STATO
MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
FILIPPO STEFANI
LA STORIA DELLA DOTTRINA E DEGLI ORDINAMENTI DELL'ESERCITO ITALIANO VOLUME I DALL'ESERCITO PIEMONTESE ALL'ESERCITO DI VITTORIO VENETO
ROMA 1984
INTRODUZIONE
La presente opera, suddivisa in tre volumi, tratta principalmente della dottrina d'impiego e degli ordinamenti dell'esercito italiano dalla sua nascita ufficiale (4 maggio 1861) ai nostri giorni. Prende altresì in esame il precedente periodo di gestazione che si può far risalire al 30 maggio 1815 - 46 anni prima - a quando cioè H re di Sardegna potè ripristinare la sua sovranità sul ducato di Savoia, sul Piemonte e sulla Liguria. Diversamente il discorso sarebbe stato incompleto e forse quasi inintel1igibile perché l'esercito italiano naoque dall'armata sarda e ne conservò a lungo le caratteristiche genetiche e fisionomiche. La conoscenza storica delle fasi cronologicamente più lontane è, infatti, indispensabile alla coscienza critica del presente e sarebbe errato sottovalutarne l'importanza. La tattica e l'organica sono due branche della scienza militare che è rigidamente unitaria. Tra le due esistono correlazioni e rapporti di interdipendenza serrati, ma più che di tipo madrefiglia - come spesso si afferma e come può sembrare naturale in linea teorica - di gemellanza. L'una richiama, infatti, necessariamente l'altra ed entrambe, a loro volta, sono soggette, al pari della strategia, alla logistica che determina il braccio e la durata delle operazioni. Ne consegue che se le teorie circa la guerra possono consentire astrazioni filosofico-speculative, la s trategia, la tattica, ,} 'organica, la logistica, l'arte del comando non sono discipline al di là dei dati dell'esperienza, ma branche di una scienza che, oltre ad essere unitaria, è positivistica e sperimentale o quanto meno empirica, fondandosi sulla conoscenza dei fatti e ripudiando ogni forma metafisica. La difficoltà che oggi s'incontra nella definizione di una strategia valida per l'epoca nucleare e spaziale dipende in buona parte dalla mancanza di dati empirici, mentre abbondano quelli scientifici e tecnici. Tali
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peculiarità della scienza militare invalidano ogni esame o studio a sé stante di una delle varie branche qualora la si separi mentalmente dalle altre. Le possibilità di verifica della validità delle teor,i e militari sono offerte dalle esercitazioni del tempo di pace e dalle g1,1erre: tanto più numerose, accurate e approfondite le prime, tanto maggiore la rispondenza dell'intero apparato militare al campo di battaglia, purché naturalmente dottrina e ordinamenti d'impiego siano in piena aderenza al progresso scientifico-tecnico dei mezzi materiali e questi siano disponibili numericamente e qualitativamente almeno in ragione dell'indispensabile. La guerra è il migliore campo di collaudo delle istituzioni militari; il male è che essa non concede molto tempo per modificare, correggere, sostituire. La storia delle dottrine e degli ordinamenti del passato è, perciò, la storia delle guerre durante le quali quelle dottrine e quegli ordinamenti furono applicati. Ecco il p erché questo libro dedica molto spazio alle varie guerre e battaglie alle quali l'esercito italiano - e prima ancora l'armala sarda - ha partecipato in circa 122 anni di vita. Ovviamente i risultati positivi o negativi della dottrina e degli ordinamenti non dipendono soltanto dalla loro efficacia e validità intrinseche; se i capi ed i gregari ignorano le norme e non sono sufficientemente preparati ad applicarle, non è la bontà del sistema che entra in discussione, ma l'insufficienza, più o meno grave, dell'addestramento o l'incapacità morale e professionale dei capi. Una cattiva dottrina ed un cattivo ordinamento non consentono in partenza il raggiungimento di obiettivi remunerativi o, nella migliore delle ipotesi, lo fanno pagare a prezzo molto elevato ed alla lunga insostenibile; ma la mancanza dell'addestramento vanifica le migliori concezioni tattiche e ordinative ed annulla, qualora esista, la stessa superiorità quantitativa e qualitativa degli uomini e dei mezzi materiali. Parti ti con l'idea di scrivere la storia delle dottrine e degli ordinamenti, ci siamo subito convinti che essa non avrebbe avuto sen· so se non vi avessimo inserito almeno gli elementi fondamentali dello sviluppo degli armamenti e degli equipaggiamenti e non avessimo fatto riferimento di volta in volta al grado di professionalità dei capi e dei gregari ed al livello dell'organizzazione logistica destinata a sostenere ed a condizionare le varie operazioni. Sebbene centrato sulla tattica e sull'organica, il discorso che abbiamo inteso condurre è molto piL1 ampio, non solo per-
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ché abbiamo voluto dedurre i giudizi di validità o di menomazione delle dottrine e degli ordinamenti dalle esperienze di guerra, ma perché abbiamo voluto premettere alla narrazione dei fatti militar i brevi cenni sommari circa la situazione culturale, politica, economica e sociale nella quale essi maturarono. La storia militare non vive un'esistenza indipendente, ma è parte di quella della nazione e dell'intera società umana. Non esistono branche a sé stanti della scienza militare - la suddivisione è solo un espediente didattico - così come la s toria di una nazione è una ed una sola e, sebbene sia spesso necessario e legittimo centrare l'attenzione su di uno piuttosto che sugli altri aspetti, la storia va trattata come un tutto e non sotto forma di concezioni separate di storia politica, economica, sociale, militare, ccc. E' solo nella globalità del quadro che ci si avvicina di più alla raffigurazione r ealistica di un s uo aspetto pa rticolare, benché le rassegne generali semplifichino eccessivamente e tendano a schematizzare ed a dedurre p r incipi e regole universali ed intenti disciplinari che vanno invece u sati con molta prudenza ne ll'interpretazione della storia generale e, in particolare, di quella militare. Il modello tenuto presente è s tato que llo di accennare agli altri aspetti del quadro globale, richiamarne in nota i più salienti, senza però andare incontro a d un eccessivo diradamento del tessuto con nettivo dei fatt i essenziali presi in esame. Oggi che la guerra coinvolge l'intera società civile e ch e la direzione s uprema di essa è affidata a civili e non a militari, è essenziale che lo studio della storia de lle guerre e delle istituzioni militari s i estenda dall'interesse professionale dei soldati di carriera e quello dei politici, degli uomini di cultura, dei dirigenti indus triali, degli uomini di affari, degli amministratori, d egli stessi ecclesiastici. I principi ed i criteri che guidano la formulazione delle dottrine d'impiego e degli ordinamenti delle forze armate appartengono alla sfera di competenza dei militari, ma le decisioni che hanno la maggiore importanza ai fini dello sforzo bellico spettano ai detentori del potere politico, economico, industriale, commerciale e sociale della nazione. L'avversione per le cose militari, particolarmente spinta in Italia, ha impedito od ostacolato, in tutti i periodi postr isorgimentali, non solo la formazione di una coscienza militare dei cittadini - la quale non contrasterebbe e tanto m eno sarebbe l'antiteto dell'ideale di pace - , ma anche la definizione di una seria e salda
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linea di politica militare armonizzata con quella della politica estera. E ' sorprendente rilevare come l'Italia, da quando si costituì in Stato libero e indipendente, pur avendo condotto due guerre per il completamento della sua indipendenza (1866, 1870), scatenato tre guerre coloniali (Eritrea, Libia, Etiopia), partecipato alle due guerre mondiali, non abbia mai sincronizzato le due politiche ed abbia affrontato le varie prove belliche avventurosamente, in condizioni di miserevole impreparazione diplomatica e militare. Ciò vale in particolare per la seconda guerra mondiale, ma è vero a nche per tutte le altre, sia per quelle intraprese di iniziativa, sia per quelle alle quali fu deciso di partecipare con libera scelta. Il ripudio della guerra sancito dalla Costituzione e la decisa e robusta volontà di pace dell'intera nazione non sono garanzie sufficienti a stornare il pericolo di una guerra fu tura alla quale il Paese potrebbe venire costretto dalla volontà di altri. Le amar e esperienze del passato non dovrebbero indurre ad alimentare l'antimilitarismo o l'amilitarismo, che stanno a cuore a i pacifisti non ai veri costruttori della pace con giustizia e li bcrlà , ma viceversa a far riflettere i responsabili sulle sciagure e su i disastri derivati dalla mancata convergenza tra la politica estera e la politica militare. Chissà se verrà mai il giorno del disarmo; non serve ripetere che tutti desideriamo che giunga e che dobbiamo adoperarci per il suo conseguimento; è solo indispensabile prendere atto che per ora nessun segno lascia presagire il suo arrivo vicino o lontano. La storia militare non solo continua a svolgere il suo ruolo tradizionale di narrazione dell'evoluzione del pensiero militare, ma diventa d'importanza vitale per tutti coloro che ha nno la responsabilità morale, politica e tecnica di evitare la guerra futura e nel contempo di preparare la nazione a combatterla qualora inevitabile. Oggi è estremamente arduo individuare il perenne della scienza e dell'arte militare. L'entrata della società umana nell'era nucleare e spaziale - le conquiste spaziali incidono sulla politica e sulla stra tegia non meno di quella dell'energia nucleare - ha prodotto una rivoluzione, non una semplice svolta. Se il Clausewitz rinascesse e dovesse r iscr ivere oggi il V om Krieg dovrebbe rifare da cima a fondo il suo libro, ma non per questo ripudiare tutte le sue concezioni. Basti pensare, per limitarci a quelle più evidenti, alla t eoria del primato della politica sulla visione angustamente militare della guerra, a quella
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della importanza dello spirito introdotto nella guerra dalle rivoluzioni politiche, a quella dello stretto nesso tra le forze sociali ed economiche da un lato e la potenza militare dall'altro, a quella del carattere assoluto della guerra e così via. A quest'ultimo riguardo - carattere assoluto ,della guerra - il Clausewitz, contrariamente ad alcuni discepoli che ne distorsero il pensiero, volle esprimere un concetto astratto valutando che in pratica la guerra avrebbe dovuto rimanere sempre lontana dall'essere un fenomeno assoluto perché diversamente sarebbe stata « una cosa senza senso priva di un oggetto ». Del pari nel passo in cui egli sostenne che la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi - passo chiave per l'interpretazione di tutta la sua dottrina - egli non solo affermò la supremazia della politica, ma intese sottolineare implicitamente l'estrema gravità della guerra, altrimenti non avrebbe scritto più avanti che « se la lotta sanguinosa forma un terribile spettacolo, ciò valga a far meglio riconoscere tutta la gravità della guerra». Permane, dunque, anche nell'era nucleare e spaziale, l'esigenza di continuare a guar-d are indietro, perché fa storia è prodiga di lezioni e di orientamenti validi per il presente e per il futuro. L'importante è conoscere e comprendere che cosa oggi - e ancor più domani - c'è di diverso rispetto a ieri. E' - ed è sempre stato - fuorviante ricercare nella storia militare i modelli e gli schemi strategici, tattici, ordinativi, logistici, procedurali validi per il futuro. Ma l'ignoranza delle esperienze passate pesa negativamente sulle d ecisioni da prendere, diverse e rivoluzionarie che siano, più di altri fattori. Non basta conoscere il presente, sforzarsi di immaginare il futuro e valutare le situazioni sulla base dei nuovi strumenti bellici disponibili od in fieri, ma è essenziale rifarsi al passato, non tanto per apprendere ciò che si può e si deve fare in una eventuale guerra futura, quanto ciò che non si deve fare. In tal senso, la storia militare in genere, quella ,dell'esercito italiano in particolare, è la più generosa dispensatrice di esempi. Mai come oggi un'altro grande insegnamento del Clausewitz va meditato ed applicato: il ripudio delle concezioni intellettualistiche e formalistiche e dei rigidi schemi da manuale. Ciò vale per la strategia e naturalmente molto di più per la tattica e per gli ordinamenti. Non è mai esistita una strategia che potesse assicurare il successo; oggi non si riesce neppure a sbrogliare la matassa intricata di opinioni e ragionamenti che si sentono sulla strategia contempo"
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ranea e dell'immediato futuro. Alcuni dei vecchi princ ipi sembrano conservare validità nonostante le mutate situazioni e risultano applicabili ancora sia nella guerra ae ro-tcrrest re sia in quella aero-navale; altri sono messi in discussione od in te rpre tati diversamente. L'elenco dei principi strategici formula lo da i vari autori nei diversi periodi o paesi non è mai stato univoco, ma vario in qualche misura nell'enunciazione e nel numero de i principi stessi. Quelli che i sovietici chiamano i « fallori o peranti in permanenza » non coincidono esattamente con i principi ancora in auge ne l mondo occidentale. D'altra parte, i principi della strategia non sono mai stati, e non possono essere, regole obbligate come quelle che si applicano in un gioco, perché la loro osservanza è sempre condizionata da res tri zio ni e d eccezioni e c'è sempre bisog no , da parte di chi intenda utilizza rli, di notevole capacità di discernimento. Più che guide a ll'azione, come li intese lo stesso Clausewitz, i principi vanno rite nu ti indicazioni sperimentate circa quello che sarà proba bilme nte il risultato di un certo tipo di comportamento. La tattica e gli ordinamenti che esigono di per sé una grande fl essibilità - essendo la loro applicazione legata all'incessante progresso tecnico dei mezzi, a circostanze di luogo e di ambiente naturale, a lle caratteristiche del terreno di azione, ai rapporti di forza ed alle relazioni con il piano complessivo della manovra del comando superiore - non hanno, e non possono avere, regole fisse onnicomprensive che coprano tutti gli aspetti di una manovra o di un dispositivo. Gli s tessi criteri di carattere generale ch e informano le dottrine tattiche e che presiedono a lla definizione delle strullure ordinative ed organiche, oltre che mutabili nel tempo, possono non essere applicabili a d o gni situazione d ata. Vanno intesi come ausili a lla progettazione, organizzazione e cond otta di una azione tattica od all'adozione di un ordinamento tattico piuttosto di un'altra; essi richiamano le condizion i generali che, se presenti, aiutano a conseguire il successo. I manuali di tattica e di organica sono soggetti a continui aggiornamenti quando non anche a rep entine invers ioni di tendenze. Ciò che s i modifica di meno e solo in consegu en za della comparsa di nuove armi e di nuovi mezzi o dell'incremento di prestazioni di quelli già presenti sul campo di battaglia, è la tecnica d'impiego, la quale è condizionata da norme rigide circa l'utilizzazione di una determinata arma o di un determinato mezzo, perfettibili e non modificabili fino a quando l'arma od il mezzo è
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operativo. Anche la piccola tattica è soggetta a mutazioni benché goda di una stabilità maggiore di quella della grande tattica. Le considerazioni del precedente capoverso potrebbero indurre alcuni a pensare che la rivoluzione apportata dalle conquiste nucleari e spaziali rendano vano ed inutile lo studio delle dottrine e degli ordinamenti del passato ed esigano, anzi, il loro sotterramento perché potrebbero accrescere la nebbia esistente, anziché aiutare a diradarla. Non è così. Non v'è dubbio che il primo obiettivo della politica e della strategia nell'era nucleare e spaziale sia quello di impedire la guerra. Lo sviluppo di mezzi suscettibili di provocare la distruzione universale ha prodotto un'inversione quasi totale di alcuni concetti cd ha rivoluzionato la politica, la diplomazia, la strategia e la stessa tattica. Non v'è dubbio n e ppure che una strategia militare per impedire la guerra sia molto diversa da quella diretta a vincere la guerra. L'adozione d i misure non militari per evitare la guerra è un obiettivo attraente per molti, ma tutte le proposte d el genere presuppongono un grado di fiducia reciproco tra le nazioni tuttora inesistente. Fino a quando non sarà stato trovato il mezzo per risolvere il problema ùel disarmo controllato nucleare e convenzionale e quello della sicurezza, mentre devono essere portati avanti tutti gli sforzi per sciogliere i nodi dei due problemi, la strategia militare deve essere mantenuta in essere e deve continuare ad occupa rsi, come ha sempre fatto, del sistema militare e della sua adattabilità alle nuove situazioni la cui evoluzione sinora ci sfugge . Proprio per il fatto che il compito delle forze militari, nucleari e non, non deve essere più considerato dal punto di vista del loro impiego sul genere delle guerre passate, ma sotto quello di p revenire la guerra, è ,più necessario di sempre che capi politici e militari studino a fondo, non solo il valore tecnico delle armi, ma quello politico e psicologico, per definire le basi logiche delle funzioni da assegnare alle forze militari al giorno d'oggi: una funzione duplice in relazione al fatto che vi sono « forme di guerra che si preparano per quindi combatterle e quelle che si preparano per poi evitarle » (Beaufre). La prepar azione simultanea di due forme estreme di guerra, classica e nucleare, accresce la esigenza di conoscere quanto meno che cosa non deve essere fatto per non trovarsi impreparati all' una od all'altra o ad e ntrambe. Da qui il g rande sforzo culturale e di immaginazione richiesto ai capi militari per l'eia.
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borazione delle dottrine strategiche e tattiche e per la definizione degli ordinamenti idonei a mantenere un apparato militare corretto, vale a dire che abbia forze armate adeguate ad entrambe le forme di guerra, equilibratamente dosate nelle componenti, dotate di armi operativamente efficaci e numericamente sufficienti, proporzionate al livello massimo che il Paese può permettersi, anche affrontando gravi sacrifici, senza naturalmente distruggere la potenzialità finanziaria ed economica dell'intera nazione. Non c'è chi non veda quanto possano giovare a tali fini le esperienze passate. Può darsi che qualcuno ci accusi di dare un valore riduttivo alla storia militare quando affermiamo che essa conta più per quello che insegna a non fare che per quello che suggerisce di fare. Il nostro pensiero è del tutto opposto. La storia militare è, a nos tro avviso, il mezzo migliore per far riflettere chi deve decidere e per addestrare chi deve condurre e combattere la guerra alla valutazione della strategia, delle tattiche, delle istituzioni e dell'organizzazione militare in generale, attraverso la moltiplicazione delle esperienze. Che le dottrine e gli ordinamenti abbiano subito e continuino ad essere suscettibili di numerosi mutamenti anche immotivati per effetto del progresso scientifico-tecnico e dell'evolversi della società - un aspetto questo ultimo spesso non sufficientemente approfondito - è senza dubbio un fatto molto importante. La dottrina e gli ordinamenti diventano sempre meno stabili. Oggi un esercito anacronistico verrebbe spazzato via come foglia dal vento e non resisterebbe lo spazio di un mattino. La storia militare è l'ammonitrice più severa contro il conservatorismo militare, la lentezza nel modificare i criteri e le modalità d'impiego, le riluttanze all'introdurre innovazioni disponibili negli ordinamenti e negli organici, i ritardi nell'approvvigionamento di armi e di mezzi nuovi o sostitutivi di quelli vetusti, l'isolamento dei militari di professione nei confronti della società civile, l'enfasi eccessiva circa le tradizioni, la pigrizia intellettuale e l'ignavia. Le fonti delle quali ci siamo serviti per esporre la tematica tattica e addestrativa sono state le pubblicazioni ufficiali edite dal ministero della guerra, dal corpo di stato maggiore e dallo stato maggiore dell'esercito. Di proposito abbiamo evitato di estendere l'esame ai commenti ufficiosi ch e di molte di tali pubblicazioni vennero fatti di volta in volta sulla Rivista Militare cd ai dibattiti, invero rari, che si svolsero anche su
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altre riviste con intenti apologetici o critici. Abbiamo omesso persino di rileggerli per nostro conto, non certo per presunzione - non ne abbiamo nessuna - ma perché il nostro intento è s tato quello di far parlare direttamente i testi ufficiali, chiosandoli quando ci è parso necessario, od opportuno, o quando ne siamo stati capaci, sia pure con il senno di ,poi, ma non senza confrontare il pensiero militare delle regolamentazioni ufficiali coeve degli altri eserciti europei (francese, tedesco, russo, austriaco). Il nostro intento, così procedendo, è stato duplice: offrire direttamente al lettore, ora riportando alla lettera i testi originali, ora riassumendoli con fedeltà al pensiero espresso, un'ampia antologia della regolamentazione d 'impiego e di tecnica d'impiego dell'armata sarda e dell'esercito italiano, analiti camente bastevole per trarne giudizi personali (magari diversi dai nostri); raccogliere in ordine cronologico e logico ciò che è sparso nelle molteplici pubblicazioni (oltretutto difficilmente rt!pt!ribili fuori ùdl'ufficio storico dello stato maggiore dell'eserci to) dei vari periodi in modo da facilitare chi volesse compiere uno studio critico più approfondito dello sviluppo del pensiero militare ufficiale sull'impiego nella battaglia delle forze aeroterrestri. In tale studio potrebbero essere meglio penetrate le ragioni che ostacolarono il processo di elaborazione e di formulazione di una dottrina strategica e tattica meno svolazzante o serpeggiante, meno soggetta ad improvvisi cambiamenti di direzione non determinati dalle leggi del progresso scientifico e tecnico, anzi in ritardo rispetto a queste ultime, meno impregnata di pr:ovincialismo, di conservator ismo, di intellettualismo acquoso. Gli ostacoli furono sempre numerosi e taluni insuperabili - si pensi a l costante divario tra politica estera e politica militare, tra esigenze e disponibilità per fronteggiarle - ma non v'è dubbio che in materia di teorie ufficiali circa la guerra, la strategia e la tattica, l'armata sarda prima e l'esercito italiano poi non possono vantare primati ,d i originalità e posizioni di avanguardia. Vi furono pensatori illustri - qualcuno di fama mondiale - ma trovarono scarso credito negli ambienti ufficiali, quando non furono del tutto ignorati o addirittrua messi al bando. All'esposizione cronologica e critica della dottrina di impiego abbiamo abbinato quella riguardante la normativa circa la preparazione professionale dei quadri e l'addetramen to del soldato e delle unità. A riguardo ci fu un grande divario tra la 0
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teoria e la pratica: eccellente la prima, del tutto carente la seconda. La costante del basso livello addestrativo, comune all'armata sarda cd all'esercito italiano, è stata, come vedremo, una delle malattie più gravi che ha cronicamente debilitato la efficienza operativa dell'una e de ll'altro, anzi più di questo che di quella. Ad essa hanno supplito spessissimo le qualità e le virtù del soldato italiano, misconosciute da molti storici militari e non militari, stranieri ed anche italiani, ma obiettivame nte ammesse e dichiarate dalla grandissima maggioranza dei comandanti stranieri che ebbero alle loro dipendenze o combatterono contro le unità italiane. Se nel formulare i loro giudizi negativi gli altri autori avessero t enuto conto ,d ei due « handicaps » costituzionali - l'insufficienza o la mancanza di armi e di mezzi adeguati e di addestramento - non avrebbero potuto mentire e sarebbero stati costretti ad ammettere che in fatto di qual ità e di virtù militari gli italiani reggono benissimo il paragone con altri, anzi sono capaci di maggiore spirito e.li sacrificio, dedizione al dovere e adattamento alle situazioni drammatiche e tragiche. Perché il livello addestrativo fu quasi sempre s cadente, nonostante che l'impostazione concettuale della istruzione e della forrnazione e la metodica didattica fossero sempre tra le migliori e k pit.1 progredite? I motivi furono più di uno; i principali, a parte la monotona insufficien za dei mezzi materiali, vanno ricercati nei bassi livelli di forza organica delle unità e negli onerosi e continui impegni exstraddestrativi o paraddestrativi del tempo di pace, che anche oggi vanno continuamente crescendo fin quasi a sfigurare la natura stessa dell'esercito. Eppure delle lezioni storiche, que lla dell'incidenza determinante della preparazione professionale dei capi e d ei gregari, è tra le più valide e di valore perenne. Da qui l'allargamento del nostro discorso dalla dottrina tattica a quella addestrativa ch e è complementare della prima. Non possiamo non aggiungere che l'esistenza di una normativa dida ttica di alto livello, quale fu quella in vigore nell'esercito italiano, aggrava le colpe degli organi direttivi centrali che, consapevoli di quanto si dovesse fare, lasciarono ch e in pratica l'a ddestramento venisse posposto alle altre esigenze, fosse collocato in una posizione meno prioritaria o ne venisse esaltato il contenuto formalistico più che curato quello sostanziale. Abbiamo limitato l'esame solo a taluni testi; di tutti, o della grandissima maggioranza, abbiamo indicato nelle note l'elenco. Un'altra elenco, del quale abbiamo
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corredato il libro, riguarda le pubblicazioni di carattere disciplinare e di quelle regolatrici dei servizi territoriale e di caserma essendo la materia legata da reJazioni di reciprocità con la stessa dottrina d'impiego e, soprattutto, con la metodologia didattica e addestrativa nonché con l'ordinamento. L'attività militare è, difatti, un prisma unitario, le cui diverse facce appartengono alla ste ssa figura e questa prende luce più o meno viva ed intensa dal di fuori , vale a dire dal grado di sviluppo morale, culturale, civico, economico e tecnologico della società nazionale. Questo ultimo rapporto è ancora più evidente nell'organica, intesa nel senso generale di strutturazione tattica, ordinativa, logistica, tecnica ed amministrativa dell'intero apparato militare. I mutamenti della dottrina di guerra e conseguentemente di quella ordinativa sono intimamente legati allo stato dell'organizzazione sociale, politica, tecnica ed economica della società. Essi sono necessari quando vi siano t:voluzioni e trasformazioni demografiche, territoriali, ideologiche e tecnologiche. Se la società è statica, anche le istituzioni militari sono statiche e, in particolare, lo sono le tecniche e le armi di guerra. Abbiamo perciò ritenuto opportuno, pur dedicando naturalmente grande spazio alle articolazioni ed agli organici delle unità d'impiego tattico e degli organi centrali di comando e di direzione tecnicooperativa, accennare alle varie l,eggi che hanno regolato il reclutamento e la leva ed a quelle che hanno de ttato norme ordinative ed organiche per gli i.stituti d'istruzione e di formazione, per l'organizzazione centrale e territoriale, sia tecnico-operativa sia tecnico-amministrativa. Tnfine ci è parso opportuno, p er motivi di completezza, ,elencare altresì le pubblicazioni riguardanti la logistica, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi, l'impiego tecnico delle armi e dei mezzi, settori determinanti d e llo stesso ordinamento tattico, giacché non esiste articolazione tattica - dalla squadra all'armata - sulla quale non incida l'esigenza logistica e non vi può essere organico di unità tattica sul quale non pesi il numero di u omini necessario tecnicamente all'impiego delle armi e de i mezzi di dotazione. La potenza di fuoco, la gittata, la celerità di tiro, la maggiore o minore pesantezza e la mobilità di un'arma o di un mezzo infbenzano non solo l'organico dell'unità e del •nucleo che deve imp,iegare l'una o l'altra, ma anche il livello di assegnazione e, in sostanza, la natura e la fisionomia delle varie articolazioni.
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Quasi sempre l'introduzione di una arma o <li un mezzo diverso da quello già in distribuzione comporta di per sé un mutamento organico dell'unità alla quale viene assegnato, spesso anche una trasformazione delle articolazioni dei vari livelli superiori o inferiori, quando non anche un'ampliamento o una modifica delle funzioni dei vari anelli ordinativi. Si può anzi affermare, in un certo senso, che la storia degli ordinamenti è la storia delle armi e dei mezzi più che delle concezioni tattiche. Della rispondenza e valdità delle dottrine e degli ordinamenti del passato il giudizio obiettivo ed equanime è ricavabile dalle esperienze di guerra. E' questa la ragione di fondo che ci ha indotto a ripetere la narrazione dei vari e numerosi eventi bellici nei quali l'armata sarda e l'esercito italiano furono coinvolti. La narrazione non è fine a se stessa ma strumentale: ricordiamo cioè delle guerre e delle battaglie soprattutto le concezioni strategiche e tattiche alle quali si ispirano e gli ordinamenti Lattici che le caratterizzarono. Una specie di raffronto tra teoria e pratica. La loro descrizione particolareggiata e comprensiva di Lutti gli aspetti - compreso quello logistico, d'importanza decisiva, da noi spesso solo appena accennato - trova sede nella serie di pubblicazioni edite dall'ufficio storico dello stato maggiore dell'esercito alle quali rimandiamo ed alle quali, da parte nostra, ci siamo strettamente attenuti nei riguardi dei fatti. Diverse, invece, sono spesso le valutazioni e le considerazioni che esprimiamo circa i fatti ed i loro protagonisLi, verso i quali le altre pubblicazioni dell'ufficio storico peccano frequentemente, a nostro avviso, di eccessiva indulgenza, giungendo talora a sfumare comportamenti estremamente colposi. L'accertamento delle responsabilità se è difficile in sede giudiziaria, lo è ancora di più in sede storica, dove mancano i colpevoli ed i testimoni e, quando esistono - libri pubblicati in difesa o ad accusa dei protagonisti dei fatti - spesso non sono credibili o lo sono solo parzialmente. Fedeli ai fatti ed al loro svolgimento, precise nei dati, ricche di documentazione originale riprodotta scrupolosamente in copia - alla quale ci siamo strettamente attenuti per trarre le nostre valutazioni e considerazioni - ed illustrate da carte topografiche, schizzi e tavole riepilogative, le pubblicazioni dell'ufficio storico, troppo ignorate dagli scrittori di cose militari e dagli stessi storici militari, per non parlare dei giornalisti, costituiscono la più completa e sincera testimonianza delle vicende belliche italiane. Rispetto ad esse
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questo libro non dice nulla di nuovo; si limita a riassumerle. Di ciò ci scusiamo con coloro che lavorarono nelle varie indagini storiche, i quali affrontarono una fatica ben superiore della nostra nel reperire e nell'elaborare la documentazione degli avvenimenti, ordinarla cronologicamente e logicamente, esporla e commentarla. Non c'è confronto di opinioni e di interpretazioni che ci possa far dimenticare che il nostro lavoro non sarebbe stato possibile qualora non avessimo avuto a disposizione i testi editi nel passato remoto e prossimo dall'ufficio storico. Il fatto che tali testi siano prodighi di citazioni di storici italiani e stranieri, anche di coloro che durante le guerre furono dal!'altra parte del campo di battaglia, e di richiami bibliografici, ha ulteriormente facilitato e reso più spedito il nostro compito. Naturalmente abbiamo, a nostra volta, consultato altri auori ed altra documentazione con preferenza per i diari, piuttosto che per le memorie personali. Siamo ricorsi anche a queste ultime quando ci è parso necessario, tentando di distinguere la sostanza dei fatti e dei comportamenti dagli orpelli apologetici del proprio operato o di quello dell'esercito della propria nazione o dalle denigrazioni premeditate e violente, spesso del tutto infondate e gratuite, che molti autori, già alleati o nemici, spendono largamente a danno dell'esercito italiano, della verità dei fatti e delle realtà delle situazioni. Per la prima e la seconda guerra mondiale abbiamo peculiarmente tenuto presente il Liddel Hart che, oltre essere uno storico di conosciuta fama, è prima ancora un eccellente critico di strategia, di tattica e di ordinamenti, proprio degli argomenti cioè che formano l'oggetto principale della nostra ricerca. Spetta ad altri stabilire se abbiamo persegui to gli scopi che ci eravamo ripromessi. Forse i nostri intendimenti erano troppo numerosi ed ambiziosi. Abbiamo fatto un tentativo, della cui completa riuscita siamo i primi a dubitare, ma siamo sicuri, senza presunzione, di aver fatto cosa utile raccogliendo in un testo unico la narrazione dei fatti dottrinali e ordinativi dell'armata sarda e dell'esercito italiano, dal 1815 ai giorni nostri, e riassumendo in una sequenza unitaria e uniformemente connessa le vicende belliche del regno di Sardegna e del regno d'Italia nella loro grandezza e nelle ]oro miserie. Le valutazioni, le considerazioni, le osservazioni con le quali abbiamo accompagnato l'esposizione fedele e obiettiva dei testi e dei fatti esprimono naturalmente pensieri e giudizi personali, ma hanno inteso ispi-
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rarsi costantemente al criterio dell'utilità che si dovrebbe ricavare dalle lezioni storiche per evitare di ricadere in errori concettuali, organizzativi e di condotta già funesti ed esiziali nel passato. E' questa, solo questa, la chiave di lettura e di interpretazione del presente lavoro, che vuole essere più un'autocritica che non un esame condotto dall'esterno, in quanto la lunga esperienza di guerra e di servizio di stato maggiore ci fa sentire coinvolti nell'intero ciclo esistenziale dell'esercito italiano, così come accade al figlio di considerare come sue non solo le vicende dei genitori, ma anche quelle degli avi, siano esse belle ed esaltanti o meschine e dolorose. Abbiamo cercato di non mitizzare fatti e personaggi, ma anche di non orpellare errori e colpe. Là dove capi, comandi, organi direttivi, unità si dimostrarono competenti, capaci, lungimiranti, decisi e responsabili lo abbiamo sottolineato senza enfasi; là dove dettero prove di insufficienza di arretratezza, di miopia, di superficialità o addiriHura di scarso senso <li consapevolezza e <li responsabilità non abbiamo esitato a disapprovarli. Ogni società umana - più particolarmente Ie forze armate che sono la sintesi e lo specchio della comunità nazionale - alterna fasi di splendore e di decadenza; l'importante è distinguere e separare le une dalle altre e non fare di tutte le erbe un fascio da collocare o in un « sancta sanctorum», quale tabernacolo inaccessibile ed intoccabile, o da destinare all'incenerimento. Ai fini pratici giovano più le verità e le realtà amare e dolorose che non quelle esaltanti e gloriose. Dei capi, in particolare, non abbiamo quasi mai inteso esprimere giudizi complessivi e onnicomprensivi del loro intero operato, ma valutazioni riferite a particolari atteggiamenti e comportamenti tenuti in circostanze determinate. Ci siamo discostati - lo ripetiamo - dalle edulcorazioni di alcune precedenti pubblicazioni, con l'intento di mettere a nudo la verità perché questa giovi ai militari ed ai civili per una migliore comprensione della storia. Un'eventuale guerra futura - deprecabile e condannabile quanto si voglia, meritevole di ogni più massiva concentrazione di sforzi per evitarla, ma purtroppo sempre possibile - sarà molto diversa dalle altre. Politicamente e strategicamente si presenta sotto forme quasi inimmaginabili. Sbaglia chi considera le armi nucleari e spaziali solo nuovi mezzi venuti ad arricchire gli arsenali militari; esse sono prima di tutto strumenti di autodistruzione per chi li adopera. E' questo, e non il loro rinsavimento, che rende gli uomini meno propensi alla guerra e rende
INTRODUZIONE
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meno probabile lo scoppio di una guerra assoluta e totale, mentre facilita le guerre convenzionali locali e limitate e induce ad utilizzare altre forme di aggressione. C'è, dunque, molto di nuovo sotto il sole, ma non l'uomo. La guerra rimane scontro di volontà umane. La definizione di una linea di politica estera e di una linea convergente di politica militare è oggi molto più complessa che nel passato: nessun piano politico e strategico di difesa può non tenere conto della nuova realtà, in quanto le condizioni generali odierne non sono assimilabili a quelle di ieri. La strategia militare, sempre soggetta a quella politica, oggi quasi si sovrappone alla prima. Le decisioni politiche e strategiche superano di gran lunga la sfera delle sovranità nazionali. La volontà di pace non garantisce dalla guerra, a meno che non sia univoca e monocorde. Si è così costretti a lavorare per evitare la guerra e simultaneamente per prepararsi all'eventualità di doverla affrontare contro ogni volontà. C'è, perciò, ancora molto <la imparare dalla storia. Fino a quando, inoltre, esisteranno armi convenzionali, le esperienze di ieri hanno molto da insegnare in fatto di strategia militare, di tattica, di ordinamenti, di logistica e di arte del comando purché, ovviamente, come abbiamo già scritto, non si vada alla ricerca di teoremi, di schemi e di modelli, ma di orientamenti e di indicazioni. Nel campo della tattica, ad esempio, l'assioma già tanto in voga della concentrazione delle forze, intesa nel significato che gli si attribuiva nel passato, non è meno fuori tempo di quello della falange o della legione, mentre l'esigenza della massa e della unitarietà degli sforzi permangono anche in ambiente di fluidità delle forze. I messaggi che la storia offre sono tanti e tanti; quelli della storia militare non sono di meno. Questo libro tenta di metterne in rilievo alcuni. L'importante è che capi politici e militari non dimentichino la relazione che c'è tra la storia della società umana e quella della società militare e gli effetti dell'una sull'altra e viceversa, individuino le luci e le ombre delle vecchie dottrine e dei vecchi ordinamenti, valutino i costi sostenuti a causa dell'impreparazione strategica, tattica, ordinativa, addestrativa, logistica e materiale dall'intero Paese, dalle forze armate in particolare, in gran parte delle guerre combattute. E ' l'unica strada da seguire per evitare il ripetersi di vicende dolorose e funeste e per preparare un futuro militare meno glorioso per chi conta la gloria sul numero delle perdite, ma concettualmente ed operativamente più remunerativo. La funzione milita-
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re non è oggi meno importante di quella politica. Entrambe continuano ad essere complementari. E' essenziale, innanzitutto, ristabilire la fede in codesta funzione, come pure la fiducia nei mezzi per garantirla. Questi costano e richiedono grandi sacrifici, comunque meno pesanti di quelli imposti dall'impreparazione. Anche lo studio della storia è uno dei mezzi per ritrovare la fede e la fiducia che mancano. Non si può comprendere il mondo nuovo che viene manifestandosi intorno a noi, se non conosciamo quello vecchio. Diversamente non si può far risorgere l'accettazione dei sacrifici da compiere per non tradire quelli compiuti con tanta generosità, m a troppo spesso ciecamente e senza risultati, dagli italiani che servirono in armi, in guerra ed in pace, la Patria. Se per tutti lo studio della storia è sempre arricchimento culturale, per i politici e per i militari è esigenza professionale. Di tale veri tà debbono penetrarsi non solo i capi, ma tutti i quadri militari, c he debbono trovarvi la consapevolezza della loro altissima funzione e l'entusiasmo per i loro sforzi quo-
tidiani. La ragion d'essere di tali sforzi può sembrare in tempo di pace poco remunerativa, futile e addirittura inesistente - la guerra non ci sarà - ma, invece, è reale ed insostituibile proprio per evitare in caso di obbligato passaggio i mancamenti morali, addestrativi e materiali più volte verificatisi e le sindromi collettive del tipo 8 settembre. Riprendere i fatti storici più rilevanti, proporre i passi significativi della Storia delle dottrine e degli ordinamenti, prospettare nuovi indirizzi d'indagine entrando nel vivo della ricerca, trascrivere l'apparato organizzativo, analizzare gli argomenti proposti dai fatti mediante l'approfondimento critico dei vari momenti e situazioni, lavorare di sintesi e di collegamento: questi i motivi fondamentali ai quali ci siamo ispirati. Una trattazione più analitica avrebbe appesantito troppo il discorso che altro non vuole essere che un invito alla riflessione ed dia ricerca autonoma per un approfondimento dei temi affrontati.
F.S.
CAPITOLO I
DAL 1815 AL 1848 1. La situazione internazionale. 2. Il regno di Sardegna. 3. Il pensiero strategico. 4. La tattica dell'armata sarda. 5. I procedimenti di azione. 6. L'ordinamento. 7. La fortificazione permanente. 8. Lo stato di preparazione alla guerra.
1.
Negli anni compresi tra il Congresso di Vienna del 1815 e la prima guerra :per l'indipendenza italiana del 1848-1849 tre fattori, più degli altri, incisero sulle istituzioni militari europee: l'incremento demografico, la rivoluzione industriale, il liberalismo. Nel 1850 l'Europa, che esattamente cento anni prima contava 140 milioni di abitanti, aveva pressoché raddoppiato la sua popolazione raggiungendo i 24 7 milioni. La rivoluzione industriale - intesa come insieme di scoperte scientifiche, di ritrovati tecnici, di trasformazioni organizzative ed economiche - iniziatasi in Gran Bretagna nella seconda metà del secolo XVIII, veniva estendendosi progressivamente con effetti anche sul campo militare. Lo sviluppo delle comunicazioni stradali e ferroviarie e la disponibilità del collegamento a distanza mediante il telegrafo ampliavano i limiti di spazio e riducevano i tempi della manovra strategica; i progressi della metallurgia, della meccanica di precisione e della balistica innovavano o miglioravano le prestazioni tecnico-tattiche delle armi portatili, delle artiglierie e dei materiali per .U superamento degli ostacoli fluviali e modificavano le tecniche di combattimento; la produzione industriale su vasta scala consentiva di vestire, armare, equipaggiare, in tempi relativamente brevi, grandi masse di soldati (1). Il liberalismo politico, che voleva dire libertà e costituzionalismo, alimentava le agitazioni contro i regimi aristocratici ed autocratici e contro i sovrani stranieri ed era una forza montante non eliminabile perché la repressione poteva spegnere le fiamme delle rivolte, ma non i focolai che covavano inestinguibili nelle menti e
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nei cuori degli uomini; il liberalismo economico - che sosteneva tendeva a sostituire con tale sistema quello fino ad allora prevalente mercantilistico; entrambi i liberalismi erano sostanzialmente pacifisti, il pr.imo in ragione dell'umanitarismo, il secondo per la necessità di sviluppo delle industrie e dei traffici nascenti. La ripugnanza alla guerra era, inoltre, generata dalla stanchezza fisica e dai vuoti finanziari provocati dalle guerre napoleoniche che avevano messo a soqquadro l'Intera Europa. L'interesse alla pace e ad evitate nuovi conflitti panaeuropei era comune a tutti i governi della Restaurazione; i pericoli esterni al mantenimento di essa sarebbero potuti derivare dal revancismo francese, quelli interni dai movimenti liberali legati al giacobinismo francese ai quali, nei paesi industrialmente più avanzati, avrebbero potuto aggiungersi i moti sociali del nuovo proletariato industriale che reclamava anch'esso la partecipazione al potere o attraverso i canali costituzionali o con la violenza. Da tale interpretazione superficiale della situazione derivarono le decisioni del Congresso di Vienna del 1815 le quali riuscirono a stabilire un certo equilibrio politico-diplomatico che durerà a lungo e non verrà formalmente turbato né dalle guerre extraeuropee (2), né da quelle civili (3 ), né dalle insurrezioni liberali prontamente represse dai custodi della Restaurazione (4) .
il libero scambio -
2. Di tali custodi, i più zelanti furono in Italia Ferdinando I di Borbone (che regnò dal 1759 al 1825) re delle Due Sicilie e Carlo Felice di Savoia (che fu vicerè di Sardegna dal 1799 al 1821 e re dal 1821 al 1831), i quali chiamarono in soccorso l'impero asburgico per soffocare le rivoluzioni che chiedevano la Costituzione scoppiate nei loro regni negli anni 1820-1821. Due rivoluzioni intrinsecamente deboli e di breve durata - circa nove mesi la prima e poco più di un mese la seconda - perché minate da scissioni interne. Nuovi moti ispirati agli ideali ed alle aspirazioni di libertà, d'indipendenza, di giustizia furono repressi nel 1831. Ma nel 1848 la rivoluzione esplose con la forza dilagante di un incendio nel bosco e travolse gran parte dell'Europa. In tale anno: in Francia venne abbattuta la monarchia ed instaurata la repubblica; in Prussia il re Federico Guglielmo IV (che regnò dal 1840 al 1861) fu costretto a promettere la Costituzione e ad impegnarsi in una politica unita-
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ria; nell'impero asburgico l'imperatore Ferdinando I (che fu imperatore dal 1835 al 1848) fu obbligato a licenziare il Metternich, a cedere alle richieste popolari circa la libertà di stampa, la guardia nazionale, la convocazione degli stati provinciali, la promessa di una Costituzione e non poté opporsi alla proclamazione di quasi indipendenza dell'Ungheria cui fecero seguito la Boemia e la Croazia che reclamarono governi autonomi. In Italia il moto di rivolta contro i governi autocrati partì da Palermo il 9 gennaio 1848 e ben presto si propagò in tutta la penisola. I sovrani dei principali Stati italiani dovettero concedere la Costituzione a cominciare dal re delle Due Sicilie Ferdinando II (re dal 1830 al 1853) che la emanò il 29 gennaio, seguito il 17 febbraio dal granduca di Toscana Leopoldo II (granduca dal 1846 al 1859), il 4 marzo dal re di Sardegna Carlo Alberto {re da,l 1831 al 1849) ed il 14 marzo dal sommo .pontefice Pio IX (papa dal 1846 al 1878). In poco più di due mesi i quattro maggiori Stati italiani divennero Stati costituzionali e solo i ducati, grazie alla presenza delle forze asburgiche accorse a puntellare il potere di quei principi, conservarono i vecchi ordinamenti assolutistici. Gli avvenimenti infiammarono gli animi dei patrioti veneti e lombardi i quali, il 17 marzo a Venezia e il 18 a Milano, si sollevarono contro le truppe austro-ungariche di occupazione e le costrinsero ad abbandonare i due capoluoghi. Il 29 il re di Sardegna Carlo Alberto, assunto il comando dell'armata sarda, oltrepassò la frontiera ed entrò in Pavia. Il regno di Sardegna, per la sua posizione geostrategica, era l'unico Stato italiano che avesse un'influenza europea e che godesse di una certa preminenza rispetto agli altri Stati della penisola. Oltre che dall'importanza strategica del Piemonte, il prestigio gli derivava dall'aver partecipato a gran parte delle guerre dei secoli XVII e XVIII e dall'aver conservato la sua indipendenza mercè una politica a:bile e accorta ed un apparato militare valido e di salde tradizioni, sebbene scosso dalle lacerazioni del 1821 e del 1831. I re sabaudi che si succedettero dal 1814 al 1849 - Vittorio Emanuele I (re dal 1814 al 1821), Carlo Felice e Carlo Alberto - furono sovrani decisamente reazionari, compreso Carlo Alberto, almeno nei primi nove anni del regno, ed operarono costantemente secondo la logica del Congresso di Vienna. Al pari degli altri sovrani assoluti giudicavano loro avversari tutti coloro che si facevano promotori di innovazioni politiche e sociali e, ancor peggio, di agitazioni liberali. Lo stesso Carlo Alberto, come dicevamo, nonostante i peccati giovanili di liberalismo - dei quali il più grave fu la
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concessione durante la reggenza del regno, della Costituzione spagnola revocata poco dopo per ingiunzione dello zio Carlo Felice seguì nei primi anni del regno una politica devotamente filoaustriaca, stipulando una convenzione militare con l'impero asburgico, reprimendo spietatamente i moti del 1833-1834, appoggiando finanziariamente i tentativi di restaurazione borbonica in Francia e andando ad ossequiare a Pavia, il 15 ottobre 1838, il nuovo imperatore austriaco Ferdinando I venuto a visitare i suoi domini italiani. Del resto non avrebbe potuto essere diversamente. La Santa Alleanza era una società di mutua assicurazione dai pericoli esterni ed interni di cambiamenti, uno strumento di difesa degli assolutismi, una barriera contro le aspirazioni liberali e nazionali. II regno di Sardegna costituiva l'ala sinistra del grande schieramento antifrancese di cui la Confederazione germanica presidiava il centro, l'Olanda l'ala destra e la Russia, a tergo, era la riserva strategica. I re sabaudi non avevano mai pensato, dopo il 1815, ad una politica diversa; Carlo Alberto cominciò a farlo quando si rese conto che la libertà, l'indipendenza, l'unità e la giustizia si spostavano dal piano spirituale delle idee e dei sentimenti a quello de1le pratiche realizzazioni e che le aspirazioni non erano più di pochi, ma di gran parte della borghesia e del popolo stesso, ormai stanchi delle promesse tradite e delle concessioni di liberalità e di mitezza dei sovrani, e, con saggia previdenza, intuì che ogni ulteriore repressione avrebbe potuto travolgere le sorti della dinastia.
3. Durante il periodo compreso tra il 1845 ed il 1848 e, in particolare, fino all'inizio degli anni quaranta prevalse in Europa il convincimento che la pace non sarebbe stata turbata per moltissimo tempo e che se mai si fossero presentate esigenze belliche ad esse si sarebbe fatto fronte con le forze riunite della Santa Alleanza. Preservare la pace nel quadro di tale alleanza e tutelare la sicurezza e l'ordine interni: queste le finalità degli eserciti. Da qui una certa stasi concettuale ed organizzativa comune a quasi tutti gli Stati ed un adagiarsi psicologicamente su nostalgie del passato remoto piuttosto che muoversi nelle prospettive aperte dal passato prossimo. Per i vari establishments delle corti europee la rivoluzione francese era oggetto di esecrazione e basta. Le vittorie di Napoleone meravigliarono ma non indussero a riflettere. Gli eserciti continuarono
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ad essere considerati strumenti delle dinastie ed i generali uonum del re. Eppure non mancavano spiriti eletti - basti ricordare il Mazzini - che, interpretando i segni dei tempi, ammonivano che il ritorno a prima di Napoleone sarebbe stato impossibile e sarehbe stato un assurdo morale prima che politico. E' in questa atmosfera internazionale che vanno inseriti la dottrina d'impiego e gli ordinamenti di quel periodo comuni anche all'armata sarda che, pur con le sue caratteristiche e tradizioni, e tenuto conto delle diverse dimensioni, somigliò agli altri eserciti europei, da alcuni dei quali, anzi, mutuò la tecnica del combattimento e l'organizzazione strutturale. Dopo le guerre napoleoniche non furono pochi gli interrogativi ai quali si dovè dare risposta sul piano dottrinale e su quello ordinativo. L'autore che -più di ogni altro indirizzò il pensiero militare di gran parte delle nazioni europee fu indubbiamente lo Jomini con il suo libro Précis de l'art de guerre pubblicato nd 1836 {5). Egli, dallo studio delle campagne di Federico il Grande e di Napoleone, estrapolò i principi fondamentali della strategia, mise in luce l'importanza della pianificazione strategica, distinse la strategia dalla tattica e dalla logistica e mise in uso una classificazione delle branche deJl'arte e della scienza militari e dei vari tipi di operazioni militari tuttora valida. Lo Jomini pose tali e tante limitazioni alle idee ed alla prassi di Napoleone che fini con il dare della tattica, della strategia e della guerra stessa una concezione troppo dogmatica nei principi e troppo geometrica nella loro applicazione, simile, in una certa misura, a quella prenapoleonica del Bulow (6). Il pensiero jominiano dominò le correnti culturali militari francesi e, conseguentemente, quelle italiane delle prime quasi succubi. Il regno di Sardegna, in particolare, senti fino alla soggezione, nel periodo della Restaurazione più che in altri, l'influenza delle dottrine militari della vicina nazione d'oltralpe sia per il ,prestigio che questa godeva per le recenti vittorie militari sia perché 1a Francia era il nemico dal quale guardarsi. L'armata sarda non ebbe una dottrina strategica ufficiale e, se non dopo la prima guerra d'indipendenza, neppure un manuale ufficiale di tattica, a meno del R egolamento di servizio per le truppe in campagna {7), che era una raccolta di disposizioni particolareggiate sul modo di combattere e sul funzionamento dei servizi logistici in guerra. Nelle scuole di reclutamento dei quadri non giungeva l'eco dei dibattiti strategici e tattici; vi s'insegnava, su basi nazionalistiche più che critiche, la storia militare e poiché non esisteva nessun
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centro superiore di studi la cultura dei quadri per tutta la durata della carriera restava quella acquisita sui banchi delle scuole a venti anni. Non mancarono, però, singoli scrittori i cui testi fecero ingresso nelle scuole e, in particolare, nell'accademia militare, come il Précis analytique de l'Art de la Guerre del Racchia (8), gli Elements de strategie e de tactique del Pougni GuHlet (9), e più tardi, alla vigilia della prima guerra d'indipendenza, le Le:doni di arte militare ad uso della scuola d'applicazione di Sebastiano Vassalli (10), alle quali faranno seguito, nel 1851 , le Nozioni elementari di strategia del Giustiniani ( 11 ), tutti rifacentisi, chi ,più chi meno, a11e concezioni jominiane. Senza tener conto delle differenze di sfumature e di accentuazioni dei concetti dei singoli autori, il loro pensiero è pressoché conforme, quando non né è la riproduzione malfatta, a quello dello Jomini. Lo scopo della guerra è disorganizzare, non distruggere, il nemico perché la distruzione « sarebbe in contrasto con i precetti del cristianesimo » {Racchia); la strategia è l'arte di determinare i punti decisivi e le linee per le quali raggiungerli, linee interne più che esterne in quanto meglio rispondenti al principio dell'economia delle forze al quale deve essere collegato quello della massa - « operare con la massa delle proprie forze uno sforzo combinato sul punto decisivo » (]omini) - da applicare sulla linea di comunicazione e sulla base di operazione più delicate ed importanti in modo rapido e tale da impegnare la totalità delle proprie forze contro aliquote separate di quelle nemiche. La strategia, in sintesi, è l'arte raffinata di effettuare rapidi movimenti e di occupare « belle posizioni », il che, in sostanza, è lo scopo di ogni operazione offensiva e difensiva. La teoria jominiana delle basi e delle linee parallele , oblique, perpendicolari e avviluppanti e dei blocchi massivi operanti a semicerchio cxl in quadrato indirizza, perciò, la manovra strategica contro la parte più debole dello schieramento nemico e « principalmente contro quel punto il cui possesso procaccierà più grande risultamento ... tale sarebbe una posizione che tenda a guadagnare le comunicazioni del nemico» (Vassalli). E sempre il Vassalli, che non sarà più tardi contraddetto neppure dal Giustiniani, ma che contraddice in parte sé stesso: « battere il nemico sempre e dovunque lo si incontrasse, mostrandogli la nostra superiorità di forze e di valore, ma senza pensar poi al risultato delle operazioni ». La strategia tratta le operazioni primarie e cioè le manovre miranti a disorganizzare le masse ed a togliere loro le comunicazioni ed i centri di forza e di rifornimenti, la tattica le operazioni seconda-
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rie e cioè la sicurezza degli stazionamenti, dei movimenti e del combattimento, le ricognizioni, la difesa delle posizioni e dei convogli, l'attacco alle posizioni ed ai convogli, gli assedi. La tattica, infatti, è « la scienza che insegna a raccogliere e mettere in ordine la moltitudine di uomini destinati ai combattimenti, a farla muovere ed a combinarla sul campo di battaglia » (Racchia) e comprende la scienza delle evoluzioni (Vassalli), vale a dire le forme e gli ordini: le prime, intese come le figure geometriche elementari che le unità, o aliquote di queste, prendono di volta in volta e dalle quali derivano la personalità e l'attitudine tattica; i secondi, intesi come il risultato dell'ordinamento tattico e cioè la disposizione che risulta dalle varie combinazioni di alcune o molte unità tattiche, ugualmente o diversamente formate, tese al raggiungimento di uno scopo determinato. La logistica, nella concezione jominiana, è ]a branca che appresta preventivamente i materiali ed i mezzi necessari alla guerra, predispone i depositi sulle linee di operazione, organizza le marce su diverse colonne, provvede agli alloggiamenti, ai viveri, alle munizioni, ai mezzi di cura, di trasporto e di ricovero dei feriti e degli ammalati. E' facile rilevare come in tale dottrina di Napoleone restasse ben poco, quasi egli non avesse aperto alla strategia ed alla tattica strade originali e diverse ed i suoi successi non fossero dipesi anche dall'aver abbandonato, o quanto meno temperato, il dogmatismo strategico ed il rigidismo degli schemi geometrici dell'età precedente. Non diversamente dagli autori entrati nell'accademia e nelle altre scuole dell'armata sarda, anche quelli che ne rimasero fuori perché di idee sospette o comunque meno conformiste sotto il profilo politico - il Blanch (12), lo Zambelli (13) ed il Cattaneo (14), per citare quelli ricordati dal Pierii nella sua opera Storia militare del Risorgimento (15) - pur spinti « a cercare di vedere una storia militare e un'arte della guerra strettamente legate col fattore politico» rimasero sostanzialmente nell'ambito delle concezioni jominiane. Il Blanch legò la guerra alle forme della società di cui essa sarebbe il prodotto, lo Zambelli al progresso scientifico e tecnico che condizionerebbe lo sviluppo sociale e politico, il Cattaneo sia alle forme politiche sia al progresso scientifico. Non per questo essi, specialmente il Blanch, meritano il giudizio riduttivo che ne dà il Fieri, chiamando a sostegno il Croce, perché se le loro opere fossero state meditate dai capi militari dell'armata sarda non poco sarebbe stato il giovamento che ne avrebbe potuto ricavare la loro prepara-
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zione morale e professionale e quella dei quadri subordinati. Se ciò non accadde, i motivi non dipesero da ignavia intellettuale e da disamore agli studi, ma dalla situazione di fatto che frenava ogni ampliamento dell'orizzonte culturale per il timore che ne derivassero minacce alla stabilità dei principii assoluti dai quali la monarchia sabauda, come le altre, traeva la sua legittimità. L'armata era lo strumento di potere del sovrano ed anche la sede di sistemazione sociale delle classi dominanti, entrambi interessati ad evitare ogni mutamento di sorta. E si badi bene che l'arretratezza culturale non fu in quel periodo prerogativa peculiare dell'armata sarda, ma male, più o meno grave, comune, sia pure per motivi diversi ad altri eserciti, compreso quello francese, che, nonostante i successi di Napoleone dopo la battaglia di Liitzen del 18 13 contro le truppe russoprussiane del generale Wittgenstein, rimase inesorabilmente attaccato ad una tecnica di combattimento che l'esercito prussiano aveva già quasi del tutto abbandonata.
4.
La tecnica di combattimento francese continuò a fare affidamento sulla marcia in battaglia vecchia maniera, sul quadrato vuoto, sull'ordine di battaglia su tre righe e, più in generale, sull'ordine fitto (16) che curava soprattutto l'esattezza geometrica delle formazioni e dei movimenti. Lo strano è che i .francesi, proprio in quel periodo, venivano facendo nuove esperienze in Algeria, ad opera soprattutto del maresciallo Bugeaud {17), dalle quali risultavano esaltati 1'ordine sparso e l 'impiego delle fanterie leggere (zuavi, turcos, spahi, cacciatori d'Africa) delle quali venivano moltiplicati i reggimenti. La spiegazione di tale ostinato attaccamento - a parte la forte influenza dell'autorità dello }omini - può essere ricercata nel peso che ebbe non tanto il timore di abbandonare uno schema vecchio collaudato a favore di uno nuovo ancora incerto, quanto quello di dover concedere troppa libertà e scioltezza a soldati inclini per temperamento all'evasione dagli ordini tattici rigidi, per cui, ad esempio, i movimenti a piccole colonne, il raddoppio delle file per la marcia di fianco e lo stesso pas gymnastique, che proprio i francesi avevano inventato, vennero considerati pericolosi incentivi di debolezza e di disordine qualora fossero stati estesi dalla fanteria leggera a quella di linea che avrebbe perso la necessaria compattezza. Il
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ricorso all'ordine sparso, al combattimento spicciolo, doveva essere proprio ed esclusivo dei cacciatori, mentre l'ordine fitto di tutto il resto della fanteria che era stata e restava la protagonista del combattimento e, in quanto « massa», idonea a perdurare negli sforzi, a sopportare fatiche e disagi, a superare più facilmente gli ostacoli, ad operare su tutti i terreni e ad opporre un parapetto di fuoco e di acciaio agli assalti della fanteria e della cavalleria nemiche od a sfondarne gli ordini di combattimento difensivo. Non diversa poteva essere la tecnica di combattimento della cavalleria che, messa in crisi dall'aumento della potenza del fuoco e dallo svilupparsi dei combattimenti su terreni trarotti in luogo degli ampi spazi aperti e piani del passato, veniva riservata alle fasi di completamento e di sfruttamento del successo od ai casi di rovescio per guadagnare il tempo necessario al riordino della fanteria e, pertanto, doveva agire mediante cariche massive in formazioni e ordini ristretti. Gli stessi criteri d'impiego e procedimento di azione riecheggiano tali e quali nel Regolamento di servizio per le truppe in campagna e nd regolamenti d'esercizio per la fanteria e per la cavalleria dell'armata sarda. La prima edizione del Regolamento di servizio per le truppe in campagna fu ,pubblicata nel 1817, approvata da.J re Carlo Emanuele I, e fu poi sostituita dall'edizione del 19 gennaio 1833, approvata dal re Carlo Alberto, nella quale tutta la materia venne rielaborata ed aggiornata suddividendola in 20 « titoli » ed in un « titolo in appendice » per un totale di 1.299 paragrafi. Il discorso tattico che l'edizione del 1833 espone sembra quasi ignorare, come del resto fanno le analoghe pubblicazioni francesi, l'importanza preminente del fuoco. L'attacco è da preferire alla difesa, ma per l'attacco è necessaria la superiorità numerica. In difesa, l'occupazione delle posizioni deve essere fatta a ragion veduta e limitata ai punti contro i quali il nemico muove: « gioverà ordinarsi prima dietro il terreno sul quale si designi combattere; poi recarsi sul medesimo nel punto soltanto in cui occorra respingere il nemico: essendo questo un mezzo opportuno a procurarsi il vantaggio morale annesso alle mosse offensive, senza perder quello cui porge la posizione occupata ». In attacco ed in difesa è necessario individuare bene la posizione chiave contro o sulla quale concentrare gli sforzi e le forze: « in ogni combattimento vi è sempre un punto importante e decisivo, verso il quale, nell'assalire debbono essere rivolti gli sforzi maggiori; nella difesa sarà da porsi ogni studio per conoscere intimamente il punto decisivo, verso il quale, come chiave della posizione, principalmente mirerà il nemico». L'esplorazione
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e la sicurezza sono determinanti, in tutte le situazioni, ai fini del successo e debbono perciò essere garantite continuativamente mediante ]e ricognizioni, i dispositivi di sicurezza e gli appoggi d ',ala degli schieramenti offensivi e difensivi o su appigli naturali o sulla dislocazione « di alcuni corpi opportunamente sistemati a scaglione » . Le ricognizioni « giornaliere » debbono tendere « ad esplorare gli andamenti del nemico » e vanno affidate a distaccamenti di forze di cavalleria e di fanteria o miste, mentre per ottenere « le cognizioni più intime sì della posizione generale del nemico, sì di alcune parti di essa solamente, od a stimare colla maggior esattezza le forze del medesimo, ed i suoi mezzi materiali di difesa « sono necessarie le « ricognizioni offensive » che « talvolta sono delle semplici dimostrazioni, e talvolta altresì il preludio di attacchi vari, ed anche di battaglia». L'attacco del corpo principale deve essere sviluppato con un dispositivo su più linee o, in deficienza di forze, anche su due sole linee ma, in questo caso, schierando alcuni battaglioni in colonna dietro le ali della seconda linea. Le linee sono normalmente costituite di unità in formazioni di fronte e meno spesso in formazioni in colonna. L'avanguardia che ha in precedenza operato per eliminare gli avamposti nemici e per occupare le posizioni importanti e delicate ai fini dell'azione del « corpo principale » o si riunisce al corpo principale o si schiera sulle ali « per favorire l'incalzamento del nemico o proteggere la ritirata, se occorresse». La riserva, schierata a tergo, è costituita da unità scelte di fanteria e di cavalleria e interviene per completare e sfruttare il successo o, nel caso diverso, per favorire la ritirata. La cavalleria, frazionata sulle ali o riunita al centro, deve essere pronta a scagliarsi, secondo l 'opportunità del momento, sul nemico investendone o avvolgendone una delle ali, non impegnandola tutta, ma tenendone un'aliquota di circa un terzo in riserva, in colonna od a scaglioni dietro un'ala, per premunirsi contro gli attacchi della riserva nemica o dall'insuccesso dell'attacco. L'artiglieria deve agire a massa, « perciocché il fuoco dell'artiglieria è tanto più efficace quanto è più ammassato », per controbattere l'artiglieria nemica. La difesa, una volta respinto l'attacco nemico, deve passare al contrattacco sia per sollevare il morale delle proprie truppe, sia per sconcertare l'avversario, sia per cercare di acquisire il successo definitivo, spingendo a tali fini una colonna in formazione serrata contro un'ala del nemico e schierandola successivamente in ordine di battaglia in tempi distinti, « a mano a mano che i vari scaglioni si fanno sotto, dimodoché il nemico non possa né cambiare la sua fronte, né fare intervenire favo-
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revolmente la propria riserva ». Alla cavalleria: se impiegata nell'ambito delle divisioni o delle brigate, spettano i compiti di esplora2iione e di fiancheggiamento delle colonne; se riunita in divisioni o brigate, quello di riserva del comandante in capo; all'artiglieria di controbattere l'artiglieria nemica, di battere le masse avversarie attaccanti, di provvedere al servizio delle armi e delle munizioni, di costruire e mettere in opera ponti volanti e di barche; al genio di provvedere ai lavori riguardanti la fortificazione permanente e campale (« spalleggiamenti, ridotti, fortini, case di blocco, teste di ponte e simili »), di aprire passaggi, di costruire o riattare o distruggere strade e ponti. In definitiva, in tale quadro tattico, è l'urto, più del movimento e del fuoco stesso, che determina il successo, sia in attacco (assalto o carica) sia in difesa (parapetto di baionette). Il movimento ed il fuoco servono a preparargli le condizioni migliori, ma è alla prestanza fisica, al coraggio militare ed all'abilità nell'impiego dell'arma bianca (baionetta, lancia, spada) che spetta l'atto tattico decisivo, tanto più sicuramente vittorioso quanto più rapido e compatto.
5. Tale schema d'impiego era estremamente rigido e ad esso « ogni militare cd impiegato, di qualunque grado ed arma, dovrà uniformarsi strettamente » scrisse Carlo Alberto nell'atto di approvazione. Non meno vincolanti e tassative avrebbero potuto essere le modalità di azione riferite necessariamente ad una casistica estesa e minuta, che trovarono collocazione nei vari regolamenti d'esercizio di arma che erano, ad un tempo, manuali di tecnica d'impiego e di tecnica addestrativa. Il Regolamento d'esercizio per la fanteria vide la luce nel 1816 (18) ed ebbe una vita tormentata per le frequenti aggiunte e varianti e per le intere rielaborazioni alle quali andò soggetto. Alla prima edizione fece seguito un'appendice che « non correggendo le inutili lungaggini del vecchio regolamento, surrogava invece a movimenti facili e dedotti dalle regole generali, lasciate in vigore, altre mosse di più intricata e difficile esecuzione, quale, a cagion d'esempio, quella prescritta per accorciare di poche file il fronte delle sezioni» (19). Nel 1834-1835 Carlo Alberto ne .fece curare la rielaborazione che si concretò in un veto e proprio rifacimento pubblica-
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to in due volumi: il primo riguardante la scuola del soldato, del plotone e dei cacciatori; il secondo la scuola del battaglione. Frattanto, a sua volta, l'esercito francese aveva rielaborato il suo vecchio regolamento del 1791 e nel 1831 aveva pubblicato il nuovo, nel quale l'organizzazione della lotta individuale e di reparto, pur sempre nell'ambito della « logica delle evoluzioni », trovava uno sviluppo razionale e metodico, meno complesso ed ingarbugliato ed una semplificazione concettuale, non però esecutiva, di grande rilievo: la lotta non appariva più come un succedersi di profonde e tumultuose ondate di fanti avanzanti a celere -andatura per sfondare gli schieramenti nemici, ma come un ordinato e regolato movimento che mirava allo sviluppo completo dell'urto da parte di un'unica massa, fondendo l'azione delle unità avanzate con quella delle unità itrunediatamente retrostanti in una sola, mediante la coordinazione degli sforzi singoli e la disciplina delle iniziative. A tale fine si rendeva indispensabile assicurare la continuità Jelle forze ed intensificarne progressivamente la potenza in modo che a mano a mano che diminuiva la distanza dall'obiettivo aumentasse l'efficacia del proprio fuoco e si riducesse quella del fuoco nemico. I capi responsabili dell'armata sarda intesero il significato del nuovo regolamento francese - che, ripetiamo, non indicava una nuova tecnica di combattimento della fanteria, ma si limitava a meglio finalizzare e metodicizzare quella vecchia - e stabilirono di farla propria pubblicando, nel 1838, cioè dopo appena quattro anni, un nuovo testo del regolamento d'esercizio per la fanteria che era « una presso che letterale traduzione dell'analoga ordinanza francese elaborata dai più chiari ingegni di quell'esercito a tal uopo radunati dal vecchio maresciallo Soult (20) il quale non sdegnò di porre talvolta ei stesso mano al lavoro; ed a mio senso, dopo tale riflesso, ogni altro elogio è superfluo» (21). Il nuovo regolamento venne articolato in tre volumi: il primo comprendeva l'istruzione del reggimento, l'ordine di battaglia, la scuola del soldato e del plotone, le prescrizioni sul tiro e sul maneggio delle armi; il secondo la scuola e le evoluzioni di battaglione e l'istruzione da bersagliere; il terzo le evoluzioni di linea. In esso, come in quello francese, il canone fondamentale della tecnica di combattimento restava la ricerca della regolarità e della precisione nei movimenti « elementari, semplici, compositi, multipli » e nelle composizioni geometriche delle « fronti, delle forme e delle formazioni » dei vari ordini di marcia, di combattimento, di campo e di guardia. I principali elementi del combattimento erano il movimento e l'urto, mentre il fuoco veniva considerato « un mezzo di lotta utile soltanto
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nelle grandi distanze, un elemento difensivo» (22), comunque secondario. I battaglioni di prima linea dovevano .attaccare stendendo in catena i cacciatori o i granatieri e lanciare i fucilieri come sostegno, facendoli muovere in colonna di battaglione o di mezzo battaglione a metà distanza di spiegamento; i battaglioni di seconda linea anch'essi in colonna. All'assalto tutti dovevano proiettarsi sulla catena confondendosi tra di loro. La prima linea dei singoli battaglioni doveva, perciò, operare in ordine sparso, ma la seconda linea, costituita dalle altre compagnie del battaglione, in ordine fitto, cioè in colonna serrata a 5 passi di distanza e, solo nell'imminenza dell'urto, le colonne, avanzando al passo di corsa, si fondevano nella catena, sia le colonne dei battaglioni avanzati che quelle dei battaglioni retrostanti; una volta che tutte le forze si erano proiettate sulla catena, veniva sferrato l'assalto. Masse di divisioni e d'interi battaglioni che si dovevano muovere compatte, quasi incuranti del fuoco, a mo' di testuggini, fiduciose nella potenza travolgente del loro impeto furioso. Anche il Regolamento d'esercizio ed evoluzioni della cavalleria (23) del 1817, derivato da,ll'Ordinance provisoire sur l'exercice e et les manoeuvres de la cavalerie del 1804 in vigore nell'esercito francese, venne rielaborato negli anni 1833-1834 e articolato in 4 volumi dei quali il primo trattava la scuola del soldato e del plotone, il secondo l'istruzione sul tiro e sulle armi, il terzo le evoluzioni di reggimento e di linea ed il quarto le nozioni sulla « conformazione esterna e la ferratura e conservazione del cavallo » e sull'addestramento dei cavalli di rimonta. Dopo l'esperimento negativo tentato da Napoleone di armarla di fucili con baionetta, la cavalleria era tornata ad utilizzare esclusivamente armi bianche che, se potevano essere ancora utili nell'urto, non servivano a niente durante l'avanzata per l'attacco. La regolamentazione continuò, invece, a conferire all'arma il carattere di arma di battaglia, prescrivendo un'infinità di evoluzioni di reggimento e di linea la cui semplice elencazione dà un'idea di come fossero assai adatte alle piazze d'armi ed alle riviste e parate o ai caroselli, ma del tutto anacronistiche su di un campo di battaglia sul quale il fuoco veniva affermando la sua prevalenza (24). Anche le modifiche apportate al regolamento del 1833-1834, nel 1844, non concorsero a modernizzarne l'impiego. I procedimenti che la regolamentazione prescriveva accostavano l'impiego dell'arma a quello della fanteria e le sottraevano le caratteristiche di mobilità e di idoneità alla manovra rapida e decisa, proprie dell'arma. L'impiego nell'esplorazione, che meglio di ogni altro le
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si sarebbe ancora adattato con risultati brillanti, era quasi ignorato e comunque limitato ai livelli minori. Il regolamento di esercizio per la cavalleria dell'armata sarda, parimenti a quello per la cavalleria dell'esercito francese - e non furono i soli - contribuirono, sìa pure involontariamente, ad attutire lo slancio operativo dell'arma, a farle perdere l'indipendenza legandone l'azione a quelle delle altre armi ed a menomarne il morale perché le circostanze non erano più propizie per agire come nei tempi del recente passato nei quali la cavalleria aveva legato il suo nome a molte delle stupende vittorie napoleoniche. I procedimenti d'azione prescritti urtavano contro l'impossibilità di far muovere masse di cavalieri in formazioni serrate e in ordine fitto e di tenerle esposte al fuoco, del quale erano l'obiettivo più vulnerabile, in attesa di essere impiegate come al tempo di Napoleone. I procedimenti di azione del regolamento di esercizio si adattavano ad un passato nostalgico, ma irripetibile, e poiché privi di attualità non troveranno applicazione nelle guerre future dove la cavalleria seguirà, anziché preceJere, le altre armi senza dare nessun contributo decisivo alla lotta, anche se non mancheranno episodi brillanti dei quali squadroni di cavalleria saranno i protagonisti. Nonostante che le guerre napoleoniche ne avessero chiaramente determinato il ruolo, molte furono le incertezze presso tutti gli eserciti circa l'impiego e la tecnica d'impiego dell'artiglieria. Il procedimento ritenuto più redditizio, anche se molto costoso, fu quello del tiro a mitraglia, ma la scelta dipese dalle modeste prestazioni delle bocche da fuoco disponibili. Un regolamento sulle istruzioni pratiche dell'artiglieria vide la luce, in veste provvisoria, solo nel 1849 e fino a tale anno l'unica pubblicazione ufficiale in vigore fu un'istruzione redatta nel 1815 (25) . « Ad ogni modo stava il fatto che l'artiglieria liscia della prima metà del secolo XIX per ottenere effetti decisivi doveva avvicinarsi sino alle distanze di tiro a mitraglia, entrare cioè nella zona di efficacia del tiro della fanteria; per conseguenza la massa doveva raccogliere all'indietro preventivamente tutti i suoi elementi per portarli sulla linea delle fanterie ove si riteneva necessario l'intervento (26 ). I calibri maggiori, infatti, avevano una gittata di 900 m e quelli inferiori di 600 m e non c'era che il tiro a mitraglia che desse effetti veramente efficaci, ma per eseguirlo era necessario portarsi sui 300-400 m dal nemico. Se a ciò si aggiunge la scarsa mobilità del materiale, diventa evidente come taluni criteri d'impiego dell'arma, sebbene accettati nella regolamentazione tattica ufficiale - impiego a massa, cooperazione con le altre armi, preparazione dell'attacco, tiri di controbatteria - incontrassero difficoltà
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pratiche di applicazione che li rendevano vani. Tutta la tecnica d'impiego era sintetizzata in due proposizioni principali: le linee si battono di schiancio e le colonne con tiro di fronte ; dirigere il tiro di più batterie sui punti prescelti evitando di riunire un gran numero di pezzi e di formare lunghe linee che si prestino all'infilata del fuoco nemico. Il regolamento di servizio per le truppe in campagna prescriveva che « nelle occasioni di attacco l'artiglieria sarà adoprata a spegnere il fuoco delle batterie nemiche. In quelle di difesa rivolgerà i suoi tiri sulle truppe che si facciano avanti. Sl nell'uno, che nell'altro caso, farà d 'uopo adunare sui punti principali il maggior numero di batterie che si possa» . A parte la contraddizione tra i due regolamenti, sta il fatto che, stanti le limitate possibilità della manovra delle traiettorie, oltre che degli schieramenti, come avrebbe potuto essere osservato il criterio dell'impiego a massa senza la concentrazione degli schieramenti? E come si sarebbe potuta realizzare la concentrazione del fuoco se la disponibilità dei pezzi era, nell'armata sarda, assai limitata, tenuto conto anche che un'aliquota di artiglieria veniva sempre tenuta in riserva, cosl come facevano del resto l'esercito francese ed anche quasi tutti gli altri eserciti? Per questi ed altri motivi, che esamineremo più avanti, l'impiego e le modalità di azione dell'artiglieria dell'armata sarda lasceranno molto a desiderare in guerra, perché prevarrà l'impiego a spizzico in luogo di quello a massa e molte volte le riserve di artiglieria resteranno indietro inattive o non arriveranno in tempo per concorrere alle azioni risolutive. ' La regolamentazione tattica e di tecnica del combattimento del1'armata sarda non fu negli anni 1815-1848 granché arretrata rispetto a quella di molti altri eserciti e quasi coincise con quella dell'esercito francese , che era uno degli eserciti più prestigiosi e che rappresentava addirittura il capo-scuola in materia di dottrina tattica. La tattica dell'urto e la tecnica d'impiego geometrica non erano però certamente, in prospettiva, fa dottrina del .futuro, che già si indirizzava chiaramente, come i prussiani compresero per primi, verso criterii e procedimenti nuovi e diversi, ma erano ancora accettabili fino a quando non fossero aumentate la gittata, la rapidità di tiro e la precisione delle armi da fuoco individuali e delle artiglierie. D'altra parte, i sostenitori della validità della vecchia tattica e della vecchia tecnica d'impiego erano validi generali che avevano dimostrato grande capacità tattica nelle armate di Napoleone. Il male dell'armata sarda consistette nella scarsa conoscenza che i quadri avevano della dottrina, nella polarizzazione della loro attenzione sulla
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forma a danno della sostanza e nell'uso che fecero della tecnica geometrica, quasi di trampolino per fare carriera, legando l'ascesa nei gradi all'abilità con la quale si facevano compiere le evoluzioni delle unità sulle piazze d'armi o nei campi d'istruzione che, « in luogo di addestrare i quadri ed i reparti al combattimento, divennero spesso occasione di esibizioni di spettacoli artificiosamente architettati, utili forse alla disciplina formale, ma non come scuola di comandanti, di ufficiali di stato maggiore e di unità operative » (27 ). Anche la tattica e la tecnica di combattimento dell'esercito austro-ungarico non erano granché diverse da quelle dell'armata sarda, ma le manovre dirette dal maresciallo Radetzky (28) nel 1844 nei dintorni di Verona-Peschiera-Montechiaro furono un modello di perfezione nell'impiego delle armi e nella cooperazione interarma al quale, purtroppo, l'armata sarda, che oramai era già orientata ad operare verso est, non pose attenzione.
6. Non meno numerosi e delicati di quelli dottrinali gli interrogativi basilari che si posero, al termine delle guerre napoleoniche, sui temi dell'organizzazione e dell'ordinamento ed ai quali si dovettero dare risposte pratiche. Quali i principii del reclutamento e dell'addestramento? Nazione armata, esercito di mestiere o sistema misto? Esercito di massa o di qualità? Quasi tutti gli eserciti europei - eccetto quelli dell'Inghilterra, della Russia, della Turchia e dello Stato pontificio - furono favorevoli alla coscri:ziione, ma in pratica solo la Prussia e la Russia optarono per il sistema di eserciti massicci. La Prussia nel 1814 estese l'obbligo del servizio militare a tutti gli uomini validi e, accogliendo il suggerimento dato a suo tempo dallo Scharnhorst (29), adottò l'ordinamento provinciale mediante l'istituzione dei depositi provinciali nei quali ogni anno veniva addestrata una classe di leva che, dopo un anno di servizio, veniva congedata. L'esercito fu articolato in 8 corpi di armata, uno per ogni provincia, ed in un corpo della guardia. Ogni corpo di armata constava di 2 brigate di fanteria e di 1 di cavalleria, tutte formate per metà di truppe di linea e per metà di truppe della « Landwehr ». Le truppe di linea comprendevano cinque classi di giovani dai 20 ai 25 anni con l'obbligo di 3 anni di servizio militare e di 2 anni di riserva. Con i volontari l'esercito raggiungeva la forza di 120.000 unità in tempo di pace, delle quali 80.000 effettivamente presenti, e di 250.000 in
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guerra. La Landwehr era divisa in 2 categorie: uomini validi dai 33 ai 40 anni che avevano servito nelle truppe di linea o nella prima categoria della Landwehr. Questa era ordinata in reggimenti di fanteria e cavalleria e in compagnie di artiglieria, ma in tempo di pace, eccetto nel periodo delle esercitazioni durante il quale venivano completate, le unità erano unità-quadro. Infine, era prevista la Landsturm, o leva in massa, per iil caso di estremo bisogno, la quale comprendeva i cittadini maschi dai 17 ai 20 anni e e dai 40 ai 50 inabili al servizio di linea o di landwehr. Landsturm esclusa, l'esercito prussiano poteva mettere sul piede di guerra circa 580 .000 uomini. La Francia pose alla base la coscrizione, a salvaguardia del principio della rivoluzione del cittadino-soldato, ma in pratica finì per chiamare alle armi solo una modesta aliquota di ogni classe, fissata anno per anno, mentre l'aliquota di gran lunga maggiore rimaneva a disposizione come riserva. L'esercito fu formato, così, di volontari ordinari, di volontari in sostituzione di coscritti e di volontari che rinnovavano la ferma all'atto del congedamento. T coscritti, chiamati con il sistema dell'estrazione a sorte, erano conseguentemente in numero modesto e, poiché la sorte escludeva artificiosamente i giovani delle classi più abbienti, l'esercito era in maggioran:r.a composto di hraccianti , di disoccupati e di nullatenenti, dei quali i veri coscritti erano assai pochi, mentre i più erano tutti volontari. La durata della ferma dei coscritti era di 5 anni senza ulteriori obblighi di servizio. L'esercito francese era, in sostanza, un esercito di mestiere. Il regno di Sardegna prese a modello il sistema di reclntamento prussiano, ma con tali e tante attenuazioni tratte dal modello francese che finì per creare un proprio sistema diverso dagli altri due, dei quali ebbe più i difetti che i pregi. Vittorio Emanuele I, nel 1817, ordinò l'armata sulla base del reclutamento misto: soldati di ordinanza o volontari con ferma di 8 anni; soldati provinciali o coscritti con obblighi di servizio per 12 anni, sottoposti a chiamata di 4 mesi ogni 16 mesi (4 mesi alle armi e 12 a casa). L'armata fu costituita su di una forza di pace di 24 .000 uomini, dei quali 8 .000 di ordinanza e 16.000 provinciali (4 contingenti di 4.000 unità ciascuno) articolata in: 9 reggimenti di fanteria su 2 battaglioni di 6 compagnie fucilieri ed 1 compagnia granatieri ciascuno; 1 reggimento granatieriguardie; 1 reggimento cacciatori su 4 battaglioni; 2 reggimenti di cavalleria pesante, 2 di dragoni e 2 di cavalleggeri, tutti su 8 squadroni; 1 reparto di cavalleggeri di Sardegna; 1 corpo cacciatori franchi su di 1 battaglione; il corpo carabinieri reali a piedi ed a cavallo; il corpo
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reale di artiglieria; il corpo reale del genio; il corpo del Treno di Provianda; la milizia ordinaria e provinciale; la scuola cadetti di artiglieria e genio; la regia accademia militare; le scuole ufficiali presso i corpi; il corpo sanitario militare; la scuola di veterinaria; l'intendenza generale. L'organizzazione centrale e territoriale fu costituita di: una Segreteria unica di Guerra e Marina, di uno stato maggiore, di 7 governi o divisioni militari (Torino, Alessandria, Novara, Cuneo, Genova, Nizza, Chambéry), di 2 divisioni in Sardegna (Cagliari e Sassari) e di una provincia a sé (ducato di Aosta). I reggimenti furono formati in pace di 1600 uomini (600 soldati di ordinanza e 1000 provinciali) ed in guerra di 4600 con la stessa progressione di un terzo di soldati di ordinanza e di due terzi di provinciale. La forza dell'armata in guerra fu prevista pari a 60.000 uomini. Carlo Alberto, appena salito sul trono, modificò nel 1831 il sistema eliminando l'alternanza dei contingenti (4 mesi alle armi e 16 a casa) e fissando la durata degli obblighi di servizio in 16 anni, dei quali: 2 continuativi in servizio di leva, 8 di disponibilità per le unità attive e 6 in riserva. Ma la riforma importante che egli operò fu quella dell'anno successivo (1832) in base alla quale: la ferma di leva venne ridotta a 14 mesi; la disponibilità per le unità attive a 7 anni, mentre la permanenza nella riserva venne elevata ad 8 anni; il contingente di leva, uno solo, venne fissato in 8.000 uomini; venne raddoppiato il numero dei soldati di ordinanza (da 8.000 a 16.000) e dimezzato quello dei provinciali (da 16.000 a 8.000); la forza dell'armata venne elevata, per il caso di guerra, da 60.000 a 80.000 uomini (16.000 soldati di ordinanza e 64 .000 provincia1i) con la possibilità di aumentarla fino a 140.000, più del doppio di quella fino ad allora prevista, utilizzando i 54.000 riservisti (8 classi ). La riforma albertina subì successivamente molte aggiunte e varianti - la durata della ferma fu portata per i soldati di cavalleria e di artiglieria prima a 24 e poi a 36 mesi - ma le linee fondamentali rimasero inalterate fino alla prima guerra d'indipendenza, alla vigilia della quale l'armata attiva era costituita di: 10 brigate di fanteria (Aosta, Acqui, Casale, Cuneo, Guardie, Piemonte, Pinerolo, Regina, Savoia, Savona), ciascuna su due reggimenti omogenei, meno la Guardie che era costituita dal reggimento granatieri, del tutto eguale ad un •reggimento di linea, e dal reggimento cacciatori sardi su 2 anziché su 4 battaglioni; 30 compagnie o batterie di artiglievia riunite in brigate (4 da campagna, 1 a cavallo, 1 da posizione), delle quali quelle da campagna e quella a cavallo erano
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articolate su 2 batterie di 8 pezzi (6 cannoni e 2 obici del calibro di 8 o 12 libbre); 5 compagnie di .bersaglieri; 6 reggimenti di cavall.eria (Genova, Nizza, Novara, Piemonte reale, Savoia, Aosta) articolato ciascuno su 5 squadroni attivi ed 1 deposito; 1 battaglione zappatori del genio su 5 compagnie {4 zappatori ed 1 minatori); il corpo del Treno di Provianda {in guerra: 300 cavalli da sella, 2.000 da tiro e un -numero proporzionale di carri); unità o reparti dei servizi e d 'intendenza. H reggimento di fanteria era su 3 battaglioni attivi ed 1 deposito; i primi 2 battaglioni di ogni ·reggimento erano su 3 compagnie fucilieri ed 1 compagnia scelta di granatieri ed il terzo battaglione su 4 compagnie cacciatori. Le contraddizioni e l'ibridismo del sistema appaiono di per sé evidenti: da una parte il cittadino-soldato, dall'altra l'esenzione di gran parte dei cittadini dagli obblighi di servizio; in pace, un'armata prevalentemente di volontari; in guerra, di provinciali; immissione, in guerra, di classi non più giovanissime nell'armata attiva e contemporanea esclusione da ogni obbligo militare di una pletora di giovanissimi. I provinciali non rappresentavano neppure la metà degli elementi idonei della loro classe; l'altra metà veniva esonerata per motivi vari {surrogazione, impegni di lavoro, carichi di famiglia, nati in Sardegna, ecc.). L'inversione del valore del rapporto tra soldati di ordinanza e provinciali voluta da Carlo Alberto rispondeva all'esigenza, per il re prioritaria, di parare le minacce delle rivolte liberali, ma si traduceva in una minore disponibilità di provinciali addestrati per cui per coprire gli organici di guerra delle unità diventava necessario ricorrere anche ai riservisti. La durata della ferma dei soldati di fanteria si palesò ancora insufficiente al perseguimento di un grado di addestramento accettabile. Carlo Alberto presentò il suo provvedimento come un potenziamento dell'armata - il che in teoria era vero - ma alla prova dei fatti il sistema si rivelerà un fallimento sotto quasi tutti gli aspetti. Il rapporto tra fanteria di linea e cacciatori o fanteria leggera, più che soddisfacente in teoria, nella realtà era di valore quasi nullo, perché i cacciatori erano tali solo di nome non essendo affatto diversi dai fucilieri se non per qualche requisito fisico migliore. I bersaglieri, gli unici veri cacciatori disponibili, creati nel 1836 dall'allora capitano dei granatieri Alessandro La Marmora (30), tutti soldati di ordinanza particolarmente scelti per prestanza fisica e addestrati alla tecnica di combattimento dell'ordine sparso, erano troppo pochi per un quadro tattico dove le necessità di operare sparsi nel movimento e nell'attacco e riuniti nell'assalto, di sorpresa, di
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slancio, d'impeto e con irruenza si venivano facendo sempre più frequenti. Troppi, invece, i reggimenti di cavalleria o troppi i 5 squadroni del reggimento in relazione alla crisi d'impiego in cui l'arma si trovava. La necessità di diminuire la consistenza dell'arma fu avvertita e nel 1831 fu operata la riduzione da 8 squadroni organici a 6, ma il provvedimento fu poco dopo frustrato quando, su insistenza della nobiltà, venne costituito un nuovo reggimento, l'Aosta. Inferiore a quello allora valutato ottimale era H valor,e del rapporto tra le altre armi e l'artiglieria: 2 in luogo di 3 bocche da fuoco per ogni 1.000 uomini.
7. In un'eventuale guerra contro la Francia, l'armata avrebbe ricevuto un notevole incremento della capacità operativa dalla fortificazione permanente alla quale i re, in particolare Carlo Alberto, dedicarono costantemente vigile cura, impegnandovi capitali ed energie soprattutto al fine di potenziare gli sbarramenti naturali dei passi alpini e di provvedere alla difesa del fronte a mare della città di Genova. A Fenestrelle, demolito il vecchio forte Mutino, venne eretto ex novo il forte Carlo Alberto i cui spalti dominavano la valle del torrente Chiusone; ad Exilles fu costruito un nuovo forte sulla riva sinistra della Dora e fu fortificata la zona di Serre la Garde mediante l'erezione di un ridotto di raccordo tra il forte principale ed il poggio di San Colombano; a Lesseillou forono ampliati ed ammodernati i forti Vittorio Emanuele e Carlo Felice e messi in sistema mediante la costruzione di un ampio campo trincerato munito di fortini e di opere campali in trincea; a Bad fu portato a termine un imponente complesso di lavori per la creazione di uno dei più moderni e robusti sistemi fortificatoti di quel periodo. Si trattava di una linea difensiva di frontiera che garantiva economia di forze e libertà di azione all'armata campale. Venne, invece, trascurata l'importanza delle piazzeforti di pianura. La città di Alessandria, punto chiave strategico delle comunicazioni tra la pianura padana e la Liguria, ridotta sotto il profilo di piazzaforte alla sola cittadella settecentesca, fu nuovamente fortificata, dalla parte di porta Valenza, riattando le vecchie opere risalenti al 1200 variamente rimaneggiate nei secoli successivi. Ventimiglia che, dopo il ripristino voluto da Carlo Felice della strada litoranea per Nizza, aveva rias-
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sunto la funzione di chiusura dì quella via proveniente dalla Francia, fu, su richiesta dell'Austria, nuovamente fortificata mediante la costruzione di opere permanenti a sbarramento della via della riviera ed a potenziamento dell'estrema sinistra della linea militare di Sella Roia. Ma il regno di Sardegna non provvide, neppure durante gli ultimi anni che precedettero il 1848, a fortificarsi dalle provenienze da est e, soprattutto, non intese il significato nuovo che le piazzeforti avevano assunto dopo il periodo di crisi della fine del XVIII secolo. Considerata fino ad allora un elemento passivo di forza difensiva, la piazzaforte cominciò ad essere valutata come fattore incrementale della capacità offensiva e controffensiva dopo che Napoleone aveva tolto credito alle cinture ed ai cordoni di fortezze del sistema Vauban (31 ). Le aree fortificate divenivano capaci di dare appoggio e sbocco ad interi corpi di esercito che le avrebbero dovute utilizzare come zona di raccolta e come perni della manovra strategica. Da qui il ricorso a pochi e robusti campi trincerati anziché alle numerose e deboli linee di fortezza. Nuovi schemi di fortificazione vennero suggeriti dal Montalembert (32) e dal Carnot (33) che previdero la sostituzione del sistema bastionale con quello poligonale e la costruzione, all'interno del sistema, di una fortezza centrale con funzione di difesa attiva. La Prussia e l'Austria-Ungheria, dopo il 1815, costruirono le nuove fortezze secondo i nuovi schemi: abbandono del tipo di piazzeforti e recinto unico e continuo; costruzione di un insieme di opere staccate intervallate di due + tre km nel quale il nucleo centrale, distante dalle opere staccate non più di 3 km, rappresentasse l'elemento essenziale del sistema; tracciato delle singole opere o bastionale o poligonale. La Francia, invece, in contraddizione con i suoi illustri teorici, rimase ancora una volta ligia alle vecchie concezioni e le fortificazioni di Lione e di Parigi, eseguite durante il regno di Luigi Filippo (1830-1848), ne sono la conferma. L'esempio più significativo della nuova concezione in Italia fu Verona fortificata dall'esercito dell'impero asburgico secondo uno schema derivato dalla combinazione delle teorie del Montalembert e del Carnot: cerchia esterna di forti di forma .poligonale o circolare, staccati l'uno dall'altro, plasmati sul terreno, circondati da fossato, ognuno con un proprio ridotto interno; robusta fortezza centrale con funzione di difesa attiva. Il ruolo che giuocherà Verona, e l'intero quadrilatero, nelle guerre d'indipendenza italiana sarà d'importanza capitale e non si identificherà in una funzione meramente difensiva, ma anche risolutamente controffensiva.
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8. Vissuta per 33 anni m un periodo di pace non turbata dall'esterno, orientata per circa 30 anni a difendersi da un'eventuale aggressione da ovest, strutturata per fare fronte alle minaccie che fossero venute dall'interno più che da paesi stranieri, strumento di potere assolutistico e non ancora espressione di uno Stato costituzionale, l'armata sarda dové affrontare da sola, quasi repentinamente, una guerra offensiva contro uno degli eserciti europei più potenti, se non il più potente, del momento. Era un'armata che aveva dalla sua parte doti assai positive tra le quali una tradizione militare, ereditata dal vecchio esercito piemontese, di primissimo piano ed un abito disciplinare intonato ad un alto senso di consapevolezza, raro in quel periodo. Il suo armamento ed il suo equipaggiamento non erano inferiori a quelli del1'esercito contrapposto. La sua dottrina e la sua tecnica d'impiego, derivate da quelle del prestigioso esercito francese, benché permeate di vecchie concezioni, seguitavano, bene o maile, ad avere successo sul campo di battaglia. Sebbene possedesse tali requisiti di importanza notevole nella valutazione della capacità operativa, l'armata sarda era priva o quasi di altri non meno importanti che riguardavano, oltre le gravi lacune logistiche qui non esaminate, l'impreparazione tecnica al comando, l'inadeguatezza ordinativa e, in particolare, del sistema di reclutamento e di mobilitazione, la disarmonia organica delle armi e di talune unità, come ad esempio delle compagnie di fanteria (34) , e specialmente l'insufficienza della preparazione professionale dei quadri e dell'addestramento al combattimento della truppa. Era, in sintesi, un'armata troppo impreparata ordinativamente alla guerra e troppo tecnicamente inaddestrata. Ciò che meraviglia non sono le sconfitte di Custoza e di Novara, ma il successo di Goito.
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NOTE AL CAPITOW I ( 1) Un'innovazione assai importante fu la sostituzione, nelle armi portatiH, del sistema ad acciarino od a selce con i1 sistema a percussione, ad innesco fulminante, adottata da quasi ,tutti gli eserciti europei, compresa l'atmata sarda, agli inizi degli anni quaranta. Le armi a canna rigata, di gittata e precisione maggiori rispetto a quelle a canna liscia, dopo che il capitano francese Delvigne propose di caricarle con proiettile cilindro-conico più piccolo <li quello della canna, diventarono .!'arma specifica della fanteria leggera e ne furono dotati ,i cacciatori francesi e ,prussiani ed i bersaglieri che, in un primo tempo, utilizzarono le cara bi·ne a camera e successivamente a stelo. Alla carabina venne, inoltre, ,applicata I.a daga o coltello a baionetta. Alla cavalleria, quasi tutta arma·ta precedentemente di ,sciabola a punta e <taglio, fu restituita la landa distribuita, nell'esercito prussiano ed in quello russo, alle unità di ala ed alla prima riga delle varie formazioni; nell'armata sarda la lancia divenne l'unica arma bianca della cavalleria e ne furono dotati ,tutti gli squadroni. Le innovazioni dell'artiglieria furono: ,i cofani-sedili che consentirono di montare i cannonieri sul pezzo, la sostituzione degli affusti ad aloni con quelli a coda, il ricorso al trasporto a trasci:no od a basto per le artiglierie da montagna, il miglioramento delle polveri ed il maggiore tecnicismo <lel ,tiro. L'artiglieria sarda divenne in quel pi.riodo la migliore, dopo quella francese, di tutte quelle degli altri eserciti europei, compreso l'austro-ungarico. Grande sviluppo e progresso subirono i materiali da ponte specialmente .per opera dell'ingegnere italiano al servizio dell'esercito austriaco Birago, il quale creò un sistema completo di ponti, di cavalletti e d i pontoni. Trasformato dal maggiore dell'armata sarda Cavalli, il sistema venne adottato dall'armata sarda stessa che fu, in questo campo, con l'esercito austro-ungarico, tra le più avanzate degli eserciti europei.
(2) Guerra della Russia contro la Persia (1827). Guerra della Russia contro Turchia in Europa e in Asia (1828-1829). Guerra <tra l'Egitto e la Turchia ( 18311832) per la Palestina e la Siria, con ,]'intervento nella seconda fase (1839), delle grandi potenze europee a favore della Turchia. Guerra dei francesi in Algeria (1830-1857). Guerre dei russi nel Caucaso le quali durarono fino al 1859. Guerra degli inglesi nell'Afganistan (1838-1839). ]a
(3) Guerra civile in Spagna per la Costituzione con l'intervento deHa Francia (1820-1823). Guerra civile in Portogallo .p er la Costituzione (1820). G uerra civile in Piemonte per la Costituzione con l'interveTl'to degli austro-nngarici ( 1821). Guerra di Napoli per la Costituzione ( 1821). Guerra civile dei sette anni in Spagna .per la successione al trono (1833-1840). Guerra civile in Portogallo per gli stessi motivi. Guerra civile in Svizzera (1847). (4) Rivoluzione di Parigi contro Carlo X (1830). Moti di Modena e delle Romagne (1831) sedati dagli austro-ungarici. Guerra per l'indipendenza della Polonia contro 1a Russia (1830-1831 ). Guerra per il risorgimento della Grecia con l'intervento della Russia, dell'Inghilter-ra e della Francia contro turchi ed egiziani (1821-1829). Guerra d'indipendenza dei Paesi Bassi: belgi, aiutati dalla ;Francia, contro gli olandesi (1830-1832). Particolarmente cruente le repressioni asburgiche del 1831 per domare i mo~i dei ducati di Modena e di Parma e di rtaluni territori dello Stato Pontificio e quelle ,russe per soffocare la sollevazione dei -polacchi schiacciati ad Ostrolenka.
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(5) Henri ]omini (1779-1869) svizzero, generale francese. Entrò nell'esercito rivoluzionario francese e attrasse per la sua versalità l'attenzione del maresciallo Ney. Dopo una brillante carriera nelle armate napoleoniche, passò dal 1813 al servizio dello zar e diresse nel 1828 l'armata russa contro i :turchi. Fondatore dell'Accademia militare russa, rientrò in Francia nel 1843. Ragionò in chiave esscni,ialmente tecnica sulle campagne di Federico il Grande e di Napoleone e dette della guerra, nei suoi scitti, una visione geometrica che poco concedeva alla molteplicità degli ambienti e nulla o quasi all'ignoto. La sua visione riconduce, in qualche modo, alle concezioni del secolo XVIII più che a quelle napoleoniche. (6) D.H. von Biilow frane. Paris 1802.
Geist des meuren Kriegs systems, Hamburg 1799, trad.
(7) Regolamento di servizio per le truppe in campagna - Torino, 1833. Dalla Tip. di Giuseppe Fodratti. Titoli: 1) Ordinamento dell'A·rrnata e dei vari servizi. 2) Basi del servizio. 3) Modo di comandare il servizio. 4) Campi ed alloggiamenti. 5) Situazioni. Ordini. Parola d'ordine e di campagna. 6) Guardia di polizia e picchetto. 7) Gran guardie, ed altri posti esterni, o -trincerati. 8) Distaccamenti. 9) Ricognizioni. 10) Distribuzioni. 1 l) Foraggiamenti. 12) Salvaguardie. 13) Convogli. 14) Bagagli e loro governo. 15) Carabinieri reali e politica generale. 16) Marcie. 17) Fazioni campali. 18) Paron m guerra. 19) Assedio e difesa delle piazze. 20) Onori e disposizioni generali. Titolo in appendice: Instruzione speciale supra gli accampamenti. (8) Paul Racchia - Lièutenant-colonel au Corps Royal <le Génie, chevalier de l'Ordre militaire des SS. Maurice e Lazare. Précis analytique de l'art de la gue"e Turin 1832 - De l'Impremerie <le Chirio et Mina. (9) joseph Pougni - Guillet B. on de Monthoux - Lieut. Général Ez - Armées de SM. Sarde. Eléments de Stratégie et de tactique. Turin 1832.
(10) Sebastiano Vassalli, direttore degli studi e professore di fortificazione nella R. Accademia Mmtare, Lezioni d'arte militare ad uso della R. Scuola di Applicazione. Torino 1847, Tip. Zecchi e Boma. (11) Enrico Giustiniani, maggiore nel Cor·p o R. dello Stato Maggiore, Nozioni elementari di strategia. Torino 1851, Tip. mil. Il libro è diviso in sei sezioni. Prima sezione: definizioni; seconda sezione: teoria delle posizioni strategiche e delle linee di operazione; terza sezione: teoria delle basi <l'operazioni; quarta sezione: meccanismo delle operazioni strategiche; quinta sezione: piazzeforti; sesta sezione: la strategia applicata alle operazioni miste.
(12) Luigi Blanch, maggiore in ritiro dello stato maggiore dell'esercito del regno delle Due Sicilie, pubblicò nel 1832, nella rivist11 Il progresso delle Sdenze, delle Lettere e delle arti, nove discorsi Della Sdenza Militare considerata nei suoi rapporti colle altre scienze e col sistema sociale.
( 13) Andrea Zambelli, professore di scienze e leggi ipolitiche nell'Università di Pavia, .pubblicò nel 1839, in due volumi, La guerra. (] 4) Carlo Cattaneo, storico, patriota e uomo politico, pubblicò, nel 1839, nel fascicolo V della rivista Politecnico, un articolo ripubblicato poi col titolo Dalla Milizia antica e moderna, Vds anche Carlo Cattaneo, Opere edite ed inedite, per cura di A. Bertani, Firenze 1908, III, pp. 304-31. (15) Piero Fieri, Storia militare del Risorgimento - Guerre e insurrezioni Giulio Einau<li editore - Terza edizione - Torino 1962, pp. 160 e seg,ti.
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(16) Riteniamo opportuno riportare dal libro di Carlo Corsi Tattica, Ed. La Minerva, Firenze 1873, alcune definizioni delle forme e degli ordini tattici. Forme tattiche sono quelle figure geometriche elementari che le unità ta1tiche e le loro frazioni .prendono a volta a volta, e da cui desumono personalità e attitudine tattica; 1e quali oggi si riducono in massima a due sole, cioè: forma larga e sottile o di linea e forma stretta o profonda o di colonna. Ordini tattici sono i portati dell'ordinamento tattico, cioè quelle disposizioni che risultano dalle varie combinazioni di alcuni o molti enti tattici ugualmente o diversamente formati, intese ad un dato scopo, e in generale allo sviluppo progressivo della potenza tattica, secondo l'attitudine dei singoli corpi o foro parti staccate. Si dividono all'ingrosso in ordini estesi e ordini ristretti. Diciamo ordini contigui o uniti quelli di cui le parti sono a contatto o almeno tanto vicine le une alle altre da poter essere considerate come legate insieme per gli effetti tattici; ordini staccati o separati quelli, gli elementi dei quali sono divisi da intervalli e distanze assai grandi; ordini radi e sparsi quelli che consistono di elementi spicciolat·i o sparpagliati; ordini densi e compatti (fitti) che hanno caratteri opposti a qtesti ultimi. Secondo gli scopi cui mirano, prescindendo dall'ordine iniziale e dall'ordine di mostra (parata), gli ordini tattici possano distinguersi razionalmente in: ordini da marcia, ordini da combattimento (offensivi, difensivi, controffensivi), ordini da riyerva, ordini da campa, ordini da guardia, da esplorazione e da cuoprimento. (17) Thomas Robert Bugeaud de la Piconnerie, maresciallo di Francia (17841849). Si rese celebre in Algeria per i successi riportati con la sua tattica di in.. cursioni e di razz.ie. Governatore dell'Algeria nel 1840 estese il controllo francese all'interno del Paese e sconfisse l'eserci<to marocchino sul fiume Jsly (1844). Maresciallo di Francia nel 1843 e duca d'Isly :nel 1844 fu soprannominato le père
Bugeaud. (18) Regolamento d'esercizio per l'infanteria, Edit. Pietro Gaspare Pie. To. rino 1816. Regolamento d'esercizio per la fanteria corretto, ,ristampato, compito. Tip. Binelli, Torino 1818. Regolamento d'esercizio per la fanteria, voi. I, Stamp. Ghiringhello e comp. Torino 1834, voi. II e voi. III Idem Torino 1835.
(19) Ferdinando Pinclli, Storia Militare del Piemonte, in continuazione di quella del Saluzzo, cioè dalla pace d'Aquisgrana sino ai dì nostri, con carte e piani. Epoca tetza; <lai 1831 al 1850. Voi. III Torino 1855, presso T. Deyoryis, libraioeditore, pg. 21. (20) Nicolas • Jean de Dieu Soult, duca di Dlamazia, maresciallo di Francia (1769-1851). Fu uno dei più brillanti generali di Napoleone. Importante, sotto il
profilo dei temi tattici adottati, fu la sua lunga e complessa campagna di Spagna negli anni 1804-1814. Ebbe il titolo del tutto eccezionale di maresciallo generale di Francia. (21) Ferdinando Pinclli. Op. cit., pg. 96. (22) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna. Voi. III • Tip. Enrico Schioppa, Torino 1925, pg. 386. (23) Esercizio ed evoluzioni per la cavalleria. Tip. Carlo Bocca, Torino 1817 tino 1817. Ordonnance provisoire su l'exercise et les manoeuvres de la cavalerie, redigée par ordre du ministre de la guerre. Majmel Paris 1804.
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Esercizio ed evoluzioni della cavalleria. Vol. I , II e III. Tip. Fodratti, Torino 1833. Appendice al regolamento del 12-2-1833 per l'esercizio e le evoluzioni della cavalleria, nel quale sono dichiarate Je variazioni ed aggiunte rese necessarie o/ regolamento ora detto, dalle mutazioni fatte tanto nell'ordinamento, quanto nella montura ed armamenti dei reggimenti dai sovrani provvedimenti del 18-11-1841 e del 14-3-1843. Tip. Fodratti, Torino 1844. Regolamento generale di servizio per il reggimento dei cavalleggeri di Sardegna. Reale Stamperia m Cagliati 1837. Con/ormazione esterna, ferratura del cavallo ed addestramento dei cavalli di rimonta. Tip. Fcxlratti, Torino 1833.
..
(24) Tipi cli evoluzione:
I. t:voluzione di Reggimento. Nozioni preliminari e moviment-i .preparatori. Punti di direzione. Tracciamento delle linee. Modo di collocare i punti intermedi fra due punti dati. Mo<lo di determinare gli altri punt·i quanùo è stato indicato un sol punto di direzione. Allineamento successivo degli squadroni del Reggimento. Allineamento simultaneo del Reggimento. Rompere il reggimento per quaHro. Formare i plotoni alla medesima anùatura. Rompere i plotoni per quattro alla stessa andatura. Formare i plotoni radcloppi~nclo l'andatura. Rompere i plotoni radùoppi:mdo l'anda1:ura. Formare il Reggimento, avanti a sinistra, ovvero sulla destra in battaglia. Articolo primo: Passare ùall'ordine di battaglia all'ordine di colonna. Forma,re il Reggimento in colonna con distanze. Rompere dalla destra JJer marciare verso .la sinistra, e viceversa. Rompere indieuo dalla ùestra per marciare verso la sinistra. Prima evoluzione: Formare il Reggimento in colonna serrata. Articolo secondo: Marciare in colonna. Cambiare cli direzione essendo in colonna con distanze. Seconda evoluzione: Passare dall'ordine di colonna con distanze, all'ordine d i colonna serrata, meùiante la formazione successiva degli squadroni. Passare ai. l'ordine di colonna serrata, all'ordine di colonna con distanze, mediante il rompere successivamente gli squadroni . Articolo terzo: Passare dall'ordine di colonna all'ordine di battaglia. Terza evoluzione: Formare il Reggimento in battaglia sovra uno dei suoi fianchi, oppure sovra il prolungamento innanzi d'uno de' suoi fianchi. Quarta evoluzione: Formare il Reggimento avanti in battaglia. Quinta evoluzione: Formare il Reggimento in battaglia col fronte indietro. Formazione in battagl ia quando una parte della colonna ha cangiato di direzione colla riunione della 3• 4• e 5" evoluzione. Sesta evoluzione: Formare una colonna in battaglia sopra uno dei suoi fianchi, o sul prolungamento innanzi d'uno <lei suoi fianchi. Settima evoluzione: Spiegamento della colonna serrata. Articolo quarto. Ottava evoluzione: Marcia in battaglia. D ella Marcia in battaglia. Nona evoluzione: Cambiamento di fronte della linea di battaglia. Decima evoluzione: Marcia in iscaglioni. Undicesima evoluzione: Passaggi degli strem:i. Dodicesima evoluzione: Passaggio deYa linea. Carica in linea. Carica in colonna. Carica in foraggieri. 2. Evoluzione di linea. Della carica. Nozioni preliminari. Ordine per sfilare. Prima evoluzione (n. 1). La Divisione essendo in battaglia formarla in colonna serrata colla fronte ,rivolta a destra. Prima evoluzione (n. 2, tav. 44 fig. A) La Divisione essendo in battaglia formare la colonna serrata senza cangiar di fronte. Prima evoluzione (n. 3). La divisione essendo spiegata per Reggimento in massa a distanza intiera, ovvero a mezza distanza del fronte, formare la colonna serrata sul primo Reggimento P.rima evoluzione {n. 4). La Divisione trovandosi in marcia in battaglia formarla in colonna serrata senza fermare . Prima evoluzione (n. 4 bis). La Divisione marciando in linea per Reggimento in massa a distanza 1·ntiera <le! fronte, formarla in colonna
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serrata senza fermare. Seconda evoluzione (n. 1) La DiV'isione essendo in marcia in Colonna con distanze, passare all'ordine, in colonna serrata mediante la formazione successiva degli squadroni senza cambiare d'andatura. Seconda evoluzione (n. 2). La Divisione 1$Sendo :in marcia in colonna con distanze, p36sare all'ordine di colonna serrata mediante la formazione successiva degli squadroni raddoppiando l'andatura. Seconda evoluzione (n. 3). La Divisione essendo in colonna serrata e ferma, eseguire un cambiamento di direzione. Seconda evoluzione (n. 4). La Divisione essendo 1n colonna serrata e ferma, eseguire un cambiamento di d irezione facendo fronte indietro. Seconda evoluzione (n. 5). La Divisione es,sendo in colonna serrata passare all'ordine di colonna con distanze. Seconda evoluziorn: {n. 6). La Divisione essendo in marcia in colonna ser.rata passare all'ordine. Terza evoluzione (n. 1 ). La Divisione essendo !lii colonna con distanze formada in battaglia sul suo fianco sinistro. Terza evoluzione (n. 2). La Divisione essendo iri colonna con distanze, formarla in battaglia sovra il prolungamento innanzi del suo fianco des,tro. Quarta evoluzione. La Divisione essendo in marcia in colonna con distanze, formarla avanti in battaglia. Quinta evoluzione. La Divisione essendo in marcia in colonna con distanze, formarla 1n battaglia col fronte indietro. Formazione in battaglia, mediante la combinazione delle evoluzioni 3• 4• e 5· quando una parte della colonna ha cambiato di direzione. Sesta evoluzione. La Divisione essendo in marcia in colonna serrata, formarla in bauaglia sul suo fianco sinistro. Settima evoluzione. La Divisione essendo in colonna serrata, spiegarla sovra uno squadrone Jel centro. Ottava evoluzione. La Divisione essendo sopra una sola linea, marciare in battaglia. Nona evoluzione (n. 1). La Divisione trovandosi ,in battaglia, eseguire un cambiamento <li fronte obliquo sull 'ala destra. Nona evoluzione (n. 2). La Divisione essendo in battaglia, eseguire un cambiamento di fronte avanti sull'ala destra. Nona evoluzione (n. 3). La Divisione essendo in battaglia, eseguire un cambiamento di fronte indietro sull'ala destra. Nona evoluzione (n. 4 ). La Divisione essendo in battaglia eseguire w1 cambiamento di fronte a destra sopra una suddivisione del centro. Nona evoluzione (n. 5). La Divisione trovandosi sopra due linee a mezza distanza, esegufre un cambiamento di fronte avanti, sull'ala destra della prima linea. Nona evoluzione (n. 6). La Divisione trovandosi sopra due linee a mezza distanza, eseguire un cambiamento di fronte indietro sull'ala destra della prima linea. Nona evoluzione (n. 7). La Divisione trovando~i sopra due linee a mezza distanza, eseguire un cambiamento di fronte a destra sopra una suddivisione del centro della prima linea. Decima evoluzione. La Divisione essendo in battaglia, marciare 1n iscaglioni. Undecima evoluzione (n. l ). La Divisione essendo in battaglia, eseguire -il passaggio dello stretto avan~i. Undecima evoluzione (n. 2). La Divisione essendo in battaglia, eseguire il passaggio dello stretto in dietro. Duodecima evoluzione. La Divisione essendo 5opra due linee, eseguire il passaggio della linea avanti. Della carica. (25) Istruzione generale per il servizio di tutte le bocche da fuoco in uso nell'artiglieria degli Stati di S.M. il Re di Sardegna. Tip. Bernardino Barberis, Torino 1815. (26) f\ietro Maravigna, Op. dt., pg. 414. (27) Carlo Corsi, Storia militare. Sommario, II Voi. 1815-1870, Tip. E. Schioppo. Torino 1932, pg. 10.
(28) Johann ]oseph Radetzky, conte di Radetz (1766-1858), generale aus·triaco <li antica famiglia ungherese. Stese i piani per la vittoriosa battaglia di Lipsia (1813) contro Napoleone. Governatore mili,tare della Lonibardia, costretto a lasciare Milano nel 1848 in seguito alle Cinque giornate, venne battuto a Goito da Carlo Alberto nella prima guerra per l'indipendenza italiana, ma vinse poi a Custoza e, definitivamente, a Novara ( 1849). Fu poi nominato governatore generale del LombardoVeneto fino al 1857.
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(29) Gerhard Johan David Schiarnhorst (1755-181.3 ), generale .prussiano. Uffi. ciale delle ·truppe Hannoveriane, poi al servizio della Prussia, autore di studi militari, maturò una concezione sttategica moderna imperniata sull'obiettivo dell'esercito popolare. Fu capo di stato maggiore col Bliicher; mori per le ferite riportate a Lutzen. (30) Alessandro Ferrero cavaliere di La Marmara (1799-1855), con i suoi bersaglieri prese parte come colonnello alla prima guerra d'indipendenza e venne ferito nell'aprile del 1848 al forte di Goito. Nel 1849 fu capo di stato maggiore dell'esercito sotto lo Chrzanowsky ed ottenne nel 1852 il comando della divisione di Genova dopo aver domato l'insurrezione scoppiata in tale città. Nel 1855 par. rccipò alla spedizione in Crimea, come comandante della 2a divisione, dove morl di colera. (31) Sebastian Le Preste Vauban (1633-1707), -architetto ed ingegnere militare francese, poi maresciallo di Francia. Perfezionò il sistema del baluardo e della di. fesa bastionata e lasciò molti scritti sull'arte militare e sulla guerra di assedio o di poS'izione <li cui fu uno degli ultimi teorizzatori. Costrul 36 nuove piazzeforti e ne qmpliò 300 già esistenti. (32) Marc·René Montalembert (1714-1800), ufficiale dell'esercito francese. Fu un grande teorico della fortificazione e scrisse, ,tra l'altro, il ttattato Fortification perpendiculair11. (33) Lazare-Nicolas·Marguerite Carnot (1753-1823), detto il « Grande Carnot », generale, uomo politico, matematico francese. Tra le sue opere storico-militari La défense des places /ortcs (1810) influenzò la tecnica militare della fortificazione per tre generazioni. (34) La forza di guerra del battaglione era di circa 1.000 uomini , quella di pace di 320. Le quattro compagnie, che in pace non raggiungevano una forza presente superiore alle 80 unità, contro le 100 organiche, in guerra avevano una forza di 250 uomi·ni ciascuna, risultando cosl poco maneggevoli e comandabili, male inquadrate (4 ufficiali) e male addesttate.
CAPITOLO II
LA PRIMA GUERRA D'INDIPENDENZA (1848-1849) 1. Le cause delle disfatte di Custoza e di Novara. 2. L'insipienza politica. 3. L'imperizia strategica. 4. L'imprevidenza logistica. 5. L'incidenza della tattica. 6. L'insufficienza dell'addestramento. 7. Gli ordinamenti tattici. 8. Giudizio conclusivo.
1.
La relazione conclusiva della comrruss10ne d'inchiesta sulla campagna del 1848 (1) così si espresse: « Ora, riassumendo, si può dire cinque essere state le cause principali dei disastri: 1° pessima organizzazione dell'armata e sue conseguenze; 2° indisciplina; 3° mancanza di unità di comando, di un piano di guerra e di gran parte dell'occorrente in ogni ramo di servizio; 4° la poca attitudine di alcuni ufficiali superiori e di alcune armi; 5° circostanze politiche, le quali valsero bensl a cagionare ed a avviare la guerra, ma in realtà ne impedirono il libero andamento» (2). La commissione d'inchiesta sulla campagna del 1849 (3) cosl concluse: « Il Piemonte ruppe in questa seconda volta la guerra con l'Austria per l'indipendenza italiana, non più animato dall'entusiasmo e dalla concordia di pensiero di tutta la nazione, di tutta l'Italia, non più contro un'armata presa alla sprovvista e ritirantesi fra popolazioni insorte, ma solo, diviso dalla discordia e travagliato dalle diverse fazioni, contro l'Austria preparatasi da un'anno alla guerra. Agli errori fatti dall'antico governo, nella viziosa organizzazione data all'esercito e nella trascuratezza della soda sua istruzione, si aggiunsero quelli del nuovo, che per la soverchia estensione datagli, sproporzionatamente ai mezzi, ne peggiorò la costituzione. La scissione politica del paese, le imprudenze e le insinuazioni di tutti i partiti, le tristi rimembranze e le impressioni dell'esito della prima campagna, esercitarono una funesta influenza sullo spirito della truppa. Le debolezze dell'organizzazione militare, le debolezze del governo e l'insufficienza di alcuni capi dell'esercito lasciarono germogliare i
4.
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tristi semi, e l'armata divenne sfiduciata e generalmente avversa a questa guerra per le circostanze fra le quali aprivasi. Il ministro preoccupato della questione politica, non curò abbastanza di conoscere e di pensare i mezzi di riuscita de1l'impresa militare. Il generale (4 ), quantunque conscio della loro debolezza, non dichiarò esplicitamente al governo l'imprudenza della deliberazione che stava P'41' prendere e si fece condottiero di una guerra ineguale, prevedendone l'esito infelice. La condotta della guerra fu improvvida, non meno che la sua deliberazione. Nel determinare il piano di campagna, il ministero non portò quelle cure che gli spettavano ed il generale pospose le ragioni militari, imprescindibili, alle politiche eventuali; l'esercito fu privo d 'appoggio, ed in seguito di ritirata. Mancò di continuo la conoscenza delle mosse del nemico; mancò, dal punto capitale delle prime posizioni assegnate all'esercito, una divisione, per colpa del suo generale; fuvvi imperizia o non sufficiente solerzia in alcuni capi dell'armata ; il generale maggiore non seppe far concorrere tutte le forze dell'esercito; non seppe, infine, impiegare le truppe in modo adatto alla sua indole ed alle sue caratteristiche organiche e morali. La catastrofe succeduta fu una logica conseguenza di tutte queste accuse, ognuna per sé gravissima, le quali per nostra grande sventura, trovaronsi collegate e cospiranti a farla più luttuosa e più pronta » (5). Senza prendere per oro colato le conclusioni delle due commissioni d'inchiesta e senza metterci a rifare la storia delJa prima guerra d'indipendenza già narrata da tanti autorevoli autori, ci sembrano però necessari e alcune puntualizzazioni e<l alouni richiami che può sembrare esulino dalla tematica specifica che ci siamo proposti, ma senza i quali non riusciremmo, ci sembra, a delineare con sufficiente chiarezza i riscontri dottrinali strategici, tattici e ordinativi con la realtà di quella guerra, legati come essi sono agli aspetti politici, psicologici e logistici.
2. La spinta alla campagna del 1848 venne da fuori ed improvvisa: la rivoluzione di Parigi, l'insurrezione di Vienna, le cinque giornate di Milano, la rivolta di Venezia. Gli avvenimenti giunsero subitanei; ma non del tutto inaspettati, tali e tante essendo state le voci, discordi nei mezzi ma univoche nel fine, già elevatesi nel passato a favore dell'indipendenza e dell'unità d'Italia. Ma il regno di Sardegna,
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sebbene convintosi da tempo che prima o poi uno scontro con l'impero asburgico si sarebbe reso inevitabile, non aveva fatto nulla per fare fronte a tale eventualità nel caso che si presentasse l'occasione propizia. Nessuna intesa politica con le altre grandi potenze europee e con gli altri Stati della penisola, neppure all'ultimo momento quando questi ultimi inviarono aliquote delle loro forze regolari a combattere ( a fianco dell'armata sarda) (6). I tempi erano politicamente maturi, l'occasione particolarmente favorevole, ma né il re né la classe politica del regno erano preparati ad utilizzare tutte le energie spirituali e materiali che si offrivano loro. Sfuggl loro l'importanza deJla potenza che avrebbe potuto sprigionare la forza popolare che in fondo, nel regno ed altrove, era stata la vera ispiratrice dell'idea dell'indipendenza e dell'unità nazionale. Ragioni di esitazioni, in verità, non mancavano, ma, una volta decisa la guerra, la principale - l'antica e non mai spenta ripugnanza di Carlo Alberto e dei capi politici e militari per le rivoluzioni ed i moti di popolo - avrebbe dovuto essere superata. Se la diffidenza verso il comportamento della vicina Francia, da poco divenuta repubblica, poteva avere il suo fondamento, se la consapevolezza della scarsa preparazione ed efficienza dell'armata poteva essere motivo di remora, se il dubbio sull'effettivo concorso degli altri Stati italiani era giustificato, esistevano pur sempre due certezze: la preparazione spirituale ed intellettuale di una buona parte delle popolazioni, conseguita nella penisola attraverso le varie forme del pensiero irredentistico ed unitario; il fervore generale unito al coraggio fisico e morale dei patrioti. Non avere saputo o voluto valutare la portata di tali fattori o l'averla manifestamente ignorata per il timore di dover dividere con altri il merito dell'impresa, fu H più grave errore politico commesso prima e durante fa guerra, non solo per i vantaggi che non se ne trassero, ma per le difficoltà che ne derivavano - e si aggravarono successivamente sempre di più - sul piano della collaborazione con le forze regolari degli altri Stati, delle quali almeno un'aliquota, quella che non obbedì all'ordine di rientro dato dai sovrani, era del tutto fedele alla causa, con le forze volontarie accorse da tutta Italia e con le stesse popolazioni insorte in Lombardia e nel Veneto. E' vero che anche le « élites » intellettuali rivoluzionarie, ispiratrici di rivolte, furono incapaci, divise com'erano, di elaborare un disegno unitario che desse impulso e vigore alla guerra, ma la responsabilità maggiore del deterioramento della situazione politica appartenne al re e al governo del regno sardo. Che di tale responsabilità non si faccia cenno nelle relazioni delle com-
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missioni d'inchiesta è quasi naturale perché mancò, anche nei censori, la visione globale dei fattori politici e psicologici che nella campagna del 1848 avevano mutato l'entusiasmo generale dei primi giorni nell'abbattimento degli ultimi e che avrebbero dovuto prevalere nell'indurre a non dare inizio nel 1849 alla seconda campagna. Se si fosse voluto fugare il sospetto, che pure esisteva, di un'impresa esf1hnsionistica della dinastia sabauda, secondo la vecchia aspirazione sempre nutrita nei riguardi della Lombardia, sarebbe stato indispensabile raccogliere e potenziare le milizie volontarie e convogliarle in un unico alveo di scorrimento. Invece, quando Garibaldi, guerra durante, venuto dall'America, si presentò al re Carlo Alberto, a parte la fredda accoglienza, fu subito spedito a Torino dal ministro della guerra preavvisato dallo stesso sovrano che sarebbe stato disonorevole per l'esercito conferirgli il grado di generale. Quando Milano insorse spontaneamente contro il governo dell'imperatore Ferdinando I, le milizie popolari volontarie non ricevettero il benché minimo sostegno e l'aiuto militare giunse a cose fatte e çon una
certa riluttanza. Che l'atteggiamento del re e del governo verso i volontari possa avere avuto le sue scusanti, non cancella il fatto che fu un grave errore politico e psicologico. lrl Bianco (7) nello scritto Della guerra nazionale d'insurrezione per bande e successivamente il Maz:m.ni nell'articolo Della guerra d'insurrezione conveniente all'Italia, pubblicato nel quinto fascicolo di La Giovane Italia nel 1832, non av,evano certamente contribuito a rimuovere fa diffidenza nei riguardi delle milizie volontarie e delle bande di partigiani. Per il Bianco la guerra per bande era addirittura sostitutiva di quella delle forze regolari ed era una guerra terroristica, mentre per il Mazzini era sì una guerra rivoluzionaria, una guerra del popolo, ma anche dell'esercito dal quale il Mazzini, diversamente dal Bianco, non prescindeva (8). La guerra partigiana era stata presa in considerazione anche dalla dottrina ufficiale dell'armata sarda, ma come forma di guerra df!llle forze regolari: « I partiti in guerra non altramente .saranno mandati che dal generale in capo, il quale darà sempre loro un ordine scritto. Le operazioni di tali partiti dipendono dalla condizione della guerra, e dalla qualità del paese dove questa si fa. Entrano a far parte dei disegni del generale ora detto. Loro scopo sarà: scuoprir paese in distanza sui fianchi e proteggere le mosse dell'armata; tender insidie ai nemico, ingannarlo, molestarlo or da fianco, or da tergo e sulle comunicazioni; intercettar i suoi corrieri, i suoi convog1i, e sorprendere i suoi posti; minacciar, e potendo, rovinare altresl H suoi magazzini; ritardar in-
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somma i progressi del medesimo coll'artigl,ieria e distaccare grossi corpi che proteggono e magazzini, e convogli. I partigiani, nello ,stancheggiar in tai modo il nemico, attenderanno eziandio: se ne' paesi amici, a tener viva fra gli abitatori la fiducia e la devozione; se in quelli nemici, ad intimorirli, e mantenerli nell'obbedienza. Per tale effetto, secondo i casi, spargeranno voci e notizie acconcie a destar confidenza, o timori; compariranno improvvisamente ora in questo ora in quel luogo; e si governeranno in guisa che non si possa conoscere con precisione né il numero, né la forza loro; né saper tampoco che truppe siano, se di vanguardia o altro» (9). Ma di tutto ciò non si fece nulla né mediante l'impiego di forze regolari, peraltro inadatte e inaddestrate a tali compiti, né delle milizie volontarie. Calcolo politico sbagliato fu anche quello di poter ottenere l'unione della Lombardia senza un grande impiego delle armi e, in attesa dell'esito delle negoziazioni che l'impero asburgico veniva tentando tramite l'Inghilterra, di fermare le operazioni militari, dando luogo ad un prolungato periodo d'inazione che ebbe conseguenze psicologiche negative grav1ss1me sul morale delle truppe e delle popolazioni e favorì, invece, la ripresa dell'azione controffensiva austro-ungarica. Gli errori di calcolo e di apprezzamento dei fattori politici e psicologici, come appunto la sottovalutazione del valore rivoluzionario della guerra, la diffidenza verso il fenomeno del volontarismo, il ritardo dell'intervento, che avvenne quando l'eroica insurrezione di Milano si era già esaurita, furono a monte di quelli militari nella prima campagna, come lo furono nella seconda quelli di essersi lasciati guidare da un insano spirito di rivincita, di non avere misurato la diversa atmosfera nella quale l'impresa avrebbe dovuto compiersi una volta che si erano spenti gli ultimi bagliori della grande fiamma accesasi nella primavera dell'anno antecedente e di non avere fatto un severo esame delle ragioni politiche che, insieme a quelle militari, avevano determinato la sconfitta di Custoza.
3. La prima campagna (10) si iniziò senza un disegno strategico ed un piano operativo. Ancora nel gennaio del 1848 l'armata conservava il tradizionale atteggiamento difensivo e la consolidata dislocazione fronte ad ovest. Il rovesciamento di fronte e l'orientamento
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all'azione offensiva furono disposti solo in febbraio e neppure allora venne formulata un'ipotesi strategica d'impiego. Non si tenne conto che non si trattava solo di trasferire e radunare le forze nella zona di Alessandria e verso il Ticino, ma di andare incontro ad una guerra diversa da quella fino ad allora ipotizzata, non più da combattere su territorio noto ed amico, ma sconosciuto e abitato da popolazioni in ,parte amiche ed in parte indifferenti, nel quale le risorse logistiche non sarebbero state di pieno affidamento, a meno di non trasformare la guerra di liberazione in guerra di occupazione, ed il problema dei trasporti e dei rifornimenti si sarebbe presentato di difficile risoluzione. Non si tenne altresl conto che l'esercito nemico, forte di circa 73.000 uomini, di 5.000 cavalli e di 108 bocche di fuoco, benché sparpagliato e diviso, era in misura di appoggiarsi alle piazzeforti del quadrilatero e di essere rifornito di uomini e di materiali da tergo lungo due linee di comunicazione. Per la campagna del 1849 venne, invece, concepito ed elaborato un disegno strategico molto preciso, ma basato su di una sola ipotesi, per di più del tutto arbitraria: il ripiegamento, senza neppur difendere la linea del Ticino, dell'esercito imperiale dietro il Mincio, come nella campagna precedente, o quanto meno dietro l'Adda. L'armata sarda, profittando della sua superiorità numerica ( 11), avrebbe dovuto cercare e battere l'armata imperiale esercitando lo sforzo principale a sinistra in modo di tagliarle le linee di comunicazione . Avrebbe dovuto, cioè, « operare a massa su Milano con l'ala sinistra forte di 5 divisioni, passando il Ticino a Buffalora e marciando su Lodi, su Piacenza o su Pavia » secondo che il Radetzky si ritirasse sull'Adda o sul Po, o si raccogliesse sul basso Ticino; esercitando un altro sforzo, di carattere dimostrativo, sulla destra del Po, verso Piacenza, mediante un'avanguardia allo scopo di attrarre da quella parte l'attenzione nemica; coprendo il centro dello schieramento offensivo nella zona di Cava mediante l'impiego di una divisione. Un piano sul quale si sarebbe potuta veramente imbastire una grande battaglia se il Radetzky si fosse veramente ritirato anziché, come fece, accennare un finto ripiegamento e subito dopo manovrare mettendo in marcia tutte le forze riunite da Milano per Melegnano su Sant'Angiolo e facendole sboccare da Pavia sulla destra del Ticino dopo aver finto un movimento su Piacenza. Nel primo caso la politica agl senza strategia; nel secondo questa fu messa al servizio di una politica sbagliata; in entrambi lo Jomini ed i suoi divulgatori, come il Racchia, non ebbero nessuna colpa. La guerra non ha prospettive positive senza la disponibilità del mi-
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nimum strategico; la strategia non ha senso quando si pone al di fuori della realtà. Nella campagna del 1849 qualsiasi disegno strategico, saggio e cauto o sagace e ardito, avrebbe irrimediabilmente urtato contro la capacità operativa dell'armata sarda quasi azzerata dalle peggiorate ed aggravate deficienze orgnizzative, addestrative, ordinative e morali seguite all'insuccesso del 1848 e dall'espansione sproporzionata e repentina della mole dell'armata. Gli errori di cacarattere strategico del 1849 furono due: l'avere messo a base del disegno di manovra un'ipotesi arbitraria e fantasiosa e l'aver sopravvalutato la forza del numero che intanto concorre a determinare la superiorità necessaria all'azione offensiva, in quanto non sia priva dell'indispensabile incentivo morale e di un almeno moderato livello addestrativo. Diversamente si possono avere atti od episodi tattici anche molto brillanti da parte di unità e di singoli, come accadde appunto nella campagna del 1849, ma non si può non andare incontro all'insuccesso.
4. Impostata correttamente sul piano concettuale, sebbene con una visione ristretta e casalinga, la logistica venne meno, nella campagna del 1848, sul piano dell'organizzazione e del funzionamento dei servizi di maggiore aderenza alle truppe. Non mancarono le risorse alle quali attingere - messe a disposizione del governo provvisorio della Lombardia, dalle autorità locali e da cittadini privati ma gli organi incaricati di procurarle e di spedirle agli utilizzatori furono inceppati dalla macchinosità delle procedure amministrativoburocratiche che non riuscirono ad evitare i furti, le malversazioni e la cattiva confezione dei manufatti; i mezzi per trasportarle si dimostrarono del tutto insufficienti. Il corpo del treno di Provianda, appena commisurato organicamente alle esigenze di una guerra in Piemonte, fu del tutto inadeguato a sostenere il peso dei trasporti di una regione topograficamente diversa, anche se ricca di strade, e per distanze più che doppie rispetto a quelle preventivate in sede ordinativa. Non fu sufficiente acquistare altri mezzi di trasporto in posto; la deficienza rimase e provocò mancati arrivi o ritardi della distribuzione con conseguenze negative di ordine tattico (rinunzia a movimenti ed a manovre o ritardo del loro inizio), di ordine fisico (abbassamento del livello generale di salute) e principalmente di ordine morale (visione di fe-
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ntl non soccorsi, mancate distribuzioni di viveri, ranci e pane male confezionati, scarsa frequenza di pasti caldi, ecc.). Da qui i molti episodi d'indisciplina, di sbandamento e di abbandono del combattimento da parte di singoli e di intere unità con buona pace dell'ordine fitto e delle formazioni strette e compatte scelti anche per evitare o ridurre malanni siffatti. Un'interpretazione intellettualistica della tecnica d'impiego, dimentica della preminenza del benessere fisico e dei valori morali, senza i quali ogni saldezza formru.e può essere addirittura controproducente. Se dopo la battaglia di S. Lucia, durante la seconda fase della campagna, le defezioni e gli sbandamenti si moltiplicarono e la ritirata alla fine si tramutò in rotta, non poco si dové alla mancanza di viveri, all'avvilimento che subentrò in tutti tanto da rendere impossibile una sosta sull'Oglio e da costringere l'armata a proseguire subito fino all'Adda (12). La logistica condizionò la tattica e la strategia che sono due energie in riposo abbisognevoli di essere messe in moto da una macchina generatrice ed acceleratrice che è appunto la logistica.
5. L'indagine circa la rispondenza della dottrina tattica ufficiale alJa realtà dei combattimenti non offre gran campo a considerazioni critiche dell'impostazione teoretica: la dottrina non trovò nella guerra un'applicazione generalizzata. Quando questa vi fu, il successo le fece seguito, come, ad esempio, nel combattimento del ponte di Goito del 9 aprile 1848, in quello di Pastrengo del 30 successivo, nell'assedio di Peschiera. Al ponte di Goito, la costituzione dell'avanguardia della I divisione, la tempestiva immissione nella lotta della brigata « Regina » senza attendere altre forze e la tenacia nella persistenza nello sforzo fino a costringere il nemico a ritirarsi sulla riva sinistra e da qui successivamente a sloggiarlo, appena fu possibile passare il fiume, furono la esatta trasposizione sul terreno, nel particolare caso concreto, delle norme dei paragrafi 915-919 del Regolamento di servizio per le truppe in campagna. A Pastrengo la battaglia aderl ai principali criteri dello schema normativo della stessa pubblicazione: superiorità numerica (14.000 uomini contro 8.000), opportuna scelta del punto decisivo (Pastrengo), concentrazione degli sforzi sulle alture (tre colonne, una da Santa Giustina, un'altra da San.drà, la terza
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da Polà) tenute da due brigate austriache, giusta dislocazione e formaz1(1ne della riserva, ottimo schieramento delle artiglierie con compito prevalente di controbatteria. Vi furono attacchi falliti, ritardi nel movimento, pericolosi contrattacchi nemici - uno dei quali minacciò di coinvolgere il re spintosi troppo avanti - un'insidiosa azione diversiva del nemico da Verona su Sommacampagna prontamente respinta dalla fanteria della riserva, ma la vittoria premiò, oltre che la bravura delle truppe ed il coraggio della carica dei tre squadroni di carabinieri di scorta del re, l'abilità tattica e l'intelligente aderenza alle norme del generale De Sonnaz. L'assedio di Peschiera fu un altro esempio emblematico del concorso dato al successo dalla dottrina. Il regolamento (13) aveva previsto il caso di un assedio condotto da 2 divisioni di fanteria e da 1 brigata di cavalleria avvertendo che « l'esempio medesimo servirà di norma per regolare il servizio d'ogni altro corpo assediante, che sia di maggiore o minore forza». Peschiera venne assediata mediante l'impiego di una sola divisione - la 4a - e « comandante d'assedio» fu il cr.>mandante generale dell'artiglieria dell'armata (il duca di Genova). Questi discusse il « progetto generale d'assedio » con il comandante generale del genio (generale Chiodo) e con il generale di artiglieria Rossi, seguendo « ad litteram » la procedura invocata dal regolamento. Il risultato fu che venne imbastita un'operazione in cui l'impiego del parco di assedio, forte di 45 bocche da fuoco di calibro vario, della fanteria e della cavalleria - aderente in pieno allo schema di massima del regolamento anche per quanto riguarda le responsabilità dei generali, colonnelli e maggiori di trincea, i servi~i di guardia di trincea e di lavori di trincea •l'armonica cooperazione delle tre armi - dette luogo ad un'azione unitaria armonica e robusta che non consentì ,al nemico né sortite, né arrivi di rifornimento, né abbandono della piazzaforte, ma solo fa resa. D'altra parte la cattiva o troppo estesa interpretazione delle norme tattiche ed il silenzio di queste su taluni aspetti della battaglia e del combattimento non incisero di meno, in senso negativo, sui risultati delle operazioni. Cosi, ad esempio, il soverchio ricorso alle ricognizioni offensive, previste dal regolamento o come semplici dimostrazioni o come il preludio ad attacchi ed anche di battaglia, provocò marce e contromarce faticose e deprimenci, impegnò forze sproporzionate ag1i scopi secondari che le ricognizioni si ripromettevano e non coprì le esigenze informative alle .quali le ricognizioni stesse erano dirette. « Simili ricognizioni possono ·riuscire a fini importanti ed altresì aver tali conseguenze che siano diverse da
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quelle prescelte. Entrano quindi a far parte nei disegni e nelle operazioni generali dell'armata, né debbono essere altramente ordinate che dal solo generale in capo». Ma nella campagna del 1848 mancò un disegno generale e le ricognizioni offensive soggiacquero a motivi di convenienza politica per acquietare le proteste dei circoli politici, della stampa e dell'opinione pubblica contro l'inazione dell'armata e, quando anche eseguite con un fine generico, non ne furono utilizzati i risultati, specialmente quando diversi da quelli ricercati. Talune delle ricognizioni ,avrebbero potuto essere sostituite vantaggiosamente, e molto più economicamente, dall'esplorazione e da un servizio segreto efficiente. Su tali argomenti il regolamento era, in verità, carente e considerava l'esplorazione e la sicurezza come un'unica attività anziché due operazioni connesse, ma distinte nelle finalità e nei procedimenti, e mentre dedicava largo spazio (14) alla sicurezza, taceva o faceva cenni vaghi e generici all'informazione sotto il duplice aspetto di attività di spionaggio da parte di organi specializzati e di esplorazione lontana e meno lontana, che erano anche allora cosa diversa dalle ricognizioni offensive. Sta di fatto che la dottrina tattica in vigore contribul, quando applicata, ai successi; determinò, quando disattesa, situazioni difficili, talune superate per la perizia e l'occhio tattico di qualche comandante e la bravura dei soldati; non consentì successi quando le si disobbedì. Può accadere che il successo arrivi anche in ragione della disobbedienza - anzi molte volte è accaduto - ma solo quando ciò accade da parte di comandanti dotati di grande intuito, di peculiare agilità mentale, di elevata capacità e che conoscano molto bene la dottrina alla quale vogliano trasgredire. Spesso, invece, durante l'intera guerra, le ragioni politiche prevalsero su quelle tecnicomilitari, sia in campo strategico sia in campo tattico, per cui a generali dotati ed abili - come, ad esempio, il Bava (15) - non va attribuita l'ignoranza dei principi e dei criteri o la volontà di disattenderli, ma piuttosto l'insufficienza di energia nell'impedire che considerazioni estranee ne determinassero la messa in non cale.
6. Nelle relazioni dei comandanti delle unità dei varii livelli non c'è nessuna critica della tecnica d'impiego delineata nei vari regolamenti di esercizio d'arma. Nessuno lamenta l'impiego del fuoco
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d'insieme a comando per battaglioni interi e suggerisce il più frequente ricorso al fuoco a volontà che, sebbene previsto, conservò il carattere di eccezionalità; nessuno fa notare, ad eccezione della relazione ufficiale, che l'ordine fitto, oltreché aumentare le perdite, aveva reso più lenti i movimenti che si sarebbero voluti più celeri per giungere il più presto possibile all'urto; nessuno mette in evidenza che molti attacchi erano falliti per non essersi giovati sufficientemente del fuoco, impiegato solo a distanza non ravvicinata e perciò con scarsa efficacia e con criteri difensivi più che offensivi; nessuno propose una tecnica d'impiego meno geometrica e più topografica. Eppure le cose non erano andate per il verso giusto se nella relazione ufficiale sulla campagna del 1848 fu scritto: « tutta la fanteria dové combattere alla leggiera » e la « fanteria leggiera che sarebbe per noi la principale fanteria ci manca invece quasi totalmente », mentre il regolamento di esercizio del 1838 aveva prescritto che tutta indistintamente la fanteria di linea venisse addestrata anche al combattimento dei cacciatori. « Abbiamo nei bersaglieri un ottimo corpo leggiero, egregiamente comandato ed istruito: ma ai suoi 800 uomini sceltissimi furono aggiunti in marzo un migliaio d'altri arruolati a caso, istruiti in fretta, cioè male ... tutta la fanteria dové combattere alla leggiera; tutta combatté, ma ignara del servizio, dovette fare scuola sul campo di battaglia... La qualità del servizio stesso, in truppa cosl malformata ed in compagnie da 200 a 250 uomini con 4 ufficiali, diede luogo a mille inconvenienti: si poté impunemente disertare ed essere creduti morti o prigionieri; attestarsi; lasciare il combattimento, gettare via « schakot » e zaino, che le scuse non sarebbero mancate. Ciò nonostante quelli di buona volontà, colla prontezza propria del nostro soldato, fecero ciò che non era sperabile e, fra l'altro, la brigata « Piemonte» si distinse in siffatto servizio» (16). « Nella campagna del 1849 il battaglione bersaglieri formò il nucleo di cinque battaglioni i quali non ebbero né tempo né modo di istrursi ed abilitarsi... I nuovi bersaglieri furono di tanto inferiori di valore ai primi quanto li superarono nel numemero (17) ». Due le indicazioni concordi di entrambe le relazioni per quanto riguarda la tecnica d'impiego: estendere e generalizzare l'ordine sparso ed elevare il rapporto tra la fanteria di linea e la .fanteria leggera a favore di questa ultima. Non vi fu, invece, un comandante di divisione, di brigata e di reggimento che nei rapporti sulle due campagne non lamentasse la mediocrità del livello addestrativo della fanteria di linea, giudizi fatti propri dalle relazioni conclusive delle due commissioni d'inchiesta:
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« Il nostro soldato di fanteria non è bene istruito, colpa principalmente della minima sua permanenza sotto le armi, ed è bene strano che essendo assioma militare che a formare un buon fantoccio vi vogliono circa tre anni, da noi si ammetta la massima ed intanto si credano sufficienti quattordici mesi. Nei quali, già poca essendo l'istruzione acquisibile, si va man mano perdendo, cosicché il soldato di riserva dai 28 ai 36 anni ha bensì la quasi ignoranza del coscritto, ma non ha più la pieghevolezza del giovane di 20 anni. Mescolate nelle compagnie le varie classi coi soldati di ordinanza, ne nasce un miserabile disaccordo nei movimenti e sino nel maneggio del fucile, come deve nascere in tutti i rami della vita militare fra gente posta in 16 o 17 condizioni diverse. In quei 14 mesi che il coscritto passava sotto le bandiere, i buoni germi che pur sono nel nostro soldato (i germi dell'antico soldato piemontese) non avevano tempo di svilupparsi, la disciplina non aveva campo di portare i suoi frutti ... I soldati, ed i bassi ufficiali, ne prendevano disgusto, da quel perpetuo avvicendarsi degli uomini componenti la compagnia che deve essere una famiglia, pel mestiere delle armi... L'istruzione poi era limitata ancora di quanto lo permettesse il breve tempo del servizio provinciale. La scuola del tiro ... era, per risparmio di spesa, limitata al consumo di dieci cartucce per uomo ... La poca istruzione che davasi alla truppa era anche una conseguenza del sistema che seguivasi d'impiegarla esclusivamente nei servizi di pubblica sicurezza, anziché prepararla per la guerra. Generalmente una metà della forza era di servizio od in quartiere o di guardia ... I campi di esercitazione non erano, può dirsi, se non una più vasta piazza d'armi» (18). Non meno scadente la preparazione professionale dei quadri: « I bassi ufficiali provinciali impararono poco e poche cose, ... gli ufficiali delle armi comuni sono purtroppo lontani dalla cultura dei francesi e dei prussiani e d'altre nazioni; ... l'avanzamento per anzianità, rendendo di nessun profitto lo studio, ne li distoglie; sin'ora l'ufficiale studioso era piuttosto malviso che lasciato in pace dai capi supremi; ... la propria ignoranza è allegramente confessata da molti giovani, e purtroppo nei fatti da molti vecchi; ... negli esami e nell'accademia militare, l'arte della guerra si richiede e si insegna con troppa superficialità; in seguito sono pochissimi che vi badino, e quell'ignoranza ch'era tollerabile ... in un semplice tenente, si fa piena di pessime conseguenze nei maggiori gradi; e purtroppo la storia dell'ultima campagna ne porge temibili esempi. Intanto nei reggimenti mancano o si fanno malissimo le scuole per i bassi uf-
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ficiali, ... mancano affatto le scuole superiori; non si studia, ... non tutti certamente gli ufficiali superiori o generali possiedono un trattato militare, o sanno orientarsi sopra una carta topografica, e conoscono la combinazione delle tre armi» ... (19). Se tutto ciò chiarisce il perché dell'inapplicazione della dottrina tattica nella guerra del 1848-1849, anticipa anche il motivo principale della disfatta di Custoza del 1866, di quando, cioè i tenenti ed i capitani del 1848-1849 saranno colonnelli ed i maggiori avranno il comando delle grandi unità, senza avere interposto gli uni e gli altri la frequenza di scuole superiori e di corsi di aggiornamento e di perfezionamento. E' fuori discussione che la tecnica d'impiego regolamentata nei vari manuali ufficiali fosse asfittica, e parzialmente anacronistica, e sacrificasse oltremisura l'iniziativa e lo slancio dei singoli individui, ma se anche fosse stata dversa, più avanzata, non sarebbero stati diversi la preparazione professionale dei quadri e il grado di addestramento delle unità, specialmente nella campagna del 1849. Questi i mali più perniciosi che avevano la loro origine nelle deficienze organizzative, ordinative ed organiche e nella scarsa importanza at- _ tribuita allo studio ed alla tattica stessa. Le questioni ordinative e addestrative si posero, dunque, come prioritarie per elevare la capacità operativa dell3rmata.
7. La tattica e la tecnica d'impiego dell'esercito imperiale erano simili, ma non uguali, a quelle dell'esercito francese e dell'armata sarda. Il fuoco, non l'urto, era il mezzo preminente del combattimento e l'ordine rado e sparso di più esteso ricorso nell'attacco rispetto a quello denso e compatto. Il fuoco veniva effettuato per linea ed a salve e, più frequente che in tutti gli altri eserciti di quel periodo, era fuoco a volontà. Le formazioni e gli ordini tat• tici tendevano ad aderire al terreno in modo di facilitare il movimento ed il fuoco anche su quello vario e rotto; le terze righe delle compagnie si spiegavano in catena, mentre tutto il resto del battaglione seguiva su tre colonne di due compagnie ciascuna (il battaglione era su 6 compagnie). Concezione e procedimenti più difensivi che offensivi, a metà strada tra quelli prussiani, che esamineremo più avanti, e quelli francesi, ma che tendevano a realizzare l'economia delle
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forze e la manovra al livello più basso di quello divisionale. Da qui la brigata pluriarma. Le forze di Radetzky in Italia, durante la campagna del 1848, erano inizialmente articolate in 2 corpi d'armata - il I (Wratislaw), di 40.000 uomini in Lombardia ed il II di 33.000 uomini nel Veneto - l'uno su 4 e l'altro su 3 divisioni; ciascuna divisione era costituita di 2 o 3 brigate, ogni brigata di 3 o 4 battaglioni, di 1 batteria di 6 pezzi, di un nucleo di cavalleria; i battaglioni erano articolati su 6 compagnie di 170-190 uomini ciascuna per un totale di 1.020 -+- 1.140 uomini. Nella campagna del 1849 Radetzky ebbe ai suoi ordini 5 corpi d'armata - I (Wratislaw), II (D'Arpe), III (D'Appel), IV (Tharn), di riserva (Wocher) - ciascuno su 2 divisioni ed ogni divisione su 2 brigate pluriarma . L'armata sarda nella campagna del 1848 fu raggruppata in due corpi di armata - il I (Bava) ed il II (De Sonnaz) ed 1 divisione di riserva - entrambi su 2 divisioni, costituite, ciascuna, di 2 brigate omogenee (2 reggimenti di fanteria, ciascuno su 4 battaglioni di 4 compagnie di 250 uomini), di 2 compagnie di bersaglieri, di 1 reggimento di cavalleria, di 2 batterie da battaglia; la divisione di riserva fu costituita su 2 brigate di fanteria, 1 brigata di cavalleria su 2 reggimenti, 2 batterie a cavallo ed 1 da posizione. Nella campagna del 1849, le forze dell'armata a disposizione del generale Chzarhowsky furono articolate in 6 divisioni (ciascuna di 2 brigate di fanteria, 1 compagnia bersaglieri, 1 reggimento di cavalleria, 2 batterie da battaglia, 1 compagnia del genio zappatori), 1 divisione di riserva (2 brigate di .fanteria, 2 reggimenti di cavalleria, 4 batterie di cui 2 a cavallo, 1 da battaglia, 1 da posizione), 1 brigata d 'avanguardia (1 reggimento di fanteria, 2 battaglioni bersaglieri, 1 batteria a cavallo), 1 brigata distaccata (2 reggimenti di fanteria, il battaglione Real Navi, 1 battaglione bersaglieri, 2 squadroni di dragoni, 1 batteria) e la riserva di artiglieria (1 batteria da posizione, 1/2 batteria da battaglia, l'equipaggio da ponte ed il fuoco generale di artiglieria). Nella relazione sulla prima campagna si lamenta la mancata direzione unitaria delle operazioni e la si attribuisce al raggruppamento delle forze in corpi d'armata per cui nella seconda campagna tale livello di comando venne abolito. Una valutazione concettualmente e praticamente errata. Ogni eccessivo frazionamento delle forze attenua e può annullare l'impulso del comandante dell'intero complesso, ma ogni soverchio accentramento segna il limite:: <lella comandabilità e non consente di raggruppare in una mano sola un numero troppo elevato
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di redini. L'ordinamento tattico dipende da molti fattori d'indole politica, economica, sociale, finanziaria e psicologica, ma soprattutto deve obbedire alle esigenze tecnico-militari ed a quelle di comandabilità. Le pedine da muovere, coordinandone le azioni, nella prima campagna non erano solamente le 5 divisioni dell'armata sarda - le quali nel luglio del 1848 raggiunsero la punta massima di 70.000 uomini - ma anche le 2 divisioni dello Stato pontificio agli ordini del generale Durando (20), le 6 brigate del re Ferdinando di Napoli al comando del generale Pepe (21 ), i corpi volontari, non inquadrati nelle formazioni regolari, della divisione toscana: in tutto altri 35.000 -+- 40.000 uomini; un numero di pedine ed una forza complessiva quali allora erano ritenute proprie di un'armata che, in tutti gli eserciti, veniva articolata in corpi di armata: ciascuno su di una forza massima di 30 + 40 .000 uomini ed un numero di pedine non superiore a 6 (già eccezionale). Le operazioni della campagna del 1849, durate solo 4 giorni, non offrirono elementi sufficienti di giudizio sulla validità del nuovo ordinamento tattico, ma non si vede quale giovamento, o non piuttosto quale grave nocumento, sarebbe derivato all'unità di comando ed all'unitarietà delle operazioni, se queste fossero continuate nel tempo e nello spazio oltre frontiera, magari sui territori di entrambe le rive del Po (come era stato previsto dal qisegno di manovra), dall'avere posto alle dirette dipendenze del comandante supremo 7 divisioni, 2 brigate autonome e la riserva di artiglieria. La disfunzionalità attribuita alla suddivisione dell'armata in corpi d'armata dipese, invece, da altre cause: ai corpi d'armata non erano state conferite la funzione e l'autonomia peculiari di tali grandi unità e non erano state assegnate in proprio unità di fanteria, di cavalleria, di artiglieria e dei servizi per cui l'azione dei comandanti era stata limitata in partenza al coordinamento delle operazioni delle due divisioni dipendenti, senza possibilità di interventi diretti nella manovra, a meno di non scindere le divisioni sottraendo all'una aliquote di forze a favore dell'altra o per la costituzione di una riserva di corpo d'armata; i corpi di armata ed i loro comandi, non preesistendo in tempo di pace, erano stati organizzati all'ultimo momento, cioè improvvisati - non funzionanti fin dal tempo di pace come in Prussia ed in Russia - e conseguentemente non poté esserci intesa né fra di loro e neppure nel loro ambito dove, in più, le stesse divisioni non avevano l'abitudine alla cooperazione ed all'intesa interarma; le operazioni strategiche e le manovre tattiche non poterono godere di una vera e decisa direzione unitaria per l'incertezza e la
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debolezza del comando supremo e, inoltre: mancanza di affiatamento tra i comandanti, inadeguatezza al compito del generale Salasco (22), irascibilità del generale Bava (23), attriti e gelosie tra i comandanti di corpo d'armata e il ministro della guerra generale Franzini (24 ), deficienze di funzionamento dei comandi (ritardi nella spedizione degli ordini, equivoci, improvvisi mutamenti degli ordini stessi, errori di valutazione, d'impostazione e di condotta di alcuni comandanti). I pareri sul numero delle divisioni da assegnare ad un corpo d'armata, su quello delle brigate di fanteria alle divisioni e cosl via fino al battaglione non erano in quel periodo univoci presso i vaif eserciti e ciò dipendeva anche dai diversi indirizzi della tattica e della tecnica d'impiego. L'armata sarda conferi la caratteristica di grande unità pluriarma alla divisione e non alle unità a questa subordinate ed optò per il sistema binario ai livelli di grande unità ( corpo di armata, divisione e brigata) e per quello quaternario ai livelli delle unità minori (reggimento e battaglione), diversamente dall'esercito imperiale che nella fase iniziale articolò: uno su 4 ed uno su 3 i due corpi d'armata, alcune su 3 ed altre su 4 brigate le divisioni, le brigate su 3 o su 4 battaglioni (oltre 1 batteria su 6 pezzi e aliquote di cavalleria), i battaglioni tutti su 6 compagnie . .Le differenze sostanziali tra i due -complessi di forze contrapposti, che esprimevano la diversità delle concezioni tattiche e dei procedimenti d'impiego, riprendevano, dunque, oltre l'assenza del gradino reggimento nell'esercito imperiale, i livelli di brigata e di battaglione. L'ordinamento tattico adottato dall'armata sarda era quello tipico fissato da Napoleone: 2 brigate di fanteria omogenee, monoarma, permanentemente precostituite in ogni divisione di fanteria e 2 reggimenti di fanteria omogenei, monoarma, in ogni brigata di fanteria; l'ordinamento dell'esercito austro-ungarico non aderiva ad uno schema rigido precostituito, era più snello e più agile, abbassava la manovra tattica di un gradino e soddisfaceva meglio le esigenze di comandabilità del battaglione. L'Austria-Ungheria si manterrà fedele alla brigata pluriarma sino al 1850, quando adotterà lo stesso ordinamento dell'esercito francese e dell'armata sarda (brigate monoarma, reggimenti, battaglioni). Il diverso ordinamento tattico non ebbe grande incidenza sul1'andamento dei combattimenti se si fa eccezione nella diversa articolazione del battaglione di fanteria di linea e della diversa costituzione organica della compagnia fucilieri. Il combattimento veniva sviluppato da entrambi le parti a colpi di battaglione. La compagnia
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fucilieri non era ancora un'unità di combattimento o di evoluzione - lo era la compagnia cacciatori o bersaglieri - e l'unità d'impiego minima era il battaglione, ma nell'esercito austro-ungarico anche la « divisione », cioè la riunione di due compagnie o di mezzo battaglione. La compagnia era unità di cemento spirituale, addestrativo, disciplinare ed unità amministrativa. Nell'armata sarda avrebbe dovuto costituire una famiglia (25), come abbiamo accennato, ma in realtà non lo era in tempo di pace per il perpetuo avvicendarsi degli uomini che la costituivano e neppure in tempo di guerra per la repentina quadruplicazione della forza organica « e gli ufficiali si scoraggiavano del poco e passeggero frutto del loro zelo. Nacque cosl una reciproca indifferenza tra il soldato e gli ufficiali, che nella fanteria passò in abitudine, talché niuna influenza morale esercitavasi dagli ufficiali sulla truppa ... La piccolezza delle compagnie, l'attitudine alle armi naturali nel nostro paese, e le qualità apparenti dovute allo zelo ... avevano in tempi di pace illuso sulla nostra fanteria la nazione, che aveva con quella organizzazione d'aver pronto alle armi un esercito di 80.000 uomini con una spesa sproporzionatamente piccola. Non solo nella fanteria, ma anche in tutte le altre armi, il Governo aveva trascurato di promuovere lo studio e l'esercitazione nelle cose di guerra. L'armata dunque non era stata preparata per la guerra, e la sua arma principale, la fanteria, aveva un'organizzazione, per mezzo della quale potevasi bensl riunire sotto le armi, per il dì della battaglia, un gran numero di uomini, ma non di soldati, e non gli ufficiali per condurli. Sopraggiunta in marzo dell'anno 1848 la guerra, tutte le classi provinciali furono chiamate ad ingrossare i battaglioni attivi, impinguendone le compagnie, che ne furono dilatate nella proporzione di 2 a 9. In queste ingenti compagnie composte novellamente di uomini per la massima parte privi di spirito militare e ritornati dopo un'assenza di uno a due fino a sette anni, pressoché nuovi alle armi dalle case loro, ove moltissimi avevano lasciato moglie e figli, il comando, l'istruzione, la vigilanza, la disciplina dovevano riuscire quasi impossibili ad ufficiali abituati al comando di 70 uomini (26); tale situazione, già drammatica nel 1948, divenne disperatamente tragica l'anno successivo quando per completare gli organici di guerra dell'armata si dové ricorrere, anche per le unità combattenti, al richiamo di classi della seconda categoria». La revisione dell'ordinamento tattico, più che riguardare la validità dell'articolazione o non dell'armata in corpi di armata, indicò, alla fine della prima guerra d'indipendenza, l'esigenza prioritaria
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cli ricercare l'armonia organica del battaglione di fanteria, palesatasi inesistente nel corso della guerra stessa e cli ricercarla prima di tutto in sede di legge di reclutamento e di disposizioni per l'addestramento.
8. Davvero modesta la corresponsabilità della dottrina e dell'ordinamento tattico nelle sconfitte cli Custoza e di Novara, anche se una maggiore considerazione del fuoco sul piano tattico ed una migliore strutturazione del battaglione cli fanteria su quello organico avrebbero facilitato la riuscita di alcuni atti tattici. I mali di fondo furono di ordine organizzativo e addestrativo. La sproporzione tra forza di pace e forza di guerra, l'insufficienza della durata della ferma per i soldati di fanteria, il pessimo sistema cli reclutamento e cli mobilitazione e l'incuria nei riguardi della prepaxazione professionale dei quadri e del livello addestrativo delle unità furono mali talmente gravi da ridurre a ben poca cosa i benefici degli altri provvedimenti che pure erano stati adottati dalla ricostituzione dell'armata sarda, il 30 maggio 1815, dai vari re succedutisi da tale data fino alla guerra e dai vari segretari cli Stato della Guerra e della Marina (27), per conferirle un assetto simile a quello degli eserciti francese e prussiano, pur nella ristrettezza delle disponibilità finanziarie e nella mentalità corrente dei tempi della Restaurazione e cli uno Stato legato alla Santa Alleanza. Ciononostante la fanteria dell'armata sarda compì miracoli di bravura, di abnegazione e di valore almeno fino a quando non fu demoralizzata dalla cattiva condotta delle operazioni e dall'insufficienza dei servizi. « Bersaglieri, cavalleria, artiglieria, e genio erano ottime truppe, non inferiori certamente alle austriache: anzi i bersaglieri e l'artigUeria eran superiori, sebbene quest'ultima fosse scarsa (28) ». Anche nella seconda campagna non mancarono episodi brillanti cli perizia e di valore (Borgo San Siro, Gambolò, Sforzesca). « In complesso, se il soldato austriaco in sé non era intrinsicamente superiore - anzi, noi riteniamo per fermo che fosse inferiore - l'organizzazione, l'addestramento e il comando erano notevolmente migliori (29) ». La campagna del 1848 e quella del 1849, sebbene conclusesi entrambe con cocenti sconfitte che non intaccarono tuttavia l'onore ed il prestigio dell'armata sarda, meritano una valutazione distinta sul piano politico. La prima fu una decisione saggia ed improcra-
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stinabile, anzi adottata in ritardo, sebbene non fosse stata preceduta da una adeguata preparazione politica e strategica, oltreché tecnicomilitare, pose sul piano della concretezza bellica il problema dell'indipendenza e dell'unità d'Italia e dette il segnale che gli equilibri del Congresso di Vienna non solo non potevano più reggere all'interno dei singoli Stati, stante il rapido progredire della rivoluzione liberale e di quella industriale, ma stavano per rompersi anche all'esterno per l'espandersi ed il rafforzarsi del principio delle nazionalità. La campagna del 1849, invece, fu un atto di scarsa responsabilità politica e militare al quale non si addice altra qualificazione e non si può attribuire nessuna giustificazione.
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NOTE AL CAPITOLO II (1) La commissione <l'inchiesta sulla campagna del 1848 fu composta: dal generale marchese Paulicci (presidente), dal tenente generale Seventi, dal colonnello Moffa di Lisio e dal sig. Carlo Promis (segretario). Essa completò i suoi lavori il 24 ottobre 1848. (2) Relazioni e rapporti finali sulla campagna del 1848 nell'alta Italia. Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Storico - Vol. I, II e III. Stab. Tip. della Società Editrice Lupiale, Roma 1910.
(3) La commissione d'inchiesta sulla campagna del 1849 fu composta: dal generale d'armata e gran maestro dell'aniglieria Maffei di Boglio (presidente), dal maggiore generale d'artiglieria Dabormida, dall'on. Car.Jo Lanza, dall'on. Gosti, dal colonnello conte Moffa di Lisio, dal colonnello d 'artiglieria Pastore, dal consigliere di Stato on. Raveno, dal signor B. Mollard e dal capitano del genio Agostino Pot1rino (segretario). Essa completò •i suo lavori 1'8 marzo 1850. (4) Su proposta del conte polacco Zamoyski, addetto allo stato maggiore dell'esercito sardo, il re Carlo Alberto aveva chiamato come capo di &tato maggiore generale per la campagna del 1849 il generale polacco Chzamowski, veterano delle guerre napoleoniche, della guerra russo-turca del 1828 e di quella polacca del 1831. Egli divenne, in effetti, il comandante generale dell'esercito sardo durante la campagna del 1849. (5) Relazione e rapporti finali sulla campagna del 1849 nell'alta Italia. Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Storico. Volume unico. Off. Poligrafica Ediuice, Roma 1911.
(6) La Toscana inviò circa 6.000 uomini (4 battaglioni fucilieri, 1 battaglione granatieri, 1 battaglione cannonieri da piazza, 1 battaglione di carabinieri, 6 battaglioni di volontari) che si unirono all'esercito sardo sul Mincio. Ebbero come comandante il maggiore generale De-Laugier. Lo Stato pontificio fornl circa 14.000 uomini suddivisi in due divisioni, una di for..:e regolari (generale Dmando) ed una di guardie civiche e volontari (generale Jurasi), che marciarono verso il basso Po. Il re di Napoli Ferdinando II, dopo aver frapposto ostacoli ed indugi per te• sistere alle pressioni dei liberali e degli stessi ministri del regno, si decise a mandare un corpo di 14.000 uomini, sotto il comando del generale Pepe, costituito di 5 reggimenti su 2 battaglioni, 3 battaglioni autonomi, 2 battaglioni di cacciatori, 1 reggimento di lancieri, 2 reggimenti di dragoni, 2 batterie di otto ,pezzi, 2 compagnie del genio e 3 battaglioni di volontari. Un ,reggimento fatto partire subi10 sbarcò a Livorno e si unl alle forze toscane. Il resto, tre divisioni, :partl a scaglioni, parte via terra per Fencera, parte via mare per Ancona. Parma e Modena inviarono battaglioni di volontari; 5.000 volontari furono organizzati inizialmente dalla Lombardia; Venezia utilizzò proprie milizie. Cosl tra piemontesi, lombardi, veneti, toscani e romani le forze mobili italiane nel lombardo-veneto, sul.la sinistra del Po, salirono a più di 100.000 uomini e di 100 cannoni. Sul basso Po si schierò il grosso del corpo napoletano t"ichiamato poco dopo dal re Ferdinando nel regno pieno di difficoltà interne e ttavagliato dal separatismo siciliano. Una parte di esso non ubbidi al sovrano, passò il Po e si recò nel Veneto.
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(7) Carlo Angelo Bianco, conte di Saint-Jorioz (1795-1848), ufficiale dell'esercito sardo e carbonaro, aveva comandato un gruppo di dragoni durante i moti del 1821. Condannato a morte in contumacia,-riparò in Spagna continuando a combaHere a fianco dei liberali, .p oi in Inghiltetra, Grecia, e Malta dove ,nel 1830 pubblicò il suo trattato politico-militare al quale si rifarà due anni dopo, il Mazzini. Anche il Bianco aderl alla « Giovane Italia» e successivamente fu tra i firmatari dell'atto costitutivo della « Giovane Europa». Sul Bianco vedasi l'opera citata di Piero Pieri cap. IV da ,p. 107 a p. 118 e cap. V. da p. 129 a p. 132. (8) Piero Pieri, Op. cit., pp. 110.
(9) Regolamento di servizio per le truppe in campagna, ediz. 1833, pp. 418-420. (10) Quadro di battaglia all'inizio della campagna del 1848.
Quartier generale del re -
Luogo tenente generale Franzini: ministro della guerra. Capo di stato maggiore generale: maggior generale Salasco. Comandante generale dell'artiglieria: S.A.R. il duca di Genova, luogotenente generale. Comandante generale del genio: luogotenente generale Chiodo. Comandante generale dei bersaglieri: colonnello La Marmara. Intendente generale: Appiano. 3 ~quadroni di carabinieri n cavallo. 1 compagnia bersaglieri. Battaglione di zappatori. Equipaggio da ponte.
Primo corpo -
Comandante: luogotenente generale Bava. Capo di stato maggiore: colonnello Lagrange.
-
1• -
Divisione: Comandante: luogotenente generale d'Arvillars. Brigata Aosta (magg. gen. Sommariva). Brigata Regina (magg. gen. Trotti). Battaglione Real Navi. I compagnia bersaglieri. Reggimento Aosta cavalleria. 2 batterie da battaglia.
-
2• -
Divisione: Comandante: luogotenente generale Di Ferrero. Brigata Casde (maggiore generale Passalacqua). Brigata Acqui (maggiore generale Villafalletto). Reggimento Nizza cavalleria. 2 batterie da battaglia.
Secondo corpo - Comandante: luogotenente generale De Sonnaz. - Capo di staro maggiore: colonnello Carderina.
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3• Divisione: - Comandante: luogotenente generale Broglia.
-
Brigata Savoia (maggior generale D 'Ussilon). - Brigata Savona (maggior generale Conti).
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-
2 compagnie bersaglieri. Reggimento Novara cavalleria. 1 batteria da battaglia ed 1 da posizione.
4• Divisione: -
Comandante: luogotenente generale Federici . . Brigata Piemonte (maggiore generale Bes). Brigata Pinerolo (maggiore generale Manno). Reggimento Piemonte reale cavalleira. 1. batterie da battaglia.
-
Divisione di riserva -
Comandante: luogotenente generale S.A.R. il duca di Savoia. Capo di stato maggiore: colonnello Morozzo Della Rocca. Brigata Guardie (maggiore generale Biscaretti). Brigata Cuneo (maggiore generale D'Aviernoz). Brigata di cavalleria (maggiore generale Sala) di due regg,lmenti (Genova e Savoia cavalleria).
{11) Quadro di battaglia dell'esercito sardo agli inizi della campagna del 1849.
Gran Quartier Generale -
Maggior Generale: generale Chrzanowsky. Capo di stato maggiore generale: maggior generale La Marmora Alessandro. Comandante generale dell'artiglieria: maggior generale Rossi. Comandante generale del genio: maggior generale Olivieri. Intendente generale: Moreale. Truppe addette: 2 compagnie del genio. 2 battaglioni di bersaglieri (III e IV). 3 squadroni di guide, carabinieri ecc.
Brigata d'avanguardia -
Comandante: colonnello Belvedere. 18° reggimento fanteria. 2 battagl·ioni bersaglieri (I e V ). 1 batteria a cavallo.
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l' -
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Divisione: Comandante: luogotenentç Durando. Brigata Aosta (maggior generale Lovena). Brigata Regina (maggior generale Trotti). 1 compagnia bersaglieri (del II battaglione). .Reggimento N iua cavalleria. 2 batterie da battaglia. 1 compagnia del genio.
2• Divisione:
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Comandante: luogotenente generale Bes. Brigata Casale (maggior generale Boyl). 17° e 23° ,reggimento (maggior generale La Rocca). 1 compagnia bersaglieri .(del Il battaglione). Reggimento Piemonte reale cavalleria. 1 batteria da battaglia e 1 da posizione. 1 compagnia del genio.
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II -
LA l" GUERRA D'INDIPENDENZA
(1848-1849)
-
3• -
Divisione: Comandante: luogotenente generale Perrone. Brigata Savoia (maggior generale Mollard). Brigata Savona (maggior generale Ansaldi). 1 compagnia bersaglieri (del II battaglione). Reggimento Genova cavalleria. 2 batterie da battaglia. 1 compagnia del genio.
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4• -
Divisione: Comandante: luogotenente generale S.A.R. il duca di Genova. Brigata Piemonte (maggior generale Passalacqua). Brigata Pinerolo (maggior generale Damiano). 1 compagnia bersaglieri (del II battaglione). Reggimento Aosta cavalletfa. 1 batteria da battaglia ed 1 da ,posizione. l compagnia del genio.
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5• Divisione: - Comandante: luogotenente generale Ramerino. - 19" e 20" reggimenti di fanteria (maggior generale Fanti). - 21° e 22° ,reggimenti di fanteria (maggior generale Gianotti). - 3 battaglioni bersaglieri (lombardi, trcotini, e studen-ti). - 6 squadroni di cavalleggeri lombardi. - 2 batterie da ba·ttaglia.
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6· -
Divisione: Comandante: maggiore generale La Marmora Alfonso. 24° e 25° reggimenti di fanteria. 26° e 27" reggimenti di fanteria. 1 compagnia bersaglieri (del III battaglione). 2 squadroni del reggimento Novara cavalleria. 2 batterie da battaglia.
Divisione di riserva -
Comandante: luogotenente generale S.A.R. il duca di Savoia. Brigata Guardie (maggior generale Biscaretti). Brigata Cuneo (maggior generale Bussetti). Reggi.mento Savoia cavalleria. Reggimento Novara cavalleria. 4 batterie (2 a cavallo, 1 da battaglia, 1 da ,posizione).
Brigata distaccata -
Riserva -
Comandante: maggior generale Solasoli. 30" e 31° reggimenti di fanteria. Battagl-ione Real. Navi. 1 battaglione bersaglieri (Valtellinesi). 2 squadroni di dragoni (lombardi). 1 batteria. di artiglieria 1 batteria da pos1Z1one. 1/2 batteria (modenese). Equipaggio da ponte. Parco generale di artiglieria.
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FILIPPO STEPANI
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In tutto: 122 battaglioni {su 4 compagnie) tra fanteria di linea, bersaglieri e volontari; 47 squadroni; 19 e 1/2 batterie (su 8 pezzi) per un totale di circa 100.000 uomini e 156 bocche da fuoco. La o• Divisione (La Marmora) . - 9.000 uomini - fu avviata sul confine toscano, lungo la riviera ligure di levante, pet dare appoggio alla insurrezione locale e perciò non poté prendere parte alle operazioni. Se si tiene conto degli assenti, la forza presente combattente si ridusse a poco più di 85.000 uomini. (12) Enrico Barone (opera omnia ·postuma), Le campagne per l'indipendenza e l'unità d'Italia, 1848-1849 - 1859-1866. Vol. II. Tip. Enrico Schioppo, p. 45, Tonno 1929. ( 13) Veds. Titolo campagna.
XIX del Regolamento
di servizio
per le truppe in
(14) Regolamento di servmo per le truppe in campagna. Titolo VII di 98 paragrafi; capo II del titolo IX; capo II del titolo XIII, titolo XVI. (15) Eusebio Bava, generale piemontese, (1790-1854), aveva frequentato l'accademia francese di Saint-Cyr ed aveva combattuto nell'esercito napoleonico in Prussia ed in Spagna, distinguendosi a Jena, a Danzica ed a Saragozza. Fu poi impegnato da Carlo felice per la ricostruzione dell'esercito del regno sardo in senso dinastico. Durante la prima guerra d'indipendenza vinse le due battaglie di Goito. Caduto in disgrazia, dopo S. Lucia, pubblicò una relazione, polemica anche nei riguardi del re e del capo di stato maggiore generale Salasco, in difesa del suo operato. Il 15 dic=hre 1848 venne esonerato dalla carica di generale in capo che aveva appena ricevuto e sostituito dal generale W. Chzarnowsky. Dopo la sconfitta di Novara fu per poco più di un mese ministro della guerra e della marina, incarico cui dovette rinunziare per la dure~a dimostrata nel piano di riordinamento dell'esercito. (16) Relazioni e rapporti finali sulla campagna del 1848 nc!l'alta Italia. Vol. III, pp. 424-425. (17) Veds. Relazione e rapporti finali sulla campagna del 1849 nell'alta Ita· lia, p. 661. {18) Veds. Relazione e rapporti finali sulla campagna del 1848 nell'alta Italia, Vol. III, pp. 440-446. (19) Veds. Relazione e rapporti finali sulla campagna del 1848 nell'alta Italia,
Voi. III, pp. 436-437. (20) Giovanni Durando (1804-1869), generale. Nel 1848 ebbe il comando supremo delle truppe pontificie, dopo aver combattuto nella legione s~raniera belga e in Portogallo tra i cacciatori di Oporto, nella guerra contro l'Austria. Incapace di contrastare l'avanzata del Nuget e bloccato in Vicenza fu costretto alla resa. Tenente generale nell'armata sarda partecipò alla battaglia di Novara del 1849 ed a quella di San Martino del 1859; nel 1860 comandò le truppe in Toscana. Nominato generale di corpo d'armata fu ferito a Custoza nel 1866. Senatore dal 1860.
(21) Guglielmo Pepe (1783-1855) generale. Combatté nella repubblica partenopea (1799), fu esiliato in Francia, dove, arruolato&i nella legione italiana del generale Lechi, combatté a Marengo. Tornato a Napoli cospirò contro i Borboni; fu arrestato e condannato all'ergastolo. Liberato dai francesi, combatté in Spagna e .poi con Marat nelle campagne d'Italia. Riammesso come generale nell'esercito borbonico l\(lerì alla rivoluzione del 1820 e fu nominato comandante supremo dell'esercito co-
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(1848-1849)
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stituzionale, ma, sconfitto a Rieti ( 1821 ), fu costretto a ,rifugiarsi in Inghilterra. Nel 1848 ritornò in Patria ed ebbe da Ferdinando II il comando dell'esercito che doveva marciare contro gli austriaci nell'l-talia settentrionale. Richiamato, rifiutò di obbedire e accorse a Venezia <love diresse la resistenza della ·repubblica. Caduta la città, andò esule a Corfù ed a Parigi, da dove si trasferi a Torino. Lasciò numerosi scritti di carattere politico e militare. (22) Carlo Canera di Salasco (1796-1866), generale. Al termine della campagna del 1848, durante la quale era stato capo di stato maggiore generale, fu sottoposto ad inchiesta che confermò l'inadeguatezza del suo operato. « Figura scialba e insignificante, nelle sue mansioni non va oltre la trasmissione degli ordini, desideroso di non urtare la suscettibilità del sovrano ». (Veds. Piero Fieri. Op. Cit. p. 207). (23) Il Bava, nei suoi begli anni capitano dell'esercito napoleonico, era certamente il migliore dei generali piemontesi, sebbene anch'egli calmo e metodico. Non si può negare che avesse a volte una visione chiara della situazione; ma era ira, scibilissirno e il fatto che il re lo consultasse, salvo poi a modificare i suoi piani, creò presto uno stato d'animo tutt'altro che favorevole a una proficua collaborazione. (Veds. Piero Pieri. Op. cit., pp. 207-208). (24) « Pretenderebbe forse d'esser l'alter ego del sovrano il generale Franzini, ministro della g,.1erra al campo e a disposizione del re. Ha cinquan,tanove anni, è stato ·tenente d'artiglieria nell'esercito napoleonico, è certamente dotato di cognizioni tecniche, ma, tiepid1ssirno liberale, è incapace di comprendere e di sentire il caraHre della guerra rivoluzionaria che si dovrebbe combattere, e per di più di sua natura è metodico, sistematico, burocratico. Né del resto il re è affaHo disposto a seguirlo ciecamente. Carlo Alberto, infatti, ascolta anche i comandanti dei due corpi d'atmata in cui è stato diviso l'esercizio, ossia i generali Bava e De Sonnaz ». (Veds. Piero Pieri, Op. cit., ,p. 207). (25) Relazioni e rappo~ti finali sulla campagna del 1849 nell'alta Italia. Vol. III, p. 655. (26) Idem, p. 656. (27) Alla restaurazione (1815) mm1stro della guerra e della marina fu Filippo Antonio Asinesi di San Marzano (1761-1828), al quale successero nell'ordine Battista di Rohilant (1765-1821), Alessandro Saluzzo di Monesiglio (1775-1851), Emanuele Pcs di Villamarina (1777-1852). Quest'ultimo tenne la carica dall'aprile del 1832 all'autunno del 1847. La sua opera durata ,tre lustri non corrispose a.I programma che egli stesso si era proposto: « addestramento adeguato, elasticità dell'armata, pace ptonta alla guerra». Egli, difatti, operò in senso opposto: addestramento in· sufficiente, rigidità di schemi, pace impreparata alla guerra. (28) Enrico Barone. Op. cit., p. 11. (29) Piero Pieri. Op. cit., p. 207.
CAPITOLO III
IL RINNOVAMENTO STRUTTURALE ED ORDINATIVO NEL DECENNIO 1849-1859 1. La situazione di partenza. 2. L'organizzazione scolastica. 3. La legge sul reclutamento. 4. Il nuovo ordinamento. 5. Le altre riforme. 6. Il punto di arrivo.
1. « Un popolo forte si matura alla scuola delle avversità. Gli sforzi che esso fa per uscire da una difficile situazione gli insegnano a distinguere la realtà dalle illusioni; l'informano della più rara, come della più feconda tra le virtù della vita pubblica: la pertinacia». In questi termini si espresse il nuovo re Vittorio Emanuele II (re dal 1849 al 1878), succeduto a Carlo Alberto che aveva abdicato dopo la disfatta di Novara, nella seduta inaugurale del nuovo Parlamento eletto nel luglio del 1849. « La guerra è impossibile, ma altrettanto impossibile è il disonore », dichiarò Massimo D'Azeglio (1798-1866) nell'assumere la carica di presidente del consiglio dopo i moti di Genova del 1849 (1). Senza recriminazioni e senza illusioni, senza cedere alle pretese eccessive del vincitore e senza lasciarsi andare alla rassegnazione del vinto, in una situazione internazionale di guerre e di rivolte (2) ed interna di torbidi e di incertezze, lottando contro le resistenze e gli ostruzionismi delle opposizioni e contro gli estremismi degli esaltati, nella consapevolezza delle reali condizioni del paese e dell'impossibilità di ricevere aiuti esterni senza esserseli prima guadagnaci, con l'unica certezza che le altre po(enze europee non avrebbero consentito all'impero asburgico lo smembramento del regno di Sardegna, il nuovo re e gli uomini politici migliori - tra i quali peculiarmente il D'Azeglio ed il Cavour (1810-1861) - all'indomani di Novara, ancora prima della firma del trattato di pace con l'AustriaUngheria (9 gennaio 1850), si misero al lavoro ·p er affrontare i gravi problemi da risolvere che non mancavano davvero, e di ogni sorta: politici, economici e militari.
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FILIPPO STEFANI
L'indipendenza e l'unità d'Italia non si sarebbero potute conseguire senza il concorso di qualcuna delle grandi potenze europee. Si cercarono tutti gli appoggi possibili, morali e materiali, per resistere alle pressioni dell'impero asburgico, per garantire il piccolo regno da un'eventuale aggressione, per far maturare la situazione propizia alla ripresa della lotta per la causa italiana. Si giunse alla fine all'alleanza con la Francia. Le finanze dello Stato - il bilancio del ministero della guerra nel 1849 era salito a 101 milioni dai 47 milioni dell'anno precedente - gravate dal pagamento del debito di guerra con l'Austria-Ungheria, erano stremate ed esigevano un risanamento immediato che fu realizzato nel tempo mediante la riduzione della spesa pubblica, l'imposizione ·di tributi, la negoziazione di prestiti con l'estero, la distinzione tra spese necessarie ed improrogabili e quelle meno necessarie e dilazionabiJi. Il rinnovamento dell'armata fu incluso tra le prime, ma il problema si presentava delicato e difficile perché non solo di natura tecnica, ma prima ancora politica e sociale. L'avvento dello Stato rappresentativo aveva segnato un nuovo corso delle istituzioni militari secondo i principi della loro proporzionalità alla capacità economica della nazione e della loro identificazione con le istituzioni civili, attribuendo loro un carattere morale che prima non avevano. Il concetto di nazione armata, inteso come partecipazione dell'intero organismo sociale alle attività militari, mutava, rispetto al periodo precedente, lo stesso spirito delle istituzioni militari in relazione ed in funzione del concetto giuridico dello Stato 'liberale. L'obbligatorietà del servizio militare personale e generale diventava un dovere di coscienza, ma perché questo fosse compreso dalle masse occorreva elevarne l'istruzione e l'educazione. La disciplina militare, nello Stato liberale, non doveva più essere imposta, ma sentita come prodotto spontaneo di sentimenti nobili. Un tale mutamento non poteva essere immediato, ma richiedeva un lavoro lungo e paziente e nello stesso tempo un evolversi lento delle istituzioni militari in relazione al progressivo mutare delle condizioni culturali e sociali della popolazione. « Porrò ogni mio studio a correggere, nelle istituzioni che reggono l'armata, i difetti che l'esperienza fece noti. Egli è alla disciplina, al sentimento militare, all'istruzione ed all'operosità che io rivolgerò particolarmente le mie cure » (3 ): cosl si espresse il generale Alfonso La Marmora nell'assumere, nel novembre del 1849, la carica di ministro della guerra e della marina, che conservò fino al 1860 (4). La situazione militare era, in quel momento, veramente critica
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e preoccupante: lo sconforto del dopo Novara scuoteva lo spirito di disciplina; la fiducia tra capi e gregari era compromessa; il malcontento per i provvedimenti riduttivi ed epurativi dilagava; l'intera organizzazione militare, uscita condannata da Novara, era del tutto inadeguata e superata e non rispondeva più alle nuove esigenze sociali e tecniche; la preparazione professionale e addestrativa del personale era più che scadente. Rimettere in sesto una macchina ridotta cosl malconcia significava rimodernare l'intera struttura in base alla evoluzione delle idee che si venivano sviluppando ed alla esperienza della guerra appena terminata. Nonostante l'incompletezza, l'insufficienza e le lacune, l'opera del La Marmara fu ricca di grandi meriti e per essa l'armata sarda risorse a nuova vita. Si potrà dire tutto il male che si vuole del La Marmora capo di stato maggiore generale nella guerra del 1866, ma non si può defraudarlo della stima e del rispetto dovutigli per l'attività riformatrice, tenace ed instancabile, da lui svolta, nel quadro della politica cavouriana, per oltre un decennio, nel campo del riordinamento militare, in un clima politico rovente di polemiche, spesso sconsiderate, che dal Paese si riflettevano nel Parlamento e viceversa, impacciando e ritardando i programmi di ammodernamento.
2. La guerra aveva messo in chiaro che il problema dei problemi era quello dell'istruzione. Fu subito dato largo sviluppo all'organizzazione scolastica per i quadri: l'Accademia militare (5) venne ristrutturata; venne ricostituita la scuola militare di cavalleria {6 }; fu istituita la scuola normale per la fanteria (7) che, « per dare impulso, uniformità alla disciplina ed istruzione di quest'arma principale», fu trasformata, j} 6 maggio 1850, in scuola militare di fanteria (8); fu sostituita la vecchia scuola di applicazione per gli ufficiali delle armi dotte - R. Corpo di stato maggiore, R.C. di artiglieria, R.C. del genio - fondata nel 1839 con la scuola complementare per gli ufficiali di artiglieria e del genio (9). Furono istituiti il collegio militare di Asti e il battaglione dei figli dei militari destinati a fornire rispettivamente un sufficiente numero di allievi ufficiali all'accademia e di sottufficiali ai corpi. Vennero create ex novo tredici scuole di topografia (10) alle quali ogni anno venivano avviati, a rotazione, ufficiali e sottufficiali di fanteria e di cavalleria che, al termine del corso, venivano classificati in un'unica graduatoria di merito che
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veniva pulYblicata sul Giornale Militare)· vennero istituiti appos1t1 corsi per i sottufficiali da promuovere ufficiali; corsi di lingua francese per ufficiali e sottufficiali al livello di brigata di fanteria e di reggimento di cavalleria; corsi di equitazione presso le cavallerizze di Chambéry, Genova, Torino e Vercelli per i capitani di fanteria, gli ufficiali del corpo di stato maggiore e gli ufficiali medici. Fu resa obbligatoria la presenza degli ufficiali di fanteria alle scuole di tiro dell'artiglieria; fu regolamentata, sulla base di severi criteri di selezione, l'ammissione ai corsi di stato maggiore (Il), dei quali .furono ampliati e meglio razionalizzati i programmi; vennero potenziate le biblioteche di artiglieria e del genio. Nel marzo del 1856, per iniziativa dei fratelli Carlo e Luigi Mezzacapo (12), vide la luce il primo numero della Rivista Militare Italiana (13 ), che, nel suo editoriale, invitava « gli ufficiali di ogni arma e le persone dotte di cose militari a voler onorare ·d el loro pregevole concorso codeste pagine, dalle quali, deliberato proposito, saranno irremissibilmente escluse le questioni di tenore assolutamente
politico, e quelle altresì che, per avventura, s'aggirassero intorno a personali discussioni od a polemiche infruttuose ». La rivista venne a colmare un vuoto inspiegabile in un paese come il Piemonte, eminentemente e rigidamente militare per storia, tradizioni ed istituzioni, rimasto fino ad allora privo di un qualsivoglia mezzo di diffusione dell'arte e della scienza militare, diversamente da quasi tutti i paesi europei che già vantavano da tempo riviste e giornali dedicati al dominio delle scienze militari. La rivista contribuì fin dall'inizio alla elevazione culturale dei quadri e divenne ben presto palestra di dotte ed appassionate discussioni, dimostrandosi di valido ed efficace ausilio nella formazione di ufficiali moderni, aperti, ricettivi alle trasformazioni dottrinali e ordinative, consapevoli di esercitare una professione nobile ed onorata in una società liberale e non un mestiere di « routine», del quale la disciplina ed il formalismo, secondo i canoni fino ad allora correnti, erano l'essenza. All'elevazione del grado d'istruzione dei sergenti e dei chiamati alle armi - sprovvisti questi ultimi nella grandissima maggioranza di ogni base alfabetica - provveduto mediante la rivitalizzazione delle « scuole reggimentali » per l'istruzione primaria, la ginnastica e gli elementi di arte militare che il La Marmora dispose venissero ricostituite presso tutti i corpi dell'armata attiva, comprese le guarnigioni dei forti e d elle cittadelle, perché « una modesta ed appropriata cultura dell'ingegno non che la gagliardia del corpo conferiscono alla disciplina ed al valore » e perché « l'esercito è un germe
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fecondo di civiltà popolare che anche in tempo di pace deve rendere servizi segnalati ed eminenti» (14). Ricordiamo che nel 1848 il numero degli analfabeti superava il 7 5 % della popolazione del regno. Le scuole cominciarono a funzionare subito e in un quadro di organizzazione didattica e metodologica di avanguardia. Furono determinate le materie d'insegnamento e le metodiche didattiche; i corsi vennero suddivisi in classi; le classi dei sergenti furono distinte da quelle dei soldati; le classi furono articolate in sezioni che non contassero, ciascuna, più di 20 --a- 30 allievi; furono definite le responsabilità ispettive (comandanti di divisione e di brigata), direttive (comandanti di reggimento e di battaglione) ed esecutive (ufficiali accuratamente scelti per preparazione e padronanza di metodo e comandanti di compagnia). Gli insegnanti delle materie d'istruzione generale (lettura, calligrafia, composizione, aritmetica) e di gi,nnastica furono inviati a frequentare appositi corsi, della durata da 3 a 6 mesi, svolti presso la scuola militare di fanteria . I corsi per gli insegnanti furono impostati soprattutto sul metodo d'insegnamento da seguire nelle varie discipline e comprendevano lezioni di materie d'istruzione generale, di ginnastica, di scherma con la baionetta, di armi, di tiro, di arte militare (regolamenti di esercizio delle truppe a piedi; regolamento di servizio per le truppe in campagna; applicazione di temi tattici su terreni vari ed accidentati; cognizioni fondamentali di artiglieria, di fortificazione permanente e di lavori sul campo di battaglia). Furono, infine, assegnati i fondi per attrezzare le aule didattiche, per dotare le scuole di ausilii didattici (cartelloni, attrezzi per la ginnastica, ecc.), per l'acquisto della cancelleria e dei libri di testo, che vennero con il tempo unificati. Un'organizzazione scolastica sia quella a favore degli ufficiali sia quella a favore dei sottufficiali e della truppa - davvero imponente e moderna che il La Marmora non si limitò a creare per lasciarla poi al lavoro dei subordinati, ma della quale esercitò, anno per anno, il controllo mediante ripetuti interventi diretti per equilibrarne ed aggiornarne i programmi, la durata dei corsi, i testi ed i manuali di studio, per rimuovere gli inconvenienti lamentati nelle relazioni annuali che ogni comandante di reggimento doveva inviare al ministro con l'indicazione dei risultati ottenuti, per perfezionare quanto possibile al fine di trarre dalle scuole e d ai corsi il migliore ,rendjmento. Un'organizzazione razionale e precisa che maturerà frutti copiosi durante la guerra d'Oriente (15) ed in quella del 1859, quando gli ufficiali ed i soldati più giovani, usciti dalle rinnovate
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scuole, potranno confrontarsi senza scapito con quelli alleati e misurarsi con successo prima contro i russi e poi contro gli austroungarici. Un'organizzazione che ebbe, però, una sua lacuna: la mancata istituzione di una scuola superiore o di corsi superiori di aggiornamento e di perfezionamento per gli ufficiali di grado elevato che nella seconda guerra d'indipendenza, come già nella prima, non mancheranno di spirito, di coraggio e di valore, ma difetteranno di capacità strategica e tattica e di preparazione professionale, rimasta ferma questa ultima alle nozioni apprese più di venti anni prima nelle scuole di reclutamento. L'inesistenza di una tale scuola o di tali corsi non consentì che i quadri superiori acquisissero una disciplina di idee ·e di metodo unitari, ma li lasciò liberi o nel loro agnosticismo o nell'aderire a teorie di comodo che compendiavano l'arte militare nel « battere il nemico sempre e dovunque lo s'incontrasse, mostrandogli la nostra superiorità di forze e di valore » - come insegnavano il Vassalli ed il Giustiniani - e che stilizzavano il generale nella genialità istintiva, nello scrupolo del formalismo, nel valore innato e nella conoscenza del « mestiere » che altro non era se non l'abilità a fare eseguire movimenti ed evoluzioni.
3. Il problema di come strutturare l'armata per renderla rispondente ai principi dello Stato costituzionale e della democrazia parlamentare, per conferirle la capacità operativa necessaria a riprendere, magari non da sola, la lotta per l'indipendenza e l'unità d'Italia, della quale la dinastia sabauda e il regno di Sardegna si erano oramai fatto pieno ed esclusivo carico, e per mantenerne contemporaneamente le dime nsioni entro i ristretti limiti consentiti dalle finanze dello Stato aprì l'acceso dibattito, neppure oggi del tutto concluso, tra i sostenitori dell'applicazione integrale del principio della nazione armata e coloro che, senza negare la validità del principio, ne attenuavano la portata pratica commisurandola realisticamente alle esigenze tecnico-militari del momento sulla base della linea politica del Cavour. Tutti furono d'accordo nel ripudio dell'esercito di mestiere che, oltre tutto, sarebbe stato privo della molla spirituale necessaria a condurre una guerra di carattere nazionale; tutti d'accordo sull'obbligatorietà del servizio militare, ma quando si passò a formulare le risposte pratiche da dare ai varii quesiti che il problema poneva, la concordia venne meno anche nell'ambito della
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maggioranza parlamentare. Quale la durata degli obblighi di servizio? Quale quella della ferma di leva? Quanti e quali gli elementi integrativi da reperire nel volontariato? Come evitare od almeno ridurre le ingiustizie tra i sacrificati per lunghi periodi e quelli esonerati perché esuberanti rispetto .alle esigenze organiche? Un'armata numerosa o di qualità? Queste e tante altre le questioni della nuova legge sul reclutamento il cui progetto iniziale, presentato al Senato dal La Marmora agli inizi del 1851, subi numerose modifiche ed aggiunte e venne finalmente approvato, dopo oltre 3 anni di dibattiti, critiche e polemiche, il 20 marzo 1854 (16). Con la nuova legge, che abrogò quella del 1837, tutti i nati di sesso maschile vennero obbligati a concorrere alla leva al ventunesimo anno di età in due specie di ferma: di ordinanza della durata di 8 anni consecutivi (volontari, carabinieri, armaioli, musicanti); dei provinciali comprendente due categorie, la prima, con durata di 5 anni sotto le armi e 6 in congedo illimitato, la seconda con durata Ji 5 anni in congedo illimitato, salvo 40 giorni d'istruzione una volta tanto. L'assegnazione aJ una delle due categorie fu previsto che avvenisse per sorte, che in pratica veniva propiziata talvolta da interventi estranei ( 17 ). Dal contingente annuo degli elementi idonei od arruolati (esclusi gli inabili fisicamente e gli esonerati per motivi vari), si e no un quinto finiva con il dover sopportare il peso maggiore degli obblighi di servizio (11 anni) (18). Nel 1858 su di una popolazione del regno di 5.1 45.000 abitanti, gli iscritti sulle liste di leva furono 52 .000, i chiamati Ji prima categoria 9 .000, gli assegnati alla seconda categoria 4.000 e gli esonerati del tutto 39.000, dei quali una parte per inabilità o per altri motivi legali e la gran parte perché favoriti dalla sorte. Il meccanismo della legge fu congegnato in modo di avere 5 contingenti di 5 classi permanentemente sotto le armi, 5 contingenti di 5 classi di seconda categoria e 6 contingenti di riservisti. Per passare dal piede di pace (5 contingenti più i soldati di ordinanza) - 50.000 uomini circa - a quello di guerra, teoricamente di 115.000 uomini, occorreva chiamare i 6 contingenti di prima categoria in congedo illimitato (4 5 .000 uomini circa) e i 5 contingenti di seconda categoria (20.000 uomini circa). Tutto ciò in teoria, perché in pratica occorreva sottrarre dalla disponibilità della forza in congedo i deceduti, i riformati dopo o durante il servizio e gli uomini resisi indispensabili per altri motivi - in tutto 20 + 25.000 - per cui la forza reale sul piede di guerra non superava le 90 + 95.000 unità. Il 29 aprile 1859 la forza presente dell'armata sarà, infatti , di soli 61.861 uomini, esclusi i volontari
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cacciatori delle Alpi e cacciatori degli Appennini (oltre 5.000) e i volontari della Lombardia e dei Ducati (oltre 20.000) (19). Alla legge fecero seguito il regolamento di applicazione (20 ), due appendici di chiarimento ed una nuova contrastata discussione alla Camera dove il La Marmora, preoccupato per la gravità assunta dal problema delle riserve istruite dopo le perdite subite dall'armata sarda in Crimea, dove la peste aveva mietuto 1.300 vittime e reso inabili migliaia di soldati, presentò nel 1857 una proposta, che venne alla .fine approvata, tendente ad estendere a tutti gli uomini validi delle 5 classi alle armi di seconda categoria la disponibilità al servizio per il caso di guerra; ma la modifica, in pratica, non trovò applicazione perché fino a tutto il 1859 il contingente di seconda categoria continuò ad essere lo stesso (4.000 uomini) degli anni precedenti. La legge La Marmora sul reclutamento del 1854 - un compromesso tra il sistema di reclutamento francese e quello prussiano - (21) seguita da quella del 1857 sulle riserve, salvò in teoria il princio J ell'obbligatorietà del servizio, ma non quello Jdla na'..lione armata inteso nel senso prussiano. Essa soddisfece le esigenze di un'armata di qualità - ferma lunga - ma implicò di per sé una forza bilanciata modesta e soprattutto, anche dopo il 1857, lasciò insoluto il problema delle riserve addestrate perché 50 giorni d'istruzione una tantum in 5 anni erano un nulla per soldati che dovevano rimanere in congedo quale riserva dell'armata attiva sino al compimento del ventiseiesimo anno di età. La legge del 1857 , anche se avesse trovato applicazione, non sarebbe valsa a sanare la situazione, perché i provinciali della seconda categoria non avrebbero posseduto una maggiore capacità operativa rispetto a quella, quasi nulla, dei loro colleghi, della guerra 1848-1849. La legge peraltro, diminuendo il valore del rapporto tra soldati di ordinanza e provinciali a favore di questi ultimi conferi alle unità mobilitate una omogeneità ed una coesione ben maggiori di quelle della prima guerra d'indipendenza.
4. Subito dopo la guerra vennero adottati provvedimenti riduttivi di emergenza che contribuirono al peggioramento dello stato morale dei quadri già insolitamente molto basso in seguito alle sconfitte di Custoza e di Novara: limitazione del numero dei generali (15 luogotenenti. generali e 33 maggiori generali) (22); invio in congedo degli
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ufficiali che avevano dimostrato incapacità od insufficienza in guerra; soppressione delle brigate di fanteria e di cavalleria (23 ), ricostituite però, quelle di fanteria, subito dopo, nella considerazione che « secondo ogni probabilità sarebbesi riconosciuto utile di ricostituire in modo permanente le brigate di fanteria comeché quest'Arma debba in tempo di guerra costituirsi in brigate sull'esempio delle altre potenze militari (24) », il che era vero solo in parte; contrazione dei reggimenti di fanteria su 3 battaglioni di 4 compagnie ciascuno. Ma il La Marmora volle subito costituire una commissione che riesaminasse il riordinamento di tutta l'armata e studiasse i provvedimenti necessari ad elevare il morale e rinsaldare la disciplina mediante il miglioramento delle condizioni economiche del personale e la rivalutazione di questo nell'ambiente civile. A mano a mano che la commissione presentò le sue conclusioni l'armata si avviò verso un assetto meno instabile ed assunse una struttura ordinativa ed organica meglio rispondente alle esigenze belliche: 9 brigate di fanteria (25) ciascuna su 2 reggimenti di fanteria di linea, 1 brigata Guardie su 2 reggimenti granatieri, 9 battaglioni bersaglieri (26), 9 reggimenti di cavalleria (27) ( 4 di linea e 5 cavalleggeri) su 4 squadroni ciascuno, 3 reggimenti di artiglieria (28) (1 operai, 1 da piazza, 1 da campagna), 1 reggimento Real Navi (29) su 2 battaglioni, un corpo di cacciatori franchi su 3 battaglioni, unità di carabinieri e unità dei servizi, tra le quali ultime il corpo del treno di armata su 4 compagnie (30). Tale ordinamento, sia pure nell'instabilità organica, rimase pressoché immutato fino alla guerra del 1859, ad eccezione dell'elevazione da 9 a 10 del numero dei battaglioni bersaglieri (31 ), della riduzione da 2 a 1 dei battaglioni del corpo Real Navi (32) e della soppressione del reggimento cavalleggeri di Sardegna che venne sostituito d a unità carabinieri. In tempo di pace, la forza media di 50.000 uomini fu ripartita in 25.520 uomini della fanteria di linea, 3.833 bersaglieri, 5.715 cavalieri, 4.313 artiglieri, 1.159 genieri, 579 soldati del corpo del treno, 3.048 carabinieri, 1.120 carabinieri di Sardegna, 770 soldati del corpo cacciatori franchi (33 ). Di rilievo, rispetto al passato, furono l'aumento del corpo dei bersaglieri, la distinzione tra cavalleria pesante e leggera, e la costituzione delle batterie di artiglieria monocalibro (o da 8 o da 12 libre) diversamente da quelle pluricalibro della prima guerra d 'indipendenza, costituite su 6 pezzi da 8 o da 12 libbre e su 2 obici da 12 o da 15 centimetri. Il reggimento di fanteria fu ordinato su 4 battaglioni di 4 compagnie ciascuno, quello di cavalleria su 4 squadroni, quello di
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artiglieria da campagna su 17 batterie di 6 od 8 pezzi e il battaglione genio zappatori su 5 compagnie di cui 4 zappatori ed 1 minatori. Nei riguardi della fanteria la novità maggiore fu la riduzione della forza delle compagnie da 250 a 150 uomini e, conseguentemente (ifermo restando il numero di 4 compagnie per ogni battaglione) del battaglione da 1000 a 600 uomini. Si intese cosl riparare il danno della ingovernabilità della compagnia palesatosi manifesto nella recente guerra, ma l'adozione del nuovo organico, se da una parte snellì e rese comandabili le compagnie, dall'altra indeboll troppo il battaglione che divenne più mobile e manovrabile, ma anche meno robusto, il che sarebbe stato poco male se si fosse tenuto presente che là dove per lo sviluppo di un determinato atto tattico prima era sufficiente un solo battaglione da ora in avanti ne sarebbero occorsi due. La cavalleria conservò la caratteristica di arma d'urto, quasi anacronistica, ma fu messo l'accento anche sulla sua peculiare idoneità all'esplorazione. Il dilemma tra potenza e mobilità dell'artiglieria - la preminenza della potenza sostenu ta dal duca di Genova (34) e quella della mobilità dal colonnello Cavalli (35) - fu risolto dal La Marmora a favore della potenza diversamente da quanto avvenne nell'esercito austriaco che preferì bocche da fuoco di calibro inferiore - da 6 o da 8 libbre - che consentissero maggiore mobilità o migliore adattamento ai terreni rotti. Non si può dire che l'ordinamento del La Marmora fosse l'ideale, ma non si può negare che tenesse conto di molte delle esperienze negative della guerra e tendesse a soddisfare le maggiori esigenze tattiche del nuovo campo di battaglia, come non si può dimenticare che esso venne adottato tra continue difficoltà ed ostacoli, di carattere finanziario e psicologico, aggravati da pregiudizi dottrinali e ordinativi inveterati, in un'atmosfera di contrasti d'interessi individuali e settoriali, tutti elementi che oggi è difficile ricostruire mentalmente. Un aspetto importante che il La Marmora non seppe apprezzare nella giusta misura, forse in ragione della sua « forma mentis », del suo egocentrismo e della tradizione dell'armata, fu la creazione, fin dal tempo di pace, degli organi di comando e di controllo tattico necessari in guerra. Il corpo di stato maggiore (36) conservò le limitate funzioni attribuitegli da Carlo Alberto il 6 ottobre 1831: in pace, « raccogliere notizie, specialmente topografiche e militari, opportune a fondare e ad illustrare il sistema strategico dello Stato »; in guerra, « dirigere e secondare gli effetti delle operazioni ed in conseguenza agevolare al Capo dell'armata il modo di conoscere e di provvedere ai bis.ogni della guerra e di mantenere in ordinata con-
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siderazione le varie parti dell'armata stessa ». La riforma attuata dal La Marmora segnò un piccolo passo avanti in materia di compiti, responsabilità e modalità di organizzazione e di funzionamento del servizio di stato maggiore, ma restò molto lontana da quella che era già la concezione del Moltke (37), per il quale lo stato maggiore rappresentava « il principio intellettuale dell'esercito innalzato alla più alta potenza tanto che se il ministro della guerra forgia e tempera le frecce, lo stato maggiore le lancia e le dtl.rige ». La Breve istruzione sul servizio degli ufficiali del Corpo Reale di Stato Maggiore in tempo di guerra {38), approvata dal La Marmora, lasciò allo stato maggiore le funzioni che aveva avuto nel passato e che erano di carattere eminentemente esecutivo, più che organizzativo, come se le condizioni politico-sociali generali e quelle del tutto nuove del campo di battaglia non fossero venute mutando per effetto della natura stessa degli eserciti nazionali, dei progressi dei mezzi di offesa e di difesa e come se il principio napoleonico dell'accentramento delle funzioni del comandante - l'unico al quale l'armata sarda era tenacemente attaccata - non dovesse essere attenuato in relazione ali' esigenza sempre più pressante di affiancare al comandante ufficiali competenti e capaci, non più semplici raccoglitori e fornitori di informazioni sul nemico e sul terreno e semplici controllori dell'esecuzione dei suoi ordini, ma anche veri e propri collaboratori nell'impostazione ed organizzazione delle operazioni. Continuò a non esistere in tempo di pace un organo di studio e di coordinamento capace di trasformarsi in guerra nell'organo di comando supremo. Tale non era il « Congresso consultivo permanente della guerra », creato dal La Marmora, per aiutare il ministro nella definizione delle questioni organizzative, amministrative, addestrative, C?' comunque concernenti il personale ed il materiale dell'esercito, perché privo di ogni funzione operativa sia strategica sia logistica. Il primo requisito di un organo di comando è la coesione, ma come pretenderla se l'organo di comando supremo e gli organi di comando delle grandi unità operative non esistevano in tempo di pace e venivano costituiti all'ultimo momento nell'imminenza della guerra? L'armata sarda continuò, pertanto, ad essere priva di uno stato maggiore vero e proprio nel significato moltkiano del termine e continuò a disporre di un corpo di stato maggiore, i cui giovani ufficiali si din1ostrarono meglio preparati dei loro colleghi anziani, incaricato soprattutto di compiti informativi, topografici e procedurali.
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5. Esula dai nostri intenti l'esame particolareggiato di quanto altro fece il La Marmora per riorganizzare moralmente, logisticamente ed amministrativamente l'armata, ma non possiamo non darne, prima d'intrattenerci sulle novità dottrinali, un cenno sia pure a mo' di cronaca al fine di porre nella giusta luce il quadro complesso e grandioso dell'attività riformatrice del generale piemontese. Le manifestazioni d'indisciplina e di sbandamento nella guerra del 1848-1849 erano derivate, soprattutto, daU'insufficienza dei servizi sanitari, delle sussistenze e dei trasporti: carenza di assistenza medica e infermieristica, penuria di cibo e ritardi nella distribuzione, pochezza e lentezza dei trasporti. L'impressione profonda lasciata in tutti da quelle manifestazioni indusse a porre particolare cura nella riorganizzazione della branca logistica, dove però, per forza di cose, il lavoro dové procedere con lentezza e gradualità. I mezzi finanziati erano esigui, il personale specializzato scarso, quello da specializzare di difficile reperimento, i tempi di specializzazione lunghi, la regolarizzazione delle questioni amministrative e contabili connesse all'organizzazione ed al funzionamento dei vari servizi complicate e delicate. Una regolamentazione logistica completa ed organica fu pronta solo alla vigilia della seconda guerra d'indipendenza - anzi talune pubblicazioni videro la luce a guerra iniziata - (39) ma ciò non impedì al La Marmora, nel decennio, di adottare vari provvedimenti diretti a garantire ai vari servizi un accettabile grado di aderenza alle unità combattenti, di speditezza e di funzionalità, di organizzare e fare svolgere numerosi corsi di specializzazione per infermieri, per soldati di sussistenza e per ufficiali e sottufficiali del treno di armata e di operare molteplici ritocchi organici anche sulla base dell'esperienza acquisita durante la guerra di Oriente. La guerra di Oriente fu, secondo il maresciaUo Montgomery, « una delle campagne peggio condotte della storia » per la confusione che la caratterizzò nel campo strategico ed in quello logistico e per i madornali errori tattici che condussero in quello che fu uno dei più famosi disastri di tutti i tempi: la carica della brigata leggera inglese a Balaclava davanti alla quale il generale francese Bosquet, che vi assisteva, esclamò « c'est magnifique, mais ce n'est pas la guerre» (40). Da un punto di vista generale il maresciallo Montgomery ha ragione, ma egli - che dimentica di citare che con i turchi, gli inglesi ed i francesi alla guerra parteciparono anche i soldati del
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regno di Sardegna - omette di sottolineare l'importanza politica di quel conflitto che segnò l'inizio, dopo secoli di antagonismo e di guerre, del riavvicinamento franco-inglese ed offrì a tutti un'abbondante messe d'insegnamenti giovevoli ad una migliore condotta delle guerre future. Per il regno di Sardegna quella guerra fu d'importanza capitale sia sul piano politico che su quello militare: l'invito a parteciparvi da parte dell'Inghilterra e della Francia fu il riconoscimento di fatto dell'importanza che si attribuiva al regno di Sardegna e la prova che, nonostante Custoza e Novara, l'armata sarda godeva di un certo prestigio; la partecipazione dell'armata sarda fu il prezzo da pagare a chi deteneva la chiave di soluzione del problema dell'indipendenza e dell'unità italiane e, al tempo stesso, l'occasione del riscatto delle disfatte subite nella prima esperienza bellica nazionale. Nella battaglia di Traktir o della ,Cernaia il corpo di spedizione sardo si fece onore e non sfigurò davanti a1le altre forze alleate ma, sotto il profilo militare, il successo maggiore fu colto nel campo logistico dove, nonostante talune deficienze, l'armata sarda dimostrò capacità di previsione e di organizzazione addirittura insospettabili in un organismo militare che si cimentava per la prima volta in una spedizione oltremare e che appena 5 anni prima era uscito sconfitto nelle battaglie decisive anche a causa della sua impreparazione logistica. Sempre dal 1848 al 1859 il La Marmora promosse un'intensa attività legislatrice e riuscì a fare approvare l'abolizione dei titoli privilegiati per entrare nell'accademia militare, la legge sullo stato degli ufficiali (1852), la legge sull'avanzamento degli ufficiali (1853) modificata successivamente nel 1855 e nel 1856, il codice penale militare (1859), la legge sulle pensioni militari e quelle per il miglioramento del vitto alla truppa e per l'aumento degli stipendi e delle paghe, il Regolamento di disciplina militare e d'istruziane e servizio interno per la fante ria che abrogò e sostituì quello del 18 agosto 1840. Moltissime furono altresì le pubblicazioni di carattere tecnico diramate dal ministro riguardanti tra l'altro: la ripartizione dell'addestramento nei vari mesi dell'anno (1849), il servizio degli infermieri militari in campagna (1853), il tiro delle armi da fuoco (1857), le armi portatili (1858), il puntamento dei moschetti da fanteria e da artiglieria ridotti a stelo (185 5), gli esercizi ginnici (1850), il maneggio delle artiglierie inclusi gli obici (1849), l'impiego tecnico delle compagnie scelte (1850) e l'impiego dei zappatori de] genio (1849). Nel quadro della preparazione alla guerra, che era orientata verso obiettivi chiari e ben definiti politicamente, vennero fortificate
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Alessandria e Casale e migliorata la sistemazione difensiva fronte ad est delle altre cittadelle fortificate e del fronte a mare della città di Genova (41), furono impiantati i primi studi per una mobilitazione intonata a crited di attualità raccolti in un progetto elaborato dall'allora maggiore Govone (42), che verrà poi attuato per la campagna del 1859, e venne attuato anche un qualche miglioramento dell'armamento dotando i bersaglieri di carabina rigata. L'addestramento dei quadri e delle truppe .fu oggetto di particolari cure e provvedimenti e si diede vita ai campi d'istruzione per l'esecuzione di esercitazioni di cooperazione interarma che furono per la prima volta denominate grandi manovre.
6. Non vi fu, in sintesi, settore che rimase estraneo all'operosità organizzativa del La Marmora favorita dalla linearità e coerenza della politica estera del regno. La guerra di Oriente, durante la quale il La Marmora sospese temporaneamente la sua opera di ministro in quanto assunse il comando del corpo di spedizione, dette un nuovo impulso di fervore alla sua volontà riformatrice e, quando egli tornò in Patria e riassunse la carica di ministro, poté rimettersi subito al lavoro in un'atmosfera diversa da quella di prima della sua partenza perché Parlamento e Paese avevano riacquistato fiducia nell'armata che aveva dimostrato di venirsi trasformando in un esercito nazionale di grande prestigio (4 3). Il complesso degli avvenimenti politici maturati dopo la guerra di Oriente, che preludeva alla prova delle armi sempre più vicina, non trovò l'armata impreparata ed agnostica, ma con il morale sollevato, desiderosa di riscattare Custoza e Novara perché consapevole dei risultati altamente soddisfacenti conseguiti nel decennio sul piano organizzativo e tecnico. La ripresa del cammino per la realizzazione del programma d'indipendenza e di unità fu resa possibile, appunto, dal decennale lavoro svolto sul piano politico e su quello tecnico-militare da uomini politici e da capi militari fermamente decisi, in mirabile concordia d'intenti e di azioni, a riprendere e realizzare il processo risorgimentale drammaticamente arrestato nel 1849. Le premesse favorevoli alla ripresa erano state poste: condizioni politiche ottime, morali molto elevate, finanziarie buone (il prestito di 50 milioni lanciato per sopperire ai bisogni straordinari
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della guerra fu subito interamente coperto), militari soddisfacenti. L'armata, infatti, si presentava animata da solido spirito militare; i quadri giovani e i soldati di ordinanza e i provinciali di prima categoria erano bene addestrati (anche i richiamati avevano lasciato solo da uno, due o tre anni al massimo il servizio); l'armamento e l'equipaggiamento, sebbene di qualità inferiore a quelli dell'armata imperiale in Italia, non incidevano in misura notevolmente negativa su11'insieme della capacità operativa; l'organizzazione logistica dava affidamento di fare fronte alle necessità di una guerra breve. Fra le carenze più gravi, da tutti erano avvertite: l'insufficenza delle riserve istruite (disponibilità di 3 in luogo di 5 classi di riservisti perché la legge di reclutamento non aveva ancora compiuto il primo quinquennio di applicazione) ed il meno che mediocre grado di addestramento dei richiamati di seconda categoria, mentre da quasi nessuno si prestava attenzione alla costituzione improvvisata dei comandi operativi, alla mancanza di un vero e proprio stato maggiore ed alla scarsa preparazione ed esperienza dei quadri di maggiore livello gerarchico rimasti attaccati ad una concezione sbagliata o quanto meno incompleta della loro funzione.
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NOTE &L CAPITOW III ( 1) Il 1° aprile del 1849 la popolazione di Genova, che aveva tradizioni repubblicane e male aveva tollerato l'unione al regno di Sardegna imposta dal Congresso di Vienna, insorse e si rese padrona della città, costituendo un proprio governo provvisorio a capo del quale fu posto Giuseppe Avezzana, un profugo della rivoluzione piemontese del 1821. Da Torino fu i nviata per sedare la rivolta una divisione al comando del generale Alfonso La Ma~mora, il quale riuscl in breve a ristabilire l'ordine. li governo provvisorio fu sciolto e l'Avezzano riparò a Roma dove, poco dopo, diventò ministro della guerra e comandante in capo dell'esercito della repubblica romana.
(2) La prima metà del secolo XIX si chiuse in un grande frastuono di guel.lfe e di rivoluziont: pr1ma guen-a d 'indipendenza italiana, guerra d'Ungheria (1848-1849) vinta dall'Austria con 11 concorso della Russia; guerra ,p er lo Schleswig-Holstein (1848-1850) delle potenze german iche, tranne l'Austria, contro la Danimarca; intervento francese (1849) contro la repubblica .romana ed au&triaco (1849} contro Venezia; guerra civile in Germania ( 1849) per le nazionalità e le rifo111Tie; rivoluzione di Parigi (1848) prima comro la monarchia degli Od6 m.s e poi contro il governo repubblicano per la realizzazione del socialismo. Appena qualche anno dopo (1853-1856) la guerra d'Oriente tra la Russia e la Turchia con la pa:rtccipazione a favore di quest'ultima della Francia e dell'lnghiltcr-ra e, su formale .richiesta di entrambe, del regno di Sardegna che, mediante l' invio di un corpo di spedizione, riusd ad inserirsi nell'ampio gioco della politica internazionale, acquisendo il diritto di un posto nel Congresso di Parigi (1856) che pose fine al conflitto. (3) G iornale Militare - annata 1849 - 2" semestre, p . 220. (4) Alfonso Ferrero La Marmora (1804-1878), generale piemontese. Ministro della guerra e della marina nel 1848 nel Gabinetto Pinelli, dal dicembre 1848 al febbraio 1849 nel Gabinetto Giobert>i. e successivamente dal novembre 1849 al 1859 nei Gabinet1i D'Azeglio e Cavour. Fu a cape della spedizione in Crimea - durante la quale il portafoglio della G uerra fu assunto ad interim dal D 'Azeglio - e riprese subito dopo le sue funzioni di ministro che esercitò per tutta la durata della guerra del 1859. Fu poi più volte .presidente del consiglio e, in tale veste, stipulò nel 1866 un trattato di alleanza con la Prussia. Durante la guerra del 1866 fu comandanle dell'esercito italiano, carica dalla quale fu esonerato dopo l'arrnii,tizio di Cormons. (5) L'Accademia militare era s tata ri-istituita il 2 novembre 1815 da Vittorio Emanuele I. L'ammissione degli allievi venne regolata, nel decennio, mediante norme specifiche diramate ogni anno ed ispirate ora a oriterii di maggiore ora di minore severità selettiva, secondo le esigenze dei posti organici variabili spesso ,per effetto delle continue mutazioni che vennero apportate aUe tabelle numeriche delle armi e dei corpi. Sciolta il 25 febbraio 1858 per motivi disciplinari, venne ricostituita il 6 aprile successivo. { 6) G iornale Militare - annata 1849, 2° semestre, ,p. 239.
(7) Giornal.e Militare - annata 1850, 1° semestre, p. 303. (8) Giornale Militare - annata 1850, 1° semestre, p. 303. (9) Giornale Militare - annata 1851, 1° semestre, ,p. 767.
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{10) Le scuole di topografia furono istituite ad Alessandria, Cagliari, Casale, Chambery, Cherasco, Cuneo, Genova, Novara, Pinerolo, Torino, Vercelli, Vigevano. (11) Giornale Militare - annata 1850, l' semestre, p. 335 e Giornale Militare - annata 1851, 2" semestre, p. 233. (12) Mezzacapo Carlo {1817-1905) e Mev:acapo Luigi {1814-1886} entrambi ufficiali borbonici e successivamente generali dell'esercito i-tallano. Il primo combatté con il Pepe alla difesa di Venezia nel 1848, fu capo di stato maggiore delle truppe volontarie di Romagna nel 1859 e partecipò con l'esercito regolare alla campagna dell'Italia meridionale {1860) e alla guerra del 1866. Luigi , fratello di Carlo, prese parte alla difesa di Venezia (1848) e di Roma {1849), organizzò nel 1859, per incarico del governo sardo, una divisione di volontal'i toscani e collaborò poi con il Fanti alle annessioni dell'Italia centrale. Fu nel 1876-1878 minist,ro della Guerra nel governo Depretis. (13) La Rivista Militare Italiana apparve nel mese di marzo del 1856 e, sebbene ne fosse stata data notizia sul Giornale Militare, ebbe e conservò per molti anni carattere privatistico, non ufficiale e neppure ufficioso.
{14) Giornale Militare - annata 1849, 2° semestre, p. 193.
(15) Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio Storico - La spedizione sarda in r.rimea nel 1855-1856. Tip. Regionale, Roma 1956 (Ristampa di quella edita nel 1896 a cura di Cristoforo Manfredi sulla scorta dei documenti esistenti nell'archivio del corpo di stato maggiore). « Alia fine del 1854, stante la difficile situazione dei rispettivi C01'pi di spedizione - stremati dai lavori di assedio, dai combattimenti, dalla resistenza di Sebastopoli, dalla rigidezza del clima. da un uragano che nel novembre di quell'anno aveva danneggiato le flotte ed affondato navi cariche di rifornimenti, dalle malattie e, infine, dal disgelo che interruppe le comunicazioni. mise sossopra i posti ed affondò i cannoni nella melma - l'imperatore Napoleone III e la ,regina Vittoria invitarono Vittorio Emanuele II ad entrare nell'alleanza costro la Russia. Il 26 gennaio 1855 il re di Sardegna stipulò con i due sovrani una convenzione mediante la quale egli si impegnava a fornire un corpo d'armata di 15.000 uomini e di mantenerlo a numero per tutta la durata della guerra, mentre .Ia regina d'Inghilterra si impegnava ad un prestito di un milione di s,terJi.ne - da versare in due rate e ad un successivo {>restito di pari entità se la guerra avesse avuto durata superiore a dodici mesi, 11onché a trasportare gratuitamente in Crimea il contingente della spedizione sarda. · 1l Alla data del 31 foglio 1855 il corpo di spedizione sardo, esclusa la marina, constava di: 25 battaglioni, 13 compagnie, 5 squadroni, 6 batterie per un totale di 16.946 unità - delle quali 2.823 assenti in grandissima maggioranza per malattia 3.851 quadrupedi e 36 bocche da fuoco di artiglieria; era agli ordini dello stesso ministro della guerra generale La Marmora; era articolato su due divisioni ed una riserva. La 1• divisione - luogotenente generale Giovanni Durando - era costituita dalla II brigata provvisoria (generale Fanti) su 2° reggimento provvisorio di 4 battaglioni, II battaglione bersaglieri, 7' batteria da battaglia e dalla III brigata provvisoria (generale Cialdini) su 3° ·reggimento provvisorio di quattro battaglioni, III bat-taglione bersaglieri e 10' batteria da battaglia. La 2• divisione - luogotenente generale Ardingo Trotti - era costituita dalla IV brigata ,provvisoria {generale Gabrielli di Montevecchio) su 4° reggimento provvisorio di 4 battaglioni, IV battaglione bersaglieri, 13' batteria da battaglia e dalla V bl'igata provvisoria (generale Mollard) su 5° reggimento provvisorio <li 4 battaglioni, V battaglione bersaglieri, 16• batteria da campagna. La riserva - maggior generale De Cavero - era costituita dal 1° reggimento .provvisorio di 4 battaglioni; dal I battaglione bersaglieri e dalla bri-
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gata d'artiglieria di riserva su 2 batterie di battaglia di 6 pezzi ciascuna. Peculiarità: la costituzione di brigate pluriarma. Il corpo di spedi:done comprendeva altresl: uno stato maggiore, un'intendenza, i comandi superiori d'arma e di cor.po (artiglie.ria, genio, bersaglieri, carabinieri), direttori di servizi (sanitario, sussistenza, giustizia, postale, di cassa), comandi locali (uno a Balaclava ed uno a Costantinopoli), il quartier generale principale, truppe alle dirette dipendenze del comandante della spedizione (un reggimento prov• visorio di artiglieria da piazza su 4 compagnie, 1 compagnia mista di operai di artiglieria, 1 battaglione ,provvisorio di zappatori del genio su 5 compagnie, un di· staccamento di carabinieri, servizi vari dell'intendenza, del corpo sanitario e della sussistenza ed un distaccamen-to del treno d'Armata su 3 compagnie). Insomma, un ordinamento cd un'articolazione leggeri e snelli ed un rapporto logistico accentuato. Peculiarità: la costituzione di due riserve, una organicamente precostituita al livello di brigata pluriarma ed una come serbatoio di forze da impiegare per aliquote direttamente od in rinforzo delle divisioni. (16) Giornale Militare - annata 1854, pp. 161-192. Alla legge fecero seguito due «appendici»: la prima del luglio 1856 (G.M. annata 1856, ,p. 896) e la seconda dell'agosto 1857 (G.M. annata 1857, p. 585). (17)
Cfr. Piero Pieri. Op. dt., p. 575.
(18) Luigi Mezzncnpo, Rivista Militare Italiana, fascicolo IV, ap~ile, m,1ggio, giugno 1858. (19) Enrico Barone, Le campagne per l'indipendenza e l'unità d'Italia, Vol. II, pp. 151-152 e Carlo Grossi Storia Militare, Vol. II. pp. 169-171. (20) Giornale Militare annata 1857, 2.° semestre, p . 335. (21) La Francia regolò il reclutamento <lal 1818 al 1872 sulla base della legge Saint Cyr. Fissato per decreto un detetuninato contingente annuo (in12ialmente 40.000 uomini, poi 60.000 nel 1842, 80.000 nel 1832 e 100.000 nel 1855), la sorte decideva la designazione degli iscritti, temperando l'obbligo di servizio con esenzioni, dispense, surrogazione e scambio del numero estratto tra gli iscritti della stessa classe. I giovani non sorteggiati erano prosciolti da qualsiasi obbligo di servizio militare in pace ed in guerra. La durata della ferma era di 6 anni, tutti sotto le armi. Dopo il servizio sotto le armi i congedati erano obbligati al servizio territoriale in tempo di guerra per altri 6 anni. Nel 1824 il servizio sot-to le armi fu pattato a 8, poi a 7 (1832) e tale rimase fino al 1872. Nel 1824 la legge stabill che l'intero contingente di classe fosse diviso in due parti inegualmente istruite, delle quali la maggiore , costituente ,riserva istrui,ta, veniva chiamata solo in caso di guerra. Tale principio .rimase in vigore fino al 1868, quando venne stabilito che la riserva non istruita doveva ricevere un'istruzione di 5 mesi. Nel 1868 venne, inoltre, creata la « Guardia Nazionale mobile » che, in caso di guerra, poteva .parzialmente essere 11Ilpiegata in campagna. Il sistema di reclutamento prussiano - Kremper sistem aderiva pienamente al concetto di nazione armata, in quanto la Landwehr riuniva tutti gli uomini validi ed istruiti, in servizio nell'esercito attivo, in 152 battaglioni e 150 squadroni che costituivano il principale fattore di forza militare dello Stato. L'esercito attivo era una scuola d'isuuzione nella quale tutti i cittadini atti a combattere venivano chiamati a prestare serviZ'io per addestrarsi alla guerra. Con la legge del 1814 l'esercito attivo non fu che un'avanguardia pronta ad entrare in guerra, alla quale seguiva con immediatezza il grosso rapidamente mobilitabile, costituito a sua volta dalla Landwehr, suddivusa in 2 bandi (1° e 2° bando), dietro alla quale veniva la Landsturm che raccoglieva -l'intera popolazione maschile non facente
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parte né dell'esercito attivo né della Landwehr. L'esercito att.ivo aveva una forza di 100.000 uomini, con ferma di 3 anni, oltre i volontari. Dopo il compimento della ferma i militari passavano 2 anni nella Kriegs reserve, destinati in caso cli guerra a completare le unità dell'esercito at>tivo, poi entravano a far parte della Landwehr di 1° bando sino all'età di 32 anni, destinata a formare nuove unità di guerra di rincalzo di quelle attive. Alla Landwehr appartenevano inoltre tutti coloro che non servivano nell'esercito attivo. Essa si esercitava 5 settimane all'anno ripartite in due periodi. La Landwehr di 2° bando comprendeva gli abili dai 32 ai 39 anni e costituiva una riserva territoriale, solo in casi eccezionali impiegabile nell'esercito attivo. La Landsturm era organizzata ,sulla carta; comprendeva tutti i validi dai 39 ai 50 anni e i giovani dai 17 ai 20 anni. Con ule sistema la Prussia nel 1826 contava: 1.000.000 di uomini addestrati, dei quali 500.000 da 20 a 32 anni perfettamente istruiti; 6.272 ufficiali in servizio attivo, 3.641 nella Landwehr. In conclusione, la Prussia disponeva effettivamente di una riserva di uomini addestrati, la Francia poteva contare solo sui presenti nell'esercito attivo. (Dal vol. III della Storia dell'arte militare moderna di Pietro Maravigna, pp. 106-110). (22) Giornale Militare, p. 499.
annata 1850,
1° semestre, p. 13 e
annata 1852,
(23) Giornale Militare, annata 1849, 2° semestre, pp. 100-109. (24) Giornale Militare, annata 1849, 2° semestre, p. 183. (25) Giornale Militare, annata 1849, 2° semestre, p. 182. Le nuove brigate di fanteria furono: Acqui, Aosta, Casale, Cuneo, Piemonte, Pinerolo, Regina, Savoia, Savona, ciascuna su 2 reggimenti, Guardie su 2 reggimenti granatieri ed 1 reggimento cacciatori di Sardegna. (26) L'aumento del corpo dei bersaglieri da 5 ad 8, e successivamente a 9 battaglioni, fu disposto rispettivamente il 14 dicembre 1849 (G.M. annata 1849, 2° semestre, p. 328) ed il 22 febbraio 1850 (G.M. annata 1850, 1° semestre, p. 158). (27) La distinzione della cavalleria nelle due specialità fu disposta il 3 gennaio 1850 (G.M. annata 1850, 1° semestre, p. 10). I reggimen~i di linea, armati di lancia, sciabola e pistolone, furono il Ni1.1.a, il Piemonte, il Savoia, ed il Genova; i reggimenti leggeri, armalli di sciabola ed arma da fuoco, il Novara, l'Aosta, il Saluzzo, il Monefrrato, e l'Alessandria. (28) L'ordinamento di base dell'arma di artiglieria fu definito il 1° ottobre 1850 (G.M. anna 1850, 2° semestre, p. 177 e seguenti). Fu poi modificato il 26 marzo 1853 (G.M. annata 1853, p. 26 e seguenti) come segue: comandante del corpo un luogotenente generale, vicecomandante un luogotenente o maggiore generale, direttore del materiale un maggiore generale, comandante del personale un maggiore generale; comandi locali: di 1" (Genova, Alessandria, Cagliari), di 2• (Fenestrelle, Lesseillon), e di 3' classe (ciuadella di Torino, Bard, Exilles, Vinadio, Savona, Ventimiglia, Casale, Gavi, Nizza, Alghero, San Remo); stabilimenti: laboratorio chimico e fonderia, fabbrica d'armi, fabbrica di polveri di Torino, laboratorio di bombardieri e cassuleria, officina d, costruzione di Torino, sale d'armi in Torino, allestimento convogli in Torino, officine di costruzione in Genova, fabbrica di pol· veri in Genova, fabbrica di polveri in Cagliari; tre reggimenti di artiglieria (operai, di artiglieria da piazza, da campagna). La forza organica del tempo di pace venne stabilita in 4.313 uomini e 1.110 quadrupedi. (29) La costituzione del reggimento R eal Navi fu disposta f'8 aprile 1850 (G.M. annata 1850, 1° semestre, p. 298).
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(30) Il Treno di Provianda, riordinato il 24 dicembre 1849, fu nuovamente ristrutturato il 19 marzo 1852 su 4 compagnie ed il 12 dicembre dello stesso anno (G.M. annata 1852, p. 493) assunse 1a denominazione di Corpo di Treno d'Ar· mata. In totale: 24 ufficiali e 440 sottufficiali e truppa. (31) Giornale Militare, annata 1852, p. 137. (32) Giornale Militare, annata 1851, p. 157. (33) Giornale Militare, annata 1852, p. 137. Il decreto del 19 marzo del 1852, che portò varia:lioni all'ordinamento stabilito negli anni 1849-1851, fu quello che dette la fisionomia di base all'armata sarda fino alla guerra del 1859. Ricordiamo che il 30 ottobre 1850 (G.M. annata 1850, 'l:' semestre, p. 241) fu riordinato il corpo sanitario militare ed .il 26 dicembre 1853 (G.M. annata 1853, p. 645) fu istituito il « Corpo d'Intendenza» militare. Il riordinamento organico interessò nel decennio anche gli organi centrali e periferici territoriali. Il 23 maggio 1853 fu promulgata la « Legge sull'amministrazione centrale e la contabilità generale dello Stato» (G.M. annata 1853, pp. 141 e seguenti) ed ,i n armonia con essa, il 26 dicembre (G .M. annata 1853, p. 639) fu riordinato il Ministero della Guerra fino ad allora regolato dalla legge 10 matzo 1849 (G.M. annata 1849, 1° semestre, pp. 152 e seguenti). Il nuovo ordinamento previde: il Gabinetto del Ministro, il Segretario Generale dal quale dipendevano: l'ufficio del Gabinetto ed il Protocollo, la direzione generale <lei persuuale, l'ufficio del servfaio intcruu, la dii-ezione generale del materiale dell'amministrazione articolata su tre uffici (intendenza, contratti, protocollo) e su cinque divisioni (servizio di artiglieria, servizio del genio, servizi amministrativi, servizi contabilità dei corpi e competenze, servizio contabilità generale). li 15 settembre 1854 fu emanato il Regolamento provvisorio d'ordine interno per Ministero della Guerra (G.M. annata 1854, pp. 661 e seguenti). {34) Ferdinando Savoia, Genova (1822-1855), duca di Genova. Eletto re ,in Sicilia nel 1848 col nome di Alberto Amedeo I non prese mai possesso della corona. Era figlio secondogenito di Carlo Alberto e fra tello di Vittorio Emanuele II. (35) Cavalli Giovanni (1808-1879), generale piemontese, partecipò alle campagne del 1848 e 1849 ed alla guerra del 1859. Ideò il cannone a retrocarica con chiusura ermetica della culatta, poi universalmente adottato. Fu comandante dell'Accademia militare di Torino, tre volte deputato e poi senatore. Fu grande studioso dell'artiglieria e sostenitore delle bocche da fuoco rigate che, con l'uso di ,particolari proietti cilindro-conici, permettevano gittate, forza d'urto e precisione magg1on rispetto ai pezzi ad anima liscia. (36) 11 « Corpo Reale di Stato Maggiore» sostituì l'antico « Corpo di stato maggiore della topografia reale» e fu riordinato il 18 maggio 1850 (G.M. annata 1850, 1• semestre, pp. 335 e seguenti). Il nuovo ordinamento previde che lo stato maggiore centrale fosse costituito in guerra dal capo di stato maggiore, da 12 ufficiali, da 6 commissari e da 6 sottocommissari e lo stato maggiore di una divisione da: un corpo di stato maggiore, 4 ufficiali del corpo di stato maggiore, 2 aiutanti di campo, 1 comandante della cavalleria, 1 comandante dell'artiglieria, 1 ufficiale del genio, dal comandante del drappello guide e dal comandante del distaccamento carabinieri.
(37) I-lelmut Kart Bernhard von Moltke (1800-1891), generale prussiano. Allievo del Clausewitz alla scuola di guerra, entrò nel 1833 nello stato maggiore. Fu nominato capo di stato maggiore nel 1858. Accorto riorganizzatore della macchina prussiana, ne foce uno strumento atto a secondare i suoi piani strategici che, sfruttando la lezione di Napoleone, p1evedevano attacchi rapidi e decisi nel cuore del paese ne-
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mico. Per la radunata delle truppe ,previde l'impiego della ferrovia. Responsabilizw i suoi collaboratori ai quali, diversamente da Napoleone, lasciò compiti di grande importanza ed ampi spazi di iniziativa. All'insegna del motto « marciare separari per combattere uniti » e servendosi del gran buon senso di cui era .d otato, sconfisse l'Austria a Sadowa (1866) e la Francia a Sedan (1870). Scrisse moltissimo e le sue opere, raccolte in 4 volumi, furono ripubblicate tra il 1892 ed il 1912 per iniziativa dello stato maggiore tedesco. Le sue idee strategiche rimasero fondamentali fino alla guerra mondiale. (38) Giornale Militare, annata 1855, pp. 775-819. La pubblicazione consta di 7 capitoli e di 15 modelli di documenti. 11 servizio di stato maggiore viene suddiviso in 5 branche: servizio del Quartier Generale, servizio di cancelleria, servizio presso le truppe, servizio <li missioni speciali, servizio segreto. Compiti del .servizio dcl Quartier Generale sono: « preparare e stabilire gli alloggiamenti per le persone del quartier generale; stabilite i luoghi di riunione del bagaglio; dei parchi e delle ambulanze; provvedere al modo di guardarsi nel quartier generale e sorvegliare l'or. dine, la polizia e la sicurezza pubblica, ,per mezzo dell'Arma dei Carabinieri Reali; regolare il servizio delle guide, delle scorte, delle salvaguardie, ecc., fornire di guide, e quanto occorra, anche di scorte i convogli, i corrieri, le casse del tesoro, gli ufficiali ed altri; provvedere per la spodha e facile comunicazione delle varie parti dell'esercito fra di loro e di ognuna col Capo; spedire le salvaguardie, salvacondotti, certificati, liceme e simili; ampliare 1,, consegne dei JX>Sti principali; tenere, a norma del regolamento per il servizio delle truppe in campagna i registri delle salvaguardie». Compiti del servizio <li cancelleria sono: « la compilazione e diramazione degli ordini del giorno, delle relazioni d'ogni maniera, degli stati, specchi o tabelle diverse e -tavole di campagna; il carteggio ufficiale col Ministro dclla Guerra, col generale in capo, coi vari Comandanti delle d ivisioni, con quelli dei Corpi o delle fortezze, coll'Intendenza militare, coll'Uditore di guerra, col Direttore delle .poste, col Cassiere e con ogni Capo di servizio militare e civile, nonché colle Autorità locali militari e civili; il disegno, copia o riduzione delle carte o dei piani; la compilazione delle notizie, tratte dai giornali o per altro mezzo, che .possano .i,n qualsivoglia modo interessare l'esercito od il paese; la compilazione del diario storicomi:litare; la tenuta dei vari registri e la conservazione delle carte, libri, e tutto quanto forma il materiale dell'ufficio del Quartier Generale; la ripartizione del lavoro fra le persone comandate al servizio di cancelleria ». Compete al « servizio presso le tmppe » di: « stabilire le posizioni dell'armata, sia in campo, sia ad alloggiamento, sia a sereno (bivacco); provvedere al modo di guardarsi nelle posizioni, opperciò la ricognizione dei siti in cui debbono collocarsi gli avamposti e costruirsi i trinceramenti; condurre e dirigere le colonne ed i distaccamenti tanto in marcia quanto nelle fazioni, ed i convogli importanti; adempiere al servizio di trincea in tempo d'assedio a tenore dell'art. 4, capo I, titolo 19 del regolamento di campagna; intervenire e sorvegliare alla distribuzione dei viveri, siccome è prescritto dall'art. 3, titolo 10 del regolamento suddetto, e per quanto non s-i troverebbe contrario al RD. del 22 mar-.i:o 1855, relativo al servizio dell'Intendenza militare in guerra». IJ servizio di missioni speciali comprende: « tutti quegli incarichi particolari che .possono essere affidati dal Generale o dal C~o di Stato Maggiore ad ufficiali del Corpo Reale di Stato Maggiore, in fuori degli altri accennati, e specialmente: segnare lungo le linee strategiche i punti da custodire e da fortificare; riconoscere e stabilire le posizioni più importanti: esplorare in riva ai fiumi, e simili i guadi ed i siti acconci per lo stabilimento dei ponti, di comando col Corpo dei pontieri; notare i luoghi in cui siano da formare strade nuove o da riattare le antiche, da costruire argini, ponti, ecc.; eseguire ricognizioni topografico-militari; Visitare gli ospedali, le ambulanze, i magazzini, e simili, ove occorra; visitare i campi, gli alloggiamenti; le piazze da guerra, ecc., levare i piani topografici; fare se occorre, il servizio di par-
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lamentari al nemico; dirigere le operazioni militari di ogni genere; recare ordini importanti ». Il servizio segreto concerne: « le missioni segrete, le girate, il servizio delle spie per esplorare i mezzi e la forza del nemico e la condizione politica di provincie estere; le norme per trattative preliminari, armistizi, convenzioni e simili da tenersi col nemico; l'esonero dei prigionieri e disertori nemici ed il cambio dei primi; il carteggio confidenziale del Generale». (39) Giornale Militare, annata 1859, supplementi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8. Regolamento per l'amministrazione e contabilità delle truppe in campagna (1° aprile 1859); Regolamento per il servizio e la cintabilità delle sussistenze militari in campagna, (12 aprile 1859); Regolamento per il servizio sanitario dell'Armata di terra in campagna (23 aprile 1859); Regolamento sul servizio del genio militare in campagna e per il servizio dei parchi (23 aprile 1859); Regolamento sul servizio del materiale d'artiglieria presso gli eserciti in campagna e sul servizio dell'artiglieria negli assedi (22 aprile 1859); Competenze di campagna per le truppe e per gli ufficiali del Corpo d'Intendenza militare e per gli altri impiegati addetti all'Armata (24 aprile 1859); Istruzione per il servizio e la contabilità delle in/ermierie cavalli in campagna (18 apriJe 1859). (40) Bernard Law Montgomery, Storia delle Guerre, Ed. Rtizzoli, Milano 1970, p. 438. (41) Giornale Militare, annata 1850, 1° semestre, p. 329; e annata 1852, 1° semestre, p. 293; annata 1856, 2" semestre, p. 896. (42) Giuseppe Govone (1825-1872) generale piemontese. Partecipò alle campagne d'indipendenza ed alla spedizione di Oriente. Generale comandante della 9" divisione. Nel 1870 fu ministro della guerra. (45) La guerra d'Oriente ebbe termine con il trattato di pace firmato a .Parigi il 20 marzo 1856 che garantl ancora per qualche tempo l'indipendenza e l'integrità dell'impero ottomano. La pace di Parigi, d'altra parte, non risolse affatto la Que, stione d'Oriente che resterà aperta anche all'inizio del secolo XX e sarà anzi una delle cause della prima guerra mondiale. Neppure quando scompariranno i tre imperi rivali - ottomano, russo, austro-ungarico - la questione potrà dirsi risolta. Dopo il secondo conflitto mondiale si riproporrà in nuovi termini e costituirà un aspetto delicato degli equilibri territoriali stante l'aspirazione del nuovo ·impero so. vietico allo sbocco nel Mediterraneo.
