclo di artiglieria, anno 1967; n . 5757 ( 11 000/A-I ) Addestramento contingenti reclute (programmi di special izzazione 42 fascicoli), anno 1967; n. 6069 Manuale del comandante di sezione e.a.I. da 40/70, anno 1974; n. 5758 Programmi di addestramentn di specializzazione per ai111a n 1i lopografi di gruppo d'arli~lieria, anno 1967; n. 5759, idem aiulanli !Opografi di reparto specialisti, 1967; n . 5760, idem per aiutanti topografi abilitati per l'osservazione; n. 5761, idem meccanici sistemi missili e.a., 1967; n. 5761, idem per motoristi di arliglieria per gruppi elellrogeni, anno 1967; n. 5762, idem pe1· specializzati missili superficie-superficie; n. 5763, idem per piloti di veicolo cingolato per missili e.e., anno 1967; n. 5765, idem per capi pezzo, p11111a tori e serventi a. ca,np., pes. camp. e pes., anno 1967; n. 5765, idem per capi pezzo, puntatori e serventi a. 111011t., anno I 967; n. 5766, idem per capi pezzo. puntatori e serventi a. camp., pes. camp. e /Jes., anno 1967; n. 5767, idem per capi pezzo, puntatori e serventi per mortai da 120 a nno 1967; n. 5768, idem per serventi artiglieria missili superficie-superficie, anno 1967; n. 5769, idem per capi pezzo, punlaWri e serventi a.e.a.I. , anno 1967; n. 5770, idem per capi pezzo. punlatori e serventi a.c.a.p., anno 1967; n. 5772, ide m per specializzali per il tiro di artiglieria 1errestre, anno 1967; n . 5773; idem pe1· fono telemetristi, a nno 1967; n. 5774, idem per specializzati per il tiro artiglieria per missili superficie-superficie, anno 1967; n. 5776, idem pcraerologisti, anno 1967; n. 5777, idem per aerologi misura/ori del vento di superficie, a nno 1967; n. 5778, idem per operatori cronog rafo campale, anno 1967; n. 5780, idem per fotografi di artiglieria, anno 1967; n. 5786 idem per specializzati operatori elettronici pe1· rad ar· controfuoco, anno 1967; n . 5787, idem per specializzati operatori ele11ronici radar di sorveglian za terrestre, a nno 1967: Non vennero pubblicate: la 577 1 (capi pezzo, puntatori e serventi e.a.I. com plesso quadruplo), la 5775 (specialisti pe r il tiro artiglieria controcarri), la 5779 (specialinati avvistamento aerei), la 5781 (elettromeccanici missili e.e. filoguidati), la 5782 (tecnici elettronici), la 5783 (tecnici e lettronici compi. rilevamento calcolo e.a.), la 5784 (specializzati operatori eleuronici), la 5785 (specializzali operato1·i ele ttrnn ici compi. rilevame nto e.a.), la 5788 (sp ecializzati ope ra tori elettronici compi. rilevamento e.a.), la 5790 (specializzat i oper atori elettronici centro operativo gruppo missili e.a.). la 5792 (specializzati operatori ele ttronici radar e posto com ando batteria missili e.a.). la 5794 (paracadutisti specializzali acquisizioni obietttvi), la ~806 (aiuto armaiolo), la 5807 (aiuto
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operaio di arLiglieria), la 5808 (aiuto artificiere), la 5809 (aiuto meccanico di precisiont: di artiglieria). Tavole didalliche: n. 5701 Complesso di rilevamento e calwlo Cunlraves CT-4fYH, T.IA 240 C, anno 1968; n. 6144 Autodifesa da con armi individuali T.IA 1411, anno 1975; n. 5934 Mortaio da 120 m AMSO T.IF 2280, anno 1969. (46) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma del genio. Pubbl. n . 6130 Impiego del genio (n. 8000 della serie doLLrinale). Roma, 1974, tip. Marinelli. La pubblicazione, formato 21 X 15, approvala dal generale ispettore Arnaldo Giacalone, edita sollo forma di bozza di stampa, consta di 114+ X pagine, di 131 pa.-agrafi. Comprende l'atto di approvazione, lo specchio di dis tribuzione, lo specchio p er la regis lrazione d elle aggiunte e varianti, l'indice, la prem essa ed il testo. suddiviso in 5 parti. Parte prima: Compiti, ordinamento, criteri generali d 'impiego. Cap. 1: compiti (generalità, compiti, azioni di combattimento, attività tecnico-tattiche, lavori. lavori eseguiti dalle unità delle altre armi e servizi, servizio lavori ponti e strade); cap. 11: ordinamento (generalità, comandi genio di grande unità, comandi di raggruppam ent o d e l genio, unità fondamentali, i pionieri, i guastatori di a rresto, i minatori, i pontieri , i fe r rovieri); cap . ITJ: criteri generali d'impiego (generalit à, forma di ordinamento ta ttico, criteri organizzativi). l'arte seconda: Uneamenti d'impiego nella battaglia difensiva. Cap. I: la ballaglia difensiva; cap. II: il genio ne/l 'azione di presa di contatto e di frenaggio (generalità, compiti. tipo di unità, ordinamento tattico); cap. III: il genio nella difesa a tempo indeterminato di un settore della P.D. affidato ad una grande unità elementare (generalità, impiego in Z.S.: compiti. tipo di unità, OJ·dinamento tallico; impiego nella P.R.: compiti, tipo di unità, ordinamento tattico); cap. IV; il genio nella Zo. Ris.C.A. e nella Zo.Re.A. o Zo. Re.CA. (gene ralità. compiti, tipo di unità. ordinamento tattico). Parte terza: Lineamenti d'impiego della manovra in riti rata. Cap. 1: la manovra in ritirata; Cap. II: il genio nell'azione di frenaggio; cap. JIT: il genio nel ripiegamento dei grossi. Parte quarta: Lineamenti d'impiego nella ha11aglia offensiva. Cap. T: la battaglia of fe nsivc1; cap. Il: il genio nello schierwnento per la batfllglia; cap. III: il genio nella ricerca e presa di contatto (generalità. compiti, tipo di unità , or·dinamenlo Lattico) cap. IV: il genio nell'attacco (generalità, compiti. tipo di unità, OJ·dinamento tattico); cap. V: il genio nell'annientamento. Parte quinta: Procedure. Cap. 1: procedure per l'impiego delle unità del genio (procedure nell'ambito delle grandi unità. procedure nell'ambito del raggruppa m ent o tatt ico); cap . TI : competen ze ed attribuzioni del comandante del genio e dei comandanti delle 1111i1à del genio (il comandante del genio, i comanda nti delle unità fondamentali del genio. i comandanti delle unità genio cooperanti nell'ambito dei complessi tattici); cap. Ili: direllive, disposizioni tecniche, prugelli e piani d'impiego (direttive per l'impiego delle unità del genio, disposizioni tecnic he integrative, proge tti di piano e piani per l'impiego delle unità del genio). (47) Stato maggire dell'esercito. i spettorato d ell'arm a del genio. Pubbl. n . 6132 J/ ba11aglione genio pontieri (n. 8400 della se rie dottrinale). Roma, 1974, tip. Ma rincll i. (48) Sta to m aggiore dell 'eserc ito. lspetto1·ato dell'arma del genio. Pubbl. n . 6133 li ba11aglione genio ferrovieri (per ponti m etallici scomponibil i) (n . 8500 della serie dot trinale). Roma, 1974, tip. Marinelli. (49) Stato maggiore dell'esercito. lspeLtorato dell'arma del genio. Pubbl. n. 6134 La compagnia genio pontieri per brigata alpina (n. 8610 della serie dottrinale). Roma, 1974, tip. Marine lli. (SO) Stato maggiore dell'esercito. ispettorato dell'a1·m a del gen io. Pubbl. n . 6135 Il hallaglione genio pionieri per divisione coraz.zata (n. 8 110 della sc1·ie dottr inale). Ro-
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ma, 1974, tip. Marinelli. (SI) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato dell'arma del genio. Pubbl. n. 6143 Il bauaglione genio guaslalOri (n. 8300 della serie dottrinale). Roma, 1975, tip. Marine lli. (52) Istruzioni di tecnica d'impiego e tecniche: n. 5584 lsiruzioni sulle mine e sui campi minati. Voi. I, anno 1965; n. 5466 Istruzione sull'allrezzatura meccanica leggera, anno 1965; n. 5586 lslruzione sull'autogru da 121 OM!I, 6X6, anno 1965; n. 5608 Istruzione sull'impiego della macchine per lavori in terra e sollevamento, anno 1966; n. 5623 Istruzione sulle teleferiche monofune, anno 1966; n. 5904 ls/ruzione su/['impiego della vipera esplosiva BOFORS mod. 60, apricorridoio nei campi minali, anno 1970; n. 6126 Procedimento per pervenire alla definizione dei compiti ed orientamento tallico delle unità del genio organiche e/o in rinforzo a complessi pluriarma (n. 8000/1 della serie dottrinale), anno 1974; n. 6151 / campi minati (n. 8010 della serie dottrinale), anno 1976; s.n. Gen. 10-1345-0001 -14-0IBOOO Mina antiuomo ad azione estesa VALMARA69 da esercitazione, anno 1976; s.n. Gen. 10-1345-0002-00BOOO Mina anticarro contro cingolo seminabile ed inlerrabile MATSn, anno 1974; s.n. Gcn. 10-1 345-0005-14-00BOOO Istru zione per la mina an/icarro S41SS con accendilore VS-N, anno 1975; s.n. Gcn. 10-1 345-0006-14-00BOOO Istruzione per le mine antiuomo ad azione locale interrabile VAR 4(), anno 1976; n. 5585 Istruzione su l materiale da ponte Krupp.Man, anno 1965; s.u. Geu. 70-000-001-14-00BOOO Rcgulamcnlu per la cus/ruziunc, l'inslulluziunc e l'cscr· cizio degli apparecchi a pressione dell'amminis trazione della difesa, anno 1974; circ. n. 02/430 Direlliva tecnica per la costr11zione di poligoni per il tiro rido/lo dc con carabina ca{. 22, anno 1970; n. 5442 Condizioni generali per l'appalto dei lavori del genio militare (ristampa aggiornata della 2388-ed. 1942), anno 1969. (53) Pubblicazioni di carattere addestrativo: n. 5661 Manuale per gli ufficiali del genio - fase. A esplosivi e demolizioni (1957), fase. B campi minati (1967), fase.Farmi (1969), fase. G effetti delle armi (1969), fase. H poligoni di tiro (1969), fase. L clementi di primo soccorso (1970); n. 5482 Ca1alogo delle al/rezz.at11re didatliche del genio, anno 1966; n. 57 14 Prof!.rammi per l'addestramento di specializzazione, anno 1967; n. 5714 conduttori di caldaie a vapore, n. 5715 operatori di macchine stradali, n. 5716 elettricisti, n. 57 17 idraulici, tubisti lallonieri, n. 5718 meccanici, n. 5719 idraulici (meccanici per motopompa), n. 5720 motoristi per gruppi elettrogeni, 5721 pontieri, n. 5722 ferrovieri, n. 5723 manovratori, deviatori, frenatori, n. 5724 capitreno, n. 5725 operatori di grue ed escavatrici. n. 5726 pi/oli di 11a1an1i fuoribordo e di barche a moture, n. 5727 meccanici filoelettricisti, n. 5728 maschera tori, n. 5729 teleferisti, n. 5730 allievi vigili volontari ausiliari, n. 5731 pionieri del genio, n . 5732 pionieri di arresto, n. 5733 minatori, n. 5734 pontieri, n. 5735 ferrovieri, n 5736 teleferisti, n. 5737 fotoefellricisti, n. 5738 maschera/ori, n. 5739 idrici. n. 5740 m eccanici ele11ricis1i. Tavole didattiche: n. 5399 /nsidiosità delle trnppole esplosive-T.!G. 3207, accenditori per trappole, anno 1968; n. 5398 Costru zione trappole esplosive T.IG. 3209 trappa/amento di mine, anno 1970; n. 5922 Vipera esplosiva Bofors mod. M60T.IG. 3217, anno 1972. (54) Competenze ed attribuzioni del comandante del genio e dei comandanti delle unità del genio: a) comandante del genio: consulente tecnico del comandante della grande unità e comandante delle unità del genio organiche cd in 1·info1·zo; impiega le unità del genio Lenule alle direlle dipendenze; esplica azione di controllo, coordinamento e concorso, nel campo tecnico, nei confronti delle unità del genio assegnate ai comandi di live llo inferiore. In sede concettuale fornisce al comandante della G.U. gli elementi tecnici necessari per l'apprezzamento della s ituazione prospettandogli le esigenze di impiego del genio che in prima approssimazione scaturiscono d a l compito, i limiti entro i qua li
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possono essere soddisfatti ed i vincoli che eventualmente ne derivano per l'azione da compiere. In sede organizzativa, concorre alla elaborazione delle direttive per l'impiego delle unità di genio da includere nel primo pacchetto di ordini sottoponendo al comandante della G.U. le possibili soluzioni da adottare; dirama le disposizioni tecniche integrative delle direttive; dispone o promuove l'esecuzione di ricognizioni per l'acquisizione cd il completamento dei dati tecnici necessari per l'impiego delle unità del genio; approva i progetti di piano elaborali dal comando genio per le unità tenute alle dirette dipendenze; controlla e coordina i progetti di piano elaborati dai comandanti delle unità del genio cooperanti nell'ambito dei complessi tattici dipendenti dal comando della G.U .. Durante l'azione: concorre alla definizione degli ordini impartiti dal MAIN per adeguare l'impiego del genio allo sviluppo della manovra variando, quando necessario, compiti ed ordinamento tattico delle unità; valuta le richieste d'intervento provenienti dai comandi di livello inferiore cd agisce di iniziativa, ne i limiti delle facoltà concessegli, impiegando le unità del genio tenute alle dirette dipendenze ed indirizzando la manovra dei materiali e dei mezzi di sostegno tecnico; formula, per le esigenze che non può soddisfare, proposte e richieste d 'intervento al MAIN. I comandanti delle unità fondamentali del genio dipendono normalmente dal comandante del genio della G.U. cui le unità stesse appartengono organicamente o sono assegnate per l'impiego. l comandanti delle unità pionieri organiche delle G-U. elementari sono anche comandanti del genio e dipendono dal comandante della G.U.. I comandanti delle unità fondamentali hanno responsabilità di comando verso le unità d'impiego agenti alle loro dipendenze e di sostegno tecnico verso le unità d'impiego decentrate. In sede organizzativa: collaborano col comando genio alla compilazione del progetto del piano per l'impiego delle unità tenute alle dirette dipendenze; definiscono lo schieramento delle unità d'impiego e la dislocazione delle unità di sostegno tecnico; organizzano e coordinano le ricognizioni, prospettando le eventuali necessità di partecipazione, alle ricognizioni s tesse, di unità delle altre armi; predispongono cd attuano, dove occorra, il collegamento tattico con le unità delle altre armi; fissano le principali modalità esecutive dei vari compiti e le modalità di funzionamento del sostegno tecnico; impartiscono direttive per le misure di sicurezza da adottare nei luoghi di impiego, nelle zone di schieramento, ecc .. Nel corso dell'azione: sostengono, alimentano e rinforzano le unità d'impiego con l'aliquota di personale, mezzi e materiali del sostegno tecnico tenuta alla mano; prospettano, con immediatezza, al comando genio le esigenze cui non sono in grado di fare fronte con i propri mezzi. I comandanti delle unità del genio coope ranti nell'ambito dei complessi tattici: adempiono, in proporzioni ridotte, funzioni analoghe a quelle dei comandanti del genio delle GG.UU. e dei comandanti delle unità fondamentali. In sede organizzativa: elaborano il progetto di piano per l'impiego delle uni là assegnale al complesso Lattico e lo sottopongono a ll'approvazione del comandante del complesso tattico stesso; indirizzano le attività svolte dalle altre unità nel campo dei lavori e dello schieramento o superamento dell'ostacolo. Azione durante: rendono esecutivi gli ordini di intervento impartiti dal comandante del complesso tattico per aderire alle richieste delle unità dipendenti o per soddisfare le esigenze della manovra; formulano richieste di intervento al comando genio per le esigenze che superano le possibilità delle unità a disposizione. (55) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato delle trasmissioni. Pubbl. n. 5262 Organizzazione e impiego delle trasmissioni (n . 9000 della serie dottrinale). Roma, 1966, Istituto poligrafico dello Stato. La pubblicazione, formato 21 X 15, approvata dal generale ispettore Sergio Giulia-
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FILIPPO STEFANI
ni, consta di 75 pagine e di 108 paragrafi. Comprende: l'atto di approvazione, lo specchio di distribuzione, lo specchio per la registrazione delle aggiunte e varianti, l'indice, la premessa ed il testo articolato in 8 capitoli, 6 allegati. Cap. I: preparazione bellica e trasmissioni; cap. II: mezzi sistemi, unità trasmissioni, (mezzi, organizzazione dei mezzi in sistemi, unità trasmissioni, r·iserva); cap. III: criteri generali d'impiego (continuità del collegamento, aderenza, sicurezza); cap. IV: attività inerenti alle trasmissioni (concettuale, organizzativa, esecutiva, attività logistic he); cap. V: compiti degli ufficiali alle trasmissioni (comandante delle trasmissioni, capo ufficio o sezione trasmissioni, ufficiale alle trasmissioni di reggimento e di battaglione o gruppo); cap. VI: sistemi di trasmissioni radiali e reticolari (generalità, centri trasmissioni, collegamenti ponti radio, collegamenti a filo, collegamenti radio, competenze di collegamento); cap. VII: sistemi di trasmissioni di area e misti (sistemi di arca, sistemi di arca di armata, sistemi misti, armonizzazione dei sistemi); cap. VIII comandi di sostituzione e sistemi (continuità dell'azione di comando, trasmissioni per i comandi di sostituzione). Allegati: I: schemi della rete telegrafonica dei principali tipi di sistemi di trasmissioni; allegato 2: ,·ete telegrafonica fondamentale di un s is tema di trasmissioni ,·eticolari di corpo d'armata; allegato 3: esempio di rete telegrafonica fondamentale di un sistema di trasmissioni relicola1·e di corpo d'armata; allegato 4: esempio di centro nodale di area; allegalo 5: organizzazione tipo del sistema di area di armala; allegato 6: esempio di rete telegrafonica fondamentale di un sistema di trasmissioni misto di corpo d'armata.
(56)Pubblicazioni di tecnica d'impiego e tecniche: s.n. Manuale di manutenzione a livello batterie DS, GS e di deposito, anno 1965; s.n. Sicurezza informativa delle trasmissioni, anno 1965; n. 5858 Complesso radio VHF ANITRC 7, anno 1968; n. 5927 Relè elettronico RTE-61-3/A, anno 1969; n. 5960 Complesso ANIMRC-20A, anno 1970; s.n. Gruppi eleurvgeni PE-95-A-B-C-F-G-H, anno 1970; s.n . Stazione radio campale GIPRC-1 (R H4), armo 1969; n. 6016 Alimenlalore percorrente alternala AURV4-213, anno 1971; n. 6029 Tecnica delle trasmissioni a filo, anno 1972; n. 6030 Tecnica delle trasmissioni radio, anno 1972; n. 6041 Complesso terminale radio ANIMRC69, anno 1972; n. 6072 Unità di alimentazione BB-IIRN, anno 1972; n . 6043 Pannello di permutazione SB-611/MRC, anno 1972; n. 6050 Terminale telefonico ANITCC7 e ANITCC 50, anno 1972; n. 6051 Manulenzione lerminale 1elefunicv ANITCC 7 e ANITCC 50, anno 1972; n. 6052 Sislemi lelefonici a frequen za per ulenti, anno 1972; n. 6072 Manuten zione e riparazione BB1IRH4, anno I 972; n. 6053 Avvolgitore meccanico RL-31-B-C-D-E, anno 1972; n. 6122 Complesso peraerocooperazione istruzione per l'operatore, anno 1974; n. 5214 s.n. Sicurezza informativa delle lrasmissioni, anno 1965; s.n. Complessi panie radio ANIMR6+69 e ANIMRC-54, anno 1966; n. 5631 Cenlralino telefonico campale BD-72 e BD-71, anno 1966; s.n. Slazione radio ANIVR2 1-2-3, anno 1966; s.n. S1azione radio CPRC-26, anno 1966; s.n. Norme applicalive ATP/27, anno 1966; n . 5996 Segnali di servizio per le trasmissioni, anno 1967; s.n. Apparato multiplex MX-155; n. 5690 Istruzione sugli equipaggiamenti CTT-75 e CTT-75, anno 1967; n. 6071 Unità di alimentazione BB-IIR.H4, a nno 1972; n. 5676 Costruttori di linee delle trasmissioni, anno 1969; s.n. ACP-167 (B) Dizionario dei termini delle telecomunicazioni, anno 1965; s.n . ACP-130 (C) Procedura radiogoniometrica, anno 197 1; s.n. ACP-125 (D) Procedura radiotelefonica, anno 1970; s.n. ACP-124(C) Procedura radiotelegrafica, anno 1969; ACP-190 Guida pianificazione frequenze, anno 1965; s.n. ACP-135 (C) Procedure soccorso e salvataggio, anno 1965; s.n. ACP-3 (B) UC/PAM.SMD Preparazione divulga zione stampa pubblicazioni N.A. T.0., anno 1967; s.n. ACP-160-SUPP3 (PAM-SMD-10 19) Istru zione oper. impiego /FF-MARK-contro/lo traffico aereo militare, anno 1967.
CAP. LXVI - LA REGOLAMENTAZIONE D'ARMA DAL 1965 AL 1975
961
Istruzioni addestrative: n. 5664 Vademecum di procedure per l'operatore centralinista, anno 1966; n. 5818 Norme e programmi per l'addestramento di II ciclo degli specializzati delle trasmissioni, anno 1967; n. 5702 Programma addestramento militari addetti alle trasmissioni delle varie armi, anno 1967; n. 5676 Programma di addestramento degli ASCO, anno 1969; n. 5964 Programma di addestramento ACS, anno 1970; n. 6024 Programma addestramento ACS, anno 1970; n. 6024 Programma addestramento AUC, anno 1972; Programmi per l'addestramento di specializzazione dei militari delle trasmissioni e delle varie armi, editi nel 1967; n . 5702 Marconisti, marconisti conduttori, specializzati trasmissioni radio (radiotelegrafisti) radiogoniometristi e radiotelescriventisLi; n. 5703 Radiofonisti e radiofonisti conduttori; n. 5704 Operatori per ponti radio; n. 5705 Telescriventisti; n. 5706 Centralinisti; n. 5707 Telefonisti stenditori guardiafili; n. 5708 Fotografi; n. 5709 Opera/ori cinematografici; n. 5710 Motoristi per gruppi elettrogeni; n . 5711 Radiomontalori; n. 5713 Apparecchiatori di linea; n. 5712 AFT; n. 5678 Centralinisti; n. 5681 Fotografi; n. 5682 Operatori cinematografici. Alcune di tali pubblicazioni vennero abrogate nel 1970 e altre elaborate ex novo: n. 5942 Marconisti e specializzati trasmissioni radio; n. 5943 Telescriventisti; n. 5944 Operatori ponti radio; n. 5945 Radiomontatori; n. 5946 Apparecchiatori telegrafonici; n. 5947 Apparecchiat.ori di linea; s.n. Esperimenti dei sergenti delle varie armi da avviare al servizio permanente; n. 5972 Aggiornamento dei sergenti in rafferma OPR; n. 5973 Sergenti in rafferma delle trasmissioni-marconisti; n. 5974 Sergenli in rafferma delle trasmissioni-telescriventisti; n. 5975 Sergenti in rafferma delle varie armi radiomontatori; n. 5976 Sergenti in rafferma apparecchiatori di linea; n. 5977 Sergenti in rafferma apparecchiawri telegrafonici; n. 5992 MGE delle varie armi; n. 6009 Programma corsi ACS radiotelescrivenlisli, anno 1971 ; n. 5983 Regolamento gara nazionale S. Gabriele, anno 1970. (57) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato delle trasmissioni. Pubbl. n. 5669 Ordini e prescrizioni per le trasmissioni (n. 9200 della se rie dottrinale). Roma, 1967, Is tituto Poligrafico dello Stato. (58) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato delle trasmissioni. Pubbl. n. 5929 Norme sull'organizzazione e funzionamento dei cenlri trasmissioni (n. 9100 della serie dottrinale). Roma, 1969, Regionale. (59) Stato maggiore d ell'eserci to. Ispettorato delle trasmissioni. Pubbl. n. 6142 Il battaglione trasmissioni di C.A. (n. 9400 della serie dottrinale). Roma, 1975, Regionale. (60) TI battaglione è costi tuito su: comandante, vice-comandante, plotone comando e servizi (comandante, squ adra comando, squ adra manutenzione tecnica, officina leggei-a, nucleo sanità, aliquota rifornimenti, aliquota manutenzione e riparazione mate· riali, aliquota trasporti); 3 compagnie (ciascuna su: comandante, un plotone centro trasmissioni, un plotone radio, due plotoni ponti radio e cost1·uzioni linee a filo). (61) Stato maggiore dell'esercito. Ispettorato difesa A.B.C. Vulnerabilità del dispositivo amico in relazione all'impiego di ordigni nucleari. Roma, 1973, Regionale. (62) Stato maggiorre dell'esercito. Ispettorato difesa ABC. Pubbl. n. 5921 Nomen clatore NBC. Roma, 1969, Regionale. (63) Is truzione di tecnica d'impiego e tecniche: n.5618 Istru zioni sull'inlensime tro di contaminazione e tipo R40 EMTL misuratore di conlaminazi.o ne radioalliva, anno 1966; n. 5919 Istruzione sull'intensimetro tattico tipo R54B e misuratore di controllo di radio'11tività, a nno 1965; s.n. Libretto di apparato Radiac, anno 1965; n. 5641 Istruzioni sul dosimetro fallico M64, sul dosimetro di contaminazione M65 e sul caricatore M65 per dosimetri e let1rostatici a lettura diretta, 1967; n. 5644 Istruzione sulle maschare antiNBC, anno 1967; n. 5658 Tstruzioni sulla cassetta campale M65 per il prelievo di campio-
962
FILIPPO STEFANI
ni sospetti di contaminazione biologica, anno 1967; n. 5660 Istruzioni sul lanciafiamme spalleggiato mod. 55, anno 1967; n. 6117 La difesa NBC di reparto. Fase. 3: la rivelazione di coni rullo delle radiazioni nucleari. Fase. 4: le operazioni in zone contaminale da radiazione nucleare residua, anno 1973; n. 6117 La difesa NBC di reparto. Fase. I: lineamenli ed organizzazione della difesa NBC. 1975; s.n. Norme per l'organizzazione e per il fun zionamenlo del posto di osservazione NBC, anno 1974. Pubblicazioni e circolari di carattere addestrativo: n. 5671 Manuale per[' addestramenlo individuale NBC (guida per istruttori), anno 1967; n. 5795 Programma per l'addeslramento di specializzazione per serventi per l'annebiamento, anno 1967; n. 5797 Bonificatori difesa NBC. anno 1967; n. 5799 Delimitato ri NBC. anno 1973; circ. n. 9/A/I Di· retti ve per l'addestramento NBC, anno 1971 ; c irc. n. 10/ 161 Direttive per l'addestramento NBC, anno 1972; circ. n. 11/161 Diretlive per l'addestramento NBC, anno 1973; circ. 12/ 161 Diretlive per l'addestramento NBC, anno 1974; circ. n. 20/RR/182 Tavole dei dati ipotetici relativi alle armi chimiche arancione (per esercitazione), 10-1-1974; circ. n. 2440/181 L'addestramento militare. Corsi NBC da svolgere presso i reparti, 12-VIII-1974; circ. n. 301/182 Nota addestrativa n. 2, 1-11· 1975; s.n. L 'aspetto NBC nella guerra moderna. Fase. I per i corsi valutativi per i capitani delle varie armi, anno 1971; s.n. L'aspetto NBC nella guerra moderna. Fase. 2, anno 1971; s.n. Piani di lezione per l'addestramento NBC di contingenti reclute, anno 1971 ; s.n. Gli aggressivi chimici per i corsi ACS, anno 1971; s.n. Difesa nucleare biologica e chimica per corsi per comandanti di squadra NBC e rivelatori Re C, anno 1974. Tavole didattiche: n. 5553 T.S.M. 9202, anno 1965. (64) Pubblicazioni e circolari di carattere tecnico e tecnico-tattico: n. 5602. Stato maggiore dell'esercito, III reparto. Ufficio regolamenti Istru zione tecnica dell'ALE anno 1965; pub bi. n. 140/ 13/ I02 de Il 'Ufficio dell'ispettore dcli'ALE / struzione tecnica sul volo tattico, anno 1975; circ. n. 12157/III/1430 dell'Ufficio dell'ispettore dell'ALE Norme di procedura per la trattaz ione di pratiche relative ad incidenti di aeromobili dell'e· sercito anno I 972; circ. n. 8262/Il/1430 dell'Ufficio dc ll'is pcuorc dcll'ALE Norme generali sulla sicurezza del volo, anno 1976; pubbl. s. n. dell 'Ufficio dell'ispettore dell'ALE: Inslallazioni supplementari ed accessorie per aeromobili dell'ALE, voi. I (1976), voi. II (1971), voi. III (1972), voi. VIII (1973); pubbl. n. 1150/1102 dell'Ufficio dell'ispettore dell'ALE Note sull'ALE e aerocooperazione anno 1965; pubbl. n. I /R/3102, stesso ufficio s tesso titolo, anno 1966; pubbl. n.l-R-3102, stesso ufficio stesso titolo anno 1967; pubbl. n. T-R/3 102, stesso ufficio stesso titolo, anno 1968; pubbl. n. I/I/ 102 stesso ufficio stesso titolo, anno 1969; pubbl. n.1-R/1-102 stesso ufficio stesso titolo, anno 1970; pubbl. n. I-R/1-102, stesso ufficio stesso titolo, anno 1971: pubbl. n. 43672/1/102, stesso ufficio stesso titolo, anno 1972; pubbl. n. 550/ 12/ 102, stesso ufficio, stesso titolo, anno 1973; pubbl. n. 340/13/102, stesso ufficio stesso titolo, anno 1974; pubbl. n. 377/13/102, stesso ufficio s tesso titolo, anno 1975; pubbl. s. n . d e ll'Ufficio dell'ispettore dcll'ALE Guida per la prevenzione incidenti, anno 1967; pubbl. s.n. dell'Ufficio dell 'is pettore dcll'ALE Regolamento per il trasporto di urgenza di ammalati e di traumatizzali, anno 1972; pubbl. s. n. dell'Ufficio dell'ispettore dcll'ALE Dati statistici sugli incidenti di volo dell'ALE dalla data della sua costiiuzione al 31-12-1959, anno 1960; pubbl. s.n. idem, incidenti 1961, anno 1962; pubbl. s.n., idem, incidenti 1962, anno 1963; pubbl. s.n., idem, incidenti 1963, anno 1964; pubbl. s.n., ide m, incidenti 1964, anno 1965; pubbl. s.n., idem, incidenti 1965, anno 1966; pubbl. s.n., ide m , incidenti 1966, anno 1967; pubbl. s.n., idem, incide nti 1967 e 1968, anno 1969; pubbl. n. 525/13 d ell 'Ufficio de ll'is pettore dcll'ALE Dati statistici sugli incidenti di volo negli anni /969-1973.anno 1974.
APPENDICE I 1957
1963
28 gr.a.pe.cam. 155/23 TM (0 )
24 gr.a.pe.cam. 155/23 TM
18 obici 155/23 I gr. X D.f. 3 gr. x rgt.a.pe.cam.
[
1975
= IO gr. = 18 gr. 28
22 gr.a.pe.cam. 155/23 TM
18 obici I 55/23
I
/ ' g r. x rgt.a.cam./D.f. 3 gr. x rgt.a.pc.cam.
= 6 = -18 24
6 (B. mut.) 6 (B. mcc.[-J B./D.rnr. " Ariete ") 2 (spt.div. "Cenwuro") I (Tr.TS) I (4° rgt.a.pe.cam .) 3 (8° rgt.a.pe.cam.) 3 (9° rgt.a.pe.ca m.)
22
4
gr.mo.pe. 24 U., 26 SU., 353 Tr.
3 gr.mo.pe. 24 U.. 26 SU., 353 Tr. 6 mo. 120
20 gr.a.cam. 105/22 Dati organici 37 U. · 36 SU.· 417 Tr. 24 lrz. e/e 18 obici 105/22 24 fuc.mitr.
6 pezzi
(
0
)
Alcuni gr. erano dotati del 149/ 19
28 16 16 18
U., 41 SU., 431 Tr. MG lrz c/c obici da 153/23
17 gr.a.cam. I05/22
18 obici 105/22 2 X rgt.a.cam. I X B.f.
I 2 gi-. X D.f. = 20 gr.j
Dati organici
= 12 = -5 17
6 peni
Segue APPENDICE 1 1975
1963
1957
3 gr.a.pe.cam.smv. M 44 (155123) Dati organici 28 U. - 45 SU. - 433 Tr. 2 fuc.mitr. 2 lrz.c/c 18 smv. M44 12 smv. tipo PRIEST 4 er.m. PC 2 VCTT 1 er. ree.
11 gr.div. M 109
4 gr.M 44 (155/23 smv.) Dati organici 28 U. - 39 SU. - 441 Tr. 18 smv. M 44
6 pezzi Dati o rganici
e.e 1 X rg t.a.cam.smv. 1 X rgt.a.cor.
= 2 = -2
4
6 pezzi
31 U. - 55 S U. - 334 Tr . 9 MG 9 lr z e/e 30 m itr. eia 12,7 11 VCTT 3 ve PC 18 smv. 9 VTC m
4 g r. M 44
I 1 ilr . X D.cor . = 3 gr. I
e.e.
20 gr.à.cam.smv. (105122 - M 7) Dati organici 36 U. - 45 SU. - 366 Tr. 2 fuc.mitr. 2 lrz.c/c 18 smv. 105122 - M 7 4 cr. PC 12 smv. Tipo PRIEST 6 VCTT 1 er.rec. c.s. 2 gr. X D.cor. l g r. X D.f. 4 gr .spt. di C.A. e CMT
= = =
6
IO 4 20
'
20
gr.a.cam.sm v. M 7 (105122) e.e.
I X rgt.a.cam. 3 X rgt.a.cam.snw . 2 X rgt.a.cor. g r. C.A. e CMT
I
= = = =
6 6 4 4 20
2 gr./rgt.a.cav. ~ l gr./B.cor./"Centauro" l gr./4° rgt.a. pe.cam .
Segue APPENDICE 1 1957
1963
5 gr.a.mon. 75/13 Dati organici
27 V. - 36 SU. - 681 Tr. 12 obici 8 lrz.c/c 8 fuc.mitr. 6 mitr. e/a
1975
11
16 gr.a.mon. Dati organici 33 V. - 33 SU. - 715 Tr. IO fuc.mitr. 10 mitr.c/a 10 lrz.clc 12 obici 105/ 14 4 mo. 120
gr.a.mon. 105/ 14 (0 )
Dati organici
35 U. - 55 SU. · 520 Tr. 84 muli 10 MG 10 lrz.c/c 8 mitr. 12,7 18 obici
4 pezzi 5
6 pezzi
gr.a.mon. 100/17
Dati organici
23 V. - 27 SU. - 357 Tr. 12 obici 8 lrz. e/e 2 mitr. e/a 8 fuc.mitr.
4 - 105/ 14
c.s. 5 gr.mo. 107 Dati organici
4 · 105/ 14 "someggiabile "
Una sezione someggiabile
(
0
)
~
2 gr. pe r B.alp.; la B.alp. "Julia" è su gr.. Tutti sono " ccoperanti " ; il spt.
··autotrainata'' '5en. 24 V. - 37 SU. - 63 1 Tr. 18 mo. 8 lrz. e/e 6 mitr. e/a 6 fuc.mitr. 6 mo.
è fornito dalle a. di C.A .. 4 mo. 120
S egue APPENDICE 1 1957
1 btr.a.par. su 6 pezzi
1963
1 btr.a.par. su 6 pezzi
1975
1 gr.a.par. 105/14 Dati organici 39 u. - 56 su. - 367 9 MG 9 lrz.c/c 18 obici 105/14
Segue APPENDICE 1 1957
1963
1975
16 gr.a.smv. e.e
2 gr.a.pe. 175/60 smv. M 107
Dati organici 15 U. - 25 SU. - 194 Tr. 4 fuc.mitr. - 6 smv.c.c. M 36
Dati organici
3 gr.a. pc.s mv. M 107
32 U. - 56 SU. · 499 Tr. 12 smv. cc
12 smv. e.e.
4 pezzi
I
27° rii:t.a.ee.smv.
I
gr.a.smv.c.c.
9
6 smv. M 36 e.e.
rgt. a. smv. e.e 9
3 gr.a.pe. 203/25
gr.a.pe. 203/25
Dati organici 26 U. · 34 SU. · 446 Tr. 8 mitr. 8 lrz.c/c 12 obici 203125 I X rgt.a .pe.cam . I X rgt.a.pe.
=6 = -3
8 gr.a.pe. 203/25 Dati organici 32 U. - 58 SU. - 565 Tr. 12 obici
= 2 = -6
I X rgt.a. pc. I X rg1.a.pe.ca111.
9
gr.a.pe. 155/45 Dati organici 26 U. - 34 SU. - 404 Tr. 4 pezzi
I
2 gr. B.msl. I gr. rgt.a.cav.
= 2I = 3 > r-
6 g r.a.pe. I 55/45 6 gr.a.pe. I 55/45
e.e e.e.
12 en. 155/45
=9
4 pezzi
8
9
I 3 X rgt .a.e~·
e.e.
I4
X
rgt.a ,ee.
=6
I
2 gr.14° rgt. 2 gr./rgt.ca v. 2 gr./8° rgt.
= 2 =2 = -2 6
Segue APPENDICE 1
2 gr.a.lrz. 762 mm (Honest John) Dati organici
1975
1963
1957
4
2 gr .msl. (Honest John)
gr.a.msl. (Honest John)
Dati organici 32 U. - 65 SU. - 360 Tr.
19 U. - 31 SU. - 209 Tr.
6 lane.
4 rampe autoportate 4 rampe
4 rampe
I rampa
6 rampe
1 rampa
CAPITOLO
LXVII
LA SERIE DOTTRINALE 800
1. La strategia della risposta flessibile. 2. La pubblicazione 800. 3. Il quadro operativo strategico della 800. 4. La battaglia offensiva. 5. La battaglia difensiva. 6. La manovra in ritirata. 7. La divisione di fanteria (pubbl. n. 810 della serie dottrinale). 8. La brigata alpina. 9. La divisione corazzata. 10. La nuova organizzazione di comando e le innovazioni nelle procedure. 11. La validità del rinnovamento dottrinale 800.
1.
La strategia della risposla flessibile, conseguenza del nuovo equilibrio venuto gradualmenle a stabilirsi nel potenziale nucleare e missilistico tra la N.A.T.O. ed il patto di Varsavia, venne accettata dai membri della N.A.T.O. nel 1967, con notevole ritardo rispetto a quando essa era stata inizialmente affacciata negli Stati Uniti (primi anni sessanta). La situazione assolula e relativa dei due blocchi era mutata fin dall'inizio del decennio sessanta ed aveva comportato nuovi valori nei termini di confronto che, tradotti in numeri <li perdite e di danni, a cominciare dalle prime ore di un'eventuale guerra generale, erano risultati del tutto inaccettabili sul piano del semplice buon senso comune. La sovrabbondanza quantitaliva e qualitativa degli arsenali nucleari e missilistici delle due parti e le conseguenze terrificanli ed apocalittiche della loro utilizzazione, non importa se counter-city (contro la popolazione) o counter-force (contro forze militari), avevano configurato come non-senso politico e strategico-militare la guerra nucleare illimitata. Le armi nucleari, ciononostante, restavano una realtà e la minaccia di un'aggressione sovietica all'Occidente non era sufficientemente coperta dalla distensione che, con i suoi alti e bassi, lasciava un margine troppo piccolo al favorevole sviluppo della coesistenza pacifica. La situazione generale restava, dunque, quanto mai incerta nei suoi tratti essenziali e nella stessa fisionomia di un evcn-
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tuale conflitto futuro. Ma l'arma nucleare conservava per entrambe le parti un valore dissuasivo determinante. Abolirla nel quadro di un accordo tra le due parti, almeno per allora, era, più un'utopia che non un obiettivo concretamente raggiungibile e, comunque, l'azzeramento non avrebbe annullato le conoscenze per riprodurla e le tentazioni di farvi nuovamente ricorso forse anche in una guerra convenzionale e limitata che volgesse al peggio per una delle due parti. La disponibilità di armi nucleari poteva, dunque, evitare, fidando sul buon senso dei governanti, la guerra generale, ma non impedire altri tipi di guerra quale, ad esempio, quella in corso in quegli anni nel Vietnam. La strategia della rappresaglia massiccia aveva forse evitato fino ad allora la terza guerra mondiale, ma aveva perso la sua credibilità e non aveva impedito altri tipi di guerra con il pericolo costante che uno di questi potesse in breve trasformarsi in quella guerra nucleare generale che entrambe le parti intendevano scongiurare. Si erano resi, perciò, necessari il possesso di un deterrente valido anche per il tipo di guerra limitata e al tempo stesso l'acquisizione di una capacità adeguata a fronteggiare con mezzi convenzionali le aggressioni limitate. Occorreva una pianificazione operativa flessibile per prevenire la guerra nucleare e per sostenere una guerra, grande o piccola, che consentisse di salvaguardare i propri obiettivi essenziali. La retalation doveva poter esser limitata anc.:he al solo impiego delle armi convenzionali perché un'eventuale guerra futura, almeno all'inizio, non fosse forzatamente nucleare. La N.A.T.O. doveva poter scegliere larisposta ad un'eventuale aggressione tra più opzioni e non essere costretta ad un solo tipo di reazione. Le armi nucleari dovevano essere pronte anche perché vi poteva essere la necessità di impiegarle da un momento all'altro, ma il loro impiego eventuale doveva essere posto sotto l'esclusivo controllo politico. Una strategia siffatta sarebbe risultata assai più credibile di quella fino ad allora in vigore, purché la componente convenzionale dello strumento militare venisse adeguata alla nuova realtà. La strategia della risposta flessibile da un lato si basa, infatti, sul deterrente nucleare, dall'altro sulla rivalutazione e sul potenziamento delle forze convenzionali. La nuova strategia pose a tutti gli Stati dell'alleanza atlantica il problema di aumentare e rendere più efficiente lo strumento di difesa convenzionale. L'ombrello nucleare, che fino ad allora aveva concesso sonni abbastanza tranquilli ai governi occidentali, tanto da indurli a darsi poca cura delle proprie forze convenzionali, conservava s ì il suo potere di deterrente, ma esso non si sarebbe più aperto automaticamente al verificarsi ùi un'ag-
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gressione, perché anche l'impiego di una sola arma nucleare avrebbe potuto dare inizio ad un processo immediato di spiralizzazione verso la guerra nucleare generale. La strategia della risposta flessibile, che dà un certo credito alla ragionevolezza degli Stati, interpone tra la catastrofe e la capitolazione una soluzione di mezzo che, senza rinunziare a priori all'impiego delle armi nucleari, vi ricorre come extrema ratio e dopo aver tentato di rispondere all'aggressione con i soli mezzi convenzionali. All'arma nucleare, comunque, si ricorre in misura limitata e selettiva, sia per dimostrare la ferma determinazione di difendere a tutti i costi i valori impliciti nella tradizione occidentale, sia per consentire un ul teriore tempo di riflessione e di resipiscenza di fronte alla certezza della catastrofe. Il potenziamento delle forze convenzionali, che ora riassumono il ruolo prioritario, crea grossi problemi finanziari ai vari Stati e all'insieme dell'alleanza ed agli stati maggiori una serie di altri problemi riguardanti la dottrina d'impiego, l'ordinamento, l'equipaggiamento e la logistica. Il venir meno della disponibilità dell'eccezionale concentrazione di potenza dell'arma nucleare tattica, calcolabile e dosabile in precedenza, costringe le forze convenzionali terrestri a sostituire tale concentrazione con altra di fuoco convenzionale, terrestre, missilistico e/o aereo. Potenza di fuoco convenzionale e mobi1ità operativa e t.1ttica non solo restano le caratteristiche prioritarie assunte durante e dopo la seconda guerra mondiale dalle forze terrestri convenzionali, ma vanno notevolmente incrementate perché non solo persiste la necessità di concentrarsi e diradarsi rapidamente sul campo di battaglia, ma cresce quella dei mezzi erogatori di fuoco convenzionale. Il passaggio dalla strategia della rappresaglia massiccia a quella della risposta flessibile determinò perciò il venir meno di uno dei presupposti di base della dottrina 700. Lo stato m aggiore dell'esercito, facendo propria la tesi di una corrente del pensiero militare francese, ridusse la gamma delle possibili manifestazioni b elliche del futuro a due tipi estremi di guerra: quello al quale ci si prepara nell'intento di evitarne il verificarsi (la guerra nucleare gene rale, le cui predispos izioni costituiscono principalmente un 'area di dissuasione); quello al quale ci si prepara per potervi fare ricorso in caso di necessità (la guerra convenzionale). (1). La guerra nucleare illimitata era divenuta assai più improbabile perché si sarebbe tradotta inevitabilmente nel!'annie ntamento d ell e due parti e, nel caso che s i fosse verificata, avrebbe privato di significato politico, strategico e tattico le opera-
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zioni militari e ne avrebbe reso impossibile il controllo. La stessa incombenza della minaccia nucleare in caso di conflitto convenzionale veniva a risultare fortemente attenuata rispetto al passato. Occorreva, perciò: rivedere subito alcuni aspetti concettuali della dottrina 700 per evitare le contraddizioni esistenti con la nuova strategia; prendere atto della sempre minore credibilità dell'eventuale impiego delle armi nucleari, specialmente all'inizio di un conflitto, e, comunque, limitarsi a prevederne l'eventuale impiego in termini di limitatezza e selellivilà e solo nel caso del verificarsi di determinate condizioni; cons iderare che in caso di conflitto, o ad un dato momento, la minacci a, che pur sussisteva, si sarebbe potuta tradurre in realtà cd in tale caso si sarebbe agito in ambiente nucleare attivo limitato e selettivo. Cadeva così la distinzione tra ambiente nucleare polenziale e ambiente convenzionale. L'ambiente nucleare potenziale concepibile in fase di previsione, quale orientamento mentale dei più elevati livelli dicomando e come attuazione di un dispositivo, se non diradato, almeno sufficientemente clastico e scaglionato in profondità per evitare obiettivi troppo allettanti per decisive, anche se locali, azioni nucleari, qualora il conflitto esordisse con tali azioni, comporterebbe l'imposizione di un modulo nucleare, operazioni convenzionali durante, che si tradurrebbe in un'autocondanna all'insuccesso o nella deprecabile necessità di trovare nell'arma nucleare (sempre che disponibile) la compensazione ai propri errori d'impostazione. Era conseguenzialmente corretto prevedere schieramenti essenzialmente validi per la fase preoperativa (corrispondente all'ambiente nucleare potenziale), caratterizzati cioè da basse concentrazioni e dal prevalere di moduli nucleari, ma flessibili e cioè capaci di rapido adeguamento a quello dei due tipi di conflitto che ne avrebbe caratterizzato l'inizio. Superata la fase di incertezza inizia le e di adattamento, l'ambiente nucleare potenziale avrebbe perso ogni significato e conseguentemente i combattimenti si sarebbero svolti senza o con l'impiego di armi nucleari. Diversamente dalla pianificazione operativa, l'addestramento delle unità doveva riferirsi esclusivamente ai procedimenti tecnico-tattici del combattimento senza o con l'impiego delle armi nucleari tattiche, i due soli tipo di combattimento verosimili alla soglia degli anni settanta. La circolare sugli ambienti operativi fu il punto di partenza dal quale si mosse la successiva serie dottrinale 800; un punto di partenza in stretta connessione ed armonia con la nuova concezione strategica. Questa, peraltro, come già accennato, confermava la necessità di uno strumento bivalente, la cui costituzione e composizione andavano riferite, non più alla dosatura fra ar·mamenti nucleari e forze
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convenzionali calcolata sulla base degli intendimenti operativi riguardanti l'ambiente nucleare attivo, come stabilito dalla 700, ma in via prioritaria all'ambiente convenzionale, essendo diminuite le possibilità del ricorso all'impiego dell'arma nucleare tattica . In teoria, la polivalenza o la bivalenza dello strumento bellico non è difficile, ma perché non si limiti ad una espressione vuota di significato reale occorre che essa venga basata su di una ipotes i preferenziale che per la 700 era quella della guerra con larga disponibilità di ordigni nucleari. Ora bisognava rovesciare i termini della 700 e privilegiare l'ipotesi della g uerra convenzionale. Nel passato, le forze convenzionali dovevano essere qualitativamente idonee ad agire in ambiente nucleare e misuratamente sufficienti in ambiente convezionale; ora dovevano essere qualitativamente idonee ad agire senza o con il sostegno del ruoco nucleare e quantitativamente in grado di risolvere da sole le sorti del combattimento. In altre parole, fermi restando i requ isiti della polenza di fuoco, della mobilità, della flessibilità organica, dell'autonomia operativa anche al livello dei complessi minori - già messi in evidenza dalla 700 - le forze convenzionali dovevano acquisire un grado di autosufficienza operativa molto più elevato che nel passato. La maggiore mobilità e la maggiore potenza di fuoco significavano soprattutto maggiori impegni di spesa, per cui il momento del passaggio dall'una all'altra strategia avrebbe dovuto essere segnato, prima ancora che dalla elaborazione di una nuova dottrina, da un considerevole aumento degli stanziamenti di bilaricio e da assegnazioni straordinarie di fondi per un piano pluri ennale di potenziamento della componente convenzionale. Il divario tra le nuove esigenze da soddisfare, reso più acuto dal preesistente stato d ' ins ufficienza qualitativa e quantitativa dello str·umento nella seconda metà degli a nni sessanta, e le disponibilità dei mezzi necessari a fronteggiarle divenne così assai più ampio e profondo.
2. L'intervallo intercorso tra la diramazione della circolare sugli ambienti operativi - valsa comunque a sottolinea re le prime sostanziali modifiche da apportare alla dottrina in vigore e ad orientare diversamente l'addestramento dei quadri e delle unità - e quella della pubblicazione n. 5935 Direttive p er l'impiego delle grandi unità complesse (n. 800 della serie dottrinale) (2), capostipite della nuova dottri-
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na, durò circa quattro anni. Il notevole periodo di tempo dovuto a motivi di ordine vario, tra i quali determinanti furono la difficoltà insita nel mutamento radicale di strategia, le incertezze di interpretazione di tale mutamento e delle sue incidenze sul piano tattico, le diverse opinioni manifestatesi presso gli eserciti alleati, i cambiamenti dei vertici militari verificatesi agli inizi del 1970 e l'intendimento di dare vita ad una serie dottrinale meno articolata di quella in vigore. La nuova pubblicazione, infatti, abbandonò la forma di memoria o di manuale, rispettivamente della 600 e della 700, ed assunse quella di direttive intese ad indicare ai comandanti di più alto live'ilo i soli elementi essenziali per la concezione, l'organizzazione e la condotta delle operazioni. lasciando loro la più ampia libertà di scelta delle soluzioni da adottare e degli adeguamenti da realizzare nelle forze e nei mezzi disponibili. La direttiva tende, infatti, a promuovere una impostazione unitaria dei problemi operativi e dà per scontate molte delle numerose spiegazioni e specificazioni proprie di una memoria o di un manuale, consentendo lo snellimento del discorso. Essa, inoltre, pur avendo carattere generale, tiene in particolare considerazione le esigenze del teatro operativo nazionale e degli scacchieri in cui questo si articola. Esula, ad esempio, dalla direttiva la trattazione di una manovra non attuabile nel teatro operativo nazionale, quale quella di logoramento che nella 700 aveva impegnato ben 14 pagine. Diversa da quella della 700 è altresì la struttura della 800 nella quale, tra l'altro, l'ordine di precedenza della trattazione dei vari argomenti è invertito rispetto a quello tradizionale: prima le operazioni difensive, poi quelle offensive. Diversamente dalla 700 - e molto opportunamente - la 800 trasferisce negli allegati, come del resto era già stato praticato nelle pubblicazioni della serie 700 riguardanti i gruppi tattici, la materia circa le competenze e le responsabilità dei comandanti di armata e di corpo d'armata. Essa, inoltre, non tratta il livello gruppo d'armate o scacchiere operativo cui la 700 dedicava due pagine. Il notevole snel1imento della pubblicazione deriva, infine, dalla eliminazione della distinzione delle operazioni nei tre ambienti operativi esaminati nella 700. I criteri ai quali si ispirano la impostazione, la struttura e la stesura della 800 sono, dunque, molto diversi da quelli seguiti dalla 600 e dalla 700, ma non per questo meno validi ed accettabili quando si tengano presenti i differenti scopi ai quali tendono le tre pubblicazioni. D'altra parte, la 800 presuppone la conoscenza della 700, come questa la conoscenza della 600, perché ognuna conserva 9uanto ancora
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valido della precedente. La 600 e la 700 avevano colto ed espresso due momenti diversi del divenire della strategia nucleare; la 800 non si contrappone né all'una né all'altra, interpreta una situazione strategica nuova, che non ha più quasi nulla in comune con quella della 700 e si riaccosta, entro certi limiti, sul piano tattico, non su quello strategico, a quella della 600. Il tentativo di far apparire la nuova dottrina come una smentita di quella precedente, o addirittura come un rinsavimento dello stato maggiore dell'esercito dalla frenesia nucleare di cui sarebbe stato parto la 700, è del tutto inconsistente: un insieme di illazioni e di arzigogoli strumentali per tesi di comodo. Delle proposizioni concettuali della nuova pubblicazione - tale è la posposizione dell'azione offensiva a quella difensiva - una delle meno convincenti è proprio questa. Voluta probabilmente per dare maggiore risalto al carattere difensivo della preparazione bellica italiana, essa rompe una tradizione costante seguita in tutte le pubblicazioni del passato e contraddice, a nostro parere, la conseguenzialità della logica strategica e tattica. L'offensiva e la sola forma risolutiva della lotta armata, almeno nel quadro delle operazioni condotte con le sole armi convenzionali. La difensiva ha carattere transitorio nel tempo e nello spazio e non è mai fine a sé stessa. Lo spirito difensivo al quale si ispirano, secondo il dettato costituzionale, le forze armate della repubblica italiana e la stessa allenza atlantica è un atteggiamento etico e politico, significativo di un alto grado di civiltà, anzi della vera ed unica civiltà che è, appunto, quella che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie nazionali. Chi ricorre alla difensiva deve non pertanto avere conoscenza della dottrina offensiva, perché solo così può prevedere quanto gli potrebbe accadere e predisporre le contromisure di parata. La conoscenza della manovra offensiva è elemento essenziale per chi,deve difendersi, come del resto lo è quella della difensiva per chi deve attaccare. L'azione difensiva, inoltre, è la forma di lotta più redditizia per il contendente inizialmente più debole, ma mira anch'essa nel tempo a fini risolutivi volendo creare le premesse per il passaggio a ll'azione controffensiva. L'inversione di precedenza nella t rattazione delle due forme di lotta non soddisfa nessuna esigenza reale, contraddice la costante tradizione della dottrina d'impiego d e llo stato maggiore dell'esercito italiano, determina confusione sul piano tecnico-militare e, seppure intesa a sottolineare la priorità che l'esercito italiano dà alla difensiva, unica forma iniziale di lotta alla quale deve prepararsi, non costituisce un elemento di mag-
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giore chiarezza ai fini della assimilazione della stessa dottrina d'impiego. Occorre, comunque, dare atto allo stato maggiore dell'esercito che la pubblicazione venne diramata in un primo tempo come bozza di stampa per l'applicazione sperimentale, formula utilizzata anche in occasioni precedenti, ed assunse la veste definitiva solo dopo il vaglio del ciclo sperimentale i cui risultati vennero resi noti con la circ. n. 1571/221.11 del 30-XII-1971 (3). Un ciclo durante il quale la bozza della 800 venne sottoposta a studi e prove pratiche che interessarono i comandanti, gli stati maggiori, le scuole e molte unità, ai vari livelli, tutti prodighi di indicazioni e di suggerimenti che valsero a confermare la sostanziale validità sia degli aspetti fondamentali della nuova linea dottrinale coerente con la strategia della risposta flessibile, sia del metodo, già seguito in particolare per le serie dottrinali 600 e 700, di mettere a punto il nuovo corpo normativo attraverso l'utilizzazione del contributo di tutti i quadri dell'esercito. Gli elementi esaminati durante il vaglio sperimentale riguardarono l'intero contenuto della pubblicazione, ma ebbero preminenza quelli attinenti alla battaglia ed al combattimento difensivi. L'esame della battaglia offensiva non diede luogo a proposte di modifica di particolare rilievo, anche perché la 800 non si discostava sostanzialmente dalla linea dottrinale ancora valida della 700, se non per la priorità conferita al combattimento senza impiego di armi nucleari. Del pari, l'esame riguardante la manovra in ritirala, per la quale le innovazioni erano prevalente mente di ordine formale e terminologico e segnavano il ritorno alla 600 modificata, si concluse con poche proposte di modifica che, peraltro, non infirmavano la sostanziale validità dei procedimenti definiti nella bozza. I principali problemi che emersero dalla sperimentazione e che formarono oggetto di proposte e di suggerimenti, non tutti concordi, di soluzioni varie furono princ ipalmente quelli attinenti alla difesa ancorata ed alla difesa mobile, al contrattacco della divis ione corazzata ed all'impiego della brigata alpini nel presidio di un settore della posizione difensiva. Essi furono messi a punto nei testi definitivi delle varie pubblicazioni della serie e, prima ancora, con la circolare 1571/221.II che indicò tutte le aggiunte e varianti da apportare alla bozza della 800, poi inserite nella edizione definitiva. Ancora una volta lo stato maggiore dell'esercito sviluppò un lavoro lungo ed impegnativo, prima di giungere alla fase conclusiva, sì da realizzare una partecipazione critica collegiale dei comandi, delle scuole e delle unità operative quanto mai proficua sul piano della formazione spi-
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rituale e professionale dei quadri. È, infine, da sottolineare che l'abbandono di una linea normativa già assimilata e sperimentata per impostarne una nuova, rispondente al mutare delle esigenze, richiede sempre una decisione immediata e coraggiosa - che allora era stata anche troppo a lungo dilazionata - e costituisce, al tempo stesso, un atto di fede nella capacità e nella volontà di guardare avanti, anche se poi non tutto il nuovo consegue effetti determinanti e durevoli. Nell'esaminare le pubblicazioni della serie 800 ci sembra più conveniente seguire, nella trattazione degli argomenti, l'ordine di successione tradizionale, dando precedenza alla battaglia offensiva rispetto a quella difensiva ed alla manovra in ritirata, per attenersi a quanto fino ad ora praticato che, a nostro avviso, rende il discorso più conseguenziale e aderente alla teoria della guerra ed allo sviluppo, anche cronologico, delle operazioni: intanto esiste l'azione difensiva, in quanto la precede quella offensiva.
3. Il quadro strategico della 800 è caratterizzato da quattro fattori fondamenLali: l'improbabilità di un ricorso generalizzato al fuoco nucleare che condurrebbe all'annientamento dei contendenti e, comunque, priverebbe di significato poliLicu, strategico e tattico le operazioni non più controllabili; la permanenza, ciononostante, della minaccia nucleare per l'ampia disponibilità di ordigni e di mezzi di lancio di entrambe le parti; la previsione che un'eventuale guerra si inizi con l'impiego delle sole armi convenzionali per evolvere eventualmente, e solo in un secondo tempo, verso forme nucleari, sempre tuttavia nel quadro di un impegno graduale e attentamente dosato; la rivalutazione delle forze convenzionali, componente fondamentale e determinante delle operazioni. La guerra generale ha carattere integrale; la guerra limitata è caratterizzata da condizionamenti volontariamente assunti da uno o da entrambi i contendenti circa obiettivi, aree coinvolte, armi e forze impiegate. Entrambi i tipi di guerra possono essere integrati da forme particolari di lotta quali, ad esempio, la guerriglia o la guerra psicologica ed in entrambi i tipi acquista rilievo la minaccia d'un eventuale impiego di armi biologiche e chimiche. Le operazioni possono essere condotte senza impiego di armi nucleari o con impiego limitato e selettivo di armi nucleari e si può rendere necessario passare, all'occorrenza, dalle une alle altre. Mentre la decisione relativa all'impiego delle armi nucleari esula dalla responsabilità della gerarchia militare, l'attuazione tempestiva dei provvedimenti connessi con l'uno o con l'altro tipo di operazioni è un problema essenzialmente operativo, la cui soluzione è di competenza dei Comandi delle
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Grandi Unità interessate. La distinzione tra operazioni senza o con impiego limitato (per quanto concerne numero e potenza degli ordigni) e selettivo (soggetto cioè a criteri particolari nella scelta degli obiettivi) di armi nucleari sostituisce quella dei quattro ambienti operativi della 700 e, soprattutto, sta a significare che l'impiego del fuoco nucleare tattico in un teatro ed in uno scacchiere operativo non comporta necessariamente l'estensione di operazioni nucleari ai teatri ed agli scacchieri contermini. Si tratta di una differenza sostanziale rispetto alla 700 che, impostata sulla larga disponibilità nucleare, non poneva alcun vincolo territoriale all'impiego delle armi nucleari e prevedeva l'automatico passaggio dall'ambiente nucleare potenziale a quello nucleare attivo, una volta che venisse impiegato il primo ordigno. La nuova concezione aderisce perfettamente alla strategia della ris posta flessibile , della quale però la 800 non ci sembra interpreti interamt:nte il significato. Il cardine di tale strategia è senz'altro l'impiego limitato e selettivo delle armi nucleari, ma la risposta flessibile è tale proprio perché può avvalersi anche di più mezzi di ordine politico, economico e militare per fronteggiare un'aggressione, tra i quali anche, appunto, il ricorso all'impiego limitato e selettivo delle armi nucleari . Il punto di forza della strategia della risposta flessibile è l'incertezza in cui lascia lo aggressore circa qua le sarà e dove e quando e come si manifesterà la reazione. La difficoltà, invece, che la 800 pone nel giusto rilievo è quella connessa con il passaggio dalle operazioni senza a quelle con impiego limitato e selettivo di armi nucleari, indipendentemente che esso sia provocato dal nemico - caso ancor più delicato - o d'iniziativa della coalizione alleata. Perché tale passaggio sia corretto e tempestivo, senza crisi apprezzabili, occorrono alcuni presupposti che la 800 indica : nella definizione e applicazione di procedime nti d'impiego semplici e sostanzialmente affini per i due tipi di operazioni; nella disponibilità di uno strumento polivalente; in una pianificazione operativa elastica e in una preparazione spirituale e tecnica che consenta il rapido apprezzamento delle situazioni e delle decis ioni da prendere per adeguarsi tempestivamente alla mutevole realtà della lotta. Duttilità della dottrina, polivalenza dello strumento, elasticità d ella pianificazione, in uno con la preparazione spirituale e tecnica e con la determinazione tenace di adempiere il compito, sono i cardini, d'altra parte già indicati nella 700, di una pre parazione bellica atta a fronteggiare le due ipotesi di operazioni. Anche i princ ipi a i qua li queste s i ispirano restano quelli della 700: massa, sorpresa, sicurez za. Ad es-
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si la 800 aggiunge opportunamente quello dell'economia delle forze, valido in tutti i tipi di combattimento, peculiarmente nelle operazioni difensive. Le operazioni possono assumere due forme essenziali, variamente combinate fra loro: offensiva e difensiva, profondamente differenziate, ma tendenti entrambe a ricercare le migliori condizioni per condurre azioni risolutive. Le operazioni offensive mirano ad annullare la capacità operativa del nemico; quelle difensive ad annullarne la capacità offensiva in un'area predeterminata per stabilire o ristabilire un favorevole rapporto di potenza. quale presupposto per assumere o riassumere l'iniziativa. Le operazioni si sv iluppano mediante la manovra che, in relazione al livello ordinativo che la sviluppa, è strategica o tallica: la prima propria del gruppo di armate o dell'armata quando a questa sia affidata la responsabilità di uno scacchiere operativo, la seconda propria dell'armata, del corpo d'armata, della divisione, della brigata, del raggruppamento tattico e del gruppo tattico. Fin qui nulla di nuovo e di diverso rispetto alla normativa precedente, ma della manovra la 800 dà una definizione differente da quella della 700. Per questa ultima, manovra era impiego e combinazione, nel tempo e nello spazio, delle forze e dei mezzi a disposizione per raggiungere, malgrado le reazioni nemiche, un determinato scopo ed i suoi parametri erano il fuoco e il movimento, mentre la sua essenza s tava nella scelta dei luoghi e dei momenti su cui portare l 'azione successiva. La 800 riprende la definizione del passato remoto: impiego combinato, nel tempo e nello spazio, su uno o più assi paralleli o convergenti, delle forze e del fuoco, per raggiungere con la massima economia uno scopo determinato, nonostante l 'oppos ta volontà del nemico. Le due sue componenti, aggiunge la 800, sono le forze ed il fuoco, entrambe indispensabili, tra loro complementari e, entro certi limiti, con fun zioni parzialmente sostitutive; l'essenza della manovra sta nel movimento. La definizione della 700 ci sembra esprima meglio il concetto di manovra nel suo significato tecnico-militare moderno, in quanto la distinzione tra forze e fuoco non ha più ragione di essere. Le forze sono fuoco ed il fuoco intanto vale in quanto si muova. L'essenza della manovra non sta, dunque, nel movimento, ma nel fuoco e nel movimento: il primo distrugge o neutralizza, il secondo ne sfrutta i risultati e ne rende duraturi gli effetti. Il fuoco ed il movimento sono perciò complementari. Non si possono, invece, nutrire dubbi s ui fattori di successo della manovra che la 800 individua: nella scelta di luogo e <lei momento in cui esercitare lo sforzo decisivo; nel perseguimento
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di concentrazioni di potenza ben dosate nello spazio e nel tempo; nella rapidità di esecuzione; nello sfruttamento delle situazioni favorevoli; nella efficacia della reattività all'azione del nemico. Il successo della manovra, inoltre, è condizionato sempre dalla disponibilità di una riserva e dalla possibilità di contrastare efficacemente la minaccia aerea nemica mediante l'impiego coordinato di sistemi d'arma contraerei. Dei fattori che incidono sulle operazioni, la 800 dà grande risalto all'apporto aereo - esplorazione, supporto di fuoco aderente o in profondità, aerotrasporto e aviolancio di personale, di mezzi e di materiali - ed al fattore logistico, parti integranti del problema operativo. Nelle generalità non vengono, invece, richiamati gli altri fattori elencati nella 700: fuoco nucleare, ambiente naturale, specie delle forze disponibili, dottrina e manovra del nemico. Di questi, peraltro, eccezione fatta per l'ultimo, la 800 tiene debito conto nel trattare della loro incidenza quando delinea le s ingole operazioni. Manca, infine, un riferimento a sé stante ai valori incremen tali della potenza difensiva - individuati concordemente dalla 600 e dalla 700 nel terreno, spazio, ostacolo e fortificazione - che vengono incidentalmente ri cordati cong iuntamente al fuoco convenzionale e, quando impiegabile, a quello nucleare, come fattori per ridurre lo sfavorevole rapporto di potenza tra il difensore e l'attaccante, quasi il fuoco fosse un fattore incrementale e non l'essenza stessa dell'azione offensiva e difensiva. Indipendentemente dalle considerazioni fin qui espresse, la premessa ed i due primi capitoli della 800 disegnano sommariamente, ma compiutamente, il nuovo quadro strategico derivante dall'adozione della strategia della risposta flessibile e tracciano, a grandi linee, gli scopi e le caratteristiche delle operazioni offensive e difensive, legandole soprattutto al teatro operativo nazionale ed alle possibilità e limitazioni dello strumento disponibile. Sul piano dell'ordinamento delle grandi unità complesse restano in vita i tre anelli gerarchici tradizionali - il gruppo d'armate, l'armata e il corpo d'armata - ma assume particolare rilievo il corpo d'armata autonomo, cioè svincolato dall'armata e sostitutivo della stessa, già peraltro preso in considerazione dalla 700 limitatamente a settori caratterizzati geotopograficamente da complessi a sé stanti autonomi e comunque non strettamente connessi, sotto il profilo operativo, con quelli contermini. Ma nella 800 il rilievo conferito al corpo d'armata autonomo deriva anche dalla previsione dello scioglimento del comando designato della 3° armata che ebbe luogo alla fine del 1971 e che coincise cioè con la diramazione della edizione definitiva della nuova pubblicazione. Sulla va-
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lidità, anche dal solo punto di vista operativo, dello scioglimento del comando designato della 3 a armata ci siamo già espressi.
4. La battaglia offensiva è una manovra tattica aeroterrestre risultante di combattimenti coordinati unitariamente nel quadro dell'Armata o del corpo d'Armata autonomo, che si sviluppano mediante suçcessive concentrazioni di potenza in corrispondenza di un fascio operativo, in un'area di adeguata profondità (aerea della battaglia), compresa fra il margine posteriore dell'Armata o del Corpo d'Armata autonomo e l'obiettivo ad essi assegnato; si prefigge di annullare la capacità operativa delle forze nemiche contrapposte e di raggiungere un obiettivo coincidente, tutto o in parte, con l'area d'interesse vitale cui tende la manovra strategica od intermedio rispetto ad essa; presuppone adeguato dominio dello spazio aereo; prevede: schieramento per la battaglia cui si accompagnano o no ricerca e presa di contatto, attacco, annientamento. A parte talune innovazioni concettuali e terminologiche, nella sostanza la battaglia offensiva conserva la fisionomia e le caratteristiche conferitale dalla normativa precedente. Quando si sviluppa senza il fuoco nucleare è del tutto simile a quella delineata nella 700 per l'ambiente operativo convenzionale; essa assume cioè carattere di sistematicità e di gradualità ed è caratterizzata dal ricorso a schiere successive, dall'assegnazione alle grandi unità elementari di obiettivi meno profondi e dall'impiego di forze di fanteria per la rottura. Quando sostenuta da un impiego limitato e selettivo delle armi nucleari, è ovviamente diversa da quella configurata nel la 620 e nella 700 che si basavano sulla larga disponibilità nucleare: ha, cioè, un ritmo meno serrato; gli obiettivi a s segnati alle unità che fruiscono di fuoco nucleare sono più in profondità che non nella battaglia senza impiego di armi nucleari, ma a distanza più contenuta che non nella battaglia con larga disponibilità nucleare; la gravitazione degli sforzi e la distribuzione del fuoco convenzionale possono essere diverse; il dispositivo assume la configurazione più adatta alla diminuzione della sua vulnerabilità ed allo sfruttamento, nella misura più efficace, degli effe tti del fuoco nucleare. Il passaggio dal combattimento sen za a quello con impiego limitato e selettivo di armi nucleari, allorché si verifichi attacco durante in ritorsione a quello nemico, può imporre una pausa dell'azione che è essenziale ridurre
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in termini di tempo il più ristretti possibili. L'innovazione maggiore rispetto alla 700 consiste nella diversa configurazione delle azioni fondamentali in cui la battaglia si articola: azione di ricerca e presa di contatto, azione di investimento e di disarticolazione, azione di annientamento, nella 700; schieramento per la battaglia, attacco, annientamento nella 800. Lo schieramento per la battaglia comprende l'insieme coordinato di movimenti e di soste o stazionamenti in zone di attesa durante i quali le grandi unità assumono il dispositivo prescelto e svolgono le attività necessarie per l'azione successiva. Rientrano perciò in ta le espressione: la marcia al nemico, termine abolito perchè nella guerra moderna non c'è movimento che non sia soggetto ad offese varie nonpiù delimitabili territorialmente; la ricerca e presa di contatto che conserva il carattere di eventualità conferitogli nel passato e che continua ad esse re affidata ad un apposito scaglione di forze costituito da unità tratte dai supporti dei corpi d'armata o dell'armata cd articolato per aliquote, dipendenti, ciascuna, da un corpo d'armata in 1a schiera; l'avvicinamento delle grandi unità elementari in I a schiera; i combattimenti preliminari condotti dalle forze dello scaglione <li ricerca e di presa di contatto quando operante o da altre forze già a contatto con il nemico, o dalle avanguardie delle grandi unità elementari in 1 a schiera quando manchi l'azione di ricerca e presa di contatto; il movimento dalla zuna di attesa per l'attacco alle basi di partenza; le attività preparatoria, concettuale ed organizzativa, proprie delle varie armi e dei vari livelli, comprese que lle riguardanti l'organizzazione del fuoco aereo e terrestre, convenzionale ed e ventualmente nucleare, in vista dello scontro in forze con il nemico. Quanto all'azione di ricerca e presa di contatto essa continua a svilupparsi mediante l'esplorazione Lattica terrestre, guidata dall'esplorazione Lattica aerea, ed a concludersi con i combattimenti preliminari. L'innovazione introdotta - schieramento per la battaglia - appare quanto m a i a ppropriata, felice ed espressiva in quanto racchiude un insieme di attività varie, moltelici e concomitanti, di cui alcune non necessariamente obbligate. In più, l'innovazione consente di eliminare il duplice significato attribuito in passato al termine preparazione, intesa sia come fase della battaglia, sia come azione di fuoco. Nel primo significato il termine preparazione viene assorbito da quello schieramento per la baLLaglia, in cui rientrano tutte le attività, anche di combattimento, dirette ad organizzare e a creare le condizioni mig liori per lo sviluppo dell 'azione fondamentale s uccessiva, comprese le azioni <li fuo-
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co, l'apertura dei passaggi nei campi minati quando non prevista attacco durante, il completamento ed il perfezionamento dei dispositivi di attacco, l'attività informativa, ecc .. Non necessarie, opportune e convenienti ci sembrano, invece, la sostituzione della dizione, se si vuole un po' lunga ma chiaramente indicativa degli scopi da perseguire, dell'azione di investimento e di disarticolazione con il termine attacco e l'abolizione della scomposizione in fasi - preparazione, attacco, completamento del successo dell'azione di investimento e di disarticolazione stessa. La giustificazione che della innovazione dette un articolo ufficioso apparso sulla Rivista Militare (4) non persuase e non persuade: nella convinzione, poi, che eccessivi schematismi, giustificabili sul piano didattico, esulino dalla funzione che si è voluta conferire alla pubblicazione, è stata abolita l'ulteriore scomposizione delle azioni fondamentali in fasi. Non si trattava, in verità, di schematismi; forse il termine fase avrebbe potuto essere sostituito da altro meno legato al concetto di successione nel tempo. Preparazione, attacco, completamento del successo restano, infatti, tre attività distinte e ognuna persegue uno scopo particolare complementare di quello dell'intera azione fondamentale; esse si svolgono generalmente in tempi diversi, anche se rispetto ai vari settori di investimento della fronte taluna può essere concomitante anziché successiva o precedente rispetto alle altre. Del resto che sia così lo conferma la stessa 800 che mantiene distinte le tre azioni: l'attacco: viene preparato, nell'ambito del corpo d'armata, dal fuoco terrestre e aereo convenzionale e, se impiegabile, nucleare; si sviluppa, in genere, per tempi, affidati, se necessario, a schiere diverse; prevede la penetrazione in profondità nel dispositivo avversario e lo scontro con le riserve nemiche, la disarticolazione del dispositivo difensivo nemico e l'isolamento delle forze sopravanzate. La distinzione tra preparazione, attacco e completamento del successo risaliva alla dottrina prebellica ed era stata ripresa da quella dell'immediato periodo postbellico e conservata nella 700. La sostituzione del termine azione di investimento e di disarticolazione con quello di attacco non ci sembra molto coerente: schie ramento pe r la battaglia e annientamento sono termini che si riferiscono al fin e delle due azioni fondamentali, non così il termine altacco, mentre azione di investimento e di disarticolazione si riferiva anche questa al fine da perseguire. L'annientamento tratteggiato dalla 800 risponde esattamente a quello illustrato dalla 700. L'azione consiste nella prosecuzione degli sforzi in pmfnndità per battere le forze nemiche non ancora impegnate
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e per raggiungere l'obiettivo della manovra strategica e nella eliminazione delle forze sopravanzate ed isolate. Essa interessa tutta l'area della battaglia, impegna tutte le forze dell'armata o del corpo d'armata autonomo, può comportare una modifica dell'articolazione di comando per meglio coordinare sforzi e azioni che si svolgono con scopi e su spazi diversi. La prosecuzione degli sforzi in profondità, condotta direttamente dall'armata o dal corpo d'armata autonomo: s'inizia senza indugio; si basa sul binomio grandi unità corazzate e/o meccanizzate - forze aerotattiche, integrate, ove possibile, da aviotruppe; si sviluppa mediante pochi ma potenti sforzi, lungo le <lirettrici più i<lonee a porre il nemico in condizioni di non poter contromanovrare, spinti in profondità con ritmo serrato e con continuità, di giorno e di notte, in concomitanza o non con azioni di aggiramento verticale. L'eliminazione delle forze sopravanzate ed isolate - già definite nella 700 tronconi e sacche - è subordinata alle esigenze preminenti dell'azione in profondità; essa è ottenuta con veri e propri attacchi, affidati, di massima, alle grandi unità elementari in 1 a ed eventualmente in 2a schiera. L'attacco della 800 si concreta, a l pari dell'azione di investimento e di disarticolazione della 700, in sforzi principali e sussidiari (5), variamente coordinati sulla fronte ed in profondità, espressi in termini di grandi unità elementari e di fuoco di sostegno (terrestre ed aereo), fissati dall'armata o dal corpo d'armata autonomo con il criterio di attribuire a ciascuno di essi adeguata capacità di penetrazione, obbligando, nel contempo, l'avversario a diluire e disperdere la propria capacità di reazione. Ad ogni corpo d'armata in 1a schiera viene affidato il coordinamento di più sforzi - di massima uno princ ipale ed uno o più sussidiarì correlativi - da effettuare lungo una direttrice operativa e in un setto re di azione di ampiezza variabile in relazione al numero degli sforzi e al tipo delle grandi unità elementari in I a schiera. La scelta del punto di applicazione d egli sforzi e del tipo delle Grandi Unità cui affidarli deve tendere ad oltenere il successo nel modo più economico e redditizio. Gli sforzi possono essere diretti sui fianchi o negli intervalli del dispositivo ne mico e tende re all'avvolgimento delle forze nemiche per blocchi ed a privarle delle possibilità di contromanovra; spesso, peraltro, si rendono necessari sforzi frontali di rottura, sistematici e prolungati nel tempo, aventi una funzione preliminare in quanto diretti a ricondurre la manovra alla forma di avvolgimento o di accerchiamento. Gli sforzi di rottura vengono. generalmente affidati alle grandi unità di fanteria, men tre quelli
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manovrati, celeri e profondi, specie se sostenuti da fuoco nucleare, alle grandi unità corazzate e meccanizzate. Il fuoco nucleare, ancorché limitato e selettivo, incide sensibilmente sulla fisionomia dell'attacco, m e no sullo schieramento per la battaglia e sull'annientamento, di norma attuati senza impiego di armi nucleari. Le grandi unità eleme ntari, nel contesto della manovra tattica del rispe ttivo corpo d'armata, te ndono ad un'obiettivo d 'attacco coincidente con un'area di alto valore tattico; agiscono a cavaliere di una direttrice d'attacco e nell'ambito di un settore d'azione la cui a mpiezza - 10-15 km per la divisione di fanteria e per le divisioni corazzate e meccanizzate; 10-30 km per le brigate alpini - non muta con il variare del tipo di azione (senza o con impiego di armi nucleari); adottano un dispositivo di densità proporzionata alle esigenze dell'adempimento del compito e al grado di minaccia esistente; impiegano il fuoco nucleare, se disponibile, per eliminare g li elementi nemici che maggiormente influiscono sullo sviluppo della manovra e quello convenzionale per completare ed inlegra re gli e ffe tti del fuoco nucleare se impiegato ovvero per imprimere impulso di penetrazione al loro sforzo e sostenerne e proteggerne lo sviluppo. L' innovazione di rilievo riguarda l'ampiezza del settore di azione delle divi sioni di fanteria e delle divisioni corazzate e meccanizzate: 10-15 km, ris petto ai 20 km per le divisioni di fanteria cd ai 30 km per le divisioni co razzate e m eccanizzate previs ti d a lla 700. Tali valori hanno in entrambe le pubblicazioni significato largamente orientativo, ma è quanto meno assai opinabile che l'ampiezza dei settori non muta con il variare del tipo di operazioni e, a nostro avviso, addirittura inaccettabile l'equiparazione dell'ampiezza del settore di azione d elle divisioni corazzata e meccanizzata a quella del settore della divisione di fanteria. Diverse sono, infatti, le esigen ze di diradamento e di con cent razione degli sfor zi nel combattimento senza impiego di armi nucleari, nel quale i dispos itivi debbono essere necessariamente più densi, da que lle del combattimento con impiego, ancorché limitato e selettivo, di armi nuc leari. L'impiego di queste armi è bilaterale e, perciò, sussiste l'esigenza di un diradamento m aggiore, mentre simulta neamente diventa minore la necessi tà di realizzare concentrazioni di forze convenzionali la cui capacità di rottura e di penetrazione riceve un incremento più che sensibile dall'utilizzazione del fuoco nucleare. La determinazione di un valore unico per l'ampiezza del settore di azione, quale che sia il tipo di divisione c hia m ato ad operarvi, contraddice alla diversa poten za di fuoco ed a l diverso grado di mo-
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bilità tattica e di velocità operativa che contraddistinguono le divisioni corazzata e meccanizzata dalla divisione di fanteria e pone sullo stesso piano grandi unità che godono di possibilità di manovra assai differenti. Bene, per contro, fa la 800 a ridurre da 20 e 15 il valore massimo di ampiezza del settore della divisione di fanteria in relazione al venir meno della larga disponibilità nucleare ed alla quasi normalità del combattimento senza impiego di armi nucleari. In siffatta nuova situazione, anche il valore massimo di ampiezza di 30 km fissato dalla 700 per la divisione corazzata e meccanizzata non può non subire una qualche riduzione; ma le divisioni corazzata e meccanizzata, pur tenuto conto che il settore di azione è sempre più ampio di quello di spiegamento, hanno per loro natura necessità di spazi maggiori rispetto a quella della divisione di fanteria, per sviluppare la loro manovra sfruttando la loro grande mobilità su terreni con buon indice di scorrimento, la loro potenza di fuoco e soprattutto la loro rJessibilità organica e tattica, che consente loro la costante combinazione di direzioni e di formazioni purché abbiano disponibilità di ampi spazi. La battaglia offensiva della 800 resta, in conclusione, caratterizzata dalla potenza di fuoco, dalla flessibilità del fuoco e dei dispositivi e dalla celerità di progressione al pari di quella della 700. L'alimentazione e la reiterazione degli sforzi lungo gli assi prescelti, lo sfruttamento tempestivo delle situazioni favorevoli anche modificando la gravitazione iniziale, l'intervento a massa del fuoco disponibile e l'impiego al momento e nel luogo giusti delle riserve ai vari livelli ne continuano a configurare lo sviluppo complessivo, durante il quale il mantenimento della iniziativa, che ne garantisce anche la sicurezza, è compito specifico dei comandanti ai vari livelli. La battaglia offensiva della 800 resta un'azione di forza e di rapidità che mira a fare massa dove e quando si debba realizzare la superiorità - che ne resta il presupposto - a sorprendere con prontezza di concezione e di azione ed a non farsi prevenire, a superare il nemico in velocità e a batterlo con la manovra. Il venir meno della larga disponibilità nucleare e la normalità del combattimento senza impiego di fuoco nucleare abbassano, ovviamente, la rapidità di rottura e di penetrazione, rallentano il ritmo, riducono le possibilità di manovra, ma non per questo imbrigliano la manovra offensiva in uno schema rigido che ricalchi una raffigurazione preconcetta.
5. La ballaglia difensiva, diversamente dall'offensiva, presenta varianti di fondo rispetto a quella della 700 ed è più simile a quella del-
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la 600, parimenti basata sulla scarsa disponibilità nucleare, anche se si discosta da questa notevolmente in più punti. Essa viene definita come manovra aeroterrestre, svolta da Grandi Unità complesse del livello di Armata o di Corpo d'Armata autonomo, risultante dalla combinazione armonica di sforzi difensivi, esercitati da Grandi Unità elementari in 1 a schiera, alimentati e sostenuti da aliquote di forze in riserva, integrati dal fuoco e potenziati dall'ostacolo naturale ed artificiale; mira ad arrestare lo sforzo nemico conservando l'integrità funzionale del dispositivo difensivo; interessa una area predeterminata, (area della battaglia), compresa tra la linea di contatto ed il margine posteriore del dispositivo dell'Armata o del Corpo d'armata autonomo. L'area della battaglia comprende, dall'avanti all'indietro, una zona di frenaggio (Zo.Fr.), una posizione difensiva (P.D.), una zona delle riserve di Corpo d'Armata (Zo.Ris.C.A.), una zona delle retrovie di Armata (lo.Re.A.) o di Corpo d'Armata autonomo (Zo.Re.C.A.). La P.D. comprende la zana di sicurezza (Z.S.) e la posizione di resistenza (P.R.); nella P.R. le grandi unità elementari in I a schiera svolgono difesa a tempo indeterminato mediante procedimenti di difesa ancorata o di difesa mobile, combinabili nell'ambito delle Grandi Unità complesse nel senso della fronte, in relazione al terreno, al tipo delle forze disponibili ed alla concezione della manovra. La profondità della P.R. è principalmente influenzata dalle caratteristiche del terreno ed è indipendente dal tipo di combattimento (senza o con impiego di armi nucleari). In terreni di pianura e collinosi è dell'odine di 20-30 km e tende nella difesa ancorata ai valori minimi, nella difesa mobile ai valori massimi, mentre in terreni di tipo alpino può risultare sensibilmente minore. La P.R. torna a costituire, come già nella 600, la parte fondamentale della P.D. e in essa, pertanto, operano od intervengono tutte le forze a disposizione dell'armata o del corpo d'armata autonomo, con il fine ultimo di assorbirvi la spinta offensiva avversaria. L'intervento e l'impiego delle riserve dei corpi d'armata in 1a schiera e dell'armata vengono orientati a favore della P.R., anche se la Zo.Ris.C.A. può essere utilizzata, specie nella fascia anteriore, per condurre massicce reazioni dinamiche nei confronti di penetrazioni nemiche sfociate oltre la P.R.. Scompare la combinazione in profondità del procedimento di difesa ancorata con quello di difesa mobile e conseguentemente viene meno la funzione di fascia di manovra (Fa.Man.) attribuita dalla 700 alla Zo.Ris.C.A .. La P.D., articolata nella 700 in zona di sicurezza e in zona di arresto (Zo.Arr.) - questa ultima, a sua volta, in P.R.
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e in Zo.Ris.C.A. - si articola ora in Z.S. e in P.R., mentre la Zo.Ris.C.A. viene enucleata dalla posizione difensiva e costituisce area a sé stanle nella quale vengono dislocate, in ogni caso secondo criteri di sicurezza nucleare, le riserve dei corpi d'armala in 1 a schiera, le unità di lancio nucleari dipendenti dai corpi d'armata in 1 a schiera o dall'armata, nonché gli organi esecutivi dei servizi delle grandi unità elementari e dei corpi d'armata in 1 a schiera. La profondità della Zo.Ris.C.A. - che dipende anche dal numero degli obiettivi remunerativi (unità al livello di battaglione, schieramenti di artiglieria e di missili, centri logistici, ecc.) - oscilla intorno ai 50 km. La battaglia difensiva, che nella 700 poteva essere sviluppata, in caso di necessità, per una profondità di 80 -:- 120 km (10 -:- 15 Z.S.; 20 -:- 25 P.R.; 50 -:- 80 Fa.Man.), è ora contenuta in una profondità massima di 30 km, con possibilità di una qualche maggiorazione quando si debba ricorrere a contrattacchi nella fasc.:ia anteriore della Zo.Ris.C.A .. L'ampiezza 01·ientativa del settore di una grande unità elementare in 1 a schiera, dell'ordine della divisione, ora non supera generalmente i 20 km, mentre nella 600 oscillava sui 15 km per la divisione di fanteria (non era previsto l'impiego in 1 a schiera della divisione corazzata) e nella 700 tra i 15 e 20 km per la divisione di fanteria ed i 25 -:- 30 km per le divisioni corazzata e meccanizzata. La battaglia difensiva della 800, inoltre, viene articolata in due azioni principali - l'azione di frenaggio e la difesa a tempo indeterminato - e perde la denominazione di manovra di arresto attribuitale dalla 700 che ne prevedeva altrcsì l'articolazione in quattro azioni principali: azione di presa di contatto (eventuale), azione di frenaggio (che poteva essere limitata alla Z.S.), azione di resistenza e di arresto (scomposta in contropreparazione, resistenza, arresto), azione di annientamento. Strettamente connessa sul piano generale al nuovo quadro operativo - combattimento senza o con impiego limitato e selettivo di armi nucleari - la impostazione concettuale della battaglia difensiva della 800 si concreta nel tendere, con le grandi unità in 1a schiera, all'arresto dell'attaccante (o, quanto meno, a creare le premesse per ta le arresto), da perseguire in maniera definitiva ad opera delle riserve di ordine superiore. L'impiego di queste ultime non è più legato a schemi; è orientato, in genere, a scopi risolutivi e segna il momento culminante della battaglia. In linea di massima, spetta: alle riserve di corpo d'armata, intervenire per aliquote a concorso o in sostituzione di quelle delle grandi uni là elementari in 1 a schiera,condurre reazio11i <li11amiche conclusive nell 'interno ed a tergo della P.R. e, su terre-
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ni alpini, presidiare posizioni più arretrate; alle riserve di armata, spetta: alimentare la battaglia in avanti, condurre reazioni dinamiche in sostituzione o non di quelle delle riserve di corpo d'armata e, in caso di eventi sfavorevoli, creare le premesse per la condotta di una successiva battaglia difensiva su di una posizione difensiva arretrala. Allorquando la condotta della battaglia è affidata ad un corpo d'armata autonomo, le riserve di questo assumono anche i compiti della riserva d'armata. Tale impostazione dà quasi per scontata la favorevole risoluzione della battaglia difensiva nell'ambito della P.R., o poco a tergo, in entrambi i tipi di combattimento, mentre la 600, pur basandosi su di un regime di limitata disponibilità nucleare, prevedeva che le riserve di corpo d'armata, oltre sviluppare il contrattacco in sostituzione delle riserve delle grandi unità in 1 a schiera già impegnate nell'azione di contenimento o reiterare quello condotto da tali forze che non fosse riuscito a distruggere la penetrazione nemica, concorressero anche, sia pure eccezionalmente, al contenin1entu ùi uua u più riserve divisionali, ove l'azione di queste non risultasse suffidente. Per le riserve d'armata la 600 stabiliva, nell'ordine, i compiti di sviluppare il contrattacco contro penetrazioni profonde sfociate oltre la P.R., di presidiare in caso di necessità la posizione difensiva arretrata, d ' intcrveni re contro aviosbarchi consistenti, oltre che di alimentare la battaglia sul davanti. La visione della battaglia della 600 era, in sintesi, meno ottimistica e teneva in maggior conto l'incidenza del fuoco nucleare, quando impiegato, sino a prevedere l'impiego delle riserve di corpo d'armata nel concorso al contenimento. Sia la 600 che la 800 però orientano concordemente le riserve di corpo d'armata, in via prioritaria, al contrattacco cd affidano a tali contrattacchi il compito di riportare la lotta in avanti e di garantire l'integrità funzionale della P.R.. Il passaggio dal combattimento senza a quello con impiego limitato e selettivo di armi nucleari presuppone, per la 800, che la grande unità complessa sia, in qualsiasi momento, in grado di impiegare efficacemente il fuoco nucleare e sia in condizione di subire con il minor danno possibile quello nemico. A tale fine la 800 prescrive che siano predisposte misure tendenti a garantire l'aggiornamento continuo dell'acquisizione degli obiettivi, la immediata attuazione delle varianti nella distribuzione <lei fuoco di artiglieria e il rapido adeguamento dei dispositivi nella P.R .. Essa, inoltre, sottolinea che l'impiego del fuoco nucleare, mentre incide in misura determinante sulle modalità di azione e sui dispositivi delle grandi unità di fanteria operanti su terreni <li pianura e collinosi con il procedimento del-
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la difesa ancorata, ha ripercussioni minori sulle modalità di azione e sui dispositivi delle grandi unità corazzate e meccanizzate operanti con il procedimento della difesa mobile, e sulle grandi unità di fanteria operanti su terreni montani e alpini. Sui terreni di pianura e collinosi le grandi unità di fanteria che operano con il procedimento della difesa ancorata, ferme restando l'entità complessiva delle forze destinale all'attivazione delle strutture statiche e l'ampiezza dei settori, debbono conferire alla densità delle strutture statiche un valore diverso a seconda del tipo di combattimento. Nel combattimento senza impiego di armi nucleari, la densità deve tendere ai valori massimi in corrispondenza delle strutture avanzate ed intermedie, sì da poter logorare ed arrestare l'attacco nemico il più avanti possibile; nel combattimento con impiego di armi nucleari, la densità deve tendere ai valori minimi, sì da poter disporre di spazi vuoti per gli interventi nucleari, per diminuire la vulnerabilità del dispositivo e per attribuire a questo profondità commisurata alla maggiore capacità di penetrazione dell'attacco. L'adeguamento del dispositivo lo si ottiene sfruttando la mobilità dell'aliquota mobile delle unità di fanteria cui compete determinare la gravitazione del dispositivo in avanti in corrispondenza delle strutture intermedie o, in alternativa, garantire la funzionalità della posizione di contenimento mediante il presidio delle sue strutture fondamentali. L'abbandono della combinazione in profondità del procedimento di difesa ancorato con quello di difesa mobile attuata in due distinte e successive fasce della Zo.Arr. è una decisione del tutto coerente con il mutato quadro operativo. Il ricorso alla combinazione dei due procedimenti in profondità trovava nella 700 giustificazione nel regime di larga disponibilità nucleare e nella indisponibilità di un numero di grandi unità corazzate e/o meccanizzate sufficiente, senza detrimento delle riserve di armata e di corpo d 'armata, a condurre la resistenza ad oltranza con il procedimento della difesa mobile schierandosi in 1 a schiera. Il passaggio dall'uno allo altro procedimento costituiva un momento complesso, difficile e delicato, ma non in misura molto più notevole del passaggio alla manovra in ritirata o di quello dal combattimento senza al combattimento con impiego di armi nucleari. Diminuito il credito concesso alla capacità di penetrazione dell'attacco, privato della larga disponibilità nucleare, al ricorso alla combinazione dei due procedimenti in profondità, veniva a mancare il presupposto che lo giustificava e non poteva esservi dubbio sul ritorno alla concezione della 600, che conferiva alle riserve di ordine supc-
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riore l'orientamento prioritario al contrattacco a favore della P.R.. Inesplicabile sotto tutti gli aspetti è, invece, la combinazione dei due procedimenti, nell'ambito dello stesso corpo d'armata, attuati in settori di P.R. di analoga profondità. Il concetto di una manovra difensiva che tenga in montagna e manovri in pianura si può dire sia antico quanto la strategia e la tattica ed è ancora maggiormente valido quando è prevedibile l'impiego di armi nucleari, ancorché limitato e selettivo. Una differenziazione, nello scacchiere nord-orientale italiano, di procedimenti tra il settore alpino montano e quello di pianura e collinoso non solo è accettabile, ma è obbligata. Ammettere invece tale differenziazione nell'ambito di un corpo d'armata che agisca su di un terreno pressoché con eguale indice di scorrimento, o comunque con caratteristiche poco diverse, contraddice la natura stessa dei due distinti procedimenti. Il terreno della pianura friuliana-veneta, dall'allineamento pedemontano al mare, non oppone ad un esercito moderno condizioni di scorrimento sensibilmente differenziate. La linea delle risorgive, che in passato poteva segnare il limite di separazione tra un'area settentrionale più facilmente percorribile da mezzi corazzati e meccanizzati ed una meridionale ricca di ostacoli fluviali, ha perso tale significato già dai primi anni settanta, in quanto gli ostacoli maggiori in entrambe le aree sono ora rappresentati dagli abitati, dagli impianti industriali e dall'alta densità di edifici in muratura ed in cemento che punteggiano fittamente l'intera pianura. L'adozione in due settori divisionali contigui di procedimenti di difesa diversi non ha alcuna giustificazione dal punto di vista dell'ambie nte naturale e ad essa si oppone la natura stessa dei due procedimenti. La difesa mobile si .iislingue da quella ancorata per una netta prevalenza degli atti dinamici su quelli statici e, per logorare ed arrestare l'attaccante, condizione indispensabile affinché i contrattacchi abbiano successo, essa fa leva sulla cessione di spazio sia pure aspramemente contrastata. Con ciò, applicando i due procedimenti in se ttori contigui - aggiungiamo non differenti - si corre il rischio di creare scompensi nella condotta generale della difesa con conseguente minacc ia per i fianchi e il tergo del settore ancorato dove, a differenza di que llo mobile, si tende principalmente alla tenuta delle posizioni. I compilatori della 800 hanno avvertito tale pericolo ed hanno creduto di ovviarvi dimezzando la profondità della posizione di resistenza prevista dalla 700 per la difesa mobile e facendola coincidere con quella della posizione di resistenza per la difesa ancorata, snaturando così la difesa mobile che perde, privata di spazio, uno dei suoi principali fattori di potenza (6).
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Se il passaggio dalla difesa ancorata a quella mobile previsto dalla 700 creava, per le difficoltà di coordinamento insite nell'operazione, una crisi temporanea, lo sviluppo contemporaneo dei due procedimenti in settori contigui di ambiente naturale analogo genera una crisi costante, sul piano psicologico e tattico, pressoché ingovernabile. A questi che sono i motivi concettuali che si oppongono alla combinazione nel senso della fronte nell'ambito di un unico corpo d'armata dei due procedimenti, si aggiunge quello di ordine pratico, della reale disponibilità nel 1971 di divisioni corazzate e meccanizzate dell'esercito italiano che, impiegandone una delle due disponibili in 1a schiera, riduceva la consistenza delle riserve dei corpi d'armata e di armata ad una sola divisione corazzata, il che alterava quell'equilibrato rapporto tra grandi unità impegnate in 1 a schiera e grandi unità in riserva che è alla base di una manovra difensiva moderna. Quanto ai nuovi valori orientativi indicati dalla 800 circa la profondità della P.R. e l'ampiezza dei settori divisionali non si può non rilevare che la profondità di 30 km per una divisione di fanteria, ancorché rinforzata, è senza dubbio eccessiva e compromissoria della unitarietà d'impiego e della coesione tattica, mentre per una divisione corazzata o meccanizzata è assolutamente insufficiente per sviluppare una difesa a tempo indeterminato basata essenzialmente sulla disponibilità di ampi spazi per contromanovrare e per sviluppare robusti contrattacchi imperniati sul libero gioco di direzioni e formazioni. Circa l'ampiezza dei settori divisionali, mentre risulta eccessiva quella massima indicata per la divisione di fanteria (20 km), per la quale più appropriata era l'indicazione di 15 km data dalla 600, non persuade che essa sia la stessa anche per la divisione corazzata. Nessun dubbio circa la necessità di ridurre i valori della profondità e dell'ampiezza espressi dalla 700, stante il mutato quadro strategico, ma l'equiparazione di tali valori per entrambi i tipi di grande unità nell'azione difensiva è ancor meno convincente che nell'azione offensiva. Lo è, invece, il richiamo alla concezione della difesa su ampie fronti che la 800 introduce per il caso che la fronte affidata ad una grande unità complessa ecceda le possibilità delle forze disponibili. In tale situazione, la difcsa deve essere esercitata in corrispondenza delle aree di maggiore sensibilità ed importanza, senza dilatare, di massima, oltre il normale l'ampiezza dei settori delle Grandi Unità elementari. Le aree rimanenti, rese difficilmente percorribili mediante la valorizzazione degli ostacoli naturali e il largo ricorso all'ostacolo artificiale, sono sorvegliate predisponendovi l'intervento, a ragion veduta, di forze di riserva. È. infat-
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preferibile accettare il rischio che deriva dalla presenza di aree volutamente sguarnite, piuttosto che estendere oltre i limiti della coesione fallica l'ampiezza dei settori delle Grandi Unità elementari; realizzando una difesa a cordone, debole ovunque. Nei riguardi dei procedimenti di difesa, le innovazioni concettuali riguardano soprattutto la difesa ancorata. Nella 700 il punto di partenza dal quale si doveva cominciare a tessere la concezione e l'organizzazione della P.R. era la definizione del numero e della ubicazione delle zone d ' intervento delle riserve. Nella 800 tale definizione non ha più carattere prioritario, ma si combina simultaneamente con quella delle posizioni fondamentali su cui investire le strutture statiche. La P.R. viene costruita, pertanto, mediante la scelta delle posizioni fondamentali e delle zone di intervento delle riserve. Nel procedimento di difesa ancorata acquistano importanza maggiore, rispetto al passato: sui terreni di pianura e collinosi, il mantenimento od il ripristino dell'integrità funzionale del sistema mediante la tenuta delle posizioni d'importanza fondamentale; sui terreni montani cd alpini, la salvaguardia della libera disponibilità delle zane critiche (7). Ciascuna grande unità di fanteria o alpini impegna, come già nella 600 e nella 700, un'aliquota, la maggiore, delle proprie forze nel presidio di strutture statiche (opere, complessi di opere, caposaldi di entità e struttura diverse occupati a priori o da attivare a ragion veduta, campi minati difesi o da difendere combattimento durante) variamente distanziate ed intervallate, ognuna delle quali, indipendentemente dall'ubicazione e dalla funzione particolare, deve, se attivata, resistere a tempo indeterminato per arrestare le formazioni attaccanti o, quanto meno, deviarne la progressione. L'altra aliquota, la minore, è mantenuta in riserva per contratlacare le penetrazioni nella P.R. o, quanto meno, per contenerle qualora minaccino di sfociare oltre la P.R .. Sui terreni montani ed alpini l'aliquota in riserva può esser·e impiegata anche per integrare o raffittire il sistema statico. La parte arretrata de lla P.R. conserva la funzione di posizione di contenimento, sulla quale la difesa deve potersi irrigidire per sistemare le reazioni dinamiche condotte dalle riserve di ordine superiore o per favorire gli ulteriori sviluppi della manovra. Il sistema statico, unico sia per il combattimento senza che per quello con impiego di armi nucleari, è costituito da: un ordine di strutture statiche avanzate presidiate e, in genere, cooperanti nel senso della fronte; un ordine di strutture statiche intermedie, opportunamente scaglionate in profondità, in parte presidiate in relazione alla funzione loro attribuita, in parte c..la attivare a ragion Li,
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veduta, in modo da realizzare la cooperazione nei tratti investiti in forze dal nemico e da opporre, come necessario soprattutto nel combattimento senza impiego di armi nucleari, alla concentrazione dell'attacco adeguata concentrazione della difesa; un ordine di strutture statiche arretrate, solo predisposte, da attivare nel caso di combattimento con impiego di armi nucleari o quando, comunque, sia necessario ricorrere all'azione di contenimento. L'articolazione del sistema statico, analoga a quella della 600 e della 700, risponde peraltro ad un diverso orientamento concettuale, del tutto coerente con il nuovo quadro operativo, che consiste nella diversa dosatura della densità in relazione all'uno od all'altro tipo di combattimento e nel vincolo della cooperazione tattica per i caposaldi del primo ordine. La presenza nell'ambito del battaglione di fanteria di una compagnia dotata di VTC consente la rapida attivazione, a ragion veduta, delle posizioni predisposte nelle fasce intermedia e<l arretrata rispettivamente a seconda che il combattimento si sviluppi sen za o con impiego di armi nucleari e, in questo quadro, esistono possibilità di manovra ben maggiori di quelle del passato e cade la necessità del ricorso alla manovra dei presidi dei caposaldi intesa come trasferimento di forze già schierate su di un caposaldo ad altra struttura statica non presidiata a priori. La nuova impostazione della difesa ancorata e la disponibilità della compagnia dotata di VTC consentono perciò di attribuire densità maggiore, nel combattimento senza impiego di fuoco nucleare, alle strutture avanzate ed intermedie per logorare ed arrestare il nemico il più avanti possibile, mediante la concentrazione di forze e mezzi convenzionali contro forze e mezzi convenzionali, mentre, nel combattimento con impiego del fuoco nucleare, una densità minore soddisfa le esigenze di disporre di spazi vuoti per gli interventi nucleari, di diminuire la vulnerabilità del dispositivo e di attribuire a questo una profondità meglio commisurata alla maggiore capacità <li penetrazione dell'attacco. La difesa mobile conserva, invece, sostanzialmente l'impostazione concettuale della 700. È, infatti, intesa come un particolare procedimento di difesa a tempo indeterminato, caratterizzato da una condotta spiccatamente aggressiva e tendente ad assoggettare l'avversario a reazioni potenti e, se necessario, reiterate, per determinarne l'esaurimento e l'arresto. I contrattacchi, che costituiscono l'essenza del procedimento, sono però resi possibili dall'irrigidimento delle forze destinate ad agire staticamente su posizioni ubicate in corrispondenza di aree convenientemente scelte e<l organizzate. Le grandi unità corazzate e meccanizzate, cui il procedimento è affidato, operano con un'aliquota di forze. la maggiore. incaricata di svi-
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luppare le reazioni dinamiche dirette ad esaurire l'attacco nemico mettendone fuori combattimento il maggior numero possibile delle forze e con un 'aliquota, la minore possibile, destinata a creare le premesse per l'effettuazione dei contrattacchi, mediante il frazionamento, il logoramento, l'incanalamento ed il restringimento in aree an guste d elle formazioni attaccanti. L'occupazio ne di posizioni ha, p erciò, carattere contingente e strumentale. L'azione di presa di contatto e di frenaggio e l 'azione in zona di sicurezza non subiscono mutamenti di rilievo rispetto al passato. Nella presa di contatto, lo scaglione di presa di contatto e di frenaggio opera secondo le modalità Lipiche dell 'esplorazione Lattica terrestre, s i articola ne l senso de lla fronte per settori di corpo d'armata in I a schiera, sviluppa la sua azione a cavaliere delle principali rotabili raggiungendo celermente le posizioni sulle quali stabilire il contatto e d a lle quali dare inizio a ll 'azione di frenaggio. Ques ta rimane la r isultante di resistenza successive, condotte tra linea <li contatto iniziale e<l il margine anteriore della P.D. in corrispondenza di posizioni difese a tempo determinato (posizione di arresto temporaneo - PAT) e di azioni dinamiche svolte negli spazi interposti. Le aliquote dello scaglione operante in ciascun settore di corpo di armata in 1a schiera continuano a d articolarsi, a loro volta, in due aliquote - aliquota di arresto temporaneo e aliquota di cont rasto dinamico, g ià designate nella 700 rispettivame nte scaglione di arresto e scaglione ritardatore - che s i scavalcano vicendevolmente durante l'azione c he tende a perseguire il logoramento delle formazioni avanzate nemiche. La 700 prendeva in esame l 'eventualità di affidare, nel caso in cui a ll'inizio del conflitto non fosse in atto lo schieramento completo delle forze, a lle forze di copertura o la difesa ad oltranza de lle pos izioni di con fine o lo sviluppo di una manovra ritardatrice tra lo s pazio compreso tra tali pos izioni cd il m a rgine ante riore della P.D. non investita sul confine. La 800 prende, invece, in considerazione solo questo ultimo caso e prevede di affidare l'azione di frenaggio alle forze già dislocate sulle pos izioni di confine quando, appunto, la P.D. sia arretrata rispetto a tali posizio ni. La 800, in sostanza, semplifica e s i limita a prevedere un'azione di frenaggio affida ta a grandi unità di copertu ra che spingono, se possibile, un proprio scaglione oltre frontiera ovvero svolgono per intero l'azione di frenaggio ne llo spazio compreso tra le posizioni di confine ed il margine a n teriore della P.D .. In tutti i casi lo scaglione di presa di conta tto e di fre naggio, a dempiuto il compito, raggiunge le zone di raccolta ubica te a tergo della P .D. lascia ndo, in ta luni cas i,
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una sua aliquota in rinforzo alle forze operanti nella Z.S .. Le funzioni della Z.S. sono le stesse del passato: evitare le sorprese, raccogliere dati informativi, logorare il nemico. La profondità della Z.S. resta quella della 700: 10-15 km su terreni di pianura e collinosi; notevolmente minore su quelli montani cd alpini, dove, al limite, in qualche tratto la Z.S. può mancare del tutlo. La Z.S. continua ad essere articolata, di norma, per settori di grandi unità elementari in 1 a schiera ed in essa svolgono azione <li contrasto dinamico aliquote <li forze, la cui compos izione qualitativa c quantitativa è definita dai comandi delle grandi unità elementari in I a schiera in base alle esigenze da soddisfare, alla profondità della zona ed alle possibilità di ricorso ai campi minati, ai gruppi <li mine sparse ed alle d emolizioni e fra queste, soprattutto, alle interruzioni di manufatti stradali. La battaglia difensiva della 800, pur notevolmente diversa da quelle d ella 600 e della 700 s ia nella impostazione che nella organizzazione, risponde a criLeri di daslicità dei dispositivi, di flessibilità del fuoco e di reattività di fuoco e di movimento, propri del combattimento moderno. La 800 riduce a due i moduli operativi e prende a base, ai livelli più elevati, quello relativo a l combattimento con impiego limitato e selettivo di armi nucleari. Ciò per l'incertezza che continua ad esistere sul se e sul quando si potrebbe determinare il p assaggio dal combattimento senza al combattimento con il fuoco nucleare, un passaggio che non comporta misure particolari nel procedimento di difesa mobile, ma che esige adeguamenti notevoli <lei dispositivi nel proced ime nto di difesa ancorata. Le molte ragioni che rendono inaccettabile la combinazione dei due procedimenti nel senso della fronte nell'ambito di un corpo d'armata non rendono verosimile l'ipotesi di potervi fare ricorso in corrispondenza della frontiera orientale ita liana, per cui, una volta a ragione scartata l'ipotesi di adottare la combinazione dei due procedimenti nel senso della profondità, la 800 avrebbe fatto meglio ad abolire la difesa mobile, dando risalto esclusivo a lla difesa ancorata che, così come impostata ed organizzata dalla stessa 800, è l'unica forma valida di manovra difensiva praticabile nella situazione di ambiente naturale e di disponibilità di forze dell'esercito italiano, almeno fino a quando non sarà possibile realizzare una diversa consistenza di grandi unità corazzate e/o meccanizzate. Ciò avrebbe evitato, tra l'altro, l'inaccettabile aumento dell a profondità della P.R. fino a 30 km nella difesa ancorata e l'altrettanto inaccettabile diminuzione della profondità della P.R. nella difesa mobile, che ha bisogno, sia per la maggior potenza di fuoco, sia per la
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mobilità tattica integrale delle grandi unità che la conducono, di spazi di manovra assai più ampi di quelli necessari alla difesa ancorata. Infine, circa i mutamenti introdotti nella terminologia non persuadono né l'eliminazione del termine manovra di arresto, identificata nella battaglia difensiva, né la mancata scomposizione in azioni distinte dell'azione di resistenza e di arresto, né l'abolizione, quale azione a sé stante, dell'azione di annientamento. Il termine manovra di arresto introdotto dalla 700 non era tanto in contrapposizione a quello di manovra di logoramento, quanto inteso ad indicare il fine di tale manovra che è assai diverso da quello della manovra in ritirata che è, anche questa, una battaglia difensiva. Quanto all'azione di resistenza e di arresto, sostituita nella 800 dalla difesa a tempo indeterminato, non ci sembra che vi possano essere dubbi che, nel suo insieme, essa si concreti in due azioni distinte ancorché non divisibili in fasi. L'azione di annientamento aveva per fine l'annullamento d e ll a capacità operativa, o quanto meno di quella offensiva, delle forze nemiche arrestate nella P.D .. Era devoluta alle riserve di armata e ad essa era previsto che concorressero tutte le riserve dei livelli inferiori ancora impiegabili . Non è, infatti, sufficiente arrestare l'attacco per riacquistare la libera disponibilità dell'area della battaglia - o di gran parte di questa - al fine di riorganizzarvi la difesa, ma è necessario annientare le forze attaccanti per creare le premesse dell'azione controffensiva. La 800 non nega tale proposizione concettuale, ma non considerando distinte l'azione di arresto da quella di annientamento che, di norma, interessano due livelli diversi - la prima le grandi unità elementari in 1a schiera e talvolta le riserve di corpo d'armata, la seconda le riserve di armata e anche eventualmente di scacchiere (quando esistono) in uno con le riserve di corpo d'armata se non ancora impiegate - non pone nel giusto rilievo il fatto che la difesa non deve determinare solo il d ecadimento della capacità offensiva del nemico, ma il suo annullamento fino ad invertire il rapporto di potenza iniziale per acquistare libertà di iniziativa.
6. La manovra in ritirata della 800 è ricondotta a quella della 600 modificata. Viene, perciò, nuovamente abolita la distinzione tra manovra di ripiegamento e manovra ritardatrice che era stata reintrodotta dalla 700. La manovra in ritirata si impernia su di un'azione di
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frenaggio alla quale può accompagnarsi o non il ripiegamento dei grossi. La semplificazione concettuale e terminologica non modifica la sostanza dei procedimenti già in vigore ed il riaccostamento concettuale alla manovra in ritirata della 600, d'altra parte, lascia inalterati i due scopi diversi che essa persegue: sottrarre il grosso delle forze al contatto del nemico e dare sicurezza con un'aliquota di esse (retroguardia) al movimento retrogrado generale oppure guadagnare, ritardando e logorando il nemico, il tempo necessario affinché altre forze provenienti da tergo o da settori laterali possano schierarsi sulla posizione difensiva arretrata e su questa impostare, organizzare e sviluppare una nuova battaglia difensiva. Nel primo caso il grosso ripiegato viene reimpiegato subito sulla P.D. arretrata; nel secondo caso il compito della difesa di tale posizione è commesso ad altre forze. La 800 distingue i due casi. L'azione di frenaggio, infatti, è svolta nell'ambito delle grandi unità complesse gravemente provate da tutte le forze disponibili , se necessario rinforzate con riserve di ordine superiore, mentre nell'ambito delle grandi unità complesse solo parzialmente provate o anche direttamente minacciate dal cedimento in altri settori è affidata ad un'aliquota delle forze. In questo secondo caso i grossi, f rucndo della cornice di sicurezza garantita dalla retroguardia e dalle altre misure disposte dal comando dell'armata o del corpo d'armata autonomo, si sottraggono al contatto del nemico e raggiungono rapidamente, ma ordinatamente, le nuove posizioni di impiego. L'azione di frenaggio, da chiunque svolta, consiste in una serie di combattimenti coordinati dal comando di armata o di corpo d'armata autonomo, la cui condotta può essere assunta in proprio dallo stesso comando che presiede alla manovra in ritirata o delegata ad un comando dipendente. Nelle modalità esecutive è del tutto identica a quella che viene svolta sul davanti della prima P.D. dallo scaglione di presa di contatto e di frenaggio. È, perciò, la risultante di resistenze successive in corrispondenza di posizioni difese a tempo determinato (PAT) e di azioni dinamiche svolte negli spazi interposti, affidate, rispettivamente, ad una aliquota di arresto temporaneo e ad un' aliquota di contrasto dinamico. L'azione è estesa in profondità da azioni di fuoco. Il contrasto dinamico è affidato, di norma, ad unità corazzate e meccanizzate; si avvale in larga misura del fuoco a distanza, dell'ostacolo e delle demolizioni; si concreta in sbarramenti temporanei in funzione controcarri, in un rapido alternarsi di improvvisi irrigidimenti locali e di tempestive puntate offensive, in pronte reazioni contro le penetrazioni che minaccino la lihertà rii movimento. F.ssa ha
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termine in corrispondenza di una linea di riferimento antistante la PAT, raggiunta la quale le forze ripiegano a tergo e ivi si riordinano per riportarsi, nell'imminenza della rottura del contatto da parte dell'aliquota di arresto temporaneo, su di una linea di attestamento dalla quale riprendono l'azione. L'arresto temporaneo in corrispondenza delle PAT è affidato, di norma, ad unità meccanizzai.e e/o ad unità di fanteria e alpini; si avvale in larga misura del fuoco e dell'ostacolo; si svolge in una fascia di terreno profonda 5-;- 8 km, naturalmente forte e poss ibilmente appoggiata anteriormente ad un ostacolo fluviale; si concreta nella resistenza delle strutture statiche, nella sorveglianza cd in azioni di fuoco negli intervalli tra le strutture statiche ad opera di elementi mobili; può comprendere puntate reattive di complessi tallici meccanizzati e corazzati dirette ad eliminare infiltrazioni, rronteggiare penetrazioni, facilitare la rottura del contatto. Il ripiegamento dei grossi si sviluppa attraverso l'abbandono delle posizioni ed il movimenio retrogrado verso le zone di reimpiego. Le operazioni si svolgono nei termini e secondo le modalità già indicate dalla 700.