CAPITOLO IV
LA TATTICA TOPOGRAFICA (1849-1859) 1. Il pensiero strategico. 2. Il terreno è tutto. 3. L'esplorazione e la sicurezza. 4. L 'attacco e la difesa. 5 . Il combattimento della fanteria, della cavalleria e del!'artiglieria. 6. Incidenza positiva delle inno• vazioni dottrinali.
1. « Coll'aiuto d'una Tstruzirme sulle operazioni secondarie della guerra e di manovre campali, bene intese, ma ancor troppo scarse,
l'istruzione di guerra delle truppe sarde fu portata ad un grado molto superiore a quello cui era giunta prima del 1849 » (1). L'autore del giudizio, il Corsi, coglie bene nel segno nel sottolineare l'importanza che la pubblicazione (2) ebbe nel processo evolutivo della dottrina tattica dell'armata sarda e, quindi, dell'esercito italiano. Essa segnò, infatti, l'ini:do del trapasso dalla tattica geometrica a quella topografica la quale, a sua volta, sebbene lentamente, aprirà la strada alla tattica del fuoco, in quel periodo già patrimonio dell'esercito prussiano, e questa, verso la fine del secolo, alla tattica d'infiltrazione, punta di arrivo di quasi tutte le dottrine tattiche della prima metà del secolo XX. La lacuna fu di non avere inquadrato la nuova dottrina tattica nella problematica generale dei rapporti tra politica e strategia e tra strategia e tattica che, proprio nel decennio di preparazione alla seconda guerra d'indipendenza, continuava ad essere oggetto, anche in Italia, di dibattiti e di polemiche molto accesi dei quali il Parlamento del nuovo Stato costituzionale era la cassa di risonanza. Fu quello il periodo durante il quale alle voci del Mazzini (3 ), del Pepe (4), del Balbo (5), e di altri autori del passato, si aggiunsero quelle del Pisacane (6), del D'Ayala (7), del La Masa (8), del Durando (9), di Carlo Mezzacapo {10), e dell'Ulloa {11) - per citare ancora una volta gli autori ricordati dal Pieri (12) - i quali, discordi nell'intendere la politica, la strategia e la filosofia della guerra,
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erano univoci nell'invocare il ricorso alla forza per attuare praticamente gli ideali del Risorgimento. Del dissenso esistente sui mezzi di più sicuro successo per conseguire il fine - l'insurrezione popolare sostenuta da una forza regolare (Pepe, D'Ayala); la guerra tradizionale combattuta dall'esercito regolare (Mezzacapo); la guerra congiunta delle forze regolari e delle milizie volontarie (La Masa); la via nuova del Pisacane che legava la guerra per la causa nazionale alla spartizione delle terre tra i cittadini - soldati che l'avessero comba.ttuta - ; diede ampia testimonianza il lungo dibattito svoltosi nel Parlamento sulla legge per il reclutamento presentata dal La Marmora, « un episodio singolare e un aspetto delle ideologie politiche intese in senso lato del nostro Risorgimento, rimasti finora pressoché ignorati e del tutto trascurati » ( 13 ). L'Italia non aveva avuto nel passato, eccezione fatta per il Machiavelli, autori celebri e prestigiosi di teorie strategiche e tattiche. Scritti su temi militari non erano mancati, ma prevalentemente di carattere storico o tecnico, quasi mai teoretico. D'altra parte, la strategia, diversamente dalla tattica, non aveva avuto mai neppure altrove illustri cultori, all'infuori del cinese Sun Tsu che pressapoco nel 500 a.C. scrisse il trattato Arte della guerra. Socrate, Tucidide, lo stesso Cesare e Vegezio scrissero di tattica più che di strategia, anche se alla loro tematica non fu estraneo il contenutù strategico. « Machiavelli meditò sugli ·scrittori antichi ed elaborò una sua teoria della guerra, ma anch'egli si occupò più di tattica che di strategia, influenzato com'era dalla letteratura antica nell'interpretazione rinascimentale. Tutt:1Via egli fu il primo koricc militare .:!ell'era moderna ed è rimasto per lungo tempo insuperato » (14). Successivamente altri autori e peculiarmente Federico il Grande nei suoi Principii generali della guerra, Napoleone nelle sue memorie e lo Scharnhorst nelle sue conferenze Sull'arte della guerra conferirono alla filosofia della guerra ed alla strategia il prestigio di arte e di scienza a sé stante e diedero lo spunto ai due grandi teorici della prima metà del secolo XIX, lo }omini e il Clausewitz (15) - questi uscito dall'accademia di guerra fondata dallo Scharnhorst - per l'elaborazione di veri e propri sistemi filosofico-scientifici di strategia ( 16), peraltro diversi nell'interpretazione e nella spiegazione dei fenomeni. A questo punto - ecco il perché della forse troppo lunga digressione - viene naturale chiedersi come mai, nonostante il fiorire di tante ideologie, dottrine e teorie, in casa e fuori, l'armata sarda non si sia data, in quel periodo, una propria dottrina strategica, non .importa se mutuata da altri, per portare ordine là dove non c'era
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a causa del sovrapporsi di idee, di tesi e di giudizi non tanto in contrasto quanto opposti, e per conferire al pensiero militare ufficiale ed agli studi, senza sacrificare la libertà delle idee, una linea maestra di ricerca e di metodo indispensabile alla disciplina delle intelligenze, senza la quale viene meno ogni modo razionale d'intendersi nell'ambito di un organo militare di comando. La spiegazione ci è sembrato di averla trovata nel volume Dell'arte della guerra dell'Ulloa, pubblicato a Torino nel 1851, che è una chiara ed organica esposizione della concezione jominiana della guerra e della strategia, oltreché della tattica, scritta appunto - quasi a conferma che sebbene non fosse mai stato sancito ufficialmente da nessuna parte, la dottrina strategica sottintesa era stata fino ad allora e restava quella dello Jomini - per « prorogare fra gli italiani le più importanti cognizioni dell'arte della guerra, e di renderle per quanto era possibile, facili alla intelligenza della gioventù ». Anche se cosl fosse - l'adesione tacita alle tesi strategiche jominiane - come noi crediamo, la giustifica1:ione non è sufficiente a scusare la mancanza di un pensiero strategico ufficiale, del quale l'armata sarda non si era potuta giovare nelle campagne del 1848 e del 1849, che pure ne avevano sottolineato l'esigenza.
2. La dottrina tattica, invece, come accennavamo all'inizio del capitolo, compì un salto di qualità talmente alto che molti dei criteri e delle modalità di azione in essa sanciti conserveranno fino ad oggi la loro validità almeno nella guerra con le armi convenzionali. La nuova pubblicazione ordinò in maniera sistematica ed armonica i criteri-gudda ai quali .ispirare le scelte tattiche nelle varie fasi del combattimento conferendo al terreno, piattaforma di ogni manovra e di ogni atto tattico, la preminenza rispetto ad ogni altro fattore, compresa la regolarità geometrica delle formazioni e degli ordini di movimento e di battaglia. Essa non abrogò e non modificò il Regolamento di servizio per le truppe in campagna del 1833, ma ne dette la spiegazione concettuale. Non vi fu tra i due regolamenti nessun'antinomia, mentre non tutti i criteri d'impiego enunciati nella nuova pubblicazione trovarono armonica e completa rispondenza nei regolamenti di esercizio e delle evoluzioni delle varie armi, i quali, oltre tutto, erano stati nuovamente rielaborati prima che vedesse la luce fa Istruzione sulle operazioni secondarie, pubblicata nel
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1855, mentre ad esempio, il Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della fanteria di linea venne pubblicato negli anni 18521853 (17). Il terreno è tutto e il terreno comanda la tattica: sono drue enunciazioni categoriche della nuova dottrina, alle quali avrebbero dovuto fare seguito provvedimenti di carattere ordinativo e di tecnica d'impiego che, invece, non furono adottati anche se per motivi non privi di fondamento . La logica della tattica topografica avrebbe dovuto indurre ad abolire, sul piano della tecnica d'impiego, la distinzione tra fanteria di linea od ordinaria e la fanteria leggera o scelta, giacché se entrambe in combattimento dovevano adattare formazioni e ordini al terreno, la distinzione non aveva più ragione di esistere. Il carattere e la potenza tattica delle due specialità erano le stesse, sebbene la prima fosse armata di fucile e la seconda di moschetto. Le due denominazioni avrebbero d ovuto avere solo valore di tradizione e come tali avrebbero potuto essere conservate per considerazioni di ordine morale. Il terreno comanda la tattica ed a maggior ·ragione la tecnica d'impiego tanto è vero che la pubblicazione concede all'ordine sparso una trattazione apologetica che rende meno facile comprendere il perché non fu generalizzato anche sul piano applicativo. « L'ordine sparso è quello che porge il mezzo ad una truppa di combattere sovra una fronte quattro o cinque o sei volte più estesa di quella che essa occupava nell'ordine chiuso ». « Per mezzo dell'ordine sparso le truppe possono combattere su qualunque specie di terreno, per aspro od oscuro che sia. Nell'offensiva questo ordine serve a rimuovere i primi ostacoli che l'inimico ci oppone. Nella difensiva esso tende a crearne per opporli all'inimico ». « L'ordine sparso è specialmente impiegato alla difesa e all'attacco delle singole località». « Vi sono tre classi di bersaglieri, cioè bersaglieri di marcia, bersaglieri della linea di battaglia, bersaglieri impiegati per grosse bande. I primi dipendono dalle avanguardie, colonne di fianco e retroguardie. I secondi dipendono direttamente dai battaglioni di una linea di battaglia e sono impiegati a mascherare la fronte ed anche i fianchi. I bersaglieri per grosse bande agiscono indipendenti, non più come accessorio, ma bensì come mezzo principale d'azione. I bersaglieri poi per grosse bande si impiegano utilmente nell'offensiva nei terreni scabrosi, che non comportano movimenti regolari di linea ». Ma quali erano più i terreni che comportavano questi ultimi movimenti? La pianura lombardo-veneta era costel1ata di villaggi, di boschi, di vigneti, di strette, di fossi, di paludi e solcata da torrenti e da fiumi sui quali necessa-
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riamente erano attirate le forze e conseguentemente si polarizzavano le manovre e gli atti tattici, come era accaduto nel 1848. Il combattimento per grosse bande diventava perciò davvero il « mezzo » principale di azione e ad esso l'esercito austro-ungarico aveva deciso di fare normale ricorso. La generalizzazione dell'ordine sparso avrebbe, infine, suggerito una diversa articolazione dei battaglioni e delle compagnie e risolto il dilemma circa i grossi o i piccoli battaglioni e le grosse o piccole compagnie, giacché la struttura o le dimensioni di un'entità tattica debbono rispondere ai procedimenti di combattimento che si vogliono o si debbono utilizzare, oltreché alle esigenze di comandabilità e di rendimento psicologico, disciplinare ed economico . Il terreno è tutto, ma l'urto continuava ad essere il mezzo risolutivo del combattimento e l'urto voleva dire massa e la massa ordine fitto . Questa l'antinomia che, in sostanza, derivava dalla troppo scarsa considerazione che si aveva del fuoco e che, invece, rendeva l'urto un atto ancora importante e risolutivo, ma il cui successo non avrebbe potuto non essere subordinato agli effetti ottenuti in precedenza dal fuoco stesso.
3. Che i criteri tattici della nuova pubblicazione non abbiano trovato sempre piena e completa rispondenza nei procedimenti di azione, nulla toglie alla loro validità e bontà che, anzi, ne vengono rafforzate, com'è facile rilevare da quel poco che ne verremo dicendo limitatamente all'esplorazione, alla sicurezza, all'attacco e alla difesa, sorvolando, per motivi di brevità, sul resto del contenuto della pubblicazione ( 18). Esplorazione e sicurezza, fino ad allora non sufficientemente distinte, acquistano ciascuna concettosità di scopi, di caratteristiche e di modalità di azione diversa. L'esplorazione o ricerca informativa, la sua continuità nel tempo e la sua estensione nello spazio « sono della massima importanza alla guerra. Dalla esattezza delle informazioni dipende in gran parte l'esito delle operazioni; sono frequenti nella storia militare gli esempi in cui fallaci informazioni produssero funeste conseguenze». Custoza 1866 ne sarà la riprova. Le informazioni sul nemico e sul terreno « sono alla guerra di una necessità continua, ed esercitano la massima influenza sulle operazioni, le quali sono d'ordinario combinate dietro
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i dati che le ricognizioni somministrano. E siccome tanto il generale in capo, che combina un piano di battaglia, quanto il comandante di un infimo distaccamento che combina la difesa di un posto, abbisognano continuamente de1le ricognizioni per norma della loro condotta, ne viene che queste interessano, in proporzione tanto la grande che la piccola guerra ». Di qui l'esigenza dell'esplorazione a tutti i livelli: dell'esplorazione a largo raggio (grande guerra), strategica e tattica diremmo oggi, e di quella ravvicinata (piccola guerra). Per la prima viene stabilito di fare ricorso a complessi di forze robusti che costringano il nemico di viva forza a « cedere momentaneamente un punto utile per eseguire la scoperta», che raccolgano le notizie e le inform azioni necessarie alla « preparazione delle grandi operazioni di guerra e l'elaborazione dei relativi piani di campagna». La seconda - l'esplorazione ravvicinata - viene identificata col') la sicurezza e la protezione immediata. Le ricognizioni topografico militari generali, le scorrerie d'informazione e le scorrerie di partito o partisans da affidare a1Ia cavalleria leggera per perlustrazioni a grandi distanza o per « molestare senza posa le occupazioni, i distaccamenti, i convogli del nemico per mezzo di arditi colpi di mano e ,s orprese» sono le principali modalità di azione dell'esplorazione la quale, in ogni caso, tende ad « assumere informazioni, osservare il nemico, molestare con continue incursioni intraprese di notte e di giorno, sm fianchi e alle spalle delle sue posizioni ed alloggiamenti ». La peculiarità di tali criterii e modalità non è la novità l'esplorazione aveva avuto largo e ragionevole impiego anche nell'epoca precedente e lo Jomini, il Clausewitz ed altri ne avevano trattato più o meno estesamente - ma la loro introduzione nella regolamentazione ufficiale che prima, come del resto quella degli altri eserci_ti, o ne faceva accenni vaghi o generici o taceva del tutto. Ciò non fu sufficiente a modificare l'abitudine a non fate ricorso all'esplorazione lontana invalsa durante il periodo della Restaurazione in molti eserciti, ma ebbe tuttavia una grande importanza sul piano della evoluzione della dottrina che cominciava ad esprimersi per mezzo di criteri durevoli. La sicurezza, diversamente dall'esplorazione, era stata già molto curata anche in passato e largamente trattata nel regolamento di servizio delle truppe in campagna. Ma l'averla distinta dall'esplorazione servì a chiarire il concetto che quella fino ad allora chiamata avanguardia generale - della quale il Giustiniani aveva scritto: « avviene che avanguardie generali, talvolta precedevano l'esercito di
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qualche giornata. In tal caso sono composte di cavalleria leggera destinata a riconoscere il paese ed opporsi ai movimenti di riunione eseguiti dai distaccamenti nemici, sorprenderli nei loro alloggiamenti. Esse possono ... ecc.» - nulla aveva a che fare con la sicurezza vera e propria che deve essere soddisfatta dalle varie unità mediante l'impiego di un'aliquota delle loro forze sia neJle soste sia durante il movimento ed il combattimento. I dispositivi di sicurezza debbono essere tratti nell'ambito delle forze organiche ed hanno carattere eminentemente passivo in quanto debbono garantire la libertà d'iniziativa, evitare la sorpresa e guad.agnare, in caso di attacco nemico, il tempo necessario ad ordinarsi in battaglia. Per adempiere tali compiti i dispositivi di sicurezza debbono essere costituiti, articolati e disposti in funzione di molti fattori dei quali il preminente è il terreno - il terreno dà norma alla composizione degli avamposti perché « alla guerra i precetti debbono piegarsi alle esigenze del terreno; lungi pertanto dal farsi schiavi di una soverchia regolarità di disposizione, esclusivamente possibile in una landa liscia e scoperta, sarà mestieri subordinare al terreno tutta l'armonia del sistema, procurando .però - ed ecco il riverenziale rispetto per gli schemi geometrici - di accostarsi quanto più sia possibile alle disposizioni normali». Trattenere il nemico e proteggere il grosso dalle offese dirette: questa la funzione dei dispositivi di sicurezza e non già, come sarà in avvenire, anche quella di saggiare gli schieramenti nemici e di preparare la manovra del retrostante grosso. Il trattenere il nemico significa provocarne l'incertezza e la lentezza di avanzata, mantenendo un atteggiamento franco e deciso sulle posizioni fino a quando la prudenza lo consenta e manovrando successivamente in ritirata. La pubblicazione rivela la tendenza ad un preponderante impiego di piccole avanguardie di forza variabile da 1/3 ad un 1/6 del grosso ed a costituirle con truppe di tutte le armi, compresa l'artiglieria quando si tratti di avanguardie di forza rilevante. La distanza della coda dell'avanguardia rispetto alla testa del grosso varia, secondo i casi da 1 a 3 km. I dispositivi di sicurezza vengono articolati: durante il movimento in punta, testa e grosso; durante le soste in piccoli posti, gran guardia e riserve. Nei riguardi della sicurezza furono modificate talune procedure di riconoscimento e di comportamento - parola di campagna, segni e contrassegni, consegne, servizio degli avamposti, delle vedette, delle sentinelle, delle ronde e delle pattuglie - mediante una Appendice, al Regolamento di servizio delle truppe in campagna del 1833, la quale ebbe una prima edfa,ione sperimentale nella cam-
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pagna di Oriente (19) e la sua veste definitiva nel 1858 (20). Citiamo il particolare per sottolineare come nell'armata sarda fosse sentito e seguito con grande attenzione il problema della sicurezza, anche sotto gli aspetti procedurali, nella giusta visione della sua importanza capitale ai fini della disponibilità delle forze, benché non lo s'intendesse ancora nel significato più ampio di elemento sostanziale della manovra.
4. L'attacco è applicazione di forze quantitativamente e qualitativamente superiori sul punto critico del nemico. Lo prepara l'artiglieria, lo decide la fanteria, lo porta a compimento la cavalleria. E' indispensabile proporzionare con giusto dosaggio, non dissimile da quello organico, le forze delle tre armi: l'artiglieria deve essere numericamente e qualitativamente sufficiente per preparare l'atta<.:co con i suoi interventi da lontano e da vicino; la fanteria deve disporre di forze capaci di svilupparlo e di deciderlo con l'urto; la cavalleria di unità in grado di portarlo a compimento disorganizzando l'inimico per mezzo di un attivo inseguimento. L'attacco comprende due fasi: una preparatoria ed una esecutiva. La prima consiste nell'elaborazione del piano, risultato dallo studio del terreno, mediante la determinazione dei « vari punti utili al vero e falso attacco, alle dimostrazioni e diversioni, la definizione dell'articolazione delle forze, e nella scelta della via di ritirata per il caso di mala riuscita » . La seconda ha inizio quando l'attaccante è certo del disorientamento provocato nel difensore « dalle false mosse compiute per ingannarlo e sorprenderlo » e nei terreni scoperti: si sviluppa come azione di forza mediante « un imponente concentramento di artiglieria diretto a battere improvvisamente le posizioni nemiche e ad acquisire la superiorità sull'artiglieria nemica »; si sostiene con simultanee azioni sussidiarie dimostrative ed ingannatrici tendenti a costringere il nemico a suddividere le forze. Se il terreno non favorisce gli schieramenti dell'artiglieria o quando questa non dispone di posizioni idonee ad un tiro efficace - come quando è costretta a fare fuoco dal basso verso l'alto diventa necessario dare inizio ahl'a2Jione mediante un combattimento di bersaglieri. « Ad ogni modo essendo ufficio dell'artiglieria preparare l'attacco essa non tralasci, potendolo, d'occupare posizioni laterali, dalle quali fulminare le batterie della difesa. Sotto
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la protezione di questo fuoco la fanteria s'avanza per decidere l'attacco col rispettivo battaglione di bersaglieri. Intanto che il terreno è coperto, i bersaglieri s'avanzano scaramucciando, tostoché desso si scoprì i bersaglieri rafforzati dalle riserve irrompono a massa contro gli accessi delle posizioni, protetti dal fuoco a mitraglia dell'artiglieria che si avanza. La cavalleria segue l'attacco in riserva, e ne copre i fianchi , o s'avanza per servire di scorta alle batterie d'attacco». « Il momento più critico per le colonne d'attacco è quello in cui la .difesa smaschera inopinatamente le sue batterie e fa strage nelle loro file. Contro questa quasi inevitabile eventualità, deve tenersi parato il fermo ed esemplare contegno degli ufficiali... il massimo degli errori, in cui va sottoposto in quel momento l'esercizio del comando, si è appunto di voler intempestivamente fare evoluzionare le truppe sotto il fuoco dell'inimico ».
I criterii principali dell'attacco vi sono tutti: superiorità di fuoco e di forze (massa), azioni concomitanti e diversive (sorpresa), applicazione della potenza sul punto decisivo (concentrazione dello sforzo) copertura dei fia nchi del dispositivo (sicurezza). L'individuazione sul terreno del punto decisivo, la cui conquista . determina il successo, e la scelta del punto d'accordo tra forze operanti in ordine fitto e forze in ordine sparso costituiscono i due problemi dalla cui soluzione il comandante delinea l'ordinanza di battaglia idonea all'assalto all'arma bianca, perché l'arma offensiva della fanteria non è il fucile ma la baionetta. E qui, di nuovo, troviamo la vecchia concezione del regolamento del 1833, elevata ad assioma, secondo la quale il fuoco è elemento difensivo. La difesa è funzione del terreno. Sono le dimensioni, la robustezza naturale della fronte e dei fianchi, il dominio tattico, i punti forti e deboli del terreno, le comunicazioni, gli accessi, gli ostacoli e le vie di possibile ritirata che determinano la posizione su cui difendersi e configurano l'organizzazione e la sistemazione difensiva di una unità. Prima di tutto è indispensabile individuare la chiave della posizione, vale a dire « il punto più forte e più dominante dal cui possesso dipende il possesso dell'intera posizione ». « L'estensione di una posizione difensiva deve essere in relazione alle forze destinate ad occuparla e a difenderla ». « Le dimensioni pertanto che vanno soggette a variare sono quelle che determinano lo sviluppo della fron te della posizione, mentre in riguardo alla profondità esse partono da norme presso che costanti ».
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« Partendo dunque dal principio che una truppa occupi una posizione su due linee ed una riserva, si riterrà per base che in terreni piani si richieggono 1.200 uomini per ogni 150 m di sviluppo di fronte. In terreno frastagliato e montuoso siffatta proporzione può diminuire d'assai, e anche della metà. La profondità poi della posizione dipende dalla distanza che deve regnare fra le diverse linee, la riserva, i parchi, ecc. E siccome tali distanze sono presso a poco determinate in via regolamentaria, cosl si potranno fissare a circa 900 m in tutto ». La posizione difensiva ideale è quella che possiede una chiave - il tratto vitale - naturalmente forte, di grande dominio tattico (comando) sul terreno antistante ai fini dell'osservazione e del fuoco (questo da sviluppare dall'alto in basso purché radente ), ostacoli sulla fronte e sui fianchi che garantiscano la sicurezza e l'economia delle forze e favoriscano la concentrazione dei fuochi sui presumibili principali punti dell'attacco, povertà di accessi, ricchezza di vie di comunicazioni foterne sia parallele sia ,perpendicolari alla fronte, l'esistenza di una via di ritirata che è tanto più favorevole quanto più perpendicolare alla fronte. In sostanza la difesa, che è un atteggiamento temporaneo da mutare non appena possibile e sempre ogniqualvolta l'attacco nemico venga arrestato, in un'azione di contrattacco, è vista, fatto salvo i1 diverso rapporto forze-terreno e le diverse configurazioni della sistemazione delle unità sul terreno, secondo una concezione ancora attuale ispirata ai criteri di economia delle forze e di sfruttamento del terreno come fattore incrementale della potenza difensiva, ma organizzata secondo uno schema-tipo anelastico e poco duttile.
5. L'impiego e la tecnica d'impiego delle varie armi e la cooperazione interarmi subirono una certa evoluzione rispetto al passato, specialmente l'impiego e la tecnica della fanteria e dell'artiglieria, ma taluni canoni fondamentali conservarono integra la loro vitalità - tattica d'urto e tecnica geometrica - come del resto si legge nel decreto di approvazione del Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della fanteria di linea degli anni 1852-1853, nel quale è scritto che s'intese solo « introdurre alcune modificazioni ed apportare in tal modo al medesimo » - cioè al regolamento del 16 gennaio 1838 derivato dall'analogo regolamento francese del maresciallo
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Soult - « quei miglioramenti che, per gli esperimenti già fatti, si riconobbero opportuni» (21). L'innovazione di maggior rilievo fu l'adozione dell'ordinanza in battaglia su 2 anziché su 3 righe, come prevedeva il vecchio regolamento e come continuarono a praticare i francesi. La discussione sulle 2 o sulle 3 righe si protrasse a lungo, sebbene Napoleone e lo stesso ]omini avessero chiaramente indicato da tempo la loro preferenza per le 2 righe. Non era una discussione di scarso rilievo perché abbracciava aspetti tecnici ed anche morali e psicologici, in quanto la terza riga, non potendo quasi mai come tale partecipare al fuoco, o doveva limitarsi ad un continuo vicendevole scambio di fucili con la seconda riga (dare a questa i propri, ricaricare quelli ricevuti in cambio, quindi nuovamente ricaricare i propri, e così via) o, volendo prendere parte all'azione, distruggersi da sé stessa inserendosi nella seconda riga . Tale inserimento, se da una parte creava un maggiore volume di fuoco, dall'altra rompeva e scomponeva anzi tempo l'ordine di battaglia primitivo allungando la linea ed annullando gli intervalli tra le unità , indispensabili alle evoluzioni. Rotto l'ordine di combattimento primitivo era facile che si determinasse il disordine e conseguentemente ne derivassero ondeggiamenti della linea e riduzioni di solidità di questa, con diminuzione della sicurezza morale dei singoli e della compattezza necessaria al successivo assalto. Tutte queste considerazioni indussero l'allora tenente colonnello di artiglieria Della Rovere (22) a ,proporre al La Marmora, che accolse il suggerimento, come normale l'ordine su 2 righe. Nessuna modifica fu apportata alle formazioni reggimentali compatte ad intera o mezza distanza, ai movimenti di 4 battaglioni su di un'unica colonna, ai movimenti ed alle formazioni su 4 o su 2 colonne, ai cambiamenti di fronte su di una sola linea con i battaglioni spiegati od in colonna serrata a mezza distanza, ai quadrati difensivi ed alle evoluzioni di una brigata su di una sola linea e con i battaglioni su 2 linee: tutte formazioni molto onorate dall'armata sarda che restava legata al suo vecchio schema che era anche quello dell'esercito francese. La divisione: unità di manovra, le brigate ed i reggimenti: unità di evoluzioni, il battaglione: unità inscindibile d'urto, la compagnia: anello subordinato gerarchico senza funzione tattica in proprio e perciò senza nessuna libertà d'iniziativa. I battaglioni di prima linea dovevano continuare a stendere in catena le compagnie dei granatieri e dei fanti scelti lasciando a sostegno le compagnie fucilieri che dovevano seguire in colonna di mezzo battaglione o di battaglione intero a metà distanza di spiegamento; i
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battaglioni di seconda linea, anch'essi in colonna. Iniziato l'attacco tutti si proiettavano sulla catena confondendosi. « L'ordine di combattimento del battaglione consisteva - scrive il Maravigna in una prima linea di formazione sparsa, 1 compagnia, e in una seconda linea costituita delle altre compagnie, in colonna serrata, a 5 passi di distanza. Non appena s'impegnava la lotta le colonne si avanzavano al passo di corsa e si fondevano sulla catena; analogamente avveniva per i battaglioni retrostanti e quando tutte le forze si erano proiettate sulla catena, si sferrava l'assalto» (23). La divisione operava su 2 schiere, delle quali la seconda meno consistente della prima ed il corpo d'armata anch'esso su 2 schiere delle quali la seconda costituita di una divisione e qualche volta di una sola brigata. L'inserimento nella nuova edizione di argomenti taciuti nelle precedenti - come l'istruzione sul tiro, l'istruzione sulla scherma di baionetta e l'istruzione sulle armi - e la riduzione della mole da 1.170 a 736 pagine rappresentarono altre innovazioni peculiari di ordine concettuale rivelatrici dello sforzo compiuto al fine di esaltare l'addestramento individuale e di tecnicizzarlo e di semplificare quello d'insieme. Ma, diversamente dalla tecnica d 'impiego de.ll'esetdto imperiale asburgico, l'inscindibilità de] battaglione non consentì di eliminare le colonne doppie o semplici di battaglione, affatto idonee ,a d operare sui terreni rotti, e di adottare le colonne di divisione, vale a dire di due compagnie, degLi ~mstroungarici o 1le colonne di compagnia dei prussiani. Questi ultimi avevano già da tempo scalato la manovra verso il basso attribuendo alla brigata la funzione di unità di manovra, al battaglione di unità di evoluzione ed alfa compagnia di unità di base del combattimento. La colonna di compagnia, secondo i prussiani, consentiva la maggiore rapidità di spiegamento e di cambiamento di formazione, la maggiore facilità di adattamento al terreno e la migliore comandabilità, il che era vero; sarebbe stato però necessario conferire alla compagnia personalità tattica autonoma, il che né l'esercito francese né l'armata sarda erano in grado di fare perché non avevano valutato ancora sufficientemente l'importanza del fuoco . La cavalleria conservò il regolamento di esercizio e di evoluzioni del 1833, al quale furono aggiunte tre appendici di carattere esclusivamente tecnico (24). Le evoluzioni della cavalleria continuarono a derivare, come per il passato, dalle quattro disposizioni principali: il passare dall'ordine di battaglia a quello in colonna, il marciare in colonna, il passare dall'ordine di colonna a quello di
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battaglia, il marciare in battaglia. L'atto decisivo del combattimento continuò ad essere l'urto: la carica all'arma bianca e al galoppo con formazioni profonde se dirette contro formazioni di cavalleria nemiche o con formazioni sparse o chiuse se contro le fanterie. Ma l'urto di una massa a cavallo contro formazioni che combinavano il fuoco di fucileria e dell'artiglieria non poteva produrre gli effetti del passato; la carica era diventata davvero costosa; si finl in pra· tica con il mettere la cavalleria in coda dei dispositivi di battaglia e d'impiegarla raramente e male o di tenerla inattiva anche quando il suo intervento sarebbe stato propizio e vantaggioso. Malgrado ciò, proprio nella guerra del 1859 - a Montebello, Magenta, Marcallo, Solferino e Madola - aliquote della cavalleria sarda e di quella francese si copriranno di gloria e concorreranno decisamente a determinare successi tattici locali. Ma non poche saranno le occasioni perdute per non averla ,lanciata allo sfruttamento del successo. Nel 1852 videro la luce le Istruzioni pratiche di artiglieria (25) nelle quali criteri e tecnica d'impiego dell'arma vennero fissati sul quadro di una visione moderna ed anticipatrice dei tempi, per cui non sarà a caso che l'artiglieria dell'armata sarda, come del resto dell'esercito francese, si dimostreranno superiori a quella di Radetzky . « L'aritiglieria si occuperà ad estinguere il fuoco delle batterie nemiche nel punto che si vuole attaccare; nella difesa tirerà con preferenza sulle truppe che si avanzano; in ambo i casi si riunirà il maggior numero di pezzi possibile su i principali punti di attacco, dopodiché l'effetto vi è molto più efficace quando è concentrato ». Schierarsi avanti e sul fianco di una delle due ali del dispositivo di attacco, impegnarsi prima di tutto nel duello con l'artiglieria avversaria allo · scopo di metterla a tacere, battere successivamente le colonne nemiche dirigendo il fuoco di preferenza sulle forze nemiche che si oppongono più direttamente allo sforzo principale, ricercare in ogni caso schieramenti che favoriscano il tiro obliquo rispetto alle posizioni nemiche in modo da realizzare la maggiore efficacia possibile dei proietti. L'artiglieria, in conclusione, doveva agire con masse di fuoco pronte e precise, aprire il fuoco il più presto possibile, anzi entrare in combattimento prima delle altre armi, marciare conseguentemente in testa ai dispositivi, garantire la cooperazione con la fanteria e la cavalleria tendendo soprattutto, sin dall'inizio dell'azione, ad acquistare una decisa superiorità sull'artiglieria nemica. La ricerca della massa sia nel numero delle bocche da fuoco sia negli schieramenti obliqui, e della prontezza d'intervento mediante
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le posizioni avanzate nei dispositivi di marcia e di battaglia - due procedimenti validissimi stanti la modesta efficacia del colpo singolo e la scarsa mobilità del materiale - costringevano a spiegamenti su fronti estese ed a cambiamenti frequenti delle direzioni di marcia e degli ordini di battaglia, per cui Ja nuova istruzione sulla tecnica d'impiego dell'arma fissò una numerosa casi.stica di formazioni e di ordini di sezione, di mezza batteria, di batteria e di brigata che, per la loro complessità, finivano di essere d'intralcio, più che di ausilio, all'impiego a massa ed alla rapidità dei movimenti e degli schieramenti. E' fuori dubbio che fosse indispensabile regolare minuziosamente formazioni, ordini, movimenti, operazioni tecniche (disposizione dei cannoni, rimozione e rimessa a sito degli avantreni, spiegamento e ripiegamento delle lunghe), e conferire loro automaticità di esecuzione, ma anche la nuova istruzione esasperò, secondo la logica del tempo, tali esigenze sicché ancora una volta la regolarità e la precisione geometriche finirono con fare premio sugli stessi criteri fondamt:!ntali <l'impiego che erano in verità validissimi.
6. L'ondata riformatrice del La Marmara non mancò, dunque, d'investire il campo dottrinale e, malgrado le lacune, le antinomie, gli anacronismi e l'attaccamento troppo pronunziato al passato che obnubilò le prospettive di un'evoluzione già chiara, ,spazzò via molti dei vestimenti tradizionali dell'armata sarda. Difettò la visione globale della guerra e della strategia, ma la tattica compì un notevole progresso nell'individuazione dei criterì-guida e degli stessi procedimenti di azione tanto da superare, sotto taluni aspetti, le concezioni francesi, sebbene a queste rimanesse legata e quasi ignorasse le idee rivoluzionariie di quella prussiana. L'Istruzione sulle operazioni secondarie in guerra, .Je modifiche al Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni delle fanterie di linea e le nuove Istruzioni pratiche di artiglieria costituirono nell'insieme un patrimonio dottrinale che servì non poco ad elevare il grado di preparazione dei quadri, particolarmente di quelli più giovani, ed a porre l'armata in condizioni di almeno parità con l'esercito francese, con il quale dovrà cooperare nella guerra del 1859 e di non inferiorità con quello imperiale asburgico contro il quale dovrà battel'Si. In sintesi, la determinazione della dottrina tattica e le innovazioni apportate ai pro-
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cedimenti di azione - come, ad esempio, la definizione di quelli riguardanti il combattimento in ordine sparso - fecero respirare all'armata un'aria nuova che le fu di grande giovamento morale e tecnico. I benefici non sarebbero stati quali furono se fosse mancata una organizzazione generale, scolastica e addestrativa, in misura da mettere a frutto il nuovo patrimonio dottrinale, ma il La Marmora si era preoccupato, come abbiamo rilevato, di crearla in anticipo sicché tutto ciò che fu scritto non rimase solo ,sulla carta. Che tutto questo non sia stato sufficiente ad impedire errori tattici e tecnici nella seconda guerra d 'indipendenza è un fatto normale perché gli errori, in numero più o meno contenuto, sono connaturali ad ogni guerra, battaglia e manovra anche vittoriose, ma è fuori discussione che contribuì non poco a ridurre il numero e la portata e molto di più avrebbe concorso se le norme non fossero state da alcuni ignorate o disattese (come era accaduto nella prima guerra d'indipendenza nei riguardi d ella vecchia regolamentazione). L'esistenza di una dottrina, valida che sia, non basta da sola, anche se conosciuta, ad evitare errori, ma, a meno dei condottieri di genio, non vi può essere un comandante senza dottrina e non c'è dottrina che da sola possa formare un comandante.
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NOTE AL CAPITOLO IV (1) Carlo · C.Orsi, Storia militare, Sommario, 2° Schioppo, Torino 1932, p. 34.
Vol.
1815-1870. Tip.
E.
(2) Istruzione sulle operazioni secondarie della guerra ad uso degl'u/fizialt dell'esercito redatta per cura del Corpo Reale di Stato Maggiore ed approvata dal Ministro della Guerra. Tip. Scolastica di Sebastiano Franco e figli e compagnia. Torino 1855. (3) Lo scritto del Mazzini Della guerra d'insurrezione conveniente all'Italia del 1832 venne ripubblicato a Roma nel 1849 e nuovamen1e nel 1853.
(4) Lo scritto del Pepe L'Italia militare del 1836 venne ripubblicato a Venezia nel 1849. (5) Cesare Balbo (1789-1853), uomo politico e storico. Scrisse: Studi sulla guerra d'indipendenza di Spagna e di Portogallo pubblicati nel 1847; Storia d'I talia (1830); Speranze d'Italia (1844); Sommario della storia d'Italia (1856); Meditazioni storiche (1847-2855). Nel marm 1858 Carlo Alberto lo nominò presidente del C.Onsiglio nel primo ministero costituzionale del regno, ma fu costretto a dimettersi dopo 4 mesi per l'inettitudine dimostrata nell'azione politica. (6) Pisacane Carlo (1818-1857), uomo politico e ufficiale dell'esercito borbonico. Nel febbraio 1847 fuggì da Napoli a Parigi. Nel 1848 accorse in Lombardia dove combatté valorosamente sul Garda. Partecipò alla difesa di Roma. Fu a Genova nel 1850. Allontanatosi dal Cattaneo e dal Mazzini .precisò il suo orientamento ideologico in senso socialista. Frutto di tale maturazione fu la sua storia della Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-1849 (1851). Organizzò poi una spedizione insurrezionale neJJI'Italia Meridionale, fallita, e perdette la vita combattendo a Sapri. Scrisse anche: Sul momentaneo ordinamento dell'esercito lombardo nell'aprile del 1848 e quattro Saggi storici-politico-militari sull'Italia. (7) D'Ayala Mariano (1808-1877), .uomo .politico e storico, già ufficiale borbonico. Espulso dall'esercito per i suoi scritti, in prigione dai! 1839 al 1844, partecipò ai moti del 1848 e dové poi riparare in Toscana, dove fu nominato ministro della guerra nel governo Guerrazzi. Dal 1852 al 1860 visse a Torino e .poi fu comandante della Guardia Nazionale di Napoli. Scrisse tra l'altro: Degli eserciti nazionali; Memorie storico-militari dal 1734 al 1815; Vite dei più celebri capitani e soldati napoletani. (8) I.A Masa Giuseppe (1814-1881 ), patriota siciliano. Costretto ad emigrare per i suoi sentimenti antiborbonici, si rifugiò in Toscana e prese parte ai moti del 1848. Combatté, alla testa di una colonna di volontari siciliani, contro l'Austria per la difesa del Veneto. Dopo Custoza (1848) ritomò in Sicilia, si batté a Messina contro le truppe borboniche, dové nuovamente riparare in esilio. Nel 1860 caldeggiò col Crispi il movimento siciliano, partecipò alla spedizione dei mille con il grado di colonnello e poi di generale. Fu poi maggior generale dell'esercito regolare, deputato della SinistN1 dal 1861 al 1870. Scrisse fra le altre opere: Del modo di organizzare le forze insurrezionali italiane (1852); Documenti della rivoluzione siciliana del 1847-1849 in rapporto all'Italia (1850); Della guerra internazionale in Italia tendente a conquistare la nazionalità (1856).
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(9) Durando Giacomo (1807-1894), uomo politico e generale, fratello di Giovanni (1804-1869) anch'egli generale. Fu compromesso nelle agitazioni del 1831 in Pietnonte per cui dovette espatriare. Rientrato in Piemonte scrisse l'opera Della nazionalità italiana (1846). Nel 1848 comandò le formazioni volontarie bresciane. Fu ministro della guerra nel 1855 e ambasciatore in Turchia dal 1856 al 1861, fu ministro per gli affari esteri nel 1862 e presidente del Senato dal 1884 al 1887. (10) Carlo Mezzacapo (1817-1905) generale. Ufficiale borbonico combatté col Pepe alla difesa di Venezia. Rifugiatosi a Genova e poi a Torino, fondò con il fratello Luigi la Rivista militare italiana e pubblicò col fratello Studi topografici e strategici sull'Italia. Capo di stato maggiore delle truppe volontarie di Romagna (1859), partecipò con l'esercito regolare alla campagna dell'Italia meridionale (1860) e alla guerra del 1866. Senatore dal 1876. (11) Gerolamo Ulloa (1810-1889). Generale e scrittore militare. Segul Guglielmo Pepe a Venezia e si distinse nella difesa del forte di Marghera. Nel 1859 si trasferl in Toscana, ed organizzò le truppe che dovevano scendere nelle pianure lombarde. Delle sue opere citiamo: L'esercito italiano alla battaglia di Custoza;
Gli eserciti e la politica italiana; Dell'arte della guerra; Studio della tattica delle tre armi; La nuova tattica prussiana; I due sistemi di difesa dell'Italia. (12) Piero Pieri, Op. cit., p. 577.
(13) Idem. (14) F.O. Rage, Politica e strategia. Sansoini S.p.A. editore, Firenze 1969, p. 21. ( 15) Karl Clausewitz von ( 1780-1831 ), generale e scrittore militare prussiano. Partecipò a varie campagne contro la Francia repubblicana e napoleonica. Fu allievo dello Schiarnorst alla scuola di guerra, dove poi fu insegnante. Scrisse il libro V om Krieg (1853). (16) Lo Jomini ed il Clausewitz, più di tutti gli altri autori passati e contemporanei, influenzarono le dottrine militari della seconda metà del secolo XIX. Lo Jomini ragionò in chiave quasi esclusivamente tecnica sulle campagne di Federico il Grande e di Napoleone e compendiò la strategia e la tattica in una specie di formu• lario matematico, anzi geometrico, che nulla o poco concedeva alla molteplicità e diversità degli ambienti e teneva scarso conto dell'ignoto e dell'imprevisto che pure sono frequ enti sul campo di battaglia. Una visione, la sua, esasperatamente tecnica che, rifacendosi oltretutto più alle concezioni del secolo XVIII che non a quelle napoleoniche, ritardò l'evoluzione del pensiero militare in quelle nazioni che più lo seguirono (Francia e regno di Sardegna). Il Clausewitz, invece, diede enorme risalto ai fattori politici, economici, sociali e psicologici, dei quali dimostrò conoscenza approfondita, e rifuggl dall'assolutismo dei principi rigidi, intravedendo che la guerra stava per entrare in un'epoca nuova. Una concezione moderna e progressista, sebbene romantica, ma non sempre di facile inter.pretazione per talune oscurità di linguaggio e per talune manchevolezze sull'aspetto tecnico del fenomeno, del quale sembra gli .sfugga la lezione napoleonica sull'importanza degli spiegamenti. Talune errate interpretazioni del suo pensiero, nelle quali sono caduti molti autori che hanno estratto dal contesto affermazioni che vi figurano accompagnate da restrizioni, costituirono degli handicap in numerose vicende belliche, come, ad esempio, nella prima guerra mondiale quando, dimenticando la lezione spiritualistica del generale prussiano, si volle attribuire alla sua dottrina la strategia della trincea e degli attacchi serrati frontali.
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Il Rage (Op. cit., pp. 24 e 25) scrive: « In complesso troviamo in Clausewitz una strategia che elabora i -piani della campagna; la condotta della campagna stessa, non le battaglie da esse previste; la ,progettazione e l'esecuzione dei movimenti sul campo di battaglia. Il suo contemporaneo Jomini, nel Compendio di arte della guerra, dà il seguente ordine sistematico: « sembra che di fatto l'arite della gue.rra sia fot-mata da sei rami distinti: i:! primo è la politica della guerra; i:l secondo è la strategia, ossia l'arte di guidare le masse sul teatro di operazioni; il terzo è la tattica superiore delle battaglie e dei combattimenti; 11 quarto è la logistica, ossia l'attuazione pratica dell'arte di mettere gli eserciti in mov~nto; il quinto è la tecnica, l'attacco e la difesa dei luoghi fortificati; i:! sesto è la tattica inferiore. Si potrebbe aggiungere ancora la filosofia della guerra o la sua .parte etica, ma sembra più opportuno associarla a1la ,politica in un unico ca;pitolo ». J.n complesso, dal Clausewitz e da'llo Jomini risulta una quadruplice ripartizione all'incirca di questo tenore: arte di governo o politica della guerra; strategia considerata dal punto di vista militare; operazioni (verso il campo di battaglia ); 1attica (sul campo di battaglia)». (17) Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della fanteria di linea. Officina tip. di G. Fodratti, Torino 1852-1853. Vol. I, Scuola del soldato. Scuola di plotone. Scuola di compagnia. Vol. II, Istruzione sul tiro - Scuola di cacciatori. Istruzione per 1a scuola di scherma con .Ja baionetta. l&truzione sulle armi. Voi. III, Scuola di battaglione. Evoluzioni di linea.
{18) La 1-,ubblirnzione conshl del seguenti capitoli : T Avamposti. II Pattuglie. !Il Ricognizioni. IV Scorrerie di cavalleria leggiera. V Marcie. VI Specialità sul modo di combattere delle truppe leggiere. VII Occupazione, difesa e attacco delle singole località ossia villaggi, boschi, strette, vigneti, paludi, ccc. VIII Posizioni. IX Passaggio de' fiumi, riviere, ecc. X Imboscamento e sorprese. XI Convogli. XI1 Accantonamenti. Essa inoltre comprende 42 tavole illustrative. (19) Appendice al regolamento per le truppe in campagna del 1833 in riguardo al servizio degli avamposti e pattuglia a modo d'esperimento e da osservarsi soltanto presso il Corpo di spedizione in Oriente. Tip. scolastica di Sebastiano Franco e figli e compagnia, Torino 1855.
(20) Appendice al regolamento per le truppe in campagna del 19 gennaio 1833 in riguardo al servizio degli avamposti e pattuglie. Tip. Fratelli Fodratti, Torino 1858. (21) Elencazione degli argomenti trattati nel Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della fanteria di linea edizione 1852-1853. Voi. I. Scuola del soldato: Nozioni prdiminari. Istruzione individuale senz'armi. Istruzione di riga. Maneggio dell'arma. Scuola di plotone: Nozioni preliminari. Istruzione di pie' fermo. Marcia di fronte. Marcia e movimenti di fianco su due righe. Formazione e movimenti su quattro righe. Fuochi, attacchi e raccolta. Scuola di compagnia: Nozioni preliminari. La compagnia essendo in battaglia. Marcia e movimenti di fianco su due righe. Formazioni e movimenti su quattro righe. Essendo in battaglia foJ.lmarsi in colonna a distanza intera. Movimenti essendo in colonna. Essendo .in colonna fotmarsi in battaglia. Inversioni. Movimenti e fuochi per la seconda riga. Fuochi, attacchi e raccolta. Riviste, parate, e funzioni funebri. Voi. II. Istruzione sul ,tiro : Scuola di puntamento. Scuola ddle distanze. Esecuzione pratica sul t:iro. Scuola da cacciatori: Nozioni preliminari. fatruzione individuale. Istruzione della quadriglia. Istruzione della squadra. Istruzione de1la compagnia. Norme ,per i segnali. Istruzione per la scuola di scherma colla baion~tta: Norme generali. Movimenti d'attacco e difesa contro la fanteria. Movimenti d'attacco e difesa contro la cavalleria. Istruzione sulle armi: Nomenclatura delle armi e strumenti da falegnami di fanteria. Nomenclatura degli assortimenti del fuc1le. Scomposizione e ricompooizione del fucile e del pisto-
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Ione. Pulitura e conservazione delle armi. Incassamento e trasporto del:le armi. Voi. III. Scuola di baUaglione: Nozioni preliminari. H battaglione essendo in battaglia. Marcia in battaglia. Marcia e movimenti di fianco su due e su quattro righe. Essendo in battaglia formarsi in colonna. Essendo di fianco formarsi in colonna. Movimenti essendo in colonna. Essendo in colonna formarsi in battaglia. Essendo in colonna formarsi di fianco. Ca,mbiamenti di fronte. Ostacoli. Quadrati e massa in difesa. Inversioni, movimenti e fuochi per la seconda riga. Fuochi, attacchi e raccolta. Riviste, parate e funzioni funebri. Evoluzioni di linea: Nozioni preliminari. Movimenti dei quattro battaglioni formati in una sola colonna. Formazione in battaglia essendo in colonna a mezza distanza. Formazioni in battaglia per battaglioni in massa, essendo In colonna serrata. Marcia i,n battaglia. Movimenti e formazioni essendo su quattro colonne. Movimenti e formazioni essendo su due colonne. Cambiamenti d i fronte su una sola Jinea con i battaglioni s,piegati. Cambiamenti di fronte su una sofa linea con i battaglioni spiegati in colonna serrata od a mezza distanza. Quadrati e masse in difesa. Inversioni e movimenti per la seconda riga. Fuochi, attacchi e raccolta. Evolu;:ioni di otto battaglioni o di una brigata su una sola linea. Evoluzioni di una brigata con i battaglioni su due lince. Riviste, parate e funzioni funebri. {22) Della Rovere Alessandro (1815-1864), generale piemontese, proveniente dall'arma dell'artiglieria. Fu per tre volte ministro della guerra dal 1861 al 1864.
(23) Pietro Maravigna. Op. cit., Voi. 111, p. 382.
(24) Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della cavalleria. Voi. I, Il , III. e IV. Tip. Fratelli Fodratti, Torino, 1833. Voi. I: Scuola del soldato. Scuola di Pelottone. Voi. Il: Istruzione sul tiro. Istruzione sulle armi. Voi. III: Evoluzione di reggimento. Evoluzioni di linea. Vol. IV: Ippologia. Tre « a,ppendici »: la prima del 1844 riguardante la « ferratura dei cavalli senza uso del:la forza», la seconda del 1853 riguardante « l'istruzione per il maneggio della sciabola», la terza del 1855 relativa all' « istruzione ,pel maneggio del moschetto per i reggimenti cavalleggieri ». Tutte e tre le appendici furono edite dalla Tip. Fodratti. (25) Indice degli argomenti delle Istruzioni pratiche di artiglieria: Ordine di una batteria in battaglia: a linee serrate, a linee aperte; ordine in batteria; ordine in colonna per pezzo; ordine in colonna per pezzo coi cannoni sul fianco; ordine i,n colonna per le sezioni del centro; ordine in colonna per le sezioni del centro; ordine in colonna per mezza batteria. Scuola di sezione: la sezione essendo in battaglia (,allineare la sezione, aprire e serrare le linee; far montare e discendere i cannonieri e formarli su due righe dietro i pezzi; degli a-destra ed a-sinistra; degli indietro a-destra cd a-sinistra; del cambiare di direzione; disporre i cannoni dinanzi ai pezzi .,d i pezzi innanzi ai cannoni; far .passare il pezzo e il cannone di destra a sinistra e viceversa; rompere la se-.;ione; la sezione essendo in colonna per pezzo (movimenti che si eseguiscono come essendo in battaglia; disporre i cannoni a fianco dei .pezzi e rimetterli dietro; formare la sezione); la sezione essendo in battaglia od in batteria (disporsi in batteria); levare gli avantreni; rimettere gli avantreni avanti; rimettere gli avantreni; spiegare e ripiegare le lunghe, cominciare a cessare il fuoco). Scuola di batteria : movimenti che si eseguiscono come nella scuola di sezione avvertenza per i comandi pei casi che si vuole prontamente mettere in batteria o levare gli avantreni spiegando le colonne; la batteria essendo in battaglia (allineare la batteria; formarsi in colonna per pezzo; formarsi in colonna per i pezzi del centro; formarsi i-n colonna per sezione; formarsi in colonna per le sezioni del centro; formarsi in colonna per mezza batteria; serrare e riprendere gli intervalli; cambiare di direzione); la batteria essendo in colonna ,per pezzo (disporre i cannoni a fianco dei pezzi e rimetterli dietro; spiegarsi in battaglia; formare le sezioni, Je me7.t.e hllt-
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terie e la batteria); la batteria essendo in colonna per i pezzi del centro (spiegarsi in battaglia; formare la batteria); la batteria essendo in colonna per sezione (far passare i pezzi e cannoni da destra a sinistra e viceversa; &piegarsi in battaglia; rompere le sezioni; formare le mezze batterie e la batteria); la batteria essendo in colonna per le sezioni del centro (spiegarsi in battaglia; formare la batteria); la batteria essendo in colonna per mezza batteria (spiegarsi in battaglia; far passare la mezza batteria di coda innanzi quella di testa; rompere per pcr.7..o e per sezione; cambiare di direzione per il fianco della colonna; formare la batteria; serrare e riprendere gli intervalli); la batteria essendo in battaglia od in batteria (disporsi in batteria; levare gli avantreni; rimettere gli avantreni avanti; spiegare e ripiegare le lunghe; commciare a cessare il fuoco; cambiamento di fronte; cambiamenti di fronte essendo in battaglia; cambiamenti di fronte essendo in batteria; fuochi avanzando ed in ritirata per mezza batteria). Scuola di mezza batteria: composizione, destinazioni; movimenti che si eseguiscono con la mezza batteria come colla intera; cambiamenti di fronte essendo in battaglia; cambiamenti di fronte essendo in batteria; fuochi avanzando ed in ritirata per sezione. O stacoli. Del parcare e sortir dal fianco. Impiego del moschetto nel servizio delle batterie. Fuoco contro i bersaglieri. In difesa contro la cavalleria. Disposizioni per le riviste e parate riviste; dello sfilare in parata. Gradazioni per le evoluzioni di batteria (gradazioni per la scuola di sezione, per la scuola di mezza batteria, per la scuola di batteria). Evoluzioni di brigata: nozioni ed avvertenze generali; essendo in battaglia (formare la colonna per mezza batteria a-destra, e a-sinistra, avanti, indietro; piegamenti in colonna ·Per mezza batteria; piegamenti in colonna per batteria; formare le mezze batterie e le batterie); essendo in colonna per mezza batteria (formazioni in battaglia; cambiamenti di direzione, la colonna essendo ferma; spiegamenti della colonna); essendo in battaglia: cambiamenti di fronte; fuochi avanzando e<l in ritirata; scaglioni avamando ed in ritirata; cambiamenti di fronte degli scaglioni.
CAPITOLO V
LA SECONDA GUERRA D'INDIPENDENZA (1859)
1. Fini politici. 2. Mobilitazione e radunata. 3. Concezioni e condotta strategiche. 4. Confronto delle dottrine tattiche e delle tecniche d'impiego con la realtà della guerra. 5. Le questioni ordinative insolute. 6. Gli ammaestramenti.
1. « Dallo studio della guerra del 1859, la quale segnò per l'Italia
l'inizio dell'indipendenza, si rileva di quali virtù fosse capace la piccola armata sarda in cui militarono, come volontari, cittadini di tutte le regioni della penisola, e di quale slancio meraviglioso dessero prova i cacciatori delle Alpi di Garibaldi, tutti, regolari e volontari, combatterono con severa tenacia pari al baldo entusiasmo col quale erano entrati in campagna, e vinsero anche quando qualche errore fu commesso dai capi nei quali non venne però mai meno la fiducia nei sottoposti: da queste precise virtù militari è lecito arguire di quale potenza saranno capaci in avvenire le forze militari d'Italia -se bene ordinate, disciplinate e condotte » (1). La conclusione della relazione ufficiale dello stato maggiore è enfatica e retorica nel tono, ma veritiera nella sostanza. Nella guerra del 1859 l'armata sarda riscattò sul piano morale e militare Custoza e Novara, dette prova di grande saldezza spirituale ed operativa, si dimostrò non inferiore all'armata francese e superiore -a quella imperiale austro-ungarica. La maggior parte degli errori strategici e tattici si dovettero ai quadri di grado elevato, non meno coraggiosi ed audaci di quelli francesi ed austriaci, ma meno capaci e preparati. In tutte le circostanze di quella guerra l'armata sarda si batté con coraggio, entusiasmo, disciplina e bravura, anche quando alcune delle sue unità vennero impiegate senza grande discernimento. La guerra era stata sapientemente preparata sul piano politico dal Cavour che, mediante l'intervento del corpo di spedizione sardo nella guerra d'Oriente, la presenza del piccolo Stato nel Congresso
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di Parigi, l'incontro di Plombières, il matrimonio della principessa Clotilde di Savoia con il principe Girolamo Napoleone, aveva fatto in modo di conquistarsi la benevolenza dell'Inghilterra e della Francia e di legarsi con questa ultima in un'alleanza di stretto reciproco interesse . Senza l'intervento francese la guerra non sarebbe stata ragionevolmente possibile, ma da parte sua la Francia, legandosi al regno di Sardegna con un'alleanza militare, mirava al perseguimento di propri obiettivi particolati, quali l'unione di Nizza e della Savoia, la diminuzione dell'influenza dell'impero asburgico in Italia ed in Europa, la ricerca di grandezza e di prestigio che rinverdissero le glorie del primo Napoleone. L'Austria-Ungheria, dal canto suo, inebriata dai successi del 1848-1849, intendeva porre fine ai continui moti irredentistici e rivoluzionari della penisola italiana, dei quali il regno di Sardegna si era oramai fatto paladino, ed aveva messo le premesse per farlo, presidiando con proprie forze gli Stati di Parma e di Modena e le città più inquiete dello Stato pontificio - Ferrara, Bologna, Ancona - e po nendo sotto controllo il granducato di Toscana, de1le cui milizie però diffidava nonostante che nel 1858 avessero represso il moto mazziniano di Livorno. Essa era, inoltre, libera da ogni preoccupazione nei riguardi del regno delle Due Sicilie che non poteva, stante la situazione interna, essergli nemico neppure se l'avesse voluto e si sentiva sicura dallo Stato pontificio in cui la presenza francese poteva darle ombra ma non incutere timore . Tutti e tre gli Stati - regno di Sardegna, Francia, impero asburgico - volevano, dunque, la guerra e Napoleone III, con grande chiarezza e nessuna prudenza, ebbe a dichiararlo pubblicamente rivolgendo gravi parole di minaccia all'ambasciatore di Vienna in occasione del ricevimento di capodanno del 1859.
2.
Ma proprio la Francia, che si era esposta per prima, fu l'ultima a mobilitarsi. Lo fece solo il 21 aprile, quando l'Austria-Ungheria l'aveva fatto nei riguardi delle forze di occupazione in Italia alla fine di febbraio ed il regno di Sardegna il 9 marzo. Il governo sardo, infatti, appena firmato il trattato di alleanza con la Francia, aveva dato inizio, senza fare chiasso, all'attuazione di talune misure preventive quali il trasferimento sulla frontiera orientale delle unità di stanza nella Savoia e nel nizzardo, la costituzione dei depositi di mobilitazione, il miglioramento della rete
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stradale, il graduale completamento su organici di guerra dei corpi, l'incarico a Garibaldi di organizzare i cacciatori delle Alpi e ad Ulloa i cacciatori degli Appennini, la costituzione di due brigate ungheresi (che non interverranno nella guerra) e l'impulso al compimento delle fortificazioni di Casale, Alessandria e Genova. Mobilitazione e radunata vennero effettuate gradualmente e molto ordinatamente secondo il piano studiato ed elaborato negli anni 1856-1857 dal Govone. La forza richiamata risultò inferiore a quella preventivata sia perché la legge sul reclutamento del 1854 non aveva potuto ancora produrre pienamente i suoi effetti sia perché non erano state coperte le perdite subite nella spedizione di Oriente. Contro una forza organica di guerra di 85 .000 uomini, si riuscì a mobilitarne solo, ufficiali compresi, 76.000, dei quali 5.000 volontari affluiti da ogni parte d'Italia. Alla radice di tale lacuna era un male di origine: il troppo modesto valore del rapporto popolazione-forza mobilitabile (su 5.194.807 abitanti censiti nel 1858 solo 85.000 soldati teoricamente mobilitabili). La radunata dell'armata francese fu improvvisata, iniziata con grave ritardo, compiuta in maniera disordinata e confusa e le unità affluirono in Piemonte ed in Liguria inizialmente incomplete di personale, di quadrupedi , e di mezzi, comprese le artiglierie, facendo correre gravi rischi all'armata sarda che dovette coprirle. La radunata della 2a armata imperiale asburgica per le unità di stanza in Italia fu completata ai primi di aprile, per le unità fatte affluire dagli altri territori dopo la metà di maggio (2 ).
3. Dei tre eserciti l'unico che si presentò alla guerra con un disegno operativo maturato da tempo fu quello imperiale asburgico: azione offensiva su Torino nell'ipotesi che le ostilità si fossero aperte prima dell'arrivo dei francesi, e contro il triangolo Alessandria-Navi-Tortona nell'ipotesi contraria. L'armata sarda entrò in guerra priva di disegno e di un piano operativo, che nessuno si era preoccupato di studiare e di compilare, e di un comando supremo organizzato, tanto che la costituzione fu decisa all'ultimo momento non senza contestazioni interne. Il capo di stato maggiore generale, il luogotenente generale Enrico Morozzo Della Rocca (3 ), assunse la carica pochi giorni prima dell'inizio delle operazioni, il comandante del corpo
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di stato maggiore, generale Luigi Fecia Di Cossato (4), ed il direttore superiore dell'ufficio militare dello stato maggiore non entrarono a fare parte del comando supremo e furono lasciati a Torino, mentre il ministro della Guerra, luogotenente generale La Marmara, che avrebbe dovuto restare a Torino, seguì il re ed il comando supremo con poca soddisfazione dell'uno, che ebbe a lagnarsi dell'inopportuna presenza con il Cavour presidente del Consiglio, e dell'altro che si sentì desautorato. Napoleone III, incerto ed esitante su più ipotesi, decise alla fine di attuare quella suggeritagli il 26 aprile dallo }omini al quale si era rivolto all'ultimo momento per consiglio: manovra offensiva contro la destra nemica partendo dall'alto Ticino direttamente su Milano (5). La battaglia di Magenta - avvolgimento per Vercelli e Novara dell'ala destra austro-ungarica - ebbe successo, ma il merito va attribuito oltre che allo Jomini, anche a Napoleone III e a Vittorio Emanuele II e, in lunga misura, al Gyulai (6) il quale, nonostante l'ordine dell'imperatore Francesco Giuseppe di attuare il piano dal 28 aprile, tergiversò e, propenso per dottrina alla difensiva-controffensiva piuttosto che all'offensiva, ubbidì troppo tardi: fu così costretto a sospendere sul nascere l'operazione contro il triangolo e ad interrompere, dopo 3 giorni, la marcia su Torino, mandando in fumo un disegno bene predisposto e ricco di concretezza strategica e disperdendo al vento un insieme di circostanze favorevoli - rapporto di forze di 5 a 3, disponibilità di 45 giorni utili alla manovra, schieramento centrale rispetto alle forze francesi largamente intervallate e in crisi di radunata - che ne avrebbero garantito il successo. Il Gyulai perse l'iniziativa che da quel momento passò ai franco-sardi. L'inazione del Gjulai aveva frattanto consentito all'armata sarda di schierarsi inizialmente a copertura della radunata francese, di mettersi in condizione di guadagnare tempo se attaccata, di formulare, non senza gravi contrasti nell'ambito del comando supremo tra il La Marmora ed il Della Rocca, un piano di copertura indiretta della capitale del regno e degli sbocchi alpini ed appenninici - per i quali dovevano giungere in I talia le truppe francesi - mediante il concentramento di tutte le forze tra Casale ed Alessandria. Il piano fu condiviso dal maresciallo francese Canrobert (7) giunto a bella posta a Torino il 29 aprile. Ma se attaccata che cosa avrebbe dovuto fare l'armata sarda? Resistere ad oltranza in sito « per ragioni morali » secondo la tesi del La Marmora od appoggiare la difesa sulle piazzeforti di Casale e di Alessandria, rinforzandole con
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3 (secondo il Canrobert) o 2 (secondo il Della Rocca) divisioni, e raccogliere il resto delle forze sulle alture tra Bormida ed Orba? Tutti interrogativi che avrebbero dovuto trovare risposta fin dal tempo di pace. Prevalse l'opinione del La Marmora, ma se le cose andarono bene molto dipese dal Gyulai che lasciò ai franco-sardi tutto il tempo possibile per le discussioni, le indecisioni ed i mutamenti di opinione (8) e consenti libertà al movimento di fianco compiuto, per via ordinaria e per ferrovia, dall'armata francese da Voghera-Tortona a Vercelli. Magenta, malgrado tutto ciò, fu una grande vittoria strategica, « un interessante episodio strategico nella storia militare moderna » (9 ), il risultato di una scelta ritardata, ma egualmente valida e di una condotta audace, se si vuole azzardata, ma ferma e chiara. Se mancò lo sfruttamento del successo fu perché parve inverosimile che il Gyulai potesse persistere nel preconcetto di dover venire attaccato o al centro o all'ala sinistra. L'altra vittoria, quella del 24 giugno a Solferino-San Martino-Madonna della Scoperta, ebbe un risultato strategico, ma la concezione e la condotta della battaglia non andarono al di là della grande tattica. << La condotta più abile da parte francese e l'incontrastata superiorità dell'elemento morale da parte dell'armata franco-sarda, da quasi due mesi sempre vittoriosa in tutti gli scontri, assicurarono la vittoria agli alleati »: due elementi decisivi sempre, peculiarmente in una battaglia d'incontro, ma :ai quali si deve aggiungere la fortuita articolazione delle forze contrapposte, le une in movimento verso il Mincio, le altre verso il Chiese. La verità è « che dopo Magenta la grande strategia era venuta meno, lo slancio della manovra audace si era arrestato» (10). Napoleone III, difatti, dopo Magenta, lasciò libere al nemico le comunicazioni verso il quadrilatero e, dopo Solferino, non tentò la battaglia di annientamento. Egli, di proposito o no, persegul gli obiettivi della guerra mediante le minacce potenziali più che le manovre reali. Dopo Magenta la ritirata austriaca dietro il Mincio garantiva di- per sé la liberazione della Lombardia e dopo Solferino tutti gli scopi francesi della guerra si potevano considerare raggiunti. La lezione strategica della seconda guerra d'indipendenza fu chiara ed esplicita, ma fu intesa in tutto il suo contenuto solo dai prussiani che alla guerra non avevano partecipato: la vittoria è decisiva solo quando le forze nemiche vengono annientate; l'offensiva esalta il morale, la difensiva-controffensiva lo deprime; l'esplorazione e la sicurezza evitano la sorpresa e fugano l'incognito delle battaglie d'incontro; il numero è forza se sostenuto da vigore morale.
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4. Durante i combattimenti si confrontarono due diverse concezioni tattiche; ne uscì vincente quella franco-sarda e cioè la meno moderna. La relazione ufficiale dello stato maggiore italiano commenta: « La tattica servì alla strategia perché gli alleati furono vittoriosi in tutte le battaglie »(11); un giudizio che va corretto perché com'è espresso lascia intendere la superiorità della dottrina tactica dei franco-sardi, mentre non fu così, sebbene tutti ne fossero convinti, tanto che l'esercito francese e l'armata sarda confermarono la validità della loro dottrina e quello austro-ungarico, amareggiato dalla sconfitta, ripudiò la propria e, nel 1863, pensò bene di sostituirla con quella francese del 1859, che, a sua volta, uscirà soccombente di fronte a quella prussiana nella guerra del 1866. La responsabilità degli insuccessi tattici austro-ungarici nella guerra del 1859 non fu, come a ragione osservò il Corsi, della dottrina, ma della mala applicazione che le truppe del Gyulai ne fecero: « La tattica austriaca basata sul regolamento del 1851-1853 non dette nel 1859 quei frutti che se n'erano sperati, ma più per colpa dell'applicazione che del sistema medesimo. L'abuso dei sostegni, delle riserve, degli scag1ionamenti d'ogni fatta, degli ordini separati e spicciolati, a dir breve, lo appigliarsi agli accidenti locali e la tanto raccomandata libertà d'azione dei capi di vario ordine nella sfera rispettiva, spinti all'eccesso produssero esasperato spicciolamento di forze, mancanza d'accordo, di massa, di vigoria nelle difese e più ancora negli attacchi, potenza minima d'urto e di resistenza con forze eguali ed anche superiori contro nemico che adoperava una tattica affatto diversa <li puntate dritte ed impetuose a massa » (12). Dello stesso parere del Corsi, era stato l'imperatore Francesco Giuseppe che, a caldo, dopo 4 giorni dal termine delle operazioni, scrisse ai suoi comandanti superiori di essere rimasto sorpreso << dalla mancanza, per parte di taluni comandanti, della necessaria energia nella condotta dell'azione e di abilità nell'approfittare dei vantaggi del terreno, sicché ne venne una difesa quasi sempre passiva, della poca cura da parte dei corpi di mantenere a tergo delle truppe combattenti l'ordine e la disciplina i più severi, sicché si ebbe un forte numero di sbandati, della mancanza ... di queJl'energica attività che esercita un prestigio così efficace sulle truppe» (13). In pratica gli austro-ungarici avevano trasformato le formazioni rade in disperse e l'ordine sparso in disordine spicciolato.
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Gravi e numerosi errori ed omissioni di applicazione dei criteri e dei procedimenti d'impiego sanciti nella loro dottrina non mancarono neppure da parte dei franco-sardi per cui sarebbe più corretto affermare che fu la superiorità della tattica franco-sarda ad aiutare la strategia, non che questa si valse dell'ausilio della tattica meno violata. In altre parole non vi fu un vero e proprio confronto tra le due dottrine, ma tra chi meno infranse le proprie regole. L'armata sarda tenne in scarso conto, dopo Magenta, tutti i saggi criterì e le esplicite modalità di azione dell'istruzione sulle operazioni secondarie e del regolamento sul servizio in campagna nei riguardi dell'esplorazione e della sicurezza. L'esplorazione, in particolare, mancò del tutto nelle sue forme di esplorazione strategica e tattica e, solo dopo il passaggio dell'Adda, furono spinte avanti, a 15 km dalle teste dei grossi, esigue forze di cavalleria che, per la loro scarsa consistenza e, nonostante il valore della distanza proprio del1'esplorazionc tattica, potevano rappresentare tutt'al più una forma di esplorazione ravvicinata. Eppure la guerra si era iniziata con un combattimento - Montebello - tra opposte forze di avanscoperta e di avanguardia nel quadro della grande ricognizione offensiva su Voghera ordinata dal Gyulai contro lo schieramento difensivo dei franco-sardi agli ordini del generale francese Jorey (14 )! L'armata sarda non fu , in verità, la sola a peccare contro l'esplorazione, giacché se a Magenta furono gli austro-ungarici a non accorgersi dell'avvenuto passaggio sulla sinistra del Ticino di 2 corpi d'armata francesi, a Solferino-San Martino-Madonna della Scoperta entrambi gli eserciti contrapposti, benché a breve distanza quando s'incontrarono restarono sorpresi l'uno del fatto che gli austro-ungarici si fossero mossi alla controffensiva, l'altro che i franco-sardi avessero già superato il Chiese. Anche nei confronti della sicurezza l'armata sarda, e non fu la sola, ebbe scarsi riguardi. A parte la protezione a largo raggio del fianco sinistro affidata ai cacciatori delle Alpi di Garibaldi, le miisure di sicurezza vennero spesso disattese, perché tali non erano i piccoli distaccamenti che precedevano di 500-600 m le teste delle colonne nella marcia al Mincio e neppure il frazionamento delle colonne di marcia in scaglioni. Le divisioni sarde furono incolonnate su di una o più strade con gli scaglioni che si susseguivano a stretto contatto ed in formazioni variabili, secondo la lunghezza delle strade, dal plotone di fronte alla colonna per quattro di fianco . Costituì eccezione la marcia su Pozzolengo che fu preceduta da 6 ricognizioni offensive « troppo forti per riconoscere il nemico senza essere vedute e troppo deboli per resistere fino all'arrivo delle di·
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visioni che seguivano ad eccessiva distanza» (15). « E fu ventura, che, per iniziativa del tenente colonnello Govone, in seguito ad accordi coi capi di stato maggiore della 1" e della 5i divisione, fosse stabilito di far partire le divisioni circa 3 ore dopo le rispettive ricognizioni. E ancora meglio sarebbe stato se le divisioni avessero invece seguito senz'altro quelle ricognizioni che rappresentavano in realtà le avanguardie, sicché, intorno alle 7, si sarebbero trovate sull'altopiano di San Martino, occupandolo solidamente, e la battaglia avrebbe avuto un andamento assai diverso e probabilmente un esito meno contrastato pei sardi» (16). Linguaggio eufemistico che tradotto in termini crudi vuol dire che né il comando supremo né i comandi di divisione si attennero alle norme regolamentari, ma spinsero avanti le unità in un ambiente d'incertezza dando al movimento carattere logistico più che tattico, preoccupandosi delle ricognizioni topografiche più di quelle tattiche, adottando formazioni di marcia che non avrebbero consentito né il rapido passaggio dal movimento al combattimento, né la simnltaneità di più sforzi coordinati, né il reciproco sostegno delle unità in caso d'incontro con il nemico e non adottando quelle misure di sicurezza diretta ed immediata tanto minuziosamente raccomandate dalla vecchia e dalla nuova regolamentazione dell'armata. Gli attacchi ripetutisi per 3 volte, dalle 8 alle 9 del 24 giugno, contro le alture di San Martino ebbero poco a che vedere con lo schema dell'istruzione sulle operazioni secondarie. Essi non furono concentrati contro tratti determinati del1a fronte, ma uniformemente estesi a tutta la posizione nemica, si concentrarono in un'azione frontale non sussidiata da sforzi o minacce sui fianchi, furono sviluppati con formazioni sottili, quasi lineari, prive di profondità e di riserve, non furono sufficientemente preparati dall'artiglieria. Tutto il rovescio delle norme dottrinali. Le quali si presero la loro rivincita, dimostrando la forza della loro validità, ne1la ripresa durata dalle 19 alle 21, quando l'armata sarda sviluppò un attacco a regola d'arte: azione frontale combinata con altre due su entrambi i fianchi dello schieramento nemico; scaglionamento delle forze in profondità « e ciò servì a dare consistenza alle linee più avanzate, che riuscirono ad affermarsi sulle posizioni conquistate » (17) - ; impiego a massa del fuoco di artiglieria. La tenacia, lo spirito offensivo, l'eroismo delle truppe non erano stati sufficienti a supplire la mancanza di senso tattico e di applicazione dei criterì e dei procedimenti costantemente violati con il dare ripetutamente di testa contro lo stesso muro senza neppure accennare ad una manovra qualsiasi, con l'impiegare in
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successione di tempo ed a spizzico le unità - gli attacchi ostinati alla spicciolata delle brigate Cuneo, Casale Acqui, Pinerolo, Aosta in una sequenza che sacrificò l'una dopo l'altra, ila seconda dovendo calpestare materialmente .le vittime della prima, le varie unità, e con ,l'impiegare male, tatticamente e tecnicamente, le artiglierie. Meno lontana dalla norma, sebbene non sempre a questa aderente, J'azione della 1• divisione rinforzata successivamente da una parte ddla 2• sulle posiziond della Madonna della Scoperta: un succedersi di attacchi, di ·resisteme, e di contrattacchi, conclusosi con la ritirata degli austro-ungarici, peraltro «più per l'ordine ricevuto (essendo già in ritirata le altre brigate del V corpo) che per iJ premere dei sardi» (18). Qui era mancata una avanguardia bene costituita ed articolata, anche se troppo distanziata dalla divisione - 1 squadrone cavalleggeri, 1 battaglione hersaglieri, 1 battaglione fucilieri, 1 sezione di artiglieria - ma difettarono, combattimento durante, 1l'impiego a massa deJle forze disponibili {la Granatieri, la Savoia e le unità in rinforzo delfo 2a divisione vennero impiegate a spizzico) e soprattutto ,l'unitarietà di comando non conseguita neppure dopo che il re aveva ordinato al La Marmora di assumere il comando della 1• e della 2• divisione per coordinarne gli sforzi e concorrere cosl fodirettamente all'attacco di San Martino. Un attacco da manuale fu, invece, quello delle brigate nemiche Koller e Saal proprio contro la 1• divisione: azione frontale combinata con un'altra sul fianco, intensa preparazione di artiglieria, concentrazione costante dello sforzo. Un esempio di quello che avrebbe dovuto essere il giusto impiego dell'artiglieria lo dette il maresciallo francese MacMahon (19) che, a Solferino, costituì una massa di artiglieria di 90 bocche da fuoco - che avevano il vantaggio di essere rigate, di avere una gittata maggiore di quelle austro-ungariche e di essere più mobili - contro la quale si spuntarono per tutta la giornata gli sforzi del III, XI e IX corpi d'armata imperiali condotti con forze di fanteria molto superiori a quelle francesi, ma non sufficientemente preparati dall'artiglieria, non solo perché questa aveva gittate inferiori a quella francese e non poteva avvicinarsi a portata efficace per sostenere la propria fanteria, ma, soprattutto, perché, in base all'errato concetto, allora peraltro comune, di serbare in riserva una aliquota delle artiglierie, delle 800 bocche da fuoco che l'armata asburgica possedeva soltanto 360 parteciparono alla lotta e non una delle 15 batterie della riserva generale arrivò sul campo di battaglia. I successi dell'armata sarda non sarebbero stati meno sicuri e proficui se conseguiti con maggiore rapidità e maggiore economia di
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energie spirituali e fisiche, anzi sarebbero apparsi ancora più brillanti e gloriosi di quanto già non lo furono; a tale fine sarebbe stata indispensabile una maggiore aderenza alle norme che avrebbe evitato le situazioni di crisi e di pericolo in cui spesso l'armata venne a trovarsi. Non fu la dottrina a deludere, ma il non averla osservata a rendere più rischiose, faticose, lente e sanguinose talune azioni. Forze trainanti dell'armata sarda, per tutta la durata della guerra, che in un certo senso supplirono, senza poterla sostituire del tutto, la tattica quando questa venne meno per colpa dei capi, furono: il morale conservatosi sempre elevatissimo, il sufficiente grado di addestramento alla tecnica d'impiego delle unità, l'esempio di molti comandanti che intervennero a raddrizzare gli eventi, come, ad esempio, il generale MoHard ,(20), l'eroe della giornata di San Martino.
5. Se il morale si mantenne costantemente elevato lo si dové anche all'organizzazione logistica ed al riordinamento dei servizi operati dal La Marmara nell'intervallo tra le due guerre. Diversamente dalla guerra del 1848-1849, non vi furono carenze, inadempienze e ritardi di funzionamento tali <la incidere negativamente sull'efficienza combattiva delle unità, fatta eccezione dell'insufficienza del servizio sanitario, peculiarmente nei riguardi del pronto soccorso e del trasporto dei feriti, nei giorni di combattimento. Talvolta lasciò a desiderare la confezione del pane, ma in quelle circostanze il pane venne subito sostituito con il biscotto. Eppure le difficoltà da superare furono maggiori di quelle della guerra precedente, specialmente all'i,nizio quando il servizio d 'intendenza dové correre in aiuto di quello francese sprovvisto di viveri e di foraggio e quando fu necessario far vivere e muovere entrambe le armate incolonnate su di una ,sola strada da Milano a Brescia. Per il resto le cose andarono logisticamente per il meglio mercé l'opera instancabile e ordinata dei vari organi logistici - con alla testa quelli del ministero della guerra retto interinalmente dal Cavour, a sua volta ben coadiuvato dal segretario generale maggior generale Valfré - che seppero smussare anche gli inevitabili attriti con gli organi dell'armata francese. Dei due comandanti delle armate franco-sarde, Napoleone III non dette prova di avere la chiarezza di vedute e grandezza di decisioni di Vittorio Emanuele II e, sebbene coadiuvato da uno stato maggiore più efficiente e meno discorde, condusse la guerra con in-
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decisione e titubanza, forse a causa di remore politiche più che tecnico-militari. Vittorio Emanuele II godé di limitata autonomia decisionale in campo strategico per effetto della dipendenza dall'imperatore francese, ma in campo tattico intervenne più volte con decisioni ferme e con concetti ben chiari. Trovò tuttavia difficoltà a mettere in atto tutti i propositi rispondenti alle situazioni particolari dovendo seguire i movimenti e le operazioni di 6 divisioni e fu costretto talvolta a lasciare che le azioni seguissero l'andamento preso stante l'impossibilità d'intervento tempestivo. Che fosse stato uno sbaglio il non avere raggruppato le divisioni in corpi d'armata, come avevano fatto i francesi e gli imperiali austro-ungarici (21 ), venne successivamente riconosciuto da tutti e la stessa relazione ufficiale ammise che l'esistenza di 2 comandi di corpo d'armata avrebbe giovato alla coesione ed alla snellezza delle operazioni, come pure all'unità di comando (22). L'attribuzione della manovra tattica al livello di divisione, anziché di corpo d'armata, trovò i comandanti delle prime impreparati perché abituati ad operare secondo gli schemi di accentramento del comando propri della tradizione dell'armata sarda ed essi non seppero spesso decidere d'iniziativa neppure nelle azioni che avrebbero dovuto trovare soluzione nella loro sfera decisionale. La brigata di fanteria francese e sarda erano ,state ordinate sin dal tempo di pace come unità monoar.ma, diversamente da quella austro-ungarica pluriarma. Ciò era in stretta armonia con i criteri ed i procedimenti d'impiego dei contrapposti eserciti. L'armata sarda aveva esperimentato nella spedizione di Oriente la brigata pluriarma con esito negativo, essendo apparsa evidente la contraddizione tra tale ordinamento e la dottrina d'impiego. Entrambe le armate francese e sarda - avevano adottato per la brigata il frazionamento binario, mentre per il reggimento l'esercito francese il frazionamento ternario e l'armata sarda il quaternario, per il battaglione il primo il frazionamento senario, la seconda que1Io quaternario. Anche se entrambe le armate alleate si erano mantenute nei limiti allora generalmente aceettati per il livello di brigata monoarma da un massimo di 6.000 uomini ad un minimo di 5.000, le differenze organiche tra le unità minori - reggimento francese: 2.700-3.000 uomini, su 3 battaglioni (900-1.000 uomini ciascuno), su 6 compagnie (140150 uomini), su 4 compagnie (150-160 uomini ciascuna) - misero in luce la migliore comandabilità del reggimento su 3 battaglioni e la troppa modesta consistenza del battaglione su 4 compagnie di 150-160 uomini e riproposero all'attenzione, ancora una volta, la questione dell'ordinamento ternario o quaternario e della consistenza
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maggiore o minore del reggimento, del battaglione e della compagnia, senza peraltro offrire elementi sicuri di decisione, continuando a presentare ogni soluzione pro e contro. Per il resto l'armata francese e l'armata sarda ebbero ordinamenti ed organici molto simili, ad eccezione di quelli del reggimento di cavalleria, che i francesi avevano ordinato su 5 ed i sardi su 4 squadroni. Ma la cavalleria ebbe durante la guerra un ruolo modesto per quel clima d'incertezza diffuso un po' dovunque sulla efficacia del suo impiego; i suoi interventi, mai concretatisi in scontri di massa e in manovre rapide e decise, si risolsero in urti brillanti ed ammirevoli di pochi squadroni, come a Montebello. La divisione di cavalleria dell'armata sarda avrebbe avuto il suo da fare dopo Magenta e Solferino, ma non fu impiegata perché in entrambe le occasioni, per motivi diversi, Napoleone III non volle sfruttare il successo. La guerra lasciò insoluto nella sua interezza il problema ordinativo ed organico dell'arma anche perché neppure i reggimenti cavalleggeri , assegnati nel numero di uno per ognuna delle divisioni, vennero utilizzati nell'esplorazione tattica. Ciò di cui apparve chiara l'esigenza fu delle Guide, delle quali alla vigilia della guerra era stato costituito un solo squadrone. Eccellente ,nell'ultima battaglia l'impiego dell'artiglieria, anche da parte dell'armata sarda, sotto il profilo tattico e tecnico. Sebbene ancora molte fossero le incertezze sull'impiego dell'arma, l 'armata sarda, senza disporre delle bocche da fuoco rigate - che i francesi avevano adottato senza però adottare « alla superiorità del loro materiale una corrispondente superiorità di dottrina » (23) - dimostrò una sua indiscussa superiorità rispetto a quella dell'esercito austro-ungarico, al quale lo stesso imperatore Francesco Giuseppe rimproverò « il cattivo impiego della numerosa ed ottima artiglieria (24) di cui era stato fatto, contrariamente ai crited sanciti nella regolamentazione dell'esercito imperiale, un impiego a spizzico, parziale e non tempestivo ». La guerra indicò come fosse necessario risolvere ancora due questioni principali : il livello dell'unità minima d'impiego e la consistenza della riserva di cui si giunse a mettere in dubbio la stessa necessità.
6. La seconda guerra d'indipendenza e la guerra d'Oriente introdussero nelle operazioni militari l'impiego di nuovi mezzi che in-
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cisero direttamente sulle concezioni strategiche, tattiche, tecniche, logistiche e ordinative. In Crimea vennero impiegati, per la prima volta, il telegrafo, la pistola a rotazione (revolver) brevettata da Samuel Colt nel 1832, le artiglierie monocalibro, il cannoniere obusiere da 12 francese e fece la sua apparizione un piccolo corpo d'infermiere creato dall'inglese Florence Nightingale per l'assistenza dei feriti e malati. Nella guerra del 1859 trovò, per la prima volta, impiego la ferrovia come aiuto aUa realizzazione della massa e della sorpresa sul piano strategico e tattico e come mezzo di alimentazione delle operazioni e furono utilizzate artiglierie da campagna con anima rigata e con proietto cilindro-ogivale ad espansione. La ferrovia - in particolare le strade ferrate ·susa-Torino-Alessandria, Genova-NoviAlessandria o Tortona, Genova-Voghera-Alessandria-Casale-Vercelli, - ridusse i tempi della radunata francese e consentì la manovra per linee interne dalla quale scaturi la vittoria di Magenta. Entrambe le guerre, come abbiamo già rilevato, furono prodighe d'insegnamenti di ogni sorta in tutti i settori o, qnanto meno, posero o lasciarono senza risposta alcuni interrogativi sui quali sarebbe stato necessario che anche l'armata sarda si fosse da allora concentrata, perché la guerra non aveva risolto che in minima parte il problema dell'indipendenza e dell'unità della penisola. Troppo soddisfatta del contributo determinante dato all'ultima battaglia - l'azione di San Martino e della Madonna della Scoperta impegnò così a fondo il nemico da non consentirgli il minimo travaso di forze sul fronte francese dove l'esito della battaglia avrebbe potuto essere capovolto, stante l'interdipendenza tattica delle azioni - e troppo presa, subito dopo, dalla mole dei problemi politici, organizzativi e finanziari derivati dall'inglobamento nello Stato delle nuove regioni - Lombardia, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, regno delle Due Sicilie (25) - l'armata sarda recepì solo in patte gli ammaestrament i di quella guerra. Eppure l'armistizio di Villafranca dell'll luglio (26), cui fece seguito la pace di Zurigo del 1° novembre, non le dischiudeva certo un periodo di pace. La seconda metà del secolo XIX (27), iniziatasi nel fragore delle armi, continuava e continuerà ad impegnate gli eserciti per un altro decennio: il regno di Sardegna, poi d'Italia, combatterà nel 1860 contro lo Stato pontificio ed il regno delle Due Sicilie, nel 1866 di nuovo contro l'impero asburgico, nel 1870 contro i resti dello Stato pontificio; la Francia, a parte le operazioni militari nel Senegal e nel Vietnam del sud (Cocincina), combatterà nel 1860 contro la Cina alleata dell'Inghilterra, negli anni 1862-1866 - dapprima alleata
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dell'Inghilterra e della Spagna, successivamente da sola - contro il Messico e nel 1870 da sola contro la Prussia; l'Austria-Ungheria, a sua volta, scenderà in campo nel 1864, alleata della Prussia, contro la Danimarca per lo Schleswig-Holstein, nel 1866 contro la Prussia e l'Italia, nel 1868 per reprimere le sollevazioni della Dalmazia. A molti sfuggì il significato della guerra del 1859 che, se sostanzialmente si concretò in scontri ed accaniti combattimenti che si esaurirono nel giro di poche ore, senza dar vita a grandi manovre strategiche e tattiche che manifestassero particolari abilità e doti militari dei comandanti, rivelò la difficoltà, la pesantezza e la sanguinosità delle operazioni belliche condotte con criteri e mezzi moderni. Essa segnò il passaggio definitivo da un'epoca ad un'altra; la guerra acquisterà da allora dimensioni e caratteristiche diverse dal passato che si riveleranno appieno nelle prime due grandi guerre moderne: la guerra civile americana degli anni 1861-1865 e la guerra franco-prussiana del 1870.
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NOTE AL CAPITOLO V (1) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. La guerra de: 1859 per l'indipendenza d'Italia. Vol. I e Il. Stab. Tip. delle Soc. Ed. Laziale. Roma, 1912. Voi. II, p. 519.
(2) L'ordine di battaglia della guerra del 1859 fu il seguente: ESERCITO ALLEATO
Armata Sarda Comandante: il re Vittorio Emanule. Capo di stato maggiore generale: luogotenente generale La Rocca. 1• divisione: luogotenente generale Di Castelborgo (al quale successe il luogotenente generale Durando): - Brigata Guardie, maggior generale Scozia di Calliano. - brigata Savoia, maggior generale Perrier. - III e IV battaglione bersaglieri. - reggimento cavalleggeri d'Alessandria. - tre batterie. - una compagnia del genio. 2• -
divisione: luogotenente generale Fanti: brigata Piemonte, maggior generale Mollard. brigata Aosta, maggior generale Danesi (poi maggior generale Cerale). I e IX battaglione bersaglieri. reggimento cavalleggeri d'Aosta. tre batterie. una compagnia dcl genio.
3• divisione: luogotenente generale Durando (cui successe il luogotenente generale Mollard): - brigata Cuneo, brigadiere Arnaldi. - brigata Pinerolo, brigadiere Morozzo della Rocca. - II e X battaglione bersaglieri. - reggimento cavalleggeri di Monferrato. - tre batterie. - una compagnia del genio. 4• -
divisione: 'luogotenente generale Cialdini: brigata Regina, maggior generale di Villamarina. brigata Savona, maggior generale Broglia di Mombello. VI e VII battaglione bersaglieri. reggimento cavalleggeri di Novara (inizialmente cavalleggeri di Alessandria). tre batterie. una compagnia del genio.
5• divisione: luogotenente generale Cucchiari: - brigata Casale, maggior generale di Pettinengo. - brigata Acqui, maggior generale GozzAni di Treville.
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V e VIII battaglione bersaglieri. reggimento cavalleggeri di Sa/uzzo. tre batterie. una compagnia del genio.
Divisione di cavalleria: ·luogotenente generale di Sambuy: - 1" brigata, (che fu poi comandata dal maggior generale De Sonnaz): reggimento Nizza cavalleria e reggimento Piemonte reale cavalleria. - 2" brigata, (che fu ,poi comandata dal colonnello Di Savoiroux): reggimento Savoia cavalleria e reggimento Genova cavalleria. - due batterie a cavallo. Ciascuna divisione, esclusa quella di cavalleria, era composta di: 16 battaglioni di fanteria, 2 battaglioni di bersaglieri, 4 squadroni di cavalleria leggera, 3 batterie di artiglieria ( 18 pezzi), 1 compagnia zappatori. La divisione di cavalleria era composta di 16 squadroni cavalleria di linea e di 2 batterie di artiglieria a cavallo (12 pezzi) in tutto: 40 battaglioni, 36 squadroni, 17 batterie (102 pezzi). Dal Gennaio 1859 il Cavour aveva incaricato Giuseppe Garibaldi di organizzare un corpo di volontari, detti Cacciatori delle Alpi, su di 1 brigata di circa 3.000 uomini. Corpi similari furono apprestati con la denominazione di Cacciatori degli Appennini e di Cacciatori detta Magra dai generali Ulloa e Mezzacapo. Armata / rancese
Comandante in capo: l'imperatore Napoleone III. Maggior generale: maresciallo Vaillant. Capo di stato maggiore: generale De Martimprey. I corpo d'Armata: maresciallo Baraguay-d'Hilliers. - tre divisioni di fanteria: Jorey, Lanolmirault, Bazaine. - una divisione di cavalleria: Portounneaux. II corpo d'armata: lgt. gen. poi maresciallo di Mac-Mahon. - due divisioni di fanteria: De la Motterange, &pinasse poi Decaen. - nna brigata di cavalleria. III corpo d'armata: maresciallo Canrobert. - tre divisioni di fanteria: Regnault, Bonat (poi Trochu), Bourbaki. - una divisione di cavalleria: Montauban (poi Desvau). IV corpo d'armata: luogotenente generale poi maresciallo Niel. - tre divisioni di fanteria: De Lue-,:y, Vinoy, De Failly. - una brigata di caval!leria. Guardia imperiale: maresciallo Regnaud de Sai.nt-Jean d'Angély. - due divisioni di fanteria: Mellinet, Camou. - nna divisione di caval!leria: Moms. V corpo d'armata: principe Napoleone. - due divisioni di fanteria: Uhrich, D'Antemarre. - una brigata di cavalleria. La divisione D'Antemarre sbarcò a Genova e si schierò all'estrema destra dell'eser~ito alleato sugli Appennini; il resto del V corpo a Livorno con il principe. In totale: 140.000 uomini e 360 pe-.ai di artiglieria, dei quali furono im1)iegati solo la metà. La divisione di fanteria francese si componeva di 2 brigate, la -prima su 2 reggimenti di fanteria di linea e di 1 battaglione cacciatori (o 1 reggimento di zuavi o di tiragliatori algerini) e la seconda su 2 Teggimenti di linea. Ogni divisione
CAP. V • LA II" GUERRA D'INDIPENDENZA
(1859)
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comprendeva 2 batterie su 6 pezzi ed 1 compagnia del genio. I reggimenti di fanteria ài linea erano su 3 battaglioni di 6 compagnie; i battaglioni di fanteria Ieggera erano su 8 compagnie; i reggimenti di cavalleria su 5 squadroni. Ogni corpo d'armata disponeva inoltre di una dserva di artiglieria su 4, o 5, o 6 batterie. Tutte le artiglierie erano ad anima rigata. ESERCITO AUSTRIACO -
Comandante: Capo di stato maggiore gen.: II corpo d'armata - due divisioni (4 brigate): III corpo d'armata - due divisioni (4 brigate): V corpo d'armata - due divisioni (5 brigate): VII cor.po d'armata - due divisioni (4 brigate): VIII corpo d'armata - due divisioni (5 brigate): IX collpo d 'armata - due divisioni (5 brigate): Divisione <li cavalleria:
Feldzeugmestre Gyulai. colonnello Kuhn. tenente maresciallo Liechtenstein. Fellacie, Herdy. tenente maresciallo Schwartzenberg. Martini, Schonberg. tenente maresciallo Studion. Paumgarthen, Stemberg. tenente-maresciallo Zobel. Reischach, Lilia. tenente-maresciallo Benedek. Lanz, Berger. tenente-maresciallo Schaaffgottsche. Hanolcl, Crenneville. tenente-maresciallo Mensdorf·Ponilly.
-
due brigate. Riserva di artiglieria, genio, ecc. In totale: 136.000 uomini e 536 pezzi di artiglieria, dei quali furono impiegati poco .più della metà. Ciascun corpo d'armata aveva una riserva di artiglieria su 3 o 4 batterie; la riserva generale di artiglieria era su 11 batterie. La divisione di fanteria era costituita da 2 o 3 brigate di fanteria su 5 battaglioni, ciascuno su 6 compagnie, da 1 battaglione di cacciatori o confinari croati e da 1 batteria su 8 pezzi. Analogie e diversità: -
articolazione di comando: Francia ed Austria: corpi d'armata, divisioni, brigate, reggimenti; regno sardo: divisioni, brigate, reggimenti; armamento individuale a fuoco: Francia ed Austria: fucili e carabine ad anima rigata; regno sardo: focili ad anima ~iscia (fanteria) e carabine rigate (bersaglieri); artiglieria: Francia: ad anima rigata; Austria e regno sardo: ad anima liscia. Rapporto artiglieria . altre armi: Austria e Francia 3 per mille; regno sardo 1,09 per mille.
(3) Enrico Morozzo Della Rocca (1807-1897). Partecipò a tutte le campagne d'indipendenza e raggiunse il grado di generale d'esercito. Fu ministro della guerra dal marzo al maggio 1849, fu poi l'aiutante di campo del re dal 1855 al 1865 e nella guerra del 1859 fu capo di Stato maggiore .generale. (4) Luigi Fecia Di Cossato (1800-1882). Fu comandante del corpo di Stato Maggiore dal 1857. (5) La medesima direzione scelta da Carlo Alberto nel 1849: Novara-TurbigoMagenta. La manovra di aggiramento dell'ala destra nemica, benché azzardata perché scopriva il fianco destro e le vie di rifornimento e di ritirata delle armate francosarde, era vantaggiosa ai fini di un brillante successo iniziale che aprisse la strada più breve per il Mincio dove i franco-sardi sarebbero giunti prima del nemico. Tale
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il giudizio anche del duca di Genova nelle sue riflessioni sulla campagna del 1849. La manovra, tuttavia, riusd perché il Gyulai la ritenne un'azione diversiva e continuò ad aspettare la massa nemica al centro o sul suo fianco sinistro. (6) Francesco Gyulai (1798-1868), generale austriaco. Fu dal 1840 al 1850 ministro della guerra, e nel 1859 Comandante dell'esercito nella guerra contro Franco-Piemontesi. Dovette lasciare il comando dopo la battaglia di Magenta. (7) François Certain Conrobert (1809-1895), maresciallo di Francia. Partecipò alla guerra d'Oriente, alla seconda guerra d'indipendenza italiana, alla guerra francoprussiana del 1870-1871. Venne inviato in Piemonte da Napoleone III quale comandante del III corpo d'armata e partecipò ai numerosi consigli di guerra presso il quartier generale del re Vittorio Emanuele ai primi di maggio per scegliere e decidere lo schieramento iniziale delle forze.
(8) Napoleone III il 20 maggio divisò di operare per 1l'alta Sesia di aggirare la destra nemica e di marciare su Milano; successivamente, dopo i combattimenti di Montebello, di agire per la destra del Po, i,n direzione di Stradella e di Piacenza; in un terzo tempo, d'imbastire una manovra concentrica, a masse separate, tendente ad aggirare entrambe le ali nemiche con l'armata sarda a nord e qualla francese a sud; il 22 maggio, sulla base di notizie infondate pervenutegli, di opporsi ad una presunta offensiva austriaca per la destra del Po concentrando le forze per una battaglia generale nella zona di Alessandria; in tempo successivo, accertata l'insussistenza delle notizie circa l'offensiva austriaca, di passare il Po a Valenza per attaccare il centro dello schieramento nemico combinando l'azione con una minaccia sul fianco destro, affidata ali 'esercito sardo, per Vercclli e Mortara; finalmente, il 26 maggio, <li effettuare la manovra unitaria contro la destra nemica, una volta portato a termine il trasferimento da sud a nord dell'armata francese. Le pensò tutte e fece bene; agl male dando inizio ora ad una ora ad altra di quelle azioni per subito dopo revocarne l'effettuazione. (9) Piero Pieri. Op. cit., p. 611.
(10) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. Op. cit., La gue"a del 1859. Voi. II, p. 516. ( 11) Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Storico. Op. cit., La guerra del 1859. Voi. II, p. 433.
(12) Carlo Corsi, Storia militare, Op. cit., Voi. II, p. 159. (13) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. Op. cit., La guerra del 1859. Voi. II, p. 518. (14) Elie-Frédéric Jorey (1804-1872), maresciallo di Francia. Partecipò alla guerra d'Oriente ed alla seconda guerra d'indipendenza italiana quale comandante della 1• divisione del I corpo d'armata. Nel 1863 fu comandante del corpo di spedizione francese in Messico dove riportò la vittoria di Puebla. (15) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. Op. cit., La guerra del 1859. Voi. II, p. 502. (16) Idem, p. 502. (17) Idem, p. 505. (18) Idem, p. 507.
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(19) Marie-Edme-Patrice-Maurice de Mac Mahon (1808-1893), maresciallo di Francia e statista. Combatté in Algeria, nella guerra d'Oriente e comandò il II corpo d'armata nella seconda guerra d'indipendenza italiana. Governatore dell'Algeria, successivamente partecipò alla guerra franco-prussiana del 1870-1871 nella quale fu sconfitto a Winsembourg, a Froeschwiller ed a Beaumont. Fu fatto prigioniero a Seclan. (20) Filiberto Mollard (1801-1873). Partecipò alla campagna del 1848 nei fatti .d'arme di Villafranca, di Valeggio e di Goito. Ed alla campagna del 1849, dove si distinse nel combattimento della Sforzesca. Dopo aver preso parte alla campagna di Crimea, comandò la 3• divisione a San Martino, e fu promosso tenente generale per meriti di guerra. (21) Le forze austro-ungariche raggruppate come indicato nella nota 23 del capitolo III, quando l'imperatore Francesco Giuseppe ne assunse il comando in capo, furono articolate su 2 armate: la 1", agli ordini del feldmaresciallo luogotenente Wimpfen, costituita dal II, III, IX, XI corpo d'armata e dalla l' divisione di cavalleria; la 2", agli ordini del feldmaresciallo luogotenente Schlrek, costituita dal I , V, VII, VIII corpo d'armata e da,Ua 2• divisione di cavalletia. Forza complessiva: 190.000 uomini, 23.000 quadrupedi, 752 pezzi di artiglieria. L'armata francese (cinque corpi d'armata e la guardia imperiale) conservò l'ar· ticolazione iniziale e cosl anche l'armata sarda (cinque divisioni di fanteria ed una cli cavalleria). Entrambe - escluso il V corpo d'armata francese, agli ordini del principe Girolamo Napoleone, che sbarcò con una divisione a Genova per costituire sugli Appennini l'estrema destra delle armate alleate e con il resto a Livorno ebbero una forza complessiva di 212.000 uomini, 19.714 quadrupedi, 504 pezzi di artiglieria. (22) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. Op. cit., La guerra del 1859. Voi. II, p. 483. (23) Fietro III, p. 415.
Maravigna.
Storia dell'arte
militare moderna.
Op. cit.,
Voi.
(24) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. Op. cit., « La guerra del 1859. Voi. III, p. 483. (26) Le regioni Emilia e Toscana furono dichiarate parte integrante dello Stato rispettivamente con i regi decreti del 18-3-1860 (Veds. Giornale Militare annata 1860, p. 298) e del 22-3-1860 (Veds. G.M. annata 1860, p. 298; i loro eserciti, circa 50.000 uomini, furono riuniti e inglobati nell'esercito sardo con il regio decreto del 25-3-1860 (Veds. G.M. annata 1860, p. 303). Le provincie dell'Italia meridionale furono annesse allo Stato italiano con il regio decreto 3-12-1860 (Veds. G.M. annata 1860, p. 1301); quelle delle Marche con .il regio decreto del 17-12-1860 (Veds. G.M. annata 1860, p. 1302); le siciliane con il decreto del 17-12-1860 (Veds. G.M. annata 1860, p. 1302) e quelle Umbre con altro regio decreto pure del 17-121860 (Veds. G.M. annata 1860, p. 1303). (26) Proprio mentre le sorti della guerra sembravano volgere in favore dei franco-piemontesi, dopo il ripiegamento oltre il Mincio dell'esercito austriaco in conseguenza della sconfitta nella battaglia di Solferino-San Martino, anche nella convinzione che forze navali franco-piemontesi erano, ,in quei giorni, giunte in alto Adriatico, Napoleone III offriva a Francesco Giuseppe un armistizio. L'improvvisa risoluzione - determinata da motivi di ·politica interna ed internazionale e dal tornaconto francese a non rischiare le innegabi'1i incognite che ancora presentava l'ulteriore corso della guerra - fu un vero colpo di fulmine per il re Vittorio Emanuele,
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per il regno di Sardegna e per tutti i movimenti liberali e democratici italiani. Cavour si dimise. L'll luglio i due imperatori firmarono a Villafranca i preliminari di pace, per i quali l'Austria cedeva la Lombardia, tranne Mantova, a Napoleone III che l'avrebbe passata a Vittorio Emanuele; Parma era, tacitamente, lasciata al Piemonte; Modena, le Romagne e la Toscana sarebbero tornate sotto il dominio dei loro antichi sovrani; gli Stati italiani e la Venezia austriaca avrebbero costituito una federazione, onorariamente presieduta dal Papa. Le cose andarono diversamente, almeno in parte, per il patriottismo e la maturità politica delle correnti liberali, ca,peggiate da Luigi Carlo Parini nei ducati e nelle Romagne e da Bettino Ricasoli in Toscana. La lega armata costituitosi fin dall'agosto 1859 fra la Toscana e Modena - cui aderirono successivamente Panna e le Romagne - dispose di un forte esercito, il cui comando fu assunto dal generale Mario Fanti (che aveva combattuto nella prima e nella seconda guerra d'indipendenza e nella guerra d'Oriente). Alla metà del gennaio 1860, tornato al potere Cavour, con il consenso dell'Inghilterra e della Francia furono indetti per 1'11 ed il 12 maggio plebisciti (nell'Emilia, nelle Romagne ed in Toscana) i quali si espressero a grandissima maggioranza per l'unione di quelle provincie alla monarchia costituzionale di re Vittorio Emanuele. Nacque cosl il « Regno dell'Italia Settentrionale e Centrale. Il 18-3-1861, dopo la liberazione dell'Italia meridionale e della Sicilia, il « Regno dell'Italia settentrionale» divenne « Regno d'Italia » e la Camera proclamò Vittorio Emanuele II re d'Italia, pur se a Roma restava ancora il Papa. (27) Oltre ·le e11erre eiìl ricordale:, negli anni dal 1860 al 1871: la Spagna combatté contro il Marocco (1859-1860); la Polonia si sollevò contro la Russia (1862-1864); a Parigi, dopo Sédan, scoppiò la guerra civile della Comune (1871 ); l'Inghilterra compi una spedizione contro l'Etiopia (1868).
CAPITOLO VI
L'IMMOBILISMO DOTTRINALE (1859-1866) 1. Le operazioni militari del 1860. 2. Garibaldi. 3. Che cosa sia fa guerra del De Cristoforis. 4. La dottrina ufficiale dal 1859 al 1866. 5. L'addestramento e l'istruzione generale e la preparazione professionale dei quadri.
1.
A parte la guerra civile americana che ebbe: motivazioni sociopolitico-economiche tutte sue, la gran parte dei conflitti armati della seconda metà del secolo XIX sono riconducibili a tre categorie principali: guerre per la nazionalità, guerre per l'egemonia continentale europea, guerre coloniali di espansionismo economico. Dal 1848 in poi la situazione politica internazionale si fece sempre più instabile e le alleanze sempre meno durature. Queste non mirarono più ai fini politici delle grandi coalizioni, ma al perseguimento d'interessi contingenti e na7.ionali, anche sotto forma d'imperialismo politico ed economico. Stati fino ad allora alleati intrapresero nuove direzioni di marcia, ciascuna indipendente o coincidente secondo i casi, in un garbuglio di vie intersecantisi, nelle quali si fin1 spesso con lo scontrarsi con i vecchi compagni di strada. La cautela divenne la massima delle doti politiche. Così dové comportarsi il regno di Sardegna dopo Villafranca se volle riuscire in breve tempo a trasformarsi prima nel regno dell'Alta Italia, poi in regno dell'Italia Settentrionale e Centrale, infine nel regno d'Italia. Le difficoltà furono molte e grosse e non sarebbero state superate se fosse mancato l'apporto di molti e prima di tutti l'accondiscendenza, quando non il sostegno diretto, di alcune potenze europee, quali la Francia, l'Inghilterra e la Prussia. La grande abilità del Cavour, del Parini e del Ricasoli non sarebbe bastata se non fosse stata sorretta dalla volontà unitaria dei grandi spiriti del Risorgimento e dall'attività degli uomini di azione che superando con audacia accorta le remore della prudenza forzarono la mano al re ed ai governi.
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Fu la Lega armata del Fanti (1) a disperdere gli scrupoli ed i dubbi di Napoleone III sull'unione al regno di Sardegna delle regioni tosco-emiliano-romagnole; fu la campagna dell'esercito regolare - iniziatasi l'l l settembre con la spedizione oltre frontiera dell'armata del Fanti e conclusasi dopo i combattimenti di Perugia, di Spoleto, di Castelfidardo-Le Crocette con la capitolazione di Ancona assediata da terra dal Fanti e da mare dall'ammiraglio Persano (2) a fare del regno dell'Alta Italia il regno dell'Italia Settentrionale e Centrale; furono la spedizione dei mille - con lo sbarco a Marsala dell'll maggio, la battaglia di Calatafimi del 15, l'entrata in Palermo del 27, la vittoria di Milazzo del 20 - e le gesta delle camicie rosse, dalla punta del Faro al Volturno, a determinare il 7 novembre l'entrata in Napoli del re Vittorio Emanuele II, dopo che nei combattimenti del passo di Macerone e dei territori di Sessa Aurunca le forze dell'esercito italiano avevano battuto quelle borboniche costringendole a ridursi, per l'estrema difesa, nella fortezza di Gaeta; fu Ja sostanziale unità d'intenti e di azione, pur nella contrapposizione delle idee e dei sentimenti, dei capi politici e militari, di diversa tendenza ideologica, a compiere la grande impresa unitaria. Così il Mazzini che, pur avendo deprecato l'alleanza del 1859 con Napoleone, non esitò, dopo Villafranca, a collaborare con il Ricasoli per il trionfo delle correnti annessionistiche ed a rivolgersi direttamente al re Vittorio Emanuele, dando prova di grandissimo patriottismo e di assoluto disinteresse personale, per sollecitarlo a porsi a capo del movimento unitario. Così Garibaldi. Senza la spedizione dei Mille e senza la costituzione dell'esercito meridionale, né le truppe del Fanti sarebbero entrate nelle Marche e nell'Umbria, né il re Vittorio Emanuele avrebbe potuto varcare la frontiera il 13 ottobre per porsi a capo delle forze impegnate nella liberazione del mezzogiorno.
2. La leggenda sull'uomo Garibaldi ha spesso velato la capacità del condottiero, l'unico del Risorgimento. « Quello che si poteva ancora ottenere senza l'ausilio di massicci eserciti ci fu mostrato da Garibaldi e dalla sua legione italiana di camicie rosse con le vittorie del Cerro e di San Antonio (1846) che assicurarono l'indipendenza dell'Uruguay, con l'abile ritirata attraverso l'Italia centrale (1849) e con la conquista del regno delle Due Sicilie (1860) » (3).
CAP. VI - L'IMMOBILISMO DOTTRINALE
(1859-1866)
1.3'7
Garibaldi privilegiò l'iniziativa sul piano strategico, la manovra su quello tattico e la lotta individuale su quello tecnico. Le sue scelte strategiche furono sempre semplici e limpide, talvolta azzardate, mai avventate. Fu uno stratega come dimostrò nella campagna di Sicilia « dove fece anche della strategia e della politica quando a base delle sue operazioni pose il contegno delle popolazioni dell'isola e l'azione delle sue squadre delle quali si avvalse dentro e fuori il raggio d'azione del campo tattico per molestare il nemico e tenerlo continuamente incerto sulle sue mosse » ( 4 ). La sua strategia poggiò sempre sulla guerra di movimento e sull'azione offensiva, in modo da supplire alla pochezza delle forze e realizzare la massa mediante il ricorso alla mobilità, la sorpresa mediante la celerità delle masse e l'inganno, la sicurezza mediante la stretta autosufficienza dei dispositivi ed il largo ricorso all'esplorazione. La sua tattica fu essenzialmente topografica, anche se forse non aveva letto l'istruzione sulle operazioni secondarie dell'armata sarda, tanta era la sua avve1·sione per ciò che sapesse di mestiere e di schematismo. Eppure, il combattimento di Varese del 26 maggio 1859 fu un modello di tattica difensiva del tutto aderente allo schema dei regolamenti in vigore: due linee successive di difesa, divisione delle linee in tre settori, gravitazione delle forze in corrispondenza della posizionechiave, riserva di settore, riserva generale, avanstruttura di sicurezza. Il nemico venne respinto con un tiro mirato a brevissima distanza, poi contrattaccato impetuosamente sulla fronte e su di un fianco, infine inseguito per parecchi chilometri fiaccandone la retroguardia. A Calatafimi, a Milazzo e attorno a Palermo un insieme coordinato di sforzi, anch'esso da manuale, deciso sul momento, ma non tanto in ragione dell'intuito quanto del senso e dell'occhio tattico. Nella battaglia del Volturno un'altra manovra difensiva che per concezione e condotta resta ancora oggi un esempio emblematico di grande tattica convenzionale. La sua tecnica d'impiego tese sempre ad armonizzare l'ordine sparso con le esigenze dell'urto. Fece muovere le sue truppe nella zona del fuoco efficace del nemico in formazioni aperte ed in ordini radi e sparsi, sfruttando le accidentalità del terreno con intendimento offensivo più che protettivo, per raccoglierle poi in formazioni chiuse ed in ordine fitto e lanciarle all'urto all'arma bianca. « Le baionette solo, e non le fucilate, decidono delle battaglie » scrisse nell'ordine del giorno del combattimento di Milazzo. D'altra parte ebbe sempre pochi uomini, penuria di artiglierie e di munizioni, armi individuali di corta gittata . Fu costretto ad agire per compagnie più che per battaglioni ed a schierarsi su fronti molto
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ampie, come sulla linea Capua-Maddaloni, ma riusd sempre a crearsi al momento opportuno o l'ariete per infrangere il muro nemico o il muro per sbarrare la strada all'attaccante. Nel 1859, solo e diviso dall'armata sarda, legato a pochi ordini generici, condizionato in parte dai progressi dell'armata di Vittorio Emanuele, non sufficientemente sostenuto e rifornito benché il re avesse ordinato di concedergli tutto l'aiuto logistico possibile, con armi ed equipaggiamenti scarsi adempi con accortezza strategica, fiuto tattico e bravura tecnica il compito di sicurezza affidatogli nel quadro della manovra strategica dell'armata, costringendo il nemico a distaccare forze - prima una brigata, .poi l'intera divisione Urban ed alla fine un'altra divisione del I corpo di armata affluito dalla Boemia - ad impegnarsi in ripetuti combattimenti ed a guardarsi costantemente sui fianchi e sul tergo a causa della insurrezione che egli manovrava di continuo. Viene fatto di chiedersi, per limitarsi alla guerra del 1859, come sia stato possibile l'utili,:,:a,:ionc di una tattica e di una tecnica piuttosto moderne da parte di milizie non bene istruite contro unità altamente qualificate com'erano quelle dell'esercito imperiale asburgico. La risposta è nel concetto filosofico di Garibaldi sulla guerra espressione di forza al servizio esclusivamente di un nobile ed alto ideale umano - e nella stessa volontarietà delle sue milizie costituite da uomini ricchi di energie spirituali, e capaci di iniziativa, e pieni di spirito combattivo, tutte doti necessarie alle formazioni rade e all'ordine sparso. Diversamente non si spiegherebbero le varie gesta compiute e, rimanendo sempre nell'ambito della guerra del 1859, come l'attacco al forte di Laveno ed il combattimento di Treponti , conclusisi rispettivamente con un nulla di fatto e con una « ritirata non troppo ordinata» (Garibaldi), non si siano tramutati in uno scoramento generale ed in una rotta senza ritorni. L'aiuto della fortuna e l'inettitudine dell'avversario giovano; le doti fisiche, spirituali e militati dei subordinati sono essenziali; la collaborazione di comandanti e di capi esperti valorosi e tenaci Garibaldi seppe sceglierseli ed infiammarli con la parola e l'esempio - è molto; ma tutte queste cose non bastano ad uscire trentasette volte vittoriosi su quaranta. Garibaldi fu una figura a sé stante. « Parecchi uomini avranno avuto dalla natura l'impeto, il coraggio e l'animo sprezzatore della morte che rifulsero in costui; ma rare volte certo si son veduti uomini di guerra, sereni e padroni del proprio animo come egli fu ; del quale si può dire, senza timore di dir troppo, che la grandezza del pericolo e la difficoltà straor-
CAP, VI - L'IMMOBILISMO DOTTRINALE
(1859-1866)
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dinaria di un'impresa rendevano più che mai limpido e calmo il suo occhio e più cauto e perspicace H suo giudizio. Ed invero la prontezza delle risoluzioni e la fulminea rapidità del pigliar partito furono una delle doti più notevoli di quel gran condottiero, il quale non smarrl giammai, non dico l'animo, ma neanche quella chiarezza del vedere, per cui è dato di trovare lì per U un buon partito. Dalla sua bocca i volontari italiani udirono volentieri promettersi marce faticose, veglie, combattimenti senza riposo, e fame e sete e quant'altro c'è di più aspro nella guerra ... Nessuno potrebbe dire di avere mai veduto Garibaldi costringere i suoi soldati all'obbedienza colla minaccia, non che colla forza ... La fame universale di giustizia, di onestà e di bontà che formava aureola intorno a quella testa di lione, il lampo di quegli occhi, il suono di quella parola, sempre calma e solenne, bastavano a render sommessi i protervi, docili g1i irrequieti, coraggiosi i pusilli. Era in quell'uomo, così sereno, così semplice nell'espressione ... un non so che di maestoso e di simpatico e d'int:antevole ad un tempo, che, vedendolo si lrt:mava dinanzi ad esso e ci si sentiva trascinati a volergli bene, a correre giulivi alla morte, dinanzi i suoi sguardi , come se bello avesse ad essere e divino il cadere, guardati ed ammirati da lui» (5). Ma anche tutto ciò non sarebbe bastato se Garibaldi non fosse stato anche uno stratega, un tattico ed un tecnico della guerra che egli così sintetizzava ai suoi soldati: « tirate sul nemico, bisogna ammazzarlo, perché tirare senza ferire insuperbisce il nemico e dà a noi ben meschina opinione. Dunque bisogna essere ben parchi di tiri, e ricorrere, se si debba pugnare, allo spediente più spiccio della baionetta» (6). Nella strategia, nella tattica e nella tecnica d'impiego egli impartl lezioni di alto livello che non furono recepite dalla dottrina ufficiale che, dopo ]a guerra del 1859, rimase pressoché immobile, attaccata al passato, nonostante che il dibattito dottrinale venisse facendosi, anche in Italia, più ricco e vivace che nel passato.
3. Nel 1860, pubblicato postumo a Milano, vide la luce il libro Che cosa sia la guerra del capitano garibaldino Carlo De Cristoforis (7), caduto in San Fermo durante la guerra del 1859 al comando di una compagnia della brigata Cacciatori delle Alpi. Il volume non ebbe alcuna risonanza negli ambienti ufficiali sia perché scritto da un giovane ufficiale non del mestiere sia perché il De Cristoforis era ritenuto, proprio dal La Marmara che non
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l'aveva voluto nell'esercito regolare, una specie di sovversivo. Ce ne occupiamo perché il De Cristoforis ci sembra utile, come punto di riferimento, per capire i motivi dell'immobilismo della dottrina ufficiale che si continuava ad insegnare negli istituti militari di reclutamento e di perfezionamento. Il De Cristoforis, in sostanza, non è un innovatore, sebbene dimostri qualche originalità di pensiero e di metodo, ma uno jom1niano estremista, perché riduce la strategia a principi, anzi ad un principio unico - la massa - come pure la tattica, dal quale tutti gli altri derivano come corollari da un teorema. « Tutta l'arte della guerra è retta da un principio unico » ed il principio sommo è che « la vittoria è decisa dall'urto della massa ». Scopo della guerra è « la distruzione dell'esercito nemico », intesa non « come morte dei soldati » (Vassalli e Giustiniani), ma come « scioglimento del loro legame comune come massa organica». « Se la vittoria è decisa dalla preponderanza della massa, il principale scopo del capitano sarà di radunare sul punto decisivo la maggior possibile quantità di forze, e quindi di non lasciarle mai disperse per attendere a scopi minori ». Occorre, peraltro, secondo il De Cristoforis, distinguere « il principio sommo della massa dal principio a lui subordinato della concentrazione, il quale non è che una conseguenza»; « 11011 è cl1e ogni volta che l'esercito è concentrato, il principio della massa sia osservato », i due principi non sono uno solo sotto nome diverso, ma sono distinti tanto che « spesso il principio della massa in luogo di consigliare la concentrazione delle forze, esige il contrario ». « Se il mezzo certo della vittoria è di opporre alle masse del nemico una massa più forte (sia più forte per numero, o lo sia per valore, poco importa; che sia più forte, è il bisogno), uno degli scopi massimi di un disegno di guerra sarà di manovrare in modo da dividere in due o più frazioni l'esercito avversario per gettarsi poi successivamente sull'una o sull'altra frazione con tutta la propria massa riunita}>. « Riesce quindi di necessità essenziale lo studiare i mezzi atti a dare all'esercito la maggior possibile mobilità». La scelta del punto di applicazione della massa « è l'opera più ardua del capitano }>, il quale però sa che la base d'operazione nemica è per sé stessa perpetuo punto decisivo». Su questo, e non altrove, occorre riunire le forze dopo essersi concentrati ad avere diviso le forze nemiche: « concentrarsi e dividere ». Perché si possa fare questo occorre che la logistica - o « amministrazione » com'egli la chiama - sia snella e poggi su di una « base di operazione larga (ove non è buona base, non è buona frontiera)», che offra cioè diverse linee d'operazione in modo da scegliere la più
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conveniente o da mutarla se necessario, ma adottandone sempre una e mai più d'una contemporaneamente: larga base, linea di operazione unica ». Da qui l 'importanza dello studio della geografia fisica - « il cui principio è il fiume » - e di quella militare, come pure essenziale è di sapere quanto più possibile sul nemico mediante le ricognizioni topografiche e le ricognizioni armate. « La conoscenza del terreno è di tanta importanza pel generale quanto pel capo battaglione, poiché tanto le grandi operazioni quanto le piccole sono rette dallo stesso principio sommo ed unico». La conoscenza delle forze del nemico è acquisibile non solo mediante le ricognizioni armate « che obblighino l'avversario a spiegare la sua massa», ma anche mediante un « buon ufficio di notizie ed un esteso e sicuro spionaggio onde si conoscano i punti fra cui il nemico divide o no le proprie forze ». Anche la tattica deriva dal principio della massa giacché essa altro non è che « l'arte di maneggiare le masse combattenti, cioè d'impiegare simultaneamenle:: tutti gli uomini e tutte le armi sul punto decisivo del campo di battaglia. Ma come in strategia per concentrazione non s'intende accumulazione, cosl in tattica per impiego simultaneo delle forze non deve intendersi l'azione effettiva di tutte nello stesso tempo, sibbene che tutte rendano servizio. Cosi la riserva, i fiancheggiatori, le retroguardie, ecc., ecc. non agiscono realmente se l'attacco è nella fronte, ma ponno però dirsi parte utile dell'esercito» . Ciò che interessa è per il De Cristoforis che l'ordine di battaglia consenta di opporre al nemico tutta la massa ed ecco perché « si marcia in colonna per non scomporre la massa e si combatte in linea spiegata per far concorrere tutta la massa al combattimento. Il passaggio dall'ordine profondo di marcia all'ordine sottile di battaglia è il momento più pericoloso. La preferenza va data all'ordine di battaglia su due righe « perché si attiene più direttamente al principio sommo dell'unità della massa, ma altri ve ne sono benché d'importanza minore». La tecnica d'impiego dell'armata sarda non è, per il De Cristoforis, « certo perfetta, ma pure la migliore che sia adesso in Europa » ed essa « ha per base la disposizione su due righe. Fu redatta sotto il ministero La Marmora, ed è opera principale del tenente colonnello d'artiglieria Della Rovere ». La tecnica d'impiego non deve servire a vane parate ma deve essere « l'immagine della guerra» e, perciò, deve prima di tutto « togliere gli allineamenti rigorosi; togliere la distinzione fra destra e sinistra nell'ordine in colonna, fra inversione ed ordine naturale nell'ordine di battaglia, fra prima e
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seconda riga sempre ». « L'unità della massa si mantiene specialmente per forze morali di disciplina, d'onore, ecc.»; le ordinanze servono solo a « creare l'abitudine di questi sentimenti di collettività (e quindi d'ordine) ». « Due gli ordini supremi: l'ordine sottile di battaglia, l'ordine profondo di marcia; quattro le formazioni regolari della fanteria: in battaglia (ordine di attacco), di fianco (ordine di marcia), in colonna (ordine di marcia e di attacco), in quadrato (ordine difensivo) ». « Tutta la precisione deve consistere, anche in tempo di pace, non in un simmetrico allineamento, ma solo nei due seguenti punti: cadenza di passo, tatto di gomiti». « E' l'insieme a curarsi, e l'unità del corpo, non sono i particolari». « Per i fuochi l'essenziale è che nessuno faccia fuoco né prima del comando di cominciare, né dopo quello di finire». « La vera arma offensiva deJla fanteria è adunque non lo schioppo, ma la baionetta ». Nella tecnica d'impiego della cavalleria l'elemento fondamentale è l'addestramento ippico. « Assuefate i vostri soldati al salto, alla testa di moro, all'uso dei cavalli di rimonta, ecc., ecc.; quando saranno arditi cavalcatori, saranno anche buoni maneggiatori d'arme; l'allineamento, di più, si manterrà da sé nelle cariche, perché nessuno cercherà a rompere l'unità della massa non sentendo timore della mischia che succederà». « E' l'agilità che il so1dato sa di possedere che gli dà confidenza». « Come la baionetta è l'arma vera della massa di fanteria, l'arma vera della massa di cavalleria è la lancia» . « Per la necessità di avere intera libertà di movimento, la cavalleria non si batta mai in colonna serrata e sempre a distanze intere; ma avverta all'osservanza scrupolosa del principio, e mantenga sempre uniti e compatti i pelottoni e la massa totale che essi compongono: poiché la forza della cavalleria sta sempre nell'urto e nella paura dell'urto; non mai impunemente essa violerà il principio della sua tattica: cavalleria a ranghi rotti è cavalleria perduta ». Poiché l'im. portanza della cavalleria scema ogni giorno perché « i terreni di combattimento, irti come sono di ostacoli e ricchi soprattutto di manufatti del progresso tecnico, ne rompono le ordinanze e le possibilità tecniche d'impiego, s'accresce ogni giorno l'importanza dell'artiglieria» la quale « coi tiri curvi o diretti raggiunge il nemico ove non può il cavallo». « Da Wagram in poi l'artiglieria fu dimostrata l'arma decisiva della battaglia perché è quella che conserva maggior azione sulla fanteria. Dacché sono le masse, e le sole masse, quelle che decidono della vittoria, l'uso principale a farsi del cannone e dell'obice non è contro l'artiglieria nemica, ma contro le agglomerazioni di uomini». Dal princpio della massa derivano per l'ar-
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tiglieria tre conseguenze tattiche: « concentrazione dei fuochi sopra un sol punto, poco curarsi di controbattere, azione indipendente ». C'è, dunque, nel libro del De Cristoforis tutto lo }omini, c'è la tattica topografica dell'istruzione sulle operazioni secondarie in guerra e c'è, anche, in parte la tecnica dei vari regolamenti di esercizio. Il volume contiene grandi verità, ma anche contraddizioni, tesi drammatiche ed illuministiche che fuorviano dalla realtà che non è mai scientificamente configurabile nell'applicazione di un principio. Il De Cristoforis ha ragione quando afferma che la guerra è « scienza morale», ma gli sfugge che non è solo questo; come pure quando privilegia la massa dimentica che la forza creatrice di un principio, grande che sia, non regola da sola tutta un'attività pratica qual'è appunto la guerra. Se così fosse, la strategia e la tattica sarebbero di una facilità estrema e non sarebbero davvero necessarie, come il De Cristoforis dichiara esplicitamente, « né un'intelligenza superiore, né una grande cultura, ma basterebbero la conoscenza di <.j_uel principio e della tecnica d'impiego delle forze oltre che le qualità morali, a fare di ciascuno un bravo capitano ». La strategia, e prima ancora la guerra, è un campo in cui le grandezze in giuoco non sono mai matematicamente definibili, come invece pensava lo }omini, sicché le qualità dello spirito, l'imponderabile, l'imprevedibile non sono quantificabili a priori. La strategia o la tattica sono scienza, ma anche arte. Non esistono formulari o manuali Colombo per la soluzione dei problemi strategici e tattici. Ciò non vuol dire che il De Cristoforis non abbia avuto il merito di avere, primo tra gli italiani del secolo XIX, costruito una propria teoria sulla guerra e di avere redatto un trattato di arte militare che comprende tutte le branche - strategia, tattica, ordinamento, addestramento, logistica, geografia militare, topografia, tecnica d'impiego, fortificazione, arte del comando - nel quale la trattazione segue uno sviluppo logico e conseguenziale in un quadro organico ed unitario, benché non privo di qualche oscurità e di ombre, ma che testimonia uno sforzo intellettuale e morale di grande rilievo. Certo, il suo libro è più una raccolta di idee sistematiche di un'epoca che stava per finire, o era già finita altrove, come in Prussia, che non un compendio di prospettive del periodo che stava per iniziarsi. Se ne abbiamo sintetizzato il contenuto, lo abbiamo fatto perché esso rispecchia il pensiero militare italiano, ufficiale e non, del momento e ne individua bene i limiti, che sono, come si è visto, piuttosto angusti. Basti tenere presente come ancora prevalga l'urto rispetto al fuoco.
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4. Il Regolamento pel servizio militare nelle divisioni e nelle piazze in data 21 giugno 1823 con l'aggiunta in apposite note ed appendice delle disposizioni successivamente emanate sulla materia (8), il Regolamento di servizio per le truppe in campagna compilato sul regolamento del 19 gennaio 1833 e sui regolamenti e istruzioni successivi (9) e l'Istruzione sulle operazioni secondarie in guerra, i primi due con aggiunte e varianti non sostanziali, la terza così com'era, continuarono ad avere piena validità ed a rappresentare l'unica fonte ufficiale dalla quale attingere i criteri d'impiego e le procedure operative oltreché le norme di servizio territoriale e presidiario. Fu, invece, ripresa in esame l'intera regolamentazione di tecnica d'impiego da parte di una commissione appositamente istituita al campo di Somma in Lombardia cui fu dato l'incarico di « studiare e proporre quelle modificazioni o innovazioni » ritenute necessarie per intonare alle esigenze « dell'arte della guerra il sistema di addestramento e di manovra delle fanterie». La commissione compì uno sforzo per tecnicizzate e ammodernare l'impiego e l'addestramento sulla base delle esperienze del 1859, ma non ne mutò la sostanza dell'impostazione concettuale. Vennero rielaborati i regolamenti di esercizio e delle evoluzioni della fanteria di linea (10) e della cavalleria ( 11 ), venne compilato ex novo il regolamento di esercizio e delle evoluzioni dei bersaglieri ( 12) - la pubblicazione che reg0lamentò in modo nuovo ed originale l'impiego e l'addestramento della specialità ed i procedimenti dell'ordine sparso venne molto apprezzata anche presso altri eserciti - ed ampliato, arricchito e completamente ristrutturato il regolamento sulle istruzioni pratiche dell'artiglieria (13). Fu, insomma, compiuto un altro passo avanti specialmente per quanto riguardava le istruzioni tecniche sul tiro, sull'impiego e maneggio delle nuove armi - il fucile rigato francese M. 1860 in sostituzione di quello a canna liscia M. 1844 e le artiglierie rigate e sulla metodica addestrativa. Vi fu anche sul piano della piccola tattica un vero fervore di rinnovamento, ma l'impostazione concettuale rimase quella di prima nei termini che abbiamo già riferiti più sopra quando abbiamo sintetizzato la visione della tecnica d'impiego esposta nel libro del De Cristoforis. L'urto e la carica restarono l'atto decisivo del combattimento e conservarono la loro priorità rispetto al movimento ed al fuoco; 1
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l'azione di massa continuò a prevalere su quella individuale e delle minori unità. Il nuovo regolamento di esercizio per la fanteria di linea ribadì che l'ordine serrato « per la simultanea cooperazione delle forze è decisivo, tanto nell'attacco che nella difesa, ond'è il primo, il più importante e principale » e conseguentemente « tutte le altre ordinanze e disposizioni di combattere sono a quello - l'urto - subordinate»; l'ordine sparso va utilizzato prima dell'urto per « diradare 1e file nemiche, inquietarle, scuoterne fa compattezza e renderle vulnerabili dalle truppe serrate >. Ben poco venne scritto nella nuova regolamentazione della tecnica d'impiego circa lo sfruttamento del terreno in senso offensivo e protettivo e circa i provvedimenti per ridurre la vulnerabili1à dei ,propri dispositivi che a San Martino ed alla Madonna della Scoperta avevano subito diradamenti paurosi a causa delle perdite in caduti ed in feriti provocate dal fuoco nemico. D'altra parte, l'armata francese e quella sarda non erano state vittoriose anche mercé la loro tecnica d'impiego? L'esercito austro-ungarico non era stato sconfitto anche perché la sua tecnica d'impiego era risultata dispersiva e senza coesione tanto che si era sentita la necessità di abbandonarla per adottarne una simile a quella franco-sarda o quanto meno per correggerla e ridare all'urto (Drauflosyehen) priorità rispetto al fuoco? Come mai non si pose molta attenzione, nonostante che lo sguardo fino ad allora rivolto costantemente alla Francia venifse spostandosi verso la Prussia, che qui era già stata data una risposta diversa alla tattica ed alla tecnica d'impiego e che essa si veniva meglio precisando proprio in seguito ai risultati della guerra del 1859? Lo stesso esercito austro-ungarico era tornato a privilegiare l'urto e la furia francese - « appostar bene le artiglierie, cui si lasciava quasi intera la parte del fuoco, affrettar li schieramenti all'innanzi, coprirsi con forti stormi di tiratori, divagare il nemico con finte d'attacco, spingersi avanti risolutamente, far massa sopra un dato punto della fronte nemica, urtare, spezzare, ad2entrarsi a baionetta, a calciate di fucile occorrendo e frattanto la cavalleria scorazzare a drappelli, far punta qua e là, approfittare d'ogni momento favorevole per travagliare e sbarag1iare il nemico. Mai sostegni inutili, non più grosse del bisogno le riserve, né mai troppo lontani quelli o queste, né mai lasciarle inoperose, anzi farle concorrere sempre agli attacchi o alle difese, e piuttostc presto che tardi» (14) - ma aveva conservato molti dei suoi tradizionali procedimenti: il ricorso abituale all'unità di massa di 2 compagnie (divisione) anziché dell'intero battaglione, lo svincolo deTI'obbligo del posto fisso sia nelle formazioni
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di linea che di colonna per la divisione nel battaglione e per le compagnie nella divisione, l'esecuzione degli schieramenti perpendicolari (cioè nel senso di movimento della colonna e della linea) sempre « sulla testa » o «perla testa », la soppressione delle colonne doppie di divisione, di battaglione o di brigata, l'adozione della linea ristretta di masse di divisione e di battaglione ravvicinate con uno stormo di cacciatori sul davanti e con sostegni a breve distanza sui fianchi e sul tergo. Altrettanto aveva fatto la cavalleria: attacco impetuoso ed insistente, manovra « a frotte » sui terreni trarotti, formazioni ed evoluzioni di battaglia snelle e leggere, unità di massa lo squadrone o al massimo la divisione (2 squadroni) mai il reggimento, schieramenti perpendicolari « sulla testa » o « per la testa », avanzate continuamente manovrate in relazione al terreno, schieramento in linea sola:nente al momento dell'attacco, prima carica cli slancio, impetuosa e penetrante, vale a dire senza soste, di sorpresa e spinta a fondo. Un tecnica d'impiego, quella austriaca, più semplice e più elastica di quella franco-sarcfo, sebbene desse credito alle colonne profonde (colonne di due compagnie) che saranno falcidiate dai prussiani nel 1866 mediante l'impiego del fucile Dreyse (15) particolarmente efficace sulle tre pesanti colonne di divisione nelle quali si articohva il battaglione austriaco con intervalli serrati (16). I prussiani, invece, basavano la loro t ecnica sulla colonna di compagnia perché q11esta « consentiva alla massa di giovani energie di agire d'iniziativa, rappresentava il più mobile e il meno vulnerabile fra tutti gli ordini ai combattimento e, soprattutto, perché favoriva l'impiego su vasta scala delle formazioni sparse imposte dall'essenza e dai nuovi caratteri assunti dal combattimento» (17). La tattica del fuoco Feuertaktik e non la tattica dell'urto Stosstaktik era, per i prussiani, quella decisiva ed essa consisteva in una serie di atti tattici parziali e localizzati, condotti da compagnie che agivano apparentemente indipencenti, ma in realtà coordinate dall'identità dell'obiettivo. Da qui: la rilevante forza - 250 uomini - della compagnia, lo spiegamento della compagnia su 3 righe delle quali la terza combatteva in catena, l'importanza delle colonne di compagnia, unità non costretta a scindersi come frequentemente capitava al battaglione e di questo più mobile e manovriera, oltreché meglio comandabile ed al tempo stesso sufficientemen;e robusta. Le compagnie di fanteria prussiane possedevano « nello stesso tempo i vantaggi della colonna e della linea spiegata e, per il fatto che ad esse era possibile intervallarsi largamente, presentavano un fronte di lotta più esteso »,
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come pure « potendosi rapidamente e contemporaneamente spiegare, offrivano minore vulnerabilità al tiro d'artiglieria che non il battaglione compatto, si adattavano facilmente a qualsiasi forma di terreno, senza disorganizzare il battaglione, avevano un'aliquota di forze sempre pronta ad agire in catena, favorivano la costituzione di distaccamenti, di eventuali azioni isolate e la formazione istantanea ed organica di piccole riserve». Tale tattica aveva naturalmente i suoi pericoli e difetti - fronti troppo estese e sottili, frazionamenti eccessivi, aleatorietà dell'azione di coordinamento, tendenza dei rincalzi e delle riserve ad entrare in azione prematurament~ - che apparvero chiaramente nella guerra del 1866 dove risultarono evidenti la diminuzione dell'unità di azione, la solidità delle fronti di combattimento, la difficoltà di parare gli imprevisti e di immettere le forze decisive sul tratto ed al momento opportuni ma pericoli e difetti largamente compensati, specialmente dopo talune correzioni apportate dopo la guerra contro l'Austria-Ungheria, dalle maggiori possibilità di sfruttare il terreno ed il fuoco. In tutti i casi la tattica del fuoco non poteva non essere la tattica del futuro in relazione alle sempre crescenti prestazioni delle nuove armi. Il ricorso normale alle manovre di piccole unità operanti per le linee più brevi e topograficamente più redditizie in un contesto coordinato - anche se spesso non lo sarà - richiedevano innanzi tutto operatoti molto qualificati: quadri dall'occhio tattico sicuro e dal polso fermo, oltreché di esperimentata tecnica, e soldati che sapessero valorizzare l'autonomia e l'indipendenza loro accordate senza rompere l'unitarietà dell'azione d'insieme. L'essenza della nuova tattica e della nuova tecnica di combattimento consisteva nell'armonizzare il fuoco ed il movimento al livello dei singoli e delle unità minori conferendo alle compagnie un ruolo tale da farne le protagoniste degli atti tattici. Alla vigilia della prima guerra mondiale un colonnello bavarese dichiarerà « che la potenza dell'esercito tedesco risiedeva nell'autonomia dei comandi di compagnia » (18). L'immobilismo dottrinale dell'armata sarda e dell'appena nato esercito italiano negli anni tra il 1859 ed il 1866, anni sotto altri àspetti di rinnovamento e di ammodernamento, non derivò tanto dal gretto piemontesismo dei capi militari, com'è stato più volte ripetuto, dalla inveterata arretratezza culturale, che certo esisteva, neppure dal fascino che ancora esercitava la Francia e dalla convinzione che la dottrina, avendo prodotto risultati di successo, fosse di per sé eccellente e da non mutare - tutti questi motivi possono aver concorso, ma non furono certo né i soli né i più vincolanti - quanto
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dalla situazione politica nella quale il regno d'I talla visse i prmu anni della sua infanzia: l'incombere di una nuova guerra per il Veneto e per Roma. In tale prospettiva rispondeva a criterio di saggezza risparmiare all'esercito la scossa che sarebbe immancabilmente derivata da un cambiamento radicale della modalità e dei procedimenti di azione che, buoni che potessero essere od apparire, non sarebbero mai stati vantaggiosi alla vigilia di una guerra senza avere il tempo di fare assimilare le innovazioni ai soldati alle armi ed a quelli da richiamare per il completamento dell'organico di guerra delle unità. Un immobilismo, dunque, di origine prudenziale più che culturale e congeniale in quanto, proprio in quel periodo, non furono poche le idee e le tesi dottrinali dibattute sulla stessa Rivista Militare Italiana, talune derivate dallo studio comparativo con la regolamentazione degli altri eserciti europei (19). Una volta confermata nella sostanza la validità della tecnica d'impiego del passato, sarebbe stato necessario lasciare fermi anche l'ordinamento e gli organici delle unità per le quali quella tecnica era stata rigidamente regolamentata a meno di non determinare una frattura tra procedimenti ed ordinamenti addirittura esiziale in sede addestrativa e operativa. In siffatto errore cadde il Fanti quando propose, come vedremo, un nuovo ordinamento del reggimento e del battaglione di fanteria di linea senza tenere presente di rivedere tutta la tecnica d'impiego di tali unità e, in conseguenza, fece bene il Petitti (20) che, divenuto ministro della guerra, approfittando del fatto che la riforma del Fanti, benché approvata dal Parlamento, non aveva ancora avuto esecuzione, ripristinò il vecchio ordinamento del La Marmara « salvo ad esaminare definitivamente a tempi più opportuni quale veramente pel rispetto militare sia la formazione più utile e conveniente» (21). E, a ragione, il Corsi annotò: « le modificazioni arrecate dal generale Fanti all'ordinamento dei corpi, facendo il reggimento di fanteria di 3 battaglioni, il battaglione di 6 compagnie e il reggimento di cavalleria di 6 squadroni, non potevano avere conseguenze tattiche, non essendo accompagnate nelle arti da manovra e da battaglia » (22). Il Petitti dichiarò esplicitamente di « estraniarsi dal merito » della questione, anzi ammise che vi potessero essere ottimi argomenti a sostegno dell'ordinamento Fanti, ma che riteneva indispensabile lasciare il tutto (dottrina ed ordinamento) così com'era fino a quando non 'SÌ addivenisse pel rispetto militare, vale a dire sotto il profilo dell'impiego, ad una definizione appropriata e aggiornata della nuova fisionomia tattica delle minori unità della fanteria di linea.
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Il problema che non si poteva rimandare a tempi più opportuni era, invece, quello del1'addestramento, fattosi a mano a mano negli anni 1859 e 1860 più complesso e più delicato per il repentino atnpiarsi del nuovo regno ed il conseguente affluire nelle unità di quadri e di soldati di provenienza eterogenea e di mentalità, abitudini, livello culturale diversi. Dei circa 14.000 ufficiali in servizio ai primi del mese di giugno del 1866: il 43% proveniva dalle scuole militari preesistenti al 1859 o istituite dopo quell'anno, il 50% dai sottufficiali in seguito a corsi e promozioni affrettati per effetto dell'aumento del numero delle unità e perciò delle esigenze organiche, il 7 % da altre milizie senza avere frequentato corsi regolari di reclutamento e di perfezionamento . Alla stessa data i soldati alle armi avevano le seguenti provenienze: il 5,65% dall'armata sarda, il 4,60% dall'esercito austriaco, il 2,54% dalle milizie della Lega, il 4,80% dall'esercito dell'ex regno delle Due Sicilie, il 40,03% dalle leve degli anni 18611865 delle provincie unite prima del settembre 1860, il 31,63% dalle leve degli anni 1861-1865 delle provinde unite dopo il settembre 1860, il 10,75% dagli uomini della seconda categoria della Classe 1844 (23 ). Nonostante il generale elevato spirito patriottico che animava la maggior parte dei soldati, le diversità delle condizioni culturali e sociali non potevano non incidere sull'addestramento e, in definitiva, sull'efficienza operativa delle unità la quale non era pari a quella che la quantità degli uomini e dei mezzi e la buona qualità di questi ultimi avrebbe potuto esprimere, ma era di gran lunga inferiore. Se si tiene conto che alle difficoltà derivanti dall'eterogeneità del personale si sommavano quelle derivanti dai numerosi impegni territoriali, di presidio, di caserma e dalla lotta di repressione dei movimenti di ribellione e di brigantaggio dell'Italia meridionale e della Sicilia insofferenti degli oneri - coscrizione compresa - che l'unificazione aveva imposto senza apportate vantaggiosi miglioramenti aJie condizioni sociali ed economiche di estrema arretratezza feudale, emerge come l'impresa addestrativa fosse ardua e quasi disperata. Il Fanti, succeduto al La Marmara nella carica di ministro della guerra il 22 gennario 1860, nell'enorme ridda di difficoltà organizzative, insite nella rapidità stessa con la quale si era quasi improvvisamente pervenuti all'unificazione di gran parte della penisola,
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cercò di fdare subito notevole incremento all'addestramento tattico dei quadri e delle truppe ,arriva-mio a sospendere le scuole di corpo istituite a suo tempo dal La Marmora - sospese le scuole di lettura, scrittura, ecc., ma non quelle di contabilità - affinché tutto il tempo disponibile venisse impiegato, anche durante la stagione invernale, fino ad allora utilizzata prevalentemente per le scuole di corpo, per i t iri al bersaglio, la scuola dei cacciatori, la scherma di baionetta e di bastone, il servizio di avamposti, le marce e i regolamenti militari (nei soli giorni piovosi)J. (24). Il provvedimento della sospensione delle scuole reggimentali venne poi revocato, a ragione, dai successori del Fanti fin dall'autunno-inverno 1862-1863 e le scuole vennero disciplinate mediante un nuovo regolamento nel quale se ne ribadì l'essenzialità « al fine di far concorrere le istituzioni militari allo sviluppo dell'istruzione primaria del Paese ed a formare un vivaio di individui atti a coprire i gradi minori della gerarchia militare ed a progredire anche ai maggiori » (25). Lo sviluppo dei campi d'istruzione e fistituzione dei Corsi di operazioni di minuta guerra, vale a dire di esercita7.ioni tattiche sul terreno, curati dal Fanti e dai suoi successori, congiuntamente all'aumento degli istituti militari di reclutamento e di perfezionamento ed al loro riordino, testimoniano come ormai fosse giunta a maturazione l'idea che la preparazione professionale e l'addestramento al combattimento, inteso nel senso più ampio del termine, fossero fattori imprescindibili del successo sul campo di battaglia. Nel 1861 venne istituita la carica d'ispettore degli istituti militari del regno (26) e nel 1862 fu creato il « Consiglio superiore degli istituti d'istruzione e di educazione militare » {27) con il compito di sovrintendere all'organizzazione ed al funzionamento dei collegi, dell'accademia, delle scuole di applicazione (28) e delle scuole d'arma (29), distinguendone le funzioni, graduandone gli insegnamenti, unificandone gli indirizzi metodologici anche in relazione ai progressi che le discipline scientifiche e tecniche di più stretto interesse militare venivano compiendo. Tenuta presente la sempre maggiore tecnicizzazione delle armi e dei servizi, furono riordinati e ristrutturati i « Comitati » superiori delle varie armi (30) e della Sanità e fu creato, per una migliore coordinazione dei lavori settoriali, il « Comitato superiore delle varie armi », una specie di Consiglio superiore dell'esercito, con il compito di esaminare i problemi comuni e di fornire per la loro soluzione pareri consultivi al ministro della Guerra (31). In conclusione, vi fu in materia un grande fervore di idee e di iniziative pratiche che rivela un anelito di rinnovamento e
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di avanzamento culturali di per sé sufficienti a demolire ogni sospetto di volere restare in una situazione di arretratezza. Fu un lavoro che ovviamente non poté dare tutti i suoi frutti nella guerra del 1866 perché questa sopraggiunse quando i vari provvedimenti erano stati varati da troppo breve tempo.
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NOTE AL CAPITOW VI (1) Manfredo Fanti (1808-1865), generale. Ufficiale del genio dell'esercito del duca di Modena, partecipò alla congiura di Ciro Menotti e prese parte alla spedizione mazziniana nella Savoia nel 1833. Com1'atté successivamente in Spagna nelle file dei Cristiani. Fu eletto deputato al Parlamento del regno di Sardegna 111el 1849 e partecipò con il grado di generale di brigata alla spedizione in Oriente e con il grado di generale di divisione alla guerra del 1859. Fu ,poi generale in capo della Lega dell'Italia centrale. Nel 1860 comandò la spedizione contro le tru:ppe pontificie nell'Umbria e nelle Marche e successivamente partecipò alla spedizione contro il regno di Napoli. Minist,ro deJ.la Guerra dal gennaio 1860 al giugno 1861, dopo essere stato nominato senatore nel 1860. Jstitul la scuola militare cli Modena ed ebhc gran par.te nel riordinamento dell'esercito italiano del quale certificò la na· scita con la nota n. 76 del 4 maggio 1861 in cui è detto: « Vista la legge in data 17 marzo 1861, colla quale S.M. ha assunto i,1 titolo di Re d'Italia, il sottoscritto rende noto a ,t utte le Autorità, Corpi ed Uffici militari che d'ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l'antica denominazione di Armata Sarda. Tutte le relative inscrizioni cd intestazioni, che d'ora m avanti occorra fare o di rinnovare, saranno modificate in questo senso». -
(2) Quadro di battaglia dell'armata <li operazione ,per l'Umbria e le Marche: comandante in capo: luogotenente generale Fanti (ministro della guerra). maggiore Bertolé-Viale. capo di stato maggiore: luogotenente colonnello Thaon di Revel. comandante superiore dell'artiglieria: luogotenente generale Menabrea. comandante SlJ/Periore del genio: maggior generale Della Rovere. intendente generale: luogotenente generale Cialdini. Quarto corpo d'armata:
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divisione: brigata Como brigata Bergamo XI e XII batt. bersaglieri. - 2 batterie da 8. - reggimento lancieri di Milano. - una compagnia del genio.
maggior genera~e Leotardi. brigadiere Cugia. brigadiere Casanova.
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13" divisione: - brigata Pistoia: - brigata Parma: - XXII e XXVI batt. bersaglieri. - regg. lancieri Vitt. Emanuele. - 2 batterie da 8. - una compagnia del genio. - ,riserva d'artiglieria: tre batterie
-maggior generale Cadorna. brigadiere Chiabrera. brigadiere Seismit-Doda.
divisione: brigata Regina: brigata Savona. VI e VII batt. bersaglieri: 2 batterie da 8. reggimento lancieri di Novara. una compagnia del genio.
maggior generale Villamarina. brigadiere Avenati. brigariere Regis.
da 16.
CAP. VI - Ù1'<'40BILISMO DOTTRINALE
-
(18.59-1866)
153
Quinto corpo d'armata:
luogotenente generale Della Rocca.
-
maggior generale Maurizio De Sonnaz. maggior generale Camerana. maggior generale Brignonc.
t• -
divisione: brigata Gran. di Sardegna: brigata Gran. di Lombardia: XIV e ~ batt. bersaglieri. due batterie da 16. una compagnia del genio.
divisione di riserva: maggior ,generale Di Savoiroux. - brigata Bologna: brjgadiere Pinelli. - IX, XXIII, XIV e XXV battaglione bersaglieri. - due batterie (una da 8 ed una di obici). - reggimento Niua cavalleria. - reggimento Piemonte reale cavalleria. - una compagnia del genio. I reggiment,i delle brigate Pistoia e Bologna erano di 2 battaglioni; quolli della brigata Parma cli 3, gli altri tutti di 4 battagliom. Questi in media erano di 400 uomini. I reggimenti di cavalleria erano tutti su 4 squadroni; le batterie -s u 6 pezzi, di cui 2 rigati. Le fanterie erano armate di fucili d"igati. In tutto: 32-33.000 uomini e 78 pezzi ,di artiglieria. Enrico Cialdini (1811-1892), duca di Gaeta, generale. Partecipò ai moti del 1831 a Modena e prese parte in Spagna ai combattimenti dei Cristiani contro 1a fazione Don Carlos. Entrò nel 1848 ·nell'armata sarda, combatté alla Sforzesca ed a Novara, prese parte alla guerra di Crimea e nel 1860, al comando del IV corpo d'armata, impegnato nella conquista delle Marche, riportò una schiacciante vittoria contro le truppe pontificie a Castelfidardo. Successivamente espugnò Gaeta. Fu luogotenente del re nelle p.rovincie meridionali. Comandante supremo nella guerra del 1866, accettò successivamente incarichi diplomatici. Carlo Pellion conte di Persano (1806-1883), ammiraglio. Nel 1860 fu inviato in Sicilia al comando di una 6quadra navale a sorvegliare la spedizione di Garibaldi; successivamente appoggiò dal mare le operazioni di Garibaldi e l'assedio di Ancona (1860) e di Gaeta (1861). Fu ministro della Marina nel gabinetto Rattazzi (1862) e senatore dal 186.5. Comandante supremo della flotta -nel 1866, fu sconfitto a Lissa e, sottoposto a giudizio, fu riconosciuto colpevole di inettiturune e degradato . -
(3) Feldmaresciallo Montgomery. Storia delle guerre. Op. cit., p. 437.
(4) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. Garibaldi Condottiero. Raccolta di monografie storico-militari. Tipografia Regionale. Roma, 1932, p. 238.
(.5) Idem, p . 239. (6) Idem, p . 238. (7) De Cristo/oris Carlo 0824-18.59), patriota, studioso e scrittore. Si impegnò nelle Cinque Giornate di Milano nel 1848; fece parte della legione Manara. Si avvicinò ai mazziniani fino al 18.51, ma se ne distaccò perché convinto che non si dovesse spargere sangue inutilmente. Quando l'Inghilterra organizzò .in Piemonte una legione italiana per la guerra d'Oriente chiese ed ottenne di farne parte e fu nominato ufficiale. Vicende di guerra fo portarono a Malta ove lo colse la pace prima di poter prendere parte alla guerra d'Oriente. Nel dicembre del 18.56 s'imbarcò per l'Inghilterra dove fa legione venne sciolta ed egli fu congedato con il grado di capitano. Visse .poi a Torino dove continuò a coltivare studi ùi ogni
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genere. Tornato in Inghilterra .p er motivi familiari, rientrò nel 1859 per recarsi da Ga.ribaldi che stava organizzando il corpo dei cacciatori delle Alpi. Destinato al comando di una compagnia, si distinse a Casale ed a . Sesto Calende ed a San Fermo, dove cadde alla testa della sua compagnia. Scrisse di politica,' di economia, di arte, di cultura e un solo libro di arte militare: Che cosa sia la guerra pubblicato dopo la sua morte. (8) Regolamento pel servzzzo militare nelle divisioni e piazze del 21 giugno 1823 con l'aggiunta in apposite note ed appendici delle disposizioni successivamente emanate sulla materia. Tipografia militare. Napoli 1861. (9) Regolamento di servizio per le truppe in campagna con appendice in riguardo al servizio degli avamposti e pattuglie approvata con R.D. del 29 agosto 1859. Tip. Fod~atti, Torino 1866.
(10) Modificazioni ed aggiunte al regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della fanteria di linea del 17 ottobre 1852 onde adottarlo all'uso del fucile di fanteria modello 1860 con alzo. Tip. Fratelli Fodratti, Torino 1860. Altre modifiche furono introdotte nel 1861 in 6eguito all'adozione generalizzata dei fucili di fanteria rigati con o senza l'alzo. (GM., annata 1861, p. 535). (11) Regol,amento per l'esercizio e le evoluzioni della cavalleria. Tip. F.Ui Fodratti, Torino 1861, Voi. I. II e III. La pubblicazione consta di 5 parti: la prima comprende le definizioni; i principi generali; gli esercizi elementari di ginnastica; l'istruzione individuale a piedi; l'istruzione di rango, di plotone, di squadrone; l'istruzione sul tiro e sul buon governo delle armi; la seconda riguarda : le prime istruzioni che si danno ai cavalieri intorno al cavallo; l'affardellamento; l'istruzione individuale a cavallo; il volteggio; l'istruzione di plotone; l'addestramento del cavallo di rimonta; la terza tratta: l'istruzione ddlo squadrone a cavallo e le evoluzioni di reggimento; la quarta: le evoluzioni di brigata e di divisione; la quinta: l'ippiatria. Allo scopo di sottolineare come ancora fosse complicata, di difficile apprendimento e tutto sommato alquanto anacronistica Ja tecnica d'impiego geometrica alla quale dovevano essere addestrate le unità di cavalleria, ci limitiamo ad elencare i titoli del capitolo II della parte terza riguardanti le formazioni, i movimenti e gli ordini del reggimento, aggillDgendo che ancora più numerosa era la casistica riferita al plotone ed allo squadrone. Capitolo II della parte terza: paragrafo 1: composizione de! reggimento; 2" assembramento di un ·reggimento; 3° ordini di formazione: in ordine di battaglia, in ordine di battaglia per parata, in ordine di battaglia su due linee, in ordine di colonna per due o per quattro, in ordine di colonna di via, in ordine di colonna per squadre, in ordine di colonna per plotoni, in ordine di colonna per sezioni, in ordine di colonna ,per squadroni, in ordine di colonna per divisioni, in ordine di colonna per sfilare in parata; 4° passare dal· l'ordine di parata all'ordine di battaglia e viceversa; 5 rimpiazzamento e mutazioni in dipendenza di circostanze diverse; 6° formazione della scorta dello 6tendardo, ricevimento del medesimo; 7° porto e saluto dello stendardo; 8° nozioni preliminari (indicazioni generali, punti di direzione, modo di collocare punti intermedi fra punti dati, modo di determinare gli altri punti quando è stato indicato un punto solo di dire-t:ione, tracciamento delle linee); 9° avvertenze (del colonnello, degli uffiziali superiori, dei comandanti di squadrone, degli aiutanti maggiori); articolo primo: allineamento successivo degli squadroni nel reggimento; allineamento simul· taneo del reggimento; rompere il reggimento per quattro; formare i plotoni al.la medesima andatura; rompere i plotoni per quattro alla 6tessa andatura; rompere i plotoni per quattro taddoppiando l'andatura; formare il reggimento che trovasi in colonna per quattro, sopra il fianco, o sul ,prolungamento innanzi del fianco, od
CAP. VI - L' 1MM0BIL1SMO DOTrRINALE
(1859-1866)
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avanu m battaglia; articolo secondo: passare dall'ordine di battaglia all'ordine di colonna per plotoni; cambjarc direzione; marciando in colonna per plotoni far fronte al lato opposto; formare il reggimento in battaglia sopra un fianco o su] prolungamento innanzi d'un tfianco; rompere per plotoni dalla destra per marciare a suustra, e viceversa; rompere per plotoni indietro da.Ha destra per marciare a sinistra, e viceversa; guadagnare terreno sul fianco della colonna a mezz.o di movimenti per quattro in obliquo od in marcia diagonale per plotoni; [egolare la celerità delle andature; formare la colonna per plotoni in battaglia nella fronte indietro; formare Li colonna in battaglia quando una parte della colonna ha cambiato direzione; formare la colonna in battaglia sopra una linea già oltrepassata dalla testa della colonna; formare il regg~mcnto avanti in colonna sui plotoni del centro, o d'iindietro .sui plotoni delle ali; sfilare in parata essendo in colonna con distanze; articolo ter.ro: .passare dall'ordine di battaglia all'ordine di colonna per squadroni con distanza; marciare in colonna di squadroni con dtstanza; cambiamento di dire:.:ione; movimenti della colonna di squadroni con distanza; passare dall'ordine di colonna per squadroni con distan7,a, all'ordine di colonna serrata, e viceversa; passare dall'ordine di battaglia all'or&ne di colonna serrata, e viceversa; marciare in c~ lonna serrata; cambi.amento di direzione della colonna serrata in marcia; cambiamen,to di direzione della colonna serrata di pié fermo; volgere nella fronte al lato opposto la colonna serrata ferma od in marcia; ,passare dall'ordine di colonna .serrata all'ordine di colonna per plotoni; mediante il rompere successivo degli squadroni, ~,assare dall'ordine di colonna ,p er iplotoni, all'urcline di colonna SCl'rata, od all'ordine di colonna con distama per ,squadroni, mantenimento ·nella stessa direzione; passare dall'ordine di colonna per plotoni all'ordine di colonna serrata, fronte sopra un fianco; guadagnare terreno sul fianco della colonna ferma o marciante; addoppiare per colonna di squadrone sulla colonna dello squadrone di testa; spiegamento della colonna .serrata sopra uno dci suoi fianchi, o snJ prolungamento innanzi di uno de' suoi fianchi ; <Spiegamento della colonna ser-r ata sulla sua fronte, in battaglia o in scaglioni; il reggimento essendo in scaglioni a 14 passi di distanza, disporlo 1n battagli'<! in senso diagonale; il reggimento essendo in scaglioni a 14 passi di distanza, disporlo in colonna serrata; essendo in colonna serrata sfilare in parata a distanza intera; sfilare in parata individua:lmente; articolo quarto: marcia del reggimemo in battaglia; il reggimento marciando -in battaglia fargli guadagnare terreno innanzi verso un 'ala, o farlo retrocedere; il reggimento marciando in battaglia for. marlo in colonna serrata; cambiamento di fronte della linea di battaglia; marcia per scaglioni avanti ed in ritirata; passaggio dalla 'linea avanti ed in ritirata; carica; carica in linea; carica in colonna; carica in foraggieri; colonna per divisioni, e relativi m~ vimenti; regole generali intorno all'impiego delle varie andature. (12) Regolamento di esercizio e di evoluzioni per bersaglieri approvato con R.D. 18 marzo 1866 Tip. G. Canone e comp. Torililo 1866. Il regolamento tratta della scuola individuale, di riga, di quadriglia, di plotone, di compagnia, di battaglione e deLle evol~ioni di più battaglioni. Nella scuola di riga descrive: i movimenti elementari; il maneggio delle armi; l'impiego del fuoco; le formazioni (di fronte e di fianco); i movimenti (di fronte, di marcia diretta, obliqua); 'le conversioni; la marcia di fianco; i passaggi di formazione e lo sfilamento in .parata; nella scuola di quadriglia: le formazioni (in fila, in ,linea, in gruppo); i passaggi di formazione; le marcie; i fuochi {da fermi, marciando, a linee successive); l'attacco alla baionetta; l'attacco ,per isloggiare il nemico da una posizione e quello per difendere una posizione; le norme 1p er Je evoluzioni ed il combattimento sui vari terreni; nella scuola di plotone: le norme 4>er l'ordine serrato; le formazioni (di fronte, di fianco, in gruppo); i movimenti elementari; le disposizioni per disporre il plotone in quadriglie e rimetterlo su due righe, per disporlo su quattro riehe chiuse e rimette:,rlo in quadriglie, per disporlo su due righe aperte e rimet-
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FILIPPO STEFANI
tel'lo su due righe chiuse; la marcia (di fronte, di fianco); i passaggi di formazione; i fuochi (attaccando, a volontà, di riga, in gruppo, di p,arata); l'attacco alla baionetta; lo sfilamento in pararta, l'istruzione in ordine sparso; la formazione in catena; i passaggi (dall'ordine serrato a quello sparso e viceversa, dalle formazioni in quadriglia di fron,te a quello in catena, da quel-lo in catena a quello in quadriglia di fronte, da quella in catena a quella di groppa e viceversa); le marce; le conversioni; i fuochi; l'attacco alla baionetta; la scuola di compagnia: le nozioni .preliminari; l'istruzione in ordine serrato; le formazioni (in battaglia, di fianco, in colonna, in quadrarto ed in gru,ppo); i movimenti elementari; fa marcia nelle formazioni in battaglia o di fianco; le conversioni; la marcia nella formazione in colonna; Ja marcia nella formazione in quadrato od in gruppo; gli ostacoli (nella marcia in battaglia, di fianco, in colonna); i passaggi d i formazione (da quello in battaglia a quello di fianco e viceversa; da quello in battaglia a quello in colonna; da quello in colonna a quello in battaglia, da quello in colonna a quello in quadrato e viceversa, da qualunque formazione a quc1lo in gruppo); i fuochi; l'attacco alla baionetta; lo sfilamento in .parata; l'istruzione in ordine sparso; le formazioni (in catena di quadrigilia, in catena di plotoni, in catena mista); i passaggi (dall'ordine serrato a quello sparso, dall'ordine sparso a quello serrato, f.ra le varie formazioni in catena); la marcia e i cambiamenti di fronte; le conversioni; i cambiamenti di fronte; i fuochi; il prolungamento, l'accorciamento, il rinforzo, il cambio clella catena; l'attacco alla baionetta; i passaggi di strette. Anche la scuola di battaglione tratta argomenti analoghi a qudli ,~ella compagnia: l'istmzione in ordine serrato; le formazioni (in linea, di fianco, a scaglioni, in colonna, in quadrato); i movimenti elementari; la marcia; i ,passaggi di fonnazione (da in linea a scaglioni e viceversa, da in linea od a scaglioni e in colonna, da in colonna e in linea od a scaglioni, quadrati ); i cambiamenti di fronte; i fuochi; l'attacco alla baionetta; lo sfilamento in parata; le riviste; l'istruzione in ordine sparso; le formazioni; i passaggi di formazione; ,)e marce; i cambiamenti di fronte; i fuochi; il ,prolungamento, l'accorciamento, il rinforzo ed il cambio della catena; l'attacco alla baionetta; il passaggio di strette. Per le evoluzioni di più battaglioni vengono precisate: le formazioni (in linea, a scaglioni, in colonna, di fianco); i movimenti elementari; la marcia; i passaggi di formazione; i quadrati; i cambiamenti di fronte; il .rinforro ed il prolungamento della prima linea; i fuochi e .gli attacchi alla baionetta; Io sfilamento in parata e Je riviste.
(13) Regolamento delle istruzioni pratiche dell'artiglieria. Volumi I , II, III, IV, V , VI , VII , VIII. Tip. Vercellino, Torino 1861. (14) Carlo Corsi, Storia militare, Vol. Il; Op. cit., ,p. 160. (15) Johann Nikolaus Dreyse (1787-1867), industriale tedesco, •i nventò nel 1827 il fucile ad ago adottato da1la Prussia nel 1841. LI fucile Dreyse fu il primo efficiente fucile a retrocarica con un otturatore cilindrico girevole-scorrevole con appoggio a s,pa11a e con l'impiego di una cartuccia di carta che aveva l'innesco, a ba.se di fulminato, collocato in una cavità alla base della .pa1lottola. Il percussore era costituito da un lungo ago che colpiva l'innesco dopo aver attraversato la base di carta e la carica di polvere. 11 Dreyse .rimase in dotazione dell'esercito prussiano fino all'adozione del Mauser (1871) e fu imitato da.i francesi Chassepot e dagli italiani Carcano. (16) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna. Vol. III, Op. cit., p. 387. (17) Idem, ,p. 384. (18) Idem, p. 382 nota 2.
1
CAP. Vl - L 1MMOB1L1SMO DOTTRINALE ( 1859-1866)
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(19) Veds. Rivista Militare Italiana anni 1860-1866. Moltissimi gli scritti di tattica, di tecnica d'impiego, di cooperazione interarmi, sull'incidenza delle nuove armi sulla .tattica. Citiamo: Studi sulla cavalleria nello spirito della tattica moderna ed il nuovo ordinamento dell'esercito italiano (anno 1861), vol. I, luglio, agosto, settembre); Cenni sui cannoni rigati che si caric(lllo per la bocca e per la calotta e sui perfezionamenti da recarsi all'arte della guerra del luogotenente generale G. Cavalli (anno 1862, Vol. I, luglio, agosto, settembre); Considerazioni di tattica moderna (anno 1862, Vol. II, ottobre, novembre, dicembre); L'arma del genio negli eserciti - il primo scritto dell'allora capitano Nicola Marselli (anno 1863, Voi. III, gennaio, febbraio, marzo); Dell'azione combinata dell'artiglieria a cavallo e della cavalleria (anno 1863, Voi. IV, aprile, maggio, giugno); Dell'artiglieria rigata e delle conseguenze tattiche che ne derivano {anno 1863, Vol. II, ottobre, novembre, dicembre); Lo studio dell'arte della guerra (anno 1863, gennaio, p. 44); La tattica moderna (anno 1868, febbraio e maggio, p. 152); Dello stato maggiore di un esercito (anno 1859, ottobre, p. 218); Brevi cenni sui campi d'istruzione e sulle manovre autunnali del II corpo d'esercito (1870, dicembre, p. 389); Studi militari sull'organizzazione delle nostre fanterie (1860, maggio, p. 113, luglio, p. 29, agosto, p. 134, settembre, p. 263); Regolamento di manovra per la fanteria dell'esercito italiano (anno 1861, luglio, p. 49, agosto, p. 113, settembre, p. 213, dicembre, p . 201); Relazione sopra le cose più notevoli riguardanti all'artiglieria ed altre armi state trattate, inventate, proposte ed approvate in paesi esteri, nef!.li anni 185R-1859-1860-1861 (anno 1860, gennaio, p. 88, aimu 1861, febbraio, p. 139, a1U10 1862, febbraio, p . 125); ecc. ecc. (20) Agostino Luigi Pctitti di Roreto {1814-1890), generale. Frequentò l'accademia militare di Torino. Prese ,parte alla prima guerra d'indipendenza. Nel 1855, fu, con il grado di tenente co!o1U1ello, capo di stmo maggiore del corpo di spedizione in Crimea. Ministro della Guerra nel 1862 e, una seconda volta, nel 1864-1865. Aiutante generale dcl La Ma11mora durante Ja campagna del 1866 e, poi, comandante generale militare di Milano sino al 1877. (21) Relazione sul R.D. del 26 marzo 1862 (G.M., annata 1862, p. 187 e segg.). (22) Carlo Corsi, Op. cit., Voi. II, 1p. 159. (23) I.A campagna del 1866 in Italia, redatta dalla Sezione Storica del Corpo di Scaco Maggiore. Carlo Tipografo di S.M. il re. Torino I, Voghera, Roma 1876, p. 7. (24) Circolare n. 17 del 5 febbraio 1860 (G.M. annata 1860, p. 115). (25) Circolare n. 34 del 31 ottobre 1862 (G.M. annata 1862, p. 875) e Il nuovo Regolamento per le scuole dei corpi dell'Esercito (G.M. annata 1865, p. 457 e segg.). Il regolamento prevede due ordini di scuole: -l'inferiore al Iive1lo di battaglione e la superiore al livello di .reggimento, ciascuna ar-ticolata in 3 dassi non superiori ai 30 + 40 allievi; stabilisce Je materie d'insegnamento ed i metodi didattici per ognuna di esse; fissa le norme riguardanti le direzioni didattiche, gli insegnanti, i locali, la disci,pl.ina, il servizio di funzionamento interno, le modalità degli esami e dei passaggi di classe, le disposizioni per la gestione economica, i registri. i rapporti, gli specchi periodici, ecc. {26) R.D. del 12 giugno del 1861 (G.M. annata 1861, p . 425). (27) R.D. dd 16 marzo del 1862 (G.M. !lilnata 1862, p, 182).
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FILIPPO STEFANI
(28) Con il R.D. del 15 agosto 1863 (G.M. annata 1863, p. 481) venne istituita da « Scuola d'applicazione ddle armi di artiglieria e del genio (in sostituzione delle
scuole di venivano quelli di durata di
cui ai R.R. D.D. dell'8 agosto 1851 e del 13 ottobre 1860) alla quale ammessi i sottotenenti provenienti dall'accademia e, previ esami, anche altra provenienza, per la frequenza di un corso, con esami annuali, della 2 anni.
(29) Nel 1865 la Scuola Militare di fanteria - prima ad Ivrea e successivamente a Colorno (Veds. G.M., annata 1864, p. 960) - fu .trasferita a Parma (Veds. G.M., annata 1865, p. 543). Nello stesso anno, il 18 novembre, .la Scuola militare di fanteria e la Scuola militare di cavalleria vennero unificate in un solo istituto che assunse il nome di « Scuola Militare di Fanteria e di Cavalleria » (Veds. G.M., annata 1865, p. 781). Nel 1862 era stata istituita in Livorno anche la Scuola normale per i bersaglieri (Veds. G.M ., annata 1862, p. 880) con corsi obbligatori per gli ufficiali, della durata di 6 mesi. (30) R.D. del 15 gennaio 1863 che approva le attribuzioni del Comitato dell'arma di fanteria e R.D. del 15 gennaio 1863 che approva il Comitato dell'arma di cavalleria (G.M., annata 1863, pp. 27-34). (31) R.D. del 16 aprile 1862 che istituisce il Comitato superiore delle varie anni {G.M., annata 1862, p. 265).
CAPITOLO VII
IL FERVORE ORGANIZZATIVO E I GRANDI PROBLEMI ORDINATIVI ALLA NASCITA DELL'ESERCITO ITALIANO (1859-1866) 1. Dall'armata sarda alt'esercito italiano. 2. Eserciti di qualità. 3. La questione dei volontari e dell'esercito meridionale. 4. Ordinamento La Marmora e Ordinamento Fanti. 5. L'ammodernamento delle armt e lo sforzo logistico. 6. La fortificazione della nuova frontiera. 7. Preparazione alla guerra.
1.
Non si può non restare stupiti ed ammirati di fronte all'enormità dello sforzo e<l alla validità dei risultati conseguiti dall'armata sarda prima e dall'esercito italiano poi nell'intervallo di tempo tra l'armistizio di Villafranca e la sconfitta di Custoza del 1866. Vedremo più avanti le cause di tale sconfitta, ma questa non può porre in non cale quanto i capi militari e l 'insieme delle forze politiche e militari fecero a favore dell'unitarietà e dell'efficienza operativa dell'esercito mediante la ricerca delle soluzioni da dare ai problemi ordinativi, a quelli dell'armamento e della difesa delle nuove frontiere in una situazione d'inquietudine e d'incertezza politica e di estrema ristrettezza finanziaria. Che talune di tali soluzioni siano state molto contrastate e contestate anche in seguito, che altre siano giunte con notevole ritardo e che altre ancora non siano state le più appropriate nessun merito toglie all'ingente e complesso lavoro riorganizzativo dell'armata sarda nella fase della sua evoluzione verso la trasformazione in esercito italiano ed alla vasta e delicata opera di graduale crescita e di progressivo assestamento del nuovo esercito nelle fasi di gestazione e di venuta alla luce. Già subito dopo l'armistizio di Villafranca fu necessario procedere ad un primo ampliamento dell'armata in seguito all'annes-
11.
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sione della Lombardia. A tale fine il La Marmora elevò a 16 il numero dei battaglioni bersaglieri ( 1 ), costituì 3 nuovi reggimenti di cavalleria (2), 5 nuove brigate di fanteria (3) e 1a brigata Granatieri dt Lombardia (4), aumentò le unità di artiglieria {5) e del genio {6), stabill un nuovo quadro graduale e numerico dei carabinieri (7), aumentò le circoscrizioni di giurisdizione territoriale (8), ridusse il corpo dei cacciatori franchi (9) e sciolse i comandi operativi costituiti per la guerra (10). L'inglobamento dell'esercito della Lega - forze militari della Toscana, delle legazioni, dei ducati di Modena, di Parma e di Piacenza - fu successivamente operato dal Fanti (succeduto al La Marmara nella carica di ministro nel gennaio del 1860) il quale aveva già modellato tale esercito sullo schema ordinativo ed organico dell'armata sarda. Al Fanti stesso toccò successivamente procedere, per effetto dell'unione al nuovo regno d'Italia - proclamato il 14 febbraio del 1861 - delle Marche, dell'Umbria e del mezzogiorno, ad un nuovo ampliamento dell'intero quadro ordinativo delle strutture territoriali ed operative: costituendo 6 nuove brigate di fanteria ( 11 ), 20 nuovi battaglioni bersaglieri (12), 30 nuove batterie di artiglieria (13); elevando da 4 a 6 i gruppi squadroni dei reggimenti di cavalleria ,e distinguendo l'-axma in 4 spedalità (di linea, flancieri, cavalleggeri e guide) (14); aumentando di un terzo il corpo del genio (15); ristrutturando il ministero della guerra (16), il corpo di stato maggiore (,per il quale il Fanti istituì un'apposita scuola di applicazione) (17), il corpo dei carabinieri (18) e quello del treno di armata (19); trasformando il battaglione di amministrazione in corpo a sé stante (20). Il « Quadro di formazione dell'esercito attivo », sancito legislativamente con il R.D. del 24 gennaio 1861, previde: uno stato maggiore generale, 6 corpi di armata, 1 divisione di cavalleria di riserva comprendente 4 reggimenti raggruppati in 2 brigate e 2 batterie a cavallo, 1 riserva generale di artiglieria ( 11 batterie a cavallo, 1 riserva generale di artiglieria (11 batterie da battaglia), il corpo dei carabinieri (13 legioni territoriali, 36 divisioni corrispondenti agli odierni gruppi, 103 compagnie o squadroni, 103 luogotenenze o plotoni, 1 legione allievi). Ogni corpo d'armata fu costituito su: 3 divisioni (meno il V su 2); battaglioni bersaglieri, in ragione di 2 per ogni divisione; 2 reggimenti di cavalleria (o 2 reggimenti lancieri o 1 lancieri ed 1 cavalleggeri); batterie di artiglieria in ragione di 3 per divisione; truppe sussidiarie (compagnia del genio zappatori, distaccamento del corpo di amministrazione, distaccamento del corpo del treno); 1 squadrone guide (21).
CAP. VII • IL FERVORE ORGANIZZATIVO
( 1859-1866)
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Il semplice lavoro di trasformazione dell'armata sarda in esercito italiano era già di per sé un'impresa ardua ed impegnativa; ma si trattava di ben altro. Sul piano politico, oltreché riproporsi il problema della nazione armata e dell'esercito di numero o di qualità, sorsero quelli dell'inglobamento dei volontari e degli appartenenti all'ex-esercito meridionale e, sul piano più squisitamente tecnicomilitare, si dovette dare una risposta a tutti i quesiti tattico-ordinativi posti dalla guerra del 1859, quali la costituzione e la consistenza dei reggimenti, dei battaglioni, delle compagnie e degli squadroni di fanteria e di cavalleria ed il rapporto proporzionale ottimale tra le varie armi dell'esercito. In definitiva, si trattava di creare « ex fundamentis » un edificio del tutto nuovo progettabile con grande libertà di spazio ovvero di ristrutturne uno già esistente, ampliandolo ed ammodernandolo, senzo però sfigurarne la fisionomia, svilirne il valore intrinseco e disarmonizzarne le dimensioni.
2. Lo stato liberale esigeva giustamente la partecipazione, senza distinzione di sorta, di tutti gli uomini validi al servizio militare ed alla guerra e la costituzione, perciò, di una forza operativa di massa. Esigenze socio-politiche e di contenimento della spesa pubblica si opponevano, dal canto loro, a meno di una ferma di leva di durata assai breve, peraltro antieconomica, alla chiamata indiscriminata alle armi di tutti i cittadini idonei di sesso maschile. Una ferma breve non avrebbe consentito né la trasformazione del cittadino in soldato, né l'acquisizione della coscienza morale del dovere e dell'abitudine alla disciplina e neppure l'elevazione del livello culturale dei chiamati alle armi frustrando il beneficio del progresso spirituale e sociale che derivava alla collettività nazionale da un servizio militare di media durata . Istruzione professionale ed educazione morale militare sono inscindibili. E' noto quale fosse lo stato d'istruzione degli abitanti della penisola e quale la coscienza nazionale dei singoli per immaginare quale pericolo, per la stessa esistenza dell'organismo unitario appena creato, avrebbe costituito il ricorso al principio elvetico della nazione armata misurando l'esigenza della durata della istruzione tecnica e della formazione morale del soldato con il metro dell'elevatissimo livello di idee e di sentimenti dei volontari, che, sebbene molti, erano pur sempre una minoranza. Garibaldi, cosciente della situazione, sostenne l'esigenza dell'esercito regolare, ma non volendo venire meno al principio del-
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l 'utilizzazione generale di tutte le energie umane disponibili nella nazione, propose in Parlamento di creare, accanto all'esercito regolare, una specie di Landwehr prussiana costituita di tutti gli uomini validi dai 18 ai 3 5 anni non facenti parte dell'esercito permanente - 18 classi, delle quali 13 al completo - articolata in divisioni, reggimenti e battaglioni secondo l'ordinamento dell'esercito regolare, con compiti operativi veri e propri e non limitati al presidio delle piazzeforti od al soddisfacimento di esigenze territoriali, com'era stato fino ad allora previsto per la guardia nazionale. Il progetto di Garibaldi venne discusso nel Parlamento il 19 ed il 20 luglio del 1861, dopo che la commissione incaricata di studiarlo in sede preventiva ne aveva mortificato lo spirito e la lettera. Frattanto, il Cavour era morto, il Farini non era più ministro della guerra e l'interim del ministero era tenuto dal Ricasoli, presidente del Consiglio. Garibaldi, in sostanza, aveva richiesto di trasformare la guardia nazionale in una guardia mobile. La commissione, invece, respinse i punti qualificanti del progetto Garibaldi e ne presentò uno nuovo, assai diverso, il quale, fatto salvo il naturale ampliamento organico conseguente dall'aumento della popolazione del nuovo regno 21.177.334 abitanti il 31 dicembre del 1861 - contemplava: la costituzione di 220 battaglioni a sé stanti, non riuniti in reggimenti, brigate e divisioni; la riduzione dei mobilitabili a 120 + 130.000 uomini (esclusione cioè dei giovani dai 18 ai 20 anni, dei manovali e dei braccianti); l'ordinamento permanente dei quadri e dei ruoli dei battaglioni sottoposti a tutti i regolamenti e le disposizioni militari dell'esercito regolare e sotto l'esclusiva direzione del ministro della guerra. Il progetto della commissione divenne legge il 24 luglio del 186 1 con 192 voti favorevoli e 32 contrari. Dei 220 battaglioni, nella guerra del 1866, ne saranno mobilitati solo 53 per un totale di 28.000 uomini circa. La scelta fu di compromesso: un esercito regolare di qualità più che di numero; una guardia nazionale, non mobile, che soddisfacesse le esigenze dalle quali fosse possibile in guerra svincolare le unità attive. Ma una scelta che in pratica rifiutò l'integrale applicazione del principio del cittadino-soldato. E' fuori discussione che si perse un'occasione propizia a collegare la rivoluzione politica con una grande riforma militare, ma è altresì certo che non esistevano le condizioni spirituali, culturali, psicologiche, sociali, finanziarie e militari necessarie ad una scelta diversa. Forse si sarebbe potuto fare di più e di meglio, ma in ogni caso non sarebbero state materialmente possibili né la creazione di un qualcosa di simile alla Land-
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wehr ,prussiana né l'accetttazione del modello elvetico di nazionearmata. Il Pieci nella sua Storia militare del Risorgimento non nasconde il rammarico per l'occasione perduta, ma la verità è che l'occasione non ci fu, perché una scelta diversa avrebbe significato un'avventura temeraria che avrebbe potuto avere conseguenze funeste. Gli italiani non erano stati fatti.
3. Garibaldi, prima della battaglia parlamentare a favore della guardia mobile, aveva perduto quella riguardante l'esercito meridionale, che egli avrebbe voluto inglobare nell'esercito regolare come corpo di armata - Cacciatori delle Alpi - su 5 divisioni, composto di volontari e destinato ad operare, in caso di ripresa della guerra contro l'Austria-Ungheria, dal Po, mentre l 'esercito regolare avrebbe agito dal Mincio. Egli, al termine della campagna nel mezzogiorno, disponeva di 52.000 uomini, dei quali circa 20.000 settentrionali ed il resto meridionali, in maggioranza siciliani, calabresi e lucani. La soluzione dell'inglobamento totale avrebbe legalizzato il dualismo già esistente ed a ragione il Fanti vi si oppose dichiarando: « non vogliamo un esercito mezzo in uniforme e mezzo in camicia». Non si trattava di creare due eserciti, ma di fondere in uno tutti gli italiani. Garibaldi si ribellò all'accusa di dualismo, ma questa era più che fondata anche se egli, in buona fede, non se ne sentiva colpevole. Se il compito immediato dell'esercito era di completare l'unità d'Italia, in prospettiva non era il solo, sia perché l'unità era, prima che politico e geografico, un fatto spirituale per il cui raggiungimento sarebbe occorso molto tempo e l'esercito avrebbe dovuto esserne la forza trainante, sia perché il giovane regno d 'Italia si sarebbe dovuto inserire nella politica internazionale su di un piano d'indipendenza e di libertà di azione garantibile solamente da una forza militare analoga a quella degli altri Stati europei continentali che disponevano tutti, con le differenze di carattere ordinativo proprie di ciascuno, di un sostegno militare basato su di un esercito unitario permanente, nel quale i volontari erano inseriti, senza distinzione di sorta, come parte del tutto. E' vero che i volontari italiani, non solo i garibaldini, erano sempre accorsi alle armi numerosi e pieni di entusiasmo ed anzi, con le loro idee ed i loro moti rivoluzionari ed insurrezionali, erano stati gli artefici del clima spirituale
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necessario a diffondere la coscienza dell'indipendenza e dell'unità italiane ed è vero che i garibaldini avevano appena regalato al re d'Italia il regno delle Due Sicilie, ma tutti i loro meriti straordinari non potevano essere ricompensati mettendo a rischio l'ancora debole coesione dell'esercito nazionale e perciò l'indipendenza e l'unità del Paese non ancora conseguite compiutamente. Il Fanti che, fra l'ottobre del 1859 ed il gennaio 1860, aveva compiuto un'opera « veramente grandiosa», inglobando nell'armata sarda, « non solo le forze regolari della Toscana, ma pure que1le eterogenee della Romagna e degli cx ducati » - sicché le 5 divisioni del 1859 poterono essere ingrossate da altre 7 e l'armata sarda trasformarsi, fin dal febbraio del 1860, in un esercito regolare di 12 divisioni - si oppose decisamente, al pari del La Marmara, all'impostazione di Garibaldi e dei suoi generali. « Nel maggio la brigata Cacciatori delle Alpi, che era rimasta una brigata sui generis, divenne la brigata Alpi formata dal 51° e 52° reggimento, in tal modo le nuove divisioni salivano a 9, e l'esercito da 5 a 14 divisioni » (22). Ma la soluzione attuata per l'esercito della Lega non era ripetibile per l'esercito meridionale ed ancora meno nei termini proposti da Garibaldi , opponendovisi questioni ideali e materiali, di principio e di fatto. Se l'Italia doveva essere una, uno doveva essere il suo esercito, nel quale fondere nella sostanza e nella forma, e non distinguere, gli elementi costitutivi. Un corpo di armata sui generis, necessariamente diverso dagli altri, anche contro ogni proposito deliberato, avrebbe esasperato , anziché attenuato, le diversità politiche e sociali ed avrebbe allargato la frattura in due tronconi rendendola non risanabile, anzi potenzialmente generatrice di altre lacerazioni fino alla disgregazione dell'intero edificio che pure tutti volevano unitario. Inoltre, la stessa situazione finanziaria non consentiva l'accoglimento della proposta di Garibaldi e tutti riconoscevano, garibaldini compresi, che « il fallimento finanziario avrebbe significato la fine dell'Italia unita » (23 ), come il Cavour a ragione paventava. Il Fanti fece notare alla Camera che alla proposta di Garibaldi si opponevano anche ragioni pratiche, in quanto il numero degli ufficiali dell'esercito meridionale « e i favolosi avanzamenti che hanno ricevuto sono talmente fuori misura d'ogni paragone fino al dì d'oggi in Europa, che, lo ammetterli senz'altro nella grande famiglia militare, sarebbe stato, siccome voler pronunciare la dissoluzione dell'esercito nazionale » (24). La Camera respinse la proposta di Garibaldi ed approvò l'ordine del giorno del Ricasoli e la questione dell'esercito meridionale fu
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così liquidata quando di fatto l'esercito meridionale stesso era g1a stato sciolto con un decreto dell'll novembre 1860 (25). Il Cavour, abilissimo come sempre, sostenne che Garibaldi non aveva chiesto di adottare senz'altro la sua proposta, ma solo di prenderla in attento esame, cosa che il Parlamento aveva fatto e se essa veniva respinta non per questo il governo non avrebbe provveduto sia ad organizzare i corpi volontari in caso di pericolo sia a richiamare in servizio un buon numero di ufficiali dell'esercito meridionale, promesse non mantenute né dal Cavour, che in verità non ne ebbe il tempo, né dal Ricasoli che se n'era fatto mallevadore. L'esercito meridionale contava, su 50.000 soldati, ben 7 .000 ufficiali, più del doppio di quelli dell'esercito regolare (3.000 su 65.000 soldati); di essi entrarono, nel 1862, in questo ultimo solo 1.740 che si ridussero ulteriormente, in seguito a dimissioni od a provvedimenti amministrativi, a 1.584 alla fine dell'anno. A tutte le ragioni validissime che si opponevano alla proposta di Garibaldi, ve ne erano anche alcune, non confessate ma egnalmente sentite, assai meno nobili, che traevano origine da prevenzioni, pregiudizi, diffidenze quando non da ostilità verso i volontari, da gelosie, rivalità ed animosità. Si evitò ila guerra tra nordisti e sudisti che proprio in quel periodo divampava nell'America del nord, ma che il nuovo esercito italiano - dopo la fusione dell'armata sarda con l'esercito della Lega - contasse il 100 per 100 di ufficiali dell'Italia settentrionale (68% piemontesi, 20% emiliani, 12% toscani), mentre i soldati piemontesi erano solo un terzo della forza totale, non fu un fatto che rimase senza conseguenze né per il Paese né per l'esercito, in quanto ritardò la fusione spirituale tra ufficiali e soldati e quella tra ufficiali del nord e quelli del sud, tra i quali ultimi moltissimi, provenienti dai ranghi garibaldini o borbonici, di primissimo piano per dottrina, valore e perizia. Da tale fatto nacque l'ostilità al piemontesismo della quale &i fece interprete -l'ex comandante in capo dell'esercito toscano, il generale Gerolamo Ulloa, che in un suo scritto lamentò il mantenimento in vigore dei « viziosi regolamenti piemontesi di amministrazione, degli incompleti e superati esercizi ed evoluzioni nell'impiego delle armi base, di un codice penale non più rispondente alle leggi ed ai costumi del tempo, di scuole e di accademie militari con programmi inadeguati alla cultura professionale di un buon ufficiale, di uniformi pessime come stoffa, fattura e foggia e di altre cose non confacenti ad un esercito composito costituito di soldati provenienti da regioni e provincie in nulla o quasi somiglianti al Piemonte». Lo stesso Fanti, benché emiliano, non
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riuscì ad attenuare, o non ne ebbe il tempo, i difetti del piemontesismo.
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La terza grande battaglia parlamentare fu combattuta sugli aspetti più strettamente tecnico-militari della riforma Fanti e particolarmente sull'ordinamento tattico delle unità di fanteria e di cavalleria. Il Fanti voleva il reggimento di fanteria su 3, anziché su 4 battaglioni ed il battaglione su 6, anziché su 4 compagnie, ferma restando la forza organica di queste ultime ed il reggimento di cavalleria su 6, anziché su 4 squadroni, mentre il La Marmora voleva che fosse lasciato in vigore il suo vecchio ordinamento. « A parer mio» - scrisse il Corsi - « la morale era questa: che il sistema Fanti, per quanto s'apparteneva all'organamento della fanteria in particolare, offriva, a confronto dell'altro, qualche vantaggio di minor spesa, ma dal lato tattico segnava un regresso in un tempo in cui l'arte del manovrare e del combattere si volgeva alle piccole masse e scendeva dal battaglione alla compagnia, come poi si è veduto più chiaro» (26). « Vollero alcuni dedurne un aumento di potenza tattica ai corpi di vario ordine; altri l'opposto. Pel battaglione quell'aumento era certo, non oosì per il reggimento, la brigata, la divisione» (27). Se il battaglione di fanteria di linea doveva continuare a costituire un blocco unico omogeneo inscindibile - ed il Fanti non lasciò intendere che fosse diversamente - era necessario contenerne la consistenza e l'articolazione nei limiti favorevoli alla mobilità (da intendersi allora anche come possibilità di rapide trasformazioni ed evoluzioni) ed alla comandabilità (intesa allora anche come possibilità di frazionamento non spinte al di là dell'azione diretta, a vista ed a voce, di controllo tattico del comandante). A tale fine il battaglione del La Marmara era più rispondente di quello del Fanti ed in più si giovava dell'esperienza, tutto sommato positiva, della recente guerra nella quale aveva accusato solo un'eccessiva debolezza. Il battaglione Fanti anteponeva alla mobilità, alla snellezza ed alla comandabilità la potenza, fermo restando che il limite massimo della forza della compagnia non dovesse superare le 150-160 unità come l'esperienza delle due guerre d'indipendenza aveva dimostrato, condannando, in quella del 1848-1849, le compagnie di 250 uomini e collaudando positivamente, nella campagna del 1859, quelle di 150
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uomini. Il battaglione Fanti su 6 compagnie, come quello austroungarico, presupponeva il conferimento alla compagnia dell'identità di unità minima capace di sostenere uno sforzo tattico autonomo sia pure coordinato con quelli delJe altre compagnie e da parte del comandante del battaglione l'adozione del fischietto in sostituzione del comando alla voce. Di tutto ciò il Fanti non fece menzione nelle sedute parlamentari e non seppe dare giustificazioni dottrinali di sorta a sostegno dell'innovazione che tentò di convalidare con tesi scarsamente probatorie, quando non prive di fondamento, come quella che « nessuna fra le grandi potenze militari d'Europa mantiene oggidì, e dopo l'esperienza delle ultime guerre, la formazione tattica del battaglione a 4 compagnie» e che « i motivi per i quali venne universalmente abolita una tale formazione, facendo adottare quella tattica del b attaglione nei limiti fra 5 o 6 compagnie, non troverebbero posto in una breve relazione» (28). La formazione su 4 compagnie era, invece, ancora propria dell'esercito francese che l'aveva utilizzata nel 1859 e la manteneva in essere (29). Il La Marmora difese a spada tratta, nella seduta del 23 marzo, la sua concezione e, tra l'altro, disse: « L'onorevole signor ministro finisce la sua relazione dicendo che queste idee sue sono sanzionate dal parere di distinti ufficiali dell'Esercito. Io non ho la pretesa fra questi ufficiali, non mi lagno né tanto né poco di non essere stato da lui né ufficialmente né privatamente consultato; mi lagno però che questioni cosl gravi, importanti pei militari, non siano state convenientemente discusse ai Comitati ed in apposita commissione; e se in essi vi fosse stato qualcuno, il quale si fosse rammentato che io forse, mi si permetta che lo dica, più di ogni altro aveva viaggiato per istudiare le estere organizzazioni, se qualcuno, dico , fosse ricorso a me, io avrei probabilmente risparmiato tante inesattezze che sono sfuggite in questa relazione, ed avrei forse anche provato che quelle che l'onorevole ministro addimanda le sue idee, sono idee assai antiche, le quali in gran parte sono state abbandonate, come, per esempio, quelle che per combattere un grosso battaglione, ci voglia proprio un altro grosso battaglione, quasi che due battaglioni piccoli che corrispondessero alla stessa forza, non siano più acconci ancora» (30). A parte l'egocentrismo e la sconvenienza formale, il La Marmara aveva perfettamente ragione sul piano tecnico-militare sia sotto il profilo ordinativo sia sotto quello dottrinale. Ma la verità è che lo scontro La Marmora-Fanti ebbe anche altre motivazioni meno nobili: il La Marmora considerava il Fanti « poco meno che un avventuriero » (31) per avere esercitato il comando su quelli che per lui
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erano veri e propri soldati di ventura e cioè i corpi volontari costituitisi come esercito della Lega. Il Fanti, dal canto suo, nel rispondere al La Marmara, che gli aveva chiesto se avesse studiato bene il nuovo ordinamento e se avesse consultato altri prima di proporlo, la buttò in politica dichiarando: « questa organizzazione io non ho avuto a studiarla, poiché io sono ammiratore, in via militare, piuttosto della Francia che della Prussia, dove pare s'ispiri l'onorevole La Marmara » (32). Risposta con la quale, benché calzasse poco, il Fanti intese tacciare il La Marmara di ostilità al carattere popolare che egli intendeva dare all'esercito, in quanto nella Prussia, nel 1860, era stato sottratto alla Landwehr ,l'originaria funzione di organismo militare autonomo popolare (33). Una risposta polemica e niente più, sia perché la Francia e la Prussia mantenevano i battaglioni su 4 compagnie, sia perché il Fanti stesso, che proveniva dalla rivoluzione, non la pensava molto diversamente dal La Marmara circa }'inglobamento dell'esercito meridionale come per quanto riguardava la guardia nazionale, al pari, del resto, di quasi tutti i generali più in vista (Cialdini, Della Rocca, Petitti, ecc.). In conclusione, l'aumento da 2.400 a 3.000 uomini del reggimento di fanteria di linea, ottenuto mediante la soppressione di un battaglione e la costituzione di 2 nuove compagnie in ciascuno dei battaglioni lasciati in vita, diminuiva, anziché potenziare, la capacità operativa del reggimento e dello stesso battaglione perché essa non dipende tanto dalla consistenza numerica quanto da molti altri fattori di diverso coefficiente (34). Inoltre, lo ripetiamo, l'imminenza di una guerra alla quale ci si veniva preparando sconsigliava di adottare soluzioni in contrasto con la dottrina che non si voleva modificare, perché il nuovo ha sempre torto negli eserciti che non siano essi stessi concettualmente nuovi. Un sistema tattico-ordinativo bene assimilato, benché difettoso, è preferibile ad un altro migliore al quale gli individui e le unità non siano assuefatti. Né il Fanti né altri avrebbero potuto garantire la disponibilità di tempo necessaria a preparare i quadri e le unità a manovrare secondo formazioni ed ordini fino ad allora non generalizzati. L'altra novità ordinativo-tattica proposta dal Fanti fu l'elevazione a 6 del numero degli squadroni del reggimento di cavalleria. Su questo punto qualificante della riforma non vi furono grandi contrasti. Il La Marmara, nel riordinare l'esercito dopo l'annessione della Lombardia, aveva suddiviso la cavalleria in 4 specialità in funzione della diversità dei compiti, dell'armamento e dell'attitudine dei cavalli ed aveva lasciato i reggimenti su 4 squadroni, ma all'atto
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pratico, non essendo molta la differenza di mole, di possanza e di qualità dei cavalli in servizio, le specialità si erano ridotte a due: cavalleria aiimata di lancia, sciabola e pistolone e cavalleria armata di sciabola e di pistolone. La guerra del 1848-1849 aveva provato che la lancia in mano a cavalieri bene addestrati ad usarla si era dimostrata un'ottima arma da carica e da inseguimento, ma poco maneggevole sui terreni rotti da ostacoli da superare con il salto o alberati. Il La Marmora aveva perciò deciso di disporre anche di unità non armate di lancia. Durante la guerra del 1859 la cavalleria era rimasta quasi inoperosa ed i suoi interventi nel combattimento erano stati brevi, rari e timidi; il Fanti riteneva che il reggimento su 6 squadroni costituisse un raggruppamento di forze più vantaggioso, sia perché in grado d i agire unitariamente a massa esprimendo una potenza d'urto molto più penetrante di quella del reggimento su 4 squadroni, sia perché in grado di agire per aliquote in un insieme coordinabile entro limiti di forza e d i spazio non troppo ampi e nemmeno troppo ristretti con il vantaggio della maggiore unità di comando e di azione meglio ottenibile nell'azione di una sola unità diretta dal proprio comandante che non in quella d i complessi di forze di unità di reggimenti diversi costituiti occasionalmente. Inoltre, il reggimento su 6 squadroni si prestava ad un paritetico dosaggio della cavalleria nell'ambito di un corpo di armata costituito di 2 o 3 divisioni in quanto era frazionabile in 2 aliquote di 3 squadroni ovvero in 3 aliquote di 2 squadroni, consentendo cosl l'assegnazione di 2 squadroni a ciascuna delle 3 divisioni. Su questo punto aveva ragione il Fanti ed il suo ordinamento era più duttile ed aperto di quello del La Marmora; inoltre, diversamente dal caso della fanteria, non era fuori della dottrina in vigore che già prevedeva sia le formazioni in « colonne di squadrone» sia quelle in « colonna di reggimento » e che già attribuiva allo squadrone la fisionomia di minore unità tattica autonoma. Il reggimento Fanti, dunque, era idoneo sia all'impiego a massa su terreni aperti e sgomberi di ostacoli nel quadro di una manovra offensiva rapida, robusta, improvvisa a sfondamento della formazione nemica mediante la carica, sia all'impiego frazionato delle formazioni compatte su terreni frastagliati e disarticolanti. Vi fu, invece, chi fece notare che l'incremento della forza organica della cavalleria - altri 32 squadroni in aggiunta ai 64 esistenti - era antieconomico, disarmonizzante dei rapporti con le altre armi od intempestivo, visto che la cavalleria non aveva riacquistato una identità definitiva; altri lamentavano il ritardo di tale definizione e pretendevano un ulteriore anmento dell'arma. Ma que-
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sti ultimi erano fuori della realtà, e forse non in buona fede, perché o, se si vuole, tra 240 battaglioni di fanteria (204 di linea e 36 bersi~ glieri) e 96 squadroni di cavalleria della riforma Fanti - era uno dei più elevati degli eserciti europei del momento (35). Il Parlamento approvò l'ordinamento Fanti, ma il 6 giugno del 1861, moriva il Cavour ed il generale Fanti, il 12 dello stesso mese, lasciava l'incarico di ministro al generale Della Rovere (36) chiamato a fare parte del ministero presieduto dall'onorevole Bettino Ricasoli. Uno dei punti qualificanti della riforma Fanti - l'ordinamento del reggimento di fanteria decadde il 23 marzo 1862 (37), quando il generale Petitti, nuovo ministro della Guerra, ristabill per la fanteria l'ordinamento La Marmara del 1852 dichiarando che - « e ben lungi dall'entrare nel merito intrinseco della formazione dei battaglioni su 6 compagnie ed anzi, ove il nuovo ordinamento già fosse stato mandato ad effetto, egli se ne sarebbe astenuto senza alcun dubbio, non solo per evitare i notevoli inconvenienti che producono sempre troppo frequenti mutazioni, ma anche in considerazione degli argomenti che hanno consigliato siffatto nuovo ordinamento, che nell'opinione di parecchi militari di esperienza ed autorità mili terebbero a favore della nuova formazione» era opportuno e conveniente, oltreché più semplice, conservare il reggimento su 4 battaglioni ed il battaglione su 4 compagnie (38). L'esercito italiano messo in piedi dal Fanti risultò numericamente molto superiore a quello del 1859: 200.000 uomini sul piede di guerra (39) che salirono a circa 250 .000 nel 1861, quando il Fanti creò altri 12 reggimenti di fanteria e costitul il settimo grande comando di dipartimento in P alermo (40). Ma un esercito così rapidamente ampliatosi numericamente e territorialmente avrebbe avuto bisogno di risorse finanziarie adeguate t anto più necessarie in vista dell'imminenza di una nuova guerra e in considerazione che alle esigenze proprie si sommavano quelle dell'allestimento e dell'accantonamento delle armi e degli equipaggiamenti per i 220 battaglioni della guardia nazionale e dei corpi volontari di prevista ricostituzione in caso di emergenza. Fattesi vieppiù gravi nel tempo le condizioni finanziarie dello Stato, anche il ministero della Guerra dové escogitare ogni economia possibile per concorrere a ridurre la spesa pubblica, ricorrendo a decisioni dolorose e rischiose che in ogni caso avrebbero inciso negativamente sullo stato di prontezza e di efficienza operativa. Si cercò di salvaguardare quanto meno la stabilità del quadro ordinativo di guerra e l'inquadramento delle
il rapporto tra 68 reggimenti di fanteria e 16 di cavalleria -
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unità; esigenze tenute presenti sia dal Della Rovere sia dal Petitti quando, dal 1862 in poi, furono costretti a prendere provvedimenti riduttivi, dei quali i più sensibili furono adottati dal Petitti, alla fine del 1864 e nel 1865, per far fronte alla riduzione di oltre 17 milioni del bilancio della guerra (41). Nella relazione sui decreti del 18 dicembre 1864 il Petitti, dopo aver dichiarato di voler « prescindere per ora da ogni mutamento organico-tattico dei corpi - la stabilità forma la base fondamentale di un esercito» - sottolineò i criteri principali ai quali egli si era ispirato nel ridurre gli oneri di gestione del tempo di pace: « non diminuire, in primo luogo, i quadri dell'esercito mobile, non introdurre, secondariamente, alcuna innovazione nell'ordinamento tattico dei corpi che lo compongono». Egli sciolse quasi tutti i depositi, il comando di un reggimento bersaglieri trasferendo alle dipendenze di altri comandi di reggimento i battaglioni, il reggimento operai di artiglieria e 3 compagnie trasferendo le altre 6 compagnie ai reggimenti di artiglieria da piazza nel numero di 2 per ogni reggimento; slabill un diverso ordinamento degli organi territoriali di artiglieria e del genio e talune modifica.:doni organiche del corpo di stato maggiore e del corpo di amministrazione. L'anno successivo, il Petitti fu costretto a nuove riduzioni di spesa incidendo su tutte le armi ed i servizi, sugli istituti scolastici, sugli stati maggiori delle divisioni, sui tribunali e sull'intendenza mediante la soppressione di tutti i depositi ancora in vita, la riduzione da 7 a 6 degli squadroni del reggimento di cavalleria «Guide», lo scioglimento di un reggimento del Treno di Armata, la soppressione di alcuni comandi locali di artiglieria, la riduzione degli stati maggiori dei comandi di dipartimento e di divisione, del numero dei generali, dei collegi militari da 3 a 2, del qu adro permanente di tutti gli istituti scolastici (accademia, scuole di applicazione, scuole di arma, ecc.). Le riduzioni perseguirono anche economie minime come, ad esempio, l' « abolizione dei cappellani militari nelle unità reggimentali di non previsto impiego unitario (reggimenti di artiglieria, del genio, legione allievi carabinieri). Si venne conseguentemente ad ampliare la sproporzione ed il divario tra le tabelle organiche di guerra, ferme ai valori della 1"iforma Fanti modificata, e quelle di pace ridotte, per molte unità, a poco più della metà di quelle di guerra: reggimento di fanteria 1.525 uomini rispetto ai 3.071 del tempo di guerra, reggimento bersaglieri 3.233 rispetto ai 5 .249, reggimento di cavalleria 838 rispetto ai 967, reggimento pontieri 1.159 rispetto ai 1.956, arma di artiglieria 17 .705 rispetto ai 28.944, arma del genio 4.394 rispetto ai 7 .058, corpo del Treno
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di armata 2.030 rispetto ai 9.240. Ma i provvedimenti del 30 dicembre 1865 non ebbero che parziale attuazione perché dal marzo 1866 il generale Di Pettinengo (42 ), che era succeduto al Petitti il 2 gennaio nell'incarico di ministro, cominciò a richiamare gli ufficiali dall'aspettativa (43), a incorporare la seconda categoria (44), a richiamare le varie classi alle armi (45) e via via ad emanare tutte le disposizioni e le istruzioni per la mobilitazione generale in vista dell'imminente nuova guerra contro l'Austria-Ungheria (46). L'esercito italiano, tenuto a battesimo dal Fanti, mutuò le sue istituzioni ordinative dall'armata sarda e di questa non fu che un vasto ampiamento. Le strutture organizzative e ordinative portanti furono le stesse create dal La Marmara dieci anni prima per la Pétite bonne armée. Il Fanti non fu il fondatore di un esercito nuovo, ma l'abile intelligente appassionato continuatore di un'opera architettonica ereditata incompiuta , le cui linee maestre erano state già tracciate. Egli apportò modifiche originali anche di fondo, ma non mutò l'idea-guida d ell'edificio. Il suo conflitto con il La Marmora fu più uno scontro di personalità che di idee; le divergenze tecniche, che pure vi furono , non avrebbero prodotto tanto rumore se non fossero state alimentate ed ingigantite dal carattere insofferente, orgoglioso, sospettoso e geloso del La Marmora. Il dissidio non fu edificante, ma non produsse conseguenze negative sul piano dottrinale e ordinativo, mentre non giovò al morale dell'esercito, che anzi ne soffrl, come sempre accade quando i dissidi tra i generali esplodono all'aperto e sotto l'orpello delle divergenze tecniche nascondono, o tentano di farlo, interessi e ambizioni personali.
5. Un altro dei grandi problemi che l'esercito italiano dové affrontare fu l'ammodernamento delle armi. Scienza e tecnica continuarono, negli anni a cavallo della metà del secolo, a raggiungere nuovi traguardi, nell'approfondimento delle teorie del calcolo infinitesimale e della meccanica razionale e nelle applicazioni ai mezzi bellici di sistemi, più avanzati rispetto al passato. Le armi da fuoco individuali vennero progressivamente acquisendo nuove caratteristiche - rigatura, accensione a percussione, retrocarica - e in Belgio fu progettata la « mitrailleuse », mentre in America, nel 1862, Richard Gatling (47) realizzò una mitragliatrice migliore che venne subito impiegata nella guerra civile da en-
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trambe le parti. I miglioramenti che vennero apportati alle armi da fuoco individuali incoraggiarono nuove ricerche e nuovi esperimenti. L'armata sarda aveva iniziato nel 1857 studi ed esperienze alla ti. cerca di un nuovo fucile che, nonostante le prove comparative tra i fucili di fabbricazione francese, austriaca e svizzera, non riusci a trovare, sicché decise di conservare il vecchio fucile francese trasformando il modello 1844 ad anima liscia nel modello 1860 ad anima rigata, a percussione, con alzo, con cartuccia a pallottola cilindroovale (48). Non si trattò, pertanto, della sostituzione di un'arma vecchia con una nuova, ma di un ammodernamento sì da conferire alla prima prestazioni di gittata e di precisione simili a quelle delle armi degli altri eserciti, pur non potendole eguagliare, in quanto il difetto del calibro (18 mm) non lo poteva consentire. All'inizio della guerra del 1866 l'esercito aveva a disposizione 470.000 fucili di nuovo modello, 95.000 fucili modello 1844 e 54.000 carabine da bersaglieri modello 1856 (rigate). La trasformazione era stata portata a compimento in tempi molto brevi e la nuova Jisponibilità copriva il fabbisogno iniziale pari, secondo le tabelle organiche, a 31 1.978 armi da fuoco individuali. Antesignani dell'ammodernamento dell'artiglieria erano stati, sul piano internazionale oltreché italiano, il Cavalli (49) ed il Saint Robert (50), il primo come inventore e realizzatore di nuove tecniche di costruzione delle bocche da fuoco, il secondo come studioso dei problemi di balistica esterna. Le qualità, la competenza e la capacità realizzatrice del Cavalli non erano state sufficienti a fare superare all'armata sarda le difficoltà che si erano frapposte nel passato all'adozione de11e bocche da fuoco ad anima rigata; lo furono però i risultati ottenuti dell'artiglieria rigata di N apoleone III nelle battaglie di Magenta e di Solferino. Il Cavalli aveva ideato il suo primo cannone rigato nel 1846 e tutti i sistemi successivi, compresi quelli francesi, derivarono direttamente o indirettamente da quel modello (51). L'artiglieria dell'armata sarda fino dal 1814, anno della sua costituzione in corpo reale d'Artiglieria, aveva sempre goduto di ottima fama per la bontà del materiale ed il tecnicismo del personale. Essa aveva vantato un primato impareggiabile negli studi e nelle esperienze del materiale se riferito al1'arretratezza industriale del Paese. Dopo il 1859 furono riprese le esperienze sulle lande di San Maurizio (52), che da anni era il campo di collaudo degli studi e delle tecniche, e nel 1860 fu deciso di trasformare le artiglierie da campagna ad anima liscia in bocche da fuoco ad anima rigata. L'esercito italiano poté cosl entrare in guerra
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nel 1866 con un'artiglieria rinnovata e classificabile tra le più moderne, sebbene lasciasse ancora a desiderare per le gittate, e per la lentezza e scarsa maneggevolezza dei traini. I pezzi erano ancora tutti ad avancarica, ma nessun esercito, ad eccezione di quello inglese che le aveva adottate nel 1859 ma ripudiate dieci anni dopo, disponeva di bocche da fuoco a retrocarica, in quanto anche il sistema progettato da William Armstrong (53) non aveva convinto. Del resto ancora nel 1870-1871 i cannoni a retrocarica, fusi in acciaio e prodotti dalle officine Krupp di Essen, non daranno buona prova per i loro otturatori difettosi. Sarà necessario attendere la fine del secolo per disporre di cannoni a retrocarica che garantiranno la tenuta ermetica dei gas, utilizzeranno meccanismi semplici e leggeri e non richiederanno costi di produzione o di trasformazione inaccessibili. Lo sforzo compiuto dall'esercito italiano negli anni che precedettero la terza guerra d'indipendenza fu enorme. Al 1° gennaio del 1866 presso i reggimenti, le fortezze ed i depositi l'esercito disponeva di: 1.321 cannoni da campagna, 94 da montagna, 117 da costa, 2.750 da muro di vario calibro lisci e rigati, 1.345 obici da campagna e da muro, 634 mortai. L'artiglieria delle forze mobili - il cannone da 8 BR e da 16 BR modello 1863 - era tutta rigata, mentre quella per la difesa e l'attacco delle fortezze era rigata solo in parte (lo erano solo i cannoni da 40 FR cerchiati, da 40 FR non cerchiati, da 16 FR e da 16 BR da muro). Il cannone da 8 BR costituiva l'armamento delle batterie divisionali (tiro a granata efficace fino a 2.500 m; tiro a mitraglia efficace fino a 500 m; alla massima elevazione consentita dall'affusto l'efficacia era fino a 4.000 m); il cannone da 16 BR tirava a granata con efficacia sino a 3.200 m (a mitraglia sino ai 600 m) e costituiva l'armamento delle batterie in riserva, le quali potevano impiegare anche il cannone da 8 BR; il cannone da 5 1/2 BR costituiva l'armamento delle batterie da montagna ed il suo tiro a granata era efficace sino a 1.200 m (a mitraglia sino a 400 m); gli altri pezzi di artiglieria per l'attacco e la difesa delle fortezze erano di modello antico e non rigati {54). Al 1° gennaio era disponibile tutto il materiale necessario a 30 batterie da 16 BR ed a 102 batterie da 8 BR, di 6 pezzi ciascuna, con il relativo munizionamento (55). Meno prospera, ma non allarmante, la situazione della cavalleria in fatto di cavalli, non di armamento che nel 1866 era lo stesso del 1859 (lancia e sciabola per la cavalleria di linea e per i lancieri, sciabola per i cavallereggi, pistolone o pistola per tutti). Sui 15.922 cavalli necessari al completamento degli organici, ne esistevano ini-
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zialmente solo 12.273, per cui fu deciso che i sesti squadroni restassero temporaneamente nelle sedi stanziali con funzioni di deposito salvo, una volta reperiti i 3 .649 cavalli mancanti, raggiungere i loro reggimenti in campagna. La deficienza dei quadrupedi riguardava anche l'artiglieria ed il corpo del Treno, i quali di fronte ad un fabbisogno complessivo di 55.494 unità ne disponevano solo di 18.109. Entro il mese di giugno furono acquistati, incettati o requisiti in Italia ed all'estero ben 30.383 quadrupedi sicché l'esercito poté disporre di 45 .818 quadrupedi, 10.000 in meno di quelli organici: una deficienza che ebbe modesti riflessi negativi. Non minore fu lo sforzo compiuto nel settore logistico: erano state approvvigionate 300.000 serie di vestiario, costruiti 1.680 pezzi di artiglieria, 24.276 carri di artiglieria e di battaglione, approntate 700 bocche da fuoco per i parchi di assedio, allestiti 2.000 m di ponti con i rispettivi carri, 1.000 m di ponte pesante di grosse barche sul Po e 250 m di ponte leggero senza carri che furono ripartiti, al momento della costituzione dei corpi d'armata operativi, nel numero di 1 equipaggio (modello Birago) di 150 m per ciascun corpo di armata (I, II e III) e di 6 equipaggi del modello 1860 per il IV corpo d'armata che venne a disporre di 2.500 m di ponte, predisposti 4.550 posti letto in 60 ospedali militati temporanei e 18 .000 posti letto negli ospedali militari territoriali vicini alla zona di operazioni, accantonate scorte di viveri e di foraggi bastevoli per circa 2 mesi. Erano, infine, state prese adeguate predisposizioni per l'organizzazione ed il funzionamento dell'intendenza e dei servizi - dei fondi, del vestiario, delle sussistenze, dei trasporti, sanitario, veterinario e telegrafico (22 carri stazione, 21 carri volanti, 37 carri pesanti, 780 km di filo, 160 macchine) - anche se non mancarono poi talune disfunzioni (a Custoza talune unità restarono digiune per oltre 24 ore) e confusioni (ingorghi di mezzi di trasporto) attribuibili, peraltro, non alla deficienza di materiali, ma alla scarsa capacità di coordinamento di taluni organi direttivi ed all'inesperienza del personale addetto ai trasporti ed ai collegamenti (il servizio telegrafico, ad esempio, dové fronteggiare la sua prima estesa esperienza).
6. Nulla fu trascurato, negli anni 1859-1866, anche nei riguardi dell' « assetto delle difese stabili di terraferma » in modo da « costituire un assieme di punti fortificanti che supplisce alla mancanza di
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una buona frontiera naturale verso l'Austria, onde avere solidi appoggi alla difesa e basi all'offesa» (56). L'Austria, infatti, godeva di una posizione strategica di frontiera formidabile: ad ovest le Alpi bresciane con i loro passi sbarrati da opere fortificate, il Garda ed il Mincio con le fortezze di Peschiera, ampiata e rinforzata dopo il 1859, e di Mantova; a mezzogiorno il Po con la testa di ponte di Borgoforte; a tergo l'Adige con il campo trincerato di Verona e la fortezza di Legnago; tra il Garda e l'Adige le chiuse di Pastrengo e tra il basso Adige ed il basso Po il Polesine con in più la città di Rovigo convenientemente fortificata; sul fronte a mate Venezia, Marghera, Brondolo, i forti del Lido e le batterie della laguna . A tale sistema fortificato occorreva opporne un altro, quanto meno difensivo, che favorisse la radunata ed opponesse un primo ostacolo ad un'eventua'le invasione. La difficoltà era di collegare i] preesistente sistema Genova-Alessandria-Casale con il nuovo e costruirlo senza carattere definitivo perché la frontiera del momento non poteva che essere provvisoria. « Evitate, per quanto possibile, di intraprendere la costruzione di nuove fortificazioni, la cui importanza avesse a cessare allorché l'Italia fosse giunta ai suoi naturali confini; accrescere le difese permanenti nei soli punti giudicati più essenziali in vista di una prossima guerra coll'Austria; farlo in modo che i lavori siano condotti a termine in breve tempo e con un non rilevante dispendio » (57). Tali i criteti guida degli studi che furono devoluti alla « Commissione permanente per la difesa dello Stato », istituita nel gennaio del 1862, e presieduta dal principe Eugenio di Savoia Carignano (58). Gli studi della commissione procedettero attraverso ripensamenti e contrasti e durarono a lungo, ma nel frattempo si dette corso ai primi lavori indispensabili e indifferibili. Fin dal 1860 si iniziò a creare l'ampliamento delle piazzeforti di Piacenza, Pavia e Pizzighettone (59) e si provvide, qualche tempo dopo, alla fortificazione di Bologna che, con il trasferimento della capitale da Torino ,a Firenze, acquistò importanza strategica. Per la fortificazione di Bologna furono istituite due sottodirezioni provvisorie del genio, una a Bologna ed una a Piacenza (60), e nel 1866 fu deciso di munire di nuove opere fortificate 'la città di Cremona (61) al fine di creare una testa di ponte, difendibile con una divisione, in modo che Cremona-Piacenza-Pizzighettone costituissero il nucleo centrale di un nuovo sistema fortificato. A tali lavori si dette inizio dopo che la commission e, riconfermando le proposte del gennaio 1864, presentò al ministro il progetto generale definitivo della di-
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fesa dello Stato. Tale progetto prevedeva: 1° l'ulteriore potenziamento delle fortezze di Piacenza e di Bologna « per far della prima una grande piazza da guerra con campo trincerato permanente a guisa di doppia testa di ponte sul Po (secondo il progetto del 1864) e della seconda una grande piazza da guerra con doppio campo trincerato, uno cioè nella pianura per la difesa della città e l'altro in collina (secondo il progetto del 1865), assegnando a Piacenza l'ufficio di appoggiare le operazioni dell'esercito per la difesa della Lombardia e dell'Emilia, e a Bologna quello di coprire nel modo più efficace le principali comunicazioni tra la bassa valle del Po e la Toscana, ed offrire un punto d'appoggio alle truppe operanti sul basso Po »; 2° la costruzione a Cremona di una testa di ponte (secondo un progetto già esistente) allo scopo di « assicurare momentaneamente un secondo passaggio sul Po più a valle di Piacenza, al fine di agevolare una difesa di fianco della Lombardia attaccata dalla linea del Mincio, facendo sistema con Pizzighettone e Piacenza»; 3° ìl rafforzamento di Pizzighettone (secondo il progetto del 1863) con l'intento di « estendere l'azione di Piacenza sull'Adda, assicurando un passaggio importante su questo fiume alle truppe operanti sulla riva sinistra del Po »; 4° la costruzione di una nuova piazza di carattere permanente difensivo nella parte centrale dell'Emilia, « in quel sito che verrà scelto dietro ulteriori studi sul terreno (Guastalla o Reggio) per collegare le due piazze di Piacenza e di Bologna, coprire le varie comunicazioni dirette tra la valle del Po e la Toscana, e particolarmente quelle che provengono dai distretti mantovani »; 5° la chiusura « con opere di sbarramento di tutte le strade che attraversano l'Appennino tosco-emiliano, al fine di accrescere valore ali' Appennino medesimo come linea difensiva » ; 6" la costruzione sollecita delle ferrovie Spezia-Genova e Sar.lana-Parma e l'apertura di rotabili di arroccamento sui gioghi dell'Appennino « per facilitare le comunicazioni tra i forti che si dovrebbero erigere » (62 ). Il sopraggiungere della guerra non consentì di portare a termine tutto l'imponente programma, ma molto fu fatto per la costruzione di tale sistema fortificatorio con preminente funzione difensiva, quasi un avancorpo di posizioni da difendere ad oltranza o sulle quali ritirarsi in caso di eventi sfavorevoli sul davanti, ma di modesta attitudine ad essere utilizzato come pedana di lancio per operazioni offensive e controffensive verso il Veneto ed H Trentino. Al ritardo della presentazione del progetto definitivo, oltre le discordi valutazioni su quale fosse il migliore punto intermedio di raccordo rra Piacenza e Bologna (Casalmaggiore o Brescello-Gua-
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stalla?), sull'economicità ed il. rendimento difensivo di Bologna alla quale tutti negavano possibilità offensive - e su altre questioni topografiche minori, non poco concorse l'incertezza ovunque esistente sulle funzioni della fortificazione permanente e campale e sulle nuove tecniche di costruzione delle opere in relazione alle esperienze della guerra di Oriente e di quella di secessione atnericana. La fortificazione permanente era entrata in crisi in seguito al brusco e radicale passaggio dall'opera in muratura ed a cielo scoperto a quella corazzata ed a cupola metallica; la fortificazione campale non era ancora intesa come esigenza prioritaria difensiva ad un tempo. Di fronte ai progressi delle armi da fuoco e, in particolare, della potenza dei cannoni e delle artiglierie a tiro curvo con proietti ad alto esplosivo, le opere in muratura perdevano di efficacia e, difatti, cederanno il posto a quelle in cemento ed in metallo; il rafforzarsi ed il trincerarsi con i lavori campali erano diventate esigenze tattiche imprescindibili e da allora - il duello Lcc-Grant ammaestrava - la fortificazione catnpale, con carattere d'improvvisazione, avrà uno sviluppo grandioso non meno decisivo in campo tattico di quello della fortificazione permanente in campo strategico. La Rivista Militare Italiana diventò ricca di studi e di proposte su entrambi i tipi di fortificazione quasi a complemento di quelli che contemporaneamente vennero condotti dall'autorità centrale (63), che, tra l'altro, dette valore di testo scolastico ad un trattato sulla fortificazione scritto da un capitano del genio nel quale erano esposte con chiarezza e conseguenzialità tutte le teorie e le applicazioni della fortificazione permanente e campale (64).
7. « In sostanza l'esercito italiano, materia1lmente considerato, era
sul principio del 1866 forte ·di numero, bene armato, mobilitabile in poco tempo, nobile al pari di qualunque altro, insomma atto a guerra sia di difesa sia di offesa. Molto però lasciavano da desiderare le istituzioni intese a mantenerlo a numero e somministrare le riserve e i presidi occorrenti» (65). A parte questo ultimo aspetto - la mancanza di un esercito di seconda linea - la preparazione materiale del giovane esercito italiano era, agli inizi del 1866, talmente avanzata quale mai lo era stata nelle due guerre precedenti
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dell'armata sarda. Lo sforzo organizzativo compiuto dal 1859 al 1866 era stato imponente, non meno di quello finanziario che, nonostante tutto, aveva consentito di creare un esercito nuovo e moderno sotto il profilo dell'armamento e dell'equipaggiamento. Il Parlamento non era stato prodigo, come sostengono il Corsi ed altri, aveva concesso meno di quanto sarebbe stato indispensabile ad un elevato grado di efficienza operativa del personale, ma neppure avaro e non aveva lesinato assegnazioni in materia di rinnovamento delle armi, dei materiali, dei mezzi e della fortificazione permanente. Le ristrettezze finanziarie si etano, invece, fatte pesantemente sentire sui livelli di forza e conseguentemente sul grado di addestramento delle unità, specialmente dopo le riduzioni di bilancio del 1864 e del 1865 che avevano costretto il ministro, tra l'altro, ad inviare anticipatamente in congedo talune classi prima del compimento della ferma ed a sospendere o ritardare la chiamata di altre. Ad esempio, nel marzo del 1866, non erano ancora alle armi gli uomini della prima categoria della classe 1845 che avrebbero dovuto giungervi nei primi giorni del gennaio. Nella relazione ufficiale sulla guerra del 1866 si legge che furono mobilitati 565.000 uomini (66) - altri sostengono 483.000 (67) - ma tale cifra deve intendersi comprensiva delle truppe presidiarie od in riserva sul territorio (depositi dei corpi ricostituiti nell'aprile del 1866, unità temporanee di nuova formazione quali i quinti battaglioni di ogni reggimento di fanteria ed i nuovi squadroni di cavalleria, le batterie e le compagnie di artiglieria e del genio, i 20.000 carabinieri, i corpi sedentari, la piccola legione ausiliaria ungherese, i 60 battaglioni della guardia nazionale, ecc.). I combattenti furono teoricamente 293.000 - in pratica non superarono i 260.000, compresi i 50 .000 volontari - ma la questione non fu di numero, ma di grado di addestramento, di amalgama e d'inquadramento. Quest'ultimo, in particolare, si rivelò qualitativamente di gran lunga inferiore a quello del 1859 a causa delle affrettate promozioni di grado e di categoria, e dell'immissione, ora automatica (esercito della Lega) ora selettiva (ex esercito borbonico ed esercito garibaldino), di elementi eterogenei, di diversa e diseguale preparazione tecnico-professionale. La deficienza qualitativa fu ancora più evidente, guerra durante, nei gradi di colonnello e maggiore e « quanto ai generali, fra i comandanti di brigata molti brillarono per coraggio personale già ben provato e per minuto zelo, ma non certo per qualità d'intelletto e di cultura, sebbene si fosse cercato di lasciare nei depositi e nei presidi gli elementi meno intelligenti e capaci. Fra i coman-
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danti di divisione, al contrario, vi fu una serie di ufficiali di valore: Govone, Cuglia, Ricotti-Magnani, Cadorna, Brignone, Angioletti, Carlo Mezzacapo, Pianell, Cosenz, Medici, Bixio, Sirtori, e altri ancora; uomini ricchi d'esperienza e di meriti, sia che provenissero dalle file dell'esercito piemontese o dall'esercito toscano, come }'Angioletti, o, da quello borbonico o dalle schiere garibaldine. Il guaio si faceva di nuovo manifesto quando si sailiva ai comandanti di corpo d'armata e anche più in alto. Quanto allo Stato Maggiore, esso era rimasto allo stato embrionale» (68). Tutto, dunque, era stato preparato a dovere, meno i quadri ed i soldati, ma il modesto grado di addestramento delle unità ed il mediocre livello di preparazione dei quadri, ai quali si deve aggiungere una qualche arretratezza della dottrina e della tecnica d'impiego, non avrebbero potuto annullare i risultati del gigantesco sforzo organizzativo compiuto nei riguardi dell'ordinamento, della logistica, dell'armamento, dell'equipaggiamento e della fortificazione ed abbassare il morale elevatissimo delle truppe regolari e volontarie se vi fossero stati capi preparati e capaci e fosse esistito un vero e proprio stato maggiore che invece non vi fu.
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NOTE AL CAPITOLO VII (1) R.D. del 9 novembre 1859 (G.M. annata 1859, p. 635). (2) R.D. del 25 ottobre 1859 (G.M. annata 1859, p. 613). I 3 nuovi reggimenti cavalleggeri furono il Milano, il Lodi ed il Montebello. In tutto 13 reggimenti. (3) R.D. del 25 agosto 1859 (G.M. annata 1859, p . 614 ). Le nuove brigate furono la Brescia, la Cremona, la Como, la Bergamo e .Ja Pavia. In tutto 17 brigate, comprese 1a Granatieri di Sardegna, la Granatieri di Lombardia e Ja Cacciatori delle Alpi. (4) R.D. del 25 agosto 1859 (C.M. annata 1859, p. 614). (5) R.D. del 7 ottobre 1859 (G.M. annata 1859, p. 668). 11 1° reggimento fu costituito su 2 batterie a cavallo, 15 batterie da battaglia ed 1 hatteria deposito; il 2° su 15 banterie da battaglia ed l batteria d eposito; il reggimento da piazza su 25 compagnie ed 1 compagnia deposito. IJ precedente ordinamento del 21. aprile 185':I {G.M. 1859, supplemento n. 6) prevedeva: un comando superiore, 6 comandi di divisione, 1 comando della riserva, 18 batterie da battaglia, 2 batterie a cavallo, 7 •parchi divisionali (5 per le divisioni, 1 per ,la divisione d i cavalleria, 1 per l'artiglieria di riserva), 2 parchi di riserva generale, 1 parco principale, 2 equipaggiamenti da ponte. La bat.teria da battaglia da 8 su 6 cannoni da 8 e 2 obici da 15; quella da 16 su 8 cannoni da 16, quella obici su 8 obici da 15. La batteria <la battaglia da 6 era su 4 cannoni da 8 e 2 obici da 15 o su 6 obici da 15. La batteria a cavallo da 8 su 6 cannoni da 8 e 2 obici da 15 e quella da 6 su 4 cannoni da 8 e 2 obici da 15. In totale: 7 batterie da 16, 10 da 8, 15 di obici, 2 a cavallo. (6) R.D. del 9 novembre 1859 (G.M. annata 1859, p. 636). Il reggimento zappatori del genio fu costituito ,su 5 battaglioni di 4 compagnie ciascuno ed 1 compagnia deposito. (7) R.D. del 16 gennaio 1860 (G .M. -annata 1860, p. 73). In totale: 120 uffioiali; 4.600 sottufficiali e truppa, 951 quadrupedi . (8) R.D. del 27 novembre 1859 (G.M. annata 1859, p. 801). Undici divisioni territoriali: prima Torino, seconda MHano, terza Genova, quarta AJessandria, quinta Savoia, sesta Cagliari, settima Brescia, ottava Cremona, nona Novara, decima Pavia, undicesima Nizza. (9) R.D. del 9 novembre 1959 (G.M. annata 1859, p . 638). (10) R.D. del 21 novembre 1859 (G.M. annata 1859, ,p. 750). (11) Le ·nuove brigate furono: Granatieri di Napoli, Umbria, Marche, A bruz• zi, Calabria e Sicilia.
(12) R.D. del 24 gennaio 1861. (G.M. annata 1861, supplemento 4, p. 29). Il corpo dei bersaglieri fu costituito su 36 battaglioni attivi e 6 battaglioni deposito; ciascun battaglione su 4 compagnie . In totale circa 24.000 uomini. (13) R.D. del 24 gennaio l.861 (G.M. annata 1861, supplemento n. 4, p. 37). LI nuovo ordinamento fu il seguente: 6 comandi territoriali ; 8 comandi locali di
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1• classe, 3 di 2• e 9 di 3•; 18 direzioni di stabilimenti; 1 reggimento operai; 3 reggimenti da piazza; 4 reggimenti da campagna; 1 reggimento pontieri. In totale: 24.000 uomini circa e 7.880 quadrupedi. (14) La cavalleria (G.M. annata 1861, supplemento n. 4, p. 33) fu ordinata su: 4 reggimenti di linea (Nizza, Piemonte reale, Savoia e Genova), 7 reggimenti lancieri (Aosta, Alessandria, Firenze, Montebello, Novara, Vittorio Emanuele, Milano), 4 reggimenti cavalleggeri (Monfe"ato, Sa/asco, Lodi, Lucca), 1 reggimento ussari di Piacenza, 1 reggimento guide, anche esso su 6 squadroni attivi e 1 deposito, ebbe una forza complessiva di 1.064 uomini, 790 cavalli da sella e 28 da tiro. (15) Il corpo del genio fu articolato su: 10 direzioni territoriali ciascuna con 2 o più sezioni, 2 reggimenti su 3 battaglioni attivi e 1 deposito. Ogni battaglione fu articolato su 6 compagnie. Il reggimento constò, perciò, di 18 compagnie, oltre le 3 del battaglione deposito, con una fona complessiva di 3.000 uomini circa. (16) R.D. del 24 gennaio 1861 (G.M. annata 1861, supplemento n. 4, p. 91). (17) Idem (G.M. maggiore fu ordinato maggiori, 92 capitani, corpo » alla quale si di 2 anni.
annata 1861, supplemento n. 4, p. 7). Il corpo di stato su 210 ufficiali (10 colonnelli, 20 luogotenenti colonnelli, 28 60 luogotenenti). Fu istituita la « Scuola di applicazi(?ne del accedeva mediante esami ed i cui corsi avevano la durata
(18) Idem (G.M. annata 1861, supplemento n. 4, p. 73). Fu ordinato su 14 legioni (13 territoriali ed 1 allievi). In totale: 503 ufficiali e 17.950 sottufficiali e truppa. (19) Idem (G.M. annata 1861, supplemento n. 4, p. 69). Fu ordinato su 3 reggi. menti ed ogni reggimento su 8 compagnie attive e 1 deposito. Forza complessiva: 252 ufficiali, 8.988 sottufficiali e truppa e 11.340 quadrupedi. (20) R .D. del 29 febbraio 1860 (G.M. annata 1860, p. 184). Il corpo venne articolato su 7 compagnie infermieri, 4 compagnie di sussistenza e servizi speciali e 1 compagnia attendenti e ordinanze. (21) G.M. annata 1861, supplemento n. 4. Precedentemente, con il RD. del 25 marzo 1860 (G.M. annata 1860, p. 308), erano stati istituiti 5 Grandi Comandi Militari (Alessandria, Brescia, Parma, Bologna e Torino) e l'esercito attivo era 25 marzo 1860 (G.M. annata 1860, p. 308), erano stati istituiti 5 Grandi Comandi stato ordinato (G.M. annata 1860, p . 309) su 13 divisioni attive: 1• su brigate granatieri, 2• su brigate Piemonte ed Aosta, 3• su Cuneo e Pinerolo, 4• su Regina e Savona, 5' su Casale ed Acqui, 6· su Brescia e Cremona, 7• su Ber• gamo e Como, 8" su Pavia e Siena, 9• su Pisa e Livorno, 10• su Pistoia e Ravenna, 11• su Bologna e Reggio, 12• su Modena e Forlì, 13• su Fe"ara e Parma. Le brigate Savoia e Cacciatori delle Alpi non furono indivisionate. Con altro decreto, erano stati istituiti gli stati maggiori di grande unità e lo stato maggiore generale (R.D. dell'll marzo 1860, G.M. annata 1860, p. 233) delle truppe ordinate in divisioni. I reggimenti di cavalleria erano stati assegnati alle divisioni: 1• Aosta alla 2', gli usseri di Piacenza alla 10•, l'Alessandria alla 11', il Monferrato alla 3", il Lodi alla 6", il Firenze alla 9", il Sa/uzzo alla 5•, il Montebello all'8•, il Lucca alla 12•, il Novara alla 4•, il Milano alla 7• ed il Vittorio Emanuele alla J>. Inoltre: il 15 aprile 1860 (G.M. annata 1860, p. 357) era già avvenuto un primo riordinamento generale per effetto del quale i:! corpo dei bersaglieri era stato elevato a 27 battaglioni (ciascuno su 4 compagnie). In totale: 17.609 uomini, comprese 14 compagnie deposito. Il 2 maggio (G.M. annata 1860, p. 451) il genio
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zappatori era stato ordinato su 2 reggimenti di 3 battaglioni ciascuno su 4 compagnie per un totale di 2.040 uomini, comprese 3 compagnie deposito; il 6 giugno (G.M. annata 1860, p. 627) la cavalleria era stata distinta: cavalleria di linea - Nizza, Piemonte Reale, Savoia e Genova armata di lancia, sciabola e pistolone;
lancieri -
Novara, Amta, Milano, Montebello, V ittorio Emanuele, Firenze -
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mati di sciabola, lancia, pistolone; cavalleggeri - Saluzzo, Monferrato, Alassandria, Lodi, Lucca, Ussari di Piacenza - armati di sciabola e di arma da fuoco; il 17 giugno (G.M. annata 1860, p. 665) era stato stabilito un nuovo ordinamento dell'artiglieria che aveva previsto: il comitato dell'arma, lo stato maggiore dell'arma, otto reggimenti - 1 operai, 3 cli artiglieria da piazza, 4 di artiglieria da campagna - 5 comandi territoriali, 8 comandi focali cli 1•, 4 di 2• e 10 dì 3• categoria, 14 direzioni, per un totale di 16.782 uomini e 5.944 quadrupedi; sempre il 17 giugno (G.M. annata 1860, p. 692) era stato istituito un nuovo quadro del corpo di amministrazione 10 compagnie infermieri, 6 compagnie di sussistenza, 1 compagnia attendenti ed ordinanze - per un <totale di 4.263 uomini e, in pari data, il corpo del Treno di Armata era stato elevato a 10.580 uomini (G.M. annata 1860, p. 963). II ministero della G uerra era stato riordinato il 9 maggio (G.M. annata 1860, p. 474). Il nuovo ordinamento del 24 gennaio 1861, il cosiddetto ordinamento Fanti, era stato preceduto altresl da molti altri riordinamenti parziali e generali apportati a mano a mano che si erano verificate le annessioni delle regioni italiane al nuovo regno. Aftre varianti ordinative, che avevano preceduto l'ordinamento Fanti, erano state quelle apportate: il 14 giugno 1860 (G.Af. annata 1860, p. 640), fo seguito alla cessione alla Francia della Savoia e di Nizza, alla brigata Savoia alla quale era stato dato il nome di brigata Re; il 14 maggio 1860 (G.M. annata 1860, p. 497) alla brigata Cacciatori delle Alpi alla quale era stato dato il nome di brigata delle Alpi; il 17 giugno 1860 (G.M. annata 1860, ipp. 650-651} era stato soppresso il « Congresso consultivo pennancnte della guerra» e istituito il « Comitato delle armi di fanteria e di cavalleria».
(22) P iero Pieri, Storia militare del Risorgimento, Op. eit., p. 631. (23) Carlo De Biase, L'aquila d'oro, Archetipografia di Milano, S.PA. Milano 1869, p. 33. (24) Atti parlamentari: Camera dei deputati. Leg. VIII, vol. I , p. 569. (25) (G.M. annata 1860, p. 1266). (26} Carlo Corsi, Venticinque anni in Italia: 1844-1869. P. Fravesio, Firenze 1870, p. 17. (27) Carlo Corsi, Storia militare, Op. cit., Vol. Il, p. 159. (28} Relazione sul R.D. del 24 gennaio 1861 (G.M. annata 1861, 5upplemento n. 4). (29) « Nella campagna del 1848-1849 ]'esercito piemontese aveva i battaglioni su 4 compagnie; quello austriaco su 6. In quella del 1859: i battaglioni francesi erano su 4 compagnie; quelli austriaci su 6; quelli italiani su 4. Nella campagna del 1866: i prussiani avevano i-1 battaglione di 4 compagnie; gli austdaci di 6; gli italiani d i 4 compagnie ed in quella del 1870-1871 i francesi mobilitarono il battaglione su 4 compagnie. Nella campagna del 1877-1878 i battaglioni russi erano su 5 compagnie delle quali 1 di cacciatori; nella campagna russo-giapponese tanto i russi quanto i giapponesi avevano i battaglioni su 4 compagnie, frazionamento del resto,
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comune a tutti gli eseroiti del mondo e col quale si presentarono alla guer.ra mondiale». (Pietro Maravigna, Op. cit., Voi. III, p. 226, nota 1). (30) Atti parlamentari: Camera dei deputati. Lcg. VIII, vol. I, p. 262. (31) Carlo De Biase, Op. cit., p. 25. (32) Atti parlamentari. Camera dei deputati. Leg. VIII, Vol. I, ,p. 267. (33) Piero Pieri, Op. cit., p. 731, nota 1. L'autore scrive che con fa riforma del 1860 la « Landwehr » ,prussiana subì un grave colpo, giacché « con tale riforma rimaneva l'obbligo di tre anni <li servizio militare, nella linea, ma con 4 anni, in luogo di 2 nella riserva (la riserva immediata alle dirette dipendenze del comando dell'esercito) e 6 anni, anziché 8, nella Landwehr. Non solo, ma a questa veniva sottratta la 2• categoria delle tre classi sotto le a.rmi, che veniva invece a far parte della riserva. In tal modo l'esercito poteva disporre di ben 7 classi al completo fra « linea » e riserva, e di 6 classi di Landwehr. Il contingente annuo di prima categoria era portato da 40.000 a 63.000 uomini, cosicché su 180.000 uomini di leva si avevano adesso 63.000 di 1• categoria, 47.000 di 2· categoria e 70.000 scartati ed esonerati, ,percentuale quest'ultima assai bassa, non solo, ma gli ufficiali della riserva, come quelli della linea, dovevano essere tutti di carrierà '·e 1;i tendeva a riempire anche la Landwehr di vecchi ufficiali professionisti, mentre cresceva per molto il numero dei sottufficiali di carriera. In questo modo gli ufficiali di complemento, che prima dovevano inquadrare la 2' categoria e 8 classi di
Landwehr, erano ridoni a inquadrare, e solo parzialmente, 6 classi di riservisti anziani. Era una vera elefantiasi dell'elemento di carriera, in vista della guerra di preponderanza prussiana ·i n Germania ; cosa ben lontana dallo spirito che aveva animato la vecchia Landwehr del 1813 e dei .primi anni della Restaurazione». (34) Scrive il Maravigna, nell'opera citata, Voi. 111, p. 225: « La forza di guerra del battaglione deriva <la quella del .reggimento combinata con la necessità che, quest'ultima unità, si frazioni in base al concetto ternario, donde la cifra di 900-1.000 uomini adottata .generalmente da tutti gli eserciti all'inizio dell'attuale secolo, « vale a dire, aggiungiamo noi, quando si attuarono le condizioni necessarie e fu introdotto l'uso del fucile a r1pctizione ordinaria oltreché a retrocarica. Infatti, ndla seconda metà del secolo XIX, la forza di 900-1.000 uomini non fu quasi mai raggiunta ,prima del 1870: nel 1859 i battaglioni francesi e sardi raggiunsero a mala pena fa forza media di 600 uomini e solo quelli austriaci si aggirarono sui 1.000 uomini, ma l'esercito austriaco aveva allora adottato tattica e tecnica topografiche ed operava utilizzando :prev.alentemente l'ordine sparso; nel 1866 quelli iprussiani ed austriaci avevano una forza media di 800 uomini, quelli italiani di 600; nel 1870 i francesi di 570 ed i prussiani di 750 uomini. Fu dopo il 1870 che si ebbero battaglioni di 1.000 e più uomini: in Germania 1.025, in Austria 1.018, in Francia -1.066 ed in Italia 1.000. Ci riferiamo alla forza 011ganica di guer,ra, giacché in tempo di ,pace, la forza oscillò in media tra i 300 ed i 700 uomini (Italia: da 300 a 500; Francia: 550; Austria: 375 ; Germania: 570; Russia: 450). (35) Esistevano al riguardo, anche presso gli altri eserciti, discordanze di opinioni. I reggimenti di cavalleria di linea erano stati costituiti su 4, 5 e 6 squadroni e quelli di cavalleria leggera su 6, 7 e 8 squadroni. Durante Ja guerra del 1848-1849 l'armata sarda aveva operato con reggimenti su 6 squadroni e nel 1859 con reggimenti su 4 squadroni; i francesi dal 1800 in poi avevano costituito di volta in volta i reggimenti su 6, 5, 4 squadroni; gli austriaci avevano adottato per molto tempo reggimenti su 6 squadroni se di linea, di 8 se di cavalleria leggera, riducendo, dopo il 1859, i ,primi a 5 ed i secondi a 6 squadroni. Nel 1863 gli austriaci articolarono i reggimenti di Jinea su 4 e quelli leggeri su 5 squadroni. Il rapporto fanteria-
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cavalleria, pari nell'esercito italiano al valore di 2,6, era nell'esercito austriaco di 2, in quello francese di 1,8 ed in quello prussiano di 2,4. (36) Della Rovere Alessandro (1815-1864). Partecipò alla campagna del 1848 e a quella del 1855, come pure a quella del 1859, al termi ne della quale fu promosso maggior-generale. Nel 1860-1861 fece la campagna delle Marche e Umbria, e fu subito dopo in Sicilia come luogotenente del Re. Dal 1861 al 1864 fu ministro della guerra. (37) G.M. annata 1862, p. 187 e segg. (38) R.D. del 26 marzo 1862 (G.M. annata 1862, p . 187 e segg.). (39) R.D. del 25 marzo 1853 (G.M. annata 1860, .p. 309). Ordinamento dell'esercito su 13 divisioni. (40) R.D. del 27 novembre 1862 (G.M. annata 1862, p. 746). Il 7° Gran Comando di dipartimento di Palermo ebbe alle dipendenze due comandi di divisione terri toriale (P alermo e Messina) con due comandi di sottodivisione (Caltanissetta e Siracusa). (41 ) I principali furono quelli del R .D . d el 18 dicembre 1864 (G.M. annata 1864, p. 805) e quelli del R.D. del 30 dicembre 1865 (G.M. annata 1865, p. 1029 e seguenti ) e in particolare: R.D. per rl riordinamento del cor.po di stato maggiore (p 1.035); della fanteria (p. 1.037), del corpo dei bersaglieri (iP, 1.041 ), della cavalleria (p. 1.044), dell'artiglieria (p. 1.049), del genio (p. 1.052), del corpo del Treno (,p. 1.054), dell'accademia (p. 1.058), delle scuole (.p. 1.062), dei collegi (p. 1.069), degli stati maggiori divisionali (p. 1.075), del corpo sanitario (p. 1.076), dei tribunali (p. 1.078), dell'intendenza (p. 1.082). ( 42) Ignazio De Genova Di Pettinengo (1813-1896). Combatté a Novara e fu al comando della Brigata Casale a S. Martino. Ministro della guerra nell'anno 1965-1866. Nel 1868 fu nominato senatore del regno. (43)
Rn. del 29 marzo 1866 (G.M. anna 1866, p. 169).
(44) R.D. del 27 aprile 1866 (G.M. annata 1866, .p . 233). (45) R.D. del 28 aprile 1866 (G.M. annata 1866, p. 238). (46) R.D. del 28 aprile 1866 (G.M. annata 1866, p. 242). Formazione dei depositi. Inoltre: circolare n. 18 contenente le disposizioni per i comandi di dipartimento e di divisioni ai fini della mobilitazione (G.M. annata 1866, p. 245), chiamata di classi sotto le armi (G.M. annata 1866, p. 253); circolare 32848 del 30 aprile 1866 contenente le istruzioni speciali intorno agli uomini di seconda categoria (G.M . annata 1866, p. 266); circolare n. 3 del 6 maggio 1866, p. 274); R.D. del 3 maggio 1866 per la mobilitazione dei battaglioni della guardia nazionale e composizione dei medesimi (G.M. annata 1866; p. 282); R.D. del 6 maggio 1866 per la formazione dei corpi volontari nomina del generale Garibaldi a comandarli (G.M. annata 1866, p. 304). I volontari ebbero, il seguente quadro di battaglia: - comandante: generale Garibaldi; - capo di stato maggiore: maggior generale Fabrizi; - intendente: Acerbi; - 10 reggimenti di 4 battaglioni ciascuno e ciascun battaglione di 4 o 6 compagnie ciascuna d>n forza superiore ai 200 uomini; - 2 battaglioni bersaglieri di 4 compagnie;
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1 conpo di guide a cavallo (2 squadroni); 1 compagnia di volontari del genio zappatori; 1 batteria dell'esercito regolare di 6 pezzi da montagna. I 10 reggimenti furono poi riuniti in 5 brigate e, alla fine di giugno, furono ,inviati al corpo volontari, traendoli dalle forze regolari, un altro battaglione di bersaglieri (XLI), 3 batterie campali (18 pezzi) della riserva generale d'artiglieria, un'altra batteria da montagna su 6 pezzi e un piccolo parco di artiglierie da posizione e d'assedio. Fu sottoposta a Garibaldi anche la legione di guardia nazionale mobile formata per la difesa della Valtellina e della Valcamonica ordinata su 2 battaglioni, rinforzati da 100 carabinieri, doganieri, guardie frontali, una compagnia di bersaglieri volontari e una cinquantina di tiratori volontari con 8 ,pezzi d'artiglieria dell'esercito regolare, dei quali 6 da montagna. Nel luglio si aggiunse momentaneamente al corpo volontari anche una squadra di tiratori volontari di Tirano. In totale, circa 40.000 uomini e 700 quadrupedi. (47) Richard Jordan Gatling (1818-1903), inventore statunitense. Costruì nel 1862 la mitragliatrice omonima a 6 canne rotanti e ri,petizione normale che ebbe rapida diffusione in tutto il mondo. (48) G.M. annata 1860, p. 81 e p. 150: disposizioni impartite dal ministro della guerra, generale Fanti, per l'adozione del fucile rigato francese e per la graduale trasformazione e distribuizione della nuova arma. (49) Giovanni Cavalli (1808-1879). Generale. Partecipò alle campagne d 'indipendenza e, promosso generale, fu capo del Comitato di artiglieria e comandante dell'accademia militare di Torino. Geniale inventore, ideò il cannone a retrocarica con chiusura ermetica della culatta e realizzò le bocche da fuoco rigate che, utilizzando proietti cilindro-conici, consentivano maggiori gittate, forza d'urto e precisione. Ideò altresì equipaggi da ponte, affusti d'artiglieria da campagna, cannoni di ghisa, ecc ... (50) Paolo Ballada di Saint Robert (1815-1888). Insegnò balistica alla scuola di applicazione, fu nominato segretario del « Congresso permanente d'artiglieria», assunse la direzione della fabbrica delle polveri in Torino, e poi quella del polverificio di Fossano. Lasciò l'esercito da tenente colonnello, per <ledicarsi agli studi scientifici, particolarmente alla balistica e all'artiglieria. Ai fini di una maggiore stabilità del proietto sulla traiettoria, ne ideò uno a sezione ellittica, di forma lenticolare, con asse curvo, assumente nell'anima un movimento rotatorio. Scrisse pregevoli volumi sulla traiettoria, sul moto dei proietti nei mezzi resistenti, sulla fabbricazione della polvere, ecc. {51) Rivista Militare I taliana. Anno VII, luglio, agosto, settembre 1862. Cenni sui cannoni rigati che si caricano per la bocca e per la culatta e sui perfezionamenti da recarsi all'arte della guerra. (52) G.M. annata 1860, nota 104 del 27 agosto 1960, p. 935, e nota 208 del 27 ottobre 1860, p. 1.141. {53) William Armstrong, inglese (1810-1900). Passò dalla professione di avvocato a quella di ricercatore <lell'u tilizzazione dell'energia idraulica progettando diversi tipi di gru e di montacarichi azionati dalla ,pressione dell'acqua. Fondò le officine Elswiek che acquistarono fama mondiale. Nel 1855 realizzò il cannone cerchiato a canna rigata, a retrocarica che, ,perfezionato successi<vamente diventerà, alla fine del secolo, il prototipo dei cannoni moderni. (54) Le espressioni da 40, 16, 8, 5 1/2 indicano il peso in libbre pie.inontesi della palla sferica di eguale diametro dell'anima della bocca da fuoco e corri-
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spondono in mm ai calibri 16,.5, 12,1, 96, 86 («La campagna del 1866 in Italia 1>, ecc., Op. cit., p. 76).
(55) La campagna del 1866 in Italia, redatta dalla Sezione Storica del Corpo di Stato Maggiore, Op. cit., Voi. I, p. 76. (56) Idem, p. 4. (57) Idem, pp. 11 e 12. (58) Principe Eugenio di Savoia Carignano (1816-1888). Ufficiale di marina, prestò poi servizio nell'esercito da capitano fino a colonnello. Tornato nella marina col grado di capitano di vascello, venne .promosso contrammiraglio, e posto al comando della Reale Marineria Sarda. Fu nominato luogotenente generale del regno nel 1848. Durante la campagna del 1859 e del 1860, fu di nuovo luogotenente generale del re, prima a Torino e poi, dal gennaio del 1861, a Napoli.
(59) R.D. del 29 marzo 1860 (G.M. annata 1860, p. 330) circa le nuove fortificazioni di Pavia, Piacenza, Pizzighettone e Bologna, (60) R.D. del 1 febbraio 1863 (G.M. annata 1863, p. 59). (61) R.D. dell'll aprile 1866 (G.M. annata 1866, p. 201). (2) La campagna del 1866 in Italia, ccc., Op. cir., Tomo I, pp. 1J e 16.
(63) Rivista Militare Italiana, annata 1862, Vol. I, luglio, agosto, settembre: Dell'armamento dei zappatori del genio militare; annata 1863; Vol. III, gennaio, febbraio, marzo: L'arma del genio negli eserciti, il primo scritto di Nicola Marselli, allora capitano del genio; annata 1860, Voi. III: I propugnacoli dell'alta Italia; annata 1862, Vol. IV, aprile, maggio, giugno: L'Italia e l'Austria di Carlo Corsi; annata 1864, Voi. I, luglio, agosto, -settembre: Lavori di trincea, cammina· menti con zappa piena, semplice e doppia, senza gabbioni e ripieni; annata 1864, Vol. IV; aprile, maggio, giugno: Relazione sulle esperienze di tiro contro il forte Cerro sul lago Maggiore; annata 1865, Voi. I, foglio, agosto, settembre: Impiego del feffo nella fortificazione; annata 1865, Voi. II, aprile, maggio giugno: Resoconto sulle esperienze eseguite sulle lande di S. Maurizio nel 1814 contro piastre di corazzata e Gli scrittori italiani che dettarono sulla fortificazione dall'origine ai tempi presenti; ecc. (64) Istruzione teoriche e pratiche dei zappatori del genio, (G.M. annata 1862, p. 786).
(65) La campagna del 1866 in Italia ecc., Op. cit., Tomo I , p. 7. (66) Idem, p. 4. (67) Carlo Corsi, Storia militare, Op. cit., Voi. II, p. 271. (68) Alberto Pollio, Custoza (1866). Ministero della Guerra. Stato Maggiore dell'Esercito . Ufficio Storico. Quarta Ed. La libreria dello Stato, Roma 1935, p. 4.
CAPITOLO VIII
LA TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA l. Le condizioni favorevoli alla guerra e le cause della disfatta. 2.
Ambiguità del disegno e del piano operativo. 3. Assenza di una direzione unitaria della guerra e della manovra dal Mincio. 4. Imperizia strategica e tattica dei comandanti. 5. Inesistenza di uno stato maggiore. 6. Rispondenza della dottrina e dell'ordinamento tattico. 7. Una sentenza senza appello.
1.
La terza guerra per l'indjpendenza e l'unità d 'Italia segnò la prima sortita dchl'appena costituito esercito italiano. Diversamente dal 1848-1849, quando l'armata sarda sfidò da sola la potenza militare dell'impero asburgico, e dal 1859, quando si avvalse dell'apporto diretto e determinante dell'armata di Napoleone III, il giovane esercito italiano, pur nel quadro dell'a,Ueanza politico-militare con la Prussia, dové misurarsi nuovamente da solo, senza nessun concorso diretto di forze esterne, contro le forze austro-ungariche in Italia. Dopo la guerra dei ducati dello Schleswig, del Holstein e del Lunenburg, combattuta insieme dai prussiani e dagli austro-ungarici contro la Danimarca e conclusasi nel 1865, Bismark voleva che la Prussia assumesse la funzione di guida di tutti i popoli tedeschi e sapeva che ciò non sarebbe stato possibile fino a quando l'impero asburgico fosse rimasto forte com'era. La coincidenza dell'aspirazione prussiana all'egemonia sui popoli tedeschi e di quella italiana al compimento dell'unità della penisola favorirono la sottoscrizione di un trattato di alleanza italo-prussiana che fu firmato a Berlino 1'8 aprile del 1866. Per esso: la Prussia avrebbe dichiarato guerra all'Austria-Ungheria e l'Italia l'avrebbe seguita; i due Stati non avrebbero deposto le armi se non quando l'Italia avesse ottenuto il Veneto e fa Prussia territori equivalenti; le due parti non avrebbero concluso armistizio o pace separata se non di comune intesa. Al-
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l'ultimo momento Napoleone III tentò di distogliere l'Italia dal trattato, offrendole, dopo essersi inteso con Vienna, il Veneto in cambio della neutralità ma il La Marmora, in quel periodo presidente del Consiglio dei ministri, respinse l'offerta dichiarandola contraria agli impegni già liberamente assunti. Napoleone III tentò allora di indire un nuovo Congresso europeo per salvare la pace, ma la Prussia, sicura del favore della Russia e della benevolenza della stessa Francia, procedé all'occupazione dell'Holstein ed il 16 giugno dichiarò guerra all'Austria. L'Italia fece a'1trettanto il giorno 19. Altrimenti di quella del 1859 con la Francia, questa volta l'alleanza con la Prussia fu posta in termini chiari e vincolativi - benché nel testo del trattato non fossero stati determinati i confini geografici della regione veneta e non fosse stata richiesta da parte italiana nessuna garanzia per il Trentino - ed essa costitul una solida premessa politica che forse proprio per questo indusse a cullare l'illusione di una guerra facile, rapida, vittoriosa. Non meno favorevole, sotto il profilo politico, la situazione interna: vi fu grande entusiasmo in tutta la penisola; il Mazzini invitò gli italiani ad accorrere sotto le bandiere regie; il clero sostenne moralmente la giusta causa italiana; i centri di raccolta di Como e di Bari rigurgitarono di volontari provenienti da tutte le regioni della penisola desiderosi di arruolarsi nelle schiere garibaldine nuovamente inglobate nell'esercito regolare; Garibaldi fu più che mai pronto a riassumere il compito di proteggere il fianco sinistro dello schieramento e di operare in direzione del Trentino. Le operazioni di mobilitazione e di radunata, difficili per la configurazione del territorio e per lo scarso sviluppo delle ferrovie, furono condotte con ordine e con tempestività in un clima di accesa passione patriottica che facilitò il reinserimento dei richiamati nelle unità di assegnazione ed il loro riabituarsi alle fatiche ed alla disciplina. La coesione delle unità non giunse a coagulare ed ama·lgamare tutte le energie disponibili, ma ciò dipese dalla rapidità del lungo cammino compiuto in breve tempo e dalla brevità del tempo intercorso tra la creazione del nuovo regno e del nuovo esercito e lo scoppio della guerra. Prevenzioni, pregiudizi e diffidenze che affondavano le radici nelle politiche del passato, nelle diversità delle culture regionali e delle organizzazioni sociali e, in definitiva, nella storia stessa del Paese, non scomparvero certamente di un tratto. Ma se la coesione delle unità italiane fu minore di quella delle unità imperiali, raggiunse pur sempre un soddisfacente grado di
CAP. VIII • LA IV GUERRA D'INDIPENDENZA
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solidità, tale comunque da smentire Je malevoli previsioni dell'avversario che faceva gran conto su atti d'indisciplina e su diserzioni in massa. La preparazione materiale militare, perseguita nello sforzo quinquennale che abbiamo già esaminato, era stata tale da consentire all'Italia di mettere in campo forze di gran lunga superiori a quelle nemiche dislocate in Italia. Certo, le riduzioni dei 9 milioni del 1865 e degli 11 del 1866, apportate al bilancio del ministero della Guerra, non erano rimaste senza conseguenze: la forza alle armi era stata ridotta di 30 .000 unità e, conseguentemente, i reparti operativi risultavano, all'atto della mobilitazione, molto impoveriti di personale addestrato. Ma armamento, equipaggiamento e mezzi erano pressoché eguali a quelli dell'esercito avversario, che disponeva, però, di cannoni da 8 di gittata leggermente superiore, di munizionamento « shrapnell » e de1la gavetta-marmitta che consentiva di cucinare il rancio senza aspettare l'arrivo dei carri. Sul piano dell'addestramento il raffronto era favorevole all'esercito imperiale che dimostrò, guerra durante, di essere più abituato alla manovra ed all'impiego dei mezzi su terreni che conosceva benissimo perché suo campo usuale di addestramento . Gli sbandamenti e gli sfasci locali - che peraltro non mancarono neppure dall'altra parte furono sempre la conseguenza del cattivo impiego dell~ unità, fatte impegnare nei combattimenti con rapporti di forza insostenibili e su posizioni tatticamente e tecnicamente sbagliate ed infelici, più che del modesto grado di addestramento. Le grandi e le minori unità, quando furono bene comandate e condotte, supplirono, ancora una volta, all'insufficiente perizia tecnica, con il loro mirabile spirito militare, con il loro elevatissimo senso del dovere, con la loro tenacia ed il loro coraggio. Gli ufficiali, nella grandissima maggioranza, dettero innumeri esempi di valore - « non si può rifiutare all'avversario», scrisse l'arciduca Alberto nel suo rapporto su Custoza, « la testimonianza che si è battuto con pertinacia e valore. I suoi primi attacchi, specialmente, erano vigorosi, e gli ufficiali, slanciatisi innanzi, davano l'esempio » - e dimostrarono grande volontà di impegnarsi e di fare bene, ma non riuscirono a nascondere la loro insufficienza tecnico-professionale tanto maggiore quanto più elevato il grado. Pur tenuto conto che l 'esercito era stato costituito da poco, che i comandanti erano nuovi nei rispettivi gradi, che si combatté su terreni diver~i da quelli delle piazze d'armi e dei campi ~'istruzione, resta inspiegabile, a meno di non darne colpa all'immobilismo dot-
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trinale, come i,I livello di preparazione di gran parte dei quadri, in particolare di molti generali, fosse potuto scendere a livelli così bassi, inaccettabili sul piano morale prima che su quello tecnico. « E, mi affretto a soggiungere - scrisse il Pollio - io non parlo qui di grandi generali, rari in tutti i tempi e in tutti i paesi. Il genio militare è dote di pochissimi eletti e non Jo si acquista. Ma intendo parlare di generali che siano preparati al comando con lo studio e con l'esperienza e che commettono anche errori, come tutti ne hanno commesso e commetteranno, ma che conoscano bene ed applichino i principi dell'arte militare e che facciano tutto quanto è loro possibile fisicamente, intellettualmente e moralmente per preparare ed assicurare il successo » ( 1). Condizioni politiche, strategiche e tecnico-militari materiali favorevoli alla guerra, condizioni spirituali e morali ottime, grado di addestramento modesto, impreparazione dei quadri elevati e, soprattutto, mancanza, ai massimi livelli, di capi degni di tale nome e di stati maggiori efficienti: questa fu la situazione di partenza della terza guerra d'indipendenza, il cui esito disastroso dipese pressoché esclusivamente dall'ambiguità del piano operativo, dall'assenza di un comandante capace di condurre le operazioni in un quadro globale unitario, dall'insufficienza ed imperizia strategica e tattica dei comandanti più elevati, dalla mancanza, fin dal tempo di pace, di uno stato maggiore adeguato alle esigenze del nuovo campo di battaglia.
2. Invadere, passando il Mincio o il Po od entrambi? L'armata del Mincio, vista che si erano volute dividere le forze in due masse (2), avrebbe dovuto attirare su di sé l'attenzione dell'arciduca per favorire i,I passaggio del Po e del Polesine all'armata del Po o avrebbe dovuto dare battaglia e quella del Po, regolandosi sull'azione della prima, avrebbe dovuto solo minacciare le comunicazioni del nemico? In questo ultimo caso perché 1a suddivisione dell'esercito in due masse entrambe molto robuste? Se lo sforzo principale era sul Mincio, quello secondario sul Po, l'azione concorrente in direzione del Trentino, perché ben 8 delle 20 divisioni disponibili furono assegnate al IV corpo d'armata? Quale che fosse stato il piano operativo perché non venne concordato con l'alleato?
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Non vi fu nessuna intesa e nessuna coordinazione del disegno operativo italiano con quello prussiano. Ognuno dei due eserciti operò per proprio conto in una specie di guerra parallela ante litteram. E questo fu, sul piano strategico, il primo grave errore. A parte i dubbi che tuttora permangono su quali fossero i reali intendimenti del piano strategico, sta di fatto che furono violati a priori i principi della massa, dell'economia delle forze e della sorpresa e si rinunziò, nonostante il carattere offensivo della guerra, al vantaggio dell'iniziativa. Il disegno strategico ed .hl piano operativo erano maturati all'ultimo momento in un clima di diffidenze, di gelosie, di personalismi, di intrighi e di compromessi tali da soffocare nell'ambiguità ogni linea di condotta che si .fosse scelta. Il re avrebbe voluto assumere il comando effettivo e non quello nominale dell'esercito operante chiamando a suo capo di stato maggiore il generale Petitti. Il generale Ciaildini ed il generale La Rocca erano, a loro volta, vogliosi di dirigere le operazioni e male digerivano la preminenza di anzianità <lel La Marmara. Questi, proprio in ragione della sua anzianità, accampava il diritto di comandare su tutti benché fosse stato assente <la anni dalla direzione dell'esercito e dal comando di grandi unità. L'ebbe vinta il La Marmara che abbinò le cariche di capo di stato maggiore generale e di comandante dell'armata del Mincio e che, per rabbonire il Cialdini, gli assegnò il comando del IV corpo d'armata - armata del Po - e « per fargli cosa gradita » aggiunse altre 2 divisioni alle 6 già previste inizialmente, Furono così poste tutte le premesse perché non vi fosse coordinazione neppure tra le operazioni delle due masse e perché mancasse l'unità di comando e di direzione sull'intero fronte, dove l'esercitò avrebbe agito suddiviso in due aliquote, schierate a distanza di un centinaio di chilometri l'una dall'altra, delle quali uno (armata del Mincio) da sola superiore all'intera armata imperiale in Italia, l'altra (armata del Po) appena inferiore. La mancanza dell'unità di direzione « madre o figlia della mancanza d'accordo nel piano delle operazioni fu, forse, la causa principale per la quale la campagna sorti un esito tanto infelice » (3 ).
3. « Seguendo attentamente l'andamento della campagna del 1866
m Italia non si riesce a comprendere chi comandasse l'esercito ita-
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liana, e ciò tanto nel primo, quanto nel secondo periodo della campagna» (4). Ma se l'esercito non ebbe un comandante, tanto che il Cialdini non obbedi neppure al re che gli aveva ordinato di passare il Po, dopo la giornata di Custoza, ed anzi si ritirò dietro il Panato - con grande sollievo dell'arciduca Alberto che aveva già perso 1.970 morti, 3.984 feriti, 1.515 prigionieri, 1.298 dispersi e 454 quadrupedi - neppure l'armata del Mincio ne ebbe uno perché il La Marmara o rimase inattivo, o si assentò, o quando intervenne - in verità poche volte - sbagliò, ovvero indovinò a metà, oppure si lasciò prendere da1llo scoramento e addirittura dal panico di fronte ai pericoli che l'armata corse. Il comportamento dell',armata del Mincio fu privo di ogni contenuto strategico e non poteva essere diverso in quanto il comandante non espresse nesun disegno di manovra, non indicò nessuno scopo concreto da perseguire, disseminò le forze, a mo' di ventaglio, su di una fronte di 35 km e le suddivise in 3 blocchi con ampie soluzioni di continuità tra di loro senza neppure farle precedete a distanza da un dispositivo esplorante. Al I corpo, a sinistra, ordinò di lasciare una divisione sulla riva destra del Mincio in osservazione di Peschiera e di destinare Je altre due all'occupazione delle colline di Santa Giustina-Sana al di là della strada Peschiera-Verona; al III, al centro, di avanzare per intero oltre il Mincio per occupare il restante orlo collinare da Sommacampagna a Custoza e la sottostante pianura di Villafranca; al II, a destra, di passare il Mincio con due divisioni per occupare le posizioni di Marmirolo e di Roverbella allo scopo di circondare Mantova da nord, di muovere, se necessario, a sostegno del III a Villafranca lasciando le altre due sulla riva destra del Mincio per espugnare la fortezza di Borgoforte e circondare Mantova; a.J.la divisione di cavalleria, in riserva al centro, di dislocarsi fra Mozzecane, Quaderni La Gherla su di una fronte di 7 km; alla riserva di artiglieria di restare ferma indietro a 40 km dalla linea di prevista occupazione da parte del I e del III corpo. Egli, inoltre, non fece nessun cenno su che cosa fare in caso d'incontro con il nemico. Nessun altro dispositivo avrebbe contraddetto meglio la concezione jominiana della strategia e avrebbe meglio annullato i vantaggi della superiorità numerica e dell'iniziativa. Che il La Marmara avesse articolato le forze secondo tale schema solo per fare una dimostrazione, perché convinto che la ritirata degli austriaci oltre l'Adige significasse la rinunzia da parte loro ad operare tra l'Adige ed il Mincio, è un non senso perché non si effettua una dimostrazione impegnando tutte le forze, meno la riserva di artiglieria, e perché
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non ci si basa su di un'ipotesi che è solo un preconcetto tanto infondato quanto esiziale. Quando si verificò l'incontro con l'avversario - « la mancata esplorazione del 23 fu certo una delle cause del rovescio da noi subito il giorno 24 » (5) - ed ebbero inizio i combattimenti in corrispondenza del fronte della 1a e della Y divisione, poi della r e della 16\ infine della 3a e di parte dell'8a, « l'azione fu da parte nostra cosl slegata che il racconto della battaglia è un racconto di combattimenti isolati » ( 6) i quali, appunto, esulano dal discorso strategico, perché impegnarono episodicamente solo circa 5 delle 12 divisioni dell'armata e non coinvolsero né la divisione di cavalleria di linea in riserva (20 squadroni e 12 cannoni) né la riserva di artiglieria (24 cannoni). « Mancò l'azione direttiva del comando supremo, vagante da un luogo all'altro del campo di battaglia e fuori del campo di battaglia a curarsi di minuzie che non erano suo compito, facendo disperdere quella continua corrente di ordini e di informazioni, senza la quale un'azione direttiva efficace non è possibile, perdendo di vista il concetto d'insieme, subendo le impressioni di particolari episodi che si svolgevano su questo o quel punto e lasciandosi cosl trascinare a credere tutto perduto quando invece nulla era definitivamente compromesso» (7).
4. « E mancò l'iniziativa intelligente dei comandanti di alto grado » (8) perché, malgrado l'assenza di un'idea strategica, le violazioni dei principì e gli errori iniziali d'impostazione, gli avvenimenti avrebbero potuto avere un andamento assai diverso, se non addirittura favorevole, « solo che i 2 comandi di corpo di armata (I e III) e, soprattutto, il Comando Supremo fossero stati all'altezza della situazione » (9). L'esplorazione, del tutto ignorata sul piano strategico, non ebbe migliore attenzione su quello tattico. Nessuno dei tre comandi di corpo di armata - neppure il III che disponeva di una brigata di cavalleria leggera - provvide in proprio, o dette ordini perché lo facessero Je divisioni, a mettere in opera un dispositivo esplorante ed analogamente si comportarono le divisioni di prima linea ad eccezione della 7a e della 16a che d'iniziativa spinsero avanti qualche unità di cavalleria.
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Meno trascurata la sicurezza, ma molti comandanti costituirono ed articolarono i dispositivi non dosando oculatamente le forze che spesso risultarono di consistenza difettosa avanguardie od eccessiva retroguardie, frazionando e sminuzzando .Je unità di cavalleria e di artiglieria tra dispositivo di sicurezza e grosso e nell'ambito dell'uno e dell'altro, facendo muovere i vari elementi delle avanguardie e delle retroguardie a distanze troppo ravvicinate o troppo lunghe. Gli stessi drappelli di cavalleria che ebbero il compito di punte e di distaccamenti fiancheggianti mossero spesso a distanza ravvicinatissima dalle teste di avanguardia o dai fianchi delle colonne. Negli accaniti combattimenti offensivi e difensivi le unità impegnate scrissero pagine di valore e di gloria, che gli insuccessi locali e quello finale non alterano nel profondo significato morale; generali e soldati, brigate, reggimenti, battaglioni, squadroni, batterie, plotoni e sezioni non vennero meno al dovere di combattere e sotto tale profilo non furono inferiori del nemico. Basti ricordare le successive tenaci resistenze dei resti <lella 1" divisione i quali, congiuntamente con l'VIII battaglione bersaglieri e tre plotoni di cavalleria guide contesero, ripiegando, ad unità della divisione imperiale Rupprecht l'avanzata verso Monzambano. E si trattava dei resti di una divisione che non era stata condotta al combattimento, ma al macello (10). Ma questo ed ailtri numerosi episodi, come taluni manovre ed atti tattici ben impostati e condotti - ii! combattimento della Pernisa fra il 19° reggimento di fanteria della brigata « Brescia » ed il reggimento austriaco Benedek; la manovra del Pianell (11) con l'impiego di battaglioni delle brigate Siena ed Aosta ed altre non possono modificare il giudizio unità della 2a divisione del tutto negativo su1la gran patte dei comandanti, i quali commisero un'infinità di trasgressioni delle norme in vigore in un quadro generale di confusione delle idee e di mancanza di senso tattico, di occhio al terreno e di capacità di condotta. Attacchi e contrattacchi senza unità di direzione e adeguato sostegno di artiglieria, slegati, disordinati, a frotte non compatte e non in misura di assaltare simultaneamente; occupazione e difesa di posizioni sbagliate, scelte male, preferite ad altre pur disponibili ed a portata di mano d'importanza tattica enormemente superiore, più robuste, più ampie, di maggiore dominio di osservazione e di fuoco; attacchi vigorosi e resistenze accanite, ma non alimentabili per mancanza di riserve o di rincalzi, le une e gli altri o non predisposti o lasciati troppo indietro con danni alla tempestività d'intervento; schieramenti di forze senza appoggi d'ala e, o troppo in basso , o troppo lontano, o troppo in
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avanti rispetto ai cigli. cli fuoco più redditizi; spiegamenti per ala quando convenienti quelli per linea o viceversa; mancati spostamenti cli unità, mutamenti di fronte ritardati o eseguiti in momenti inopportuni e pericolosi - a 3 battaglioni della brigata V a/tellina fu fatto cambia·re il fronte nel momento in cui passavano accanto gli ed incomprensibili sbandati del 20° reggimento della Brescia ritardi nel passaggi.o dagli ordini di marcia a quelli di combattimento {caso della brigata Forlì); frammischiamenti di unità come, ad esempio, nella difesa del monte Cricol, dove battaglioni del 30°, del 20°, del 29° e del 43° reggimento fanteria ed il V e il XVIII battaglione bersaglieri furono schierati senza nessun rispetto dei vincoli organici e senza unità di direzione; organizzazioni e sistemazioni difensive lineari, sottili, estese e perciò deboli e prive cli possibilità di lunga durata, anche in corrispondenza di posizioni fondamentali, come quella di Oliasi, la cui importanza fu sottovalutata due volte: la prima quando fu abbandonata dal generale di Villahermosa (1 2) ne1l'intento di salvare le forze ma sen'.la badart: cht: così facc:ndo si comprometteva il tutto; la seconda quando venne rioccupata con forze assolutamente insufficienti a mantenerne il possesso; ripiegamenti confusi e disordinati perché fatti eseguire su terreni in salita e soggetti al fuoco delle alture antistanti, come quello della Brescia a Formelli soggetto al tiro nemico dalle alture di Feniiletto, Capellino, e Rosolotti, ovvero su terreni dominati dal fuoco d'infilata come accadde al 65° reggimento fanteria della brigata Valtellina sul ciglione orientale di Santa Lucia; azione cardine della difesa maile impostata, organizzata e condotta per la preminenza data alle posizioni di M. Torre e di M. Croce tatticamente molto meno valide delle alture di Belvedere - M. Molimenti , per la cattiva disposizione deMa brigata Granatieri di Lombardia schierata troppo in basso e troppo in avanti e ,per il mancato ascolto dei ripetuti appelli di rinforzi, che pure erano disponibili, lanciati dal generale Govone. Non meno numerose e gravi di quelle arrecate ai criteri ed alle norme tattiche, furono le offese alla tecnica di movimento e d'impiego: inizio del movimento dalla linea di confine o troppo anticipato o troppo ritardato, lentezza esasperante ed affatigante (talune divisioni marciarono alla velocità di un chilometro-ora); inciampi ed arresti di colonne che s'incrociarono intralciandosi e ritardando l'una il movimento dell'altra; colonne pesanti con al seguito quas,i tutto il carreggio non lasciato in parcheggio, come sarebbe stato naturale fare, sulla riva destra del Mincio; ambiguità, imprecisione ed incompletezza degli ordini scritti e verbali ed assenza assoluta del-
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la corrente informativa sia ascendente-discendente sia laterale: indizi e notizie preziosi raccolti della 1• e della 7" divisione il giorno 23 circa la sortita da Verona di unità avversarie non furono riferiti né al Comando Supremo, né ai comandi di corpo d'armata; il comando del I corpo, venuto a conoscenza sia pure con ritardo di ore, che che la 5a divisione era entrata in combattimento e che la 3a si era ritirata dalle alture di Custoza non ne informò in entrambi i casi il La Marmara e non fece nulla per mantenersi informato sull'ulteriore andamento di quei combattimenti nei quali erano impegnate due sue grandi unità. In sintesi: fanterie impiegate in situazioni di nulla o ridotta remuneratività, spesso senza preventiva valutazione del nemico e del terreno, quasi in spregio della tecnica e dei procedimenti del combattimento; cavalleria lasciata inattiva o impiegata in misura modesta e male, sebbene disponibile in misura assai notevole ai livelli di corpo d'armata e di divisione (il I corpo disponeva di 16 squadroni, il Il rii 10 ed il III di 15), fatta agire per drappelli ed al massimo per squadroni allo scopo di stormeggiare e di lanciarsi in piccole cariche, mai per reggimento o per brigata come in talune circostanze sarebbe stato indispensabile (ad esempio, per inseguire e distruggere la cavalleria imperiale dopo che eta stata respinta dal quadrato di Villafranca); artiglieria impiegata a spizzico, non unitariamente né nel tempo né nello spazio, con salve di densità insufficiente e con martellamenti di durata troppo breve incapaci di un'efficace neutralizzazione; cooperazione interarma raramente realizzata - fa eccezione il combattimento della Pernisa dove l'azione coordinata delle tre armi consentl al generale Sirtori ( 13) di condurre con successo all'attacco 16 compagnie contro le 18 del reggimento Benedek che, caricate anche dalla cavalleria, furono battute e respinte verso Palazzina - ed altrettanto raramente perseguita nel quadro di una disciplina delle intelligenze e di un'osservanza dei procedimenti e delle procedure ben chiaro e definito. I comandanti delle grandi unità, ed anche delle unità medie e minori, « non sapevano » (Pollio); gran parte di loro era priva di dottrina e di esperienza. D'altra parte, dove, come, quando e per quanto tempo erano stati preparati? Quanti di loro avevano letto, sia pure per sola curiosità, non il Clausewitz, ma almeno lo Jomini e il De Cristoforis? Gli studi dei lontani anni dell'accademia e dei corsi di stato maggiore avrebbero potuto essere sufficienti a farne dei capi e dei comandanti di grandi unità elementari o complesse? Mancò l'accordo fra le varie unità. Si aggiunga che le truppe erano
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poco addestrate al combattere spicciolato in terreni scuri e difficili; che mancava nei capi supremi, estremamente impressionabili, la fiducia nella solidità di esse; che gli ufficiali, fatte le poche e bellissime eccezioni, mancavano di quel sicuro criterio tattico, che in nessun modo può dare la pratica giornaliera del servizio soltanto quando sia intesa come un qualsiasi mestiere e null'altro» (14). Sembrò che molti generali e comandanti di reggimento e di battaglione non avessero mai letto, o avessero del tutto dimenticato, il contenuto dell'Istruzione sulle operazioni secondarie in guerra e degli altri regolamenti in vigore ed agis,sero al buio, privi di ogni riferimento dottrinale e normativo ed incuranti delle leggi del terreno come pure delle situazioni che provocavano o subivano. Ogni comandante di corpo d'armata e di divisione, abbandonato a sé stesso, agl senza mai occuparsi di quanto avveniva altrove ed ogni azione - spesso anche quel1e di brigata, di reggimento e di hattaglione - risultò slegata e si tradusse spesso in uno sforzo sterile, a sé stante, inutile, benché sanguinoso. IJ mancato corn:tto apprezzamento delle situazioni e del terreno produsse una serie di occupazioni e di abbandoni di posizioni, di attacchi e di contrattacchi, di avanzate e di ripiegamenti inconsistenti che logorarono e sfibrarono fisicamente e moralmente le unità, talune digiune dal giorno avanti.
5. A parte la forzata inattività del comando supremo lasciato dal La Marmara a Valeggio - tanto che pensò di portarsi da solo verso Villafranca e che successivamente si trovò solo o quasi per l'intera giornata, non avendo avuto cura né di farsi raggiungere in tempo dal suo stato maggiore né di crearsene un altro ll per 11 - l'insufficienza o, meglio, l'assenza del servizio di stato maggiore fu pressocché assoluta « anche perciò che si riferisce alle cose più ovvie del funzionamento del comando e non è possibile pensare ad essa senza provarne un senso di dolore » (15). Non fu solo l'improvvisazione all'ultimo momento del Comando Supremo e degli stati maggiori delle grandi unità a determinare il mancato funzionamento del servizio. Lo stato maggiore come lo si doveva intendere - e come lo intendevano i prussiani ed anche gli austro-ungarici - non era mai esistito nell'armata sarda e continuò a non esistere nell'esercito italiano. Se vi fosse stato, l'esercito non
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sarebbe entrato in guerra, ancora una volta, senza un disegno ed un piano operativo preparati da lunga mano. Ma a Custoza gli stati maggiori dimostrarono di non saper adempiere neppure i compiti prevalentemente esecutivi loro assegnati da La breve istruzione sul servizio degli ufficiali del Corpo Reale di Stato Maggiore in tempo di guerra del 1855. Gli ufficiali di stato maggiore, al termine dei corsi frequentati molti anni prima, avevano dismesso lo studio il quale, d'altra parte, aveva continuato ad essere tenuto in poco conto e ad essere privilegio di pochi volenterosi. Gli stessi insufficienti insegnamenti strategici, tattici, storici e procedurali erano stati dimenticati dai più, per cui pochi erano gli ufficiali di stato maggiore preparati e, nell'insieme, erano molto meno preparati di quelli dell'esercito imperiale, per non dire dei prussiani. Di quanto pesasse l'assenza di uno stato maggiore vero e proprio e di quanto fosse necessario preparare diversamente gli ufficiali di stato maggiore impiegati nei comandi delle grandi unità la guerra del 1866 fu una lezione emblematica che, per fortuna, non rimarrà inascoltata. Tutti compresero che Custoza era stata la conseguenza anche dell'incompetenza e dell'incapacità degli stati maggiori oltreché dei generali.
6. La dottrina tattica, pur confermando i segni d'invecchiamento e d'inadeguatezza e sottolineando l'esigenza di un suo rinnovamento specialmente nei riguardi della tecnica d'impiego, non ebbe gravi responsabiltà sulla sconfitta. Anzi quando venne correttamente applicata favorì il successo, quando disattesa provocò fallimenti e perdite rilevanti di personale e di mezzi. L'armata imperiale - malgrado non mancassero neppure da parte sua errori di apprezzamento, esecuzione e condotta - dimostrò di saper bene applicare la tecnica dell'urto espressa con procedimenti meno rigidi e più articolati di quelli stabiliti dalla regolamentazione italiana. Anche l'ordinamento tattico non esercitò, a parte l'elefantiaca costituzione del IV corpo d'armata che restò peraltro inoperoso, incidenze negative tali da dovergli imputare la responsabilità della disfotta. Certo la suddivisione dell'esercito in due grandi complessi di forze distaccati - uno, di fatto, quasi indipendente dal Comando
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Supremo e comunque di difficile comandabilità e controllo per la distanza che la separava dal Comando Supremo impegnato contemporaneamente a dirigere le manovre del I, II e III corpo e del corpo distaccato di Garibaldi - fu un errore non privo di conseguenze anche sul campo tattico. Lo stesso IV corpo era privo di mobilità, già di per sé ridotta dalle caratteristiche del terreno <li impiego, e era di difficile comandabilità dovendo il comando manovrare, senza ulteriori organi demoltiplicatori, 8 divisioni, 2 brigate di cavalleria, la riserva di artiglieria e le altre unità sussidiarie per un totale di 144 battaglioni, 30 squadroni, 37 batterie, vale a dire 64.000 baionette, 3.500 sciabole e 354 cannoni. Esso non venne impegnato, ma se lo fosse stato non è azzardato supporre che la pesantezza ne avrebbe parailizzata la manovrabilità. Il Cialdini aveva accettato, anzi sollecitato, il comando di un'unità tattica che egli non poteva non sapere che sarebbe stata ingovernabile. La rispondenza - quasi simmetrica - della costituzione degli altri 3 corpi d 'armata, tulli su 4 divisioni, contraddisse in partenza il principio fondamentale che aveva suggerito, a suo tempo, a Napoleone la creazione del corpo .di armata: non solo inserimento di un altro anello demoltiplicatore dell'esercizio del comando, ma prima di tutto costituzione di robusti ed autosufficienti raggruppamenti di forze capaci di sviluppare un'estesa manovra tattica e dosati, conseguentemente, di volta in volta in relazione appunto alla manovra che si intendeva affidare loro, al terreno di impiego ed alla personalità del comandante. Il criterio della pariteticità dei corpi d'armata - che i,l La Marmora aveva combattuto nella seduta della Camera dei Deputati il 23 marzo 1861 in contrapposizione con il Fanti ed al quale , invece, si era adattato alla vigilia della guerra dimostrò tutta la sua fragilità ed inconsistenza durante la prima fase della battaglia (nella seconda fase venne ripudiato (16) in quanto concorse a lasciare inattive una buona parte delle forze, i,l cui mancato intervento capovolse a vantaggio del nemico l'iniziale favorevole rapporto di superiorità numerica dell'armata del Mincio (216 battaglioni, 61 squadroni, 47 batterie e cioè 101.000 baionette, 3.500 sciabole e 282 cannoni contro i 75 battaglioni, i 20 squadroni e le 21 batterie del nemico per un totale di 71.000 baionette, 3 .000 sciabole e 168 cannoni). Buona la prova del,le divisioni di fanteria quando furono bene comandate. Esse confermarono di possedere la capacità e l'autonomia necessarie a svolgere le funzioni di grandi unità fondamentali della manovra tattica senza risultare né pesanti, né di difficile comando,
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sebbene accusassero l'insufficienza del fuoco di artiglieria. Le brigate pluriarma dell'esercito imperiale non raggruppate in divisioni - livelfo che gli austriaci ripristineranno proprio dopo la guerra del 1866 - si palesarono pesanti e deboli ad un tempo: « troppo piccole per combattere con l'autonomia che si richiede dalle Divisioni, e troppo grandi (fino a 7 .000 combattenti circa) per avere la maneggevolezza che si richiede da brigate di fanteria » (17). Equilibrate, nell'insieme, si dimostrarono la costituzione organica e l'articolazione delle brigate, dei reggimenti e dei battaglioni di fanteria e bersaglieri, mentre disarmoniche parvero quelle dei reggimenti (18 compagnie e 3.500 uomini) e dei battaglioni di fanteria e cacciatori (1.100 uomini su 6 compagnie) dell'esercito imperiale che risultarono troppo pesanti a scapito della manovrabilità e di non facile direzione nel combattimento. E' fuori discussione che il battaglione di fanteria italiano non poté reggere rispetto a quello nemico, ma ciò doveva essere noto in partenza ed avrebbe dovuto essere evitato il confronto direlto di uno contro uno, ma si sarebbero dovuti opporre due battaglioni ad un battaglione, il che sarebbe stato possibile e fac1le stante la disponibilità di 216 battaglioni italiani contro 76 austriaci. La verità è che troppe unità furono tenute estranee dal combattimento e che si .ingaggiarono duelli locali tra unità nominalmente di pari livel1o, ma in realtà di diversa potenza. Di ciò la responsabilità non può essere attribuita al solo La Marmara, ma anche ai comandanti subordinati che lasciarono divisioni, brigate, reggimenti e battaglioni inattivi per motivi futili come quello della guardia ai carreggi, compito per il quale alcuni reggimenti impegnarono un intero battaglione riducendo di un quarto la loro capacità operativa.
7. Ecco come poté accadere che un esercito, almeno due volte superiore numericamente di quello contrapposto e non inferiore per qualità di dottrina, di ordinamenti e di mezzi, con unità che sebbene assai meno addestrate di quelle nemiche ebbero uno spirito elevatissimo e si batterono, generalmente, bene ed a lungo, partito da una situazione politico-strategico-militare favorevole si sia lasciato irrimediabilmente sconfiggere in brevissimo tempo. La mancanza di unità di comando e di energia di condotta - vale a dire di dissidi tra i generali e l'abbandono in cui « il capo di stato
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maggiore lasciò la direzione di quella che avrebbe dovuto essere una battaglia d'incontro e che fu, invece, una serie spezzata di combattimenti alquanto disordinata in certi momenti, affatto disordinata in certi altri» (18) - il cattivo ed il mancato impiego di intere grandi unità, talune lasciate in pianura quando neppure un soldato dell'armata austriaca combatté in pianura, J'inerzia della cavalleria e la mancanza d'iniziativa nell'impiego di quest'arma da parte del comandante del III corpo e del comandante della divisione di cavalleria in riserva anche di fronte al brillante impiego della cavalleria austriaca da parre del comandante del IX corpo e del comandante della cavalleria imperiale in riserva, l'impiego a spizzico dell'artiglieria ed il mancato intervento nella lotta di quella in riserva in uno con la scelta sbagliata degli schieramenti su posizioni infelici e insostenibili, l'assenza quasi assoluta di ogni organo funzionante del servizio di stato maggiore sono le cause principali della disfatta, tutte riconducibili ad un unico comune denominatore: l'incapacità e l'impreparazione dei comandanti e dei comandi. Form atisi alla scuola del Clausewitz e del Moltke - che aveva dato grande importanza ed aveva molto curato l'istruzione dei generali e dello stato maggiore - sia pure favoriti dalla superiorità del loro fucile ad ago, dall'originalità e modernità della loro tattica e tecnica d'impiego e dalla genialità strategica e organizzativa del loro capo di stato maggiore, i prussiani in brevissimo tempo invasero lo Hannover, entrarono in Sassonia ed in Boemia, travolsero l'esercito imperiale asburgico a Sadowa, si spinsero fino a Nikolsbury a breve distanza da Vienna e costrinsero l 'imperatore Francesco Giuseppe a stipulare l'armistizio del 26 luglio e poi la pace di Praga del 23 agosto. L'armata austro-ungarica dell'arciduca Alberto, nonostante l'inferiorità numerica, ebbe ragione in due giornate dell'armata italiana del Mincio in virtù della valenti-a strategica del suo comandante - che fin dalla sua prima giovinezza si era dedicato a studi militari (19) dell'abilità tattica dei comandanti delle grandi, medie e minori unità, della prestigiosa direzione unitaria delle operazioni, dell'indipendenza di comando assicurata dall'arciduca ai suoi comandanti, dell'osservanza dei criteri e delle norme tattiche della dottrina e dell'elevato grado di addestramento dei quadri e delle truppe. I confronti resero ancora più dolorosa la disfatta che finl per essere considerata un disonore come se derivata da tradimento o da codardia. L'insinuazione subdola del tradimento fu un'illazione priva di ogni benché . minimo indizio storico e psicologico; quella sulla mancanza di solidità delle truppe una calunnia contro la realtà vera
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dei fatti. Il non avere chiarito subito le cause ed il non avere voluto colpire subito le responsabilità, lasciandole nel vago anche dopo la pubblicazione della relazione ufficiale - il cui primo volume uscirà dopo circa venti anni dalla fine della guerra - nuoceranno all'esercito italiano più della disfatta stessa perché alimenteranno la menzogna e la slealtà proprie delle apologie o delle accuse indiscriminate o dei silenzi falsamente pietosi. Si alterneranno così per anni giudizi ed apprezzamenti di segno opposto in una confusione generale, alla quale cercherà di porre fine, dopo 36 anni, il generale Pollio (20) mediante la pubblicazione di un suo studio accurato, dal quale, ora più ora meno esplicitamente, emergeranno chiaramente e lealmente cause e responsabilità, sia pure alleggerite da scusanti ed attenuanti generiche e specifiche, come nel dispositivo di una sentenza, forse, se si vuole, modificabile nella forma, ma mai più nella sostanza.
CAP. VIII • LA IV GUERRA D'INDIPENDENZA
NOTE AL CAPITOW VIII (1) AJ.berto Pollio, Custoza (1866). Ministero della Guerra. Stato Maggiore dell'Esercito. Ufficio Storico. Quarta ed. La libreria dello Stato, Roma 1935, ,p. 4.
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{2) Il Quadro di battaglia italiano della guerra del 1866 fu il seguente: Comandante in capo: il re Vittorio Emanude Capo di stato maggiore: generale La Marmora Cte superiore dell'artiglieria: lgt. generale Valfré Cte superiore del genio: lgt. generale Menabrea Intendente generale: mg. generale Benolè-Viale
I Corpo d'armata; - capo di stato maggiore:
generale Durando Giovanni colonnello Lombardini
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1• -
divisione: Jgt. generale Cerale Brigata Pisa e- Furti; II e XVIII battaglione bersaglieri; 3 batteria deil 6° reggimento artiglieria; 1 compagnia del 1° rgt. zappatori del genio; I compagnia del 1 reggimento del treno d'armata.
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2• -
divisione: lgt. generale PianeH brigate Aosta e Siena; VIII e XVI battaglione bersaglieri; 3 batterie del 6" reggimento d'artiglieria;
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3• -
divisione: lgt. generale Brignone brigate Granatieri di Sardegna e Granatieri di Lombardia; XIII e X.XXVII battaglione bersaglieri; 3 batterie del 6° reggimento d'artiglieria; 1 compagnia del 1° reggimento zappatori del genio; 1 compagnia <le1 1° reggimento treno d'armata.
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5" -
divisione lgt. generale Sirtori brigata Brescia e Valtellina; III e V battaglione bersaglieri; 3 batterie del 9" reggimento d'artiglieria; 1 compagnia del 1° reggimento zappatori del genio ; I compagnia de'! 1° .reggimento treno d'annata.
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mg. generale Aribaldi-Chilini cavalleria: - reggimento lancieri d'Aosta, cavalleggeri di Lucca, G uide; - Parco generale d'Artiglieria; - Equipaggio da ,ponte. - I compagnia del I reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 1° reggimento treno d'armata. O
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II Corpo d',Armata; - Capo di Stato Maggiore:
lgt. gener11le Cucchiari col. Escoffier
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divisione:
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6· -
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)gt. generale Angioletti 10• divisione: - brigata Umbria e Abruzzi; - XXIV e XXXI battaglione bersaglieri; - 3 batterie del 9° reggimento d'artiglieria; - 1 compagnia del 1° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 1° .reggimento treno d'armata.
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19" divisione: lgt. generale Longoni - brigata Calabria e Palermo; - 3 batterie del 7° reggimento d'artiglieria; - 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 1° reggimento treno d'armata.
-
Cavalleria: -
-
Jgt. generale Nunziante brigata Regina e Ravenna; I e II batta~ione bersaglieri; 3 batterie del 6° reggi.mento d'artiglieria; 1 compagnia del 1° reggimento zappatori del genio; 1 compagnia del 1° .reggimento treno d'armata.
4• divisione: -
lgt. generale Cosenz brigata Acqui e Livorno; XV e XX battaglione bersaglieri; 3 batterie del 9° reggimento d'artiglieria; 1 compagnia del 1° reggimento zappatori del genio; 1 compagnia del 1° -reggimento treno d'armata.
reggimento lancieri di Novara e ussari di Piacenza; Parco generale d'artiglieria; Equipaggio da ponte; 1 compagnia del 1° reggimento zappatori del genio; 1 compagnia del 1° reggimento treno d'armata.
Terzo Corpo d'Armata:
generale Morozzo della Rocca.
-
Capo di stato maggiore:
colonnello di Robilant.
-
7" -
divisione: lgt. generale Bixio. brigate Re e Ferrara; IX e XIX battaglione bersaglieri; 3 batterie del 5° reggimento d'artiglieria; 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio; 1 compagnia del 2° reggimento treno d'armata.
- s· divisione:
-
-
lgt. generale Cugia. brigate Piemonte e Cagliari; VI e XXX battaglione bersaglieri; 3 batterie del 6° reggimento d'artiglieria; 1 compagnia del 2" reggimento zappatori del genio; 1 compagnia del 2° reggimento treno d'armata.
9• -
generale Govone. divisione: brigate Pistoia e Alpi; XXVII e XXXIV battaglione bersaglieri; 3 batterie del 5° reggimento d'artiglieria; 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio;
CAP. VIII -
-
14.
LA IV GUERRA D'INDIPENDENZA
207
-
principe Umberto di Savoia, lgt. gen. 16· divisione: - brigate Parma e mista (3° e 71° reggimento); - IV e XI battaglione bersaglieri; - 3 batterie del 5° reggimento d'artiglieria; - 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 3° reggimento del treno d'armata.
-
cavalleria: mg. generale Beraudo di Praloooo. - reggimento lancieri di Foggia, cavalleggeri di Saluuo e cavalleggeri di Alessandria; - Parco generale d'artiglieria; - Equipaggio da ponte; 1 compagnia del 3° reggimento del treno d'armata. - 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio;
Quarto corpo d'Armata:
generale Cialdini. mg. generale Piola Caselli.
-
capo di stato maggiore:
-
11• divisione: lgt. gen. Avogadro di Casanova. - brigate Pinerolo e Modena; - X e XXV 1 battaglione bersaglieri; - 3 batterie del 9° reggimento d'artiglieria; - 1 t:ompagnia dd 2° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 2" reggimento treno d'armata.
-
12• divisione: lgt. generale Ricotti. - brigate Casale e Como; - XVI e XXXV battaglione bersaglieri; - 3 batterie dell'8° reggimento d'artiglieria; - 1 compagnia del 2" reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 2° reggimento treno d'armata.
-
13• divisione: generale Carlo Mezzacapo. - brigate Savona e Bologna; - XII e XXII battag,lione bersaglieri; - 3 batterie del 7° reggimento d'artiglieria; - 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 2° reggimento treno d'armata.
-
14• divisione: lgt. generale Chiabrera. - brigate Reggio e Marche; - VII e XIV battaglione bersaglieri. - 3 batterie dell'8° reggimento d'artiglieria; - 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 2° reggimento treno d'armata.
-
generale Medici. 15• divisione: - brigate Pavia e Sicilia; - XXIII e XXV battaglione bersaglieri; 3 batterie del 9• reggimento artiglieria; - 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 2° reggimento treno d'armata.
-
17" divisione: lgt. generale Cadorna. - brigate Granatieri di Napoli e Granatieri di Toscana (7° e 8°); - XXVIII e XXXII battaglione bersaglieri;
208
FILIPPO STEFANI
-
3 batterie dell'8° reggimento d'artiglieria; 1 compagnia del 2° reggimento zappatori del genio; 1 compagni-a del 3° reggimento del treno d'armata.
-
18· divisione: generale Della Chiesa. - brigate Cremona e Bergamo; - XXIX e XXXVI battaglione bersaglieri; - 3 batterie del 7° reggimento d 'artiglieria; - 1 compagnia del 1° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 3° reggimento treno d'armata.
-
20• divisione: lgt. generale Franzini. - brigate Ancona e mista (7° e 72"); - XXXVIII e XXXIX battaglione bersaglieri; - 3 batterie dell'8° reggimento d'artiglieria; - 1 compagnia <lel 1° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 2" reggimento treno d'armata.
-
Cavalleria - l" brigata: lancieri di Milano, lancieri di Montebello e cavalleggeri di Lodi): - 2• brigata: lancieri di Firenze, lancieri di Vittorio Hmanuele e cavalleggeri di Monfe"ato: - Riserva d'artiglieria: 4 batterie del 7° reggimento; - Parco generale <l'artiglieria; - Equipaggio da ponte; - 2 compagnie del 2° reggimento zappatori del genio; - 1 compagnia del 2" reggimento treno d'armata.
-
Divisione cavalleria di linea:
lgt. generale De Sonnaz.
-
1• brigata: - Savoia e Genova cavalleria.
generale Soman.
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2• brigata: maggior generale Cusani. - Niua e Piemonte reale cavalleria. - 2 batterie a cava1lo. - 1 compagnia del 2" reggimento treno d'armata.
-
Riserva Generale d'Artiglieria: colonnello Balegno di Carpeneto. - 9 batterie (54 pezzi) del 5°, 6°, 7° e 9° reggimento d'artiglieria. - Parco principale d'artiglieria. - 2 Parchi d'assedio. - Equipaggi da ponte. -
Altre riserve: 2 compagnie del genio (una del 19° reggimento, e 1 compagnia del 3° reggimento treno d'armata.
(3) Alberto Pollio, Op. cit., p. 9. (4) Idem, p. 5. (5) Idem, p. 51.
(6) Piero Pieri, Storia militare del Risorgimento, Op. cit., p. 754.
CAP. VIII - LA IV GUERRA D'INDIPENDENZA
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(7) Enrico Barone, Le campagne per l'indipendenza e l'unità d'Italia, Vol. li, Tip. Enrico Schioppo, Torino 1929, p. 328.
(8) Idem. (9) Piero Pieri, Op. cit., p. 755. (10) Alberto Pollio, Op. cit., p. 153. (11) Giuseppe SalvtJtore Pianeti (1818-1892). Generale. In servlZlo nell'esercito delle Due Sicilie, partecipò alla repressione della rivoluzione siciliana del 1848-1849. Maresciallo di campo e comandante negli Abruzzi nel 1860, quando il re di Napoli ~i conferl il ministero della guerra. Dopo la proclamazione del Regno d'Italia, fu nominato luogotenente generale dell'esercito italiano. Ispettore della fanteria, comandante della 7" e della 19• divisione, poi delle divisioni di Alessandria, Genova e Torino. Nella campagna del 1866 comandò la 2• divisione e nella battaglia di Custoza meritò la croce di grand'ufficiale dell'OM.S. Dopo la guerra comandò il dipartimento di Verona e poi il V Corpo d'Armata. Fu deputato di Napoli e poi nominato senatore. {12) Alberto Pollio, Op. cit., pp. 125-126. (13) Giuseppe Sirtori (1813-1874), generale. Nel 1848 fu capitano della guardia nazionale del governo provvisorio in Lombardia, e poi nello stato mAgeiore delle truppe del Veneto. Partecipò alla campagna del 1849 per la difesa di Venezia. Colonnello capo di stato maggiore dell'esercito di Garibaldi in Sicilia nel 1860. Nel 1862 con il grado di tenente generale passò nell'esercito regolare. Nella campagna del 1866 comandò la Y divisione. Nel 1872 ebbe il comando della divisione militare di A!lessandria. Fu deputato per 5 legislature. (14) Enrico Barone, Op. cit., p. 328. (15) Ibidem, ,p. 327. (16) Ibidem, p. 322 e segg. {17) Alberto Pollio, Op. cit., p. 16. (18) Ibidem, .p. 227. {19) Ibidem, p. 11. (20) Alberto Pollio, generale dell'esercito italiano, (Caserta 1852, Torino 1914). Entrato nel collegio militare di Napoli, poi nella regia Accademia Militare e nella Scuola di applicazione di artiglieria e genio di Torino, compl gli studi con esito brillantissimo, cosl come in seguito i corsi presso la scuola di guerra. Sottotenente di artiglieria ncl 1872, capitano cli stato maggiore nel 1878, maggiore nel 42° fanteria nel 1884. Addetto militare a Vienna e poi capo di stato maggiore della divisione militare di Palermo. Nel 1896 comandò il 40" reggimento fanteria e nel 1900, cioè a 48 anni, promosso generale, comandò la brigata Siena. Nel 1906 fu promosso tenente generale, e nominato comandante della divisione di Cagliari. Due anni dopo, per il ritiro del generale Saletta, fu nominato capo di stato maggiore dell'esercito. Della sua uniforme, intalligente e capace attività in tale carica avremo modo cli occuparci particolareggiatamente più avanti. Egli, difatti, lavorò con saggezza, previdenza e perizia anche nei settori della dottrina, degli ordinamenti e della fortificazione. Preparò l'impresa di Libia e nel quadro della Triplice Alleanza stipulò accordi con la Germania per l'invio di unità italiane in Alsazia in caso di guerra. Nel 1912 fu nominato senatore. Scrisse: Custoza 1866 (1903), Waterloo (1906) e La campagna invernale del 1866-1867 (pubblicato solo nel 1935).
CAPITOLO IX
DA CUSTOZA A ROMA (1866-1870) 1. La crtst morale e materiale di dopo Custoza. 2. La fondazione della « Scuola Superiore di Guerra». 3. L'ammodernamento dei fucili e dei moschetti. 4. Il travaglio dei bassi livelli di forza. 5. La ripresa illuministica dottrinale e addestrativa. 6. La campagna per l'unione di Roma al regno d'Italia.
1.
Si disse fin d'allora che Sadowa era stata figlia del sapere, ma non si ammise esplicitamente che Custoza era stata figlia dell'insipienza. Per giustificare la sconfitta si prospettarono ipotesi cli tradimento e di pusillanimità; i protagonisti si scambiarono accuse reciproche; vennero alla luce i retroscena inedificanti delle rivalità e delle gelosie; si accesero lunghe polemiche alimentate dal continuo fiorire di scritti di parte a favore dell'uno e a disdoro dell'altro; nessuno -recitò il mea culpa neppure sugli insuccessi locali; sii addossarono colpe agli innocenti e meriti ai colpevoli; insomma, si fece di tutto per appesantire, più di quanto non lo fosse di per sé, il clima angoscioso ed inquieto che sempre si determina dopo una sconfitta. Mai fino ad allora le due forze armate - esercito e marina entrambe reduci dalla disfatta, erano state tanto avvilite moralmente e svalutate pragmaticamente. Tutto concorreva, anche dall'esterno, ad aggravare la già difficilissima situazione interna delle forze armate: l'instabilità dei governi, la crisi delle finanze pubbliche, il diffondersi delle nuove dottrine politiche e sociali che, sebbene ispirate ai nobili ideali di fratellanza e di pace, non trovavano nessun riscontro nel comportamento delle grandi potenze europee impegnate a potenziare i loro armamenti - Francia, Prussia, Austria - per continuare a contendersi l'egemonia continentale e per aprire nuovi sbocchi coloniali al .loro espansionismo economico oramai in gara con quello inglese, che nella seconda metà del secolo toccherà l'acme del successo.
212
FILIPPO STEFANI
Nessuna concessione di favore fu fatta all'Italia sconfitta cosl nelle trattative di armistizio come in quelle per la pace tra Prussia ed Austria. Invano l'Italia tentò di ottenere che il Veneto le fosse ceduto direttamente e che le fosse consentito di poter conservare le terre occupate oltre confine. Garibaldi e Medici ( 1) furono costretti a sgomberare le zone occupate nel Trentino, e cosl le truppe regolari dell'esercito che si erano spinte oltre il confine orientale. Il Veneto fu ceduto a Napoleone III che tenne fede all'impegno di trasferirlo all'Italia, previa la manifestazione del consenso della popolazione. Il trattato di pace rappresentò, in complesso, un'amara delusione, anzi una cocente umiliazione, aggravata dalla condanna di versare all'Austria la somma di 3 5 milioni di fiorini, pari a circa 87 milioni di lire, quale quota del debito pubblico spettante al Veneto . Restava inoltre aperta la questione romana che il Ricasoli, rimasto al potere nonostante l'infausto esito della guerra, invano tentò di risolvere. La questione romana, nelle sue varie vicende, contribuì non poco all'instabilità dei governi che si succedettero dal 1866 fino al 1870, quando essa fu risolta con l'entrata in Roma delle truppe italiane: 7 governi in meno di 5 anni (Ricasoli, Rattazzi, Cialdini, Menabrea per 3 volte, Lanza). Le difficoltà politiche create dalla tenace opposizione di talune fazioni parlamentari e di una parte defila stampa, dagli scandali, dalla ripresa del brigantaggio nell'Italia meridionale, da taluni tumulti suscitati nel mezzogiorno stesso da un'epidemia di colera e dall'intensificazione deHa propaganda repubblicana da parte del Mazzini e dei suoi seguaci si sommarono a quelle finanziarie che riproposero, ben più aggravati, i temi del risparmio e della riduzione della spesa pubblica di prima della guerra che, tra l'altro, era costata 330 milioni. L'ulteriore espansione della rivoluzione industriale e lo scontro iniziale, nel suo ambito, tra le teorie del liberalismo politico ed economico e quelle socialiste, che avevano trovato da poco tempo la loro compiuta ideologizzazione nel Capitale e negli scritti di Marx, di Engels e di altri, resero ancora più acuti i contrasti politici e sociali sia nell'ambito parlamentare sia in quello dell'intera nazione. Frattanto maturavano nuovi avvenimenti politici e militari sulla scena politica europea che non saranno scevri di riflessi e conseguenze di particolare importanza anche per l'Italia, come la guerra franco-prussiana del 1870-1871. L'esercito italiano, dopo Custoza, visse uno dei periodi più difficili e perigliosi della sua giovane esistenza: sfiduciato, scoraggiato dal confronto con gli eserciti delle altre potenze europee, sommerso dal credito che molti davano alla possibilità di ridurre, e ma-
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(1866-1870)
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gari di eliminare del tutto, le spese militari, vide assottigliarsi i quadri
in seguito all'esodo volontario di molti ufficiali che cercarono altrove la sicurezza sociale ed economica che l'esercito non era più in grado di garantire. Ma altri, fiduciosi nella ripresa di forza dei valori morali nei quali avevano creduto ed ai quali non volevano rinunziare, rimasero nei ranghi e sentendosi battuti, ma non definitivamente sconfitti, cominciarono subito, nonostante tutte le difficoltà, l'opera di ricostruzione, dando mano ai lavori più urgenti per eliminare la « causa delle cause » della sconfitta di Custoza ed al tempo stesso per non restare indietro nel campo dei progressi tecnici dell'armamento e del'equipaggiamento. Il generale Cugia (2), ministro della guerra dal 22 agosto 1866 al 1O aprile del 1867, si premurò di costituire una commissione - composta dei generali Cadorna (3), Bixio (4), Govone, Ricotti {5), Beraudo di Pralormo (6) Bettolé Viale (7) - per lo studio di un nuovo or,dinamento « che pur basandosi sulla esperienza sia nostrana che forestiera, tenesse massimo conto delle condizioni finanziarie del Paese». Ma quando il bilancio del ministero fu ridotto, per il 1867, a meno di 135 milioni, il Cugia non poté attendere le conclusioni della commissione, intenta a conciliare realisticamente le contrapposte esigenze di economia e di operatività, e fu costretto non solo a smantellare subito le strutture di guerra (8), ma anche a ridimensionare drasticamente tutto l'apparato militare (9) ed a determinare occasionalmente, di volta fo volta, il contingente da chiamare alle armi sulla base delle disponibilità consentitegli dal bilancio, indipendentemente dalle esigenze minime di carattere addestrativo ed operativo. Vennero cosl quasi azzerate le possibilità pratiche di -istruire i soldati e di abituare i quadri all'esercizio del comando tattico delle unità, con la conseguenza di un ulteriore abbassamento del tono morale. Ma la colpa non fu del Cugia, o quanto meno non solo sua, perché sarebbe stato difficile per chiunque regolarsi diversamente.
2. E' proprio al Cugia che si deve la nascita della « Scuola Superiore di Guerra »: un fatto importante nella storia dell'esercito italiano in quanto ne data una svolta definitiva e ne segna un indirizzo culturale nuovo e moderno. Esso chiuse il periodo del pressapochismo empirico e dischiuse quello del tecnicismo professionale,
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FILIPPO STEFANI
facilitò l'elaborazione di un pensiero militare italiano, consentl d'inserire i quadri dell'esercito italiano con parità di prestigio negli organismi militari plurinazionali (1 O). L'importanza del corpo di stato maggiore « così variamente si irradia e si fa sentire in tutto quanto riflette l'esercito, sì in pace, sì in guerra, così complesse e difficili si son fatte le attribuzioni dall'indole di brevità e di rapidità assunta dalle guerre odierne, tanta parte dei successi ottenuti nell'ultima guerra dalJe Armi Prussiane si attribuisce alla buona costituzione di tal Corpo in quell'esercito, che il dar opera a studiarne il riordinamento in modo più consentaneo alle nuove esigenze militari », parve al Cugia, com'egli stesso scrisse nella relazione di presentazione del decreto, « di indubitata convenienza » e nel riflettere « sorgeva in lui il concetto che per avventura si sarebbe potuto collegare tale riforma con .i provvedimenti richiesti da un altro bisogno non meno imperioso, vale a dire quello di moltiplicare e facilitare, con la maggiore larghezza possibile, i mezzi d'istruzione in tutti gli ufficiali dell'esercito, dacclié le scuole tecniche funzionanti in tale intendimento da alcuni anni, non risposero all'aspettazione che si aveva dei loro risultati» . Era il riconoscimento ufficiale, benché espresso in forma eufemistica, della responsabilità della sconfitta ed al tempo stesso il ripudio dell'ancora persistente generalizzato convincimento dei vari comandanti di poter, anzi di dover, fare quasi tutto da soli, senza l'ausilio di altri che potessero alleviare il lavoro organizzativo e di controllo delle operazioni e delle manovre e facilitare quello preparatorio dei disegni di manovra e dei concetti di azione. Non per nulla il La Marmara, nella giornata di Custoza, si era separato dal suo stato maggiore ed aveva vagato, quasi solo, indietro ed in avanti nell'infuriare dei combattimenti. D 'altra parte, un corpo di stato maggiore inteso come organo tecnico-operativo del quale in pace ed in guerra l'autorità centrale ed i comandanti delle grandi unità potessero e dovessero avvalersi, rispettivamente nella preparazione della guerra e nella concezione, organizzazione e condotta delle operazioni e delle manovre, non era mai esistito. Gli stessi corsi di Stato maggiore erano stati fino ad allora imperniati su discipline di carattere scientifico e tecnico-topografico più che su quelle riguardanti l'impiego delle forze. Il riordinamento del corpo venne operato sulla base di tre criteri fondamentali: estenderne l'ammissione anche agli uffiicali delle armi di linea in modo di « schiudere a tutti gli ufficiali intelligenti e volenterosi un adito al miglioramento della loro carriera col solo mezzo, che in tempi ordinari, può dar diritto a tale vantaggio, lo
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studio »; ruotare gli ufficiali del corpo tra gli incarichi specifici del servizio presso i comandi e le « pratiche del servizio interno dei Corpi, la di cui conoscenza è per loro di una necessità assoluta, come quelle che rappresentano altrettanti dati dei problemi che giornalmente occorre loro di risolvere in guerra « col duplice scopo di far loro ·riprendere, di tempo in tempo, familiarità con le pratiche del servizio e di utilizzarli come elementi di diffusione della cultura generale e professionale nelle unità d'impiego »; prevedere la promozione a scelta a favore degli ufficiali di stato maggiore al momento del passaggio ai corpi di linea « quando, dietro appositi esperimenti, ed in vista dei -servizi resi, sia riconosciuto che i transitanti sono meritevoli di tale vantaggio » in base al principio « che i vantaggi di carriera debbono essere accordati al merito debitamente constatato ». La « Scuola Superiore di Guerra » ebbe il compito di perfezionare l'istruzione degli ufficiali e di preparare gli elementi da reclutare per il corpo di stato maggiore. Da qui: l'armonir.lazione dell'insegnamento delle discipline scientifiche con quello preminente delle discipline militari; lo svolgimento di applicazioni pratiche quali le levate topografiche; gli esperimenti di servizio di stato maggiore presso i comandi operativi e territoriali; le ricognizioni, i viaggi di istruzione, i periodi di ritorno ai corpi; la severità <li selezione degli allievi mediante la conquista di traguardi successivi per esami - anche di ammissione per gli allievi non provenienti dall'accademia militare - da sostenere di anno in anno per il passaggio da un corso all'altro, e, al termine dell'intero ciclo, per il conseguimento del diploma d'idoneità che consentiva l'inscrizione di autorità sui quadri di avanzamento per essere promossi al grado superiore se gli idonei si trovassero od entrassero nel primo terzo degli ufficiali dell'arma e del grado di appartenenza; l'ulteriore selezione per il passaggio nel corpo di stato maggiore riservato « ai più distinti fra gli ufficiali dichiarati idonei all'esame finale, ma solo allorquando siano stati promossi nell'arma loro al grado superiore». La durata dell'intero corso fu stabilita in tre anni. Venne inoltre nominata una commissione per la definizione delle materie d'insegnamento, dei programmi di studio, dell'organico del personale del quadro permanente, e le proposte della commissione vennero, infine, approvate mediante l'emanazione di un altro decreto (11 ), che, congiuntamente con quello istitutivo e con le istruzioni emanate dal ministro per l'istruzione dei corsi preparatori e degli esami di ammissione degli ufficiali non provenienti dall'accademia ma dalla scuola militare di fanteria e cavalleria (12), costituì il regolamento provvisorio sperimentale del
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FILIPPO STEFANI
nuovo istituto, di livello universitario. Tre anni dopo il regolamento provvisorio fu sostituito da quello definitivo (13 ). Contemporaneamente, conclusosi il lavoro della commissione, il Cugia provvide al riordino dei corsi di studio e dei programmi d'insegnamento di tutte le scuole di reclutamento e di perfezionamento dei quadri (14), dando all'intera organizzazione scolastica dell'esercito un'intelaiatura portante che, pur mutata in taluni pannelli, conserverà validità fino ai giorni nostri. L'esigenza di fondo, messa in chiara luce dalla guerra del 1866, del nuovo esercito italiano, che aveva ereditato dall'armata sarda tante belle e gloriose tradizioni e molte valide istituzioni, ma non l'alta considerazione degli studi e l'essenzialità delle funzioni dello stato maggiore, fu avviata verso la soluzione definitiva, nel cui contesto trovarono rimedio anche la troppo rigida applicazione del criterio dell'anzianità di grado negli avanzamenti e l'indisponibilità fino ad allora assoluta di un istituto di ricerca e di studio in grado di offrire, d'iniziativa e su riclùesla, l'indispensabile consulenza all'autorità centrale sulle scelte dottrinali ed ordinative.
3. L'altro problema, che si era posto all'attenzione di tutti gli eserciti fin dal 1864, da quando cioè l'esercito prussiano aveva inaugurato fa serie dei suoi successi anche mercé l'apporto del fucile Dreyse (adottato nel 1844 e migliorato nel 1862), fu avviato a soluzione, anzi fu risolto in via provvisoria, dal successore del Cugia, il generale Thaon di Revel (15), ministro della Guerra dall'll aprile al 27 ottobre del 1867. La corsa al perfezionamento delle armi da fuoco portatili era cominciata all'inizio del secolo con l'innovazione dell'acciarino a percussione ( 1807) ed era proseguita via via con l'invenzione della capsula fulminante di rame (1808), con quella della rigatura delle canne e del forzamento del proiettile a compressione .iniziale (1827) ed infine con quella della retrocarica (1836) che, però, inizialmente non ricevé buona accoglienza quasi dovunque. Ma dopo le esperienze prussiane tutti si convinsero, per non doversi trovare nelle condizioni d'inferiorità dell'esercito austriaco in Boemia, della necessità assoluta di adottare la retrocarica.
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Stante l'impossibiltà, per l'indisponibilità finanziaria, di procedere alla fabbricazione di un'arma nuova a retrocarica, facendo di necessità virtù, il Thaon di Revel propose l'introdurre la retrocarica nelle armi tipo Delvigne (16), modello 1860, con otturatore sistema Carcano (17), che erano già in distribuzione alla fanteria di ·linea ed ai bersaglieri. La spesa di ,trasformazione era dieci volte inferiore a quella di fabbricazione di una nuova arma - 6 milioni anziché 60 - ed essa venne approvata dal Parlamento (18), nonostante le numerose critiche sulla validità tecnica della decisione. Fu una scelta di compromesso che non accontentò nessuno, ma l'unica realisticamente accettabile senza ulteriori rinvii e ritardi che appariv,ano quanto mai rischiosi in un momento 1n cui era ancora da completare l'unità del regno, con tutte le complicazioni di carattere internazionale che ne sarebbero potute derivare, ed erano nell'aria i primi segni premonitori di nuove guerre tra le potenze europee. D'altra parte, il progresso delle armi da fuoco portatili continuava, e il problema si sarebbe riproposto certamente da 11 a poco per cui meglio attendere per una decisione diversa e frattanto garantirsi prestazioni migliori dall'arma in dotazione. Difatti il Dreyse venne ben presto superato dallo Chassepot (19) - ideato nel 1866 e dotato nel 1874 di cartuccia metallica - questo, a sua volta, dal Mauser (20) che, adottato dai tedeschi nel 1871 , finirà per costituire, 15 anni dopo, il tipo di fucile di piccolo calibro, a ripetizione, universalmente accettato nelle varie versioni che ne saranno prodotte dalla fabbrica madre o altrove su licenza. Fu così che, poco tempo dopo, in seguito all'avvento del fucile a ripetizione con il serbatoio centrale, l'esercito italiano, dopo molteplici prove comparative tra i nuovi sistemi d'arma Burtoy Valdocco, Vetterli (21) - scelse quest'ultimo, analogo per prestazioni balistiche e d'impiego al Mauser, mentre dovranno trascorrere più di 20 anni prima che l'esercito possa adottare un fucile ed un moschetto di fabbricazione interamente nazionale e cioè il modello 1891 che costituirà poi il suo armamento individuale fino alla seconda guerra mondiale compresa (22).
4. Due provvedimenti - la creazione della scuola superiore di guerra e l'ammodernamento delle armi individuali da fuoco - essenziali e prioritari, ma insufficienti al superamento della crisi morale e tecnica nella quale l'esercito viveva dopo Custoza, crisi che
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andava anzi aggravandosi per le crescenti preoccupazioni ed apprensioni create dallo stato d'incertezza ordinativa e per i continui maggiori e repentini impegni ai quali l'esercito doveva fare fronte in relazione alle diverse esigenze di ordine interno che si manifestavano nell'una o nell'altra parte del Paese. La repressione del brigantaggio, la rivolta di Palermo del settembre 1866, l'epidemia di colera del 1867, la campagna garibaldina nell'agro-romano dell'autunno dello stesso anno, le inondazioni nella media e bassa valle del Po nel settembre-ottobre del 1868, i tumulti popolari nell'Emilia del gennaio 1869, oltre che ridurre ulteriormente la già quasi nulla attività addestrativa e professionale, spesso impegnarono l'esercito in interventi che aumentarono la diffidenza ed anche l'ostilità con le quali lo si guardava da varie parti come se fosse un organismo reazionario al servizio esclusivo delle caste dominanti e non già come una raccolta di cittadini chiamati a fare osservare le leggi emanate da un Parlamento democratico di uno Stato costituzionale. Né gli elogi che il Parlamento ogni tanto gli rivolgeva per lo spirito <li sacrificio e di abnegazione e per il senso del dovere e della disciplina dimostrati nell'opera di soccorso a favore delle popolazioni disastrate dalle calamità naturali valevano a sollevarne il morale, ad elevarne la considerazione ed a ridargli prestigio sociale, vale a dite a ricreare l'atmosfera di fede, di entusiasmo e di saldezza di prima di Custoza. Nello stesso Parlamento, infatti, non esistevano le condizioni propizie alle grandi scelte ed opzioni decisionali ordinative ed organiche, di carattere politico oltreché tecnico, che sarebbero state necessarie al rinnovamento spirituale e materiale. I contrasti politici e le esasperate polemiche che li caratterizzavano, in uno con l'instabilità dei governi e le lungaggini burocratiche, fecero fallire, o ritardarono all'inverosimile, molti dei tentativi esperiti alla ricerca di un assetto meno instabile e precario. Nell'aprile del 1868 (23) il di Revel presentò un disegno di legge, nel quale, facendo proprie le idee del suo precedessore rimaste fino ad allora senza successo, proponeva il riordinamento dell'esercito sulla base di una forza di guerra di 570.000 uomini (325.000 di prima linea, 105.000 d i complemento, 140.000 territoriali), la creazione di milizie sussidiarie sostitutive della guardia nazionale, l'istituzione dei distretti quali unici organi di disimpegno di tutte le operazioni devolute fino ad allora a tre organi distinti: comandi di province, depositi, magazzini vestiario . Il ministro intendeva in tal modo eliminare anche gli inconvenienti della mancanza di unità di riserva preventivamente costituite e dell'inadeguato funzionamento dei de-
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positi come centri di mobilitazione e di addestramento della grande massa dei richiamati, organi rivelatisi in tutta la loro gravità durante la recente mobilitazione. Ma il disegno di legge non fu approvato, così come non lo fu il successivo presentato dal generale Bertolé Viale, che dal 28 ottobre 1867 aveva sostituito il di Revel nella carica di ministro. Il Bertolé Viale, che conservò la carica fino al 14 dicembre 1869, quando venne sostituito dal generale Govone, ebbe modo nei due anni di governo di porre valide premesse per la revisione dell'intero ordinamento dell'esercito compiuta, finalmente, dal Ricotti, dal 7 settembre 1870 successore del Govone . Sotto l'assillo della situazione del bilancio, il 1867 fu l'anno della corsa al ridimensionamento; non fu rispanmiato nessun organismo: fu ristrutturata e ridotta la pianta organica del ministero, la quale, nonostante le varie modificazioni subite, era ancora quella del 1862 (24); furono soppressi in un primo tempo il Gran Comando del dipartimento militare di Palermo ed i comandi delle divisioni territoriali di Udine, Forlì e Messina (25) e, poco dopo, tutti i Grandi Comandi di dipartimento (26) passando i comandi delle divisioni territoriali alle dirette dipendenze delle autorità centrale; furono ulteriormente ridotti gli organici del corpo dei carabinieri, del corpo zappatori del genio, del corpo del Treno di Armata e di quello sanitario (27); fu soppressa l 'intendenza generale dell'esercito e quella del corpo volontari italiani (28) e venne stabilito un nuovo ordinamento di quest'ultimo corpo con organici molto ridotti (29 ); furono sfoltiti il numero e gli organici degli organi territoriali del!'artiglieria e del genio. Un arresto della corsa al ridimensionamento fu provocato dalla dolorosa vicenda della campagna di Garibaldi nell'agro romano nell'autunno del 1867. L'improvvisa emergenza mise in luce come si fosse andati troppo oltre nelle decurtazioni e nei tagli e come si fosse superato il limite minimo dell'efficienza, portato al di sotto di ogni capacità addestrativa e<l operativa. Si dovette così costituire repentinamente un « Comando generale delle truppe attive nella media Italia», alle cui dipendenze porre le grandi unità da schierare sui confini dello Stato pontificio in attesa di quale sarebbe stato l'esito della spedizione garibaldina che avrebbe potuto avere gravi riflessi nei rapporti franco-italiani. Si tornò a riconsiderare l'opportunità di disporre, anche in tempo di pace, di organi di comando operativo e, cessata l'emergenza, il comando delle truppe attive nella media Italia fu lasciato in vita e, dopo un anno, .vennero istituiti altri 2 « Comandi generali delle truppe ordinate in divisioni attive », uno nell'Italia settentrionale
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ed uno nell'Italia meridionale (30). Constatato che le divisioni territoriali, stanti i bassissimi livelli di forza ed i gravosissimi impegni di servizio, non erano né di rapida moblitazione né tanto meno di pronto impiego, mentre si fece fronte all'esigenza particolare mediante il richiamo delle classi 1841 e 1842 - questa ultima congedata anticipatamente - ed il ripristino del quarto battaglione nei reggimenti di fanteria e della quarta compagnia nei battaglioni bersaglieri (31), si divisò di operare una distinzione tra divisioni territoriali e divisioni attive, liberando queste ultime, od almeno alleggerendole il più possibile, dagli impegni territoriali e rendendole così più disponibili all'addestramento e ad una rapida mobilitazione (32). Si trattò di un espediente, ma non vano, tanto che il Bertolé Viale, dopo 18 mesi di esperirnentazione, stabilì di istituzionalizzarlo definitivamente introducendo una nuova distinzione che meglio soddisfacesse le necessità addestrative. Al fine che talune unità potessero attendere « con tutta quella sollecitudine ed efficacia che sono necessarie » all'addestramento e si potessero « all'occorrenza mobilitare colla maggiore speditezza » stabilì 1a distinzione tra unità sul piede stanziale e unità sul piede mobile, queste ultime suddivise in « unità sul piede completo » e in « unità sul piede mobile incompleto » e dispose che le unità sul piede mobile, vale a dire costituite nel loro insieme con for-L:a del tutto corrispondente alle tabelle numeriche del piede di pace sia che la forza venisse concentrata su reparti di formazione temporanei con organici di guerra (piede mobile completo), sia che rimanesse distribuita nei reparti per avere questi sempre disponibili sul piede stanziale effettivo (piede mobile incompleto) - venissero raggruppate nelle divisioni attive e che queste venissero poste alle dirette dipendenze di 3 corpi di esercito « ,per la disciplina, l'istruzione e la dislocazione che fosse il più possibile concentrata » (33 ). Furono costituite in tutto 8 divisioni attive, delle quali 3 furono messe alle dipendenze del II corpo di esercito con sede a Verona, 3 del I corpo con sede a Pisa e 2 del III corpo con sede a Napoli. Anche se il male di fondo consisteva nel basso livello di .forza fluttuante intorno ai valori di gran lunga inferiori a quello teorico dei 200.000 uomini (40.000 uomini di prima categoria per ogni classe di leva), i provvedimenti del Bertolé Viale, più nominalisti che reali, ebbero pur sempre l'effetto di una boccata di ossigeno per uno che sta morendo asfissiato, in quanto, se da una parte indebolirono ulteriormente le divisioni territoriali, dall'altra consentirono a quelle attive una ripresa addestrativa mediante l'effettuazione di qualche esercitazione sul terreno con re-
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patti di formazione sul piede mobile completo, dei campi distruzione e, una volta l'anno, di grandi manovre campali. Stante la impossibilità d'incrementare la forza bilanciata, i provvedimenti rappresentarono un sia pur modesto miglioramento della situazione addestrativa, soprattutto dei quadri, la quale poneva la scelta tra il niente (tutte le divisioni senza attività addestrativa e tattica) ed il poco (qualche divisione con un minimo di capacità addestrativa). Le raffiche espoliatrici delle strutture ordinative e dei livelli di forza erano sul punto di riprendere in tutta la loro violenza agli inizi del 1870 - anzi talune si erano già fatte sentire (34) - quando la situazione internazionale ingiunse una nuova inversione di tendenza. L'intenzione di ridurre a circa 128.000 uomini - un minimo mai raggiunto negli anni precedenti - la forza bilanciata rimase tale perché lo scoppio della guerra franco-prussiana costrinse ad un immediato rafforzamento dell'intero apparato militare, ridotto oramai ad un esterno stato di debolezza. Furono richiamate alle armi alcune classi già congedate, furono arruolati gli uomini di prima categoria che precedentemente erano stati lasciati a casa a disposizione del governo, furono aumentati i corpi dei servizi (35), furono costituiti su piede mobile completo (organici di pace) tutti i reggimenti di fanteria, ciascuno su 3 battaglioni attivi su piede mobile ed 1 battaglione su piede stanziale (36). Alla metà di agosto il generale Cadorna assunse il comando del costituendo « Corpo di osservazione dell'Italia centrale», articolato inizialmente su 3 divisioni su piede mobile completo, con il compito palese d 'impedire disordini sul confine con lo Stato pontificio e con quello, meno ufficiale, di preparare la campagna per l'unione di Roma al regno da iniziarsi non appena le condizioni politiche e diplomatiche l'avessero consentito (37). Ma mettere in piedi le 3 divisioni iniziali (11\ 12a e 13a) e le 2 distaccate (2" e 9") che si aggiunsero successivamente alle prime - in tutto circa 60.000 uomini, dei quali 50.000 combattenti, 7 .530 quadrupedi e 114 cannoni (38) - fu un'impresa assai ardua. « Alle truppe che operarono nel Romano fu sensibile la mancanza di una tranquilla preparazione », scrisse il Corsi, aggiungendo che soprattutto « l'artiglieria ebbe a lagnarsi per le conseguenze dell'acquisto precipitoso dei quadrupedi, onde ella ebbe pes· sian.e mute, non solamente sui suoi parchi, ma persino nelle batterie (39). Ma tutto questo sarebbe stato hen poca cosa, se la preparazione, l'organizzazione e la mobilitazione fossero risultate ordinate ed automatiche e, .soprattutto, se le unità avessero raggiunto un livello addestrativo soddisfacente.
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5. L 'introduzione del nuovo armamento individuale a fuoco (del quale erano state subito impartite le istruzioni tecniche per l'impiego) (40), <li maggiore gittata efficace {400 m contro individuo isolato, 800 m contro una formazione compatta), di maggiore precisione e di maggiore rapidità di tiro, incideva di per sé sulla tecnica di combattimento della fanteria e della cavalleria e faceva nascere l'esigenza di rivedere da capo a fondo i regolamenti di esercizio e delle evoluzioni delle due armi, il che fu fatto provvedendo a diramare, in bozze di stampa, due nuovi regolamenti (41) con carattere sperimentale, ma con l'obbligo di metterli in pratica a mano a mano che ne venivano pubblicate le varie parti e di riferire all'autorità centrali i risultati dell'applicazione. Le edizioni definitive cominciarono a vedere la luce verso la fine del 1869 (42), opportunamente aggiornate e modificate appunto sulla base delle considerazioni e delle proposte inoltrate dai vari comandi subordinati. Analogalmente a quanto fatto per la creazione della scuola superiore di guerra Kriegsakademie e per l'adozione del fucile a ,retrocarica Verterli (del ci.po Mauser) il modello ispiratore della nuova regolamentazione fu que11o prussiano. Oramai la Prussia prendeva il posto che la Francia aveva tenuto incontestata dal 1814 fino ad allora. « Le truppe valgono tanto più quanto meglio sanno avvalersi delle proprie armi » ( 43): è il concetto di base della nuova regolamentazione e l'eco della Feuertaktik è dsonante e chiaro. Il nuovo regolamento di esercizio per la fanteria dà prima di tutto ampio sviluppo al tiro individuale ]ibero e conseguentemente alla scioltezza nel maneggio delle armi ed alla precisione del puntamento e del tiro, riservando l'intervento ed il fuoco erogato dalle unità in linea ai momenti decisivi ed alle distanze di vera e reale efficacia. « Una buona linea di cacciatori, i quali sappiano valutare le distanze e sparare colla calma e col sangue freddo che tal genere di combattimento rende possibile, sarà sempre un'eccellente protezione pel grosso delle truppe, sia che queste siano ferme in posizione, sia che si trovino in marcia» {44). Il ricorso ai due tipi di fuoco - individuale libero e di unità in linea - e l'esigenza di contemperare le migliori condizioni possi:bili per effettuare il proprio fuoco e quelle della minore vulnerabilità dal fuoco nemico, portarono a riesaminare i valori di priorità da attribuire alle formazioni ed agli ordini tattici. Per le formazioni di movimento venne data la pre-
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ferenza a quella per battaglione in colonne ad intervalli di spiegamento come la più idonea a:l passaggio rapido dalla colonna all'ordine di battaglia e viceversa ed -all'impiego del nuovo fucile. « In questa formazione i battaglioni sono mobili, facili ad essere coperti, ugualmente pronti a tutte le combinazioni dell'offensiva e della difensiva, suscettibili di presentare teste di colonne, la cui energia morale è tanto maggiore in quanto che esse si sentono sostenute: finalmente, ben mantenuti nella mano del capo, i battaglioni sono sempre in grado sia di manovrare, sia, mercé un rapido spiegamento, di adoperare tutto il loro fuoco» (45). Venne quasi proscritta la formazione in colonna profonda e pesante - fino ad allora molto in voga - tranne nei casi di assoluta necessità o di lontananza dalle artiglierie nemiche sia perché vulnerabile sia perché d'impaccio ai movimenti rapidi. Venne presa in considerazione anche la linea di colonne di compagnia al.Ja quale ricorrere « in terreni molto sottili e tagliati, ove l'attacco debba operarsi per grandi bande di cacciatori, di cui le colonne di compagnia costituirebbero come una linea di riserva: però siffatta formazione andando soggetta a disordinarsi facilmente per 1a sua poca consistenza, dovrà usarsi parcamente: la formazione quindi preferibile nella generalità dei casi, sarà quella di colonne di battaglione » ( nn. 926-1054 del nuovo regolamento). A tale riguardo esisté, pertanto, una diversità di fondo nei riguardi dei procedimenti di combattimento dei prussiani. Per questi ultimi la linea di colonne di compagnie era quella da adottare normalmente in quanto racchiudeva in sé i vantaggi della colonna e della linea spiegata, per il fatto che le compagnie di un battaglione, largamente intervallate, coprivano una parte più estesa - il fronte di attacco di una divisione si raddoppiò (2 km e non più 800 m come ai tempi di Napoleone) - potevano spiegarsi rapidamente e contemporaneamente, offrivano minore vulnerabilità al fuoco dell'artiglieria che non il battaglione compatto, si r,idattavano facilmente a qualsiasi forma di terreno, consentivano la disponibilità di un'aliquota pronta ad agire in catena, favorivano la costituzione di distaccamenti, lo sviluppo di eventuali azioni isolate e la formazione istantanea ed organica di piccoli rincalzi; viceversa, come a ragione annotò il Maravigna, << le innumerevoli colonne di compagnia nelle quali essi » - i gruppi aperti indipendentemente gli uni dagli altri - « si scindevano, formavano due linee: quelli della prima spingevano avanti gruppi di tiratori seguiti dai plotoni nella formazione di linea di fronte; a qualche centinaio di passi seguivano le compagnie della seconda linea, anch'esse in colonna per plotoni e, poiché il tiro ne-
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mico diretto sulla prima linea colpiva ben presto anche la seconda, questa, accelerando il movimento, tendeva a fondersi rapidamente con quella prolungandone il fronte o colmandone gli intervalli. L'azione delle due prime linee, per conseguenza, si risolveva in un complesso di combattimenti frontali, che un certo numero di comandanti di compagnia sostenevano e sviluppavano lungo tutto il fronte; ai comandanti di battaglione, di reggimento e spesso agli stessi ufficiali generali non restava altro da fare che seguire l'azione di una qualunque di tali unità, quando non ne assumessero personalmente il comando » ( 46) . I prussiani stessi, del resto, avevano constatato nella campagna di Boemia i gravi inconvenienti derivanti dall'assumere come normale la formazione di linea di colonne di compagnia, ma vi rimasero fedeli anche nella guerra del 1870. Secondo noi, fece bene il nuovo regolamento di esercizi a prendere in considerazione tale formazione, ma conferendole carattere di eccezionalità, perché per essere considerata normale presupponeva compagnie robuste (200250 uomini come appunto quelle prussiane), quadri solidi e di alta capacità professionale (anche ai livdli di capitano, di subalterno e di sottufficiale), profonda consapevolezza morale della lotta individuale: tutti requisiti che non si acquistano in breve tempo e meno che mai in situazioni di assoluta carenza addestrativa. Il nuovo regolamento fece, dunque, un notevole passo in avanti rispetto al vecchio, ma saggiamente un passo non più lungo della gamba. La tecnica d'urto, d'altra parte, rimase alla base dei procedimenti di combattimento e, conseguentemente, il regolamento attenuò l'importanza del ricorso alle formazioni ristrette rispetto a quelle rade e degli uomini densi e compatti rispetto a quelli radi e sparsi, tolse ai secondi il carattere di accessorietà che avevano sempre avuto e dette loro caratteri di complementarietà. L'ordine sparso, in particolare, fo definito normale per i bersaglieri - formazioni larghe e rade in lontananza del nemico e ordine sparso nel combattimento - e complementare e di poca durata per la fanteria di linea, il cui compito principale restava la realizzazione della massa necessaria all'urto. Le questioni se fossero da preferire le salve ai fuochi accelerati e se fosse meglio assaltare in ordine sparso o in ordine chiuso erano ancora assai controverse presso le fanterie francesi, austro-ungariche e rus,se per cui sarebbe stato poco prudente sposare « in toto » la tesi prussiana certo non scevra di difetti. Le caratteristiche che il nuovo regolamento esaltò - dopo aver introdotto una nuova classificazione degli ordini: da campo (in colonna od 1n schiera secondo la minore o maggiore probabilità d'attacco nemico), da marcia, (colonne di marcia o da
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manovra secondo che il movimento avesse carattere di trasferimento o di marcia o si svolgesse a portata del nemico), da combattimento (offensivo, controffensivo, difensivo), da riserva (a schiera serrata od a colonna serrata) e da guardia (esplorazione e sicurezza) - fu. rono la mobilità, l'elasticità, la flessibilità, la prontezza di trasformabilità, la compattezza offensiva e difensiva. II nuovo regolamento di esercizio per la cavalleria ribadl il criterio che la cavalleria è arma esclusivamente d'offesa e che conseguentemente essa non ha che tre momenti d'iimpiego: « aspettat-iva, avvicinamento, azione». « Nel primo di questi momenti si sceglie una posizione più che si può sicura, e quivi si sta aspettando l'occasione favorevole per entrare in azione. Ma non per questo chi ha la direzione della cavalleria deve perdere d'occhio» - come era accaduto a Custoza - « l'andamento generale del combattimento, facendo riconoscere da esploratori le posizioni del nemico, e le con dizioni del terreno, per non lasciarsi cogliere alla sprovveduta da possibili eventi. Il secondo momento richiede la capacità di portare la truppa per la via più breve ed opportuna, più che si può coperta dal nemico, giovandosi del terreno e del tempo per entrare favorevolmente in azione. Oltre a ciò bisogna eziandio procurare che gli uomini e i cavalli vi giungano in tale stato da corrispondere pienamente alle esigenze del momento. IJ terzo abbraccia il risolvimento, e fi. nalmente il trar profitto dagli ottenuti vantaggi, col rincalzare oppure as,sicurare sé stesso con tenace resistenza, il più delle volte brevissima; poiché riconosciute appieno le condizioni del nemico, giova riprendere incontanente l'iniziativa, e procedere senza ritardo ad ulteriori disposizioni» (n. 1127 del regolamento» . « Ma il solo impiego di tutte le forze riunite può assicurare il successo. Si potrà e si dovrà ton piccoli spartiti preoccupare, tenere a bada, ingannare il nimico; ma tutto il peso del vero attacco, la concentrica disposizione di tutte le forze disponibili ,si dirigerà sopra un solo punto della linea nimica. Se si può guadagnare il lato debole dell'avversario, il fianco, tanto meglio; altrimenti si impiegheranno tutte le forze congiunte per far breccia neg.li ordini suoi » (n. 1128 del regolamento). Ed è a tali criteri che s'intonano le formazioni ed evoluzioni, da quelle del plotone a quelle del reggimento o di più reggimenti riuniti, ridotte di numero e semplificate rispetto al passato, nell'intento di garantire la prontezza nell'apparire e l'ardimento nell'assalire. Il plotone di norma si schiera su 2 righe, nuove o in linea di fronte o in colonna di via ed attacca o in ordine chiuso o in ordine aperto (o in foraggieri) secondo il terreno da percorrere ed il ne-
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mica da caricare; lo squadrone su 4 plotoni si schiera, muove e si spiega in linea od in colonna e carica in linea spiegata (normalmente) o in colonna (eventualmente), oppure in ordine aperto (o in foraggieri); il reggimento ha due ordini soli - ordine di battaglia e ordine di colonna - il primo comprende le formazioni in linea spiegata, in linea di colonne ed a scaglioni, hl secondo comprende le formazioni in colonna di via, in colonna di plotoni, in colonna doppia, in massa ed in colonna serrata. La linea spiegata è la formazione di parata, da utilizzare in guerra nelle cariche o « in quei rari casi in cui si debba stare esposti al fuoco nemico, su terreno scoperto, unito, e piano o vagliasi far mostra di molte forze » (n. 907 del regolamento); la linea di colonne è l'ordine fondamentale delle evoluzioni, « quale che precede lo spiegamento in linea»; la formazione a scaglioni è quella nella quale gli squadroni schierati od in colonna di plotoni sono disposti a fianco l'uno dell'altro ed a scalare all'indietro ed è la formazione più conveniente « perché senza abbandonare l'ordine cli battaglia vi trova il me.::w di risparmiare ie forze, d'avanzare e di far indietreggiare alternatamente or l'una or l'altra delle sue ali, od ambedue» (n. 920 del regolamento). La colonna di via è, secondo il regolamento, la più adattabile ad ogni tipo di terreno; la colonna di plotoni è poco maneggevole, ma per la sua fronte ristretta, permette di attrav,crsare terreni ,s ui quali sarebbe difficile muovere diversamente; la colonna doppia è indicata Cùme u~He per diminuir-e la profondità, ma non è da ntilizzare sotto il fuoco nemico, come non sono da utilizzare le formazioni in massa ed in colonna separata, proprie delle riserve, tendenti a concentrare più squadroni su spazio limitato. E' evidente come si ricerchino soprattutto una maggiore scioltezza, mobilità e resistenza degli uomini e dei cavalli rispetto al passato, semplificando, anche qui, le formazioni e riducendone il numero. L'arma, insomma, trova ancora utile impiego sul campo di batta~lia non soio neH'esplorazione a grt,nde distanza, e strateglca o tattica, ma anche nel combattimento solo però se lanciata di sorpresa contro la fanteda o attacchi quèsta quando sia in situazione ài cdsi (o scossa od a corto di munizioni). L'impiego ne! combattimento è, dunque, eventunie e dipende da circostanze favorevoli: la carica a scaglioni combinata sulla fronte e su di un fianco dell'avversario è 1a più redditizia; mentre l'impiego dell'arma nello sfruttamento del successo è il compito normale da adempiere mediante inseguimenti rapidi, incessanti e coordinati. Carente il nuovo regolamento circa i procedimenti dell'esplorazione dei quali non fa cenno.
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Dell'esplorazione trattano, invece, le direttive che vennero impartite per le istruzioni e le esercitazioru del periodo estivo-autunnale del 1869 (47) e del periodo primaverile del 1870 (48), direttive che .furono raccolte successivamente in una specifica pubblicazione edita nei primi mesi del 1871 (49): il primo manuale di tecnica dell'addestramento al combattimento dell'esercito italiano. Qui la preminenza del fuoco, l'essenzialità dell'esplorazione e della sicurezza, lo sfruttamento del terreno e la valorizzazione di questo mediante i Javori di castrametazione, ,}'imprescindibilità della cooperazione interarma sono illustrati minutamente e messi a fuoco come fattori decisivi del successo. L'abitudine alla guerra è il tisultato di marce ordinate, celeri e che sviluppino la resistenza fJsica, di tiri di combattimento a grandi distanze da .effettuare con destrezza e senso di misura, di esercitazioni di pattuglia, di avanguardia, di retroguardia, di fiancheggiamento e di avamposti - per il servizio di avamposti venne elaborata una nuova pubblicazione (50) - attivate da sorprese, di eserci:d utili all'ordine ed alla coesione delle formazioni ed al loro adattamento al terreno vario, di esercitazioni di « tat· tica combinata», con l'intervento cioè di tutte le armi, ripetute in terreni aventi caratteristiche diverse, sempre aderenti alla realtà topografica senza falsarla supponendo ostacoli inesistenti o facilitazioni di comodo, di esercitazioni a partiti contrapposti (scontri di pattuglie, di dispositivi di esplorazione e di sicurezza, di unità in attacco contro unità in difesa) impostate « su di un concetto strate· gico ben determinato », « su un'idea precisa della manovra », su di un supposto iniziale chiaro e semplice, regolate da giudici di campo e « sviluppate in sodo ed in concreto come in una vera guerra». Alla base di tutto: « ammaestrare le tuppe a superare gli ostacoli del terreno ed anzi ad avvalersene; mettere alla prova la capacità d egli ufficiali e l'istruzione dei soldati nell'applicare al terreno le imparate teorie; dare ai primi, e soprattutto a quelli di grado superiore, l'occasione di mostrare e perfezionare il colpo d 'occhio, l'iniziativa e l'abilità acquistata nel maneggiare le truppe conforme il terreno e le circostanze ». Insomma, tutto ciò che gli ufficiali, « soprattutto quelli di grado elevato» , non avevano saputo fare a Custoza. Sempre nell'intento di migliorare la preparazione professionale dei quadri e l'addestramento individuale e di reparto venne costituita in Parma la « Scuola centrale di tiro, scherma, ginnastica e nuoto» (51) per uniformare il livello di specializzazione degli istruttori delle discipline necessarie a conferire ai soldati vigoria, resistenza, agilità e destrezza fisiche ed intellettuali e vennero edite per le varie
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discipline nuove pubblicazioni aggiornate iin base allo sviluppo deHa scienza medica del tempo (51). Alla nuova scuola centrale ed alla nuova « Scuola speciale per sottufficiali », istituita con sede a Modena per il reclutamento di un terzo dei quadri ufficiali delle armi di fanteria e di cavalleria (53 ), vennero devoluti i compiti delle scuole normali di fanteria, di cavalleria e dei be~saglieri (54) che vennero soppresse. La formanione dei sottufficiali e dei graduati venne affidata ai corpi che vi dovevano provvedere mediante corsi con esami finali. Inoltre, la Rivista Militare Italiana, fino ad allora edita in proprio da una tipografia privata (Cassone), passò alla cura diretta del ministero, che ne affidò la direzione al generale Luigi Mezzacapo che, con il fratello, ne era stato il fondatore. « Conoscendo quanto sia profittevole allo svolgimento dell'istruzione scientifica e assai incendente allo studio ed alla trattazione delle militari dottrine un periodico destinato ad accogliere quegli scritti di uffiziali dell'esercito che meritino la pubblicazione e a dar ragione del progresso della guerra, questo ministero ha determinato di prendere a sua cura :immediata ila ,pubblicazione Rivista Militare Italiana per dare libero campo allo svolgimento del pensiero» (55). Infine vennero riordinati gli istituti di reclutamento e perfezionamento - fu soppresso per economia il collegio militare di Milano - i cui programmi vennero meglio armonizzati nel quadro generale di uno sviluppo progressivo ed ordinato degli studi e le disposizioni che ne regolavano la vita raccolte in un unico regolamento (56 ). Dall'immobilismo dottrinale del periodo prima di Custoza si passò, dunque, ad un fervore di rinnovamento dei criterì e dei procedimenti tattici, di elevazione della cultura generale - furono riordinate e adottate ai tempi anche le scuole dei corpi (57) che vennero articolate su 4 classi per i caporali e soldani e 2 classi per i sottufficiali in ogni reggimento e le scuole di contabilità anch'esse su 2 classi, una per i sottufficiali ed una per i caporali e soldati e - dell'iistruzione professionale come mai nel passato, tanto che si potrebbe dire che l'esercito italiano visse nel quinquennio, nonostante tutto, un vero e proprio periodo illuministico. Nelle nuove pubblicazioni sull'esercizio della fanteria e della cavalleria e sulle prescriziioni per l'ammaestramento tattico delle truppe si sente un'aria nuova alla quale l'esercito non era abituato. 11 fuoco ed il terreno comandano la nuova tattica e la nuova tecnica e pur conservando l'urto la preminenza come atto conclusivo decisivo della lotta, alla sua effettuazione si perviene con procedimentii e modalità diversi dal passato. Il battaglione di fanteria resta unità inscindibile ai fini della con-
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centrazione della forza d'urto, non fa manovra, ma si muove, si ordina e combatte in maniera più sciolta, più flessibile, più agile che nel passato, ricercando nelle formazioni prima di tutto la minore vulnerabilità dal fuoco nemico e la maggiore possibilità di sviluppare efficacemente il proprio, sfruttando li! terreno più che il giuoco delle formazioni. La regolarità e la precisione geometriche vengono intese come mezzo e non più come il fine ottimale delle formazioni e delle evoluzioni sia per la fanteria che per la cavalleria. Questa ultima non esce ancora del tutto dalla crisi d'identità in cui l'ha posta il prevalere del fuoco, ma supera l'incertezza degli ultimi tempi ed è resa consapevole delle sue limitazioni e di come quando e dove le sue prestaziioni possono ancora essere remunerative. La battaglia ed il combattimento sono intesi come atti unitari, non come somma di singoli episodi, ma come intreccio di più manovre e di più atti tattici coordinati, combinati e risultanti dall'insieme delle parti recitate da ciascun'arma. La nuova normativa tattica, tecnica e addestrativa, in definitiva, apre la strada ad una nuova concezione; quasi sparisce la vecchia antinomia tra criteri ddla tattica topografica e procedimenti della tecnica geometrica, in quanto i primi continuano ad espandersi, i secondi a ridursi. C'è di più. L'evoluzione dottrinale tende a fondere, sebbene non vi riesca del tutto, il movimento, il fuoco e l'urto, coordinando gli sforzi dei singoli e delle unità e disciplinandone l'iniziativa, per garantire la continuità dello sforzo ndl'ambito della stessa unità, senza doverla confidare alle unità retrostanti, tlntensificando lo sforzo stesso progressivamente in modo che, diminuendo la distanza dall'obiettivo, aumenti l'efficacia del fuoco e dell'urto. Nuove trasformazioni verranno in seguito, ma ora vengono poste le premesse necessarie per poterle attuare. Non basta. La nuova serie dottrinale testimonia indirettamente l'affermarsi dei nuovi principi politici e sociali, fino ad ora più idealizzati che messii in pratica, per i quali l'impiego tattico delle unità nel combattimento e la tecnica dell'addestramento al combattimento stesso non possono assolutamente prescindere dal processo evolutivo della società civile.
6. Se la campagna di guerra del 1870 per l'unione di Roma al regno d'Italia, sotto il punto di vista della sto11ia militare, non ebbe né risonanza né caratteri tali da farla ricordare come episodio bellico di rilievo, ebbe, secondo noi, un aspetto particolare che non può es-
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sere trascurato : il collaudo dei nuovi criteri e procedimenti tattici. Il disegno operativo iniziale, elaborato dal Cadorna, su richiesta del ministro Govone, era di avvicinarsi a Roma con il grosso delle forze lungo fa direttrice più breve, cioè lungo la sponda sinistra del Tevere, come aveva fatto Garibaldi 3 anni prima, e d'investire la città dalla parte più debole, tra la porta Salaria e la porta Tiburtina, esercitando nel contempo due sforzi sussidiari, uno contro la porta Maggiore ed uno contro quella di S. Giovannri, ed un'azione diversiva contro le posizioni di riva destra del fiume. Il Cadorna intendeva evitare le forti posizioni di monte Mario e la robusta cerchia bastionata che copriva la riva destra del Tevere, dove si trovava 1a città Leonina che il governo italiano voleva lasciare intatta come sede del pontefice. Il disegno, approvato dal Govone, aveva avuto inizio di attuazione nei movimenti necessari a fare assumere alle forze la dislocazione prevista al di qua del confine con lo Stato pontificio, quando lo stesso Govone e poi il Ricotti, succedutogli in quei giorni, mutarono avviso e disposero che il Ca<lorna agisse con il grosso delle forze sul territorio di riva destra del Tevere per occuparne i centri più importanti e ritardare così l'investimento della città nella speranza nel frattempo di un compromesso diplomatico con il pontefice o della volontaria rinuncia di questi a difendersi con il ricorso alla forza. Il Cadorna obbedl: « sebbene dolentissimo cambiare improvvisamente progetto preveduto e combinato in tutti i suoi particolari, e sebbene continue marce e contromarce metteranno esitanza, incertezza nella truppa che, attribuendole a questo comando, scemerà prestigio e autorità, non ho altro che obbedire » (58 ). A tale riguardo non ci sembra fuori luogo una breve disgressione che ci eviterà di tornare sull'argomento più avanti. Il principio della libertà d'iniziativa strategica, e della responsabilità individuale e personale degli atti che ne derivano, del comandante al quale, per la fiducia che ispira, viene affidata la direzione deUe operazioni militari su di un teatro operativo o su di uno scacchiere soffre oggi, nell'epoca della guerra scientifico-tecnica, di limitazioni maggiori del passato, in quanto le decisioni riguardanti l'impostazione, l'organizzazione e, sotto certi aspetti, anche la condotta della guerra e delle stesse grandi operazioni tende a collocarsi ed a concentrarsi in organi coUettivi politico-militari ed a lasciare meno spazio all'iniziativa ed alla libertà decisionale del comandante e dei comandi operativi. Il principio napoleonico - « un generale che accetta di eseguire un piano che egli giudica cattfoo e disastroso, è condannabile. Egli deve insistere perché sia mutato ed infine dimettersi piuttosto che essere
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lo strumento della rovina delle sue truppe » - conserva piena validità nel senso letterale dei termini, ma non può essere inteso come ripudio di intervento degli organi politico-strategici nella concezione dei disegni delle manovre strategiche, tanti e cosl diversi sono diventati i fattori che intervengono nella stessa condotta della guerra. Napoleone, inoltre, come gran ,parte dei condottiero. del passato, riassumeva in sé la massima autorità politica e militare e, soprattutto, era un ingegno eccezionale. L'obbedienza del Cadorna è stata successivamente variamente c:ommentata e da molti criticata; ma egli accettò un piano che non giudicò né cattivo né disastroso e del quale .la schiacciante superiorità delle sue forze - 10 a 1 - avrebbe garantito in ogni caso il successo. L'errore del Cadorna, semmai, fu di accettare le limitazioni impostegli circa l'unitarietà della direzione della campagna quali la costituzione delle divisioni distaccate operanti autonomamente e la scelta dei comandanti. Breve ( 10 giorni), episodica (presa di Civita Castellana, assedio di Civitavecchia, attacco a Roma) e modestamente cruenta (32 morti e 143 feriti dell'esercito italiano e 19 morbi e 68 feriti dell'esercito pontificio), la campagna non offrl largo campo alle applicazioni delle grandi manovre tattiche, ma confermò la validità della nuova dottrina specia'lmente nei riguardi dell'importanza del fuoco, particolarmente di quello dell'artiglieria, del terreno e del ricorso alla combinazione delle formazioni e degli ordini fitti e radi, chiusi e sparsi. A Civita Castellana furono l'impiego delle 3 b atterie della 12a divisione e di 2 battaglioni bersaglieri operanti in stretta cooperazione ad anticipare la resa del piccolo presidio. Civitavecchia si arrese perché, stretta da terra e da mare, era minacciata dalle artiglierie della 9a divisione del generale Bixio e da quelle dell'ammiraglio Del Carretto (59) con il quale il Bixio aveva concordato l'azione. La presa di Roma fu prima di tutto opera dell'artiglieria che preparò gli attacchi della fanteria o li evitò costringendo l 'avversario alla resa anticipata, come sul fronte della 9a e della 12a divisione le quali, rispettivamente a porta Latina, porta San Giovanni ed a porta S. Sebastiano, mediante l'impiego a massa delle artiglierie e la manovra degli schieramenti, costrinsero alla resa i difensori proprio qualche istante prima che venissero sferrati gli assalti della fanteria. Attacchi ed assalti della fanteria e dei <bersaglieri dell'l 1a e 12" divisione e della riserva generale furono sviluppati ed effettuati con successo tra porta Pia e porta Salaria a villa Patrizi, attraverso rla breccia, a villa Bonaparte. L'aderenza ai criteri ed i procedimenti tattici fu ge-
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nerale e scrupolosa. L'avanguardia del IV corpo di armata era stata costituita di un robusto complesso di forze {1 reggimento di fanteria, 1 battaglione bersaglieri , 2 squadroni di cavalleria, 1 batteria, 1 / 2 compagnia del genio) ed articolata con piena rispondenza allo schema generale della pubblicazione sulle operazioni secondarie in guerra ed al momento del bisogno venne tempestivamente rinforzata con altre 2 batterie della 12a divisione. Il dispositivo delle forze incaricate dello sforzo pvincipale fu un modello di saggezza tattica e manovriera: « la divisione 12• e 11 a si avvicinarono alla porta Pia e Sa:laria; ila 12a divisione a cavallo alla via Nomentana, col XXXV bersaglieri e la brigata Bologna (in 2 linee di reggimento) a sinistra, e ·H XH bersaglieri e la brigata Modena (parimenti in 2 linee di reggimento) a destra; 1'11• divisione a cavallo della strada Salaria, coi suoi 2 battaglioni bersaglieri sulla fronte (XXXIV a sinistra, XXI a destra), la brigata mista in prima Hnea (19° reggimento a sinistra e 35° a destra) e la brigata Sicilia in seconda linea . ... La riserva seguiva in direzione centrale» {60). Tutto a regola d'arte, compresi gli attacchi e gli assalti per entrare dentro le mura ed impadronirsi di slancio del Pincio, del Quirinale e del Viminale e per prendere alle spalle il Castro Pretorio. Tutto diversamente da Custoza di cui non si ripeterono gli errori e ciò non si spiega, o almeno non si spiega solo, con H fatto che Custoza era stato un incontro ina~pettato con un grande e valoroso esercito, bene ordinato, addestrato e condotto, e che questa , invece, fu poco più di una scaramuccia contro una modesta guarnigione. Allora si era sbagliato per un verso, ora si sarebbe potuto sbag1iare ,per un altro, se proprio la lezione di Custoza non fosse stata intesa nel suo significato fondamentale; non ignorare le norme e non trasgredirle se non a ragione veduta. La campagna non offrì molte occasioni di manovra e di atti tattici di rilievo, ma le poche che si presentarono non furono sciupate. Si disse fin d'allora che somigliò più ad una grande esercitazione che non ad un'impresa bdlica; ammesso che ciò fosse vero, sarebbe necessario aggiungere un'esercitazione molto bella.
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NOTE AL CAPITOW IX (1) Giacomo Medici marchese del Vascello (1819-1882), generale. Combatté in Spagna contro i carlisti, nel 1848 si arruolò ·tra i legionari garibaldini, iprese parte all'insurrezione delfa valle d'Intelvi, nel 1849 si coprì di gloria al Gianicolo nella difesa della repubblica romana, nel 1859 e nel 1860 fu a capo della seconda sp~dizione in Sici,l ia. Entrato nell'esercito regolare, durante la terza guerra di indipendenza arrivò alle porte di Trento guadagnandosi la medaglia d'oro. Prefetto di Palermo (1868), fu più vdlte deputato e dal 1870 senatore. Vittorio Emanuele 11, in riconoscimento dei suoi meriti, g'li conferl il titolo di marchese del Vascello. (2) Efisio Cugia (1818-1872), generale. Partecipò alle campagne del 1848-1849, poi a quella del 1859. Durante le operazioni nelle Marche, camondò la brigata Como nel grado di maggior generale. Pu direttore generale per gli affari della guerra nel napoletano, direttore generale di fan1eria e cavalleria ,presso il Ministero, e direttore superiore presso il ministero stesso. Nel 1863 fu nominato ministro della Marina. Nella guerra del 1866 comandò 1'8' divisione, e nello stesso anno fu nominato ministro della guerra. Fu de.putato a·I Parlamento per due legislature. {3) Raffaele Cadorna (181.5-1897), generale. Prese parte alfa guerra Jd 18481849 come comandante del battaglione del genio lombardo, a quella del 1859, ed a quella del 1866 fu inviato a Palermo per ristabilire l'ordine turbato da una sommossa ispirata da elementi borbonici e reazionari e nel 1869 in Emilia con lo stesso incarico jn occasione dei tumuJti popolari scoppiati per la tassa sul macinato. Nel settembre del 1870 guidò la breve campagna ,per ,l'unione cli Roma, dove entrò alle ore 10 del giorno 20.
(4) Gerolamo detto Nino Bixio (1821-1873), volontario garibaldino e poi generale dell'esercito. Prese parte alla prima guerra d'indipendenza, accorse nel 1849 alla difesa della repubblica romana, combatté in Valtellina, con il grado di maggiore, nei « cacciatori delle Alpi » <lurante la guerra del 1859 e nel 1860 fu tra gli organizzatori della spedizione dei mille, e con Garibaldi a Calatafimi, a Palermo e sul Volturno. Passato nell'esercito regolare, combatté nel 1866 come comandante dclla 7• divisione e partecipò alla campagna per l'unione di Roma come comandante della 2• divisione distaccata. Fu eletto ,più volte deputato. (.5) Cesare Ricotti Magnani (1822-1917), generale. Partecipò a tutte le campagne del Risorgimento, fu deputato dal 1870 al 1890 e poi senatore. Ministro della guerra dal 1870 al 1876, dal 1884 al 1887 e poi, una terza volta, nel 1896, la sua fama resta legata al riordinamento dell'esercito riordinamento Ricotti effettuato negli anni successivi al 1870.
(6) Eugenio Beraudo di Pra/,ormo (1822-1907), generale. Partecipò da tenente di cavalleria alla campagna del 1848, da capitano a quella del 1849, da maggiore a quella del 1859. Promosso colonnello, comandò il reggimento cavalleggeri di « Montebe11o » e il reggimento lancieri « Vittorio Emanuele». Da maggior generale partecipò alla campagna del 1866, come comandante di brigata di cavalleria. Promosso tenente generale, ebbe il comando dolla divisione di Chieti. (7) Ettore Bertolé Viale (1829-1892), generale. Fu intendente generale du1'ante la guerra del 1866. Deputato dal 1867 al 1880 e senatore dal 1882 resse il ministero della guerra in due periodi assai critici: dal 1867 al 1869 e dal
1887 al 1891.
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(8) Scioglimento del .Corpo di riserva generale, delle brigate e dei reggimenti temporanei di fanteria, dei quinti battaglioni di fanteria e dei decimi battaglioni bersaglieri, del corpo volontari italiani (R.D. del 18 settembre 1866, G.M. 1866, pp. 940-941 e R.D. del 5 ottobre 1866, G.M. 1866, p. 1.022). Scioglimento della brigata temporanea e di due reggimenti temporanei di cavalleria (RD. del 22 settembre 1866. G.M. 1866, pp. 967-968). Scioglimento dei comandi del III e V corpo d'armata (R.D. del 22 settembre 1866, p. 966), del II e IV corpo d'armata e della 6•, 7", 8", 9', 11•, 12•, 13•, e 18a divisione attiva (R.D. del 26 settembre 1866. G.M. 1866, ,pp. 979-980) . Scioglimento della 16· divisione attiva e della divisione cavalleria di linea (R.D. del 1° ottobre 1866 e del 6 ottobre 1866. G.M. 1866, p. 998 e p. 1.021). Scioglimento del comando supremo dell'esercito mobilitato, del I, VI e VII corpo d'armata, delle divisioni attive e delle brigate di cavalleria (R.D. del 14 ottobre 1866. G.M. 1866, pp. 1.045-1.046). Scioglimento della 10• e 19 divisione attiva (R.D. 29 novembre 1866. G.M. 1866, pp. 1.175-1.176). Soppressione dci comandi militari di circondario (R.D. del 23 dicembre 1866. G.M. 1866, pp. 1.270-1.278). 1
(9) Riduzione delle batterie dei reggimenti di artiglieria da campagna alla formazione sul piede di pace (Nota n. 243 del 26 novembre 1866. G.M. 1866, pp. 1.170-1.171). Nuovo ordinamento dell'arma di artiglieria su: uno stato maggiore, 1 reggimento ,pontieri, 3 reggimenti da piazza, 5 da campagna e unità minori , con un organico complessivo di 20.018 uomini e 4.600 quadrupedi (R.D. del 14 dicembre 1866. G.M. 1866, pp. 1.226-1.239). Nuovo ordinamento dell'arma di cavatletiia su'l piede di pace che prevede 20 reggimenti, ciascuno su: uno stato maggiore, o squadroni attivi per un .totale del reggimento di 45 ufficiali, 892 uomini di truppa e 683 quadrupedi (R.D. del 30 dicembre 1866. G.M. 1866, pp. 1.2921.295). Nuovo quadro degli ufficiali del corpo di stato maggiore ,per un totale di 186 unità, delle quali 10 colonnelli, 10 luogotenenti colonnelli, 28 maggiori, 90 capitani, 40 luogotenenti, 8 sottotenenti (R.D. del 14 dicembre 1866. G.M. 1866, pp. 1.241-1.242). Nuovo ordinamento dei due reggimenti zappatori del genio sul piede di ,pace per complessivi 4.299 uomini, ufficiali compresi, e 72 quadrupedi (R.D. del 14 dicembre 1866, G.M. 1866, pp. 1.244-1.248). Riduzione degli ufficiali medici (R.D. del 30 dicembre 1866. G.M. 1866, p. 1.344). Soppressione provvisoria del quarto battaglione nei reggimenti di fanteria (R.D. 6 gennafo 1867. G.M. 1867, p. 5) e della quarta compagnia nei battaglioni bersaglieri (R.D. 6 gennaio 1867. G.M. 1867, p, 16). Scioglimento dei depositi dei reggimenti di fanteria e bersaglieri (circolare 1 del 5 iennaio 1867. G.M. 1867, p. 7). Nuovo ordinamento del treno d'Armata sul piede di pace su 2 anziché su 3 reggimenti con un organico complessivo di 98 ufficiali, 1.540 uomini di truppa e 640 quadrupedi (R.D. del 30 dicembre 1866. G.M. 1866, pp. 1.281-1.285). Soppressione provvisoria della 7• e 8· compagnia nei due reggimenti del corpo del treno d'Armata (R.D. del 6 gennaio 1867. G.M. 1867, p. 18). Nell'ottobre del 1866, in seguito alla liberazione del Veneto, era stata definita la circoscrizione mili-tare delle provincie venete e del territorio mantovano, istituendo un Gran comando di Dipartimento in Verona, 4 divisioni militari territoriali con sede in Verona, Padova, Treviso, Udine e 2 comandi generali delle città e fortezze di Mantova e di Venezia (R.D. del 10 ottobre 1866. G.M. pp. 1.029-1.033). Alla fine di ottobre venne altresl cos-tituita una nuova legione carabinieri nelle provincie venete e del territorio mantovano, (R.D. del 30 obtobre 1866. G.M. 1866, pp. 1.109-1.112). {10) R.D. dell'll marzo 1867 (G.M. annata 1867, pp. 270-286). (11) R.D. del 21 luglio 1867 (G.M. annata 1867, pp, 282-284).
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(12) Nota 6 del 6 marzo 1867 e nota 18 dell'8 agosto 1867 (G.M. annata 1867, pp. 326-330 e rpp. 492-497). (13) G.M. 1871, pp. 393-412. Retta fino al 1871 da norme provvisorie, la Scuola Superiore di Guerra fu poi -regolata da norme definitive che, tra l'altro, stabilirono i seguenti programmi di studio: 1" anno, materie obbligatorie: elementi di analisi e di geometria descrittiva, geografia fisica e ,politica, fortificazione e di,segno, ,topografia e disegno, artiglieria, lettere italiane, lingua francese (il primo anno veniva frequentato dagli ufficiali provenienti dai corpi di linea, mentre quelli provenienti dall'accademia militare di Torino venivano ammessi direttamente al secondo anno); materie facoltative: analisi finita e geometria descrittiva, fisica, lingua tedesca, lingua inglese; 2° anno, materie obbligatorie: arte militare, fortificazione, geografia militare, servizio di stato maggiore, topografia, lettere italiane, lettere .francesi; materie facoltative: complemento di geometria descrittiva e trigonometria sferica, chimica, lingua tedesca, lingua inglese; 3° anno, materie obbligatorie: arte militare, storia generale, storia militare, amministrazione militare, legislazione militare, serviiio di stato maggiore, lettere francesi; materie facoltative: geodesia, mineralogia e geologia, lingua ;tedesca, lingua francese. Ogni allievo doveva scegliere tra le materie facoltative due di esse che diventavano obbligatorie.
(14) Circolare n. 2 del 19 gennaio 1867. G.M. 1867, p. 77 e seguenti. Contiene l'ordinamento ed i programmi degli istituti militari di reclutamento superiori (R. Accademia militare di Torino con corso di studi della durata di 3 anni e Scuola militare di fanteria e di cavalleria di Modena con corso di studi di 2 anni) e secondari (collegi militari d'istruzione di Milano e di Napoli). Dagli istituti militari superiori provenivano i due terzi degli ufficiali, l'altro terzo continuava ad essere reclutato dai sottufficiali previa frequenza di appositi corsi con esami d'idoneità fina:le svolti presso le scuole normali di fanteria, cavalleria e bersaglieri. Cfr., ad esempio, circolare 21 del 17 ottobre 1868. G.M. 1868, pp. 409-422). (15) Genova Thaon di Revel (1817-1910), generale. Partecipò alle campagne del 1948-1949, alla guerra <li Crimea, alla campagna del 1859. Colonnello per merito di guerra -ad Ancona (1860), fu promosso maggior generale nel 1861. Combatté la campagna del 1866. Dopo la guerra ebbe l'incarico di prendere in consegna il Veneto, da tenente generale comandò la divisione di Padova. Ebbe poi il comando del II e del III Corpo d'Armata. Fu ministro della guerra nel gabinetto Rattazzi dall'aprile all'ottobre del 1867. Fu deputato per quattro legislature e poi senatore dal 1879. Pubblicò vari volumi di ricordi ~ugli incarichi ricoperti. (16) Henry Gustave De/vigne (1798-1876), capitano francese. Nel 1827 inventò un fucile rigato ad avancarica caratterizzato da una ;particolare camera di scoppio di diametro inferiore al calibro (sistema del forzamento del proiettile a compressione iniziale). (17) Salvatore Carcano (1827-1903 ), ufficiale di artiglieria dell'esercito italiano. Inventò l'omonimo sistema di otturazione a cilindro scorrevole-girevole. L'origina:Ie otturatore ad ago, simile a quello Dreyse, ebbe la sua principale caratteristica nel « tubetto con nasello », cioè il piccolo cilindro che consentiva di armare la molla del percussore. Il nuovo sistema consentì tJa trasformazione dei fucili ad avancarica in armi a retrocarica. Il sistema Carcano, modificato a ,percussione con ,l'otturatore munito di appoggio ad alette anziché a spalletta, fu adottato anche nel fucile modello 1891. I modelli C. 1868 - cioè i fucili trasformati da avancarica a retrocarica - furono sostituiti dal Vetterli. (18) Atti parlamentari Camera X Leg. Sessione 1867-1868. 3 E.
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(19) Antoine Alphonse Chassepot (1833-1905), aM1a•iolo francese. Inventò nel 1863 fomonimo fucile, un'arma a retrocarica ad ago, derivata dal Dreyt,e. Come questo aveva un otn1ratore girevole-scorrevole con appoggio a spalla sul manubrio. Il fucile pesava 4,640 kg., aveva il calibro di 11 mm cd una celerità di tiro di 7 colpi al minuto primo. (20) Paul Peter Mauser (18.38-1914), tl..'Cnico industriale tedesco. Inventò il sistema <li chiusura a otturatore cilindrico-girevole-scorrevole con appoggio ad alette. Il calibro del fucile era di 11 mm, l'alzo di 1.600 m e la celerità di tiro di 8 colpi al minuto primo. Nella versione corta Kar 98 K ha costituito l'armamento base della G<:rmania anche nella seconda guerra mondiale. (21) Friedrick Vetterli (1822-1882), inventore svizzero. Ideò un fucile ,a retr~ carica, modificato poi dall'italiano Vitali, a serbatoio centrale, che fu adottato dall'esercito italiano fino al 1891. Il Vetterli italiano, a caricamento successivo, aveva il calibro di 10,35 mm, l'alzo graduato fino a 1.600 m e la celerità di tiro di 8 colpi al minuto primo. (22) Fucile modello 1891: calibro 6,5 mm, velocità iniziale 700 m, celerità massima di tiro 20 colpi al minuto primo, alzo 2.000 m, peso del iproiettile 10,45 gr, della carica 2,23 gr, dell'arma senza baionella 3.900 kg. (23) Atti parlamentari Camera, X Leg. sessione 1867-1876, 5tanz. 286 del 12 aprile 1868. (24) J1 nuovo ordinamento del minis tero della Guerra fu cosi stabilito: un segretariato generale con un ufficio operazioni militari e corpo di stato maggiore {su 4 divisioni ,più l'ufficio o.pcrazioni); 4 direzioni .generali delle quali: una di fanteria e cavalleria (su .3 di visioni), una di artiglieria e genio (su 3 divisioni), una dei servizi amminiimativi (su 4 divisioni), una delle leve, bassa forza e matricola (su 4 divisioni). (R.D. del 17 febbraio 1867. G.M. 1867, pp. 237-255). (25) R.D. del 6 gennaio 1867 (G.M. annata 1867, p. 20). (26) Soppressione dei Gran Comandi dei Dipartimenti militari di Verona, Milano, Torino, Bologna, Firenze e Napoli e dipendenza « in via immediata» delle divisioni territoriali dal ministero (R.D. del 22 agosto 1867. G.M. 1867, p. 516 e seguenti. Circolare 7 del 29 agosto 1867 e nota 21 della stessa data. G.M. 1867, pp. 517-518 e 519-523). (27) J.l corpo dei carabinieri ris trutturato su di 1 comitato, 12 legioni territoriali, 1 legione allievi cun un organico complessivo di 56.3 ufficiali, 17.545 carabinieri a ,piedi e 5.004 a cavallo per un totale di 22.549 unità, con il R.D. del 28 luglio 1867 (G.M. 1867, pp. 469-485), subl una prima riduzione a seguito del RD. del 19 novembre 1868 (G.M. 1868, pp. 578-598) per la quale le legioni territoriali furono ridotte a 10 (furono soppresse quelle di Salerno e Chieti) e la forza scese a 456 ufficiali, 15.905 carabinieri a piedi e 3 ..389 a cavallo, ripartita nelle legioni di Torino, Cuneo, Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Catanzaro, Palermo, Verona - ed un'altra a seguito del R.D. del 31 luglio 1870 (GM. 1870, pp. 436 e seguenti) :per effetto della quale la forza si ridusse ulteriormente a 417 ufficiali, 15.452 carabinieri a .piedi e 2.548 a cavallo. Il corpo zappatori del genio fu ordinato su 28 compagnie, non inquadrate più in reggimenti che furono sciolti, ;per un totale di 131 ufficiali, 2.862 uomini di truppa e 56 quadrupedi (R,D. del 25 agosto 1867. G.M. 1867, pp. 528-5.31). Il corpo treno d'Armata fu articolato su 4 battaglioni di 4 compagnie ciascuno per un totale di 106 ufficiali, 1.757 uomini di truppa e 670 quadru·pedi (R.D. del 15 maggio 1867 . G.M. 1867, pp . .371-383).
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Il numero degli ufficiali medici fu ridotto di 140 (R.D. del 15 novembre 1867. G.M. 1867, pp. 579-582). L'organico previde in tutto 589 ufficiali medici. (28) Nota 85 del 25 giugno 1867 (G.M. annata 1867). (29) R.D. del 18 aprile (G.M. annata 1867, p. 196). (30) R.D. del 24 giugno 1869 (G.M. annata 1869, pp. 277-279). {31) Ripristino dei quarti battaglioni .nei reggimenti di fanteria (R.D. del 7 novembre 1867. GM. 1867, p. 800) e delle .quarte compagnie nei battaglioni bersaglieri (R.D. del 18 ottobre 1867. G.M. 1867, pp. 633-635).
(32) R.D. del 5 novembre 1867 (G.M. annata 1867, pp. 721-723). (33) R.D. del 24 giugno 1869 {G.M. annata 1869, pp. 277-279) e nota n. 83
Jel 4 luglio 1869 (G.M. annata 1869, pp. 297-258). (34) Invio .in congedo illimitato per anticipazione della classe 1845 (G.M. nota 5 del 10 gennaio 1870, pp. 11 e 12). Riduzione da 3 a 2 delle divisioni della Di·rczione generale delle leve, .bassa forza e matricola del Ministro della Guerra (R.D. del 7 marzo 1870. G.M. 1870, pp. 145-146). Modifica riduttiva del quadro graduale numerico del corpo santtario (R.D. dell'll maggio 1870. G.M. 1870, pp. 305-306). (35) Richiamo alle armi delle classi 1844 e 1845 (circolare n. 10 del 18 luglio 1870. G.M. 1870, p. 420). Chiamata alle armi di 2.136 uomini della classe 1848 rimasti a disposizione del goveroo (Circolare n. 11 del 31 luglio 1870. G.M. 1870, pp. 469-470). Aumento del corpo sanitario (R.D. del 14 luglio 1870. G.M. 1870, pp. 611-612), del corpo farmaceutico {R.D. del 14 luglio 1870, G.M. 1870, pp. 612613 ), del corpo d'Intendenza (R.D. del 18 luglio 1870. G.M. 1870, p. 646), del personale delle sussistenze (R.D. del 18 Juglio 1870. G.M. 1870, pp. 700-701), del corpo zappatori del genio (R.D. del 4 settembre 1870. G.M. 1870, p. 677), del corpo del Treno d'Armata portato ad un organico di 215 ufficiali, 7.712 uomini di truppa e 10.430 quadrupedi (R.D. del 7 settembre 1970. G.M. 1870, p. 679). (36) Nota n. 141 del 7 settembre 1870 (G.M. annata 1870, p. 663). (37) Raffaele Cadorna, La liberazione di Roma nell'anno 1870. L. Roux e C., Roma 1889. (38) Carlo Corsi, Storia militare, Op. cit., III Volume, 1870.1884, Tip. E. Schioppo, Torino 1932. Le for.le italiane per la campagna del 1870 furono cosl costituite: -
Comandante del IV corpo d'armata: Capo di stato maggiore: Comandante dell'artiglieria: Comandante del genio: Comandante della cavalleria: Comandante dei bersaglieri:
Ten. gen. Cadorna. Ten. col. Primerano. magg. gcri. Corte. col. Gambini. magg. gen. D'Humilly-cle Chevilly. ten. col. Pinelli.
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11• divisione (a Rieti): - comandante: ten. gen. Cosenz. - brigata mista (19° e 35° rgt): magg. gen. Bottacco. - brigata Sicilia (61° e 6'1:' rgt.}: magg. gen. Lanzavecchia. - XXI e XXXIV battaglione bersaglieri. - 3 batterie da 8... - 2 squadroni lancieri di MiJano
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12• divisione (a Terni): magg. geo. Maré-de-la Roche. - comandante: magg. geo. Angelino. - brigata Bologna (39° e 40" rgt.): - brigata Modena (41° e 42° rgt.): magg. gen. Carchiclio. - XII e XXXV battaglione bersaglieri. - 3 batterie da 8. - 4 squadroni lancieri di Aosta.
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13• divisione (a Orvieto poi a Narni): - comandante: magg. geo. Ferrero. magg. geo. De Fomari. - brigata Cuneo (7° e 8° rgt.): - brigata Abruzzi (57° e 58° rgt.): magg. geo. Bessone. - XVI e XXXVI battaglione bersaglieri. - 3 batterie da 8. - 2 squadroni lancieri di Milano.
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riserva (a Terni): - comandante: magg. geo. Corte. - 3 batterie da 12 e parco. - equipaggio da ponte. - 1 brigata cli zappatori del genio su 3 compagnie. - VI, X, XVII, XIX, XXVIII e XL battaglione bersaglieri. - reggimento lancieri di Novara.
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divisioni distaccate:
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2• divisione (a Orvieto): ten. gen. Bixio. - comandante: - brigata granatieri di Lombardia (3° magg. geo. Cavalchini-Garofoli. e 4° rgt.): magg. gen. De Vecchi. - brigata Reggio (45° e 46° rgt.): - XX, XXIX e XXXIII battaglione bersaglieri. - 4 batterie da 8. - 1 compagnia del ,genio. - reggimento cavalleggeri di Lodi.
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9' -
divisione (strada Napoli-Roma, iper San Germano): comandante: ten. gen. Angioletti. magg. geo. Dc Sanget. brigata Savona (16° e 17° rgt.): col. brig. Migliara. brigata Pavia (27° e 28° rgt.): - XXVI e XLIV battaglione bersaglieri. - 3 batterie da 8. - 1 compagnia del genio. - reggimento cavalleria Savoia.
Le milizie dello stato pontificio erano cosi ordinate: -
Fanteria: - 1 reggimento di fanteria cli linea (su 2 battaglioni cli 7 compagnie ciascuno ed 1 compagnia deposito. - 1 battaglione di cacciatori (su 8 compagnie ciascuna ed 1 compagnia deposito). - 1 reggimento di zuavi (su 4 battaglioni cli 6 compagnie ciascuno e 4 compagnie di deposito). - 1 reggimento di carabinieri (su 2 battaglioni cli 6 compagnie ciascuno e 2 compagnie di deposito).
CAP. IX • DA CUSTOZA A ROMA
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(1866-1870)
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legione romana d'Antiho (su 2 battaglioni). cavallena: 1 reggimento di dragoni (su 4 squadroni e 1 squadrone deposito). artiglieria: 1 reggimento (su 2 batterie montate, 3 a piedi e 1 squadrone deposito). genio: 1 compagnia di zappatori. Treno: 1 compagnia di treno equipaggi. gendarmeria: 1 legione. squadriglieri: (ausiliari della gendarmeria) 1.000 uomini. corpi: 1 battaglione. palatini e volontari pontifici: 1.500 uomini. In tutto: poco più di 13.000 uomini, 624 quadrupedi, 40 cannoni. (39) Carlo Corsi, Op. cit., p.
(40) Nota n. 27 dell'll febbraio 1868 riguardante l'istruzione sul tiro del fucile a retrocarica (G.M. 1868, p. 64). Nota 14 del 16 febbraio 1869 riguardante l'istruzione sulle armi e sul tiro per la fanteria e i bersaglieri (G.M. 1869, pp. 61-63.) Circolare n. 3 del 16 gennaio 1869 riguardante la pubblicazione Istruzione relativa al maneggio e tiro del fucile a carabina a retrocarica per le classi di 1• categoria 1840, 41 e 42 (G.M. 1869, p. 26). Nota n. 14 del 16 febbraio 1869 che dirama i primi fogli delle Nuove istruzioni sulle armi e sul tiro per i corpi di fanteria e dei bersaglieri {G.M. 1869, pp. 61-63). Nota n. 20 del 27 febbraio 1869 circa le altre innovazioni delle armi a retrocarica (G.M. 1869, pp. 77-87). Nota n. 27 del 15 marzo 1869 contenente variazioni alle posizioni di « in ginocchio » e di « coricato » (GM. 1869, pp. 110-11). Nota n. 47 del 18 aprile 1869 riguardante la distribuzione di alcune copie delle tavole di costruzione e dei disegni del fucile di fanteria e della carabina da bersaglieri a retrocarica (G.M. 1869, p. 160). Nota n. 59 del 6 maggio 1869 sulle istruzioni preparatorie sulle nuove armi a retrocarica di piccolo calibro (G.M. 1869, pp. 205-206). (41) Circolare n. 5 del 25-3-1868 (G.M. 1868, p. 160). Circ. n. 8 del 15 aprile 1868 (G.M. 1868, pp. 182-183). Circ. n. 11 del 22 marzo 1869 (G.M. 1869, p. 113). (42) Il primo volume del Regolamento d'esercizi e di evoluzioni per la cavalleria» fu diramato a segu·ito della circolare n. 32 del 14 novembre 1869 (G.M. 1869, p. 554); il primo volume di Regolamento d'esercizi e di evoluzioni per la fanteria a seguito della nota n. 47 del 25 dicembre 1869 (G.M. 1869, p. 629). I terzi volumi delle due pubblicazioni videro la luce nell'agosto del 1870, alla vigilia della campagna per l'unione di Roma. (Nota n. 126 del 19 agosto 1870 nel G.M. 1869, p. 609). Contemporaneamente vennero apportate alcune modifiche al Regolamento di disciplina d'istruzione e servizio interno per la fanteria ed a quello pel Servizio militare nelle divisioni e nelle piazze come pure al Regolamento di disciplina, d'istruzione e di servizio per la cavalleria (RD. del 21 gennaio 1870, nel G.M. 1870, pp. 33-39 e R.D. del 3 marzo 1870, nel G.M. 1870, pp. 301-304). (43) Nota n. 18 del 29 gennaio 1867 (G.M. annata 1867, p. 149). (44) Giuseppe Salvatore Pianelli. Le manovre autunnali del II corpo d'esercito nell'anno 1869. Voghera Carlo, Firenze 1870. (45) Idem. (46) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna, Op. cit., Voi. III, pp. 383-384. (47) Ufficio Operazioni militari e Corpo di Stato Maggiore - Segretariato Generale del Ministero della Guerra - Norme generali per le istruzioni ed esercitazioni delle truppe nel periodo estivo-autunnale 1869 (G.M. anno 1869, pp. 252-258).
tn
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FILIPPO STEFANI
(48) Norme generali per le esercitazioni tattiche applicate al terreno delle truppe di fanteria nella primavera del 1870. (Circolare n. 12 del 26-3-1870 nd G.M. 1870, p. 173). Norme per l'esecuzione delle esercitazioni tattiche per parte dei corpi (Nota n. 82 del 30 giugno 1870 nel G.M. 1870, p. 364). (49) Norme e prescrizioni generali per l'ammaestramento tattico delle truppe. (Supplemento n. 6 del G.M. 1871, p. 233-264). La pubblicazione era stata preceduta da altra riguardante le Norme generali per le istruzioni teorico-pratiche dei reggimenti di artiglieria e del corpo zappatori del genio, riportata nel supplemento n. 6 del G.M. del 1870 (come da nota n. 59 del IO aprile 1870 nel G.M. 1870, pp. 281-336). (50) Ministero della Guerra, Istruzione sul servizio degli Avamposti, Tip. Fodratti, Firenze, Torino 1868 (Circ. n. 90 del 16 luglio 1868 nel G.M. 1868, p. 300). (51) R.D, del 13 ottobre 1869 (G.M. annata 1869, p. 221 e «supplemento• n. 4 pp. 475-484). (52) lifrù:àone per la scherma di baionetta dei bersaglieri (Circolare n . 13) del 16 luglio 1868. G.M. 1868, p. 301). Appendice all'istruzione individuale a cavallo (circolare n. 14 del 22 luglio 1868. G.M. 1868, p. 302). Istruzione per la scherma col bastone (Nota n. 15 del 25 gennaio 1871. G.M. 1871, p. 41). lstruzione sulle armi e sul tiru per la fanteria e i bersaglieri (Nota 11. 14 <lel 16 febbraio 1869. G.M. 1869, pp. 61-63). Avvertenze relative all'istruzione sul tiro (Nota n. 18 del 29 gennaio 1867. G.M. 1867, p. 149). (53) Nota n. 123 del 27 ottobre 1869 con la quale viene istituita a Modena una scuola speciale per i sottufficiali presso la scuola militare di fanteria e cavalleria (G.M. 1869, p. 531). (54) R.D. dell'll agosto 1869 con cui è soppresso il collegio militare di Milano (G.M. 1869, p. 403). R.D. del 23 ottobre 1869 con cui è soppressa la scuola normale di fanteria (G.M. 1869, pp. 521-526). Nota n. 93 del 17 luglio 1870 con cui è soppressa la scuola normale dei bersaglieri (G.M. 1870, p. 406). (55) Circolare n. 32 del 22 dicembre 1868 (G.M. annata 1868, pp. 674-676). (56) Regolamento per gli istituti d'istruzione e d'educazione militari (R.D. del 3 aprile 1870. G.M. 1870, p. 221 e supple mento n . 4 del G.M. 1860, pp. 221-262).
(57 ) Regolamento per le scuole dei corpi. (Supplemento n. 7 del G.M. annata 1869). (58) Raffaele Cadorna, Op. cit.
(59) Evaristo Del Cerretto, ammiraglio (1824-1891). Prese parte alle campagne di guerra di Crimea, del 1860, e del 1866. Fu comandante in capo della divisione navale corazzata nel 1870 e nel 1871. (60) Carlo Corsi, Storia militare. Sommario Voi. III, Tip. E. Schioppo. Torino 1932, p. 61.
CAPITOLO X
LA POLITICA MILITARE ITALIANA ED I SUOI CONDIZIONAMENTI DAL 1870 ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1. Il nuovo corso storico. 2. Gli insegnamenti politico-strategici e tecnico-militari della guerra franco-prussiana. 3. L'inserimento della Germania e dell'Italia nella politica europea. 4 . La situazione politica interna dell' Italia. 5 . La presa di coscienza per un rinnovo dello sviluppo del pensiero e della cultura militari. 6. Le difficoltà economiche e la disponibilità finanziaria. 7. Le altre difficoltà di sviluppo dell'esercito.
1.
L'inserimento dell'Italia e della Germania, come S~ati unitari, nella politica europea e l'apparizione degli Stati l;niti e del Giappone, come nuove grandi potenze industriali e militari, in quelila internazionale mutarono radicalmente il corso della storia da come si era svolto fino a tutta la prima metà del secolo XIX ed oltre, e determinarono, nel periodo compreso tra il 1870 ed il 1914, rispettivamente l'aumento dei motivi di fotta tra le varie na2Jioni europee e l'impatto degli interessi di egemonia politicoeconomica di queste ultime con quelli non meno intransigenti delle nuove realtà statuali extraeuropee, altrettanto nazionaliste ed imperialiste. Il processo d'industrializzazione, favorito dall'incremento del tasso di crescita demografica e dal progresso scientifico-tecnico, assunse dimensioni assai vaste e ritmi di produzione molto sostenuti spingendo gli Stati vecchi e nuovi a11a continua ricerca di materie prime, di fonti di energia, di sbocchi finanziari, commerciali e di lavoro. La popolazione europea crebbe secondo un tasso medio d'incremento del 10% ogni 10 anni e la produzione industriale mondiale aumentò di 4 volte tra il 1870 ed il 1900. Nacquero le industrie elettriche e chimiche, si espansero quelle meccaniche e metallurgiche, si moltiplicarono le- invenzioni e le applicazioni tecniche (motore a combustione interna, telegrafo senza fili, pneumatici, ecc.), sorsero
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i grossi complessi industriali che condizionarono, più che esserne condizionati, la politica estera ed interna dei singoli Stati e resero acute le tensioni del proletariato industriale di cui il socialismo si fece difensore. La corsa quantitativa e qualitativa agli armamenti ed all'impiego militare delile nuove tecniche e dei nuovi ritrovati s'intensificò in tutto il mondo ed alla fine del secolo XIX l'incessante sviluppo della tecnologia militare e navale aveva già messo a disposizione degli eserciti e delle flotte i mezzi con i quali verrà successivamente combattuta la guerra 1914-1918. La società Schneider a Le Cresot in Francia, le officine Elswick in Inghilterra e quelle Krupp in Germania (1) - per citare solo le più note tra quelle europee sfornarono, negli ultimi venti anni del secolo, armi del tutto simili a quelle che vengono utilizzate anche oggi. Furono scoperte la polvere infume in grani, il cui ingrediente principale era la nitrocellulosa, e la dinamite; fu fabbricata la cordite; le armi individuali e le artiglierie, tutte a retrocarica, furono caratterizzate da rapidità di caricamento, da elevate velocità iniziali, da precisione e da gittate neppure paragonabili a quelle del periodo precedente; entrarono in servizio operativo le pistole automatiche, le mitragliatrici, gli affusti a deformazione con freni di rinculo idraulici e, nel campo della guerra nava1e, le mine, i siluri ed i sommergibili. Nei primi anni del secolo XX la guerra da sotto il livello del mare cominciò a salire in cielo ed i palloni, i dirigibili e gli aerei, prima come mezzi di osservazione poi anche di offesa, resero possibile l'utilizzazione a scopi bellici della terza dimensione fino ad allora inviolata (2). Le grandi potenze europee negli ultimi trent'anni del secolo XIX raddoppiarono mediante le assegnazioni di bilancio per le spese militari; le altre potenze, chi prima chi dopo, chi più chi meno, senza uguagliare le prime, effettuarono sforni finanziari notevoli per armarsi ed equipaggiarsi militarmente. Conclusasi la guerra franco-prussiana, J'Europa, ad eccezione della penisola balcanica, non fu per circa mezzo secolo - intercorsero esattamente 4 3 anni tra il termine dell'ultima « guerra delle nazionalità » e l'inizio della « guerra delle nazioni » come fu denominato il primo conflitto mondiale - teatro di scontri armati e visse un lungo periodo di pace armata. Di pace relativa, perché, a parte la guerra della Russia contro la Turchia, numerose operazioni militari di carattere coloniale impegnarono molti degli Stati europei, e oltre le sanguinose agitazioni interne sviluppatesi in talune nazioni (3), vi furono, fuori del continente europeo, lotte di carattere non coloniale:
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la Spagna combatté contro gli Stati Uniti, la Russia contro il Giappone e l'Inghilterra contro i boeri (4). Di tali guerre: le prime due introdussero prepotentemente gli Stati Uniti ed il Giappone nell'arena delle grandi potenze e misero chiaramente in evidenza !',importanza del ,potere marittimo, la terza confermò il carattere di « totalitarietà » del:la guerra moderna già palesato dal conflitto franco-prussiano. Tutte e tre, inoltre, infersero nuovi scossoni a:l già di per sé instabile e pericolante ·equilibrio europeo oramai manifestamente prossimo alla rottura. Non mancarono •iniziative e proposte (5) per arrestare, o quanto meno frenare, la corsa generale agli armamenti e per limitare i danni della guerra, ma la guerra totale non fu evitata e bastò un pretesto qualsiasi per farla scoppiare come un fulmine tanto l'atmosfera era carica di tensioni. Errori di percezione e di calcolo, mancanza d'immaginaZlione strategica e tattica, ,superficialità di valutazione dello status generale politico, della natura di una guerra moderna e degli effetti delle nuove ·a rmi accomunarono indistintamente i governi e gli stati maggiori delle grandi potenze europee e la calamità sopraggiunse senza che nessuno di essi ne avesse preventivamente misurato l'immensità dei danni, nonostante che vi fosse stato chi l'aveva preconizzata con grande chiarezza. Scrive il maresciallo Montgomery nel suo più volte citato volume (6): « Una chiara indicazione di quanto stava per accadere .fu data in un libro pubblicato nel 1898 da un banchiere di Varsavia, I.S. Bloch, che formulò un'accuratissima previsione sulla natura della guerra totale. Egli vedeva con chiarezza che un grande conflitto non poteva essere differito ,per molto tempo e sosteneva che, nell'eventualità di una guerra europea di vaste proporZ1ioni, lo sviluppo tecnologico delle armi e l'utilizzazione a scopi bellici di tutte le risorse politiche ed economiche delle grandi potenze avrebbero inevitabilmente portato le forze armate dei paesi belligeranti ad una situazione stagnante. Il risultato sarebbe stato la più spaventosa delle calamità per le popolazioni civili, con i vincitori che avrebbero sofferto quanto i vinti e il finale collasso dell'organizzazione sociale. Gli avvertimenti del Bloch non furono tenuti in considerazione dai comandanti militari europei perché Bloch non era un militare, così come essi non avevano tenuto in considerazione la ~ezione ~mpartita dalla guerra civile americana in quanto sostenevano che era stata fatta da dilettanti: un giudizio a dir poco sorprendente! Vi fu comunque almeno un uomo, Bloch, che non ebbe paura di puntare il dito su quanto prevedibilmente st~va per accadere nel mondo e che infatti, purtroppo, accadde».
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FILIPPO STEFANI
Il ritorno della guerra totale e l'inizio dell'epoca dell.a guerra industriale, - come la ,definirà Stalin - furono, in breve, avvenimenti non compresi o sottovalutati sul piano politico e strategico, come del resto sul piano tattico i capi militari non intesero preventivamente la portata dello sposalizio mitragliatrice-fortificazione campale-reticolato. Il periodo compreso tra il 1870 ed il 1914 fu dunque cronologicamente vasto, politicamente inteso ed inquieto, militarmente rivoluzionario delle dottrine e degli ordinamenti, ma gli insegnamenti che se ne sarebbero potuti trarre o non furono recepiti che parzialmente o furono disattesi.
2. La guerra franco-prussiana incise sulle istituzioni militari e ne determinò o sollecitò profonde trasformazioni, la cui forza primigenia preesisteva ed aveva avuto la sua base ideologica nelle dottrine filosofiche, politiche e sociali dell'i:lluminismo. Il collegamento tecnico tra rivoluzione industriale e guerra totale è di per sé evidente; quello ideologico tra le guerre della rivoluzione francese e napoleoniche e la guerra totale lo è di meno .perché passa attraverso numerosi e diversi canali culturali. Chi individua l'anello di congiunzione esclusivamente nel Clausewitz (7) non sembra che tenga conto che egli premorì ai grandi progressi tecnici militari derivati dallo sviluppo della rivoluzione industriale ed alla impostazione marxista della storia e de1la società e che, se da una parte affermò che il fine primario della guerra è la distruzione delle forze armate nemiche - non si riportano vittorie senza spargimento di sangue, dall'altra mise l'accento sul concetto che la guerra in sé è una forza di transizione politica e che perciò la linea politica deve prevalere su quella angustamente militare, in quanto se « la lotta sanguinosa costituisce un terribile spettacolo, ciò deve servire a fare riconoscere tutta la gravità della guerra », la quale, se non soggetta ad un fine razionale politico « diventa una cosa senza senso, priva di un oggetto ». Anche ammesso che il Clausewitz sia stato il tramite della concezione della guerra totale, è fuori discussione che il contributo maggiore alla teorizzazione fu dato dalle dottrine della seconda metà del secolo XIX e della prima metà del secolo XX, da quelle della scuola romantico-nazionalista a quella marxista, dalle scuole del neomercantilismo anglosassone a quelle filosofico-politiche del culto dello Stato e della Nazione come filosofia della vita. Tali dottrine
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ebbero tutte come denominatore comune l'importanza data al fattore economico nel senso inteso dalla rivoluzione industriale, la quale esercitò, pertanto, un duplice effetto: indiretto e mediato sulle idee, diretto ed ,immediato sulle tecniche strategiche, logistiche e tattiche. Il pensiero, liberatosi da ogni vincolo etico, finì con l'esaltare l'imperialismo e l'egemonismo di uno Stato o di una classe e scatenò la corsa agli armamenti, le rivalità di potenza, gli odi sociali contro ogni principio spirituale e morale. E' in tale contesto che si collocano sia fa guerra franco-prussiana, sia tutte le altre combattute dopo i] 1870, Jimitate o totali che siano state, sia la stessa rivoluzione sovietica del novembre del 191 7. Sotto il profilo militare 1a guerra franco-1>russiana - sebbene limitata nel numero dei contendenti e nello spazio - rinverdì gli :insegnamenti di Napoleone, seppelU definitivamente le dot~ine militari settecentesche che .Jo Jomini aveva contribuito, in una qualche misura, a far sopravvivere - non essendosi reso perfettamente conto che con la rivoluzione francese e con Napoleone la guerra era già entrata in un periodo nuovo della sua storia - e si propose come il non plus ultra dei modelli del,l'arte e della scienza militare moderna. Sebbene vi fosse stato molto da imparare dalla guerra di Secessione americana - solo fa Prussia ne aveva parzialmente appreso la lezione soprattutto nei riguardi dell'importanza della mobilità - e sebbene successivamente non fossero state prive di ammaestramenti né la guerra russo-giapponese né, in modo particolare, quella anglo-boera, quas,i tutti gli Stati europei, dopo il 1870, continuarono a tenere fissa la loro attenzione al modello prussiano dal quale, per imitazione o per contestazione, derivarono le proprie dottrine e Je proprie istituzioni. La Prussia, in effetti, in quella guerra, aveva onorato molti dei vecchi principi messi in non cale durante il periodo delle guerre jominiane ed aveva conferito alla lotta armata, nel quadro delle nuove realizzazioni tecniche, una fisionomia diversa e nuova, di cui il tratto somatico maggiormente distintivo era la totalitarietà, intesa come impiego di tutti gli uomini, di tutte le risorse e di tutti i mezzi comunque disponibili. Le guerre future avrebbero richiesto grandi masse, gli eserciti sarebbero diventati colossali, Ja nazione in guerra vi avrebbe dovuto impegnare tutto il suo potenziale umano, economico e tecnico. Non per nulla i prussiani avevano statuito da tempo la coscrizione, si erano attenuti al principio dello Scharnhost della nazione armata - l'esercito è la scuola di preparazione aHa guerra di rutta la nazione - si eran~ garantiti la disponibilità di 1.800.000 uomini
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addestrati (3 classi alle armi, 4 nella riserva) e di una seconda riserva (5 classi della Landwehr) ed avevano indirizzato ,le rivendicazioni popolari a favore di un governo costituzionale al sentimento dell'unità nazionale ,e della potenza dello Stato unificato. Le guerre future avrebbero richiesto una lunga ed accurata preparazione politico-militare da perseguire con unità d'intenti e di azioni in un'atmosfera di concordia e d'intesa tra capi politici e militari come i prussiani avevano fatto dal 1862 in poi nelle interazioni del Bismarck, del Roon (8) e del Moltke. « Quanto più l'organizzazione delle forze armate in tempo di pace si avvicina a quella di guerra, tanto maggiore sicurezza si ha di possedere un esercito operativo bene organizzato » perché, sosteneva il Moltke, « la mobilitazione è la guerra ». I prussiani avevano conferito fin dal tempo di pace al loro esercito l'organizzazione per corpi d'armata, avevano predisposto le operazioni di mobilitazione e di radunata secondo un piano dimostratosi in concreto quasi perfetto ed avevano costruito la loro rete ferroviaria quasi unicamente in funzione strategico-militare. Le guerre future avrebbero posto enormi problemi sia nella fase di preparazione sia in quella di condotta nei riguardi del movimento, della riunione, dell'alimentazione e dell'addestramento delle forze, per cui sarebbero stati indispensabili, in pace ed in guerra, stati maggiori direttivi di alta qualificazione tecnica oltreché di grande forza morale. Il Moltke aveva provveduto da tempo a formare ufficiali di stato maggiore a sua immagine e somiglianza ed a selezionarne 12 ogni anno tra i migliori classificati della Kriegsakademie destinandoli ad uno speciale addestramento sotto il suo personale controllo (9). « L'addestramento dello stato maggiore e del comando dell'esercito - la maggior parte dei generali si era perfezionata alla scuola del Moltke ed ogni comandante di armata e di corpo di armata aveva avuto al suo fianco un capo di stato maggiore uscito dalla Kriegsakademie - costituì il massimo contributo dato dal Moltke alle guerre che il suo paese doveva combattere ed esso si mostrò di grande importanza quando venne il momento di elaborare i piani di guerra » (10). Accanto a tali insegnamenti di validità perenne per la preparazione della guerra, la condotta prussiana delle operazioni, pur nell'alternanza di successi e d'insuccessi dell'una e dell'altra parte, mise in evidenza che sul piano strategico nelle guerre future: solo l'offensiva sarebbe stata la forma risolutiva della lotta; la salvaguardia della libertà d'iniziativa sarebbe stata preminente in ogni occasione
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e la si sarebbe potuta perseguire, anche a costo di perderla momentaneamente, solo attenendosi al principio dell'economia delle forze, non spendendole a spizzico nelle azioni parziali e nelle grandi ricognizioni offensive; la manovra non avrebbe potuto avere altro scopo all'infuori di quello della distruzione dell'avversario da perseguire lungo la ditetttiice d'incontro con hl. grosso nemico; la manovra strategica per essere tale non si sarebbe potuta limitare all'azione frontale, ma avrebbe dovuto essere diretta anche all'avvolgimento di un'ala od all'accerchiamento di entrambe le ali dello schieramento nemico; essa, inoltre, sarebbe stata governabile anche nello scontro tra grandi masse sempreché in precedenza fossero stati razionalmente curati e dosati i raggruppamenti delle forze ed i comandanti di armata e di corpo di armata fossero stati messi bene al corrente del piano generale e fosse stata loro concessa, nell'ambito del piano stesso, ampia -libertà d'iniziativa nell'esecuzione delle loro manovre; la riserva strategica avrebbe dovuto essere impiegata per dare sviluppo al disegno operativo e non per otturare le falle o per proteggere la ritirata. Sul piano tattico i prussiani confermarono: la superiorità dell'attacco sulla difesa; !'-insuccesso, anche nella manovra tattica, delle azioni esclusivamente frontali; l'imprescindibilità della preparazione dell'attacco effettuata con il fuoco e della cooperazione a tale fine dell'artiglieria e della fanteria e, nell'ambito di questa ultima, tra l'aliquota che avanza e quella che la protegge con il fuoco, procedimento reso possibile dall'azione del fucile a retrocarica ricaricabile dalla posizione di stesi a terra; la preminenza delle formazioni rade e dell'ordine sparso non solo nelle unità cacciatori ma anche in queHe della fanteria di linea; l'inanità degli attacchi della cavalleria contro fanterie saldamente sistemate sul terreno; .la convenienza d'i.D?-piegare a massa e per intero tutta l'artiglieria disponibile concentrandone il fuoco su obiettivi bene individuati e determinati; l'esigenza di affidare al fuoco più che alle baionette il successo dell'assalto. Tutto ciò non tolse che anche i prussiani commisero gravi errori e che le loro truppe « a malgrado dell'altissimo spirito che le animava, della salda loro organizzazione, del loro valore e del1'abilità degli ufficia:li di ogni grado che le inquadravano, subirono ripetuti panici » ( 11 ). Essi ebbero dalla loro parte anche il numero - che peraltro si erano procurato mediante la saggezza delle loro istituzioni ordinative e addestrative - « ma il numero non avrebbe comunque costituito un vantaggio senza una efficiente organizzazione» (12); utilizzarono artiglierie a retrocarica qualitativamente
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superiori a quelle francesi, ma fucili con prestazioni inferiori agH Chassepots francesi; non ebbero a disposizione le mitrailleuses che i francesi però impiegarono male. E' fuori discussione che, malgrado gli errori e le carenze, l'impostazione data dai prussiani alla guerra sia stata moderna quanto superata quella francese dell'urto; tanto elastica e pluriforme la tecnica d'impiego prussiana quanto rigida e ripetitiva quella francese. Entrambi gli eserciti ebbero un proprio disegno operativo; il disegno francese era più completo e più aderente ai canoni strategici di quello prussiano, ma venne vanificato dal venire meno delle premesse sulle quali si basava; quello prussiano, nonostante il difetto di origine ·_ « dopo il primo urto non si possono prevedere i particolari » (Moltke ), affermazione valida nel senso letterale, ma che il Moltke ,spinse troppo oltre, quasi dimenticando che « l 'offensiva in strategia non deve trascinarsi a rimorchio delle informazioni, non deve regolarsi esclusivamente su ciò che fa il nemico, ma deve mirare ad imporre ad esso la propria volontà » ( 13) - poté essere completato gnerra durante per la maggiore caipacità dei comandanti prussiani nel coordinare razionalmente gli sforzi, nell'intendersi secondo una dottrina ed un metodo unitari, nell'esercitare l'azione di comando nel quadro di una disciplina deHe intelligenze e di una preparazione tecnicoprofessionale ben superiori a quelle dei comandanti francesi, sebbene vi fossero tra questi ultimi generali eccellenti.
3. Di fronte a tale esplosione ideologica e tecnica, i cui prodromi erano stati avvertiti durante la guerra austro-prussiana del 1866, ed anche prima, i responsabili della politica militare italiana già intenti a porre rimedio alle vistose carenze di Custoza videro moltiplicarsi di numero ed accrescersi di dimensioni tutti i problemi da risolvere rper conferire all'esercito (e non solamente all'esercito) il grado di efficienza consono ai compiti da adempiere. Ma quale fu 1a situazione politica internazionale ed interna nella quale l'Italia si trovò subito dopo l'unione dello Stato pontificio? La Germania, pervenuta dopo la vittoria di Sédan ad una posizione di forza e di prestigio che incuteva rispetto a tutto il resto d'Europa, non ebbe difficoltà ad inserirsi tra le grandi potenze eu-
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ropee ed anzi acquistò in poco tempo il primato egemonico sul continente mercé il suo prodigioso sviluppo industriale, commerciale e demografico. La Francia, in virtù della sua abituale capacità di rapida ripresa, si risollevò ben presto dallo stato di prostrazione derivatole dalla sconfitta e, nonostante le difficoltà interne, riprese il ruolo di grande potema e s'impegnò nella conquista di nuovi territori coloniali. L'Inghilterra, in forza del suo potere marittimo, continuò ad espanJersi in Africa ed in Asia ed a rinforzare la sua posizione di dominio nel Mediterraneo mediante -l'acquisto di una grossa quota delle azioni della società del canale di Suez (1876) , e l'occupazione di Cipro (1878) e dell'Egitto (1882) . La Russia, approfittando della insurrezione della Bosnia-Erzegovina e del successivo eccidio dei bulgari compiuto dai turchi, tentò di aprirsi attraverso gli stretti la via Ji passaggio ai mari caldi dichiarando guerra alfa Turchia. La guerra si concluse, quando i russi erano giunti alle porte di Costantinopoli, con il trattato di Santo Stefano (3 marzo 1878) che smembrò l'impero ottomano, liberò le popolazioni cristiane dal giogo turco e tentò di <lare un assetto meno ingiusto alla penisola balcanica, ma non sciolse la questione d'Oriente nella qu ale erano in gioco anche gli interessi diretti dell'Austria-Ungheria e dell'Inghilterra . Queste due potenze, sostenendo che in virtù dei precedenti trattati ogni atto che toccasse comunque l'integrità territoriale della Turchia dovesse essere considerato come una questione d'interesse europeo, si fecero innanzi a chiedere la convocazione di un congresso che rivedesse e modificasse il trattato di Santo Stefano. Il congresso si svolse a Berlino tra la primavera e l'estate del 1878 e praticamente determinò una considerevole diminuzione per la Russia dei frutti della sua vittoria a beneficio d elle altre potenze - le quali ne trassero tutte, ad eccezione dell'Italia, qualche vantaggio - e della stessa Turchia, che poté riavere non poche delle provincie strappatele dal precedente trattato, e determinò un altrettanto considerevole aumento del prestigio tedesco grazie all'azione del Bismarck che presiedé il congresso e ne fu il vero arbitro. La Germania non ottenne ingrandimenti territoriali, ma pose le basi di quell'op era di penetrazione politica ed economica in Oriente drang nach Osten che era già nei suoi programmi. Il congresso non migliorò l'atmosfera politica europea, non pose fine ai conflitti militari nella penisola balcanica, non fr.enò le dispute diplomatiche, che rischiarono talvolta di diventare vere e proprie guerre, tra l'Inghilterra e la Francia - come, ad esempio, per l'incidente di Fascioda del 1898 (14) - umiliò il panslavismo costringendo la
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Russia ad abbandonare le posizioni occupate nella penisola balcanica, acul l'antagonismo austro-russo nell'Oriente europeo, ·rese in definitiva più instabile di quanto già non lo fosse l'equilibrio europeo minato dalle rivalità tra il pananglismo, il panslavismo ed il pangermanesimo, e dalle lotte per l'espansionismo coloniale. L'Italia, sebbene la sua posizione le conferisse un ruolo politico, commerciale e militare di grande importanza nel Mediterraneo, da un lato non poté, per la povertà delle sue risorse naturali e per l'arretratezza del suo sviluppo industriale, dall'altro non volle, :per la mancanza di una chiara visione dei suoi interessi e delle sue possibilità, cogliere i frutti in campo internazionale dell'indipendenza e dell'unità faticosamente e fortunosamente appena conseguite, e non ancora, l'unità, per intero. Essa segul inizialmente un'incerta politica di casa ed evitò di assumere impegni che avrebbero potuto trascinarla in complicazioni internazionali. Nel congresso di Berlino neppure affacciò, nonostante l'occasione fosse favorevole, la legittima richiesta di rettifica del suo confine che avrebbe potuto consentire ailmeno la riunione del Trentino. La Questione romana rimasta insoluta ·anche dopo l'emanazione della Le?,ge delle Guarentigie (1871), l'insufficiente consolidamento dell'unità spiritnale, l'incertezza ddla situazione politica europea, le difficoltà di assestamento del bilanci-o - che raggiunse il pareggio nel 1875 ma tornò ben presto in deficit - il passaggio del potere dalla Destra alb Sinistra tiberde, la successiva costante instabilità dei governi, le fotte politiche e sociali, non tutte incruente, la miopia e l'inettitudine di molti governanti, forano tutti .fattori negaci.vi per la scelta di collocazione del Paese nel contesto europeo. La Triplice Alleanza fu stipulata a Vienna i,l 20 maggio del 1882, e cioè dopo 12 anni durante i quali l'Inghilterra e la Francia avevano continuato ad ampliare ed a rafforzare le loro posizioni nel Mediterraneo, quasi ignorando che in questo mare la penisola italiana si adagiava a mo' di ponte di congiunzione tra ovest ed est e tra nord e sud oppure a mo' di muro divisorio tra i quattro punti cardinaH, in ogni caso come una realtà geo-politica della quale non si poteva non tenere conto. Vistasi accerchiata dalla Francia che continuava a nutrire animosità per non avere ricevuto appoggio durante la guerra contro la Prussia e per avere l'Italia, 1n senso contrario alla tradizionale politica francese, unito a sé lo Stato pontificio - installatasi in Tunisia (1881) a danno dell'unica influenza politica ed economica che l'Italia era riuscita fino ad allora a stabilire sulla sponda settentrionale africana, dove si era im-
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piantata una considerevole comuni,tà italiana, e dall'Inghilterra che, con il pretesto della repressione di movimenti antieuropei, aveva esteso il suo dominio sull'Egitto (1881), l'Italia decise di allearsi con la Germania e con l'Austria-Ungheria con un patto difensivo e succes&i.vamente di procedere all'espansione esterna, agendo in un primo tempo timidamente, adducendo giustificazioni morali, in Eritrea, successivamente, con evidenti intenti politico-commerciali, in Somalia ed infine, dopo che la Francia ebbe mano libera nel Marocco, in Libia a difesa dei propri interessi legittimi nel Mediterraneo. Il patto di alleanza con la Germania e l'Austria-Ungheria stabiliva: l'intervento tedesco a favore dell'Italia o quello italiano a favore della Germania in caso di attacco francese; l'intervento delle parti contraenti in caso di attacco di due o più grandi potenze a uno degli stati ,firmatari; la benevola neutralità degli alleati nel caso che uno di essi si fosse trovato impegnato in una guerra in condizioni diverse da quelle dei due primi casi. Negoziata in condizioni sfavorevoli, l'alleanza non era molto vantaggiosa per l'Italia e nei successivi rinnovi (1881 , 1891, 1902, 1907, 1912) furono introdotti notevoli emendamenti che la resero più conforme agli interessi italiani. Con essa l'Italia non intese rinunziare al completamento dell'unità non conseguibile se non contro l'Austria-Ungheria, ma sperò che la Germania, con la quale la legava l'affinità tra i due recenti movimenti risorgimentali, appunto perché « la via di Berlino passava per Vienna », come il Bismark ripeteva, si facesse nel tempo promotrice di accordi pacifici tra 1e due alleate per risolvere la questione del Trentino e della Venezia Giulia. La politica internazionale europea subi, dunque, dal 1870 al 1914, anche dopo la firma della Triplice Alleanza, continue oscillazioni sia sul. piano delle intese che su quello delle rivalità tra i singoli Stati e mutò spesso di segno secondo le convenienze del momento, ad di fuori ed al di sopra di ogni reciproco legame di solidarietà precedentemente stretto. La mobilità degli accordi e dei contrasti fu, congiuntamente con la corsa agli armamenti, l'unica costante di quel periodo per cui l'Italia, Stato unitario di recente formazione e di media potenzialità, incontrò grandi difficoltà a giocare un ruolo autonomo e non poté sottrarsi alla scelta che fece, anche se questa non le .fu prodiga di vantaggi e di concessioni.
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4. Lo Stato unitario, costituitosi centralizzato suJ modello piemontese, senza riguardo alle autonomie ed alle tradizioni regionali, non potè realizzare, altrettanto rapidamente di quella politica, l'unità spirituale, economica e sociale. Venuti meno i grandi problemi dell'unificazione politica, per la cui soluzione Destra (liberali, conservatori, moderati) e Sinistra (liberali-progressisti, democratici) si erano parimenti adoperate, se pur con metodi diversi, s'indeboll la divisione ideologica che aveva caratterizzato le due grandi correnti politiche risorgimentali e che le aveva tenute distinte e contrastanti. Non solo nel Paese, ma nell'ambito degli stessi partiti, si manifestarono evidenti tutte le contraddizioni interne che li laceravano e che resero travagliata e tormentata la crescita della nazione dal 1870 alla vigilia della prima guerra mondiale. Sulla politica estera gli italiani si divisero tra coloro che erano favorevoli alla neutralità di tipo elvetico, che consideravano come la posizione più favorevole alfa sicurezza ed alla prosperità della nazione o addirittura alla neutralità assoluta mediante la liquidazione definitiva delle for;,;e armate eccezione fatta dei carabinieri necessari alla sicurezza interna, e tra coloro che volevano un'Italia forte, rispettata, armata che godesse di pari dignità nei confronti delle altre potenze europee e, che fosse magari, espansionistica e imperialista. Altro fattore di divisione fu la Questione romana - problema di politica estera ed interna ad un tempo - che la Legge delle Guarentigie non risolse, ma accantonò, perché la Santa Sede rifiutò di accettarla sia per il contenuto sia per il carattere d i unilateralità; da ciò derivarono due conseguenze funeste: i cattolici finirono per considerare lo Stato unitario come un usurpatore dei diritti della Chiesa e si mantennero fuori della politica ufficiale fino al 1913 quando la Chiesa concesse il suo beneplacito al sostegno elettorale da parte dei cattolici a quei candidati liberali che si fossero impegnati al rispetto delle istituzioni religiose (patto Gentiloni). I dissidi sulla politica estera e sul modo d'intendere la libertà e la pace religiosa acuirono la discordia degli itaHani, ma questa traeva le sue origini e le sue motivazioni profonde dai complessi problemi delle realtà di terre e di paesi dotati di millenarie tradizioni di autonomia ed organizzati su basi culturali, di costume, logistiche, economiche e sociali diversissime per contenuti e strutture.
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All'unità spirituale era di ostacolo prima di tutto la mancanza della mutua conoscenza ·e della mutua estimazione, le quali avrebbero potuto essere facilitate mediante la scuola primaria obbligatoria e gratuita, istituita per legge solamente negli anni ottanta, ma frequentata solo da una parte dei ragazzi soggetti all'obbligo scolastico. L'analfabetismo, che nel 1871 era pari al 68,8% (per 100 abitanti di età superiore ai 6 anni), scese nel 1911 al 37,9%, valore confortante se paragonato a quello del 1861 (74,7% ), ma ancora assai elevato e preoccupante specialmente in talune regioni dove l'indice medio dell'analfabetismo continuava ad essere superiore al 50%. La fusione delle economie regionali, benché tutte di carattere prevalentemente agricolo, incontrò grandi e gravi impedimenti nella diversità delle strutture sulle quali l'agricoltura poggiava nelle varie regioni: strutture forti e produttive, di carattere capitalistico, sorrette ·da un sano dinamismo imprenditoriale di vecchia origine, nell'area padana; strutture deboli e poco produttive altrove: latifondo e microfondo nel sud, mezzadria nell'Italia centrale, piccole proprietà nell'area circumpadana. In alcune aree del nord erano dislocate industrie, di tipo moderno, innestate sull'economia capitalistica già avviata nella seconda metà del secolo XIX specialmente in Lombardia, ed accentrate sul ramo tessile. Esistevano anche industrie siderurgiche rivolte, ,s oprattutto, alle costruende ferrovie e, quindi, agli inizi del secolo XX, nacquero anche le prime industrie meccaniche operanti in ,più rami dell'attività, ma anch'esse accentrate prevalentemente nell'Italia del nord dove confluivano la maggiore parte degli investimenti di capita.li italiani e stranieri, aggravando il divario già esistente tra nord e sud. La fusione delle varie economie, che si erano sviluppate isolatamente, con proprie barriere doganali e differenti criteri d'imposizione tributaria, fu certamente favorita dalla costruzione della rete ferroviaria e dal miglioramento della viabilità, ma l'integrazione dell'economia prevalentemente agricola del sud con quella sempre più industrializzata del nord, questa :1ltima vieppiù affiancata dal credito con larga partecipazione di capitale straniero, non poté essere perseguita, nonostante che lo Stato fosse consapevole, attraverso le inchieste parlamentari sulle condiz:oni di vita nelle campagne e nelle industrie, della grande diversità nd livello di vita tra nord e sud e tra popolazione agricola e popolazione industriale, e si avviasse sulla strada della legislazione soc:ale.
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Proprio tale legislazione avrebbe dovuto essere la premessa di una pace sociale che invece non vi fu per gli squilibri sempre crescenti tra i ceti abbienti e borghesi e quelli indigenti proletari, bracciantili, agricoli, condannati a tenori di vita stentati o miseri ed esclusi dalla partecipazione alla vita dello Stato, alla determinazione dei suoi compiti ed alla formulazione delle sue leggi. Mancò in pratica l'unificazione concreta dei diritti e dei doveri di tutti ed il peso dei doveri - in particolare ila coscrizione militare ed il pagamento delle imposte indirette sulle quali il sistema tributario prevalentemente si basò - finì per gravare soprattutto sui ceti deboli e su quelli diseredati nei quali si fece strada l'idea, negativa per la formazione della coscienza nazionale, che lo Stato messo in vita dal Risorgimento fosse di per sé qualcosa di estraneo e di ostile alle rivendicazioni popolari. Da qui le frequenti esplosioni di violenza, anche dopo l'avvento della Sinistra al potere, talvolta represse sanguinosamente facendo ricorso anche all'esercito (15). L'insieme di tali e tante cause rese travagliata, dal 1870 alla vigilia delJa prima guerra mondiale, la crescita del giovane regno unitario che attraversò momenti tristi e drammatici molto più numerosi di quelli, meno agitati e meno turbinosi, comunque sempre inquieti ed incerti del periodo precedente. L'instabilità dei governi, già notevole nei primi anni del regno (dal 1861 al 1870: 15 ministeri), divenne la caratteristica costante e peculiare - 48 ministeri in 44 anni - ed il fatto che i presidenti del Consiglio siano stati solamente 13 conferma ed accentua, piuttosto che sminuire, il turbinio della vita politica italiana postrisorgimentale (16), caratterizzata, tra l'altro, dal continuo aumento della popolazione in misura superiore a quello dei mezzi di sussistenza diretti o indiretti, dal grande fenomeno dell'emigrazione in Europa e oltreoceano che si determinò dal 1880 in poi e che dette una sua impronta alla vita economica nazionale, e non soltanto a questa, e dal cammino lento e contrastato, ma non senza progresso, delle masse popolari verso la emancipazione politica totale {17). Malgrado tutto ciò, sebbene nel 1915 fosse ancora spiritualmente divisa, economicamente inconsistente ed insicura, socialmente arretrata e lacera,ta, l'Italia affrontò la prova della prima guerra mondiale dimostrando maturità di coscienza nazionale, capacità produttiva, attitudine alla rinunzia ad esasperare nei momenti decisivi per l'intera nazione le lotte sociali, quali il succedersi degli avvenimenti nei 45 anni che precedettero l'entrata in guerra non avrebbero consentito di ragionevolmente prevedere. Ciò forse rientra in quei
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segreti della storia che nessuna indagine critica riesce a svelare compiutamente, in quel quid d'ignoto e d'indeterminato, non quantificabile, che il Clausewitz aveva affermato esistere in tutte le guerre.
5. Fu quella sommariamente finora accennata la situazione politica internazionale ed interna nella quale l'esercito italiano dovette agire per rinnovarsi ed ammodernarsi, sulla base degli insegnamenti della guerra del 1866 e di quella franco-prussiana, nelle strutture, nella dottrina, negli ordinamenti e negli organici. Una situazione affatto favorevole alle riforme, anzi invit ante a rimandarle a tempi migliori - basti ricor<lare la mancanza di continuità della linea politica, la instabilità dei governi, la povertà economica del P aese, la scarsità dei mezzi finanziari, l'inquietudine spirituale e sociale - che non soppraffece, però, la volontà e l 'impegno d i ammodernamento non solo dei capi responsabili, ma anche di un notevole numero dei quadri di tutti i 'livelli. « La generazione ch'era al governo dell'Esercito non favorl caldamente fino al 1866 l 'istruzione, e non avviò questo altro elemento di forza dopo aver minato quello dell'omogeneità. E si vide un esercito, ricco di nobili ed intelligenti individualità, costituire una cattiva macchina che fe' mala prova}> (18). Ma abbiamo già visto come subito dopo Custoza le cose fossero cambiate e come l'esercito venisse avviato su di un binario nuovo. La crisi culturale, avviata a soluzione subito dopo il 1866, venne, dal 1870 in poi, gradualmente sanata mediante il susseguirsi di adeguamenti degli istituti di reclutamento, di perfezionamento e di specializzazione all'evoluzione generale e specifica delle istituzioni e delle dottrine militari, la partecipazione crescente dei quadri agli studi ed ai dibattiti tecnico-militari ed il nascere e il fiorire, finalmente, di un pensiero militare italiano che, pur traendo ispirazioni dal di fuori , specialmente dalla Germania, seppe darsi una propria individualità suggeritrice di innovazioni e trasformazioni originali che vennero accolte anche altrove. L'attenzione e la cura nei riguardi di tutti gli istituti militari d'istruzione furono costanti e sollecite. A parte l'elaborazione delle norme annuali per l'ammissione e la frequenza dei singoli istituti e
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dei vari corsi, l'autorità centrale intervenne più volte per perfezionare, aggiornare e modificare programmi, metodi d'insegnamento e criteri di selezione al fine di perseguire livelli d'istruzione generale e di preparazione professionale sempre più elevati e conformi al progresso dei tempi (19). Gli istituti basilari dell'organizzazione scolastica rimasero gli stessi del passato - collegi militari (20), accademia militare, scuola militare, scuola di applicazione di artiglieria e genio, scuola di guerra - mentre alla scuola centrale di tiro della fanteria ed alla scuola di cavalleria si aggiunsero la « Scuola centrale di tiro d'artiglieria » e la « Scuola di a:pplicazione di sanità militare » (21 ). Alla preparazione e formazione dei sottufficiali si provvide mediante la costituzione di reparti d'istruzione presso i corpi o le scuole nel numero iniziale di 3 battaglioni di fanteria (sottufficiali dell'arma e delle compagnie di sanità e di sussistenza), di 1 squadrone di cavalleria (presso la scuola di arma), di 12 batterie di artiglieria, di 1 compagnia di artiglieria da fortezza, di 4 plotoni del genio (22). Gli ufficiali di complemento, inJispensabili all'inquadramento delle unità e che vennero moltiplicandosi nel tempo, furono trani da1 sottufficiali inviati in congedo dopo 12 anni di servizio e dal personale volontario con ferma di un anno che avesse frequentato con successo i corsi, della durata di un anno istituiti in numero variante secondo le necessità organiche, presso i corpi designati di volta in volta dall'autorità centrale. Se grande fu la cura nell'ordinare ed aggiornare gli insegnamenti e gli studi di tutti gli istituti militari, dando particolare peso e rilievo alle discipline di specifico carattere professionale, altrettanto rilevante fu l'opera che l'esercito svolse nel campo della lotta all'analfabetismo mediante le scuole reggimentali dove furono raggiunti risultati molto positivi a vantaggio dei giovani soldati che, giunti alle armi del tutto illetterati, tornarono, dopo la ferma, alle loro case in grado di saper, quanto meno, leggere e scrivere (23). « Nella Rivista Militare Italiana ebbero largo campo studi strategici, tattici, ordinativi, organici, statistici, logistici, tecnici riguardanti le armi, i mezzi, la fortificazione, le strade ordinarie e ferroviarie, la telegrafia, le corazze, l'idraulica, la geodesia, la topografia, come pure studi di storia e di geografia militare, ricchi di considerazioni, riflessioni, proposte, rivelatrici di approfondite conoscenze comparate e di acuto spirito critico (24 ). La rivista militare pubblicò dal 1872, come supplemento a sé stante, un fascicolo allegato ad ogni numero la Rassegna militare estera (25) contenente notizie ed informazioni riguardanti il pensiero militare e le rea-
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lizzazioni dei principali eserciti ·stranieri contribuendo al superamento <lella mentalità provinciale che aveva nel passato caratterizzato la cultura militare italiana e <lando modo di allargare la visione panoramica dei problemi ,professionali. lil Corsi (26) due anni dopo annotò: « La lettura dei periodici è divenuta runa necessità per l'ufficiale che vuol tenersi a giorno nelle cose dell'arte sua. Io credo che la nostra stampa periodica militare (27), così modesta e temperata com'ella è, abbia molta virtù educativa, e sia per conseguenza un benefico strumento. Ella ha superato felicemente alcuni momenti difficili, allorché la polemica s'era fatta vivace nelle incertezze e sui contrasti tra il vecchio e il nuovo, in cui ella seppe accoppiare alla libertà delle opinioni la dignità dei modi. Ogni questione fu tocca, ma con mano delicata, sicché la disciplina non n'ebbe a soffrire. E sì che la crisi del rinnovamento del nostro stato militare non durò poco, né fu davvero di lieve momento» (28). La polemica tra il vecchio ed il nuovo, tra la concezione del mestiere e quella della professione delle armi, tra il conservatorismo dei piemontesi ed il progressismo, moderato od accesso, degli altri era durata dal 1861 in poi e quando il Corsi scriveva non era ancora stata superata completamente perché le nuove idee erano di pochi o, meglio, ancora di pochi. Restavano ancora in piedi non poche resistenze ,passive contro il riconoscimento della cultura generale e professionale come elemento indispensabile per l'esercizio del comando e come fattore rprimario per l'avanzamento nei gradi. Ma le idee dei pochi divennero, nel tempo, di molti e, comunque, appartennero fin dall'inizio ai capi responsabili che ad esse ispirarono la loro azione riformatrice confortata dall'assenso o stimolata dalla critica espressa nei dibattiti parlamentari, e soprattutto nella stampa militare, ai quali presero parte, quando non li provocarono d'iniziativa, le menti più illuminate ed aperte dell'esercito italiano (29). Le riforme non piovvero più dall'alto, com'era fino ad allora accaduto, inaspettate ed incomprese, ma spesso maturarono nel clima caldo e benefico delle discussioni e dei contrasti. I generali ministri della guerra ed i capi di stato maggiore succedutisi dal 1870 al 1914, sia pure da ,punti di partenza diversi, confluirono sulla stazione terminale della cultura dottrinale e tecnica che considerarono punto di arrivo irrinunciabile per l'efficienza operativa, sentirono il loro incarico come investitura e missione di espansione culturale e cercarono, indistintamente, secondo le diverse individualità, di espandere il più possibile il calore intellettuale delle riforme che venivano compiendo. ·
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Penetrata negli istituti d'istruzione e nelle menti dei capi responsabili e degli ufficiali più intelligenti, colti ed aperti, la necessità del rinnovamento culturale si fece subito sentire anche nel campo tattica, logistica, dell'intera vecchia regolamentazione ufficiale tecnica, procedurale, disciplinare, di servizio territoriale ed interno che venne abrogata e sostituita gradualmente con una nuova, anche questa, peraltro, costantemente in evoluzione, per adeguarla ai risultati degli approfondimenti di pensiero e degli esperimenti pratici che venivano effettuati ed all'adozione delle nuove armi, dei nuovi equipaggiamenti e dei nuovi mezzi dei quali la dottrina stessa, talvolta, aveva sollecitato il ritrovamento. Le pubblicazioni riguardanti la tattica (30), la tecnica d'impiego e addestrativa (31), le istruzioni tecniche (32), la logistica (33 ), subirono molteplici rielaborazioni ed aggiornamenti, ma anche quelle relative alle procedure operative (34 ), alle regole disciplinari (35), al servizio territoriale (36) ed interno (37) abbisognarono di continue aggiunte e varianti o di completi rifacimenti per armonizzarle con i tempi e con i costumi. Il lavoro di rinnovamento di tutta la regolamentazione ufficiale, compiuto dal 1870 al 1908, fu enorme e ne è testimone genuino e verace il Giornale Militare di quegli anni che abbiamo scorso per intero contando a centinaia le pagine di notizie sulle pubblicazioni edite dall'autorità centrale per fornire l'esercito di un corredo dottrinale e di cognizioni tecniche tale che, alla prova dei fatti, non ebbe nulla da invidiare a quello degli altri eserciti con i quali o contro i quali l'esercito italiano combatté la ,prima guerra mondiale. In conclusione sotto :il profilo dell'elevazione del livello culturale e professionale, gli anni compresi tra il 1870 e la vigilia della prima guerra mondiale costituirono per l'esercito un periodo di ordinata e costante crescita che non soffrl di ripensamenti involutivi. Vi furono tuttalpiù ,pause di riflessione, ma nella continuità della crescenza, ed esse vennero rapidamente superate, come un organismo sostanzialmente sano esce senza danno dalle malattie della fanciullezza e dell'adolescenza e perviene alla giovinezza più robusto e resistente di chi non abbia subito quelle prove. L'avere saputo inserire armonicamente i fattori politici, economici e sociali nel contesto militare - prima quasi ignorati o, quanto meno, non valutati nella giusta misura - ed averli posti sullo stesso piano d'importanza di quelli spirituali, morali e tecnici, senza offesa alle tradizioni, furono elementi fondamentali di rinnovamento del pensiero e delle istituzioni militari che assunsero una fisionomia del tutto nuova. Mancò, è vero, specialmente all'inizio, nel rinnovamento cul-
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turale un'originalità di pensiero, ma vi fu senso di autonomia in quanto tutto ciò che venne recepito dal di fuori, in particolare dalla Germania, confluì in concezioni ed istituzioni peculiari con una propria identità, sicché non è unilaterale ravvisare Jn questo periodo il momento di costituzione del patrimonio culturale militare italiano inteso come affermazione, non solo della libertà di scelta dei modelli - dei quali ,il ,prussiano parve a ragione il più valido ed il più esperimentato con successo - ma anche della capacità di creazione intellettuale senza costrizioni artificiose in schemi prefabbricati benché suggestivi e comodi. Furono vissuti motivi di ,pensiero formatosi oltralpe, ma senza astrazione dalla realtà italiana, per cui non mancarono i momenti creativi bene individuabili nel filone meno strettamente legato alla pigrraia dell'imitazione e più attento, invece, alle riflessioni sull'esperienza nazionale, iniziatore cioè di una dottrina che innesta in una prospett<iva meno angusta e .precorritrice i temi della guerra, della strategia e della tattica, salvaguardando e conciliando la mentalità e lo spirito propri della tradizione culturale e sociale italiana. Elemento caratterizzante della dottrina militare italiana fu da quel momento la ricerca, che divenne programma culturale esplicito, dell'equilibrio tra le esigenze tecniche e quelle spirituali, tra i valori ottimali dell'efficienza operativa e quelli reali ricavabili dalle energie disponibili. Una ricerca complessa e laboriosa con traguardi incerti ed insicuri, tanto meno rischiosi quanto più elevati gli indici dei molteplici termini che intervengono nell'equazione esponenziale della capacità operativa di un esercito. Una dottrina, o, se si vuole, una filosofia del compromesso, peraltro comune anche ad altri eserciti, ma non per questo priva di validità purché si temperino gli assolutismi ed i rigidismi ed al tempo stesso purché nessuno dei vari parametri assuma valori inferiori ai minimi di compensazione redproca indispensabili.
6. Se sotto l'aspetto culturale i tempi delle trasformazioni radicali erano maturi fin dal 1870, in quanto la conoscenza dei problemi posti dal nuovo corso della guerra poteva considerarsi sufficientemente acquisita, sotto l'aspetto .finanziario le disponibilità furono~ almeno fino ai primi anni del secolo, molto modeste e se non impedirono l'elaborazione di un quadro strutturale, ordinativo ed or-
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ganico di sufficiente respiro - che se non fosse stato predisposto sino d'allora non avrebbe consentito né le imprese coloniali prima, né tanto meno la partedpazione alla guerra mondiale dopo - ne tormentarono la pratica attuazione e ne ridussero l'efficacia mediante i continui rkorsi alla riduzione della forza bilanciata ed all'anemizzazione delle unità con i consueti -gravissimi danni che ne derivarono all'addestramento ed alla costituzione di riserve istruite. Nel 1870 la Destra al potere considerava suo compito immediato il consolidamento delle istituzioni esistenti, il rafforzamento dello Stato in senso accentratore ed il pareggio del bilancio; obiettivo questo ultimo conseguito nel 1876 mediante l'imposizione di imposte indirette odiose (quella, ad esempio, sul macinato), che provocarono tentativi insurrezionali in Romagna e Toscana, e mediante drastiche riduzioni della spesa pubblica le quali incisero notevolmente, come spesso accadrà anche in avvenire, sui bilanci militari. Dal 1871 al 1875 il bilancio ordinario del ministero della Guerra, che nel 1870 era stato di 173 milioni, fu di 143 milioni nel 1871, di 152 milioni nel 1872, di 156 milioni nel 1873, di 170 milioni nel 1874 e di 172 milioni nel 187 5; questo ultimo fu pari a quello del 1862 e di 18 milioni inferiore a quello del 1863. Anche se alle cifre del bilancio ordinario si sommano le assegnazioni operate sul bilancio straordinario - rispettivamente di 9 milioni .p er il 1871, di 15 per il 1872, di 21 per il 1873, di 18 per il 1874 e di 15 per il 1875 - risulta evidente come, proprio ,nel quinquennio dell'impostazione delle basi generali delle grandi riforme, il ministro Ricotti abbia dovuto fronteggiare una situazione finanziaria scoraggiante, avvilente e non superabile se egli non fosse stato sorretto dalla grande fede e convinzione e dalla fiduciosa speranza di dover porre egualmente le fondamenta del nuovo edificio militare indispensabile al riparo della indipendenza e dell'unità della nazione. L'avvento de11a Sinistra al potere (1876) segnò l'inizio di una politica diversa - istruzione elementare obbligatoria e gratuita, riduzione delle imposte indirette e della tassa sul macinato, allargamento del diritto di voto, incremento dei lavori pubblici, non estraneità al fenomeno dell'espansione coloniale, avvicinamento agli Imperi centrali, ecc. - per cui si annullò il successo del pareggio del bilancio e si determinò di nuovo lo squilibrio tra entrate e spese con un grande disavanzo che si riusci a sanare solo nel 1893. Dal 1882 in poi le assegnazioni sul bilancio ordinario del ministero della Guerra crebbero gradualmente da 190 (1882) a 395 (1914) milioni, ma a datare dall'esercizio 1897-1898 le previsioni di spesa effettiva
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per l'esercizio contemplarono, oltre alle spese generali, anche il debito vitalizio che, da allora fino all'esercizio 1914-1915, oscillò dai 34 ai 46 milioni di lire annui. Le assegnazioni sul bilancio ordinario procedettero a zigzag - nell'esercizio finanziario 1889-1890 furono di 260 milioni, in quello successivo di 252 ed in quello 1894-1895 di soli 219 milioni, nell'esercizio 1897-1898 di 284 ed in quello 1903-1904 di 264 milioni e cosl via - per cui si rese necessario fissare anno ,p er anno per legge le tabelle graduali e numeriche di forza dell'esercito e dei servizi dipendenti dall'amministrazione della guerra facendo oscillare il numero degli uomini di prima e di seconda categoria da chiamare alle armi, e dal 1884 in poi anche la durata reale del servizio di leva che variò dai 3 ai 2 anni per i soldati della prima categoria e dai 5 ai 3 mesi per quelli della seconda categoria, con evidenti ripercussioni negative sulla stabilità organica e addestrativa. Le cifre indicate per essere significative vanno comparate a quelle dello stesso periodo degli altri Stati europei ed allora se ne deduce che l'Italia dal 1870 al 1908, spendendo in media 192 milioni l'anno, dedicò all'esercito cifre sette volte inferiori a quelle della Russia e della Francia, quattro volte inferiori a quelle della Germania e due volte a quelle dell'Austria-Ungheria. I bilanci del solo esercito furono inizialmente pari al 12,75% circa del reddito nazionale, mentre nello stesso periodo le percentuali furono del 14,55% in Austria-Ungheria, del 34,05 in Germania, del 17 ,30 in Francia. Vi furono ,periodi nei quali il valore del rapporto fra le spese per l'esercito e le uscite totali dello Stato scese addirittura al di sotto del 12 % . Le assegnazioni di bilancio straordinarie, ripartite in più esercizi finanziari, valsero a coprire esigenze eccezionali di guerra, di ampliamento dell'esercito permanente per l'espansione in Africa, di costruzione di nuove caserme, di approvvigionamento o di allestimento di nuove armi, ma non modificarono sensibilmente, fino all'esercizio finanziario 1907-1908, i valori medi annuali della spesa sostenuta dallo Stato per l'esercito, la quale, sebbene non proporzionata al ritmo della corsa agli armamenti di tutte le altre potenze europee, rappresentò pur sempre uno sforzo notevole per uno Stato sul quale incombevano la necessità di ridurre il più possibile il disavanzo del bilancio per salvare la vita della nazione e quella di reperire i fondi per lo sviluppo economico e civile del Paese, senza il quale lo stesso esercito non avrebbe avuto motivo di sopravvivenza. Consapevoli di ciò, i ministri della guerra che si succedeaero in quegli anni non poterono fare di più di quanto fe..
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cero; non dissiparono il denaro e non ne fecero cattivo uso; agirono nell'assoluto rispetto dei rigidi e stretti limiti finanziari loro consentiti e si ispirarono al criterio del risparmio anche nelle questioni secondarie. La loro fu una continua lotta contro la ,povertà perché fino al 1907 rimasero inascoltate le loro richieste di potenziamento alle quali spesso facevano eco in Parlamento quelle di molti uomini politici, militari e non, specialmente dai banchi della Sinistra, come, ad esempio, le voci del Cavallotti e deì Crispi che invocavano un esercito forte che fosse in grado di riscattare in qualche battesimo cruento (38) la mancata fortuna delle armi a Custoza e che fosse bene armato per dare all'Italia il posto che le competeva tra le nazioni europee (39). Le assegnazioni di bilancio ordinario, sebbene avessero raggiunto nell'esercizio finanziario 1906-1907 i 290 milioni, non lasciavano margine sufficiente all'ammodernamento ed al potenziamento che la mutata situazione internazionale rendeva oramai improcrastinabili. Nell'esercizio finanziario 1906-1907 furono assegnati alla parte straordinaria del bilancio 16 milioni (40) , nell'esercizio 1907-1908 13 milioni (41) e, sempre nel 1907, il Parlamento approvò un piano plurienn ale di finanziamento straordinario di 210 milioni (42) che furono elevati , mediante una serie successiva di leggi, a 553 ripartiti negli esercizi <legli anni dal 1908-1909 al 19171918. Ma la realtà superò tutte le previsioni perché la spesa a bilancio straordinario per il succedersi di nuove esigenze - spedizione in Libia, ampliamento del programma delle fortificazioni, costruzione di altre opere di difesa, costituzione di nuove unità, ecc. - sall dall'esercizio 1910-1911 a queUo del 1914-1915 a 2.750 milioni.
7. La pochezza finanziaria nella quale l'esercito visse dal 1870 al 1906 non impedl il graduale perfezionamento delle istituzioni militari e del sistema strutturale e ordinativo iniziato dal Ricotti subito dopo la campagna del 1870, ma ne contenne e ritardò il ritmo di sviluppo. Altra condizione sfavorevole al proseguimento di un percorso rettilineo della politica militare fu indubbiamente l'instabilità dei governi - in 39 anni, dal 1870 al 1908 il titolare del ministero della Guerra mutò 26 volte; nel giro di soli 10 anni, dal 1876 al 1886, si avvicendarono 9 ministri, ma nell'insieme, mal-
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grado le diversità di origine regionale, di cultura, di preparazione, di esperienza, di temperamento, di orientamento politico e della durata di permanenza nell'incarico dei vari ministri (43), la loro opera fu quale doveva essere e cioè si mosse lungo un binario di scorrimento privo di curve pericolose. Ciò non vuol dire che il movimento sia stato uniformemente acce]erato e neppure costante, ma che i ritardi, le fermate e le svolte non lo deviarono dal binario maestro iniziale e tanto meno ne invertirono il senso di marcia. Altre, di maggiore sfavore della stessa insufficienza finanziaria e della stessa instabilità governativa - peraltro di per sé rivelatrici della difficilissima ed agitatissima situazione interna del Paese furono le difficoltà che ostacolarono il perseguimento di una migliore efficienza spirituale e materiale, principalmente le imprese coloniali in Eritrea ed in Somalia, alle quali si andò incontro incerti ed impreparati e che aggiunsero alla disfaHa di Custoza quella di Adua, e inoltre il ricorso frequente all'esercito nella repressione delle insurrezioni e dei moti popolari, che raggiunsero talvolta aspetti di notevole drammaticità, come nel 1898, e si manifestarono con atti di estrema anarchia come il regicidio del 1900 a Monza, di cui fu vittima il re Umberto I (187 8-1900) che era succeduto al padre Vittorio Emanuele II deceduto il 9 gennaio del 1878. La nuova strada dell'espansione coloniale imboccata in sordina dall'Italia nel 1885 - già battuta fin dal 1879 da una folta schiera di esploratori e di studiosi italiani inviati nell'Africa orientale da società commerciali e dalla Società Geografica od avventurativisi per proprio conto senza appoggi e con limitati mezzi - fu pericolosa e sventurata in tutti i sensi. A parte la retorica e gli applausi, in verità non generali, dai quali fu salutato lo sbarco del primo scaglione di 800 soldati a Massaua il 5 .febbraio del 1885, l 'inizio dell'avventura italiana nel Mar Rosso - la sua principale caratteristica fu proprio quella di un'avventura al -buio - ed il suo successivo sviluppo provocarono danni morali e perdite umane e di mezzi con riflessi destabiliz7.anti dell'intera comunità nazionale. L'impreparazione politica e diplomatica, l'inadeguatezza tra fine e mezzi, la superficialità delle cognizioni e delle valutazioni, la leggerezza nelle intese e negli accordi, gli eccessi di fiducia nei riguardi dei vari capi locali ed i numerosi errori di condotta politica lastricarono il cammino dell'affermazione italiana in Eritrea, già intrinsecamente ricco di ostacoli geofisici e climatici e reso più aspro ed insidioso dagli intrighi della Russia e della Francia che, non solo rifornirono di armi e di consiglieri militari l'impero etiopico, ma fecero di questo
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un campo di azione contro l'Italia. L'incertezza, l'indecisione, la paura e l'insipienza guidarono costantemente l'azione politica con il risultato di subire l'ecatombe di Dogali (26 gennaio 1887) e la disfatta di Adua (1 marzo 1896), prima di addivenire al consolidamento pacifico della colonia (1897), alla determinazione di confini stabili (1889) ed all'ordinamento civile definitivo (1909). La difesa con successo di Saati (25 gennaio 1887 ), le vittorie di Agordat (21 dicembre 1893 ), di Cassala (17 luglio 1894), di Senafé (15 gennaio 1895) e la resi. stenza ad oltranza dell'Amba AJagi (7 dicembre 1895) e di Macallé (7 dicembre 1895-22 gennaio 1896) - combattimenti nei quali le forze nemiche godettero sempre di una superiorità numerica schiacciante - confermarono la bravura, lo spirito di adattamento e di sacrificio, la capacità di slancio e di resistenza dell'esercito italiano che scrisse nuove pagine di storia gloriosa, oggi ingiustamente quasi dimenticate. Le operazioni militari in Eritrea, dal 1887 al 1896, costarono all'esercito 9.483 morti e 2.454 feriti. Il Paese oscillò, nello stesso pe.tiiodo, t ra ondale Ji e uforia e ondate di scoramento, tra sentimenti di orgoglio e di commozione e moti d'animo di rinunzia e di rinnegazione; ora prevalsero l'impazienza e l'incitamento ad andare avanti per ampliare le conquiste, ora l'indifferenza e la paura di una ulteriore espansione territoriale. Le grida via dall'Africa, che risuonarono anche nel Parlamento, non trovarono grande eco, ma i dissidi e le polemiche sulla politica coloniale accasciarono il Paese e l'esercito, questo ultimo mortificato dall'altalena degli umori politici e dal fatto che in Eritrea pagava un prezzo altissimo per una terra che sfruttava poco o quasi nulla. Dopo Adua l'atmosfera divenne tumultuosa nel Parlamento e fuori e, come sempre giustamente accade dopo le sconfitte, si andò alla ricerca delle responsabilità che, senza grande consistenza, vennero riversate sul generale Baratieri (44) e che, invece, erano soprattutto di origine spirituale e politica, in quanto sul campo di battaglia di Adua l'Italia scontò errori politici più che militari, diversamente da Custoza che era stata il risultato dell'insipienza e dell'incapacità dei capi militari. L'Eritrea per oltre venti anni, pur nell'alternarsi di periodi d'intensa e crescente attività bellica e di lunghe stasi operative, costituì, in ogni caso, per i motivi accennati e per altri (scandali per i delitti e le scostumatezze compiuti con la complicità di ufficiali italiani, ecc.), un coefficiente riduttivo dell'efficienza dell'esercito, perché, nonostante le prove brillanti e coraggiose offerte dalla quasi totalità dei quadri e dei soldati, anche indigeni, in ogni circostanza offensiva e difensiva, offrì pretesti alla mortificazione del prestigio militare, alimentò la cam-
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pagna antimllitare che gli anarchici e gli estremisti socialisti già conducevano, produsse cali ingenti di uomini e di materiali ed abbassò così il livello del potenziale bellico dello Stato. Di tali danni, invece, non fu causa l'occupazione del Benadir e dell'entroterra somalo, la quale, impostata sul carattere di espansione politico-commerciale ed avviata da società commerciali italiane operanti per concessione governativa, si svolse silenziosamente, gradualmente e tenacemente più per merito dell'iniziativa privata che dello Stato. Vi furono inizialmente episodi sanguinosi dei quali rimasero vittime ufficiali della marina, successivamente operazioni militari con carattere di grande polizia condotte dal Corpo delle Guardie del Benadir, costitiuito solo nel 1903, e da compagnie di ascari eritrei, ma non si registrarono mai fatti d'arme di grande rilievo. Nel 1908 il possedimento assunse la denominazione di Somalia Italiana; fu accresciuto il quadro ordinativo ed organico delle forze locali (che raggiunsero nel 1910 Ja consistenza di 56 ufficiali italiani, 3.600 soldati somali, 500 clementi di milizia mobile e 280 :r.aptié); fu legislativamente fissato il suo ordinamento civile e militare e, in analogia a quanto disposto per l'Eritrea, venne nominato il governatore civile cui fu attribuita anche la facoltà Ji ordinare operazioni militari. Gli avvenimenti in Somalia non ebbero, in sostanza, una qualche incidenza di rilievo, se non indiretta e comunque non negativa, sull'esercito. Molte furono le evenienze nelle quali l'esercito fu impiegato per il mantenimento dell'ordine pubblico ed in alcune indotto o costretto a fare uso delle armi. Spesso l'azione deJl'esercito nel sedare le agitazioni ed i tumulti popolari risultò pacificatrice e benefica riuscendo ad allontanare i pericoli della degenerazione violenta della lotta politica e sociale; altre volte - come, ad esempio, nel 1891 a Roma, nel 1893-1894 in Sicilia, nel 1898 a Milano ed a Napoli fu energica e dura e mieté viLLime tra la popolazione civile; in tutti i casi dette esca a polemiche, recriminazioni ed accuse che inasprirono gli scontri politici e sociali. Accentuatesi dal 1887 al 1896 le tendenze nazionaliste della politica estera ed acuitasi nell'ultimo decennio del secolo la crisi economica - anche a causa dell'immaturità e del difficile decollo del sorgente capitalismo industriale - la tensione sociale si fece più grave, i tumuld , le sollevazioni, le rivolte, gli attentati, le invasioni di pubblici edifici e di terre, gli scioperi furono all'ordine del giorno e l'esercito si trovò cosl massimamente impegnato in servizi di ordine interno da apparire come lo strumento della borghesia contro· il socialismo che, organizzatosi in partito nel 1892,
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si veniva rapidamente diffondendo nei ceti popolari. Sospesa tra Destra e Sinistra, d'altra parte, la politica interna italiana di fine secolo si concretò in una serie di tentativi falliti di restaurazione conservatrice, per cui ebbero buon giuoco le correnti socialiste estremiste, quelle anarchiche ed anarcoidi e quelle sediziose in genere a diffondere la convinzione che l'esercito altro non fosse che il braccio armato della reazione dei ceti abbienti e retrivi contro quelli popolari. Fortunatamente l'avvento al trono di Vittorio Emanuele III (1900-1944), l'instaurazione di un governo di sinistra che aprl il periodo giolittiano e, soprattutto, la ripresa di una certa espansione economica nel 1898 fecero decrescere la tensione politica e sociale, facilitarono il consolidarsi del potere e sopirono, almeno in parte, i sentimenti di ostilità verso l'esercito che i fatti di Milano del 1898 avevano esasperato. Ma la convinzione che l'esercito fosse l'irriducibile nemico dei ceti popolari, alimentata dall'arretratezza culturale di molti e dalla propaganda virulenta degli agitatori estremisti , continuò a covare negli animi cd esplose nuovamente alla vigilia dell'impresa libica . In definitiva, il danno che derivò all'esercito dal ricorrente e generalizzato impiego ,p er il mantenimento dell'ordine pubblico e per la repressione delle sollevazioni di piazza fu maggiore di quanto non siano stati i benefici che ne ricavò la politica interna la quale, se fosse stata più previdente ed avveduta, meno retriva e conservatrice, avrebbe potuto prevenire almeno alcuni dei conflitti che lasciò invece giungere alle conseguenze estreme. Dal 1870 al 1908, infine, non poche furono le calamità naturali che aggravarono le già drammatiche condizioni di disagio economico e sociale della penisola e, particolarmente dolorose, per le vittime ed i danni provocati, furono le inondazioni della regione del medio corso · del Po e della Toscana nell'autunno del 1872, l'epidemia di colera del 1873, l'eruzione dell'Etna del 1879 e quelle successive del 1883, 1886 e 1898, il terremoto del 1883 e quello calabro-lucano del 1908 che provocò oltre 110.000 vittime. In tali circostanze, ed in molte altre di dimensioni minori, l'esercito accorse ovunque con ogni fort11a di aiuto, dalla distribuzione di viveri e di materiali al trasporto dei colpiti in altre località, dalla prestazione di cure e dalla distribuzione di medicinali al concorso nello sgombero delle macerie, dalla disin.festazione delle zone al ripristino delle condizioni meno disagiate di vita. Nel terremoto del 1908 tutta l'organizzazione militare fu immediatamente impegnata e ben 20.000 uomini dell'esercito vennero impiegati per rimuovere le macerie, soccorrere i colpiti, salvare vite umane e beni. L'opera meritoria di soccorso alla popolazione
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civile nelle calamità pubbliche valse a conquistare all'esercito la stima e l'ammirazione della gran parte della nazione, ma non a far tacere la minoranza estremista che non volle riconoscere come i soldati fossero estremamente indispensabili anche nei periodi di pace. L'impiego dell'esercito dette, comunque, risultati molto positivi sia sotto l'aspetto morale sia sotto quello materiale e, malgrado gli inconvenienti che ne derivarono all'addestramento tattico ed i cali di dotazioni e di scorte, esso costituì validissimo banco di prova della coesione spirituale, del senso di disciplina e dello spirito di abnegazione e di sacrificio che l'esercito dimostrò di possedere in misura molto elevata. Ciononostante le correnti antimilitari rimasero nel Paese numerose e forti e continuarono a soffiare sul fuoco del malcontento, a causa della coscrizione e della spesa militare, per diffondere sentimenti di ostilità e di diffidenza contro l'esercito.
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NOTE AL CAPITOW X (1) A Le Creusot. media città della Francia centro-orientale, sorse nel 1836, data la presenza di un ricco bacino carbonifero, la società Schneider per lo sviluppo dell'industria siderurgica. poi affiancata da quella meccanica (armi, materiale ferroviario, ecc.) e oggi anche da altre (chimica, tessile, vetreria, ecc.). Le officine Elswick furono fondate da sir William George Armstrong (18101900), inventore e industriale inglese, cd acquistarono fama mondiale quando Armstrong volse i suoi interessi dai macchinari industriali a quelli bellici realizzando, nel 1855, i cannoni cerchiati, a canna rigata, a retrocarica. Il fondatore vero del casato K.rupp, famiglia d'industriali tedeschi, fu Friederich (1878-1926) che ereditò una piccola fonderia dal padre, la quale divenne nel tempo la grande industria <li Essen che, applicando tecniche di avanguardia, produsse armi che la resero famosa nel mondo. Fornì le armi al Kaiser Guglielmo I per le campagne contro l'Austria e la Francia, al Kaiser Guglielmo II per la prima guerra mondiale e ad Hitler per la seconda guerra mondiale.
(2) « Dal 1909 la corsa agli armamenti si estese in modo concreto al settore della guerra aerea. Dopo il volo dei fratelli Wright nel 1903, la Francia fu la :prima nazione a riconoscere l'importanza potenziale dell'aereo per !iCOpi militari. Dopo il 1908 velocità, autonomia e sicurezza di volo subirono rapidi progressi e nel 1914 gli aeroplani avevano raggiunto una velocità di oltre 120 chilometri orari ed un'autonomia di volo di due o tre ore». (Feldmaresciallo Montgomery. Op. cit., pp. 464465). I primi velivoli militari italiani, acquistati in Francia, vennero impiegati nella guerra italo-turca in Libia, alla quale l 'Italia partecipò con 3 dirigibili, 4 flottiglie di aeroplani ed un parco di aerostati. II primo volo di guerra della storia fu quello del Blériot del capitano Piazza che si levò in volo il 2-3 ottobre 1911 per una missione esplorativa. II 12 febbraio 1910 Io stato maggiore dell'esercito aveva aperto una scuola per piloti a Roma, sul campo di Centocelle, sotto la direzione del tenente Calderara ed il 14 luglio 1910 era stato istituito il « Servizio Aeronautico» con un battaglione speciale con sede a Roma per aerostati; successivamente, il 27 giugno 1912, lo stato maggiore dell'esercito creò il « battaglione aviatori» con sede a Torino per aeroplani. Le unità militari aeree italiane in Libia svolsero attività esplorativa, ricognitiva, di collegamento a raggio limitato ed anche azioni dimostrative di bombardamento lanciando bombe a mano del peso di 2 kg. (3) Guerra civile di Parigi (1871) e guerra civile in Spagna (1872-1876). (4) A parte le guerre coloniali in Africa ed in Asia, i conflitti più importanti dal 1870 al 1914 furono la guerra Spagna-Stati Uniti {1898), 1a guerra anglo-boera (1899-1902), la guerra russo-giapponese (1904-1905). La guerra d'oriente (18761878) - turco-serba, turco-montenegrina, turco-russa - e le operazioni militari per l'occupazione della Bosnia-Erzegovina da parte degli austriaci (1878) ebbero grande rilievo politico e conseguenze determinanti sulla successiva politica degli Stati europei. Nel periodo considerato nell'America del Sud si combatté la « guerra del Pacifico» tra il Cile da una parte e<l il Perù e la Bolivia dall'altra ed in Asia la guerra cino-giappanese ( 1894 ). (5) Molti sforzi erano stati compiuti anche prima del 1870 per estendere e rafforzare i codici che ponevano restrizioni alla guerra sia in terra che in mare. Dal 1870 in poi ebbero foogo a tale fine: la conferenza internazionale di Bruxelles (1874) per proibire il bombardamento delle città; la conferen7_.a <lell'Aja (1899) per lo stesso
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motivo; la seconda conferenza dell'Aia (1899) ,proposta dallo zar di Russia, per limitare gli orrori della guerra; la terza conferenza dell'Aia (1907) per mettere al bando le pallottole dum-dum e per l'istituzione di un gruppo internazionale di giudici per la composizione delle dispute; la conferenza di Londra (1908-1909) concernente il blocco, il contrabbando e i diritti di perquisizione; la conferenza di Berlino (1884-1885) per l'equilibrio coloniale europeo; il trattato di Washington ( 1871) ed altri tentativi per far rivivere i'idea del « congresso » o del « concerto delle potenze europee, per preservare la pace e lo status quo e per mitigare i danni delle guerre. (6) Feldmaresciallo Montgomery, Storia delle guerre, Op. cit., p. 479. (7) Richard A. Preston e Sydney F. Wise, Storia sociale della guerra, Mondadori Editore, Verona 1973. (8) Alhrech Theodor Emil von Roon (1803-1879), generale prussiano. Ministro della Guerra dal 1859 al 1873 fu il. riordinatore dell'esercito prussiano. {9) Feldmarescallo Montgomery, Op. cit., p. 441. (10) Idem. (11) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna. Op. cit., Voi. III, pp. 685-686.
(12) Ibidem. (13) Ibidem, .p. 622. (14) L'incidente di Fascioda (Foshaùa) - centro sudanese di Kodok, nell'Alto Nilo - fu l'incontro, il 18 settembre 1898, tra una spe<lizione francese al comando di J.B. Marchand ed una inglese guidata da Lord Kitchener. Tale incontro provocò un'aspra tensione tra Francia e Gran Bretagna, entrambe interessate alla zona, conclUJSasi in seguito ad accordi in base ai quali la Francia dové sgomberare la località nonostante che vi fosse giunta per prima. (15) Ricordiamo i principali: agitazioni e tumulti del 1871, in pareccltle regioni, a causa, soprattutto, dei provvedimenti finanziari del ,ministro Sella; manifestazioni di malcontento e sommosse, più o meno gravi, dell'estate 1874 con arresti, perquisizioni, condanne; manifestazioni tumultuose nella regione dell'Amiata nd 1878; tumulti del 1878 a Firenze, Pisa, Pesaro e<l altrove; agitazioni dei ceti operai degli anni 1888-1903 che tennero in subbuglio le piazze d'Italia e agitazioni degli i_r. redentisti contro la Triplice Alleanza; conflitto tra manifestanti con la truppa a Roma in occasione del 1° maggio 1896; manifestazioni di rappresaglia contro le violenze inferte agli operai italiani in Francia nel 1893; agitazioni dei « Fasci dei lavoratori» in Sicilia negli anni tra il 1891 ed il 1894; moti dei cavatori di marmo in Lunigiana del gennaio 1894; disordini e atti tenoristlci in molte regioni effettuati da anarchici ed anarcoidi e scioglimenti di numerose associazioni socialiste e l'invio a domicilio coatto di taluni elementi più spinti e dei loro apologisti; attentati, disordini e scioperi in molte regioni nel 1897; moti della primavera del 1898 dai quali furono insanguinate le piazze di molte città italiane, da Milano a Napoli, con conseguente soppressione di giornali, scioglimento di circoli ed associazioni, arresti di deputati e di uomini politici di sinistra e cattolici; agitazioni operaie e scioperi del 1904 (nel settembre si ebbe il primo sciopero generale in Italia); scioperi di protesta contro l'impresa libica nel 1911; settimana rossa del 1914. (16) Da'l 1870 ;ù 1915 l'Italia ebbe i seguenti governi: Lanza (dicembre 1869novembre 1870); Lanza (dicembre 1870-luglio 1873); Minghetti (luglio 1873-novembre
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FILil'PO STEFANI
1874) Minghetti (novembre 1874-mar.ro 1876); Depretis (marzo 1876-novembre 1876); Depretis (novembre 1876-dicembre 1877); Depretis (dicembre 1877-marzo 1878); Cairoli (maggio 1880-maggio 1881); Depretis (maggio 1881-novembre 1882); Depretis (novembre 1882•maggio 1883); Depretis (maggio 1883-marzo 1884); Depretis (marzo 1884-,giugno 1885); Depretis (giugno 1885,maggio 1886); Depretis (aprile-luglio 1887); Crispi (luglio 1887-marzo 1889); Crispi (mar.ro 1889-novembre 1890); Crispi (dicembre 1890-febbraio 1892); Di Rudinl (febbraio 1892-maggio 1892); Giolitti (maggio-dicembre 1892); Giolitti ( dicembre 1892-dicembre 1893); Crispi ( dicembre 1893-giugno 1895); Crispi (giugno 1895-mar.i:o 1896); Di Rudinì (marzo.luglio 1896); Di Rudinl (luglio 1896smarzo 1897); Di Rudinì (aprile-dicembre 1897); Di Rudinì (dicembre 1897-giugno 1898); Di Rudinì (giugno 1898); Pelloux (giugno 1898-maggio 1899); Pelloux (giugno 1899-giugno 1900); Saracco (novembre 1903-novembre 1904); Giolitti (novembre 1904-marzo 1905); Fortis (mar.i:o-dicembre 1905); Fortis (dicembre 1905-febbraio 1906); Sonnino (febbraio-maggio 1906); G iolitti (maggio 1906-marzo 1909); Giolitti (marzo-dicembre 1909); Sonnino (dicembre 1909-marw 1910); Luz. zati (marzo 1910-marzo 1911); Giolitti (marzo 1911-novembre 1913); Giolitti (novembre 1913-mar.i:o 1914); Salandra (marzo-novembre 1914); Salandra (novembre 1914-giugno 1916). (17) Gruppi della borghesia intellettuale di formazione giacobina e mazziniana furono i primi a sollecita.re sistemi tributari meno gravosi per i celi dei lavoratori dipendenti e l'allargamento del cliritto di voto ai cittadini non abbienti operai e artigiani; nel 1892 si costituì il partito socialista italiano con una rappresentanza parlamentare di uomini insigni; l '« Opera dei Congressi cattolici» cominciò, nella dell'enciclica di Leone XIII Rerum novarum, ad organizzare l'intervento dei cattolici nella vita pubblica. La presenza dei cattolici e l'avanzata socialista progressivamente crescente introdussero a mano a mano i ceti modesti nella vita pu~ blica e costrinsero i governi a procedere sulla via della legislazione sociale, dove peraltro il cammino fu lento e periglioso.
(18) Nicola Marselli, Gli avvenimenti del 1870-1871. Voi. I, Loeschor, Torino, s.d., p. 141. (19) Ministero della Guerra, Raccolta dei programmi di ammmtone e di insegnamento nelle scuole militari del regno. Voghera Carlo, Roma 1875. I ,programmi di ammissione e d'insegnamento negli istituti militari, le norme di vita e di funzionamento cli quc~1i ultimi e le tabelle relative graduali e numeriche subirono, nel tempo, variazion.i, aggiunte, aggiornamenti e vere e proprie rielaborazioni. Citiamo: le modifiche apportate all'ordinamento della scuola di guerra con le quali, tra l'altro, si estese l'ammissione anche agli ufficiali provenienti dai sot· tufficiali, si ridussero i vantaggi cli carriera, si limitò il numero degli ammittendi ai corsi (Atto 134 [nota 4] del 26-X-1876 nel G.M. 1876, pp. 309-315); il nuovo Regolamento per l'ammissione ai collegi militari, alla scuola militare ed all'ac· cademia militare del 1888 (atto 18 del 22-I -1888 nel G.M. 1888, pp. 28-29) che sostituì quello del 1875 (atto n. 242, nota n. 81, del 25-XII-1875 nel G.M. ,p. 418419); il nuovo Regolamento per la scuola di guerra del 1888 (atto 38 del 4-111-1888 nel G.M. 1888, p. 75); il Regolamento per la scuola di applicazione di sanità militare del 1888 (atto 53 del 25-111-1888 nel G.M. 1888, p. 122) che fu modificato da altro, con atto n. 208 del 5-XI -1896 nel G.M. p. 437; il nuovo Regolamento per la scuola d'applicazione d'artiglieria e del genio (atto 192 del 6-X-1891 nel G.M. 1891, p. 505); la nuova rielaborazione del Regolamento per l'ammissione ai collegi militari, alla scuola militare ed all'accademia militare (atto 228 del 10-XIl-1891 nel G.M. 1891, p. 583); il nuovo Ordinamento degli studi nei collegi militari (atto 208 del 28-V-1908 nel G.M. 1908, pp. 450-451).
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(20) Nel 1883 fu istituito un quarto collegio militare a Roma che si aggiunse a quelli di Milano, Napoli e Firenze (atto 176, nota 120, del 26-VII-1883 nel G.M. L883, p. 791 che richiama la legge 831, serie 3•, del 29-VI-1882 e la legge 1468, serie 3", del1'8-VII-1883) e nel 1886 ne fu istituito un quinto a Messina (atto 123, del 31-VIII-1886 nel GM. 1886, p . 235). Successivamente nel 1895 i collegi militari di Milano, Firenze e Messina vennero soppressi (atto 184, del 19-IX1895 nel G.M. 1895). (21) La scuola centrale di tiro d'artiglieria fu istituita in Nettuno con R.D. 24-VI-1888 (atto 131 nel G.M. 1888, p . 320) su di una batteria da cm 9, una da cm 7 ed una compagnia da fortezza per studi ed esperienze balisùci e per corsi di specializzazione sui vari materiali. Nel 1898 la scuola ebbe il compito dell'insegnamento pratico del tiro agli ufficiali dell'arma (atto 26 del 30-XII-1897 nel G.M. 1898, p. 93 e 94 ). Nel 1908 fu istituita la scuola centrale di tiro da fortezza (atto 307 del 1-YIIl-1908 nel G.M. 1908, p. 750-755). La scuola di applicazione di sanità militare fu istituita in Firenze nel 1882 (atto 205, nota 97, del 16-Xl-1882 nel G.M. 1882, p. 701) che richiama la legge 831, serie 3•, <lei 29-Vl-1 882). (22) G.M . 1871, pp. 941-946; R.D. dell'll-Xl-1871. (23) Nicola Marselli, La vita del reggimento, Enrico Voghera, Roma 1903, pp. 91-92.
(24) Ludovico Cisotti, Cinquantesimo anniversario delta Rivista Militare Ita· liana - Sguardo storico retrospettivo e ricordi, Voghera Enrico, Roma 1906. Indice Generale della Rivista Militare Italiana, Voghera Carlo, Roma 1887.
(25) C.M. 1872, parte 2·, circ. n. 81 del 29-VI-1872, p. 274. (26) Carlo Corsi, generale, Nacque a Pirenze il 26-X-1826 e morl a Genova il 30-Y-1905. Nel 1844 si arruolò volontario negli zappatori del genio dell'armata sarda. Ottenuto il congedo con il grado di sergente, si arruolò nel II battaglione fiorentino di volontari e nel 1838 prese parte ai fatti d'arme di Curtatone e Montanara. Nel 1859, quale capitano di stato maggiore, venne addetto al comando del V corpo d'armata (principe Gerolamo Bonaparte). Nel 1860 entrò con il suo grado di capitano nel corpo di stato maggiore dell'armata sarda. Nella campagna del 18601861 si guadagnò due medaglie d'argento al valor militare. Nel 1866 fu sottocapo di stato maggiore <lei I corpo d'armata e combatté a Custo'.i:a, guadagnandosi la croce dell'Ordine militare di Savoia. Nel 1871 fu invia•o come osservatore a visitare i campi di battaglia della guerra franco-pr ussiana. Nel 1882 fu nominato comandante in 2' <lei corpo di stato maggiore e nel 1884 comandante della scuola di guerra, carica che tenne fino al 1892. Comandò, <lai 1892, un corpo d'armata. Scrisse: Con• feren1.e d'arte militare; Delle vicende del primo corpo d'armata durante il primo periodo della campagna del 1866; Venticinque anni in Italia dal 1848 al 1870; Un'escursione in Prussia ed in Francia; Di alcuni frutti della guerra del 18701871; Sommario della storia militare in 3 volumi; Storia della campagna del 1866; Tattica; Guerra di montagna; Sicilia - Studio storico, politico, sociale; Italia 18701895. Fu, con il Marselli, uno <lei creatori di una nuova cultura militare sia attraverso l'insegnamento nella scuola di guerra sia attraverso i suoi scritti storici e di tattica. (27) Rivista Militare Italiana, Giornale d'artiglieria e del genio, L'Italia militare (fino al 1886 ). (28) Carlo Corsi, Dello studio dell'arte militare, in Rivista Militare Italiana: Tomo III, luglio, agosto e settembre 1874.