7. Preceduta dalla già citata circolare n. 1571 /221.ll, dopo circa otto mesi dalla diramazione della 800, vide la luce in veste definitiva la pubblicazione n. 5936 Impiego della divisione di fanteria (n. 810 della serie dottrinale), conseguenziale sviluppo della capostipite per i livelli divisionale e di raggruppamento (8). Essa considera l' impiego della divisione e dei raggruppamenti solo su terreni di pianura e collinosi e tiene conto delle modifiche ordinative e organiche apportate alla costituzione delle unità di fanteria e all'organizzazione di comando (9). Caratterizzano il quadro operativo, nel quale la divisione e i suoi raggruppamenti sono chiamati ad operare, l'incombenza della minaccia aerea, l'immanenza di quella nucleare e dell'offesa biologica e chimica, la necessità di dover passare tempestivamente dal combattimento senza a quello con impiego limitato e selettivo di armi nucleari, I'esecuzione di manovre a ritmo serrato e su ampi spazi, l'enorme aumento d'importanza del fattore tempo, le rapide modificazioni del rapporto di potenza, l'ampio ricorso al combattimento notturno ed alla tattica d'infiltrazione, il forte impegno di mezzi logistici (specie munizioni e carburanti), la presenza degli elicotteri. I criteri generali ai quali la divisione e i raggruppamenti ispira no il loro impiego sunu:
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manovra, sorpresa e sicurezza. La possibile collocazione della divisione nell'ambito di una grande unità complessa resta quella tradizionale: in 1 a schiera, in 2a schiera, in riserva. I suoi compiti sono quelli già previsti nella 710: nella battaglia offensiva, condurre uno sforzo principale o sussidiario se in t a schiera o proseguirne uno già iniziato se in 2a schiera, eliminare nell'azione di annientamento le forze superstiti sopravanzate ed isolate ovvero eventualmente proseguire uno sforzo in profondità se in riserva; nella battaglia difensiva, interdire le direttrici incidenti nel settore assegnatole quando in 1 a schiera, alime ntare la battagli a ne ll a P.R. quando in riserva; nella manovra in ritirata, partecipare al ripiegamento dei grossi o partecipare inquadrata all'azione di frenaggio ovvero, qual e retroguardia, svolgerla in proprio. Per il movimento e lo stazionamento valgono i criteri e le modalità della 71 O. Nel movimento, la divi sione: si articola in blocchi di forze di composizione rispondente , per quanto possibile, alle previsioni d'impiego, variamente suddivisi tra gli itinerari disponibili od assegnati, ripartiti in colonne e queste, eccezionalmente, in scaglioni (articolati, a loro volta, così come le colonne, in unità di marcia); provvede alla propri a sicurezza dalle offese terrestri assegnando compiti di avanguardia e di retroguardia rispettivamente alle colonne di tes ta e di coda e di fiancheggiamento ad unità in movimento su itinerari la terali cd impiegando, ai fini della sorveglianza, aerei leggeri ed elicotteri e in vista di un pronto intervento anch.e di elicotteri armati; muove, di norma, in un generico quadro di sicurezza dalle offese aeree garantito dalla grande unità di ordine superiore; ricorre generalm ente al movimento notturno; assicura la protezione dalle offese aeree a bassa quota mediante l'impiego articolato delle artiglierie contraerei leggere disponibili, sia all'interno del dispositivo di movimento, s ia a difesa di punti sensibili lungo gli itinerari, mentre ogni unità di marcia provvede all'autodifesa utilizzando le armi disponibili; organizza un sistema di allarme aereo e predispone le misure idonee ad assicurare l'immediata reazione di tutte le armi in grado di effettuare il tiro contraerei. Nello stazionamento, la divisione, nella zona di attesa e, in particolare, nella zona di attesa per ['attacco: s i dispone in modo da facilitare lo svolgimento delle attività connesse coii l'operazione successiva e da proteggersi dalle offese aeree e terrestri nemiche. Essa: disloca i pr~pri complessi al livello di battaglione, quando possibile, a distanza di s icurezza nucleare; adotta le misure di
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difesa NBC; ricerca la protezione dall'osservazione e dal fuoco terrestre ed aereo nello sfruttamento della copertura, nel mascheramento e, ove possibile, nei cambi di dislocazione delle unità e degli organi più facilmente individuabili. Per la difesa contraerei la divisione pone in atto il proprio dispositivo contro attacchi da bassa e bassissima quota integrato dalle armi contraerei automatiche delle unità, mentre per la difesa dalle offese terrestri attua un sistema di avanposti (posti di sbarramento e pattuglie), unitario o non, alla cui costituzione concorrono il GED, eventualmente rinforzato, e forze dei complessi tattici e di altre unità della divisione. Le azioni fondamentali in cui si articola la battaglia offensiva sono quelle della 800; schieramento per la battaglia, allacco, annientamento. Lo schieramento per la battaglia passa attraverso: una sosta, che può eccezionalmente mancare, nella zona di attesa per l'attacco nella quale si sviluppa e, possibilmente, si completa l'organizzazione dell'azione; un movimento di avvicinamento durante il quale viene a s sunto il dispositivo per raggiungere, con i complessi in 1° scaglione, le basi di partenza per l'attacco; i combattimenti preliminari, qualora le basi di partenza non siano già tenute da altre forze. La wna di attesa per l'attacco deve essere scelta in modo da sottrarre 1c unità in sosta al fuoco dell'artiglieria nemica di maggior gittata, da ridurre il più possibile l'onere e il braccio dei movimenti connessi con il completamento dell'organizzazione per l'attacco e da offrire larga disponibilità di itinerari di afflusso e deflusso. L'avvicinamento ha inizio dalla zona di attesa per l'attacco, si svolge nell'arco notturno utilizzando tutte le vie di facilitazione disponibili nel settore assegnato e non contaminate da offese NBC, si attua integrando il movimento s u veicoli con quello a piedi e si conclude quando le varie unità raggiungono gli schieramenti previsti nel dispositivo della divisione. I raggruppamenti in 1° scaglione muovono con un dispositi~o che prelude quello di attacco e, nell'ambito dei raggruppamenti, i gruppi tattici assumono un dispositivo idoneo al movimento rapido ed al tempo stesso alla reazione contro eventuali offese avversarie. Le artiglierie raggiungono tempestivamente le zone di schierame nto in modo da dare inizio in tempo utile alla preparazione. Le misure per garantire la sicurezza variano secondo la situazione: di massima, ogni raggruppaO mento in I scaglione realizza la propria sicurezza nell'ambito del proprio dispositivo e i gruppi tattic i avanzati si limitano a garantirsi con pattuglie od assumono un dispositivo di sicurezza idoneo ad eliminare le eventuali resistenze e d a garantire la continuità del movi-
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mento. I combattimenti preliminari, quando le basi di partenza non siano già tenute da altre forze, sono organizzati al livello divisionale, assumono caratteristiche diverse secondo la consistenza <lei la sistemazione difensiva nemica, sono svolti da gruppi tattici meccanizzali comprendenti unità del genio, sono condotti ricorrendo alla tattica d'infiltrazione con rapide e violente azioni anche di carri armati incidenti sui fianchi delle difese più consistenti, sono largamente sostenuti dal fuoco delle artiglierie divisionali e, ove disponibili, dalle forze aerotatt iche. Le posizioni conquistate, destinate a costi lui re il margine ante1-iore delle basi di partenza, van no consolidate mediante l'occ upazione e la sommaria sistemazione a difesa dei tratti più sensibili, la sorvegl ianza con pattuglie degli intervalli e il controllo della terra di nessuno, l'intervento di aliquote mobili. l gruppi tattici che hanno sostenuto i combattimenti preliminari vengono scavalcati o sostituiti <la quelli che devono iniziare l'attacco in pi-imo scaglione c, una volta riordinatisi, essi si reinseriscono nel dispositivo <li attacco della divisione. In sintesi, nessuna innovazione di rilievo rispetto alla 710, fatte salve la diversa articolazione della battaglia già introdotta dalla 800 e le conseguenti modificazioni terminologiche, nonché la concisione e la forma propria della direttiva. Affine, ma non identica, a ll a precedente normativa, è la configurazione delle attività concettuale, organizzativa e di condotta de i comandanti della divisione e dei raggruppamenti per lo sviluppo dell'attacco, distinto questo ultimo a seconda che venga condotto sen za o con impiego limitato e selettivo di armi nucleari. L'innovazione maggiore sul piano concettuale è la genericità dell'indicazione dell'obiettivo di attacco divisionale indi v iduato in un'a rea di alto valore tattico ai fini della manovra della grande unità di ordine superiore. La 710 collocava a profondi là diversa l'obiettivo di attacco divi sionale a seconda dell'ambiente operativo e del tipo dello sforzo divis iona le, facendolo, comunque, corrispondere a posizioni la cui conquista era presumibile comportasse l'impiego delle riserve nemiche. In ambiente nucleare attivo, per uno sforzo principale la conq uista dell'obiettivo avrebbe presumibilmente comportato lo scontro con le riserve del corpo d'armata nemico in I a schiera, mentre per uno sforzo sussidiario avrebbe presumibilmente costretto il nemico ad impiegare la s ua riserva di primo intervento o, quanto meno, a non distoglierla a favore di altri settori. In ambiente nucleare potenziale e in ambiente convenzionale, lo sforzo principale doveva tendere a lla conquista di posizioni c h e cost1-ingessero il nemico ad impiegare le riserve di pri-
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mo intervento e lo sforzo sussidiario alla conquista di posizioni che consentissero all'attaccante il fissaggio delle riserve nemiche di primo intervento o, quanto meno, segnasse una profonda lacerazione del sistema statico. Il criterio di riferire l'ubicazione dell'obiettivo all'impiego delle riserve nemiche e proprie, la 7 IO lo aveva mutuato dalla dottrina di altri eserciti della N.A.T.O., in quanto materializzava il compito della divisione nella conquista di posizioni che individuino con precisione il fine della manovra divisionale. La 710 non dava una indicazione territoriale, ma sottolineava la diversa finalizzazione degli sforzi a seconda dell'ambiente operativo. Resta, peraltro, anche nella 8 I O la distinzione della ubicazione in profondità dell'obiettivo a seconda che l'attacco si sviluppi senza o con l'impiego delle armi nucleari: nel caso d'impiego del fuoco nucleare, infatti, l'obiettivo di attacco della divisione può coincidere, al limite, con quello assegnato alla Grande Unità complessa. Per la 81 O, dunque, il fuoco nucleare diversamente da quanto essa afrer·ma - incide sensibilmente sulla fisionomia dell'attacco, che assume caratteristiche di maggior dinamismo, con esaltaz.ione del ritmo e della profondità di penetrazione, anche se, nel quadro di un impiego limitato e selettivo di tale fuoco, il ruolo svolto dalle forze convenzionali rimane, prevedibilmente, determinanle, per cui i criteri cui si ispira la manovra non sembrano suscettibili, nella sostanza, di significative varianti rispetto a quelli validi per L'attacco senza impiego di armi nucleari. Una visione riduttiva dell'incidenza del fuoco nucleare sulla manovra divisionale, rispetto a quella della 710, ma che tiene conto: dell'aumento della libertà di scelta dei punti di applicazione degli sforzi, esercitabili anche in corrispondenza dei tratti più forti della sistemazione difensiva nemica; della possibilità di una diversa distribuzione del fuoco convenzionale per attenuarne la gravitazione a favore dello sforzo principale sostenuto dal fuoco nucleare; dalla possibilità di varianti nei compiti e nei dispositivi della divisione e dei raggruppamenti in 1 ° scaglione in ragione della maggiore profondità dell'azione divisionale. L'attacco della 81 O, quando sen za impiego del fuoco nucleare, è per il resto molto simile a quello della 71 O; quando, invece, fruisce di fuoco nucleare limitato e selettivo ha naturalmente un ritmo molto meno intenso e celere di quello attribuitogli dalla 71 O nel regime di larga disponibilità nucleare. La divisione, in entrambi i casi: articola la sua manovra in uno sforzo principale e uno o due sforzi sussidiari per aprire nel dispositivo nemico brecce di ampiezza e profondità sufficienti allo sviluppo della manovra della grande unità di ordine superiore; tende a
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realizzare la sorpresa mediante l'inganno, l'adozione di procedimenti particolari (infiltrazione, combattimento notturno) e la scelta oppo.-tuna <lei punto <li applica;,.ione dello sforzo decisivo e del momento; riceve impulso <lai fuoco <lella gran<le unità superiore e <lelle fo1-ze acrotattichc; si assicura la costante disponibilità di una riserva; opera in un ambiente di sicur·czza; evita, compatibilmente con l'adempimento del compito, le concentrazioni dei dispositivi, sì da renderli meno vulnerabili all'eventuale fuoco nuc leare nemico; articola f rcqucntcmcnte le sue forze in due raggrnppamcnti di fanteria di 1° scaglione e una riserva; orienta la riserva, costituita dal raggruppamento corazzato e dal GED, a intervenire a favore dello sforzo principale e a proseguirlo in profondità, a sbloccare le situazioni di stallo, a parare le reazioni dinamiche che i raggruppamenti in 1° scaglione non siano in grado di fronteggiare, ad alimentare questi ultimi. Il raggruppamento tattico di fanter-ia in l O scaglione: adempie il compito raggiungendo l'obiettivo di attacco nell 'ambito di un settore di azione e/o agendo lungo una direttrice di attacco, mediante la combinazione di più atti fallici; articola la sua manovra, combinando sulla fronte e in profon<lità gli atti tattici in mo<lo <la superare le resistenze nemiche e <la conquistare l'obiettivo di attacco; si avvale per la continuità della progressione e per la libertà cli azione di una propria rise ,·va; prosegue, a obiettivo cli attacco conquistato, sempre che conservi residua capacità offensiva, la s ua manovra sulla base della preventiva indicazione fornitagli dagli orientamenti per l'azione successiva. L'organizzazione della manovra divis ionale (10) e quella della manovra del raggruppamento in l O scaglione (11) ricalcano gli schem i de ll a 7 lO con alcune varianti che non ne modificano la sostanza. L'impiego <lei fuoco e l'utilizzazione del concorso aereo offensivo sono regolati rispettivamente dalla pubblicazione n. 6007 La pianifica zione del fuoco di artiglieria (12) e dal Manuale d elle operazioni di concorso aereo, questo ultimo elaborato dal comando supremo alleato in Europa (SHAPE) e approvato da tutti i membri della N.A.T.O. nel 1968. La seque nza di sviluppo dell'attacco senza impiego di armi nucleari segue il copione tradizionale. L'attacco è, di massima, preceduto dalla preparazione, pianificata e condotta al live llo di corpo d'a rmata, alla quale partecipano, oltre le artiglierie di tale livello, le forze aerotattichc, tutta la artiglieria divisionale e .i mortai pesanti. La preparazione tende a neutralizzare con priorità le forze schierate a sbarramento delle vie prescelte p er l'apertura delle brecce, le riser-
CAP. LXVII · u\ SERIE DOTTRINALE
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ve nemiche di primo intervento, le sorgenti di fuoco nemiche polenzialmente più pericolose. Durante il suo svolgimento, i raggruppamenti in 1° scaglione completano l'avvicinamenlo, si alleslano sul le hasi di partenza dove sostano quanto necessario al perfezionamenlo del dispositivo e all'orientamento sul terreno delle minori unilà. Al Lermine della preparazione, i raggruppamenti in 1° scaglione: superano la linea di partenza per l'attacco investendo le posizioni nemiche su più tratti, mentre ha inizio l'azione di appoggio condotta dall'artiglieria, <lai mortai pesanti e, se necessario, dalle forze aerotaltiche; aprono i passaggi nei campi minati, o ne completano l'apertura, e vi trafilano con le unità avanzate; sviluppano la loro manovra, fino al raggiungimento dell'obiettivo di attacco, mediante la combinazione degli atti tattici portati a termine dai singoli complessi, con azioni incidenti, sempre che possibile e in relazione anche alla presenza di aree contaminate chimicamente, sui fianchi o sul tergo delle forze nemiche. La riserva di raggruppamento è impiegata, senza esitazione, là dove, nei momenli decisivi, sia necessario manovrare per superare la resistenza nemica o fronteggiare la reazione avversaria. 11 comandante della divisione: persegue il suo scopo senza deviazioni, pur a<lattando, quando necessario, il disegno dell'azione all'evolversi della siluazione; coor<lina l'azione dei raggruppamenti e la sostiene in profondità con il fuoco; imprime allo sforzo principale potenza e rapidiLà di progressione; <lecide dove e quando far intervenire la riserva che impiega a massa, con carattere unitario, con il massimo sostegno di fuoco; non esita, se coslretto a fare ricorso alla riserva per sostenere i raggruppamenti in 1° scaglione, ad impiegarla per raggiungere per lo meno l'obiettivo di attacco, ricosliluendosi, al più presto, una nuova riserva con le aliquote meno provate delle forze già impegnate. Raggiunto l'obiettivo di attacco, la divisione, ove non abbia ulleriore capacità <li penetrazione: accerchia le forze sopravanzate, mantiene il contatto con il nemico, facilita l'immissione nella battaglia di grandi unità relroslanti, si oppone all'afflusso di nuove forze nemiche ed ai tenlalivi delle forze superstiti <li riunirsi in isole di resistenza o di sottrarsi al conlallo. Nell'accerchiamenlo delle forze sopravanzate la divisione: utilizza le brecce per portarsi rapidamenle sui fianchi e sul tergo delle forze da accerchiare; assume uno schieramento difensivo idoneo a frustrare gli sforzi nemici tendenti ad aprirsi varchi; estende e raffilLisce gradualmente il dispositivo di accerchiamento sì da realizzare un ane.llo <li chiusura particolarmente robusto in corrispondenza del le
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FILIPPO STEFANI
vie di più facile sortita; mantiene in riserva unità corazzate e meccanizzate, articolate in gruppi tattici, in modo che possano intervenire sia contro tentativi di sortita dall'interno sia contro attacchi provenienti da tergo della fronte di accerchiamento; ordina le artiglierie disponibili in modo da assicurare il sostegno di fuoco a favore di tutto il settore di accerchiamento. Ciascun raggruppamento di fanteria: raggiunge rapidamente le posizioni da presidiare facendosi precedere, ove il terreno lo consenta, da forze meccanizzate; assume la responsabilità di un settore della fronte divisionale di accerchiamento; si articola in settori di gruppo tattico e in una riserva; logora il nemico e lo sottopone a crescente pressione con l'azione di robuste pattuglie, con interventi di fuoco e con puntate offensive della propria riserva; fronteggia eventuali tentativi di contromanovra nemica mediante la resistenza di gruppi tattici di fanteria e le reazioni dinamic he della riserva sostenute da tutto il fuoco disponibile. Per l'immissione in linea <li un'altra divisione che debba proseguire l'attacco in profondità, la divisione in I a schiera, previe intese con la grande unità che entra in combattimento per garantire sicurezza e speditezza all'operazione, che ha sempre aspetti critici: crea corridoi liberi all' interno delle brecce per il trafilamento delle unità che devono proseguire in profondità, dirada tempestivamente i dispositivi sulle posizioni tenute dai reparti avanzati, fornisce il massimo concorso di fuoco. L'attacco con impiego di armi nucleari assume caratteristiche di maggiore dinamismo: esaltazione del ritmo e della profondità di penetrazione. Quando la preparazione comprende anche il fuoco nucleare, i raggruppamenti di 1° scaglione raggiungono le basi di partenza in modo da ridurre al minimo la sosta su di esse. Quest'ultima deve essere effettuata dalle unità avanzate in condizioni di s icurezza, in r·clazione al grado di rischio accettato in relazione al grado di rischio accettato rispetto alle esplosioni nucleari amiche più ravvicinate. La divisione, quando gli ordigni nucleari vengono lanciati sugli obiettivi di primo piano, impiega più frequentemente in 1° scag lione i complessi tattici corazzati e meccanizzati; ciò può risultare conveniente anche nell'ambito dei raggruppamenti di fanteria mediante il ricorso a<l un complesso meccanizzato e a unità eliportate. Allorquando sono impiegati in 1° scaglione gruppi tattici di fanteria, questi, opportunamente potenziati nella loro mobilità, procedono rapidamente, evitando le zone dove più intensa è la radioattività, per sfruttare senza indugi gli effetti delle esplosioni nucleari e battere il ne mico s ul tempo, impedendogli l'impiego tempes tivo delle riserve. La riser-
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va divisionale muove pronta ad entrare in combattimento, s u ordine del comandante della divisione, per potenziare l'azione dei primi scag lioni, r ronteggiare gli imprevisti, allargare o approfondire le brecce aperle nelle difese nemiche anche con lo sfruttamento del fuoco nucleare. La 8 1O sottolinea la delicaLezza del passaggio al combattimento con impiego di armi nucleari sia quando esso venga determinato dal nemico, sia quando, situazione di minore delicatezza, si verifichi d'iniziativa propria. Nel quadro di un impiego limitalo e selettivo, nel primo caso la capacità di incasso della divisione ha limiti c he, qualora superati, possono determinare un tempo di arresto del la manovra divisionale, in attesa che divengano operanti le contromisure predisposte dal comando superiore; nel secondo caso, invece, la manovra divisionale subisce un'accelerazione di ritmo, la cui portata, peraltro legata alla situazione contingente, non è facilmente prevedibile. Nell'azione di annientamenlo la divisione può essere impiegata per proseguire uno sforzo in profondità oppure per procedere alla eliminazione delle forze sopravanzate e isolate durante l'attacco. La prosecuzione dello sforzo in profondità è affidata, di norma, a grandi unità corazzate e/o meccanizzate, ma sui terreni poco idonei alla manovra di tali unità può essere affidata anche a una divisione di fanteria. Questa interviene in linea con le modalità già previs te per il caso della prosecuzione dello sforzo della divisione in I a schiera e, successivamente, spinge in profondità i suoi sforzi offensivi con decisione, ritmo serrato e continuità, sia di giorno sia di notte, in concomitanza, se possibile, con azioni di aggiramento verticale. I raggruppamenti in I O scaglione avanzano rapidamente sugli obiettivi, in genere con gruppi tattici meccanizzati o eliportati, tenendosi costantemente in misura di sostenere lo sconLro con le riserve avversarie. I primi scaglioni sono robusti e largamenle autonomi nel campo del superamento degli ostaco li naturali e artificiali. L'azione s i sviluppa con modalità analoghe, quale che sia il tipo di combattimento in corso, tenuto conto della fluidità delle situazioni e della scarsa persistenza degli obiettivi. Essa beneficia in larga misura del concorso aereo offensivo e può avvalersi anche di quello di aviotruppe. Prevale in essa la larga parte di libertà d'iniziativa che va concessa ai comandanti per poter srrutLare tutte le situazioni, anche solo temporaneamente favorevoli. Normale è invece il caso che la divisione, già in 1 a o 2 a schiera, sia incaricata della eliminazione delle forze nemiche accerchiate al termine dell 'attacco. In questo caso, la divi sione può perseguire il compito o con azioni di forza o per esaurimento della difesa. Se l'elimina-
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zione è ottenuta con azioni di forza, la divisione rinserra in spazi sempre più angusti le forze accerchiate e le e limina con azioni che hanno aspclti simili a quelli previsti per l'attacco; se l'e liminazione è, invece, ottenuta per esaurimento, la divisione perfeziona via via il dispositivo di accerchiamento con i procedimenti propri previsti per l'accerchiamento delle forze sopravanzate durante l'attacco. La divisione di fanteria in 1 a schiera nel presidio di un settore della
posizione difensiva ha il compito di interdire, con il procedimento della difesa ancorata, le direttrici incidenti nel settore. Essa adempie il compito, garantendo l'integrità funzionale di un sistema di posizioni, d'importanza fondamentale per lo sviluppo della manovra del livello superiore, mediante la combinazione della resistenza di forze ancorate al terreno con azioni di fuoco e reazioni dinamiche. Essa, agendo in uri settore difensivo, ampio dai 15 ai 20 km e profondo intorno ai 20 km, sviluppa una manovra tendente: a realizzare, a ragion veduta, una concentrazione di potenza difensiva idonea ad arrestare il più avanti possibile gli attacchi condotti dal nemico con procedimenti di tipo convenzionale; oppure, a <l assorbire in profondità la forza viva <li attacchi nemici sostenuti <lai fuoco nucleare, diminuendo nel contempo la vulnerabilità del dispositivo e ponendosi, a s u a volta, in mis ura di sfruttare efficacemente gli effetti del proprio fuoco nucleare. In tale quadro, in entrambi i casi, la divisione: adegua il dispositivo e manovra il fuoco in armonia con il concetto di azione espresso dal comandante e in relazione alla situazione contingente; contrattacca penetrazioni nemiche a salvaguardia della integrità funzionale de lla P.R. (possesso delle posizioni fondamentali); contiene le forze penetrate, ove non possa eliminarle, in attesa d ell'intervento delle riserve <li ordine superiore. Essa si articola normalmente in: uno scaglione di sicurezza, che agisce nella Z.S., profonda 10-15 km, con il compito di evitare la sorpresa e di ritardare l'investimento della P .R., mediante un'azione di contrasto dinamico; due raggruppamenti di fanteria in 1° scaglione responsabili, ciascuno, di un settore della P.R. e aventi il compi to di arrestare le forze attaccanti in corrispondenza di pos izioni presidiate a priori od a ragion veduta, di eliminare le infiltrazioni e penetrazioni locali e di impedire penetrazioni in forze o, quanto meno, di frazionare l'attaccante sulla fronte, infliggendogli un elevato logoramento e restringendolo, se possibile, in zone ove possa essere contrattaccato favorevolmente; una riserva, costituita dal raggruppamento corazzato, dalle for1:e residue del GED a l termine dell'az io ne in Z.S., e da a ltre forze eventualmente assegnate dal coman-
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do superiore, ed orientata in linea prioritaria a contrattaccar·c, anche in concorso alle riserve di ordine superiore, per eliminare le penetrazioni nemiche e salvaguanlare l'integrità funzionale della P.R. (possesso delle posizioni fondamentali) oppure, nel caso più sfavorevole, a concorrere al contenimento dell'attaccànte al fine di assicurare alle riserve di ordine superiore il tempo per intervenire nella P.R .. L'organizzazione della manovra divisionale (13), delle manovre dei raggruppamenti di fanteria in I O scaglione (14) e di quella del raggruppamento in riserva (15) si concreta, più o meno, nella definizione degli elementi già specificali nella 710. li settore divisionale è ripartito in settori di raggruppamento; ogni settore di raggruppamento si estende nel senso della profondità fino ad includere, di massima, le posizioni prescelte per il contenimento. Il sistema di strutture statiche è unico sia per il combattimento senza impiego sia per il combattimento con impiego di armi nucleasi. Esso è costituito da un insieme di sirti/ture statiche avanzale, presidiate e, in genere, cooperanti nel senso della f ronle; strutture statiche intermedie opportunamente scaglionate in profondità, in parte presidiate in relazione alla funzione fondamentale loro attribui La, in parte da attivare a ragion veduta, in modo da realizzare la cooperazione nei tratti investiti in forze dal nemico e opporre, come necessario soprattutto nel combattimento senza impiego di armi nucleari, alla concentrazione dell'attacco adeguata concentrazione della difesa; strutture sialiche arretrate, da attivare nel caso di combattimento con impiego di armi nucleari o quando, comunque, sia necessario ricorrere all'azione di contenimento. L'attivazione delle strutture non presidiate a priori è ottenuta manovrando le unità fucilieri e in particolare quelle fornite di mezz i di trasporto cingolati. La P.R. mantiene invariata la sua profondità, mcnln: il dispositivo dei raggruppamenti in I O scaglione: può con centrarsi, in corrispondenza delle strutture intermedie, a cavaliere dell'asse di sforzo più minaccioso, in modo da assorbire la spinta di attacchi convenzionali, nel combattimento senza impiego di armi nucleari; può diradarsi, creando nella P.R. spazi vuoti di ampiezza sufficiente per gli interventi nucleari amici ed assumendo profondità commisurata alla maggiore capacità di pe netrazione del nemico, allorché il combattimento è condotLo con impiego di armi nucleari. Il raggruppamento in 1° scaglione: gravita inizialmente con le strutture statiche, il fuoco e la ri- · serva sul davanti, prevedendo però di poter modificare tale gravitazione in relazione allo sviluppo dell'attacco n e mico; domina con il fuoco gli spazi non investiti in forze; contrattacca le formazioni che mi-
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naccino di compromettere la stabilità delle strutture statiche di suo maggiore interesse; concorre a contenere le penetrazioni profonde. Il settore affidato ad un raggruppamento è suddiviso, di norma, tra i g ruppi tattici di fanteria. L'articolazione più ricorrente è quella di due g ruppi tattici al livello di battaglione in 1° scaglione e uno in 2° (o viceversa); in casi particolari, può essere adottata l'articolazione di tre gruppi tattici al livello di battaglione in 1° scaglione. I caposaldi sono caratterizzati dal dominio tattico delle vie di facilitazione da interdire e dall'autonomia tattica e logis tica; possono essere presidiati a priori o attivati a ragion veduta. La entità del presidio non supera, di norma, il livello della compagnia. Le opere de lla fortificazione permanente costituiscono l'intelaiatura della difesa controcarri; sono elementi difensivi a sé stanti, in casi particolari talune possono essere inglobate nei caposaldi. I tratti di campo minato da attivare con funzioni di arresto integrano il sistema di strutture s tatiche, concon-endo ad arrestare, frazionare e d isolare le penetrazioni nemiche; vengono attivati a ragion veduta nel quadro della manovra di raggruppamento per favorire lo sviluppo d e i contrattacchi condotti a tale livello ed a quelli superiori. I complessi mobili, a composizione varia, sono imperniati sul comando di una delle compagnie meccanizzate del battaglione meccanizzato, o s ul comando della compagnia controcarri reggimentale, o eventualmente s ul comando di altra unità meccanizzata o corazzata in rinforzo; sono costituiti da unità carri e/o controcarri e possono concorrere a lla loro costituzione aliquote del GEO, non impiegate nella Z.S., e alcune minori unità del genio. I complessi mobili hanno preminente funzione controcarri con il compito di contras tare le penetrazioni e di concorrere a frazionarle, isolarle e, se possibile, arrestarle contribuendo a conferire coesione tattica alla difesa. Il loro atteggiamento è aggressivo e si estrinseca in interventi di fuoco alle massime distanze, irrigidimenti temporanei su posizioni s uccessive e puntate offensive a favore d ella resis te nza delle strutture statiche. L'aliquota di forze di riserva, costituita generalmente da un gruppo tattico corazzato (battaglione meccanizzato m eno le forze impiegate per la costituzione dei complessi mobili), tende in via priorita ria a contrallaccare le form azioni nemic he che minaccino di compromettere la stabilità del sistema statico del raggruppamento. Alla riserva possono essere affidati, in linea subordinata, anche i compiti di presidiare strutture statiche non attivate a priori, condurre in concor so con i complessi mobili azioni di contrasto dinamico specie sul davanti della posizione di contenimento, alimentare le s trutture s ta-
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tiche e i complessi mobili, operare in concorso con la riserva divisionale. Lo sviluppo della difesa passa a ttrave rso le azio ni condotte da llo scaglione di arresto, dai ragg ruppam enti di fanteria in 1° scaglione, d a l raggruppamento corazza to. L'azione d ello scaglione di s icurezza si configura negli stessi identici termini della 710. L'azione di ciascun raggru ppame nto in I O scaglione è analoga a quella delinea ta nella 710. Ciascun raggruppame nto di fanteri a: concentra il fuoco dell'artiglieria e de i m ortai s ui primi scaglioni , gravita ndo contro gli e lemt:nti più pericolosi; assic ura il possesso delle posizioni fondamenta li e di quelle in s istem a con esse m ediante l'azione d ei ri spettivi presidi, dell'artiglieria e dei mortai; manovra le unità fucilieri , avvale ndos i de i mezzi di trasporto cingolati, in ottemperanza agli ordini de l comandante della divisione e in relazione al tipo di combattimento che la g rande unità deve condur-re, per a tti va re posizioni non presidiale a priori in corrispondenza delle s trutture s tatiche intc1·medie (in modo da realizzare la necessaria grav itazione nel combattimento senza impiego di armi nucl eari) o per attivare le strutture sta tiche della posizione <li contenimento qualora il combattimento debba essere condotto con impiego di armi nucleari; sviluppa, con i complessi mobili, un 'az ione di contras to dinamico a cavaliere degli assi ove più minacciosa sia la pressione nemica; contrattacca, in concorso o non con le riserve di o rdine s uperiore, le formazioni nemic he con particolare attenzione quel le che minaccino di compromettere la s tabilità delle s trutture s tatich e di preminente interesse per il raggruppame nto stesso; concorre, soprattutto con il fuoco, m a quando possibile anche con l'aliquo ta di forze in ri serva , a i cont ra ttacchi di online s uperiore. li ragg ruppam ento corazzato contrattacca: nel combattim e nto senza impiego di armi nucleari, per e liminare, prima c he pe netrino in profondità, le unità nemiche che minaccino la s tabilità delle strutture statichefondamentali inte rmedie; nel combattimento con impiego di armi nucleari , per battere le penetrazioni più profonde avvalendosi , come pe rni di manovra, di opere d ella fortifi cazione permanente e di caposaldi e/o tratti di cam po minato, a nche attiva ti a ragion veduta. Affinch é i con trallacchi abbiano successo è, comunque, necessario impedire al nemico di contro-manovrare con forze superiori a quelle impiegale dalla difesa. TI raggruppamento corazza to: agisce s u ordine del comandante de lla divisione, utilizzando le strutture statiche sia per arres tare frontalmente il nemico e de limitargli lo s pazio di m anovra, s ia per annientare le formazioni nemiche devia te dal contrat-
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tacco verso le posizioni ove sono investite le s trutture statiche stesse; investe con le unità carri le formazioni nemiche mediante un'azione incidente sul loro fi anco, quando siano contenute frontalmente dai raggruppamenti in I O scaglione, o mediante un'azione tendente a deviarle verso le strutture statiche appositamente attivate per annientarle con fuoco prevalentemente controcarri. Le unità bersaglieri vengono impiegate per opporsi ai meccanizzati nemici cooperanti con i carri o per dare vita a schieramenti controcarri diretti ad ostacolar<.: eventuali controm isure avversarie. Il raggruppamento corazzato: si spinge in profondi là, dopo aver disarticolato e distrutto le formazioni nemiche contrattaccate, per riguadagnare spazio ai fini della m anovra divisionale; al termine del contrattacco, riattiva la difesa sull e posizioni riconquistale, in attesa di essere sostituito; a compito adempiuto, s i porla in zona di raccolta dove si riordina. Nel caso che la divisione, specialmente nel combattimento con impiego di armi nucleari, debba ricorrere a l contenimento in corrispondenza delle strutture statiche arretrate: i raggruppamenti di fanteria provvedono al presidio delle strutture, impiegando anche forze eventualmente recuperate da altre strutture statich<.: cd aliquote della riserva divisionale, per attivare schieramenti controcarri negli intervalli tra le strutture stesse, sviluppando con le forze meccanizzate, eventualmente disponibi li, l'azione di contrasto dinamico sul davanti delle posizioni occupate e conducono la resistenza coordinando l'azione di tutte le forze comunque disponibili; il raggruppamento corazzato, con le forze non cedute ai raggruppamenti di fanteria, contrattacca per sostenere la resistenza delle strutture statiche in attesa dell'intervento delle riserve di ordine superiore. Nel passaggio al combattimento con impiego di armi nucleari, il dispos itivo della divisione, che nel combattimento senza impiego di armi nucleari grav ita tendenzialmente verso la parte anteriore della P.R. realizzando la cooperazione se necessario anche tra le più importanti strutture statiche intermedie, si scagliona in tutta la profondità della l'.R. per fronteggiare la maggiore capacità di penetra zione dell'a ttacco. Gli ordini relativi al passaggio - per il quale debbono essere predisposte le misure riguardanti l'aggiornamento dell'acquisizione degli obiettivi, l'immediata attuazione delle varianti nella distribuzione del fuoco convenzionale ad integrazione di quello nucleare, il rapido adeguamento del dispositivo - sono impartiti dal comandante della grande unità complessa quando il ricorso a lle armi nucleari sia attuato d'iniziativa della difesa e dal comandante della divisione qualo-
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ra il settore venga investito dal fuoco nucleare avversario. Altra situazione di crisi, prevista dalla 810, è il caso dell 'andamento sfavorevole della battaglia difensiva nei settori delle grandi unità contermini con minaccia di aggiramento o, comunque, con pericolo per la stabilità del settore divisionale o di parte cli esso, m e ntre sia necessario pers istere nella resistenza delle posizioni presidiate. Tn tale caso, la divisione adegua il dispositivo: integrando il s istema s tatico per interdire le nuove vie di facilitazione che l'attaccante può sfruttare; raccordando, se possibile, tali strutture con campi mina ti d ' inte nJi zione; adeguando gli schieramenti delle artiglierie e elci mortai con il duplice crite rio dell'efficacia degli interventi e della sic urezza degli schieramenti; facendo assumere ai posti comando e alle unità diretta mente dipendenti le dislocazioni suggerite dalla situazione. È il caso che la 8 lO pronostica come frequente quando la resistenza della Divisione è coordinata, sulla fronte, con la difesa mobile condo/La da u na Grande Uni tà corazzata. La 810 tras fe r isce al live llo dell a divi s ione di fanteria i criteri ed i procedimenti della difesa a tempo indeterminato delineati a grandi linee dalla 800 e dalla circolare n. 1571 del 30-XT- 197 I. Essa in primo luogo conferma, ampliandola e arricc hendola di particol ari, la diversa visione, rispetto alla 710, delle funzioni attribuite all'aliquota delle forze ancorate e a quella delle forze mobili e sottolinea l'essenza che ne lega i nuovi rapporti. La difesa a tempo inde terminato s'impernia s ul mante nimento di posizioni fondamentali, la cui scelta non è subordinata a quella delle zone dei contrattacchi, ma a questa connessa in una relazione d'interdipendenza _ L'impostazione, l 'organizzazione e la condotta della difesa al livello divisionale e di raggruppamento, c osì come si rileva dagli clementi che abbiamo fin qui largam ente riassunto, s'imperniano sull'integrità funzion a le del sistema statico, a favore della quale operano la riserva divisiona le e quelle settoriali. Da qui la ricerca della maggiore coesione ta ttica possibil e dell'inte ro s is tema, spinta fino alla realizzazione della cooperazione diretta, almeno nel senso de lla fronte, ogni qua lvolta sia possibile, delle s trutture statiche contigue. Nel combattime nto senza impiego di armi nucleari, la cooperazione d ire tta, intesa come saldatura di fuoco delle armi automatiche e controcarri tra le s trutture s tatiche contigue, è ricercata in corrispondenza delle strutture statiche avanzate fin dall'inizio, in quanto tali strutture non sono suscettibili di raffittime nto a ragion veduta perché immediatame nte esposte all'azione nemica ed essa viene ricercata altresì in corrispondenza de lle s trut-
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ture intermedie fondamenlali che, nel corso del combattimento, possono divenire oggetto dell'inlensificarsi dello sforzo dell'attaccante. Ma i valori orienlalivi indicati dalla 810 per l'ampiezza (15-20 km) e la profondi là (massima di 30 km) del settore divisionale rendono più difficoltosa, rispetto al passato, la realizzazione della coesione tattica, anche se la maggiore disponibilità di veicoli cingolati di trasporto - tanti quanti necessari per una delle tre compagnie fucilieri di ciascun battaglione di fanteria - offre la possibilità di maggiore manovra, per cui la coesione tattica diventa perseguibile mediante l'attivazione degli spazi vuoti, oltre che ad opera del fuoco delle artiglierie e dei mortai, dell'azione dei complessi mobili e delle riserve, della sorveglianza del campo di batlaglia, dello schieramento dell'ostacolo, mercé la manovra di tre compagnie fucilieri meccanizzate in ciascuno dei due settori di raggruppamento di fanteria. Non vi è dubbio che tale disponibilità di unilà meccanizzate conferisca alla difesa della 810 un'impronta di flessibilità e di reattività superiore a quella della precedente normativa e renda attuabile, entro certi limi li, la diversa dosatura della densità del dispositivo difensivo in relazione, non solo al tipo di comballimento (senza o con impiego di armi nucleari), ma anche alla situazione contingente. L'architettura della P.R. rimane, peraltro, quella della 710 e il dispositivo difensivo divisionale continua a rappresentare un insieme organico i cui elementi costitutivi restano tra loro legati da vincoli che ne garantiscono la coesione tattica. La P.R., come nel passato, è fondata su di un sistema di posizioni in parle presidiate e in parte da attivare a ragion veduta, ma la incrementata mobili là tattica di un'aliquota delle unità di fanteria esalla l'occupazione a ragion veduta delle posizioni e rende superflua la manovra dei presidi dei caposaldi intesa sotto l 'aspetto del trasferimento di un presidio schierato da una posizione ad un'altra. Resta, peraltro, problematico il fatto della ricerca della coesione tattica in un settore difensivo profondo 30 km quale che sia il rinforzo dato alla divisione, il quale rinforzo, nel quadro delle possibilità concrete dell'esercilo italiano, non potrebbe non essere in tulli i casi che modesto. Quanlo al pe ricolo degli sfasamenti tra lo schieramcnlo della divisione di fanteria che conduce la resis tenza con il procedimcnlo della difesa ancorala e lo schieramento di una divisione corazzala contigua che operi con il procedimcnlo della difesa mobile, è la stessa 810 a sottolinearlo, per cui non si riesce a comprendere il perché si sia vo1u ta prendere in considerazione tale combinazione di procedimenli, g ravida di minacce di aggiramento da parare mediante un insieme di
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mis ure che finiscono con il compromettere da sole la funzionalità del s istema difensivo divisionale, alla quale, oltre tutto, la 810 tiene più che ad ogni altra cosa. Forse anche troppo, perché a<l essa la 810 sacrifica una visione più ampia dell'impiego de lle riserve le quali, più che riconquistare posizioni e ripristinare la s ituazione preesiste nte, dovre bbe ro tendere ad annientare le forze al fine di annullare quanto , meno la s uperiorità iniziale dell'attacco. La 81 O a tale riguardo adombra, ma non riprende per intero, il concetto fonda mentale della 600 secondo il quale il contrattacco della riserva divi s ionale, anche senza il sostegno d el fuoco nucleare: se dire tto contro forze costituite prevalentemente <la fanteria, andava condotto con spregiudicatezza d a lle unità carri, immediatamente seguite dalla fanteria meccanizzata, per rompere la coesione delle forze penetrate, iso larle e distrugge rle; se diretto contro forze prevale ntemente corazzate, doveva tendere ad elimina re i carri nemici e pe rc iò basarsi sul la manovra delle unità carriste seguite dalla fanteria meccanizzata e spingersi in profondità per ristabilire la s ituazione il più avanti possibile, a l massimo fino a l margine de lla linea di sicurezza. A pa rte le cons iderazioni esposte e la inaccettabilità della combinazione sulla fronte del procedimento di <li fesa ancorata con quello di difesa mobile, la difesa a tempo indeterminato di un settore divisionale da parte dell a divisione di fanteria con il procedimento di difesa ancorata, d e lineata dalla 810, ha la sua validità, è affidabile e senza dubbio coerente con i due tipi di combattimento che la dottrina 800 prende in con s iderazione. Occorre, inoltre, tene re presente la grande ince rtezza e le grandi difficoltà opposte alla revisione della dottrina difensiva dall'avvenuto mutamento della s trategia che, pur ripudia ndo )' impiego massivo delle arm i nucleari, non quantifica e lascia indetermina to il s ignificato degli aggettivi limitalo e selettivo. In tale contesto, a parte la rivalutazione della difesa tendenzialmente ancorata verificatasi in quel periodo anche presso altri esercti della N.A.T.O., la pe rsi stenza della minaccia nucleare induce a compromessi la cui affidabilità resta legata soprattutto alla polivalenza dello strumento, intesa a nch e come du ttilità e agilità m e ntale dei quadri e d e i gregari c ui necessita un orientamento psicologico assai diverso dal passato. In te ma di manovra in ritirata la 810 de riva concezione e tecnica dall a 800 e mutua i criteri e i procedimenti de ll a 710 senza modifiche di rilievo. Riassumerli ci sembra del tutto superfluo e ci limitiamo pertanto a indi care in nota gli elementi riguardanti l'organizzazione della m anovra ai vari livelli (16 e 17).
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8. La pubblicazione n. 5938 Impiego della brigala alpina (n. 840 della serie dottrinale) vide la luce nell'aprile del 1974 (18). Essa, inserita nel quadro dottrinale della 800, esamina il combattimento in ambiente montano ed alpino (19) e definisce fisionomia, criteri d'impiego e procedimenti della brigata alpina, validi, con gli opportuni adeguamenti, anche per la divisione di fanteria quando destinata ad operare su terreni di montagna. La pubblicazione è strutturata e articolata in maniera analoga alla 810 e segue nella trattazione degli argomenti l'identico ordine di successione. Diversamente dalla 810 non ha veste definitiva, ma di bozza di stampa. Delineata la fisionomia organica e tattica della brigata (20), la pubblicazione elenca i compiti che questa può essere chiamata ad adempiere nell'ambito di una grande unità complessa e precisamente: nella battaglia offensiva, condurre uno sforzo principale o sussidiario come g rande unità in 1 a schiera, o proseguirne uno già iniziato come grande unità in 2a schiera, o eliminare nell 'annientamento le forze superstiti sopravanzate od isolate, o eventualmente proseguire lo sforzo in profondità; nella battaglia dirensiva, difendere in I a schiera, con il procedimento della difesa an. corata, una o più zone critiche (21) essenziali ai fini della manovra della grande unità di ordine superiore, o alimentare come riserva la battaglia nella P.R.; nella manovra in ritirata, partecipare al ripiegamento dei grossi, o condurre l'azione di frenaggio con tutte le proprie forze o con parte di esse nel settore di competenza. Il quadro operativo nel quale la brigata opera è caratterizzato soprattutto dall'ambiente naturale. In montagna, specirica la 840: assume importanza preminene la rete di comunicazioni che, in sistema con le grandi linee dell'impianto orograrico, dà luogo alla formazione di zone critiche; le caratteristiche ambientali vincolano gli schieramenti, i movimenti e l'alimentazione logistica; la forza intrinseca delle posizioni rende economica la loro difosa cd estremamente oneroso l'investimento frontale; lo sfruttamento diretto del ruoco nucleare risulta difficile per la imprevedibilità degli effetti e per la ridolta consistenza degli obiettivi. Le zone critiche rappresentano, pertanto, i naturali obiettivi della manovra offensiva e le aree che la manovra difensiva tende a salvaguardare. Il combattimento, di conseguenza: tende alla conquista e
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al mantenimento delle zone critiche; si sviluppa attraverso azioni e reazioni fondate sulla manovra, più che sulla potenza; si estende al di fuori degli assi di facilitazione, dove gli ampi spazi vuoti conferiscono elevato rendimento alla tattica d'infiltrazione, all'impiego di unità di ridotta consistenza, mobili e autonome, ed orientano al sistematico ricorso, ogni qualvolta possibile, all'elitrasporto tattico elogistico. In siffatto quadro operativo la brigata manovra assicurando larga autonomia operativa ai complessi in cui si articola, esaltando al massimo la flessibilità operariva e la pro/ltezza d'a zione e di reazione, ricercando sempre la sorp resa e operando in un'adeguata cornice di sicurezza. Quadro operativo, compiti e criteri d'impiego sono i punti fermi che condizionano l'impostazione concettuale e lo sviluppo della manovra, sia offensiva che difensiva. Se compiti e criteri d'impiego hanno una qualche analogia con quelli della divi s ione di l"a nteria , il quadro operativo in cui operano le due diverse grandi uuità ha poco in comune. Elemento determinante di tale quadro sono sui terreni montani e alpini le -zane critiche, la cui individuazione è favorita dalJ'analisi dell ' influenza che le grandi linee dei sistemi orografici esercitano sul la rete rotahile. I.a loro conquista offre la possibilità di sviluppare in profondità la manovra iniziale, mentre la lorn perdita pone la difesa in crisi perché ne paralizza progressivame nte l'alimentazione tattico-logistica. La manovra perciò tende a coagularsi intorno alle zone c ritiche, anche se cerca spazio sui fianchi delle posizioni di fondo valle. Da qui le due caratteristiche fondamentali c he configurano la lotta in montagna : discontinuità dei dispositivi; necessità di rapide concentrazioni. Risalto particolare assumono, conseguente me nte, tanto l'assuefaz ione del personale a vivere, muovere e combattere nt:I particola re ambiente, qua nto le prestazioni dei mezzi in dotazione, in quanto requisiti necessari per l'infiltrazione e per· la realizzazione di tempestive concentrazioni. Da qui il ruolo determinante d egli elicotteri, i quali hanno profondamente modificato la n a tura della lotta in montagna più de llo stesso fuoco nucleare. Gli elicotteri non solo conferiscono il necessario grado di mobilità alla manovra, ma ne esaltano il raggio di azione e ne facilitano lo sviluppo con risultati finora impensabili , consentendo altresì la riduzione della con sistenza delle forze direttamente impegnate nel forzamento de lle posizioni di fondo valle . Si tratta, in sostanza, di un quadro ope,-ativo inedito, nuovo, moderno, che la 840 offre in contrapposizione alle preesistenti indica -
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zioni dottrinali - non era peraltro mai stata edita ne] periodo postbellico, dal 1945 in poi, una pubblicazione specifica sull'impiego della b1·iga ta alpina - troppo legate ai ,·icordi della prima guerra mondiale. La 840 muta ab imis la fisionomia della guerra in montagna e, sottolineando l'importanza fondamentale che in essa assumono la flessi bilità operativa e la prontezza di azione e di reazione in aggiunta a quella della manovra già indicata nella regolamentazione precedente, fa giustizia del vecchio orientamento mentale dispersivo delle forze. Tale impostazione concettuale ha car·attcrc di innovazione radicale e costituisce, comunque, un'armonica combinazione tra quanto di valido c'era nell'antico e quanto di diverso c'è nel nuovo: maggiori possibilità di assicurare la continuità e la tempestività al flusso informativo, di attuare organizzazioni di comando semplici e reattive, di sfruttare rapidamente a fondo le occasioni favorevoli, di fronteggiare prontamente le situazioni di crisi, di utilizzare appieno le modalità operative degli alpini, di sfruttare a l massimo l'clilrasporlo anche ai fini della sopresa, fattore determinante del s u ccesso in tutti gli ambienti naturnli e in particolare in quello a lpino e montano. La tattica d'infiltrazione e le penetrazioni in profondità medianle l'elitraspurto, som mate in sieme, rappresentano i meu.i maggiori di successo s ia ne ll e operazioni offensive c he in quelle diknsive, mentre diminuisce il valore della robuste;r.za naturale delle posizioni ora facilmente aggirabili verticalmente e più facilmente accessibili in seguito alle modificazioni apportate dall' uomo alla montag na. I criteri ai quali si ispirano e le modalità di attuazione del movimento e dello stazionamento non si discostano sostanzialmente da quelli ana loghi della 810. eccezione fatta per la s icurezza del movimento che deve esser e garantita autonomame nte dai singoli blocchi in cui la brigata si articola, s pettando a l comando della bri gata solo la funzione di coordinamento e di concorso, a integrazione delle misure messe in atto dai blocchi stessi. Nello schieramento per la battaglia, la brigata si regola, di norma, come previsto dalla 810 per la divisione di fanteria: sos ta nella zona di attesa per l'attacco; compie l'avvicinamento; raggiunge le basi di partenza. Nel caso che debba condurre in proprio i combattime nti preliminari, la brigata polarizza inizialmente l'azione a cavaliere dei principali assi e.li penetrazione e la estende successivame nte a ll e zone interposte n ell 'intento, soprattutto, di localizza re i vuoti dell a sistemazione difensiva avversaria. In taluni casi favorevoli, i combattimenti preliminari possono sfociare direttamente nell'attacco. I complessi
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che li conducono puntano allora con decisione in profondità apremessa di penetrazioni più consistenti. Negli altri casi, i complessi tattici che hanno sostenuto i combattimenti preliminari vengono, di norma, scavalcati o sostituiti da quelli che devono agire in I O scaglione. Nell'attacco la brigata svolge uno sforzo principale o sussidiario, o ne prosegue uno già iniziato da altri, per conquistare una zvna critica di alto valore tattico ai fini della manovra della Grande Unità di ordine superiore (obiettivo d'attacco). Essa adempie il compito assegnatole agendo lungo una direttrice d'attacco nell'ambito di un setto,·e d'azione - di ampiezza estremamente variabile, orientativamente compreso tra i 10 e i 30 km - e attuando una manovra mediante la combinazione di sforzi di diversa intensità tendenti ad obiettivi variamente disposti nel senso della fronte e della profondità, tatticamente connessi. La manovra che si articola, al pari di quella prevista dalla 810 per la divisione di fanteria, in uno sforzo principale ed uno o più sforzi su ssidiari', è sviluppata da gruppi lallici <li entità variabile e si fonda in larga misura sull'infiltrazione e su/l'aggiramento, soprattutto verticale, mentre prevede l'investimento diretto delle posizioni avversarie solo quando risulti indispensabile, evitando di norma le azioni impostate essenzialmente sulla potenza, che, in montagna, impongono un logoramento insostenibile. La manovra si svolge con un ritmo quanto più possibile sostenuto, in ambiente <li sicurezza e di chiarificazione. Per il resto è analoga a quella della 81 O (manovra <lei fuoco, costante disponibilità di una riserva, estensione in profondi tà in caso di residua capacità offensiva). L'impiego del fuoco nucleare non comporta sostanziali modifiche né al ritmo dell'azione, né alla scel la dei punti di applicazione d ello sforzo, né alla profondità degli obiettivi di attacco. Lo sfruttamento diretto e immediato degli effetti delle esplosioni nucleari è reso, infatti, problematico dall'influenza dei rilievi e dall'imprevedibile ampiezza degli effetti secondari delle esplosioni, mentre la modesta entità delle forze schi erate a presidio delle posizioni e il diradamento dei dispositivi riducono notevolmente la remuneratività degli interventi. Qualora, peraltro, si presentino circostanze favorevoli per l'impiego del fuoco nucleare, questo viene diretto contro elementi particolarmente forti owero contro punti sensibili del sistema delle comunicazioni. Gli elementi c he il comandante della brigata prende in considerazione e d efinisce nell'organizzazione della manovra (22) sono identici a quelli del comandante della divis ione di fanteria indicati dalla 81 O. Di norma, per l'attacco, la brigata si articola in gruppi lallici al livello <li battaglione e di compa
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g nia ed assume un dispos itivo estremamente variabile in fun zione del compito assegnato. Ecceziona lmente, taluni g ruppi tattici possono essere posti alle dipendenze di un raggruppamento, qu a ndo sia necessario coordinare l'azione in manie ra auton om a ris petto a ll a ma novra delle rimanenti forze della brigata. Di no r m a , l'obiettivo de lle forze incaricate dello s forzo principa le coinc ide con l'obiettivo della bri gata, m entre gli obiettivi degli sforzi s u ssidia ri sono ra ppresentati da zone critiche il cui possesso favorisca lo sviluppo de lla manovra com plessiva. La ri serva è impiegata p er: a lime n tare e sostenere, se necessario, l'azione de i complessi tattici e concorrere a lla conquista degli o bie ttivi di attacco; eliminar e forze ne mi che isolate c h e a ncora in terdicano la via di a limentazione; eventua lme n te, sfruttare s ituazioni favorevoli impreviste, o reagire a i te ntativi di contromanovra avversari. Essa, eliportata ogn i qualvolta poss ibile e convenie nte, può essere mantenuta riunita e dis locata in posiz ione arretrata per assic urare l'inle1-vento a massa e garan li1·e soluzioni alternative <li impiego oppure può esser·e frazionata per ass ic urare una maggiore tempestività d ' intervento in s ituazioni locali . L'attacco può essere preceduto dalla preparazione, che può m a ncare nell'intero settore di brigata, o in parte di esso, quando si tenda a rea lizzare la sorpr esa. Quando effettuata, la p re pa r·az ionc, c h e non h a necessariamente ini zio contemporaneo s u tutto il settore di brigata, tend e a n eutralizzare con priorità: g li clementi della difesa c he controllino le vie tattiche di pe ne trazione e le zone di previsto cJisbarco; le difese a ttive d e ll 'ostacolo in corrispondenza dei tratti di forzamento; le riserve nemiche di primo intervento; le sor genti di fuoco potenz ialmente più pericolose; gli osservator i. L'ora di inizio dell'attacco può non essere la stessa per tutti i com p lessi tattic i; a n zi, la differente dis tanza delle basi di parten za d a lle posizioni nemiche, la diversa m orfologia de l terreno, la necessità di realizzare la sorpresa o di a nticipare uno sforzo nei confron ti di un a ltro impongono s pesso l'adoz ione di orari d'inizio distinti. Iniz ia to l'attacco, c iasc un gruppo ta ttico in 1° scaglio ne sviluppa una m a novra risultante d a lla combinazione di a tti ta ttici variamente coordina ti s ulla fronte e in profondità, svolti dalle minori unità alpini. Ques te: s'infiltrano, a rticola te in nuclei, negli spazi vuoti; sopravanzano le posizioni avversarie, la cui conquista immediata non sia essenziale a i fini della m a nov ra; si impadroniscono delle posizioni determina n ti investendole, ogni qualvolta poss ibile, di sorpresa sui fianchi o sul tergo; in tervengono direttame nte con e lisbarchi all'interno del dis pos itivo nemico; event ualmente rin
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forzate da unità meccanizzate e corazzate, fissano, impegnandole, le posizioni nemiche inaggirabili o le investono direttamente fruendo del massimo sostegno di fuoco. Durante la penetrazione nel dispositivo nemico, i gr uppi tattici in I O scaglione: sopravanzano, dunque, le posizioni non essenziali ai fini della manovra; investono, se possibile sul fianco o sul tergo, quel le essenziali la cui conquista sia indispensabile; puntano con decisione sugli obiettivi di attacco, sostenuti dal fuoco dell'artiglieria e dei mortai, erogato con la massima aderenza, impostato più s ulla tempestività che s ulla ma ssa e integrato, sempre che possibile, dall'appoggio aereo ravvicinato; ricevono concorso talli co e logis tico dagli elicotteri, che intervengono in ogni fase del combattimento, per il trasporto di unità e <li rifornimenti, per l'osservazione ed il collegamento e, talvolta, anche per il sostegno di fuoco; raggiungono gli obiettivi di attacco, prevenendo la contromanovra avversaria e determinando così le cond izioni favorevoli per lo sviluppo del l'azione in profondità. Conquistalo l'obietti vo <li attacco, la brigata: qualora conservi sufficiente capacità offensiva, prosegue in profondità; in caso diverso, accerchia le forze sopravan zate, si oppone alla eventuale reazione avversaria, mantiene il contatto con l'avversario, agevola l'afflusso delle unità retrostanti. Nell'accerchiamento delle forze sopravanzate, la brigata agisce per complessi tattici di varia compos izione, ad ognuno dei quali viene assegnato un compito autonomo che si concreta ne ll'occupazione di uno o più punti di obbligato passaggio m e diante la costituzione di posti di sbarramento e di caposaldi, nonché il controllo delle zone impervie per impedirvi eventuali trafila.menti. La brigata, invece, si garantisce la possibilità di in terven ire, sia contrn sortite dall'inte rno, s ia contro attacc hi dall'esterno, mediante la riserva, che può comprendere anche carri e meccanizzati, e mediante il fuoco dell 'artiglieria sui settori più sensibi li della fronte di accerchiamento. La prosecuzione de llo sforzo in profondità su terreno alpino e montano è normalmente affidata a lla brigata alpina, ma questa può essere anche impiegata, nel quadro dell'annientamento, per procedere alla eliminazione delle for·ze sopravanzate ed isolate durante l'attacco. Nella prosecuzione dello sforzo in profondità, la brigata tende ad esaltare le caratteri stiche di rapidità e fl essibilità che contraddistinguono l'attacco e, con seguen temente, impiega n ei fondi valle complessi comprendenti unità corazzate e meccanizzate, mentre unità eliportate agiscono in profondità per interdire all'avversario ogni residua possibilità <li manovra. L'attacco su ten-eno innenito è es tremamente oneroso ptT le operazioni di vasta portala, men-
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tre può conseguire obiettivi limitati quando affidato ad unità eliportate e a reparti sciatori; esso è possibile anche in condizioni di forte innevamento. Le forze, necessariamente di consistenza ridotta, agiscono di norma sfruttando al massimo la velocità e la so rpresa, godendo di spiccata autonomia tattica, adottando formazioni molto diradate. Quando la valutazione della s ituazione nemica faccia supporre condizioni critiche per la difesa, sono possibili azioni di maggiore consistenza, ma con più largo concorso di elicotteri e, ove disponibili, con l'ausilio di mezzi meccanici per il movimento su neve. Nella battaglia difensiva e, in particolare, nel presidio di un settore della posi zione difensiva, la brigata alpina in I a schiera ha il compito di difendere, con il procedimento della difesa ancorata, una o più zone critiche essenziali ai fini della manovra della grande unità di ordine superiore e adempie il compito garan tendosi la disponibilità di aree sensibili più avanzate, zone criliche di gruppo tallico, che controllino le direttrici incidenti sull e zone critiche di brigata. La brigata, pertanto, agisce in un settore difensivo di ampiezza variabile tra i 25 ed i 40 km, articolato dall'avanti all'indietro in una Z.S. (profonda non più di IO km) e in una P.R. (profonda dai 15-ai 20 km). Nella P.R. imposta la manovra a salvaguardia delle zone cr·itiche e la conduce mediante la combinazione delle resistenze del le forze ancorate al terreno con azioni di fuoco e reazioni dinamiche. In tale quadro la brigata: gravita inizialmente a cavalierie delle principali vie di facilitazione, presidiando le posizioni c he controllino i più sensibili accessi a lle zone critich e e sorvegliando le rimanenti zone; adegua nel corso d el combattimento il dispositivo allo svi luppo della situazione; si oppone ai tentativi di penetrazione avversaria, contrattaccando, o presidiando, a ragion veduta, strutture statich e predisposte o non; contiene le forze penetrate (ove non possa eliminarle) a estrema difesa delle zane critiche di brigata, in attesa dell'intervento delle riserve di ordine superiore. L'impiego del fuoco nucleare non comporta sostanziali modifiche né alla concezione del comhaltimento difensivo né alla sua organizzazione e condo/la. Le misure di adeguamento per il passaggio al combattimento con impiego di armi nucleari sono pressocché analoghe a quelle previste per la divisione di fanteria dalla 810. Anche l'organizzazione della manovra (23) riflette gli stessi elementi <lella 81 O. La brigata si articola in gruppi tattici di 1° scaglione e riserl'a. I ~ruppi tattici di 1 ° scaglio11e sono basati su battaglioni o compagnie a lpini; inclu dono in genere unità a lpini di arresto e, di massi-
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ma, unità di artiglieria e del genio; hanno il compito di raccogliere dati informativi e ritardare e logorare nella Z.S. gli scaglioni avanzati nemici; interdire, nella P.R., una o più vie di facilitazione incident i sulla zona critica assegnata. Ciascuno: arresta le forze attaccanti in corrispondenza di posizioni presidiate a priori o a ragion veduta; ostacola e, se poss ibile, stronca i tentativi di infiltrazione e di aggiramento; elimina, se possibile, le penetrazioni nemiche nel proprio settore o, eventualmente, le contiene. I gruppi tattici sviluppano la manovra impostando la difesa su di un sistema di strutture statiche scaglionate in profondità, elementi per il controllo degli spazi vuoti, forze in riserva. Il sistema di s trutture statiche - caposaldi, opere, tratti di campo minato attivabili con funzioni di arresto - è unico sia per il combattimento senza sia per quello cun impiego di armi nucleari. L'entità del presidio dei caposaldi non supera mai il livello della compagnia e spesso risponde a quella del plotone. Le opere della fortificazione permanente, riunite normalmente in sharramenti , agiscono, nell'ambito ùel gruppo ta ttico, di massima, come strutture static he a sé s tanti. Eventuali tratti di campo minato possono essere attivati a ragion veduta per concorrere all'ar-resto dell'attaccante. La coesione tattica del sistema è assicurata dal fuoco dell'artiglieria e ùei mortai ed eventua lmen te anche ùallo sviluppo di reazioni dinamiche. li sis tema statico affidato a c iascun gruppo tattico comprende, di massima: strutture avanzate sul ma rgine anteriore della P.R., un complesso di strutture inte rme die scaglionate in profondità. L' area arretra ta della P.R., in cui è ingloba ta la posizione <li contenimento, ricade di norma sotto la diretta responsabilità del comando della brigata. Di norma, vengono presidiate a priori solo le strntture s tatiche avanzate; le rimanenti sono solo pred isposte e attivate a ragion veduta. Gli e lementi per il controllo degli spazi vuoti sono costituiti essenzia lmente <la pattuglie, di con sistenza variabile, appiedate, su sci, motorizzate o e liporta te, che trasmettono con continuità le informazioni relative a l la zona sorvegliata e svolgono azione di prima resis tenza. La loro attività di sorveglianza è integrata da l I' A.LE .. Le forze in ri serva di gruppo tattico, eventualmente articola te per a liquote, intervengono nel com battimento per presidiare strutture statiche a ragion veduta, alimentare i settori di comp agnia, contrattaccare forze avversarie infiltra tesi o pen e trate nel dispositivo, contrastare dinamicamente le penetrazioni che non s ia possibile arrestare. La riserva <lella brigata - il cui impiego è informa to, soprattutto, a l criterio <lella tempesti vità - contrattacca per il m a ntenimento e il ripristino dell'integrità f unziona le della
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P.R., attiva posizioni a ragion veduta in particolare quelle della posi-
zione di contenimento, alimenta i complessi tattici in 1° scaglione, eventualmente svolge azione di contrasto dinamico all'interno della P.R. per ritardare e logorare la progressione avversaria, che non sia possibile arrestare, in attesa dell'intervento di altre forze. È possibile la combinazione, anche contemporanea, di più forme d'impiego della riserva. Il rapporto tra forze schierate a priuri a presidio di posizioni e forze da impiegare a ragion veduta è tenuto il più basso possibile entro i limiti posti dalla duplice esigenza di garantire, fin dall'iniz io, la funzione <li arresto del sistema statico e di assicurarsi la possibilità di contromanovra. La brigata assume inizialmente uno schieramento nel q'~ ale: le forze in Z.S., appartenenti ai gruppi tattici in 1° scaglione, sono spinte verso la linea di sicurezza; le unità di arresto presidiano gli sbarramenti; le unità che presidiano i caposakli avanzati sono schierate sulle rispettive posizioni; gli elementi per il controllo degli spazi vuoti sorvegliano la zona assegnata, tenendosi in collegamento con i comandi dei complessi tattici <la cui dipendono; le forze destinate ad attivare strutture predisposte o non e a condurre reazioni dinamiche sono tenute alla mano; le artiglierie e i mortai sono schierati nelle zone assegnate. L'azione in Z.S. è del tutto a naloga, per criterì e procedimenti, a quella delle norme in vigore per la divisione di fanteria. L'azione di ciascun complesso tattico in 1° scaglione consiste: nella resistenza ad oltranza sulle posizioni investi te; nella tempestiva individuazione e neutralizzazione dei tentativi d'infiltrazione e di aggiramento; nella manovra di tutte le forze disponibili, ivi compresi anche i presidi dei caposaldi ubicati in zone non investite, diretta ad attivare posizioni inizialmente non presidiate in corrispondenza dei tratti di gravitazione dell'attaccante ed a contrastare, arrestare e, se possibile, stroncare i tentativi <li aggirnmento e d'infiltrazione; nelle reazioni dinamiche sviluppate per impedire la caduta di posizioni importanti o, se conveniente, per riconquistare quelle perdute. Il comandante di brigata: coordina la resistenza dei complessi tattici in 1° scaglione e l'azione delle forze incaricate del controllo degli spazi vuoti nella parte del settore di sua diretta competenza, assicura il concorso al controllo degli spazi vuoti nei settori di gruppo tattico, manovra le forze dei gruppi tattici meno impegnati anche in relazione agli sviluppi dell'azione, impiega la riserva ed il fuoco per sostenere l'azione dei complessi più impegnati, stroncare i tentativi avversari d'infiltrazione e di aggiramento verticale, arrestare e, se possibile, eliminare le pene-
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trazioni in profondità. La riserva di brigata contrattacca ogni qualvolta sia possibile e conveniente, ma soprattutto quando si debba impedire al nemico d'impadronirsi delle posizioni essenziali che consentono il controllo dirello delle zone critiche. La difesa su terreno innevato induce a: ridurre, di massima, numero e consistenza delle strutture statiche attivate, facendo, per contro, più largo ricorso all'impiego di pattuglie per il controllo delle zone in parte guarnite; schierare campi minati speditivi ad integrazione di quelli esistenti, ove questi s iano s ta ti parzialmente resi ineffi cienti dall a coltre n evosa e dal gelo; predi sporre mezzi e personale per garantire la transitabilità della 1-ete delle comunicazioni ai mezzi a ruote e alle salmerie; conferire a ciascuna unità suscettibile d'isolamento l 'autonomia necessaria per rronteggiare la temporanea prevedibile interruzione del flusso d e i rirornimenti; ricorrere frequentemente a ll 'elitrasporto per alimentare le unitù; ,-ealizzare gli indispensahili ri cove ri per il pe ,-sonalc . La 840 d c line.,1 llna concezione d ella difesa del tutto nuova rispdto al passato e diversa da quella de lla 810: al modulo de lla difesa lineare si sostituisce quello della difesa per aree. La difesa, non di sponendo de lle forze sufficienti a coprire tutto il settore assegnato e dovendo fronteggiare un attacco che tende a superare, come si è visto, le posizioni forti senza inves tirle direttamente, può reagire adeguatamente solo a ttuando una manovra ampia e non 1-is pondente a schemi. Sha rra le vie tattiche più pericolose impegna ndo a priori il minimo indispensa hile d ell e forze per il presidio de lle strutture statiche avanzate e mantiene al livello dei complessi tattic i in I O scaglione e di brigata il massimo possibil e delle forze per impiegarle a ragion veduta. In pari tempo, non potendo concede re a ll 'avversario lihei-tà di azione negli spazi vuoti che si d eterminano in s eguito a l coagulo <le llc forze a protezione delle aree critiche, ne a s s ic u ra il con trollo or·ganizza nJo un'attività costante ed integra le di sorveglia nza e orientando le rise rve dei due livelli ad intcrveni re contro le fo r ze avversarie che minaccino l'integrità funzionale del sistema. Da qui l'esigenza di un rappol"lo il più basso pos sibile tra forze impegnate a priori e forze te nute in 1·iserva a tutto vantaggio di queste ultime. All 'azione delle riserve concorrono, inoi tre, anche le forze schierate e non impegna te; a cqui sta cioè rilievo la m a novra d ei presidi de i caposaldi che, invece, così intesa è pressoché eliminata n el quadro della divisione di fanteria operante sui terreni di pianura e di collina. Altra innovazione, che conferma la preminenza conferita a lla manovra, è quella de ll' impiego te mpes tivo della riser·va da assicurare con tutti i mezzi di-
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sponibili, anche a scapito delle entità delle forze immediatamente impiegabili. Le innovazioni concettuali della 840 circa il presidio di un settore della posizione difensiva su terreni alpini e montani da parte di una grande unità elementare di fanteria - non si deve dimenticare che la pubblicazionc ·è riferita anche alla divisione di fanteria che operi in montagna - conferiscono alla manovra difensiva caratteri di duttilità, flessibilità, -reattività senza precedenti, resi in gran parte possibili dalla presenza dei 'velivoli ad ala rotante, senza la cui disponibilità la manovra s tessa perderebbe molta della sua affidabilità. Come nell'attacco, anche nella difesa, la brigata ha bisogno di essere rinforzata da unità corazzate e meccanizzate per l'azione nei fondi valle, senza le quali l'attacco subirebbe un rallentamento del ritmo e la difesa non saprebbe come parare una irruzione, sempre possibile, di unità corazzate e meccanizzate che riescano a travolgere uno sbarramento di una valle che abbia ampio respiro. 11 rinforzo di unità con1zzate o meccanizzate è a ltresì necessario quando la brigata debba svolgere, nella manovra in ritirata, l'azione di frenaggio. La manovra in ritirata ricalca nella concezione, nella organizzazione (24) e nello sviluppo quella delineata dalla 800. La brigata, infatti, può, in alternativa, parteci pare al ripiegamento dei grossi o svolgere l'azione di frenaggio con tutte le proprie forze o con parte di ques te. L'azione di frenaggio, in particolare, s i articola in azioni di contrasto dinamico e in azioni di arresto temporaneo e s i sviluppa con larga autonomia di decisione e di condotta ai livelli minori, mentre al comandante della brigata compete essenzialmente una funzione di coordinamento, intesa sopratuttto a garantire la coesione del dispositivo e l'armonizzazione del movimento retrogrado. Abbiamo già rilevato come la 840, frutto di una intensa e prolungata collaborazione dello stato maggiore deJ.l'esen.:ito con i comandanti e gli stati maggiori ai vari livelli, armonizzi in una visione compiuta ed organica i criteri di duttilità, di flessibilità, di rapidità, propri del combattimento moderno, con quelli di autonomia operativa e di decentramento decisionale che hanno costituito anche nel passato la cara tteris tica saliente del combattimento in ambiente alpino e montano. Dal connubio deriva una nuova-fisionomia tattica della brigata a lpina che, seppure ancora non a punto sotto l'aspetto ordinativo ed organico, s 'inserisce armonicamente nel contesto de l campo di battaglia moderno e risponde assai bene alla visione riduttiva, rispetto al passato, dell'importanza della montagna . I criteri <l'impiego e i procedimenti di azione della 840 p ossono essere consider·ati come una
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normativa rinnovatrice proiettata nel futuro e un vero e consistente salto di qualità nell'impiego di unità di difficile distacco dai legami operativi stretti durante il loro lungo passato. Forse la 840 minimizza eccessivamente l'eventuale impiego del fuoco nucleare, pur dovendosi tenere presente che tale impiego ha in montagna un rendimento notevolmente inferiore rispetto a quello conseguibile, a parità di potenza, in ambiente di pianura e di collina. Si può, infine, osservare che la parte di comprimario della capacità operativa della brigata conferita all'elicottero, sia nell'azione offensiva che in quella difensiva, presuppone una larga disponibilità di tale mezzo, allora peraltro ancora assai modesta, e l'assegnazione organica <lei mezzo stesso al livello di brigata nel numero sufficiente a garantire )'espletamento di tutti i molteplici compiti previsti come normali nel corso dei combattimenti offensivi e difensivi. Quando da un mezzo non si può prescinder<.! per adempiere il compito normale, il mezzo stesso deve essere disponibile organicamente nell'ambito della unità che lo deve impiegare ai suoi fini e non esserle assegnato in rinforzo di volta in volta. E ciò vale, lo ripetiamo, anche per l'assegnazione organica <li mezzi corazzati e meccanizzati alla brigata alpina.
9. Per completare il quadro della dottrina della serie 800 resta da esaminare l'impiego della divisione corazzata, una pubblicazione che l'ufficio regolamenti dello stato maggiore dell 'esercito elaborò, sulla falsariga strutturale della 810 e della 840, ma che non venne diramata, probabilmente in vista delle prevedibili modifiche che la grande unità avrebbe subito nel quadro del processo di 1·is trulturazione in quel periodo al lo studio. È, peraltro, da tene1·e presente che ci rea l'impiego della divisione corazzata, riserva di grande unità complessa, nel contrattacco, sia era già espressa la citata circ. n. 1571/221.11 <lei 30-12-1971. La bozza di quella che avrebbe dovuto essere la pubblicazione n. 820 della serie dottrinale, messaci a dispos izione dall'ufficio regolamenti dello stalo maggiore dell'esercito, ricalca la struttura e la forma della 810 e della 840 e s'inquadra, naturalmente, nel1a visione operaliva della 800, della quale avrebbe dovuto costituire sviluppo armonico e conseguenziale. La divisione corazzata vi è definita quale grande unità elementare potente e manovriera , idonea a condurre, su te1-reni che consentano ampia libertà <li m a novra ed elevata vdo-
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cità operativa, una manovra tattica che comporti l'esecuzione di sforzi potenti, rapidi e risolutivi. La divisione corazzata esaminata nella bozza dell a 920 non è articolata in brigate, com e lo era quella della 720, ma in ,-eggimenti (26), avendo lo stato maggio re dell 'esercito soppresso in quel pe riodo l'ordinamento NATO stand a rd. I compiti che la bozza dell a 720 definisce particolari e come tali tratta a parte risultano inseriti nel contesto delle operazioni offensive e difensive. Dal punto di vista sos tanziale i compiti sono, peraltro, g li stessi. Nella battaglia offensiva la divisione può condurre: ndl 'auaeco, uno sforzo principa le quando in 1a schiera o proseguirne uno già iniziato quando in 2a schiera o in riserva; nell 'annienta men to, proseguire gli sforzi in prnfondità ed eventualmente concorrere alla eliminazione delle forze nemic he sopravanzate ed isola te. Nella battaglia difensiva può: ·interdire con il procedimento della difesa mobile una o più direttric i incidenti n e l settore difensivo assegnatole, quando in 1" schiera; a limentare la battaglia n ella pos izione di resistenza o contrattaccare nell'ambito della P.R. o a tergo di questa quando in riserva. Nella m a n ovra in r itirata può partecipare al ripiegamento dei grossi o, inquadrata, all'azione di frenaggio oppure, qua le retroguardia, svolgere questa ultim a funzione in proprio. Essa, inoltre, può svolgere la ricerca e presa di contatto ed inte rvenire contrn av iosba1·cl1i o sbarchi dal ma1·e. Le caratte ris tich e gen erali del q u a dro operativo nel quale la divi s ione è c hiamata ad operare sono naturalmente ide ntiche a quelle della 800, m entre i critcrì fondame ntali d' impiego ch e la bozza della 820 indica, sono: l'ampio ricorso alla manovra, il caralle re offensivo dell'azione anche nelle situazioni difensive, la costante ricerca della sorpresa e dell'impiego a ,nassa, l'autonomia operativa dei complessi tattici, pur nella condotta unitaria della manovra divisionale. Il fuoco nucleare non comporta per la d ivi s ione corazzata l'adozione di procedimenti specifici, ma aumenta il rendimento d'impiego dell a grand e unità con sentendole la pi ena uLilizzazione delle su e int rinseche capacità di m a novra. Il fuoco nucleare conferisce all'attacco della grande unità una maggiore capacilà di penetrazione, in quanto non solo favo ri sce il raggiungimento di obie ttivi s ituati a maggiore profondità, ma accresce la libertà di scelta dei punti <li a ppli cazione degli sforzi e consente di esercitare questi a n c he con tro gli elementi più robu sti dello schieramento nemico. Ne ll a battaglia difen siva, il fuoco nucleare incrementa sen sibilmente le possibilità di arresto e di annientamento, consentendo alla divis ione d'intervenire con efficacia contro i dispositivi avversari 11011 a ppern:t si realiLzino concentrazioni remune-
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ralive e di determinare, così, rapporti locali di potenza favorevoli alla difesa e lai i da permettere il conseguimento di effetti risolutivi. Nella manovra in 1·itirata, infatti, il fuoco nucleare può essere il grande ausilio nella risoluzione di situazioni particolarmente critiche. I crited e le modalità che regolano il movimento e lo stazionamento sono analoghi a quelli previsti dalla 810 per la divisione di fanteria e si accostano, quanto alle pecualiarità della divisione, a quelli della 720. Anche per l'impiego della divisione nelle operazioni offensive - 1·icerca e presa di conlallo, schieramento per l'attacco, annientamento - la bozza della 820 riprende, sia p er il livello di divi s ione che per quello di raggruppamento, i concetti della 720, eliminando, non solo la casistica connessa con i ti·e divers i tipi di ambiente operativo, ma anche quella derivante dalla distinzione del tipo di manovra condotta dal nemico e dal tipo di procedimento di difesa da questi adottato. Nell 'azione di ricerca e presa di conta tto la divisione può manovrare, unitariamente o per aliquote, costituendo scaglione di ricerca e presa di contatto alle dipendenze di un'arma la o di un cor·po d 'arma ta autonomo. Essa svolge l'esplorazione tattica terrestre e conduce i combattimenti preliminari; opera sempre in s tretta cooperazione con le forze acreotattiche; può ricevere l'appoggio di aviotrupp e e/o di unità eliportate; si articola, non più in due brigate in 1" schiera e una in riserva , ma in due raggruppamenti in / 0 scaglione ed uno 2° scaglione e ciascun raggruppamento in I O scaglione si articola, a sua volta, in gruppi tattici esploranti, di norma uno per asse di movimento, e in una riserva destinata ad intervenire a sostegno dei complessi la ttici antistanti. Particolare importanza riveste nell'esplorazione l'impiego d egli e licotteri da ricognizione agent i in stretta cooperazione con i complessi minori esploranti e di quelli armati a sostegno dell'azione contro clementi nemic i corazzati particolarmente consistenti. Nel quadro dello schieramento per la battaglia: la sosta in una zona di attesa per l'attacco è eventuale; l'avviciname nto è di norma raccordato senza soluzioni di continuità al movimento preced e nte. Ne ll'attacco, la divisione corazzala opera, di norma, contro difese scarsamente organizzate ed esegue sempre uno sforzo princ ipale il cui obiettivo è la conquista di un'area di alto valore tallico ai fini della manovra della Grande Unità di ordine superiore. La divisione adempie il compito assegnatole agendo lungo una direttrice d'attacco nell'ambito di un settore d'azione ampi 10 7 15 km - ampiezza pari a quella del settore di una divis ione di fanteria - ed attuando la manovra mediante la combinaziom: di sforzi di diversa entità, tendenti
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ad obiettivi tatticamente connessi. L'obiettivo di attacco, come nella 810 per la divisione di fanteria, non è strettamente correlato all'azione di impegno e di eliminazione delle riserve nemiche. La manovra divi sionale si articola in uno sforzo principale e in uno sforza sussidiario, mentre non sono più previste né la scomposizione della manovra in uno sforzo principale e due sussidiarì (peraltro considerata eccezionale dalla 720), né la condotta dell'attacco senza ulteriore scomposizione dello sforzo divisionale (divisione in colonna, o con due blocc hi di forze in la schiera di pari entità ed una in riserva). L'articolazione più frequente resta quella di due raggruppamenti taltici in I 0 scaglione ed uno in riserva, ma s i ammette la convenienza di altri dispositivi in relazione alle esigenze del particolare tipo di manovra da attuare. Gli elementi da definire in sede di organizzazione, da parte d el comandante della divisione, dei comandanti dei raggruppamenti in I O scaglione e del comandante della riserva, sono gli stessi di quelli previsti ùalla 720, ma come già nella 810, la definizione della utilizzazione del concorso aereo offensivo e delle att ività complementari (attività informativa, difesa contraerei, difesa NBC, impiego <lell' ALE, guerra psicologica, guerra elettronica) è enucleata dalla definizione delle gene riche modalità di coordinamento, fissate dalla 720, cd inclusa nella trattazione delle singole attività cui le varie modalità si riferiscono. Lo sviluppo dell 'attacco ripe te, nelle grandi linee, quello illus trato nell a 720 pe r l'ambie nte nucleare pote nziale e per quello convenzionale. Di massima, l'attacco è preceduto dalla prepara zione, di grande intensità e di breve durata, la c ui pianificazione e condotta vengono ora devolute per lo più alla divisione che vi provvede ne l quadro delle direttive emanate dalla grande unità complessa. Durant e la prep arazione, i raggruppamenti in 1° scaglione completano l'avvicinamento e si portano in corrispondenza della linea di partenza per l'attacco che superano senza apprezzabili soluzioni di continuità. Qualora la difesa nemica si appoggi sul davanti ad un ostacolo, il forzamento di questo è realizzato con il procedimento speditivo. La sosta s ulla base di partenza, in ogni caso la più breve possibile, è eventuale . La manovra dei raggruppamenti in I O scaglione rimane improntata a criterì di celerità e spregiudicatezza per battere il nemico sul te mpo e per impedirgli l'impiego efficace delle riserve. Ne l caso d 'impiego delle armi nucleari, il dinamismo dell'azione è naturalmente esaltato allo scopo di sfruttare senza indugio gli effetti delle esplosioni nucleari e <li impedire a ll 'avversario di organizzare un 'efficace contr·omanovra. La manovra dei raggruppamenti in 1 ° scaglione si svi-
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luppa fino al raggiungimento dell'obiettivo di attacco mediante la combinazione degli atti tattici dei singoli complessi con azioni incidenti, sempre che possibile e<l in relazione alla presenza di aree contaminate, sui fianchi o sul tergo delle forze nemiche. La riserva di raggruppamento è impiegata per s fruttare nuove possibilità di manovra o per fronteggiare la reazione avversaria. La riserva divisionale, impiegata finché possibile unitariamente, va spesa senza esitazione per raggiungere per lo meno l'obiettivo di attacco nel caso che questo non venga conquistato dai raggruppamenti in I O scaglione. Raggiunto l'obiettivo di attacco, la divisione, ove non abbia ulteriore capacità di penetrazione, accerchia le forze sopravanzate, si oppone all'afflusso di nuove forze nemiche cd ai tentativi delle forze superstiti di riunirsi in isole di resistenza o di sottrarsi al contatto, mantiene appunto il contatto con il nemico, facilita l'immissione nella battaglia delle grandi unità retrostanti alle quali può cedere aliquote delle sue forze costituite di norma da unità carri cd eventualmente da a 1-tiglicric. T procedimenti per l'azione di accerchiamento delle forze sopravanzate e pe r favorire l'imissione in linea <li un'altra divisione sono analoghi a quelli previsti per la divisione di fanteria dalla 810. Ne ll'annientamento, la divisione corazzata è impiegata di norma per prosegu ire uno sforzo principale in profondità ed eventualmente per procedere ull'eliminazione delle forze sopravanzate o eventualmente per procedere all'eliminazione delle forze sopravanzate cd isolate, operazione questa ultima persegu ita con vere e proprie azioni di forza mediante procedimenti simili a que lli dell'attacco, mai mediante il procedimento dell'esaurimento. Al pari d e lla 8 10, poche le innovazioni che la bozza dell a 820 in troduce nell' impiego <lella divisione corazzata nelle operazioni offcns ive. La trattazione risu lta molto semplificata rispetto a quella del la 720 e ne abbiamo messo in evidenza i motivi . Il diminuito apporto del fuoco nucleare, non comportando più variazioni di rilievo nella meccanica e nella dinamica delle operazioni offensive cd esercitando solo una limitata incidenza sul ritmo stesso di tali ope razioni, semplifica enormemente, rispetto alla precedente regolame ntazione, il quadro dell'impi ego della divis ione che, in pratica, opera con gli stessi procedimenti sia nel combattimento senza sia in quello con l'impiego delle armi nucleari. Meno convincente è l'indipendenza dei procedimenti rispetto al tipo di manovra ed al tipo di difesa condotti dal nemico che la 720, invece, distin gueva senza peraltro nulla togliere al la libertà ed alla responsabilità dei coma ndanti de i vari livelli circa le
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soluzioni più opportune da adottare in relazione al configurarsi dei vari casi concreti, giacché anche la 720 sottolineava la spiccata autonomia dei comandanti nella concezione, nell'organizzazione e nella condotta delle rispettive manovre. Anzi, a tale riguardo, non si può non rilevare che il nuovo ordinamento tattico, su tre reggimenti a nzic hé su tre brigate, diminuisce di per sé la libertà di decis ione de i comandanti dei livelli subordinati e ne condiziona in termini meno ampi le rispettive manovre. Che queste, poi, non sia no influenzate dal procedimento di difesa adottato da ll 'avversario è solo un enunciazione di principio valida forse, seppure e ntro certi limiti, al live llo delle grandi unita complesse, ma scarsamente ade rente all a realtà operativa delle grandi unità elementari e delle unità minori, i cui obiettivi di attacco ed eventuali, i settoc:i di azione, le direttrici e le direzioni di attacco, i dispos itivi cd il ritmo di combinazione d e i vari atti tattic i sono assai diversi nell 'attacco contro difese scarsamente ancorate a l terreno d a quelli de ll 'a llaco con tro difese che si avvalgono del p rocedimento di difesa mobile, prevalendo nel primo caso la necessità di eliminare le strutture statiche che, ancorché poco robuste, hanno funzione prevalente di arresto e, nel secondo, la capacità di contrappors i soprattutto a d una difesa caratterizzata da una condotta spiccatamente aggressiva e tendente ad assoggettare l'attacco a reazioni pote nti e, se necessario, reiterale, nonc hé ad esaurirlo in uno spazio molto più profondo, dove i contrattacchi costituiscono il cardine della difesa. Anche poco convincente, per i motivi già esposti, è la r iduzione a 15 km, quale dato orientativo, dell 'ampiezza massima del settore di azione della divisione corazza ta, ch e la 720 prevedeva pari al doppio, assegnando a ciascuna brigata in 1 a schiera un settore di azion e non inferiore ai 1O km. Mo lto più numerose e notevoli le innovazioni introdotte dalla più volte ricordata circ. 1571 e dalla bozza de lla 820 nei r igu a rdi dell a battaglia difensiva, in particola re per quanto ha tratto a lla difesa mobile ed al contra ttacco della divisione riserva di una grande unità complessa. Nella difesa a te mpo indete rmi nato di un settore della posizione difensiva, la divisione corazzata in 1 a schiera ha il compito d 'interdire, con il procedimento della difesa mobile, una o più direttrici incidenti nel settore, di ampiezza non superiore a i 20 km e profondo 10-15 km n ella Z.S. ed intorno ai 30 km nella P.R .. Essa adempie il compito facendo ricorso, oltre c he al fuoco, alla potenza distruttiva d i reazioni d inamiche intese ad esaurire la spinta offensiva del nemico e condotte possibilmente in zo n e ove, mediante la manovra di for ze
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appropriate, le formazioni nemiche siano incanalate e poste in condizioni di manovrare con difficoltà. La difesa mobile, nella bozza della 820, si basa, dunque, sulla potenza distruttiva di robusti conlrattacchi reiterati nel tempo e netJo spazio, preparati dalle resistenze temporanee e resi possibili dall'irrigidimento della difesa su determinate posizioni predisposte. La coesione lattica del sistema, nel quadro di una resistenza a tempo indeterminato, ma elastica, è garantita essenzialmente dalla mobilità delle forze, dal fuoco e dall'ostacolo. Gli elementi da definire in sede di organizzazione (25) sono identici a quelli della divisione di fanteria nella difesa ancorata. Lo sviluppo della manovra s'inizia ad opera della scaglione di sicurezza (GED rinforzato) che agisce nella Z.S., con il noto procedimento del contrasto dinamico, a cavaliere delle vie di facilitazione. I raggruppamenti in 1° scaglione (a fisionomia meccanizzata), costituiti con il criterio di destinarvi le minore aliquota possibile di forze a vantagg io di una maggiore consistenza delle riserve, conducono s uccessive resistenze intese a logorare, frazionare ed incanalare le forze nemiche verso zone fissate dal comandante della divisione cd a favorire lo sviluppo dei contrattacchi, irrigidendo la resistenza in corrispondenza delle prestabilite posizioni di irrigidimento. I gruppi tallic i in I O scaglione, in cui i raggruppamenti si articolano, costituiscono, con i complessi minori in cui a loro volta si articolano, schierame nti cd eventualmente caposaldi controcarri, predisposti o no, di consistenza appropriata (generalmente non inferiore a ll a compagnia) alla funzione, al terreno, alla via lattica da interdire e, soprattutto, di rapida attiva zione. Distanze ed intervalli tra le strutture debbono essere tali d a lasciare spazio pe r lo sviluppo dei contrattacchi e per la realizzazio ne d e ll e concentra zioni di fuoco sul dispositivo avver·sario. L c omplessi minori sviluppano l'azione reiterandola sulle posizioni retros tanti, verso le quali ripiegano, su ordine del comandante del caposaldo, contras tando dinamicamente la progressione nemica, rompe ndo il contatto e superando di un sol balzo lo spazio compreso tra la posi zione avanzata presidiata e quella retrostante. La resis tenza de i g ruppi tattici viene irrigidita sulle posizioni predisposte in concomita nza con lo sviluppo dei contrattacchi divisionali, ai quali i raggruppamenti in I O scaglione forniscono il maggiore concorso possibile. L'irrigidimento non sempre interessa lutto il settore divisionale, né necessariamente si realizza in corrispondenza di posizioni a llineate; si possono verificare casi nei quali, senza pericolo di aggiramento, un raggruppame nto arretra, mentre l'altro. che resta in tal modo più avanzato, costitui sce zona
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di origine dei contrattacchi diretti contro la penetrazione nemica. I raggruppamenti in I O scaglione impiegano la loro riserva per condurre puntate offensive, attivare le posizioni di irr-igidimento, a limentare i gruppi tattici ava nzati, concorrere a i contraltacchi della riserva divisionale. Essi ricorrono, nell'ipotesi più sfavorevole e su ordine del comandante della divi s ione, al presidio delle strutture statiche della posizione di contenimento, con il concorso o non della riserva divisionale, a premessa dell'intervento delle riserve di ordine superiore. li raggruppa mento in riserva contrattacca, su ordine del comandante della divisione: avvalendosi dei caposaldi e degli schieramenti controcarri dei raggruppamenti in 1° scaglione quali perni di manovra idonei all'arresto frontale del nemico o quali sorgenti di fuoco controcarri verso cui spingere le formazioni nemiche deviate dal contrattacco; investendo con le unità carri le formazioni nemiche mediante azione incidente sui lo ro fianchi quando esse siano contenute frontalmente dai raggruppamenti in 1° scaglione oppure mediante azione tendente a deviarle verso le strutture statiche appositamente attivate e ad annientarle con fuoco controcarr-i; impiegando le unità bersaglieri per opporsi ai meccanizzati cooperanti con le unità carri nemiche oppure per dar vita a schieramenti controcarri diretti ad ostacolare eventuali contromanovre controcarri; impiegando, se disponibile, il GEO per coprire il fianco esposto del proprio dispositivo oppure in compiti esplorativi; sfruttando tutto il fuoco disponibile e, nel combattimento con impiego di armi nucleari, gli effetti di ordigni eventualmente impiegati a premessa dell'azione. A contrattacco avvenuto, in relazione alla capacità operativa residua, il raggruppamento in rise1·va si spinge in profondità verso l'avanti per 1-iguadagnare spazio oppure si porta in zona di raccolta per riordinai-si e poi reiterare l'azione nella stessa od in a ltre zone. Nel caso in cui il contrattacco non riesca a raggiungere i propri obiettivi e sia costretto ad arrestarsi, soltanto la situazione del momento può suggerire se sia preferibile attestarsi sull e posizioni raggiunte o tentare lo sganciamento ed il ripiegamento su posizioni retrostanti (al limite sulla posizione di contenimento). Quando la riserva divisionale debba occupare posizioni d'irrigidimento o la posizione di contenimento, in alternativa: cede ai raggruppamenti in 1° scaglione parte delle sue unità, svolgendo con la restante aliquota puntate offensive a sostegno dei raggruppamenti stessi od assume in proprio la responsabilità di una parte del settore divisionale, costituendo con i meccanizzali schieramenti cd eventualmente caposalJi controcarri e svolgendo con i carri contrattacch i con-
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correnti all'arresto della progressione avversaria o diretti a recidere penetrazioni locali . È, questa della bozza 820, una visione d e lla difesa mobile di versa da quelJa d e lla 720, soprattutto p e r la minore capac ità di pe netrazione accreditata all'attacco, s ta nte il nessuno o solo eventuale, comunque minore, apporto del sostegno nucleare. È altresì dive rsa pe r la maggiore esperimentazione ed i numerosi a mmaestramenti tratti dopo l'entrata in vigore della 700. Le nuove modalità di azione m eglio configurano sia la sosta nza della ma novra dei raggruppament i in 1° scaglione, c he hanno lo scopo di logorare la progressione avve rsaria, frazio narla ed incanalarla si n dalle prime battute, sia quell a della riserva divisionale. L'irrig idimento della resistenza costituisce il momento operativo più qualificante della m an ovra del raggruppamento in l O scaglione, rappresentando la conclusio ne delle resistenze temporanee e la necessaria premessa della reazione divisionale. 11 contrn ttacco, dunque, ha un a Funzione decisamente prem inente, mentre la difesa di posizioni è rivolta a creare, del ,-esto come ne lla 720, le premesse ultimali per lo sviluppo delle reazioni dinamiche. Non s i può non dare atto a lla bozza della 820 e, prima ancora, a lla circolare n. 157 1, di aver meglio messo a punto, rispetto a lla stessa 800, la chiara distinzione tra la difesa mobile e l'azione di frenaggio: la prima diretta a sottra rre a ll 'attaccante l'inizia tiva e a imporg li con detei-minazione e cost anza la propria volontà di ripor tare la lotta in avanti; la seconda rivolta a perseguire solo il logoramento e il ritardo della spinta offe nsiva avversaria. Dalla nuova impostazione della difesa mobile deriva no coerentemente: il diverso dosaggio delle forze, nel senso che que lle destinate a lle r esis te nze temporanee vengono ridotte a favore di una m aggiore cons istenza di quelle impiegate nei con tra ttacchi; una qualche riduzione - eccessiva peraltro quell a indicata dalla bozza - della profondità dello spazio in cui reiterare le ,-esistenze temporanee proprio a seguito della riduzione delle forze destinatevi e della diversa m eccanica della difesa, oltre che del mancato o ridotto apporto del fuoco nucleare. La divisione corazzata in riserva, nel quadro della resistenza a tem po indetemina to condotta d a una grande unità complessa, sviluppa cont rattacchi o per aliquote , a concorso od in sostituzione dei contra ttacchi delle riserve delle grandi unità in 1a schie ra , o unitariamen-. te nell' inte rno della P.R. o contro penetrazioni s fociate a tergo di ques ta. Nel caso di impi ego per a liquo te, q ueste, di norma de l livello raggruppamen to, passano generalmen te alle dipendenze della grande uni-
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tà elementare a favore della quale debbono operare, sviluppano l'azione sulla base della pianificazione predisposta, eventualmente modificata in r e lazione alla situazion e <lei momcnto cd operano secondo i procedimenti propri dell'attacco. Nel caso di impiego unitario, la divisione agisce sulla base di una de lle ipotesi configurate dal comandante de lla divisione, integrata e adatlata a ragion veduta nei suoi elementi concettuali ed organizzativi sulla base della situazione del mom ento. Nei contrattacchi contro pene trazioni nemiche nell'interno della P.R. la manovra divisiona lc: si ripromette l'arres to definitivo dell'attaccan te mediante la distruzione delle forze penetrate e tende a riportare la lotta in avanti; presuppone l'arresto, a lmeno temporaneo, delle forze penetrate da partc delle grandi unità in 1 a schiera, alla c ui azione la divisione può eventualmente concorrere con un'aliquota delle proprie forze; si sviluppa con un dispositivo che consenta di colpire l'avversario simultaneamentc lungo più direttrici: generalmente due raggruppamenti in I O scaglione cd uno in riserva; utilizza tutto il fuoco disponibile, compreso eventualmente quello nuclearc. I raggruppame nti in 1° scaglione investono il dispositivo ne mico preferibilmente sui tratti di minore resistenza, lo disarticolano, distruggendo aliquote consistenti delle sue forze, per i rromperc poi in profondità puntando direttamente sugli obiettivi. Il raggruppamento in ri serva s i tiene inizialmente in misurn di sostenere quelli in 1° scaglione, per rinforzarne l'azione e per estenderla, inserendosi in questo ultimo caso sulla fronte del contrattacco lungo la dire ttrice che, azione durante, si manifesti di maggiore rendimento. 1 contrattacchi contro pe netrazioni nemiche sfociate a tergo d ella P.R. tendono a ristabilire la funzionalità di questa ultima o, quanto meno, a suturare le b1·ecce e presuppongono la tenuta de lla difesa ne i rimanenti settori della P.R. s tessa. Vengono attuati con un dispositivo che comprende, di m assim a: un'aliquota costituita dal GED a lla quale è affidato il compito di mantenere o prendere il contatto con le punte avanzate dalla penetrazione nem ica, individuarne la gravitazione e rallentare la progressione; un'aliquota, costituita da un raggruppamento meccan i1.1.ato, con il compito di contenere l'avanzata n emica, in corrisponde nza delle unità di manovra, mediante schie r a menti od eventuali caposaldi controcarri cooperanti nel senso della fronte e m edian te l' innesto della propria azione, senza soluzioni di -continuità, su quella svolta dalle forze antistanti; un'aliquota costituita da due raggruppamenti corazzati, con il compito <li contratlaccarc per distruggere le forze penetrate. Nella trattazione della manovra in ritirata, la bozza della 820 ade-
CAP. I.XVII - I.A SERIE DOTTRINALE
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risce del tutto allo spirito della 800 ed alla nuova terminologia da questa utilizzata. Le poche modifiche introdotte non infirmano la validità dei procedimenti definiti dalla 800. L'azione contro aviosbarchi e sbarchi dal mare è del tutto simile a quella delineata dalla 720, a meno della identificazione dell'azione diretta a delimitare la testa di sbarco, non più considerata azione a sé stante, con quella di ricerca e presa di contatto, la quale ultima viene così a rappresentare la necessaria premessa per la eliminazione delle forze sbarcate; in sostanza: prima il fissaggio frontale, poi i contrattacchi risolutivi.
10. Lasceremmo lacunoso l'esame fin qui compiuto delle pubblicazioni della serie 800 riguardanti l'impiego delle grandi unità elementari qualora non facessimo cenno delle molte e significative novità ch e la 810 e la bozza della 820 in particolare int roducono in ma teria di organi zzazione di comando e di procedure. L'organizzazione del comando presenta nella 810 e nella bozza della 820 una fisionomia nuova e sensibilmente diversa da que lla della 710 e 720. L'a1-ticolazione del MAIN in queste due pubblicazioni cm piuttos to complessa e non più rispondente alle esigenze di semplici tà strutturale e funzionale imposte del nuovo quadro operativo delineato d alla 800. Esiste, infatti, la difficoltà di realizzare un armonico e costante coordinamento fra le cellule fondamentali prepos te a ll 'impiego, rispettivamente, delle forze e de l fuoco a causa dell'attribuzione d ei relativi compiti ad organi differenziati e non conviventi. L'esis tenza di una sala operativa, oltre comportare la necessità di duplicati e di un gravoso impegno di personale, non favoriva la partecipazione costante del comanda nte a ll'a ttività operativa d el proprio comando. La dispersione nell'impiego del pe rsonale e la costituzione dei nuclei del centro coordiname nto del fuoco (CCF), intesa a conferirg li a utonomia di funzion amento, imponevano, infatti, la sottrazione di personale dell'ufficio operazio ni addestramento informazioni ordiname nto (OAIO) de l comando di divisione per l'adempimento di fun zioni che costituivano duplicazioni s uperflue. Il CCF, costituito a suo tempo essenzia lmente per coordinare l'impiego del fuoco convenzionale con quello nucleare, non trovava più, nel contesto dell'impiego limita to e selettivo, una sufficiente giustificazione al livello divisionale. Sussisteva, inoltre, una situazione di squilibrio, resa evidente dalla pratica applicazione della 710 e della 720, tra i responsabili delle varie bra nche nel complesso operativo: ufficio OAIO retto da un tenente colonnello, CCF da ungenerale di brigata, comando genio da un colone llo. La 810 e la bozza de lla 820, per e liminare tali inconvenienti, prevedono che il MAIN di-
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visionale sia imperniato su di un nuovo organo - il centro operativo - nel quale sono riunite le cellule responsabili, ciascuna, delle attività che concorrono alla impostazione, organizzazione e sviluppo della manovra: informazioni, impiego delle forze, del fuoco, del genio, <lell'ALE, dell'artiglieria contraerei, della cooperazione aerotcrrcstrc e delle trasmissioni. L'attività delle cellule è coordinata e diretta, con visione unitaria, dal capo ufficio OAIO e sussidiata, per quanto riguarda le funzioni di ricezione, elaborazione e smistamento di tulle le comunicazioni operative, da un gruppo registrazione ed archivio, operante anche questo nell'ambito e.lei centro operativo in luogo del preesistente centro controllo messaggi e comunicazioni classificate. Vengono, pertanto, eliminati il CCF, il comando genio, la sala operativa. Il centro operativo si articola in sezioni o nuclei (informazioni, operazioni, fuoco superficie, genio, trasmissioni, ALE, difesa contraerei, cooperazione acroterrestre). L'abolizione del CCF deriva dalla preminenza conferita al combattimento senza impiego di armi nucleari e dal conseguente venir meno della esigenza di uno s pecifico organo a sé stante incaricato del coordinamento dei due tipi di fuoco. Essa, inoltre, non provoca conseguenze al livello superiore, in quanto non pregiudica la possibilità che, a tale livello, il CCF continui ad esistere e conferi sce maggiore semplicità e snellezza di funzionamento del MATN, nel quale avviene l'integrazione, al livello paritetico, dell'allività informativa, dell'impiego delle forze e di quello di fuoco. La nuova concezione, costituzione ed organizzazione del centro operativo determina l'abolizione delle cariche di generale comandante dell'artiglieria divisionale e di colonnello comandante del genio divisionale, le cui funzioni di comandanti di arma vengono trasferite, rispettivamente, ai comandanti del reggimento di artiglieria e e.lei battaglione genio. La soluzione adottata rende senza dubbio più funzionali le attività che, integrate, concorrono alla impostazione, organizzazione e condotta della manovra, consentendo, tra l'altro, al comandante ed al capo di stato maggiore di disporre, in una unica sede di lavoro, di tutti gli elementi che, di volta in volta, collegialmente o singolarmente, essi intendono consultare prima di decidere. Non costituisce novità della serie dottrinale 800 l'inserimento nella trattazione della materia della indicazione e della illustrazione delle procedure; esso era già stato attuato nelle pubblicazioni della serie 700. Ma oltre le procedure informative, per le operazioni, per l'impiego del fuoco, per le trasmissioni e per la cooperazione aeroterrestre, già inserite nelle pubblicazioni 710 e 720, vengono ora introdotte quelle
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per la difesa contraerei, per l'impiego dell'ALE e per la difesa NBC, con richiami continui agli STANAG che nel frattempo erano andati moltiplicandosi. Nei riguardi delle procedure, la serie dottrinale 800, oltre che per la maggiore completezza, si caratterizza, in particolare, per il trasferimento al livello di raggruppamento di parte delle decisioni attribuite, nella precedente normativa, al livello divisionale, decisioni riguardanti principalmente la pianificazione del fuoco e dell'impiego delle unità del genio e, in particolare, l'estensione al livello di gruppo tattico delle facoltà d'inoltrare richieste di concorso aereo immediato direttamente all'organo responsabile della gestione ditale concorso. Vie ne sensibilmente semplificata la prassi da seguire per l'organizzazione e la condotta del combattimento ed in tale quadro vengono aboliti, al livello divisionale e di raggruppamento, i gruppi R ed O previsti dalla 710 e dalla 720. Vengono infine resi <li per sé operanti al livello al quale sono elaborati, sen za attendere l'approvazione del comando superiore, i piani <li fuoco e d'impiego del genio, delegando così molte delle funzioni già dei comandi superiori a quelli in sottordine. Le procedure per l'aerocooperazione subiscono un completo rinnovamento - di cui la caratteristica più significativa è la maggiore autonomia di cui godono i livelli minori - in seguito al1'en trn ta in vigore del nuovo manuale NATO, ATP-27, Procedure per
le operazioni di concorso aereo offensivo.
11. La dottrina 800, di cui abbiamo riassunto ed illustrato i contenuti nel presente capitolo, dalla pubblicazione capostipite a quelle riguardanti i livelli delle grandi unità elementari, derivò in primo luogo dal mutamento di strategia della NATO, in discussione da anni, ma sancito solo ne l 1967. La elaborazione della nuova dottrina ebbe il suo avvio con la pubblicazione Note sugli ambienti operativi del maggio del 1968 ad opera del generale Enzo Marc h esi ed il suo sviluppo sotto la guida del generale Francesco Mere u . Il rinnovamento dottrinale non fu, come del resto non lo erano stati quelli della 600 e della 700, il risultato di un lavoro a tavolino dello stato maggiore dell'esercito e, in particolare, dell'ufficio regolamenti, ma il contenuto di un'attività collegiale, una sintesi di un oneroso e delicato processo costruttivo al quale avevano partecipato i comandi di grande unità, la scuola di guerra ed una buona parte dei qua-
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dri. Il nuovo corpo normativo nacque, dunque, come affermò a ragione il generale Mereu nella circ. n . 1571 del 30-XII-1971, con il crisma di una fervida ed estesa attività collegiale che gli conferisce particolare qualificazione e validità. Che solo a distanza di poco più di 7 anni dalla diramazione della 700 si presentasse la necessità di elaborare una nuova dottrina dipese, come si è detto, dal mutamento di strategia, ma anche dall'accelerato ritmo di un processo di mutazione del pensiero e delle strutture fondamentali della società, di quella italiana in particolare, e dall'incalzante sviluppo della scienza e della tecnica con la conseguente necessità di adottare varianti e adeguamenti e d'introdurre innovazioni, nelle concezioni e nei procedimenti, che valessero a conferire costante e moderna efficienza, in tutti i campi, agli organismi internazionali e nazionali, civili e militari. Ciò spiega il fatto che, mentre si veniva completando la serie dottrinale 700 con le pubblicazioni riguardanti l'impiego dei gruppi tattici, si dové dare inizio simultaneamente ad una nuova dottrina che recepisse le nuove concezioni politiche e strategiche e le nuove tecniche ed al tempo stesso sacrificasse il meno possibile la stabilità dottrinale e ordinativa nel contesto di un compromesso razionale e valido tra le due opposte esigenze. Abbiamo già ricordato nei precedenti capitoli quale fosse la situazione internazionale e quella della NATO, quella europea e qualla italiana del periodo durante il quale si sviluppò il processo di portata a termine della dottrina 700 ed ebbe inizio e svolgimento quello relativo alla elaborazione della nuova dottrina. Jl porre mano a tale duplice, difficile e delicato lavoro - in un periodo di estrema incertezza sul piano della politica internazionale, di contrapposizioni nel1'ambito della stessa NATO, di aperta rivolta contro i valori spirituali e morali espressa dal movimento del sessantotto, d'instabilità politica, sociale ed economica della situazione italiana, aggravata dalle manifestazioni di violenza e dall'inizio del terrorismo interno, segnato nel dicembre del 1969 dalla strage di piazza Fontana in Milano, fu un atto di coraggio morale ed intellettuale che va riconosciuto allo stato maggiore dell'esercito che, malgrado tutte le avverse condizioni di ambiente, continuò a guardare avanti con prospe ttive fiduciose nella volontà e nella capacità dell'esercito di mantenersi saldo e di darsi un orientamento dottrinale aggiornato. E tale fu la 800, che, nonostante taluni errori, lacune e concezioni opinabili, armonizzò la tattica alla nuova strategia e delineò, senza perdere di vista la situazione finanziaria italiana, un quadro di e sigenze di rinnovamento e di potenziamento contenuto nei limiti di quanto indispensabile per con-
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ferire all 'esercito l'efficienza materiale necessaria ad attuare i nuovi criteri e procedimenti di impiego. Nel 1970 le premesse per il conseguimento di tale efficienza, sia pure in un arco pluriennale, esistevano perché, nel quadro del programma NATO, designato AD-70, il governo italiano si era impegnato ad inten sificare lo sforzo per la difesa, tanto che in quello s tesso anno fu possibile elevare la forza d ell'esercito da 265000 a 313000 uomini. Le prospettive furono, peraltro, ben pres to infrante dal sopraggiungere della c risi energetica e della marc ia a l galoppo dell'inflazione, due avvenimenti che sconvolsero ogni programma, indusse ro i governi a d abbassare ulteriorm ente il grado e.li priorità da attribuire a lla soluzio ne del problema della difesa militare del paese e posero gli s tati maggiori delle forze armate in una situazione drammatica di lotta per la sopravvivenza di uno strumento militare naziona le di una qualche credibi lità operativa.
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NOTE AL CAPITOLO LXVII (1) Generale Bcaufrc. Difesa della homha atomica. I libri <lei Bor·ghese. Milano, A1·c hclipografia <li Milano, 1965, pg. 120. Titolo arginale d e ll'opera: Dissuasione/ Slratégie. Traduzione <lai francese di G. Riccio (2) Slalo maggiore dell'esercito. 111 Reparto. Ufficio r egolamenti. Pubbl. n. 5835 Direllive per {'impiego delle grandi unità complesse (n. 800 della serie <lourinale). Rom a, Regionale, 1971. La pubblicazione, formato 18 X 12, con a lto <li a pprovazione del genernle Francesco Mereu, consta di 64 pagine+ X . comp1·endenti l'atto di apprnvazione, lo s pecchio di distr·ibuzione, lo specchio per la registrazione d elle aggiunte e varianti , l'indice, la premessa, il testo articolato su 5 capitoli e 62 pa ragrafi, 3 allegati (A, B , C). Cap. l : Generalità. Cap. TT: le operazioni difensive ed offensive: generalità, le operazioni difensive, le operazioni offensive. Cap. III: La ballaP,lia difensiva: generalità, l'area della battag lia. la zona di frenaggio, la pos izio ne difens iva, la zona delle rise rve di c01·po d'a1·m a ta, la zona delle r etrov ie d 'Armata, o (di Corpo d'Armata aut onomo). la posizion e dife ns iva arretrata. Cap. IV: /,a 111a11ovra i11 ritirata: generalità, l'azione d1 rrenagg10, il ripiegamento dei grossi. Cap. V: La baltaP,lia offensiva: genera lità, lo schieramento per la battaglia e la ricerca e presa di cont a tto, l'at tacco, l'annienta m ento. Allegati: A: competenze cd attribuzioni dei Comandanti delle Grandi Unità complesse n ella b a ttaglia difensiva; B: competenze ed alll"Ìbuzio11i dei Coman<lauti delle Grandi lJnilà complesse ne lla manovra in rili n11a; C: compelenze ed allribuzioni dei Comandanti delle Grandi Unità complesse nella ba ttaglia o ffe n siva. (3) Stato maggiore d ell 'eser cito. lll rep a rto. Ufficio regolamenti. Circ. n. 157 1/122.11 , 30-11 -1971, Risultati de/l'applicazione sperime11tale della nuova normativa (serie dottrinale 800). Ro ma, Reg ionale, 1971. La pubblicazione, formato 17 X 12, a firma del generale Francesco Mer e u, consta di 108 pagine e comprende l'elencazione d egli enti cui è dire tta, l'indice, la premessa, i risultati del c iclo s pe rimentale (principali proble mi emersi nell 'a pplicazione d ella nuova norn1a tiva cd e m e ndam enti su ggeriti: a) b a tt aglia difensiva, b) manovra in ritirnta, c) h,1W1gli,1 offrn s iv:-i; procedimenti d'azione per il com halt imenlo difc11~ivo d efi nito alla luce dei ri sultali scaturiti dal ciclo di app licazione s perimentale); conclusione. allegali (A: la di vis ione di fanter ia ne l presidio d'un settore de lla posizione dife ns iva; 8 : la divisio ne cornzzata, riserva di Grande Unità comp lessa, n el contra tt acco; C: la brigata a lpina ne l pres idio di un settore della posizione difensiva), un annesso (aggiunte e varianti alla pubblicazione 800 della s.d. Direllive per rìmpiegu delle Gra ndi Unità complesse. · (4) Rivis ta militan: . Direllivc: pc:r l'impic:J!.U dc:1/c: J!.randi unità cumplcssc. Pubblica z ione 800 de lla se ri e dott rina le; n. VII-Vili, lugl io-agosto I 970 , pagg. 1635· 1644. (5) Gli sforzi d a eserci tare sono espressi i11 /ermini di Grandi Unità elementa,·i e /110co di sostegno terrestre ed aereo. Sono fis sati d a ll'Armata o dal Corpo d 'Armata autonomo con il e riterio di allribuire a ciascuno adegua ta capacità di penetrazione. obbligando, nel contempo, l'avve1·sa1·io a dilui,-e e disperde1·e la prop1·ia capacità di r eazione e di fuoco. S i dis tingu ono in sfur::.i principali e sfur::.i sussidiari. Ouesti ultimi d evono esse re cont enuti ne l numero indi s pe nsabile pc 1· sostcnc1·c g li sfo17.i p1·incipa li , in m odo da non inc ide re sulle fo,/.e nccessa1·ic p c1· ga i-an 1i1·c a quesli la poten za voluta. Il coo1·dina mento deg li sforzi è garantito: nell 'ambito del Corpo <l 'Annata autonomo,
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quando ad esso risale la condotta della battaglia; nell'ambito di ciascun Corpo d'Armata di I a schiera, al lorché la battaglia è condotta dall'Armata ... In particolare: sforzi sui fianchi o negli inte1·valli del dispositivo avversa1·io sono semp1·e convenient i eposs ibili allo1-ché Lale dispositivo abbia una l"ronte non molto estesa e/o discontinua. Si potrà in tal modo tendere all'awolgimenlo delle fon:e nemiche per blocchi ed a priva1·lc di ogni possibilità di contromanov.-a; sforzi frontali di rottura si rendono, per contro, necessari allorché il dispositivo avversario ì: caratterizzato da una fronte estesa e continua. Tali sfoni hanno, in gene1·e, lo scopo di ricondurre la manovra al la forma precedentemente considerata, cd hanno, quindi, di norma, carattere preliminare; sforzi da S\'olgen.· con azioni sistemai ic hc e prnlungale nel tempo san:in no affidati a Grnndi Unità di fanteria, inenln\ pci- contro, saranno impiegate Grnndi Unità corazzale e meccanizza te qualora sussista la poss ibilità di dfelluare azioni cele ri e profonde (paragrafo 54 della 800). (6) Rivista Militare n.I Mutamenti della co11cezione difensiva italiana dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, del gen . Luigi Salal iello, pgg. 3 1-39. (7) Aree di particolare rilievo operai ivo - per lo più coincidenti con sbocchi valli,·i e con fluenze di vie di faci litazione, talvo lta con passi, st r·ette e soglie - la cui conquista da parte dell'avversa1·io cosi itui 1·cbbe essenziale p1·c111essa al successivo sviluppo i11 profondit à della manovra e determinerebbe l' isolamento delle for-ze della difesa sopravanzata (nota I al pa1·agrafo 30 della 800). (8) Stato maggiore dell'esercito. lii reparto. Ufficio regolamento. Pubbl. n. 5936 impiego della divisione di fanleria (n. 8 1O della serie dottrinale). Roma, Regionale, 1972. La pubblicazione, formalo 18 X 12,5, approvala <lai gene mie Fi-ancesco Men!u, consta di 25 1 I XV pag ine comprendenti ]'allo di appro\'azione, lo s pù·ch io di dist1·ibuzionc, la tabe ll a per· la registrazione delle aggiunte e var·ianti , l' indi ce, la premessa, il lesto articolato in t re parti (178 paragrafi), gli allegati da A ad L. Pane prima: Generalità. Cap. T: Fisio110111ia orga11ica e tallica della divisione di fanteria. Cap. TT: Compiti della divisione di fan/e ria, quadro operativo in cui la grande unità agisce e cri/eri d'impiego: compiti, quadro operativo, c1·iteri d'impiego. Cap. 111 1/ movimento e lu stazionamen10: il movimento, lo stazionamento. Pa1·te seconda. La di1•isio11e di fanteria nelle operazio11i dife11siFe. Cap. IV: / ,a t!il'isio11e di fa111eria 11el presidio di 1111 se/Iure della posi~ione dife11sil'l1: concezione della manovra <livisionalc, or·ganinazione della ma11ovrn divisionale, concezio11e della manovra di raggruppamento O in I scaglione, concezione della m a novra del raggruppamento in riserva, organizzaz ione de lla manovra del ragg1·uppamento in riserva, a ssunzione del dispositivo da parte della divisione, sviluppo d e lla difesa, adeguamenti per il passaggio a l combat timento con impiego di armi nucleari. Cap. V: La divisione di fa111eria nella manovra in ritirata: la divisione <li fantc1·ia nel ripiegamento dei grossi (concct:ione <le i la manovra div is io nale, organizzazione e sviluppo della rnanovrn di visiona le); la di,·is ione di fanle1·i a ne ll'azione di frenaggio (concezione della m a novra d ivisionale, concezione ed organizzazione <lei la m anovra d e ll'aliquota di cont 1·as to dinamico, concezione cd o rganizzazio11e della manovra del raggruppamento di fanteria facente parte dell 'a liquota di arresto temporaneo, concezione ed 01·ganizzazione della manovra del l'aliquo ta di forze in riserva, sviluppo della manovra). Parte terza. La divisione di fanteria nelle operazioni offensive. Cap. VI : La dil'isio11e di fa11teria i11 I" schiera nello scliien1111e1110 per la hallo glia offe11siPa: zona d 'a llesa per l'attacco, a\'vicinarncnlo, combatt imen ti p1·climinari. Cap. Vll La diPisio11c di fanteria 11ell'a11accu: l'a llacco senza impiego di armi nuclea r i (concezione della manovra divisionale, organizzazione dell a manovra divisionale, concezione
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della manovra del raggruppamento in I O scaglione, 01·ganizzazione della manovra del raggruppamento di I O scaglione, concezione e organizzazione della manovra del raggruppamento in .-i serva, sviluppo lkll'attacco), l'attacco con impiego di anni nuclea ri (lineamenti dell'allacco, misure per il passaggio a l comhattimenlo con impiego di armi nucleari). Cap. VIII: la divisione di fanteria 11ell'a11nientumentu: lineamenti della manovra nella prnsecuzione di uno sforzo in profondità, lineamenti della m anovra nell'eliminazione delle resistenze nemiche. Allegati: A: Organizzazione del com a ndo. Ap· pendice: schema 01·ientativo dell'organizzazione interna del MAIN divisionale. R: Organizzazione delle trasmissioni. Appendice I: schema delle trasmissioni del comando di\"isione. Grnfico orientativo delle lince in ponte radio. Appendice 2: idem. Appendice 3: sistema delle trasmissioni del comando divisione, grafico orientativo delle lince a filo campa li . Appendice 4: sistema delle trasmissio11i del comando divisione, g r afico 01·ienlativo della rete in telescrivente. Appendice 5: sistema delle trasmissioni del comando, divisione, grafico orientativo delle trasmissioni radio. Appendice 6: sistema delle trasmissioni del comando raggruppamento fanteria, grafico orientativo delle trasmissioni radio. Appendice 7: s istema delle trnsmissioni del comando raggruppamento co1·azzato, grafico orientativo delle trasmissio11i radio. C: Prnce durc per l'attività in formati\'a. D: P1·on' dt1rc per l'o1·ganizzazione e la com.lotta delle operazioni . Appendice I: informazioni cd ordini per il presidio di u11 sellorl' della posit.ionc difen siva. Appendice 2: informazioni ed ordini per la rnanov.-a in .-iti,·ata. Appendice 3: informazioni cd ordini per l'allacco. E: Prncedurc per l'impiego del fuoco. F: Procedure per la difesa contraerei. G: Procedure per l'impiego delle unità del genio. II: Prncedure per l'impiego delle unità <lell'A.L.E.. I: Procedure per l'utilizzazione <lei concorso aereo offensivo. L: Pnx:edure NBC. (9) La divisione del 1972 cn1 costitu1 ta <la u11 co111andantc, un comando, due 1·cggimenti di fante ria, un reggimento di fa11te1·ia corauato, un 1·eggirncnto di artiglicl"Ìa <la campagna, un gruppo esplorante divisionale, un battaglione gen io pionieri , un ballaglionc trasmissioni, un reparto aviazione legge ra, una compagn ia carnhinieri, un raggrnppamcnto servizi. La 810 prevede che, di norma, la divisione disponga anche di un gruppo <li artiglieria cont1·aerei leggera c he, se a d essa non 01·ganicamente apparte· nenie, vie ne assegna lo dalla grande unità di <ll'dine superiore. Tale s tmllurn, ido11ea per la 111edia dei rnsi d'i111piegv, JJLUÌ, e 11tm certi limiti, essere 11tudificata e meglio ade_i.;11a1a al co111pitv ed al/"a111bie11te 11a1urale in cui la Grande U11ità deve operare (pa rag 1·. 2 della 810 s.d.). li Con1a11dante della Divisione, responsabile de ll'efficienza e dell'impiego della Grande unità, concepisce, 01·ganizza e conduce la manovra divisionale. Si avvale per l'eserc izio delle sue funzioni del vice comandante, suo sostituto in ogni situazione, d e l Ccmw11da11te del re1-:1-:ime11/u di arti;)ieria da ca111pag11a q ua le cornan<la11le dell'arliglicria d ivis ionale, del Cu111a11dc111te del battaglin11e ge11io pionieri quale cornandanle del genio divi sionale, del Co111a11da11te del gruppo ar1iglieria cun/raerei leggera quale comandante della difesa con t racrci divisiona le, <lei Comando di Divis ione (paragr. 3 della 800 s .d .). Il comando di divisione è costituito d a llo stato maggiore e dal quartier generale. In operazioni il coman<lo della divisione si articola in posto comando avanzato (MAIN), pus/o cu111a11do arre/mio (REAH.) e posto conumdo di sustit11 ~iu11e (SOST). (10) Informazioni ed ordini c he il comandanlc della divisione riceve per l'a ttacco: si tuaz io ne nemica cd amica; compito della grande unità complessa nel cui ambito la divisione agi sce; conce tto di azione (o diseg no di manovra) del comandante s uperiore;
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posizione <lella divisione nel dispositivo; fone a disposizione della divisione; compilo della divisione, nella c ui Formulazione sono precisali <li massima: obiettivo <li allacco, <li1·ett1·ice di attacco, 01·ientament i per l'azione successiva, sello1·e <li azione, <lati <li hase per l'impiego <lei fuoco (aree <li grav itazione <lei fuoco e<l obiettivi <li particolar·e interesse ai fini della manovra de lla grande unità complessa, concorso <li fuoco <la fon1i1·e o <la ricevere, <lati relativi all'eventuale impiego del fuoco nuclea,·e, prescrizioni per· le allività connesse con la sorveglianza del campo <li bauaglia , l'acquisizione obiellivi, il coordinamento ed il controllo <lei fuoco, l'accertamento dei dsullali del fuoco nucleare); elementi per l'or·ganizzazione della difesa contrnerei; dati di base per l'impiego del genio: m ·d inamenlo tallico delle unità del genio della grande unità complessa cd ('ventu;ili vincol i di impiego, compit i delle unità del genio a di,·etta dipcnde nz:i della grande unità complessa (per qu:into d 'interesse); elementi per l'utilizzazione del conco1·so aereo offensivo (esplorazione); elementi per l'impiego dell'ALE; disposizioni per la difesa NBC e per l'OEZED; elementi per la guerra elettronica e per quella p sicologica; moda li tà per il coordinamento con particolare riguardo a: armonizzazione della manovra divis ionale con quelle delle grandi unità laterali; aree vincolate per lo schieramento di uniti! e 01·gani dipendenti dal comando della grande unità complessa; tempi d e lla m anov ra; clementi pe r l'organizzazione log is ti ca cd il funzionamento dei sc,·vizi; clementi per l'inserimento ne l sistema dell e trasmiss ioni del la grande unità complessa. lnfonnaziuni ed 01·dini che il comandante della divis ione impartisce per l'allacco: s ituazione nemica ed amica; compito della divisione; concetto di azione; composizione ed articolazione delle forze e cioè, per ciascun complesso di forze direttamente dipedcnte: posizione nel dispositivo, comandante, composizione, compito per i complessi tattici in I O (eventualmente in 2°) scaglione (obiettivo di attacco, 01·ientamcnti per l'azione s uccessiva, settore di azione e/o di reti ricc di attacco), oricntamcnt i d'impiego per la riserva; dati di hasc per l'impiego del fuoco (direttive p er l'impiego del fuoco, ordinamento tattico delle unità di art iglieria e even1Ual i varianti per il combattimento con impiego di a rmi nucleari, aree disponibili per lo schieramento delle artiglierie non decentrale, utilizzazione delle sorti le disponibili nell'ambito <lei concorso aereo offensivo (appoggio aereo ravvicinato e inte ,·dizione), dati relativi agli interventi nucleari eventualmente previsti nel settore della divisione; elementi per l'organizzazione della difesa contrae,·ei; dati di base pe r l'impiego d elle unità del genio (direttive pe 1· l' impiego, ordinamento tattico. aree di spo nibili per la dis locazione ini ziale delle unità non decentrate); cle m e nti pc1· l'utilizzazione elci concorso aereo offensivo (esplora zione); elementi per l'impiego <lell'ALE; clementi per la con<loua della ricerca informativa azione <luranle, con particolare riguardo all'esplorazione; elementi per la <li resa NBC, per la guerra eleuronica e per quella psicologica; modali Là per il coordinamen to con parlicolare rigua1·do a : ora d 'inizio della preparazione e dell 'allacco, basi <li partenza per· l'attacco, lince di rife rimento e di attestame nto, zona d'attesa delle forze in rise r·va , misure d a attuare per il collegamento tattico tra i complessi tattici, aree vincolate per lo schieramento di unità o organi di responsabilità cd operazioni di scavalcamento o di sostituzione delle forze già a contatto sull e basi di partenza per l'attacco; clementi per l'organizzazione logistica cd i I funzionamento dei servizi; dislocazioni iniziali e successive dei posti comando; elementi per l'organizzazione dei collegamenti e delle tras mission i. ( 11 ) lnforn1azioni ed ordini c he il comandante del raggruppamento impartisce per l'attacco: s it uazione nemica ed amica; compito <lei raggruppamen to; concetto <l'azione del comandante del raggruppamento; composizione ed articolazione delle forze e cioè:
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per ciascun gruppo tattico in 1° e in 2° scaglione: posizione nel dispositivo, comandante, composizione, compito di massima materializzato con l'indicazione dell'obiettivo di at tacco, del settore di azione e /o della din~zione d'attacco e degli oricnlamcnti pc,- l'azione successiva; per il gruppo tattico in riserva e per la compagnia contrncari-i, quando impiegata a diretta dipendenza: 01·ientamenti d'impiego (che, azione durante, si concretano, infine, in ordini); clementi per l'impiego del fuoco: indicazione dell'a liquota di artiglieria orientata a favore (o eventualmente decentrata) e del concorso dell'aliquota di manovra a favore del raggruppamento, compiti delle unità di artiglieria cooperanti, ordinamento tattico delle unità di artiglieria eventualmente decentrate al rnggrnppamcnto, collegamento tallico, a1·ee disponibili pe1· lo schier·a mento delle artiglierie alle dir·elle dipendenze, vincoli a ll'impiego e/o compiti delle unità mortai da 120 dei grnppi tattici, zone di schieramento dei mortai eventuamente alle direlle dipendenze, dati relativi ad eventuali interventi nucleari, piano di fuoco; elementi per l'organizzazione della difesa contraerei; clementi per l'impiego delle unità del genio: indicazione delle unità del genio assegnate, ordinamento tattico iniziale e sua evoluzione nelle fasi successive del combattimento, compiti delle unità del genio alle diretlt' dipendenze, ar·ee disponibili per- la dislocazione iniziale delle unità alle dirette dipendenze, piano d'impiego del genio; elementi per- l'utilizzazione delle missioni delle forze aerotalliche e dell'A.LE.; clementi per la condotta della ricerca infonnativa azione dura nte (con particolare riguardo all'organizzazione dell'osse1-vazione ed alla sorveg lianza del campo di battaglia); elementi per la difesa NBC; modalità per il coordinam ento con particolare riguardo a: basi di partenza e linee di partenza per l'attacco, di sposizioni per l'occupazione d elle basi di partenza, ora d' inizio della preparazione, ora d ' inizio dell'attacco, zona d'attesa per la risen•a, itinernri per il movimento della rise1·va, procedimenti da adottare per il forzamento dell'ostacolo, linee di riferimento e di allcstamento, accerchiamento de ll e forze sopravanzate; elementi per l'organi zzazione logistica ed il funzionamento dei servizi; dislocazioni iniziale e successive dei pos ti comando; designazione del posto comando di sostitu zione; clementi p e1· l'organizzazione dei colJegamenti e delle tras missioni. (12) Stato maggiore d ell'ese rcito. I spettorato dell'a,·ma di artiglieria. Ufficio studi regolamenti e scuole. Pubbl. n. 6007 La pia11i/ica::.ione del /11ocu di artiglieria (circ. n. 5030 della serie dottrinale). Roma, 1972. (14) In formaz ioni ed ordini che il comandante de lla divisione riceve per il pn:sidio d 'un se llore della posizione difensiva: situazione nemica ed amica; compito della g1-ande unità complessa nel cui ambito agisce la di visione; concetto d'azione (o disegno di manovra) del comandante superiore; posizione della divisione nel dispositivo; forze a disposizione delJa divisione; compito della divisione (nella cui formulazione sono precisati, di massima: procedimenti di difesa, posizioni fondamentali da includer e n ella P.R., settore difensivo); dati di base per l'impiego del fuoco (ar·ee di gravitazione del fuoco ed obiettivi di particolare interesse ai fini della manovra della grande unità complessa, ordinamento tattico delle unità di artig lie ria della grande unità complessa, conco1·so di fuoco da fornire e ricevere, dati relativi all'eventuale impiego del fuoco nucleare, p1·evisioni per l'attività connesse con la sorveglianza d el campo di battaglia, l'acquisizione obiettivi, il coordinamento ed il controllo del fuoco, l'accertamento dei risultati d e l fuoco nucleare); elementi per l'organizzazione della difesa con traerei; dati di base pe r l'i mpiego d el genio (ordinamento lallico delle unità del genio della grande unit à complessa cd eventuali vincoli d 'impiego , compiti delle unità d e l genio della grande unità complessa cd eventuali vincoli di impiego, compiti delle unità del genio a diretta
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dipendenza dalla grande unità complessa. per quanto d 'interesse); clementi per l'utilizzazione del concorso aereo offensivo (esplorazione); clementi per l'impiego dcli' ALE; dis pos izioni per b difesa NBC e per l'OEZED; clementi per la guerra elettronica e pt'r qudla psicologia; modalità per il coordinamento con particolare riguardo a: linea di sicurezza, mis ure dirette a saldare l'azione di frenaggio con l'a;,:ionc in Z.S., armonizzazione della manovra divisionale con quelle delle grandi unità laterali (con particolare riferimento al coordinamento dell'eventuale azione di contenimento), aree vincolate per lo schieramento di unità e organi dipendenti dal comando della grande unità complessa, impiego della risc1·va di corpo d 'armata nella P.R., tempo a disposizione pe1· l'o1·ganizzazionc e la sistemazione della difesa; clementi pc1· l'organizzazion e logistica e il runzionamento dei servii.i; clementi pe1· l'in se1·ime11to nel siste111a Jelle trasmissioni della g rnndc unità complessa. Informazioni cd ordini c he il comandante della divisione impartisce pe1· il presidio d 'un settore della posizione dirensiva: situazione nemica ed amica; compilo della divisione; concetto d'azione del comandante della divisione; composizione e ,u-ticolazione delle forze e cioè, per ciascun co111plesso di forze direttamente dipendente: posizione nel dispositivo, comandante, compito (per lo scaglione di s icurezza e per i complessi tattici i11 I O scaglio11e), 01·ie11ta111e11ti sulle principali ipotes i d'i111piego per la riserva (ipotesi di contrnllacco: comandante re sponsabi le del coordinamento, forze, compito di massima materializza to indicando obiettivo, dirci t ricc di con t rat lacco e oi-ientamcnt i per l'azione s u ccessiva, linea di pa rtenza, soslcgno di ruoco, modalità per la r iat tivazione della difesa sulle posizioni riconquistate; ipotesi per il concorso al contenimento: articolazione e compiti prcvist i secondo che si a1tuino le ipotesi 1·clative al contrasto dinamico, al concorso al presidio di s trntturc stat ich e e all'esec uzione di 1·cazioni dinamiche); dati di hasc per l'impiego del ruoco: di1·euivc per l'impiego uel fuoco, 01·dinarnenlo tallico delle unità di artiglieria ed eventuali varianti per il combattimento con impiego ui armi nucleari, aree disponibili per· lo sd1icramenlo delle artiglie 1·ie non decentrale. utilizzazione delle sorlile disponibili nell'ambito del concorso ae1·eo offensivo (appoggio aei-eo ravvicinalo e inle1·dizione), dati r elativi agli interventi nucleari eventualme nte previsti nel settore della division e; clementi per l'organizzazione della difesa contraerei; dati di ba se pc1· l'impiego delle unit à del genio: di1·cttivc pc1· l'impiego, 01-dinamcnto tattico, a ree disponibili per la dislocazione delle unità non dcccntrnlc, uisposizioni per l'atluazionc delle demolizioni (con par·ti co l:.irc riguardo :.ii comanui n:sponsabili del b1·illamcnto cd eventuale concessione della facolti, di ulteriore delega della responsabilità, criteri per la definizione del momento tallico nel quale le demolizioni devono essere attuate); elementi per l'utilizzazione del conco1·so aereo offensivo (esplorazione); elementi per l'impiego dell'ALE; elem e nti per la condotta della ricerca informativa azione durante (con particolare riguardo a ll'organizzazione de ll 'osse r vazione cd alla sorvegl ianza del campo di batt agl ia); clementi pc1· la difesa NHC, per la guerra clcttrnnica e p er quella ps icologica; modal it à per il coo1·dinamcnto con partico la1-c riguardo a: azione dello scaglione di sicu1·czza, trnfilamento nella P.R. dello scaglione di presa di con tatto e frenaggio e dello scaglione di sicu rezza, saldatura tra settori contermini, zone u 'attesa iniziali per le unità in rise1·va, itinerari per lo afflusso della ,·iserva ve,·so le zone di prnbabile impiego, concorso della riserva alla s istemazione ed alla difesa della posizione di conlcnimenlo, aree \'incolate pe1· lo schieramento di unità o organi dipenden ti dal comando d e lla divis ione o dai comandi superiori; impiego della riserva di corpo d'armata ne lla P.R., tempo a dispos izione per l'organizzazione e per la s is temazione della difesa; e lem enti per l'organizzazione logist ica ed il funzio-
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namento dei se1·vizi; dislocazioni iniziali e successive dei posti comando; elementi per l'organizzazione dei collegamenti e delle trasmissioni. (14) Informazioni e<l or<lini che il comandante del ..aggruppamento in I O scaglione impari isce per il presidio <l'un se1to1·e della P.R.: si tuazione nemica ed amica; compito del r·aggruppamento; concetto <l'azione del comandante del raggruppamento; compos izionc ·c articolazione delle fone e cioè per ciascun gruppo tattico: posizione nel dispositivo, comandante. composizione, compito che si concreta nell'indicazione del settore difensivo e delle vie di facilitazione <la interdire, posizioni da s istemare a caposaldo e tratti di campo minato che potranno essere attivati nel corso del combattimento. ipotesi di attivazione dei caposaldi; per ciascun complesso mobile: coma ndante, composàione. compito complessivo della zona in cui svolgere l'azione, dipendenza, modalità per la coopcrnzione con g li altri elementi <lella difesa; per la riserva: comandante. composizione cd orientamenti iniziali pe r le va,·ie ipotesi d'impiego. In particolare, per il contrattacco, gl i ordini riguardano: comandante responsabile del coordinamento, forze, compito di massima materializzato indicando l'obiettivo e la direzione, gli orientamenti per l'azione successiva, linea di partenza, sostegno di fuoco e, se necessario, modalità per la 1·iatli vazione della difesa sulle posizioni riconquistate; clementi per l'impiego dd fuoco: indicazione dell'aliquota di a1·tiglieria orientata a favor·c (o eventualmente dcccnlt-ala) e del concorso dell'aliquota di manovra a favor·e del raggruppamento, compiti delle unità di artiglie1·ia cooperanti, <ffdinamento lattico delle unità di aniglieria eventua lmen te d ecentrate. collegamento tattico, aree dis ponibili per lo schieramento delle artiglierie alle dirette dipendenze, vincoli all'impiego e/o compiti delle unità mortai da 120 dei g ruppi tattici. zone di schieramento dei mortai eventualmente alle dirette dipendenze. collegamento lallicu delle unità mor·tai event ualmente alle dii-elle dipendenze, d a ti r·clativi ad eventuali interventi riuclea.-i , piano di fuoco; clementi per l'organizzazione della difesa contraerei; elementi per l'impiego delle unità del genio: organizzazione dei lavori e sistemazione difensiva, indicazione delle unità del genio assegnale, compiti delle unità del genio a disposizione. priorità e criteri per la sistemazione delle varie posizioni, disponibilità dei materiali di raffon.amento e di mine (località e turni di prelevamento). disposizioni per l'attuazione de lle demolizioni di competenza e modalità per il loro brillamento, piano d'impiego de l genio; elementi per l'utilizzazione delle missioni délle fo1·ze aernlattichc e dcll'ALE; ele menti per la condolla della ricci-ca informativa con particolar-e riguardo alla osservazione ed a lla sorveglianza del campo di battag lia; e lem enti per la difesa NBC; modalità per il coordinamento, con particolare riguardo a: deflusso de ll'aliquota de llo scaglione di presa di con tatto e frenaggio. raccolta e deflusso dello scaglione di s icurezza (collegamento tattico, sostegno di fuoco. itinerari), armonizzazione dell'azione dei complessi mobili con quella <lei gru ppi tattici, co llegamento tattico t.-a unit à artiglieria (e mortai) e oper·e della fortificazione per·ma nen te, concorso dei gruppi talli ci ai contra ttacchi d elle rise.-ve. concm·so della .-iserva alla s is temazione ed alla difesa della pos izione di contenimento, zone di attesa delle unità in riserva. itinera ri per l'afflusso delle forze in riserva verso le zone di probabile impiego, te mpo a disposizione per l'organizzazione e per la s istemazione della difesa; elementi per l'organizzazione logistica e per il funzionamento dei servizi; dislocazioni iniziali e successive dei posti comando; designazione del posto com ando di sos tituzione; elementi per l'organi zzazione d ei collegamenti e delle t.-asmissioni. (I S) lnfonnazioni ed ordini ch e il comandante del raggruppamento in riserva impartisce pe1· l'irnpiego in un settore della P .R. : situazione nemica ed amica; enunciazion e delle va1·ie ipotesi <l'i mpiego per ciascuna ipotesi di impiego unitario del
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raggruppamento; concetto d'azione; composizione ed articolazione delle forze (per ciascun gruppo tattico nelle ipotesi di contrattacco: posizione nel dispositivo, comandante, composiz ione, compilo ùi massima materializzalo con l'inùicazione ùell'obiellivo e ùella direz ione e degli orientamenti per l'azione successiva, moùalità per la ria ttivazione della difes a s ulle posizioni 1-ic-onquistale; per cias cun gnippo tattico nelle ipotesi di contras to dinamico: comandante, composizione, compito comprensivo del settor e d'azione e delle direzioni lungo le quali ritardare la prog1·essione nemica, posizioni sulle quali i1-rigidire temporaneamente la ,-esistenza); elementi per l'impiego del fuoco: indicazione dell'aliquota di artiglieria orientata a favore o eventualmente decent rata e dei concors i erogati a favore del raggruppamento, compiti delle unità di artiglier ia coopcr:int i, collegamento tattico , aree dis ponibili per lo schie rame nto delle artigicrie alle dirette dipendenze, dati relativi ad eventuali interve nti nucleari, piano di fuoco; elementi per l'utilizzazione delle missioni delle fone aerotattiche e dell'ALE; modalità per il coordinamento (per le ipotesi di contrattacco: linee o bas i di partenza per il contrattacco cd eventuali altre lince di riferimento, zona d'attesa, itinerari per raggiungere le lince o basi di partenza, concorso da ricever e d a lle strutture statiche o da a ltri clementi, zone di raccolta; per le ipotes i di coni ras to dinamico: collegamento tatt ico con i g ruppi tn ltki di fant e ria, deflu sso attrnve rso i setto ri d e i gruppi tattici di fante ria, zone di ,·accolt a al te rmin e de ll'azione ; p er le ipo tes i c he preved o no l'impiego de lla ri serva per aliquote: clementi indicali dal comandante della divisione per· le varie ipotesi, composizioni delle aliquote (comandante e forze a disposizione), elementi fissati dal comandante res ponsabile del coUI·dinamento per ciascuna ùelle ipotesi conside rate); dementi pe1· la condolta della 1-icerca informativa azione durante con particolare r iguard o all 'es plo razione; cle111enti pc,· la dift>sa NBC; ele111enti per l'o1w 111izzazione lnr.is l i.-a ,, p,, ,- il fun zionament o dei servizi; dis loca7.io ne iniz iale t' s ucn·ss iw d ei pos ti comando; d esig n:izionc del posto comando di sos titu zione; cle menti pe r la organizza,.ionc d e i collega menti d elle trasmiss ioni. (1 6) lnforn,azioni cd ordini che il comanda nte della divis ione riceve per la m a novrn in .-itin.1ta: s ituazione nemica eù amica; compito della g rande unità complessa nel cui a mbito agisce la divi s ione; concetto d 'azione (o disegno di manovra) del comandante supc, io , e; lol'lc a dis pos izio11c della divisione; compito tiella ùi visione che, allorquanùo la G. U. la p arfl: dci µrussi c he ripiegano, è materializzalo con l' inùicazione ùello s<:opo del mov i111e 1110. dl'l1'0 1a d 'i11i zio e di termine dell'abbanùono ùelle posizioni e Ùt'i limiti di te m po L'll lro i qu a li il m ov iment o dev 'esse re effe ttuato. (È, di mass ima, integrato con preSLTi1io11 i pa , Iirnlari rigua rda nti : modalit à per il passaggio di responsabilità sulla fronte d e lla ù 1v1s 1tHll' c hL· riprega ::i ll e fo rze d estina te a condurre l'azione di frenaggio, zone di ,·accolt a, il ine ra,·i a,.,,egna l i a ll a divis ione per il movimento retrogrado cd eventuali, iucoli pc , la lo ro 11til11.1az10 11L', C\'L'ntua li ,.one di s os ta inte rmedie, zone di reimpiego. ora ù 'i11i1io ,. tlt·l tc· 1111i11e de l 111ovi111c 111 0 re i rng ,·aùo); allo,·quanùo la G.U. s\'olge l'azione di I rcn aggio. il nJ111pit o e· 111a lc ria li zzalo con l'inùicazione dello scopo dell 'azione . d c l te mpo c hc tkw c·sst· 1c· guadagna to e d el se ll o1·e d 'azio ne. (È , di massima, integ ralo con presc ri, io 11i p;u Iico la , i rig ua rda nti l'andame nto pa,·ticolareggiato delle PAT e il calendario de i tem pi d ,, g11,1dagna re eomplcs:,iva mente su c iascuna PAT e nello spazio a ntis ta nt e); d a ti d i hast· pe r l'impiego de l fu oco: a llo rqua ndo la div is ione cos tituisca, da sola. la l"L'I i-.i,, ua nli a 1lc·ll a C .IJ. , ·n111pk,.,s:1 (a ri ig lk r k d en:nt r;i te ;:d la divis ione, so rtite di , po uibrl i 11cl q uad, o dL'i c·o 11cor,.,,1 ae reo o lle ns i\'O, eventua li cre diti d'inkrventi nuclea r i), allrn q ua11do l:i di \' i,io11c· 1x 11·1ee ipi all 'azione di fre naggio inquad,·a ta in una G.U. di wd i11,· " 'I''" iutL' (:111:doglii :i qu e lli pe r il p1·esidio d 'u11 sello 1·c· de lla pos izione
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difensiva); clementi per l'organizzazione della difesa conti-aerei; dati di base per l'impiego del genio con particolare riguardo all'attuazione del piano delle demolizioni e degli ostacoli cd a ll a tulcla della viabilità; clementi per l'utilizzazione del conco1·so ae1·eo offensivo (esplorazione); elcmcnt i per l'impiego della ALE; val"ianti alla difesa NBC e a ll'OEZED; elementi pe1· la guerra elct Ironica e per quella psicologica; modalità per il coordinamen to con particolare riguardo, "per le grandi uni là che effettuano il ripiegamento", a orario cli inizio e termine delle operazioni per la rottura del contatto, misure <li sicurezza, deflusso attraverso lo schieramen to delle forze incaricate dell'azione di frenaggio, criteri per il recupero <lei materiali e delle dotazioni, clementi re lat ivi all'o1·ganizzazionc del traffico stradale, col legamento tattico con le GG/UU. la lcrnli; modalità per il coo1·dina111ento con particolare rigua1·clo, "per le GG.UU. c he cffclluano l'azione di frenaggio", a: ora di assunzione dello schieramento iniziale, modalità pc1· il deflusso delle forze che ripiegano e per il passaggio <li responsahilità, misure di sicurezza, elementi relativi all'organizzazione del traffico s trada le, co llegamento tattico con le GG.UU. che ripiegano, elementi pe1· l'armonizzazione della manovra divisionale con quella delle GG. UU. laterali; varianti all'organizzazione logis tica; varianti al sistema delle trasmissioni. Informazioni ed ordini che il comandante della divisione impartisce per la mano\'ra in ritirata: situazione nemica cd amica; compilo della <li visione; concetto <l'azione <lei comandante della divisione per il ripiegame nto oppure per l'azione di frenaggio; composizione ed articolazione delle forze c he ··allorquando la divisione fa parte dei grossi che ripiegano" si conc1·ctano nell'indicazione, per ciascun complesso cli forze, del comandante, della composizione, del compito (materia lizzato da: ora d'inizio dell'abba11<lono delle posizioni, sett<ffe o itincrnl'i di 1·ipiegamcnto, zone cli reimpiego), delle preslTizioni pa1·ticolari 1·iguarda11li e,·entua li misu1·c per a llegge.-i1·c la press ione nemica e favorire la rottura del contatto, degli orn1·i e della successione <li u1ilizzazionc degli itinerari; "allorquando la divisione svolge l'azione <li frenaggio" si conci-ciano: nella definizione, per ciascun complesso di fone direttamente dipendente, della posizione <lei dispositivo, del comandante, della composizion e, del compi to per l'aliquota di contrasto dinamico (materializzato dal tempo minimo da guadagnare davanti ad ogni PAT). del compi lo per i complessi tatlici c he fanno parte dell'aliquota cli arresto temporaneo (111atc1·ializzato dal scllore da p1·csidia1·c su c iasc una PAT, dalle posizioni sulle quali inves tire la difesa e dal tempo da g uadag nare), orientamenti su lle principali ipotesi cli contrn ttacco per le forze in r ise r va e per ognuna: comandante responsabile del coordinamento, forze, compit o (obie ttivo, dirett1·ice o direzio~e. orientamenti per la azione successiva), linea di partenza, sostegno di fuoco; dati di base pe1· l'impiego <lei fuoco: direttive per l'impiego del fuoco , ordinamento tattico delle unità di artiglie1·ia. aree disponibili per lo schieramento delle al'liglierie non decentrate, utilizzazione delle sortite disponibili nell'ambi10 de l conco1·so aereo offensivo (appoggio aereo rav\'icinato e inler<lizio11e). dati relat ivi agli interventi nucleari even tu a lme nte previsti a fa,·orl' della divisione; e lementi per l'o1·ganizzazione della difesa contraerei; dati di base pe r l'impiego delle unità del genio: <lir·ettive pe1· l'impiego de ll e unità del genio, ordinamento tattico, disposizioni pe1· l'attuazione delle demolizioni (comandanti r esponsabili del brillamento, eventuale con cessione della facoltà d'ulteriore delega di delta n·sponsahilitil, criteri per la ddinizionc del momento lallico nel quale le clemoli.1:io11 i den>no essei-e a l I uate); clementi per l'utilizz.'lz ionc ciel concorso ae1·eo offensivo (csplo1·azione); clcmcn1i d'impiego dell'ALE; elementi per la condo tta della rice rca infon11"1iva azione dunmtc con partico li:u-c l'iguardo a ll 'osservaz ione cd a lla sorvcgl icn·
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za d el campo di battaglia; elementi per la difesa NBC, per la guerra elettronica e per la guerra p s icologica; modalità per il ripiegamento (ora d 'inizio e di termine delle operazioni pe,· la rotturra del contatto, ordine di priorità ed eventuali modalità par ticolari nell 'abbandono d elle pos izioni, misure di sicurezza , passaggio di responsa bilità alle fo.-ze retros ta nti, deflu sso attraverso lo schieramento d elle forze in caricate d ell'azione di frenaggio, zone di raccolta e loro assegnazione, modalità p er il movimento ret r ogrado dall e zone di raccolta a quelle di reimpiego, eventuali zone di sosta intermedie, recupero dei materiali e delle dotazioni, controllo e disciplina del movimento) e modalità per l'azione di frenaggio {ora di assunzione dello schieramento iniziale, deflusso delle fon:e antistanti, passaggio di 1·esponsahilità, misure di si curezza, 01·ganizzazionc preventiva di ciascuna PAT, collegamento lallico trn aliquota di contrnsto dinamico cd i .-agg.-uppamcnti dell 'aliquota di an-csto temporaneo; clementi per l'organizzazione logi stica e il funzionamento dei servizi; dislocazioni iniziali e successive dei post i comando; elementi per l'o1·ganizzazione dei collegamenti e delle trasmissioni. (17) Informazioni ed ordini che il comandante del raggruppamento impartisce per il r·ipiegamento nel quadro della manovra in ritirata: s ituazione nemica ed amica; compito del r agg1·uppa mcnto; c i-iteri pc,· I 'ahhandono delle posiz ioni, la rot tu.-a del cont.al· to e il mov im ent o rct rog.-ado; composizione e ari icolazionc de lle for1:c (e c ioè indicazione, per ciascun g1·uppo lai ti co, di: comandante. compos izione, compito materializzalo con 1'indicazione d e Il 'ora d'inizio dell 'abbandono d elle pos izio ni, de i settori e d egli itine rari di ripiegamento, delle zone di reimpiego, prescrizioni particolari inerenti alla rottura de l contatto ed alla s icurezza del movimento); ele m enti pe r la difesa cont r aerei; elem enti per la difesa NBC; modalità per il coordinamento con particolare rig uardo a: 01·<line di s u ccessione de i va1·i complessi n ell 'abba ndono delle posizioni; ubi cazion e e costituzione dei posti di controllo di raggruppa me nto; p1-csc 1·izioni particola,·i pc1· l'esecu zione d e l movimento retn>g.-ado, ora in cui ogni gruppo tallico deve ul t imar e l'opc rnzio ne; va,·ia nti a ll 'o1·ganizzazione logisti ca; dislocazioni iniziali e success ive dei pos ti comando di raggruppamento; varianti all 'or·ganizzazione dei collegamen ti e del le tra::. mi ::.::. iu ni . Info rmazio ni cd o rd ini che il coma ndante de ll 'aliquot a di contrasto dinamico imparti sce pe r il n 1mhn t1 inwn to ne ll 'n mhit o dell 'azione d i fre naggio: s ituazion e n emica ed a rnica; compito dl' ll 'a li q uo ta; conce t lo d 'azione d e l coma nda nt e de ll'a liquo ta; com pos iz io ne e a 1·1icola1.io ne dell e forzl' (pe r ciascun g ruppo ta li ico: posizione nel di s pos itivo, coma ndan te, compos izio ne , compi to c he s i conc 1·eta n e ll ' indica zione del tempo minimo da g uadagna re d ava11ti ad og ni PAT, de l scllo rc di azio ne e, se necessario, degli assi di fac ilitazione lungo i quali svolge re l'azio ne; eventuali p1·esc rizioni particolari. s pecie con rife iimento a ll'utilizzazion e d ella fo rtificazione perma ne nte, ove esistente); l'kmenti p~· ,· l'impiego de l f uuco: l'indicazione dell 'aliquota d c ll 'ai·ti glieria cooperante e de l concorso fornito in prossimità di ogni PAT da ll e a rtig li e rie de ll'aliquo ta di a rresto te mpo ra n eo , compi t i de lle unità di a rtig lie ria, ord ina me nt o tattico de ll'a rti glie ria, collega me nt o tallico, a ree di sp onibili p e1· lo sch ie1·a me nt o de lle a 1·ti glic ric a lle dire tt e dipenden ze, d ati relativi ad eventua li interventi nuc lea ri, pia no di fuoco; clem enti pe r l'organizza zione della difesa contraerei; elementi per l' impi ego delle unità del genio: indicazione d e lle unità de l genio a ssegnale, compili delle unità del genio disponibili, dis po~i, io ni pe r l'a ttuazione d el le d emolizion i e 111oda li1à pc 1· il lo ro b,·illamcnto, piano d 'im pi~·go del genio; ele me nti pe r l'utilizzazio ne d e lle missio ni acrnlallic he e d ell'ALE: e leme nt i per la condo tt a del la ricc,·ca informativa a zio ne dtll'a nle con particolare l'i gua ,·d o a lla o~~c rva1.io ne e a ll a so rveglianza d el campo di b a ttag li a; e le men ti per la
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difesa NBC; modalità per il coordinamento con particolare riguardo a: ora entro la quale lo schieramento iniziale deve essere in allo, deflusso a tergo di ogni PAT (itinerari di ripiegamento, p osti di contrnllo, zone di raccolta), misure di sicurezza, modalità per il deflusso delle fo1-ze antistanti, linee di a llestamento successive dalle quali iniziare l'azione di contrasto dinamico, linee di r-iferimento con particolare riguardo a quelle in corrispondenza dellt: quali viene ceduta o assunta la responsabilità, collegamento tatt ico con i raggruppamenti dell'aliquota di an·eslo temporaneo e con le unità laterali; elementi per l'organizzazione logistica e il funzionamento dei servizi; dislocazioni iniziali e successive dei posti comando; designazione del posto comando di sostituzione; clementi per l'organizzazione dei collegament i e de lle trasmissioni. Informazioni ed ordini c he il comandante del r aggruppamento di fanteria impa rtisce per la difesa di un settore dell a PAT: situazione nemica cd amica; compito del r agg ruppamento; concetto d'azione del com a ndante del raggruppamento; composizione ed articolazione delle forze (e cioè, per ciascun gruppo tattico: posizione nel di s positivo, comandante, composizione, compito c he s i conc reta nell'indicazione del settore d'azione e delle vie di facilitazione da inte rdire, posizioni da sistemare a caposaldo, pn·scrizioni particolari con s pecifico riferimento all'utilizzazione della fortificazione pern1;incntc, ove esistente); dementi per l'impiego del fuoco: indicazione della aliquota di a1·tiglie1·ia orientala a favore o decentrata, compiti delle unit à di arliglie,·ia coope1-<.1n li, 01·dinamenlo Lallico delle artiglierie decenlrnte al raggruppamento, collegam ento tattico, a,·ee disponibili per lo schiernmento delle artiglierie alle dirette dipendenze, vincoli all'impiego e/o compiti delle unità mo1·tai da 120 dei gruppi tattici, zone di schieramento dei mortai eventualmente alle dirette dipendenze, dati relativi ad eventuali inle1·vc11 li 11uch:a1 i, piano <li fuot:u; ele111enli pe,· l'u,·ganiaaziune della difesa t:untracn:i; clementi per l'impiego delle unità d el genio, l'organizzazione dei lavori e la sistemazione difensiva: indicazione delle unità del genio assegnale, compiti delle unità del genio di sponibili , priorità e criteri per la sistemazione delle varie posizioni , disponibilità dei materiali di rafforzamento e di mine (località e turni di prelevamento), disposizioni per le interruzioni e le demolizioni e modalità per il loro brillamento, piano d'impiego del genio; elementi per l'utilizzazione delle missioni delle forze aerotattichc e dell'i\LE; elementi pe r la condotta della ricerca informativa azione durante con p;irticolare riguardo all 'osservazione ed a lla sorveglianza del ca mpo di battaglia; e lementi per la difesa NBC; modalità per il coordinamento con particolare riguardo a: o r a en t ro la quale lo schieramento iniziale d ev'essere in atto, modalità pe r il deflusso delle forze an tista nti (itinerari, posti di controllo, sostegn i di fuoco <la fornire), misure per l'abbandono delle posizioni ed il movimento retrogrado (itinerari, modalità per il superamento della linea da cui riprendere l'azione di contrasto dinamico, interventi di aniglieria e reazioni dinamiche per la rollura del conlallo), concorso dei gruppi Lattici a i conti-attacchi de lle forze in riserva divisionale, linee di ,·iferimento con pat·ticol;i,-c riguardo a quelle in corr ispondenza delle quali viene ceduta o assunta la res ponsabilità, collegam en to tattico con g li clementi dell'aliquota di cont rasto dinamico e con le unità laterali; clementi pc 1- l'organizzazionc logistica cd il funzionamen to dei servizi; dislocazione iniziali e successive dei posti comando; designazione del posto comando di sos tituzione; elementi per l'organizzazione dei collegamenti e delle tras missioni . (18) Sl;i to magg iore dell'esercito. III reparto. Ufficio regolamenti. Pubbl. n. 5938 " Impiego della brigata a/pi11a" (n. 840 della se1·ie dottrinale). Gaela, officina grafica milit are, 1974. ·
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La pubblicazione, fori11alu 18, 5 X 12,5, approvala d a l gc11c1::ilc Andrea Viglirn1c , co ns ta d e ll'atto di a pprovazio ne, d e llo spec c hi o per la rcgbtraz io nc de lle aggi unl e e vai-ianti, dello spt.-cchio di dis tribuzione, dell' indice, de lla p re nll'sS::I, di In: pa rl i, 10 allcgat i. In tutto 2 15 pagine, 159 p::iragrafi. La parte prima - Ge11eralità - compre nde 3 capitoli: Cap. I: Fisio110111ia orta11ica e tallirn della brigata a/pi1,a. Cap. II Compiti della brigala alpina, quadro operat ivo i11 cui la G. U. agisce e crite ri d'impiego (compili, quad r o operativo, criteri d'impiego). Cap. III I/ movimento e lo stazioname nto (il movimen to, lo s tazio namento). La parte seconda - La b rigata alpina nelle operazioni difensive compre nde due capitoli. Cap. IV La brigata alpina nel presidio di un sei/ore della posi; iOII<' dife11sil'a (concezione della manovra, organizzazione della manovra, ::issunzione de l dis positi vo, sviluppo della difesa, la difesa in ten-cno irmevato , adeguamenti pc 1· il passaggio a l combattimento con impiego di a rmi nucleari). Cap. V La brigata alpina nella 111a11011 ra in ritirala (la brigata a lpina n el ri piegamento dei g rnssi: concezion e d ella manov ra , organizzazione e svilu ppo d e lla m a novra; la b riga ta a lpina ne ll'azione di frenaggio: concezione della manovra, organizzazione della manovra, sviluppo dell a manovra). La parte te r·za - La brigata a lpina nelle opera zioni o[ fensive - compre nde t re ç;-ipiloli. Ca p. V I u1 brigata a/pilla i11 I" schiera 11ello schiera111e11to della battaglia of/<'11sil'a (zona <l'attesa per l'attacco, ;-ivvkin;i me nlo, combattimenti pre limina 1-i). Cap. V I I /,o hrii:a1a alpi11a 11el/'a11accu (concezio n e <lella manov ra, organizzazione del la manovra, sv iluppo ddl'a11acco, l'attacco in terreno innevato). Cap. VIII La brigata alpina nell'a1111ien1a111e11tn (lineamenti <lella manovra nella prosecuz ione <l' uno sfono in prof on<lità; lineame nti dell a manovra nella e lim inazione delle resistenze residue). A llegati: A: o r ganizzazione del comando. B: organizzazione del le trasmissioni (appendice l: s is lcma delle t1-a s 111issioni del co111ando dell ::i brigata - g rafi co orien tat ivo della ,·etc in ponte rn<lio; appendice 2: sistc m ::i delle lrnsmi ss io ni del comando de lla hi-i gata grnlko oi-icntativo dei c o llegamen ti in te lescrivente; a p pendice 3: sistema de lle trasm iss ioni <lei comando della brigata - grnfi co orienta ti vo d e lla rete radio). C: procedu re per l'att ività infor mati v::i. D: prncc<lurc per l'organizzazione e condotta delle operazioni (appendice I : informaz ioni e or<lini per il pr esidio d ' un settore del la posizione d ifens iva; appendice 2: informazioni e ordini p er la m a novra in ritirala; appendice 3 : informazio ni e ord in i per l'attacco). E : procedure pe 1· l'impiego de l fuoco. F: p rocedure pc1· 1::, difesa co11t rae1·c i. G: procedu r e pe r l'imp iego <lette unità del genio. H: procedure pc 1· l'impiego delle unità d e ll' ALE. I : procedure per· l'utilizzazio ne de l conco1-so ae 1·eo offens ivo. L: procedure NBC. (19) Con la locuzione arnbienle montano, la pubblicazione int e nde un'area geugrnfica caraltel"Ìzza ta essen zia lmente da valori e levati di quota, asprezza <li form e, cl ima rigido e di estre m a variahi lità, scarsezza e limitata pote n zia li tà <lelle vie d i comunicaz ione. Nell'a111bie11te alpino ta li caratteristiche sono molto più accen tuate. (20) I.a hrigata è così cos tituita: com::indantc c he s i avva le pe1· l'ese rcizio del le sue fun zion i <lei coma ndante del reggi111ento a lpini suo sostituto in ogni s ituazione, del comandante del reggimento di artiglieria da monlagna qua le comand a nte dell'a r tiglieria dell a brigata, del comandan te del gruppo di arliglieria contraerei leggera quale com and an te della difesa contraerei de ll a brigata, <lei comandante d ella compagnia genio pionieri quale comandant e de l genio d e ll a brigata, d e l comando di hrigata costitui to dallo st,110 111aggiore e dal quartie r generale; un regginwn to a lpini ; un 1·cgg imento di a rti glieria d::i mont a g n a; una compagnia ge nio p io nieri; una compagnia t.-asmissio ni : un re parto avi::izionc lcggcrn; una sezione carabinie ri ; un raggruppamento servizi . (2 1) Zone c i-itic hc: ".irec di pari ico lare rilievo o pc.-ativo - pe r lo pi,'i coinc identi
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FILIPPO STF.FAN I
con s bocchi vallivi o confluenze di vie di facilitazione, talvolta con passi, str·elle e sog lie - la cui conquista da parte dell 'avversario costituirebbe essenziale premessa al s uccessi,u s,·iluppo in prufonditi1 della manovrn e determine1·ebbc l'isolamento delle !orze della difesa sopravanzale" (vds. pubb. n. 5935 " Di1·ellive pe1· l'impiego delle grandi unit à complesse" - n. 800 della serie dottrinale - pg. 200, nota n. I). (22) Informazioni ed ordini che il comandante d e lla brigala alpina riceve per l'attacco: sono analoghi a quelli che riceve il comandante della divisione di fanter"ia. Vedasi, per·tanto, precedente nota n . IO. Informazioni ed ordini che il c_omandante d ella brigata impartisce per· lo allacco: s iluazionc nemica cd amica; compito della b.-igata; concetto d 'azione del comandante ddla b ri gata; composizione ed articolazione delle fo1·ze e c ioè, per ciascun complesso ta ttico direttament e dipendente: posizione nel dispos itivo, comandante, composizione, compito per i complessi tattici in I 0 , eventua lmente 2° scaglione (materializzato da obiettivo di attacco, orientamenti p er l'azione s u ccessiva , settore d'azione e/o direzione di attacco) e orientamenti di impiego per la riserva; dati di base per l'impiego d el fu oco: direttive per l'impiego del fuoco, ordinamento delle unità di artiglie ria cd e,·cn tuali \'a l"ia nt i pc1· il eomb,111imen10 con impiego di a rmi nucleari, aree disponibili pt:1· lo schic1·am e nto delle artiglierie non decentral e, utilizzazione delle sortite disponibili nell'ambito del conco1·so aereo offensivo (appoggio ravvicinato e interdizione), dati relativi agli interventi nucleari eventualmente pr·cvis ti nel scllore di brigata; clementi per la organizzazione della difesa contraerei; dati di base per l'impiego delle unità del genio: or·dinamento tattico, a r·ce disponibili pe r· la dislocazione iniziale delle unità non decentmte; elementi per· la utilizzazione del concor·so aereo offensivo (esplorazion e); e kmenti per l'impiego dell 'ALE; dementi pe1· la condolla della rfrerrn informati\'a azione durnnlc con part kolar<~ riguardo all'es plorazione; elementi per la difesa NBC. per la gue1-ra elettroni ca e per quella p s icologica; modalità per il coordinamento con particola re 1·igua1·do a: 01·e d 'inizio della p1·epa razione e dell'attacco, basi di parte nza per l'attacco, lince di riferimento e di attestamento, zone di att esa delle forze in riserva. misure da alluare per il collegamento lattico tra i complessi tattici, aree vincolate per· lo schieramento di unità ò or·gani dipendenti dal comando di brigata o dai comandi superiori, passaggio di responsabilità ed opernzioni di scavalcamcnlo o di sostituzione delle forze già a contatto s ulle basi di par·tenza per l'a llan:o ; elementi pe r l'organizzazione logis tica ed il fun zionam ento dei sci-vizi; dislocazioni iniziali e s uccessive del posto com ando; elcment i pc1· l'organ izzazione dei colle gam enti e delle trasmissioni. (23) Informazioni cd ordini è hc il com andante della brigata riceve per il presidio di un settore della posizione difensiva : analog hi a quelli che riceve il com andante d ella divisione di fanteria. Vds. precedente nota n. 14. In for111azioni cd ordi11i che il comandante della b rigata impartisce pe r il presidio d'un Sl'ttore della posizione difen s il'a: s ituazione nemica ed amica; compito d ella b.-igata; concetto d 'azione del coma ndante della brigata; com posizione e articolazione d elle forze. Per ciascun complesso di forze d ir·ett amente dipendente: pos izione nel dispositivo, comandante, composizione, compito (m ateria lizzato, pe1· i comples si tattici in I 0 scaglione, dall'indicazione delle zone crit iche da salvaguardare e d el selto1·e d 'azione, talvolta può cornp1·endere anche l' indi cazio ne di ta lune particolari posizioni da presidia re); oric 111 a 111en1i s ulle pri11cipali ipotesi d 'impiego per i complessi tattici in riser \'a, oricn ta m cn li che s i pc1-l"czio11a110 azione durante e si conc re ta no, infine, in ordini. Pe r le ipotes i di contra! tacco: comandante responsabile del coo1·dina m ento, forze, com pito di massima 111atc 1·ial iz,.a10 inJicando obict livo, direzione di contrattacco cd o ricn-
CAP. I.XVII - IA SF.RIF. DOTfRINALE
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lamenti per l'azione successiva, linea di partenza, sostegno di ruoco, modalità per la riattivazione della difesa sulle posizioni riconquistate. Per il contrasto dinamico: comandante, fo1·zc, compito, sostegno di ruoco per l'occupazione cli posizioni a ragion veduta: comandante, forze, compito, dipendenze; <lati di base pe1· l'impiego elci fuoco: dil·ettive per l'impiego del fuoco, ordinamento tattico delle unità cli artiglieria ed eventuali varianti per il combattimento con impiego di armi nuclea1·i. aree disponibili per le artiglierie non decentrate, utilizzazione delle soi-tite disponibili nell'ambito del concorso aereo offensivo (appoggio aereo ravvicinato o interdizione), dati relativi agli interventi nucleari eventualmente previsti nel settore della brigata; elementi per la organizzazione della difesa contraci-ei; dati di base per l'impiego delle unità del genio: direttive pe1· l'impiego delle unit à del genio, ordinamento tattico, aree disponibili per la dislocazione delle unità del genio non decentrate, disposizioni per l'attuazione delle demolizioni (con particolare riguardo ai responsabili del brillamento ed eventuale concessione della facoltà cl'ulterio1·c delega di de tta r esponsabilità, criterì per la definizione del momento tallico nel quale le demolizioni devono essere attuate); elementi per l'utilizzazione del concorso aereo offensivo (esplorazione); clementi per l'impiego dell'ALE; elementi per la condott a della ricerca informativn azione durante con particola re ri gua ,·do all'organizzazione d e ll'oss<' rv,izione <'d a lla sorveglianza del campo di battaglia; elementi per la cli fesa NBC. per la guerra elct tronica e per quella psicologica; modalità per il coordinamento con parlicolar·e rigua1·do a: trafilamento nella P.R. dello scaglione di presa di contatto e frenaggio, saldatura tra sellori contermini, zone d'attesa iniziali per le unità in rise rva, itinerari pei- l'afflusso della riserva ve1·so le zone di probabile impiego, lavori relativi alla sistemazione della posizione di contenimento, a1·ee vincolate pe1· lo schieramento di unità o 01·gani dipendenti dal comando clella brigala o <lai comandi superiori , impiego della ri serva di corpo d'armata nella P.R., tempo a disposizione per l'organizzazione e la s istemazione della difesa; elementi pe1· la organizzazione logistica ed il funzionamento dei servizi; dislocazioni iniziali e successive del posto comando; elementi per l'organizzazione dei collegamenti e delle tras missioni. (24) Informazioni ed ordini che il comandante della briga la riceve per la manovra in ritirnta: a n a loghi a quelli che ri ceve il comandan te della divisione <li rantei-ia. Vcls. precedente nota n. 17. Informazioni cd o rdini che il comandant e d ella brigala impartisce per la manov ra in rilirnla: s ituazione nemica cd amica; compito d ella brigata; concetto d'azione del comandante della br·igala per il ripiegamento oppure per l'azione di frenaggio; composizione ed articolazione delle forze. Allorquando la brigata fa parte dei grossi ch e ripiegano, il comandante indica, per ciascun complesso: comandante, composizione, compito (materializzato da ora di inizi<_? dell'abbandono delle pos izioni , settori o itinerari d i ripiegamento, zone di reimpiego), presc1·izioni particolari riguardanti eventuali misure per alleggerire la pressione nemica e favorir·e la rottura del contallo, orari e successioni <li utilizzazione degli itinerari. Allorquando la brigata svolge l'azione di frenaggio, il comandante definisce, per ciascun complesso di forze direttamente dipendente: posizione nel dispositivo, comandante, composizion e, compito (materia lizzalo dall'indicazione del settore e del tempo minimo da guadagnare su c iascuna PAT e negli spazi in terposti), o rie ntamen ti sulle pr·ir1cipali ipotesi di cont r attacco pc,- ]e forze in riserva (soliti clement i per c iascuna ipotes i: coma11da11tc responsahi le del coo1·<l inamcn to, forze, compilo, linea di partenza, sostegno <li r uoco); <lati di base per l'impiego del fuo co: di rettive per l' impiego del fuoco , ordinamento tatti<:o ddle uniti, di artiglieria, aree di-
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s ponibili per lo schieramento delle artiglierie non decentrate, utilizzazione <lelle sortite disponibili nell 'ambito del concorso aereo offensivo (appoggio aereo ravvicinalo e interdizione), dati r elativi agli intcrvcnt i nucleari eventualmente p1-cvisti a favore della brigata; ele m enti per l'organizzazione della difesa con traerei; <lati <li base per l'impiego delle unità del genio: dfrcttivc pci- l'impiego <lcllc unità <lei genio, ordinamento tattico, disposizioni per l'attuazione delle demolizioni (con particolare riguardo ai comandanti res ponsabili del brillamento, a ll'eventuale concessione della facoltà di ulteriore delega di detta responsabilità cd ai criteri per la definizione del momento Lattico nel quale le demolizioni devono essere alluate); elementi per l'utilizzazione del concorso ac,-co offensivo (esplorazione); elementi per l'impiego dell'ALE; elementi per la condotta della ,-icerca informativa, azione <lurnnte, con particola1·e 1·iguarclo all'osservazione cd a lla sorveglianza del campo di ballag lia; elementi per· la difesa NBC, per la guerra elettronica e per quella psicologica; modalità per il coordinamento Pe r il 1·ipiegamento: ora di inizio e di termine <lelle operazioni per la rollura del conlallo, ordine di priorità ed eventuali mo<lalità particulai·i n ell'abbandono delle pos izioni, misure di sicurezza, passaggio di responsabilità alle forze retrostanti, deflusso attraverso lo schieramento delle forze incai-icate dell'azione <li frenaggio, zone di raccolta e 101·0 assegnazione, m odalità per il movimento r·etrogrado dalle zone di rnccolta a quelle di reimpiego, eventuali zone di sosta intermeJie. recupern dei mate1·iali e delle dotazioni, controllo e disciplina del movimento (per l'azione d i frenaggio: ora di assunzione dello schieramento iniziale, deflusso delle forze a ntistanti, passaggio di responsabilità, mi sure <li s icurezza , organizzazione preventiva di ciascuna PAl); c lementi p er l'organizzazione logistica ed il funzionam ento dei servizi; dislocazioni iniziali e s uccess ive <lei posticomando; c le m enti per l'o1·ganizzazionc dei collegamenti e d e lle trasmissioni. (25) Di vis ione co.-azzata 1968: comandante c he s i avvale pe1· l'ese1-cizio delle s u e funzioni del vice-comandanle suo sostituto in ogni situazione, del comandante d el reggi men lo di artiglieria quale comandante dell'artiglie1·ia divisionale, del comandante del gruppu di arliglieria con/raerei leggera quale comandante de lla difesa contraer ei divis iona le, del comandante del battaglione genio quale com andante del genio divi sionale, d el comando della divisione (stato m aggiore e quartier generale); 2 reggimenti carri; I 1·cggim ento bersaglieri; 1 r eggimento artig lieria corazzata; I g ruppo esplorante divis iona le; 1 battaglione gen io; I battaglione trasm issioni; 1 reparto aviazione leggera; I compagnia carabinieri; I raggruppamento senrizi. In operazione il comando di divisione, al pari degli a lt 1·i comandi delle GG.UU. e lementari, si articola in pos/o comando avanzato (MAIN), posto comando arretrato (REAR) e posto comando di sosti tu zio ne (SOST). li MAIN comprende: cen i ro operativo, comando tallico avanzato (TAC), centro trasmissioni, gruppo difesa e sicurezza, gruppo servizi generali, area (eventualmente striscia) cli atterraggio. li centro operativo si art icola in: se;:_ione informazioni, sezione operaz.ioni, nucleo per l'impiego del fuoco di superficie, ,wcleo per l'impiego del genio, nucleo pe r l'impiego delle trasmissioni, nucleo per l'impiego dell'ALE, per la dife sa conlraerei e per la cuupeaziune lerrestre, nucleo registrazione e archivio. Il REAR comprende: ufficio servizi, ufficio segreteria e statistica, ufficio personale e benessere, centro trasmissioni, gruppo difesa e sicurezza, gruppo servizi generali, ufficio postale e telegrafico. li SOST riflette nella sua compos izione, sebbene· in sca la ridotta, l'articolazion e d el MAIN . Del SOST s i avva le il v ice-com andante della d ivisione pe r assic-urarc la continuit à dell'azion e di com ando in caso di neutralizzazione d el MAIN .