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FILIPPO STEFANI
(29) Nicala Marsel/i, generale, nato a Napoli il 5 novembre 18.32 e deceduto a Roma i:l 26 aprile 1899. Tra gli scritti militari citiamo: L'arma del genio negli eserciti; Grandi comandi per le armi speciali; L'istruzione militare e l'economia; Gli avvenimenti del 1870-1871; La guerra e la sua storia, che fu la sua opera fondamentale; La vita del reggimento. Scrisse inoltre di altri argomenti: L'architettura in relazione alla storia del mondo; Saggi di critica storica; La ragione della musica moderna; La scienza deUa storia; La rivoluzione parlamentare del marzo 1867; Gli italiani nel mezzogiorno; Raccogliamoci; ecc. A 10 anni entrò nel collegio della Nunziatella; nel 1850 fu nominato alfiere nel genio; nel 1860 con til grado di capitano passò all'arma del genio dell'esercito italiano; nel 1866 partecipò alla campagna e fu insignito della croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia; nel 1867 fu insegnante di storia generale e di storia militare nella scuola di guerra; nel 1871 fu trasferito nel corpo di stato maggiore; nel 1878 con i:l grado di colonnello fu capo di statomaggiore prima del III e poi del VII corpo d'annata; nel 1882 comandò il 1" reggimen to fanteria e successivamente il 4" reggimento fanteria fino al 1884; da generale di brigata fu chiamato all'incarico di sottosegretario di Stato presso il ministro Ricotti e poi comandò Ja brigata Modena; da tenente generale conmandò la divisione militare di Catanzaro e successivamente fu comandante in 2• del corpo di stato maggiore. Promosso comandante del corpo d'armata di Bologna cadde malato. Fu deputato dal 1874 in poi per 5 legislature. Diresse anche per un certo periodo la Rivista militare Italiana e la parte scientitiica de L'Italia militare. (.30) Norme per la divisione di fanteria nel combattimento (atto 16.3, nota 228, del .30-VII-188.3 nel G.M. 188.3, p. 690), abrogate con atto 107 del 16-VII-1885 nel G.M. 1885, p. 193. Norme generali per !',impiego delle tre armi nel combattimento (atto 94 del 28-V-1891 nel G.M. 1891, p. 242) e (atto n. 10.3 del 6-VI-1891 nel G.M. 1891, pp. 284-285), sostituite con Norme generali per l'impiego tattico delle grandi unità in guerra (atto 119 del 16-IV-190.3 nel G.M. 189.3, p . .348). (31) Tecnica d'impiego. La regolamentazione di tecnica d'impiego fu tenuta costantemente a giorno a mano a mano che venivano introdotte in servizio nuove armi e nuovi mezzi e venivano esperimentati nuovi procedimenti o nuove modalità di azione, apportando aggiunte e varianti ai testi in vigore o procedendo alla loro rielaborazione quando era necessario modificarli sostanzialmente. Il Regolamento d'esercizio e di evoluzioni della fanteria era stato sostituito con il Regolamento d'eseràzio e di evoluzioni per le truppe a piedi -il 4-XII-1869, al quale fu aggiunta un'« appendice» (nota .39 del 18-VIII-1871 nel G.M. 1871, p. 5.39) riguardante gli esercizi d i girmastica coll'arme e gli esercizi di ginnastica agli ordigni e modificata successivamente (nota 165 del 26-VIII-1871 nel G.M. 1871, p. 725); venne modificato ancora con nota n. 1 del 28-III-1872 (G.M. 1872, pp. 1.301.36) e successivamente con nota n . 4 del l-V-187.3 (G.M. 187.3, pp. 1.35-1.36) e con atto n. 2.34, nota n. 1, del 9-XII-1875 (G.M. 1875, pp . .369-370); fo nuovamente chiamato Regolamento di esercizio e di evoluzioni per la fanteria e ne fu pubblicata una nuova edizione con atto n. 95, nota n. 10, del .30-VI-1876 (G.M. 1876, pp. 204-205) che sostituì. il Regolamento d'esercizio e di evoluzioni per le truppe a piedi del 4-XII-1869; la nuova edizione constò di 5 fascicoli: istruzione individuale e di plotone, evoluzion-i di compagnia e di battaglione, evoluzioni di brigata e riviste e parate, istruzione per l'applicazione del Regolamento di esercizio e di evoluzioni per la fanteria, istruzione per gli esercizi di ginnastica e di scherma col fucile. Nello s tesso anno con atto n. 105, nota 11, del 1.3-VIII (G.M. 1876, p. 2.3.3) fu pubblicata l'Istruzione per gli esercizi di ginnastica e di scherma col fucile che abrogò la scherma col bastone. Con atto n. 101, nota 4, del 1-V-188.3 (G. M. 1883, p. 1.35) furono introdotte nel regolamento di esercizi modificazioni
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relative all'ordine spar6o cd all'ordine misto ed alle formazioni. Ma nel 1889 fu sentita la necessità di aggiornare ancora una volta la tecnica d'impiego della fan. teria e fu pubblicato, in via sperimentale, un nuovo Regolamento d'esercizio per la fanteria su 3 volumi, dei quali: il primo riguardante l'istruzione individuale, di riga e di plotone ((aHo n. 229 del 22-X-1889 nel G.M. 1889, p . 635); il secondo l'istruzione di compagnia e di battaglione ed il fuoco di fanteria nel combattimento (atto n. 248 dell'll-XI-1889 nel G.M. 1889, p. 670); il terw l'istruzione di più battaglioni ed il conte&,no e i doveri nel combattimento, con un allegato sulle prescrizioni per le esercitazioni di combattimento (atto 11. 84 del 25-IV-1890 nel G.M. 1890, p. 180). L'edizione provvisoria sperimentale fu sostituita con atto n. 24 del1'11-II-1892 (G.M. 1892, p. 28) da quella definitiva in un -solo volume del 1892, a questa fece seguito l'Istruzione per gli esercizi di ginnastica e di scherma col fucile che ne sostitul l'allegato (atto n. 47 del 16-III-1892 nel G.M. 1892, p. 64) L'edizione del 1892 venne successivamente, a sua volta, sostituita da un'altra con atto n. 165 del 18-VI-1907 (G.M. 1907, parte 2•, p. 317), alla quale fecero seguito alcune aggiunte con atto 350 del 25-Xl-1907 (G.M. 1907, parte 2•, .p. 875). Anche l'Istruzione per gli esercizi di ginnastica e di scherma col fucile del 1892 venne sostituita da una Nuova istruzione di ginnastica militare (atto n. 43 del 22-II-1900 nel G.M. 1900, p . 54) che venne poi estesa a tutte le armi (atto n. 57 del 14-III-1907 nel G.M. 1907, p. 209). Il R egolamento d'esercizio e di evoluzioni della cavalleria ebbe una sua prima nuova edizione nel 1872 (nota n . 17 del 1-Xl-1872 nel G .M. 1872, p. 518), sostituita da altra il 1-Vlll-1873 (G.M. 1873, p. 215) cui furono apportate modifiche con atto n. 8, nota n. 6, del 20-1-1876 (G.M. 1876, pp. 10-15). Una seconda edizione, riveduta e corretta, fu pubblicata con nota n. 35 del 1-VIIl-1883 (G.M. 1883, p. 215); una terza vide la luce: il .primo volume con atto n . 46 del 13-IV-1885 (G.M. 1885, p. 68), il secondo con atto n. 65 del 20-V-1885 (G.M. 1885, p. 125) ed il terzo con atto n. 76 del l -V-1885 (G.M. 1885, p. 147). Nel 1889 il regolamento venne ancora una volta rielaborato e fu pubblicato in via sperimentale con atto n. 264 del 1-Xll-1889 (G.M. 1889, p. 698) il primo volume, con atto n. 15 del 24-1-1890 (GM. 1890, p . 54) il secondo, con atto n. 83 del 25-IV-1890 (G.M. 1890, p. 180) il terzo; fece seguito a quella sperimentale, l'edizione definitiva con atto n. 1 del 3-1-1891 (G.M. 1891, p. 1) il primo volume, con atto n. 38 del 12-III-1891 (G.M. 1891, p. 185) il secondo e con atto n. 92 del 24-V-1891 (G.M. 1891, p. 241) il terzo. All'edizione definitiva vennero poi apportate aggiunte e varianti con atto n. 194 del 9-X-1892 (G.M. 1892, p. 467) e con atto n. 221 del 30-Xl-1892 (G.M. 1892, p. 508). L'edizione c..lel 1891 venne abrogata e sostituita con altra di cui alle note n. 13 del 16-1-1896 (G.M . 1896, p. 19); n. 33 del 10-II-1896, p. 50) e n. 94 dol 28-V-1896 (G.M. 1896, pp. 147-148); all'edizione del 1896 furono apportate varianti con nota n. 193 del 15-X-1904 (G.M . 1904, p . 799); il primo volume dell'edizione del 1896 venne sostituito con altro diramato con nota n. 246 del 20-X-1901 (G.M. 1901, pp. 701-702), a:l quale furono apportate varianti con atto n. 295 del 30-Xl-1902 (G.M. 1902, pp. 903-904). « Regolamento di esercizio e d'istruzioni militari varie per l'arma dei carabinieri reali» (atto n. 230 dell'8-XII-1892 nel G.M. pp. 518-519), sostituito da altro con atto n. 165 del 13-VII-1901 nel G.M., p. 349. Le « Istruzioni pratiche di artiglieria» - raccolta di pubblicazioni a fascicoli riguardanti, ciascuno, uno o più argomenti tattici e tecnici propri dell'arma - ebbero vita movimentata soggette come furono ad aggiunte, varianti, rifacimenti, inserimenti e rielaborazioni in seguito al mutare dei criteri e delle tecniche d'impiego, all'introduzione in servizio di nuovi materiali ed ai risultati dell'esperienze che venivano a mano a mano compiute dalla scuola centrale di tiro d'artiglieria. Con nota n. 7 del1'11-1-1871 (G.M. 1871, pp. 7-8) fu pubblicata una Nuova istruzione a piedi per l'artiglieria che con nota n. 184 del 10-X-1871 (G.M . 1871, p. 862) venne estesa
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anche al corpo zappatori del genio. Elenchiamo di seguito iin ordine di tempo le principali pubblicazioni riguardanti le aggiunte, le varianti e le sostituzioni apportate alle istruzioni pratiche <l'artiglieria: atto n. 14 del 12-I-1884 (G.M. 1884, p. 19) riguardante l'Istruzione suite evoluzioni e sullo schieramento delle batterie da campagna e da montagna; atto n. 75 del 24-IV-1884 (G.M. 1884, p. 241) con aggiunte e varianti al Vol. 11 tit. I ed al Vol. VII tit. III delle istruzioni; atto n. 77 del 1-V-1884 (G.M. 1884, p. 245) con varianti all'Istruzione sul cavalcare e sulle evoluzioni delle batterie da campagna relative al Vol. Il, tit. I; atto n. 152 del 14-V1111884 (G.M. 1884, p. 593), atto n. 172 del 5-IX-1884 (G.M. 1884, p. 675) e atto n. 180 del 18-IX-1884 (G.M. 1884, p. 607) riguardante aggiunte e varianti ai vari volumi delle istruzioni; atto n. 198 del 16-X-1884 (G.M. 1884, p. 734) con varianti all'lstru:zione sutl'ammaestramento tattico delle truppe di artiglieria da campagna; atto n. 231 del 12-Xll-1884 (G.M. 1884, p. 855) con la nuova edizione di tutte le tavo1e di tiro delle bocche da fuoco in servizio tanto di modello regolare quanto di modello vario raccolte in un solo volume in tanti fascicoletti quante sono le bocche da fuoco; alto n. 209 del 12-Xl-1884 (G.M. 1884, p. 777) che pubblica la ristampa del volume I, titolo I delle istruzioni; atto n. 14 del 12-11-1885 (G.M. 1885, p. 25-26) che pubblica una nuova edizione del volume Hl, titolo III delle istruzioni ed apporta varianti ad altri volumi; atto n. 56 del 1-V-1885 (G.M. 1885, p. 101) che sosti,uisce il volume II, titolo II delle istruzioni ed apporta varianti al volume VII, atto n. 72 del 31-V-1885 (G.M. 1885, p. 145) che sostituisce il volume III, titolo Il della precedente edizione; nota n. 166 del 30-X-1885 (G.M. 1885, p. 332) che sostituisce il volume VI, titolo Il; atto n. 4 del 7-1-1886 (G.M. 1886, pp. 5-6) che sostituisce il Voi. II, titolo I, il vol. III, titolo Il, il vol. III, titolo III, il Vol. VI, titoli I e II della vecchia ecfuione; atto n. 67 del 30-IIl-1887 (G.M. 1887, pp. 167-168) che apporta aggiunte e varianti o sostituisce il Vol. III, titolo Il, il Voi. VI , tiL. II, il Val. VI, tit. III, il voi. VII, tit. IV della vecchia edizione; atto n. 254 del 20-Xl-1887 (G.M. 1887, p. 785), che pubblica una nuova edizione del vol. I, ut. I ; atto n. 262 del 15-XIl-1887 (G.M. 1887, p. 804) che sostituisce l'istruzione sulle anni portatili; atto n. 56 del 27-III-1888 (G.M. 1888, pp. 124-125) che apporta aggiunte e varianti al vol. VI tit. I per l'introduzione dei pezzi da 9 in lamiera e Io shrapnel a diaframma con spoletta a doppio effetto M 1887; atto n. 255 del 16-XII-1888 (G.M. 1888, p. 610) che riguarda l'istruzione sul servizio delle artiglierie da costa; atto n. 38 del 18-II-1889, p. 65) che apporta aggiunte e varianti sul servizio delle artiglierie <l'assedio; atto n. 94 del 9-V-1889 (G.M. 1889, p. 187) che apporta aggiunte e varianti al Voi. VIII, tit. III ed al Vol. V. tit. I ; atto n. 213 del 30-IX-1889 (G.M. 1889, p. 615) che riguarda l'affardellamento per le truppe d'artiglieria da campagna ed a cavallo; atto n. 231 del 24-X-1889 (G.M. 1889, p. 638) che apporta aggiunte e varianti al Voi. VI, tit. IV; atto n. 29 del 21-II-1890 (G.M. 1890, p. 72) con aggiunte e varianti relative all'artiglieria da fortezza, d'assedio e da costa; atto n. 58 del 4-IV-1890 (G.M. 1890, p. 142) riguardante il puntamento e tiro delle artiglierie da costa; atto ·n. 73 del 14-IV-1890 (G.M. 1890, p. 164) con varianti al Voi. I, tit. I delle istruzioni; atto n. 193 del 20-X-1890 (G.M. 1890, pp. 373-374) con varianti al voi. VII tit. VI riguardanti il puntamento e tiro delle artiglierie da costa; atto n. 17 del 30-1-1891 (G.M. 1891, pp. 157-158) che pubblica l'Istruzione sul servizio delle artiglierie d'assedio ed avancarica; atto n. 39 del 13-III-1891 (p. 185) con aggiunte e varianti al Vol. III, tit. I; atto n. 152 del 17-VIIl-1891 (G.M. 1891, p. 399) con l'Istruzione sulle manovre di forza per le artiglierie da costa; atto n. 63 del .3-IV-892 (G.M. 1892, pp. 181-182) che riguarda le aggiunte e varianti a tutte le tavole di tiro in vigore per le artiglierie da campagna, d'assedio e da costa; atto n. 87 del 2-V-1892 (G.M. 1892, p. 278-279) relativo all'Istruzione sul servizio delle munizioni che sostituisce il Voi. VI, tit. Il, III e IV ed altre istruzioni provvisorie; atto n. 149 del 20-VIl-1892 (G.M. 1892, p. 390) con aggiunte e varianti al Vol. III, tit. I e IV;
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atto n. 170 del 30-VIII-1892 (G.M., pp. 423-424) riguardante l'Istruzione sul servizio d'artiglieria nelle fortezze che abolisce le edizioni del 1880 e del 1889; atto n. 170 del 30-VIIl-1892 (G.M. 1892, p. 423) con l'Istruzione sul servizio d'artiglieria nelle fortezze; at·to n. 82 del 26-V-1893 (G.M. 1893, pp. 181-182) che riguarda l'Istruzione sul tiro per l'artiglieria da campagna, a cavallo e da montagna la quale sostituisce il Voi. Il, tit. I , il Voi. VII, cit. III, l'appendice al Voi. VII, tit. III, il Voi. VII, tit. IV, ed altre; atto n. 127 del 4-VIII-1893 (G.M. 1893, p. 295) con aggiunte e varianti all'Istruzione sul servizio delle artiglieria da costa; atto n. 135 del 12-VIII-1893 (G.M. 1893, pp. 315-316) con aggiunte e varianti sull'istruzione sulle munizioni; atto n. 44 del 7-III-1894 (G.M. 1894, p, 124) con aggiunte e varianti all'Istruzione sul servizio delle artiglierie d'assedio; atto n. 44 del 7-III-1894 (G.M. 1894, p. 124) con aggiunte e varianti all'Istruzione sul servizio delle artiglierie d'assedio; atto n. 58 del 1-IV-1894 (G.M. 1894, p. 268) con aggiunte e varianti al Voi. V, tit. I ; Voi. VIII, tit. III e all'Istruzione sul servizio d'artiglieria delle fortezze; atto n. 79 del 1-V-1894 (G.M. 1894, p. 301) con aggiunte e varianti all'Istruzione sul tiro per l'artiglieria da campagna, a cavallo e da montagna; atto n. 66 del 29-Ill-1895 (G.M. 1895, p. 146) con aggiunte e varianti all'Istruzione sulle artiglierie da costa ed all'istruzione per l'esecuzione delle scuole di tiro a mare; atto n. 98 del 13-V-1895 (G.M . 1895, p. 245) con aggiunte e varianti all'Istruzione sul servizio delle artiglierie d'assedio; atto n. 82 del 30-IV1897 (G.M. 1897, p. 206) che pubblica l'Istmzione tattica per le batterie da campagna ed a cavallo in so~titm:ione del Voi. VI , tit. I, dell'Istruzione per l'ammaestramento tattico delle truppe di artiglieria da campagna e dell'Istruzione sulla scuola di posizione e sul rifornimento delle munizioni, atto n. 88 del 6-V· 1897 (G.M. 1897, pp. 211-212) con nuova edizione del Voi. VIII, tit. III; atto n. 227 del 19-X-1897 (G.M. 1897) relativo all'Istruzione .rul cond11"e ed all'istruzione sul caricare e condurrre bestie da soma per il Treno di artiglieria; atto n. 133 del 22-VIl-1897 (G.M. 1897, p. 364) riguardante l'Istruzione sul cavallo; atto n. 228 del 20X-1897 (G.M. 1897, pp. 614-615) relativo all'Istr11zione sul servizio dei cannoni da 9 B, da 7 da campagna e da 7 per batterie a cavallo in sostituzione del Vol. III, tiit. II e Voi. VI, tit. II; atto n. 229 del 20-X-1897 (G.M. 1897, p. 615) con Istruzione a piedi per l'artiglieria da campagna, a cavallo e da montagna in sostituzione del Voi. I, tit. I; atto n. 266 del 6-XII-1897 (G.M. 1897, p(I. 684-685) con la nuova Istruzione sul tiro per l'artiglieria da campagna e a cavallo in sostituzione di quella del 1893; atto n. 31 del 2-II-1898 (G.M . 1898, pp. 98 e 99) relativo all'Istruzione tattica per le batterie da montagna in sostituzione del Voi. IV, tit. II; :itto n. 62 del 15-IIT-1898 (G.M. 1898, p. 166) riguardante l'Istru:done sulle armi portatili per l'artiglieria da campaf!,na, a cavallo e da montagna in sostituzione del Voi. I , tit. II; atto n. 70 del 22-111-1898 (G.M. 1898, pp. 175176) relativo all'Istruzione sul tiro per l'artiglieria da montagna; atto n. 76 del 30-III-1898 (G.M. 1898, pp. 184-185) riguardante l'Istruzione sul servizio del cannone da 7 da montagna in sostituzione del Voi. III, tit. III; atto n. 126 del 16 VI-1898 (G.M. 1898, ,pp. 254-255) riguardante l'Istruzione sul cavallo; l'Istru· zioni sul condu"e; fistruzione sul servizio dei cannoni da 9B, da 7 da campagna, da 7 per batterie a cavallo, l'Istruzione tattica delle batterie da campagna ed a cavallo; l'Istru:done sul tiro per l'artiglieria da campagna ed a cavallo; l'Istruzione tattica per le batterie da montagna; le formazioni delle batterie da 7 da montagna; !;Istruzione a piedi per l'artiglieria da campagna, a cavallo e da montagna, l'Istruzione sul tiro delle artiglierie d'assedio iin sostituzione delle precedenti edizioni; atto n. 139 del 6-VII-1898 (G.M. 1898, pp. 271-272) relativo all'Istruzione a piedi per l'artiglieria da costa e da fortezza; in sostituzione del Voi. I , tit. II; atto n. 145 del 15-VII-1898 (G.M . 1898, pp. 280-281), atto n. 234 del 29-X-1898 (G.M. 1898, p. 582) e atto n. 229 del 24-Xl-1898 (G.M. 1898, pp. 519-520) reJati~o all'Istruzione sulla costruzione delle batterie d'assedio in ~
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stituzione del Vol. VIII, tit. I, Vol. III, tit. Il, Vol. VIII, tit. III delle precedenti istruzioni; atto n. 227 del 22-XI-1898 (G.M. 1898, p. 520) relativo all'Istruzione sul giuoco balistico per l'artiglieria da campagna ed a cavallo; abolita successivamente con atto n. 26 del 2-11-1905 nel G.M., p. 82; atto n. 228 del 22-Xl· 1898 (G.M. 1898, pp. 520-521) riguardante l'Istruzione sul giuoco balistico per l'artiglieria da montagna; atto n. 28 del 2-lll-1900 (G.M. 1900, pp. 41 e 42) e atto n. 150 del 1-VIII-1900 (G.M. 1900, p. 450) con aggiunte e varianti varie alle istruzioni pratiche d'artiglieria; atto n. 254 del 18-XII-1900 (G.M. 1900, p. 719) con aggiunte e varianti alle istruzioni pratiche in vigore; atto n. 62 del 21-II-1901 (G.Af. 1901, p. 178), atto n. 63 del 21-III-1901 (G.M. 1901, p. 178), atto n. 100 del 16-V-1901 (G.M. 1901, p. 238) relativi ad agginute e varianti riguardanti le artiglierie da assedio e le artiglierie da campagna, da montagna ed a cavallo; atto n. 211 del 5-IX-1901 (G.M. 1901, pp. 550-551) atto n. 217 del 16-IX-1901 (G.M. 1901, pp. 572-573), atto n. 226 del 30-IX-1901 {G.M., p. 587), atto n. 243 del 17-X-1901 (G.M. 1901, p. 697), atto n . 686 del 19-XIl-1901 (G.M. 1901, pp. 774775) riguardanti aggiunte e varianti delle precedentli edizioni; atto n. 277 del 10. XII-1901 (G.M. 1901, .p. 759) che pubblica la nuova Istruzione sul nuovo ma. feriale da campagna da 75 A; aHo n. 262 del 20-Xl-1901 (G.M. 1901, pp. 732733) riguardante l'Istruzione provvisoria sul nuovo materiale di artiglieria da campagna da 75 A; atto n. 38 del 13-1-1902 (G .M. 1902, p. 177) con Ja nuova Istruzione sul tiro delle artiglierie d'assedio; atto n. 19 del 26-IV-1902 (G.M. 1902, p. 314) che pubblica l'Appendice all'Istruzione sul servizio delle artiglierie d'assedio e l'istruzione sul servizio delle bocche da fuoco con installazione speciale; atto n. 109 del 13-V-1902 {G.M. 1902, p. 327) con l'Istruzione sul servizio delle artiglierie da costa in sostituzione del Voi. Ili, tit. IV; atto n. 129 del 10-V-1902 (G.M. 1902, p. 405), atto n. 186 del 24-Vll-1902 (G.M. 1902, p. 588); atto n. 188 del 24-VII-1902 {G.M. 1902, pp. 588-589) e atto n. 217 del 21-VIIl-1902 (G.M. 1902, pp. 672-673) che introducono aggiunte e varianti in vari volumi delle istruzioni ed in particolare all'Istruzione sulle munizioni e sulle armi portatili; atto n. 46 del 5-II-1903 (G .M. 1903, p. 99) con aggiunte e varianti all'istruzione su-I servizio delle artiglierie d'assedio e sul servizio delle bocche da fuoco con instal· lazione speciale; atto n. 167 del 5-Vl-1903 (G.M. 1903, pp. 495-496), atto n. 245 del 10-VIll-1903 (G.M. 1903, pp. 642-643), atto n. 246 dell'll-VIIl-1903 (G.M. 1903, p. 643), atto n. 247 dell'll-VIII-1903 (G.M. 1903, pp. 643-644), atto n. 261 del 31-VIIl-1903 (G.M. 1903, pp. 676-677), atto n. 262 del 2-IX-1903 (G.M. 1903, p. 677), atto n . 282 del 1-X-1903 (G.M. 1903, p. 707) e atto n. 283 del 1-X-1903 G.M. 1903, p. 709) con aggiunte e varianti ai vari volumi delle istruzioni pratiche e, in particolare, all'Istruzione sulle munizioni, sulle artiglierie d'assedio e sul materiale di artiglieria da campagna da 75 A; atto n. 6 del 6-1-1904 (G.M. 1904, p . 55) che sostituisce il Vol. V, tit. II riguardante l'artiglieria da costa; atto n. 83 del 4V-1904 (G.M. 1904, p. 330) che ,pubblica la nuova Istruzione sul tiro per l'artiglieria da campagna ed a cavallo; atto n. 151 del 30-VIl-1904 (G.M. 1904, p. 741) atto n. 180 del 23-Xl-1904 (G.M. 1904, p. 790) con aggiunte e varianti alle varie i-struzioni pratiche; atto n. 7 del 13-I-1905 (G.M. 1905, p. 4), atto n. 28 del 27-II-1905 (G.M. 1905, p. 82), atto n . 29 dell'-111-1905 (G.Af. 1905, p. 82), atto n. 75 del 12-V-1905 (G.M. 1905, p. 179), atto n. 112 del 3-VII-1905 (G.M. 1905, p. 381) e atto 172 del 29-Xl-1905 (G.M. 1905, pp. 512-513) con aggiunte e varianti ai vari volumi delle istruzioni; atto n. 50 del 12-IV-1905 (G.M. 1905, p. 119) che pubblica la nuova Istruzione tattica per le batterie da campagna ed a cavallo; atto n. 65 del 30-IV-1905 (G.M. 1905, p . 159) che pubblica la nuova Istru• zione provvisoria sul servizio del cannone da 75 A ; atto n. 83 del 26-V-1905 (G.M. 1905, p. 217) relativo alla nuova Istruzione sul materiale e sulle munizioni; atto n. 113 del 3-VIl-1905 (G.M. 1905, pp. 381-382) che abolisce le istruzioni sui cannoni ila 9 (87 B), da 7 (75 B) da campagna e da 7 (75 B) per le batterie a
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cavallo e da 7 (75 B) per le batterie da montagna; atto n . 18 del 12-I-1906 (G.M. 1906, p. 158), atto n. 116 del 10-V-1906 (G.M. 1906, p. 263), atto n. 130 del 26V-1906 (G.M. 1906, pp. 316-317), atto n. 132 del 4-VI-1906 (G.M. 1906, p. 319), e atto n. 247 del 16-X-1906 (G.M. 1906, p. 262), atto n. 248 del 17-X-1906 (G.M. 1906, p. 626) e atto n. 260 del 14-XI-1906 (G.M., pp. 666-667), tutti riguardanti aggiunte e varianti ai vari volumi; -atto n. 22 del 17-1-1906 (G.M. 1906, p. 38) che sostituisce la parte 1· dell'Istruzione sul condurre; atto n. 104 del 26-IV-1906 (G.M. 1906, p. 237) che sostituisce la parte 2• e la pane 3• dell'Istruzione sul condurre; atto n. 133 del 4-VI-1906 (G.M. 1906, p. 320) che pubblica aggiunte e varianti all'Istruzione sul tiro delle artiglierie d'assedio e di fortezza; atto n. 149 del 22-IV-1906 (G.M. 1906, p. 350) e atto n. 282 del 27-XII-1906 (G.M. 1907, pp. 10-11) e atto n. 213 del 25-VII-1907 (G.M. 1907, p. 478) con aggiunte e varianti all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa; atto n. 45 del 20II-1907 (G.M. 1907, p. 184), atto 11. 52 del 4-III-1907 (G.M. 1907, p. 192), atto n. 233 del 12-VIII-1907, p. 184), atto n. 52 del 4-III-1907 (G.M. 1907, p. 192), atto n . 233 del 12-VIIl-1907 (G.M., 1907, pp. 528-529) atto n. 267 del 18-IX-1907 (G.M. 1907, p. 719) con aggiunte e varianti alle varie istruzioni; atto n. 226 del1'8-VIII-1907 (G.M. 1908, p . 507) riguardante varianti all'Istruzione sul tiro per l'artiglieria da campagna ed a cavallo ed a quella sul Tiro per l'artiglieria da montagna; atto n. 231 del 12-VIU-1907 (G.M. 1907, p. 528) con varianti all'Istruzione sulle munizioni; atto n. 295 del 12-X-1907 (G.M. 1907, p. 758) che pubblica l'Istruzione per l'arti?Jieria nella fl.Uerra di fortezza; atto n. 229 del 23-VI-1908 (G.M. 1908, p. 500), atto n. 364 del 2-IX-1908 (G.M. 1908, p. ':J97) e atto n. 422 del 28-X-1908 (G.M. 1908; p. 1111) con aggiunre e varianti alle varie istruzioni; atto n . 214 del 16-VI-1908 (G.M. 1908, p. 455) con varianti all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa e sul servizio delle artiglierie da costa. Le Istruzioni pratiche del genio - raccolta di fascicoli analoga a quella delle Istruzioni pratiche di artiglieria - furono a mano a mano aggiornale completamente talché l'intera vecchia serie venne sostituita da una nuova nella quale le varie istruzioni mutarono collocazione e ordine progressivo. L'elencazione di alcune dà l'idea di come l'arma venne progressivamente ampliando i suoi compiti ed esten· dendo i suoi campi di azione: Istruzione sulle fortificazioni campali (atto n. 194 del1'8-X-1884 nel G.M., p. 730); Istruzioni sul servizio telegrafico in campagna (atto n. 67 del 6-IV-1884 nel G.M., ,pp. 232-233); Istruzione sul servizio delle sezioni da ponte delle compagnie zappatori (atto n . 154 del 23-XII-1866 nel G.M., p. 275); Istruzione per la telegrafia elettrica (atto n. 172 del 16-IX-1891 nel G.M., p. 484)~ Istruzioni sui materiali e sulle manodopere dei lagunari (atto n. 80 del 30-III-1892 nel G.M., p. 272); Istruzione sulle manopere dei pontieri (atto 11. 135 del 30-Vl-1892 nel G.M., pp. 368-369 e atto n. 192 del 2-XI-1892 nel G.M., p. 465); Istruzione a piedi per le truppe del genio (atto n. 9 dol 12-I-1893 nel G.M., p. 11); Istruzioni sul servizio da ponte (atto n. 185 del 27-XI-1893 nel G.M. , pp. 387-390); Istruzioni sulle armi e sul tiro per le truppe del genio (atto n. 86 del 17-V-1894 nel G.M., p. 321); e sue successive modificazioni (atto 11. 6 del 3-I-1898 nel G.M., .p. 12); Regolamento di esercizio per il genio (atto n. 248 del 23-XII1898 nel G.M., pp. 602-603); Istruzione sulle strade ordinarie e sui lavori di accampamento (atto n. 191 del 14-IX-1898 nel G.M., p. 404); Specialità del genio: zappatori, minatori, telegrafisti, pontieri, lagunari, ferrovieri, del treno e spectalistt (atto n. 58 del 27-Il-1898 nel G.M., pp. 154-164); Istruzione sulle colombaie (atto n. 15 del 18-I-1900 nel G.M., p. 13-14); Nuova istruzione sulla telegrafia elettrica, sulla telegonia e sulla telegrafia ottica (atto n. 240 del 4-XII-1900 nel G.M. 1900, p. 701); Istruzione sulle armi e sul tiro, sulla stima delle distanze e sull'equipaggiamento per le truppe del genio (atto n . 153 del 2-VIIl-1900 nel G.M., pp. 452453); Istruzione sui guadi provvisori e sulle gallerie per ferrovie {atto n. 48 del 4-TIT-1902 nel G:M., pp. 194-195); Istruzione sul servizio fotografico (atto n. 100
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del 26-IV-1902 nel G.M., pp. 314-315); Istruzione sul passaggio dei piccoli corsi d'acqua ((atto n. 127 del 22-IV-1903 nel G.M., pp. 370); Istruzione sulla telegrafia a segnali (atto n. 71 dr! 22-IV-1904 nel G.M., p. 320); Istruzione sulle stazioni ferroviarie e su congegni fissi di stazione (atto n. 137 del 20-VII-1904 nel G.M., pp. 463-464 ); Nuova istruzione sui materiali e le manopere dei lagunari (atto n. 102 del 23-VI-1905 nel G.M., pp. 286-287); Istruzione sul cavalcare e sul condurre per l'arma del genio (atto n. 237 del 26-VI-1908 nel G.M., p. 516) Norme per lo studio, l'esame e l'esecuzione dei progetti di opere di fortificazione (atto n. 192 del 29-V-1908 nel G.M., pp. 433-436). Furono spesso apportate aggiunte e varianti alle sopraindicate pubblicazioni ed alle altre costituenti la nuova serie delle istruzioni pratiche che compresero, come per l'artiglieria, anche istruzioni riguardanti i materiali, le tecniche d'impiego e le dotazioni dei parchi (Veds. nota n. 32).
Tattica e tecnica addestrativa. Istrtizione per l'ammaestramento tattico delle truppe di fanteria (nota n. 4 del 17-V-1872 nel G.M., pp. 197-198) in sostituzion@ delle Norme e prescrizioni del 15-IV-1871 e dell'Istruzione sul servizio di sicu reua delle truppe in campagna; Istruzione per l'ammaestramento tattico della cavalleria (nota n. 8 del 4-VII-1872 nel G.M., pp. 322-325) in sostituzione delle Norme e prescrizioni del 15-IV-1871 e l'Istruzione sul servizio di sicurezza delle truppe in campaJl.na; Norme per la manovra coi quadri esercitazioni tattico-logistiche sul terreno (atto n. 124, nota n. 74, del 17-VI-1875 nel G.M., p. 215), restaurate con atto n. 183 , nota n. 230 del 1-IX-1883 nel G .M., pp. 717-718; Re?,olamento di manovra per la fanteria (atto n. 234, -nota n. 1, del 9-XII-1875 nel G.M., p. 369) in base alle deduzioni tattiche della guerra 1870-1871 ed a modifiia delle presrrizioni del 1873 ), sostituito di 3 volumi, dei quali il primo edito nel 1875, il secondo cd il terzo nel 1876 (nota n. 28 e circolare n. 44 rispettivamente del 2-II-1876 nel G.M., p. 78 e del 20-III-1876 nel G.M., pp. 107); Nnrme relative alle esercitazioni con nemico segnato (atto n. 51-, nota n. 1, del 22-IIl-1876 nel G.M., pp. 143-144); Norme generali per i campi d'istruzione (atto n. 47 del 14IV-1885) nel G.M., pp. 68-70); Istruzione per le esercitazioni di combattimento (atto n. 151 del 31-VII-1892 nel G.M., p. 393) che abrogò e sostitul le prescrizioni analoghe contenute nell'ali. 2 al Regolamento di esercizio per la fanteria, le Norme per le manovre coi quadri del 1-IX-1885, gli Esercizi di manovra coi quadri del 31-VIIl-1885 e l'lstruzùme per le manovre sulla carta del 1884; Istruzione per f!.li allievi ufficiali di complemento e per gli allievi sergenti; (atto n. 155 del 12X-1885 nel G.M., p. 320) abrogata da una nuova edizione dell'Istruzione per le esercitazioni di combattimento; alto n. 31 del 31-VII-1892 nel G.M., p. 393); e atto n. 87 del 17-IV-1895 nel G.M., t,p. 225-230 e atto n. 104 del 6-V-1902 nel G.M., pp. 321-322); Norme per le manovre d'assedio coi quadri da inserire nella Istruzione per le esercitazioni di combattimento (atto n. 182 del 25-VIII-1898 nel G.M., p. 365) sostituite da una nuova edizione nel 1901 (atto n. 257 del 9-Xl-1901 nel G.M., p. 724); Grandi esercitazioni ed esercitazioni annuali (atto n. 216 del 27-XII-1907 nel G.M., pp. 727-732). (32) Istruzione sul tiro del moschetto automatico a retrocarica per l'artiglieria nota n. 57 del 23-III-1871 nel G.M., p. 185); Trasformazione a retrocarica dei moschetti d'artiglieria (nota n. 58 del 23-III-1871 nel G.M., p. 186); Armi a retrocarica di piccolo calibro modello Remington (nota n. 59 del 22-IIl-1871 nel G.M., pp. 186-188); Istruzione sul fucile e sulla carabina modello Remington (idem); Istruzione per il tiro col fucile modello 1870; Istruzione coll'arme pel fucile modello 1870 (nota n. 13 del 10-IX-1872); Nuova istruzione per il tiro col fucile modello 1870 (nota n. 15 del 26-X-1872 nel G.M., p. 508); Istruzione sulle armi e sul tiro per la fanteria (atto n. 110, nota n. 52 del 20-Vl-1874 nel G.M., pp. 258259) che abroga le precedenti; Istruzioni sulle armi e sul tiro per la cavalleria (atto
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n. 115, nota n. 73, del 10-VI-1875 nel G.M., p. 206). L'Istruzione sulle armi e sul tiro per la fanteria del 20-VI-1874, alla quale furono apportate varianti con atto n. 149, nota n. 195, del 14-VIII-1889 nel G.M., pp. 548-549, venne sostituita con atto n. 31, nota n. 154, del 24-II-1881 nel G.M., pp. 106-107; tale edizione venne poi sostituita da altra con atto n. 19 del 2-III-1885 nel G.M., pp.30-31 e q uesta ultimà, a sua volta, da altra edita nel 1888 con atto n. 243 del 23-XI-1888 nel G.M., pp. 587-588; nel 1889 fu edita una nuova Istruzione sulle armi per la fanteria riferita esclusivamente alle armi modello 1870-1874 (atto n. 61 del 31-III-1889 nel G.M., p. 133) che lasciò in vigore quella del 1882 per le unitl armate del mod. 1870; nel 1891 l'Istruzione sulle armi per la fanteria venne rielaborata e pubblicata (atto n. 93 del 24-V-1891 nel G.M., p. 241) in sostituzione di puella del 1889 e successivamente, in seguito all'adozione delle armi rood. 1891 (atto n. 57 del 29-III-1892 nel G.M., p. 81), corredata da aggiunte e varianti con atto n. 15 del 30-I-1892 (G.M., p. 11); una nuova edizione vide la luce con ,atto n. 33 del 1-III-1892 (G.M., p. 49), a sua volta sostituita da altra con atto n. 75 del 23-IV-1894 (G.M., p. 296) la quale lasciò in vigore, peraltro la parte relativa alle armi bianche della precedente edizione; dopo che coll'edizione del 1894 erano state apportate diverse aggiunte e varianti (atto n. 60 del 15-III-1895 nel G.M., pp. 120125; atto n. 64 del 15-III-1895 nel G.M., pp. 130-135; atto n. 104 del 17-V-1895 nel G.M., p. 266; atto n. 127 del 19-Vl-1895 nel G.M., p. 310; atto n. 19 del 18-1-1897 nel G.M., p. 19), l'istruzione venne rielaborata ed edita in 2 volumi con atto n. 83 ciel 1-IV-1898 (G.M., pp. 190-191) e con atto n. 117 del 18-VI-1898 (G.M., p. 242) e questa abrogò quella del 1894; dopo che anche coll'edizione del 1898 erano state apportate molte aggiunte e varianti (atto n. 65 del 26-III-1902 nel G.M., p. 218); (atto n. 119 del 4-Vl-1901 nel G.M., p. 279; atto n. 335 del 25-XII-1902 nel G.M., p. 1012; atto n. 182 del 23-VII-1902 nel G.M., p. 583; atto n. 24 del 22-1-1903 nel G.M., p. 99; atto n. 36 del 3-VIII-1903 nel G.M. , pp. 626-631; atto n. 46 del 3-III-1904 nel G.M., p. 234), venne rielabouta una nuova istruzione riferita a tutte le armi a mano a mano introdotte in servizio, curata, come le altre, dalla Scuola centrale di tiro della fanteria presso la quale era stata costituita (atto n. 171 del 5-VIII-1888 nel G.M. , p. 367) un'apposita commissione per tutte le questioni relative alle armi portatili; tale nuova Istruzione sulle armi e sul tiro per la fanteria cominciò a vedere la luce con atto n. 202 del 18-VII-1906 nel G.M., pp. 288-290) al quale fecero seguito l'atto n. 172 del 27-VI-1907 (G.M., p. 327) e l'atto n. 363 del 10-XII-1907 (G.M., p. 889). L'Istruzione sulle armi e sul tiro per la cavalleria, preannunziata con atto n. 57, nota n . 16, del 18-III-1875 (G.M., pp. 73-74), fu edita con atto n. 115, nota n . 73, del 10-VI-1875 (G .M., p. 206) e fu sostituita da altra con atto n. 18 del 1-Il-1885 (G.M., p. 29), in seguito all'adozione per la cavalleria del moschetto mod. 1891 (atto n. 116 del 15-VII-1893 nel G.M., p. 181), nel 1894 venne edita una nuova edizione (atto n. 93 del 26-V-1894 nel G.M., p. 329) che sostitul quella del 1885 meno che nelle parti che si riferiscono alle armi bianche; a tale edizione furono apportate aggiunte e varianti con atto n. 25 del 22-I-1903 (G.M., p. 102) e con atto n. 183 del 23-VII-1902 (G.M., pp. 584-585). Istruzione d'attendamento per le truppe delle varie armi (nota n. 3 del 10-V-1872 nel G.M., p. 184). Istruzione sulla nomenclatura e caricamento del materiale telegrafico di linea e sullo stendimento delle linee telegrafiche (atto n . 67 del 6-IV-1884 nel G.M., p. 232). Istruzione sul servizio della mitragliatrice a due canne da mm 10,35 (atto n . 176 del 1'8-IX-1892 nel G.M., p. 428). Istruzione sugli apparati telefonici per impianti militari permanenti (atto n. 148 dell'8-IX-1893 nel G.M., pp. 330-332). Materiali degli equipaggi da ponte e Istruzione sul servizio da ponte (atto n. 185 del 27XI-1893 nel G.M., pp. 387-390). Istruzione sulle armi e sul tiro per le truppe del genio (atto n . 86 del 17-V-1894 nel G.M., p. 321). Istruzione sulle strade ordinarie e st1i lavori di accampamentn (atto n. 191 del 14-IX-1898 nel G.M., p. 404). Istru-
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zione sui parchi zappatori e minatori (atto n . 238 del 26-VI-1898 nel G.M., p. 517). Istruzione provvisoria sulla pistola a rotazione mod. 1889 (atto n. 48 del l-III-1900 nel G.M., p. 61). Istruzione sui parchi telegrafici (atto n. 71 del 29-IIl-1900 nel G.M., pp. 222-223). Istruzione sui parchi ferroviari (atto n. 186 del 21-IX-1900 nel G.M., pp. 543-544). Istruzione sugli apparati fotoelettrici (atto n. 241 del 4-XIl-1900 nel G.M., p. 702). Istruzione sulle comunicazioni telefoniche, ottiche ed acustiche per l'artiglieria da costa e da fortezza (atto n. 30 del 31-1-1901 nel G.M., p. 41). Appendice alle comunicazioni telefoniche, ottiche ed acustiche per l'artiglieria da costa e da fortezza (atto n. 61 del 21-III-1901 nel G.M., pp. 177-178). Istruzione sul servizio aerostatico (atto n . 228 del 1-X-1901 nel G.M., pp. 588589). Istruzione sulle armi e sul tiro, sulla stima e misura delle distanze per il genio (atto n. 185 del 23-VIl-1902 nel G.M., p. 587). Adozione degli sky per i reparti alpini e norme generali per il loro impiego (atto n. 275 del 13-XI-1902 nel G.M., pp. 837-838). Istruzione sui parchi telegrafici (a-tto 11. 87 del 10-III1903 nel G.M., p. 207). Istruzione sui parchi telegrafici e sui parchi ferroviari - aggiunte e varianti - (atto n. 78 del 27-IV-1904 nel G.M., pp. 731-732). Istruzione sull'apparato telefonico mod. 1902 e sul microfono Blake trasformato in Delville (atto n. 205 del 5-XI-1904 nel G.M., p. 874). Istruzione sui passaggi dei piccoli corsi d'acqua (atto n. 231 del 6-XII-1904 nel G.M., p . 959). Norme per l'impiego dei colombi viaggiatori nel servizio di corrispondenza presso la cavalleria (atto n. 24 del 16-Il-1905 nel G.M., pp. 74-79}. Istruzione sui parchi telegrafici - varianti - (atto n. 212 del 25-VITT-1907 nel c;.M., p. 478). Istruzione sui materiali ed equipaggi da ponte - aggiunte - (atto n. 220 del 31-VII-1907 nel G.M., p. 495). Istruzione sulle comunicazioni telefoniche, ottiche ed acustiche per l'artiglieria da costa e da fortezza (atto n. 121 del 2-IV-1908 nel G .M., pp. 280. 281). Istruzione sul servizio automobilistico aggiunte e varianti (atto n. 328 del 13-VIIl-1908 nel G.M., p. 841). Istruzione sull'uso dello sky (atto n. 363 del 12-IX-1908 nel G.M., p. 997). Compendio di ippologia (atto n. 257 del 24-XI-1889 nel G.M., p. 689). Istruzione sui lavori di zappatore per la fanteria (atto 11. 35 del 9-II-1895 nel G.M., p. 65). Istruzione sui lavori da zappatore per la cavalleria (atto n. 158 del 31-VIll-1895 nel G.M., p. 457). Istruzione sui passaggi dei piccoli corsi d'acqua (atto n. 237 del 4-Xl-1897 nel G.M., pp. 628-629). Istruzione sulle armi portatili per l'artiglieria da campagna, a cavallo e da montagna (atto n. 62 del 5-IV-1899 nel G.M., p. 166). Compendio di ippologia per uso del R.E. (atto n. 174 del 5-IX-1900 nel G.M., p. 520) che abolisce l'edizione del 1889. Istruzione sugli apparati fotoelettrici (atto n. 24 del 4-XII-1900 nel G.M., p. 702). Istrtt:r.ione rni ponti e sulle gallerie per ferrovia (atto n. 48 del 4-IIT-1902 nel G.M., pp. 194-195). Istruzione sul materiale mobile ferroviario (atto n. 238 del 6-VIII-1903 nel G.M., pp. 632-633). Istruzione sulle stazioni ferroviarie e sui con11.e11.ni fissi di stazione (atto n. 137 del 20-VIl-1904 nel G.M., .p. 463). Istruzione sul cavallo (atto n. 22 del 17-I-1906 nel G.M., p. 38) che sostituisce l'edizione del 1897 cd è completata con l'aggiunta dell'atto n. 104 del 26-IV-1906 di cui a p. 237 del G.M., Istruzione sui lavori da zappatore per la fanteria - aggiunte - (atto n. 40 del 14-II-1907 nel G.M., p. 148). Istruzione sul materiale del servizio generale e da cucina (atto n. 42 del 7-II-1907 nel G.M., pp. 74-75) ché aboli-sce tutte le .precedenti istruzioni relative a tali materiali. Istruzioni sui parchi zappatori e minatori (atto n. 238 del 26-VI-1908 nel G.M., p. 517). (33) Regolamento per le marce e per il trasporto delle truppe (via ordinaria, e trasporti ferroviari e marittimi) (atto n. 52, nota 11. 87, del 16-III-1876 nel G.M., pp. 145-146). Istruzioni sul servizio dei •trasporti in campagna (atto n . 3 del 6-VI-1883 nel G.M., p. 187). Istruzione sul rifornimento munizioni alla fanteria sul campo di battaglia (atto n. 20 del 19-I-1884 nel G.M., p. 117). Norme per il rifornimento delle cartuccie alla fanteria durante il combaflimento (atto n. 69 del
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.30-111-1887 nel G.M., pp. 168-171) aggiunte - Istruzione sulle salmerie per gli alpini (atto n. 149, nota n. 226, del 2.3-VII-188.3 nel G.M., pp. 660-670). I stru:r.ione sulle salmerie per gli alpini (atto n . 181 del 10-VII-1888 nel G.M., p. 227). I stru:r.ione per la requisi:r.ione dei quadrupedi e veicoli pel servi:r.io del RE. (atto n. 10 del 16-1-1890 nel G.M., pp. 48-49). Regolamento pel trasporto sulle ferrovie dei feriti e dei malati in guerra (atto n . 2.3 del 1-11-1890 nel G.M., p. 62). Regolamento riguardante l'esefl.uimento dei grandi trasporti militari (atto n . 91, nota n. 144, del 15-Vl-1880 nel G.M., p. 279). Regolamento sul servi:r.io postale in campagna (-atto n. 98, nota n . 147, del 22-VT-1880 nel G.M., 289). Regolamento del servi:r.io sanitario militare (atto n. 99 del .30-V-1887 nel G.M ., p. 231). Istru:r.ione per l'igiene dei militari del R.E. (atto n. 42 dell'8-III-1893 nel G.M., p. 77). Nuova istruzione sulle salmerie dei corpi e reparti destinati ad operare in montagna (atto n. 39 del 13-11-1895 nel G .M., pp. 69-70) che sostituisce l'istruzione del 188.3 e quella del 1890 e che fu poi sostituita da altra pubblicata con atto n. 31 del 15-11-1897 (G.M., p. 12). Istru:r.ione sul servi:r.io ciclistico militare (atto n . 12.3 del1'8-VTl-1897 nel G .M., p. 3.36). Regolamento sul servi:r.io postale di guerra (alto n. 219 del 6-X-1897 nel G.M., p. 595 ) che sostituì il libro Vl del Regolamento di servi:r.io in guerra, parte 2·). Istru:r.ione sul servi:r.io degli infermieri e degli aiutanti di sanità (atto n. 182 del 1.3-IX-1900 nel G.M. , p. 537). Istruzione sul servizio dei portaferiti in guerra (atto n. 181 del 13-IX-1900 nel G.M., pp. 536-537), cui furono apportate aggiunte con atto n. 369 del 6-XIl-1807 nel G.M., p. 886. Istruzione sul servi:r.io ciclistico presso i comandi, i corpi e servi:r.i del R.E. (atto n. 124 del 20-IV-1903 nel G.M., p. 358) che sostituì J'i!ltruzione del 1897. Istru:r.ione sul servizio ciclistico per l'arma dei carabinieri (atto n. 181 del 23-TX-1904 nel G .M., p. 790). Regolamento sul servizio di tappa (atto n. 15 del 15-111907 nel G .M., p. 20) che sostitul il libro VIII del Regolamento sul servizio della Intenden:r.a del 1881. Istru:r.ione per i comandi di tappa (atto n . 26 del 30-T-1907 nel G.M., p. 110). Istru:r.ione per le compagnie ciclisti atto n . 127 del 7-VTI-1904 nel G.M., p. 448). Istru:r.ione per le compagnie ciclisti equipaggiate con biciclette pie. ghevoli militari tipo « Rossi-Melli » (atto n . .372 del 16-Xl-1907 nel G.M., p. 902). I struzione preliminare sulle salmerie e sul carreggio dei corpi (atto n. 24 del 171-1908 nel G.M., p. 44) che sostitul la parte 1• dell'Istru:r.ione sulle salmerie del 1897. Istruzione sulla costituzione o sul caricamento delle salmerie di taluni corpi eventualmente destinati ad operare in montagna (atto n. 25 del 17-1-1908 nel G.M., p. 44) che sostitul la parte 2• dell'istruzione del 1897. Istru:r.ione sulla costituzione e sul caricamento delle salmerie defl,li alpini (atto n. 26 del 17-1-1908 nel G.M., p. 45} che sostitul Ja parte 2• dell'istruzione del 1897. ReJ?.olamento sul servizio dei trasporti per ferrovia e per mare (atto n. 180 del 20-V-1908 nel G.M., p. 392} che abrogò e sostitul la edizione del 1876. Regolamento sul servizio dei trasporti (atto n. 240 del 27-VT-1908 nel G .M., p . 518) modifiche e aggiunte. Istruzione sulle salmerie (atto n. 325 del 10-VUI-1908 nel G .M., p. 840) - aggiunte e varianti - . Istruzione sulla costituzione sul fun:r.ionamento dei comandi militari di stazione (atto n. 222 del 19-Vl-1908 nel G.M., p. 465). (34) R egolamento di servi:r.io in guerra (atto n. 212, nota n. 205, del 27-Xl-1882 nel G .M., pp. 704-705) che abrogò il Regolamento di servi:r.io per le truppe in campagna del 19-1-1 8.3.3. Istruzione per il servizio di avanscoperta (atto n . .39 del 10-IIT-1890 nel G .M., pp. 97-98}; e ntrambi i regolamenti vennero modificati (atto n. 56 del 4-IV-1890 nel G.M., p. 141), 'J)Oi abrogati e sostituiti dalla nuova edizione del Regolamento del servi:r.io in guerra, parte 1•, (atto n. 43 dell'8-II1-1892 nel G.M., p. 63} che abrogò anche il Refl.olamento per le marce del 1888; l'edizione del 1892 venne poi sostituita da una nuova nel 1896 (atto n . 192 del 16-IX-1896 nel G.M., p. 414 ) alla quale furono apportate successivamente alcune modificazioni (atto 11 . 109 del " 18-V-1899 nel G.M., pp. 539-541); atto n. 12.3 del 28-Vl-1900 nel
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G.M., pp. 411-412; atto n. 81 del 28-III-1901 nel G.M., p. 196. Nel 1890 fu pubblicata a titolo di esperimento con atto n. 39 del 10-III-1890 (G.M., pp. 97-98) ,u na nuova Istruzione per il servizio di avanscoperta in sostiuzione di quella inserita precedentemente nel Regolamento del servizio in guerra; atto n. 68 del 16-IV-1904 nel G.M., p. 306); atto n. 111 del 10-IV-1902 nel G.M., pp. 331-333. Venne poi edita un'apposita pubblicazione (atto n. 180 del 3-VII-1903 nel G.M., p. 373) riguardante il Servizio delle Intendenze che sostitu} la parte 2• del regolamento e sostitul i Jibri I e II dell'apposito regolamento sull'Intendenza del 1881. Altro regolamento riguardante .Je procedure operative fu quello delle Norme di servizio pel comando del corpo di stato maggiore (atto n. 196, nota n. 203, del 1-VI-1882 nel G.M., p. 681), che fu poi sostituito nel 1892 da una nuova edizione (atto n. 89 del 5-V-1892 nel G.M., p. 280), a sua volta sostituita con atto n. 125 del 22-V-1906 (G.M., p. 372) ed aggiornata con atto n. 147 del 21-IV-1908 (G.M., p. 327). (35) Regolamento di disciplina (R.D. 1-XIl-1872) che rinnovò profondatnente, nello spirito e nella forma, la vita clisciplinare di tutto l'esercito che ebbe da a11ora in .poi un unico « codice di onore» comune a tutte le armi, i corpi ed i servizi la cui vita disciplinare era regolata secondo le norme contenute nelle varie pubblicazioni d'arma (Regolamenti d'istruzione e di servizio interno). Aggiunte e varianti: atto n. 12 del 14-1-1897 nel G .M. , pp. 82-84; atto n . 105 del 22-lU-1903 nel G.M., pp. 297-301; atto n. 35 del 1-Il-1906 nel G.M., pp. 59-65. (36) Regolamento pel servizio territoriale (atto n. 221, nota n. 234, del 31-X-1883 nel G.M., pp. 918-919) che abrogò il Regolamento nelle divisioni e nelle piazze del 21-Vl-182.3. Aggiunte e varianti: atto n. 12 del 14-1-1897 nel G.M., pp. 82-84; atto n. 105 del 22-Ill-1903 nel G.M., pp. 287-301; atto n. 35 del 1-11-1906 nel G.M., pp. 59-65; atto n. 326 del 10-VIII-1908 nel G.M., p. 840. Regolamento per le riviste e parate (atto 'TI. 113 del 10-Vl-1890 nel G.M., p. 221). Regolamento del servizio sanitario militare territoriale (atto n. 162 del 26-XI-1904 nel G.M., p. 790) che abrogò quello del 1887. Manuale sul servizio territoriale del genio (atto n. 91 del 20-VI-1881 nel G.M., pp. 284-285) ohe sostituì il prontuario del 1869. Istruzione permanente per le operazioni della leva (nota n. 20, del 18XI-1872 nel G.M., pp. 572-573). Istruzione del servizio militare territoriale in generale e quelli di artiglieria, del genio, di sanità e di commissariato (atto n. 170 dell'l-VIII-1897 nel G.M., p. 487). (37) Regolamento d'istruziune e di servizio interno per la fanteria (atto n. 255, nota n. 65, del 12-XIl-1874 nel G.M., p. 495) ristampato con atto n. 116 del 27-VIl-1885 nel G.M., p. 208 e sostituho con altro sanzionato con R.D. del 3-V-1892 (atto n. 93 del 3-V-1893 nel G.M., pp. 287-301; atto n. 65 del 30IV-1905 nel G.M., p. 159; atto n. 35 del 1-II-1906 nel G.M., pp. 59-65. Regolamento d'istruzione e di servizio interno per la cavalleria (atto n. 152, nota n. 77 del 13-VII-1875 nel G.M., p. 247) ristampato con atto n. 19 del 5-IX-1886 nel G.M., pp. 231-232, modificato con atto n. 36 del 12-IIl-1891 nel G.M., pp. 182-183 e sostituito con altro sanzionato con R.D. 1-X-1892 (atto n. 193 del 4-X-1892 nel G.M., p. 466); aggiunte e varianti; atto n. 12 del 14-1-1897 nel G.M., pp. 82-84; atto n. 105 del 22-III-1903 nel G.M., pp. 287-301; atto n . 107 dell'S-Vl-1905 nel G.M., pp. 371-374; atto n. 35 del 1-II-1906 nel G.M., pp. 59-65. Regolamento di istruzione e di servizio interno per l'artiglieria ed il genio (atto n. 226, nota n. 233, del 5-XI-1883 nel G.M., pp. 925-926) ristampato con atto n. 119 del 5-IX-1886 nel G.M., pp. 231-232 e distinto in due: Regolamento d'istruzione e di servizio interno per l'artiglieria (atto n. 195 del 12-X-1892 nel G.M., p. 468 e atto n. 64 del 30-IV-1905 nel G.M., pp. 158-159 che abrogò il R.D. del 9-X-1892 e le successive aggiunte e varianti) e Regolamento d'istmzione e di servizio interno per
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il genio (atto n. 147 del 10-VII-1890 nel G.M., .pp. 276-277, atto n. 47 del 16-III-1892 nel G.M., p. 66 e atto n. 58 del 6-IV-1893 nel G.M., p . 18), sanzionato con R.D. del 6-IV-1893 (atto n. 58 del 6-IV-1893 nel G.M., p. 118) e modificato con atto n. 105 del 22-111-1903 nel G.M., pp. 287-301, con atto n. 107 dell'8-VI1905 nel G.M ., pp. 371-374 e con atto n. 35 del 1-Il-1906 nel G.M., pp. 59-65. Regolamento d'istruzione e di servizio d'ospedale pel corpo sanitario (atto n. 96, nota n. 72, del 20-V-1875 nel G.M., pp. 171-172) che abrogò il Regolamento sul servizio sanitario militare e quello di Servizio interno delle direzioni di sanità e degli ospedali militari del 20-XII-1873 e che fu sanzionato con R.D. del 12-X-1892 nel G.M., p. 469; aggiunte e varianti: atto n. 107 dell'8-VI-1905 nel G.M., pp. 371374; atto n. 35 del 1-Il-1906 nel C.M., pp. 59-65. Regolamento organico per l'arma dei carabinieri reali (atto n. 100 del 15-V-1892 nel G.M., p. 291) che aboll il Regolamento generale pel servizio dei carabinieri reali del 16-X-1822, e il R.D. ciel 24-I-1861 e l'atto n. 83 del 1887 sui quali si era retta fino ad allora la vita dei carabinieri; aggiunte e varianti: atto n. 35 del 1-II-1906 nel G.M., pp. 59-65. (38) Felice Cavallotti, Discorsi parlamentari, Vol. I , p. 273. (39) Francesco Crispi, Scritti e discorsi, Voi. I , Treves, Milano 1921. (40) Veds. G.M. 1907, p. 3: legge n. 645 del 30-XII-1906 che assegna 16.000.000 alla parte straordinaria del bilando per il ministero delJa Guerra. (41) Veds. G.M. 1908, .pp. 632-634: legge n. 361 del 31-VII-1907 che assegna 13.000.000 alla parte straordinaria del bilancio per il ministero della Guerra. (42) Idem. (43) Luogotenente generale Cesare Ricotti Magnani {7-IX-1870 - 25-III-1876). Tenente generale Luigi Mezzacapo (25-III-1876 - 24-III-1878) Tenente generale Giovanni Bruzzo (24-III-1878 - 19-X-1878). Tenente generale Cesare Bonelli (19X-1878 - 19-XII-1878). Tenente generale G ustavo Mazé de la Rosche (19-XII-1978 . 14-VII-1879). Tenente generale Cesare Bonelli (14-Vll-1879 - 13-VII-1880). Contrammiraglio Ferdinando Acton - ad interim - {13-Vll-1880 . 27-VII-1880). Maggiore generale Bernardino Milton (27-VII-1880 · 20-III-1881). Contrammiraglio Ferdinando Acton - ad interim - (21-IIf-1881 • 4-IV-1881). Tenente generale Emilio Ferrero (4-IV-1881 . 23-X-1884). Tenente generale Cesare Ricotti Magnani (23-X-1884 • 4-TV-1887). Tenente generale Ettore Bertolé Viale (4-IV-1887 · 6-II-1891). Maggiore generale Luigi Pelloux (6-11-1891 . 15-XII-1893). Tenente generale Cesare Ricotti Magnani (9-III-1896 - 14-Vll-1896). Tenente generale Luigi Pelloux (14-VII-1896 - 10-Xll-1897). Tenente generale Alessandro Asinari di S. Mar· zano (14-Xll-1897 - 14-V-1899). Tenente generale Giuseppe Mirri (14-V-1899 · 7-1-1900). Tenente generale Luigi Pelloux, presidente del Consiglio e ad interim ministro della guerra (7-1-1900 • 7-IV-1900). Tenente generale Coriolano Ponza di S. Martino - ad interim - (27-IV-1902 . 14-V-1902). Vice-ammiraglio Costantino Enrico Morin - ad interim - (27-IV-1902 • 14-V-1902). Tenente generale Giuseppe Ottolunghi (14-V-1902 . 3-XI-1903). Tenente generale Ettore Pedotti (3-XI-1903 · 24-XII-1905). Tenente generale Luigi Manoni d'Intignano (24-XII 1905 - 27-V-1906). Tenente generale Ettore Viganò (27-V-1906 - 29-XII-1907). Senatore Severino Casana (29-XII-1907 · 4-IV-1909). (44) Oreste Baratieri (1841-1901) generale. Volontario coi Mille segul Garibaldi fino alla conclusione della campagna nell 'Italia meridionale. Partecipò alla guerra del 1866. Inviato io Africa .nel 1888 fu comandante in 2• del corpo di spedizione e poi delle piazze di Massaua e di Cheren. Nel 1891 ebbe il comando io capo delle truppe operanti in "Africa e dal 1892 fu governatore della colonia eritrea.
CAPITOLO XI
OLI ORDINAMENTI DAL 1870 ALLA VIGILIA DELLA P.RIMA GUERRA MONDIALE 1. L'opera formatrice del Ricotti e il modello prussiano. 2. Il reclutamento. 3. La mobilitazione. 4. La copertura. 5. La radunata. 6. L'amministrazione centrale e l'organizzazione del comando territoriale. 7. Lo stato maggiore dell'esercito. 8. L'ordinamento tattico. 9. Le formazioni di pace.
1.
Quando il generale Ricotti, all'inizio dell'ultimo quadrimestre del 1870, assunse la carica di ministro della guerra, la scelta di fondo della politica organica dell'esercito era già stata fatta. « Da lui non dipendeva d'accettare o rifiutare quelle conseguenze del principio dell'armamento nazionale che gli si svolgevano tra le mani come gli anelli d'una catena, cioè l'obbligo generale della milizia, il breve servizio d'arme in tempo di pace, la chiamata alle armi d'una parte del contingente, la partizione degli uomini validi in più ordini di milizia, un considerevole aumento dei quadri, specialmente per le milizie di seconda e terza linea ... Non gli rimaneva libera la scelta nemmeno tra il sistema provinciale, secondo l'esempio dei Prussiani, e il nazionale seguito sin'allora da noi, essendo comune opinione che il primo non fosse peranco applicabile all'Italia» (1). Seguire l'esempio della Prussia, vincitrice a Sadowa quattro anni prima ed allora anche in Francia, ma come farlo nel ;più hreve tempo e con la minore spesa possibili? L'indicazione di. massima mancava di concretezza politica perché l'Italia, costruitasi in unità di nazione dopo ,l 'unione di Roma (2), era incerta sul ruolo da attriburisi tra le nazioni europee, si tro~ vava in condizioni geofisiche strategiche culturali sociali diverse da quelle prussiane ed aveva una potenzialità demografica ed economica altrettaflto diver,se. I quesiti di carattere tecnico-militare
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posti dalla guerra del 1866 e moltiplicati da quella franco-prussiana dd 1870-'71 erano tutti aperti e la ricerca delle risposte ordinative era complicata dalla contemporaneità delle soluzioni da dare ai problemi dell'armamento, dell'equipaggiamento, della fortificazione, delle caserme, delle dotazioni, delle scorte. Il rinnovamento culturale e professionale dei quadri, le esperimentazioni di nuovi procedimenti tattico-tecnici, la scelta ed il collaudo di armi nuove e l'ammodernamento dell'organizzazione scolastica si traducevano anch'essi in costi di denaro. Tutto, insomma, concorreva a determinare l'esigenza di una larga disponibilità finanziaria che, invece, non c'era. Malgrado ciò, il Ricotti, « e per larghezza di vedute e per prontezza nel risolvere, e per energia nell'operare» (3), seppe brillantemente fronteggiare le necessità contingenti e prevenire quelle future. La storia dell'ordinamento dell'esercito italiano dal 1870 al 1908 , ed anche dopo, s'identifica con quella dell'ordinamento Ricotti, che conservò integra la sua validità fino all'inizio della prima guerra mondiale. Gli interventi successivi - particolarmente significativi quelli operati dal Mezzacapo, dal Ferrero (4), dal Bertolé Viale e, dal 1909 in :poi, dallo Spingardi '(5) - .furono sempre aderenti ai criterii dell'impostazione iniziale e non modificarono mai il quadro dell'organizzazione generale, pur ampliandolo notevolmente, tanto che il Ricotti, tornato una prima volta nel 1884 ed una seconda nel 1896 a dirigere il ministero, ritrovò vigenti i sistemi che egli stesso aveva per primo ideato, se non si vuole dire creato. La stabilità dei sistemi derivò dalla razionalità, lucidità e concretezza dei criterii ispiratori, dei quali i principali furono: l'obbligatorietà generale e personale del servizio militare; l'automatismo della mobilitazione in modo che, alla ricezione di un semplice ordine telegrafico, singoli, comandi, unità sapessero bene che cosa fare nei limiti di tempo per ciascuno prefissati; la rapidità della radunata ottenuta mediante l'utilizzazione globale della rete ferrovfaria da potenziare ed ampliare a tale fine; la garanzia della copertura mediante fa costituzione di forze in permanente assetto di guerra lungo le frontiere montane e l'approntamento di 4 divisioni di rapida mobilitazione; la corrispondenza dell'intelaiatura ordinativa di pace a quella di guerra in modo da evitare di dover procedere, all'atto dell'emergenza, alla costituzione « ex novo » di unità di 1a linea, Jimitando tale operazione alle sole unità di 2a e 3a linea; la stabilità delle formazioni orga-
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niche di guerra e la variabilità di quelle del tempo di pace (forza bilanciata) in relazione alla disponibilità finanziaria annua, fatto salvo il principio di non scendere al di sotto della metà della forza organica di guerra; l'istituzione del volontariato di un anno dal quale trarre un nuovo ruolo di ufficiali (ufficiali di complemento) per l'inquadramento delle unità 2• e 3a linea; la separazione, quando possibile, dei compiti operativi da quelli addestrativi affidando l'istruzione iniziale delle reclute di 1a linea e l'intera istruzione dei soldati di 2a e 3a linea ed organi territoriali. Il Ricotti agì in 3 tempi: inizialmente operò tutti i tagli e le riduzioni possibili (6 ), successivamente riordinò le formazioni organiche di pace e di guerra (7), infine consolidò e perfezionò l'intera intelaiatura ordinativa ed organica conferendole l'assetto definitivo (8). Ripensata a 110 anni di distanza, l'opera del Ricotti appare come quella di un grande ed ardito riformatore che, pur dovendosi muovere in una situazione politica e finanziaria difficile ed infelice e lungo una linea concettuale già tracciata ma da lui del tutto intimamente condivisa, fece tutto quanto era in suo potere di fare per dare all'appena decenne esercito italiano fondamenta e strutture portanti solide, stabili, elastiche, capaci di sostenere gli ampliamenti che egli avrebbe voluto, ma non poté, attuare e 1 riordinamenti che i tempi futuri, dei quali seppe interpretare i segni, avrebbero imposto.
2.
n reclutamento, quando il Ricotti fu nominato ministro, era regolato dalla legge La Marmora del 1854, alla quale avevano fatto seguito numerose aggiunte e varianti (9). I tentativi di sostituirla, come quello del Bertolé Viale nel 1867, erano stati vani; il Parlamento vi si era sempre opposto. Inizialmente anche il Ricotti dovette accontentarsi d'introdurvi solo alcune modifiche delle quali una fondamentale: l'obbligatorietà personale al servizio militare. La legge Ricotti del 1871 (10) aboll l'istituto scandaloso della surrogazione - un privilegio per gli abbienti - e ridusse i casi di esonero, ad eccezione della surrogazione del fratello e dell'affrancazione, che cessò però di produrre l'esonero assoluto e limitò il beneficio al trasferimento dalla prima alla seconda categoria
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nella stessa classe cli leva. Fissata in meno di 200 mila unità la forza effettiva del tempo di 'Pace, la durata della ferma permanente venne stabilita in 8 anni e quella della ferma temporanea in 12 anni (4 alle armi e 8 in congedo illimitato) per tutte le armi ad eccezione della cavalleria per la quale venne prevista la durata di 9 anni (6 alle armi e 3 in congedo illimitato). Venne mantenuta la distinzione degli arruolati in 2 categorie, precisando che il contingente di .prima categoria di ciascuna leva da chiamare alle armi doveva essere determinato, anno per anno, mediante apa posita legge e che gli arruolati di seconda categoria dovevano essere obbligati al servizio per 9 anni e, sebbene lasciati in congedo illimitato, dovevano poi essere chiamati alle armi per istruzione per un periodo non maggiore di 5 mesi ripartibile in uno o più anni. Venne istituito l'arruolamento volontario speciale con la ferma di un anno dal quale trarre, tra i giovani più colti, quelli da nominare ufficiali, dando così vita all'istituto degli ufficiali di complemento. Si trattò, nel complesso, di un passo avanti rispetto alla legge La Marmora sia sotto il profilo della giustizia sociale sia del soddisfacimento delle esigenze militari, ma non quale avrebbe voluto il Ricotti che, nel 187 3, presentò al Parlamento un nuovo disegno di legge, approvato solo nel giugno del 1875 a causa di vari intoppi politici e di ritardi dovuti anche allo scioglimento della Camera ed alle elezioni generali. La legge del 1875 (11) aboll del tutto l'affrancazione - « a datare dal 1° luglio 187 6 è tolta la facoltà di fare passaggio dalla prima alla seconda categoria medi:mte il pagamento di una somma com'era concesso dalla legge 349 del 19-VII-1871 » - ; istituì una terza categoria nella quale furono iscritti tutti i cittadini fisicamente idonei non inseriti nella prima o nella seconda categoria per motivi di carattere sociale o familiare; estese gli obblighi di servizio fino al compimento del 39° anno di età; ridusse la durata della ferma di leva a 5 anni per la cavalleria ed a 3 per tutte le altre armi; articolò l'esercito in 3 anziché in 2 linee: 1a linea, o esercito attivo, o esercito di campagna, composta dalle classi in servizio alle armi e dalle più giovani di quelle collocate in congedo dal servizio; za linea, o milizia mobile, formata da riservisti di media età e descina ta ad operare a ridosso ed a rincalzo della 1° linea; Y linea, o milizia territoriale, costituita dalle classi più anziane della riserva, destinata alla sicurezza iinterna ed a subentrare nei compiti di guarnigione all'esercito attivo in luogo
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delle vecchia guardia nazionale e della milizia provinciale prevista daUa ,legge del 1871 (12). La nuova magna charta del reclutamento dette risposta a tutti i quesiti rimasti sino ad allora in sospeso circa la consistenza dell'esercito di pace, la durata della ferma permanente e temporanea, le classi di leva da tenere alle armi, il numero degli uomini di leva da chiamare ogni anno alle armi, l'istruzione da impartire agli uomini non chiamati a prestare servizio nell'esercito attivo, la formazione dei quadri necessari a coprire la differenza tra quelli sufficienti all'inquadramento del tempo di pace e quelli necessari in tempo di guerra, l'eliminazione del privilegio della esenzione non determinata da motivi sociali e familiari, ma non ebbe applicazione integrale per quanto riguardava la durata della ferma, troppo onerosa per i cittadini e soprattutto insostenibile dalla situazione finanziaria del momento. Lo stesso Ricotti si vide costretto in un primo tempo ad abbreviare di alcuni mesi il periodo di servizio sotto le armi dei soldati di fanteria e successivamente ad inviart:: in congedo illimitato 12 mila fanti dopo solo 21 mesi di servizio. Che per fare quadrare il bilancio fosse necessario ricorrere ai congedamenti anticipati era certamente un male e, oltretutto, un'ingiustizia, ma pur sempre un male minore della diminuzione del numero degli iscritti di prima categoria da chiamare alle armi. L'abituale non rispondenza tra il dettato della legge Ricotti - che nel 1876 era stata inserita in un testo unico, il primo, delle leggi sul reclutamento (13) - e la realtà dell'applicazione, in uno con l'evolversi delle condizioni politico-sociali e militari, indussero il ministro Ferrero a presentare al Parlamento un nuovo testo unico che. venne approvato nell'agosto del 1882 (14). La legge Ferrero ribadl il principio dell'obbligatorietà generale e personale al servizio militare « tutti i cittadini dello Stato sono soggetti alla leva », vi concorrono « nei tempi normali nell'anno in cui compiono il vigesimo dell'età loro », « possono essere chiamati anche prima quando lo esigano contingenze straordinarie » - ; confermò la determinazione per legge del contingente annuo di prima categoria da incorporare nell'esercito attivo; precisò che « gli iscritti idonei alle armi che sopravanzino al contingente di prima categoria e che non abbiano diritto all'assegnazione alla terza costituiscono la seconda categoria, la quale va divisa in due parti, delle quali la prima è fissata con decreto reale»; stabill- che: la ripartizione fra i circondari del contingente
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di prima categoria dovesse essere operata « in proporzione del numero degli iscritti nelle liste di estrazione della classe chiamata», il contingente della prima parte della seconda categoria venisse fissato di volta in volta con decreto ministeriale ripartendo il personale « fra i distretti militari in proporzione degli uomini definitivamente iscritti alla stessa ,seconda categoria», « l'ordine numerico da seguirsi nella destinazione degli individui alla prima categoria, ovvero alla prima od alJa seconda parte della seconda categoria », fosse quello dell'estrazione a sorte, fossero conservati gli istituti dell'arruolamento volontario ordinario e dell'arruolamento volontario speciale « per la ferma temporanea coll'obbligo di un solo anno di permanenza sotto le armi » per coloro che fossero in possesso di un titolo di studio non inferiore a quello rilasciato dalle scuole elementari superiori e che versassero all'erario dello Stato una somma stabilita per legge non superiore alle 2 .000 lire per i volontari nella cavalleria ed alle 1.500 per i volontari nelle altre armi. A parte la definizione di tali e di altre modalità, le innovazioni maggiori, ferma restando la durata della ferma, furono: la facoltà concessa al ministro di anticipare l'invio in congedo illimitato della classe anziana « dopo il compimento dell'ultimo periodo d'istruzione tranne per l'artiglieria da campagna, in cui parte della classe anziana può essere congedata in princ1p10 del terzo periodo »; la possibilità che « per una parte del contingente di prima categoria, da determinarsi nella legge annua di leva, la durata del servizio sotto le armi può essere limitata a 2 anni in base al numero d'estrazione a sorte»; la facoltà del ministro di anticipare l'invio in congedo illimitato ·« dopo il secondo periodo d'istruzione di parte della classe destinata a servire 3 anni». Appare evidente la preoccupazione del Ferrero di trovar(! tutti gli espedienti legali possibili per conciliare la durata teorica della ferma, che non volle ridurre, con la possibilità pratica di . applicarla; ma le soluzioni, nonostante l'elasticità della casistica, risultarono inadeguate sia perché allontanarono il sistema dalla semplicità iniziale che ne era stata una delle principali caratteristiche, sia perché finirono con il restringere in uno spazio troppo angusto, rispetto alla tirannia del bilancio, le facoltà del ministro, cui fu interdetto ad esempio il ritardo della chiamata delle classi, sia infine perché il disquilibrio tra il tasso di aumento della popolazione e le assegnazioni di bilancio veniva rendendo sempre più difficoltosa la salvaguardia del carattere nazionale del reclutamento
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e della obbligatorietà personale al servizio di tutti gli elementi validi. Dopo appena 6 anni il Bertolé Viale elaborò e fece approvare un nuovo disegno di legge (15) per il quale la durata de1!a ferma poteva oscillare dai 3 ai 2 anni per tutti secondo la disponibilità annua del bilancio. La nuova legge, inoltre, disciplinò meglio le modalità della leva e del reclutamento e determinò con esattezza i periodi d'istruzione obbligatoria per i militari della seconda e della terza categoria: da 2 a 6 mesi, ripartibili in uno o più anni, il periodo d'istruzione dei militari della prima parte della seconda categoria; un periodo non inferiore di quello minimo (1 mese) previsto per l'istruzione dei militari di terza categoria, per i militari della seconda parte della seconda categoria. Il Bertolé Viale, senza ridurre la ferma massima di 3 anni, volle stabilire per legge una durata minima di 2 anni sapendo che questa sarebbe diventata la norma pressoché abituale. Anche alla legge Bertolé Viale fecero seguito non poche aggiunte e varianti e dal 1888 al 1911 vennero presentati in Parlamento ben 5 disegni di legge che rimasero senza effetto. Delle varie modifiche la più importante fu la riduzione a 2 anni della durata della ferma per tutte le armi, ad eccezione dei carabinieri {16), introdotta nel 1910. Preso a base il testo unico del 1888, tutta la materia riguardante il reclutamento venne riordinata in modo razionale ed organico dal generale Spingardi che fece approvare dal Parlamento un nuovo testo unico pubblicato nel 1911 (17). Furono mantenute la durata degli obblighi di ,servizio a 19 anni e la ripartizione dell'esercito in 3 linee e degli idonei in 3 categorie; fu fissata la permanenza delle 3 categorie rispettivamente in 8 , 4 e 7 anni per le prime due categorie e in 19 per la terza; venne confermata la durata della ferma in 2 anni, ma venne riconosciuta la facoltà del ministro di anticipare il congedo della classe anziana dopo il compimento dell'ultimo periodo d'istruzione; furono ridotti i temperamenti all'applicazione integrale del principio dell'obbligo generale e personale al servizio del solo volontariato di un anno ed all'assegnazione alla seconda o alla terza categoria dei sostegni di famiglia. Vennero assegnati all'esercito di 1• linea tutti gli uomini di prima categoria delle prime 9 classi di leva a cominciare dalla piì1 giovane, all'esercito di 2• linea le 4 classi susseguentisi di . prima categoria e le 13 di seconda categoria, all'esercito di 3• linea le ultime 6 classi di tutte le categorie ed i militari di terza categoria delle 13 classi precedenti. Fu inoltre stabilito che: tutti i
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militari di prima e di seconda categoria inviati m congedo illimitato passassero nell'ottavo e nono anno del loro obbligo di servizio alla milizia mobile e vi rimanessero fino al 31 dicembre del dodicesimo anno dell'obbligo stesso per transitare, poi, nella milizia territoriale; gli esuberanti di prima categoria alla forza bilanciata venissero lasciati in licenza straordinaria in attesa del congedo illimitato con l'obbligo di prendere parte alla prima chiamata della seconda categoria della stessa leva e, nell'anno successivo, ad un richiamo alle armi per istruzione. Furono più minutamente regolate le procedure e le modalità della leva e del reclutamento in modo da evitare difformità d'interpretazione delle norme e di garantire il meglio possibile l'applicazione senza ingiustizie e favoritismi. Anche la legge Spingardi del 1911, certamente più equa e funzionale di tutte le precedenti, non fu da queste molto diversa. L'obbligo generale e personale al servizio, la graduazione dell'obbligo in relazione alle necessità sociali e militari, la ripartizione del contingente annuo in 3 categorie a ciascuna delle quali corrispondevano obblighi di servizio diversi, l'assegnazione delle 3 categorie variamente effettuata alle 3 linee nelle quali l'esercito era diviso e talune delle procedure e delle modalità iniziali stabilite per le operazioni di leva e di reclutamento serbarono integro il loro valore . La continua instabilità delle leggi sul reclutamento, durata circa 40 anni non derivò, difatti, dalla necessità di rinunziare ai criteri dell'impostazione originaria del sistema e di sostituirli con altri, ma dalla costante ricerca, mai appagata appieno, di dare ad essi l'applicazione pratica più generale e più appropriata possibile in relazione ai mutevoli valori della potenzialità demografica, delle possibilità finanziarie e delle necessità militari. I compromessi di volta in volta raggiunti - propd di ogni processo evolutivo globale e rapido - testimoniano che il sistema, nonostante tutto, fu il migliore di quelli praticabili. Sono d'altra parte evidenti le ingiustizie sociali e gli sbilanci di funzionalità ai quali il sistema non poté ovviare, ma per limitarne i danni che ne derivavano le autorità militari furono più attente e sollecite di quelle ,politiche, giacché il Parlamento accettò più volte la discriminazione tra classe e classe di leva e addirittura tra uomini della stessa classe e della stessa categoria in violazione dei principì costituzionali e democratici fondamentali. Si potrebbe <Ybiettare che troppo tardi le autorità militari decisero di accettare la durata della ferma di 2 anni, ma esse
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lo fecero quando l'esigenza delle riserve istruite, in seguito alla nuova situazione internazionale che esamineremo più avanti ed all'aumentata potenzialità demografica del Paese, divenne premi· nente nei confronti delle altre, sebbene non meno importanti. Il rapporto tra popolazione residente - numero degli uomini validi disponibili - e forza bilanciata non si accostò mai al valore ottimale - un corpo di armata di 1n linea (35 mila uomini) ed una divisione di 2a linea (15 mila) per ogni 2 milioni di abitanti residenti - ma si mantenne sempre molto al di sotto. Negli anni di censimento, ad esempio, i dati furono: 1871: 26 milioni e 800 mila abitanti , disponibilità di soldati di 1a linea oltre 455 mila (195 mila di 2" linea), forza bilanciata inferiore ai 200 mila uomini; 1881: abitanti 28 milioni 450 mila, disponibilità di 1a linea oltre 490 mil a (210 mila di 2" linea), forza bilanciata poco più di 200 mila; 1901 : abitanti 32 milioni e 470 mila, disponibilità di 1" linea più di 560 mila (240 mila di 2" linea), forza bilanciata 250 mila; 1911: abitanti 34 milioni e 670 mila, disponibilità di 1" linea piì1 di 595 mila (255 mila di 2• linea), forza bilanciata 240 mila (dal 1911 la forza bilanciata si mantenne al di sotto di quella effettivamente alle armi che incorporò tutti gli idonei della prima categoria). La sproporzione tra le unità di t8 linea di pos· sibile costituzione in relazione alla potenzialità demografica e le unità di 1a linea effettivamente costituite fu di: 13 corpi di armata e 26 divisioni contro 7 corpi di armata e 16 divisioni nel 1871; di 14 e 28 contro 10 e 20 nel 1881 ; di 16 e 32 contro 12 e 24 nel 1901 ; di 17 e 34 contro 12 e 24 nel 1911. L'inadeguatezza delle assegnazioni sul bilancio ordinario - 1871: 143 milioni; 1881: 190 milioni; 1901: 214 milioni; 1911: 300 mi· !ioni (18) - non consentirono di fare di più e di meglio e ciò spiega il tormento delJe leggi sul reclutamento alla vana ricerca della quadratura dei conti.
3. La riforma del reclutamento del 1871 era stata preceduta dalla creazione degli organi che avrebbero dovuto attuarla. Nuovi centri di reclutamento furono i distretti militari, istituiti dal Ricotti, in sostituzione dei comandi militari provinciali, nel 1870. In un primo momento il Ricotti ne creò 45 , distinguendoli in 3 categorie
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in rapporto alla popolazione residente ndla zona di giurisdizione di ognuno di essi (l 8 categoria): 900 mila abitanti; 2a: 400 mila; 3a: 300 mila); successivamente ne elevò il numero a 62. Qualche anno dopo il Mezzacapo portò il loro numero ad 88 ed istituì 20 comandi superiori di distretto per il coordinamento ed il controllo delle attività di un certo numero di essi (19). Oltre la funzione di centri di reclutamento - che conservano tuttora - i distretti ebbero quelle di centri di mobilitazione di tutte le unità di fanteria (per le altre armi, centri di mobilitazione ·rimasero i depositi costituiti nel numero di uno per ogni reggimento), di depositi di ,leva dei contingenti di ,prima categoria, di centri di mobilitazione e d'istruzione dei soldati della seconda e terza categoria, di enti di raccolta e di custodia del vestiario e degli altri materiali delle unità da mobilitare, di organi di discipina e di amministrazione dei soldati in congedo illimitato ed in licenza e, in guerra, di organi di controllo dei depositi lasciati in guarnigione dai reggimenti mobilitati. Organi di comando, logistici, amministrativi, addestrativi - furono incaricati della fase inizia]e d'istruzione delle reclute della prima categoria - i distretti, in verità, furono sovraccaricati di troppi compiti eterogenei, di alcuni dei quali dovettero essere successivamente alleggeriti. Nel 1897 cessarono di essere centri di mobilitazione delle unità di fanteria di prima e di seconda categoria - compito che venne devoluto, analogamente a quanto praticato fin dal 1871 per le altri armi, ai ricostituiti depositi presso i reggimenti di fanteria, bersaglieri ed alpini - e conservarono le funzioni principali di centri di reclutamento del personale di tutte le categorie, di centri di mobilitazione e d'istruzione della milizia territoriale e di centri di requisizione dei quadrupedi in tempo di guerra (20). In precedenza, per motivi di economia, erano stati soppressi i comandi superiori di distretto e le loro funzioni erano state devolute ai comandi di divisione territoriale (21). La mobilitazione, dunque, diversamente dal reclutamento, fu gestita: dal 1870 al 1897 dai distretti per le unità di fanteria di 18, 2• e 3a linea e per le unità delle altre tre armi limitatamente alla 3a linea e dai depositi di reggimento di artiglieria, cavalleria e genio per le corrispondenti unità di 1a e 2a linea; dal 1897 in poi dai depositi di reggimento per le unità di 1a e 2a linea e dai distretti per le unità di 3a linea. La mobilitazione aveva assunto dopo la guerra franco-prussiana un'importanza sconosciuta nell'epoca precedente; non solo era
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diventata un'operazione complessa per la preponderanza del fattore numerico nella costituzione degli eserciti, ma era divenuta un atto integrativo essenziale della potenzialità bellica. Da qui l'interdipendenza diretta tra organizzazione di pace e organizzazione di guerra, che i prussiani avevano saputo connettere intimamente mediante la creazione di un sistema che consentiva loro all'atto della mobilitazione di portare immediatamente sul piede di guerra tutte le unità esistenti in tempo di pace. A base del sistema prussiano stavano due assiomi: « non si può mantenere in pace un esercito di 1a linea di entità numerica pari a quella iniziale di guerra »; « non si possono costituire unità di guerra vitali senza che in pace esse aBbiano esistenza embrionale e tale che dia loro forza, capacità assimilatrice e consistenza tecnica e morale» (22). L'applicazione, più o meno integrale, di tali concetti implicava ripercussioni d'importanza vitale sul reclutamento, su1l'inquadramento e raggruppamento delle forze in tempo di pace, sull'organizzazione delle riserve (quadri e soldati) e sull'immediatezza della loro disponibilità. Nessuno di tali elementi sfuggì al Ricotti, al quale però il problema della mobilitazione si presentava in termini diversi rispetto alla Prussia: reclutamento nazionale, impossibilità di utmzzazione di tutto il potenziale umano, inadeguatezza assoluta delle disponibilità finanziarie. Egli intese sia la complessità dell'operazione per la mole degli uomini da mobilitare sia la sua delicatezza per le reazioni spirituali, morali e materali nel tessuto politico, economico e sociale dell'intera nazione. Il fine che egli si propose fu di stabilire una relazione intima tra le strutture di pace e quelle di guerra, di ridurre il più possibile le inevitabili alterazioni tra i due tessuti all'atto de1la mobilitazione, di rendere ordinato e rapido il passaggio dall'una a1I'altra fase. « Agevolare e affrettare la mobilitazione delle nostre forze in guisa di far riscontro ai nostri vicini, col dovuto riguardo bensì alle nostre particolari condizioni geografiche, economiche e nazionali »: si legge nella relazione del Ricotti al re sull'istituzione dei distretti militari. E qualche anno dopo, quando diramò la prima serie delle istruzioni per la mobilitazione: « Le istruzioni statuiranno l'ordinamento dei vari servizi dell'esercito di campagna e conterranno tutte le disposizioni occorrenti per il passaggio dal piede di pace a quello di guerra, di maniera che, quando accadesse di dover mettere in campo l'Esercito, o parte di esso, tutte le Autorità militari sappiano quanto a ciascuno spetta di fare, i
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vari serv1z1 siano prontamente ordinati e la mobilitazione possa effettuarsi in breve tempo e colla massima regolarità» (23 ). Nell'Istruzione per la formazione di guerra e la mobilitazione dell'Esercito diramata dal Ricotti furono accolte tutte le predisposizioni di carattere tecnico, logistico, organizzativo ed amministrativo r.elacive alle operazioni di mobilitazione e, in particolare, le formazioni organiche di guerra delle unità e le dotazioni dehle armi e dei materiali. L'istruzione, « il sommo dell'opera organica del Ricotti», suddivisa in tempo successivo in tre tomi distinti, venne costantemente tenuta a giorno mediante l'emanazione di aggiunte e varianti e, spesso, la rielaborazione integra:le di uno o più tomi (24), fo corredata a mano a mano dei quaderni di carico dei varii materiali di mobilita:m,one e, dal 1886, fu affiancata dal Bollettino di mobilitazione (25) edito darll'autorità centrale allo scopo di garantire ,la costante rispondenza dei tomi di mobilitazione al rapido evolV<ersi delle sitiuazioni genera:li e locali. Criteri principali del sistema di mobilitazione del Ricotti furono: il decentramento delle predisposizioni e delle operazioni ad organi territoriali (distretti e depositi), la corrispondenza tra circoscrizione territoriale e circoscrizione di mobilitazione, l'accantonamento presso i distretti e di depositi dei mezzi corrispondenti a bisogni immediati per il passaggio al piede di guerra dei comandi, delle unità e degli elementi speciali ad essi assegnati, la suddivisione metodica e bene definita dei vari atti in fasi successive interdipendenti, il decentramento direttivo ed esecutivo delle responsabilità in modo da ottenere l'automatismo della messa in moto del complesso meccanismo ed il suo pieno funzionamento successivo. A tali criteri il sistema rimane sempre aderente fino alla vigilia della prima guerra mondiale, indipendentemente dal fatto che a vo1te fossero i distretti, a volte i depositi, a volte entrambi gli organi, a svolgere le funzioni di centri di mobilitazione. Un notevole sconvolgimento, non del sistema, che anzi ne uscì potenziato e perfezionato, ma dei piani di mobilitazione già, approntati fu provocato dai provvedimenti di carattere ordinativo e di ridistribuzione delle forze sul territorio nazionale adottati dal Mezzacapo nel 1877. ,L a ridislocazione stanziale di molte unità, e, in particolare, il trasferimento dall'alta Italia di alcune di esse, già a ridosso delle frontiere, nelle province del centro e del mezzogiorno provocò, nei riguardi delle predisposizioni délla mobili-
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tazione, un periodo di grave crisi, al quale il ministro pose rimedio mediante l'aumento del numero dei distretti, l'istituzione dei comandi superiori di distrettto, la rielaborazione dell'istruzione sulla mobilitazione {19) (24) e la creazione di magazzini centrali di dotazione di mobilitazione dell'esercito permanente e della mi.Jizia mobile nella quale ultima, secondo il Corsi, « il ministro Mezzocapo aveva assai maggior fede del suo ,predecessore » (26). Il Ricottii, secondo noi, non è che credesse poco a1 sistema da lui stesso creato, ma non ebbe né tempo né modo, non diciamo di collaudarlo, come del resto non poté fare per gli stessi motivi il Mezzacapo, ma neppure di completarlo e perfezionarlo, operazioni queste alle quali il Mezzacapo poté dedicarsi. Accettati il sistema di reclutamento e di mobiilitazione del Ricotti come fatti compiuti, non però come sistemi finiti e perfetci, il Mezzacapo giudicò necessario apportarvi quanto più presto possibile i ritocchi, gli ampliamenti, le correzioni ed i miglioramenti che la ragione, l'esperienza e le sue vedute personali gli consigliavano. Ampliò e riordinò la milizia mobile e la milizia territoriale, perfezionò le procedure della mobilitazione, pose le basi per la costruzione di complessi di forze composti interamente di milizia mobile (sino a 10 divisioni) e determinò che fossero approntati fin dal tempo di pace tutti i materiali a ciò necessari, stabill che la mobilitazione deUa milizia mobile potesse essere contemporanea di quella de1l'esercito di 1a linea e, in definitiva, fece compiere in pochi mesi passi considerevoli alla preparazione della mobilitazione, che fu uno dei -principali obiettivi della sua azione di comando (27). Avrebbe voluto effettuare esperimenti di mobilitazione in grandi proporzioni e promuovere un intenso addestramento degli uomini di 28 e 3a linea, ma non poté mettere in atto i suoi propositi per ragioni di bilancio, cosl come dovette rinunziare, per 1o stesso motivo, alle sue idee sulla categoria unica e sul ciclo triennale di addestramento per i soldati deUa 1" categoria. Il collaudo del sistema di mobilitazione, creato dal Ricotti ed ampliato e perfezionato dal Mezzacapo, lo poté effettuare il Ferrero negli anni 1881-1884, quando sviluppò un ampio programma di esperimenti concreti che diedero risultati brillanti sia sotto l'aspetto della rispondenza del sistema di mobilitazione in vigore sia sotto l'aspetto addestrativo. Il primo esperimento di mobilitazione e di costituzione di unità della milizia mobile ebbe luogo nel 1881 mediante la chiamata aJle armi per istruzione, per la
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durata di circa un mese, di due classi della prima categoria. Nello stesso anno venne realizzato altresì il primo esperimento di mobilitazione e di costituzione di unità della milizia territoriale chiamando alle armi per istruzione, per la durata di 14 giorni, due classi della terza categoria. Sempre nel 1881 il Ferrero fece partecipare alle grandi manovre nell'Italia centrale (Umbria) 4 reggimenti di milizia mobile che si comportarono egregiamente, nonostante la mediocrità del personale d'inquadramento (ufficiali e sottufficiali) - e chiamò alle armi 20 mila uomini di seconda categoria per un'istruzione di circa 3 mesi. Tali esperimenti furono ripetuti anche negli anni successivi e così, ad esempio, nel 1884 furono chiamate alle armi per istruzione 2 classi della prima e della seconda categoria ed 1 della terza. La tragica situazione finanziaria degli anni novanta e dei primi anni del novecento costrinse le autorità centrali a ridurre e poi a sospendere del tutto gli esperimenti di mobilitazione e la chiamata alle armi dei riservisti e dei soldati di seconda e terza categoria e, solo dopo il 1908, ta:li attività furono riprese su larga scala mediante la costituzione di nuclei di milizia mobile presso ciascun deposito di reggimento delle varie armi, dai quali ebbero vita, alla vigilia del primo conflitto mondiale, un cospicuo numero di unità di 2a linea e cioè 52 reggimenti di fanteria, 11 battaglioni bersaglieri , 38 compagnie alpini, 23 squadroni di cavalleria, 13 reggimenti di artiglieria. Si costituirono inoltre unità di milizia territoriale secondo l'ordinamento stabilito nel 1880 (28).
4. Connessi a quello della mobilitazione, i problemi della radunata e della copertura erano ancor di più di difficile soluzione in ragione della molteplicità delle ipotesi operative, a nessuna delle quali l'indeterminatezza della politica estera consentiva di attribuire un grado maggiore di probabilità. Occorreva, perciò, predisporre la copertura lungo tutta la frontiera terrestre e la radunata ipotizzando l'invasione sia da ovest che da est, senza inoltre trascurare le offese dal mare e fa delicatezza della posizione deìla capitale del regno, questione questa ultima cui dedicò particolare
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attenzione il Mezzacapo che volle fortificare Roma mediante la costruzione di una serie di forti lungo la cinta esterna della città (29). Dopo l'unione di Roma, l'unica preoccupazione militare dello Stato non poteva essere che la semplice difesa del territorio nazionale di fronte a grandi potenze come la Francia e l 'Austria. Ma anche il semplice atteggiamento difensivo richiedeva l'ampliamento dell'esercito, l'aumento dei quadri, l'organizzazione di un sistema razionale di reclutamento e di mobilitazione, l'accantonamento delle dotazioni per gli eserciti di 2a e 3a linea e delle scorte, la sostituzione delle armi con altre più potenti, di gittata maggiore, di tiro più preciso e rapido, l'elaborazione di una nuova dottrina d 'impiego secondo le esigenze delle nuove concezioni e dei nuovi mezzi, lo schieramento di batterie da costa, la costruzione di fortificazioni per chiudere i passi alpini e la disponibilità di forze a ridosso delle frontiere, la sistemazione a difesa delle posizioni strategiche interne, come appunto Roma, e, sul mare,. l'allestimento di una flotta numerosa e potente, provvedimenti tutti che richiedevano tempo e denaro. In tale quadro di esigenze la copertura delle frontiere terrestri e marittime aveva un'impor~ tanza ed una priorità assai elevate in ragione della nuova funzione strategica che la radunata aveva assunto in seguito alla smisurata crescita degli eserciti, alla celerità dei loro trasferimenti, alla facilità delle invasioni improvvise . Il pericolo di un'aggressione improvvisa e di una rapida invasione era ora molto più probabile e temibile che nel passato, quando il bisogno della copertura non era sentito, o lo era molto meno, perché i grandi spazi inizialmente esistenti tra gli opposti 3chieramenti costituivano di per sé mezzo di sicurezza. Il problema della fortificazione si presentava, perciò, importante ed urgente e se ne fece « un gran discorrere e scrivere, e nulla o poco più, anche pel solito motivo del non voler fare grosse spese. E qui vediamo colpa, che però va divisa tra il Governo e il Parlamento. Ma il Ministro non credette dover .farne una questione di vita o di morte, non osò mettere il coltello alla gola a chi poteva e doveva dargli i mezzi per soddisfare quel bisogno. La stessa questione dei forti di sbarra~ mento, giudicata da tutti alta e stringente in sommo grado, fu tratta per le lunghe per una trafila d'uffici e commissioni e giunte, e rimase gran tempo soffocata tra carte e discorsi. Forse il ministro Ricotti aveva molta fede negli aiuti della fortificazione improvvisata. Né sapremmo dargli torto, ma soltanto fino ad un
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certo limite, entro cui non vanno comprese le opere di gran mole e resistenza. Il Ministro può addurre a scusa la diversità delle opinioni circa le difese interne. Noi crediamo che né la Francia né la Germania avrebbero smosso una palata di terra, se avessero voluto aspettare che i loro strateghi e ingegneri militari discutessero a piacer loro pel si e pel no e pel come, o finissero col mettersi d'accordo» (30). Tutto vero, ma non va dimenticato che il Ricotti chiese ed ottenne dal Parlamento nel 1872 l'assegnazione straordinaria di 33 milioni 800 mila lire destinati in gran parte alla fortificazione « a difesa marittima e terrestre del golfo di La Spezia» (31). Si può non essere d'accordo, se si vuole, sulla priorità data a La Spezia, piuttosto che alle frontiere terrestri, ma si trattò pur sempre di una fortificazione di copertura d'interesse vitale ed il Ricotti la stimò tale, mentre non omise di provvedere, in qualche modo, anche alla copertura delle frontiere terrestri mediante la costituzione del corpo degli alpini ed il mantenimento a nord degli Appennini di 7 delle 16 divisioni disponibili (32). Due provvedimenti certamente insufficienti e di modesta portata operativa in quella situazione, ma rivelatori dell'attenzione che il ministro pose al problema. A parte le assegnazioni ottenute rispettivamente dal Ricotti per la fortificazione di La Spezia e dal Mezzacapo di Roma, nessuno degli stanziamenti straordinari successivi, fino al 1880, previde spese specifiche per la costruzione di opere fortificate se non marginali (33) e solo nel giugno del 1880 vennero stanziati 25 milioni, ripartibili in 5 anni, per la costruzione di opere di difesa a sbarramento delle valli alpine e per lavori di difesa delle coste (34). Il generale Bonelli {35), ministro dal luglio 1875 al luglio 1880, ottenne complessivamente assegnazioni straordinarie per 80 milioni e 160 mila lire, ripartite in 5 anni, dal 1880 al 1884, e successivamente il Ferrero nel 1882, il Magnani negli anni 1884-1887 ed il Bertolé Viale nel 1888 provocarono altre assegnazioni straordinarie di fondi per l'ammodernamento ed il potenziamento dell'esercito, e per lo sviluppo delle opere fortificate in corrispondenza delle frontiere terrestri e delle coste (36) e per fronteggiare le nuove spese dell'espansione in Africa. Gli anni ottanta furono anni di notevoli possibilità finanziarie durante i quali anche il problema della copertura ebbe sufficiente sviluppo sia sotto il profilo della costruzione delle opere permanenti che del loro armamento ed equipaggiamento. Nel 1888 il bilancio del
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nunistero della guerra sall a 409 milioni, ivi comprese le spese straordinarie, ed analogo incremento ebbero anche le spese relative ai servizi pubblici. Poi tutto o quasi si fermò. Esaurite le assegnazioni straordinarie per i piani pluriennali di potenziamento, che consentirono di soddisfare solo in parte le necessità di rinnovamento e di rafforzamento della difesa, seguirono gli anni della carestia e della miseria, i più bui per l'esercito, del periodo 18701908, durante i quali non solo la copertura, ma l'intero settore militare venne pressoché del tutto trascurato dal Governo che, nell'impossibilità di aumentare le entrate mediante la imposizione di nuove imposte o l'appesantimento di quelle esistenti, ricorse al solito espediente di ridurre le spese militari. La forza del tempo di pace fu ridotta all'osso e la poca disponibile venne continuamente impiegata nei servizi di tutela dell'ordine interno. Nel decennio di fine secolo e nei primi anni del secolo XX l'Italia scontò le costose imprese sulle coste del mar Rosso ed Adua aggravò la crisi finanziaria che divenne anche politica e morale. Dal 1890 al 1907 le assegnazioni straordinarie furono di entità modesta e vennero impiegate soprattutto per il :miglioramento dell'armamento individuale adozione del fucile e del moschetto mod. 1891 - e delle artiglierie da campagna, destinando alle opere militari ed alla fortificazjone le somme necessarie a portare a compimento i lavori degli anni precedenti piuttosto che ad iniziarne dei nuovi (37). Nel 1908, gli sbarramenti delle valli del confine occidentale e settentrionale avevano, comunque, raggiunto una certa consistenza, come pure la difesa costiera, mentre la frontiera orientale, sulla quale l'esercito dovrà impegnarsi nel 1915, era ancora da fortificare quasi per intero sia in montagna (Cadore e Carnia) sia in pianura (linea del Tagliamento). La costruzione di opere fortificate in corrispondenza del confine orientale avrebbe potuto sollevare obiezioni da parte dell'Austria alla quale l'Italia si era legata nel 1882 mediante il trattato della Triplice Alleanza - rinnovato dal Crispi su condizioni di assoluta parità con le alleate nel 1885 e poi dai suoi successori alle varie scadenze e addirittura in anticipo nel 1912 (il trattato scadeva nel 1914) dal Giolitti che volle vi fosse inserito il riconoscimento esplicito da parte della Germania e del!'Austria della sovranità italiana sulla Libia - ma il vero motivo della mancata fortificazione fu l'indisponibilità finanziaria, tanto è vero che, una volta venuta meno questa, nulla trattenne i gene-
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tali Spingardi e Pollio da dare inizio proprio in contemporaneità con il rinnovo del trattato, all'attività fortificatoria su quel confine. Se la fortificazione si iniziò in ritardo e procedé a rilento, le truppe da montagna, create dal Ricotti per il compito di copertura nel quadro di una politica militare strettamente difensiva, ebbero uno sviluppo progressivo assai rapido. Il Ricotti stesso portò a 21 il numero delle compagnie alpini (8), ordinate su 10 battaglioni di varia composizione, ma tutte sul piedi di guerra; nel 1878 (38) e successivamente, tra il 1882 e i l 1887 (39), le compagnie salirono a 7 5, ordinate in 22 battaglioni e questi in 7 reggimenti. Nel 1910 le truppe da montagna furono ordinate in 3 brigate alpine, in 8 reggimenti alpini e 2 reggimenti artiglieria da montagna. La conclusione che si trae dallo sviluppo delle fortificazioni, delle truppe da montagna e delle artiglierie da fortezza e da costa dell'esercito italiano negli anni 1870-1908 è che l'importanza e la priorità della copertura non furono né sottovalutate né trascurate e che, anzi, fu fatto tutto il possibile, pur nella penuria dei mezzi, per garantire al Paese ed all'esercito la sicurezza necessaria alla mobilitazione ed alla radunata, ma che alla copertura si continuò costantemente ad attribuire una funzione pressoché esclusivamente passiva e protettiva, mentre essa, negli ultimi anni del secolo XIX e nei primi del XX, era diventata l'operazione-base sulla quale fondare non solo la difesa del Paese, ma anche l'intero piano operativo dell'esercito di campagna. L'idea della copertura rimase chiusa in uno spazio mentale angusto; mancò la visione dell'intima connessione tra i compiti difensivi di primo tempo contro attacchi parziali di forze nemiche, in particolare di forze di cavalleria, e quelli offensivi di secondo tempo intesi a preparare l'entrata in azione delle masse radunate dal territorio. Gli apprestamenti difensivi perman~nti e l'impiego delle truppe statiche (alpini, artiglieria da montagna, da fortezza e da costa) non furono inquadrati nell'azione di grandi unità mobili costituite sin dal tempo di pace, tenute quasi sul piede di guerra, destinate anch'esse a compiti di copertura in corrispondenza di determinati settori e pronte a trasformarsi in avanguardia generale od a condurre una prolungata ed efficace manovra in ritirata nel caso che il nemico fosse riuscito ad entrare in azione prima del previsto o ad eseguire azioni offensive preliminari secondo un disegno operativo prestabilito nel quadro di una stretta cooperazione tra forze 1
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statiche e dinamiche. Per tutto il periodo, la copertura non fu considerata cli fatto come l'elemento primo e fondamentale della manovra generale, il « canevaccio dello schieramento cli tutto l'esercito in relazione all'idea direttrice operativa » ( 40 ), ma come una fase difensiva a sé stante, separata e non coordinata con quella successiva. Toccò successivamente al generale Pollio dare della copertura l'idea chiara e completa e stabilire il senso e i modi secondo i quali la si doveva intendere, cosi come l'avevano già predisposta la Francia e la Germania nelle loro dottrine e nei loro .piani, ai quali dettero applicazione integrale sul fronte occidentale nel 1914.
5. Il problema della radunata, 1m:uu sentito durante i primi anni settanta per il fatto che una notevole parte delle forze dell'esercito di campagna erano dislocate a nord degli Appennini, in zone cioè dove la rete ferroviaria aveva maggiori possibilità di sviluppo, divenne cli più complessa soluzione quan<lo il Mezzacapo ridistribul l'esercito su tutto il territorio nazionale, accentuando la necessità di disporre di strade ferrate costruite e sviluppate sulla base cli criter1 militari oltre che commerciali. La ferrovia, già dimostratasi essenziale nel periodo delle guerre delle nazionalità, era diventata, dopo la guerra franco-prussiana, strumento decisivo dell'intera attività bellica, non solo nelle fasi cli mobilitazione e cli radunata, ma anche nel corso <lelle operazioni, Nella Germania le ferrovie, fin dal loro nascere, erano state costruite ed organizzate sulla base del criterio di centralizzazione amministrativa, tecnica e cli esercizio. Arbitro assoluto delle decisioni sulla costruzione e sull'armamento delle linee, sulla scelta dello scartamento e delle dotazioni e qualità del materiale rotabile, sui limiti dei settori di esercizio era stato lo stato maggiore. In Italia la situazione era diversa: l'ingerenza dell'autorità militare, benché ampia ed efficace, era stata e continuava ad essere condizionata da molti fattori politici, giuridici e tecnico-amministrativi. L'accentramento dell'intero sistema ferroviario continuava ad incontrare gravi difficoltà. La presentazione nel 1875 di un disegno di legge per il riscatto delle strade ferrate dalle varie società che le gestivano
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e per l'assunzione dell'esercizio da parte dello Stato - provvedimento che avrebbe fornito l'accentramento della progettazione, dello sviluppo e della direzione tecnica - provocò una lunga e vivace discussione nel Parlamento e generò dissensi all'interno della stessa Destra al potere, in quanto l 'operazione veniva giudicata poco opportuna e troppo onerosa per lo Stato, specie in quel momento in cui pareva prossimo a raggiungersi il pareggio del bilancio. La diversità delle situazioni non impedì, però, di realizzare anche in Italia un'organizzazione idonea a preparare l'impiego delle ferrovie in guerra, a studiare le modalità più convenienti per concentrare il materiale occorrente per i trasporti di mobilitazione, di radunata e di alimentazione delle operazioni militari e ad armonizzare i tempi di afflusso con la rapidità dei convogli, la potenzialità delle linee ed i sistemi di esercizio. Il Ricotti ebbe bene presente la necessità di inserire stabilmente l'amministrazione militare nell'economia ferroviaria nazionale ed a tale fine costituì comitati e organi militari misti, formati da civili e militari, per la progettazione e lo stendimento delle linee ferroviarie, organi direttivi esclusivamente militari per il coordinamento dei trasporti ferroviari militari, organi esecutivi per l'esercizio delle linee o dei tronchi di linee adiacenti alla zona delle operazioni o di prevalente interesse militare (41). Nel 1871 fu costituito il primo reparto ferroviario formato di 60 uomini il quale, nel 1873, fu articolato in 2 compagnie inquadrate nel 2° reggimento genio (8). La specialità ebbe rapido sviluppo: nel 1882 furono costituite 2 nuove compagnie (42) e nel 1894 altre due (34); nel 1904 le rnmpagnie ferrovieri furono raggruppate in una brigata autonoma (44) e nel 1910 la brigata si trasformò in un reggimento - 6° reggimento genio ,ferrovieri - con sede in Torino, costituito su: 1 stato maggiore, 1 battaglione ferrovieri (4 compagnie) con sede in Torino ed 1 battaglione ferrovieri (2 compagnie) con sede iin Roma, 1 battaglione automobilisti (1 compagnia in Torino ed 1 compagnia in Roma), 1 deposito (45). A base del piano dei trasporti di radunata furono posti due criteri principali: ridurre al minimo le distanze da percorrere con mezzi diversi dalla ferrovia e conferire alla radunata - diversamente dalla mobilitazione da svolgere per corpi di armata - carattere di globalità (cioè un piano unico per tutto l'esercito, sia pure per elementi distinti) allo scopo di trasportare le unità il più vicino possibile alle zone d'impiego e di evitare loro movimenti inutili,
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come sarebbe avvenuto qualora si fossero concentrati i corpi di armata prima di trasferirli nelle zone di impiego. Il piano di radunata del Mezzacapo subl nel tempo molte mutazioni per adeguarlo al graduale sviluppo della rete ferroviaria nazionale e fu oggetto di costanti previsioni e aggiornamenti da parte dei varii ministri della guerra e, dopo l'istituzione della carica, dei capi di stato maggiore dell'esercito, tra i quali vi dedicò particolare cura, dal 1896 al 1908, il generale Tancredi Saletta (46) che stabill, nell'eventualità di un conflitto con l'Austria, i terminali dei trasporti ferroviari di radunata in coincidenza delle stazioni a ridosso del Piave. La costituzione delle commissioni miste in tempo di pace nel seno del ministero della guerra, miste ed esclusivamente militari in guerra, la creazione delle truppe speciali inserite nell'arma del genio e addestrate all'esercizio di determinate linee ed all'esecuzione dei lavori urgenti (riattamenti, raccordi, distruzioni, ecc.), l'istituzione delle commissioni di linea, dei comandi militari di stazione e delle direzioni da campo delle ferrovie misero in piedi un sistema militare dei trasporti ferroviari in grado non solo di consentire la rapidità della radunata e di far coincidere le zone di scarico dai treni con quelle più vicine possibile alle zone di schieramento - condizione questa non sempre necessaria nelle epoche precedenti, nelle quali le due suddette operazioni erano fra esse indipendenti {47) ma di rendere aderente la radunata alle diverse ipotesi d'impiego, che erano più di una e di diverso impegno nei riguardi dei trasporti. La conferma della validità del sistema, avviato dal Ricotti e via via ampliato e perfezionato dai successori e, soprattutto, dallo stato maggiore dell'esercito, più che nella fase preparatoria e iniziale della guerra 1915-1918, la si ebbe nella manovra strategica difensiva per linee 'interne, nel maggio del 1916, quando nel giro di 11 giorni furono trasferiti dal fronte dell'Isonzo a quello del Trentino 84 mila uomini e 21 mila quadrupedi mediante l'impiego di 212 convogli straordinari. Un successo che non sarebbe stato possibile se dal 1870 in poi non fosse stata curata la formazione di una mentalità ferroviaria e non fosse stata allestita un'organizzazione minuziosa e completa. Un successo che fu opera di chi riusd materiàlmente a conseguirlo, ma anche di chi ne aveva creato le premesse indispensabili.
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6. Fino al 1860 l'ordinamento territoriale era stato mantenuto distinto da quello tattico in quasi tutti gli Stati ad eccezione della Prussia, dove, dal 1813, i due ordinamenti erano stati fasi. Nel regno di Sardegna a capo delle circoscrizioni territoriali vi erano stati prima i governatori, poi i comandanti generali e, nel 1815, erano stati istituiti i comandi di Piazza. All'atto della guerra del 1859 il territorio era diviso in 5 divisioni militari di 2 sottodivisioni ciascuna. Nel 1861 il territorio del regno d'Italia fu diviso in 6 grandi dipartimenti militari, dipendenti dai grandi comandi con sede in Torino, Milano, Parma, Bologna, Firenze e Napoli, comprendente ciascuno un determinato numero di divisioni con 2 stati maggiori: uno territoriale ed uno d'impiego tattico. Nel 1870 tale ripartizione venne modificata dal Ricotti (6) ed il regno diviso in 16 divisioni territoriali, confermando cosl l'accettazione del modello prussiano della fusione dei comandi territoriali con quelli tattici. Nd 1877 il Mezzacapo abolì i grandi comandi, creò 10 comandi di corpo d'armata e 20 di divisione addivenendo ad una nuova ripartizione delle zone di circoscrizione giurisdizionale (48) e nel 1882 il Ferrero aumentò a 12 i comandi di corpo d'armata ed a 25 (compreso il comando della Sardegna) i comandi di divisione (49). Il modello prussiano era stato concepito in relazione al nuovo carattere delle istituzioni militari - differenza tra l'esercito di pace e di guerra, e conseguente complessità della mobilitazione e sua importanza fondamentale per l 'impiego delle unità in guerra - ed era il ,più rispondente alle necessità degli eserciti nazionali composti di nuclei .permanenti modesti ed abbisognevoli di grandi riserve per completarsi su organici di guerra, diversamente dal passato quando non era esistita una sostanziale differenza tra l'esercito di pace e di guerra ed il raggruppamento delle forze di pace non aveva altrepassato generalmente il livello delle unità omogenee (brigata). A parte le varianti imposte dagli ampliamenti dell'intelaiatura ordinativa generale, l'organizzazione del comando territoriale rimase sostanzialmente stabile al livello di corpo di armata e di divisione, mentre non fu così per i comandi territoriali dell'arma dei carabinieri e per le direzioni (e sezioni) territoriali di artiglieria e del genio le cui zone di competenza dovettero essere spesso modificate in relazione alle opportunità contingenti di sdop-
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piare taluni comandi o di crearne dei nuovi per armonizzarli con lo sviluppo della rete ferroviaria e stradale o per fare fronte ad esigenze temporanee. Speciali esigenze d'indole tecnico-militare non resero sempre possibile di far coincidere le circoscrizioni militari con quelle politico-amministrative; i criteri seguiti furono di subordinare la circoscrizione militare al fattore demografico in modo di ottenere una distribuzione sufficientemente uniforme delle risorse umane ai fini del reclutamento e della mobilitazione e di comprendere in ogni circoscrizione tutti gli elementi costitutivi della grande unità tattica che vi risidieva. I comandi di corpo d'armata e di divisione conservarono sempre le funzioni territoriali e di comando tattico, mentre numerose furono le varianti apportate nel tempo alle leggi per la circoscrizione territoriale militare del regno. Frequentissimi, invece, i mutamenti de1l'articolazione e dei quadri organici dell'amministrazione centrale che andò soggetta, dal 1870 al 1908, a molteplici ampliamenti e ritocchi fin quasi a non rassomigliare più a se stessa com'era all'inizio. Il processo dell'estensione p rogressiva della burocrazia e dell'accrescimento della sua importanza neJI'organizzazione della vita sociale ed amministrativa non fu certo una peculiarità del ministero della guerra, ma coinvolse l'intero apparato dello Stato. D'altra parte, l'ampliamento della sfera di competenza dell'amministrazione e della diver· sificazione interna s.empre più spinta di tale sfera erano il risultato dello sforzo tendente alla ricerca di una burocrazia intera. mente funzionale alla razionalità ed all'efficienza deJl'organizzazio. ne. Non è questa la sede d'indagine per accertare se i risultati raggiunti fossero stati quelli sperati; ci basta sottolineare il fatto ed aggiungete che l'ingigantimento burocratico, in parte necessario all'adeguamento dell'organizzazione alle esigenze mutevoli dei tempi, non ebbe che parziali riflessi benefici e, comunque, determinò un impegno di personale e di fondi molto elevato in rapporto alle disponibilità del momento. Le tavole delle formazioni graduali e numeriche degli organi centrali subirono in 40 anni decine e decine di aggiunte e varianti e non poche radicali trasformazioni talché le 4 direzioni generali, le 18 divisioni e le 45 sezioni degli anni settanta (50) diventarono nel 1908 rispettivamente 7, 21, 64 con in più 14 uffici alle dirette dipendenze dei direttori generali (51). Diversa la strada seguita nei riguardi degli ufficiali generali e del corpo di stato maggiore i quali, nonostante l'aumento da
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7 a 10 e poi a 12 dei comandi di corpo d'armata e da 16 a 20 e poi a 25 di quelli di divisione, o ebbero un incremento assai modesto e non proporzionato al numero dei nuovi comandi o addirittura subirono qualche sia pur lieve diminuzione. Il numero dei generali, stabilito in 130 nel 1873 (dei quali 5 generali di esercito, 42 luogotenenti generali, 83 maggiori generali [8]), elevato a 151 nel 1887 {2 generali di esercito, 53 tenenti generali, 92 maggiori generali, 3 generali medici, 1 generale commissario [ 49] ), fu diminuito di 14 unità nel 1887 (49) e poi si mantenne costante al livello di 148 (11 in più, compresi i 3 generali medici non previsti nel 1873) fino al 1908 e dopo. Il numero degli ufficiali di stato maggiore pari a 138 unità nel 1873 (9 colonnelli, 34 tenenti colonnelli o maggiori. 75 capitani, 20 tenenti), elevato a 152 nel 1887 (15 colonnelli, 53 tenenti colonnelli o maggiori, 84 capitani), fu diminuito di 15 unità nel 1889 e si mantenne anch'esso costante al livello di 137 unità fino al 1908 e dopo. Al fine di non svilire i gradi e svalutare le funzioni si preferì incaricare 1 O colonnelli delle funzioni di generali di brigata e creare la categoria degli ufficiali applicati di stato maggiore (120 capitani); provvedimenti che se per i generali ebbero anche un motivo economico, per gli ufficiali di stato maggiore furono dettati dall'opportunità di non inflazionare il corpo e, se si vuole esser maligni, di diminuire il numero dei concorrenti ai gradi elevati. D'altra parte, dopo Custoza, non vi potevano essere più dubbi nel porre a base del grado la capacità la quale non poteva essere intesa solo come dotazione di doti morali ed intellettuali naturali, ma anche come frutto di cultura generale e professionale indispensabile all'esplicazione del comando in un periodo nel quale la guerra aveva mutato, o stava cambiando, la sua fisionomia, mentre nelle epoche precedenti il valore, il sentimento patriottico, l'esempio potevano bastare a giustificare la capacità al comando. L'innovazione principale introdotta nell'organizzazione centrale del ministero della guerra fu la creazione della carica di capo di stato maggiore dell'esercito fin dal tempo di pace. Il provvedimento esaudl un'esigenza fondamentale, improcrastinabile, dopo le improvvisazioni dell'ultimo momento nella designazione del capo di stato maggiore e nella costituzione del Comando Supremo esperimentate nelle guerre d'indipendenza e dopo che l'esercito prussiano aveva messo chiaramente in evidenza come fosse stato essenziale, ai fini del successo delle guerre del 1866 e del 1870-'71, il
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lavoro preparatorio svolto in pace dallo stato maggiore. L'esercito italiano e prima l'armata sarda, sebbene disponessero di un corpo di stato maggiore, non avevano avuto un vero e proprio stato maggiore inteso nel senso prussiano del termine e cioè dotato di propria responsabilità direttiva ed esecutiva. Le funzioni degli ufficiali di stato maggiore si riducevano ai compiti di capi di stato maggiore delle grandi unità miste o di ufficiali addetti ai comandi di tali unità. Lo stato maggiore era una dipendenza del Segretario generale del ministero e si occupava degli studi di preparazione alla guerra con prevalenza di quelli d'indole topografica. Esistevano i comitati - Comitato di stato maggiore generale istituito dal Ricotti (52), Comitato delle armi di artiglieria e del genio (53), . Comitato delle armi di linea (54 ), Comitato dell'arma dei carabinieri reali (55), Comitato del corpo di stato maggiore (56), Comitato di sanità militare istituito anche questo dal Ricotti (57) ma si trattava di organi di consulenza che, sebbene presieduti e formati spesso da generali di prestigio, non avevano grande voce nelle decisioni, la cui responsabilità diretta, anche per le questioni tecnico-operative, era esclusiva del ministro, che poteva fare a modo suo ignorando o mettendo da parte le proposte dei comitati. Il Ricotti che aveva riunito in uno i comitati di artiglieria e del genio fino ad allora distinti e vi aveva messo a capo il generale Menabrea (58) e che aveva istituito il comitato di stato maggiore generale per le grandi questioni d'interesse generale militare e segnatamente per quelle concernenti la difesa dello Stato mettendovi a capo il generale Cialdini, valorizzò moltissimo l'opera dei comitati e quasi attribuì al comitato presieduto dal generale Cialdini il carattere di supremo ufficio per le operazioni di guerra. Ma i comitati non erano, e non potevano essere, organi sostitutivi di uno stato maggiore centrale. Tra l'altro, il lavoro dei comitati mancava di coordinamento, per cui accadeva spesso che più di uno si occupasse contemporaneamente della stessa questione con ·perdita di tempo e con risultati divergenti e contraddittod perché esaminati da angolazioni settoriali. Forse il Ricotti con il tempo avrebbe eliminato le disarticolazioni e le disarmonie di funzionamento dei comitati, ma lascia perplessi il fatto che egli non abbia dato allo stato maggiore Io sviluppo che sarebbe stato necessario a metterlo in perfetta rispondenza con il nuovo ordinamento che egli stesso aveva dato all'esercito per il tempo di guerra, tanto più che la scuola di guerra aveva ormai licenziato un buon numero
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di ufficiali in grado di svolgere le mansioni proprie dello stato maggiore centrale, e che i generali che tennero la carica di comandanti del corpo dal 1870 al 1876 ne garantivano un ottimo funzionamento. Si può pensare che il Ricotti non abbia voluto promuovere l'istituzione fin dal tempo di pace della carica di capo dello stato maggiore dell'esercito per restare da solo alla guida di tutto e per portare a compimento a suo modo, senza interferenze, l'intero complesso di riforme ordinative ed organiche, oltreché dottrinali, da lui ideato. Sta di fatto che né il Ricotti né il suo successore modificarono Io stato di fatto dell'inesistenza di un capo di stato maggiore e di un organismo predesignato ad assumere in guerra le funzioni di comando supremo.
7. La data esatta di nascita dello stato maggiore dell'esercito italiano è 1'11 novembre del 1882. Da tale data il capo di stato maggiore dell'esercito assunse in proprio la responsabilità morale e tecnica della preparazione della guerra; responsabilità morale e tecnica di fronte al Paese, al Parlamento ed al Governo, non responsabilità reale che in tutti i campi dell'attività politica e, perciò, anche militare, appartiene, negli stati costituzionali parlamentari, al governo. La legge istitutiva della carica fin dal tempo di pace di capo di stato maggiore dell'esercito fu proposta dal generale Ferrero ed il Parlamento l'approvò appunto sotto quella data (59), sicché si può dire che il fondatore dello stato maggiore dell'esercito, come organo permanente consultivo ed esecutivo del ministro della guerra, fu proprio il Ferrero, che compì dunque un atto di importanza storica per l'esercito ed al tempo stesso di cosciente coraggio morale perché, se da un lato era convinto dell'essenzialità dell'innovazione, dall'altro era consapevole delle interconnessioni esistenti tra la carica di ministro della guerra e quella di capo di stato maggiore dell'esercito e delle difficoltà obiettive esistenti circa i pericoli delle sovrapposizioni, delle invadenze e degli sconfinamenti di potere sempre possibili e dei non meno possibili conflitti di competenza, tanto più facili quanto più spiccate le personalità dei due uomini destinati a camminare in tandem. La scelta del generale Cosenz (60) a ricoprire per primo la nuova carica fu un fatto altamente positivo, perché rese agevole
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l'avvio e misurato il rodaggio che, pur nell'incertezza del percorso, avvennero senza gravi inconvenienti. La legge stabill che il capo di stato maggiore, alle dipendenze del ministro, avesse in tempo di pace l'alta direzione degli studi per la preparazione alla guerra ed esercitasse in guerra le attribuzioni previste per la sua carica nel Regolamento del servizio in ·guerra; avesse il comando del corpo di stato maggiore e le sue attribuzioni si riferissero « tanto al reclutamento, all'avanzamento ed alla destinazione del personale, quanto all'indirizzo del lavori »; avesse alle dipendenze la scuola di guerra « solo per quanto riguarda gli indirizzi da dare agli studi » e la brigata ferrovieri « per quanto riflette la parte tecnica del suo speciale servizio »; facesse parte di diritto di tutte le commissioni nominate e convocate dal governo per la consulenza sulle questioni militari; avanzasse al ministro della guerra tutte le proposte che ritenesse opportune circa la formazione di guerra dell'esercito, la difesa dello Stato e gli studi per la programmazione della guerra; concretasse, d'accordo con il ministro, le norme generali per la mobilitazione ed i progetti di radunata « secondo le varie ipotesi » . La legge stabilì, inoltre, che il comandante in 2a del corpo di stato maggiore coadiuvasse nell'esercizio del comando il capo di stato maggiore e disimpegnasse « quelle speciali incombenze relative a tale esercizio che gli vengono affidate dal capo stesso », predesignandolo a disimpegnare in guerra le funzioni di sottocapo di stato maggiore, mentre assegnò al generale addetto al comando del corpo il compito di coadiuvare il comandante in 2a e lo predesignò a disimpegnare in guerra « la carica d'Intendente generale o capo di stato maggiore dell'Intendenza generale». La legge durò 24 anni e venne poi sostituita da altra che ampliò i compiti e le attribuzioni del capo di stato maggiore del!'esercito estendendoli a tutti i settori comunque riguardanti la preparazione dell'esercito alla guerra (61). Un anno dopo tale legge venne però parzialmente modificata in senso restrittivo e, senza intaccare il principio dell'unitarietà della guida tecnico-operativa della preparazione alla guerra, vennero accresciute le facoltà d'intervento del ministro anche nelle questioni te:cniche e addestrative (62). Rimane comunque fissato che il capo di stato maggiore:, dirige, in tempo di pace, tutti g1i studi per la preparazione della guerra; esercita, per la campagna, le attribuzioni stabiHte per la
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sua carica dal Regolamento di servizio in guerra; stabilisce i concetti. fondamentali a cui deve informarsi fa preparazione della guerra; prepara i progetti di operazioni di guerra da svolgersi durante e dopo la radunata, e comunica fin dal tempo di pace alle autorità interessate le direttive che stabiliscono i compiti dei comandanti delle grandi unità durante il periodo della mobilitazione e della radunata; in piena ed esclusiva competenza nei rapporti con gli stati maggiori eventualmente vincolati da trattati di alleanza militare emana tutte le disposizioni ed istruzioni necessarie dn ordine alle sue disposizioni, prendendo preventivi concerti col ministro della guerra, per tutte quelle che implicano un onere alilo Stato e per quanto riguarda i progetti per la mobilitazione e radunata di tutto o parte dell'esercito in base ai concetti fondamentali ai quali crede di dover informare Ja preparazione a:lla guerra; tratta tutte le questioni che si riferiscono alla mobilitazione, alla formazione di guerra, dell'esercito e alla difesa dello Stato, e perciò provvede ai piani di mobilitazione, di radunata, d'impianto e di funzionamento dei servizi dell'Intendenza, di protezione delle fe rrovie e di vigilanza e protezione costiera, delle interruzioni stradali; esplica la sua azione in accordo col ministro della guerra, al quale sottopone le decisioni che riguardano tutti i provvedimenti relativi alla difesa dello Stato in quanto può riguardare l'impiego delle somme stabilite in bilancio; concreta e presenta al ministro della guerra quelle proposte che egli ritiene necessarie o convenienti in rapporto alla preparazione alla guerra e che possono interessare leggi, disposizioni regolamenti o comunque il bilancio della guerra; sovrintende alla compilazione di ,regolamenti relativi all'impiego tattico delle grandi unità, al servizio in guerra ed all'istruzione tecnica delle unità. La 1egge precisò, inoltre, le attribuzioni specifiche del capo di stato maggiore circa l'addestramento, il personale ed i servizi del corpo di stato maggiore, le truppe coloniali e i distaccamenti dell'esercito all'estero, il servizio tecnico-sanitario, la Croce Rossa italiana, le esercitazioni annuali, i rapporti col ministero della marina e con le altre autorità militari, la dipendenza delle truppe del genio « per quanto riguarda l'indirizzo del loro speciale servizio in relazione al loro impiego in guerra ad eccezione dei reggimenti zappatori», « l'Istituto Topografico militare» (65), la Scuola <li guerra, ecc. La legge, infine, sand che la preparazione dei piani operativi dovesse essere effettuata « prendendo speciali preventivi concerti col ministro deJla guerra », la ripartizione delle somme inscritte in bilancio per la difesa venisse proposta dal capo di stato
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maggiore in base alle deliberazioni della « Commissione Suprema mista per la difesa dello Stato» (64) ed approvata dal mm1stro, la regolamentazione tattica e tecnico-tattica venisse emanata dal capo di stato maggiore dopo aver sentito il parere del « Consiglio dell'esercito» (65), l'alta direzione delle esercitazioni annuali venisse fissata, caso per caso, dal ministro « investendone od il capo di stato maggiore dell'esercito od uno degli ufficiali generali designati per il comando di un'armata in guerra o, per le esercitazioni di assedio, uno degli ispettori delle armi tecniche ». Le 3 leggi segnarono 3 momenti diversi della sfera delle competenze, delle attribuzioni e soprattutto dell'autonomia del capo di stato maggiore la guida della preparazione tecnico-operativa alla guerra, ma la prima lasciò piuttosto indefiniti i limiti delle materie di competenza e quasi sottintese la necessità del collaudo dell'esperienza per una chiara e decisiva definizione, la seconda ministro tenente generale Majnoni d'Intignano (,66) e capo d:i stato maggiore tenente generale Saletta - estese quasi senza vincoli il campo di azione e l'autonomia del capo di stato maggiore e andò al di là di quelle che dovevano essere le intenzioni del governo e forse dello stesso ministro, la terza - ministro senatore Casana (67) capo di stato maggiore tenente generale Saletta fermo lasciando il vastissimo campo di competenze, limitò l'autonomia e ribadì ad ogni pie' sospinto la preminenza del ministro e degli organi deliberativi o di consulenza nel frattempo creati. Va notato che la terza legge venne proposta ed approvata mentre. per la prima volta nella storia dell'esercito italiano era ministro della guerra un non militare di carriera. Il trasferimento delle attribuzioni tecnico-operative e la separazione di esse da quelle tecnico-amministrative avvenne, dopo l'emanazione della prima legge, in modo graduale e lento ed in verità i ministri continuarono ad esercitare la guida reale dell'esercito pur cedendo, quasi inavvertitamente, non già il loro potere decisionale, ma le loro facoltà d'intervento preventivo sulle questioni tecnico-operative che finirono a poco a poco con il convergere esclusivamente sul capo di stato maggiore, il quale fu naturalmente indotto ad agire sempre più autonomamente, quasi esautorando il ministro, forse con il consenso tacito od esplicito di questo, per l'eventualità che la carica di ministro venisse affidata, come appunto avvenne nel 1907, ad un non militare di carriera. L'organo di comando del capo di stato maggiore venne necessa-
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riamente ampliandosi e dalla divisione su 2 sezioni, inquadrata nel segretariato generale, si trasformò in un organo nominalmente ancora affiancato al segretariato generale, ma in realtà alle dirette dipendenze del ministro, articolato su 4 sezioni delle quali: la prima trattava « le istruzioni, i movimenti e servizi delle truppe, il personale ed il servizio del corpo di stato maggiore, della scuola di guerra e dell'istituto geografico militare, l'organizzazione e le esperienze della scuola centrale di tiro della fanteria, le questioni della fortificazione permanente e della viabilità »; la seconda la difesa dello Stato, l'ordinamento dell'esercito, la mobilitazione, il bilancio, l'equipaggiamento e le dotazioni in genere; la terza « il tiro a segno nazionale, le truppe d'Africa, la elaborazione e revisione dei regolamenti, i bollettini ed il giornale militare »; la quarta « il servizio tecnico-sanitario, le dotazioni di materiali sanitari e farmaceutici, i bagni termali, la statistica sanitaria ». In verità un'organizzazione ed una ripartizione di lavoro basata su criter1 di mole delle materie piuttosto che di connessione interdisciplinare e di razionalità funzionale. L'istituzione della carica del capo di stato maggiore in tempo di pace dette comunque l'avvio ad una concezione globale nuova drca il modo d'intendere la preparazione alla guerra e circa l'indispensabile separazione delle funzioni tecnico-operative da quelle tecnico-giuridico-amministrative proprie delle direzioni generali del. I'amministrazione centrale. Lo stato maggiore dell'esercito assunse una propria identità ed una responsabilità morale e tecnica diretta, che prima non aveva, per cui le critiche che gli si sono fatte e si continuano a rivolgergli per le supposte colpe di prima del 1882 non hanno nessuna consistenza storica e quelle per le colpe posteriori a tale data - che esistono e talvolta sono gravissime non possono trascurare né le limitazioni della sfera di azione e di autonomia, né il fatto che la responosabilità decisionale di tutta la politica militare fu sempre, anche dopo il 1882, del ministro della guerra, del governo, della « Commissione suprema mista per la difesa dello Stato» creata nel 1889, ed ampliata nel 1908, per dare alla difesa nazionale « unità e stabilità di concetti e d'indirizzo nella risoluzione delle complesse questioni che si riferiscono all'assetto difensivo del territorio» .
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8. La principale caratteristica dell'ordinamento tattico dell'esercito italiano dal 1870 al 1915 fu la stabilità. L'ordinamento ideato éd attuato dal Ricotti fu quello con il quale l'Italia entrò nella prima guerra mondiale, fatte salve le varianti imposte dai successivi ampliamenti dell'intelaiatura generale, dalla creazione di nuove specialità correlative all'entrata in servizio di nuove armi o mezzi tecnici e dall'introduzione, anche per le armi che non l'avevano, di un'articolazione intermedia tra il reggimento e l'unità minima d'impiego. Eppure la decisione del Ricotti di far proprio l'ordinamento prussiano, sia pure apportandovi talune peculiarità e adattamenti che meglio gli parvero addirsi alla situazione politica, sociale, finanziaria e tecnica italiana, era stata presa sotto l'assillo dell'urgenza ed all'insegna dell'incertezza: urgenza di un assetto tattico-ordinativo rispondente alla nuova fisionomia del campo di battaglia; incertezza sulla linea di politica estera del Paese. La Francia segul anch'essa l'esempio della Germania, ma solo qualche anno dopo l'Italia. Tutte e tre le potenze Germania, Italia, Francia - entrarono in guerra nel 1915 con un ordinamento tattico pressoché eguale: corpo di armata su 2 o più divisioni, divisioni su 2 brigate, brigate su 2 reggimenti, reggimenti su 3 battaglioni, battaglioni su 4 compagnie. « Il corpo di armata, nel secondo periodo del secolo XIX, non costituiva più la massima unità mista degli eserciti in campo, ma rappresentava un elemento subordinato e l'armata ne aveva preso il posto; conseguentemente la costituzione permanente di esso in tempo di pace si considerò indispensabile, come nel periodo precedente e negli eserciti nazionalmente organizzati, erasi considerata la divisione» (68). La costituzione permanente delle grandi unità miste era stata per i prussiani un assioma e le guerre del 1866 e del 1870-'71 avevano dato loro ragione. Il raggruppamento di forze improvvisato, tollerabile forse, sebbene anche allora dannoso, in passato, non lo era più nel nuovo tipo di guerra, nel quale gli eserciti avevano assunto un'entità numerica assai elevata, esigevano la stretta cooperazione tra le varie armi e perciò l'abitudine all'addestramento congiunto, ed erano soggetti, all'atto della mobilitazione, a notevoli variazioni di forza. Il corpo di armata, in
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particolare, era diventata la massima unità di guerra delle armi combinate, dotata di vita propria e di larga autonomia d'impiego entro i limiti ad essa assegnati nell'insieme delle combinazioni delle masse combattenti. Elemento decisivo della sua capacità operativa erano, appunto, l'abitudine alla cooperazione interarmi e la scioltezza di manovra delle sue pedine costitutive. Aboliti dopo la campagna del 1848 e ripristinati all'ultimo momento in quella del 1866, i corpi di armata, inizialmente sotto il nome di comandi generali, entrarono nell'ordinamento di pace dell'esercito nel 1873 ad opera del Ricotti il quale, pur volendone costituire 10 - quanti cioè gli sarebbero stati consentiti dalle 40 brigate di fanteria, dai 10 reggimenti bersaglieri, dai 20 reggimenti di cavalleria e dai 1O reggimenti di artiglieria da battaglia nei quali aveva suddiviso l'esercito - dové accontentarsi, per ragioni d'indisponibilità finanziaria, solo di 7 (8) . Nel 1877 il Mezzocapo ne costituì altci 3 (48) e nel 1882 il Ferrero altri 2 (49). Nei riguardi del sistema ordinativo - quaternario, ternario, binario, misto - il Ricotti optò per il sistema prussiano misto: dal corpo di armata alla brigata inclusa, binario; ternario per il reggimento, e quaternario per il battaglione. Il sistema ternario ai livelli superiori al reggimento avrebbe consentito lo schieramento di un centro e di due ali, la costituzione di una robusta riserva organica e la formazione di distaccamenti organici armonici da destinare a compiti particolari; ma, ferma restando per motivi di mobilità e di comandabilità la convenienza a non superare la forza massima di 35 mila unità del corpo di armata, il sistema ternari/), ai livelli superiori al reggimento, avrebbe ridotto notevolmente la capacità operativa intrinseca dei singoli raggruppamenti di forze (divisioni e brigate). Quale dei due sistemi - il ternario od il binario - fosse preferibile per il corpo di armata, la divisione e la brigata, rimase allora, e per lungo tempo dopo, questione controversa e neppure l'esperienza della prima guerra mondiale varrà a darle una risposta unanime, tali e tanti sono i fattori tecnicomilitari e di altro ordine che concorrono nella definizione degli ordinamenti tattici e delle articolazioni delle unità d'impiego da doverli valutare, di volta in volta, secondo i casi, ai fini della soluzione più opportuna e conveniente per quel dato esercito. Il Ricotti si uniformò al modello prussiano, al quale, come abbiamo già rilevato, successivamente si uniformò anche l'esercito francese e, più tardi ancora, dopo il 1890, il russo. Il fatto che nessuno dei sue-
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ccssori del Ricotti e dei capi di stato maggiore abbiano pensato ad una diversa costituzione delle divisioni e delle brigate vuol dire che la scelta fu rispondente. D'altra parte tutti i maggiori eserciti, compresi l'austriaco e il giapponese, partecipanti alla prima guerra mondiale, costituirono la divisione su 2 brigate e la brigata su 2 reggimenti. Meno generalizzata l'adozione del sistema ternario per il reggimento di fanteria; l'Austria e la Russia conservarono sempre il sistema quaternario. Il reggimento era stato nell'armata sarda e nell'esercito italiano fino al 1870 un ente addestrativo, disciplinare cd amministrativo. Il Ricotti, sempre ispirandosi al modello prussiano, non solo lo costitul su 3 anziché su 4 battaglioni com'era stato fino ad allora, ma gli conferì la funzione di unità di combatLimento e di evoluzione con una propria e ben definita identità tattica. L'attribuzione al reggimento di una sua funzione tattica, prescindendo dalla formazione quaternaria o ternaria, era stata intesa dai prussiani come la conseguenza naturale del nuovo tipo di combattimento della fanteria considerato un complesso di atti tattici, susseguentisi in intima connessione nel senso della profondità, che rendevano necessario un raggruppamento di forze di ordine superiore al battaglione al fine di garantire continuità allo sforzo nel quadro di un'uniforme linea di direzione. Ciò, in effetti, era perseguibile, forse in misura maggiore, anche se il reggimento avesse adottato la formazione quaternaria, ma ne sarebbero derivate difficoltà maggiori all'esercizio del comando da parte del colonnello. I prussiani, in realtà, nell'articolazione tattica delle forze si erano attenuti prevalentemente al criterio numerico: armata 160-120 mila unità, corpo di armata 35-30 mila, divisione 15-12 mila, brigata 6-5 mila, reggimento 3 mila-2 mila cinquecento, battaglione milleottocento, compagnia 250-200. Il sistema quaternario avrebbe indebolito il battaglione (l.500-1.250 uomini) con in più il pericolo che la perdita di un solo battaglione sarebbe equivalsa alla distruzione della capacità operativa del reggimento; la soluzione ternaria parve la più equilibrata sotto il profilo della comandabilità dell'insieme e della robustezza dei battaglioni ed oltre tutto la più economica, motivo questo ultimo che incise non poco sulla scelta del Ricotti, non più modificata negli anni successivi, sebbene l'Austria,. come del resto la Russia, avessero costantemente mantenuto i reg~ gimenti su 4 battaglioni.
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All'articolazione del battaglione in 4 compagnie, ereditata dall'armata sarda e adottata poi da tutti gli eserciti, il Ricotti rimase fedele. Le novità furono il ritorno a compagnie numericamente robuste (circa 250 uomini) e l'estensione ad esse dell'individualità tattica. La compagnia da unità addestrativa, disciplinare ed amministrativa diventò - come lo era già nell'ordinamento prussiano e come lo era stata in quello austriaco del 1866 - pedina elementare del combattimento. La generalizzazione dell'ordine sparso e l'estensione delle fronti e delle profondità delle formazioni rendevano aleatoria la comandabilità di un raggruppamento di 1.000 uomini; la compagnia, non più il battaglione, diventava cosl necessariamente l'unità minima d'impiego della fanteria e, come tale, doveva acquistare consistenza numerica e capacità di sforzo maggiori rispetto al passato. La generalizzazione dell'ordine sparso, inoltre, non rendeva più necessarie fanterie specializzate del tipo bersaglieri e granatieri, per cui il Ricotti dequalificò da fanteria specializzata in fanteria scelta i bersaglieri e abolì i granatieri lasciandone in vita due soli reggimenti in omaggio alla tradizione, ma con la stessa identica struttura organica delle 1inità del1a fanteria di linea (7). « Il ministro Ricotti fu detto avverso ai bersaglieri. Non crediamo ch'egli avesse antipatia per quella tnili2ia, ma neppure una entusiastica simpatia. Egli, antico soldato piemontese, non poteva fare a meno di confrontare nel1a sua mente da un lato ,le sceltissime 5 compagnie di Alessandro La Marmora e i 40 battaglioni d'oggi, dall'altro le condi'.llioni tattiche della fanteria del 1848 e quelle dell 'arma stessa nel 1870. Dal quale confronto doveva risultargli moltissimo diminuita l'importanza dei bersaglieri come fanteria speciale, e nel tempo medesimo peggiorata necessariamente la qualità loro per conseguenza del grande aumento numerico, dalla primitiva proporzione d'una compagnia a quella di 2 battaglioni per ogni divisione di fanteria. Pur nondimeno anch'egli sentì la grandissima convenienza morale e tattica di conservare quella milizia, col suo ultimo fondo e le sue gloriose tradizioni, come fanteria scelta» ,(69). Dei 45 battaglioni raggruppati in 4 grossi reggimenti, che tali erano solo di nome, ne sciolse 5 e riunì gli altri 40 in 1O veri reggimenti su 4 battaglioni ciascuno. « Da ciò ottenne maggiore compattezza disciplinare e maggiore uniformità d'istruzione ed educazione, ed in pari tempo una base alquanto più larga all'avanzamento degli ufficiali dei bersaglieri stessi e di tutta la fanteria» (70). Avrebbe
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fatto bene -a conservare ai battaglioni i loro vecchi numeri distintivi in luogo di anonimizzarli attribuendo loro il numero progressivo nell'ambito di ciascun reggimento, giacché ogni battaglione aveva valori tradizionali propri, ma la riduzione del corpo a fanteria scelta ebbe la sua indiscutibile motivazione tattica: altrimenti il Ricotti non l'avrebbe proposta, né l'esercito, il Parlamento ed il Paese sarebbero stati consenzienti. Nel 1882 il numero dei reggimenti fu elevato a 12 (1 per ogni corpo di armata), ma il numero dei battaglioni di ogni reggimento scese da 4 a 3, ferma restando la costituzione del battaglione su 4 compagnie (71). La cavalleria, per l'impiego che ne avevano fatto i prussiani nella guerra del · 1866 e soprattutto in quella del 1870-'71, aveva superato la crisi esistenziale del periodo precedente; esisteva concordanza di vedute sull'utilità del suo impiego nelle guerre future; discordi, invece, erano i pareri circa la convenienza a distinguerla in specialità, ad armarne tutta o parte con altre armi da fuoco oltre il pistolone, a collocarla al livello di corpo d'armata o di divisione o ad entrambi i livelli. I prussiani nelle guerre recenti avevano svincolato la maggior parte della loro cavalleria - ulani, usseri, dragoni - dalle divisioni di fanteria, l'avevano impiegata prevalentemente nelle fazioni leggere della guerra, l'avevano ordinata in divisioni e brigate, ne avevano armata con arma da fuoco la quarta parte di ogni squadrone pur conservando le lance e le corazze ed avevano esperimentato che ciò che poteva tare la cavalleria pesante l'avrebbe potuto fare anche la cavalleria leggera, purché entrambe, combattendo fino a quando possibile a cavallo, sapessero, in caso di necessità, combattere anche a piedi utilizzando le armi da fuoco. Il reggimento continuava ad essere l'unità fondamentale d'impiego e lo squadrone, quale elemento di manovra indipendente, l'ùnità organica del combattimento, ferma restando l'eventualità di articolare il reggimento in « divisioni », o mezzo reggimento, o gruppi di 2 o 3 squadroni. Il Ricotti, nel riordinamento della cavalleria, tenne conto di 2 elementi di valore diverso rispetto a quello prussiano: il terreno non favorevole all'impiego di grandi masse riunite di cavalleria e, come al solito, della penuria di mezzi finanziari alla quale si sommava la scarsità di cavalli nazionali. Ordinò ,l 'arma su 20 reggimenti - costituì il 20° «Roma» (7) - , articolò ciascun reggimento su 6 squadroni e fissò la forza organica di ogni squadrone in 125-120 cavalieri, discostandosi dal modello prussiano (prima 5, poi 4 squadroni di 4 ufficiali e 150 cavalieri
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ciascuno) ed uniformandosi a quello austriaco (6 squadroni) nei riguardi dell'articolazione, ma non della forza numerica (lo squadrone austriaco contava 5 ufficiali e 150 cavalieri. Tra 1a diminuzione del numero degli squadroni del reggimento e conseguentemente, a parità di forza, la costituzione di squadroni ,più robusti, e la minore forza organica di questi ultimi, il Ricotti scelse la seconda soluzione perché il frazionamento del reggimento in 3 « divisioni » o gruppi gli parve meglio rispondere all'esigenza del decentramento di aliquota alle divisioni di fanteria ed a quella del montenimento di una terza aliquota a disposizione del corpo di armata; con il tempo, nel quadro evolutivo della dottrina d'impiego dell'arma, come vedremo, divenne indispensabile conferire allo squadrone una forza organica pari a quella degli altri eserciti - in media 150 cavalli - sì da metter.Jo in grado di distaccare 3 drappelli di 40-30 cavalie11i conservandone una di pari forza in riserva e di affrontare con successo l'unità di pari livello degli altri eserciti. Il Ferrere aumentò da 20 a 22 il numt:ro <lt:i rt:ggimenti (49) ed il Bertolé Viale <la 22 a 24; entrambi conservarono l'articolazione del reggimento su 6 squadroni, articolazione ancora in vigore nel 1908; solo per un breve periodo l'arma fu ordinata su 12 reggimenti cavalleggeri di 5 squadroni e 10 reggimenti cavalleggeri di 6 squadrnni {72). L'ordinamento tattico deU'artiglieria ebbe uno sviluppo più travagliato. Nel 1870 il Ricotti sciolse il cor.po del treno (6) e ne ripartì le unità nelle armi di artiglieria e del genio, discostandosi anche a tale riguardo dall'ordinamento prussiano che assegnava ad ogni corpo di armata un battaglione del treno. « L'aggiungere ai reggimenti di artiglieria campale brigate del treno di artiglieria, vogliamo dire quella parte del treno che è destinata al trasporto delle munizioni d'artiglieria a seguito dei corpi d'armata o delle armate, poteva sembrare razionale; ma l'unire pure a quelli il treno dei quartieri generali, della sanità, della provianda, mentre già si pensava a trasferire i pontieri dall'artiglieria al genio, parmi un controsenso, spiegabile soltanto per la ragione che quelle due partite consistevano ugualmente di carri e cavalli, e che unendole insieme poteasi fare a meno di comandi speciali del treno. Intanto si sopraccaricavano i reggimenti di artiglieria di materiali da custo" dire in tempo di pace e di suppellettili estranee all'arme loro pel caso di mobilitazione e pel te_mpo di guerra» (73 ). Eppure, nono, stante la giusta critica del Corsi, il provvedimento non venne modificato. Opportuno, anzi necessario, il trasferimento della speda-
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lità pontieri dall'artiglieria al genio disposto dal Ricotti con l'ordinamento del 1873 (8), come pure indispensabile la correzione dell'errore compiuto nel 1870 (6) quando fu riunita l'artiglieria da fortezza con quella da battaglia negli -stessi reggimenti (6). Caratteristiche dell'evoluzione dell'arma nell'esercito italiano, dal 1870 al 1908, furono: la riduzione progressiva de11a sproporzione quantitativa iniziale rispetto alle altre armi (dai 10 reggimenti da campagna e 4 -reggimenti da fattezza del 1870 ai 24 Teggimenti da campagna, 1 reggimento a cavallo, 1 reggimento da montagna e 22 brigate da costa e da fortezza del 1908), la graduale diEferenziazione delle special-ità e la costante elevazione del livello dell'unità minima d 'impiego (dalla -sezione e batteria alla brigata o griuppo e, infine, al reggimento), caratteristica questa ultima che divenne evidente negli anni precedenti la ,prima guerra mondiale. I ,prussiani nella guerra 1807-1871 distribuirono la loro artiglieria nella misura di 15 batterie (6 pesanti, 6 leggere e 3 a cavallo) per ogni corpo d'armata; il Ricotti, mediante la costituzione di 10 reggimenti <li arLiglieria da battaglia di 10 batterie ciascuno per i 10 corpi d'armata che aveva in animo di costituire, non poté andare oltre l'assegnazione di 10 batterie per ogni corpo di armata, ma a ciò fu costretto dalla solita ragione finanziaria. Il Mezzacapo, che pure riordinò i 10 reggimenti dì artiglieria da campagna, non riusci ad eliminare l'inadeguatezza proporzionale dell'artiglieria , divenuta ancora più notevole rispetto ai prussiani che avevano nel frattempo elevato a 17 il numero delle batterie di un corpo di armata; non vi riusci neppure il Ferrero nel1'ordinamento del 1882 in quanto la costituzione di due nuovi reggimenti lasciò immutato il valore della proporzione per effetto del contemporaneo aumento di 2 corpi di armata. Solo nel 1887, mercé il raddoppio del numero dei reggimenti di artiglieria da campagna operato dal Bertolé Viale, il numero delle batterie sali a circa 15 per ogni corpo d'armata. All'abolizione dell'artiglieria a cavallo operata inizialmente dal Ricotti nella convinzione che fosse superflua - stante il grado di mobilità raggiunto da tutta l'artiglieria da campagna e nonostante che i prussiani l'avessero riconosciuta utilissima non solo nei combattimenti della cavalleria, ma come elemento mobile delle loro riserve di corpo d'armata e di armata tanto da tendere a trasformare in artiglieria a cava11o tutte le batterie leggere di riserva dei corpi di armata - fu posto rimedio mediante la costituzione di 2 brigate previste dall'ordinamento Ferrero del 1882, nel quale comparvero altresl 2 brigate di
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artiglieria da montagna. La chiara e decisa distinzione tra le varie specialità dell'arma nell'ordinamento Ferrero venne successivamente sempre mantenuta ed anzi ampliata e meglio precisata separando l'artiglieria divisionale da quella dei livelli superiori. Nei riguardi del numero dei pezzi da assegnare alle singole batterie - decisione condizionata da fattori tattici, ordinativi delle grandi unità 1 topografici oltreché economici - il Ricotti conservò la dotazione di 8 pezzi per batteria (4 sezioni), già adottata negli ultimi tempi dall'armata sarda e poi dall'esercito italiano, diversamente dall'esercito prussiano che mantenne le batterie su 6 bocche da fuoco. La scelta della costituzione della batteria su 8 pezzi per l'artiglieria da campagna parve, giustamente, al Ricotti la più conveniente soprattutto in ragione della maggiore adattabilità, rispetto alla batteria di 6 pezzi, a tutte le situazioni ed a tutti i terreni, prestandosi a fronteggiare batterie di pari entità di altri eserciti (gli austriaci avevano batterie di 8 pezzi) e ad essere divisa esattamente a metà in misura di dare vita a 2 unità di 2 sezioni ciascuna (la batteria di 6 pezzi dava vita a 2 unità di 1 sezione e 1/2) e perciò ad un elemento tattico di fuoco sempre più ricorrente a mano a mano che l'impiego di una sola sezione (2 pezzi) veniva facendosi sempre più raro nel quadro dei nuovi criteri d 'impiego dell'arma. E ' vero che una batteria di 8 pezzi vale quanto due batterie di 4 pezzi ma, a parte il maggior costo, diverso è il rendimento tattico di 8 pezzi sotto un unico comando da quello di 8 pezzi divisi tra due comandi. La costituzione della batteria su 8 pezzi rimase, per l'artiglieria divisionale, costantemente valida, mentre le batterie dell'artiglieria pesante, meno soggette a frazionamenti, e quella dell'artiglieria da montagna, per le quali l'impiego di sezioni su 2 pezzi, stante la difficoltà di reperire zone adatte a schieramenti di forze maggiori, poteva risultare in molti casi adeguato, vennero in prosieguo di tempo formate su · 6 pezzi. Il criterio proporzionale di tanti pezzi per 1.000 uomini, posto a base del calcolo dell'ingrosso del fabbisogno· di artiglierie, _venne sostituito da quello meno approssimativo della rispondenza della disponibilità della potenza del fuoco dell'artiglieria ai compiti generici assegnati alle grandi unità dei vari livelli sì da garantire a queste l'autosufficienza, indipendentemente dall'entità numerica, per portare a compimento i combattimenti più ricorrenti, rinforzandole di volta in volta, quando necessario, con l'assegnazìonoe od il concorso di fuoco delle artiglierie di ordine superiore. Nel ·1908 l'artiglieria dell'esercito ita-
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llano, sebbene ancora assai scarsa sotto il profilo quantitativo, pervenne, attraverso il costante progresso realizzato dal 1870 in poi, ad un assetto tattico-ordinativo che non ebbe nulla da invidiare a quello degli altri eserciti se non, ancora una volta, la minore disponibilità proporzionale dei mezzi (74). Per l'arma del genio la creazione del raggruppamento intermedio - brigata o battaglione - tra il reggimento e la compagnia mirò a riunire sotto un'unica direzione tecnica le unità di una stessa specialità piuttosto che a creare un anello di demoltiplicazione del comando tattico. La compagnia ed anche i frazionamenti minori - plotoni, sezioni, nuclei - conservarono od acquistarono la fisionomia di unità d'impiego e l'evoluzione dell'ordinamento tattico fu caratterizzata dalla creazione di nuove specialità e dal1'aumento proporzionale dell'arma rispetto alle altre (75): dai 2 reggimenti (1 ° e 2°) e dalle 3 specialità (zappatoti, pontieri e ferrovieri) del 1873 (8) ai 5 reggimenti della brigata autonoma (11° e 2° zappatori, 3° telegrafisti e specialisti, 4° pontieri, 5° minatori, brigata ferrovieri) ed alle 6 specialità principali (zappatori, pontieri, ferrovieri, telegrafisti, lagunari, minatori) del 1908 (76). In conclusione, l'ordinamento tattico del Ricotti, modellato in gran parte su quello prussiano sebbene non privo di proprie peculiarità, si dimostrò stabile, solido e flessibile ad un tempo. I necessari ampliamenti ed aggiornamenti arrecativi dal Mezzacapo, dal Ferrerò, dal Bertolé Viale e dagli altri in relazione all'aumento della potenzialità demografica del Paese, all'accrescimento dell'importanza dell'Italia nel consesso delle nazioni europee ed al progresso delle dottrine tattiche e soprattutto della scienza e della tecnica, non ne mutarono la fisionomia originaria, che rimase a prima vista riconoscibile inconfondibilniente nell'ordinamento tattico in vigore nel 1908 (76). Se l'ordinamento Ricotti non ebbe il pregio della originabilità, ebbe senza dubbio il merito della durata della sua validità. L'averlo adottato fin dal 1870 fu atto di grande preveggenza e di meditato convincimento, tanto è vero che altri eserciti, come quello francese, assai più ricchi di storia e di autonomia concettuale e di dottrina vi si uniformarono con notevole ritardo.
9. La sostanziale stabilità dell'ordinamento tattico non deve in~ durre a pensare ad un immobilismo ordinativo e tanto meno alfa
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continuità dei valori dell'organizzazione generale e delle tabelle graduali e numeriche degli organi centrali e periferici e delle grandi, medie e minori unità del tempo di pace. Legate alla forza bilanciata, le tabelle graduali e numeriche del tempo di pace andarono necessariamente soggette a continue aggiunte, varianti, modifiche e nuove elaborazioni, delle quali non è facile tenere il conto, ma indipendentemente da tale forzata esigenza, molti mutamenti furono suggeriti dalla ricerca costante di strutture e di organici sempre più rispondenti all'efficienza ed alla funzionalità dell'intero organismo che, data la giovane età, ebbe più bisogno di altri di adattamenti e di miglioramenti in correlazione con la rapida mutabilità dell'incessante sviluppo delle situazioni politiche e sociali, delle scoperte scientifiche e delle invenzioni tecniche. Le questionì organizzative e tecniche assunsero un'importanza assai più decisiva che nel passato e condizionarono talune scelte di fondo più di quelle meramente operative. Dei tanti riordinamenti, rimaneggiamenti e nuovi provvedimenti di carattere vario attuati in quegli anni, ci limitiamo a ricordare quelli che ci sembrano i più significativi dello sforzo di potenziamento, di ammodernamento e, in taluni periodi di sola salvaguardia dello status quo della capacità operativa. Il Ricotti, come abbiamo già rilevato, creò i distretti militari e soppresse i comandi militari provinciali, determinò la corrispondenza numerca e di livello tra intelaiatura del tempo di pace e ordinamento del tempo di guerra, trasformò da fanteria speciale in fanteria scelta il corpo dei bersaglieri, creò le truppe alpine e la specialità ferrovieri, ridusse da 4 a 3 i battaglioni nei reggimenti di fanteria aumentando l'organico di guerra del battaglione da 660 a 1.000 uomini e della compagnia da 150 a 250 unità, trasferl la specialità pontieri dall'artiglieria al genio, sciolse i1 corpo del Treno ed il corpo di amministrazione ripartendo il personale del Treno e le dotazioni del Treno tra le unità di artiglieria e del genio e, quelli del corpo di amministrazione tra gli ospedali militari, istituì il ruolo degli ufficiali e sottufficiali contabili, fondò l'« Istituto topografico militare », operò una nuova ripartizi.one del ministero della guerra, potenziò i comitati di arma e, in definitiva, ideò ed attuò quell'ordinamento generale mai più sostanzialmente modificato, sebbene notevolmente ampliato, nel periodo successivo.
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Il Mezzacapo conservò, ampliò, migliorò ed affrettò il compimento dell'ordinamento Ricotti, nonostante non fosse né amico né ammiratore dell'opera riformatrice del suo predecessore, che accusò, ingiustamente, di piemontesismo, male del quale, in verità, il Ricotti non era affetto, tanto che dall'altra parte lo si teneva in sospetto per avere troppo rinnovato, talvolta senza tenere conto delle tradizioni, delle vecchie strutture e degli antichi usi dell'armata sarda. Il Mezzacapo ampliò l'intelaiatura operativa e territoriale dell'esercito di 1a linea, costitul le sezioni di sanità, gli ospedali da campo, le sezioni sussistenza e le sezioni panettieri (77) e le sezioni carabinieri (78) per i quartier generali e per l'intendenza in guerra, ridistribul le forze sul territorio nazionale in modo da meglio soddisfare le esigenze di sicurezza e di difesa dell'Italia centrale e meridionale, riordinò l'esercito di 2a linea , variò il regolamento della scuola di guerra nei riguardi delle condizioni di ammissione ai corsi e dei diritti alla promozione a scelta (79), restituì ai reggimenti di cavalleria gli antichi nomi e ,le vecchie mostreggiatlure - provvedimenti d'alta .portata morale e tattica (80 - ampliò gli organici dei vari istituti militari per migliorare il rendimento degli studi (81), impartì disposizioni per la rimonta e l'aumento dei quadrupedi della cavalleria e del. l'artigl-ieria (82), riordinò i 10 reggimenti artilieria da campagna ed i 2 reggimenti del genio (83), potenziò, insomma, la preparazione guerresca, com'egli si esprimeva, dell'esercito e della nazione. I ministri succedutisi dal marzo 1878 all'aprile 1881 non poterono fare altro, stante la brevità della durata in carica, che un lavoro di rifinitura del quale le tracce più importanti furono l'aumento ed il riordinamento delle truppe alpine (84 ), il riordinamento della milizia territoriale (85), la costituzione della « Società nazionale del tiro a segno» (dovuta al Ferrero) (86), la ricostituzione delle brigate permanenti di fanteria con i loro antichi nomi (87). L'opera del Ferrero s'imperniò su due elementi fondamentali: l'ampliamento dell'intelaiatura e la costituzione dello stato maggiore dell'esercito. L'ampliamento riguardò tutte le strutture: i corpi di armata furono aumentati da 10 a 12, le divisioni da 20 a 24, i reggimenti di fanteria da 80 a 96 (88), i reggimenti bersaglieri da 10 a 12 (riducendo però i battaglioni da 4 a 3 per ogni reggimento), i reggimenti di artiglieria da 10 a 12, quelli di cavalleria da 20 a 22 ; le compagnie alpini furono &doppiate e da 36 diven-
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tarano 72, ripartite in 20 battaglioni e questi raggruppat1 in 6 reggimenti; i reggimenti di artiglieria da fortezza furono aumentati di uno; furono costituite 2 brigate di batterie da montagna; i reggimenti del genio salirono da 2 a 3; furono create 2 brigate di artiglieria a cavallo e furono costituite con carattere permanente 12 compagnie di sanità e 12 compagnie di sussistenza; furono riordinate la milizia mobile e quella territoriale. L'esercito ricevé, mediante tale nuovo ordinamento, un incremento notevole di potenza tanto più necessario in quel momento quato più definita si era venuta favendo la linea della politica estera del Paese mediante l'adesione alla Triplice Alleanza; ma non furono realizzate, nep- . pure questa volta, né un'armonica proporzione tra il potenziale demografico (28 milioni e 450 mila abitanti) ed il numero delle grandi unità di 1a e di 2a linea - 12 anziché 15 corpi di armata di la linea e 12 anziché 14 divisioni di 2" linea - né una migliore rispondenza tra la forza organica di pace (280 mila uomini) e la forza bilanciata (210 mila); anzi, in un certo senso, il rapporto proporzionale tra le varie armi peggiorò a danno della cavalleria e dell'artiglieria, ma per evitare ciò sarebbe stato necessario che l'entità del bilancio ordinario salisse a 280 milioni anziché restare fermo ai 208 degli anni 1883 e 1884. L'ordinamento Ferrero incontrò nell'attuazione non lievi difficoltà dovute prevalentemente all'insufficienza dei quadri (subalterni e sottufficiali) per l'inquadramento delle nuove unità, alla riduzione della forza . effettiva delle unità a livelli bassissimi, alla scarsità delle caserme, ma ebbe attuazione e, quando il Ferrere si vide costretto a lasciare la carica per motivi di salute nell'ottobre del 1884, era stato completato in ogni sua parte. Il Ricotti, nuovamente ministro dall'ottobre del 1884 all'aprile del 1887, non intese modificarlo - era il suo ordinamento cresciuto di dimensione - e si limitò ad alcuni ritocchi, come l'abolizione dei battaglioni d'istruzione restituendo ai reggimenti il compito della formazione dei graduati (89), il miglioramento quantitativo . e qualitativo del personale del quadro permanente delle scuole (90), l'indivisibilità nei trasferimenti da una sede stanziale ad un'altra delle divisioni di fanteria, la riduzione della milizia mobile alla quale assegnò solo 3 classi di riservisti (91). Egli fu molto preso dalla spedizione dell'esercito italiano nel mar Rosso che, iniziatasi con la partenza il 17 .gennaio del 1885 di uno sca-
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glione di 800 uomini - ( 1 battaglione bersaglieri, 1 compagnia di artiglieria da fortezza, 1 sezione del genio, 1 drappello di carabinieri, 1 nucleo servizi), al comando dell'allora tenente colonnello Tancredi Saletta - venne complicandosi ed ampliandosi tanto da richiedere un impegno sempre maggiore di forze militari, al quale dové far fronte, sia sul piano ordinativo sia quello logistico, il successore del Ricotti, il Bertolé Viale, mediante l'approntamento e l'invio di un consistente corpo di spedizione (92 ). Il Bertolé Viale, con il Cosenz, riprese in esame l'intero quadro ordinativo ed organico e, con l'intendimento di consolidarlo e potenziarlo, senza modificare lo schema d'impostazione, presentò al Parlamento, che l'approvò, un nuovo testo unico delle leggi di ordinamento (93) che previde, tra l'altro, il raddoppio del numero dei reggimenti di artiglieria da campagna - da 12 a 24, ciascuno su 8 batterie per un totale di 48 pezzi - l'aumento da 22 a 24 dei reggimenti di cavalleria (94) e da 6 a 7 dei reggimenti alpini, la ristrutturazione degli organi centrali mediante l'istituzione degli ispettorati di arma e la soppressione dei comitati d'arma (95), il riordino delle circoscrizioni territoriali (96), una nuova linea di dipendenza delle direzioni generali del ministero in ragione deUa creazione della carica del sottosegretario di Stato alla guerra introdotta nel 1888 nell'ordinamento costituzionale del regno (97), la determinazione di nuovi livelli di forza della mi1izia mobile (98). Il nuovo ordinamento fu accompagnato da un aumento delle assegnazioni sul bilancio ordinario 1889-'90: 260 milioni, 1890'91: 252 milioni e conseguentemente del1a forza bilanciata (1889-'90: 235 mila uomini; 1890-'91: '240 mila). Furono quelli del Bertolé Viale 4 anni d'intenso fervore e di fruttifero lavoro in tutti i settori ed in particolare in queUo dell'organica, nel quale il potenziamento ed il miglioramento dell'assetto quantitativo, qualitativo e funzionale di tutto l'apparato del1'esercito - organi di comando e di direzione centrali e periferici, u,n ità operative e logistiche - contribuirono anche ad elevare il morale dei quadri, sul quale la validità degli ordinamenti e · de1Ie formazioni organiche incide positivamente forse più, certo non meno, deI1o stesso trattamento economico e delle prospettive di carriera, ed a rinsaldare la coesione interna tra quadri e truppe, a neutralizzare l'opera di disgregazione dall'esterno, a mantenere la flducia del Paese nelle istituzioni militari, ad aumentare il prestigio nazionale nei riguardi delle altre nazioni europee.
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Sarebbe stato sufficiente mantenere per un certo periodo di tempo tale livello ed attendere ad un'intensa azione addestrativa per garantire al Paese la sicurezza e la difesa da ogni minaccia esterna e per favorire lo sviluppo di una politica estera autorevole. Viceversa, gli ultimi anni del secolo XIX ed il primo decennio del XX fecero piombare l'esercito in una crisi di durata quasi ventennale che avrebbe potuto distruggere tutto il lavoro compiuto nel ventennio precedente se i successori del Bertolé Viale e del Cosenz non avessero fatto l 'impossibile per salvaguardare le condizioni mi,nime di sopravvivenza organica e funzionale. Si continuò a lavorare, specialmente da parte del Cosenz, per riordinare lo stato maggiore, aggiornare e perfezionare i piani di mobilitazione e radunata, ampliare e consolidare il sistema della fortificazione permanente, completare la rete ferroviaria nazionale secondo le necessità militari, rendere la circoscrizione territoriale meglio intonata ai piani operativi e rinnovare la dottrina tattica - attività ardue e complesse e tanto più difficoltose quanto minore la disponibilità finanziaria - e si riuscì a dotare l'esercito di una nuova arma individuale .(il focile ed il moschetto mod. 1891) ed a rinnovare parzialmente il parco delle artiglierie, ma nulla o molto poco si poté fare sul piano ordinativo ed organico, dove l'esigenza di migliorare il rapporto proporzionale tra le armi, specialmente a favore dell'artiglieria, e di incrementare le nuove specialità del genio avrebbe richiesto una disponibilità finanziaria che non vi fu . Quando fu necessario ed improrogabile fare qualcosa di nuovo, lo si fece spesso a scapito di quanto esisteva, ma l'intelaiatura ordinativa ed organica di guerra rimase integra, come conferma il raffronto tra l'ordinamento del 1887 e quello del 1908, dal quale si constata l'identicità delle strutture portanti e la modestia dei miglioramenti a favore delle nuove specialità dell'arma del genio. Come nel 1887, l'esercito di e linea del 1908 era costituito da: 12 corpi di armata, 24 divisioni di fanteria, 48 brigate e 96 reggimenti di fanteria di linea, 12 reggimenti bersaglieri, 7 reggimenti alpini (uno in più), 24 reggimenti di artiglieria da campagna, 1 reggime nto di artiglieria a cavallo, 1 reggimento di artiglieria da montagna, 22 brigate di artiglieria da fortezza o d a costa, 5 compagnie di operai di artiglieria, 5 reggimenti del genio, 1 brigata del genio ferrovieri, 12 compagnie di sanità e 12 di sussistenza. L'esercito di 2a linea, nel 1908, risultava incrementato rispetto a quello del 1887 51 reggimenti di fanteria, 20 battaglioni bersaglieri, 38 compagnie
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alpini, 31 squadroni di cavalleria, 63 batterie di artiglieria da campagna, 15 -batterie di artiglieria da montagna, 78 compagnie di artiglieria da costa o da fortezza, 24 compagnie del Treno di artiglieria, 54 compagnie del genio, 4 compagnie del Treno del genio - ma si trattava di un incremento teorico, in quanto le riserve erano affatto istruite. Anche l'esercito di 3a linea - 324 battaglioni di fanteria, 22 battaglioni alpini, 100 compagnie di artiglieria da costa o da fortezza, 300 compagnie del genio - era più numeroso di quello del 1887, ma alla crescita numerica non faceva riscontro un livello addestrativo benché minimo. Erano conti sulla carta, la realtà era che 1a, 2a e 3a linea sul piano addestrativo si rivelavano meno che mediocri, per cui la loro capacità ed efficienza operativa toccava livelli molto bassi, per non dire irrilevanti. L'ampliamento dello stato maggiore centrale, il rafforzamento della difesa delle frontiere, l'armonizzazione, operata dal Cosenz e dal Tancredi Saletta, dell'articolazione territoriale con quella dei nuovi piani operativi e via via tutti gli altri provvedimenti adottati dopo il 1890 e fino al 1908 non valsero a compensare il decadimento dell'efficienza reale dell'esercito che visse in quegli anni uno dei periodi più bui e tristi deJla sua storia, ai limiti del collasso definitivo, evitato in virtù della grande misteriosa capacità reattiva dell'organismo e dell'opera meritoria dei ministri e dei capi di stato maggiore che di fronte all'imminenza della morte ricorsero ad ogni ripiego, doloroso ed incerto che fosse, per salvargli la vita. La riduzione della forza alle armi per un certo periodo dell'anno, anticipando i congedi o posticipando le chiamate, provvedimento al quale ricorse il Pelloux (99) - tre volte ministro della guerra: dal 6-II-1891 al 15-Xll-1893, dal 14-VII-1896 al 10-XII-1897, dal 7-I-1900 al 7-IV-1900 - rese drammatica la situazione delle unità, ma tale drammaticità derivò dalla volontà politica di ridurre ad ogni costo le spese militari per cui le assegnazioni del bilancio ordinario scesero dai 252 milioni del 1890-'91 ai 210 del 1894-'95 per risalire solo nel 1906-07 a circa 260 milioni (escluse le spese per il debito vitalizio). Il generale Mocenni (100), successore del Pelloux dal 15-XII-1893 al 9-III-1896, stante l'ulteriore riduzione delle spese militari disposta dal governo nel quadro delle economie generali, fu costretto ad elevare a sistema il ripiego dell'alternarsi dei periodi di piena forza massima e di magra forza minima, ricorrendo all'invio in congedo di una parte della clas,se di leva dopo .il secondo ciclo di
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addestramento (poco ·pm di un anno dopo la chiamata). Il sistema ebbe vita lunga in quanto poteva dare l'impressione di essere economico ·e funzionale ad un tempo, mentre in realtà riduceva a semplice apparenza l'attività addestrativa e la costituzione delle dserve istruite, in quanto senza il razionale, scientifico, costante e adeguato Impegno addestrativo non esistono né capacità combattiva, né efficienza operativa, sia degli uomini sotto le armi sia, tanto meno, di . quelli in riserva, quali che siano gli ordinamenti, l'armamento e }'equipaggiamento. La crisi politica e fin anziaria del Paese della fine del secolo instabilità governativa (dal 1891 al 1908 i ministri della guerra furono 14 ), esasperazione della lotta politica e sociale, Adua, scandali, propaganda sovvertitrice dei valori morali e nazionali, fasci siciliani, attentati terroristici, regicidio, spese per i servizi pubblici, impegni finanziari per le colonie divenuti ingenti senza che se ne traessero benefici, ecc. - produssero un divario, molto al di sopra del livello di guardia, tra le formazioni organiche di guerra e quelle di pace specialmente nell'arma base e, soprattutto, tra la forza effettiva del tempo di pace e quella realmente presente, per di più distolta dall'attività addestrativa da un'infinità di altri impegni, tra i quali quelli della tutela dell'ordine interno e del · soccorso alle popolazioni disastrate dalle grandi calamità' naturali. Se anche nel primo ventennio (1870-1890) all'ampliamento dell'intelaiatura generale aveva corrisposto solo un graduale aumento della capacità operativa potenziale, ma non la crescita proporzionale dell'efficienza operativa reale, nel secondo ventenniq (1891-1908) la drammatica recessione della forza presente disponibile · per l'addest ramerito azzerò ogni possibilità di progresso ordinativo, costrinse l'esercito ad una disperata lotta di sopravvivenza è · ne surgelò le strutture esistenti conservandole, fortunatamente e fortunosamente, in vita · per una ripresa morale e fisica che ebbe inizio dopo il 1908 e che ·caratterizzò il settennio di vigilia della prima guerra mondiàle.
XIX e dell'inizio del XX -
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NOTE AL CAPITOW XI (1) Carlo Corso, Italia 1870-1895, Roux:, Frassati e C. Editori, Torino 1896, pp. 118-119. (2) _RD. 9-X-1870 (G.M. . 1870, p. 777): annessione delle provincie romane; R.D. 9-X-1870 (G.M. 1870, p. 785): nomina del luogo tenen te generale La Marmora a luogotenente del re in Roma; . R.D. 9-X-1870 (G.M. 1870, p. 755}: istituzione di · uria. divisione militare nelle provincie romane. (3) C. Corsi, Op. cit., pp. 116-117.
. (4) EmiÌiQ Maurizio Ferre~o (1819-1887) generale. Sottotenente del genio nel 1837, combatté nella campagna del 1848-1849. Nel 1853 passò in fanteria e prese parte alla spedizione in Crimea. Nel 1859 partecipò alla battaglia di S. Martino e nel 1860 a quella di Ancona. Nel 1866 comandò in guerra la brigata Pa;ma. Da tenente generale nel 1870 comandò la divisione di Parma, 'POi il IX Corpo d'Armata. Senatore del Regno nel 1881, fu ministro della guerra dal 1881 al 1884. (5) Paolo· Spingardi (1845-1918), generale. Da sottotenente dei gtanatieri partecipò alla guerra del 1866. bal 1866 al 1887 insegnò . topografia alla stuola di guerra, che poi dal 1892 al 1896 comandò in seconda: Nel 1896 comandò · il 16° fanteria; nel 1901 la brigata Basilicata. · Nei' 1903 divenne sottosegretario di Stato alla guerra. Comandò la divisione Messina· :nel 1906, · e · successivamente· l'arma dei carabinieri dal 1908 al 1909. Dal 1909 al 1914 fu per 4 volte ministro della gu~rra. Deputato nel 1904 e senatore del regno dal 1909. · · (6) R.D. 13-Xl-1870 (G.M. 1870, pp. 913°932): diminuzione da 25· (23 più 2 comandi di città e di fortezza Venezia e Mantova) a 16 delle divisioni territoriali Alessandria, Bari, Bologna, Chieti, .Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Perugia, Roma, Salerno, Torino, Verona); istituzione di 4 divisioni -attive, a rotazione, come nucleo di prima difesa del territorio nazionale, « scuola permanente di esercizio del comando per i capi e di addestramento tattico per i quadri e le truppe», presidio d'intervento immediato per la tutela ·dell'ordine pubblico; soppressione dei . 69 comandi militari di provincia ed istituzione di 45 comandi di distretto militare; riduzione del quadro degli ufficiali dello stato maggiore delle piazze addetti ai comandi di forte-.lza. R.D. 13-Xl-1870 (G.M. 1870, pp. 934-937): riduzione da 153 a 126 (3 d'esercito, 41 luogotenenti, 81 maggiori generali) · degli ufficiali generali. R.D. 13-Xl-1870 (G.M. 1870, pp, 938-945): articolazione del corpo dei bersaglieri in 10, anziché· 5, reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 4 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito) e scioglimento di 5 battaglioni: forza di pace: 88 ufficiali, 1.680 sottufficiali e truppa per il reggimento; 18 ufficiali e 403 sottufficiali e truppa per .il battaglione; 4 ufficiali e 100 sottufficiali e truppa pet la compagnia. R.D. 13-Xl-1870 (G.M. 1870, pp. 949-962): scioglimento del corpo del Treno e· riordinamento dei reggimenti di artiglieria e del corpo zappatori del genio: artiglieria: 8 reggimenti omogenei (2°, 3", 4", 6°, 7°, 8", 100, .11°), ciascuno su: 1 stato maggiore, 5 compagnie da posizione, s· batterie da battaglia, 3 compagnie Treno; 1 deposito; 1 reggimento (5°) su: 1 stato maggiore, 5 compagnie da piazza, 2 batterie a cavallo, 6 ' batterie da battagl-ia, 3 compagnie Treno, 1 deposito; .1 reggimento pontieri su: . 1 stato maggiore, 9 compagnie pontieri; 2 compagnie Treno, 1 deposito: forza di pace . dei reggimenti omogenei: 90 ufficiali, 1.614 sottufficiali
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e truppa, 476 cavalli; del 5° reggimento: 90 ufficiali, 1.682 sottufficiali e truppa, 606 cavalli; del reggimento pontieri: 65 ufficiali, 1.216 ~ttufficiali e truppa, 100 cavalli. genio: 2 reggimenti, ciascuno su: 1 stato maggiore, 14 compagnie zappatori, 3 compagnie Treno, 1. deposito: forza di pace di ogni reggimento: 76 ufficiali, 1.372 sottufficiali e truppa. RR.DD. 13-XI-1870 (G.M. 1870, pp. 963-967 e p. 968): soppressione ciel corpo cli amministrazione e riordinamento degli ospeclali militari e costituzione presso cli essi delle compagnie infermier,i (16 direzioni di ospedali). RD. 14-Xl-1870 (G.M. 1870, pp. 933--934): definizione dei quadri degli stati maggiori dei comandi del corpo d'esercito (3) e di divisione territoriale (16). (7) R.D. 3-VII-1871 (G.M. 1871, pp. 501-504): nuovo quadro organico del personale del ministero della guerra. R.D. 3-111-1871 (G.M. 1871, pp. 157-170): riordino dei -reggimenti di fanteria di linea: 80 reggimenti (oiascuno su: 1 stato maggiore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito) compresi i 2 reggimenti granatieri di Sardegna ed il 73°, 74°, 75°, 76°, 77° e 78° reggimenti di fanteria in sostituzione del 1° e 2° granatieri Lombardia, 1° e 2° granatieri Toscana, 1° e 2" granatieri Napoli: forza di pace: 69 ufficiali, 1.280 sottufficiali e truppa (404 uomini per ogni battaglione e 100 uomini per compagnia da elevare in guerra rispettivamente a 993 e 247 uomini). Il numero dei battaglioni scese da 320 a 240 e quello delle compagnie da 1.280 a 960; aumento da 55 a 160 delle compagnie distrettuali per l'istruzione degli uomini di seconda categoria (250 mila circa), da ordinare in caso di guerra in 160 battaglioni su 6 compagnie ciascuno. R.D. 10-IX-1871 (G.M. 1871, pp. 761-767): costituzione di un nuovo reggimento dì cavalleria (200 Roma) e ordinamento dei 20 reggimenti (1° Nizza, 2" Piemonte reale, 3° Savoia, 4° Genova, 5° Novara, 6° Aosta, 7° Milano, 8° Montebello-, 9° Firenze, 10° Vittorio Emanuele, 11° Foggia, 12° Saluzzo, 13° Monferrato, 14° Alessandria, 15° Lodi, 16° Lucca, 17° Caserta, 18° Piacenza, 19° Guide, 200 Roma) ciascuno su: 1 stato maggiore, 6 squadroni, 1 deposho: forza di pace: 49 ufficiali, 1.014 sottufficiali e truppa, 748 cavalli per ciasoun reggimento. R.D. 5-111-1871 {G.M. 1871, pp. 157-167): determinazione della forza complessiva di pace in 160 mila uomini (esclusi carabinieri, moschettieri, istituti, corpo veterani e invalidi). R.D. 15-X-1871 (G.M. 1871, pp. 825-929): trasformazione di 10 compagnie di artiglieria da ,piazza in 10 batterie da battaglia e delle 2 batterie a cavalli in 2 batterie da battaglia, elevando cosl a 90, per un totale di 720 bocche da fuoco, il numero delle batterie da battaglia. R.D. 8-Xl-1871 (G.M. 1871; pp. 947-957): formazione della milizia mobile per un totale di 960 compagnie di fanteria di linea, 60 compagnie bersaglieri, 10 compagnie del genio zappatori. Nota n. 64, 27-IIl-1871 (G.M. 1871, pp. 196-204): formazione delle divisioni di istruzione su: 4 reggimenti di fanteria, 1 reggimento bersaglieri, 1 reggimento di cavalleria, 1 bl'igata di artiglieria, 1 compagnia del genio. Nota n. 154 26-VII-1871 (G.M. 1871, pp. 674-675): cootituzione di una divisione d'istruzione nel territorio della divisione territoriale di Napo.li. R.D. 11-XI-1871 (G.M. 1871, pp. 941-946): costituzione dei reparti d'istruzione per l'addestramento dei sottufficiali (battaglioni per la fanteria di linea e per i bersaglieri, squadroni per la cavalleria, batterie per l'artiglieria, plotoni per il genio). (8) R.D. 3-X-1872 (G.M. 1872, pp. 504-507): istituzione del ruolo degli ufficiali e sottufficiali contabili (6 tenenti colonnelli, 34 maggiori, 451 capitani, 411 subalterni, 301 sottufficiali). R.D. 27-X-1872 (G.M. 1872, pp. 551558): costituzione dell'« Istituto topografico militare», 1882, pp. 713-714). R.D. 28-Xl-1872, (G.M. 1872, p. 1): riduzione del ruolo organico dell'amministrazione centrale del ministero della guerra. R.D. 30-IX-1873 (GM. 1873, pp. 368-375) e Nota n. 11, 12-XIl-1873 (G.M. 1873, pp. 472-473): istituzione di 7 comandi generali e indicazione delle divisioni territoriali dipendenti: Torino (Torino e ~nova), Milano (Milano e Alessandria), Verona (Veroru1. e Padova}, Firenze (Firenze e Bologna),
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Roma (Roma, Perugia, Chieti), Napoli (Napoli, Salerno, Bari), Palermo (Palermo e Messina); aumento da 126 a 130 degii ufficiali generali (5 d'esercito, 42 luogotenenti, 83 maggiori generali); composizione del comitato di stato maggiore generale, del comitato di artiglieria e genio, del comitato delle armi di linea; composwione del corpo di stato maggiore {9 colonnelli, 34 tenenti colonneJ.li o maggiori, 75 capitani, 20 tenenti); composizione dell'affila <li artiglieria: stato maggiore dell'arma, 10 reggimenti da campagna (cias1..uno su: 1 stato maggiore, 10 batterie attive, 3 compagnie Treno, 1 deposito), 2 reggimenti da fortezza (1 stato maggiore, 10 compagnie, 3 compagnie treno, 1 deposito): forza di pace: 770 ufficiali, 13.760 sottufficiali e truppa, 6.640 quadrupedi; composizione dell'arma del genio: stato maggiore dell'al'ma, 2 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 14 compagnie zappatori, 4 compagnie pont,ìeri, 2 compagnie ferrovieri, 3 compagnie treno, 1 plotone d'istruzione, 1 deposito): for-..:a di pace: 250 ufficiali, 4.906 sottufficiali e truppa, 336 quadrupedi; -ufficiali delle fortezze: 50; composizione dell'arma di fanteria: 40 colDandi di brigata, 80 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito): forza di pace: 5.200 ufficiali, 104.800 sottufficiali e truppa, 240 .cavalli; costituzione del corpo bersaglieri: 10 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 4 ibattagl,ioni di 4 compagnie, 1 deposito): forza di pace: 840 ufficiali, 16.900 sottufficiali e truppa, 40 cavalli; costituzione delle truppe da montagna: 21 compagnie: totale della forza: 96 ufficiali, 2.400 sottufficiali e truppa, 24 quadrupedi; composizione dei distretti militari: 62 distretti, 176 compagnie: forza: 352 ufficiali, (,.160 sottufficiali e truppa; composizione dell'arma di cavalleria: 20 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 6 squadroni, 1 deposito): forza di pace: 920 uf. fidali, 20.600 sottufficiali e truppa, 15.000 cava:lli; composizione dell'arma dei carabinieri reali: 11 legioni territoriali e 1 legione allievi: forza: 466 ufficiali, 19.725 sottufficiali e truppa, 3.154 cavalli; composizione del corpo sanitario: 608 ufficiali medici; composizione del corpo di commissariato: 290 ufficiali; composizione del corpo veterinario: 108 ufficiali; u:fifidali contabili: 1.368; giustizia militare: 144; farmacisti: 89; istituti militari: scuola di guerra, scuoio di applicazione di artiglieria e genio, accademia militare, scuola militare, scuola di fanteria, scuola di cavalleria, collegi militari; composizione delle compagnie di disciplina e delle compagnie carcerati (Nota n. 11, 12-XIl-1873, G.M. 1873', pp. 472-473 e R .D. 30-IX11873): 1 comando, 6 compagnie di disciplina, 3 compagnie di carcerati; ragionieri di artiglieria: 161; assistenti locali del genio: 400; capitani di artiglieria e del genio: 140; scrivani locali: 1.691. R.D. 30-IX-1873 (G.M. 1873, p. 215 e seguenti): aumento da 45 a 62 dei distretti militari (352 ufficiali, 176 compagnie, 6.160 sottufficiali e truppa). R.D. 30-IX-1873 (G .M. 1873, p . 307): trasferimento dell'artiglieria al genio della specialità pontieri. (9) Nel 1870 venne pubblicato un Commentario della legge organica sul reclutamento dell'esercito e delle successive modificazioni (G.M. 1870, p. 13). (10) Legge n. 349 (~rie 2") : Gazzetta Ufficiale n. 200 del 24-VII-1871 (G.M. 1871, pp. 545-556). (11) Legge n. 2532 (serie 2"): Gazzetta Ufficiale n. 133 del 9-VI-1875 (G.M. 1875, pp. 199-202). (12) La legge del 1871 stabiliva che la milizia provinciale doveva essere « destinata a sostegno dell'esercito attivo ,in tempo di guerra e particolarmente a concorrere con esso nella difesa interna dello Stato». La milizia provinciale era stata organizzata embrionalmente solo in alcuni dei comuni maggiori e, in pratica, non aveva mai funzionato. (13) Aotto n. 106, 4-IX-1876 (G.M. 1876, p. 281).
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(14) R.D. n . . 829 (serie 3•): Gav.etta Ufficiale n. 156 del 5-VIII-1882 (G.M. 1882, p. 301-316). (15) Legge n. 5249 (serie 3'), 8-III-1888 e R.D. 5655 (serie 3' ), 6-VII-1888: pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 13-Vlll-1888 (G .M. 1888, atto n. 192, -1-IX-1888, p. 421). (16) Legge n. 362, 30-VI-191Ò (G.M. 1910, atto n. 245, pp. 784-787). (17) Legge n. 1497, 24-XII-1911 : Gazzetta Ufficiale n. 53, 2-III-1912. Tale legge coordinò tutte le modifiche apportate al testo unico del 1888: n. 254, 2-VII-1896; n. 25, 1-Il-1900; n: 23, 31-1-1901; n. 298, 1-VII0 1906; n. 763, 15-XII-1907; n. 348, 5-VII-1908; n. 730, 24-XII-1908; n. 469, 11-VII-1909; n. 362, 30-Vl-1910; n. 538, 17-VII-1910; n. 407, 7-VII-1910; n. 648, 6-VII-1911; n. 765, 18-VIl-1911. (18) Le assegnazioni sul bilancio ordinario negli anni 1901 e '1911 furono ·· rispettivamente di 264 e 337 milioni, ma su di esse gravò il debito vitalizio di circa 40 milioni di lire annue. (19) Legge 3750 (serie 2"), 15-V-1877 (G. M. 1877, atto n. 50, pp. 143-153). (20) Atto n . 272, 11-XII-1897 (G.M. 1897, pp. 688-696). (21) A llo n. 46, 3-III-1892 (G.M. 1892, p . 65).
(22). Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna, Op. cit., Vol. III, p . 278. (23) Atto _n. 227, nota n. 1, 21-XI-1873 (G.M. 1873, pp. 439-440). (24) Citiamo: nota n. 1, 21-Xl-1873 (G.M. 1873, pp. 439-440): sostituzione dd tomo I; atto n. 160, nota n. 14, 15-Xll-1877 (G.M. 1877, p. 507): nuova edizione dell'intera istruzione; atto n. 227, 21-IX-1883 (G.M. 1883, p. 439): nuova istruzione nella formazione di guerra dell'esercito e dei vari reparti e servizi; atto n. 57, 27-III-1884 (G.M. 1884, pp. 211-212): nuova edizione del tomo I. Conferma la definitiva formazione dei reggimenti di fanteria e bersaglieri su 3 battaglioni di 4 compagnie; atto n. 76, 25-IV-1888 (G.M. 1888, pp. 166-167): nuova edizione dei tomi I e Il; atto n. · 159, l-VIII-1889 (G.M. 1889, pp. 392-393): nu"ova edizione dei tom1 Il e I II; atto n. 147, 20-VIl-1892 (G.M. 1892, p. 389): nuova edizione del tUmo I; atto n. 34, 1-III-1893 (G.M. i893, _p p. 56-57): nuova edizione del tomo III. Dal 1893 al 1908 conservarono validità: · redi:iione 1892 del tomo I , l'edizione 1889 del tomo II e l'edizione 1893 del tomo III, alle quali peraltro foron:o apportate alcune aggiunte_'e varianti anche di notevole rilievo. (25) A_tto n . 22, 10-Il-1886 (G.J.!. 1886, pp. 33-34). (26) Carlo Corsi, Op. cit., p. 253. (21) R.D. 10-VU-1877 (atto n. 91, nota n. 16, G.M. 1877,- pp. 283-327): nuovo ordinamento dell'esercito di 2· linea: 120 battaglioni di fantéria di linea, 20 bat· taglioni bersaglieri, 10 brigate di batterie da campagna, 10 compagnie treno di artiglieria, ~O compagnie di artiglieria da fortezza; 10 compagnie zappatori del genio, 10 sezioni-.d i sanità, 10 sezioni di sussistenza, 5_ sezioni -panettieri. In Sardegna: 3 reggimenti. di fanteria, 1- battaglione bersaglieri (2 compagnie), 1 squadrone di cavalieri~ (4 plotoni) 1 brigata di batterie (2 batterie), 2 plotonidel genio, 1 sezione carabinieri, 2 sezioni sanità. In tutto (esclusa la brigata della Sardegna): 10 divisioni, ciascuna su: 1 stato maggiore, 1 comando artiglieria di divisione, 1 direzione di sanità, 1 direzione di commissariato, 2 brigate · <li fanteria di linea su 4 reggimenti
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(12 battaglioni, 48 compagnie), 2 battaglioni bersaglieri, 1 brigata di batterie da campagna (2 batterie), 1 compagnia genio, 1 sezione carabinieri, 1 parco di artiglieria di divisione, 1 se2,ione sanità, 1 sezione sussistenza, 1/2 sezione panettieri. Atto n. 160, nota n. 14, 15-XII-1877 (G.M. 1877, p. 507): nuova istruzione per la mobilitazione. Legge n. 3751 (serie 2·), 15-V-1877 (atto n. 51, nota n. 51, G.M. 1877, p. 154): I struzione dei magazzini centrati militari. Legge n. 3204, 30-Vl-1876 (atto n. 101, nota n. 1, G.M. 1876, pp. 223-226): legge sulla milizia territoriale e comunale. « La milizia territoriale, costituita a seconda della legge sul reclutamento dell'esercito, fa parte integrante dell'esercito, e concorre còn esso, come ultima riserva, alla difesa interna dello Stato». (28) RD. 8-IV-1880 (atto n. 45, nota n. 52, G.M. 1880, pp. 109-141): ordinamento della milizia territoriale: 1.440 compagnie di fanteria di linea formanti 300 battaglioni, 100 compagnie d'artiglieria da fortezza, delle quali 35 costituiscono 16 brigate e le altre 65 erano autonome. Precedentemente: 960 compagnie di fanteria di linea, 60 compagnie bersaglieri, 10 compagnie zappatori (RD. 8-XI-1871, G.M. 1871, pp. 947-957). (29) Legge 2577 (serie 2"), 29-Vl-1875 (atto n. 145, G.M. 1875, pp. 241-242): spesa di 21.900.000 per opere di fortificazione od altri lavori per la difesa dello Stato). Atto n. 117, nota n. 9, 25-VIII-1877, (G.M. 1877, pp. 431): opera di pubblica utilità la cintura di forti a difesa di Roma. Atto n. 197, nota n. 1, 1-Xl-1882 (G.M. 1882, p. 681): denominazione dei forti di Roma (M. Mario, Trionfale, Braschi, Boccea, Aurelia antica, Bravetta, Portuense, Ostiense, Ardeatino, Appia antica, Casilino, Prenestino, Tiburtino, Pietralata, Monte Antenne). (30) Carlo Corsi, Op. cit., pp. 156-157. (31) Atto n. 113, nota n. l , 26-IV-1872 (G.M. 1872, pp. 281-282): legge n. 801 riguardante l'assegnazione straordinaria di 33.800.000, ripartibile in 5 anni, per le spese di fortificazione del golfo di La Spezia, la costruzione di una fonderia di cannoni di grosso calibro, la fabbricazione di artiglierie di grande potenza a difesa delle coste, la costruzione di una diga subacquea attraverso il golfo di La Spezia, L. creazione di una fabbrica di armi al di qua dell'Appennino, ecc. Atto n. 247, nota n. 12, 12-VII-1872 (G.M. 1872, pp. 583-584): idem. (32) Nell'ordinamento del 1873 (Veds. precedente nota 8) compaiono per la prima volta le truppe alpine, delle quali erano già state istituite, nell'ottobre 1872, 15 compagnie destinate a guardare alcune delle valli della nostra frontiera occidentale e settentrionale. Ideatore del corpo, che doveva avete spiccate caratteristiche territoriali e speciale conoscenza delle nostre Alpi per poter sostenere con -sicurezza il primo urto e provvedere alle prime esigenze della difesa montana, era stato l'allora capitano di stato maggiore Giuseppe Perucchetti che, attraverso specifici studi riguardanti la difesa di alcuni valichi alpini e l'ordinamento militare territoriale delle zone di frontiera, era pervenuto a proposte concrete che trovarono il consenso ed ,i,I sostegno del Ricotti. La preoccupazione di non alterare l'omogeneità quantitativa e qualitativa dei corpi d'armata a costituzione fissa e di non renderne uno più importante dell'altro ebbe, dopo il Ricotti, il sopravvento su ogni aluo ordine di considerazioni per cui la conciliazione della dislocazione delle unità del tempo di pace con le vedute operative non fu realizzata ma:i adeguatamente, talché, nel 1908, dei 12 corpi di armata solo 7 erano stabilmente stanziati a nord degli Appennini (14 divisioni su 24). Il criterio della quasi uniformità della distribuzione delle forze sull'intero territoriò nazionale rispondeva, d'altra parte, alle necessità di difesa da eventuali sbarchi nemici e di pronto interventi nel concorso al mantenimento dell'ordine interno, necessità questa ultima non inferiore al sud rispetto ai nord.
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(33) Legge n. 2574 (serie 2·), 9-VII-1875 nella Gazzetta Ufficiale n. 158 (Atto n. 142, nota 4, 29-VI-1875, G.M. 1875, pp. 239-240): assegnazione straordinaria di 4.500.000, ripartita in 4 anni, per acquisto materiali per artiglierie da campagna di grosso calibro. Legge modificata dalla n. 3964 (serie 2' ), nella Gazzetta Ufficiale n. 177, 30-VII-1877 (Atto n. 106, nota n. 10, 23-Vl-1877, G.M. 1877, p. 407). Legge n. 4624 (serie 2') nella Gazzetta Ufficiale n. 295, 16-Xll-1878 (Atto n. 131, 8-XIl-1878, pp. 529-530): assegnazione straordinaria di 10.000.000 per fortificazioni, costruzione fabbricati, acquisto materiali da guerra, ecc. Legge 27-Vll-1879 (Atto n. 122, nota n. 15, G.M. 1879, p. 450): assegnazione di 9.600.000, ripartiti in 2 anni, per fabbricazione fucili e moschetti mod. 1870. Legge 13-Vl-1880 (Atto n. 84, nota n. 17, G.M. 1880, p. 269): assegnazione di 1.500.000 per ultimazione fabbrica di armi di Terni. (34) Legge 13-Vl-1880 (Atto n. 85, nota n. 18, G.M. 1880, pp. 269-270) : assegnazione straordinaria di L. 22.740.000 per materiali di artiglieria da campagna, materiali di armamento delle fortificazioni; materiali di artigl<ieria da costa, materiali di artiglieria da fortezza, ecc. Atto n. 86, nota n. 19, 13-Vl-1880 (G.M. 1880, p. 271): assegnazione straordinaria di 4.010.000 per approvvigionamento di materiali da mobilitazione. Atto n. 87, nota n. 20, 13-VI-1880 (G.M. 1880, pp. 272-274): assegnazione di 14.600.000 per costruzioni e sistemazione di opere militari, ferrovie, strade ordinarie, ecc. Atto n. 88, nota n. 21, 13-VI-1880 (G.M. 1880, p. 274): assegnazione straordinaria di 800.000 per dotazioni del materiale del genio ndle fortezze. Atto n. 89, nota n. 22, 13-Vl-1880 (G.M. 1880, p. 275): assegnazione dì 25.000.000, ripartiti ,in 5 anni dal 1880 al 1884, per fortificazioni e lavori di difesa dello Stato (lavori a difesa delle coste, e di Roma ed a sbarramento delle valli Roya, Stura di Cuneo, Dora Riparia, Dora Baltea, Cenisio, Arroya, Neva, Lavanutra, Maremola, D'Adda, Camonica, Chiese, D'Adige, Leogra, Brenta, Piave, Sansdbbia, Gor). (35) Cesare Bonelli (1821-1904), generale. Da sottotenente di artiglieria partecipò alla campagna del 1848 al servizio del governo provvisorio di Milano. Nei gradi di capitano e maggiore, partecipò alla campagna del 1849, del 1859, del 1860-1861. Da colonnello comandò il I e il VI rgt. d'artiglieria. Nella campagna del 1866 comandò l'artiglieria del I Corpo d'Armata. Fu poi comandante territoriale di artiglieria a Milano, Napoli, Torino. Da tenente generale comandò la divisione di Verona e successivamente l'XI Corpo d'Armata. Fu ministro della guerra nel 1868 e nel 1879-1880. Entrò a far parte del senato del regno dal 1880. (36) Legge n. 823 (serie 3'), nella Gazzetta Ufficiale n. 159, 8-VII-1882 (atto n. 125, nota n. 23, 30-VI-1882, G.M. 1882, pp. 377-382): assegnazione straordinaria di 127.880.000 per fabbricazione di fucili e moschetti mod. 1870, approvvigionamenti di materiali di mobilitazione, artiglierie da campagna, armamento delle fortificazioni, materiai-i per artiglierie da fortezza, artiglierie da campagna, artiglierie da costa, per opere di fortificazione delle frontiere e delle coste, fabbricazione di caserme, di poligoni, di sale di armi, piazze di armi, stabilimenti militari, sede del ministero, lavori ferroviari e stradali, ecc. Legge n. 3223 (serie 3"), 2-VII-1885 (atto n. 99, G.M. 1885, pp. 180-181 ): assegnazione straordinaria di 212.435.000 per approvvigionamento d,i materia'li di mobilitazione, di artiglierie da campagna, costruzione di poligoni, cavallerizze, fabbricati, magazzini, esecuzione di lavori stradali e ferroviari, e di opere milital'i, dotazioni di materiale del genio delle fortezze, e cli traini di assedio, aumento delle fortificazioni a difesa delle coste, ecc. Legge n. 4213 (serie 3•), 21-XII-1886 (atto n. 152, G.M. 1886, pp. 272-273): assegnazione di 25.000.000 per costruzione di fucili, approvvigionamento di materiali di mobilita• zione, fabbricazione di artiglierie di grande potenza a difesa delle coste, acquisto di cavalli, COIJ),Pletamento della diga di La Spezia, costruzione di fabbi,icati, poligoni,
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forti di sbarramento, fabbricazione di artiglierie da fortezza, ecc. Legge n. 5864 (se. rie 3·), 30.XII-1888 (atto n. 1, 5-I-1889, G.M. 1889, p. 1): assegnazione di 57.080.000 per approvvigionamenti di materiali di mobilitazione, costruzione fucili e moschetti, lavori stradali e ferroviari, lavori a di.fesa ddle coste, potenziamento dell'artiglieria da campagna, da fortezza, da costa, ecc. (37) Legge 6777 (serie 3·), 6-IV-1890 (atto n. 70, G .M . 1890, pp. 160-161): as• segnazione di 10.600.000, ripartita in 2 eseroizi, per approvvigionamento materiali di mobilitazione (900 mila lire), per artiglieria da campagna (3 milioni), armamento delle fortificazioni (3 milioni e 200 mila lire), per fabbricazione di fucili (3 milioni e 500 mila lire). Legge n. 326, 28-VI-1891 (Atto n. 122, G .M., 1891, p. 339): assegnazione di 8.600.000 per artiglieria campale (1 milione 500 mila lire); arma· mento deUe fortificazioni (2 milioni e 500 mila); approvvigionamento di materiali di mobilitazione e di materiali di artiglieria da fortezza (600 mila lire), costruzione di fudli (4 milioni). Legge n. 316, 30-VI-1892 (Atto n. 137, G.M . 1892, pp. 371-372): assegnazione di 3.300.000, delle quali 800 mila per l'armamento delle fortificazioni , il resto per il polveri.fido di Fontana Liri cd altre spese var.ie. Legge n. 726, 22-XII-1892 (Atto n. 245, G .M. 1892, p. 594): assegnazione di 5.650.000 (2 milioni e 800 mila per la fabbricazione di fucili, 1 milione e 200 mila per approvvigionamento di ma· teriali di mobilitazione, 700 mila per materiali di artiglieria da fortezza, 850 mila per art,iglieria da campagna, 100 mila per completamento carta topografica d'Italia). Legge n. 348, 2-VII-1893 (atto n . 105, G .M. 1893, pp. 263-264): assegnazione di 9.680.000 per fabbricazione di fu cili (5 milioni), approvvigionamento di materiali di mobilitazione (680 mila lire), completamento carta topografica dell'Italia (200 mila lire), artiglieria di fortezza (1 milione), lavori stradali, ferroviari e opere militari ( 100 mila lire), art,iglieria da campagna (1 milione), polveriere (300 mila), armamento delle fortificazioni (1 milione e 400 mila lire). Legge n. 233, 10-VI-1894, (atto n. 109, G.M. 1894, pp. 365-366): assegnazione <li 10.030.000 per fabbricazione fu. cili (8 mi.Jioni), completamento carta topografica (200 mila); approvvigionamento materiali di mobilitazione (500 mila), artiglierie di fortezza a difesa delle coste (500 mila), lavori stradali, ferrovie ed opere militari ( 480 mila), fortificazione di sbarramento e lavori a difesa dello Stato (350 mila). Legge n. 418, 21-VII-1895 (atto n. 152, G.M. 1892, pp. 425-426): assegnazione di 13.400.000 per fucili (9 milioni e 500 mila), artiglieria da costa (400 mi,la), completamento carta topografica (200 mi1a), materiale di mobilitazione (500 mila), lavori stradali, ferroviari e opere militari (400 mila), forti di sbarramento e opere di difesa (800 mila); ecc. Legge n. 225, 21-VI-1896 (A1to n. 123, G .M. 1896, pp. 187-188): assegnazione di 13.725.000 -p er costruzione fucili (9 milioni), completamento carta (200 mila), materiali di mobilitazione (500 mila), forti di sharramento e lavori di difesa dello Stato (800 mila), artiglieria da campagna (400 ·mila), ecc. Legge n. 255, 8-VII-1897 (atto n. 128, G .M. 1897, pp. 357. 358): assegnazione di 15.750.000 per costruzione fucili (9 milioni e .'500 mila), materiali di mobilitazione (600 mila), completamento carta topografica (200 mila), artiglier-ia da costa (300 mila), strade ferroviarie, ordinarie e lavori opere di difesa dello Stato (1 milione 500 mila), armamento fortificazione (1 milione e 100 mila), artiglieria da campagna (1 milione), costruzione caserme, ecc. Legge "· 303, 14-VII1898 (Atto n. 151, G.M. 1898, pp. 306-307): assegnazione 14.688.000 per costruzione fucili (5 milioni), artiglieria da campagna (3 milioni), materiali di mobilitazione ( 400 mila), artiglieria da costa (500 mila), lavori strade, ferrovie cd opere militari (300 mila), forti di sbarramento e lavori a difesa dello Stato (1 mi, lione 800 mila), armamento delle fortificazioni (1 milione 200 mila), costruzione caserme, poligoni, piazze d'armi, ecc. (2 milioni 350 mila), ecc. Legge n. 430, 10-XIl1899 (atto n. 221, G.M. 1899, pp. 849-851): assegnazione <li 14.560.000 per costruzione fucili (4 milioni e 300 mila), completamento carta topografica (110 mila,, materiale di mobilitazione (1 milione 650 mila), lavori vari (300 mila), forti di sb:mamento e opere fortificate (1 milione), annamento delle fortificazioni e artiglierie
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da fortezza (1 milione 500 mila), artiglieria da campagna (3 milioni), ecc. Legge n. 151, 5-V-1900 (atto n. 94, G.M. 1900, pp. 230-233): assegnazione straordinaria di 16.000.000 più i ricavi dalle alienazioni materiali, per ognuno degli esercizi finanziar.i . 1900-1901, 1901-1902, 1902-1903, 1903-1904, 1904-1905, 1905-1906, per armi portatili (2 milioni), carta topografica (90 mila), materiali di mobilitazione (700 mila), lavori vari (500 mila), lavori di difesa delle coste (600 mila), forti di sbarramento (1 milione), fortificazione di Roma (200 mila), armamento delle fortificazioni (1 milione), artiglieria da campagna (8 milioni), fabbricati militari {800 mila), materiale per la brigata ferrovieri (324 mila), ecc. (38) Nota n. 30, 13-XII-1874 (G.M. 1874, pp. 496-497): formazione in battaglioni delle compagnie alpini. Atto n. 87, nota n. 62, 8-IX-1878, (G.M. 1878, pp. 381-385): riordinamento delle truppe alpine su 10 battaglioni (Mondovì, Fossano, Bra, Torino, Susa, Chivasso, Chiari, Desenzano, Conegliano); in totale: 200 ufficiali, 9.090 sottufficiali e truppa, 36 quadrupedi (forza di pace corrispondente a quella di guerra). (39) .AJto n. 179, 5-X-1882 (G.M. 1882, pp. 619-623): costituzione di 6 reggimenti alpini. Atto n. 32, 22-IIl-1885 (G.M. 1885, pp. 49-50) e Atto n. 149, 10VIl-1887, (G.M. 1887, pp. 389-412): nuove formazioni degli alpini su 7 reggimenti: 1° su 3 battaglioni (Pieve di Teco su 3 compagnie, Ceva su 4, Mondovì su 3); 2° su 3 battaglioni (Borgo San Dalma:a.o su 4, Vinadio su 4, Dromero su 3); 3° su 3 battaglioni (Fenestrelle su 3, Susa 1° su 3, Susa 2° su 3); 4" su 3 battaglioni (Pinerolo su 3, Ivrea su 3, Aosta su 4); 5° su 4 battaglioni (Morbegno su 3, Tirano su 3, Edolo su 3, Rocca d'Anfo su 3); 6° su 3 battaglioni (Feltre su 3, Pieve dt Cadore, su 3, Gemona su 4). Atto n. 149, 10-VIl-1887 (G.M. 1887, pp. 389-392): costituzione degli alpini su 7 reggimenti, 22 crunpagnie di milizia mobile, 22 battaglioni di milizia territoriale. Atto . n. 20, 13-1-1889 (G.M., 1889, p. 49): cambiamento di denominazione dei batt~glioni: Susa 1° in Exilles; Susa 2° in Susa; Rocca d'Anfo in Vestone. Nel ,novembre dello stesso anno 1887 fu creata la carica di I spettore per le ispezioni alle truppe alpine (R.D., 7-Xl-1887, atto n. 241 G.M. 1887, p. 771), che poi cambiò nome in: Ispettorato degli alpini (atto n. 227, 6-XI-1894, G.M. 1894, pp. 815-830) e successivamente in Ispettorato delle truppe da montagna con giurisdizione anche sull'artiglieria da montagna. Nel luglio del 1909 le truppe da montagna ebbero un .ulteriore incremento: 8 reggimenti alpini, ciascuno su 3 o 4 battaglioni (26 batta.glioni) , di 3 o 4 compagnie (78 compagnie); 2 reggimenti di artiglieria da montagna per un totale di 24 batterie. (Legge n. 473, 15-VIl-1909, G.M. 1909, pp. 912-917). Nel 1910 i reggimenti furono ordinati in 3 brigate (.AJto n. 320, 9-VIIl-1910, G.M. 1910, pp. 926-927). .(40) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. III, p. 316. (41) R.D. 4-IX-1870 (G.M. 1870, p. 677). Atto n. 195, 30-IX-1873 (G.M. 1873, p. 263 e p. 293). Atto n. 157, 20-VIl-1874 (G.M. 1874, pp. 312-313). (42) Atto n. 145, 29-Vl-1882 (G.M. 1882, p. 425). (43) Atto n .. 227, 6-XI-1894 (G.M. 1894, pp. 815-830): costituzione di una _briga:a ferrovieri su 6 compagnie. Atto n. 236, 23-XIl-1894 (G.M. 1894, pp. 851-948). ( 44) Atto n. 44, 3-VIIl-1904 (G.M. 1904, pp. 129-232): costituzione di una · brigata ferrovieri autonoma su : 1 stato maggiore, 6 compagnie ferrovieri, 1 sezione .per esercizio di linea. (45) .t\.tto n. 327, 9-VIII-1910 (G.M. 1901, pp. 944-945).
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(46) Tancredi Saletta (1840-1909), generale. Sottotenente d'artiglieria nel 1859, partecipò alle campagne del 1860-1861 e del 1866 ed agli assedi di Ancona e di Gaeta. Fu capo di stato maggiore del XII Corpo d'arma, e nel 1885 venne · inca ricato del comando della spedizione in Eritrea. Comandò, nei vari gradi, la scuola di applicazione di artiglieria e del genio, fa divisione di Firenze e poi quella di Genova. Nel 1895 ebbe il comando in seconda del corpo di stato maggiore. Nel 1896 divenne capo di stato maggiore dell'esercito. Fu poi senatore del regno. 0
(47) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. III, p. 300. (48) Legge n. 3750 (serie 2' ), 15-V-1877 (atto n. 50, G.M. 1877; pp. 143-153): modifica della legge 30-IX-1873: aumento a 10 del numero di corpi di armata: I Torino (divisioni di Torino e di Alessandria), II Piacenza (Piacenza e Genova), III Milano (Milano e Brescia), IV Verona (Verona e Padova), V Bologna (Bologna e Ancona), VI Firenze (Firenze e Pemgia), VII Roma (Roma e Chieti), VIII Napoli (Napoli e Salerno), IX Bari (Bari e Catanzaro), X Palermo (Palermo e Messina); aumento ad 88 dei distretti militari; costituzione di 20 comandi superiori di distretto, 6 comandi territoriali e 12 direzioni territoriali di artiglieria, 6 comandi e 16 direzioni del genio, 20 direzioni di sanità militare e 20 direzioni di commissa: riato militare. Popolazione civile residente nelle circoscrizioni di corpo d'armata: Torino 2.529.261 abitanti; Piacenza 2.480.919, Milano 2567.178, Verona, 2.931.199, Bologna 2.539.091 , Firenze 2.604.255, Roma 3.147.373, Napoli 2.621.250, Bari 2.814.970, Palermo 2.584.089, Sardegna 2.510.713. R.D. 18-V-1877 (atto n. 53, G,M. 1877, pp. 157-170 ): tabella delle circoscrizioni militari (comandi di corpo di armata, di divisione, comandi superiori dei distretti, comandi distretto, direzioni di sanità, di commissariato, di artiglieria e del genio). R.D. 19-V-1877 (atto n. 54, G.M. 1877, p. 171 ): sedi giurisdizionali dei tribunali militari. R.D. 21-V-1877 (atto n. 55, G.M. 1877, pp. 173-175 ): giurisdizione territoriale delle legioni carabinieri reali. Le circoscrizioni furono spesso modificate. Fino al 1908 rimasero in vigore quelle dal R.D. n. 56, 22-II-1906 (atto n. 68, G.M. 1906, pp. 120-125) : nuova circoscrizione militare: I corpo d'armata: sede Torino, 2 divisioni (Torino e Novara), e 5 distretti; Il: Alessandria, 2 divisioni (Alessandria e Cuneo), 6 distretti; Ill: M•'ano, 2 divisioni (Milano e Brescia), 8 distretti; IV: Genova, 2 divisioni (Piacenza e Genova), 6 distretti; V: Verona; 2 divisioni (Verona e Padova), 6 distretti; :VI: Bologna, 2 divisioni (Bologna e Ravenna), 8 distretti; VII: Ancona, 2 divisioni (Ancona e Chieti), 10 distretti; VIII: Firenze, 2 divisioni (Firenze e Livorno). 7 distretti; IX: Roma, 3 divisioni (Roma, Perugia, Cagliari), 7 d istretti; X: Napoli, 2 divisioni (Napoli e Salerno), 8 distretti; XI: Bari, 2 divisioni (Bari e Catanzaro), 9 distretti; XII : Palermo, 2 divisioni (Palermo e Messina), 8 distretti. (49) Legge n. 8315 (serie 3•), 11-VII-1882 (atto n. 145, nota n. 89, G.M. 1882, pp. 425-468) ed atto n. 147, nota n. 71, 29-Vl-1882 (G.M. 1882, pp. 469-456): riordinamento dell'esercito. La legge divide l'esercito in: permanente, milizia mobile, milizia territoriale; distingue il personale in ufficiali generali (generale di esercito, tenente generale, maggiore generale, maggiore generale medico, maggiore generale commissario), ufficiali superiori (Colonnello, tenente colonnello, maggiore, compresi gli ufficiali dei corpi sanitario, di commissariato, contabile e veterinario), ufficiali inferiori (capitano, tenente e sottotenente), truppa (sottufficiali, caporali ·e soldati). Per i sottufficiali fissa i seguenti gradi: capi musica di 1• e 2" classe, maresciallo maggiore, capo ed ordinario, furiere maggiore, furiere e brigadiere dei ca, rabinieri, sergente e vice-brigadiere dei ci rabinicri; per i caporali: capotai maggiore e appuntato dei carabinieri, caporale e carabinieri, caporale furiere e allievo carabiniere; dipartisce l'esercito permanente in: stato maggiore generale, corpo di stato maggiore, arma di fanteria, arma dei carabinieri reali, arma di cavalleria, arma di artiglieria, arma del genio, corpo invnlicli e veterani, corpo sanitario militare; corpo
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di commissariato militare, corpo contabile militare, coqpo veterinario militare, istituti militare (scuola di guerra, scuola di . applicazione di artiglieria e genio, accademia militare, scuola militare, scuola di applicazione di sanità militare, scuola normale di fanteria, scuola normale di cavalleria, 4 collegi militari, 3 battaglioni d'istruzione per la formazione dei sottufficiali dell'arma di fanteria, 1 battaglione per i sottufficiali di cavalleria, 2 batterie per i sottufficiali di artiglieria da campagna, 1 compagnia per i sottufficiali di artiglieria da fortezza, 4 plotoni per i sottufficiali del genio), stabilimenti militari (2 arsenali di costruzione, 4 fabbriche d'armi, 3 fonderie, 2 polverifici, 2 laboratori pirotecnici, 1 laboratorio di precisione, 1 officina costruzioni dei materiali del genio, 3 magazzini centrali, 1 opificio, 1 farmacia centrale), stabilimenti di pena (2 reclusori, 3 compagnie carcerati, 5 compagnie reclusi, 7 compagnie di disciplina), uffici centrali, servizi accessori (giustizia militare, ingegneri geografici e topografici, professori e maestri, ragionieri di artiglieria, ragionieri-geometri del genio, capo tecnici d'artiglieria e del genio, scrivani locali, assistenti locali del genio). Arma di fanteria (fanteria di linea, bersaglieri, alpini, distretti militari, compagnie di disciplina, ufficiali delle fortezze, stabilimenti militari di pena): 1 comitato delle armi di linea (fanteria e cavalleria), 48 comandi di brigata, 96 reggimenti di fanteria di linea (ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito), 12 reggimenti bersaglieri (ciascuno .su: 1 stato maggiore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito), 6 reggimenti alpini (ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 o 4 battaglioni di 3 o 4 compagnie, 1 deposito), 88 distretti militari (ciascuno su 1 stato maggiore e 1 o 2 compagnie). Arma dei carabinieri: 1 comando dell'arma, 11 legioni territoriali, 1 legione allievi. Arma di caval·leria: 2 comandi di divisione, 5 comandi di brigata, 22 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggore, 6 .squadroni, 1 deposito), 5 depositi allevamento cavalli. Arma di artiglieria: 1 comitato delle armi di artiglieria e del genio, 12 reggimenti artiglieria da campagna (ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 brigate di batterie per un totale di 10 batterie, 1 brigata treno su 3 compagnie, 1 deposito), 5 reggimenti artiglieria da fortezza ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 brigate per un totale di 12 compagnie da fortezza o da costa, 1 deposito, 2 brigate di artiglieria a cava1.lo, 5 compagnie di operai di artiglieria, 1 compagnia veterani di artiglieria, 2 brigate di 4 batterie da montagna (inquadrate, ciascuna, in un reggimento da fortezza). Arma del genio: 4 reggimenti dei quali: 2 omogenei (ciascuno su: 1 stato maggiore, 4 battaglioni zappatori per un totale di 14 compagnie, 2 compagnie treno, 1 deposito), 1 misto (su: 1 stato maggiore, 1 brigata ferrovieri su 4 compagnie, 2 brigate telegrafisti per un totale di 6 compagnie, 1 brigata zappatori su 4 compagnie, 2 compagnie treno, 1 deposito), 1 pontieri (su: 1 stato maggiore, 2 brigate pontieri per un totale di 8 compagnie, 1 brigata lagunari su 2 compagnie, 1 brigata treno su 4 compagnie, 1 deposito). Stato maggiore generale: 142 ufficiali generali (5 generali di esercito, 47 tenenti generali, 88 maggiori generali, 1 maggiore generale medico, 1 maggiore generale commissario). Corpo di stato maggiore: 155 ufficiali di stato maggiore e 110 ufficiali applicati di stato maggiore. Totali tempo di pace fanteria: 7.449 ufficiali, 155.000 sottufficiali e truppa (128 mila fanteria di linea, 15 mila bersaglieri, 10 mila alpini); carabinieri: 496 ufficiali, 20.500 sottufficiali e truppa; cavalleria: 829 ufficiali, 23 mila sottufficiali e soldati, 20.000 cavalli; artiglieria: 1.434 ufficiali, 35 mila sottufficiali e soldati, 8.700 quadrupedi; genio: 569 ufficiali, 2.000 sottufficiali e soldati, 500 quadmpedi; corpo invalidi e veterani: 20 ufficiali ; corpo sanitario: 742 ufficiali; corpo di com missariato: 346 ufficiali; corpo contabile: 1.406 ufficiali; cot;po veterinario: 155 ufficiali; ufficiali fuori quadro: 379; ingegneri e topografi: 11 ; ragionieri di artiglieria: 185; ragionieri geometri del genio: 243; capitecnici di artiglieria e del genio: 145; professori e maestri: 95. Milizia mobile - inquadrata da ufficiali del -!'esercito permanente, del servizio ausilia,rio, di complemento, in riserva e artico. labile in brigate, divisioni o unità maggiori - consta di: 48 reggimenti di fantctia di linea, 18 battaglioni bersaglieri, 36 compagnie alpini, 13 brigate (4 batterie e
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l compagnia treno) artiglieria da campagna, 32 compagnie da fortezza o da costa, 4 batterie da montagna, 5 brigate zappatori (16 compagnie), 1 brigata pontieri (4 compagnie), 1 brigata ferrovieri (2 compagnie), 1 brigata telegrafisti (3 compagnie), 12 compagnie di sanità, 12 compagnie di sussistenza. Milizia territoriale: 320 bat· taglioni di fanteria di linea, 30 battaglioni alpini (72 compagnie), 100 compagnie artiglieria da fortezza, 30 compagnie del genio, 13 compagnie di sanità, 13 compagnie di sussistenza ed è inquadrata da ufficiali deHa milizia territoriale (già dell'esercito permanente e della milizia mobile). Il nuovo ordinamento comportò una maggiorazione <li spesa di 11 milioni e centomila lire (atto n. 126, nota n. 24, 5-VIl-1882, G.M . 1882, pp. 383-385). La legge n. 831 dell'll-VII-1882 - ordinamento Ferrcro - fu modificata dallo stesso Ferrero con fa legge n. 1467 (serie Y), 8-VII-1883 (G.M. 1883, pp. 621-625) e n. 1468 (serie 3"), 8-VII-1883 (,atto n. 137 G.M. 1883, pp. 626-630) fu successivamente sostituita dalla legge n. 4593 (serie 3"), 23-Vl-1887 (atto n. 118, G.M. 1887, pp. 285-300) - ordinamento Bertolé Viale - e dal R.D. 3-VII-1887 (atto n. 154, G.M. 1887, pp. 415-551) con il quale furono approvate 47 nuove tavole graduali e numeriche. I - Case militari: re, duca d'Aosta, duca di Genova, principe di Carignano. II - Stato maggiore generale: 151 generali (2 di esercito, 53 tenenti generali, 92 maggiori generali, 3 maggiori generali medici, 1 generale commissario) più 10 colonnelli brigadieri e 2 colonnelli medici ispettori. III . Corpo di stato mag· giorc: 152 ufficiali (15 colonnelli, 53 tenenti colonnelli o maggiori, 84 capitani) più 120 capitani applicati di stato maggiore. IV - Arma dei carabinieri: comando generale, 11 legioni territoriali, 1 legione allievi (623 ufficiali, 24.004 sottufficiali e tnippa, 3.758 cavalli). V - Ispettorato dei bersaglieri e Ispettorato degli alpini. VI - 48 comandi di brigata di fanteria. VII - 96 reggimenti fanteria di linea (5.856 ufficiali , 124.704 sottufficiali e truppa, 288 cavalli). VIII • 12 reggimenti bersaglieri (780 ufficiali, 15.240 sottufficiali e truppa, 36 cavalli). IX - 7 :reggimenti 11lpini su 22 battaglioni e 75 compagnie ( 487 ufficiali, 9575 sottufficiali e truppa, 179 quadrupedi). X - 12 comandi superiori di distretto. XI - 87 Distretti militari (1.286 ufficiali 6.369 sottufficiali e truppa, 87 cavalli). XII - Compagnie di disciplina e stabilimenti militari di .pena. XIII • Ufficiali delle fortezre: 69. XIV - Ispettorato generale del. l'arma di cavalleria. XV • 9 Comandi brigata di cavalleria. XVI - 24 reggimenti di cavalleria ciascuno su: 1 stato maggiore, 6 squadroni, 1 deposito. XVII - 4 depositi allevamento di cavalli. XVIII - Ispettorato generale di artiglieria. XIX - 4 Comandi artiglieria da campagna. XX . Comando d'artiglieria da fortezza, direzioni territoriali e sezioni staccate di artiglieria. XXI - 12 reggimenti di ,artiglieria da campagna divisionale, ciascuno su: 1 stato maggiore, 8 batterie, 1 compagnia treno, 1 deposito (totale: 564 ufficiali, 10.848 sottufficiali e truppa, 5.136 cavalli). XXII - 12 reggimenti artiglieria da campagna di corpo d'armata, ciascuno su: 1 stato maggiore, 8 batterie, 2 compagnie treno, 1 deposito (totale: 636 ufficiali, 11.964 sottufficiali e truppa, 5.496 cavalli). XXIII • 1 reggimento artiglieria a cavallo su: 1 stato maggiore, 6 batterie, 4 compagnie treno, 1 deposito (64 ufficiali, 1.170 sottufficiali e truppa, 651 cavalli). XXIV - 1 reggimento di artiglieria da montagna su: 1 stato maggiore, 3 brigate di batterie (9 batterie), 1 deposito (59 ufficiali, 1.198 sottufficiali e truppa, 521 quadrupedi). XXV • 3 reggimenti artiglieria da fortezza ciascuno su: 1 stato maggiore, 12 compagnie, 1 deposito (totale: 159 ufficiali, 3.876 sottufficiali e truppa, 9 cavalli). XXVI - 2 reggimenti artiglieria da fortezza ciascuno su: 1 stato maggiore, 16 compagnie, 1 deposito (totale: 134 ufficiali, 3.390 sottufficiali e truro,a, 6 ca. valli). XXVII - Compagnie operai di artiglieria. XXVIII . Ispettorato generale del· l'arma del genio. XXIX - 1° e 'l:' reggimento genio, ciascuno su: 1 stato maggiore, 18 compagnie zappatori, 2 compagnie treno, 1 deposito (totale: 174 ufficiali, 4.218 sottufficiali e truppa, 268 quadrupedi). XXX • 3° reggimento genio su: 1 stato maggiore, 7 compagnie zappatori, 6 compagnie telegtafisti, 1 compagnia specialisti, 3 compagnie treno, 1 deposito (78 ufficiali, 1.803 sottufficiali e truppa, 162 quadru-
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pedi). XXXI - 4° reggimento genio su: 1 stato maggiore, 8 compagnie pontieri, 2 com· pagnie lagunari, 4 compagnie ferrovieri, 3 compagnie treno, 1 deposito (93 ufficiali, 1.997 sottufficiali, e truppa, 132 quadrupedi). XXXII - Corpo invalidi e veterani. XXXIII - Ispettorato di sanità militare. XXXIV - Direzioni di sanità, ospedali militari, compagnie di sanità (totale: 116 medici, 94 contabili, 89 fannacisti, 2.295 sottufficiali e truppa). XXXV - Compagnie di sussistenza (totale: 169 ufficiali e 2:238 wttufficiali e truppa). XXXVI - Scuola di guerra. XXXVII - Scuola di applicazione di artiglieria e genio. XXXVIII - Accademia militare. XXXIX - Scuola militate. XL - Scuola sottufficiali. XLI - Scuola di applicazione di sanità militare. XLII - 5 collegi militari. XLIII - Scuola centrale di tiro di fanteria. XLIV - Scuola di cavalleria. XLV - Scuola centrale di tiro di artiglieria. XLVI - Batterie d'istruzione. XLVII - Compagnie d'istruzione d'artiglieria da fortezza. Totale ufficiali: 7.390 fanteria, 918 cavalleria, 1.657 artiglieria, 569 genio, 777 corpo sanitario, 366 corpo commissariato, 1.506 corpo contabile, 198 veterinari, 492 fuori quadro, 103 farmacisti. Con legge n. 504 del 6-XI-1894 (atto n. 228, G.M. 1894, pp. 830.831) furono modificate la legge n. 1.467 (serie 3") dell'8-VI-1883, la legge n. 1.592 (serie 2'), 30-IX-1883 (G.M. 1883, p. 364), e la legge n. 4.595 (serie 3'), del 23-VI-1887 relative alla circoscrizione territoriale militare; furono soppressi i comandi superiori di distretto; i distretti divennero soprattutto << centri di reclutamento »; le direzioni territoriali· di artiglieria furono ridotte a 14, i comandi locali di artiglieria a 12, le direzioni territoriali del genio a 15, i tribunali a 14. (50) Citiamo: atto n. 236, nota n. 6, 4-XII-1875 (G.M. 1875, pp. 380-386): articolazione del ministero: Segretariato generale (comprendente la divisione stato maggiore); direzione generale fanteria e cavalleria; direzione generale artiglieria e genio; direzione generale servizi amministrativi; direzione generale leve e truppe; atto n.· 20, nota n. 10, 25-II-1877 (G.M. 1877, pp. 59-64); atto n. 81, nota n. 15, 12-V-1881 (G.M. 1881, pp. 255-262}; atto n. 90, nota n. 16, 22-V-1881 (G.M. 1881, pp. 271-283}; atto n. 132, nota 11. 21, 9-VII-1883 (G.M. 1883, pp. 61567}; atto n. 125, 27-VI-1884 (G.M. 1884, pp. 462-473): divisione della direzione generale artiglieria e genio in due distinte direzioni generali; atto n. 85, 16-VI-1886 (G.M. 1886, pp. 131-133): modifiche del segretario generale; atto n. 39, 1-III-1888, relativo al RD. 5247 (serie 3'), (G.M. 1888, pp. 77-78); atto n. 171, U -VIII-1889 (G.M. 1889, pp. 449-451): istituzione del Gabinetto del ininistro; atto n. 230, 23-X-1889 (G.M. 1889, pp. 636-638); atto n. 136, 4-VII-1891 (G.M. '1891, pp. 374-385): nuova ripartizione: Segretariato Generale (comprende la divisionè di stato maggiore su 4 SC".doni), direzione generale fanteria e cavalleria, direzione generale servizi amministrativi, direzione generale leve e truppe. In totale: 1 segretariato generale, 4 direzioni generali, 18 divisioni, 53 sezioni; atto n. 230, 6-Xl-1894 (G.M. 1894, pp. 830-840): nuovo organico del generale dell'amministrazione· centrale della guerra; atto n. 100, 6-V-1895 (G.M. 1895, pp. 246-255): scompartimento del ministero della guerra in rami di servizio, divisioni, sezioni ed uffici e ·relative attribuzioni: Segretariato generale {Gabinetto, Divisione stato maggiore, 'Divisione del personale, servizio interno, pensioni e sussidi, Divisione giustizia militare; scuole militari, personale sanitario e veterinario, Divisione ragioneria, ufficio ispezioni· veterinaria}; Direzione Generale fanteria e cavalleria (1 ufficio, 2 divisioni); Direzione Generale artiglieria e genio (2 uffici, 5 divisioni); Direzione Generale ·Leva e Truppa (1 ufficio, 3 divisioni); atto n. 221, 31-X-1895 (G.M. 1895, pp. 745-751): istituzione della direzione generale revisione dei conti (1 uf. fido, 3 divisioni delle quali 1 costituita dalla divisione ragioneria del segretariato generale); litto n. 215, 23-X-1895 (G.M. 1895, pp. 589-591) nuovo ruolo organico del personale dell'amministrazione centrale; atto n. 106, 26-IV-1906 (G.M. 1906, pp. 237): scompartimento del ministero in rami di servizio, divisioni, sezioni ed
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uffici e relative attribuzioni; atto n. 73, 11-IV-1907 (G.M. 1907, pp. 281-294): nuova ripartizione del ministero in rami di servizio, divisioni, sezioni ed uffici. Relative attribuzioni. Rimase in vjgore, con lievi modifiche, a tutto il 1908. (51) Atto n. 253, 21-VIl-1908 (G.M. 1908, pp. 587-603): ripartizione in rami di servizio, divisioni, sezioni cd uffici del ministero della guerra dal 16-VIl-1908: uffici alla diretta dipendenza del ministro e del sottosegretario di Stato (Gabinetto civile su 1 divisione, Gabinetto militare su 1 divisione, ispezione veterinaria, direzione della Rivista militare; direzione degli affari generali (ufficio affari generali, divisione personale del ministero, giustizia militare e sussidi; divisione ragioneria, ufficio tiro a segno ed educazione fisica, ufficio amministrativo ippico); direzione generale personale ufficiali combattenti (ufficio affari generali, divisione personali civili dipendenti, divisione pensioni, servizio interno, economato e cassa); direzione generale amministrativa d'artiglieria e genio (ufficio affari generali, divisione amministrativa d'artiglieria; ufficio del laboratorio fotolitografico, divisione amministrativa del genio); direzione generale dei servizi logistici ed amministrativi (ufficio affari generali, divisione sussistenza, divisione assegni, divisione vestiario, equipaggiamento e materiale sanitario, divisione casermaggio e trasporti, ufficio personali amministrativi); direzione genera:le delle leve e truppe (ufficio affari generali, divisione 1• leve, divisione 2• leve, divisione truppa, divisione matricole); direzione generale della revisione dei conti (ufficio affari generali, divisione conti degli assegni, div.isione conti del materiale, divisione conti interni dei corpi). (52) Atto 11. 85, nota n. 13, 7-V-1874 (G.M. 1874, pp. 166-167): decreto che determina le attribm:ioni del presidente del comitato di stato maggiore generale previsto dalla legge n. 151, serie 2•, 30-IX-1873 (atto n. 195, G.M. 1873, pp. 263 e seguenti) come « corpo consultivo del Governo nelle grandi questioni militari » e composto « degli ufficiali generali di terra e di mare che coprono i più alti impieghi militari». (53) Atto n. 232, 4-XIl-1873 (G.M. 1873, pp. 450-462): costituzione del comitato delle armi di artiglieria e del genio (potenziamento). · (54)Atto n. 274, 24-XIl-1874 (G.M. 1874, pp. 511-515): decreto di costituzione del comitato delle armi di linea, previsto dalla legge n. 1591 del 30-IX-1873. Costituzione: un ufficio di presidenza e 4 uffici. Il comitato dell'arma di fanteria e dell'arma di cavalleria erano stati soppressi con R.D. 4-XII-1870 (G.M. 1870, pp. 10121022) e in loro luogo era stato costituito il comitato delle armi di linea (fanteria e cavalleria). (55) RD. 4-Xll-1870 (G.M. 1870, p. 1023). Ricomposizione del comitato dei carabinieri reali: 1 luogotenente generale presidente, 2 maggiori generali membri, 1 ufficiale superiore segretario, 2 ufficiali super.iori sottosegretari. (56) li comitato superiore delle varie armi fu soppresso nel 1870 (R.D. 4-XIl1870, G.M. 1870, pp. 1021-1022). In suo luogo fu istituito il Comitato delle armi di linea composto di 1 generale d'esercito, o luogotenente generale, presidente, 3 luogotenenti generali membri, tre maggiori o luogotenenti colonnelli del corpo di Stato Maggiore o delle armi di fanteria e cavalleria segretari, quattro capitani del corpo di Stato maggiore o delle armi di fanteria e di cavalleria sottosegretari. (57) R.D. 24-XII-1874 (G.M. 1874, pp. 515-522): costituzione del comitato di sanità militare. (58) Luigi Federico Menabrea (1809-1896). Ufficiale del genio, insegnò matematiche alla scuola d'applicazione all'accademia militare. Prese par.te a tutte le campagne d'indipendenza. Ideò la difesa della Valdora e diresse ottimamente i lavori
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durante l'assedio di Capua, distinguendosi nella presa della città. Scrisse un pregevole Rapporto sopra i lavori dell'Arma del genio nella campagna del 1870-1871. Senatore nel 1870, fu successivamente ministro della marina, dei lavori pubblici, degli osteri e infine presidente del consiglio dei ministri. (59) R.D. n. 968 (serie 3"), 11-IX-1882 (atto n. 162, nota n. 90, G.M. 1882, pp. 581-583). (60) Enrico Cosenz (1820-1898), generale. Dal collegio della Nunziatella di Napoli, usci nel 1840 alunno alfiere dell'artiglieria delle Due Sicilie; ,lasciò il servizio nel 1848 per seguire Guglielmo Pepe a Venezia. Sotto il governo provvisorio veneziano raggiunse il grado di colonnello. Nol 1859 organizzò e comandò il 1° reggimento « Cacciatori delle Alpi». Comandò poi la brigata Fe"ara e nel 1860 condusse rinforzi a Garibaldi in Sicilia dove combatté a Milazzo. Fu maggior generale comandante la 16 divisione di Napoli e poi luogotenente generale comandante la 2' divisione del corpo dei volontari. Nel 1866 comandò la 61 divisione, e nel 1870 l'IP e poi la divisione militare di Roma. Nel 1877 ebbe il comando del I Corpo d'Armata e dal 1882 al 1893 fu il primo capo di stato maggiore dell'esercito. Deputato dalla VII alla XI legislatura, fu nominato senatore nel 1873. Pubblicò molti studi, tra i quali Estensione, densità e profondità degli ordini di combattimento. 1
(61) R:D. n. 86, 4-III-1906 (atto n. 75, G.M. 1906, pp. 139-141). (62) R.D. n. 77, 5-IIl-1908 (atto n. 103, G.M. 1908, pp. 245-250). (63) R,D. 27-X-1872 (G.M. 1872, pp. 551-558): costituzione dcll'« Istituto Topografico militare», sotto l'alta direzione del comandante generale del COJ:1)0 di stato maggiore, articolato su: 1 direzione e 4 divisioni per trasformazione dell'ufficio tecnico del corpo di stato maggiore. L'Istituto cambiò successivamente la denominazione in « Istituto geografico militare» (atto n . 218, nota n. 100, 3-XII-1882, G.M. 1882, pp. 713-714). (64) La commissione fu istituita nel 1899 (RD. n. 331, 19-VI-1899, atto n. 152, G.M. 1899, pp. 635-637) e composta da: S.A.R. il principe ereditario, presidente; S.A.R. duca di Genova, vice-presidente; capi di stato maggiore dell'esercito e della marina; generali comandanti designati di armata ed ammiragli di livello equipollenti: tutti membri effettivi; membri consultivi: generali ed ammiragli convocati ad hoc. La commissione, ,parzialmente modificata con R.D. 3-XI-1900, venne del tutto riformata con il R.D. n. 35, 2-Il-1908 (atto n. 43, G.M. 1908, pp. 77-78) e fu cosl composta: presidente del consiglio dei ministri, ministro della guerra, ministro della marina (tutti e 3 senza diritto al voto), capi di stato maggiore dell'esercito e della marina, generali comandanti designati di armata, ammiragli comandanti designati di forza navale, S.A.R. il duca di Genova; membri consultivi: ufficiali ed ammiragli eventualmente convocati. Periodicità delle riunioni: una volta l'anno. (65) R.D. n. 36, 2-II-1908 (atto n. 44, G.M. 1908, pp. 78-79): costituzione del Consiglio dell'esercito, organo consultivo del ministro. Composizione: ministro della guerra, sottosegretario di stato, capo di stato maggiore dell'esercito, generali comandanti designati di armata ( tutti membri effettivi, ma il ministro ed il sottosegretario senza diritto al voto); membri oventuali: ispettori generali di artiglieria e del genio, ispettore della cavalleria, ispettore capo della sanità, il capo del reparto Intendenza presso il comando del corpo di stato maggiore. Periodicità delle convocazioni: tre volte l'anno. (66) Luigi Manoni d'Intignano (1841-1918), generale. Partecipò alla guerra del 1859 come sottotenente di cavalleria. Partecipò poi alla campagna del 1866. Comandò il
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32° fanteria e poi i Lancieri di Novara. Da generale di brigata comandò la 7• brigata di cavalleria; da tenente generale la divisione di Padova, da generale di corpo d'armata il IV, il VI ed il I corpo d'armata. Nel 1905 fu nominato ministro della guerra e senatore. Come ministro, attribuì agli Ispettori la responsab'lità tecnica dell'arma ri!lpettiva e dispose che il capo di stato maggiore fosse indipendente dalle vicende politico-ministeriali. (67) Severino Casana (1842-1912), senatore. Ingegnere industriale, deputato per 5 legislature, senatore del regno dal 1898, fu il primo ministro della guerra borghese, nominato a tale carica il 29 dicembre 1907 (gabinetto Giolitti), al posto del generale Viganò. Il 4 aprile 1909 venne sostituito dal generale Spingardi. (68) Pietro Maravigna, Op. dt., Voi. III, p. 199. (69) Carlo Corsi, Italia 1870-1895, Op. cit., p. 139. (70) Ibidem. (71) R.D. 5-111-1871 (GM. 1871, pp. 157-170): riordino degli 80 reggimenti di fanteria di linea, ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 (anziché 4) battaglioni di 4 compagnie ciascuno, 1 deposito; abolizione della qualifica di brigate granatieri alle brigate Lombardia, Toscana e Napoli ed assunzione del nome di brigate di fanteria Lombardia, Toscana e Napoli; abolizione del ,nome e del numero dei reggimenti granatit:ri t=<l assunzione <lcl nome e del numero di reggimenti di fanteria rispettivamente: 73° e 74° reggimento fanteria Lombardia, 75° e 76° reggimento fanteria Toscana e 77° e 78° reggimento fanteria Napoli da ,parte del 1° e 2° granatieri Lombardia, l O e 2" granatieri Toscana e 1• e 2° granatieri Napoli. Atto n. 177, 4-IX-1883 (G.M. 1884, pp. 683-692): formazione di 16 nuovi reggimenti di fanteria di linea: 79° e 800 Roma, 81° e 82° Torino, 83° e 84° Venezia, 85° e 86° Verona, 87° e 88° Friuli, 89° e 90° Salerno, 91° e 92° Basilicata, 93° e 94° Messina; costiruzione di 8 nuove brigate di fanteria. :Porza di pace dei 94 reggimenti: 5.856 ufficiali, 124.704 sottufficiali e truppa, 288 cavalli. Atto n. 169, 8-VIIl-1889 (G.M. 1889, pp. 446-449): nuova tabella graduale e numerica di formazione di pace del reggimenti di fanteria di linea. Ogni reggimento su: 1 stato maggiore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito per complessivi 61 ufficiali, 1299 sottufficiali e truppa, 3 cavalli. Forza complessiva dell'arma: ufficiali 5.856, sottufficiali e truppa 124.704, cavalli 288. Alto n. 236, 23-XIl-1894 (G.M. 1894, pp. 851-948): nuova forma• zione organica di pace del reggimento: 1 stato maggiore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito): 63 ufficiali, 1.263 'Sottufficiali e truppa, 3 cavalli). R.D. 354, 22-VIl-1897 (atto n. 146, G.M. 1897, ,pp. 381-382): ordinamento dell'arma di fanteria: 1 ispettorato alpini, 48 comandi di brigatg, 96 reggimenti di linea, 12 reggimenti bersaglieri, 7 reggimenti 11lpini, 88 distretti militari, 8 compagnie di disciplina, 2 compagnie carcerati, 2 compagnie reclusi, 2 reclusori. Totale forza degli ufficiali di fanteria in tempo di pace: 116 colonnelli, 231 tenenti colonnelli, 396 maggiori, 2.014 capitani, 3.862 subalterni, dei quali ultimi un quarto poteva essere sostituito da ufficiali di complemento, 96 capi musica. In più: 44 colonnelli, 44 tenenti colonnelli, 44 maggiori, 176 capitani, 88 tenenti o sottotenenti dei distretti militari. (72) R.D. 10-IX-1871 (G.M. 1871 , pp. 761-767): costituzione del 20" reggimento Roma. Salgono così a 20 i reggimenti: 1° Nizza, 2° Piemonte Reale, 3° Savoia, 4° Genova, 5° Novara, 6° Aosta, 7° Milano, 8° Montebel/o, 9° Firenze, 10" Vittorio Emanuele, 11° Foggia, 12° Saluzzo, 13° Monferrato, 14° Alessandria, 15° Lodi, 16° Lucca, 17° Caserta, 18° Piacenza, 19° Guide, 200 Roma, ciascuno su: 1 stato maggiore, 6 squadroni, 1 deposito {49 ufficiali, 1.014 sottufficiali e truppa, 748 cavalli). Atto n. 137, 23-XI-1876 (G.M. 1876, pp. 359): indicazioni del numero e nel
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nome nell'intestazione dei reggimenti di cavalleria. Legge 151 (serie 2•), 30-IX-1873 (G.M. 1873, p. 263) e R.D. 30-IX-1873 (G.M. 1873, p. 280): 20 reggimenti, ciascuno su: 1 stato maggiore, 6 squadroni, 1 deposito ( 46 ufficiali, 1.030 sottufficiali e truppa, 750 cavalli}. I reggimenti sono riuniti in 9 brigate. Totale della forza dell'arma in pace: 920 ufficiali, 20.600 sottufficiali e truppa, 15.000 cavalli). Legge n. 1.382, serie 3', 7-VI-1883 {G.M. 1883, pp. 543-547): costituzione di due nuovi reggimenti: 21" Padova e 22° Catania. Atto n. 198, 27-VIII-1887 (G.M. 1887, pp. 654658): tostituzionè di due nuovi reggimenti: 23° Umberto I e 24° Vicenza. Nel 1887 l 'arma di cavalleria constò di: 1 ispettore generale (tenente generale), 1 ufficio dell'ispettore generale, 9 comandi di brigata, 24 reggimenti, 6 depositi di allevamento cavalli. Ogni reggimento fu costituito su: 1 stato maggiore, 2 mezzi reggimenti (totale 6 squadroni), 1 deposito. L'ispettorato generale era su: 1 ispettore generale, 1 colonnello, 2 capitani, 2 scrivani; il comando brigata su: 1 generale di brigata, 1 aiutante di campo; il reggimento su: 1 stato maggiore, 6 squadroni, 1 deposito per complessivi 45 ufficiali, 1.075 sottufficiali e truppa, 870 cavalli; il deposito allevamento cavalli su: 5 ufficiali, 2 scrivani locali, personale vario. Totale dell'arma: 918 ufficiali, 25.752 sottufficiali e truppa, 20.880 cavalli. Ufficiali: 26 colonnelli, 28 tenenti colonnelli, 52 maggiori, 226 capitani, 586 tenenti e sottotenenti di cui un quarto sostituibile con ufficiali di complemento. (73) C. Corsi, Op. cit., p. 142. (74) 1870: 8 reggimenti di artiglieria - 2°, 3°, 4°, 6°, 7°, 8°, 100, 11°, ciascuno su: 1 stato maggiore, 5 compagnie da posizione, 8 batterie da battaglia, 3 compagnie treno, -1 deposito; 1 reggimento - 5° - su: 1 stato maggiore, 5 compagnie da piana, 2 batterie a cavallo, 6 batterie da battaglia, 3 compagnie treno, 1 deposito; 1 reggimento pontieri sn: 1 stato maggiore, 9 compagnie pontieri, 2 compagnie treno, 1 deposito (veds. nota n. 6). 1871: trasformazione di 10 compagnie d1 artiglieria da piazza in 10 batterie da battaglia e di 2 batterie a cavallo in 2 batterie da battaglia (veds. nota n. 7). 1873: 10 reggimenti da campagna ciascuno su: 1 stato maggiore, 10 batterie attive, 3 compagnie treno, 1 deposito e 4 reggi: menti da fortezza ciascuno su: 1 stato maggiore, 10 compagnie, 3 compagnie treno, 1 deposito (veds. nota n. 8). 1880: riordinamento dei 10 reggimenti di artiglieria da campagna e dei 4 reggimenti artiglieria da fortezza (atto n. 132, nota n. 56, 29VIII-1880 nel G.M. 1880, pp. 385-386). 1882: 12 reggimenti di artiglieria da campagna (dal 1° al 12°) ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 brigate di batterie (10 batterie), 1 brigata treno .(3 compagnie), 1 deposito; 5 reggimenti artiglieria da fortezza ciascuno su: l stato maggiore, 3 brigate (12 compagnie da fortezza o da costa}, 1 deposito; 2 brigate artiglieria a cavallo (veds. nota n. 49). 1884: costituzione di due nuovi reggimenti di artiglieria da campagna - 11° e 12° - (Atto n. 177, 4-IX-1884 nel G.M. 1884, 1>1>. 683-692). 1887: 12 reggimenti artiglieria da campagna ciascuno su: 1 stato maggiore, 8 batterie, 1 compagnia treno, 1 deposito (totale: 564 ufficia-li, 10.848 sottufficiali e truppa, 5.136 cavalli); 12 reggimenti artiglieria da campagna di corpo d'armata, ciascuno su: 1 stato maggiore, 8 batterie, 2 compagnie treno, 1 deposito (totale: 636 ufficiali, 11.964 sottufficiali e truppa, 5.496 cavaHi); 1 reggimento di artiglieria a cavallo su: 1 stato maggiore, 6 batterie, 4 compagnie treno, 1 deposito (64 ufficiali, 1.170 sottufficiali e truppa, 651 cavalli); 1 reggimento artiglieria da montagna, su: 1 stato maggiore, 3 brigate di batteria - 9 batterie · .:..... 1 deposito (59 ufficiali, 1.198 sottufficiali e truppa, 521 quadrupedi); 3 reggimenti di artiglieria da fortezza, ciascuno su: 1 stato maggiore, 12 compagnie, 1 deposito (totale: 159 ufficiali, 3.876 sottufficiali e truppa, 9 cavalli); 2 reggimenti df artiglieria da fortezza ciascuno su: 1 stato maggiore, 16 compagnie, 1 deposito (134 ufficiali, 3.390 sottufficiali e truppa, 6 cavalli); compagnie operai e veterani di artiglieria; 1 ispettorato generale dell'arma (Legge n. 4.593, serie 3•, 26-VI-1887 - atto n. 118, C.M. 1887, pp. 285-300 - che modificò la .legge n. 8.315, serie 3•,
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del 29-VI-1882 e la legge n. 1.468, serie 3·, dell'8-VII-1883). 1888: istituzione di 4 comandi di artiglieria da campagna (Milano, Piacenza, Bologna, Roma), 2 comandi di artiglieria da fortezza (Torino e Napoli) ed il quadro delle direzioni e degli s tabilimenti di artiglieria (R.D. 7,VI-1888, atto n. 123, G.M. 1888, pp. 301-306}; istituzione della scuola centrale di tiro d'artiglieria (atto n. 131, 24-VI-1888, G.M. 1888, p. 320); costituzione dei nuovi reggimenti di artiglieria da campagna - 13°, 14°, 15°, 16", 17", 18°, 19°, 20°, 21", 22°, 23°, 24°, - e cambio di denominazione dei reggimenti d'ar tiglieria da fortezza - 25°, 26°, 27°, 28°, 29°, - (R.D. 29-VIII-1888, atto n. 195, G.M. 1888, pp. 425-426, che modificò i RR .DD. del 3-VII e del 14VII-1887). 1891: costituzione delle brigate nei reggimenti di artiglieria da campagna: 2 brigate per reggimento, la 1• di 4 batterie da 7, la 2' di 4 batterie da 9 (atto n. 150, ll-VIII-1891, G.M. 1891, p. 395). 1892: Forza ufficiali dell'arma: 178 colonnelli, 48 tenenti colonnelli, 130 maggiori, 496 capitani, 301 tenenti o sottotenenti (Legge n. 47, 18-II-1892, atto n. 30, GM. 1892, pp,. 41-44, che moclificò la legge 5475 - serie 3• - del 24-VI-1888 e la legge n. 4758, serie 3", 14-VII-1887). 1894: composizione dell'arma: 1 ispettore dell'artiglieria da campagna, 1 ispettore dell'artiglieria da fortezza, 1 ispettore delle costruzioni di artiglieria, 1 ispettore delle armi e dei materiali, 1 direzione delle esperienze, 4 comandi di artiglieria da fortezza, 12 comandi locali di artiglieria, 24 reggimenti di artiglieria <la campagna, 1 rcggimenLo a cavallo, 1 reggimento da montagna, 22 brigate da costa e da fortezza (76 compagnie), 5 compagnie operai. Forza artiglieria da campagna: ufficiali 1.098, sottufficiali e trnppa 21.444, quadrup,:di 10.166; a cavallo: ufficial i 58, sottufficiali e truppa 1.165, cavalli 851; reggimento da momagna: ufficiali 87, sottufficiali e truppa 2218, quadrupedi 851; brigate artiglieria da fortezza: ufficiali 335, sottufficiali e truppa 8.678, cavalli 27. 1895: ordinamento degli ispettori (atto n. 19, 13-I-1895, G.M. 1895, pp. 34-35); ordinamento di alcuni corpi e reparti di artiglieria, 2°, 5°, 6°, 9", 11°, 12°, reggimenti artiglieria da campagna su 7 batterie di cui 4 da 9 e 3 da 7 (atto n. 63, 20-Ill-1895, G.M. 1895, pp. 129-130); soppressione dei 5 comandi di reggimento da costa e fortezza e delle direzioni territoriali cd istituzione di 12 comandi locali: Torino, Alessandria, Genova (da costa), Piacenza, Mantova, Venezia (da costa), La Spezia (da costa), Roma, Messina (da costa), Ogieri, Gaeta (da costa), Taranto (da costa). (Atto n. 120, 16-VI-1895, G.M. 1895, p. 291). 1897: ordinamento dell'artiglieria: 24 reggimenti da campagna (186 bat terie, 36 compagnie treno, 24 depositi ), 1 reggimento a cavallo (6 batterie, 4 compagnie treno, 1 deposito), 1 reggimento da montagna (15 batterie, 1 deposito), 22 brigate da costa e da fortezza (78 compagnie), 5 compagnie operai. (Legge n. 225, atto n. 112, G .M. 1897, pp. 309-320); costituzione dell'arma: 4 ispettorati, 1 direzione superiore delle esperienze, 8 comandi locali, 12 direzioni, 24 reggimenti di campagna, 1 a cavallo, 1 da montagna, 22 brigate da costa e da fortezza, 5 compagnie operai; reggimenti da campagna su: 1 stato maggiore, 2 brigate, 1 o 2 compagnie treno, 1 deposito; reggimento a cavallo su: 1 stato maggiore, 3 brigate, 1 brigata treno, 1 deposito; reggimento da montagna su: 1 stato maggiore, 5 brigate, 1 deposito. (atto n. 148, 22-VlI-1897, G.M. 1897, pp. 384-385). 1908: costituzione dell'arma: 4 ispettorati , 1 direzione superiore delle esperienze, 8 comandi locali,. 14 direzioni, 24 reggimenti da campagna, 1 a cavallo, 1 da montagna, 22 brigate da costa o da fortezza (78 compagnie), 2 uffici amministraz-ione, 5 compagnie operai. Totale: 1.684 ufficiali (42 colonnelli, 62 tenenti colonnelli, 116 maggiori, 528 capitani, 956 tenenti e sottotenenti dei quali un quarto poteva essere di complemento). (Legge 5-1-1908, circolare n. 18, G.M. 1908, pp. 35-37) e atto n. 91, 22-XII-1908, G.M. 1908, pp. 385-483). Costituzione dei reggimenti da campagna di corpo di armata: 1 stato maggiore, 2 brigate (1 da 7 e 1 da 9), 2 compagnie treno, 1 depo. sito per un totale di 36 ufficiali, 603 sottufficiali e truppa, 260 cavalli; reggimento da campagna divisionale: 1 stato maggiore, 2 brigate di batterie da 9, 1 compagnia treno, 1 deposito ,per un totale di 33 ufficiali, 513 sottufficiali e truppa, 238 cavalli;
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reggimento a cavallo: 1 stato maggiore, 3 brigate (6 batterie), 1 brigata treno (4 compagnie), 1 deposito per un totale di 61 ufficiali, 1.166 sottufficiali e truppa, 674 cavalli; reggimento da montagna: 1 stato maggiore, 5 brigate (15 batterie), 1 deposito per un totale di 91 ufficiali, 2.214 sottufficiali e truppa, 956 quadrupedi; brigate da costa o da fortezza: 22 stati maggiori, 40 compagnie da costa, 38 compagnie da fortezza per un totale di 378 ufficiali, 8.959 sottufficiali e truppa, 38 cavalli; compagnia operai ciascuna di 5 ufficiali e 100 sottufficiali e truppa.
(75) R.D. 13-Xl-1870 (G.M. 1870, pp. 949-962}: ordinamento dei 2 reggimenti genio. R.D. 30-IX-1873 (G.M. 1873, pp. 368-375) e nota n. 11, 12-XII-1873: ta· belle di formazione del genio: stato maggiore dell'arma, 2 reggimenti ciascuno su: 1 stato maggiore, 14 compagnie zappatori, 4 compagnie ,pontieri, 2 compagnie ferrovieri, 3 compagnie treno, 1 plotone d'.istruzione, 1 deposito ·per un totale di 250 ufficiali, 4.906 sottufficiali e truppa, 336 quadrupedi. Atto n. 4, nota n. 34, 30-XIl-1887 (G.M. 1887, pp. 13-16): rior<lino dei 2 reggimenti. R.D. 3-VII-1887 (atto n. 154, G.M. 1887, p. 415 e seguenti): costituzione dell'atma del genio: ;!,petrorato dell'arma, 1° e 2· reggimento genio, ciascuno su: 1 stato maggiore, 18 compagnie zappatori, 2 compagnie treno, 1 deposito per un totale di 174 ufficiali, 4.218 sottufficiali e truppa, 268 cavalli; 3° reggimento su: 1 stato maggiore, 7 compagnie zappatori, 6 compagnie telegrafisti, 1 compagnia specialisti, 3 compagnie treno, 1 deposito per un totale di 78 ufficiali, 1.803 sottufficiali e truppa, 162 ca· valli; 4" reggimento su: 1 stato maggiore, 8 compagnie pontieri, 2 compagnie lagunari, 4 compagnie ferrovieri, 3 compagnie treno, 1 deposito ,per un totale di 93 ufficiali, 1.997 sottufficiali e truppa, 132 cavalli). R.D. 4758 (serie 3"), 14· VII-1887, atto n. 159, (G.M. 1887, pp. 515-551): costituzione i&pettorati: 1 ispet• tore generale, 1 ispettore delle truppe, 1 ispettore delle direzioni territoriall. Atto n. 211, 8-X-1888 (G.M. 1888, pp. 475-476): costituzione del reggimento minatori su 6 compagnie, o1tre le brigate zappatori. Legge n. 47, 18-Il-1892 {G.M. 1892, pp. 41-44): ufficiali dell'arma: 23 colonnelli, 25 tenenti colonnelli, 52 maggiori, 177 capitani, 301 tenenti o sottotenenti. Atto n. 227, 6-XI-1894 (GM. 1894, pp. 815830): costituzione dell'arma: 1 ispettore truppe, 1 ispettore costruzioni, 6 comandi territoriali, 15 direzioni, 5 reggimenti, 1 brigata ferrovieri (6 compagnie); 1° e 2" reggimento su: 1 stato maggiore, 4 brigate zappatori (12 compagnie), 2 compagnie treno, 1 deposito; 3° reggimento su: 1 stato maggiore, 4 brigate zappatori-telegrafisti (12 compagnie), 1 brigata specialisti (2 compagnie), 2 compagnie tteno, 1 deposito; 4° reggimento su: 1 stato maggiore, 3 brigate pontieri (8 compagnie), 1 brigata lagunare (2 compagnie), 3 compagnie treno, 1 deposito; 5° reggimento su: 1 stato maggiore, 4 brigate minatori ( 12 1..-ompagnie), 1 compagnia treno, 1 deposito. Arto n. 236, 23-Xll-1894 (G.M. 1894, .pp. 851-948). Forza: 1° e 2°, complessivamente: 124 ufficiali, 3.180 sottufficiali e truppa, 208 quadrupedi; 3°: 72 ufficiali, 1.850 sottufficiali e truppa, 108 quadrupedi; 4°: 71 ufficiali, 1.582 sottufficiali e truppa, 120 quadrupedi; brigata ferrovieri: 35 ufficiali, 770 sottufficiali e truppa, 12 qua· drupedi. Legge n. 225, 6-X-1897 (atto n. 112, G.M. 1897, p. 595 e seguenti): costituzione dell'arma: 5 reggimenti (60 compagnie. 10 compagnie treno. 5 depositi), 1 brigata ferrovieri (6 compagnie). Atto n. 149, 22-VIl-1897 (G.M. 1897, pp. 385· 386): 2 ispettor·i, 6 comandi, 15 direzioni, 5 reggimenti e 1 brigata {21 brigate, 60 compagnie, 10 compagnie treno ). Atto n. 128, 2-Vl-1902 (G.M. 1902, .pp. 402-404): costituzione brigata ferrovieri: 1 stato maggiore, 2 compagnie esercizio, 4 compagnie di lavoro, per un totale di : 35 ufficiali, 774 sottufficiali e truppa, 12 quadrupedi. Atto n. 168, 18-VII-1906 (G.M. 1906, pp. 384-386): costituzione di una sezione di automobilisti militari presso la brigata ferrovieri del genio. (76) Nel 1908 (circolare n. 18 riguardante la legge n. 7 nell'ordinamento d el 5-1-1908, G.M. 1908, pp. 35-37, varianti contenute nella legge 328 del 2-VIl-1908, G.M. 1908, p . 605) vigeva l'ordinamento di cui al T .U. ,a pprovato con R.D. n. 525,
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14-VIII-1898 (atto n. 11, 21-1-1899, G.M. 1899, pp. 21-55), modificato dalle leggi: n. 285, 7-VII-1901 (atto n. 152, G.M. 1901, pp. 335-336); n. 303, 21-VIIl-1902 (atto n. 180, G.M. 1902, pp. 575-577); n. 216, 2-VI-1904 (atto n. 129, G.M. 1904, pp. 452-454); n. 300, 3-VIl-1904 (atto n. 123, G.M. 1904, pp. 439-441); n. 347, 9-VIl-1905 (atto n. 121 , G.M. 1905, pp. 397-398); n. 305, 8-VII-1905 (atto n. 165, G.M. 1906, p.p. 374-378); n. 343, 12-VII-1906 (atto n. 176, G.M. 1906, p. 397); n. 647, 30-XII-1906 (atto n. 3, G.M. 1907, pp. 4-7). La legge del 1898 divise 1'eserci to in permanente, milizia mobile e milizia territoriale; classificò la gerarchia in 2 grandi categorie: ufficiali e truppa; stabilì la progressone dei gradi nel seguente modo: ufficiali generali (generale di esercito, tenente generale, maggiore generale, maggiore generale medico), ufficiali superiori (colonnello, tenente colonnello, maggiore compresi i medici, i commissari, i conta:bili, i veterinari), ufficiali inferiori (capitano, compresi i medici, commissari, contabili, veterinari; subalterni: tenente e sottotenente, capo musica); truppa: sottufficiali (maresciallo d'alloggio dei carabini..:ri, maresciallo maggiore, capo, ordinario, furiere maggiore, furiere e brigadiere dei carabinieri, sergente e vicebrigadiere dei carabinieri reali; caporali: caporal maggiore e appuntato dei carabinieri reali, caporale e carabiniere; soldati: appuntato, soldato, allievo carabiniere. La legge stabill che gli ufficiali del corpo sanitario, di commissariato, contabile e veterinario avessero gradi {effettivi pari a quelli degli altri ufficiaH dell'esercito e ne portassero i distintivi (i farmacisti mil.itari ebbero l'assimilazione di rango nel 1902 con il R.D. n. 108, atto n . 87, 23-II-1902 nel G.M. 1902, p,p. 253-257). L'esercito permanente fu ordinato su: 1 stato maggiore generale (5 generali di esercito, 45 tenenti generali, 88 maggiori generali, 3 generali medici 141); corpo di stato maggiore (15 colonnelli, 3 colonneHi o tenenti colonnelli, 45 tenenti colonnelli o maggiori, 74 capitani 137 e in più 84 ufficiali applicati di stato maggiore); arma dei carabinieri su: 1 comando generale, 11 legioni territoriali, 1 legione allievi {560 ufficiali); arma di fanteria su: 1 ispettorato degli alpini, 48 comandi di brigata, 96 reggimenti di linea, 12 reggimenti bersaglieri, 7 reggimenti alpini , 88 distretti militari, compagnie di disciplina e stabilimenti militari di pena ( un comando, 8 compagnie di disciplina, 2 compagnie di carcerati, 2 compagnie di reclusi, 2 reclusori) per un totale di ufficiali di fanteria di 6.715 in più 396 ufficiali dei distretti (7.111 in totale); arma di cavalleria su: 1 ispettorato, 9 comandi di brigata, 24 reggimenti, 4 depositi di allevamento cavalli (in totale 933 ufficiali); arma di artiglieria su: 4 ispettorati, 1 direzione superiore delle esperienze, 8 comandi di artiglieria, 14 direzioni di artiglieria, 24 reggimenti da campagna, 1 reggimento a cavallo, 1 reggimento da montagna, 24 brigate d'artiglieria da costa o da fortezza (78 compagnie), 2 uffici amministrazione, 5 compagnie di operai di artiglieria per un totale di 1.684 ufficiali; arma del genio su: 2 ispettorati, 6 CO· tnandi, 15 direzioni, 5 reggimenti, 1 brigata ferrovieri, per un totale di 554 ufficiali; ufficiali delle fortezze : 6.3; ufficiali del corpo invalidi e veterani: 10; corpo sanitario su: 1 ispettorato, 12 direzioni di sanità militare, un numero vario di direzioni di ospedali militari, 12 compagnie di sanità, per un totale di 680 ufficiali; corpo di commissariato su: 12 direzioni, per un totale di 168 ufficiali; corpo contabile su: 12 compagnie di sussistenza, per un totale di 1.165 ufficiali; corpo veterinario: 183 ufficiali; ufficiaii fuori quadro: 342; scuole militari: scuola di guerra, accademia e scuole rniiitari: scuola di guerra, accademia e scuola di a.pplicazione di artiglieria e genio, scuola militare, scuola di applicazione di sanità militare, collegi militari, scuola centrale di tiro di fanteria, scuola di cavalleria, scuola centrale di tiro dì artiglieria, scuola magistrale di scherma; tribunali militari: 1 tribunale supremo di guerra e 14 tribunali militari (101 unità); stabilimenti militari: numero vario di fabbriche d'armi, arsenali di costruzione, laboratori pirotecnici, laboratori di precisione, polverifici, officine di costruzione di artiglieria, officine di costruzione del genio, molini e panifici, stahi:limenti di produzione di galletta e carne in scatola, magazzini
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distribuzione viveri, magazzini di casermaggio, laboratori vari di commissariato, sta• bi:limenti centrali di distribuzione di materiale di commissariato, farmacia centrale militare; ingegneri e topografi: 120; professori e maestri civili: 60; maestri e maestri aggiunti di scherma: 45; farmacisti: 97; ragionieri di artiglieria: 168; ragionieri-geometri del genio: 206; capi tecnici d'artiglieria e del genio: 127. Tabelle graduali e numeriche di formazione del R.E. in tempo di pace: (atto n. 135, R.D. 25-XIII-1901, G.M. 1908, pp. 259462) limitatamente alle unità operative: comando di corpo di armata: 1 tenente generale, 1 colonnello di stato maggiore, 1 tenente colonnello o maggiore di stato maggiore, 1 capitano di stato maggiore, 2 capitani applicati di stato maggiore, 1 subalterno di fanteria o di cavalleria, 1 tenente colonnello o maggiore veterinario; comando di divisione: 1 tenente generale, 1 tenente colonnello o maggiore di stato maggiore, 1 capitano di stato maggiore, 2 capitani applicati di stato maggiore, 1 subalterno di fanteria o cavalleria; comando di brigata di fanteria: 1 maggiore generale, 1 capitano cli fanteria; comando di brigata di cavalleria: 1 maggiore generale ed 1 capitano di cavalleria; reggimento di fanteria di linea: 1 stato maggiore, 3 battaglioni (12 compagnie), 1 deposito (62 ufficiali, 1.405 sottufficiali e truppa, 3 cavalli); reggimento bersaglieri: 1 stato maggiore, 3 battaglioni (12 com!Jagnie), 1 depo&ito (61 ufficiali, 1.377 oottufficiali e truppa, 3 cavalli); reggimento alpini: 1 stato maggiore di reggimento, 3 o 4 stati maggiori di battaglione (3 o 4 compagnie ciascuno), 1 deposito (per i 7 reggimenti, 22 battaglioni, 75 compagnie, 7 depositi: 457 ufficiali, 11 mila sottufficiali e truppa, 629 quadrupedi); reggimento di cavalleria: 1 stato maggiore, 6 squadroni, 1 deposito ( 44 ufficiali, 1.009 sottufficiali e truppa, 870 cavalli); reggimento artiglieria da campagna di corpo d'annata: 1 stato maggiore, 2 brigate di batterie (1 da 7, 1 da 9), 2 compagnie treno, 1 deposito (36 ufficiali, 603 sottufficiali e truppa, 260 cavalli); reggimento artiglieria da campagna divisionale: 1 stato maggiore, 2 brigate di batteria da 9, 1 com!Jagnia treno, 1 deposito (33 ufficiali, 513 sottufficiali e truppa, 238 cavalli); 1 reggimento artiglieria a cavallo: 1 stato maggiore, 3 brigate di batterie (6 batterie), 1 brigata treno (4 compagnie), 1 deposito (61 ufficiali, 1.166 sottufficiali e truppa, 674 cavalli); 1 reggimento artiglieria da montagna: 1 stato maggiore, 5 brigate di batterie (15 batterie), 1 deposito (91 ufficiali, 2.214 wttuf• fidali e truppa, 956 quadrupedi); numero vario di brigate da costa o da fortezza: 22 stati maggiori, 40 compagnie da costa, 38 compagnie da fortezza (378 ufficiali, 8.959 sottufficiali e truppa, 38 quadrupedi); numero vario di compagnie operai di artiglieria (ciascuna su: 3 ufficiali, 100 sottufficiali e truppa); 2 reggimenti genio (1° c 2°): 1 stato maggiore, 4 brigate di zap!Jatori (12 compagnie), 1 deposito (eia· scuno su: 62 ufficiali, 1.610 sottufficiali e truppa, 104 quadrupedi); 1 reggimento genio (3°): 1 stato maggiore, 4 brigate telegrafisti (12 compagnie), 1 brigata specialisti (2 compagnie), 2 compagnie treno, 1 deposito (75 ufficiali, 2.033 sottufficiali e trup!Ja, 108 quadrupedi); 1 reggimento genio (4° pontieri): 1 stato maggiore, 3 brigate pontieri (8 com!Jagnie), 1 brigata lagunari (2 compagnie), 3 compagnie treno 1 deposito (71 ufficiali, 1.492 sottufficiali e truppa, 120 quadrupedi); 1 reggimento genio: (5° minatori); 1 stato maggiore, 4 brigate minatori (12 compagnie), 1 compagnia treno, 1 deposito (60 ufficiali, 1.520 sottufficiali e truppa, 112 quadrupedi); 1 brigata genio ferrovieri: 1 stato maggiore, 2 compagnie di esercizio, 4 compagnie di lavoro (35 ufficiali , 774 sottufficiali e truppa, 12 quadrupedi). Totale degli ufficiali: 141 ufficiali di stato maggiore, 560 ufficiali dei carabinieri reali, 6.715 ufficiali di fanteria, 396 dei distretti militari, 933 di cavalleria, 1.684 di artiglieria, 554 del genio, 63 delle fortezze, 10 del corpo invalidi e veterani, 670 del corpo sanitario, 168 del corpo di commissariato, 1.165 del corpo contabile, 183 veterinari, 342 fuori quadro. La legge prea:dente, R.D. del 3-VII-1887 (atto n. 154, G.M. 1887, p. 415 e seguenti) ordinamento Bertolé Viale - prevedeva: 27 ufficiali per le 4 case militari (S.M. il re, duca d'Aosta, duca di Genova, t>rincipe di Catignano); 151 generali (2 generali d'esercito, 53 tenenti generali, 92 maggiori generali, 3 maggiori
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generali medici, 1 2enerale commissario) e 10 . colonnelli brigadieri e 2 colonnelli medici ispettori; 152 ufficiali del corpo di . sta.to maggiore ( 15 colonnelli, 53 tenèntl colonnelli o maggiori, 84 capitani) e 120 capitani applicati di stato maggiore; 623 ufficiali dell'arma dei carabinieri (24.004 sottufficiali e truppa, 240 cavalli, 3.518 cavalli di proprietà degli uomini di truppa); 5 ufficiali per gli ispettorati dei bersaglieri e degli alpini; 48 comandi di brigata di fanteria, e 96 reggimenti di fan. teria per un totale di 5.856 ufficiali, 124.704 sottufficiali e truppa, 288 cavalli; 12 reggimenti bersaglieri per un totale di 780 ufficiali, 15.240 sottufficiali e truppa, 36 cavalli; 7 reggimenti alpini con un totale di 478 ufficiali, 9575 sottufficiali e truppa, 179 quadrupedi; 12 comandi superiori di distretto militare; 87 distretti militari con un totale di 1.286 ufficiali, 6.369 sottufficiali e truppa, 87 cavalli; compagnie di disciplina e stabilimenti militari di pena; 69 ufficiali delle forte-ae; ispettorato generale dell'arma di cavalleria; 24 reggimenti di cavalleria; 4 depositi di allevamento cavalli; ispettorato generale di artiglieria; 4 comandi di artiglieria d'a campagna; 2 comandi di artiglieria da fortezza, direzioni territoriali, stabilimenti· di artiglieria; 12 reggimenti di artiglieria da campagna divisionali (1 stato maggiore, 8 batterie, 1 campagna treno e 1 deposito) con un totale di 564 ufficiali, 10.848 sottufficiali e truppa, 5.496 cavalli; 12 reggimenti di artiglieria di corpo d'armata (1 stato maggiore, 8 batterie, 2 compagnie treno, 1 deposito) con un totale di 636 ufficiali, 11.964. sottufficiali e truppa; 5.496 cavalli; 1 reggimento di artiglieria a cavallo (1 stato maggiore, 6 batterie, _4 compagnie treno, 1 <leposfto) con un totale di 64 ufficiali, 1.170 sottufficiali e truppa, 651 cavalli; 1 reggimento di artiglieria da montagna ( 1 stato maggiore, 3 brigate di 3 batterie, l deposito) con un totale di 59 ufficiali, 1.198 sottufficiali e truppa, 521 quadrupedi; 3 reggimenti di artiglieria da fortezza (1 stato maggiore, 12 compagnie, 1 deposito) con un totale di 159 ufficiali, 3.876 sottufficiali e truppa, 9 cavalli; 2 reggimènti di artiglieria da fortezza (1 stato maggiore, 16 compagnie, 1 deposito) con un totale di 134 ufficiali, 3.390 sottufficiali e truppa, 6 cavalli; compagnia operai di. artiglieria; ispettorato generale dell'arma del genio; 2 {l" e 2") reggimenti del genio (ciascuno: 1 stato maggiore, 18 compagnie zappatori, 2 compagnie treno, 1 deposito), con un totale 174 ufficiali, 4.218 sottufficiali e truppa, _268 cavalli; 1 reggimento (3°) genio (1 stato maggiore, 7 compagnie zappatori, 6 compagnie telegrafisti, 1 compagnia specialisti, 3 compagnie treno, 1 deposito) con ,u n totale di. 78 ufficiali, 1.803 . sottufficiali e truppa, 162 cavalli; 1 reggimento (4°) genio (1 stato maggiore, 8 compagnie pontieri, 2 compagnie lagunari,, 4 compagnie ferrovieri, 3 compagnie treno, 1 deposito) çon un totale di 93 ufficiali, 1.997 sottufficiali e ·truppa, 132 cava11i; · corpo invalidi e veterani; ispettorato di sanità militare; direzioni territoriali di sanità (12), ospedali militari; direzioni territoriali di sanità (12), ospedali militari. e compagnie di sanità (12) con un totale di 196 ufficiali medici, 94 ufficiali contabili, 89 farmacisti, 2.295 sottufficiali e truppa; 12 compagnie di sussistenza con un totale di 169 ufficiali e 2.238 sottufficiali e truppa; scuola di guerra; scuola di applicazione di artiglieria e genio; accademia militare; scuola militare; scuola sottufficiali; souola di applicazione di sanità militare; 5 collegi militari; scuola centrale di tiro di fanteria; scuola .di cavalleria; scuola. centrale di ti.to di artiglieria; batterie di istruzione con un totaie di 10 ufficiali, 400 sottufficiali e truppa, 180 cavalli; 1 compagnia di istruzione di aniglieria da fortezza ton un totale di 5 ufficiali, 250 sottufficiali e truppa. Totale ufficiali: 7.390 di fanteria, 918 di cavalleria, 1.657 di artiglieria, 569 del genio, 777 dei corpo sanitario, 336 del corpo di commissariato, 1.506 del corPQ contabile, 198 veterinari, 492 fuori quadro, 103 farmacisti. (77) Atto n. 92, nota n. 12, 10-VIl-1877 (G.M. 1877, pp. 318-327): costituz..ione di 40 sciioni sanità, di 40 ospedali da campo; 40 compagnie ponaferiti, 15 sezioni · panettieri per la mobilitazione.
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(78) Atto n. 93, nota n. 13, 10-VIl-1877 (G.M. 1877, pp. 329-330): costituzione di 53 sezioni carabinieri reali da assegnare ai vari comandi di grande unità per la mdbilitazione. (79) Atto n. 134, nota n. 33, 26-X-1876 (G.M. 1876, pp. 309-315): decreto portante modificazioni all'ordinamento della scuola di guerra, ed istruzione relativa. (80) Carlo Corsi, Op. cit., p. 252. (81) Atto n. 7, nota n. 50, 14-1-1877 (G.M. 1877, pp. 8-28). Atto n. 7, nota n. 11, 21-1-1877 (G.M. 1877, pp. 29-30). Atto .n. 154, nota n. 10, 30-Xl-1876 (G.M. 1876, pp. 377-378). (82) .&tto n. 100, nota n. 21, 20-VIl-1877 (G.M. 1877, pp. 345-346). (83) Atto n. 4, nota n. 34, 30-XIl-1877 (G.M. 1878, pp. 13-16). (84) Con R.D. 13-XIl-1874 (nota n. 30, G.M. 1874, pp. 496-497) il Ricotti aveva raggruppato gli alpini in 7 comandi di battaglione, alcuni su 3 altri su 4 compagnie. Con atto n. 87, nota n. 62, 8-IX-1878 (G.M. 1878, pp. 381-385) le truppe alpine furono riordinate su 10 battaglioni (36 compagnie) per un totale di 200 ufficiali, 9.090 sottufficiali e truppa, 36 quadrupedi (battaglioni: Mondovl, Fossano, Bra, Torino, Susa, Chivasso, Chiari, Desenzano, Verona, Conegliano). (85) Atto n. 45, nota n. 52, 8-IV-1880 (G.M. 1880, pp. 109-141). (86) Legge n. 883, serie 3', 2-VII-1882 (G.M. 1882, pp. 387-391): 15tJ.ruzione del tiro a segno nazionale (ministro Ferrero). Atto n. 122, nota n. 3, 15-IV-1883 (G.M. 1883, pp. 493-508). (87) Con nota n. 31, 20-XII-1874 (G.M. 1874, pp. 506-507) il Ricotti aveva di!fposto che le brigate di fanteria venissero indicate con un numero distintivo anziché col nome e che i reggimenti costitutivi delle brigate non dovessero essere necessariamente quelli appartenenti originariamente alle brigate stesse. Con atto n. 8, nota n. 78, 2-1-1881 (G.M. 1881, pp. 4-7) il provvedimento del Ricotti venne revocato e le brigate di fanteria furono ricostituite in modo permanente con i reggimenti originari. e
(88) Legge n. 831, 7-VIl-1882 (serie 3'), atto n. 145, (G.M. 1882, pp. 425-468) atto n. 147, 29-VI-1882, (GM. 1882, pp. 469-546).
(89) Atto n. 217, 28-Xl-1884 (G.M. 1884, pp. 827-839): reclutamento dei seguenti: 3 battaglioni d'istruzione, 48 plotoni allievi sergenti presso i reggimenti di fanteria, 6 plotoni presso i reggimenti bersaglieri, 3 plotoni presso i reggimenti alpini, 1 squadrone d'istruzione, 2 batterie d'istruzione d'artiglieria da campagna, 1 compagnia d'istruzione d'artiglieria da fortezza, 4 plotoni presso i reggimenti genio. Atto n. 229, 10-XII-1884 (G.M . 1884, pp. 848-853): istituzione di ,plotoni allievi ufficiali presso i reggimenti. (90) Atto n. 127, 26-VIl-1885 (G.M. 1885, pp. 223-237): veds. in particolare, tabella n. 51. (91) Atto n. 18, 9-1-1887 (G.M. 1887, pp. 71-73) e atto n. 7, 10-1-1887 (G.M. 1887, pp. 24-28). (92) Anche l'ordinamento del corpo speciale d 'Africa subl molte modificazioni. Citiamo i provvedimenti più importanti: R.D. 5-XI-1885 (atto n. 172, G.M. 1885, pp. 334-340): attribuzioni del comandante in Africa. R.D. 6132 (serie 3"), 20-VI-1889
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(atto ·n. 132, G.M. 1889, pp. 301-314): costituzione del corpo speciale d'Africa: 1 reggimento cacciatori su 4 battaglioni di 4 compagnie, 1 battaglione bersaglieri, 2 batterie da montagna, 2 compagnie di artiglieria da fonezza, 1 compagnia operai di artiglieria, 2 compagnie zappatori del genio, 1 compagnia specialisti del genio, 1 compagnia di sanità, 1 compagnia di sussistenza, 1 compagnia treno (totale: 178 ufficiali, 4.822 sottufficiali e truppa, 96 cavalli). RD. 6215 (serie 3"), 3-VI-1889 (atto n. 143, GM. 1889, pp. 329 e seguenti): .istituzione per i presidi di Africa di truppe indigene. R.D. 6215 (serie 3") 16-VIl-1889 (atto n. 146, G.M. 1889, p. 339): istruzione provvisoria per il reclutamento, l'ordinamento e l'amministrazione delle truppe indigene. R.D. 1-VIIl-1889 (atto n. 184, G.M. 1889, pp. 471-479): costituzione del Comando Superiore in Africa affidato ad un maggior generale (18 ufficiali, 32 sottufficiali e truppa, 26 quadrupedi), di 1 compagnia carabinieri (4 ufficiali, 104 sottufficiali e truppa, 33 quadrupedi), di 1 direzione territoriale di artiglieria (5 ufficiali, 20 sottufficiali e truppa, 10 quadrupedi), di 1 direzione territoriale del genio (7 ufficiali, 20 sottufficiali e truppa, 8 quadrupedi), di 1 direzione di sanità (14 ufficiali, 23 sottufficiali e truppa, 8 quadrupedi), di 1 direzione di commissariato (26 ufficiali, 40 sottufficiali e truppa, 2 quadrupedi), di 1 tribunale militare (2 ma· gistrati militari, 8 sottufficiali e truppa). R.D. n. 6592, serie 3", 1-1-1890 (atto n. 7, G.M. 1891, pp. 35-38): costituzione dei possedimenti italiani del mar Rosso in colonia eritrea. RD. n. 268, 11-VI-1891 (atto n. 101, G.M. 1891, pp. 251-282): riordinamento delle truppe d'Africa facenti parte integrante dell'esercito. (93) Molteplici furono i Lesli unici delle leggi sull'ordinamento e soprattutto numerosissime le aggiunte e varianti. Citiamo i più significativi. RD. 30-11-1873 (G.M. 1873, pp. 368-375) ordinamento Ricotti. Legge n. ASLD, serie 2·, 15-V-1877 (atto n. 50, G.M. 1877, pp. 143-153): ordinamento Mezzacapo. Legge n. 831, serie 3", 7-VIl-1882 {atto n. 145, G.M. 1882, pp. 425-468) ordinamento Ferrero. Atto n. 154, 3-VIl-1887 (G.M. 1887, pp. 415-514). R.D. n. 4758, serie 3", 14-VIl-1887 (atto n. 159, G.M. 1877, pp. 515-551): ordinamento Bertolé Viale. Legge n. 225, 28-Vl1897 (atto n. 112, G.M. 1897, pp. 309-320). R.D. n. 525, 14-VIl-1898 (atto n. 11, G.M. 1899, pp. 21-55): approvazione del nuovo testo unico delle leggi sull'ordinamento del R.E. e dei servizi dipendenti dell'amministrazione della guerra. La legge fu parzialmente modificata con la kgge n. 285, 7-VIl-1901 e la legge n. 303, 21-Vll1902. RD. 3-VIIl-1903 (atto n. 44, G.M. 1903, pp. 129-232): tabelle graduali e numeriche delle formazioni del R.E. e dei servizi dipendenti dall'amministrazione della guerra. Legge n. 7, 5-1-1908 (circolare n. 18, G.M. 1908, pp. 35-38).
22° pp. ed pp.
(94) Nel 1883 erano stati creati il 21° reggimento cavalleria Padova ed il reggimento cavalleria Catania (Legge n. 1382, serie 3", 7-Vl-1883, G.M. 1883, 543-547). Nel 1887 furono costituiti il 23° reggimento cavalleria Umberto I il 24° reggimento cavalleria Vicenza (atto n. 198, 27-VIII-1887, G.M. 1877, 654-658).
(95) Atto n. 119, 7-VI-1888 (G.M. 1888, p. 290): decreto di soppressione del comitato de1le arrni di fanteria e cavalleria. Atto n. 120, 7-VI-1888 (G.M. 1888, pp. 291-296): decreto di istituzione degli uffici dell'ispettore generale e degli ispet· tori d'artiglieria e di determinazione delle attribuzioni. Costituzione: 1 tenente generale come ispettore generale d'artiglieria, 1 ,tenente, o maggiore generale come ispettore delle commissioni d'esperienza e di comandante la scuola centrale di tiro d'artiglieria, 2 tenenti, o maggiori, generali come ispettori dell'artiglieria da campagna, da montagna ed a cavallo, 1 tenente, o maggiore, generale come ispettore dell'artiglieria da fortezza, delle direzioni e degli stabilimenti d'artiglieria, escluse le fabbriche d'armi. Atto n. 122, 7-Vl-1888 (G.M. 1888, pp. 297-301): decreto di costituzione degli uffici dell'ispettore generale e degli ispettori del genio e di determinazione delle loro attribuzioni. Costituzione: 1 tenente generale come ispettore
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FILIPPO, STEFANI
genera!~, -1 tenente,- o maggiore, -ge.ne.rale come ispettore · delle. truppe del genio, 1 ~ene_nte, o-maggiore, generale come ispettore _delle direzioni territoriali delle fortezze e .dei fappricat,i. L'.ispettore geni:rale dell'arma di. cavalleria fu istituito. nel 1883 (atto Jl. 208, ~ota n. 127, 26-VI-1883, ·c,.M. 1883, :PP· 832:838); nel 1887 furono isti~tifispettore d~gli a)._pw,i (atto:n. 241, 7-XU887, G.M. 1887, p. 771) e l'ispettore _qei bersaglieri (atto n._242, .7-Xl-1887, G.M. 1887, pp. 771-772); questa ultima çarica fu sopp~sa nel 1894 (atto n. 4, 23-XII-1894, G.M. 1895, p; 4). H comitato dell'am;ia dei ca.tahinieri fo soppresso nel 1882 ed in sua vece fu istituito il _comando , deU'arma dei carabipjeri (atto n. 213, nota n. 99, 16-Xl-1882, G.M. 1882, p. 707), che cambiò poi nome in « Comando. generale dell'arma dei carabinieri reali» (atto n. 177, Ilota n. 121, 26-VII-1883, G.M. pp. 711-712). _ (96) Legge n .. 1467 (atto n. lJ.6, G.M. 1883, pp. 621-625) per la çircosçrizione territoriale: 12. comandi di corpo d'armata, 24 comandi di divisione militare dell'i_soia _di Sardegna, 12 _comandi superiori dei distretti militari, 87 comandi di distretto militare, . 6 comandi territoriali d'artiglieria, 14 dir~ioni territoriali d'ar· tiglieria·, 6 comandi territoriali del genio,· 19 direzioni territoriali del genio, 12 direzioni .di commissariato, 19 tribunali militari. Atto n. 198, 23-X-1890 (G.M. 1890', p. 378): . decreto che modifica la circoscrizione terdtodale militare nel XII corpo <li armata._ Dopo il Bertolé-_,Viale. la circo~cri.:done territoriale venne ritoccata dal Mocenni (R.D. ~Xl-1894, n. 504, G.M. 1894, pp. 830~831), dal Pelloux (Legge n. 225, 28-VI-1897, G.M. 1897, pp. 309-320), dal Di San Marzano (R.D. n. 413, 15-IX-1898, G.M, 1898, pp. 418-419), dal Majnoni (R.D. n. 56, 22~11-1906, G.M. 1906, pp. 120-131): modifiche, )Jer motivi operativi; del servizio territoriale militare ii:t generale 'o di ·quelli di artiglieria e del genio, di sanità, di commissariato e della ·giustizia militare: I Torino, 2 divisioni (Torino e Novara), 5 distretti; II Alessandria; 2 -divisioni {Alessandria e Cuneo), 6 distretti; III Milano, 2 divisioni (Milano · e Brescia), 8 distretti/ IV Gerrova, 2 divisioni (Piacenza e Ccnova), 6 distretti; V Verona, 2 divisioni (Verona e Padova), 6 distretti; VI Bologna, 2 divisioni (Bologna e Ravenna), 8 · distretti; VII Ancona, 2 divisioni (Ancona e Chieti), 10 dis:retti; -VUI 'Firenze, 2 divisioni (Firenze e Livorno), 7 distretti; IX Roma, 3 divisioni (Roma, Perugia, Cagliari); 7 distretti; X Napoli, 2 divisioni (Napoli e Salerno), 8 - distretti; XI Bari, 2 div.is1òni (Bari e Catanzaro), 9 distretti; XII Palermo, -2 -divisioni (Palermo · e Messina), s· distretti. Comandi d'artigÌieria da camJJagna: 6; Comandi d'artiglieria da costa e da fortezza: 3; direzioni di artiglieria: 13; comandi del genio: 6; direzioni del genio: 15; direzioni di sanità e di commissariato: 12; tribunali militari _territoriali: 14; tribunali militari speciali: 12. Le circoscrizioni ·territoriali militari per l'arma dei carabinieri reali e JJer i servizi d i artiglieria è del genio continuarono subire continue ··modificazioni, ma la èircoscriziòne militare· territoriale· geriei-:tle del Majnoni rimane in vigore fino al 1908, R.b. n. 5247, · serie 3°, 1-111-1888 (atto n: 39;" G.M. 1888, pp. 77-78): abolizione dell'ufficio dei segretari generali e determinazione delle attribuzioni dei sottosegretari di S·ato. « I sottosegretari di .Stato coadiuvano il ministro ad esercitare nel rispettivo dicastero Je · attribuzioni èhe loro vengono delegate dal ministro. Lo rappresentano in caso di assenza o di impediiriento. -Ogni mirustro potrà, ·con regolamento da approvarsi con decreto reale; udito il consiglio dei ministri, determinare le attribuzioni speciali del_ proprio sottosegret~tio. di, Stato».
a
(97) R.D. n. 5247, serie 3'\ Hil-1888 (atto n. 39, G.M. 1888, pp. 77-78). _ (98) Là milizi~ mobile{~ rfordi~ata nel 1887 dal Ricotti (atto n. 6, 10-1-1887, t887, .,JJp. 5-24). Costituzione: _ fameria, artiglieria, genio, compagnie di iranhà,, comJJagniè di · sussistenza, · milizia sJJeciale dell'isola di Sardegna, quadri d'ufficiali- dell'atma_ di cavalleria, del co-rpo di commissariato, del corpo contabile e del corpo __v7terinar10. Composizione: • 90 ba_ttaglioni di fanteri_a di linea (esclusa la
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CAP. XI • GLI ORDINAMENTI DAL
1870
AL
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Sardegna) riuruu tre a tre per costituire 30 reggimenti; 13 battaglioni bersaglieri (esclusa la Sardegna) su 4 compagnie, tranne i 2 della Sicilia formati su 3 compagnie; 22 compagnie alpini; 12 brigate di artiglieria da campagna (esclusa la Sardegna) di 3 batterie ciascuna; 12 compagnie treno di artigliecia; 25 compagnie d'artiglieria da fortezza; 2 compagnie d'artiglieria da fortezza per l'isola della Sicilia; 4 batterie da montagna; 14 compagnie zappatori; 2 compagnie minatori; 2 compagnie ferrovieri; 1 compagnia telegrafisti; 3 compagnie pontieri; 1 compagnia lagunare; 4 compagnie treno; 12 compa.,onie sanità; 12 compagnie di sussistenza. La milizia speciale dell'isola di Sardegna comprese: 9 battaglioni di fanteria di linea di 4 compagnie ciascuno; 1 battaglione bersaglierl; 1 brigata di 2 batterie; 2 sezioni d'artiglieria da fortezza; 2 sezioni treno; 1 compagnia zappatori; 1 squadrone su 4 plotoni di cavalleria; 1 compagnia sanità; 1 compagnia di sussistenza. Il Bertolé Viale fissò i livelli di forza per la costituzione di reparti della milizia mobile e di quella territoriale colle classi chiamate sotto le atrni per istruzione (atro n. 107, 6-VI-1887, G.M. 1887, pp. 243-248) in base alle leggi e decreti in vigore ed all'ordinamento della milizia stessa previsto dal R.D. 17-V-1883 e del 9-1-1887. Il Bertolé-Viale modificò, inoltre, l'ordinamento: ciducendo da 36 a 22 le compagnie alpini, fissando in 13 brigate di 4 batterie e 14 compagnie treno per l'artiglieria da campagna, 36 compagnie d'artiglieria da fortezza, 3 brigate di artiglieria da montagna su 3 batterie, 7 brigate (21 compagnie) zappatori, 2 compagnie ferrovieri, 3 compagnie telegrafisti, 4 compagnie pontieri, 1 compagnia lagunari, 4 compagnie treno la forza deUa milizia mobile. (99) Luigi Pelloux (1839-1924), gene-raie. Sottotenente d 'artiglieria nel 1857, partecipò alle campagne del 1859, 1866 e 1870. I cannoni de11a .sua brigata aprirono la breccia di Porta Pia. Nel 1876 passò ,nel corpo di stato maggiore, e con il grado di colonnello fu ~ lungo addetto al ministero della guerra. Da maggiore generale comandò la brigata Roma e fu ispettore degli alpini. Da tenente generale fu ministro della guerra nei gabinetti Di Rudinì e Giolitti, dal 1891 al 1893. Passato poi al comando della djvisione di Roma nel 1895, e successivamente al comando del V corpo d'armata. Fu di nuovo ministro della guerra dal 1896, nel quale anno fu nominato senatore, al 1897. Passò quindi a comandare il corpo d'armata di Firenze e poi quello di Roma. Il 29 giugno 1898, dopo i moti di Milano e di Sicilia, assunse la preS<idenza del consiglio dei ministri. Rimane in carica fino al giugno 1900, reggendo altresl interinalmente il ministero della guerra. (100) Stanislao Mocenni (1837-1907), generale. Sottotenente di fanteria nell'esercito toscano nel 1857, passò nel 1860 in quello hruiano. Si distinse nella repressione del brigantaggio nell'Italia meridionale e, passato nel corpo di stato maggiore, insegnò statistica alla scuola di guerra. Dopo essere stato capo ufficio al comando del corpo di stato maggiore, comandò da maggiore generale la brigata Aosta e da tenente generale, nel 1890, comandò la divisione di Perugia. Fu ministro della guerra nel gabinetto Crispi dal 1893 al 1896. Per circa 20 anni rappresentò alla camera dei deputati il collegio di Siena. Fu collocato in disponibilità dopo la battaglia di Adua.
CAPITOLO XII
LA NASCITA DELLA NUOVA REGOLAMENTAZIONE 1. Dottrina d'impiego e ordinamento tattico. 2. Dottrine di guerra europee. 3. Nuove caratteristiche della normativa dell'esercito. 4. I regolamenti di tecnica d'.impiego. 5. La dottrina tattica del Cosenz. 6. Il regolamento di servizio in guerra.
1.
Dottrina d'impiego ed ordinamento tattici si collocano con vincoli di cosl stretta connessione che pensarli separatamente ne comprometterebbe il nesso di logicità che è caratteristica peculiare del loro sviluppo. Non li lega un rapporto di causalità - non è vero, almeno sul piano pratico, che l'ordinamento sia figlio della dottrina - ma di correlazione, per il quale s'influenzano a vicenda nel loro processo generativo. Se l'elaborazione della dottrina facesse astrazione dai mezzi di applicazione e dalle possibilità di ordinarli in modo da ottenerne il massimo rendimento si tradurrebbe, tutt'al più, in una brillante esercitazione di pensiero, come, d'altra parte, un ordinamento ideato secondo uno schema teorico, perfetto che sia, non riferito ad una precisa concezione d'impiego, non varrebbe a creare uno strumento operativo funzionale. Dottrina e ordinamento nascono simultaneamente generati dallo sviluppo, sociale, scientifico e tecnico, al quale sono vincolate ad un tempo sia le concezioni d'impiego sia le articolazioni delle forze. La priorità logica e cronologica della dottrina, forse vera sul piano della teoria pura, non lo è su quello pragmatico; altrettanto priva di fondamento pratico è la tesi opposta o, peggio, quella dell'autonomia delle due branche. Quanto accadde nell'esercito italiano dal 1870 al 1915 sembra contraddire l'affermazione, perché non solo l'ordinamento del Ricotti precedé l'elaborazicme della dottrina d'impiego, ma mentre esso rimase stabile e non subl modificazioni concettuali di rilievo,
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la dottrina d'impiego venne durante lo stesso periodo più volte rielaborata. L'incoerenza è solo apparente. Quando il Ricotti mutuò dall'esercito prussiano le istituzioni, le strutture organizzative, i sistemi di preparazione alla guerra, le articolazioni tattiche e le formazioni organiche ebbe chiaro in mente il disegno di abbracciarne anche, finché possibile, le concezioni d'impiego, come testimoniano l'Istruzione sul servizio di sicurezza delle truppe in campagna (1) . - che sostitul l'Istruzione sul servizio degli avamposti diramata dal ministro Bettolé Viale nel giugno del 1868 (2) - e le Norme e prescrizioni f!..enerali per l'ammaestramento tattico del 1871 (3 ), nel quale il Ricotti, secondo in Europa solo ai prussiani, regolamentò, tra l'altro, l'esplorazione strategica od avanscoperta, fino ad allora ignorata dalla dottrina e dalJa prassi dell'esercito italiano, che di ciò aveva pagato il fio a Custoza nel 1866. Si è che il modellamento degli altri elementi, compresi i procedimenti di azione delle unità minori e medie fino al livello di hrigata, gli si pose davanti in tetm1ni di urgenza per le implicazioni che ne derivavano sul .piano sociale, finanziario e addestrativo, mentre l'adattamento della dottrina d'impiego richiedeva di per sé tempi assai più lunghi. 'La scelta fu unica e contemporanea; i tempi di realizzazione furono diversi. Anche il contrasto tra stabilità dell'ordinamento tattico e mutabilità della dottrina d'impiego è solo apparente; la dottrina d'impiego dell'esercito italiano s'ispirò costantemente a quella del·l'esercito tedesco, la quale, dal 1870 al 1914, non subl mutamenti d'impostazione concettuale importanti e rimase fedele, nella sostanza, alle idee del Moltke ed alle esperienze della guerra franco-prussiana. Ciò non vuol dire che fa dottrina d'impiego tedesca non evolvette né che quella italiana non visse momenti di progresso di molto riJievo e non ebbe .Je sue peculiarità, ma ·solo che i principi ed i criteri fondamentali della tattica rimasero gli stessi in entrambi gli eserciti e che l'evoluzione riguardò essenzialmente le modalità cli azione ed i procedimenti tecnici, materia sulla quale, ver altro, spes_so non vi fu identità di opinioni tra tedeschi e italiani. Il ·ritardo con il quale l'esercito italiano ,pervenne alla disponibilità di una regqlamentazione tattica completa ed organica - non limitata cioè alla tecnica d'impiego (regolamenti di esercizio), ai procedimenti e procedure operativi (regolamento cli servizio in guerra), ed alle prescrizioni secondarie - trova la sua giustificazione nell'assenza di un vero pròprio stato maggiore, tant'è che solo dal 1882 in poi videro la luce regolamenti di tattica che, nel tempo, dopo essere stati sottoposti ad ésperimenti applicativi, finirono con H costituire un
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corpus dottrinale al quale i quadri poterono guardare come guida negli studi e come punto di riferimento nelle esercitazioni e nelle manovre. Un corpus dottrinale, quello dd 1915, che fu il frutto di un lavoro durato più di 40 anni, al quale avevano concorso tutte le menti più elette dell'esercito italiano -·- che non furono, come comunemente si afferma, poche - e che nulla ebbe da invidiare a quello dei· maggiori eserciti europei per la modernità delle concezioni, l'equilibrio dei criteri, l'aderenza delle modalità d'azione agli scopi da conseguire, l'elasticità dei procedimenti, la chiarezza delle procedure ed il rigore logico della metodica operativa e addestrativa. Qualità tutte di non poco conto che conferirono alla dottrina tattica italiana di quel periodo una fisionomia tutta propria, sia perché non fu la copia conforme della dottrina tedesca, sia perché attinse anche altrove quanto vi trovò di buono, sia infine perché fuse insieme cosl bene le varie matetie prime da ricavarne un'opera diversa dalle altre e, in un certo senso, non priva di originalità, comunque appropriata alle . situazioni ed ai terreni di prevedtbile applicazione. Con tale dottrina l'esercito italiano entrò in guerra il 24 maggio del 1915, senza sfigurare, sotto tale aspetto, in confronto agli altri eserciti, rimasti tutti, compreso il tede~co, sebbene meno degli altri, troppo fissi con lo sguardo alla guerra franco-prussiana, scarsamente attenti ai più recenti conflitti russogiapponese ed anglo-boero e quasi del tutto incapaci d'immaginate la fine prossima della gue~ra di rapido corso.
2. Il concetto di nazione in armi, proprio dei prussiani, diven~ :ne dopo il 1870 comune a gran parte degli Stati europei; ma gli stessi tedeschi, sebbene non fossero manca:te· e non mancassero . presso · di foro intuizioni ed illuminazioni di strateghi e di scrittori di cose militari, non si accorsero, se non parzialmente, che esso era oramai superato e che avrebbe dovuto essere sostituito da quello di nazione in guerra. La guerra, difatti, non era più -.e Io sarebbe stato sempre meno - un fatto meramente militare; .non avrebbe coinvolto più le solite forze armate, ma tutte le risorse e le energie spirituali e materiali ·della nazione: dall'attività di ricerca dello scienziato alla capacità inventiva del tecnico.,
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FILIPPO STEFANI
dalle fonti di materie prime e di energia alla produzione industriale, dalla laboriosità dell'agricoltore e dell'operaio allo spirito di rinunzia e di sacrificio del singolo cittadino. La nazione non sarebbe stata più il teatro dove i soldati recitavano ed il resto dei cittadini assisteva allo spettacolo, ma a questo avrebbero preso parte tutti indistintamente come attori di primo o di secondo piano; essa non sarebbe ·stata più solo iii serbatoio dal quale attingere un gran numero di soldati, ma un contenitore di uno smisurato numero di beni tutti indispensabili alla guerra, dei quali le forze armate sarebbero state uno ed uno solo. Nessuna delle dottrine di guerra della seconda metà del secolo XIX e degli inizi del XX intese bene la differenza tra i due concetti; tutte difettarono d'immaginazione e d'introspezione e non elibero chiara la visione della guerra dell'era industriale. Ciò che, invece, previdero unanimemente fu che, stanti la mole degli eserciti e la potenza del fuoco, in una guerra futura uomini e mezzi sarebbero andati incontro ad un'usura e ad un logorio senza precedenti e che la capacità bellica delle nazioni si sarebbe consumata rapidamente. Sulla base di tale previsione tutte le dottrine si orientarono verso la guerra di movimento e di rapido corso ritenuta perseguibile mediante la predisposizione, fin dal tempo di pace, di tutte le forze idonee all'impiego militare ed il rapido impegno di esse, all'inizio delle ostilità, in una grande battaglia decisiva che si concludesse con la vittoria finale L'andamento lento e lungo della guerra russo-giapponese non indusse ad un qualche ripensamento, forse per le speciali condizioni ambientali nelle quali quel conflitto si svolse. Stati ed eserciti continuarono a prefiggersi concettualmente e materialmente la guerra di rapido sviluppo da condurre con grandi masse radunate in brevissimo tempo, con energia estrema e fulminea, fuori del proprio territorio in ossequio all'assioma del Moltke: la nostra iniziativa detterà legge al nemico. Le due principali dottrine di guerra europee - la francese e la tedesca - ebbero dopo il 1870 linee di sviluppo inverse: la francese per oltre trent'anni rimase fedele allo schema tradizionale classico della difensiva-controffensiva, e nei primi anni del secolo XX, si voltò bruscamente all'offensive à autrance; la tedesca rimase costantemente ancorata al principio moltkiano dell'offensiva, ma ne te mperò gradualmente gli eccessi assolutistici e, in una visione meno illusoria della realtà, senza rinunziare al principio, cer-
CAP. XII - LA NASCITA DELLA NUOVA REGOLAMENTAZIONE
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cò nuove vie per attuarlo nel mutato ambiente del campo di battaglia. I francesi, dopo le disastrose esperienze belliche del 1870, impostarono la loro strategia su di un'iniziale difesa delle frontiere - imperniata su di un robusto sistema di fortificazione permanente non continuo al fine di arrestare là dove necessario e d'incanalare là dove conveniente l'invasione diretta - e su di una successiva grande battaglia controffensiva diretta non solo a distruggere il nemico penetrato, ma a portare l'offesa decisiva anche al di là delle frontiere. Agli inizi del secolo XX mutarono opinione e, su suggerimento della jeune école, guidata dal colonnello de Grandmaison (4 ), orientarono :la loro dottrina verso l'offensiva ad ogni costo, come il tipo di guerra e la forma di manovra più consoni al temperamento ed alla tradizione francesi e più aderenti alla situazione polidco-strategica del Paese. Le teorie della jeune école vennero accolte nella regolamentazione 'Ufficiale che, avallata dall'allora capo di stato maggiore dell'esercito, generale Joffre (5), esaltò l'azione offensiva sia sul piano strategico sia su quello tattico rfino ad -ignorare del ·t utto persino il termine difensiva e ·fino a dare prevalenza assoluta al fattore morale quasi ignorando gli inseparabili fattori materiali che, quando decisamente inferiori, a meno di circostanze particolari, non possono essere compensati dalla superiorità dei valori spirituali. La disponibilità del cannone campale da 7 5 - il migliore del mondo, in quel momento, per mobilità e rapidità di tiro - li convinse della migliore agiibilità dell'attacco rispetto alla difesa anche sul piano tattico e, conseguentemente, la nuova regolamentazione si espresse in termini di guerra di movimento, delegò il successo alla tradizionale furia francese e tornò a privilegiare l'urto come il mezzo decisivo del combattimento, mettendo in non cale l'accresciuta potenza di fuoco della difesa e la fortificazione permanente e campale propria e dell'avversario. I tedeschi - H cui esercito « era nato nelle guerre napoleoniche, era stato allevato nella prima infantia dal Gneisenau (6) e dallo Scharnhorst ed infine guidati nell'adolescenza dal primo Moltke e dal Roon ,(7) » (8) - usciti militarmente adulti dalla guerra del 1870, continuarono a basare la strategia e la tattica sull'azione offensiva e ad attribuire alla difensiva carattere transitorio, ma si mantennero costantemente alla larga dagli eccessi della jeune école francese. In un primo tempo, puntarono sulla pronta e rapida riu-
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nione delle forze per ,prevenire il nemico, invaderne il territorio e batterlo in un grande scontro offensivo; in un secondo tempo, resisi conto della· sempre minore probabilità di prevenire il nemico nella zona ·di scontro e della sempre maggiore probabilità di doverlo affrontare dopo che aveva avuto il tempo di schierare le sue forze · o parte di esse su posizioni sistemate a difesa ed appoggiate alla fortificazione permanente, cercarono di conciliare .i termini antitetici ·dell'impiego di grandi masse in tempi brevi su spazi limitati e fortificati mediante il ricorso alla manovra combinata -·- aggiramento ·di un'ala, od avvolgimento di un fianco, o ·avviluppamento di entrambi i fianchi dello schieramento nemico -· ·- anziché a quella frontale o centrale assai meno economica e redditizia; in un terzo tempo, sempre nell'ipotesi che non fosse possibile mobilitare e radunare l'esercito in anticipo rispetto al nemico e che non fosse realizzabile lo svolgimento di una manovra combinata, non esclusero più la battaglia frontale che, se condotta a i-egola d'arte, avrebbe potuto produrre la rottura del fronte nemico e consentire successivamente l'accerchiamento dei tronconi superstiti. Lo stesso generale Schlieffen (9), capo di stato maggiore dell'esétcito tedesco dal 1891 al 1906, che era stato il grande sostenitore della manovra combinata, raccomandò negli ultimi tempi <li Mn scartare a· priori la manovra frontale all'inizio delle ostilità avendo' però · cura di dirigere gli sforzi contro i punti deboli dello ·schiera.mento e cibè negli intervalli pit1 o meno larghi esistenti tra ·]e varie aliqùote della massa- avversaria, od in corrispondenza delle congiunzioni tra le unità di diversa dipendenza. tattica, o sui punti ·topograficamente e militarmente meno robusti. I tedeschi trasferirono tali concetti da-I campo strategico e della grande tattica a quello dell'impiego ·de11e unità minori, dando grande rilievo all'im'portah7.a · della superiorità del · fuoco, alla combinazione del fuoco e del movimento, alla cooperazione interarmi a tutti i livelli ed all'azione delle artiglierie pesanti, in 'particolare dell'obice. Intui· tono altresl l'intrinseca capacità della mitragliatrice di dominare il -futuro campo · di battaglia, ma pur · regolandone l'impiego meglio degli altri eserciti, non ne· valutarono compiutamente l'efficacia. · All'una o all'altra dottrina si accostarono quasi tutti gli eser·dti eufopei: · a quella francese i russi, a quella tedesca gli austriaci :e, sia pure · con particolarità · molto diverse, ·gli ing1esi. Anche la regolamentazione tattica dell'esercito italiano s'intonò a quella tedèsca ; ma non ne fu, come abbiamo già sottolineato, la copia con-
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forine. ·Agli .inizi del secolo. XX, pertanto, tutte le dottrine avevano, come denominatore comune, la guerra di movimento e di rapido corso e conseguentemente l'azione offensiva, ed erano .. concordi: sulla esigenza di una continua multiforme minuta preparazione alla guerra fin dal tempo di pace; sull'intima connessione tra i fattori tecnico-militari e quelli di ordine morale, politico e sociale; sulla necessità di accelerare i tempi della mobilitazione, della radunata e degli atti . bellici iniziali da compiere in un quadro · di assoluta sicurezza; sulla indispensabilità di una perfetta intesa, sul piano strategico, tra le autorità politiche e militati · e tra l'esercito e la marina. Esistevano, in sintesi, identità di vedute sulle questioni di fondo, diversità di opinioni sul resto. I nuovi mezzi bellici armi a tiro rapido ed automatiche, proietti a grande rendimento, polveri infumi, alti esplosivi, telefonia, radiotelegrafia, reti ferro viarie, stradali e fluviali, nuove forze navali, autoveicoli, velivoli, ecc. - che la scienza e la tecnica avevano messo e continuavano a mettere a disposizione delle grandi masse armate in misura sempre più abbondante ed in tipi sempre più perfezionati venivano valutati diversamente e di taluni non si faceva il conto dovuto. La dottrina tedesca fu quella che meno soffrì nell'impatto con la realtà bellica - che ben presto uniformò dottrine .e. procedimenti nel testo unico della guerra di logoramento - ma anche essa si dimostrò insufficiente éd inadeguata al superamento della potenza di arresto del binomio mitragliatrice-fortificazione campale. 0
,. Dal 1870 al 1915 tutta la regolamentazione dell'esercito italiano venne rifatta ed il rifacimento abbracciò le norme d'impiego, di tecnica d'impiego, le norme penali e disciplinari, la metodica addestrativa, le prescrizioni per la mobilitazione, per · la radunata, per il servizio interno, per · quello territoriale e ·per quello di guerrà, le istruzioni logistiche, tecniche, tecnico-tattiche, amministrative, ecc. L'emanazione di continue aggiunte e varianti, .di edi~ zioni ·riviste e corrette e delle pubblicazioni in vigore e · di nuovi regolamenti ;ostitutivi o complementari di quelli esistenti formò oggetto di critiche croniche e pungenti contro la. fabbrica dei regolamenti, ma non si vede come si sarebbe potuto procedere diversamente per tenere diet:ro. all'entra~a in servizio delle. nuove
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armi e dei nuovi mezzi ed ai risultati delle esperienze del loto 1mp1ego, all'evoluzione sociale e culturale dei tempi e, per quanto riguarda la dottrina d'impiego, all'esistenza di coprire il vuoto esistente e di rimuovere credenze ed abitudini oramai prive di riscontro nella realtà. A parte la più o meno giustificata motivazione di tali critiche, sta di fatto che il lavoro compiuto durante quegli anni - 1909-1915 (10) - consentì alla fine di dare vita ad un complesso di norme organiche ed armoniche che favorirono la disciplina delle 'intelligenze, senza la quale non è possibile far muovere e combattere un esercito di milioni di uomini, per di più diversi per mentalità, cultura, tradizioni e temperamento. La regolamentazione, neppure quella tattica, non determina l'esito di un combattimento, di una battaglia e tanto meno di una guerra, ma vi concorre, perché il pensare, l'esprimersi e l'agire con coerenza logica, proprietà di linguaggio e uniformità di condotta sono condizione essenziale per consolidare le energie spirituali e morali dei singoli e delle unità e svilupparne le intelligenze e la razionalità, per indicare le regole di comportamento morale e professionale e per diffondere, nella misura dovuta, le conoscenze tecniche circa l'impiego degli uomini, delle unità, delle armi e degli altri mezzi bellici. L'evoluzione dottrinale tattica impegnò per oltre 40 anni non solo gli elaboratori delle varie pubblicazioni, ma tutto l'esercito, in quanto ciascun regolamento d'impiego e di tecnica d'impiego, una volta compilato, venne diramato, perché lo si esperimentasse, o in via provvisoria sotto forma di bozze di stampa e, solo dopo che erano stati raccolti e vagliati i vari pareri e suggerimenti dedotti dalle esperimentazioni, ebbe la sua veste definitiva. Non vi furono imposizioni dall'alto; -si volle che tutti si sencissero protagonisti delle norme d'impiego; a tutti fu dato modo di esprimersi sulla validità dei criteri e dei .procedimenti perché ognuno ne fosse intimamente convinto e coscientemente responsabile. Ecco il perché del graduale abbandono dei regolamenti di vecchio stampo che regolavano, o pretendevano di regolare, ogni azione, ogni atto e che finivano con Io schiacciare ogni attività anche sul campo di battaglia entro le strette del formalismo. Ecco il perché la regolamentazione degli anni 1870-1915, persino quella riguardante la tecnica d'impiego, si espresse mediante norme generali più che mediante precetti pedanteschi ed intese indicare gli scopi piuttosto che le vie ed i mezzi per raggiungerli. Ecco il perché l'intonazione
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generale della nuova regolamentazione d'impiego, anche là dove la materia non sfugge per sua natura al precetto rigido e minuto, divenne nel tempo sempre più elevata ed il contenuto della normativa dette sempre maggiore spazio all'iniziativa, alla libertà di azione ed al senso di responsabilità dei singoli senza peraltro sce. mare l'autorità del superiore, anzi rafforzandola in quanto esercitata su uomini consapevoli, preparati e capaci di agire nel quadro d'insieme delineato dal comandante. Tali caratteri generali della dottrina d'impiego e della metodica operativa e addestrativa, rilev~bili in embrione fin dalle prime pubblicazioni edite negli anni settanta, si resero a mano a mano più evidenti negli anni successivi ed assursero a principi costanti d'ispirazione, forse al di là di quanto non fosse conveniente, nel periodo 1890-1915, tanto che alla vigilia della guerra si avvertì la necessità di restringerne i limiti d'interpretazione. La prima rottura con il passato la operò il Ricotti quando, nella pubblicazione Istruzione sul servizio di sicurezza delle truppe in campagna, precisò che la forza, la composizione e le distanze tra i vari elementi dei dispositivi di sicurezza e tra questi ed il grosso delle forze protette, così in marcia come in sosta ed in combattimento, dovessero essere determinate, dalla brigata di fanteria in su, « secondo l'eventualità, dal criterio di chi comanda» e non dal regolamento, in quanto « sopra sì complicato soggetto non è fattibile dar regole per ogni caso, bensl solo stabilire alcuni principi, particolarmente riguardo alla forma, all'ordinamento ed all'insieme del sistema». A proposito di tale pubblicazione va rilevato come per la prima volta al dispositivo di sicurezza, in particolare all'avanguardia, non venisse più attribuito solo i1 compito di protezione materiale del grosso, ma di elemento fondamentale ed attivo della successiva intera manovra dell'unità che la aveva distaccata. Le caratteristiche di elasticità e di duttilità della regolamentazione d'impiego trovarono conferma anche nelle Norme e prescrizioni generali per l'ammaestramento tattico delle truppe (11) nelle quali il Ricotti scrisse: « La presente istruzione piuttosto che il carattere di una guida all'ammaestramento tattico della truppa; vuol però essere seguita quanto al reparto dell'istruzione e quanto al metodo, ed osservata in quei dettami obbligatori che per tali si riconoscono facilmente dal testo e dalla natura stessa dell'oggetto loro». Concetti e criteri ripetuti nell'Istruzione per l'ammaestramento tattico delle truppe di fanteria (12) e nell'Istru-
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:done per l'ammaestramento tattico della cavalleria (13), edite nel 1827 in sostitQzione dell'unica .pubblicazione del 1871. Tali pubblicazioni, che non avev:ano precoo.enti, furono creazione del Ric9tti che ne .avve,ttì la J1eçessità sembrançlogli, . a ragione, insufficienti i regolamenti di .esercizio e di evoluzioni alla formazione del combattente chiamato ad opera.re sul nuovo campo di battaglia, dov~ il combattimento si articolava in una successione di episodi nei quali, rispetto alla regolarità ed automaticità, acquistava preminenza la razionalità degli atti delle unità minori e dei singoli individui. Non bastava più dire al soldato si fa così ma era necessario convincerlo del perché si dovesse agire in quel determinato modo e del come e del quando. A tale fine, oltre che nella tecnica d'impiego re~ golamentata nelle pubblicazioni sugli esercizi e sulle evoluzioni delle varie armi, occorreva addestrare il soldat~ e le unità mediante esercitazioni che ne esaltassero la personalità e ne responsabilizzassero il comportamento. « Oggetto dell'ammaestramento taitico è di rendere la truppa atta alla guerra, ossia: à marciare con ordine e celerità, ed a resistere alle lunghe e ripetute marce; a guardarsi dalle sorprese del nemico nelle marce, nelle fermate e nel combattimento, ed a saperne esplorare le mosse e le disposizioni; a adoperare le sue armi con destrezza ed opportunità; a eseguire con ordine, calma e scioltezza le necessarie evoluzioni; a mettere e a levare il campo; a combattere traendo il maggior vantaggio dal terreno, dalle proprie armi e dalle disposizioni e mosse dell'avversario cioé a combattere con ~biLe puBblicazioni ebbero, dunque, carattere addestrativo, ma lità anche d'impiego, stante l'abbondanza di prescrizioni di tattica minuta in esse contenute. Esse costituirono l'anello di raccordo tra i regolamenti d'istruzione e di servizio interno delle varie armi e segnarono un momento importante dell'evoluzione della tecnica d'impiego e della tecnica di addestramento.
»:
4. La tecnica d'impiego delle varie armi andò soggetta, dal 1870 al 1915, a frequenti mutamenti sia in seguito all'introduzione in servizi pelle nuove armi, sia, soprattutto, al maturare di nuove concezioni d'impiego nella visione più chiara e più completa del nuovo c:arnpo di battaglia. 11 Regolamento di esercizio per la fanteria unificato ~dito nel 1868 in via di esperimento per un anno (14) (termine successivamente prorogato di un altro anno) ebbe .carattere
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definitivo alla fine del 1869 (15); dieci anni dopo il regolamento venne riel~borato, articolato su 3 volumi, pubblicato in via provvisoria e sperimentale e, nel 1892, edito in un unico volume nella edizione definitiva (16) che, a sua volta, rimase in vigore fino al 1907 quando venne sostituita da altra (17), completamente rielaborata ed aggiornata, ma, a sua volta, abrogata nel 1914 (18) stante la sopravvenuta esigenza di sintonizzare il Regolamento di esercizio per la fanteria con la regolamentazione tattico che nel frattempo aveva visto la luce. Il Regolamento d'esercizio e d'evoluzioni per la cavalleria ebbe una vita non meno difficile: l'edizione sperimentale degli anni 1869-1870 (19) divenne definitiva nel 1872 (20 ); questa, ristampata nel 187 3 (21 ), fu sostituita da una nuova nel 1885 (22), la quale, a sua volta, rimase in vigore fino al 1889 quando fu pubblicato, a titolo sperimentale un nuovo testo (23) cui fu data veste definitiva nel 1891 (24); una nuova edizione del 1896 (25) venne successivamente rielaborata parzialmente nel 1912 (26). Anche la tecnica d'impiego dell'artiglieria e del genio fu soggetta, .i:n quegli anni, a frequenti mutamenti che vennero sanzionati dall'emanazione a getto continuo di aggiunte e varianti alle istruzioni in vigore e dalla pubblicazione di nuovi testi sostitutivi cli y_uelli precedenti. ,E' sufficiente scorrere gli indici delle pubblicazioni riguardanti la tecnica d'impiego edite ail tempo del Ricotti e quelli delle pubblicazioni in vigore alla vigilia della prima guerra mondiale per rendersi chiaro conto della trasformazione radicale compiuta, in poco più di 40 anni, dalla tecnica d'impiego delle varie armi. Se, ad esempio, confrontiamo l'edizione del 1872 del Regolamento di esercizio per la fanteria con quella del 1914 ne ricaviamo Ia convinzione che ·l a tecnica d'impiego del 1914 ha poco in comune con quella del 1872 e che il regolamento del 1914 è diverso da quello del 1872 tanto per la forma e lo stile, quanto, principalmente, per la sostanza del contenuto che s'i'Spira a concetti e criteri assai differenti o del tutto nuovi, talvolta in aperta contraddizione con quelli del passato. La pubblicazione del 1914, in volume unico, consta di alcune premesse (riguardanti l'oggetto del regolamento, la nomenclatura tattica, l'addestramento ed i comandi, i cenni, i segnali e gli ordini) e di 3 parti principali delle quali: la prima ha per oggetto l'istruzione formale, la seconda le norme per l'addestramento e l'impiego tattico della .fanteria e la terza le esercitazioni di marcia, l'addestramento delle pattuglie e degli esploratori, il servizio di
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ordinanza, il rifornimento de1le munizioni durante il combattimento, il servizio dei trombettieri e dei tamburini. Ogni parte è suddivisa in capitoli, ogni capitolo in articoli ed ogni articolo in ,paragrafi (in totale 386 paragrafi). La prima parte segue, in linea generale, lo schema di trattazione delle edizioni precedenti, e, distintamente per ogni livello (individuale, di plotone, di compagnia, di battaglione, e di più battaglioni), sviluppa particolareggiatamente gli argomenti relativi alle posizioni ed ai movimenti con o senza le armi, all'esecuzione del fuoco, alla scherma con il fucile, alle formazioni, movimenti e trasformazioni in ordine chiuso ed in ordine sparso. Essa ha carattere prescrittivo in quanto riguarda « l'insegnamento del meccanismo della manovra per cui non si debbono tollerare aggiunte o modificazioni di qualsiasi natura». Assai diverso il carattere della seconda parte, le cui norme « non vanno intese come regole tassative da applicarsi rigidamente, ma come suggerimenti e consigli dati con l'intento di stabilire nelle esercitazioni del tempo di pace quella comunanza d'idee ed uniformità di vedute che contribuirono poi sul campo di battaglia a rendere più pronto ed efficace il conrnrso delle iniziative individuali alla migliore esplicazione dei concetti del comando ». Delineato lo svolgimento del combattimento della fanteria nell'azione offensiva (schieramento, marcia di avvicinamento, attacco, avanzamento a sbalzi, rinforzo della linea di fuoco, assalto, collegamento e riordinamento), nell'azione difensiva (occupazione della posizione, apertura del fuoco, rinforzo della linea di fuoco, contrassalto) nell'inseguimento e nella ritirata, la seconda parte della pubbHcazione indica criteri e modalità di azione per la cooperazione della fanteria con le altre armi (cavalleria, artiglieria ,e genio) e per la difesa dagli attacchi e dal fuoco della cavalleria e dell'artiglieria avversarie. Vengono successivamente illustrati i criteri - guida per la determinazione ,dell'estensione della fronte di combattimenti nei varii casi (unità inquadrata od isolata, azione offensiva o difensiva, terreno coperto o libero, necessità iniziale di intensa azione di fuoco), per l'impiego delle formazioni di prdi:ne sparso (che consentono cioé « di aprire prontamente il fuoc~ e di sfruttare le condizioni del terreno in modo da .compiere i movimenti e trarre il massimo profitto dalle proprie armi, presentando al nemico il bersaglio meno vulnerabile ») e delle formazioni di ordine chiu'So (che « si prestano soprattutto a tenere la truppa .maggiormente nella mano dei capi e ad avviarla più facilmente e celermente in qualsiasi direzione » ), per l'impiego del
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fuoco di fucileria (fuoco alle grandi, medie e piccole distanze), scelta del bersaglio da .battere e distribuzione del fuoco nel bersaglio, quantità di fuoco, esecuzione del fuoco, stima o misurazione delle distanze e scelta dell'alzo, specie del fuoco da impiegare, sospensione e ripresa del fuoco, disciplina del fuoco), per l'impiego degli attrezzi leggeri e per l'impiego degli esploratori e delle pattuglie, argomento questo ultimo al quale la pubblicazione dedica 20 paragrafi mettendone in evidenza l'importanza determinante ai fini del chiarimento della situazione, della conoscenza del terreno e della sicurezza. Se. guono un capitolo che tratta l'addestramento individuale e della squadra ed un altro che riguarda l'addestramento e l'impiego tattico dei reparti (plotone, compagnia, battaglione), nel quale sono precisati per ogni unità l'ordine di combattimento e le norme per il combattimento distintamente a seconda che l'unità sia sulla linea del fuoco o di rincalzo. La parte terza raccoglie prescrizioni di carattere vario riguardanti l'addestramento alle marce, l'istruzione del soldato, dei graduati e degli esploratori, il rifornimento delle munizioni durante il combattimento ed altri servizi minori. Quel che abbiamo elencato dei titoli delle tre parti e dei varii capitoli della pubblicazione ci sembra sufficientemente indicativo a dare un'idea del salto di qualità compiuto dall'esercito italiano in fatto di addestramento e d'impiego della fanteria e di concezione, organizzazione, sviluppo e condotta del combattimento nel lungo periodo di oltre 40 anni di pace, durante il quale l'evoluzione dottrinale non poté giovarsi di esperienze belliche dirette - le campagne coioniali, data la diversità delle situazioni, dei terreni e del nemico, offrirono modesti insegnamenti di tattica minuta e di tecnica d'impiego, eccezione fatta per il primo intervento nel combattimento dell'aviazione, il oui eco risuona nell'edizione del 1914 del Regolamento di esercizi per la fanteria - e dové necessariamente bassarsi sullo studio della guerra franco-prussiana del 1870 e delle dottrine degli altri maggiori eserciti europei e sui risultati delle esercitazioni e delle manovre di normale routine. Ciò non di meno il Regolamento di esercizi per la fanteria del 1914 - come i regolamenti di esercizi per le altre armi dello stesso periodo offre il quadro completo, realistico e ragionato delle nuove caratteristiche del combattimento dell'arma e detta criteri - guida di assoluta validità tanto che migliori non ne abbiamo trovati nelle pubblicazioni di analogo contenuto degli eserciti francese e tedesco. Tale giudizio va esteso, come abbiamo appena scritto, a tutta la regolamentazione delle altre armi e,
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peculiarmente, a quella riguardante l'artiglieria, arma che già dal 1890 ebbe a disposizione un manuale - non ufficiale, ma approvato dal ministero della guerra - dove era raccolto tutto lo sdbile dell'epoca in materia. . Il Manuale d'artiglieria (27 ), edito negli anni 1888-1891, è diviso in 4 parti, costituenti ognuna un volume. La prima si riferisce all'artiglieria da campagna ed a cavallo ed a quella da montagna; la seconda e la terza rispettivamente all'artiglieria da fortezza ed a quella da costa; },a quarta contiene nozioni d'interesse comune a tutte le specialità dell'arma. Si tratta di un'opera poderosa, frutto di 4 anni di lavoro compiuto dagli organi operativi e tecpici centrali, rivelatrici, ancor meglio dei regolamenti ufficiali necessariamente sintetici, dell'elevatissimo grado di sviluppo dottrinale e tecnico raggiunto dall'artiglieria dell'esercito italiano postasi, in tempi relativamente brevi, in materia di concezioni d'impiego, di modalità di azione e di procedimenti tattici e tecnici a pari altezza, se non superiore, di quella delle altre artiglierie europee (tedesca, francese, austro-ungarica, russa) delle quali il manuale riporta gli ordinamenti. Ogni volume è suddiviso in capitoli, ognuno di questi in articoli in paragrafi (in totale 127 3 paragrafi). I titoli dei 13 capitoli del primo volume sono: bocche da fuoco; munizioni; affusti e carreggio; armamenti, assortimenti, attrezzi; accessori e strumenti; quadrupedi, bardature e finimenti; ordinamento dell'artiglieria in campagna e composizione dei traini; condotta di batterie, parchi, convogli, trasporti; impiego dell'artiglieria in campagna; appunti sulla fortificazione campale; puntamento e tiro {dati generali riguardanti il tiro, ·stima e misura delle distanze, condotta del fuoco, puntamento indiretto, casi speciali e ripieghi durante il tiro, alzo compensatore, effetti dei proiettili); istruzioni varie (istruzioni intorno ai pezzi da campagna ed a cavallo, evoluzioni delle batterie da -campagna ed a cavallo, istruzioni dell'artiglieria da montagna, accampamenti, affardellamento ed armamento); ricordi tattici e logistici (i primi riguardanti i compiti, le formazioni dell'artiglieria da campagna e da montagna; i secondi le formazioni di marcia, la tecnica del movimento, gli ammassamenti e gli spiegamenti delle colonne di artiglieria). Analoghi gli schemi di trattazione della materia del secondo e del terzo volume nei quali naturalmente .non compaiono gli argomenti propri dell'artiglieria da campagna, mentre vengono illustrati quelli specifici dell'artiglieria da fortezza (rivestimenti, paiuoli ed installazioni, batterie in terra, ordi-
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namento dei reparti; cenni sulla fortificazione permanente e sui lavori di assedio; servizio ed impiego dell'artiglieria nella difesa e nell'attacco delle fortezze terrestri; parchi d'assedio e dotazioni delle fortezze) e dell'artiglieria da costa ( ordinamento delle batterie e paiuoli; servizio delle batterie, bersagli dell'artiglieria da costa ed impiego di essa; dotazioni delle fortezze per le fronti marittime). Il quarto volume, che comprende la materia comune a tutte le specialità dell'arma, è articolato in 12 capitoli ciascuno relativo a:d uno dei seguenti argomenti: organica militare, armi portatili e relative munizioni; polveri, artifizi da guerra, esplosivi diversi e loro impiego, materie prime ed oggetti diversi per le costruzioni, approvvigionamenti e movimenti di materiali; cenni su alcune principali fabbricazioni dell'artiglieria; ponti militari e passaggi dei fiumi; balistica (interna ed esterna); armi da fuoco portatili ed artiglierie delle principali potenze estere {inglesi, tedesche, francesi, austro-ungariche, russe, degli Stati Uniti di America, Spagna, Belgio, Danimarca, Olanda, Svizzera, Svezia, Norvegia) e artiglierie della marina italiana; formule di matematica e dati scientifici · e pratici; norme amministrative e competenze; igiene, prime cure a malati e feriti, e servizio sanitario in guerra. 11 manuale è, dunque, una vera e propria enciclopedia del sapere artiglieristko del tempo, che comprende anche la tecnka d 'impiego, ma va molto al di là di questa e dello stesso impiego ed ordinamento dell'arma, in quanto tocca i limiti del trattato scientifico e tecnico ad un tempo nel quale trovano spazio la balistica, la scienza delle costruzioni, la meccanica razionaie, la trigonometria, il calcolo infinitesimale, l'aerostatica, l'idraulica, la resistenza dei materiali, ecc., materie attinenti alla costruzione più che all'impiego delle artiglierie. Il manuale conservò la sua validità anche negli anni successivi perché l'ulteriore evoluzione dei criterì e dei procedimenti d'impiego dell'arma, 'l'introduzione in servizio di nuovi materiali e lo stesso progresso scientifico e tecnico non ne corrosero la rispondenza ai tempi, fatte salve le aggiunte e v·arianti necessarie all'illustrazione delle caratteristiche costruttive e delle prestazioni dei nuovi materiali. Sebbene il Regolamento di esercizi per la cavalleria e le Istruzioni pratiche per il genio meritino anch'essi una citazione meno stringata, ci sembra di poter chiudere qui il discorso sui regolamenti riguardanti la tecnica d'impiego delle varie armi, elaborati dal 1870 in poi, fino aH'inizio della ,prima guerra mondiale, per-
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ché lo sguardo panoramico compiuto ci sembra bastevole a mettere in evidenza come la nuova tecnica d'impiego di tutte le armi rispondesse al criterio fondamentale della massima utilizzazione del proprio fuoco e del massimo sfruttamento del terreno e, in sintesi, mirasse alla fusione della tattica topografica con quella del fuoco. Per tutte le armi l'azione tattica si ·svolge mediante il movimento ed il fuoco cercando di ottenere, sfruttando al massimo grado le condizioni del terreno, i migliori risultati con l'runo e con l'altro di tali mezzi. L'ordine sparso, come quello che consente di poter muovere, far fuoco e sostare, presentando al nemico un bersaglio meno vulnerabile, diventa per la fanteria impegnata nell'azione l'ordine normale; l'ordine chiuso è limitato alle unità non impegnate, come i rincalzi e le riserve, ,sempreché non esposte al fuoco efficace della fucileria nemica. Se per il movimento possono essere impiegate formazioni di fronte e di fianco, per H fuoco devono essere impiegate esclusivamente formazioni di fronte. L'impiego delle .formazioni è in funzione della necessità di fare fuoco più o meno intenso e di coprirsi dal fuoco di artiglieria e di fucileria avversario in relazione al terreno da percorrere o da difendere. La cavalleria nel combattimento a cavallo continua ad operare principalmente con l'urto, in quello a piedi con il fuoco; nel secondo caso le formazioni sono quelle proprie della fanteria, mentre nel primo caso « solo 'le condizioni del terreno e la situazione possono suggerire la disposizione dei vari elementi nello spiegamento e la distanza a cui essi devono succedersi», e le formazioni da adottare sono, in genere, quelle Hneari dell'ordine chiuso come le più adatte a realizzare contemporaneamente un'estesa azione di fuoco ed una grande potenza di urto, senza che si debbano escludere le formazioni in ordine aperto quando sia necessario o conveniente fa carica a ·stormi. V.artiglieria da campagna utilizza le varie formazioni per la batteria: in battaglia, in batteria, in colonna per pezzo, in colonna per sezione; per la brigata o gruppo: in battaglia ed in batteria, in colonna per batterie, in Hnea di colonne - che in relazione alla situazione ed al terreno meglio le consentano di muovere celermente, di schierarsi prontamente, di aprire subito il fooco e di spostarsi su nuove posizioni. A fattore comune del ·combattimento di tutte ie armi una tecnica d'impiego, dunque, che, fatta eccezione per la carica di cavalleria, utilizza nel combattimento quasi esclusivamente l'ordine sparso e le formazioni distese, aperte e che, comunque, favori-
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scano l'erogazione del proprio fuoco, siano meno vulnerabili dal fuoco nemico e meglio sfruttino il terreno per entrambi i fini.
5. Diversamente dalla regolamentazione sulla tecnica d'impiego, al cui rifacimento ed aggiornamento si era posto mano fin da prima della guerra franco-prussiana, la prima pubblicazione specifica riguardante l'impiego delle unità in guerra - Norme generali per la divisione di fanteria in combattimento (28) - vide la luce solamente 11 30 1uglio 1883 ed a titolo provvisorio, senza carattere regolamentare. Vero è che il Ricotti aveva dato veste definitiva all'Istruzione sul servizio di sicurezza delle truppe in campagna diramata a titolo sperimentale nel 1868 dal Bertolé Viale ed aveva compilàto le varie istruzioni .per l'ammaestramento tattico delle singole armi, ma la prima pubblicazione trattava un argomento specifico e 'limitato, le altre avevano il carattere di direttive addestrative più che di vere e .proprie norme d'impiego, sebbene non mancassero neppure queste. Anzi nell'ammaestramento tattico del 1872 il Ricotti fu il secondo in Europa a regolamentare l'avanscoperta: « L'esercito o reparto d'esercito, allo scopo di tenersi costantemente ed incessantemente informato deìle posizioni e delle masse del nemico che trovasi a distanza e di ,penetrarne gli intendimenti abbastanza in tempo per isventargli od opporvene dei migliori, spicca innanzi, ad una o più giornate, della cavalleria che lo avvicini in fronte ed in fianco, si ponga a contatto con le sue avanguardie, o con i suoi avamposti, più non lo perda di vista, ne spii ogni cosa e ne riferisca». Cosl come l'avanscoperta, anche molte altre concezioni e criteri espressi nelle istruzioni per l'ammaestramento tattico furono poi recepiti, perfezionati ed aggiornati, nella regolamentazione degli anni successivi. Le istruzioni per l'ammaestramento tattico, in sostanza, sul piano dottrinale significarono il rifiuto, almeno parziale, delle vecchie ed ormai anacronistiche concezioni dell'Istruzione sulle ope· razioni secondarie · della guerra, promossero la conoscenza e l'accettazione della dottrina di guerra e della regolamentazione tattica dell'esercito tedesco e colmarono ,per oltre 10 anni il vuoto della mancanza di una normativa tattica completa ed organica che, nonostante l'abbondanza della letteratura militare estera ed italiana di quegli anni, tardò a vedere fa luce sia per le difficoltà intrinseche insite nell'elaborazione di una dottrina tattica in un periodo di tran-
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s1Z1one - dalla vecchia alla nuova fisionomia del campo di battaglia, sia per 1a prudenza con la quale s'intese procedere nel prendere posizione ufficiale e definitiva su che cosa, quanto e come accettare, modificare o respingere della dottrina d'impiego dell'esercito tedesco. Il primo tentativo di elaborazione di una nuova dottrina tattica furono, appunto, le Norme generali per la divisione di fanteria in combattimento; un tentativo riuscito solo in parte e che non soddisfece, tanto che la pubblicazione venne abrogata due anni dopo (27) prima ancora che venisse sostituita da una analoga. Essa constava di 38 pagine, di 74 paragrafi e di 2 tavole illustrative (un grafico indicante la formazione di marcia di una divisione ed un grafico su 3 figure corrispondenti a 3 casi particolari di formazione di una divisione in ordine di marcia serrato. Sette gli argomenti trattati: .formazione di marcia della divisione; compito dell'avanguardia quando viene segnalato il nemico distintamente per il caso che fa segnalazione si ri.ferisca a nemico fermo in posizione oJ a nemico in marcia contro il fronte della divisione; disposizioni del grosso della divisione quando vien segnalato il nemico; passaggio dalla formazione in ordine ristretto alla disposizione offensiva e svolgimento dell'attacco; passaggio dalla formazione in ordine ristretto alla disposizione difensiva, e svolgimento della difesa; norme speciali per la occupazione delle posizioni fuori del contatto dell'avversario; norme per la effettuazione della ritirata. La pubblicazione ebbe il merito di rompere un troppo lungo silenzio, di dare l'avvio ad un discorso nuovo, più ampio e più s.ciolto di quello del passato, e di vestire 'la tattica dell'esercito italiano con un abito meno striminzito di quello fattole indossare fino ad allora, ma, sia per il punto di osservazione scelto ·_ la divisione - sia per la sua non ancora dismessa abitudine a fissare regole anziché crited, non offri una visione globale ed unitaria del campo di battaglia e del combattimento e, sebbene tenesse conto di alcune diversità di situazioni e di terreni, ridusse le operazioni e le manovre a dimensioni e caratteristiche prefissate. Non costitui una guida ragionata d'impiego e di addestramento, ma un codice vincolativo, un quadro geometrico, non figurativo, uno scenario prefabbricato e riduttore dell'immaginativa, non un film sulla mutevolezza del combattimento. Un'azione pos5ibile della divisione diventava l'unica, quasi dovesse ripetersi sempre secondo l'identica sequenza e l'identico schema. Nel'l'azione offensiva la divisione marcia su di un'unica colonna articolata su
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4 scaglioni (cavalleria esplorante, avanguardia, grosso, retroguardia); si fa precedere da un'avanguardia costituita da 2 squadroni di cavalleria, 1 reggimento di fanteria, 1 compagnia del genio zappatori con parco); si fa seguire da una retroguardia costituita da 1 compagnia di scorta al carreggio. La cavalleria svolge azione informativa e, se respinta dal nemico, viene sostenuta dall'avan· guardia che s'impegna con un'aliquota o per intero inizialmente in un combattimento dimostrativo e successivamente, se necessario, in un combattimento decisivo. Il grosso della divisione continua :la marcia « fino a quel punto che sarà giudicato opportuno per arrestarsi», serra sulla testa, dispone la fanteria a destra od a sinistra o su ambedue i lati della strada « in quella formazione che si adatti meglio al terreno », schiera ]'artiglieria sulla strada « all'altezza della testa della fanteria » e, mentre la cavalleria continua l'esplorazione sulle ali e l'avanguardia sostiene un « combattimento temporeggiante » (catena sul primo limitare della zona del fuoco vicino di fucileria, cioè 700-880 metri della fanteria avversaria, restanti truppe appostate, possibilmente al riparo, per essere in grado di sostenere la catena; batterie a meno di 2.400 m dall'artiglieria nemica), prende formazione in ordine ristretto, una volta che il comandante della divisione ha assunto la direzione dell'azione ed ha formulato il suo « concetto preciso dello scopo che vuol raggiungere », il grosso entra prontamente e simultaneamente in azione con tutta l'artiglieria disponibile per proteggere lo spiegamento della fanteria e per neutralizzare le artiglierie nemiche - in questo periodo del combattimento offensivo l'arma principale è l'artiglieria - muove contemporaneamente « contro l'avversario, in modo da evitare per quanto possibile che le truppe s'impegnino frazionatamente e successivamente » con un dispositivo che, per la divisione isolata, è di 2 reggimenti avanzati ed 1 in riserva, i primi 2 generalmente su 2 schiere e ciascuna schiera composta « di un numero di battaglioni variabile secondo il fronte che si deve prendere» (1.0001.200 m nel caso di divisione inquadrata, disposta con le 2 brigate affiancate, ciascuna su 3 schiere, che conduce un combattimento a fondo; 1.500-1.800 ,metri nel caso di divisione inquadrata, dispost3 con da 6 ad 8 battaglioni in prima schiera e gli altri in seconda ed eventualmente anche in terza schiera, che conduce un combattimento meno intenso o soltanto dimostrativo). I battaglioni in prima schiera si avvicinano al nemico in « linea di colonne di compagnia », a intervallo di spiegamento ed in forma-
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zione di combattimento « fino a tanto che la loro catena abbia raggiunto un appostamento sul limitare della zona del fuoco vicino di fucileria (700 m circa); i battaglioni di seconda schiera si mantengono di massima ad una distanza di 300 m da quelli di prima schiera ed i battaglioni di terza schiera ad una distanza di 600 m da quelli di seconda schiera. L'artiglieria si schiera « a distanza di tiro decisivo dell'artiglieria nemica, cioè a meno di 800 m ». Neutralizzata o scossa l'artiglieria nemica, s'inizia il fuoco intenso di fucileria (un'aliquota della prima schiera rinforza la catena), la prima schiera avanza a s'balzi seguita a distanza più ravvicinata rispetto a quelle iniziali dalla seconda e dalla terza informazione di linee di colonne di compagnia; giunta con la sua catena, dopo successivi sbalzi, a 300 m circa dal nemico apre il fuoco accelerato ed a massa e muove all'assalto, mentre i battaglioni di seconda e di terza schiera serrano a distanza sempre minore, sempre in formazione di linea di colonne di compagnia, per rincalzare la prima schiena se e quau<lu incontra r,esisLeuza teuace e per « occupate sollecila1nenle la posizione conquistata, quando l 'assalto riesoa » . La cavalleria, durante tutto lo sviluppo dell'azione, garantisce i fianchi della divisione, concorre al combattimento con cariche avvolgenti, insegue il nemico se l'assalto riesce, vigila costantemente, non esponendosi senza necessità al fuoco, per « spiare l'occasione propizia per cadere all'improvviso sulle truppe nemiche ». Nell'azione difensiva l'occupazione della posizione da parte del grosso della divisione può avvenire o sotto la protezione dell'avanguardia o fuori del contatto con il nemico e, nel primo caso, la posizione da occupare può coincidere con quella tenuta dall'avanguardia od essere retrostante. L'avanguardia, secondo i casi, o garantisce la marcia in avanti ed il successivo schieramento del grosso ·« collo stahilirsi prontamente in quel punto che si ritiene più importante nella posizione prescelta e col difenderlo tenacemente » o « dà agio al grosso di disporsi nella posizione retrostante trattenendo il nemico», mediante un combattimento temporeggiante da concludere con il successivo ripiegamento « possibilmente su di un'ala della posizione occupata dal grosso ». La cavalleria, in tutti i casi, protegge le ali e disturba i movimenti del nemico; l'artiglieria entra in azione per « sopraffare la frazione di artiglieria dell'avversario che è già più impegnata » e, quando necessario, per proteggere il ripiegamento del!'avanguardia. Il grosso schiera subito tutta la sua artiglieria, « disponendola possibilmente accanto a quella dell'avanguardia » nel
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caso di coincidenza delle posizioni. « La posizione occupata del1'artiglieria costituisce il caposaldo dell'intera difesa. Da essa si deve esercitare l'azione più estesa ed efficace che sia possibile su] terreno dell'attacco». La fanteria si spiega su 2 schiere ed 1 riserva; la prima schiera stabilisce la prima linea di fuoco sul davanti delle batterie a non meno di 300-400 m; la seconda schiera assume la « formazione meglio adatta per stare possibilmente a] riparo dal fuoco, in ogni modo tenendosi a portata di rincalzare la prima schiera »; la riserva si tiene al coperto dal fuoco e su posizione tale da poter « o rincalzare il punto più minacciato del fronte, o parare gli attacchi di fianco, o prendere l'offensiva sul fianco dell'avversario nel momento in cui esso pronuncierà l'attacco, a seconda sia suggerito dalla situazione». Contro il nemico che muove all'attacco: fuoco della catena della prima schiera contro i cacciatori e - se si trovano a portata - contro :le batterie del nemico; rinforzo, appena necessario, della linea dei cacciatori da parte dei sostegni della prima schiera; spiegamento di tutta la prima schiera sulla linea dei cacciatori; fuoco accelerato contro la fanteria attaccante quando questa si è avvicinata a circa 300 m dalla linea di fuoco; contemporaneo movimento della seconda schiera per serrare le distanze e mettersi in grado di rinforzare la prima schiera e di contrattaccare le eventuali penetrazioni sulla posizione; impiego, se necessario, della riserva « tenuta sempre sotto l'immediata dipendenza del comandante della divisione »; entrata in azione, al momento dell'assalto nemico, di tutta l'artiglieria « contro que1Ia parte della fanteria avversaria che costituisce il nerbo principale dell'attacco » e continuazione del fuoco senza tregua e senza preoccupazione della possibile perdita di pezzi. La divisione normalmente svolge la sua azione difensiva su di una fronte variabile dai 1.800 ai 2 .400 m; in caso di fronti maggiori ricorre alla difesa manovrata e cioè spinge il più avanti possibile la cavalleria, cura particolarmente la costituzione e lo schieramento degli avamposti dai quali « dipende principalmente la possibilità di contromanovrare, presidia solamente la parte più importante della posizione .Je altre forze riunite ,a tergo della posizione stessa in misura di poterle impiegare a ragion veduta o per rinforzare il tratto sul quale il nemico esercita lo sforzo principale o per contromanovrare opportunamente». Per l'occupazione della posizione difensiva fuori del contatto con l'avversario: largo ricorso ai lavori del campo di battaglia (costruire trincee sulla linea di fuoco della fanteria; prepa-
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rare il collocamento dell'artiglieria nei punti più opportuni; rimuovere gli ostacoli che possano opporsi al pronto accorrere della seconda schiera; ecc.); presidio iniziale solo dei punti principali della posizione lasciando il grosso della prima schiera arretrato; schierare sul davanti della posizione una linea di avamposti per « raccogliere la propria cavalleria, tener celate all'avversario, il più lungo tempo possibile, le disposizioni della difesa e per obbligarlo a spiegare le sue colonne ed a rivelare la direzione dell'attacco» sicché la difesa abbia il tempo di portare in posizione la prima schiera e di schierare nel migliore dei modi la seconda schiera e la riserva. La ritirata è possibile sia nell'azione offensiva che in quella difensiva e può verificarsi: o prima di essere seriamente impegnati coli'avversario o in caso d'insuccesso del!' attacco o di esaurimento della difesa .. Nel primo caso, l'artiglieria, protetta da battaglioni di fanteria , copre con H .fuoco il riepiegamento delle truppe avanzate e guadagna il tempo necessario al movimento del grosso; nel secondo, un'aliquota delle forze di fanteria della seconda schiera e della riserva (1 o 2 battaglioni) ed un'aliquota dell'artiglieria occupano una posi:done retrostante di rannodamento per ,proteggere il ripiegamento delle truppe antistanti (procedimento che si ripete in profondità nell'eventualità che il nemico incalzi da vicino fino a quando non si esaurisca la sua spinta offensiva); nel terzo e quarto caso, sia che la ritirata si effettui dopo aver respinto l'attaccante sia che avvenga dopo l'abbandono della posizione, l'artiglieria che deve continuare il suo fuoco fino a tanto che vi è un pezzo sull'affusto e che vi sono serventi intorno ad esso e la fanteria che deve spiegare ogni energia nel combattimento proteggono con il fuoco i movimenti retrogradi delle unità che debbono sganciarsi. Sebbene incompleta, limitata, incerta e soprattutto troppo rigida, tale visione dell'azione della divisione di fanteria offrì caratteristiche assai diverse da quella precedente e la pubblicazione costitul la base di partenza per l'elaborazione della successiva regolamentazione tattica, nella quale i principali criteri d'impiego preminenza del fuoco, specialmente dell'artiglieria, come mezzo decisivo del combattimento; successo delle azioni come conseguenza della stretta cooperazione interarma; subordinazione del movimento e dell'urto alla prevalenza del fuoco; manovra degli schieramenti dell'artiglieria mediante il cambio di posizioni; valore incrementale della fortificazione campale per arrecare danno al nemico e per ripararsi dalla vista e dal fuoco di esso conservarono la loro
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validità e trovarono inquadramento assai più vasto e completo ed uno sviluppo -assai più fluido e vario al di fuori di ogni schematismo tanto inconsistente quanto dannoso. Nella pubblicazione - Norme generali per l'impiego delle tre armi nel combattimento (30) che sostituì, nel 1885, le Norme generali per la divisione di fanteria in combattimento del 1883, e che fu la prima pubblicazione di tiattica edita con l'intestazione dell' « Ufficio del capo di stato maggiore dell'esercito», molti dei difetti e delle lacune vennero eliminati od attenuati, vennero introdotti criteri nuovi e modalità di azione più razionali e consone al nuovo campo di battaglia e venne compiuto, ~pedalmente nelle edizioni del 1887 (31) e del 1891 (32), un nuovo significativo passo in avanti verso l 'daborazione di una dottrina tattica italiana che, sebbene derivata da quella tedesca e da questa non discontantesi, ebbe alla fine una propria originalità d'impos_tazione e di sviluppo rispondente ad una linea di logica e di conseguenzialità peculiari. Le Norme generali per l'impiego delle tre armi nel combattimento - - ci riferiamo all'edizione del 1887 per il suo carattere maggiormente innovatore rispetto all'edizione del 1885 alla quale rimase fedele l'e<lizione del 1892 - constano di 69 pagine, di 141 paragrafi, di 2 tavole illustr.ative (relative all'ordine di battaglia della divisione, all'ordine di marcia, a 4 casi particolari di formazione in ordine di marcia serrato e ristretto) e di 1 grafico « indicante un esempio di svolgimento normale dell'attacco seguito da truppe in-quadrate contro truppe in posizione parimenti inquadrate». I titoli degli argomenti trattati sono ordine di marcia della divisione; compito dell'avanguardia quando viene segnalato il nemico; disposizioni del grosso della divisione quando viene segnalato il nemico; passaggio dalla formazione in ordine ristretto alla disposizione offensiva e svolgimento dell'attacco della divisione inquadrata fra altre truppe; norme speciali per lo svolgimento dell'attacco della divisione d'ala; norme speciali per lo svolgimento dell'attacco della divisione isolata; passaggio dalla formazione in ordine ristretto alla disposizione difensiva, e svolgimento della difesa della divisione inquadrata fra le altre truppe; norme speciali per la disposizione difensiva della divisione isolata; norme speciali per la occupazione delle posizioni fuori del contatto dell'avversario; inseguimento e ritirata; norme generali per l'impiego dei grossi corpi di cavalleria in unione con l'artiglieria a cavallo. Già il cambiamento del titolo della pubblicazione lasciò intendere che, diversamente dalla pubblicazione del 1883, non si trattava più di prescrizioni, ma di idee e di criteri - tendenza resa sempre più manifesta nelle edizioni del 1887
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e del 1892 - e che, come si legge nelle avvertenze, le norme « devonsi intendere avere carattere di semplice guida, essendo indi. spensabile che rimanga intera la libertà del comandante nella scelta di quelle modalità di esecuzione che in ciascun caso concreto meglio conducano al conseguimento dello scopo che si deve raggiungere, tenendo anche conto delle condizioni del terreno, dell'ordine di marcia o delle circostanze di varia natura che possono influire sull'andamento dell'azione. Si è creduto opportuno di applicare queste norme ad una determinata unità di truppe, e si è pertanto presa per base la divisione come quella che di solito costituisce l'unità tattica delle tre armi. Ciò non toglie però che le norme stesse siano applicabili a qualsiasi unità di truppe delle tre armi ». E questo, in verità, fu il primo e principale pregio della pubblicazione che vide la luce e crebbe proprio mentre altrove, in f rancia soprattutto, si pretendeva di regolare il combattimento lnstruction sur le combat del 1887 - di minuti in minuto, di metru in metro, stx:undu un sistema schematku e rigido al quale aderirono non pochi militari di alto prestigio. I concetti essenziali che la pubblicazione sottolinea in maniera sempre più esplicita e chiara nelle varie edizioni sono: l'esaltazione dell'azione offensiva, il principio dell'economia delle forze, la remuneratività della manovra combinata (attacco frontale e su di un fianco), la reattività della difesa, la gravità e la delicatezza della manovra in ritirata, l'importanza della cavalleria nelle varie fasi del combattimento. Ecco come tali concetti vengono espressi: nella pubblicazione del 1883, a proposito dell'offensiva, era stato scritto che essa era opportuna solo quando consigliata dal complesso della situazione, mentre nell'edizione del 1885 si legge: « poiché l'azione offensiva è quella che permette di raggiungere i maggiori risultati, ad essa deve tendere continuamente ogni comandante di truppe. Solo in circostanze eccezionali e in modo transitorio conviene appigliarsi alla difensiva». Nell'edizione del 1883 era detto: « l'offensiva richiede volontà determinata di affrontare la lotta e animo pronto ad assumere la responsabilità, anche quando si abbia la propria superiorità sul nemico», mentre nell'edizione del 1887 si legge: « l'offensiva si propone uno scopo chiaro e deciso: raggiungere il nemico e batterlo. La difensiva non ha che lo scopo negativo di conservare le proprie posizioni». Nell'edizione del 1892 troviamo: « una energica determinazione sollevando il morale delle proprie truppe e deprimendo quelle del nemico può compensare largamente
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qualche svantaggio del terreno». « Così pure », a proposito dell'economia delle forze, « sarebbe da biasimare chi impegnasse le proprie forze a spizzico perché le esporrebbe inutilmente ad un lento logoramento ». Sull'attacco di una divisione isolata o d'ala: « E' però sempre preferibile, ogni qualvolta si abbia una qualche superiorità di attaccare contemporaneamente il fronte ed un fianco del nemico; poiché, tenuto conto delle difficoltà degli attacchi frontali, gli attacchi di fianco sono di grande importanza, come quelli che, riuscendo, producono i maggiori risultati colle minori perdite »; « non è possibile stabilire a priori quante forze debbono essere impiegate nell'attacco frontale e quante nell'attacco di fianco . Ciò dipende essenzialmente dalle circostanze. Si deve però sempre tener presente che sui due attacchi, uno deve essere principale e l'altro secondario»; in massima si può ritenere che all'attacco principale convenga assegnare i 3 / 4 od i 2 / 3 della forza ed al secondario da 1/4 ad 1/3 di essa». La reattività della difesa è essenziale perché « una resistenza interamente passiva, lasciando al nemico piena libertà di fare ciò che meglio gli conviene, è per lo più condannata ad essere sopraffatta»; « e perciò il combattimento difensivo non si deve considerare che come una preparazione al1'azione offensiva da svolgersi a momento opportuno ». Nei riguardi della ritirata: « la decisione di ordinarla è la più grave che un comandante possa prendere e non può essere giustificata se non da potenti motivi », giacché una volta impegnata la lotta occorre tenere presente che « una battaglia non è perduta se non quando si crede perduta ». Ed infine circa la cavalleria: « l'arma, a cavallo od a piedi, deve sempre concorrere alle operazioni, costituendo la sua inazione la maggior colpa nella quale possa incorrere chi ne ha il comando »; combatte normalmente a cavallo e ricorre al combattimento a piedi soltanto se il terreno o lo scopo da raggiungere non le permettono di agire a cavallo; nell'attesa del momento di entrare in azione assume formazioni di ordine ristretto, sceglie una zona che le consenta il libero e pronto spiegamento e che sia il più ,possibile coperta; si garantisce dalle sorprese mediante un ,accurato servizio di osservazione; passa all'approssimarsi del momento dell'entrata in azione dell'ordine ristretto a quello di combattimento, ordinariamente su 3 schiere; nel combattimento contro la cavalleria, la prima schiera (metà della forza disponibile) deve cercare di riuscire da sola a battere il nemico, la seconda deve dirigersi all'infuori dell'ala esterna ossia la più esposta della prima schiera per cadere sul fianco delle
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forze avversarie, la terza si lancia nell'azione ogni qualvolta il suo intervento sia necessario per ottenere la vittoria; nell'avianzata contro il nemico, la prima e la seconda schiera muovono contemporaneamente in linea di colonne, mentre la terza muove, fino al momento in cui è chiamata all'azione, nella formazione. raccolta che meglio consente di tenerla alla mano; nel caso di attacco contro la fanteria, la cavalleria assume la formazione su 3 schiere, di eguale forza, che si pongono una dietro l'altra e si lanciano a breve distanza ed in successione sul nemico caricandolo a stormi con uno dei reggimenti di prima schiera, mentre l'altro ed il reggimento di seconda schiera, « dopo aver obliquato per disporsi dietro il primo, caricano in linea lungo la stessa direzione». L'artiglieria a cavallo, indispensabile per un corpo di cavalleria che operi isolato, agisce riunita agli ordini del comandante di brigata « che ne dirige personalmente il fuoco; sceglie posizioni di schieramento che non intralcino i movimenti della cavalleria, le consentano l'erogazione del fuoco prima e possibilmente durante l'attacco e non la espongano immediatamente alle offese; si mantiene ordinariamente all'altezza della prima schiera e dirige il fuoco iniziale « nella parte della cavalleria avversaria che si vuole attaccare per prima» o, qualora la cavalleria non sia in grado di spiegarsi subito, contro l'artiglieria nemica; cessata la possibilità di appoggiare ulteriormente l'attacco, rimette gli avantreni .ed attende l'esito della carica in modo di non essere travolta nella mischia; se l 'attacco riesce, segue la cavalleria e concorre a rompere le eventuali resistenze successive, in caso d'insuccesso dell'attacco si ritira su di una posizione retrostante e protegge la ritirata della propria cavalleria; nel caso d'inattività temporanea della cavalleria, non resta indietro ma entra in azione accanto alla rimanente artiglieria impegnata e, solo dopo la vittoria, raggiunge di nuovo la propria cavalleria per appoggiarla nell'inseguimento. Stante la novità dell'argomento dell' « impiego dei grossi corpi di cavalleria in unione coll'artiglieria a cavallo » ci è sembrato opportuno riassumerne le linee generali, mentre per l'azione offensiva e difensiva della divisione di fanteria, così come delineate nella pubblicazione, ci sembra sufficiente metterne in evidenza le novità e le principali differenze rispetto alla pubblicazione del 1883 . Per l'azione offensiva: la diversa distribuzione della cavalleria (1 plotone anziché 3 nell'avanguardia ed 1 plotone alla testa del grosso divisionale); il diverso contegno dell'avanguardia che
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non deve impegnarsi a fondo senza serie ragioni. per non farsi logorare « anziché prendere una energica offensiva contro quello de.i posti nemici di maggior ostacolo», ma non deve, al tempo stesso, « lasciarsi tenere a bada da poche forze od anche dalla sola cavalleria nemica»; l'arresto della catena della fanteria dell'avanguardia a 600-700 metri dalla linea dei cacciatori nemici anziché a 700 metri; lo spiegamento del grosso della fanteria della divisione su 2 brigate affiancate, ciascuna su 3 schiere; l'ampliamento del1a fronte della divisione a 1.000-1.400 m, anziché 1.000-1.200 m, in caso di combattimento da condurre a fondo ed a 1.600-2 .000 m, anziché 1.500-1800 m, in caso di combattimento dimostrativo; la determinazione sui 600-700 m, anziché sempre sui 700 m, del limite della zona del fuoco vicino di fucileria; il divieto al grosso della fanteria di muovere sul terreno immedi,atamentè avanti e dietro le batterie; l'avanzata effettuata daUa catena del1a prima schiera, rinforzata dai sostegni, a sbalzi per scaglioni non inferiori ad una compagnia, mentre i grossi « tengono dietro regolando il proprio movimento in modo da entrare in ordine chiuso nella linea della catena quando abbia raggiunto un appostamento a 300-400 m dal nemico utile all'inizio del fuoco decisivo »; l'avanzata per l'ass<alto mediante sbalzi di 50-60 m eseguiti di corsa per scaglioni di mezzo battaglione; l'apertura del fuoco a ripetizione dalla distanza di 200-150 m dal nemico e, dopo un minuto di tale fuoco, la corsa di slancio, baionette inastate, sulla posizione del nemico da parte delle unità di prima schiera a massa compatta e con simultaneità; la concentrazione del fuoco dell'artiglieria, dal momento in cui s'iniziia l'attacco, sulla fanteria· nemica che presidia il ptinio sul quale l'attacco è diretto; il pronto schieramento, ad assalto riuscito, di un'aliquota dell'artiglieria sulla posizione conquistata. Per l'azione difensiva: l'apertura del fuoco da parte dei plotoni della catena di prima schiera quando il nemico si avvicina a meno di 1.000 m dalla posizione difensiva e non più a circa 300 m dalla linea del fuoco della fanteria in difes-a; l'intervento nell'•azione delle truppe direttamente impegnate dal nemico o in rinforzo di quelle impegnate o per contromanovrare sul: fianco del1'avversario; la convenienza, sui terreni ondulati, quando si occupi la posizione fuori del contatto con il nemico a costituire più linee di fuoco scaglionate le une dietro le altre in modo di battere con grande intensità gli accessi della posizione; il ricorso, ogni qualvolta possibile, alla organizzazione sulla posizione di qualche ridotta chiusa
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che costituisca punto di appoggio per la difesa. Circa la ritirata la
pubblicazione insiste sulla necessità di cogliere tutte le occasioni per .sviluppare brevi, ma vigorosi ritorni offensivi diretti ad arrestare momentaneamente il nemico o quanto meno a spegnerne la forza dell'inseguimento per consentire il movimento retrogrado con quella calma che è tanto necessaria perché le operazioni non degenerino in confusione, movimento da eseguire sempre di passo, particolarmente da parte dell'artiglieria e della cavalleria. L'inseguimento, infine, viene considerato come l'unica via ,p er raccogliere i frutti della vittoria, da effettuare perciò a fondo qualunque sia lo stato di spossamento degli uomini e dei cavalli ed al quale, benché l'arma più adatta sia la cavalleria, debbono partecipare tutte le armi anche con atti temerari perché l'unica cosa riprovevole in situazioni siffatte è l'eccessiva prudenza.
Le pubblicazioni del 1883 e del 1885 - comprese di questa ultima le edizioni del 1887 e del 1892 - furono opera del generale Coscnz, in gran parte scritte addiritLura ili suo pugno; il padre, perciò, della dottrina tattica dell'esercito italiano. Esse condensarono organicamente tanta scieru:a militare quanva mai era stata esposta nelle precedenti pubblicazioni ufficiali e neppure nei volumi e nei saggi dei varii scrittori militari italiani. Sono il risultato di esperienze dirette di guerra e di studi storici-militari approfonditi sulle campagne napoleoniche, sulle guerre del 1866 su quella franco-prussi,ana delle quali il Cosenz aveva fatto un'analisi critica accuratissmia sotto il particolare angolo degli insegnamenti che se ne sarebbero dovuti ricavare. L'acutezza dell'ingegno, la fermezza morale, la capacità di analisi e di sintesi, la modestia del colto, il s_enso del reale, la prudenza del coraggioso e la scienza del professionista, in uno con l'Jncisività dello stile, gli consentirono di tracciare con cura e puntualità un quadro così espressivo, reale ed immaginifico al tempo stesso, che influenzò costantemente l'attività dottrinale dei suoi successori, tanto che nei regolamenti del 1913, elaborati dal generale Pollio, riecheggeranno non poco lo spirito e la lettera delle pubblicazioni del primo capo di stato maggiore dell'esercito italiano. La guerra, la battaglia ed il combattimento intesi come scontro di energie morali e matèriali, le prime capaci di compensare anche qualche svantaggio delle seconde, il ripudio di ogni estremismo perché in guerra nulla vi ha di assoluto, la preminenza dell'offensiva strategica rispetto alla difensiva-controffensiva e dell'azione offensiva anche in campo tattico senza ricusare l'impie-
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go difensivo delle forze alla cui capacità tattico-difensiva il fucile rigato a retrocarica offriva un grande incremento, la disciplina delle intelligenze, la giusta e vera iniziativa da lasciare ai comandanti di decidere la loro azione e di strutturare il loro dispositivo in relazione al compito ricevuto, alla situazione ed al terreno, l'elasticità della dottrina d'impiego, la rivalutazione della cavalleria allora considerata da molti superata dopo l'introduzione del fucile rigato a retrocarica, la preferenza alla manovra avvolgente (attacco della fronte e di un fianco) piuttosto che ia quella avviluppante allora sostenuta dai tedeschi .perché questa diluisce le forze e dà agio al difensore di sfruttare la posizione centrale di battere separatamente prima uno e poi l'altro dispositivo avvolgente, l'aleatorietà dell'urto con la baionetta se prima non si è fatto breccia nel morale e nella sistemazione del nemico con il fuoco, l'assoluta necessità di sfruttare il terreno incrementandone il valore attivo e protettivo mediante la fortificazione campale, l'audacia nell'impiego dell'artiglieda che si schiera per prima sul campo di battaglia ed in linea con la fanteria per proteggere lo schieramento del grosso, d~lla fanteria , prepararne ed appoggiarne l'attacco o sostenerne la difesa o favorirne lo sganciamento fo caso d'insuccesso continuando a far fuow senza preoccuparsi del pericolo della perdita dei pezzi: tali i principali concetti del generale Cosenz lasciati in eredità alla dottrina mttica italiana, che da lui ebbe vita organica ed originale, talché nelle sue pubblicazioni più dell'eco delle concezioni ufficiali dell'esercito tedesco si riflette lo studio critico ed accurato delle ~uerre, delle vittorie, ma anche degli errori da evitare.
6 Riprenderemo più avanti il discorso sugli ulteriori sviluppi fi. no al 1915 della regolamentazione tattica, mentre qui ci sembra opportuno dare un cenno del regolamento sul servizio in guerra che seguì di pari passo l'evoluzione della dottrina e della tecnica d'im· piego e del quale il generale Cosenz curò una nuova edizione in sostituzione di quella degli anni 1881-1882 (33) . La pubblicazione, (34 ), d'importanza fondamentale fin dai tempi dell'armata sarda, era il codice morale ed al tempo stesso procedurale del comportamento dei comandanti, degli stati maggiori, delle unità e dei sin-
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goli in guerra ed il manuale nel quale erano contenute tutte le prescrizioni riguardanti le attribuzioni, l'organizzazione ed il funzionamenti dei servizi operativi, logistici ed amministrativi del tempo di guerra. Aveva, perciò, carattere rigidamente vincolativo e forza di legge, era applicabile « alle truppe dell'esercito permanente e della milizia mobile mobilitate e costituite in formazioni di guerra a tutte quelle che quand'anche non costituite in formazione di guerra si trovino nei ter ritori per i quali fu dichiarato lo stato di guerra ed alle milizie . territoriali allorquando intervenga apposito decreto reale, a tutti i corpi che per le vigenti leggi sono chiamati in tempo di guerr-a a prestare il loro concorso all'esercito » ed era estendibile « alJe truppe le quali, per misura d'ordine pubblico ed in seguito a regio decreto, sono costituite in colonna mobile o si trovano in territorio posto in istato di assedio » ed « alle truppe riunite nei campi d'istruzione e per grandi manovre, nelle parti del regolamento consentite delle condizioni normali del tempo di pace ». L'edizione del 1892 semplificò ed aggiornò quella del 1881-1882 e comprese le norme contenute nel Regolamento per le marce del 29 aprile 1888 e . nell'Istruzione per il servizio di avanscoperta del 10 marzo 1890 (35) che vennero aboli ti. Essa continuò ad essere divisa in 2 parti : la prima riguardante il servizio delle truppe, la seconda il servizio delle intendenze. Nella prima parte dell'edizione del 1892 c'è piena concordanza, negli argomenti comuni, con le Norme generali per l'impiego delle tre armi nel combattimento del marzo del 1891 e, soprattutto, nei paragrafi di spiccato contenuto morale e tat.tico risulta evidente l'intervento del generale Cosenz come, ad esempio, in quelli che trattano l'avanscoperta ed il combattimento, dove non solo lo spirito ed il contenuto delle norme, ma addirittura le parole che le esprimono, coincidono; sull'avanscoperta: « importa che il comandante del corpo in avanscoperta si tenga sempre in grado di attaccare con vantaggio la cavalleria nemica, cioé tenga r-aggruppata e sotto mano la massima quantità delle sue forze »; « la cavalleria in avanscoperta deve avere libertà d'azione. Ad essa per ciò non può incombere la sicurezza delle singole colonne retrostanti »~ sul combattimento: « la vittoria non si strappa al nemico ·che con !',azione coordinata di tutti gli sforzi individuali verso lo scopo generale ed ultimo al quale si mira e con la persistenza sino agli estremi. Virtù indispensabile per vincere sono il fermo proponimento di vincere, la salda fiducia reciproca fra i capi e le truppe e quel ·sentimento che trascina tutti ove tuona il cannone »;
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il principio dell'iniziativ,a, che è tra i più potenti fattori di vittoria,
si applica a tutti i gradi, in ragione della responsabilità che a ciascuno compete»; « le sorti del combattimento sono decise dalle truppe che effettivamente prendono parte all'azione »; « un comandante isolato, quand',anche abbia una speciale mansione da compiere fuori del campo di battaglia, deve di sua iniziativa accorrere al cannone, sempre che dal complesso della situazione giudichi non indispensabile di attenersi agli ordini precedentemente ricevuti»; « contro forze straordinariamente superiori è virtù combattere sino agli estremi, poiché quand'anche non si ottenga la vittoria, si agevola ai compagni di conseguirla)>. Ristampata nel 1895 con l'introduzione di talune aggiunte e varianti non di rilievo, modificata ulteriormente nel .1896 e nel 191 O (3 6), la parte prima della pubblicazione venne completamente rielaborata e rifatta nel 1912 (37) ed il nuovo testo, al quale fu. rnno apportate successivamente aggiunte e varianti per armonizzarlo con Je nuove pubblicazioni riguardanti l'impiego delle armi e delle unità, rimase integralmente in vigore fino alla guerra 1915-1918. La parte seconda subl dal 1892 numerose ,aggiunte varianti e la sostituzione di interi capitoli ed il nuovo testo ebbe la sua veste definitiva solo nel 1914 (38). La parte prima - Servizio delle truppe - dell'edizione 1912 consta di 288 pagine, di 385 paragrafi, di 14 allegati (riguardanti modelli di attestati, congedi, dichiarazioni, salvaguardie, salvacondotti, situazioni della forza, diario storico-militare, insegne dei vari comandi, corpi e servizi, ecc.) e di 2 appendici una relativa all'attendamento e l'altra, corredata di 7 allegati, rdativa all'istruzione intorno agli atti di morte, agli atti di nascita ed ai testamenti in guerra. Nella premessa è scritto: « L'azione dei comandi e delle truppe nel combattimento si svolge secondo l 'indirizzo tracciato da apposite Norme. La parte I del presente Servizio in guerra contiene le prescrizioni riflettenti il modo di operare dei comandi e delle truppe fuori del campo di battaglia, la parte II tratta del funzionamento dei servizi logistici in ogni circostanza ». La precisazione fuori del campo di battaglia giustifica lo stralcio dalla pubblicazione degli argomenti riguardanti l'impiego e la tecnica d 'impiego delle varie unità ed armi nel combattimento ad eccezione delle procedure e dei procedimenti dà seguire nell'esplorazione (lontana od avanscoperta, vicina , per il comibattimento) e nella sicurezza (in marcia ed in stazione). La parte è articolata in 9 capitoli - I disciplina; lI
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comandi; III servizio delle truppe; IV collegamento fria comandi e truppe; V esplorazione e -sicurezza; VI marce; VII stazioni; VIII usi di guerra; IX ·convenzioni di guerra; - ed ognuno di questi in sottotitoli che indicano l'argomento specifico dei vari paragrafi. Il carattere di codice di procedura diventa così, nell'edizione del 1912, quasi esclusivo e là dove vengono inserite norme d'impiego queste non sono che la ripetizione o la deduzione di que11e fissate nei regolamenti di tattica. Ben 78 paragrafi dei 288 sono dedicati ai servizi di esplorazione e di sicurezza dei quali vengono fissati gli ,scopi ed i limiti, illustrate le modalità di azione e stabilite le procedure particolareggiate che li regolano. Su tali temi torneremo tra poco quando ci intratterremo sull'assetto conclusivo della dottrina tattica italiana all'inizio della prima guerra mondiale; qui è sufficiente rilevare che tante sono le differenze tra la parte prima del Regolamento di servizio in guerra edizione 1881-1882 e quella dell'edizione 1892, quante le somiglianze e le analogie concettuali di questa ultima con l'edizione 1912, nella quale vengono conferite all'esplorazione ed alla sicurezza completezza di trattazione ed organicità di sistemi distinti, sebbene correlativi, i cui principii e criterii fondamentali - taluno in embrione, altri in maturazione ed altri infine, i più, già compiutamente definitivi - erano già nell'edizione del 1892. Ciò vale, in particolare, nei riguardi degli scopi dei due distinti servizi, delle diverse forze destinate a compierli, di compiti proprii dei due dispositivi e dei varii elementi nei quali si articolano. La conclusione è che l'edizione del 1912 del Servizio in guerra-Servizio delle truppe, come le altre pubblicazioni dottrinali dei primi anni del XX secolo, deriva, come figlia da madre, dall'idea generatrice del generale Cosenz di dare all'esercito una dottrina tattica ed un nuovo sistema di regolamenti completi e moderni come guida ragionata di preparazione alla guerra. Fu con tale intento che il generale Cosenz, negli anni 18891893, curò la ricompilazione di quasi tutti i regolamenti militari più importanti, anche di quelli da lui stesso precedentemente elaborati, - Norme generali per l'impiego delle tre armi nel combattimento, Regolamento di esercizi per la fanteria, Regolamento di esercizi per la cavalleria, Manuale di artiglieria, Regolamento di servizio in guerra, ecc. - convinto della necessità di consolidare e rinnovare dove necessario la dottrina tattica, la tecnica d'impiego e le procedure operative in relazione all'approfondimento degli studi, ai risultati delle esperienze, all'adozione delle nuove armi e dei nuovi mezzi ed a11a naturale aspirazione a fare regolamenti sempre migliori. Mu-
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tare i regolamenti - si legge in un articolo apparso proprio nel 1893 nella Rivista Militare e cioè a quasi completa rielaborazione dei principali regolamenti - è mutar molto nell'ambiente militare: non che l'avere regolamenti buoni voglia dire, di per sé, avere esercito buono; il grosso sta, come ognun può credere facilmente, nell'applicazione più o meno illuminata o coscenziosa: ma regolamento buono vuol dire indirizzo sapiente al lavoro quotidiano, programma ben completo per la preparazione alle grandi prove: il che non può ,parere poca cosa ad alcuno ». Ed al generale Cosenz non parve poca cosa.
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NOTE AL CAPITOLO XII (1) Istruzione sul servizio di sicurezza delle truppe in campagna. Nota n. 73, 14-IV-1871 (G.M. 1871, p. 279).
(2) Istruzione sul servizio · degli avamposti. 28-VI-1868, Tipografia Fodratti, Firenze e Torino 1868. (3) Norme e prescrizioni generali per l'ammaestramento tattico delle truppe, Nota n. 77, 21-IV-1871 (G.M. 1871, p. 279).
(4) Luigi Loyzeau de Grandmaison (1861-1915), generale francese. Il suo nome è legato alla dottrina dell'offensiva a fondo, ad ogni costo, dottrina che in seguito alla sua propaganda si affermò in Francia tra il 1910 e il 1914 in contrasto con le teorie più equilibrate (manovra sull'avanguardia e con impiego di ogni mezzo) del Foch e del Pétain e con la dottrina più spinta, ma sempre più armonica, del De Négrier. La sua teoria fu sancita come ufficiale nella regolamentazione tattica del 1913. Egli partiva dal concetto che con gli eserciti moderni, grandissimi, saturanti tutte le frontiere da un capo all'altro, non sarebbe stato possibile svolgere alcun concetto di manovre complicate, ma tutto si sarebbe ridotto ad una marcia verso il nemico e a<l una successiva mischia, dalla quale il più forte moralmente e materialmente sarebbe uscito vincitore. L'esito infelice delle battaglie iniziali della Francia nella guerra 1914-1918 dipese .in grande parte dalla applicazione di questa dottrina nel campo strategico e tattico. (5) César-Joseph- Jacques ]offre (1852-1931), maresciallo di Francia. Capo di stato maggiore generale dell'esercito nel 1911, ebbe il comando delle armate francesi del nord e del nord-est nella prima guerra mondiale; fermò con la battaglia della Marna l'avanzata tedesca nel setternbre del 1914. Diresse poi le operazioni francesi fino all'inizio del 1917 quando venne sostituito dal Nivclle. Lasciò le Mémoires che furono pubblicate, dopo la sua morte, nel 1932.
(6) August Wilhem Neidhart von Gneisenau (1760-1831), generale tedesco. Partecipò alla guerra contro le colonie ribelli d'America con truppe tedesche al servizio dell'Inghilterra e, in Europa, diresse fa difesa di Kolberg (1807). Insieme allo Schanhorst presiedette la commissione che riformò J'l'sercito prussiano abolendo la servitù e le punizioni infamanti, revisionando il reclutamento degli ufficiali ed escludendo i mercenari stranieri. Combatté poi contro Napoleone a Waterloo. (7) Alberto von Roon (1803-1879), feldmaresciallo e scrittore m1Utare .prussiano. Insegnante alla scuola <li guerra di Berlino nel 1835, divenne nel 1859 ministro della guerra, e due anni dopo ministro della marina. Preparò la mobilitazione della guerra del 1866 e di quella del 1870. Pubblicò varie opere militari, fra cui Lettere e memorie, Principi di geografia, Geografia militare dell'Europa, Notizie su paesi, popoli e stati. (8) B.H. Liddel Hart, La prima guerra mondiale 1914-1918, Rizzoli Editore, 1969, p. 60. (9) Alfred von Schlieflen (1833-1913), fuldmaresciallo tedesco. Capo di stato maggiore dell'esercito tedesco dal 1891, fu l'ideatore del piano di attacco alla Francia
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che venne poi attuato, con variazioni dimostratesi poi negative, allo scoppio della prima guerra mondiale. Fu uno dei più brillanti strateghi moderni. Fu nominato feldmaresciallo nel 1911. (10) Dal 1909 al 1915, grandissima parte delle pubblicazioni regolamentari uf. fidali venne aggiornata, mo<lificata, completata, e sostituita. I struzioni tattico-tecniche: I struzione sul passaggio dei piccoli corsi .d'acqua, in sostituzione di quella in data 14-V-1897 (atto n. 88, 25-II-1909, G.M. 1909, p. 254). Agg. e var. alla monografia sulle torrette corazzate per cannoni a caricamento rapido da 57 (atto n. 166, 20-IV-1909, G.M. 1909, p. 541). Agg. e var. all'Istruzione sul servizio delle artiglierie da costa (atto n. 182, 29-IV-1909, G.M. 1909, p. 598). Agg. e var. all'Istruzione sulla telegrafia e suoi segnali (atto n. 186, 30-IV-1909, G.M. 1909, p. 599). Var. alle Istruzioni pratiche per l'artiJJ,lieria (atto n. 208, 18-V-1909, G.M. 1909, p. 646). I struzione sulle armi e sul tiro per la fanteria. Vol. I , per la truppa, in sostituzione di quella diramata in bozze nel ,luglio 1906 (atto n. 212, 22-V-1909, G.M. 1909, pp. 649-652). Var. -all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 243, 16-VI-1909, G.M. 1909, p . 755). Nuova I struzione sul tiro delle artiglierie d'assedio - bozza di stampa - (atto n. 252, 26-VI-1909, G.M. 1909, pp. 766-767). I struzione sui parchi del genio di corpo d'armata e di armata e sui depositi centrali del genio in sostituzione del vol. XVI delle istruzioni sul genio (atto n. 276, 6-VII-1909, G.M. 1909, pp. 866-867). Nuova I struzione sul servizio delle artiglierie d'assedio in sostituzione delle istn1zioni suJ servizio delle artiglierie d a fortezza del 1893 e delle successive aggiunte e varianti dd 1905 (atto n. 277, 6-VI -1909, G.M. 1909, pp. 867-868). Var. all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 328, 11-VIII-1909, G.M. 1909, p. 992). Regolamento di esercizi per le sezioni di mitrar.liatrici - bozze di stampa - (atto n. 331, 12VIII-1909, G .M. 1909, pp. 993-994). Var. iJJ.'Istruzione ml tiro delle mitraJJ,liere d'assedio (atto n. 341 , 18-VTI-1909 , G.M. 1909, p. 1014). Var. Istruzione sul tiro delle artiglierie da costa (arto n . 360, 11-VIII-1909, · G .M. 909, p . 1125). Var. I struzione sul servizio delle artiJJ,lierie da costa (at·to n. 446, 2-XI-1909, G.M. 1909, p. 1437). Var. Regolamento di esercizi per la fanteria indigena del Rep,io Corpo Truppe Coloniali dell'Eritrea (atto n. 455, 8-XI-1909, G.M. 1909, p. 1443). Var. al Re?,olamento di esercizi per la fanteria (atto n. 504, 18-XIl-i909, G.M. 1909, pp. 1582-1583). Istruzzone sull'apparato microtelefonico da campo, Mod. Anzalone (atto n. 516, 26-XII-1909, G.M. 1909, p. 1597). Rer.òlamento di esercizi per l'artiglieria da campagna ed a cavallo. Istruzione sul cannone da 75 mod. 906 (atto n. 25, 20-I-1910, G.M. 1910, pp. 92-93). Istruzione sul cavallo per l'artiglieria da campaJ!.na ed _a cavallo, Voi. I ~n sostituzione· de1l'edizione 12-I-1906 (atto n. 30, 25~1-1910. G.M. 1910, p. 144). Var. all'Is:truzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 32, 26-I-1910, G.M. 1910, p. 145). Var. all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 38, 4-1-1910, G .M. 1910, p. 151). Istrut.ione sulle colombaie miiitari e sull'impiego dei colombi viar.?,iatori pel servizio di corrispondenza in sostituzione dell'edizione dell'8-V-1896 (atto n. 111 , 23-ITl-1910, G.M. 1910, pp. 351352). Appendice all'Istruzione sulle manovre di forza per le artipJierie di assedio (atto n.. 216, 7-Vl~1910, G.M. 1910, p. 701). Tstruzione provvisoria sui lavori di mina e su!',li esplosivi, Voi. VTI delle I stmi.ioni pratiche del J!.enio (atto n. 258, 6-Vll-1910, G ,M; 1910. po. 789-790). Formazione per il traino ed il trasporto in montagna di una batteria di 4 cannoni da 149 G i-n sostituzione dell'edizione precedente (atto n. 299, 24-VTI-1910, G.M. 1910, PP. 851-852). Var. all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 478, 9-XT-1910. G.M. 19l0. p. 1462). Var. all'Istruzione sul tiro delle artif!.lierie d'assedio (atto n. 448, 9-XI-1910, G.M. 1910, p. 1462). Idem (atto n. 481 , 9-Xl-1910, G.M , 1910, p . 1463), Norme e prescrizioni per le esercitazioni tattic.o-lo_e.istiche con le truppe in sostituzione della Istruzione per le eserdtazionLdi combattimento del 1892 (atto n. 72, 15-Tl-1911 , G .M. 1911, pp. 189-190). Istruzione di gbmastica militare (atto n. 106, 16-III-1911 , C.M. 1911 , p. 290).
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Regolamento di esercizi per le unità di bersaglieri ciclisti, in sostitmcione dell'Istruzione per le compagnie ciclisti del 7-VII-1904 e dell'Istruzione per le compagnie equipaggiate con bicicletta pieghevole militare tipo Rossi Melli dcl 1907 (atto n. 137, 4-IV-1911, G.M. 1911, pp. 365-366). Formazioni per il traino ed il trasporto in montagna di una batteria di 4 cannoni da 149 A (atto n. 153, 11-IV-1911, G.M. 1911, p. 380). Var. all'Istruzione sul servizio delle artiglierie da costa (atto n. 54, 11-IV-1911, G.M. 1911, p. 381). Var. ,all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 155, 11-IV-1911, G .M. 1911, p. 381). Regolamento di esercizi per la cavalleria, Voi. II (atto n. 210, 9-V-1911, G.M. 1911, p. 682). Var. all'Istruzione sulle manovre di forza per le artiglierie d'assedio (atto n. 290, 20-VI-1911, G.M. 1911, p. 936). Var. all'Istruzione sulle armi e sul tiro per i Reali Carabinieri {atto n. 363, 18-VII-1911, G.M. 1911, p. 1198). Var. all'Istruzione sul cavallo per l'artiglieria da campagna ed a cavallo (atto n. 380, 25-VII-1911, G.M. 1911, 1>. 1235). Agg. e var. al Regolamento di esercizi per la fanteria (atto n. 417, 14-VIII-1911, G.M. 1911, pp. 1330-1331). Formazioni per il traino ed il trasporto in montagna di una batteria di 4 cannoni da 120 A.G. e di una batteria di 4 cannoni da 120 B in sostituzione delle pubblicazioni precedenti (atto n. 616, 28-XI-1911, G.M. 1911, p. 1820). Istruzione sulla pistola automatica mod. 910 (atto n. 634, 5-XIl-1911, G.M. 1911, p. 1885). Istruzione provvisoria sui lavori di mina e sugli esplosivi appendici al vol. VII delle Istruzioni pratiche del genio (atto n. 685, 20-XII-1911, G.M. 1911, p. 2034). Istruzione sugli apparati telefonici mod. Anzalone per le artiglierie da costa e da fortezza (atto n. 13, 10-I-1912, G.M. 1912, pp. 21-22). Regolamento di esercizi per il genio in sostituzione di taluni fascicoli dell'edizione 1898 (atto n. 25, 16-I-1912, G.M. 1912, p. 47). Istruzione sui parchi telefonici per le divisioni di fanteria con appendice sui parchi telefonici su carretti siciliani (atto n. 92, 5-III-1912, G.M. 1912, pp. 137-138). Var. all'Istruzione sul materiale e sulle munizioni dei cannoni 87 B, 75 A e 70 e da mon. per l'artiglieria da campagna, a cavallo e da montagna (atto n. 116, 18-III-1912, G.M. 1912, pp. 189-190). Istruzione sul materiale e sulle munizioni da 75 mod. 906 per l'artiglieria da campagna ed a cavallo (atto n. 140, 3-IV-1912, G.M. 1912, pp. 247-248). Regolamento sulla teleJ!,rafia a segnali (atto n. 194, 30-IV-1912, G.M. 1912, pp. 389-392). Agg. e var. all'Istruzione sulla pistola automatica mod. 910 {atto n. 227, 20-V-1912, G.M. 1912, p. 479). Formazioni per il traino ed il trasporto in montagna di cannoni da 87 B incavallati su affusto di lamiera (atto n. 239, 12-V-1912, G.M. 1912, p. 494). Agg, e var. all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 268, 10-Vl-1912, G.M. 1912, p. 546). Var. all'Istruzione sul servizio delle artiglierie d'assedio (atto n. 356, 30-VTI-1912, G.M. 1912, p . 1017). Var. all'Istruzione sulle manovre di forza colle artiglierie da costa (atto n. 432, 18-IX-1912, G.M. 1912, p. 1299). Istruzione sui lavori da zappatore in sostituzione delle istruzioni del 1895 (auo n. 478, 16. X-1912, G.M. 1912, pp. 1413-1414). ReJ!.olamento di esercizi per la cavalleria, Voi. I (atto n. 479, 16-X-1912, G.M. 1912, pp. 1414-1415). Istruzione preliminare sulle salmerie e sul carreggio dei corpi in sostituzione di quella del 1907 (atto n. 490, 24-X-1912, G.M. 1912, p. 1429). Var. all'Istruzione sulle colombaie militari e sull'imtJie!l.o dei colombi viaJ!.Jliatori per il servizio di corrispondenza (atto n . 507. 4XI-1912, G.M. 1912. p. 1450). Agg. e var. 11ll'Istruzione sull'uso deJ!,li ski del 1908 (atto n. 571, 18-XIl-1912, G.M. 1912, p. 1591). Regolamento d'istruzione, in sostitu:done del Regolamento d'istruzione e di servizio interno per la fanteria dol 3-V-1892, del Re!l.olamento d'istruzione e di servizio interno - per la cavalleria del 1-X-1892. del Re!l.olamento d'istruzione e di servizio interno per il /!.,enio del 6-IV-1893. del Regolamento d'istruzione e di servizio interno per l'artiv.lieria del1'8-XIl-1904 (atto n. 38, 28-1-1913, G.M. 1913. pp, 145-149). Var. all'Istruzione sulle armi e tiro dei Carabinieri Reali (atto n. 79, 20-II-1913, G.M. 1913, p. 216). Istru:done per la ?,uerra di fortezza - nol\flle 2enerali e norme per l'impiesm dell'artiglieria e del geruio - (aHo ,n . 104, 12-III-1913, G.M. 1913, pp. 268-269).
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Istruzione sui lavori del campo di battaglia (atto n. 105, 12-IIl-1913, G.M. 1913, pp. 273-276). Istruzione per la ginnastica militare e norme per gli altri esercizi /isici in sostituzione di tutte le pubblicazioni fino ad allora in vigore, comprese quelle riguardanti l'equitazione, gli sci, la scherma, ecc. (atto n. 143, 17-IV-1913, G.M. 1913, pp. 370-375). Istruzione sul tiro per l'artiglieria (atto n. 161, 22-IV-1913, G.M. 1913, pp. 418-419). Regolamento di eserdzi per l 'artiglieria da campagna ed a cavallo - abroga !il cap. I del. vecchio regolamento e l'istruzione sul cannone da 75 mod . 906 dell'edizione 1910 (atto n. 162, 22-IV-1913, G .M. 1913, pp. 419'. 420). Agg. e var. all'Istruzione sui parchi telefonici per divisione di fanteria (atto n. 173, 28-IV-1 913, G.M. 1913, pp. 434-435). Parchi ferroviari in sostituzione dell'edizione 1900 (atto n. 201, 14-V-1913, G.M. 1913, p. 491). Var. all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 202, 14-V-1913, G.M. 1913, p. 492}. Var. all'Istruzione sul tiro - batterie da campagna ed a cava1lo - (atto n . 240, 18-VI-1913, G.M. 1913, p. 635). Var. all'Istruzione sulle armi e sul tiro per i Carabinieri Reali (atto n. 247, 20-Vl-1913, G.M. 1913, pp. 739-740). Regolamento di esercizi per l'artiglieria da costa - fascicolo obici da 280 - in sostituzione di quello del 1902 (atto n. 255, 24-VI-1913, G.M. 1913, pp. 762-763). Var. all'Istruzione sulle comunicazioni telefoniche, ottiche ed acustiche per l'artiglieria da fort ezza (atto n. 256, 24-Vl-1913, G.M. 1913, p . 763). Var. all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 257, 24-Vl-1913, G.M. 1913, p. 736 ed atto n. 296, 15-VIl-1913, G.M. 1913, p. 862}. Var. all'Istruzione sulle colombaie ecc. (atto n. 338, 7-VIII-1913, G.M. 1913, p . 1043). Var. all'T.rtruzione sulle comunicazioni telefoniche, ottiche, acustiche per l'artiglieria da costa e da fortezza {att'O n. 358, 27-VIII-1913, G.M. 1913, p. 1099}. R egolamento di esercizi per l'arti?.lieria da campagna, pesante campale, a cavallo e da montagna in sostituzione dell'Istruzione individuale a cavallo per l'artiglieria da campagna ed a cavallo - edizione 1910 (atto n. 407, 2-X-1913, G.M. 1913, p. 1178). N orme sulla manovra di atterraggio dei dirigibili ed aeroplani militari (atto n. 469, 6-XI-1913, G.M. 1913, p. 1403 }. R egolamento di esercizi per l'arti?.lieria da campagna, pesante campale, a cavallo e da montagna Voi. III. Istn1zione tattica, in sostituzione dei fascicoli del 1905 e del 1910 riguardanti le istruzioni tattiche e l'istruzione sul cannone da 75 mod. 906 (atto n. 520, 8-XIl-1913, G.M. 1913, p. 1542). Norme e prescrizioni per le esercitazioni tattico-lo?.istiche con le truppe e con i quadri in sostituzione di quelle diramate .in bozza di s-tampa nel 1911 e ad abrogazione della circolare 105 del 1910 (atto n. 58, 5-Il-1914 , G.M. 1914, pp. 210-213). Istruzione a piedi per l'arti1Jieria .i n sostituzione delle edizioni del 1897 e del 1898 (atto n. 60, 5-Il-1914, G .M. 1914, pp. 216-217). Regolamento di esercizi per l'artig,lieria da campa?,na, pesante campale, a cavallo e da montagna, Vol. IV (atto n. 106, 5-III-1914, G.M. 1914, p. 316) Var. all'Istruzione sulle manovre di fona per le artiglierie d'assedio (atto n. 322, 22-VI-1914, G.M. 1914. p. 1016). Var. all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n. 295, 26-VI-1914, G.M. 1914, p. 965). Regolamento di esercizi per la fanteria in sostituzione dell'edizione 1907 (atto n. 373, 11-VIIl-1914, G.M. 1914, pp. 1140-1144). Appendice II all'Istruzione sul servizio delle batterie da costa (atto n . 422, 7-IX-1914, G.M. 1914, p. 1271). Regolamento di esercizi per l'arti?,lieria da campaJJ.na, pesante campale, a cavallo e da montagna, Voi. IV (atto n. 455, 22-IX-1914, G.M. 1914, p. 1306). Istruzioni logistiche ed amministrative. Specchio di caricamento delle infermerie avanzate (atto n . 15, 11-1-1909, G .M. 1909, p. 102). Quaderni e fascicoli di caricamento del parco di artiglieria d'assedio (atto n. 55, 2-II-1909, G.M. 1909, p. 132). Specchio di caricamento dello zaino dì sanità mod. 1908 {atto n. 78, 19-11-1909, G.M. 1909, p. 165). S pecchio di caricamento n. 22 relativo alle dotazioni di materiale sanitario per piazze/orti e sbarramenti (atto n. 84, 24-11-1909, G.M. 1909, pp. 248-249). Var . agli Specchi di caricamento ref!_olamentari del servizio veterinario (atto n . 101 , 2-111-1909, G.M. 1909, p. 274). Agg. e var. all'Istruzione mlla costituzione e sul caricamento delle
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salmerie degli alpini (atto n. 115, ll-IIl-1909, G.M. 1909, pp. 306,-307). Istruzione sul servizio dell'ufficiale di vettovagliamento atto n. 176, 26-IV-1909, G.M. 1909, p. 559). Quaderno di caricamento del parco di artiglieria d'assedio (atto n. 32, 27-VII-1909, G.M. 1909, pp. 963-964). Istruzione sull'uso dei forni rotabili a produzione continua mod. Weiss (atto n. 339, 16-VIII-1909, G.M. 1909, pp. 10121013). Var. alil'Istruzione sulla costituzione e sul caricamento delle salmerie di ta· luni corpi eventualmente destinati ad operare in montagna (atto n. 369, 31-VIII-1909, G.M. 1909, p. 1138). Specchio di caricamento dello zainetto di sanità per ciclisti mod. 1909, (atto n. 409, 12-X-1909, G.M. 1909, p. 1355). Istruzioni amministrative sommarie per l'impianto dei servizi d'intendenza (atto n. 418, 19-X-1909, G.M. 1909, pp. 1426-1427). Istruzione sull'affardellamento del corredo per le truppe a piedi in sostituzione di tu~te le istruzioni .prece<lenti (atto n. 153, 8-XI-1909, G.M. 1909, pp. 14-41-1442). - Quaderno di caricamento del parco di artiglieria d'assedio (atto n. 454, 8-XI-1909, G.M. 1909, pp. 1442-1443). Quaderno di caricamento del parco di artiglieria d'assedio (atto n. 42, 7-II-1910, G.M. 1910, pp. 161-162). Va-r. aH.'l:rtruzione sulle munizioni (atto n. 43, 8-Il-1910, G.M . 1910, p . 162). Caricamento del forno W eiss e del carro trasporto mod. 1876 da batteria per il trasporto di materie per panificazione (atto n. 131, 12-IV-1910, G.M. 1910, pp. 408-409). Istruzione sul carro baf!.af!.lio e sulla fucina portatile mod. 901 (atto n. 377, 30-VIII1910, G.M. 1910, pp. 1149-1150). Var. all'Istruzione sulle munizioni (atto n . 479, 9-XI-1910, G.M. 1910, p. 1462). Istruzione provvisoria sui caricamenti delle batterie da 75 mod. 906 da campagna ed a cavallo (atto n. 493, l.5-XT-1910, G.M. 1910, p. 1477). Agg. e var. all'Istruzione sulla costituzione e sul funzionamento dei comandi militari di stazione {atto n. 55, 6-II-1911, G .M. 1911, p. 167). Caricamento d-ei carri bagaglio per artiglieria nelle batterie da 75 mod. 906 (atto n. 145, 6-IV-1911, G .M. 1911, p. 372). Istruzione sul caricamento del carreggio di ambulanze per i Carabinieri Reali, la fanteria di linea, i vanatieri, i bersaglieri e la cavalleria in sostituzione totale del-la pubblicazione del 1901 e parziale di quella del 1910 (atto n. 286, 19-Vl-1911 , G.M. 1911, 929-930). Var. all'Istruzione provvisoria sui caricamenti per le batterie da 75 mod. 906 da campagna ed a cavallo (atto n. 287, 19Vl-1911, G.M. 1911 , p. 930). I struzione per i servizi di commissariato militare (atto n. 299, 22-Vl-1911, G.M. 1911, pp. 965-966). Fascicoli 66, 67, 68, 69 e 70 dei Caricamenti materiali d'artiglieria (atto n. 334, 4-VIl-1911 , G.M. 1911, pp. 11051106). Var. al Caricamento dei carri delle batterie da campagna (atto n. 446, 28VIIl-1911 , G.M. 1911 , p. 141 6). Var . fascicoli 34, 52 e 53 Caricamento materiali di artiglieria (atto n. 447, 28-VIll-1911 , G.M. 1911, p. 1416). I struzione sul modo di caricare l'affardelltime>1to del personale mi carri munizioni da 75 mod. 906 (atto n. 461, 4-IX-1911, G.M. 1911 , p. 1431 ). I struzione sull'affardellamento e sulle bardature per i Carabinieri Reali (atto n . 54, 5-11-1912, G.M. 1912, .pp. 94-95). Fascicolo 51 dei Caricamenti del materiale di artiglieria (atto n. 141 , 3-IV-1912, G.M. 1912, pp. 248-249). Istruzione sull'affardellamento e sugli attrezzamenti portatili delle truppe del genio in sostituzione della parte V del vol. II delle Istruzioni pratiche del genio edi.zione 1900 (atto n. 435, 18-IX-1912, G.M. 1912, p. 1305). Var. alle I struzioni sui caricamenti dei materiali di artiglieria (atto n. 457 2-X-1912, G.M. 1912, p. 1366). Var. all'Istruzione sul ca"o bap_ap_lio per cavalleria (atto n . 164, 22.IV-1913, G.M. 1913, p. 421). Abolizione dell'Istruzione sul carro baf!,aglio e sulla fucina portatile mod. 901 per cavalleria 1910 (atto n . 310, 24-VIl-1913, G.M. 1913. .p. 895). Var. ai fascicoli relal'ivi ai Caricamenti dei materiali di artiglieria (atto n . 507, 2-XU-1913, G.M. 1913, p. 1525). Istruzione sull'uso dei /orni rotabili W eiss a produzione continua (aMo n. 621, 7-XII-1914, G .M. 1914, p. 1710). Rep_olamenti vari: Ref!.olamento di servizio interno per le varie armi (esclusa quella dei Carabinieri ReaH). Abroga i diversi regolamenti di servizio interno speciali per ogni arma (cdiz. 1892 per ·1a fanteria e per la cavalleria 1893 per il ~enio, 1904 per l'artiglieria) e la ho7.7.a cli stampa <Id 1907 (Atto n. 174, 23-IV-1909 riguardante il
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R.D. 11-Ul-1909, G.M. 1909, pp. 554-556). Var. al Regolamento pel servivo territoriale (atto n . .39.3, 28-IX-1909, G.M. 1909, p. 1317). Agg. e var. al Regolament o di servizio interno per le varie armi, esclusi i Carabinieri Reali (atto n. 471, 4-XI-1910, G.M. 1910, p. 1451). Manuale degli ufficiali in congedo (atto n . 512, 24-Xl-1910, G.M. 1910, pp. 1534-1535 ). Var. al Regolamento di disciplina militare per il R.E. (atto n. 531, 14-XII-1910, G.M. 1910, p. 1597). Var. al Regolamento per il servizio interno per le varie armi,, esclusa quella dei Carabinieri Reali (atto n. 532, 14-XII-1910, p. 1597 ). Var. ·al Regolamento pel servizio territoriale (atto n. 18, 10-1-1911, G.M. 1911, p. 44). Regolamento organico e regolamento generale per l'arma dei Carabinieri Reali (atto n. 328, 17-VII-1912, G.M. 1912, pp. 964-965). Var. al Regolamento pel servizio territoriale (atto n. 9.3, 5-11-1914, G.M. 1914, p. 297). Agg. e var. al Regolamento di servizio interno per le varie armi esclusa quella dei Carabinieri Reali (atto n. 27.3, 4-IV-1914, G.M. 1914, p. 820). Agg. e var. alle Norme di servizio per il comando del corpo di stato maggiore (atto n. 14, 9-1-1 911, G.M. 1911, p. 42 ). Regolamento per le scuole. Regolamento per la scuola di guerra in sostituzione di quello del .31-X-1899 (atto n. 298, 22-Vl-1911. G.M. 1911, p. 965). Motlifiche al Regolamento organico per le scuole militari (atto n. 279, 4-V-1911, G.M. 1911, pp. 891 e segg.). Var. al Regolamento organico per le scuole militari (atto n. 337, 9-Vl -1912, G.M. 1912, pp. 992-993). (11 ) Norme e prescrizioni generali per l'ammaestramento tattico delle truppe (Nota n. 77, 21-lV-1871, G.M. 1871, p. 279).
(12) . Istruzione per l'ammaestramento tattico delle · truppe di fanteria in sosLiituzione della pubblicazione del 21-IV-1871 e della Istruzione nel servizio di sicurezza del l -IV-1871 (Nota n. 94, 17-V-1872, G.M. 1872, p. 197). (13) Istruzione per l'ammaestramento tattico della cavalleria, in sostituzione della pubblicazione del 21-IV-1871 e della Istruzione sul servizio di sicurezza del 1-IV1871 (Nota n. 135, 4-VII-1872, G.M. 1872, p. 322). La serie delle pubblicazioni per l'ammaestramento tattico fu completata in seguito con l'I struzione per l'ammaestramento tattico delle truppe d'artiglieria da campagna (atto n. 226, 2-XII-1882, G.M. 1882, pp. 730-731).
(14) Regolamento provvisorio d'esercizio e di manovra per la fanteria di linea (drcolare n . 5, 25-111-1868, G.M. 1868, p. 160). Pubblicato a titolo di esperimento per un anno, ne fu poi prorogata l'espcrimentazione per un altro anno, (circolare n. 11, 22-Ill-1869, G.M. 1869, p. 113 ). Il regolamento fu pubblicato dalla tipografia Fodratti, Firenze-Torino 1868. (15) Il regolamento fu pubblicato in 2 volumi, il 25-XII-1869 (nota n. 137, 25-XII-1869, G.M. 1869, p. 629) con il titolo Regolamento di esercizi e di evoluzioni per le truppe a piedi e venne adottato per la fanteria di linea, per i bersaglieri e per gli zappatori del genio, a sostituzione di quelli fin qui in uso presso le suddette truppe. « Questo regolamento è reso comune - scriveva il Bertolé Viale nell'introduzione - alle truppe su indicate. Essendo che ciò reputato generalmente e per molti riguardi conveniente e giovevole; e nello stesso tempo vi si è uniformato, per quanto fattibile, il R egolamento di eserdzi e di evoluzioni per la cavalleria che sta pubblicandosi. Nella compilazione si è ,t enuto il debito conto dcli.e proposte dei signori comandanti gencmli e comandanti di corpo, fatte in seguito all'esperimento del Regolamento provvisorio d'esercizio e di manovra per la fan. terìa di linea in data 30 marzo 1868. Tuttavia questo Ministero si riserva di chiedere ai signori comandanti generali e comandanti di corpo una relazione in merito ·il que&to Regolamento, di guisaché rimanga aperta la via a quelli ulteriori perfezionamenti che la pratica, _lo studio, ed i progressi tattici fossero per consigliare ». L'edizione del 1872 fu pubblicata in Roma dalla Tipografia Voghera Carlo. Nel 1873
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il Ricotti introdusse alcune modificazioni « nella parte riflettente l'ordine sparso» e talune aggiunte « ad alcuni numeri delle evoluzioni di battaglioni » che furono raccolte nel volumetto Modificazioni al regolamento di esercizi e di evoluzioni per le truppe a piedi in data 4 dicembre 1869. Carlo Voghera, Roma 1873. Il primo volume tratta i seguenti argomenti: « Norme generali per l'istruzione (generalità, istruzione degli ufficiali, dei sottufficiali e caporali; plotone allievi istruttori; istruzione delle reclute; ripresa annuale dell'istruzione; veci degli uffici tattici; ~pecialità per i battaglioni di bersaglieri; specialità per il corpo zappatori del genio)»; « Istruzione individuale (nozioni preliminari; istruzione senz'arme; posizioni e movimenti elementari: posizione senz'arme, riposo. sciogliere e riunire la classe. modo di salutare; voltarsi a destra. a sinistra ed indietro a pié fermo; marcia. passo, corsa, corsa veloce; mutare andatura; segnare il passo; passo retrogrado; fermare la classe; voltarsi a destra, a sinistra ed indietro marciando; alli neamenti; eserci:oi elementari di ginnastica: posizioni ~nnastiche, atti elementari atti combinati, atti completivi, corsa di resistema, corsa veloce, salto, scalata, volteggio; istruzione coll'arme; posizioni col fucile e con la carabina; maneggio dell'arme: movimenti principali, carica e fuochi, movimenti accessori, norme relative alle posizioni ed al maneggio delle armi; scherma della baionetta: nozioni preliminari, formazione della classe, atti contro la fanteria, atti contro la cavalleria, norme pel combattimento; posizioni e movimenti colla sciabola, daga e baionetta: posizioni e movimenti colla sciabola per gli ufficiali a piedi, per gli ufficiali a cavallo, e colla sciabola, <laga e baionetta; per gli uomini di bassa fot7.a; iuruzione del soldato per l'ordine sparso; « Istruzione del plotone (generalità; istruzione del plotone in ordine chiuso; istruzione a pié fermo: attenti, riposo, allineare il plotone, numerare le file, aprire e serrare le righe, mettersi in quattro righe di fronte e di fianco e rimettersi in due, rovesciare la fronte, maneggio dell'arme, prendere le posizioni in ginocchio e a terra, e riprendere quella di dritti)»; istruzione per la marcia: marcia di fronte, marcia di fronte in due righe, marcia di fronte in quattro righe, marcia obliqua, conversioni, marcia di fianco, stando di fronte volgersi e marciare di fianco, cambiare direzione, marciando di fianco, volgersi di fronte; passaggio di ostacoli; passo di strada; fuochi: a comando, a volontà; attacco e difesa; raccolta; istruzione del plotone per l'ordine sparso: stendere e serrare il plotone, movimenti del plotone disteso, fuochi, difesa dalla cavalleria, assalto). Il secondo volume contiene: « Evoluzioni di compagnia (generalità, compagnia in ordine chiuso; forme della compagnia; evoluzioni elementari: atti a pié fermo, passaggio dalla linea alla colonna perpendicolare alla fronte e viceversa; evoluzioni di combattimento; marciare in battaglia: serrare ed aprire la colonna, piegare in sezioni minori, spiegare in sezioni maggiori, rompere per fianco e per fila, rompere in colonna dalla destra o dalla sinistra avanti; marciare a destra od a sinistra: della compagnia in linea, della compagnia in colonna; cambiare fronte e direzione; fuochi; attacco e difesa; quadrato: formare il quadrato, difesa del quadrato, mo, vimenti del quadrato, riformare la colonna, compagnia in ordine sparso; distaccare i plotoni, raccolta, movimenti e fuochi, rinforzare i cacciatori, cambio dei plotoni, sgombrare la fronte, difesa dalla cavalleria, attacco)>}; « Evoluzioni di battaglione (generalità, dell'aiutante maggiore, del furiere e caporale maggiori; forme del battaglione; applicazione dell'ordine sparso al battaglione; evoluzioni elementari; atti a pié fermo; cambiamenti di forma: dalla forma in linea a quella in colonne di compagnie e viceversa, dalla forma in linea a quella in colonne di battaglione perpendicolare alla fronte e viceversa, dalla forma in colonne: di compagnia a quella di colonna di battaglione e viceversa; evoluzioni di combattimento; marciare in battaglia: serrare e aprire la colonna o le colonne, piegare in sezioni minori e spiegare in sezioni maggiori, rompere per fianco e per fila, rompere in colonna od in colonne dalla destra o dalla sinistra in avanti; marciare a destra od a sinistra; cambiare di fronte e di direzione; fuochi; attacco e difesa; quadrati: formare il quadrato di
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battaglione o i quadrati di compagnia, difesa e movimenti del quadrato o dei quadrati, riformare la colonna di battaglione o le colonne di compagnia; considerazioni sulle forme tattiche e sull'uso dei fuochi)». « Evoluzioni di brigata (generalità; dei comandanti di brigata, di reggimento e di battaglione, e degli aiutanti màggiori in l ', delle bandiere; forme della brigata: battaglioni di prima linea, battaglioni di seconda linea, distanza tra le linee e partizione del comando, avvertenze per le esercitazioni dei regg~menti; ordine di colonna; ordine ristretto; applicazione dell'ordine sparso in battaglioni di prima linea; evoluzioni elementari: atti a pié fermo, allineamenti; trasformazione nell'ordine di battaglia; trasformazione nell'ordine di colonna; passaggio dall'ordine di battaglia all'ordine di colonna: prendere ordine di colonna perpendicolare alla linea di battaglia, prendere ordine di colonna parallela alla linea di battaglia; passaggio dall'ordine di colonna all'ordine di battaglia: prendere or<line di battaglia perpendicolarmente alla direzione della colonna, ,prendere ordine di battaglia parallelamente alla d irezione della colonna; passaggio dall'ordine di colonna all'ordine ristretto e viceversa)». « Evoluzioni di combattimento (marcia in battaglia; passaggio di linea; marcia a destra od a sinistra; scaglioni; cambiamento di fronte; fuochi; attacchi; quadrati)»; « Evoluzioni di colonna (marcia avanti ed indietro; marcia a destra od a sinistra; cambiamento di direzione e di fronte; formazione degli scaglioni); « Evoluzioni della brigata in una sola linea »; « Riviste, parate e funzioni funebri»; « Dei trombettieri »; « Segnali di tromba». La pubblicazione dà delle unità le seguenti definizioni: plotone « è il primo elemento collettivo dei corpi tattici »; compagnia « è l'unità tattica minore della fanteria» (su 4 plotoni). Nelle modificazioni introdotte dal Ricotti è prevista la suddivisione del plotone in 2 « squadre » e della squadra in 2 « squadriglie». La pubblicazione, in sintesi, introduce l'ordine e le formazioni sparsi in tutte le fasi del combattimento e conseguentemente l'estensione delle fronti di combattimento che si fraziona in atti singoli e lo scaglionamento delle unità in profondità per alimentare ed aumentare progressivamente e costantemente il volume di fuoco. Il fuoco diventa l'unico mezzo per conquistare terreno e per costringere l'avversario all'abbandono della lotta; il movimento il mezzo per avvicinare al nemko il fuoco; l'urto, l'ultima fase del movimento, non è più sempre necessario e, comunque è possibile soltanto dopo che si sia conseguita con il fuoco la superiorità morale e materiale sull'avversario. (16) Regolamento di esercizi per la fanteria in sostituzione di quello provvisorio dell'll-X-1889 (atto n. 24, 11-II-1892, G.M. 1892, p. 28). Nel 1889 era stata pubblicata un'altra edizione con aggiunte e varianti a quella del 1873 con atto n. 229, 22-X-1889, G.M. 1889, p. 635. (17) Regolamento di esercizi per la fanteria in sostituzione di quello del 1892. Ministero della Guerra . Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio istru· zioni e manovre. Voghera Enrico, Roma 1907 (atto n. 165, 18-VI-1907, G.M. 1907, p. 317). (18) Regolamento di esercizi per la fanteria in sostituzione di quello del 1907. Ministero della Guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio istruzioni e manovre. Voghera Enrico, Roma 1914 (atto n. 373, 11-VIII-1914, G.M. 1914, pp. 1140..1144). Il regolamento dà le prescrizioni e le manovre per la preparazione della fanteria al combattimento e rappresenta quanto di più completo esisteva allora presso gli eserciti europei in fatto di procedimenti di lotta e di tecnica di combattimento. La parte prima tratta dell'Istruzione formale (·riguarda cioè l'insegnamento del meccanismo della manovra e ciò che degli esercizi della fanteria ha carattere prescrittivo); la parte seconda « dà le norme per l'addestramento e l'impiego tattico della fanteria» ed è armonizzata con i criterii delle Norme generali per l'impiego
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delle grandi unità in guerra e dclJe Norme per il combattimento; la parte terza « dà le norme e le prescrizioni per le esercitazioni di marcia, per l'addestramento delle pattuglie e degli esploratori; per il servizio d'ordinanza, per il rifornimento delle munizioni durante il combattimento e contiene le prescrizioni relative ai trombettieri ed ai tamburini, ecc. Nelle «premesse» è inserito un breve passaggio rigu;irdantc la nomenclatura tattica con le defilnizioni di: riga (due o più uomini posti l'uno accanto all'altro); fila (due o più uomini posti J'uno dietro l'altro); intervallo (lo spazio tra due uomini o tra due riparti posti J'uno accanto all'altro misurato nel senso della fronte); distanza (lo spazio fra due uomini o fra due reparti·, posti l'uno dietro l'altro, misurato da fronte a fronte, nel senso della profondità); formazione (la disposizione degli uomini nella squadra, quella degli uomini o delle squadre nel plotone, o, per le unità superiori, il modo nel quale risultano situati, l'uno rispetto all'altro, i ripar~i che le costituiscono); formazione distesa (il riparto che ha gli uomini disposti su di una ·sola riga ad intervallo di un passo almeno l'uno dall'altro); formazione serrata (il plotone, o la squadra, disposto su due o su quattro file o righe o le unità superiori allorché hanno i riparti che le compongono serrati e disposti a distanze e ad intervalli normali); formazione aperta (il plotone quando ,le squadre che lo compongono, o in una sola fila, sono disposte ad intervallo fra <li loro o le unità super.iori allorché i riparti che le compongono sono in formazione aperte, oppure, se in formazioni serrate, sono d isposti a distam~e o ad intervalli maggiori dei normali); trasformazione (.pussuggio <li un riparto du unu formazione ad un'altra); ordine chiuso (quando gli uomini, o tutti i riparti d'ordine inferiore che compongono il riparto, sono disposti in formazione che si prestino soprattutto a tenere la truppa maggior• mente nella mano dei capi e ad avviarla più facilmente e celermente in qualsiasi direzione); ordine sparso (quando gli uomini, o tutti i reparti d'ordine inferiore che compongono un reparto, sono disposti in formazione che consentano di aprire prontamente il fuoco e di sfruttare le condizioni del terreno in modo da compiere i movimenti e trarre il massimo profitto dalle proprie arrni, presentando al nemico il bersaglio meno vulnerabile); ordine di combattimento (quando gli clementi che costituiscono il reparto sono, tutti od in parte, disposti in formazione adatte al combattimento); linea di fuoco (è costituita dalle truppe più avanzate di un riparto in ordine di combattimento e che svolgono l'azione a fuoco); compagnie della linea di fuoco (quelle che devono iniziare l'azione e dalle quali sono tratti i plotoni per la J.inea di fuoco); rincalzi o compagnie di rincalzo (quelle non impegnate all'inizio del combattimento); ~iserva (nucleo di forze che nel combattimento un comandante tiene a sua disposizione, sia per far fronte . all'imprevisto, sia per decidere l'azione); ammassamento (disposizione in ordine chiuso, con fronte e profondità convenientemente ristrette, nell'attesa di passare allo schiera· mento); schieramento (ripartizione ,i niziale delle forze nel senso della fronte ed in quello della profondità, che una grande unità od un'unità di più battaglioni effet· tua dall'ammassamento o <lirettamenta dalla formazione di marcia, prima di cominciare la marcia di avvicinamento); marcia di avvicinamento (l'avanzata che, eseguito lo schieramento, la fanteria compie sino a quando non giunga a distanza di tiro efficace dalla fanteria nemica); spiegamento (il complesso dei movimenti che la compagnia ed il battaglione compiono per disporsi in ordine di combattimento); sbalzo (movimento che, sotto il fuoco nemico, la linea di fuoco compie per portarsi ad un nuovo appostamento, qualunque sia il modo col quale tale movimento viene esegu·ito); attacco (periodo del combattimento, nel quale completato e rettificato lo spiegamento, la fanteria avanza a sbalzi contro il nemico per soverchiarlo con gli .effetti del fu oco e, ove questo non basti, con l'impeto del l'assalto); assalto nell'offensiva e contrassalto nella difesa (atti con ii quali si l'isolve, per mezzo dell'ul'to con l'arma bianca, l'azione generalmente preparata _dal
CAP. Xll - LA NASCl'.1',A ·, J>J.,I;J.,\,-_?ffl~V.A REGOLAMENTAZIONE
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fuoco). Nelle « preme.ssç • sonQ, · in.oltre, COf!tenuti paragrafi riguardanti: Toggetto oei regolameptp,_l'adde~t~amento, i . CQtnàndi, cenni, ,segnali e or4ini. La parte .prima ..;...... istruzione . formale . -'- ronsta delle «'avvertenzé generali» e di 6 capitoli riguardanti: l'istruzione individuale (avvertenze per ristruttore; po sizionç e m9vimenti senz'arme; posizioni e movimenti con l'arme -:-- fucile, moschette pìsJole, sciabole,'. èfàghe, sdabola 'bàiònetta; :esecuzione del fuoco; . scherma col tu elle); l'Istruzione di plotone (premessa; compoiliione del .plotone; formazioni e movimenti in ordine chiuso; formaziòni _e. movimenti in ordine sparso; esecuzione dd fuoco); l'istruzione di compagnia (avvertenze; formazioni, movimenti e trasforma· ziohì; esecuzione· del fuoco); l'istruzione_: di battaglione (avvertenze; formazioni; movimenti e trasformazioni; ·esecu.zìone del fuòco); 'l'istruzione di più battaglioni (premessa; reggimento; brigata ); le posizioni ed i movimenti èon la bandiera. 'La pai:te ·seconda - imrlné. per ·l'addestÙmento · e l'impiego tattico della fan. teria - · consta di 3 capitoli e delle avvertenze generali. Il primo capitolo - con il titolo' «Generalità'» - tratta: · dello svolgimento del combattimento della fanteria (avvertenza; ·premessa; · azione offensiva: schieramento, marcia di avvicinamento,' attacco;· collegamest-0. è , riordinamento; aziòne difensiva: ·occupazione della posiziònc, apertura del fuoco, rinforzo della linea del fuoco, contrassalto; - inseguimento-ritirata: inseguimento, ritirata); della fanteri; e .le a/,tr:e armi (premessa; fanteria e. cavalleria; fanteria e artiglieria; fanteria' ·e genio);· dell'estensione della fronte di combattimento; dell'impiego-- dell~ formazioni: . (avvertenze; premessa; impiego . delle formazioni; llllpiegu delle funnaziuni dell'urdi11e sparsv; impiego t.!dle formazioni dell'ordine chiuso: · plotone, coinpagnia, battaglione, unità di più battaglioni); dell'impiego del fuoco di fucileria (premessa; impiego del fuoco alle varie distanze di tiro; ordine di aprire il fuoco; -scelta del bersaglio. da· battere e distrìbu~ione del fuoco sul bersaglio; quantità- di fuoco; esecuzione del: 'fuoco; silina e misurazione delle distanze e scelta dell'alm; specie del fuoco da impiegare; sospensione e ripresa dd fuoco; disciplina del fuoco; doveri del soldato relativi ·all'esecùzionc> dd fuoco); dell'im· piego degli attrezzi lel!.l!.eri; dell'impiego degli esplor(ltori e delle. pattuglie nel combattimento (premessa; esploratori: : .genèralità,' impiego; pattuglie di sicurezza e di collegamento: generalità, impiego).' pattuglie di sicurezza e di collegamento: generalità; impiego). 11 secondo capitolo tratta deil'addesJramento del soldato e della squadra al combattimento addesti:ainento · ìndividuale; addestramento deUa· squaèlra; il terzo dell'« addestramento ed .impiego tattico dei reparti» (generalità; plotone:· avvertenze, ordine di combattimento, norme per -il ·combattimento; compagnia: idem come' per il plotone;· battaglione; 'idem come per il plotone. La parte terza consta di 5 capitoli riguardanti:' · le esercitazioni di marcia (premessa; .allenamento delle repute; IJ1arce .settimanali; _marce speciali, norme per la esecuzione delle marce);' 1'addestra11iento delle pattuglie e degli esploratori (generalità; istruzione del soldato: premessa, nòmenclatura ed apprezzamento del terreno; orientamento; esercizi sul modo dL ·raccogliere le : notizie e riferirle; indizi · che possono rivelare .l a presenza del nemico, segnalazione convenzionale; istruzione dei graduati: premessi; .lettura dellé. ·carte· topografiche, · esercizi per il servizio di capopattuglia e capo . !;li- piccola guardia,. capo post.o _di scoper:ta, criterl e dati per la .valutazione dèllè . forz'e nemiche; nòrnie ' per gli. esploratori;. premessa, . generalità, capo-gruppo; 'capo-pàÙuglii, contegno degli ~plohitori, contegno delle pattuglie); il servizio di ordinanza; il rifornimento delle munizioni durante il combattimento (premessa; cartucce trasportate al seguito'. dei . riparti; cattùcce ·richieste a riparti non impegnati); i trombettieri e seg11ali di troo/ba; tamburini e battute di tamburo. ·. N'ef"~apitoÌI II, III ~ IV dclla parte . prima, .della gua).e_ abbiamo omesso, per brevità, la' titolazione dd vari articoli e paragrafi, le Ìnformazioni e le trasformazipni ·p.t'eviste :'sono: per- . la. squadra: distesa, in fila, · serrata di fronte, serrata di fianco; per il plotone. in· ordine chiùso; di fronte, di fianco;·- per -il plotone·sin or-
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dine sparso: disteso, aperto di fronte, aperto di fianco (con le sq-uadre serrate o in fila); per la compagnia in ordine chiuso: plotoni affiancati, linea di fianco, colonna, linea di fronte; per il battaglione in ordine chiuso: linea di fianco, colonna, colonna doppia, linea di colonne. (19) Regolamento di esercizi e di evoluzioni per la cavalleria 1° tomo (cir. colare n. 32, 14-Xl-1869, p. 554), 2° tomo (nota n . 25, 28-11-1870, G.M. 1870, p. 116), 3° tomo (nota n. 126, 19-VIII-1870, G.M. 1870, p. 609). I tre tomi furono pubblicati dalla tipografia Falletti nel R. Albergo di virtù in Torino il 1° ed il 2' nel 1969 (come pure l'« appendice al 1° tomo») ed il 3° nel 1870. Il ministro Bertolé Viale nell'approvare provvisoriamente il regolamento precisò che questo venisse sperimentato per 2 anni. (20) Regolamento d'esercizi e di evoluzioni per la cavalleria in sostituzione di ·quello sperimentale degli anni 1869-1870 (atto n. 216, 1-Xl-1872, G.M. 1872, p. 518}. Al regolamento fece un« appendice», contenente l'Istruzione pel portamento o maneggio del moschetto; la Scuo/,a dei cacciatori e ,l'Istruzione pel portamento o maneggio della pistola a rotazione; diramata dal Ricotti il 1° gi.ugno 1875 (Carlo Voghera . Roma 1875). (21) Atto n. 167, 1-VIIl-1873, G.M. 1873, p. 215. (22) Regolamento di esercizi e di evoluzioni per la cavalleria (atto n. 46, 13-IV-1885, G.M. 1885, p. 68 per il primo volume; atto n. 65, 20-V-1885, G.M. 1885, p. 147 per il secondo volume; atto n. 76, 1-Vl-1885, G.M. 1885, p. 147). (23) Regolamento di esercizi per la cavalleria - bozze di stampa a scopo sperimentale - (atto n. 264, 1-Xll-1889, G.M. 1889, p. 698 per il primo volume; atto n. 277, 20-XII-1889, G.M. 1889, p. 732 per il secondo volume; atti n. 15, 24-1-1890, G.M. 1890, p. 15 per il tel'7.0 volume). (24) Regolamento di esercizi per la cavalleria in sostituzione dell'edizione provwsoria del 1889-1890 (atto n. 1, 3-I-1891, G.M. 1891, p. 1; per il primo volume; atto n. 38, 12-IIl-1891, G.M. 1891, p. 185 per il secondo volume; atto n. 92, 24-V-1891, G.M. 1891, p. 241 per il terz.o volume). (25) Regolamento di esercizi per la cavalleria ,in sostituzione dell'edizione del 1891 (atto n. 13, del 16-1-1896, G.M. 18%, p. 19 per il primo volume; atto n. 33, 10-11-1891, G.M. 1891, p. 50 per il secondo volume; atto n. 94, 28-V-1896, G.M. 1896, p. 147 per il terzo volume). (26) Regolamento di esercizi per la cavalleria in sostituzione dell'edizione 1896 (atto n. 479, 16-X-1912, G.M. 1912, pp. 1414-1415). (27) Manuale d'artiglieria, Voghera Carlo, Roma, Parte prima:
« Arciglieria
da campagna e da montagna» 1888. Parte seconda: « Artiglieria da fortezza» 1890. Parte terza: « Artiglieria da costa » 1891. Parte quarta: « Notizie comuni » 1889. (28) Ministero della guerra. Norme generali per la divisione di fanteria in combattimento. Carlo Voghera, Roma 1883 (atto n. 163, 30-VII-1883, G.M. 1883,
pp.
690-691).
(29) Atto n. 107, 16-VII-1885, G.M. 1885, p. 143. (30) Ufficio del capo di stato maggiore dell'esercito. Norme generali per l'impiego delle tre armi nel combattimento, Voghera Carlo, Roma 1885. (31) Ufficio è:ii capo di stato maggiore dell'esercito. Norme generali per l'impiego delle tre armi nel combattimento, Voghera Carlo, Roma 1887.
CAP. XII • LA NASCITA DELLA NUOVA ltEGOLAMENTAZIONE
401
(32) Ufficio del capo di stato maggiore dell'esercito. Norme generali per l'impiego delle tre armi nel combattimento. Voghera Carlo, Roma 1891 (atto n. 91, 28-V-1891, G.M. 1891 , p. 242). (33) Ministero della guerra. Regolamento di servizio in guerra. Carlo Voghera, Roma, 1882 (atto n. 212, 27-XI-1882, G.M. 1882, pp. 704-705). La parte prima - Servizio delle truppe - è suddivisa in 15 libri e 2 appendici: Libro I - Comandi superiori e stati maggiori in guerra, ed organizzazione dei vari servizi. Libro II - Disciplina e servizio delle truppe. Libro III - Ordini, rapporti, corrispondenze, carte periodiche e registri. Libri IV - Servizio di sicurezza. Libro V · Servizio di avanscoperta, ricognizioni ed informazioni segrete. Libro VI - Marce. Libro VII . Accantonamenti ed accampamenti. Libro VIII • Combattimenti. Libro IX . ·Distaccamenti e partiti. Libro X · Convogli. Libro XI - Attacco e difesa delle fort=. Libro XII • Dei Cai,abinieri Reali. Libro XIII - Convenzioni di guerra. Libro XIV - Requisizioni e contribuzioni. Libro XV - Prede belliche. Appendice I • I struzione intorno alla giustizia militare in guerra. Appendice II - Istruzione intorno agli atti di stato civile, ai te&tamenti ed agli atti di procura, di consenso e di autorizzazione in guerra. (34) Ministero della guerra. Regolamento di servizio in gue"a. Parte I • Servizio delle truppe. Voghera Enrico, Roma 1892 (atto n. 43, 8-Ill-1892, G.M. 1892, p. 63). ru parzialmente modificato con atto n. 1909, 18-V-1899, G.M. 1899, p. 539). (35) Istruzione per il servizio di avanscoperta (atto n. 39, lO-Ill-1890, G.M. 1890, p. 97). Regolamento per le marce del 29-IV-1888. Le due pubbHcazioni, riunite in una, furono pubblicate nel 1905. Comando del corpo di stato maggiore Tstruzione per le marce e per il servizio di esplorazione e di sicurezza in campagna - bozze di stampa. Voghera Enrico, Roma 1905. (36) Mirristero della guerra. Regolamento di servizio in guerra. Parte I Servizio delle truppe. Voghera Enrico, Roma 1896 (atto n. 192, 16-IX-1896, G.M. 1896, p. 414). Furono apportate aggiunte e varianti con: atto n. 242, 16-Vl-1909, G.M. 1909, p. 755; atto n. 151, 26-IV-1910, G.M. 1910, pp. 445-446. (37) Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio Istruzioni e manovre. Servizio in guerra. Parte I - Servizio delle truppe. Voghera Enrico, Roma 1912 (atto n. 434, 18-IX-1912, G.M. 1912, pp. 1302-1304). Abroga la parte I - servizio delle truppe - ddl'edizione 16-IX-1896 ed il capitolo servizio dei Carabinieri Reali in tempo di guerra e l'appen<lice sugli atti di morte parte II approvata con RD. 25-VIII-1899. La parte seconda· - servizio delle intendenze - venne successivamente a mano a mano modificata: servizio sanitario (atto n. 456, 2-X-1912, G.M. 1912, pp. 13621365; servizi logistici (atto n. 534, 22-Xl-1912, G.M. 1912, pp. 1535-1539); servizi per la manutenzione stradale a tergo dell'esercito (atto n. 133, 9-IV-1913, G.M. 1913, pp. 354-357); servizio postale (atto n. 250, 9-Vl-1914, G.M. 1914, pp. 379-340). (38) Atto n. 516, 25-X-1914, G.M. 1914, pp. 1458-1462. Successivamente il Servizio in gu~a subi le v-arianti necessarie ad armonizzarlo· con la nuova re. golamentazione tattica (atto n. 524, 30-X-1914, G.M. 1914, p. 1467).
CAPITOLO XIII
L'IMPIEGO DELLE GRANDI UNITA' DI GUERRA_ 1. Norme generali per l'impiego tattico delle grandi unità di guerra (1903 ). 2. Norme generali per /-!impiego delle grandi unità di' guerra (1910 e 1913). 3. L'esplorazione. 4. La sicurezza. 5. L'azione offen~ siva 11ella battaglia d'incontro. 6. L'azione difensiva nella battaglia d'incontro. 7: L'azione offensiva nella battaglia preparata. 8. L'azione difensiva nella battaglia preparata: 9. · L'inseguimento e la ritirata.
1.
Lè Norme generali per Fimpiego delle tT'e armi nel ·combattimento, edizione 1892 -~ ·gli annì 1890-1893· furono, come abbiamo avuto modo di rilevare, di · grande fervore · nella rielaborazione, nell'aggiornamento e nèlla collocazione in ·s istema di tutta, non solo .d i quella riguardante· l'impiego, la régolamentazio.òe dell'eseréito · italiano - · · furonò sostitiùite dalle Normè generali pèr l'impiegò· tattico delle·, grandi unità di gue"a. · {l). · La nuova pubblic'azione elaborata dal èomando -del corpo '. di stato maggiore, ufficiò . istru'ziorii~ e: •màhbvre .!....... tapq di · ·s tato · maggiore · dell'esercito !l··genètale Saletta - ·- · fu dir.amata, :dopo l'approvazione del minìstro, generale ,-Giuseppe· Ottolenghi (2), 'iL V.aprile· 1903; Essa. consta di .83 pagine; di , 232 ·.paragrafi e di · 3 tavole -illustrative: (una riguarda ia· marcia di ·una divisione di· fanteria su · di una sola colonna; una 1a marcia di ùn corpo ' di armata, su 2 colonne, ·1a te'rza la marcia uri . corpo di armata .su di una sola' colonna . in ordine serrato o non).' Il .: testo, dopo ·le · avvertenze generali e 1e · premesse, è articolato' iri" 6 grandi <:apitoli, dei quali i primi -3 riguardano nell'ordine · la · grande · unità' isolata, fa gt:iande ·unità· inquadrata e · la grande 'ùriità .d 1àla;"il .quarto tratta dell'insegu"imento e della ritirata-, il .quinto· ·delle operazioni notturne ed ·il sesto-- _delle , operazioni in mori.fagna·. La ·novità ché ·p rima salta all'occhio è · che il ·discorso non ferma più.~alla .divisione di 'fariteria ed·r.i .,quella di cavallerfa, conìe
ai
si
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nella pubblicazione precedente, ma abbraccia tutte le grandi unità pluriarma, e cioè anche il corpo d'armata e l'armata, e ne esamina l'impiego secondo che operino isolate, inquadrate od in situazione di ala. Altra novità non meno evidente è il rilievo dato alle operazioni notturne ed a quelle in montagna alla cui trattazione vengono dedicati due capitoli a sé stanti, mentre fino ad allora ai due argomenti si era fatto cenno come a sottocasi delle varie situazioni di combattimento. Nelle avvertenze si legge: « Le presenti norme hanno lo scopo di fornire ai comandanti delle grandi unità di guer.ra i criteri fondamentali che devono guidarli nell'impiego tattico delle truppe. Servono, inoltre, a diffondere in tutti gli ufficiali la conoscenza di tali criteri, affinché, ciascuno, nei limiti delle sue attribuzioni, sappia uniformare ad essi la propria condotta, e l'azione dei v'<lri riparti e delle varie armi sia costantemente indirizzata al conseguimento dello scopo comune. Esse tuttavia non vanno prese in senso assoluto: per l'azione tattica non si possono dar regole fisse, sia a causa delle svariatissime situazioni di guerra, sia per la diversa natul'a dei terreni, nei quali il nostro esercito ppò esser chiamato a combattere. Le disposizioni che si prendono devono però avere di mira il conseguimento della superiorità del fuoco sull'avversario col produrgli il maggior numero di perdite nel minor tempo, risparmiandole, per quanto possibile, a se stessi. Tale superiorità si acquista obbligando l''<lvversario a scoprire le sue forze contro il nostro tiro efficace, eseguito da posizioni possibilmente riparate od almeno coperte alla vista. Ai comandanti di reparto deve essere lasciata quella giusta libertà di azione che è richiesta dal mandato loro affidato, e che loro permette di esplic4re, nella rispettiva sfera di azione e in armonia allo scopo generale, l'iniziativa necessaria per chiunque eserciti un comando in guerra ». La superiorità di fuoco sull'avversario: questo il fine della grandt. e della piccola tattica, a tutti i livelli, dall'armata alla compagnia. La sua ricerca, sfruttando il terreno, è compito di ogni comandante, il quale, proprio per questo, deve essere lasciato libero di agire d'iniziativa in armonia allo scopo generale sulla base di criteri-guida orientativi e non di regole fisse vincolanti. Anche la regola di accorrere al cannone per ,sostenere l'azione delle altre unità impegnate con il nemico non può avere valore '<tssoluto si .Jegge nelle premesse - perché è valida solo quando l'abbandono del comprto assegnato, a giudizio · del comandante, sia di
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minor danno che l'astenersi dall'accorrere al combattimento. Occorre, perciò, che ogni comandante abbia chiara la consapevolezza del proprio compito e conosca il più ampiamente possibile il quadro della situazione generale. Da ciò l'opportunità e la convenienza di ampliare la visione del campo di battaglia facendo precedere le masse da un'armata che muova prima in lontananza e poi in vicinanza dal nemico preceduta a sua volta, nel primo caso, a due o più giornate di marcia, da divisioni di cavalleria in avanscoperta ed eventualmente da un'avanguardia generale, costituita da un grosso corpo di truppa (cor.po d'armata o divisione), incaricato di manovrare e resistere finché l'armata sia riunita là dove il suo comandante ha stabilito. Tale grosso corpo di truppe, temporaneamente isolato nel campo tattico, può trovarsi nella situazione di dover combattere da solo in piena indipendenza e libertà per cui - si avverte nelle premesse - si è ·ritenuto di svolgere particolareggiatamente in queste norme i criteri ai quali egli deve ispirare la sua azione ». Ma le norme, sia se ti.ferite alla grande .unità isolata sia alle grandi unità inquadrate (le seconde, per la presenza di altre grandi unità vicine), stabiliscono restrizioni nel modo d'impiego delle truppe e conseguentemente si limitano a chiarire quale debba essere il contegno dei comandanti nel quadro ben definito dall'autorità superiore: « non riguardano le operazioni nel campo strategico, ma considerano soltanto quelle che si compiono in vicinanza del nemico; sia per riunire i corpi d'armata su di una fronte conveniente sia per il successivo svolgersi delle operazioni tattiche». Avvertenze generali e premesse non solo definiscono con chiarezza lo scopo ed i limiti della pubblicazione, ma tracciano anche lo schizzo del nuovo oampo di battaglia sul quale il fuoco è il protagonista di ogni attività. In tale -ampliamento del quadro d'insieme ed in tale approfondimento dello scopo e dei criteri ispiratori della pubblicazione nulla contraddice, tuttavia, il passato dottrinale, la cui validità concettuale viene anzi sostanzialmente confermata proprio dall'esame più vasto e più particolareggiato dell'intera materia. Dopo il breve cenno delle premesse. all'esplorazione ed alla sicurezza a distanza, cioè nel campo strategico, la pubblicazione entra subito nel vivo dei problemi della grande unità isolata e ne delinea le linee maestre di impiego nella marcia con probabilità d'incontro con il nemico, nell'incontro con il nemico, nell'azione offensiva e nell'azione difensiva distinguendo, per questa ultima, il
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caso dell'occupazione della posizione difensiva nell'incontro con il nemico da quello della occupazione fuori del contatto con il nemico stesso. Un quadro familiare anche alla regolamentazione precèdentè sebbene raffigurato da mano diversa e con l'intendimento di dare · maggiore ·risalto alle operazioni· della grande unità isolata piuttòsto che a quelle della grande unità inquadrata come avevano fatto le Norme generali per l'impiego delle tre armi nél combattimento· e di èstendere i criteri e 1~ modalità di azione a tutte le grandi unità pluriarma piuttosto che riferirli alla sola divisione di fanteria . Ed in verità che si tratti di un'armata o di una divisione il comandante non può ispirarsi che agli stessi criteri generali in quanto applicabili alla forza di cui dispone. Concetto; peraltro, già adombrato nella pubblicazione precedente che sanciva la validità delle norme in essa contenute per « qualsiasi unità di truppe delle tre armi». « Ogni grande unità isolata che marci con probabilità d'incontro con il nèmico» , o mentre questo è pure in marcia, ovvero quando ha già preso posizione, si articola, come nel passato, in 4 scaglioni: cavalleria esplorante; avanguardia, grosso, retroguardia . « l:a cavalleria provvede alla sicurezza della grande unità in marcia spingendo innanzi l'esplorazione», a distanza variabile secondo il terreno èd il tempo occorrente per lo schieramento del Rtosso , primà che giunga nella portata dell'-artiglieria nemica, in modo di garàntire ·Ja colonna dal1e sorprese del nemico e segnalare la pre·sent.a di questo in tempo. « D'ordinario. in · questo servizio s'impieg~ ttìtta la · cavalleria:· deJla grande unità, se questa è un corpo d'armata , si suole distoglierne qualche rioarto per assegnarlo alle ~ivis.ionL. Ie · quali lo impiegano per il coJlegamento fra le colonne, ·per il servizio· di corrispondenza e per il fiancheggiamento». Azione · ~u~sta ultima sempre necessaria, specialmente se la grande unità ·è .isolata o d'ala, ed allà quale è necessario provvedere, per evitare att;aèco di sororesa sul fianco della colonna in marcia, o mediarite la ca~àlleri~ se ·disponibile e se il ·terreno ne consente l'impiego, o mediante reparti · di fanteria marcianti su di una strada con andamento paraJlelo alla direziòne di marcia del grosso oppure, · se ·questa, hon esiste, per mezzo di distaccamenti dell'avanguardia :-o" della testa del · grosso inviati ad intercettare le ·strade che cadono ."sùll~ direttrice di i:ilarcia. Compito dell'avanguardia, la cui azione _deve e~sere coordinata con quella della cavalleria esplorante soprattutto ai fini ·delle informazioni, « è di provvedere alla sicurezza
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immediata della colonna e di opporre una prima resistenza al nemico per rendere possibile al grdsso di entrare in azione .nel modo e nel luogo più c0hvenienti: ». «:La forza dell'avanguardia, la com~ posizione e la distanza dal gtosso » dipendono, caso per caso, ' dal terreno, dallo s·copo che si Vl'.lole cohsegu:ire è dal tempo necessario al grosso· ·per sèhierarsi. Mentre nella: · regolamentazione precedente la forza de!l'wanguardia di una divisione erà fissàta in ·un plotone di cava11eria, un reggimento di, fanteria; · una batteria · ed ·una··éom·pagnia <li zappatori del genio, ora viene fissato il criterio ·che la forza oscilli tra '1/4 ed 1/6 di quella- di tùua ·;Ja, ·coforina. Nulla di · variato rispetto al passato circa il contegno della cavallèria esplorante e dell'avanguardia nel momento che l'una e l'altra s'incontrano con il nemico, sia questo in movimento o . fermo su di una posizione: la cavalleria cerca di persistere· nell'a~ànzata e nell'esplor::izione o, se costretta ad arrestarsi di} forze superiori, estende ]'azione lateralmente, spingendo pattuglie ad aggirare i fianchi dell'avversario, per · cercare di scoprire i limiti della frontè e· determinarne 1a fbrza; l'avanguardia procede offensivamente con~ro le unità. nemiche · che incontra nella sua marcia « sia per accertare al più presto la forza che· ha di fronte ed evitare inu'tiH formate .al grosso, sia. per ingannare l'avversario ~mi-l'entità del1e · proprie . f~rze ed . _approfittare ev:entualmente , degli effetti della sorpresa », ma « non deve. attaccare a fond_o un .•nemico in posizione, o riconosc~ut9 in forze evidentemente superiori», .limitandosi, in questo caso, ad impegnarsi. fo un combattimento temporef!,gia~te ed in u.n a. ac~urata ricognizione de11e posizioni occupate dal nemico e deHa loro estensione. Il grosso della · grande ·unità . marcia preferibilmente su più colonne « sempreché si disponga di str:ade. cosl ra,vvkinate. da Permettere lo schieramento su una fronte ;proporzionata alla forza deUa .grande unità ed allo scopo che si deve raggiungere.». La formazione s.u più-c9lonne mentre favorisce H movimento, ne rende difficile il coordinamento; d'altra .parte, se si dispone di :una sola strada e · si vuole diminuire il _tempo necessario per· lo schieromento, · notevol'mente lungo, si pos'.sono adottare gli ordini di.-maroia serrati. Se il tert'eno lo consente, il grosso può marci~re anche· in formazioni di schieramento o .Prossime a questo, ma si' tratta di una . modalità di azione .che affatica molto le truppe per:ciui-vi si deve far ricorso sol-tanto quando -la situazione la. renda,.necèssar.ia: Quando l'av.anguardia è,impegnata contro un nemico in fo.rze,da colonna ò le colonne .del grosso si :arrestano e serrano sulla t~sta in attesa degli ·ordini· che
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il comandante emanerà dopo essersi recato sul luogo dello scontro dell'avanguardia con il nemico, essersi reso conto della situazione ed ,aver riconosciuto il terreno sul quale dovranno impiegarsi le truppe. Una volta che il comandante ha ·stabilito il suo concetto d'azione, il grosso della fanteria si schiera e l'artiglieria, tutta o parte, occupa le posizioni già scelte dal comandante dell'artiglieria sulla base di tre criteri fondamentali, che garantiscano la più rapida entrata in azione, favoriscano la condotta del fuoco, non richiedano frequenti cambiamenti, i quali cagionano sospensione di fuoco e quindi diminuzione di effetti. « A facilitare l'unità di azione dell'artiglieria, sono ,preferibili, almeno per le batterie del grosso che entrano per le prime in azione, quelle posizioni che siano ad immediata vicinanza dell'artiglieria dell'avangua,rdia, quando da esse si possa sviluppare una sufficiente azione di .fuoco ». La retroguardia, ordinariamente un piccolo reparto di fanteria, ha il compito di « dar sicurezza al grosso contro sorprese di partiti nemici e di curare il servizio di polizia della colonna durante la marcia», compiti che cessano quando il grosso s'impegna ·nel combattimento per cui da tale momento la retroguardia rientra nei ranghi della ,propria unità. L'offensiva resta l'azione preminente alla quale deve tendere, sempre quando sia possibile, ogni comandante di grande unità che ricorre alla difensiva solo quando vi sia costretto dalle circostanze e , comunque, senza perdere di vista i fecondi vantaggi del passaggio alla offensiva per cogliere il momento favorevole per contrattacqare. Indipendentemente da ciò « nessuna forma di combattimento può condurre a conseguire un ,risultato positivo, ove l'azione non sia condotta con ferma e determinata volontà di decidere la lotta». A tal fine è necessario tenere in giusto calcolo le condizioni del terreno senza subordinare interamente ad esse l'attuazione del proprio concetto di azione, ma compensandone gli svantaggi mediante il ,ricorso a formazioni appropriate e ad un razionale impiego del fuoco ed occorre altresì ·che i « comandanti delle varie unità, grandi e piccole, si prestino, d'iniziativa, vicendevole appoggio». « La massima "uno per tutti e tutti per uno" deve guidare in guerra ogni comandante di riparto e così generare quella fiducia reciproca che è indispensabile al conseguimento della vittoria». L'azione offensiva è cadenzata in 4 fasi: schieramento, al quale abbiamo accennato, inizio del combattimento, svolgimento del combattimento, risoluzione del combattimento. L'inizio del combattimento è segnato dall'entrata in azione ,p ronta e simultanea dell'artiglieria, la quale interviene con fuoco concentrato contro l'artiglieria nemica se questa si svela o, in caso diverso, tace
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ovvero apre il fuoco soltanto con un numero di pezzi proporzionato ai bersagli che le si offrono. Lo schieramento della fanteria del grosso avviene sotto la protezione dell'avanguardia e di tutta o parte dell'artiglieria del grosso che entra in azione « fuori del tiro dell'artiglieria nemica, disponendosi di preferenza per ala perché ciò facilita il mantenimento del legame tattico e limita il frammischiamento delle unità». Per la marcia di avvicinamento la fanteria può assumere una fronte maggiore di quella « che si avrà poi al momento d'impegnare il combattimento a distanza di fuoco decisivo di fucileria», ma deve a mano a mano restringerla con movimenti convergenti, spingendo avanti le ali sì da sviluppare il maggior fuoco di fucileria possibile fin dal primo iniziarsi del comhattimento. Lo svolgimento del combattimento segue lo schieramento e comprende la marcia di avvicinamento e lo spiegagamento. ~ / anteria avanza verso gli obiettivi assegnati mascherata al tiro nemico e sfruttando il terreno; se fatta segno al fuoco nemico, si arresta ed apre il fuoco a breve distanza dalla linea di difesa del nemico; evita il terreno dietro le batterie in azione e quello immediatamente avanti; assume di volta in volta le formazioni più adatte « per raggiungere al più presto, colle minime perdite, quelle distanze di tiro da cui le sia possibile sviluppare un'efficace azione di fuoco »; sviluppa tutti gli atti parziali necessari alla conquista di eventuali obiettivi secondari di cui è necessario impossessarsi per servirsene come appigli punti di appog?,io o posizioni di rannodamento. L'artiglieria batte i bersagli che. più molestano la fanteria; appoggia gli attacchi . parziali; dirige il suo tiro contro le presumibili posizioni occupate dal nemico anche quando questo tace; si tiene sempre pronta ad intervenire contro l'artiglieria del difensore non appena questa rientri in azione; si sposta rapidamente in avanti, a scaglioni, quando dalle posizioni ché occupa non è più in grado di appoggiare la propria fanteria; copre i suoi schieramenti ed i suoi movimenti mediante la protezione della fanteria e deUa cavalleria che le sono vicine, e che verrebbero meno ai dettami dell'onore e dal cameratismo, ove mancassero a questo dovere. La cavalleria, inizialmente raccolta dietro una od entrambe le ali dello schieramento, segue il movimento della fanteria; se non può o non deve· continuare l'esplorazione e garantire la slcurezza dei fianchi e del tergo, si mantiene costantemente « in misura di cogliere l'occasione propizia per slanciarsi di · propria iniziàtiva nella lotta, per cercare l'urto con la
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cavalleria avversaria o · per concorrere con minacce di fianco alla riuscita degli attacchi · parzi'ali o, infine, · per gettarsi nel momento risolutivo sul fianco e alle spalle dell'avversario ». « La cavalleria è' 'tuttora--capace di ·prodùrre il· più grande effetto morale, e quindi '. dì raccogliere i più importanti risultati, quando, all'opportuna scelta -del m·òmento· ed alla prontezza nel risolvere, · teng}lno dietro l'ardit ezza· è l'energia nelPeseguire »., La riserva - la cui forza varia da 'un · m-as'simo :di 1/ 2 ad un minimo di 1 / 4 della forza dell'intera grande · unità --· è impiegata, a situazione chiarita, su quel tratto -della fronte · avversaria su cui :si intende esercitare il massimo 'sforzo, ..tenendo presente . che « è inutile sul campo di battaglia 'quella· truppa chè a momento ·opportuno. non prende parte al combattimento». La risoluzione del combattimento s'inizia quando la fani:eria entra nella zona del · tiro efficace della fucileria nemica ed :è · 1a fase più importante del combattimento, nella quale « la capacità manovriera delle truppe, la loro abilità nel tiro e la intelligente iniziativa degli ufficiali subalterni, dei graduati e, fino ad ·un certo punto, ,di ciascun soldato, ·hanno il massimo loro effetto». La' linea di fuoco della.·fanteria è generalmente irregolare e discon·tinu:i dov. endosi adattàre al terreno; l'avanzata avviene a sbalzi brevissimi cli gruppo sostenùti dal fuoco degli altti gruppi in posizione, fa . un · continuo alternarsi, al livello di gruppo, di .fuoco · e di movimento; fanteria ed aitiglièria concentrano il 'fuoco sui punti di applicaziorie degli sforzi e··se l'artiglieria non è in grado di farlo ·dalle ·posizioni clie occupa·· si 'sposta ulteriormente avanti « anc)ie a costo ·delle più gravi perdite,' se a questa sola condizione ·p uò concorrere efficacemente alla riuscita dell'attacco». E' /!effetto del fuoco· che ···decide il nemico alla ritirata; quando il nemico resiste nonostante ·sia · sopraffatto dal fuoco, si lancia l'assàltò: · una parte -delia ·fahteria as-saltà ,con la baionetta ed una parte, da ferma, çdntinu'.a il -fuoco fino- a che .f:lOil danneggi la propria -fanteria e lo sposta successivamente al di là della ·: posizione presidiata dal nemico- per agire sMlle '15atte'tie ,e sulle riserve dell'avversario. Se l'attacco riesce, fa. fanteria insegue con ·. il fuoco il nemico -<la posi.zibni successive, l'artiglieria occupa· schieramenti più avanzati e ·insegue ·anch'essa il nemico iri ritifata, e così opera la cavalleria; · se l\htaéèo, è ·re·spinto, · la fanteria si ·ritira su posizioni di rannodamehto e l'artiglieria- rimane infaiàlìnente sulle proprie posizioni 'per proteggere '·la fanteria~ mentre · la· cavalleria carica la fanteria ne·mica incalzaHte o Pattacca con il fuoco su ·di' un fianco. Nell'azione
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offensiva la · fronte di .combattimento ---· .· variabile, .di volta in volta~ in ·fonziop.e dello sviluppo . della linea·.di fuoco, del terrenQ, . ~elFentità e della direzione degli obiettivi da .raggiungere .- · . oscilla, per ,un. corpo di .armata di .2 divisioni, su effettivi di guerra, dai 3- ai 6 chilometri. Circa la forma della manovra di attacco occorre evitare _l'investime.nto di una posizione forte, quando manovrando si possa forzare il nemiço .ad abbandonarl4 e, .perciò, .è . solo. .la· manovra combinata - . attacco frontale accompagnato dall'attacco di uno od anche di entrambi i fianchi del!'avversario - che conduce ad un risultat~ decisivo. Senza ~scludere . che l'attacco frontale _·_· il quale generalmente va utilizzato . per attirare l'attenzi~ne del . nemico e per tenerlo perplesso il più possibile sull'impiego della sua riserva - . possa essere il principale, ~ preferibile, di norma, dirigere lo · sforzo principale s_ul fianco ·del · nemico minac· · · ciandone la ·linea di ritirata. L'azione difensiva, · nonostante i vantaggi che offre circa là scelta della posizione, fa possibilità di tenersi al cqperto ed il migliore impiego del fuocò, non conduce a risultati decisivi, « ·se nQn .si ha il .deliberato proposito di passare dalla .difesa all'offe~a, a, momento opportuno, mediante il c_ontrattacco ». Essa, tuttavia, può essere imposta dalla situazione generale, dalla natura del . man~ato ricevuto, <la una forte inferiorità numerica o dalle condizioni fisiche e . morali delle truppe. « Una resistenza pas~iva, anche vittoriosa su_.tutti i p1:1nt( non dà che risultati negativi; pertanto ~i deve abbandonare non appena siano cessate le cause che possano averla imposta ». Le linee essenziali dell'azione sono le stess_e di q1,1elle della regolamentazione già in vigore. Nel caso di occupazione della posizione nell'incontro con il nemico: scelta della posizione sulla .quale spiegare il grosso delle forze; sua occupazione s~ttò la protezione dell'avanguardia che deve guadagnare il tempo .necessario a-Ilo spiegamento del grosso; ·ripartizione di questo in un'aliquota di prima linea per · 1a difesa della. fronte ed in un'aliquota, suddivisa in riserve parziali e riserva generale, per la- reazione: le prime destinate al rinforzo della prima Hne·a, la · seconda al ·èÒntrattacco; « dosatura delle due aliquote e delle· due sottoaliquòte in .relazione alle ·circostanze ed allo scopo che si vuol conseguire »; schieramento· delle artiglierie normalmente dietro ·1a linea di fuoco della fanteria, ma, ·se necessario, sulla ~tessa prima linea se meglio cons~nte il tiro effit aée; prima linea possi:bilmente su posizioni che ·abbiano ·n terreno : antistant~ séoperto e favoriscano la radenza di
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tiro dei fucili, rincalzi e riserve tenuti il più possibile al coperto « sia perché possano intervenire di sorpresa nell'azione, sia pet
diminuire le perdite »; sfruttamento degli appigli offerti dal terreno e . ,ricorso, sempre che se ne abbia il tempo, alle trincee ed ai « piccoli lavori che possono servire a trarre miglior partito del proprio fuoco ed a porre ostacoli alla marcia dell'attaccante »; « protezione dei fianchi o appoggiati ad ostacoli naturali o mediante un attivo servizio di sorveglianza e con l'impiego di speciali riserve disposte indietro ed in fuori delle ali ; estensione della posizione « proporzionata alla quantità di truppe disponibili » sl che « le varie parti possano darsi scambievole appoggio». Nel caso di occupazione della posizione fuori dal contatto con il nemico: scelta di una posizione che offra « buon campo alla vista ed al tiro, sia di estensione proporzionata alle truppe disponibili, abbia buon appoggio alle ali, consenta di tenere le riserve al coperto, faciliti le comunicazioni nel senso della fronte ed alle spalle, presenti passaggi obbligati ed ostacoli alla marcia del nemico » ( di tutte queste condizioni che è difficile trovare riunite, quella indispensabile è che 1a posizione abbia dianzi larghe zone di terreno scoperte che si possano battere con fuoco efficace); largo sviluppo della fortificazione campale per mettere la difesa in condizione di fare il miglior impiego del fuoco, tenersi al riparo, favorire gli spostamenti delle unità al coperto e creare il maggior numero di ostacoli all'avanzata del nemico; approntamento di spalleggiamenti per l'artiglieria « in numero superiore a quello delle batterie disponibili per poterle spostare dall'uno all'altro, qualora il fuoco dell'artiglieria avversària divenga soverchi•a nte »; creazione di un sistema di posti di osservazione in ausilio della cavalleria, là dove il terreno sul davanti della posizione è coperto, « per invogliare le manovre del nemico »; eventuale occupazione di punti avanzati - se accrescano la ·resistenza dei tratti deboli della posizione, richiedano poche forze e diano appoggio diretto alle unità schierate sulla linea di difesa - per « logorare il nemico prima che arrivi sotto il fuoco delle truppe disposte sulla linea principale di difesa », ma evitando in ogni caso la disseminazione delle . forze, la quale .provocherebbe la loro sopraffazione, alla spicciolata. Sia nel caso di occupazione della posizione a contatto con il nemico sia nell',altro caso le norme di condotta della difesa non sono diverse se non nella fase iniziale: nel primo caso, la cavalleria, esaurito il suo compito sul davanti, ripiega sull'ida più minacciata o su entrambe ed ivi attende al servizio di sorveglianza
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e l'avanguardia, quando la posizione occupata dal grosso non coincide con quella dell'avanguardia stessa, ma è retrostante, ripiega sul grosso e si inserisce nello schieramento o si raccoglie a tergo con funzione di riserva; nel secondo caso la cavalleria è spinta « innanzi più ch'è possibile, affinché possa informare in tempo il grosso dell'avanzata e dei movimenti del nemico ed il grosso, anziché spiegarsi tutto sin dall'inizio, sulla linea del fuoco ne occupa con un'aliquota solo i punti principali e mantiene il resto indietro, al coperto, in formazioni opportune per occupare le restanti posizioni a ragion veduta o per agire controffensivamente » (disposizione questa che, « oltre ad assicurare la maggior libertà d'azione alla difesa, lascia a lungo il nemico nell'incertezza circa il modo come questa sarà per esplicarsi, e può permettere, in favorevoli circostanze, di valersi della sorpresa, la quale dà sempre vantaggi decisivi » ). Lo sviluppo dell'-azione difensiva, in ogni caso, s'inizia con il tiro rapido dell'artiglieria contro l'artiglieria nemica che prende posizione, sebbene talvolta convenga non impegnare subito l'artiglieria nel combattimento al fine di non svelare le proprie posizioni; continua con il fuoco dell'artiglieria diretto, secondo i casi, in parte contro l'artiglieria ed in parte contro la fanteria dell'attaccante, quando questa ultima si presenti in formazioni vulnerabili; acquista la massima intensità in seguito all'intervento della fanteria della difesa, possibilmente tutta, nel momento in cui l'attaccante inizia l'atto risolutivo; per impedire all'attaccante stesso l'assalto - una solida fanteria, ben collocata e che sappia far buon uso del fuoco, può rendere impossibile all'attaccante ,anche superiore di forze, di giungere a dare l'assalto - e si condude, al giusto momento, con i1 passaggio alla controffesa; nel saper cogliere tale momento sta l'abilità del comandante. Chi perde il momento favorevole, corre il pericolo di trovarsi nell'impossibilità di afferrarlo più tardi. La grande unità inquadrata opera con minore libertà d'azione di quella isolata. Durante la marcia: deve premunit-si, collegandosi mediante la cavalleria con le grandi unità laterali; se preceduta da un'avanguardia generale, può ridurre, sempreché il terreno lo permetta, la forza e la distanza della propria avanguardia e ·talvolta farsi :precedere soltanto da distaccamenti di sicurezza; sorveglia, « e all'occorrenza fa percorrere da reparti di truppa, le comunicazioni parallele alla linea di marcia che vi sia-no negli intervelli fra colonna e colonna»; ad avvenuto incontro con il nemico,
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sulla· base '. degli, ordini · c;lel .comandante. dell'intero complesso di g~an.çli: unità inquadrate, si ripartisce: schierandosi. secondo gli obiettiyi assegn,atile; il terreno e lo spazio di manovra. Nell'~one afifèn,siva: . essa. agisce generalmente con azione .frontale, anche se « a: cagione. della estensione della fronte e della differente densità delle\ ;ruppe.» ·puÒ' talvolta agire con « azioni parziali di fianco od avvolgenti. per ·la conquista. dei .differenti obiettivi »; se va ad urtare ·.contro :un'estremità .della fronte avversaria, passa· all'azione avvolgente. Nell'az~~ne difensiva: essa opera vincolata dal posto che occupa .nello -schieramento e ·dagli ordini. ricevuti, ma coordina costantemente. la .propria azione con .quella delle .unità laterali considerandosi· come . un anello di una medesima catena. . . .. ·.La grande u.nità d'ala, nella marcia si- comporta come un'unità iso)ata nei· rigua~d( del .fianco _scoperto e come un'~nità inquadrata nei rigua,rdi ;del.. Hanc.o coperto. Nell'incontro con il nemico può o ur:ta:te in pi~no . contro .la fronte nemica, o trovarsi tutta, o solo in p~rte,.·senza serie .resistenze davanti a sé; nel primo caso prepondera . con le sue forze . sull'ala esterna per impedire di essere aggirata; · neL seeondo caso inizia il movimento avvolgente con quella aliquota delle. tmppe che risulta sporgente della . fronte .nemica, dandò: immedi~tamente avviso di cip al comandante dell'intero coi:po; ·,~< H . va,ntaggio the si ritrae dall;avviluppate il nemico e il danno dell'esserne . avviluppati, conferiscono speciale-importanza alle grandi unità che. sono alle ali di corpo di ,t ruppa. Nei loro coman. danti si. richiede maggiore iniziativa e maggiore prontezza a giudicar le situazioni; nelle loro truppe una maggior rapidità di manovra». L'inseguimento continua ·ad essere regolato secondo i dettami della·· vecchia · regolamentazione. ed· è considerato azione propria, altre diè 'delfa.·è~valleda e dell'artiglieria leggera, anche dei reparti ciclisti, fermo restando che possa concorrervi anche la fanteria ed aggiungendo che ,neppure l'oscurità, '·in · certi limiti, può ·giustificarne .. l:a :sospensione. I criteri : e lè -modalità di azione della ritirata ,sbno , :ab.eh'e~si· pr~$$oché an:aloghi ·. ii: quelli già in vigore in preçedenza . sia· che: si: tratti .di ritirata dal campo .di battaglia · sia di ritirat.a fuorl -del . contatto c~l _nemico . . Eccezione fatta per una diversa disposizione ~d. articolazione dei vad argomenti, -la pubblicazione :del :generale Cosenz .e quella del generale Saletta sono i · tal riguardo quasi eguali, sebbene la seconda accentui ·il carattere di 'elasticità .delle .notme là . dove sottolinea~ .a proposito. della · riti0
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rata dal campo di battaglia, che « non si possono dare norme per l'esecuzione di una ritirata di grandi masse di truppe: sola regola generale è di far precedere allo sgombero della posizione un vigoroso atto controffensivo, che dia mezzo di acquistare tempo ,per iniziare ..la ritirata, senza .essere incalzati troppo da vicino », e là dove, a proposito della retroguardia nella ritirata fuori dal contatto con il nemico, aggiunge: « non si possono dare norme partico, lareggiate sul . contegno e sul modo d'impiego della retroguardia: tutto dipende dalle circostanze e dalla genialità del capo che la comanda». Scopo delle operazioni notturne è . diminuire le perdite alle quali ci si trova esposti nelle operazioni organizzate ed eseguite di giorno. Esse però sono di difficile esecuzione e richiedono forze agguerrite e ben disciplinate. Sono opportune e convenienti per compiere i movimenti preparatori di un'azione da svolgere di sorpresa all'alba, per ripetere all'imbrunire un attacco non riuscito di giorno, per sorprendere un « nemico abitualmente trascurato nel servizio di sicurezza o straordinariamente logoro ed affaticato da combattimenti precedenti». Le grandi unità di norma non combattono di notte; i combattimenti notturni sono propri delle minori unità di fanteria che li conducono contro obiettivi ben definiti impiegando l'arma bianca, in quanto né l'artiglieria, a meno che nella guerra di assedio, né la cavalleria vi possono trovare utile e conveniente impiego. Il fuoco trova impiego eccezionale solo nell'azione difensiva « in circostanze ben determinate, ad es. per battere le strade d'accesso alla posizione, lo sbocco di ponti o di strette». « Le formazioni da impiegare sono quelle chiuse e, nell'attacco, le linee di colonne seguite a breve distanza da riserve parziali nella medesima formazione od in formazione più ristretta ». Iniziato l'attacco, si deve continuarlo senza interruzione, in modo che nelle proprie truppe non venga meno lo slancio, e quelle del ,nemico non abbiano tempo di riacquistare la calma e disporsi a resistere. Intere grandi unità possono invece, muovere di notte in vista di un'azione da compiere sul fare del -giorno, ma occorre che: .il terreno da percorrere sia stato riconosciuto di giorno; sul terreno siano stati precedentemente indicati punti di orientamento facilmente riconoscibili; in testa alla colonna od alle colonne precedano forti pattuglie di combattimento, « formate da uomini scelti, colleg.ati ·al grosso con altri che sian disposti a conveniente distanza l'un dall'altro ». Se, invece, è il nemico che opera di notte, oc-
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corre disporsi in posizione, non appena si avvertono le sue mosse, e fargli pagare caro con H fuoco il suo tentativo di attacco quand'anche esso sia riuscito ad avvicinarsi a breve distanza con forze numerose. Nelle situazioni difensive diventa, perciò, essenziale evitare la sorpresa perché l'esporre le truppe ad essere vittime. di una sorpresa equivale a sicura rotta, benché « una truppa coraggiosa e disciplinata, se sorpresa, anziché darsi al panico, cerca di fare fronte al nemico come meglio può, per dare tempo alle truppe più vicine di ordinarsi e, se possibile, accorrere in suo aiuto ». Le operazioni in montagna subiscono l'influenza del clima (rapidi sbalzi di temperatura e frequenti fenomini meteorici) e del terreno (robustezza intrinseca delle posizioni, lentezza dei movimenti, scarso numero delle comunicazioni e forte pendenza di quelle esistenti). Nel concepire di organizzare le operazioni in montagna occorre rivolgere « speciale cura alla vigilanza delle retrovie, a causa della scarsità delle comunicazioni e della facilità colla quale possono essere intercettate ». Il possesso dei nodi stradali di fonJo valle e di quelli che si trovano sulle dorsali consente rispettivamente gli spostamenti delle truppe in varie direzioni e lo svolgimento di manovre dall'alto verso il basso. « Soltanto spiccate qualità di iniziativa e di carattere nei capi in sott'ordine » e « truppe educate fin dal tempo di pace a vigoroso spirito offensivo, abili nel tiro e nella manovra, resistenti alla marcia, forti nel sopportare disagi ed intemperie e con un alto grado di solidità nella lotta » possono condurre a superare gli ostacoli di varia natura che le regioni montane oppongono allo svolgimento delle operazioni militari. Il terreno di montagna influisce, inoltre, sul modo di combattere delle varie armi. La fanteria ne subisce meno l'influenza, ma le sue formazioni sono talvolta imposte dalla struttura del suolo e spesso la sua azione si svolge senza l'ausilio dell'artiglieria. La fanteria deve, perciò, essere in grado di preparare, svolgere e decidere il combattimento da sola. L'artiglieria da montagna è spesso in condizioni, per la sua costituzione e per il suo speciale addestramento di appoggiare efficacemente anche nelle regioni più difficili l'azione della fanteria; quella da campagna può trovare utile impiego nelle regioni più elevate, « di solito non ha altro modo di spiegare la sua azione tattica che quello di ricorrere all'appiedamento ». La stessa esplorazione è affidata alla fanteria, sebbene piccole unità di cavalleria, particolarmente addestrate, possono concorrere all'esplorazione spingendosi innanzi sulle retrovie. La forza dell'avanguardia e la sua distanza dal grosso sono più varia-
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bili che sugli altri terreni perché nel determinarle è necessario tenere conto degli allungamenti delle colonne provocati dalle strade a forte pendenza e dalle mulattiere, dei più numerosi e forti ostacoli che l'avanguardia deve superare, della più frequente necessità che essa occupi località o punti importanti « il cui possesso sia indispensabile per il buon proseguimento della marcia». « Quando si marcia da punti elevati verso il basso ed il terreno antistante è scoperto, la forza e la distanza dell'avanguardia si possono ridurre al minimo; quando invece si marcia dal basso verso l'alto od in terreno sul quale le alture si avvicendono colle depressioni, conviene aumentarle ed anche spingere l'avanguardia ad occupare in precedenza determinati punti, e ciò allo scopo di non essere sorpresi». Nell'azione offensiva, appena segnalato il nemico, l'avanguardia ed il grosso serrano sulle teste per diminuire la grande profondità che assumono le unità nella marcia e distribuiscono le loro truppe sulle rispettive fronti necessariamente in modo irregolare. La prima linea viene ad essere costituita da gruppi di forza variabile , più o meno intervallati fra loro secondo il terreno, ma .possibilmente in linea sulla fronte scelta. Le unità retrostanti, sebbene suddivise, seguono la prima linea e « cercano di mantenersi a contatto con essa per rinforzarla». L'attacco frontale ha scarse probabiltà di successo « se non vi è il concorso di reparti i quali, anche soltanto col fuoco, agiscono sui fianchi dell'avversario. Da ciò non consegue però che l'attacco frontale sia da escludersi assolutamente. Massima per i reparti inquadrati, un tal modo di azione spesso è imposto ». Se l'attacco riesce, l'artiglieria fa l'impossibile per portarsi sulle posizioni dalle quali possa cooperare all'inseguimento sviluppato dalla fanteria (in montagna una ritirata eseguita sotto la pressione dell'inseguimento si trasforma spesso in una rotta completa); se l'attacco non riesce « la fanteria, come in pianura, deve trovare nell'artigiieria rimasta in posizione un valido appoggio per rannodarsi, per preparare ritorni offensivi, oppure la ritirata ». Nell'azione difensiva, avvantaggiata dalla robustezza naturale delle posizioni, è conveniente: occupare le posizioni che richiedono poche forze per arrestare l'avanzata dell'attaccante, in modo di assicurarsi i vantaggi della resistenza passiva ed al ,t empo stesso avere la disponibilità di molte forze per le operazioni attive; mantenersi sulle posizioni di dominio tattico che diminuiscano la radenza del tiro, consentano di tenere il nemico più lungamente sotto il fuoco e di mantenere le riserve al coperto fino al momento opportuno; sbarrare una stretta a cavaliere di una valle dislocandosi sulle dorsali principali dalle quali
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si distaccano gli speroni che formano la stretta; « talvolta impedire all'avversario l'avanzata lungo la valle, occupare una posizione di fianco su uno dei .versanti, obbligando così il nemico a combattere con la propria linea di ritirata sul prolungamento della fronte ed in condizioni tattiche generalmente svantaggiose »; presidiare i nodi orografici il cui possesso garantisca la padronanza dell'intera posizione e renda più facile l'azione controffensiva; difendere le insellature .mediante l'occupazione delle alture che le racchiudono e assicurandosene il possesso o con reparti di presidio o indirettamente con il fuoco. Ma la difesa deve al momento opportuno passare all'azione controffensiva perché, anche in montagna, sono sdlo gli atti offensivi o controffensivi improvvisi che raggiungono i risultati decisivi; anzi, questi sono maggiori che su altri terreni, in quanto gli aggiramenti delle posizioni frontali e le azioni sui fianchi producono conseguenze disastrose. Fin qui la parte essenziale della dottrina tattica contenuta nella pubblicazione diramata nel 1903 che segnò, senza dubbio, un nuovo e significativo progresso nell'evoluzione del pensiero mrlitare italiano. Se le norme del generale Cosenz avevano conservato necessariamente qualcosa di rigido e di precettistico dato il livello della grande unità preso in esame, quelle del generale Saletta, 'liberate dalle modalità proprie della divisione di fanteria e di cavalleria, pur sostanzialmente fedeli ·nei contenuti ·ai principi ed ai criteri d'impiego generali sanciti dal generale Cosenz, ne accentuarono le caratteristiche di elasticità e di ··duttilità ed al tempo stesso ne ampliarono i1 campo di applicabilità. La dottrina sulla grande tattica, si può dire che rimane la stessa, così pure la visione delle grandi operazioni militari e del combattimento sul campo di battaglia di allora, ma di ogni norma ripetuta od aggiunta non ci si limitò all'enunciazione, ma si vdlle illustrarne l'origine e darne la motivazione. Non che la pubblicazione del generale Cosenz avessè avuto il carattere di un codice di com·portamento valido in tutte le situazioni e su tutti i terreni, ma senza dubbio la · pubblicazione del generale Saletta meglio rispose all'intenài~ènto, che peraltro era stato anche del generale Cosenz, di evitare che l'applicazione delle norme diventasse un fatto automatico; quasi meècanico, anziché il risultato di un confronto ragionato tra la norma e la realtà del momento operativo sì da adattare quella a questa e non viceversa. I criteri e le principali modalità di azione furono fatti derivare da considerazioni oggettive e realistiche e la loro validità, se da una parte acquistò valore più ampio che nel passato, dalÌ'altra subì le limitazioni proprie degli ambienti naturali,
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come, ad esempio, quelle della notte e della montagna . Nessuna frattura o lacerazione tra il pensiero del generale · Saletta e quello del generale Cosenz; solo un modo diverso, magari più vasto e più. moderno, d'impostare e di sviluppare il discorso sulla grande tattica . C'è tra i due identicità di vedute quasi assoluta sui principi e sul criter1 generali; talune divergenze di apprezzamento su alcune questioni, da allora ad oggi ancora discusse - il · generale Cosenz, ad esempio, aveva giudicato poco redditizia e assai pericolosa la manovra di avviluppamento che, invece, il generale Saletta non esclude non interrompono e tanto meno deviano il corso della dottrina tattica dal letto di scorrimento preparato dal generale Cosenz; ·
2. La pubblicazione del generale Cosenz, sebbene modificata ed aggiornata successivamente~ era rimasta in vigore dal 1885 al 1903, menti-e ' quella del generale Saletta ebbe vita più breve -· - meno di 7 anni perché venne sostituita, nel 1910, dalle Norme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra, compilate dal comando del corpo di stato maggiore - ufficio istruzioni e manovre - capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Pollio . - ed ·approvate dal ministro della guerra generale Spingardi che le diramò sotto forma di ·bozze di stampa (3 ). L'edizione definitiva vide la luce, oltre 3 ·anni dopo, nel 1913 (4) . Il periodo del binomio Spingardi Pollio ~il primo, ministro della guerra dal 4 aprile 1909;al 24 marzo 1914 ed il secondo, capo di stato maggiore dell'esercito dal 1° lug1fo 1908 al 1° luglio 1914 - fu uno dei più fecondi e dei più ricchi di risultati in tutti i settori della preparazione dell'esercito alla guerra, compreso quello della regolamentazione d'impiego e addestrativa che fu completamente rielaborata in un nuovo sistema organico ed ordinato. In tale lavoro il generale Pollio agì nel massimo rispetto .dell'operato dei suoi predecessori, condividendone ed apprezzandone le idee-guida ·e si giovò, oltre che della sua mirabile elasticità di mente, larghezza di vedute, profonda cultura generale e tecnico-professionale, esperienza di guerra e di studio, anche del contributo delle menti più elette dell'esercito e degli ammaestramenti tratti negli anni .dalla normale attività addestrativa e, in particolare, dalle. manovre per i quadri e dalle esercitazioni annuali delle grandi unità. A lui parve maturo il fatto che ci si era attesi dalla· regolamentazione degli anni precedenti e, non per capriccio di novità e tanto meno _per ·ambizione 0
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di riformatore - la sua modestia e la sua ritrosia al culto della personalità, come si direbbe oggi, furono, tra 1e tante, due delle sue virtù più peculiari - sentl l'esigenza di chiarire, ammodernare ed equilibrare meglio le idee sull'impiego e sull'addestramento, esigenza tanto più sentita quanto più acceso si fece in quel periodo l'estremismo francese dell'offensiva ad oltranza e tanto più vivace la polemica sulle manovre di avvolgimento, di avviluppamento e frontale. Egli volle prima di tutto riaffermare, in linea di principio, l'impostazione dell'equilibrio: « Nelle cose di guerra o non esistono ptincip1 valevoli per tutti i casi o, se esistono, hanno caratere così generale, che in pratica a ben poco possono servire, perché sulla loro applicazione troppo influiscono le circostanze, sempre mutevoli, in mezzo alle quali si svolgono gli avvenimenti. Se poi si considera che tali avvenimenti, incalzando di solito con estrema rapidità, non lasciano in genere gran tempo alla riflessione, si potrebbe essere indotti senz'altro a concludere che la sola guida per chi comanda stia nella propria genialità e nella prontezza e acutezza del proprio intuito, se queste però non fossero, come sono, doti naturali che l'esperienza e lo studio possono sviluppare ed affinare. Da questa considerazione deriva l'importanza di alcune norme generali di condotta, desunte essenzialmente dall'esame critico obiettivo dei fatti di guerra, le quali, pur non avendo nulla di assoluto, permettono, quando siano razionalmente seguite, di sfruttare nel massimo grado la potenza di cui si dispone e di sottrarre alla bizzarria del caso il maggior possibile numero di fattori del buon successo». Così scrive il Pollio nelle avvertenze generali delle Norme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra ed in tali concetti sono incisivamente sintetizzate la sua visione del campo di battaglia ed il suo modo d'intendere la dottrina d'impiego: questa libera da ogni assolutismo e precettismo vincolante; quella intonata ad un perfetto ed armonico funzionamento, pur nelle difficoltà dell'incalzare degli avvenimenti, delle articolazioni dei mezzi di cui un esercito moderno può disporre. « Condizione principalissima perché una macchina così poderosa quale è un esercito moderno possa funzionare efficacemente è che essa sia bene articolata nelle sue parti e che ciascuna di queste sia stata convenientemente apparecchiata a compiere il proprio ufficio in giusta armonia con le altre e col maggiore vigore e colla maggiore efficacia possibile. Senza questo perfetto ed armonico funzionamento delle parti, non può un esercito moderno sperare di poter superare ordinatamente i molti e gravi ostacoli che si opporranno ai suoi movimenti e alla sua manovra. Donde l'opportunità di regolare con
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speciali norme la condotta tattica delle grandi frazioni nelle quali la massa è suddivisa, cioè appunto delle grandi unità di guerra, vale a dire delle armate, dei corpi d'armata e delle divisioni». Dottrina, ordinamento tattico, addestramento: il trinomio sul quale il generale Pollio fonda 'la preparazione delle grandi unità all'impiego in guerra. Non si tratta evidentemente di una novità, ma è il modo di esprimerla e di legare insieme i tre fattori in un tessuto connettivo conseguenziale che dà al pensiero una chiarezza ed una logicità di sviluppo del tutto nuove. Non sono tanto le novità, sebbene ve ne siano, che costituiscono il pregio maggiore della regolamentazione tattica del generale Pallio, ma la lucidità e profondità del pensiero, la concretezza delle idee e l'acutezza dell'espressione rilevabili in tutti i suoi scritti e, in particolare, nelle « Norme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra » che costituisce la pubblicazione dottrinale fondamentale, nel senso letterale dell'aggettivo, dalla quale derivano come figlie da madre o come anelli di una stessa catena tutte le altre. Delle due edizioni - quella in bozze di stampa del 1910 e quella definitiva del 1913 - prendiamo in esame la seconda che ha poche differenze rispetto alla prima, più che altro di carattere formale o secondario. Essa consta di 134 pagine, di 299 paragrafi e di 5 grafici (2 riferiti al movimento di una divisione di fanteria su di una o più colonne, 2 al movimento di un corpo di armata di 2 divisioni su di una o due colonne, 1 al movimento di un corpo di armata di 3 divisioni su di una sola colonna. Oltre la premessa e le avvertenze generali comprende 7 capitoli: I Marcia di una armata, II Marcia con probabilità d'incontro col nemico, III Battaglia d'incontro, IV Battaglia preparata, V Inseguimento e ritirata, VI Interruzione del combattimento, VII Operazioni nelle regioni di montagna. Il titolo della pubblicazione - lo stesso della pubblicazione del generale Saletta a meno dell'aggettivo tattico che accompagnava il sostantivo impiego ora eliminato - da una parte è conferma della continuità del filone dottrinale precedente, dall'altra indica che l'impiego delle grandi unità non riguarda solo la grande tattica, ma rientra in una certa misura anche nel dominio della strategia, sebbene questa dipenda generalmente « da circostanze di fatto che non è possibile prevedere » e che risentono « della libera e geniale azione direttiva di chi ha la suprema responsabilità del comando», sfuggendo cosl « al dominio di qualsiasi norma regolatrice ». L'eliminazione dell'aggettivo significa, inoltre, lo stralcio dalla pubblicazione delle norme tattiche proprie dell'impiego di ciascun'arma,
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e della cooperazione interarmi che vennero successivamente raccolte e riunite nella pubblicazione Norme per il combattimento (5) che esamineremo più avanti e che furono compilate, come i regolamenti tattici propri di ciascun'arma, secondo lo spi-rito delle Norme generali. Oggetto della pubblicazione restano, dunque, « le operazioni che si compiono in vicinanza del nemico, sia per disporre le truppe in opportune condizioni di concentramento per affrontare la battaglia, sia per lo sviluppo dell'azione tattica successiva». Tra le condizioni per favorire il movimento e l'entrata in azione delle grandi unità vi sono anche l'esplorazione e la sicurezza a distanza, per cui la pubblicazione reinserisce nel capitolo Marcia di un'armata anche l'impiego strategico della cavalleria avanti alle armate e del. le avanguardie generali, pur rimandando circa le norme particolari per fa esecuzione di queste due operazioni, al Servizio in guerra, allora in rifacimento. Nella parte prima, capitolo V, dell'edizione del 1912 di quest'ultima pubblicazione, il generale Pollio tracciò il quadro completo dell'esplorazione lontana (avanscoperta) fatta dalle divisioni di cavalleria e dai reparti ciclisti « spinti davanti alle armate ad una distanza che può anche essere di parecchie giornate di marcia », dell'esplorazione vicina « fatta in un raggio da 10 a 20 km da reparti di cavalleria e di ciclisti assegnati organicamente alle grandi unità di guerra o temporaneamente ai corpi che operano isolati » e dell'esplorazione per il combattimento « alla quale concorrono tutte le armi » e, in particolare, la cavalleria « esplorando i fianchi ed il tergo dell'avversario e le altre armi la fronte ed i fianchi propri». Nella premessa viene confermato, quasi con le stesse parole della pubblicazione del generale Saletta, che le norme sono destinate, in modo speciale, ai generali comandanti delle grandi unità, ma che esse mirano anche a diffondere notizie utili agli ufficiali di qualsiasi grado; nelle avvertenze generali, oltre quanto ne abbiamo già riferito, viene ribadito il concetto della giusta libertà di azione da lasciare ai comandanti ·i n sotto ordine perché possano « esercitare con piena efficacia il rispettivo comando di guerra ed imprimere alla propria azione quel carattere personale, che, mentre è sicuro indizio di sapere e volontà, è altresl condizione essenziale per ottenere buoni sue<:essi ». « Ciascun comandante 'in sotto ordine - si legge subito dopo - dovrà, d'altra parte, ispirare costantemente la propria condotta al supremo fine del conseguimento dello scopo comune, fissato dal comandante supei-iore. Cosl soltanto potrà ottenersi quell'accordo che, in guerra significa qualche cosa di più e qualche cosa di meglio che non una semplice somma di singoli
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sforzi; quell'accordo cioè che, fondato sull'appoggio reciproco e sul sentimento di cameratismo nel quale sta la più alta poesia del campo di battaglia, moltiplica le energie individuali e le compone in un fascio irresistibile di energia collettiva ». Sl, dunque, alla libertà di azione, ma sì anche al dovere di solidarietà sintetizzato dalla regola dell'accorrere al cannone sempreché « l'abbandono del compito speciale assegnato possa produrre, a giudizio del comandante interessato, minor danno che non l'astenersi dall'accorrere alla battaglia di propria iniziativa>>. Proprio come aveva scritto il generale .Saletta. Le avvertenze generali, per la prima volta nella storia della regolamentazione tattica italiana, esprimono anche un'ipotesi strategica di base che esclude ogni volontà aggressiva contro terzi in armonia con la politica generale praticata dal 1870 in poi ed orientata soprattutto a difendersi da ovest, da nord e da est senza per questo rinunziare definitivamente alla riunione con la Madrepatria delle provincie italiane ancora soggette allo straniero. Un'ipotesi impostata sulla probabilità che fin dai primi giorni di un'eventuale guerra futura, stante la rapidità con la quale era già possibile mobilitare e radunare i grandi eserciti, forze notevoli potessero trovarsi a contatto lungo una gran parte della frontiera e che, conseguentemente, o la copertura (fortificazione e truppe mobili) avrebbe retto in sito per il tempo necessario a « dirigere le forze principali colà dove potrà meglio convenire per muovere risolutamente all'offensiva, o la copertura, una volta che il nemico fosse riuscito a sfondare fin dal principio la prima linea di difesa, avrebbe dovuto impegnarsi per contrastarne l'ulteriore avanzata ». In entrambe le eventualità il comando supremo avrebbe dovuto decidere, in base alla situazione politica e strategica del momento, « quali forze sarebbe stato opportuno di mettere in azione, quale avrebbe dovuto essere la loro prima disposizione sul teatro d'operazioni e come avrebbero dovuto essere dirette». Da qui la probabilità dell'impiego simultaneo sui vari scacchieri d'intere armate - cioè di più corpi d'armata organicamente raggruppati - e -la possibilità che esigenze . di manovra rendano necessaria la scissione delle armate e dei corpi d'armata, mentre, di regola, non va scissa la divisione che, riunendo organicamente tutti gli elementi di forza per la battaglia costituisce una vera e propria unità tattica. La pubblicazione del generale Pollio sviluppa la trattazione degli argomenti riguardanti il movimento, l'azione offensiva e quella difensiva riferendola alla situazione - battaglia d'focontro o battaglia preparata - nella quale la grande unità ·deve iniziare il combatti-
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mento, anziché alla posizione occupata dalla grande unità stessa nel quadro generale delle operazioni (isolata, inquadrata, d'ala). La diversa impostazione non ha solo carattere formale, ma anche concettuale in quanto rende manifesta una nuova valutazione della preminenza da dare ai vari fattori che incidono ~ulla concezione, organizzazione e condotta delle operazioni. Un'impostazione, quella del generale Pollio, assai più aderente alla realtà prossima nella quale il tipo della battaglia, appunto se d'incontro o preparata, avrebbe, o avrebbe dovuto, esercitare un'influenza determinante sulla decisione di ingaggiarla o non e sul come, dove e quando svilupparla. Altra novità concettuale di rilievo è l'introduzione, come argomento a sé stante, dell'interruzione del combattimento intesa non come manovra in ritirata imposta dall'esito sfavorevole di una battaglia, ma come un'operazione da sostenere nei « casi {oggi con frequenza maggiore che nel passato) nei quali lo stesso scopo generale pel quale un combattimento s'impegna, implichi la necessità di interromperlo e di sottrarvisi allorché a una certa fase dell'azione si sia ottenuto lo scopo particolare cui questa mirava » (proteggere lo sfilamento di una colonna, impedire per un certo tempo al nemico d'impadronirsi di una posizione importante, ingannare il nemico, con una parte delle forze, sull'operazione del grosso, ecc.). L'interruzione del combattimento - operazione certo assai difficile, ma non impossibile - è diretta a « disimpegnare ordinatamente le proprie truppe da una azione tattica già avviata e ad allontanarle dal campo di battaglia mediante un movimento retrogrado cosciente e preordinato »; impegna generalmente forze non superiori alla divisione; è più facile nell'offensiva che nella difensiva; la sua riuscita dipende anche dalla specie e dalla saldezza delle truppe, dal terreno, dal contegno dell'avversario e « soprattutto, come sempre, dalle qualità di chi comanda»; può essere eseguita « o subito, o dopo le prime avvisaglie dell'avanguardia o degli avamposti, oppure quando la lotta, sebbene già alquanto avanzata, non sia ancora entrata nella fase risolutiva »; per condurla a buon fine occorre la disponibilità di « una riserva molto grossa » per assicurare al momento opportuno il ripiegamento delle forze impegnate e la raccolta di tutte le unità su di una posizione arretrata di rannodamento posta a cavallo o su di un fianco della principale direttrice di ritirata. La pubblicazione dedica, come quella del generale Saletta, un capitolo alle operazioni in montagna, mentre omette quello riguardante le operazioni notturne che, a ragione, il generale Pollio preferì trattare nelle Norme per il combattimento alle quali dedicheremo il
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prossimo capitolo per dare un'idea .precisa di come egli si figurasse ·l'impiego delle varie armi e la loro cooperazione sul campo di battaglia. Circa le operazioni in montagna il generale Pollio distingue quelle « che si svolgono nelle regioni più facili e meno elevate e che tendono a gravitare lrungo le valli, da quelle che si debbono compiere nella parte più alta ed impervia della montagna » e, mentre nella pubblicazione si limita ad esaminare le prime, rinvia la trattazione delle seconde alle Norme per il combattimento. Il quadro delle operazioni in montagna delineato dal generale Pallio non è diverso, nelle linee generali, da quello del generale Saletta, ma è più ampio e circostanziato, colora meglio le caratteristiche peculiari dell'ambiente ed i vantaggi e le difficoltà che ne derivano alle operazioni militari e dà maggiore spicco aU'importanza del possesso di una grande zona montana di confine che « per quanto essa ordinariamente non possa essere teatro di battaglie veramente decisive eserciterà tuttavia un'influenza sempre grandissima e talvolta capitale sulle operazioni più complesse che si svolgeranno nella pianura». Tre le fasi successive di un'invasione attraverso una zona montana: conquista dei passi di confine, traversata della zona montana, operazioni di sbocco da essa. Un'invasore ardito ed intelligente maschera le sue intenzioni con azioni dimostrative e punta in forze su uno o due passi soltanto, riuscendo quasi sempre a far prevalere -la propria superiorità e ad aprirsi la strada per determinare la caduta dell'intera fronte. Nell'interno della retrostante zona montana « una difesa semplicemente passiva finirà per essere inevitabilmente girata sui fianchi e minacciata nelle comunicazioni ». Da qui la necessità di « tendere ad assicurarsi, fin da principio, l'iniziativa delle operazioni ovvero a riacquistarla, se momentaneamente perduta», occupando, come aveva già scritto il generale Saletta, i nodi stradali di fondo valle che « permettono gli spostamenti delle truppe in diverse direzioni, ma specialmente i nodi di comunicazione delle dorsali », che consentono libertà di manovra e le operazioni dall'alto verso il basso. Le difficoltà e le caratteristiche della guerra in montagna - grande estensione della fronte, limitazione dei collegamenti fra le varie colonne, grandi allungamenti delle colonne in marcia, robustezza delle operazioni e loro resistenza agli attacchi frontali in uno con il tempo e la fatica per attaccarle di fianco o da tergo, lentezza dei movimenti, influenza delle rapide variazioni meteorologiche, discontinuità del terreno che comporta la separazione delle forze ed il frazionamento del comando, limitatezza logistica, largo campo offerto all'imprevisto ed alla sorpresa - debbono indurre ad evitare in genere le operazioni complicate, a procedere per gradi successivi, distinti da successivi
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obiettivi, a vigilare sulle retrovie, a conoscere chiaramente lo scopo generale da conseguire, ad indicare ,particolareggiatamente la direttrice di marcia che ciascuna colonna deve seguire e l'ora nella quale deve giungere in un punto ben definito, ad assicurare il collegamento è la cooperazione fra le varie colonne mediante modalità assai semplici, a persistere con fermezza nel disegno primitivo, a studiare accuratamente le operazioni notturne e nella nebbia, ad esplicare grande iniziativa e grande cooperazione interreparti ed interarma. Tutte cose già inserite nella pubblicazione del generale Saletta e convalidate e ribadite dal generale Pollio che conferma, altresl, il modo di combattere delle varie armi, cosi come già delineato, aggiungendo che « anche l'artiglieria pesante campale potrà in genere trovar modo di collocarsi nelle vicinanze della strada di fondo valle» e che « l'impiego degli obici sarà particolarmente utile perché il loro tiro curvo darà spesso modo di battere angoli morti e posizioni che, col cannone, non potrebbero essere colpite». Per il servizio di esplorazione e quello di sicurezza assegnati essenzialmente alla fanteria, come · previsto dalla regolamentazione precedente il generale Pallio ritiene opportuno di affidarli preferibilmente a « riparti alpini, od, in mancanza di questi, a riparti di fanteria di linea equipaggiati e preparati convenientemente, stante la fatica e la difficoltà ·che essi presentano» ed aggiunge che tali reparti « possono talvolta essere inviati innanzi a distanza di parecchie ore, a guisa di piccole avanguardie generali ». In mancanza di tali reparti speciali spetta all'avanguardia di ogni colonna garantire l'esplorazione e la sicurezza dei fianchi. All'avanguardia « di regola, non viene assegnata artiglieria da campagna, ma piuttosto artiglieria da montagna e mitragliatrici». L'azione dell'avanguardia nell'incontro con il nemico è simile a quella delle avanguardie operanti sugli altri terreni sebbene sia più ricorrente l'atteggiamento offensivo « sia per vincere le più forti resistenze che possono opporre anche deboli riparti nemici, ·sia pet impadronirsi di posizioni importanti per il successivo svolgimento del combattimento ». Ribaditi per la marcia e per lo schieramento del grosso i criteri e le principali modalità della pubblicazione del 1903. - in particolare la necessità della protezione dei fianchi, dell'utilizzazione del maggior numero di mulattiere e di sentieri disponibili, della divisione della colonna durante le soste in zone diverse lungo la linea di marcia, della preferenza da dare in vicinanza ed a contatto con il nemico alle linee di comunicazione lungo le dorsali e le strade che si svolgono in prossimità di queste, della esatta programmazione dei tempi di percorrenza e di sfilamento, delle pre-
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videnze particolari da attuare per i collegamenti e per i trasporti ed i rifornimenti logistici, della dosatura nello schieramento delle forze in modo di non impiegarne più di quelle che il terreno consente, del1'adattamento nella distdbuzione delle truppe sulla fronte alle irregolarità del terreno, ecc. - la nuova pubblicazione sottolinea due concetti particolari: le circostanze favorevoli che la montagna, più degli altri terreni, presenta all'impiego di fuochi a scaglioni per cui le truppe retrostanti alla prima schiera possono approfittare delle differenze di livello per spiegare un'azione contemporanea ed efficace di fuoco; fa scarsa probabilità di poter impiegare una riserva generale nel momento e nel luogo più opportuni per decidere l'esito finale della battaglia e la necessità, perciò, che « ogni riparto cui sia stato affidato il conseguimento di uno speciale obiettivo, costituisca una riserva propria, da impiegare nel momento della decisione». Del nttto analoghe tra le due pubblicazioni le linee generali di sviluppo dell'azione offensiva e di quella difensiva. Il generale Pallio, però, accentua e completa taluni criteri e modalità di azione del vecchio regolamento ed indica qualche nuovo procedimento come, ad esempio, nell'azione difensiva, il ricorso, a sussidio del fuoco, all'impiego di pietre da approntare nelle vicinanze della posizione e da rovesciare al momento opportuno sugli assalitori per sbandare i reparti e provocarne il disordine. L'azione offensiva deve giovarsi, in particolare: della manovra che in montagna è da ritenersi fattore essenziale di buon successo; della sorpresa, che più che altrove ha risultati decisivi; della preparazione vigorosa e ben diretta del fuoco di fanteria, di artiglieria e delle mitragliatrici fatta con la cooperazione di tutti; della utilizzazione della nebbia e della notte che favoriscono i movimenti dell'attacco e delle marce in condizioni difficili o per luoghi ritenuti impraticabili, quando permettano di giungere sul nemico all'improvviso e di affrontarlo in condizioni a lui svantaggiose; dell'inseguimento, una volta riuscito l'attacco, non limitato al fuoco ma effettuato anche con le truppe che ancora sono in grado di operare, mirando specialmente ai fianchi delle forze che si ritirano. Nei riguardi dell'azione difensiva due i criteri essenziali: tendere a mettere l'avversario in condizioni di dover svolgere un'azione frontale con il vantaggio per il difensore di destinare poche forze all'azione passiva e di tenerne la maggior parte disponibile per l'azione controffensiva; conferire alla difesa grande reattività utilizzando le. direzioni di contrattacco che conducono sui fianchi o, poss~bilmente, sulla linea di ritirata delle forze nemiche.