CAPITOLO
LXVIII
LA VIGILIA DELLA RISTRUTTURAZI ONE
1. La situazione internazionale e quella ilaliana nella prima 111e tà d e gli anni settanta. 2. Divario tra compiti e disponibilità di m ezzi pa adempierli. 3. La componente operativa. 4. L 'organizzazione ceni raie di comando e di gestione. 5. Il personale. 6. L'addes tramento. 7. Le innovazioni della tecnica addestrati va e della terminologia e la standardizzazione delle procedure. 8. La logistica. 9. La condizione militare. IO. L'esigenza della ristrullurazione.
1.
Nella seconda metà degli anni settanta, per effetto <lei decreti delegati del 1965, era stato compiuto, come abbiamo già rilevato, un qualche progresso sul la strada della riorganizzazione degli stati maggiori e degli organi tecnico-amministrativi, ma non tale da avviare ad un ulteriore sviluppo il processo d'integrazione interforze, di realizzazione di una linea di comando e di controllo unitaria e verticistica e di razionalizzazione dell'intero apparato militare nazionale su criteri di efficie nza, funzionalità ed economia moderni. Nei riguardi dell 'ammodernamento e del potenziamento de ll a componente operativa delle tre forze armate, la situazione era rimasta pressoché stagnante e, in conseguenza, l'efficienza materiale de lle forze operative aveva subito un ulteriore sensibile calo, aggravato daJJo spettacolare progresso compiuto frattanto dalla tecnologia bellica. L'esercito, in particolare, era rimasto fermo alle dotazioni degli anni precedenti, mentre le lacune preesistenti, specialmente in fatto di scorte, non erano state neppure parzialmente corrette o mitigate. All'inizio degli anni settanta la crisi di efficienza si presentava sul piano tecnico-militare quanto mai pericolosa ed in lotta col tempo, stante la minaccia che ulteriori ristagni avrebbero da soli compromesso ogni residua capacità operativa. La necessità di un radicale rinnovamento, impostato sul principio della massima effi cienza con il minimo costo, si manifestava, pertanto, in termini di sopravvivenza dell'apparato militare na-
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zionale e cioè della volontà di continuare ad assicurare un minimo di sicurezza e di difesa al paese. I vertici militari, consapevoli da tempo della insostenibilità della situazione e dell'aggravarsi della crisi, non avevano mancato di dare l'allarme ai vertici politici responsabili che, bisogna dire, non ne erano rimasti granché impressionati. I capi di stato maggiore della difesa, prima il generale Enzo Marchesi (1) e poi l'ammiraglio Eugenio Henke (2), nei primi anni settanta, denunciarono al ministro della difesa l'impossibilità di mantenere in vita con adeguata efficienza la struttura in essere, che datava da circa quindici anni, e dettero il via e svilupparono d'iniziativa e per proprio conto lo studio per un ampio miglioramento inteso a conferire alle forze armate italiane un diverso grado di credibilità in ambito nazionale ed internazionale, con particolare riferimento all'alleanza atlantica e al programma AD-70 per la cui attuazione l'Italia aveva preso impegno. Ma la prima metà degli anni settanta che può essere divisa in due fasi - la prima comprensiva degli anni 1970-1973, la seconda degli anni 1974-1975 - fu densa di avvenimenti di carattere politico, economico e finanziario, sia sul piano internazionale che su quello interno, del tutto sfavorevoli ad una radicale ristrutturazione delle forze armate italiane impostata sul criterio dell'efficienza riferita all'ipotesi di un conflitto convenzionale. Di tali avvenimenti abbiamo già dato il quadro sommario (3) e non desideriamo ripeterci, ma ci sembra quanto meno opportuno richiamarli sinteticamente all'attenzione per porli in correlazione con il problema della ristrutturazione che, in pratica, come vedremo, si ridusse a poco più di un grosso ridimensionamento. Sul piano internazionale l'avvenimento più importante fu la svolta impressa ai rapporti fra le due superpotenze dal nuovo presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, insediatosi nella carica nel gennaio 1969 e rieletto trionfalmente nel 1972, e dal segretario generale del partito comunista sovietivo, Leonid Breznev, che dal 1964 aveva sostituito Chruscev. Nella prima metà degli anni settanta si passò da un periodo di minacce e di sfide tra gli Stati Uniti e l 'Unione Sovietica ad uno di negoziati e di intese con risultati che solo qualche anno prima sarebbe stato illusorio sperare: accordo per la limitazione dei sistemi missilistici antimissili balistici o A.B.M. (Anti-Ballistic Missile); accordo per la limitazione delle armi strategiche offensive o SALTI (Strategie Arms Limitation Talks); avvio della trattativa per un ulteriore limitazione delle armi strategiche offensive o SALT 2; accordo per la cooperazione tecnico-scientifica nel settore dell'uso pacifico dell'energia nucleare e in quelli dell'agricoltura, dei trasporti, degli studi per gli
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oceani; accordo per una conferenza sulla sicurezza e la cooperazione europea o C.S.C.E. (Conference on Secutity and Cooperation in Europe) che ebbe una sua prima conclusione a Helsinki il 1 agosto 1975; accordo per indire una conferenza per la riduzione mutua e bilanciata delle forze militari nell'Europa o M.B.F.R. (Mutuai and Balanced Forces Reduction) ed altri ancora di minore rilievo. Nel clima di distensione instauratosi fu, inoltre, possibile raggiungere un accordo quadripartito su Berlino e, soprattutto, normalizzare i rapporti tra la Repubblica federale tedesca e l'Unione Sovietica, la Repubblica democratica tedesca, la Polonia, la Cecoslovacchia ed altri Stati dell'Oriente europeo. Fu, altresì, possibile porre fine alla guerra del Vietnam. Nel contempo gli Stati Uniti aprirono il dialogo con la Repubblica popolare della Cina dove Nixon si recò in visita nel febbraio 1972. Permaneva, è vero, profondo ed insanabile il contrasto ideologico e politico tra il mondo occidentale e quello sovietico e perciò il pericolo di un conflitto armato tra le due superpotenze, come pure continuavano a scoppiare guerre locali, a moltiplicarsi le guerriglie, a prendere piede un po' dovunque il terrorismo, ma anche ai più prudenti e cauti osservatori le trattative tra le due superpotenze, prima quelle concluse a Mosca e poi quelle concluse a Washington, parvero aprire un'era nuova e chiudere quella della guerra fredda. La situazione politica e diplomatica comunque si rasserenò in misura mai raggiunta prima di allora da dopo la fine della seconda guerra mondiale ed il genere umano tirò un forte sospiro di sollievo, malgrado sussi- · stessero gravi conflittualità e divampassero nuovi incendi in Asia, in Africa, nell'America latina e, in particolare, nel Medio Oriente, mentre non erano ancora spenti alcuni di quelli sviluppatisi negli anni sessanta. Ma per il fatto stesso che vi fosse dialogo tra le due superpotenze e che consultazioni politiche e diplomatiche fossero una realtà manifesta, il timore di una guerra generale divenne meno intenso, costante e sentito. La N .A.T.O. - di cui nel 1974 si celebrò il venticinquennale - prese atto con grande sollievo del mutamento che veniva verificandosi nei rapporti tra le due superpotenze e della normalizzazione delle relazioni tra i paesi europei occidentali e orientali e confermò la validità del suo ruolo entro i termini del trattato istitutivo del 4-IV-1949. il tentativo degli Stati Uniti di allargarne gli impegni geografici, anche in ragione dehnutamenti politici verificatisi nel bacino del Mediterraneo, non trovò consenzienti i membri europei, che dovettero peraltro convenire sulla necessità di un maggiore impegno finanziario per adeguare le forze cu11ve11zionali alla strategia della risposta
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flessibile ed allegerire il peso del costo sostenuto dagli Stati Uniti per la difesa comune, compreso quello del mantenimento delle forze americane in Europa. I membri europei della N.A.T.O., in particolare dopo l'ampliamento della Comunità economica europea (C.E.E.) in seguito all'ingresso della Gran Bretagna, Danimarca ed Irlanda avvenuto il 1-I-1973, cercarono di modulare una vuce unica che esprimesse il pensiero del polo europeo nell'ambito dell'alleanza nei riguardi sia di una vera parità tra Stati Uniti ed Europa occidentale sia di una maggiore cooperazione ed anche integrazione militare tra le nazioni europee della N.A.T.O., particolarmente nel settore della standardizzazione e della cooperazione nella produzione delle armi e dei mezzi bellici . La costituzione entro la N.A.T.O. di un eurogruppo, avvenuta ancora prima dell'ingresso della Gran Bretagna nella C.E.E., intese perseguire tale duplice ordine di fini e la sua prima manifestazione conc reta furono l'approvazione del piano AD-70 per il potenziamento della difesa e l'inizio di una cooperazione meglio coordinata sul piano militare, economico, industriale e tecnologico, la quale, en tro certi linùti, soddisfacesse anche la richiesta degli Stati Uniti di europeizzazione della difesa. Occorre aggiungere che il felice corso delle trattative tra Stati Uniti e Unione Sovi etica, mentre da un lato veniva producendo distensione ed allontanando il pericolo di una guerra generale, dall'altro, confermando la posizione di preminenza degli Stati Uniti all'interno dell'alleanza, accentuava la diversità di vedute sul piano strategico tra il polo europeo e gli Stati Uniti stessi e determinava contrasti ed attriti che invano i comunicati delle sessioni del Cons iglio atlantico tentavano di celare. La sessione del Consiglio tenutasi ad Ottawa, al livello dei capi di governo, nel 1974 mise a fuoco le incomprensioni che si e rano venute determinando tra gli Stati Uniti e i membri europei della N.A.T.O. persino sul modo d'intendere l'alleanza. A tali incomprensioni si aggiungevano a ltri fattori di degrado della compattezza atlantica quali, ad esempio, la guerra turco-cipriota che acuì le tensioni greco-turche, la minaccia della Grecia di ritirarsi dalla N.A.T.O. e di rendere indisponibile alla via flotta la base navale del Pi reo, le reazioni de lla Turchia all'embargo alle forniture militari votate dal Congresso americano contro il parere del governo e, dulcis in fundo, i diversi atteggiamenti e comportamenti delle varie nazioni europee quando sopraggiunse la guerra del Kippur, che dete rminò la crisi energetica, di fronte al mondo arabo. Nell'ambito della N.A.T.O., non vi ru nessuna rottura, né sostanzia le né formale, del vincolo spirituale che aveva legato rin dall'inizio le nazioni membro sul piano della comune civiltà e degli ideali a ques ta connessi e vi
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fu intesa di fondo circa l'allentamento delle tensioni tra est ed ovest ed il rafforzamento delle forze militari convenzionali, ma una serie di fattori negativi rese meno tranquilla e spedita la convivenza tra il polo americano e quello europeo cd all'interno di quest'ultimo. La prima metà degli anni settanta fu per l'Italia uno dei periodi più difficili, convulsi e confusi del dopoguerra sotto l'aspetto spirituale, politico ed economico. Dopo la scossa sessantottesca che aveva coinvolto quasi tutto il mondo occidentale, dall'una all'altra sponda dell'Oceano atlantico, e dopo l'autunno caldo del 1969, l'Italia dové affrontare una delle crisi economiche più gravi della sua storia, aperta dalla svalutazione del dollaro e dalla rottura degli accordi monetari su di esso impostati (serpente delle monete) e resa poi drammatica dal 1973 dalla crisi energetica che poco mancò mettesse definitivamente in ginocchio il paese. Non fu, grazie a Dio, così, ma le conseguenze di quanto era accaduto nell'ultimo biennio degli anni sessanta e degli avvenimenti della prima metà degli anni settanta incisero così profondamente nella nazione che, mentre scriviamo, dopo più di tre lustri, si fanno ancora sentire. Il movimento del sessantotto, ancorché fosse stato una rivoluzione introvabile, come la definì Raymond Aron, od uno psicodramma collettivo dell'antiumanesimo contemporaneo, incentivato dai nebulosi maitres à penser del marxismo e del neomarxismo cattedratico, fu un avvenimento storico difficile da etichettare, non privo di motivazioni, ma povero di razionalità e di concretezza politica, perché basato sul programma quasi nichilista del destruam nec conslruam. Esso finì con il suicidarsi ed infatti non morì in forza delle reazioni che incontrò, ma a causa dello sconforto che lo assalì, quando constatò il fallimento dell'utopia antistorica <li cui era portatore. Esso comunque non riuscì, se questo era il suo intento, ad abbattere lo Stato contro il quale si era sollevato, anche se in Italia riuscì a farlo vacillare per l'accondiscenza o la passività che trovò nelle sfere politiche, <li cui alcune lo incoraggiarono ed almeno inizialmente lo sorressero, altre lo tollerarono o rimasero troppo indifferenti. Fece presa soprattutto nelle scuole e nelle fabbriche; i tentativi di penetrazione nelle caserme e, in particolare, in quelle dell'esercito vennero prontamente respinti, le infiltrazioni recise, le cause dei vari malcontenti rimosse nei limiti del possibile. L'esercito, che per la presenza di una larghissima maggioranza di giovani di leva corse il pericolo di un grosso inquinamento, conservò invece la sua compattezza spirituale, la sua disciplina sostanziale e formale e la sua capacità culturale <li contrapposizione alla eversione, contro le quali si infransero le sporadiche manifestazioni contestatorie, i sotterranei ri-
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voli di sobillazioni ed i subdoli tentativi di provocazione. Il sessantotto là dove urtò contro resistenze spirituali e culturali attive e reattive nell'ambito della legalità non ebbe successo proprio perché era privo di un contenuto costruttivo; poté fare chiasso e prevalere là dove trovò compiacenze politiche, incoraggiamenti sindacali e debolezze dei governi e della magistratura che lasciavano del tutto impuniti i reati di violenza che si venivano commettendo contro persone e cose. Ciò non vuol dire che il sessantotto non fu un'esperienza che segnò profondamente la vita politica e sociale del paese e che non mutò, sotto il profilo culturale ed organizzativo, rapporti all'interno delle università, delle scuole, delle fabbriche, delle imprese. Non tutte le sue incidenze furono negative, anche se ques te s uperarono di gran lunga le poche positive. Nel postsessantotto, infatti, ebbe inizio il terrorismo dei gruppi estremisti che insanguinerà l'Italia per più di un decennio e che ancora oggi non è stato definitivamente debellato anche se sconfitto su l pia no politico. L'incidenza immedia ta indiretta che il sessantotto ebbe sull'esercito fu l'aggravio delle misure di sorveglianza e di sicurezza de lle installazioni militari nazionali e N.A.T.O., con il conseguente a umento dei servizi di protezione e di guardia che incisero negativamente sulle possibilità di sviluppo dell'addestramento. Alla c risi economica ed ai movimenti contestatori, in un sovrapporsi di cause e di effetti, si aggiunse l'accentuarsi della instabilità dei governi connessa anche con gli scossoni delle frequenti elezioni politiche ed amministrative e de i referendum - non vi fu anno che gli elettori, o buona parte di essi, non venissero chiamati alle urne - e connessa a ltresì con le dissidenze in terne dei partiti, con il ridursi del prestigio dello stesso Parlamento, con la lotta delle centrali dei partiti incapaci di esprimere orientamenti di politica sociale ed economica non demagogici, con l'affermazione dei sindacati, qua li forze politiche a lato dei partiti (in grado di condizionare governi, aministrazioni pubbliche e private e servizi pubblici), con la manifesta insufficiente capacità e competenza di molti uomini di governo - in meno di o tto anni, dal 1968 al 1975, caddero dieci governi - nonostante che alc uni di questi, ancorché mediocri, esercitassero la professione di minis tro da più di venticinque anni. Ma in p a rticolare più di ogni a ltro avve nimento resero drammatica la situazione, sul finire del 1973, il precipitare della crisi economica in seguito alla guerra del Kippur e l'intensificarsi delle azioni terroristiche e delle s tragi contro persone e cose con intenti eversivi di s inis tra o di destra. A p a rtire dal 1970 la bilancia d ei pagame nti aveva camminato in crescente deficit trascinando a cedimento la lira e cos tringendo il governo a l ricorso apre-
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stiti esteri, i salari avevano continuato a lievitare secondo il meccanismo della scala mobile, le industrie, specialmente quelle dell'I.R.I., avevano vissuto in continui sussulti strette tra l'incremento del prezzo delle materie prime e la pressione dei sindacati per l'aumento delle retribuzioni e dell'occupazione. Verso la fine del 1973 la crisi politica ed economica assunse aspetto di estrema drammaticità e ne sono testimonianza l'appello che il governo rivolse alla coscienza civica del paese nel settembre 1975 ed il messaggio che il presidente della repubblica, onorevole Giovanni Leone, indirizzò al Parlamento sull'estremo degrado dello stato del paese e sull'urgenza di predisporre in concordia misure adeguate per fronteggiarlo. Nel periodo dal 1968 al 1973, il tasso annuale di inflazione, in un primo momento salito dal 4,4% al 6,4%, nel 1975 raggiunse il 25%. Fu in siffatto quadro politico ed economico - nel quale vanno altresì inseriti: la congenita idiosincrasia di gran parte della sinistra per i problemi di politica militare che non riguardino la riduzione della spesa e della durata della forma, lo scarsissimo interesse per tali problemi da parte del Parlamento e dell'opinione pubblica, la tradizionale propensione di una buona parte del partito di maggioranza relativa ad infastidirsi nei riguardi delle questioni militari, la propaganda dei movimenti pacifisti, di estrazione varia, a favore della rinuncia, mediante il disarmo unilaterale, ad ogni difesa nonostante il dettato costituzionale e così via - che le forze armate italiane si mossero nella prima metà degli anni settanta e che i loro vertici, dopo aver posto allo studio il problema della ristrutturazione dell'intero apparato militare, si trovarono all'improvviso, alla fine del 1973 (anno durante il quale le spese d'investimento del bilancio della difesa furono ridotte a soli 17 miliardi e 121 milioni), di fronte alla quasi bancarotta dello Stato. È in siffatto quadro politico ed economico, tenendo in particolare ben presente la brusca svolta peggiorativa da esso subita alla fine del 1973 per la crisi energetica, che vanno esaminate le vice nde di quegli anni, che, in luogo di dar vita ad una ordinata generale ristrutturazione che gli stati maggiori stavano studiando ed iniziando ad attuare, produssero un repentino brusco ridimensionamento dell'apparato militare in una situazione di già precaria efficienza materiale.
2. Dall'autunno 1943, quando era ricomparso sulle balze di Monte Lungo, alla fine degli anni sessanta, l'esercito aveva percorso un
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d iii il tk l'ainm ino durante il quale, pur nelle ristrettezze fi.1vt.·va a mpliato le sue strutture e rinnovato i suoi mezzi e 11 11111, 1,d1 di dotazione. Dopo la partecipazione alla guerra alleata sulla I 1111 il l' 11alia na, durante la quale aveva ben figurato, chiamato a front1·1•p,i:1n.: le es igenze Somalia e Trieste aveva offerto, in entrambe le , 11 costanze, prove di saldezza morale e disciplinare e di grande capal' i tà organizzativa. Non meno positivi i risultati nei numerosi e vari inte rventi effettuati nelle occasioni delle calamità naturali e dei disas tri abbattutisi sul paese (4) e per il concorso al mantenimento dell'ordine pubblico. Il periodo di maggiore affidabi lità erano stati gli anni cinquanta, quando il progresso tecnico degli armamenti, ancorché in espansione, non aveva ancora assunto il ritmo vertiginoso degli anni successivi. A tale ritmo, nonostante il poderoso sforzo di rinnovamento e di potenziamento degli anni 1962-1965, l'esercito non era più riuscito ad adeguarsi nella seconda metà degli anni sessanta. Già nei primi anni sessanta lo stato m aggiore aveva dovuto rinunziare all'obiettivo delle 12 divisioni, forse troppo ottimisticamente programmato negli anni cinquanta, e sciogliere una delle tre divisioni corazzate, ridurre a brigate cinque divisioni di fanteria, sciogliere successivamente una delle cinque brigate, abolire le unità fucilieri (5) cd eliminare dall'ordinamento di pace i gruppi divisionali di artiglieria contraerei leggera. Nella seconda m età degli anni sessanta il diva rio tra le esigenze operative e le possibilità reali di coprirle si era venuto face ndo sempre maggiore perché, le prime erano ve nute aumentando di numero e di qualità, le seconde avevano sempre meno consentito investimenti di ammodernamento e di potenziamento, tanto più via via necessari per il superamento e l'invecchiamento dei materiali in servizio. La situazione, ancorché in mi sura diversa, era comune anc he ad altri eserciti della N .A.T.O., tanto che nel 1970 venne concordato dai paesi europei della N.A.T.O. un piano di miglioramento delle forze convenzionali - l'AD-70 - che per l 'esercito italiano puntava essenzialmente al rinnovo graduale d ella linea carri ed al potenziamento dell'armamento cont rocarri e contraerei. Il 1971 avrebbe dovuto essere, negli intendimenti dello s tato maggiore dell'esercito, il primo anno di attuazione del programm u pl11 riennale inteso a raggiungere , stabilizzando la forza bila11 c i:11 :1 :il livello del 1970 (294000 uomini con ferma di 15 m esi), g li o hil' IIivi, 1111 nessi con il piano AD-70. Il presuppos to era il soddi s f:1t·i11w11t 11111-111· richieste di assegnazioni che anno pe r a nno lo s l;i lo 111:11•1 111111· .l,·11 \ · sercito avrebbe segnalato in sede di prcvi s io11t· lkl 111 111 111 ,.,, 1, 1111111 conto della lievitazio ne dei pezzi. N el 1970 il l,il ,1111 111 il i 11'1 •,1·1 l1111p11
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cito era stato aumentato di 32 miliardi rispetto a quello del 1969 da 317,2 a 348,3 miliardi - ma l'assegnazione era stata di 81,3 miliardi inferiore alla richiesta. Nel 1971 vennero assegnati all'esercito 27 miliardi in più rispetto al 1970, ma ben 248 in meno rispetto alla richiesta. Il piano pluriennale cominciò a subire rinvii e ritardi. Nel 1972 e nel 1973 le assegnazioni furono rispettivamente di 387 e 494 miliardi con incrementi pari a 30 e 107,7 miliardi, ma gli incrementi dovettero essere in buona parte destinati a coprire la crescita delle spese per il personale, per cui le somme assegnate all'ammodernamento e potenziamento furono pari al 27% nel 1971, al 20% nel 1972 ed al 25,8% nel 1973. Per realizzare un equilibrio funzionale ottimale sarebbe stato - ed è - necessario destinare all'esercizio ed all'ammodernamento un'aliquota corrispondente a circa il 50% delle assegnazioni di bilancio, limitando le spese per il personale al rimanente 50%. Si fu, perciò, ben lontani dal perseguimento di tale obiettivo ed il costante aumento del costo pro-capite del personale ridusse le possibilità dell'ammodernamento e potenziamento ad un certo miglioramento della linea di volo dell'aviazione leggera, ad un inizio del rinnovamento della linea carri mediante l'introduzione in servizio nel 1973 di un primo lotto, pari a 200 unità, dei carri Leopard e l'aumento a 200 unità di carri M60, ad un primo modesto rinforzo dell'armamento controcarri mediante l'acquisizione di un certo numero diTOW. Il degrado dell'efficienza materiale non determinò un ridimensionamento dei compiti né prima né dopo la ristrutturazione. l compiti delle forze armate rimasero quelli fissati negli anni precedenti. Le forze armate sono, secondo il dettato della Costituzione, al servizio dello Stato e destinate a garantire la difesa della Patria ed a concorrere alla tutela delle libere isti Luzioni ed al bene della collettività nazionale. Rispetto alla difesa dalle offese esterne, acquistano valore primario la sicurezza delle frontiere terrestri ed aeree e la libera disponibilità delle vie marittime del bacino del Mediterraneo. All'esercito spetta garantire il mantenimento dell'integrità di tutto il territorio nazionale, la cui totale disponibilità consente di dare continuità allo schieramento difensivo N.A.T.O., di utilizzare liberamente le aree vitali indispensabili per l'alimentazione logistica, di disporre delle basi necessarie per conservare alle forze navali ed aeree libertà di azione e di manovra. Tale compito è reso particolarmente oneroso dalle caratteristiche geografiche e morfologiche della penisola, dalla estensione delle coste, dalla presenza di numerose isole, dalle caratteristiche della linea di confine e dalle molteplici forme di offesa offerte dalle tecniche della guerra moderna {aggressioni via terra,
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sbarchi dal mare, aviosbarchi). La frontiera nord-orientale si presenta come facile via di penetrazione nel territorio nazionale da parte di forze corazzate e meccanizzate lungo direttrici che adducono all'area vitale della pianura padana. L'esercito, con l'indispensabile sostegno delle forze aero-tattiche dell'aeronautica, deve, dunque, vedersela da solo anche nel caso che l'aggressione coinvolga la N.A.T.O. nei termini del trattato istitutivo del 4 aprile 1949. Per l'adempimento dell'insieme di tali compiti, la componente operativa dell'esercito rimane suddivisa in una aliquota, assegnata fin dal tempo di pace alla N.A.T.O. e sotto comando N.A.T.O. in guerra, e in una aliquota, sotto comando nazionale anche in guerra, per la difesa interna del territorio. Il grosso della componente operativa, stante la maggiore gravità di un'eventuale aggressione via terra da nord-est, è assegnato alla difesa della frontiera nord-orientale. Le mutazioni verificatesi fino al 1975 nella situazione politica, strategica e tecnico-militare non avevano inciso, ancorché fosse venuta accentuandosi la minaccia navale, su tale ipotesi operativa di base rimasta perciò valida fino al 1975. Ferma l'ipotesi di base, fermi i compiti, ferma la ripartizione della componente operativa in due blocchi, erano peraltro muta te in parte, via via, le modalità di come condurre la difesa in corrispondenza della frontiera nord-orientale. Anche a tale proposito va però rilevato che le concezioni fondamentali, i postulati, erano ancora nel 1975 la difesa avanzata e la difesa ad oltranza: una manovra di arresto anche se nel 1975 non si chiamava più così - da concepire, organizzare e condurre il più avanti possibile nel territorio nazionale, con l'intento di perseguirne la conclusione favorevole nell'ambito della prima posizione difensiva. Sebbene tutte le serie dottrinali avessero fatto carico al comandante dello scacchiere di predisporre una posizione difensiva arretrata, sulla quale reiterare la difesa nel caso di eventi sfavorevoli sulla prima, l'intendimento operativo di fondo e ra stato, ed era nel 1975, quello di arrestare l'aggressore sulla porta di casa. Al presidio della posizione difensiva arretrata avrebbero provveduto, al momento del bisogno, le forze comunque disponibili recuperate dal davanti mediante una manovra in ritirata e/o le forze che sarebbe stato possibile far affluire da tergo. Queste ultime non avrebbero potuto essere, non essendo ipotizzabile in un lasso di tempo breve l'arrivo di forze da altri paes i, che que lle des tina te alla difesa interna del territorio, le quali, dopo la riduzione a 4 briga te di fanteria e l brigata paracadutisti, erano ben poca cosa. Uno de i motivi, ancorché non certamente il principale, pe r il quale la se rie dottrinale 700, pur· ammt.:llemlo irt lirtea <li pr·incipio il ricorso a lla rnartuvrn in r·i-
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tirata ed al presidio della posizione difensiva arretrata, aveva di fatto codificato una sola battaglia, da sviluppare nell'ambito d ella prima posizione difensiva , di cui aveva più che raddoppiata la profondità, era stata proprio l'aleatorietà dell 'ipotes i di sguarnire tutto il resto del territorio nazionale, già scarsamente difeso, per trasferire tutte le forze sulla posizione difensiva arretrata. L'eventualità non era mai stata scartata a priori, ma il rischio ad essa connesso era stato - ed era nel 1975 - considerato di estrema gravità, in quanto, pur potendo contare per il resto del territorio nazionale sulla presenza di unità operative dell'arma dei carabinieri, queste non potevano essere considerate sufficienti a fronteggiare da sole gli eventuali sbarchi dal mare e/o dal cielo, assai più probabili dopo il fallimento della prima battaglia difensiva ed il passaggio alla manovra in ritirata. Il minimo strategico di forze necessarie alla difesa della frontiera nord-orientale, secondo la pianificazione in vigore, era valutato, a lla vigilia della ristrutturazione, pari a 4 divisioni .di fanteria (Mantova, Fulgore, Legnano, Cremona), 2 divisioni corazzate (Ariete e Centauro), 5 brigate alpine (}ulia, Cadore, Tridentina, Orobica, Taurinense), 1 brigata di cavalleria (Pozzuolo del Friuli), 1 brigata missili, 1 reggimento lagunare (Serenissima), 1 reggimento di cavalleria corazzato (Savoia), 2 reggimenti missili superficie-aria, un numero vario di reggimenti e di b attaglioni, o gruppi, di fanteria d'arresto, di artiglieria tradizionale, di artiglieria contraerei leggera, del genio, di pionieri di arresto, delle trasmissioni ed un numero vario di reparti dell'aviazione leggera dell 'esercito e dei servizi. Per la difesa interna del territorio erano disponibili 1 divisione di fanteria (Granatieri di Sardegna) di previsto impiego anche nella zona di combattimento, 4 brigate di fanteria (Aosta, Friuli, Pinerolo e Trieste), 1 brigata paracadutisti (Fulgore) e supporti vari di artiglieria, del genio e delle trasmissioni. Le forze per la difesa della frontiera nord-orienta le erano inqua drate dopo la soppressione del comando designato della 3a armata, del comando del VI corpo d'armata e del comando truppe Carnia Cadore - in 3 corpi d'armata (III, IV e V) che, in caso di emergenza, sarebbero passati a tutti gli effetti alle dirette dipendenze del comando delle F.T.A .. S.E., al cui comandante era assegnato, per il caso di un 'em ergenza locale di carattere esclusivamente nazionale, un secondo stato maggiore nazionale, di entità ridottissima, distinto dallo Stato maggiore N.A.T.O .. La linea di comando per le forze della difesa interna del te rritorio era articola ta in 6 comandi milita ri territoriali di regione (Nord-ovest, Nord-est, Tosco-em iliana, Centrale, Meridionale, della Sicilia) ed in 16 comandi di zona, dai quali dipendevano 62 coman-
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di di zona, 62 comandi di distretto, i depositi misti. Nella dottrina in vigore continuava ad essere previsto il ricorso, nelle aree di minore sensibilità, alla difesa su ampia fronte, mediante la valorizzazione degli ostacoli naturali, il largo impiego dell'ostacolo artificiale e l'intervento a ragion veduta delle forze in riserva, ma, in pratica, la difesa del settore di pianura e di collina della frontiera nord-orientale e la pianificazione operativa per lo schieramento definitivo si basavano sull'assegnazione alle divisioni di fanteria di fronti contenute nei limiti di ampiezza normali (non superiori ai 20 Km).
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Gli organici prerist rutturazione delle divisioni di fanteria (6), di quelle corazzate (7), delle brigate di fanteria (8), di quelle alpine (9), della brigata di cavalleria (10) e de lle unità di supporto registravano notevoli differenze rispetto a quelli degli anni cinquanta e sessanta. determinate soprattutto da lla tendenza, comune a gran parte degli eserciti N.A.T.O., a contenere il più possibile l'entità numerica del personale a favore di una maggiore snellezza e manovrabilità delle unità, insidiate entrambe dalla magg iore complessità dell'esercizio del comando e dai crescenti oneri logistici. Gli aumenti numerici di personale, là dove si erano verificati, avevano in genere riguardato, oltre il settore dell'aviazione leggera in costante espansione, l'orga nizzazione del comando e, soprattutto, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi. TI rapporto tra combattenti veri e propri e personale di supporto logistico era andato sempre più modificandosi a favore di questo ultimo secondo la linea di tendenza g ià a ffermatasi, specialmente presso gli eserciti più avanzati tecnologicamente e più ricchi di m ezzi e di materiali , durante la seconda g uerra mondiale. I rifornimenti delle munizioni e dei carholubrificanti, il servizio delle riparazioni della varia gamma di armi e di mezzi meccanici, elettrici ed elettronici e l'entità della manovalanza avevano notevolmente incrementato le dimensioni dell'apparato logistico. L'organizzazione dei comandi e dei sistemi delle trasmissioni ed il loro funzionamento, ancorché facilitati dalla standardizzazione d elle procedure, si erano fatti più complessi e difficoltosi dopo l'avvento dell'arma nucleare tattica, che aveva aumentato le esigenze del diradamento delle unità combattenti e dei reparti logis tici. Gli organi d e lle unità della componente operativa erano simili od analoghi a quelli delle corrispondenti unità
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degli altri eserciti occidentali ed in genere meno pletorici, pur fronteggiando le stesse esigenze. L'abolizione del gradino operativo armata aveva comportato il trasferimento al corpo d'armata della funzione normale di grande unità fondamentale della manovra strategica, destinata a condurre una o più battaglie in profondità, in parallelo o non con operazioni condotte da altri corpi d'armata dipendenti dallo stesso schacchiere operativo, responsabile questo di una manovra strategica unitaria nel quadro di un teatro di operazione. Non era stato ancora definito se il corpo d'armata fosse diventato o no anello intermedio tra l' organizzazione logistica d'intendenza e quella delle GG.UU. dipendenti e neppure era stato ancora aggiornato il quadro degli affiancamenti con le forze aerotattiche dell'aeronautica. Gli organici della divisione di fanteria e della divisione corazzata - la prima, grande unità elemenlale idonea a condurre in qualunque terreno, una manovra lattica che comporti l'esecuzione di sforzi sistematici e prolungati; la seconda, grande unità elementare, potente e manovriera, idonea a cnndurre, in terreni che consentano ampia libe rtà di manovra ed elevata velocità operativa, una manovra tattica che comporli l'esecuzione di sforzi sistematici e prolungati - erano molto vicini, nelle strutture fondamentali, a quelli delle omologhe GG.UU. degli altri eserciti occidentali ed erano riferiti alla media dei casi di impiego. Le GG.UU. elementari, seppure a costituzione organica determinata, erano suscettibili, entro certi limiti, di rinforzi e di sottrazioni per meglio adattarle al compito cd all'ambiente naturale in cui dovevano operare. L'ordinamento tattico era in funzione dell'assegnazione della manovra strategica al comando dello scacchiere operativo e della manovra tattica ai livelli di comando subordinato, dal corpo d 'armata al gruppo tattico. Dove esistevano differenze notevoli tra le GG.UU. dell'esercito italiano e quelle degli altri eserciti, non era tanto nelle strutturazioni e nell'entità de.I personale organico, quanto nella potenza di fuoco, nella mobilità, nella potenzialità controcarri ed in quella contraerei a bassa e bassissima quota, settore questo ultimo addirittura di fatto inesistente nelle GG.UU. dell'esercito italiano, anche se le pubblicazioni della serie dottrinale 800 avevano precisato che, di norma, le GG.UU. elementari avrebbero disposto anche di un gruppo di artiglieria contraerei leggera che, se ad esse non organigamente appartenente, sarebbe stato assegnato dalla G. U. di ordine superiore. Ma nell'esercito italiano, accanto alle tabelle organiche di guerra, esistevano per molte unità le tabelle organiche di pace, alle quali spesso non corrispondeva la forza effettiva delle unità, per cui i livel-
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li di forza solo presso alcune unità privilegiate - brigata missuli superficie-superficie ed unità missili superficie-aria - coprivano il 100% della forza organica di guerra, mentre presso altre toccavano percentuali comprese tra 1'80 ed il 60 per cento ed anche minori. Il raggiungimento della completezza organica nel caso di emergenza per alcune unità era peraltro conseguibile in tempi brevissimi, per altre in tempi meno brevi, per altre ancora in tempi molto lunghi. Il grado di prontezza operativa della componente omonima non era, dunque, ottimale, anche se accettabile, e non lo era neppure quello della efficienza operativa, ancorché riguardata solo sotto l'aspetto della completezza organica, perché tanto più basso il livello della forza effettiva rispetto a quello della forza organica, tanto inferiore è il grado di efficienza operativa, anche in ragione del minore livello addestrativo e di amalgama conseguibile dall'unità fin dal tempo di pace. La scarsa o modesta efficienza ha, infatti, un'incidenza negativa sia sul morale sia sull'addestramento stesso, perché i vuoti organici isteriliscono l'addestramento e il degrado di questo genera stati di disagio e d'insoddisfazione nei quali trova humus favorevole l'azione disgregatrice delle forze antimilitari, eversive e sovversive. Ciò che maggiormente incideva sul livello dell'efficienza operativa erano i materiali. Le armi ed i mezzi in dotazione alle unità <li fanteria e di cavalleria (11), di artiglieria (compresa .l a branca N.B.C.) (12), del genio (13) e delle trasmissioni (14) erano costituiti da un complesso eterogeneo di materiali vecchi e nuovi, alcuni del tutto superati per non dire anacronistici. Dei 2600 carri armati in servizio, la massa (75%) era rappresentata dal vetusto M47, mentre solo il restante 25% era costituito da M60 (300) e dal nuovo Leopard (200), quest'ultimo appena immesso in servizio. I 2000 pezzi di artiglieria, ad eccesione di circa 200 semoventi Ml09 pari al 10% del totale, erano in buona parte superati: obice da 105/22 a traino meccanico o semovente, obice da 105/14 (someggiato, autotrainato, aviolanciabile), obice da 155/23 a traino meccanico; ancora validi i cannoni da 175/60 su semovente M107 e gli obici da 203/25 a traino meccanico o su semovente M55. Nel settore delle armi controcarri si veniva compiendo, proprio verso la fine della prima me tà degli anni sessanta, un qualche miglioramento mediante l'acquisizione di un primo lotto di 130 missili TOW; il resto dei missili, circa 200, era costituito da filoguidati della prima generazione (Mosquito, Cobra, SSll) e le altre armi controcarri erano i vecchi bazooka da 88 ed i vecchi cannoni senza rinculo da 106, 75 e 57 in servizio da più di tre lustri. Per la difesa contraerei alle quote basse e bassissime erano in servizio 200 cannoni da 40 mm, riuniti in 7 gruppi, con una resi-
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dua attività operativa di solo qualche anno ed essi non coprivano neppure la metà del fabbisogno minimo di almeno un gruppo per ogni grande unità elementare. Nel sett~re dei missili superficie-superficie era in corso la sostituzione dell'ormai superato Honest John con il Lance; in quello dei missili superficie-aria si stava provvedendo all'ammodernamento degli Hawk per prolungarne la validità operativa fino alla fine degli anni ottanta. La disponibilità dei veicoli cingolati trasporto truppa era di 5000 unità, quella degli automezzi di vario tipo di 50000 unità e quella degli aerei leggeri e degli elicotteri (15) di 500 veicoli, con deficienze perciò assai sensibili, mentre dei veicoli da combattimento per la fanteria corazzata ne erano in corso di produzione solo 200. Carente in misura assai grave era altresì il complesso delle apparecchiature per l'esercizio delle funzioni di comando e per l'acquisizione delle informazioni, quali i radar per la sorveglianza del campo di battaglia, gli aerei da ricognizione telecomandati, i calcolatori per la condotta del fuoco di artiglieria - la quale non disponeva, tra l'altro, di unità razzi entrate a far parte accanto alle artiglierie tradizionali uelle tabelle organiche degli altri eserciti - e via dicendo, per non dire dei mezzi per il combattimento notturno, pressoché inesistenti. Ridotte, oltre il limite dell'accettabilità, erano infine le scorte, fattesi via via più sottili anche per il mancato reintegro <lei consumi spesi nelle varie emergenze delle pubbliche calamità. Esse risultavano pari a meno di un terzo di quelle stabilite, con insufficienza ancora più accentuata in alcuni settori, dal livello di autonomia previsto dalla pianificazione operativa. Con le sole eccezioni della brigata missili e delle unità contraerei missili Hawk - uniche unità cui nella classifica N.A.T.O. veniva riconsociuta la massima qualifica e che erano considerate fra le migliori unità N.A.T.O. in Europa - la grandissima m aggioranza delle altre unità erano in genere valutate di 4a categoria, vale a dire di efficienza e di prontezza operative assai modeste. Dopo 30 anni, dal 1945 al 1975, di lavoro costante ed appassionato e di sforzi poderosi intesi ad avvicinare il più possibile il grado di idoneità dello strumento alla molteplicità e delicatezza dei compiti, i risultati raggiunti, che pure in certi periodi erano stati soddisfacenti in relazione alle situazioni dei vari momenti, non erano più tali da assicurare validità e credibilità alla componente operativa. Potevano forse esservi stati errori, imprevidenze ed insufficienze da parte militare, ma la responsabilità della situazione di degrado in cui l'esercito si trovava, già prima del sopraggiungere della crisi energetica del 1974 e degli anni successivi, risaliva in misura pressoché globale all'assenza costante di una politica della difesa e di una politica militare veramente degne di tale nome.
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4. L'organizzazione centrale era, nelle sue linee strutturali fondamentali, quella derivata dai decreti delegati che avevano fatto seguito alla legge 12-XIl-1962 n. 1862 (16). Tali decreti, giunti con il ritardo di diciotto anni rispetto all'unificazione dei ministeri militari avvenuta nel febbraio 1947, avevano senza dubbio segnato un passo avanti, almeno in certi settori, lungo la strada della razionalizzazione e dell'ammodernamento delle strutture centrali. Nella branca tecnicoamministrativa, l'istituzione della carica di segretario generale unico, in luogo dei tre segretari generali di forza armata, la riduzione da 30 a 19 delle direzioni generali e l'aumento da 3 a 5 degli uffici centrali erano valsi a conferire una configurazione più unitaria all'organizzazione centrale tecnico-amministrativa e ad unificare molti settori, esclusi peraltro quelli del personale militare e degli armamenti per i quali ogni forza armata aveva conservato proprie direzioni generali. Nella branca-tecnico-operativa, il D.P.R. 18-XI-1965 n. 1477 (17), riguardante il riordino degli stati maggiori delJa difesa e di forza armata per il tempo di pace, aveva collocato il capo di stato maggiore della difesa, più formalmente che nella sostanza, su di un piect-stallo più elevato rispetto a tutti gli altri vertici militari e ne aveva a lla 1·gato il campo delle attribuzioni, ma ne aveva intenzionalmente mantenuto entro limiti stretti ed incerti, per non dire ambigui, l'autorità e ffettiva sui capi di stato maggiore di forza armata - da qui il dissidio d' inte rpretazione Aloia-De Lorenzo - posti alle sue dipendenze nell'ambito dei poteri e delle attribuzioni a lui conferiti dalla legge. La dipendenza diretta dal ministro dei direttori generali, dei capi uffici centrali e dei capi di stato maggiore di forza armata aveva lasc iato larghi margini di autonomia, s ia ai direttori generali ed ai capi degli uffici centrali rispetto a l segretario generale, sia ai capi di stato maggiore di forza armata rispetto al capo di stato maggiqre della difesa. Al segretario generale era stato affidato il compito vago di coordinamento e di dire zione al quale era facile sottrarsi da parte dei direttori generali e dei capi degli uffici centrali stante il loro rapporto di d ipendenza diretta dal ministro. Lo stesso si può dire per il rapporlo tra il capo di stato maggiore delJa difesa ed i capi di stato magg iore di forza armata. La successiva legge 8-111-1968 n. 200 (18), c he a veva istituzionalizzato il comitato dei capi di stato maggiore - il piÌt a ll o orga no consultivo del ministro della difesa - aveva indebo lil o In posizione del capo di stato maggiore della difesa cui il D.P.R. I ~ X I I 965 n . 1477, già citato, aveva attribuito la fun zione di alto C<J1t ,i1:lt c 1<' f <'·
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cnico-militare del ministro per i problemi interessanti la difesa ed al quale risponde dell'attuazione delle direttive ricevute. Una duplicazione di funzioni complicata, inoltre, dalla incertezza dei rapporti tra area tecnico-operativa ed area tecnico-amministrativa. Tutto, dunque, poggiava, più che sulle leggi, sulla buona volontà di andare d'accordo e sulla reciproca stima dei vertici. Ognuno di questi era peraltro geloso delle proprie prerogative ed ogni forza armata era, inoltre, poco disposta a restringere l'area della propria autonomia, determinandosi così una situazione di equilibrio instabile, aggravata dall'intesa informale di non nominare il capo di stato maggiore, indipendentemente dell'appartenenza all'una od all'altra forza armata, sulla base dei maggiori requisiti di capacità, competenza, autorevolezza, prestigio e senso politico, ma a rotazione tra le forze armate. Le leggi ed i decreti erano stati ispirati a pregiudiziali negative sottintese, quali quelle della diffidenza dell'autorità politica verso uno strumento militare veramente unita1-io e della salvaguardia da parte di ogni forza armata della massima autonomia possibik. Non si può 11egan; d1e nella prima metà degli anni settanta lo spirito interforze e l 'integrazione interforze fossero sensibilmente migliorati rispetto al passato, ma essi erano ben lungi, anche a causa delle incertezze della legge, di aver raggiunto un grado di equilibrio sufficil!nte. Accanto ai vertici ed al comitato dei capi di stato maggiore, oltre il Consiglio supremo di difesa, istituito con la legge 28-VTI-1950 n. 624 (19) e posto al di sopra dello stesso consiglio dei ministri, esisteva il Consiglio superiore delle forze armate, istituito con legge 9-1-1951 n. 167 (20), presieduto dal generale o ammiraglio più anziano tra tutti quelli in servizio non ricoprenti la carica di capo di stato maggiore della difesa, di capo di stato maggiore di forza armata , di segretario generale. Sul Consiglio supremo di difesa e sul Consiglio superiore delle forze armale abbiamo già scritto nel capitolo LIX, ma dobbiamo aggiugere che il primo non si riuniva più secondo la frequenza stabilita dalla legge e che il secondo aveva subito de facto un'erosione della sua autorevolezza dopo l'istituzione del Comitato dei capi di stato maggiore, del quale faceva parte anche il segretario generale della difesa. Il Consiglio superiore delle forze armate continuava a svolgere una funzione equilibratrice della politica militare, ma non sempre il ministro, che era libero di farlo, si atteneva ai suoi pareri e talvolta neppure lo consultava, anche quando il problema rientrava tra quelli di competenza del Consiglio, mentre i capi di stato maggiore di forza armata non erano entusiasti di sottoporre i loro programmi e schemi di provvedimenti, magari concordati al livello di Comitato dei capi di
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stato maggiore, all'esame del Consiglio superiore. E poiché il ca po di stato maggiore della difesa si era visto ridurre la sua funzione di vertice a quella di primus inter pares all'interno del Comitato dei capi di stato maggiore, senza nessuna autonomia decisionale, tutto f accva capo al ministro anche in materia tecnico-operativa di cui il ministro, sapeva poco o assolutamente nulla. Nel Comitato dei capi di stato maggiore la collegialità dell'organismo era più apparente che reale, in quanto nelle riunioni ogni capo, per quanto bene intenzionato fosse, prospettava le proprie esigenze e sosteneva la sua causa, solo in parte con consapevolezza delle esigenze degli altri, per cui il raggiungimento di una soluzione concordata risultava molto difficile e spesso veniva presentato al ministro un verbale della riunione che poneva in risalto la diversità dei pareri quando non la loro inconciliabilità (21). Che cosa sarebbe accaduto, in caso di emergenza, qualora cioè fosse dovuto entrare in funzione un Comando Supremo, era tabù. Non era bastata la triste esperienza del primo a nno di guerra nel secondo conflitto mondiale, quando in pratica non era esistito un vero Comando Supremo, a far capire che un tale organismo non s'improvvisa come avevano fatto Mussolini e il maresciallo Badoglio nel 1940, ma richiede un lungo rodaggio ed una lunga preparazione interforze dei quadri, oltreché una sede protetta, un'organizzazione di comando, un sistema di trasmissioni ed un'abitudine dell'intero complesso a lavorare insieme, senza pregiudizi settoriali e corporativi, risultato di una forma mentis e di una funzionalità esperimentata non acquisibili in pochi giorni. La conclusione è che l'organizzazione centrale del ministero della difesa in entrambe le sue branche e sotto entrambi gli aspetti, di pace e di guerra, sarebbe stata tutta da rivedere e, quella di guerra, addirittura da erigere ex fundamentis. Quella del tempo di pace, inoltre, aveva bisogno di: un maggiore cemento interforze; un vertice direttamente responsabile verso l'alto e il basso ed investito di una propria potestà decisionale in materia tecnico-operativa; di un'organizzazione ulteriormente alleggerita per armonizzarla con la progressiva riduzione dell 'entità delle forze operative, sburocratizzata il più possibile e corredata di tutti i rimedi, necessari anche agli altri settori della pubblica amministrazione ancora regolata da leggi e provvedimenti fuori tempo e da una tecnica di lavoro di cui il me no che s i possa dire è che era vetusta ed ingombrante, estremamente dispersiva delle responsabilità e, tutto sommato, nociva al senso dello Stato, in quanto anche di scarso riguardo nei confronti dei cittadini. Nell'ambito del ministero della difesa, stati maggiori, direzioni generali ed uffici centrali lavoravano con onestà e compe tenza, spesso con
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spirito .e volontà di cooperazione, ma la loro strutturazione non ne favol'iva il rendimento, allungava e rallentava i tempi di sviluppo delle attività, non era aliena da duplicazioni e sovrapposizioni di attribuzioni e talvolta paralizzava gli slanci. Era, in conclusione, un'organizzazione pletorica, lenta, estremamente burocratizzata, confusa, alla quale, tra l'altro, poco sembravano giovare anche le apparecchiature mecanografiche e gli elaboratori elettronici di cui si era venuta dotando e continuava a rifornirsi.
s. La situazione del personale militare e civile era fortemente deficitaria rispetto a quella delle tabelle organiche. Quanto al personale militare: dei 26000 ufficiali dell'esercito previsti dagli organici (22) ne erano disponibili 21000, dei quali 12300 in servizio permanente e 8800 di complemento, compresi i trattenuti; dei 46000 sottufficiali (2.1) solo 30500, di cui 19900 in servizio permanente e 10600 di complemento, compresi i trattenuti; dei 273000 militari di truppa erano disponibili 229000, di cui solo circa 2000 a ferma prolungata ai quali andavano aggiunti 15600 allievi ufficiali e sottufficiali, effettivi e di complemento, in addestramento presso le varie scuole di reclutamento e <li specializzazione. Del personale di truppa: l'l,2% (2000 unità circa) era impiegato presso l'organizzazione centrale, il 9,6% (16000) presso l'organizzazione scolastica, 1'80,3% (180000) presso le unità operative. Una disponibilità così modesta non solo non consentiva di coprire gli organici di guerra, ma neppure quelli di pace; buona parte de lle unità operative superava di poco il 55% degli organici di pace e solo apparentemente, perché anche le unità operative a più elevato live llo di forza effettiva avevano un terzo degli uomini di leva in a d destramento di 1° ciclo (unità operative presso le quali era in atto l'esperimento dell'afflusso diretto delle reclute) e di 2° ciclo e perciò non impiegabile in combattimento. Le unità d'impiego e rano, dunque, mediamente al di sotto del 50% della forza impiegabile in combattimento. La percentuale dei volontari a ferma prolungata, che nella valutazione deJlo stato maggiore dell'esercito non avrebbe dovuto essere inferiore ad almeno il 15% del personale di leva - altri eserciti valutavano la percentuale pari al 50 + 60% del personale di leva - raggiungeva circa il 2% ed era perciò irrilevante in rapporto alle esigenze di un esercito moderno, i cui materiali complessi e sofisticati non possono essere affidati a personale di leva con bassa durata <li
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ferma, qualora si vogliano sfruttare al massimo le prestazioni potenziai i dei mezzi ed evitarne il rapido logoramento con ulteriore degrado della capacità operativa delle unità. Le unità d'impiego erano, insomma, ad un livello di efficienza e di prontezza operative inaccettabile sul piano teorico e su quello pratico. Quanto al personale civile, componente necessaria e qualificata dell'amministrazione della difesa, esisteva nell'insieme una situazione deficitaria, rispetto a quella organica, sia di impiegati che di operai. Ci riferiamo al totale dei dipendenti, non ai soli in servizio nell'ambito dell'esercito. Ma la deficienza di impiegati dipendeva soprattutto dall'enorme gonfiamento organico operato con i decreti delegati D.P.R. 18-XT-1965 n. 1479 (24) e D.P.R. 18-XI-1965 n. 1480 (25). La consistenza organica degli impiegati, stabilita in 8924 unità dalJa legge 11-1-1956 n. 16 (26), dal D.P.R. 10-1-1957 n. 3 (27), era stata elevata a 28468 unità (53% per l'esercito, 13% per la marina, 22% per l'aeronautica, t 2% per enti interforze). La più che abhon<lante triplicazione <legli organici era stata giustificata <la motivazioni politiche e sociali, più che da esigenze reali, e cioè dalla necessità di dare un qualche sfogo alla richiesta di lavoro dei giovani che uscivano dalle scuole medie inferiori e superiori e dalle università e che andavano ad ingrossare le già consistenti file dei disoccupati. Nel 1970 la legge 24-V-1970 n. 336 (28), modificata successivamente dalla legge 14-VTTT-1974 n. 355 (29), ridimensionò l'organico in vigore prevedendo che non venissero sostituiti, nelle ammissioni alla qualifica iniziale dei vari ruoli, gli impiegati che, negli stessi ruoli, avessero lasciato il servizio in seguito all'esodo degli excombattenti regolato appunto dalla citata legge n. 356. Al 31 dicembre 1975, infatti, gli impiegati delle carricn: direttive, di concetto, esecutiva cd ausiliaria erano 24945 rispetto ai 28418 degli organici e si prevedeva che entro il 31-XII-1979 (data di chi usura degli esodi) essi si sarebbero ridotti a circa 18000. Nella rideterminazione degli organici studiata in quegli anni dal ministero, il fabbisogno degli impiegati venne previsto in 24768 unità, distribuite in 59 ruoli, e venne deciso un incremento degli impiegati del ramo tecnico compensato con una pari riduzione di quelli del ramo amministrativo. Quanto agli operai, il volume organico, fissato dalla legge 7-V-1948 n. 940 (30) in 25710 unità, era stato elevato a 52342 unità dal D.P.R. 18-XI-1965 n. 1480 (31) e poi ancora a 52373 dalla legge 6-VI-1973 n. 713 (32). La consistenza reale al 31-XII-1973 era di 37318 unità con una deficienza globale, nei due ruoli - delle lavorazioni (35975 unità) e dei servizi generali (16398 unità) di 15055 unità. Il personale civile della difesa ammontava, dun-
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que, a circa 62000 unità (25000 impiegati e 37000 operai) e, rispelto al totale dei dipendenti della difesa, rappresentava il 12,86% includendo il personale di leva e quello in ferma speciale ed il 30,06% Lenendo conto dei soli militari in servizio permanente, mentre la spesa per il suo mantenimento era pari al 15,31 % degli oneri finanziari sostenuti per il personale nel suo complesso, incluso quello di leva. Non v'è dubbio che le esigenze di personale civile della prima metà degli anni settanta fossero assai diverse da quelle individuate nel 1956 e nel 1957 per gli impiegati e nel 1948 per gli operai, soprattutto nell'area industr-iale della difesa e nell'area dei servizi. Ma è anche fuori discussione l'eccesso al quale si era giunti nel 1965 con i decreti delegati. Esistevano, comunque, molti aspetti da riesaminare nei riguardi della componente civile, sia perché questa potesse esprimere al meglio il suo rendimento, sia perché potesse meglio integrarsi con la componente mi1i tare, sia perché venisse ridimensionata in relazione alle esigenze reali. La gran parte degli impiegati, con prevalenza nei ruoli amministrativi, svolgeva la sua attività presso gli organi centrai i e solo un'aliquota modesta presso gli enti militari periferici. La loro distr·ibuzione risultava disequilibrata e ad un riequilibrio ostavano le difficoltà di trasferire il personale in ruolo da una sede ad un'altra e di assegnare il personale di nuova assunzione là dove sarebbe stato necessario perché molti preferivano rinunciare all'impiego ottenuto mediante il superamento del concorso piuttosto che accettare sedi non gradite. Anche nel settore delle maestranze esistevano veri e propri squilibri di distribuzione, per i quali non c'erano rimedi indolori, sia per le stesse difficoltà che si frapponevano ai trasferimenti ed alle destinazioni di prima sede già citate per gli impiegati, sia per le difficoltà connesse alle assegnazioni di operai in incarichi diversi dalle qualifiche di mestiere possedute. La mancanza di mobilità del personale e di flessibilità nel suo impiego, anche perché la tabella mestieri risultava eccessivamente particolareggiata, costituivano due grosse remore alla razionalizzazione economica del lavoro ed alla funzionalità degli arsenali e degli stabilimenti ed al tempo stesso costringevano a sottrarre all'addestramento cd all'impiego aliquote di militari di leva a cui dovevano essere affidati lavori e servizi di caserma, taluni dei quali con responsabilità di carattere infortunistico. Non pochi operai dovevano essere lasciati pressoché inoperosi o comunque non bene utilizzati o perché neHe loro sedi di residenza o di domicilio non trovavano più possibilità d'impiego nella loro qualifica o specializzazione per la cessazione di attività di arsenali o stabilimenti o perché la loro qualifica non trovava più rispondenza nella nuova tecnologia degli enti in vita.
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6. L'organizzazione scolastica e addestrativa, cui lo stato maggiore dello esercito aveva conferito preminenza di ruolo e priorità di realizzazione fin dal periodo dell'esercito di transizione, era stata via via fatta oggetto, come già rilevato più volte, di interventi migliorativi e di aggiornamento riferiti al mutare del livello sociale e culturale dei giovani che u scivano dalle scuole ed all'evolversi indus triale e tecnologico del paese, nonché delle conoscenze ps icologiche e delle tecniche didattiche. Nel 1964-65, in particolare, in seguito alle trasformazioni organiche operate per la graduale immissione in servizio di armi e mezzi nuovi, lo stato maggiore dello esercito aveva codificato una nuova metodica addestrati va per il personale di leva, pur lasciando ferme la struttura di base elaborata negli anni precedenti e l'organizzazione scolastica ed addestrativa in cui la struttura stessa era stata articolata sia per la preparazione dei quadri e degli specializzati, sia per quella del personale di leva. Erano stati rivisti i fini, i programmi e i tempi di sviluppo di tutti i corsi, che si svolgevano presso gli istituti di reclutamento e di perfezionamento e presso le scuole d'arma, e dei cicli addestratrivi per la formazione e l'istruzione delle reclute presso i C.A.R. o i B.A.R. e le unità d'impiego. A questo ultimo riguardo, la nuova metodica continuava a basarsi sul consolidato criterio di garantire una preparazione comune a tutti i militari - educazione fisica, lavori sul campo di battaglia, misure N.B.C., educazione c ivica, istruzione sanitaria, regolamenti e codici militari, addestramento formale - indipendentemente dall'arma, servizio e incarico di assegnazione e indipendentemente altresì dalla s uccessiva trafila addestrativa per il resto della ferma istruttiva. Lo svolgimento dell'intero I ciclo, della durata di 12 settimane, continuava ad essere a ffidato ai C.A.R. e ai B.A.R. per gli incarichi con fis ionomia prevalentemente tattica (incarichi esclusivi delle armi di fanteria, cavalleria, genio) ovvero per quelli la cui preparazione militare si esauriva nel ciclo stesso, e della durata di 6 settimane per le reclute assegnate ad incarichi con fisionomia prevalentemente tecnica (incarichi esclusivi dell'arma di artiglieria, delle trasmissioni, dei servizi e taluni incarichi delle altre armi). La durata del II ciclo era di 16 settimane per le armi di fanteria, cavalleria e genio, di 8 per l'artiglieria e di 6 per le trasmissioni e i servizi. La durata dei corsi di specializzazione era stata adeguata alla migliorata situazione culturale delle reclute ed alla necessità di conferire a queste ultime una is truzione eminentemente pratica. Era stato, altresì, meglio armonizzato lo sviluppo dell'addestramento diur-
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no con quello notturno, riducendo il carico globale del II ciclo mediante la soppressione per tutte le armi delle prove di valutazione e delle esércitazioni notturne a fuoco di cooperazione per le unità meccanizzate e corazzate. La nuova metodica addestrativa a_veva comportato la revisione delle pubblicazioni S.M.E. I 000/A/I Norme per l'addestramento individuale al combattimento (32), S.M.E. 95/A/I Organizzazione dei C.A.R. e dei B.A.R. - Norme di fun zionamento (34), S.M.E., 9/A/I L'addestrame nto militare comprendente anc he una parte re lativa a l Metodo nell 'i nsegnamento militare (35) e le pubblicazioni edite degli ispettorali d'arma riguardanti i programmi di specializzazione de i vari incarichi. Nel 1967 erano s late diramate nuove edizioni aggiornate dalle pubblicazioni S.M.E. 9500/A/I Programmi pe r l 'addestramento di I ciclo delle reclute ai C.A.R. (36) e S.M.E. 1100/A/I Addestramento dei contingenti reclute: I ciclo e programmi delle attività comuni durante la ferma istruttiva (37) ed era stata edita la pubblicazione S.M.E. 19000/A/I Addestramen to individua/e al tiro (38). I criteri che avevano guidato l'elaborazione e la riela borazione delle pubblicazioni e delle loro aggiunte e varianti avevano inteso inc rementare le istruzioni basilari (tiro individua le e di combattime nto, movimento sul campo di battaglia del s ingolo e delle unità minori, educazione fisica, preparazione morale), adeguare alle nuove s ituazioni tipo e numero delle esercitazioni riducendo il numero dei periodi delle istruzioni teoriche anche a vantaggio di quelli da dedicare alla cura dei materiali. L'attivi Là di I e di II ciclo conseguiva risultati molto buoni ovunque e spesso eccellenti là dove i comandanti si attenevano scrupolosamente alle disposizioni dello stato maggiore dell'esercito circa l'impiego del tempo nello svolgimento dei programmi centralizzati, il divieto di di s trarre il personale a favore di impegni extraddestrativi e la cura da dedicare a lle istruzioni non solo sul pi a no tecnico ma prima ancora su quello mora le. L'attività addestrativa di III ciclo veniva prog rammata anno per anno, così come nel passato, attraverso la circolare periodica Direttive per l'addestramento dei quadri e delle truppe (39), a firma del capo di s tato m aggiore de ll'esercito, nella quale, dopo una valutazione sommaria dei risultati conseguiti durante l'a nno addestrativo che volgeva al te rmine, venivano tracc ia te le linee essenziali di sviluppo dell'attività da compiere nell'anno che s tava per iniziare. Nella circolare venivano indicati gli obiettivi generali e spec ifici da persegui re, le attività particolari s ulle quali sofferma rsi, il calenda rio delle eserc itazioni ordinarie, nazionali e N.A.T.O., e la di s po nibilità dei mezzi (aree addestrative, allreu.a ture dida ttiche, fondi, carburanti, muni-
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zioni). Attraverso la lettura di quelle direttive si può ricostruire il diario storico dell'attività svolta ogni anno e ricavare una valutazione sufficientemente precisa dello sforzo addestrativo compiuto dall'esercito. Obiettivo pressoché costante dell'addestramento dei quadri dal 1960 al 1975 era stato lo studio dell'azione difensiva - solo nel 1967 era stata esaminata l'azione offensiva e nel 1970 l 'azione controffensiva - mentre l'obiettivo addestrativo delle esercitazioni con le truppe, talvolta distinto per le unità dell'esercito di campagna da quello per le unità della difesa interna del territorio, era sempre stato posto, e continuava ad esserlo, in stretta correlazione con la regolamentazione che via via vedeva la luce, con i mutamenti organici che si verificavano e con l'introduzione in servizio di armi e di mezzi nuovi. Alle esercitazioni programmate nelle direttive annuali se n'erano aggiunte, in qua lche anno, altre extraprogramma, di carattere interfor. ze, delle quali citiamo le Corazza alata 1a e 2a, la Vedetta Apula, la Tigre, la Nibbio Rosso, la Conero, la Libeccio, la Trotto, l'Istrice, la Gladio Alato, l'Aquila 72, la Vestini 72, !'Etruria 72, la Cisa 72 e potremmo allungare l'ele nco. Dopo il passaggio dalla strategia della rappresaglia massiccia a quella della risposta flessibile, le grandi esercitazioni nazionali e N.A.T.O. venivano tutte inquadrate in un supposto che prevedeva di fronteggiare l'eventualità di un'aggressione con i soli mezzi convenzionali e, solo nel caso che questi si mos trassero insufficienti, anche mediante il ricorso all'impiego limitato e selettivo di armi nucleari ta ttiche contro obiettivi militari e comunque in una quantità minore a quella di uno s forzo militare portato a fondo, ma superiore a quella di una mera attività dimostrativa, al preciso scopo di rallentare, a lmeno temporaneamente, un'azione nemica e di sottolineare la volontà di scalare più in alto qualora l'aggressore persistesse nei suoi intendimenti (risoluzione del Consiglio atlantico del dicembre 1969). Le esercitazioni nazionali e N.A.T.O. venivano, inoltre, poste in correlazione con le varianti dei presupposti politici e strategici in Europa e peculiarmente nel bacino del Mediterraneo, dove dal 1970 si veniva modificando la situazione in seguito alla perdita delle basi aeree statunitensi nella Libia, alla ripresa delle guerre nel Medio Oriente ed alla guerra turco-cipriota. Da qui l'inte nsificarsi delle esercitazioni interforze nazionali aventi per oggetto la difesa interna del te rritorio e, in particolare, delle basi navali. L'attività di III ciclo continuava, dunque, a mantene rsi in linea con le situazioni nuove ed a proporsi costantemente obiettivi s pecifici di controllo della pianificazione operativa e di esperimentazionc delle novità dottrinali, ordinative ed organiche.
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L'attività addestrativa continuava, peraltro, ad essere condizionata da tre fattori negativi che, anno più anno meno, ne condizionavano lo sviluppo: la distrazione di personale in compiti vari territoriali (di presidio, di caserma); la carenza di aree addestrative e di poligoni; la modesta disponibilità di fondi, carburanti e munizioni. Specialmente dopo l'abolizione delle unità fucilieri, l'impegno nei servizi territoriali, in particolare in quelli di guardia ai depositi di munizioni, carburanti e materiali vari, erano divenuti gravosi ed assorbenti, peculiarmente dopo l'inizio degli attentati terroristici e l'acuirsi dei movimenti contestatori ed eversivi. Fortunatamente si erano fatte sempre più rare le chiamate in causa dell'esercito per il concorso al mantenimento dell'ordine pubblico mercé l'aumento organico dell'arma dei carabinieri, fino alle 80000 unità del 1971, e delle altre forze di polizia. Alla fine del 1971, piuttosto che impegnare l'esercito, vennero richiamati dal congedo 3000 carabinieri, ma un'aliquota dell'esercito dové concorrere alla guardia degli impianti ferroviari e delle opere d'arte stradali iu occasione delle rivolte in Calabria per la definizione del capoluogo di regione. Altri interventi periodici erano quelli connessi con le esigenze delle elezioni legislative ed amministrative e dei referendum, mentre, la mancanza di una efficiente ed autonoma organizzazione della protezione civile riproponeva, nelle occasioni di pubbliche calamità, l'impiego massivo dell'esercito in soccorso delle popolazioni civili, dall'alluvione nel Polesine del 1951 al disastro del Vaiont del 1963, dall'alluvione di Firenze del 1966 al terremoto del Belice del 1968 ed a quello di Ancona del 1972. Continuava a mancare sul piano politico, nella prima metà degli anni settanta, nonostante le esperienze sofferte, una soluzione del problema della difesa civile in un quadro di coordinamento globale delle molteplici e complesse attività, essendo del tutto inadeguato allo scopo il gruppo tecnico per il coordinamento dei piani civili di emergenza e la commissione inte rministeriale per i rifornimenti. Sin dal 1962 era stato istituito e funzionava, nell'ambito dello stato maggiore della difesa, il centro militare di studi per la difesa civile, ma esso si occupava della difesa civile connessa allo stato di guerra, di quello del coordinamento dei problemi e di quello dell'attività specifica in campo N.A.T.O. e solo indirettamente della protezione civile che non può non rientrare, sotto il profilo della competenza, nella responsabilità, operatività e attrihuzioni di una branca di un dicastero o di un dicastero ad hoc, comunque fuori, in entrambi i casi, dalle incombenze della difesa militare. La carenza di aree addestrative e di pol.igoni venivasi facendo sempre più sensibile, sia per ]a crescita delle unità meccanizzate e coraz-
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zate, sia per l'immissione in servizio di armi e mezzi nuovi che richiedevano campane di sgombero maggiori, sia per la riduzione e limitazione delle aree in relazione allo sviluppo sempre più vasto del turismo, dell'edilizia e, in misura minore, dell'agricoltura. Lo stato maggiore dell'esercito, validamente coadiuvato dai comandi militari territoriali di regione e dai comandi di corpo d'armata, aveva cercato, e continuava a farlo, di fronteggiare con ogni misura possibile l'aggravarsi del male. Così, ad esempio: fin dal 1962 aveva dato più ampio incremento all'utilizzazione del campo di addestramento e poligono per le unità corazzate di Teulada (Sardegna); nel 1965 aveva provveduto all'attivazione dello stesso poligono di Teulada mediante l'impianto di particolari attrezzature per addestrare i comandanti delle unità minori alle rapide valutazioni e decisioni e le truppe alla pronta reazione; nel 1966 aveva programmato la trasformazione dell'area addestrativa di M. Ciaurlec (Friuli) in poligono a carattere semipermanente; nel 1967 aveva impostato un riesame dell'intero problema delle aree addestrative inteso a risolvere entro il 1970 le questioni più urgenti riferite alle unità corazzate, meccanizzate, alpine, di artiglieria pesante e missi li e, a partire dal 1970, a reperire gradualmente aree in prossimità delle sedi stanziali per assicurare il più economico sviluppo dell'addestramento di II e III ciclo in bianco fino al livello di compagnia. I campi estivi venivano concentrati nel periodo 1 maggio 30 luglio al fine di consentire l'alternanza delle unità, per il tempo necessario, nelle aree demaniali ed in quelle di proprietà privata reperibili senza remore pesanti, sì da conciliare lo svolgimento di un addestramento proficuo con le esigenze del turismo e dell'agricoltura e da ridurre i danni, il cui risarcimento diventava via via più oneroso. Dal 1968 lo stato maggiore dell'esercito autorizzava di volta in volta movimenti di unità da una regione della penisola ad un'altra per la. utilizzazione di aree e di poligoni ubicati nell'Italia centromeridionale, in modo da sfruttare appieno ogni disponibilità e daricorrere all'uso temporaneo delle proprietà private soltanto dopo l'integrale utilizzazione di quelle demaniali, indipendentemente dalla ubicazione, distanza e giurisdizione territoriale militare di queste ultime. Il ricorso ad avvalersi della facoltà concessa alle autorità militari dalla legge 20-III-1965 n. 2248 e successive modifiche veniva ammesso solo quando non fosse possibile conciliare in zone diverse le esigenze addestrative con gli interessi privati. Unità di stanza in Piemonte, nella Lombardia e nel Veneto si trasferivano in Abruzzo, nel Lazio ed in Calabria per i campi d'arma. Ma la crescente insorgenza di interessi turistici, talvolta pretestuosi, la sempre minore
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comprensione e disponibilità delle popolazioni e delle autorità di governo e amministrative ed il progressivo crescere del costo dei trasferimenti - che veniva a sommarsi a quello già elevato per la rotazione delle unità corazzate e meccanizzate nel poligono di Teulada creavano gradatamente difficoltà sempre maggiori fino a quando sopraggiunse, devastatrice anche dell'attività addestrativa, la crisi energetica. In più, dal 1974 l'attività addestrativa venne ulteriormente compressa dalla minore disponibilità di poligoni agibili determinata dalla intro<luzione d i nuove maggiori misure di sicurezza nei tiri. La larga distribuzione di attrezzature didattiche, la cui produzione e il cui approvvigionamento erano stati da tempo centralizzati, consentivano in parte, di converso, un proficuo svolgimento di buona parte delle istruzioni. La disponibilità quantitativa e qualitativa delle attrezzature didattiche era andata progressivamente adeguandosi alle crescenti esigenze. Nel 1966 tale disponibilità era stata ulteriormente incrementata mediante: il completamento delle dotazioni dei C.A.R., dei B.A.R. e delle scuole; la installazione presso le unità interessate dei poligoni per l'addestramento al tiro controcarri; la distribuzione della serie di materiali per i lavori s ul campo di battaglia e la fornitura di plastici; la sostituzione di vecchi film strip con altri moderni; l'introduzione nelle scuole e nelle unità degli ausili didattici per un più proficuo ed economico svolgimento dei corsi di specializzazione. Nel 1967 era stato e laborato un programma triennale che prevedeva: la sostituzione con diapositive di gran parte delle tavole didattiche murali; la distribuzione al livello di battaglione di quadri animati funzionanti in tempi reali relativi ai congegni della mitragliatrice MG42/59, del FAL BM59, del Garand modificato; la di stribuzione di modelli sezionati della MG42/59, del FALBMS9 e del mortaio dal 120; il completamento della serie di modellini costituenti il campionario dei lavori sul campo di battaglia e quello degl i esplosivi ed incendivi; la distribuzione di proiettori a riflessione (lavagne luminose); la estens ione dal battaglione alla compagnia dei proiettori fissi; l'assegnazione fino al livello di battaglione dei fondi per la costruzione di poligoni per il tiro ridotto con le armi individuali; il completamento dei materiali di aula. Una volta portato a termine nei tempi fissati il programma, si venne procedendo all'aggiornamento degli ausili didattici ed al potenziamento degli arredi delle aule. Ne i primi anni settanta, la situazione delle attrezzature didattiche era dappertutto ed a tutti i livelli più che soddisfacente e la consistenza degli ausili, delle aule comuni e specialistiche, dei campi ginnico-sportivi, dei poligoni di ardimento, dei poligoni ridotti, dei percorsi di guerra e delle piste del silenzio era
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tale da coprire tutte le esigenze essenziali dei C.A.R., dei B.A.R., delle unità di impiego, degli istituti di reclutamento e perfezionamento, compresa la scuola di guerra, e delle scuole d'arma e dei servizi. Esistevano, inoltre, apparecchiature speciali presso la scuola di educazione fisica, la scuo la di paracadutismo, la scuola alpina e il centro dell'aviazione leggera dell'esercito ed erano altresì in distribuzione a pparecchiature simulatrici delle condizioni reali d'impiego che consentivano, in una certa misura, di fare fronte al progressivo impoverimento delle aree addestrative e soprattutto dei poligoni. Se l'addestramento è l'indice della validità e della vitalità di una forza armata, l'esercito italiano nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale a tutto il 1973 espresse, malgrado tutto, una maturità professionale, una vivacità esistenziale cd un'attività addestrativa almeno pari a quelle dei migliori eserciti della N.A.T.O .. Ogni qualvolta che vennero a trovarsi accanto ad uno o più di questi, in esercitazioni congiunte plurinazionali, le unità italiane interessate dettero prove di capacità tattica e di perizia tecnica da tutti riconosciute ed apprezzate. Il gruppo tattico Susa, facente parte della forza mobile della N.A.T.O.. chiamato a lmeno due volte l'anno a partecipare a esen.: itazioni di forze plurinazionali N.A.T.O. che si svolgevano in Grecia, Danimarca e Norvegia, aveva conseguito e manteneva un livello di efficienza e prontezza operative che lo ponevano, al pari della 3a brigata missili e delle unità missili controcarri Hawk, in cima a lla scala dei valori della capacità operativa delle unità N.A.T.O.. Il che costituiva una riprova, peraltro superflua, che solo le unità al 100 per 100 delle tabelle organiche, mai distratte da compiti extraddes trativi, sono in grado, se appoggiate da una dottrina d 'impiego e da un ordinamento adeguati al campo di battaglia moderno, di esprimere un rendime nto elevato e di spicco e di offrire assoluta affidabilità operativa.
7. La seconda metà degli anni sessanta ed in particolare la prima metà degli anni settanta furono, come già abbiamo avuto modo di illustrare diffusamente, un periodo peculiarmente ricco di innovazioni e di aggiornamenti nel campo della dottrina d'impiego e della regolamentazione in generale. Nell'insieme della dottrina d'impiego esistevano peraltro alcune disarmonie: quella riguardante le grandi unità erano intonata alle concezioni della serie 800, quella riguardante i gruppi tat-
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tici alle concezioni della serie 700, peraltro parzialmente modificate, quella riguardante l'impiego d'arma parte alle concezioni della 700 e parte a quelle della 800. L'inconveniente non era molto grave e non riguardava, eccezione fatta per la terminologia, i livelli dal gruppo tattico compreso fino a quelli delle minori unità, per i quali la regolamentazione redatta negli ultimi anni sessanta conservava la sua piena validità anche dopo l'entrata in vigore della serie dottrinale 800. La elaborazione di quest'ultima era stata iniziata fin dal 1969; la circolare S.M.E. 106000/22 1.11 del 10-XI-1970 ne aveva anticipato le linee essenziali ed aveva disposto un ciclo sperimentale i cui risultati erano stati portati a conoscenza dell'esercito, l'anno successivo, con la circolare S.M.E. n. 1571/221.11 del 30-XlT-1971 Risultati dell'applicazione sperimentale della nuova normativa (serie dottrinale 800). La pubblicazione 800 aveva visto la luce in veste definitiva nello stesso anno, ad essa nel 1972 aveva fatto seguilo in veste definitiva la 810 Impiego della divisione di fanteria e nel 1974. pure in veste definitiva, la 840 /mpie~o della brigata alpina, mentre la 820 Impiego della divisione corazzata era rimasta allo stato di bozza ciclostilata. Quanto alla regolamentazione addcslrativa, oltre quella già citata, merita di essere sottolineato il rifacimento della pubblicazione n. 5500 Norme per l'impianto, l'organizzaz.ione e lo svolgimento delle esercitazioni (40), inteso a perfezionare la tecnica addeslraliva sulla base della larga messe di ammaestramenti raccolta durante circa otto anni di applicazione dell'edizione precedente nelle tante esercitazioni nazionali e N.A.T.O. svolte in un quadro d'impostazione e di organizzazione sempre più avanzate. La nuova pubblicazione si differenziava dalla precedente: per la eliminazione degli argomenti che avevano trovato sede nella circolare S.M.E. 9/A e nella parte riguardante il metodo per la risoluzione del problema operativo, che avrebbe dovuto essere trattalo in una pubblicazione specifica; pe r la riduzione all'essenziale delle norme e d elle direttive di carattere generale; per il più largo sviluppo dedicalo alla tecnica organizzativa riferita ai diversi tipi di esercitazione ed ai possibil i ambienti di svolgimento; per la trattazione più particolareggiata dell'organizzazione e del funzionamento del servizio dei giudici di campo; per l'inserimento di esempi di organizzazione di esercitazioni tipiche del livello divisionale. La classificazione delle esercitazioni, in relazione all'oggetto dell'addestramento, restava quella tradizionale - esercitazione con i quadri (E.O.), esercitazioni con i posti comando (E.P.C.), esercitazioni con le truppe (E.Tr.) - cd anche la classificazione in relazione al sistema <li rappresentazione del nemico (a partito unico, a partiti contrappost), all'ambicnLe di svolgilmento
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(in aula, sul terreno, in aula e sul terreno) ed al munizionamento im-
piegato (in bianco, a fuoco) non veniva mutata. La pubblicazione segnava una nuova importante tappa nell'aggiornamento della regolamentazione addestrativa ed era il risultato di un'intima collaborazione fra lo stato maggiore dell'esercito ed i comandi delle F.T.A.S.E., delle GG.UU. e della scuola di guerra che vi apportarono un notevole contributo di pensiero e di esperienza. Altra pubblicazione sottoposta a rifacimento era stata l'edizione del 1962 del Nomenclatore organico-tattico-logistico sostituito nel 1969 dalla pubblicazione N. 5895 Nomenclatore militare (esercito) (41). Questo era stata impostato su criteri diversi dal precedente e già nel titolo manifestava la sua diversità ed anche la sua maggiore genericità. L'edizione del 1962, come abbiamo già annotato: definiva i termini tattici, informativi, logistici, organici e addestrativi dell'esercito italiano, comprendeva i termini N.A.T.O. limitatamente a quelli che avevano significato uguale od analogo a quello italiano. non includeva i termini tecnici. Il Nomenclatore militare accoglieva, invece, i termini di maggior interesse per l'esercito, escludeva i termini comuni a più forze armate per i quali rimandava ad altra apposita pubblicazione e, al pari dell'edizione del 1962, i termini di carattere essenzialmente tecnico, nonché quelli che nell'accezione militare si identificavano con il linguaggio comune. Nelle avvertenze, che precedevano il testo, si leggeva che si era voluto, per ciascun termine, fornire la definizione più concisa possibile e conferire a questa una maggiore elasticità per renderla più stabile e, al tempo stesso, valevole in qualunque situazione ed ambiente. A tale fine ci si era limitati ad esprimere, in ogni definizione, solo l'essenza e il fine del vocabolo considerato, riducendo allo stretto indispensabile gli elementi accessori che, per essere contingenti e mutabili, possono far facimente scadere il valore della definizione. La scelta dei termini, diversamente da quella della precedente edizione-:-- che aveva incluso tutti quelli afferenti l'organica, la tattica, la logistica, il servizio informazioni e l'addestramento - aveva risposto ad un criterio soggettivo per cui erano stati esclusi termini che, viceversa, sarebbe stato opportuno conservare. Il merito maggiore della nuova pubblicazione consisteva nell'inserimento di termini nuovi e nell'aggiornamento di alcuni dei vecchi rilevati dalle pubblicazioni della serie dottrinale 700 - la vecchia edizione riferiva i termini tattici alla serie dottrinale 600 - e sotto tale aspetto la pubblicazione serviva a mettere ordine ne l linguaggio che la 700 aveva sensibilmente modificato. I termini che la nuova pubblicazione prendeva in esame erano 1065 rispetto ai l 029 dell 'edizione precedente, ma sotto l'aspetto della completezza, in par-
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ticolare del linguaggio organico e addestrativo, il " Nomenclatore militare" lasciava scoperti termini che, pur identificandosi nel significato con quelli del linguaggo comune, avevano nell'accezione militare una qualche loro peculiarità tecnica che li contraddistingueva dall' omonimo termine comune. Forse v'era stato nell'elaborazione del nuovo nomenclatore un troppo ambizioso intendimento di stabilità che, viceversa, non può essere conseguita in un documento che affonda le sue radici nel vivo della dottrina in vigore la quale, per natura, è destinata a cambiare. Nessun nomenclatore militare può essere un capitolo chiuso e la necessità di riesame delle definizioni e di ulteriori messe a punto è sempre costante, se esso vuole essere, come deve, lo specchio fedele dei tempi. Non è infatti né un vocabolario né un dizionario, ma un vero e proprio manuale di consultazione che riepiloga, a mo' di tavola sinottica, la dottrina e il linguaggio in vigore, i quali sono soggetti a varianti parzia li ogni qual volta nuove modalità di azione, nuove tecniche d'impiego e addestrative, nuovi mezzi e nuovi organismi e<l organizzazioni vengono studiati e pos ti in attuazione. Un'ultima pubblicazione, che vide la luce nel 1972, fu la n. 5390 Raccolta dei documenti unificati (Stanag) (42) che sos tituì e completò l'edizione 1959 che, a sua volta, aveva sostituito l'edizione 1952 (40). Fin dal suo nascere la N.A.T.O. aveva avvertito l'esigenza della unificazione della dottrina, degli ordinamenti, delle procedure e del linguaggio tecnico-militare, ma un tale obiettivo si era presentato subito pressoché irragiungibile in materia di tattica e di ordinamento e non solamente in ambito N.A.T.O., ma successivamente an che nel campo più ristretto del gruppo FINABEL, dove, peraltro, ancora nella p rima metà degli anni settanta, nonos tante lo s pirito di collaborazione che aveva a nima to e che continuava ad essere presente nei membri dei g ruppi delegati dalle varie nazioni, non s i era riusciti a fare grandi progressi, anche se erano stati approfonditi molti argomenti e c 'era stata la g rande opportunità di confronta re le dive r se concezioni. Ma l'esigenza di unificare almeno le procedure si era imposta fin dai primi anni dell'alleanza com e irrinunciabile, sia per la crescente dinamic ità de ll e operazioni e la conseguente complessità degli ordinamenti, sia per evitare incomprensioni, fraintesi, errori, ritardi ed inutile dispendio di energie in sede di cooperazione fra forze alleate di paesi che conservavano procedimenti, strutture, termino logia e soprattutto lingua diversi. Senza l' unificazione qua nto meno delle procedure, non vi poteva essere una vera integrazione. Ne i primi anni c inquanta era stata is tituita un'agenzia N .A.T.O. pe r la standarlizzazione - la Military Agency Standardization (M.A.S.) - che aveva svol-
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lo un eccellente lavoro ed aveva prodotto un'infinità di accordi che non riguardavano solo le procedure operative e tecniche, ma una serie molto più vasta di argomenti quali, ad esempio, la segnaletica dei campi minati, le lettere distintive delle nazionalità, i segnali di allarme antitossico, i rapporti sui bombardamenti, i metodi pe r l'aggiustamento del tiro a mezzo del reticolo, la segnaletica stradale militare, i segni convenzionali, il metodo per contrassegnare le linee telefoniche, la segnaletica dei posti comando, il metodo d'interrogatorio dei prigionieri di guerra, la segnaletica logistica, lo schema d elle lettere militari, i simboli di garanzia per la intercambiabilità di impiego delle munizioni e così via. Nel volume I della edizione 1959 erano stati raccolti gli Stanag delle serie 1000 e 2000, pilotati nell'ambito della M.A.S. rispettivamente dalle sezioni esercito (Army Board) e marina (Navy Board) e riguardanti principalmente le procedure operative e tecniche, i movimenti e i trasporti, la cartografia, la documentazione geografica militare e i materiali. Nel volume Il erano stati inseriti gli Stanag delle serie 3000, 4000 e 5000 pilotati rispettivamente dalla sezione aeronautica (Air Board), dalla divisione logistica e dalla divisione trasmissioni-elettroniche dello stato maggiore internazionale del comitato militare della N.A.T.O .. I due volumi raccoglievano gli Stanag di interesse esclusivo dell'esercito e quelli di L'.arnltere interforze. Più volte i capi di stato maggiore dell 'esercito, nelle direUive annuali per l'addestramento, avevano richiamato l'attenzione sull'importanza della materia, sulla necessità di divulgare la conoscenza e, soprattutto, di generalizzare l'uso degli Stanag nelle esercitazioni, naturalmente in relazione ai temi delle esercitazioni stesse ed al live llo delle unità partecipanti. Nelle direttive per il 1965 era stato prescritto, e la prescrizione aveva trovato applicazion e da allora in poi, che negli ammaestramenti da trarre dalle esercitazioni di III ciclo dovesse sempre figurare l'accertamento della validità delle procedure standardizzate e che nel paragrafo prescrizioni del documento di esercitazione fosse sempre compresa l' indicazione degli Stanag da applicare nell'esercitazione stessa. Lungo la strada della standardizzazione era stato compiuto un bel cammino e, soprattutto, era stata raggiunta una unificazione delle procedure che era garanzia di efficienza e di funzionali Là per il caso di emergenza e di possibilità di stretta cooperazione tra unità di nazioni e lingue diverse. Risultato positivo complementare, ma assai importante sul piano culturale, era stato ed era quello offerto dall'interscambio N.A.T.O. di notizie, dati ed informazioni che era avvenuto e continuava a verificarsi mediante la partecipazione diretta deg li uf-
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fidali dell'esercito al lavoro di standardizzazione nella M.A.S. ed al lavoro negli altri gruppi N.A.T.O. o plurinazionali (FINABEL, gruppi ad hoc, gruppi trilaterali, ecc.). Vi era stato un arricchimento reciproco del bagaglio professionale dei vari stati maggiori mediante l'allargamento del panorama operativo, la presa di conoscenza e di consapevolezza dei problemi riguardanti la difesa comune ed il superamento di molti interessi settoriali, nonché la rinunzia a visioni particolaristiche spesso offuscate da pregiudiziali, per non dire veri e propri pregiudizi, di carattere provinciale. Ciò aveva consentito allo stato maggiore dell'esercito di porsi alla pari sul piano culturale rispetto agli eserciti più progrediti quanto a tecnologia e ricchi dell'esperienza multinazionale acquisita durante la seconda guerra mondiale, quali l'esercito americano e quello inglese, che si erano cimentati in imprese militari grandiose quali lo sbarco in Normandia e la conquista dell'Europa occidentale. Se l'esercito italiano aveva del tutto superato il complesso d'inferiorità derivatogli dalla sconfitta subita durante la seconda guerra mondiale e ùallu stato di soggezione nel quale aveva operato prima nei riguardi dei tedeschi fino al 1943 e poi degli anglo-americani fino al 1945, ciò in buona parte era dipeso proprio dal suo inserimento nella N.A.T.O., che aveva significato l'assunzione della responsabilità di ese1·cizio del comando ai livelli plurinazionali elevati, la partecipazione con cariche ed in<.:arichi di prestigio nei comandi integrati della catena gerarchica N.A.T.O. e la presenza di suoi rappresentanti nei vari gruppi di lavoro incaricati dello studio e della elaborazione <li accordi sulle procedure, sulle specifiche operative delle armi, dei mezzi e dei materiali di equipaggiamento, e di intese sulla pianificazione operativa. Senza nulla perdere della loro impronta· originaria nazionale, l'esercito italiano ed il s uo stato maggiore avevano compiuto un salto di qualità sul piano culturale e professionale che mai sarebbe stato realizzabile da posizioni estranee alla N.A.T.O. o neutralistiche. Il rovescio della medaglia era che maggiore era diventata la sofferenza morale per la scarsa efficienza materiale alla quale l'esercito era ridotto alla vigilia della ristrutturazione rispetto agli altri eserciti N.A.T.O ..
8. L'e laborazione della dottrina logistica non era andata di pari passo con quella della dottrina tattica. Nelle direttive per l'addestramento
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nell'anno 1965 era stata preannunziata la diramazione della pubblicazione 760 Norme per l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi di campagna che, viceversa, non era stata diramata, così come non erano stati diramati i terzi volumi della 710 e della 720 che avrebbero dovuto traltare l'organizzazione e il funzionamento dei servizi rispettivamente della divisione di fanteria e di quella corazzata. Nelle direttive per l'addestramento del 1972 era stata preannunziata la diramazione della pubblicazione 860 Norme generali per l'impiego dei servizi in guerra e della pubblicazione 870 Norme per l'impiego dei servizi in guerra nelle grandi unità di livello inferiore all'armata e nel raggruppamento lattico, ma nessuna delle due era venuta alla luce. La prima avrebbe dovuto sostituire la pubblicazione 6300 e la pubblicazione 630 della serie dottrinale 600 e fornire un nuovo quadro dell'organizzazione logistica di scacchiere, reso, tra l'altro, necessario dalla soppressione del comando designato della 3° armata; la seconda avrebbe dovuto costiturie il conseguenziale completamento della prima e delineare gli aspetti fondamentali della catena funzionale logistica nell'ambito delle unità del secondo anello. La dottrina logistica in vigore nella prima metà degli anni settanta era, pertanto, ancora quella codificata nelle pubblicazioni 6300 e 630 della serie dottrinale 600, con gli aggiornamenti introdotti dalla circolare n. 10.230/222.20 Precisa zioni sulla dottrina logistica <le] 3 l -XII-1964 (43). Se si fa eccezione per la divisione corazzata, nei c ui riguardi vi erano stati interventi ufficiali relativi all'organizzazione ed al funzionamento dei servizi in occasione dei due mutamenti ordinativi cui la divisione era stata soggetta, da oltre dieci anni la dottrina logistica era ferma alla serie dottrinale 600 e a ll 'aggiornamento del 31 dicembre 1964. L'adozione <la parte delle divisioni corazzate Ariete e Centauro dello ordinamento standard N.A.T.O. era stata accompagnata dalla diramazione, a titolo sperimentale, della circolare 10.220/222.03 del 31 -Xll-1963, a lla quale aveva fatto seguito più di un anno dopo la circolare n . 10.240/222.20 del 1-III-1965 L'organizzazione logistica delle GG.UU. corazzate, che aveva abrogato la precedente ed il capitolo XVI della pubblicazione 5349 Norme d'impiego della divisione corazzata(n. 1800 della serie dottrinale). Il ritorno nel 1968 al vecchio ordinamento su reggimenti, anziché su brigate, aveva dato luogo all'emanazione di una nuova circolare - la n. 1220/222.20 del 22-VII-1968 Organizzazione logistica della divisione corazzata - criteri ed elementi fondame nta li - (44) - che aveva abrogato la 10.240 del 1-III-1965. Un'altra c ircolare successiva - la n. 1204/221.13 del 22-VJl-1968 Organizzazione logistica e fun zionamento dei servizi nella divisione cora zzata i11
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tempo di pace (45) - aveva precisato i lineamenti della logistica del tempo di pace della divisione corazzata in relazione alla dislocazione e sistemazione infrastrutturale delle unità servizi dell'Ariete e della Centauro. Le uniche pubblicazioni di carattere logistico che erano state diramate erano quelle ricordate nel precedente capitolo LXII e, in particolare, la n. 5369 Munizioni, dotazioni e procedure di rifornimento (ed. 1971 ), la n. 5622 Il movimento per via ordinaria e Lu stazionamento (ed. 1965) e la n. 6106 Manuale dei trasporti militari di sostanze e manufalli pericolosi (ed. 1974). Il disequilibrio tra la regolamentazione tattica e quella logistica era stata una caratteristica negativa degli anni sessanta e tale restò nella prima metà degli anni settanta. Ma esso era meno grave di quanto potrebbe apparire, perché non riguardava i livelli minori, in quanto le pubblicazioni d'impiego dei gruppi tattici, che avevano visto la luce negli ultimi anni sessanta, erano complete della trattazione logistica e consentivano così di imposta r<.:<.: svolgere l'addestramento di III ciclo, al livello di gruppo tattico, curando nei particolari anche l'organizzazione e il funzionamento dei servizi. Ciò non toglie che il disequilibrio esisteva e che si era accentuato dopo il passaggio dalla strategia della rappresaglia massiccia a quella della risposta flessibile e dopo la soppressione del livello armata, anello intermedio tra l'organizzazione logistica d'intendenza e quella delle grandi unità elementari. Da che cosa derivasse il mancato procedere in parallelo della dottrina logistica con quella tattica non siamo in grado di spiegare e riteniamo che la lacuna sia difficilmente giustificabile, ma questa non va enfatizzata, anche se non può essere passata sotto silenzio. D'altra parte, la circolare n . 10.230/222.20 - riprendendo concetti e criteri delle pubblicazioni 6300 ( I957) e 630 (1957) della serie dottrinale 600, nonchè de lla 5377 Memoria orientativa sui riflessi dell'impiego dell'arma atomica - Precisazioni - diramata con la circolare S.M.E. n. 16300/ 181 del 1-111-1958 e della circolare 63000/181 del 25-IV-1958 Lineamenti dell'organizzazione logistica in offensiva - aveva ribadito la s<.:mpre maggiore importanza della logistica, che costituisce uno dei fattori determinanti per la preparazione e la condotta della guerra, condizionando l'impostazione e lo sviluppo di qualsiasi atto di natura strategica, Lattica, addestrativa ed organica. Non v'era, dunque, da parte dello stato maggiore dell'esercito, una sottovalutazione, lamentata nel passato, del fattore logistica cui ora si attribuiva la giusta preminenza e la priorità dovutegli per l'incidenza determinante che il fattore ste sso esercita sulle operazioni. La circolare 10.230/222.20, inoltre, aggiungeva che il potenziale logistico deve sempre e comunque consentire lo
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sviluppo della manovra strategica o tattica nella sua interezza con cospicuo margine per l'imprevisto e metteva in evidenza come, in un quadro di larga disponibilità di ordigni nucleari e d'immanenza dell'offesa biologica e chimica, occorresse ammettere che il dispositivo logistico potesse essere colpito anche inprofondità con la conseguente probabile interruzione delle correnti dell'alimentazione o, quanto meno, con sensibili ripercussioni negative sull'automatismo dei rifornimenti. Da qui l'indicazione dei criteri generali a quali uniformare l'organizzazione logistica, le cui esigenze la circolare individuava come segue: disporre nell'ambito delle CC. UU. elementari di dotazioni, di/ feren ziate secondo i tipi di materiali, non inferiori a quanto occorre per una autonomia di due giorni di combattimento, eventualmente incrementate da dotazioni aggiuntive (46); conferire all'intendenza l'articolazione più rispondente allo scopo essenziale di facilitare, in tutta l'area di giurisdi zione del comando dello scacchiere, l'adozione di provvedimenti richiedenti, azione duranle, particolare tempestività; rendere funzionale ed operante l'O.E.Z.E.D. sia sotto l'aspetto organizzativo sia per quanto ha tratto a disponibilità di organi e di mezzi. Per la battaglia offensiva - in cui l'essenza del problema logistico è individuabile nella necessità di limitare gli spostamenti dei dispositivi e di mantenere la continuità del sostegno - la circolare prescriveva: la spinta in avanti dello schieramento iniziale, il più a ridosso possibile delle GC. UU. in J a schiera; la dilatazione successiva in profondità del dispositivo in rela zione agli sviluppi della battaglia sino a dover raggiungere valori di profondità di rilievo, comunque tali da non compromettere la tempestività dell'alimentazione; lo spostamento in avanti, per scavalcamenti successivi, dei centri logistici - che rimanevano i fulcri dell'organizzazione e del funzionamento dei se rvi zi di campagna - soprattutto ne /l'ambito delle GG.UU. complesse ed elementari in I" schiera; l'adozione di provvedimenti intesi da un lato ad allegerire gli oneri della CC. UU. incaricate della prosecuzione degli sforzi in profondità e dall'altro a limitare gli inconvenienti derivanti dalle crisi di spostamento (assegnazione di dotazioni aggiuntive e rifornimenti essenziali a domicilio e, sempre che possibile, per via aerea); l'assorbimento al livello superiore delle riparazioni di 2" categoria e, ove occorra, degli sgomberi. Per la battaglia difensiva - il cui problema logistico è caratterizzato, nella manovra d'arresto, dalla necessità di consentire la resistenza e l'arresto e l'annientamento superando le difficoltà connesse con la progressiva contrazione dello spazio - la circolare prescriveva: un dispositivo inizialmente disteso in profondità e convenie ntemente diradato; grado di flessibilità tale da consentire l'arretramen-
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to dell'organizzazione logistica dei corpi d'armata nell'eventualità che la battaglia si sposti nella fascia di manovra; misure atte ad evitare la paralisi della difesa per effetto delle gravi alterazioni che possono essere prodotte dall'attacco nemico al sistema logistico; disponibilità di riserve di organi e mezzi su ruote a lutti i livelli; rifornimenti a domicilio dei materiali essenziali, possibilmente per via aerea. Due i criteri fondamentali per la manovra in ritirata: lasciare in sito quanto necessario alle forze che conducono i combattimenti di retroguardia o la manovra ritardatrice; arretrare nel contempo gli elementi dell'organizzazione presumibilmente assai provati e ricostituire con questi e con altri affluenti da tergo un nuovo dispositivo atto a sostenere una nuova manovra d'arresto sulla posizione difensiva arretrata. Per l'azione controffensiva, infine, i criteri prescritti erano quelli di ripianare al più presto le perdite subite nella manovra d'arresto e di trasformare rapidamente l'organizzazione in atto in modo da renderla idonea ad alimentare il diverso e nuovo sforzo mediante l'adeguamento delle zone logistiche, dell'autonomia delle delegazioni d'intendenza e delle grandi unità e lo spostamento delle scorte in avanti ad obieLLivo s trategico raggiunto. A parte la terminologia, dopo il passaggio alla strategia della risposta flessibile ancorché restassero validi nella sostanza i criteri della circolare I0.230/222.30, è fuori discussione che molte cose erano cambiate e che, in un certo senso, il problema logistico risultava modificato soprattutto nel quadro della battaglia difensiva, essendo stata abolita la combinazione in profondità del procedimento di difesa ancorata con quello di difesa mobile. La formulazione di una nuova dottrina logistica o, quanto meno, il rifacimento delle pubblicazioni logistiche riferite alle situazioni delle serie dottrinali 600 e 700 sarebbe stata necessaria anche per realizzare quell 'armonia che solo può dare valore concreto al principio della unitarietà della dottrina d'impiego, la quale unitarietà, quando manchi, determina incertezze concettuali ed organizzative e confusioni terminologiche non meno nocive. Ma l'aspetto più grave di tale mancata armonizzazione riguardava la indeterminatezza della funzione logistica del corpo d'armata dopo l'abolizione dell'armata. Dopo la fine della seconda guerra mondiale il corpo di armata era stato costantemente considerato, soprattutto, una grande unità complessa di ordine squisitamente tattico, priva di funzione logistica a meno di quella riguardante le unità di supporto, proprie e ricevute in rinforzo, e non costituente anello logistico intermedio
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di saldatura tra l'organizzazione logistica di armata e que lla delle GG.UU. elementari. Il corpo d'armata, in campo logistico, si limitava ad esercitare: un'azione di coordinamento nel settore del movimento, degli schieramenti e d e lla sicurezza; un'azione di concorso nel campo dei trasporti; una funzione di controllo sul funzionamento dei servizi. Le sue funzioni restavano ancora in tali limiti? Avrebbe, invece, dovuto assumere la funzione logistica già propria dell'armata? In questo secondo caso non erano necessari quanto me no ritocchi al suo ordinamento ed ai suoi organici? Si trattava di interrogativi che avrebbero richiesto risposte ancora prima dello scioglimento del comando des ignato della 3a armata e che, invece, continuavano a restare sospesi nel 1975. Un avvenimento di rilievo nel campo della logistica era stato nel 1967 (47) la creazione dell'ispettorato logistico, un organismo che configurava l'intendenza generale per il periodo di guerra. Era stato, a s uo tempo, il generale Liuzzi ad adoperarsi perché venisse soddisfatta la esigenza di devolvere l'attività logistica al capo di stato maggiore dell'esercito, il quale avrebbe esercitato la funzione connessa a tale attribuzione per il tramite di un apposito organo, i c ui compiti avrebbero dovuto essere l'organizzazione, la direzione ed il controllo d ei servizi logistici, con particolare riguardo alla distribuzione, conservazione e ripartizione dei materiali approvvigionati dalle direzioni del ministero competenti per materia. Nel quadro de i riordinamento disposto dai decreti delegati del 1965 l'ispettorato logistico era divenuto una realtà ed a questo, oltre il compito suddetto, vennero assegnati quelli della gestione statistico-contabile delle scorte, del controllo dei consumi e delle g iacenze, dell'indi cazione alle direzioni generali della ripartizione fra gli organi territoriali dei fondi occorrenti per l'espletamento delle rispettive attività logistiche. La politica dei materiali era stata così distinta in tre branche principali: tecnica, riguardante lo studio, la progettazione e la realizzazione, fino all'omologazione, dei prototipi dei materiali nuovi, attribuita allo stato maggiore dell'esercito; di approvvigionamento, diretta a mettere a disposizio ne dell'esercito, nelle quantità e qualità necessarie e nei tempi utili, i materiali d'impiego, di consumo e di scorta, attribuita alle direzioni generali; logistica vera e propria, strettamente connessa con l'impiego e l'addestramento, riguardante la conservazione, la gestione, la distribuzione e la preparazione dei materiali, attribuita allo stato maggiore e, in particolare, a ll'is pettorato logistico.
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9. Esisteva, anzi persisteva, lo stato di disagio morale ed economico del personale militare, ma anche di quello civile, determinato dall'acuirsi della crisi di credibilità dell'intero apparato militare e della insoddisfazione che il personale ricavava dal lavoro. Nella grandissima maggioranza non veniva meno il senso di responsabilità e la partecipazione attiva alla realizzazione delle finalità istituzionali, anche se si faceva strada una mentalità meno incline al sacrificio, alla rinuncia ed alle limitazioni proprie della vita militare, e si venivano ampliando e consolidando il burocratismo e la ripulsa delle responsabilità. Il consumismo ed il lassismo, che persistevano insensibili ai richiami all'austerità ed ai pochi inefficaci provvedimenti adottati dal governo per limitare gli sprechi, esercitavano la loro attrazione sui militari e, in particolare, su quelli di leva, che giungevano alle armi frastornati dalla propaganda antimilitare, pacifista e rinunciataria, non consapevoli di adempiere un dovere costituzionale, maldisposti al servizio militare o solo a questo rassegnati come ad un evento ineluttabile di cui si preoccupavano di limitare i danni, ricercando l'assegnazione ad armi, servizi e incarichi ritenuti di minore impegno operativo e a sedi più vicine possibile a quelle di residenza o di domicilio. Non era certo facile, in tale clima, riuscire ad equilibrare i valori etici, disciplinari e gerarchici della vita militare - che dovevano restare stabili nella sostanza pena lo sfascio dell'organismo - con le innovazioni, pur necessarie, da apportare al sistema per realizzare un'equa condizione militare per i singoli nel quadro delle altre esigenze sociali, rispetto alle quali peraltro quella della difesa nazionale è prioritaria e fondamentale. I provvedimenti che via via venivano adottati tendevano a conseguire un tale equilibrio, difficile peraltro da raggiungere quando manchi la consapevolezza della prevalenza delle esigenze prioritarie della organizzazione militare per un'adeguata capacità operativa e funzionale e si sia troppo inclini a comprimerle a favore di que lle degli altri servizi sociali e di quelle individuali, dando innesco a fenomeni degenerativi che infirmano la capacità di difesa. Nel 1963 la durata della ferma di leva era stata ridotta, per i militari dell'esercito e dell'aeronautica, da 18 a 15 mesi (48); nel 1975 essa venne fissata in 12 mesi stabilendo che l'obbligo poteva essere adempiuto anche prestando servizio, a domanda, nell'arma dei carabinieri, o nel corpo degli agenti di custodia, o nel corpo dei vigili del fuoco (49). Nel 1964 era stato ridisciplinato il reclutamento ob-
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bligatorio e l'ordinamento degli uffici di leva (SO), nonché effettuata una nuova codificazione delle infermità che potevano essere causa di non idoneità al servizo militare (SI); nel 1975 vennero introdotte innovazioni significative nelle operazioni relative alla leva che vennero automatizzate. Le operazioni di selezione e di chiamata alle armi dal metodo manuale passarono a quello automatizzato a mezzo di elaboratori elettronici, il che consentì un ammodernamento e una semplificazione delle procedure di lavoro, una migliore utilizzazione del personale incorporabile in base ad una selezione in campo nazionale anziché regionale, l'eliminazione dei possibili errori di scelta dovuti ad una selezione effettuata con criteri soggettivi od a particolarismi settoriali o a raccomandazioni, la conoscenza completa della disponibilità di giovani da incorporare e il controllo capillare di tutte le operazioni di reclutamento (accertamenti sanitari, dispense, rinvii, ritardi, recuperi, collocamento in congedo illimitato, formazione dei contingenti, ripartizione dei singoli nelle varie armi, corpi, categorie e specialità). La legge del 1975 (51 bis) confermò ed estese i benefici di carattere sociale che davano luogo a ritardi per motivi di studio, a rinvii per particolari situazioni sociali, a dispense dal rispondere alla chiamata alle armi (per gli espatriati) o dal compiere la ferma di leva per specifiche s ituazioni familiari o per ragioni di carattere sociale. Di volta in volta vennero stabilite dispense dal servizio dei giovani di taluni comuni terremotati, come nel caso del terremoto che colpì la valle del Belice (52) e quello che colpì la zona di Tuscania (53). Gli ufficiali di complemento continuavano ad essere reclutati per concorso tra i giovani soggetti agli obb lighi di leva che venivano riconosciuti in possesso dei requisiti prescritti in relazione sia a l titolo di studio (laurea o diploma di scuola media superiore), sia alle doti morali e psicofisiche attitudinali e la durata del servizio di tali ufficiali restava di 15 mesi. L'abolizione dei corsi per allievi sottufficiali di complemento, effettuata nel 1975, avrebbe dovuto essere compensata dal trattenimento, a l termine della ferma di leva o del richiamo in servizio a domanda, dei militari di leva giudicati idonei, all'atto del congedamento, a l grado di sergente, i quali, a l termine della 4a rafferma, potevano partecipare ai concorsi straordinari per transitare nel servizio permanente con il grado di sergente maggiore. Ma l'insieme di tali prov vedimenti e, in particolare, quelli della riduzione della durata dt'II ~, ferma e dell'abolizione dei corsi per gli allievi sottufficiali di c 11111 plemento degradarono ulteriormente l'efficienza della compo 1u.·111 c operativa. La vasta gamma di esenzioni e di dispen~e e la rid11 1io111•
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della forza bilanciata finivano, inoltre, con il lasciare fuori dagli obblighi del servizio militare di leva un gran numero di giovani, aumentando lo scontento di quelli chiamati alle armi che risultavano così sacrificati rispetto agli esentati e rispetto alle coetanee, non soggette al servizio militare o ad un servizio civile sostitutivo, che, per tali privilegi, potevano affacciarsi al mondo del lavoro con almeno un anno di anticipo. Nel 1972 veniva emanata la legge per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza (54), che nel l 974 veniva integrata da altra legge (55) meno restrittiva. Durante il periodo in cui si veniva studiando la ristrutturazione dell'intero organismo militare vi era, in sostanza, una situazione di movimento nel campo del reclutamento verso la direzione di un sempre maggiore accoglimento delle istanze sociali e dei singoli e di una sempre maggiore compressione delle esigenze istituzionali e funzionali della organizzazione militare, già fortemente sacrificate dalle disponibilità di bilancio che venivano progressivamente riducendosi in termini reali, anche in ragione degli indifferibili miglioramenti da apportare al trattamento economico del personale militare e civile di carriera, del personale in ferma volontaria e del personale in servizio di leva. La problematica di fondo, nonostante tutti i correttivi che si venivano attuando, restava dunque aperta e le soluzioni equilibrate tra esigenze della organizzazione ed esigenze sociali cd individuali risultavano ancora lontane. La riduzione della ferma a 12 mesi poneva sul piano di assoluta urgenza il problema dei volontari a ferma prolungata per non dover affidare mezzi complessi e delicati ed incarichi richiedenti un lungo periodo di addestramento specialistico a personale di leva con durata di servizio in molti casi inferiore a quella necessaria all'acquisizione di un soddisfacente livello di preparazione professionale. Per non infirmare l'essenza ed il significato della coscrizione obbligatoria, senza peraltro deteriorare ulteriormente l'efficienza operativa, prima di ridurre la ferma a 12 mesi sarebbe stato necessario reperire i 28000 volontari che la legge del 3 l maggio 197 5 n. I 91 concedeva all'esercito rispetto ai I 150 disponibili a quella data. Solo in tale caso la riduzione della durata della ferma, che oltre tutto comportava un impegno fina nziario maggiore, si sarebbe riflessa meno negativamente sulla capacità operativa dell'esercito. Ma per incentivare il reclutamento dei volontari sarebbero occorse varie forme di intervento, tra le quali quella di un forte aumento delle retribuzioni, alle quali peraltro ostava la disponibilità finanziaria. Continuavano, in sintesi, nella prima metà degli anni settanta in materia di politica del reclutamento, anzi venivano ag-
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gravandosi ed estendendosi, le contraddizioni di carattere politico e tecnico-militare riconducibili alla scelta, di per sé giusta e coerente, del sistema della coscrizione obbligatoria, di cui peraltro l'autorità politica cercava al tempo stesso di e ludere le conseguenze e di allegerirne il peso anche per puro spirito demagogico. La riduzione dell a durata della ferma veniva esaltata come conquista democratica, mentre in pratica si traduceva, perché non accompagnata dai correttivi indispensabili, in un ulteriore grave calo dell'efficienza complessiva. Il settore legislativo riguardante lo stato e l'avanzamento degli ufficiali e dei sottufficiali, così come negl i anni precedenti, continuava ad essere caratterizzato da una grande instabilità ed incertezza dalle quali derivavano insoddisfazione, malcontenti e mugugni non certo in gran parte ingiustificati. Dal 1970 al 1975 la legge di avanzamento degli ufficiali del 12-Xl-I 955 n . 1137 (56), di continuo modificata nei decenni successivi, veniva sottoposta ad ulteriori varianti, aggiunte ed integrazioni per ben 18 volte (57) - circa 3 modifiche all'anno il che dimostra di per sé quali fossero il disordine e la confus ione in materia e lascia immaginare i riflessi negativi che tali continue mutazioni produssero sul morale degli ufficiali in servizio permanente effettivo dei ruoli normali e del ruolo speciale unico. Molti di quegli interventi erano giustificati, come lo erano quelli, meno 11um<::rosi, operati nei riguardi degli ufficiali di complemento trattenuti e richiamati per lungo periodo, che ormai costituivano, per il loro numero, una vera e propria categoria influente sull'efficienza funzionale dell'esercito, dei sottufficiali in servizio pe rma ne nte e <lei sottufficiali di complemento trattenuti o richiamati per lungo periodo (58). Venne ridisciplinato il reclutamento d egli ufficiali (59) e dei sottufficiali (60) e nel 1975 venne riordinato il ruolo speciale unico (61), mentre nello s tesso anno vennero stabiliti nuovi organici per i sottufficiali in servizio permanente (62). Nel ruolo speciale unico i colonnelli furono portati a 78, i tenenti colonnelli a 844, i maggiori a 560, i capitani a 1113 e i subalte rni a 1120. Il numero dei sottufficiali in servizio permanente venne fissato in 25000 unità: 4550 aiutanti di battaglia e marescialli maggiori, 5500 marescialli capi, 5500 marescialli ordinari, 9450 sergenti maggiori. In relazione a i provvedimenti adottati per un diverso inquadramento del personale civile che pres tava servizio nelle amminis trazioni dello Stato, con la legge I O-XII-1973, n. 804 (63), di carattere emine ntemente economico, veniva fi ssato un nuovo organico dei generali e dei colonnelli ch e, complessivamente, per l'esercito, indipendentemente dalla distribuzione nelle varie armi e servizi, prevedeva 31 generali di corpo d 'arm a ta, 77 generali di divisione, 213 ge-
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nerali di brigata, 1379 colonnelli: un numero senza dubbio eccedente le necessità reali, che trovava la sua giustificazione nella motivazione di carattere economico di aprire l'accesso alle remunerazioni più alte ad un maggior numero di ufficiali, ai quali, se non fosse stata concessa la possibilità di raggiungere un grado più elevato, sarebbe toccato andare in quiescenza con un trattamento economico assai modesto. L'abnormità di un tale postulato era la conseguenza della mancata distinzione tra la carriera gerarchica e quella amministrativa che il segretario generale della difesa, generale Giraudo (63 bis), aveva proposto nella seconda metà degli anni sessanta e che gli stessi vertici militari non avevano voluto fare propria. Aspetti peculiari della legge n. 804, oltre quello dei miglioramenti economici ai generali e ai colonnelli, furono: la soppressione della posizione a disposiz.ione che aveva determinato una vera e propria inflazione di generali ecolonnelli in servizio, svilendone le funzioni ed il prestigio e dando esca all'ironia ed al sarcasmo di un esercito che più diminuiva di dimensioni più aumentava di generali e colonnelli; la soppressione della promozione al grado superiore dal giorno precedente a quello del raggiungimento del limite di età; due provvedimenti che avevano avuto anch'essi ai loro tempi una giustificazione eminentemente economica. Ma proprio questo era il vizio di origine anche della legge n. 804 la quale, per migliorare il trattamento economico di un maggiore numero di ufficiali, poneva in non cale il prestigio e le prerogative dei quadri e finiva con il declassare le funzioni dei generali e dei colonnelli a quelle ricoperte nel passato da ufficiali di grado inferiore. Successivamente, nel 1976, verrà ripristinata la promozione al grado superiore dal giorno precedente a quello del raggiungimento del limite di età (64), senza peraltro estendere il beneficio a quelli che ne erano stati privati perché collocati in ausiliaria nel periodo di vacatio della legge, dando luogo a nuove ingiustizie di trattamento tra personale dello stesso grado e con gli stessi anni di servizio trasferito in ausiliaria nell'intervallo di tempo intercorso tra la soppressione ed il ripristino del beneficio. D'altra parte, ancora più gravi ingiustizie venivano consumate ai danni del personale militare e civile in quiescenza retribuito ad libitum a seconda dell'anno di collocamento in ausiliaria o in congedo (fenomeno delle pensioni di annata). All'aumento delle retribuzioni per i gradi elevati si accompagnò quello riguardante gli altri quadri ufficiali e sottufficiali, nonché i graduati ed i militari di truppa (65). Gli aumenti, più apparenti che reali, se si tiene conto del tasso d'inflazione del 23%, valsero a dare un minimo di sollievo a tutto il personale, ma gli ufficiali e sottufficiali di
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carriera erano ben consapevoli che non era stata fino ad allora seguila la strada che conduceva al traguardo ottimale di una sistemazione morale, oltre che economica, consona a lla condizione militare. Il legislatore non voleva tuttallora prendere atto di tale condizione del tutto diversa da quella del personale c ivile delle varie amministrazioni dello Stato, compresa quella del personale civile del ministero della difesa, avente caratteristiche peculiari proprie. La configurazione ordinativa delle forze armate è a struttura gerarchica a forma piramidale; è ripartita in ruoli diversi; ha una larga base organica di personale d ' inquadramento (ufficiali e sottufficiali), che non necessariamente prosegue nella carriera, commisurata com'è questa alla quantità <li uomini da addestrare; è caratterizzata dall'atipicità delle carriere, nel senso che, per diversità di funzioni e di esigenze, esse non possono essere correttamente comparate con quelle delle altre categorie del pubblico impiego; necessita di personale con elevati requisiti fisici per tutto l'arco della carriera e, perciò, con limiti di età più bassi che nelle carriere civili. Le molleplici atipicità che caratterizzano la condizione mi I i tare - osservanza <li doveri particolari; vincoli e limiti delle
norme sullo stato giuridico, del regolamento di disciplina e dei codici militari; destinazioni in sedi isolate e disagiate; frequente impossibilità di seguire orari prestabiliti; rischi dell'addestramento, e rigorosa selettività (grande percentuale di ufficia li che non può raggiungere, pur senza demeriti, gradi elevati); lentezza delle carricr·c; limiti di elà bassi; responsabilità <li particolare peso; frequenza dei trasferimenti; incertezze e danni finanziari derivanti dall'eventuale perdita e diminuzione del requisito della piena idoneità fisica; ecc. - comportano una posizione morale e un trattamento economico che non possono trovare rispondenza nella condizione dell'impiegato civile. Di tutti tali elementi caratterizzanti la condizione militare e la carriera, della quale condizionano lo sviluppo, nonostante i passi compiuti rispetto al passato, non c'erano ancora, nella prima metà degli anni settanta, da parte dell'autorità politica un'attenta considerazione ed un'equa valutazione.
10. Il panorama della situazione fin qui tracciato, pur suscetlibile di ulteriori allargamenti ed approfondimenti, può essere sufficiente a s tabilire come tutto concorresse - rapporti internazionali, s ituazio-
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ne interna, politica ed economica, strategia della risposta flessibile, innovazione della dottrina e dei procedimenti d'impiego, necessità di nuovi sistemi di arma, evoluzione sociale, scarso grado di capacità e prontezza operativa - a porre sul piano delle esigenze nazionali prioritarie ed irrinunciabili la riforma della società militare italiana e la ristrutturazione dell'intero complesso militare nazionale all'insegna della massima efficienza con il minimo costo. Riforma: cioè un ordine nuovo e migliore, che rispondesse ad una politica militare non più alla giornata, ma coerente con la Costituzione e adeguata alle necessità nazionali e agli impegni assunti dal paese sul piano internazionale. Rist1utturazione: cioè una struttura concettualmente, ordinativamente ed operativamente nuova e diversa rispetto a quella eccessivamente dilatata, costosa, dispersiva di attribuzioni e di responsabilità e superata sul piano dell'efficienza e della remuneratività. Riforma e ristrutturazione: impostate in un contesto unitario cd interforze e compiute nel quadro delle risorse finanziarie prevedibilmente disponibili in futuro. vale a dire sulla base di un'ipotesi finanziaria a breve e medio termine attendibile; attendibilità che non poteva esserle data che dalla garanzia di un incremento annuale di bilancio pari all'aumento annuale dei costi delle spese vincolate e di quelle discrezionali. Solo così sarebbe stato possibile il salto di qualità richiesto dalla evidenza dei fatti, che postulava il rinnovamento per motivi d'ordine economico-finanziario, stante lo squilibrio esistente tra esigenze e dis ponibilità, e, prima ancora, per motivi di carattere concettuale e funzionale . Numerose erano state le modifiche ordinative e funzion a li degli anni cinquanta e sessanta, né avrebbe potuto essere diversamente stante il variare delle strategie, delle dottrine e delle condizioni sociali, ma questa volta non si trattava di aggiunte e varianti, si sarebbe dovuto procedere ad un rinnovamento globale; non si trattava di un ulteriore parziale adeguamento al normale processo di mutazione insito nella natura della società civile e conseguentemente di quella militare, bensì di una trasformazione radicale che incidesse sulle dimensioni (meno enti e meno uomini), ma prima ancora sulla qualità (componente operativa meglio armata, equipagg iata e addestrata). Rinnovamento e trasformazione da operare con lo sguardo rivolto agli anni ottanta ed oltre e non già al modello del passato e neppure a quello ancora in essere, che faceva acqua da tutte le parti, ed impostati, al tempo stesso, su criteri di realismo e di concretezza, con l'intendimento cioè di dare vita ad uno strumento fattibile nel quadro delle risorse disponibili. Qualora queste non fossero state sufficienti a mettere in piedi un organismo idoneo ad adempire i compiti assegnatigli,
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i vertici militari avrebbero dovuto dirlo chiaramente al Parlamento,
al governo ed alla pubblica opinione perché o si riducessero i compiti - d ecisione di esclusiva competenza politica - o la nazione fosse consapevole dei rischi che avrebbe corso dall'eventuale limitata idoneità delle forze armate a garantire il minimo di sicurezza e di difesa indispensabile. Questo è quanto si deve fare in un paese retto <la istituzioni democratiche, dove i problemi di fondo, quali appunto la politica di difesa e la politica militare nei loro aspetti generali, debbono formare oggetto di dibattito pubblico e devono trovare le loro soluzioni nell'ambito del Parlamento. E in effetti, alla fine del 1972, il ministro della difesa, onorevole Mario Tanassi, annunciò la necessità generica di una revisione generale della struttura dell'apparato militare determinata da un complesso di fattori interni di ordine politico, economico e funzionale, dalla rivalutazione delle ipotesi di conflitto convenzionale e dalla realizzazione degli o biettivi dell'AD-70 ed intesa a potenziare e ad ammodernare la componente operativa, concentrandovi le risorse disponibili recuperabili da altri settori del dicastero o da altre attività meno prioritarie dello Stato. L'iniziativa della ristrutturazione, di cui il ministro Tanassi s i e ra fatto mallevadore fin dalla fine del 1970, era partita nei primi mes i del 1970 dal capo di stato maggiore della difesa, generale Enzo Marchesi (66), che aveva avviato gli studi, d'intesa con i capi di stato maggiore di forza armata, per un rinnovamento di ampio respiro delle forze armate e, in particolare, della loro componente operativa, oramai scaduta di credibilità. Nel frattempo il generale Marchesi aveva già dato il via esecutivo ad alcuni provvedimenti riduttivi che, per l'esercito, avevano inciso in parte nella stessa componente operativa mediante la soppressione dei comandi designato della 3° armata e del VI corpo d'armata, in parte su quella logistico-territoriak mediante una modesta riduzione di depositi e di magazzini, in parte su unità e d enti di prevista costituzione all'emergenza. All'annunzio pubblico del ministro Tanass i fece seguito il discorso dell'a mmiraglio Eugenio Henke (67), che aveva assunto la carica di capo di stato maggiore della difesa il I agosto 1972, tenuto al Centro alti studi militari, il 30 novembre 1972, in occasione dell'inaugurazione xxrva sessione (68). L'ammiraglio Henke incentrò il suo intervento in teramente sul problema - il più importante ed urgente per le forze armate in questo momento - d'impostare e realizzare una revisione delle strutture d ell'organismo militare allo scopo di renderlo più consono all'assolvimento dei suoi compiti, in relazione alle risorse disponibili e nel contesto
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generale del nostro tempo e della nostra società. L'adeguamento delle strutture alla situazione politico-militare ed alle risorse finanziarie effettivamente disponibili era stata una tendenza costante anche nel passato, ma ora alcuni fattori rendevano l'opera di adeguamento, di ristrullurazione, ancor più attuale ed urgente che in passato. Tali fattori erano, aggiungeva l'ammiraglio Henke: l'andamento delle spese per la difesa e il loro incremento; i vincoli che nascono nella gestione della spesa dalla ripartizione tra le spese vincolate e le spese discrezionali; la necessità di adeguamento dell'organismo militare alla realtà sociale del paese, in rapida trasformazione; infine, la necessità - insieme spirituale, operativa ed amministrativa - di un ulteriore accrescimento e perfezionamento dello spirito interforze. Lo scopo della ristrutturazione avrebbe dovuto essere quello di giungere ad una configurazione delle forze armate che mettesse a disposizione della politica generale del governo uno strumento militare pienamente idoneo ad assolvere i compiti complessivi propri di esso e di ciascuna singola forza armata, rendendo massimo il rapporto efficienza/costo e perseguendo obiettivi di forza che fossero equilibrati (nel rapporto tra personale e mezzi) raggiungibili (in relazione alle prevedibili spese per l'ammodernamento ed il potenziamento), sostenibili (in relazione alle prevedibili spese per l'esercizio). Definire ed attuare uno strumento militare bilanciato, efficiente, effettivamente realizzabile e poi sostenibile, contemperando nel modo migliore le esigenze difensive con le disponibilità finanziarie: questo, in definitiva, lo scopo della ristrutturazione. La revisione delle strutture - soggiunse l 'ammiraglio Henke era stata già avanzata dal suo predecessore, generale Marchesi (69), fin dalla primavera precedente mediante lo studio di alcuni provvedime nti correttivi, studiati da 5 gruppi di lavoro interfor1:e, ai quali era stato affidato il mandato di effettuare la più ampia possibile indagine conoscitiva delle strutture esistenti, in modo che i lavori potessero costituire un'utile opera preparatoria ai lavori di secondo tempo, inerenti alla ristrutturazione a lungo termine o globale. I gruppi di lavoro avevano presentato od avevano in corso di presentazione le loro relazioni e si era perciò entrati nella fase di saldatura dei due procedimenti. Ora la revisione avrebbe assunto carattere globale perché globale è il problema e perché provvedimenti di scarso respiro, pur avviandone la soluzione, non possono risolvere il problema stesso. I vincoli ed i termini di riferimento dello studio globale non potevano essere che: l'incondizionata partecipazione alla N.A. T.O. e pe rciò la necessità di tendere al raggiungimento def!,li obiettivi di forza da essa proposti, la necessità della
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nostra sicurezza anche da un punto di vista nazionale, avuto presente che gli obiettivi di forza N.A.T.O. opportunamente integrati erano idonei a far fronte anche a questa ultima esigenza; l'entità delle risorse finanziarie che il governo potrà mettere a disposizione della difesa in una programmazione finanziaria pluriennale relativa al prossimo futuro vale a dire ad un'ipotesi finanziaria attendibile. La revisione specificò l'ammiraglio Henke - dovrà pertanto cercare di non intaccare le forze attuali; ma non si dovrà respingere a priori la necessità di ridurre il livello di esse, se non potrà farsi altrimenti per mantenere le forze restanti ad un idoneo livello qualitativo. La programmazione pluriennale avrebbe dovuto essere alla base del processo di ristrutturazione ed essa avrebbe dovuto essere almeno quinquennale e scorrevole, cioè fatta per un quinquennio, ma aggiornata di anno in anno, e condotta secondo le più moderne metodologie, che la difesa stava già cercando d'introdurre nella sua amministrazione. Da qui l'auspicio dell'ammiraglio Henke di ancorare la programmazione della dife-
sa alla politica nazionale di piano nella quale dovrebbe essere chiaramente indicata sotto veste individua/e, distinta dalle altre. Le linee caratteristiche del procedimento di ristrutturazione non potranno essere rivoluzionarie, ma gradualmente evolutive e, sebbene il processo sia globale, occorrerà affrontarne ciascun aspetto separata mente. Il problema - affermò ancora l'ammiraglio Henke sarà dunque di non smarrire il filo unitario, mentre si affrontano i singoli problemi, e non si potrà fare a meno di ricorrere a procedimenti di successive approssimazioni. Occorreva altresì, secondo l'ammiraglio Henke, ristrutturare con gradualità, continuità, istituzionalizzazione per superare l'inerzia del sistema. Il processo avrebbe dovuto, inoltre, assumere a propria base la direttiva di politica militare del governo che, sebbene non precisata ed articolala sufficientem e nte, comprendeva l'adempimento dei compiti nell'ambito della difesa integrata N.A.T.O. e l'intervento autonomo difronte a minacce
per le quali non si possa fare sicuro affidamento sul concorso diretto ed immediato delle nazioni alleale. Richiamata la necessità di uno stretto collegamento tra autorità di governo e autorità militari, l'ammiraglio sottolineò l'indispensabilità della saldatura tra forze armate e paese in un processo di osmosi tra popolo e strumento militare da favorire mediante la divulgazione della politica militare. La configurazione generale dello strumento militare doveva discendere, dunque, dalla direttiva di politica militare <lei governo e dall'agganciamento alJa politica nazionale di piano e, attraverso i procedimenti tecnici della pianificazione e della programmazione, essa si sarebbe tradotta in
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obiettivi. Il problema è estremamente complesso e perciò Le analisi condotte porteranno all'individuazione: di possibili configurazioni complessive dello strumento militare, ciascuna cara/le rizzata da differenti obiellivi di forza; di strullure di sostegno (che, ad esempio, potranno essere semplificale in dipendenza della diversa accentuazione dell'organizzazione interforze); infine, elemento fondamentale, di differenti costi. S'imporrà allora una complessa serie di valutazioni e di verifiche, secondo un procedimento metodologico estremamente complesso che chiamerà in causa i criteri d'idoneità delle varie configurazioni a far fronte ai compiti previsti, di concreta raggiungibilità degli obiettivi di forza caratterizzanti ogni soluzione in base alle risorse considerate disponibili nella programmazione plurìenna/e, infine di valutazione del rischio che ogni soluzione comporta. Si addiverrà, così, ad una scelta per la quale è sempre più auspicabile l'intima compenetraz ione tra autorità polilichc e autorità militari. Al processo di ristrutturazione si collegano i fatti ordinativi i quali debbono ispirarsi ad una cuncez.iune unitaria e uiuderna, ma a monte della determinazione <legli obiettivi <li forza, che è il risultato <lella ristrutturazione, vi sono altri importanti fattori ordinativi quali, ad esempio, la dove-
rosa ed ormai indifferibile organizzazione di un Alto Comando per l'emergenza e tutti i problemi operativi, logistici ed amministrativi che ne discendono in cascala sia per l'ordinamento centrale che per quello territoriale. In d efinitiva, lo strumento militare avrebbe dovuto essere costituito: da una componente statica di natura direttiva (organ i centrali e periferici di comando e di direzione tecnico-amministrativa), con assetto stabile fissato da una legge di ordinamento, moderna, fun zionale, ispirata a concezioni interforze integrate; da una componente dinamica, costitu ita dalle forze operanti , che rappresentano l'espressione concreta d egli obiettivi di politica militare che non vanno cristallizzate in leggi ordinative, ma considerate in un quadro di elevata flessibilità, intesa a farle adeguare prontamente sia al mutare degli obiettivi di politica militare e <lelle ri sorse di spon ibili, sia all'evoluzione della tecnica e delle tattiche d'impiego. L'ammiraglio Henke proseguì la sua esposizione illustrando i problemi d e l personale civile cd i risultati di ristrutturazione fino a quel momento conseguiti, che, per l'esercito, si erano concretati nello scioglimento <li alcuni comandi delle forze di campagna, nella soppressione di unità e di enti di prevista costituzione all'emergenza, n ella proposta a l ministro di snellimento del supporto sanitario con la conseguente soppressione di alcuni ospedali ed infermerie e nella abolizione, già attuata o in corso, <li d e posi ti e di enti logistici. Infine concluse: ogni forza armata ha messo in
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allo od allo studio, nel suo interno, ed ha intensificato, in base alle direttive dello Stato maggiore della difesa, un sensibile numero di provvedimenti - che investirono diversi settol"i e bra nche dell'organizzazione propria di ciascuna - intesi a conseguire maggiore funzionalità, una più accentuata snellezza de/l'organizzazione, economie di personale e trasferimento di aliquote di esso a comandi ed enti prioritari, economie di gestione: a conseguire, insomma, nel complesso un maggior rendimento di ciascuna. Ma tale sforzo, comune negli intendimenti, era ancora risultato separato nella concezione e nell'esecuzione e procedeva perciò per tre canali distinti; permanevano tuttallora, s ia al centro che alla periferia, comandi ed enti che avrebbero potuto essere integrati od unificati con visione ed azione interforze, a vantaggio ddlo strumento militare nel suo insieme. Dobbiamo ora modificare non più la realtà operativa di ciascuna forza armata, ma quella del loro insieme. La relazione dell'ammiraglio Henke costituì la magna charta della ristrutturazione o, meglio, di come s i sarebbe dovuto procedere nella operazione e quale questa ultima avrebbe dovuto risultare. Il discor so dell'ammiraglio può sembrare improntato ad un eccessivo ottimismo, ma quando venne pronunziato ness uno avrebbe potuto prevedere che neppure un anno dopo la guerra del Kippur avrebbe sconvolto le economie dei paesi occidentali petrolio-dipendenti e che l'Italia sarebbe precipitata in una crisi economica dagli aspetti drammatici. In quel momento, anzi, il bilancio della difesa veniva aumenta to rispetto a quello dell'anno precedente, anche se l'incremento verrà poi assorbito in gran parte dalla lievitazione dei prezzi. Resta comunque fuori discussione che la visione che l'ammiraglio Henke dette della esigenza della ristrutturazione, i lineamenti che tracciò sul metodo d ' impostazione e di sviluppo del processo di ristrutturazione, l'i ndicazione degli obiettivi da perseguire e le moda lità per raggiungerli erano ispirati a criteri di stretta conseguenzialità ragionativa, <li grande senso del reale e <li metodologia scientifica e tecnica estremamente moderni. Egli non trascurò nessun'area dell'apparato militare e nessuno dei multiformi aspetti a ciascun'arca strettamente collegati; tracciò un quadro d'insieme mollo ben definito. senza dimenticare nessuna delle facce del prisma ed il tono del discorso fu pacato, sereno e, proprio per questo, efficace e convincente. La logica d ella ristrutturazione non avrebbe potuto essere diversa da quella esposta dall'ammiraglio Henke e l'operazione sulla base di quei postulati e di quella metodologia non avrebbe potuto non ave1·e successo. Il male fu che l'operazione stessa, alla quale gli stati maggiori si erano già
CAP. LXVIII - LA VIGILIA DELLA RISTRUTTURAZION E
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accinti con lena, fu bruscamente interrotta dal sopraggiungere di fat-
tori esterni che ne sconvolsero i presupposti e costrinsero gli operatori ad interventi di emergenza, sempre dannosi cd arrischiali in una materia così complessa e delicata. Il piano dell'ammiraglio Henke rimase un nobile, convinto e sentito auspicio; nulla di più.
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flLlPPO STEFAN I
NOTE AL CAPITOLO LXVIII (I ) (2) (3) (4)
Vds. Vds. V<ls. Vds.
cap. cap. cap. cap.
LIX nota n . 46. LIX noia n. 45. LXVU e LXIX. LIX nota n . 51.
(5) Nel quadro del riodinamenlo delle forze per la difesa interna del len·i1ol"io, il 13-3-1962 vennero aholiti i comandi battaglione s inll"ezza (L n. 160-6/1516504 S .M.E. Ord. <lei 13-3-1962). Restarnno in vita alcune compagnie di s icurezza autonome. Il IV htg. del 1° r·gt. Grnnatiei-i di Sardegna venne sciolto con f.S.M.E. Or·d.n. 1465/S/15162423 <lei 27-8-1962; il Cl htg. di lntra con f.S.M.F.. Orci. n. 1565-S/15162423 del 31-8-1962; il CIII h1g. di Montorio Veronese venne scio lto con f.S .M.E. Or·d . n. 1570-S/ 15162423 del 31-8-1962 e il CIV btg. di Mestre rnn f.S.M .E. Orci. n . 1570-S/ 15162423 del 3 1-8-1962. li CVI btg. <li Bologna venne tras fonnato in TU/40° rgt.f. Bologna meno la 39" cp. tn1sformat a in I" cp. III/78° rgt.L ··Lupi <li Toscana" (f.s.S.M.E. Onl. n. 770-S/1516241 I del 4-5-1962). li CX Xl btg. di Napoli venne t.-asformato in III/2.1 1° rgt.f. A1'e!li11u (f.S.M .E. Ord . n. 770-S/ 15162411 del 4-5-1962). Il CXXVII bt g. di Bari venne trasformato in lll/9° rg t.f. Rari (LS.M.E. Orci. 11. 770-S/15 1624 11 del 4-5-1962). Il CXXXV btg. di Ti-iesl e venne trnsformato in 1/151 ° rgt. f. Sassari (f.S.M.E. Or·d. n. 285-S/ 15162424 del 2 1-1 1-1962). La I O cp. del CX X VI htg. di Callan isscl t:i venne trasformata in I " cp. del 2/5° r·g t.f. Aosta (f.S.M.E. Ord. n. 770-S/ 15 1624 11 <lei 4-5-1962). In tempi successivi e in date diverse venne..-o sciolte anche le compagnie a utonome. (6) Vds. cap. LXI, nota n. 19. (7) Vds. cap. LXI. 1101a n. 45 e n. 46. (8) Vds . cap. LXI, noia n . 19. (9) Vds. cap. LXI. nota n. 61. ( IO) V<ls. cap. LXI, nota n . 51. (11) Armi e mezzi in dotazione alle unità dell'arma di fanteria e di cava lle ria ne l periodo prcristrutlurazione. Armi individuali e di reparto: bomba a m a no S.R.C.M. Mo<l. 35; pistola Beretta Mo<l. 34; pistola l:kn: tta Mod. 92 S; pistola mitragliatrice Berctta Mod . 12 S; carabina Winc hestcr Ganm<l; fucil e automatico legge1·0 BM/59; mitrng liatrice MG 42/59; 111itrag liatricc Browning cal. 12,7; mortaio da 60 mm M2; mortaio da 81 mm Mod. 62; mortaio <la 120 mm Mod. 62. Sislemi c:onlmcarri: bomba Super· Energa; lanciarazzi Bazooka da 86 mm M20 BI; cannone da 57 mm senza rinculo Ml8; cannone da 106 mm senza rinculo M40 Al; cannone da 90/32 P; cannone da 90/50 M3; sistema d'a rma filoguidato contrncarri a media gi ltata MILAN; s is tema d'arma filoguidato controcarri a grande gittata TOW. Me zzi cnrazzali da comba11imento e speciali: caITo armato M47; carro armato M60 Al; carro armato LEOPARD; veicolo da ti-asporto e combattimento (VCT) M 113; veicolo da trasporto e combattimento (VCT) M 11 3 A I con sistema d 'arma TOW; ve icolo pos to comando M577; veicolo da trasporto e combatti mento (VCT) MI 06 e M 106 A I portamor·taio; veicolo corazzato <la combattime nto VCC-1; ve icolo corazzato <la com· battimento VCC-2; carro soccorso e r·ecupero LEOPARD.
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Sistemi conlraerei: complesso quadruplo da 12,7 mm. Mezzi delle lrasmissioni: a. a filo, b. radio: veicolari; pl.-cp.; cp.-btg.; btg.-brg. Me z::.i ruotati, di /rasporlo, traino e soccorso: motociclo Guz.;:_i 500 Nuol'o Falcone; autovetture da ricognizione AR59 (4 X 4) Fiat campagnola; au1<>ve1tun1 da ricognizione AR76 (4 X 4) Fial 1107 AD nuova campagnola; autocarro leggero ACL 75 - 2t (4 x 4) Lancia 6611 M; autocarro medio ACM 52 (4 X4) Fiat 639 N2; autocarro medio ACM 80-4t (4 x 4) 6613 G; autoribaltabile medio (4 X4) BM 201 MT; autocarro pesante ACP70- (4 X4) Fia t 6602 CM; autocarro pesante ACP 80 (6 x 6 · 6 X 4) Fiat 260 PM 35 6 X 6; autoambulanza Alfa Romeo Fl2; autogru media AG70 - Fiat 6605 DM; autocisterna · su a utocabinato ACP70 Barlolelli (4 X4) Fiat 6602 CM; autoarticolato trasporto mezzi corazzati 50 t ATC 81.
Mezzi e materiali speciali Alpini: veicolo cingolato da neve leggero Alpen Scooter; veicolo cingolato da neve medio /lagglunds BV 206; au tocarrello da montagna MTC 80; Lagu nari: veicolo anfibio (4 X 4) pe,· trasporti logis tic i; veicolo cingolato anfibio t rasporto truppa LVT P-7; idrotrasporto piccolo (MTP). (12) Armi e mezzi in dotazio11e alle unirà di arriglieria. nel periodo preristrut/llraz.ione. A rliglierie Jerrestri: obice da 105/22; obice da 155/23; obice da 105/14; cannone da 155/45; obice da 203/25; cannone da 175/60; missile Ho11est John da 762 mm; canocchiale binoculare periscopico s lereoscopico a base goniometrica (RDWF); nuovo b inocolo; nuova bussola; apparato per la determinazione autonoma d e l nord geografico; d istanziometro elettronico; autotorre per lavori topografic i; rada1· c/m (Green A rcher e AN/MP2-508); radar sorveglianza ca mpo di hattaglia AN/TPS-25; veicolo cingolato posto comando M577; gancio traino per AR 59 per obice da 105/14; trattore Fial TL 65 6 X6 ; trnt to1·e Fiat TM 65 6 x 6; p.c. al"ligliei-ia su CP/62 Fiat; trattore Fiat TM 69, 6 X6; veicolo c ingolato trasporto munizioni M548; in espcrimentazione o agg iornamento: misuratore di V. M109 LOTO; spolette VT; spolette El; esp M25/S autocarri speciali; master g11nter, obice da 155/23 TM (Passo 1/20); prodotto lubrificante armi punatili ed artiglierie. Artiglieria contraerei: sis tema missili stico e/a Hawk: p.c. elettrnnico di b t r. BCC; p.c. per unità di tiro ridotta PCP; ce ntra le automatica di btr. lCC; apparato d'identi ficazione IFF/SlF; radar di acquisizione ad impul si PAR; rada r di acquisizione ad onda continua CWAR; radar illuminante ad alta potenza THPTR; radai· pe,· la sola dist an za ROR; lanciatore LCKR; cassetta di smistamento LSCB; s upporto trainalo per miss ile l'allei; g ruppo elellrogeno Ce/e/ (45 Kw); gruppo elellrogeno Alfa Romeo (45 Kw); caricatore traspotiatore cingolato T,oader; missile Hawk conte nitore; complesso a pparecc hiature di prova GOTS; serie elaboratori elettronici campali; simulatore AN/TP2-29; sistema e/a. I. da 40/70 mm: radar di sorveglianza AN/TPS-TE; complesso di rilevam en to e calcolo CT/40-G; cannoni da 40/70 BB-BG; complessi quadrnpli da 12,7 mm; g ruppo elellrogeno Alfa Romeo (30 Kw); sistema c/a pes. da 90/50 e 90/53: in corso di radiazione; cannone e .a.I. da 40/56: in corso di radiazione; s istema missilis tico a corta portata Mirador-Eldorado-lndigo (MEI): in esperimcntazione; sislenw smv.da da 35 111111 (Chepard): in trallativa di acqui sto; app arecc hiatura Suru pe r l'addestramento deg li operntori al CT/40-G; simula tore di tiro per unità e.a.I.; BT/39: in trattativa. Materiali e mezzi tecnici NBC: se ttore protez.ione: maschern M59; maschera M73 ; maschera M70; cassette parti r-icambio per maschere anti-NBC; cofano per le riparazioni delle mas<:here anti-NBC; telo individua le protellivo NBC (in nume ro limita to e destinalo ad essere sostituito da ll'indumento prntellivo impem1eabile); wmplesso filtrnnt e da 85 111 3 per opere fortific ate; complesso filtrante da 1200 m 3 p er opere fm·tificate;
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se/Iure rivelazione: rivelatori individuali M72; apparecchiatura di ril evamento e mi sura di esplosioni nucleari Armen: in esperimentazione; dosimetro tattico M64-Bendix; dosimetro tallico M70 Stephen; dosimetro di contaminazione M6 5-Be11dix; dosimetro di con laminazione M70 Stephen; ca rica lori per dosime tro M65 Be11dix; caricatore per dosimetro M70 Stephen; intensimetro lattico R 54 B; intensime tro di cont aminazione R 40 Emi/; intensimetro di contaminazione RA 141 B; casset ta campale rivelazione "C" M66;·cassetla campale rivelazione "C" M7 I; cassetta per il pn:lievo di campioni sospetti di contaminazione " B" M65; casse tta ri velazione S.C.M. (cessala produzione); spanditore al rosso Sudan; set/Ure bonifica: corredo individuale di autosoccorso e bonifica (contenitore M66 per corredo completo, au toiniel latore a utomatico a t rogina, pacchetto antivcscilalorio, asplesore M66 per polveri bonificanti; pacchetto polveri bonifica nti M75; prodotti di chemio pro filassi contro i neurotossici; prodotti antidolorc, anlischuc e antiustioni; a ppara lo di bonifica di media capacità (omologalo ma non approvvigionato); apparato di bonifica di grande capaci là (omologalo ma non approvvigionalo); varie: art ifizi unificali M60; artifizio s imulante l'esplos ione "N". (13) Materiali e mez.zi in dotaz ione alle unità del genio 11el periodo della ristm/111razione. Al trezza ture pneumatiche pesanti Le Roy; mine a/c da gu erra CC48; mjne a/c da guerra CS 42/2; mine a/c da g uerra CS 42/3; caricatrice id1·a ulica: escavatore cingolato con lama a pripi sta; escavatore cingolato multiplo; ponte metallico ferroviario N. 3; stazione fotoelettrica da I 52 cm; motobarca USA 27 pieni; mina a/u ad azione t:stesa "V"; cubo esplosivo del n. 3; cercaminc SCR 625; cercamine ANPRS/1; materiale da ponte cl. 60; motocompressore medio; martello pne umat ico perforatore pesante; martello pne u matico perfora ton~ medio; sega pneuma! ica a disco; rimorchio Viherti per barche Bailey; barchetto M2; cofano per riparazione barchelli, comple to di carica men to; attrezzatu.-a Pinazza tipo P. 60- S .A.; bottone a/u 52; bottone a/e 52; pnranco pneumatico da 1050 Kg; ponte Bailey M2; motore fuoribordo Mnscheruni FB 2/4 ; mina a/e SH -55; motobarca Rnglie11u da m7 per rimorchio a traino e a s pinta; rimorchi Viberli per trasporto motobarca Bagliellu; corsetto salvagente l'irel/i-Brev.Mo11tag110/i-Tipo TM; esploditore dinamo-elettrico Scha/fler tipo 350; esploditore dinamo-elettrico Schaffler tipo 750; accenditore elettri co a testina Scl,af/ler; teleferica tipo TM 120 monofune; rete g uarnita con fiocchi di tela juta, dimensioni m 2 X 2 - 4 X4 - 6 X 6; 1·e te g uarnita con fiocchi e toppe di tela juta dimensioni m 2 X 2 - 4 X 4 - 6 X 6; reti scenografiche per m ascheramento ad uso verticale, dimensioni 2 X 2 - 3 X 3; rete scenografica per mascheramento a<l uso orizzonta le, dimen~ioui m 2 X 2; r eti metalliche pe1· mascheramento guarnite di lana di acciaio con particolari impieghi , dimens ioni m 2X 2 e m 3 X 3; centina metallica snodabile a due clementi per mezzi mobili; connettori per collegamenti elettrici con detonatori; compressore, a ria, rotativo, pesante; apripis ta c ingolato AD 7; apripista c ingola to AD 4; vipera esplos iva apricorridoio nei campi minati; mina a/u sem inabile ad azione locale MAUS; complesso per coloritui-a a spru1.zo; m otopompa per i re parti del genio; apparato rivelatore per bonifica ca.mn.; picch etto di ancoraggio del r itto reggicentine per mascheramento; trattori p e r picchetti; ba ttello pneumatico da 5 uomini ; battello pneumatico da 3 uomini, Pire/li tipo G.P.; apprecchiatura la nciasagole; ponte metallico scomponibile stradale e ferroviario S.E.; tubo esplosivo n. 4; ponte su appogg i fi ssi MGB; escava tore ruotato; mina a/u ad azione estesa Va/mora 69; mina a/c controncingolo seminabile cd interrabile Mats; apripista cin golato AD 14; apripista ruotato APR 180/ES ; sega a ca tena; complesso di illuminazione campale; motore fuoribordo da 40 IIP piede lungo; sgombraneve conducibile a mano; corsetlo salvagente; a ttrezzatura cen tralizzata idraulica per il sollevamento e lo spostament o dei ponti ferroviari; picche! to di fissaggio d ella rete al terreno; carro pioniere; molosbarca per pl. MLC 60;
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mina Valmara 69 da esercitazione; autogru strada rotaia; autosgombraneve; autoribaltabile-trattore pesante; complesso per saldatura; mina a/u ad azione locale, per po· sa interrata affiorante, VAR-40; accen<lito,·e "VSN" per mina anticarrn SH-551. min. per cpls. cing. genio; segarntaie; foratrice leggera pc1· trave1·sine; t.-apano forarotaic tipo E.I.; gruppo elettrogeno per trapani foratraverse; cavigliat1·ice e scavigliatrice pe1· armamenti fe1Tovia1;; officina campale per la lavorazione del legno; martello demolitorepe1·foratore con motore a scoppio incorporato; autoribaltabile medio; motoba1·ca per pt. MCL 60; carica cava tagliante T/2; carica cava tagliante T /3; carica cava demolente D/3; motore fuoribordo da 75 HP; mina a/u ad azione estesa Valmara 59; mina alu <la posa ad azione locale AUPS; ponte gall eggiante MLC50; escavatore ruotato medio AC 150 GM; autogru da 12 t (6 x6); autogru strada-rotaia mo<l.P.H .; piano caricatore militare scomponibile mo<l. III/9-classe 60; rete mimeti<:a normale da m 2X 2; rete mimetica normale <la m 4 X4; rete mimetica scenografica da m 2X 2; r.ctc mimeti<:a scenografica <la m 3 X 3; pinza per giunzione mic<:e detonanti; rete mimeti<:a da m 6 X 6; ritto reggicentine per mascheramento; centina a sbalzo (tipo lungo a 3 elementi); picchetto <li ani:o.-aggio del ritto reggi-centine per masi:heramento; cstrnttori per picchetti; battello pneumatico da 5 uomini; battello pneumatico <la 3 uomini . Pire/li tipo G.P.; appa1·et:chiaturn lan<:iasegole; ponte su appoggi fissi MGB; escavatore molato; mina a/u ad azione estesa "Valmara 69"; mina a/e con tru<:ingolo seminabi le cd intcrrabile Mats; apripista cingolato AD 14; apl"̵ista I uutato APR 180/ES; sega a catena; complesso di illumina zione campa le; motore fuoribordo da 40 Hp piede lungo; motore fuoribordo da 40 HP piede corto; sgombraneve conducibile a manu; cm·setto salvagente; attrezzatura centralizzala idraulica per il sollevamento e lo spostam ento <lei ponti ferroviari; picchetto di fis saggio della rete al teneno; carro pioniere; motobarca per pt. MLC 60; mina Valmara 69 da esercitazione; autogru strada rotaia; autosgomhraneve; autoribaltabik:trallo1·e pesante; complesso per saldatura; mina a/u a<l azione locale. per posa interrato affiorante, "VAR-40"; accenditore "VSN" per mina anticarro "SH-55"; rim. per cpls. c ing. genio. (14) Materiali TLC in dota zione 11el periodo della preristmttura;:.ione. Mez::.i radio: sta.r.pl.-cp. CPRC-26; RV2/l 1; sta.r.cp.-btg. SCR 300; AN/PRC-8 -ò- IO; RV3/13/P; sta.r.btg.rgt. AN IGRC-9; RH4/2 12; sta.div. SCR-193; RHS/2; sta.r.veicp.p. e s ta.r. per mezzi <:orazzati AN/GRC-3-ò-8; RV3/l3/V; RV4/213/V; sta.r.HF di grande potenza RH6/ IOOO; complessi per aerocooperazione (TACP) AN/MRC-20; AN/VRC-30; AN/VRC-35 (mezzi <:urazzati); ricevitore per allarme aereo AN/GRR-5; ricevitore MA/R-107; SCR-593. Ponte radio: ponti radio a piccola capacità (4 canali) AN/TRC-3(T); AN/TRC-4(R); PR5/ 191fr; PR5/ 191/R; punti .-adio a media capac ità (12 canali) ANIMR C-69 (T); ANIMRC-54 (R); ponti rndio a grande capa<:ità (24 canali) in s hc lter PR61170 (T). Me zzi a filo: terminale TF a picrnla capacità MX5/155; AN/TCC-23; centralino tel efonico a piccola capadtà (12 linee) SB-22/PT; centrale telefonica a 40 lince TC-4; a 60 lince TC-2; telefoni campali EE-8; te lescriventi campali T2-0C; tele<:ifranti ON-UNE CT-65; KW-7; terminali telegrafici a piccola capacità per linea in cavo AN/TCC-14. F.lenco dei principali mezzi T/,C delle unità trasmissioni di supporto dello S.M.E., dei C.M.T.R. e C.M.S. nel periodo della preristrutturazione. Ponti radio MHI 50 (300 rnnali); ponti radio MS8 (300 canali); ponti radio SMC306 (120 canali); punti .-adio MH17 (13 GH) (24 canali); ponti radio PR/8 24/145 (24 canali); punti radio SMC212 (2-ò-6 canali); ponti .-adio MH 122 (2-6 canali); ponti radio monocanale ARE-11 70; punti radio monocanalc ARE-1161; ponti radio monocanale ARE-340; ponti radio monocanale PRODEL; ponti radio monocanalc PHTLTPS; modem MXT-120/A (l 20 canali); multiplex telefonici MX6/l "il (12 canali); multiplex telefonici MX/ 169 (24
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canali); multiplex telefonici FATME (12 canali); multiplex telefonici MX5/ 155 (4 canali); multiplex te lefonici CE-PGM (2 ;-6 canali); multiplex telefonici TF MPl8; MP-10; FATME (2-4-6-12 ca nali); multiplex telefonici DELTA (15 canali); centrali telefoniche GTEX24/IOO (per centri nodali); multiplex telegrarici MC-305 (I + 4 canali); multiplex telefonici Fa/lne (I canale); multiplex telefonici Natali (I canale); multiplex telefonici Fa1111e (12 canali); telescriventi TE-31 5, TE-441. (15) Armi e m ezzi in dotazione dell'A.L.E. Velivuli ad ala fissa: Ll8c; L21b; AL- I (denominazione aeronautica: 01-E); AL-2 (SM- 1019).
Veli l'oli ad ala ruu1111e: AB47 G2; AB47G3 B e B-1 (de nominazione operativa ERI-I); A847S e S3 (ERI-2); AB206-Al (ERl-3); AR206-CI (ERI 3); AB204-B (EM-1); AB-205 (EM-2); AB-21 2 (EM-3); A-109 (EC-T); H109/AT (EC-1 /A); CH 47C (ETM-1); A 129 (EA). Lanciarazzi M-158 AI (AL-2/A); sis tema d'arma M27EI (ERI-3); s istema d'arma M21 /Mamee (EM 2); s is tema d'arma M23/MOD (EM-2); sistema d 'arma M65 (EC-1/A); sistema d 'arma M24/M0D (ETM-1); sistema d'arma 41/MOD (ETM-1); complesso antincendio leggero Sirmac-Rampini; complesso a nticendio medio C.A.M. 639; auto.-iforniton: FTAT CPnO; trallore per aeromobili Fresia F70TI; rimorchio speciale per traspo1·to aeromobili . (16) Legge 12-12-1962 n. 1862; ci,·c. n. 98, G.M . 1963, pg. 271. (17) D.P.R . 18- 11-1965 n . 1477; cin.:. n. 42. C .M . 1'>66, pg. 193. (18) Legge 8-3-1968 n . 200; ci1·c. n. 278, G.M, 1968, pg. 120.'i. Istruzione del Comitato dei capi di stato maggiore e varianti alla legge 12-11-1955 n . 1137 su/l'avanzamen to dei:li 11/ficiali dell'esercitn, della marina e del/'aero11a111irn .. L'art. I dispone: il capo di Stato Maggiore della difesa, i capi di Stato Maggiore delle forze armate e il seg retario gcnc,·ak del Minis tero d ella difesa nel rispetto delle attrihuzioni, delle responsabilità e della linea di dipendenza sta hilitc dalla legge. si riuniscono nel comit ato dei capi di Stato Maggiore per la trattazione dei pro blemi militari di maggior rilievo e in particolare per quanto concerne la pianificazione operativa con i conseguenti prog rammi tec nico-finanziari, no nc hé l'ordinamento interforze e di for,.a a nnat.i e l'ordinamento de ll 'Amminis trazione centrale c pe 1·iferica della difesa. Il comitato è il più alto organo cons ultivo de l Minis tro per la difesa. I s uoi componenti vi partecipano con responsahilità collegiale per la formulazione delle propos te che il capo di Stato Maggiore della difesa sottopone alle decisioni de l Ministro per la difesa. L'ordinamento e le modalità di funzionamento del comitato sono s tabilite con d ecreto del Presidente della Repubblica. (19) Legge 28-7-1950 n. 624; circ. n . 409, G.M . 1950, pg. 1370. (20) Legge 9-1-1951 n. 167; circ. n . 108, G.M . 1951, pg. 279 l stit11zio11e del consiglio superiore delle furze armate. Testo della legge. CAPO I Disposizioni generali
Art. 1 È istituito il Consiglio s upe riore delle For.1.e Armate, organo cons ultivo del Minist1·0 per la difesa. Art. 2
li parere del Consiglio superiore delle Forze Annate è obbligatorio nei casi previs ti dalla seguente legge.
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Art. 3 Quando il parere del Consiglio superiore delle Forze armate è obbligatorio nei dc· cn: ti che a ppro\'a no pn>V\'cdimenti non avenli caratte1·e legis latin>. deve esse1·e p1·e· messa la fo 1·mula udito il pare1·e ciel Consiglio supe riore delle Forze Armate. Pe r i provYedimenti legislativi, la m enzione cld parere deve esse re fatt a nella re· !azione . Art. 4 Il Consiglio superiore delle Forze armate siede in riunione plena1·ia per le quesl io· ni chl· intl· n:ssano più di una Forza armata; le questio ni che riguardano una sola Fo1·za An11ata ve ngono invece esaminale pe1· sezione. All'uopo il Consiglio è s uddiv iso in t re sezioni : Cons igl io s upl' rio rc de lle Forze armate - Sezioni Esercito, Consiglio s upe riore delle Forze a rmate· Sezione Marina. Con· s iglio s upe riore de lle Forze a rmate · Sezione Aeronautica.
CAPO II Composizione del Cons ig lio supe riore delle Forze armate Ai-t . .'i
Sono m e mbri ordinari del Consiglio supe r·io rc delle Fo,-,.e a nnate: a) il gen erale dell'Esercito. l'ammirag lio e il generale dell'Aeronautica in servizio permanente e ffettivo, più elevati in grado o più anziani ne l rispettivo ruolo . i quali non s iano Minist r o, Sottosegretario di Stato, Capo di Stato Maggiore o Seg retario generale. Del I i ufficiali ha nno le fun zioni di presidente di sezione. Quello fra essi più d evalo i11 grndo o di maggiore anzianità relativa esercita le [unzioni di presidente de l Con· sigli o s uperio re delle Fo1·ze arm ate; h) i Capi di Stato Maggiore d ell 'Esercito, d ella Ma1-ina e dell'Aernnautica. i quali possono farsi rappresentare dal Sottocapo del rispettivo S tato Maggiore; c) i Segretari generali per l'Esercito, per la Marina e per l'Aeronautica, i quali possono farsi rappresenta1·e da un ufficiale generale addetto a l proprio uffic io; d) il genera le di corpo d'armat a, l'ammiraglio di squ adi-a. il genernlc di squadrn. il genern le di squad ra ae1·ea più anziani c he non 1·iveslono le G11·iche di cui a ll e p r ecedenti le ttere a). b). c), con funzioni di vice preside nti di sezione; e) un gen e rale di brigata o colonne llo dell'Esercito, un contrammiraglio o capi ta· no di vascello e un generale di briga la aerea o colonne llo pilota. con funzioni di relato· ri per gli affa.-i militari; f) un gene rale di briga ta o m aggiore genera le o colonnello del Corpo de l genio na· n tle o d e lle Armi nava li e un maggio1·e gene rale o colonnello del Genio aeronautico. con fun zioni di relatori per gli a ffa ri tecnici; g) un is petto1·c gcncrnle o direttore capo de lla divisione del Minis te ro della dife. sa, per ciascuna Forza armata con fun zioni di r elato ri per gli affari amministrat ivi. Il Minis tro, il Sottosegretario di Stato e il Capo di Stato Maggiore dell a di[esa hanno diritto di partecipare a lle riunioni. A1·1. 6 Sono m e mh.-i s trnm·dina1·i del Consiglio superio re de lle Forze Armate: a) i comandanti delle grandi unità tcrrcst ri, navali cd ae1·ce; b) il com andante gene ra le dell'arma dei carabinieri; e) il com andante generale della guardia di finanza;
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d ) g li ispe ttori d 'arma dell'Eserc ito e gli ispetto ri dei corpi del Genio navale, delle Armi navali e del Genio aeronautico;
e) i <·om,111danli territoi-iali ddl'EsL'JTilo, i com::ind::inti in capo di rip::irlimen lo 111arilli1110, i com::ind::in ti mili lari marillimi autonomi , i com::indanti di zona aerea lnrilori::ik L' di acronaut ic::i; f) il p rocura tore gene rnle militare; g) i direttori generali e gli is pettori generali capi servizio del Minis tero della difesa; h ) i capi de i corpi di Sanità e di Commissa riat o, qualora non rivestano la carica di direttori gene rali; i) l'ispcllore gener ale ddle Capitanerie di porlo; I) un cons ig liere di Staio e un m·, ·o c::ito dello Sinio di g rado non inkrior<' a l 5°, i quali possono esser<' sostituit i da supplenti di pari gn1do. Art. 7 Le sezioni Esercito, Marina ed Aeronautica de l Cons ig lio s upe riore delle l'orze armate son o compos te dai membr i ordinari e da i m embri s traordinari della rispettiva Fo,-L.a an11a ta.
li pron1ral<ffe genera le mili wre. il cons iglie 1·e di S taio e l'a\'vocato dello S ta to i loro s upplenti partecipano a ciascuna delle tre Sc1.:ion i.
e
Ari. 8 Il presidente del Consiglio s upe riore delle Forze arm a te, per le ,·iunioni ple na rie, ed i pres identi di sezione, p er le riunioni di sezione, possono di volta in volta eonvocan:, per dar p::i n: r<'. ull iciali d e lle Forze a nna te cd c,·cntu::i lm<' nle runzionari dl'lk Amm inis t razioni stat ali , il p1·esidcnlc del Con ,-igliu naLio11,1le delle l'icc1·che, i rapprcscn tanli qualificati del co q >o volo nla ri d cll::i libertà e delle formazioni partig iane, nonch.: persone di parlicola1-c competenza nel campo scientifico, indus1.-iale cd economico cd cspc1·ti in problemi militari. Art. 9
Il p1·csid<·ntc del Cons ig lio s upc rio r<' delle Fon:c ::i rm::ite, i p n:sidenli cd i ,·in· p n.:s itknli di sezione sono no min,1li con ckcrcto del Prcs idenlc dcll::i R<'pubblica. su pn.>posla del Mini strn per la difes::i. I mc mbn o rdina ri relatori sono nominati con decreto de l Minis t ro per la difesa s u proposta del rispe tti vo presidente di sezione. Il con siglie re di Stato, l'avvocato dello Stato e i loro supplenti sono nomina ti con dec reto del Minis tro per la difesa, su designazione, r ispettiva me nte de l Presidente del Consiglio di Stato e dell'Avvoc::ilo gcne.-alc dello S ta to. Art. 10
I scn•izi di segre teria del Con s iglio s upe r iore delle Forze a nTiatc e delle sue sezioni sono dis impegnati da ufficiali e da funzio nari civi li de l Minis tero della difesa. CAPO III Att.-ihuzio ni dd Consiglio s uperiore de lle f'm·ze armai<'
Art. 2 Il p::irere d e l Cons ig lio s u periore delle Forze armale deve esse re richiesto: a) sulle questioni di alta importanza relative agli ordina menti militari ed a lla pre-
CAP. LXVIII · LA VIGILIA OELLA RISTRUITIJ RAZ IONE
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parazione organica c hellica <lelle Forze armate e di c iasc una <li esse; b) sulle clausole di carattere militare da includere nei Trattati e n elle Convenzioni internazionali; c) sulle propos te <la trnsmcttere al Ministero del 1eso1u pc1· la fon11aziont' del progel 10 <lcllo stato <li previsione del Minis lao <lclla difesa pc1· ciascun ese rcizio finanzia1·io; d) s ugli schemi di provve<limenli di carattere legislativo o 1·egolamentare pred ispos ti d a l Ministro per la difesa in materia di disciplina militare; di ordinamento de lle Forze armate, di s tato e avanzamento <leg li ufficiali e dei sottufficiali, di reclutamento del personale militare, di organici del personale civile e militare; e') sui progrn111rni rdativ i agli armamenti te1Tcst1·i, mH"ali cd .., c rei cd ai grnndi a pp1·u,·, igiunan1cnl i;
f) s ui capitolati d'onere generali o p a l"licolari e s ui progetti di contrai li e 11·ansazioni 11ei casi in c ui la legge di contahilità generale dello St a to pn:scrive il par e re del Consiglio di Stato.
A1·t. 12 Il Mini s lrn per la difesa può, di propria iniziat i,·a o s u prnposta del pn:sidcnlL' o dei p1·eside11ti <li sezione, sollopoITc all 'esame del Cons iglio s upc1·iore ogni altra ques tione di inte1-essc tec nico, militare o amministrativo c he non 1·ie11t1·i fra quelle sopra elem:ale. CAPO IV Funzionamento dd Consiglio superiore delle Porze armate
Al"l. 13 li Cons ig lio s upe rio1·e delle rorze armale - in riunio ne plena1·ia - ,·iene convocalo di inizia1iva del suo presidente o s u proposta dei presidenti di sezione. I membri s traordinari e i memhri ordinari relatori sono con\"ocal_i dal p1·es iden tc a panecipare alle riunioni , a seconda della mate ria d a 1ratta,·e cd in eguale nume ro per c iascuna Forza annata. Art. 14 Le sezioni vcngonon convocale dal 1·ispctti vo pre sickntt' . Ques ti invita alle r iun ioni i m emb1·i s traord ina ri cd i membri ordinari re lato1·i, in 1·elazio11e alla mate ria da t rat 1a 1·e. Art. 15 TI Consiglio supe riore delle Forze armate delibera a m aggioranza di volo e con vota zione palese eseguila in Ol·dine inverso di g rado o di anzia11i1à; in caso di pariti, pi-ernie il nito del preside nte. Hanno voto dcliberntivo i membri ordinari e st rno1·dinari . Non h a nno diritto a voto gli uffi ciali, i funzionari e le p e 1·son alilà c ivi li d i cu i al precedente art. 8. Pe1· la validità de lle deliberazioni occorre la presenza di non meno di due te rzi dei m e mbri ordinari e dei m e mbri straordinari invitati alla riunione. TI pa rere su ciascuno affare è dato a mezzo del ve1·hale di adunanza o d elle aduna nze in c ui esso ru discu sso . Nel verba le deve essere riass unta la discu ss ione e deve essere indicato il risultato della votazione. inserendo il parere della minoranza o delle minornnze. Il ve rbale è trasmesso al Ministro dal Presiden te del Consig lio superion.! o della se-
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zionc secondo che s i riferisce a riunioni plenarie o di sezione. CAPO V Di spos izione finak Art. 16 li Consiglio dell'Ese rcito, il Con s ig lio superiore d e lla Marina e il Con siglio s uperio r e dell'Aeronau tica sono soppressi. Art. 17 È ahmga ta ogni <lispos izionc cunlraria alla prcsenll' legge o con essa im:0111pat ibile.
La prcse1tlc legge munita de l sigillo dello Stato, sa1·à inserita nella Racco ll a ufficiale delle leggi e <lei <lccr eti della Repuhhlica Ita liana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osser vare come legge dello Stato.
O.ila
a
Roma, addì 9 gc1111ai<> 1951 EINAUD1 DE GASPER 1-PACCIARDI-PELI .A
Visto, il Guar<lasigilli: PICCIONI (2 1) Piero Ostelli no-Luigi Caligai·is. / 111101 ·i 111i/i111ri. Mondado1·i 1983. pgg.201 -205. (22) Vds. appendice n . l . (23) Vds. appendice 11 . 2. (24) D.P.R. 18-XI-1965 n . 1479; <.:ire. n . 44, G.U.E. 1966, p g. 228. (25) D.P .R. 18-XI-1965 n . 1480; cir-c. n. 45, G.U .E. 1966, pg. 305. (26) Legge 11 -1-1956 n . 16; circ. n . 221/14, G.M. 1956, pgg. 644/215. (27) D.P.R. 10-I-1957 n. 3; circ. n . 11 2, G.M. 1957, pg. 374/1. (28) Lcggl' 24 -V-1970 11. 136; ci rc. n . 498. G.U.0 . 1970, pg. 1693. (29) Legge 14-Vlll-1974 n. 335; c ii-e. n . 537, G.U. O. 1974, pg. 2944. (30) Legge 7-V- 1948 n . 940. (3 1) D.P.R. 18-XI-1965 n. 1477. (32) Legge 6-VI-1973, n . 7 13. (33) S.M.E . 111 re parto. Ufficio addes t ramento; Circ. n . 1000/A/I. Norme per l'addestramento individuale al comballimento, cd. 1966. (]4) Stato Maggiore dell'Ese rcito. lii repa rto. Ufficio addcstrnmcntu. Circ. 95/A/I Urge11 1i::::.a::.im1e dei C.A .R. e dei R.A.R. - Norme cli /1111::.io1u1111e111u, cd. 1966. (35) Stato Maggiore d ell 'Ese rcito. III 1·cparto. Ufficio addcst ramentu. Circ. 9/A/1. L '(l(/des1ra111e11to milifllre, cd. 1966. (36) Stato Maggiore dell'Esercito. Ili reparto. Ufficio addest ramento. Circ. N. 9500/A/l Progra mmi per l'addestramenlo di I ciclo delle recluJe ai C.A.R .. ed. / 967. (37) Stat o Maggiore dell 'esercito. 111 reparto. Ufficio addestramento. Cil'C'. 11. I 1000/All . Addeslrw11e1110 reclu te: I O ciclo e progm111111i d elle allil'ilà cv1111111i d11rw11e la ferma iSJmlliva, ed. 1967. (38) Stato m aggiore dell'esercito. TTI repa rto. Uffic io addestramento. Cii-e. n. 19000 A/I Addestramento individuale al tiru, e<l. 1967.
CAP. LXVIII - LA VIGILIA DELLA RISTRUTTURAZ IONE
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(39) La circolare 44 .. ./A/l Direllive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel... aveva carallere annuale ed era edita dallo stato maggiore dell'esercito, IJI rcparlo, ufficio addestramcnlo, a firma del capo di slato maggio,·e dell'ese1-cilo. La 4463/A/ 1 dd IO-Xl-1962 venne firniala dal generale Aloia; la 4464/A/l del 15-Xll-1963 dal generale Aloia; la 4465/A/1 del 21-Xll-1964 del generale Aloia; la 4466/A/1 del 1-XII-1965 dal generale Aloia; la 4467/A/ 1 del 26-XI-1966 dal generale De Lorenzo; la 4468/A/ 1 del 9-XI-1967 del generale Vedovato; la 4469/A/ 1 del 15-Xl-1968 dal generale Marchesi; la 4470/A/I del 15-XI-1969 dal generale Marchesi; la 447 I/A/I del 10-XTI-1970 dal generale Mereu; la 4472/A/1 del 27-XIl-1971 dal generale Mcreu; la 4473 del 19-Xll-1972 dal genernle Mereu; la 4474/A/1 del 17-XH-1973 dal generale Viglione; la 4475/A/1 del 20-Xl-1974 dal gcm:ralè Viglione. (40) Stato Maggiore dell'esercito. TIT reparlo. Ufficio regolamenti. n. 5900 Norme per l'impianto l'organiz.zazione e lo svolgimento delle esercitazioni, ed. 1968. (41) Stato maggiore dell'ese1·cito. Ili reparto. Ufficio regolamenti. N. 5895 Nomenclawre militare (esercito) anno 1969. (42) Stato maggiore dell'ese1-cito. Ufficio regola menti e addestramento. 3" sezione regolamenti. n. 5390 Raccolta dei documenli unificali (STANA(;). Voi. T. Edi. 1959. Staio maggiore dell'esercito. TII 1·epa1·to. Ufficio regolamenti N. 5390 Racco/la dei documenti unificati (STANAC). Voi. II. ed. 1971. (43) Stato maggiore dell'esercito. III reparto. Ufficio regolamenti. Circ. n. 10230/222.20, 31-Xll-1964 Precisazioni sulla do/trina logistica . 1964. La pubblicazione, formato 18 X 12, firmala dal generale Aloia, consta di 47 pagine, di 28 parag.-afi, 5 allegali. Compn:nde: il frontespizio, la premessa, le consider azioni generali, le zone logistiche, l'organizzazione di intendenza, la catena logistica, l'a1·ticolazione e lo schicramenlo dei servizi, l'organizzazione logistica in offensiva e in difensiva. Allegalo A: schema delle zone logistiche. Allegato B: schema dell'o1·ganizzazione di comando. Allegato C: i gradi delle allività logistiche. Allegato D: le ope.-azioni sui materiali. Allegato E: schema dei rifornimenti ordinari. (44) Stato maggiore dell'esercito. TIT reparto. Ufficio regolamenti. Cin:. n. 1220/222.20, 22-VII-1968 Ori,;anizzazione logistica della divisione cora zzata (crit eri ed ele1ne11ti fo11damentali). (45) Stato maggiore dell'csen:ito. III reparto. Ufficio regolamenli. Circ. n. 1204/221. 13 de l 22-Vll-1968 Organizzazione logistica e fun zionamento dei servi zi nella divisione corazzata in tempo di pace. (46) Dotazione aggiuntiva: aliquota incrementale di materiali di diversi se rvizi assegna ta , se necessario con i relativi mezzi di trasporto, alle unità ed alle grandi unità di livello inferiore all'armata, allo scopo di aurnenta,·e l'autonomia consentila dalle dotazioni organiche, in funzione di un determinato compito. (47) Foglio S.M.E. Ord. n. 2871/154, 19-XI-1966: istituzione della ca rica di ispetto1-c log istico dell'esercito e dell'ispellorato logistico dell'esercito. (48) Legge 18-II-1963, n. 164; circ. n. 168 G.M. 1963, pg. 517. (49) Legge 31-V-1975, n. 191; circ. n. 349, G.U.D. 1975, pg. 1403. (50) D.P.R. 14-11-1964 n. 237 circ. n . 178, G.M. 1964, pg. 664. (SI) D.P.R. 28-V-1964 n. 496; circ. n. 282, G.M. 1964, pg. 1085. (S 1 bis) Legge 20-Xll-1973 n. 824, circ. n. 23, G.U.D. 1974, pg . 69. Legge 19-11-1970 n. 75; circ. n. 274, G.U.D. 1970, pg. 873 (modifica ed integrazione legge 8-Xl-1966 n . 1033; circ. n . 534, G.U.E. 1966, pg. 2003). Legge 31-ITI-1966 n. 259; circ. n. 246, G.M. 1966, pg. 879. Legge 19-11-1970 n. 75; circ. n. 274, G.M. 1970, pg. 873. Legge 18-XIc1975 n. 590; circ. n. 785, C.M. 1975, pg. 3149.
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FILJrro STEFANI
(52) Legge 30-XI-1 970 n. 593; ci rc. n. 951, C.M . 1970, pg. 3468. Legge 15-VH-1975 n. 390; circ. n. 508, C .M. 1975, pg. 2212. (53) Legge 20-XII-1 97 1 n. 11 55, cin:. n. 78, G.U.D. 1972, pg. 325 e s uccessiva legge 20-Xll-19 . (54) Legge 15-X ll-1972 n. 722; circ. n. 989, C .U.D. 1972, pg. 3976. (55) Legge 3 1-V-1975 n. 191; circ. n. 349, C.U.D. 1975, pg. 672. (56) Legge 12-Xl-1955 n. 1137; circ. n. 566 G.M . 1955, pg. 2 156. (57) Legge 28-X-1970 n. 822; e ire. n. 902, G.M . 1970, p g. 239 I. Legge 25-TII-1971 n. 185; circ. n. 310, G.M. 197 1, pg. 643. Legge 22-Vll-197 1, n. 536; ci rc. n. 55, G.M. 1971 , pg. 2590. Legge 20-X-197 1 n. 916; ci rc. n. 839, G.M. 197 1, pg. 3760. Legge 26-X-1971 n. 9 16; cin:. n. 939, G.M. 1970, pg. 372; Legge 6-Xll-1971, n. 1082; cin:. n. 59 G.M . 1972, pg. 209. Legge 6-X ll-197 1 n. 1082; circ. n. 59, G.M. 1972, pg. 209. Legge 6-Xll-1972 n. 786; circ. n. 987, pg. 3964. Legge 16-IV-1973 n. 175; cin:. n. 261, C.M. 1973 n. 339; circ. n. 356, G.M. 197 3, pg. 1483. Legge LO-Xll-1973 n. 804; circ. n. 769, G.M. 1973, pg. 3679. Legge 27-Il-1974 n. 69; e ir·e. n. 277, G.M. 1974, pg. 953. Legge 30-1-1974 n. lZ; circ. n. 170, G.M. 1974, pg. 720. Legge 18-VI-1974 n . 257; circ. n. 674. G.M . 1974, pg. 4188. Legge 24-X TI-1974 n. 695; circ. n. 61,G.M. 1975, pg. ZOO. Legge 29-Vll-1975 n. 392; ci rc. n. 5 11. G.M . 1975, pg. 2ZZ3. Legge 27-V-1975 n. 178; circ. n. 371, G.M. 1975, pg. 157 1. (58) Legge 5-lll-1973 n. 29; circ. n. 152, G.M. 1973, pg. 68 1. Legge 27-ll-1974 n. 69; circ. n. 277, G.M . 1974, pg. 953. Legge 5-111-1973 n . 29; cir·c. n . 162, G.M . 1973, pg. 681. Legge 22-XI-1973 n. 872; cire. n. 61, G.M. 1974. pg. 194. Legge 20-XII-1973 n. 824; circ. n. 23, G.M. 1974, pg. 69. Legge 29-1-1975 n. 14; c irc. n. 142, G.M. 1975 pg. 422 (nuovi organici dei sottufficiali dell 'esercito). (59) Legge 18-X ll-1964 n. 1414; c irc. n. 27, G.M. 1965, pg. 60 (reclutamento ufficiali dell'esercito). Legge 30-Vl 1-1973 n. 489; circ. n. 475, G.M. 1973, pg. 2077. Legge 22-X-1973 n. 678; ci rc. n. 666, G.M . 1973, pg. 3331. Legge 20-ITI-1973 n. 824; c irc. n. 23, G.M . 1974, pg. 69 (norme riguardanti gli uffic iali di comple mento e della riserva di complemento ed i sollufficia li di complemento e d ella riserva di comple mento trattenuti in servizio per lunghi perio di di tempo). (60) Legge 29-VII-1975 n. 392; circ. n. 5 11 , G.M . 1975, pg. 2223. (61) Legge 2-Xll-1975, n. 626; circ. 11. 786, G.U.D. 1975. pg. 315 1. (62) Legge 29-I-1 975 n. 14; c irc . n. 142, G.U.D. 1975, pg . 422. Aiutanti d i battaglia e marescialli maggiori 4550; marescialli capi 5500; marescialli ordinari 5500; sergen ti maggiori 9450. Totale: 25000. Ruolo speciale per mansioni di ufficio: 1900. (63) Legge 10-XIJ-1 973 n. 804, c irc. n . 769, G.U.D. 1973, pg. 3679. (63 bis) Vds eap. LIX, nota n. 33. (64) Legge 5. V. 1976 11. 187; circ. 287, G.U.D. 1976, pg. 980. (65) Legge 18-III-1 968 n. 249; circ. 11. 295, G.M. 1968, pg. 1224. Legge IO-VT-1969 n. 375; ci r·c. n. 556, G.M. 1969, pg. 2476. Legge 29-X-1971 n. 881; c irc. n. 772, G.M. 197 1, pg. 3592. Legge 2 1-IIJ-1974 n . 172; circ. n. 336, G. M. 1974, p g. 1938. Legge 28-X-1970 n. 775;circ. n.837,G.M. 1970,pg.3056.Legge IO-Xll-197311.804;circ.n. 769G.M. 1973, pg. 3679 (attuazione dell'art. 16 quater della legge 18-TTl-1968 n. 249 come modificalo dall 'art. 12 della legge 28-X-1970 n. 775). Legge I 8-XII-1973 n. 836; circ. n . 63, G.M . 1974, pg. 169. Legge 27-JI-1974 n. 68; circ. n. 226, G.M. 1974, pg. 95 1. Legge 20-X-1975 n. 528; c irc. 11. 720, G.M. 1975; pg. 2905. (66) Vds. ca p. LIX nota n. 46. (67) Vds. cap. LIX nota n. 45. (68) Riv ista Marittima, n. l del 1973, pg. 13-30. R isrru/lurazione delle furze armate italiane. Tes to del disc.orso pronunciato dall'ammiraglio di squadra Eugenio Ilcnke,
CAP. LXVlll . LA VIGILIA Dt::LLA RISTRUTTURAZIONE
1119
capo di s tato maggiore della difesa, alla inaugurazione d e lla XXIVa sessione del Centro Alti Studi Militari. (69) V<ls. precedente nota n. 46.
APPENDICE n. 1 RAFFRONTO TRA VOLUMI ORGANICI ED ESISTENZA DEGLI UFF ICIALI IN SERVJZJO PERMA NEI\TE DELL'ESERCITO (Dati rife ri ti nl I O gennaio) 1960 ESISTENZA
ARMI SERV. TOT. 21
GEN. C.A.
cc
ARMI SERV. TOT. 24
21
ESISTENZA
ORGANICO
L. 12.11.1955 n. 1137
cc
1975
1970
ORGANICO
GRADO
ORGANICO
ESISTENZA
L. 6.12.1960 n. 1479
L. 6.12.1972 n . 786
L. 16.11.1962 n. 1622
L. 10.12.1 973 n. 804 (a)
L. 26.5.1969 n. 260
L 2.12.1975 n. 626 (b)
cc
ARMI SERV. TOT.
24
21
N
o
cc
AR}II SERV. TOT
21
46
cc
IARMI ~ERV. TOT.
46
21
cc
~RMl ~ERV. TOT.
21
43
43
GEN. D.
4
34
5
43
6
56
9
71
5
34
7
46
7
75
14
96
5
34
7
46
9
59
9
77
GEN. B.
10
86
15
lii
IO
155
29
194
13
86
26
125
29
250
101
380
13
86
26
125
30
229
92
351
TOT. U. GEN. (x)
14
141
20
175
16
235
38
289
18
141
33
192
36
371
115
522
18
14 1
33
192
39
331
101
471
COL
30
426
106
562
29
490
114
633
38
488
145
67 1
181
1311
415
1907
38
488
145
671
226
1145
439
18 10
TEN. COL.
134
1099
377
1610
152
1294
459
1905
216 2396
690 3302
297
2703
858
3858
246 2396
690 3332
331
2199
822
3352
MAGG.
159
1916
639 2714
160
1925
603 2688
144
432 2008
145
1130
392
1667
154
1432
432 2018
155
962
377
1494
TOT. U. SUP (y)
323
3441
1122 4886
341
3709
I 176 5226
1665 7432
438 4316
1267 6021
712 4306
1638 6656
CAP.
514 3909 1434 5857
525
3136
829 4320
628 3564
1276 5468
632 2755
739 4126
SUBALT.
581
495
2678
SOS
412
3299
597 4308
314 2470
538
3513
982 5076
TOT. U. INF. (z) 1095 7422 2416 10933
1432
398 4316 1267 598 1
623 5144
928 4589
668 3564
667
634
412
3299
1562 8396 1080
6863
597
2824
4308
346 22 11
1873 9816
1013 5035
1334 7382
1040 6863
1873 9776
946 5225
1277 7448
1377 9758 2776 13911 1496 11320 3481 16297
1672 10550
3 114 15336
1496 11320 3481 16297
1697 9862
3016 14575
1020 5814
3807
1276 5508
3062
3322
TOT. GEN.
(x+y+z)
1432 11004 3558 15994
(e)
(e)
(e)
(e)
segue APPENDICE n. 1 ORGANICO NE.L GRADO Secondo la legge di avan,.amcnto (legge 1137 del 12-1 1-1955)) GE.N.
GE.N.
GE.1".
C.A.
D.
B.
Cavalleria 21
34
MAG G.
CAP.
1001
2001
S.TE.N .
TEN.
I 586
225
Fanteria
Artiglieria
TE. N.COL.
COL
86
Genio
TOTALE
1791
21
56
94
190
170
120
302
557
1179
1073
60
155
264
539
479
426
1099
1916
3909
3513
Automobilistico
1
2.
18
75
160
316
260
Sanitario (ME7
I
4
34
153
191
416
252
1
2
12
20
40
26
21
56
94
190
170
Sanitario (CHM-PACH) Cavalleria Commiss. (COMM)
I
2
10
40
70
142
93
3
9
1
12
24
92
97
Amminis tr.
1
13
75
155
393
230
Vctcrin.
1
2
10
19
35
24
Il
86
377
639
1434
982
Commiss. (Svizz)
TOTALE Artiglieria
1
2
10
77
Motorizz.
l
2
LO
66
39
101
532
123
Chimico fìsico Genio
21
Trasmission i Geografico
TOTALE
I
N
1122
FILIPPO STEFANJ
APPENDICE n. 2
N. 142. - STATO DEI SOTIUFFJCIALI DELL'ESERCITO. - Legge 29 gennaio 1975, n. 14. - Nuovi organici dei sottuficiali In servizio permanente dell'Esercito. - (Direzione generale per i sottufficiali e i militari di truppa all'Esercito). (Gazzella Ufficiale n . 47 del 19 febbraio 1975)
La Camera dei deputati cd il Senato della Repubblica hanno approvalo; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA
la seguente legge: Art. 1.
Con effetto <lai 1° settembre 1974, l'organico dei sottuffic iali in servizio permanente del ruolo unico delle armi e dei ser vizi dell'Esercito è così stabilito: a iutanti di battablia e marescialli maggiori .......................................... ...... n. 4.550 ma1·escialli capi ................................................................................................ » 5.500 marescia lli ordinari ......................................................................................... » 5.500 se1·genti. maggiori ................. ........................................ ..................................... » 9.450 L'organico dei sott ufficia li del ruolo speciale pe1· mansioni <li ufficio è stahilito in 1.900 unità. Fino a quando la consistenza globale <lei ruolo unico delle a rmi e dei servizi n on raggiungerà i nove decimi dell 'organico, e comunque non oltre il 31 dicembre 1976, la dotazione organica del ruolo speciale per mansioni di ufficio può essere elevata a 2.700 unità. Ai fini della nomina in servizio permanente dei sergenti in ferma volontaria o raffenna, si conside rano disponibili le vacanze esistenti globalmente nell'organico dei gradi di sergente maggiore e di maresciallo ordinario nel ruolo unico delle armi e dei servizi. Art. 2.
Al maggior onere di li re 991 milioni d e rivante dall'applicazione <le Ila presente legge per l'esercizio finanziario 1974 si farà fronte mediante pari riduzione d el fondo iscrillo al capitolo 3523 <lello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'esercizio anzidetto. Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni <li bilancio. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta uffic iale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fallo obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addì 29 gennaio 1975
LEONE M ORO ANDREOITJ -
Visto, il Guardasigilli:
REALE
FURLANI COLOMBO
CAPITOLO
LXIX
LA RISTRUTTURAZIONE
J. Fattori che condizionarono l'operazione. 2. ll documento di base della
ristrutturazione. 3. La ristrutturazione dell'esercito di campagna: a) dimensioni e caratteristiche; b) ordinamento ed organici; c) armi ed equipaggiamenti. 4. Le riforme nell'organizzazione scolastico-addestrativa. 5. La ristruttura zione dell'organizzazione te rritoriale e logistica. 6. La ristrutturazione dell'area tecnico-operativa centrale dell'esercito. 7. Considerazioni riepilogative sulla ristrutturazione.
1.
Agli inizi degli anni settanta non v'era, dunque, come dicevamo, settore della difesa non abbisognevole di riesame e di revi sione. 11 sopraggiungere dell'emergenza economica nazionale quasi paralizzò lo sviluppo più qualificante del programma di ristrutturazione e mutò di quest'ultima la stessa logica d'impostazione . Gli studi di base avevano adottato come punti di riferimento la forza bilanciata del 1971 - pari a 295 753 unità - ed il programma pluriennale di ammodernamento e potenziamento AD-70. Non si trattò più di procedere ad una ristrutturazione intonata a ta li criteri di base, ma di realizzare la massima economia di spesa anche a danno, almeno temporaneo, della stessa efficien za. Da qui l'immediato ricorso al provve dimento più semplice e più a portata di mano: la riduzione della forza bilanciata con untaglio, per il I 975, di 50 953 unità rispetto a quella del 1971. La ristrutturazione che avrebbe dovuto mirare ad un potenziamento della componente operativa, ancorché ridotta nella sua entità, si tradusse così in pratica in un drastico ridimensionamento della consistenza della forza, senza apprezzabili benefici, almeno sul momento, a favore di una migliore qualità degli armamenti e degli equipaggiamenti. D'altra parte, la componente operativa dell'esercito aveva raggiunto nel I 973 livelli di forza appena accettabili e conseguentemente un grado di prontezza operativa assai modesto. Le assegnazioni finanziarie per il 1975 riguardanti l'esercito - lire S6 I miliardi - non con-
1124
FILIPPO STEFANI
sentirono più di chiamare alle armi l'intero contingente di leva, per cui il mantenimento in vita delle unità esistenti avrebbe abbassato i livelli di forza di tali unità a valori del tutto inaccettabili e al di sotto di ogni affidabilità. La terapia d'urto della riduzione della forza bilanciata, alla quale si era fatto ricorso più volte anche nel passato remoto e prossimo, divenne nel 1974 una scelta obbligata. Al pari di molte terapie di emergenza e di urgenza, essa non avrebbe guarito il male, ma avrebbe pe r il momento consentito la sopravvivenza del paziente. I problemi di fondo, che erano alla radice della malattia e della gracilità dell'organismo militare e che l'ammiraglio Henke (1) aveva giustamente collocato a monte della stessa ristrutturazione ricerca di coerenza tra politica estera e politica di difesa, armonica collocazione della politica militare nel contesto degli impegni N.A.T.O. e delle esigenze particolari nazionali, saldatura morale e civica tra forze armate e paese - vennero ancora una volta accantonati e gli stessi programi di ammodernamento e potenziamento furono soggetti a nuovi ritardi e rinvii quasi non bastassero quelli subiti dal 1971 in poi in seguito alle decurtazioni operate d a ll'autorità politica sulle richieste di assegnazione. Tutte e tre le forze armate furono investite dalla grave acutizzazione della crisi che travagliava il paese, ma l'esercito, la cui struttura poggia per circa tre quarti sul personale <li leva, dové procedere subitaneamente ad un ridimensionamento generale della sua consistenza, senza inizialmente la prospettiva di una terapia di mantenimento valida per preservare uno stato di salute meno precario. Le cosiddette leggi promozionali, riguardanti l'esercito e l'aeronautica, vennero infatti presentate al Parlamento solo negli ultimi mesi del 1976, a ristrutturazione avvenuta (2). Frattanto, proprio in quegli anni, non solo il processo inflazionis tico procedeva a ritmo quanto mai accelerato, ma veniva s empre più crescendo lo squilibrio tra le spese per il personale e quelle per l'esercizio e per l'ammodernamento in seguito alle legittime richieste di adeguamento delle condizioni economiche del personale militare allo sviluppo sociale della nazione. La congiuntura economica nazionale - e non solo questa - e ra obiettivamente difficilissima, per cui non era da pensare che l'autorità politica potesse assegnare al bilancio della difesa finanziamenti granché superiori a quelli che vennero stanziati, i quali peraltro potevano bastare ad una stentata sopravvivenza dello strumento militare ridimensionato, ma non avrebbero potuto in nessun caso essere sufficienti a riparare i <lanni prodotti dalle imprevide nze politiche degli anni precedenti. La crisi energetica aggravò il degrado, non ne fu l'origine. Di fronte ad una situazione. alla quale solo
CAP. LXIX - LA RISTRUITURAZIONE
1125
gli accadimenti positivi del futuro avrebbero potuto portare un qualche sollievo, fu atto di coraggio morale dei vertici militari del momento Lentare l'impossibile per contenere i danni dell'ulteriore <leca<limento <lell'efficienza operativa delle forze armate ed al tempo stesso atto <li fede e di speranza in un avvenire meno precario del paese e della sua componente militare. Per quanto riguarda l'esercito, non si può non dare atto al capo di stato maggiore, generale Andrea Cucino (3), di avere affrontato senza esitazione il difficilissimo momento e di avere attuato in tempi brevi una profonda riforma dell'esercito, senza precedenti nel secon<lo dopoguerra, la quale, ancorché non priva <li errori, lacune, manchevolezze e concezioni opinabili, si tradusse, se non in altro, in un sensibile aumento della prontezza e della mobilità operativa delle unità sopravvissute al ciclone riduttivo. Alcuni aspetti della riforma non ci trovano.consezienti, altri ci sembrano veri e propri errori, ma c ritiche e contestazioni non possono prescindere dai numerosi, difficili, delicati condizionamenti della situazione in cui laristrutturazione dové essere condotta. Questa, inoltre, perse il carattere interforze, che le era slalo conferilo quando erano slali cosLiLuili i gruppi di stu<lio e <li lavoro, e<l ogni forza armata finì praticamente per condurla quasi per proprio conto, per cui, più di una vera e propria ristrutturazione dell'intero apparato militare effettuata in una visione globale interforze, si trattò di tre interventi distinti, uno per forza armata, ancorché coordinati nel contesto di una ipotesi finanziaria, peraltro priva di certezza. La ristrutturazione si era posta inizialmente soprattutto quale esigenza tecnico-militare, naturalmente condizionata dall'aspetto economico, alla metà degli anni settanta divenne un urgente ed improrogabile imperativo finanziario. Ciò incise negativamente ed in misura pesante sul perseguimento degli obiettivi iniziali, la cui priorità venne necessariamente scalata e il colmataggio delle lacune esistenti nei vari settori (difesa conlrocarri, difesa contraerei a bassa e bassissima quota, mezzi per il combattimento notturno, vetustà delle artiglierie terrestri, mezzi per il comando ed il controllo, per l'automazione del tiro e l'acquisizione degli obiettivi, ecc.) venne rinviato ulteriormente. Ed è, pertanto, solo in tale quadro generale della situazione che vanno valutati gli aspetti positivi e negativi che essa ebbe.
2. Era stato, come annotalo nel capitolo precedente, il generale Marchesi (4) a farsi promotore della ristrutturazione, mentre successiva-
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mente l'ammiraglio Henkc ne aveva specificato le linee di sviluppo ed aveva conferito accelerazione agli studi dei cinque gruppi di lavoro interforze e pubblicità al processo nel suo già ricordato discorso pronunziato all'apertura della XXIVa sessione del Centro alti studi militari. Il discorso dell'ammiraglio Henke non valse però ad aprire un largo dibattito nella stampa e negli altri mezzi d'informazione e non ebbe la risonanza che avrebbe meritato nell'opinione pubblica. La stessa Rivista Militare, che in precedenti occasioni simili, ancorché meno significative, aveva offerto spazio al dibattito tecnico-militare, non ospitò interventi specifici sull'operazione se non a fatto compiuto (5). La ristrutturazione dell'esercito, i cui prodromi furono i provvedimenti riduttivi adottati dal capo di stato maggiore, generale Viglione (6), nel 1974 (7), venne attuata e portata a compimento negli anni 1975 e 1976 quasi nella indifferenza del governo, del Parlamento, dei "mass media" e del] 'opinione pubblica. Nei circa due anni di durata dell'operazione la carica di ministro della difesa venne tenuta dagli onorevoli Arnaldo Forlani (23-XI-1974 - 30-VII-1976), che era stato preceduto dall'onorevole Giulio Andreotti (15-III-1974 - 23-XI-1974), e Vito Lattanzio (30-VII-1976 - 19-IX-1977), mentre la carica di capo di s tato maggiore della difesa, tenuta fino al 31-1-1975 dall 'ammiraglio Henke, fu coperta ùa tale <lata fino al 31-1-1978 dal generale Viglione. Quale documento di base della ristrutturazione dello esercito può essere assunto il testo del dis<:orso pronunziato, il 15 maggio 1975, dal generale Cucino, alla presenza del ministro della difesa, ai componenti delle commissioni difesa della Camera dei deputali e del Senato in occasione di una loro visita alla Scuola tecnici elettronici cli artiglieria della Cecchignola in Roma (8). Fu, infatti, in tale circostanza che il generale Cucino, dopo un'ampia illus trazione della situazione dell'esercito, delineò tutte le linee fondamentali dell'operazione che s i accingeva a compiere ponendone in rilievo i vari aspetti e chiedendo il pieno appoggio delle Autorità responsabili e soprattutto l'urgente approvazione in sede politica del piano di ristrutturazione, che per potersi realizzare in tutta la sua validità, deve essere attuata in tempi il più possibile serrati. Il generale Cucino iniziò la sua relazione mettendo a fuoco l'incidenza che il progresso tecnologico aveva esercitato negli ultimi anni, e veniva esercitando, sulle strutture delle forze armate, con il conseguente aumento dei costi di acquisizione e di esercizio degli armamenti e deg li equipaggiamenti, aumento esasperato dal processo inflazionistico che aveva investito l'economia mondiale e nazionale. La conse-
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guenza era che i I prezzo di una bocca da fuoco di medio calibro era salito vertiginosamente da pochi milioni degli anni cinquanta ai 400 milioni del 1975, quello di un carro armato da I 00 milioni ad oltre mezzo miliardo c que llo del semovente contraerei binato da 35 mm aveva raggiunto il valore di un miliardo e mezzo_Le soluzioni possibili per fronteggiare la situazione avrebbero potuto essere: l'aumento delle assegnazioni ai bilanci militari per mantenere inalterata la dimensione dello strumento e dotarlo dei mezzi delle nuove tecnologie; il mantenimento invariato delle strutture senza aumentare i bilanci; la riduzione delle dimensioni dell'apparato militare per recuperare risorse a vantaggio dell'ammodernamento e del potenziamento. Delle tre soluzioni: la prima non era praticabile, la seconda comportava di per sé un ulteriore decadimento qualitativo dello strumento, la terza, anche se non priva di rischi, risultava la meno dannosa ai fini della sicurezza e della difesa del paese e la più praticabile ne l particolare momento. Sulla base di questa ultima soluzione, lo stato maggiore dell'esercito impostò un pr·ograrnrna <li ristrulluraziuue teudenle a configurare la fisionomia dell'esercito degli anni ottanta prevedendo sostanziali riduzioni di forza, alle quali si sarebbe dovuto accompagnare un parallelo miglioramento qualitativo delle unità. Gli studi per la ristrutturazione erano già in fase avanzata di completamento, quando erano sopraggiunte le drastiche misure di austerità con la conseguente decurtazione delle assegnazioni di bilancio per il 1975, che, oltre invalidare gli studi in corso, avevano imposto, quale provvedimento di emergenza, la immediata contrazione dei programmi di forza fino alla riduzione a quadro di 57 battaglioni o gruppi ed all'abbassamento del 14% dei live lli di forza di quasi tutte le altre unità (9). La situazione in a tto era così divenuta in sostenibile ed il generale Cucino la illustrò nei termini che abbiamo indicato nel precedente capitolo LXVIII. Il generale Cucino passò quindi a delineare i nuovi termini della ristrutturazione che avrebbe investito tutti i blocchi istituzionali dell'esercito e cioè, oltre le forze di campagna, l'organizzazione centrale, quella territoriale e quella scolastico-addestrativa, fermo il criterio di base di contrarre il più possibile le altre componenti al fine di incidere il meno possibile sulla componente operativa, che, oltre tutto, negli anni sessanta e nei primi anni settanta, aveva già subito la riduzione a brigata di 5 divisioni, l'eliminazione di una brigata di fanteria, di un comando di corpo d'armata e del comando designato della 3a armata, nonché altre modifiche e r-iduzioni di varia entità (10). Dopo aver trattato, nell'ordine, la ristrutturazione dell'organizzazione centrale, di quella territoriale, di quella scolastico-addcstrativa e della
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componente operativa, il generale Cucino preannunziò una serie di ulteriori iniziative, ancora allo studio, che avrebbero mirato ad aggiornare altri meccanismi di funzionamento, e tra di esse: l'unificazione dei ruoli degli ufficiali delle varie armi; l'unificazione dei ruoli dei servizi tecnici e la ripartizione degli ufficiali di tali servizi in tre specialità (meccanica, elettronica, chimica); il riesame del ruolo dei servizi logistici e del servizio lavori del genio; la revisione generale dell'organizzazione logistica da ripartire per funzione anziché per materia e ]'incremento del volontariato sì da elevare dall'l,5% al 15% il rapporto tra volontari e personale di leva. Nella ultima parte del suo intervento, il generale Cucino s'intrattenne su due argomenti strettamente collegati alla ristrutturazione: lo sforzo finanziario da sostenere per l'esercito ridimensionato, la collaborazione con l'industria. L'esercito non era in grado di garantirsi nel nuovo asse tto gli armamenti moderni necessari a farne un esercito di qualità e, poiché la necessità di eliminare le gravi carenze c he sarebbero rimaste era ora più assoluta che nel passato, si rendeva indispensabile una legge di finanziamento straordinario, idonea a garantire un armonico sviluppo dei più urgenti programmi pluriennali di ammodernamento nell'intento di ev itare un nuovo divario che fatalmente si produrrebbe tra il modello di strumento desideralo (ed al quale il Paese ha diritto) e quello ottenibile con gli stanziamenti ordinari. La legge di finanziamento straordinario si rendeva necessaria: innanzitutto, perché le esigenze prioritarie di rinnovo dei materiali eccedevano di gran lunga le possibilità o/ ferie dagli esercizi finan ziari annuali; in secondo luogo, perc hé la pontenzialità del settore produttivo e ra più che in grado di soddisfare le esigenze citale; infine perché questa convergenza d'interessi tra industria da una parte ed Esercito dall'altra giustificava appieno il varo di una legge promozionale, suscettibile di stimolare la produzione nazionale sulla base di una stabile programmazione nazionale messa a punto dall'Esercito ed approvata dal Parlamento. Quanto al programma pluriennale di approvvigionamento, già impostato nel 1974 ed in corso di pe rfezionamento, esso avrebbe dovuto garantire nel tempo: l'acquisizione di armi per la difesa contraerei a bassa e bassissima quota, ivi comprese quelle di autodifesa; l'acquisizione di armi per completare e ammodernare la difesa controcarri; l'incremento della mobilità lattica m ediante l'acquisizione di mezzi logistici e di comballimento idonei ad agire in strella cooperazione con i Leopard, il cui programma sarebbe stato completato e prevedibilmente esteso in mudo da rimpiazzare tutti i carri M47, ormai supera ti; il rinnovamento del parco delle artiglierie con l'attuazione dei prugrami in fase
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di ricerca e sviluppo; il potenziamento del supporto elettronico di comando e di controllo. Il perseguimento di tali obieLLivi sarebbe stato possibile attraverso una politica degli armamenti che prevedesse di: procedere al tempestivo ammodernamento dei mezzi, contenendone il più possibile gli oneri; promuovere lo sviluppo tecnologico; conferi re vitalità all'industria. Le tre finalità, sottolineò il generale Cucino, presentavano purtroppo aspetti tra loro antitetici, in quanto: i sistemi d'arma diventano sempre più complessi; i costi di produzione aumentano in misura drammatica; le spese per la ricerca e lo sviluppo tendono a costituire una percentuale sempre più elevata della spesa dell'intero programma; le esigenze da soddisfare richiedono la pronta disponibilità di tecnologie avanzate in molti settori. Il piano di ammodernamento non poteva essere che a lungo termine e doveva: delinerare in un quadro unitario, e per un periodo di quindici anni, gli obiettivi di ammodernamento con l'indicazione, per ciascuno, del grado di priorità e consentire la valutazione orientativa degli oneri finanziari per le loro realizzazioni; guidare fennamenle le aLLiviLà <li ricerca e sviluppo con criteri di concretezza ed economia. Un piano scorrevole ed elastico, reso valido dalla disponibilità di un'ipotesi fi nanziaria allcndibile ed a lungo termine, derivante dalle risorse complessive che il governo intendeva devolvere alla difesa. Il concetto fondamentale che il generale Cucino affermò esplicitamente nella sua esposizione fu che sarebbe occorso guadagnare in qualità ciò che si era costretti a perdere in quantità, in quanto ove questa equivalenza non fosse rispettata, la ristrullura zione diverrebbe un non senso. Fu, dunque, quella del generale Cucino, una illustrazione completa, leale e chiara, senza reticenze di sorta, circa la situazione in allo e del come s'intendeva modificarla, ma anche una non m eno esplicita indicazione dello sforzo di volontà, d'impegno organizzativo e finanziario che la ristrullurazione avrebbe richiesto quale conditio sine qua non per essere credibile e valida. La ristrutturazione segnò, comunque, una svolta importante nella storia dell'esercito, perché incise profondamente anche sulla dottrina d'impiego e sulla metodica addestrativa e vi introdusse modificazione sostanziali, alcune delle quali irreversibili, ma sul piano concettuale non tutti i provvedimenti risultarono appropriati e provvidi, tanto che alcuni dovettero essere qualche tempo dopo ripudiati o corretti ed altri riesaminati, modificati o meglio chiariti. Nel suo insieme la ristrutturazione fu, malgrado tutto, un fatto evolutivo conforme alla incessante e rapida trasformazione imposta agli eserciti moderni dal non meno assiduo e celere progresso della scienza e della tecnica militare, ma al tempo
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stesso ['arrangiamento di una situazione sull'orlo del fallimento definitivo.
3. La configurazione dell'esercito di campagna - denominazione unica data in sede di ristrutturazione alla componente operativa, comprendente sia le forze coperte fino ad allora da tale termine, sia quelle destinate alla difesa del territorio - tracciata dal generale Cucino nella sua relazione del 15 maggio 1975 corrispose esattamente a quella assunta gradualmente dalla seconda metà del 1975 alla fine del 1976. Il nuovo quadro di battaglia venne particolareggiatamente fissato in un apposito documento, a firma del capo di stato maggiore dell'esercito, il 4 agosto 1975 (11). L'esercito di campagna venne ordinato su: 3 comandi di corpo d'armata (Ili, IV alpino, V); 3 divisioni meccanizzate: Folgore, Mantova, Centauro, questa ultima di prevista trasformazione in divisione corazzata appena l'avesse consentito la disponibilità di carri armati; 1 divisione corazzata: Ariete; l brigata meccanizzata autonoma: Granatieri di Sardegna; 5 brigate motorizzate: Acqui di nuova costituzione, Aosta, Cremona per contrazione dell'omonima divisione, Friuli, Pinerolo; 5 brigate alpine: Cadore, Julia, Orobica, Taurinense, Tridentina; 1 brigata paracadutisti: Folgore; supporti vari tattici e logistici, tra i quali 1 brigata missili: Aquileia e le unità missili contraerei Hawk. Si ebbe così, misurata in brigate - nuova unità di misura della componente operativa - la consistenza complessiva di 24 brigate, oltre i supporti , di cui: 8 meccanizzate, 5 corazzate, 5 motorizzate, 5 alpine, I paracadutisti. Il numero delle divisioni scese da 7 a 4 e vennero costituite 2 nuove brigate: una meccanizzata non indivisionata per contrazione della divisione di fanteria Granatieri di Sardegna, provvedimento approvato nella seconda metà del 1976 (12); una motorizzata non indivisionata - l'Acqui - creata ex novo. La divisione di fanteria Legnano venne contratta in brigata meccanizzata che venne inglobata nella divisione Centauro; la divisione di fanteria Cremona venne contratta in brigata motorizzata e posta alle dipendenze dirette del III corpo d'armata; la brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli venne sciolta e dette vita a due brigate corazzate, una inserita nella divisione meccanizzata Folgore e l'altra nella divisione meccanizzata Mantova. venne sciolto a ltrcsì il comando truppe Carnia-Cadore e le brigate Cadore e Julia vennero poste a ll e dirette dipendenze del IV corpo d'armata alpino (13). L'esercito di campagna venne ridotto di 1/3 rispetto a quello preristrutturazione mediante la trasformazione di 3 comandi di divisione e di 10 comandi di reggimento in comandi di brigata e la soppressione di 47 comandi di reggimento e di altri 19 battaglioni e gruppi. La riduzione di 1/3 dell'esercito di campagna e la prevista stabilizzazione, con inizio dal 1976, della
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forza bilanciata su di un livello di 180 000 uomini di truppa, di cui 140 000 destinati alle unità operative contro i 134 000 del I 97 5, consentirono di elevare in misura notevole i livelli di forza rispetto alle tabelle di guerra delle unità lasciate in vita: dal 55% di media del 1975 al 93% di media del 1976, con punte del 100% per la divisione corazzata Ariete , la brigata missili Aquileia e le unità missili contraerei Hawk. Vennero così abrogate, per la grandissima maggioranza dei comandi e delle unità, le tabelle organiche di pace, mentre non fu possibile eliminare del tutto le unità quadro e le unità con articolazioni da completare all'emergenza, entrambi i tipi peraltro assai ridotti di numero. La riduzione opportata all'esercito di campagna stabilì una differenza basilare nei riguardi della prontezza operativa: quasi tulle le unità in vita vennero messe in grado, sotto l'aspetto del livello di forza, di entrare efficacemente in operazioni fin dal primo momento dell'emergenza. Un traguardo, questo, sempre agognato, mai raggiunto nel passalo, reso allora tra l'altro irrinunciabile dal particolare aspetto di atto improvviso che potrebbe assumere l'aggressione. Oltre la prontezza operativa, altra caratteristica basilare dell'esercito di campagna ristrutturato fu il nuovo maggior grado di mobilit à, conseguito a ttraverso, almeno sulla carta, la meccani zzazione o la motorizzazione al 100% di tutte le grandi unità elementari, ad eccezione delle brigate alpine. Vennero altresì migliorate, rispetto all'esercito preris trutturazione, la flessibilità e la potenza di fuoco: la prima, in misura sensibil e sia per effetto del maggior grado di mobilità, sia per l'e liminazione della distinzione tra grandi unità dell'esercito di campagna e grandi unità per la difesa del territo rio, sia infine per la bivalenza conferita alla brigata paracadutisti resa integralmen te motorizzata e dotata di propri organi logistici fino ad a llora del tutto o quasi mancanti; la seconda, in misura piuttosto modesta per il momento, determinata soprattutto del migliorato rapporto armi-per sonale. La gran parte delle armi in dotazione rimase, infatti, quella già in servizio ed il miglioramento qualitativo dei m ateria li, che avrebbe dovuto compensare la diminuzione qua ntitativa delle forze, ebb e tempi di sviluppo incerti, oltre che lunghi, stante l'aleatorietà della ipotesi finan ziaria. Del resto il generale Cucino non aveva mancato di sottolineare, nella sua re lazione, che: mentre saremo in grado d i attuare entro un termine ragionevolmente breve la ristrutturazione delle unità, per quanto riguarda i materiali non potremo utilizzare in un primo tempo che quelli già esistenti, notoriamente superati o soltanto in piccola parte sostituit i con Le attuali assegnazioni di bilancio. Ed aveva aggiunto: solo in prospettiva futura - e sempreché non ven-
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gana a mancare le indispensabili disponibilità finanziarie - sarà possibile realizzare uno strumento veramente efficiente anche sotto l'aspetto dei materiali che rappresentano oggi la componente essenziale di ogni organismo militare. Il che, tradotto in termini concreti, significava, per ammissione dello stesso capo di stato maggiore dell'esercito artefice della ristrutturazione, che l'esercito sarebbe subito diventato più piccolo, ma, ancorché più pronto, più mobile e più flessibile, non sarebbe stato, almeno per qualche anno, più affidabile operativamente quanto i materiali. Tra i fattori di maggiore flessibilità dell'esercito ristrutturato, il generale Cucino indicò anche il conrerimento della bivalenza alle brigate alpine rese idonee ad operare anche in ambienti diversi da quelli montani. È una tesi che non si sembra di poter condividere e non tanto perc hé le brigate alpine non vennero né meccanizzate né motorizzate - anche se il loro autotrasporto era pur sempre realizzabile mediante il ricorso agli autogruppi ed autoreparti di manovra - ma perché per la loro natura, per il loro reclutamento, per i loro procedimenti di azione e per il loro specifico addestramento tali grandi unità trovano la loro ragione d'essere per venire impiegate nell'ambiente alpino o montano e, oggi in parLicolare, non più altrove, dove il combattimento è soprattutto scontro di unità corazzate e meccanizzate. È vero che nel passato le unità alpine furono più volte impiegate fuori del loro ambiente naturale e che si batterono molto bene, ma oggi l'obiettivo della bivalenza di tali truppe è piuttos to astratto, di perseguimento incerto, abbisognevole in ogni caso per il suo raggiungimento di una durata della ferma assai maggiore di 12 mesi - nuova durata della quale già si parlava nel 1975 come di un'eventualità assai probabile - e, oltre tutto, d'incerta remuneratività operativa perché sacrificherebbe, almeno in parte, la grande potenzialità spirituale e tecnica del corpo. 3/a
La drastica riduzione della dimensione dell'esercito di campagna, che non aveva precedenti nei ridimensionamenti operati in preceden za, non poteva non fare insorgere perplessità sulla sufficenza quantitativa dello strumento ristrutturato a coprire il minimo strategico indispensabile per garantire la sicurezza e la difesa del paese nel quadro degli impegni nazionale e N.A.T.O., che non venivano ridotti e che, anzi, la nuova situazione politico-strategica del Mediterraneo e la strategia della risposta flessibile, rivalutatrice delle forze convenzionali, incrementavano rispetto al passato. Anche se mancò un'esplicita chiarificazione al riguardo, è da presumere fondatamente che i vertici militari nazionali e N.A.T.O., in particolare il capo di stato maggiore dell'esercito e il comandante della F.T.A.S.E., abbiano valutato che la
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ristrutturazione non avrebbe lasciato scoperto tale limite minimo quanto a numero e tipo delle nuove grandi unità e dei relativi supporti tattici e logistici . Ciò naturalmente qualora al ridimensionam e nto quantitativo si fosse accompagnato il miglioramento qualitativo degli armamenti e degli equipaggiamenti. Sotto tale punto di vista la nuova ridotta dimensione venne valutata come ancora accettabile. Il dolore che provoca la morte di unità gloriose e care non può far velo alla spietatezza delle realtà nuove. D'altra parte, un esercito più piccolo, ma con grado di prontezza, di mobilità, <li flessibilità e di potenza di fuoco più elevato possiede una capacità operativa potenziale di gran lunga superiore <li quella di un esercito di dimensioni maggiori vetusto e male od insufficientemente armato ed equipaggiato. Rendeva inoltre più accettabile la valutazione la previsione di trasformare, appena possibile, una delle tre divisioni meccanizzate - la Centauro - in divisione corazzata. L'aumento del numero delle brigate motorizzate incrementava, altresì, la possibilità d 'immediata reazione ad eventuali aggressioni sferrate su territorio diverso da quello della frontiera nord-orientale. Il nuovo grado di mobilità <lei le forze apriva spazi più ampi alla manovra difensiva su tutlo il territorio nazionale. Data per accettabile la nuova dimensione riferita al minimo strategico, al di sotto del quale non si può scendere pena la messa in discussione della stessa ragion d'essere di un esercito, è peraltro da notare quanto meno un certo squilibrio distributivo nel tipo delle g randi unità. ll mantenimento in vita <li 5 brigate alpine fu una decisione influenzata da considerazioni estranee alla logica tecnico-militare e<l alla equilibrata ripartizione delle forze. La montagna - lo ripetiamo - non costituisce più l'ostacolo insormontabile del passato; la si può facilmente scavalcare per via aerea. Essa continua ad esprimere non <li meno una notevole forza di attrito e logoramento per le forze che vi operino offensivamente e pr-oprio per questo è razionalmente prevedibile che un esercito moderno, prevalentemente corazzato e meccanizzato, la eviti o la utilizzi soltanto per azioni diversive o di disturbo. Chi vi si difende, d'altra parte, può inizialmente cedere spazio per poi schierarsi in forze a ragion veduta là dove si pronunzino gli sforzi nemici più pericolosi. La regione alpina italiana è di confine con uno Stato neutrale e con uno Stato non allineato nel blocco orientale. Entrambi potrebbero essere rapidamente sopraffatti, ma il loro attraversamento, in particolare quello dell'Austria, imporrebbe all'eventuale aggressore tempi di sviluppo notevoli e bastevoli comunque ad evitare la sorpresa. È perciò possibile l'assunzione di uno schieramento a ragion veduta, il quale, peraltro, è attuabile solo se le unità che lo debbono
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assumere godano di elevata velocità di traslazione garantita da disponibilità di mezzi di trasporto meccanici (veicoli e velivoli). La riduzione da 5 a 3 delle brigate alpine e l'incremento della loro mobilità mediante la meccanizzazione di un'aliquota delle loro unità organiche e la mot~rizzazione completa del resto, dotandole organicamente anche dei mezzi per l'autotrasporto dei muli, pur sempre indispensabili questi ultimi anche se in aliquote assai ridotte rispetto al passato, avrebbero prodotlo un aumento della potenzialità difensiva del settore alpino, incrementato le possibilità di manovra intersettoriale delle forze, migliorato la tempestività degli interventi. Si sarebbe, inoltre, evitato il ricorso alle unità quadro che, invece, fu gioco forza prevedere per il mantenimento in vita di tutte le cinque brigate ed infine si sarebbe realizzato un meno disequilibrato rapporto tra le unità alpine e le altre forze. Lo stato maggiore dell'esercito stimò, invece, più opportuno, anche se meno conveniente tecnicamente, accogliere le istanze delle popolazioni locali, di cui fu autorevole portavoce l'Associazione nazionale alpini, avverso alla soppressione di alcune brigate; popolazioni mosse da nobili sentimenti di attaccamento al corpo e di salvaguardia di gloriosi nomi e tradizioni, ma del tutto estranee ad una visione globale integrata del problema difensivo generale. L'abolizione delle divisioni di fanteria tradizionali e la loro sostituzione con divisioni meccanizzate impose la revisione della dottrina d'impiego e della pianificazione operativa in ragi<;>ne del la diversa costituzione delle unità. Il principio della difesa avanzata ed i limiti posti alla profondità della manovra difensiva dalla irrinunciabile esigenza d'impedire all'eventuale aggressore di sfociare nella pianura veneto-occidentale e, quindi, nella pianura padana, non potevano essere messi in discussione, ma l'impiego in prima schiera di grandi unità meccanizzate comportava l'abbandono del procedimento <li difesa ancorata ed il ricorso normale a quello di difesa mobile: nel settore di pianura e collinoso, tutte le grandi unità in prima schiera avrebbero d'allora in avanti adottalo questo ultimo procedimento. In sintesi, la difesa della frontiera nord-orientale italiana: avrebbe continuato ad essere impostata il più avanti possibile su territorio nazionale, ma sarebbe stata condotta con il procedimento della difesa mobile nel settore di pianura e di collina e con quello della difesa ancorata nel settore alpino e montano; la manovra difensiva avrebbe dovuto risolversi favorevolmente in tutti i casi entro uno spazio la cui cessione non aprisse all'aggressore la possibilità d'irruzione nell'arca vitale del paese. Le possibilità di una seconda battaglia in corrispondenza della posizione difensiva arretrata non erano divenute
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granché maggiori di quelle del pass ato, anche se il recupero delle forze impegnate sulla posizione avanzata era reso molto meno problema tico, s tante la loro quasi integrale meccanizzazione. Nasceva, inoltre, il problema della fortificazione permanente, nei cui riguardi il generale Cucino così si espresse nella sua relazione dd 15 maggio: in sintesi, un Esercito più piccolo ma più agile e più pronto sarà in grado di operare sen za una larga disponibilità di fortificazione permanente; non si procederà pertanto alla costruzione di nuove opere, né saranno a/luati ammodernamenti di quelle esistenti, con orientamento anzi a dismetterle non appena supera ta la loro validità ope rativa. Concezione che confermò integralmente nella conferenza tenuta il 7 giugno 1976, esattamente un anno dopo, presso il Centro alti studi militari. Che la situazione finanziaria del mo mento ed in prospettiva inducesse a d economizzare, nell 'ambito de ll'esercito di campagna, a favore de lle forze mobili sì da concedere niente o poco a lla fortificazione permanente poteva essere una tes i accettabile, ma ciò non toglieva nulla a l fatto che la fortificazione permanente era una realtà acquisita, la c ui validità s ul piano operativo non veniva intaccata da nessun e le mento nuovo. Forse giustificata, pertan to, la rinunzia a cos truire opere nuove; antieconomica la decisione di non am modernare quelle esis tenti e, soprattutto, immo tivato il ripudio, sul piano concettua le, espresso in forma definitiva e solenne, della fortificazione permanente, quas i questa avesse cessato d 'incanto di costitui re un importante fattore incrementale della potenza difensiva. A favare della for tificazione permanente tutti indis tintamente i capi di stato maggiore dell'esercito, ch e s i e rano succeduti dal dopoguerra, avevano profuso fino ad allora centinaia e centinaia di milioni. Ad essa, sia nella guerra convenzionale (circolare 3000), sia in quella con limitata disponibilità nucleare (serie dottrina le 600), sia in quella con larga disponibilità nucleare (serie dottrina le 700), sia infine in quella con impiego limitato e selettivo di ordigni nuc leari (serie dottr ina le 800), era stata riconosciuta e cos tantemente confermata piena validità in funzione controcarri sui terreni di pianura e collinosi e in funzio ne di sbarramento d e i fondi valli n egli a mbienti montani cd alpini. L'avvento dell'arma nucleare tattica aveva anzi esaltato tali funzioni in ragione de lle maggiori possibilità di sopravvivenza che la fortificazione offre a d una esplos ione nucleare ravvicinata. La presenza delle opere aveva consentito la dila tazione de i se ttor i difensivi assegn ati a lle grandi uni tà clcmentari e la costituzione di riserve e di rincalzi più con sistenti nell'ambito delle forze mobili. Le opere erano s tate costantemen te valuta te efficaci elementi di ritardo, di logoramento e di arresto sia nella
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zona di sicurezza, sia nella posizione di resistenza, indipendentemente dal procedimento di difesa adottato, sia nella manovra in ritirata. Non v'è dubbio che in epoca di rapido progresso tecnico le opere permanenti invecchino precocemente e, in particolare, che il loro armamento venga rapidamente superato, ma il grado di protezione che esse offronto resta in ogni caso molto apprezzabile e comunque di affidamento superiore di quello della fortificazione campale. Quando le opere esistano, è operalivamente ed economicamente molto più conveniente ammodernarne l'armamento che non dismetterlc. Era, inoltre, da prendere in considerazione il tiflesso psicologico sulle unità di arresto di un tale de profundis. Considerate fino al giorno prima fattore concorrente fondamentale della difesa della frontiera, le unità di arresto, a favore delle quali erano state impegnate cure e spese ingenti, si sentirono d'un tratto retrocesse a forze di serie B, destinate in più ad essere gradualmente radiate dal quadro di battaglia. Ma a parte ciò, che pure non è poco, il ripudio sul piano concettuale della fortificazione permanente e la rinunzia al suo ammodernamento quasi fosse antieconomico furono mosse dei tutto inappropriate, perché nel quadro della strategia della risposta flessibile, della conseguente rivalutazione delle forze convenzionali e dell'adozione del procedimento di difesa mobile da parte delle grandi unità elementari in 1a schiera, le opere fortificate, ammodernate quando e se necessario, costituivano ancora un notevole elemento di forza e <li robustezza della difesa, offrivano a questa saldi perni di manovra per i contrattachi ed i contrassalti e realizzavano notevole economia di forze tanto più necessaria in relazione alla diminuita dimensione dell'esercito di campagna. D'altra parte, per il fatto che, sebbene ridimensionate e molte ridotte a quadro, le unità d'arresto vennero mantenute in vita, sarebbe stato meglio rimandare ad un esame più approfondito ed allargato ogni giudizio definitivo sulla loro validità operativa. La sostanziale validità dei principi ispiratori della nuova ridotta dimensione dell'esercito di campagna e delle nuove caratteristiche delle grandi unità chiamate a farne parte resta, comunque, fuori discussione. La riforma, ancorché accelerata dalla particolare congiuntura economica, rispose infatti anche ad un insieme di esigenze di specifico carattere tecnico-militare, determinate particolarmente dalle nuove incidenze del progresso tecnologico sulle strutture delle forze armate. Essa si ispirò a due criteri di base, comun i a tutti gli eserciti: migliorare il rapporto armi-personale, incrementare la mobilità. L'applicazione ancorché parziale di tali criteri consentì il perseguimento di una maggiore prontezza operativa e di una maggiore flessibilità
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dello strumento. L'esercito di campagna non guadagnò di converso granché in fatto di maggiore potenza di fuoco, se non per il diverso raporto armi/personale e per il modesto ammodernamento di una aliquota ridotta dei mezzi. Non perché più piccolo, divenne più efficiente, ma solo un po' più pronto e più flessibile. Fu comunque chiaramente tracciata la strada per renderlo più efficiente in avvenire: ammodernamento di tutti i carri armati e del 50% dei veicoli cingolati in servizio; rinnovo del 50% delle artiglierie, dell'80%, dell'armamento controcarri rappresentato da moderni sistemi a razzi e missilistici; ammodernamento del sistema d'arma Hawk; completamento della linea di volo dell'A.L.E. con un'adeguata aliquota di elicotteri controcarri; rinnovo graduale e continuo degli automezzi di vario tipo; acquisizione di armi per la difesa contraerei a bassa e bassissima quota ivi comprese quelle di autodifesa; potenziamento del supporto elettronico di comando e di controllo.
3/b Le divisioni meccanizzate Folgore e Mantova, la divisione corazzala Arie/e, unitamente alla brigata missili Aquileia e un notevole numero di supporli lattici e logistici vc1111cro inquadrati nel V corpo d'armata; le 5 brigate alpine e un certo numero di supporti lattici e logistici nel IV corpo d'armata alpino; la divisione Centauro, la brigata Cremona, supporti tattici e logistici nel lll corpo d'armata; la brigata motorizzata Friuli e la brigata paracadutisti Fulgore furono poste alle dipendenze del VII C.M.T.R.; la brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna e la brigata motorizzata Acqui dell'VIII C.M.T.R.; la brigata motorizzata Pinerolo del X C.M.T.R. e la brigata motorizzata Aosta dcll 'XI CM.T.R .. La divisione meccanizzata fu articolata su: comando, quartier generale, 2 brigate meccanizzate, 1 brigata corazzata, 1 gruppo esplorante divisionale, 1 gruppo artiglieria pesante campale semovente da 155/23, 1 gruppo specialisti artiglieria divisionale, 1 gruppo artiglieria contraerei leggera, 1 battaglione genio pionie ri, I battaglione trasmissioni, 1 gruppo squadroni elicotteri da ricognizione (ERI), 1 battaglione logistico, 1 battaglione sanità, 1 compagnia carabinieri. Identica l'articolazione della divisione corazzata con la sola differenza di 2 brigate corazzate e 1 meccanizzata il luogo di I brigata corazzata e 2 brigate meccanizzate (14 e 15). La brigata meccanizzata venne articolata su: comando, reparto comando e trasmissioni, 3 battaglioni meccanizzati e 1 battaglione carri (brigate meccanizzate) o 2 battaglioni carri e I meccanizzato (brigate corazzate), 1 gruppo artiglieria da campagna
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da 155/23 (a traino meccanico nelle brigate mecanizzate e semovente nelle brigate corazzate), 1 compagnia controcarri, 1 compagnia genio pionieri, 1 battaglione logistico; la brigata meccanizzata autonoma su: comando, reparto comando e trasmissioni, 3 battaglioni meccanizzati, I battaglione carri, 1 gruppo artiglieria da cmnpagna da 155/23 a traino meccanico, 1 compagn ia controcarri, 1 squadrone esplorante, J compagnia genio pionieri, 1 battaglione logistico, I compagnia carabinieri; la brigata motorizzata su: comando, reparto comando e trasmissioni, 3 battaglioni di fanteria motorizzati, 1 battaglione corazzato, l gruppo artiglieria da campagna da 155/23 a traino meccanico, I compagnia controcarri, 1 compagnia genio pionieri, I battaglione logistico, 1 plotone carabinieri; la brigata alpini su: comando, reparto comando e trasmissioni, 3 o 4 battaglioni alpini, 1 o 2 o 3 gruppi artiglieria da montagna da 105/ 14, 1 compagnia controcarri, 1 compagnia genio pionieri, 1 plotone carabinieri; la brigata paracadutisti su: comando, reparto comando e tras missioni, 2 battaglioni paracaduLisLi, 1 battaglione paracadutisti carabinieri, 1 battaglione sabotatori, 1 g ruppo artiglieria paracadutisti da 105/ 14, I compagnia controcarri, 1 compagnia esploratori, I compagnia genio pionieri, 1 battaglione logistico, 1 plotone carabinieri; la brigata missili s u: comando, quartier generale, 1 gruppo a rtiglieria missili Lance, 3 gruppi artiglieria pesante da 203/25 a traino meccanico, I battaglione trasmissioni, 1 battaglione genio pionieri, I battaglione di fanteria, 1 reparto rifornimenti riparazioni recuperi (16). Il comando delle truppe Trieste venne articolato su: comando, 3 battaglioni motorizzati, 1 gruppo artiglieria da campagna da 155/23 a traino meccanico, 1 plotone genio pionie ri, 1 plotone trasmissioni, 1 nucleo carabinieri, 1 nucleo sussistenza (17). Il reggimento lagunare Serenissima assunse la denominazione di "Comando truppe anfibie" e venne articolato su: comando, battaglione lagunari Serenissima, battaglione mezzi anfibi Sile, compagnia reclute (18). Anche le unità. di supporto tattico e logistico de i corpi d'armata, o comunque non inquadrate organicamente nelle divisioni e nelle brigate - unità di fanteria d'arresto (19), unità alpini d'arresto (20), unità di artiglieria pesante campale e pesante (21), unità del genio (22), unità delle trasmissioni (23) e unità dell'A.L.E. (24) - vennero ridimensionate nella loro entità e numero e ridefinite nelle loro articolazioni e nelle loro tabelle organiche secondo modelli unificati. Vennero altresì riordinate le unità carabinieri (25) cd il 7° e 13° battaglione - ferma restando la rispettiva dipendenza d'impiego dal IV e dal V corpo d'armata - assunsero la denominazione di 7° ba ttaglione carabinieri corazzato M.0. Petruccelli e 13° battaglione cara-
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binieri corazzato M.O. Gallo; vennero altresì rielaborate le tabelle organiche dei battaglioni corazzati. Le unità carabinieri organiche compagnie e plotoni - vennero ridotte per il tempo di pace rispettivamente a sezioni e nuclei (26). Quanto alla numerazione delle unità venne sancito che, diversamente dal passato, quando le unità seguivano alternativamente la numerazione araba (squadra, compagnia, reggimento, divisione, armata) e quella romana (plotone, battaglione, brigata, corpo d 'armata, gruppo d'armate), tutte le unità seguissero la numerazione araba in conformità alle prescirzioni dello STANAG 2019 (27). I1 criterio di base seguito nella determinazione del nuovo ordinamento e dei nuovi organici delle unità - grandi e minori - fu appunto quello di ridurre il più possibile il numero dei moduli di riferimento, sì da raccogliere le unità similari di una stessa arma in un unico schema ordinativo. Organigrammi e tabelle organiche, ancorché elaborati e diramati distinti per ogni s ingola unità, risposero ad un criterio unitario di impos tazione e a d un c riterio di simmetria organizzativa delle unità con riflessi notevolmente positivi anche nei settori delle operazioni della mobilitazione e del sostegno logistico. Il tutto senza alcun pregiudizio della fisionomia peculiare di ciascun arma e delle esigenze organiche particolari di ciascuna unità. La prima delle innovazioni ordinative radicali fu l'articolazione delle divisioni in brigate anziché in reggimenti. L'esperienza acquisita durante gli anni in cui l'Ariete e la Centauro erano state strutturate sul modello standard N.A.T.O., in pratica proprio dell'esercito della repubblica federale tedesca che fu il primo ad adottarlo, era risultata positiva sotto tutti gli aspetti, in particolare sotto quello determinante tattico. li provvedimento che aveva sanc ito per le due divis ioni l'abbandono dello ordinamento standard cd il ritorno a ll'ordinamento preesistente (articolazione in reggimenti), diretto soprattutto ad economizzare personale, aveva invece sacrmcato non poco la capacità di manovra della divisione corazzata. Più diminuisce, infatti, il valore del rapporto forze-spazio operativo, maggiore dev'essere la capacità di manovra, la quale, a parità di ogni altra condizione, è legata all'autonomia tattica e logistica de lle singole pedine. La manovra della divisione articolata in reggimenti è piuttosto legata e pesante e, comunque, di respiro meno ampio. A ciò si era rimediato con il ricorso ai raggruppamenti tattici il quale offriva una vasta gamma di soluzioni flessibili dosando opportunamente, di volta in volta, i raggruppamenti in relazione alla diversità dei compiti, delle situazioni e degli ambienti. La soluzione del raggruppamento tattico, accet-
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tata da molti eserciti e in vigore da anni nell'esercito italiano, erarisultata di piena rispondenza e conferiva alla manovra divisionale un elevato grado di flessibilità, ma ne legava il raggio di sviluppo in aree ben determinate e in definitiva non molto ampie. L'articolazione di una divisione di fanteria tradizionale in brigate sarebbe allora stata priva di significato tattico, perché non avrebbe conferito alla manovra divisionale respiro più ampio non consentito dal tipo delle unità costitutive (fanteria non meccanizzata) della divisione. Se nell'esercito ristrutturato fossero state conservale le divisioni di fanteria preristrutturazione, l'articolazione in brigate non avrebbe avuto senso. La manovra della divisione di fanteria tradiz ionale aveva assunto dimensioni di ampiezza e di profondità assai maggiori rispetto a quelle della seconda guerra mondiale e dell'immediato dopoguerra, specialmente dopo l'inserimento del raggruppamento corazzato nella divi sio ne e dei battaglioni meccanizzati nei due reggimenti di fanteria , ma quelle raggiunte erano oramai dime nsioni limite, forse ad<lirittur·a già eccessive, ultre le quali, ferme le caratteristiche delle unità, sarebbe stato impossibile andare. La divisione meccanizzata, invece, ed a maggior ragione quella corazzata, è per sua natura capace di manovre offensive e difensive di ben più ampio respiro e<l i suoi dispositivi consentono azioni manovrate violente e rapide, estese e risolutive, da condurre su spazi ampi c soprattutto molto profondi. Da qui l'opportunità e la convenienza di abbassare il livello ordinativo d'integrazione tra le varie armi, dando vita ad una unità organicamente pluriarma, autonoma tatticamente e logisticamente, di facile comandabilità e perciò prevalentemente adatta ad una manovra di più largo respiro pur nel quadro della manovra di ordine superiore. La costituzione del nuovo anello pluriarma - la brigata - avrebbe reso peraltro necessaria la revisione dell'intero ordinamento tattico dell'esercito di campagna ed in particolare l'esame <lei rapporti tra divisione e brigata e tra questa e i reggimenti. L'articolazione della divisione in brigata assimiliava la divisione stessa ad una grande unità complessa, capace perciò <li sviluppare autonomamente un'ampia manovra tattica, vale a dire un atto della battaglia, fino ad allora proprio del corpo d'armata. Il corpo d'armata e la divisione assumevano la funzione di coordinamento delle manovre tattiche condotte da grandi unità elementari e le differenze tra i due livelli di comando, sul piano tattico, erano riferibili soprattutto al numero delle manovre tattiche da coordinare: il corpo d'armata un numero maggiore, la divisione normalmente le manovre delle tre brigate, essendo comune ad entrambi i livelli e il tipo delle grandi unità elementari da manovrare: divisioni
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meccanizzate e corazzate (corpo d'armata) e brigate meccanizzale e corazzate {divisione)_ Qualora non fosse stato abolito il livello di armata e parte delle sue attribuzioni non fosse stata devoluta ai comandi di corpo <l'armata, la soluzione più funzionale avrebbe potuto essere quella dell'abolizione dei comandi di divisione e del mantenimento in vita dei comandi di corpo d'armala, reslringendone le aree operative di giurisdizione ed aumentandone il numero (nel settore di pianura da due a tre) al fine di garantire la snellezza e la funzionalità delle operazioni e di non incrementare il numero delle pedine da manovrare a tale livello di comando ollre i limiti di 5 o 6_ La ricostituzione del comando designato della 3a armata, la ricostituzione del comando VI di corpo d'armata e lo scioglimento di 4 comandi di divisione avrebbero potuto rappresentare una soluzione possibile e accettabile perché giovevole sotto tutti gli aspetti, da quello tattico a quello logistico, da quello della snellezza della catena di comando a quello della sua maggiore funzionalità operativa, e non avrebbe comportato aggravì di pcrsonak e <li spesa, anzi ulteriori, ancorché modeste, economie. La soluzione adottata fu, invece, quella di lasciare in vita i comandi di divisione, giustificata con motivazioni di carattere tattico e di opportunità. Le brigate costitutive della divisione non avevano tutte la stessa fisionomia, diversamente dalle brigate alpine inquadrate nel IV corpo d'armata e poste alle dirclle dipendenze di questo senza anelli intermedi, ma si differenziavano in ragione dei loro compiti tattici e del loro armamento principale: alcune, le brigale meccanizzate, erano particolarmente adatte alla rottura e all'arresto; altre, le brigate corazzate, alla manovra ed alle contromanovre rapide, a massa, risolutive. La divisione doveva perciò avere il compito di coordinare l'azione delle brigate meccanizzate con quella d e lla brigale corazzata o viceversa in corrispondenza di una direttrice operativa, mentre il corpo d'armata quello di dare unitarie tà alla manovra in corrispondenza di un fascio operativo, compito già proprio dell'armata_ Un siffatto ragionamento, troppo legato ad una visione quasi superata del modo d'intendere il campo di battaglia, non risultò sufficientemente convincente e, comunque, lasciò inalterato il problema di fondo, che era quello di conferire maggiore snellezza e scioltezza alla manovra tattica del corpo d'armata, consentendogli di manovrare direttamente le pedine fondamentali della sua azione, che erano ormai le brigate, lasciandolo esente da compiti logistici che non riguardassero i propri supporti e allegerendolo di tutte le attribuzioni conferitegli dopo l'abolizione del comando di armata. Non era, del resto, quanto già si pretendeva dal IV corpo d'armata? Quanto ai motivi di opportuni-
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tà occorre riconoscere che erano tutt'altro che privi di fondamento. Erano a ppena tre a nni che erano stati sciolti il comando designato della 3a armala ed il comando del VI corpo d'armala la cui resurrezione a così breve distanza avrebbe potuto essere troppo variamente interpretata e rinfocolare polemiche non ancora spente s ulle vere ragioni di quegli scioglimenti. La ristrutturazione, inoltre, implicava già una vastissima gamma di provvedimenti ordinativi di modificazione dell'assetto tradizionale per poter aggiungervene altri e di grande portata, quale quello dello sc ioglimento dei comandi di divisione, ed il provvedimento avrebbe reso la congiuntura, già di per sé assai diffic ile, più complessa e delicata. Ciò spiega il compromesso determinato dalla antiteticità e contraddittorietà delle questioni da risolvere ed il sottinteso rinvio al futuro di un esame approfondito di un nuovo modello della linea di comando e di controllo operativo, anche per il fatto che la divisione restava ancora, presso la gran parte degli altri eserciti della N.A.T.O. e del pallo di Varsavia, l'uni tà di misura della capacità operativa delle forze terrestri. Attribuita alla brigata la funzione di pedina fondamentale della manovra tattica della grande unità superiore - corpo d'armata o divisione che fosse - restava da determinare quale fosse, a sua volta, la pedina fondamentale del combattimento c cioè se convenisse mantenere tale ruolo al battaglione, cui da tempo era stato attribuito, o devolverlo ad un 'altra unità tradizionale (compagnia) o da creare ex novo. In ogni caso uno dei tre livelli di comando inferiori alla brigata - reggimento, battaglione, compagnia - risultava evidentemente di troppo. Stava a confermarlo anche l'esperienza fatta per più di un decennio dalle brigate di fanteria per la difesa interna del territorio, nelle quali era stato mantenuto il comando di reggimento di fanteria per raggruppare disciplinarmente ed amministrativamente i battaglioni di fanteria ed il battaglione corazzato, ma dal punto di vista dell'impiego tale comando si era rilevato del tutto superfluo e m ai comunque aveva trovato impiego operativo in funzione di comando manoarma. L'abolizione del reggimento nell'accezione t radizionale del termine - ente che riuniva più ballaglioni e unità della stessa arma - era sul piano tattico la conseguenza logica ed irrinunciabile dell'introduzione del livello brigala nella catena di comando e controllo operativo. La brigata avrebbe agito articolata in gruppi tattici e la base del gruppo tattico non avrebbe potuto essere che il battaglione, il quale godeva di propria autonomia tattica e logistica ed aveva individ ua lità ed identità ben definite. Ma se l'abolizione dei reggimenti non poneva nessun problema sul piano tallico-ordinativo, ne creava non poch i
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e delicati sotto l'aspetto spirituale, disciplinare ed amministrativo. Altri eserciti dell'Europa occidentale (es. il francese), pur di non rinunziare ai reggimenti, eredi e custodi di un patrimonio spirituale accumulato in tanti anni di storia, avevano trasferito la denominazione di reggimento ai battaglioni: una soluzione che sarebbe stata moralmente meno traumatica anche per l'esercito italiano, specialmente se al comando dell'unità fosse stato lasciato il colonnello. La soluzione francese od altra analoga - ad esempio, l'art icolazione del reggime nto in compagnie e l'abolizione de ll'anello battaglione - sarebbe sta ta assai m eglio accolta, perché il reggimento, in pa rticolare pe r la fanteria e la cavalleria, con la figura emblematica del suo colonne llo comandante, era sempre s tato nell'esercito italiano, e prima ancora nell'armata sarda, l'unità spirituale, disciplinare ed amministrativa - durante le guerre del passato fino all'ultima anche operativa - alla quale e rano legati con vincoli indi ssolubili gli eventi più s ign ificativi, gli episodi più memorabili e le gesta più gloriose, anco rché spesso sfortunate e dolorose, della storia militare italiana. Al r eggimento, assai più che al battaglione e d alla compagn ia - eccezione fatta per i bersaglieri e gli alpini - avevano sempre guardato i fa nti ed i cavalieri com e a l punto luminoso di riferimento di c ui seguire la luce nel l'adempimento del proprio dovere. La scomparsa dei reggimenti che per la cavalleria aveva già avuto ini zio prima della r istrutturazione m ediante il trasferimento d el nome, della bandiera di g uerra e delle tradizioni ai gruppi squadroni s upers titi - può essere definito, senza pericolo di cadere nella retorica, un avvenimento luttuoso che lasciò dolore, amareza e rimpianto ne i militari in servizio ed in congedo, ta nto più perché lo s i sarebbe potuto evitare ricorrendo a d a ltra soluz ione che non eliminasse addirittura il te rmine dalla nomenclatura ordinativa militare. Ciò che non s i poteva comunque evitarc era l'eliminazione del reggimento, inteso nell'accezione tradi zionale, dalla catena di comando e controllo operativo. I battaglioni ereditarono, dunque, il nome, il numero e la bandiera di g uerra dei reggimenti disciolti e, poiché il numero dei battaglioni lasciati in vita era superiore a quello dei reggimenti aboliti, alcuni battaglioni ass unsero la denominazione e d il numero e ricevettero la ba ndiera di guerra di reggimenti non ricostituiti dopo la seconda gu erra mondia le oppure ricostituiti ma poi .nuovamente sciolti . Al comando dei battaglioni - cui furono devolute a nche tutte le attribu zioni disciplinari, amminis trative e giurisdizionali già proprie dei comandanti cli corpo (28) - furono mant enuti i tenenti colonnelli. Al vice-comando dei battaglio ni rimasero i m aggio ri o i ten enti colonnelli meno a nziani
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del comandante, mentre ai colonnelli fu attribuito l' incarico, di carattere prevalentemente amministrativo, di vice-comandante di brigata (29). Si ebbe, in pratica, un'esaltazione delle attribuzioni, delle responsabilità e del prestigio del grado di tenente colonnello cd una diminuzione del risalto dél grado di colonnello, ora non più destinato ad esercitare il comando di unità operative. Una scelta diversa - attribuzione della carica di comandante del battaglione al colonnello e di quella di vice-comandante al tenente colonnello - avrebbe urtato contro disposizioni legislative in vigore (tra le altre quella dell'obbligatorietà del periodo di comando di battaglione o di unità equivalente od equipollente per la promozione al grado di colonnello), peraltro modificabile o da modificare; anche se apparentemente meno appropriata, avrebbe in pratica meglio salvaguardato il prestigio del grado di colonnello, che non sarebbe stato estromesso dalla linea del comando operativo, ed avrebbe assicurato all'unità comandanti provenienti dalla severa selezione della promozione e scelta e non da quell a ad anzianità. La divisione meccanizzata e la divisione corazzata, articolata in brigate, ebbero una forza organica rispettivamente di 17834 (1101 ufficiali, 2542 sottufficiali, 1419 I militari di truppa) e di 16488 unità (I 043 uffic ia li, 2435 sottufficiali, 13010 militar·i di truppa): rispettivamente 1543 e 445 unità in più rispetto alle precedenti articolazioni. Entrambe conservarono nelle grandi linee la strutturazione precedente (comandante, vicecomandante, capo di stato maggiore, stato maggiore, quartier generale, gruppo eplorante divisionale, battaglione genio pionieri, battaglione trasmissioni, compagnia carabinieri) fatta salva la presenza delle brigate in luogo dei reggimenti di fanteria e del regimento corazzato, di un gruppo di artiglieria in luogo del reggimento di artiglieria, di un battaglione di sanità (30) e di un battaglione logis tico (31) in luogo del raggruppamento servizi. Le innovazioni di rilievo nell'organigramma del livello di divisione furono, in s intesi, soprattutto due: l'articolazione in brigate, l'abolizione del raggruppamento servizi sostituito dal battaglione sanità e dal battaglione logistico; ma quella determinante e significativa, che andò molto al di là dell'organigramma, fu la trasformazione della tradizionale divisione di fanteria in divisione meccanizzata, un mutamento radicale di fisionomi a. La di visione meccanizzata, malgrado le analogie dell'organigramma con quello della divisione di fanteria tradizionale, è, infatti, una grande unità di natura diversa e tale divers ità le deriva non solo dal differente grado di mobilità e di protezione, ma dal fatto che, proprio in vir·tù di tale mobilità e protezione, essa viene a godere di una capacità di manovra non confrontabile con quella della divisione di fanteria tradizionale.