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Fin qui il raffronto diretto delle parti omologhe o peculiari dell'una o dell'altra delle due pubblicazioni. L'esame dei primi 5 capitoli del regolamento del 1913, stante la diversità di prospettazione della materia rispetto al regolamento del 1903, si presta meno al procedimento comparativo finora seguito che costringerebbe a continue interruzioni del discorso, ne renderebbe meno scorrevole l'esposizione e potrebbe rompere l'unitarietà della visione globale che il generale Pollio ebbe dei problemi dell'esplorazione della sicurezza, dell'azione offensiva e di quella difensiva nella battaglia d'incontro o nella battaglia preparata. Inoltre, avendo già tracciato il pensiero del Generale Saletta sui vari argomenti ed avendo premesso che il generale Pallio ne rifiutò lo schema, ma non la sostanza, della quale, anzi, si servl come di canovacci per stendere la sua opera, le molte consonanze e le poche discordanze diventano di per sé percepibili senza bisogno di accentuazione fonica o sottolineatura grafica. Ciò che soprattutto, a questo punto, interessa è, difatti, offrire una conoscenza chiara del traguardo raggiunto dalla dottrina tattica italiana all'inizio della prima guerra mondiale, dottrina alla quale il generale Pallio impresse il suggello finale anche se il suo successore, generale Luigi Cadorna, capo di stato maggiore dell'esercito dal 10 luglio 1914 all'8 novemhre 1917 (6), intervenne poi, come vedremo, per modificarla parzialmente.
3. Un'armata che marcia a distanza notevole dal nemico utilizza nel miglior modo possibile il fascio di comunicazioni disponibile per rendere il movimento agevole, rapido e confortevole sotto l'aspetto del vettovagliamento e delle soste. Essa si fa precedere a grande distanza dall'esplorazione e talvolta anche da grosse avanguardie generali e protegge i fianchi del suo movimento mediante distaccamenti di protezione che evitino attacchi di sorpresa. Tali misure rendono impossibile uno scontro improvviso con il grosso di un nemico in marcia od in posizione ed offrono all'armata almeno un giorno di tempo per concentrarsi o per assumere la disposizione iniziale del concetto di manovra del comandante. La sicurezza è un'esigenza imprescindibile, quella dei fianchi ancora più delicata di quella sulla fronte, ma ad essa non va destinata più forza di quella strettamente indispensabile. Altra esigenza non meno imprescindibile è il servizio delle informazioni che dà al comandante i dati necessari alla
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formulazione del concetto di manovra in relazione alla situazione strategica e tattica del momento, ma tale servizio è da solo insufficiente a dare il quadro del momento della situazione nemica e, benché « i nuovi mezzi di esplorazione aerea gli saranno in avvenire di grande aiuto », occorre affidare a grandi unità di cavalleria di esplorare a grande distanza dall'armata per raccogliere tutti i dati possibili « sulla grande dislocazione e sui movimenti dei grossi corpi nemici». Compito dell'esplorazione lontana - affidata alla cavalleria, ai reparti ciclisti ed ai mezzi di navigazione aerea - è quello di ricercare il contatto con il nemico, riconoscerne la dislocazione, seguirne i movimenti e, se possibile, disturbarne la radunata, ma il compito della cavalleria nell'esplorazione è strategicamente più complesso e può comprendere, secondo gli intendimenti del comando supremo o del comando di armata e, per analogia, dei comandi di grandi unità isolate, l'occupazione preventiva di posizioni singolarmente importanti, l'isolamento di punti fortificati, l'effettuazione di grandi dimostrazioni strategiche, lo sviluppo di « vigorosi attacchi sui fianchi del nemico in marcia, o sulle sue retrovie, o sulle colonne del carreggio e la distruzione di magazzini, di comunicazioni stradali, ordinarie e ferroviarie, telegrafiche, telefoniche e via dicendo ». La cavalleria non deve in nessun caso preoccuparsi della sicurezza delle forze retrostanti, ma proiettarsi spiritualmente e materialmente in avanti, tenendosi in misura di battere la cavalleria avversaria, vincere la resistenza della copertura e raggiungere i grossi e, una volta preso il contatto con il nemico, mantenerlo sempre anche di notte e per tutta la durata della guerra. L'audacia e la risolutezza debbono contraddistinguere l'impiego dell'arma nell'esplorazione lontana, la prima per conquistare l'ascendente morale sul nemico, la seconda per cogliere le fuggevoli occasioni favorevoli al conseguimento di grandi risu1tati mediante l'urto tattico che dà sostanza all'azione strategica. Ai comandanti delle grandi unità di cavalleria va lasciata grande libertà d'azione, tanto maggiore quanto più grande è la distanza alla quale essi operano dalla rispettiva armata; il criterio di base al quale, nel quadro del compito ricevuto, debbono uniformarsi è l'economia delle forze nel senso di marciare con le forze il più possibile raccolte. Pochi ma buoni i reparti destinati alle pattuglie ed ai distaccamenti (sempre costituiti di intere unità organiche); il grosso, anche se muove su più colonne od a scaglioni, deve essere costantemente in grado di agire a massa e con azione unitaria. Le pattuglie, mai di forza troppo esigua e tanto più forti quanto maggiore la
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distanza alla quale sono spinte dai distaccamenti o dal grosso che le hanno costituite, operano essenzialmente con l'astuzia, « pur cercando d'intimorire o sopraffare i nuclei nemici sempre quando se ne presenti foro l'occasione favorevole », alla ricerca di notizie, anche negative, sul nemico; i distaccamenti, invece, che irradiano le pattuglie sulla fronte di esplorazione loro assegnata, operano con energia per conseguire l'obiettivo assegnato e concorrono con le pattuglie a rimuovere o superare le resistenze che impediscono di vedere; compito particolare dei distaccamenti è la raccolta delle notizie e la trasmissione di quelle importanti al comandante dell'esplorazione lungo l'itinerario da questo fissato nell'ordine di operazione. L'artiglieria a cavallo muove con il grosso ed è chiamata ad intervenire quando il nemico cerca di sbarrarle la strada o nel caso in cui il nemico avanzi con forze soverchianti. I reparti ciclisti, con la loro potenza di fuoco e la loro celerità di mosse, trovano impiego nella lotta contro le resistenze della copertura, nell'occupazione preventiva e nella difesa di punti importanti, nelle azioni di sorpresa sul
fianco e sul tergo delle colonne avversarie, sui terreni impeditivi dell'impiego della cavalleria, nelle azioni di soccorso ai distaccamenti e, infine, nel servizio di sicurezza diretta, soprattutto di notte, « quando le sorprese del nemico sono essenzialmente temibili per le strade »; possono concorrere nel servizio di pattuglia e di collegamento e nella trasmissione delle notizie (valendosi specialmente dei motociclisti). Le unità .d i fanteria, eventualmente assegnate alla grande unità di cavalleria esplorante, sono destinate all'occupazione di punti importanti ubicati . a tergo della cavalleria, la quale, in nessun caso, deve subordinare ]a sua attività a quella di tali reparti di fanteria. Le « sezioni del genio per divisioni di cavalleria » o, in loro mancanza, reparti di zappatori, di minatori e di telegrafisti di formazione eventude, facilitano il movimento quando necessario, rafforzano le posizioni occupatç a difesa e provvedono ai collegamenti necessari per rendere più rapida la trasmissione delle notizie. Indipendentemente dall'esplorazione lontana e tanto più se questa manca, ogni colonna in marcia, dalla divisione in su, provvede a garantirsi dalle sorprese, ad opporsi alle incursioni della cavalleria avversaria,'- a procurarsi le notizie circa la situazione e la forza della fanteria avversaria in tempo perché il comandante possa formulare il proprio disegno di manovra, mediantè l'esplorazione vicina, nella quale impiega la cavalleria assegnatale che resta alla diretta dipendenza del comandante della grande unità o corpo isolato. Oltre il compito generico proprio di ogni tipo di esplorazione - ricerca delle
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notizie positive e negative sul nemico - alla cavalleria in esplorazione vicina possono essere assegnati scopi precisi e determinati, sulla base dei quali il comandante della cavalleria, al quale va lasciata nel campo esecutivo larga libertà di azione, ispira la sua azione a spiccato spirito aggressivo per raccogliere in breve tempo le notizie utili sul nemico attaccando risolutamente la cavalleria nemica, non si spinge a distanza superiore a quella che gli consenta di far giungere in tempo le notizie raccolte ed al tempo stesso di non fargli perdere mai il collegamento con l'avanguardia, del cui sostegno potrebbe aver bisogno e con la quale potrebbe dover cooperare per proteggere il grosso retrostante mentre questo si schiera. La determinazione della distanza - di massima compresa fra i 1O ed i 20 km - dipende perciò dagli scopi fissati all'esplorazione vicina, dal:. l'ampiezza del settore di esplorazione, dalla natura del terreno, dalla profondità della colonna e, in modo particolare, dal tempo necessario a far giungere le notizie al comandante superiore ed al comandante dell'avanguardia. « L'esplorazione esige tempo; perciò l'invio delle pattuglie deve convenientemente , precedere la partenza del grosso dell'unità esplorante », la quale si articola in pattuglie ed in grosso, eventualmente anche in distaccamenti. La distanza tra l'esplorazione vicina e l'avanguardia varia in relazione al terreno ed è tanto minore quanto questo è più coperto e frastagliato e rendere più difficile il collegamento e più temibile la sorpresa. Una modalità particolare del procedere del grosso della cavalleria è l'avanzata a sbalzi mediante il raggiungimento successivo di punti e linee importanti del terreno (villaggi, strette, corsi d'acqua, nodi stradali, ecc.) di cui occorra assicurare il possesso. « Quando, eccezionalmente la cavalleria debba concorrere al fiancheggiamento della colonna, i reparti incaricati di tale compito vengono posti alle dipendenze del comandante dell'avanguardia che li utilizza come pattuglie o distaccamenti da inviare lateralmente su quei punti o lungo quelle direzioni che consentano una vigilanza efficace per evitare le sorprese e per far giungere rapidamente alla colonna la notizia della minaccia. I reparti ciclisti, quando assegnati, svolgono gli stessi compiti per loro fissati nell'esplorazione lontana e, in caso di mancanza od insufficienza della cavalleria, ne assumono i compiti che adempiono con modalità proprie come, ad esempio, l'avanzata a sbalzi per posizioni successive dalle quali osservare e perlustrare sfruttando la celerità più che la forza ». Ogni arma deve premunirsi in proprio dalle sorprese, ricorrendo all'esplorazione vicina per raccogliere « sui particolari topografici,
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sul nemico e sui riparti vicini quei dati che le possono occorrere per ben regolare la propria azione». Ciò indipendentemente dall'esplorazione della cavalleria. La fanteria esegue l'esplorazione vicina mediante pattuglie distaccate dai reparti di sicurezza od anche direttamente dal grosso. Le pattuglie debbono esplorare attivamente il terreno, prevenire le sorprese, fornire notizie, respingere le pattuglie nemiche e, preso il contatto con il nemico, non abbandonarlo più. Attività, intraprendenza, prontezza, abilità nell'apprezzare le situazioni, resistenza alle fatiche, facilità di orientamento: le caratteristiche dell'azione e le qualità delle truppe che devono compierla. Altra caratteristica essenziale è l'astuzia: vedere, senza farsi vedere; ricorrere alla forza solo se si può agire di sorpresa o quando si deve rimuovere qualche resistenza che si opponga all'esecuzione del mandato.
4. L'avanguardia generale, eventuale, distaccata da un'armata in marcia per vincere determinate resistenze che l'esplorazione lontana non sia in grado di superare o per contenere una grossa unità nemica che minacci di compromettere il graduale ed ordinato concentramento dell'armata, ha il compito di prendere il contatto con il nemico, di riconoscerlo e di opporglisi fino a che l'armata non abbia assunto lo spiegamento stabilito dal suo comandante. Nei casi in cui vi sia il pericolo di scontro con un nemico in grande superiorità di forze, sia esso in posizione o avanzi su una larga fronte che gli consenta la simultanea entrata in azione di molte forze, piuttosto che un'unica grossa avanguardia generale, possono essere impiegate più avanguardie di forza minore. Spetta al comandante dell'armata decidere se convenga o non porre la cavalleria in esplorazione lontana alle dipendenze del comandante dell'avanguardia generale quando questi è più elevato in grado del comandante della cavalleria; ma generalmente conviene lasciare piena indipendenza alla cavalleria, fermo restando che le relazioni fra l'esplorazione lontana e l'avanguardia generale, e fra la cavalleria ed i grossi in marcia debbono essere costantemente assicurate con lo scambio di reciproche notizie. Nella marcia con probabilità d'incontro con il nemico, compiuta su di una o su più colonne, indipendentemente dall'esplorazione lontana, una grande unità si fa precedere dall'esplorazione vicina
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e da un reparto di protezione - l'avanguardia - per la sicurezza immediata della colonna. L'avanguardia « è essenzialmente un reparto di sicurezza e di protezione i cui principali compiti sono: salvaguardare la colonna da un improvviso attacco e dar tempo al grosso di prepararsi convenientemente al combattimento». La sua attività è rivolta a rimuovere le eventuali piccole resistenze che il nemico opponesse all'avanzata del grosso della colonna. La difficoltà è l'adempiere tali compiti senza trascinare il grosso in azioni premature e senza arrestarne frequentemente la marcia. Da qui l'esigenza di un'intima continua intesa, abbozzata già prima di iniziare la marcia e progressivamente sempre più completa durante il movimento, fra il comandante della colonna e quello dell'avanguardia anche sulla base delle notizie che entrambi ricevono dalla cavalleria e di quelle « che eventualmente potessero essere fornite da fonti ausiliarie ». La composizione, la forza e l'ordine di successione in marcia delle unità che la costituiscono, come pure la distanza alla quale l'avanguardia deve muovere dal grosso, dipendono, caso per caso, dallo scopo che si vuol conseguire, dalle informazioni sul nemico, dal terreno e dal tempo necessario al grosso per schierarsi. In linea di massima: la forza dell'avanguardia oscilla fra 1 / 4 ed 1/ 9 della forza dell'intera colonna; alla costituzione concorrono unità organiche di fanteria, di artiglieria e del genio; nei terreni fittamente coperti l'artiglieria è ridotta, o addirittura soppressa, e la fanteria tende ai valori massimi di forza, mentre negli altri terreni il valore del rapporto fanteria-artiglieria tende a crescere a .favore dell'artiglieria. Il dispositivo - che non va preso come ti.po da seguirsi incondizionatamente; volta per volta potrà variare secondo le circostanze - comprende generalmente: punta articolata in pattuglie, testa e grosso dell'avanguardia. Nella marcia di un'armata preceduta da un'avanguardia generale come sostegno della cavalleria in esplorazione fontana , le avanguardie delle varie colonne, se il terreno lo consente, possono essere di forza ridotta, muovere a distanza più ravvicinata dai grossi e talvolta possono essere addirittura costituite da semplici distaccamen.ti di sicurezza. Alla sicurezza dei fianchi e del tergo di una colonna in marcia provvedono rispettivamente i fiancheggiatori e la retroguardia. L'attacco sul fianco di una colonna in marcia non ·rappresenta un pericolo grande se segnalato in tempo, mentre è ,un pericolo gravissimo se avviene di sorpresa. Da ciò la necessità di provvedere con ogni cura alla protezione dei fianchi della colonna in marcia mediante pattuglie distaccate dall'avanguardia o, quando questa non può
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coprire la molteplicità.delle esigenze, dal grosso della colonna e marcianti sul terreno laterale se praticabile o sulle strade parallele a quella percorsa dal grosso se disponibili, ovvero, quando il terreno non lo consenta o non esistano strade parallele, mediante pattuglie (in circostanze particolari addirittura mediante interi reparti dell'avanguardia o della testa del grosso) spinte dall'avanguardia su quelle posizioni che intercettano le strade che cadono sulla direttrice di marcia ed offrono dominio sul terreno esterno e sicurezza ai fianchi della colonna. Le pattuglie o i distaccamenti mantengono l'occupazione delle posizioni sulle quali sono stati preventivamente spinti fino ad avvenuto sfilamento del grosso della colonna per poi seguirlo in retroguardia « a meno che la poca profondità della colonna non permetta loro di far ritorno all'avanguardia (od all'unità di appartenenza) alla prima fermata ». La distanza alla quale debbono essere spinte le pattuglie e gli eventuali distaccamenti deve essere tale da dare tempo alla colonna di predisporsi per parare la minaccia. Le truppe fiancheggianti combattono solo nel caso che si trovino esposte a perdite sicure ed inutili; normalmente « si appiattano o si ritirano mascherando l'azione del grosso ». La retroguardia ha il compito di provvedere 11lla sicurezza da possibili azioni di disturbo e sabotaggio di piccole unità nemiche ed al servizio di polizia durante la marcia. Essa, di massima, è suddivisa in pattuglie di coda, coda e grosso della retroguardia; è costituita da fanteria e da « un sufficiente numero di cavalleria e di ciclisti per l'esplorazione sui fianchi e a tergo, per il collegamento »; deve mantenersi costantemente collegata con la coda del grosso, regolando la sua distanza in modo che questa ultima non .sia coinvolta negli attacchi nemici e che essa stessa non corra il rischio . di rimanere tagliata fuori dalla colonna in marcia.
5. Un'armata in marcia può incontrare il nemico anch'esso in marcia o fermo in altitudine difensiva, ma se l'esplorazione lontana e · vicina saranno state compiute a dovere, l'incontro non è mai improvviso o tale· da non lasciare il tempo ed il modo di concepire la linea condotta meglio· rispondente alla situazione. Tale linea va ispirata sempre ad un concetto eminentemente offensivo, sia che lo si possa attuare subito, sia che se ne debba differire l'attuazione in condizioni più favorevoli all'azione risolutiva. « Quand'anche si tratti di dover provvedere inizialmente a compiti di carattere tempo-
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reggiante o di carattere difensivo ... il pensiero dominante di chi comanda dovrà essere principalmente rivolto a preparare il passaggio al~ l'azione a fondo, al momento opportuno, o sotto forma di offensiva propriamente detta, o sotto forma di controffensiva, senza di che sarà vano sperare di poter ottenere una vittoria decisiva». Lo spirito offensivo costituisce, si può dire, l'essenza stessa della guerra. Chi comanda deve però « sa-per conciliare questa spiccata· e spontanea tendenza all'offensiva, propiziatrice di cosl alti vantaggi - libertà di manovra e di sceltft del modo e del tempo dell'azione; potente forza morale e materiale - nel freddo e preciso proponimento di non gettarsi risolutamente ,nell'azion~, se non dopo aver raccolte e ordinate le proprie forze in modo da poter esercitare simultaneamente un cosl potente sforzo da imprimere subito al combattimento il carattere desiderato e da obbligare perciò il nemico alla parata». Le operazioni offensive improvvisate sono da proscrivere perché il successo è oggi il risultato di disposizioni meditate e logiche e di preparazione accuratissima. I casi che si possono presentare sono numerosissimi e sempre diversi; non vi possono essere schemi di manovra predeterminati quand'anche ispirati alle più celebrate vittorie che la storia ricordi. Non gettarsi nell'azione se non con le forze bene predisposte ed operare energicamente e simultaneamente; chiamare prontamente aUa battaglia tutti i distaccamenti anche lontani; intensificar·e il servizio di esplorazione continuandolo anche · durane te la battaglia; tenere presenti le condizioni del terreno senza però ,prenderne norma · assoluta per formulare il proprio concetto di operazioni né subordinare interamente ad esse l'attuazione della manovra; razionale impiego delle formazioni · e del fuoco in modo di sfruttare il più possibile il terreno; lasciarsi guidare di fronte al nemico dalla massima uno per tutti e tutti per uno sl da essere in .costante relazione con i .reparti laterali ed antistanti e da darsi reciproco aiuto: tali i criteri principali dell'.azione . offensiva. La cavalleria in esplorazione, lontana o· vicina, quando s'incontra con il nemico persiste nell'avanzata e nell'esplorazione; se costretta ad arrestarsi da forze superiori, estende lateralmente la sua azione e spinge pattuglie ad aggirare le estremità della fronte avversaria; mantiene ad ogni costo il contatto con il nemico; comunica tutte le notizie che può raccogliere al comandante superiore· ed ,a quello dell'avanguardia; appieda se deve conservare il possesso di una determinata posizione; se costretta a ripiegare, si raccoglie sull'avanguardia; quando la fanteria dell'avanguardia prende il contatto con il nemko, continua nell'esplorazione ed assume· contegno ·audacemen-
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te offensivo per ritardare e disturbare lo schieramento avversario. L'avanguardia, qualora non le siano sufficienti le informazioni delle quali è già in possesso, ne cerca altre mediante un'azione temporeggiante che non la impegni in modo tale da vincolare la successiva azione del grosso, ma sia tale da arrestare il nemico e da obbligarlo a spiegarsi. Nessuna entrata in azione avventata od intempestiva; ma di fronte a forze inferiori alle proprie, nessuna esitazione, indipendentemente dagli ordini, ad agire risolutamente per impadronirsi, ad esempio, di una posizione importante ai fini del successivo svolgersi delle operazioni e per conservarne il possesso fino all'arrivo delle prime truppe del grosso della colonna . L'artiglieria dell'avanguardia deve facilitare il passaggio dalla formazione di marcia del grosso allo schieramento, ed il successivo movimento in avanti. Il grosso della colonna, da parte sua, può trovarsi di fronte o a dover sostenere un combattimento parziale d'incontro, più o meno importante o ad una vera e propria battaglia d'incontro. Il successo di una battaglia d'incontro è tanto più assicurato quanto più rapidamente e razionalmente il comandante superiore sa intuire la situazione e quanto più pronti, chiari, semplici e dati solo alle autorità direttamente dipendenti sono gli ordini che impartisce inizialmente. « Se per esempio si tratterà di un'armata di 3 corpi di armata e si darà ad uno di questi il compito dell'urto simultaneo frontale, all'altro quello di pronunciare in una data direzione e in un dato momento un movimento avvolgente ed al terzo di rimanere in riserva in una determinata località, si verrà a tracciare ai comandi dipendenti una linea di condotta semplice e chiara sulla quale essi potranno adottare facilmente e sicuramente le proprie disposizioni iniziali e successive ... ». Il primo scopo da perseguire è il passaggio diretto dalla formazione di marcia allo schieramento fuori della .portata delle più potenti artiglierie del nemico senza che vi sia bisogno di assumere una disposizione intermedia. Il passaggio allo schieramento deve essere un atto volontario e non obbligato dallo ·scoppio dei proietti del1'artiglieria nemica. Indipendentemente dalle unità che debbono co stituire la ·riserva nelle mani del comandante superiore, ciascuna grande unità entra in azione scaglionata su 3 schiere, la prima forte di fucili per poter sviluppare fin dall'inizio una simultanea, improvvisa ed efficace prevalenza di fuoco . « Senza alcun carattere di prescrizione: una grande unità inquadrata assegnata alla prima schiera la metà della forza e ripartisce l'altra metà nella misura di 1/4 alla seconda e di 1/4 alla terza schiera; una divisione di 12 batta-
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glioni, con effettivi di guerra, attacca su di una fronte di circa 3 km ed un corpo di armata di 2 divisioni su di una fronte di 6 km; è preferibile lo schieramento per ala; il primo schieramento viene effettuato sopra una fronte maggiore di quella da coprire a distanza di fuoco efficace di fucileria « che sarà raggiunta a mano a man~ durante la marcia di avvicinamento in modo che il fuoco di fucileri~ si sviluppi all'inizio da una fronte assai ampia e sia possibile al tempo stesso facilitare un attacco avvolgente spingendo alquanto più innanzi le ali nella marcia di avvicinamento». Ma tali criteri e modalità sono solo orientativi, perché è impossibile dare. regole in quanto tutto dipende dal concetto che si vuol attuare, dalla situazione, dal terreno, dalla solidità delle truppe, dalle qualità del nemico e da molte altre circostanze. Vi sono, infatti, circostanze nelle quali, ad esempio, bisogna accettare senza esitazione lo schieramento per linea, come quando si debba procedere immediatamente all'attacco con le prime truppe che si hanno alla mano oppure quando si dehha parare un attacco di fianco. Neppure la determinazione circa da quale parte si debba sviluppare lo sforzo principale in un'azione combinata di fronte e di fianco, e circa quale debba essere il tratto della fronte nemica sul quale esercitare lo sforzo principale nell'azione frontale può dipendere <la regole fisse, ma deve essere desunta, di volta in volta, dalla situazione e dal terreno. « Le maggiori responsabilità di ottenere risultati decisivi si avranno generalmente quando l'azione frontale sia accompagnata da un'altra azione diretta contro uno od anche entrambi i fianchi dell'avversario », ma il carattere più o meno risolutivo dell'azione dipende più che dal modo, dalla entità della forza impiegata e dal luogo e dal tempo nei quali questa viene impiegata. Qualunque sia la forma generale dell'azione offensiva, ciascuna grande unità inquadrata finisce in sostanza ~ dover sviluppare contro i propri obiettivi un'azione frontale, .anche se, data l'estensione della fronte complessiva e della facilità con la quale su di questa l'azione si rompe in episodi singoli, può accadere che qualche grande unità, anche inquadrata, possa essere chiamata a svolgere azioni di fianco od avvolgenti rispetto a determinati obiettivi. Quale che sia l'inizio di una battaglia d'incontro - al limite, in determinate circostanze, a distanza ravvicinata e forse anche col carattere violento di una reciproca sorpresa su certi punti del campo di battaglia - l'impiego iniziale dell'artiglieria deve uniformarsi, caso per caso, razionalmente al diverso modo del delinearsi dell'azione, non già seguire un tipo schematico buono per tutti i casi e, in particolare, si può dare il caso che l'artiglieria debba essere la
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prima ad entrare in azione, quando l'artiglieria nemica si sia già rivelata esattamente od approssimativamente, per sopraffarla e per attirare sopra di sé il fuoco nemico, agevolando cosl lo spiegamento e la marcia di avvicinamento della propria fanteria (in tale caso è conveniente, quando possibile, anche l'intervento dell'artiglieria pesante campale) o si può verificare il caso che essa non debba aprire il fuoco o lo debba fare solo con un'aliquota di pezzi proporzionata ai bersagli da battere, quando l'artiglieria nemica abbia preferito sul principio tacere e tenersi nascosta (caso più probabile}. Criteri generali validi in ogni caso sono che: l'artiglieria cerchi cli favorire costantemente con la propria azione l'attuazione del concetto generale secondo il quale deve operare la grande unità; fin dall'inizio, procuri cli uniformarsi alle necessità della fanteria anche se questa non sia ancora entrata in azione; si preoccupi di mettersi nella condizione di poter disporre, fin dal principio, del maggior numero possibile di batterie, salvo ad impiegare solo quelle effettivamente necessarie; scelga le sue posizioni in modo che possano essere occupate fuori della vista del nemico; operi, nonostante la dislocazione a scaglioni, anziché su cli una linea continua, in stretto affiatamento fra i propd comandi e quelli delle altre truppe, secondo un perfetto ordinamento di dipendenze gerarchiche fra gli stessi comandi dell'arma, nel quadro di un pronto e sicuro funzionamento dei mezzi di comunicazione e di collegamento; si dislochi su posizioni dalle quali non sia subito necessario effettuare cambiamenti, i quali, ad azione impegnata, sono pericolosi e di difficile attuazione perché interrompono l'erogazione del fuoco e sono soggetti a gravi perdite; sia protetta da una « scorta » cli forza conveniente specialmente quando la situazione ed il terreno rendano probabili attacchi cli sorpresa da parte della cavalleria e delle truppe leggere nemiche. L'artiglieria pesante campale impiega gli obici principalmente contro la fortificazione campale (ricoveri, coperture orizzontali, ecc.), le località abitate, i caseggiati, i punti di appoggio della difesa e, con oculatezza nei consumi, le truppe al riparo, mentre impiega i cannoni per battere le truppe nemiche a grandi distanze, controbattere le artiglierie avversarie, spianare la via all'azione dell'artiglieria campale e agire contro gli ostacoli resistenti verticali. La ripartizione dell'artiglieria pesante campale non va informata a criteri cli omogeneità, ma alle esigenze del momento per cui l'assegnazione organica non deve costituire un vincolo. Stante la grande celerità di tiro delle moderne bocche da fuoco, occorre che i comandanti « sappiano resistere alla seduzione di falciare dovunque il terreno con i propri shrapnels e
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sappiano discernere le richieste ed abbiano grande cura del pronto e tempestivo rifornimento delle munizioni - operazione che noli va più considerata come rifornimento di dotazioni eccezionalmente consumate, ma come un alimento indispensabile per il funzionamento ordinario delle batterie - al fine di conservare le possibilità di fuoco e non ridursi in una sola frazione di ora all'impotenza. E', in ogni caso, indispensabile che l'azione dell'artiglieria e della fanteria siano concomitanti, ma ciò non vuol dire che l'entrata in azione della fanteria debba essere subordinata all'esito dell'azione dell'artiglieria. La fanteria, una volta schierata, inizia l'avvicinamento anche .se l'artiglieria non sia riuscita a sopraffare quella nemica il miglior modo del resto per constatare gli effetti ottenuti col fuoco della propria artiglieria è quello di spiegare innanzi le fanterie - ed avanza sfruttando il terreno con l'appoggio dell'artiglieria. « In questa vicenda di reciproco appoggio sta appunto quella concomitanza degli sforzi che deve caratterizzare l'impiego tattico di queste due armi sul campo di baLLaglia: l'avanz.ata della fanteria, obbligando generalmente il nemico a svelare le sue operazioni, agevola l'azione dell'artiglieria e la solleva dal sostenere da sola l'azione dell'artiglieria nemica; l'artiglieria dell'attaccante ne approfitta per intensificare il suo fuoco sui bersagli che cosl si offrono al suo tiro, ed agevola in tal modo l'avanzata della propria fanteria ». L'azione offensiva, quando l'estensione della fronte nemica lo renda possiibile, si sviluppa mediante una manovra combinata azione frontale ed azione di fianco per la quale non è possibile determinare a priori né l'intervallo di tempo che deve intercorrere tra il pronunziarsi dell'azione frontale e di quella di fianco, né la direzione più conveniente da dare a questa ultima. Le due azioni debbono, in ogni caso, garantire la simultaneità degli sforzi nella fase dell'attacco e per questo è necessario il collegamento tattico da garantire mediante la costante reciproca informazione e l'impedimento per il nemico ed incunearsi nell'intervallo che esiste tra l'aliquota della grande unità che agisce di fronte a quella che agisce di fianco, intervallo che non deve essere maggiore del raggio di azione efficace delle estreme batterie interne delle due aliquote. L'azione più difficile è quella dell'aliquota che deve agire sul fianco nemico perché questa deve guardarsi il proprio fianco interno, quello esterno ed il tergo. Specialmente nella battaglia d'incontro, il movimento di fianco deve, perciò, delinearsi per tempo, essere effettuato al coperto dalla vista e fuori dalla portata delle artiglierie nemiche, non risultare troppo largo per non giungere a contatto con il nemico troppo sfasato ri-
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spetto a quello frontale, essere preceduto da una costante ricognizione sul nemico ed eventualmente dall'occupazione preventiva di punti tattici importanti mediante l'impiego della cavalleria e dei reparti ciclisti che combinino attacchi dimostrativi e minacce potenziali. Quando, sia nell'azione frontale sia in quella di fianco, la fanteria che avanza viene a trovarsi a portata di fuoco efficace rispetto alla fanteria nemica, si entra nella fase dell'attacco, nella quale l'elemento preponderante è il fuoco di preparazione della fanteria e dell'artiglieria dell'attaccante. Obiettivi principali dell'artiglieria diventano da questo momento le truppe nemiche che più ostacolano il progredire dell'azione offensiva e, se per meglio batterle, è necessario il cambiamento di posizione di almeno parte delle batterie non deve esistere esitazione alcuna a compierlo ,a scaglioni. All'inizio e durante lo svolgimento dell'attacco è preminente che l'artiglieria entri in azione con tutte le sue batterie, anche quelle fino ad allora non impegnate e sia in misura di effettuare grandi concentramenti di fuoco. L'artiglieria pesante campale interviene su obiettivi adeguati alla sua potenza ed alle proprietà caratteristiche del suo fuoco non appena la situazione tattica risulti sufficientemente chiarita; essa di norma non viene assegnata alle truppe incaricate di eseguire ,azioni di fianco, ma viene impiegata da posizioni prossime alla direttrice di movimento seguita dalla grande unità. Può accadere che la prevalenza di fuoco sia ottenuta là dove non si era prevista; in tale caso occorre sfruttare la nuova situazione, ma la modifica del disegno di azione è responsabilità del comandante superiore e solo in casi eccezionali, e cioé quando manchi il tempo di chiedere e di ricevere ordini, un comandante in sott'ordine può decidere di sua iniziativa. L'azione complessiva non deve mai risultare slegata. La fanteria che a mano a mano viene ad avere sulla linea del fuoco tutti i propri rinforzi, spesso, nel momento in cui è giunta quasi ad immediato contatto con quella nemica, è costretta a spezzare l'azione unitaria in singoli episodi determinati da11a opportunità di conquistare obiettivi secondari che possano servire da appigli per l'ulteriore avanzata o quali punti di appoggio e di rannodamento nel caso di contrattacchi nemici. La battaglia, perciò, si snoda lungo tutta la fronte in una serie di azioni distinte, nelle quali il colpo d'occhio, l'agilità di mente, l'iniziativa dei vari comandanti, ispirata sempre alla cooperazione, possano risolvere anche le situazioni più difficili. La fanteria dagli ultimi appostamenti continua a colpire il nemico con il suo fuoco, l'artiglieria intensifica e concentra l'azione sul tratto di fronte che costituisce l'dbiettivo finale della fanteria fino a quando
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non è costretta a sospendere il tiro per non investite con il suo fuoco le proprie truppe. Avanza rapidamente, anche a distanze brevi e, in certe circostanze, sulla linea stessa della fanteria·, anche a costo di gravi perdite che saranno largamente compensate dai frutti che essa potrà cogliere contro un avversario demoralizzato, esaurito, poco provveduto di munizioni. In genere, è l'effetto del fuoco che decide il combattimento; ma se occorre la presa materiale di possesso del terreno tenuto dalla difesa, la fanteria si lancia con impeto all'assalto, atto nel quale all'azione collettiva metodica, della fase precedente subentrano l'audace azione individuale ed il valore dei singoli. Il mezzo che il comandante superiore ha in mano per intervenire nel combattimento e per decidere l'attacco è la riserva, che per rappresentare iuna forza capace di decidere deve essere organicamente costituita e ben comandata, e comprende tutti gli elementi tattici di cui un grosso corpo ahbisogna per esplicare un'azione armonica e completa. Proprietà essenziale <ldla ri~rva è la mobilità che le deve consentire di approfittare sollecitamente e genialmente delle diverse circostanze nelle quali il suo intervento è necessario o conveniente, specialmente nell'ultima fase del combattimento, alla quale deve mantenersi pronta restando fino a quando possibile occultata alla vista del nemico, a distanza conveniente dalle tmppe antistanti in relazione alla percorribilità del terreno ed alle condizioni di defilamento che questo presenta. La scelta del momento d'impiego della riserva è quanto di più difficile e di più importante può esservi nella funzione di un comandante superiore e essenzialmente nell'impiego della riserva sta la misura del valore di un vero generale sul campo di battaglia. L'intervento della riserva, infatti , non deve essere prematuro, né determinato dalla necessità o di riparare ad uno scacco già subito o di fronteggiare un'azione contitoffensiva del nemico, ma deve costituite « un atto razionale di manovra, un atto cioè rispondente a u-n sicuro e cosciente impulso offensivo di chi comanda e deve perciò essere diretto, non dove le perdite sono maggiori o dove insistentemente chiedono rinforzi i comandanti in sotto ordine, ma dove invece vuole il comandante superiore, cioè precisamente contro quel tratto della fronte avversaria sul quale egli intende di esercitare il massimo sforzo e il cui possesso, a suo giudizio, rivesta capitale e risolutiva importanza per l'esito del combattimento». Un intervento, insomma, né prematuro, né tardivo, soprattutto energico e decisivo perché non bisogna esitare a lanciare la riserva quando è necessaria una massa sola di combattenti non più distinta in schiere,
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rincalzi e riserve. Le batterie della riserva, mantenute fino ad allora mute - salvo casi di assoluta necessità nei quali il comandante ne avrà disposto il concorso, di parte o di tutte, all'azione delle altre ·artiglierie - danno all'impiego dell'insieme valido ed efficace appoggio. Nel momento critico dell'assalto si possono svelare batterie nemiche traditrici, - tenute fino ad allora inoperose da1 nemico - la cui azione improvvisa ed inaspettata può avere effetti fatali per la fanteria che assalta. Da qui la necessità di scoprirle in precedenza e di procedere, perciò, con metodo, prima d'impegnarsi a fondo e di non . trascurare le ricognizioni in nessun momento della lotta. Ecco perché gli squadroni di cavalleria assegnati alle divisioni debbono essere lasciati con queste ultime fino alla fase dell'attacco e solo dopo possono essere riuniti alla cavalleria dei rispettivi corpi d'armata . Durante l'avvicinamento e l'attacco, quando non impegnata nei compiti di sicurezza dei fianchi e del tergo, un'aliquota della cavalleria continua nell'esplorazione, mentre il resto segue il movimento dell'avanzata della fanteria, pronto a cogliere ogni sia pur fugace occasione propizia per lanciarsi di propria iniziativa nella lotta, ·o concorrendo con attacchi di fianco, o minacciando le retrovie, o gettandosi nel momento risolutivo sul fianco o sulle spalle del nemico. Nella battaglia d'incontro la cavalleria trova facili e frequenti occasioni di operare di sorpresa. Se l'attacco riesce, la cavalleria di·venta la protagonista del combattimento perché mentre la fanteria insegue coli il fuoco da successive posizioni e l'artiglieria avanza con il maggior numero di batterie disponibili e da posizioni convenienti apre · il fuoco sulle truppe nemiche che si ritirano, la cavalleria si lancia su queste ultime agendo di preferenza sui fianchi per non ostacolare le azioni di fuoco della propria fanteria e della propria artiglieria. Se l'attacco non riesce, la cavalleria diventa ugualmente .protagonista del campo di battaglia, in quanto lanciandosi a fondo o contro la cavalleria avversaria per arrestarne l'inseguimento o contro la fanteria avversaria incalzante, può evitare con la sua sola azione che la ridrata delle proprie truppe si trasformi in una fuga . Anche una grande unità isolata si ispira, nella marcia con probabilità d'incontro con il nemico e nella battaglia offensiva d'incontro, agli stessi criteri ed alle stesse modalità di azione previste per le grandi · unità inquadrate, ma deve tenere presente la sua particolare situazione che accentua o modifica taluni dei criteri generali propri di queste ultime. Nella marcia con probabilità d'incontro con il nemico può, ad esempio, frazionarsi su più colonne, ma è prefei:ibile che- non si scinda molto per non dover impiegare troppe forze
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nel servizio di sicurezza, anche se più la colonna è profonda, tanto maggiori debbono essere la consistenza dell'avanguardia e la distanza di questa dal grosso. Il servizio di esplorazione deve essere effettuato con molta larghezza perché si possa evitare la sorpresa. Una delle preoccupazioni precipue di un comandante di una grande unità isolata deve essere il collegamento con il comandante superiore dal quale dipende, al fine di ricevere e di dare .tutte le notizie necessarie ad avere il quadro della situazione. Quando incontra il nemico il comandante deve scegliere tra lo spiegamento di poche forze ed il mantenimento della gran parte in riserva, fino a quando non sia chiarita la situazione, e l'impiego immediato fin dall'inizio di grandi forze in un'azione simultanea che conquisti subito la prevalenza di fuoco che spesso è il più decisivo fattore di vittoria. Una grande unità che faccia parte di un'armata in marcia e che si trovi a distanza tale da non poter prendere parte all'azione eventualmente impegnata dal grosso dell'armata, può temporaneamente consideratsi come una grande unità isolata, ma il suo comandante ha il dovere di mettersi al più presto in condizioni di combattere nella direzione che gli verrà indicata dal comandante dell'arma o che dovrà determinare egli stesso in conformità della situazione. Non è consigliabile che una grande unità isolata si spogli degli elementi combattenti più veloci - artiglieria, cavalleria, ciclisti - a favore delle altre grandi unità impegnate, per non correre il pericolo di trovarsene sprovvista al momento del .bisogno.
6. Nella battaglia d'incontro l'offensiva conserva la sua assoluta e costante superiorità sulla difensiva, accresciuta dai progressi delle armi da fuoco, specialmente delle artiglierie. Le possibilità dell'attaccante di aprire il fuoco a distanze maggiori che nel passato e da posizioni meglio coperte tolgono alla difesa la favorevole condizione di poter battere le artiglierie dell'attaccante da posizioni preparate; la grande efficacia delle nuove armi, soprattutto dalle medie distanze, causa perdite gravi all'attaccante, ma gli assicura anche un mezzo-di distruzione decisivo e tanto più prezioso quando, una volta riu· scito l'attacco, al difensore non resti altro scampo che la ritirata; la difficoltà per gli enormi eserciti odierni di trovare estese posizioni adatte alla difensiva diminuisce la validità di tale forma di combatti-
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mento, in quanto le posizioni difensive presentano quasi sempre ampi tratti deboli o addirittura larghe soluzioni di continuità che ne diminuiscono notevolmente la robustezza. Cionondimeno « si comprende come in talune circostanze un comandante di grande unità non possa fare a meno di assumere, almeno temporaneamente, contegno difensivo, perché obbligato o dalla situazione generale, o dalla particolare natura del mandato avuto, o dallo stato fisico e morale delle sue truppe, od anche da una deficienza di ordinamento, sia pure passeggera, della grande unità soggetta al suo comando». In simili casi l 'atteggiamento difensivo assicura vantaggi notevoli scelta del terreno, impiego del fuoco preparato, copertura delle forze e possibilità di minori perdite fino alla fase del combattimento ravvicinato - ma non ci si deve lasciare sedurre da essi ed occorre conservare il deliberato proposito d i passare, al momento opportuno, all'azione controffensiva perché la difesa passiva ha valore negativo e non consente risultati decisivi, anzi talvolta non serve che a posticipare di qualche tempo la propria rovina. Nell'azione difensiva la cavalleria esplmante, oltre tale compito specifico e precipuo, deve trattenere il nemico, coprire i movimenti delle grandi unità retrostanti, distruggere od interrompere i passaggi pericolosi, difendere con il fuoco quelli che non riesce ad interrompere o che costituiscono sbocchi controffensivi per le proprie truppe. Gli stessi compiti competono anche all'avanguardia che deve, inoltre, garantire il possesso della posizione scelta dal comandante della grande unità per la di{esa, posizione che può essere o la stessa sulla quale l'avanguardia· si trova al momento dell'incontro con il nemico o più arretrata e più o meno vicina a quella. Nel primo caso l'avanguardia si spiega tutta e combatte per trattenere il nemico fino al sopraggiungere del grosso; nel secondo caso ripiega combattendo, se ciò è necessario, per trattenere il nemico che incalza. Nella battaglia d'incontro la scelta della posizione è una decisione difficile, semplifiicata però dal fatto che se la posizione stessa non ha tutti i requisiti desiderabili, deve almeno rispondere a due condizioni essen:>Jiali: offrire un buon campo di tiro ed essere raggiungibile ed occupabile prima che il nemico sia avanzato alla sua portata. L'estensione della posizione deve essere proporzionata alla quantità delle forze disponibili: se troppo estesa rende debole la resistenza e non garantisce il collegamento tattico fra le varie unità che
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la occupano, sebbene costringa il nemico ad ampi spiegamenti e gli renda difficili le manovre avviluppanti. L'occupazione della posizione è stabilita dal comando superiore delle grandi unità operanti il quale fissa a queste ultime i compiti ed ti settori di azione, lasciando loro la definizione delle modalità che debbono mirare a realizzare l'economia delle forze e ad evitare frammischiamenti. Le grandi unità d'ala debbono subito provvedere alla sicurezza dei fianchi esposti. Nella battaglia d'incontro il tempo disponibile per l'organizzazione e la sistemazione della difesa è assai breve, mentre le operazioni da compiere sono molte (ricerca di tutte le notizie possibili sul nemico, richiamo degli eventuali distaccamenti, realizzazione di un collegamento strettissimo f.ra le varie unità che si schierano, rinforzo di fuoco lungo i limiti di congiunzione tra le varie unità, copertura delle truppe, mantenimento dei viincoli organici delle unità, lavori di rafforzamento, organizzazione e funzionamento del servizio sanitario, di vettovagliamento e dei vad rifornimenti). Solo l'opportuna divisione del lavoro e l'iniziativa dei c0mandanti delle grandi unità e, discendendo, di ogni singolo comandante dipendente, ciascuno nella rispettiva sfera di attribuzione, possono consentire un'occupazione sollecita e razionale . E' necessario che anche la scelta delle posizioni dell'artiglieria e l'impiego tattico dell'arma siano decentrati, almeno inizialmente, fra i vari comandi dei ,reparti di artiglieria assegnati alle diverse colonne, mentre l'artiglieria pesante campale si schiera ed organizza il fuoco secondo le direttive del comandante di corpo d'armata. A mano a mano che il nemico rende manifesti i suoi intendimenti, la funzione direttiva torna ad essere accentrata ai comandi superiori di artiglieria. Le posizioni di schieramento dell'artiglieria vanno scelte più indietro della fronte occupata dalla fanteria a distanza tale che i tiri lunghi diretti contro questa ultima non offendano l'artiglieria. Difficile, infine) è la determinazione della forza e dell'articolazione della riserva. Il criterio di massima è quello di costituire una riserva molto forte - da 1/3 a 1/2 della forza disponibile - in considerazione che all'azione difensiva deve seguire quella controffensiva e di articolarla, in caso di fronte ampia e di terreno non facilmente percorribile, in più riserve per non correre il rischio che una sola riunita non giunga in tempo là dove è necessario impiegarla. Lo svolgimento dell'azione, una volta effettuato lo spiegamento, è · caratterizzato dall'ulteriore completamento dell'organizzazione e della sistemazione difensiva (conoscenza dei posti comando delle unità contermini e del comando superiore, continuo scambio delle
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informazioni tra i vari comandi, costruzione di riparti e di appostamenti ai quali si deve lavorare fino a quando non si debba far fuoco), dall'intervento in azione dell'artiglieria per ritardare ed arrestare l'avanzata delle fanterie nemiche, evitando il duello con l'artiglieria avversaria, dalla successiva entrata in azione della fanteria costretta ad entrare iin azione se quella nemica continua ad avanzare. « Se questo avviene, l'artiglieria della difesa, per facilitare l'azione alla propria fanteria, cercherà di attrarre su di sé il fuoco dell'artiglieria nemica - che in questa fase tende ad accupare posizioni ravvicinate - pur tenendo presente che lo scopo principale è sempre quello di ostacolare la marcia alla fanteria dell'attaccante ». Questo è il periodo culminante del combattimento, nel quale entrano in a~ione possibilmente di sorpresa anche i gruppi o le batterie non ancora impiegati e se, malgrado ciò, la fanteria nemica continua ad avanzare, l'artiglieria della difesa deve mettere in azione tutte le batterie, non esitando a cambiare posizione, con prontezza e con audacia, quando le due fanterie venissero a trovarsi in angolo morto ». Anche l'artiglieria pesante campale, che è grave errore tenere in ·riserva con il pericolo che rimanga inattiva, rafforza e completa il fuoco dell'artiglieria campale ed in questa fase trova l'occasione favorevole per essere impiegata iin conformità delle proprie caratteristiche. Fa poi seguito l'azione controffensiva, la cui direzione di sviluppo ha un'importanza grandissima, qualche volta capitale, per l'esito _della battaglia. << Non vi sono norme che possano guidare nella scelta di tale direzione: si tratta anche qui di prontezza e di genialità di intuito illel comandante e di lucido e sereno apprezzamento della situazione». L'azione delle forze che si difendono - che non devono restare in . . . attitudine passiva e che, nella fase della lotta vicina, debbono vivificare la propria a2'lione con opportuni contrattacchi locali, studiati e preparati sin dal principio dell'azione - e quella delle forze che eseguono !'.azione controffensiva « debbono essere coordinate bensl nella mente del capo, ma non richiedono un reciproco collegamento tattico effettivo, il quale incepperebbe l'azione ». ,I C()ntrattacchi locali debbono essere ideati con largo concetto tattico ed eseguiti con energia e simultaneità di sforzi; ed essi può concorrere la cavalleria con effetti assai notevoli se opera tempestivamente e con audacia. L 'azione controffensiva deve svilupparsi quando le forze iin difesa non abbiano ancora perduto ogni capacità di resistenza -e non siano già state sopraffatte, altrimenti è meglio che le grandi unità incaricate dell'azione controffensiva siano desti-
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nate a rinforzare le unità che sono sulla difensiva per evitare che queste siano travolte. Nella battaglia d'incontro, nella quale le operazioni rivestono inevitabilmente carattere d'improvvisazione, è essenziale l'unità di comando. Se viene a mancare il comandante superiore, questi deve essere subito sostituito da chi gli succede in grado od anzianità, in modo che costantemente i comandanti delle grandi unità impegnate nell'azione offensiva o difensiva od -in quella controffensiva possano costantemente uniformare la loro condotta al disegno operativo di un unico capo.
7. Nella battaglia preparata l'azione offensiva contro un nemico in posizione può assumere il carattere di ·immediatezza o di sistema-
ticità. L'azione precipitosa ha minori probabilità di riuscita e può esporre, in caso di fallimento, ad un vero disastro; l'azione metodica concede al nemico maggiore tempo per organizzare e sistemare la difesa. Non v'è una soluzione tipo; l'essenziale e che qualunque sia la decisione presa, la si attui con fermezza di propositi e con fiducia. Segnalato il nemico in posizione, il comandante superiore assegna i compiti e fissa lo schieramento delle grandi wnità, il quale deve avere luogo, più ancora che nella battaglia d'incontro, prima che si giunga a portata delle più potenti artiglierie della difesa e lungo le direzioni scelte dal comandante superiore in relazione alla estensione delle fronti di spiegamento e dagli obiettivi assegnati a ciascuna unità in modo da evitare successivi spostamenti o cambiamenti di direzione. La base della preparazione dell'azione offensiva sono le ricognizioni di carattere generale e quelle particolareggiate: le prime, tendenti ad accertare le condizioni del terreno, ia situazione del nemico, gli accessi alle posizioni e gli evenruali lavori della difesa, sono affidate ai mezzi aerei , alla cavalleria, ai ciclisti ed alle pattuglie ufficiali di qualsiasi arma; le seconde, compiute per conto delle singole grandi unità, vengono svolte dagli esploratori di fanteria che, meglio dei cavalieri, possono penetrare nell'interno delle linee occupate dalle piccole guardie o dalle vedette dell'avversario. Non è probabile che le ricognizioni diano la completa e particolareggiata situazione del nemico, specialmente se questo ha un forte e denso sistema di avamposti o se tiene al coperto le sue truppe riservandosi
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di occupare le pos1z1oni all'ultimo momento, sicché i comandanti, nel formulare i proprì concetti di manovra, debboao ispirarsi all'idea strategica ed alle condizioni del terreno piuttosto che all'incerta e mutevole disposizione dell'avversario, col vantaggio, del resto, di dare così all'azione tattica il carattere, più naturale ed efficace, di coronamento del disegno strategico. Oltre le ricognizioni, sono indispensabili il collegamento immediato fra i diversi comandi di grande unità realizzabile con i mezzi del genio e la preparazione del terreno per rendere più spedito il movimento e più sicuri gli sbocchi verso il nemico, anch'essa affidata prevalentemente al genio. Ai lavori concorrono i soldati di artiglieria e gli ausiliari di fanteria. La metodica preparazione del terreno non esclude che essa possa essere ridotta al minimo quando si voglia o si debba dare all'azione offensiva il carattere di immediatezza perché, ad esempio, il ritardarla potrebbe provocare il sopraggiungere di rinforzi nemici, ovvero perché il nemico accenna ad iniziare un movimento di ritirata. « Come sempre, in casi simili, bisognerà semplicemente seguire la norma di fare inesorabilmente il contrario di quello che al nemico potrebbe convenire ». Nella battaglia preparata prevale l 'importanza dell'idea strategica « nel senso che il miglior concetto tattico è generalmente quello che meglio si accorda con la situazione strategica». Obiettivo dell'azione offensiva è di mirare alle linee di comunicazione del nemico che sono appunto le sue parti più vulnerabili. Nella battaglia preparata trova fin dall'inizio impiego ·largo, audace e risoluto la cavalleria che non deve limitarsi alla esplorazione, ma deve tendere a mettere fuori combattimento la cavalleria nemica o affrontandola ·risolutamente o manovrando in modo di attirarla sotto il fuoco dell'attaccante. La cavalleria deve inoltre cercare di estendere audacemente su ampio raggio la sua azione sui fianchi e sul tergo del difensore, avvalendosi del concorso dell'artiglieria e dei ciclisti. Altra condizione essenziale per la riuscita dell'azione offensiva è la simultaneità dell'azione, da tenere ben presente nelle disposizioni iniziali, perché mentre nella battaglia d'incontro è gioco-forza accettare il combattimento frontale così come è imposto dal terreno e dal nemico, nella battaglia preparata vi è maggiore scelta nelle direzioni di attacco e nei mezzi da impiegare. Attacco dimostrativo e attacco principale, cioè una successione di atti stabiliti fin dall'inizio e da eseguire a t ermine fisso, non sempre trovano applicazione pratica, anche se è buona norma impegnare la maggior parte delle forze nemiche con un'aliquota delle proprie e sviluppare altrove l'attacco
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principale, del quale, peraltro, è raro si possa stabilire a priori la direzione, condizionata, questa, non solo dalla situazione strategica e dal terreno, ma anche dalla mutevole disposizione del nemico. Da qui l'esigenza che l 'azione direttiva del comando superiore non sia limitata alle sole prime disposizioni, ma si faccia sentire durante tutto il corso dell'operazione, il che è possibile utilizzando le comunicazioni ottiche, telegrafiche, telefoniche e radiotelegrafiche. L'impiego delle artiglierie pesanti campali può essere pianificato in anticipo e trova condizioni favorevoli fin dall'inizio - specialmente quello degli obici - contro 'la fortificazione campale e le truppe al coperto, anche se talvolta può convenire rimandarlo a quando l'avanzata della propria fanteria cominci ad essere incontrastata. L'attacco può riuscire, od essere respinto in pochi ore oppure durante alcuni giorni, ma non è probabile che una posizione difensiva preparata, ma non rafforzata da opere permanenti, possa resistere a lungo se attaccata a fondo, senza pause e soste, senza che il cannone taccia mai e con valore pari a quello <lel difensore. Da qui la necessità che l'appoggio dell'artiglieria alle fanterie attaccanti sia potente, continuo, aderente e sviluppato secondo il criterio della più stretta concomitanza degli sforzi. Non è conveniente che le artiglierie mutino frequentemente le loro posizioni, ma debbono farlo ogniqualvolta il restare troppo lontane può significare dare alla fanteria l'impressione di essere priva dell'appoggio materiale e morale del fuoco dei propri cannoni. Ad un'aliquota di questi deve essere affidato il compito specifico dell'appoggio continuo e aderente della fanteria, anche a costo di rischi e di sacrifici . « In questi casi non si deve tener conto né della distanza, né del pericolo, né della precisione del tiro nemico; qualunque manovra, anche la più ardita, sarà giustificata dallo scopo da conseguire». Nel combattimento vicino le forze che attaccano una posizione preparata si ·regolano come nella battaglia d'incontro, ma sono necessari una più accurata ricognizione del terreno per evitare arresti improvvisi sotto il fuoco della difesa davanti agli ostacoli artificiali messi in opera dal nemico ed un più largo ricorso ai lavori di trincea o di ripari dietro i quali le truppe attaccanti possono essere costrette a sostare lungamente. Acquistano cosl grande importanza la disponibilità degli attrezzi adatti ai lavori di rafforzamento e l'impiego delle truppe del genio le quali, nell'azione vicina, sono chiamate a dare prova di valore ed abnegazione in misura forse più grande di quella che è richiesta per le altre armi. Nell'ultima fase della lotta, il genio sarà la guida e l'aiuto intelligente. e animoso della fanteria, incaricata di porre il piede sulle po-
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sizioni nemiche. Gli assalti di interi reparti, sostenuti dai reparti laterali, se energici, risoluti ed improvvisi, con partenza da posizioni coperte ubicate nelle vicinanze del nemico, intesi a raggiungere rapidamente, e ad ogni costo, « la linea occupata dal nemico concludono, quando necessario e possibile, l'attacco. Nella confusione della lotta vicina si ritenga che, anche ai nostri tempi, la decisione favorevole di un attacco può essere il premio riservato, non al persistere del fuoco, ma all'impiego della baionetta, maneggiata da gente risoluta e persuasa che retrocedere significa esporsi a sicuro sterminio e che la salvezza dipende dal coraggio».
8. L'azione difensiva su pos1Z1oni preparate consente maggiore libertà di scelta e maggiore disponihilità di tempo per la sua organizzazione. E ' nondimeno pressoché impossibile trovare posizioni che riuniscano tutti i requisiti auspicabili e che li abbiano lungo tutta l'estensione della fronte (buon campo di vista e di tiro, ampiezza di fronte proporzionata alle forze disponibili, appoggio <li ali, copertura, robustezza, dominio tattico, ricchezza di comunicazioni radiali e di arroccamento, ostacoli all'avanzata nemica) . Di tutti tali requisiti gli essenziali sono il buon campo di tiro e la facilità di comunicazioni per la manovra. La posizione prescelta può essere a cavallo oppure obliqua, od anche di fianco, rispetto alle presumibili direzioni di marcia del nemico; in questi due ultimi casi consente di minacciare direttamente le linee di comunicazione dell'attaccante, purché l'ala rivolta verso il nemico sia appoggiata ad un robusto ostacolo e la posizione stessa sia abbastanza vicina alle direttrici di marcia. Una grande unità isolata non deve esitare ad abbandonare la posizione e ad attaccare qualora il nemico, prima di entrare nel raggio tattico della posizione stessa, si diriga altrove per evitarla. La resistenza passiva, lasciando al nemico la piena libertà di azione, è condannata ad essere elusa o sopraffatta. Cosl ad esempio, una grande unità di ala non deve lasciarsi sfuggire l'occasione dell'attacco controffensivo contro il fianco delle truppe attaccanti. Nella battaglia difensiva preparata i lavori di rafforzamento - diretti nella loro globalità dal comandante del genio delle va:rie grandi unità sono un incremento indispensabile alla potenzialità difensiva del terreno. Tali lavori devono . essere eseguiti in modo che non siano
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visibili da lontano o che possano essere mascherati e con la massima elasticità, senza interruzione, di giorno e di notte. Non vi possono essere limiti all'attività di chi deve preparare la posizione sulla quale ha stabilito di difendersi: costruzione di diverse linee di fuoco che agevolino però l'azione controffensiva; lavori di trinceramento sulle falde delle alture per eliminare gli angoli morti; lavori di impianto delle reti telegrafiche e telefoniche; miglioramenti della rete stradale; ricoveri al coperto per le truppe ma con facilità di uscita rapida e spedita; spalleggiamenti per le artiglierie in numero superiore a quello delle batterie disponibili per avere la possibilità di spostarle dove meglio convenga quando il fuoco dell'artiglieria avversaria divenisse soverchiante; interruzioni stradali ed altri lavori simili; sistemazione e rafforzamento delle posizioni occupate dagli avamposti. Durante l'esecuzione dei lavori non devono cessare né di giorno né di notte l'esplorazione della cavalleria ed il servizio di sicurezza degli avamposti anche mediante l'uso di proiettori ubicati sulla posizione principale o sulla linea degli avamposti. In ausilio agli avamposti ed alla cavalleria possono essere dislocati posti di scoperta incaricati di osservare esclusivamente i movimenti del nemico. Indipendentemente dagli avamposti, altri reparr.i possono venire destinati ad occupare posizioni avanzate o per impedirne il possesso al nemico che se ne potrebbe avvantaggiare nella sua azione offensiva o per trasformarle, in date eventualità, in posizione principale. Inizialmente vengono occupati soltanto i punti principali della posizione scelta con alcuni nuclei di truppa ed il resto della fanteria o è impiegato nei lavori o è tenuto indietro al coperto. Perché l'occupazione della posizione, al momento del hisogno, possa avvenire con la massima rapidità e con il massimo ordine occorre che ogni comandante di reparto conosca bene il tratto di fronte assegnatogli e ne abbia predisposto l'occupazione quasi uomo per uomo. La estensione delle fronti assegnate alle varie unità dipende, come al solito, da molti fattori ; l'essenziale è che la linea di resistenza consenta fuoco efficace e che si possa tenere una buona parte delle truppe in riserva. Questa ultima, costituita da unità organiche, ha una forza che può giungere fino alla metà di quella disponibile. Diversamente dall'azione offensiva, nell'azione difensiva l'artiglieria della riserva può essere impiegata fin dall'inizio sulla posizione principale. Le artiglierie pesanti campali non vanno tenute troppo arretrate per non perdere il vantaggio d'impiegarle sin dall'inizio della
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lotta. Non sempre è conveniente che l'artiglieria della difesa risponda al fuoco di quella dell'attacco, specialmente quando quest'ultima è soverchiante, ma se il nemico, approfittando dell'inazione dell'artiglieria della difesa, fa avanzare le proprie fanterie ovvero se si presentano obiettivi remunerativi, occorre aprire il fuoco con l'intensità necessaria. Ma vi possono essere casi nei quali convenga aprire il fuoco anche da lontano come, ad esempio, quando si presentino bersagli costituiti da masse o da colonne di fanteria o di artiglieria ovvero quando vi siano zone o punti di obbligato passaggio per l'attaccare . Il criterio generale è, comunque, di aprire il fuoco a colpo sicuro, svelarsi il più tardi possibile e di sorpresa, cosa più facile ad attuarsi nelle battaglie che si impegnano su posizioni preparate che non nelle battaglie d'incontro. Occorre che la difesa distingua bene l'attacco generale dagli attacchi parziali diretti contro gli avamposti od al possesso di punti tattici o di sbocco ed a tale uopo disponga di un buon servizio di esplorazione. Di fronte ad un attacco parziale gli avamposti debbono resistere; di fronte ad un attacco generale, dopo aver cercato di trattenere il nemico con il fuoco il più a lungo possibile, ripiegano abbandonando senza esitare le posizioni rafforzate. « Nel dubbio fra le due eventualità, gli avamposti ripiegheranno, a meno che non abbiano ordine preciso di resistere o che non occupino talune di quelle posizioni avanzate sulle quali, come si è detto, possa convenire di resistere». La fanteria, disposta in modo di evitare l'agglomeramento, agisce con fuoco ben diretto e ben regolato, mediante un tiro calmo e mirato eseguito da un comodo appostamento, avendo cura di non esaurire in una frazione di ora tutto il suo munizionamento; l'aliquota di fanti tenuta indietro al coperto va impiegata per colmare i vuoti, per occupare nuove posizioni a mano a mano che si presenti l'opportunità di farlo, per sviluppare contrattacchi anche frontali ai quali possono concorrere le truppe già in linea se non abbiano modo di sostenerli con il fuoco. La cavalleria - presente prima, durante, dopo l'azione offensiva dell'avversario - si tiene fuori del raggio d'azione delle bocche da fuoco della difesa, ma appoggiata da questo tende con audacia e con insistenza a colpire i fianchi ed anche, se possibile, le retrovie del nemico, incalza le truppe attaccanti costrette a ripiegare dopo un attacco fallito, minaccia ed attacca le truppe nemiche d'ala che tentino azioni avvolgenti. L'artiglieria agisce come nella battaglia difensiva d'incontro. La riserva deve ispirarsi generalmente all'idea di una controffensiva, con largo criterio tattico; essa, salvo il caso di impossibilità assoluta, ha compito controffensivo, sebbene ciò
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non escluda che una parte possa essere destinata a rinforzare alcuni tratti del fronte quando non siano sufficienti le truppe di tincalzo o quando il nemico allarghi la fronte di attacco. Nell''<¼zione difensiva il valore delle posizioni non è mai assoluto; non si deve esitare ad abbandonare una posizione quando la situazione muti o da essa non si possa più recare danno maggiore al nemico; rimane fermo che la decisione di ordinare la ritirata - la più grave che possa essere presa da un comandante e che impegna maggiormente la sua responsabilità - può essere giustificata solo da potenti motivi. Dopo aver affrontato la lotta, si deve sempre aver presente alla mente il noto aforisma che una battaglia non è perduta se non quando si crede perduta.
9. L'inseguimento immediato, quasi impulsivo, è quello che fa seguito alla battaglia; senza di esso nessuna vittoria è decisiva. La cavalleria, con la sua artiglieria, con reparti ciclisti e con le proprie mitragliatrici, è l'arma alla quale spetta tale compito tisolutivo al fine della rottura dei legami tattici dell'avversario, dello sconvolgimento dei suoi ordini e dell'impedimento dei suoi atti di rannodamento. E' necessario fiaccare fin le ultime energie materiali e morali dei vinti, e perciò occorre che l'inseguimento dopo la battaglia continui di giorno e di notte, insistente, senza tregua. La cavalleria vi si deve gettare a briglia sciolta per prevenire il nemico sui punti di passaggio obbligato, per attaccarlo violentemente verso la testa o sui fianchi , per ritardarne la marcia . Essa non aspetta ordini; gli atti più temerari sono giustificati; l'eccessiva prudenza è, in ogni caso, riprovevole. Distinto dall'inseguimento immediato, è ·l'inseguimento generale, avente carattere di grande azione coordinata, pur sempre aggressiva ed incalzante, che s'inizia qualche ora e talvolta qualche giorno dopo la vittoria, quando il nemico si è, almeno parzialmente, allontanato dal campo di battaglia. Anche nell'inseguimento generale spetta alla cavalleria a non perdere, anzi a mantenere sempre più stretto, il contatto con le masse nemiche in ritirata per dare tempo alle grandi unità vittoriose di prepararsi all'inseguimento. Nell'esecuzione si deve tendere, almeno con un'aliquota delle forze, a prevenire il nemico sulle sue linee naturali di ritirata o quanto meno a guadagnare il fianco delle sue retroguardie per deciderle ad
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abbandonare posizioni che possono talvolta far perdere molto tempo e fiaccare l'energia e lo slancio di chi insegue. Molti inseguimenti si sono ·risolti in disastri per gli inseguitori, ma ciò dipese sempre da mancanza di intelligente e volenterosa cooperazione necessaria nell'inseguimento come in qualsiasi altro atto di guerra. Nei casi in mii la ritirata - di fronte all'evidente pericolo di incorrere, proseguendo, in una sicura e completa disfatta - si renda necessaria, occorre protrarre il combattimento fino all'ultimo momento con strenua energia ed impegnando tutte le forze per spossare l'avversario e ridurgli la capacità d'inseguimento. L'ordine di effettuazione va preventivamente comunicato, in via cinfidenziale ai comandi in sotto ordine ai quali devono essere indicati con chiarezza ed esattezza le località sulle quali dirigere le rispettive unità e le linee di marcia disponibili. Infondere coraggio e calma per prevenire la confusione e lo sgomento è il primo dovere dei comandanti. Lo sgombero delle posizioni, che va preceduto dall'invio all'indietro del carreggio, deve avvenire previo un energico atto controffensivo diretto ad acquistare spazio e tempo. All'inizio della ritirata - per la cui esecuzione non si possono dettare norme - le preoccupazioni costanti di tutti sono il riordino delle truppe e la costituzione delle colonne di marcia, operazioni non facili e non brevi da compiere durante la prima fermata possibile fuori del contatto con il nemico. Dopo una grande battaglia difficilmente si riesce a costituire una retroguardia generale con le truppe già meno impegnate nel combattimento; è più ricorrente la costituzione di retroguardie parziali con i reparti meno scossi che sgomberano la posizione per ultimi e che cercano successivamente di arrestare il vincitore mediante ripetute resistenze in profondità. E' la notte il tempo più opportuno per rompere il contatto e le retroguardie debbono resistere fino a quando sopraggiungano le tenebre. L'artiglieria, senza preoccuparsi della perdita dei pezzi, deve sostenere la ritirata delle truppe; la cavalleria, pur di arrestare od almeno disturbare l'avanzata nemica, non deve esitare a gettarsi con impeto contro le masse della cavalleria o della fanteria nemica anche se assai superiori in forze. Diversa la ritirata compiuta fuori del contatto con il nemico, ma a distanza tale da questo da non escludere la possibilità di suoi attacchi. Per premunirsi da tali eventuali azioni nemiche viene costituita una retroguardia con il compito di assicurare spazio al grosso della grande unità e di permettergli di muovere liberamente e di sfuggire all'avversario. La forza della retroguardia varia in funzione di diversi fattori; di norma comprende tutta la cavalleria della
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grande unità che si ritira, le truppe più salde di fanteria, l'artiglieria più leggera e distaccamenti del genio. La retroguardia, diversamente dall'avanguardia, non può fare assegnamento sul soccorso del grosso ed è perciò necessario che sia formata con truppe scelte, che abbiano il morale meno scosso e siano guidate da un comandante ~bile ed energico. Essa occupa una posizione conveniente per fronteggiare i possibili attacchi delle avanguardie nemiche e, una volta che la colonna del grosso, preceduta a conveniente distanza dal carreggio, ha raggiunto la località prefissata, ripiega anch'essa per seguire la colonna. La cavalleria della retroguardia segnala il nemico e mantiene il contatto, evitando di esporsi e di scontrarsi con forze preponderanti della cavalleria avversaria che cercherà di attirare sotto il fuoco della propria fanteria. 1 distaccamenti del .genio e gli zappatori di fanteria debbono provvedere alla distruzione dei ponti ed alle interruzioni per ostacolare l'avanzata nemica. Nel caso che le avanguardie nemiche le costringano al combattimento, la fanteria e l'artiglieria della retroguardia prendono posizione ed eseguono fuochi a distanza allo scopo di obbligare il nemico a spiegarsi e perdere tempo, per poi interrompere all'improvviso il combattimento. Ultimi a sgomberare la posizione sono i reparti di fanteria scelta, i ciclisti, la cavalleria appiedata e l'artiglieria i quali, aprendo un fuoco accelerato, nascondono l'intenzione di cessare la resistenza e danno tempo alle restanti forze di riprendere con ordine la marcia; successivamente ripiegano anch'essi pronti a ripetere, insieme col rimanente della retroguardia, la stessa manovra da posizioni successive. Può talvolta convenire, anche a distanza dal nemico, di aspettare questo su una forte posizione ad ora avanzata del giorno, di investirlo con un violento fuoco a distanza, di prolungare il combattimento fino al cadere della notte e di riprendere la ritirata per raggiungere la colonna principale con il favore delle tenebre.
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NOTE AL CAPITOLO XIII (1) Comando del Corpo di Stato Maggiore. Norme generali per l'impiego tattico delle Grandi Unità di Guerra. Enrico Voghera, Tipografo editore del Giornale Militare, Roma 1903 (Atto n. 119, 16-IV-1903, G.M. 1903, p. 348).
(2) Giuseppe Ottolenghi (1838-1904) generale. Da sottotenente partecipò alla campagna del 1859, da luogotenente a quella del 1860-1861 e da capitano a quella del 1866. Da colonnello comandò il 27° reggimento fanteria e il 4° reggimento alpini, da maggiore generale la brigata Re, da tenente generale la divisione di Torino, e il XII e il IV Corpo d'Armata. Fu ministro de11a guerra nel 1902-1903 e senatore del regno nel 1902. Scrisse: Tattica e operazioni speciali e Appunti e documenti sulla riforma militare di Emanuale Filiberto. (3) Ministero della Guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio istru:doni e manovre. Norme generali per l'impiego delle Grandi Unità di gue"a. Voghera Enrico, Tipografo editore del Giornale Militare, Roma 1910 (atto n. 187, 14-V-1910, G.M. 1910, p. 364).
(4) Ministero della Guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio istruzioni e manovre. Norme generali per l'impiego delle Grandi Unità di guerra. Edizione 1913. Voghera Enrico, tipografo editore del Giornale Militare, Roma 1913. (Atto n. 529, 17-XII-1913, G.M. 1913, p. 1555-59). (5) Ministero della Guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio istru. zioni e manovre. Norme per il combattimento. Edizione 1913. Voghera Enrico, Tipografo edirore del Giornale Militare, Roma 1913. (Atto n. 364, 17-VII-1911, G.M. 1911, pp. 1911, pp. 1198-1199). (6) Luigi Cadorna (1850-1928), maresciallo d'ltana. Sottotenente d'artiglieria nel 1868, fu addetto al comando del corpo di stato maggiore nella sezione topografica. Raggiunse il grado di colonnello nel 1892 ed ebbe il comando del 100 reggimento bersaglieri. Fu poi capo di stato maggiore dell'VIII corpo d'armata. Nel grado di maggior generale comandò la brigata Pistoia e in quello di tenente generale ebbe successivamente i comandi delle divisioni di Ancona e di Napoli e del IV corpo d'armata. Nel 1911 fu designato per il comando di un'armata in guerra e nel 1914 fu elevato alla carica di capo di stato maggiore dell'esercito reggendo il comando dell'esercito in guerra dal maggio 1915 all'8 novembre 1917. Dal novembre 1917 al febbraio 1918 fu membro del comitato consultivo militare permanente interalleato. Passò nella riserva col grado di tenente generale nel 1918, ma nel 1924 venne richiamato in servizio col grado di generale d'esercito e promosso maresciallo d'Italia. Nel 1910 era stato nominato senatore del regno. Collaborò al progetto di riordinamento che fu detto Zupelli..Cadorna, e scrisse il cosiddetto Libretto rosso, contenente le norme tattiche da seguire in guerra. Scrisse anche le seguenti opere: Il generale Raffaele Cadorna nel Risorgimento italiano, La guerra alla fronte italiana fino all'arresto sulla linea del Piave e del Grappa.
CAPITOLO XIV
L'IMPIEGO DELLE DIVERSE ARMI NEL COMBATIIMBNTO 1. Norme per il combattimento (1911-1913) . 2. La fanteria. 3. La cavalleria. 4. L'artiglieria. 5. Il genio. 6. I combattimenti di località. 7. Le operazioni nei terreni fortemente coperti e nei terreni boscosi. 8. Le operazioni notturne. 9. Le operazioni alpine.
1. La dottrina tattica deHe Norme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra ebbe il suo completamento nelle Norme per il combattimento, edite in bozze di stampa nel 1911 (1) ed in veste definitiva nel 1913 (2). L'edizione del 1913, alla quale ci riferiamo, consta <li 223 pagine e di 531 paragrafi ed è suddivisa in una premessa, in due brevi introduzioni - una sulle caratteristiche del combattimento odierno ed una sul contegno e doveri nel combattimento - ed in 9 capitoli. I primi 4 contengono le norme tattiche riguardanti le diverse armi e l'impiego delle sezioni mitragliatrici e d ei -reparti ciclisti, gli ultimi 5 considerano le operazioni speciali (reparti isolati, di ala, in avanguardia, in retroguardia nella ritirata, fiancheggianti, di scorta all'artiglieria) od eseguite in condizioni speciali di tempo o di luogo (combattimento di località, operazioni nei terreni fortemente coperti e nei terreni boscosi, operazioni notturne, operazioni alpine). Armonizzata con le Norme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra nella quale sono già inseriti, come abbiamo ·rilevato, taluni crited generali sull'impiego tattico delle diverse armi la pubblicazione tende a far risaltare i criteri peculiari d'impiego di ogni singola arma e soprattutto quelli ai quali ispirare la cooperazione intesa come coordinamento delle attività specifiche delle diverse armi nei vari momenti della lotta, giacché non è sufficiente conoscere solo, magari perfettamente, l'impiego della propria arma, ma è indispensabile sapere come combattono anche le altre armi, di quali aiuti esse abbisognano e come possono a loro volta aiutare. Anche qui, cri-
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teti, e non prescrizioni tassative, adattabili ad ogni caso giacché non meno mutevoli e multiformi di quelli della battaglia sono gli aspetti del combattimento. Le prescrizioni valgono in sede addestrativa e tecnica ed esse formano oggetto dei · Regolamenti di esercizio di ciascun'arma, riguardano cioè la tecnica d'impiego, ma non l'impiego che non può essere vincolato a forme prestabilite. « Ai comandanti in sotto ordine, quindi, non devesi imporre il modo di esecuzione dei compiti, ma lasciare invece quella giusta libertà d'azione che permetta di t,ratre il maggior possibile rendimento dalle loro perso·nali qualità ». Ciò è tanto più necessario nel combattimento odierno nel quale il coordinamento degli sforzi individuali verso lo scopo generale è reso più difficoltoso ed al tempo stesso è agevolato dalle innovazioni e dai perfezionamenti che la scienza e l'industria apportano nei mezzi di cui si valgono gli eserciti. Il nemico, mediante l'adozione di uniformi meno vistose, si è fatto meno visihile e l'orientarsi sulla situazione è diventato molto difficile per cui più acuto è il bisogno dell'azione informativa - esplorazione, raccolta di notizie, trascrizione delle notizie, collegamenti - peraltro agevolata dai mezzi nuovi di comunicazione; le decisioni riguardanti gli ordini e le formazioni :di combattimento vengono necessariamente prese a distanza maggiore dal nemico che nel passato e conseguentemente occorre aumentare lo scaglionamento in profondità dei reparti; l'avanzata nella zona del fuoco si è fatta lenta, stante la necessità di sfruttare e di rafforzare il terreno per ottenere una migliore efficacia del proprio fuoco e per meglio ripararsi da quello nemico; l'esigenza dell'adozione delle fomazioni aperte e distese con intervalli ampi obbliga ad operazioni su fronti estese; la direzione del combattimento è diventata per tali ragioni assai piena di difficoltà e tanto maggiore è il bisogno del collegamento costante e della intelligente e continua cooperazione fra le varie armi e fra i vari riparti per ottenere la concomitanza degli sforzi; la celerità di tiro di tutte le armi costringe ad una severa disciplina del fuoco per evitare sprechi di munizioni ed esige un oneroso ed esteso servizio di rifornimenti il quale, peraltro, come anche quello dei viveri, è favorito dalla nuova disponibilità di mezzi meccanici nei trasporti. « Tali peculiari caratteristiche del combattimento moderno, diversamente da quanto si potrebbe essere indotti a credere erroneamente e dannosamente, non favoriscono la difesa, ma l'attacco, perché l'impiego dei nuovi mezzi, specialmente delle armi portatili moderne, risente più che nel passato delle condizioni di animo di chi li adopera
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e cioè di chi meglio può far valere la propria superiorità materiale e morale, in breve di chi attacca, talché or.a più che mai si deve ritenere che l'offensiva sia il miglior mezzo per conseguire risultati decisivi ». Anche nel combattimento moderno, anzi in misura maggiore che nel passato, 1a superiorità morale è necessaria quanto e forse più di quella materiale, ed essa si concreta nel fermo proponimento di vincere, nella salda fiducia reciproca fra i capi e le truppe ed in quel sentimento che trascina tutti ove tuona il cannone. Le regole fondamentali di contegno si debbono ispirare al principio dell'iniziativa applicata a tutti i livelli in ragione della responsabilità individuale che a ciascuno compete, a quello della dedizione assoluta al combattimento sino all'esaurimento di ogni estremo mezzo di difesa ed a quello della solidarietà che fa accorrere in soccorso di chi è in difficoltà. Il coraggio, l'audacia, la disciplina e l'obbedienza sono doveri propri di ogni combattente tanto più conseguibili quanto più radicati fin dal tempo <li pact: i st:ntimt:nti del dovere, dell'onore militare e di patriottismo e quanto maggiore l'esempio animatore dei capi mediante il contegno cahno e sereno, l'impegno di tutte le energie fisiche e intellettuali, la riflessione degli atti, la prontezza delle decisioni, la condotta irreprensibile e la premura per il benessere dei subordinati che solo a tali condizioni accettano l'autorità e le concedono fiducia, stima, rispetto ed affezione.
2. Delineate le caratteristiche peculiari del combattimento moderno e fissato il concetto che la vittoria è il risultato della potenza morale oltreché di quella materiale - la sera di una battaglia non vi è spesso altra differenza tra il vincitore ed il vinto all'infuori delle condizioni morali dei combattenti - la pubblicazione passa a lumeggiare i criteri d'impiego e le modalità di azione delle singole armi nell'azione offensiva ed i.n quella difensiva distinguendo il combattiinento d'incontro da quello sviluppato contro il nemico in posizione o da una posizione preparata e trattando, per ciascun'arma, anche i vari tipi di combattimento particolare (temporeggiante, dimostrativo, fanteria contro cavalleria, cavalleria contro fanteria o contro cavalleria o fra cavallerie). Le peculiarità proprie delle diverse situazioni generali e particolari e dei diversi tipi di combattimento determinano criteri e modalità specifici delle varie circostanze, ma non
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modificano sostanzialmente le linee generali d'impiego delle singole armi e tanto meno l'aspetto globale della lotta della quale è protagonista il fuoco. « La fanteria è l'arma principale in quanto ha in sé gli elementi per decidere completamente, anche da sola, le sorti di una battaglia; le altre armi, come ausiliarie, devono sempre dirigere la loro attività alla riuscita dei compiti che alla fanteria sono imposti. Questa tuttavia, a sua volta, deve prestare volenterosamente e con la maggiore possibile larghezza alle armi ausiliarie l'aiuto di cui esse possono aver bisogno per lo svolgimento della loro azione». I mezzi d'azione della fanteria sono il movimento ed il fuoco. L'urto è solo un mezzo eventuale perché le sorti della lotta vengono decise dalla combinazione del movimento con il fuoco. La fanteria assume nella marcia e nel combattimento gli ordini e le fotmazioni previsti adattandoli alle circostanze - ogni schema prestabilito sarebbe nocivo - e deve arrivare sul nemico, nel momento dell'urto, nelle migliori possibili condizioni fisiche e morali. Nell'offensiva la fanteria: si schiera (in taluni casi direttamente dalle formazioni di marcia, in altri previo ammassamento) sempre al di fuori del tiro dell'artiglieria nemica e, al livello di brigata, per linea o per ala (lo schieramento per ala è di massima più vantaggioso) , in modo da garantire la celere entrata in azione, nel momento del bisogno, di un fuoco intenso (1/2 o 2/3 dei battaglioni in prima linea ed i rimanenti in seconda nel caso del combattimento d'incontro) ed il ·rapido affluire della seconda linea in rinforzo della prima (&u .terreno scoperto fa distanza di 400 m è in molti casi conveniente); compie la marcia di avvicinamento che s'inizia alla distanza di 4-5 km dal nemico e si chiude su terreno scoperto verso i 900-1000 m, cioè a distanza di tiro efficace della fanteria nemica; si effettua con la prima schiera disposta su più linee di battaglioni in ordine aperto ed in formazioni chiuse sino a che i reparti non siano soggetti all'azione delle artiglierie nemiche e successivamente in formazioni aperte e, se necessario, anche sparse costantemente appoggiate almeno potenzialmente dal fuoco della propria artiglieria; giunta il più vicino possibile a quella avversaria, sfruttando nel migliore dei modi il terreno, utilizzando le formazioni meno vulnerabili rispetto all'artiglieria avversaria, evitando di usare il proprio fuoco fino a che non costrettavi dall'efficacia di quello avversario, la fanteria attaccante entra, dopo aver completato e rettificato lo spiegamento, nella fase di attacco con i nuclei più avanzati in formazioni sparse, disposti in linee successive, a distanze variabili ma
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non superiori inizialmente ai 200-300 m, su fronti non superiori per un battaglione di prima linea inquadrato ai 400 m, e avanza a sbalzi per reparti della massima forza possibile, alternando movimento e fuoco (sbalzi inizialmente lunghi e comunque, quando non suggerito diversamente dal terreno, di 40-50 m e soste brevi per una semplice ripresa di energie fisiche e morali); qualora necessario per obbligare l'avversario a desistere dalla lotta, la fanteria attaccante sviluppa l'assalto da posizioni il più vicine possibile a quelle avversarie agendo o per impulso delle truppe già impegnate o per ordine dei comandanti e, comunque, s'impegna in tale estrema fase della lotta - che sfugge ad ogni norma e che è la sintesi di quelle audacie ed energie individuali che la preparazione morale del soldato avrà saputo in esso sviluppare - con tutte le forze che vi debbono concorrere in qualunque formazione e da qualsiasi punto, animate da un solo sentimento, quello di annientare ad ogni costo la resistenza del nemico scacciandolo dalla posizione che occupa; se l 'assalto riesce, la fanteria dordina rapida.mente le unità, si rafforza sulle posizioni conquistate e consolida la vittoria, mediante un immediato inseguimento del nemico con il fuoco; nel caso d'insuccesso, e se costretta alla ritirata, la fanteria ripiega come si trova, arrestandosi però e riordinandosi non appena raggiunta una posizione che offra sufficiente ·r iparo contro le offese del nemico, protetta dall'artiglieria e dalla cavalleria che, all'occorrenza, debbono sacrificarsi. Condizioni essenziali per la riuscita del combattimento offensivo della fanteria al livello di brigata sono: gli ordini e le disposizioni del comandante di brigata e dei comandanti in sott'ordine per lo schieramento (scopi, obiettivi da raggiungere, fronti di schieramento, eventuale riserva, ripartizione dei battaglioni in linee di schieramento o ripartizione della fronte in caso di schieramento per ala, modalità per il costante collegamento con i reparti laterali e con quelli antistanti, distribuzione e posto da assegnare alle mitragliatrici), per l'eventuale ammassamento (frequente nel combattimento contro nemico in posizione), per la marcia di avvicinamento (ripartizione delle forze della prima linea in compagnie della linea di fuoco e compagnia di rincalzo, disposizione che eviti i frammischiamenti, ampiezza di intervalli che faciliti l'inserimento dei rincalzi, accorgimenti per rendere spedito e celere il movimento, trasmissione delle notizie che vengono raccolte durante la marcia dai reparti o dagli esploratori) e per l'attacco (indicazione del tratto di fronte su cui devono dirigersi i singoli battaglioni di prima linea, il punto dello sforzo principale, il posto del comandante, il collegamento con
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il comandante superiore, con i reparti laterali e con i comandanti dei reggimenti o dei battaglioni dipendenti); le ricognizioni preventive par:lliali ai livelli di brigata, di reggimento e di battaglione nel combattimento contro nemico in posizione; l'ordine e la coesione dei reparti durante la marcia di avvicinamento nonostante il continuo e celere giuoco delle formazioni; l'esplorazione delle pattuglie allo scopo di riconoscere il nemico ed il terreno e di sventare gli agguati e le sorprese; l'inizio della fase di attacco con intenso sviluppo di fuoco (perciò nei battaglioni di prima linea le compagnie della linea di fuoco dovranno risultare in massima due o tre); lo sfruttamento del terreno inteso a cogliere ogni occasione propizia per la protezione, il riordinamento dei reparti, la ripresa dei collegamenti, il manteni:nento della direzione di movimenti; la rapida ed energica rimozione, mediante atti parziali di combattimento, dei distaccamenti e delle pattuglie nemiche; la continuità e la celerità della marcia di avvicinamento; l'entrata in azione il più possibile contemporanea del fuoco di fucileria su tutta la linea per conquistare sin dall'inizio la superiorità del fuoco senza la quale non si ottiene il successo (la quale, peraltro, non è da ricercarsi nella eccessiva celerità di tiro che porterebbe unicamente a sperpero di munizioni, ma deve essere conseguita con una intelligente direzione ed una accurata e coscienziosa esecuzione del fuoco, con l'opportuno sfruttamento del terreno, con la tempestiva entrata in azione dei rincalzi e dei riparti di seconda linea, ed infine col movimento di avanzata che, riducendo Ie distanze, conferisce sempre maggiore efficacia al tiro di fucileria); la tendenza a conservare durante l'avanzata la massima omogeneità possibile nonostante l'inevitabile scissione in tratti di densità variabile, secondo le forme del terreno e le difficoltà del procedere, della linea del fuoco (i riparti che hanno più propizie condizioni procederanno più celermente degli altri; essi tuttavia non dovranno lasciarsi soverchiamente trascinare ad azioni slegate od isolate, che costituiscono sempre un grave pericolo. Se qualche riparto, per l'intensità del fuoco nemico, non potrà più andare avanti, dovrà di norma mantenere il terreno conquistato e rafforzarvisi in attesa che l'arrivo dei rincalzi, o la cooperazione delle truppe laterali, renda nuovamente ,poss.ilbile l'avanzata); la graduale diminuzione della distanza della seconda linea rispetto alla prima in modo da rinforzare gradatamente questa ultima, dando cosl successivi impulsi all'avanzata e assicurando la maggiore intensità di fuoco dalla posizione in cui s'inizia l'eventuale assalto. Condizioni altrettanto indispensabili al successo sono il coordinamento dell'azione, la cooperazione fanteria-artiglieria, la
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coesione dei singoli reparti, il mantenimento dell'ordine e del collegamento tattico, la disciplina del fuoco, lo spirito di iniziativa e, soprattutto, un profondo spirito offensivo. ln conclusione, nella marcia di avvkinamento il mezzo principale della fanteria è il movimento protetto dal fuoco della propria artiglieria e favorito dal giuoco delle formaz·ioni e dallo sfruttamento e rafforzamento del terreno; nell'attacco è la combinazione del movimento e del fuoco, anche questa favorita dal fuoco dell'artiglieria, dal g.iuoco delle formazioni, dall'impiego dei rincalzi e delle altre unità retrostanti e sempre dallo sfruttamento e rafforzamento del terreno; nell'assalto sono il movimento celere e l'impiego dell'arma bianca delle unità che assaltano ed il fuoco delle unità -laterali che concorrono all'assalto stesso. Ne'lla difensiva la fanteria riconosce la posizione (sempre nell'azione su posizione preparata); la occupa; la rafforza (speditivamente nel combattimento d'incontro e potentemente nel combattimento su posizione preparata); vi si schiera con linea discontinua e con densità non uniforme, occupandone inizialmente, soprattutto nel combattimento su posizione preparata, i punti principali mediante nuclei di forze e lasciando il resto fodietro coperto dal terreno o da riparti od impiegato nei I.avori di rafforzamento; apre il fuoco quando sia possibile colpire il nemico efficacemente ed intensamente dopo averlo lasciato avv.icinare il più possibile; rinvigorisce, con tutta o parte della seconda linea, i tratti della posizione più direttamente minacciati non appena ~e sia possibile determinare la direzione dell'attacco nemico r.isolutivo; contrattacca localmente, indipendentemente dal vigoroso atto controffensivo ordinato dal comando superiore ed effettuato dalla riserva generale, con le truppe non impegnate od anche con le truppe che occupano la fronte dopo che queste abbiano respinto col fuoco un assalto del nemico o quando questo non sia più in condizione di avanzare e debba arrestarsi o sostare davanti alJa posizione. Deve considerarsi come regola assoluta che, quando il combattimento volge alla soluzione, tutti indistintamente i riparti debbono concorrervi risolutamente. Nel combattimento d'incontro: il comandante superiore si limita di solito ad indicare ai comandanti delle grandi unità il tratto della fronte da occupare e il compito, ed essi, a loro volta, ripartiscono in modo generale .il tratto assegnato tra le loro unità e vi avviano direttamente e rapidamente i vari reparti. Il comandante di brigata, dopo una ricognizione sommaria, ripartisce la fronte f.ra i battaglioni di prima linea in relazione al compito ed al terreno; la prima linea, data l'in-
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certezza della situazione, e m genere meno forte della seconda; i lavori di rafforzamento, data la scarsa disponibilità di tempo, hanno carattere speditivo e riguardano soprattutto lo sgombero del campo di tiro, la misurazione delle distanze, le costruzioni <li appostamenti e !tiparti e le facilitazioni agli sbocchi controffensivi. Le compagnie di dncalzo sono tenute vicine alla linea di fuoco, possibilmente in località coperte. Nel combattimento su posizione preparata l'organizilazione della posizione stessa è compiuta e completata ininterrottamente, di giorno e di notte, mediante l'esecuzione di numerosi lavori di rafforzamento i<leati ed eseguiti dal genio e dalla fanteria in re.lazione alla natura ed all'importanza dei vari tratti della fronte ed avendo presente che non ostacolino in nessun modo il passaggio all'azione controffensiva. L'esecuzione dei lavori che richiedono speciale capacità tecnica o l'uso di mezzi speciali (ponti, fogate, reticolati) competono al genio, mentre al miglioramento delle comunicazioni, all'apertura di sbocchi offensivi, allo sgombero del campo di tiro, a'lla misurazione delle distanze, alla costruzione delle trincee, dei riparti e degli spalleggiamenti, al rafforzamento degli avamposti ed alla facilitazione del funzionamento dei servizi, primi fra i quali quello del rifornimento delle munizioni e quello sanitario, concorrono tutte le altre armi. In conclusione, nel combattimento difensivo, sia d'incontro e sia soprattutto da posizione prepaparata, la fanteria si avvale, in misura maggiore che in quello offensivo, dei lavoro di rafforzamento come del suo quarto mezzo di azione. Le mitragliatrici svolgono un ruolo ausiliario; protagonista dell'azione della fanteria è il fuoco dei fucili. Esse nel combattimento offensivo d'incontro o contro nemico in posizione, non potendo né sostituire né aiutare l'artiglieria nel compito di appoggiare fin da principio la marcia di avvicinamento della propria fanteria, vanno tenute di preferenza con i rincalzi ed impiegate solo eccezionalmente quando faccia difetto l'artiglieria e sempreché si presentino obiettivi ben determinati a distanze non rilevanti ovvero quando siano in condizione di coprire un fianco di una lunga linea di artiglieria o di operare contro batterie avversarie che si muovono allo scoperto ed a distanza di tiro della fucileria. Entrano in azione, nella fase di attacco, allorché comincia l'avanzata della prima linea nella zona delle medie distanze del tiro di fucileria, portandosi rapidamente su posizioni adatte ed avanzando poi alle piccole distanze per ,sviluppare l'azione più intensa nel momento in cui l'appoggio dell'artiglieria venga a mancare. L'avanzata deve avvenire in stretto
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collegamento con i battaglioni ai quali le mitragliatrici sono assegnate e solo in certi casi (sottrarsi alle perdite, entrata in azione di sorpresa) possono muovere con una certa indipendenza tenendosi però naturalmente sempre collegate con le proprie unità di fanteria. Alla distanza di 600-700 m dal nemico avanzano occupando appostamenti, possibilmente sui fianchi della linea di fuoco o fino a risoluzione ultimata e si tengono pronte a halzare in avanti d'iniziativa, non -appena l'assalto sia riuscito, per raggiungere la posizione occupata e da questa inseguire con il fuoco il nemico, cosl come debbono essere pronte, in caso d'insuccesso, a proteggere il ripiegamento ed il riordinamento dei reparti respinti. Nel combattimento offensivo contro nemico in posizione, data la sistematicità e la lunghezza dell'azione, le mtragliatrici vengono inizialmente tenute indietro per costituire una mobile riserva di fuoco, assai utile per cooperare con le truppe che il comandante superiore intenda destinare alla manovra e, siano o non assegnate a tali truppe, cooperano all 'assalto portandosi di sorpresa, se possibile, in convenienti posizioni assai prossime alla posizione nemica, e battendo il ciglio di questa ultima nel momento in cui la fanteria attaccante attraverso la zona delle difese improvvisate dal difensore per obbligarlo a restare riparato nelle trincee; allungano poi il tiro contro i rincalzi e le ,riserve nemiche accorrenti verso la posizione minacciata. Anche nel combattimento difensivo, d'incontro o da posizione preparata, le mitragliatrici non vanno impiegate, per evitare un prematuro consumo di munizioni, sin dall'inizio del combattimento; anzi talvolta può essere opportuno ·ritirare qualche sezione per tenerla a disposizione dei comandi ,più elevati che se ne potranno valere come di una riserva di fuoco per l'atto risolutivo. Quando però circostanze favorevoli (disponibilità di molte sezioni ed abbondanza di munizionamento) ne consentano o consiglino l'impiego iniziale, conviene disporle sui tratti più importanti o più deboli della fronte, o dove si voglia mantenere contegno nettamente difensivo, o sulle località dalle quali si dominino gli intervalli o si fiancheggi la posizione. Nel caso di combattimento difensivo da posizione preparata diventa più frequente la sottrazione delle sezioni dalle rispettive unità per assegnarle alle dirette dipendenze di altri comandi, in genere di grado più elevato, per la difesa di strette, il fiancheggiamento dei tratti principali della fronte, la protezione delle difese accessorie, il fuoco sui punti di obbligato passaggio, l'occupazione di posti avanzati, il sostegno dei punti deboli o particolarmente importanti.
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Al combattimento della fanteria a piedi concorrono i reparti ciclisti, · le cui principali caratteristiche sono la mobilità, la celerità <li movimento, subordinate entrambe alla rete stradale peraltro quasi sempre più o meno agevole e ricca nelle regioni pianeggianti e di collina, e l'arditezza. Essi trovano impiego utile e vantaggio nel1'azione delle truppe di copertura all'inizio delle ostilità, nella sicurezza in marcia od in stazione delle grandi unità, nell'esecuzione di improvvisi colpi di mano, nell'occupazione preventiva e temporanea di località importanti, nello svolgimento di attacchi improvvisi sui fianchi o sul tergo del nemico durante la fotta, nella costituzione di una riserva mobilissima nelle mani del comandante superiore, nell'inseguimento e nella ritirata. Essi vanno impiegati come unità organiche, ·senza sminuzzarli e senza obbligarli a scindersi per l'espletamento di più compiti contemporanei, ma assegnando loro incarichi -successivi che, in virtù della loro grande mobilità, sono in grado di compiere in tempi brevi. Occorre evitare di mantenerli a lungo sulla difensiva che frusta la loro principale caratteristica. I reparti ciclisti combattono come gli altri reparti di fanteria, dando alla loro azione carattere di grande intensità fin dall'inizio e di grande -rapidità mediante lo spiegamento di tutte o quasi le loro forze ed il ricorso ad attacchi sui fianchi o anche, se possibile, sul tergo del nemico (evitando gli attacchi frontali), e di sorpresa. I ciclisti assegnati ai reggimenti di fanteria devono essere impiegati nell'esplorazione e per il collegamento e solo secondariamente nel servizio di corrispondenza. « La riunione dei ciclisti di due o più reggimenti, allo scopo di costituire, quasi, unità combattenti di ciclisti, deve essere esclusa in modo asso-loto: un tale impiego, mentre non può dare che pochi vantaggi, recherebbe gravi danni ».
3. La cavalleria è per eccellenza l'arma del celere movimento, dell'azione rapida e della sorpresa. E', perciò, particolarmente adatta all'esplorazione, alle dimostrazioni strategiche, ed anche efficace nel conibatdmento delle altre armi, come pure nell'inseguimento e nella ritirata. Condizione essenziale perché la cavalleria possa rendere preziosi servizi tanto nel campo strategico quanto in quello tattico, è che ufficiali e soldati siano animati da grande ardimento e da costante spirito offensivo. La sua azione morale è ancora efficacissima anche contro la fanteria. Il combattimento a cavallo testa
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il mezzo principale dell'arma; il fuoco va impiegato nei casi m cui non si possa combattere da cavallo; la cavalleria non deve mai lasciarsi attaccare; il movimento e l'urto sono i suoi mezzi principali di lotta, ma piuttosto che rimanere inattiva la cavalleria scende da cavallo ed affronta con i moschetti i fanti in posizione. Combatte a cavallo ed a piedi: nel combattimento a cavallo opera principalmente con l'urto, in quello a piedi col fuoco. Essa ricorre quasi esclusivamente all'azione offensiva e solo se in manifesta inferiorità di forze, o in speciali condizioni di terreno, o in combattimenti temporeggianti, assume atteggiamento difensivo, tenendo presente che, nell'azione a cavallo, la cavalleria si difende attaccando. L'attacco va condotto a fondo, impegnando in breve tempo tutta la forza ·disponibile: la cavalleria deve sapere a tempo osare, e, osando, operare con tutte le forze. Il comandante de11a grande unità di cavalleria deve possedere moltiplicate tutte le qualità e doti intellettuali e morali degli altri comandanti e specialmente la rapidità di percezione, -la facilità di valutazione, la prontezza di decisione, l'audacia e la calma, Ja fiducia in sé stesso, l'ascendente morale, lo spirito d'iniziativa, la forza morale nell'assumere le responsabilità, ]a resistenza fisica e l'abilità nell'equitazione. I comandanti in sott'ordinc debbono possedere grande spirito d'iniziativa in modo di agire senza attendere gli ordini, ma mai perdendo di vista lo scopo · del1'azione generale. Il combattimento della cavalleria risponde a criteri e modalità di azione diversi .a seconda del nemico da affrontare - cavalleria, fanteria, artiglieria - della situazione e del terreno . Non si possono pertanto stabilire schemi che si adattino ad ogni caso. Nel combattimento contro 1a cavalleria: subito dopo segn:;ilato il nemico, vengono distaccate alcune pattuglie di combattimento per prendere e mantenere il contatto con il nemico durante tutta l'azione, raccogliendo tutte le notizie possibili utili alla manovra, ed altre · per provvedere alla sicurezza dei fianchi e delle spalle dell'unità; qualora lo scontro sia prossimo e manchino .elementi chiari sulla situazione, la cavalleria si ammassa su di una posizione di attesa (eventuale) coperta dalla vista e dalle offese dell'avversario. Una volta che il comandante abbia chiara la situazione, ma comunque anche se cosl non fosse, senza indugiare in riflessioni che potrebbero fargli perdere l'iniziativa delle mosse, prende prontamente 1a risoluzione che gli pare più qpportuna e, qualora decida di attaccare, comunica ai comandanti in -sott'ordine il dispositivo di attacco, il concetto della manovra (« semplice, chiaro, conciso »), gli obiettivi. La ripartizione delle forze nel senso
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della fronte ed in quello della profondità risponde al concetto di sopraffare la massa principale nemica con l'urto, di -avvolgerne uno o entrambi i fianchi e di premunire i propri sicché conviene spesso « per poter conservare più a lungo che sia possibile libertà di manovra, scaglionare gli elementi che dovranno disimpegnare i vari compiti ». Nella ripartizione delle forze debbono essere rispettati i vincoli organici per cui è preferibile lo schieramento per ala. I reparti di forza inferiore al reggimento solo eccezionalmente si dispongono su più scaglioni, in quanto i reggimenti operano a massa. L'avvicinamento si inizia con l'avanzata dalla posizione d'attesa o da quella dove ha avuto luogo ,l'ammassamento e termina quando, determinata la direzione da imprimere all'urto, l'unità si spiega per effettuare la carica, alla quale l'ideale sarebbe giungere di sorpresa od almeno prima che il nemico sia preparato a sostenerla o faccia in tempo a sottrarvisi. Durante l'avvicinamento e durante l'urto la protezione dei fianchi è condizione essenziale di successo ed essa va garantita da terreno impraticabile (o reso tale dall'azione dell'artiglieria, <lelle mitragliatrici, dei reparti ciclisti, ecc.) e dallo scaglionamento in fuori degli elementi retrostanti e della riserva (la quale, quando esiste, deve entrare in azione prima che si esaurisca l'azione degli altri elementi). Prima dello spiegamento i vari scaglioni muovono in formazioni ristrette {colonna e massa) finché il fuoco nemico non Io impedisca, al fine di poter essere in condizione di cambiare la fronte facilmente e celermente e di scegliere la direzione più opportuna per l'urto; successivamente assumono formazioni meno vulnerabili. La scelta della direzione d'attacco è di grandissima importanza: l'attacco di fianco aumenta le probabilità del successo; maggiori risultati si ottengono quando si può combinare l'attacco di fianco (non limitato contro la linea più avanzata ma diretto contro il fianco di tutti gli scaglioni in profondit6) con l'attacco frontale; risultati ancora più decisivi dà l'attacco simultaneo di entrambe le ali nemiche (ma tale attacco richiede grande superiorità numerica o ia certezza che l'avversario non riesca a spiegarsi prima dell'urto). Determinata la direzione di attacco e giunto il momento della carica si passa allo spiegamento e, mentre la riserva conserva la formazione raccolta, gli altri scaglioni assumono in genere le formazioni lineari dell'ordine chiuso o, talvolta, se suggerite dal terreno, le formazioni a frotte. La carica è l'epilogo della manovra. Essa va condotta a fondo con estrema gagliardia, impiegandovi tutta la forza disponibile. In tutti i casi l'urto deve essere caratterizzato da coesione e simultaneità. Se il nemico riesce a sottra·rsi alla carica, lo s'incalza im-
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mediatamente; se l'attacco riesce si passa subito all'inseguimento; se l'attacco non riesce si ripiega sotto la protezione del fuoco delle mitragliatrici, dell'artiglieria a cavallo, dei reparti ciclisti. Nel combattimento contro la fanteria la cavalleria ha probabilità di successo solo se esistono circostanze favorevoli - fanteria spossata daJia marcia o dalla lotta, o disordinata, o moralmente abbattuta, a corto o sprovvista di munizioni, o disposta in formazioni che le impediscono l'uso efficace del fuoco, o soggetta ad essere colta all'improvviso mentre è in movimento, o impegnata da fanteria che la fronteggi da vicino e contro la quale stia per lanciarsi all'assalto - e se si è in grado di sfruttarle tempestivamente. In caso diverso, gli attacchi della cavalleria si risolverebbero in un completo sacrificio dell'arma non giustificabile che in circostanze estreme. Le formazioni da adottare hanno valore secondario: se è possibile la sorpresa, occorre gettarsi sulla fanteria per la via più breve, nella formazione in cui ci si trova e senza badare alla progressione regolamentare delle andature; se la sorpresa non è possibile, occorre impiegare formazioni mobili, poco vulnerabili e di rapido e facile spiegamento, iniziando il galoppo a grande distanza, aumentandone gradatamente la velocità fino a raggiungere la carriera. L'attacco va eseguito per la via più breve, senza riguardo alla direzione d'attacco, pur tendendo ai fianchi dello schieramento nemico specialmente ad opera dei reparti retrostanti a mano a mano assorbiti dalla linea di fuoco. Se la situazione impone in via eccezionale un attacco frontale per arrestare l'avanzata della fanteria nemica, la cavalleria si protegge dal fuoco di questa sfoutt ando il terreno, scegliendo formazioni convenienti, imprimendo celerità all'azione. Gli attacchi, se il terreno lo consente, devono partire da punti diversi, essere simultanei e convergere sullo stesso obiettivo in modo da dare alt' azione una forma avviluppante; se tali attacchi convergenti non sono possibili, si effettuano attacchi successivi, partendo dallo stesso punto e caricando nella stessa direzione, ma distraendo l'attenzione del nemico facendo precedentemente caricare in altra direzione un ripart o in ordine aperto od appoggiando l'azione a cavallo con l'appiedamento di qualche reparto. Anche l'attacco contro l 'artiglieria s'ispira agli stessi criteri
ed obbedisce alle stesse modalità d'azione : cogliere l'artiglieria in crisi di movimento (quando è in marcia o sta per prendere od abbandonare posizioni); attaccare i fi.anchi od il tergo degli schieramenti, minacciando simultaneamente la fronte; agire con celerità
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e, se possibile, di sorpresa; far precedere l'attacco da un'accurata ricognizione specialmente per rendersi conto della specie e della posizione della scorta che protegge l'artiglieria in movimento od in posizione; attaccare la fronte con formazioni in ordine aperto, sopra una sola riga, a larghi intervalli oppure a stormi od a frotte cercando di avviluppare tutta la linea pezzi ed attaccare i fianchi od il tergo in relazione all'entità ed alle formazioni della scorta tentando di fare in modo che l'azione di fuoco della scorta sia intercettata dall'artiglieria stessa; nel caso di attacco di fronte sottr-arsi al fuoco dell'artiglieria da attaccare sfruttando il terreno, utilizzando le formazioni meno vulnerabili, imprimendo rapidità ai movimenti ed energia all'azione; sul terreno scoperto prendere il galoppo da grande distanza ed accelerare la cadenza fino alla carica ed eseguire l'attacco da molte direzioni o, se ciò non sia possibile, ad ondate successive partenti dallo stesso punto e lungo 1a stessa direzione, distraendo il nemico con un attacco in ordine aperto eseguito in precedenza e<l in direzione diversa; se si riesce a penetrare nelle batterie, disorganizzarle, impadronirsi dei cavalli e dei materiali o quanto meno rendere questi inservibili. Il combattimento a piedi è una forma secondaria, da adottare solo in condizioni particolari: quando, cioè, la cavalleria non possa fare assegnamento su elementi di fuoco ausiliari, o non abbia mezzi in misura adeguata alla situazione, debba vincere resistenze di fuoco con l'impiego del fuoco, debba concorrere con questa, durante le vicende della lotta, al mantenimento di posizioni. Al combattimento a piedi si ricorre anche per saldare, sul campo di battaglia, tratti di fronte, attaccare o difendere strette, proteggere il grosso della cavalleria stessa in sosta ed i suoi alloggiamenti e scortare l'artiglieria. Unità del combattimento a piedi è lo squadrone, il quale deve avere un sostegno a cavallo che concorra all'azione degli appiedati, li protegga, ne agevoli il disimpegno, difenda i cavalli scossi e dia inizio all'inseguimento. Il combattimento a piedi è, in conclusione, un ripiego che non bisogna però esitare ad adottare quando non sia possibile raggiungere altrimenti lo scopo. Nel combattimento a piedi la cavalleria agisce con il fuoco e, occorrendo, con l'urto come la fanteria, si avvale dell'aiuto delle mitragliatrici, dell'artiglieria a cavallo e dei reparti ciclisti. Essa, però, non può sostenere un combattimento lungo e conseguentemente: nell'azione offensiva ricerca una soluzione rapida e, qualora questa non sia possibile o non riesca, non deve
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ostinarsi nella lotta, ma rimonta in sella e tenta l'attacco in altro punto; nell'azione difensiva talvolta deve combattere fino all'esaurimento delle forze (mantenimento di una posizione importante), talvolta sviluppare un combattimento temporeggiante sicché nel primo caso occorre che occupi validamente la posizione tenendo le forze riunite, nel secondo che estenda le forze in modo da ingannare il nemico e da costringerlo a spiegarsi od a girare al largo. Le sezioni di mitragliatrici della cavalleria nel combattimento fra cavallerie operano con il primo scaglione verso l'ala che costituisce il\ perno della manovra e prendono posizione il più vicino possibile al nemico in modo che non debbano spostarsi ulteriormente azione durante; se la cavalleria viene sorpresa da quella avversaria, le mitragliatrici debbono concorrere, se necessario fino al sacrificio, alla creazione della condizioni favorevoli perché il grosso possa ,assumere le formazioni di attacco o sottrarsi al combattimento; possono schierarsi a difesa delle batterie in posizione restando da queste alquanto discoste; nel caso di successo dell'azione della cavalleria, avanzano il più possibile ed inseguono il nemico col fuoco; in caso d'insuccesso, concorrono a fare agire contro l'irrompere della cavalleria avversaria. Nel combattimento contro la fanteria entrano in azione con la cavalleria agendo nella direzione che meglio favorisca la sorpresa; nel combattimento contro l'artiglieria, se questa è in movimento, le mitragliatrici possono agire con effetto anche a distanza di tiro superiore ai 1.000 m; se l'artiglieria è in posizione, appoggiano gli att-acchi della cavalleria da posizioni di fianco, accompagnando i primi scaglioni, avvicinandosi al nemico il più possibile ed aprendo il fuoco di sorpresa e da posizione coperta. Nel combattimento di cavalleria appiedata e nel combattimento in concorso con le altre armi le mitragliatrici vanno impiegate con criteri e con procedimenti analoghi a quelli delle mitragliatrici della fanteria.
L'artiglieria a cavallo accresce la potenza tattica di un corpo di cavalleria che operi isolato; essa concorre a vincere le resistenze nemiche sulle strette e sui punti di obbligato passaggio, ed alla conquista ed al mantenimento di posizioni importanti; è di grande ausilio nei combattimenti a cavallo contro la fanteria o l'artiglieria nemica; svolge un ruolo importantissimo nell'inseguimento e nella ritirata ed anche nel combattimento fra cavallerie purché si ponga in condizioni di sfruttare la potenza del proprio fuoco e segua il più possibile la lotta. Nel combattimento fra ca-
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vallerie prende posizione fuori della probabile zona dell'azione, batte la cavalleria nemica mentre sta assumendo le formazioni di attacco e fino al momento in cui si lanci nella lotta, agisce con fuoco rapido ed intenso contro l'aliquota più minacciosa della cavalleria avversaria e, quando ciò non sia più possibile, rivolge il tiro contro l'artiglieria, le mitragliatrici ed i reparti ciclisti del nemico. « Contro la cavalleria nemica che appaia d'improvviso e sorprenda la cav·alleria amica agisce con altrettanta rapidità ed intensità di fuoco per dare tempo a questa ultima di assumere le formazioni di combattimento ». Nel caso che l'attacco della propria cavalleria abbia successo, si sposta celermente su di una nuova posizione avanzata, possibilmente di fianco, ed entra.. in azione per battere le resistenze residue; nel caso diverso, se non le è più possibile agire dalla posizione fino ad al1ora occupata, si sposta indietro per trattenere il nemico e per consentire alla propria cavalleria di rannodarsi. Negli altri tipi di combattimento - contro fanteria, contro artiglieria, combattimento appiedato l'artiglieria a cavallo agisce come l'artiglieria da campagna delle divisioni di fanteria , sfruttando però la sua maggiore mobilità per scompigliare, con tiro rapidissimo, le linee della fanteria nemica, per appoggiare l'attacco della propria cavalleria contro l'artiglieria nemica, per sostenere l'azione della cavalleria appiedata.
4. L'artiglieria campale esercita una grandissima influenza sulla battaglia, e, costituendo solidi punti di coordinamento e d'inquadramento nella lotta, fornisce ai comandanti di truppe uno dei principali mezzi di direzione durante tutte le fasi della lotta stessa. Nonostante tutte Ie sue caratteristiche positive - attitudine all'azione di fuoco efficace a grandi distanze contro bersagli scoperti o coperti, facilità a conservarsi a lungo disponibile anche se impegnata nel combattimento, facoltà di produrre in breve tempo grandi effetti morali e materiali, capacità di lunga resistenza, possibilità di battere intensamente fronti superiori alla propria non può da sola conseguire la vittoria. La sua è sempre un'azione ausiliaria ed il suo compito è di sostenere l'azione tattica della fanteria in tutte le sue fasi, subordinando il proprio impiego allo scopo stabilito dal comandante delle truppe e coordinandolo costan-
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temente con gli atti dell'unità cui è assegnata . Le truppe campali impiegano artiglierie leggere e pesanti; le prime, consistenti da noi solo in cannoni, battono bersagli animati scoperti, semiscoperti ed anche coperti da ripari resistenti, ma bassi; le -seconde, più potenti ma meno mobili, agiscono: con gli obici contro la fortificazione campale, le località abitate, i punti di appoggio della difesa, le truppe annidate nelle pieghe del terrona o dietro i ripari, con i cannoni contro le truppe a grandi distanze, contro le artiglierie e contro gli ostacoli resistenti verticali. Gli obici, in particolare, rendono servizi preziosi speciAlmente nell'ultima fase della lotta quando, essendo le contrapposte fanterie molto vicine, i cannoni debbono sospendere o spostare il tiro, mentre essi in ragione della curvatura della traiettoria possono proseguire il fuoco più a lungo. L'impiego dell'artiglieria è condizionato dalla chiara e precisa definizione delle attribuzioni dei vari comandanti dell'arma. (comandante di artiglieria dell'armata, del corpo d'armata, del reggimento di artiglieria divisionale; comandanti di gruppo e di batteria), dalla costanza ed efficienza dei collegamenti, dalla sicurezza delle batterie e dei mezzi di rifornimento garantita dalle scorte, dal funzionamento del servizio rifornimento delle munizioni e dalla scelta ed organizzazione delle posizioni. Nell'azione offensiva d'incontro: il comandante dell'artiglieria dell'avanguardia, sulla base degli intendimenti del comandante dell'intero dispositivo, sceglie subito le posizioni idonee ad un sollecito ed efficace impiego delle batterie e schiera queste ultime che entrano in azione solo dietro ordine del comandante dell'avanguardia; il comandante dell'artiglieria del grosso sceglie le posizioni idonee in particolare alla controbatteria, schiera subito quel numero di gruppi o batterie che le circostanze consigliano e si tiene pronto a farle entrare in azione su ordine del comandante delle truppe dal quale l'artiglieria dipende direttamente. Criteriobase: vincere, nel più ,breve tempo possibile, gli ostacoli che l'artiglieria avversaria frappone allo schieramento della propria fanteria con il numero di batterie sufficiente allo scopo, ma calcolato con una certa larghezza. Alla controbatteria può essere conveniente far partecipare anche le batterie pesanti campali. Durante la marcia di avvicinamento della fanteria, l'artiglieria intensifica il fuoco sulle batterie nemiche e, se riesce a sopraffare fin dall'inizio l'artiglieria nemica, sposta il tiro contro le fanterie in vista o contro le zone di presumibile ammassamento di fanterie o artiglierie al riparo.
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E' necessario tenere presente che i cambi di posizione, ad azione impegnata, presentano gravi pericoli e sono spesso di difficile attuazione; da qui la necessità della prudenza nell'ordinarli e di sfruttare al massimo ed a lungo i requisiti di grande potenza e precisione di tiro propri deJle armi moderne per restare sulle medesime posizioni fino a che almeno non diminuisca l'efficacia della partecipazione dell'artiglieria al combattimento. Durante lo svolgimento dell'attacco della fanteria , l'artiglieria coordina strettamente la sua azione con quella della propria fanteria; sposta gran parte del tiro contro le truppe nemiche che rappresentino il maggiore ostacolo ·all'avanzata della fanteria, ricorrendo, se necessario ed opportuno, anche a cambiamenti di posizione delle artiglierie che hanno il compito di accompagnare più da vicino le fanterie ed occupando postazioni che consentano l'esecuzione di tiri obliqui; entra in azione anche con le batterie non ancora impegnate. A mano a mano che l'attacco procede ed il combattimento assume carattere episodico, si rendono necessari concentramenti di fuoco parziali su determinati obiettivi e concentramenti più grandi, ma più che i concentramenti sono essenziali l'accentramento della direzione del fuoco ed il coordinamento delle azioni delle batterie in modo che gli interventi si completino a vicenda nel conseguimento dello scopo tattico comune. Quando la linea di fuoco della fanteria giunge a breve distanza da quella nemica, nessuna batteria deve restare inattiva e quelle che, per la loro lontananza o posizione non sono più in grado d'intervenire, si portano a distanza minore e, congiuntamente alle altre, nell'imminenza dell'assalto intensificano il fuoco e lo concentrano sul tratto o sui tratti di fronte obiettivo finale della fanteria, mentre le artiglierie pesanti campali entrate in azione all'inizio dell'attacco, se non da prima, operano in questo momento, senza alcuna restrizione d'impiego, in concorso con le artiglierie leggere e tendono, con gli obici, ad impedire l'accorrere delle riserve nemiche ed a scuotere le resistenze dell'avversario e, con i cannoni, a rinforzare l'azione delle artiglierie leggere; il compito principale di tutta l'artiglieria è, in tale momento, quello di dirigere il fuoco dove si esercita lo sforzo decisivo e di controbattere Ie eventuali batterie traditrici che il nemico voglia far entrare in azione. Quando costretta a spostare il tiro per mòtivi di sicurezza, l'artiglieria batte in profondità il terreno dietro le linèe del .fuoco ed in circostanze favorevoli non esita a spostarsi in avanti, se necessario nella linea stessa della
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fanteria, scindendosi anche in frazioni di batteria, per meglio facilitare l'assalto. Se questo riesce, una parte dell'artiglieria si porta sulla posizione conquistata e vi si rafforza, mentre il resto concorre all'inseguimento; se esso non riesce, spiega la massima attività di fuoco a favore del riannodamento della fanteria, senza preoccuparsi della propria sicurezza e risoluta a spingere la resistenza fino al sacrificio. Nell'azione offensiva contro nemico in posizione, sia nel caso di attacco immediato sia in quello di attacco opportunamente preparato, l'artiglieria ispira la sua azione a criteri e procedime'n ti analoghi a quelli del combattimento d'incontro tenendo presente che nell'attacco di una posizione preparata: il tempo per la preparazione è tale da consentire un congruo numero di lavori di rafforzamento ed una pianificazione del fuoco molto particolareggiata; è possibile fare intervenire fin dall'inizio le artiglierie pesanti campali, specialmente gli obici, per battere gli obiettivi che corrispondano perfettamente alle caratteristiche delle varie bocche di fuoco; fin dalla prima fase della lotta l'artiglieria deve tendere a distruggere tutti i mezzi di cui il nemico si può servire per esplorare il terreno o per dirigere il proprio tiro (aeromobili, osservatori, ecc.); la preparazione con il fuoco deve essere condotta con il massimo vigore, senza spendere munizioni su posizioni non occupate o non fortemente presidiate, ma senza comunque far tacere il cannone che deve mantenere il nemico in continua tensione morale; il fuoco va progressivamente reso più intenso a misura che la fanteria si '<lvvicina al nemico; i cambi di posizione vanno evitati o resi meno frequenti e, comunque, quando necessari, studiati con cura fin dall'inizio dell'azione in modo di fare avanzare i gruppi o le batterie al coperto. Nell'azione difensiva d'incontro, l'artiglieria dell'avanguardia: nel caso di coincidenza della posizione di resistenza con quella raggiunta dall'avanguardia, si schiera prontamente ed eroga fuoco intenso per assecondare l'azione dell'avanguardia; nel caso che la resistenza debba essere svolta da una posizione arretrata rispetto a quella raggiunta dall'avanguardia, sceglie con prontezza una posizione situata anche a grande distanza dal nemico, ma possibilmente in fuori dalla linea delJa fanteria e tale che consenta rapida occupazione ed offra buon campo di tiro per appoggiare il ripiegamento dell'avanguardia. L'artiglieria del grosso, sulla base della ripartizione fattane dal comandante delle truppe e delle ricognizioni compiute dai comandanti delle varie unità de11'arma, si schiera su
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posizioni retrostanti la fronte della fanteria a distanza o in direzioni tali che non compromettano la sicurezza delle truppe antistanti e che non siano soggette ad essere colpite dai tiri lunghi dell'artiglieria nemica diretti contro la linea della fanteria. Il fuoco dell'artiglieria deve essere diretto prima di tutto contro le fanterie attaccanti, evitando il duello contro l'artiglieria nemica; se la fanteria attaccante riesce ad avanzare e la fanteria della difesa è costretta ad entrare in azione, l'artiglieria cerca di attirare su di sé il fuoco dell'artiglieria nemica, pur tenendo presente che lo scopo principale è sempre quello di ostacolare la marcia della fanteria all'attacco, ed entra in azione con i gruppi e le batterie non ancora impiegati, sviluppando forti concentramenti di fuoco sotto la direzione accentrata dei comandanti superiori dell'arma; di fronte ad un'ulteriore avanzata della fanteria attaccante, tutte le batterie intensificano il fuoco, non esitando nel portarsi avanti con prontezza ed audacia fosse anche sulla linea di fuoco della fanteria ed in posizione scoperta; qualora il nemico proceda all'assalto , l'artiglieria della difesa rivolge il tiro contro le truppe assalitrici, là specialmente ove è più incalzante la minaccia, senza preoccuparsi della possibile perdita dei pezzi. Nel momento in cui il nemico giunge sulla posizione, può essere decisiva l'azione di alcune batterie traditrici preventivamente schierate in modo opportuno che non devono avere il carattere di batterie di riserva, ma che devono avere concorso con le altre in tutte le fasi del combattimento; esse, perciò, occupano una posizione arretrata rispetto alle altre batterie, coperta dalla vista e che consenta di battere non solo il terreno d'attacco, ma anche la linea principale della difesa sulla quale aprono il fuoco di sorpresa e con violenza non appena il nemico vi si affacci. Durante tutta l'azione le artiglierie pesanti campali occupano posizioni arretrate rispetto alla linea principale della difesa, ma non più indietro di quelle dei cannoni leggeri; agiscono anch'esse sulla fanteria attaccante ed all'occorrenza sull'artiglieria avversaria: gli obici battono gli ammassamenti di truppe nelle pieghe del terreno, le località utilizzate dal nemico come appigli tattici, le riserve; i cannoni controbattono le artiglierie nemiche più dannose e concentrano il fuoco sulle fanterie nemiche che esercitano lo sforzo principale. Nell'azione difensiva su posizione preparata, l'artiglieria riceve notevole incremento alla sua azione dai lavori di rafforzamento che il tempo a disposizione consente di eseguire. Inizialmente le posizioni prescelte vengono occupate
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solo da una parte dell'artiglieria, mentre le altre batterie restano in pos1z1oni arretrate e coperte, pronte però ad occupare rapidamente le posizioni di schieramento. In alcuni casi l'artiglieria apre il fuoco da lontano, quando, ad esempio, si presentino bersagli ampi; generalmente si svela il più tardi possibile ed apre il fuoco soltanto quando questo è efficace nel quadro dell'azione generale, e di sorpresa: ciò sarà più facile ad attuare su posizione preparata che nelle battaglie d'incontro. Nell'inseguimento, l'artiglieria, sfruttando al massimo la sua mobilità e la sua potenza di fuoco, batte le colonne nemiche in ritirata, possibilmente da posizioni di fianco, ed informa la sua azione ad iniziativa, rapidità e arditezza. Nella ritirata l'artiglieria protegge il ·ripiegamento e facilita il riannodamento delle truppe; le aliquote dell'arma della retroguardia generale o delle retroguardie parziali devono compiere ogni sfot'zo per trattenere le truppe inseguenti occupando preferiibilmente posizioni di fianco e resistendo su di esse ad oltranza, eseguendo il ripiegamento per scaglioni di batterie in ciascun gruppo, tenendosi pronte ad occupare posizioni successive più arretrate quando il contegno del nemico lo imponga. L'aumentata precisione di tiro delle odierne bocche da fuoco e la diminuita probabilità di scoppi prematuri, rendono possibile all'artiglieria di far largo uso del tiro al di sopra delle proprie truppe, quando, beninteso, essa si attenga alle prescrizioni che la tecnica e -l'esperienza hanno dettato. Tale tiro è imposto dalla necessità di sfruttare al massimo gli spazi disponibili e di non aumentare la già considerevole ampiezza delle fronti; dall'altra parte, se non lo si utilizzasse, non sarebbe possibile che raramente di trovare posizioni adatte dalle quali aderire all'azione della fanteria. Il tiro al di sopra delle proprie truppe è possibile in relazione alla traiettoria, alle condizioni di visibilità, al tipo del terreno e non si possono, perciò, dare regole generali che valgano in tutte le circostanze; si può, invece, dire che occorre stabilire, fra i comandanti delle truppe e quelli di artiglieria con obiettivi comuni, segnalazioni convenzionali necessarie a far sospendere il fuoco per motivi di sicurezza e che è possibile « quando il tiro a tempo cominci ad essere pericoloso per le proprie truppe », continuare, « fino ad un certo limite, a battere il bersaglio col tiro a percussione ».
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5. L'arma del genio acquista nel combattimento una sempre maggiore importanza in ragione del largo ricorso alla fortificazione improvvisata resa necessaria dalla sempre crescente potenza del fuoco, e dall'ampio uso dei collegamenti telegrafici (con o senza fili), telefonici ed ottici anche ai livelli meno elevati, dell'incremento dei mezzi di trasporto celeri e potenti, della navigazione aerea che può « indurre già allo studio di nuovi mezzi di lotta, della resurrezione di congegni offensivi già caduti in disuso come torpedini terrestri, granate a mano, ecc. », delle continue nuove applicazioni alla guerra delle scoperte della scienza e della produzione dell'industria. L'arma del genio concorre nel combattimento con tutte le sue spedalità in tutte le fasi della lotta con azioni di carattere essenzialmente tecnico le quali spesso s'identificano con i procedimenti tattici. L'impiego dell'arma risponde al criterio dell'economia nel senso che, essendo le truppe del genio poco numerose, esse vanno impiegate con parsimonia ed utilizzate solo nei comp1t1 non eseguibili dalle altre truppe. Anche nell'impiego del genio hanno preminente importanza la definizione delle attri~ buzioni dei vari comandanti (comandante del genio d'armata, comandante del genio del corpo d'armata, ufficiale del genio addetto al comando della divisione di fanteria, comandanti del reparti del genio) e l'organizzazione dell'impiego e del rifornimento dei materiali dell'arma. Nell'azione offensiva nel combattimento d'incontro, le truppe del genio dell'avanguardia debbono facilitare alle truppe dell'avanguardia il pasaggio da una formazione di marcia allo schieramento e<l eseguire i lavori di adattamento del terreno che richiedano personale specializzato. Durante lo svolgimento dell'azione offensiva è compito del genio: facilitare al grosso il passaggio dalla formazione di marcia allo schieramento e la successiva avanzata; provvedere ai collegamenti (le unità del genio di corpo di armata collegano i comandi di corpo di armata con quelli delle divisioni e con i comandi di corpo di armata laterali; i comandi delle divisioni si collegano, mediante i parchi telefonici delle compagnie zappatori, con i comandi di brigata di fanteria, con quelli dei gruppi di artiglieria ed eventualmente con gli osservatori); effettuare i lavori speditivi necessari a facilitare il possesso degli obiet-
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tivi secondari; portare aiuto alle truppe che, operando su fronte ampia, avessero bisogno di largo ricorso alla fortificazione campale. Nell'azione offensiva contro nemico in posizione, compito del genio è procedere in modo sistematico e completo agli stessi lavori previsti nel combattimento d'incontro, tanto più necessari per la maggiore resistenza che il nemico può opporre in ragione del suo rafforzamento e, in particolare: eseguire le ricognizioni necessarie per determinare la specie e l'entità dei lavori dell'avversario; fare il progetto generale dei lavori necessari a facilitare il movimento dell'attaccante e gli sbocchi verso il nemico; dirigere i lavori di costruzione delle trincee e dei ripari eseguiti dalle truppe delle altre armi; scoprire e sventare, nella fase della lotta ravvicinata, i lavori di mina, le fogate e le torpedini terrestri « avanzando passo passo in trincea, schermendosi con scavi e valendosi anche, se occorre, della oscurità della notte »; guidare, nell'ultima fase della lotta, i reparti della fanteria nel porre il piede sulle posizioni nemiche; dare subito mano ai lavori necessari sulla posizione conquistata per « volgere contro l'avversario l'efficienza dei lavori di rafforzamento da esso abbandonati». Nell'azione difensiva nel combattimento d 'incontro, i reparti del genio dell'avanguardia procedono con immediatezza a rafforzare la posizione prescelta, distruggere od interrompere i passaggi pericolosi ed a rendere più facili e liberi gli sbocchi controffensivi. I reparti del genio del grosso, utilizzando al massimo il poco tempo disponibile, eseguono i lavori utili ad accrescere l'efficacia del fuoco della difesa, a facilitare gli sbocchi controffensivi, le comunicazioni del tergo della posizione, i rifornimenti delle munizioni, i ripari dei rincalzi e delle riserve e provvedono a stendere i collegamenti essenziali. Nell'azione difensiva su posizione prepa rata, dato il maggiore tempo disponibile, il campo di azione del genio è assai più vasto e delicato e l'impegno dei reparti del1'arma diventa continuo, senza tregua, di giorno e di notte, persino durante la lotta, in modo da conferire alla posizione difensiva il carattere più vicino possibile a quello di un campo trincerato. Al genio, con l'aiuto o non di ausiliari della fanteria , spettano la costruzione di ponti, l'apertura dei principali sbocchi controffensivi, il miglioramento della viabilità, l'impianto ed il funzionamento dei collegamenti, la costruzione di osservatod, la sistemazione a difesa delle località importanti, la preparazione delle interruzioni stradali e degli altri ostacoli artificiali (reticolati, abbattute, buche 0
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da lupo, inondazioni, ecc.), la costruzione di ricoveri coperti per uomini, munizioni, ecc. Nel corso dei lavori e durante lo svolgimento dell'azione difensiva, i reparti specialisti del genio trovano impiego nelle ricognizioni con i mezzi della navigazione aerea e nell'illuminazione notturna del terreno mediante proiettori. I lavori di rafforzamento del genio devono essere, comunque, sempre subordinati al concetto di poter passare facilmente, al momento opportuno, alla controffensiva. Nell'inseguimento le unità del genio utilizzano i mezzi della navigazione aerea per determinare e controllare la ritirata del nemico e le posizioni sulle quali questo tenta il riordinamento, adattano le comunicazioni radiotelegrafiche, telegrafiche, telefoniche ed ottiche alle nuove esigenze, abbattono gli ostacoli che si oppongono all'inseguimento e riparano i guasti e le interruzioni provocati dal nemico. Nella ritirata eseguono i lavori di preparazione delle interruzioni, di facilitazione della defluenza delle truppe in ritirata e di rafforzamento delle località di prevista resistenza.
6. Le strette e gli abitati hanno un valore tattico peculiare: le prime sono vantaggiose per la difesa e di ostacolo per l'attacco; i secondi, invece, sebbene in genere più favorevoli alla difesa, offrono talvolta condizioni propizie all'attacco purché condotto con forze e mezzi sufficienti a circondare la località abitata ed a concentrare su di essa il fuoco sl da costringere il nemico a sgomberarla senza bisogno che l'attacco la espugni. Il valore tattico di una stretta dipende dal tipo di stretta (gola montagna, ponte, diga, ecc.), dalla conformazione interna e degli sbocchi, dalla lunghezza e larghezza, dalla natura e dall'andamento dell'ostacolo che l'attraversa, dalla possibilità di battere questo con il fuoco e di battere le truppe che occupano l'interno della stretta stessa. La difesa di una stretta può essere fatta indietro, innanzi o nell'interno: la difesa dietro è, di massima, la più conveniente e la più economica in quanto consente di potersi opporre con poche truppe già in posizione ad un nemico preponderante che sbocca su di una fronte ristretta, di poterlo battere con fuochi concentrici e di poterlo respingere con l'urto e, talvolta, di poterlo colpire con artiglieria e mitragliatrici quando sfila nell'in-
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terno; fa difesa innanzi annulla i vantaggi della difesa dietro ed espone il difensore al pericolo di doversi ritirare, sotto il fuoco nemico, per una sola ed angusta strada, ma ad essa si fa ricorso quando sia necessario garantire il passaggio delle proprie truppe attraverso la stretta ovvero quando il terreno antistante si presti meglio di quello retrostante alla resistenza; la difesa nell'interno presenta talvolta i vantaggi della difesa indietro e gli inconvenienti della difesa innanzi quando la stretta sia molto lunga ed offra fra i due sbocchi qualche località che consenta di spiegare le truppe su di una fronte più larga di quella che può opporre l'avversario. Dovunque si faccia, la difesa deve appoggiare le proprie ali all'ostacolo ed occupare gli sbocchi a maggiore o minore distanza secondo le condizioni del terreno, le forze disponibili e lo scopo al quale si mira, il quale può essere: nella difesa innanzi quello di assicurare lo spazio necessario allo sbocco delle truppe retrostanti oppure proteggere la loro ritirata ; nella difesa indietro garantire sul davanti 1o spazio per il contrattacco o limitarsi a sbarrare lo sbocco. Nella difesa innanzi anche le artiglierie si schierano, di massima, nel davanti, ma dovendo ripiegare precedono il movimento delle altre truppe per potersi schierare sul tergo della stretta e battere l'attaccante quando esce o vi sfila. Ndla Jifesa dietro l'artiglieria e le mitragliatrici si schierano su posizioni dominanti o di fianco e predispongono il loro tiro sugli ostacoli dove il nemico è costretto a sostare. L'attacco di una stretta difesa innanzi tende ad aggirare uno dei fianchi o, quando ciò non sia possibile cd opportuno, a forzare la linea di difesa in un punto per costringere nella stretta le truppe battute e tagliare alle altre la ritirata; l'attacco di una stretta difesa dietro deve tendere ad evitare l 'azione di forza aggirando la posizione o quanto meno ad operare di sorpresa. L'attacco di forza va preparato e sostenuto con tutto il fuoco disponibile; le prime aliquote di fanteria si slanciano avanti e, appena sboccate, si spiegano per proteggere l'avanzata di quelle retrostanti e, appena possibile, muovono all'assalto. L 'esito della lotta in tali condizioni dipende, in gran parte, dall'ardire, dal valore e dalla pertinacia dell'attaccante, come anche dalla possibilità di preparare l'assalto con il fuoco del1e artiglierie e delle mitragliatrici. Il valore tattico di un abitato dipende dallo scopo per il quale lo si difende o lo si attacca, dalla quantità e specie delle forze contrapposte, dall'ubicazione dell'abitato rispetto alla linea di difesa o di attacco, dalla configurazione del terreno circostante, dal tracciato e
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dalla natura della cinta, degli accessi, dalla rete delle strade interne, dalla conformazione e solidità dei fabbricanti e dal loro raggrup. pamento. La difesa deve ostacolare lo schieramento dell'artiglieria dell'attaccante, occupare saldamente il perimetro e in particolare i punti deboli, evitare di disperdere le forze, destinare all'occupazione effettiva dei vari punti solo le truppe strettamente necessarie, combinare la difesa diretta con l'azione controffensiva delle restanti truppe convenientemente disposte all'esterno, ricacciare il nemico che riuscisse a penetrare nell'interno. Le truppe a difesa del margine esterno occupano gli ostacoli naturali od artificiali che esistono lungo il perimetro; i rincalzi restano al coperto nei caseggiati retrostanti a breve distanza dalla linea del fuoco; l'artiglieria si schiera di preferenza sui salienti della linea di occupazione per avere vasto campo di tiro; le mitragliatrici si schierano in modo da garantire la difesa diretta degli accessi e dei salienti ed il fiancheggiamento dei punti deboli; la riserva si disloca divisa in due parti, una per accorrere presso gli accessi. minacciati, l'altra, in un robusto fabbricato, per resistere ad oltranza e per facilitare la riconquista dell'intero villaggio o per impedire all'aggressore di prenderne stabile possesso. L'attacco, invece, deve: tentare cli far cadere l'abitato con l'impiego del fuoco chiudendo al difensore ogni via di ritirata; premunirsi contro gli attacchi controffensivi dall'esterno; ricorrere all'espugnazione diretta solo nel caso in cui sia indispensabile per il raggiungimento dello scopo al quale si mira; operare, in questo caso, con energia e con le forze strettamente necessarie tenendo le altre alla mano; attaccare simultaneamente in più punti gli accessi ed i salienti, gravitando con le forze in un solo punto. Le prime truppe penetrate nell'abitato cercano di raggiungere subito il lato opposto e vi si sistemano a difesa, senza attardarsi a sgomberare il nemico casa per casa, compito che spetta alle truppe che vengono dopo; solo quando il fuoco del difensore renda micidiale l'avanzata allo scoperto, si rende necessario il combattere casa per casa.
7. Le operazioni nei terreni fortemente coperti da vegetazione varia e ricca di alberi rendono limitato il campo di vista, lento e faticoso il movimento e non consentono l'uso del fuoco cli fucileria e delle mitragliatrici alle distanze normali. L'azione di comando è resa aleatoria; l'esplorazione è ardua, faticosa e dà risultati scarsi; l'orien-
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tamento ed i collegamenti diventano difficili; la lotta si spezzetta in episodi slegati. L'influenza di tali terreni sulle operazioni è tanto maggiore quanto più numerose le masse operanti, ed è diversa per le varie armi. La fanteria può iniziare il fuoco solo da distanze brevi e perciò può avanzare in ordine chiuso; l'artiglieria difficilmente può entrare in azione con prontezza e sfruttare le sue gittate; la cavalleria è impacciata nel movimento, ma può agire di sorpresa. La forma offensiva è favorita ed anzi è l'unica efficace. L'avanguardia deve essere più forte che nei terreni scoperti, disporre di mitragliatrici, operare energicamente contro le pattuglie nemiche, distaccare reparti fiancheggianti robusti, aumentare le sue distanze dal grosso, evitare d'indurre il grosso a spiegamenti prematuri. Il grosso muove su più colonne e, quando ciò non sia possibile, adotta formazioni serrate in modo di schierarsi e di spiegarsi rapidamente ed in breve tempo. All'atto dello schieramento occorre fissare per ogni reparto l'obiettivo da raggiungere e la direzione da seguire ed è opportuno che le unità di più battaglioni, anche se inquadrate, si costituiscano una propria riserva. Nell'attacco la linea del fuoco deve essere tanto più fitta quanto minore è la distanza dal nemico e le unità di seconda linea debbono seguire a breve distanza quelle della prima linea, in formazioni serrate; il fuoco di fucileria, iniziandosi alle brevi distanze, deve essere aperto con molta intensità da tutta la prima linea; le mitragliatrici agiscono dalla linea della fucileria o dalle ali e negli intervalli; l'artiglieria campale non deve esitare, quando necessario, a portarsi sulla linea della fanteria operando per batterie ed anche per reparti minori; l'artiglieria pesante campale può occupare, a distanza, posizioni che le consentano il tiro efficace su obiettivi ben determinati; la cavalleria può trovare occasione di agire, oltre che sui fianchi e sul tergo del nemico, anche sulla fronte di combattimento della fanteria e, se il terreno le impedisse di ricorrere all'urto, opera con il fuoco. Chi sia costretto ad assumere atteggiamento difensivo non può sperare risultati favorevoli se non ricorrendo al contrattacco: occupa la posizione con poche truppe e manovra con la massa principale contro un'ala o contro un fianco dell'attaccante. Le operazioni nei terreni boscosi sono influenzate in misura assai maggiore dalle stesse condizioni che incidono su quelle svolte nei terreni fortemente coperti e, conseguentemente, i crited e le modalità di azione ai quali s'ispira l'azione nei terreni coperti valgono, rafforzati e spinti al sommo grado, anche nei terreni boscosi: marcia su più colonne sin dall'inizio del movimento; pattuglie di esploratori di fanteria spinte lontano e collegate con le unità retrostanti me-
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diante motociclisti, ciclisti e cavalieri; massima sicurezza sulla fronte, sui fianchi e sul tergo; formazioni di marcia serrate con mitragliatrici in testa ed artiglierie in coda; cavalleria in coda o marciante fuori del bosco a protezione a largo raggio dei fianchi delle colonne; marcia eseguita nel massimo silenzio; prima dello sbocco dei grossi delle colonne dalla zona boschiva, guadagno della distanza necessaria sul davanti da parte degli elementi dell'esplorazione e della sicurezza. La difesa deve evitare di stabilire la linea di resistenza proprio sul margine del bosco, ma la deve collocare più avanti, salvo il caso che esista fra il terreno boschivo e quello scoperto una zona di raccordo, nella quale le piante sono digradanti e sempre più rade, perché in tale caso è conveniente che la linea di resistenza sia appoggiata al margine del bosco od anche più indietro se si dispone di un campo di tiro sgombero. La disposizione delle truppe su1la posizione da occupare deve essere uniforme, ma più densa nei tratti che consentono un più efficace sviluppo del fuoco; i rincalzi e le riserve vanno tenuti possibilmente al coperto dentro il bosco; dietro alle ali i punti più vulnerabili della difesa, vengono schierati appositi reparti con il compito di sventare le azioni avvolgenti del nemico; l'artiglieria si schiera dove può esercitare la maggiore efficacia di fuoco possibile e perciò sui salienti anche se ·q uesti sono più esposti alle offese; la cavalleria concorre all'azione dall'esterno del bosco o si disloca in agguato all'interno, pronta ad intervenire di sorpresa o ad irrompere sul nemico quando venga respinto. L'attacco dal margine di un bosco va concentrato soltanto su di un tratto, segnatamente in corrispondenza di un saliente, da battere con intenso fuoco di fanteria ed artiglieria e da assaltare poi con forze numerose . L'attacco, sempre quando sia possibile, deve cercare la decisione nell'avvolgimento di una o di ambedue le ali della difesa. L'artiglieria tende a battete d'infilata i tratti più saldi della fronte ed anche l'interno del bosco nei punti in cui si sappiano ammassati i rincalzi e le riserve; la cavalleria opera alle ali, opponendosi alla cavalleria nemica ed alle eventuali sortite d ella difesa. Il combattimento nell'interno del bosco è difficile; l'ordine tattico si rompe; l'azione si scinde in scontri parziali improvvisi; la cavalleria vi trova impiego solo nella difesa per respingere l'attaccante che stia attraversando una radura; l'artiglieria può entrare in azione solo allorché la lotta si svolga attorno a grandi radure. L'inseguimento, dopo la riuscita dell'azione, non può essere precipitoso per non cadere in agguati, ma, mantenendo il contatto con il nemico, le truppe riconoscono quanto avviene ai fianchi e orientano le forze retrostanti sulla necessità di portare soccorso al-
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le altre unità o sulla opportunità di dare inizio con precauzione all'inseguimento.
8. Le operazioni notturne sono di difficile esecuzione e direzione e sono .cariche di rischi; eppure possono essere talvolta convenienti e talvolta necessarie. La loro riuscita è strettamente legata ad una preparazione accurata, alla realizzazione della sorpresa e ad una esecuzione affidata a truppe salde e addestrate. La notte facilita la sorprese, ma rende minima l'efficacia delle armi da fuoco, inceppa i movimenti, aggrava i disagi, ingigantisce i pericoli, paralizza l'azione diretta di comando, crea grandi difficoltà all'orientamento ed ai collegamenti. In primo luogo è indispensabile la conoscenza del terreno da acquistare mediante ricognizioni preventive; in secondo luogo è altrettanto indispensabile il segreto sull'operazione. D 'altra parte, al momento dell'esecuzione, tutti indistintamente debbono conoscere lo scopo al quale l'operazione mira ed attuare tutte le precauzioni necessarie ad evitare errori ed equivoci e soprattutto a svelare i movimenti (guide fidate e pratiche che abbiano riconosciuto gli itinerari di giorno, silenzio assoluto, espedienti per attutire i rumori del carreggio, baionette inastate, ecc.). Le operazioni notturne devono essere eseguite solo quando siano pienamente giustificate dall'importanza dello scopo e quando costituiscono il miglior mezzo, se non l'esclusivo, per raggiungere lo scopo stesso. Le marce notturne possono essere eseguite per avv1c10are con minime perdite le truppe al nemico ed attaccarlo o nella notte stessa od all'alba successiva, per spostare reparti all'insaputa dell'avversario, per ammassare colonne profonde in vista del combattimento e per evitare il disagio del caldo estivo. Di notte l'esplorazione è inefficace e la sicurezza va ricercata in proprio da ogni colonna mediante l'invio in avanti di una forte pattuglia di punta con la quale marcia l'ufficiale incaricato di guidare la colonna ed eventualmente anche la guida pratica della strada e del terreno. E' opportuno marciare su di una sola colonna, frazionata in più scaglioni di marcia, ognuno collegato strettamente a quello che ]o precede ed il primo con la pattuglia di testa. La cavalleria e l'artiglieria muovono dietro le altre truppe (fanteria e, se necessario, genio) mantenendosi a distanza tale da non risentire delle eventuali sorprese tese agli scaglioni avanzati.
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L'attacco notturno si fonda sulla sorpresa, che peraltro è difficile da realizzare, e può fare seguito alla marcia compiuta nella stessa notte oppure nei giorni precedenti contro nemico in posizione. Ferma restando la convenienza di una sola colonna, quando ciò non sia possibile è necessario cercare l'armonia dell'azione complessiva non subordinando l'una all'altra le azioni particolari, ma assegnando a ciascuna colonna un proprio obiettivo e regolando i movimenti e gli atti tattici con molta precisione nel tempo. Anche nell'attacco le forze debbono essere scaglionate in profondità per poter rinforzare prontamente l'azione di quelle avanzate e, pertanto, la loro ripartizione deve comprendere due o più linee e riserve parziali. Giunta ~ poca distanza dagli avamposti nemici, la colonna di marcia si ferma, si dispone, se non l'ha già fatto, in scaglioni corrispondenti alle linee di schieramento, adotta formazioni serrate e lancia risolutamente in avanti, preceduto dalla pattuglia di punta, senza fare fuoco, il primo scaglione, il quale elimina con l'assalto alla baionetta l'eventuale resistenza degli avamposti nel tratto dove intende aprirsi il passaggio e continua subito dopo l'avanzata evitando il combattimento contro gli avamposti; sfondata la linea degli avamposti, gli scaglioni o si schierano avanzando o continuano l'avvicinamento nelle stesse formazioni serrate di marcia. Nello schieramento la prima linea, d i massima, si dispone in linea di colonne con larghi intervalli; la seconda, a breve distanza dalla prima, adotta la stessa formazione ma con intervalli meno ampi; la riserva, anch'essa a breve distanza dalla linea antistante, procede nella stessa formazione di questa ultima od in altra più compatta. E' preferibile che lo schieramento avvenga solo all'ultimo momento, specialmente su terreni coperti ed intersecati da ostacoli, se la notte è buia e la distanza da percorrere piuttosto notevole . Durante l'avvicinamento si evitano le strade e le zone di più facile percorso, sulle quali il nemico può avere predisposto il fuoco dell'artiglieria e delle mitragliatrici e l'illuminazione dei riflettori; se si è sorpresi dal fuoco, non ci si arresta, ma si accelera l'avanzata per raggiungere posizioni coperte, mentre se si è investiti dalla luce dei riflettori ci si getta a terra e ci si copre nelle accidentalità del terreno. Giunta a distanza di assalto, la prima linea si spiega con rapidità, avanza arditamente alla baionetta e si lancia sul nemico generalmente senza avere precedentemente impiegato il fuoco, salvo in quei casi che si voglia e si possa far precedere l'assalto da un fuoco improvviso, violento, da brevissima distanza, di cortissima durata, sulla cui efficacia non conviene fare gran conto specialmente se il difensore è al riparo da trincee sulle quali è con-
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veniente il lancio di granate a mano. All'atto dell'assalto da parte della prima linea, la seconda e la riserva raccorciano, occorrendo, la distanza e vanno anch'esse all'assalto prima che le truppe antistanti abbiano completamente svolta la loro azione. Se la prima linea riesce a sopraffare il difensore, le rimanenti truppe accorrono, a rincalzo di quelle impegnate, per decidere il combattimento, assicurare il possesso della posizione conquistata e, talvolta, se le condizioni di luce lo permettono, inseguire il nemico; se l'assalto fallisce, il riordinamento delle truppe diventa difficilissimo tanto che spesso è necessario attendere l'alba per effettuarlo. La cavalleria non può generalmente concorrere ad un attacco notturno; può trovare impiego nelle azioni di molestia contro il nemico in ritirata, nell'attacco eseguito all'imbrunire, nell'inseguimento di notte o nell'arresto dei contrattacchi. L'artiglieria può intervenire di notte solo se ha preparato convenientemente il proprio tiro durante il giorno e può trovare impiego specialmente nell'azione offensiva contro nemico in posizione, dapprima richiamando l'attenzione del nemico in direzioni diverse da quelle utilizzate per l'attacco e successivamente battendo i tratti della posizione che maggiormente ostacolano l'attaccante; nell'attacco svolto nel cuore della notte l'artiglieria predispone sempre il suo intervento per completare il successo sul fare del giorno o per rendere meno grave l'insuccesso. Nell'azione offensiva contro nemico in posizione, stante la robustezza della sistemazione difensiva, talvolta, le operazioni notturne tendono solo ad avvicinarsi al nemico, raggiungendo posizioni che non sempre sono quelle dell'assalto, sulle quali, una volta giunti, è necessario rafforzarsi. Sempre, ma specialmente in tale caso, è opportuno che i reparti zappatori e minatori del genio, o, in mancanza di questi, nuclei di zappatori di fanteria, precedano le truppe dell'attacco per rimuovere gli ostacoli, riconoscere in tempo le difese accessorie e distruggerle o renderne minimi gli effetti. Contro il nemico in posizione ben di rado conviene effettuare l'assalto durante la notte perché la sorpresa è quasi sempre impossibile; l'assalto all'alba consente di fruire della notte per distruggere gli ostacoli che cospargono il terreno avanti alla posizione nemica e per di·s porre l'artiglieria e le mitragliatrici su posizioni dalle quali . possano sviluppare fuoco potente ed efficace in sostegno del1'assalto. Nell'azione difensiva si deve intensificare il servizio di sorveglianza degli avamposti stessi; predisporre la pronta affluenza dei reparti ai rispettivi appostamenti; preparare il tiro dell'artiglieria e delle mitragliatrici sui punti di passaggio ùbbligato e sulle zone di
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più facile accesso; disporre mediante proiettori la vigilanza del terreno sul quale l'attaccante può procedere. Gli avamposti, se attaccati, resistono nella considerazione che anche un piccolo reparto se agisce con audacia può conseguire, di notte, risultati importanti anche contro forze numerose; l'artiglieria e le mitragliatrici, se avvertono in tempo l'attacco nemico e se hanno preparato il tiro, possono in molti casi bastare da sole a rendere vano il tentativo nemico; la fanteria può talvolta operare anche da una certa distanza con l'aiuto dei proiettori o della luce lunare, deve comunque difendersi tenacemente sul posto prima con il fuoco e poi con la baionetta, consapevole che di notte la manovra è difficile e non si può contare sulla cooperazione diretta dei reparti laterali.
9. Le operazioni alpine hanno caratteristiche proprie determinate dall'asprezza del terreno e dall'inclemenza del clima. Muovere, vivere e combattere in montagna richiedono truppe - alpini ed artiglieria da montagna - specializzate, robuste, organizzate ed addestrate. Gli alpini devono essenzialmente combattere contro le truppe alpine avversarie, esplorando, coprendo ed eseguendo imprese ardite analogamente a quello che fa la cavalleria nella pianura; essi non cercano di sfuggire le difficoltà, ma anzi operano di preferenza attraverso zone ritenute impraticabili, per vie poco note, in mezzo alle intemperie al fine di fruire della sorpresa che è uno dei mezzi principali per ottenere il successo. Dipende principalmente dall'educazione e dall'istruzione loro impartite se le truppe da montagna imparano a considerare le difficoltà, le fatiche ed i disagi dell'alta montagna come un naturale nemico oppure come un potente alleato. Le marce vanno precedute da ricognizioni affidate ai plotoni guide e, <l'inverno, a reparti sciatori accompagnati, quando possibile, da guide locali; regolate secondo orari di partenza e di arrivo calcolati di volta in volta in relazione al terreno, alla pendenza èd, alla visibilità; se effettuate su sentieri e mulattiere, vanno eseguite con formazioni in fila per uno, eccezionalmente per due, con distanze di due passi tra gli uomini, di quattro tra i quadrupedi, di dieci tra i plotoni, di cento tra le compagnie e di altrettanti tra queste e le batterie, tra due batterie e tra le truppe combattenti e le loro salmerie; vanno interrotte da fermate stabilite in relazione al terreno ed allo stato fisico delle truppe: brevi e frequenti quando si debbano superare salite ripide. Truppe da montagna bene allenate possono sostenere,
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per parecchi giorni consecutivi, marce di otto ore di effettivo percorso (aumentabili a dodici quando occorra). In condizioni normali, i reparti alpini superano dislivelli di 300-400 m all'ora, in salita, e di 500-600 m in discesa; i reparti di artiglieria da montagna di 350400 m tanto in salita quanto in discesa; per ottenere un rendimento maggiore è consigliabile aumentare la durata anziché la velocità della marcia . Per superare passi difficili, attraversare ghiacciai o zone innevate, marciare in pessime condizioni atmosferiche occorrono, caso per caso, opportune disposizioni e precauzioni: l'ufficiale deve affrontare il pericolo senza imprudenze, ma anche senza esitazioni e con quella calma serena che ispira fiducia nei gregari, e permette il giusto apprezzamento delle difficoltà. Il servizio di sicurezza deve essere accurato e, non potendo contare quasi mai sull'esplorazione della cavalleria, i reparti alpini debbono provvedere in proprio sia all'esplorazione con pattuglie a piedi, sfa alla sicurezza con l'avanguardia e la retroguardia: la prima non molto numerosa sebbene Jebba spesso impegnarsi per ricacciare il nemico da posizioni avanzate o mantenere il possesso di punti importanti; la seconda piuttosto forte per fare fronte ai tentativi nemici di scompigliare le retrovie. Per rinforzare l'avanguardia conviene assegnarle mitragliatrici, mentre non è quasi mai opportuno assegnarle artiglieria da montagna che sarebbe troppo esposta alle insidie ed alla sorpresa e, d'altra parte, non potrebbe entrare in azione con immediatezza. La distanza dell'avanguardia dal grosso è maggiore di quella delle colonne che muovono in pianura e non è costante, in quanto, ad esempio, diventa maggiore allorché la colonna debba attraversare una valle per raggiungere il versante opposto: l'avanguardia deve giungere sulla cresta dell'altura prima che il grosso cominci ad attraversare la valle. Se la marcia si compie su più colonne, ciascuna provvede in proprio all'esplorazione ed alla sicurezza, ma le varie avanguardie debbono collegarsi tra loro approfittando all'uopo di tutte le comunicazioni trasversali. Non meno attenta e particolareggiata di quella delle marce, deve essere l'organizzazione delle 50ste che spesso avvengono in zone molto elevate e con clima molto rigido. L'attenuazione dei disagi si ottiene scegliendo località riparate e non prive di acqua e di legna, costruendo ricoveri nella neve o con la neve là dove questa è presente, accantonando in ricoveri alpini od in baracche improvvisate i quadrupedi, costruendo giacigli con frasche e rododendri in luogo della paglia quasi mai disponibile . Non occorre, anzi è da evitare, l'impiego di truppe numerose nel servizio di avamposti che, di
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massima, comprende: piccoli nuclei agli accessi, incaricati di vigilare e di opporre la prima resistenza; posti di scoperta, ubicati su punti di vasto campo di vista e provvisti, quando possibile, di apparati ottici, con l'incarico di vedere e di riferire; riserve destinate ad accorrere prontamente a rinforzo dei nuclei. I vari organi del dispositivo di sicurezza debbono ordinariamente essere molto ravvicinati fra loro e talvolta anche compenetrarsi, stanti l'efficacia con cui dall'alto si può tanto osservare quanto resistere, la possibHità di occupare pochi punti di accesso per difendere la zona di sosta, la lentezza dei movimenti. « Il miglior mezzo per essere informati è sempre quello di mantenere il contatto con l'avversario; perciò, anche nel servizio di sicurezza in stazione, è opportuno l'impiego di pattuglie, le quali potranno non solo preavvisare in tempo sulle disposizioni del nemico, ma altresì, ove operino arditamente, provocare in esso falsi allarmi e concorrere a trarlo in inganno ». In alta montagna l'azione offensiva richiede una preparazione accurath'!;irna, in primo luogo per assicurare il rifornimento dei viveri e delle munizioni. L'attaccante deve tendere alla conquista dei punti di dominio tattico e dei punti che gli diano modo di minacciare le retrovie nemiche e conseguentemente deve ricorrere alla manovra per raggiungere una posizione sui fianchi o sul tergo <lel difensore ed obbligarlo cosl a ritirarsi oppure ad attaccare a sua volta per aprirsi un varco. L'entità delle forze e le esigenze della manovra obbligano spesso a muovere contro il nemico su più colonne di marcia ad ognuna delle quali si assegna un obiettivo determinato; il coordinamento delle varie azioni va ricercato mediante il calcolo esatto della durata dei singoli movimenti. La cooperazione è possibile anche in modo indiretto e cioè esercitando, --anche da lontano, una minaccia potenziale, per cui l'inazione sarebbe sempre grave colpa. Occorre persistere nell'azione secondo ·il disegno iniziale, quando anche durante lo svolgimento dell'operazione si riconosce la convenienza di mutarlo, stante le difficoltà di eseguire spostamenti e di far giungere in tempo i contrordini. Oltre la manovra, l'altro mezzo necessario al successo è la sorpresa, che trova frequentemente le ,·ondizioni che la favoriscono (la notte, la nebbia, le forti nevicat<;, la tormenta, i violenti temporali, ecc. ). Segnalato il nemico, l'avanguardia può trovarsi sovente nella necessità di dover entrare in azione con grande prontezza ed energia o per prevenire l'avversario su posizioni importanti o per scacciarlo da queste. Durante il combattimento dell'avanguardia, il comandante delia colonna concreta il suo disegno di manovra, fa serrare il grosso sulla testa e lo fa spiegare
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anche direttamente dalla disposizione di ammassamento. Le accidentalità e la limitata praticabilità del terreno non rendono quasi mai possibile, né opportuno, una disposizione regolare di schieramento per cui le varie compagnie entrano in lotta come imposto dal ter· reno. Le acddentalità del terreno consentono ordinariamente di mantenere i rincalzi e le riserve in ordine chiuso; mentre la quantità di truppe da distendere all'inizio sulla linea del fuoco dipende, oltre che dal terreno, dall'ampiezza degli spazi occupabili, un'ampiezza che non va aumentata « quando per ciò fare si fosse costretti a disporre riparti troppo in basso». L'attacco è naturalmente privo di ogni omogeneità; non solo le compagnie, rna anche i reparti minori, sono costretti a scindersi in nuclei, talvolta separati tra di loro da ostacoli notevoli; l'unità normale di manovra diventa la squadra; l'avanzata si effettua a squadre, o a gruppi, senza un ordine prestabilito; l'assalto è preparato non solo dal fuoco dell'artiglieria e delle mitragliatrici, ma anche dal fuoco dei reparti retrostanti ai quali nor, malmentc riesce facile trovare le posizioni adatte allo scopo; la riserva, sempre necessaria, si tiene pronta a parare le eventuali minacce sui fianchi ed a portare, occorrendo, il suo peso decisivo nell'assalto. Se l'assalto riesce, l'attaccante riordina subito i reparti, fa avanzare le mit.ragliatrici e l'artiglieria da montagna ed inizia l'inseguimento con il fuoco, lanciando in avanti solo i reparti che conservino intatti i legami tattici e siano in buone condizioni fisiche; se l'assalto non riesce. il riordinamento va effettuato al coperto dalle offese nemiche, protetto dal fuoco delle mitragliatrici e dell'artiglieria da montagna e da nuclei di valorosi, che resistendo audacemente su posizioni successive valgono spesso ad arrestare l'inseguimento. Ancora più che in pianura, in alta montagna è necessario conservare l'iniziativa delle operazioni, per cui non si ricorre all'azione difensiva se non per cause gravi e informando sempre l'azione al concetto di riacquistare al più presto la libertà di manovra. Le posizioni che consentono la resistenza efficace sono molte; la scelta di quelle da utilizzare va fatta in relazione ai caratteri tattici del terreno, alla disponibilità delle forze ed alle notizie sul nemico. Le posizioni, forti per natura, non esigono grandi lavori di rafforzamento; questi, tuttavia, vanno eseguiti dove il difensore intenda esercitare la resistenza passiva con l'impiego di poche -truppe, riservando ·le forze maggiori per la manovra. L'esplorazione, affidata a pattuglie di esploratori, va spinta molto lontano e la trasmissione delle notizie deve essere fatta con i mezzi più celeri ( telegrafi, tele-
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foni, apparati ottici, bandiere, posti di corrispondenza, ecc.). L'occupazione di posizioni avanzate è conveniente solo quando esis·ta il legame topografico con quelle della posizione principale e quando le prime siano in sistema con le seconde. L'occupazione della posizione principale da parte della massa delle forze può essere ritardata essendo sufficiente all'inizio collocare posti di osservazione sui punti più importanti e mantenere il resto delle truppe indietro al riparo; è invece opportuno schierare subito le mitragliatrici e le artiglierie affinché siano sempre in condizioni di aprire il fuoco senza ritardi e con efficacia. La collocazione di mitragliatrici e di tiratori scelti per battere gli angoli morti lungo i pendii antistanti alla posizione in tanto è necessaria in quanto si possa così battere tutto il terreno sul quale l'attaccante può muovere, ma è dannosa se dovesse essere spinta troppo in basso sì da rendere difficile il ripiegamento delle sezioni mitragliatrici e dei tiratori scelti stessi. La riserva è essenzialmente destinata alla manovra controffensiva; non va impiegata a spizzico ed esaurita in episodi parziali. Se si riesce a respingere l'attacco, non conviene procedere all'inseguimento con tutte le forze, sguarnendo in tal modo la posizione, ma solo con parte di esse; se è necessario ritirarsi, lo si fa sotto la protezione dell'artiglieria, delle mitragliatrici e dei reparti meno scossi che, mediante resistenze su successive posizioni, debbono permettere alla massa principale di sottrarsi al nemico e raccoglier-si su di una posizione abbastanza lontana da quella del nemico. Particolare rilievo acquista in alta montagna l'impiego delle mitragliatrici, che ad una grande mobilità uniscono l'attitudine a sviluppare anche da breve spazio di fronte intensa azione di fuoco; utili nell'occupazione di posizioni importanti, nel rinforzare l'avanguardia ed i distaccamenti, nel bat:tere gli angoli morti ed i punti di obbligato passaggio. Gli alpini non devono in nessuna circostanza mancare del sostegno delle mitragliatrici, che debbono perciò essere trasportate dagli uomini per intere marce anche quando i reparti siano obbligati a lasciare indietro temporaneamente le salmerie. Ma il loro impiego, stante la difficoltà del rifornimento delle munizioni, va effettuato con parsimonia. L'artiglieria da montagna ha compiti identici a quelli dell'artiglieria campale e la sua azione s'informa agli stessi criteri e modalità adattati, naturalmente, alle condizioni peculiari dell'alta montagna, alla particolare ·costituzione organica delle unità ed alla quantità e specie delle truppe con le quali le batterie operano. L'artiglieria da montagna gravita nelle marce verso la coda della colonna; le batterie
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muovono in formazione di combattimento; precede la batteria di manovra; se l'artiglieria segue una strada diversa dalle altre truppe, marcia con scorta adeguata. A causa delle difficoltà e dei pericoli insiti nei cambiamenti di posizione, la prima postazione deve essere scelta in modo da evitare o da ridurre successivi cambiamenti; le postazioni delle batterie devono essere dominanti entro limiti che non rendano il tiro troppo ficcante, non lascino molti angoli morti, non richiedano troppo tempo per essere occupate e non diminuiscano la mobilità delle batterie. Queste difficilmente possono agire riunite in più di una da un'unica posizione, ma frequentemente agiscono da sole e spesso frazionate in sezioni, il che del resto favorisce il fiancheggiamento dei fuochi stante la dislocazione delle batterie su punti diversi ed anche distanti fra di loro. Le frequenti accidentalità del terreno consentono spesso di raggiungere le posizioni senza essere visti e colpiti dall'avversario, ma offrono di rado posizioni sul rovescio delle alture adatte all'esecuzione del tiro, per cui le batterie devono spingersi sulle creste cd allora devono defilarsi cercando di schierarsi sul margine posteriore di esse. Nella difensiva spesso è necessario che le batterie siano disposte sulla stessa linea della fanteria, ma se è possibile occupare posizioni arretrate meno esposte che meglio consentano di proteggere l'eventuale ripiegamento delle truppe antistanti, non vi si deve rinunciare. La batteria non deve, di massima, svelarsi se non quando può aprire il fuoco con tutti i suoi pezzi; l'apertura del fuoco a mano a mano che i pezzi arrivano può essere consigliabile solo in casi di urgenza o quando le posizioni siano bene defilate. In montagna è più facile che in pianura prevedere le posizioni che sono o saranno occupate dal nemico e determinare i punti o le zone di passaggio obbligato e, perciò, la preparazione del tiro è favorita anche mediante ]'inquadramento del terreno con il fuoco; essa va fatta con accuratezza in modo da poter agire anche di notte e con la nebbia. Tanto nelle marce quanto nel combattimento l'artiglieria dovrà spesso lottare contro le gravi difficoltà del terreno; le truppe alpine le saranno larghe d'aiuto, così che essa potrà vincere tali difficoltà con prontezza e portare, quindi, in tempo, il suo potente contributo all'azione. NOTE AL CAPITOLO XIV {1) Ministero della Guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio istruzioni e manovre. Norme per il combattimento. Vogher~ Enrico, Roma 1911.
(2) Ministero della Guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio istruzioni e manovre. Norme per il combattimento. Voghera Enrico, Roma 1913.
CAPITOLO XV
IL PUNTO DI ARRIVO DELLA REGOLAMENTAZIONE TATIICA E ADDESTRATIVA DELL'ESERCITO IN GUERRA DELL'ITALIA 1. Il regolamento d'istruzione (ed. 1913 ). 2. Considerazioni riassuntive sulla dottrina tattica rielaborata e riordinata dal Pollio. 3. Norme riassuntive per l'azione tattica (1914) e Attacco frontale e ammaestramento tattico (1915) del Cadorna. 4. Norme complementari all'Istruzione sui lavori del campo di battaglia (1915). 5. Altri interventi dottrinali del Cadorna. 6. Considerazioni conclusive.
1.
Nelle Norme per il combattimento e nelle Norme generali per l'impiego delle Grandi Unità di Guerra delle quali abbiamo riassunto nei due precedenti capitoli gran parte del contenuto esiste un filo conduttore unico: la guerra, la battaglia, il combattimento impegnano le energie fisiche, spirituali ed intellettuali oltre che richiedere grande capacità tecnico-professionale. I continui richiami in entrambe le pubblicazioni a tale concetto-guida costituiscono una specie di sottofondo musicale che accompagna l'azione scenica sul campo di battaglia e ne riproduce realisticamente gli effetti sonori che non sono solo quelli del cannone. Una concezione spirituale realistica, razionale e tecnica, globale ed equilibrata, che contiene ed amalgama gli indirizzi dottrinali del tempo in una sintesi armonica, nella quale gli orientamenti tecnici sono anche, e prima di tutto, indicazioni morali. Quanto fosse in lui meditata e radicata tale convinzione, il generale Pollio lo conferma nel Regolamento d'istruzione» (1), edito nel 1913 in sostituzione dei 4 « regolamenti d'istruzione e di servizio interno per le varie armi fino ad allora in vigore, nel quale è scritto che l'istruzione militare, affinché abbia sicuro fondamento, dev'essere continuamente accompagnata da sana preparazione morale » .
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Il Regolamento d'istruzione - un volumetto di 39 pagine che dà le direttive per l'istruzione degli ufficiali e della truppa ed indica il metodo da seguire nell'addestramento - completa, in un detto senso, le pubblicazioni di carattere tattico e di tecnica d'impiego e sottolinea il concetto che premessa all'applicazione dalle norme tattiche e tecniche è lo sviluppo « del sentimento della dignità personale, della coscienza del proprio valore come uomo e come soldato e della fiducia nei compagni e nei capi ». Dalla fiducia nasce lo spirito d'iniziativa - l'iniziativa è virtù di coloro che hanno fiducia in sé stessi - indispensabile per applicate correttamente in guerra le norme tattiche e tecniche della regolamentazione; ma la fiducia non nasce e non si c~nsolida se non si lascia, anche nell'addestramento, agli inferiori ampia facoltà, nei limiti delle attribuzioni rispettive e dello scÒpo loro prefisso, di regolarsi secondo il proprio criterio e l'iniziativa che « non può esplicarsi feconda in guerra, se nel tempo di pace si è contratta l'abitudine di non fare nulla senza averne ricevuto l'ordine dal superiore, e di operare sempre secondo minute prescrizioni intese a regolare ogni atto ». Uno stesso compito si può può eseguire ugualmente bene in modi assai differenti. E perciò quello prescelto dall'inferiore non deve essere censurato, purché sia razionale, quand'anche non conforme al modo che il superiore aveva in mente. La fiducia reciproca e la libertà d'azione nei limiti delle attribuzioni specifiche di ognuno generano il senso della responsabilità morale individuale che va curato e sviluppato fin dal tempo di pace se si vuole averlo disponibile in guerra, dove è indispensabile. L'esempio è il mezzo più efficace per connaturale in tutti un elevato sentimento militare ed un'alta idea del dovere, senza i quali non si può combattere e non si possono ottenere buoni risultati neppure dall'addestramento del tempo di pace. Tali sono le truppe quali sono gli ufficiali. E poiché « per le conclizioni del combattimento odierno sono, più ancora che nel passato, di massima importanza l'istruzione e l'educazione individuali » occorre sviluppare in ogni soldato, oltre che i sentimenti della responsabilità morale, del dovere, della disciplina e del cameratismo, anche la capacità di « conservarsi calmo pur mantenendo lo spirito aggressivo », 1a massima resistenza alle fatiche, l'abilità nell'impiego delle armi, la prontezza del colpo d'occhio nell'utilizzazione del terreno, l'attitudine a mantenersi nella mano del capo; tutti requisiti necessari allo svolgimento dell'azione collettiva. Ciò richiede da parte degli ufficiali un'istruzione professionale che deve avere come base « la completa
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e profonda conoscenza di tutta la materia regolamentare in genere e di quella tattica in particolare ». Fissato in tali termini l'indirizzo generale dell'addestramento, il Regolamento d'istruzione stabilisce le attribuzioni dei vati gradini della scala gerarchica - dal capo di stato maggiore dell'esercito al comandante di compagnia - in materia d'istruzione degli ufficiali, dei graduati di truppa e dei soldati; ripartisce il corso annuale d'istruzione in 4 periodi - 1° : istruzione delle reclute e istruzione di perfezionamento degli anziani; 2°: addestramento della compagnia, dei reparti superiori, istruzioni tecniche, istruzioni speciali; 3° tiri collettivi, scuole di tiro, campi, esercitazioni speciali, manovre e proseguimento delle istruzioni tecniche e speciali; 4°: istruzioni di perfezionamento e istruzione pratica complementare per gli istruttori delle reclute - e ne fissa i programmi di massima comuni a tutte le armi e specifici di ogni arma e specialità; dà, infine, direttive per l'istruzione dei militari di seconda categoria. Il regolamento è intimamente connesso con quelli riguardanti l'impiego ed è ]'affermazione esplicita che le istituzioni sociali, comprese quelle militari, poggiano su principi fondamentali, suscettibili di adattamento nel tempo e nello spazio, ma non caduchi, addirittura connaturali ad uno Stato rappresentativo che ha il diritto ed il dovere di proteggere sé stesso e gli individui dei quali rappresenta l'insieme. Nello Stato democratico i doveri non sono imposti dall'alto, ma derivano dal convincimento meditato della prevalenza dell'interesse collettivo rispetto a quello individuale. L'idea democratica veniva, in quel periodo, prendendo corpo nell'intelletto e nella coscienza degli italiani, ma per una serie complessa di cause lo spirito militare non beneficiava del miglioramento dell'educazione e dell'istruzione del popolo, comunque non era sentito come un dovere di coscienza dalla grande maggioranza dei cittadini che, anzi, manifestavano ostilità, più o meno accentuata, alle istituzioni militari. Il generale Pallio ebbe chiara davanti a sé tale situazione ed i pericoli che ne derivavano, tanto maggiori quanto più vicini si udivano i rumori della guerra e, per correggerla, mise l'accento sullo spirito nuovo, consono alle forme politiche e sociali dello stato democratico, che avrebbe dovuto animare le istituzioni militari e, in particolare, l'addestramento, inteso come educazione morale ed istruzione professionale, senza che venisse infirmato il carattere di stabilità che forma la base essenziale delle istituzioni militari stesse, senza che venissero violati i principi che ne regolano 1a funzionalità e le responsabilità degli organi preposti, cioè a dire il principio gerarchico, quello disciplinare e del
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comando, sui quali si reggono gli istituti base di ogni organizzazione militare, tanto più solida, quanto più democratica. II Regolamento d'istruzione è la chiave d'interpretazione di tutta l'attività di r1nnovamento culturale e dottrinale dell'esercito spiegata dal generale Pollio, d'intesa con il generale Spingardi. Il nuovo indirizzo in esso indicato per la formazione degli ufficiali, dei sottufficiali e dei soldati è la conditio sine qua non dell'attualità e della attuabilità della dottr1na d'impiego, portata ad un livello di maturità di pensiero, di modernità di criteri e di procedimenti e di organicità sistematica, anche formale, tale da non avere più nulla da invidiare, per razionalità, completezza ed aderenza ai tempi, alle dottrine degli altri eserciti europei ed anzi da possedere un alcunché d'invidiabile per la chiarezza e l'equilibrio dei criteri e l'elasticità e la variabilità delle modalità di azione. Tutti i problemi tattici in discussione da tempo presso le varie correnti del pensiero militare europeo trovarono, nella dottrina del generale Pollio, una loro soluzione, eguale o diversa da quella degli altri, mai comunque irrazionale, arretrata od anacronistica od almeno non più di quanto non lo fossero in quel periodo le soluzioni indicate nelle altre dottrine che, nessuna esclusa, mancarono di una certa vivacità d'immaginazione e di una qualche conseguenzialità di deduzione, come, ad esempio, nell'attribuire alla mitragliatrice un ruolo secondario, mentre essa si apprestava a recitare la parte di protagonista del nuovo campo di battaglia.
2. Sono, difatti, presenti nella regolamentazione d'impiego della vigilia della prima guerra mondiale tutti i concetti fondamentali propri di una tattica evoluta e progressista, che trasferisce dalla situazione e dall'ambiente naturale al compito Ia funzione di fattore subordinativo degli altri nella valutazione delle scelte operative. Alla base di ogni grande e piccola operazione, di ogni atto tattico, sta l'adempimento del compito. Non esiste capitolo nelle due pubblicazioni in cui non sia scritto: in relazione allo scopo od in relazione al compito. La nuova tattica è la tattica del compito. Dall'armata alla squadra, tutto si muove ed agisce in ragione ed in funzione dello scopo che vuole conseguire il comandante superiore e dell'adempimento degli specifici compiti dei vari livelli gerarchici e, si può dire~
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di singoli soldati, ai quali, in grado diverso e sempre nell'ambito del compito, deve essere lasciata libertà d'iniziativa e di azione. Il principio dei principi è l'azione offensiva che è l'unica che consenta libertà di azione e di iniziativa; ma non l'offensiva ad ogni costo; il ricorso all'azione difensiva pro tempore può essere necessario, opportuno e conveniente, sia sul piano strategico che su quello tattico, in alcune circostanze, a condizione che non si traduca nella sola resistenza passiva e si esprima invece anche con azioni reattive e purché si sia sempre pronti a passare, non appena ve ne siano le possibilità o si manifestino le circostanze favorevoli, all'azione controffensiva. Quale che sia la forma delle operazioni, i principi generali da tenere sempre presenti sono quelli deUa superiorità di fuoco, della concentrazione degli sforzi, della sicurezza, dell'economia delle forze e della sorpresa, intesa questa in senso attivo (sorprendere il nemico) e passivo (non lasciarsi sorprendere). Sicurezza e sorpresa sono principi e, al tempo stesso, fattori della manovra generale. L'informazione, diversamente dal passato, non è occasionale ed istantanea, ma permanente ed inoltre la funzione informativa e la funzione protettiva, sebbene connesse, vengono distinte nelle finalità e nei procedimenti (come aveva insegnato il Moltke, dopo le giornate campali attorno a Metz, quando creò un sistema razionale e metodico di raccolta delle informazioni che fu il fondamento di tutte le dottrine di fine secolo). Sul campo di battaglia l'informazione diventa elemento fondamentale e sostanziale della manovra e, oltre quella occulta, occorre quella palese, necessaria a tutti i livelli dal momento in cui l'esercito scende in campo fino alla fine della guerra. Da qui: l'esplorazione lontana, od avanscoperta, a grande distanza (2-3 giornate di marcia), con il compito principale di raccogliere il maggior numero di informazioni possibile sul nemico, non cercando il combattimento - alla potenza dell'urto la cavalleria sostituisce nell'esplorazione quella del contatto (2) - , l'esplorazione vicina e l'esplorazione di combattimento. Altro fattore della manovra è il movimento, la cui tecnica di organizzazione e di esecuzione risultano perfezionate mediante: la differenziazione degli elementi costitutivi della colonna in funzione delle loro caratteristiche d'impiego nella battaglia e nel combattimento e della loro utilità relativa nel tempo e nello spazio; la progressiva trasformazione delle formazioni profonde in lineari; l'adozione dei grafici di marcia; il calcolo della durata basato sul grosso e l'adozione del criterio d'inserire il movimento stesso nel concetto
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della sicurezza in modo da consentire i più larghi spostamenti di masse nel minor tempo possibile e con il minor logoramento fisico e morale delle truppe, pur dando a queste ultime la massima capacità operativa possibile. Le soste, conseguentemente, sono in funzione del benessere da dare alle truppe, (graduato, però, in ragione inversa alle possibilità di scontro con il nemico), dell'ordine in cui le truppe si muovono, del rispetto dei vincoli organici, del ripudio di ogni uniformità, tanto cara nel passato, ne11a disposizione dei vari elementi di ciascuna unità, delle esigenze della rapida ripresa della marcia e del pronto schieramento per un eventuale combattimento, del mantenimento inalterato della disponibilità delle unità nel tempo e nello spazio. La sicurezza è intesa anch'essa nel significato datole dal Moltke e cioè di operazione in intima e costante relazione con l'esplorazione avente il compito principale di coprire, preparare e rendere possibile non solo il movimento e le soste, ma il combattimento. I dispositivi <li sicurezza, in particolare l'avanguardia, non sono considerati come distaccamenti isolati, ma strettamente legati al grosso, a profitto del quale operano, e sempre costituiti a11a luce del principio della disponibilità delle forze razionalmente economizzate. L'avanguardia, considerata già Ho dal 1872 nella dottrina italiana un elemento di protezione materiale del grosso ed al tempo stesso di manovra, perde ogni schematismo d'impiego e la sua missione diventa complessa ed armonica: informare il comandante del grosso, preservare questo dalla sorpresa, coprirne la riunione e lo schieramento, dargli lo spazio ed il tempo necessari per spiegarsi e schierarsi e, contemporaneamente, imporre al nemico la fronte di combattimento e privarlo della possibilità di sfuggire all'urto. Da tale compito generale, in relazione ai bisogni delle varie situazioni e dei vari ambienti, derivano la costituzione e la composizione dei dispositivi di sicurezza, e, in particolare, dell'avanguardia, i cui procedimenti si basano sullo scaglionamento in profondità e sull'intima e costante cooperazione con il grosso. Diversamente dalla dottrina francese, per la quale l'imprudenza è la migliore sicurezza, quella italiana, sull'esempio di quel1a tedesca, impronta la battaglia a giudiziosa prudenza; in tale quadro l'avanguardia opera con carattere di decisa aggressività solo nel caso che debba impadronirsi di posizioni importanti e di punti di appoggio necessari alla manovra del grosso. In sintesi, la dottrina italiana cerca la risoluzione della battaglia nella battaglia stessa mediante l'impiego di tre masse tatticamente interdipendenti: una esplorante, una protettiva, una, la principale,
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d'urto. Questa ultima impiegata a ragion veduta, in condizioni di sicurezza e manovrante su più schiere e queste su più linee. Le une e le altre entrano in azione, al momento opportuno, dietro ordine e per volontà dei vari comandanti, al fine di battersi là dove la ,situazione del momento indichi la possibilità della risoluzione decisiva o, quanto meno, consenta d'impedire l'esito sfavorevole della battaglia o del combattimento. Una concezione né nuova, né originale; un ritorno, piuttosto, ai principi napoleonici, abbandonati per oltre sessant'anni, ma questa volta ripresi dal punto di vista tedesco, il più elevato ed appropriato del momento, anche perché il più ricco di strumenti di osservazione moderni felicemente collaudati nelle prove della guerra franco-prussiana. Ma se l'impostazione generale della battaglia non è ricca di novità, lo sono i criteri d'impiego, le modalità di azione ed i procedimenti operativi delle diverse armi. La tecnica del combattimento non è più la stessa; l'estensione delle fronti, determinata dalle nuove prestazioni delle armi da fuoco e dalle nuove possibilità dei collegamenti a distanza mediante i nuovi mezzi tecnici, esalta la libertà d'azione e l'iniziativa delle unità e dei singoli combattenti; la mobilità delle artiglierie e delle unità ciclisti favorisce 1a manovra e questa tende ad identificarsi nella fusione del movimento e del fuoco, mentre l'urto, ad accezione che ,per la cavalleria, diventa di ricorso eventuale. 1 mezzi di azione della fanteria sono principalmente il movimento ed il fuoco, peraltro più concentrabile, rapido, potente, manovrabile e mobi1e che nel passato. La fanteria, il cui combattimento è ora caratterizzato dal frazionarsi dell'azione in episodi e dalla manovra in profondità del fuoco, opera mediante una prolungata e sistematica progressione del movimento ed una densità progressivamente crescente del fuoco di cui dispone in proprio; Ja prima è sostenuta dal fuoco dell'artiglieria e de'lla fanteria stessa e favorita dallo sfruttamento del terreno, dal1' adozione delle formazioni meno vulnerabili e dal ricorso ai lavori di rafforzamento per coprirsi dalle offese nemiche, senza però che la ricerca della copertura diminuisca la massima efficacia del fuoco e la speditezza aggressiva del movimento; la seconda è ottenuta mediante la graduale e tempestiva proiezione sulla prima linea degli elementi delle linee retrostanti al fine di conseguire la superiorità del proprio fuoco, spinto a mano a mano al massimo di precisione e di volume sino all'ultimo eventuale atto che corona l'attacco o la difesa: l'urto, nella forma dell'assalto o del contrassalto all'arma bianca. Il successo sta nell'imprimere .al movimento la celerità maggiore possibile
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ed al fuoco una densità maggiore di quella dell'avversario sì da indurre questo, per le perdite subite e per l'impressione morale, a rinunciare alla lotta senza dover ricorrere all'assalto od al contrassalto. Il movimento della fanteria, divenuto difficile alle medie ed ancora di più a:lle minime distanze, costringe a diradare le catene, ad eseguire sbalzi irregolari per ampiezza e celerità, ad adottare formazioni aperte e sparse anche per le linee retrostanti alla prima; i'l fuoco della fanteria, d'altra parte, aumentato in gittata ed in precisione, consente di eseguire concentramenti da distanze notevoli per cui il valore offensivo del fucile risulta aumentato rispetto al passato, stante anche la possibilità del largo ricorso al fuoco convergente, non più a salve, ma a volontà, lento alle maggiori distanze ed accelerato alle minori, intermittente con periodi di ripresa, vieppiù frequenti, prolungati ed intensi col diminuire della distanza fra le forze contrapposte e sempre proporzionato all'ostacolo che si frappone al movimento ed all'obiettivo che si vuole raggiungere. La cavalleria, superato il lungo periodi di crisi, torna a svolgere un ruolo importantissimo nell'esplorazione, nell'inseguimento, nella ritirata e può partecipare vantaggiosamente anche alle altre fasi della battaglia, purché in queste ultime segua l'azione della fanteria, pronta a cogliere ogni occasione propizia per lanciarsi d'iniziativa nella lotta, essenzialmente con attacchi a fondo, preferibilmente sul fianco od alle spalle dell'avversario, procedendo per urti successivi di successive linee, con andatura gradatamente sempre più veloce a mano a mano che diminuiscono le distanze dall'obiettivo da sopraffare con l'urto. L'azione principale è quella a cavallo; quella a piedi utile e vantaggiosa solo in casi particolari. L'artiglieria non sviluppa un'azione indipendente da quella della fanteria, ma strettamente coordinata con questa ultima. Da qui la necessità dei cambiamenti di posizione, dello stretto collegamento tra le due armi, della semplificazione della preparazione e della condotta del fuoco per rendere pronta ed efficace la cooperazione. Tutta l'artiglieria disponibile è tenuta in potenza sul campo di battaglia pronta ad entrare in azione, ma il fuoco viene aperto solo dalle unità necessarie alla neutralizzazione di un determinato obiettivo o in via prioritaria l'azione di fuoco viene diretta contro gli obiettivi che più immediatamente e più efficacemente si oppongono alla fanteria, vale a dire le fanterie nemiche. Fermo il concetto-base che l'artiglieria è incaricata di operare in ogni caso materialmente e moralmente con la fanteria, i duelli di artiglieria in tanto sono utili in quanto se ne avvantaggino le proprie fanterie, diversamente sono da evi-
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tare, sottraendovisi o con non scoprire tutte le batterie fin dall'inizio della lotta o mediante cambiamento di posizione. Tanta la preoccupazione di salvaguardare le bocche da fuoco nella marcia e nelle prime fasi della lotta - formazioni in co'lonna di pezzo nella presa di posizione, scelta di posizioni coperte e semicoperte, scorte di fanteria, ripari, scudi, ecc. - quanta la spregiudicatezza e l'audacia d'impiego nei momenti decisivi. Un impiego, in sintesi, oculato e pronto, prudente e coraggioso ad un tempo, mediante l'utilizzazione di tutti i vantaggi del nuovo materiale: gittata, celerità di tiro, facilità e speditezza di sfruttamento delle ,posizioni defilate e coperte, rendimento degli strumenti di puntamento, possibilità di ottenere con un numero limitato di bocche da fuoco lo stesso risu'ltato per cui occorreva in passato concentrarne molte nello spazio, tiro a falciate e tiro a serie o progressivo, tiro a puntamento indiretto, utilizzazione dei proietti shrapnel e granata - ma sempre ispirato al concetto dell'economia delle forze e, soprattutto, delle munizioni, il cui rifornimento è oneroso, difficile e non sempre attuabile tempestivamente. L'impiego dell'artiglieria è regolato dal criterio di larga libertà d'azione da parte dei comandanti (al di fuori di prescrizioni minute e rigide) i quali, conoscendo quando il materiale deve e può dare, agiscono nel modo meglio rispondente alle particolari esigenze delle varie forme e delle diverse fasi della battaglia e del combattimento. Oggi la dottrina tattica dell'esercito italiano alla vigilia della prima guerra mondiale risulta del tutto naturale ed ovvia; si resterebbe sorpresi se fosse diversa; anzi si è portati a rilevarne lacune e indeterminatezze. Essa, invece, fu il risultato di un lavoro difficile, lento, compiuto a tappe, che impegnò 'lo stato maggiore dell'esercito dal suo nascere. In particolare impegnò la responsabilità dei suoi capi più prestigiosi - il generale Cosenz, il generale Saletta, il generale Pollio - che lavorarono nel periodo di pace armata che fece seguito alla guerra franco-prussiana, durante il quale « la penna - come sempre avviene - prese il posto del cannone nel campo dell'arte militare e fiumi di inchiostro corsero in tutte le grandi e le piccole nazioni per risolvere le numerose incognite che i problemi militari in ogni campo della attività bellica venivano manifestan~ do» (3). Non va inoltre dimenticato che l'esercito italiano, giovane di età, ma vecchio di mentalità, aveva fallito la sua prima esperienza bellica ed era rimasto privo fino al 1882 dell'organo essenziale di orientamento e di guida tecnico-operativa. La elaborazione di una dottrina d'impiego ex novo era, inoltre, tanto più difficoltosa e
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complicata, quanto maggiori le diversità di vedute . e di idee delle più importanti correnti del pensiero militare europeo - la tedesca e la francese - alle quali era necessario forzatamente rifarsi in quanto entrambe espressione di tutto lo scibile militare di quel periodo. Esisteva, infine, un'altra difficoltà: mutare la dottrina tattica è mutare molto nell'ambiente militare. Far studiare, assimilare ed applicare nuovi criteri e nuovi procedimenti non è facile e richiede tempo e prove e riprove sul terreno, oltre che vincere le resistenze passive, gli attriti concettuali e specialmente le abitudini mentali e pragmatiche inveterate. Una regolamentazione nuova origina pochi entusiasmi e molti giudizi pessimisti da parte di coloro che, rimpiangendo un passato, magari glorioso, ma pur sempre passato, dipingono le nuove norme, per ignavia e per arretratezza, come meno solide ·e meno convincenti delle precedenti, senza badare al pensiero informatore che è servito di guida nell'elaborazione. Il che accadde negli anni 1890-1893 e si ripeté negli anni 1910-1913, nonostante:: la sempre più a:lta intonazione generale delle varie novità dottrinali.
3. L'ultima parola in materia di regolamentazione tattica, prima dell'entrata in guerra dell'Italia, toccò al generale Cadorna che il 10 luglio 1914 assunse la carica di capo di stato maggiore dell'esercito. Il generale Cadorna tenne 1a carica fino all'8 novembre 1917 e durante tale periodo s'impegnò a fondo per rendere sempre più aderenti le norme d'impiego alla realtà della guerra, diversa da quella ipotizzata nelle varie dottrine di tutti gli eserciti europei, venutisi a trovare di fronte ad una guerra di logoramento anziché di rapido corso, al prevalere dell'azione difensiva in luogo ,di quella offensiva ed al ruolo determinante del trinomio mitragliatrice-reticolato-trincea rispetto alla potenza od all'intensità dello stesso fuoco dell'artiglieria. Dei numerosi interventi del generale Cadorna in sede dottrinale ci limitiamo, per ora, ad esaminare quelli compiuti durante i 10 mesi che precedettero l'entrata in guerra dell'Italia con inizio dalla circolare n. 1414 del 14 agosto 1914 emanata dopo un mese dall'assunzione della carica e dopo 14 giorni dallo scoppio della prima guerra mondiale. Il primo intervento fu di carattere illustrativo e riassuntivo dei criteri e delle modalità di azione in vigore riguardanti il combatti-
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mento offensivo e della loro applicazione al terreno a seconda che questo sia scoperto o coperto ed a seconda della posizione geometrica (-parallela o perpendicolare) della direttrice di attacco rispetto a zone alternativamente scoperte o coperte. Le Norme riassuntive per l'azione tattica (4) tendono « a meglio mettere in luce lo spirito da cui la nostra regolamentazione tattica è animata » ed a « riassumere in un quadro sintetico i principi che regolano il moderno combattimento offensivo, affinché, sciolti essi dai particolari che nei nostri regolamenti li accompagnano, meglio rimangono impressi nella mente degli ufficiali; imperocché di non troppo grave danno riuscirà l'inosservanza dei minori precetti quando siano rispettati i prindpi fondamentali ». Con tale intendimento la circolare estrapola dalle Norme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra (ed. 1913), dalle Norme per il combatlimento (ed. 1913), dal Regolamento di esercizi per l'artiglieria (ed. 1913) e dall'Istruzione sul tiro per l'artiglieria (batterie da campagna ed a cavallo, ed. 1913) i principali concetti riguarJanti l'azione offensiva, ne mette in luce in successione cronologica e logica le correlazioni, non ne modifica il significato del quale chiarisce meglio le conseguenze applicative nel campo della grande e della piccola tattica, ma, non senza una certa .forzatura d'interpretazione, prendendo spunto dal fatto che la regolamentazione in vigore non esclude che l'azione principale possa essere anche quella frontale, considera questa ultima come normalmente ricorrente perché « anche un'azione contro un fianco si risolve in un'azione frontale quando l'avversario ahbia spostate le sue riserve per fronteggiarla, ed un'abile difesa sempre presenti frontalmente contro di essa. Occorre perciò di molto esercitare uHiciliali e tmppe nell'esecuzione di queste azini frontali , le quali, se ben condotte, presentano difficoltà molto minori di quelle che a tutta prima appariscono, come emergerà da ciò che si dirà in seguito». Ed il seguito è il richiamo, l'illustrazione e l'ampliamento di tutte le principali norme della regolamentazione riguardanti lo svolgimento dell'azione offensiva il cui successo nell'azione frontale dipende dall'accuratezza della prima imbastitura del comibattimento (analisi della posizione nemica, scelta del punto o della zona su cui portare l'attacco decisivo, ripartizione iniziale delle forze nel senso della fronte e della profondità e determinazione degli obiettivi, dei limiti della zona della marcia di avvicinamento, degli itinerari da percorrere, delle modalità di esecuzione dello spiegamento per passare all'ordine di combattimento ed al momento opportuno all'azione a fuoco) , dalla copertura dalla vista e dal fuoco del difensore. dal coordinamento delle azioni
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delle varie armi e reparti (fanteria-artiglieria, cavalleria-altre armi, concentramento del fuoco di artiglieria sull'obiettivo finale, riordinamento dei reparti nelle zone coperte, unitarietà dell'azione anche nel senso della profondità), dalla ricerca della superiorità di fuoco {ridurre al silenzio o, quanto meno, neutralizzare le batterie nemiche più dannose alle fanterie; compiere l'attacco decisivo, possibilmente, contro un saliente della posizione nemica; impiegare, quando consentito dal terreno, diverse linee di fuoco sovrapposte in modo che la prima avanzi con l'appoggio di fuoco di quelle retrostanti); dall'applicazione del principio dell'economia delle forze, infine, dall'accuratezza nell'utilizzazione delle prestazioni tecniche delle armi e dei mezzi ,disponibili i quali, nel loro insieme consentono in particolare all'artiglieria dell'attaccante, una vasta libertà di schieramenti coperti ed una grande facilità di accompagnare la fanteria fin dalle maggiori distanze ed all'artiglieria ed alla fanteria la concentrazione di estese linee di fuoco sulla zona dell'attacco. La prima parte della circolare così conclude: « Appare quindi dal fin qui detto come un attacco frontale, abilmente diretto colla applicazione delle norme che vi sono enumerate, abbia probabilità, almeno non minori di una volta, di essere condotto a felice compimento. E' d'uopo pertanto che noi manteniamo viva la fede nella riuscita dell'attacco frontale e nella efficacia della baionetta; giacché, come potremmo, se non possedessimo noi stessi questa fede, ispirarla ai nostri soldati per trascinarli nella zona tempestata dai proiettili nemici? ». Sei mesi dopo il generale Cadorna tornò sull'argomento ed emanò un fascicolo intitolato Attacco frontale e ammaestramento tattico (5) che abrogò fa circolare del 14 agosto 1914 della quale in parte modificò ed in parte completò il contenuto. Il fascicolo è suddiviso in premesse e 3 parti, delle quali: la prima tratta i criteri generali, le fasi dell'azione offensiva e le loro caratteristiche, i principi fondamentali per lo svolgimento dell'azione offensiva; la seconda l'applicazione dei principi al terreno, - entrambe impostate secondo lo schema della circolare precedente - ; la terza, del tutto nuova, l'addestramento tattico. Esso mira, soprattutto, a « disciplinare le Ùltelligenze degli ufficiali » orientandole verso i principi fondamentali che « caratterizzano il moderno combattimento e ne rendano con evidenza i tratti espressivi e salienti » ed « intorno a talune linee essenziali di metodo dei procedimenti tattici dell'attacco frontale ed inquadrato» . Pochi principi fondamentali, poche e semplici linee di metodo: « gli uni e le altre da tradursi in atto mediante un procedimento formale comune semplicissimo così. dei piccoli come dei maggiori reparti » .. E
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questa volta il Cadorna scrive sulla base dei risultati, noti fino a quel momento, della guerra europea o meglio dell'interpretazione che egli ed altri davano alle operazioni svoltesi sui vari fronti, le quali, per dire la verità, alla chiusura della campagna del 1914, non sembravano favorevoli all'azione offensiva ed alla manovra frontale, sebbene le sistemazioni difensive fossero ancora piuttosto semplici, su di una sola linea di trincee a gruppi separati ed a profilo individuale e conseguentemente vulnerabili. L'azione offensiva e gli attacchi frontali si erano dimostrati di difficile realizzazione per la limitatezza quantitativa dell'artiglieria e degli effetti prodotti sulla fortificazione campale, per l'aleatorietà della cooperazione fanteriaartiglieria che costringeva spesso la fanteria a contare esclusivamente sui propri mezzi ed infine per l'inadeguatezza dei procedimenti della stessa fanteria basati sugli effetti della pressione meccanica, puramente frontale dell'elemento~uomo (6 ). Nell'immobilizzazione della guerra su fronti enormi, sulle quali le forze contrapposte si fronteggiano interrate entro robustissimi trinceramenti formidabilmente muniti, il generale Cadorna, come del resto molti altri, non scorge il prevalere della difensiva sull'offensiva - l'esperienza della guerra in corso dimostra che la conquista di posizioni nemiche anche fortemente rafforzate non offre difficoltà insormontabili - ma vi vede la sola « mancanza della necessaria prevalenza di forze ». « Si sentirà veramente più forte dell'altro, chi sferrerà l'offensiva, che sola è capace di- conseguire risultati decisivi: sarà pur sempre la manovra che deciderà le sorti della guerra». Verità questa incontestabile, ma il problema era un altro e cioè come restituire alla manovra la capacità di realizzarsi, per la quale non potevano essere sufficienti la sola superiorità del fuoco e neppure il fatto « che venga impiegato tutto il tempo occorrente a prepararne le condizioni fa. vorevoli ». Vera, perciò, l'affermazione che persistono per l'offensiva i vantaggi che le sono propri, ma poco o nulla fondata la deduzione che l'offensiva, dunque, presenta oggi più favorevoli condizioni di buona riuscita che in passato, perché « quanto va verificandosi nell'attuale conflitto armato vi contraddice solo apparentemente ». E' fuori dubbio che, « se l'estensione della posizione sia proporzionata alle forze che la occupano e le sue ali siano appoggiate in guisa da non consentire manovra diversa », si impone l'attacco frontale - che assume « una maggiore lentezza, la quale deve risultare proporzionata alla entità della forza di resistenza conseguita dalla posizione per effetto del suo valore intrinseco e dell'apprestamento a difesa ». « Bisogna procedere in modo sistematico e senza impazienze» tanto
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che « un attacco potrà avere la durata anche di molti giorni » - ma è altresl fuori dubbio che, nonostante le truppe evitino nei limiti del possibile di scoprirsi, avanzino di notte, rafforzino il terreno, cessino di assicurarsi l'assoluta superiorità del fuoco nella zona prescelta per le irruzioni ed aprono il fuoco con azione contemporanea e di estrema violenza, l'offensiva prima o poi si esaurisce e la guerra sui vari fronti non riesce ad imboccare la strada giusta sulla quale avviare speditamente la battaglia o le battaglie decisive. Nella prima parte del fascicolo vengono, dunque, ripresi e ribaditi i concetti fondamentali dell'azione offensiva già illustrati nella circolare precedente e cioè quelle norme di capitale importanza per determinare il successo, peraltro già contenute nella regolamentazione in vigore: « sono gli atti relativi alla prima imbastitura del combattimento quelli che esercitano influenza decisiva sull'·intero sviluppo dell'azione»; « dovranno mantenersi le truppe quanto più è possibile coperte aUa vista ed al tiro del difensore» (7}; « poiché la vittoria è determinata dalla demoralizzazione dell'avversario, conseguir questa equivale a raggiungere lo scopo supremo della battaglia»; « bisogna aver sempre presen~e l'economia delle forze». La seconda parte del fascicolo tratta, come abbiamo già rilevato, la tecnica dell'avanzata della fanteria rapportata ai vari tipi di terreno da percorrere. Su terreno scoperto e privo di ripari per l'intera portata del cannone (assai raro) la fanteria attaccante avanza per successivi piccoli sbalzi utilizzando gli attrezzi portatili (nei fugaci momenti in cui la sua artiglieria riuscirà a neutralizzare quella della difesa) ovvero av-.mza di notte raggiungendo una posizione, dove si rafforza, tale che per batterla l'artiglieria nemica sia costretta a rivelarsi od a mutare posizione. Su terreno scoperto, ma lievemente andulato, o cosparso di ripari di varia natura l'avanzata può effettuarsi di giorno da riparo in dparo o con una sola corsa ve· locissima da uno all'altro o con piccoli sbalzi successivi e improvvisi, alternati a brevi soste nella posizione di a terra. I terreni coperti favoriscono il rapido svolgimento dell'avanzata e l'inganno sulla direzione di attacco, ma l'avanzata può disgregare le unità e far perdere l'orientamento per cui è necessario adottare formazioni dalle quali poter prontamente spiegarsi in qualsiasi direzione e tenere le truppe alla mano dei capi (il reggimento, ad esempio, può avanzare con i battaglioni l'uno dietro l'altro, separati da piccole distanze, ciascun battaglione in linea di colonne oppure con le compagnie affiancate in linea di fianco). Su terreno a zone alternativamente scoperte e coperte in direzione parallela alla direttrice del!' attacco: le truppe
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che avanzano sul terreno scoperto procedono più lentamente, rimangono perciò indietro rispetto a quelle che muovono al coperto, e devono cercare di attrarre su di loro il fuoco nemico per facilitare l'avanzata allo scoperto delle truppe sboccanti dai terreni coperti laterali; concentrandosi allora il fuoco nemico di preferenza su queste ultime perché più minacciose, le prime ne approfittano per procedere innanzi quanto è più possibile e raggiungere così un appostamento dal quale potere, col fuoco, facilitare l'assalto, da iniziarsi dalle truppe più prossime al nemico, che sono per l'appunto quelle che avanzano dalle zone coperte laterali. Su terreno a zone alternativamente scoperte e coperte in direzione perpendicolare alla direttrice d'attacco (più frequente a presentarsi): le zone defilate si attraversano facilmente in qualunque formazione, mentre le zone battute non si possono superare se non dopo avere scosso la difesa dal loro limitare (sempre in concorso col tiro dell'artiglieria) mediante densa linea di fuoco; è importante ricostituire sollecitamente le unità, appena si entra nel terreno ddilato, assegnando, poscia, nuovamente gli obiettivi e il reparto di direzione. Due sono, in ogni caso, le esigenze da soddisfare: suddividere il periodo dell'attacco in tante fasi quante sono le alternative di zone coperte e scoperte, le quali devono essere conquistate una ad una, occupando fortemente e trincérando il margine defilato verso il nemico e indicare ai reparti dipendenti il modo di avanzare nelle zone scoperte prima di abbandonare l'ultimo appostamento coperto. Nella terza parte il fascicolo traccia le linee fondamentali del metodo addestrativo e fissa talune prescrizioni per le conferenze addestrative, le manovre con i quadri sul terreno, le manovre con truppe effettivamente rappresentate. Alla base dell'attività pone il concetto che una truppa la quale sia stata bene addestrata, in svariate specie di terreni, nella esecuzione degli attacchi frontali, avrà per ciò acquisita la necessaria elasticità ed abilità manovriera, che è quanto dire: avrà conseguito il necessario grado di preparazione tattica. Siccome, poi, nella vera guerra l'azione inquadrata costituisce la regola e le azioni di riparti isolati costituiscono l'eccezione, si deduce, altresì, che essenzialmente nello svolgimento del combattimento inquadrato dovranno addestrarsi le truppe. Occorre distinguere in qualsiasi operazione di guerra il concetto tattico direttivo ed il meccanismo della esecuzione: il primo funzione esclusiva di chi dirige l'operazione e che attinge la sua ispirazione alle altre regioni dell'arte, e questa ... può diventare patrimonio solo di coloro che l'abbiano assimilata con lo studio perseverante corroborato dall'esperienza personale; il secondo, invece, può e deve essere co-
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nosciuto a fondo da tutti indistintamente gli ufficiali, che devono impadronirsene in modo che l'esecuzione dei vari atti proceda, « in ogni terreno e contingenza », senza la « menoma esitazione, con naturalezza e spontaneità, diritta e sicura allo scopo » . Esiste la necessità di sviluppare ed affinare il senso tattico degli ufficiali, ma si rende, specie nel momento attuale, di suprema importanza, il prov· vedere alla più urgente necessità di spingere al massimo grado l'addestramento di tutti gli ufficiali nel meccanismo della manovra. Il centro per eccellenza dell'istruzione professionale degli ufficiali è il battaglione; « numerosi e ben diretti esercizi d'addestramento tattico sopra terreni di varia natura, svolti in parte con i quadri ed in parte con le truppe, sul terreno e non sulla carta, ne sono il mezzo efficace ».
4. Prima ancora dell'Attacco frontale e ammaestramento tattico,
il generale Cadorna aveva emanato le Norme complementari all'Istruzione sui lavori del campo di battaglia fatta diramare dal generale Pollio nel 1913. La direttiva si suddivide in 4 parti: caratteristiche dei trinceramenti impiegati nell'attuale guerra europea; lavori del campo di battaglia; norme per l'esecuzione dei lavori del campo di battaglia; lavori nell'attacco di una posizione rafforzata; è corredata di 17 tavole illustrative dei vari tipi di trincea, di appostamento, di riparo, di feritoia con l'indicazione per ciascun tipo delle caratteristiche specifiche di costruzione (8 ). Si tratta di un documento molto importante, non tanto per le novità di carattere tecnico derivate dall'esperienza degli altri eserciti, quanto per il rilievo dato alla fortificazione campale od improvvisita sia nell'azione difensiva sia in quella offensiva. Nella regolamentazione del generale Pollio, oltre che nell'istruzione tecnica specifica, i lavori sul campo di battaglia venivano trattati sia nelle Norme generali sia nelle Norme per il combattimento. Il generale Cadorna; come già aveva fatto nelle Norme riassuntive per l'azione tattica, volle riassumere in un documento unico i criteri ed i procedimenti tattico-tecnici sparsi in 3 regolamenti e sopratutto richiamare l'attenzione su due concetti fondamentali: la corrispondenza tra la fortificazione campale e le formazioni delle truppe nel combattimento; la funzione anche offensiva dei lavori sul campo di battaglia.
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La fortificazione improvvisata per adattarsi alle nuove condizioni deUa lotta in campo aperto deve rispondere ai requisiti essenziali progressivamente crescenti deUa minima vulnerabilità e della relativa invisibilità. Essa deve ridurre le proprie dimensioni aUo stretto indispensabile, adattarsi il più possibile alle forme del sottosuolo e del soprasuolo, essere il meno vulnerabile possibile dal tiro dell'artiglieria, e perciò bassa, poco visibile per forma e colore, e costruibile in tempi brevi con lavoro individuale mediante l'uso di attrezzi semplici e leggeri. Il suo impiego non è più devoluto solo all'arma del genio od ai reparti zappatori della fanteria e della cavalleria, ma è esteso a tutte le armi combattenti. Nell'azione difensiva, dove la fronte di combattimento è ordinata in modo di assicurare la resistenza ad oltranza sulla posizione, il contrattacco ed il collegamento tra i vad elementi difensivi, la fortificazione comprende, a sua volta: una, due o tre linee di trincee campali, quasi parallele, non continue, ma a gruppi fortificati, intervallate per l'esecuzione dei contrattacchi e collegate da camminamenti a zig-zag; un'ultima trincea rinforzata armata con mitragliatrici. Al pari delle formazioni di combattimento che si scaglionano in profondità, il sistema fortificatorio s-i articola in linea delle sentinelle, linea principale di resistenza, linea di ricoveri per i rincalzi, i comandi, i depositi dei viveri e delle munizioni, linea arretrata delle artiglierie. La tecnica costruttiva è diversa secondo che si tratti di terreno ordinario, roccioso, collinare, di montagna, ma tende in ogni caso ad ostacolare l'osservazione nemica, a ridurre l'efficacia del fuoco delle batterie nemiche ed a favorire, invece, il più possibile in profondità sul davanti il fuoco della difesa cosl da battere tutto il terreno dove deve muovere l'attaccante (un sistema di trincee tipo è formato da tre linee successive e dalla trincea rinforzata sì da costringere l'attaccante a percorrere, prima di arrivare a questa ultima, una zona efficacemente battuta dai fucili e dalle mitragliatrici, più di 600 m, a cominciare da 300 m dalla linea più avanzata). « Il soldato nella trincea campale in iscavo trova una protezione quasi completa, curvandosi un poco sparisce a:l di sotto del livello del suolo e si sottrae sufficientemente al fuoco di fucileria, mentre permette alle mitragliatrici delle linee retrostanti di fuoco senza suo pericolo » e, stante la poca larghezza della trincea, è protetto anche dalle granate esplodenti poiché sulla trincea hanno effetto solo quelle che la colpiscono direttamente, mentre, quelle esplodenti oltre i margini non hanno alcuna efficacia.
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L'attacco di una posizione rinforzata diventa lungo e complesso, ma non per questo impossibile se preceduto da accurate ricognizioni per la scelta del terreno più favorevole all'avvicinamento ed all'assalto e se effettuato mediante l'accurata preparazione del fuoco di artiglieria ed il largo ricorso alla fortificazione improvvisata. L'artiglieria deve intervenire: con tiri a shrapnel per tenere sgombera la zona scelta dall'attaccante per l'assalto, per battere ,i rincalzi e le riserve nemici, per neutralizzare le opere collaterali destinate a fiancheggiare. la zona prescelta per l'assalto; con tiri a shrapnel ed a granate torpedini per controbattere l'artiglieria della difesa; con tiri a shrapnel contro gli osservatori che dirigono il tiro delle batterie nemiche; con granate torpedini lanciate dai cannoni e dagli obici campali pesanti per distruggere gli ostacoli artificiali sul davanti delle zone di avvicinamento e di assalto (reticolati di ferro e simili). La fortificazione campale-trincee e ripari di combattimento, trincee di comunicazione, camminamenti coperti, trincee-ricovero per il deposito di materiali di assalto, di granate a mano, di acqua, postazioni dell'artiglieria, ripari e trincee di raccolta delle truppe, ecc. deve procedere per gradi e tendere a perseguire da una parte la protezione e dall'altra l'efficacia del fuoco. La costruzione delle opere s'inizia con l'apprestamento di buche a mano a mano ampliate, approfondite e congiunte in modo da costituire una trincea normale, e si effettua, se possibhle di giorno, diversamente di notte. Durante l'avvicinamento gli spostamenti e le trincee costruiti dalle truppe avan· zate vengono successivamente utilizzati dai sostegni, rendendo così più facile il collegamento al coperto dei successivi appostamenti; collegamento che inizialmente basta sia sufficiente a dare copertura ad uomini che avanzino strisciando a terra, il che non è difficile a realizzarsi quando vengono sfruttati tutti gli appigli possibili (cunette, impluvi, imbuti prodotti dalle granate, ripari abbandonati dal nemico, accidentalità varie). I lavori sul campo di battaglia da eseguire dall'attaccante sono in relazione alla capacità difensiva dei tratti di fronte che s'intende assaltare, ma non debbono in nessun caso costituire ostacolo alla mobilità delle truppe ed attenuarne o, peggio ancora, annullarne lo spirito offensivo, immobilizzandole dietro i ripari. Già nella regolamentazione tattica del generale Pollio, e con maggiore evidenza nel documento del generale Cadorna, l'elemento fortificatorio da fattore di for.ta passivo e protettivo diventa anche fattore di forza attivo ed offensivo che, impiegato in intima e stretta connessione con la manovra, modifica i procedimenti della lotta e dà alla battaglia ed al combattimento una fisionomia diversa da quella
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propria a1 periodi precedenti sia nei riguardi d ella durata sia dello schieramento. « Lo sviluppo dell'attacco quasi si veniva identificando con quello della difesa e l'episodio doveva assumere, nell'economia dell'azione generale, un'importanza sempre crescente» (9). L'origine di tale nuovo orientamento era stata la guerra di Oriente, nella quale i russi, per primi, durante l'asse~io di Sebastopoli, avevano utiliz7.ato il riparo speditivo individuale (piccole buche, profonde al massimo un metro, sufficienti per l'appostamento di un tiratore, con parapetto costituito dalla terra di riporto dello scavo, scaglionate su più linee, a scacchiera). L'orientamento si affermò definitivamente durante la guerra di Secessione americana dove la fortificazione campale esercitò un'influenza preponderante sulle operazioni, stante lo sviluppo grandioso al quale fecero ricorso non soltanto il difensore, ma anche l'attaccante. Gli eserciti europei - in particolare il francese, l'austriaco e soprattutto il prussiano che, più degli altri, manifestò in sede dottrinale la sua propensione all'impiego delle trincee campali nell'attacco trasformando la fortificazione in elemento di lotta attivo ed in mezzo idoneo per neutralizzare l'azione del fuoco nemico a vantaggio del proprio movimento e della propria manovra tennero conto degli insegnamenti della guerra di Secessione, ma du tante le guerre del 1866 e del 1870-1871 utilizzarono la fortificazione improvvisata quasi esclusivamente nell'azione difensiva. L'affermazione e l'accettazione del nuovo concetto sul piano pratico si ebbero solo nelle guerre balcaniche, nella campagna boera e specialmente nella guerra russo-giapponese. Dopo tali esperienze non esistettero più dubbi: la fortificazione campale od improvvisata, a causa della grande radenza, precisione e rapidità di tiro dei fucili e delle mitragliatrici, della maggiore potenzialità delle artiglierie campali e pesanti e dell'adozione dei mezzi aerei, era diventata tanto importante per l'attacco quanto lo era d a tempo per la difesa. Essa, anziché tarpare le ali all'offensiva e menomare lo spirito aggressivo delle truppe, ridava alla prima la possibilità di progredire ed impediva che il secondo si azzerasse di fronte all'enormità delle perdite di un attacco senza nessuna copertura. All'affermazione dell'impiego della fortificazione nel campo offensivo contribuirono decisamente, infine, l'ampio dibattito svoltosi sull'argomento in tutti gli eserciti europei, compreso l'italiano, e le prime esperienze di guerra sul fronte occidentale, in base alle quali molto giustamente ed opportunamente il generale Cadorna volle ribadire crited e procedimenti già propri della regolamentazione tattica in vigore, ampliarli e perfezionarli sl da inserirli, come congegno indispensabile, nel funzionamento del 0
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meccanismo della manovra di attacco, nella quale il movimento in tanto è possibile in quanto sostenuto dal fuoco e protetto dalla fortificazione.