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Quanto alla potenza di fuoco, riferita al rapporto arma base-artiglieria terrestre, l'aumento risultò piuttosto contenuto e determinato esclusivamente dalla sostituzione del calibro 105/22 con il calibro 155/23 - 4 gruppi da 155/23 in luogo di tre gruppi da 105/22 e 1 gruppo da 155/23 - in quan to il numero complessivo delle bocche da fuoco della divisione (72) rimase invariato. Vero è che maggiore il calibro, maggiore è l'efficacia del colpo singolo e, a parità di celerità di tiro, maggiore l'area investita dal fuoco, ma il rapporto arma baseartiglieria terrestre risultava già troppo modesto nelle formazioni della vecchia divisione, tanto da ritenere sempre necessario e normale il rinforzo di unità di artiglieria da parte della grande unità di ordine superiore_ Ma poiché le unità di artiglieria di supporto dei corpi d ' armata vennero, in sede di ristrutturazione, ridotte all'osso - complessivamente una ventina di gruppi, a trazione meccanica o semoventi, da l55/23, da 155/45, da 175/50, da 203/25 - il settore delle artiglierie terrestri rimase in sofferenza, nonostante l'aumento del calibro dell'artiglieria da campagna ed il parziale rinnovamento della linea pezzi. Notevoli, invece, i miglioramenti nei settori del genio, delle trasmissioni e delle unità divisionali dell'A.L.E_ in seguito a ll'introduzione in servizio di materiali, apparati, macchine varie e velivoli più mode rni. Quanto all'A.L.E., in particolare, la prevista introduzione, sia pure a medio termine, di un'aliquota di elicotteri controcarri avrebbe, quando realizzata, incrementato notevolmente la capacità controcarri delle grandi unità. Resta, comunque, fuori discussione c he la divis ione meccanizzata segnò da sola un salto di qualità e la disponibilità di tre divisioni meccanizzate e di una divisione corazzata, malgrado le une e l'altra ancora abbisognevoli di un vasto rinnovamento e potenziamento dei mezzi, elevò sen sibilmente la capac i là operativa complessiva dell 'esercito di campagna e, in particolare, dell'aliquota destinata ad operare in difesa dello scacchiere nord-orientale. La brigata meccanizzata e la brigata corazzata inquadrate non presentarono nel loro organigramma innovazioni notevoli rispetto al modello standard della prima m e tà degli anni sessanta. La loro forza organica ris ultò pari a: 4760 unità (272 ufficiali, 630 ufficiali, 3858 militari di truppa) per la brigata inquadrata nella divisione meccani zzata; 4733 unità (272 ufficiali, 637 sottufficiali, 3824 militari di truppa) per la brigata inquadrata nella divisione corazzata; 522., unità (297 ufficiali, 694 sottufficiali, 4234 uomini di truppa) per la brigata autonoma; 3381 unità (214 ufficiali, 516 sottufficiali, 2651 milita ri di truppa) per la brigata corazzata. La forza organica della brigata motorizzata venne fissata in 4979 unità (278 ufficiali, 641 sottufficiali,
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4060 militari di truppa) e quella della brigata alpina in 8304 unità (439 ufficiali, 908 sottufficiali, 6957 militari di truppa) quando costituita su 5 battaglioni alpini e 3 gruppi artiglieria da montagna e in 5800 unità (314 ufficiali, 661 sottufficiali, 4825 militari di truppa) quando costituita su 3 battaglioni alpini e 2 gruppi di artigliera di montagna. I vari tipi di brigata ebbero comune l'articolazione di comando, la compagnia controcarri (meno la brigata corazzata) (32) e il reparto comando e trasmissioni, un gruppo di artiglieria da 155/23 a traino meccanico o semovente (33) (meno le brigate alpini e la brigata paracadutisti, armate con materiale da 105/14 (33 bis), la compagnia genio pionieri (34), il battaglione logistico (35) e l'unità carabinieri; le principali differenze tra i vari tipi di brigata riguardarono il numero e il tipo dei battaglioni o gruppi squadroni (36)- 3 meccanizzati e 1 carri in tutte le brigate meccanizzate; 2 carri ed 1 meccanizzato nella brigata corazzata; 3 motorizzati ed I corazzato nelle brigate motorizzate; da 3 a 5 alpini nelle brigate omonime; 2 paracadutisti - 1 d'assalto, 1 sabotatori nella brigala paraca<lutisli, e la ùispunibilità o non di una compagnia o squadrone esplorante (37). Quest'ultimo, presente nella brigata meccanizzata autonoma e nella brigata paracadutisti, non lo fu, ovviamente, nelle brigate meccanizzate e corazzate inquadrate nelle divisioni, dove era presente i I gruppo esplorante divisionale (38), ma non lo fu e ciò non è spiegabile se non a causa dell'insufficienza delle risorse - neppure nelle brigate motorizzate, che vennero così a mancare di una componente non certamente secondaria, anzi ancor più necessaria ad una grande unità elementare destinata spesso ad operare autonomamente contro teste di sbarco dal mare o di aviosbarco e priva di mezzi di trasporto fuori strada. Indipendentemente da tale notevole lacuna limitata alle brigate motorizzate, l'articolazione e le tabelle organiche dei vari tipi di brigata, elaborate con il criterio di perseguire la massima uniformità possibile, conferirono alla nuova grande unità elementare le caratteristiche di snellezza, comandabilità e manovrabilità necessarie a condurre una manovra tattica, autonoma od inquadrata in quella della grande unità superiore. L'insufficienza delle risorse impedì la meccanizzazione totale dell'esercito ed il ricorso alle brigate motorizzate costituì uno dei necessari compromessi tra esigenze e possibilità di soddisfarle, in quanto qualora vi fosse stata la disponibilità dei mezzi certamente lo stato maggiore dell'esercito avrebbe esteso la meccanizzazione anche alle brigate Cremona, Friuli, Acqui, Pinerolo ed Aosta, nelle cui ipotesi d'impiego rientrava l'intervento su terreni di facilitazione di sbarchi cd aviosbarchi nemici, su terreni cioè di pianura e collinosi, dove le forze
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meccanizzate e corazzate rendono molto di più di quelle motorizzate. Ma è, comunque, innegabile che le nuove brigate motorizzate possedessero una capacità operativa ed una capacità d'intervento tempestivo assai maggiori di quelle delle brigate di fanteria disponibili nel passato, sia per i maggiori livelli di forza loro attribuiti fin dal tempo di pace, sia per la loro integrale mobilità su strada, sia per l'accresciuta potenza di fuoco della quale, inoltre, era previsto un ulteriore incremento una volta che fosse possibile ammodernare l'armamento nei termini del programma fissato al momento della ristrutturazione. La disponibilità di una brigata meccanizzata autonoma e di 5 brigate motorizzate autonome, non impegnate a priori per la difesa della frontiera nord-orientale ma orientate in prima istanza alla difesa del restante territorio e dotate di un grado di prontezza operativa eguale a quello delle altre forze dell'esercito di campagna, conferì alla sicurezza e difesa del paese una credibilità maggiore di quella del passato e dette concretezza all'intendimento dello stato maggiore dell'esercito di allargare la visuale operativa oltre la soglia di Gorizia e le Alpi nord-orientali, senza peraltro da queste distoglierla, in quanto la minaccia di un'eventuale aggressione da tale direzione permaneva immutata, e di tenere debito conto dell'evolversi della situazione politico-strategica nello scacchiere del Mediterraneo la cui sponda meridionale, per una serie di fatti politici verificatisi dopo la costituzione della N.A.T.O., viveva una situazione assai diversa da queJla del 1949. L'unità fondamentale del combattimento - il battaglione (39) conservò nei vari tipi (meccanizzato, motorizzato, alpino, paracadutisti, carri e corazzato) la fisionomia tattica ordinativa preesistente, opportunamente modificata e potenziata soprattutto in materia di armamento controcarri. Il battaglione, indipendentemente dal tipo, venne ordinato nelle linee generali su: comandante, vicecomandante, ufficiali del comando, I compagnia comando e servizi, 3 compagnie omogenee meccanizzate, o motorizzate, o alpine, o paracadutisti o carri, ad eccezione del battaglione corazzato (ordinato su di 1 compagnia meccanizzata e 2 compagnie carri), 1 compagnia mortai pesanti. Sia il battaglione carri che quello corazzato non ebbero la compagnia mortai pesante, presente in tutti gli altri tipi di battaglione. Anche le compagnie (40) conservarono fondamentalmente la struttura preesistente: I plotone comando e servizi, 3 plotoni fucilieri (3 plotoni carri la compagnia carri), 1 plotone mortai medi (assente neJla compagnia carri). La costituzione del plotone fucilieri (41) venne modificata mediante l'inserimento deJla squadra comando in sostituzione deJla squadra ar-
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mi leggere che venne soppressa. Alla sostanziale omogeneità nelle articolazioni principali non corrisposte, spesso, necessariamente, l'identicità delle articolazioni minori per le quali, pur nel rispetto del criterio base della maggiore uniricazione possibile, si dovette tenere conto della specificità della collocazione. Così, ad esempio, se la compagnia mortai pesanti cd il plotone mortai medi ebbero identica articolazione, identica forza organica, identica dotazione di armi - 8 mortai pesanti la compagnia mortai pesanti e 3 mortai medi il plotone mortai medi, pressoché identica dotazione di mezzi da trasporto, ancorché di tipo diverso, e di mezzi di trasmissione, indipendentemente dalla loro collocazioi1e in uno o in un altro tipo di battaglione - la compagnia comando e servizi di battaglione ed il plotone comando e servizi dei vari tipi di compagnia vennero ordinati rispettivamente su di un numero di plotoni e di squadre diverso. Una unità che non ricalcò il modello ordinativo del passato, ma rinnovò completamente la sua articolazione, fu il gruppo esplorante divisionale (42) che venne costituito su squadroni omogenei, anziché eterogenei, secondo il criterio di un equilibrato decentramento delle armi e dei mezzi al fine di conferire ad ognuno dei tre squadroni meccanizzati una propria autonomia operativa ed un'articolazione precostituita,ma modificabile, in due elementi principali (2 plotoni esploratori, 2 plotoni carri) di cui, i plotoni esploratori articolati, ciascuno, in 3 nuclei esploratori leggeri ed in 3 squadre esploranti. L'assegnazione complessiva al gruppo esplorante divisionale di 46 veicoli cingolati per il trasporto truppa, di 31 carri armati e di 24 cannoni senza rinculo da 106, oltre che dell'armamento individuale e di reparto a tiro teso e dei lanciatori controcarri p.g. (30 mitragliatrici leggere bivalenti e 6 cannoni lanciatori c.c.p.g.), in uno con la nuova articolazione, incrementarono sensibilmente la sua idoneità a ll 'esplorazione e la sua generica capacità e potenzialità operative anche se, successivamente, s tante l'inidoneità del pezzo s.r. da 106 ad essere installato sui veicoli cingolati per il trasporto truppa, fu g iocoforza ricorrere nuovamente alle autovetture da ricognizione per il trasporto e l'impiego di tali cannoni, provvedimento che dové essere esteso a tutte le unità meccanizzate (43). La stessa articolazione del G.E.D. ve nne conferita, in formato ridotto, allo squadrone esplorante della brigata meccanizzata a utonoma (44), mentre una diversa costituzione venne stabili ta per le unità esploranti della brigata alpina e della brigata paracadutisti (45). Un 'ar·ma dimenticata inizialmente, ma subito dopo reinserita nelle dotazioni dei battaglioni, fu il lanciafiamme (46).
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L'esame particolareggiato delle nuove tabelle organiche diramate nel 1975 e modificate successivamente, quasi sempre lievemente, nel 1976 induce a molte considerazioni ed annotazioni di cui ci sembra necessario sottolineare le principali. Le innovazioni, a parte ripetiamo quella più importante della meccanizzazione o motorizzazione di tutte le unità, ad eccezione delle brigate alpine e paracadutiste, non furono peraltro né molte né radicali. Il battaglione e il gruppo squadroni meccanizzato assunsero fondamentalmente la struttura del battaglione bersaglieri del passato ed ebbero in dotazione altri 19 veicoli cingolati per il trasporto truppa (85 in luogo di 66), altre 6 armi a tiro teso (112 in luogo di I 06), 12 lanciatori e.e. a p.g. (47 anziché 35) e altri 2 mortai pesanti (8 anziché 6) rispetto alle tabelle organiche precedenti, con una capacità controcarri espressa da 18 cannoni s.r. da 106 e 47 lanciatori c.c.p.g .. Il battaglione motorizzato conservò, nelle sue linee fondamentali, la struttura del precede nte battaglione di fanteria della brigata per la difesa interna de l territorio, ma la sua cap acità controcarri venne notevolmente incrementata dall'assegnazione di un cannone s.r. da 57 in ognuna delle squadre assaltatori e risultò complessivamente espressa da_6 cannoni pesanti s.r. da 106, da 27 cannoni leggeri s.r. da 57 e da 11 lanciatori c.c.p.g.; pressoché analoga la capacità controcarri conferita al battaglione alpino: 6 pezzi da 106,15 da 57 e 19 lanciatori c.c.p.g .. Pari a quell a del battaglione motorizzato, la capacità controcarri del battaglione paracadutisti: 6 cannoni s.r. da 106,27 cannoni s.r. da 57 e 11 lanciatori c.c.p.g.. Nella valutazione della capacità controcarri complessiva dei vari tipi di brigata occorre, peraltro, sommare a quella dei singoli battaglioni la capacità delle compagnie controcarri di brigata (47) espressa da 18 posti tiro missili a.g.p. (12 nella compagnia controcarri per la brigala alpini). Mediante l'assegnazione di armi controcarri a tutti i livelli, dalla squadra assaltatori ad ogni tipo di brigata, compresa quella alpina, lo stato maggiore dell'esercito intese confermare la preminenza assunta da tale tipo di armamento sul campo di battaglia moderno, già messa chiaramente in evidenza nelle pubblicazioni delle serie dottrinali 600,700 e 800, ma non certo si ritenne soddisfatto della soluzione adottata, basata su materiali del tutto superati, quali i cannoni s.r. da 106 e da 57, i bazooka da 88 e i missili filoguidati della prima generazione. Non venne perciò eliminato, anzi si accentuò, il divario tra modernità delle concezioni ed arretratezza delle dotazioni in materia di armi controcarri. Parimenti venne riaffermata sul piano concettuale l'esigenza dell'assegnazione in proprio al battaglione
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di un adeguato volume di fuoco erogato da sorgenti a tiro curvo, esigenza confermata anche per la compagnia, e lo stato maggiore dell'esercito cercò di farvi fronte sul piano concreto aumentando da 6 ad 8 il numero dei mortai pesanti della compagnia mortai di battaglione. Una maggiore disponibilità di volume di fuoco con proietto scoppiante nell'ambito della fanteria derivava, tra l'altro, anche dall'aumento del calibro dell'artiglieria da campagna con il conseguente aumento çlel valore della distanza di sicurezza e, perciò, della minore aderenza dell'appoggio dell'artiglieria all'arma base. La forza organica dei vari tipi di battaglione subì rispetto alla precedente variazioni in più o in meno piuttosto contenute. La consistenza del battaglione e del gruppo squadroni meccanizzato sommò a 896 unità (45 ufficiali, 100 sottufficiali, 7 51 mi Ii tari di truppa) rispetto alle 886 del precedente battaglione bersaglieri (39 ufficiali, 89 sottufficiali, 757 militari di truppa); quella del nuovo ba ttaglione motorizzato a 844 unità (41 ufficiali, 94 sottufficiali, 709 militari di truppa) rispetto alle 890 (43 ufficiali, 85 sottufficiali, 762 militari di truppa) del precedente battaglione di fanteria; quella del battaglione alpini a 950 unità (45 ufficiali, 96 sottufficiali, 809 militari di truppa) rispetto alle 1044 (47 ufficiali, 91 sottufficiali, 906 militari di truppa) del battaglione preesistente. La forza del battaglione carri scese a 434 unità (32 ufficiali, 82 sottufficiali, 320 militari di truppa) dalle 498 (28 ufficiali~ ,. 85 sottufficiali, 320 militari di truppa) dalle 498 (28 ufficiali, 85 s~tufficiali, 385 militari di truppa) previste dalle tabelle organiche in vigore all'atto della ristrutturazione e quella del G.E.D. salì a 667 unità (36 ufficiali, 105 sottufficiali, 526 militari di truppa dalla 615 (29 ufficiali, 79 sottuficiali, 507 militari di truppa) delle tabelle precedenti. Battag lioni e g ruppi squadroni, compagnie e squadroni, plotoni e squadre conservarono, in definitiva, la fisionomia tattica assunta negli anni sessanta e le varianti di articolazione ed organiche, ancorché alcune di rilievo, ebbero un'incidenza contenuta nei riguardi dell'entità della forza dei vari tipi di unità. Ciò non toglie che la meccanizzazione e la motorizzazione della gran parte della componente operativa ebbe una portata determinante quale premessa irrinunciabile per la creazione di un esercito di qualità.
3/c L'obiettivo di un esercito <li qualità non sarebbe stato comunque perseguihile senza la ristrutturazione, la quale peraltro non avrebbe
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avuto senso se al ridimensionamento delle forze non si fossero, almeno successivamente, accompagnati l'ammodernamento ed il potenziamento dei mezzi. Abbiamo già rilevato che alla vigilia della ristrutturazione l'esercito in termini numerici, prescindendo cioè dalla qualità dei mezzi, contava circa: 2600 carri armati, 2000 pezzi di arliglieria, 2000 armi controcarri (tra cannoni s.r. e missili), 120 rampe per missili contraerei Hawk, 5000 veicoli cingolati per il trasporto truppa, 50000 automezzi di vario tipo, 500 tra elicotteri ed aerei leggeri. Dei 2600 carri armati di tre tipi diversi, la massa, circa il 75%, era rappresentata dai vetusti M47, dotati di bocche da fuoco calibro 90, inferiore di quello dei carri in servizio presso i principali eserciti europei, mentre solo il restante 25% era costituito dagli ancora validi M60 statunitensi (300) e dai moderni Leopard (200). Le artiglierie da campagna e pesanti campali stavano subendo un parziale processo di rinnovamento ed in particolare nelle unità corazzate erano già presenti circa 200 semoventi M109, ma il 90% del materiale di artiglieria in servizio, oltre che eterogeneo, era da ritenere del tutto superato. Carente era il complesso dei mezzi elettronici necessario per l'esercizio delle funzioni di comando e di controllo: radar per la sorveglianza del campo di battaglia, aerei da ricognizione telecomandati, calcolatori per la condoua del fuoco, ecc .. Era in corso la sostituzione degli Honest John con il Lance, che consentiva una sensibile contrazione del numero delle unità di lancio, da 4 ad 1, nell'ambito della brigata missili. Nel settore dell'armamento controcarri erano ancora in dotazione alle unità mezzi del tutto superati ed in servizio dai 20 ai 15 anni; solo da poco tempo erano stati acquisiti, come abbiamo già scrillo, 130 missili TOW. Per la difesa contraerei alle quote intermedie erano in corso di.ammodernamento i 120 missili Hawk in dotazione che, pur essendo validi, erano abbisognevoli di perfezionamento per prolungarne l'efficacia operativa fino alla fine degli anni ottanta. Estremamente carente era l'armamento contraerei a bassa e bassissima quota e inesistente quello di autodifesa; vi erano solo circa 200 cannoni da 40 mm riuniti in 7 gruppi, ancora operativamente validi, ma abbisognevoli di ammodernamento per prolungarne la validità operativa, ferma restando l'urgenza assoluta di prevederne l'integrazione con nuovi sistemi d'arma quali le mitragliere convenzionali e i missili teleguidati. Rispetto agli altri eserciti, dotati di missili e cannoni distribuiti fino ai minori livelli ordinativi, l'esercito italiano rimaneva in sostanza pressoché privo di difesa contraerei da bassa e bassissima quota e di autodifesa. Altro elemento riduttivo dell'efficienza dello
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esercito era il livello delle scorte giunto a circa 8 giornate, con insufficienze ancora maggiori in alcuni settori, rispetto alle 30 giornate stabili te dalla pianificazione. Nel quadro della ristrutturazione l'esercito veniva ad aver bisogno di 1700 carri armati anziché di 2600, di 1300 pezzi di artiglieria in luogo dei 2000 preesistenti, di 4500 veicoli per il trasporto truppe anziché di 5000, di 3000 armi controcarri anziché di 2000, dello stesso numero di autoveicoli di tipo vario (50000) e di velivoli (500 tra aerei leggeri ed elicotteri) di cui era dotato l'esercito preristrutturazione. Ma perché si realizzasse il guadagno in qualità, a compenso di quanto l'esercito era costretto a perdere in quantità, il generale Cucino dichiarò (48) che: i carri armati avrebbero dovuto Lulli essere di concezione nuova ed operativamente validi (Leopard); il parco artiglierie avrebbe dovuto essere aggiornalo acquisendo materiali operativamente efficienti (M109 G, FH70, SP70, RS80); l'a rmamento controcarri, oltre che poten zialo numericamente, avrebbe cluvutu essere integralmente rinnovato (moderni sistemi a razzo e missilistic i); il sistema contraerei avrebbe dovuto essere migliorato (trasformazione in corso degli Hawk in Hawk HELTP) ed integrato dai sistemi a bassa e bassissima quota; i veicoli cingolati trasporlo truppe avrebbero dovuto essere del tipo protetti ed armati, idonei cioè al combattimento in cooperazione con i carri (VCC'BO); doveva essere sostituita una consistente aliquota d ella dotazione degli automezzi; il parco elicotteri ed aerei dell'A.L.E. avrebbe dovuto essere ammodernato e completato con l'introduzione di elicotteri da trasporlo medio (CHINOOK) già in corso di approvvigionamento e di elicotteri controcarri; avrebbero dovuto essere acquisiti mezzi moderni per il comando ed il controllo. Gli obiettivi finali della ristrutturazione avrebbero, in sintesi, dovuto essere, il completo ammodernamento di tutta la linea carri, l'acquisizione di veicoli cingolati protetti ed armati nella misura di a lmeno il 50% di quelli previsti in servizio, il rinnovamento del parco delle artiglierie nella misura di quasi il 50%, l'acquisizione di moderni sistemi a razzo e missilistici controcarri nella misura di oltre 1'80% de i mezzi previsti dalla ristrutturazione, l'ammodernamento integrale dei sistemi di arma Hawk, il completamento dell' A.L.E. con un'adeguata aliquota di elicotteri controcarri, il rinnovamento graduale e continuo del parco automezzi. Il perseguimento di tali obiettivi venne cadenzato in due fasi: una a breve termine, una a medio termine. Nella prima fase: il 50% dei
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1700 carri armati previsti avrebbe dovuto essere di concezione moderna; il 10% dei 4500 mezzi cingolati avrebbe dovuto essere costituito di mezzi meglio armati e protetti; il 20% delle 1300 bocche da fuoco avrebbero dovuto essere di concezione recente e di elevate prestazioni; l'armamento controcarri avrebbe continuato ad essere rappresentato prevalentemente da cannoni s.r. e da pochi missili della seconda generazione; avrebbe dovuto continuare lo ammodernamento degli Hawk secondo il programma HELIP; si sarebbe dovuto completare o rinnovare il 40% dei 500 velivoli dell'A.LE. (CHINOOK, Al 09, AB205, SM I O19); si sarebbe dovuto rinnovare il 25% del parco degli automezzi. Nella seconda fase: il 100% dei carri armati avrebbe dovuto essere di concezione recente, almeno il 50% dei mezzi cingolati avrebbe dovuto essere del tipo armato e protetto ed idoneo a cooperare con i carri, il 50% delle artiglierie avrebbe dovuto essere di concezione modernissima, 1'80% dell'armamento controcarri avrebbe dovuto essere costituito da sistemi d'arma a razzo e missilistici di concezione moderna, avrebbe dovuto essere portato a compimento il programma HELIP, avrebbe dovuto essere introdotta in servizio un'aliquota di elicotteri cotrocarri, avrebbe dovuto essere rinnovato l'ulteriore 50% del parco autoveicoli. Solo alla fine della seconda fase, cioè entro una decina di anni o forse più, l'esercito ristrutturato sarebbe diventato davvero un esercito di qualità. Nel frattempo, l'esercito di campagna, divenuto più piccolo, sarebbe stato costretto ad utilizzare i materiali esistenti, notoriamente superati e solo in piccola parte sostituibili in breve tempo, per cui nei riguardi dell'efficienza operativa, pur acquisendo maggiore mobilità e prontezza, l'esercito avrebbe continuato a restare in grave sofferenza, perché uno dei fattori determinanti di tale efficienza é proprio la qualità degli armamenti e degli equipaggiamenti. La ristrutturazione dell'esercito di campagna, in conclusione, tanto più avrebbe acquistato validità, quanto prima fosse stato realizzato il programma di rinnovamento e di completamento dei mezzi; in caso contrario essa non sarebbe valsa a far superare la crisi di efficienza via via determinatasi nel decennio precedente e fattasi gravissima nel 1974 in seguito ai provvedimenti riduttivi di emergenza che avevano esercitato un'incidenza negativa anche sul morale del personale perché, come annotò il generale Cucino: si erano verificale condizioni di squilibrio che avevano lasciato Quadri senza reparLi non sufficienlemente inquadrati ed i gruppi eversivi avevano trovato un ambiente più favorevole per condurre la loro a zione disgregatrice dalla quale sono invece rimasti immuni, o quasi, le poche unità ad
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alto livello di efficienza. Sotto tale ultimo aspetto, la ristrutturazione ebbe effetti positivi immediati e rimosse una delle cause della scarsa efficienza de]]a componente operativa. Ma la situazione generale della sicurezza e della difesa del paese non migliorò granché e continuò a restare più che precaria.
4. Tra i provvedimenti che precedettero la ristrutturazione, od a questa si accompagnarono, vi furono le modificazioni che vennero apportate all'organizzazione scolastico-addestrativa. Gli istituti di reclutamento e di perfezionamento dei quadri in servizio permanente e degli specializzati subirono alcune varianti in diminuzione nelle articolazioni e nelle tabelle organiche (49); alcuni cambiarono la denominazione (SO), ma conservarono la loro fisionomia ed i loro compiti. L'innovazione più importante circa l'iter formativo degli ufficiali in servizio permanente fu la già ricordata obbligatorietà della frequenza del corso di stato maggiore in sostituzione della frequenza obbligatoria dei corsi valutativi per i tenenti colonnelli e per i capitani prossimi alla valutazione per l'idoneità al grado superiore. La formazione dei sottufficiali di carriera continuò ad essere affidata: alla scuola allievi sottufficiali di Viterbo mediante un corso della durata di circa 7 mesi suddiviso in due fasi - la prima, comune a tutti gli allievi, di formazione basica, la seconda di prima qualificazione - e al le varie scuole d'arma e dei servizi mediante i corsi per il completamento della qualificazione e il perfezionamento tecnico-professionale. Per gli ufficiali di complemento, venne confermata, anche dopo la riduzione a 12 mesi della durata della ferma di leva (52), la ferma di 15 mesi. L'organizzazione che provvedeva alla loro formazione venne ridimensionata in relazione al minor numero di allievi da reclutare in seguito alla diminuzione delle unità operative. Quanto ai sottufficiali di complemento, vennero aboliti i corsi per allievi comandati di squadra e venne stabilito di trarre i sergenti di complemento, per il caso di mobilitazione, dai graduati giudicati idonei al grado di sergente all'atto del congedamento dopo il compimento del servizio di leva. A tali graduati venne data la facoltà di essere trattenuti o richiamati in servizio, a domanda, e mantenuti o riassunti in servizio nella posizione di sergenti di complemento; e ssi vennero assimilati ai sergenti in ferma volontaria provenienti dai volontari di truppa o dagli allievi sot-
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tufficiali in ferma ordinaria o dai volontari a ferma biennale (tecnici ed operativi vari), i quali tutti, a fine ferma, potevano essere promossi sergenti nel numero dei posti disponibili e transitare successivamente nel servizio permanente. L'abolizione dei corsi per allievi comandati di squadra fu un provvedimento negativo, in quanto con esso si rinunziò di fatto alla disponibilità in tempo di pace di sergenti di complemento. Il trattenimento e il richiamo in servizio a domanda dei graduati giudicati idonei al grado di sergente all'atto del loro collocamento in congedo non fornì infatti gettiti di una qualche consistenza e, inoltre, anche qualora i gettiti fossero stati meno insignificanti, sarebbe in ogni caso venuto a mancare ai singoli quel grado di preparazione professionale e di formazione che solo una scuola può conferire. La scuola allievi comandanti di squadra di Spoleto per la fanteria e le altre scuole d'arma per le altre armi erano state un'esperienza altamente positiva e remunerativa ed avevano consentito alle unità operative la disponibilità di sergenti ottimamente preparati e formati che ben presto vennero rimpianti, tanto più perché i sergenti vennero a mancare proprio in un periodo in cui le tabelle organiche ne incrementavano il numero ed i livelli di forza effettiva delle varie unità si avvicinavano a quelli della forza organica. La surrogazione dei sergenti, provenienti da un apposi Lo corso superato presso la scuola apposita o presso la scuola d'arma, con i graduati tratti dalle varie unità non fu un provvedimento appropriato e non giovò ad un efficiente inquadramento delle unità minori. Molto più numerose e radicali furono le innovazioni che negli anni 1974-1976 vennero introdotte nel reclutamento, nelle operazioni di leva e soprattutto nell'organizzazione addestrativa del personale di leva. A tale riguardo, mentre vennero adottati provvedimenti del tutto positivi quale, ad esempio, l'automazione delle operazioni di leva (53), ne vennero presi altri quali, ad esempio, l'incorporazione dei contingenti con frequenza mensile, anziché quadrimestrale, e la configurazione del nuovo iter addestrativo con l'abolizione dei cicli e con l'introduzione dell'addestramento per imitazione che sconvolsero ab imis l'organizzazione preesistente, che per trent'anni si era dimostrato efficiente, funzionale ed altamente remunerativa. È fuori discussione che fatti nuovi, quali la prevedibile riduzione della ferma, l'esigenza di realizzare ogni economia possibile stante la particolare contingenza economica, la maggiore capacità di apprendimento delle nuove generazioni imponessero anche una revisione ed uno snellimento dell ' iter formativo e professionale del personale di truppa di leva, ma nes-
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suno di questi fatti, da una più attenta valutazione, avrebbe dovuto indurre ad abbandonare un'esperienza trentennale, certamente positiva, per il ritorno ad un sistema pressoché analogo a quello del periodo tra le due guerre mondiali, la cui debolezza ed insufficienza si erano tradotte in guerra in perdite spaventose di vite umane. La stessa riduzione della durata della ferma non conteneva ancora in sé una carica dirompente tale da far saltare in aria un meccanismo che funzionava egregiamente. La crisi economica imponeva senza dubbio il massimo di economie possibili, ma l 'ultimo dei settori sui quali incidere riduttivamente avrebbe dovuto essere quello dell'addestramento, fattore determinante dell'efficienza operativa e ragion d'essere dell'esercito in tempo di pace. La maggiore facilità di apprendimento delle nuove generazioni, dato reale dimostrato dalla vita quotidiana, avrebbe dovuto essere sfruttata per un sistema ragionato dell'attività addestrativa e per sviluppare questa in forme quanto più possibile razionali, contenute nel tempo, e, caso mai, per ampliare, approfondire e perfezionare i programmi, mai per ridurre tali aspetti essenziali. Non fu così. Nelle Direttive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel 1974 (54) il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Viglione, espresse l'intendimento di stabilire un nuovo iter addestrativo là dove si leggeva: la fa coltà concessa ai Comandanti di Regio ne Militare e di Corpo d'Armala, all'atto dell'adozione del provvedimento relativo all'avvio diretto delle reclute ai Corpi, di contrarre i diversi momenti addestrativi così da conseguire in minor tempo l'ope ratività dei reparti, ha permesso agli Organi Centrali di disporre di dati di esperienza validi per l'impostazione di una nuova linea addestrativa che, tenendo nel debito conto l'accertala sempre maggiore capacità di apprendimento delle nuove generazioni, si ripromette di articolare diversamente l'in tero iter formativo del personale alle armi al fine di poter utilizzare appieno i vantaggi conseguenti dall'avvio diretto delle reclute ai Corpi; dimensionare il numero dei C.A.R. e B.A.R. alle reali esigneze e possibilità addestrative dell'Esercito consentendo, oltre ad una razionale loro utilizzazione, il graduale recupero del personale, di mezzi e di attrezzature a favore delle unità d'impiego; incrementare il numero dei periodi a disposizione dei singoli, così da concedere più ampie possibilità di soddisfare le istanze personali che nella società moderna si presentano in continuo, costante sviluppo. La contrazione dei momenti addestrativi ed il ridimensionamento dei C.A.R. e dei B.A.R. erano due misure strettamente connesse rispettivamente alla prevista riduzione della durata della ferma ed alla esigenza di effettuare econo-
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mie e, perché tali, certamente necessarie. Poco opportuna in una situazione s iffatta, invece, l'indicazione di un aumento dei periodi a disposizione dei singoli per il soddisfacimento delle loro non specificate istanze personali, giacché la situazione avrebbe anzi richiesto di utilizzare il più possibile ad esclusivo vantaggio dell'addestramento tutto il poco tempo concesso dalla prevista riduzione della durata della ferma. Opinabili, inoltre, i risultati dell'esperimento dell'avvio diretto delle reclute ai corpi gravati così di un nuovo onere addestrativo - svolgimento del I O ciclo - mentre essi stentavano già a fare fronte, per l' insufficiente disponibilità dei quadri, a quelli di cui erano già oberati. Il provvedimento, inoltre, complicava non poco l'azione d'indirizzo e di controllo degli organi preposti all'addestramento ai livelli di reggimento e di battaglione. Un'interpretazione assai più riduttiva dell'addestramento fu quella espressa, l'anno successivo, nella stessa sede delle di retti ve addestrative (55), quando il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Viglione, scrisse: l'annn 1975 deve impegnare Quadri e truppe a proseguire lo sforzo per il superamento delle di/ ficoltà proprie del momento economico attuale che l'Esercito quale partecipe componente della vita nazionalenon può né ignorare né sottovalutare. La realizzazione di tale impegno, da perseguire con convinzione e costanza, impone una drastica riduzione di tutte quelle alLività che, pur contribuendo a perfezionare e ad affinare l'addestramenLo, non risultano indispensabili. Giovano a conseguire l'intento sia la già sperimentata nuova metodica addestrativa, che nell'anno troverà applicazione pressoché generale, sia l'avviato processo di riordinamento organico delle unità che si ripromelle di adeguare lo strumento alle reali possibilità dell'Esercito. È ruori dubbio che l'esercito non debba né ignorare né sottovalutare i momenti economici della nazione, ma è non meno certo che la nazione non possa né ignorare né sottovalutare le esigenze della sicurezza e della difesa e, perciò, dell'addestramento. Lo sforzo finanziario dello Stato deve garantire l'adempimento dei compiti connessi al.l'esercito; diversamente occorre che l'autorità politica di governo riduca i compiti e si renda responsabile dei rischi che ne conseguono. Non c'è altra alternativa se non quella del disarmo unilaterale auspicata dai cosiddetti pacifisti ad oltranza delle varie chiese. L'addestramento, inoltre, è attività unitaria composita, che può essere configurata in un prisma, le cui facce sono tutte indispensabili, per determinarne la natura. Non è sufficiente addestrare il soldato al tiro, allo sfruttamento dell'ambiente naturale, all'applicazione corretta dei procedimenti tattici e tecnici di combatti-
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mento, ma occorre altresì addestrarlo alla guerra psicologica, alla guerriglia ed alla controguerriglia, al combattimento notturno, alla difesa N.B.C. , alla sopravvivenza, al movimento a piedi e su mezzi, al combattimento da bordo dei mezzi, alla logistica, ivi compresa la cura e la manutenzione dei materiali. Occorre, inoltre, che il soldato apprenda i regolamenti ed i codici, le norme di educazione civica, di educazione sanitaria e così via. E che dire dell'addestramento ginnicosportivo? Nelle direttive per l'addestramento degli anni precedenti tutti indistintamente i capi di stato maggiore dell'esercito avevano costantemente insistito sui molteplici aspetti de ll'attività addestrativa e sul suo carattere unitario fino a proscrivere la distinzione, in vigore nel periodo precedente la seconda guerra mondiale, tra istruzioni principali e secondarie. Nelle direttive per il 1973 il generale Mereu (56) aveva giustamente ed opportunamente ricordato, tra l'altro, anche l'addestramento alla marcia a piedi, l'addestramento in condizioni particolari e financo l'addestramento formale, a proposito del quale aveva scritto che: oltre rispecchiare agli occhi dell'opinione pubblica, che non può sempre valutare la preparazione tecnica, l'efficienza e la serietà addestrativa dell'Esercito costituisce un mezza efficace per elevare il tono disciplinare, lo stile e la coesione spirituale dei reparti. Non es istono attività che perfezionano ed affinano il soldato, ma tutte quelle previste concorrono a formarlo ed esse riguardano tutte le armi, ancorché in misura diversa, e più particolarmente alcune di esse. Maggiore il tempo a disposizione, migliori le possibilità di perfezionamento e di affinamento, ma le molteplici discipline di apprendimento sono tutte indispensabili se si tende a formare un combattente abile e solido ed a preservargli, nei limiti massimi possibili, la sopravvivenza fisica in guerra. Il nuovo iter addestrativo preannunziato nelle direttive addestrative per l'anno 1975 venne codificato dal successore del generale Viglione, generale Cucino, mediante la circolare 110/A/I del 1 settembre 1975: Direttiva per l'addestramento (51). Elementi di base: l'immissione individuale dei militari nelle unità di livello minimo (squadra, pezzo, unità di lavoro), resa possibile dalla frequenza mensile della chiamata alle armi; l'addestramento per imitazione, ritenuto valido stante la maggiore capacità di rapido apprendimento del nuovo personale di leva; l'attività di mantenimento dell'operatività dei reparti svilcolata da cicli e traguardi per contingenti di leva; la soppressione de i C.A.R. ed il mantenimento dei B.A.R. per lo svolgimento dell'attività addestrativa di base, limitando l'avvio diretto alle scuole di specializ-
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zazione delle reclute destinate ad incarichi tecnicamente impegnativi. L'immissione individuale, conseguente dalla cadenza della chiamata mensile di un'aliquota della classe di leva mediamente pari ad 1/12 della forza organica di ciascuna unità, comportò la costituzione di unità pluricontingenti fino ai livelli minimi e la sostituzione ogni mese del personale di pari incarico inviato in congedo con la stessa frequenza. Il sistema avrebbe dovuto consentire di mantenere costante la capacità operativa delle unità ed ovviare all'inconveniente, non certo di poco peso, dei cali di efficienza periodica determinati dal sistema in vigore, che prevedeva il congedamento del personale di intere unità minori costituite da militari dello stesso contingente quadrimestrale. Il vantaggio si dimostrò subito più teorico che reale, perché l'immissione individuale mensile produceva di per sé una continua instabilità del personale con danno del tono morale e del grado di amalgama professionale delle unità. Non si verificavano più i salti quadrimestrali di capacità operativa, ma questa rimaneva costantemente ad un livello più basso. L'addestramento per imitazione, basato sull'affiancamento delle reclute dopo lo svolgimento dell'attività addestrativa individuale iniziale - vale a dire dell'addestramento di base comprendente l'addestramento propedeutico ed il perfezionamento dell'addestramento individuale - al pe rsonale degli scaglioni più anziani già addestrati nell'incarico di selezione, fu una scelta che s i dimostrò entro breve tempo del tutto inappropriata ed erronea. Essa venne così giustificata dalla circolare .110/A/I: tale tipo di addestramento, valido soprattutto per gli incarichi di spiccata fisionomia tecnico-tattica, presenta un elevato grado di efficacia in quanto detemina l'apprendimento degli aspetti essenzialmente pratici e, nel conte mpo, risulta addestrativamente economico. Esso, infatti, rende possibile l'eliminazione totale o parziale degli innumerevoli corsi di specializzazione - attualmente svolti sulla base del sistema addestrativo idoneo per unità monocontingenti - per gli incarichi che, in realtà, necessitano solo di pratica re le rispettive attività. Il concetto suesposto tende a: responsabilizza zione il soldato più anziano che, anche non graduato, sarà chiamato ad assolvere le funzioni di naturale is truttore della recluta; destare un maggiore inte resse per l'attività quotidiana; stimolare l'impegno personale per il conseguimento di risultati sempre più rilevanti. Meno costoso, ma non per questo più economico, se non altro perché meno efficace, l'addestramento per imitazione ancor meno si addice agli incarichi di spiccata fisionomia tecnico-tattica richiamati dalla circolare e a personale con maggiore capacità di rapido apprcndimen-
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to. L'assaltatore ed il geniere guastatore, ad esempio, nell'avanzata per l'assalto debbono far precedere ogni movimento o sbalzo sul terreno da una rapidissima valutazione individuale sul perchè, sul duve e quando nonché sul come muoversi per portarsi sull'appiglio successivo. Imitare il compagno di squadra potrebbe essere addirittura fatalmente letale. Un so.ldato capace di rapido apprendimento, e perciò con un livello d'istruzione generale ben diverso da quello degli analfabeti o semianalfabeti del passato, vuole rendersi conto della razionalità dell'atto che compie e non mortificare la propria intelligenza limitandosi a ripetere pedissequamente quanto fanno gli altri. L'addestramento per imitazione può tutt'al più essere applicato agli incarichi che richiedono soltanto automaticità e ripetitività di operazioni standard, sempre uguali, fermo restando che ogni attività, istruzione, esercizio e atto tanto sono più validi e remunerativi, perciò anche più economici, quanto più chi li compie sia mosso da una convinzione maturata attraverso il ragionamento individuale e non agisca per imitazione. Non ci sembra, inoltre, che l'interesse individuale ad apprendere venga stimolato da un sistema di apprendimento che mortifica l'intelligenza e soffoca l'iniziativa, delle quali, invece, c'è assoluto bisogno, anche al livello individuale, sul frastornante campo di battaglia moderno, dove non trovano più posto formazioni compatte e procedimenti stereotipi. Quanto alla responsabilizzazione del soldato più anziano si tratta di un obiettivo a cui tendere, ma che era per il momento, stante anche la particolare situazione politica generale, assai lontano dall'essere perseguibile. L'esperienza successiva fu, infatti, del tutto negativa anche sul piano disciplinare. L'attività addestrativa di mantenimento della ope ratività significò, in pratica, il passaggio dall'addestramento per contingente all'addestramento per reparto, in quanto, in luogo della meccanica di graduale formazione e perfezionamento di unità monocontingente a livelli ordinativi progressivamente più elevati, s'intese conseguire l'obiettivo addestrativo per reparto, con i soli vincoli posti dalla disponibilità dei mezzi. L'addestramento all'impiego operativo assorbì il II ed il III ciclo ed annullò il criterio di gradualità, sicché le unità elementari (58) e d'impiego dovettero addestrarsi congiuntamente e simultaneamente prescindendo dal diverso grado di addestramento individuale dei singoli. Un fante che avesse appena terminato l'addestramento di base avrebbe potuto essere immesso in un'unità che in quello stesso giorno avrebbe potuto svolgere un'esercitazione di compagnia o di gruppo tattico! Resta davvero difficile convincersi che una tale metodica addestrativa po-
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tesse essere considerata garante dell'operatività di un reparto, in quanto essa si pone in contrasto con alcuni canoni fondamentali della didattica, sopravvalutando la maggiore capacità di apprendimento dei giovani di oggi e sottovalutando le difficoltà psicologiche e tecniche di un brusco passaggio da uno all'altro ambiente addestrativo ed operativo. Di per sé appropriata e, comunque, adeguata al nuovo sistema invece l'attribuzione ai B.A.R. dell'attività propedeutica (59). La nuova linea addestrativa previde, in sintesi: l'integrazione dell'organizzazione addestrativa in quella operativa; lo svolgimento d ell'addestramento propedeutico, eccezione fatta per alcune specializzazioni, presso unità al live llo di battaglione a ddette a compiti addestrativi, alcune delle quali integrate nelle grandi unità per le quali avrebbero provveduto alla preparazione di base del personale alle grandi unità stesse assegnato; l'articolazione del1'intera attività addestrativa in due fasi: fase dell'addestramento di base comprendente l'addestramento propedeutico, il perfezionamento dell'addestramento individuale e lo svolgimento dei corsi di specializzuzione e fase dell'addestramento all'impiego operativo comprendente l'addestramento giornaliero al compimento degli atti tattici fondamentali, l'eff e ttuazione di esercitazioni in bi a nco di vario livello con cadenza almeno mensile per agevolare l'immissione del persona le di più recente afflusso, l'esecuzione con frequenza bi-quadrimestrale di esercitazioni a fuoco ad integrazione ed a completamento della corrispondente attività in bianco. Per l'addestramento di base la c ircolare 110/A/I previde che: quello propedeutico, mirante a conferire.alle reclute un'impostazione militare, avesse la durata di quattro settimane più una per l'afflusso e la vestizione, venisse svolto presso battaglioni di fanteria o specialità e presso le scuole di specializzazione, avesse lo scopo di conferire a t utte le reclute una istruzione militare di base comune; l'addestramento di perfezionamento avesse la durata di due settimane, venisse svolto presso battaglioni di addestramento di fanteria e specialità per alcuni incarichi o presso le unità d 'impiego per altri, avesse lo scopo di porre in grado i soldati con incarichi prettamente tattici di essere inseriti individualmente nelle unità elementari di des tinazione, venisse sviluppato mediante specifiche istruzioni basate sull'addes tramento al combattimento diurno e notturno e mediante le lezioni di tiro presso i battaglioni di fanteria e specialità o mediante affiancamento extraorganico presso i repa rti ai pari incarico degli scaglioni più anziani. La disciplina dei corsi di specializzazione non subì modifiche di rilievo: lo svolgimento dei corsi sarebbe stato effet-
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tuato presso le scuole per i militari predesignati a particolari incarichi tecnici e presso i reparti d'impiego per i conduttori di automotomezzi e per altri pochi incarichi. Per i componenti degli equipaggi carri venne stabilito che: l'afflusso e l'addestramento propedeutico, della durata di quattro settimane, venissero attribuiti alle scuole truppe corazzate ed alla scuola specializzati truppe corazzate; l'effettuazione di un successivo corso di specializzazione, della durata di quattro settimane, avesse luogo sempre presso le scuole; l'afflusso ai corpi avvenisse negli ultimi giorni dell'ottava settimana; il perfezionamento dell'addestramento venisse ultimato, non oltre altre due settimane, presso le unità d'impiego e, comunque, prima dell'immissione individuale negli equipaggi. La formazione dei comandanti di squadra fu attribuita alle unità di impiego che avrebbero dovuto procedere alla scelta del personale cui affidare, successivamente, il comando dopo aver impartito ai predesignati una preparazione uniforme. Il personale fino ad allora predesignato per la frequenza dei corsi allievi comandanti di squadra (A.C.S.) venne inserito nei normali scaglioni mensili e contrassegnato da indicazioni d'incarico corrispondente a quello dei militari di truppa, conferendo alla predesignazione solo valore indicativo sulla base del criterio che la caratteristica fondamentale del graduato - la capacità di comando di uomini - sarebbe sta- · ta valutata dai comandanti delle unità senza alcun vincolo nella scelta. Per i capicarro, infine, stante la complessità della loro preparazione - intercambiabilità con il pilota e con il cannoniere - venne fissato un iter addestrativo particolare, che previde l'addestramento come cannoniere durante il corso di specializzazione, l'addestramento come caporale dopo l'afflusso alle unità d'impiego (9° settimana), l'abilitazione al pilotaggio ed al tiro con l'armamento principale presso l'unità di assegnazione. La dipendenza diretta dei battaglioni di fanteria e specialità temporaneamente addetti a compiti addestrativi delle grandi unità elementari avrebbe consentito a queste ultime, mediante il controllo dei dati elaborati in sede di formazione automatizzata dei contingenti, d'intervenire nelle assegnazioni definitive degli incarichi per la realizzazione di un impiego ottimale del personale, utilizzando anche, per alcuni incarichi chiave, i precedenti di mestiere della recluta. Il nuovo iter e la nuova organizzazione, ancorché accuratamente predisposti, rivelarono ben presto nella loro attuazione l'astrattezza e la debolezza della loro impostazione. Dalla fine della seconda guerra mondiale l'addestramento aveva ininterrottamente occupalo una
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eminente posizione di centralità nell'esercito_ L'intransigenza circa tàle centralità era stata pressoché assoluta da parte dei capi di stato maggiore che erano intervenuti direttamente nelle modifiche e negli aggiornamenti della metodica addestrativa perché venissero conseguiti risultati uniformi. La direttiva addestrativa per l'anno 1975 prima e la circolare 110/A/1 successivamente allentarono la tensione addestrativa e determinarono, in un certo senso, il ritorno ad un passato che era sembrato fosse stato sepolto per sempre. Vi fu un manifesto degrado dell'attività addestrativa, non limitato al periodo di transizione dalla vecchia alla nuova metodologia, ma che continuò anche dopo il tempo di rodaggio. In particolare, l'esperienza confermò che l'immissione individuale delle reclute con frequenza mensile nelle unità di livello minimo e l'addestramento per imitazione erano modalità di quasi nulla od assai scarsa validità e remuneratività e che, anzi, erano, sotto taluni aspetti, addirittura riduttive del tono morale e disciplinare, oltre che di quello addestrativo. Qualche anno dopo, infatti, lo stato maggiore dell'esercito sarà costretto a tornare indietro, ripristinando l'articolazione dell'addestramento nei tre cicli tradizionali e ripudiando del tutto l'addestramento per imitazione. Il ritorno non renderà necessario nessun appesantimento dell'organizzazione dei battaglioni di fanteria per l'addestramento delle reclute, reali zzato a suo tempo in seguito alla circolare 110/A/ l, un'organizzazione, che, mediante l'abolizione dei C.A.R., aveva consentito di diminuire di oltre un quarto l'onere in personale, materiale e attrezzature didattiche già proprio del sistema addestrativo preristrutturazione. Il ritorno avverrà quando la riduzione della durata a 12 mesi sarà da anni un fatto compiuto, dimostrando così la validità del nostro assunto, secondo il quale mentre sarebbe stato indispensabile produrre tagli e ridimensionamenti, in relazione alla nuova situazione, dell'organizzazione in vigore fino al 1975, non era stato invece appropriato, opportuno e conveniente lo sconvolgimento di un sistema collaudato positivamente e favorevolmente in trent'anni di applicazione mediante l'introduzione di innovazioni tratte da altri eserciti dove, stante la diversità dei presupposti di situazione, potranno forse essere applicate remunerativamen te.
5. L'organizzazione territoriale era quella che, forse più delle altre, avrebbe avuto bisogno di una ristrutturazione radicale, perché anco-
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ra antiquata e pletorica. Molte situazioni contingenti e locali ne avevano ostacolato i mutamenti i quali, per essere veramente efficaci ed economici, avrebbero dovuto riguardare in primo luogo l'articolazione dei comandi territoriali e l'organizzazione logistica periferica in un quadro d'integrazione interforze. Lo studio per contrarre e configurare diversamente l'organizzazione territoriale al livello interforze era ancora in atto quando si dové procedere alla ristrutturazione e, stante l'urgenza di questa operazione, ogni forza armata dové procedere per proprio conto per dare esecuzione ad un programma di riduzioni e di ammodernamento già studiato in parallelo con quello interforze nell'ambito di ogni singola forza armata e d'intesa con il segretariato generale e le direzioni generali dei servizi. L'organizzazione territoriale di comando dell'esercito non subì variazioni di sorta: 6 comandi militari di regione (Nord-0vest, Nord-est, Tosco-emiliana, Centrale con alle dipendenze il comando militare della Sardegna, Meridionale, della Sicilia); 16 comandi militari di zona (Torino, Milano, Genova, Vicenza, Trento, Treviso, Bologna, Firenze, Livorno, Roma, Bari, Salerno, Cosenza, Catania, Palermo); 62 distre tti militari distinti in principali (42) e sussidiari (20) (60). La nuova organizzazione dei distretti venne imperniata su di un numero di distretti principali che conservarono tutte le funzioni tradizionali dei distretti e su di un numero ridotto di complessi di leva, reclutamento e mobilitazione con procedure pre mine ntemente automatizzate e con compiti di collegamento con la popolazione civile mediante agenzie ubicate in ogni capolugo di provincia. Vennero soppressi 7 uffici militari di leva. Il riordinamento dei distretti venne articolato in due fasi, di cui la prima venne condotta a compimento entro il 1976. Vennero altresì riordinati gli autogruppi (61) e le unità trasmissioni territoriali (62), queste ultime, ferme restando l'assegnazione di un battaglione trasmissioni per ciascun C.M.T.R. e di una compagnia per il comando militare della Sardegna; i battaglioni trasmissioni vennero ordinati su 4, o 3, o 2 compagnie, a seconda delle esigenze di ciascuna regione militare. Vennero modificate, potenziandole, le tabelle organiche di pace del C.M.T.R. Nord-est (63), venne costituito il poligono permanente di Foci Reno (64) e riordinato il centro espe rienze di Nettuno (65). Venne altresì riordinato il 1° reggim ento fanteria corazzato di Capo Teulada (66), venne mutata la denominazine delle compagnie atleti (67) e vennero stabili te nuove tabelle organiche per gli stabilimenti militari di pena (68). Nel suo più volte citato intervento del 15 maggio 1975, il generale Cucino, a proposito dell'organizzazione territoriale di co-
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mando, oltre preannunziare il ridimensionamento del numero e del tipo dei distretti, attuato successivamente nel 1976 nei termini che abbiamo indicato, accennò ad un'analoga operazione nei riguardi dei comandi di zona che, peraltro, non venne effettuata, in quanto legata ad una visione diversa dell'inlera area dell'organizzazione di comando territoriale da condurre con criteri unitari in ambito interforze al pari di quella dei C.M.T.R .. Vennero soppressi, inoltre, 2 depositi misti e 4 depositi di grande uni là (69). In pratica, in materia di organizzazione territoriale di comando non vi fu una ristrutturazione vera e propria e lo stesso ridimensionamento fu piuttosto modesto, tanlo che ben poco fu possibile recuperare in personale e mezzi a favore dell'esercito di campagna. Notevoli, viceversa, le riduzioni e gli ammodernamenti che riguardarono gli organi dei servizi logistici dell'esercito. In poco più di un anno e mezzo, dal secondo semestre del 1975 alla fine del 1976, vennero soppressi ci rea 150 enti vari ed altri 30 circa vennero radicalmente trasformati sul piano funzionale. Nel servizio sanitario vennero soppressi 2 ospedali militari e 3 vennero trasformati in centri medico-legali, mentre 8 compagnie e 4 plotoni di sanità vennero trasformati in reparti servizi degli enti ospedalieri (70). Nel servizio di commissariato il numero dei magazzini venne ridotto ad 1/3 di quelli preesistenti e 16 di questi, già a componente unica, vennero trasformati in altrettanli magazzini misti (71). Nel servizio delle armi e delle munizioni, che coutava ancora centinaria di deposili e magazzini, il numero dei depositi venne contratto a 2/3 e quello dei magazzini venne ridotto alla metà di que J(i esistenti, mentre vennero soppresse 6 sezioni e 2 nuclei staccati delle direzioni di artiglieria di comando militare territoriale di regione (72). Il servii.io ·rrasport( venne radicalmente trasformato mediante la graduale soppressione delle 7 delega-. zioni militari dei trasporti ed il passaggio delle loro attribuzioni agli uffici movimenti e trasporti dei comandi militari te rritoriali di regione, nonché mediante la riduzione del numero dei comandi militari di slazione e degli uffici imbarchi e sbarchi (73). Analoghi provvedim~n~ li riduttivi riguardarono il servizio della motorizzazione, il cui numero di officine venne ridotto del 20%, menlre vennero potenziate le attrezzature delle restanti; anche il nume ro dei depositi carburanti venne leggermente ridotto (74). In campo logistico, nonostante la ampiezza e la vastità delle operazioni di riduzione e di trasformazione - si pensi, al riguardo, al problema delle centinaia di operai e di impiegati civili di difficile od impossibile trasferimento quando non reimpiegabili nel-
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le stesse sedi per mancanza di una diversa collocazione professionale - fu compiuto uno sforzo notevolissimo anche se non di risultati immediati. La ristrutturazione dell'area industriale della difesa, vale a dire degli stabilimenti, non poteva, infatti, che rispondere ad un criterio riduttivo di gradualità per tutti gli stabilimenti, sia per quelli destinati al potenziamento, sia per quelli avviati al declassamento o ad una finale dismissione, per non creare traumi sociali. Per la prima volta, da dopo la fine della guerra:, comunque, la ristrutturazione dell'area industriale della difesa venne fatta oggetto di esame e di avvio a soluzione, seppure lenta e metodica, secondo un programma interforze che si proponeva in un decennio, per una spesa globale di 300 miliardi ai prezzi del 1976, di ridurre da 30 a 16 gli stabilimenti, con sezioni staccate e centri tecnici potenziati. Il programma interforze comportava un nuovo organico di 25832 unità, ripartite in 3369 militari, 4512 impiegati, 14681 operai, il che, rispetto all'organico esistente, si traduceva in un aumento di poche decine di militari e di circa 300 impiegati e in una diminuzione di circa 3300 operai (75).
6. Nell'ambito degli organi centrali dell'area tecnico-operativa, la ristrutturazione dell'esercito incise in modo particolare sugli ispettorati d'arma e sull'ispettorato logistico e, di riflesso, soprattutto sul IV reparto dello stato maggiore. In sede di ristrutturazione l'organigramma dello stato maggiore dell'esercito previde una nuova articolazione: capo di stato maggiore con proprio ufficio e segreteria particolare; sottocapo di stato maggiore con proprio ufficio; ufficio generale programmazione finanziaria; I reparto articolato in 3 uffici (personale; reclutamento stato avanzamento (RESTAV); STAJNFRO); II reparto (SIOS) articolato in 3 uffici; III reparto articolato in 3 uffici (operazioni; ordinamento; addestramento e regolamenti) e ~on alle dipendenze il generale coordinatore dell'attività ippica; IV reparto-ISPELarticolato in 6 uffici (programmi di approvvigionamento, organizzazione logistica; ricerche e studi; movimenti e trasporti; infrastrutture, (STAMECO); V reparto articolato in 4 uffici (affari generali; documentazione e propaganda; storico; rivista militare). Si trattava di una struttura simile a quella preristrutturazione dalla quale la distinguevano soprattutto la riunione in un solo ufficio dei già distinti uffici addestramento e regolamenti e l'assorbimento dell'ispettorato logistico nel IV reparto, oltre che il riordinamento interno delle sezioni di alcuni uffici (76) e di altri organismi dipendenti per l'impiego direttamente dallo S.M.E .. Eccezione fatta per il volume organico dei militari di truppa, diminuito da 90 a 60 unità, per il resto del perso-
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nale - ufficiali, sottufficiali e personale civile - non venne realizzata nessuna economia. Le tabelle organiche dell'organizzazione centrale dello stato maggiore dell'esercito re starono ferme a circa 370 sottufficiali e 190 civili, ma occorre tener conto che lo stato maggiore assorbì l'ispettorato logistico ed assunse una parte delle attribuzioni fino ad allora devolute agli ispettorati d'arma. L'ispettorato logistico dell'esercito era stato istituito il 1° gennaio 1962, come abbiamo annotato nel precedente capitolo LXVIII con attribuzioni specifiche diverse da quelle proprie deJlo stato maggiore (77) ed essenzialmente di direzione, di controllo ed esecutiva, pur con qualche debordamento nelle materie e nelle attribuzioni specifiche dello stato maggiore che, peraltro, aveva inteso cautelarsi, nel disporre la costituzione del nuovo organismo, sottolineando a più riprese nella circolare istitutiva che l'attività dell'ispettorato, riguardante soprattutto la politica dei materia li, andava svolta non solo, come ovvio, sulla base delle direttive del capo di stato maggiore dell'esercito, ma nell 'ambito di una stretta costante collaborazione con i reparti e gli uffici dello s tato maggiore stesso, quasi che in sostanza l'ispettorato logistico a ltro non fosse che un reparto, a ncorché più ampio e con una qualche maggiore autonomia, dello stato maggiore. La logistica dei materiali abbraccia tre blocchi di attività distinti: attività tecnica, intesa a studiare, progettare e realizzare, fino all'omologazione, i prototipi di nuovi mezzi e materiali; attività di approvvigionamento, intesa a qiettere a dispos izione della forzaarmata, nelle quantità necessarie ed in tempo utile, i materiali ed i mezzi d'impiego, di consumo e di ?corta; attività logistica propriamente detta, intesa alla conservazione,. gestione, distribuzione e riparazione dei m ezzi e d e i materiali. Delle tre attività: la prima rientra per sua natura nella sfera delle attribuzioni dello stato maggiore, la seconda in quella degli organi delhirea tecnico-ammini~trativa, la terza, pur strettamente c~nnessa con la funzione d'impiego e d(preparazione deJle forze e, perciò, di competenza dello stato maggiore, aveva fatti> capo, fino al 31 di.cembre 1966, alle direiioni, o ispettora ti, generali. dec reto pres idenziale del l 8-XI-1965, n. 1477 (78) aveva determinato c<;>_me segue la fisionomia dell'ispettorato logistico: l'allività logistica è devoluta al Capo di Stato Maggiore di F.A. il quale la esercita tramite · un apposito Ispettorato di Forza Armata; tale Organo provvede all'organizzazione, direzione e controllo dei Servizi Logistici con partìcola- . re riguardo per-ià distribuzione, la conservazione e la 'ripa razione. dei materiali approvvigionati e distribuiti alla .:Forza Armata dal~e Dire- :
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zioni Generali competenti per materia, nonché alla gestione statisticocontabile delle scorte, al controllo dei consumi e delle giacenze e all 'indicazione alle varie Direzioni Generali competenti della ripartizione fra gli Organi territoriali dei fondi occorrenti per l'espletamento delle rispettive attività logistiche. In sostanza, alle direzioni generali rimanevano i compiti: dell'approvvigionamen to, della distribuzione, dell'assegnazione agli organi territoriali secondo le ripartizioni indicate dall'ispettorato logistico dei fondi per l'espletamento delle rispettive attività logistiche, dell'esecuzione delle riparazioni di 4a categoria e d e ll'alienazione dei materiali fuori uso e fuori servizio. L'ispettorato logis tico, invece, doveva provvedere a: indicare alle direzioni generali i materiali da approvvigionare sul settore funzionale (vita e funzionamento dell'esercito), mentre quelli per il potenziamento e l'ammodernamento avrebbero continuato ad essere indicati dallo stato maggiore; ricevere i materiali approvvigionati e ripartirli fra i depositi e magazzini centrali e quelli direzionali per la conservazione; presiedere alla gestione statistico-contabile dei materiali e mezzi; distribuire alle unità i materiali desti nati a costituire o sostituire dotazioni e scorte; tenere in efficienza i materiali, con responsabilità estesa fino alle riparazioni di 3° grado; impiegare i fondi per le varie attività, indicandone alle direzioni generali la ripartizione fra gli organi territoriali di quelli occorrenti per l'espletamento delle rispettive attività logi stiche. L'ispettorato aveva inoltre compiti di consulenza in materia di dottrin a , di pianificazione e di esame e studio delle dotazioni . · Il citato decreto presidenziale aveva previsto che i capi dei corpi e dei servizi, che svolgono attività logistica, fossero posti alle dipendenze del capo di stato maggiore della forza armata, il quale avrebbe dovuto tenere una duplice redine per l'attività logistica: una facente capo all'ispettore logistico, e a lui soltanto, pe r tutte le attività concernenti i materiali; una facente capo ai capi dei se rvizi, per le restanti attività d'istituto (consulenza, disciplina, stato cd avanzamento del personale, addestramento, studi tecnici, attività ispettiva, ecc.). Dopo poco tempo dalla costituzione del nuovo ente, parve chiara la convenienza di attribuire ai capi dei servizi più ampie responsabilità nel settore della logistica dei materiali e l'opportunità d'inserirli, a tale fine, nell'ispettorato logistico stesso. Il duplice provvedimento trovò attuazione a distanza di sette mesi daJJa costituzione dell'ispettorato. Gli organi logis tici vennero così suddivisi in : organi di regione (direttivi: comandi d'arma e direzione dei servizi, per la regione nord-est il comando logistico; esecutivi: magazzini, depositi , s ta bilimenti); organi
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centrali (direttivi: ispettorato logistico; esecutivi: magazzini, depositi, stabilimenti direttamente dipendenti dai comandi di regione, ma a disposizione dell'ispettorato logistico per tutte le attività concernenti i materiali). Gli organi di regione vennero considerati come appartenenti al 3° grado logistico e ad essi fecero capo le unità dell'esercito di campagna (competente per il 1° e 2° grado); l'ispettorato logistico, pertanto, avrebbe dovuto provvedere a tenere a livello gli organi di regione ed intervenire nel settore delle riparazioni là dove l'onere superasse le possibilità delle regioni stesse. In altre parole, g li organi centrali vennero a svolgere vere e proprie attività di 4 ° grado che, invece, per dottrina e prass i erano state riservate alle direzioni generali. Da qui incertezze e perplessità in campo dottrina le e pratico, tra le quali quella determinata dall 'attribuzione di uno stesso grado di attività logistica ad organi centrali e periferici. Le direzioni generali, inoltre, potevano delegare talune attività (gare di a ppa lto, sovrinte ndenza alle riparazioni di 4° categoria, temporanea conservazione di materiali approvvigionati e non ancora dis tribuiti, conservazione di materiali per le riparazioni di 4a categoria, ecc.) agli organi logistici di regione che, sotto ta le aspetto, acquistavano anch e la fisionomia di agenzie delle direzioni generali stesse. Alla vigilia della ristrutturazione, l'ispettorato logistico aveva raggiunto un asse tto ordinativoorganico funzionale ed aveva svolto una mole di lavoro di grande r ilievo, sia nei settori di specifico interesse de i servizi di sanità, di commissariato, del genio e de ll e t rasmissioni, de lle armi munizioni e materiali N.B.C., della motorizzazione e del servizio di vete rina rio, sia nel settore generale e comune del riesame del proble ma delle scorte d'in te ndenza, della partecipazione alla stesura d el nuovo regolamento d elle ispezioni e delle istruzioni applicative del regolamento per l'amministrazione delle tre forze armate, della partecipazione alla form azione de llo stato di previsione d ella spesa pe r la parte riguardante il funzionale, dell'impulso alla codificazione dei m ateriali. L'ispettorato logis tico a veva, inoltre, contributo a promuovere l'adozione di tecniche moderne di utilizzazione degli elaboratori elettronici basate sul rilevamento statistico-meccanografico d ell'esistenza e dei con sumi, a tutti i livelli, dell'attività logistica. I centri periferici di sezione erano stati dota ti, in parte, di elabora tori elettronici ed avevano assunto la d enominazione di centri elaborazione dati e il centro controllo rifornimenti materiali della motorizzazio ne e ra stato trasformato in centro calcolo elettronico ese rcito, dotato di un elabora tore elettronico che aveva costituito l' impia nto capomaglia dell'inte ro sistema,
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consentendo all'ispettorato d'impiantare e sviluppare la gestione dei materiali, dei ricambi e delle scorte con criteri razionali e moderni. Certo restavano molte questioni abbisognevoli di riesame e di affinamento e molto restava da fare per eliminare non pochi inconvenienti, tra i quali anche quello di un impiego meno costoso di personale e più remunerativo dei fondi, ma i risultati potevano considerarsi nel complesso positivi. In sede di ristrutturazione dell'organizzazione centrale dell'esercito, agli organi preposti alla logistica venne conferito un nuovo assetto che previde l'abbinamento delle cariche di capo del IV reparto dello stato maggiore dell'esercito e di ispettore logistico in un unico responsabile - generale di divisione delle armi - e una nuova organizzazione comprendente: il IV reparto e l'ispettorato logistico con il compito di provvedere alla programmazione degli approvvigionamenti, sia per il potenziamento sia per il funzionale, e di coordinare le attività di organizzazione, direzione, controllo e gestione dei servizi; i comandi dei servizi logis tici con il compito principale dei provvedere alla programmazione, direzione, controllo e gestione del rispettivo servizio sulla base delle direttive del IV reparto/ispettorato logistico (79). Questo, oltre gli uffici ricerche e studi, infrastrutture, movimenti e trasporti, STAMECO, già inquadrati nel reparto stesso, comprese due uffici di nuova costituzione, l'ufficio programmi di approvvigionamento e l'ufficio organizzazione logistica, derivati dalla trasformazione degli uffici coordinamento e studi dell'ispettorato logistico e dell'ufficio servizi del IV reparto dello stato maggiore dell'esercito. I comandi dei servizi logistici furono costituiti dai capi dei servizi e dai relativi uffici ed i capi dei servizi logistici, che disponevano di un ruolo a sé conservarono la duplice dipendenza dal capo di stato maggiore dell'esercito per i compiti d'is tituto e dal capo del IV reparto ed ispettore logistico per le attività logistiche. Il capo del servizio amministrazione ed il relativo ufficio costituirono il comando del servizio di amministrazione e conservarono i compiti, le attribuzioni e le dipendenze già in atto. Il capo di IV reparto ed ispettore logistico venne posto alle dipendenze del sottocapo di stato maggiore dell 'esercito ed a lui fu affiancato, per coadiuvarlo, un vice-capo reparto e viceispettore logistico, destinato anche a sostituirlo nell'incarico in caso di assenza o d'impedimento. Vennero ridefinite le attribuzioni del capo del IV reparto e ispettore logistico (80) e quelle, distinte tra attività d'istituto e attività logistica, dei capi e ispettori del servizio di sanità, del servizio di commissariato, del servizio dei materiali di ar•
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mamento, del servizio automobilistico, del servizio di amministrazione, del servizio veterinario e del capo servizio materiali dell'A.L.E .• nonché vennero precisati i compiti e gli organici dell'ufficio programmi di approvvigionamento e dell'ufficio organizzazione logistica (81). Il nuovo assetto avrebbe dovuto consentire: uno sviluppo più unitario del complesso delle attività logistiche, dalla programmazione degli approvvigionamenti al controllo della gestione; l'adozione di procedure più rapide; la semplificazione dei rapporti fra i vari enti e, in particolare, la riduzione del numero degli interlocutori con le direzioni generali. Esso in effetti comportò un minore impegno di personale e questo fu il vantaggio maggiore, mentre, per il resto, non fu una soluzione convincente, in quanto comportò un'assunzione, in proprio, da parte dello stato maggiore, di compiti di carattere organizzativo, tecnico ed esecutivo specifici dell'intendenza generale che è, peraltro, a nostro parere, un organo che deve dipendere dallo stato maggiore, ma non identificarsi con questo. In effetti, l'istituzione dell'ispettorato logistico, quale organo dipendente del capo di stato maggiore dell'esercito ma distinto dallo stato maggiore, era stata deter- . minata dal citato decreto 18-XI-1965 n . 1477 in ragione in due esigenze principali: la creazione fin dal tempo di pace di un organismo capace di trasformarsi senza difficoltà in intedenza generale al momento dell'emergenza; la separazione della attività logistica, che possiamo definire promozionale, propria dello stato maggiore. da quella organizzativa ed esecutiva propria dell'intendenza. similmente a quanto previsto al livello di scacchiere, nel quale l'intendenza, pur alle dipendente del comandante di scacchiere, è organismo a sé stante, non inglobato nello stato maggiore dello scacchiere, con attribuzioni e responsabilità proprie ben definite. L'abbinamento della carica di capo del IV reparto e di quella d'ispettore logistico e la fusione dei due organismi in un ente unico se, da un lato, presentò aspetti di unitarietà e di semplificazione allettanti, dall'altro costituì una distonia concettuale rispetto alla dottrina, oltre che un accentramento eccessivo di attribuzioni e di responsabilità che, per la loro diversa natura, sarebbe stato conveniente e opportuno conservare distinte e separate, anche ai fini di quella semplificazione che la ristrutturazione intendeva perseguire. Un alleggerimento dell'ispettorato logistico, che dal 1966 al 1975 era andato vieppiù estendendosi in articolazioni ed in organici, sarebbe stato senza dubbio appropriato, ma non avrebbe dovuto assolutamente essere spinto fino alla fusione dell'organismo con il IV reparto dello SME.
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Ad appesantire ulteriormente il IV reparto - ispettorato logistico concorse l'ulteriore accentramento dell'attività di ricerca e studi nell'ambito di tale ente, in seguito alla sottrazione di essa agli ispettori d'arma ai quali la legislazione ante seconda guerra mondiale l'aveva commessa. Il riordinamento degli ispettorati d'arma (82), dell'ispettorato delle trasmissioni (83), dell'ispettorato per la difesa A.B.C. (84) e dell'ufficio dell'ispettore dell'A.L.E. (85), operato nel quadro della ristrutturazione, previde inoltre: la soppressione dell'ispettorato per la difesa A.B.C. e il passaggio delle sue attribuzioni all'ispettorato di artiglieria, l'attribuzione all'ispettorato dell'arma di artiglieria della nuova denominazione di ispettorato d'arma di artiglieria e per la difesa N.B.C.; la costituzione di un ufficio N.B.C. nell'ambito dell'ispettorato dell'arma di artiglieria e per la difesa N.B.C.; un ampliamento delle attribuzioni degli ispettorati nel campo della consulenza per l'impiego dei quadri; il trasferimento dagli ispettori alle scuole del compito di provvedere alla redazione delle norme circa i procedimenti d'impiego delle minori unità sulla base delle dire ttive emanate dagli ispettori; la riduzione del numero degli uffici e dei volumi organici degli ispettorati stessi; il passaggio di dipendenze dell'ufficio tavole di tiro dal generale addetto per l'artiglieria terrestre dell'ispettorato dell'arma di artiglieria a l direttore del nucleo centro tecnico dell'armamento terrestre e del nucleo centro controllo rete N.B.C. dal generale capo reparto difesa N.B.C. al comandante della scuola unica interforze per la difesa A.B.C. (86). I fini dichiarati del riordinamento furono l'alleggerimento delle s trutture e la ricerca di una maggiore rapidità e funzionalità delle procedure di lavoro, due fini che sarebbero stati meglio perseguiti, una volta che s'intendeva ridurre l'attività di ricerca e studi degli ispettori alla semplice azione propulsiva e di consulenza, accentrando il grosso di tale attività nell'ufficio ricerche e studi del IV reparto dello stato maggiore , mediante l'abolizione degli ispettorati e la creazione, in sostituzine di questi, di uffici degli ispettori posti alle dirette dipendenze del capo di stato maggiore dell'esercito. Gli ispettorati d'arma avevano fino ad allora tratto la loro principale ragione d'essere proprio dall'attività di prevalente carattere tattico-tecnico in materia di ricerche e di studi circa i proc'cdimenti d'azione delle minori unità, dal livello di compagnia ed equivalente in giù, e circa gli armamenti, gli equipaggiamenti ed i materiali di dotazione della rispettiva arma. Le nuove attribuzioni e competenze (87), ancorché espresse con una certa enfasi, erano tali che un unico ufficio per ciascun ispettore avrebbe potuto svolgerle ed as-
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sorbirle correttamente, consentendo un reale ulteriore allegerimento delle strutture, un reale snellimento delle procedure ed un' ulteriore sensibile riduzione di personale. Fu preferita, invece, una soluzione intermedia che, mentre spogliava gli ispettorati di uno dei principali compiti istituzionali, cercava di compensare il vuoto che ne conseguiva, ampliandone le attribuzioni di consulenza. Delle 1O attribuzioni che vennero elencate, ad esempio, per l'ispettore delle armi di fanteria e di cavalleria, ben 5 erano di pura e semplice consulenza, una riguardava l'attività ispettiva da svolgere per delega del capo di stato maggiore dell'esercito, 3 concernevano l'azione di comando sulle scuole e una la facoltà di emanare, quando necessario, direttive addestrative previa eventuale coordinazione con gli Uffici competenti dello SME.
7. La ristrutturazione, malgrado quanto abbiamo rilevato in materia di organizzazione addestrati va e malgrado le altre incertezze e lacune messe in evidenza, non ultime quelle riguardanti il riordinamento dell'organizzazione della branca logistica e degli ispettorati d'arma, fu, e resta, sotto l'aspetto concettuale e organizzativo, una svolta fondamentale della storia dell'esercito. Questo era giunto all'acme di una crisi esistenziale: tutte le sue componenti erano abbisogncvoli di revisione e l 'intero organismo avrebbe dovuto necessariamente rinnovarsi, non solo in ragione delle insufficienze esistenti, ma prima ancora per effetto della spinta che il progresso scientifico e tecnologico imprimeva in quegli anni agli organismi militari, e che avrebbe prevedibilmente continuato ad imprimere con ritmo di velocità maggiore per il futuro, diversamente l'esercito sarebbe stato condannato ad un rapido processo di ulteriore degrado fino all'azzeramento di ogni sua credibilità. Furono, come abbiamo annotato, i vertici militari a promuovere la ristrutturazione dell'intero apparato militare nazionale, ma fu l'insorgere della grave crisi economica dell'autunno 1973 a determinare le sfavorevoli condizioni di urgenza in cui l'operazione dové essere affrontata. Qualora gli studi per la ristrutturazione non avessero già raggiunto un livello di sviluppo avanzato e lo stato maggiore dell'esercito si fosse lasciato soprendere dalla crisi, una ristrutturazione, pressoché al buio e ancor meno meditata, avrebbe potuto produrre conseguenze assai più gravi e forse irrimediabili. Non tutto
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egualmente andò per il meglio; accanto ad innovazioni positive ed in linea con i tempi, ve ne furono alcune, tutte per fortuna non irreversibili, inappropriate, quando non addirittura rovinose, come ad esempio, nel settore dell'addestramento. Ma non si può non riconoscere che nel suo insieme l'operazione fu impostata e condotta razionalmente ed ordinatamente e, sebbene dolorosa e sofferta, venne accettata nella meditata convinzione che avrebbe giovato in futuro all'efficienza ed alla credibilità dell 'esercito, due aspirazioni comuni ai vertici ed ai gregari. È facile criticare gli aspetti negativi o affatto convincenti dell'operazione, la più complessa e delicata degli anni successivi a lla seconda guerra mondiale, ma si andrebbe fuori dalla obiettività storica nel non riconoscere al capo di stato maggiore dell'esercito, generale Cucino, il merito della prova di coraggio morale, di senso di responsabilità e d'intelligenza offerta nel decidere l'operazione e nel portarla a compimento entro tempi record e secondo un appropriato programma (88). L'obiettivo dell'esercito di qua lità, nonostante l'approvazione negli anni successivi del finanziamento straordinario, rimase una meta lontana al cui raggiungimento peraltro innanzi tutto la volontà politica del Parlamento, del governo e della maggioranza del paese sarebbe stata indispensabile. La riduzione delle strutture fu un fatto compiuto entro pochi mesi, la riqua lificazione degli a rma menti e degli equipaggiamenti, a distanza di più di dieci anni dall a ristrutturazione, è stata attuata nella misura approssimata forse di un terzo. Non vi fu, da parte dello s tato maggiore dell 'esercito in sede di ristrutturazione, n essuna confusione tra aspirazioni e realtà e la ristrutturazione partì da una visione realistica del problema, senza disconoscere la s ituazione economica del paese. Nell'attuare il ridimensionamento, che comportò una serie impone nte di trasformazioni, di scioglimenti, di movimenti, lo stato maggiore dell'esercito operò in collegamento spirituale e gerarchico con i comandi periferici, contando sull'attiva collaborazione dei quadri a tutti i. livelli che si dimostrarono convinti e consapevoli della necess ità dei vari provvedimenti e d ettero a ncora una volta prova di senso di responsabilità e di spirito di sacrificio. L'esercito tutto, dai comandanti ai soldati, riaffermò nella circostanza la sua saldezza e vitalità, altrimenti non avrebbe potuto fare fronte ad un impegno così oneroso e superare una prova così significativa. L'~sercito, peraltro, non poté accompagnare il ridimensionamento delle strutture con l'ammodernamento ed il completamento dei mezzi e così, dopo aver sopportato gravi sacrifici ordinativi, dové rasse-
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gnarsi a continuare ad essere un esercito di scarsa dissuasione e credibilità. Le forze armate, d'altra parte, e l'esercito in particolare, sono lo specchio fedele del paese e non si può pretendere che siano efficienti in periodi di crisi morale e psicologica, prima ancora che economica della nazione. L'efficienza era, infine, minata dal fenomeno generalizzato del disarmo delle coscienze - l'unico disarmo realizzato fino ad allora - che dalla fine degli anni sessanta aveva investito in pieno l'intero occidente, l'Europa in particolare, e che non si poteva non riflettere sulle forze armate. Ma ciò non toglie che se in quegli anni anche altri eserciti, quali, ad esempio, quello olandese e quello britannico - e non solo gli eserciti, ma anche le marine e le aeronautiche - vennero ridimensionati, la ristrutturazione dell'esercito italiano, si sia tradotta, in sostanza, in una forte diminuzione ordinativa, senza un collaterale aumento dell'efficienza qualitativa.
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NOTE AL CAPITOLO LXIX (1) V<ls. cap. LIX nota n. 45. (2) Le cosid<lette leggi promozionali per l'eserc ito e l'aeronautica furono p1·esentatc a l Parlamento negli ultimi mesi del 1976, m entre era già operante quella della marina (legge 23-111-1975, n. 57). TI programma associato al progetto di legge promozionale dell'esercito prevedeva l'acquisizione di: lanciarazzi, s istemi missilistici ed elicotteri a1·mati e relativo suppo1·to per la difesa controcarri a corta, media e lunga distanza; sistemi missilistici contraerei e relativo supporto, per la difesa aerea a bassa e bassissima quota ad integrazione di taluni mezzi convenzionali già in servizio da ammodernare; artiglierie, relativo munizionamento e supporto, apparnti per l'acquisizione obietti vi e l'automazione del tiro; mezzi ruotati, cingolati e corazzati (da trasporto, da comballimento cd ausiliari) e relativi apparati per la visione e<l il puntamento notturno; stazioni radio ed a pparecchiature per l'ammodernamento delle trasmissioni campali e territoriali; apparati per l'automazione delle operazioni di ges tione del materiale. Il prngetto prevedeva l'assegnazione di 1000 miliardi in IO anni con una medi a annua di 100 miliardi. (3) Vds. cap. LXI nota n. 18. (4) Vds . cap. LIX nota 11. 46. (5) Unità di ristrutturaziune: la brigata, del col. Fortunato Pietro Muraro, R.M., 1975, fase. III, pg. 10. La ristmtturazione dell'esercito: situazione e prospettive, del gen. Andrea Cucino. R.M. 1976, fase. IV, pg. 2. Senso del nuovo e realizzazione concrete, del gen. Andrea Viglione, R.M. 1976, fase. V, pg. 2. Qualche considerazione sulla mobilità e sulla meccanizzazione della fanteria, del col. Ciro Di Martino. R .M ., 1975, fase. I, pg. 88. Ristruttura zione: principali incidenze sulla problematica addestrativa delle unità di fanteria, del magg. Ferruccio Botti, R .M., 1976, fase. I, pg. 84. Bivalenza delle truppe alpine, del magg. Gianfranco Zaro. R .M. , 1976, fase. IV, pg. 33. Che cosa è la brigata meccanizzata, del magg. Ferruccio Botti. R.M., 1976, fase. III, pg. 57. / problemi della sanità militare, del gen. Michele Cappelli. R.M., 1976, fase. I , pg. 20. Gestione automatizzala del personale, del magg. ge!l. Italo Sciarretla. R.M., 1975, fase. Vl, pg. 90. (6) Vds. cap. LXI nota n. 16. (7) F.n. 360/151, ll-XI-1974, S.M.E. Ord .: riduzione a quadro del: 11/68° rgl. f. Legnano; 11/157 rgt.f. Liguria; XVlll btg.L Acqui (meno I cp.); 11/7° rgt.a.cam.; IV/11 ° rgt.a. cam.; 11/gr.a.pe.cam.sev. del rgt.a.cav.; III/41 ° rg t.a .pe.cam; IV/3° rgl.a.pe.cam.; 111/9° rgt.a.pc.cam.; 11/52° rgt.a.pe.; gr.a.mon. Pinerolo <lei 3° rgt.a.mon .; II/4° rgt.a.pc.cam.; IV/2° rgt.g .;btg.alp.arr. Val Cismon (-1 cp.); btg.alp.arr. Val Fella; 111/3° 1·gt. Savoia cavalleria. F.n. 60/151 , II-XI-1974, S.M.E. Ord.: unità a lle quali non vennero più avviate r eclute dal primo contingente 1975 (l/75): cp. movieri <lei comando logistico; IV/ I O rgt. Granatieri di Sardegna; 1V/13°rgt.a.cam.; I e IV/21° 1·ft.f. Cremona; Ili e lV/67 1·gt.f. Legnano; 1, 11 e IV/68° r gt.f. Legnago; IV/157° rgt.f. Liguria; XVIIl/3° rgt.b.; gr.sqd. Nizza cavalleria (assegnazione ridotta ad un terzo); g r. sqd. Lancieri di Milano (idem); gr. sqd. Cavallegge ri Lodi (idem); III e IV/7° rgt.a.cam.; II e TTT/1° rgt.a.cam.; btg.g.p. Cremona (assegnazione ridotta ad un terzo); btg.g.p. : Legnano (idem); htg .t. Cremona (idem); hlg.t. T,egnano (idem); htg. alp. Aosta; btg.alp. Edolo; btg.alp. Bolzano; btg.alp. Belluno; g r.a.cam. Mondovì; gr.a.mon. Verona; gr.a.mon. Vestone; g r.a.mon. Agordo; I e II/59°
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rgt.f. Calabria; ITT/76° rgt.f. Napoli; 1/82° rgt.f. Torino ; lll/103° rgt.f. Nembo; Il/14° rgt.a.cam; una cp.fuc. per ogni btg. del 114° rgt.f. Mantova; XXX btg.g. guastatori d 'arresto de l 3° rgt.g.gu.arr.. (8) Appunto per il ministro della difesa <la parte del capo di s tato maggiore dell 'esercito n. 87/154 del 14-V-1975. Con tale appunto dell' ufficio d e l capo di stato maggiore dell 'esercito venne trasmesso, in preventiva visione, il tes to della ,elazionc tenuta il giorno su ccessivo dal generale Cucino presso la Scuola tecnici elettronici di artiglieria. (9) Vds. precedente nota n. 7. (10) F.n.480/151, 27-VIIl-1971 S.M.E. Ord.: riordinamento d e ll'arma del genio. F.n. 750-S/\ 5 I, 20-X-1973, S.M.E. Ord.: scioglimento cdi. genio della d .f. Folgore e della D. cor Ariete e comando artiglieria delle D.cor. Ariete.F.n.640-S/ 151,20-X-1973, S.M.E.Or<l .. scioglimento della cp.c.c. (meno il pl.msl.flg) nell'ambito de i rgt. b.c cr. delle D. cor. Ariete e Centauro. F.n. 380-S/151, 21 -VI-1973, S .M.E.Ord.: scioglimento de l cdo. 9° rgt.a.pe.. F.n. 3 1O-S/151, 8-V-1973, S.M.E.Ord.: scioglimento del I gr. HJ del 3° rgt.a.msl. (I-Vl-1973) e del IV gr. HJ del 3° rgt.a.msl. (1974). F.n. 360-S/151, 21 -VI-1973, S.M.E. Ord.: riduzione a quadro Jll/3 ° rgt.a.pc.cam., TTJ/4 ° rgt.a.pe.cam., III/6° rgt.a.pe.cam., lll/8° rgt.a.pe.cam ., III/52° rgt.a.pe.. F.n. 390-S/151-19-VTTT-1974, S .M.E. Ord.: scioglimento cdo 6° rgt.a.pe.cam. F. n. 86/151, 23-II-1974, msg.n. 349/ 151 16-VII-1974 e msg.n. 379/151 5-VIII-1974, tutti di S.M.E. Ord.: scioglimento dei cdi.a. e g. della D.f. Mantova, del cdo.a. delle D.f. Granatieri di Sardegna e Cremona, della D.cor. Centauro. F.n. 351/151 3-VT-1974, f.sn. 400/151 6-Xl-1974, f.n. 570/151 28-XII-1974, tutti dello S.M.E. Ord.: scioglimento de l IIT g r. HJ del 3° rgt.a.msl. (I-Xl-1974). La Brg.msl s i portò gradua lmente alla configurazione finale di: I gr.msl. Lance su 3 btr. di 2 rampe ciascuna, di 2 gr.a.pc. da 203/25, di supporti vari. Res tò frattanto in vita il Il gr. HJ su 6 rampe anziché su 4. F.n. 195/151 ,17-VI-1975, S .M.E. Ord.: contrazione d ei comandi d 'arma del III C.A. a Comando supporti tattici. (11) F.n. 350/151,4-VIII-1975, S.M.E. Ord.: nuovo ordinamento dell'esercito da campagna, parzialmente modificato con f.n . 75/151,S-IIT-1976, S.M.E. Ord .. Ili C.A.: O.mcc. Centauro (B.mecc. Legnano, B.mecc. Goilo, B. cor. l'urtatone); B.mot. Cremona; rgt.a.pc.carn. a cavallo; 3 ° btg.g.p. Lario; 3° btg.t. Spluga. IV C.A. alpino(denominazione assunta dal 1-1-1973: f.n. 565/151, 23-XII-1972, S.M.E. Ord.): B.alp. Cadore; B. alp. Julia ; B . alp. Orobica; B. alp. Taurinense; B. alp. Tridentina; 7° btg. carabinieri M.O. Pe truccelli; btg.alp.arr. Val Tagliamenlo; btg.alp.arr. Val Chiese; btg.alp.arr. Val Brenta; 264° cp. alp. arr. Val Cismon; c p. alp. paracadutisti; 3° gr. sqd.cor. Savoia cavalleria; 4 ° rgt.a.pe.carn.; 4° gr. spec.a. Bondone; 4 ° btg.g.p. Orta; 4 ° btg .t.; 2° btg.g.mm .. V.C.A.: D.mecc. Folgore (B.mecc. Gorizia, B . mecc. Trieste, B.cor. Vittorio Veneto); D. rnecc. Mantova (B.mecc. Brescia, B. mecc. Isonzo, B. cor . Pozzuolo del Friu li); D. co r. A rie te (B. mccc. Garibaldi, B. cor. Mameli; B. cor. Man in); truppe Trieste; 13° btg. carabinieri cor. Lombardia; 74 ° rgt.f.arr. Lombardia (quadro); 3 ° B.msl. Aquileia; 27° rgt.a.pc.smv.; 5° gr.spec .a. Cordenuns; 5 ° btg.g.p. Bolsena; I btg.g.mn. Garda; 3° btg.g.gv. Verbano; 5° btg.t. Rolle; 1° btg. lagunari Serenissima. I C.M.T.R.: 41 ° btg.t. Frejus. V C.M .T .R.: 32° btg.t. Valles; 42° btg.t. Pordoi; 33° btg.t. Falsarego. VII C.M.T.R.: B. mot. Friuli; B. parac. Folgore; 8° rgt.a.pe.carn.; 2° rgt.g.pl.; rgt.g .fv.; 43° btg.t. Abetone. VIII C.M .T.R.: D.f. Granatieri di Sardegna su ordinamento di transizione. Ordinamento definitivo: B.rnccc. autonoma Granatieri di Sardegna; B . mot. Acqui; 8° gr.sq<l.cor.
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Lancieri di Montebello; 44° btg.l. Penne. Alle dipendenze dell'VIII C.M.T.R. il Comando militare della Sardegna (1 ° rgl. f.cor.; 47 a or cp.t.). X C.M.T.R.: B. mot. Pinerolo; 9° rgt.a.pe.cam.; 45° a btg.t. Vulture. XI C.M.T.R.: B.mot. Aosta; 45 ° cp.t.. Non sono comprese le unità con funzioni di addestramento delle reclute. In precedenza, sempre nel 1975, era stata disposta la soppressione: di 12 gr.a., 6 btg.f., 3 gr.sqd.cav., I btg. cr., 3 btg.g. e del cdo. e cp. s. di 8 btg.f.arr. già precedentemente ridotti a quadro (f.n. 210/151. 28-V-1975, S.M.E. Ord.), di 45 unità di livello btg.gr. non più previste dal nuovo ordinamento (f.n. 260/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord.), di 32 cdi. di rgl.f., 4 cdi. di rgt.cav., 13 cdi. di rgt.a., 3 cdi. di rgt.g. (f.n. 255/151, 10-VIII-1975, S.M.E. 01-d.) Vennero trasformate in D.mece. le D.f. Folgore e Mantova e la D.cor. Centauro; vennero costituiti 11 cdi. di B., vennero contratte a B.le D.f. Cremona e Legnano (provvedimenti sanciti con f.n. 255/151, 10-VII-1975, S.M.E. Ord.). La B.f. Trieste dal I-VIll-1975 venne inserita nella D.f. Folgore (f.n. 290/151, 23-VII-1975, S.M.E. Ord.). Entro il 31-XII-1975 vennero costituiti i comandi artiglieria divisionale per trasformazione dei seguenti cdi. di rgl.a.: cdo. 5° rgt.a.cam. per la D. mecc. Mantova, cdo. 33° rgt.a.cam. per la D. mecc. Folgore, cdo. 131 ° rgt.a. cor. pe1· la D. mecc. Centauro, cdo. 132° rgt.a.cor.per la D.cor. Ariete (f.n.355/151 , 7-Vll 1-1975, S .M .E. Ord.). Entro la stessa data vennero costituiti i gr.spec.a. divisionali per trasformazione delle seguenti unità reggimentali: btr.cdo.S. e btr.spec.a.d. del 5° rgt.a.cam. per gr. spcc.a. Folgore, btr.cdo. e S. e btr.spec.a.d. 132° rgt.a.cam.cor. per gr.spec.a. Ariete (f.n. 390/ 151 , I-IX-1975, S.M.E. Ord.). Nel quadro della ristrutturazione le unità di a.e.a.I. vennero ordinate s u: l rgt., I gr. autonomo, 2 gr. quadro (f.n. 495/151, 17-X-1975 e f.n.615/151, 14-XI-1975. S.M.E. Ord.). La B.msl Aquileia venne ristrutturata mediante: la costituzione del gr.a.msl. Lance su 3 btr. di 2 rampe; la creazione dell'ufficio del vice-comandante e dell'ufficio amminis trazione; la costituzione de l 92° btg.f. Basilicata; il cambio di denominazione del quartiere generale in reparto comando (f.n. 475/151, 23-JX-1975, S.M.E. Ord.). Le unità, a ristrutturazione completata, furono ordinate su organici di guerra, ad eccezione: delle compagnie carabinieri (Centauro, Folf!.ore, Mantova e Ariete) che, per il tempo di pace, vennero costituite su di una sezione; dei plotoni carabinieri delle brigalt: coslit uili per il tempo di pace su di un nucleo; del gr. spec.a. del ITI C.A. costituito per il tempo di pace su di una btr.; dei battag lioni alpini Bolzano, Genova, Cemona, Belluno, Edolo, del 3° gr.a.pe., del 255° btg.mol. Veneto, del 43° btg. mot. Forlì, de l pl.g.p. delle trnppe Trieste, del 35° btg.mot. Pistoia, del 3° gr.a.pe.cam., del 2° btg.g.pl., del 70° btg.mol. Ancona costituiti , per il tempo di pace, come unità quadro. Rimasero altresì s u organici di pace i comandi di C.A. e di D .. T comandi soppressi furono: i cdi.di f. delle OD. Centauro, Cremona, Man tova, Folgore; i cdi. dei rgt.f. ed i rispettivi reparti cdo. e S. d e l 5°, 9°, 17°, 21°, 40°, 59°, 68 °, 78°, 114°, 151 °, 157°, 183°, 1° rgl.par., Serenissima, 54° rgt.f.ar. (quadro), 4°, 5°,6°, 7° e 8° rgl. alp., 11 ° rgt.alp. d'arresto (quadro), 3°, 4° e 22° rgt.cor.; i cdi. dei rgt. cav. e d ei r ispettivi reparti cdo. e S.: Lancieri di Montebello, Savoia cavalleria; cdi. dei rgt.a.mon. e rispettive btr.cdo. e S.: 1°, 2°, 3°, 5° e 6°; c do. e bt.cdo e S. 3° rgt.a.msl.; cdo. e btr. cdo. e S. 3° rgt.a.pe.cam.; cdo. e btr.cdo. e S. 52° rgt.a.pe.; cdo. e pl.cdo. e S. del 2° e del 5° rgt.g.; cdo. 3° rgt.g.gu.arr.. (12) F.n. 425/151, 4-VIIl-1976, S.M.E. Ord.: riordinamento D.f. Granatieri di Sardegna. (13) F.n. 180/151, 14-Vl-1975, S.M.E. Ord.: scioglimento nel cdo. truppe Carnia-Cadore
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e passaggio alle dipendenze del TV C.A. alp. delle B. Cadore e Julia, del Vll btg.t. e del VII R.A.L.. (14) Vds. appendici 1 e 2. (15) F.n. 745/151, 21 -XII-1976, S.M.E .. Oni.: 1• serie AA.VV. al nuovo ordinamento dell'esercito di campagna fissato con il f.n. 350/ 151 , 14-VIII-1975 (già citato) S.M.E. Ord .. I provvedimenti ordinativi riguardanti i comandi di corpo d 'armata e di divisione adottati negli anni 1975 e 1976 vennero sanzionati con i seguenti fogli: f.n. 130/ 151, 12-V-1975, S.M.E. Ord.: AA.VV. alle TT.00. della divisione di fanteria; f.n. 170/ 151,ITlV-1975, S.M.E. Ord.: istituzione carica vice-comandante IV C.A.alp.; f.n. 120/151, 12-V-1 975, S.M.E. Ord.: AA. VV. alle TT.00. della divisione corazzata; f.n. 195/15 1,1 7-VI-1975, S.M.E. Ord.: formazioni del tempo di p ace del comando III C.A.; f.n . 355/151,7-VIIl-1975: TT .00. per coma ndo artiglieria divisionale; f.n. 690/15 I, 12-XTl-1975, S.M.E. Ord.: is tituzione s perimenta le de lla carica <li comandante del genio della D.cor. " Ariete". f.n.695/ 151,27-XII-1975, S.M.E. Ord.: attribuzioni del comandante dell'artiglieria divisionale. f.n. l 0 /151,29-I-1976, S.M.E. Ord.: organizzazione sperimentale per il concorso aereo offensivo. f.n.50/ 151,12-11-1976, S.M.E. Ord.: ristrutturazione de/l 'a rtiglieria della D.mecc. Folgore e del 41 ° rgt.a.pe.cam.; f.n. 260/151,22-IV-1976, S.M.E. Ord.: AA.VV.; organico IV C.A.alp.; f.n. 300/15 1, 26-V-1975, S.M.E. Ord.: is tituzione della carica di comandante del genio presso le D. mecc . Centauro, Folgore e Mantova; f.n. 585/ 151.28-IX-1976, S.M.E. Ord.: AA.VV. coma ndi di C.A.; f.n 670/15 1, 9-XII-1976, S.M.E. Ord.: comandi unità servizi dei C.A.. (16) F.n. 315/151,24-VIl-1975, S.M.E. Ord.: TT.00. dei comandi di brigata. L'articolazione prevede: comandante; vice-comandante con ufficio del vice-comandante ed ufficio amministrazione; capo di stato maggiore: ufficio segreteria-personale-benessere. ufficio O.A.I.O. (sezione O.A.O., sezione I), uffic io logistico (sezione s tato maggiore, sezione sanità, sezione commissariato, sezione materiali di armamento, sezione motorizzazione, sezione veterinaria per le sole brigate alpine); plotone carabinieri. L'articolazione è ritenuta idonea a consentire al comandante la diretta condotta d elle operazioni in campo tattico e log istico. Il vice-comandante è il potenziale sostituto del comandante, è comandante di corpo dei reparti di tutte le unità della brigata e il supervisore d ell'attività log is tica. L'organico del comando della brigata alpina comprende 25 uffic iali, 20 souufficia li, 22 militari di truppa, totale 67 unità; l'organ ico del comando delle altre brigate (mecc., cor., mot .mecc.autonoma): 24 ufficia li, 19 sottufficiali, 21 militari di truppa, totale 64 unità. F.n.300/151,24-VII-1975, S.M.E. Ord.: TT.00 . reparto comando e trasmissioni di brigata: comandan te, ufficio comando, plotone comand o (comandante, squadra comando, squ a dra T, squa dra NBC, 2 squadre di difesa vicina), plotone servizi (comandante, squadra servizi, squadra trasporti) 2 plotoni trasmissioni. Totale: 330 unità (7 u ffic iali, 54 souufficiali, 269 militari di truppa). F.n.465/151, l 9-TX-1975, S.M.E. Ord.: 1 a serie di AA.VV. alle TT.00 dei reparti comando e trasmissioni di brigata. F.n. 380/151,1-IX-1975, S.M.E. Ord.: nuovo organico per comando brigata paracadutisti (com.te, vice-com.te con ufficio del vice-com.te ed ufficio amministrazione, ufficio segreteria personale benessere. uffic io O.A.I.O. su sezione O.A.O. e sezione I, ufficio logistico con sezione s tato maggiore, sezione sanità, sezione commi ssario, sezione materiali di armamento, sezione motorizzazione). Ufficiali: 26, sottufficiali: 20, militari di truppa: 22, totale: 68 unità. F.n.385/151,T-TX-1975,S.M.E. Ord.: nuovo organico reparto comando e trasmissioni di brigata p aracadutisti: comandante, ufficio comando, plotone comando (comandante, squad ra servizi, squ adra tr-aspol'ti), 2 plotoni trasmis-
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sioni. Ufficiali: 7, sottufficiali: 60, mililari di truppa: 261, totale: 328 unilà. F.n.265/151,4-Vl-1976,S.M.E. Ord.: TI.00. reparti carabinieri per divisioni e brigate. Divisione: compagnia su 4 ufficiali, 15 sottufficiali, 84 carabinieri, lolale 103 unità. Brigala inquadrata: plotone su: l ufficiale, 4 sottufficiali, 25 carabinieri, lolale 30 unità. Brigala autonoma: compagnia su 3 ufficiali, 11 sottufficiali, 59 carabinieri, totale 73 unità. F.n.420/151,24-Vl-1976, S.M.E. Ord.: AA.VV. alle TI.00. di guerra delle uni là carabinieri delle DD. e delle 88.. F.n. 530/151.4-IX-l 976, S.M.E. Ord.: AA.VV. alle TT.00 reparti carabinieri delle divisioni e brigate. F.n.485/151,II-VIII-1976, S.M.E. Ord.: TI.00. riepilogalive della brigata motorizzata: comandante, vice-comandante con ufficio del vice-comandante ed ufficio amminislrazionc, capo di stato maggiore e slalo maggiore, 1·epa1·to comando e trasmissioni, 3 battaglioni motorizzali, 1 battaglione corazzato, l gruppo artiglieria da campagna da 155/23 a traino meccanico, l compagnia controcarri, I compagnia genio pionieri, I battaglione logistico, l compagnia carabinieri. Ufficiali 278, soltufficiali 641, militari di truppa 4060, totale 4979 unità. F.n. 490/151,TT-VIII-1976, S.M.E. Ord.: TI.00. riepilogative della brigala alpina: comandante, vice-comandante con ufficio del vicecomandante e ufficio amministrazione, capo di stato maggiore e stato maggiore, reparto comando e trasmissioni, da 3 a 5 ballaglioni alpini, da 2 a 3 gruppi di artiglieria da montagna da 105/14, l compagnia controcarri, l compagnia genio pioncri, l battaglione logistico, 1 compagnia carabienieri. Ufficiali da 314 a 439, sottufficiali da 661 a 908, militari di truppa da 4825 a 6957, totale da 5800 a 8304 unilà, a seconda del numero dei batLaglioni e gruppi. F.n. 665/151, 25-X-1976, S.M.E. Ord.: TI.00. riepilogative brigala meccanizzata auLunuma: comandante, vice-comandante con ufficio del vice-comandante e ufficio amministrazione, capo di stato maggiore con stato maggiore, reparto comando e trasmissioni, 3 ballagloni meccanizzati, I battaglione carri, 1 gruppo artiglieria da campagna da 155/23 a traino meccanico, l compagnia controcarri, 1 squadrone esplorante, l compagnia g. pionieri, 1 battaglione logistico, J compagnia carabinieri. Ufficiali 297, sottufficiali 694, militari di truppa 4234, totale 5225 unità. F.m. 685/151, 30-X-1976, S.M.E. Ord.: TT.00. riepilogative della brigata meccanizzata per divisione meccanizzata: comandante, vice-comandante con ufficio del vicecomandante, capo di stato maggiore e stato maggiore, reparto comand o e trasmissioni, 3 battaglioni o gruppi squadroni rneccanizwti, I battaglione o gruppo squadroni carri, J gruppo artiglieria da campagna da 155/23 a traino meccanico, 1 compagnia o squadrone controcarri, 1 compagnia genio pionieri, 1 battaglione logistico, 1 plotone carabinieri. Ufficiali 272, sotlufficiali 630, militari di truppa 3858, totale 4760 unità. F.n. 720/15 1, 3-Xll-1976, S.M.E. Ord.: TI.00. riepilogative della brigata meccanizzata per divisione corazzata: comandante, vice-comandante con ufficio del vicecomandante e ufficio amministrazione, capo di stato maggiore con stato maggiore, 3 battaglioni o gruppi squadroni meccanizzati, 1 battaglione o gruppo squadroni carri, 1 gruppo artiglieria da campagna da 155/23 semovente, I compagnia o squadrone controcarri, 1 compagnia genio pionieri, 1 battaglione logistico, 1 p lotone carabinieri. Ufficiali 272, sottufficiali 637, militari di truppa 3824, totale 4733. F.n. 740/151, 18-Xll-1976, S.M.E. Ord.: TI'.00. riepilogative della brigata corazzata: comandante, vice-comandante con ufficio del vice-cornpandante ed ufficio amministrazione, reparto comando e trasmissioni, 1 battiglione o gruppo squad roni meccanizzato, 2 battaglioni o gruppi squadroni carri, l gruppo artiglieria da campagna da 155/23 semovente, I compagnia genio pionieri. I hattaglionP. logistico, 1 ploto-
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ne carabinieri. Ufficiale 214, sottufficiali 516, militari di truppa 2651, totale 3381 unità. F.n. 50/151, 28-J-1975, S.M.E. Ord.: TI.00. della brigata missili al 15-II-1975: comando, s tato maggiore (capo di stato maggiore, sezione s tato m aggiore, sezione segreteria p erson ale be nesser e, sezione O.A.I.O., sezione servizi, sezione trasmissioni. sezione armi speciali), quartier generale (plotone comando e servizi, uffic io amministrazione, autosczione mista, sezione N.B.C., nucleo carabinieri), 3° rgl.a.msl. (cdo. rgt., III g r.a.ms l.HJ), XIV e XV gr.a.pe. a traino meccanico, gruppo acquisizione obiettivi (GRACO), battaglio ne genio pionieri, reparto R.R.R., 4 compagnie fuc ileri. Ufficiali 303, sottufficiali 746, militar·i di truppa 4429, totale 5478 unità. Al 3 I-Xll-1976 la B.ms l. stava completando la sua ristrutturazione su: comandante, vice-comandante con ufficio d el vice-comandante ed ufficio amministrazione, un gi-.a.msl. Lance su 3 btr. per <:ornplessive 6 rnmpe, 2 gr.a.pe. a traino meccani<:o, GRACO. 92° battaglione f. Basilicata, reparto comando a trasmissioni, come da f.n.475/151, 23-IX-1975, S.M.E. Ord. (Vds. anche precedente nota n. IO). (17) F .n . 180/15 1, 24-IV-1976, S.M.E . Ord.: TI.00. per il comando truppe Trieste: com and ante, capo stato maggiore e s tato maggiore (sezione segreteria personale ben essere, sezione OATO, sezione log is tica, sezione trasmissio ni ), quartier generale (plo t one comando e servizi, plotone trasmissioni, plotone s ussi stenza, uffic io amministrazion e, ufficio P.T.M.), nucleo ca rabinieri. Officiali 21 , sottufficiali 42, militari di truppa 166, totale 229 unità; 1 ° battaglione motorizzato San Gius to; 255° battaglione motorizzato Veneto (quadro); 43° btg. motorizzato Forlì (quadro); 14° gr.a.cam. Murge. Alcune modifiche, non <li rilievo. furono introdotte nell'organico <lei 14° gr·.a.cam. (f.n. 590/15 1, 5-X-1976: 1 • seFie AA.VV. gr.a.cam. traino m ecca nico per 8.mecc. autonoma e per truppe Trieste). (18) F.n. 470/ 151, 8-X-1975, S.M.E. Ord .: ristrutturazione reggimento Serenissima in comando truppe anfibie (comando, btg.lag. Serenissima, btg. mezzi anfibi Si/e, compagnia reclute). Comando: 3 ufficiali, 2 sottuficiali, 7 mililari di truppa, 12 unità in totale. Battaglione Si/e: comandante, compagnia comando e ser·vizi (plotone comando e servizi, plotone rifornimenti e riparazioni), compagnia mezzi anfibi (squadra comando, plotone m ezzi anfibi, plotone motozat'lere, plotone natan ti). F.n. 600/151, 28-Xl-1975, S .M.E. Ord.: nuovi organici battaglione m ezzi anfibi Si/e: com a ndan te, ufficia li del comando, compagnia comando e servizi, compagnia tras porti a nfibi; la cp. cdo. e S. su : pi. cdo. e S. e pl.R.R.; la cp.tra. anfibi su pi. anfibi, pi. motozattere, pi. n a tanti. Ufficiali 14, sottufficiali 61, militari di truppa 165, totale 240 unità. MTM 4, MTP 2, motobarche da ricognizione 2, motobarche 2, barche a motore 6, battelli pne umatici da 8-10 u om ini con fuo r ibordo 18, LVT-CI, LVT-P 12, motobarche c is te rne 1, carro soccorso 1, pistole 39, FAL truppe a lpine 78, fucili semiautomatici 133, mitragliatrici bivalenti 3 , lanciarazzi e.e. 3, AR 3, AL 2, AM 5, AP 3, autocarri furgonati 3, au toc isterne carburanti 1, autofurgoncini 2. autogru della motorizzazione di f.p. 1, trattori per complessi traino meccanico mezzi cingolati e corazzati 1, rimorchi pluriasse per autofficine 1, rimorchi pluriasse per trasporto m ezzi corazzati e cingolati 1, rimor·chi biga leggeri I , rimorchi biga medi 2. (19) F.n. 560/15 1, 13-TX-1976, S/M/E. Ord.: riordinamento unità di a rresto; f.n. 605/151, 22-XI-1976, S.M.E. Or<l.: riordinamento delle unità fanteria di a rresto. Per le unità di fanteria di a rresto vennero slabiliti organici di guerra ed organici <li pace. Vennero lasciati in vita per trasformazione dei preesistenti reggimenti i battaglioni: 33° Ardenza su 10 c p., 52° Alpi s u 12 cp, 53° Umbria s u 13 cp., 63° Cagliari su 12 cp., 73° Lombardia su g c-p., 74° Pnntitla (già 74° T,nmha rdia) su 16 cp., 120° Fornovo su 13 c p .. La fo rza
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organica di guerra di ogni battaglione variava da un minimo di 53 ufficiali, 86 sottufficiali, 801 militari di truppa ad un massimo di 87 ufficiali, 157 sottufficiali, 1255 militari di truppa, vale a dire da una forza minima complessiva di 940 unità ad una forza massima di 1496 unità. (20) F.n. 285/151, 16-VIl-1976, S.M. E. Ord.: riordinamento unità alpini di arresto. Per le unità alpini d'arresto vennero stabiÌ iti organici di pace e di guerra. Vennero lasciati in vita p er trasfo1·mazione dei preesistenti raggruppamenti i battaglioni: Val Tagliamento con 19 cp., Val Brenta con 12 cp., Val Chiese con 6 cp .. (2 1) L'artiglieria di supporto aveva subito un primo ridimensionamento nel 1973 (f.n. 380-S/151, 21-VI-1973, S.M.E. ord.) mediante: lo scioglimento del comando 9° rgt.a.pe.cam., TJI/8° rg t.a.pe.cam., III/52° r gt.a.pc. ed il riassetto del 4 ° rgt.a.pc.cam. e del 52° rgt.a.pe .. L'artigl ieria di suppo1·to venne cosi ripartita: III corpo d'armata: reggimento a rtiglieria a cavallo; IV corpo d 'armata: 4 ° reggimen to artiglieria pesante campale; 3° gruppo specialis ti artiglieria Bandone; V corpo d 'armata: brigata missili Aquileia (1° gr.a.pes. Adige, 9° g r.a.pes . Rovigo 3° gr.msl. Volturno, 13° g r. acquisizione obiettivi Aquila, btg.g.p., btg.t., RRRR, 92° btg.f. Barlefla, 27° rgt.a.smv., 5° gr. specialisti artiglieria Cordenons; VII C.M.T.R.: 8° r gt.a.pes.camp.; X ° C.M.T.R.; 9° rgt.a.pes.cam .. F.n. 345/ 15 1, 26-VT-1976, S.M.E. Ord.: nuovi organici dei comandi dei reggimenti artiglieria di supporto, pe.cam. e pe., a traino meccanico o semovente: comandante, vicecomanda n te, ufficio comando (ufficio S.P.R., ufficio O.A.T.I.O., ufficio servizi, ufficio ammini strazione), dirigente servizio assisten za spirituale, batteria com ando e servizi (comandante; sezione comando s u squadra comando, squ adra N.B.C., squadra difesa vicina; sezione trasmi ssio ni su squadra comando, squadra trasmissioni radio, squadra tras missioni a filo; sezione servizi su squadra comando, squadra rifornimenti; sezion e R.R. del tipo A); personale del com a ndo d i rgl.a. di s upporto a traino mecanico: 23 ufficiali, 41 sottufficiali, 132 militari di truppa, totale 196 unità; comando di r gl.a. di supporto semovente: 24 ufficiali, 41 sottufficia li, 142 militari di truppa, tota le 207 unità. F.n. 265/15 1, 22-Vll-1965, S.M.E . ord. e f.n . 370/15 1, 1-IX-1975, S.M.E. Ord.: TT.00. gr.a.pe.cam. e pe.dei rgt.a. di supporto, a traino meccanico o smv.. Vennero o rdinati su: comandan te, ufficiali del com ando, b a tte ria comando e Servizi (comandante, sezion e comando e ser vizi, sezione trasmissioni, sezione munizioni, sezione RR, tipo A), 3 b atterie (ciascuna su comandante ed ufficiali del comando, sezione comando e servizi, linea pezzi, per un totale di 18 p ezzi). Pe r sonale: 32 ufficia li , 62 sottufficiali, 345 militari di truppa, 4 39 unità in totale (gr.smv.). Armamento e mezzi: pistole 223, FAL per tr .a lp. 9, FAL 31, fu ci li semia utomatici 176, lanc iarazzi e.e. a p iccola gittata 1O, fucili mitragliatori 38, mtr.12, 7 30, VTC 11 , veicoli c ingolati per P.C. 3, smv. da 155/23 18, m o tocicli 9, A.R. 17, A.L. 9, A.M. 23, A.P. 15, autocarri pe. con cassone furgonato 3, rimorchi biga comuni leggeri 17, rimorchi biga comuni medi 16, rimorchi pluriasse pesanti d e lla motorizzazione 1, autofurgoncini 1, autogru della motorizzazione 1, autocarri cisterna per carburante 1. trattori per complessi traino mezzi corazzati e m eccanizza li I , carri soccorso I, radio pl.-cp. 6, cp.-btg. 2, r adioveicola1·i 13, stazioni radio su m ezzi cor. 1, ricevitori allarm e aereo 1, centralini telefonici a 12 linee 4, a ppa r a ti interfonici per artiglieria 3, telefoni 24, serie s tendimento lince leggere 4, serie stendimento linee norm ali 2, complessi r adio su cingolati 3, cordoncino Km 25, stazione radio su mezzi cingola ti 21. In partico lare, il f.n. 370/151. 1-IX-1 975, S .M.E. Ord. fissò le TT.00. per: gr.a.pe.cam. da 155/23 a t razione meccanica (cte, ufficiali d el comando, batteria comando e servizi , l h a t te rie su complessivi 18 pezzi), 31 ufficiali, 53 sottuffic iali, 349 milita -
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ridi truppa per un totale di 433 unità; gr.a.pe. da 155/45 a tra zione meccanica (comandante, ufficiali del comando, balleria comando e servizi su comandante, sezione comando e servizi, sezione Liro e trasmissioni, sezione munizioni; 3 batterie a.pe.cam. da 155/45 a t.m. su: comandante, ufficiali del comando, sezione comando e servizi, linea pezzi per complessivi 12 cannoni da 155/45); personale: 31 ufficiali, 47 sottufficiali, 342 militari di truppa, totale 420 unità; gr.a.pe.smv. da 175/60: idem; personale: 31 ufficiali , 49 sottufficiali, 366 militari di truppa, totale 446 unità; gr.a.pe. da 203125: idem, 12 obici da 203/25, personale: 3 ufficiali, 47 sottufficiali, 372 militari di truppa, totale 450 unità. F.n. 175/ 15 I, 13-IV-1976, S.M.E. Ord.: ristrutturazione 27° rgt.a.pe.smv.. li rg l. viene ristrutturato su : comando, batteria comando e servizi, 2 gr.a.pe.smv. da 175/60, ciascuno s u 3 btr. di 6 pezzi. F.n. 370/151, 8-VI-1976, S.M.E. Ord.: scioglimento comando e batteria comando e servizi 41 ° rgt.a.pe.cam. F.n. 410/151, 2-VII-1976, S.M.E. Ord.: scioglimento comando e batteria e servizi 9° rgt.a.pe.cam .. F.n. 595/151, 5-X-1976, S.M.E. Ord.: AA.VV.TT.00. gr.a.pe. da 175/60su smv. M 107. F.n. 735/151, 14-Xll-1976, S.M.E. Ord.: TT.00. rgl.a. di s upporto: reggimen to a cavallo, 27° rgl.a.pe.smv., 4° rgt.a.pe.cam., 8° YRt.a.pe.cam. (tabelle 1·iepilogalive con alcune lievi AA. e VV.). Gruppo arliglieria da 155123 a Jraino meccanico divisionale: comandante, ufficiali d el comando, batteria comando e servizi (comandante, se7.ion e comando e servizi, sezione tiro e trasmissioni, sezione munizioni, R.R. - tipo C), 3 batterie a.pe.cam. da I 55/23 (comandante, ufficiali del comando, sezione comando e servizi, linea pezzi). Ufficiali 31, sottufficiali 58, militari di truppa 359, totale 448 u nità. Obici: 18 (f.n. 265/ 151 , 22-VII-1975, S.M.E. Ord.). Gruppo arliRlieria contraerei leRRera divisionale: comandante, ufficia li del comando, batteria comando e servizi (comandante, sezione comando e servizi, sezio ne RRtipo C-), 3 batlerie a.e.a.I. da 12,7 a traino meccanico (comandante, ufficiali del comando, sezione comando e servizi, 2 sezioni a.e.a.I.). Ufficiali 24, sottufficiali 89, milita ri di truppa 358, totale 471 unità. Complessi quadrupli da 12,7:36 (f.n. 130/151, 6-IV-1976, S.M.E. Ord.). Gruppo specialisti artiglieria divisionale: comandante, balleria comando e servizi (comandante; sezione comando: squadra comando, squa dra NBC, squadra difesa vicina; sezione t ras missioni: squadra comando, squadra trasmissioni a filo, squadrn trasmissioni radio; sezione servizi: squadrn comando, squadra rifornimenti, squadrn manutenzione); batteria specialis ti (comandante, sezione com ando: squ adra comando, squadra trasmissioni, squadra servizi; sezione topografi ca: squ adra comando, squad ra topografica; sezione aerologica; sezione osservazione: squadra coma ndo, 6 squadre osservazione). Ufficiali: 15, sottufficiali: 36, militari di truppa: 239, totale 290 uni tà; 4 3 pis tole, 6 fucili automatici per tr.alp., 48 FAL, 183 fucili semiautomatici, 8 mtr.legg.bv., 6 lanciatori e .e. a p.g., 8 motocicli, 1 autovettura, 28 AR., 35 AL, 18 AM, 1 autofurgoncino, 22 rimorchi biga leggeri, 33 rimorchi biga medi, 14 radio pl.-cp., 12 radio cp.-btg., 6 radio btg.-rgt., 19 radio veicolari p.g.. 1 ricevitore allarme aereo, 6 centralini a 12 linee, SO te lefoni, 2 serie stendimento linee volanti, IO serie s tendimento nor.mali, 150 Km cordoncino (f.n. 390/151, 1-IX-1975). (22) L'arma del genio era sq1ta riordinata con inizio dal 197 1 (f.n.460/51, 27-VIIl-1 97 1, S.M.E. Ord.); nel 1972: la specialità pionieri di arresto a veva assunto la denominazione, dal 24-Vl-1972, guaslalori d'arreslo, il 1 btg . guastatori d'arresto era stato sciolto dal 10-X-1972. il II ed il Ili avevano assunto la denominazione r ispettivamente di XXX e
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XXXI battaglione d'arresto; il l-I-1973 il reggimento genio pontieri aveva adottato un nuovo organico che prevedeva l'onlinamento del btg.pt. su 3 cp.pt. (f.n. 400-R/151 6-VI-1972, f.n. 610-S/IS l. l-IX-1972; f.n. 570-S/151, 4-VIII-1972, tutti dello S.M.E. Ord.). Nell'ambito del processo di riordinamento dell'arma erano state altresì ristrutturate le formazioni di pace e di guerra del rgt.g.fv.: accentramento al livello di btg. e cp. dei mezzi di trasporto e delle attrezzature; a rticolazione in squadre dei plotoni delle cp.pt.m.s.; incremento dei mezzi di trasporto per mettere su ruote una sezione di ponte SE; adeguamento degli equipaggiamenti per lavori in terra; riduzione delle attrezzature e dei materiali per la posa in opern dell'armamento fv (f.n. SSO-S/15 1, 9-IX-1973 e f.n . 510-S/151, 5-IX-1973, entrambi dello S.M.E. Ord.). Nel 1974 erano stati ridotti a quadro: VII btg.g. di C.A.; I btg.g.pt:; IV btg.g.mn. (f.n. 300-S/l 51, 9-V-1 974, S.M.E. Ord.). Nel 1974, nel quadro del processo di revisione dell'organizzazione logistica venne soppresso il servizio lavori ponti e strade e disposta l'attribuzione dei relativi compiti direttivi al comando genio di scacchiere. F.n.300/151, 9-V-1975, S.M.E. Ord.: formazioni del tempo di pace delle unità dell'arma del genio: 2° e 5° rgt.g. pionieri, 3° rgt.g. guastatori d'arresto, 2° rgt.g. pontieri, htg.g.p. di C.A.. btg.g.p. per D.f., btg.g.p. per D.cor., cp.g.p. per B.alp., cp.g.p. pe1· B.f., unità genio minatori, rgt.g.fv. Nel quadro della ristrullurazionc: vennero modificate le TT.00. di guerra dei btg.g.p. di C.A. e di D (f.n. 550/151, 3-Xl-1975 e f.n. 300/ 151 del 4-VIII-1975 entrambi di S.M.E. Ord.); vennero aggiornate le TT.00. di guerra delle unità genio pt. (f.n. 560/151, 3-XI-1975, S.M.E. Ord.); vennero elaborate o rielaborate le TI.00. delle compagnie genio per B (f.n. 270/ 151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord.); venne disposto il trasferimento da Villorio Veneto a Udine del comando genio V C.A. (f.n. 630/151 , 10-XTT-1975, S.M.E . Ord.); venne istituita, a titolo sperimentale, la carica di comandante del genio nell'ambito della D. cor. "Ariete" (f.n. 690/151, 12-XII-1975, S.M.E. Ord.). XXT btg.g.p.: TT.00. (f.n. 20/151, 14-V-1975, S.M.E. Ord.). Ordinamento: comandante, ufficiali del comando, compagnia comando e parco (plotone comando e servizi su: squadrn comando, squadra servizi. squadra NBC; plotone R.R. (tipo B): nucleo manutenzione, O.L.; plotone attrezzature speciali su: squadra attrezzature speciali, squadra materiali da ponte; plotone trasporti su: squadra trasporti leggeri, 4 squadre ti-asporti pesanti, laboratorio; 2 compagnie genio pionieri (ciascuna su: comandante. plotone comando e servizi, 3 plotoni pionieri di 4 squadre ciascuno). TI btg.g.p. Timavo venne riordinato nel gennaio 1976 (f.n. 35/151, 17-1-1976, S.M .E . Ord.).
Ballaglione genio pionieri di corpo d 'armata: comandante, ufficiali del comando, compagnia comando e parco (plotone comando e servizi: squadra comando squadra servizi. squadra NBC; plotone RR (tipo B): nucleo manutenzione, O.L.; plotone attrezzature speciali: squadra autoribaltabili, squadra apripista cd escavatrice; 2 plotoni attrezzature speciali: squadra attrezzature speciali, squadra materiali da ponte; plotone trasporti: squadra trasporti leggeri, 4 squadre trasporti pesanti, laboratorio). 3 compagnie pionieri: comandante, plotone comando e sei-vizi (squadra comando, squadra servizi); 3 compagnie pionieri, ciascuna su 3 squadre. Ufficiali: 38, sottufficiali: 98; militari di truppa: 620; totale 756 unità (f.n. 550/151, 3-Xl-1975, S.M.E. Ord.). Battaglione genio pionieri divisionale: comandante, ufficiali del comando, compagnia comando e parco (comandante. plotone comando e servizi: squ adra comando, squadra servizi, squadra NBC; plotone RR. (tipo B): squadra manutenzione. O.L.; plotone attrezzature speciali: squadra autoribaltabili, squadra apripista cd esr.:w::itrici; piolo-
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ne attrezzature speciali: squadra mezzi speciali, squad..-a materiali da ponte; plotone trasporti: squadra trasporti leggeri, 3 squadre trasporti pesanti; 2 compagnie pionieri (comandante; plotone comando e servizi: squadra comando, squadra servizi; 3 plotoni pionieri ciascuno su 4 squadre). Ufficiali: 30, sottuficiali: 68, militari di truppa: 429, totale: 527 unità. Pistole 120, FAL per tr.alp. 29, FAL 161 , fucili semiautomatici 227, mtr.bv.leg. 34, lanciatori e.e. a p.g. 34, motocicli 5, AR 12, AL 12, AM 21, AP 57, AP con cassone furgonato 3, autofurgoncini 2, autogru della motorizzazione g.p. 1, mezzi cingolati per il trasporto truppa 27, rimorchi pluriasse per officina della motorizzazione 1, rimorchi biga comuni leggeri 12, rimorchi biga comuni medi 51, apripista ruotati 4, apripista cingolati 4, attrezzature seminamine da elicotteri 9, autogru I, officina del genio 1, autoribaltabili medi 15, autoribaltabili pesanti 9, carri gittaponte 6, carri pionieri 3, escavatori cingolati 3, escavatori ruotati 6, ponti galleggianti Krupp M.A.N. 1, ponti su appoggi fissi M.G.B. 2, rimorchi per complessi cingolati 7, attrezzature pneumatiche medie 4, stazioni radio veicolari p.g. 3, stazioni radio su mezzi cingolati trasporto truppa 27, ricevitore allarme aereo I, centralini telefonici a 12 linee I, telefoni campali 5, cordoncino telefonico km 10, serie stendimento linee volanti leggere 2 (f.n. 330/151, 4-VIII-1975, S.N.E. Ord.). Battaglione genio guastatori Verbano: comandante; ufficia li del comando; compagnia comando e parco (plotone comando e servizi: squadra cdo., squad ra NBC, squadra sanità, squadra servizi; plotone R.R. (tipo A): squadra manutenzione, O.L.; plotone attrezzature speciali: squadra apripista ed escavatrici, squadra mezzi speciali, squadra autoribaltabili; plotone trasporti: squadra trasporti leggeri, squadra trasporti pesanti, laboratorio); 3 compagnie genio guastat01·i (plotone cdo. e serv.: sqd. cdo., sqd. servizi, sqd. trasporti, sqd. attrezzature speciali; 4 pi. guastatori su: nucleo cdo. e 3 sqd. guastatori). Ufficiali 35, sottufficiali 97, militari di truppa 698, totale 830 unità. Pistole 321. FAL per tr.alp. 27, FAL 311, fucili semiautomatici 203, mtr.bv.leg. 53, lanciatori c.c.p.g. 53, lanciafiamme 6, cannoni s.r. pesanti 36, motocicli 7, AR. 45, AL 10, AM 28, AP 8, AP furgonati 3, autofurgonati 2, autogru della motorizzazione di g.p. 1, rimorchi pluriasse per mezzi a ruote 1, rimorchi pluriasse per trasporto mezzi corazzati e meccanizzati 1, tratlore complesso traino per mezzi corazzati e meccanizzati 1, carri soccorso 1, rimorchi biga leggeri 44, rimorchi biga medi 22, mezzi cingolati per trasporto truppa 56, apripista ruotati 4, escavatori ruotati 6, attrezzature pneumatiche 6, attrezzature seminamine da elicottero 3, carri apripiste 3, carri gittaponte 3, carri per pionieri 6, autofficina del genio I, autoribaltabili medi 4, autoribaltabili pesanti 6, stazioni radio pl.-cp. 48, cp.-btg. 20, veicolari p.p. 3, stazioni radio mezzi cingolati 52, complessi radio su mezzi cingolati 4, centralini 2, telefoni 28, serie stendimento linee volanti normali 1, serie s tendimento linee volanti leggere 6, ricevitore allarme aereo 4, cordoncino km 50 (f.n. 20/151, 4-11-1976, S.M.E. Ord.). Ba/taglione genio minatori: comandante; ufficiali del comando; compagnia comando e parco (pl.cdo. e serv.: sqd.cdo., sqd.serv., sqd.N.B.C.; pl.R.R. (tipo "B"): sqd. manutenzione, O.L.; pi. attrezzature speciali: sqd. autoribaltabili, sqd. apripista escavatrici; pi. attrezzature speciali: sqd. mezzi speciali, sqd. materiali da ponte; pi. trasporti: sqd.tr.leg., sqd.tr.pe., laboratorio); 3 cp. minatori (pl.cdo. e serv. su: sqd.cdo., sqd.serv.; 3 pl.mn. ciascuno su 3 sqd.). Ufficiali: 38, sottufficiali: 95, militari di truppa: 620, totale: 753 unità (f.n. 595/151, 16-XII-1975, S.M.E. Ord.). (23) Le unità trasmissioni vennero riordinate gradualmente. Il btg.t. della D.f. Granatieri di Sardegna venne soppresso il l -X-1975: f.n. 405/151, l -IX-1975, S.M.E. Ord .. Battaglioni trasmissioni di C.A., organizzati su sistema a base areale: 3° Spluga, 4° Gar-
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dena, 5° Rolle e per il IV C.A. fu costituita anche la 7 ° cp.t. IV C.A.: f.n.440/151, 31-VIII-1976, S.M.E. Ord.. Forza dei btg.: 36 ufficiali, 198 sottufficiali, 859 militari di truppa, per un totale di 1093 unità per il btg. "Rolle "; 36 ufficiali, 202 sottufficiali, 861 militari di truppa, per un totale di 1099 unità; per il btg. Gardena; 36 ufficiali, 174 sottufficiali, 726 militari di truppa, per un totale di 936 unità, per lo Spluga. Ballaglione trasmissioni di corpo d 'armata: comandante; pi. cdo. e serv. (sqd.cdo., sqd.serv., sqd.NBC, sqd. manutenzione tecnica); pi. RR (comandante e nucleo comando, nucleo manutenzione, O.L.); 4 compagnie: I a cp:sqd.cdo., 1 pi. C.T., 2 pl.T.S., 2 pl.P.R.; 2° cp.: sqd.cdo., I pl.C.T., 2 pl.T.S., 2 pl.P.R.; 3° c p.: sqd.cdo., I pl.C.T., 2 pl.P.R.; 4• cp.: sqd .cdo., 3 pl.r. (F.N. 440/151, 31-VIII-1976, S.M.E. Ord.). Battaglione trasmissioni divisionale: comandante; ufficiali d e l comando; plotone comando e servizi (sqd.cdo., sqd.serv., sqd.NBC, sqd. manutenzione tecnica); plotone RR (tipo B): nucleo cdo., nucleo manutenzione, O.L.; 2 compagnie: sqd.cdo., plotone centro T. plotone radio, plotone P.R., plotone costruzione). Ufficiali 19, sottufficiali 99, militari di truppa 454, totale 572 unità. Pis tole 86, FAL per tr.alp.10, fucili semiautomatici 476, mtr.bv.leg.15, lanciarazzo c/c a p.g. 15, motocicli 10, AR 38, AL 50, AM 28, AP 2, AP con cassone furgonato 3, autofurgoncini 2, autogru della motorizzazione di g.p. l, veicoli cingolati per P.C. delle trasmissioni 6, veicoli cingolati per terminali P.R. 3, rimorchi pluriasse per officina della motorizzazione I, rimorchi biga comuni leggeri 38, rimorchi biga comuni medi 68, stazioni radio cp.-btg.5, btg.-rgt.7, stazioni radio divisionali 11, stazioni radio divisionali radio-telescriventi 5, stazioni radio a grande pote nza Chelter 2 , stazioni radio veicolari p.p. 17, complessi radio per mezzi cingolati 3, complessi radio per acrocooperazione s u mezzi cingolati 3, ricevitori allarme aereo 4, ricevito,·i MA 4, ricevitori MF 4, ricevitori UHF I, terminali ponti radio a p.c. 18, terminali ponti radio a media capacità 8, terminali ponti radio a pkcola capacità 8, cordoncino telefonico km 100, cavo telefonico bicoppia (bobine) 100, cavo telefonico 26 coppie (bobine) 20, serie stendimento linee volanti leggere 2, serie stendimento lince volanti normali 6, serie stendimento linee in cavo 3, centralini telefonici a 12 linee 5, centrali telefoniche a 40 linee 4, telefoni 90, complessi te lecifranti online 17. complessi apparati per telescriventi 17, p erforatrici di zona 5, complessi di protezione per radiote lescriventi 7, macchine cifranti off line 6, teminali telefonici a media capacità 26, terminali telegrafonici a piccola capacità 17, autofficine per ripa razione e prova circuito in shelter 5, autofficine per riparazioni mezzi a filo 1. autocentro cifra l, autocentro messaggi in shalter 3 (f.n. 340/ 151 , 4-VITT-1975, S.M.E. Ord.). li centro di ricerca elettronica - SIGINT - venne costituito su di un battaglione che assunse la denominazione di battaglione ricerca elettronica Tonale (f.n.255/151, 31-V-1976, S.M.E. Ord. e f.n.385/151, 30-VII-1976 entrambi dello S .M.E. Ord.). Nel settembre 1976 vennero diramate AA.VV. per il centro difesa elettronica (f.n.540/152, 30-IX-1976, S.M.E. Ord.). Anche la 24a e la 25a compagnia t per rgt.a msl.c.a. vennero riordinate come da f.n.365/151, 3-VI-1976, S.M.E. Ord .. Nell'ottobre 1976 venne diramata la 1 • serie di AA.VV. alle TT.00. dei supporti trasmissioni di C.A. (f.n.680/151, 22-X-1972, S.M.E. Ord.) e in dicembre le TT.00. del 13° b.t. Mauria (f.n. 580/151, 27-XII-1976, S.M.E. Ord.). (24) L 'A.L.E. fu soggetta negli anni 1975 e 1976 a ripetuti riordinamenti, in parte in relazione alla necessità di un assetto sempre più appropriato alla sua crescita ed in parte in relazione alle esigenze connesse con la ristrutturazione delle grandi unità. Il riordinamento venne informato ai seguenti c riteri (f.n.205/151. 20-V-1975, S.M.E. Ord.):
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graduale riduzione della componente ad ala fissa cd incremento di quella ad ala rotante; realizzazione di un ordinamento informato a criteri di accentramento con assegnazione dell e unità dell'A.LE. ai seguenti livelli ordinativi: stato maggiore della difesa, stato maggiore dell'esercito, CMTR (esclusi I e IV), corpi d'armata, divisioni, B. msl., B. paracadutisti; conferimento ai diversi livelli ordinativi delle seguenti possibilità: S.M.D. ricognizione; S.M.E.: ricognizione, trasporto tattico, trasporto logistico, concorso di fuoco; C.M.T.R.: ricognizione in proprio ed a favore delle unità dislocate all'interno del territorio, controllo di eventuali aree di aviosbarco e di sbarco, concorsp alle unità addeslralive delle scuole d'arma; corpi d'armala: ricognizione in proprio ed a favore delle unità non indivisionate, controllo del combattimento, trasporto tattico e logistico, concorso di fuoco; divisioni: ricognizione, controllo del combattimento; brigata missili: ricognizione, trasporto di nuclei paracadutisti; brigata paracadutisti: ricognizione, trasporto tattico, concorso di fuoco e articolazione delle unità di volo in reparti minori idonei all'eventuale impiego autonomo; costituzione di 4 comandi di raggruppamento A.LE. con i compiti di: coordinamento e controllo in campo addestrativo, operativo, logistico ed amministrativo delle unità di volo alle dirette dipendenze dello S.M.E. e dei cdi. di C.A. e coordinamento e controllo tecnico-funzionale delle unità di volo inquadrate nelle grandi unità elementari; adozione delle seguenti denominazioni: gruppo squadroni ALE in luogo di RAL, gruppo squadroni elicotteri da trasporto mcdi in luogo di REM; gruppo squadroni elicotteri multiruolo in luogo REUG; gruppo squadroni elicotteri da ricognizione (fino ad allora non previsto); squadroni aerei leggeri, elicotteri da ricognizione, elicotteri multiruolo, elicotteri da trasporto medi in luogo delle sezioni. Le disposizioni riguardanti il riordinamento dell'A.LE. vennero impartite con i seguenti fogli dello S.M.E. Ord.: f.n. 205/151. 20-V-1975; f.n. 5751151. 22-XII-1975; 5/151, 12-1-1976; 25/ 151, 13-11-1976 (TT.00. del 3° GRAeO); 90/151 19-11-1976 (denominazione delle unità); 185/151, 3-IV-1976 (assegnazione del 472. squadrone ERI alle truppe Trieste); f.n. 270/151, 13-V-1976; f.n. 330/151 15-V-1976 (gr.sqd. elicotteri da ricognizione per D.mecc. e cor.: AA.VV. alle TT.00.); f.n. 320/151, 25-V-1976(attribuzioni dei comandanti dei rgt. ALE di e.A.); f.n. 270/151, 15-V-1976; f.n. 335/ 151, 23-VI-1976; f.n. 5451151, 15-IX-1976 (costituzione 3° gr.sqd. Pegaso). Nuovo ordinamento dell'ALE. Stato Maggiore della difesa: 1 sqd. aerei leggeri su 4 aerei. Stato Maggiore dell'esercito: 1 rggt.A.L.E. Antares su: 2 gr.sqd.elicotteri da trasporto medi, ciascuno su 2 squadroni per un totale di 24 elc.; 1 gr.sqd.elc. multiruolo su 4 squadroni per un totale di 24 elc.; 1 gruppo efficienza velivoli. Vll, Vili, X, Xl C.M.T.R. e comando militare della Sardegna: I gr.sqd.A.LE. su I sqdr.AL e 1 sqd.ERI per un totale di 6 AL e 6 clc. da ricognizione. ITT,IV e V C.A.: I raggruppamento ALE, rispettivamente l'Aldebaran, l'Altair e il Rigel su: 1 gr.sqdr.A.LE. su 1 sqdr.AL e I sqdr.elc. da ricognizione per un totale di 6 AL e 6 ERI; 1 gr.sqdr.elc. multiruolo rispettivamente su 3 sqd.elc. multiruolo per III e.A. (18 elc.). 5 sqd.elc. multiruolo per il IV C.A. alp. (30 elc.), 4 sqd.elc. multiruolo per il V.C.A. (24 elc.), 1 gr.sqdr.elc. da ricognizione su 2 sqdr per il IV e.A. (12 elc.), 1 gr.sqdr. elicotteri d'attacco su 4 sqdr. per il III e V e.A. (24 elc. per ciascun gr.sqdr.). Divisioni: 1 gr.sqdr.elc. da ricognizione su 2 sqdr (12 elc.). Brigata paracadutisti Folgore: I gr.sqdr. ALE su I sqdr.elc. da ricognizione e I sq<lr.elc. multiruolo (6 elc. da ricognizione, 6 elc.multiruolo). 3 4 Brigata msl.: 1 sq<lr.AL e 1 sqdr.elc. multiruolo (4 AL e 4 elc.). Centro addestramento A.L.E.: 1°, 2° e 3° reparto riparazioni A.LE .. Rggt. Antares: gr.sqdr. ETM Ercole; gr.sqd.ETM Gru; gr.sqd.EM Leone. Rggt.Aldebaran: gr.sdq.ALE Eridano; gr.sqd. EM Cassiopea. Rggt. Altair. gr.sqd. ALE Orione,
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FILIPPO STEFANI
gr.sqd.ERl Erice, gr.sqd. EM Orfeo. Rggt. Rigel: gr.sqdr. ALE Cigno, gr.sqdr. EM Dragone, gr.sqdr. ERI Sagittario, gr.sqd. ERI Pavone, gr.sqd. ERI Capricorno. Ogni raggruppamento, oltre del comando, disponeva di uno squadrone cdo. e serv. (F.n. 575/151, 22-XII-1975; f.n.25/151, 13-11-1976; f.n. 90/151, 19-ll-1976, tutti dello S.M.E. Ord.). F.n. 185/151, 3-TV-1976, S.M.E. Ord.: assegnazione di uno squadrone cle. per comando "Truppe Trieste". (25) Organico battaglioni carabinieri (esclusi 13° e 7°): comandante; vice comandante; ufficiali del comando; compagnia comando e servizi (plotone comando e servizi: sqd.cdo., sqd.serv., sq<l.NBC, sqd. sanità; plotone trasmissioni: sqd.t. radio, sqd.t. e filo; pl.R.R. nucleo cdo., nucleo manutenzione, O.L.; plotone trasporti: squadra trasporti leggeri, 2 sqd. trasporti pesanti; plotone pionieri: nucleo cdo., 4 sqd. pionieri); compagnia fucilieri (plotone comando e servizi: sqd.cdo., sq<l.servizi), 3 plotoni fucilieri (ciascuno su nucleo cdo. e 3 sqd. assaltatori), plotone armi a tiro teso (sqd.cdo., 3 sqd.armi a t.t), plotone mortai medi (nucleo cdo., sqd. tiro, 3 sqd.m.medi); compagnia mortai pesanti (plotone cdo.e serv.: sqd.cdo., sqd. Liro, sqd. trasmissioni, sqd. servizi, 2 plotoni mortai pesanti: sqd.cdo., sqd. tiro, 3 sqd.mo.pe); compagnia blindocingolati: plotone cdo. e serv.: sqd.cdo., sqd. servizi: plotone autoblindo: 3 plotoni cingolati: nucleo cdo., 3 sqd. cingolate. Ufficiali 50, sollufficiali 104, carabinieri 835, totale 989 unità. Mortai medi 9, mortai pesanti 6, e.annoni e.e. e senza rinculo 18, mtr.bv. 62, lanciarazzi c .c.p.g.52, autoblindo 9, mezzi cingolati trasporto truppe 12 (f.n. 455/151, 30-VTI-1976). (26) F.n. 660/151, 15-XII-1975, S.M.E. Ord.: personale arma dei carabinieri. F.n. 230/151, 28-V-1976, S.M.E. Ord.: personale dell'arma dei carabinieri in servizio presso le grandi unità. (27) F.n. 75/151, 5-III-1976, S.M.E. Or<l.: numerazione delle unità. (28) F .n . 1044/153, 2-IV-1975, S.M.E. Ord.: assunzione della funzione di comandante di corpo da parte dei comandanti dei battaglioni e gruppi autonomi non inquadrati in unità al livello di reggimento. F.n. 175/151, 15-V-1975, S.M.E. Ord.: accentramento dell'amministrazione del contante e della gestione del materiale al livello di battaglione (estensione del provvedimento ad a ltre unità). (29) F.n. 395/151, 2-IX-1975, S.M.E. Ord.: attribuzioni vice-comandante di brigata. (30) Ballagliune di sanità: comandante, ufficiali del comando, 3 compagnie di sanità, 3 ospedali a campo, 3 gruppi chirurgi<.:i, 1 ambulanza odontoiatrica, 1 plotone onoranza caduti. Ufficiali 54, sottufficiali 61, militari di truppa 533, totale 648 unità (f.n. 365/151, 8-Vlll-1975, S.M.E. Ord.). (31) Battaglione logistico per le divisioni meccanizzate e corazzate: comandante, 1 cp.cdo. e serv. su pl.cdo. e serv.; 3 compagnie rifornimenti e trasporti (pl.cdo. e serv., pi. s ussistenza, pi. rifornimenti, pi. movieri, 2 pi. trasporti medi, 1 pl. trasporti pesante); O.M.; Parco. Ufficiali 21, sottufficiali 66, militari di truppa 385, totale 472 unità. (f.n. 233/151, 23-VII-1975, S.M.E. Ord. e f.n. 365/151, 8-VIII-1975, S.M.E. Ord). La catena funzionale logistica non subì variazioni. Il servizio sanitario venne accentralo al livello di divisione. Ogni compagnia rifornimenti del btg.log. fu predesignata alla costituzione di un centro logistico; il battaglione sanità fu ordinato in misura di costituire un centro sanitario articolabile in tre centi autonomi. Il btg.sa. rimase peraltro unità quadro. (32) Compagnia controcarri. Compagnia controcarri per brigata meccanizzata ecorazzata: comandante; vice-comandante; plotone comando e servizi (pl.cdo., pi. serv.); 3 plotoni controcarri (cdo., 6 sqd. msl.). Ufficiali: 6, sottufficiali 26, militari di truppa 107, totale compagnia 149 unità. Pistole 69, FAL per tr.alp. 1. FAL 26, fucili semiauto-
CAP. LXIX • LA RISTRUTIURAZIONE
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matici 33, lanciatori e.e. a grande gittata 18, motocicli 1, AR 4, AM 5, rimorchi biga comuni leggeri 4, rimorchi biga comuni medi 3, veicoli cingolati trasporto truppa 19, complessi radio veicolari 6, stazioni radio su cingolati 4, complessi radio su cingolati 1. (Foglio n. 275/151, 8-Vll-1975, S.M.E. Ord.). Compagnia conlrocarri per brigata alpina: comandante; vice-comandante; plotone comando e servizi (sqd.cdo., sqd.serv.); 2 plotoni controcarri (cdo., 6 sqd.msl.). Ufficiali 5, sollufficiali 20, militari di truppa 85, totale 110 uomini. Pistole 24, FAL per tr.alp. 1, FAL 24, fucili semiautomatici 61, lanciatori e.e. a g.g. su AR 12, motocicli I, AR 16, AL 6, AM 5, rimorchi biga comuni leggeri 22, rimorchi biga comuni mcdi 3, radio pl.-cp. 5, radio cp.-btg. 15, radio veicolari p.g. l. (F.n. 275/151, 8-Vll-1975, S.M.E. Ord.). Compagnia controcarri per ballaglione motorizzato: comandante; vice-comandante; plotone comando e servizi (sqd.c<lo., sq<l.serv.); 3 pi.e.e. (cdo., 6 sqd.msl.). Ufficiali 6, sottufficiali 26, militari di truppa 114, totale 146 uomini. Pistole 31, FAL per tr. a lp. 1, FAL 26, fu cili semiautomatici 78, lanciatori c.c.ag.g. su AR 18, motocicli 1, AR 23, AL 9, AM 5, rimorchi biga comuni leggeri 32, rimorchi biga comuni mcdi 3, radio pl.-cp. 6, radio cp.btg.22, radio veicolari 1 (Foglio n. 275/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord.). Compagnia controcarri per brigala paracadutisti: comandan te; vice-comandante; plotone comando e servizi (s<lq.c<lo., sqd.serv.), 3 plotoni e.e.a g.g. (cdo., 6 sq<l.msl.). Pugnali 146, pistole 31, FAL per Lr.paracadutisti 119, posti tiro missili e.e. a g.g. 18., motocicli I, AR 23, AL 9, AM 5, rimorchi biga comuni leggeri 32. rimorchi biga comuni medi 3, radio pl.-cp.6, radio cp.-btg. 22, radio veicolari 1. (F.n. 360/151. 25-Vlll-1975, S.M.E. Ord.). (33) Gruppo artiglieria da 155123 a traino meccanico o semovente delle divisioni, delle brigate meccaniz:t.ate, inquadrate od autonome, corazzate, motorizzale: f.n. 265/151 , 22-VIl-1975 , S.M.E. Ord .. Articolazione comune a tulli i tipi di gruppo: comandante; ufficiali del comando; batteria comando e servizi (cte., sezione cdo. e serv., sezione tiro e trasmissioni, sezione munizioni, sezione R.R. ("C")); 3 batterie a.cam. da 155/23 (etc., ufficiali del cdo., sezione cdo. e scrv., linea pezzi). Ufficiali 37 o 38 secondo il tipo <li traino, sottufficiali 58 o 62, militari <li truppa 390 o 377, totale da 486 a 47S uomini. Successive varianti: f.n. 130/151, 6-IV-1976, S.M.E. Ord .. (33 bis) Gruppo arLiglieria da cam. per brigata paracadutisti: f.n. 420/ 151 10-IX-1975, S.M.E. Ord .. Nuovi organici: comandante; ufficiali del comando; batteria comando e servizi (cte., sezione c<lo. e serv., sezione tiro e trasmissioni, sezione aviorifornimenti); 3 batterie <la 105/ 14 (cle., ufficiali del cdo., sezione cdo. e serv., linea pezzi). Ufficiali 39, sottufficiali 56, militari di truppa 367, totale 462 uomini. Obici da 105/14: 18. (f.n. 140/151, 26-lll-1976, S.M.E. Ord.: ya serie AA.VV.). Gruppo artiglieria da monlagna per brigata alpina: comandante; ufficiali del cdo.; batteria cdo. e serv. (sezione c<lo. e serv., sezione tiro e trasmissioni, sezione munizioni); 2 batterie a.mon. <la 105/14 autotrainate (cte e cdo btr, autocarreggio, sqd. salmerie, sqd. difesa vicina, linea pezzi); 1 batteria a.mon. da 105/14 (cte. e ufficiali del cdo., sq<l. difesa vicina). Ufficiali 35, sottufficiali 55, militari di truppa 520, totale 610 uomini (f.n. 415/ 151, 12-IX-1975, S.M.E. Ord.). Obici da 105/ 14: 18. (34) Compagnia genio pionieri per brigata: f.n. 270/151, 8-VII-1975, S.M.E. Ord.: nuovi organici: comandante; ufficiali <lei comando; plotone comando e servizi (sqd.c<lo., sqd.serv., posto manutenzione B); 3 plotoni pionieri ciascuno su etc. e 4 sqd. pionieri; l plotone attrezzature speciali su cte., sqd. attrezzature speciali, sqd. trasporti. Ufficiali 8, sottufficiali 20, militari di truppa 164, totale 192 uomini. Pi stole 14, FAL per tr.alp. 106. fucili semiautomatici 75, mitragliatrici bivalenti 16, lanciatori c.c.p.g.16,
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FILIPPO STEFANI
motocicli I. AR 2. AL 14, AM 9, AP 6, rimorchi biga comuni leggeri I, rimorchi biga comuni medi 7, apripista cingolati 2, apripista ruotati l, teleferiche 2, autoribaltabili medi 5, autoribaltabili pesanti 6, autogru I, autosgombraneve 3. escavatori campali 1.0.L. genio I, rimorchi cingolati 3, ponti su appoggi fi ssi MGB , I attrezzature rimorchiabili 3, radio cp.-btg.5, radio veicolari p .g. 6, te lefoni 9, serie stendimento linee volanti leggere l. La forza organica varia: brigata corazzata: idem; brigata meccanizzata autonoma: ufficiali 8. sottufficiali 24, m ilitari di truppa 159. (f.n. 280/151. 28-IV-1976, S.M.E. Ord.: AA.VV. TT.00. della compagnia genio pionieri di brigata). Compagnia genio pionieri per brigata paracadutisti: comandante; ufficiali del comando; plotone cdo. e serv. (sqd.cdo .. sqd.serv., posto manutenzione A); 3 plotoni pionieri ciascuno su etc. e 4 sqd . pionic1·i; plotone attrezzature s peciali (sqd. attrezzature speciali, sqd. trasporti). Ufficiali 8, sottufficiali 25, militari di truppa 165, totale 198 uomini (f.n. 400/151, 25-VIII-1975, S.M.E. Ord.). (35) Battaglione logistico per brigata: f.n. 365/151, 8-VIII-1975, S.M.E. Ord. Battaglione logistico per brigata meccanizzata e corazzata: comando; plotone comando; compagnia rifornimenti e trasporti (plotone cdo., plotone sussistenza, plotone rifornimenti, plotone movicri, 2 plotoni trasporti medi, I plotoni trasporti pesanti). Ufficiali 38, sot tufficiali 85, militari di truppa 569, totale 692 uomini. Battaglione logistico per brigata meccanizzata autonoma: comando; plotone comando; compagnia <li sanità (plotone comando, plotone sanità, plotone disinfestazione, plotone porta feriti), ospedale da campo; gruppo chirurgico; ambulanza odontoiatrica; compagnia rifornimenti e trasporti; ,officina mobile: parco. Battaglione logistico per brigata motorizzata: comando; plotone comando; compagnia sanità; ospedale da campo; gruppo chirurgico; ambulanza odontoiatrica; compagnia rifornimenti e trasporti; officina mobile; parco mobile. Ufficiali 37, sottufficiali 82, militari di truppa 532, totale 651 uomini. (f.n. 305/151, 12-IV-1978, S.M.E. Ord.: 1• serie AA.VV. TT.00. btg. logis tico). Organico battaglione logistico per brigata paracadutisti: f.n. 435/15 I, I2-IX-1975, S.M.E. Ord.: comando; plotone comando; compagnia sanità (plotone cdo., pi sanità, pi. disinfestazione e bonifica, plotone portaferiti); ospedale da campo; gruppo chirurgico; a mbulanza odontoiatrica; compagnia rifornimenti e trasporti (pl.cdo, pi. sussistenza, pi. rifornimenti, pi. movieri, pi. trasporti medi, pi. trasporti pesanti); officina mobile; parco; compagnia manutenzione ed aviorifornimenti. Ufficiali 4 3, sottufficiali 104, militari di truppa 685, totale 832 uomini. Organico battaglione logistico per brigata alpina: f.n. 375/151, 1-IX-1975. S.M.E. Ord.: riordinamento delle unità logistiche delle brigate alpine. Battaglione logistico per brigata alpina: TT.00.: comando; plotone comando e servizi; 2 reparti logistici leggeri (ciascuno su: pl.cdo. e serv., pi. sussistenza, pi. rifornimenti, plotone trasporti medi, plotone RR s u nucleo cdo., nucleo manutenzione, OL; I reparto logistico m edio (pl.cdo. e serv., pi. suss istenza, pi. trasporli medi, officina mobile, parco). (36) Organico battaglione e gruppo squadroni meccanizzato: comandante; vicecomandante; ufficiali del comando; compagnia o squadrone codiando e servizi su 6 plotoni (pl.cdo. e scrv.: sqd.cdo., sqd. informatori, sqd.NBC, sqd. sanità, sqd. servizi; pi. trasmissioni: sqd. trasmissioni a filo, sqd.trasmssioni radio; pi. RR "A": nucleo manutenzione, OL; pi. trasporti: 1 • sq. trasporti; 2• sq. trasporti; pl. pionieri su 4 sq.; pi. controcarri s u 3 sq. cn.c.c.s.r. pesanti); 3 compagnie o squadroni meccanizzati, (I pl.cdo. e serv., 3 pi. fuc ilieri, I pi. controcarri, 1 plotone mortai mcdi); I compagnia o squadrone mortai pesanti (pl.cdo. e serv,, 2 pi. morta i s u 4 sq. ciascuno). Ufficiali 45, sottufficiali 100, militari di truppa 751, totale 896 uomini. Pistole 329, FAL 235 , FAL per tr.alp.9,
CAP. LXIX - LA RISTRUTTURAZION E
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fucili semiautomatici 335, mitragliatrici bivalenti 42, tre ppiede per mir. bv. 27, lanciarazzi e.e., a p.g. 47, motai medi 9, mortai pesanti 8, cannoni s.r. pesanti 18, lanciafiamme 4, motocicli 7, AR 29, AL 14, AM 36, AP 11, autocarri furgonati 3, autocisterna carburanti I, autofurgoncini I, autogru deHa motorizzazione di g.p. I, trattori per complesso traino mezzi corazzati e cingolati I, rimorchi pluriasse per trasporto mezzi corazzati e meccanizzati I, rimorchi biga leggeri 22, rimorchi biga comuni medi 23, rimorchi pluriassc I, veicoli cingolati trasporto truppa 68, veicoli cingolati trasporto mortai medi 9, veicoli cingolati trasporti mortai pesanti 8, carri recupero I. Stazioni radio. pl.-cp. 31,cp.-btg.S 1, stazioni radio veicolari p.g.6, radio su mezzi cingolati 82, radio su mezzi corazzati o anfibi 1, complessi radio su mezzi cingolati 3, ricev.itorc al larme aereo 1, centralini a 12 linee 2, telefoni campali 32, cordoncino telefoni co km 55, serie stendimento lince volanti leggere S, serie s tendimento lince volanti normali 2 (f.n. 220/151 , 4-VT-1975, S.M.E. Ord.). Organico ba11aglione motorizzato: struttura analoga a quella del btg. mccc. (1 cp.cdo. e serv., 3 cp. motorizzate, 1 cp. mortai pesanti). Nella cp.cdo. e serv. manca il plotone controcarri. Ufficiali 41 , soLLufficiali 94, militari di truppa 709, totale 844 uomini. Pistole 187, FAL 301, FAL per tr.alp. 7, rucili semiautomatici 359, mitrngliatrici bivalenti 51, treppiede per mir. hv. 36, lanciatori c.c.a.p.g. 11 , cannoni leggeri s.r. <la 57 27, cannoni pesanti s. r. da 106 6, lanciafiamme 4. mortai medi 9, mortai pesanti 8, motocic li 7, AR 60, AL SI, AM 43, autocarri furgonati 3, autociste rna carburanti I, autofurgonc ini I, autogru della motorizzazione di g.p. 1, rimorchi biga comuni leggel"i 46, rimorchi biga comuni medi 23, rimorchi pluriasse per autofficina motorizzazione I, stazion i radio pl.-cp . 34, radio cp.-btg. 55, radio veicolare p.p. 4, radio btg. rgt. 2, centralini a 12 linee 5, telefoni 48, serie stendimento lince leggere 4, serie s tendimento lince normali 2, cordoncino telefonico km 79, ricevitore allarme aereo I . (f.n. 225/ 151, 6-Vl-1975, S.M.E. Ord.). Organico ba11aglione o gruppo squadroni carri: comandante; vice-comandante; ufficiali del comando; compagnia o squadrone comando e ser vizi (pl.cdo., pi. RR A, pi. trasporti); 3 compagnie o squadroni carri ciascuna su pl.cdo. e se1·v. e 3 pi. carri ciascuno su 5 carri. Ufficiali 32, sottufficali 82, milita ri di truppa 320, totale 434 uomini. Pistole 263, FAL per tr.alp. 114, FAL 17, fucili semiautomatici 146, mitraglia! rici bivalenti 3 , lanciatori c.c.g.p. 3, carri armati 49, motocicli 8, AL 11 , AM 8, AP 18, autocarri furgonati 9, autocisterna combustibile I, autofurgoncino 1, a utogru della motorizzazione di g.p. 1, carri soccorso 4, trattori per complessi traino mezzi corazzali e cingolati 1, rimorchi pluriasse per trasporto mezzi corazzati e cingolati 1, rimorchi biga comuni leggeri 8, rimorchi biga comuni medi 15, rimorchi pluriasse per autofficina motorizzazione g.p. l. veicoli gingolati trasporto truppa 6 , stazioni radio pl.-cp. 8, cp.-btg. 7, veicolari 4, s tazioni radio s u mezzi corazzati 53, su m ezzi c ingolari 3, ricevitore allarme aereo 1, telefoni campali 6, cordoncino telefoni co km 15, centralino telefonico a 12 linee I, serie stendimento linee normali I. (f.n. 230/151 , 9-VI-1975, S.M.E. Or<l.). Organico ballaglione gruppo squadroni corazzato: comandante; vice-comandante; ufficia li del comando; compagnia comando e servizi (pl.cdo. e serv. su sqd.cdo., sqd. I, sqd.NBC, sqd. sanità, sqd. servizi; pl.RR A su nucleo manutenzione e OL; pi. trasporti su 1 a sqd. trasporti e 2• sqd. trasporti); I compagnia meccanizzata (pl.cdo. e servizi, 3 pi. fucili eri, I pi. controcarri su cdo. e 2 sqd.cn.s.r. pesanti, I pi. mo rtai medi su sqd. tiro e 3 sqd. mortai medi); 2 compagnie carri, ciascuna s u I pl.cdo. e servizi e 3 pi. carri ciascuno su S carri. Ufficiali 34, sottufficiali 83, militari di truppa 419, totale 536 uomini; pistole 275, FAL per tr.alp. 80, FAL 79, fucili semiautomatici 177, mitragliatrici
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FILIPPO STEFANI
bivalenti 14, treppiede 9, lanciarazzi e.e.a p.g. 17, mortai medi 3, cannoni s.r. pesanti 4, motocicli 8, AR 14, AL 8, AM 18, AP 18, autocarri furgonati 3, autocisterna carburanti I, autofurgoncini I, autogru della motorizzazione di g.p. I. carri soccorso o recupero 3, trattori per complesso traino mezzi corazzati e meccanizzati 6, rimorchi pluriasse per trasporto mezzi corazzati e meccanizzati I, rimorchi biga comuni leggeri 11 , rimorchi biga comuni mcdi I 9, rimorchi pluriasse per autofficina motorizzazione I , mezzi cingolati trasporto truppa 24, mezzi cingolati portamortai medi 3, carri armati 33, stazioni radio pl.-cp. 14, cp.-btg. 17, veicolari g.p. 4, su mezzi corazzati e anfibi 36, su mezzi cingolati 24, complessi radio su mezzi cingolati 3, ricevitore allarme aereo I, telefoni campali 8, cordoncino km 20, centralini telefonici a 12 lince I; serie stendimento linee volanti leggere I, serie stendimento linee volanti normali I {f.n. 245/151, 21-VT-1975, S.M.E. On.I.). Organico ba1taglione alpini: comandante; vice-comandante; ufficiali del cdo.; compagnia comando e servizi (cte., vice cte., pl.cdo. e serv.; sqd. cdo.,sqd. T, sqd, NBC, sqd,serv.; pi. trasmissioni: sqd.cdo., sqd.trasmissioni radio, sqd.trasmissioni a filo; pi.pionieri: nucleo cdo., 4 sqd.pionieri; pi.esploratori: nucleo cdo., 3 sqd.esploratori; pl.controcarri: sqd.cdo., 3 sqd.cannoni s.r.pesanti; pi. trasporti: sqd.cdo., sqd.trasporti, salmerie); 3 compagnie alpine {cte., ufficiali del cdo., pl.cdo.e serv., 3 pi. fucilieri, I pi.mortai medi); I compagnia mortai pesanti {cte .. vice cte .. pi. cdo e serv.. 2 pi. mortai pesanti ciascuno su 4 sqd.). Ufficiali 45, sottufficiali 96, militari di truppa 809, totale 950 uomini; pistole 205, FAL per tr.alp. 426, fucili semiautomatici 343, mitragliatrici bivalenti 7, treppiede 54, lanciatori c.c.p.g. 19, mortai medi 9, mortai pesanti 8, cannoni s.r. leggeri 15, cannoni s.r. pesanti 6, lanciafiamme 4, motocicli 4, AR 75, AL 17, AM 43, rimorchi biga comuni leggeri 65, rimorchi biga comuni medi 42, autogru della motorizzazione, muli 48, stazioni radio pl.-cp. 75, cp.-btg. 77, btg.-rgt. 11, ricevitore allarme aereo 1, centralini a 12 linee 5, cordoncino telefonico km 75, telefoni campali SO, stazioni radio veicolari 2, serie stendimento linee leggere 7, serie stendimen to linee normali 3. {f.n.240/151. 9-VI-1975; S.M.E. Ord.). Organico battaglione paracadutisti: comandante; vice comandante; ufficiali del comando; compagnia comando e servizi {pl.cdo. e serv.: sq.cdo., sq. I, sq.NBC. sq.sanità sq. servizi; pi.trasmissioni: sq. trasmissioni radio, sq. trasmissioni a filo; pl.RR C: nucleo manutenzione, L; pi. trasporti: 1 • sq. trasporti, 2° sq. trasporti; pi. pionieri su 4 sq. pionieri; pl.controcari su 3 sq.cannoni s.r. pesanti); 3 compagnie paracadutisti {pl.cdo. e serv., 3 pi. fucilieri, 1 pi. mortai medi); 1 compagnia mortai pesanti {pl.cdo. e scrv., sq. cdo., sq. tiro, sq.trasmissioni, sq. servizi; 2 pi.mortai pesanti ciascuno su: sq.tiro, sq. trasmissioni, sq.servizi). Ufficiali 41. sottufficiali 95, militari di truppa 743, totale 879 uomini. Pugnali 879, pistole 188, FAL per tr.parac.701. mitragliatrici bivalenti 51, treppiede 36, lanciatori c.c.p.g. 11, mortai medi 9, mortai pesanti 8, cannoni s.r.leggeri da 57 27, cannoni da 106 s.r. pesanti 6, lanciafiamme 4. Motocicli 7, AR 60, Al 5, AM 43, autocarri furgonati 3, autocisterna carburanti l, autofurgoncini 2, autogru della motorizzazione a g.p.1, rimorchi biga comuni leggeri 46, rimorchi biga comuni mcdi 23, rimorchi pluriasse pesanti per autofficina della motorizzazione I, stazioni radio pl.-cp.34. cp.-btg.55, btg.-rgt.2, veicolari p.g.4, centralini 5, telefoni 48, serie stendimento linee leggere 4, serie stendimento linee normali 2, ricevitore allarme aereo 1, cordoncino telefonico km 79 (f.n. 335/151,8-VIII-1975, S.M.E. Ord.). Organico battaglione d'assalto paracadutisti: comandante; vice comandante; ufficiali del comando; compagnia comando e servizi (pl.cdo. e serv.: sq.cdo.,sq.serv.,sq.trasmissioni; pi.trasporti: sq.cdo., 2 sq.trasporti; pi.anfibio: sq.cdo., 2 sq.anfibie); I•
CAP. LXIX - LA RISTRUTTURAZIONE
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compagnia d'assalto (allievi) (cle,pl.cdo. e serv.: sq.cdo., sq.serv.; 2 pi. allievi ciascuno su 2 sq.); 2 8 compagnia d'assalto (ciascuna su 6 distaccamenti operalivi). Ufficiali 36, sottufficiali 196, militari di truppa 108, lotale 340 uomini. Pugnali 340, pistole 272, pistole mitragliatrici 100, fucili di vario tipo 50, fucili per tiratori scelli 24, lanciafiamme portatili IO, MAB 20, fucili milragliatori 15, mitragliatrici bivalenti 40, lanciatori c.c.p.g.45, mitragliatrici contraerei pesanti 5, mortai leggeri 4, mortai medi 6, cannoni leggeri da 57 s.r. 7, cannoni da 106 s.r. pesanti 1, motocicli 3, AR IO, AL 14, AM 20, autocisterna per carburanti I, autoambulanze 3, autogru della motorizzazione 1, autofurgoncino I, autobus leggeri 2, autobus medi I, autobus pesanti 2, rimorchi biga comuni leggeri 1O, rimorchi biga comuni medi 34, canoe biposto smontabili con fuoribordo 45, barche a 4 remi 3, bauelli pneumatici per 8 uomini con fuori bordo 22, idroambulanze 1, stazioni radio pLcp.60,cp.-btg.54, btg. rgt.14, stazioni radio per aeroccoperazionc 15, centralini 3, telefoni 36, serie stendimento lince leggere 3, ricevitore allarme aereo I , cordoncino telefonico km 20 (f.n. 565/151,29-XT-1975,S.M.E. Ord.). (39) Vds. precedente nota n.36. (40) Organico compagnia o squadrone meccanizzato: comandante; plotone comando e servizi (sq.cdo,sq.serv.); 3 plotoni fucilieri (ciascuno su sq.cdo., 3 sq.assaltatori); plotone eontrocarri (sq.cdo., 2 sq. cannoni s.r.pesanti); plotone mortai medi (nucleo cdo. , sq.tiro, 3 sq. mortai medi). Ufficiali 7, sottufficiali 18, militari di truppa 163, totale 188 uomini . Pistole 77, FAL 62, FAL per tr.alp. l , fucili semiautomatici 5 1, mitragliatrici bivalenti 11, treppiede 9, lanciatori c.c.p.g. 14, mortai mcdi 3, cannoni pesanti s.r.4, motocicli 1, AR 4, AL 1, AM 6, rimorchi biga comuni leggeri 3, rimorchi biga comuni medi 4, mezzi cingolati trasporto truppa 18, mezzi ci ngolati trasporlo mortai medi 3, slazioni radio pl.-cp.6, cp.btg.10, telefoni 2, serie stendimento linee leggere l, cordoncino telefonico km 5, stazioni radio su mezzi cingolati 21 (f.n.220/151 ,4-Vl- l 975, S.M.E. Ord.). Organico compagnia motorizzata: comandante; plotone comando e servizi (sq.cdo.,sq.serv.); 3 plotoni fucilieri (ciascuno su sq.cdo., 3 sq. assaltatori); 1 plotone mortai medi (nucleo cdo., sq.tiro, 3 sq. morlai medi). Ufficiali 6, sottufficiali 16, militari di truppa 153, totale 175 uomini. Pistole 39, FAL 84, FAL per tr.alp. I, fucili semiautomatici 54, mitragliatrici bivalenti 14, treppiede 12, lan ciatori e.e.a p.g.2, mortai mcdi 3, cannoni leggeri da 57 s.r.9, motocicli I, AR 7, AL 13, AM 5, rimorchi biga comun i leggeri 7, rimorchi biga comuni medi 4, stazioni radio pl.-cp.6, cp.-btg.9, centralini 1, telefoni 9, serie stendimento linee leggere 1, cordoncino telefonico km 8 (f.n.225/151,6-Vl-1975, S.M.E. Ord.). Organico compagnia e squadrone carri: comandante; plotone comando e servizi; 3 plotoni carri. Ufficiali 5, sottufficiali 17, militari di truppa 64, totale 86 uomini. Pistole 70, FAL per tr.alp.35, fucili semiautomatici 15, motocicli 1, ARI , AL I , AMI, carri soccorso 1, carri annati 16. Stazioni radio su mezzi cornzzati 17 (f.n.230/151, 9-Vl-1975, S.M.E. Ord.). Organico compagnia alpina: comandante; ufficiale medico; plotone com ando e servizi (sq.cdo.,sq.sanità, sq. servizi, sq. cannoni leggeri s.r.); 3 plotoni fucilieri (ciascuno su sq.cdo., 3 s q. assaltatori); plotone mortai medi (nucleo cdo., sq.tiro, 3 sq.mortai medi). Ufficiali 7, sottufficiali 19, militari di truppa 164, totale 190 uomini. Pistole 48, FAL per ti-. alp. 97, fucili semiautomatici 50, mitragliatrici bivalenti 20, lanciatori c.c.p.g.5, cannoni leggeri s.r.4, mortai medi 3, treppiede 18. AR 12, AM 6, rimorchi biga comuni leggeri 11 , r imorchi bi ga comuni medi 4, stazioni radio pl.-cp.20, cp.-btg.11, centralini telefonic i a 12 linee I, telefoni 8, cordoncino telefonico IO km, serie s tendimento line
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leggere 2 (f.n.240/151,9-Vl-l 975, S.M.E. Ord.). Organico compagnia paracadutisti: comandante; plotone comando e serv1z1 (sq.cdo.,sq.serv.); 3 plotoni fucilieri (ciascuno s u sq .cdo.,3 sq.assaltatori); plotone mortai mcdi (nucleo cdo., sq.tiro, 2 sq.mortai medi). Ufficiali 6, sottufficiali 16, militari di truppa 159, totale 181 uomini. Pistole 39, pugnali 181 , FAL per tr. p arac. 145, mitragliatrici bivalenti 14, treppiede 12, lanciatori e.e.a p.g. 2, mortai medi 3, cannoni leggeri s.r.9, motocicli l. AR 7, AL 13, AM 5, rimorchi biga comuni leggeri 7, rimorchi biga comuni medi 4, s tazioni radio pl.-cp. 6, cp.-btg.9, centralini telefonici 1, telefoni 9 , serie stendimento linee leggere 1, cordoncino telefonico km 8 (f.n.225/151, 8-VJII-1975, S.M.E. Ord.). Organico compagnia comando e servizi di battaglione meccanizzato: comandante; pl.cdo.; pi. trasporti; pl.RR; ufficiali 7, sottufficiali 38, militari di truppa 227, pistole 49, FAL 49, FAL truppe alpine 5, fucili semiautomatici 127, mitragliatrici bivalenti 7, lanciarazzi c.c.3, cannoni pesanti s.r. da 106 6, lanciafiamme 4. Organico compagnia mortai di battaglione meccanizzato: comandante; plotone cdo. e servizi (cte., sqd.cdo., sqd.servizi); 3 plotoni mortai (su 2 sqd. ciascuna su 1 mortaio); Ufficiali 7, sottufficiali 8, militari di truppa 93, pistole 37, FAL truppe alpine 1, fucili semiautomatici 55, mitragliatrici bivalenti 2, lanciarai.zi 2, mortai 8. Organici compagnia comando e servizi battaglione motorizzato: cte.,pl. cdo.,pl.trasporti; pi. RR; ufficiali 4, sottufficiali 31, militari 128. (41) Organico plotone fucilieri meccanizzato: comandante; sq.cdo. (vice etc.pi., I aiutante sanità, I pilota veicolo cingolato, 1 pilota mitragliere, 2 serventi lanciatori e.e.a p.g., l specializzato radiotelefonista; 3 squadre assaltatori (ciascuna su: etc., 4 assaltatori, 2 mitraglieri, 2 serventi lanciatori e.e. p.g., I pilota veicolo trasporto truppa). Ufficiali I, sottufficiali 4, militari di truppa 35, totale 41 uomini. Organico plotone fucilieri motorizzato: comandante, sq.cdo. (vice cte., l aiutante di sani tà, 1 conduttore automezzi, 3 mitragliato ri, I specializzato radio); 3 squadre assaltatori (ciascuna su: cte., 4 assaltatori, 3 mitragliatori, 2 serventi cannoni leggeri s.r., I conduttore automezzi vari). Ufficiali l. sottufficiali 4, militari di truppa 35, totale 41 uomini. Organico plotone fucilieri alpini: comandante; sq.cdo.; 3 sq. assaltatori. Organico plotone fucilieri paracadutisti: idem pi.fucilieri motorizzato. L'organico del plotone fucilieri meccanizzato venne successivamente mutato mediante l'eliminazione dei due serventi lanciatori e.e. nelle squadre a ssaltatori che vennero ridotte da 11 a 9 unità. La squadra comando del plotone fucilieri venne aumentata da 7 a 8 unità in seguito all'assegnazione di un fucile mitragliatore ed al vice-comandante de l plotone venne assegnato anche l'incarico di radiofonista (f.n.695/151,8-XI-1976, S.M.E.Ord.). (42) Vds. precedente nota n. 37. (43) F.n.530 /15 1,29-XI-1975,S.M.E. Ord.: AA.VV.IT.00. delle unità meccanizzate. (44) Vds. precedente nota n. 37. (45) Vds. precedente nota n. 37. Nella brigata a lpina il plotone esploratori venne inserito organicamente n ella campagnia comando e servizi de l battaglione alpini. (46) F.n.60/151 ,24-JJ-1976,S.M.E. Ord.: assegnazione di lanciafiamme n ella misura di uno per squadra alle squa dre pionieri d e i battaglioni meccanizzati, motorizzati, alpini e paracadutisti e alle squadre pionieri del genio. (47) Vds. precedente nota n. 32. Le TT.00. della compagnia controcarri e dei plotoni controcarri inseriti nelle varie unità subirono, sempre durante il periodo della ri-
CAP. LXIX - LA RISTRUTTURAZIONE
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strutturazione, lievi modifiche rispetto a quanto stabilito inizialmente: f.n. 275/151,8-VTI-1975, S.M.E. Ord .. Le compagnie controcarri ebbero la seguente consistenza iniziale: compagnia per battaglione meccanizzato: 3 plotoni e.e. ciascuno su 2 squadre missili e.e. per un totole di 18 lanciatori e.e. a g.p. su mezzi cingolati; compagnia per brigata alpina: 2 plotoni e.e. ciascuno su 2 squadre missili e.e. per un totale di 12 lanciatori e.e.a g.p. (f.n. 485/151,3-X-1975, S.M.E. Ord.: nuovi organici delle compagnie controcarri; f.n.225/151,22-IV-1976, S.M.E. Ord.: AA.VV. TI.00. dei plotoni conlrocarri; f.n.350/151,28-V-1976, S.M.E. Ord.: AA.VV. compagnia conlrocarri brigale meccanizzate e brigale corazzale). (48) Vds. precedente nota n. 8. (49) Le scuole vennero quasi tulle rimaneggiate nelle loro articolazioni e ridimensionate. Vennero soppresse: la scuola AUC di fante1·ia di Ascoli Piceno, le cui funzioni vennero accentrate presso la scuola di fanteria di Cesano di Roma; la scuola ACS di Spoleto le cui funzioni vennero meno con la radicale modifica dell'iter formativo dei sottufficiali di complemento. La scuola ACS delle truppe meccanizzate e corazzate di Lecce venne trasformata in scuola specializzati per truppe corazzate preposta alla formazione d e l personale di truppa. Vennero sciolti i restanti 4 reggimenti C.A.R. - g li altri 7 C.A.R. erano stati sciolti nel periodo 1973-1975 - e l'addest ramento delle reclute venne devoluto ad appositi reparti, al livello di battaglione e di compagnia, inquadrati nelle GG.UU. operative o alle dipe ndenze dei C.M.T.R., per le rispellive esigenze. Le modific he ordinative ed organiche vennero via via apportale con i fogli dell 'ufficio ordinamento dello S.M.E. solloindicali: scuola di guerra: f.n.140/ l 52, 16-II- l 976;f.n. 1310/0811 71,3-XII- 1975: riordinamento dei corsi della scuola di guerra (foglio dell'ufficio RESTA V); scuola di applicazione d'arma: f.n.160/152,5-IV-l 975; f.n.440/152,I Vlll-1976: riordinamento (comando, reparto corsi, battaglione logistico); accademia militare di Modena: f.n.170/152,28-Ill-1975: AA.VV. TI.00.; scuola militare Nunziatel/a: f.n. 260/152,12-Vl-1975: nuove TT.00.; f.n.650/152,13-Xl -1975: AA.VV. TI.00; scuola di fanteria; f.n.40/ 152,13-1-1976; f.n.50/152,22-11-1976: TI.00.; scuola truppe corazzate: f.n.60/152,22-TT-I 976: TT.00.; scuola specializzati truppe corazzate: f.n.70/152,22-II-l 976: TT.00. ~ f.n. 490/152,29-IX-1976: AA.VV. TT.00.; scuola militare alpina: f.n.80/152,22-11-1976: TI.00.; f.n.190/152, l 9-V-1975: passaggio alle dipendenze della scuola del ballaglione alpini Aosta che, in caso di emergenza, torna alle dipendenze della brigata Taurinense; scuola militare di paracadutis1110: f.n.90/152,22-11-1976: IT.00.; scuola di artiglieria: f.n.150/152,20-Il-1976: TI.00. relative anche alla scuola AUC e AS di artiglieria; scuola di artiglieria contraerei: f.n. 160/152; 20-Tll-1976: TT.00.; scuola tecnici elettronici di artiglieria: f.n.170/152 ,20-UI-1976: TT.00.; scuola del genio: f.n.400/152,21-VTTT- l 976: TI.00.; scuola delle trasmissioni; Ln.270/152,2-Vl-1976: TI.00.; scuola specializzati delle trasmissioni: f.n.280/152,2-Vl-1976: TT.00.; scuola di sanità militare: f.n.540/152,6-X-1975: AA.VV.TT.00.; f.n. 690/152,25-XI-1975: AA.VV.TT.00.: f.n.260/152 ,8-III-1976: variante organica; scuola dei servizi di commissariato ed amministrazione: f. n.240/ 152,7-Vl-1976: TT.00.; scuola della motorizzazione: Ln.550/152,2-XI-1976; TI.00., f.n.410/152,2-XI-1976; TT.00.; scuola servizio veterinario militare: f.n.550/152,6-X -1975: TT.00; scuola militare di equitazione: f.n.820/152,2-XII-1975; f.n.220/152,27-IT-1976: TI.00.; f.n. 102/154,27-III-t 976: ufficio del genera le coordinatore dell'attività ippica. La scuola allievi sol/ufficiali di Viterbo, la scuolu di educazione fisica di Orvieto e la scuola lingue estere dell'eserciw di Roma non subirono varianti di rilievo. Scuola unica interforze ABC: Ln. 230/152,27-II-1976: TT.00.; Ln.600/152-11-XII-1976:
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AA.VV. TI.00.. (SO) La scuola di applicazione dei carabinieri assunse la denominazione di scuola
ufficiali dei carabinieri (f.n.130/152,I-Ul-1975,S.M.E. Ord.); la scuola di applicazione d'arma assunse la denominazione di scuola di applicazione (f.n.440/ 152,l-VUI-1976,S.M.E. Ord.); il centro addestramento aviazione leggera dell'esercito (C.A.A.L.E.) assunse la denominazine di centro aviazione leggera dell'esercito- C.A.L.E. - (f.n.450/152,9-VU-1976, S.M.E. Ord.). Il battaglione NBC di Rieti assunse la denominazione di battaglione NBC Etruria (f.n.300/152,TT-VT-1976,S.M.E. Ord.). (51) F.n.1310/081171,3-XTT-1975, S.M.E. Ufficio RESTAV. (52) Legge 3 l-V-1975, n. 191, circ.n.349. G.M. 1975, pg. 1403. La durata <lei servizio <li leva venne fissato in 12 mesi per l'esercito e l'aeronautica e in 18 mesi per la marina. Venne stabilito che l'obbligo potesse essere adempiuto anche prestando servizio, a domanda, nell'arma <lei carabinieri e~ nel corpo deg li agent i <li custodia o nel corpo dei vigili del fuoco. (53) Nelle operazioni di selezione e chiamala alle armi venne realizzala la trasformazione <lei melù<lo manuale in quel lo automatizzalo a mezzo <li elaboratori elettronici con i vantaggi di: ammodernamento e semplificazione delle procedure di lavoro; miglior·e utilizzazione <lei personale incorporabile in base ad una selezione in campo nazionale anziché regionale; eliminazione dei possibili errori di scelta dovuti ad una selezione effettuata con criterì soggettivi; completa conoscenza della disponibilità dei giovani da incorporare e controllo capillare di tutte le operazioni di reclutamento, con specifico riferimento a quanto concerne accertamenti sanitari , dispense, rinvii, ritardi, recuperi, collocamenti in congedo illimita to, formazione dei contingenti e ripartizione dei soggetti nelle varie armi, corpi, categorie e spec ialità. Il nuovo procedimento automizzato, per il quale furono utilizzati, mediante l'introduzione di aggiornale procedure, gli elaboratori elettronici esistenti, doveva costituire altresì premessa al progetto di elaborazione automatica dei dati necessari per· la determinazione delle aliquote di mobilitazione. (54) Stato maggiore dell'esercito. III reparto. Ufficio addestramento. Direttive per l'addestramento dei quadri e delle truppe nel 1974. Circ. n. 4474/A/T, 17-Xll-1 975, Roma, Regionale. (SS) Stato maggio1·c <lcll'csc1·cito. TTT reparto. Ufficio a<l<lesl ramenlo. Virellive 11er l'addestramento dei quadri e delle /ruppe nel 1975. Circ.n. 4475/A/I ,20-XI-1974, Roma; Regionale. (56) V~s. cap. LXI noia n. 15. (57) Stato maggiore dell'esercito. Ufficio addestramento e regolamenti. Circ.n. 110/A/I. Direttive per l'addestramento. Settembre 1975, Roma, Regionale. La pubblicazione, formato 21 X 15,5, firmata <lai generale Cucino, consta di 120 pag ine ed è articolata in: indi ce; premessa; 4 capitoli (I Elementi di base; II Organizzazione a<ldestrativa; III Sistema a<ldestrativo; IV Argomenti particolari); 9 allegati. Cap. T: Elemento di base: frequenza di chiamata mensile e sistema d 'immissione individuale; addestramento per imitazione; attività addestrativa di "mantenimento dell'operatività". Cap. II Organizzazione addestrativa. Cap. III Sistema addestrativo: lineamenti gene rali; descrizione e durata delle s ingole fasi. Cap.IV Argomenti particolari: ~ddestram ento comune; addestramento al tiro; person a le con precedenti <li mestiere; formazione dei graduati. Allegati A: organizzazione addèstrativa con frequenza di chiamata m ens ile (grafico); B: sviluppo dell'attività ad<lestrativa (grafico); C ripartizione percen-
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tuale del tempo; D: istruzioni <la svolgere durante l'addestramento propedeutico e durante l'addestramento comune del restante periodo di ferma di leva; E: perfezionamento dello addeslrnmento individuale; F: ripartizione degli scaglioni per incarichi; G: addestramento all'impiego operativo; H: lezioni di addestramento al tiro individuale (8 appendici); I: nuovo iter formativo dei graduati (grafico). (58) Ai fini addestrativi si considerano unità ele mentari: il plotone fucilieri rinforzalo (per la fanteria e le sue specialità e per la cavalleria); la b atteria (per l'artiglieria e le sue specialità); il plotone (per il genio guastatori); l'unità di lavoro capace di adempiere un compito caratteristico dell'arma (per le altre unità del genio); l'unità capace di attività completa e<l autonoma (per le trasmissioni); l'unità di lavoro (per i servizi). (59) Il passaggio, ancorché graduale, iniziato fin dal 1973 (f.n.560/152,8-XJ-1973, S.M.E. Ord.) dal vecchio al nuovo iter addestrativo comportò molteplici soppressioni e trasformazioni delle unità addcstrative (C.A.R. e B .A.R.). l procedimenti di ristrutturazione e di riordinamento vennero sanzionati in successione con i fogli dell'ufficio ordinamento dello S.M.E.: n.110/152-4-III-1975; n. 120/152,13-111-1975; n.600/152,8-XI-1975; n. 86/152,3-T-1976; n. 15/151,12-1-1976 (compagnia reclute delle truppe anfibie); n. 20/152,17-1-1976; n. 420.152,24-Vl-l 976 (ordinamento, dislocazione e <li pendenze de i battaglioni di fanteria preposti alla formazione delle reclute: AA.W.); f.n.320/152,9-X-1976 (ordinamento, dislocazione e dipendenze battaglioni di fanteria pn::pu:;ti all'addestramento <lellc reclute: AA.W.); f.n.'180/152,31-X-l 976 (varianti m·ganiche). T battaglioni di fanteria preposti alla formazione delle reclute furono: per la D.mecc. Folgore: 28° Pavia; D.meec. Mantova: 11 ° Casale; D.mecc. Centauro, 26° Bergamo; D.cor. Ariete: 16° Savona; B. Cremona: 22° Primaro; C.M.T.R. nord-ovest: 23° Como; C.M.T.R. Tosco-emiliana: 225 ° Arezzo; C.M.T.R. centrale: 17° S. Martino e 80° Roma; B.mecc. Granatieri di Sardegna: 3° Guardie; C.M.T.R. meridionale: 231 ° Avellino e 244° Cosenza; C.M.T.R. Sicilia: 60° Col di Lama. Alle dipendenze del C.M.T.R. centrale: 63° Cagliari e 150° Sassari. Per l'artiglieria contraerei: 235° Piceno; per la B.msl.: 92° Basilicata; per la Tauri nense: btg.alp. Mondovì; per la Orobica btg.alp. Edolo; per la Cadore btg.alp. Belluno; per la lulia btg.alp. Vicenza, per la Folgore btg. paracadutisti Poggio Rusco; pe1· la scuola s pecializzati trasmissioni: 80° btg. Salerno. I battaglioni di fant eria vennero costituiti s u comando e da 2 a 6 compagnie, d i cui almeno 2 spesso distaccate , a seconda dei casi il carico addcstrativo poteva variare dai 500 a i 1700 uomini. Vennero sciolti i comandi: dei reggimenti C.A.R .: 28° Pavia, 48° Ferrara , 80° Roma , 152° Sassari; dei battaglioni IV/48°,111/48°, U28°, della 1 a compagnia del B.A.R. d ella Cuneense, della 2• compagnia del 111/48°, della I a compagnia del J/28 ° . Vennero costituiti ex novo: due compagnie del Casale; un battaglione - il 92° Basilicata - per la formazione delle reclute della brigala Aquileia; un ballaglione - il 235° Piceno per trasformazione della disciolta scuola A.U.C. di Ascoli Piceno, per la formazione d elle reclute d e lle unità di a r tiglieria contraerei. I battaglioni di Fanteria integrati nelle grandi unità per le quali provvedevano a lla preparazione del personale e da esse dipendenti non vennero considerati enti autonomi a caratte re scolastico, com'era stato fino ad allora per i C.A.R., ma veri e propri reparti d'impiego des tinati, all'emergenza ed a seguito di mobilitazione, a riunirsi alle GG.UU. di appartenenza e ad operare nel loro ambito, lasciando alla sede una parte dei quadri, da integrare con quelli richiamati da l congedo, per l'addestramento dei complementi. (60) Nei riguardi dei comandi militari di zona (C.M.Z.) v i furono due soli interven-
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ti: uno inteso a stabilire organici provvisori per i C.M.Z. di Trento, Treviso, Vicenza (f.n. I/152,8-1-1975, S.M.E. Ord.); uno diretto a modificare le giurisdizioni cin:oscrizio-
nali (f.n. 360/152,4-VJ-1976, S.M.E. Ord.). I distrelli militari - ripartiti in due classi - principali e sussidiad e la classe sussidiaria in distrelli A e Ba seconda delle maggiori o ridotte competenze loro attribuite - furono: Alessandria con sussidiario Vercelli; Brescia; Como; Cuneo; Genova con sussidiario Savona; Milano; Monza; Pavia con sussidiario Cremona; Torino; Bolzano; Padova; Trento; Treviso; Trieste; Udine; Verona; Piacenza; Pisa con sussidiari Massa e Grosseto; Ancona; Ascoli Piceno con sussidiario Macerata; Chieti con sussidiari Teramo e L'Aquila; Frosinone; Latina; Perugia; Roma; Viterbo; Bari; Caserta; Catanzaro con sussidiario Cosenza; Foggia con sussidiario Campobasso; Lecce con sussidiario Reggio Calabria; Napoli; Potenza; Salerno con sussidiario Avellino; Caltanissetta; Catania con sussidiario Siracusa; Messina; Palermo con sussidiario Agrigento; Cagliari; Sassari con sussidiario Oristano (f.n. 150/152, 14-lll-1975,S.M.E. Ord.). (61) Il X autogruppo, le cui tabelle organiche erano state variate nell'aprile 1975 (Ln.200/152,32-IV-l 975,S.M.E. Ord.), venne trasformato in 10° autugruppo di manovra interforz.e. Anche l'XI autogruppo ed il V autogruppo territoriale assunsero la denominazione rispettivamente di 2° e 5 ° autogruppo di manovra. Gli autoreparti misti dei C.M.T.R. nord-ovest, tosco-emiliana, centrale, meridionale e ddla Sicilia, nonché quello del comando militare della San.legua, assunsero rispettivamente la denominazione di 1°, 7°, 8°, 10°, 11°, 12° autoreparto misto di manovra (f.n.460/152,9-Vll-l 976, S.M.E. Ord.). (62) F.n. 20/152,5-IV-1976, S.M.E. Ord.: r·iordinamento dei supporti trasmissioni territoriali: C.M.T.R. nord-ovest: 41 ° btg.t. Frejus su cdo. e 3 cp.; C.M.T.R. nord-est: 42° btg.t. Pordoi su cdo. e 4 cp.; C.M.T.R. Tosco-Emiliana: 43° btg.l. Abetone su cdo. e 3 cp.; C.M.T.R. centrnle: 44° btg.t. Penne su cdo. e 2 cp.; C.M.T.R. della Sicilia: 46° btg.t. Mongibello su cdo. e 2 cp.; comando militare della Sardegna: 47° cp.t.. Forza: ufficiali. da 17 a 28, sottufficiali da 234 a 111, militari di truppa da 862 a 412. Forza della 46' cp.: ufficiali 5, sottufficiali 42, militari di truppa 151. (63) F.n. 163/ 152, 14-VI-1975, S.M.E. Ord.: organici di pace del C.M.T.R. nord-est. F.n. 190/152, 14-VI-1976, S.M.E. Ord.: organici di pace del comando artiglieria del C.M.T.R. nord-est. (64) F.n.250/152,3-VI-1975,S.M.E. Ord.: costituzione dal T-VII-1975 d el poligono permanente di Foci Reno.F.n.330/152,26-Vl-1975, S.M.E. Ord.; idem. (65) F.n. 350/152,28-V-1976, S.M.E. Ord .. (66) F.n. 700/152,13-Vll-1976, S.M.E. Ord.: TT.00. 1° rgt.f.cor.. (67) La denominazione della 1 a (Roma), 2 • (Napoli) e 3 a (Bologna) compagnia atleti venne mutata inquella di 1•, 2• e 3° cp. speciale bersaglieri: f.n. 210/152.5-VI- 1975, S.M.E. Ord.; f.n.340/152,5-VII-1975,S.M.E. Ord.; f.n.310/152,I-VIJl-1975,S.M.E. Ord.; f.n. 230/ 152,7-V-l 975,S.M.E. Ord. (68) F.n. 460/152,13-VIII-1975,S.M.E. Ord.: AA.W. alle TT.00. F.n. 630/152,3-XI-1976, S.M.E.. Ord.: AA.VV. TT.00.. (69) F.n. 292/152,2-XIl-1976,S.M.E. Ord.: riordinamento depositi misti e depositi di G.U ..
(70) F.n. 680/152,22-Xll-1975, S.M.E. Ord.: riordinamento dell'organizzazione ospedaliera dell'esercito: 11 ospedali milita1·i tipo A; 13 ospedali militari tipo B; 2 centri medico-legali. F.n.290/152,3-V-1976,S.M.E. Ord.: riordinamento d ei magazzini militari di materiale sanitario. F.n. 370/152,ll-Vl-1976, S.M.E. Ord.: TT.00. magazzini sanitari
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direzionali. F.n. 470/152,12-VI-1976, S.M.E. Ord.: idem. F.n. 520/152,6-X-1976,S.M.E. Ord.: centro m edico legale: varianti organiche. F.n. 1992/ 152,29-XI-l 976, S.M.E. Ord.: riordinamento organizzazione ospedaliera dell'esercito. F.n. 550/152, 19-X-1976, S.M.E. Ord.: organizzazione territoriale del servizio di sanità. F.n.660/152,24-Xl-1976, S.M.E. Ord.: riordinamento organizzazione ospedaliera dell'esercito. (71) F.n.194/152,9-IX-1975, S.M.E. Ord.: riordinamento enti territoriali del servizio di commissariato. F.n.140/151,12-V-1975, S.M.E. Ord.: nuova organizzazione del servizio di commissariato (soppressione 2 cp. e 3 pi. sussistenza). (72) F.n.300/152,11-VI-1975,S.M.E. Ord.: direzione materiali difesa NBC: AA.VV. TT.00 .. F.n.360/152, S.M.E. Ord.: soppressione di 5 depositi munizioni direzionali. F.n.70/152.12-VII-1975,S.M.E. Ord.: riordinamento delle direzioni di artiglieria e dei relativi 13 magazzini direzionali di materiali di artiglieria e di difesa chimica (Piazza d 'armi di Piacenza, Bologna, Prati di Caprata di Bologna, di Prato grande di Savona, di Castelnuovo veronese, di Pagliari di La Spezia, di Cassino, di Tor Sapienza di Roma, di Cimino di Taranto, di Grignano di Napoli, di San Cataldo di Palermo, di Macomer (Nuoro) e dei 42 depositi munizioni. F.n.700/152,2-XII-1975, S.M.E. Ord.: depositi direzionali di artiglieria e depositi munizioni. F.n. 7 l Oli 52,7-XII-1975,S.M.E. Ord.: enti territoriali del servizio armi e munizioni e materiali NBC: AA.VV .. F.n.430/ l 52,24-VI-1976. Ord.: AA.VV. deposito centrale materiali artiglieria e difesa NBC. F.n. 610/ 152,IIXIT-1976,S.M.E. Ord.: idem. F.n.670/152,II-XII-1976,S. M.E . Ord.: laboratorio di precisione esercito. AA.VV. alle TT.00.. La direzione materiali difesa N .B.C. mutò denominazione in stabilimento militare dei materiali difesa N.B.C. (f.n .400/152,16-VII-l 975, S.M.E. Ord.). (73) Le delegazioni trasporti militari preesistenti erano quelle di Milano, Verona, Venezia, Bologna, Roma, Napoli, Palermo; quella di Roma aveva un distaccamento a Caglia1·i (F.n.1401152,Il-IIl-1975, S.M.E. Ord. e f.n. 471 /152,-13-VII-l 975,S.M.E. Ord.). I comandi militari principali di s tazione erano stati già ridotti a quelli di Milano, Mestre (Venezia), Bologna, Verona, Bolzano, Udine, Firenze, Ancona, Bari, Palermo, Olbia. Gli uffici imbarchi e sbarchi a quelli di Genova, Livorno. Civitavecchia, Napoli e Cagliari. La ristrutturazione del servizio trasporti fu programmata in più fasi: la prima direzione trasporti soppressa fu quella di Roma (f.n. 390/ 152, 16-XTT-1975,S.M.E. Ord.), seguì quella di Verona (f.n.471/152,31-Vll-1975,S.M.E. OnJ.), poi quella di Venezia (f.n.470/152,24-IX-1975, S.M.E. Ord.) cd infine le altre (f.n.330/152,24-V-1976, S .M.E. Ord.). (74) F.n. 90/152, 13-111-1975, S.M.E. Ord.: soppressione del deposito carburanti di Calice; f.n. 370/ 152, 12-VTJ-1975, S.M.E. Ord.: riordinamento degli enti territoriali del servizio della motorizzazione. Le O.R.M.E. di tipo "A" furono: la 3 8 di Milano, la 4 8 di Verona, la 5• di Treviso, la 15a di Padova, la 7a di Firenze , la s• di Roma e la 10a di Napoli; quelle di tipo " B": la I• di Torino, la 6" di Bologna, la 9• di Bari, I' 11 a di Palermo, la 12 8 di Cagliari. Vennero poi apportate alcune AA.VV. alle TT.00. degli enti territoriali del servizio della motorizzazione con f.n. 210/152, 3-V-1976, S.M.E. Ord., con f.n. 380/152, l-Vl-1976, S.M.E. Ord. e con f.n. 200/ 152 9-VIII-1976, S.M.E. Ord.. I depositi carburante di grande e media capacità vennero riordinati secondo le disposizioni del f.n. 390/152, 26-VIII-1976, S.M.E. Ord. (75) Personale civi le: vds. appendice n. 3. (76) F.n. 61/154, 19-11-1975, S.M.E. Ord.: nuova articolazione dell'ufficio personale; f.n. 30/ 154, 28-11-1976, S.M.E. Ord.: r iordinamento dell'ufficio prog rammazione e bilancio; f.n. 99/154, 27-III-1976, S.M.E. Ord.: riordinamen to centro calcolo elellronico del-
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l'esercio e ufficio STAMERO (Statica, meccanografica, ricerca operativa) e attribuzione della nuova denominazione di ufficio statistica, informatica e ricerca operativa (STAINERO), articolato su 3 sezioni (sezione statistica ed economia, sezione sistemi informatica, sezione sistemi di comando e di controllo più ricerca operativa); f.n. 200/151, del IV-V-1976, S.M.E. Ord.: riordinamento centro di riproduzione aerofotografico (C.R.A.E.); f.n. 136/154, 17-V-1976, S.M.E. Ord.: riordinamento e ufficio affari generali; f .n. 255/154, 4-TX-1976, S.M.E. Ord.: riordinamento dell'ufficio movimenti e trasporti. Vennero fissate le TT.00. del reparto impiego operativo dello stato maggiore dell'esercito (f.n. 106/152, 18-V-1975, S.M.E. Ord.); venne diversamente articolato il comando dell'unità servizi dello S.M.E. che venne posto alle dipendenze del capo del V reparto (f .n. 115/152, 13-V-1975 S .M.E. Ord.); vennero s tabilite le nuove TT.00 per il gruppo carabinieri autonomo (f.n. 240/154, 10-Vl-1975, S.M.E. Ord.); vennero apportate ulteriori modifiche a lle TI.00. delle unità servizi dell'esercito ed alle TT.00 dell'l 1 ° autogruppo di manovra (f.n. 590/154, 29-XI-1975, S.M.E. Ord.). Anche il centro difesa elettronica venne ristrutturato (f.n. 505/151, 16-X-1975, S.M. Ord. e f/n. 385/151, 30-VIl-1976, S.M.E. Ord.). Venne, infine, costituita una compagnia trasmissioni destinata a supportare il centro operativo dello S.M.E. (O.S.M.E.) (f.n. 555/151, 21-TX-1936, S.M.E . Ord.). (77) F.n. 2871/154, I9-XT-1966, S.M.E. Ord.: is tituzione della carica di ispettore log istico dell'esercito e dell'ispettorato logistico dell'esercito. Attribuzioni: consulenza ver·so il capo <li S.M.E. in campo logistico; controllo sull'attività logistica relativa ai materiali e proposte al capo di S.M.E. per l'attività ispettiva di carattere tecnico; organizzazione e direzione dell'attività logistica relativa ai materiali dell 'esercito, sulla base delle dire ttive del capo di S.M.E.; collaborazione con lo S .M.E. per la elaborazione della dottrina log is tica e della pianificazione operativologistica. nonché per la definizione: dei lineamenti dell 'organizzazione logistica, degli organici degli enti logistici, delle dotazioni delle unità, <lei programma di approvvigionamento dei materiali, delle attività addestrative in campo logistico; ripartizione, in base a direttive dello S.M.E., tra unità ed enti dei materiali approvvigionati e tra gli organi territoriali dei fondi occorrenti per le rispettive attività logistiche; statistica delle dotazioni, delle scorte e delle riparazioni. L'ispettorato logistico venne inizialmente a rticolato su: ufficio dell'ispettore, per l'azione di coordinamento; un reparto per ciascuno dei segue nti settori: sani tà, commissa1·iato, armi munizioni e mate1·iali N.B.C., genio , trasmissioni, motorizzazione, veterinario. I reparti di sanità e veterinario ed i reparti genio e trasmissioni vennero ragg ruppati in due, riducendo il numero complessivo dei reparti d a 7 a 5. Nel settembre 1967 l'ispettorato venne ristrutturato su : ispettore; generale addetto; ufficio coordinam ento; ufficio armi munizioni e materia li N.B.C.; ufficio materiali del genio e delle tras missioni; altri 2 uffici e 2 sezioni dipendenti per il tramite dei capi servizi automobilistico. sanità e dei capi dei servizi ed ispettori di commissariato e veterinario: ufficio mate 1·iali di commissariato, ufficio materiali della motorizzazione, sezione materia li di sanità, sezione materiali del servizio veterinario. L'ispettorato assume alle proprie dipendenze i capi dei servizi logistici dell'esercito, limitatamente alla logistica dei materiali. Successivamente, nel I 968, fu disposto un incremento organico dell'ufficio coordinamento con l'istituzione della sezione finanziaria e della sezione segreteria e per sonale, con l'is tituzione della carica di vice-ispettore logistico (con soppressione della carica di generale addetto), con la costituzione dell'ufficio studi, dell'ufficio codificaz.ioni materiali (con scioglimento dell'omonima sezione), dell'ufficio materiali dell'A.L.E., delle sezioni prog rammazione nell'ambito degli uffici commissariato, munizioni e N.B.C.,
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genio trasmissioni, motorizzazione. Nel 1970 vennero costituite la sezione depositi nell'ufficio armi munizioni e materiali N.B.C. e materiali del genio e delle trasmissioni. Nel 1971 furnno disposti: l'inserimento nell'ispettorato del capo del servizio di amministrazione limitatamente alle funzioni di consulenza amministrativa giuridico-logistica nei confronti dell'ispettore e dei capi servizio; la soppressione dell'ufficio codificazione materiali e della sezione statistica e meccanografia dell'ufficio coordinamento; la costituzione dell'ufficio STAMECO. Nel 1972 fu costituito l'ufficio materiali sanità per trasformazione della sezione omonima, furono stabilite nuove tabelle organiche e l'ispettorato logistico assunse il seguente assetto: ispettore; vice-ispettore; 6 uffici direllamente dipendenti (coordinamento, STAMECO, studi, armi munizioni e matei-iali NBC. materiali del genio e delle trasmissioni, materiali del l' A.L.E.); 3 uffici e 1 sezione dipendenti pe1· il tramite dei capi del servizio automobilistico, di sanità e dei capi del servizio ed ispettori di commissariato e veterinario (materiali di sanità, materiali di commissariato, materiali della motorizzazione, materiali del servizio veterinario). Nel 1973 vennero istituiti 7 nuclei di codificazione (sa. e vet., commissariato, armi munizioni e materiali N.8.C., g., t., mot., A.L.E.) nell'amhito dell'ufficio Stameco e sciolti i nucle i codificazione periferici. Alla vigilia della ristrullurazione l'assello non aveva s ubito varianti rispetto a quello del 1972, mentre la forza organica già pari a 43 ufficiali, 25 sottufficiali e 17 unità di personale civile del 1967 era salita gradualmente neg li anni fino a raggiungere nel 1974 il numero di 99 ufficiali, 56 sottufficiali, 10 militari di truppa, 99 unità di personale civile (f.n. 234/154, 29-Vll-1975, S.M.E. Ord.). (78) D.P.R. 18-Xl-1965, n. 1477; circ. n. 42, G.M. 1966, pg. 193. (79) F.n. 100/ 154, 12-IV-1976, S.M.E. Ord.: riordinamento dello S.M.E. IV repar-to e dell'i spettorato logistico dell'esercito. (80) F.n. 100/154, 12-IV-1976, S.M.E. Ord. allegato B: attribuzioni del capo del IV reparto e ispettore logistico: 1. Indirizza e coordina l'attività degli uffici dipendenti. 2. Mantiene i collegamenti con i Capi degli altri Reparti per quanto riguarda il lavoro di comune inte resse. 3. È con s ulente del capo di S.M.E. e del Sottocapo di S.M.E. in campo logistico. 4. Firma "d'ordine" g li atti di competenza nell 'ambi to della delega che gl i è conferira dal capo di S.M.E .. 6. Approva i progetti di programmazione per il potenziamento e l'ammodernamento, nonché quelli per il funzionale compilati d'intesa con i Comandi dei Servizi Logistici. 7. Emana direttive per la pianificazione e l'organizzazione logistica di campagna e territoriale. 8. Collabora con g li altri reparti pe r l'elaborazione della dottrina logistica e pianificazione operativo-logistica, nonc hé per la derinizione dei lineamenti dell 'organizzazione logistica e degli organici deg li enti log istici e delle dotazioni delle unità. 9. Approva la regolamentazione tecnico-logistica elaborata dai Comandi dei Servizi Logistici. 10. Definisce: la ripartizione dei materiali approvvigionati sulla base degli obiettivi di forza da conseguire: la ripartizione tra gli organi territoriali dei fondi occorrenti per le 1·ispettive attività logistiche; la politica di gestione dei parchi materiali. 11 . Coordina, d'intesa con i Capi dei Servizi Log istici, la definizione dell'esigenze qualitative e quantitative di personale militare e civile da impiegare nelle unità e negli enti logistici.
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12. Coordina le direttive pr l'addestramento del personale impiegato nel settore logistico elaborate dai Comandi dei Servizi Logistici. (81) L'ufficio programmi di approvvigionamento venne costituito su 3 sezioni ( I 3 : programmazione tecnico-finanziaria e coordinamento; 2 • rinnovamento; 3" funzionale), comprendenti 20 ufficiali, 17 sottufficia li, e 5 impiegati civili della carriera esecutiva e di quella ausiliaria e operai (f.n. 100/154, 12-IV-1976, S.M.E. Ord.: allegato D). L'ufficio organizzazione logistica venne costituito su 3 sezioni (1 •: piani logistici, studio e regolamentazione logistica; 2a: personale logistico; 3•: politica c controllo della gestione), comprendenti 14 ufficiali, 11 sottufficiali, 1 carabiniere, 8 impiegati civili della carriera di conce llo, esecutiva e a u siliaria. (82) Ispettorato armi fanteria e cavalleria.
Sciolto nel 1944, venne 1·icostituito nel 1946 su: ispellore, segreteria, ufficio I (ordinamento, personale, questioni generali), ufficio II (addestramento, scuole e unità), ufficio lll (materiali di equipaggiamento, armi e mezzi tecnici), con un totale di 20 ufficiali, 9 sottufficiali, 13 civili. Nel 1953, in seguito alla istituzione dell'ispettorato delle truppe corazzate, venne riordinato, adeguato ai nuovi compiti e costituito su: ispettore, ufficio, segreteria e personale , ufficio I (fanteria e paracadutisti), ufficio II (truppe a lpine), con 18 ufficiali, 11 sottufficiali, 7 civili. Nel 1960, dopo lo scioglimento dell 'ispettora to per le truppe corazzate, venne strutturato su: ispellore (aiutante di campo); 3 uffici: segreteria e personale; studi, regolamentazione e mate riali; fanteria divisionale, lagunare e paracadutisti; 2 sottoispettori: delle truppe alpine (con ufficio), delle truppe corazzate (con ufficio). Ufficiali 27, sottufficiali 15, civili 14. Nel 1961, nuova r istrutturazione: ispettore (aiutante di campo); 2 uffici (segreteria e personale; studi, regolamenti, scuole e materiali); 3 generali addetti con rispettivi uffici (fanteria divisionale e paracadutisti; truppe alpine; truppe corazzate). Ufficiali 32, sottufficiali 15, civili 14. Nel 1965 venne inserito il generale addetto alle truppe paracadutiste (con ufficio). Nel 1969 si ebbe una nuova ristrutturazione organica: ispettore (aiutante di campo); 3 uffic i (segreteria e personale; addestramento, regolamenti, scuole; studi ed esperienze); 4 generali addetti (fanteria divisionale, truppe paracadutiste, truppe alpine, truppe corazzate) con rispettivi uffici. Ufficiali 34, sottufficiali 15, civili 19. In sede di ristrutturazione (f.n. 23/154, 30-1-1976, S.M.E. Ord.), l'lspellorato delle anni di fanteria e cavalleria venne stru tturato su: ispellore (ha alle dirette dipendenze la scuola <li fanle1·ia, la scuola militare alpina, la sc.:uola militare di paracadutismo, la scuola truppe coi-azzatc e meccanizzate, la scuola militar·e di educazione fisica, la scuola allievi sottufficiali); generale addetto alle unità di fanteria motorizzata, alpine, paracadutisti e unità di arresto; generale addetto alle unità meccanizzate e corazzate di fanteria e cavalleria; ufficio segreteria e personale; u fficio addestramento e studi (sezione unità fanteria motorizzata, alpina e paracadutisti, sezione unità meccani zzate e corazzate). Ufficiali 20, sottufficiali 12, civi li 5 . Ispettorato dell'arma di artiglieria e per la difesa N.B.C. L'ispellorato dell 'arma di artiglieria era stato sciolto ne l 1943 e ricostituito nel 1944 su di un ispettore e di un ufficio. La struttura dell'ispettorato venne adeguata nel 1945 ed articolala su: ispettore; segreteria; 3 uffici (T: personale, addestramento, scuole, impiego, istruzioni; II: tecnico, armi portatili, munizioni, esplosivi, tavole di tiro; Hl: difesa chimica). Un primo adeguamen to organico con incrementi di un uffic io (ufficio dell'ispettore) venne operato nel 1952: ispellore; capo del servizio tecnico di artiglieria; 4 uffici (ufficio dell'ispettore; I ufficio: informazioni, addestramento, istruzioni di arma, corsi e scuole; II ufficio tecnico, armi portatili, munizioni. esplosivi chimici, tavole di tiro; ufficio dife-
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sa chimica; ufficiali 25, sottufficiali 8, civili 43. Nel 1953 vennero ridotti da 4 a 3 gli uffici mediante la trasformazione dell'ufficio dell'ispettore in segreteria; ufficiali 22, sottufficiali 7, civili 43 . Nel 1956 si ebbe una nuova ristt·utturazione organica e venne istituita la branca contraerei: ispettore; segreteria e personale; ufficio I (a1·tiglieria terrestre); capo del servizio tecnico (ufficio difesa chimica, ufficio servizio tecnico); generale addelto per la artiglieria contraerei con ufficio artiglieria contraerei; ufficiali 87, souufficiali 11, civili 43. Nel febbraio 1957 venne costituito l'ufficio difesa A.B.C. per trasformazione dell'ufficio difesa chimica e, nel luglio dello stesso anno, si ebbe un adeguamento funzionale conferendo al servizio tecnico una propria dis tinta fisionomia: ispettore; segreteria e personale; I ufficio: artiglieria terrestre; genera le addetto all'artiglieria contrnerei; capo del servizio tecnico <li artiglieria (segreteria e a ffari vari; ufficio a1·tiglieria; ufficio razzi e missili; ufficio armi portatili; ufficio esplosivi; laboratori); ufficiali 82, sottufficiali 33, civili 146. Nel 1959 venne ricostituito l'ufficio dell'ispettore. Nel gennaio 1961 la branca del servizio tecnico venne ri strutturata: capo del servizio tecnico con segreteria; reparto <lei servizio tecnico su 6 uffici (del capo reparto, armi portatili, artiglieria esplosivi ed artifizi vari, razzi mi ssili ed eleltronica, balistica esterna, controllo commesse, 3 laboratori); l'ufficio difesa ABC venne svincolato d alla dipenden za del capo del servizio tecnico e passato alle dirette dipendenze <lei sottocapo d ello S.M.E. Nel novembre 1961 il sei-vizio tecnico di artig lieria venne svincolato dall'ispeltorato e costituito in direzione del servizio tecnico di artiglieria, in seguito alla costituzione delle direzioni dei servizi tecnici. L'isp ettorato di artig lie ria, pertanto, ebbe una nuova struttura: ispettore con ufficiale addetto; 2 uffici (segreteria e pe r sonale; studi regolamenti, scuole); 2 generali addetti (artigliel"ia te rrestre, a rtiglieria contraerei) con rispettivi uffici; uffic iali 31, sottufficiali 9, civili 12. Nel 1972, l'ufficio tavole di tiro venne inserito alle dipendenze del generale addetto a ll'artiglieria terres tre: ufficiali 37, sottufficiale 12, civili 27. In sede di ristrutturazione: venne sopp1·esso l'ispettorato per la difesa ABC; venne a ttribuita all'ispettorato dell 'arma di artiglieria la denominazione di ispelluratu dell 'arma di artiglieria e per la difesa NBC; venne costituito un ufficio NBC nell'ambito dell'ispeLtorato dell'arma di artiglieria e per la difesa N.B.C.: foglio S.M.E. Ord. n. 23/154, 30-1-1976. L'ispettorato venne articolato su: ispettore (h a a lle dipendenze dire tte : il comando artiglie1·ia contraerei dell'esercito, la scuola di artiglie ria, la scuo la unità interforze per la difesa ABC e, tramite il generale addetto per l'art ig lieria contraere i, la scuola di artiglieria e.a., la scuola tecnici elettronici di artiglieria); ufficio segreteria e personale; generale addetto all'artiglie ria terrestre (ufficio artiglieria terr estre su sezione addestramento ordinamento e scuole e su sezione regolamentazione e materiali); ufficio NBC, il cui capoufficio ha alle dirette dipendenze il battaglione NBC; generale addetto all 'artiglieria contraerei (ufficio a rtiglie ria contraer ei su sezione addetramento, ordinamento e scuole e sezione regolamentazione e materiali), ufficiali 32, sottufficiali 18, c ivili IO. Ispettorato dell'anno del genio. Venne sciolto nel 1943 e ricostituito nel 1944. Il suo organico venne adeguato nel 1950: ispettore; sezione segreteria e personale; ufficio I (pionieri); ufficio II (lavori); ufficio III (collegamenti), ufficiali: 25, sottufficiali: I 3, civili: 20. N e l 1952 venne sciolto l'ufficio III (collegamenti), in seguito alla costituzione dell 'ufficio TLC d ello S.M.E. e della is tituzione della carica di ispettore per i collegam e nti; nuovo organico: ufficiali I 5, sottufficiali 8, civili 15. Nel 1956 venne operato un adegu a mento ordinativo per la costituzione dell'ufficio III (lavori) e il personale organico venne raggu agliato a 15 uf-
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fidali, 9 sottufficiali, I 9 civili. Nel 1958 si ebbe un ampliamento organico con la costituzione dell'ufficio dell'ispettore e la forza organica venne portala a 18 ufficiali, 11 sottufficiali, 20 civili. Nel 1961 venne ristrutturalo, quando venne cosliluila la direzione del servizio tecnico del genio, su: ispettore; generale <li brigala o colonnello in servizio di S.M. addetto; sezione segreteria e personale; ufficio s tudi, regolamenti, scuole e materiali; ufficio lavori e demanio; ufficio viabilità e fortificazioni: ufficiali 18, sottufficiali 11, civili 20. Nel 1972 venne stabilila una ristrullurazione organica speriment ale: ispettore; generale addetto; ufficio personale e segreteria: I ufficio (regolamenti, addes u-amcnto, scuole); JI ufficio (studi ed esperienze); III ufficio (lavori e demanio); ufficiali 23, sottufficiali 11, civili 10. In sede di ristrullurazione venne ordinato su: ispettore (ha alle dipendenze, tramite il vice-isp e ttore, la scuola del genio); vice ispettore; ufficio segreteria e person a le; ufficio addestramento e studi (sezione addestramento e scuole, sezione regolamentazione e piani, sezione materiali): ufficio lavori e demanio (sezione lavori viabilità e fortificazione e sezione demanio); Ufficiali 18, sottufficiali 11, civili 17 (f.n. 23/154, 30-1-1976, S.M.E. Ord.). (83) lspelloratu per le trasmissioni. Nel 1952 venne nominato un ispettore per i collegamenti e costituito il relativo ufficio (7 ufficiali, 4 sottufficiali, 7 civili) nell'ambito dell'ispetloralo dell'arma del genio. Nel 1953 furono o pera ti un adeguamento strullurale e il cambio di denominazione in ispellore per le trasmissioni (utticiali 9, sottufficiali 3, civili 8). Nel 1954 l'ufficio dcll 'ispeltore, in seguilo allo scioglimento de ll'ufficio TLC dello S.M.E., venne potenziato e ristrulluralo s u: 4 sezioni (piani. addestramento, ordinamento, impiego; tecnica e lavori; reti; procedure). con organico di 18 ufficiali, IO sottufficia li, 11 civili. Nel 1956 la rislrullurazione OI·ganica previde: ispettore; generale addetlo alle trasmissioni per la difesa interna del territorio; gen erale coordinatore delle trasmissioni dello scacchiere nord-est; ufficio d ell'i spettore su: capo ufficio, sezione segreteria e personale, sezione piani, sezione addestramento e dotazioni, sezione reti e procedure, sezione materiali; ufficiali 22, sottuffic iali l I , civili 10. Nel 1957 il generale coordinatore delle trasmissioni dello scacchiere NE fu lo s tesso comandant e delle trasmissioni della regione militare NE. Nel 1959 venne inserita nell'ufficio la sezione di guerra eletlronica. Nel 1961 venne istituito l'ispettorato delle trasmissioni su: ispettore; generale addeuo (fun zione di comando sulle scuole); sezione segreteria e personale; ufficio studi e materiali; ufficio T LC. Nel 1966 venne inserita la sezione c ifra nell'ambito del TLC; ufficiali 28, sottufficia li 20, civili 11. Nel 1967 la sezione segreteria e personale venne elevata ad ufficio. Nel 1971 venne operata una ristrullurazione interna degli uffici e venne conferito un Quovo assetto organico dell'ufficio TLC. Nel 1972 gli uffici vennero portati da 3 a 4: ispettore; generale addetto; ufficio segreteria e personale; ufficio studi, regolamenti, materiali e guerra elettronica; ufficio piani , procedure e cifra; ufficio TLC; ufficiali 31, sottufficiali 33, civi li 11. In sede di rislrullurazione, l'ispeltora to venne articolato su : ispettore (ha a lle dipendenze direlte la scuola telecomunicazioni interforze e, tramite il vice-ispettore, la scuola delle trasmissioni, la scuola s pecializzati trasmissioni, il centro difesa elettronica); vice is peltore: ufficio segreteria e personale; ufficio addestramento e scuole, (sezione guerra elett ronica e sezione mezzi tecnici); ufficio reti, infrastrutture e cifra (sezione infrastrutture, procedure e frequenze, sezione o rganizzazion e e gestione cifra); ufficio TLC (il capo uffic io TLC ha alle dipendenze il X e l'Xl battaglione trasmissioni) s u: sezione operazioni e addestramento, sezione reti, sezione comunicazioni classificate. Organico: 28 ufficiali, 31 sollufficiali, 11 civili (f.n. 23/154 30-1-1976, S.M.E. Ord.).
CAP. LXIX - LA RISTRUTIURAZIONE
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(84) L'ispettorato per la difesa A.B.C.: venne costituito nel mese di ottobre del 1961 su: ispettore (aiutante di campo); ufficio segreteria e personale; reparto difesa ABC con: generale capo reparto; ufficio studi 1·egolamenti, addestramento; ufficio istruzioni tecniche, dotazioni , caricamenti. Contemporaneamente vennero costituite le direzioni dei servizi tecnici tra cui la dire zione del servizio chimico fisico. Personale dell'ispe ttorato: ufficiali 15, sottufficiali 9, civili 2. Nel 1965 l'ispettorato venne ristrutturato su: ispettore (aiutante di campo); ufficio segreteria e personale; nucleo centrale di consulenza e studio per concorso alla protezione civile; reparto difesa ABC (generale capo reparto; ufficio studi, regolamenti, addestramento; ufficio istruzioni tecniche, dotazioni caricamenti; nucleo centro controllo NBC; sezione coordinamento atomico); ufficiali 23 , sollufficiali 9 civili 2. (85) Ufficio de/l'ispettore dell'A.l,.F,. Nel 1959 venne istituita la carica di ispe ttore dell'A.L.E. e venne costituito il relativo ufficio (5 ufficiali, 4 sottufficiali, 3 civi li). Nel 1968 fu operalo un incremento organico dell'ufficio: uffic iali 10, sottufficiali 6, civili 3. Nel 1959 l' ufficio venne potenziato: capo ufficio, sezione segreteria e personale, sezione aereocooperazione, sezione addestramento corsi sicurezza al volo, sezione materiali ed espe1·ienze; ufficia li IO, sottufficiali 6. civili 3. Nel 1973 ulteriore potenziamento: ufficiali IO, sottufficiali 9, civili 3. In sede di ristrutturazione (f.n. 23/ 154, 30-1-1976, S.M.E. Ord.), l'ufficio venne articolato su: is pe ttore (ha alle dipendenze il centro addestramento dell'A.L.E , il 1° raggruppamento A.LE., il 9° gruppo squadroni A.LE. , il centrn riproduzione acrofotografica dell'esercito); segreteria ufficio A.LE. (sezione personale e OI·dinamento; sezione addestramento; aerot.:ooperazione, sicurezza al volo; sezione materiali); ufficiali 12, sottuffic iali 6, civili I. (86) F.n. 23/154; 30-1-1976, S.M.E. Ord. (87) Ibidem, allegati A, B, C, D e E. L'ispettore delle armi di fanteria e cavalleria: è il consulente de l capo di S .M.E . per i problemi de!Je armi di fanteria e t.:avalleria; svolge attività ispe ttiva, per delega d el capo di S .M.E., sugli organi di comando, sui corpi e sui reparti delle armi di fanteria e cavalleria; svolge funzioni di comando sulla scuola di fanteria, scuo la milita re a lpina, s<.:uola militare di paracadutismo, scuol a truppe meccanizza te e corazzate, scuola milita re di educazione fi sica, scuola a llievi sottufficiali; viene cons ulta to per l'impiego dei colonnelli, dei quadri di elevata qua lificazione e di p1-egia ta spec ializzazione, nond1é degli ufficiali d a destinare alle s<.:uole; emana dire ttive per la impostazione dei programmi elaborati dalle scuole e li approva; indirizza e coordina l'attività delle scu o le pe r l'e laborazione delle norme sui procedimenti d'impiego delle mino1·i unità; eman a, quando necessario, direttive addestrative previa even tuale coordinazione con gli uffici competenti dello S.M.E.; vien e consultato pe r i problemi addestrativi, ordinativi e di 1·egolamentazione ch e richiedano un apporlo specialistico: formazione dei quadri delle armi di fanteria e cavalleria, definizione di tabelle organiche, compilazione delle normative d'impiego, etc.; viene consultato per la defini zione de lle caratteristiche ope.-ative dei materiali e dei mezzi ; con<.:orre alla definizione delle priorità da attribuire ai lavori r elativi alle infrastrutture degli enti dipendenti. L'ispettore dell 'arma di artiglieria e per la difesa NBC: è il consulente del capo di S.M.E. per i problemi relativi all'arma di artiglieria e pe1· quelli concernenti la difesa NBC; svolge attività ispettiva, per delega del capo di S .M.E., s u gli organi di comando, sui corpi e s ui reparti d ell'arma di artig lieria e sulle unità e d organi NBC; svolge funzioni di comando direttamente su comando artiglieria c/a de ll 'cscrcito, sulla st.:uola di
1206
FILIPPO STEFANI
artiglieria e sulla scuola unica interforze per la diresa ABC e, tramite il generale addetto per l'artiglieria e/a, sulla scuola di artiglieria e/a e sulla scuola tecnici elettronici di artiglieria; viene consultato per l'impiego ùei colonnelli, dei quadri di elevata qualificazione o di pregiata specializzazione, nonché degli ufficiali da destinare alle scuole ed enti posti alle sue dipendenze; viene consultato per l'impiego dei quadri della forza armala negli incarichi di preminente interesse NBC; emana direttive per l'impostazione dei programmi elaborati dalle scuole e li approva; indirizza e coordina l'attività delle scuole per l'elaborazione delle norme sui procedimenti di impiego delle minori unità; emana, quando necessario, direttive addestrative previa eventuale coordinazione con gli uffici competenti dello S.M.E.; viene consultato per i prnblemi addestrativi, ordinativi e di regolamentazione che richiedano un apporto speciali s tico: formazione dei quadri d'a1·ma. definizione tabelle organiche, compilazione della normativa d'impiego, etc.; viene consultato per la definizione delle caratteristiche operative dei materiali e dei mezzi; concorre alla definizione delle caratteristiche operative dei materiali e dei mezzi; concorre alla definizione delle priorità da attribuire ai lavori relativi alle infrastrutture degli enti dipendenti; viene consultato per i problemi concernenti la p1·0tczione civile. L'ispettore dell'arma del genio: è il con sulente de l capo di S.M.E. per i problemi de ll 'arma del genio; svolge allività ispettiva, per delega del capo di S.M.E .. sugli or·gani di comando, sui corpi e sui reparti dell'a1·ma del genio; svolge funzioni di comando, tramite il vice ispettore, sulla scuola del genio; viene consultalo per l'impiego dei colonnelli, dei quadri di elevata qualificazione e di pregiala specializzazione, nonché degli ufficiali da destinare alla scuola del genio; emana direllive per l'impostazione dei programmi elaborati dalla scuola e li approva; utilizza e coordina l'attività della scuola per la elaborazione delle norme sui procedimenti di impiego delle minori unità; emana, quando necessario, direttive adùeslrative previa eventuale co01·dinazione con gli uffici competenti dello SME; viene consultato per i problemi addestrativi, ordinativi e ùi regolamentazione che richiedano un apporto specialistico: formazione dei quad1·i d'arma, definizione di tabelle organiche, compilazione della normativa d'impiego, etc.; viene consultato per la definizione delle caratteristiche operative dei materiali e dei m ezzi; concorre alla definizione delle priorità da attribuire ai lavori relativi alle infrastrutture d egli enti dipendenti; assolve funzioni di controllo sui prngelti dei lavori di costruzione, miglioramento e mantenimento degli immobili militari (D.M. 24-XI-1933 emanato per effetto del RD. 28-IX-1933, n. 1340, R.D. 17-IIT-1932, n. 365, R.D. 17-IIl-1932, n. 366}. L'ispetto re delle trasmissioni: è il consulente del capo di S.M.E. p er i problemi delle trasmissioni; svolge attività ispe ttiva, per delega del capo dello SME sugli organi di comando, sui reparti e sugli enti d elle trasinissioni; svolge fonzioni di comando dire ttamente sulla scuola telecomunicazioni interfor-ze e, tramite il vice ispettore, s ulle scuole delle trasmissioni e sul centro difesa e lettronica e, tramite i l capo ufficio telecomunicazioni, sul X e XI battaglione trasmissioni; viene consultato per l'impiego dei colonnelli, dei quadri di elevala qualificazione o di pregiata specializzazione, nonché degli ufficiali da destina1·e alle scuole ed enti a lle dirette dipendenze; emana direttive per l'impostazione d ei programmi elaborati dalle scuole e li approva; indirizza e coordina l'attività delle scuole per l'elaborazione delJe norme sui procedimenti d'impiego delle minori unità; emana, quando necessario, direllive addestrative previa eventuale coordinazione con gli uffici competenti dello SME; viene consultato per i prohlemi addestrativi, ordinativi e di regolamentazione, che richiedano un apporto specialistico: formazione dei quadri, ddinizione di tabelle organiche, compilazione della normativa
CAP. LXIX - LA RISTRUTfURAZIONE
1207
d'impiego, etc; viene consultato per la definizione delle caratteristiche operative dei materiali e dei mezzi; concorre alla definizione delle priorità da attribuire ai lavori relativi alle infrastrutture degli enti dipendenti; organizza il funzionamento del servizio cifra nazionale e N.A.T.O., in concorso con il II reparto SME (STOS); progetta, organizza e dirige la rete nazionale delle telecomunicazioni e coordina e controlla quelle regionali; viene consultalo dall'ispellore dell'arma del gen io per il controllo tecnico dei progetti relativi alle telecomunicazioni. L'ispettore dell'aviazione leggera dell'esercito: è il consulente del capo di SME per i problemi dell'A.L.E.; svolge attività ispettiva, per delega del capo di SME, sulle unità dcll'A.L.E., sulle organizzazioni di supporto a l suolo da esse utilizzale e nei riguardi dell'attività di addestramento a lla cooperazione acrotcrrcstrc; svolge funzioni di co mando sul centro addestramento dell'A.L.E., s ul I O raggruppamento A.L.E., sul 9° gruppo squadroni A.LE. e sul centro riproduzione aerofotografica dell'esercito; viene consultato per l'impiego dei quadri di elevata qualificazione e di pregiata specializzazione, nonché degli ufficiali da destinare agli enti dipendenti; emana direllve per l'impostazione dei programmi elaborati dal centro addestramento dcll'ALE e li approva; indirizza e coordina l'attività del centro addestramento <lell 'ALE per l'elaborazione delle norme sui procedimenti d'impiego dei reparti dell'ALE; e mana , quando nece ssario , direttive addestrative previa eventuale coordinazione con gli uffici competent i dello SME; viene consultato pe,· i prnblemi addestrativi, ordinativi e <li regolamentazione, che richiedono un apporlo specialistico: formazione <lei quadri, definizione delle tabelle organiche, compilazione della normativa d'impiego, etc.; viene consultato per la definizione delle caratteristiche operative dei materiali e dei mezzi; concorre alla d efi nizione delle priorità da attribuire ai lavori relativi a lle infra strullure degli enti dipendenti; sta bilisce l'a lli vità di volo per il personale dell'ALE. (88) Raflronto tra la disponibilità di materiali 1975 e quelle previste per l'ese rcito ristrutturato. (vedi pag. seguente)
APPENDICE n. 3 N
TIPO DI MATERIALE
ESIGENZE ESERCITO RISTRUTTURATO
DISPONIBILITA 1975 NUMERO
ASPETTO QUALITATIVO
NUMERO
ASPETTO QUALITATIVO A BREVE TERMINE
A MEDIO TERMINE
Carri armati
2600
75% di concezione superata e di scarsa efficienza operativa
1700
50% di recente concezione ed operativamente valida
100% d i recente concezione ed operativamente validi
Veicoli cingolati trasporto truppa
5000
scarsamente armati e protetti. Poco idonei a cooperare con i carri
4500
circa 10% meglio armati e protetti
almeno il 509 adeguatamente armati e protetti. Idonei a cooperare con i carri
Pezzi di artiglieria
2000
90% di vecchia concezione e di prestazioni limitate
1300
Circa il 20% di recente concezione e d i elevate prestazion i
circa il 50% d i concezione modernissima
Armi clc
2000
prevalentemente cannoni senza rinculo. Pochiss imi missili e della 1 • generazione
3000
prevalentemente cannoni senza r inculo. Pochi m issili della 2• generazione
per 1'80% sistemi d'arma a razzo è mi ssi listici di concezione modernissima
Rampe per missili HAWK
120
in via di ammodernamento
120
in via d i ammodernamento secondo il programma HELIP
Elicotteri per aerei leggeri
500
essenzialmente idonei al trasporto ed alla ricognizione
500
circa il 40% completat i o rinnovati (CHINOOKAI09-AB205-SM 1O19)
Introduzione in servizio d i una aliquota di elicotteri controcarri
25 % rinnovati
ulteriore 50% rinnovato
Automezzi vari
50000
in parte da rinnovare
50000
o00
APPENDICE N. 1. 1975 (POST RISTRUTTURAZIONE ) PERSONALE
UNITA
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• MANTOVA
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20 114
63 i6 18 IS
90 36 176
90 36 111
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Segue APPEN DICE n. 1. 1975 (POST RISTRUTTURA ZIONE)
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Segue APPEN DICE n. 1. 1975 (POST RISTRUTTURA ZIONE)
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1211
CAP. LXIX - LA RTSTRUTIURAZIONE
APPENDICE n. 2 1975 (POST RISTRUTTURAZIONE) Brigata alpina
DENOMINAZIONE
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
12
11
1 =PERSONALE
25 8 45 35 8 63 5 20 60 96 55 20 20 143 22 294 806 520 85 164 802 67 362 947 610 110 192 1008
Ufficiali Sottufficiali .............................. Truppa ...................................... TOTALE
........................
3 314 439 Il 661 908 5948256957 73 58008304
2 =ARMAMENTO
INDIVIDUALE r~~mlea~l~;;;~ù~·i·i'~gg;;;i··:::::::: fucili automatici leggeri per Tr. alp....................................... fu cili semiautomatici ............. DI REPARTO mitragliatrici leggere bivalenti ................................... treppiedi per mitragliatrici leggere b,v ............................... lanciatori dc a piccola gittata mortai medi ............................. mortai pesanti ......................... cannoni leggeri s.r.................. cannoni pesanti s.r. ................ lanciatori dc grande gittata . lanciafiamme ··························· motocicli autovetture berline comuni aulovellure da ricognizione :: autocarri comuni leg. con cassone a sponde .................... autocarri comuni medi con cassone a sponde .................... autocarri comuni pcs. con cassone a sponde .................... autocisterne carburanti ......... autofurgoncini ......................... autocarri comuni pesanti scaffalati .................................. autouffici ................................. a utobus rimorchi .big~··~~;;;;_;~ri;;g~;;~i· rimorchi bif.a comuni me i .. autogru del a motorizzazione di m.p ....................................... autogru della motorizzazione ~~tgian;e·n~~~aff·::::::::::::::::: ambulanze odontoiatriche autof.f icin': per riparazioni ····· mezzi radio .............................. autofficine per riparazioni mezzi a filo .............................. autofri~oriferi ......................... rimorc i pluricasse officina . rimorchi 6iga per disinfezione
-
43
41 205 17 -
85
24 24
3 426 62 24 301 340 463
61
-
12
-
-
54
-
1815162430 30594202
17 -
278 430
16 3 - - - - -
162 270 108 156 27 45 24 40 45 75 18 30 16 24 12 20
-
-
3=VEICOLI RUOTATI 3 3 9 l 1 4 -
-
29
75
87
16
2
-
38
20
25
6
14
-
6
43
26
5
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
4 23
-
IO -
9 205
-
6
10 3 7 -
18
36
51 4 7 469 706 4
178 243
3 406 518 16 3 7
16 3 7
17 17 17 3 3 3 11 2 13 13 25 65 67 22 l 25 7 402 599 31 42 34 3 7 154 3 389 507
-
-
-
73 12571752 46 41 41
-
16
12 19 10 9 8 15 6 8 4 -
-
14 350 -
106 4 75 652
10 -
71
-
l
-
20
-
60
l -
-
-
1 -
4
6
-
-
-
-
-
-
3 18 2 -
3 18 2
3 18 2
-
-
-
-
1 -
1
I
-
-
-
-
l
96
1 1 3 3 3 5 5 5 55 20 20 143 li 661 908
4=QUADRUPED1
muli ·········································· 48 84 661 492 In pace le B. alp .. "TRIDENTINA", "JULIA", "CADORE", " OROBICA" hanno un btg. alp. , in posizione "quadro".
1212
FILIPPO STEFANI
APPENDICE n. 3 SITUAZIONE DEL PERSONALE CIVILE IMPIEGATI ED OPERAI IN AMBITO ESERCITO DAL 1945
ANNO
PROVVEDIMENTI E RIFERIMENTI 2
1937
I. PROVVEDIMENTO Viene definita la consistenza organica di 1.363 impiegati dcli' Aeronautica. 2. RIFERIMENTI Regio Decreto 20 dicembre 1937, n. 2104.
1940
1. RIFERIMENTO
Viene definita la consistenza organica di 1.828 impiegati dell'Amministrazione della Guerra. 2. RTFERTMENTT Regio Deneto 6 dicembre 1940. 1941
I. PROVVEDIMENTO
Viene definita la consistenza organica di 2.318 impiegati della Marina. 2. RIFERIMENTI Regio Decreto 14 giugno 1941. n. 614. 1956
I. PROVVEDIMENTO
a. Viene definito lo stato g iuridico degli impiegati. L'ordinamento delle carriere prevede: (l) carriera direttiva comprensiva delle seguenti qualifiche (ed equiparate): - direttore generale; - ispettore generale; - direttore di divisione; - direttore di sezione; - consigliere di I classe; - consigliere di II classe; - consigliere di III classe; (2) carriera di concetto comprensiva delle seguenti qualifiche (ed equiparate): - segretario capo; - segretario principale; - primo segretario; - segretario; - segretario aggiunto; - vice segretario; (3) carriera esecutiva comprensiva delle segu enti qualifiche (ed equiparate): - archivista capo; - primo archivista; - archivista; - applicato; - appliato aggiunto; (4) carriera del personale ausiliario comprensiva delle seguenti qualifiche (ed equiparate): - commesso capo; - commesso; - usciere capo; - usciere; - inserviente; - agente tecnico capo; - agente tecnico;
1213
CAP. LXIX · LA RISTRUITURAZIONE
Segue APPENDICE n. 3 SITUAZIONE OPERAI
ANNO
PROVVEDIMENTI E RIFERIMENTI
1
2
1948
l. PROVVEDIMENTO Viene definita la seguente consistenza degli operai di ruolo dell'Amministrazione della Difesa: - Esercito: n. 8.710; - Marina: n. 10.000; - Aeronautica: n. 7.000. TOTALE A.O.: n. 25.710. 2. RIFERIMENTI Legge 7 maggio 1948, n. 940
1961
1. PROVVEDIMENTO Gli operai dello Stato, in precedenza salariati, vengono assunti stabilmente ed iscritti a ruolo secondo la seguente classifica: - Capi operai; - 1• categoria: specializzati; - 2• categori::i: q,rnlifi~::iti; - 3• categoria: comuni; - 4a categoria: manovali; - s• categoria: lavori tipicamente femminili; - 6 3 categoria: apprendisti; 2. RIFERIMENTI Legge 5 marzo 1961, n. 90.
1965
1. PROVVEDIMENTO a. Vengono istituiti i seguenti ruoli organic i: - ruolo del personale operaio addello alle lavorazioni; - ruolo del personale operaio addetto ai servizi gene rali. b . Tali ruoli organici sono distinti secondo le seguenti categorie: - capi operai; - operai specializzati; - operai qualificati; - operai comuni. c. Viene definita la consistenza organica di 52.342 operai. Tale valore viene suddiviso nell'ambito dell 'Amministrazione della Difesa secondo le seguenti percentuali: - Esercito: n. 21.481 (41,04%); - Marina: n. 19.220 (36,72%); - Aeronautica: n. 6.407 (12,24%); - Enti interforze: n. 5.234 (10%). 2. RlF.cRJMENTJ DPR 18 novembre 1965, n. 1480.
1973
I. PROVVEDIMENTO
Viene definita la consistenza organica di 52.373 operai. La ripartizione in ;imbito Amministrazione della Difesa è la seguente: - Esercito: n. 21.494 (41,04%); - Marina: n. 19.232 (36.72%); - Aeronautica: n. 6.410 (12,24%); - Enti interforze: n. 5.237 (10%). 2. RIFERIMENTI Legge 6 giugno 1973, n. 313
1214
FILIPPO STEFANI
Segue APPENDICE n. 3 ANNO
PROVVEDIMENTI E RIFERIMENTI
1 Segue 1956
2 b . - esercito: 4.729 unità; - Marina: 2.807 unità; - Aeronautica: 1.388 unità; per un totale di 8.924 impiegati. 2. RIFERIMENTI a. legge 11 gennaio 1956, n . 16 b. DPR 10 gennaio 1957, n. 3.
1966
1 PROVVEDIMENTO La consistenza organica degli impiegati viene stabilita come di seguito specificato: - Esercito n. 14308 unità (53%); - Marina n. 3.307 unità (13%); - Aeronautica n. 6.072 unità (22%); - Enti interforze n. 3.235 unità (12 %) 2. RIFERIMENTI DPR 18 novemb re 1965, n. 1.479.
1970
I. PROVVEDIMENTO li personale civile dello Stato " impiegati" collocato in congedo a partire dal 1970 viene portato in diminuzione nella qualifica iniziale del rispettivo ruolo di appartenenza. Il provvedimento ha comportalo una graduale diminuzione de l volume organico. 2. RIFERIMENTI Legge 24 maggio 1970, n. 336.
CAPITOLO
LXX
L'ESERCITO RISTRUTTURATO
i. Prontezza operativa, mobilità, potenza di fuoco. 2. Il nuovo · vec-
chio modello ordinativo. 3. La fanteria e la cavalleria. 4. L'artiglieria. 5. Il genio. 6. Le trasmissioni. 7. Considerazioni con-elusive.
1.
Alla fine della prima metà del 1976 la ristrulluraziu11e, 4uantu alle trasformazioni ordinative e organiche, era pressoché compiuta, eccezione fatta per qualche unità che la portò a compimento nell'a utunno successivo e per alcune altre di cui vennero variati via via gli organici nel corso del 1976 (1). Essa aveva comportato anche la ridislocazione di alcune unità attuata con criteri di decongestionare il Veneto, con particolare riguardo l'area ad est del Tagliamento, di definire una distribuzione più equilibrata delle forze sul territorio nazionale, di evitare il più possibile il trasferimento di quadri con famiglia reimpiegandoli nelle stesse sedi nelle quali erano già in servizio e di utilizzare, nel complesso dell e infrastrutture disponibili, in gran parte vecchie e non funzionali, quelle che offrissero miglior i condizioni di vita. Altra esigenza immediata, connessa con la ristrutturazione, fu quella della revisione delle prescrizioni per la mobilitazione fin dal ciclo per il 1975. Restavano in vita per alcuni comandi e d enti le tabelle di pace; altre unità ed enti dovevano essere completati, seppure in misura assai ridotta rispetto al passato, all'atto dell'emergenza; v'erano infine unità quadro (2) ed unità da costituire ex novo. Il ciclo di mobilitazione venne articolato in due complessi di predisposizioni: uno, denominato convenzionalmente di aggancio, per i comandi, le unità e gli enti esistenti fin dal tempo di pace su formazioni ridotte o quadro; uno per le unità, i comandi e gli enti da costituire ex novo, comprese le unità dell'arma dei carabinieri di prevista assegnazione alle grandi unità operative (3). L'aggancio consisteva nella predesignazione per la mobilitazione dei quadri e dei militari di truppa appar-
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FILIPPO STEFANI
tenenti ai corsi ed ai contingenti di leva ultimi congedati, in modo da utilizzare i riservisti più giovani nelle unità d'immediato impiego operativo, riducendo così i tempi necessari per amalgamarli con i militari già alle armi. Non vennero, invece, apportate varianti significative alle predisposizioni per le unità da costituire ex novo e per quelle dell'arma dei carabinieri, se non quella di un più accentuato ricorso al reclutamento ed alla mobilitazione regionale (4). A posteriori, nel Libro bianco della difesa (5), edito nel gennaio 1977, con l'introduzione scritta dal ministro della difesa in carica, onorevole Vito Lattanzio, fu sottolineato che l'obiettivo generale della ristrutturazione era stato quello di "giungere alla definizione - e quindi all'attuazione - di uno strumento militare che persegua obiettivi di forza equilibrati, raggiungibili e poi sostenibili, rendendo massimo il rapporto efficienza-costo, nel quadro di un 'ipotesi finanziaria a lungo termine realistica ed attendibile (6). Seguivano le indicazioni su che cosa intendere per obiettivi di forza equilibrati, raggiungibili e sostenibili (7) e si aggiungeva che il conseguimento del massimo rapporto efficienza-costo implica anche la definizione del rapporto ottimale, che può essere diverso tra le singole forze armate, tra personale e mezzi e contiene altresì il concetto di un rapporto funzionalmente corretto tra entità numeriche complessive del personale militare e di quello civile. Infine l'ipotesi finanziaria a lungo termine veniva ritenuta indispensabile per una corretta pianificazione generale e programmazione tecnico-finanziaria dello strumento militare. Ma allora, viene da chiedersi, se era mancata l'ipotesi finanziaria a lungo termine realistica ed attuabile - la legge promozionale per l'esercito non era stata ancora approvata quando vide la luce il libro bianco - che significazione aveva avuto la ristrutturazione operata due anni prima? Di fatto, era stata proprio l'assenza di una prospettiva finanziaria realistica ed attendibile, in uno con il carattere d'imposizione politica e di estrema urgenza dell'operazione, a condizionare pesantemente le decisioni dello stato maggiore dell'esercito, nella ricerca di adeguare lo strumento ai compiti e di conciliare le esigenze tecnicomilitari di carattere operativo e funzionale con l'insufficienza delle risorse finanziarie del momento e di quelle prevedibili per il futuro. La ristrutturazione venne attuata in un periodo drammatico dal quale non può essere stralciata. Ricordiamone, per sommi capi, i fattori che più la caratterizzarono. Nella seconda metà del 1975 e nella prima metà del 1976 il problema della disoccupazione era diventato tragico, la crisi delle istituzioni - ritmata dalle trasformazioni radicali delle strutture economiche e sociali, dei modi di vita e dei
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costumi del popolo italiano - si era fatta gravissima e la crisi economica in tutti i suoi variegati aspetti non sembrava più arginabile nei suoi effetti disastrosi. Proprio tra la fine del 1975 e gli inizi del 1976 venne meno l'appoggio del partito socialista al governo D.C.-P.RI. presieduto dall'onorevole Moro, mentre la lira precipitava in una caduta vertiginosa dei propri termini di cambio nei confronti del dollaro e delle altre valute forti, obbligando il governo dimissionario a provvedimenti restrittivi della liquidità monetaria. Frattanto il disagio di malessere e la sfiducia deJl'opinione pubblica erano resi più acuti dall'ondata di scandali che si abbatteva su alcuni settori di vertice del campo politico, compreso uno in cui erano coinvolti ex ministri della difesa. Nella primavera del 1976, dopo che nell'inverno precedente era stato ricostituito un altro governo Moro, si aprì la stagione dei congressi dei maggiori partiti e, mentre venivano imposte al paese nuove misure fiscali, il governo si mostrava incapace di tentare la via di un accordo interpartitico reale su di un programma globale di ripresa econo1nica che <lesse fi<lucia al pat.:se. Il terrorismo, frattanto, continuava a mietere imperterrito vittime e il Parlamento non riusciva ad esprimere una maggioranza stabile. Il 30 aprile il presidente della repubblica sciolse il Parlamento e indisse nuove elezioni dalle quali derivò, il 13 luglio 1976, un governo monocolore democristiano, presieduto dall'onorevole Giulio Andreotti, sostenuto da una maggioranza comprendente per la prima volta dal 1947 il partito comunista. La situazione politica, oltre che di estrema debolezza, divenne del tutto anomala. Non è obiettivamente possibile non riconoscere come in contingenze siffatte fosse davvero difficile per le stesse autorità politiche prestare attenta considerazione alla ristrutturazione delle forze armate che, peraltro, si imponeva. Ma, al tempo st esso, proprio per tali motivi, la ristrutturazione non fu e non poté esprimere, neppure sul piano concettuale, il perseguimento degli obiettivi indicati nel libro bianco. Perso il carattere interforze che avrebbe dovuto avere, essa si ridusse, sul momento, ad un'operazione settoriale, soprattutto di carattere riduttivo dell'entità numerica delle forze, analoga a quella che contemporaneamente era in corso, in seguito alla crisi energetica, anche nel Regno Unito e in Olanda, paesi costretti anch'essi a stringere i bilanci della difesa. Ma la situazione di partenza delle forze armate italiane era ben diversa. I bilanci della difesa italiani erano progressivamente scesi, nell'ultimo decennio, dal LS,5% all'8% e dal 17,4% all'l 1 % rispetto alle spese dello Stato ed alle entrate. La percentuale del reddito nazionale devoluta alle spese per la difesa. depurate dal
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debito vitalizio, era scesa a circa il 2% contro il 4% registrato mediamente nelle altre nazioni europee della N.A.T.O. Contro i circa 2450 miliardi assegnati per il 1975 al bilancio della difesa - escluse le pensioni trasferite su di un apposito capitolo dello stato di previsione del ministero del Tesoro - Francia, Regno Unito e Germania occidentale avevano stanziato ancora nel 1974 per le spese militari rispettivamente 5110, 5630 e 6950 miliardi di lire (8). La persistente insufficienza delle assegnazioni durata anni, senza che i richiami dei vertici militari sul progressivo degrado dell'efficienza, rivolti ai vari ministri succedutisi nella carica, avessero mai prodotto effetti sostanziali, avevano reso insostenibile la situazione, per uscire dalla quale lo sforzo finanziario da sostenere, a ridimensionamento compiuto, aveva raggiunto valori e proporzioni insostenibili. La ristrutturazione è un fatto politico e tecnico necessario o ad adeguare lo strumento a compiti nuovi o al diversificarsi delle minacce, o ad armonizzare le strutture operative, addestrative e funzionali - comprese quelle centrali, territoriali periferiche e logistiche - con l'evoluzione o i mutamenti del progresso tecnologico. Quando la si operi sotto l'incalzare di fatti politici e finanziari negativi, quali quelli del periodo 1974-1976, e partendo da una situazione lasciata gradualmente deteriorare per mancanza di saggezza politica, mantiene pressoché insoluti i problemi di fondo e li ripropone spesso, non molto tempo dopo, in termini ancor più esasperati. La ricerca di un equilibrato rapporto efficienzacosto non può essere esclusivamente legata alla situazione di bilancio, ma va prima di tutto impostata sul grado di rischio che si è disposti ad accettare in materia di sicurezza e difesa. Il grado di rischio è scelta e decisione politica, ancorché basata su di una valutazione tecnico-militare. Un'ottica diversa della ristrutturazione è illusoria ed ingannevole, anzi una vera distorsione. A posteriori allo stato maggiore dell'esercito venne rimproverato di aver ristrutturato l'esercito senza crollarsi di dosso il complesso della soglia di Gorizia, quasi fosse una sindrome resistente dalla fine della seconda guerra mondiale. La strategia avanzata era - ed è tuttora - una scelta della N.A.T.0.; essa comporta per l'Italia la difesa del confine nord-orientale che fortunatamente ha il suo punto di maggiore forza proprio lungo il suo naturale sviluppo; in tale contesto non può venire meno l'assegnazione dell'aliquota maggiore della componente operativa terrestre al comandante della F.T.A.S.E .. In sede di ristrutturazione, lo stato maggiore dell'esercito, pur consapevole di alcune mutazioni verificatesi negli ultimi tempi e della maggiore vulnerabilità del teatro operativo del Mediterraneo, non avrebbe potuto
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unilateralmente mutare i termini della strategia concordata in sede N_A_T_Q_, Esso, peraltro, ricercò una maggiore flessibilità delle forze operative e la ottenne, in una certa misura, ancorché ridotta rispetto a quella proclamata, mediante i provvedimenti ricordati_ Un'ulteriore riduzione delle forze assegnate alla N.A-T_Q_, oltre quella connessa con la ristrutturazione stessa, non sarebbe stata assolutamente praticabile_ Ciò non vuol dire che la pianificazione operativa della N.A.T.O. sia intangibile e non modificabile, ma solo che per poterla cambiare, magari su proposta italiana, vi debba essere il consenso dei comandi responsabili della difesa dell'Europa. Fino a quando ciò non si verifichi, la soglia di Gorizia è, e resta, epicentro dello schieramento difensivo dell 'esercito italiano ed uno dei punti più sensibili del fianco sud dello schieramento della N.A-T-0 .. La maggiore pericolosità assunta dallo scacchiere marittimo per la presenza dell'imponente flotta sovietica, in seguito alle vicende del Vicino Oriente e del mondo arabo e il possesso della sponda settentrionale dell'Africa da parte di Stati ostili o comunque infidi, non muta il ruolo della fronte terrestre italiana e forse anzi ne accentua la delicatezza, perché alle basi navali dell'Adriatico e dello Ionio si può giungere simultaneamente, od anche prima, da tergo qualora non si sbarrino le vie che ad esse adducono da terra. Nessuna arretratezza di pensiero e di visione strategica da parte dello stato maggiore dell'esercito, ma esatta contezza dei compiti e degli impegni. Non meno approfondita e rispondente l'analisi delle priorità da soddisfare per l'avvio di un esercito di qualità, di cui la prontezza operativa e la mobilità avrebbero dovuto costituire i primi requisiti caratteriali. A tale riguardo è peraltro fuori dubbio che l'esercito ristrutturato risultò più pronto operativamente e più mobile strategicamente e tatticamente di quello preristrutturazione. L'elevazione dei livelli di forza delle unità lasciate in vita produsse, inoltre, riflessi enormemente favorevoli sul morale dei quadri e dei soldati e sull'addestramento, perseguendo così, anche sotto tali aspetti, un aumento della capacità operativa. Un esercito, quale quello preristrutturazione, con una buona parte delle sue unità con livelli di forza pari al 55% delle tabelle organiche di guerra, non è né pronto né affidabile: le tabelle di pace sono uno specchietto per le allodole ed una ingannevole alchimia_ Non solo la prontezza, ma la stessa capacità' operativa scendono in proporzione geometrica quanto più modesti sono i livelli di forza_ Durante la seconda guerra mondiale, al di sotto del 75% della forza organica le unità erano ancora in grado di esprimere una qualche capacità operativa: oggi, stante la molteplicità e la complementarietà delle armi e dei
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mezzi in dotazione, non lo sono più, per cui il concetto più volte richiamato circa la maggiore validità di un esercito piccolo al 100% degli organici rispetto ad uno a larga intelaiatura su tabelle di pace è una verità che assume addirittura valore di dogma nella situazione politico-strategica dei nostri tempi. Tutti gli eserciti tendono, infatti, a ridursi di mole, ma ad incrementare la loro prontezza, perché le emergenze si manifestano improvvise e inaspettate e non concedono tempo alla mobilitazione ed all'amalgama. Del nuovo grado di prontezza operativa vennero a godere la gran parte delle unità. e si trattò di una grande conquista rispetto al passato. Anche l'incremento della mobilità fu notevole, ma meno generale e, soprattutto, disomogeneo. La distinzione tra esercito di campagna ed esercito per la difesa interna del territorio, cancellata sulla carta, si ripresentò di fatto sul piano della realtà, essendo le possibilità di movimento e di manovra delle unità meccanizzate ben diverse da quelle delle unità motorizzate legate al movimento su strada ed al combattimento a piedi. Il problema della mobilità è strategico e tattico: la mobilità strategica divenne totale per l'intera componente operativa, quella tattica venne conferita per intero, o quasi, alle sole unità corazzate e meccanizzate, neppure queste in toto, perché non tutte le brigate meccanizzate furono dotate di artiglierie semoventi e tutte dovettero montare i loro cannoni controcarri senza rinculo su autovetture da ricognizione e non su mezzi protetti cingolati o ruotati. Inoltre, i 4500 veicoli cingolati per il trasporto truppa - del tipo AMX e Ml 13 - erano scarsamente armati e protetti e poco idonei a cooperare con i carri, mentre ne sarebbero occorsi almeno 500 - del nuovo tipo VCC'80 - per equipaggiare adeguatamente l'Ariete. Tn definitiva, l'esercito ristrutturato era più mobile ed in grado perciò di una maggiore reattività manovriera, ma sopravviveva una grande diversità, quanto a mobilità tattica, tra brigate meccanizzale e brigale motorizzate e, in più, le prime non erano dotate in misura globale di mezzi meccanizzati. L'eliminazione delle grandi unità di fanteria appiedate, in tutto od in parte, comunque abbisognevoli di mezzi di rinforzo per essere interamente autotrasportate, segnò un passo avanti notevole e il raggiungimento di un traguardo intermedio importante, mai toccato in passato. AJ considerevole aumento della potenza di f uoco conferita al battaglione di fanteria nella prima metà degli anni sessanta, non aveva fatto riscontro una crescita della mobilità e i plotoni fucilieri, per essere autotrasportati, dovevano ricevere, di volta in volta, i mezzi necessari dagli autoreparti divisionali o da altre unità di livello superiore. Forse sarebbe stato meglio fin d'allora ridurre da 4 a 3 i battaglioni del reggimento di fanteria e renderli
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autonomi quanto a mobilità su strada. Quanto alla potenza di fuoco dell'artigliera terrestre, espressa nell'esercito preristrutturazione da 2000 bocche di fuoco, ancorché in gran parte vetuste e superate, si cercò di compensarne la loro riduzione a 1300 sostituendo, nell'ambito dell'artigliera di supporto, il missile Honest John con il missile Lance (un gruppo su 3 batterie di 2 lanciarazzi ciascuna), nonché con la prevista acquisizione degli FH70 da 155 mm (9) nel numero necessario ad armare 8 gruppi e con l'introduzione in servizio, già realizzata, di circa 200 pezzi semoventi M109 da 155/23 nell'ambito delle unità corazzate. Per il resto, almeno per il momento, - eccezione fatta per l'unico reggimento di artiglieria pesante da 175/60 su M107 su 2 gruppi, ciascuno su 3 batterie di 6 pezzi - il materiale di artiglieria continuò ad essere costituito dai 155/23, dai 155/45 e dai 203/25 a traino meccanico. Persistettero, pertanto, lacune quantitative e qualitative vistose, di previsto parziale colmataggio solo nei termini stabiliti dal piano decennale di riarmo, senza dire che le divisioni avrebbero dovuto ancora per lungo tempo utilizzare materiale a traino meccanico perché solo dalla seconda metà degli anni ottanta, secondo il programma, avrebbe avuto inizio la sua sostituzione con il semovente SP-70 da 155 basato sulle componenti meccaniche del carro Leopard I. E c.:he c.:usa <lire delle a pparecchiature elettroniche per il controllo del tiro, del munizionamento di dotazione e di scorta e degli altri mezzi tecnici il cui approvvigionamento era differito oltre il medio termine? È, infine, da sottolineare che si sarebbe progressivamente reso sempre più difficile l'approvvigioname nto delle varie apparecchiature, dei pezzi di ricambio e dello stesso munizionamento per il materiale di non prevista sostituzione ne ppure a medio termine, vale a dire de l munizionamento e dei ricambi per 650 pezzi (il 50% delle artiglierie). L'incremento d e lle capacità controcarri delle unità di fanteria, cavalleria e genio, segnato dall'aumento delle armi in dotazione, fu più apparente che reale, perché basato per il momento sui bazooka da 88 mm, sui cannoni senza rinculo da 106, sui cannoni senza rinculo da 57 tirati fuori dai magazzini nei quali erano stati quasi tutti relegati negli anni sessanta e solo su 130 TOW che, ancorché di concezione più recente, non erano certo l'ultimo grido dell'armamento controcarri. La questione della difesa contraerei a bassa e bassissima quota rimase, per il momento, irrisolta e la sua soluzione venne rinvia~a a ll'attuazione del piano pluriennale di riarmo nel quale le venne assegnata precedenza. I gruppi contraerei leggeri divisionali vennero costituiti su formazioni quadro e quali unità da costituire all'emer-
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genza (2° gruppo Falco per laCentauro, 12° Nibbio per la Mantova, 13° Condor per la Folgore, 14° Astorper l'Ariete), mentre vennero mantenuti in vita solo i gruppi per la difesa di talune basi aeree (17° Sforzesca, 21 ° Sparviero e 22° Alcione) (10). Nei gruppi di artiglieria della brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna e delle brigate motorizzate Aosta, Acqui, Cremona, Friuli e Pinerolo venne inclusa una sezione contraerei leggera su 6 complessi quadrupli da 12,7 mm, la stessa arma in dotazione, per il momento, ai gruppi contraerei leggeri divisionali (11), anche questi su formazione quadro. Nessun'altro esercito della N.A.T.O., o del Patto di Varsavia, era, nella seconda metà degli anni settanta, così poco e male armato contro l'offesa aerea da bassa e bassissima quota. In conclusione, eccezione fatta per i gruppi di artiglieria di brigata che sostituirono i 105/22 con i 155/23, non vi fu sul momento nessun altro incremento reale della potenza di fuoco nell'ambito delle artiglierie, mentre per quanto riguarda la capacità controcarri e quella contraerei a bassa e bass issima quota la situazione non venne granché modificata rispetto alla preesistente. Il potenziamento, il miglioramento ed il colmataggio delle lacune nei tre specifici settori vennero, peraltro, accuratamente pianificati e classificati in esigenze da soddisfare secondo un ordine di priorità prestabilito o a breve o a medio termine. Delle tre principali caratteristiche - prontezza operativa, mobilità e potenza di fuoco - che si vollero attribuire, come del resto era essenziale, all'esercito ristrutturato, solo la prima (prontezza operativa) trovò largo e immediato, ancorché non totale, soddisfacimento nella ristrutturazione, mentre la mobilità fu notevolmente aumentata, ma in misura parziale e disomogenea, e la potenza di fuoco venne invece incrementata in termini molto contenuti. Non v'è dubbio che quanto venne pianificato - approvvigionamento a breve termine di almeno 500 veicoli VCC'80 e adeguamento a medio termine del 50% dei veicoli cingolati con armamento e protezione più soddisfacenti; approvvigionamento a breve termine di 850 carri armati di recente concezione e rinnovo a medio termine dell'intera linea carri con mezzi di recente concezione ed operativamente validi; rinnovo a breve termine del 20% del parco di artiglieria ed a medio termine deJl'altro 50% con pezzi di concezione moderna e di elevate prestazioni; dotazioni a medio termine nella misura dell'80% di sistemi d'arma a raz. zo e missilistici controcarri di concezione moderna - avrebbe costituito un gigantesco passo in avanti, una volta compiuto, verso l'eserc ito di qualità. Ma almeno per altri 10 anni l'esercito ristrutturato, ancorché gradualmente migliora to e potenziato, avrehhe con-
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tinuato ad accusare debolezze ed insufficienze notevoli e non avrebbe perseguito, sotto il profilo qualitativo, lo standard di efficienza necessario all'adempimento dei suoi compiti. Lo stato maggiore, in definitiva, nell'utilizzare i mezzi disponibili e nel preventivare quelli da acquisire a breve e medio termine, fece del tutto per realizzare un modello tattico-ordinativo moderno e aderente ai tempi ed alla prevedibile evoluzione tecnologica dei mezzi bellici, ma dové fare i conti con la realtà. Non poté andare oltre; qualora l'avesse fatto avrebbe scritto pagine del libro dei sogni.