5. Dopo le Norme complementari all'Istruzione sui lavori del campo di battaglia ed il fascicolo Attacco frontale e ammaestramento tattico - che furono i documenti più importanti e significativi il generale Cadoma, prima dell'entrata in guerra dell'Italia, tornò su entrambi gli argomenti, sui quali tornerà successivamente più volte guerra durante, diramando due circolari, una riguardante il Coordinamento d'impiego della fanteria e dell'artiglieria (10) e l'altra i Procedimenti per l'attacco frontale nella guerra di trincea in uso nell'esercito francese ( 11 ). I due interventi ebbero lo scopo di confermare, chiamando a sostegno il pensiero conforme dell'esercito russo e di quello francese, le direttive già impartite con le due precedenti pubblicazioni, e di sottolinearne ancora una volta la validità e l'attualità, non senza far rilevare con una punta di orgoglio che « errerebbe chi ritenesse che i procedimenti » usati dall'esercito francese fossero « anche solo parzialmente in contraddizione coi princip,i generali dell'azione offensiva » sanciti nel fascicolo Attacco frontale e ammaestramento tattico, e mettendo in risalto che il contenuto del fascicolo « sembra abbia trovato eco nelle parole che il generalissimo Joffre, dopo vari mesi d'esperienza, dirigeva, all'incirca nella stessa epoca, ai Comandi delle Armate Operanti». Sull'importante problema del coordinamento dell'impiego della fanteria e dell'artiglieria, « inteso nel modo specificato e replicatamente posto in evidenza dal fascicolo », il generale Cadorna rileva che è ritenuto, da un ufficiale russo appartenente all'esercito operante, il « principale ammaestramento fornito, nel campo tattico, dalla guerra europea fin qui combattuta», ed insiste perché il problema, « sul quale s'impernia tutto il meccanismo dell'odierno attacco », formi oggetto di frequenti ripetute esercitazioni sul terreno da parte di tutte le unità, dalle minori alle più grandi, « non soltanto ora, ma anche in prosieguo, dopo l'eventuale mobilitazione, sui luoghi di concentramento e durante l'eventuale campagna, sempre insomma, giacché sono veramente validi solo gli eserciti nei quali l'addestramento tattico si prosegue fin sui campi di hattaglia e non trova
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tregua che a guerra finita ». Quale era il pensiero dell'ufficiale russo? L'avvicinamento e l'assalto sono preceduti da:lla preparazione - la preparazione all'·assalto, intesa quale coordinamento d'impiego della fanteria e dell'artiglieria, è la parte più importante del combattimento contemporaneo - ma, dal momento che le artiglierie da campagna leggere sono inefficaci contro bersagli animati ricoverati in profonde trincee e si riducono ad un inutile spreco di proietti se impiegate per l'assalto della propria fanteria contro un avversario che resti celato e protetto, occorre costringere il difensore ad esporsi al fuoco dell'attaccante e questo lo si ottiene con il movimento avanzante e minaccioso della fanteria. L'ausilio reciproco che le due armi devono darsi consiste per la prima nell'avanzare costringendo i tiratori nemici ad entrare in azione ed a diventare cosl bersaglio dell'artiglieria, e per la seconda nel costringere il difensore a celarsi nuovamente dietro le coperture dando cosl modo alla fanteria attaccante di proseguire nell'avanzata. Movimento in avanti della fanteria e fuoco dell'artiglieria debbono essere azioni contemporanee per cui l'artiglieria non deve preparare l'assalto, ma concorrere a proteggere l'avanzata della fanteria. Alla sintesi delle norme emanate in epoche diverse dal Comando Supremo e da taluni comandi d'armata francesi, il generale Cadorna fa precedere due considerazioni principali: il carattere di guerra da posizione assunto dalle operazioni sul fronte occidentale dove « le linee avversarie si sono venute avvicinando a breve e talora brevissima distanza sicché da lunghi mesi assistiamo allo svolgersi di accaniti combattimenti fra trincea e trincea»; l'opportunità di studiare a fondo tali operazioni benché « il carattere delle nostre eventuali operazioni e la natura e configurazione del terreno ov'esse si svolgeranno facciano ritenere improbabile che le nostre truppe debbano ricorrere ai suddetti procedimenti, salvo che, eccezionalmente, sopra estensioni piuttosto limitate della fronte. Tanto esatta la considerazione sulla guerra di posizione, quanto infondata la previsione che sulla fronte italiana le operazioni si sarebbero svolte in un quadro diverso. D'altra parte, lo stesso Joffre scriveva in quei giorni: « La guerra odierna non ha per nulla infirmato i principi fondamentali della nostra dottrina offensiva; solo, a cagione della forma particolare che la guerra ha assunto, le operazioni risultano distinte, sì nel tempo che nello spazio, da una maggiore lentezza e da uno sviluppo più m etodico. Ciò è conseguenza dell'accresciuta potenza del fuoco e della resistenza delle sistemazioni difensive ». Neppure il generale Joffre voleva ammettere che l'azione offensiva era già en-
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trata in una fase di gravissima crisi e che i procedimenti ch'egli, al pari del generale Cadoma, suggeriva per darle capacità di superamento erano tentativi terapeutici, non rimedi di sicuro successo. Espresse con ordine ed in forma diversi, le idee del generale Joffre coincidono con quelle del generale Cadoma. Scopo dell'attacco non è soltanto d'impadronirsi di trincee avversarie, ma di cacciare il nemico dall'insieme della posizione e di batterlo completamente. L'attacco passa per due fasi: preparazione diligente e completa (lo studio del terreno di attacco e fronti ristrette con forte scaglionamento in profondità; distribuzione alla fanteria dei mezzi necessari; preparazione del fuoco dell'artiglieria) ed esecuzione risoluta (attacco brusco, violento, spinto a fondo col massimo vigore e senza soluzione di continuità; fanteria che avanza protetta dall'interdizione della propria artiglieria, a linee successive, continuamente rinnovantesi; direzione del combattimento esercitata da un comando energico e costantemente orientato). « Tutti debbono persuadersi che la ·guerra di trim:t:a può e <leve finire e che dà dipende dalla loro energia, dalla loro tenacia, dal convincimento della propria .superiorità materiale e morale ». Lo schema di attacco di una divisione di fanteria inquadrata prevede : · forze molto articolate in profondità in modo da sviluppare sforzi reiterati ed a breve intervallo in guisa di potenti onde rincalzantesi destinate a travolgere la fronte nemica; fronti notevolmente ristrette: 1200 m per una divisione di fanteria; organizzazione del terreno tale da consentire lo stazionamento delle truppe attaccanti a breve distanza dal nemico ed il loro sbocco in avanti al momento dell'azione. Nello scaglionamento delle forze, poiché l'esperienza insegna che una brigata di fanteria è sufficiente, di massima, ad alimentare l'azione per un'intera giornata, una brigata occupa la zona fortificata e l'altra accampa od accantona a distanza dalla prima anche di qualche ora di marcia . Nell'organizzazione del terreno occorre prevedere: una trincea, con avanti difese accessorie, sul cui margine è scavata una parallela di partenza comunicante mediante camminamenti colla trincea; una prima zona di ricoveri di riposo, profonda 50 m e limitata all'indietro da un camminamento trasversale; una seconda zona di ricoveri di riposo, profonda 100 in e limitata all'indietro da un secondo camminamento trasversale; una terza zona, di profondità variabile, solcata soltanto da ampi camminamenti longitudinali, che conducono sul rovescio ad una zona generalmente riparata, dove stazionano le restanti truppe della brigata -in prima linea. L'azione della fanteria s'inizia al segnale di attacco e si svolge sotto la protezione dei tiri d'interdizione del-
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l'artiglieria. L'ideale sarebbe che la fanteria giungesse sulle trincee nemiche nel preciso istante in cui l'artiglieria sospende il fuoco contro di esse. Data la brevissima distanza che separa la parallela di partenza dalla prima trincea del nemico, l'azione s'inizia con un assalto. La formazione da adottarsi è la catena, della densità di un uomo per un metro lineare. « Ogni compagnia muove .tutta contemporaneamente all'assalto e, raggiunte le difese accessorie nemiche, si sforza di arrivare alla trincea antistante per gettarvi delle granate a mano ed oltrepassarla ». Riuscito il primo slancio, la linea deve procedere risolutamente innanzi. Dietro la .prima linea segue a distanza di 50-100 m, una linea successiva che, su ordine, si lancia vigorosamente a rincalzo della linea antistante e cosl opera, quando necessario, una terza linea; frattanto si dà inizio alla costruzione dei camminamenti fra la parallela di partenza e la trincea conquistata. Tale procedimento si ripete sistematicamente a mano a mano che si procede verso l'avanti; e la lotta prosegue anche di notte; le successive linee di rinforzi si susseguono ininterrottamente. L'artiglieria, che ha bisogno di un'organizzazione iniziale completa e di uno studio minuzioso dei movimenti da compiere azione dumnte, deve distruggere i posti nemici organizzati a difesa, battere il personale, effettuare la controbatteria, accompagnare e coordinare l'attacco. La determinazione degli obiettivi e la loro ripartizione fra le batterie esige l'esame approfondito del piano delle opere nemiche rilevato dai mezzi aerei e lo studio particolareggiato del terreno . L'artiglieria deve battere non solo la prima linea, ma l'insieme della posizione e deve assolutamente essere spinta molto innanzi fin da principio per evitare più che si può i cambiamenti di posizione, impossibili sotto il fuoco e sempre dannosi per il rallentamento che producono all'azione. Al segnale convenuto per l 'attacco della fanteria, l'artiglieria allunga progressivamente il suo tiro per costituire davanti e sui fianchi zone interdette longitudililali e trasversali, al riparo delle quali possa avanmre la fanteria. Una volta che la fanteria abbia raggiunto le prime linee nemiche, l'artiglieria comincia a battere le seconde e le terze linee, i camminamenti che ad esse adducono, le mitragliatrici che si svelino e le truppe che muovono al contrattacco. A parte la diversità di taluni procedimenti e della terminologia, i criteri fondamentali dell'attacco sono analoghi a quelli sanciti nell'Attacco frontale e ammaestramento tattico del generale Cadorna, per cui, non senza ragione, questi stimò opportuno di portarli a conoscenza dei comandi italiani. Non si può però dire che essi, sebbene ricavati dall'esperienza, convalidassero l'affermazione del Joffre che « quando
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la preparazione di fuoco d'artiglieria sia stata bene eseguita, il superare la zona delle difese accessorie nemiche non presenta grave difficoltà ». Un altro intervento del generale Cadorna, in sede dottrinale, prima dell'entrata in guerra, fu la circolare n. 400 I. del 1° maggio 1915 all'oggetto: Esplorazione vicina e sicurezza (12). Nella circolare, « per dare speciale rilievo all'importanza capitale » che attribuisce « al preciso e perfetto funzionamento » dei due servizi « e alle responsabilità che ne derivano », per « imprimere maggiore concretezza e praticità alle norme che li regolano, e per agevolarne l'apprendimento e l'applicazione », egli concentra e coordina la materia in un unico testo riunendo tutto quanto era sparso nelle Norme generali sull'impiego delle grandi unità, nelle Norme per il combattimento, nel Servizio in guerra e nel Regolamento d'esercizi per la fanteria. La pubblicazione non modificò la sostanza dei criteri e delle modalità di azione dei regolamenti in vigore, ma ne riordinò ed esemplificò l'esposizione che condensò in 117 paragrafi chiari ed incisivi e di immediata comprensibilità.
6. Il ricorso normale all'attacco frontale non era una -scelta del generale Cadorna, ma un'imposizione derivante dalla continuità delle fronti di per sé limitatrice delle possibilità di manovra. L'impiego della fortificazione campale in funzione offensiva era stato da tempo recepito nella regolamentazione come mezzo idoneo alla preparazione, sia pure lenta, dell'attacco. La cooperazione fanteria-artiglieria mediante un legame spirituale e tecnico intimo e continuo era anch'essa da tempo sancita come condizione irrinunciabile del successo. Il generale Cadorna, a ragione, nell'imminenza della guerra, volle estrapolare i tre argomenti dalla regolamentazione in vigore e richiamare su di es-si in modo particolare l'attenzione e lo studio da parte degli ufficiali al fine di un'applicazione corretta ed aggiornata, sia in sede operativa che addestrativa, dei più moderni procedimenti tattico-tecnici già sperimentati sulle fronti di guerra degli altri eserciti. Le innovazioni sulla tecnica di realizzazione della cooperazione fanteria-artiglieria e sulla tecnica di costruzione e d'impiego della fortificazione campale a scopo offensivo erano quanto di meglio si potesse prescrivere, ma non risolvevano il problema di fondo che non
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era ·solo di dare capacità di progressione, lenta che fosse, all'attacco, ma anche di garantirglierla al momento decisivo, quando, cioè era gioco-forza interrompere, per motivi di sicurezza e di agibilità, il legame intimo e continuo tra l'azione della fanteria e quella dell'artiglieria. Al momento di tale interruzione il difensore, che aveva liasciato avvicinare l'attaccante a brevissima distanza, apriva all'improvviso e di sorpresa il fuoco intenso delle mitragliatrici, precedentemente appostate all'indietro e bene mascherate, costringendo l'attaccante ad arrestarsi e contrassaltandolo sui fianchi od alle spalle. La difesa era, dunque, diventata più forte dell'attacco. Senza una soluzione di tale ,problema, che ovviasse cioè a quella interruzione, la guerra di rapido corso e di movimento non poteva non trasformarsi nella guerra di logoramento e di trincea. Anche se i tedeschi, come già i giapponesi nella guerra russonipponica, si valevano delle mitragliatrici non solo per arrestare l'attacco avversario, ma anche per preparare l'attacco delle proprie truppe, eseguendo da posizioni fiancheggianti lunghe azioni di fuoco automatico contro i trinceramenti del difensore e contro tutti i bersagli animati a distanza, il criterio prevalente d'impiego delle mitragliatrici, comune a tutte le regolamentazioni, eta quello difensivo e ciò sia per la scarsa mobilità del materiale allora in servizio sia per la legittima preoccupazione, in previsione di guerra rapida e di movimento, nei riguardi del rifornimento delle munizioni. Prevaleva, pertanto, il criterio della permanenza delle mitragliatrici sulla posizione iniziale prescelta per il tiro e, conseguentemente, restava inalterato iJ. carattere difensivo dell'arma che veniva considerata poco idonea a seguire con rapidi spostamenti in avanti il movimento della fanteria . « Soltanto ad assalto compiuto e ad occupazione avvenuta della posizione nemica, le mitragliatrici dovevano, di iniziativa, spostarsi per rendere salda la conquista conseguita e per inseguire, con tiro celerissimo, il nemico ripiegante» (13). Lo sposalizio mitragliatrice-ostacolo precludeva all'attacco il perseguimento dello scopo dell'azione offensiva che « non ,è quello soltanto d'impadronirsi di una linea di trincee avversarie, bensl di cacciare il nemico dall'insieme della sua posizione e di batterlo completamente, senza lasciargli il tempo di riordinarsi a difesa » come appunto si legge nella premessa del promemoria diramato dal generale Cadoma nel maggio 1915 per portare a conoscenza dei comandanti le « norme emanate in epoche diverse dal Comandante Supremo francese e da taluni comandi d'armata di quell'esercito». E' vero che alcuni attacchi avevano avuto e continuavano ad avere successo, ma di carattere locale, }i.
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mitato e spesso temporaneo, perché la difesa finiva sempre con il prevalere più o meno in profondità. « Gli avvenimenti iniziali, infatti, della campagna del 1914, avevano permesso di constatare a quali dolorose conseguenze avesse portato l'applicazione di siffatta teoria» (14) e cioè della corsa vertiginosa verso l'obiettivo consacmta dalla dottrina francese dell'offensiva a testa bassa, caute que caute. Il problema di restituire all'azione offensiva ed all'attacco la loro capacità di forme decisive delle operazioni e del combattimento non era solo problema della regolamentazione dell'esercito italiano, ma di tutti gli eserciti europei belligenanti e la formula del restringimento delle fronti e dell'adozione di formazioni meno aperte e sparse, suggerita dalla dottrina francese, a parte il costo spropositato di vite umane, non era, nonostante H perfezionamento dei procedimenti tattico-tecnici, adeguata al superamento dell'impasse nel quale l'attacco si trovava. Di fronte alla crisi dell'azione offensiva ed alla realtà delle cose, anziché cedere all'evidenza della fredda ragione, si continuavano a ribadire principi, crited e procedimenti
di facile enunciazione e di difficiile, se non impossibile, applicazione, comunque mai risolutivi. Lo sguardo rivolto all'indietro più che in avanti, all'immediato più che al domani, non consentiva l'osservazione completa del panorama, tanto più che sembrava impossibile che solo pochi spiriti chiaroveggenti - ve ne erano anche in Francia - avessero ragione contro la teoria generale di tutti gli stati maggiori, la cui validità non era stata mai contestata dai grandi capitani e che quasi sempre aveva ricevuto conferma nelle grandi battagl1ie del passato: la superiorità dell'offensiva sulla difensiva. Ma lia questione non era questa; si trattava di garantire all'attacco la continuità di progressione venutagli meno in seguito all'adozione dei nuovi mezzi bellici che, contrariamente alla gran parte delle opinioni correnti, favorivano la difesa e non l 'attacco. L'azione offensiva è essenzial~ mente movimento, o si riusciva a renderlo nuovamente possibile o si era costretti a languire nelle trincee, senza speranza di uscirvi se non quella di attendere che il nemico cedesse per la stanchezza morale e fisica, per l'inedia, per cause diverse, insomma, dalla sconfitta tecnico-militare. Nessun addebito si può rivolgere al generale Cadorna ed allo stato maggiore dell'esercito italiano per non avere inventato una soluzione efficace che nessun capo e nessuno stato maggiore, nonostante le esperienze concrete e dirette, era riuscito a trovare nel primo anno di guerra; ciò che, invece, non può non essere loro contestata è l'adesione illimitata ed acritica alla dottrina francese già
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dimostratasi inconsistente e dannosa nei primi mesi di guerra. Non ci riferiamo ai procedimenti che, sebbene inadeguati, erano gli unici possibili per tentare l'attacco, ma alla teoria dell'offensiva ad ogni costo, che il generale Cadorna lasciò intendere fosse da più valida, nonostante si fosse già palesata fallimentare. Nelle citate direttive e rielaborazioni dottrinali del generale Cadorna, come del resto nella tematica del generale Joffre, c'è un qualcosa di ideologico e di fideistico, di -assoluto e di dogmatico, per di più espresso dai generale Cadorna in maniera apodittica ed enfatica, al quale la regolamentazione del generale Pallio era rimasta estranea. Le norme d'impiego e addestrative del generale Cadorna, nonostante che questi si sforzasse di non farle apparire diverse da quelle in vigore - basta leggere, in particdlare, le Norme riassuntive per l'azione tattica e le Norme complementari all'Istruzione sui lavori del campo di battaglia - e nonostante che in realtà non introducessero novità sostanziali, avevano un'intonazione generale assai dissimile ed un carattere di rigidezza inusitato nella regolamentazione del generale Pallio. Ad esse mancava quell'ispirazione etico-sociale e in un certo senso politica propria del Po.hl.io ed anche, in misura minore, dei predecessori. Erano dichiarazioni d'intenti ed ordini più che direttive; ribadivano, a ragione, i valori spirituali morali militari necessari al combattente, ma quasi come se s-i potesse imporre dall'alto e non fossero, invece, il risultato di quell'amorevole cura che il generale Pallio aveva indicato indispensabille all'educazione ed all'istruzione dei dipendenti. I continui e severi richiami, contenuti nella regolamentazione fino ad allora in vigore, al sentimento del dovere, alla disciplina delle intelligenze su basi razionali e di intimo convincimento, all'ordine gerarchico, ailla dedizione fino all'ultimo sacrificio, all'onore militare, allo spirito d'iniziativa, venivano ripetuti anche nelle direttive del generale Cadorna, ma accompagnati da moniti e da minacce punitivi che ne riducevano e ne restringevano l'alto valore morale e tecnico-professionale. Questo per di più contestato •anche dalla realtà dehle cose che metteva in dubbio, quando non negava, la indiscutibile potenza decisiva del!' attacco e rendeva molto più difficile fare levia sul!'energia, sulla tenacia, sul convincimento della propria superiorità materiale e morale una volta che era già venuta meno la superiorità tecnica della manovra offensiva: le potenti onde rincalzantesi s'infrangevano quasi inesorabilmente contro i robusti scogli della difesa. Il generale Cadorna credeva fermamente nella validità delle sue direttive e traeva sostegno della sua fede dall'analogo atteggia-
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mento del Joffre; tanti s'immedesimò nella dottrina francese da proporla come modello di riferimento a quella italiana. La sua buona fede, le sue altissime virtù militari ed i meriti che indubitabilmente ebbe a guadagnarsi in molte circostanze furono e restano fuori discussione. Malgrado ciò le sue direttive iniziali risultarono subito deludenti ed impopolari perché, dltre a lasciare insoluta, o quanto meno incerta, la questione tecnica, mancavano nell'intonazione e nella forma di quell'afflato umano senza il quale non c'è dedizione assoluta, ma conformismo obbligato, il contrario cioè della disciplina delle intelligenze e del convincimento morale meditato che il generale Cadorna, nella sua mentalità poco aperta non ai ,problerci umani ma a quelli della psicologia militare, s'illudeva di realizzare meccanicizzando la manovra, schematizzando rigidamente le modalità di azione e diffondendo il timore della punizione nel caso del mancato funzionamento del meccanismo stesso.
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NOTE AL CAPITOW XV {1) Ministero della Guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio istruzioni e manovre. Regolamento di istruzione. Voghera Enrico, Roma 1913. (2) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna. Vol. III, p. 336, Enrico Schioppo, Torino 1925. (3) Idem, p. 392. (4) Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio Istruzioni e manovre. Circolare n. 1414 del 14-VIIl-1914. Norme riassuntive per l'azione tattica (Veds. pp. 1131, vol. VI di L'esercito italiano nella grande guerra - Le istruzioni tattiche del capo di stato maggiore dell'esercito degli anni 1914, 1915, 1916 - a cura dell'Ufficio storico del comando del corpo di stato maggiore - ed. Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1932). (5) R. Esercito Italiano. Comando supremo. Ufficio del Capo di stato maggiore dell'esercito. 25-Il-1915 AJtacco frontale e ammaestramento tattico (veds. pp. 69-97, Vol. VI di L'esercito italiano nella grande gue"a, Op. sopra citata). (6) Pietro Maravigna, Op. sopra citata, Voi. IV/2, p. 241. (7) Nella parte prima - Titolo II, dell'Attacco frontale e ammaestramento tattico, in nota (Ve<ls. 'IJ. 74 del vol. Vl di L'esercito italiano nella grande gue"a) si legge: toma qui opportuno concisamente ricordare che -tta le formazioni del battaglione più convenienti - riferite al momento dell'azione, al terreno, al fuoco del nemico, - sono le seguenti:
Per l'ammassamento: colonna; colonna doppia; linea di colonne. Per la marcia in terreno non baNu,to dal fuoco nemico: a) terreno facile: colonna o linea di colonne (aperta); b) terreno coperto: compagnie affiancate in linea di fianco. Per la marcia nella zona battuta dall'artiglieria: a) oltre i 4000 m: compagnie con i plotoni affiancati non sulla stessa linea, a intervalli di 50 m circa; b) a meno di 4000 m: pur continuando a mantenere tale formazione bisogna, per attraversare terreni scoperti o quasi, avanzare a scaglioni saltuariamente staccantisi e frazionare i plotoni. Appena il terreno offre sufficiente copertura, si riordinano le truppe e si riprende - se del caso - la formazione primitiva. Si possono mantenere le formazioni con plotoni affiancati intervallati a 50 m finché gli shrapnels nemici scoppiano con scarti rilevanti; diversamente è necessario frazionare i reparti e avanzare colla massima celerità. Si rammenti, comunque, che in terreno scoperto o quasi, il plotone di fianco su 4 file non è formazione da adottarsi al di sotto dei 1000 m. Per la marcia nella zona battuta ma non ancora efficacemente dalla fucileria in terreno sufficientemente coperto, per qualche tempo possono tenersi ancora le formazioni aperte con plotoni di fianco per quattro a intervalli di 50 m;
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progredendo l'avanzata s'adotteranno formazioni sempre meno vulnerabili; poi con le squadre in fila (intervallo 25 passi circa), poi formazione distesa.
Per la marcia nella zona efficacemente battuta dall'avversario conviene, al d: sotto dei 700-1000 m, la formazione distesa, la quale una volta assunta è op, portuno (a meno che il terreno non imponga altrimenti) non venga più abbandonata. Un reparto in formazione di fianco se battuto da tiri obliqui efficaci deve essere subito disposto in formazione distesa. Se il terreno scende con notevole pendenza verso il nemico, od il fuoco avversario viene eseguito da una posizione dominante, sono da adottare le formazioni distese, quelle di fianco non convengono. (8) Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio difesa dello Stato. Circolare: n. 250, del 10-11-1915. Norme complementari all'Istruzione sui lavori del campo di battaglia (Veds. pp. 32-68, Vol. VI di L'esercito italiano nella grande guerra, Op. sopra citata). (9) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. III, p. 269. (10) Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio del capo di stato maggiore dell'esercito. Numero 380 I.M. Coordinamento d'impiego della fanteria e dell'artiglieria (Veds. pp. 98-100, Vol. VI di L'esercito italiano nella grande guerra, Op. sopra citata). (11) Comando Supremo. Ufficio Armate. Procedimenti per l'attacco frontale nella guerra di trincea, in uso nell'esercito francese (Veds. pp. 101-117, Vol. VI di L'esercito italiano nella grande guerra, Op. sopra citata). (12) Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio del Capo di stato maggiore dell'esercito. Esplorazione vicina e sicurezza - Circolare n. 400 I.M. del 1-V-1915, Tip. l,mpr. Ge., d'Affissioni e Pubblicità, Roma 1915. (13) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. III, p. 402. (14) Idem, p. 376.
CAPITOLO XVI
LA SITUAZIONE POLITICA NEGLI ANNI 1908-1915 ED IL RIARMO DELL'ESERCITO ITALIANO l. La situazione internazionale. 2. La politica estera ed interna dell'Italia. 3. Il risveglio della politica militare italiana e la base finanziaria. 4. La sistemazione difensiva della fro ntiera nord-est. 5. I programmi di ammodernamento delle armi e dei nuovi mezzi. 6. L'aggiornamento della regolamentazione d'impiego tecnico e di quella logistica.
1. Le dottrine in vigore, nonostante gli insegnamenti che si sarebbero potuti trarre dalle esperienze belliche degli ultimi anni del secolo XIX, continuavano nella sostanza a dare credito alle concezioni ed ai sistemi tradizionali del secolo XVIII. Nessuna di esse, tanto meno quella francese alla quale il generale Cadorna cercò di meglio adattare all'ultimo momento quella italiana, era intonata alla situazione politico-strategica che era venuto maturando nei primi anni del secolo XX e nessuna prevedeva l'esatta dimensione della guerra dell'epoca industriale. La Germania aveva preso come ipotesi di base della sua pianificazione operativa l a guerra su due fronti ad ovest contro la Francia e ad est contro la Russia - ed aveva altresì considerato J'apporto inglese sulla fronte francese, ma era ben lontana <lai prevedere la globalità della guerra, il coinvolgimento della gran parte degli Stati europei e addirittura di nazioni extraeuropee, la lunga durata del conflitto e l'immobilizzazione delle fronti. Nessuno, infine, pensava, agli inizi del secolo XX, che di lì a poco la pace, fino allora faticosamente mantenuta in Europa, sarebbe stata travolta da una guerra che avrebbe avuto per posta il predominio economico del mondo, ovvero, se qualcuno intuiva la verità, non sapeva misurarne la portata. Forse per questa ragione nessuno, neppure la Germania,
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voleva la guerra, ma nessuno faceva nulla per allontanarne il pericolo e diminuire i numerosi motivi di conflittualità politica ed economica capaci di rompere da un momento all'altro l'instabile equilibrio. Wiston Churchill rispose, al maresciallo Montgomery che lo interrogò un giorno se vi fosse stata o no la possibilità di salvare la pace nel 1914, che « secondo lui, una volta che la catena degli eventi aveva cominciato a scorrere nei Balcani invischiando la Germania, non c'era forza umana che potesse evitare la guerra » ( 1 ). In verità, i tentativi compiuti da più parti - in particolare dall'Inghilterra e dalla Russia - dopo l'assassinio dell'arciduca ereditario Francesco Ferdinando e della consorte consumato il 28 giugno 1914 e dopo la consegna della nota-ultimatum dell'Austria-Ungheria alla Serbia fatta il 25 luglio, rimasero senza esito e non valsero a salvare la pace. Questa è, infatti, un bene che si costruisce nel tempo e non si può mercanteggiare all'ultimo momento. La guerra sarebbe stata evitabile se vi si fosse pensato in tempo e non si fosse stati arrendevoli alle minacce e passivi di fronte ai fatti compiuti, com'era accaduto, ad esempio, quando due anni prima l'Austria-Ungheria, in aperta violazione del trattato della Triplice, si era annessa la Bosnia-Erzegovina. A parte le solite proteste diplomatiche delle varie cancellerie nessuno reagl con chiara fermezza di fronte a tale atto unilaterale e l'annessione, di cui tanto lungamente e, purtroppo, invano si discusse, rese definitivamente torbida ed irrecuperabile la situazione internazionale. La Questione d'Oriente, alla quale si riferiva Churchill, fu senza dubbio una delle tiante concause del conflitto, tra le quali svolsero un ruolo decisivo anche quelle di carattere psicologico, come l'orgoglio, il rancore, la paura e 1e anomalie caratteriali di taluni uomini politici e di taluni generali. L'Europa da oltre 15 anni camminava sull'orlo del precipizio ignorando, o facendo finta d'ignorare, il pericolo; quando l'avvertì, rimase impietrita dalla paura, perse l'equilibrio e sprofondò dentro la voragine. Le respons3'bilità della prima guerra mondiale non furono dei soli imperi centrali - che pur ne ebbero gravissime, specialmente l'Austria-Ungheria, - ma investirono anche tutte le potenze dell'Intesa, compresa l'Italia, che, malgrado l'annessione della Bosnia-Erzegovina, aveva rinnovato, il 5 dicembre del 1912, il trattato della Triplice in anticipo rispetto alla scadenza del luglio del 1914, nella speranza che l'Austria-Ungheria le concedesse qualche compenso e nell'intento di ottenere il riconoscimento esplicito della sovranità italiana sulla Libia.
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Ma, al di là della Questione d'Oriente, fu tutto l'insieme della situazione internazionale, quale si era venuta sviluppando tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX, a determinare l'avvelenamento dei rapporti tra le maggiori potenze europee per i molteplici e complessi conflitti di carattere politico ed economico aggravati dalla maldestra direzione degli avvenimenti affidata spesso ad ouomini politici e generali insipienti e sprovveduti; taluni megalomani e con temperamento paranoide. Tali motivazioni sono individuabili: nella rivalità anglo-tedesca di natura politica ed economica; nello spirito di rivalsa della Francia covato ininterrottamente dal 1870 in ,poi ed acuitosi in una serie di circostanze turbative, ultima, in ordine di tempo, la questione del Marocco, nel perdurare del conflitto tra pangermanesimo e panslavismo aizzato di continuo dall'impero asburgico; nell'aspirazione zarista al possesso degli Stretti ed alla protezione dei popoli slavi, in funzione antiaustriaca; nel conflitto politico-economico russo-tedesco per il predominio sulla Turchia; nella tendenza imperialista austro-ungarica a farla da padrone sulla penisola balcanica, di per sé gravida di micidiali esplosivi. L'Inghilterra, conquistato il suo immenso impero coloniale, e rimasta assente dal continente europeo per lungo tempo, di fronte alla ricerca tedesca di sbocchi commerciali mise da parte le numerose pendenze coloniali esistenti con la Francia e 1'8 aprile del 1904 stipulò con questa un'intesa che segnò l'inizio di un fronte unito contro la Germania. Il traccheggiare dell'imperatore e del cancelliere tedeschi, troppo sicuri dell'impossibilità dèlla pacificazione anglo-francese, avevano resi vani i tentativi fatti in precedenza dall'Inghilterra per un ravvicinamento alla Germania, compresa la profferta di adesione alla Triplice Alleanza. L'intesa franco-inglese venne poi rafforzata da scambi di colloqui tra gli stati maggiori militari dei due Paesi e sebbene essi non determinassero obblighi giuridici finirono di fatto con l'impegnare moralmente l'Inghlterra a sostenere la Francia in caso di attacco tedesco. La Francia, da parte sua, accantonando l'incompatibilità ideologica, aveva stretto, fin dal 1891, un accordo con la Russia, perfezionato successivamente non senza difficoltà, da una convenzione militare, in base alla quale se uno dei membri della Triplice Alleanza avesse mobilitato le sue forze armate, Francia e Russia avrebbero istantaneamente mobilitato le loro. Quando l'Inghilterra, superando anch'essa l'atavico senso di repulsione ideologica per il regime zari-
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sta, si accordò nel 1907 con la Russia nell'intento di reprimere le supposte intenzioni belliche tedesce e di sostenere una politica antiaustriaca nei Balcani, l'intesa franco-russa del 1891 e quella anglofrancese del 1904 si tramutarono in un'alleanza univoca diretta di fatto contro la Triplice Alleanza o, meglio, contro la Germania e l'Austria-Ungheria. La Germania, ripudiati in gran parte il grandioso disegno e la ,linea di politica internazionale del Bismarck del quale il nuovo Kaiser Guglielmo II (1888-1918), smanioso di governare personalmente, aveva forzato le dimissioni nel 1890 sostituendolo con il von Bulow - conservò nelle sue mani la sola carta della Triplice, perse i vantaggi che senza gravose contropartite le erano stati offerti nel passato dal relativo disimpegno nei riguardi dell'Inghilterra e dal mantenimento di un qualche legame con la Russia, precedentemente assicurato dall'Alleanza dei tre imperatori e poi dal Trattato di controassicurazione non voluto rinnovare da Guglielmo II-von Bulow, a causa di una lunga serie di atti avventati, interpretati, forse al di là delle intenzioni, come gesti di imperialismo aggressivo, non solo non riuscì ad assicurare al Paese nuovi solidi accordi per ottenere gli shocchi commerciali necessari alla sua espansione, ma ne provocò l'isolamento. La politica di grande potenza economico-commerciale e navale-militare, ispirata anche da personalità dell'esercito e della grande industria ed attuata dal Kaiser sulla base del concetto della paura da incutere, produsse all'interno nuove crisi economiche ed acul quelle socio-politiche esistenti e non risolse le questioni della germanizzazione della Polonia prussiana e dell'assimilazione dell'Alsazia-Lorena che vennero così a costituire problemi aperti anche nella politica estera. In condizioni strategiche e logistiche, terrestri e navali, ritenute adeguat€ dallo stato maggiore alla prova bellica, con la speranza di trattenere l'Italia nella neutralità premendo sull'Austria-Ungheria e di assicurarsi l'alleanza della Turchia e, più tardi, della Bulgaria, la Germania entrò in guerra anche per solidarietà con l'impero asburgico. L'Austria-Ungheria, nonostante i complessi problemi interni di carattere etnico e politico, forte dell'alleanza con la Germania, aveva continuato a sognare l'egemonia sulla penisola balcanica e premeditava da tempo di cogliere l'occasione per sfruttare a proprio favore il vecchio antagonismo tra serbi e bulgari. Il trionfo del moto insurrezionale dei giovani turchi offrl l'occasione sperata; la
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Bulgaria dichiarò la propria indipendenza e l'Austria-Ungheria si annetté la Bosnia-Erzegovina. Da quel momento la penisola balcanica fu in fiamme. La Russia, dopo la guerra con il Giappone e l'arresto dell'espansione verso l'Estremo Oriente, tornò a cçncentrare sui Balcani tutta la sua attenzione, resa ricca di promesse dalla politica di Pietro I Karageorgévic {1903-1921), re di Serbia, che tramutò la politica del Paese da filoaustriaca in filorussa. Strettesi in un patto segreto di solidarietà Serbia, Bulgaria, Grecia e Montenegro dichiararono guerra alla Turchia e, nell'ottobre del 1912, svilupparono un attacco concentrico contro i territori turchi conclusosi con la caduta di Adrianopoli (25 marzo 1913 ). Questa segnò la fine della prima guerra balcanica cui fece seguito quasi immediato la seconda, originata dalle discordie dei vincitori circa la spartizione dei territori conquistati. La Bulgaria attaccò, nel '.luglio del 1913, le ex-alleate Serbia e Grecia, ma dopo qualche successo iniziale fu costretta a ripiegare e chiedere la pace al re Carlo I di Romania (1881-1914), pace sancita nel trattato di Bucarest (10 agosto 1913) che tolse alla Bulgaria molte delle conquiste precedenti a vantaggio della Serbia e della Grecia ed anche della Turchia e della Romania. L'Austria-Ungheria che, pur dichiarando di voler conservare con la Serbia relazioni di leale amicizia, aveva impedito al Montenegro di occupare rra base <li Scutari ed aveva indotto subdolamente la Bulgaria a prendere le armi contro la Serbia, in seguito alla sconfitta bulgara avrebbe voluto attaccare la Serbia, ma avendo chiesto all'Italia di agire d'accordo ed avendone ricevuto un reciso rifiuto, fu costretta a rimandare l'esecuzione dei suoi propositi aggressivi. Un rimando, non una rinunzia. « D'altro canto » osserva Liddel Hart - « dovremmo esaminare lo strano miscuglio di ambizione e di idealismo che influenzava la ;politica russa, e i timori che esso generava oltre frontiera, specialmente tra i vicini di stirpe germanica, forse il più micidiale fra tutti gli ingredienti che finiscono coll'esplosione» e « dovremmo tener conto della continua paura di una nuova aggressione che tormentava la Francia sin dal 1870, studiare la ripresa di fiducia che la confermò nella decisione di resistere ad altre eventuali minacce, e tenere presenti i residui cancerosi lasciati nel fianco della Germania da quell'operazione chirurgica che fu l'amputazione dell'Alsazia-Lorena » (2). Il viaggio dello zar Nicola II (1894-1917) in Italia nel 1909 e la firma dell'accordo
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italo-russo di reciproco impegno al mantenimento dello status quo nella penisol~ balcanica contro ogni tendenza a -fini contrari - impegno __italiano di considerare con benevolenza gli interessi russi nella .questione degli Stretti ed impegno russo di considerare con altrettanta benevolenza gli interessi italiani in Llbia - avevano suscitato tale malumore a Berlino ed a Vienna che Massimiliano Harden non esitò a vedere, senz'altro, in quanto era accaduto, la prossima fine . della triplice. Ciò doveva, infatti, avverarsi di Il a .p.on molti anni, indubbiamente però, più per colpa degl'imperi centrali che non dell'Italia e della Russia (3 ). L'accordo anglo-franco-italiano stipulato a Londra nella metà del 1906 circa la determinazione dei rispettivi interessi in Etiopia e la conferenza internazionale di Algesiras, conclusasi il 7 aprile del 1906 con il consolidamento della posizione di privilegio di cui la Francia già godeva nel Marocco, anche in forza dell'atteggiamento filo-francese mantenuto dall'Italia in cambio di un analogo impegno francese rispetto alle aspirazioni nutrite da tempo verso la Libia - furono due avvenimenti che giuocarono un ruolo determinante sul piano psicologico nell'accrescere le diffidenze tra le varie potenze europee.
2. Il riavv1cmatnento dell'Italia con la Francia e con la Russia, pur nella fedeltà alla Triplice che l'Italia aveva sempre interpretato, come di fatto era, un patto esclusivatnente difensivo, e gli atti che lo fecero tnanifesto (dichiarazione del governo francese del dicembre 1901 circa il disinteresse nei riguardi della regione di Tripoli, l'intervista del Ministro degli esteri francese Delcassé circa l'avvenuta eliminazione di ogni malinteso tra le due nazioni latine, la visita nel 1902 di una squadra nava1e italiana al comando del duca di Genova nella base di Tolone, la comunicazione ufficiale alla fine dello stesso anno circa la situazione reciproca dell'Italia e della Francia nel bacino del Mediterarneo toccante gli interessi delle due nazioni in Libia e nel Marocco, la dichiarazione del governò italiano per la quale nel caso che la Francia fosse stata aggredita direttamente o indirettatnente, l'Italia avrebbe osservato la stretta neutralità, la visita di Vittorio Emanuele III a
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Pietroburgo nel 1903 e la restituzione della visita stessa da parte di Nicola H nel 1909 (crearono forte disappunto in Germania e soprattutto nell'Austria-Ungheria il cui imperatore Francesco Giuseppe non esitò a dichiarare pubblicamente che ciò che in quegli anni stava avvenendo era una sfida alla sua pazienza. Cionondimeno, il trattato della Triplice venne rinnovato il 28 giugno del 1900, poi ai primi di luglio del 1907 ed ancora il 5 dicembre deil 1912, in quanto, con sincerità d'intenzioni, era considerato dal governo italiano il punto fermo della politica estera della penisola, specialmente durante i vari ministeri presieduti dall'onorevole Giovanni Giolitti, la cui azione fu costantemente diretta a rinsaldare i vincoli con gli alleati deHa Triplice a promuovere in particolare il riavvicinamento tra l'Italia e l'Austria-Ungheria ed al tempo stesso a mantenere e consolidare amichevoli rapporti con l'Inghilterra, la Francia e la Russia. Al rinnovo del 1912 il Giolitti abbinò la questione della Libia, ma mentre la Germania fece pressioni perché si giungesse al più presto alla definizione dei negoziati e non mosse obiezioni sul problema libico, l'Austria-Ungheria assunse un atteggiamento dilatorio e poco benevolo che malcelava la propensione dei circoli militaristi e clericali tradizionalmente ostili aU'Italia, della cui fedeltà alla Triplice diffidavano, originando cosl altrettanta diffidenza da parte italiana verso la sincerità dei propositi del governo asburgico, che alla fine del 1906 aveva nominato capo di stato maggiore dell'esercito il generale Conrad ( 4 ), tipico rappresentante della tendenza militarista e nemico dichiarato dell'Italia· al pari ·dèllo stesso ' arciduca Francesco Ferdinando, entrambi fautori di una desiderabile e seducente guerra preventiva contro l'Italia. L'influenza degli ambienti militaristi e del Conrad ebbe facile giuoco sul conte e barone Leopoldo Berchtold, nominato ministro degli esteri dalla seconda metà del 1912. Questi, uomo debolè ed impreparato sul piano politico e diplomatico, fu uno dei maggiori responsabili della prima guerra mondiale in quanto lasciò ulteriormente deteriorarsi i già tesi rapporti con la Russia, mostrò cieca intransigenza verso la Serbia ed il Montenegro, rifiutò nel 1914, nonostante le pressioni di Berlino, la cessione di Trento e di Trieste all'Italia quale compenso dell'espansione dell'Austria-Ungheria : nei Balcani, non ·seppe evitare· il distacco dell'Italia e della Romania dagli ·imperi centrali e fu l'autore del fatale ultimatum a Belgrado del luglio 1914. Il bellicismo del Conrad aprl una nuova fase politica militare italiana e, congiuntamente all'intransigenza
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testarda del Berchtold, fu il fatto determinante dell'apertura, da parte dell'ItaHa, di trattative segrete con l'Intesa conclusesi con il Patto di Londra (25 aprile 1915), per il quale l'Italia decise l'intervento nella guerra con la promessa del Trentino, dell'Alto Adige fino al Brennero, di Trieste e dell'Istria, della Dalmazi.l (esclusa Fiume) e di altre terre nei Balcani ed in Asia Minore a spese dell'impero ottomano. L'avvenimento di politica internazionale di cui l'Italia fu protagonista in quegli anni fu la conquista della Libia, l'unica sponda del Mediterraneo non ancora occupata da potenze europee e verso la quale si era indirizzata da tempo l'azione politica italiana. La possibilità di risolvere il problema dell'enorme squilibrio che" si registrava nel Mediterraneo ai danni dell'Italia fu offerta dal risorgere della questione marocchina e dal suo rapido avviamento ad una conclusìone definitiva a favore della Francia, nonché dall'annessione alla Germania di larga zona del Congo francese, cedutole in cambio del consenso all'occupazione francese del Marocco . Inizialmente si pensò, stante l'accorta politica diplomatica di preparazione, che l'impresa avrebbe potuto concludersi senza ricorrere alla guerra, che invece divenne ineluttabile quando il governo turco « non pago di aver sempre eccitato il fanatismo mussulmano contro i nostri connazionali residenti in Libia, disponeva l'invio a Tripoli di una nave, con un grosso carico di armi e di munizioni; della protesta immediata del Governo italiano, il quale dichiarava di vedere in tale invio un atto di provocazione ed un pericolo, il Governo turco non fece conto alcuno, e la nave, giunta a Tripoli il 26 settembre, tranquillamente iniziava le operazioni di scarico » (5). Da qui la nota italiana della notte del 27-28 settembre 1911 al Governo turco e la dichiarazione di guerra all'impero ottomano il giorno 29 settembre. « Fino al giorno in cui fu inviato alla Turchia l'ultimatum, cioè fino al 27 settembre 1911, nessuno avrebbe né all'estero né in Italia - potuto supporre che una spedizione militare sarebbe stata effettuata per la conquista della Libia. Giolitti agl con sorprendente tempestività» (6), alla quale non si accompagnò un altrettanto rapido intervento dell'esercito, sicché le prime operazioni dovettero gravare esclusivamente sulla marina militare. Lo sbarco a Tripoli, occupata dalle forze della marina il 5 ottobre, della prime forze del corpo di spedizione avvenne il 7 ottobre (7). L'incompiutezza della preparazione del corpo di spedizione dell'esercito e l'infondatezza delle ottimistiche previsioni dello stato mag-
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giore dell'esercito, con in testa il generale Pollio, sulla sufficienza delle forze destinate all'impresa non rimasero senza conseguenze politiche e militari sebbene inizialmente, dopo le brillanti operazioni preliminari della marina condotte dall'ammiraglio Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi (8), tutto sembrò procedere in modo soddisfacente. Successivamente vennero giornate sanguinose e sorprese sconcertanti e fu necessario l'invio di nuove forze (9), in quanto la lotta si presentò sotto forme nuove e diverse da quelle tradizionali per l'inesistenza di una massa avversaria da battere, di basi vulnerabili da colpire, di linee di rifornimento da intercettare, di obiettivi territorialmente importanti e vitali. La guerra, durata un anno, non senza azioni di grande rilievo, si concluse - dopo lo sbarco a Rodi del generale Ameglio ( 1O) sotto la protezione di unità navali, l'occupazione dell'isola di Stangala ad opera di reparti della marina, il presidio delle zone di confine con l'Egitto e la Tunisia ed il delinearsi di una situazione preoccupante per i turchi nei Balcani - con la pace di Losanna il 18 ottobre 1912. L'Italia ottenne il riconoscimento della propria sovranità sulla Libia e mantenne l'occupazione delle isole del Dodecanneso quale pegno della cessazione di qualsiasi attività turca in Libia, del ritiro di tutte le forze ottomane dal territorio e della fine di ogni appoggio agli arabi dell'interno. L'occupazione dell'intero territorio non trovò grandi ostacoli ed opposizioni successivi in Tripolitania e nel Fezzan, ma fu notevolmente contrastata in Cirenaica. Alla fine si ebbe un periodo di relativa calma e tranquillità durante il quale, a parte azioni militari a breve raggio, la colonia ebbe il suo assetto in ogni settore (11} non dette più preoccupazioni sino agli inizi del conflitto mondiale quando vi fu il violento risveglio delle insurrezioni che rese necessario il ripiegamento dei presidi più esposti ed il ritiro sulla costa del grosso delle forze nelle basi di Tripoli, Homs, Bengasi, Cirene e Derna. Le vicende internazionali dei primi anni del secolo posero in primo piano anche per l'Italia i problemi di politica estera e di politica militare riservati fino ad allora per consuetudine a cerchie ristrette di corte e di governo - ed anche per tale motivo la situazione politica interna divenne più difficile, più movimentata, più irrequieta quando non anche più turbolenta. Dal 1900 al 1915 si succedettero 15 ministeri di cui 6 furono presieduti dal Giolitti che tenne la carica di presidente del Consiglio per circa 9 anni non consecutivi ( 12). La caratteristica ,preminente della linea di
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politica interna del Giolitti fu il graduale inserimento nel programma governativo delle istanze delle opposizioni per attrarre nell'orbita della legalità e della collaborazione gli uomini sensibili alle realizzazioni concrete e per isolare gli intransigenti. A tale fine fu dato ulteriore sviluppo alla legislazione sociale, furono temperati i rigori della forza pubblica e della giustizia nei riguardi delle organizzazioni operaie e delle agitazioni rivendicative di migliori condizioni di lavoro, fu insomma realizzato un programma pragmatico di rafforzamento interno ed esterno dello Stato. Nonostante le molteplici e rumorose proteste degli ambienti conservatori, il Giolitti restò so. stanzialmente neutrale nei conflitti di lavoro e fu sempre pronto a ricavare dalla mutevolezza delle situazioni il criterio dell'azione politica che si concretò, tra l'altro: nelle provvidenze per il Mezzogiorno, le colonie e le isole; nell'inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nell'Italia meridionale ed in Sicilia; nella conversione della rendita dal 5 al 3 ,5 % ; nella nazionalizzazione delle imprese assicuratrici; nel riconoscimento delle organizzazioni sindacali; ecc. Lungo la strada egli incontrò difficoltà ed ostacoli di ogni sorta ed incappò in numerosi incidenti e contrattempi sia in politica estera sia in quella interna; epidemia di agitazioni operaie e di scioperi (nel settembre del 1904 si ebbe il primo sciopero generale), scandali politici, il terremoto del 1908 in Calabria ed in Sicilia, l'intensificazione della lotta politica in conseguenza dell'ingresso dei cattolici, il sorgere e l'affermarsi del movimento sindacalista e di quello nazionalista - « il primo dei quali poteva essere considerato come un estremismo del socialismo e quindi come una reazione al socialismo riformista, ed il secondo, pur se da principio poté sembrare e, almeno in parte, fu un'imitazione di analoghi movimenti stranieri, non doveva però tardare ad evolversi con caratterisdche squisitamente e nettamente nostre » ( 13) - l'irrequietezza dei ceti abbienti ed imprenditoriali, retrivi ed egoisti, che malgrado l'espansione· economica ne reclamavano una maggiore, secondo la logica del capitalismo, e sollecitavano la conquista di nuovi mercati anche a costo di avventure militari. La conquista della Libia alienò al Giolitti il relativo favore dei socialisti che gli era stato di aiuto fino ad allora led egli, quasi a contrappeso della politica militarista di espansione mediterranea, promosse nel 1913 il suffragio universale maschile per effetto del quale l'elettorato politico sall al 24%, mentre cercò l'appoggio dei cattolici mediante il patto Gentiloni, in virtù del quale i cattolici s'impegnarono a sostenere i candidati
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liberali contro quelli socialisti previo il loro impegno di rispettare le istituzioni religiose. Il rinnovo della Triplice nel 1912 non trovò il consenso dei nazionalisti e degli irredentisti e persino di alcuni uomini della sinistra che trovavano che il trattato avesse un carattere antinglese Jjer cui l'Italia avrebbe potuto venire a trovarsi coinvolta nel duello anglo-germanico. A tale motivo di malcontento verso il governo da parte dei nazionalisti si aggiunsero quello di molte parti politiche per la politica fiscale e quello dei cattolici per un ,progetto governativo tendente a stabilire la precedenza del matrimonio civile su quello religioso. Il Giolitti presentò ancora una volta le dimissioni, ma, diversamente che nel passato, l'inserimento delle nuove forze popolari nel Parlamento - nelle elezioni del 1913 i socialisti erano saliti. da 25 a 51 seggi - non gli consentiva più il tradizionale controllo delle elezioni e della Camera dei deputati ed al momento delle dimissioni, ai primi del febbraio del 1914, non disponeva più di una maggioranza sicura e schiacciante, ma solo di una maggioranza poco più che sufficiente, che non gli avrebbe comunque garantito una stabilità adeguata. La presidenza del Consiglio passò nelle mani Jell'onorevule Antonio Salandra, uno dei più noti ed autorevoli parlamentari di destra, che sedeva nel Parlamento dal 1886 e che era stato più volte ministro, al quale toccò in sorte di trovarsi in carica quando scoppiò l'incendio europeo. Neutralità od intervento? Le forze politiche erano molto divise, ma i fautori dell'intervento a fianco dell'Intesa si mossero con maggiore efficacia, aiutati da forze esteme, invocando l'esigenza di schierarsi a favore della Francia, del Belgio e dell'Inghilterra in nome dei principi democratici e progressisti contro il Medio Evo austro-ungarico. Radicali, massoni, socialisti riformisti, l'ex-socialista Benito Mussolini, gli irredentisti trentini ,e triestini e, naturalmente, i nazionalisti premettero in mille modi, comprese le manifestazioni di piazza; per l'intervento, mentre nel Parlamento la corrente giolittiana, ancora in maggioranza, i socialisti e gran parre dei cattolici si schierarono a favore di una neutralità negoziata. Il governo Salandra, orientato in senso nazionalista, tentò due volte l'accordo con Vienna, ma di fronte all'intransigenza del Berchtold, non condivisa dalla Germania, denunziò la Triplice e procedé agli accordi di Londra La maggioranza parlamentare prese le distanze dall'esecutivo, il Salandra si dimise, il re respinse le dimissioni, la Camera per leali-
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smo monarchico accordò i pieni poteri (contrari i socialisti) ed il governo dichiarò la guerra all'Austria-Ungheria il 24 maggio 1915.
3. Il Giolitti si era sempre espresso in favore della pace, necessaria all'Italia per concludere il processo di trasformazione economica e sociale, da non compromettere con prematura impazienze e da salvaguardare con sapienza di governo e di popolo non nell'ignavia, ma nell'operosa preparazione, cionondimento, con grande senso del reale, aveva promosso una politica militare di efficace sostegno alla politica estera, consapevole della vacuità della !kconda senza la validità della prima. Diversamente che in Germania, in Austria-Ungheria ed in Russia, in Italia non era mai esistito, dopo l'unità, un potere militare oe dei militari, neppure come strumt:nto <li pressione sulle forze politiche. Le forze armate italiane dal 1861 si erano mantenute sempre agli ordini dell'esecutivo e il loro unico punto di forza pot,enziale era stato il costante lealismo verso la Corona, inteso come fedeltà alla forma monarchica sancita dallo Statuto, al quale i re, da parte loro, erano stati rigidamente ossequienti. Diversamente che in Francia e nell'Inghilterra, dove quanto meno }',esigenza della difesa era realisticamente accettata, in Italia l'opinione pubblica ed il Parlamento, specialmente dopo Custoza, non avevano mai dato il giusto peso alle questioni militari e, dopo Adua, il frequ ente impiego dell'esercito nel mantenimento dell'ordine pubblico aveva alimentato l'ostilità e l'indifferenza di molti fino a produrre nel 1905 una crisi esistenziale, morale ie materiale, delle istituzioni militari aggredite dall'estremismo antimilitare paranoico dei socialisti e degli anarchici e non certo favorite dallo sciovinismo, non meno infondato, dei nazionalisti ad oltranza. L'opera di disgregazione morale della nazione e dell'esercito si era avvalsa di tutti i mezzi possibili per provocare id collasso definitivo, quali la costituzione della « Lega nazionale antimilitarista », l'ordine del giorno del congresso di Genova delle Camere del lavoro nel 1905 con il richiamo all'intensificazione della campagna contro la disciplina e l'obbedienza dei giovani lavoratori chiamati alle armi, le riunioni dei richiamati delle classi 1875 e 1879 per l'abolizione delle grandi manovre, l'invito ai giovani della classe 1886 a non presentarsi
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alle armi, le istigazioni a fucilare alle spalle i superiori e cosl via. Di fronte a tale situazione gran parte degli aristocratici, dei borghesi e degli intellettuali o per viltà morale, o per opportunismo politico ed economico, o per paura fisica, pur avendo tratto nel passato dall'-esercito e dalla marina benefici di prestigio e di carriera, tacevano o addirittura tingevano le loro vesti con il colore di moda, mentre i giovani ed il Parlamento continuavano a regolarsi secondo il loro oramai proverbiale disinteresse, senza alzare la voce contro i reati anticostituzionali, senza difendere le forze armate e senza garantire a queste il minimum di efficienza materiale indispensabile a mantenerne ad un livello accettabile il tono morale ed a giustificarne la stessa esistenza. Al mutamento della politica militare - consolidatasi da tempo su posizioni di ottimistico immobilismo al quale non era rimasto estraneo neppure il Ricotti ed al quale aveva dato incremento, sebbene involontariamente, il Pelloux - giovarono sia la progressiva radicalizzazione della contrapposizione dei blocchi internazionali, sia i minacciosi atteggiamenti del Conrad e delle correnti militariste austroungariche, sia la spinta di ribellione dall'interno della nazione e dell'esercito contro l'azione distruttiva degli estremisti di sinistra, sia la sagacia, l'accortezza e la consapevolezza del Giolitti e dei ministri della guerra - generale Ettore Viganò (27-V-1906 - 29XH-1907) (14), senatore Severino Casana (29-XII-1907 - 4-IV-1909) e generale Paolo Spingardi (4-IV-1909 - 24-111-1914) - che si succedettero dal 1906 al 1914. Una commissione, composta di 17 membri 6 eletti dal Senato, 6 dalla Camera dei Deputati, 5 per decreto reale - fu incaricata dal governo nel 1907 di effettuare una valutazione precisa delle necessità dei singoli servizi dipendenti dal ministero della guerra. Essa avrebbe dovuto riferire al Parlamento entro un anno dalla sua costituzione, ma, non avendo potuto esaurire il suo compito in cosi ristretto periodo di tempo, dové farsi prorogare il mandato fino al 30 giugno 1909 (15). Nel corso dei suoi studi la commissione, per effetto degli avvenimenti e sotto la pressione dell'opinione pubblica, modificò per ben due volte il suo compito: prima nel senso di determinare quanto fosse necessario per rendere l'organizzazione dell'esercito quanto più possibile salda in relazione al potenzialie finanziario del Paese e successivamentè nel senso di esaminare l'ordinamento militare in relazione alle esigenze della difesa, formulando proposte in base al· minimo di tali esigenze indi-
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pendentemente dalla loro portata finanziaria. Attraverso successive relazioni la commissione - constatato che l'onere in uomini ed in denaro che lo Stato sosteneva per l'organismo militarte in base a:lla popolazione ed alla ricchezza era proporzionalmente assai inferiore a quello di tutte le maggiori potenze europee - richi'ese un aumento dell'efficienza dell'esercito e concluse che solo in tale caso, cioè mediante un rafforzamento, l'organizzazione militare sarebbe stata rispondente alla potenzialità del Paese ed alle necessità della difesa. Le relazioni sui diversi argomenti furono presentate a mano a mano che venivano ultimati i singoli studi e le ultime furono consegnate soltanto nel luglio del 1910. Negli anni 19071908 ebbe, dunque, inizio una salutare evoluzione della coscienza pubblica nazionale - alla quale giovò non poco la dichiarazione di piena sovranità sulla Bosnia-Erzegovina da parte dell'AustriaUngheria - ed il Parlamento, abitualmente indifferente ai problemi militari, cominciò a ripudiare l'esiziale sistema degli espedienti, delle mezze misure e dei ripieghi fino ad allora seguito ed a timidamente colmare le gravissime deficienze e manchevolezze dell'organizzazione difensiva nazionale. Pochi mesi prima del suo ritiro dal governo, il ministro Viganò, in base allo stadio raggiunto nella provvista dei materiali e delle dotazioni di mobilitazione ed in base alle conclusioni alle quali si era finalmente pervenuti nella soluzione dei problemi tecnici relativi al cannone da campagna, alle mitragliatrici _ed alla sistemazione difensiva del Paese, aveva impostato la traduzione in atto di un primo potenziamento dell'efficienza dell'esercito attraverso il quadriennio 1906-1910 facendo assegnare all'amministrazione della guerra per spese straordinarie dell'esercito la somma di 60 milioni di lire (16), così ripartiti: 4 nell'esercizio 1906-1907, 16 nel 1907-1908, 20 nel 1908-1909 e 20 nell'esercizio 19091910. Suffragato dalle ,prime conclusioni della commissione d'inchiesta, il ministro Casana presentò, il 4 giugno 1908, un altro disegno di kgge per la concessione di altri 223 milioni destinati ad integrare i 60 già ottenuti dal Viganò e da spendere per il rinnovamento dell'artiglieria da campagna e per il completamento delle fortificazioni terrestri e costi/ere. Il disegno del Casana divenne legge nel luglio del 1908 e la somma fu ripartita in 13 milioni nell'esercizio 1907-1908, 25 nel 1910-1911, 25 nel 19111912, 30 nel 1912-1913 , 30 nel 1913-1914, 30 nel 1914-1915 e 60 rlei due esercizi successivi ( 17 ). La legge dei 60 milioni fu cÒ-
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me la definì lo Spingardi, una timida e guardinga concessione dell'indispensabile e quella dei 223 milioni solo un notevole cont. ributo limitato alle assegnazioni di parte straordinaria nell'intenti di avvicinarle al fabbisogno reputato occorrente in relazione allo st_ato degli studi allora compiuti, ma del rutto inadeguato a dare una sistemazione definitiva al bilancio della guerra tanto nella parte relativa aile spese straordinarie conseguenti dal programma di riforme, quanto in quella concernente le spese ordinarie. Al suo completamento il ministro Spingardi provvide facendo approvare una nuova legge ( 18) che assegnò altri 125 milioni - 20 nell'esercizio 1908-1909, 20 nel 1909-1910, 15 nel 1910-1911, 30 nel 1911-1912, 50 nell'esercizio 1912-1913 - integrata poi nel 1910 e nel 1911 da leggi suppletive (19) che accordarono altri 60 milioni (10 nel 1909-1910, 15 nel 1912-1913, 15 nel 1913-1914, 20 nel 1914-1915). Queste due ultime leggi riguardavano, in particolare, la costruzione di dirigibili ed aeroplani e la sostituzione delle batterie da 75 A/900. Due ulteriori assegnazioni per le spese straordinarie, una di 60 ed una di 25 milioni, vennero provocate dallo Spingard.inegli anni 1912 e 1913 (20), per cui le somme con° cesse dal 1907 al 1914 (escluso) per le spese straordinarie dell'esercito ammontarono a 553 milioni di lire. Il bilancio ordinario, che nel 1900-1901 , epoca del consolidamento, per le spese dirette dell'esercito (astraendo dalle pensioni, dalle spese -relative ai carabinieri dalle partite di giro) era di 195 milioni, e che successivamente era stato aumentato di 11 milioni nel 1904 e di altri 11 durante i ministeri Viganò e Casana, venne ulteriormente aumentato di altri 16 milioni per il 1909-1910 su richiesta dello Spingardi, toccando cosl, per le sole spese ordinarie dirette, i 233 milioni e comientendo l'accrescimento della forza bilanciata. Il bilancio straordinar10, che nel 1900-1901 era di 16 milioni e che, in seguito alla legge Viganò dei 60 milioni ed a quella ·casana di 233 milioni, era stato portato ad una media di quasi 26 milioni annui, venne ulteriormente aumentato con le tre leggi Spingardi del 1909, 1910, 1911 (complessivamente 185 milioni) di altri 18 milioni e mezzo, creando una base finanziaria compilessiva di 468 milioni, aumentabile a 515 milioni con i 47 milioni di avanzi nelle spese straordinarie che esistevano il 1° luglio 1906. Eppure tutto ciò non fu sufficiente a conferire all'esercito per il 1914 il livello di efficienza nedessario alla sicurezza del Paese. Il generale Pallio nella relazione segreta diretta al nuovo presidente
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del Consiglio, onorevole Salandra, scriveva il 30 marzo 1914 che l'Italia avrebbe potuto essere pronta ad affrontare una guerra solo se avesse compiuto un ulteriore sforzo grandioso per completare i provvedimenti ancora indispensabili a mettere a punto la preparazione dell'esercito. Il generale Carlo Porro (21), designato a ministro della guerra, traduceva in cifre tale sforzo chiedendo nuovi stanziamenti: uno per le spese straordinarie di un miliardo e uno per quelle ordinarie di 100 milioni, il primo ridotto, durante le trattative per la formazione dal ministero, a 600 milioni. Dopo il rifiuto opposto dal Salandra di soddisfare anche la richiesta di 600 milioni, il generale Porro rinunziò all'incarico e venne sostituito dal generale Domenico Grandi {22), il quale si accontentò di uno stanziamento di 200 milioni. Il Salandra, presentandosi alla Camera il 2 aprile, ebbe a dichiarare: « ['esercito è al completo di ogni sua dotazione», sconfessando i generali Pollio e Porro che, pur sedendo in Senato, tacquero o per non diminuire agli occhi dei partners della Triplice la credibilità dell'esercito italiano, o per non alimentare in quel particolare momento polemiche tra interventisti e neutralisti e tra filotriplicisti e sostenitori dell'Intesa, o per malinteso spirito di esercizio, o per altri motivi non dimostrabili. Sta di fatto che allo scoppiare del conflitto mondiale si poté constatare quanta ragione avessero avuto il generale Pallio ed il generale Porro nell'avanzare le loro richiestle e quanto infondata fosse stata l'affermazione di pochi mesi prima del Salandra che fu costretto ben presto ad assegnare al ministrero della guerr'cl, per la preparazione dell'esercito all'entrata in campagna, dal 16 agosto al 31 dicembre 1914, la somma di 149.766 lire per le spese ordinarie e quella di 600.973.780 lire per le spse straordinarie (23) e dal 1 gennaio al 5 giugno 1915 la somma di 75.473.000 lire per le spse ordinarie e cli 1.214.027.000 lire per le spese straordinarie (24), per un totale, nei 10 mesi di neutralità, di 2.040.239.780 lire, non tenuto conto di 7.500 .000 lire assegnate ( 25) per le spese di mantenimento ordinario, a tutto il 31 dicembre 1914, di 30 mila uomini in più della forza bilanciata in Tripolitania e Cirenaic,a. La nuova politica militare del Giolitti di operosa preparazione consenti l'arresto del progressivo decadimento dell'esercito e l'inizio di una ripresa dell'efficienza morale e materiale divenuta a sua volta progressivamente più imperiosa in relazione agli avvenimenti di carattere internazionale ed interno. Per imboccare la strada dell'operosa preparazione si rendeva indispensabile intervenire in tut-
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tl 1 settori recuperando il tempo perduto e mettendosi al passo con i progressi della scienza e della tecnica militare, che indicavano nuove esigenze. Non si trattava, solamente di potenziare, completare e migliorare quanto esisteva, ma anche di allestire ex novo quanto era stato trascurato o non sufficientemente valutato. Un programma siffatto richiedeva impegno, denaro, tempo e stabilità di sviluppo. L'unico dei mezzi necessari cHe non venne meno fu l'impegno speso senza tregua sul piano concettuale, organizzativo e delle realizzazioni dai capi militari; per il resto le cose andarono diversamente perché le ·assegnazioni dei fondi risultarono, oltre che insufficienti, ripartite in quote annuali troppo diluite, il tempo che sarelibe stato necessario all'attuazione dell'intero programma non fu disponibile nella misura prevista, la guerra it,alo-turca costitul un grave elemento di turbativa dei piani di potenziamento, anche se, per converso, rappresentò una prova utile, nonostante la peculiarità della situazione e del terreno, a saggiare· difficoltà tattiche e logistiche della guerra moderna ed a sperimentare l'impiego bellico dei più progrediti mezzi della scienza e della tecnica (26). L'attuazione del programma di rinnovamento dipendeva, inoltre: dalla disponibilità delle materie prime; dalla potenzialità e dalla produttività delle industrie e dell'apparato militare di supporto logistico; dai tempi necessari per la definizione delle caratteristiche tatticotecniche delle nuove armi e dei nuovi mezzi, per la fabbricazione dei prototipi o per la scelta dei modelli prodotti altrove, per le prove e le esperimentazioni di collaudo, per la produzione in serie, per l'addestrar,zento del personale e così via. Una serie di studi, di calcoli, di decisioni e di operazioni complessa e lunga, di per sé soggetta alla diversità delle opinioni, ai conflitti di competenza, ai contrasti di interessi, resa ancora più tormentata, oltre che dalla guerra italo-turca, dai frequenti scioperi delle masse operaie (27). Tale e tanta era la distanza che separava nel 1907 il livello di efficienza dell'esercito italiano da quello degli altri eserciti europei che non bastò il mutamento della politica militare del Giolitti ad annullarla; ma se tale mutamento non vi fosse stato l'Italia avrebbe perso ogni possibilità di partecipazione attiva alla politica europea e sarebbe tornata ad essere una semplice espressione geografica anziché socio-politica; come, d'altra parte, senza l'intelligenza la competenza, il fervore e l'operosità del binomio Spingardi-Pollio la politica militare del Giolitti non sarebbe valsa a conferire all'esercito la capacità del rapido irrobustimento che il generale Cadorna poté
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intraprendere, all'ultimo momento, riuscendo, con la sua azione concreta in tutti 1 campi, a raggiungere in brevissimo tempo risultati molto positivi. Senza nulla togliere all'ingegno, all'energia ed al fervore del generale Cadorna, non si può d'altra parte non riconoscere che senza le ,provvide misure concepite, studiate ed in parte attuate dal binomio Spingardi-Pollio, nonostante i ritardi per cause di forza maggiore e le difficoltà del riassetto dell'esercito appena uscito dalla guerra di Libia, non sarebbe stato materialmente possibile mettere in piedi un'organizzazione bellica che, sebbene ancora incompleta ed anzi a metà strada in certi settori, era pur sempre in grado di pesare notevolmente sulla bilancia dei blocchi internazionali contrapposti. La caratteristica precipua dcl programma di rinnovamento dei generali Spingardi e Pollio fu la globalità, in quanto le riforme suggerite ed intraprese non furono rivolte a sanare la situazione di singoli settori carenti, ma a dare all'intero problema della difesa una soluzione radicalmente innovatrice in tutte le branche, con visione unitaria, senza privilegiare l'una a scapito delle altre, nella consapevolezza che l'efficienza operativa è il prodotto indistintamente di tutti i fattori che intervengono nel determinarla. ,Il programma prese in considerazione e rimise in discussione l'aspetto sociale (reclutamento), quello morale (disciplina, avanzamento, ecc.), quello culturale (istituti millitari, scuole, corsi), quello dottrinale {dottrina d'impiego, regolamenti, istruzioni tattico-tecniche), quello tecnico-operativo (composizione dell'esercito, ordinamento della difesa permanente e della difesa mobile, forza bilanciata, organici), quello ~ei materiali (armi, mezzi, apparecchiature tecniche, ecc.) e quello Jogisticò tenendo presenti le necessità più immediate nei limiti della disponibilità finanziaria consentita. Eccezione fatta per 3 casi particolari, le assegnazioni straordinarie di 10, di 50 e di 25 milioni {28), tutte le altre assegnazioni straordinarie furono ripartite nei vari capitoli del bilancio in modo di garantire la contemporaneità della crescita del valore di efficienza di tutti i settori (29).
4. La sistemazione difensiva terrestre e marittima, nonostante che i capi militari avessero richiamato più volte su di essa l'attenzione deJ Governo, era rimasta .per lungo tempo problema accantonato. Nel settembre del 1906 il generale Saletta aveva formulato un nuovo
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progetto che venne però approvato parzialmente solo nel 1908 sulla base delle conclusioni della commissione d'inchiesta sanzionate dalla Commissione Suprema mista per la difesa dello Stato. A tale data: sulla frontiera orientale erano ancora completamente aperte all'inva. sione la rotabile del Pulfero e la pianura del basso Friuli; lo Stelvio, il Tonale, le valli di Assa, dell'Astico e del Brenta-Cismon non avevano alcun sbarramento; la val Giudicarie, l'alto Piave e l'alto Tagliamento disponevano di fortificazioni che erano un semplice tentativo di difesa passiva; le piazze di Verona e di Venezia erano ancora incomplete nonostante che la seconda fosse destinata a funzionare contemporaneamente da base navale per la flotta e da appoggio del1'ala destra dell'esercito operante sulla frontiera nord-orientale; sulle coste quasi tutte le piazze marittime erano abbisognevoli di sistemazioni; sulla frontiera occidentale eran totalmente indifesi tanto l'estremo tratto di confine attraversato dalla strada della Cornice e dalla ferrovia litoranea quando le valli del Gesso, della Maira e della Varaita; tutte le opere esistenti, sia sulla frontiera orienta'le che su quella occidentale, avevano bisogno di trasformazione e di ammodernamento. Le conclusioni della commissione d'inchiesta presentate nel maggio del 1908 previdero: il completamento delle opere in progetto; lo sbarramento d'urgenza delle rotabili delle Giudicarie e del Tagliamento ed in un secondo tempo di quelle del Tonale e del Posina; il rafforzamento, fronte nord, della piazza di Verona e delle difese della val Leogra, dell'altopiano di Asiago e del lago di Garda; la difesa del Cadore e dell'alto Tagliamento-Fella con la costruzione di due piccoli campi trincerati da collegarsi attraverso al massiccio delle prealpi carniche con una linea di arroccamento da Longarone ;per Erto-Cimolais-Tramonti alla stretta di Ospedaletto; il rafforzamento della piazza di Venezia. Lo sbarramento della frontiera del basso Friuli, sebbene perorato dal generale Saletta, non venne approvato dalla Commissione Suprema mista di difesa « la quale, scartava la convenienza di costruire una vera linea di forti nel basso Friuli e in val Natisone, convenne soltanto sulla opportunità di erigere delle opere su Monte Ragogna ed a Pinzano, a protezione delle difese di Ospedaletto-Osoppo e della ferrovia Spilimbergo-Gemona, e degli afforzamenti occasionali a Codroipo ed a Latisana, punti di appoggio per le truppe di occupazione avanzata»( (30). La soluzione del problema della sistemazione difensiva della frontiera del basso Friuli, nuovamente prospettata dal generale Pollio, che era convinto della necessità di non lasciare neHe mani dell'avversario il terreno sulla sinistra del Tagliamento, fu alla fine accettata nel dicembre
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del 1909. Il programma dei lavori approvati dalla Commissione fu concretato nel dicembre del 1908 ed ebbe inizio di attuazione nei primi mesi dell'anno successivo; qudllo riguardante la sistemazione del basso Friuli nel maggio del 1910, mentre i lavori nella zona delle sotgenti del Torre e del Natisone, voluti dal generale Pallio per garantire l'azione delile truppe mobili e per impedire eventuali aggiramenti delle difese predisposte sul margine dell'anfiteatro morenico di S. Daniele del Friuli, come anche i lavori difensivi per fronteggiare le eventuali minacce d'invasione del territorio nazionale attraverso il saliente ticinese da parte di un nemico che non avesse voluto rispettare la neutralità ddla Svizzera, ebbero inizio rispettivamente nel 1912 e nel 1911. Allo scoppio della conflagrazione europea, 13 delle opere corazzate progettate sulla frontiera orientale erano ancora incomplete e inoltre anche nelle opere ultimate si 1lamentavano numerose deficienze, soprattutto in fatto di armamento secondario, di munizionamento, di materiali per la difesa vicina, di batterie occasionali, di batterie di riserva mobile, di mezzi di comunicazione, di osservazione del tiro, di proiettori. Jn un primo tempo venne disposto, nell'attesa del completamento, che le deficienze ddl'armamento principale venissero compensate mediante l'assegnazione di un adeguato numero di batterie di cannoni di medio calibro e di cannoni campali, che l'insufficienza di bocche da fuoco delle fortezze venisse coperta mediante lo spostamento dalla frontiera occidentale di un certo numero di cannoni da 149 G, da 87 B e da 75 A, e che lo stesso procedimento venisse attuato per fronteggiare il fabbisogno delle mitragliatrici. Dal gennaio al marzo 1915 vennero adottate ulteriori misure per aumentare l'efficienza della complessiva sistemazione difensiva della frontiera, tra le quali, la dotazione di scudi a molte batterie occasionali da 149 G, da 78 B e da 75 A, l'assegnazione ai cannoni da 149 G della balistite in sostituzione di talune cariche a polvere nera, la costituzione di un nucleo di 41 cannoni di riserva per le opere corazzate. « Con d'adozione delle misure sopra accennate, la sistemazione difensiva della nostra frontiera orientale venne a risultare basata sull'azione di 6 cannoni da 305, 36 obici da 280, 14 cannoni da 152, 86 da 149 A, 39 da 149 G , 11 da 120 A e G, 12 da 75 A, tutti sistemati in torri corazzate, e di 180 cannoni da 149 G, 164 da 87 Be 196 da 75 A sistemati in batterie occasionali. fo totale: 42 bocche da fuoco di grosso calibro, 430 di medio e 372 di piccolo » (31). Al momento dell'entrata in guerra erano funzionanti 49 forti a sbarramento delle provenienze dello Stelvio, del 1
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~onale-Martirolo, della val Giudicarie, del Cadore-Maè, della val D'Assa e val d 'Agno, della val Lagarina, dei Lessini, dell'alto Tagliamento-Fella e del medio Tagliamento. Delle zone fortificate montane, a giudizio del generale Cadorna: lo sbarramento di Bormio risultava efficace rispetto alle provenienze dello Stdlvio, meno rispetto a quelle da Livigno; lo sbarramento Tonale-Martirolo, per essere troppo vicino al confine, poteva perdere ogni efficacia contro offese nemiche preparate fin dal tempo di pace; lo sbarramento della val Giudicarie, forte sul centro e sul fianco sinistro, era debole sul fianco destro, ma, nel suo insieme, se coadiuvato da una vigorosa difesa attiva, rappresentava un punto robusto della difesa; lo sbarramento di Verona (settore Verona) si prestava ad una difesa efficace contro la provenienza dahla cresta dei Lessini, mentre non aveva alcuna capacità di resistenza contro un attacco da est; l'altro sbarramento di Verona (settore val d'Adige) chiudeva efficacemente la val Lagarina; la fortezza Agno-Assa era insufficiente a precludere all'avversario lo sbocco in pianura dalla zona compresa tra l'altopiano di Lavarone ed il colle di Campograsso; lo sbarramento Cadore-Maè presentava un notevole grado di resistenza sulla fronte nord, minore su quella nord-ovest, ma lasciava pressoché indifesi gli accessi dal territorio nemico nelle valli del Cordevole e del Maé; lo sbarramento alto Tagliamento~Fella offriva grande resistenza intrinseca anche ai mezzi di attacco moderni; lo sbarramento del medio Tagliamento non aveva grande resistenza intrinseca, ma poteva riuscire di ottimo appoggio alle truppe mobili che avessero dovuto agire nelle zone limitrofe. Le teste di ponte sul quantunque le basso T agliamento-Pinzano, Codroipo, Latisana opere principali fossero a copertura pesante (installazioni a pozzo), non offrivano possibilità di resistenza efficace e prolungata ad attacchi condotti con mezzi moderni, specialmente con mortai di grande potenza, ma erano di valido appoggio alle forze mobili che avessero operato nella pianura friulana (32). Ben diverse la potenza e la capacità di resistenza e di manovra della fortificazione permanente austriaca. « Forti di sbarramento moderni sorgevano lungo i principali accessi al saliente trentino dallo Stelvio a Tarvisio che facevano sistema con il campo trinqerato di Trento. Da cima Vezzena per Lusuna a Sommo Alto, lungo il margine esterno degli altopiani di Folgada, Lavarone e la dorsale Luserna e Busa di Verle si stendeva un compksso di fortificazioni moderne che, mentre interdiva efficacemente la penetrazione nella regione montana, aveva nello stesso tempo carattere offensivo
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verso la phmura padana» (33 ). Sul fronte giulio, sposando opere permanenti con manufatti semipermanenti e campali, l'Austria-Ungheria, specialmente durante i 10 mesi della neutralità italiana, aveva completato una sisremazione difensiva formidabile, incrementando con ogni mezzo, in particolare mediante la costruzione di un dedalo di trincee, camminamenti e reticolati, la forza naturale della regione da Tolmino al Carso. Erano stati costruiti ed ultimati i campi trincerati di Tolmino e di Gorizia, di grande valore straregico: il primo a sbarramento delle direttrici di Klagenfurt e di Lubiana, appoggiato al monte Nero, al Merli, al Vodil, al Lom ed al Kal, cdllegati da sistemi di trincee di più linee, e con funzioni di testa di ponte di manovra per lo sbocco da Tolmino della massa offensiva da lanciare lungo le valli dello Judrio e del Natisone per aggirare il fianco sinistro dello schieramento italiano; il secondo, collegato al primo per l'altopiano della Bainsizza, con funzione di appoggio della manovra a cavallo delle direttrici di Lubiana e di Trieste e di ampia testa di ponte off:ens1va sulla media e bassa pianura friulana. Il collegamento tra Tolmino e Gorizia compt1endeva più linee fortificate, delle quali la più robusta passava per Plava, il Cuc, il Sabotino ed il Podgora, il_ S. Daniele ed il Vodke ed aveva i suoi pilastri sul monte Santo, sul S. Gabriele e sul S. Marco. A sud di Gorizia, la regione carsica, quanto altra mai ideale per la difesa, costituiva la robusta spalla sinistra dello schieramento austro-ungarico, resa ancora più inespugnabile da opere semipermanenti e campali. Favorito dall'andamento del confine politico appoggiato su posizioni naturalmente robuste e dalla fortificazione permanente, semipermanente e campale che vi aveva costruito, l'esercito austro-ungarico era in grado di opporre ovunque una resistenza molto robusta ed efficace e di sviluppare l'offensiva strategica operando o dall'Alto Adige per cadere alle spalle dello schieramento italiano sul fronte giulio o dall'Isonzo per minacciare alle spalle lo schieramento sul fronte montano. Esisteva, dunque, una differenza notevolissima tra il sistema fortificatorio austro-ungarico e quello italiano: il primo insisteva su posizioni naturalmente forti, era completo in ogni sua parte, si presentava come un muro inespugnabile anche da mezzi di attacco poderosi ed offriva tre grandi sbocchi offensivi o controffensivi; il secondo poggiava su posizioni intrinsecamente meno forti e strategicamente meno redditizie, era incompleto, presentava numerosi punti delicati e vulnerabili e svolgeva una funzione pressoché esclusivamente difensiva. « In siffatte condizioni la superiorità quan-
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titativa di forze non costituiva per sé stessa un fattore di superiorità operativa per l'esercito italiano, dovendo una forte aliquota di esso essere distratta, operando nella direzione più redditizia e facile per proteggere e garantire il fianco sinistro ed il tergo» (34). Da parte austro-ungarica: grande libertà di azione offensiva e difensiva con larghe possibilità di sferrare, al momento opportuno, una rapida manovra offensiva decisiva in campo libero, e di logorare con il minimo possibile di forze mobili e per un tempo indeterminato o~ni sforzo offensivo italiano; da parte italiana: grande assorbimento di forze per impedire l'invasione e scarse possibilità di penetrazione a meno di un'ingente disponibilità di mezzi qualitativamente idonei. Fu, prima di tutto, contro tale realtà topografica e fortificatoria che il disegno operativo del generale Cadorna - azione offensiva nell'Isonzo, da monte Maggiore al mare con obiettivo strategico di primo tempo la vallata della Sava fino a Lubiana ed azione difensiva sulla rimanente fronte con azioni offensive a breve raggio in Cadore ed in Carnia per occupate il nodo di Dobbiaco e per impossessarsi degli accessi alla Carinzia - s'infranse, sebbene questo fosse l'unico possibile a concretare il significato politico e strategico dell'entrata in guerra dell'Italia.
5. La corsa agli armamenti, che già tra il 1874 ed il 1896 aveva fatto raddoppiare il bilancio complessivo stanziato dalle altre potenze europee per la difesa, aveva provocato il continuo sviluppo della tecnologia militare e navale. Sul piano culturale e dottrinale anche l'esercito italiano non era restato estraneo a tale processo e non si era chiuso - come nel passato l'armata sarda - in concezioni retrive ed esclusiviste, ma aveva .potuto fare molto poco sul piano delle realizzazioni concrete, stante la costante indifferenza del governo e del Parlamento alle perorazioni ed alle sollecitazioni dei capi militari responsabili, peraltro troppo inclini all'accondiscendenza ed all'ossequio. Vi furono, è vero, perdite di tempo dovute anche all'attaccamento a formule passatiste e cristallizzate come, ad esempio, J'adozione del cannone da 75 A rigido nel 1900 - designato in un primo tempo a sostituire soltanto 66 batterie da 75 B da campagna e le 6 a cavallo allora esistenti - quando dal 1890 erano già entrati in servizio in Inghilterra ed in Francia i cannoni con l'affusto a deformazione e con il freno di rinculo idraulico a ricuperatore, e come
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anche al prolungarsi di studi e di esperienze, di discussioni e di polemiche, di tentennamenti e di ripensamenti che resero ritardate e laboriose sia le decisioni sia le realizzazioni. L'adozione del cannone Krupp da 75 a deformazione, in sostituzione di quello da 87 B/98 ancora in servizio presso 143 batterie - 101 batterie etano state nel frattempo armate con il cannone da 74 A adottato nel 1900 fu decisa solo nel 1906 e, per causa del ritardo verificatosi nella definizione degli studi e delle esperienze di taluni particolari di costruzione e per l'inadempienza dei patti contrattuali da parte di alcune ditte, la sostituzione di tutto il materiale da 87 B/98 fu portata a termine solo nel 1912. Al momento in cui i generali Spingardi e Pallio, sulla base dei suggerimenti della commissione d'inchiesta e delle decisioni del Consiglio supremo misto per la difesa, misero mano all'elaborazione del piano di riarmo, si trovarono a dover risolvere l'intreccio di problemi annosi non potuti affrontare nel passato per ,l'indisponibilità finanziaria e di problemi nuovi già posti, o che si venivano ponendo, per effetto del progresso tecnologico come, tra i primi: il completamento della sistemazione difensiva delle frontiere terrestri e marittime, la sostituzione dei materiali vetusti, l'elevazione delle dotazioni e delle scorte, e tra i secondi: l 'aumento della potenza di fuoco de11a fanteria, della cavalleria e dell'artiglieria, l'introduzione del traino meccanico, l'utilizzazione bellica della terza dimensione, il più vasto e capillare impiego dei mezzi di comunicazione e di trasmissione. Il programma di riarmo passò attraverso tre Jasi successive delle quali la prima, dal 1908 rulla guerra libica, fu una fase di avvio, la seconda, dalla guerra libica al luglio 1914, di normale sviluppo; la terza, dal luglio 1914 al 24 maggio 1915, di accelerazione. Nel 1908: l'artiglieria da campagna era ordinata su 244 batterie, delle quali 143 erano armate con cannoni da 87 B rigidi e 101 con cannoni da 75 A/900 rigidi; l'artiglieria a cavallo su 6 batterie con cannoni da 75 A/900; l'artiglieria da montagna su 31 batterie con cannoni da 75 A rigidi; l'artiglieria pesante campale esisteva solo allo stadio del materiale del quale dotarla; i:l parco di artiglieria di assedio era ordinato su 85 batterie (39 di cannoni, 21 di obici, 25 di mortai) per un totale di 368 pezzi ,( 156 cannoni, 84 obici e 128 mortai) parte in acciaio, parte in bronzo e parte in ghisa (24 cannoni da 149 A, 28 cannoni da 149 G, 40 cannoni da 120 A, 64 cannoni da 120 B, 44 obici da 210 G, 40 obici da 149 G, 32 mortai da 210 A, 40 mortai da 149 A, 56 mortai da 87 B). Considerato che i pezzi da 87 B erano in corso di sostituzione con quelli Krupp da
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7 5 A/906 , a deformazione, rimanevano da sostituire, per l'artiglieria da campagna, i pezzi da 75 A/900 rigidi, mentre per l'artiglieria da montagna, l'artiglieria pesante campale ed il parco di artiglieria si rendeva necessario abbreviare i tempi degli studi e delle esperienze già in corso e giungere a decisioni sollecite sulle prestazioni balistiche e su quelle tecnico-operative da conferire alle bocche da fuot.ù delle singole specialità. A tale definizione si pervenne: per l'artiglie,ria da campagna, nel 1911, con l'adozione del cannone Krupp da 75 mod. 1911 destinato a sostituite 92 delle batterie con materiale rigido (56 da 75 A e 37 da 87 /B/98) allora ancora esistenti; per l'artiglieria a cavallo, nel 1912, con l'adozione del Krupp da 75/ A modificato (mod. 912) dopo una serie lunga e laboriosa di studi e di esperimenti diretti a ricercare un pezzo più leggero e più mobile; per l 'artiglieria da montagna, nel 1909, con -l'adozione del cannone da 65 A, a deformazione, integralmente concretato negli stabilimenti militari italiani; per l'artiglieria pesante campale, nel 1911, con l'adozione dell'obice pesante campale da 149 A Krupp, dopo aver posto fine ad una lunga crisi iniziatasi addirittura nel 1890 e protrattasi a lungo sia per l'indeterminatezza esistente anche presso tutti gli altri eserciti sulle specie di bocche da fuoco e sul calibro da adottare sia per l'incertezza e la titubanza delle autorità militari tecniche italiane. Nel momento dell'adozione per l'artiglieria pesante campale dell'obice da 149 A Krupp venne deliberato di integrare la sua azione con quella di un cannone pesante campale a deformazione da 120 A, già definito dall'arsenale delle costruzioni di Napoli; ma l'anno 1911 si chiuse senza che si fosse giunti ad alcuna conclusione circa il cannone pesante da 120. Nel 1912, risultato troppo pesante per l'impiego campale il cannone da 120 A, fu deciso di adottare un cannone da 105 che fosse trainabile insieme con il suo affusto, invitando tre ditte a presentare per l'otto'bre di quell'anno dei cannoni campali pesanti da 105 a grandi settori. Delle due ditte rimaste in gara - la Krupp e la Déport - nessuna poté, a causa delle difficoltà tecniche incontrate nel corso della lavorazione, inviate in tempo in Italia la sezione di prova sicché, allo scoppio della guerra europea, la questione del cannone pesante era ancora insoluta. Per il parco di assedio un primo progetto minimo di organizzazione provvisoria ritenuto attuabile in 4 anni era stato elaborato fin dal 1908; ad esso ne fece seguito un altro definitivo nel febbraio del 1909 che previde la formazione del parco su 92 batterie tutte di acciaio: 20 batterie (delle quali ·6 esistenti, 4 in corso di allestimento, 10 di nuovo modello) di cannoni da 149 A, 14 batterie (esistenti
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8, 6 di nuovo modello) di mortai da 210 A, 42 batterie di obici pesanti campali da 149 A, 16 batterie di cannoni pesanti campali da 120 A. Tale piano iniziale di riarmo, successivamente ampliato ed aggiornato in relazione alle maggiori disponibilità finanziarie ed alle maggiori riconosciute esigenze di aumento dell'efficienza dell'artiglieria, nonostante gli impulsi impressi al suo sviluppo dal 1911 in poi e l'accelerazione conferitagli dal luglio 1914, non poté essere portato integralmente a compimento prima dell'entrata in guerra dell'Italia; malgrado ciò, l'artiglieria in poco più di 7 anni assunse una fisionomia nuova e moderna ed acquistò una capacità di fuoco, di mobilità e di protezione mai goduta nel passato, com'è possibile desumere dal raffronto della situazione del 1908 con quella del 24 maggio 1915. A tale data, infatti, l'artiglieria da campagna era salita da 207 a 363 batterie (ciascuna su 4 pezzi), inquadrate in 49 reggimenti e 134 gruppi; di tali batterie 13 3 erano armate con pezzi Déport da 75 A/911 e 262 con pezzi Krupp da 75/106, tutti a deformazione; l'artiglieria a cavallo da 6 ad 8 batterie (ciascuna su 4 pezzi) inquadrate in 4 gruppi ed armate con pezzi Dèport da 75 A/912 a deformazione modificati; l'artiglieria da montagna da 31 a 50 batterie inquadrate in 3 reggimenti con 14 gruppi ed armate con pezzi da 65 A a deformazione; erano state costituite 18 batterie di artiglieria someggiata (ciascuna su 6 pezzi), armate con il pezzo da 70 A; erano state costituite altresì ex novo 28 batterie di artiglieria pesante campale (ciascuna su 4 pezzi) inquadrate in 2 reggimenti con 12 gruppi ed armate con l'obice Krupp da 149 A; erano state riordinate le unità di artiglieria da fortezza articolandole su 277 compagnie inquadrate in 10 reggimenti con 78 gruppi, in parte addette al parco di assedio ed in parte al servizio delle fortezze; il parco di assedio era stato ordinato su 46 batterie delle quali: 12 con cannoni da 149 A, 12 con mortai da 210 A, 2 con obici da 120 G, 7 con cannoni da 149 G, 7 (ancora in corso di costituzione) con obici da 305; erano state costituite 3 sezioni di artiglieria contraerei (35). In totale: 1.797 pezzi di artiglieria di piccolo calibro (1.452 per l'artiglieria da campagna, 32 per quella a cavallo, 200 per l'artiglieria da montagna, 108 per quella someggiata, 5 per la contraerei), 192 pezzi di artiglieria pesante campale, 132 pezzi per il parco di assedio (48 mortai da 210, 8 obici da 210, 48 cannoni da 149 A, 28 cannoni da 149 G). Con inizio dal giugno 1915 cominciarono a ,giungere in zona di operazioni i primi pezzi di calibro superiore ai 210 mm. Un complesso di artiglierie imponente se para-
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gonato a quello del 1908, ma non per questo adeguato in quantità ed in qualità alle esigenze, se si tengono presenti il valore modesto delila proporzione cannoni-fucili (2,30 cannoni per ogni 1.000 fucili) e la superiorità qualitativa del materiale austro-ungarico (36 ). L'aumento di potenza del fuoco della fanteria e della cavalleria era stato deciso fin dal 1906 con l'assegnazione di sezioni mitragliatrici. Dopo le prove comparative tra le mitragliatrici Perino (37), Bergmann (38), Maxim (39) era stata data la preferenza a questa ultima e ne erano stati ordinati 220 esemplari (110 sezioni). L'esigenza, messa in luce dalla commissione d'inchiesta, di svincolare il più possibile l'armamento e J'equipaggiamento dell'esercito dall'industria straniera aveva indotto lo stato maggiore a sperimentare un nuovo modello della Perino che venne riconosciuto atto in linea di massima al servizio di guerra e venne omologato ordinandone 150 esemplari (75 sezioni). Ma in conseguenza di ulteriori prove e di lunghi esperimenti effettuati dal 1909 al 1911 su 5 successivi tipi di una mitragliatrice ideata dalla Fiat di Torino e su un nuovo tipo Maxim di mitragliatrice leggera, Je 220 Maxim e le 150 Perino già in servizio vennero destinate all'armamento secondario della fortificazione permanente cd il generale Pollio decise di adottare definitivamente la nuova Maxim leggera facendone ordinare 1.204 esemplari (602 sezioni) da distribuire in 3 tempi successivi, in modo che a distribuzione avvenuta si avessero: 1 sezione per ciascun battaglione di fanteria di linea, per ciascun battaglione bersaglieri e ciclisti, 1 sezione per ciascuno dei 16 reggimenti di cavalleria divisionali e per ciascuno dei battaglioni alpini di milizia territoriale, 2 sezioni per ciascuno dei battaglioni alpini dell'esercito permanente. Il programma di assegnazione dell'aprile 1911 fu ritoccato dallo stesso generale Pollio nel dicembre successivo in seguito alla costituzione delle unità destinate ad operare nel nord Africa (altre 54 armi) e nel settembre del 1914 dal generale Cadotna in seguito alla costituzione di 18 nuove sezioni (36 armi) per la guardia di finanza. Ma la casa Wickers, che avrebbe dovuto consegnare le prime 432 armi del programma del 1911 entro il giugno 1913 e le altre entro i,l dicembre successivo, nel luglio del 1914 non ne aveva avviate in Italia che 300. Il generale Cadorna nel settembre del 1914, visto che delle 1.232 armi necessarie ne erano disponibili solo 920 e considerato che la Wickers non avrebbe potuto soddisfare le ulteriori esigenze, decise l'adozione della mitragliatrice Fiat-Revelli (40) mod. 1914 (calibro 6,5) ordinandone complessivamente 500, nel quantitativo di 50 al mese, a partire dal maggio 1915. Il 24 maggio 1915 l'esercito
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italiano scese in guerra con 309 sezioni anziché 623 e delle 309 sezioni disponibili 17 erano armate di Fiat, 13 di Maxim vecchio modello (1906) e 279 di Maxim leggero mod. 1911. Una deficienza complessiva del 50% che, in alcune divisioni di fanteria, era addirittura pari al 66% (8 armi anziché 24) (41). La trazione meccanica, a parte la previsione del 1906 di potervi fare fronte con la requisizione delle vetture private, venne effettivamente ,prevista nei servizi dell'esercito soltanto del 1908 quando si stabilì di assegnare all'atto della mobilitazione 8 autocarri l<eggeri a ciascuno delle 35 sezioni di sussisten~a per divisioni di fanteria, 3 autocarri leggeri a ciascuna delle 14 per truppe suppletive di corpo d'armata e 25 a ciascuna delle 3 sezioni di sussistenza delle divisioni di cavalleria (397 autocarri in tutto). A questo pri~ mo studio completo il generale Pallio ne fece seguire nel 1909 uno più vasto nel quale la trazione meccanica era estesa anche alle sezioni di sanità ed ai servizi di artiglieria per un fabbisogno di circa 2.000 macchine e 1.500 muLociclette, da copril'e, all'atto della mobilitazione, con 800 autocarri dell'amministrazione della guerra, 450 autocarri ed autobus e 750 autovetture requisibili nel Paese. Tale <progetto iniziale, gradualmenl!e ampliato e completato, sia in relazione alla scarsità di quadrupedi atti al servizio militare, sia sulla base dell'esigenza libica, sia in rapporto alla sempre maggiore convenienza di ·aumentare la capacità e la rapidità dei rifornimenti, fu reso definitivo mediante la definizione di un fabbisogno di mobilitazione pari a 553 autovetture ed autobus (comprese 106 autoambulanze), 200 autocarri pesanti, 2.250 autocarri medi, 1.110 autocarri leggeri, 1.329 motociclette. Al complesso dei 4.113 autoveicoli {escluse le motociclette) necessari fu previsto di fare fronte per 2.500 mediante acquisti diretti e per il resto mediante requisizione. Al 24 maggio 1915 l'esercito entrando in campagna poté contare su 3.700 dei 4.113 autoveicoli previsti (42). Nel settore della trazione meccanica, dal 1908 al 1915, creando dal nulla il servizio automobilistico, l'esercito acquisì nel campo logistico il grado di mobilità e di rapidità d'intervento necessario al nuovo ritmo dei rifornimenti e dagli sgomberi, fattisi vieppiù ingenti e multiformi in seguito alla sempre maggiore entità delle perdite e dei consumi ed alla sempre maggiore diversità dei bisogni. Altra creazione dal nulla fu quella dell'impianto e del graduale ampliamento e perfezionamento dell'organizzazione aerea militare, nata mediante la costituzione di una sezione aviazione il 1 novem-
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bre 1910 nell'ambito della brigata specialisti del genio. Il programma di costruzioni aeronautiche, ridotto a proporzioni modeste dall'assegnazione di soli 10 milioni ottenuta con la legge n° 422 del 10-VII-1910, previde, a consumazione totale di tale cifra, che la flotta aerea comprendesse: 9 dirigibili (3 piccoli, 5 medi, 1 tipo Forlanini) con 7 cantieri e 2 aeroscali smontabili; 10 aeroplani (4 monoplani Blériot e Newport, 6 biplani Farman e Voisin) con 2 aerodromi con hangars; un campo di aviazione; un'officina di produzione del gas idrogeno e 2 stabilimenti, dei quali uno per le costruzioni e le esperienze aeronautiche e l'altro per lo studio e la costruzione degli aeroplani, sussidiato quest'ultimo da un reparto di aviazione (gruppo tecnico ed officina). Dopo la campagna di Libia, una volta delineati i primi crited d'impiego bellico dei materiali aeronautici, fu deciso, verso la metà di novembre del 1912, di costituire per la primavera del 1913 ben 12 squadrigHe di aviazione ( ciascuna su 7 apparecchi), delle quali 8 del tipo mobile e 4 da posmone: le prime formate da monoplani da 80 HP (2 Blériot, 2 Bristol, 4 Newport), le altre da biplani Farman. Nel marzo-aprile del 1913 venne redatto il progetto definitivo dell'organizzazione dell'aviazione che previde: 31 squadriglie (6 di armata, 12 di corpo d'armata, 4 da posizione, 4 per le colonie, 4 per le divisioni di cavalleria, 1 per il ,parco di artiglieria di as&edio ), 5 dirigibili tipi P, 5 tipo M, 5 tipo G. Esauritasi nell'agosto del 1914 la disponibilità dei 10 milioni assegnati nel 1910, l'aeronautica entrò in piena crisi, ma disponendo dei proventi di una sottoscrizione nazionale pari a circa 3 milioni e mezzo, poté varare un nuovo piano di riordinamento •e di miglioramento delle dotazioni, delle scorte e delle attrezzature tecniche che le consentirono la disponibilità, al momento dell'entrata in guerra, di 5 dirigibili (2 piccoli, 2 medi, 1 veloce), 12 squadriglie di aeroplani ( 6 di Blériot, 4 di Newport, 2 di M. Farman) con un totale di 58 apparecchi (30 Blériot, 20 Newport, 8 M. Farman 1914 {43). I problemi ai quali abbiamo accennato non erano i soli, ad essi ne erano strettamente connessi molti altri - livelli di munizionamento (44 ), armi necessarie .per la costituzione delle unità di riserva e d'istruzione, complessi di parti di ricambio, infrastrutture per il ricovero dei mezzi e per la conservazione delle munizioni e degli altri materiali di armamento, depositi per i carburanti, infrastrutture per l'aviazione, dotazioni di mobilitazione, equipaggiamenti, ecc. -e ve ne erano ailtri a sé stanti riguardanti i numerosi ma-
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teriali del genio, le apparecchiature tecniche, gli strumenti tecruc1 per l'impiego delle artiglierie, e cosl via. Non si trattò soltanto di impostare successivi programmi di riarmo e di seguirne ed accelerarne lo sviluppo, ma di rifare quasi ex novo l'esercito dandogli l'efficienza tecnica e logistica che non aveva mai avuto. Un lavoro grandioso che si stenta a credere sia stato potuto compiere in un breve periodo di anni e nella variabilità della situazione finanziaria e tecnologica che spesso costringeva a disfare ciò che appena era stato iniziato e che continuamente prospettava esigenze nuove o necessità di ampliamenti e di aggiornamenti, come accadde dopo la campagna di Libia quando i generali Spingardi e Pollio dovettero rielaborare i programmi del 1909 e come avvenne al momento dello scoppio della guerra europea quando i generali Grandi, Zuppelli e soprattutto Cadorna dovettero adottare, sotto l'ansia ddl'urgenza, tutti i provvedimenti, anche di ripiego, per ridurre il divario che esisteva tra ciò che era stato programmato e ciò che di fatto era stato realizzato fino a quel momento .
6. L'introduzione di armi, di mezzi e di materiali nuovi ed i miglioramenti tecnici che a mano a mano vennero apportati a quelli già in esercizio resero particolarmente laboriosa e frenetica ad un tempo la rielaborazione della regolamentazione riguardante l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi e l'impiego dei nuovi materiali. Al fine di guadagnare tempo si fece ricorso, dove era possibile, al metodo della diramazione di aggiunte e varianti o della sostituzione di capitoli e di fascicoli delle pubblicazioni in vigore e frequentemente si rese necessario modificare quasi subito le parti sostitutive sulla base delle prove e dell'esperienza d'impiego. In tema di regolamentazione d'impiego, oltre le pubblicazioni dottrinali già esaminate (45), furono rielaborate le Norme e prescri:doni per le esercitazioni tattico-logistiche con le truppe e con i quadri ( 46) e furono o aggiornate o parzialmente rifatte le pubblicazioni deHa serie regolamenti di esercizi per la fanteria (47), la cavalleria (48), l'artiglieria (49), il genio (50); furono emanati il nuovo Regolamento di esercizi per la fanteria ed il Regolamento di esercizi per le unità di bersaglieri ciclisti (52). Furono altresi aggiornati i tomi di mdbilitazione, edite le tavole di tiro dei nuovi materiali di artiglieria ed aggiornate o variate quelle dei materiali già in ser-
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v1210, come pure i quaderni di caricamento delle armi, delle munizioni e degli equipaggiamenti sul carreggio di mobilitazione. Venne abrogata l'Istruzione sulle munizioni edita nel 1896, alla quale nel tempo erano state apportate numerose aggiunte e varianti, e sostituita con una nuova (53). Vennero pubblicate l'Istruzione sul materiale di servizio generale e da cucina (54 ), l'Istruzione sul servizio dell'ufficiale di vettovagliamento (55), l'Istruzione per l'igiene dei militari del Regio Esercito (56 ), l'Istruzione sull'uso dei forni rotabili a produzione continua mod. Weiss (57). Rilievo particolare ebbero, in relazione al grande sviluppo preso sul campo di battaglia dalla fortificazione campale, l'Istruzione sui lavori del campo di battaglia edita nel 1913 (58) e l'Istruzione sut lavori da zappatore (59) edita nel 1912. Sul piano delle istruzioni tecniche venne aggiornata l'Istruzione sulle armi e sul tiro per la fanteria che abrogò il volume I dell'edizione 1906 (60), furono apportate aggiunte e varianti all'Istruzione sulle armi e sul tiro per i carabinieri reali (61) e venne edita l'Istruzione sulla pistola automatica mod. 910 (62). Nel 1911 fu diramata l'Istruzione di ginnastica militare (63) sotto forma di bozze di stampa e nel 1913 la pubblicazione ebbe veste definitiva, abrogando tutte le disposizioni già in vigore, con il titolo di Istruzione per la ginnastica e norme per gli altri esercizi fisici (64). Altre pubblicazioni, d'interesse pluriarma, che videro la luce dal 1909 al 19015 furono il fascicoletto di aggiunte e varianti alle Norme per il comando del corpo di stato maggiore (65), la raccolta di aggiunte e varianti al Compendio d'ippologia (66), l'Istruzione sulle salmerie e sul carreggio dei corpi (67) che abrogò l'edizione del 1907, il fascicoletto di aggiunte e varianti all'Istruzione sull'uso degli ski edita nel 1908 (68), l'Istruzione sul caricamento del carreggio di mobilitazione per i carabinieri reali, la fanteria di linea, i bersaglieri, i granatieri e la ccwalleria (69), il nuovo Regolamento per la requisizione dei quadrupedi e dei veicoli per il R.E. (70). La rivoluzione determinata essenzialmente dall'introduzione del traino meccanico, dal progressivo sviluppo della rete ferroviaria e stradale e dall'ampliamento quantitativo e qualitativo dei mezzi di trasmissione e di ricezione degli ordini e delle notizie, con il conseguente aumento della mobilità e della rapidità di manovra in campo strategico e tattico, conferì al problema logistico .portata, dimensioni e facoltà di soluzioni fino ad allora inesistenti e ne modificò, prim9 di tutto, i termini concettuali, rendendo necessaria la revisione globale dell'intera questione. Si procedé così all'emanazione di nuove
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norme organizzative, procedurali e tecniche (71) in sostituzione od a completamento di quelle del passato, alla graduale rielaborazione dei vari capitoli del Regolamento di servizio in guerra relativi alla logistica (72) ed infine, tre giorni prima dell'entrata in guerra, al!la distribuzione della seconda parte completa, riguardante appunto l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi, del regolamento stesso (73). La rielaborazione della dottrina logistica procedé, perciò, parallelamente ed in stretta correlazione d'interdipendenza con quella tattica e con il lavoro di potenziamento e di ammodernamento che, lo ripetiamo, coinvolse contemporaneamente e indistintamente tutti i settori della preparazione bellica, compresi quelli sui quali, per non allargare troppo l'esame al di là degli aspetti che più direttamente incidono sulla storia della dottrina e dell'ordinamento - ad esempio, la disponibilità di materie prime, la capacità di produzione industriale, la disponibilità dei trasporti, le predisposizioni di mobi• litazione, i piani di radunata e di copertura, la consistenza dellè scorte, ecc. - · non indugiamo. Di essi però occorre tenere assolutamente conto per valutare il grado di efficienza giobale di un esercito.
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NOTE AL CAPITOLO XVI
(1) Feldmaresciallo Montgomery, Storia delle guerre, Rdzzoli, 1970, Milano, p. 483.
(2) B.H . Liddel Har-t, La prima guerra mondiale, Rizzoli, 1969, Milano, p. 17. (3) Amedeo Tosti, Storia d'Italia, Vol. Ili, Primato, 1958, Roma, p. 355. (4) Franz Conrad, barone poi conte, von Hotzendorf (1852-1925), feldmaresciallo austriaco. Capo & stato maggiore dell'esercito austro-ungarico nel 1906 e comandante dell'esercito durante la prima guerra mondiale. Fu esonerato dall'incarico dopo il fallimento dell'offensiva degli altipiani contro l'Italia da lui voluta. (5) Amedeo Tosti, Op. cit., p. 362. (6) Raffaele Di Lauro, Corso di storia e politica coloniale, 1938, Roma, p . 229. (7) Il decreto di mobilitazione del corpo di spedizione fu emanato il 24-IX-1911 (circolare n. 537, G.M. 1911, p. 1268); quello della dichiarazione sul piede di guerra del personale il 6-X-1911 (circolare n. 538, G.M. 1911, pp. 1629-1630); quello riguardante le attribuzioni del rnmandaute dd corpo <li spedwone 1'8-X-1911 (circolare n. 562, G.M. 1911, pp. 1697-1698). In precedenza e successivamente furono emanati molteplici decreti di richiami alle armi: circolare n. 25, 13-1-1911, G.M. 1911, pp. 48-57; circolare n. 208, 6-V-1911, G.M. 1911, pp. 672-674; circolare n. 209, 11-V-1911, G.M. 1911 , pp. 674-681 ; oircolare n. 257, 2-VI-1911, G.M. 1911, pp. 806-831; circolare n . 308, 8-Vl-1911, G.M. 1911, pp. 982-983; circolare n. 433, 23-IX-1911, G.M . 1911, pp. 1493-1500; circolare n. 558, 2-XI-1911, G.M. 1911, pp. 1687-1696. La guerra italo-turca (27-lX-1 911 · 18-X-1912) impegnò inizialmente circa 34.000 uomini, 6.300 quadrupedi, 1.000 carri, 48 cannoni da campagna, 24 cannoni da montagna, inquadrati in un corpo di armata (generale Carlo Caneva), 2 divisioni (generale Pecori Giraldi e generale Briccola), ciascuna su : 2 brigate di 2 reggimenti con sezioni mitragliatrici, 2 squadroni cavalleggeri, 1 reggimento di artiglieria da campagna su 4 batterie da 75/A, 1 compagnia zappatori del genio con parco, servizi carreggiati e someggiati. Le truppe suppletive furono costituite da: 2 reggimenti bersaglieri con sezioni mitrag.liatrici, 1 reggimento artiglieria da montagna su 4 batterie, 1 gruppo di artiglieria da fortezza su 2 compagnie, 1 battaglione del genio di 2 compagnie zappatori con parco, 1 compagnia telegrafisti con parco, 4 stazioni radiotelegrafiche da campo, servizi someggiati e carreggiati, un'Intendenza e servizi di seconda linea senza mezzi di trasporto, servizi della Croce Rossa. Tale forza stabilita dal Giolitti - il generale Pollio l'aveva fissata in 25.000 unità - fu considerata più che sufficiente, ma la prevls.ione ottimistica si di.mostrò inconsistente quando, per la propaganda turca, gli arabi, rlmasti in un primo tempo indifferenti, si sollevarono e si raccolsero intorno alle forze ottomane (7.000 uomini dei quali 5.000 in Tripolitania e 2.000 in Cirenaica), alle quali li legavano la comunanza di religione e del sistema politico-sociale, ricevendo l'appoggio morale e l'aiuto materiale dalla Tunisia, dall'Egitto e da altri paesi islamici.
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(8) Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi (1873-1933). Esegui esplorazioni nei mari polari e ascensioni in Africa e nell'India. Contrammiraglio allo scoppio della guerra italo-turca, ne organizzò e diresse le operazioni via mare. Fu poi comandante in campo della flotta italiana dal 22-III-1914 al 4-Il-1917. Dopo la grande guerra si dedicò a vaste operazioni di colonizzazione nella Somalia e nel 1928-1929 esplorò le sorgenti montuose dell'Uebi Scebeli. (9) All'.insufficienza delle forze iniziali, dopo vicende sanguinose e sorprese sconcertanti, si pose rimedio con la costituzione e l'invio di 2 comandi di divisione, 7 brigate di fanteria ed 1 reggimento, 6 battaglioni alpini, 1 reggimento bersaglieri, 8 squadroni, 6 batterie da campagna, 4 batterie da montagna, 7 compagnie di artiglieria da fortezza, 5 compagnie zappatori del genio, 4 compagnie minatori, 1 compagnia telegrafisti, 1 sezione aerostatica, reparti aeronautici, 2 stazioni radiotelegra• fiche, 1 parco fotoelettricisti, 4 ospedali da 100 letti, 2 ospedali da 50 letti, 2 autoambulanze da montagna della Croce Rossa, 1 sezione panettieri, aliquote di servizi per i vari presidi. Complessivamente, si aggiunsero alle forze della prima spedizione, circa 55.000 uomini, 8.300 qua<l.rupe<li, 1.500 carri, 84 cannoni da campagna, 42 da montagna, 28 bocche da fuoco di assedio, e, poi, ancora, dal gennaio all'ottobre 1912: 4 battaglioni alpini, 7 battaglioni ascari eritrei, 1 squadrone, reparti dirigibili e flottiglie di aviatori. (10) Giovanni Ameglio (1854-1921), generale. Partecipò rule campagne afnicane del 1887, 1890 e 1893 contro i Dervisci e poi a quelle del 1895, 1896 e 1897 quale comandante di battaglione indigeni. Da colonnello comandò il 200 reggimento fanteria e poi la brigata Piemonte. Nel 1911 ebbe il comando della IV brigata di fanteria e comandò il corpo di spedizione per Rodi. Nel 1913 fu governatore della Cirenaica. Dal 1919 al 1920 tenne il comando del corpo di armata di Napoli. (11) Nel 1912 furono costituiti due comandi distinti: uno per la Tripolitania (generale Ragni) ed uno per la Cirenaica (generale Briccola): circolare n. 412, 2-IX1912, G.M. 1912, pp. 1272-1273. Vennero poi regolati con una serie di provedimenti legislativi l'ordinamento del governo, l'amministrazione della giustizia, l'istituzione di un corpo di volontari italiani in Libia e quella delle truppe indigene: RD. N. 39 relativo all'ordinamento del governo (circolare n. 65, 9-1-1913, G.M. 1913, pp. 185-189), R.D. n. 69 relativo all'amministrazione della giustizia (circolare n. 68, 6-II-1913, G.M. 1913, pp. 191-192), R.D. n. 402, relativo all'istituzione cli un comando legione carabinieri a Tripoli (circolare n. 207, 27-III-1913, pp. 497-501), RD. n. 844, relativo all'ordinamento delle truppe indigene (circolare n. 328, 22VI-1913, G.M. 1913, pp. 1004-1017 e circolare n. 386, 15-VIII-1913, G.M. 1913, pp. 1155-1156), R.D. n. 1174 relativo all'istituzione di un corpo volontari italiani per la Libia (circolare n. 440, 11-IX-1913, G.M. 1913, pp. 1252-1262), RD. n. 147, relativo alla definizione di un nuovo ordinamento militare della Tripolitania o della Cirenaica (circolare n. 215, 22-1-1914, G.M. 1914, pp. 543-560). Tale ultimo decreto fissò la seguente forza dei comandi, reparti e servizi costituenti il corpo di truppe coloniali: Tripolitania: 384 ufficiali ed impiegati civili; 5.316 sottufficiali e truppa italiani, 8.053 militari indigeni; 4.184 quadrupedi; 994 cammelli, 341 carrette, 70 autocarri, 4 autovetture, 18 bocche da fuoco (oltre quelle da posizione); in Cirenaica: 318 ufficiali ed impiegati civili, 4.806 sottufficiali e truppa italiani, 5.607 militari indigeni, 3.164 quadrupedi, 672 cammelli, 305 carrette, 70 autocarri, 4 autovetture, 18 bocche da fuoco (oltre quelle da posizione). Nel 1912 era stato provveduto a sostituire nei corrispondenti ruoli organici degli impiegati civili dell'amministrazione della guerra il personale inviato in Libia o nell'Egeo nonché ad aumentare le tabelle organiche di detto personale civile e dei tecnici di artiglieria e del genio anche in relazione di quelli occorrenti per i servizi dell'aeronautica militare (circolare n . .39.3, 2.5-VII-1912, G.M. 1912, pp. 1200-1201). Nel 1911 furono stabilite anche
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nuove tabelle organiche del R. Corpo delle truppe coloniali dell'Eritrea (circolare n. 297, 2-X-1911, G.M. 1911, pp. 1786-1798 - R.D. n. 1136) che prevedevano: 133 ufficiali, 4 impiegati civili, 437 militari di truppa nazionali, 4049 militari di truppa indigeni, 38 indigeni non militari, 952 quadrupedi, ordinati su: 1 compagnia carabinieri, 1 compagnia cacciatori, 4 battaglioni indigeni su 5 compagnie, 1 squadrone indigeni, 1 sezione artiglieria da montagna, servizi varii. (12) Novembre 1903-novembre 1904; novembre 1904-novembre 1905; maggio 1906-marw 1909; marzo-dicembre 1909; marzo 1911-novcmbre 1913; novembre 1913marzo 1914. {3) Amedeo Tosti, Op. cit., p. 346. (14) Ettore Giuseppe Viganò (1843-1933), generale. Volontario garibaldino nel 1860, sottotenente d'artiglieria nel 1863, combatté nel 1866 e passò poi nel corpo di Stato Maggiore. Nel 1887 fu in Eritrea capo di Stato Maggiore del generale di San Marzano. Da colonnello comandò il 4° alpini, e poi tu comandante in secondo della licuola sottufficiali. Da maggior generale comandò la brigata Ravenna e nel 1897 fu nominato vice governatore dell'Eritrea. Fu quindi direttore dell'Istituto Geografico Militare. Comandante delle divisioni di Ancona e di Genova, nel 19061907 fu ministro della guerra. Nel 1908 comandò !'VIII corpo d'armata. Dal 1906 fu senatore ciel rf'gno. (13) Legge n. 287, 6-Vl-1907 (atto n. 137, G.M. 1907, pp. 517-519) e Legge n. 301, 28-VI-1908 (circolare n. 243, G.M. 1908, pp. 565-566). (16) Legge n. 496, 14-VII-1907 (circolare n. 208, 27 luglio 1907, G.M. 1907, pp. 473-477) modificara dalla legge n. 394, 2-VII-1908 (circolare n. 286, G.M. 1908, pp. 721-722). (17) Legge n. 361, 5-VII-1908 (circolare n. 286, 5-VII-1908, G.M. 1908, pp. 632 634), modificata dalla legge n. 619, 19-VI-1913 (circolare n. 250, G.M. 1913, pp. 747-752). (18) Legge n. 404, 30-Vl-1909 (circòlare n. 267, G.M. 1909, pp. 824-828) modificata daUa legge n. 213, 8-IX-1910, (circolare n. 189, G.M. 1910, pp. 578-579) e dalla legge n. 261, 4-IV-1912 (circolare n. 166, G.M. 1912, pp. 323-327). (19) Legge n. 422, 10-VII-1910 (circolare n. 266, G.M. 1910, pp. 800-801) e Legge n. 591, 22-Vl-1911 (circolare n. 329, G.M. 1911. pp. 1096-1097). (20) Legge n. 710, 23-Vl-1912 (circolare n. 323. G.M. 1912, pp. 958-959) modificata dalla legge n. 674, 16-VII-1914 (circola.re n. 342, G.M. 1914, pp. 10371038) e legge n. 472, ll-V-1913 (circolare n. 227, G.M. 1913, pp. 265-266). (21) Carlo Porro dei conti di S. Maria della Bicocca (1854-1939), generale. Sottotenente d'artiglieria nel 1875, insegnò storia militare all'accademia di Torino, frequentò la scuola <li guerra, passò nello Stato Maggiore. Da colonnello comandò il 61° reggimento fanteria e dal 1900 al 1905 fu addetto al corpo di Stato Maggiore. Sottosegretario alla guerra nel 1905-1906, poi comandante della scuola di guerra. Da tenente generale comandò le divisioni di Ve.rana e di Milano, quindi il VI Corpo d'armata. Dal 1915 al novembre 1917 fu sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito. Nel 1916 venne nominato senatore, nel 1923 ebbe il grado di generale d'armata e nel 1::IJZ fu nominato ministro di stato. Scrisse su riviste militari italiane e straniere, e partecipò con sue relazioni a congressi scientifici e geografiti.
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(22) Domenico Grandi (1849-1937), generale. Sottotenente di fanteria, partecipò alla campagna del 1870. Fu in Africa nel 1890 dopo aver frequentato la scuola di guerra. Nel 1896 comandò il 12° reggimento fanteria, e nel 1898 fo capo dl Stato Maggiore del VII Coitpo d'Armata. Da maggiore generale comandò la brigata LombarditJ e da tenente generale le divisioni di Padova e di Roma. Nel 1911 ebbe il comando del X Corpo d'Armata. Ministro della guerra dal 24 marzo all'll ottobre del 1914, riebbe poco dopo il comando del X Corpo d'armata, con il quale entrò in guerra contro l'Austria. Fu deputato per due legislature e nel 1914 fu nominato senatore del regno. (23) Dal 16 agosto al 31 dicembre 1914 furono assegnate le somme di: 6.500.000 lire per spese ordinarie (RD. n. 854, 16-VIII-1914, G.M. 1954, p. 1199), 101.012.000 delle quali 21212.000 per spese ordinarie e 79.800.000 per spese straordinarie (R.D. n. 855, 21-Vlll-1914, G.M. 1914, p. 1200), 41.000.000 delle quali 3.000.000 per spese ordinarie e 38.000.000 per spese straordinarie (R.D. n. 996, 6-lX-1914, G.M. 1914, p. 1291), 101.773.780 delle quali 56.800.000 per spese ordinarie e 44.973.780 per spese straordinarie (RD. n. 1093, 11-X-1914, G.M. 1904, p. 1408), 46.000.000 per spese straordinarie (R.D. n. 1904, 11-X-1914, G.M. 1914, ,p. 1410), 4.500.000 per spese straordinarie (R.D. n. 1096, 11-X-1914, G.M. 1914, p. 1412). 2.730.000 per spese orclinarie (R.D. l-Xl-1914 non riportate nel G.M., ma registrato dalla «Ragioneria»), 788.000 per spese ordinarie (R.D. n. 1206, 1-XI-1914, idem), 250.000 per spese ordinarie .R.D. n. 1248, 8-Xl-1914, idem), 32.000 per spese ordinarie (R.D. n. 1249, 15-XI-1914, idem), 70.000 per spese ordinarie (R.D. n. 1246, 1-XI-1914, idem); 84.000 per spese ordinarie (R.D. n. 1262, 15-Xl-1914, idem) 46.000.000 per spese straordinarie (R.D. n. 1252, 15-XI-1914, idem), 400.000.000 delle quali 58.300.000 per le spese ordinarie e 341.700.000 per spese straordinarie (R.D. n. 1255, 1-Xl-1914, idem). Totale di 750.739.780 lire delle quali 149.766.000 per spese ordinarie e 600.793.780 per spese straordinarie. (24) Dal 1° gennaio al 5 giugno 1915 furono assegnate le somme di 170.000.000 lire delle quali 60.000.000 per spese ordinarie e 110.000.000 per spese straordinari~ (R.D. n. 91, 7-Il-1915, G.M. 1915, p. 279), 11.500.000 per spese ordinarie (R.D. n. 11, 7-l-1915, G.M. 1915, p. 458), 60.000.000 delle quali 473.000 per spese ordinarie e 59.527.000 per spese straordinarie (RJD. n. 605, 9-V-1915, G.M. 1915, p. 766), 100.000.000 per spese straordinarie (RD. n. 619, 13-V-1915, G.M. 1915, p. 845), 648.000.000 delle quali 15.000.000 per spese ordinarie e 633.000.000 per spese straordinarie (R.D. n . 684, 23-V-1915, G.M. p. 1029), 300.000.000 per spese straordinarie (D.L. n. 844, 5-VI-1915, G.M. 1915, p. 1127). Totale di 1.289.500.000 delle quali 75.473.000 per spese ordinarie e 1.214.027 .000 per spese straordinarie. (25) R.D. n. 1095, ll-X-1914 (G.M. 1914, p. 1127). (26) A proposito dell'impiego di nuovi mezzi, durante la guerra italo-turca: venne per la prima volta sperimentato l'intervento dell'aeroplano sul campo della lotta per eseguire fotografie, lanciare bombe, eseguire l'osservazione del tiro in coilegamento con le batterie; venne largamente impiegato il draken per la ricognizione del terreno e per l'esecuzione del tiro delle artiglierierie terrestri e navali; fu fatto ampio ricorso alle stazioni fotoelettriche per l'osservazione notturna a scopo di sicurezza, entrarono in servizio tre aeronavi (Pl, P2, P3) che dettero un valido concorso all'attività informativa, cartografica e propagandistica (lancio di volantini stampati in arabo); l'organizzazione dei mezzi telegrafid e telefonici ebbe uno sviluppo, considerati i · tempi, molto ragguardevole; venne affermandosi la radiotelegrafia che assunse grande importanza nella lotta terrestre come ne aveva già in campo navale; sorse l'idea di sperimentare l'impiego dell'autocarro e se ne fece ampio impiego nella zona di Tripoli, compiendo cosl il primo passo verso la motorizzazione dell'esercito.
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(27) Basti citare il caso delle batterie da 75/911 Déport. Dopo lunghe discussioni con le industrie tedesche Krupp, lo stato maggiore aveva concordato l'acquisto di Lln cannone da 75 da sottoporre a prove sperimentali comparative con altro costruito negli stabilimenti nazionali; dal confronto risultò che, sebbene il Krupp rispondesse meglio del materiale italiano ai vari requisiti prestabiliti, non possedeva sufficienti caratteristiche di mobilità e di maneggevolezza. Si dette incarico alla Krupp di studiare un nuovo pezzo con calibro 73 che fosse più maneggevole, ma una volta che questo tu fabbricato e collaudato, il generale Pollio non ne approvò l'adozione per le troppo modeste qualità balistiche che andavano migliorate anche a scapito della mobilità. Nel 1911 venne finalmente decretata l'adozione del pezzo da 75/911 Déport, i cui disegni completi <li costruzione delle singole parti furono pronti solo un anno dopo e furono dovuti ulteriormente modificare, almeno in parte, in seguito all'adozione delle pallottole perforanti per fucili. Affidatane la produzione ad un consorzio di ditte italiane (Vickers, Terni, Fiat, San Giorgio, Fossati) la distribuzione ebbe inizio soltanto il 25 luglio 1914 e fu quasi completata solamente nel maggio del 1915 (il 6" e 1'8" reggimento entrarono in campagna con il pezzo da 75/906 Krupp). (28) La legge n. 422, del 10-VII-1910 assegnò 10 milioni per gli approvvigionamenti di mobilitazione, riparazione e trasporti dei medesimi, impianti, lavori e relativi trasporti per le brigate specialiste e ferrovieri e per le altre specialità del genio militare; la legge n. 591, del 22-V I-1911 assegnò 5 milioni per l'artiglieria, le mitragliatrici e corrispondenti munìzionamenti e per materiali relativi ai servizi di mobilitazione; la legge n. 472 dell'll-V-1913 assegnò 25 milioni per la costruzione, la trasformazione o l'ampliamento di fabbricati militari, l'impianto ed il riordinamento dei poligoni e delle piazze d'armi, la costruzione o l'ampliamento di vari sta· bilimenti militari. (29) Le varie assegnazioni per le spese straordinarie effettuate dal 1907 (legge n. 496 del 14-VII-1917) al 1913 (legge n. 472 dell'll-V-1913) furono così complessivamente ripartite: armi portatili, relative munizioni, buffetterie e trasporti relativi L. 33.900.000; approvvigionamenti <li mobilitazione, riparazione e trasporti dei medesiimi, provviste, impianti, lavori e relativi trasporti per le brigate specialiste e ferrovieri e per le altre specialità del genio L. 49.150.000; artiglieria da campagna, a cavallo, da montagna, mitragliatrici e corrispondenti munizionamenti, e materiali relativi ai servizi di mobilitazione L. 155.650.000; artiglieria di gran potenza ed armamento delle difese costiere e terrestri, parco d'assedio, materiali, provviste e relativi trasporti per dette artiglierie L. 148.300.000; lavori, provviste e mezzi di trasporto per fortificazioni terrestri e costiere, strade, ferrovie ed opere varie militari L. 87.800.000; costruzione di fabbricati militari nuovi, trasformazioni ed ampliamenti di quelli esistenti, impianto e riordinamento di poligoni e di piazze d'armi, acquisto <l'immobili all'uopo occorrenti, costruzione sistemazione ed ampliamento di stabilimenti militari vari L. 54.200.000; acquisto di quadrupedi per le arlliglierie, le mitragliatrici, la cavalleria L. 11.000.000; somma a calcolo e disposizione L. 13.000.000. (30) Ministero della Guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio storico, L'esercito italiano nella grande guerra, Vol. I , Le forze belligeranti (narrazione), Provveditorato Generale dello Stato, Roma 1927, p. 27. {31) Idem, p. 150. (32) Idem, pp. 150-152. (33) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna, Vol. IV, Tomo II, Schioppo, Torino 1928, ,p. 38.
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(34) Idem, p. 39. (35) Ministero della Guerra. Comando del Corpo di stato maggiore. Ufficio storico. L'esercito italiano nella grande gue"a, Voi. I bis, allegato n. 27. (36) Il cannone da 75A/911 in dotazione all'artiglieria italiana era, ad esempio, in grado di sostenere il confronto con il 76,5 austro-ungarico, non cosl il 65/ A ed il 70 A/906 nei riguardi del cannone da montagna da 70 e l'obice da montagna da 100 dell'esercito austriaco. In particolare il cannone da montagna da 65 A aveva carica unica ed un settore verticale di soli 200; mentre i cannoni da 76,5 e da 70 austro-ungarici avevano diverse cariche ed un settore verticale da 59° sl da trovare impiego anche come obici. L'esercito austro-ungarico, inoltre, disponeva di obici da 381 e di cannoni da 152 con gittate di 15 e 20 km. (37) Giuseppe Perino, inventore. Costrul due modelli di mitragliatrice (mod. 1908 e mod. 1910) funzionanti a corto rinculo di canna con rinforzatore e sfruttamento di gas. L'alimentazione era a caricatori metallici con una tramoggia che consentiva il tiro continuo; i caricatori uscivano dall'arma con i bossoli ·reinseriti. (38) Theodor Germann (1850-1931), industriale tedesco. Nel 1900 brevettò un modello di mitragliatrice raffreddata ad acqua, con catllla facilmente ricaricabile, fun. zionante secondo il sistema a canna a corto rinculo e alimentata con un nastro a maglie di alluminio. (39) Hiram Stevens Maxim (1840-1915), tecnico ed inventore statunitense. Nel 1884 apri una fabbrichetta a Londra dove costrul la prima mitragliatrice automatica
basata sul sistema di chiusura a corto rinculo con otturatore snodato a ginocchiello è alimentazione a nastro, capace di tiro prolungato con cadenza di 600 colpi al minuto. (40) Le principali caratteristiche della mitragliatrice Fiat Revelli mod. 1914 erano: canna scorrevole all'indietro insieme con otturatore e culatta; raffreddamento ad acqua; cartuccia la stessa del fucile mod. 1891; caricatore di 50 cartucce; celerità di tiro di 8-9 colpi al minuto secondo; gittata massima 2.000 m; trasporto a spalla, a salma, carreggiata, su bicicletta; rinnovo dell'acqua dopo 750 colpi sparati senza interruzione. (41) La dotazione di mitragliatri della divisione di fanteria del 1914 era, negli eserciti francese, tedesco, austriaco, britannico di 24 armi, nell'esercito russo di 92 armi (influenza della guerra russo-giapponese). Le divisioni di cavalleria avevano dotazioni diverse: Francia 2 armi per brigata, Germania 6 armi per divisione, iAustria 4 armi per reggimento di cavalleria, Inghilterra 2 armi per reggimento di cavalleria su 3 squadroni, Russia un distaccamento di 8 arrni per ogni divisione. (42) Dal 1910 all'agosto 1914 gli autocarri acquistati dall'amministrazione della guerra furono solo 836; altri 2.400 vennero acquistati dall'agosto 1914 al maggio 1915. Le case fornitrici furono la Fiat; la Zust; l'Isotta-Fraschini; La Spa; la Fiat ne fornl circa 2.000. (43) Caratteristiche degli aeroplani in serv1z10 il 24 maggio 1915: Blériot: motore rotativo 80 HP; velocità oraria km 90; raggio di azione km 70 con osservatore e km 90 senza; velocità ascensionale a 1.500 da 40 a 50 minuti primi; armamento senza osservatore 4 bombe da 87, 1.200 frecce, 1 pistola, 1 moschetto; Newport: motore rotativo 80 HP; velocità oraria 100 km; raggio d'azione con osservatore 90 km e senza 100 km; velocità ascensionale a 1.500 m, 35 primi; M. Farman 1912: motore 70 HP fisso ad aria; velocità oraria 75-80 km; raggio d'azione con osservatore :'.50 km e i:enza 60 km; velocità ascensionale a 1.600 m con carico ridotto, 30 minuti
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primi; H. Farman 1914: motore a 80 HP fisso ad aria o 100 HP (Mercedes-Fiat) fisso ad acqua; velocità oraria 100 km; raggio d'azione con osservatore o senza 150 km; armamento: 4 bombe da 162, 8 bombe da 113, 8 bombe da 87;1., 400 frecce, 1 mitragliatr-ice, 1 pistola automatica a 2 canne (50 colpi al secondo). Caratteristiche dei dirigibili in servizio il 24 maggio 1915: P; carburatura mc 4.500, lunghezza m 60, velocità massima 60 km/H, velocità economica 50 km/H, equipaggio normale 4 persone; M, carburatura mc 12,400, lunghezza m 83, velocità massima 75 km/ H economica 60 kro/H, equipaggio normale 7 persone, V, carbura. tura mc 15.000, lunghezza m 90; Parseval: caJ!buratura mc 9.000, lunghezza m 80, velocità massima 64 km/H economica 50 km/H; Leonardo da Vinci (Forlanini), carburatura mc 15.000, lunghezza m 90. (44) Il 24 maggio 1915, le singole bocche da fuoco avevano al completo il munizionamento per esse previsto: 1.500 colpi per ciascun pezzo da 75 (75/912, 75/906, 87 B/ 98), 1.800 per ciascun pezzo da 65 A, 2.400 per i pezzi da 70 someggiati e 800 per ciascun obice pesante campale. Il munizionamento assicurato alle armi portatili era di 900 cartucce per fucile e di 700 per ogni moschetto 91, e quello assicurato alle mitragliatrici di 100.000 cartucce per arma. Per l'esercito mobilitato erano disponibili 760.000 fucili mod. 91 e 170.000 moschetti mod. 91, oltre una riserva di 200.000 armi mod. 91, con 6.841.000.000 cartucce. I fucili 70/87 disponibili ammontavano a 1.316.000 con 125 milioni di cartucce. Per le 309 mitragliatrici in servizio erano disponibili 30.900.000 cartucce. (45) Norme generale per l'impiego delle grandi unità di guerra: circolare n. 529, 17-XIl-1913, G.M. 1913, pp. 1552-1555 (abroga l'edizione del 1910). Norme per il combattimento: circolare n. 530, 17-VII-1913, G.M. 1913, pp. 1555-1559 (abroga l'edizione 1911 ). Regolamento d'istruzione: circolare n. 38, 28-1-1913, G.M. 1913, pp. 145-149. Regolamento di esercizi per la fanteria: circolare n. 524, 30-X-1914, G.M. 1914, p. 1467. (46) Le Norme e prescrizioni per le esercitazioni tattico-logistiche con le truppe e con i quadri furono diramate come bozze di stampa nel 1911 (circolare n. 72, 15-Il-1911, G.M. 1911, pp. 189-190) e nell'edizione definitiva del 1914 (circolare n. 58, 5-II-1914, G.M. 1914, pp. 210-214). ( 47) Regolamento di esercizi per la fanteria: aggiunte e varianti {circolare n. 504, 18-XII-1909, G.M. 1909, pp. 1582-1583); (circolare n. 417, 14-VIII-1911, p . 1330); (circolare n. 373, 11-VIII-1914, G.M. 1914, pp. 1140-1144). (48) Regolamento di esercizi per la cavalleria: aggiunte e varianti (circolare n. 210, 9-V-1911, G.M. 1911, p. 682); (circolare n. 479, 16..X-1912, G.M. 1912, pp. 1414-1415); (circolare n. 126, 26-Il-1915, G.M. 1915, p . 344). (49) li Regolamento di esercizi per l'artiglieria e le Istruzioni pratiche per le varie specialità dell'arma subirono continui rifacimenti, aggiornamenti parziali o totali delle parti e dei fascicoli costitutivii ed aggiunte e varianti. Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna, pesante campale, a cavallo e da montagna. La parte riguardante l'istruzione sul cavallo e sul condurre con il conducente montano fu rielaborata ex novo nel 1913 (circolare n. 407, 2-X-1913, G.M. 1913, pp. 11781179); fa parte riguardante l'istruzione tattica anch'essa rielaborata nel 1913 (circolare n. 520, 14-XII-1913, G.M. 1913, pp. 1527-1529); l'istruzione a piedi per l'artiglieria nel 1914 (circolare n. 60, 5-II-1914, G.M. 1914, p. 216); il fascicolo riguardante il caricamento delle vetture nel 1914 (circolare n . 106, 5-III-1914, G.M. 1914, p. 316); il volume IV riguardante gli specifici caricamenti delle vetture sempre nel 1914 (circolare n. 455, 22-IX-1914, G.M. 1914, p. 1306); l'istruzione sul mate. riale e sulle munizioni da 75/906 e da 75/912 nel 1915 (circolare n . 22, 7-1-1915,
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G.M. 1915, p. 51); l'Istruzione sul cavallo e sul condurre, parte II, nel 1915 (circolare n. 329, 4-V-1915, G.M. 1915, pp. 749-750). Rielaborazioni di intere istruzioni o di parti di esse e varianti a quelle in vigore furono emanate con la circolare n. 208, 18-V-1909, G.M. 1909, p. 559; la circolare n. 25, 20-1-1910. G.M. 1910, pp. 92-93: Istruzione sul cannone da 75 mod. 906; la circolare n. 30, 25-1-1910, p. 144: Istruzioni sul cavallo per l'artiglieria da campagna ed a cavallo; la circolare n. 287, 19-VI-1911, G.M. 1911, p. 930: varianti all'Istruzione provvisoria sui caricamenti per le batterie da 75 da campagna ed a cavallo; la circolare n . 380, 25VII-1911, G.M. 1911, p. 1235: Varianti all'istruzione sul cavallo per l'artiglieria da campagna ed a cavallo; la circolare n . 461, 4-IX-1911, G.M. 1911, p. 1431: I struzione sul modo di caricare l'affardellamento del personale sui carri munizioni da 75 B, 75 A e 87 B trasformati pel trasporto di munizioni da 75 mod. 906 degli organi di rifornimento; la circolare n. 140, 3-IV-1912, G.M. 1912, pp. 247-248: I struzione sul materiale e sulle munizioni da 75 per l'artiglieria da campagna ed a cavallo; la circolare n. 141, 3-IV-1912, G.M. 1912, pp. 248-249: Fascicoli dei carièamenti dei materiali di artiglieria; la circolare n. 228, 20-V-1912, G.M. 1912, p. 479: Aggiunte e varianti all'Istruzione sulla conservazione del materiale di artiglieria; la circolare n. 239, 28-V-1912, G.M. 1912, p. 464: Formazione per il traino e trasporto in montagna dei cannoni da 87 B incavalcati su affusto da campagna di lamiera; la circolare n. 457, 2-X-1912, G.M. 1912, p. 1366: varianti all'Istruzione mi caricamenti dei materiali di artiglieria; la circolare n. 161, 22-IV-1913, G.M. 1913, pp. 418-419 : Istruzione ml tiro per l'artiglieria (batterie da campagna ed a cavallo); ia circolare n. 162, 22-III-1913, G.M. 1913: Regolamento di esercizi per l'artiglieria da campagna ed a cavallo (nuova edizione); la circolare n. 240, 18-Vl-1913, G.M. 1913, p. 635: varianti all'Istruzione sul tiro {batterie da campagna ed a cavallo); la circolare n. 77, 1-XI-1915, G.M. 1915, p. 229: aggiunte e varianti al Regalamento di esercizi per l'artiglieria da campagna ed a cavallo (servizio al cannone). Le Istruzioni sul servizio e sul tiro delle artiglierie e delle batterie da costa furono oggetto di rifacimenti e variant•i assai numerosi: circolare n. 182, 29-IV-1909, G.M. 1909, p. 598; circolare n. 243, 16-Vl-1909, n. 360, 11-VIIl-1909, G.M. 1909, p. 1125; circolare n. 446, 2-XI-1909, G.M. 1909, p. 1437; circolare n. 32, 26-1-1910, p . 145; circolare ni. 38, 4-11-1910, G.M. 1910, p. 151; circolare n. 478, 9-Xl-1910, p. 1462; circolare n. 154, ll-IV-1911, G.M. 1911, p. 381; circolare n. 432, 18-IX-1912, G.M. 1912, p. 1299; circolare n . 268, 10-Vl-1912; G.M. 1912, p. 546; circolare n. 55, 11-IV-1911, G.M. 1911, p. 381; circolare n. 586, 24-XIl-1912; G.M. 1912, p. 1634; circola-re n. 202, 14-V-1913 , G.M. 1913, p . 462; circolare n. 255, 24-VI-1913, G.M. 1913. p . 255; circolare n . 257, 24-VI-1913, G.M. 1913, p . 763; circolare n. 296, 15-VII-1913, G.M. 1913, p . 862; circolare n. 295, 26-VI-1 914, G.M. 1914, p. 965; circolare n. 422, 7-IX-1914, G.M. 1914, p. 1271; circolare n. 23, 7-1-1915, G.M. 1915, p. 52; circolare n. 243, 6-IV-1915, G.M. 1915, p. 603. Anche la regolamentazione (istru2iione sul tiro e sul servizio) riguardante l'artiglieria d'assedio e da fortezza fu oggetto di molteplici agmunte e varianti o di sostitu?Jioni di fascicoli: circolare n. 252 , 23-Vl-1909: G.M. 1909. pp. 766-767: circolare n. 277, 6-VII-1909, G.M. 1909. pp. 867-868: circolare n . 341, 18-VIII-1909, G.M. 1909. p. 1014; circolare n. 216 , 7-VT-191.0, G.M. 1910, pp. 700-701 (istruzione sulle manovre di forza per le artiirl-ierie di assedio); circolare n . 480. 9-XI-1910. G.M. 1910. o. 1462; circolare n. 481 , idem; circolare n. 290, 20-Vl-1911, G.M. 1911, p. 936; (istruzione sulle manovre di forza ner l'arth?lieria di a-ssedio); circolare n. 292. 20-VI-1911. G.M. 1911. o. 937 (isth1zione sulla costruzione delle batterie di assedio); eh-colare n. 13. 10-1-1912. G.M. 1912. PP. 21-22 <istn1zione sul!'li apparati telefonici mod. Anz11lone oer l'artfolieria da costa e da fortezza): circolare n. 358. 27-VIII-1913, G.M. 1913. n. 1099 (varianti all'Istruzione sulle comunicazioni tel,doniche. ottiche ed acustiche f]er l'arti<,lieria da corta e da fortezza ): circofare n . 3'%: 30-VTT-1912. G .M. 1912, r,. 1017: drcolare n. 256, 24-VI-1913, G.M. 1913. p_ 763: L'.Tstrm:inne
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ED IL RIARMO
per la guerra di /orteua venne edita nella sua veste definitiva nel 1913 (circolare
n. 104, 12-III-1913, G.M . 1913, pp. 269-273). (50) Per il genio furono edite, rielaborate ed aggiunte diverse istru1Jioni tecniche: Istruzione sul passaggio dei piccoli corsi d'acqua (circolare n. 86, 25-II-1909, G.M 1909, p. 254); Monografia sulle torrette corazzate per cannone e caricamento rapido da 57 (circolare n. 166, 20-IV-1909, G .M. 1909, p. 541); Istruzione sulla telegra. fia a segnali (circolare n. 186, 30-IV-1909, G .M. 1909, .p. 599); I struzione sull'apparato microtelefonico da campo mod. Anzalone (circolare n . 516, 26-VII-1909, G.M. 1909, p. 1597); Istruzione sulle colombaie militari e sull'impiego dei col.ombi viaggiatori pel servizio di corrispondenza (circolare n . 111, 23-111-1910, G.M. 1910, pp. 351-352; circolare n. 507, 4-XI-1912, G.M. 1912, pp. 1450-1451; circolare n. 338, 7-VIIT-1913, G.M. 1913, p. 1043); I~truzione provvisoria mi lavori di mina e sugli esplosivi (circolare n . 258, 6-VII-1910, G.M. 1910, p. 789; circolare n. 685, 20.XIl-1911, G .M . 1911, p. 2034); Regolamento di esercizi per il genio (circolare n. 201, 14-V-1913, G.M. 1913, pp. 491-492); Norme sulle manovre di atterragfl.io dei dirigibili ed aeroplani militari (circolare n. 469, 6-Vl-1913, G .M. 1913, p . 1403). (51) Circolare n. 331, 12-VIII-1909, G .M. 1909, pp. 993-994.
,
(52) Circolare n. 137, 4-IV-1911, G .M . 1911, pp. 365-366. (53) Circolare n. 103, 12-IIl-1913, G.M. 1913, pp. 268-269. L'edizione del 1896 era stata recentemente aggiornata più volte (circolare n. 39, 22-1-1909, G.M. 1909, p. 102; circolare n. 43, 8-11-1910, G.M. 1910, .p. 162; circolare n. 479, 9XI-1910, G.M. 1910, p. 1462). (54) Circolare n. 131, 23-III-1909, G.M . 1909, pp. 351-352. (55) Circolare n. 176, 26-IV-1909, G .M . 1909, p. 559. (56) Circolare n. 429, 17-IX-1912, G.M. 1912, pp. 1297-1298. (57) Circolare n. 339, 16-Vll-1909, G.M. 1909, pp. 1012-1013 e circolare n. 131, 12-IV-1910, G .M . 1910, pp. 408-409. (58) Circolare n. 105, 12-III-1913, G.M. 1913, pp. 273-276. (59) Circolare n. 478, 16-X-1912, G.M. 1912, pp. 1413-1414.
(60) Circolare n. 212, 22-V-1909, G.M. 1909, pp. 649-650. (61) Ci_rcolare -n. 363, 18-VII-1911, G .M. 1911, p. 1198; circolare n. 79, 20-II1913, G.M. 1913, p. 216; circolare n. 247, 20-Vl-1913, G.M. 1913, pp. 739-740. (62) Circolare n. 634, 5-XIl-1911, G.M. 1911, pp. 1885-1886 e circolare n. 195, 30-IV-1912, G .M . 1912, p. 479. (63) Circolare n. 106, 16-III-1911, G.M. 1911, p. 290. (64) Circolare n. 143, 17-1-1913, G .M. 1913, pp. 370-375. (65) Circolare n . 15, 9-I-1911, G.M. 1911, p. 42. (66) Circolare n. 577, 8-Xl-1911, G .M. 1911, p. 1712.
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(67)Circolare n. 490, 24-X-1912, G.M. 1912, p. 1424. (68) Circolare n. 571, 13-Xll-1912, G.M. 1912, p. 1591; circolare n. 31, 9-1-1915, G.M. 1915, p. 97; aggiunte e varianti al Regolamento per i trasporti militari sutle fe"ovie del regno; circolare .n. 173, 28-IV-1913, G.M. 1913, pp. 434-435: aggiunte e varianti all'istruzione sui parchi telefonici per divisioni di fanteria con appendice sui parchi su carretti siciliani; circolare n. 165, 22-IV-1913, G.M. 1913, p. 421: Istruzione sul carro-bagaglio per cavalleria; circolare n. 357, 19-V-1915, G.M. 1915: caricamento del reparto someggiato di sezione di sanità per fanteria con salmerie. (69) Circolare n. 180, 19-111-1915, G.M. 1915, pp. 486-487 e circolare n . 319, 4-V-1915, G.M. 1915, p. 740. (70) Circolare .n. 289, 22-IV-1915, GM. 1915, pp. 677-680. (71) Circolare n. 242, 16-V-1909, G.M. 1909, p. 755: Aggiunte e varianti al servizio de/te intendenze; circolare n . 418, 19-X-1909, G.M. 1909, pp. 1369-1370: Istruzioni sommarie per l'impianto dei servizi d'intendenza; circolare n. 55, o-11-1911, G.M. 1911, p. 187: Fascicoletto di aggiunte e varianti all'istruzione sulla costituzione e sul funzionamento dei comandi militari di stazione; circolare n. 92, 5-111-1912; G.M. 1912, pp. 137-138: I struzione sui parchi telefonici per divisioni di fanteria con appendice sui parchi telefonici su carretti siciliani; circolare n. 194, 30-IV-1912, G.M. 1912, pp. 389-392: Regolamento sulla telegrafia a segnali; circolare n. 172, 15-111-1915, G.M. 1915, p. 478; aggiunte e varianti al Regolamento trasporti militari sulle ferrovie del regno; circolare n. 195, 30-IV-1912, G.M. 1912, p. 392: Aggiunte e varianti al fascicolo 16 della raccolta: servizio veterinario; circolare n. 173, 18-III-1915, G.M. 1915, p. 478: aggiunte e varianti all'Istruzione sulla costituzione e sul funzionamento dei comandi militari di stazioni; circolare n. 402, 26-V-1915, G.M. 1915, pp. 1043-1044: Regolamento per l'esecuzione dei grandi trasporti militari: circolare n. 31, 9-1-1915, G.M. 1915, p. 97: aggiunte e varianti al Regolamento per i Jrasporti militari sulle ferrovie del regno; circolare n. 173, 28-IV-1913, G.M. 1913, pp. 434-435: aggiunte e varianti all'istruzione sui. parchi telefonici per divisioni di fanteria con appendice sui parchi su carretti siciliani; circolare n. 165, 22-IV-1913, G.M. 1913, p. 421; Istruzione sul carro-bagaglio per cavalleria; circolare n. 357, 19-V-1915, G.M. 1915 caricamento del .reparto someggiato di sezione di sanità per fanteria con salmerie. (72) Circolare n. 151, 26-IV-1910, G.M. 1910, pp. 445-446: Regolamento di servizio in guerra fascicoli marce e alloggiamenti e esplorazione e sicurezza; circolare n. 434, 18-IX-1912, G.M. 1912, pp. 1302-1304: abrogazione di alcuni. capitoli della parte prima, della parte seconda e dell'appendice e loro sostituzione con nuove disposizioni circa il servizio dei carabinieri reali in tempo di guerra, gli atti di morte, nascita e testamentari, l'esplorazione e Ia sicurezza nonché Je marce (rese definitive circa gli ultimi tre argomenti le disposizioni emanate sotto forma di bozze di stampa con la circolare n. 151 del 1910); circolare n. 456, 2-X-1912, G.M. 1912, pp. 13621365; servizio sanitario (soscitul l'analogo capitolo della parte seconda dell'edizione 1899); circolare n. 534, 22-Xl-1912, G.M. 1912, p . 1535-1539: servizio delle intendenze e servizi di prima linea; circolare n . 250, 9-VI-1914, G.M. 1914, pp. 739-740: servizio postale; circolare n. 516, 25-X-1914, G.M. 1914, pp. 1458-1462: servizio delle sussistenze; circolare n. 524, 30-X-1914, G.M. 1914, pp. 1467-1475: RD. che approva varianti alla parte prima del regolamento edizione 1912; R.D. n. 1424, 2-XI-1914, G.M. 1914, pp. 61-63: ,aggiunte e varianti alla parte seconda servizio postale; R.D. n. 1425, 22-Xl-1914, G.M. 1914, pp. 63~: aggiunte e varianti alla parte seconda servizio telegrafico circolare n. 75, 1-11-1915, G.M. 1915, p. 228:
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fascicoletto di aggiunte e varianti alla parte seconda servivo postale; circolare n. 76, 1-Il-1915, G.M. 1915, p. 229: fascicoletto di aggiunte e varianti alla parte seconda servizio telegrafico; circolare n. 153, (R.D.) 14-11-1915, pp. 418-422: aggiunte e varianti alla parte prima servizio alle truppe; circolare n. 179, 19-III-1915, p. 486: seconda serie di aggiunte e varianti alla parte prima servizio alle truppe; circolare n. 313, 1-V-1915, G.M. 1915, p. 731: servizio di cassa. (73) Circolare a . 362, 21-V-1915, G.M. 1915, pp. 850-854: Regolamento del Servizio in gue"a Parte seconda - Organizzazione e fu nzionamento dei servizi.
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CAPITOLO XVII
LA STRUTTURA ORDINATIVA ED ORGANICA DELL'ESERCITO ITALIANO DAL 1908 ALL'ENTRATA NELLA GRANDE GUERRA 1. Le riforme ordinative e la disponibilità finanziaria. 2. Il riordinamento degli organi tecnico-amministrativi centrali e peri/erici. 3. Le nuove dimensioni strutturali dell'esercito di campagna. 4. L'ordinamento tattico.
1.
Dal 1870 al 1908 l'esercito era ,passato attraverso 5 ordinamenti successivi - Ricotti, Mezzacapo, Ferrero, Bertolé Viale, Pelloux che ne avevano ampliato notevolmente l'intelaiatura amministrativa, scolastica, tattica, logistica e di produzione (fai,. briche d'armi, arsenali di costruzione, laboratori, polverifici, officine di costruzione, molini e panifici, stabilimenti per la produzione di galletta e carne in conserva), ma non ne avevano elevato granché la potenzialità, il cui grado desiderabile non era mai stato raggiunto per la esiguità degli stanziamenti ordinari e straordinari del bilancio. L'onere che la nazione aveva sostenuto, in uomini •e denaro, era stato sempre proporzionalmente inferiore, se riferito alla popolazione ed alle possibilità di ricchezza dei periodi economicamente meno bui, a quello degli altri Stati europei e non aveva mai coperto le esigenze di forza bilanciata e di gestione dell'armamento e dell'equipaggiamento necessari a garantire un grado di efficienza operativa accettabile sotto il profilo della sicurezza e della difesa. Nel 1901 la popolazione presente nel territorio del regno era di 32.470.000 anime ed avrebbe consentito la costituzione di 16 corpi di armata, ciascuno su 2 divisioni di prima linea, e di 16 divisioni di seconda linea; esistevano, invece, solo 12 corpi di armata con un totale di 25 divisioni e unità indivisionate) era molto meno della metà di quella
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stabilita dalle tabelle organiche di guerra. Oltre l'insufficienza dei fondi finanziari, altra causa dell'indebolimento della potenzialità dell'esercito era nella legge sul reclutamento che, nonostante i numerosi ritocchi ad essa apportati, rispecchiava ancora, nelle sue linee fondamentali, la vecchia legge La Marmora ispirata a criteri giuridici, sociali •e militari superati. I riformati ed i rivedibili ammontavano mediamente, ogni anno, a circa il 50% degli iscritti, gli esentati al 30% ed i disponibili per il servizio si riducevano al 20% (1 ). Il totale degli inscritti invalidi obbligati al servizio era andato gradatamente assottigliandosi negli anni e, dopo la improvvisata riforma Pelloux del 1892, la seconda categoria non esisteva che sulla carta. La commissione d'inchiesta del 1907 non poté non riconoscere l'insostenibilità de11o stato di fatto e, nonostante l'incompletezza e l'ottimismo delle conclusioni delle sue varie relazioni, squarciò i veli che avevano fino ad allora coperto la politica militare ed indicò talune delle gravi deficienze e manchevolezze da colmare, anche se non tutte, e non nella misura che sarebbe stata necessaria. La situazione, comunque, cominciò a cambiare in meglio per effetto della legge n. 496 del 14 luglio 1907 che concesse 60 milioni per le spese sHaordinarie dell'esercito sino al 1910 (2) e della legge n. 763 del 15 dicembre 1907 sul reclutamento (3). Questa ultima, nel primo anno di applicazione, elevò il numero degli uomini della classe chiamata alle armi ( 1888 ), effettivamente incorporati nella prima categoria, a 99.351 e di quelli arruolati nella seconda categoria, praticamente nullo nella classe precedente, a 28.741 (4). L'assegnazione di 223 milioni, ad integrazione dei 60 già concessi, richiesta con un disegno di legge presentato dal ministro Casana sulla base delle prime conclusioni della commissione d'inchiesta, venne decretata con la legge n . 361 del 5 luglio 1908 (5). Senza queste due leggi non sarebbe stato possibile nessun avvio di ripresa e si sarebbero persi gli effetti della blanda cura ricostituente praticata nel decennio precedente mediante i vari provvedimenti adottati per migliorare l'avanzamento degli ufficiali, lo stato dei sottufficiali, gli stipendi e gli assegni fissi del personale dell'esercito e per riordinare l'artiglieria secondo il progetto del 1902 del ministro Ottolenghi ( 6) portato a compimento nel 1905 dal ministro Pedotti (7). Fu sulla base di tali imprescindibili premesse che i generali Spingardi e Pollio poterono concretare un primo programma di riforme di tntta l'organizzazione militare del Paese nei suoi mol-
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teplici aspetti e, tra questi, quello ordinativo, per il quale previdero l'ampliamento ·e l'adattamento delle strutture portanti alla nuova situazione politica internazionale ed a quella del Paese dove veniva lentamente formandosi, nonostante tutto, una certa coscienza pubblica nazionale sui problemi militari: l'adozione della ferma biennale per tutte le armi in applicazione del principio democratico dell'uguaglianza dei doveri e conseguentemente l'aumento della forza bilanciata per conferire maggiore solidità alle unità del tempo di pace ed accrescere la potenzialità delle riserve istrµite. All'attuazione del primo programma Spingardi-Pollio - che comprendeva, come abbiamo rilevato precedentemente, il rafforzamento della sistemazione difensiva terrestre e marittima, la costituzione di reparti mitragliatrici, l'introduzione del traino meccanico, il gittamento delle basi dell'organizzazione aerea, la definizione dell'armamento di tutte le specialità dell'artiglieria - non erano sufficienti i 283 milioni assegnati (60 appena bastevoli a non arrestare il programma di provviste e di lavori indispensabili già in corso di sviluppo, 223 limitati alle sole assegnazioni straordinarie neppure bastevoli per il rinnovamento dell'artiglieria ed il rafforzamento delle difese permanenti) ed in relazione ai nuovi caposaldi ordinativi si rendeva necessario aumentare anche le spese ordinarie, esigenza questa ultima che venne soddisfatta nella misura di 1O milioni nell'esercvizio 1908-1909 e di 16 milioni in quello 19091910 (8). Le sole spese ordinarie raggiunsero cosl la somma di 320.923.147, salita successivamente a 336.916.04 nel 1910-1911, 369.669.634 nel 1911-1912, a 383.797.124 nel 1912-1913, a 395.454.661 nel 1913-1914 e a 622.445.373 nel 1914-1915 (spese generali, spese per l'esercizio, debito vitalizio) (9). In materia di ordinamento le leggi principali che consentirono l'inizio e lo sviluppo del primo programma Spingardi-Pollio furono cinque: la n . 473 del 15 luglio 1909 {10) che modificò l'ordinamento degli alpini, della cavalleria e dell'artiglieria da montagna; la n. 443 del 10 luglio 1910 (11) che istituì il servizio tecnico ed il corso superiore tecnico di artiglieria; le n. 511, 515 e 530, tutte del 17 luglio 1910 (12), che modificarono le norme riguardanti l'amministrazione e la contabilità dei corpi, degli istituti e degli stabilimenti militari, ed i testi unici delle leggi di ordinamento e di quelle sugli stipendi e gli assegni fissi. Tale primo programma avrebbe dovuto essere integralmente attuato entro il luglio del 1913, od al più tardi per il gennaio 1914, e su di esso
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avrebbe dovuto essere innestato il secondo progetto SpingardiPollio, elaborato nel 1913, che prevedeva un ulteriore aumento di 100 milioni delle spese ordinarie e la disponibilità di un miliardo per quelle straordinarie, cifre che il generale Pollio, stante l'indisponibilità finanziaria dello Stato, ridusse a 85 milioni e ad 551 milioni rispettivamente per il bilancio ordinario nel quadro di un progetto ridotto ed a 58 e 408 nel quadro di un progetto minimo. Nessuno dei tre progetti prevedeva l'aumento del numero delle grandi unità; il progetto massimo considerava .il rinvigorimento dell'organismo militare metropolitano di pace conferendo all'esercito di prima linea un'ossatura completa, più omogenea e più giovane (maggiore contingente annuo di incorporati, miglioramento delle dotazioni, ampliamento dello sviluppo addestrativo, acceleramento dei lavori ferroviari e di quelli della sistemazione difensiva); quello ridotto rinunciava alla trasformazione delle batterie da campagna da 6 a 4 pezzi che sarebbe stata necessaria per rendere meno sentita l 'inferiorità numerica dell'artiglieria campale nella divisione in confronto di quella degli altri eserciti e per facilitare la mobilitazione delle batterie {13); quello minimo rinunciava anche alla costituzione dei nuclei di milizia mdbile presso i centri di mobilitazione dei bersaglieri, del genio), di 12 reggimenti di artiglieria da campagna e di 2 reggimenti di artiglieria pesante campale, limitava a 30 uomini l'aumento di forza delle compagnie alpine ed a 20 quello dei nuclei alpini di milizia territoriale e riduceva l'aumento dei colpi di riserva per i pezzi da 75/906 da montagna e da 149 A pesante campale. Fu sulla base di cifre rispettivamente arrotondate a 85 e 600 milioni che stava per impostarsi il programma di spese per il nuovo quadriennio ( 14) quando, in seguito alla crisi del ministero Giolitti (marzo 1914), si svolsero le discussioni tra il nuovo presidente del Consiglio Salandra, il nuovo ministro del Tesoro onorevole Rubini ed il nuovo designato ministro della guerra generale Porro. Di fronte all'impossibilità dichiarata di fare fronte anche alle spese del progetto minimo, il generale PoHio ne redasse uno ultraminimo da attuarsi in un triennio, nel quale l'aumento delle spese ordinarie veniva circoscritto tra 10 e 35 milioni {aumento della forza bilanciata metropolitana a 300 mila uomini) e quello delle spese straordinarie fissato in 194 milioni per il triennio 1914-1917. Il nuovo governo accettò H progetto ultraminimo, che il generale Pallio stesso sapeva essere del tutto insufficiente a fare fronte ai bisogni più urgenti dell'esercito, ed il generale Grandi ripartì i 194 milioni assegnati per le
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spese straordinarie e dosati in 5 anni in: 21 milioni per la fabbricazione di armi mod. 91 e del relativo munizionamento; 41 milioni per equipaggiamenti vari, costruzione, rinnovazione o completamento delle dotazioni di mobilitazione, incremento della forza area; 15 milioni per }',acquisto di cannoni da 105 pesanti campali e l'aumento delle riserve di munizionamento per tutte le artiglierie; 76 milioni per la provvista di artiglierie di grande potenza e per lavori di fortificazione; 30 milioni per le infrastrutture; 1 milione per l'aumento dei quadrupedi; 10 milioni a calcolo per eventuali futuri bisogni urgenti ed imprevisti. Sia il generale Pollio sia il generale Grandi ebbero il torto di proporre ed accettare il progetto ultraminimo, che per di più allo scoppio della conflagrazione europea non era ancora stato tradotto in Jegge, del tutto irrisorio nei riguardi del completamento del primo programma Spingardi-Pollio (ancora inattuato per la somma di 191 milioni) e del riempimento dei vuoti che il generale Cadorna, dopo un mese dall'assunzione della carica di capo di stato maggiore dell'esercito, denunziò in vista dell'eventu.ale mobilitazione generale dell'esercito ( 15). L'inizio del programma ultraminimo Grandi-Pollio si ebbe solo nell'agosto del 1914 quando vennero assegnati i primi 80 milioni dei 194 previsti (16), mentre per cominciare ad eliminare o quanto meno a ridurre gli elementi di debolezza denunziati dal generale Gadorna, perahro noti al generale Pollio, si dové attendere il tardo autunno quando il governo, convintosi della grandiosità della guerra e dell'impossibilità che l'litalia ne potesse restare fuori, si decise in ritardo di oltre 3 mesi ad assegnare prima 38 milioni (17), poi altri 96 (18) ed infine altri 400 (19) per dare attuazione al progetto di aumento dell'efficienza complessiva dell'esercito, secondo il nuovo progetto Zupelli-Cadorna inteso a: colmare le dotazioni, costituire le unità di milizia mobile e presidiaria previste per il caso della mobilitazione generale, a costituire i reggimenti di artiglieria contemplati nelle leggi del 1910 e non ancoiia formati, a provvedere al parco di assedio, a mobilitare 1.400.000 uomini (dei quali 942.000 per l'esercito di campagna) tratti possibihnente dalle classi più giovani e con una valida e giovane riserva di complementi. « Il totale delle somme all'uopo concesse all'Amministrazione della guerra dal 21 agosto 1914 a tutto il 22 maggio 1915 ammontò a lire 1.092.239.780, di cui 21 O.239 .000 alle spese ordinarie previste sul disegno di legge pet le spese della guerra per l'esercizio finanziiario 1914-1915, e
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882.000.780 in aumento a quelle straordinarie » (20). Il 23 maggio 1915 il governo accordava « per il completamento di tutte le dotazioni di materiali necessari al definitivo assetto delle truppe e dei servizi dell'esercito mobilita to, per il primo impianto di cassa, il mantenimento delle truppe ed il funzionamento dei servizi durante il primo mese di mobilitazione, 633 milioni, che il 5 giugno accresceva di altri 300 milioni. Complessivamente quindi le concessioni straordinarie accordate dall'agosto 1914 al giugno 1915 per la preparazione dell'esercito metropolitiano, per la sua mobilita~ione, e per la sua vita nel primo mese di guerra, ammontarono ad oltre 2 miliardi» (21). I ritardi delle successive assegnazioni erogate dal governo a mano a mano che l'acqua saliva alla gola escluse quelle del maggio e del giugno 1915 che non sarebbe stato conveniente anticipare - non erano giustificabili se si nutriva il fondato timore che l'Italia sarebbe stata coinvolta nella guerra e tanto meno se si aveva in animo di parteciparci d'iniziativa. Tale dato di fatto priva di ogni base obiettiva l'accusa di arretratezza culturale e di superficialità rivolta da taluni allo stato maggiore dell'esercito circa la preparazione alla guerra. Di che cosa e di quanto sarebbe occorso per sostenerla, tutti i capi di stato maggiore e gran parte dei ministri della guerra, con in testa il generale Spingardi ed il senatore Casana, che non era un militare di carriera, erano stati ben consapevoli e non avevano mancato di rappresentarla. Essi, in pratica, avevano predisposto un ordinamento che, sul piano concettuale, nulla aveva da invidiare ,ai modelli degli altri eserciti, ai quali, d'altra parte, i capi di stato maggiore, dal generale Cosenz .al generale Pollio, avevano sempre mantenuta rivolta l'attenzione. Non è valido controbattere che, malgrado tutto, la vittoria alla fine appartenne anche all'Italia ed in alta misura, ma occorre meditare su quanto si sarebbe potuto risparmiare in vite umane se l'esercito fosse stato meglio preparato ed equipaggiato e, soprattutto, meglio addestrato; tema, quello dell'addestramento, al quale la classe politica italiana non fu mai attenta né prima né dopo la guerra mondiale.
2. L'ordinamento degli organi tecnico-amministrativi centrali e periferici, sancito dalla legge n. 525 del 1898 e dalle numerose
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modifiche successive della legge stessa, venne potenziato nel 1908 con la legge n. 7 (22) che stabill le nuove formazioni dell'esercito e le nuove tabelle graduali e numeriche - 56 tabelle - delle armi, dei corpi e dei servizi dell'esercito, ritoccate nell'anno successivo (23) ed anche in seguito, senza peraltro mutarne le linee fondamentali e solo al fine di aumentarne e migliorarne la rispondenza organica e funzionale. Rientrarono in tale quadro, in particolare: il riordino del ministero (24 ), l'istituzione del servizio tecnico e del corso superiore tecnico dell'art1glieria (25), l'abolizione del corpo contabile, la costituzione del corpo di amministrazione ed il riordino del corpo di commissariato (26), la costituzione in Roma dell'istituto militare di radiotelegrafia (27), l'istituzione di una scuola centrale di artiglieria da fortezza (28), la costituzione di squadroni palafrenieri (29), la creazione a Torino dell'opificio militare vestiario ed equipaggiamento (30), la costituzione a Tripoli di una legione territoriale dei carabinieri reali ( 31 ), l'istituzione di un corpo volontari italiani in Libia (32), l'istituzione della direzione generale dell'aeronautica ((33) e, nel quadro del riordinamento degli organi tecnico-operativi, l'istituzione della carica di sottocapo di stato maggiore dell'esercito ( 34 ). L'insieme di tali provvedimenti valse a conferire all'ordinamento tecnico-amministrativo una struttura ed un'organizzazione più moderne e più specializzate che meglio coprivano il bisogno di tecnicismo proprio di una societ·à in via d'industrializzazione, quale era quella italiana di quel periodo. La razionalizzazione dell'organizzazione e del funzionamento degli organi di alta direzione operativa e tecnico-amministrativa fu perseguita, nel periodo 1908-1915, mediante la revisione della costituzione della Commissione Suprema mista per la difesa dello Stato (35), l'istituzione del Consiglio dell'esercito (36) ed una nuova particolareggiata definizione dei compiti e delle attribuzioni dell'ispettore generale di cavalleria, degli ispettori generali e degli ispettori di sanità militare, dell'ispettore del servizio di commis· sariato (37), questo ultimo di recente istituzione (38), e dell'ispettore ippico (39). La Commissione Suprema mista per la difesa dello Stato, creata nel luglio del 1899, era composta dal Principe Ereditario (presidente), dal Duca di Genova (vicepresidente), da 8 membri effettivi - 5 ufficiali generali (i comandanti designati delle armate, hl capo di stato maggiore dell'esercito) e 3 ufficiali
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ammiragli (il presidente del consiglio superiore di marina, il comandante designato di una forza navale, il capo dell'ufficio di stato maggiore della marina) e da un numero variabile di membri consultivi ( ufficiali generali e ufficiali ammiragli). Nel 1908 essa fu trasformata da organo tecnico-militare in organo politico-militare e furono chiamati a farne parte il Presidente del Consiglio dei ministri (che venne nominato presidente in sostituzione del principe ereditario che non ne fece più parte), i ministri della guerra e della marina ed il capo di stato maggiore della marina. l)el Consiglio dell'esercito fecero parte come membri effettivi il minis-tro della guerra, il sottosegretario di Stato alla ,guerra, il capo di stato maggiore dell'esercito, gli ufficiali designati per il comando di un'armata, e, quali membri consultivi eventuali, l'ispettore generale d'artiglieria, l'ispettore generale del genio, l'ispettore di cavalleria, l'ispettore capo della sanità, il capo reparto intendenza presso il comando del corpo di stato maggiore. Nel 1908 venne altresl istituito il corpo nazionale di volontari ciclisti ed automobilisti {40) per favorire la disponibilità di personale capace di condurre i veicoli e gli autoveicoli dei quali l'esercito veniva facendo sempre più largo impiego. Non meno notevole, nel periodo 1908-1915, il lavoro compiuto per completare ed aggiornare la ilegislazione riguardante lo stato giuridico, l'avanzamento ed il trattamento economico del personale militare e civile dipendente dall'amministrazione della guerra e la regolamentazione di carattere territoriale, di servizio interno e disciplinare (41 ). Fondamentali, ai .fini del riordinamento del1'esercito, furono il nuovo testo unico delle leggi sul reclutamento ( 42), al quale abbiamo già accennato, e la legge che stabill l'adozione della ferma bienna'1.e per tutte le armi ( 43 ), leggi che consentirono, in parallelo con le maggiori assegnazioni del bilancio ordinario, l'aumento della forza disponibile e di quella bilanciata e. la rivitalizzazione della milizia mobile la quaile, prevista sin dal 1873, ebbe pratica attuazione solo nel 1910 con fa costituzione dei nuclei per ciascun deposito di reggimento di fanteria, cavalleria, artiglieria da campagna e battaglione alpino (44). La costituzione progressiva di tali nuclei in fasi successive consenti all'esercito di disporre alla vigilia del primo conflitto mondiale di un cospicuo numero di unità di seconda linea pari a ben 52 reggimenti di fanteria, 11 battaglioni bersaglieri, 38 compagnie alpine, 23 squadroni di cavalleria, 13 reggimenti di artiglieria da campagna (45). Emblema-
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tico dell'incompiutezza della formazione della coscienza nazionale e democratica fu l'inasprimento delle punizioni disciplinari sancite dal Regolamento di disciplina per sanare la situazione di lassismo determinatasi nel tempo per i tanti motivi elencati e per cercare di supplire con il principio di autorità alla deficienza dell'intima convinzione personale del dovere dell'obbedienza e d ella gerarchia, senza la quale nessuna comunità militare fu, è e sarà mai in grado di operare (46).
3. Nel riordinamento dell'esercito di campagna i criteri-guida furono l'aumento 6 enerale del numero delle unità ed il miglioramento del valore del rapporto tra la fanteria e le altre armi, soprattutto l'artiglieria, segnato da indici inaccettabili in confronto a quelli degli altri eserciti in relazione alla dottrina tattica che s'intendeva riconfermare. Non si trattava solamente di procedere, nel quadro delle nuove disponibilità finanziarie, all'aumento <lel numero delle unità secondo la proporzione esistente, ma prima di tutto di abolire o ridurre i1 disequilibrio dell'artiglieria e del genio - arma questa ultima sulla quale premevano nuove esigenze - rispetto alla fanteria. La prima modifica della legge 1908 sull'ordinamento riguardò la cavalleria, il cui numero di reggimenti fu elevato nel 1909 da 24 su 6 squadroni a 29 su 5 squadroni {47). Un ulteriore incremento dell'arma venne successivamente disposto ad un mese dall'entrata in ·g uerra ( 48). Altre modifiche dell'ordinamento furono, tra il 1910 ed il 1915, la costituzione di 3 divisioni e la soppressione di un comando di brigata {4 9), nonché la costituzione di 2 squadroni di rimonta e del reparto di artiglieria dei depositi di allevamento cavalli (50 ). Il 24 maggio 1915 la cava11eria comprendeva 30 reggimenti - 12 di fancieri e 18 di cavalleggeri - dei quali: 16 furono raggruppati in 4 divisioni, ciascuna su 2 brigate di 2 reggimenti, e 14 vennero variamente assegnati ai corpi di armata. La stessa legge n. 473 che aumentò il numero dei reggimenti di cavalleria stahill la costituzione di 2 nuovi reggimenti di artiglieria da montagna e di un altro reggimento di alpini (8°). Ma fo
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legge, che potremmo definire del potenziamento e dell'ammodernamento dell'esercito, fu la n. 515 del 1910 mediante la quale venne fissata una nuova ossatura generale sia dell'esercito permanente sia delle milizie mobile e territoriale (51). Essa modificò sostanzialmente, in particolare sotto il profilo quantitativo, l'ordinamento del 1908 e segnò il traguardo massimo che si sarebbe potuto raggiungere negli anni successivi nei riguardi delle formazioni di guerra sommando le forze dell'esercito permanente con quelle della milizia mobile e prevedendo per questa ultima la costituzione di nuclei permanenti fin dal tempo di pace per ciascun deposito di reggimento di .fanteria, cavalleria, artiglieria da campagna e battaglione alpino. L'innovazione ebbe un'importanza decisiva perché consenti che alla vigilia del primo conflitto mondiale l'esercito disponesse già di un cospicuo numero di unità di seconda linea e precisamente di 52 reggimenti di .fanteria, 11 battaglioni bersaglieri, 38 compagnie alpine, 23 squadroni di cavalleria, 13 reggimenti di artiglieria da campagna, e di altre unità minori (52}. Legata com'era ahla disponibilità finanziaria e dei nuovi materiali la legge trovò applicazione per fasi successive, anche per quanto riguardava la costituzione dei nuclei di milizia mobile, e le aggiunte e varianti che le furono apportate nel tempo, !)etaltro limitate (53 ), non ne scalfirono la valida fisionomia conferitale dai generali Spingardi e Pollio che furono in definitiva i vari autori del quadro di battaglia con il quale l'esercito entrò in campagna nel 1915. Il potenziamento della fanteria, a parte la creazione dei nuclei di milizia mobile, riguardò i bersaglieri e gli alpini, ma non i -;eggirnenti di fanteria di linea dei quali la legge non aumentò il numero (2 reggimenti granatieri, 94 reggimenti di fanteria) e non modificò l'ordinamento ( 1 stato maggiore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito). Il numero dei reggimenti bersaglieri fu elevato da 11 a 12 ed essi vennero ordinati su: 1 stato maggiore, 3 battaglioni a piedi ciascuno di 3, anziché di 4, compagnie, 1 battaglione ciclisti di 3 compagnie ed 1 deposito (53 ). Il numero dei reggimenti alpini, già elevato di un'unità nel 1909, rimase fissato ad 8 ed ogni reggimento venne ordinato su: 1 stato maggiore, 3 o 4 battaglioni di 3 o 4 compagnie, 1 deposito (54 ). Complessivamente, tra unità di prima e di seconda linea, l'esercito poté mobilitare per il 24 maggio 1915: 146 reggimenti di fanteria di linea (96 e 50) con 438 battaglioni e 1.707 compagnie; 12 reggimenti
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bersaglieri con 46 battaglioni a piedi, 12 battaglioni ciclisti, 176 compagnie a piedi, 36 compagnie ciclisti; 8 reggimenti alpini con 52 battaglioni e 179 compagnie (55). L'artiglieria subl per effetto della legge n. 515 una vera e propria rivoluzione che coinvolse tutte le specialità ed incise profondamente sullo stesso ordinamento tattico dell'arma. L'attuazione dei molteplici provvedimenti ordinativi richiese tempi molto lunghi e determinò un periodo di crisi che ebbe termine appena· nell'immediata vigilia della guerra, data in cui, nonostante non fossero stati ancora portati a termine per intero i provvedimenti della legge n. 515 e gli altri disposti in tempi successivi, l'arma aveva quasi raddoppiato la potenza e la multiformità del fuoco, migliorato notevolmente la gittata, la mobilità e fa celerità d'intervento e di tiro, e si era arricchita di 2 specialità (,pesante campale e someggiata) rispetto all'ordinamento del 1908. I 24 reggimenti di artiglieria da campagna del 1908 vennero portati a 36 (24 divisionali e 12 di corpo d'armata) nel 1910; il reggimento di artiglieria a cavallo, ordinato su 3 brigate e 6 batterie nel 1908, venne ordinato su 4 gruppi ed 8 batterie nel 1910; il numero dei reggimenti d'artiglieria da montagna (1 reggimento su: 1 stato maggiore, 4 brigate, 12 batterie, 1 deposito nel 1908) fu elevato a 2 nel 1910 (legge n. 515) ed a 3 nel 1914 (56}, utilizzando per la costituzione del 3° reggimento 2 comandi di gruppo e 5 batterie costituiti nel 1912 (57); l'artiglieria pesante campale, non prevista dall'ordinamento 1908, venne costituita dalla legge n. 515 su 2 reggimenti, ciascuno su: 1 stato maggiore, 9 batterie, 1 deposito; l'artiglieria da costa e da fortezza (ordinata nel 1908 su 3 reggimenti da costa, 3 da fortezza ed 1 brigata da costa in Sardegna), fu riordinata nel 1910 su 10 reggimenti da fortezza (98 compagnie e 10 depositi) ed unificata sotto la denominazione unica · di artiglieria da fortez.r.a (58); l'artigJieria someggiata, non prevista dall'ordinamento 1908, venne costituita nel 1913 (59) creando presso 10 reggimenti di artiglieria da campagna 15 nuclei di mobilitazione armati con il materiale da 70 A per la formazione di 15 batterie su 6 pezzi ciascuna, divenute poi 18 in seguito aUa costituzione di altri 3 nuclei (i nuclei dettero vita nel 1914 e nel 1915 a vere e proprie batterie che vennero organicamente assegnate a 1.3 reggimenti di artiglieria da campagna). TI riordinamento dell'artiglieria degli anni 1910-1915 comprese anche l'istituzione di 3
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nuovi comandi di artiglieria da campagna e di 1 nuovo comando di artiglieria da fortezza ( 60 ), di 1 sezione delle comunicazioni per l'artiglieria {61) e di 1 gruppo di specialisti di artiglieria (62). i Varì provvedimenti ordinativi attuati dal 1909 al 1915 consentirono all'arma di mobilitare per il 24 maggio 1915: 49 reggimenti da campagna con 134 gruppi e 363 batterie, 1 reggimento a cavallo con 4 gruppi e 8 batterie, 3 reggimenti da campagna con 14 ·g ruppi e 50 batterie, 2 reggimenti pesanti campali con 12 gruppi e 28 batterie, 10 reggimenti da fortezza con 78 gruppi e 277 compagnie, in parte addette al parco d'assedio, in parte al servizio delle fortezze ( 63 ). Per il potenziamento e l'ammodernamento dell'arma del genio la legge n. 515 previde le seguenti principali modifiche dell'ordinamento 1908: la trasformazione della brigata ferrovieri in reggimento (6") comprendente 1 stato maggiore, 6 compagnie ferrovieri, 2 compagnie automobilisti ed 1 deposito ( 64 ); la creazione di un battaglione specialisti del genio, formato da 5 compagnie specialisti , 1 sezione radiotelegrafica, 1 sezione fotografica, 1 sezione aviazione, 1 compagnia treno (65); la costituzione di un nuovo comando territoriale dell'arma (66). L'arma del genio .poté mobilitarsi per la guerra su: 6 reggimenti, con 14 comandi di battaglione, 114 compagnie e 95 parchi (67). La sezione aviazione del battaglione specialisti del genio, costituita il 1° novembre 191 O su 4 ufficiali e 6 7 sottufficiali e uomini di truppa (68), segnò la nascita dell'aviazione militare italiana, il cui primo assetto organico venne meglio definito 4 mesi dopo quando il battaglione specialisti assunse una nuova formazione e venne articolato su di 1 ufficio comando e 4 reparti, d ei quali: il primo (truppe e servizi var1) incaricato del servizio <lei parchi aerostatici ·e fotoelettrici, della fotografia da campo e delle comunicazioni radiotelegrafiche per il servizio dell'esercito; il secondo (aviazione militare) incaricato dell'esercizio degli aerodromi e dell'impiego in genere degli aeroplani militari; il terzo (dirigibili militari) incaricato dell'esercizio dei cantieri aeronautici e dell'impiego in genere dei dirigibili militari, nonché del servizio di esplorazione del]' alta atmosfera in rapporto alla navigazione aerea; il quarto (stabilimento di esperimenti e costmzioni meccaniche con compagnia di operai specialisti) incaricato delle costruzioni edilizie per l'impianto dei cantieri, aerodromi, officine ed uffici (69). Il 1° luglio 1912, stante la complessità dei problemi aeronautici e l'ampiezza in personale e materiale assunta
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dai reparti, il battaglione specialisti del genio venne sdoppiato e il 4°, formarono rispettivamente il battaglione aviatori ( 1 comando, 1 reparto di manovra con 2 compagnie aviatori, 1 reparto tecnico) e lo « Stabilimento di costruzioni ed esper-ienze aeronautiche» (70). Dopo varie discussioni e vari progetti decaduti per cause varie, il 7 gennaio 1915 venne finalmente costituito il Corpo aeronautico con: una direzione generale di aeronautica presso il ministero della guerra; 2 comandi di aeronautica, uno per la specialità aviatori, uno per quella dirigibilisti ed aerostieri; un ibattaglione dirigibilisti; un battaglone aerostieri; un battaglione quadriglie aviatori; un battaglione scuole aviatori; uno stabilimento di costruzioni aeronautiche; una direzione tecnica d ell'aviazione militare; un istituto centrale aeronautico (71 ). Al 24 maggio del 1915 le unità operative erano: 10 sezioni aerostatiche (6 da campagna, 2 per artiglieria, 2 da fortezza), 3 gruppi di squadriglie d'aeroplani con 15 squadriglie, 5 equipaggi per sommergibili (dei quali 2 a disposizione <lclla marina). 2 dei suoi 4 reparti, il 2° ed
Dei servizi di campagna la legge n. 515 elevò da 12 a 24 le sezioni di sanità e le sezioni di sussistenza. Le varie predisposizioni di mobilitazione per la costituzione dell'Intendenza Generale alla diretta dipendem:a Jel Comando Supremo, dalle 4 Intendenze di Armata e dell'Intendenza dei corpi a disposizione e i vari provvedimenti ordinativi riguardan ti i servizi dell'esercito mobilitato, a mano a mano adottati in parallelo con quelle per le unità combattenti, consentirono la messa in opera, il 24 maggio 1915, di: 56 colonne munizioni, 53 sezioni sanità, 126 ospedaletti da 50 letti, 82 ospedali da 100 letti e 42 da 200 letti, 57 sezioni sussistenza, 14 parchi viveri di riserva per gruppo alpino e 3 salmerie a disposizione per gruppo alpino, 5 parchi automobilistici con 18 reparti e 171 sezioni, 27 infermerie per quadrupedi. Tutto ciò consentl di mobilitare entro il maggio 1915: 23.039 ufficiali, 852.217 sottufficiali e militari di truppa, 9.163 civili, 144.522 quadrupedi, compresi 1 reggimento carabinieri su 3 battaglioni con 9 compagnie ed 1 gruppo di 2 squadroni e 18 battaglioni con 58 compagnie della guardia di finanza. Uno sforzo non meno titanico di quello compiuto per il- reperimento e l'allestimento dei materiali e l'approvvigionamento delle scorte e delle dotazioni. Come si sia potuto compiere un tale sforzo anche nel settore ordinativo ed organico in breve tempo e tra mille difficoltà e remore di ogni specie e tipo, e reperire, inquadrare e cercare di addestrare
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e specializzare tanto personale, non sarebbe credibile, se non fosse una realtà storica concreta (72).
4. Lo sforzo organizzativo, sebbene enorme, non consentl di met· tere a punto un apparato bellico in grado di sviluppare, secondo i canoni della dottrina ufficiale e secondo il disegno di manovra del generale Cadorna, un'azione offensiva di successo per la conquista di un qualche obiettivo strategico che non fosse quello minimo d'immobilizzare un'aliquota delle forze austro-ungariche. A parte le sfavorevoli condizioni strategiche della frontiera, i principali elementi di debolezza dell'esercito italiano erano l'insufficienza numerica e qualitativa del materiale di artiglieria ed il meno che mediocre grado cli addestramento di molti quadri e di moltissimi soldati. Circa l'insufficienza dell'addestramento sarebbero necessarie molte pagine per ricordare i motivi, e sottolineare come le chiamate per istruzione dei militari delle classi della prima e seconda categoria in congedo illimitato, riprese e intensificate dal 1909 (73 ), stanti l'aperiodicità e la breve durata, non avessero potuto giovare granché all'evoluzione del tono addestrativo di un esercito la cui forza bilanciata di pace non superava ancora, nell'esercizio finanziario 1914-1915, le 305.000 unità, comprese Je 50.000 in servizio in Libia. Dal 1911, per l'esatezza, la forza alle armi si mantenne al di sopra di quella bilanciata perché da quell'anno e nei successivi vennero incorporati tutti gli idonei della prima categoria anche se eccedenti i limiti del bilancio, ma ciò non fu sufficiente a portare l'esercito dal piede di pace a quello di guerra utilizzando solo il personale delle classi dal 1881 in poi, per cui si dovette ricorrere al richiamo ed alla mobilitazione di molto personale delle classi precedenti, poco o nulla addestrato, che sconosceva od aveva dimenticato i procedimenti di combattimento e che non aveva nessuna familarità con i nuovi mezzi. Il .problema dell'artiglieria non era stato portato a soluzione completa. A parte l'assenza di cannoni nei reggimenti pesanti campali e la vetustà di parte del materiale d'artiglieria campale e del parco di assedio, il disequilibrio dell'arma rispetto alla fanteria ed alla cavalleria, sebbene ridotto mediante l'adozione dei vari provvedimenti presi dal generale
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Pallio prima e dal generale Cadorna poi negli anni 1909-1915, era ancora notevole. La divisione di fanteria italiana aveva in organico 32 pezzi da 75/911 o da 75/96,0 la francese ne aveva 36 da 75, la tedesca aveva 54 cannoni da 77 /906 e 12 obici campali leggeri da 105/mod. 98-09 e quella austro-ungarica 30 cannoni da campagna e 12 obici campali leggeri. Il corpo d'armata italiano aveva in organico lo stesso materiale e l'uguale numero di pezzi della divisione di -fanteria vale a dire 32 cannoni da 75, quello francese aveva in organico 36 cannoni e 16 obici da 120 o 155, il corpo d'armata tedesco disponeva di 16 obici pesanti campali e quello austro-ungarico di 8 obici pesanti campali. Un corpo di armata di 2 divisioni disponeva organicamente nel suo ambito di: 96 bocche da fuoco se italiano (32+ 32+ 32), di 124 se francese (36+ 36+36+16), di 148 se tedesco (66+66+16) e di 92 se austroungarico (42+42+8). Vero è che esisteva l'equivalenza numerica delle bocche da fuoco tra il corpo d'armata italiano e quello austro-ungarico, ma questo ultimo utilizzava materiale da campagna con prestazioni superiori e, soprattutto, al pari del corpo d'armata tedesco, disponeva dell'obice campale da 76,5 particolarmente adatto ai terreni d'impiego sul confine con l'Italia. L'artiglieria da campagna francese, a sua volta , era superiore all'artiglieria similare austro-ungarica e tedesca, ma anche l'esercito francese si trovava in uno stato di assoluta inferiorità rispetto all'armamento dell'artiglieria tedesca per tutto il resto, giacché i tedeschi erano gli unici ad avere realizzato un'ottima proporzione tra l'artiglieria e Je altre armi. Nei riguardi della potenza di fuoco occorre ricordare che la divisione di fanteria italiana disponeva in realtà di 12 mitragliatrici anziché delle 24 previste dagli organici, la francese di 24, la tedesca di 24 e l'austro-ungarica di 28. La debolezza dell'artiglieria e l'insufficienza delle mitragliatrici furono le principali cause che resero sterili le prime 4 battaglie dell'Isonzo. Ciò premesso, l'ordinamento tattico dell'esercito italiano era analogo a que1lo degli altri eserciti dell'Europa continentale, in quanto tutti gli eserciti, dopo la guerra franco-prussiana del 1870, ebbero la tendenza ad eguagliare i loro ordinamenti; le differenze che ancora contraddistinguevano questi ultimi si riferivano a dettagli o a concessioni alla tradizione e aHo spirito di corpo. L'esercito italiano , che nella guerra del 1866 aveva adottato un'articolazione delle forze pressoché assurda, si era poi adeguato al modello tedesco e già dal tempo del generale Cosenz aveva previsto l'arti-
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colazione in armate. L'esperienza aveva dimostrato che il limite massimo di forza per l'esercizio efficace del comando diretto da un solo capo era di 130 o 140 mila uomini. Nel periodo deJla rivoluzione francese, periodo di guerra permanente, il frazionamento de1le forze aveva ubbidito essenzialmente alle necessità contingenti della lotta armata ed esso si eta arrestato al corpo d'armata quale massima unità mista operativa, sebbene nell'ultima fase bellica fosse apparsa in abbozzo un'unità di ordine superiore, appunto l'armata. Nel periodo della Restaurazione la lotta armata era stata un fenomeno accidentale e transitorio e, quantunque si fosse manifestata con frequenza, era stata localizzata ed aveva mirato a scopi limitati, sicché l'organizzazione ed il frazionamento delle forze avevano ubbidito piuttosto alle necessità della pace, stato permanente, che a quelle della guerra, stato eventuale. Ma tale periodo era stato transitorio e la guerra, sebbene avesse continuato ad avere lo stesso carattere dél periodo precedente, aveva allargato i limiti dell'obiettivo ed aveva subito una profonda modificazione nella sua stessa essenza. Ancora dopo, per l'accentuatà instabilità dell'equilibrio internazionale, det'erminata prevalentemente da ragioni economiche, la guer-ra aveva acquistato carattere di possibilità costante. Da qui la necessità di dare alle forze armate, che avevano acquisito per i noti motivi dimensioni numeriche grandiose, un'organizzazione idonea per un'eventuale entrata in azione completa, ordinata e rapida. Dopo la guerra franco-prussiana, H corpo d'armata non poteva più costituire neppure per l'eshcito italiano la massima unità mista, ma un elemento subordinato e l'armata ne doveva prendere il posto. Fu il generale Cosenz a prevedere la suddivisione dell'esercito italiano in 4 armate ed in un corpo speciale nel piano operativo studiato per l'eventualità di una nuova guerra contro l'AustriaUngheria: la 3.. armata, fronte a nord, dallo Stelvio al monte Peralba; la 1a e la 2a sul Piave; la 4a in riserva sul Po; il' corpo speciale sul Tagliamento a copertura della linea del Pia~. Nelle successive rielaborazioni della pianificazione operativa effettuate dal generale Saletta, dal gen'.erale Pallio e dal generale Cadoma il numero delle armate da costituire r'imase sempre inalterato. Nel piano del generale Cadorna era previsto lo schferamnto della 1a armata dallo Stelvio alla croda Grande (settore Trentino-Alto Adige) della 4.. dalla croda Grande al monte Peralba (settore Cadore), della 2• da monte Maggiore a Prepotto, della 3a da Prepotto al mare e di
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un corpo speciale dal monte Peralba a monte ,Maggiore. Ma mentre la costituzione permanente delle grandi unità mi'Ste e di tutti, o quasi, gli organi costitutivi di esse era stata disposta fin dai tempi del generale Ricotti, per le armate non era stata ritenuta conveniente e non si era andati al di là della determinazione del numero. Alieno com'era dal concetto dell'improvvisazione, il generale Pallio volle che andte in tempo di pace si costituissero almeno i nuclei di quelli che sarebbero stati i comandi di armata in guerra con il compito di « eseguire gli studi e di dirigere le predisposizioni per preparare alla guerra la rispettiva unità, alternandosi alle direttive emanate d'ordine dal capo di stato maggiore dell'esercito ». Venne così stabilito che i generali designati per l'assunzione del comando di un'armata, avvalendosi del rispettivo nucleo di comando, emanassero « le disposizioni e le istruzioni necessarie, in ordine alle loro attribuzioni, alle autorità militari che facevano parte od avevano attinenza colle unità stesse» (74). L'armata v'enne concepita, analogamente agli altri P.serciti, come grande unità mista con composizione variabile in ragione, oltre che della possibilità di efficace comando, della natura delle operazioni, dell'importanza dello scopo strategico da conseguire comune a tutto l'es'ercito e di quello tattico particolare dell'armata, del raggruppamento ed entità delle forze avversarie, dell'estensione, natura e conformazione del terreno d'impiego e del complesso degli altri fattori che intervengono nella definizione ordinativa di tutti i raggruppamenti di forze. Si ebbero così armate di 2 corpi di armata (1 a e 4a) ed armate di 3 conpi di armata (2a e 3a) con dosatura di truppe suppletive assai diverse per entità e specie (75). La costituzione delle armate così come risultò al momento dell'entrata in campagna rispondeva pienamente alla concezione che della grande unità si aveva in quel periodo: « la più grande unità di guerra, che costitui-sce l'elemento fondamentale e principale d'aziéne dei grandi eserciti cont'emporanei, che svolge la propria attività sotto l'impulso di una sola volontà,... un organismo armonicamente costituito che ha un cervello: il comandante; un sistema nervoso: lo stato maggiore; un complesso di organi che eseguono la volontà e sentono l'impulso che dal Capo emana e che viene loro trasmessa dagli stati maggiori: brigate, reggimenti, b attaglioni, squadroni, batterie, servizi » (76 ). L'armata consentiva, dunque: un razionale frazionamento della massa, il decentramento del comando, l'autonomia di azione dell'insieme, la reale efficiema ope-
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rativa delle proprie forze in armonia con i mezzi di lotta assegnati e con i compiti affidati, la combinazione varia e pronta di sforzi in relazione alle mutevoli vicissitudini della lotta e, infine, il sostentamento rapido e sicuro in qualsiasi momento della vita e del combattimento delle unità costitutive. Grande unità tattica e logistica, si frazionava in aliquote minori capaci di marciare e vivere e combattere in autonomia, costituite perciò di tutte le armi, di elementi tecnici e di organi completi di vita - i corpi di armata - i quali, a loro volta, si frazionavano in cellule, nelle quali permanevano associati i vari elementi di forza, anch'esse provviste di vita propria ma entro i limiti dell'organismo del quale erano parte - le divisioni - e successivamente in cellule minori omogenee - brigate, reggimenti, battaglioni, ecc. sprovviste di propria autonomia operativa. Secondo tale concezione, il corpo d'armata, che era stato fino ad allora la grande unità base degli eserciti europei, doveva conservare tutte le armi e gli organi necessari per assicurare il combattimento e la vita dei suoi vari elementi costitutivi entro determinati limiti di spazio e di tempo meno ampi di quelli dell'armata della quale finiva per costituire una delle grandi pedine. In quel periodo il corpo di armata tipico era costituito, quasi presso tutti gli eserciti, di 2 divisioni di fanteria e di un numero organico vario di unità suppletive (almeno un reggimento di artiglieria da campagna , unità di cavalleria, del genio, sanitarie, dei servizi, telegrafisti , ciclisti aerostieri ecc.). Anche i 12 corpi di armata italiani del tempo di pace erano stati costituiti aderendo a tale organizzazione tipo ma per l'assenza di unità di artiglieria in proprio e per pochezza degli altri organi tattici e logistici costitutivi, non erano, ciascuno, che la somma di due divisioni. L'ordinamento SpingardiPollio, mediante l'assegnazione di un reggimento di artiglieria da campagna, conferì ai corpi di armata il minimo di capacità operativa indispensabile alla loro funzione tattica di pedina dell'armata. All'atto della mobilitazione, diversamente dagli eserciti francese e .tedesco che avevano mantenuto in generale l'ordinamento-tipo del tempo di pace (corpi d'armata di 2 divisioni) (77), l'esercito italiano adottò il tipo comune, standardizzato, solo per 5 (VII, VIII, IX, X e XII) dei corpi d'armata mobilitati, mentre ne costituì 8 su 3 divisioni (I II , III , V, VI, XI, XIII , XIV) ed uno (IV) su 4 (78). Delle 3 divisioni del VI e dell'X corpo d'armata, 2 erano di fanteria ed 1 di cavaJleria; delle 4 del IV, 3 erano di fanteria di linea
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ed 1 di bersaglieri; mentre le altre 2 divisioni di cavalleria (3a e 4a) rimasero a disposizione del Comando Supremo non inquadrate in corpi di armata. L'Austria-Ungheria aveva mobilitato nel 1914 i corpi di armata di Galizia su 3 divisioni e quelli del fronte serbo su 2, oltre le truppe suppletive. Il generale Cadorna non esitò ad abbandonare la rigida uniformità del tempo di pace, peraltro giustificata da validi motivi, a favore del criterio di un più razionale dosamento delle forze (non limitato soltanto alle unità suppletive da assegnare in rinforzo di quelle organiche) in dipendenza dei compiti, preferendo la concretezza della sostanza alla dissimetria delle formazioni, tuttavia senza valicare il limite della comandabilità, peraltro quasi raggiunto per il IV corpo ( 3 divisioni di fanteria, 1 divisione bersaglieri, gruppi alpini A e B, truppe suppletive costituite da 1 reggimento bersaglieri, 1 reggimento artiglieria da campagna su 8 batterie, 1 gruppo di un reggimento artiglieria pesante campale, 1 compagnia telegrafisti e organi <li servizi). Il corpo d'armata italiano conservando, anzi accentuando, la fisionomia tattico-logistica che aveva avuto anche in passato, venne inteso come la riunione di un gruppo variabile di divisioni e di forze suppletive creata per l'impiego nel combattimento con funzione di manovra, di comando, d'impiego di tutta l'artiglieria disponibile nel suo ambito, compresa quella delle divisioni dipendenti, con funzioni e logistiche. Fu, quella italiana, una visione anticipatrice dell'evoluzione che il corpo di armata •subì, guerra durante, presso quasi tutti gli eserciti, quando venne gradatamente perdendo la caratteristica di unità autonoma e di base per la lotta; caratteristica che venne, invece acquistata dalla divisione. Il corpo d'_armata conservò la sola funzione di anello intermedio di demoltiplicazione del comando tra l'armata e la divisione. La divisione di fanteria italiana, la cui formazione di pace e di guerra coincidevano (ma non nella forza organica), era costituita su: 2 brigate di 2 reggimenti ciascuna (ogni reggimento 'SU 3 battaglioni ciascuno di 4 compagnie e di 1 sezione mitragliatrici) e 1 reggimento di artiglieria da campagna ( di 4 gruppi, ciascuno di 2 batterie su 4 pezzi) . All'atto della mobilitazione ad ogni divisione di fantéria, inoltre, fu assegnata in organico una compagnia: zappatori del genio. Tale costituzione fissa ed uniforme era pressoché eguale a quella della divisione francese (2 brigate di 2 reggimenti di 3 battaglioni su 4 compagnie ed 1 sezione mitragliatrici; 1 squadrone di cavalleria; 3 gruppi di artiglieria da campagna su 3 batterie di 4 pezzi; 1 compagnia zappatori del genio) che
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aveva in più organicamente uno squadrone di cavalleria e 4 pezzi di artiglieria - e simile, nell'articolazione, a quella austro-ungarica (2 brigate di 2 reggimenti di 3 o 4 battaglioni, con una media totale di 14 battaglioni; unità di artiglieria con 30 pezzi da campagna e 12 obici leggeri campali; 1 compagnia del genio), mentre era alquanto diversa da quella tedesca (2 brigate di 2 reggimenti di 3 battaglioni ciascuno su 4 compagnie ed 1 compagnia mitragliatrici; 1 brigata di artiglieria campale - 54 cannoni da 77 e 12 obici campali leggeri - 1 reggimento di cavalleria; 1 o 2 compagnie di sanità) che aveva maggiore potenza di fuoco e di manovra, e maggiore autonomia tattica e logis·tica. La divisione francese e .quella tedesca avevano, in misura diversa, in organico unità di cavalleria che mancavano nell'ordinamento della divisione italiana (solo a 2 delle 35 divisioni di fanteria italiane - la 34a e la 3Y vennero assegnati 2 squadroni di cavalleria per ciascuna all'atto della mobilitazione). L'ordinamento tattico dell'esercito italiano non prevedeva l'assegnazione organica di unità di cavalleria né ai corpi di armata né alle divisioni; i capi di stato maggiore deU'esercito erano stati più propensi all'assegnazione a ragion veduta piuttosto che a quella organica sia per motivi di economia che d'impiego, ma all'atto pratico i 14 reggimenti non inquadrati nelle 4 divisioni di cavalleria finirono per essere assegnati nella misura di uno, o poco meno, per corpo d'armata. La divisione di cavall:eria italiana era costit>uita di 2 brigate ( ciascuna su 2 reggimenti di cavalleria di 5 squadroni ciascuno) e di 1 gruppo di artiglieria a cavallo su 2 batterie di 4 pezzi; quella francese di 3 brigate (ciascuno su 2 reggimenti di 4 squadroni ed l gruppo ciclisti), 1 brigata di artiglieria a cavallo (2 batterie su 4 pezzi ed 1 gruppo citlisti), 1 distaccamento telegrafisti; la divisione di cavalleria tedesca di 3 brigate (ciascuna su 2 reggimenti di 4 squadroni ciascuno), 1 gruppo di artiglieria a cavallo (2 batterie di 6 ,pezzi ciascuna), 1 o 2 o 3 battaglioni cacciatori (su 4 compagnie), 1 compagnia ciclisti, 1 compagnia mitragliatrici ( 6 armi), l distaccamento pionieri, 1 distaccamento radia:telegrafisti; la divisione di cavalleria austro-ungarica di 2 brigate (ciascuna di 2 reggimenti su 6 squadroni) e di 1 divisione di artiglieria a cavallo (3 batterie su 6 pezzi). La più potente, manovriera ed autosufficiente era senza dubbio quella tedesca, nel cui ambito l'impiego congiunto od alternato della cavalleria e dei cacciatori, nonostante il diverso grado di rapidità dei movimenti, garantiva varietà di procedimenti maggiore di quella delle altre
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divisioni, il oui ordinamento tattico era inteso al prevalente impiego nel combattimento a cavallo. L'ordinamento tattico italiano comprendeva, infine, i corpi dei bersaglieri e degli alpini o truppe da montagna, specialità che trovavano corrispondenza anche presso taluni eserciti stranieri (es. in Francia: i cacciatori a piedi e le chasseurs alpins ). Nell'esercito italiano i bersaglieri per le benemerenze belliche acquisite e per il grande spirito di corpo, e gli alpini per la peculiarità della loro costituzione ed organizzazione, costituivano unità di perticolare capacità operativa. Dei 12 reggimenti bersaglieri con 46 battaglioni a piedi e 12 cidisti: 4 reggimenti, riuniti in 2 brigate (6° e 9°, 11° e 12°), costituirono la divisione bersaglieri, 8 vennero varia. mente assegnati ad alcuni dei 14 corpi di armata come truppe suppletive . Gli 8 reggimenti alpini - riuniti nel 1910 in 3 brigate ( 79) - ed i 3 reggimenti di artiglieria da montagna, rispettivamente con 52 battaglioni e con 14 gruppi, vennero anch'essi in parte messi alle dipendenze, riuniti in gruppi, del III, IV, V e IX corpi di armata ed in parte costituirono un settore difensivo a sé stante - Carnia alle dirette dipendenze del Comando Supremo. Dall'ordine di battaglia del 24 maggio 1915 si rileva che: primo, ad eccezione di 2 Jivisioni Ji cavalleria (3a e 4a) lasciate alle dirette dipendenze del Comando Supremo e di 3 brigate di fanteria (Mantova, Padova e Trapani), una a disposizione del comando della fortezza di Verona e 2 (meno un reggimento) del comando della piazza di Venezia, tutte le altre grandi unità elementari (divisioni e brigate) erano inquadrate nei corpi di armata; secondo, i corpi di armata avevano costituzione dissimmetrica in quanto: 4 (VII, VIII, X, XII) conservavano la formazione binaria del tempo di pace (2 divisioni di fanteria, 1 reggimento di artiglieria da campagna, truppe suppletive); 1 (IX) disponeva, oltre organico, di un raggruppamento di forze da montagna (6 battaglioni alpini e 3 gruppi di artiglieria da montagna) a sé stante; 8 (I, II, III, V, VI, XI, XII, XIV) erano costituiti su 3 divisioni di fanteria o su 2 di fanteria ed 1 di cavalleria (IV e XI) ed 1 (IV) su 3 divisioni di fanteria, 1 divisione bersaglieri e 2 gruppi (A e B) alpini (uno su 8 battaglioni ed 1 gruppo da montagna ed uno su 6 battaglioni ed 1 gruppo da montagna); terzo, i corpi di armata avevano alle dipendenze un reggimento di cavalleria, mentre ad eccezione della 34a e della 3Y, le divisioni di fanteria, non disponevano di unità di cavalleria. Le principali differenze rispetto agli ordinamenti degli altri eserciti erano perciò: l'assenza, al livello di armata, di grandi unità elementari
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in riserva (presenti nell'ordinamento tattico francese ed in quello austro-ungarico); la costituzione dei corpi di armata su di un numero vario di divisioni (negli eserciti francese e tedesco tutti i corpi di armata avevano la formazione binaria del tempo di pace, mentre nell'esercito austro-ungarico fin dal tempo di pace i corpi di armata di Galizia erano costituiti su 3 divisioni e quelli del fronte serbo su 2); l'assenza organica <li unità di cavalleria al livello di divisioni (nell'esercito francese i corpi di armata disponevano organicamente di 1 reggimento di cavalleria su 4 squadroni e le divisioni di fanteria di 1 squadrone; nell'esercito tedesco le &visioni di fanteria disponevano organicamente di 1 reggimento di cavalleria su 4 squadroni). Esisteva dunque, una sostanziale identità concettuale tra i vari ordinamenti e le differenze su tale piano, benchè notevoli, non erano tali da rispecchiare un diverso modo d'intendere l'essenza delle grandi unità. Per il resto, gli ordinamenti o erano uguali o le loro differenze non erano di carattere concettuale, ma determinate dalla maggiore o minore ricchezza di mezzi in relazione al-
le maggiori o minori possibilità finanziarie, industriali e produttive dei singoli Stati ed al più o meno lungo tempo da questi dedicato alla preparazione dei rispettivi eserciti. Nell'esercito italiano l'armata era considerata un complesso di forze, di costituzione variabile in relazione al compito devolutole ed alla zona di operazioni, organizzata armonicamente, strutturata gerarchicamente, dotata di mezzi proporzionati al bisogno, capace di svolgere la propria attività tattico-logistico in condizioni di autosufficienza e sotto l'impulso di una sola volontà. In tutti gli eserciti la forza e la costituzione dell'armata venivano ad essere comprese entro spazi discrezionali molto ampi; all'inizio della guerra, nel 1914, vi erano armate di oltre 300 mila uomini ( 1a armata tedesca del colonnello generale von Kluck) ed armate di 60 mila uomini (6a armata austro-ungarica del feldmaresciallo O. Pocispee), articolate su di un numero vario di corpi di armata ( da 2 a 6) e, in taluni eserciti (francese ed austro-ungarico), con alle dirette dipendenze - oltre le truppe suppletive di artiglieria, del genio, dell'aviazione e l'intendenza - anche grandi unità elementari, specialmente di cavalleria, o raggruppamenti vari di forze non inquadrati nei corpi di armata. Nelle armate dove non erano disponibili grandi unità elementari organiche o complessi di forze similari e l'armata era ordinata solo su corpi di armata, come nell'esercito italiano, essa era soprattutto un organo di comando, di coordinamento e di vita più che di manovra, « un organismo armonicamente costituito con
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un cervello: il comandante; un sistema nervoso: lo stato maggiore un complesso di organi che eseguono la volontà e sentono l'impulso che dal capo emana e che viene loro trasmessa dagli stati maggiori: brigata, reggimenti, battaglioni, squadroni, batterie, servizi,» (80). Là dove le armate avevano la possibilità d'intervenire direttamente nella battaglia, oltre che con il fuoco anche con una propria riserva, l'essenza e la natura della loro azione si realizzavano nella loro completezza. Le armate italiane avevano alle dirette dipendenze solo unità di fuoco ed unità ausiliarie, ma il Comando Supremo si era garantito larghe possibilità di assegnare loro, in caso di necessità, grandi unità complesse ed elementari per lo sviluppo della manovra, avendo mantenuto a sua disposizione 4 cor,pi di armata con 1 O divisioni e 2 divisioni di cavalleria. Il corpo di armata, che aveva rappresentato nel passato la grande unità fondamentale della manovra, conservava presso tutti gli eserciti autonomia d'impiego e di vita - funzioni tattica e logistica -
ma entro limiti diversi nei var1 ordinamenti. Esso,
diversamente dall'armata, era stato costituito dovunque fin dal tempo di pace con tutti i suoi elementi essenziali, sebbene in patte con forza ridotta ed in parte con unità-quadro, ed era stato ordinato su di una formazione rigida ed uniforme che ne facilitava l'ordinato passaggio sul piede di guerra. Là dove i corpi di armata di pace erano tanti quanti necessari in guerra, essi rimasero invariati ne1 numero e nella costituzione; dove, come nell'esercito italiano, all'atto della mobilitazione si rendeva necessario sia costituirne dei nuovi - ne vennero costituiti 2 (XIII e XIV) sia inglobare in essi nuove divisioni di mobilitazione (nell'esercito italiano ne vennero costituite 10, dalla 26a alla 35a), i corpi di armata non potevano necessariamente avere la stessa consistenza ed assere simmetrici. TI corpo di armata tipo, a costituzione rigida, che in tempo di pace comprendeva 2 divisioni (Francia, Germania, Italia), nell'ordinamento tattico .italiano assunse, all'atto della mobilitazione, una fisionomia ed una consistenza diverse da quelle di pace: tutti erano in grado di sviluppare in qualsiasi situazione la massima capacità operativa nello svo1gimento delle operazioni (movimento, sosta, combattimento) e possedevano i mezzi per la conservazione integrale delle forze, ma non costituivano più l'unità di misura di una combinazione di sforzi genericamente valutata e schematizzata a priori entro limiti di spazio e di tempo, anche questi calcolati mediamente a priori. Ognuno di -essi era un complesso di forze ad hoc in grado di assicurare la continuità e la persisten-
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za di uno sforzo manovrato in corrispondenza di una direzione determinata. Il corpo di armata italiano continuava, dunque, ad essere inteso come una grande unità pluriarma tattico-logistico, variamente costhuita - binaria, ternaria, quaternaria - capace di manovrare in proprio, coordinatrice dell'impiego di tutta l'artiglieria organica ed in rinforzo, compresa quella delle divisioni dipendenti. Circa le unità non indivisionate tutti i corpi di armata italiani disponevano organicamente di 1 reggimento di cavalleria su 5 squadroni, 1 reggimento di artiglieria da campagna su 4 gruppi di 2 batterie di 4 pezzi, 1 compagnia telegrafisti, 1 compagnia di sanità, 1 compagnia di sussistenza e organi vari dei servizi. Ogni corpo di armata venne variamente rinforzato, all'atto della mobilitazione, con unità bersaglieri, artiglieria e genio in relazione ai compiti ed ai terreni d'impiego previsti dalla pianificazione operativa. La proporzionalità delle unità organiche non indivisionate era inferiore a quella degli ordinamenti francese, tedesco ed austro-ungarico in quanto: il corpo di armata francese (2 divisioni) disponeva organicamente di 1 reggimento di cavalleria su 4 squadroni, di 1 reggimento di artiglieria da campagna su 4 gruppi di 3 batterie di 4 pezzi e su 1 gruppo di obici campali di 4 batterie di 4 pezzi, di 1 compagnia del genio, di 1 brigata di fanteria di riserva su 2 reggimenti di 2 battaglioni di 4 :ompagnie (senza mitragliatrici) e di unità di servizi; il corpo di armata tedesco (2 divisioni) comprendeva 1 brigata di cavalleria su 2 reggimenti di 4 squadroni, 1 teggimento di artiglieria di 2 battaglioni di 4 batterie di 4 obici da 150 o di 2 batterie mortai da 210 su 4 pezzi, di unità del genio (pionieri, ferrovieri, telegrafisti, aerostieri) e dei servizi; il corpo di armata austro-ungarico (2 o 3 divisioni) disponeva di 1 brigata di cavalleria su 2 reggimenti di 6 squadroni, di 1 unità di artiglieria di 8 obici pesanti campali, di unità del genio e dei servizi. La divisione italiana di fanteria era composta di: 2 brigate su 2 reggimenti di 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 reggimento di artiglieria su 4 gruppi di 2 batterie di 4 pezzi (32), 1 compagnia zappatori del genio; quella francese di: 2 brigate su 2 reggimenti di 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 squadrone di cavalleria (150 cavalieri), 3 gruppi di artiglieria di 3 batterie di 4 pezzi (36), 1 compagnia zappatori de1 genio; quella tedesca di: 2 brigate su 2 reggimenti di 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 brigata di artiglieria su reggimenti di 2 gruppi di 3 batterie di 6 pezzi (54 cannoni e 12 obici campali leggeri), 1 reggimento di cavalleria di 6 squadroni, 1 brigata treno, 1 distaccamento telefonisti, 1 o 2 compagnie
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piomen, 1 o 2 compagnie di sanità; quella austro-ungarica di: 2 brigate di 2 reggimenti di 3 o 4 battaglioni (in media 14 battaglioni per brigata), 1 reggimento di artiglieria con 30 pezzi da campagna e 12 obici leggeri campali, 1 reggimento di cavalleria di 4 squadroni, unità varie del genio e dei servizi. La divisione italiana di cavalleria era composta di: 2 brigate su 2 reggimenti di 5 squadroni, 1 gruppo di artiglieria a cavallo di 4 batterie di 4 pezzi (8); quella francese di: 3 brigate di 2 reggimenti di 4 squadroni, 1 gruppo ciclisti (320 uomini), 1 brigata di artiglieria a cavallo su 2 batterie di 4 pezzi ( 8) ed un gruppo ciclisti (320 uomini), 1 distaccamento telegrafisti; quella tedesca di: 3 brigate di 2 reggimenti di 4 squadroni, 1 gruppo di artiglieria a cavallo (12 pezzi), 1 o 2 o 3 battaglioni cacciatori su 4 compagnie, 1 compagnia ciclisti, 1 compagnia mitragliatrici ( 6 armi), 1 distaccamento pionieri, 1 distaccamento radiotelegrafisti; quella austroungarica di: 6 reggimenti di 4 squadroni e di 2 batterie di artiglieria a cavallo di 6 pezzi ( 12) oltre che di unità del genio. Dall'esame comparativo dei vari ordinamenti tattici, si rileva che quello italiano era ispirato agli stessi criteri-guida degli altri, che le stesse diMerenze erano dettate più da motivi pratici che non dottrinali e che per il resto tutto dipendeva dalla minore disponibilità di personale e di mezzi conseguente dalle diverse condizioni di risorse umane e finanziarie. Un discorso a parte meritano l'assenza organica di unità di cavalleria al livello di divisione d1 fanteria e il diverso rapporto proporzionale esistente nell'esercito italiano in confronto agli altri tra tale arma e le altre. I reggimenti di cavalleria erano stati portati a 30 per avere disponibili 2 divisioni di cavalleria ed 1 reggimento di cavalleria per ognuno dei 14 corpi di armata di prevista mobilitazione. L'assegnazione di un'unità di cavalleria, sia pure modesta come nell'esercito francese, alla divisione di fanteria sarebbe stata quanto mai opportuna sia per garantire in proprio alla divisione l'esplorazione e indirettamente la sicurezza, sia per aumentarne le possibilità di manovra e icompletarne la fisionomia di grande unità pluriarma, come avevano fatto tutti gli altri eserciti sull'esempio di quello tedesco dopo la campagna franco-prussiana del 1870, a cominciare da quello austro-ungarico che fu il primo a seguire l'esempio prussiano assegnando da 2 a 4 squadroni alla divisione. Che i generali Pallio e Cadorna abbiano adottato una soluzione diversa non dipese presumibilmente tanto da indisponibilità di mezzi finanziari e di quadrupedi - dei 35 squadroni necessari
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per assegnarne organicamente uno ad ogni divisione, 30 sarebbero stati recuperati diminuendo da 5 a 4 il numero degli squadroni di ogni reggimento ( aumentando però la forza di ogni squadrone di alcune unità) - quanto da una visione diversa di prospettiva d'impiego riferita alla morfologia della zona delle operazioni. Che cosa di diverso sarebbe accaduto alla prova dei fatti con divisioni di fanteria aventi in proprio unità di cavalleria non è necessario stabilire, ma il fatto che la divisione italiana, debole di m-tiglieria, fosse altresì priva di un elemento di cui disponevano le divisioni di tutti gli altri eserciti, indipendentemente dai terreni d'impiego, diminuiva ulteriormente la capacità operativa della grande unità. Dall'insufficienza finanziaria e di quadrupedi dipendeva, invece, senza dubbio, il modesto valore del rapporto generale esistente nell'ordinamento italiano tra la fanteria e le altre armi e, in particolare, la cavalleria (esercito italiano: 158 reggimenti di fanteria di linea e bersaglieri rispetto a 30 reggimenti di cavalleria; esercito francese: 173 reggimenti e 31 battaglioni cacciatori a piedi rispetto a 91 reggimenti di cavalleria; esercito tedesco: 217 reggimenti e 18 battaglioni di cacciatori rispetto a 110 reggimenti di cavalleria; esercito austro-ungarico: 182 reggimenti di fanteria rispetto a 58 reggimenti di cavalleria). E' da notare, infine, che le divisioni italiane di cavalleria non disponevano organicamente di unità di fanteria e ciclisti come le divisioni francese e tedesca; ma le 2 assegnate rispettivamente a1 VI ed all'XI corpo di armata vennero rinforzate con unità di fanteria e ciclisti all'atto della mobilitazione, mentre le 2 a disposizione del Comando Suprémo rimasero prive di tali indispensabili rinforzi. Le formazioni di guerra delle brigate, dei reggimenti, dei battaglioni e delle compagnie di .fanteria rimasero quelli fissati a suo tempo dal generale Ricotti; le brigate, i reggimenti e gli squadroni di cavalleria assunsero le formazioni di guerra modificate dalla legge n. 515, come pure i reggimenti, i gruppi, le batterie e le compagnie delle varie specialità dell'artiglieria e del genio. In conclusione: un ordinamento tattico che non rivela segni di arretratezza e di ,pigrizia professionale e mentale e ritardi di evoluzione rispetto a quello degli altri eserciti dell'Europa continentale. Al pari della dottrina tattica esso s'ispirava, anzi, al migliore dei modelli del tempo. Le debolezze quantitative e qualitative che ne riducevano la rispondenza armonica ed equilibrata ai bisogni della guerra erano di origine politica ed economica e non coinvolgevano le responsabilità proprie dello stato maggiore che
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era al passo, addirittura sotto qualche aspetto in anticipo, rispetto ai tempi. Non per nulla proprio al generale Pollio si deve l'intuizione strategica dell'eventualità di un ripiegamento dalla linea dell'Isonzo a quella del monte Grappa-Piave. Un'intuizione professionale sulla quale egli stesso impostava un'ipotesi di lavoro che, attuata sul piano operativo oltre 7 anni dopo, provocherà la limpida vittoria della battaglia del solstizio del giugno 1918. Uno stato maggiore di tutto rispetto aveva dal 1908 al 1915 ordinato un esercito capace di qu'ella vittoria. Non ci piace essere prodighi di elogi, anzi per natura siamo inclini alla critica ed ai biasimi, ma non saremmo aderenti alla verità ed alla realtà se non puntualizzassimo, a conclusione dello sguardo panoramico posato sul lavoro di quegli anni, i meriti ed i risultati positivi di quello stato maggiore.
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NOTE AL CAPITOLO XVII (1) Il gettito della classe 1887, ultima chiamata prima della legge n. 763 del 15-XII-1907, fu: inscritti sulle liste di estrazione 500.599; cancellati dalle J.iste, riformati, rivedibili, ecc. 307.330; arruolati in l' categoria 97.381; arruolati in 2' categoria 2; arruolati in 3' categoria 95.886; totale arruolati 193.269; percentuale degli arruolati sul totale degli inscritti 19,45%; incorporati in l' categoria 75.979 (Veds. Ministero della guerra. Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio storico. L'esercito italiano nella grande guerra. Provveditorato Generale dello Stato, Roma, 1927, vol. I bis, allegati n. 5 e n. 6). (2) Legge n. 496, 14-VII-1907 (circolare n. 208, 27 luglio 1907, G.M. 1907, pp. 473-477). . (3) Legge n. 763, 15-XII-1907 (atto n. 211, G.M. 1907, pp. 719-723). (4) L'esercito italiano nella grande guerra, Op. oit., Voi. I bis, allegati n. 5 e n. 6. (5) Circolare n. 258, 5-VII-1908, G.M. 1908, pp. 632-634. (6) Giuseppe Ottolenghi (1838-1904), generale. Partecipò alla campagna del 1859, a quella del 1860-1861 e a quella del 1866. Da colonnello comandò il 27° reggimento fanteria e il 4° reggimento alpini, da brigadiere generale e da maggiore generale tenne il comando della brigata «Re»; da tenente generale comandò la divisione di Torino, il XII ed il IV Corpo d'armata. Fu rniniMro della guerra nel 1902-1903 e comandante del I corpo d'armata nel 1903-1904. Senatore del regno dal 1902. Come ministro abolì le vistose filettature delle uniformi e introdusse grosse economie. Scrisse: Tattica ed operazioni speciali. (7) Ettore Pedotti (1842-1919), generale. Volontario nei Cacciatori delle Alpi nel 1859 e volontario garibaldino nel 1860 in Sicilia. Combatté nel 1866 e, frequentata la scuola di guerra, passò nello Stato Maggiore. Da colonnello comandò il 46° fanteria; da maggior generale la brigata Forlì e la scuola di guerra. Da tenente generale ebbe il comando in seconda del corpo di Stato Maggiore, successivamente comandò la divisione di Roma, e l'XI cd il X Corpo d'armata. Fu ministro della guerra nel 1903-1905, e poi passò a comandare il I Corpo d'armata e successivamente il IV. Fu nominato senatore del regno nel 1903. (8) Legge n. 404, 30-VI-1909 (atto n. 267, G.M. 1909, pp. 8-24-1828) e legge n. 780, 26-XII-1909 (circolare n. 517, G.M. 1909, pp. 1598-1599). (9) Il prospetto delle spese ordinarie e straordinarie dell'amministrazione della guerra dal 1° luglio 1894 al 30 giugno 1915 è riportato nell'allegato n. 8 del vol. I bis dell'Op. cit. L'esercito italiano nella grande guerra. (10) Circolare n. 288, 15-VII-1909, G.M. 1909, ,pp. 912-914 (Legge n. 473). (11) Circolare n. 279, 10-VII-1910, pp. 813-817 (Legge n. 443). (12) Circolare n. 331, 17-VII-1910, pp. 951-964 (Legge n. 511). Circolare n. 319, 17-Vll-1910, pp. 902-927 (Legge n. 515). Circolare n. 332, 17-VIl-1910, pp. 964-965 (Legge n. 530).
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(13) L'esercito italiano nella grande gueffa, Op. cit., Vii. I , pp. 62-63. (14 ) Ibidem, pp. 63-66. (15) Il Cadoma rilevò: scarsezza della forza bi.lanciata (per mobilitare l'esercito di prima linea occorreva utilizzare 13 classi); troppo elevato numero di unità e soprattutto di quadri in Libia (rinuncia a costituire molti battaglioni in patria ovvero loro sostituzione con unità improvvisate per i quali mancavano appunto i quadri); poch=a di nuclei di milizia mobile (improvvisazione della milizia mobile d'impiego in prima linea all'atto della mobilitazione ed in particolare delle batterie campali d 'impossibile improvvisazione); scarsa istruzione delle classi in congedo (rich iami brevi e rari); scarsità dei quadri ufficiali e sottufficiali sia in servizio sia in congedo (mancavano per la mobilitazione 13.500 ufficiali); mancanza di appositi campi di esercitazione, di cartucce e di. munizioni per istruzione; « la campagna di Libia ha prodotto effetti non buoni nella compagine moral,e dei corpi e non ne ha avvantaggiato l'istruzione» (Cadorna); insufficienza delle dotazioni dei corpi (mancavano 200.000 ·serie vestiario; le munizioni per la fanteria raggruppate solo a 700 cartucce e quelle per l'artiglieria campale a soli 1.200 colpi per pezzo); insufficienza dei servizi (dotazioni scarse e spesso antiquate; depositi di benzina; grano cd avena insufficienti e servizi automobilistici ancora in corso di organizzazione); deficienze quantitative e qualitative dell'artiglieria (teoricamente dovevano esservi 96 pezzi per corpo d'armata contro i probabili 144-160 dell'avversario, ma ve ne erano molti di meno; dei 36 reggimenti cttmpali, 5 non erano ancora costituiti e 5 non potevano funzionare come centri di mobilitazione perché privi di magazzini; il materiale Déport non era ancora tutto pronto, per cui si dovevano mobilitare 96 batterie con materiale rigido delle quali 37 con i cannoni da 87 B non adatti al tiro indiretto; i reggimenti pesanti campali avevano gli obici ma erano privi di cannoni e delle 28 batterie di obici solo 14 potevano disporre dei quadri e dei cavalli necessari); armamento della milizia mobile antiquato e non più conosciuto dai richiamati (fucile mod. 70/87) e vestiario antiquato, non di panno e senza disponibilità di cappotti o di mantelline; improbabilità di coprire il fabbisogno di quadrupedi, per affrontare qualunque vigorosa offensiva; scarsezza ed incompletezza delle se7lÌoni mitragliatrici (disponibilità di sole 150 sezioni, delle quali molte non mobilitabili per l'incompletezza delle dotazioni); insufficienza della organiz2Jazione difen!Yiva della frontiera nord-orientale e lungo le coste (mancavano compagnie di fortezza per guarnire tutte le opere già armate). Veds. L'esercito italiano nella [!.rande guerra, Op. dt., Voi. I , pp. 67-69. · (16) R.D. n. 855, 21-VIIl-1914 (oircolare n. 400, G.M. 1914, pp. 1200--1202). (17) R.D. n. 996, 6-Xl-1914 (atto n. 446, G.M. 1914, pp. 1291-1292). (18) R.D. n. 1093, 11-X-1914 (atto n. 501, G.M. 1914, pp. 1408-1410). (19) R.D. n. 1255, 15-XI-1914 (atto n. 571, G.M . 1914, pp. 1605-1606). (20) L'esercito italiano nella grande guerra, Op. cit., Vol. I, p. 71. (21) Ibidem. (22) Atto n. 11, 14-VIl-1898, G.M. 1898, pp. 21-55 (Legge n. 525). Precedeniti:
R.D. n. 4758, 14-VIl-1887 (testo unico), modificato dalle leggi n. 5457, 24-Vl-1888; n. 47, 18-Il-1892; n. 225, 28-Vl-1897; Seguiti: legge n. 285, 7-VIl-1901; legge n. 303, 21-VIl-1903; legge n. 216, 2-Vl-1904; legge n. 300, 3-VIl-1904; legge n. 347, 9-VIl-1905; legge n. 305, 8-VIl-1906; legge n . 343, 12-VIl-1906; legge n. 647, 30-XIl-1906; legge n. 327, 13-Vl-1907; leggi n. 479 e 484, 14-VIl-1907. Le leggi n. 7 del 5-1-1908 (G.M. 1908, .p p. 35-37) e n . 328, 2-VIl-1908 (G.M. 1908,
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pp. 914-921) - ultime in ordine di tempo - apportarono ulteriori varianti al testo unico, e da esse derivarono le tabelle graduali e numeriche di formazione del R.E. e dei servizi dipendenti dall'amministrazione della guerra, sanzionate con circolare n. 135, 25-VIII-1908 (G.M. 1909, pp. 359-462). Tali tabelle, elaborate dal ministro Casana e dal generale Saletta :prima e dal generale Pollio poi, prevedevano: 1. Casa militare di S.M. il Re. Casa militare di S.A.R. il Duca d'Aosta. Casa militate di S.A.R. il Duca di Genova. Casa militare di S.A.R. il conte di Torino. Casa militare di S.A.R. il duca degli Abruzzi. 2. Comando del corpo di stato maggiore: capo di stato maggiore (generale di esercito o tenente generale), comandante in 2.' (tenente generale), generale addetto (tenente o maggior generale), 3 capi ufficio (colonnelli di stato maggiore), 3 capi ufficio (colonnelli o tenenti colonnelli di stato maggiore), 25 capitani di stato maggiore, 31 capitani applicati di stato maggiore, 1 tenente o sottotenente di fanteria o cavalleria ( aiutante di campo), 1 tenente colonnello medico, 1 tenente o sottotenente medico, 1 tenente colonnello o maggiore commissario, 2 capitani commissati, 1 tenente colonnello o colonnello contabile, 1 capitano contabile, 3 tenenti contabili, 7 disegnatori, 1 sottufficiale per la disciplina delle ordinanze di ufficio, 52 sottufficiali scritturali, 8 ufficiali d'ordine dell'amministrazione della guerra (per ufficio amministrazione). 3. C.Omandi di corpo d'armata: 12 (1 comandante: tenente generale, 1 capo di stato maggiore: tenente colonnello o maggiore di stato maggiore, 1 capitano di stato maggiore, 2 capitani applicati di stato maggiore, 1 ufficiale d'ordinanza: subalterno, 1 veterinario: tenente colonnello o maggiore, 1 sottufficiale addetto, 1 sottufficiale portalettere, 3 ufficiali d'ordine delle amministrazioni della guerra). 4. Comandi di divisione: 25 (1 comandante: tenente generale. 1 capo di stato maggiore, tenente colonnello o maggiore o capitano di stato maggiore, 1 capitano di stato maggiore, 2 capitani applicati di stato maggiore, 1 ufficiale d'ordinanza: subalterno, 2 sottufficiali addetti, 1 sottufficiale portalettere, 4 o 3 ufficiali d'ordine della amministrazione della guerra). 5. Comando generale deJl'arma dei carabinieri reali: 1 comandante generale (tenente generale, 2 maggiori generali addetti. 1 colonnello o tenente colonnello segretario, 3 capitani, 2 tenenti. 1 maresciallo di alloggio maggiore a piedi, 3 marescialli d'alloggio ordinari a piedi, 11 brigadieri a piedi, 3 appuntati a piedi, 3 carabinieri a piedi). 6. Arma dei carabinieri: 11 legioni territoriali (654 ufficiali dei quali: 11 colonnelli, 66 tenenti colonnelli, 1 maggiore, 150 capitani, 264 tenenti, 109 sottotenenti. 2 capitani medici. 11 tenenti colonnelli o maggiori contabili, 33 tenenti o sottotenenti contirbili, 7 capitani veterinari). 79 marescialli d'alloggio maggiori, 23 marescialli d'alloggio capi, 1.039 matescialli d'alloggio maggiori, 12 brigadieri o vicebrigadieri trombettieri, 3.186 brigadieri, 1.917 vice brigadieri, 1.153 appuntati, 168 carabinieri trombettieri, 20.130 eatabinieri, 58 ufficiali d'ordine dell'amministrazione della guerra. 7. Arma dei carabinieri: 1 legione allievi (51 ufficiali, 2.257 sottufficiali e truppa) 8. Ispettorato degli alpini: 1 ispettore ( tenente o maggiore generale), 1 capitano di fanteria, 3 sottufficiali, 1 ufficiale d'ordine dell'amministrazione della guerra. 9. <:omandi brigata di fanteria: 48 (1 comandante: maggiore generale, 1 capitano di fanteria, 1 sottufficiale). 10. Reggimenti di fanteria di linea: 96 (cascuno su: 1 stato maggore, 3 battaglioni, 1 deposito: 62 ufficiali, 1.408 sottufficiali e truppa, 3 quadrupedi, 2 ufficiali d'ordine dell'amministrazione della guerra, 2 ufficiali d'ordine dei magazzini militari (per un totale di 5.992 ufficiali, 135.905 sottufficiali e truppa, 550 quadrupedi. 11. Bersaglieri: 11 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 battaglioni, 1 deposito: 61 ufficiali, 1.345 sottufficiali e truppa, 2 ufficiali d'ordine e 2 ufficiali dei magazzini militari, 3 quadrupedi) per un totale di 728 ufficiali, 16.140 sottufficiali e truppa, 66 quadrupedi). 12. Alpini: 7 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 o 4 battaglioni, 1 deposito) per un totale di 457 ufficiali, 14.221 sottufficiali e truppa , 629 quadrupedi. 13. Distretti militari: 88, per un totale di 551 ufficiali, 150 sottufficiali, 367 ufficiali d'ordine, 88 ufficiali d'ordine dei magazzini militari. 14. Comando e personale di governo
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delle compagnie di disciplina e degli stabilimenti militari di pena: 1 comando, 6 compagnie di disciplina, 1 carcere, 2 reclusori, carceri militari preventive: 51 ufficiali, 332 sottufficiali, 19 ufficiali d'ordine, 1 ufficiale d'ordine dei magazzini militari. 15. Ispettore di cavalleria: 1 ispettore (tenente o maggiore generale), 1 tenente colonnello o maggiore addetto, 3 capitani, 1 sottufficiale, 2 ufficiali d'ordine dell'amministrazione della guerra. 16. Comandi di brigata di cavalleria: 4, ciascuno su: 1 comandante (maggiore generale), 1 capitano, 1 sottufficiale. 17. Arma di cavalleria: 24 reggimenti (ciascuno su: 1 stato maggiore, 2 mezzi reggimenti, 6 squadroni, 1 deposito, 44 ufficiali, 996 sottufficiali e truppa, 853 quadrupedi ) per un totale di 1.069 ufficiali, 23.923 sottufficiali e truppa, 21.056 quadrupedi, 24 ufficiali dei magazzini militari. 18. Depositi di allevamento cavalli: 4 (e 2 sezioni staccate) per un totale di 28 ufficiali, 185 sorveglianti e lavoranti, 11 ufficiali d'ordine, 6 esperti, 2 sottoesperti, 18 bis. Depositi cavaUi stalloni: 7 per un totale di 14 ufficiali e 534 sottufficiali e truppa. 19. Ispettorati di artiglieria: 1 ispettore generale (tenente generale), 3 ispettori ( tenenti o maggiori generali) 4 tenenti colonnelli o maggiori, 9 capitani, 1 tenente, 2 ragionieri di artiglieria, 2 capitani, 16 ufficiali d'ordine, 1 sottufficiale. 20. Direzione Superiore delle esperienze di artiglieria: 1 direttore (tenente o maggiore generale), 2 tenenti colonnelli o maggiori, 5 capitani, 3 tenenti, 3 ragionieri, 1 capotecnico, 2 disegnatori, 4 ufficiali d'ordine. 21. Comandi di artiglieria: 9, ciascuno su: 4 ufficiali, 1 sottufficiale, 3 caporal maggiori o caporali. 22. Direzioni di artiglieria: 13, per un totale di 148 ufficiali, 76 ragionieri di artielieria, 30 c,ipotecnici di artiglieria e genio, 16 disegnatori, 129 ufficiali d'ordine. 23. Artiglieria da campagna: 24 reggimenti, ciascuno su: 1 stato maggiore, 3 brigate, 102 compagnie treno, 1 deposito per un totale di 1.103 ufficiali, 21.807 sottufficiali e truppa, 11.197 quadrupedi, 24 ragionieri di artiglieria, 72 ufficiali d'ordine, 48 ufficiali d'ordine dei magazzini militari. 24. Artiglieria a cavallo: 1 reggimento, su: 1 stato maggiore, 3 brigate, 6 batterie, 1 brigata treno (4 compagnie), 1 deposito per un totale di 59 ufficiali, 1.172 sottufficiali e truppa, 1 ragioniere di artiglieria, 3 ufficiali d'ordine, 3 ufficiali d'ordine dei magazzini ·militari. 25. Artiglieria da montagna: 1 reggimento su: 1 stato maggiore, 4 brigate (12 batterie), 1 deposito ed una brigata del Veneto su 3 batterie. In totale: 1 stato maggiore di reggimento, 5 brigate, 15 baHerie, 1 deposito, 89 ufficiali, 2.354 sottufficiali e truppa, 1 ragioniere, 5 ufficiali d'ordine, 3 ufficiali dei magazzini, 2.076 quadrupedi. 26. Artiglieria da costa e da fortezza: 3 reggimenti da costa, 3 da fortezza ed 1 brigata d'artiglieria da costa della Sardegna. Totale dei 3 reggimenti da costa: 3 stati maggiori, 11 brigate, 35 compagnie, 3 depositi. Totale dei 3 reggimenti da fortezza: 3 stati maggiori, 13 brigate, 37 compagnie, 3 depositi. Brigata della Sardegna: 1 stato maggiore, 6 compagnie. Totale generale: 361 ufficiali, 9.519 sottufficiali e tnuppa, 20 ufficiali d'ordine, 14 ufficiali dei magazzini, 43 quadrupedi. 27. Operai d'artiglieria: 5 compagnie per un totale di 5 ufficiali e 501 sottufficiali e truppa (compresi i veterani). 28. Ispettorati del genio: 1 ispettore generale, 2 ispettori, 1 colonnello, 2 tenenti colonnelli, 5 maggiori o capitani, 2 subalterni, 9 ragionieri geometri del genio, 2 disegnatori, 14 ufficiali d'ordine. 29. Comandi del genio: 6, per un totale di 12 ufficiali, 6 sottufficiali, 6 ragionieri geometri, 16 ufficiali d'ordine. 30. Direzioni del genio: 15 ed 11 sottodirezioni per un totale di 147 ufficiali, 181 ragionieri geometri, 50 disegnatori, 270 ufficiali d'ordine, 200 assistenti. 31. Arma del genio: 1° e 2" reggimento ciascuno su: 1 stato maggiore, 4 battaglioni zappatori, 2 compagnie treno, 1 deposito, 62 ufficiali , 1.578 sottufficiali e truppa, 1 ragioniere geometra, 4 ufficiali d 'ordine, 3 ufficiali dei magazzini (totale: 124 ufficiali, 3.162 sottufficiali e truppa, 2 ragionieri geometri, 9 ufficiali d'ordine, 6 ufficiali dei magazzini, 176 quadrupedi). 32. Arma del genio: 3° reggimento telegrafisti su 1 stato maggiore, 4 brigate, 1 sezione radiotelegrafica da campo, 1 brigata specialisti su 2 compagnie, 1 sezione fotografica da campo, 2 compagnie treno, 1 deposito, in totale: 84 ufficiali, 2.317 sottufficiali e truppa, 1 ragioniere geometra, 1
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capotecnico, 4 ufficiali d'ordine, 3 ufficiali dei magazzini, 140 quadrupedi. 33. Arma del genio: 4° reggimento pontieri su: 1 stato maggiore, 3 brigate pontieri (8 com· ,pagnie), 1 brigata lagunari (2 compagnie), 3 compagnie treno, 1 deposito. Totale: 62 ufficiali, 1.510 sottufficiali e truppa, 1 ragioniere, 3 ufficiali d'ordine, 3 ufficiali dei magazzini, 120 quadrupedi. 34. Arma del genio: 5° reggimento genio minatori: 1 stato maggiore, 4 battaglioni minatori (12 compagnie), 1 compagnia treno, 1 deposito, per un totale di 60 ufficiali, 1.518 sottufficiali e truppa, 1 ragioniere, 3 ufficiali d'ordine, 3 ufficiali dei magazzini, 112 quadrupedi. 35. Arma del genio: brigata ferrovieri su: 1 stato maggiore, 6 compagnie, 1 sezione per esercizio di linea, 1 sezione automobilistica, con un totale di 50 ufficiali, 1.184 sottufficiali e truppa, 1 ragioniere geometra, 1 capo tecnico di artiglieria e genio, 4 ufficiali d'ordine, 2 ufficiali dei magazzini, 12 quadrupedi. 36. Corpo invalidi veterani: 1 stato maggiore, 2 compagnie, 11 ufficiali in tutto. 37. Ispettorato di sanità militare: 1 ispettore (tenente generale), 3 maggiori generali medici, 1 colonnello medico, 2 te, nenti colonnelli medici, 2 maggiori o capitani medici, 1 chimico-farmacista ispettore, 1 farmacista capo o farmacista, 9 ufficiali d'ordine, 1 sottufficiale addetto. 38. Direzioni di sanità militare: 12. 39. Ospedali: 27 ospedali militari principali, 3 direzioni ospedali succursali, 12 compagnie di sanità. In totale: 363 ufficiali medici, 83 farmacisti capi o farmacisti, 2.644 sottufficiali e truppa, 88 ufficiali d'ordine, 12 ufficiali dei magazzini. 40. Commissariato: 12 direzioni e numero vario stabilimenti, 12 compagnie di sussistenza. Totale: 314 ufficiali, 2.145 sottufficiali e truppa, 175 nfficiflli cl'orcline, 34 ufficiali dei magazzini, 12 quadrupedi. 41. Scuola di guerra: 22 ufficiali, 4 professori di lettere e scienze, 3 maestri di scherma, 88 sottufficiali e truppa, 7 ufficiali d'ordine, 2 ufficiali dei magazzini, 115 quadrupedi. 42. Comando scuola di applicazione d'artiglieria e genio e accademia militare: 1 comandante (tenente o maggiore generale), 1 capitano, 1 ufficiale d'ordinanza. 43. Scuola di applicazione d 'artiglieria e del genio: 39 ufficiali, 203 sottufficiali e truppa, 3 maestri di scherma, 2 ufficiali d'ordine, 160 e 194 allievi, 230 quadrupedi. 44. Accademia militare: 20 ufficiali, 14 professori, 5 maestri di scherma, 24 sottufficiali e truppa, 1 disegnatore, 8 ufficiali d'ordine, 2 ufficiali dei magazzini. 45. Scuola militare: 50 ufficiali, 56 professori e maestri civili e maestri di scherma, 179 sottufficiali e truppa, 300 allievi, 187 quadrupedi. 46. Scuola di applicazione della sanità militare: 17 ufficiali, 1 maestro di scherma, 4 ufficiali d'ordine, 14 sottufficiali e truppa, 200 allievi. 47. Collegi militari: 2, per un totale di 22 ufficiali, 32 professori e insegnanti e maestri di scherma, 37 sottufficiali e truppa, 2 ufficiali d'ordine. 48. Scuola centrale di tiro di fanteria: 29 ufficiali, 2 maestri di scherma, 1 capotecnico, 1 ufficiale d'ordine, 1 ufficiale dei magazzini, 141 sottufficiali e truppa, 2 quadrupedi. 49. Scuola di cavalleria: 41 ufficiali, 1 maestro di scherma, 489 sottufficiali e truppa, 8 ufficiali d'ordine, 522 quadrupedi. 50. Scuola centrale di tiro d'artiglieria: 5 ufficiali, 1 sottufficiale guardamagazzino. 51. Scuola militare di scherma: 6 maestri di scherma, 5 sottufficiali, 60 allievi. 52. Ufficio di amministrazione dei personali militari vari: 76 ufficiali , 1 sottufficiale, 196 ufficiali d'ordine. 53. Stabilimenti di artiglieria e del genio, di commissariato e farmacia cenu-ale militare: 13 di artiglieria, 1 del genio, 3 magazzini centrali militari, 1 farmacia centrale militare per un totale di 76 ufficiali, 61 ragionieri di artiglieria, 4 ragionieri geometri del genio, 94 ca-pitecnici di artiglieria e del genio, 41 disegnatori, 108 ufficiali d'ordine, 11 farmacisti. 54. Tribunale Supremo di guerra e marina: 1 presidente (tenente generale), 8 giudici (3 ufficiali generali, 3 consiglieri di stato, 2 presidenti di sezione o consiglieri di corte d'appello), 5 giudici supplenti (2 ufficiali generali e 3 consiglieri di stato o di corte d'appello), 1 avvocato generale militare, 2 avvocati generali, 2 segnatori generali, 1 sostituto segretario. 55. Tribunali militari: 13 (13 avvocati fiscali militari, 19 sostituti, 13 segretari principali, 26 sostituti segretari, 15 ufficiali istruttori e sostituti, 23 ordinanze). 56. Istituto geografico militare: 11 ufficiali, 6 ingegneri geografi, 104 topografi, 8 ordinanze, 2 disegnatori.