2. Il nuovo modello ordinativo della componente operativa presentò, come abbiamo già notato, alcune innovazioni sostanziali, ma in buona parte ricalcò quello precedente. Non avrebbe potuto essere diversameute, perch~ non vi erano stati mutamenti di strategia e di compiti. Ciò non vuol dire che il nuovo modello ordinativo non comportasse modifiche alla dottrina d'impiego. Nella conferenza tenuta il 7 giugno 1976 presso il Centro alti studi militari, il generale Cucino affermò: per giungere ad una nuova normativa - che fusse ciué aderente al nuovo ordinamento ed alle nuove dotazioni - la Sc uola di Guerra avrà in futuro il compito di elaborare la dottrina sulla base delle direttive del Capo di Stato Maggiore dell'esercito. In tale ordine di idee, sin da quest'anno la Scuola di guerra ha svolto un'importante esercitazione per vagliare i lineamenti di possibili no'rmative sulla difesa mobile. Questa approfondita indagine, recentemente conclusa, ha già dato positivi risultati. Ne è scaturito l'orientamento ad adottare procedimenti difensivi più flessibili di quelli finora in vigore, che sfruttino appieno la elevata autonomia e la spiccata mobilità dei nuovi reparti. Si tratta in sostanza di incrementare la capacità reattiva delle unità e la condotta dinamica del combattimento difensivo. Questo orientamento si tradurrà in una memoria di base, in via di elaborazione - entro pochi mesi - sarà posta al vaglio sperimentale con esercitazioni svolte da tutte le Grandi Unità. Da questi risultati prenderà forma definitiva, nel prossimo anno 1977, la nuova serie dottrinale (12). La serie dottrinale 800, dopo poco più di 5 anni, era infatti superata ed ancora una volta l'ordinamento aveva preceduto la dottrina. La nuova costituzione delle unità comportava, infatti, una maggiore identificazione del combattimento difensivo con quello offensivo, dive ntando protagoniste di entrambi le unità meccanizzate e corazzate, per le quali, in campo tattico, i mo-
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menti statici sono solo la premessa di quelli dinamici, che si concretano in scontri diretti e ravvicinati di sorgenti di fuoco eminentemente mobili, durante i quali le unità si spostano rapidamente nel senso della fronte e della profondità. Senza dare una risposta aggiornata esauriente ai quesiti posti dalla ristrutturazione nei riguardi della dottrina d'impiego, il capo di stato maggiore dell'esercito fece intendere che, per quanto riguardava le scelte di fondo, non sarebbero sopravvenute modifiche tali da toccare l 'impostazione concettuale di base della dottrina difensiva, in quanto sarebbe rimasta immutata la strategia della risposta flessibile e con questa i corollari che ne derivavano: impiego delle armi nucleari vincolato ai criteri di limitatezza e selettività; immanenza della minaccia nucleare anche nelle operazioni condotte senza impiego di armi nucleari; essenziale importanza delle forze convenzionali come componente vitale della dissuasione. Egualmente fuori discussione restava la decisione di risolvere, senza alcuna riserva mentale, il problema difensivo nazionale sulla posizione difensiva avanzata. Era chiaro perciò che il discorso dell'aggiornamento avrebbe riguardato essenzialmente i procedimenti d'azione, legati alle caratteristiche dello strumento disponibile e del terreno d'impiego. Lo strumento più piccolo, ma anche più mobile, comportava del resto di per sé una rinnovata visione della manovra difensiva, fondata non più sull'alternativa radicalizzata dei due procedimenti - difesa ancorata e difesa mobile - ma su di un unico procedimento articolato ai livelli maggiori in due azioni: una genericamente di arresto, di norma sufficiente su terreni alpini e montani, di competenza dei complessi di forze in primo scaglione; l'altra, di reazione dinamica, attribuita a complessi di forze prevalentemente corazzate. Dei due vecchi procedimenti occorreva, insomma, farne uno unico, che fosse la sintesi degli aspetti positivi dell'uno e dell'altro ed al quale non sarebbe forse stato necessario attribuire un'etichetta specifica, stante la gamma estesa delle caratteristiche che avrebbe dovuto assumere, segnate, agli estremi, dalla massima esaltazione della funzione statica o di quella dinamica. Ecco perché anche la fortificazione permanente avrebbe dovuto continuare a giocare il suo ruolo importante, diversamente dall'orientamento dello stato maggiore dell'esercito che quasi la relegò nel campo dei ricordi storici. Quale che fosse la dosatura tra i due tipi di procedimenti, anche sui terreni di pianura e di collina la difesa avrebbe dovuto essere dura, dinamica e reattiva, evitando di irrigidirsi entro schemi vincolati, fondati sul prevalente schieramento delle forze a priori e ricercando, invece, l'adeguamento costante del dispositivo alla realtà del combattimento. Certo non bisognava scendere, quan-
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to a densità, al di sotto di certi valori medi perchè in questo caso la dinamicità e la reattività non sarebbero valse a compensare la mancanza di coesione. Restavano perciò validi, a nostro giudizio, i concetti espressi neJla 800 circa la convenienza di esercitare la difesa nelle aree di maggiore sensibilità ed importanza, senza dilatare - di massima oltre il normale l'ampiezza dei settori delle Grandi Unità elementari. Una struttura tradizionale deJla doltrina difensiva italiana - il caposaldo - veniva a perdere, sui terreni di pianura e di collina, mol La dell'importanza attribuitagli in passato e accanlo al caposaldo si coJlocavano altri tipi di slrutture caratterizzate dalla proiezione delle armi in avanti e conseguentemente daJl'andamento piuttosto lineare della struttura stessa. Strutture diverse, infatti, si rendevano necessarie quando convenisse sviluppare o reiterare nello spazio una reazione di fuoco violenta e repentina da posizioni divenute di rilevanza tattica nel corso del combattimento e quando i fattori di tempestività e di immediatezza d'intervento risultassero prioritari (13). Tali le principali conseguenze ùd nuovo modello ordinativo nei riguardi del problema dottrinale della difesa, da valutare ed esperimentare nella elaborazione della nuova normativa d'impiego, che non comportava affatto un nuovo modello di difesa, ma solo un nuovo e diverso procedimento di difesa, sintesi armonizzata dei due inLro<loLti per la prima volta nella dottrina d'impiego dell'esercito italiano dalla serie dottrinale 700. Il procedimento <li difesa ancorata, ancorché riabilitato dalla assoluta preminenza attribuita all'ambiente operativo convenzionale, non rispondeva più alla natura meccanizzala-corazzata del nuovo strumento; quello di difesa mobile doveva essere liberato dai dubbi e dalle cautele di cui era stato circondato nella 700 e nella stessa 800 e modificato a ppunto attraverso una maggiore armonizzazione del rapporto forze/spazio e del rapporto posizioni/reazioni. Anche il modello ordinativo, le cui maggiori innovazioni erano l'inserimento della brigata e l'eliminazione del reggimento nella scala tattico-ordinativa, ricalcò, per il resto, quello preesistente, del quale peraltro risultò più snelJo e semplice mercé la ricerca della massima uniformità possibile delle articolazioni e delle tabelle organiche. L'uniformità degli organigrammi e l'affinità delle tabelle organiche delle unità analoghe non solo incrementarono le possibilità d'intercambiabilità delle unità dell'arma base e, conseguentemente, la flessibilità della componente operativa, ma a llegerirono altresì l'intera organizzazione logistica dell'esercito di campagna, Lanto più semplice quanto maggiore l'omogeneità ordinativa e di dotazioni delle unità da supportare. Le stesse unità logistiche. medianle la creazione dei battaglioni di sani-
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tà divisionali e dei battaglioni logistici divisionali e di brigata - a parte la scarsa aderenza del termine battaglione - vennero strutturate su moduli unificati, a tutto vantaggio della intercambiabilità dei compiti tra i nuovi centri sanitari e tra i nuovi centri logistici. Sotto il profilo dell'entità delle forze, il nuovo quadro di battaglia, imperniato su 24 brigate, chiuse ogni ulteriore possibilità di ridimensionamento avvenire a meno di rivoluzionarie innovazioni tecnologiche. Anzi esso si assunse margini di rischio molto elevati e, stante lo stato di debolezza dell'organismo, ogni nuova operazione chirurgica riduttiva della componente operativa avrebbe potuto essere fatale, specialmente prima che fosse stata portata a compimento la terapia intensiva di convalescenza che sarebbe durata almeno un decennio. Quanto ai ricostituenti scelti, lo stato maggiore dell'esercito si mantenne molto prudente e aderente alla realtà, pur nella piena conoscenza di quali fossero i livelli qualitativi e tecnologici degli altri eserciti europei e di quali fossero in prospettiva a breve te rmine i progressi che avrebbe ulteriormente compiuto la tecnologia militare. Nel definire la programmazione del riarmo tenne l'occhio al presente ed al futuro, ma si accontentò del minimo indispensabile, anche quanto a qualità del nuovo armamento e del nuovo equipaggiamento. Sia sotto il profilo dell'entità operativa nel suo complesso, sia sotto quello delle esigenze da soddisfare sul piano qualitativo, non vi furono errori di valutazione e di prospettiva e tanto meno arretratezza culturale o oscurantismo dottrinale. Nel settore della catena di comando operativo, lo stato maggiore dell'esercito, invece, o perché non ne ebbe il tempo o peréhé stimò inopportuno sommare altre innovazioni a quelle già insite nella ristrutturazione, non procedé ad un riesame più approfondito che l'introduzione delle brigate nell'ambito delle divisioni meccanizzate e della divisione corazzata avrebbe richiesto e lasciò in una qualche incertezza l'immagine della divisione corazzata che, in pratica, venne intesa negli stessi termine del passato, quasi l'articolazione in brigate non ne mutasse la natura e la funzione taftica. Essa venne considerata come la grande unità idonea a realizzare, in un contesto uni tario, il coordinamento tra l'azione di rottura o di arresto delle brigate meccanizzate e l'azione decisiva, nell'offensiva e nella difensiva, là <love le condizioni del terreno la rendono possibile, delle brigate corazzate. Ma un compito del genere è già proprio, sia pure in termini più vasti, del corpo d'armata, il quale peraltro, <lopo l'eliminazione del livello armata, aveva assunto la funzione di grande unità fondamentale della manovra strategica di scacchiere. La questione venne lasciata in sospeso, ma fu chiaro che
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prima o poi avrebbe dovuto trovare una soluzione meno labile e sfumata, comunque meglio definita nei termini, perché è fuori dubbio che, dopo l'eliminazione del livello armata e l'introduzione del livello brigata, non esisteva più una equilibrata ripartizione dei compiti tra corpo d'armata e divisione: troppi quelli del primo, pochi quelli della seconda. D'altra parte, l'esercito tedesco occidentale, al quale l'ordinamento dell'esercito italiano ristrutturato si rifaceva, aveva conservato i tre livelli - corpo d'armata, divisione, brigata - non per motivi di carattere specifico locale, ma per continuare a misurare gli sforzi secondo una unità di misura tradizionale e consolidata - la divisione - assai più significativa di quella della brigata. C'era poi il fatto che nessuno dei principali eserciti della N.A.T.O., come del resto quelli del patto di Varsavia, aveva eliminato il livello divisione e la tendenza prevalente era quella di lasciarlo in vita allegerendone, per quanto possibile, il peso organico e creando divisioni meno pesanti, ma in grado di condurre autonomamente manovre tattiche articolate, di portata maggiore di quella della brigata. Altro settore, nel quale sarebbe stato opportuno e conveniente intervenire con maggiore incisività, avrebbe dovuto essere quello della struttura delle unità minori, dal battaglione alla squadra. Le articolazioni e le tabelle organiche di tali unità non subirono grandi modificazioni rispetto al passato e rimasero più o meno conformi ai moduli tradizionali, del resto comuni in verità alla gran parte degli eserciti, anche se non pochi fossero i segni premonitori del declino della loro validità. Occorre, peraltro, porre in rilievo che la riduzione del peso organico dei vari liveJli minori sarebbe stata strettamente legata all'introduzione in servizio di armi e di mezzi nuovi, mentre dovendosi regolare su quelli in servizio lo stato maggiore fu quasi obbligato a limitare le innovazioni. Il battaglione bersaglieri preristrutturazione aveva una forza di 885 uomini (39 ufficiali, 89 sottufficiali, 7 57 militari di truppa), il battaglione o gruppo squadroni meccanizzato della ristrutturazione 887 uomini (45 ufficiali, 100 sottufficiali, 742 militari di truppa); il battaglione di fanteria preristrutturazione contava 890 uomini (43 ufficiali, 85 sottufficiali, 762 militari di truppa), il battaglione motorizzato della ristrutturazione 844 (41 ufficiali, 94 sottufficiali, 709 militari di truppa); il battaglione alpini preristrutturazione contava 1044 uomini (47 ufficiali, 91 sottufficiali e 906 militari di truppa), quello ristrutturato 950 uomini (45 ufficiali, 96 sottufficiali, 809 militari di truppa); il battaglione carri preristrutturazione contava 498 uomini (38 ufficiali, 85 sottufficiali, 385 militari di truppa), quello ristrutturato 434 uomini (32 ufficiali, 82 sottufficiali, 320 militari di
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truppa); il battaglione corazzato preristrutturazione aveva la forza organica di 534 uomini (34 ufficiali, 83 sottufficiali, 417 militari di truppa) nel battaglione o gruppo squadroni corazzato della ristrutturazione la forza organica era di 536 uomini (34 ufficiali, 83 sottufficiali, 419 militari di truppa). Come si può osservare, non vi furono grandi variazioni di forza organica e la stessa considerazione vale per le altre unità di fanteria e di cavalleria, di artiglieria, del genio e delle trasmissioni, mentre le unità dei servizi subirono quasi tutte nel complesso un sensibile aumento di forza organica. Migliorò naturalmente il rapporto tra i mezzi di trasporlo e di combattimento e il peso organico delle rotazioni delle singole unità. Innovazione di rilievo fu l'unificazione ordinativa e organica delle unità omologhe di fanteria e di cavalleria, cui vennero conseguentemente assegnati gli stessi compiti, cancellando in termini d'impiego ogni differenza tra le due armi, eccezione fatta per i gruppi esploranti divisionali e la compagnia esplorante per la brigata meccanizzata autonoma. Una unità meccanizzala ed una unità carri ebbero, ciascuna, un unico significato tattico, indipendentemente dalla foggia e dai colori delle mostrine e delle fiamme indossate dal personale che le costituiva. Abolita la distinzione d 'impiego tra le due armi, vennero peraltro salvaguardate le tradizioni, mediante l'attribuzione ai battaglioni e gruppi squadroni della bandie ra di guerra, della numerazione, della denominazione e delle fiamme dei reggimenti di cavalleria di provenienza. Sta di fatto che una minore unità, ancorché completamente mobile, non cessa di essere pesante, come risultarono quelle della ristrutturazione, perché la mobilità, intesa nel senso lato del termine, è legata non solo alla disponibilità dei mezzi vettori, ma anche alla s nellezza organica. Una unità di 100 mezzi, a parità di ogni altro fattore , si muove più facilmente di una di 150 mezzi. Sulla base di tale lapalissiana considerazione già era viva, in alcuni eserciti, la tendenza ad individuare nella compagnia e nello squadrone o, meglio ancora, di voi la in volta in una formazione ad hoc di tale entità, l'unità fondamentale del combattimento. Si trattava di trasferire dai livelli maggiori a quelli minori il concetto statunitense della task farce. In sede di ristrutturazier ne , comunque, il battaglione ed il gruppo squadroni - i cui compiti addestrativi, disciplinari, logistici ed amministrativi risultavano di grande mole in seguito alla assunzione della fisionomia di comandanti di corpo da parte dei comandanti dell'unità e del trasferimento a questi ultimi della gestione dei materiali e del contante - conservarono, ai fini dell'impiego, la funzione di unità fondamentali del comhaLLimenLo e le loro articolazioni minori quella di pedine organiche della manovra tat-
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tica unitaria di battaglione. Anzi, la sostituzione del raggruppamento Lattico con la brigala rese manifesta la tendenza ad operare, ai vari livelli, ricorrendo all'impiego di uni Là organiche piuttosto che a quello di reparti di formazione, nonostante che i battaglioni, le compagnie e i plotoni, eccezione fatta per le unità carri, risultassero piuttosto pesanti, rigidi e legati. D'altra parte, l'allegerimento delle tabelle organiche sarebbe stato possibile, se non esclusivamente quanto meno principalmente, solo una volta che fossero state distribuite armi con requisiti di mobilità, potenza di fuoco, leggerezza molto spiccati e che funzionassero con poco personale. Al livello di divisione venne conservata la formazione ternaria (3 brigate), a quello di brigata venne adottata la formazione quaternaria o Lernaria (3 battaglioni meccanizzati e 1 carri o 3 battaglioni motorizzati e 1 corazzato o 2 battaglioni carri e 1 meccanizzato), mentre hallaglioni, compagnie e plotoni conservarono la tradizionale formazione ternaria. Anche i gruppi <li artiglieria rimasero costiluiti su 3 batteria cd ogni hatteria, comprese quelle <li artiglieria pesante <li cui precedentemente alcune erano su 4 pezzi, su 6 pezzi. Rispetto allearticolazioni ed alle tabelle organiche preristrutturazione le unità del genio e delle trasmissioni assunsero formazioni tabulari diverse. Il hatlaglione genio pionieri di corpo d'armata venne costituito su 3 compagnie pionieri e 1 compagnia comando e parco, mentre quello divisionale su 2 compagnie pionieri e 1 compagnia comando e parco; ad ogni brigata venne assegnata organicamente una compagnia del genio, per cui nel complesso della divisione il genio venne notevolmente aumentato. I battaglioni trasmissioni di corpo d'armata vennero arlicolati su 2 plotoni (comando e servizi, RR) e 4 compagnie; quelli divisionali su 2 plotoni e 2 compagnie, mentre al livello di brigata i plotoni trasmissioni (2) anziché inquadrati, come nel passato, in una compagnia trasmissioni di brigata, vennero inglobati nella compagnia comando e trasmissioni di brigata. Delle unità preesistenti, quella che subì, sul piano concettuale-ordinativo, le maggiori modificazioni fu il gruppo esplorante divisionale. Già articolato su I squadrone comando, 2 squadroni esploranti e 1 squadrone carri, venne articolato su l squadrone comando e servizi e 3 squadroni esploranti, ciascuno dei quali su 1 plotone comando e servizi, 2 plotoni esploratori e 2 ploloni carri. Gli squadroni assunsero, pertanto, formazioni omogenee e i carri armati, già squadrone a sé stante, vennero distribuiti negli squadroni esploranti; la forza del G.E.D., già di 615 uomini (29 ufficiali, 79 sottufficiali, 507 militari di troppa) salì a 667 uomini (36 ufficiali, I 05 sottufficiali, 526 militari di truppa). Venne meno la preesistente di-
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stinzione tra carri armati leggeri e medi - già assegnati rispettivamente nel numero di 1O e di 17 - e il gruppo venne dotato di 31 carri medi. Si trattò di un ripiego determinato dalla indisponibilità di altri mezzi e, conseguentemente, al gruppo continuarono a mancare i mezzi cingolati o ruotati specifici per l'esplorazione, che tali non erano certo i 34 VTC di cui venne dotato. Altra innovazione riguardante le unità esploranti fu l'inserimento, nell'organico di plotone, di 3 nuclei esploranti leggeri sicché il plotone venne articolato su: 1 squadra comando, 3 nuclei esploranti leggeri di 4 uomini ciascuno, 3 squadre esploranti su 10 uomini ciascuna (forza complessiva del plotone esplorante: 46 uomini). Altra innovazione di rilievo fu la costituzione del battaglione d'assalto paracadutisti cui fu data una costituzione organica del tutto peculiare (1 compagnia comando e servizi, 1 compagnia d'assalto allievi, 2 compagnie d'assalto) e conferita un'estrema leggerezza (340 uomini: 36 ufficiali, 196 sottufficiali, 108 militari di truppa) sì da renderlo idoneo ad adempier·e i compiti speciali, del tipo di quelli dei commando, assegnatigli. Nel nuovo modello ordinativo prevalsero, in conclusione, gli schemi ed i moduli preesistenti e già in vigore da più di 10 anni ed ai livelli delle unità minori le innovazioni furono poche e di rilievo modesto, mentre l'evoluzione generale e dottrinale e ordinativa, incalzata dal rapido progresso tecnologico, ne avrebbe richieste e suggerite ben altre, qualora fossero stati subito disponibili mezzi avanzati e si fosse potuto programmare sulla base di risorse finanziarie più larghe. Si ponevano, infatti, fin da allora problemi nuovi per tutte le armi.
3. Fanteria e Cavalleria
Dal punto di vista concettuale, l'indice di meccanizzazione della componente operativa indicato in sede di ristrutturazione era adeguato o era troppo basso? Esso nel concreto dipese, come abbiamo di continuo messo in evidenza, dalla disponibilità dei mezzi. Qualora questi fossero s tati disponibili in altra misura sul momento od in prospettiva, crediamo che la meccanizzazione sarebbe stata estesa quanto meno alle 5 brigate motorizzate, se non anche alle 5 brigate alpine: a queste ultime per renderle realmente bivalenti. La fanteria della seconda guerra mondiale, vale a dire quella tradizionale, era già morta e sepolta ed i sentimentalismi e i campanilismi non potevano resuscitarla. Oggi la
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fanteria è viva e vitale, e lo resterà a lungo, solo se dotata di elevata mobilità tattica e di adeguata protezione. Essa deve essere, inoltre, idonea ad operare con il carro, per il carro e contro il carro. Mobilità tattica e potenza di fuoco controcarri costituiscono i suoi requisiti essenziali. Quella, tradizionale conserva il ruolo di protagonista del combattimento solo in situazioni operative ed in ambienti che inibiscano l'impiego di mezzi di trasporto e di combattimento meccanici. Il concetto di meccanizzazione non comprende solo i mezzi a cingolo, ma anche quelli a ruote, purché offrano protezione, consentano, quando conveniente, di combattere da bordo e siano in grado di muoversi spigliatamente e rapidamente su terreno vario. La fanteria delle brigate motorizzate, ancorché resa autonoma ed autosufficiente per il movimento su strada - il che fu un passo in avanti notevole rispetto al passato - non è una fanteria moderna, perché, se chiamata a combattere su terreni di pianura e di collina, si muove con la stessa identica velocità operativa dei legionari di Cesare. Ciò non vuol dire che la fanteria meccanizzata non combatta e non debba saper combattere anche a piedi. Sia sul campo di battaglia vero e proprio, sia nelle forme particolari di lotta, quali la guerriglia e la controguerriglia, oltre che sui terreni alpini e montani o che comunque inibiscano il movimento dei mezzi meccanici, il combattimento ravvicinato di elementi appiedati è tuttora ricorrente e normale. A tale riguardo esistevano nel 1975, ed esistono tuttora, concezioni diverse: chi riteneva, e ritiene, che il mezzo di locomozione debba servire essenzialmente per il trasporto e tutt'al più anche per il sostegno di fuoco e logistico; chi, invece, che esso debba essere anche un mezzo di combattimento dal quale discendere solo quando non se ne possa fare a meno, essendo illogico conferire alla fanteria una mobilità tattica protetta per poi costringerla a rinunciarvi proprio nei momenti critici. In s ede di ristrutturazione venne riaffermata la distinzione tra fanteria dotata di mobilità tattica corazzata, destinata ad operare in stretta cooperazione con i carri armati, e fanteria dotata di mobilità tattica protetta. La distinzione ci sembra valida: la prima, quella corazzata, deve tendere a combattere da bordo ogni qualvolta possibile; la seconda, quella protetta, deve necessariamente appiedare quando l'aumento della sua vulnerabilità non ne renda remunerativo l'impiego o e ssa non sia in grado di esprimere integralmente la sua potenza di fuoco. In attacco, i meccanizzati di fanteria e di cavalleria debbono raggiungere quanto meno la base di partenza su mezzi protetti e s pingersi anche più o ltre sugli s tes s i mezzi, assumendo appropriate formazioni di combattimento; in difesa, dove l'appiedamento è ricorrente fin dal primo momento,
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essi debbono avere a portata di mano i loro mezzi per muoversi e manovrare liberamente, in quanto dinamicità e reattività ne caratterizzano i procedimenti d'azione. Le esigenze di dispersione, l'insidia crescente dei mezzi controcarri, la tattica d'infiltrazione, l'adozione dei procedimenti del tipo commando, la difesa e l'attacco negli abitati o la difesa e l'attacco di edifici isolati costituiscono altrettanti richiami al combattimento a piedi e di questi occorre tenere massimo conto in sede operativa e addestrativa, ma non vi è dubbio che la fanteria moderna debba tendere a svincolarsi il più possibile dal movimento e dal combattimento a piedi e ad utilizzare per il movimento fuori strada il mezzo meccanizzato protetto, l'elicottero ed il velivolo a cuscino d'aria e, per il combattimento, il mezzo fuori strada protetto. Le brigate motorizzate, nei cui compiti rientravano la reazione agli sbarchi dal mare e dal cielo ed eventualmente anche l'alimentazione delle forze a difesa della frontiera nord-orientale, furono perciò un ripiego e non certo il soddisfacimento di un'esigenza tecnica. Era fuori discussione c he gran parte delle armi e d ei mezzi in dotazione alla fanteria e cavalleria in sede di ristrutturazione fosse da sostituire. Proprio per questo lo stato maggiore dell'esercito -redasse il programma pluriennale di riarmo. Ma gli obiettivi fissati da tale programma, una volta raggiunti, avrebbero soltanto migliorato, sia pure in larga misura, la capacità operativa della fanteria e della cavalleria o sarebbero valsi a conferi re alle due armi la fisionomia alla quale venivano accostandosi negli altri principali eserciti della N.A.T.O. e del patto di Varsavia? Il rinnovo integrale della linea carri, e del 50% dei veicoli cingolati trasporto truppa, avrebbe posto già di per sé le unità carri e meccanizzate su di un piano di efficienza senza precedenti nel passato, durante il quale, ad eccezione degli AMX e degli MIB, le unità erano state equipaggiate con materiale surplus dell'esercito britannico e statunitense. La decisione di rinnovare solo la metà dei veicoli cingolati trasr,orto truppa - a breve termine 450 ed a medio termine altri 675 - probabilmente determinata da motivi economici, lasciò indecisa, sul piano concettuale, la dibattuta questione circa la destinazione del mezzo alla funzion e di trasporto, come sos tenevano molti eserciti occidentali, od anche a quella di combattimento, concezione propria dell'esercito tedesco-occidentale e degli eserciti del patto di Varsavia. Una concezione, questa ultima, che ci sembra di poter meglio condividere, anche se non fu quella dello stato maggiore dell'esercito. Il veicolo corazzato, sia questo cingolato o ruotato, è indispensabile per le unità di fanteria e cavaller-ia che debbano cooperare con i carri; esso non solo deve disporre di una coraz-
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zatura maggiore rispetto al veicolo protetto, ma deve essere equipaggiato con un'arma montata sulla torretta, di un calibro che può andare dai 20 ai 70 mm, e di una mitragliatrice coassiale per battere obiettivi meno resistenti. I fanti o i cavalieri che si trovano a bordo del veicolo debbono potersi avvalere di feritoie e di dispositivi di visione che consentano loro d'impegnare la fanteria o cavalleria nemica, di una gamma completa di dispositivi per la visione notturna e di un sistema di protezione nucleare-biologico-chimico. Oltre il rinnovo integrale della linea carri e parziale di quella dei mezzi cingolati per il trasporto truppe, permaneva l'esigenza di carri armati e veicoli da esplorazione moderni. Esistevano già molti mezzi particolarmente idonei a svolgere il compito generico di esplorazione, quali gli aerei, gli elicotteri e i veicoli teleguidati, ma presso tutti gli eserciti l'esplorazione tattica tradizionale restava quella terrestre. Alcuni eserciti - ad esempio, quello francese e quello britannico - avevano continuato ad essere dotati, dopo la fine della seconda guerra mondiale, <li autoblindo e di veicoli cingolati leggeri, altri, tra i quali quello italiano, avevano optato ai fini dell'esplorazione per i carri armati, ritene ndo non vi fosse la necessità di autoblindo e di carri armati ad hoc. Non ci sembra che tale tesi fosse già a llora convincente e, comunque, è certo che fosse in contrasto con quella degli eserciti americano, francese, tedesco occidentale e sovietico, che avevano costruito e dato in dotazione alle loro unità esploranti una gamma assai varia di carri leggeri, di autoblindo, di veicoli leggeri, di veicoli specifici c ingolati o ruotati per la esplorazione tattica, in gran parte anche anfibi. In sede di ristrutturazione, mentre venne riaffermata l'esigenza specifica di unità terrestri per la esplorazione tattica - e non poteva essere altrimenti - e tale compito, nell'ambito delle unità meccanizzate, venne riservato alla cavalleria, non venne previsto di dotare i gruppi esploranti divisionali e la compagnia esplorante per la brigata meccanizzata autonoma di moderni mezzi specifici per il particolare compito. L'armamento principale della fanteria e della cavalleria sul campo di battaglia moderno, là dove il terreno consenta l'impiego delle unità carri e meccanizzate, non può che essere quello controcarri e questo, già agli inizi della seconda metà degli anni settanta, era costituito presso la gran parte degli eserciti da razzi e missili, in sistemi portatili o installati a bordo di veicoli corazzati e di elicotteri d'attacco, che avevano sostituito i cannoni. Divise in tre categorie o sistemi fondamentali - armi controcarri pesanti destinate ad impegnare il nemico a grandi distanze (tipo TOW), armi a m edia distanza (tipo Cari Gustav e Fulgore) per impegnare obiettivi da 1000 m in giù, armi leg-
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gere impiegate per ingaggiare bersagli a breve distanza - le nuove armi controcarri, quelle della seconda e della terza categoria quasi tutte costituite da missili guidati, avevano fatto in gran parte la loro esperienza ed avevano superato il loro collaudo, ancorché in taluni casi con successi modesti, nelle guerre delle Yom Kippur e del Vietnam, oltre che nelle campagne del Sinai del 1956, nella guerra dei sei giorni del 1967 e nel conflitto indo-pakistano del 1971. Negli ultimi conflitti - quelli del 1971 e del 1973 - i successi maggiori nella lotta controcarri erano peraltro stati conseguiti dai cannoni dei carri armati, non già dai missili controcarri guidati e dai missili controcarri leggeri. La soluzione dei missili e dei razzi - con la vasta gamma di ogive-perforanti a distacco di Sabot, ad alto esplosivo con spoletta a percussione, ad alto esplosivo con ogiva con carica cava a schiacciamento, ad alta energia controcarri con carica cava, ecc, - che le armi stesse utilizzavano, fu senza dubbio in linea con i tempi e sarebbe valsa a realizza re, una volta raggiunta la sostituzione dell'80% dei mezzi in distribuzione con sistemi d'arma a razzo e missilistici di concezione modernissima, un'adeguata capacità controcarri dell'intera componente operativa, essendo stata prevista anche l'introduzione in servizio di un'aliquota di elicotteri controcarri, il cui sposalizio con i TOW veniva dando in sede sperimentale esiti favorevolmente sorprendenti. Le armi controcarri essenziali per le unità meccanizzate dell'esercito italiano non sono tanto quelle capaci d'impegnare il nemico a grande distanza, stanti gli ostacoli di visibilità e di campo di tiro esistenti sui terreni di pianura italiani, densi di manufatti edilizi e di vegetazione ad alto e medio fusto, quanto quelle a media distanza {sui 1500-=- 1000 m) e quelle a distanza ravvicinata, di solito semplici sistemi a perdere, al cui impiego (ci riferiamo a queste ultime), nella visione del moderno campo di battaglia, tutto il personale delle squadre assaltatori meccanizzate, motorizzate, alpine e paracadutiste dovrebbe essere addestrato ed abilitato. Fanteria e cavalleria, meccanizzate, corazzate, appiedate oggi sono, inoltre, estremamente vulnerabili agli attacchi aerei ed il sistema di armi controaerei costituisce uno degli elementi più importanti dell'armamento di un esercito moderno. La funzione primaria, ripartita fra cannoni e missili superficiearia, venne lasciata giustamente, in sede di ristrutturazione, all'artiglieria incaricata di adempiere il compito, utilizzando l'abbinamento di cannoni e di missili, dimostratosi efficace nel Vietnam e nel vicino Oriente, anche se, ad esempio, l'esercito inglese si affidava già ai soli missili. La fanteria e la cavalleria italiane erano pertanto direttamente
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interessate alle sole armi contraerei di autodifesa, cioé alle mitragliatrici ed ai missili portatili (del tipo Red eye e Gai[) serviti da 2 uomini. Il piano pluriennale di riarmo previde perciò per i settori controcarri e contraerèi di autodifesa rispettivamente la sostituzione dei quattro quinti dell'armamento controcarri e l'acquisizione di armi portatili contraerei, ma la previde come realizzazione a medio anziché a breve, anzi brevissimo, termine, come sarebbe stato necessario, trattandosi di coprire lacune esiziali ai fini della reale capacità operativa che oggi non poggia solo su carri armati e su veicoli da trasporto e da combattimento dell'ultimo grido, ma simultaneamente sull'armamento controcarri e contraerei di autodifesa il più avanzato possibile. Le armi di sostegno più importanti della fanteria e della cavalleria erano diventate, fin dagli anni sessanta, i mortai nei loro molteplici tipi ed essi avevano detronizzato i cannoni di accompagnamento surclassati, oltre tutto, da nuove armi nelle quali la leggerezza del peso si combinava con la potenza dell'ogiva. Nulla venne modificato, né progettato di modificare nel futuro, circa la distribuzione, al livello di battaglione e gruppo squadroni ed a quello di compagnia e di squadrone, di mortai mcdi (81) e pesanti (120). Erano, e sono, sopratlutto queste le armi che conferiscono alla fanteria ed alla cavalleria una potenza di fuoco di sostegno assai superiore a quel lo <li una batteria di artiglieria campale su 6 pezzi (17 bocche da fuoco, di cui 8 da 120 e 9 da 81, nell'ambito di un battaglione o gruppo squadroni). Si può dire che i mortai hanno reso ormai quasi autosufficienti, attacco durante, dal punto di vista tattico, gran parte delle unità di fanteria e di cavalleria. Altri eserciti avevano già adottato, od erano orientati a farlo, anche ai Iivelli inferiori alla compagnia, minigranate con loro specifici mezzi di lancio in sostituzione delle granate da fucile, conferendo così alle minori unità la possibilità di battere con armi a tiro curvo autonomamente tutta la zona compresa fra il limite massimo di gittata della bomba a mano e il limite di sicurezza minimo dei mortai di compagnia o di plotone. Viene così realizzata, all'interno di tale fascia, la possibilità di distruggere o neutralizzare qualsiasi bersaglio morbido con il fuoco erogato direttamente da un singolo fante o cavaliere, senza l'intervento delle armi più pesanti dei livelli superiori. Il mortaio, comunque, era ed è tuttora l'arma ideale di accompagnamento della fanteria e della cavalleria in attacco e di arresto dell'avanzata nemica in difesa. I cannoni senza rinculo avevano già fatto il loro tempo. Il ruolo dei mortai, specialmente di quelli a più lunga gitata, sarebbe rimasto per lungo tempo essenziale ed anzi lo sareb-
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be diventato ancor di più con il passare degli anni perché, nonostante che le armi della fanteria e della cavalleria avessero raggiunto un livello di sviluppo che sembrava non ulteriormente superabile - battaglione e compagnia disponevano già di una potenza di fuoco che superava di gran lunga quella di cui i due livelli disponevano durante la seconda guerra mondiale, anzi una compagnia era dotata di una potenza di fuoco equivalente, o addirittura superiore, di quella di un battaglione di fanteria della seconda guerra mondiale - erano già in corso, nella seconda metà degli anni settanta, studi e sviluppi di nuovi sistemi per conferire alle bombe da mortaio maggiore velocità iniziale, perciò maggiore gittata, e forme più aerodinamiche, mentre già si pensava addirittura ai mortai controcarri. Lo stato maggiore dell'esercito, pur non prevedendo innovazioni potenziali, confermò il ruolo dei mortai e ne sottolineò l'importanza sia aumentando da 6 a 8 il numero dei mortai pesanti d a 120 della compagnia mortai di battaglione, sia lasciando inalterata la dotazione dei mortai mcdi della compagnia. Nulla venne mutato, o previsto di mutare in prospettiva, circa l'armamento individuale e di reparto a tiro teso. Lo stato maggiore dell'esercito considerò che la mitragliatrice bivalente MG da 7,62 potesse godere ancora di vita lunga e non vi fosse alcun motivo di prevederne la sostituzione neppure a medio termine, sebbene il progetto dell'arma risalisse alla seconda guerra mondiale. L'importante era che una mitragliatrice continu asse a costituire la principale componente della squadra assaltatori e, poiché quella in dotazione, ancorché in servizio da anni, era tuttallora valida, la sua eventuale sostituzione non venne neppure presa in considerazione. Si trattò di una decisione assai ragionevole e valida, perché l'arma in dotazione non era molto pesante, era più che affidabile e di impiego tattico flessibil e. Erano già in corso di sviluppo e di distribuzione presso altri eserciti mitragliatrici della seconda generazione, distinte in leggere e pesanti, e un po' migliorate rispetto a quelle della generazione precedente, ma sostanzialmente eguali, per cui una nuova mitragliatrice avrebbe costituito una spesa non utile ed avrebbe assecondato la facile tendenza ad inseguire chimere, una tendenza dalla quale lo stato maggiore dell'esercito non si lasciò trascinare in nessun settore. Delle armi automatiche a tiro teso, caso mai, sarebbe stato conveniente riesaminare il ruolo del fucile automatico leggero, la cui leggerezza (5 Kg) in verità era un po' e ufemistica. Nel combattimento moderno la lotta si sv iluppa a distanze quasi sempre inferiori ai 400 m, per cui non v'è
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bisogno di cartucce potenti come quelle che erano state necessarie in passato per sparare a distanze superiori dei IOOO m. Erano già noti i moderni fucili d'assalto, che avevano oscurato il ruolo c.lelle piccole mitragliatrici e dei moschetti automatici (tuttallora ancora in distribuzione presso alcuni esercì ti), con l'orza di rinculo così modesta e.la rendere possibile <li sparare raffiche di fuoco automatico con il fucile stesso impugnato con una sola mano. Il fucile d'assalto, oltre il vantaggio del minor peso dell'arma e delle munizioni e del minor costo per la sua maggiore semplicità nei procedimenti di produzione in serie, avrebbe alleggerito il peso organico delle unità, perché avrebbe consentito ad un minore numero di uomini di erogare tanto fuoco quanto necessario per muovere rapidamente in avanti con cadenza di tiro terrificante o per arrestare un attacco nemico. Esso peraltro, in cambio, avrebbe richiesto <li portare al seguito forti quantitativi di munizioni, dando così vita ac.l un problema <li non facile soluzione. Restava, comunque, il fatto che, ancorché il problema non fosse essenziale cd urgente, il fucile d'assalto, capace di produrre fuoco automatico a brevissima distanza per il combattimento ravvicinato e capace al tempo stesso di fuoco efficace fino a distanza di 400-500 m, avrebbe influito non poco nel futuro sui procedimenti della fanteria e c.lella cavalleria, anni alle quali, a meno dei fucili particolari per i tiratori scelti, non sarebbero più occorsi i fucili in distribuzione, ma i nuovi fucili d'assalto, che non era più necessario sparassero con grande precisione a grandi c.listanze. La visione che lo stato maggiore dell'esercito ebbe, in sede di ristrutturazione, del combattimento futuro delle unità di fanteria e di quelle di cavalleria fu, nelle linee generali, conforme a quella che in quel periodo aveva anche la gran parte degli altri eserciti, compresi quelli delle grandi potenze. Naturalmente, costretto a far conto su risorse alquanto modeste, dovette nel suo sguardo panoramico fissare l'attenzione su quelli che erano i punti di spicco essenziali: carri armati, veicoli da trasporto e da combattimento, armamento controcarri, armamento contraerei di autodifesa. Da qui l'impressione che molti punti fossero stati lasciati troppo in ombra e che di altri non fosse stata sufficientemente curata la messa a fuoco. Vi furono, indubitabilmente, in quasi tutti j settori, compresi quelli della fanteria e della cavalleria, manchevolezze, incertezze e perplessità nelle scelte - del resto ce n'erano anche presso altri eserciti - e non tutto quello che fu fatto risultò valido e longevo. Il distacco dagli schemi ordinativi del passato fu troppo c.lebole, la determinazione delle priorità non sem-
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pre indovinata, la semplicità qualche volta risultò semplicismo ed alcune scelte, ancorché suggerite da motivazioni di salvaguardia delle tradizioni o di equilibri tra le armi di fanteria e cavalleria, disattesero altre esigenze non meno vive. Tutto ciò non consente, peraltro, di affermare che sia mancata una previsione fondata di quella che sarebbe stata l'evoluzione della fanteria e della cavalleria, questa alla prima pressoché globalmente assimilata, nel decennio successivo.
4. Artiglieria
Negli anni 1975-'76 l'artiglieria terrestre tradizionale - cannoni e obici - viveva un momento evolutivo di particolare rilievo. Molti degli aspetti che ne caratterizzavano il ruolo sul campo di battaglia moderno avevano già trovato la loro definizione; altri erano ancora oggetto di controversia. Così, ad esempio, nei riguardi dell'artiglieria da campagna, esisteva concordanza di vedute presso quasi tutti gli eserciti circa l'esigenza di elevarne il calibro e la gittata, di automatizzarne il più possibile il servizio, di migliorarne il munizionamento variando i tipi e le capacità dei singoli proietti. Gli obici erano preferiti ai cannoni ed al tempo stesso la realizzazione di maggiori gittate e di maggiore potenza ed efficacia dei proietti costituiva l'obiettivo più ambito degli artiglieri. Ferma restando l'insopprimibile esigenza della cooperazione dell'artiglieria da campagna con l'arma base, la larga distribuzione dei mortai alle unità dell'arma base consentiva di privilegiare il calibro e il raggio di efficacia letale del proietto rispetto all'esigenza del fuoco di aderenza a favor·c <lei l'arma base, che poteva oramai provvedere autonomamente in misura maggiore che nel passato al sostegno ravvicinato. Compito peculiare di tutta l'artiglieria restava quello di partecipare con il suo fuoco allo sviluppo della manovra tattica, preparando e sostenendo l'attacco nella battaglia offensiva e potenziando la resistenza cd i contrattacchi in quella difensiva. L'artiglieria pesante campale e pesante, i cui obiettivi sono generalmente situati ben oltre la distanza visiva degli osservatori avanzati, doveva essere virtualmente in grado di coprire tutta o quasi l'area di schieramento di una grande unità elementare nemica in prima schiera, per una profondità di una trentina di chilometri, supplendo all'esigenza di una profondità maggiore con il ricorso ai missili superficie-superficie. Tali concetti d'impiego erano pressoché comuni agli eserciti della N.A.T.O. e del patto di Varsavia, concordi altre-
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sì, in linea generale, sul fatto che ogni tipo e livello di artiglieria sarebbero risultati di scarsa utilità, qualora sprovvisti delle moderne apparecchiature per il controllo del fuoco, comprendenti, per ricordarne le principali, i radar di sorveglianza e di acquisizione, il materiale fonotelemetrico, gli elaboratori elettronici di gruppo e di batteria, i sistemi di rapida determinazione dei dati di tiro, i velivoli teleguidati, gli aerei e gli elicotteri d'individuazione degli obiettivi, i telemetri laser e le stazioni metereologiche. Sulla preferenza da dare agli obici rispetto ai cannoni, a tutti i livelli, non esistevano grandi diversità di vedute tanto che, ad esempio, nell'esercito sovietico il cannone da campagna M-46 da 130 mm, con gittata massima di 21 150 m, continuava ad essere in dotazione al reggimento di artiglieria di armata (2 gruppi di 18 M-46 su 3 batterie di 6 pezzi) e nella divisione di artiglieria al livello di fronte con, tra l'altro, 2 reggimenti da 54 M-46 ciascuno (3 gruppi di 18 pezzi ciascuno). Nelle campagne del Vietnam e del Vicino Oriente il cannone semovente statunitense Ml07 da 175 mm aveva svolto un ruolo determinante ed aveva superato di molto, con la sua gittata di 32 700 m, \'M-46 da 130 mm sovietico. Disparità di concezioni, invece, permanevano circa la meccanizzazione e il ruolo de i lanciarazz i multipli. Alcuni eserciti a spinta meccanizzazione erano orientati alla pressoché totale soppressione delle artiglierie a traino meccanico e alla loro sostituzione con artiglierie semoventi e, quanto ai lanciarazzi multipli, gli eserciti occidentali, diversamente da quelli del patto di Varsavia, che avevano sempre avuto in dotazione i lanciarazzi, stavano da poco tornando sulle loro decisioni del passato che ne avevano trascurato del tutto il ruolo. Altro punto, invece, di concordanza di vedute riguardava la multiformità del munizionamento e cioé la disponibilità di proietti ad alto esplosivo, nebbiogeni, illuminanti, a granate antiuomo ed antiveicolo, di proietti con mine anticarro, con mine antiuomo a tempo, di proietti ad alto esplosivo semi autopropulsi, di proietti con sensori informativi, di proietti disturbatori delle comunicazioni, nonché di proietti nucleari. Quando si dové procedere alla ristrutturazione dell'artiglieria terrestre, questa era armata con 2000 pezzi, di cui il 90% di vecchia concezione e di prestazioni limitate, e mancava di gran parte de lle moderne attrezzature per il controllo del tiro. I pezzi vennero ridotti a 1300, di cui solo 200 moderni, mentre per il futuro venne prevista l'acquisizione a breve termine di altri 60 pezzi moderni e, successivamente, a medio termine, la sostituzione di altri 390 pezzi sì da disporre, una volta portato a compimento il piano pluriennale di riarmo, di
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un'artiglieria ammodernata per il 50% (650 pezzi su 1300). Ogni divisione meccanizzata e corazzata ebbe assegnato organicamente un gruppo e così anche ogni brigata, per cui l'unica innovazione, rispetto all'ordinamento preristrutturazione, fu il mutamento del calibro: si passò, infatti, eccezione fatta per le brigate alpine e per la brigata paracadutisti che conservarono il 105/14, dall'obice 105/22 all'obice 155/23 a traino meccanico o semovente (Mt09). L'aumento del calibro, provvedimento comune in quel periodo alle artiglierie da campagna di molti eserciti, si tradusse ovviamente in un incremento della capacità di fuoco delle grandi unità elementari, ma senza che venisse migliorato il rapporto, nell'ambito delle divisioni, tra l'arma base e l'artiglieria organica. Anzi tale rapporto, nelle divisioni meccanizzate, divenne meno favorevole che nel passato, perché mentre nelle divisioni di fanteria preristrutturazione i battaglioni di supporto erano complessivamente 10 (6 di fanteria, 2 meccanizzati, I bersaglieri, 1 carri), ora nella divisione meccanizzata erano soliti a 11 (7 meccanizzati e 4 carri). Nello stesso periodo presso I'escrci tu del la Repubblica federale tedesca - il cui ordinamento in corpi d'armata, divisioni, brigate, era simile a quello dell'esercito italiano ristrutturato - per il sostegno di fuoco delle brigate era previsto, come per le brigate italiane, un gruppo di 18 obici, ma al livello di divisione erano organicamente previsti un reggimento su due gruppi da 155 mm a traino meccanico - le artiglierie di brigata erano, invece, tutte semoventi - su di un gruppo dotato del sistema lanciarazzi non guidati da 110 mm e su di una batteria di obici semoventi da 203 mm con capacità nucleare. La presenza al livello divisionale di un reggimento di artiglieria, comprendente anche un gruppo di lanciarazzi multipli·(in genere su 3 batterie di 6 lanciarazzi ciascuna), era comune a nche ad a ltri eserciti della N.A.T.O .. Nell'esercito sovietico era organicamente presente anche un gruppo missili superficie-superficie su 2 batterie, ciascuna su 4 lanciatori. La potenza di fuoco dell'artiglieria organica della divisione meccanizzata e corazzata dell'esercito tedesco-occidentale, per non parlare di quello sovietico, era tripla (36 anziché 18 pezzi da 155 e in più 18 lanciarazzi multipli e 4 obici da 203) rispetto a quella della divisione meccanizzata e corazzata dell'esercito italiano. Al livello di artiglieria pesante campale e pesante, vale a dire di artiglieria di supporto, l'esercito ristrutturato dispose di pezzi moderni solo nel numero di un gruppo missili superficie-superficie Lance (su 3 batterie di 2 lanciarazzi ciascuna) e di un reggimento di artiglieria pesante semovente M107 da 17 5/60 su 2 gruppi, c iascuno di 3 batterie di 6 pezzi, mentre il resto dei gruppi restarono armati con 155/23 a
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traino meccanico, con M109 semoventi da 155/23, con i 155/45 e i 203/45 entrambi a traino meccanico. Il programma pluriennale di riarmo previde l'approvvigionamento di FH-70 da 155/39 per armare 8 gruppi di artiglieria da campagna. Anche nei riguardi dell'artiglieria di supporto persisteva pertanto un notevole divario qualitativo e quantitativo rispetto alla contemporanea artiglieria di supporto dell'esercito tedesco occidentale, per non parlare dell'esercito sovietico, dove la presenza, al livello di fronte, di una o più divisioni di artiglieria (14) garantiva alle grandi unità del fronte un sostegno di ruoco potente e vario, non paragonabile a quello di nessun esercito della N.A.T.O ., compreso quello statunitense. L'artiglieria, già scarsa nell'esercito preristrutturazione, accentuò la debolezza della sua presenza nell'esercito ristrutturato e, se è vero che in un'eventuale guerra futura con molta probabilità non verranno più realizzati schieramenti del tipo di quelli britannico della battaglia di El Alamain e sovietico della battaglia di Berlino, resta fuori discussione che anche sul campo di battaglia del futuro la deficienza e l'insufficienza del fuoco di artiglieria - bocche da fuoco tradizionali, razzi, missili - comprometterà la riuscita di qualunque manovra, ancorché condotta con carri armati modernissimi e con veicoli da trasporto e da combattimento dell'ultimo grido. Se si aggiunge che la potenza e la capacità di fuoco dell'artiglieria non si misura più solo sul numero e sul tipo dei pezzi, ma a nche sulla dotazione di munizionamento e sulla disponibilità delle attrezzature tecniche per il controllo del tiro, non si può non convenire che nella valutazione dell'artiglieria ristrutturata, pur tenendo conto delle previs ioni del piano pluriennale di riarmo, lo stato maggiore dell'esercito peccò per difetto ed omissione. Quale manovra del fuoco sarebbe stata più veramente efficace nell'ambito delle divisioni con la presenza di un solo gruppo di artiglieria? Modello per la ristrutturazione dell'artiglieria avrebbe potuto essere l'ordinamento dell'artiglieria dell 'esercito ted esco occidentale , nel quale l'arma era stata ristrutturata secondo il criterio di assegnare gruppi semoventi alle brigate meccanizzate e corazzate su 3 o 4 battaglioni, di mantenere l'artiglieria a traino meccanico al livello divisionale e di dotare organicamente tale livello dei mezzi necessari a sviluppare in proprio una potente manovra di fuoco e di garantire, allo stesso livello, la presenza di unità lanciarazzi complementari, non già sostitutive, delle unità di artiglieria tradizionali. Quanto ai livelli superiori alla divisione, il numero dei gruppi lasciati in vita avrebbe dovuto essere sensibilmente più elevato (almeno altri 5 --:-- 6) per garantire il minimo del fuoco necessario a coprire in profondità il settore
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di pianura e di collina della frontiera nord-orientale, stante anche la modestia delle forze aero-tattiche disponibili per supportare le forze terrestri. Quanto ai lanciarazzi multipli, introdotti per la prima volta sul campo di battaglia dall'Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale - paese tuttallora all'avanguardia nel mondo per la produzione e l' impiego di tale arma - la loro capacità di effettuare improvvisi concentramenti di fuoco di annientamento li rendeva, e li rende, indispensabili proprio anche ai fini della manovra del fuoco. I lanciarazzi sono, infatti, in grado di realizzare in breve tempo massicce concentrazioni di fuoco e di colpire a sorpresa qualsiasi obiettivo compreso nel raggio di gittata. Complementari dei cannoni e degli obici, in quanto la loro celerità di tiro è piuttosto esigua ed essi sono più costosi dei proietti, gli effetti psicologici dei razzi sono spesso altrettanto positivi di quelli d'urto, perché una loro salva, con il fragore degli scoppi, riesce ad inebe tire intere unità. Errato, a nostro giudizio, sarebbe invece considerarli arma sostitutiva delle bocche da fuoco tradizionali, nonostante che la gittata di alcuni tipi superi i 40 Km e l'arma possa essere perciò efficace anche là dove non giungono le normali bocche da fuoco tradizionali. I criteri d'impiego dell'arma vanno mutuati dall'esercito sovietico che, essendo stato il più grande utilizzatore, ne ha la maggiore esperienza d'impiego. I sovietici lo avevano già introdotto nel 1975, sia al livello divisionale sia a quelli s uperiori, per il fuoco a massa e, successivamente, il loro BM-27 da 16 proiettirazzo, calibro 220 mm, con gittata di 40 Km, costituì una delle armi più potenti assegnate ai livelli di unità più elevati, con testata ad alto esplosivo ad effetto schegge, a subproietti e a carica chimica. È sorprendente il fatto che gli eserciti della N.A.T.O. fossero ancora tanto indietro, nel 1975, in tale settore e che solo nel 1976 gli Stati Uniti stessero dando inizio alla realizzazione di un sistema di razzo da sostegno generale (Generai Suppor/ Racket System-GS RS) in anni successivi denominato sistema di razzo a lancio multiplo (Multiple Lanch Racket System-MLRS). Lo stato maggiore dell'esercito italiano prese, comunque, in considerazione l'arma e ne programmò l'eventuale acquisizione a medio termine, in ogni caso dopo che gli altri eserciti occidentali avessero raggiunto un accordo di carattere generale circa i compiti e i livelli d'impiego. Mancò, in sede di ristrutturazione, come abbiamo già rilevato, sul piano pratico, non su quello concettuale, l'eliminazione della gravissima lacuna costituita dalla mancanza di un 'adeguata difesa contraerei a bassa e bassissima quota, garantita presso tutto gli altri eserciti, oltre che da missili, anche da cannoni contraerei trainati e semoven-
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ti. La questione venne inserita nel piano pluriennale di riarmo e la gran parte degli stessi gruppi contraerei leggeri venne mantenuta su formazioni quadro o inserita nella lista delle unità da costituire per mobilitazione all'atto dell'emergenza (11 ° gruppo Falco della Centauro, 12° Nibbio della Mantova, 13° Condor della Folgore, e 14° Astor dell'Ariete). Vennero lasciati in vita, fin dal tempo di pace, su formazioni ridotte, solo il 17° gruppo Sforzesca, il 21 ° Sparviero ed il 22° Alcione destinati alla difesa di basi aeree. Anche le sezioni contraerei leggere su 6 complessi quadrupli da 12,7 (della brigata meccanizzata autonoma Granatieri di Sardegna e delle cinque brigate motorizzate}, incluse organicamente nei gruppi di artiglieria da campagna di brigata, vennero annoverate tra le unità da costituire per mobilitazione. Nessun altro esercito dell'occidente e dell'oriente europeo si trovava nelle stesse condizioni di quello italiano; finanche i guerriglieri e i terroristi si erano già dotati di missili contraerei portatili . L'esercito della Germania federale contava allora nell'insieme 14 reggimenti contraerei armati di missili del tipo Rulund e di cannum:ini da 35 mm. L'esercito sovietico disponeva organicamente di un reggimento contraerei leggero in ogni divisione motorizzata e corazzata e il reggimento contraerei divisionale era articolato su 4 batterie, ciascuna su 2 sezioni di 3 pezzi ed era armato complessivamente di 24 pezzi contraerei leggeri da 57 mm. Le esperienze allora recenti delle guerre del Vietnam e del Vicino Oriente avevano confermato come sul campo di battaglia moderno, ancor più che su quello del secondo conflitto mondiale, la difesa contraerei da attacchi al suolo condotti da velivoli da bassa e bassissima quota, fattisi vieppiù insidiosi perché capaci di eludere l'individuazione dei radar, fosse non meno essenziale di quella controcarri e come la sua mancanza od insufficienza potesse produrre la paralisi dei movimenti e provocare perdite repentine elevate. La combinazione cannoni-missili, era, perciò, comune a molti eserciti e, per quanto riguardava i calibri, si andava dalle mitragliatrici da 12,7 mm ai cannoncini da 20, 23, 30, 35 mm fino ai cannoni da 40, 57 e 100 mm (quest'ultimo, il KS-19 da 100 mm sovietico, impiegato più per la difesa di obiettivi strategici che non per la copertura del campo tattico). Più flessib ili e di più facile manutenzione rispetto a quelli semoventi, i cannoni contraerei a traino meccanico, che utilizzino sistemi avanzati per il puntamento e il controllo del tiro, trovavano già impiego su larga scala in tutti gli eserciti, anche perché più economici dei semoventi e idone i alla difesa di obiettivi statici - zone di scarico, basi aeree, centri di comando e di trasmissioni - tanto che spesso venivano integrati nel sistema di di-
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fesa aerea globale. I cannoni contraerei semoventi costituivano di solito dotazione delle divisioni meccanizzate e corazzate perché in grado di muoversi rapidamente su terreno vario e di seguire così da presso, senza mai allontanarsi da esse, le altre unità operanti. Cannoni e missili erano dovunque considerati complementari sia per la difesa da alta quota, sia per quella da bassa quota. Molte delle armi in dotazione a i vari eserciti erano state impiegate operativamente, più volte, in Africa e nel Vicino e Medio Oriente. Non senza tener conto delle gravi ristrettezze in cui si era mosso l'esercito ita liano anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, non si riesce a comprendere come esso avesse potuto trascurare il settore e non si giustifica sufficientemente neppure come nel piano pluriennale di riarmo non venisse data la precedenza assoluta su tutte le precedenze a ll'armamento contraerei a bassissima quota. La minaccia aerea era, ed è, la più immediata sul piano strategico e su quello tattico e ad essa le unità debbono poter far fronte subito con mitragliatrici, cannoncini, cannoni e missili portatili superficie-aria, trainati o semoventi, non essendo sufficiente a proteggere l'area della battaglia lo schieramento dei missili HA WK migliorato. Per la difesa alle quote più basse erano disponibili in tutto 200 cannoni contraerei da 40 mm riuniti in 7 gruppi di cui 4 non in vita e 3 su formazioni ridotte, abbisognevoli quanto menu di un ammu<lerr1amcnto per migliorare e prolungare la loro validità operativa. Forse era stata la volontà di perseguire l 'optimum la causa della ritardata decisione dello stato maggiore dell'esercito quanto alla scelta del materiale contraerei moderno - cannoni semoventi o trainati e missili portatili - di cui dotare i gruppi leggeri e le minori unità. Nessuna nave da guerra di superficie prende più il mare se prima non dotata dell'armamento contraerei per la difesa a bassa e bassissima quota; desta stupore che si pensasse di poter schierare in combattimento l'esercito senza dargli la possibilità di difendersi dall'alto, lasciando libero il nemico di sfiorargli la testa e di lanciargli addosso centinaia di proiettili e centinaia di chili di esplosivo.
5. Genio
Già dalla seconda guerra mondiale l'arma del genio era venuta a trovarsi sempre più in primo piano ed in prima linea sul nuovo campo di battaglia, con versatilità di compiti in qualsiasi forma di operazioni
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e su qualsiasi terreno. Ancorché operante in campo tattico, la sua attività ha spesso riflessi strategici diretti, intesa com'è a creare le condizioni più favorevoli per la battaglia offensiva o difensiva. Il genio si era arricchito progressivamente d i macchine e di veicoli moderni, speciali per il gittamento di ponti, l'interramento di mine, il disarmo di campi minati, l'apertura di corridoi e varchi nei campi minati, il disfacimento di strade, lo scavo di postazioni per carri e così via. La varietà di tali attrezzature basterebbe da sola a lumeggiare l'importanza del genio nella guerra moderna. Molte delle macchine e dei veicoli speciali erano stati prodotli, e lo sono tuttora, specificamente per esigenze di carattere militare, mentre altri erano, e sono, attrezzature civili standard adattate alle esigenze dell'esercito. Il settore di attività dell'arma del genio, oggi più appariscente ed anche più impor-' tante, è quello della guerra di mine, che abbraccia non soltanto la posa manuale di mine, ma anche quella effettuata a mezzo di elicotteri, razzi, artiglierie e rampe di lancio terrestri, nonché la individuazione e la neutralizzazione dei campi minati nel più breve tempo possibile e con il minimo di perdite. Nelle guerre del Vietnam e del Vicino Oriente le mine avevano costituito un grosso problema e tutti gli eserciti si erano premurati di dotare l'arma di nuovi mezzi specific i per la guerra di mine, ma anche di nuovi sistemi e di nuovi materiali per la costruzione di ponti ausiliari. Veicoli corazzati gettaponte, veicoli e trattori da combattimento del genio, veicoli corazzati per il genio, ponti galleggianti, nuovi sistemi di mine erano già in servizio presso le unità del genio degli eserciti europei occidentali e orien tali, le quali avevano accentuato la loro duplice fisionomia di unità ad alta specializzazione tecnica e al tempo stesso ad elevata capacità tattica. Altri compiti dell'arma sono le demolizioni, la costruzione di aeroporti, di campi di atterraggio e di piste, le riparazioni di ponti, l'approntamento di posti di comando, di schieramenti delle artiglierie e di postazioni per le armi pesanti e i veicoli. Ne ll'esercito italiano, in particolare, la specialità guastatori, già pionieri di arresto, continuava a ricoprire una funzione di prima linea del tutto peculiare. Se già spesso lo era stata in passato, oggi l'arma del genio è proprio nel folto della mischia e la si trova in tutte le formazioni di maggior rilievo e in ogni punto del campo di battaglia: esistono, infatti, unità meccanizzate, unità corazzate, unità anfibie, unità alpine, unità paracadutisti del genio, chiamate spessissimo ad operare con unità di fanteria meccanizzata o non, corazzata, spesso autonomamente. Le unità del genio muovono oggi a bordo di veicoli cingolati corazzati protetti, di carri gettaponte, di mezzi anfibi, di trattori ruotati medi, di battelli di assalto e di altri tipi di mezzi, spesso avanti a tutti
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gli altri reparti. Già ridimensionata, ristrutturata e parzialmente rinnovata nei mezzi e nei materiali nei primi anni settanta, l'arma del genio, nella ristrutturazione degli anni 1975-' 76, subì un'ulteriore riduzione, particolarmente sensibile nelle unità guastatori, minatori e pontieri, e un nuovo riordinamento organico reso aderente al nuovo ordine di battaglia della componente operativa. L'assegnazione a tutti i tipi di brigata di una compagnia del genio pionieri su di un'identica articolazione in 5 plotoni (1 comando e servizi, 3 pionieri, 1 attrezzature speciali), ma con tabelle organiche e dotazioni di mezzi e materiali diverse, comportò, per motivi di economia, la riduzione del battaglione divisionale da 3 a 2 compagnie (1 compagnia comando e parco, 2 compagnie pionieri), ma nel complesso al livello divisionale si ebbe un incremento del genio. Troppo drastiche, invece, come accennato, le riduzioni apportate alle altre specialità dell'arma non meno vitali sul campo di battaglia. In materia di mezzi e di materiali il genio aveva già avuto in ùutaziune escavatori cingolati e ruotati e carri gittaponte, nonché materiale galleggiante Krupp MA.N.l e ponti su appoggi fissi M.G.B.2. Nel programma pluriennale di riarmo venne prevista l'acquisizione di carri con rulli sminatori già in servizio, ad esempio, negli eserciti britannico, statunitense e sovietico, mediante l'adattamento di rulli rispettivamente ai carri Centurion Chieftain, ai carri M60 ed ai carri T-54 e T-55. Anche l'arma del genio, in sintesi, avrebbe dovuto ancora compiere del cammino prima di raggiungere, nell'assetto qualitativo dei mezzi e dei materiali, il grado di efficienza adeguato. La distanza da coprire era complessivamente minore di quelle delle altre armi, ma non per questo il costo dell'ammodenamento e del potenziamento proporzionalmente meno elevato.
6. Trasmissioni
I settori delle trasmissioni, della sorveglianza del campo di battaglia e della guerra elettronica avevano avuto comunque, dalla fine della seconda guerra mondiale, uno sviluppo vertiginoso e si erano imposti come fattori vitali per la condotta delle grandi e delle piccole operazioni militari. Dati i progressi della tecnica, era già possibile trasmettere ogni tipo di informazione attraverso messaggi fonici, scritti
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o stampati, immagini, suoni, comandi, misure, controlli, ecc. e così anche scrutare il campo di battaglia e rilevare un'infinità di dati sul nemico. Era divenuto possibile, mediante l'impiego dei radar, controllare sotto ogni aspetto una situazione tattica, oltre che strategica, come mai lo era stato in passato. Se nel campo delle trasmissioni via telefono, via radio e via ponte radio le dotazioni delle unità erano state via via aumentate e migliorate, raggiungendo nel complesso un soddisfacente grado di efficienza e se qualcosa era stato fatto anche nei riguardi della guerra elettronica, assai poco era stato realizzato in materia di sorveglianza del campo di battaglia. In sede di ristrutturazione vennero riordinati i battaglioni trasmissioni di corpo d'armata e divisionali, i primi articolati su 4 compagnie e su 2 plotoni autonomi, i secondi su 2 compagnie e 2 plotoni autonomi; mentre i plotoni trasmissioni di brigata vennero inglobati nel reparto comando e trasmissioni (venne abolita la compagnia trasmissioni di brigata). A ciò si deve aggiungere che lo stato maggiore dell'esercito aveva attivamente partecipato, nell'ambito dei gruppi di lavoro N .A.T.O., FINABEL o plurilaterali, alla elaborazione e definizione delle specifiche operative e tecniche dei mezzi necessari a garantire sistemi di trasmissioni avanzati ed affidabili e, nei limiti delle risorse disponibili, aveva realizzato organigrammi e dotazioni di notevole affidamento e rispondenza, per cui le principali esigenze delle trasmissioni avevano trovato già nell'esercito preristrutturato un grado di soddisfacimento ragionevol e. Una trattazione particolareggiata su quanto era stato fatto e su quanto venne preventivato al riguardo nel programma pluriennale di riarmo ci costringerebbe ad un lungo discorso eminentemente di carattere tecnico, dal quale ci asteniamo, accontentandoci della valutazione sommaria sufficiente, comunque, a rispecchiare la realtà. Questa non era, per quanto riguardava i mezzi di trasmissione, altrettanto nera di quella di altri settori, anche perché la presenza sul territorio nazionale di alti comandi N.A.T.O. aveva favorito la messa in opera di sistemi di trasmissioni che, soprattutto ai livelli di comando elevati, risultavano efficienti e moderni (tali sistemi erano inoltre in corso di ulteriori ammodernamenti e perfezionamenti). Resta, comunque, da sottolineare che troppo poco era stato fatto e venne preventivato invece nei riguardi sia della guerra elettronica, sia dei sensori di sorveglianza, sia dei sistemi di detezione passiva, e ciò nell'ambito delle trasmissioni e dell'artiglieria, nelle cui unità mancava una capacità operativa di rilevamento e di disturbo adeguata, stante l'insufficienza, quando non addirittura la totale assenza, di speciali sistemi di calcolatori elettronici in grado di esercitare il totale controllo diretto del campo di battaglia.
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7. La ristrutturazione degli anni 1975-'76, di cui ci sembra di aver lumeggiato sufficientemente almeno gli aspetti più significativi e de terminanti, segna la fine della nostra narrazione che aveva preso le mosse dai lontani avvenimenti del 1815. Dalla ristrutturazione ad oggi è trascorso più di un decennio durante il quale né la dottrina d'impiego né gli ordinamenti sono rimasti fermi. Le innovazioni intervenute ancorché, almeno fino ad oggi, di portata assai minore di quella della ristrutturazione, meriterebbero anche esse di essere annotate e commentate, ma già si parla ufficialmente di una nuova ristrutturazione e, addirittura, da parte di alcuni, di un nuovo modello di difesa. Occorre attendere che la nuova ri strutturazione si compia per poter valutare correttamente le vicende che l'hanno preceduta nell'ultimo decennio, durante il quale il piano pluriennale di riarmo tracciato nel 1976 ha, purtroppo, avuto attuazione solo parziale. Molti problemi hanno avuto soluzione secondo le indicazioni del piano, altri sono rimasti del tutto insoluti, altri sono ancora in divenire. La ristrutturazione del 1975-'76, anco;ché incompiuta, resta comunque un avvenimento complessivamente positivo e le correzioni successive apportate via via ai piani iniziali - prima fra tutte quella riguardante l'organizzazione dell'addestramento - ne hanno accresciuto la validità. L'obiettivo dichiarato nel Libro bianco della difesa edito nel gennio 1977 - l'esercito di qualità - non è stato raggiunto ed è tuttora lontano, ma ciò non giustifica un giudizio negativo sull'operazione che, sotto l'aspetto tecnicomilitare, fu impostata nel suo insieme su criteri di razionalità, di senso del reale e di corretta previsione di quelli che sarebbero stati l'evoluzione del pensiero militare e il progresso delle tecnologie nel decennio successivo. Occorre dare atto ai vertici militari del periodo di saggezza, di lungimiranza e di prudenza nel designare il nuovo modello ordinativo che, pur nei suoi difetti, debolezze e lacune, segnò con chiarezza la via della modernizzazione e del rinnovamento. La mancata attuazione integrale del piano pluriennale di riarmo e, conseguentemente, il raggiungimento solo parziale di un'elevazione qualitativa della componente operativa, che accusa tuttora una serie di gravi carenze, potrebbero indurre a giudizi severi e, comunque, diversi da quelli che stiamo dando. Noi però restiamo convinti che la ristrutturazione ed il piano pluriennale integrativo a questa connesso fossero sul mo-
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mento abbastanza conformi, anche in prospettiva, alla situazione politico-strategica ed alle esigenze della sicurezza e della difesa del paese nel quadro dell'alleanza atlantica. Le cause della solo parziale realizzazione del piano sono state molteplici e di ordine vario e tutte estranee alla vaJidità tecnico-militare del piano stesso. L'ulteriore incremento della mobilità tattica, il rinnovo totale della linea carri, la parziale modernizzazione del parco delle artiglierie, la sostituzione dell'80% dell'armamento controcarri, il miglioramento dei missili superficie-aria e l'integrazione del sistema HA WK coi sistemi artiglierie-missili per la difesa a bassa e bassissima quota e per l'autodifesa, l'acquisizione del supporto elettronico di comando-controllo-comunicazioni ed il completamento e potenziamento dell'A.LE. erano esigenze esistenziali, non desiderata od auspici. Se vi fu un peccato da ~arte dello stato maggiore dell'esercito nell'elaborazione del piano, 1:u quello di un'eccessiva prudenza, non certo di smodata ambizione. Il piano non s'ispirò ad una visione ottimistica, ma si limitò a segnalare lo sforzo, cadenzato in tempi, che il paese avrebbe dovuto compiere per disporre del minimo strategico indispensabile a rendere efficiente e credibile il suo esercito. Diagnosi, prognosi e terapie furono esatte ed appropriate; toccava ora al paziente, al paese, prendere atto e sostenere le spese, ancorché costose, per la cura. Il Libro bianco della difesa dette l'impressione che l' autorità politica avesse bene interpretato la ristrutturazione cd accettato, in linea generale, il piano di riarmo convinta della fondatezza dell'una e dell'altro, trovandoli entrambi impostati su criterf di realismo e concretezza (15). E troppo semplicistico ed è qualunquistico affermare che la sola causa delle inadempienze e dei ritardi sia stata il venir meno della ipotesi finanziaria circa le assegnazioni di bilancio considerate prevedibilmente disponibili per il futuro al momento della ristrutturazione. E fuori discussione a tale riguardo che l'aumento dei costi e dell'inflazione abbia giocato un ruolo determinante, sul piano psicologico oltre che su quello tecnico-finanziario, incidendo negativamente in termini assai pesanti sull'integrale applicabilità del piano e vanificandone progressivamente la portata. Ma a monte di questo dato di fatto reale e non contestabile, vi sono state altre ragioni determinanti ravvisabili nelle costanti della politica militare dei governi italiani di tutti i tempi e nella scarsa coscienza e consapevolezza militare dell'intero paese. È anche questa ultima una costante della storia d'Italia, benché il paese debba la sua indipendenza e la sua unificazione alla risposta che le sue forze armate seppero dare ai nobili impulsi dei grandi spiriti del Risorgimento. Senza la forza delle armi e, in particolare,
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dell'esercito, l'Italia non sarebbe mai stata un'identità politica unitaria. Dopo la sconfitta subita nella seconda guerra mondiale e via via fino ai giorni nostri, l'interesse per le questioni militari è andato ancor più scemando anche nei ceti meno arretrati della popolazione, mentre si è vieppiù generalizzata cd acuita la volontà di ridurre la spesa militare, la durata della ferma ed ogni qualsiasi servitù militare. Non intaccano la sostanza di tali verità né i frequenti discorsi celebrativi pronunziati dentro e fuori del Parlamento dagli uomini politici delle varie parti, né gli oceanici raduni delle associazioni d'arma, né i battimano tributati alle forze armate durante le parate e le rivi s te. La partecipazione all'alleanza atlantica ha continuato, dopo la ristrutturazione, ad essere considerata, anche al livello di governo e di Parlamento, una polizza di assicurazione valida, alla fine accettata dalle stesse parti che l'avevano pesantemente avversata, ma una polizza quasi gratuita, <li cui non si debbono pagare premi o questi si possano ridurre al minimo e ritardarne ad libitum i versamenti. Se i governi ed il Parlamento non si convinceranno e non si sforzeranno di convincere l'opinione pubblica che non è così, nessuna ristrutturazione, ancorché perfetta nella sua impostazione tecnica, perseguirà l'obiettivo di un esercito di qualità. L'Italia non può da sola garanlir·si la propria sicurezza e difes a. Anche nel caso di un aggressione condotta da paesi non aderenti al patto di Varsavia, l'Italia non può reagire autonomamente, ma ha bisogno del sostegno morale, politico e anche militare di altri Stati. È la nuova realtà e non valgono a cancellarla né le nostalgie, né i rimpianti, né i sentimentalismi, né tanto meno le illusioni e le prese di posizione nazionalistiche. La neutralità armata costerebbe molto di più ed il suo prezzo non sarebbe in nessun caso sopportabile, mentre il disarmo unilaterale è un suicidio economico, oltre che morale e politico, e potrebbe provocare il disfacimento della stessa unità nazionale. Nell'ultimo decennio abbiamo vissuto una stagione difficile e dolorosa e sono sorti pericoli nuovi ed insidiosi; alle minacce pe rs istenti che fino ad oggi non sono venute meno, nonostante le apparenze, se ne sono aggiunte altre non meno gravi. Continuare nel presente contesto è molto faticoso, ma poterne uscire non dipende solo da noi. Le perplessità sono state e sono tante; i confini tra la pace e la guerra sono divenuti quasi indecifrabili. Gli interrogativi ai quali rispondere, anche sul solo piano tecnico-militare, sono moltissimi. L'unica certezza, in un quadro tanto potenzialmente dinamico, almeno per parare la minaccia più grave, è quella del modello di difesa dell'alleanza, il quale richiede fermezza leale ed esplicita nel custodire l'impegno occi-
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dentale ed atlantico, quale garanzia di sicurezza, di difesa e, perciò, di pace. O rinunciamo alle nostre libertà occidentali, ai nostri valori, alla nostra storia, o ci decidiamo a rendere credibile il nostro modello di difesa, spendendo quello che è strettamente necessario. Gli Stati Uniti, che spesso agiscono con scarsa saggezza politica, compiono errori di valutazione, scendono a forme grossolane ed infantili di condotta politica anche nei riguardi dei loro alleati e giungono a conclusioni non certo brillanti, restano malgrado ciò tuttora la salvaguardia della nostra identità. Essi hanno sostenuto finora, e sostengono, quasi il 70% delle spese per la N.A.T.O .. Non possiamo sapere se, quando e quale circostanza segnerà il passaggio ad un nuovo scenario internazionale; ben venga se sarà meno allarmante di quello attuale, ma per ora un conflitto aggressivo a sorpresa resta possibile e, se non è probabile, dipende per ora dalla presenza delle armi nucleari e dalla credibilità dell'apparato difensivo occidentale. Se quest'ultimo non è efficiente ed affidabile, la forza della minaccia sovietica sull'Occidente aumenta e non bisogna dimenticare che ciascuno dei 16 fronti sovietici dispone di un'artiglieria pari a quella di tutto l'esercito francese e che le divisioni corazzate sovietiche sono potenzialmente in grado di raggiungere in pochissime ore Amburgo. Sono questi i dati di fatto per l'esatta valutazione della minaccia e per la decisione di armarsi, non i meri calcoli economici che portano al fallimento di ogni ristrutturazione. Da molto tempo, ed ancora più accentuatamente nell'ultimo decennio, le mistificazioni sulla pace, accompagnale da costanti denigrazioni degli apparati militari, non solo in Italia, ma anche in Italia, hanno prodotto larghe fratture nei muri maestri della verità. La guerra globale nucleare può segnare la fine della sopravvivenza dell'umanità e, in ogni caso, la fine di una società organizzata, per cui la pace innanzi tutto. Non c'è uomo ragionevole che non debba convenire sulla lucidità di tale sillogismo. Altro principio che non ha bisogno di dimostrazione è quello che prepararsi alla guerra non è conveniente dal punto di vista economico. Le forze armate sottr~ggono risorse alla popolazione, mentre nel mondo milioni di esseri umani muoiono di fame. Ma la pace innanzi tutto vuol dire anche al prezzo esorbitante della libertà e della giustizia? Se così è, occorre avere il coraggio di ripudiare i valori ideali della civiltà, rinnegare la vocazione ontologica dello Stato e cambiarla, portare alle estreme conseguenze le illusioni pacifiste. Di queste si soo nutriti e si nutrono, indifferentemente, uomini in buona ed in mala fede, la cui prima vittima sacrificale è, in definitiva, la verità. T.a campagna a favore della pace innanzitutto
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ha fatto presa in tutti gli ambienti, su tutti i ceti sociali e tra coloro che ne sono a capo troviamo scienziati, uomini di cultura, eminenti politici e politici di mezza tacca, cittadini iscritti ai diversi partiti po· litici ed altri non iscritti a nessun partito, credenti ed atei e persino presuli che all'obiezione di coscienza contro il servizio militare chiedono vengano aggiunte quella fiscale contro le spese militari e la disobbedienza civile contro uno Stato democratico espressione deIIa volontà popolare. Di fronte alla veemente e variegata ondata pacifista è nato una specie di maccartismo di sinistra che riesce a fare presa soprattutto sui giovani, ma non solo su questi, e che ha prodotto una lunga ed estenuante sequenza di silenzi ammiccanti, incoraggiamenti in sordina, doppiezze e malcelati cedimenti da parte delle autorità politiche responsabili, che nulla o poco hanno fatto, e fanno, per ristabili rc la verità, fugare gli inganni ed infrangere le illusioni degli uomini in buona fede. Il coraggio della verità non è certo una virtù degli uomini politici italiani di oggi e sta a dimostrarlo, tra i tanti fat· ti, il comportamento mantenuto nell'ultimo decennio nei riguardi della ristrutturazione di cui si è enfatizzato l'aspetto riduttivo delle dimensioni dell'apparato militare e si sono messi in sordina i sacrifici resi necessari dalla ristrutturazione per il miglioramento qualitativo dell'apparato stesso. Non sono mancati coloro che hanno tentato di spiegare il grande capovolgimento prodotto dall'avvento delle armi nucleari e delle altre armi tecnologicamente avanzate, per il quale nelle nazioni occidentali le forze armate hanno come compito prioritario quello di garantire la pace, dissuadendo gli eventuali aggressori, mediante un'organizzazione, un addestramento ed un equipaggiamento affidabili e credibili. L'approccio alla vita militare oggi non è più suggerito dallo spirito di avventura c dal fascino della uniforme, ma a nutrire la vocazione di chi scelga la vita militare è proprio la consa· pevolczza di rendere un servizio alla causa della pace, nella prontezza e determinazione di opporsi alla sopraffazione ed alle soperchierie nel quadro di una intesa plurinazionale che va molto al di là e al di sopra degli egoismi e degli interessi nazionali. Nelle democrazie le forze armate difendono il sistema politico e sociale che i popoli liberamente scelgono ed in ciò è la grandezza e la bellezza del loro compito cd è la forza del loro ideale. Non spetta ai militari determinare la politica del loro paese, a loro compete servirla nella consapevolezza che essa sia giusta, sana, democratica. Senza tale visione globale del problema della sicurezza e della difesa , che sia comune ai governanti cd ai governati, ogni ristrutturazione è priva di significato cd è irrime· diabilmente destinata a vanificarsi. L'esperienza ci insegna che, qualora
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nel decennio le disponibilità finanziarie da destinare alla difesa fossero state maggiori, il piano di ammodernamento e di potenziamento dell'esercito non avrebbe avuto uno sviluppo granché diverso. L'adeguamento del modello di difesa presuppone una volontà politica ed un consenso popolare molto più decisi e, quando tali presupposti sussistano, si superano con minore difficoltà anche le ristrettezze finanziarie. Non tutte le riforme operate negli altri settori, alcune solo frutto di demagogia, nel decennio in cui si sarebbe dovuto condurre a compimento il piano di riarmo, sono risultate utili e vantaggiose, eppure le migliaia di miliardi necessarie per condurle in porto sono state reperite. Ecco perché un giudizio sereno sugli uomini di governo e sugli uomini politici cui era commesso il compito di guidare la attuazione del piano di ristrutturazione del 1975-'76, pur tenendo conto di tutte le difficoltà che hanno ostacolato l'opera, non può essere positivo. Del resto non lo è neppure, in generale, per i loro immediati e remoti predecessori, tanto meno per quelli del regime fasdsta che scher-
zarono con la guerra e che fabbricarono una politica militare intessuta di il]usioni e di bugie, che ben presto s'infranse di fronte alla irresistibilità della sconfitta.
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NOTE AL CAPITOLO LXX (1) F.n. 410/151, 2-Vll-1976, S.M.E. Ord.: soppressione del comando del 9° rgl. a. pes. cam .. F.n. 175/151, 13-IV-1976, S.M.E. Ord.: ristrutturazione 27° rgt. a s.mv. pcs. (2 gruppi a. pcs. smv. da 175/60 su 3 btr. da 6 pezzi). F.n. 290/151, 25-Vl-1976Z, S.M.E. Ord.: scioglimento comando 182° rgt. f. corazzato. F.n. 480/15, 3-IX-1976, S.M.E. Ord. : scioglimento 15° reparto rifornimenti riparazioni recuperi. F.n. 585/151, 28-IX-I 976. S.M.E. Or·d.: AA e VV alle TI.00. dei comandi di c01·po d'armata, del comando di artiglieria contraerei dell'esercito, del comando truppe Trieste, dcll'8° battaglione trasmissioni e del battaglione genio ferrovieri. F.n. 515/ 151, 4-IX-1976, S .M.E. Ord.: cambio di numerazione del 3° gruppo specialisti di artiglieria in 30° gruppo specialisti artiglieria. F.n. 560/152, 12-X-1976, S.M.E. Ord.: AA. e VV. alle TT.00. del C.A.L.E.. F.n. 700/151, 8-11-1976, S.M.E. Ord.: organici squadra sanità battaglione carri e battaglione corazzati. F.n. 575/151. 25-X-1976, S.M.E. Ord.: AA. e VV. TI.00. del battaglione paracadutisti. Le TT.00. riepilogative delle GG.UU ., con alcune leggere varianti rispetto a quelle iniziali, vennero diramale per: la Brigala meccan izzata per divisione corazz3ta , con f.n. 720/ 151, 3-XI-1976; per la brigata corazzata, con f.n . 740/151, 18-XTT-1976; per la brigata meccanizzata per divisione meccanizzata, con f.n. 685/151, 30-X-1976; per la brigal a meccanizzata autonoma, con f.n. 665/151. 25-X-1976; per la brigata motorizzata, con f.n. 485/ 151, 11-V lll-1976; per la brigata a lpina, con f.n. 490/151, Il-Vlil-l 976. l fogli sono Lutti dell'ufficio ordinamento dello S.M.E .. F.n. 555/151. 21-IX-1976, S.M.E. Ord.: organic i d ella compagnia trasmissioni del battaglione trasmissioni Leonessa destinato a soddisfa,·c le esigenze del centro operativo dello S.M.E. (COSME) e delle di1·ezioni generali. F.n. 320/154, 21-X-1976, S .M.E. Ord.: AA.VV. al riordinamento dell'A.L.E .. F.n. 735/ 151, 14-XII-1976, S.M.E. Ord.: supporti di a1·tiglieria (reggimento a cavallo, 4 ° reggimento pesante, 8° reggimento pesante campale, 27° reggimento pesante semovente). F.n. 415/151, I I -V-1976, S.M.E. Ord. : cambio numerazione 5° gruppo speciali sti artiglieria Cordenuns in 41 ° gruppo specialisti artiglie1·ia Cordenons. F.n. 45/JS 1, 13-11-1976, S .M.E. Ord.: denominazione del 7° e dd 13° battaglione carabinieri. F.n. 235/15 I, 22-IV-1976, S .M.E. Ord.: AA .VV . TT.00. gruppi specialisti artiglieria divisionale. F.n. 390/ 151, 23-Vl-1976, S.M.E. Ord.: AA . VV. TT.00. g ruppi artigli e1·ia campagna semoventi e gruppi artiglieria pesanti campali semove nti. F.n. 590/151, 5-X-1976, S.M.E. Ord.: nuove TT.00. per gruppo artiglieria da campagna a traino meccanico per brigata meccanizzata autonoma e per gruppo artiglieria da campagna a traino meccanico per Tmppe Trieste. F.n. 625/151. 20-X-1976, S.M.E. Ord.: 30° gruppo sp ecialisti artiglieria Brianza. (2) Molte unità d'arresto, alcune unità di artiglieria pesante campale e pesante, le unità d'artiglieria contraerei leggera per le divisioni ed altre unità organiche inserite nel nuovo ordinamento furono lasciate quadro o di prevista costituzione all'atto della mobilitazione. (3) F.n. 265/151, 4-Vl-1976, S.M.E. Ord.: organici di guerra delle unità carabinieri delle divisioni e delle brigate. In tempo di pace i r e parti d ei ca rabinieri vennero tenuti ad organici ridotti. (4) F.n. 800/153, 8-Vll-1974, S.M.E. Ord.: predisposizioni <li mobilitazione. (5) Mini stero della difesa. Libro hiancu della difesa. Roma, gennaio 1977. (6) Ibidem. pg. 113.
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(7) Ibidem. Per obiettivi di forza. s i intende il complesso delle esigenze di uomini, mezzi e infrastrutture, considerati allo stato attivo (cioé con u omini addestrati, forniti dei mezzi ed appoggiali dalle inr raslrutture) necessari perché lo st rumento mili tare consegua e mantenga, in un d eterminato an:o di tempo, un grad o di efficienza - funzionale, operati va e logistica - tale d a renderlo idconeo ad assovere i compiti isti t uzionali assegn atigli; per obiellivi di /urza equilibrali, si intende il far sì che i pesi operanti vi delle tre componen ti, cos tituite dalle singole Forze Armate, determinino la mass ima e ffi cienza dello strumento militare nella sua globalità; per raggiungibili, s'intende c he g li obiettivi di forza siano con seguibili con a rmi e dei mezzi; per sos/enibili, s' intende che essi lo s iano con le aliquote di bilancio prevedibilmente destinabili a ll'eserci zio. (8) Pie tro Corsini. Rist ruf/urare, su Rivista Militare. Fase. I , pagg. 5-10, anno 1975. (9) L'obice da campagna 70 (FH-70) da 155 mm è un 'arma di coproduzione italoinglese-tedesca. Calibro: 155 mm; peso in assetto di m anovr a e Ji combattimento: 9300 kg; dimensioni in assetto di marcia: lunghezza 9,8 m, larghez:i;a 2,204 m, altezza 2,56 m; settore di elevazione I 70°/- 5°; settore di direzione: 56 in totale; gittata max: con il proietto standard 24 000 m, con il proi etto scmiautopropulso 3000 m; traino meccan ico; proietti: HE de l peso di 43.5 Kg, nebbiogeno, illuminante, Martin Mariella CLGP (Cannnn-l .aunr.Ju~d r;uide Pmjecti/e), semiautopropulso M549AP s tatunitense. L'Italia ne ha ordinati 164. (IO) F.n . 625/151, 20-X-1 976, S.M.E. Ord .. (I I) F.n. 130/15 1, 6-JV-1976, S.M.E. Ord.: nel gruppo di aniglieria d a campagna dell a brigata meccanizzata a utonoma - com andante, ufficia li dj comando, batteria comando e ser vizi (cte., sez. cdo. e serv., sez. tiro e trasmissio ni , scz. munizioni, scz. RR.-8 ); 3 batterie da 155/23 a t.m. (etc., scz. cdo. e scrv., linea pezzi) - venne inse1·ita una sezione e.a. I. da 12,7 su 6 complessi quadrinati da 12,7 mm. L'organico del.gruppo fu stabilito in 39 uffic ia li , 68 sottufficiali, 433 militari di truppa, totale 540 uomini. Nel gruppo a rtiglie1·ia da campagna a traino meccanico per le bri gate motorizzate - cte., ufficiali del cdo., btr. cdo. e serv. (cte., scz. celo. e scrv., sez. tiro e t rasmissioni. sezione munizioni, sezion e RR-87, 3 btr. da 155/23 a.t.m. (cte., sez. cdo. e serv., linea pezzi) - venne inseri ta una sezio ne e.a.I. s u 6 complessi quadrinati da 12,7 mm. Organico: uffic ial i 38, sottuffic iali 68, militari di truppa 424, totale 530 uomini. Il g ruppo artiglieria e.a.I. delle divisioni - cte., ufficiali del cdo., btr. cdo. e scrv. (etc., scz. cdo e serv., sez. RRC), 3 htl'. a.e.a. I. da 12,7 a. l.m. (cte., ufficiali del celo., sz. cdo. e scrv., 2 sz. e.a. I.), complessivamen te 36 complessi quadrupli da 12,7 mm. 01·ganico: 24 ufficiali, 89 sottufficia li , 359 milita1·i di tru ppa, to ta le 41 7 uomini. (12) Andrea Cucino. La ristrutturazione de/l'esercitu. Situazione e prospellive. Conferenza tcnuJa presso il Centro Alti S tudi Mili tari , Roma 7-VI-1976, p ubhli cata su Rivis ta Militare, 1976, fase. n. 4, pgg. 2-12. (13) Fortunato Pietro Muraro. La noslra dourina d'impiego. Considerazioni in prospelliva. Rivista Militare, anno 1975, fase. n. 2, pagg. 2-8. (14) L'esercito tedesco occ identale - 3 corpi d'a rma ta di 12 divisioni in tota le, di cui 6 corazzate, 4 meccanizzate, 1 da montagna, I avio portata - const a di 36 brigate (17 cornzza le, 15 meccanizzate, I da montag na, 3 avioportate) ed in termini di g ruppi di artiglier ia di 33 gruppi d i artiglieria corazzata, 11 reggimenti di artiglieria divisionale (MI 0 7 LARS), 7 gruppi di artiglie 1·ia pesante (MI IO), 4 gruppi missili superficies u perficie Lance. Nell 'esercito territo1·iale sono costituite 12 brigate per difesa territoriale, ciascuna comprendente I g ruppo di artiglieria . L'obice at.m. FH-70 da 155 mm costituisce la dotazione dei gruppi d i artigl ieria divisiona le; i gruppi assegnati alle brigate
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hanno, in maggioranza, l'obice semovente MI09 A2 da 155 mm americano. Gli Ml07 da 105 mm sono in organico ai gruppi di artiglieria pesante. Una delle batterie dell'artiglieria divisionale ha in dotazione l'obice semovente M 11 O <la 203 con capacità nucleare; nell'artiglieria divisionale è compreso anche un gruppo dotalo del sistema lanciarazzi da 100 mm LARS di prevista sostituzione con il sistema statunitense MLRS. Il gruppo di artiglieria è su 18 pezzi. La divisione di artiglicra sovietica si trova di norma al livello di fronte o di armata e fornisce ulteriore potenza di fuoco alle divisioni. La divisione <li artiglieria comprende: comando di divisione; 2 reggimenti di artiglieria su cannoni trainali M46 da 130 mm; 2 reggimenti di ai-tiglieria su cannoni/obici trainati D-20 da 152 mm; 1 reggimento controcarri trainato T-12 o T-12 A da 100 mm/36 pezzi e 27 veicoli 4X4 BRDM, 2 dotati di missili guidati Sapper o Spandrel; I brigata lanciarazzi multipli su 4 gruppi ciascuno su 18 lanciarazzi multipli BM-27; I g ruppo acquisizione obiettivi; I compagnia trasmissioni; 1 auto1·eparto; reparti servizi. Il reggimento di artiglieria della divisione corazzata e della divisione motol'izzata comprende: I batteria comando; 3 gruppi di artiglieria; 1 batteria acquisizione ohiellivi; compagnie di autotraspo1·to, pe1· le riparnzioni e di sanità, oltre I plotone rifornim enti e servizi. Due dei gruppi semoventi hanno l'obice 2S1 da 122 mm; il terzo gruppo ha il 2S3 da 152 mm. Ognuno dei 3 gruppi ha un comando <li gruppo e una sezione di com a ndo, una sezione rifornimenti e riparazioni e tre batte1·ie obici su 6 pezzi ciascuna (ogn i gruppo 18 pezzi). Al livello di divisione esiste, inoltre, un gruppo autonomo lanciarazzi multiplo su: comando, sezione comando, I balleria servizi, 3 ballerie lanciarazzi, ciascuna delle quali su 6 lanciarazzi multipli BM-2 1 da 122 mm da 40 colpi. La divisione ha anche un gruppo FROG su: comando di gruppo, 1 batteria comando, 2 batte rie ciascuna su 4 lanciatori di razzi superficie-superficie FROG o di missili SS-21 dotati <li ogiva tallica nucleare. Per la difesa contraerei la divisione dispone <li un reggimento supe1-ficie-aria su 5 batterie di missili SA-G Gainfal, ciascuna su 2 plotoni missili ognuno su 2 lanciatori SA-G da 3 colpi. Nella capacità di difesa contraerei della divis ione vanno comprese anche le mitragliatrici pesanti da 12,7 mm dei carri, le mitragliat rici dei semoventi di artiglieria e di a ltri veicoli nonché, i missili portatili superficie-ar·ia SA-7 Grail. Ogni reggimento carri (3 nella divisione corazzata) ed ogni reggimento di fanteria motorizzata (I n ella divis ione corazzata) dispone di 4 sistemi miss ilis tic i s upc ,-ricic-a ria SA-9 Caskin su a uto te laio BRD-2 4 X 4 e di 4 s is temi di cannoni contrae rei semoventi ZSU-23-4 da 23 mm. La divisione corazzata sovietica è costituita dal comando divisione; una compagnia comando; 3 reggimenti carri; l reggimento fante1·ia motorizzato; I reggimento artiglieria; 1 reggimento artiglieria contraerei; g ruppi o battaglioni di razzi superficiesu pe rfic ie FROG (Free Racket Over Ground), di lanciarazzi multipli, esploranti, del genio, delle trasmissioni, di autotrasporto, per le riparazioni, di difesa chimica, di sanità. La differenza fra la divisione di fanteria motorizzata e la divisione corazzata sta nel numero dei r eggimenti carri e di fanteria motorizzata e nel la composizione dei reggimenti car-.-i. La divisione di fante1·ia motorizzala ha 6 reggimenti, di cui 3 di fanteria motorizzata, 1 di carri, 1 di artiglieria, I di artiglieria contraerei; i reparti di supporto sono identici a quelli della divisione corazzata. (15) Libro bianco della difesa. Op. cit. cap. Ili, paragrafo 9, pg. 100.
EPILOGO 1 La posizione geostrategica che le assegna il duplice ruolo di potenza continentale e di potenza mediterranea, il contesto storicopolitico in cui il paese s'inserisce e la povertà delle risorse naturali che ne sacrifica l'autonomia d'iniziativa nei rapporti con gli Stati finitimi e rivieraschi sono tuttoggi i fattori ineludibili che condizionano, più di ogni altro, la politica estera ed interna dell'Italia. Questi, sia pure in una situazione affatto diversa dalla presente, ebbero un'incidenza determinante sulla formazione e sviluppo dello Stato unitario e quando non furono tenuti nel conto dovuto l'Italia fu subito richiamata alla sua realtà. La conferma la si ricava fin dal Risorgimento, che fu senza dubbio, in primo luogo, un evento spirituale, culturale, politico e militare di carattere interno, ma che fu possibile realizzare con l'aiuto diretto o indiretto, ora dell'una ora dell'altra potenza europea, del quale il regno di Sardegna dové avvalersi necessariamente per diventare regno d'Italia. Naturalmente l'aiuto esterno giunse perché rispondente agli interessi particolari del momento dei paesi che lo dettero, ma resta il fatto che la vittoria dei francesi di Solferino e quelle prussiane di Sadowa e Sedan consentirono o favorirono decisamente: la prima la cessione della Lombardia al Piemonte, la seconda l'annessione della Venezia euganea all'Italia, la terza l'ingresso all'esercito unitario in Roma. Le stesse guerre coloniali - compresa quella contro l'Etiopia del 1935-'36 - ebbero esito favorevole perché non incontrarono l'opposizione armata di altri Stati europei. Per far corrispondere il confine politico a quello geografico l'Italia dovè affiancarsi alla Triplice Intesa e quando Mussolini volle sfidare la Francia e l 'Inghilterra scendendo in guerra lo fece dopo la firma del Patto d 'acciaio e quando si lasciò abbagliare - non fu il solo dalle vittorie tedesche di Polonia, Norvegia e Francia. Oggi tutte le potenze europee, comprese le due nucleari, hanno limiti di spazio ristretti per loro iniziative autonome, soggette come sono allo strapotere degli USA e dell'URSS, ma per l'Italia tali limiti erano molto esigui anche nel passato, per cui la ricerca di un alleato potente era la conditio sime qua non per la realizzazione della
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FILIPPO STEFANI
stessa indipendenza e unità e per ogni espansione oltre mare. Da qui l'instabilità della politica estera e la sua contraddittorietà e delicatezza e la difficoltà oggettiva di coordinarla con quelle mi.litare che, da parte sua, esige perseveranza di linea operativa, fermezza d'intenti, disponibilità economica e tempi lunghi. Armata sarda ed esercito unitario dovettero, invece, affrontare le guerre - tutte offensive quasi all'improvviso e senza comunque una preparazione adeguata se si fa eccezione per quelle del 1859, del 1866 e del 1935-'36 contro l'Etiopia. L'armata sarda, orientata dal 1815, vale a dire per 33 anni, a difendersi ad ovest, il 23 marzo 1848 dové effettuare un improvviso dietro-front e muovere offensivamente verso est; l'esercito e la marina italiani, dopo 33 anni di Triplice Alleanza, il 24 maggio 1915 furono lanciati offensivamente contro le forze militari degli imperi centrali in quel momento i più forti d'Europa; esercito, marina e aeronautica, cui era stato assicurato un periodo di preparazione protratto nell'ipotesi meno favorevole a tutto il 1942, il 10 giugno 1940 - contro il parere dei vertici militari e a dispetto della volontà maggioritaria del Paese - furono inopinatamente immessi nel secondo conflitto mondiale senza che nessuno minacciasse il territorio nazionale e i possedimenti d'oltre mare. È difficile che un esercito sia contento della politica militare del proprio governo, ma quello italiano ne ebbe - e ne ha - ben donde. Il dover affrontare quasi tutte le guerre in situazioni d'inferiorità di forze e/o di mezzi e spesso di assoluta impreparazione tecnica (es. prima guerra d'indipendenza), per di più quasi all'improvviso, ha pressoché constantemente caratterizzato l'impiego dello strumento militare del nostro paese. Non furono solo queste le cause delle sconfitte, degli insuccessi e dei mancati successi dell'armata sarda e dell'esercito unitario. Della sconfitta di Custoza del 1866 le cau se principali furono l'insipienza, la neghittosità e il reciproco malanimo dei generali; di quella di Adua del 1896 l'imprevidenza e la superficialità dei comandanti; di quella di Caporetto la stanchezza morale, fisica, psicologica della nazione e dell'esercito, alle quali si aggiunsero l'insufficienza e una qualche ambiguità di condotta di alcuni comandanti locali. Nella stessa seconda guerra mondiale alcuni gravi insuccessi locali, tipico quello in Africa settentrionale del 1940-41, furono determinati dalla défaillance dei comandanti di scacchiere e/o di armata. Della disfatta dell'8 settembre i responsabili primi furono i vertici politici, a cominciare dal re e dal capo del governo, che era un maresciallo d'Italia, e congiuntamente quelli militari. Armata sarda ed esercì to uni tario conobbero l'amarezza e il pianto delle sconfitte e degli insuccessi c he furono numerosi e pieni e che
EPILOGO
1259
non mancarono, sul piano locale, neppure durante la seconda guerra mondiale. Nessuna sconfitta, grave che fosse, piegò mai la volontà e la capacità di ripresa delle armi italiane. Dopo Caporetto sopravvennero le vittorie del Piave e di Vittorio Veneto e dopo 1'8 settembre quando sembrò che non solo l'esercito, ma lo Stato intero e le sue istituzioni fossero definitivamente compromessi nella loro possibilità di sopravvivenza e che restaurarli risultasse impossibile - l'esercito, esattamente due mesi dopo, riapparve sulle balze di Monte Lungo, mentre nel frattempo migliaia di soldati avevano continuato a combattere il nuovo nemico nei Balcani e nell'Egeo, seicentomila avevano opposto il loro rifiuto di collaborazione con i tedeschi e languivano nei lager, altre migliaia si erano rifugiati sulle montagne e si erano dati alla macchia per organizzare e partecipare alla resistenza contro le forze tedesche di occupazione. L'aver combattuto per 41 mesi contro l'esercito dell'impero asburgico nell'alternanza di successi e di insuccessi per poi batterlo definitivamente, l'aver tenuto fronte per 40 mesi, gagliardamente spesso e valorosamente sempre, agli eserciti della più poderosa coalizione militare mai esistita nel mondo, cedendo alla fine solo alla schiacciante superiorità di forze, armi e mezzi, l'essersi ripreso dopo la disfatta de11'8 settembre per dare un contributo alla liberazione del proprio paese dall'occupazione tedesca: costituiscono la testimonianza certa e incontrovertibile di una validità morale e di una capacità costruttiva non certo inferiori di quelle di altri eserciti, scesi in campo sostenuti da tradizioni nazionali e militari e da disponibilità di armi e di mezzi consolidate e assai superiori. La validità morale e la capacità costruttiva dell'armata sarda e dell'esercito unitario dovrebbero, dunque, e ssere fuori discussione, al pari di quello che fu- ed è - l'apporto determinante che entrambi dettero - e l'esercito continua a dare - allo sviluppo culturale , sociale, economico e tecnologico del nostro paese. Il ruolo di coagulazione spirituale nazionale dell'armata sarda non si esaurì nel Risorgimento, di cui la partecipazione dei soldati regolari ampliò il carattere sociale oltre la cerchia dei grandi spiriti e delle élites che ne furono gli ispiratori, gli animatori e gli attivisti di primo piano. L'esercito non ha mai goduto di potere politico, è stato sempre estraneo alle vicende politiche di parte e anche nei periodi più tormentati della nostra storia si è sempre mosso lungo il solco della legalità costituzionale. La sedizione del 1821 ebbe la sua motivazione nella situazione di grande furore patriottico del momento; l'impresa
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FILIPPO STEFANI
di Fiume coinvolse aliquote minoritarie e quando Nitti ordinò il ritiro delle truppe dalla città e Giolitti successivamente ve le rinviò, l'esercito fu pronto all'obbedienza; nel 1922, nonostante le chiare e attive simpatie di sostegno di alcuni degli alti gradi per il fascismo, l'esercito come tale non prevaricò e si attenne agli ordini del re e lo stesso maresciallo Diaz, che suggerì al sovrano di non metterlo alla prova con lo stato d'assedio, ne garantì l'obbedienza; nella defenestrazione di Mussolini del 25 luglio 1943 ebbero gran parte alcuni vertici militari, ma questi agirono d'intesa con il re e in stretta aderenza con le sue direttive. Durante il ventennio fascista, vi furono ufficiali, sottufficiali, soldati fascisti, per convinzione od opportunnismo, ma non si può dire che l'esercito fosse fascista o antifascista, mentre risponde a verità che conservò integra e antepose a tutto la fedeltà alla monarchia sabauda. Fattore determinante - non va dimenticato - di tutte le vicende italiane dal 1815 al 1946 fu la monarchia che esercitò sempre una funzione politica e militare preminente, anche quando parve, ma di fatto non fu, sovrastata dal fascismo. L'esercito operò costantemente nei limiti del volere del re. Non minore la sua lealtà nel rispetto della Costituzione repubblicana ed i fatti, almeno in parte romanzati, del luglio 1964 non provano il contrario; la loro origine fu la convocazione straordinaria del comandante generale dell'arma dei carabinieri da parte del presidente della repubblica, le cui preoccupazioni per la situazione politica interna, interpretate forse troppo estensivamente, indussero il gen. De Lorenzo a predisporre misure di carattere eccenzionale per il mantenimento dell'ordine pubblico. Generali e ufficiali di alto grado in servizio, furono capi del governo, ministri, senatori e deputati, ma nessuno di essi prevaricò e strumentalizzò la carica per fare acquisire all'esercito un potere politico mai agognato e inseguito. Anche quando l'esercito fu investito del potere civile - per la repressione dei fenomeni turbativi dell'unità nazionale nel periodo post-unitario, dei moti milanesi del 1898, dei disordini di piazza, ecc. - ne fece u so corretto e generalmente prude nte, anche se non mancarono eccessi tristi e dolorosi come appunto in Milano nel 1898 e altrove in circostanze drammatiche. L'esercito non è mai intervenuto d'iniziativa e non ha mai desiderato un ruolo autonomo nella politica del paese e, anzi, ha sempre accettato di maJa voglia l'impiego per il mantenimento dell'ordine pubblico. Dove, viceversa, è accorso spontaneamente, spesso prevenendo l'ordine delle autorità politiche e amministrative, è stato nel soccorso alle po
EPILOGO
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polazioni colpite da calamità naturali, da disastri ecologici, da disgrazie collettive, prodigando energie spirituali e fisiche e confermando l'alto senso di umanità e di solidarietà che l'ha contraddistinto, anche neJle guerre, nei confronti del nemico. Sul piano della dotrina d'impiego e degli ordinamenti vi furono, nell'armata sarda soprattutto, arretratezze culturali e lacune molte plici, ma la dottrina e gli ordinamenti concorsero alle sconfitte ed agli insuccessi solo in misura limitata; le esasperazioni spiritualistiche e intellettualistiche del 1938-39 e l'adozione dell'ordinamento binario della divisione di fanteria resero certamente più duro l'impatto con la realtà bellica. La strategia e la tattica della prima guerra mondiale - di cui molti fanno colpa al gen. Cadorna e allo stato maggiore italiano - erano analoghe a quelle dei Comandanti e degli stati maggiori francese e tedesco e le carneficine di Verdun non furono da meno di quelle de ll'Isonzo, perché fu allora il binomio mitragliatricereticolato a costringere gli eserciti alla guerra di logoramento. La strategia e la tattica della guerra di movimento, codificata nella regolamentazione del 1935 dallo stato maggiore dell'esercito italiano non era certo sbagliata - risultò infatti del tutto positiva nelle prime campagne tedesche - ma l'errore fu non aver concesso all'esercito e all'industria il tempo e i mezzi per far aderire alla teoria le condizioni pratiche necessarie per realizzarla. Quanto ai capi, ai quadri in genere, agli stati maggiori l'armata sarda e l'esercito unitario ne ebbero - a l pari di tutti gli eserciti - molti preparati, abili e capaci che tennero ed esercitarono il comando e le loro funzioni egregiamente e brillantemente, senza aver nulla da invidiare ai colleghi di altri eserciti quanto ad intelligenza, professionalità, dedizione al dovere, spirito di sacrificio, qualità e doti militari. Non vi furono veri e propri condottieri; l'unico fu Garibaldi; ma con il trascorrere del tempo l'aspetto artistico della guerra è venuto sempre più attenuandosi rispetto a quello scientifico-tecnico Non è che i tempi siano divenuti avari di geni e di condottieri militari, ma è che la guerra - divenuta guerra di materiali - ha sempre meno concesso spazio sul campo di battaglia al l'attività ideatrice e creatrice dei capi, esigendo per contro, capi, comandanti e gregari con qualità fisiche, morali, intellettuali e professionali più salde e marcate che nel passato. D'altra parte - come in tutti gli eserciti -vi furono capi, stati maggiori, comandanti che potremmo defini re nella media e al disotto della media, cioè non sufficientemente dotati e scialbi, alcuni addirittura insipienti, inetti, pavidi.
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FILIPPO STEFANI
Il soldato italiano dové in quasi tutte le guerre imparare a combattere a proprie spese, senza aver appreso in antecedenza le tecniche d'impiego e quelle di sfruttamento a pieno delle prestazioni delle armi e dei mezzi in dotazione. Ciò non di meno benché figlio di un paese non solo antimilitarista, ma amilitare, che comunque non sente la questione militare, ha scritto nella buona e nella cattiva sorte pagine stupende di doti, qualità e virtù militari. Egli ha compiuto gesta in tutte le guerre in condizioni ambientali e operative nel.le quali i soldati d'altri eserciti non avrebbero potuto e saputo fare di più e di meglio. Se non superiore di altri, quanto meno non fu inferiore. Certamente il suo pronto adattamento alle circostanze difficili, il suo spirito di sacrificio, la sua devozione al dovere, la sua capacità combattiva e di resistenza quando ben comandato, armato ed equipaggiato e perfino quando non lo fu, costituirono nel passato la costante del suo comportamento nelle lotte impari. Ogni giudizio riduttivo delle capacità combattive del soldato italiano nelle guerre remote e recenti, oltre che non convalidato dalla realtà, è ingiusto, disequilibrato e mendace. Vi furono mancamenti, colpe e deposizioni d'arme, collettivi e singoli, come in tutti gli eserciti, compresi i più potenti, ma come abbiamo appena scritto, le riprese furono immediate. Mentre la validità morale e la capacità combattiva dell'armata sarda e dell'esercito unitario, malgrado le varie défaillances, che non abbiamo certo passato sotto silenzio, risultano provate dai fatti, le cause delle vicissitudini tristi e drammatiche sono da individuare sia nella malaccorta politica militare dei governi, sia nelle insufficienze di carattere e professionali di alcuni dei capi militari. Nella malaccorta politica dei governi rientrano non solo l'inadeguatezza quantitativa e qualitativa degli armamenti e degli stanziamenti finanziari, ma anche l'insufficienza e, talvolta, l'assoluta mancanza di addestramento professionale, per il quale erano stati lesinati il denaro, il tempo, gli spazi, le munizioni e le attrezzature. D'altra parte, può un comandante vero accettare di portare in combattimento i suoi soldati sapendoli impreparati, inesperti, e ignari o quasi delle armi da impiegare? L'acquiescenza o la rassegnazione dei vertici militari ai deliberata dell'autorità politica diventa in tali casi delitto a danno della comunità nazionale e dei propri soldati. È vero che, ad esempio, l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale fu decisa da Mussolini e che il re se ne rese corresponsabile, ma l'opposizione tecnica dei vertici militari fu solo passiva e quasi rituale. La responsabilità dei vertici militari nell'entrata nella seconda guerra mondiale fu grave
EPILOGO
1263
perché mancarono loro, in particolare al capo di stato maggiore generale, un pronta visione strategica del conflitto e l'immediatezza di decisioni dirette a sfruttare alcune particolari opportunità favorevoli che erano a portata di mano, quali l'occupazione di Malta e il trasferimento in Africa settentrionale delle forze corazzate e celeri stanziate inerti nella pianura padana. E che dire del comportamento del capo di stato maggiore generale e degli altri capi militari nella riunione in cui Mussolini decise l'aggressione alla Grecia? Di molte delle tante croci che affollano, l'una accanto all'altra, i cimiteri e gli ossari militari di tutte le guerre, le responsabilitè risalgono a capi politici e a comandanti militari. Il numero delle croci supera infatti di gran lunga quello fatale e ineluttabile necessariamente legato alla singola vicenda bellica. Capi politici e militari dovrebbero soffermarsi nei cimiteri a rifleltere su quelle croci. La nostra opera, che vuole essere soprattutto documentaria e di consultazione per approfondimenti maggiori, si ferma al 1975 e non affronta né il passato recente, né il presente, né il futuro immediato. Non ci illudiamo di aver fatto qualcosa per l'oggi e il domani, ma ci sembra di aver dato un modesto contributo ad una migliore conoscenza, non solo della dottrina e degli ordinamenti dell'esercito italiano, ma di avere inquadrato l'una e gli altri nel contesto culturale, sociale, economico e politico dei vari periodi, nelle vicende belliche in cui furono collaudati e con riferimento a quelli degli altri maggiori eserciti europei, dell'intera storia dell'esercito e conseguentemente della nazione. L'ottica con la quale l'abbiamo esaminata e interpretata ancorché abbiamo fatto del tutto perché la verità tecnica non sovrastasse quella politica e sociale - è necessariamente militare. Forse proprio per questo il lavoro può concorrere ad offrire una conoscenza meno approssimata dell'armata sarda e dell'esercito unitario, sui quali non possono cadere i giudizi globalmente negativi spesso emessi quali frutti di superficialità, di luoghi comuni, di pregiudizi, quando non anche di malanimo preconcetto. Il discorso fatto è difficile e complesso, come difficili, delicate e complesse sono le istituzioni militari e le guerre. Per valutare le une e le altre bisogna capirle. Del resto il giudizio di un militare può essere altrettanto equilibrato, valido e storico di que llo di un non militare, purc hé entrambi credano nei valori veri della storia e non si servano di questa quale mezzo strumentale per contrabbandare e camuffare fasti e nefasti, enfatizzando i primi e nascondendo o minimizzando i secondi e viceversa.
INDICI
INDICE
DEI
NOMI DI PERSONA CITATI NELL' OPERA
A
/JJ/2°, 175 UGO /l/2°, 795
ABBAS FERHAT ABBONDANZA
i, 185
ACERBI G10vANNI
ACHE SON DEAR GOODERHAM AcQUARONE PIETRO
IJJ/1°, 925
/l/2°, 819, 821, 849, 853
ACTON FERDINANDO / ,
283
ADALBERTO DI SAVOIA, duca ADAMI ARNALDO
di
Bergamo
II/ 1 °, 343
IIU2°, 639
ADAMI-Ross1, ENRICO
II/2 °, 890
III/ 1°, 468 1n11°, 447, 1016
ADAMO, per~onaggio biblico ADENAUER KoNRAD \
ADULE CYRILLE / AGO PIETRO
/l/2 °, 17 6
I/UJ 0 , 101 7
AGOSTINI RENATO
/lI/2 °, 779
ALBERTO AMEDEO DI SAVOIA, V . FERDINANDO MARIA ALBERT O DI SAVOIA ALBERTO FEDERICO RODOLFO D ' ASBURGO, arciduc a d ' Austria/,
191, 194,
203 ALBRICCI A L BERICO ALESSANDRI JORGE
/l/1°, 53, 54, 56, 66, 72, 73, 90, 566 JJ//2°, 183
/U2°, 315, 344, 373, 374, 375, 378, 379,425,433. 436,490, 503, 505,517,518, 532,539, 718, 726, 741, 745, 788, 790, 794, 795, 811 , 821 III/1~44, 53,54, 55,56,63, 66,67, 68,69, 70, 82, 121, 128,129,130, 133, 138, 141, 206, 211, 214, 218, 317
ALEXANDER HAROLD RUPERT LEOFRIC GEORGE
ALFIERI DINO
/U2°, 806, 866
ALì ALBERTO
III/1°, 583, 662
ALIP1ND1 FLORENZIO /,
610
ALLENDE GossENS SALVADOR
III/2 °, 141, 183
1268
FILIPPO STEFANI
ALLFREY CHARLES WALTER
III/1°, 105, 107, 108, 207
III/2°, 222, 225, 229, 256, 257, 289, 302, 303, 304, 309, 313,316,326,327,329,337,378,379,381,383,394,406,575,576, 626, 627, 632, 704, 706, 712, 715, 782, 939, 1072, 1117
ALOIA GIUSEPPE
ALsoP JosEPH
III/1°, 490
ALTAIN EDWIN
III/1°, 412
ALVARADO VELUSCO JUAN
III/2°, 186
JI/1°, 102, 342, 11/2~ 399,448,460,461,469,471,472,586,591,728,729,765,766, 805,806,807,808, 80~ 81~ 821,823,824,829,831,833,834,837, 844,846,849,850,851,852,853,854,855,862,864,866,923,947,975, [Jl/JO, 12,19, 24, 53, 54, 55, 57, 59, 61, 128,206, 540
AMBROSIO VITTORIO
AMEDEO 01 SAVOIA-AosTA, oucA o'AosTA E VTCERÈ o'ETIOPIA
Ii/1°, 99,254,
275, 344, JI/2 °, 181, 195, 197, 222 A.MEGLIO GlOVANNl [, AM1co GlUSEPPE
533, 558
1112°, 935, 981
AMIN HAFIZULLAH
TTT/2 °, 133, 134, 135 III/1°, 68, 83, 99, 109, 110, 116, 121
ANDERS WLADISLAW
ANDERSON KENNETH ARTHUR ANDOM ANAM
NoEL IU2°, 520, 539
[JI/2°, 178
JIJ/1°, 988 JJJ/2~ 52,205,206,207,208,209,212,228,253,256,264,277,280, 327, 336, 1122, 1126, 1217
ANoREOTn G1uuo
ANDROPOV YURI
JIJ/1°, 511, 512, 513 I, 238
ANGELINO GIUSEPPE ANGlOLETTl DIEGO /, ANGlONl FRANCO
180, 238
III/i 0 , 584, 662
J[[/2°, 780 ANSALDI GIORGIO /, ANSELMI GIORGIO
69
III/I 0, 662
ANTONELLI FRANCESCO
II/1 °, 343
1269
INDICE Del NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
ANTONESCU foN
JI/2°, 59, 125
IIT/1°, 250 APPEL CHRISTIAN /,
60
APPIANI DI CASTELLETTO PAOLO /,
JI//2°, 781
ARCOVITO SALVATORE
ARGENTINO FRANCESCO ARGENTON MARIO
67
[J/1°, 343
III/1°, 44
JI IIJ 0, 1017
ARIAS AUGUSTO
II/1°, 342 JI/2°, 106, 218, 796, 869, 906, 970, 972
ARISTO MARIO
ARMELLINI QUIRINO /
I/J 0 , 584
/JI/2°, 185
ARMOS CASTILLO CARLOS ARMSTRONG NEIL
JI//J
0
,
412
ARMSTRONG WILLIAM GEORGE
I, 174, 186, 268
129
ARNALDI ANNIBALE /,
J//2°, 422, 457, 460, 464,466, 471 , 472, 473,475 , 476, 477,478, 484,486,494,496,497, 499,500,501,520,521, 526, 532, 534,545
ARNIM JURGEN VON
ARON RAYMOND
J///1°, 500
ASINARI DI SAN MARZANO ALESSANDRO /,
283, 354, 559
AsINARI DI SAN MARZANO FILIPPO ANTONIO / , AssAD HAFIZ EL / II/2 ATNAFU ABATE
71, 559
°, l 28
JI//2°, 178
ATTLEE CLEMENT RICHARD
JI//1°, 224
AUCHINLECK CLAUDE JoHN EYRE
IJ/2 °, 268, 276, 288, 289, 297, 300, 302,
315, 33~ 334, 349,425 AuTEMARRE - D'ERVILL~ CHARLES FRANçms XAVIER D', / , AVENATI GIACINTO
I , 152
AVEZZANA GIUSEPPE/,
88
AVOGADRO DI CASANOVA ALESSANDRO AYALA TuRBAY
Juuo
AYUMONINO Arno AzzI ARNALDO
CESAR
Jll/2°, 184
ll/ 1°, 343
/J/2°, 328, 932, 981
AZZURRO SALVATORE
J, 152, 207
II//2 °, 780
130
1270
FILIPPO STEFANl
B
JJI/2°, 142
BAADER ANDREAS
II/1 °, 330
BABlNl VALENTINO
II/1°, 54, 56, 59, 71, 75, 80, 82, 92, 99, 187, 189, 190, 191,207,208,229,230,254,274,280, 294,295,310,330,382,498,502 JT/2~ 50, 51, 53, 56, 57, 58, 59, 60, 62, 64,65, 72, 73, 74, 75, 76, 78, 79, 80, 87, 89, 99, 109, 117, 119, 122, 124, 125, 126, 127, 128, 129, 130, 131, 133, 135, 136, 137, 139, 140, 147, 183, 187, 189, 209, 229, 232,244,261,808,810,813,816,818,819,820,821,822,827,829, 831, 833, 844, 846, 849, 850, 851, 853, 854, 878, 884, 987, 989 JlIIJO, 12, 17, 19, 20, 21, 24, 25, 26, 34, 37, 38, 40, 49, 53, 54, 55, 58, 128, 211, 342, 365, 366, 375, 376, 529, 54 I. 578 JII/2°, 1074
BADOGLIO PIETRO
BAGRAMJAN CHRISTOFOROVJé IVAN
BAISTROCCHI FEDERICO
111/ 1°, 265, 346
[J/J 0, 193,209, 231 , 280,287,292,298,299,315,
589 l/12°, 51, 179 Jl// J O, 539 BAKER PHILIP
NoEL Il IIJ 0, 490
BALBO BERTONE DI SAMBUY CALISTO/,
130
95, 110
BALBO CESARE /,
II/1 °, 275, 343, 563 II/2°, 56, 70, 72, 73, 74, 75, 79, 109, 110
BALBO ITALO
BALDASSARRE ETTORE
II/1 °, 342
II/2°, 307, 309 BALDlNl ARTURO
III/2°, 638
BALDWlN HENSEN
III/1°, 490
BALDWlN STANLEY
II/i
0
35
,
BALEGNO 01 CARPENETO PLAClDO
I, 208
BALLADA DI SAINT RoBERT PAOLO BALOCCO RICCARDO BANCALE EMILIO BANTE TAFARI
IIIi
0
,
342
JJ/2°, 218, 965
JIJ/2°, 178
I, 173, 186
INDICE DEI NOMI DI PE RSONA CITATI NELL'OPERA
BAO DAI
1271
JI//2°, 169
BANZER HuGo SUAREZ
JJI/2°, 184
BARAGUAY o'HtLLIBRS ACHILLE
I, 130
264, 283
BARATlERl ORESTE / ,
BARBARO PJER ANTONIO
1/1/2°, 439
II/1 °, 342 /J/2~286,287,295,301, 337,343,387,388, 389, 395,399,439,440, 460
BARBASETTI Dl PRUN CURIO
BARBASETTl 01 PRUN GIANGIORGIO BARBERIS BERNARDINO
ll// 1°, 662
I, 45
IIJ/1°, 662
BARBETTA Gurno
JI/1 °, 343 11/2 °, 110, 306, 310, 862, 964
BARBIERI ALBE RTO
BARKER
RAY JI//1°, 349
l l/2°, 693
BARLOTTA MARIO BARONE ENRICO /, BARONE PIETRO
70, 71, 90, 209
/J/2 °, 736, 795
IJ/2°, 218
BARTIROMO GIOVANNI BARUCH B E RNARD BASSO ANTONIO BASSO LELIO
IIJ/1 °, 414
JI/2°, 869, 912, 9) 3, 914, 915, 916, 917, 973, 974
//112°, 254
BAsTIANINr GrusEPPE
n 12°, 806, 866
IJ/ J , 290, 330 JJ/2~ 252, 266,267,273, 274,275, 277, 282, 286,287,293,295,301 , 302, 306,314, 342,344, 384, 395,396,400,414,41 6, 421 , 422, 440, 445, 446, 447 460 0
BASTICO ETTORE
BATISTA FULGENç IO YZALDIVAR
JJJ/ 1°, 442, 466, 473, 474
l///2 °, 138 BATTISTA ANTONY BATTISTI EMILIO
/IJ/ 1°, 513
IJ/1 °, 330
ll/2 °, 105 BAVA E USEBIO / ,
56, 60, 62 , 67, 70, 71
1272
FILIPPO STEFANI
IJ/2°, 350, 351, 363, 485, 494, 496
BAYERLEIN FRITZ
BAZAINE FRANçms ACHILLE /,
130
I, 9 IJUJ 0 , 489, 525 III/2°, 1042
BEAUFRE ANDRÈ
BECCHI ERMANNO BECCHIO ANGELO
JII/2°, 638 III/2°, 447
BECHI-LUSERNA GIOVANNI ALBERTO BECK LUDWIG
II/2°, 975
JII/1°, 342
BEDELL-SMITH WALTER BEGIN MENAHEM
III/1°, 55, 56, 82, 211, 350, 361
II I/2 °, 98 JII/2°, 186
BELAUNDE TERRY FERNANDO BELLETTI PIETRO
II/1°, 342
BELLOMO NICOLA
IJ/2°, 909, 972
BELVEDERE V. CORDERO DI BELVEDERE CARLO
I II/2°, 255
BEOLCHINI ALDO
BEN BELLÀ AHMED
IJJ/2°, 175
BENEDEK LUDWIG AUGUST VON BENELLI CESARE
II/2°, 309
BENES EDWARD
JI//1°, 423
BENIGNI ARTURO
I, 131, 196, 198
IJ/2°, 466, 468 , 507
BENSO DI CAVOUR CAMILLO /,
73, 78, 88, 115, 118, 124, 134, 135, 162, 164,
165, 170 BENVENUTI ENRICO
IJJ/2°, 780, 781
III/1°, 24, 49, 55, 57, 100, 101, 116, 128, 130, 131, 142, 207, 211, 560, 567, 568, 582, 1167
BERARDI PAOLO
BERAUDO DI PRALORMO EMANUELE BERAUDO DI PRALORMO EUGENIO/, BERCHTOLD LEOPOLD /, BERGER
JOSEF
VON [,
207, 213, 233
531, 532, 535
131
BERGMANN THEODOR /,
III/1°, 220
551, 562
INDICE DEI NOMI DT PERSONA CITATI NELL'OPERA
II/1 °, 343
BERGONZOLI ANNIBALE
BERIA PAVLOVIC LAURENTU
JIJ/1 °, 428, 429
IIU2°, 254
BERLlNGUER ENRICO
BERLlNGUER GIOVANNI
IIIl2°, 207 III/2°, 186
BERMUDEZ MORALES FRANCISCO BERNASCONI GIUSEPPE BERNASCONI MARIO BERTI MARIO
1273
II/Il 0 , 789
IIl2 °, 395, 446
JI/1°, 330, 343
IIl2°, 110 BERTINl FRANCESCO
IIl1°, 342 JJil2°, 780
BERTOLAZZI FILIBERTO BERTOLDI SISTO
IIl2°, 223
BERTOLÈ - VIALE ETTORE /,
152, 205, 213, 219, 220, 233, 283,
286,287,291,300,320,321,323,327,328,341,350,353,354,355, 358,373,395,400,569 BES MICHELE / ,
68
BESSONE FRANCESCO TOMMASO/, BETANCOURT RoMULO BETTINI Euo
IIIl2°, 184
I J/2 °, 944 JJI/1°, 224
BEVIN ERNEST
BIANCHI GIUSEPPE BIANCHI LUIGI
II/Il 0 , 662
II/12°, 221, 256
BIANCO CARLO ANGELO /, BIANCO HUGO
238
50, 5 J
JII/2°, 186
Jil2°, 694 JII/ 1°, 931, 932, 938, 939, 941, 942, 958
BIGUNO CARLO
BIRAGO CARLO / ,
41, 17 5
BISCARELLI DI RUFFIA CARLO /, BISMARCK GEORGE VON BISMARCK OTTO VON
68, 69
Jil2°, 347
I, 189, 246,249,251, 528
1274
FILIPPO STEFANJ
BITOSSI GERVASIO
II/1°, 330, 342
II/2°, 967 BIXIO GEROLAMO (DETTO NINO)/,
Tll/ 1°, 362
BLAMEY THOMAS ALBERT BLANCH L UIGI /,
25, 42
BLASKOWITZ JoANNES VON
/IJ/] 0 , 282, 351, 361
BLOCH STANISLAVOVIC lSAAK /,
243
I J/2 °, 219
BLOMBERG WERNER VON
BLUCHER GEBHARD LEBERECHT /, B LUM LEON
180, 206, 213, 231, 233, 238
46
II/1°, 36, 37, 289
BLUMENTRITT GDNTHER
///2°, 617, 703
IIJ/1 °, 303 J, 43
BOCCA CARLO BOCCIA GINO
111/1°, 792
BocK FEDOR VON
II/2°, 598, 691 , 700
BoLLEA OTTAVIO
II/1 °, 342
BoLOGNA Gurno
JJJ/1 °, 220
III imperatore di 86, 116, 118, 119, 124, 126, 130, 132, 133, 134, 136, 173, 189,190, 212
BONAPARTE CHARLES Loms-NAPOLEON, p o i Napoleone Francia/,
BONAPARTE GIUSEPPE CARLO PAOLO, detto il Principe Gerolamo
1, 116,
130, 133, 271 Jl// ] 0 , 789
I imperatore di Francia I, 22, 23, 25, 26, 31, 32, 33, 39, 42, 43, 45 , 62, 92, 96, 105, 111, 116, 201, 223, 231, 245, 390
BONAPARTE NAPOLEONE, poi Napoleone
BoNELLI CESARE BoNFI SERGIO
l, 283, 300, 336
Ill/2 °, 779
BoNGIOANNI DI CASTELBORGO ANGELO /,
BoNIN BOGTSLAV VON BONINI SILVIO
129
11/2°, 745, 771, 783
1111 °, 343
I.N DICE DEI NOMI DI PE RSONA CITATI NELL'OPE RA
BONOMI lVANOE
1275
JUJ 0 , 22, 47, 50, 56, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 68, 69, 70,
72, 73, 75, 90, 92, 93, 95 fl//J O, 24, 25, 37, 40, 41, 50, 128, 537, 542, 577 II/1 °, 189, 192, 230, 280, 589
BoNZANI ALBERTO
ll/2 °, 51 Tll/2 °, 780
BoNZANt G1ovANNI
BORBONI, dinas tia europea / , BoRDABERRY J UAN MARIA BoRGHESF. VALERIO BoRIS
III,
70
/TT/2 °, 186
II Il 1 °, 29
re di Bulga ria
TT/2 °, 129
BoR-KOMOROWS Kl TADEUSZGRAF
111/1 °, 266
BoROE VTC Sv ETOSAR BoYNA voN / , BoRTOLANI FAUSTO MARIA BOSCH ETTI Gurno
630, 669
III/ 1°, 910
IJ/2 °, 697
Bos QUET P IERRE FRANç ors JoSEPH BoTTAcco CARLO MASSIMILIANO BOTTAI GIUSEPPE
1U2 °, 866
BOTTl FERRUCCIO
IJl/2 °, 1176
1, 237
BouAT JosEPH MAR1US
1, 130
BouM EDIENNE HouART
T/1/2 °, 175
Bou RBAKI C11ARLES DENTS
T, 84
1, 130
BOYL PTLO Dl PUTIFIGARI PIETRO / ,
68
BRACORENS DE SAVOlROUX CARLO MARIA / ,
130, 153
IJ/2 °, 503, 520, 545, 794 IJ//1 °, 286, 289, 291 , 292, 294, 307, 324, 352
BRADLEY OMAR N ELSON
BRANDENBERG ER ERTCll BRAUClUTSCH WALTER BREGUET Lou1s / , BREZNEV L EONlD
JIJ/1 °, 300, 303, 353
11/2 °, 260, 308, 598
710 J/// J 0 , 503, 603
JTJ/2 °, 96, 97, 98, 101 , 104,105, 106, 107,108, 109, 110,115,128, 135,
150, 151 , 155, 157, 1058 BRICCOLA O TTAVIO/,
557,558,612
1276
FILIPPO STEFAN1
153, 180, 205
BRIGNONE FILIPPO /,
IJ/2°, 914
BRIVONESI BRUNO
0 ,
11Il I
BRODIE BERNARD
490 67
BROGLIA DI CASALBORGONE MARIO [ , BROGLIA DI MONTELLO ALESSANDRO BROOKS, colonnello inglese,
I , 129
IJJ/ 1°, 218
IIT/1 °, 532, 561, 928
BROSIO MANLIO
IJJ/J 0 , 207, 211
B ROWNING LANGLEY
BRoz Jos1P (detto Tito)
JIJ/1°, 268,269,346, 423,430,453,472,925,926,
927, 929, 930, 11112°, 116 BRUNELLI MARIO
[[l/J 0 , 662
BRUSATI ROBERTO
I, 610
BRUSILOV ALEKSEEVIC ALEKSEJ / , BRuzzo G1ov ANNI
617, 623, 624, 627, 666
I, 283
BRZEZTNSKI ZBIGNIEW
]11/2°, 98
BUDIENNU MICHATLOVTC SEMION
11111°, 345
IIU2°, 173 BuFFAR1N1 Gurno
IJUJ
0
,
1112°, 866
31, 32
BUGEAUD DE LA PlCONNIERE THOMAS ROBERT /, BuLGANIN ALEKSANDRov1c N1coLAJ BULOW BERNHARD VON [ ,
lll/ 1°, 429, 432, 473
528
BULOW DTETRTCH ADAM HEINRICII VON /, BULOWTUS KARL
23, 42
IJ/2°, 751
BUNKER ELLSWORTH BURROUGH HAROLD
/11/2°, 95
IJ/2°, 532
II// 1°, 361 BusCH ERNsT
IJJ/1°, 263, 267, 348
BUSSETTI DI BERSANO BONIFACIO /, BUTCHER HARDY
69
TJ/2°, 824, 872
BUTTTGLIONE GIOVANNI BYRNES JAMES FRANCIS
111/2°, 942, 945, 946
ll[/ 1°, 224
26, 43
INDICE DEI NOMI DJ PERSONA CITATI NELL'OPERA
1277
e Jll/2°, 177
CABRAL AMILCAR
CACCAVALE RAFFAELE CACCIÒ RENZO
J[l/2°, 576, 633, 638
Jll/1°, 662
428, 456, 495, 504, 506, 507, 510, 512, 513, 514, 515, 516,517,518,519,520,521,522,525,541,542, 545, 547, 551,554, 573,582,583,584,587,593,597,624,627, 628,629, 631,561, 634, 638,639,642,643,644, 647,654, 655, 659, 660,661,664,669,672, 673, 765, 703 II/ 1°, 54, 99, 254 TTJ/2°, 1261
CADORNA LUIGI/,
1112°, 962 IIl/1 °, 44, 50, 548, 556, 557, 558, 559, 560, 561, 562, 565, 582, 608, 636, 654, 709, 1167
CADORNA RAFFAELE junior
CADORNA RAFFALE senior/,
152,180,207,213,22 1,230,23 1,233,237,
240,456 CAIROLI BENEDETTO / , CALAMANI GIUSEPPE CALDERA RAFAEL
270
JIJ/2°, 781
JJJ/2°, 184
CALDERARA MARIO / ,
268
111/1°, 578, 674 IJJ/2 °, 277, 278, 289, 1116
CALIGARIS LUTGT
CALLERI m SALA FRANCESCO /, CALÒ RENATO
68
lll/1°, 663, 910
CALVI DI BERG OLO CARLO GIORGIO CAMERANA CARLO / ,
153
CAMERARA VITTORIO
1, 610
CAMOU
J ACQUES
/,
130
CAMPBELL RoNALD H ucH CAMPI AMILCARE CAMPIONI lNIGO
ll/2°, 882, 883, 884, 885, 962, 964
11/2°, 817, 819
lll/2°, 779
!l/2°, 145, 950, 951, 953, 986, 987
CANDILJO ROBERTO
11112°, 780
1278
FILIPPO STEFANI
CANERA 01 SALASCO CARLO CANEVA CARLO
I , 62, 67, 70
I, 557
230, 231, 280, 322, 331, 379
CANEVARI EMILIO/,
CANROBERT FRANçors CERTATN /, CAPELLO LUIGI /,
118, 119, 130, 132
629, 668
JJ/2°, 963 lll/ 1°, 604, 660, 751, 783, 803, 897, 904, 909, 910, 91 I, 912, 1167 IJJ/2 °, 780
CAPPA ERNESTO
CAPPELLI LUIGI
III/1°, 910 JII/2 °, 1 I 7 6
CAPPELLI MICHELE
IIJ/1°, 473, 526, 1017
CAPPUZZO UMBERTO
CARACCIOLO DI FEROLETO MARIO CARBONI BRUNO
IJ/2°, 868, 892, 966, 967
////2°, 780
IJ/2°, 819,821,827,828,829,830,831, 849, 850, 85 J, 862, 863, 871 , 881, 882, 883, 884, 885, 886, 962
CARBONI GIACOMO
CARCANO SALVATORE/,
156, 217, 235
CARCHIDIO MALAVOLTI ORLANDO / , CARDERINA GIACOMO CARDONA GAETANO CARLO
1,
CALRO
X,
238
I, 67
IJ//1 °, 584
r e di Romania re di Francia
I , 529
I, 41
CARLO A LBERTO DI SAVOIA, re di Sardegna /,
21, 22, 27, 29, 36, 37, 38,
45, 49, 50, 66, 71, 73, 82, 92, 110 IJU/ 0 , 23 CARLO DI BORBONE, infante di Spagna / , CARLO EMANUELE
I
153
01 SAVOIA, re di Sardegna
I , 27
III/2°, 459 CARLO FELICE DI SAVOIA, re di Sardegna
I, 20, 21, 22, 38, 70
CARLOS V. CARLO DT BORBONE CARNEY ROBERT
/l//1°, 668
CARNOT LAZARE NICOLAS MARGHER1TE CARRILLO VITTORIO
III/2°, 638
I , 39, 46
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
1279
JJJ/1°, 495 JJI/2° 97, 98, 99, 109, 155, 158
CARTER JAMES EARL
CARUSO Gurno
J/1/1 °, 471
CASADIO FRANCO
l[J/1 °, 471
CASANA SEVERINO J,
283, 313, 345, 537, 538, 539, 570, 574, 598
CASANOVA V. AVOGADRO DT CASANOVA ALESSANDRO CASASSA VITTORIO
IIJ/2°, 779
CASATI ALESSANDRO CASSONE COSIMO
JTJ/ / 0 , 24, 128, 133, 537, 542, 581, 676
]11/2 °, 639, 779 11/1°, 342
CASTAGNA GIACOMO
II/2°, 973 IIJ/1°, 662 l//2°, 809, 816,817, 818,819, 820, 821,823, 824, 827,849, 850,853,866 lli/1 °, 54
CASTELLANO GIUSEPPE
JJI/1 °, 442, 443, 473, 474, 602 !11/2°, 137, 138, 139, 178
CASTRO FIDEL
25, 42, 110
CATTANEO CARLO [ ,
CAVAGNARl DOMENICO
TT/1°, 274
1112 °, 127, 135 CAVALCHINI-GAROFOLI FRANCESCO CAVALERA FRANCESCO
I, 238
ITT/2 °, 256
Uc,o JI/ 1°, 75, 82, 102, 187, 206, 208, 209, 247, 556, 11/2°, 8, 9, 40, 46, so, 55, 101, 139, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 147, 148, 150,151, 153, 155, 158, 159, 160, 162, 167, 174, 176, 177, 229, 232,233 , 234,236, 237, 238,239,240,242,247,248, 249,252,253, 254,265,266, 267,272,274,275,277,284, 286, 293, 295,296, 301, 304,339, 340,341,342,343,346, 354, 355, 356,357,359,360,361 , 362,384,387,388,395,399,400,419, 420,421 , 422, 423, 424,435, 438,445, 446,452,456,465,466,467,468,469, 472, 486,528, 551, 552,553 , 554,586, 587,588,589,590, 591 , 687, 805,808,866, ll//1°, 375, 376, 394, 401, 541 11//2°, 296
CAVALLERO
CAVALLI GIOVANNI/, CAVAI.I.OTTT FELICE
41, 82, 92, 157, 173, 186
I, 262, 283
1280
FILIPPO STEPANT
CAVAN FREDERICK RuooLPH LAMBERT, conte
di /, 706
690, 706, 711 53, 54, 64, 90, 92, 95, 99, 254 II/2 °, 67, 109, 884, 965
CAVIGLIA ENRICO/, ][/]
0
,
CAVOUR V. BENSO DI CAVOUR CAMILLO
129, 205
CERALE ENRICO /, CERIO GIOVANNI
II/1°, 343
CERNJAKOVSKTJ DANTLOVIC IVAN CERQUETTT ENEA
]]J/1°, 265, 346, 357
III/1 °, 905, 970, 1087
CESARE GAIO GIULIO
1, 96
1/1/2°, 1231 CHALLE MAURTCE
III/2°, 175
CHAMIHiKLAIN Nt-:VILLE ARTHUR
CHANG CH'UN CH'IAO
11/1°, 25, 35, 37, 45
III/2°, 113
CHASSEPOT A.NTOlNE ALPIIONSE [,
156, 217, 236, 248
II/1°, 490 Tll/1°, 343, 345, 349, 353, 354, 357, 359, 360, 408, 410
CttASSTN LTONEL MAX
CHE V. GUEVARA ERNESTO CmABRERA CASTELLI EMANUELE
T, 152, 207
II/2°, 794 III/1 ~ 338,341,355,404,424,425,426,427,451,452 III/2°, 87
CmANG KA1-SHEK
CHTLLEMT MICHELE
III/2°, 780
CHIMINELLO ERNESTO
[[/2°, 932, 980
CHIODO AGOSTINO ANTONIO
I, 55,67
Ill/1°, 23, 49 CHJRIELEISON DOMENICO CHOU EN-LAl
II/2 °, 309
1II/2°, 106, 113
CHRUSCEV SERGEVIC NIKITA
III/1°, 85,428,429,432,433,435,441,467,
473,486,601,983,984 III/2°, 85, 86, 87, 88, 90, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 115, 148, 160, 197, 256, 1058
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
CHRZANOWSKY WOJCIECH /,
1281
46, 60, 66, 68, 70
1Jj/J 0 , 23
526 35 11/2°, 288, 289, 372, 425, 711 , 712, 713, 738, 739, 817 ////1°, 12, 65, 69,222,223, 224, 225,227,228,240,273,274,310,325, 329,341,342, 368,371,373,374,402,416, 417,426,470 CHURCHILL WINSTON LEONARD SPECER /,
/[/JO,
f, 89, 129, 152, 153, 168, 193, 194, 201 , 207, 212, 309
CIALDINI ENRICO
lf/1°, 274, 289, 333 ll/2°, 8, 59, 60,105,121, 122, 126,127, 129, 139, 140,142,145,215, 220,399,442,454,455,456,866 III/1°, 540
C1AN0 DI CORTELLAZZO GALEAZZO
/I
CTCERIN VASILEVIC GEORGTJ CIGLIANA GIORGIO/,
JJ/1°, 47
612
111/2°, 638 lll/2°, 464
CIGLIERI CARLO,
271
CJSOTTI LUDOVICO /,
l//2°, 463, 532, 912 ////1°, 63, 171, 219
CLARK MARX WAYNE,
CLAUSEWlTZ KARL VON /,
6, 7, 8, 96, 100, 111, 112, 198, 203, 244, 255
TJ[/} 0 , 386, 436, 779 CLEMENCEAU GEORGES CLOTILDE m SAVOIA
1111°, 6
i, 116
CODACCI-PTSANELLI GIUSEPPE COLOMBO EMILIO Cou SAMUEL /,
[l//1 °, 987
J///2°, 199, 205, 206, 252, 253, 264, 277, 1122
127
CoMPTON HoLLY ARTHUR CoNA FERDINANDO
l///1°, 411
JI/1 °, 343
II/2°, 97, 110 CONFUCIO
IJU2°, 112
CONRAD HoTZENDORF FRANz VON / , CONTI FRANCESCO
531, 537, 557, 625, 627
i, 67
CoRDERO m BF.1.vF.nERE CARLO
I, 68
1282
FILIPPO STEFANI
CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO GIUSEPPE CORRADO ANGELO
l//2°, 866, 882, 883, 884
III/1 °, 583
III/2°, 781
CoRSELLI ENZO
I, 43, 45, 95, 110, 120, 132, 156, 157, 166, 183, 187, 221 , 237,239,240,257,271,320,331,334, 335,346,352
CORSI CARLO
CORSINI PIETRO
III/2°, 1255
CORTE CELESTINO/,
237, 238
180, 206, 237, 310, 327, 328, 329, 344, 357, 384, 385, 386,388,389,418,503,574, 583, 584
CosENZ ENRICO/,
CoTURRI RENATO
Il/J 0 , 343
CousIN-MoNTAUBAN CHARLES GuILLAUM CRAMER HANS
MARIE APoLLINAIRE ANTOINE I, 130
Jl/2°, 522
CRAXI BETTINO
III/1°, 993
111/2°, 254 CREMASCOLI GIUSEPPE
II/1 °, 343
1u2°, 301 CRENNEVILLE FRANZ VON CRERAR HENRY
I, 131
III/1°, 359
CRISPI FRANCESCO
J, 110, 262, 270, 283, 301, 355
CROCE BENEDETTO /, CRUEWELL LUDWIG
25
l//2 °, 314
CucCHIARI DOMENICO
I, 129, 205
l/UJ 0 , 583, 584, 662, 805 , 910, 1017 uu2°, 337,380,432, 951,952, 1125, 1126, 1121, 1128, 1129, 1130, 1131, 1132, 1135, 1158, 1164, 1174, 1176, 1177, 1255
CUCINO ANDREA
CUGIA EFISIO /,
152, 180, 206, 213, 214, 216, 233
CUNNINGHAM ANDREW BROWNE CUNNINGHAM GORDON
l//2°, 224, 531, 539, 741, 795
ALAN JI/2°, 224, 245, 276, 315
CURZON OF KEDLESTON GEORGE NATHANIEL CusANI-CONFALONrnRI IPPOLITO/,
208
l/UJ 0 , 223, 342
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NEll'OPERA
D 66
DABORMIDA GIUSEPPE /,
DA COSTA E SILVA ARTURO
[11/2°, 182
, 35, 37, 45 684, 708 1111°, 218, 219, 258
!!Il
DALADIER EoouARD
0
DALLOLIO ALFREDO /,
11/J 0 , 327, 342
DALL'ORA FIDENZIO
11/1°, 343 [f/2°, 110, 868, 930, 980
DALMAZZO LORENZO
11/2°, 799
DAMIANI FRANCESCO
69
DAMIANO LUIGI /,
D'ANDRIA MICHELE
llf/2°, 66
DANESI ALESSANDRO/,
129
D'ANNUNZIO GABRIELE /,
711
11/1°, 21, 92 [11/1°, 87, 91, 92, 93, 205, 206, 209
DAPINO VINCENZO
[f/2°, 110
D'APONTE ALBERTO
D'APPEL V. APPEL CHRISTIAN D'ARIENZO ALFONSO
llf/2°, 780
11/2°, 440, 452, 463, 528, 529
DARLAN FRANçOis
llf/1°, 341 11/1°, 343
D'ARLE FEDERICO
D'ARVILLARS v. MILLET o'ARVILLARS FEDERICO D'AsPRE HooBREUCH KoNSTANTIN voN
I , 60
D'AuTEMARRE v. AuTEMARRE D'ERVILLÈ CHARLES FRANçms XAVIER D'AYALA MARIANO DAYAN MosHE
I, 95, 96, 110
lll/1°, 464, 481
D'AZEGLIO MASSIMO /,
73, 88
DEAKIN FREDERICK WILUAM DE BENEDETTI GIUSEPPE DE BIASE CARLO /, DE BONO EMILIO
lll/1°, 50
11//1°, 910
183, 184
///1°, 304, 327, 343
1283
1284
FlLlPPO STEFANI
DECAEN CHARLES
I, 130
DE CASTIGLIONT MAURIZIO LAZZARO
JI/2°, 107,
Jl[/} 0 , 606, 660, 668 DECAVERO PAOLO ANTONIO DE CTA AMEDEO
0
JI/J
,
I, 89
342
DE COURTEN RAFFAELE
JI/2°, 849, 850, 853, 854
DE CRISTOFORIS CARLO
I, 135, 139, 140, 141, 143, 144, 153, 198
DE F AILL v PrnRRE Loms
I, 130
DE FoRNARI GIOVANNI LucA EUGENIO
I, 238
III/1°, 447, 532, 533, 535, 543, 551, 552, 563, 564, 659,925,926,986,987 JII/2°, 1116
DE GASPERI ALCIDE
JI/1°, ]2, 38, 46, 189, 280 TT/2°, 529, 977 JJJ/1~83,222,341,385,577,578,594,595,596,597,600,601,604,985 Jll/2°, 174, 175
DE GAULLE CHARLES
DE GENNARO GIOVANNI
JJI/2°, 638
DE GENOVA DI PETTINENGO IGNAZIO /, DE GIORGlS FEDELE
II/1 °, 343
DE LA MoTTEROUGE
v.
DE LA PuENTE LOUTS
LA MoTTEROUGE JosEPH EDUARD
IJJ/2°, 186
DE LA TORRE HAYA
JIJ/2°, 186
DE LAUGIER CESARE
I, 66
DEL CARRETTO EVARISTO/, DELCASSÈ THÉOPHILE DELGADO MAURIZIO
129,172, 185
231 , 240
I, 530
III/2°, 779
IJ/1°, 343 II/2°, 307, 311, 983
DELLA BoNA Gurno
DELLA CHIESA DELLA TORRE CAMlLLO DELLA ROVERE ALESSANDRO /, DELLE MuRA Grnsnrrn
I, 343
I, 208
105, 113, 141, 152, 170, 185
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NEU'OPERA
DE LORENZO GIOVANNI
J[J/2°, 222,225, 255, 257, 337, 378, 394, 395, 715,
1072, 1117, 1260 JJ/2°, 970
DEL TETTO ETTORE
DE Luzy DE PELussAc Lou1s HENRI FRANçco1s DELVIGNE HENRl GusTAVE DE MARTINO FRANCESCO
DE MlTA CIRIACO
I , 130
l, 41, 217
/lJ/2°, 254, 256
[J/2°, 694
DE MICHELIS LUIGI
l/J/2°, 253
11/2°, 794 11111°, 286, 351
DEMPSEY MILES
DE NICOLA ENRICO
11111°, 533
DE PAOLI GIOVANNI
111/2°, 457, 781 JI/1°, 343
DE PIGNIER AUGUSTO DEPORT ALBERT /,
549, 550, 561, 597, 685, 708
DEPRETIS A GOSTINO/,
89, 270
JJI/1°, 49 DE RENZI EDMONDO
11// 1°, 544, 579, 962, 965
DEREVYANCO KUZMA
111/ 1°, 362
DE Ros SERGIO
Jll/2°, 780
DE SAUGET GUGLIELMO /,
238
DE SAVOTROUX V. BRACORENS DE SAVOIROUX CARLO MARTA DE SONNAZ V . GERBAIX DE SONNAZ GIUSEPPE DESSY LAZZARO
1285
11111°, 342
11112°, 947 DE STEFANIS GIUSEPPE
JI/J 0 , 342
1112°, 328, 396, 428, 446, 467, 538, 849, 862, 863, 874, 881 IJ//1 °, 101 DEsvAux NICOLAS GI.LLES ToussAINT
1, 130
DE VECCJU DI VAL CISMON CESARE MARLA DE VEccm Ez10 CAMILLO GIORGIO / , DEVERS LOUCKS JACOB
IJ/1°, 275, 343
238
flJ/ 1°, 296, 326, 352, 358, 361
DE VITA FRANCESCO III/2°, 780
1286
FILIPPO STEFANI
D'HUMILLY DE CHEVILLY CARLO GIROLAMO/,
237
I, 629,631,645,646,647,659,662,669,686,693,699, 709 II/1~ 53, 55, 56,63, 64, 66, 67, 68, 70, 71, 72, 73, 74, 80, 82, 84, 85, 87, 88, 90, 95, 99, 10~ 195, 205,254,381 ]]]/JO, 142 III/2°, 1260
DIAZ ARMANDO
III/2°, 780
DI BELLO ENNIO
DI CASOLA OTTAVIO
III/1°, 584, 663, 910
III/2°, 456 DIEM DINH NGò
III/2°, 90, 92, 117, 118, 169, 170, 171
generale tedesco II I/1 °, 30 l
DIEPPE,
III/2°, 456
D1 Fucc1A ANGELO DIETRICH JosEPH
III/1°, 299, 303, 353
DI FERRERO V. GARETTI DI FERRERO VITTORIO
669 63, 64, 75, 87, 90, 94
DI GIORGIO ANTONINO ],
[]/J
0
,
DI LAURO RAFFAELE/, DI MARTINO CIRO
557
III/2°, 439, 1176
DI RAIMONDO GIOVANNI
II/2°, 236
DI REVEL V. THAON DI REVEL GENOVA GIOVAN BATTISTA DI RoBILANT v. N1cous DI RoBILANT D1 RuDINI v. STARABBA DI RuDINì ANTONIO DI RUSCIO DANILO,
III/2°, 781
DI SAN MARZANO V. ASlNARI DI SAN MARZANO DI TULLIO SEBASTIANO
]Il/2°, 781
Il/2°, 873 9, 46, 231, 233, 337, 342, 343, 361, 417
DOENITZ KARL
[]]/JO,
DOLFUSS ENGELBERT DOLMANN EUGENE
Il/1°, 11, 281
II/2°, 866
DOOLTTTLE JAMES HAROLD DORELLA DIEGO
II/2°, 531
]J]/2°, 638
Dos SANTOS MARCELLINO
III/2°, 178
I.NOICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NEU'OPERA
1287
IJ/1°, 12, 46, 51, 80, 189 IIJ/1°, 241 , 380 DREYSE JoHANN NIKOLAS VON /, 146, 156, 216, 217, 235, 236
DouHET Gruuo
DUBCEX AtEXANDER
/I//2°, 108
DUCA D'AOSTA V. AMEDEO DI SAVOIA-AOSTA DUCA DEGLI ABRUZZI V. LUIGI AMEDEO DI SAVOIA-AOSTA DUCA DI Bj,RGAMO V. ADALBERTO DI SAVOIA DucA DI GENOVA
v. FERDINANDO MARIA ALBERTO DI SAVOIA E TOMMASO ALt
BERTO l>I SAVOIA-GENOVA DUCA DI PISTOIA V. FILIBERTO DI SAVOIA-GENOVA DUCA DI SAVOIA, V. EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA DucE
v.
MussoLINI BENITO
DUCHESNE
e.e.
DULLES FOSTER DuoNG
III/1°, 207 JoHN /IUJ 0 , 432, 441, 473, 481
VAN Mnrn TII/2°, 170, 171
95, 111 GIOVANNI/, 61, 66, 68, 70, 89, 111 , 205
DURANDO GIACOMO /, DURANDO
DuRIO GIACOMO
Jll/2°, 639 I, 67
D'UssILLON FRANcEsco
244 II/1°, 15, 16, 19, 26, 37, 279 II/2°, 60, 62, 706 III/1°, 85,223,224,226,227,228,240,248,249,250,260, 335, 336, 342,365,371 , 372, 374,376,386,392, 403, 411 , 416,421,423,424, 425,426, 428,429,430,433,434,436,438,441,449,450,466,470, 472, 473,485,486,927, 983 III/2°, 115, 151, 173, 256
DzuGASVIU VJSSARIONOVIC IosIF (detto STALIN) /,
E IJJ/1°, 287, 351 ANTHONY IJ/1°, 18
EBERBBACH HEINRICH EDEN RoBERT
Ill/1°, 224, 228, 473, 925, 926, 928, 929 ]IJ/1°, 360 EINAUDI Giuuo I, 42
E!CHELBERGER ROBERT UWRENCE
1288
FILIPPO STEFANI
III/1 °, 447, 596, 929 I II/2°, 1116 EINSTEIN ALBERT III/1°, 411 EISENHOWER DWIGHT DAVID II/1°, 48 n12°, 112,425,458,463,503,531,539, 112, 715, 718, 741, 745, 795, 804, 818,819,820,823,824,828,831,849,850,851,853,855,872,943 III/1°, 20, 53, 54, 55, 56, 63, 68, 71, 80, 82, 90, 128, 211, 222, 238, 276,277, 281,286,292,296,298,303,305,322,328,329,343,350, 359,361,432,440,441,442,473,480,483,668,927 11112°, 58, 86, 88, 90, 138 ELLER ANDRÉ III/2°, 175 EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA, Duca di Savoia /, 456 EMANUELE FILIBERTO di SAVOIA-AosTA, duca d'Aosta I , 611, 707 Tl/2 °, 76 ENGELS FRIEDRICH, I, 212 III/1°, 421 ENRICO IV, imperatore di Germania IU2°, 228 EREMENKO IVANOVIC ANDREJ, Il/2°, 456, 530, 628 III/1°, 335 ESPlNASSE CHARLES ESPRIT /, 130 ESPOSITO GIOVANNI /, 342 EUGENIO D'ASBURGO, arciduca d'Austria /,627, 628 EUGENIO 01 SAVOIA-CARIGNANO I, 176, 187 ExcoFFIER GIUSEPPE I, 205 EINAUDI LUIGI
F
FABRIZI NICOLA/,
185
III/1°, 543, 561 FACCIO MARIO III/1°, 662 FACTA LUIGI II/1°, 22, 47 FALDELLA EMILIO Tl/2°, 101, 729, 737, 745, 795, 796 FACCHINETTI CIPRIANO
67 FALKENHAUSEN ALEXANDER VON IIUJ , 342 FALKENHAYN ERICH YON /, 620, 622, 623, 625, 627, 666 FALLETTI DI VILLAFALLETTO PIETRO / ,
0
INDICE DEI NOMI DJ PERSONA CITATI NELL'OPERA
1289
III/1°, 598, 602, 659, 928 IJI/2°, 199, 201, 252, 253, 256 FANTASIA IVAN IJI/2°, 639 FANFANI AMINTORE
68, 89, 129, 134, 148, 149, 150, 152, 159, 160, 163, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 183,186,201
FANTI MANFREDO/,
FARINACCI ROBERTO
IJ/2°, 139
III/1°, 540 134, 135, 162
FARINI CARLO LUIGI /,
III/1°, 584, 662 FATTA FEDERICO III/1°, 662 FAVRE EDGAR III/1°, 473 FASANOTTI ENZO
Il/J, 218, 219, 258, 260, 330, 334, II/2°, 229, 554, 587
FAVAGROSSA CARLO
FECIA DI COSSATO
LUIGI,/, 118, 131
FEDERICJ GIOVANNI BATTISTA /, FEDERICO
II,
re di Prussia /,
FEDERICO GUGLIELMO
IV,
68
23, 42, 96, 111
re di Prussia
FEDERICO IL GRANDE V. FEDERICO
I, 20
II
Ill/2°, 456, 781 HELMUTH /I/2°, 983
FELCINI FAUSTO FELMY
FERDINANDO
I.
FERDINANDO
I
FERDINANDO
II
imperatore d'Austria /,
21, 22, 50
DI BORBONE, re delle due Sicilie
I, 20
DI BORBONE, re delle due Sicilie
I, 21, 61, 66, 71
FERDINANDO MARIA ALBERTO m SAVOIA, re di Sicilia e duca di Genova,
I, 55, 67, 69, 82, 92
III/1°, 411 FERRANTE GIULIO III/2°, 66 FERRARA ARTURO //[/J 0 , 921, 964 FERRAR! ANDREA, /, 66 FERMI ENRICO
FERRAR! GIUSEPPE FRANCESCO
/I/J
FERRARI ORSI FEDERICO FERRERO ALBERTO
Il/J
0
,
0
,
II/1°, 83, 106 342
342
///2°, 968 238, 286, 283, 289, 290, 297, 298, 300, 306, 310, 316, 320, 321, 322, 321, 325, 326, 331, 341, 352, 353, 569
FERRERO EMILIO MAURIZIO,/,
1290
FILIPPO STEFANI
37, 46, 67, 68, 318 FERRERO DE LA MARMORA ALFONSO/, 69, 70, 74, 75, 76, 77, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 88, 89, 96, 105, 108, 109, 118, 119, 123, 124, 139, 141, 148, 149, 157, 159, 160, 164, 166, 167, 168, 169, 171, 172, 190, 193,194,198,199,201,202,205,214,287, 28~ 331,570 l///1°, 49 FERRONI VITO l//1°, 342 FERRERO DE LA MARMORA ALESSANDRO/,
FIDA HAILÉ
////2°, 178
FIGUEIREDO JOAO BAPTISTA
////2°, 183
FILIBERTO DI SAVOIA-GENOVA, duca di Pistoia FIORE GOFFREDO
1//1°, 343
11/2°, 102
////2°, 566 ////2°, 780, 953 FIORENZUOLI BENEDETTO ///1°, 342 FocH FERDINAND /, 390, 617,618,621 , 666,687 1//1°, 8 III/1°, 403, 713 FoERTSCH HERMANN l///1°, 361 FIORENTINO ALBERTO
IJJ/2°, 96, 97, 157 FORGIERO ARNALDO J//1°, 342, 693 1112°, 950, 987 FORLANI ARNALDO IJJ/2°, 206, 253, 256, 336, 1122, 1126 FoRLENZA LUIGI Il/Il 0 , 584, 662, 792, 1017 FORD GERALD
FORMENTO ETTORE
Jl//2°, 447
FORNARA DOMINGO
III/1°, 1016
FoRns ALESSANDRO /, FouGIER RINO CORSO
270 1112°, 586, 729, 751
I/IIJ 0 , 803 FOULKES CHARLES
III/1°, 361
FRANcEsco FERDINANDO D' AsBURGo, arciduca d'Austria 1
I, 526, 531
FRANCESCO GIUSEPPE I D ASBURGO-LORENA, imperatore d'Austria e re d'Ungheria/, 118,120,126,133,203,531
I/IIJ 0 , 343 FRANCO Y BAHAMONDE FRANCISCO
1//1°, 11, 289, 329
1112°, 372 FRANZlNI ANTONIO MARIA FRANZOSI GIORGIO
I, 62, 67, 71, 208
J/1/2°, 447
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
I/J/2°, 779
FRASCADORE RAOUL
FRASER BRUCE AUSTIN FRATTINI ENRICO
1///1°, 362
1//2°, 427
FREDENDALL LLOYD
IJ/2°, 532
FREYBERG BERNARD
IJ/2°, 524
FRIEDEBURG
HANs
/1//J
0
,
IJJ/1°, 412
FRITSCH WERNER VON FROMM FRITZ
/1//1°, 46, 342, 361, 362 269, 348, 349
GEORGE VON
FRIESSNER JOHANNES FRISSOM VIRGIL
1291
1//2°, 221
IIJ/1°, 342 JIJ/2°, 180
FRONDIZI ARTURO
611
FRUGOLI PIETRO /, FRUSCI LUIGI /
III
0
344
,
1u2°, 222 FuccI ETTORE
lll/1°, 98
FULLER JoHN FREDERICH CHARLES
JJ/1°, 12, 20, 46, 189, 280
IJ/2°, 52 FULLRIEDE FRITZ
IJ/2°, 507, 508
FtiRHER V. HITLER AoOLF
G
GAAL LUDWIG VON /,
123
GABRIELLI DI MoNTEVECCHIO RODOLFO /,
IJ/1°, 343
GABUTTI GUALTIERO GAGARIN
89
YuRI I/J/1°, 412
GALATERI DI GENOLA ANGELO GALBIATI ENZO
GALLINA SEBASTIANO GALLOIS PIERRE
III/1°, 630
IJ/2°, 587 II/I 0, 343
JIJ/J 0 , 490, 526
GALTIERI LEOPOLDO GAMBARA GASTONE
IJJ/2°, 182 !III 0 , 330, 342
11/2~ 106,273.274, 277, 286,314,330,923,924,925,927,929,977
1292
FILIPPO STEFANI
GAMBARDELLA GIOVANNI
IJJ/2°, 439
IJ/1°, 343 ERNESTO /, 237
GAMBELLI REMO GAMBINI
GAMELIN MAURICE GusTAVE
IJ/1°, 39 IIUJ 0, 404
GANDID MOHANDAS KARAMCHAND
]]/J 0 , 500, 502 IU2~ 440,466,944,945,946,947,985,986
GANDTN .ANTONIO
GANDOLFI RAFFAELE
III/2°, 447 III/2°, 185 ]]]/2°, 185
GARCIA LANGERUND KTELL GARCIA LUCAS ROMERO
GARONER WILLIAM TuooR
IJ/2°, 825, 827
I, 67 50, 115, 117, 121, 130, 135, 136, 137, 138, 139, 153, 154, 161, 162, 163, 164, 165, 185, 186, 190, 201, 209, 212, 219, 230,233,283,344,345 l/UJ 0 , 48, 596 TTI/2°, 220, 1261
GARETTI DI FERRERO VITTORIO GARIBALDI GIUSEPPE/,
II/1°, 343 JJ/2°, 78, 110, 111, 261, 262, 266, 309, 584, 592, 594, 595, 607, 608, 609, 611, 614, 624, 626, 634, 658, 668, 670, 684, 685, 693, 737, 869, 898, 924, 925, 968
GARIBOLDI ITALO
GARIONI VINCENZO /, GASPAROTTO LUIGI
612
II/1°, 59, 60, 63, 87, 90
flJ/JO, 552 GATUNG RICHARD JoRDAN /,
172, 186
JJJ/1°, 788, 910 ]Il/1°, 910
GATTA GIOVANNI GATIT CESARE GAUSE ALFRED
JJ/2°, 526
GAZZA LE ENRICO
T//2 °, 696
]]/J 0 , 192, 231, 344 · 1u2°, 51, 197, 223
GAZZERA PIETRO
GBENYE CHRISTOPHE GEJSEL ERNESTO
III/2°, 176
JJJ/2°, 183 II/2°, 105
GELICH FERNANDO
]IJ/1°,584 Il/J 0 , 343 1u2°, 121, 130, 140, 142,151,214,218
GELOSO CARLO
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
GENTILE GIOVANNI
1293
IIJ/1°, 366
GENTILONI VINCENZO OTTORINO /,
534
II/1°, 6 ALPHONSE-JOSEPH [J/1°, 39
GEORGE LLOYD DAVID GEORGES
GERBATX DE SONNAZ GIUSEPPE/,
55, 60, 67, 71
GERBATX DE SONNAZ LUIGI MAURIZIO/, GEROW LEONAR
130, 153, 208
III/1°, 359 [l//2°, 142 [l//2°, 456, 638, 779, 781, 957
GHEDDAFI MUAMMAR EL GIACALONE ARNALDO GIACCONE LEANDRO
1//2°, 883, 884, 885, 965
III/1°,584 GIANOTTI MARCELLO /,
69
G1AP v. Vo NGUYEN
I. 707 [J/} 0 , 64, 94, 99, 254
GIARDINO GAETANO
IIJ/2°, 780 GIARTOSIO CARLO EMANUELE 1//2°, 395 GIFUNI ENZO III/1°, 662 GIARDINO MICHELE
GIGUOLI EMILIO
lJ/2°, 446 88
GIOBERTI VINCENZO/,
Il//1°, 49 II/1 °, 342 [l//2°, 206
GIODA BENVENUTO GIOLITTI ANTONIO
270, 301,345,355,531,532,533,534,535,536,537, 540, 541, 557, 572, 711 Il/1°, 22, 47, 50, 92 III/1°, 600 IIl/2 °, 1260
GIOLITTI GIOVANNI/,
1//2°, 309 di Grecia I/I/1°, 453
GIORDANO EMANUELE GIORGIO
II,
re
GIOVANNELLT VITTORIO
II/1°, 343
II/2°, 688, 697 XXIII, papa, v. Jos~ II/1°, 289
GIOVANNI G1RAL
RoNCALU ANGELO GIUSEPPE
II/2°, 539, 921, 922, 977 III/1°, 83, 222, 341
GIRAUD HENRY
1294
FILIPPO STEFANI
[IJ/2°, 231, 278, 319 GIRLANDO EMANUELE IJ/J 0 , 342 GIROLA ENRICO Gumo II/2°, 587 GIULIANI SERGIO III/1°, 584, 662, 910 IJI/2°, 781, 959 GIUSTINIANI ENRICO GIOVANNI /, 24, 42, 78, 100, 140 GIZENGA ANTOINE / I//2 °, 17 6 GLENN JoHN Ill/1°,412 GLORIA ALESSANDRO I//1°, 342 II/2°, 429, 968 GLUCKSMAN ANDRÈ III/2°, 172 GNETSENAU AUGUST WILHELM NEIDHARDT VON /, 361, 390 GoDED MANUEL I/Il 0 ,289 GoDFREY F.A. III/1°, 480 GODWIN-AUSTEN A. READE IJ/2°, 284, 316, 331 GOEBBELS JoSEPH III/1°, 226, 337, 364 GOERING HERMANN I//2°, 355, 361,388,389, 413, 426,447,454,455,456, 530 III/1°, 231, 302, 343 GouKov IvANovic F1uP n12°, 679 GONNELLA FRANCO III/1°, 663, 910 GoTT WILLIAM IJ/2°, 344 GouvioN SAINT-CYR LAURENT DE /, 90 GOVONE GIUSEPPE/, 86, 117, 122, 180, 197, 206, 213, 219, 230 GovoRov ALEKSANDROVIC LEONID III/1°, 346 GowoN YAKUBU III/2°, 177 GozzANI DI TREVILLE LuIGI FILIPPO I, 129 GRANDI DINO II/2°, 818 II//1°, 529 GRANDI DOMENICO/, 540, 554, 560, 572, 573, 612 GRANDMAISON LOY2EAU LUIGI DE/, 361, 390 GRANT JoHN II Il1 °, 490 GRANT SIMPSON ULYSSES /, 178 GRASSI GIUSEPPE III/1°, 583 GRATTAROLA ATTILIO II/1°, 343 GIRAUDO GIUSEPPE
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
GRAZIANI JEAN CESAR /,
1295
706
II/1 °, 209, 246, 274, 299, 310, 342 1u2°, 51, 57, 58, 66, 67, 69, 74, 75, 76, 78, 79, 80, 81, 83, 84,·85, 86, 87, 88,89,93, 94, 95,96,97, 98,99, 104,108,109,122,126, 127, 179, 187,207,228,238,256 II//1°, 27, 31, 32, 33, 34, 78, 375, 539
GRAZIANI RODOLFO
GRAZIOU FRANCESCO SAVERIO
11/1°, 188, 189, 230, 279, 280
GREEN R . C . generale inglese
111/1°, 218
11//J 0 , 361
GREIM RoBERT VON
GROMYKO ANDREEVIC ANDREJ
11//2°, 92, 101, 102, 107
III/ 1°, 601 111/2°, 198, 199, 253
GRONCHI GIOVANNI
GROSSI CAMILLO
II/ 1°, 342
GROSSI CARLO /,
90
GROSSO LUIGI
///2 °, 309
GROTTI ARNALDO GRUBER
/JJ/2°, 780
KARL JJ//1 °, 535
GRUNTHER ALFRED GUACCI ALFREDO
II//1°, 995, 1017
11//2°, 780
GUALANO ANTONIO
/11/2°, 337, 377, 378, 429, 494, 522, 541, 547, 559
GUARIGLIA RAFFAELE
///2°, 816, 818, 819, 820, 821 , 833, 834, 849, 850,
851, 853 IIl1°, 43, 48, 311 1u2°, 101, 691 II//1 °, 272, 319, 320, 349, 357, 386
GUDERIAN H E INZ
G u ERRAZZI FRANCESCO DoMENico /, GUEVARA ERNESTO (de tto Che} GUGLIELMO GUI LUIGI
I,
11//2°, 139, 140, 183
impera tore di Germania / ,
11//2°, 256, 336
GUICCIARDINI FRANCESCO Gmoo
11 O
11111 °, 971
Jost MARIA II//2°, 182
GUARNEY HENRY
IIIIJ 0 , 461
268
1296
FILIPPO STEFANI
GuTIERREZ ScHICK RENÈ
JJI/2 °, 185
GYLDENFELOT HEINZ VON
ll/2 °, 937
GUGLIELMO
II, imperatore di Germania I, 268, 528 JJ/2°,748
GuzzARDI VINCENZO
II/1 °, 342 JJ/2 °, 106,117, 119,121,130,139,140,147,179,214,230,234,239, 240,259,260,722,729,730,731,732,734,736,737,738,739,744, 751,754,758,759,760,763,764,766,768,769,771,772,773,776, 777,778,782,783,784,785,787,789,790,791,795,801,802,804,869
GuzzoNI ALFREDO
GYULAY DIMAROS-NEMETHENADASKAFERENCZf,
118,119,120, 121 ,13 1,
132
H
618, 620, 667
HAIG DouGLAS Wn.UAM ], HAIG MEIES ALEXANDER HAILÈ SELASSIÈ
JTJ/1°, 506, 507, 526
JJJ/2°, 178
JI/2°, 260, 308, 530, 531, 598 JJJ/J 0 , 251, 346
HALDER FRANZ
JJJ/1 °, 420
HAMMARSKJOLD DAG
111/2°, 176 HANDEL HEINRICH VON
J, 530
HAROEN MAXIMILIAN HARDING JoHN
JJJ/J
I, 131
0
,
218
HARRIMAN WILLIAM AVERELL HARPE JoSEF
JJJl/ 0 ,342
JJI/J 0 , 357
HARRIS ARTHUR TRAVERS HARRISON GEOFFREY
JJI/1°, 240, 343, 350
JIJ/1°, 928
HAWKESWORTH JoHN LEDUE INGLIS HEINRICT GOTTHARO HELFRICH CONRAO
]JJ/1°, 345, 357
/JJ/1°, 362
JJJ/1°, 171, 216, 218
INDICE DEI NOMI DJ PE RSONA CITATI NELL'OPERA
1297
JJI/2°, 233 , 234,240,256,280, 1058, 1102, 1103, 1104, 1105, 1106, 1107, 1118, 1124
HENKE EUGENIO
HERDY JOSEF /,
131
HERNANDEZ SANCHEZ FIDEL HERR TRAUGOTT
IIJ/2°, 184
Ill/1 °, 71, 84
HERRERA CAMPTUS Lu1s HEWITT HENRY KENT HIMMLER HEINRJCH
JII/2°, 184
JI/2°, 531, 794
Il/2 °, 962
IIJ/1 °, 225, 226, 357 HINDENBURG B E NECKENDORFF PAUL LUDWIG VON /,
619, 621, 666, 667
II/1°, 9, 230 flf/ ] 0 , 46 HIPPER FRANZ
Jll/ 1°, 343
del Giappone IIJ/1 °, 226, 339, 340, 404 HITLER AooLF /, 268, 667 Il/ / 0 , 9, 11, 12, 18, 19,23, 26, 28, 30, 31, 32, 34, 35, 37, 40, 41, 42, 43, 45, 48, 279, 286,289,305, 30~ 331 1112 °, 7, 53, 55, 56, 58, 59, 60, 62, 65, 80, 84, 101, 104, 108, 117, 125, 128, 139, 141 , 142, 145, 147, 159, 177,178,228,229,230,233,238, 240,241,242,248,249, 251,252,253,254,260,261,266,295,298, 301,308, 346,349,350,351,353,355, 359, 374, 383,387,389,390, 396,398,399,407, 421,422,423,426,440, 442,452, 453,454, 455, 456,458,459, 461 , 467,468,486,525,526,528,530, 532, 549,550, 551 , 552, 556, 589,590,600,609,611,621,624,625,679,681,691, 700,701 , 705,706,712,726,727,728, 738, 763,766,768,770,776, 783, 790, 805, 807, 808,810,824,832, 833,834,836, 837, 845,866, 873, 947 IIJ/1 °, 5, 6, 7, 8, 12, 13, 26, 27, 29, 30, 31, 32, 34, 37, 46, 62, 73, 74, 77, 79, 80, 225,226,229,231,233,241,247, 249,251,257,258, 259, 261,263, 267, 271,272,282, 283,284,289,290,291,294,295, 299, 301, 302, 304,305, 307,309,319, 331,335, 337, 340,342, 343, 349, 351, 353,363, 364,368, 371,, 373,374,375,376,377, 386, 392,393, 402, 403, 421,473, 485, 52~ 53~ 541,935,973, 1016 HoAG MALCOM IIIIJ 0 , 490 HlROHITO, imperatore
IIIIJ 0 , 457, 480 111/2°, 93, 108, 118, 122. 139, 169, 170, 175, 181
Ho
Cm
MINH
1298
FILIPPO STEFANI
HoocEs CouRTNEY
II/Il 0 , 292, 324, 326, 352, 359
II/2 °, 690
HoEPPNER ERicH
III/1°, 342 HoFER FRANz HoFFMANN
IIJ/1°, 27
MAX/, 621, 667
HoLDEN ROBERTO
I///2°, 177
HoLLIDT KARL ADOLF
I//2°, 606, 617, 704
/I//1°, 226, 228
HOPKINS HARRY
HoRROCKS BRIAN
I!/2°, 505, 519
HoRTHY DE NAGYBANYA M1KLOS N1coLAS
III/1°, 353
I//2°, 866
HOST VENTURI
HOTH HERMANN
I!/2°, 691
Hsu-YAN-CHANG
III/1°, 362
HuA Kuo-FENG
II//2°, 113, 114
JJ/2°, 763, 764, 771, 776, 777, 778, 782, 783, 784, 785,787,788,789,790,801
HUBE HANS VALENTIN
HUMPHREY HUBERT
l!//2°, 94
HussEIN, re di Giordania
I/I/1°, 466
I
IBANEZ DEL CAMPO CARLOS ILIA ARTURO
II I/2 °, 183
/I//2°, 182
IMPERIALI GIOVANNI INAUDI GIUSEPPE
II/2°, 466, 468
/H/2°, 447
I!/2°, 940, 941, 984 I/I/1 °, 211, 561
INFANTE ADOLFO
INGRAO PIETRO IRONSI AGUIYI
II I/2 °, 256
JOHNSON
INZERILLI PAOLO
//
//2 °, 177
/I//2°, 447
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
1299
J ]ACINI STEFANO
III/1 °, 24
JACOBSEN HANS ADOLFUS
]]/2°, 531
]]]/ J 0 , 46, 348 JACOMONI DI SAN SAVINO FRANCESCO JAENECKE ERWIN
III/1°, 257, 347
JANNELLI MELCHIORRE
IIU2°, 953
JELLACIC DI BUZIM JOSEF /,
JEAN
CARLo
Il/2°, 121, 126, 129, 135
131
u u2°, 180
JU2°, 530, 834, 872 46, 299, 307, 342, 351, 361
JODL ALFRED
]]]/J O,
1IU2°, 179
]OFFE Af3RAHAM
JoFFRE JOSEPH / ,
361, 390, 514, 515, 516, 517, 521, 522, 617, 618, 619,
631 , 666 JoHNSON BAINES LYNDON
]]]/2°, 92, 93, 100, 119
]OMINI A.NTOINE HENRY / ,
23, 24, 26, 42, 52, 96, 97, 100, 105, 111, 112,
118, 143, 198, 245 JoUHANE EoMOND
]]]/2°, 175
JoREY ELIE-FREDERIC /,
J OSTI G10v ANNI
/,
121, 130, 132
66
JoYCE KENYON
]]]/J 0 , 789 III/ 1°, 82, 211
JUIN ALPHONSE
Il/2°, 539
JoURDAN JEAN-BAPTISTE
IIIIJ 0 , 68, 83
K
KADAR JANOS
IIUJ 0 , 473
IIU2 °, 161 KAGANOVIC MoisEv1c LAZAR
ITT/1°, 428, 429
1300
FILIPPO STEFANl
KAISER V. FRANCESCO GIUSEPPE
KAHN
HERMAN
I
o'ABsBURGO-LORENA
IIU1°, 489, 490, 500, 525
KAPP WOLFGANG I/Il 0, 9 IJ/2°, 530 KARAME ABEID
l/112°, 178 Il/11°, 926
KARDELY EDUARD KARMAL BABRAK
IJJ/2°, 133, 134
KASAVUBU JosEPH
Jl/12°, 176
KAUNDA KENNETH
Il/12°, 178
KEITEL WILHELM l/12°, 104, 139, 147,219, 240, 248,360,460, 471,530, 588,589,833,834,866 III/1°, 29, 33, 251, 263, 361
II/11°, 1016
KELLNER ARTHUR
KELLOGG BILLINGS FRANK
JI/1 °, 10, 18, 32
l/12°, 817 III/1 °, 487, 489
KENNAN GEORGE
Jil2 °, 872 III/2°, 88, 89, 90, 91 , 92, 99, 100, 102, 103, 117, 118, 138, 145, 169, 170, 187, 574
KENNEDY FITZGERALD JOHN
KENNEY G E ORGE KENYON,
IIIl1°, 361
colonnello inglese IIl2°, 951
KERENSKIJ FEDOROVIC ALEKSANDR / ,
666
KEssELRING ALBERT II/2 °, 232, 236, 241 , 247, 249, 262, 275, 289, 295, 296,301,304,341,342,345,346,347, 349,350,354,355, 358,359,360, 361,362,388,389,396,397,400,413, 423, 438,439,440, 441, 445, 446, 459,460,461 , 464,466,468,471,472,476,477,478,488,498, 499,511 , 512,525, 545,728,730,732,736,745, 751, 752,753,771, 776,784,789, 790,799, 802,805,809,812,813, 827,832, 834, 835,836,837, 845, 860, 865,866, 867,872,873,874, 875,882,883,885, 913, 964 III/1 °, 6, 29, 62, 64, 66, 70, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 81, 82, 84, 85, 329, 330, 331, 359 KEYES G EOFFREY
IIIIJ 0 , 219
· KHOMEINI RuHOLLAH KIMMEL HUSBAUD
Il/11°, 498
II/Il
0
,
354
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
KlNG ERNEST JosEPH KlNZEL EBERHARD
III/ 1°, 310, 355
Il/2°, 641 , 642
III/1 °, 361 KJSSINGE R HENRY ALFRED
[IJ/J 0 , 484, 485, 489, 1006, 1019
IJI/2°, 95 KITCHENER HORATIO HERBERT J, KLETST PAUL LUDWING
269, 618, 667
Il/2°, 562, 565, 572, 582, 600, 601, 691
[Il/1°, 347 KLOPPER H.B.
]I/2°, 294 590
KLUCH ALEXANDER VON / ,
lJ/2°, 598, 701 IIl/ 1°, 8, 46, 244, 263, 284, 287, 290, 347, 357
KLUGE G UNTHER VON
KNoRR KLAus
JJI/1 °, 490
KOENIG MARIE-PIERRE
ll/2 °, 289, 547
KOLLER WILHELM VON /,
123
KoNEV STEPANOVTC lvAN
IJ/1°, 280
Jl[/J O, 80, 85, 319, 32}, 335, 336, 346 KONOYE FUMIMARO
[IJ/ 1°, 227, 228, 251 , 253, 257, 259, 357, 358 l[J/2°, 101, 106, 107
KOSYGIN NIKOLAEVIC ALEKSEJ
KREBs HANs IIIl1°, 337, 357, 359 KRUGER WALTER
III/1°, 360
KRUPP FRIEDRTCH /,
268
II/2°, 598, 701 III/1°, 256, 257, 347
KucHLF.R GEoRc voN
KUHN voN KuHNENFELD FRANz
I, 131
L
LA FERLA FRANCESCO
l]/J 0, 330
LADM1RAULT Lou1s PAUL DE/, LAGAILLARD PIERRE
130
III/2°, 175
1301
1302
FILIPPO STEFANI
67
LAGRANGE MICHELE/, LA MAI.FA UGO
III/2°, 206, 254
LA MARMoRA v . FERRERO DE LA MARMoRA
LA MASA
95, 96, 110
GIUSEPPE/,
LA MOTTEROUGE JoSEPH EDUARD DE / ,
IIUJ
LANDI Al.BERTO
LANG AooLF VON /, LANG VIKTOR
0
,
130
584
131
II/2°, 508
LANussE ALEJANDRO AGUSTIN
/II/2 °, 182
66
LANZA CARLO /,
LANZA GIOVANNI/,
212, 269
LANzA DI ScALEA PIETRO LANzAvEccnIA DI LATTANZIO VITO
BuRI
II/1°, 90 237
GIUSEPPE / ,
IIU2°, 256, 280, 336, 1126, 1216
LATTRE DE TASSIGNY JEAN MARIE GABRIEL
[[[/ J 0 , 269, 352, 358, 362
[Ul 0 , 25, 442 1u2°, 452, 454, 529
LAVAL PIERRE
LEAffy WILUAM 0ANIEL IIUJ 0 , 229, 342 LECHI GIUSEPPE / ,
70
LECLERC JACQUES PHILIPPE
II, 547
III/1°, 362 LE DuAN LE Due
III/2°, 170
Tuo IIU2°, 95, 170
LEE ROBERT EDWARD /, 178 LEEB WILHE LM RITTER VON
/U2°, 598, 690, 701
/U2°, 794 63, 70, 82, 121
LEESE 0LIVER
IIUJ
0
,
LEIGH-MALLORY TRAFFORD [l[/ J LEWUSCENKO,
0
,
350
generale sovietico /U2°, 708
LENIN v. UL'JANOV IL' 1c VLADIMIR LENUZZA GIOVANNI
[[[/2°, 638
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NEIL'OPERA
LEONARDI PRIAMO LEONE
XII,
1303
ll/2°, 796, 799
papa, v. PEcc1 VINCENZO GIOACCHINO
III/2°, 199, 205, 209, 252, 253, 256, 1063, 1122
LEONE GIOVANNI
IIJ/1°, 662
LEONELU VINCENZO
III/2°, 780 LEONI RAouL LEOPOLDO
II,
III/2 °, 184 granduca
LEOTARDI ALBERTO/, LEQUIO CLEMENTE /, LERICI ROBERTO
di
Toscana/,
21
152 612
II/1 °, 343
II/2°, 970 LEVINGSTON ROBERTO MARCELLO LEWICKI WILHELM LIBERATI AMEDEO
III/2°, 182
ll[/1°, 208 II/1°, 344
LIBERATORE ZOPITANTONIO
]IJ/2°, 447, 780
15,390,529,557,628,667,669,674, 711 II/1°, 12, 20, 28, 46, 47, 48, 189, 280 II/2~3,52, 112,221,223,224,270,290, 291 , 306,308,313,319,323, 333,334,335, 350,351,364,366,373,375,383,405,422, 425,432, 477, 490, 520, 531, 652, 741, 745, 794, 866, 873, 973 ]ll/JO, 46, 47, 48, 63, 82, 83, 84,292,342,344, 345,346, 347,348, 349, 350,351, 352,353,354,356,357,358,359, 384,393,396,408,410, 485, 489, 704, 708, 788, 1000 III/2°, 167
LIDDELL HART BASIL HENRY /,
LIEBENSTEIN KuRT voN
II/2°, 500
LIECHTENSTEIN EDUARD /, Lrn TRYGVE HALRDAN LILIA KARL /,
III/1°, 420
131
LINDEMANN GEORGE LIN PIAO
131
III/1°, 348
III/2°, 112
LISIANI VLADIMIRO LIST WILHELM
III/1°, 965
]I/2°, 159, 598, 602, 607, 608, 611, 701
LITVINOV MAlcSIMOVIC MAKSIM
l]/J 0 , 17, 18
1304
Lrn
FILIPPO STEFANI
SHAo-CHI
Ill/2°, 112
III/1°, 662, 750, 751, 752, 753, 755, 756, 757, 761, 774, 788, 798, 988, 989, 1003, 1008, 1014, 1017, 1018, 1019, 1024, 1076, 1085, 1099, 1134, 1167, 1168, 1171, 1175, 1176, 1177, 1178, 1180, 1187, 1189, 1192, 1193 III/2°, 6, 8, 18, 21, 22, 28, 34, 49, 59, 66, 83, 249, 289, 291, 292, 336, 377, 378, 379, 439, 494, 508, 554, 717, 822, 1094
LIUZZI GIORGIO
III/2°, 186
LOBATON GUILLERMO LocI BRUNO
III/2°, 780
LoHR ALEXANDER
JI/2°, 868, 937, 983
l[[/JO, 267, 348, 349 LOMBARDI GIUSEPPE
ll/2°, 343
LOMBARDI RICCARDO
l[[/2°, 254
LOMBARDINI CAMILLO /, LoN NoL
205
Ill/2°, 95, 71
III/1°, 44 III/2°, 254
LONGO LUIGI
LoNGONI AMBROGIO /,
206
II/1°, 342, 466, 468
LORENZELLI DANTE
LORENZOTTI GIUSEPPE
[]l/J 0 , 1022, 1086
LOVERA m MARIA ALESSANDRO /,
III/1°, 471
LovINo FRANcEsco LUCIA GREGORIO
68
III/2°, 780
LUCINI BRUNO l[[/J 0,
989, 1016, 1022, 1087 III/2~291, 309,326,330,336,337,377,404,494,502,508, 522,551, 555
LUDENDORFF ERICH / ,
616, 620, 621, 622, 623, 624, 663, 666, 667
LUIGI AMEDEO DI SAVOIA-AOSTA, duca degli LUIGI FILIPPO
I,
di
re
LUMSDEN HERBERT LUMUMBA PATRICE
Francia /,
III/2°, 176 JI/2°, 914, 975
JI/2°, 942, 944
LUZZATTl LUIGI /,
39
JI/2°, 344
LUNGERSCHAUSEN CARL-HANS LUSIGNANI LUIGI
Abruzzi /, 533, 558, 598
270
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NE LL'OPERA
1305
M MAC ARTHUR DouGLAS
II/2°, 872
ITI/1~ 48,310,312,317, 338,354,355,356,360,361,362,439,455 MAC CAIN JoHN
IIU1°, 361, 480
MAC CREERY RICHARD
III/ 1°, 63, 82, 104, 121 , 171, 186
MAC DONALO RAMSAY JAME S MAC FARLANE FRANK MASON
[l/J 0 , 25, 34, 35 IIT/ 1°, 211
MAC GOVERN GEORGE STANLEY
JII/2°, 95
MAcHAoo Y MoRALES GERARDO
III/1°, 442, 473, 474
MACHIAVELLI NTCCOLÒ /,
96
MACKENSEN AUGUST VON / ,
622, 668
ll/1°, 230 1u2°, 805, 866 TT ]/ J 0, 341
MACKENZTE KlNG
MAc MAHON MARTE EDME PATRICE MAURlCE J,
MAC NAMARA ROBERT STRANGE
123, 130, 133
IIT/1°, 491
III/2°, 145, 574 MAFFEI DI BOGLIO CARLO GIUSEPPE
I, 66
II/ 1 °, 343
MAGGIANI PTETRO
1u2°, 301, 311 MAGINOT A.NOR~
ff/] 0 , 38, 39, 48
1u2°, 57 MAGLI GIOVANNI
Il, 343, 469
ll/2 °, 869, 918, 919, 921 , 922, 975, 977 MAGLIANO EMILIO
TT/2°, 237
MAGNANT FRANCO
JII/2°, 780
MAINONT D' INTIGNANO LUIGI J, MALAGUGINI BRUNO MALAGUTI BRUNO
283, 313, 344, 354
JI/2°, 693
JI/2°, 314
MALENKOV MAKSIMILIANUVIC GEORGU
IJJ/ 1°, 428, 429, 430
1306
FILIPPO STEFANI
MALINOVSKIJ JACOVLEVIC RODJON
l][/J 0 , 258,269,271,331,334,335,346,
358,360 lll/2°, 147, 148, 187, 589 MANCA-THIESI m VILLAHERMOSA ERNESTO MANCINI GIACOMO
I, 197
l[[/2°, 254
MANCINELLI GIUSEPPE
ll/2°, 344, 413, 445, 446, 460, 496
l[[/JO, 583, 662, 951, 952, 954, 956, 957, 958, 959, 970, 988, 989 MANCUSO SALVATORE l[[/J 0 , MANFREDO CRISTOFORO MANFREDI GIUSEPPE
663, 910
I, 89
ll/2°, 796
MANNERHEIM CARL GusTAF EMIL MANNERINI ALBERTO
lll/1°, 258, 347
ll/2°, 314
MANNO GIOVANNI BATTISTA
I, 68
ll/1°, 48 1u2°, 630, 106 l[[/J 0 , 8, 46, 244, 247, 249, 250, 251, 253, 257, 347
MANSTEIN VON LEWINSKI ERICH
MANSTEIN GEORGE VON
lll/1°, 46
l[[/J 0 , 249, 259, 267, 271, 300, 301, 302, 303, 304, 305,307,309,346,348,353
MANTEUFELL HASSOON
MANTONE ANTONIO l[[/2°,
638
ll/1°, 343 Jl/2°, 689, 983
MANZI LUIGI
MAo TzE-TUNG ll/2 °, 794 lll/1 °, 338, 355, 404, 424, 425, 426, 451, 454, 457, 468 Jll/2°, 87, 103, 104, 110, 112, 113, 136, 137, 138, 139, 204 MARAVIGNA PIETRO/, 43, 45, 91, 106, 113, 133, 184, 223, 239, 269, 334, 338,339,345,523,524,561,610,613,668,671,674,676,679, 707, 708, 711, 712 MARAZZANI MARIO
l[/J 0, 342
Il/2°, 689 MARCHAND JEAN-BAPTTSTE /,
269
Jll/2°, 234,240,256, 280, 289, 337, 378,379,426, 716, 785, 790, 794, 1039, 1058, 1102, 1103, 1117, 1125
MARCHESI ENZO
MARCHESI LUIGI
ll/2°, 295, 343, 821, 849, 850
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
1307
II/1 °, 343 II/2°, 307, 310, 983
MARGHINOITI MARIO
l/]/2°, 139, 140
MARIGHELA CARLOS MARINI PIETRO /,
612
Ill/1°, 480
MARKOS VAFIADHIS
l//2°, 460, 471, 705 IJ/1~ 562,563,564,565,576,582,604,639,640, 690,751,898,899, 900,901,903,904,906,913,946,948,949,950, 951,952,954,957, 958, 959, 969, 970, 988, 1167
MARRAS EFISIO
157, 187, 270, 271
MARSELLI NICOLA/,
II/2°, 713, 794 III/1~ 310,355,423,437,439, 433,445,471,533,565,577,593,595 III/2°, 195
MARSHALL GEORGE CATLETT
MARTINELLI GUIDO MARTINEZ
MARIA
l/I/2°, 781
ESTELLA (ISABELITA)
MARTINI FRIEDERICK /,
]l//2°, 182
131
212 l]J/) , 421, 439, 444 III/2°, 111, 158
MARX KARL / , 0
MASCHERPA LUIGI
l//2°, 956, 957, 958, 988
]]]/2°, 639
MASIA GIOVANNI
MASTAI-FERRETTI GIOVANNI MARIA, PAPA PIO IX /, MASARYK JAN ]]]/J
0
,
423
MASSU JACQUES
l/]/2°, 175
MATTEI ENRICO
ll//1°, 44
MATTEOTTI GIACOMO
]I/J 0 , 22, 51, 64
III/1°, 537, 596 MATTIOLI ENRICO
/l/2°, 500, 501, 511
MAUSER PAUL PETER / ,
217, 222, 236
MAXIM HIRAM STEVENS /,
551, 552, 562, 608
MAZÉ DE LA ROCHE GUSTAVO /, MAZZINI GIUSEPPE/,
238, 283
23, 50, 95, 110, 136, 190
MEDICI GARRASTAZU EMILIO
III/2°, 182
21
1308
FILIPPO STEFANI
180, 207, 213, 233
MEDICI GIACOMO /, MEDICI GIUSEPPE
JJJ/2°, 22
MEINHOF ULRIKE
[JJ/2°, 142
MELLANO PIETRO
JJJ/J 0 , 1017
130
MELUNET EMILE /,
JJ/1°, 342
MELOTTI CARLO
MENABREA LUIGI FEDERICO/, MENDER APARlClO
JJJ/2°, 186
MENGHlSTU HAILÉ MARIAM MENOTTI CIRO
152, 205, 212, 309, 343
JTJ/2°, 178
I, 152
MENSDORFF-POUTLLY ALEXANDER /,
68
MENTHON o' AvIERNoz CARLO /, MEOZZI CARLO
131
JJJ/2°, 780
MERCALLI CAMILLO
II/I 0 , 342
JJ/2°, 107, 220, 909, 970 MERETZKOV AFANESEVIC KlRIL
JJ//1°, 346
JJJ/1°, 663 JJJ/2°, 337, 380, 420, 427, 432, 1039, 1040, 1042, 1043, 1117, 1158
MEREU FRANCESCO
MERZARI FABIO
IJ/1°, 343
MERZAGORA CESARE
11112 °, 280
II/1°, 342 11/2~ 104,220,422,448,461,467,471,472,479,484,485,486,488,
MESSE GIOVANNI
489,494,495,496,497,498,499,500,501,505,506,516,521,523, 527,534,542, 545,555,559,560,562,567,571,572,574,575,577, 579,582,584,585,586,588, 593,614,617, 618,620,621,624,688, 692, 696 III/I~ 24,55,57, 100,101,128,130,142,211,536,542,943,944,945, 950 METTERNTCH-WINNEBURG KLEMENS WENZEL LOTI-IARD VON /, MEZZACAPO CARLO/,
21
76, 89, 95, 96, 111 , 180, 207
76, 89, 90, 111, 130, 228, 286, 294, 296, 297, 299, 300, 303, 305, 306, 316, 321, 323, 325, 535, 569
MEZZACAPO LUIGI /,
111/2°, .1 13
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
1309
II/I 0 , 342
MICHELETTI PAOLO
MTCHELSEN LOPEZ ALFONSO MIELE ALIGHIERO [ J/2
III/2°, 184
°, 309
I, 238
MIGLTARA CARLO
II/2°, 529
MIHAILOVICH DRAZA
MtLLET o'ARvILLARS FEDERICO
283
MILTON BERNARDINO /, MINAJA EDOARDO
I, 67
ll/2°, 963 269, 270
MINGHETTI MARCO[, MIRRI GIUSEPPE / ,
283
[I/2°, 693
MTSCHT CESIRO
MOCENNl STANISLAO /, MoBUTO SESE
329, 354, 355
IT!/2°, 176
MODEL WALTER
III/1°, 257, 267, 291, 294, 299, 300, 301, 302, 330, 347
MODLANE EDOARDO
[[[/2°, 178
MOFFA GRIBALDI DI LISIO GUGLIELMO /, MOLA EMILIO
66
II/1°, 289
MOUNA ARTURO ARMANDO MOUNARI MICHELE
[l[/2°, 184
II/1 °, 343
MoLLARD BENEDETTO MoLLARD FILIBERTO /,
!, 66
69, 89, 124, 129, 133
MoLLARD GIUSEPPE FRANCESCO
I, 129
MOLOTOV V. SKRTABIN MICHAJLOVIC VJACESLAV MOLTKE HELMUTH JoHANNES /,
617, 621, 666, 667
MoLTKE HELMUTH KARL BERNHARD VON /,
361, 489 MONACO FAUSTO
III/1°, 1016 584
MoNDINI LUIGI f[[/ ]
0
MONDINO UMBERTO
II/1°, 342
MONELLI PAOLO
]JJ/ JO,
48
,
ll/2°, 866, 872
83, 92, 203, 246, 248, 358, 360,
1310
FJLlPPO STEFANl
MoNET JEAN
IIUJ 0 , 447
MONTALE IGNAZIO/,
68 I, 39, 46
MONTALEMBERT MARC-RENÉ MoNTALVA EDUARDO FREI
III/2°, 183
JI/1°, 329 II/2°, 124,176,214,217
MONTANARI MARIO
MoNTAUBAN v. Cousm-MoNTAUBAN CHARLEs GuILLAUME MARIE APOLLINAIRE ANTOINE MONTESQUIEU CHARLES Loms DE SECONDAT
III/1°, 600
84, 94, 243, 268, 269, 526, 666, 667, 668, 660 IU2~ 344,347,349,351,353,363, 366,372,373,374,375,376,377, 378,379,380,381,382,386,388,390,392,403,405,408,409,417, 418,419,420,424,427,478,483, 484, 490,492,493,505,506,539, 715,723,745,782,792, 79~ 811, 81~ 90~ 910 III/1°, 63, 64, 261, 280, 286, 289, 291, 292, 293, 294, 308, 309, 324, 325,328,329,331,350,351,359,361,372,408,444,668,998,999
MONTGOMERY BERNARD LAW /,
MONTI EDOARDO
II/2°, 139
MoNTINI GIOVANNI BATTISTA, PAPA PAOLO MoNTU PAOLO
VI III/2°, 160, 161
JII/2°, 638
MONTUORI LUCA /,
707
MoRGAN FREDERTC
I III1 °, 349
MORGHENSTERN ÙSKAR MoRIGI GIORGIO
[l]/J 0 , 490
III/1°, 173, 176, 178, 179, 180, 182, 185, 216
MoRIN CosTANTINO ENRICO MoRISON SAMUEL EuOT
I, 283
II/2°, 742
III/2°, 199,206,208,209,210,221,252,253,254,256,264, 277, 1122, 1217
MORO ALDO
MOROZOV
IvANOVIC VASILU II111 °, 360
MOROZZO DELLA ROCCA ENRICO], MoRRIS Lou1s MICHELE /, MoRRONE PAOLO/,
68, 117, 118, 129, 131, 153, 168,193,206
130
613, 707
MouNTBATTEN Lou1s
III/ 1°, 341, 349, 360
INDICE DEI NOMI Dr PERSONA CITATI NEll'OPERA
MULELE PIERRE
1311
IJU2°, 176
generale tedesco II/2°, 751 MURARO FORTUNATO PIETRO [1!/2°, 1176, 1255 MuRAT JoAcmM, re delle Due Sicilie /, 70 MuLLER,
MuRPHY ROBERT
MUSINU GIUSEPPE Musco ETTORE
JU2°, 872 II/2°, 692
lll/1°, 663, 910
535, 668, 669 /Ul 0 , 21 , 22, 23, 24, 25, 26, 35, 45, 64, 66, 70, 74, 75, 79, 80, 81, 82, 83, 87, 88, 89, 92, 187, 189, 190, 191 , 192, 193, 194, 205, 206, 207, 209,215,221,228,229,230,247,275, 276,277,279,280, 281,286, 289, 292,295,299,304,305,306,307,310,311,315,363,365,379,523 II/2°, 8, 18, 47, 50, 51, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 64, 65, 67,68,69, 70, 72, 75, 78, 79,80,84,87,88,97,99, 104,108, 109,117, 119, 121, 122, 123, 125, 126, 127, 128, 129, 130, 133, 135, 136, 137, 139, 140, 141, 142, 144, 145, 147, 150, 151, 155, 158, 159, 160, 166, 170,176,179,181,205,207,217,228,229, 230,231,232,233,234, 235, 236,237,238,240,241,242,245,247,248, 249,251,252,253, 254,260,261,267,273,277,284,295,296,298,301,339,343,351, 353,355,356,357, 359,362,374,387,388,389,390,396,399,400, 407,417,420,421 , 422,423,435,438,440,445,446,447, 453,454, 455,456,461,467,468,523,524,525,529,532,545,549,550,551, 552,553,554,586,587,588,589,590,593,682,718,727,728,735, 736,737,738,765,766,768,790,805,806,807,808,809,810,813, 814,822,823,833,845,865,866,878,890,925,962, 965 III/1°, 8, 12, 13, 14, 19, 22, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 37, 42, 59,61,352,365,366,368,369,371,374,375, 376, 377,398,402,529, 530, 537, 539, 540, 541, 544, 554, 935 lll/2°, 1074, 1257, 1260, 1262, 1263
MUSSOLINI BENITO[,
N NAGY IMRE
IJUJ 0 , 473
NAPOLEONE I, V. BONAPARTE NAPOLEONE NASCI GABRIELE
1!/2°, 216, 218, 697
ll/1°, 344 JJ/2°, 201, 203, 223, 225
NASI GUGLIELMO
1312
FILIPPO STEFANI
NASSER GAMAL ABDEL
III/1°, 462, 463, 473
IIJ/2°, 128 NAVA LUIGI
I, 612
II/1°, 343 IJ/2°, 314, 429
NAVARRINI ENEA
II/1°, 342
NEBBIA EDOARDO
IJ/2°, 427, 696 NEGRI LUIGI
II/1°, 342
NEGRI PARIDE
IJ/J 0 , 343
NEGRIER FRANçms OscAR
I I/2 °, 107
IJ/2 °, 107
NEGRO MATTEO
NEHRING WALTHER
IJ/2°, 346, 347, 460, 464, 466, 468
III/1°, 532, 533, 595, 601 , 986 Il T/2 °, 253, 254
NENNI PIETRO
NETO AGOSTINO
Jll/2°, 177
NEY NAPOLEON JosEPH
III/2°, 170
NGUYEN CAO KY NGUYEN KHANH
I, 42
IJJ/2°, 170
NGUYEN VAN THIEU
III/2°, 95, 170, 171
NtCCOLINI GIOVANNI BATTISTA NICOLA
II,
zar
di
Russia
II/2°, 347
I, 529, 531
Nrcous or RomLANT CARLO FELICE
I, 206
N1cous DI RoBILANT GIOVANNI BATTISTA Nicous DI RoBILANT MARIO
I, 611
NIETZSCHE WILHELM FRIEDRIC NIGHTINGALE FLORENCE
I, 71
IIJ/ 1 °, 366
I, 127
NIMITZ CHESTER WJLUAM
III/1°, 310, 312, 338, 354, 362
NITTI FRANCESCO SAVERIO
II/1°, 47, 50, 54, 58
Il J/2 °, 1260 NIVELLE ROBERT / ,
390,617, 619, 666, 667
NIXON MTLHONS RTCHARO
128, 171, 1058, 1059
J[[/2°, 89, 94, 95, 96, 97, 100, 108, 115, 119,
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
NORRlE WILLOUGHBY
IJ/2°, 316, 331, 332
70
NUGENT LAVALI,
N UNZIANTE DI MlGNANO ALESSANDRO /,
II/1°, 342
NUVOLONI LUIGI N YERERE
206
JULIUS lJ J/2 °, 178
o
0CI·IAB EDWARD
[[l/J 0 , 473
0JUKWU 0DUMEGU
[[[/2°, 177
0LBRTCHT FRIEDRICH
[[[/J 0 , 342
IJ[/2°, 176
0LENGA NICHOLAS
OLIVIER DI VERNIER PROSPERO
I, 68
IJ/J 0 , 342
0LLEARO ALFONSO
II/2°, 965 0NGANIA
JuAN CARLOS IJJ/2°, 182
0PPENHEIM
Juuus
ORAZIO CocLITE
RoeERT
III/1°, 411
[]J/2°, 539
ORLANDO TADDEO
II/1°, 343
IIJ/1°, 24, 128, 210, 537, 584 ORLANDO VITTORIO EMANUELE ORLEANS, 0RTIZ
[[/J 0 , 23, 24, 47, 54
dinastia europea I, 88
Jo IJJ/2°, 175
0STELLINO PIERO
IJJ/1°, 578, 674
0TTOLENGHI GIUSEPPE /,
283, 403, 456, 570, 596
OXILIA GIOVAN BATTISTA
JI/2°, 937, 982
1313
1314
FILIPPO STEFANI
p
PIO XII/, 360
PACELLI EUGENIO, papa
IIUJ
0
,
984
Il]/1°, 477, 564,604,607,643,646, 647,657, 951, 962, 988 uu2°, 12. 228, 1116
PACCIARDI RANDOLFO
PAFI BENEDETTO
JU2°, 102
PAGOTO ANGELO
l[]/2°, 779
PALLA MARIO
]]J/2°, 779
PALLOTTA PmTRO
IIUJ 0 , 1017
PANDOLFI FILIPPO MARIA PAOLO
]Il/2°, 214
VI, papa. v. MoNTINI GIOVANNI BATTISTA
PAOLO, SAN
III/1°, 230
PAPAGOS ALEXANDROS PAPATIN VoKTOV
l[]/1°, 453, 480
IIU2°, 134
II/1°, 193,209,231,277, 293, 294, 296,297,298, 299, 302,304,305,307,310,312, 314, 315,316, 332, 379,490,500 Il/2°, 47, 51, 70, 72, 73, 101, 117, 119, 130
PARIANI ALBERTO
PÀRKINSON NoRTHCOTE
III/2°, 295, 337
PARODI CARLO
III/2°, 447
PAROUN GINO
III/2°, 781
PARRI DINO
l[/2°, 307
PARRI FERRUCCIO
III/1°, 44, 532, 548, 564, 577, 578, 598
PARTOUNEAUX LOUIS /, PASCOLINI ETELVOLDO
130
]I/2°, 698
PASSALACQUA DI VILLALVERNIA GIUSEPPE/, PASTORE GIUSEPPE/,
64, 69
66
PATCH MAC CARREL ALEXANDER
III/1°, 327, 352, 358
II/2°, 490,492,503,509, 531, 539,545,546, 715, 722, 794 IIUJ 0 , 287, 292, 294, 296, 305, 324, 326, 358
PATTON GEORGE SMITH
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
66
PAULUCCI FILIPPO /,
PAULUS FRIEDRICH VON
]]/2°, 456, 530, 606
III/1°, 392 PAUMGARTTEN JOHANN /, PAVOLINI ALESSANDRO
131
Il/2 °, 866
III/1°, 29, 32 PAVONE CLAUDIO PAVONI CESARE
IIUJ 0 , 54
IIU2°, 781
PEARSON LESTER
I III1 °, 489 papa
PEcCI VINCENZO GIOACCHINO, PECORI GIRALDI GUGLIELMO / ,
]I/JO,
LEONE
XIII III/2°, 160
557, 707
99, 254
PED1LLA ARAUCIBA DAVID PEDOTTI ETTORE / ,
283, 570, 596
]]/J 0 , 343
PEDRAZZOLI GINO PELLA GIUSEPPE
]l]/2°, 184
Il]/1°, 659, 926, 927, 928
III/2°, 1116 /U2°, 695
PELLEGRINI CARLO
PELLION DI PERSANO CARLO /,
136, 153
l]]/] 0 , 18, 48 PELLoux LUIGI /,
270, 283, 329, 354, 355, 537, 570
PENDA JUAN ABUJR
]]]/2°, 184
PENNELLA GIUSEPPE /,
707
PENSABENE VITTORIO
IIUJ 0 , 583
PENTIMALLI RICCARDO
l[/J 0 , 343
Il/2°, 970 PEPE GUGLIELMO /, PEREIRA ARISTIDE
61, 66, 70, 95, 96, 110, 111, 344
]l[/2°, 177
PEREZ CARLOS ANDRÉ ][]/2 °,
184
PERINO GIUSEPPE /,
551, 562
PERNICIARO NICOLÒ
l[]/2°, 638
PERON JuAN DOMINGO
//1/2°, 182
1315
1316
FILIPPO STEFANI
129
PERRIER LUIGI / ,
69
PERRONE DI SAN MARTINO ETTORE/,
PERSANO V. PELLION DI PERSANO CARLO PERTINI FRANCESCO
IJ/2°, 106
JIJ/2°, 209, 254
PERTINI SANDRO
PERUCCHETTI GIUSEPPE DOMENICO /,
335
II/1°, 342
PERUGI Gruuo
PES DI VILLAMARINA EMANUELE /,
71
PES 01 VtLLAMARINA DEL CAMPO BERNARDINO PESCATORI ARMANDO PESENTI GUSTAVO
I , 129, 152
I, 343
1111°, 344
I, 390, 618, 619, 620, 631, 667 II/1°, 280 II/2°, 64, 339, 451, 452, 528, 529 III/1°, 83 PETITTI BAGLIANO DI RoRETO AGOSTINO LUIGI/, 148, 157, 168, 170, 171, 172, 193 PETAIN HENRI PHILIPPE
PETRA 01 CACCURl CARLO PETRONI PAOLO
11//2°, 439
PETROV EFIMOVTC IVSN PETROV V ASTLY PEZZI ENRICO PHAM HUNG
II/ I 0 , 343
11111 °, 357
J1112 °, 179
IJ/2°, 693
III/2°, 170
PIIAM VAN DONG
III/2°, 170
PIANELL GIUSEPPE SALVATORE/, PIATTI DAL Pozzo UMBERTO PIAZZA CARLO
180, 197, 205, 209, 239
11/2°, 312
I, 268
PIAZZONI ALESSANDRO
11/ J 0 , 343
II/2°, 981 PICCIONI ATTILIO PICCOLI FLAMINIO
III/2°, 253 III/2°, 253
PIERACCINI GIOVANNI
III/2°, 202, 220
INDICE DEI NOMI
PIERI PIERO / ,
25, 42, 67, 71, 90, 95, 111, 132, 163, 183, 184, 208, 209
PERUZZI VILIBALDO PIETRO
I
1317
DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
/1112°, 779
KARAGEORGEVIC, re
PILSUDSKY JosEF
di
Serbia Croazia e Slovenia/,
259
1111°, 14 43, 153
PINELLI FERDINANDO/,
11111°, 578 PINELLI MACEDONIO
I, 23 7
PINELLI PIER DIONIGI/, PINOCHET AUGUSTO
88
11112°, 183
lI/1°, 342 1112°, 105, 139
PINTOR PIETRO
Pm
IX,
papa, v. MASTAI-FERRETTI GIOVANNI
Pio
Xl,
papa, v. RATTI AMBROGIO DAMIANO ACHILLE
PIO
XII,
papa, v. PACELLI EUGENIO
PioLA CASELLI CARLO PISACANE CARLO PISDLEY
MARIA
w.
l, 207
l , 95, 96, 110
colonnello,
PISTOTTI Ezm
11Il1°, 211
11112°, 465
PITASSI MANNELLA ENRICO
1111 °, 343
1112°, 110 PIZZOLATO GAVINO PIZZONI ALFREDO
1111°, 342
11J/1 °, 40
PIZZONIA VINCENZO
11111°, 662
PIZZORNO GIUSEPPE
/1111°, 604, 660, 751, 906, 911, 912, 929, 948, 988,
1167, 1187 PLATT ORVILLE HITCHCOCK POINCARÉ RAYMOND
11111°, 442, 474
1111°, 36
PODGORNU VIKTOROVIC NICOLAJ PoLI LUIGI
11112°, 101
11112°, 447, 779
POLITI MARIO LEONIDA
1I112 °, 638
1318
FILIPPO STEFANJ
POLLIO ALBERTO/,
187, 192, 198,204, 205, 208, 209, 302,384,419,420,
421,422,423,424,425,426,427, 428,495,498,503,510,512,521, 533,537,539,540,542,543,544, 548, 551,552,554,557,561,570, 571, 572, 573, 574, 578, 583, 584, 586, 593, 595, 598 JJ/2°, 57 ////1°, 809, 810, 1166 PONZA DI SAN MARTINO CORIOLANO /, PoPov MARKIAN
III/I 0 , 346 66
PORRINO AGOSTINO /, PORRO CARLO / , POSTAL CHARLES
540, 559, 637 [IJ/1°, 350
PoTIOREK OscAR /,
590
PouGNT GuILLET JosEPH / , POWER FRANCIS GARY PRESTON RICHARD /,
/J/]
0
,
283
24, 42
////2°, 88
269
47, 48
III/1°, 408, 410, 473, 474, 525, 526 ////2°, 173 PRETI LUIGI
////2°, 254
PRICOLO FRANCESCO
JJ/1°, 274
///2°, 127, 135, 553 PRIMERANO DOMENICO[, PRIMIERI CLEMENTE
237
////J 0 , 145, 147, 149, 152, 158, 213
PRINCIPE DI CARIGNANO V. EUGENIO DI SAVOIA-CARIGNANO PRINCIPE DI PIEMONTE V. UMBERTO DI SAVOIA PRIORE MARIO
IJ/1°, 342
PROMIS CARLO /,
66
PURKAEV ALEKSEEVIC MAKSIM
IIJ/1 °, 360
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NEll'OPERA
Q QuADDAFI Mu'AMMAR
AL v. GHEDDAFI MuAMMAR EL
QuARRA SITO EDOARDO
]U2°, 312
III/J 0 , 583, 662
QUARTO MARIO
IIIIJ 0, 1017
QUERCIA ATTILIO
IIUJ 0 , 662 FLAVIO IIliJ 0 , 1017
Qul!RCIO ROMOLO QUINZIO PATRIZIO
III/2°, 441, 639, 780, 781 JUJ 0 , 289
QUVtOGA CESARE
QUINTANA ANTONIO QUISLING VIDKUN
II/12°, 780
JJ/J 0 , 13, 46
R
24, 25, 42, 52
RACCHIA PAUL /,
RADETZKY JOHANN JoSEPH /,
34, 45, 52, 60, 107
II/11°, 257 II/11°, 415, 470
RADFORD ARTHUR RAEDER ERICH
IIUJ 0 , 46, 231, 342, 343 558
RAGNI OTTAVIO/,
RAHAMAN TUNKU ABDUL
RAHN RuooLPH
IIUJ 0 , 461
IIIIJ 0 , 27, 28, 31
RAINER FRIEDRICH RAKos1 MATYAS
IIUJ 0 , 21
IIUJ 0, 413
RAMELLA ENRICO
II I/J 0, 910
RAMORINO GEROLAMO /,
69
II/Il 0 , 18, 48 RAMSEY BERTRAM
JIJ/J 0 , 359
/U2°, 194
1319
1320
FILIPPO STEFANI
JJ/2°, 145
RANzA FERRUCCIO
//J/2°, 779
RAsTELLI VITTORIO
RATHENAU WALTHER
/J/1°, 47
RATTAZZI URBANO /,
212, 235
/JJ/JO, 48 RArn AMBROGIO DAMIANO ACHILLE, papa Pio
66
RAVINA AMEDEO/,
RAWLINSON SEYMOUR HENRY /, RE GIOVANNI CARLO RE VITTORIO /
JJ/J
XI JJJ/2°, 160
0
621, 667
JIJ/1°, 1022, 1085 662
,
l[J/2°, 638
REBECCHI ENRICO
JJJ/1°, 495, 511, 512 JJJ/2°, 97, 158
REGAN RoNALD
152
REGIS GoACCHINO MATTEO/,
REGNAUD DE SAINT-JEAN D'ANGELY AUGUSTE ETIENNE DE. /, REICHNAU WALTHER VON
11/2°, 598, 70]
REISCHACH SIGMUND VON /, RErsou Ezm /,
131
611
RE1sou-MATTHIEU GusTAvo
/J/2°, 973
RENAULT PlERRE HYPPOLITE PUBLIUS /,
130
l//2°, 868
RENDULIC LOTHAR
RENNENKAMPF PAOLO /,
621, 668
REsnvo FRANco
111/2°, 256, 336
REVERBERI LUIGI
JJ/2°, 698
11/} 0 , 12, 19 1112°, 59, 123, 242, 454, 833, 866 JJ//JO, 13
RmBENTROP JoACHIM
RICAGNO UMBERTO
11/2°, 698
RlcASOLI BETTINO/, RTCCAR:>I ARTURO RICCARDI LUIGI
135, 136, 164, 170, 212
JJ/2°, 399, 435, 442, 729, 866
JIJ/2°, 780
130
INDICE DEI NOMI Dr PERSONA CITATI NELL'OPERA
JJ/2°, 866
RICCI RENATO Riccio G.
1321
JJI/2°, 1042
RICHARDSON ALEXANDER WHITMORE RicliTHOFEN WoLFGANG
JJI/1 °, 82, 211
II/2°, 751
I, 180, 207, 213, 233, 260,263,272, 283,285,286,287,288,289,293,295,296,297, 299,300,302,304, 305,306,309,310,315,316,317,318,319, 320,321,322,323,324, 325,326,327,335,352,354,357,358,365,366,367,373,396,400, 537, 569, 594 III/1°, 716 IJJ/2°, 458
RICOTTI MAGNANI CESARE FRANCESCO
RIDGWAY MATTHEW BUNKER
JI/2°, 825, 872
III/ 1°, 354, 454, 480 RIGHETTI ALBERTO
III/1°, 662
IJ/2°, 57, 104,229,236,239,240, 241 , 258, 260, 267, 33~ 341, 36~ 361,387,396,439,446, 460, 471,805,834
RINTELEN ENNO VON
RITCHIE NETL
IJ/2°, 276, 288, 289, 292, 329, 330, 332, 344
RIVERA Juuo ADALBERTO
JJJ/2°, 184
II/1°, 290, 330 II/2 °, 107, 108, 124, 125, 126, 128, 135, 136, 137, 238, 266, 586, 587,
ROATTA MARIO
591,719, 720,721,728,729,734,735,736,737,738,771,785,826, 828,829,831,834,846,849,852,853,854,855,862,963,864, 881, 923, 975 III/1°, 19, 24, 53, 55, 57, 59, 61 , 128, 540, 798 RoeoTTI MAruo
II/2°, 869, 922, 924, 925, 977, 978
RoBERTSON BRIAN
l/J/ } 0 , 82, 211
Rocc A BENEDETTO
l/I/2°, 780
RomNò Grnuo
l/11°, 90
RoGERS BERNARD
III/1°, 506, 507, 508, 526
RoHWERS JURGEN
IJ/2°, 531
Ill/ 1°, 46, 348 l//2°, 456, 530, 628 III/1 ~ 248,253,256,265,320,335,336,346,357
RoKOSSOVSKJJ KoSTANTINOVIC KONSTANTIN
ROMANF.l.I.J MARIO
Tlf/2°, 779
1322
FILIPPO STEFANI
ROMANO GIUSEPPE
Ill2°, 309
ROMERO CARLOS HUMBERTO RoMERO FEDERICO
Il/12°, 185
Il/1°, 342
1112°, 965 Ill2°, 46, 101, 112, 147,213,240,248,249,251,252,253, 254,256,258,259,260,261,262,266,267,268,271,272,273,274, 275,276,277,282,283,284,286,287,288,289,290,291,292,293, 294,295,296,297,298,300,301,302,303,313,314,334,337,339, 340, 342, 343, 344, 345,346, 347, 348, 349, 350, 351, 352, 353, 359, 360,361,362,363,366,372,373,374,376,377,378,379,381,382, 383,384,385,386,387,388,390,392,393,394,395,396,397,399, 400,401,403,404,405,406,407,408,409,410,413,414,415,416, 417,418,419,420,421,422,423,427,432,436,438,439,440,441, 445,446,447,453,454,457,458,459,460,461,467,471,472,473, 475,476,477,478,479,485,486,488,499,525,532,533,534,546, 758,834,867,897,967 IIIIJ 0 , 5, 27, 29, 73, 74, 282, 283, 386, 342, 351, 389, 391, 392, 1016
ROMMEL ERWIN
RONCAGLIA ETTORE
IIIJ 0 , 343
1112°, 982 RoNCALLI ANGELO GIUSEPPE, papa GIOVANNI
XXIII II/Il 0 , 984
II/12°, 159 RONCO ERCOLE
Il/11°, 560, 582, 1167
RooN ALBRECHT THEODOR EMIL VON /, ROOSEVELT DELANO FRANKLIN
IIIJ
0
,
246, 269, 361, 390
31
1112°, 738, 739, 817 /1111°, 12,223,224, 225, 229,273,274,310,341,342, 368,371,372,
373,374,402,416,417,426,438,470 RosENBERG ALFRED ROSI EZIO
IIIJ
0
,
III1 °, 9
343
II/2~ 720,721,795, 868 1 929, 930
IIIIJ 0 , 803 ROSINA PIER ATTILIO Rossi ALDO
II I/2 °, 781
I/112°, 256, 289, 326, 327, 337, 350, 381
Rossi ANGELO Rossi CAMILLO Rossi CARLO
IIIJ 0, 343 IIIJ 0 , 343
/112°, 216, 218, 219, 792, 797, 963, 966
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPE RA
Rossi FRANCESCO
II/2°, 238, 305, 553, 827, 828, 829, 831, 834, 851
Rossi GIUSEPPE FRANcEsco Rossi S1LvI0
I, 55, 68
II/2°, 990
Roux MATTEO
II/1°, 342 ]]]/2°, 949
RUBEO ALVARO
572
RUBINI GIULIO [,
[]]/J 0 , 662 III/2°, 464, 638
RUBINO CIRINO
RUELLE CARLO
I, 161
]][/2°, 256
RUFFINI ATTILIO
RUFINO RODOLFO
]][/2°, 439
RuGE OsKAR FRIEDRICH
I, 111, 112
III/1°, 471 ]][12°, 93, 169, 187 RUGGERO VITTORIO RuMOR MARIANO
I I/2 °, 969
III/2°, 199, 206, 252, 253, 256
II/1°, 39, 48 //12°, 304, 598, 691, 706, 867 III/ 1~ 282,283,284, 294,299,300, 302,307, 330,351
RUNDSTE OT KARL VON
RuoFF RICHARD
II/2°, 692
RUPPRECHT VIRTSOLOG HEINRICH /, RusK DEAN
196
III/2°, 92
RussEL BERTRAND
III/1°, 498
////2 °, 168 RYDER CHARLES WALCOTT
]]/2°, 532
s SACCO LUIGI
[[[/1°, 584, 662, 910
SACHAROV DIMITRIEVIC ANDREJ SADAT ANWAR AS
1323
I III 1 °, 265
IIU2 °, 98, 128
1324
Fil.JPPO STEFANI
SAINT-CYR, v. GouvmN SAINT-CYR LAURENT SAINT-ROBERT, V. BALLADA DI SAINT-ROBERT PAOLO
SALA, V. CALLERI DI SALA FRANCESCO SALAN RAouL
III/2°, 175
SALANDRA ANTONIO
I, 270, 535, 540, 572
SALASCO, V. CANERA DI SALASCO CARLO
III/1°, 788, 1018
SALATIELLO LUIGI
III/2°, 1043 209,305,313,327,329,339,403,419,421,422,423, 424,425,426,428,503,542, 543,585, 598
SALETTA TANCREDI],
SALSILLI DINO
Ill/2°, 781
SALTINT ANTONIO
l]//) 0 , 788, 1017, 1018
JII/2°, 639 SALUZZO DI MONESIGLIO ALESSANDRO /, SALVATORI ADRIANO
71
IIJ/1°, 1017
III/2°, 780 SALVI GIORGIO
l//2°, 884
SALVIOLI MARIANI
Pm III/1°, 583
SAMBUY, V. BALBO BERTONE DI SAMBUY CALISTO SAMsoNov VASIL'Evic ALEKSANDR SANDALLI RENATO
IJ/2°, 849, 850, 853, 854
SANGIORGIO CORRADO
l/]/2°, 638, 639
SANJURJO SACANELL JosÉ
II/1 °, 289
SANT'ANDREA ORESTE
l//2°, 963
SANTAROSA SANTORRE
III/1°, 48
SANTOMAURO ARTURO
Il/Il 0 , 662
SANTOVITO UGO
I, 621, 668
]]/J 0 , 342
SARACCO GIUSEPPE~
270
l/1/1°, 533, 596, 601 IJI/2°, 199, 253, 256, 264, 277
SARAGAT GIUSEPPE
SARDO MARIO
III/2°, 780
SART ORIS FRANCESCO
IJ/1 °, 342
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
SAVINI LUIGI SAVOIA,
1325
III/2°, 456
Dinastia europea III/1°, 26
SCALA EDOARDO
II/1°, 342
SCANAGATTA UBALDO
II/1°, 343
SCARPA GALLIANO
III/1°, 1022, 1086
SCATTINI ARTURO
IIJ/1°, 159, 162, 165, 171, 214
SCELBA MARIO
III/1°, 601, 659, 928, 929
SCHACHT HANS
JU2°, 883
SCHAFFGOTSCHE FRANZ /, SCHNARREMBERG ERNST
131
JU2°, 521
SCHARNHOST GERHARD JoHAN DAVID /, S CHEIDEMANN PHILIPP SCHLICK FRANZ
34, 36, 96, 111, 245, 361, 390
Il/2 °, 446
I, 133
SCHLIEFFEN ALFRED VON /,
362, 390, 616, 617, 621 , 666
ScHOBERT EuGEN RITTER voN ScHONBERGER ADoLF voN /, SCHORNER FERDINAND ScHuLz FRIE0R1cu ScHUMAN RoBERT
II/2°, 560, 691
131
Jll/J 0 , 259, 335, 347, 348, 357
III/1°, 361 III/1°, 447
SCHWARZENBERG EDMUND VON [,
131
S c HWERIN voN KRosIGK LuTZ GRAF SCIARRETTA ITALO
III/1°, 417
III/2°, 1176
SCOTTO LAVINA UGO
III/2°, 952
SCOZIA m CALLIANO LUIGI
I , 129
III J , 342 II/2 °, 140, 219, 237, 587, 978 0
S CUERO ANTONIO
SEECKT HANS VON SEGATO LUIGI/,
JUJ 0, 189, 230
611
III/ 1°, 598, 601, 659, 987 III/2°, 10, 15, 19, 199, 253, 255, 256, 394
SEGNI ANTONIO
SEISMJT-DODA L UI GI /,
152
1326
FILIPPO STEFANI
269
SELLA QUINTINO /,
SENGER UND ETTERLIN FRIDO VON
][/2°, 777, 778, 784, 785,789,919,976
1///JO, 71, 76 SERICI ROBERTO
///2°, 697
SEPILOV TROFIMOVIC DIMITRIJ SERVENTI GIORGIO /, SESSICH MARCELLO
I///1°, 429
66
////2°, 638
I///1°, 583 ////2°, 439, 639, 779
SEVERONI ANTONIO
SEVEZ FRANçOIS
III/1°, 361
SEYSSEL o'Aix e SoMMARIVA VITTORIO/, SFORZA CARLO
67
III1 °, 47
II//1°, 447 I///1°, 441
SHAMUN CAMILLE SHARON ARIEL
III/2°, 179
SHEPARD ALAN
III/1°, 412
SHIRER WILLIAM SIBILLE LUIGI
]]/2°, 105, 531
II/1°, 343
SIHANOUK NORODOM SIMPSON WILLIAM
]]J/2°, 95, 171
l/]/1°, 298, 324, 326, 352, 359
SIRTORI GIUSEPPE/,
180, 198, 205, 209
SKRIABIN MICHAILOVIC VJACESLAV
(detto
MOLOTOV)
II/1°, 12, 19
l///1°, 13, 224, 228, 428, 429 SLESSOR JOHN SMITH ADAM SOCRATE,
I///1°, 490
III/2°, 158
filosofo
greco /,
96
UBALDO II/1°, 209, 247, 275, 299, 307 1112°, 78, 122, 125, 126, 127, 129, 133, 137, 139, 140, 141, 142, 176, 217, 218, 219
Sooou
343 1112°, 460, 467, 469, 511 , 533
SOGNO VITTORIO 1//J 0 ,
SOKOLOVSKIJ DANILOVIC VASILIJ
]]//2°, 149, 150, 1S2, 153,589,590,634
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
SOLAROU PAOLO/,
69
SOLDARELU MARIO
///2°, 106, 328, 955, 957, 959, 988, 990
SoLERI MARCELLO / UJ 0 , SOUNAS GIOACCHINO
1327
90
///2 °, 962
208
SOMAN LUIGI /,
SoMMARIVA, v. SEYSSEL n'Aix e SoMMARIVA VITTORIO SoMozA ANASTASIO
////2°, 185
SOMOZA DEBAYLE ANASTASIO SOMOZA DEBAYLE Loms
////2°, 185
////2°, 185
SONNINO SIDNEY GIORGIO/,
270
///JO, 23, 24 SORICE .ANTONIO
///2°, 237, 849, 850, 851, 853, 874, 884, 885, 886
[///JO, 24 SouLT DE DIEU NICOLAS-JEAN /,
30, 43, 105
////1°, 789 SPAAK HENRY SPAATZ CARL
//UJ 0 , 447, 487
/U2°, 794
////1°, 343, 350, 361, 362 SPANO AGOSTINO
IIU2°, 779, 944
SPATOCCO CARLO
/UJ 0 , 343
///2°, 307, 310, 979 SPEER ALBERT
//l/1°, 27, 236, 240
SPIEDEL HANS
//UJ 0 , 985, 1016
SPIGO UMBERTO
/U2°, 978
291,292,302,331,345,419,498,537,539,541,542, 548,554,570,571,572,573,574,578,586 II/1°, 54, 55, 70
SPINGARDI PAOLO/,
STACCHI ANTONIO
///Il 0 , 44 131
STADION FRANZ VON /,
STALIN, V. DZUGASVILI VISSARIONOVIC loSIF STARABBA m RumNt ANTONIO /, STARACE ACHILLE
[UJ
0
,
275
270, 355
1328
FILIPPO STEFANI
STEFANELLI GIUSEPPE
IIIJ 0 , 343
STEFANI FILIPPO, passim STEFANI STEFANO STEINER PIETRO
III/2°, 256
II/Il 0 , 663
STERNBERG LEOPOLD /, STlLWELL JosEPH
131
IIIIJ 0 , 360
STOLZ, tenente colonnello tedesco
IIl2°, 510, 511
Ill2°, 241, 883, 884, 965 III/1°, 291, 352
STUDENT KURT
STULPNAGEL KARL HEINRICH VON
/I/2°, 359, 360, 361, 363, 364, 385
STUMME GEORGE
STUMPFF HANs JuRGEN STREICH JoHANNES
II/11°, 361
Ill2 °, 304
STRONG WILLIAM KENNETH SUADI YACEF SuHARTO
IIIIJ 0, 342
Il/2°, 817
III/2°, 175
II//2°, 107, 173
SuKARNo AHMED
Il/12°, 173
SULIK NICODEMO
II/11°, 99
SuN Tsu /,
96
II/12°, 136
SuN YAT-SEN
IIIIJ 0, 662, 788, 910, 1017, 1175 III/2°, 638, 781
SUPINO PAOLO
SURACE FRANCESCO SURACI PIETRO
/Ill2°, 780
IIIl2°, 779
SUSLOPAROV IVAN
Il/Il 0 , 361
Suswv ANnREv1c M1cHAIL SUZUKI KANTARO
II/12°, 101
III/1°, 226, 228
SVERNIK MICHAILOVIC NIKOLAJ SYFRET NEVILLE SZTLARD LEO
IIl2°, 532
IIIIJ 0 , 411
II/11°, 428
lNDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
1329
T TABELLINI UGO TAL ABRAHAM
JU2°, 962
JJJ/2 °, 179
TAMBRONI ARMAROLI FERNANDO TANASSI MARTO TARAKI
NuR
JIJ/2°, 198, 199, 246
JJJ/2°, 205, 233, 254, 256, 336, 420, 1102
MoHAMMED
JJJ/2°, 133
707
T ASSONT Grnuo /,
JJJ/1°, 929, 987, 988, 989, 992 JJJ/2°, 10, 15, 19, 20, 21, 22, 23, 253
TAVIANI PAOLO EMILIO
TAYLOR ALAN JOHN PERCTVAL
J, 631
Jl/2°, 825, 826, 827, 828, 851, 872
TAYLOR MAXWELL DAVENPORT
III/1°, 82, 211, 491 nu2°, 145, 110, 186, 574 I //2°, 539, 795 Jl// ] 0 , 238, 239, 240, 286, 343, 350, 362
TEDDER ARTHUR
TELLER EowARD
IIJ/1°, 512 JJ/2°, 97, 110
TELLERA GIUSEPPE
IIJ/1 °, 461 , 480
TEMPLER GF.RAL WALTER ROBERT TENG HSIAO PING TERUZZI ATTILIO
ITJ/2°, 113
JJ/1°, 274
TERZIANI ALBERTO
IJ/2 °, 969
TESTA MESSADAGLIA ALESSANDRO TESTA PIETRO
IJJ/2°, 447
JJJ/2°, 303, 342
THAON Dl REVEL GENOVA GIOVANNI BATTISTA/, THAON DI REVEL PAOLO
152,216,217,218,219,235
JJ/1°, 99, 254
IJ/2°, 866 THOMA WILHELM VON
Jl/2°, 260, 363, 385, 439
THOMPSON LLEWELLYN THOMPSON RoBERT
IJJ/1°, 928
IJJ/2°, 181
THURN VALSASSINA G EORGE /,
60
1330
FILIPPO STEFANI
TIMOSENKO KosTANTINOVIC SEMEN
III/1°, 244, 248, 345
III/2°, 634 TINTI CIPRIANO
III/1°, 662
TIRELU ENRICO
II112 °, 7 81
TITO, v. BRoz JosIP Tnov GuMAN
Illl1°, 412 III/1°, 24, 49, 595, 596, 602
TOGLIATTI PALMIRO
III/2°, 207, 254 TOLBUlllN IVANOVIC FEDOR
III/1°, 250, 258,269,270,271,326,331,334,
346,358 TOMMASO ALBERTO DI SAVOIA-GENOVA, duca
di Genova I, 341,344, 350,
575, 598
III/2°, 184
ToRRES CAMILLo ToRRES Jos~
III/2°, 184 llll1°, 583, 584
TORSIELLO MARIO TOSTI AMEDEO /,
557, 559
TRACCIDA RUGGERO
1111°, 343
TRANIELLO OTTAVIO
ll/2°, 963
TRAVERSI CARLO TREMEAU,
ll[/2°, 638
generale francese 1112°, 546
TREMELLONI ROBERTO TREVES CLAUDIO
ll[/2°, 221, 256, 336
III/1 °, 596
II/1°, 297, 331 542, 561, 565, 578, 604
TREZZANI CLAUDIO
l[[/JO,
TROCHU Loms JULES /, TROTTI ARDINGO /,
30
67, 68, 89
TROTZKU DAVIDOVIC LEV TROUBRIDGE THOMAS
ll/1°, 14, 15
ll/2°, 532
III/1°, 224, 226, 227, 228, 229, 354, 355, 402, 438,439,440,441,442,450,455,471 III/2°, 117
TRUMAN HARRY SPENCER
TRUMBIC ANTON
II/1°, 47
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
JJ]/1 °, 63, 83
TRUSCOTT LUCI AN KlNG TSHOMBE MmsE TUANG CHINH TUCIDIDE,
1331
11112°, 176
JJJ/2°, 170
storico greco I, 96
TUKER FRANCIS
JU2°, 492
TURATI FILIPPO
]11/1°, 596
TURCIOS Lms AUGUSTO
111/2°, 185
u
UHRICH JEAN JACOUES ALEXIS
I, 130
JUl 0 , 46, 47 11111 °, 436, 472, 473 111/2°, 169, 173, 179
ULAM ADAM
IL'Ic VLADIMIR (detto 1111°, 5, 16, 17
UL'JANOV
LENIN)/,
817
11111°, 421, 439, 444 111/2°, 106, 110, 111 ULLOA GEROLAMO
J, 95, 97, 111, 117, 130, 165
m SAVOIA, principe di Piemonte poi re d ' Italia /, 207 1u1°, 342
UMBERTO
1112°, 105, 868 111/1°, 24, 40, 533 URBAN KARL
J, 138
UREY HAROLD CLAYTON
]11/ 1°, 411
]11/1°, 54, 93, 94, 96, 98, 99, 101, 102, 104, 107, 109, 113, 114, 115, 116, 119, 120, 125, 127, 189, 191, 192,194, 206, 209, 662
UTILI UMBERTO
1332
FILIPPO STEFANJ
V VACCARI GIUSEPPE
II/1 °, 66, 97
VACCARO GIUSEPPE
II/Il 0 , 528
VAERST GUSTAV VON
II/2 °, 471, 520
V AILLANT JEAN-BAPTISTE PHILIBERT
IIJ/2°, 439
VALERIO GIUSEPPE
VALFRÉ DI BONZO LEOPOLDO / , VALORI DARIO VANONI Ezm
I, 130
124, 205
IIJ/2°, 254
III/ 1°, 598, 601
V ARDA GIOVANNI
II/1 °, 344
V ASILE
II J/2 °, 639
GIUSEPPE
VASILEVSK.lJ MICHAILOVIC ALEKSANDR
IIUJ
0
,
II/2°, 628, 706
248, 263, 265, 339, 361
VASSALLI SEBASTIANO /, VASSARI ALBERTO
24, 25, 42, 78, 140
II/1 °, 342
TI/2°, 456, 530, 628 IIUJ 0 , 247, 248, 253, 254, 257, 346
VATUTIN FEDOROVIC NIKOLAJ
VAUBAN LE PRESTRE SEBASTIÉN /, VECCHI GIOVANNI
39, 46
II/1°, 343
II/J 0 , 342 1u2°, 868, 937, 938, 939, 941, 982, 984
VECCHIARELLI CARLO
VECCHIETTI TULLIO
IIJ/2°, 254
III/1°, 584 TII/2°, 256,289, 337,378,431,715,716, 723, 781, 796, 1117
VEDOVATO Gurno
VEGEZTO FLAVIO RENATO/, VELEBTT VLADIMIR
96
III/1°, 928
VENDE NBERG ARTHUR HENDRICK VENTURA VITO
IIJ/1 °, 445
III/2°, 779
II/1 °, 342 II/2°, · 143, 218, 869, 887, 965, 966 VESCOVINI ENZO J[[/2 °, 456, 781 VEDRCELUNO MARIO
1333
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
II/1°, 47
VESNIC MILENKO
VETTERLI FRIEDRICH /, VIcIN1 D1EG0
217, 222, 235, 236
nu2°, 779
VmELA RAFAEL
nu2°, 182
lJ/2°, 304, 867, 912, 971, 973 III/1°, 50, 62, 71, 72, 73, 79, 80, 82, 357, 361
VIETTNGHOFF VON SCHEEL HEINRICH
VIGANÙ ETTORE GIUSEPPE /,
283, 345, 537, 538, 539, 559
IJI/2°, 780
VIGLJETTI ANTONIO
IJl/2°, 256,337,380,427,432,447, 1053, 1117, 1126, 1156, I 157, 1158, 1176
VIGLIONE ANDREA
lll/2°, 779
VILIGIARDJ ORESTE
VILLAHERMOSA, V. MANCA-THIESI DI VILLAHERMOSA ERNESTO VILLAMARTINA, V. PES DI VILLAMARINA DEL CAMPO BERNARDINO VINCI SALVATORE VINOY JosEPH
IJl/J, 1017
1, 130
II/1 °, 343 II/2°, 121, 122, 123, 125, 126, 129, 131, 133, 135, 176, 215, 217
VISCONTI PRASCA SEBASTIANO
VITALE GIANCARLO VITALI GIUSEPPE
III/2°, 779
I, 236
VITTORIA, regina del Regno Unito e imperatrice delle Indie 1, VITTORIO EMANUELE I DI SAVOIA, re di Sardegna
89
I , 21, 35, 38, 88, 129
II m SAVOIA, re di Sardegna poi d'Italia I , 73, 89, 92, 118, 124, 125, 133, 134, 136, 138, 205, 233, 263
VITTORIO EMANUELE
VITTORIO EMANUELE tiopia
III DI SAVOIA,
re d'Italia e d ' Albania imperatore d'E-
I, 266, 530
II/2°, 809 III/1°, 24, 531, 533 Vo NcuYEN (detto G1AP)
11111°, 451, 480
Ill/2°, 120, 170, 181 VORONOV NIKOLAEVIC NIKOLAJ
lJ/2 °, 628, 706
III/1 °, 248 VOROSILOV EFREMOVIC KUMENT
III/2°, 107, 173
III/1 °, 428, 472
1334
FILIPPO STEFANI
w WAGNER GERHARD
JII/1°, 361
WANG HANG-WEN
JII/2°, 113
WAVELL PERCIVAL ARCHIBALD WEICHOLD EBERHARD
[[/2°, 90, 91 , 98, 112, 224, 263, 264, 313
JJ/2°, 236, 295, 355
WEICHS MAXIMILIAN FREIHERR VON
IIUJ
0
,
Il/2°, 598,622,658,667, 668, 704, 705
267, 270, 348, 357
WELLINGTON WELLESLEY ARTHUR
Il/2°, 290
nu1°, 116, 789 WELSH WILLIAM
JJ/2°, 531
WELVERT JOSEPH EDOUARD
JJ/2°, 546
WESTMORELAND CHILDS WILLIAM WESTPHAL SIEGFRIED
III/2°, 120, 170, 181
Il/2°, 837, 873, 875, 882, 883, 884, 885
nu1°, 62, 301 WILMOTT H.P.
JJJ/2°, 181
W1LSON HAROLD
/JJ/2°, 146 JJ/2°, 92, 112, 166, 313, 425, 943, 951, 958 63, 121
WILSON MAITLAND HENRY
1u1°, 40, 44,
so,
WILSON WOODROW WIMPFFEN FRANZ /,
JJ/1°, 6 133
WINGATE ORDE CHARLES
JJJ/1°, 356
WINTORTON W1LLOUGHBY TuoMAs JoHN
269 1u1°, 47, 48 /JJ/] 0 , 408, 410, 473, 474, 525, 526 IIU2°, 173
WJSE SIDNEY /,
WITTGENSTEIN ALOIS ADOLF /, WITZLEBEN ERWIN VON WOCHER GUSTAV / , WOEHLER OTTO WoLFF KARL
26
II/Il 0 , 342
60
[[JIJ 0 , 357
IJJ/1°, 28, 50, 361
JII/1°, 965
INDICE DEI NOMI DI PERSONA CITATI NELL'OPERA
WRANGEL NIKoLAEVIc PETER WRATISLAW EuGEN /,
1u1°, 14
60
WRIGHT ORVILLE /,
268
WRIGHT WILBUR /,
268
y
JJU2°, 113 MARco ANTONIO JJJ/2°, 185
YAO WEN-YUAN YouoosA
z TTT/2°, 253, 256 1u1 °, 343
ZACCAGNINI BF.NIGNO ZAccoNE ERNEsTo
ZACHAROV VASIL'EVIC MARVEY
JJ/ J 1u2°, 301, 310
ZAGLIO PIETRO
ZALESSI CESARE,
0
,
JJJ/1°, 346
343
JU2°, 102
ZAMBELLl ANDRE A, / , ZAMBON BARToLo,
25, 42
1u2°,.310
ZAMOYSK.I LADISLAO, /, ZANGHlERI GIOVANNI, ZANI FRANCESCO,
66
JJ/2°, 634, 641, 643, 695, 862, 963
Il/1°, 343
JJ/2 ° 964 ZANoNE VALERio
uu2°, 256
ZANNINI LucURGO
JUJ 0 , 343
JJ/2 °, 968 ZANUSSI GIACOMO
JJJ/J O, 1016
JU2 °, 818, 819, 820, 821, 871
1335
1336
FILIPPO SfEFANI
ZARO GIANFRANCO
II/2°, 447, 1176
ZAVATTARO ARD1zz1 PIERO
III/2°, 638, 780
II/2°, 531 III/1°, 251, 346
ZEITZLER KURT
ZIEGLER HEINZ
II/2°, 473, 475, 546
ZINGONE VITTORIO
II/2°, 104
II/1°, 342 1u2°, 328, 555, 647, 687, 796
ZINGALES FRANCESCO
ZOBEL THOMAS FREDERICH DE /, Zou ADONE
31
III/1°, 659
ZOPPI GAETANO ZOPPI OTTAVIO
I, 613
II/1°, 298, 299
ZUARRA EDOARDO
II/2 °, 307
[l/2°, 530, 628, 680 [[[/1~ 80, 85,248,254,258,263,265,272,320,321,335,336,357, 358,362,428,429,473 IIU2°, 634
ZUKOV KOSTANTINOVIC GEORGU
ZUPPELLI VITTORIO/,
456, 554, 573
1u1°, 90 ZWHEL,
generale tedesco I, 621
INDICE GENERALE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Pag.
3
CAPITOLO LVII - RISTRUTIURAZIONE E
RIDIMENSIONAMENTO NELLA SECONDA META DEGLI ANNI CINQUANTA
1. L'esercito di qualità e l'organizzazione scolastico-
2. 3. 4.
5. 6. 7.
addestrativa . ....... ..... ......... . .. ..... . . . La difesa militare territoriale ................ . L'organizzazione centrale ...... .............. . Le grandi unità e l'organizzazione del comando operativo ...... ... ... .................. .... .. .. . La fanteria, l'artiglieria, il genio, l'aviazione leggera dell'esercito, i servizi ..................... . Riduzione e riassetti vari ...... ... .......... . . Considerazioni conclusive sul nuovo ordinamento
))
5
))
11
))
19
))
26
))
))
))
34 42
46
CAPITOLO LVITI· GLI AVVENIMENTI INTERNAZIONALI NEL VENTENNIO Ì960-1979
1. 2. 3. 4. S. 6.
7. 8. 9.
10.
La fine degli anni cinquanta ...... ........... . Gli Stati Uniti ....................... ....... . L'Unione Sovietica ....... . ........... ...... . . La Cina . ......... . ...... . ........... ...... . . La guerra del Vietnam ...................... . La guerra dei sei giorni e la guerra del Kippur . La guerra indo-pakistana e l'invasione sovietica dell'Afghanistan . . ... . ...... . . . .. . . . . ......... . . La guerriglia ed il terrorismo ............. . .. . La strategia globale dell'Unione Sovietica e la strategia miliare dei due blocchi ... . ... . . ........ . Il progresso degli armamenti e degli equipaggia1nenti ......... . .. .... .... .. .. .. . . . ... . .. .. . .
»
85
»
89
»
101 110 116 124
» )) ))
»
130 135
»
143
))
154
))
1338
FILIPPO STEFANI
11 . La crisi economica e quella morale . . .... . .... . 12. La situazione politico-militare alla fine degli anni settanta .................................... .
»
157
))
166
))
195
))
199
CAPITOLO LIX - L'ITALIA E LA QUESTIONE MILITARE NEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA
1. Il boom economico della fine degli anni cinquanta 2. La prima fase della politica di centro-sinistra (luglio 1960 - febbraio 1972) .......... . .......... . 3. La seconda fase della politica di centro-sinistra (luglio 1973 - giugno 1976) ...................... . 4. La situazione di emergenza degli anni settanta . 5. La politica estera, la politica di difesa e la politica
militare ........................... . ..... ... . 6. L'o rdinamento dell'area tecnico-operativa e di quella tecnico-amministrativa della difesa ed i principali provvedimenti d'interesse interforze ...... . 1. Il punto di rottura delle forze armate e la risLrutturazione ..................................... . 8. La politica della distensione ................. .
))
))
205 208
))
217
))
223
))
240
))
243
))
291
CAPITOLO LX - ORGANIZZAZIONE TECNICO-OPERATIVA CENTRALE, SCOLASTICO-ADDESTRATIVA, TERRITORIALE, LOGISTICA DAL 1960 al 1975
1. Le assegnazioni di bilancio ........... . ...... . 2. Lo stato maggiore, gli ispettorati d'arma e i servizi tecnici ...................................... . 3. Istituti scolastici, C.A.R. e B.A.R. ............. . 4. L'iter formativo dei quadri ......... . .... .. ... . 5. Gli organici degli ufficiali e dei sottufficiali ... . 6. Le strutture territoriali .................... .. . 7. L'organizzazione logistica ..... ..... .... ... ... . 8. Considerazione riassuntiva .. ....... .. ...... .. .
))
))
))
))
))
))
))
295 300 310 318 324 332 334
1339
INDICE GENERALE
CAPITOLO LXI - LA COMPONENTE OPERATIVA DAL 1960 AL 1975
Quadro d'insieme .. ....... ................ . . . Le grandi unità di fanteria ................... . Le grandi unità corazzate e meccanizzate .... . . Le brigate alpine ... ......................... . La brigata paracadutisti .................... . . La brigata missili e la brigata di artiglieria ... . L 'artiglieria contraerei ....................... . Le unità di arresto .......................... . Il reggimento lagunari ........... . .. ....... .. . L'artiglieria, il genio, le trasmissioni e l'aviazione leggera ........ . ............ ................ . 11. La linea di comando ................ ... . .... . 12. Considerazioni riassuntive .... . .............. . 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
))
))
))
))
))
))
» ))
))
))
» ))
377
383 388 395 398 400 402 404 407 408 415 421
CAPITOLO LXII- DOTTRINA E TATTICA DALLA FINE DEGLI ANNI CINQUANTA ALLA SERIE DOTTRINALE 700
1. Generalità .............................. . .. .. 2. La pubblicazione n. 601: Memoria sull'azione difen-
3. 4.
5. 6.
7.
8.
siva con impiego di armi atomiche in terreni fortificati di pianura e collinosi ........... ...... .. La circolare n. 1400: la manovra in ritirata ..... La circolare n. 4620: i risultati del ciclo di esercitazioni sull'azione offensiva in terreni di pianura e collinosi con impiego di armi atomiche ........ La pubblicazione n. 2400: il gruppo tattico di fanteria ....... .. ..... .. .......................... La pubblicazione n. 1400: il gruppo tattico corazzato .. ...................... .. ................. La pubblicazione n. 2300: procedimenti di azione della compagnia fucilieri e la pubblicazione n. 1250: lineamenti di impiego delle minori unità carri . La pubblicazione: il centro di coordinamento del fuucu .................................... . .. .
))
))
))
493
495 498
»
502
))
508
))
522
»
534
))
541
1340
FILIPPO STEFANI
9. La pubblicazione n. 7200: impiego dell'aviazione leg-
gera dell'esercito ................ . ........... . 10. Il N.O. T.L. edizione 1962 .... ........ . ........ . 11. Regolamenti ed istruzioni varie ....... ....... .
» » »
545 547 551
CAPITOLO LXIII - LA SERIE DOTIRINALE 700 (PARTE PRIMA) 1. Origine della serie 700 ...... .. ............ ....
2. Generalità sulle operazioni .................... 3. la battaglia offensiva ....................... .. 4. La battaglia difensiva: la manovra d'arresto ... .
5. La battaglia difensiva: la manovra di logoramento 6. La ballaglia difensiva: la manovra in ritirala ... 7. La circolare 10.210/221.82: l'impiego della brigata di fanteria ................................. - . - .
))
))
))
))
))
))
573 579 589 604 619 622
))
623
»
627
»
641 650 666
8. La circolare 10.400/221.182: spunti ed ammaestra-
menti tratti dalle esercitazioni dell'anno 1965 ..
CAPITOLO LXIV - LA
SERIE DOTIRINALE 700 (PARTE SE-
CONDA)
1. Le pubblicazioni 710 e 720 ................... . 2. la divisione di fante ria ................ . ..... . 3. La divisione corazzata ....................... . 4. Il raggruppamento di fanteria ed il raggruppamento corazzato .................... ...... ...... ... . S. La brigata corazzata e la brigata meccanizzata . 6. La dottrina logistica ......................... .
» ))
))
» »
680 688 694
CAPITOLO LXV· LA SERIE DOTTRINALE 700 (PARTE TERZA)
Il completamento della serie dottrinale 700 .... La nuova fisionomia organico-tattica dei battaglioni La circolare 1510/221.22 del 1 ottobre 1967 ... .. . Le pubblicazioni sui gruppi tattici ............ . 5. Il gruppo tattico di fanteria al livello di baLtaglione ................................. . . .. .. ... .
1. 2. 3. 4.
» » ))
»
))
715 717 723 727
731
1341
INDICE GENERALE
6. Il gruppo tattico alpino al livello di battaglione 7. Il gruppo tattico paracadutisti al livello di battaglione .. . ............... . ........................ 8. Il gruppo tattico corazzato al livello di battaglione 9. Il gruppo tallico lagunare al livello di battaglione 10. L'impiego delle aviotruppe .................... 11. L 'elitrasporto tattico e logistico ...... ... .. .... 12. Considerazioni sulla serie dollrinale 700 .......
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CAPITOLO LXII - LA REGOLAMENTAZIONE D'ARMA DAL 1965 AL 1975
I. Le norme per l'addestramento individuale al combattimento ........ .. ........................ . 2. Le pubblicazioni riguardanti i proèedimenti tecnicotattici delle minori unità di fanteria .......... . 3. La compagnia fucilieri ............. .. . . ...... . 4. Il plotone fucilieri ........ .. .... .. ........... . 5. La squadra assaltatori ................ ....... . 6. La compagnia fucilieri meccanizzata e la compagnia di arresto .............................. . 7. Istruzioni tecniche varie ed istruzioni sul tiro del['artiglieria contro obiettivi terrestri ......... . . 8. L'artiglieria nel combattimento .... .......... . 9. La cooperazione arma base-artiglieria ......... . 10. La pianificazione del fuoco .......... ........ . 11. I comandi e le unità d'impiego dell'artiglieria .. 12. Il genio nel cumballimento ... ............... . 13. Le unità d'impiego del genio .............. ... . 14. L'impiego e l'organizzazione delle trasmissioni 15. Le istruzioni tecniche, le norme di funzionamento dei centri di trasmissione e la unità di impiego delle trasmissioni ..... .......... .. .... ......... . 16. Le pubblicazioni dell'ispettorato A.B.C. e dell'ufficio dell'ispettore dell'A.L.E. .................. .
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FILIPPO STEFANI
CAPITOLO LXVII - LA SERIE DOTTRINALE 800 1. La strategia della risposta flessibile ........... .
2. La pubblicazione 800 ............ ... ......... . 3. Il quadro operativo strategico della 800 ....... . 4. La battaglia offensiva ........... . ........... . 5. La battaglia difensiva ......... . ............. . 6. La manovra in ritirata ....................... . 1. La divisione di fanteria (pubb. 810 della serie dottrinale) ..................................... . 8. La brigata alpina ................. ..... ...... . 9. La divisione corazzata ...................... . . 10. La nuova organizzazione di comando e le innovazioni nelle procedure ........................ . 11. La validità del rinnovamento dottrinale 800 ... .
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CAPITOLO LXVIII - LA VIGILIA DELLA RISTRUTIURAZIONE 1. La situazione internazionale e quella italiana nella
prima metà degli anni settanta ............... .
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2. Divario tra compiti e disponibilità di mezzi per
adempierli .................................. . 3. La componente operativa .................... . 4. L'organizzazione centrale di comando e di gestione .......................................... . 5. Il personale ..... . ..................... ... ... . 6. L'addestramento ............................ . 1. Le innovvazioni della tecnica addestrativa e della
terminologia e la standardizzazione delle procedure .......................................... . 8. La logistica ................................. . 9. La condizione militare ....................... . 10. L'esigenza della ristrutturazione .............. .
CAPITOLO LXIX -
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LA RISTRUTTURAZIONE
1. / fattori che condizionano l'operazione ....... .
2. Il documento di base della ristrutturazione ... .
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INDICE GENERALE
3. La ristrutturazione dell'esercito di campagna ... a) dimensioni e caratteristiche b) ordinamento ed organici c) armi ed equipaggiamenti 4. Le riforme de ll'organizzazione scolasticoaddestrativa . ...... ................. . ..... .. . 5. La ristrutturazione dell'organizzazione territoriale e logistica .................................. . 6. la ristrutturazione dell'area tecnico-operativa centrale dell'esercito ............................ . 1. Considerazioni riepilogative sulla ristrutturazione
CAPITOLO LXX - L'ESERCITO
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RISTRUTIURA TO
1. Prontezza operativa, mobilità, potenza di fuoco 2. Il nuovo-vecchio modello ordinativo ..... . .... . 3. La fanteria e la cavalleria ... ............... . . 4. L'artiglieria ............ ... . ................. . 5. Il genio ........... . ... ....... ............... . 6. Le trasmissioni .... ...... ........ . .......... . 7. Considerazioni conclusive .............. .. .... .
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Epilogo ..................... .. .............. .
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Indice dei nomi citati nell'opera ...... .......... .
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Indice generale ..... .... ......... ............. .
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