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Totale degli ufficiali. Stato maggiore generale: 5 generali d'esercito, 46 tenenti generali, 92 maggiori generali, 1 tenente generale medico, 3 maggiori generali medici; in tutto 143 + 4. Corpo di stato maggiore: 15 colonnelli, 3 colonnelli o tenenti colonnelli, 45 tenenti colonnelli o maggiori, 74 capitani; totale: 135. Arma dei carabinieri: 12 colonnelli, 13 tenenti colonnelli, 58 maggiori, 163 capitani, 287 tenenti, 118 sottotenenti; totale: 651. Arma di fanteria: 116 colonnelli, 231 tenenti colonnelli, 397 maggiori, 2005 capitani, 3.950 subalterni; totale: 6.699. Distretti: 44 colonnelli, 44 tenenti colonnelli, 44 maggiori, 176 capitani, 88 subalterni; totale: 396. Arma di cavalleria: 2 colonnelli, 32 tenenti colonnelli, 52 maggiori, 231 capitani, 598 subalterni; totale: 993. Arma di artiglieria: 45 colonnelli, 70 tenenti colonnelli, 131 maggiori, 540 capitani, 929 subalterni; totale: 1.715. Arma del genio: 18 colonnelli, 24 tenenti colonnelli, 45 maggiori, 177 capitani, 290 subalterni; totale: 554. Fortezze: 3 colonnelli, 5 tenenti colonnelli, 10 maggiori, 23 capitani, 22 subalterni; totale 63. Corpo invalidi e veterani: 1 tenente colonnello, 2 capitani, 7 subalterni; totale: 10. Corpo <lella sanità militare: 19 colonnelli, 36 tenenti colonnelli, 115 maggiori, 273 capitani, 216 subalterni; totale: 659. Corpo di commissariato: 12 colonnelli, 12 tenenti colonnelli, 27 maggiori, 117 capitani; totale: 168. Corpo contabile: 1 colonnello, 12 tenenti colonnelli, 48 maggiori, 335 capitani, 769 subalterni; totale: 1.165. Corpo veterinario: 1 colonnello, 4 tenenti colonnelli, 12 maggiori, 75 capitani, 86 subalterni; totale: 178. Ufficiali fuori quadro: 18 colonnelli, 23 tenenti colonnelli, 23 maggiori, 202 capitani, 76 subaltr,rni; tot~le: 342. Giustizia 1uilitare: 1 avvocato generale, 2 sostituti avvocati generali, 13 avvocati fiscali militari, 19 sostituti avvocati fiscali, 15 segretari, 27 segretari sostituti; totale: 77. Ingegneri geografi e topografi: 1 geodeta capo, 2 ingegneri geografi, 1 primo topografo, 16 topografi capi, 87 topografi; totale: 110. Professori e maestri civili: 103. Farmacisti militari: 96. Ragionieri di artiglieria: 168. Ragionieri geometri del genio: 206. Capi tecnici d'artiglieria e del genio: 128. Disegnatori: 120. Ufficiali d 'ordine dell'amministrazione della guerra: 2.314. Ufficiali d'ordine dei magazzini militari: 478. Assistenti del genio: 200. (23) Circolare n. 135, 25-VIII-1908, G.M. 1909, pp. 359-462. (24) Circolare n. 253, 2-VII-1908, G.M. 1908, pp. 587-603. Uffici alla diretta dipendenza del ministro e del sottosegretario di Stato: Gabinetto civile, Gabinetto militare, I spettorato veterinario, Direzione della Rivista Militare. Direzione Generale degli a/fari generali. Direzione generale ufficiali combattenti. Direzione Generale personale civili dipendenti e pensioni. Direzione Generale amministrativa d'artiglieria e del 7.enio. Direzione Generale dei servizi logistici ed amministrativi. Direzione Generale delle leve e truppe. Direzione Generale della Revisione dei conti. Circolare n. 90, 9-III-1910, G.M. 1910, pp. 299-300; circolare n. 109, 10-III-1911 , G.M. 1911, pp. 295-299 (nuovo organico per il personale dell'amministrazione della guerra: 1 sottosegretario di Stato, 6 direttori generali, 1 ispettore del servizio ippico, 4 vice-direttori generali, 8 direttori capi divisione o ispettori superiori, 65 capi sezione o ispettori, 72 primi segretari, 41 segretari. Carriera ragioneria: 1 direttore capo dh,isione, 1 ispettore superiore, 3 capi sezione, 8 primi ragionieri, 8 ragionieri. Carriera d'ordine: 15 archivisti capo, 105 archivisti, 180 applicati, 300 unità personale subalterno, 34 commessi ed uscieri capi, 40 uscieri, 2 legatori di libri. Con circolare n. 344, 25-Vl-1911, G.M. 1911, pp. 1155-1160 - Legge n. 611 - venne stabilito anche un nuovo organico del personale: della giustizia militare, 92 unità; del personale dell'istituto geografico militare, 1 geodeta capo, 3 ingegneri geografi, 90 topografi; dei professori e maestri civili, 58 unità; dei farmacisti, 82 unità. Con circolare n. 161, 7-IV-1910, G.M. 1910, pp. 498-500 vennero nuovamente regolati la nomina, il numero e le attribuzioni <lei commissari militari per le ferrovie e con la circolare n. 32, 18-IIl-1911, G.M. 1911, p. 299 vennero apportate modifiche non sostam:iAli all'ordinamento del ministero.
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(25) Circolare n. 279, 10-VIl-1910, G.M. 1910, pp. 813-817 (Legge n. 443): ruolo speciale tecnico; circolare n. 52, 29-XII-1910, G.M. 1910, p. 1-8; circolare n. 319, 17-VII-1910, G.M. 1910, pp. 902-926 (ruolo tecnico). (26) Atto n. 330, 17-VII-1910, G.M. 1910, pp. 947-950 (Legge n. 531) e atto n. 511, 13-X-1910, G.M. 1910, pp. 1531-1534 (istituzione del grado di generale commissario e di colonnello di amministrazione; organici: 211 ufficiali commissari, 242 ufficiali di sussistenza, 306 ufficiali di amministrazione). (27) Atto n. 378, 13-VII-1911, G.M. 1911, pp. 1232-1234 (Legge n. 723). U corpo di commissariato comprendeva: ispettorato dei servizi di commissariato, 12 direzioni di commissariato, ufficiali di commissariato, ufficiali di sussistenza, 12 compagnie di sussistenza (1 maggiore generale, 12 colonnelli, 15 tenenti colonnelli, 41 maggiori, 142 capitani di commissariato; 12 maggiori, 104 capitani, 126 subal· terni di sussistenza). Il corpo di amministrazione aveva in organico: 1 colonnello, 9 tenenti colonnelli, 24 maggiori, 149 capitani, 173 subalterni. (28) Atto n. 328, 9-VII-1910, G.M. 1910, pp. 945-946. fil (29) Atto n. 329, 9-VIII-1910, G.M. 1910, pp. 946-947. (30) Atto n. 187, 6-III-1913, G.M. 1913, pp. 460-462 (R.D. n. 304). (31) Atto n. 207, 27-III-1913, G.M. 1913, pp. 497-501 (R.D. n . 402): 45 ufficiali, 744 sottufficiali, 1.223 carabinieri, 1.153 quadrupedi. (32) Atto n. 440, ll-IX-1913, G.M. 1913, pp. 1252-1262 (R.D. n. 1174): 3 battaglioni a piedi, 4 compagnie montate, 2 batterie da campagna, 2 batterie da montagna, 3 compagnie da fortezza, 3 compagnie del genio, 2 depositi (1 a Tripoli, 1 a Bengasi), 1 compagnia specialisti . (33) Atto n. 170, 18-III-1915, G.M. 1915, pp. 475-477 (R.D. n. 91, 7-II-1915): 3 sezioni ed 1 ufficio amministrativo e di revisione. (34) Atto n. 212, 28-III-1915, G.M. 1915, pp. 562-563 (R.D. n. 337) e atto n. 238, 1-IV-1915, G.M. 1915, p. 600 (attribuzioni del sottocapo di stato maggiore dell'esercito). (35) Circolare n. 43, 2-II-1908, G.M . 1908, pp. 77-78 (R.D. n. 35). (36) Circolare n. 44, 2-II-1908, G.M . 1908, pp. 78-79 (R.D. n. 36). (37) Circolare n. 430, ll-IX-1910, G.M. 1910, pp. 1286-1287 (R.D. che determina le attribuzioni del maggiore generale commissario ispettore del servizio di com· missariato). Circolare n. 122, 12-II-1911 , G.M. 1911, pp. 343-351 (R.D. n. 132, che fissa le attribuzioni degli ispettori generali di cavalleria, di artiglieria e del genio, e dell'ispettore delle truppe da montagna). Circolare n. 283, 19-VI-1911, G.M. 1911, pp. 906-927: (istruzione sulle attribuzioni dell'ispettore generale di cavalleria, degli ispettori generali e degli ispettori di artiglieria e del genio, dell'ispettore delle truppe da montagna, dell'ispettore capo e degli ispettori di sanità militare e dell'ispettore dei servizi di commissariato). (38) Circolate n. 430, 11-IX-1910, G.M. 1910, pp. 1286-1287. (39) Circolare n. 340, 2-VI-1913, G.M. 1913, p. 1045-1047. (40) Circolare n. 81, 16-II-1908, G.M. 1908, pp. 188-189 (Legge n. 49). (41) Circolare n. 328, 17-VII-1912, G.M. 1912, pp. 964-965: Nuovo regolamento organico e regolamento generale per l'arma dei carabinieri reali; circolare n. 512.
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24-Xl-1910, G.M. 1910, pp. 1534-1535: nuova edizione del Manuale degl!i ,ufficiali in congedo ; circolare n. 174, 23-IV-1909, G.M. 1909, pp. 554-556: Regolamento interno per le varie armi (esclusi i carabinieri); circolare n. 264, 7-VII1910, G.M. 1910, varianti al Regolamento di servi:r.io interno per le varie armi (esclusi i carabinieri); circolare n. 12, 24-Xl-1908, G.M. 1908, pp. 17-39: R.D. n. 756 che approva il Regolamento generale per l'esecu:r.ione del testo unico delle leggi sullo stato degli impiegati civili; Legge n. 290: Stato giuridico degli impiegati civili (circolare n. 275, 25-Vl-1908, G.M. 1908, pp. 669-686); circolare n. 478, 22-Xl-1908, G.M. 1908, pp. 1259-1284: R.D. n. 693 che approva il T.U. delle leggi sullo Stato giuridico degli impiegati civili; circolare n. 237, 6-V-1909, G.M. 1909, pp. 731-746: R.D. n. 272 che approva il ·testo unico delle leru; sullo Stato dei sottufficiali dell'esercito; circolare n. 309, 19-VIl-1909, G.M. 1909, pp. 956-962: legge n. 506 sulle rafferme dei militari del R.E.; circolare n. 254, 30-Vl-1910, G.M. 1910, pp. 784-787: legge n. 362, circa l'adozione della ferma biennale; circolare n. 355, 6-VIl-1911, G.M. 1911, pp. 1184-1185: legge n. 683 sullo Stata dei sottufficiali. (42) L'esercito italiano nella grande guerra, Op. cit., Vol. I, pp. 134-139. (43) Gircolare n. 254, 30-Vl-1910, G.M. 1910, pp. 784-787 (Legge n. 362, circa l'adozione della ferma biennale). Circolare n. 252, 23-Vl-1910, G.M. 1910, pp. 767783 (R.D. n. 348 che approva il Regolamento sul servi:r.io delle rassegne). (44) Circolare n. 52, 29-XIl-1910, G.M. 1911, pp. 164-165; circolare n. 80, 9-11-1913, G.M. 1913, pp. 219-220; circolare n. 51, 4-11-1912, G.M. 1912, p. 90; circolare n. 288, 25-Vl-1914, G.M. 1904, pp. 851-852. {45) I 52 reggimenti di fanteria, numerati dal 111 al 162, costituirono le seguenti 26 brigate: Piacenza (111· e 112"), Mantova (113• e 114'), Treviso (115' e 116"), Padova (117· e 118·), Emilia (119' e 120"), Macerata (121' e 122'), Chieti (123" e 124"), La Spezia (125" e 126' ), Firenze (127" e 128'), Perugia 129' e 130'), Lazio (131' e 132'), Benevento (133" e 134"), Campania (135' e 136'), Barle>tta (137· e 138' ), Bari (139' e 140"), Catanzaro (141' e 142"), Taranto (143' dislocato in Libia; 150' creato solo ncl 1915), Catania (145· e 146"), Caltanissetta (147" e 148' ), Trapani (149' e 150'), Sassari (151" e 152"), Novara (153' e 154'), Alessandria (155' e 156' ), Liguria (157· e 158'), Milano (159' e 160'), Ivrea (161• e 162'). I 13 ,reggimenti di artiglieria da campagna furono numerati da 37 a 49. (46) Circolare n. 396, 30-IX-1909, G.M. 1909, pp. 1318-1326: varianti al Régolamento di disciplina militare per il R.E. (47) Circolare n. 289, 15-VIl-1909, G.M. 1909, pp. 912-914 (Legge n. 473 che costituisce 5 nuovi -reggimenti di cavalleria (2 Jancieri: Mantova e Vercelli; 3 cavalleggeri: Aquila, Treviso, Udine, 1 nuovo reggimento alpini (8°) e 1 nuovo reggimento di .artiglieria da montagna (2°). Gli alpini furono cosi ordinati in 8 reggimenti, 26 battaglioni, 68 compagnie; l'artiglieria da montagna in 2 reggimenti, 8 brigate, 24 batterie. Veds. inoltre, circolare n. 391, 16-IX-1909, G.M . 1909, pp. 1315-1316. (48) Circolare n. 375, 29-IV-1915, G.M. 1915, pp. 958-959 (legge n. 584: costituzione di 1 nuovo reggimento cavalleggeri Palermo). (49) Circolare n. 323, 9-VIIl-1910, G.M. 1910, pp. 929-931. I comandi di divisione di cavalleria compresero: 1 comandante (tenente o maggiore generale), 1 capo di stato maggiore (tenente colonnello o maggiore), 1 capitano addetto in servizio di stato maggio, 2 sottufficiali. Denominazione delle divisioni:
I Friuli,
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II Veneto, III Lombardia, con i comandi dislocati rispettivamente a Udine, Vicenza, Milano. Gli 8 comandi di brigata erano dislocati: 1• Udine, 2• Pordenone, 3• Vicenza, 4• Ferrara, 5" Milano, 6• Panna, 7• Torino, 8a Napoli. (50) Circolare n. 539, 8-X-1911, G.M. 1911, pp. 1630-1631. (51) La legge n. 515, 17-VIl-1910 (Gircolare n. 319, G.M. 1910, pp. 902-926) apportò complessivamente le seguenti variazioni all'ordinamento in vigore:
Esercito permanente Istituzione di una compagnia di fanteria ciclisti per la Sardegna (circolare n. 321, 9-VIII-1910, G.M. 1910, p. 927-928), provvedimento attuato il 1-X-1910; crea.7Jione di 3 comandi di divisione di cavalleria (circolare n . 323, 9-VIII-1910, G.M. 1910, pp. 929-931) provvedimento attuato il 1-X-1910; costituzione di 2 squadroni di rimonta e del reparto di artiglieria dei depositi di allevamento cavalli (circolare n. 539, 8-X-1911, G.M. 1911, pp. 1630-1631), provvedimento attuato il 1-XI-1911; costituzione di 7 nuove batterie di artiglieria da campagna (circolare n. 325, 9-VIII1910, G.M. 1910, p. 937), provvedimento attuato il 7-X-1910; costituzione di 8 nuove compagnie dri artiglieria da fortezza (circolare n. 326, 9-V IIl-1910, G.M. 1910, p. 938), provvedimento attuato il 15-X-1910; costituzione di 7 nuove compagnie di artiglieria da fortezza (circolare n. 353, 18-VI-1911, G.M. 1911, pp. 1170-1172), provvedimento attuato il 1-IX-1911; costituzione di 2 nuove batterie a cavallo (circolare n. 423, 12-VIII-1911, G.M. 1911, pp. 1351-1352), provvedimento attuato il l-XI-1911; costituzione di 6 nuovi reggimenti di artiglieria da campagna (25°, 26°, 28°, 32°, 36°) e dei 2 comandi di reggimento pesante campale con 8 batterie pesanti campali (circolare n. 39, 4-1-1912, G.M. 1912, pp. 70-72), provvedimento attuato il l-III-1912; costituzione di 6 nuove batterie pesanti campali (circolare n. 353, 25-VII-1913, G.M. 1913, p. 1096), provvedimento attuato il 1-XI-1912; costituzione di 1 nuovo reggimento di artiglieria da campagna (circolare n. 21, 21-XII1913, G.M. 1914, p. 38), provvedimento attuato il 1-1-1914; costituzione di 5 nuovi reggimenti di artiglieria da campagna (29°, 31", 33°, 34°, 35°) (circolare n. 585, 19-Xl-1914, G.M. 1914, pp. 1646-1647), provvedimento attuato il 1-I-1915; costituzione del comando del reggimento fer-rovieri del genio, del relativo deposito, di 2 compagnie ferrovieri e di 3 compagnie specialisti del genio (circolare n. 327, 9-VIII-1910, G.M. 1910, pp. 944-945), provvedimento attuato il 1-X-1910; costituzione di 3 nuove compagnie del genio (circolare n. 412, 21-VII-1911, G.M. 1911, p 1324), provvedimento attuato il 1-XI-1911; cambiamento della denominazione dei distretti militari in distretti di reclutamento; cambiamento della denominazione dei depositi allevamento cavalli in deposito allevamento cavalli cui sono addetti squadroni di rimonta e soppressione dell'indicazione del numero; soppres• sione della brigata del Veneto dell'ardg}ieria da montagna; costituzione dei reparti palafrenieri; cambiamento della denominazione dell'artiglieria da costa e fortezza in artiglieria da fortezza; cambiamento della numerazione dei deposici.
Milizia mobile: abolizione del numero delle unità da costituire all'atto della mobilitazione e determinazione del numero di volta in volta e con decreto reale (nell'ordinamento precedente era fissata per legge la costituzione di 51 reggimenti di fanteria di linea con 153 battaglioni, 20 battaglioni bersaglieri con 80 compagnie, 38 compagn4e alpine, 31 squadroni di cavalleria, 63 batterie di artiglieria da campagna, 16 batterie di artiglieria da montagna, 78 compagnie da fortezza e costa, 24 compagnie treno di artiglieria, 54 compagnie del genio, 4 compagnie treno del genio); Milizia teffitoride: abolizione del numero delle unità da costituire all'atto della mobilitazione e determinazione del numero di volta in volta con decreto reale (nell'ordinamento precedente era fissata per legge la costituzione di 324 battaglioni
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di fanteria con 1.296 compagnie, 22 battaglioni alpini con 75 compagnie, 100 compagnie di artiglieria da fortezza, 30 compagnie del genio). L'esercito venne ordinato su: 12 corpi di armata, 25 divisioni territoriali, 3 divisioni di cavalleria, 48 brigate di fanteria, 94 reggimenti di fanteria di linea e 2 reggimenti granatieri (1.153 compagnie e 96 depositi), 12 reggimenti bersaglieri ( 144 compagnie e 12 depositi}, 8 reggimenti alpini (78 compagnie e 8 depositi), 88 distretti di reclutamento, 29 reggimenti di cavalleria (145 squadroni e 29 depositi), depositi allevamento cavalli cui erano addetti squadroni di rimonta (numero vario}, 36 reggimenti artiglieria da campagna (193 batterie, 36 compagnie treno, 36 depositi), 2 reggimenti artiglieria pesante campale (20 batterie, 2 depositi), 2 reggimenti di artiglieria da montagna {24 batterie, 2 depositi), 1 reggimento artiglieria da fortezza (98 compagnie, 10 depositi), 6 reggimenti del genio (69 compagnie, 10 compagnie treno, 6 depositi), 1 battaglione specialisti del genio (5 compagnie), 12 compagnie di sanità, 12 compagnie sussistenza, corpo invalidi e veterani, scuole militari, reparti palafrenieri, istituto geografico militare, stabilimenti d'ar· tiglieria e genio, ospedali militari e farmacia centrale militare, stabilimenti di commissariato, tribunale supremo cli guerra e marina e tribunali militari, stabilimenti di pena, numero vario stabilito con decreto reale delle unità delle diverse armi di milizia territoriale.
Stato maggiore generale: 1 capo di stato maggìore, 4 generali designati per l'eventuale comando dì un'armata, 12 comandanti di corpo d 'armata, 25 comandanti di divisione, 3 comandanti di divisione di cavalleria, tutti gli altri ufficiali generali per un totale <li : 5 generali di esercito, 49 tenenti generali, 97 maggiori generali, 1 tenente generale medico, 3 maggiori generali medici. Corpo di stato maggiore: 17 colonnelli, 3 colonnelli o tenenti colonnelli, 52 tenenti colonnelli o maggiori, 83 capitani, totale: 155. Arma dei carabinieri reali: (1 comando generale, 12 legioni) 12 colonnelli, 1 colonnello o tenente colonnello, 21 tenenti colonnelli, 50 maggiori, 208 capitani, 260 tenenti, 118 sottotenenti, 1 maestro direttore di banda, totale 671 ufficiali. Arma di fanteria: (1 ispettorato delle truppe da montagna preposto alle istruzioni speciali e all'addestramento dei reggimenti alpini e dell'artiglieria da montagna, 48 comandi cli brigate di fanteria, 3 comandi di brigate alpini, 2 reggimenti granatieri, 94 reggimenti di fanteria di linea, 12 ,reggimenti bersaglieri, 8 reggimenti alpini): 116 colonnelli, 256 Lenenti colonnelli, 443 maggiori, 2.166 capitani, 4.208 tenenti o sottotenenti (1/4 di complemento ), totale 7.189 + 96 maestri direttori di banda. Ad ogni reggimento di fanteria ed alpini viene assegnato un nucleo di milizia mobile. I reggimenti di fanteria sono costituiti da: 1 stato mag. giore, 3 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito; i reggimenti bersaglieri da: 1 stato maggiore, 4 battaglioni, uno dei quali ciclisti, di 3 compagnie, 1 deposito; i reg· gimenti alpini da: 1 stato maggiore, 3 o 4 battaglioni di 4 compagnie, 1 deposito. II personale dei distretti di reclutamento è costituito da ufficiali in posizione di servizio. ausiliario. Le compagnie di disciplina e gli stabilimenti militari di pena comprendono: un comando, 4 compagnie di disciplina, 1 carcere, 1 reclusorio; gli ufficiali sono tratti da volontari o dalla posizione ausiliaria. Ufficiali dei distretti di reclutamento: 88 tenenti colonnelli o maggiori, 176 capitani, totale 264. Arma di cavalleria: ( l ispettorato generale dell'arma, 3 comandi di divisione, 8 comandi di brigata, 29 reggimenti ciascuno su: 1 stato maggiore, 5 squadroni, 1 deposito, depositi allevamento cavalli con squadroni di rimonta): 29 colonnelli, 32 tenenti colonnelli, 45 maggiori, 241 capitani, 638 subalterni ( 1/ 4 di complemento), totale: 985.
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Arma di aT1tiglieria: (1 ispettorato generale, 1 ispettorato delle costruzioni di artiglieria, 9 comandi artiglieria da campagna, 4 comandi artiglieria da fortezza, 13 direzioni di artiglieria, 36 reggimenti artiglieria da campagna, 1 reggimento artiglieria a cavallo, 2 reggimenti artiglieria da montagna, 2 reggimenti artiglieria pesante campale, 10 reggimenti artiglieria da fortezza, 1 direzione delle esperienze, stabilimenti di artiglieria, depositi di allevamenti cavalli per artiglieria): 57 colonnelli, 30 tenenti colonnelli, 46 maggiori, 218 capitani, 288 subalterni (1/4 complemento), totale: 610. Il reggimento di artiglieria da montagna era su: 1 stato maggiore, 2 gruppi di batterie, 1 deposito (72 gruppi, 193 batterie, 36 compagnie. treno, 36 depositi); il reggimento a cavallo su: 1 stato maggiore, 4 gruppi di 2 batterie, 4 compagnie treno, 1 deposito; i reggimenti da montagna erano su: 1 stato maggiore, numero vario di gruppi e di batterie, 1 deposito (totale 8 gruppi, 24 batte-rie); il .reggimento artiglieria da fortezza: era su 1 stato maggiore, numero vario di gruppi e di batterie, 1 deposito (totale 3.3 gruppi, 98 compagnie); i reggimenti pesanti campali su: 1 stato maggiore, numero vario di gruppi (totale 8 gruppi, 20 batterie, 2 depositi). Arma del genio: (1 ispettorato generale, 2 comandi delle truppe del genio, 5 comandi territoriali del genio, 6 reggimenti, 1 battaglione specialisti (5 compagnie), 10 compagnie treno, 12 direzioni territoriali, 1.3 sottosezioni ed uffici fortificazioni, numero vario di stabilimenti): 28 colonnelli, 30 tenenti colonnelli, 46 maggiori, 218 capitani, 288 tenenti o sottotenenti, totale: 610. I reggimenti erano su: 1 stato maggiore, 1Ju1m:ro vado ùi battaglioni, 1 deposito {totale 24 battaglioni, 69 compa· gnie, sezioni speciali). Ufficiali da fortezza: aboliti. Corpo sanitario: 26 colonnelli, .36 tenenti colonnelli, 11.3 maggiori, .314 capitani, 274 tenenti o sottotenenti, totale: 7.33. Corpo veterinario: 1 colonnello, 4 tenenti colonnelli, 16 maggiori, 85 capitani, 107 tenenti o sottotenenti. Ufficiali fuori quadro: 19 colonnelli, 23 tenenti colonnelli, 26 maggiori, 181 capitani, 107 tenenti o sottotenenti, totale: .356. L'unità brigata nei reggimenti di artiglieria assume il nome di gruppo, !lll quelli del genio di battaglione. L'ispettorato degli alpini è trasformato <in Ispettorato delle truppe da montagna; 1'1spettorato di cavalleria assume il nome di ispettorato generale di cavalleria; fa direzione superiore delle esperienze assume il nome di dire· zione delle esperienze.
Istituti militari: Scuola di guerra, scuola militare, accademia militare, scuola allievi ufficiali dei carabinieri reali, scuola di applicazione di fanteria, scuola di applicazione di cavalleria, scuola di applicazione di artiglieria e genio, scuola di applicazione di sanità militare, collegi militari, scuola centrale di artiglieria da campagna, scuola centrale di artiglieria da fortezza, scuola magistrale militare di scherma e di educazione fisica. Servizi accessori: personale della giustizia militare, ingegneri geografi o topografi, professori e maestri civili delle scuole, farmacisti militari, ragionieri di artiglieria, ragionieri geometri del genio, capi-tecnici di artiglieria e del genio, disegnatori tecnici, ufficiali d'ordine delle amministrazioni militari dipendenti, ufficiali d'ordine dei magazzini militari, assistenti del genio. I professori ed i maestri sono suddivisi in: professori titolari, professori aggiunti, maestri e maestri aggiunti di scherma e di ginnastica. Milizia mobile: (fanteria, cavalleria, artiglieria, genio, sanità, corpo di commissariato, corpo veterinario): le unità di milizia mobile hanno per centri di for-
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mazione i corpi, depositi e direzione dell'esercito permanente e si costituiscono completando i relativi nuclei che o sono in parte costituiti presso tali enti fin dal tempo di pace con personale tratto dall'esercito permanente o risultano dalla scissione di unità preesistenti. Milizia territoriale : è costituita per presidiare le fortezze e le piaz:z.e dd regno, ma in caso di bisogno o d'invasione del territorio essa può essere chiamata a qualunque operazione di guerra e servizio militare. {52) I decreti istitutivi delle unità di milizia mobile furono emanati con le circolari n. 52 del 29-XII-1910 (G.M. 1910, pp. 164-165), n. 51 del 4-Il-1912 (G.M. 1912, p. 90), n. 80 del 9-II-1913 (G.M. 1913, pp. 219-220), n. 288 del 25-VI-1914 (G.M. 1914, pp. 851-852). (53) Circolare 319, 17-VII-1910, legge 515 (G.M. 1911, pp. 902-926); circolare!. 644, 7-XII-1911, RD. 1282 (G.M. 1911 , pp. 1901-1903). (54) I reggimenti alpini risultano cosl costituiti: 1° con i battaglioni Ceva, Pieve di Teco, Mondovl; 2° con i battaglioni Borgo San Da/mazzo, Dronero, Saluzzo; 3° con i battaglioni Pinerolo, Fenestrelle, Exilles, Susa; 4° con i battaglfoni lntra, Ivrea, Aosta; 5• con i battaglioni Morbegno, Tirano, Edolo, V estone; 6° con i battaglioni Verona, Vicenza, Bassano; 7° con i battaglioni Feltre, Pieve di Cadore, Belluno; 8° con ri battaglioni Udine, Tolmezzo, Genova, Cividale. (Circolare n. 314, 31-VII-1909, G .M. 1909, pp. 914-921). (55) L'esercito italiano nella grande guerra, Op. cit., Voi. I, p. 168. (56) Circolare n. 570, 15-XI-1914, (G.M. 1914, pp. 1602-1605, R.D. n. 1254). (57) Circolare n. 297, 27-Vl-1912 (G.M. 1912, pp. 885-895). (58) Circolare n. 326, 9-VIl-1910 (G.M. 1910, pp. 938-944); circolare n. 353, 18-Vl-1911 (G.M. 1911, pp. 170-1172). (59) Nel 1913 fu raggruppato provvisoriamente il materiale da 70 A per 12 batterie someggiate (ciascuna su 6 pezzi con 7.200 colpi) presso i reggimenti di artiglieria da campagna: 1°. 1D°, 12°, 13°, 22°, 24°. 34°, 36° (1 batteria per ciascuno) 18° e 35° (2 batterie per ciascuno). La batteria del 34° e le 2 del 35°, in attesa della formazione dei detti reggimenti, furono date in consegna al 1°. Il 12-VIIl-1914, decisa la mobilitazione delle batterie da campagna su 4 soli pezzi. vennero mobilitati anche i 12 nuclei someggiati da 70 A; alrri 3 nuclei vennero mobilitati il 1-XIl-1914 ed il 1-1-1915 ne venne mobilitato un altro, il 15-II-1915 venne predisposta l~ costituzione di 2 nuove batterie (17" e 18"). una presso il 100 ed una presso il 33° artiglieria da campagna; il 16 maggio di un'altra presso il 12°; il 30 maggio di un'altra presso il 24°. Il 24-V-1915 le batterie someggiate mobilitate erano 18 cosi ripartite: 2 presso il 1D°, 12° (di cui 2 non ancora mobilitate). 18°, 22°, 24° (clJ cui 1 ancora non mobilitata) 35° reggimento artiglieria da campagna. 1 presso il 1°, 2°, 13°, 31°, 33°. 34°, 1° reggimento <li artiglieria da montagna, 1 presso il deposito fanteria Ozieri. (60) Circolare n. 324, 9-VIIl-1910, G.M. 1910, pp. 932-937; circolare n. 526, 12-XII-1913 , G.M. 1913, pp. 1546-1548 (Istituzione di sezione aerostatiche e foto
elettriche provvisorie per l'artiglieria da fortezza). (61) Circolare n. 415, 31-VIIl-1914, G.M. 1914, pp. 1260-1261.
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(62) Circolare n. 460, 23-IX-1914, G.M. 1914, pp. 1310-1311. Il gruppo specialisti- fu costituito su: 1 sezione fotoelettrica e aerostatica, 1 sezione comu. nicazione. (63) L'esercito italiano nella grande guerra, Op. cit., Vol. I, pp. 168-169. L'artiglieria alla fine maggio 1915 comprendeva: 29 batterie pesanti campali. di obici da 149 A (delle quali 1 di riserva per istruzione delle truppe alle sedi dei reggimenti), 395 batterie da campagna (delle quali: ai depositi centrali ·per scopi speciali o per riserva: 10 da 75/906 e 5 da 75/911; ai reggimenti - depositi - ,p er istruzione o per riserva: 12 da 75/906 e 3 <la 75/911) e 262 su 4 pezzi da 75/906; 9 batterie artiglieria a cavallo (delle quali 1 in riserva) su 4 pezzi da 75/912; 18 batterie artiglieria someggiata su 6 pezzi; 53 batterie artiglieria da montagna (delle quali 3 in distribuzione ai reggimenti per istruzione o ·riserva) su 4 pezzi da 65 A; 46 batterie del parco d'assedio: 12 di cannoni da 149 A (1 a passo Agnerolle), 12 di mortai da 210, (1 a porta Manazzo), 2 di obici da 210 G, 7 di cannoni da 149 G , 7 di obici da 280 A (in corso di costituzione), 6 di obici da 305 (in corso di costituzione). Il 1° agosto 1914 le batterie pronte erano, invece: 14 pesanti campali, 242 campali (su 6 pezzi), 9 a cavallo su 4 pezzi; 12 someggiate su 6 pezzi; 38 da montagna su 4 pezzi; 33 del parco d'assedio (9 obici <la 149 A, 12 mortai da 210 A, 5 obici da 120 G , 7 cannoni da 149 G), In pratica, l'aumento d~e batterie dal tempo di pace a quello di guerra fu, in 10 mesi, di 15 pesanti campali, 153 campali (ma dotate di 4 pezzi anziché 6), 6 someggiate, 15 da montagna, 13 del parco d'assedio. L'artiglieria contraerei, alla quale si era pensato fin dal 1912, ma delJa quale, per difficoltà varie, non si era potuto addivenire alla costituzione se non il 20 gennaio 1915 mediante la creazione del reparto di artiglieria contro-aerei in Nettuno, posto alle dipendenze del 13° reggimento artiglieria da campagna, il 24 maggio 1915 disponeva di soli 5 cannoni (3 cannoni montati su autocarri, dei quali 1 da 75 Ehrhardt, 1 da 75 C, 1 da 37, 2 da 75/911 da campagna resi idonei al tiro contraerei con -ripieghi) e di 2 sole mitragliatrici montate su autocarri (1 da 25 Maxim, 1 da 12 Hotchkiss). I vari passaggi dell'ordinamento del 1908 a quello del 1915 furono segnati da una succe55ione graduale di .provvedimenti: circolare n. 325, 9-VIl-1910, G.M. 1910, p. 537; circolare n. 423, 12-VIIl-1910, G.M. 1911, pp. 1351-1352; n. 644, 7-XII-1911, G.M. 1911, pp. 19011903; circolare n. 39, 14-1-1912, G.M. 1912, pp. 70-73; circolare n. 289, 11-VII1913, G.M. 1913, p. 844; circolare n. 353, 25-VIl-1913, G.M. 1913, pp. 10961097; circolare n. 526, 12-Xl-1913, G.M. 1913, pp. 1546-1547; circolare n . 21, 21-XIl-1914, G.M. 1914, p. 38; circolare n. 570, 15-XI-1914, G.M. 1914, pp. 16021605; circolare n. 585, 19-Xl-1914, G.M. 1914, pp. 1646-1647. Nel 1910 (circolare n. 324, 9-VIIl-1910, G.M. 1910, pp. 132-133) f.urono istituiti 3 nuovi comandi di artiglieria da campagna, 1 nuovo comando a-rtiglieria da fortezza. Sede di stanza dei comandi di artiglieria da campagna: Torino, Alessandria, Milano, Cremona, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli. Comandi artiglieria da fortezza: Genova, Mantova, Roma. (64) Circolare n. 327, 9-VIIl-1910, G.M. 1910, pp. 944-945 (R.D. con il quale si istituiscono un nuovo comando di reggimento del genio, 1 deposito, 2 comand.i di battaglione, 5 compagnie).
(65) Circolare n. 464, 23-IX-1909, G.M. 1909, pp. 1451-1452. (66) Circolare n. 324, 9-VIII-1910, G.M. 1910, pp. 932-937. (67) L'esercito italiano nella grande guerra, Op. oit., Vol. I, p. 169. Il genio fu mobilitato su 6 reggimenti con 14 comandi di battaglione, 114 compagnie e 95 parchi; 43 compagnie zappatori con 42 sezioni telefoniche per fanteria, 23 compagnie telegrafisti, 21 compagnie minatori, 15 compagnie pontieri con 12 equi-
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paggi da ponte, 12 compagnie ferrovieri :più una sezione autonoma di servizio di linea, 14 parchi del genio di corpo d'armata, 35 sezioni da ponte per fanteria e 4 per cavalleria, 4 sezioni tninatori e 4 telegrafiche per cavalleria, 27 sezioni radiotelegrafiche, 117 sezioni fotoelettriche, 5 squadre fotografiche. L'arma era stata riordinata gradatamente; circolare n. 324, 9-VIIl-1910, G.M. 1910, pp. 932-933 (istituzione di un nuovo comando territoriale del genio. Comandi territoriali del genio: Torino (Torino, Alessandria, Genova), Verona (Milano, Verona), Bologna (Bologna, Ancona), Roma (Roma, Erenze), Napoli (Napoli, Bari, Palermo). Uffici delle fortificazioni: Belluno, Udine, Venezia, La Spezia, Maddalena, Taranto; circolare n. 412, 21-VII-1911, G.M. 1911, p . 1324 (R.D. che istituisce un nuovo battaglione presso il 3° reggimento ); circolare n. 689, 27-Vl-1912, G.M . 1912, pp. 885895 (Legge n. 698 che apporta aumenti alle unità delle armi combattenti ed alle tabelle organiche di formazione del R,E.); circolare n. 462, 28.JC-1910, G.M. 1910, p. 1407 (istituzione della sezione aviazione presso il battaglione specialisti) ; circolare n. 101, 10-IIl-1911, G.M. 1911, pp. 277-278 (nuovo ordinamento del battaglione specialisti del genio, di cui alla circolare n. 464, 23-IX-1909, G.M. 1909, pp. 14511452, R.D. n. 709). (68) Circolare n. 462, 28-X-1910, G.M . 1910, p. 1407. (69) Circolare n. 101, 10-111-1911, G.M. 1911, pp. 277-278. (70) Circolare n. 297, 27-VI-1912, G.M. 1912, pp. 885-895 . . (71) Circolare n. 168 e n. 169, 18-10-1915; G.M. 1915, pp. 458475 (RR.DD. che costituiscono il corpo aeronautico militare). Circolare n. 170, 18-IIl-1915, G.M. 1915, pp. 475-477 (R.D. che istituisce la direzione generale dell'aeronautica su 3 sezioni ed 1 ufficio amministrativo e <li revisione). (72) Degli elementi non combattenti furono costituiti: 198 battaglioni di fanteria (dei quali 120 dipendenti dal Comando Supremo, gli altri dal ministero della guerra), 9 battaglioni del genio, 12 di bersaglieri e un numero vario di compagnie prcsidiaric. Dei 198 battaglioni di milizia territoriale: 74 furono costituiti prima del 24 maggio, 64 nell'agosto del 1915, 60 successivamente. (73) Veds., ad esempio, circolare n. 190, 2-V-1909, G.M. 1909, pp. 603-620; circolare n. 220, 26-V-1909, G.M. 1909, pp. 658-659; circolare n. 225, 4-VI-1909, G.M. 1909, pp. 679-701 ; circolare n. 357, 26-VIII-1909, G.M. 1909, pp. 1084-1101. (74) Circolare n. 473, 9-X-J 91O,G ..M. 1910, pp. 1457-1459 (R.D. n. 761 che determina le al tribuzioni degli ufficiali generali designati per il comando di una arma in guerra); circolare n. 542, 20-XII-1910, G.M. 1910, p. 1618 (costituzione degli uffici <li generale designato per il comando di un'armata in guerra a Roma, Firenze, Milano e Napoli: 1 tenente colonnello di stato maggiore, 1 ufficiale inferiore addetto, 1 sottufficiale, 1 aiutante di campo). (75 All'atto dell'entrata in guerra l'esercito venne cosl articolato: 1" armata: III corpo d'armata (5", 6•, 35" divisione), V corpo d'armata (9•, 15', 34• divisione), truppe a disposizione : 1 brigata di fanteria, 16 battaglioni alpini, 2 reggimenti bersaglieri più 4 battaglioni bersaglieri di milizia mobile, 7 battaglioni guardia di finanza più 2 compagnie autonome, 1 squadrone di cavalleria, 16 batterie da montagna, 2 grup.pi di batterie pesanti campali, 1 compagnia e 1/ 2 zappatori del genio, 8 compagnie e 1/2 minatori, 1 compagnia pontieri; 2" armata: II corpo d'armata (3•, 4• e 32• divisione), IV corpo d 'armata (7·, 8·, 33• divisione, divisione bersaglieri, gruppi alpini A e B), XII corpo d'armata (23" e 24• divisione), truppe a disposizione: 2 gruppi di 2 batterie di cannoni da
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149 A, 1 gruppo di 3 batterie di cannoni da 149 G, 2 gruppi di 3 batterie di obici pesanti campali, 2 gruppi di 2 batterie di obici pesanti campali, 16 batterie da montagna (comprese le 10 della divisione bersaglieri e dei gruppi alpini), 8 batterie someggiate, 4 compagnie pontieri, 2 compagnie minatori, 3 squadriglie di aeroplani; 3• armata: VI corpo d'armata (11' e 12' divisione di fanteria, l' divisione di cavalleria), VII corpo d'armata (13' e 14' divisione di fanteria), XI corpo d'armata (21• e 22' divisione di fanteria e 2• divisione di cavalleria), truppe a disposizione: 7 battaglioni guardia di finanza, 1 gruppo di 4 batterie e di cannoni da 149 G, 2 gruppi di 3 batterie di obici pesanti campali, 2 gruppi di 2 batterie di obici pesanti campali, 7 batterie someggiate, 5 compagnie pontieri, 2 compagnie minatori, 5 squadriglie di aeroplani; 4• armata: I corpo d'armata (1•, 2•, 10• divisione), IX corpo d'armata: (17· e 18· divisione), truppe a disposizione: 1 ,reggimento di fanteria della milizia territoriale, 6 battaglioni alpini, 1 battaglione guardia di finanza, 2 gruppi di 2 batterie pesanti campali, 9 batterie d a montagna, 2 batLerie someggiate, 1 compagnia pontieri, 5 compagnie e 1/2 minatori; Zona Carnia (alla diretta dipendenza del Comando Supremo): 16 battaglioni alpini, 3 battaglioni guardia di finanza, 1 squadrone di cavalleria, 6 batterie da montagna, 2 baLterie someggiate, 1 compagnia zappatori, 2 compagnie minatori, 1 compagnia telegrafisti; a disposizione del Comando Supremo: VIII corpo d'armata (16• e 29' divisione), X corpo <l'armata ( 19" e 20- divisione), XIII corpo d'armata (25', 30" e 31' divisione), XIV corpo d'armata (26", 27' e 28· divisione), 3' e 4· divisione di cavalleria, 2 brigate di fanteria (3 reggimenti), 1 reggimento carabinieri, 1 compagnia zappatori, 2 compagnie telegrafisti, 4 compagnie pontieri, 1 compagnia mi· natoti, 3 dirigibili, 4 squadriglie di aeroplani. L'esercito italiano nella grande guerra, Op. cit., Voi. I bis; allegato n. 56). (76) P ietro Marav.igna, Storia dell'arte militare moderna, Op. oit., Vol. III, pp. 203-204.
(77) Al momento dello scoppio della prima guerra mondiale: la Francia mobilitò 22 corpi di armata attivi, tutti su 2 divisioni, meno i corpi VI e Coloniale che ebbero 3 divisioni; 1a Germania mobilitò 25 corpi di armata tutti su 2 divisioni ad eccezione del corpo della Guardia che aveva 2 divisioni di fanteria ed 1 di cavalleria; l'Austria-Ungheria mobilitò 17 corpi di armata dei quali 11 su 3 divisioni e 6 su 2 divisioni . (78) Corpi d'armata dell'esercito i-taliano al 24 maggio 1915. 1· Armata: tenente generale Brusati Roberto. III corpo d'armata (tenente generale Camerana Vittorio): 5" divisione: brigate Cuneo e Palermo, 27° art-iglierfa, (5 batterie), 1 compagnia zappatori del genio; 6• divisione: brigate T oscana e Sicilia, 16° artiglieria (8 batterie), 1 compagnia zappatori del genio; 35' divi-sione: brigate Milano e Parma, 42° genio; truppe suppletive: 7° bersaglieri e XIV battaglione bersaglieri, 8 battaglioni alpini (Morbegno , Tirano, Edolo, Vestone, Val d'Intelvi, Valtellina, Val Camonica, Val Chiese), III battaglione guardia di finanza, 27° ·reggimento cavalleggeri Aquila 6° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 30' batteria da montagna, Il gruppo del 1° reggimento artiglieria pesante campale (2 batterie), 1 battaglione minatori (3 compagnie), 1 compagnia telegrafisti, 1/2 compagnia zappatori. V corpo d'armata (tenente generale Alipindi Florenzio): 9• divisione: brigata Roma e Puglie, 29" reggimento artiglieria campale (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 15• divisione: brigate Venezia e Ab~, 19" reggimento lll'tiglieria campale
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(6 batterie), 1 compagnia zappatori; 34• diviisione: brigate Ivrea e Treviso, 41° reggimento artiglieria campale (6 batterie), 2 squadroni, 1 compagnia zappatori; truppe suppletive: 2", 4°, 8° reggimento bersaglieri e XLI, VLII, XLVIII battaglione bersaglieri, 8 battaglioni alpini (Verona, Vicenza, Bassano, Feltre, Val d'Adige, V aJ Brenta, Val Cismon), V. VII, IX, XVII, XVIII battaglione guardia di finanza di frontiera, 22° reggimento cavalleggeri Catania, 15 batterie di artiglieria da montagna, 5° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 3 1/2 compagnie minatori, .1 compagnia telegrafisti, 2 compagnie zappatori. 2• Armata: tenente generale Frugoli Pietro. II corpo d'armata (tenente generale Reisoli Ezio): 3' divisione: brigate lv,. venna e Forlì, 23° reggimento artiglieria da campagna, (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 4• divisione: brigate Livorno e Lombardia, 26° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 32• divisione : brigate Spezia e Firenze, 48° reggimento artiglieria da campagna (6 batterie), 1 compagnia zappatori; truppe suppletive: IX e X battaglione ciclisti, 11° •reggimento artiglieria campale {8 batterie), VI gruppo del 1° reggimento artiglieria pesante campale (2 batterie), 1 compagnia telegrafisti. IV corpo d'armata (tenente generale Nicoles di Robilant Mruiio): 7• divisione: brigate Bergamo e V a/tellina, 21° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 gruppo artiglieria da montagna {3 batterie), 1 gruppo del 1° reggimento artiglieria pesante campale (2 batterie), 1 compagnia zappatori; s• divisione: brigate Modena e Salerno, 28° reggimento artiglieria campale {8 batterie); 33• divisione: brigate Liguria e Emilia, 40" reggimento artiglieria campale (6 batterie), 1 compagnia zappat01Ji; divisione bersagiieri: 6°, 9", 11° e 12° reggimenti bersaglieri, 1 gruppo aT· tiglieria da montagna (4 batterie), 1 compagnia zappatori; gruppo alpini A: 8 battaglioni alpini (Aosta, Ivrea, I ntra, Cividale, V al Natisone, V al Orco, V al Baltea, Val Torre), 1 gruppo artiglieria da montagna (4 batterie); gruppa alpini B: 6 battaglioni alpini (Pinerolo, Susa, Exilles, Val Pellice, V al Cenischia, Val Dora), 1 gruppo artiglieria da montagna (2 batterie); truppe imppletive: 5° reggimento bersaglieri con V battaglione bersaglieri ciclisti, 4° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 gruppo del 1° reggimento artiglieria pesante campale (3 batterie), 1 compagnia telegrafisti. XII Corpo d'armata (tenente generale Segato Luigi): 23• divisione: brigate Verona e Aosta, 22° reggimento artiglieria da campagna, 1 gruppo del 100 ·reggimento artiglieria da campagna (3 batterie), 1 compagnia zappatori; 24· divisione; brigate Napoli e Piemonte, 36° reggimento artigliercia da campagna (5 batterie + 3 bat· teric da montagna), 1 compagnia zappatori; truppe suppletive: 100 bis reggimento bersa6lieri, 1 gruppo del 10" reggimento artiglieria campale, 1 gruppo del 2° reggimento artiglieria pesante campale (3 batterie), 1 compagnia telegrafisti. 3• Armata: S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia, duca di Aosta. VI Corpo d'armata (tenente generale Raelle Carlo): 11• divisione: brigate Pistoia e Re, 41° reggimento artiglieria campale {8 batterie), 1 gruppo di artiglieria someggiata (3 batterie), 1 gruppo del 1° reggimento artigJ.ieria pesante campale (3 batterie ), 1 compagnia zappatori; 12• divisione: brigate Casale e Pavia, 30" reggimento artiglieria campale (8 batterie), 1 compagnia zappatori; l' divisione di cavalleria: 1• e 2• brigata di cavalleria (13°, 200, 4° e 5° reggimento), 94° reggimento fanteria, 1 battaglione del 20" reggimento fanteria, VIII ed XI battaglioni bersaglieri ciclisti, 1 gruppa di batterie a cavallo (2 batterie), 1 gruppo del 3° reggimento artiglieria da campagna (2 batterie); truppe suppletive: VI e XII battaglioni bersaglieri cicli-sti, II battaglione guardfa di finanza di frontiera, 3° reggimento artiglieria da campagna (6 batterie), 1 gruppa del 2" reggimento artiglieria pesante Cllll1Pale (2 batterie), 1 compagnia telegrafistai, 1/2 squadriglia aeroplani Blériot.
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VII Corpo d'armata (tenente generale Garioni Vincenzo): 13• divisione: brigate Messina e Granatieri di Sardegna, 31° reggimento artiglieria campale, 1 batteria artiglieria someggiata, 1 compagnia zappatori; 14" divisione: brigate Pinerolo e Acqui, 18° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagnia zappatori; truppe suppletive: 2° reggimento aNiiglieria campale (8 batterie), 1 compagnia telegrafisti XI Corpo d'armata (tenente generale Cig1iana Giorgio): 21" divisione: brigata Pisa e 9° reggimento Regina, 35° reggimento artiglieria campale (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 22• divisione: brigate Brescia e Ferrara, 15° reggimento artiglieria campale, 1 compagnia zappatori; 2• divisione cavalleria o distaccamento di S. Giorgio di Nogaro: comando della brigata di fanteria Regina, 2 brigate di cavalleria (7°, 10", 6°, 25° reggimento di cavallel'ia), III e VII battaglioni bersaglieri ciclisti, 10" reggimento fanteria Regina, l battaglione del 14° reggimento fanteria, 1 battaglione del 1° reggimento granatieri, 1 gruppo del 2° reggimento artiglieria pesante cam• pale (2 batterie), 1 gruppo di batterie a cavallo (2), 2 batterie someggit.1te; truppe suppletive: 9° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie}, 1 compagnia pontieri, 1 compagnia telegrafisti. 4• Armata: tenente generale Nava Luigi. I Corpo d'armata (tenente generale Ragni Ottavio): P divisione: brigate Parma e Basilicata, 25° reggimento art!iglieria da campagna (5 batterie), 2 batterie someggiate, 1 compagnia zappatori; 2" divisione: brigate Como e Umbria, 17° reggimento artiglienia da campagna (8 batterie); 10' divisione: brigate M{lrcbe e Ancona, 2if reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 2 compagnie zappatori; truppe supplerive: 21° reggimento cavalleggeri Padova, 8° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagnia telegrafisti, 2 1/ 2 compagnie minatori.
IX Corpo d'armata (tenente genera·le Marini Pietro): 17' divisione: brigate Reggio e Torino, 13° Reggimento artiglieria campale (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 18' divisione: brigate Alpi e Calabria, 33° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 1ruppe oltre organico: 6 battaglioni alpini (Fenestrelle, Pieve di Cadore, Belluno, V al Chisone, Val Piave, Val Cordevole} e 3 gruppi artiglieria da montagna (9 batterie); truppe suppletive: 3° reggimento betst.1glieri, 9" reggimento lancieri Firenze, 1° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagnia telegrafisti. Zona Carnia (tenente generale Lequ:io Clemente): 16 battaglioni alpini Mondovì, Pieve di Teco, Ceva, Borgo San Dalmazzo, Dronero, Saluzzo, Tolmezzo, Gemona, Val d'El/ero, Val d'Arroscia, Val Tanaro, Valle Stura, Val Maira, Val Varaita, Val Tàt.liamento, V al Fetta), VIII, XIX, XX battaglioni guardia di finanza costieri, 1 squadrone del reggimento cavalleggeri Monferrato, 6 batterie d'artiglieria da montagna, 2 batterie someggiate, 2 compagnie minatori, 2 compagnie zappatori, 1 com· pagnia telegrafisti. Truppe a disposizione del Comando Supremo. VIII Corpo d'armata (tenente generale Briccola Ottavio); 16' divisione: brigate Friuli e Cremona, 32° reggimento artiglieria campale (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 29• divisione: brigate Perugia e Lazio, 37° reggimento artiglie~ia da campagna (6 batterie), 1 compagnia speciale del genio zappatori; truppe suppletive: 23° reggimento cavalleggeri Umberto I, 7° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagni« ,relegrafisci.
X Corpo d'armata (tenente generale Grandi Domenico): 29• divisione: brigate Siena e Bologna, 24° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagnia zappatori; 20" divisione: brieMe Savona e C:agliari, 34° reggimento artiglieria da
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campagna (8 batterie), 1 compagnia zappatori; truppe suppletive: 12° R:ggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compagni'a tdegrafisti. XIII Corpo d 'armata (tenente generale Zoppi Gaetano): 25" divisione: brigate Macerata e Sassari, 46° reggimento artiglieria da campagna (8 batterie), 1 compa· gnia zappatori; 30' divisione: brigate Piacenza e Alessandria, 39" reggimento artiglieria da campagna (6 batterie), 1 compagnia zappator-i , 31• divisione: brigate Ckieti e Barletta, 43° reggimento artigl~cria da campagna (6 batterie), 25° reggimento arciglieria ra campagna (3 batterie), 1 compagnia zappatori; truppe suppletive: XiLIX, L, LI battaglioni bersaglieri, 44° reggimento artiglieria da campagna (6 battel'ic), 25° reggimento artiglieria da campagna (3 batterie), 1 compagnia zappatori; truppe suppletive: XLIX, L1 battaglioni bersaglieri, 44° reggimento artiglieria campale (6 batterie), l compagnia pontieri, 1 compagnia rd egrafisti. XIV Corpo d 'armata (tenente generale Morrono Paolo); 26· divi"Sione: brigate Caltanissetta e Catania, 49" reggimento artiglieria campale (6 batter,ie), 1 squadrone cavalleggeri Lucca, 1 compagnia zappatori; 27' divisione: brigate Benevento e Campania, 38" reggimento artiglieria da campagna (6 batterie}, l compagnia zappatori; 28" divisione: brigate Bari e Catanzaro, 45° ·reggimento artiglieria da campagna (6 batterie), 1 compagnia zappatori; -t ruppe suppletive: LVI battaglione bersaglieri, 47• reggimento artiglieria da campagna (6 baHerie}, 3 batterie del 27° e 2 batterie del 19° reggimento artiglieria da campagna, 1 compagnia telegrafisti. Altre unità e truppe: 3• divisione, di cavalleria (12°, 24°, 3°, 8° reggimenti di cavalleria, 1 gruppo artiglieria a cavallo di 2 batterie); 4· d ivisione di cavalleria ( t•, 26°, 19°, 28" reggimenti di cavalleria, 1 gruppo artiglieria a cavallo di 2 batterie); bl'igata Padova; 'brigata Trapani; reggimento carabinieri rea-li su 3 batta· g1ioni; 1 compagnia zappatori; 2 compagnie tdegrafo.ti ; 1 compagnia minatori; 1 compagnia -p ontieri; dirigibili P4, P5, Ml; squadriglie aeroplani : 4' Blériot, 5• Newport, 10' H. Farman. Per ,la completezza dell'ordine di battaglia vedasi pre· cedente nota n. 75. (79) Circolare n. 320, 9-VIIl-1910, G.M. 1910, pp. 926-927 (R.D. che costituisce 3 comandi di brigata alpina: 1• con sede a Cuneo e con alle dipendenze 1° e 2° reggimento alpino, 2• con .sede a Torino e alle dipendenze 3°, 4° e 5° reggimento alpini, 3• con sede a Verona e alle dipendenze 6°, 7° cd 8° alpini). (80) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna, Op. cit., Vol. III, p. 204.
CAPITOLO XVIII
LA GRANDE GUERRA (Parte Prima) l. La nuova fisionomia della guerra. 2. Il fronte occidentale. 3. Il fronte orientale. 4. Il fronte italiano. 5. Capi e gregari e inidoneità offensiva dello strumento. 6. Tattica e tecnica dell'azione difensiva. 7. Tattica e tecnica dell'azione offensiva. 8. Conclusioni sulla dottrina.
1. La guerra iniziatasi nell'agosto del 1914 e conclusasi nel no· vembre del 1918 fu il primo grande conflitto armato dell'epoca industriale. Fu una lotta in grande per il potere economico; chiamò in causa le maggiori potenze e ne impegnò a fondo non solo le forze militari, ma tutte le energie morali e materiali. La posta in giuoco non .fu la conquista di territori, ma il predominio politico-economico. Le armi psicologiche ed economiche vi svolsero un ruolo non meno determinante delle mitragliatrici, del filo spinato, dei cannoni, delle navi di superficie e subacquee. Obiettivo della guerra fu l'annientamento del potenziale economico, oltreché di quello militare. L'Austria-Ungheria ne determinò lo scoppio, ma ben altre furono le cause - molteplici, complesse, profonde dell'incendio e della sua propagazione. Sul piano tecnico-militare rivoluzionò i concetti di spazio, di tempo e di massa e le nuove e diverse dimensioni non furono né previste, né subito percepite, né esattamente comprese. I grandi eserciti nazionali, creati per la salvaguardia dei diritti ·e degli interessi dei singoli Stati, trascinarono con il loro semplice peso le nazioni in una lotta senza limiti. I piani di guerra, una volta messi in moto, elusero il controllo dei capi politici e militari e non si lasciarono più governare. Le forze militari èessarono di essere una macchina quasi a sé stante, capace, se bene oliata, di lavoro autonomo, ma divennero un congegno di un meccanismo assai complicato del quale condizionarono il funzionamento e dal quale furono a loro volta condizionate in misura senza precedenti nella storia.
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La v1S1one che la guerra dette ben presto di sé fu tragica e buia e<l alla fine del 1914, dopo appena sei mesi, il conflitto non aveva più nulla in comune con quello franco-prussiano del 1870, con quello russo-nipponico del 1904-1905 e neppure con quelli più recenti localizzati nei Balcani. Da guerra di movimento e di rapido corso, com'era stata impostata secondo le dottrine del tempo ispirate al prevalere dell'azione offensiva, si era trasformata, contro ogni aspettativa, in guerra di posizione e di logoramento. Fallito, per una serie di motivi sui quali si è tanto discusso, il piano dello Schlieffen ( 1 ), la guerra giunse ad un punto morto p er uscire dal quale nessuna delle due parti possedeva la chiave di volta. Dopo gli scontri iniziali conclusisi senza decisione, la guerra ristagnò nelle trincee; mancò il mezzo per rendere tatticamente attuabile ciò che era strategicamente desiderabile. A quel punto l'alternativa fu tra la soluzione diplomatica e la lotta di logoramento ad oltranza. Ad un accordo onorevole non avrebbe duvulo essere d'impedimento l'avvenuta occupazione di qualche provincia, mentre alla lotta di logoramento avrebbero dovuto opporsi il senso politico e la consapevolezza del reale . Prevalsero l 'irragionevolezza e l'incomprensione dell 'avventura alla quale si sarebbe andati incontro . « La guerra 1914-1918 non p oteva essere vinta; essa poteva solo venire persa per il crollo fin ale della tesistenza da parte dei soldati dell'una o dell'altra parte. I soldati di entrambi gli schieramenti combatterono con tenacia e coraggio, ma alla fine furono i tedeschi a cedere » (2). Quando i tedeschi e gli austro-ungarici cedettero, erano ancora sch ierati su posizioni difensive ubicate fuori dal loro territorio nazionale e le armate tedesche, sebbene avessero perso terreno nel mese che seguì l'ammissione della loro sconfitta, non erano state b attute. « La guerra finì su tutti i fronti all'incirca nel medesimo tempo e questo non fo dovuto che in minima parte a ragioni strategiche. Il collasso dei turchi e dei bulgari non :nenomò la potenzialità bellica dei tedeschi e degli austriaci, ma incise solo sul loro morale. La realtà era che gli austriaci ne avevano avuto abbastanza, e così i tedeschi. La guerra fu persa dalla Germania a causa dell'offensiva del Ludendorff (3 ) del 1918 più ch e per la controffensiva alleata o per il blocco. I soldati tedeschi furono mandati ad infrangersi contro posizioni difensive senza avere i mezzi per conquistarle, proprio com'era accaduto agli alleati negli anni precedenti e, a lungo andare, il loro morale crollò » ( 4 ).
CAP. XVIII • LA GRANDE GUERRA (PARTE PRIMA)
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La stessa cosa era accaduta l'anno prima ai russi dopo l'offensiva del Brusilov (5), la quale scosse le fondamenta della resistenza morale, più che di quella materiale, del popolo e dell'esercito ed aprì la strada alla rivoluzione del marzo ed a quella dell'autunno che portò al potere Lenin. La disfatta di Caporetto, alla quale concorsero anche motivi di ordine tecnico, ebbe la sua vera radice nelle precedenti battaglie offensive dell'Isonzo che si erano dimostrate insaziabili macchine mangia-uomini senza compensi remunerativi di sorta. La crisi morale dell'esercito francese nel 1917 era stata, a sua volta, la conseguenza della dissennata offensiva del Neville ( 6 ), la quale provocò ammutinamenti in sedici corpi di armata, 21.174 casi di diserzione e rivolte di intere unità al grido di « difenderemo le trincee ma non attaccheremo più » e di « non siamo così stupidi da marciare contro mitragliatrici attive». I soldati capirono, prima dei capi, l'inconsistenza in quella situazione della dottrina dcll' offensiva ad oltranza e si resero conto dell'inattuabilità deH'attacco per la indisponibilità di mezzi idonei a condurlo a buon fine. « Fare la guerra significa sempre attaccare » continuò a sostenere il Foch (7), ma la verità è « che le armi senza il coraggio sono inefficaci, ma altrettanto lo sono le truppe più coraggiose del mon<lo ove non siano munite di armi sufficienti per proteggere loro ed il loro morale. Il coraggio si scioglie come neve al sole quando i soldati perdono fiducia nelle armi di cui dispongono » (8). E' stupefacente, addirittura quasi incredibile, come i capi militari avessero dimenticato siffatta chiara e semplice verità e continuassero ad insistere, contro ogni evidenza, nell'imbastire ed ingaggiare battaglie offensive che di regola si esaurivano in grossi insuccessi.
2. li fallimento del piano Schlieffen ebbe una conseguenza decisiva: impedì alla Germania di vincere la guerra. Quali ne siano stati i motivi - l'incapacità professionale del Moltke iunior (9 ) non fu l'ultimo - era troppo tardi quando il Falkenhayn (10), succeduto al Moltke nella carica di capo di stato maggiore il 14 settembre, volle ritentare l'impresa non riuscita al predecessore. I numerosi tentativi del Moltke e del Joffre miranti ad aggirare il fianco occidentale dell'avversario erano andati a monte e lo stesso esito ebbe la battaglia combattuta in ottobre per circa un mese
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attorno a Ypres che rese manifesta la superiorità acquisita dalla difesa sull'attacco. Ypres, inoltre, consentì ai franco-britannici di realizzare la continuità del fronte dalla Svizzera al mare determinando così quella situazione di stallo della guerra sul fronte occidentale dalla quale nessuna delle due parti, nonostante i tentativi di forzare la barriera avversaria o di trovare il modo di aggirarla, riuscì a tirarsi fuori nei successivi 4 anni. I tedeschi vi provarono 2 volte: la prima il 21 febbraio del 1916 a Verdun e la seconda il 21 maggio del 1918 sul fronte della Somme. La battaglia di Verdun, impegnata per vincerla prima che l'impero britannico fosse in grado d'intervenire con la totalità del nuovo esercito nazionale allestito dal Kitchener ( 11 ), sebbene ideata secondo un piano strategico intelligente, semplice e di non difficile àttuazione e secondo la tattica appropriata all'attacco delle grandi fortezze - preponderanza dell'artiglieria ed economia della fanteria - ebbe termine con la vittoria dei difensori che scrissero una delle più belle pagine della storia militare di tutte le guerre. I tedeschi, che nella prima fase (febbraio-giugno) avevano realizzato notevoli guadagni territoriali di alto valore tattico e che avevano messo .fuori combattimento 419 mila soldati francesi, perdendone peraltro 350 mila, nella seconda fase (luglio-dicembre) persero tutti i vantaggi dei 5 mesi precedenti e furono costretti a chiudere la partita, riducendosi alla fine sulle posizioni dalle quali erano partiti. Analogamente nessuna delle 4 offensive franco-britanniche del 1915 - 2 nell'Artois e 2 nello Champagne - ebbe esito migliore. La prima, svoltasi in 2 riprese (20 dicembre 1914-15 gennaio 1915 e 16 febbraio-20 maggio 1915), dopo l'inutile logoramento di 13 divisioni francesi lanciate all'attacco, si estinse per esaurimento della capacità offensiva determinato dallo spaventoso numero di perdite. La seconda - due attacchi simultanei uno della 1• armata britannica agli ordini del generale Haig (12) e l'altro della 10a armata francese di Foch - iniziatasi il 9 maggio e conclusasi il 27 nel settore britannico ed il 18 giugno in quello francese nonostante l'occupazione di qualche tratto di trincea tedesca da parte degli inglesi ed il successo iniziale del corpo centrale del generale Pétain ( 13 ), riuscito ad aprire una falla nello schieramento nemico, fu sospesa dopo che i francesi ebbero perso tra Lens ed Arras 102.500 uomini ed ebbero constatato che il loro tasso di perdite era più del doppio di quello del difensore. Le battaglie dell'autunno, iniziatesi nell'atmosfera di ottimismo creata dal Joffre, ancora convinto di poter aprire brecce nel sistema difensivo tedesco
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con i mezzi disponibili e di poter sfruttare la rottura a condizione di attaccare su larga fronte e di disporre di riser-ve a portata di mano, nonostante l'impiego di 66 divisioni di fanteria e di 14 divisioni di cavalleria, riuscirono in un mese a sbocconcellare le difese tedesche ed anche a romperle in alcuni tratti, sia nello Champagne sia nell'Artois, ma si chiusero senza successo, con perdite assai più elevate per l'attaccante che non per il difensore (190 mila francesi e 50 mila inglesi fuori combattimento contro 140 mila tedeschi). Nel 1916, la grande offensiva della Somme, programmata a Chantilly nel novembre dell'anno avanti, mirante a rompere 1a fronte nemica a cavallo dell'asse Bapaume~Cambrai ed a trasportare la massa di manovra sulle linee di comunicazione svolgentesi nella direzione Cambrai-Le Cateau-Maubeauge, conseguì anch'essa nella prima fase (1-20 luglio) successi tattici notevoli sia nel settore della 3a e 4a armata britannica sia in quello della 68 armata francese; nella seconda fase però, alla quale prese parte anche la 10a armata francese, nonostante l'intervento per la prima volta dei carri armati che pure consentirono agli inglesi di progredire in poche ore su 10 km di fronte per circa 2 km di profondità, la difesa riusd a sbarrare in tempo le brecce prima che l'attaccante potesse dilagare al di là di esse. Negli ultimi giorni di settembre, quando la battaglia finì ( anche se i combattimenti locali si protrassero fino agli ultimi giorni di dicembre), i guadagni si ridussero ad un salente ampio una trentina di chilometri e profondo una dozzina, di nessuna importanza strategica, pagato con 500 mila uomini fuori combattimento contro i 268 mila tedeschi. Nelle offensive del 1917 i franco-britannici sprecarono contro la sola Germania masse di uomini e di ferro ancora maggiori di quelle degli anni precedenti e corsero il rischio, per tale motivo, del cedimento morale dell'esercito francese miracolosamente evitato dal generale Pétain che il 15 maggio prese il posto del Nivelle. Questi, che dal dicembre 1916 aveva sostituito il Joffre, volle nella primavera sferrare una grande offensiva (9 aprile-primi di maggio) che si tradusse in un fiasco completo, anche perché i tedeschi, prevenendo l'azione, ripiegarono in anticipo un tratto della loro fronte su di una posizione arretrata predisposta (linea Sigfrido o Hindenburg) e bruciarono il terreno abbandonato mediante un'infinità di demolizioni, abbattute, distruzioni, inquinamenti e disseminazione di trappole mortali. La grande offensiva del Neville, che impegnò 3 armate britanniche ( 18, 38 e 5•) e cinque francesi (3a,
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4\ Y, 6a e 10") su di una fronte di 40 km, nonché 4.797 bocche da fuoco e 33 milioni di proietti, consegui vantaggi territoriali insignificanti sia nell'Artois, sia nello Champagne, sia a nord dell'Aisne. Nella offensiva delle Fiandre, cominciata 1'11 luglio e terminata il 10 novembre, il generale Haig pagò con 240 mila uomini fuori combattimento le meschine conquiste delle alture di Messines e di Passchendaele. In quella di Malmaison (23 ottobre-primi di novembre), mirante a ridurre il saliente di Laffaux ed a riportare il nemico sull' Ailerte, il generale Pétain riuscì ad impadronirsi dell'altura dello Chemin des Dames ed a mettere fuori combattimento 62 mila tedeschi, ma non raggiunse gli obiettivi voluti e perse il 1O% delle forze impiegate. L'unica offensiva del 1917 che avrebbe potuto avere effetti strategici molto importanti fu quella condotta dai britannici il 20 novembre a Cambrai quando, senza nessuna preparazione di artiglieria, lanciarono 300 carri armati contro la linea Sir/rido riuscendo ad aprire una breccia di 6 km e mezzo di ampiezza e di 8 km di profondità con una perdita di 1500 uomini contro 10 mila progionieti tedeschi e 200 pezzi di artiglieria catturati. « A Ypres per coprire una analoga distanza erano occorsi 4 mesi e la perdita <li 300 mila vite umane» ,(14 ). Ma il successo andò in fumo perché l'unica riserva disponibile per sfruttarlo era la cavalleria la cui mobilità era stata da tempo neutralizzata dalle armi moderne. La grande offensiva del Ludendorff, subentrato al Falkenkayn dopo Verdun nella carica di capo di stato maggiore dell'esercito tedesco, iniziatasi il 21 maggio del 1918 e durata, con l'intervallo di alcune pause, fino al 18 luglio, fu l'unica di tutte quelle del fronte occidentale ad essere molto vicina al successo strategico. Essa passò per 5 fasi (15) e fu sul punto di riuscire a separare le armate alleate e di stringere con le spalle al mare quelle inglesi, ma i successi tattici che i tedeschi conseguirono nella za battaglia della Somme, in quella di Lys ed in quella di Soissons-Reims non produssero effetti strategici a causa dei numerosi errori di condotta e soprattutto dell'indisponibilità di un mezzo idoneo a trasformare il successo tattico in strategico. Accadde così che francesi, inglesi, americani e gli altri alleati, o per un motivo o per l'altro, riuscirono sempre ad arrestare l'attacco o rafforzandosi su nuove posizioni (Somme), o suturando le brecce (Lys), o contrattaccando efficacemente e distruggendo le penetrazioni (contrattacco del 18 luglio di 4 divisioni francesi con 163 carri armati di assalto sul fianco della penetrazione tra Moyenne-Ville e Tricot). Della scarsa attenzione prestata dai tedeschi al carro armato, essi ebbero ben presto a
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pentirsi 1'8 agosto successivo quando il generale inglese Rawlinson (16 ), nel quadro della controffensiva alleata, lanciò all'attacco 456 carri armati, evento che indusse successivamente il generale tedesco Zwhel a dire: « non fu il genio del maresciallo Foch a batterci, ma il generale Tank » ed il generale Ludendorff a scrivere: « gli attacchi in massa dei carri armati ... rimasero da allora in poi il nostro più perico]oso nemico » ( 17 }. Un poi che ebbe breve durata, perché le enormi perdite subite nell'of.fensiva del marzo-luglio e lo scoramento che invase i capi in seguito all'insuccesso indussero i tedeschi in uno stato di prostrazione tal da confessarsi battuti prima di esserlo materialmente.
3. Sul fronte orientale la guerra, nonostante le oscillazioni di 80 km, a volte anche di più, ebbe lo stesso carattere di logoramento e fu impostata su di una strategia e su di una tattica p ress'a poco eguali a quelle del fronte occidentale. Le battaglie offensive non produssero mai effetti strategici diretti e non furono meno sanguinose di quelle combattute altrove. Nei soli anni 1915 e 1916 i russi persero 3 milioni di uomini. Anche qui fu ]'insuccesso di una grande offensiva a provocate il crollo morale dell'impero degli zar, ridotto in verità a mal partito anche dal punto di vista materiale: i russi, alla fine, come i tedeschi e gli austroungarici l'anno dopo, furono stufi di morire per niente contro le barriere trincerate nemiche . La guerra si iniziò in maniera diversa da quella ipotizzata dal piano Schlieffen: gli austro-ungarici, contro ogni attendibile aspettativa, furono respinti dai serbi ed i russi si mossero con rapidità maggiore di quella immaginata riuscendo a battere a Gumbinnen , il 20 agosto, l'armata tedesca lasciata a guardia della Prussia orientale e della Slesia. Hindenburg ( 18} e Ludendorff, spediti in fretta dal Moltke per rimediare alle conseguenze di Gumbinnen, approvarono il piano nel frattempo elaborato dal colonnello Hoffmann ( 19) dello stato maggiore dell'armata battuta, consistente in un'audace manovra per linee interne, e vinsero prima a Tannenberg (26-29 agosto) - « che fu tatticamente il più brillante fatto d'armi della guerra 1914-19 18 » ( 20) e successivamente ( 6 -14 settembre) ai laghi Masuri le armate di Rennenkampf e di Samsonov (21) .
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Nel novembre-dicembre Ludendorff colse a Lodz una nuova brillante vittoria che ebbe per effetto l'irrigidimento del fronte e segnò il passaggio alla guerra di logoramento. Quando, alla fine del 1914, la situazione del fronte occidentale parve priva di sbocchi, il Falkenhayn decise di spostare ad est il centro di gravità della ,guerra e di battere prima il nemico meno forte per poi rivolgersi con tutto l'esercito resosi disponibile contro il più duro. Assicurato uno schieramento difensivo solidamente organizzato e fortemente presidiato sul fronte franco-britannico sl da inquadrare l'azione decisiva ad est in una cornice di assoluta sicurezza ad ovest, i tedeschi sferrarono nel febbraio l'offensiva che si concluse con la vittoria di Augustowo (18 febbraio) nella quale caddero nelle loro mani 100 mila prigionieri e 300 cannoni. Gli effetti operativi della vittoria tedesca vennero, però, neutralizzati pochi giorni dopo dalla reazione russa di Prasnitz, dalla resistenza della piazza forte di Ossowiec e dal contrattacco russo sul fronte del MalwaOstrolenka. L'altra offensiva, condotta questa dagli austro-ungarid nei Carpazi, iniziatasi a metà febbraio, nonostante i progressi nella Bucovina (occupazione di Czernowitz e Kolomea), non solo falli gli scopi principali ai quali mirava, ma si risolse in una sonora sconfitta in seguito alla quale gli auslro-ungarici persero il controllo dei passi dei Carpazi, la fortezza di Przemysl (22 marzo), 170 mila uomini e furono costretti all'arretramento generale della fronte. La grande offensiva di primavera sferrata nei primi giorni di maggio nella regione di Dunajec dalle forze congiunte dei due imperi centrali (la battaglia di rottura di Gorlice-Tarnow) conseguì risultati di grande rilievo, ma i russi, utilizzando lo spazio, coprirono con robuste ed efficaci retroguardie il loro movimento retrogrado di circa 100 chilometri ed irrigidirono la resistenza su di una nuova posizione arretrata, che i tedeschi e gli austro-ungarici, ormai sfiancati, non furono in grado di rompere, anche perché dovettero distrarre parte delle forze per rinviarle sul fronte italiano. Le successive operazioni offensive dell'estate e dell'autunno, miranti ad impegnare a fondo l'esercito russo a nord della Vistola, pur ricche di risultati - rottura del fronte russo dal Narew, ripiegamento russo oltre il Bug, evacuazione russa dal saliente polacco con la caduta di Varsavia (5 agosto), e di Novo Georgewsk e Kovno - si spensero gradualmente di fronte alla resistenza di 3 corpi di armata russi sia per le enormi perdite subite dalle forze del Mackensen (22), sia per il fallimento dell'azione della cavalleria tedesca lanciata invano in profondità. Il nuovo fronte si stabilizzò da nord a sud lungo la Dvina da Riga a Diinaborg.Smor-
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goni-Beresina-alto Niemen-Pinsk-Dubno Tarnopol-est di Crernowitz, segnando la fine del piano offensivo del Ludendorff mirante a risolvere definitivamente entro il 1915 la questione del fronte orientale, dove l'unica offensiva degli imperi centrali che ebbe in quel1'anno successo fu la campagna contro la Serbia, conclusasi con la battaglia di Pristina (19-21 settembre). L'eliminazione della Serbia dallo scenario della guerra rimosse il pericolo fino ad allora incombente sulla frontiera meridionale dell'Austria-Ungheria e dette agli imperi centrali libertà strategica di movimento su di un'ampia fascia di territorio al centro dell'Europa, dal mare del Nord al fiume Tigri. Dopo i rovesci subiti nel 1915, i russi vollero riprendere l'iniziativa e nel marzo attaccarono presso il lago Narocz, nel settore baltico, nel tentativo di attenuare la pressione tedesca su Verdun, preparando nel frattempo la grande offensiva d'estate. Questa, anticipata di un mese rispetto alla data prevista, per alleggerite tempestivamente il fronte occidentale e quello italiano sui quali i tedeschi e gli austro-ungarici agivano con poderose offensive, ebbe inizio il 4 giugno con l'investimento di 300 chilometri di fronte, tra il Prypec e la Romania, mediante 2 sforzi d'ala - uno in direzione di Luck e penetrazione profonda 60 km. Gli imperi centrali dovettero sottrarre con urgenza forze dalla Francia e dall'Italia per accorrere in soccorso di quelle operanti sul fronte orientale, ma il Brusilov continuò egualmente a mietere successi nei mesi di luglio e di agosto sino allo Storkhod a nord ed ai Carpazi a sud. Qui però dovette fermarsi per i contrattacchi sviluppati dai tedeschi lungo l'orlo settentrionale della breccia di Luck e nei Carpazi, per aver lasciato le riserve ammassate a nord e, soprattutto, per la perdita di un milione di uomini. Gli effetti indiretti della grande offensiva del Brusilov « furono maggiori di quelli diretti, anche se altri ne beneficiarono. L'offensiva aveva costretto il Falkenhayn a ritirare truppe dal fronte occidentale e quindi ad abbandonare il suo piano che prevedeva una replica all'offensiva inglese sulla Somme, come pure la speranza di continuare il processo di logoramento delle forze francesi a Verdun; aveva spinto la Romania a decidere l'entrata in guerra al fianco delle potenze dell'Intesa, decisione che avrebbe presto pagata assai cara. Infine provocò la caduta del Falkenhayn, colpevole di aver rovinato la nave per poche lire di pece. Ma questi effetti indiretti - tra l'altro non tutti positivi - furono pagati a prezzo troppo elevato. Brusilov aveva conquistato la Bucovina e buona parte della Galizia orientale ed aveva catturato 350 mila prigionieri, ma per conseguire questo
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risultato aveva perso ,p iù di un milione di uomini, minando cosl alla base, ancor più sul piano morale che su quello materiale, la capacità di combattimento della Russia. Le conseguenze imminenti dell'offensiva del Brusilov sarebbero state la rivoluzione e il crollo della Russia » {23 ). Le operazioni offensive intraprese dal Brusilov, nominato comandante dai rivoluzionari di Pietroburgo del 12 marzo del 1917, non ebbero più successo e furono sufficienti poche divisioni tedesche per arrestarle. La battaglia offensiva in Galizia (1-8 luglio) si concluse con un rapido insuccesso. I tedeschi due mesi dopo occuparono Riga {1 settembre) quasi senza colpo ferire e penetrarono in profondità per 50 km fino al1'occupazione di Jacobstadt, mentre la 12a armata russa continuava a ripiegare senza opporre più nessuna resistenza. Il 15 dicembre a Brest~Litovsk la Russia firmò l'armistizio ed anche la Romania, isolata e circondata da ogni parte, depose le armi. L'obiettivo che la Germania non era riuscita a raggiungere mediante l'offensiva
del Ludendorff del 1916, le venne offerto da quella del Brusilov del 1917.
4. Al momento della sua messa in esecuzione il piano operativo del generale Cadorna per la guerra contro l'Austria-Ungheria non era più attuale. La sorpresa strategica - uno dei presupposti principali era stata neutralizzata dall'anticipata pubblicazione avvenuta a Parigi, all'insaputa dell'Italia, del passaggio dell'Italia dalla neutralità alla belligeranza a fianco dell'Intesa. La situazione militare generale si era fatta sfavorevole all'Intesa per l'inattività dell'esercito serbo, per la sconfitta russa in Galizia, ,per il fallimento della spedizione franco-britannica nei Dardanelli. L 'esercito italiano il 24 maggiò non aveva completato 1a radunata, portata a termine solo 20 giorni dopo. Malgrado ciò e malgrado che le operazioni preliminari non avessero raggiunto che parzialmente gli obiettivi assegnati, il 23 giugno il Cadorna dette il via alla prima battaglia dell'Isonzo che dopo 15 giorni si spense con la perdita di 28 mila uomini. La seconda offensiva, iniziatasi appena 11 giorni dopo, il 18 luglio, e conclusasi il 3 agosto, non ebbe esito migliore è costò la perdita di altri 37 mila uomrn1.
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La terza, che impegnò 246 battaglioni in prima linea, appoggiati da 81 batterie di medio calibro e da 230 di piccolo calibro e che fu preceduta da una preparazione di fuoco durata 3 giorni, si spense per esaurimento (4 novembre) dopo 15 giorni di lotta infruttuosa; né migliore esito ebbe la quarta ( 10-29 novembre), dovuta anch'essa sospendere per l'esaurimento delle truppe e per la deficienza di munizioni, oltreché per le avverse condizioni atmosferiche. In poco più di 5 mesi, dal 23 giugno al 29 novembre, 4 offensive, che investirono il fronte giulio dal monte Nero al mare e che impegnarono costantemente a fondo 2 armate (2a e 3 si conclusero tutte, nonostante la superiorità numerica, la diversa combinazione degli sforzi e l'impeto e lo slancio delle fanterie, con insignificanti guadagni territoriali e con la perdita complessiva di circa 400 mila uomini. 8
),
Inserita nel quadro della cooperazione indiretta con gli alleati, la quinta battaglia dell'Isonzo (11-15 marzo 1916) - che interessò. oltre il settore giulio, anche il Cadore e la Carnia - ebbe caratlere di dimostrazione strategica e mirò ad evitare che il nemico potesse effettuare spostamenti di forze dallo scacchiere italiano a quello franco-britannico, ma sul piano tattico non andò al di là della conquista di qualche posizione nel settore cadorino (col di Lana e passo della Sentinella) e non servì a migliorare la situazione del fronte giulio, dove i ripetuti attacchi della 3a armata contro il monte San Michele s'infransero tutti di fronte alla tenace resistenza degli austroungarici. Diversi i risultati sul piano tattico e su quello psicologico della sesta offensiva dell'Isonzo che, iniziatasi il 4 agosto e conclusasi il 16, cogliendo di sorpresa il nemico appena reduce dal fallimento della strafe-expedition, consentì la conquista del Calvario, del Sabotino, del S. Michele e di Gorizia e la penetrazione sul Carso fino all'allineamento Nad-Logem"Oppacchiasella-Crni hrib-Debeli. Il successo esaltò lo ,spirito ed il morale deli'esercito e della nazione, mortificati da oltre un anno di guerra di logoramento e depressi dall'enormità delle perdite subite e, per contro, .preoccupò ed accorò i comandi e le unità degli eserciti nemici tanto che il Falkenhayn scriverà nelle sue Memorie che 1a vittoria italiana di Gorizia « ebbe sfavorevole influenza sul fronte orientale, non soltanto per il comando supremo austro-ungarico ma per la condotta della guerra in generale » ed aggiungerà che essa « fu l'epilogo dell'errore del Conrad di volere attaccare gli italiani dal Trentino» {24 ). Ma la VI battaglia dell'Isonzo si chiuse, in definitiva, con il preva-
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lere della difesa, che arrestò in profondità la penetrazione dell'attacco riuscendo a raccordare le nuove alle vecchie posizioni ed a ristabilire e ad irrigidire la fronte, tanto che le tre successive offensive italiane - VII battaglia dell'Isonzo {14-16 settembre), VIII {10-13 ottobre) e IX {1-4 novembre) - tendenti ad estendere l'avanzata dal Vipacco al mare, premendo nel contempo sui settori trentino e cadorino, non ebbero nell'insieme altro risultato positivo che la costituzione di un saliente sul Carso spinto sino a Castagnevizza, mentre nella sola VIII battaglia andarono persi, tra uccisi e feriti, 657 ufficiali e più di 20 mila gregari. Nel febbraio del 191 7, in 'base agli impegni alleati di Chantilly, l'esercito italiano, nel quadro delle operazioni contemporanee sulle altre fronti, avrebbe dovuto riprendere l'azione offensiva nel settore giulio, ma non lo potè fare per le avverse condizioni meteorologiche che lo costrinsero a rimandare -l'azione a primavera inoltrata. La X offensiva ebbe così inizio solo il 12 maggio e si concluse il 28 con la conquista di una striscia di terreno profonda da 1 a 4 km e con l'eliminazione della tenaglia nemica stretta attorno al saliente del Carso, ma senza l'occupazione dell'Hermada che era l'obiettivo principale della battaglia. Essa costò la perdita di 150 mila uomini contro i 125 mila dei difensori. Un'altra offensiva della 6a armata sull'Ortigara, sferrata 6 giorni dopo la X battaglia sull'Isonzo, ebbe esito del tutto negativo; l'ultima offensiva italiana dell'Isonzo, l'XIa, decisa in base agli accordi alleati di Parigi del luglio - per i quali l'Italia avrebbe dovuto impegnare con le maggiori forze possibili l'Austria-Ungheria per alleggerire la fronte russo-romena e per rallentare fa spinta austro-tedesca in Galizia - ebbe inizio il 17 e durò fino a1 31 agosto; ripresa il 4 settembre nel settore del Vipacco 1per la conquista del monte S. Gabriele, venne definitivamente sospesa alcuni giorni dopo (22-29 settembre) anche per le notizie di -un prossimo attacco congiunto delle forze austro-tedesche sul fronte italiano. Nella XP battaglia dell'Isonzo furono impegnati i quattro quinti dell'intero esercito (600 battaglioni sugli 887 disponibili) raggruppati nella 2a e 3a armata, destinate l'una (28 ) alla conquista dell'altopiano della Bainsizza fino al vallone di Chiapovano e l'altra (38 ) alla conquista dell'altopiano di Comen. La 2a armata riuscì a varcare l'Isonzo ed a penetrare nella Bainsizza per una profondità di circa 8 ~m, ma non ad impossessarsene in toto e soprattutto non riuscì a provocare la caduta o la sudditanza del campo trincerato di Tolmino. La 3a armata ottenne risultati territoriali modesti riuscendo solo a spostare di poco in avanti la linea del contatto attorno
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all'Hermada che, come il S. Gabriele, rimase nelle mani del nemico anche dopo gli attacchi della seconda fase (4-29 settembre). Le perdite subite furono più del doppio di quelle inflitte: 166 mila uomini (40 mila morti, 36 mila feriti, 28 mila prigionieri) contro 71.352 del nemico (7.352 morti, 36 mila feriti, 18 mila prigionieri). Dal maggio all'ottobre del 1917 l'esercito perdette circa 680 mila uomini fra morti, feriti, prigionieri e malati. Delle tre principali offensive austro-ungariche sul fronte italiano degli anni 1916-1917: la ,prima fallì di fronte alla resistenza della 1a armata italiana; la seconda, vittoriosa sul piano tattico, sfiorò il successo strategico senza saperlo afferrare in tempo e, alla fine, nonostante i vantaggi territoriali conseguiti e l'enormità delle perdite inflitte al difensore, risultò sterile di risultati decisivi; la terza venne arrestata sulle sponde del Piave dalla ritrovata volontà di resistenza della nazione e dell'esercito. La stra/e expedition, voluta dal Conrad contro il parere del Falkenhayn e affidata alla direzione dell'arciduca Eugenio {25), impegnò 2 armate austro-ungariche {3a e 11 forti di 14 divisioni, e appoggiate da 60 batterie di grosso calibro, ed ebbe come obiettivo lo sfondamento della fronte italiana del Trentino ed il successivo sbocco in piano da Thiene a Bassano per prendere alle spalle le forze italiane del fronte giulio. Iniziatasi il 15 maggio ed articolatasi in 3 fasi (26 ), durò fino ad agosto, segnando punte di ,penetrazione inquietanti per il difensore in Vallarsa, in val Posina e sull'altopiano di Asiago; si concluse di fronte all'ultimo allineamento difensivo italiano appoggiato alle posizioni Coni Zugna-PasubioJNovegno-Cengio-Maso davanti alle quali, anzi, gli austro-ungarici dovettero ripiegare, cedendo parte del terreno conquistato, in seguito alla controffensiva degli altopiani sferrata dal generale Cadoma non appena ebbe la percezione dell'esaurimento della capacità offensiva del nemico, derivato anche dalla sottrazione di 4 divisioni che il Conrad dovette spedire in fretta sul fronte orientale per l'offensiva del Brusilov. Protagonisti della sconfitta degli austro-ungarici furono prima di tutti i soldati della 1a armata italiana e in secondo ·luogo le forze della 5a armata inviate in loro ausilio, ma gran merito va attribuito al generale Cadorna che ideò e condusse la brillante manovra per linee dnterne che ripetè subito dopo per trasferire nuovamente sul fronte giulio, senza darne segno al nemico, '1e forze necessarie allo sviluppo della Via battaglia dell'Isonzo. L'impiego della Y armata, nel pensiero del generale Cadorna, si ispirò al principio della libera disponibilità delle proprie forze 3
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razionalmente economizzate. Con tale massa di manovra egli previde di contromanovrare offensivamente nella direzione e nel momento più favorevoli. « Il generale Cadorna, sino dal prindpio della battaglia di rottura iniziata dal nemico aveva preveduto la necessità di manovrare in ritirata ... Dato il rapporto delle forze in presenza sul fronte attaccato, che l'aliquota di forze che tempestivamente sarebbero potute giungere a rincalzo immediato non poteva modificare, e calcolato il tempo necessario per costituire una massa idonea alfa contromanovra, l'eventualità che l 'avversario riuscisse a sboccare in piano tra Leogra e Brenta presentava le maggiori probabi1ità che si avverasse. Il generale Cadorna pose, infatti, tale ,probabilità a base del suo concetto operativo, consistente nell'impiego della Y armata per contrattaccare l'avversario alfo sbocco in pianura, anziché impegnare successivamente ed a spizzico le forze di essa per arginare prima e reagire poscia sugli altopiani all'azione nemica. Per tale bisogna egli si sarebbe limitato a proiettare sul fronte difensivo soltanto le forze suffiicenti ad arginare la pressione dell'attaccante ... una manovra, insomma, in ritirata del tipo classico che il generale Cadorna, unico tra tutti i generali degli eserciti allora in campo, osò concepire, con la visione esatta degli inestimabili vantaggi che avrebbe recato ... una ritirata voluta in vista dell'atto controffensivo, di fronte ad una inevitabile profonda penetrazione d eJl'offensiva avversaria nel territorio nazionale» ,(27). Il generale Cadorna, in sintesi, con una manovra del tipo napoleonico, destinò la propria massa di forze prima per la controffesa sulla fronte trentina, e successivamente la impiegò sulla fronte giulia impegnandola nella vittoriosa battaglia di Gorizia. La seconda offensiva austro-ungarica sulla fronte italiana s'iniziò poco più di un mese (24 ottobre 1917 ) dopo il termine della Xla battaglia sull'Isonzo, dalla quale come abbiamo accennato l'esercito italiano era uscito stremato moralmente e fisicamente, ed ebbe uno sviluppo ed un epilogo rapidissimi: gli austro-ungarici con il concorso dei tedeschi, partendo daHa testa di ponte di Tolmino, contro la quale invano per oltre due anni gli italiani si erano accaniti, ruppero la fronte a Caporetto e raggiunsero in 4 giorni Udine (28 ottobre), in 7 il Tagliamento {31 ottobre) ed in 17 il Piave {9 novembre). « Rivedendo il dramma di Caporetto nella più limpida luce della storia» - scrisse Liddel Hart - « vi è ragione di pensare che eccessivo fu l'accento posto sull'effetto della propaganda nemica e sediziosa e che il motivo .prindpale per cui la resistenza crollò molto presto fu lo stesso che nella primavera precedente si era fatto sentire in Francia: le truppe erano moralmente stanche, in quanto dopo es-
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sere state incessantemente scagliate contro le mitragliatrici nemiche la loro volontà di combattere si era logorata. La minaccia del disastro incombente sul Paese finl col gettare poi una nuova luce sulla situazione, ed animò di slancio e di spirito di sacrificio un dovere che gli italiani, combattendo sul Piave con le spalle al muro, svolsero in modo onorevole, anzi addirittura eroico » (28). All'abbattimento morale dell'esercito e del Paese - alimentato dalla propaganda dei disfattisti - si aggiunsero errori tecnici e colpe gravi di taluni capi e, in particolare, dello stesso generale Cadorna e del generale Capello {29) comandante della 2" armata. « Considerando il peso relativamente esiguo dell'attacco, gli uomini e i cannoni di cui egli (il Cadorna) disponeva sarebbero stati sufficienti per arginarlo efficacemente, ma la loro distribuzione lungo il fronte non rispecchiava le condizioni esistenti sui diversi settori. Truppe già molto provate furono tenute troppo a lungo sulle posizioni di massimo logorio. In tal modo la cattiva distribuzione di uomini e artiglierie si combinò - tra l'altro - con l'abilità del nemico nell'individuare i punti vulnerabili del fronte italiano per dar luogo a un successo austroungarico-tedesco sproporzionato ai mezzi impegnati... Eppure è a dir poco strano che, sebbene i dati informativi disponibili indicassero specificatamente il settore di Caporetto, i 25 chilometri di fronte di questo settore fossero presidiati soltanto da poco più di un battaglione .per chilometro contro i 5 battaglioni per chilometro schierati più a sud (30). La terza offensiva austro-ungarica, o meglio la prosecuzione della seconda, s'iniziò 11 10 novembre e si protrasse sino alla fine di dicembre sull'improvvisata fronte Grappa-Montello-mare sulla quale il generale Cadorna, sostituito dal generale Diaz {31 ), aveva divisato di arrestare definitivamente il nemico. Per due volte - la prima dal 1O novembre al 26 e fa seconda dall'll al 21 dicembre - gli austro-ungarici, con forze sempre più imponenti, tentarono di rompere le difese italiane della 18, 48, 3a armata e del corpo di armata speciale (32) senza riuscire né a passare il Piave, né a far crollare la resistenza del Grappa e degli ahopiani. In entrambe le fasi della lotta la difesa ebbe ragione dell'attacco. Il 1917, un anno che avrebbe potuto essere fatale per l'Italia, fu, invece, mercé la vittoriosa manovra di arresto, il preludio della riscossa definitiva ,perché « fu proprio grazie a questa coraggiosa ed efficace resistenza che, riaffermando la propria tempra di combattenti, gli italiani gettarono le basi morali della loro rivincita del 1918 » (33).
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L'ultima grande offensiva austro-ungarica, preceduta da un'azione diversiva nel settore del T anale iniziatasi il 13 giugno e spentasi gradualmente nei giorni successivi, investì le posizioni italiane dagli altopiani al Montello e da Nervesa al mare. Si articolò in 2 fasi: nella prima (15-18 giugno) gli austro-ungarici agirono con uno sforzo dimostrativo nel settore montano (val d'Assa-monte Grappa) e con uno massivo sul Piave (Montello-basso corso del fiume in corrispondenza di Salettuol, Fagarè e San Donà) riuscendo a conseguire vantaggi iniziaili notevoli in entrambe le azioni; nella seconda (19-25 giugno) furono costretti a ripiegare sulla riva sinistra del fiume abbandonando tutte le posizioni di riva destra conquistate nella prima fase, compresa la testa di ponte di Capo Sile e sgomberando, dal 2 al 6 luglio, anche il terreno compreso tra il Piave vecchio ed il nuovo, da lntestadura alla foce, che avevano mantenuto sempre in loro possesso. Il fal1imento di questa ultima offensiva segnò l'inizio della fine dell'impero asburgico perché da esso ebbe origine il rapido processo di disintegrazione morale che minò alla base la volontà di sopravvivenza di un impero che aveva scritto pagine decisive della storia europea. La guerra finì sulla fronte italiana con la battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre-4 novembre) - magistralmente ideata dal Comando Supremo italiano , perfettamente organizzata e diretta, valorosamente ,sostenuta e condotta a compimento dall'intero esercito con l'ausilio di forze alleate - ma tale ultima offensiva investì una difesa che, sebbene ancora valida materialmente come dimostrò l'ultima resistenza opposta dalle truppe del Boroevic (34) all'attacco italiano, era già battuta, e si sentiva tale, nel morale, rimasto profondamente scosso dalla sconfitta del giugno e dall'analoga sorte toccata all'alleato tedesco e, perciò, incline al cedimento ed alla disperazione.
5. Nel riferirci alle principali battaglie offensive della fronte occidentale, di quella orientale e di quella italiana abbiamo presupposto come conosciuti i disegni operativi, le condizioni geografiche, i rapporti di forza e le correlazioni politico-strategiche che le ispirarono e le guidarono e non abbiamo inteso sminuire né l'importanza della lotta sul mare né quella delle operazioni terrestri svoltesi negli altri scacchieri europei ed extraeuropei, ma attenerci al tema dell'analisi dell'influenza della dottrina e dell'ordinamento tattico sullo
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sviluppo e sui risultati delle operazioni terrestri, senza allargare la visione e lo studio a tutti gli altri fattori che pure incidono decisivamente sulle vittorie e sulle sconfitte. E' fuori dubbio che sul fallimento dell'azione offensiva per tutta la durata della guerra abbiano influito, talvolta più talvolta meno, in qualche caso tutti ed in qualche altro solo parte, la scarsa o nulla unità di comando e di direzione strategica, 1'insufficiente preparazione dei comandi e degli stati maggiori, il maggiore o minore grado di addestramento delle unità, l'abilità o l'imperizia dei capi, la migliore o meno buona qualità delle armi e dei mezzi, la maggiore o minore disponibilità del supporto industriale, agricolo e logistico. E' altresl fuori discussione lo spirito combattivo che animò la grandissima maggioranza dei sdldati di entrambe le .parti, i qu ali avrebbero meritato capi politici e militari più esperti valenti , accorti. « La qualità degli uomini che dovettero combattere contrasta con quella dei generali che dettero gli ordini. A.J.P . Taylor osserva giustamente : il soldato sconosciuto fu l'eroe della prima guerra mondiale» (35). Vi furono però capi che godetlero, per la loro preparazione, le loro qualità di comando e la loro abilità psicologica e tecnica, della stima, del rispetto e della fiducia dei loro uomini. Non vi furono grandi condottieri - l'epoca della guerra industriale esaltava, specialmente ai livelli elevati e massimi, il ruolo degli stati maggiori, dei teams direzionali, più di quello dei comandanti - ma l'azione di comando non fu sempre e dovunque scadente. Vi furono generali preparati ed abili su tutte le fronti, ma molti di loro si astrassero dalle condizioni di vita e di combattimento delle unità e dei singoli. Joffre e Cadorna crearono, senza accorgersene, situazioni che divennero nel tempo insostenibili e che avrebbero potuto riuscire fatali ai rispettivi Paesi, se il .p rimo non fosse stato sostituito in tempo dal Pétain ed il secondo dal Diaz, i quali, indipendentemente dalla maggio re o minore perizia strategica, tattica e logistica dei predecessori, ebbero capacità d 'ideazione, di senso del reale e di comprensione psicologica superiori e non furono inclini al distacco mentale ed all'isolamento nei quali spessissimo si collocano, o si lasciano collocare, coloro che occupano le supreme posizioni militari. l'l troppo peso dato alle considerazioni strategiche rispetto a quelle tattiche, l'attaccamento quasi fideistico alle teorie ed agli .schemi del passato, la chiusura mentale alle innovazioni, l'abbandono di taluni principi insurrogabili della lotta furono gli errori più comuni che produssero il 'logoramento morale e materiale delle proprie più che delle altrui forze. I generali continuarono a credere che l'azione offensiva fosse solo problema di superiorità numerica e di
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disciplina delle unità e dei singoli e mortificarono così l'arte e la scienza della guerra; non sapendo ideare una nuova tattica efficace da portare al servizio della strategia, insistettero nell'attaccare ad ogni costo e ad oltranza indi.pendentemente dai morti che seminavano, dimentichi che la bravura del capo sta nel cogliere la vittoria con il minore numero possibile di perdite. E questo non lo si poteva ottenere con il movimento a:llo scoperto di masse di soldati, in formazioni serrate, agenti per ondate successive contro baluardi trincerati e con sulle spalle un peso che era quasi la metà di quello del loro corpo (36). Di ognuna delle sconfitte offensive sono state date dagli storici, e si possono dare, motivazioni diverse accentuando ora l'una ora l'altra di quelle appena elencate, ma a denominatore comune di tutte han si può non indicare l'inidoneità del mezzo utilizzato. Anche le offensive bene impostate e condotte non sentirono effetti strategici decisivi o perché non consentirono la creazione di brecce sufficientemente ampie e profonde attraverso i baluardi difensivi o perché quelle che permisero tale risultato ne inibirono lo .sfruttamento stesso. Quando sul fronte occidentale, dopo la battaglia di Ypres dell'ottobre-novembre 1914, la fronte divenne continua e regolare e le linee difensive, già deboli e sottili divennero robuste, profonde ed elastiche, risultò chiaro che da quel momento l'u nica manovra offensiva possibile sarebbe stata quella fronta1e e che questa avrebbe dovuto successivamente passare per tre fasi: rottura, penetrazione, dilagamento. Manovra frontale voleva dire rinunzia alla combinazione di più sforzi manovrati e di più direttrici convergenti e, conseguentemente, ricorso a<l azioni parallele e ad avanzate frontali; rompere significava rimuovere o distruggere l'ostacolo e neutralizzare il fuoco nemico; penetrare era come dire realizzare la continuità e la coordizione del proprio movimento con il proprio fuoco; dilagare significava correre in profondità senza ridurre nel progredire la potenza della falcata . Ma come distruggere l 'ostacolo, portare avanti il fuoco ed associare potenza e velocità ? Molte, diverse, talune fuorvianti le 'risposte; nessuna completa e soddisfacente; tutte o viziate dall'attaccamento a concezioni superate e già smentite, o da erronei preconcetti, o da scarso senso del reale. Alla base di ogni concezione operativa permase, giustamente, il principio dell'azione offensiva, ma sul piano strategico non si tenne conto di quello non meno importante dell'economia delle forze - gli imperi centrali non riuscirono a formare la massa sui punti decisivi; l'Intesa disperse le forze in sforzi non coordinati o non sempre utili nel tempo e nello spazio all'inte-
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resse comune - e su quello tattico si continuò ad essere convinti che le artiglierie e le armi portatili moderne giovassero di per sé più al1'attacco che alla difesa. Di fronte al dominio, ben presto incontrastato, del binomio mitragliatrice-fortificazione, l'attacco fu colpito da paralisi, sia perché la potenza distruttrice dell'artiglieria da campagna era assai limitata ai fini della distruzione dell'ostacolo passivo, sia perché la cooperazione tra fanteria ed artiglieria presentava troppe alee ed interruzioni per garantire lo sviluppo e la continuità della penetrazione nell'interno del sistema difensivo nemico. Da qui l'orientamento iniziale, soprattutto dei francesi, di dare al combattimento offensivo il carattere proprio dell'attacco delle piazze forti con la conseguente riunione preventiva di molti e potenti mezzi materiali e con il conseguente conferimento all'azione di spiccata metodicità e lentezza. I procedimenti previsti dai regolamenti dei vari eserciti - molto simili -tra loro - per lo sviluppo dell'attacco frontale in terreno libero non furono più idonei allo scopo, ma gli stati maggiori non ebbero la visione esatta dei nuovi procedimenti da adottare e, soprattutto, dei nuovi mezzi necessari a ridare all 'azione offensiva il respiro tattico sottrattole dalia mitragliatrice, dal reticolato e dalla trincea.
6. Fu lo stato maggiore dell'esercito tedesco ad influenzare per l'intera durata dell'arco della guerra l'evoluzione della dottrina e della tecnica d'impiego nei riguardi dell'azione difensiva. Esso elaborò di volta in volta, sulla base dell'indagine teorica e soprattutto dell'esperienza. che veniva compiendo nei vari scacchieri e nelle varie situazioni, criteri, provvedimenti e modalità che, particolarmente in materia di difesa, nessun altro st::tto maggiore seppe eguagliare. Al modello, anzi ai modelli tedeschi, si uniformarono di volta in volta, chi più chi meno, adattandoli e perfezionandoli, gli eserciti di entrambe le coalizioni takhé le varie dottrine e tecniche finirono quasi sem;pre, prima o poi, per assomigliarsi. L'esercito italiano guardò naturalmente di .più a quanto si faceva sul fronte franco-britannico, dove per altro i tedeschi esercitavano un'azione diretta di condizionamento delle tattiche e delle tecniche offensive e difensive, per cui le differenze d'impostazione e di condotta del combattimento si limitarono alle partico1arità diverse dei terreni d'impiego e della disponibilità dei materiali. Altre differenze furono origina.te dal co-
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stante rifiuto opposto dallo stato maggiore italiano alle esasperazioni parossistiche di taluni criteri e provvedimenti della guerra ossidionale. Per il resto - ,a parte le differenze morfologiche del terreno d'impiego, la diversa disponibilità dello spazio operativo e le diverse dimensioni delle masse combattenti - le operazioni della fronte italiana ebbero stretta analogia con quelle della fronte occidentale e :l'evoluzione dottrinale ebbe identico e quasi contemporaneo svolgimento. Dottrina e tecnica dell'azione difensiva ebbero un'evoluzione lineare e costante, senza ripensamenti ed evoluzioni, mirante al progressivo aumento dell'inespugnabilità, ricercata questa nell'incremento e nel perfezionamento della tecnica fortificatoria e nell'esaltazione delle caratteristiche di profondità, elasticità e reattività. Dall'inizio alla fine della guerra, in una trama sempre ,più fitta ed intricata, le mitragliatrici, i reticolati e le trincee dettero al:la difesa la superiorità sull'attacco e d eterminarono l'equilibrio statico tra Je due azioni rimasto tale fino all'avvento del carro armato. Non è essenziale stabilire se fu la guerra di posizione ad estendere l'impiego della fortificazione, o questa ad incrementare la prima, o se piuttosto non crebbero entrambe insieme in un processo di osmosi favorito dal periodo di transizione operativa succeduto sulla fronte occidentale al fallimento degli scopi dei grandi scontri iniziali; giova però sottolineare la funzione determinante che la fortificazione ebbe sull'andamento delle operazioni e della guerra, durante 1a qua:le s'intese difendere ad oltranza i vantaggi territoriali, benché minimi, conseguiti ed impedire al nemico di realizzarne dei nuovi, modesti che fossero . La trincea divenne così la linea di combattimento .sulla quale si doveva per ragioni operative, e nello stesso tempo morali e politiche, resistere o morire. Ciò fu vero specialmente nei primi anni e si tradusse spesso in uno spreco inutile di vite umane; ma ta:lvolta fu un'esigenza irrinunciabile, come avvenne sul Carso dove la scarsa profondità dei deboli cigli tattici conquistati obbligava a restarvi -abbarbicati, pena il trasferimento della lotta sulle posizioni di pianura, assai più labili di quelle carsiche, soggette al dominio di queste e, comunque, meno saldamente r-accordabili alla linea montana. Lo stesso generale Cadorna dovette intervenire più volte per migliorare il criterio di non cedere un palmo del terreno conquistato quando il mantenimento fosse causa di debolezza e di inutili perdite (37). Esempi tipici della rinunzia, quando possibile, al criterio della non cessione del terreno conquistato fu il ripiegamento italiano all'inizio della offensiva austro-ungarica della strafe-expedition e quello tedesco
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dal saliente di Gommecourt e dalla tortuosa fronte tra Arras e Soissons compiuto nell'aprile del 1917, mossa che sconvolse il piano dell'offensiva britannica. Agli inizi della guerra le linee difensive erano semplici, avevano spessore modesto, erano costruite di una sola striscia di trincee a gruppi separati ed erano facilmente individuabili. La striscia di trincee era rinforzata sul davanti con l'ostacolo passivo, ma già alla fine del 1914, nelle Fiandre, dalla fascia unica ad elementi staccati - dominante il terreno antistante, povera di ricoveri e munita di difese accessorie formate di abbattute e di reticolato alto e profondo - si passò alla posizione difensiva di un fascio duplice o triplice di trincee intervallate l'una dall'altra dai 50 ai 100 metri, collegate da bretelle con mitragliatrici schierate in modo da fiancheggiarsi e da fiancheggiare l'ostacolo passivo collocato sul davanti della prima linea. Si passò successivamente ad approfondire gli scavi, a migliorare i ricoveri, a fare uso di blindamenti, ,ad introdurre il reticolato su più strisce (2 o 3 anziché su di una sola), riducendone le dimensioni orizzontali (6-10 m per ogni striscia) e verticali {reticolato basso); le linee di trincea vennero organizzate a punti di appoggio separati da tratti passivi collegati da vie di accesso difese da sistemi di fuoco incrociato. La funzione di resistenza ad oltranza continuò ad essere affidata alla prima linea, in ,prossimità della quale venivano schierate le artiglierie, articolate in settori di battaglione, ma le forze di presidio vennero distribuite in 3 aliquote: un quarto in linea, un quarto in riserva, l'altra metà in accantonamenti arretrati. Nel quadro di tale organizzazione e sistemazione della difesa, comune a tutti gli eserciti ,alla fine del 1914, il Comando Supremo italiano, a completamento delle norme già ricordate impartite nel 1914 e nei primi mesi del 1915, intervenne più volte per disporre o suggerire modifiche e perfezionamenti della organizzazione e della sistemazione difensiva sia ,sul piano dell'impiego delle forze sia su quello della tecnica costruttiva della fortificazione. Circa l'impiego delle artiglierie (38) venne fissata la norma che le batterie, specialmente se di medio o grosso calibro, venissero sistemate a puntamento indiretto e defilate anche alla vampa, mascherate in modo da sottrarle anche all'osservazione aerea; venne disposto che: l'intervallo fra pezzo e pezzo fosse ii massimo consentito dall'ampiezza della posizione occupata, restando ferma l'esigenza di un'efficace azione di comando; per ogni batteria fosse prepar,ata più di una posizione e che fra queste vi fossero mezzi di comunicazione per sottrarre le batterie al tiro nemico rettificato; le artiglierie fiancheggianti fossero mantenute
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nascoste ed entrassero in azione solo al momento opportuno; si .facesse ricorso al largo impiego di batterie simulate e si desse grande importanza al servizio di osservazione del tiro (molteplicità di osservatori, osservazione aerea e dei draken, ecc.). Il trasferimento del centro di gravità della lotta dal fronte occidentale a quello orientale indusse i tedeschi a meglio garantire la robustezza del loro schieramento difensivo ad ovest mediante la creazione di più posizioni trincerate, almeno 2, distanziate l'una dall'altra non meno di 4 km in modo da costringere l'artiglieria dell'attacco a spostarsi in avanti per poterle investire con il tiro e mediante la scelta di posizioni in contropendenza con la rinunzia a campi di tiro profondi ma con i vantaggi della minore vulnerabilità, dell'apertura del fuoco di sorpresa e a distanza ravvicinata. Il tracciato dell'elemento fortificatorio venne meglio armonizzato con quello del tiro di fiancheggiamento, il grado di protezione dei ricoveri venne elevato mediante le coperture in calcestruzzo ed i blindamenti, il numero delle truppe destinate alla difesa della linea avanzata di ciascuna posizione venne ridotto, i nuclei di mitragliatrici vennero moltiplicati risparmiando così i fucilieri che furono raggruppati in nuclei di contrattacco, la trincea continua venne sempre più sostituita da quella a punti di appoggio e le mitragliatrici bene mascherate vennero appostate fuori del tracciato delle linee. Con una circolare del giugno 1915 (39), il Comando Supremo italiano, nel dare conoscenza di quanto i francesi, i tedeschi e gli austro-ungarici venivano facendo in materia di azione difensiva, emanò nuove direttive riguardanti i rafforzamenti campali ed in particolare: la sinuosità da conferire al tracciato della linea di trincee; lo schieramento di pezzi isolati di artiglieria da campagna e da montagna (pezzi traditori), in funzione di fiancheggiamento della fascia difensiva, destinati ad aprire il fuoco di sorpresa solo in caso di assalto nemico; la protezione del personale mediante la costruzione sui parapetti delle postazioni di bonetti con sacchi a terra o con lamiere; il mascheramento delle opere mediante frasche, ramaglia, zolle, siepi ecc.; la distanza da 15 a 35 m della Jinea di fuoco dalla parte interna del reticolato; la profondità media da 5 a 8 m del reticolato; l'associazione dei reticolati a buche da lupo ricavate avanti, entro e a tergo dei reticolati stessi; altri provvedimenti miranti ad aumentare il rendimento del fuoco e la protezione del personale. Dal 1915 a tutta la prima metà del 1917 l'organizzazione e la sistemazione de1la difesa su tutte le fronti mirarono da un lato a perfezionare il rendimento di ciascuna fascia difensiva e dall'altro a
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conferire all'insieme delle fascie maggiori profonclità ed elasticità alla luce del criterio che la caduta di un intero elemento, o di una sua parte, non doves·se compromettere il resto e, conseguentemente: venne aumentata la distanza delle linee di ogni fascia fino a 300 m e di una fascia dall'altra fino a 10 km; dove possibile la posizione in contropendenza fu preferita a quella con più profondo campo di tiro; l'ossatura di ogni fascia venne costituita dalle mitragliatrici e queste vennero collocate quasi sempre fuori della trincea, su postazioni idonee al fiancheggiamento ed all'incrocio dei fuochi e protette da caJcestruzzo o blindamento a prova di artiglieria; il centro di gravità della resistenza venne trasferito dalla prima linea a quella retrostante; le vie di comunicazione vennero moltiplicate nell'interno della fascia mediante bre telle trasversali e piazze d 'armi {blockhaus) ; le trincee ed i collegamenti vennero allargati e ridotti di profondità; fu molto incrementata la rete di osservazione terrestre ed aerea dislocando gli osservatori terrestri sulla prima linea e dotandoli di mezzi multipli di trasmissione diurni e notturni. Si passò, insomma, dall'organizzazione a fascia a quella a zona costituita, nel suo schema generale, da un sistema cli punti di appoggio (nidi di armi automatiche, postazioni di batterie, ecc.) reciprocamente cooperanti e da una rete di trinceramenti a compartimenti cd a maglie fitte. Entrarono in scena le armi da trincea ed i lancia fiamme, venne perfezionata l 'osservazione aerea, esteso l'uso dei proiettori, aumentata quantitativamente l'artiglieria, accresciuto il munizionamento, accentuato lo scaglionamento in profondità degli elementi attivi e passivi sempre meglio mascherati e dissimulati, mo-ltiplicato il numero delle comunicazioni sotterranee e dei ricoveri e ciascuna fascia venne suddivisa in 3 trincee con funzioni diverse: una trincea di tiro, una trincea dei sostegni ed una posizione delle riserve, munita questa sul davanti di organi difensivi detti di riconquista (contrattacco). D ei nuovi criteri e procedimenti difensivi - precedendo ad esempio le organizzazioni e sistemazioni adottate dai francesi e dagli inglesi -rispettivamente nell'Artois e nei Vosgi e nella zona di Ypres e di La BasseVumelles - il Comando Supremo, con circolate a firma del sottocapo di stato maggiore, generale Porro, dava notizia àll'esercito perché se ne traesse alla occorrenza qualche elemento che potesse servire di traccia per i lavori di rafforzamento che sul finite del novembre del 1915 erano in corso dallo Stelvio al mare. Più che di un a circolare si trattò di un vero e proprio vademecum, corred ato di 3 3 tavole illustrat ive (40), che fu poi completato d alle norme adottate dagli altri eserciti circa il modo di fate fronte ad attacchi sussidiati
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dall'impiego di gas asfissianti, fino ad allora non ancora impiegati sulla fronte italiana (41). Sui vari argomenti trattati fino ad allora e su altri - come, ad esempio, il servizio di ricognizione e di osservazione aerea (42), il posto dei comandanti delle unità di fanteria nel combattimento {4 3 ), l'occupazione delle posizioni avanzate {44), l'impiego dellle mitragliatrici (45), delle bombarde, delle bombe a mano (47) e la quantità di truppe da tenere in trincea (48).U generale Cadorna intervenne direttamente più volte, e fece intervenire i suoi organi di comando e tecnici durante il 1916, al fine di rivedere e completare le norme tattiche e tecniche e di intensificare l'addestramento delle truppe, specialmente della .fanteria, in relazione ai nuovi materiali di cui essa veniva gradualmente dotata. Con una circofare dell'aprile 1916 (49) richiamò l'attenzione sui: ridotti, sottolineando come « i punti di appoggio di ogni posizione difensiva dovessero opportunamente essere raggruppati, nel senso della fronte, in modo da formare delle zone di resistenza aventi, ciascuna, all'indietro, in posizione adatta, un ridotto completamente avvolto da difese accessorie »; contrattacchi che dovevano condizionare l'organizzazione e fa sistemazione della difesa in modo che queste ne favorissero lo sviluppo immediato per opporre reazione ad azione e che pertanto andavano predisposti con accuratezza designando a priori le forze, creando i camminamenti da percorrere, assegnando i compiti di fiancheggiamento, ecc.; posizioni in contropendenza, defile quali ricordò i vantaggi di occufo~mento alla vista e di minore vulnerabilità al tiro, raccomandando in ogni caso l'occultamento delle difese all'osservazione del nemico. Pochi giorni dopo (50), in base alle informazioni raccolte sulla battaglia di Verdun ancora in corso, dopo avere affermato che « gli attacchi più viO'lenti possono essere trattenuti e rintuzzati da poche truppe, quando siano giudiziosamente applicate ~cune poche norme essenziali », ribadì il concetto che l'azione difensiva in tanto ha ·poS· sibilità di riuscita in quanto sia intesa come azione di fuoco e come azione di movimento: « Colpire il nemico con azione di fuoco improvviso, violenta e vicina » e « far seguire il contrattacco immediatamente all'attacco per impedire che il nemico si possa rafforzare e per trarre profitto dall'impossibilità, per le sue artiglierie, di eseguire larga concentrazione di fuoco senza battere contemporaneamente le proprie truppe». Presupposti delle due azioni: l'opportuno schieramento delle batterie di tutti i calibri, la robustezza delle difese accessorie (reticolati, abbattute, buche da lupo, ecc.), il fiancheggiamento dei fuochi, la dissimulazione delle mitragliatrici pronte
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xvm .
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ad entrare in azione inaspettatamente; la destinazione di pochi elementi alla difesa diretta delle trincee - i difensori della linea avanzata debbano essere più abili ed arditi che numerosi - ; il mantenimento arretrato delle forze per il contrattacco (cioè la maggior parte di quelle disponibili) in ricoveri alla prova « quanto più possibile nascosti e che consentano facilità di rapido sbocco sui fianchi e sul tergo de1l'avversario ». Dal mese di aprile a quello di luglio del 1916 furono, dunque, pubblicate dal generaie Cadorna molte ed importanti istruzioni di carattere tattico e tecnico, che segnarono una completa evoluzione dei criteri d'impiego e dei procedimenti del combattimento; di esse le più importanti furono i criteri d'impiego d'artiglieria (51) e i criteri d'impiego della fant eria nella guerra di trincea (52), due documenti che furono qualcosa di più di due circolari, quasi due testi organici d'impiego delle due armi; sebbene non completi, essi trattarono tutti gli argomenti più importanti sui quali il generale Cadorna volle raccogliere i dettami dell'esperienza fatta fino allora in guerra sia in difesa che in attacco. Nei rih111ardi dell'azione difensiva i principali criterì e procedimenti tattici, in parte nuovi ed in parte già in vigore e noti, furono: battere l'attaccante con la massima intensità mediante il fuoco delle artiglierie, delle mitragliatrici e dei fucili con tiri frontali e di fianco; organizzare e sistemare più zone successive di difesa a distanza tale l'una dall'altra da consentire l'azione efficace dall'indietro all'avanti dell'artiglieria e da impedire, al tempo stesso, che il tiro nemico su di una zona colpisca la successiva; imperniare la resistenza di ogni zona su di alcuni tratti (centri di resistenza, caposaldi, punti di appoggio) dove debbano essere riuniti, i dissimulati al tiro nemico e disposti in modo da poter incrociare i fuochi negli intervalli, i maggiori mezzi di offesa e moltiplicati quelli di difesa e dove, a tergo, debbano essere predisposti solidi ridotti completamente avvolti da difese accessorie e capaci di resistere da soli; costituire le zone di difesa con più linee di trincee successive legate da numerosi camminamenti; assicurare il fiancheggiamento delle trincee tracciandole a salienti e rientranti successivi con frequenti traverse per la protezione contro i tiri di infilata; sistemare le difese accessorie su più linee in zone profonde (25-30 m) e collocarle anche davanti alle trincee arretrate e lungo qualche camminamento con andamento non parallelo alle trincee; scaglionare le truppe in profondità e ripartirle in modo da destinare la minore quantità alla difesa diretta dalle trincee e la maggior parte ai contrattacchi (ampiezza massima della fronte 250 m per ciascuna compagnia di prima linea e, per conseguenza, fino a 500 m per un
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battaglione che abbia due compagnie in prima linea e due in rincalzo); dare il massimo sviluppo alla costruzione dei ricoveri alla prova e degli osservatori blindati per le vedette; scegliere accuratamente le postazioni delle batterie e curare la preparazione del tiro così da concentrare con immediatezza il fuoco senza dovere attendere ordini dei comandi lontani; garantire la continuità e la sicurezza de-i collegamenti in tutte le direzioni, preordinando le comunicazioni telefoniche, ma non facendo mai assegnamento su di un solo mezzo di comunicazione; costruire numerosi osservatoti di artiglieria e preparare molti osservatoti simulati ,per garantire i servizi di osservazione e di esplorazione e tutto il complesso meccanismo dei collegamenti; schierare le batterie con il criterio di non lasciare alcuno spazio non battibile e preparare appostamenti multipli; effettuare ,la preparazione del tiro estendendola a tutte le batterie per consentire rapidissimi concentramenti di fuoco; sfruttare le posizioni coperte per il tiro a puntamento indiretto e mascherare con molta arte i pezzi predisposti per il tiro diretto; « non svelare le nostre batterie se non qnando esse possano, preferibilmente di sorpresa, avere sulle fanterie attaccanti veramente efficace, decisiva»; non arretrare gli schieramenti per esagerata cautela non dimenticando mai che gli effetti del fuoco sono tanto più rapidi e sicuri quanto minore è la distanza del tiro. Per lo svolgimento dell'azione difensiva le sue istruzioni enunciano i seguenti criteri di massima: nessun palmo di terreno sia ceduto volontariamente al nemico; un riparto anche se circondato resista sul posto sino all'ultimo uomo, se è necessaria la difesa ad oltranza; i difensori delle trincee più avanzate cerchino riparo nei ricoveri o nelle caverne ... pronti però ad uscirne appena il nemico inizi l'attacco, anche se il tiro d'artiglieria nemico non è cessato od è stato allungato di poco; i contrattacchi devono essere considerati inseparabili da ogni azione difensiva: saranno tanto più fecondi di risultati, quanto più saranno immediati e irruenti; il possesso di ogni trincea, di ogni palmo del terreno, deve essere contrastato con ripetuti contrattacchi dalle truppe più vicine; non si attenda di controllare gli effetti del tiro di artiglieria e delle mitragliatrici, si miri invece a cogliere il nemico sui fianchi o sul tergo, mentre è in crisi per lo sforzo durato nell'attacco; l'impeto irresistibile vale più del numero; l'artiglieria deve ottenere il massimo effetto di fuoco contro la fanteria facendola avvicinare alle linee di difesa per batterla con fuoco intenso e fulmineo quando è presso i reticolati (artiglierie campali, piccole artiglierie a tiro rapido, mitragliatrici) e deve contemporaneamente concentrare il fuoco (sbarramento diretto) nello spazio imme-
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diatamente retrostante alle linee da cui muovere l'attaccante: quando il nemico attacca, occorre preoccuparsi principalmente della sua fanteria; occorre armonizzare l'azione contro la fanteria con quella intesa a demolire gli altri mezzi di offesa (osservatori, lanciabombe, batterie, ecc.) cercando però sempre di conservare il maggior numero di artiglierie per agire di sorpresa contro la fa nteria nel momento in cui si scopre per l'attacco; lo shrapnel è nella difensiva il proietto principale. Nell'istruzione sull'impiego della fanteria, un apposito capitolo fu dedicato al servizio di .trincea dove, tra l'altro, si insistev~ sulla necessità di tenere in trincea le forze strettamente indispensabili, di curare la sicurezza con poche truppe ma non stanche, di garantire l'osservazione delle linee nemiche, di sviluppare le piccole azioni di trincea svolte da pattuglie o da riparti audaci, di compiere i lavori fortificatoti secondo le tecniche prescritte e di avvicendare le tr~ppe frequentemente. Nella seconda metà del 1917 i tedeschi impressero una nuova svolta all'azione <lifensiva: articolarono la posizione difensiva in 3 zone aventi ciascuna una funzione diversa; organizzarono e sistemarono le difese con maggiore riguardo all'idea direttrice della manovra da condurre di volta in volta che non alle formule e agli schemi stereotipati della dottrina; esaltarono -la caratteristica del'la reattività destinando le riserve per distruggere le penetrazioni anziché per riconquistare le posizioni perdute. La prima zona - zona di copertura che oggi denominiamo zona di sicurezza - ebbe il compito d'impedjre e di contrastare la -sorpresa ed i colpi di mano; la seconda zona di combattimento - che oggi denominiamo posizione di resistenza quello di arrestare l'attacco mediante l'impiego degli elementi altivi e passivi dispersi in superficie, ma tatticamente bene collegati ; la terza - che oggi denominiamo posizione di contenimento scelta a non meno di 3-4 km dalla seconda e organizzata e sistemata sommariamente, ebbe la funzione di riserva fortificata per impedire il dilagamento in profondità dell'attacco ad avvenuta rottura della zona di combattimento. « La zona di combattimento è costituita di un complesso di reti di trincee multiple, camminamenti, punti di appoggio, profondo parecchi chHometri e diviso in settori, di stanti l'uno dall'altro non meno di 3 km. La differenza tra questa concezione fortificatoria e quella del 1916 è radicale. Giova, ancora, avvertire che l'organizzazione di tali zone, più che dalJe forme del terreno, dipende dall'idea direttrice posta a base della manovra difensiva prevista. Inoltre, circostanza assai importante, si ritorna sul concetto di destinare numerose mitragliatrici nelle prime linee
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da tenere fortemente ... La zona avanzata è portata, nel 1918, a p1u di 1.000 m, dove il terreno lo consente e le truppe ad essa destinate - avamposti veri e propri - devono essere appoggiate sul fianco della zona principale e ritirarsi di fronte al progresso dell'attacco su quest'ultima a priori fissata» (53 ). Siamo di fronte ad un modo nuovo d'intendere la difesa al quale in breve tempo si uniformarono, nei criteri se non nelle modalità, tutti gli eserciti della fronte occidentale e di quella italiana ed al quale continueranno ad ispirarsi tutte le concezioni difensive future tra fa prima e la seconda guerra mondiale e dopo. Sulla fronte italiana, fino quasi a tutto il 1917, la concezione, l'organizzazione e la condotta della difesa restarono aderenti alle istruzioni emanate dal generale Cadorna nell'aprile e nel foglio del 1916, senza modificare fa sostanza concettuale delle due istruzioni fondamentali, ne aggiornarono e perfezionarono i contenuti a mano a mano che fa constatazione dei fatti veniva suggerendo la necessità d'insistete su determinanti argomenti, di darne interpretazioni 1più esatte, d'introdurre innovazioni organizzative e tecniche derivanti dalla propria e dall'altrui esperienza {54} con particolare riferimento alla difesa antiaerea (55), aUa difesa dai gas (56), al mascheramento delle opere campali, dei magazzini e dei depositi (57) ed all'impiego e all'addestramento delle specialità della fanteria e dei reparti di assalto {58). Frequenti furono durante il 1917 i ritorni del generale Cadorna anche sui criteri tattici e tecnici dell'azione difensiva. In gennaio, ribadita .fa necessità assoluta di assicurare il fiancheggiamento delle trincee, tracciandole a successivi salienti e rientranti e non mai a lunghi tratti rettilinei (59), si soffermò a lungo suJ concetto della « sistemazione in profondità di diverse successive posizioni a distanze variabili fra l'una e l'altra, subordinatamente alle peculiari caratteristiche del terreno, ma di massima, quando è possibile, dai 2 ai 3 km circa, ed anche ipiù » e sul concetto della « costituzione di ogni posizione a caposaldi, sistemata, compresi i caposaldi stessi, a linee successive, riunite da numerosi camminamenti in parte attivi e muniti, nei punti convenienti e singo1ari, di organi di fiancheggiamento per uno sviluppo di intenso fuoco su compartimenti della sistemazione ». In marzo una nuova circolare sull'azione difensiva (60) confermò che, « non consentendo la qualità di artiglieria e di mezzi aerei di cui disponiamo di effettuare un fuoco di controbatteria cosl nutrito ed efficace che valga a ridurre ai silenzio le artiglierie avversarie », era giocoforza far convergere il tiro del maggior numero possibile di batterie sulle fanterie pronte all'attacco
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in modo da soffocarlo prima ancora che. si pronunzi. La stessa circolare, inoltre, sottolineò nuovamente le necessità: dello scaglionamento delle mitragliatrici; della costituzione di centri di resistenza ,lateralmente o immediatamente dietro ai tratti sui quali il nemico avesse ottenuto con il fuoco di ,preparazione i maggiori ef. fetti di distruzione; della creazione, nelle trincee avanzate, di facili sbocchi di uscita in modo che esse non abbiano a rappresentare pericolosa insidia per i difensori che le occupano; del mantenimento nelle trincee avanzate sottoposte al tiro di distruzione di pochi uomini scelti, appostati in nicchie, ben inquadrati e costantemente sorvegliati da cambiare frequentemente e prima che il fuoco avversario ne abbia fiaccata ogni energia. La circolare concludeva: « Da tutto ciò emerge come nella difensiva - oltre alla ferma volontà di non cedere nessun palmo di terreno - si richieda conveniente organizzazione delle posizioni, giudiziosa distribuzione delle forze e perfetto collegamento fra fanteria ed artiglieria; ma sopra tutto, opera vigile, assidua ed intelligente dei capi, i quali non debbono subire la volontà dell'avversario; bensì, come nel combattimento offensivo, guidare tazione ». Nell'aprile il generale Cadorna, con una breve nota, tornò a ribadire che l'essenza del problema difensivo è essenzialmente di carattere tattico (61) per cui la scelta delle linee, il tracciamento delle difese, la scelta delle posizioni per l'artiglieria, la determinazione dei fiancheggiamenti « rappresentano una serie di problemi tattici, il cui fattore essenziale è l'impiego delle truppe e delle artiglierie in relazione al terreno ed il cui esame è perciò di stretta competenza dei comandanti delle truppe ». « L'opera degli organi tecnici subentra e si svolge colla voluta iniziativa solo dopo che il problema tattico sia stato pienamente risolto e per tradurre in atto la soluzione ». Sempre in aprile il generale Cadorna si sentl obbligato ad insistere sull'abbandono delle posizioni di nessuna reale utilità e tatticamente infelici, vale a dire in condizioni tali da non poter presentare una efficace resistenza ad un attacco nemico (62), perché episodi recenti nei settori deHa 3a e della 4a armata ed in quello del corpo di Gorizia gli avevano confermato la inosservanza delle direttive da lui impartite in materia . Sui criteri generali per l'azione difensiva in montagna (63 ), volle scrivere una apposita circolare perché fosse chiaro che: i caposaldi dovessero essere investiti sulle posizioni più elevate e le cortine lungo i fianchi delle valli saldamente appoggiate ai caposaldi stessi; le caverne esistenti dovessero essere considerate come le naturali posizioni delle armi e i naturali ricoveri del personale; i reticolati dovessero avere
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profondità e complessità minori di quelli schierati su ahre fronti e dovessero essere bene occultati negli avvallamenti e nelle depressioni del terreno {reticolato basso 70 cm, a larghe maglie) e sostituiti o completati con accidenti topografici e con frane. Invitati i comandanti a « reagire severamente contro la tendenza, da me più volte osservata e condannata, a subordinare la scelta del terreno, su cui fa,r sorgere le difese, non più al giudizio tattico, ma alla possibilità tecnica di tradurre in alto un disegno costruttivo preconcetto », il generale Cadorna s'intrattenne su tutte le particolarità della montagna e sui riflessi che esse hanno, oltreché sui caposaldi, sulle cortine e sui fiancheggiamenti, sulla neutralizzazione degli angoli morti, sul ricorso alle sistemazioni in contropendenza quando le creste sottili non consentano profondità alla difesa, sul ricorso agli elementi traditori (mitragliatrici dissimulate nelle pieghe del terreno) che in montagna hanno una funzione preziosissima, sui collegamenti fra gli osservatori ed i posti comando, sui ripari contro il bombardamento (caverne a piL1 sbocchi, pareti di roccia quasi verticali). Le ultime direttive di rilievo impartite dal generale Cadorna sull'azione difensiva furono queHe contenute ne11a circolare Ammaestramenti tattici (64) del luglio 191 7 nella quale ebbe a confermare che: gli attacchi nemici devono essere soffocati fin dal loro nascere; se il tiro di sbarramento è fulmineo, qualsiasi attacco deve fallire; « anche se le prime ondate dell'attacco del nemico dovessero, per eccezionali circostanze, raggiungere la prima linea, l'attacco deve essere egualmente soffocato, isolando al tiro di sbarramento le ondate successive, il che consentirà di sopraffare le più avanzate cott immediato contrattacco »; il contrattacco per poter riuscire immediato deve essere minutamente predisposto e deve essere sferrato con riparti agili, decisi, aventi sicura conoscenza del terreno; gli sbocchi delle caverne debbono essere facili, multipli e difesi da mitragliatrici e « qualora, per imprevedibili ragioni, il nemico avesse a raggiungere una nostra caverna prima che le truppe ne siano interamente sboccate, i rimasti devono difendersi fino all'estremo giacché il lasciarsi catturare senza resistenza entro le caverne equivale a volontario passaggio al nemico; ed infine concludeva che « l'eventuale perdita di un tratto di linea non deve assolutamente indurre allo sgombero dei tratti contigui e tanto meno dell'intera linea » perché gli effetti dell'irruzione dovevano restare circoscritti al tratto di fronte perduto e l'irruzione stessa doveva essere arginata, con calma e fermezza, mediante l'occupazione dei camminamenti attivi.
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Il trasferimento della lotta dall'Isonzo al Piave - dopo una ritirata che nulla ebbe della manovra strategica nonostante gli epici fatti d'arme di talune unità destinate a proteggerla - rese necessario dare risalto a taluni, piuttosto che ad altri, criteri organizzativi, ed a talune modalità esecutive particolari in relazione alla diversità morfologica del terreno d'impiego. La difesa dovette appoggiarsi a \Posizioni meno intrinsecamente robuste e prive di profondità operativ amente utilizzabile. La presenza di grandi unità francesi ed inglesi, inoltre, pose l'esigenza di cercare di uniformare il più possibile l'organizzazione e la condotta del combattimento ad un unico modello che, oltre tutto, in quel momento veniva evolvendosi verso la linea tracciata dai tedeschi. Il generale Diaz, dopo taluni interventi (65) diretti a migliorare H tono morale e disciplinare rimasto scosso dagli avvenimenti, si preoccupò in primo luogo di correggere la tendenza esagerata, ereditata dalle precedenti posizioni difensive, dell'artiglieria innanzi e del non scaglionamento d elle fanterie in profondità, per cui richiamò l'attenzione sul giusto impiego e sfruttamento del tiro di artiglieria e delle mitragliatrici (66), sullo scaglionamento delle artiglierie in ragione d ella gittata e della mobilità e sul maggiore ricorso alle batterie da campagna e da montagna contro un nemico non ancora molto fortificato (67), suHa necessità di non addensare le fanterie in prima linea ma di distribuirle in modo da diminuire il numero delle perdite, da favorire gli spostamenti resi necessari dall'andamento delle azioni, da disporre di rincalzi e di riserve parziali e generali per alimentare l'azione e contrattaccare al momento opportuno {68). Una circolare di particolare rilievo ,(69) ebbe per oggetto i criteri, oramai accettati da tutti gli eserciti, circa l'impiego dei reticolati (profondi, di massima su 3 fa. sce, con tracciato irregolare, con profondità di ciascuna fascia da 8 a 14 passi, non troppo alti né troppo bassi e cioè da 80 a 100 cm, stabili e bene ancorati, con inserite delle reti metalliche sulle quali il tiro ha poca presa, ecc.) e circa gli altri ostacoli da utilizzare a complemento dei reticolati normali come inciampi ed ostacoli di vario genere (lacci giapponesi, fili tesi in basso, grovigli di corda spinosa variamente disposti e vincolati al suolo, ecc.) dissimulati con arte, ben postati ed efficacemente fiancheggiati dal fuoco di elementi difensivi comuni. Gon 2 note del gennaio del 1918 (70), il generrue Diaz, « perché l'esperienza degli alleati sia messa a contributo per il perfezionamento dei nostri metodi tattici e tecnici », diramò i criteri riguardanti l'organizzazione del terreno, sanciti dai comandi superiori delle forze francesi ed inglesi operanti in Italia,
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con l'invito a trarne ed applicarne tutti gli insegnamenti possibili con gli adattamenti « imposti dalla nostra organizzazione un po' diversa e dai nostri minori mezzi per quanto riguarda l'artiglieria». Sull'impiego delle mitragliatrici nella difensiva {71) e sulle difese campali in genere (72) il Comando Supremo richiamò nuovamente l'attenzione delle grandi unità, corredando i principi generali e i dettagli con 34 tavole illustrative di schizzi di trincee per tiratori, di camminamenti, di corridoi, di rivestimenti in sacchi a terra, di tipi di pozzo, di appostamenti per mitragliatrici, di tracciati per caposaldo, di caposaldi a croce, di ripari, di ricoveri a prova di scheggia, di ancoraggi, di posti per tiratori scelti, di blindamenti, ecc. Dal dicembre del 1917 in avanti la difesa venne gradualmente sempre più ispirandosi ai criteri di impiegare il minimo possibile di truppe nella prima linea, di facilitare i contrattacchi locali, e di limitare qualunque eventuale sfondamento della prima linea ad un successo puramente locale. Da ciò l'adozione di tre articolazioni della posizione difensiva: sistema detto avanzato oppure degli avamposti, costituito di piccoli posti di difesa oppure di brevi tratti di trincea capaci di resistere a piccole incursioni di sorpresa, con i ricoveri atti a dare protezione contro le schegge; sistema di resistenza principale con compito di resistenza ad oltranza, sl da permettere alle truppe contrattaccanti di avere il tempo necessario per lo svolgimento della loro azione e sl da consentire l'alimentazione del contrattacco stesso {sistema costituito da una serie di zone difensive appoggiantesi l'una all'al·tra, ciascuna presidiata da unità completa oppure da una serie di linee difensive); sistema difensivo restante, da occupare con le truppe di riserva in caso di sfondamento, organizzato cogli stessi criteri del sistema principale, anche se sommariamente, e costruito a distanza tale della difesa principale da rendere necessario lo spostamento delle artiglierie avversarie dalle posizioni dalle quali battono la zona di resistenza principale. A parte i numerosi altri interventi durati fino quasi al termine della guerra da parte del Comando Supremo in materia di azione difensiva (73), il viatico, se cosl si può dire, con il quale l'esercito italiano vinse la battaglia del giugno 1918 furono le Norme per l'azione difensiva (74) emanate dal generale Diaz alla fine del mese di marzo, nelle quali egli riassunse sinteticamente i criteri essenziaH della preparazione e della condotta dell'azione difensiva insistendo, in particolare: sullo studio e la preparazione del terreno, sulla raccdlta e sfruttamento delle notizie sul nemico, sullo scaglionamento in profondità delle truppe e dei mezzi, sui modi di svolgimento de1l'azione e sulla preparazione materiale e
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morale che le truppe devono ricevere prima di essere condotte a sostenere l'assalto nemico. Egli, tra l'altro, scrisse: « L'attacco nemico deve essere infranto col fuoco {di contropreparazione e di sbarramento) e col movimento {contrattacchi) » ... « tutto dunque posa sull'osservazione del momento in cui il nemico irrompe all'attacco e sulla immediata segnalazione a.Ua fanteria, all'artiglieria, ai comandi. Agli osservatori terrestri occorre perciò accoppiare l'azione degli .osservatori aerei e cioè degli aerostati e degli aeroplani; specialmente di questi ultimi che, oltrepassando la zona ricoperta dal fumo delle esplosioni, possono vedere i movimenti dei rincalzi e delle riserve nemiche, dedurre il momento dell'attacco e segnalarlo rapidamente con segnali convenuti ».. . « Si dia perciò larghissimo impulso all'addestramento ... e di pari passo con l'addestramento pratico di guerra proceda la preparazione morale instillando a:l soldato la convinzione che la tenace resistenza dei riparti e degli uomini singoli infrange la più violenta azione di attacco, e che il contrattacco permette di completare il successo » ... « si ricordi che l 'ascendente sui soldati - il cui frutto si coglie nei momenti culminanti della lotta si acquista: col curarne il benessere, col sostenere alto lo spirito con l'esempio e con la parola, coll'esigere la diligente esecuzione degli ordini in ogni evento, con l'ispirare la fiducia nelle proprie forze rispetto a quanto il nemico può tentare ». Dall'inizio alla fine della guerra assiduamente sia il generale Cadorna sia il generale Diaz seguirono passo passo, in base alla propria ed all'altrui esperienza, le idee ed i metodi applicativi che segnarono nel campo operativo l'evoluzione della dottrina tattica difensiva, adattando le une e gli altri alle particolarità delle situazioni e degli ambienti naturali propri dell'esercito italiano con intelligenza e con perizia, oltreché con passione e con fede. Vi fu, è vero, una costante quasi sudditanza al pensiero degli altri, ma essa fu comune ai capi degli altri eserciti dell'Intesa, non meno soggetti, a 'loro volta, alle ispirazioni dello stato maggiore tedesco che, in materia di azione difensiva, fu il vero ineguagliato maestro di tutti.
7. Meno lineare, soggetta a ritorni involutivi, non risolutiva del problema, l'evoluzione della dottrina tattica offensiva, che vagò a lungo alla ricerca della formula idonea a rompere l'equilibrio statico
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nei riguardi della difesa e che non seppe comporla nei giusti termini, o quanto meno non ne percepì l'esatto valore, neppure quando ebbe a disposizione il mezzo - il carro armato - per farlo. Il fallimento delle dottrine offensive in vigore all'inizio del conflitto aveva colto di sorpresa tutti gli eserciti, compreso il tedesco che pure disponeva di un'artiglieria superiore per quantità e per qualità e soprattutto di obici pesanti meglio idonei a distruggere l'ostacolo passivo e gli elementi fortificati. L'errore era stato di dare l'avvio ad una guerra di tipo ossidionale con i mezzi di una guerra di movimento. Il successivo aumento delle dotazioni di pezzi pesanti e di medio calibro, in particolare degli obici e dei mortai, e l'intervento delle armi di trincea a tiro curvo giunsero in ritardo, quando cioè la difesa aveva avuto il tempo di crescere in profondità ed in robustezza e di moltiplicare il numero degli obiettivi duri. La lotta tra attacco e difesa divenne impari; questa disponeva di spada e di scudo, l'attacco solo di lancia, che lunga che fosse finì quasi sempre per spezzarsi senza forare lo scudo o, quando vi riuscì, non eBbe lo scatto e la distensione necessari per l'affondo, che venne sempre parato o schivato, magari, come sul fronte orientale, con un lungo salto all'indietro senza perdere peraltro il controllo dell'arma. Delle tre fasi della manovra di rottura la prima - l'apertura della breccia - venne in un primo periodo affidata a11'artiglieria, la seconda - la penetrazione nella breccia - alla fanteria e la terza il dilagamento - alla cavalleria. I risultati furono del tutto deludenti. A parte il fatto che nelle prime battaglie l'artiglieria non riusd a distruggere l'ostaco1o passivo (per l'inadeguatezza degli effetti dei pezzi leggeri, per la scarsità di pezzi pesanti ed a tiro curvo, per l'insufficienza quantitativa del munizionamento che era stato accantonato in previsione di una guerra di rapido corso e non di posizione), ciò che più si dimostrò inattuabile, anche quando le artiglierie furono in grado di distruggere l'ostacolo passivo, fu la penetrazione della fanteria che, con i propri mezzi e con i procedimenti in vigore, non fu assolutamente in grado di muovere con rendimento operativo accettabile nel dedalo delle superstiti difese passive ed attive che vennero facendosi sempre più resistenti e sempre più numerose in profondità. La fanteria, una volta completata la distruzione dell'ostacd]o avanzato da parte dell'artiglieria, doveva: muovere da una base preparata, consistente in un complesso di linee trincea di partenza scavate, quando possibile, a distanza media di 1.000 m dalla linea avanzata nemica; procedere ad ondate, mediante sbalzo di frazioni di onda, appoggiate dal fuoco del-
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l'artiglieria, secondo il procedimento dell'avanzata progressiva del fuoco ottenuta mediante la proiezione progressiva degli elementi airretrati suUa prima linea di attacco; assaltare all'arma bianca gli elementi superstiti della difesa. In altre parole: dopo un prolungato tiro di distruzione dell'ostacolo passivo, l'artiglieria rovesciava un diluvio di proietti sulle trincee nemiche e la fanteria, dopo essersi spostata più o meno al coperto nelle trincee di raccolta, ne balzava fuori non appena il tiro deHa propria artiglieria fosse stato allungato ed avanzava ad ondate serrate - un passo d'intervallo tra uomo e uomo - seguentisi a brevissima distanza, sino a raggiungere l'obiettivo assegnato. La divisione si schierava per linea, una brigata dietro l'altra, su di una fronte di 1 .200 m , sulla quale si schieravano 6 compagnie del reggimento di testa della brigata avanzata, costituendo così la prima ondata; le altre unità della brigata avanzata seguivano, suddivise in ondate successive di 6 compagnie ciascuna, a 100 m di distanza l'una d all'altra ; la brigata arretrata seguiva a distanza variabile secondo i casi, con il compito Ji rincalzo di quella avanzata; le linee di tiratori procedevano ad un passo d'intervallo tra uomo e uomo ed a distanza di una decina di metri l'una dall'altra. Si trattava di un sistema basato sul peso fisico della massa e sugli effetti di una pressione meccanica unidirezionale e meramente frontale, senza possibilità di espansione, « che portava ineluttahilmente al frammischiamento delle unità e, conseguentemente, ne rendeva impossibile la comandabilità. Durante la successiva avanzata nell'interno della sistemazione difensiva nemica, il collegamento tra fanteria e artiglieria diventava sempre più difficile e, quindi, veniva a cessare l'azione coordinata tra le due armi, sì che nel momento in cui la crisi raggiungeva il punto culminante, la fanteria non aveva altra risorsa che i propri mezzi e di essi, il fuoco, quello più efficace, in condizioni d 'impiego assai aleatorie» (75). Per ottenere brecce sufficienti all'entità delle masse che dovevano penetrare nel sistema difensivo e provocare la decision~ della lotta si fece, inoltre, ricorso inizialmente all'ampliamento di estensione delle fronti di attacco ed alla compattezza dei dispositivi di penetrazione, densi nel senso della fronte ed in quello della profondità sia per il numero degli elementi costitutivi sia per la scarsa distanza intercedente tra gli elementi stessi. Di fronte alle ecatombi delle fanterie le cui ondate successive dovevano accavallarsi l'una sull'altra - la seconda calpestando i morti della prima e così via - e muovere alla velocità di qualche metro al giorno si cercò di correre ai ripari affidando anche la pe-
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netrazione prevalentemente all'artiglieria e relegando la fanteria al compito quasi passivo dell'occupazione del terreno preventivamente liberato da ogni ostacolo attivo e passivo della difesa. Ma i procedimenti di lotta non differirono sostanzialmente da quelli iniziali. La brigata si schierava per ala anziché per linea, ma la fanteria combatteva ancora ad ondate successive di tiratori in catena densa, quasi a contatto, e profondamente scaglionate; erano spariti i sostegni, ma il battaglione si disponeva su 4 ondate, la compagnia su 2, la catena a 2 passi d'intervallo tra uomo e uomo; la prima ondata avanzava a sbalzi seguita dalla successiva a distanza di 100 m e cosl via, ma tutte le ondate continuavano in pratica a fondersi sulla prima. Il principio, che l'artiglieria conquista e la fanteria mantiene condusse gradualmente ad azioni di preparazione sempre più lunghe e metodiche, a scindere l'azione generale in una serie di successivi attacchi parziali cadenzati nel tempo, intervaHati da soste più o meno prolungate per riconoscere le resistenze avversarie e distruggerle preventivamente con il fuoco, a restringere le fronti di attacco tra i 2.500 m (esercito francese) e 1.200 m (esercito tedesco), alla rinunzia ai principi della sorpresa, dell'inganno e della continuità dello sforzo dando tempo al <lifensore di correre alla parata e di annullare i vantaggi iniziali dell'attacco. Nel 1915: Ja preparazione dell'artiglieria durò 4 ore nella battaglia dell'Artois (maggio); 24 ore in quella di Gorlice (maggio) e 75 ore in quella dello Champagne; nella 1a e 2a battaglia dell'Isonzo la preparazione di artiglieria fu assai breve, ma con il risultato che i reticolati nemici rimasero intatti e Ja fanteria attaccante vi rimase aggrappata con le pinze tagliafili nelle mani. Nel 1916: nella battaglia di Verdun del 21 febbraio i tedeschi protrassero il fuoco di preparazione per 9 ore e mezza; in quella della Somme del luglio i franco-britannici fecero durare la preparazione poco meno di una settimana ed in quella di Verdun 4 giorni e mezzo; in quella del Trentino gli austroungarici 24 ore, mentre gli italiani prepararono la 4a battaglia dell'Isonzo con un fuoco di artiglieria durato 8 ore. Nel 1917 a Messines (luglio) gli inglesi schierarono 2.400 bocche da fuoco su 16 km; a Verdun (20-26 agosto) i francesi batterono una fronte di 17 km per 7 giorni con 2.332 pezzi consumando 3 milioni di proietti da 75 e 1 milione di proietti di calibro maggiore, mentre a Malmaison l'artiglieria francese, forte di 624 pezzi da 75, di 986 pezzi pesanti e di oltre 270 bocche da fuoco di trincea, sparò per 6 giorni e 6 notti su di una profondità di soli 800 m; nell' l la battaglia dell'Isonzo il tiro di preparazione s'iniziò alle 14 del giorno 17 agosto contro i
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gangli vitali della difesa, continuò per tutta la notte successiva e dalle 6 ,30 del giorno 18 fino alle prime ore del giorno 19, e vi presero parte tutte le artiglierie schierate dall'Idria al Timavo. Malgrado ciò i risultati furono tuttaltro che incoraggianti. Nonostante che fosse stata diminuita la densità della catena di fanteria, aumentando a 4-5 passi gli intervalli tra i tiratori, e la fanteria fosse stata gradatamente dotata in misura maggiore di bombe a mano, di lanciafiamme e di batterie leggere di accompagnamento, prevalse per quasi tutto il 19 17 il concetto di arrestare la fanteria al limite della zona di battuta dall'artiglieria, e cioè prevalse la tattica degli obiettivi limitati e vicini, la cui conquista andava ogni volta preparata da una potente azione dell'artiglieria. La tattica dell'attacco intermittente - penetrazione per successivi obiettivi, con il progressivo metodico spostamento in avanti del fuoco, mediante combattimenti intervallati da pause di sospensione - prima in parte abbandonata, poi nuovamente accettata, confermò di nuovo che la soluzione del problema non stava né nell'assegnare all'artiglieria un ruolo primario anche neHa fase di penetrazione, né nel restringere le fronti d'investimento e nell'aumentare la densità del fuoco (1 lanciabombe, 1 pezzo da campagna, 1 pesante ogni 30-20 m) con il lancio di 900 kg di proietti per ogni metro quadrato, ma piuttosto nell'ideare mezzi nuovi e procedimenti d iversi che ubbidissero, in ogni caso, ai precetti della sorpresa, dell'inganno e dell'economia delle forze, inteso questo ultimo soprattutto come risparmio di vite umane e di materiali . I tedeschi, in verità, creatori della tattica dell'attacco intermittente, avevano in precedenza, fin dal 22 aprtle 1915, esperimentato tUn mezzo diverso d i neutralizzazione delle difese attive mediante l'impiego dei gas ad Yprcs, ed erano riusciti in meno di 2 ore ad aprire una breccia di oltre 6 km di profondità eliminando dalla lotta 2 intere divisioni francesi ; non da meno erano stati gli inglesi più di un anno dopo, quando il 15 settembre 1916 impiegato. no per la prima volta, neHa battaglia della Somma, il carro armato. I gas inflissero ai difensori dal 22 aprile al 1 maggio perdite doppie di quelle subite dagli attaccanti, ma i tedeschi non furono pronti a sfruttarne gli effetti sicché, superata la sorpresa iniziale, una volta entrati nell'impiego normale, i gas non furono più mezzo idoneo a rompere l'equilibrio statico tra offesa e difesa, sia ,per le limitazioni alle quali erano soggetti, sia per le contromisure che vennero adottate da entrambe le parti, sia perché ben presto disponibili presso entrambi gli opposti schieramenti; essi tuttavia consentirono la riduzione della durata dei tempi di neutralizzazione delle difese at-
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tive. I carri armati furono impiegati prematuramente, mandati allo sbaraglio prima che i loro equipaggi avessero ultimato l'addestramento e prima che gli stati maggiori avessero avuto il tempo di riflettere sul modo migliore d'impiegarli e di sfruttarne la combinazione di potenza di fuoco, di movimento e di protezione che essi racchiudevano in un solo strumento. Che il carro armato fosse l'antidoto giusto al binomio mitragliatrice-reticolato e, perciò, il mezzo idoneo a superare la guerra di posizione che aveva ridotto la strategia bellica a una semplice tecnica di logoramento (76), sarà compreso a Cambrai il 20 novembre del 1917 e, soprattutto, 1'8 agosto del 1918 quando gli inglesi li impiegheranno a massa contro la 2" armata tedesca ad est di Amiens; ma, in entrambe le circostanze, faranno egualmente difetto la capacità e la preparazione necessaria a comprendere che i carri non erano solo mezzi di rottura, ma anche e soprattutto di sfruttamento del successo. Quando verso la fine del 1917 i tedeschi, dopo circa 3 anni, <ledseru <li passare 11uuvame11te all' azione offensiva sulla fronte oc-
cidentale, avevano pronta una nuova tattica che esperimentarono prima a Riga e poi a Caporetto. Con la tattica dell'attacco contro i punti deboli che essi adottarono, intesero: restituire alla fanteria U compito della conquista degli obiettivi; conferire alla fase di penetrazione carattere di potenza, continuità e flessibilità, da essi stessi sottratto con la tattica d'intermittenza; rimettere in auge i principi della sorpresa, dell'inganno e dell'economia materiale delle forze per troppo tempo disattesi. La nuova tattica, alla quale ben presto si uniformarono gli altri eserciti e che costituirà la base delle dottrine offensive tra la prima e la seconda guerra mondiale, poggiò sui seguenti criteri fondamentali: preparazione dell'artiglieria non superiore alle 3-5 ore; mascheramento dello sforzo principa'le mediante il ricorso a sforzi finti di potenza iniziale non inferiore a quella dello sforzo principale; continui spostamenti di truppe nelle retrovie per disorientare il difensore; riduzione e, se possibile, annullamento delle soste attacco durante, mediante stretta cooperazione fanteria-artiglieria che assicuri, finché possibile, l'appoggio mobile di fuoco, e mediante fo stretto coordinamento del movimento dei reparti fucilieri con il fuoco dei nuclei mitraglieri e lanciagranate, delle bombarde e dei cannoni di accompagnamento; sostituzione nelle formazioni della fanteria della riga con la fila come la più idonea al movimento e fa meno vulnerabile; riduzione della densità della catena. In Piccardia nel marzo la ,preparazione di artiglieria durò 5 ore, in Fiandra nell'aprile 3 ore, sull'Aisne nel maggio 2 ore e 40
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minuti, nello Champagne in luglio 5 ore e 20 minuti, sulla Marna 4 ore e 40 minuti; a Caporetto nell'ottobre del 1917 ed a Banteux e Ventidue nel novembre i tedeschi avevano già attaccato dopo una preparazione brevissima, ma intensa, di granate a gas, fumogene ed esplosive; gli austro-ungarici nel giugno del 1918 aprirono il fuoco alle 3 del giorno 15, preceduti di mezz'ora dalla contropreparazione italiana, e mossero all'attacco 4 ore dopo. Prendere posizione durante la notte, non logorarsi contro i punti forti, sfruttare le occasioni favorevoli, insinuarsi nelle zone di maggiore facilitazione e di minore resistenza, non gettarsi in massa contro la fronte ma sondare i punti deboli, avviluppare e non battere contro: questi i canoni della nuova tattica e della nuova tecnica che modificarono sostanzialmente la fisionomia fino ad allora avuta dall'azione offensiva, che acquistò così un certo ·respiro. L'artiglieria smantella i punti forti, la fanteria mahovra per farli cadere; le due armi riassumono i ruoli tradizionali. Ma il problema dell'azione offensiva non fu risolto, solo teso meno difficile e costoso. Anche con la tattica e la tecnica precedenti, sia pure con costi insostenibili, si era riusciti talvolta a rompere le sistemazioni difensive ed a penetrarvi in profondità, ma erano mancati i mezzi idonei al dilagamcnto. E' vero che spesso il dilagamento non c'era stato o per indisponibilità di riserve, o per la loro dislocazione eccentrica, o per colpa dei generali, ma la verità di fondo era stata l'inidoneità del mezzo, perché la cavalleria, la cui iniziale insufficienza di capacità operativa era venuta vieppiù aumentando in proporzione geometrica con il progressivo accrescimento della robustezza delle difese, non era stata, non era e non sarà più, in grado di esprimere la potenza necessaria a sfondare le barriere difensive che incontrava in profondità, e neppure a prevenirvi il nemico che non senza ragione le predisponeva così lontane. La forza della tradizione, lo spirito di sacrificio, il coraggio ed il valore non erano più sufficienti a supplire la debolezza costituzionale di mezzi inidonei e vulnerahili. La difesa ebbe sempre modo e tempo di correre alla parata anche quando l'attacco ruppe il muro e riuscì a sboccare in campo aperto, dove giunse però quasi sempre esausto e logoro, privo cioè della forza psicologica e materiale per spingersi con slancio in profondità. La cavalleria, che guerra durante aveva ricevuto nuovi mezzi di fuoco, non fu egualmente in grado di svolgere il suo compito principale e dovè appiedare per combattere con procedimenti infanteristici nel1'ambito delle azioni tattiche delle divisioni e dei corpi d 'armata. Anche nei riguardi dell'azione offensiva il Comando Supremo italiano non ristette dall'aggiornare, completare e modificare la nor-
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mativa rielaborata fra il 1914 ed il maggio del 1915, della quale le circolari già ricordate - Attacco frontale e ammaestramento tattico e Coordinamento d'imiepgo della fanteria e dell'artiglieria costituirono la base essenziale sulla quale furono impostate le operazioni del primo sbalzo offensivo (24 maggio-22 giugno). I primi problemi affrontati subito dopo l'entrata in guerra furono la distruzione dei reticolati e (77) l'impiego offensivo della fortificazione campale (78) e, dopo la prima battaglia dell'Isonzo (23 giugno-7 luglio), mentre si stava preparando la seconda (18 luglio-3 agosto), H coordinamento dell'impiego della fanteria e dell'artiglieria (79) ed il mantenimento delle posizioni conquistate (80). Dopo l'esperienza delle operazioni offensive compiute dal maggio al settembre del 1915, il generale Cadorna raccolse in un breve quadro sintetico le norme impartite fino a quel momento, e tale documento (81) rappresentò il punto di riferimento dottrinale della terza {18 ottobre-4 novembre) e della quarta (10 novembre-2 dicembre) battaglia dell 'Isonzo. La circolare prese in esame 9 argomenti, dei quali 4 di carattere morale-disciplinare (disciplina, segreto delle operazioni, contegno in combattimento, azione e posto dei comandanti) e gli altri più specificatamente di ordine tattico e tecnico {preparazione generica dell'azione e ricognizioni, caratteristica delle posizioflli da attaccare e dell'attacco, preparazione e impiego dell'artiglieria, azione della fanteria, occupazione delle posizioni). Essa venne poi completata da ulteriori norme particolareggiate sull'impiego dell'artiglieria intese ad ottenere dal fuoco il massimo rendimento possibile per supplire alla scarsità numeriica delle batterie e del loro munizionamento {82). Richiamate le esigenze della preparazione generica {ricognizioni del terreno mediante l'impiego di piccole audaci pattuglie) e del servizio di sicurezza, e le caratteristiche delle posizioni da attaccare (organizzare su due o più linee successive di difesa, distanti fra di loro uno o due chilometri, vere zone fortificate), la pubblicazione, senza escludere che sia possibile ta·lvolta ottenere la conquista di più di · una de1le zone o linee di difesa mediante un unico sbalzo delle truppe attaccanti, dà come norma generale che l'attacco deve sfondarle una ad una - tattica della conquista successiv,a di obiettivi limitati - e che ad ogni linea o zona deve corrispondere un unico sbalzo delle truppe attaccanti. Perché ciò sia possibile è necessario che le trincee ed i reticolati siano stati in precedenza demoliti e sconvolti, le fanterie nemiche siano state notevolmente ridotte nella loro capacità morale e materiale di resistenza e che le artiglierie della difesa siano state individuate e vengano messe a ta-
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cere o quanto meno chiamate a rivolgere il loro tiro prevalentemente .contro le artiglierie e non le fanterie dell'attacco. Da qui: la necessità di un potente fuoco di preparazione di tutte le artiglierie di piccolo, medio, grosso calibro la cui durata non può essere stabilita a priori, ma che deve essere prolungato fino a tanto che accurate ricognizioni non abbiano accertato di aver raggiunto lo scopo: più a lungo ed efficace sarà il periodo della preparazione (nel solo limite di non consumare inutilmente le munizioni) e più breve e risolutivo sa1·à il periodo dell'esecuzione dell'attacco; l'esigenza che le fanterie, una volta compiuta la preparazione dell'artiglieria, irrompano nelle brecce aperte « con impeto e risolutezza, non arrestandosi davanti a nessun ostacolo, ma tutti superandoli con slancio ed ardimento » e mirando alla meta, « la quale è sempre al di là di tutta la successione di trincee e di reticolati costituenti in complesso la prima zona d 'attacco « la convenienza a non procedere in una sola linea densa e continua ed, a non arrestarsi davanti alla prima linea di trincee nemiche cd a non addossare i ricalzi su di questa, ma a schierare giudiziosamente le truppe in profondità su di una serie di parecchie non estese e rade linee una all'altra retrostante, pronte ad essere proiettate avanti successivamente, a mano a mano del bisogno ». In corrispondenza dei tratti di penetrazione « è indispensabile che le successive linee attaccanti si proiettino come onde rincalzanti; ognuna più consistente della precedente e ciascuna destinata a sopravanzare ed a trascinare col proprio impeto la precedente » . Infine, una volta occupata una posizione, occorre consolidarvisi subito spingendo al massimo grado l'assetto difensivo senza darsi tregua né riposo. L'anno 1916 segnò, anche per 1'azione offensiva, la completa revisione .dei criteri e dei procedimenti d'impiego della fanteria e dell'artiglieria, i quali trovarono la loro definizione principalmente nelle due già ricordate istruzioni emanate dal generale Cadorna tra l',aprile e il luglio - la prima riguardante Criteri d'impiego d'artiglieria e la seconda Criteri d'impiego della fanteria nella guerra di trincea (83) - nelle quali raccolse le esperienze dei combattimenti precedenti e particolarmente quelle tratte dalla vittoriosa battaglia degli altopiani (84 ). Le due pubblicazioni precedettero la 4a battaglia dell'Isonzo (6-17 agosto) nella quale le innovazioni dottrinali ebbero il loro primo collaudo, ;il cui esito venne più ampiamente illustrato dal generale Cadorna in due interventi successivi, uno (85) subito dopo la 7a battaglia dell'Isonzo (14-17 settembre) e l'altro (86) subito dopo 1'8" (10-12 ottobre) ed alla vigilia della
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9" ( 1-4 novembre). Questi i lineamenti generali dell'azione offensiva sul piano tattico: scopo finale dell'attacco è la distruzione del nemico, mentre la conquista delle sue posizioni non è fine a sé stessa, ma soltanto mezzo per costringerlo -ad esporsi ai colpi della superiorità morale e materiale dell'attaccante; l'attacco è azione eminentemente violenta e risoluta, che va spinta ,a fondo senza esitazioni e titubanze; condizione essenziale per l'attacco è la sorpresa che si ottiene rifuggendo dai procedimenti stereotipati e ricorrendo anche a lievi mutamenti dei modi di azione già altra volta adottati; l'attacco va condotto su vasta fronte al fine di rendere impossibili o quanto meno malagevoli gli intensi concentramenti dell'artiglieria avversaria sugli attaccanti e beninteso a condizione che l'attaccante abbia la disponibilità di mezzi per un'azione veramente vigorosa su tutto il tratto prescelto; l'attacco deve proporsi di sfondare una ad una le successive zone di difesa del nemico ed aUo sfondamento di ogni zona deve corrispondere una unica azione delle truppe attaccanti da non mai arrestare di proposito alle prime trincee conquistate ma da proiettare verso le posizioni delle artiglierie nemiche; la fanteria è capace dei maggiori sforzi, ma si logora rapidamente, per cui occorre un grande scaglionamento in profondità in modo che essa possa alimentare per tempo 1a propria azione e sfruttare i successi; la costante, intima cooperazione tra fanteria ed artiglieria, in tutte le fasi dell'azione è più indispensabile che nel passato; l'attacco, che nelle sue linee essenziali comprende la preparazione, l'esecuzione, il mantenimento delle posizioni, va minutamente concepito ed organizzato sulla base di accuratissime ricognizioni e predisposto secondo un progetto d'attacco completo in tutti i suoi particolari. La preparazione del!'attacco comprende: i lavori di approccio (trincee d'approccio, ricoveri) e la preparazione immediata (azione improvvisa violentissima); la fanteria non sia lanciata all'attacco se il comando che ne dà l'ordine non abbia fatto accertare che i risultati ottenuti dal fuoco di preparazione siano sufficienti. La durata del tiro di preparazione dell'artiglieria deve consentire il raggiungimento degli scopi di tale tiro - opera completa di distruzione - secondo il criterio genemle della maggiore possibile brevità, giacché la soluzione estrema di tenere per più giorni sotto un uragano di fuoco tutta la zona delle difese e delle artiglierie nemiche, sebbene indubbiamente efficace, contrasterebbe con le condizioni del nostro munizionamento comunque, nel tratto da attaccare lo spazzamento delle difese nemiche deve essere pieno ed assoluto il che si ottiene con l'accumta preparazione tattica e tecnica del tiro delle artiglierie e delle bombarde.
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L'esecuzione del!' attacco deve essere condotta colla massima risolutezza e colla ferma volontà di conquistare le posizioni nemiche, a qualunque costo. Sono condizioni importantissime per la riuscita dell'azione: !'-assegnazione di un compito ben definito ad ogni riparto, l'irruenza e la subitaneità dell'assalto alle prime trincee possibilmente senza un colpo di fucile, la simultaneità e la sorpresa dell'uscita di tutti gli uomini di ciascuna ondata dalla trincea con l'unità destinata a costituire l'ondata successiva, la successione delle ondate senza attendere che l'antistante richieda il soccorso deHa retrostante, il collegamento e la cooperazione tra i reparti, il non fermarsi nelle trincee avversarie, ma il superarle ed il riardinarsi al di là di esse, l'audacia nell'impiego deHe mitragliatrici che debbono muovere con una delle prime ondate verso le ali della fronte d'attacco, la tempestività e l'adeguatezza delle riserve. Il mantenimento delle posizioni conquistate è spesso più difficile della stessa conquista: il terreno strappato all'avversario a prezzo di sangue, non si deve più vedere; retrocedendo si subiscono perdite maggori che restando sul posto. A taìe fine occorre: provvedere alla vigilanza specialmente sui fianchi, riordinare subito i reparti, accelerare l'arrivo di truppe fresche, ricavare o costruire al pili presto ripari e difese accessorie, stabilire immediatamente i collegamenti, predisporre i reparti che debbono fronteggiare i contrattacchi nemici provvedere al rifornimento delle munizioni ed agli sgomberi, impiegare l 'artiglieria per ,i tiri <l'interdizione sulla zona dalla quale muovono i contrattacchi nemici o di contrabatteria sulle artiglierie che cercano di rendere intenibile la linea raggiunta. La forza e la formazione delle ondate vanno stabilite in relazione al terreno, alla fortificazione nemica, alla larghezza delle brecce aperte ed alla situazione particolare dell'avversario. Un reggimento può formare due linee (2 battaglioni, uno di fianco all'altro in 1' linea, ed uno in 2') oppure tre linee {un battaglione in 1• linea , uno in rincalzo in 2' linea, un battaglione in riserva in 3' linea); i battaglioni di 2a e 3" linea vanno impiegati per rinvigorire l'azione della prima linea contro l'obiettivo a questa assegnato, oppure per proseguire l'attacco al di là di tale obiettivo, ovvero ancora per ricacciare i contrattacchi. Ci ascuno dei b attaglioni può formare , ad esempio, 4 ondate: ciascuna di queste di 4 plotoni {1• ondata: 2 plotoni della 1a e 2 plotoni della 2" compagnia; 2• ondata: 2 plotoni d ella 1• e 2 plotoni della 2• compagnia; 3• ondata: 2 plotoni della 3' e 2 plotoni della 4' compagnia; 4' ondata: 2 plotoni della 3' e 2 plotoni della 4• compagnia). La compagnia che h a 2 plotoni nella 1a e 2 nella 2" ondata assume una
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fronte da 100 a 150 m; il battaglione che ha due compagnie ripartite fra le prime due ondate e 2 compagnie in rincalzo ha una fronte da 200 a 300 m, se ha tre compagnie ripartite fra le prime 2 ondate ed una compagnia in rincalzo può assumere una fronte da 300 a 450 m (densità di un uomo per metro o di due uomini su 3 m). Le formazioni da adottare sono quelle che evitano l'affollamento delle truppe contro g1i ostacoli, perciò, sempre che possibile, i reparti saranno distesi, altrimenti coi plotoni aperti di fianco . L'istruzione sull'impiego dell'artiglieria enuncia criteri e procedimenti d'impiego e dà ampio sviluppo ad argomenti di carattere quasi esclusivamente tecnico. Essa fissa per l'artiglieria - la cui funzione essenziale è immutabilmente quella di rimuovere gli ostacoli che si oppongono all'azione della fanteria i seguenti compiti: acquistare il sopravvento sull'artiglieria avversaria, battere la fanteria avversaria nelle trincee, distruggere i reticolati e le altre difese aocessorie, costituire a tergo e sul fianco delle linee avanzate nemiche una zona di assolttta interdizione, battere sistematicamente le zone ove l' avversario lavora, distruggere gli osservatori, contrastare con il fuoco il moltiplicarsi delle difese nemiche, battere gli appostamenti avversari per mitragliatrici e per bombarde, battere sistematicamente le principali comunicazioni del nemico. Ripartisce, poi, i compiti assegnando: alle artiglierie di grosso calibro la demolizione dei bersagli duri, il concorso con quelle di medio calibro alla controbatteria ed il bombardamento a grandi distanze di villaggi, accampamenti, ecc.; alle artiglierie di medio calibro, la controbatteria, la demolizione dei trinceramenti più arretrati e di quelli particolarmente robusti di prima linea, la distruzione degli osservatod, dei depositi munizioni, dei manufatti, ecc., nonché l'interdizione delle retrovie; alle artiglierie di piccolo calibro la immobilizzazione delle truppe nemiche a tergo delle trincee da attaccare, la distruzione degli osservatori vicini, la neutralizzazione dei contrattacchi; alle bombarde la distruzione dei reticolati e delle trincee da distanze molto brevi, la provocazione di effetti terrorizzanti di scoppio fra i difensori delle linee nemiche più ravvicinate. Dopo il discorso sui compiti dell'arti:glieria nell'azione offensiva, la pubblicazione tratta importanti argomenti già oggetto delle precedenti circolari, e in particolare: il concorso dell'arma nella preparazione e nello svolgimento dell'attacco e nel mantenimento delle posizioni conquistate, l'osservazione del tiro, l'esplorazione e la ricerca delle batterie avversarie, i tiri contro artiglierie e contro appostamenti per mitragliatrici nonché i tiri sulle retrovie ed i tiri di notte, i proietti da impiegare ed il
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rifornimento delle munizioni, le postazioni delle batterie e 1 ripari, la dipendenza d 'impiego delle unità di artiglieria. La pubblicazione Criteri d'impiego d'artiglieria e le varie circolari che le fecero seguito (87 ), mentre da un lato seguirono di massima i criteri della dottrina francese e perfezionarono i provvedimenti tattici e tecnici dell'osservazione, dei collegamenti e della cooperazione interarma, dall'altra restarono lontane dagli eccessi concettuali e metodologici delle artiglierie degli altri eserciti, miranti a rendere sempre più lunga e potente la preparazione dell'attacco e ad imbrigliare le varie azioni di fuoco in schemi rigidi ed assoluti come quelli del barrage roulante e del ratissage (cortina e shrapnel fuori della zona del barrage). La ricerca di procedimenti più efficaci e soprattutto più celeri e più elastici per concentramenti di fuoco rapido e sicuro sopravanzò l'eccessivo metodismo dei tedeschi e degli stessi franco jbritannici, che ebbe il sopravvento durante tutto il 1916 e la prima metà del 1917 sulla fronte occidentale. Negli anni successivi - 1917 e 1918 - sia il generale Cadorna sia il generale Diaz moltiplicarono il numero dei loro interventi dottrinali mediante direttive specifiche per un determinato ciclo operativo (88) e circolari e note di carattere generale riferite ad argomenti tattici e tecnici riguar<lant,i le innovazioni e le modifiche a mano a mano suggerite dall'esperienza e conseguenti dai diversi metodi tattici utilizzati dai tedeschi e dagli austro-ungarici. I criteri ed i procedimenti d'impiego ai quali vennero ispirate la 10a {12 maggio-6 giugno 1917) e 1'11 • (18- agosto-12 settembre) battaglia dell'Isonzo non furono molto diversi da quelli stabiliti dalle due ist.ruzioni appena riassunte. Gli interventi riguardarono soprattutto l'azione difensiva e l'impiego delle nuove specialità (89) , delle nuove armi e dei nuovi mezzi (90), mentre per l'azione offensiva consistettero più nel richiamare all'osservanza la .regolamentazione in vigore che nel rinnovarla e modificarla. Prima della 10• battaglia il generale Cadorna, ndl'attesa della ristampa del fascicolo Criteri d 'impiego del/'artiglieria, anticipò i concetti ai quali si sarebbero ispirate le aggiunte e varianti che avrebbero figurato nella nuova edizione (91) e che avrebbero avuto per oggetto principalmente la controbatteria, i tiri di distruzione, le dipendenze d'impiego delle unità di artiglieria e i tiri obliqui e d'infilata. Nell'aprile, con altra circolare, sottolineò la necessità di fa.r concorrere alla distruzione dei reticolati anche l'artiglieria da campagna (92) mediante tiri di precisione da condurre sulla base dei dati raccolti dalle esperienze che egli stesso aveva fatto condurre nei mesi precedenti a Spilinbergo; nel mag-
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gio (93 ), mentre era in corso la 10a offensiva e prendendo spunto da questa, indicò una nuova disciplina di fuoco per i tiri di distruzione sottolineando la necessità di tendere alla rimozione completa del reticolato e di non limitarsi a battere il terreno soltanto là dove s'intendeva irrompere, perché ciò equivaleva ad indicare al nemico dove avrebbe dovuto concentrare i suoi tiri di sbarramento; confermò la brevità della durata della preparazione esprimendo il concetto che quanto maggiore fosse l'ampiezza delle fronti di attacco - ed alle fronti vaste dobbiamo in massima temi.ere, per meglio assicurare il buon successo - tanto minore avrebbe dovuto essere la durata della preparazione per essere più vantaggiosa e ridurre la possibilità, da parte del nemico, di ricorrere a tempestivi spostamenti di forze; sand la rinunzia, nell'azione di controbatteria, ai tiri di smonto e ribadì il ricorso a brevissime e concentratissime raffiche sulle batterie individuate e più moleste, raffiche iniziate con proietti ordinari e intercalate con proietti a liquidi speciali; insisté sull'azione di appoggio dell'artiglieria alla fanteria durante l 'attacco, non sempre risultata fino ad allora efficace per la deficienza o l'aleatorietà dei collegamenti; raccomandò di razionalizzare meglio i progetti di schieramento e di impiego del munizionamento tenendo conto delle condizioni reali del munizionamento esistente e del quantitativo dei pezzi in azione. Altri insegnamenti tratti dalla 10a offensiva, divulgati dal generale Cadorna (94), furono: la necessità di rinunziare alle manovre complicate basate su combinazioni di attacchi parzia/,i interdipendenti, su aggiramenti, ecc. perché l'attacco per avere probabilità di riuscita deve essere sferrato violento e contemporaneo sull'intera fronte prescelta; la convenienza a restringere le fro nti d'attacco delle grandi unità, specialmente quella della divisione per una migliore azione di comando e per evitare gli inserimenti azione durante sempre difficili e delicati ; l'importanza della riserva di armata che deve essere molto forte per far fronte all'intenso logoramento delle truppe e che deve rimanere il più a lungo possibile in mano al comandante dell'armata ed impiegata, non addensando forze fresche a forze logore, ma soprattutto sostituendo queste con quelle »; la necessità della preparazione del terreno e caverne d'attacco, dei collegamenti e della sostituzione delle truppe logore non adatte a sferrare poderosi attacchi. In una successiva nota del giugno (95), il Comando Supremo offrì un quadro completo dell'offensiva di primavera sulla fronte giulia, delle operazioni minori sulla fronte tridentina e degli avvenimenti sulle fronti albanese e macedone : un riassunto di tutta l'attività bellica svolta dall'esercito
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italiano durante l'inverno e la primavera, mirante a dare rilievo, più che ai fatti, ai motivi che ne avevano determinato gli esiti ora più ora meno favorevoli. Un modo particolare per indicare le carenze da eliminare e gli errori da evitare. 11 documento di grande rilievo l'ultimo che trattò anche dell'azione offensiva - fu ia circolare del luglio del 1917 all'oggetto Ammaestramenti tattici (96) nella quale vennero particolarmente riesaminati la tecnica d'impiego delle ondate d'attacco, il concorso dell'artiglieria durante i possibili arresti dell'avanzata, la protezione delle truppe sulle posizioni raggiunte e l'impiego offensivo delle mitragliatrici : le ondate debbono essere rade perché, se dense, non procedono rapide, né di conserva, « lasciano nei passaggi difficili dei ritardatari, che producono scompiglio e arrestano le ondate successive», la prima ondata deve partire « da brevissima distanza rispetto alla trincea nemica e seguire fulmineam ente l'allungamento del tiro di artiglieria», anzi precederlo qualora la linea di partenza dovesse forzatamente risultare a notevole distanza; la prima ondata « deve funzionare come r-iparto d'assalto, e perciò deve essere composta con uomini ed ufficiali di sicuro ardimento»; le ondate successive devono essere tenute a brevissima distanza dalla prima, possibilmente in caverne d'attacco « collegate con le parallele di partenza mediante camminamenti molto numerosi» in modo che l'avvicinamento delle successive ondate possa procedere rapido, senza ingorghi, e con perdite limitate; l'arresto di un'ondata non deve assolutamente fermare le successive perché lo scopo di raJ!J!.iungere è di portare sulla posizione nemica il massimo di forze nel più breve tempo; le ondate successive devono perciò passare oltre e trascinare l'ondata ritardataria. Da queste e dalle altre prescrizioni della circolare non emergono innovazioni sostanziali sul modo d'intendere l'azione offensiva rispetto alla concezione del precedente periodo bellico e l ' 11 ° battaglia dell'Isonzo non presentò, infatti, una fisionomia diversa da quelle che l'avevano preceduta in quanto - fatta eccezione per lo schieramento ed il raggruppamento tattico delle artiglierie, rispondente a criteri e modalità innovatori stabiliti da una circolare del Comando generale d'artiglieria del Comando Supremo approvata dal generale Cadorna (97 ), e diramata anch'essa il 9 luglio - le poche innovazioni e modifiche apportate alla regolamentazione vigente non si discostarono granché dai paradigmi e dagli schemi divenuti usuali nel 1916. D'altra parte, come abbiamo avuto modo di ricordare, la vera e propria rivoluzione della tattica offensiva era ancora lontana dal verificarsi e solo nella 12" battaglia dell'Isonzo le 8 divisioni austro-ungariche e
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le 7 divisioni tedesche che attaccarono da J:'olmino ne anticiparono il primo convincente saggio. Dopo Caporetto il generale Diaz dové necessariamente preoccuparsi essenzialmente del problema mor.ale e di quello della difesa, il che fece con i numerosi interventi già ricordati (98 ). Circa -l'azione offensiva si limitò a far conoscere il commento dello stato maggiore britannico a due documenti tedeschi concernenti la nuova tattica offensiva conforme a quella anticipata a Caporetto ed effettivamente seguita nella battaglia di Francia (99), e ad impartire brevi istruzioni per i colpi di mano (100), per le piccole operazioni offensive (101) e per il passaggio dei corsi d'acqua (102). La divulgazione dei metodi tattici offensivi del nemico e delle esperienze della battaglia difensiva del giugno sul Piave (103) valse, quanto meno indirettamente, ad orientare l'esercito sul nuovo modo d'impostate, organizzare e sviluppare l'azione offensiva in genere e l'attacco in particolare: attacco rapido e violento contro obiettivi lontani, diretto contro i punti deholi, sostenuto dall'appoggio mobile dell'artiglieria nella prima fase, concretantesi in un primo assalto di fanterie scelte; penetrazione della fanteria nella seconda fase principalmente con i propri mezzi, senza logoramenti contro i punti di maggiore resistenza, ma insinuantesi nelle zone di facilitazione mediante manovre di avviluppamento; costante azione di comando ispirata in tutte le fasi alla concessione di larga iniziativa ai comandanti delle minori unità, resa ancor più necessaria dalle nuove formazioni in fila e dall'adozione dell 'ordine sparso di combattimento dei gruppi e nuclei nei quali le varie unità organiche si articolano. Una tattica che, sebbene non fosse stata ancora sancita ufficialmente in appositi regolamenti, cominciò in pratica ad essere assimilata per imita7.ione, soprattutto nei riguardi dell'impiego dell'artiglieria che s'imperniò, da allora: sulla breve durata della preparazione e sull'inizio improvviso e saltuario di essa; sul concentramento del tiro prevalentemente sulle prime linee avversarie; sulla prevalenza del tiro di appoggio immediato rispetto a quello a distanza; sulla sostituzione di concentramenti successivi con il tiro sistematico di sbarramento. In conclusione, « l'adattamento dell'azione di fuoco alle mutevoli situazioni che lo sviluppo della lotta presenta; donde l'efficacia e la continuità del concorso dell'artiglieria all'azione della fanteria con la conseguente continuità di sforzo e possibilità di sfruttamento tempestivo del successo conseguito » (104).
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8. E' fuori discussione che i tedeschi siano stati i principali maestri della tattica e della tecnica d'impiego delle forze durante ,l 'intero arco della ~uerra e che ad essi si siano ispirate le dottrine deglj altri esercir: Ciò non vuol &re che gli altri abbiano copiato ed imitato pedissequamente quanto i tedeschl vennero a mano a mano insegnando. La chiave della soluzione finale del problema tattico, 11 modo cioè di restituire all'azione offensiva la superiorità goduta quasi sempre nel passato, non fu una loro invenzione, ma degli inglesi. Anzi, al riguardo, i tedeschi furono meno attenti e pronti degli altrJ e questo fu un loro grave torto ed un loro non meno grave errore. Nella tattica difensiva rimasero ineguagliabili; ili quella offensiva rimasero vittime aJ pari degli altri, nonostante che le ultime innovazioni ideate dentro il sistema costituissero il massimo della plusvalenza ottenibile dai mezzi disponibili. Nelle battaglie di Caporetto e soprattutto della Somme, di Lys e di Soissons-Reims - quando cioè presero in considerazione il problema tattico prima degli obiettivi puramente strategici e rivalutarono la sorpresa e l'inganno senza i quali non esiste tattica efficace - riuscirono, con i nuovi procedimenti, a restituire alla manovra offensiva il giusto equilibrio tra fuoco e movimento per rompere e penetrare, ma non la velocità operativa necessaria a prevenire: mancò loro il mezzo idoneo per farlo. La cavalleria era uno strumento rusequilibrato: possedeva la velocità, ma non la potenza necessaria e per ili più, se montata, era molto vulnerabile. Il 3 giugno i tedeschl raggiunsero Ia Marna da dove bombardarono Parigi; iJ successo ili un piano strategico ineccepibile, ed al cui servizio avevano posto sul piano teorico una nuova tattica non meno ineccepibile , fu a ,p ortata ili mano. Ma a parte il fatto che il Ludendorff non toone fede sul piano pratico ai criteri ta,ttici che egli stesso aveva formulato, perse tempo a studiare nuovi criteri e impiegò le riserve più ,per correggere gli insuccessi che per sfruttare i successi; gli alleati ebbero sempre il tempo, come abbiamo già scritto, o di consolidarsi su nuove posizioni, o ili suturare le brecce, o ili spostare le riserve per contrattaccare. La nuova tattica offensiva, indovinata ai fini della rottura e della penetrazione, &mostrò la s-ua assoluta insufficienza nei riguardi del dilagamento in profonrutà, vale a dire dello sfruttamento del successo, che è, in
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definitiva, il mezzo decisivo per riportare il combattimento in campo aperto e tradurre in vittoria strategica il successo tattico. La dottrina d'impiego dell'esercito italiano non fu nelle linee generali diversa da quelle degli altri eserciti, ma, pur accostandosi molto a quella francese, ebbe caratteristiche .proprie suggerite dalla diversità morfologica dei terreni d'impiego e dall'inferiorità quantitativa dei mezzi e delle munizioni. Nonostante il dogmatismo del Cadorna, oltre tutto espresso frequentemente in forma minacciosa piuttosto che convincente, essa fu meno assolutistica e rigida delle altre e meno incline agli eccessi della metodicità e dei paradigmi stereotipati che, del resto, sono meno connaturali all'indole del soldato italiano. Fu molto attenta ad evitare le generalizzazioni e molto accorta nel distinguere il combattimento in montagna da quello sugli altri terreni, particolarmente sul Carso; nei riguardi dell'azione difensiva indicò criteri e procedimenti che contribuirono in misura determinante al conseguimento delle grandi vittorie del 1916, deJ 1917 e del 1918; circa l'azione offensiva si espresse nei termini comuni agli altri eserciti, ma spesso lo fece in ritardo {i procedimenti di attacco nella battaglia di Vittorio Veneto, eccezione fatta per l'artiglieria, furono molto simili a quelli deLle precedenti battaglie, particolarmente circa l'avanzata della fanteria ad ondate, sistema già abbandonato dai tedeschi nel mese di febbraio e non più utilizzato dagli alleati nella controffensiva dell'estate-autunno). Nei riguardi dell'unpiego dell'artiglieria, sia nell'offensiva sia nella difensiva, eguagliò, quando non superò, le dottrine degli altri eserciti e, facendo di necessità virtù, suppll alla pochezza numerica dei pezzi e soprattutto delle munizioni mediante l 'utilizzazione di tecniche d'impiego moderne e raffim1te. In conclusione, in un periodo di pressoché generale oscurantismo della tattica offensiva, la dottrina dell'esercito italiano non fu peggiore di quelle degli altri eserciti e, come le altre, non risultò idonea a riaffermare la superiorità dell'offensiva sulla difensiva. Che l'idoneità offensiva dipendesse dal mezzo piuttosto che dal modo di utilizzarlo, il generale Cadorna non si rese sufficientemente conto al pari dei suoi colleghi deHe altre fronti; tale incomprensione, a causa dclla quale per mesi e mesi e su tutte le fronti le fanterie furono gettate in massa contro i puntelli più robusti delle difese avversarie, significò la morte di milioni di uomini e la messa fuori combattimento di altri milioni, vanamente sacrificati alla voracità del trinomio mitragliatrice-reticolato-trincea, che mietè più vittime di tutte le altre armi messe insieme, compresi i gas. Ciò dimostra come sia importante ai fini del vero successo - cioè
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quello che si consegue con hl minor numero possibile di perdite che la dottrina tattica derivi la sua validità, oltre che dalla bontà e rispondenza dei criteri e dei procedimenti che indica, anche, e prima ancora, dall'intrinseca sufficienza quantitativa e qualitativa dei mezzi di combattimento utilizzabili.
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NOTE AL CAPITOLO XVIII (1) Aifred von Schliefefn, feldmaresciallo tedesco (1833-1913). Capo di stato maggiore dal 1891 fu l'ideatore del piano di attacco alla Francia. Nel 1911 fu nominato feldmaresciallo. Fu un brillante stratega. (2) Feldmaresciallo Montgomery, Storia delle guerre,
Rizzoli, Milano 1970,
p. 521.
(3) Erich Ludendor/f, generale t edesco (1864-1937). Come capo di stato maggiore del maresciallo Hindenburg diresse, dopo essersi distinto nell'assedio di Liegi, le operazioni sul fronte orientale e, quando, H:indenburg, nell'agosto del 1916, assunse il comando supremo dell'esercito tedesco gli continuò ad essere accanto come capo di stato .maggiore dell'esercito. Praticamente diresse tutte le operazioni tedesche. Dopo la sconfitta dell'offensiva sul fronte occidentale dell'estate-autunno 1918 spinse: il governo a trattare con l'Intesa. Fu allontanato dall'incarico nell'ottobre del 1918 pochi giorni prima della resa tedesca. (4) Feldmaresciallo Montgomery, Op. cit., p. 521. (5) Aleksei Alekseevic Brusilov, generale russo ( 1853-1926). Organizzò e diresse l'offensiva del giugno-agosto 1916 contro gli austro-tedeschi per la riconquista della Galizia orientale e della Bucovina. Comandante supremo dell'esercito di Kerenskij dopo il febbraio del 1917, non riuscì a sollevare il morale delle truppe ed a riorganizzarle materialmente, motivi che costrinsero la Russia ad uscire dalla guerra. :fu un eccellente comandante: una clelle poche figure che si elevarono al di sopra della mediocrità degli altri capi <li tutta la guerra. (6) Roberto Nivelte (1856-1924), generale francese. All'inizio della 1" guerra mondiale era colonnello; nell'ottobre comandava una brigata di fanteria, nel marzo 1915 una divisione, poi il III Corpo d'Armata. Nel 1916 comandò Ja 2• Al1llata a Vedum, e furono opera sua la riconquista di Cai!Jette e del forte Douamont. Nel dicembre 1916 fu chiamato al Comando Supremo a sostituire il maresciallo Joffre. Preparò ed attuò la grandiosa offensiva della primavera del 1917 per decidere la guerra in campo aperto. Tale offensiva diede luogo alla 2• battaglia dell'Aisne cbe si risolse in un grave scacco per i francesi che subirono perdite elevatissime. Il governo intervenne, fece sospendere l'offensiva, esonerò il Nivelle, che venne nominato poi comandante delle truppe francesi in Africa del Nord. (7) Ferdinand Foch, maresciallo francese, (1851-1929). Allo scoppio della guerra comandava il XX corpo d'armata a Nancy. Partecipò alla battaglia della Marna e diresse la corsa al mare nel 1914, l'offensiva dell'Artois nel 1915 e la battaglia della Somme nel 1916. Nel maggio del 1917 fu nominato capo di stato maggiore generale. Fu presidente del comitato militare del Consiglio supremo di guerra interalleato. Nel marzo del 1918 ebbe il comando supremo delle truppe alleate sul fronte occidentale e nell'aprile il comando .su tutti i fronti. Organfazò e diresse fa controffensi'Va che concluse la guerra sul fronte occidentale. (8) Feldmaresciallo Montgomery, Op. cit., p. 532. (9) Helmuth Johannes von Moltke, generale tedesco (1848-1916). Capo di stato maggiore dal 1906 attuò, modificandolo con conseguenze negative, il piano Schlieffen e fu responsabile in gran parte del fallimento di una rapida risoluzione della guerra.
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(10) Erich von Falkenhayn, generale tedesco (1861-1922). Ministro della guerra nel 1913, succedette al Moltke nella carica di capo di stato maggiore nel settembre del 1914. Preparò le offensive contro i russi del 1915 ed impostò nel 1916 la battaglia di Verdun. Dopo le gravi sconfitte subite in questa battaglia fu esonerato dalla carica. (11) H oratio Herbert lord Kitchetrer, uomo politico e generale inglese (18501916). Ministro della guerra aUo scoppio della guerra mondiale, intul la lunghezza del confilitto e operò grandi riforme militari. Organizzò le Kitchener's divisions da mandare in Francia e ottenne la coscrizione obbligatoria. Nel 1916, chiamato in Russia per riorganizzare l'esercito zarista, morl al largo delle Oreadi nel siluramento della corazzata Hampshire. (12) Douglas William conte e barone Haig, maresciallo d'Inghilterra (1861-1928). All'inizio della guerra fu comandante del I corpo d'armata sulla Marna; nel 1915 venne posto a capo di tutte le forze inglesi in Francia, incarico che tenne fino alla fine della guerra. (13) Philippe Pétain, maresciallo e uomo politico francese (1856-1951). Generale di brigata allo scoppio della guerra, nel 1917 sostitul il Nivelle come comandante in ca-po <li tutte le forze francesi e mantenne tale carica fino alla fine della guerra. Nel 1918 gli fu conferito il bastone di maresciallo di Francia.
(14) Feldmaresciallo Montgomery, Op. cit., p. '.503. {15) La grande offensiva germanica si svolse clal 21 marw al 17 luglio in 5 fasi: la prima (21 marzo4 aprile) sul fronte Croisilles - La Fère; la seconda (9-29 aprile) nella 7.ona Armentières-Kemmel; la terza (27-31 maggio) sul fronte SoissonsFismes; la quarta (9-13 giugno) nella regione di Noyon, quasi contemporaneamente all'offensiva austro-ungarica sul Grappa Montello-Piave; la quinta ( 15-17 luglio) nella regione di Reims, su Epernay-Chalons. 0
(16) Enrico Seymour sir Rawlinson, generale inglese (1864-1925). Fece gran pal'te della sua carriera in India; partecipò alle campagne del Sudan (1898) e contro i Boeri (1900-1902). Da generale di divisione entrò in guerra inizialmente incaricato della copertura di Anversa. Assunse quindi il comando del IV Corpo d'Armata e si distinse durante la battaglia della Somme. Comandò poi la 4• Armata sino all'armistizio. (17) B.H. Liddcl Hart, La prima guerra mondiale, 1914-1918), llizzoli, Milano 1969, p. 325. (18) Paul Ludwig von Deneckendorff e von Hindenburg, feldmaresciallo e uomo politico ·tedesco (1847-1934). Prese parte alla guerra austro-prussiana del 1866 ed a quella franco-prussiana del 1870. All'inizio della guerra mondiale ebbe il comando del1'8• armata e fermò, con ·il Ludendorff, l'avan7.ata russa nella Prussia orientale. Nominato feldmaresciallo, nel novembre del 1914 ebbe il comando del fronte orientale. Nell'agosto del 1915 respinse i russi dalla Polonia e nel 1916 assunse il comando supremo dell'esercito tedesco, avendo accanto a sé il Ludendorff. Organizzata la resistenza sul fronte occidentale, nel 1917 costrinse alla resa la Fomania e trattò la .pace con i russi a Brest-Litovsk. Nel 1925 fu eletto presidente della repubblica; rieletto nel 1932, ·nonostante l'avversione per Hitler, fu costretto a chiamarlo alla carica di cancelliere quale leader della maggioranza del Reichstag. (19) Max Hoffmann, generale tedesco (1869-1927). Capo di stato maggiore sul fronte orientale dal 1916, fu tra i protagonisti delle trattative per la pace di BrestLitovsk.
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----------------------------------(20) Feldmaresciallo Montgomery, Op. ot., P- 489.
(21) Paolo Rennenkampf, generale russo (1854-1927). Fece carriera nella cavalleria e divellile maggiore generale nel 1900. Partecipò da tenente generale~ alla guerra rnsso giapponese alla testa di una divisione di cavalleria. Nella guerra mondiale comandò la P armata con la quale invase la Prussia orientale, ma venne sconfitto nella battaglia dei laghi MasurL Alessandro Casil'evié Samsonov, generale russo (1859-1914). Proveniente dalla cavalleria, comandò un corpo d'armata di quest'arma nella guerra contro il Giappone. A capo della 2• Armata russa destinata ad agire insieme con fa 1· nella Prussia orientale tu sconfitto nella battaglia di Tannenberg nella quale la sua armata fu circondata e in gran parte costretta ad arrendersi. Fece di tutto per salvare le sue truppe, ma dovette assistere allo sfacelo dell'armata. Si uccise il 29 agosto 1914, subito dopo la battaglia. (22) August von Mackensen, generale tedesco (1849-1945). Nel corso della guerra si segnalò a Tannenbcrg e Lodz e diresse poi, come comandante della 2• armata, la grande offensiva austro-tedesca di Gorlice. Promosso feldmaresciallo, diresse le operazioni che portarono all'occupazione della Serbia (ottobre-novembre 1915) e nel 1916 partecipò alla conquista della Romania. Alla fine del conflitto venne fatto prigioniero degli alleati nei Balcani; liberato nel 1919, si ·ritirò a vita privata conservando, per il suo prestigio, un -p eso notevole nella vita politica. (23) B.H. Liddel Hart, Op. cit., pp. 295-296. (24) Pietro Maravigna, Storia dell'arte militare moderna. Tipografia Enrico Schioppo, Torino 1928, Vol. VI, tomo II, p. 363. (25) Massimiliano Eugenio Asburgo, arci<luca d'Austria (1895-1952). (26) L'offensiva austro-ungarica si suddivise in 3 fasi: nella prima (15-28 maggio) ebbe ragione della difesa su tutto il fronte sul quale si sviluppò con una pressione quasi uniforme e costante; nella seconda (sino al 15 giugno) essa venne gradualmente arrestata e da battaglia <li rottura si trasformò in battaglia di logoramento; nella terza (dal 15 giugno alla prima settimana di agosto) falli del tutto ad opera della controffensiva italiana che costrinse il comando supremo austro-ungarico ad arretrare il fronte ed a passare nuovamente alla loHa di posizione sia pure su di un allineamento Zugna-Torta-Passo Buole-M. Costone-M. Cimone-M. Interroto.Cima Dieci-M. Civaron, più forte e .p iù avanzato rispetto a quello iniziale. (27) P. Maravigna, Op. cit., Val. IV, tomo II, pp. 350-351. (28) B.H. Liddel Hart, Op. cit., pp. 462-463. (29) Luigi Capello, generale italiano (1859-1941). Al comando del IV corpo di armata conquistò Gorizia nell'agosto 1916 e guidò poi la 2• armata nella battaglia della Bainsizza. Fu considerato tra i responsabili della disfatta di Caporetto e messo a riposo. A<lerl agli inizi al fascismo, poi passò all'opposizione e fu implicato nell'attentato a Mussolini del 1925. Fu radiato dall'esercito e condannato a trent'anni di carcere (poi ridotti a dieci). Di lui il Liddel H art scrive nell'opera citata: « Il generale Capello, comandante della seconda armata, pensando che le posizioni sulle quali si era arrestata l'offensiva italiana non si prestassero a una efficace azione difensiva, aveva proposto di prevenire l'attacco nemico con un colpo laterale sferrato verso nord dall'altopiano della Bainsizza; la proposta venne però respinta da Cadoma, il quale non solo era consapevole della sua carenza di riserve, ma era ormai giunto a mettere in dubbio il valore della tattica offensiva. In ciò ahm:no, era più saggio del suo subordinato, il quale, sia per spirito offensivo, sia
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per i suoi metodi di comando, sia infine per il suo destino di v1tt11Da del nuovo sistema offensivo tedesco, fu un po' il Gough dell'esercito italiano... Ma Capello respinse la richiesta di rinforzi avanzata dalla sua ala sinistra. Forse era tanto più impaziente nei confronti delle tesi altrui, in quanto, seriamente ammalato, avrebbe dovuto rassegnarsi a fare il paziente in ospedale. Spinto da un malinteSo senso del dovere preferl invece restare a letto nel suo quartier generale, e si decise a cedere le redini del comando solo il giorno successivo al crollo del suo fronte~. (30) B.H. Liddcl Hart, Op. cit., p. 459. (31) Armando Diaz, maresciallo <l'Italia (1821-1928). Partecipò con il grado di colonnello alla campagna <li Libia; all'irmio della guerra fu nominato generale e capo del ,r eparto operazioni del Comando Supremo. Al comando di una divisione (1916) e quindi di un corpo di armata (1917) operò nella zona del Carso. Nominato nel novembre del 1917 capo di stato maggiore dell 'esercito, in sostituzione de] Cadorna, riorgarmzò l'esercito e diresse la vittoriosa battaglia difensiva del Piave (giugno 1918) e la bat-taglia controffensiva di Vittorio Veneto (24 ottobre-3 novembre 1918). Senatore dal 1918, dopo la marcia su Roma fu ministro della guerra del primo governo Mussolini. Da tale incarico si dimise nell 'aprile del 1924. {32) Il corpo di armata speciale fu costituito a Pinzano su 2 divisioni (20" e 33") al comando del generale Di Giorgio, in seguito ad ordine del Cadorna, per raccordare il movimento retrogrado delle truppe della 2· armata con quello delle truppe della Carnia. Schierato, inizialmente, da M. Ragogna a Gradisca, resistette il 31 ottobre all'incalzare del nemico e successivamente, rinfora to da altre truppe, manovrò in ritirata tra il Tagliamento e il Meduna contrastando a palmo a palmo il terreno all'avversario. Dopo aver fronteggiato 4 divisioni nemiche, continuò il ripiegamento sino al Livenza e quivi il 6 novembre fece nuovamente fronte all'invasore. Infine si schierò sulla linea del Piave per saldare il nuovo fronte alla 4• armata e comprese allora le brigate Bologna, Lombardia, Barletta, l.Azio, Siracusa, Rovigo, Parma, Sassari, ;i resti della Siena, del 2." e 9° bersaglieri, del gruppo alpini e nuclei sparsi di mohi altri reggimenti. (33) B.H. Liddel Hart, Op. cit., p. 462. (34) Sveto:r.ar Boroevié von Boyna, feldmaresciallo austro-ungarico (1856-1920). Comandante della 3• armata sul fronte russo e poi della Isonzo Amzee sul fronte itruiano, fu il principale artefice deHa .resistenza austrerungarica alle offen~ive del Cadorna. Dopo Caporctto fu a capo ài tutte le forze austro-ungariche schierate fra il Grappa e la foce del Piave e condusse senza successo l'offensiva del giugno 1918. (35) Feldmaresciallo Montgomery, Op. cit., p. 498.
{36) Idem, p . 496. (37) Circolare n. 4785 (U.S.O.G.) del 10-IV-1916 in Esercito italiano nella grande Guerra. Ministero della guerra. Comando del Corpo di Stato Maggiore. Ufficio Storico. Istituto Poligrafico dello Stato. Roma 1932, Vol. VI, Tomo I , p. 226. {38) Idem, pp. 125-126. (39) Idem, pp. 118-121. {40) Idem, pp. 150-202. Sull'argomento dei lavori del campo di battaglia il Comando Supremo aveva diramato dal febbraio del 1915 all'ottobre 1915 la circolare n. 250 del 10-Il-1914 (pp. 32-68) e la circolare n. 160 R.S. del 6-VI-1915 (pp. 118-120).
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(41) Idem, pp. 203-212. Sull'argomento dell'impiego dei gas e della difesa dai gas il Comando Supremo tornò in seguito con: la circolare n. 15992 R. del 27-I-1917 (Veds. Idem, Tomo II, pp. 14-31), la circolare n. 17293 R. del 1-UI-1917 (Idem, II, p. 69), la circolare n. 19116 R. del 21-IV-1917 (Idem, Tomo II, pp. 144151), la circolare n. 32440 R. del 5-II-1918 (Idem, Tomo II, pp. 349-354), la ci.rcolare n. 161 del 30-IV-1918 (Idem, Tomo II, pp. 438-439). (42) Circolare n. 1693 del 5-IIl-1915, Idem, Tomo I, pp. 213-222. Circa l'impiego dell'aviazione nella lotta e circa la difesa contraerei i principali documenti del Comando Supremo furono, oltre la circolare n. 1693, le circolari n. 2000 Dif. Ae del 20-1-1917 (Idem, Tomo Il, pp. 9-14); n. 1400 Av. del 15-IV-1917 (Idem, Tomo II, pp. 175-182); n. 40376 C.A. del 27-I-1918 (Idem, Tomo IL pp. 338-348). (43) Circolare n. 2552 del 1-Ill-1916 (Idem, Tomo I, p. 210). Sullo specifico argomento il Comando Supremo tornò successivamente con la circolare senza numero dell'aprile 1917 (Idem, Tomo Il, pp. 129-130). (44) Circolare n. 4785 del 10-IV-1916 (Idem, Tomo I , pp. 226-227). (45) Circolare n. 11100 del 26-IV-1916 (Idem, Tomo I, pp. 272-273). Sull'argomento si ebbero numerosi interventi in tempi successivi: circolare del 17-IX-1917 (Idem, Tomo I , p. 331); circolare n. 37300 del 22-X-1917 (Idem, Tomo Il, pp. 290-292); circolare n. 9007 del 2-III-1918 (Idem, Torno II, pp. 495-501) all'oggetto: Istruzioni e norme sull'impiego delle squadriglie di automitragliatrici blindate e delle motomitragliatrici. (46) Circolare del giugno 1916 (Idem, Tomo I, pp. 274); çircolare n. 13115 del 25-VIl-1916 (Idem, Tomo I , pp. 329-330); circolare n. 21417 R. del 26-IV-1917 (Idem, Tomo Il, pp. 239-242); circolare n. 15910 del 21-V-1918 (Idem, Tomo Il, pp. 440-442). (47) Circolare n. 26110 del 28-Xl-1916 (Idem, Tomo I, pp. 347-348). (48) Circolare n. 4785 del 10-IV-1916 (Idem, Tomo I, pp. 226-227); circolare n. 26706 del 4-XIl-1916 (Idem, Tomo I , pp. 349-350); circolare n. 3740 del 13-111917 (Idem, Tomo II, pp. 66-67); circolare n. 7459 del 16-IV-1917 (Idem. Tomo II. pp. 138-139). (49) Circolare n. 3377 R. dell'S..IV-1916 (Idem, Tomo I, pp. 223-225). Oltre le istruzioni già ricordate, il Comando Supremo era già intervenuto -sull'azione difensiva con: la cirlolare n. 375 R.S. del 29-Vl-1915 (Idem, Tomo I, pp. 125-126); la circolare n. 1967, del 27-VIl-1915 (Idem, Tomo I, pp. 138-139). I successivi interventi in materia furono: la circolare n. 4861 del 15-IV-1916 Criteri relativi all'azione difensiva (Idem, Tomo I, pp. 228-230); la circolare n. 15637 del 28-1-1917 Criteri per l'organizzazione di linee difensive (Idem, Tomo II, pp. 3240); fa circolare n. 7900 del 25-IIl-1917 Azione difensiva (Idem, Tomo II, pp. 97-99 ); la circolare n. 2213 del 15-IV-1917 Comandi delle truppe e sistemazioni difensive (Idem, Tomo II, pp. 136-137); la circolare senza numero del 29-IV-1917 Piccole azioni di trincea (Idem, Tomo Il, p. 152); fa circolare n. 2324 G.M. del 29-IV-1917 Criteri generali per la sistemazione difensiva in montagna (Idem, Tomo Il, pp. 153158); la circolare n. 5769 G.M. del 20-Xl-1917 Azione delle artiglierie leggere e delle mitragliatrici e scaglionamento delle truppe (Idem, Tomo II, pp. 300-301); la circolare n. 5990 G.M. del 27-XI-1917 Alcuni rilievi sull'impiego dell'artiglieria nella difensiva (Idem, Tomo II, pp. 302-303); la circolare n. 6478 SM. dell'll-XII-1917 Scaglionamento delle fanterie (Idem, Tomo Il, p. 304); la circolare n. 6604 G.M. del 15-XII-1917 Rilievi sull'impiego delt'ar-tiglieria da montagna (Idem, Tomo II, pp. 305-.306); la circolate n. 29981 R. del 23-XIl-1917 Reticolati ed ostacoli di vario
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genere (Idem, .Tomo II, pp. 307-314); la circolare n. 7.553 del 23-I-1918 Appunti sui criteri da osservare nella difesa {Idem, Tomo 11, pp. 319-324); la circolare n. 7.312 G.M. del 1918 Organizzazione del terreno (Idem, Tomo II, pp. 325-337) la circolare del marzo 1918 Schizzi di difesa c(l1llpati (Idem, Tomo Il, pp. 357-401); la circolare n . 11.150 del 29-III-1918 Norme per l'azione difensiva (Idem, Tomo II, pp. 406-409); la circolare n. 135 R.S. del 2(HV-1918 Piccole operazioni difensive (Idem, Tomo 11, pp. 428-429); la circolare 10.183 G.M. del 26-IV-1918 Scaglionamento delle forze (Idem, Tomo II, pp. 434-435); la circolare n. 132 del 4-VII-1918 Esperienze delta recente battaglia (Idem, Tomo II, pp. 451-463); la drcolare 12.352 G.M. del 22-VII-1918 Attività delle truppe in linea (Idem, Tomo II, pp. 510-511). Altre direttive e i&truzioni sull'azione difensiva, impartite e diramate per cicli operativ.i particolari, furono: la circolare n. 1.630 G.M. del 7-II-1917 Direttive per la difesa nelt'ipotesi di una offensiva nemica sulla fronte giulia (Idem, Tomo II, pp. 55-59); la circolare n. 1.837 G.M. del 4-III-1917 Direttive che creano il co· mando della zona di Gorizia unificando la costituzione delta 2• armata e sopprimono il comando della zona Carnia (Idem, Tomo II, pp. 74-76); <la circolare n. 1.862, G.M. del 7-III-1917 Predisposizioni per l'affluenza alle armate delle batterie per la difesa ad oltranza (Idem, Tomo Il, pp. 89-91); la circolare n. 2.019 del 21-IIl-1917 Criteri per la difesa ad oltranza sulla fronte giulia (Idem, Tomo II , pp. 95-96); la circolare n. 2.820 del 12-VI-1917 Direttive per la difesa ad oltranza ipotesi B (Idem, Tomo II, pp. 217-218). (50) Circolare n. 4861 del 15-IV-1916 (Idem, Tomo I, pp. 228-230).
(51) Fa&cicolo dell'aprile 1916 contenente Criteri d'impiego d'artiglieria (Idem, Tomo I, pp. 231-259). Circa l'impiego dell'artiglieria sotto il profilo tartico e tecnico il Comando Supremo era in precedenza intervenuto con: la circolare n . 380, G.M. del 25-IV. 1915 Coordinamento d'impiego della fanteria e dell'artiglieria (Idem, Tomo I, pp. 98-99); la eh-colare n. 3.898 del .31-X-1915 Impiego dell'artiglieria (Idem, TomQ I , pp. 147-149). Successivamente, a modifica ed in aggiunta del contenuto del fascicolo dell'aprile 1916, il Comando Supremo diramò: la circolare n. 13.060 del 19-VII-1916 Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo ll, pp. 502-503); la circolare n. 28.865 del 30-XII-1916 Osservazioni sulla sistemazione e sull'impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo II, pp. 513-515); la circolare n. 1825, G.M. del l-III-1917 Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo II, pp. 70-73 ); la circolare n. 1.842, G.M. del 4-IIl-1917 Aggiunta alla circolare Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo Il, pp. 77); circolare n. 2.557, G.M. del 16-V-1917 (Cautele essenziali nel dispendio delle munizioni (Idem, Tomo II, pp. 18.3-184); la circolare n. 2.571, G.M. del l 7-V-1917 Divieto di ulteriormente disperdere il munizionamento di artiglieria grosso e medio (Idem, Tomo II, pp. 189-190), fa circolare n. 2.906 del 21-Vl-1917 Sistemazione da darsi alle artiglierie grosse e medie (Idem, Tomo II, pp. 222-223); la circolare n. 3.062 del 9-VII-1917 Schier(l1llento delle artiglierie e loro raggruppamento tattico (Idem, Tomo II, ,pp. 268-278); fa circolare n. 257 del 25-VII-1918 Impiego tattico delle cortine di nebbia artificiali (Idem, Tomo II, pp. 466-472). (52) Fascicolo n. 12.336 Criteri d'impiego della fanteria nella gue"a di trincea del 10-VIl-1916 (Idem, Tomo I, pp. 298-324). (53) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. IV, Tomo II, p . 136.
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FILIPPO STEFANI
(54) Circolare n. 1.654 del 17-Vll-1915 Notizie di un disertore nemico. Deduzioni tattiche. (Ministero della Guerra-Comando del corpo di stato maggiore. Ufficio Storico. L'esercito italiano nella grande guerra 1915-1918, Op. cit., Vol. VI, Tomo I, pp. 136-137); circolare n. 10.005 del 17-Vl-1916 Esperienze degli ultimi combattimenti (Idem, Tomo Il, pp. 266-271); circolare n. 19.800 R. dell'll-V-1917 Miglioramenti da apportare alle organizzazioni in dipendenza dei recenti provvedimenti di attacco. Costituzione dei rivellini sotte"anei (nidi di mitragliatrici sboccanti in pieno campo) (Idem, Tomo II, pp. 165-173 ); circolare n. 9.465, G.M. del 29-111-1918 L'impiego delle "tanks" e la difesa contro di esse (Idem, Tomo II, pp. 402-404); circolare n. 40.763, R. del 20-IV-1918 Note relative alla difesa contro le "tanks" (Idem, Tomo II, pp. 419-427 ); circolare n. 146, R.S. del 20-IV-1918 Misure di sicurezza (Idem, Tomo II, pp. 430-431); circolare n. 25 del 23-IV-1918 Metodi tattici del nemico (Idem, Tomo Il, pp. 446-450); circolare n. 132 del 4-VII-1918 Esperienze della recente battaglia (Idem, Tomo II, pp. 451-463). (55) Veds. precedente nota n. 45. (56) Veds. precedente nota n. 41. (57) Circolare n. 18.192, R. del 27-IIl-1917 Mascheramento di opere campali, pezzi d'artiglieria, vie di comunicazione e impianto di organi di osservazione dissimulati (Idem, Tomo Il, pp. 100-126); circolare n. 19.546, R. del 4-V-1917 Dissimula:àone e sicurezza dei magazzini e depositi in wna di guerra (Idem, Tomo II, pp. 162-164); circolare n. 1.552, C.A. del 5-I-1918 Visibilità e vulnerabilità dei parchi di autocarro e di carreggio (l<lem, Tomo II, pp. 315-317); circolare n. 967 dell'll-X-1918 (Idem, Tomo II, pp. 492-494). (58) Circolare n. 2.540, R. del 31-1-1917 Specializzazione dei compiti della fanteria (Idem, Tomo II, pp. 42-49); circolare n. 6.230 del 14-III-1917 Riparti d'assalto (Idem, Tomo II, pp. 243-244); oircolare n. 106.907, R.S. del 4-VII-1917 Speciale distintivo per i reparti d'assalto (Idem, Tomo II, pp. 253-254); circolare n. 106.890 del 5-VII-1917 Trattamento spettante al personale dei riparti d'assalto (Idem, Tomo Il, pp. 255-257); circolare n. 21.000 del 5-VIl-1917 Addestramento dei riparti d'assalto (Idem, Tomo II, pp. 258-260). (59) Circolare n. 15.637, R. del 28-1-1917 Criteri per l'organizzazione di linee difensive (Idem, Tomo Il, pp. 32-40). (60) Grmfore n. 1.825, G.M. del 1-III-1917 Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo Il, pp. 70-73). (61) Gircolare n. 2.213, G.M. del 15-IV-1917 Comandi delle truppe e sistemazioni difensive {Idem, Tomo II, pp. 136-137). (62) Circolare n. 7.459, R. del 16-IV-1917 Abbandono di cattive posizioni difensive (Idem, Tomo Il, pp. 138-139). (63) Circolare n. 2.324, G.M. del 29-IV-1917 Criteri generali per la sistemazione difensiva in montagna (Idem, Tomo II, pp. 153-158). Sul combattimento nei terreni piani e coperti il Ca<lorna aveva già di1:amato nel maggio del 1916 un'apposita istruzione - Operazioni nei terreni piani e coperti (Idem, Tomo I, pp. 260-265) - nella quale aveva inteso mettere in evidenza, « per !'eventualità che si abbia ad affrontare il nemico, si che si possa dare sfogo al nostro innato slancio offensivo», i criteri secondo i quali · svolgere l'azione offensiva in quei terreni. Illustrate le conseguenze tattiche delle caratteristiche del terreno piano e coperto - campo di vista limitato, spesso r,idotto a pochi metri e poca percorcibilità al di fuori delle strade, specie quamlo sono frequenti i fos$i cd a canali
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- e, perciò, difficoltà di orJentamento, di collegamento - il Cadorna metteva in evidenza che: l'azione si svoJge assai rapidamente; essa deve essere spinta a fondo colta massima risolutezza; ta difensiva non ha speranze di buon successo. Per l'esplorazione vicina indicava: se fatta dalla cavalleria, quindi preceda, nel grosso delle sue forze, le avanguardie a non più di 8-10 km e impieghi pattuglie forti con contegno eminentemente aggressivo; ti riparti ciclis,ti cooperino colla cavalleria e 1a sostituiranno quando non ve ne sia; in mancanza di cavalleria e di ciclisti vengano impiegati gli esploratori di fanteria, fatti marciare a 2-3 km dalla testa della colonna. Prescriveva inoltre: per il numero delle colonne, che ogni unità non inferiore al battaglione muovesse occupando una fronte non minore di quella normale di spiegamento (tante colonne quante le sttade disponibili); per l'avanguardia, che fosse forte in fucili (da 1/3 a 1/4 della forza della colonna) e disponesse di molte mitragliatrici, muo, vesse a distanza ravvicinata dalla testa della colonna (400-500 passi), mantenesse contegno aggressivo sempre, fosse coperta sulla fronte e sui fianchi; per i reparti distaccati dalla testa del grosso; per ii collegamenti, che fossero sempre garantiti mediante appositi responsabili e medi-ante accorgimenti procedurali; per la ripartizione delle armi nelle colonne, che -l'artiglieria fosse fatta muovere nella seconda metà del grosso e nelle colonne di brigata od inferiori sul tergo, le mitragliatrici fossero assegnate all'avanguardia od alla testa del grosso, le varie colonne dispo, nessero di mezzi per il passaggio Ji piccoli canali e di fossi. Circa il combattimento: « il combattimento é quasi sempre d'incontro e si svolge da distanze brevissime»; fare fuoco intenso e poi foncinr~i decisamente nll'nssnlto; l'iniziativa e l'audacia dei comandanti di minor grado hanno la massima importanza; andare avanti, sempre ad ogni costo; grande scaglionamento in profondità; i battaglioni di I linea combattano con fronte poco ampia (300 passi), la ,1inea del fuoco sia densa, i rincalzi forti e vicini; i battaglioni di 2• e 3• linea seguano, possibilmente, in linea di colonne serrata od aperta, altrimenti colle compagnie affiancate in linea di fianco, ogni brigata si costituisca una riserva di 1-2 battaglioni: il tempestivo impiego della riserva è l'unico mezzo con cui il comandante può influire sull'a11da111ento del combattimento; cura dei collegamenti; per ogni colonna sia indicata la direzione da seguire e possibilmente l'obiettivo. La fanteria apre ,il fuoco intenso appena vede il nemico e fa entrare subito in azione le mitragliatrici (utiH le automitragliatrici blindate), procede energica e risoluta senza attendere ordini ed anche se l'artiglieria non è entrata in azione. L'artiglieria (scortata) se non trova posizioni arretrate, si porta sulla linea della fanteria, tira a granata contro i caseggiati ed esegue fuoco d'interdizione e shrapnel sulle linee donde giungono i rinforzi al nemico. La cavalleria mira ai fianchi o meglio al tergo del nemico; ogni colonna ~i slanci a corpo perduto sul nemico dove ecomunque l'incontri »; se non può agire altrimenti, appieda ed entra in azione con il fuoco; insegua con unità organiche il nemico che ripiega. (64) Circolare n. 3.024, G.M. del 9-VIl-1917 Ammaestramenti tattici (Idem, Tomo
II, pp. 261-267). (65) Circolare n. 71.691 del 6-Xl-1917 Informazioni sugli odierni avvenimenti (Idem, Tomo II, pp. 293-294); circolare n . 5.710, G.M. del 18-XI-1917 Atteggiamento morale degli ufficiali (Idem, Tomo II, p. 295); circolare n . 5.766, G.M. ciel 20. XI-1917 Spirito e contegno dei combattenti (Idem, Tomo II, ,pp. 296-297); circolare n. 5.768, G.M. del 20-XI-1917 Azione dei comandi sullo spirito delle truppe (Idem, Tomo II, pp. 298-299). Sullo stesso argomento veds. circolare n. 24.525 del 15XI-1916 del Cadorna Opera educatrice degli ufficiali superiori ( Idem, Tomo II, p. 512). (66) Circolare n. 5.769, G.M. del 20-XI-1917 Azione delle artiglierie leJ>.gere e delle mitragliatrici e scaglionamento delle truppe (Idem, Tomo II, pp. .300-301).
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FILIPPO STEFANI
(67) Circolare n. 5.990, G.M. .del 27-XII-1917 Alcuni rilievi sull'impiego dell'artigfieria nella difensiva (Idem, Tomo II, pp. 302-303); drcolare n. 6.604, G.M. del 15-XII-1917 Rilievi sull'impiego dell'artiglieria da montagna (Idem, Temo II, pp. 305-306). (68) Circolare n. 6478, (Idem, Tomo II, p. 304).
G.M. dell«ll-XJH917 Scaglionamento. delle
fanterie
·
(69) -circolare n. 29.981, R. del 23-XII-1917 Reticolato ed ostacoli di .vario genere (Idem, Tomo II, pp. 307-314). (70) Circolare n. 7.312, G.M. e numero 7.553 rispettivamente del 7-1-1918 e del 23-1-1918 all'ogge.tto Organizzazione del terreno e Appunti sui criteri da osser· vare nella difesa (Idem, Tomo II, pp. 325-337 e pp. 319-324). (7l)'Circolare n. 9007, A.G. del 2-IIl-1918 Mitragliatrici nella difensiva (Idem,' Tomo II, pp. 355-356). (72) Circolare del marzo 1918 Schizzi di difese campali (Idem, Tomo II, (73) Veds. precedente nota n. 49. (74) Circolare n. 11.150 del 29-III-1918 Norme per l'azione difensiva (Idem, Tomo II, pp. 406-409). (75) Pietro Maravigna, Op. cit., Voi. 4, Tomo II, pp. 241-242. (76) B.H. Liddel Hart, Op. cit., p. 324. (77) Circolare .n. 1.506 del 13-V ll-1915 Esperienze per la distruzione dei reti colati (Idem, Tomo II, pp. 127-128). (78) Circolare n. 496, R.S. del 16-VI-1915 Attacco di posizioni rafforzate (Idem, Tomo I, pp. 122-124); circolare n. 1.514, R.S. del 15-VII-1915 Criteri per l'attacco di posizioni rafforzate e per eventuali lavori da mina (Idem, Tomo I, pp. 129-135). (79) Circolare n. 3.898 del 31-X-1915 Impiego dell'artiglieria (Idem, Torno I, pp. 147-149). (80) Circolare n. 1.967 del 27-VII-1915 Mantenimento delle posizioni conquistate (Idem, Tomo I, pp. 138-139). (81) Circolare n. 8 del 2-X-1915 Quadro sintetico delle norme per l'attacco (Idem, Tomo I , pp. 140-146). Il documento fa riferimento alle note precedenti drcolari: n. 1.414 del 14· VIIl-1914 Norme riassuntive per l'azione tattica (Idem, Tomo I, pp. 11-31 ); n. 191 del 25-Il-1915 Attacco frontale e ammaestramento tattico (Idem, Tomo I, pp. 69-97); maggio 1915 Procedimenti per l'attacco frontale nella guerra di trincea in uso nell'esercito francese (Idem, Tomo I, pp. 101-117); n. 1.514, R.S. del 15-VIl-1915 (Idem, Tomo I, pp. 129-135). (82) Circolare n. 3.898 del 31-X-1915 Impiego dell'artiglieria. (Idem, Tomo I , pp. 147-149). (83) Fascicolo contenente Criteri d'impiego d'artiglieria dell'apriie 1916 (Idem, Tomo I , pp. 231-260); fascicolo con{enenti Criteri d'impiego della fanteria nella gue"a di trincea del 10-VIl-1916 (Idem, Tomo I, pp. 298-324). A tale fascicolo
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foce seguito la circolare n. 12.610 -del 18-VII-1918 Addestramento dei riparti all'attacco nella guerra di trincea {Idem, Tomo I, pp. 325-328). {84) Circolare n. 10.005 del 17-Vl-1916 Esperienze degli ultimi combattimenti (Idem, Tomo I, pp. 266-271 ). . (85) Circolare n. 750, G.M. del 20-IX-1916 Alcuni importanti ammaestramenti di esperienza (Idem, Tomo I, pp. 338-343). (86) Circolare n. 750 bis del 17-X-1916 Altri ammaestramenti di esperienza (Idem, Tomo I, pp. 344-346). (87) Circolare n. 1.825, G.M. del 1-III-1917 Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo II; pp. 70-73); circolare n. 1.842 del 4-III-1917 A ggiunta alla circolare Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo II, pp. 77); circolare n. 2.575, G.M. del 16-V-1917 (Idem, Tomo II, pp. 183-184); circolare n . 2.568, G.M. del 16-V-1917 Effetti del tiro di dìstruzione (Idem, Tomo II, pp. 187-188); circolare n. 2.571, G.M. del 17-V-1917 Divieto· di ulteriormente disperdere il munizionamento di artiglieria grosso e medio (Idem, Tomo II, pp. 189-190. (88) Corcolare n. 2.399 del 2-V-1917 Predispasizione per l'offensiva (Idem, Tomo II, pp. 159-160); circolare n. 2.399, G.M. del 2-V-1917 Predisposizioni per l'of· fensiva (Idem, Tomo 11, p. 161) circolare n. 2.557, G.M. del 16-Y-1917 Direttive per il proseguimento detrazione offensiva (Idem, Tomo II, pp. 185-186); circolare n. 2.677, G.M. del 28-V-1917 Direttive per la futura offensiva (Idem, Tomo Il, pp. 191-194); circolare n. 2.705, C .M. del 30-V-1917 Assetto delle forse sulla fronte giulia (Idem, Tomo II, pp. 199-20:1); nota del 3-Vl-1917 Formazione della massa per le operazioni offensive sul fronte giulio · (Idem, Tomo Il, pp. 207-211); nota del,1'8-Vl-1917 Progetto per la futura offensiva (Idem, Tomo II, pp. 212-214); circolare n. 2.841, G.M. dell'B-Vl-1917 Sistemazione delle artiglierie nel presente periodo d'attesa. Direttive generiche per la difesa (Idem, Tomo II, pp. 215-216); circolare n. 2.985, G.M. del 27-Vl-1917 Offensiva in regione Pasubio (Idem, Tomo II, pp. 245-246); circolare n. 2.997, G.M. del 29-Vl-1917 Predisposizioni concrete per la ripresa offensiva (Idem, Tomo II, pp. 247-249); circolare n. 2.998, G.M. del 30-Vl-1917 Bombarde per la ripresa offensiva (Idem, Torno Il, pp. 251-252); circolare n. 3.578 del 10-VIII-1917 Schieramento delle artiglierie di m . e g. calibro della 2• e 9" armata per la prossima ripresa delle operazioni offensive (Idem, Tomo Il, pp. 281-284). Prima della 10· battaglia dell'Isonzo il generale Cadoma aveva diramato: il documento n . 1.859 del 6-Ill-1917 Operazioni offensive verso l'altopiano di Bainsizza-S. Spirito (Idem, Tomo II, pp. 78-79); il documento n. 2.107, G .M. del 4IV-1917 Direttive per le prossime operazioni (Idem, Tomo Il, pp. 131-133); il documento n. 2.160 dell'll-IV-1917 Predisposizioni offensive (Idem, Tomo II, pp. 134-135). (89) Gircolare n. 2.750 del 30-V-1917 Altri ammaestramenti di esperienza (Idem, Tornò II," pp. 202-206); circolare n . 2.837, G.M. del 15-Vl-1917 Insegnamenti tratti dalle recenti operazioni sulla fronte carsico-goriziana (Idem, Tomo II, pp. 219-221); nota del 22-Vl-1917 La nostra offensiva di primavera (marzo-giugno 1917) (Idem, Tomo Il, ,pp. 224-238); circolare n. 111-VI-VI, O.R. del 26-VI-1917 Riparti di Assalto (Idem, Tomo II, pp. 242-244); circolare n. 21.000 del 5-VIl-1917 Addestramento dei riparti d'assalto (Idem, Tomo 11, pp. 258-260); circolare n. 117.050, RS. del 21-IX-1917 Equipaggiamento, armamento, composizione organica dei riparti d'assalto (Idem, Tomo Il, pp. 285-289); circolare n. 625 del1'8-X-1918 Servizio di sicurezza dei riparti esploranti (Idem, Tomo II, p. 318); circolare
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FILIPPO STEl'ANI
n. 40.376 C.A. del 27-1-1918 Aeroplani in servizio di fanteria (Idem, Tomo II, ,pp. 338-348); circolare n. 12.723 del 23-IV-1918 Collegamenti (Idem, Tomo II, pp. 432-433); circolare n. 16.650 del 3-Vl-1918 Impiego della cavalleria sulla fronte occidentale (Idem, Tomo II, pp. 443-444); circolare n. 257 del 25-VIl-1918 Impiego tattico delle cortine di nebbia artificiale (Idem, Tomo II, pp. 467-471). (90) Circolare n. 6.789 del 10-IIl-1918 L'impiego delle tanks e la difesa contro di esse (Idem, Tomo Il, pp. 402-404); circolare n . 40.763 del 20-IV-1918 Note relative alla difesa contro le tanks (Idem, Tomo Il, pp. 419-427); circolare n. 15.910 del 21-V-1918 Impiego delle bombarde da 400 (Idem, Tomo Il, pp. 440-442); circolare n. 357 del 7-VIIl-1918 I mpiego tattico dei cannoncini da 37 mm (Idem, Tomo II, pp. 476-481); circolare ·n. 1.070, R.S. del 24-X-1918 Istruzioni e norme sull'impiego delle squadriglie di automitragliatrici blindate e delle motomitragliatrid (Idem, Tomo II, pp. 495-501). (91) Circolare n. 1.825, G.M. del 1-II(-1917 Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo II, p. 70-73); drcolare n. 1.842, G.M. de.I 4-111-1917 Aggiunta alla circolare Impiego dell'artiglieria (Idem, Tomo II, p. 77). (92) Gircolare n. 18984 del 17-IV-1917 Di~truzione dei reticolati (Idem, Tomo Il, pp. 140-141). (93) Circolare n. 2.568, G.M. del 16-V-1917 Effetti del tiro di distruzione (Idem, Tomo II, pp. 187-188) e circolare n. 2.750, G.M. del 30-V-1917 Altri ammaestramenti di esperienza (Idem, Tomo Il, pp. 202-206). (94) Circolare n. 2.837, G.M. del 15-VI-1918 Insegnamenti tratti dalle recenti operazioni sulla fronte carsico-goriziana (Idem, Tomo Il, pp. 219-221). (95) Nota senza data e senza numero La nos,tra offensiva di primavera (Idem, Tomo Il, pp. 224-238). (96) Circolare n. 3.024, G.M. del 9-VII-1918 Ammaestramenti tattici (Idem, Tomo Il, pp. 261-267).
(97) Circolare n. 3.062 del 9-VIl-1917 Schieramento delle artiglierie e loro raggruppamento tattico (Idem, Tomo II, pp. 268-278). (98) Vcds. precedente nota n. 65. (99) Circolare n. 143, R.S. del 17-IV-1918 Metodi tattici del nemico (Idem, Tomo II, pp. 410-418). (100) Circolare n. 9.465, G.M. del 29-III-1918 Colpi di mano (Idem, Tomo Il, p. 405).
(101) Circolare n. 1.35, R.S. del 20-IV-1918 Piccole operazioni offensive (Iaem, Tomo Il, pp. 428-429). (102) Circolare n. 339 del 30-VIl-1918 Passaggio di corsi d'acqua (Idem, Tomo Il, pp. 472-475). (103) Ci-rcolare n. 25 del 23-VI-1918 Metodi tattici del nemico (Idem, Tomo II, pp. 446-450) e circolare n. 132 del 4-VIl-1918 Esperienze della recente battaglia {Idem, Tomo Il, pp. 451-463). (104) Pietro Maravigna, Op. dt., Vol. IV, Tomo II, p. 262.
CAPITOLO XIX
LA GRANDE GUERRA (Parte Seconda) 1. Il problema del personale. 2. Le armi ed i mezzi. 3. Le grandi unità. 4. Le minori unità. 5. Le due fasi dell'evoluzione ordinativa del!'esercito italiano.
1.
I principaJi fattori che incisero sulle trasformazioni di carattere ordinativo ed organico degli eserciti durante la guerra furono la nuova fisionomia del conElitto dell'epoca industriale, le caratteristiche peculiari della guerra di logoramento, l'entrata in servizio bellico di armi e di mezzi tecnici fino ad allora o non utilizzati od impiegati in misura modesta, le varie modifiche di volta in volta apportare ai criteri e procedimenti d'impiego. La guerra, per la prima volta nella storia, rese necessaria l'utilizzazione integrale e prolungata di tutte le energie spirituali e materiali delle nazioni belligeranti; la mobilitazione economica si pose sullo stesso piano d'importanza di quella militare; il ,potenziale bellico dovè essere inteso come iJ prodotto di quello demografico, di quello iindustriale, di quello agricolo, oltre che di quello militare in senso stretto; gli operai e gli agricoltori divennero non meno necessari all a guerra dei soldati; la capacità produttiva del settore industriale e di quello agricolo assunse un ruolo determinante nella definizione dell'efficienza operativa delle forze armate. Queste, già di mole imponente agli inizi del conflitto, raggiunsero livelli numerici prima inimmaginabili, ed il raggruppamento delle forze cessò dal derivare dal rapporto esistente tra unità di pace e di guerra, ma fu determinato, ciclo per ciclo, dalle necessità contingenti sempre maggiori della lotta. Nella corsa generale alla quantità persero significato le vecchie distinzioni di linea e di categoria e vennero di fatto sostituite dalla differenziazione degli eserciti in due sole aliquote: una, la maggiore, costituì l'esercito operante e nell'ordinamento italiano inglobò tutti gli uomini della 1a, della 2a e di parte della 3a linea; l'altra, la
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minore, riunì il personale per i servizi territoriali e comprese la restante forza di 3" linea. Fu giocoforza assegnare alla fronte anche il personale più giovane e poco od affatto addestrato, sia per colmare i gravi ed impressionanti vuoti delle operazioni offensive, sia per supplire alle deficienze create dagli esoneri e delle dispense. AJJ'esigenza del ripianamento delle perdite si sommò quella della costituzione di nuove grandi unità per fare fronte al mutato rapporto di forze rispetto a quello iniziale, in seguho al trasferimento sulla fronte 1taliana di intere grandi unità ·austro-ungariche resesi disponibili dopo il crollo della Serbia. Nel secondo anno di guerra le armate italiane salirono da 4 a 5, i corpi d'armata da 14 a 20 e le divisioni di fanteria da 35 a 48 (de.ile quali una in Albania ed una in Macedonia) (l); nel 1917 i corpi <l'armata furono portati da 20 a 25 e le divisioni di fanteria da 48 a 65 (2); dopo la ritirata sul Piave, nel quadro della riorganizzazione integrale dell'esercito, le armate salirono da 5 a 9, mentre i corpi d'armata e le divisioni scesero rispettivamente da 25 a 24 e da 65 a 57 (3 ). Mentre nel 1914-1915 per la formazione dell'esercito di 1,. linea fu sufficiente l'impiego di 8 classi - dal 1888 al 1895 - , negli anni successivi si dovettero chiamare i non istruiti di tutte le classi di 3" categoria della milizia territoriale, i riformati delle classi 1892, 1893 e 1894 di tutte le categorie ed infine, gradualmente, le classi 1896 nel 1915, 1897 nel 1916, 1898 e 1899 nel 1917 e 1900 nel marzo del 1918. La forza totale deill'esercito, che nel maggio del 1915 era stata di 1 milione e 89 mila uomini, dopo 6 mesi di guerra fu dovuta incrementare di altre 800 mila unità, chiamando alle armi le classi dal 1882 al 1888 per l'esercito di campagna e le classi dal 1876 al 1881 ,per la difesa territor.iale. Durante l'intero corso della guerra passarono nell'esercito operante oltre 4 milioni e 200 mila uomini ed in quello territoriale circa 800 mila uomini, mentre i dispensati furono circa 300 mila e gli esonerati più di 400 mila (gli esonerati ,per la mobilitazione industriale furono 166.596 ). I combattenti salirono dagli 844 mila del maggio del 1915 ad 1 milione e 579 mila ndl'ottobre del 1916, a 2 milioni e 203 mila nell'estate deil 1917 ed a 2 milioni e 106 mila nel 1918. Deg1i incorporati, la fanteria assorbì 2.922.246 uomini, l'artiglieria 616.555, la cavalleria 76.677, il genio 217.113, l'aviazione 23.264 e gli a!ltri corpi e servizi il resto (4). Non di minore momento per tutti gli eserciti, ed in particolare per quello italiano, fu H problema della qualità, acuito dallo spaventoso numero delle perdite in combattimento e dal moltiplicarsi
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del numero delle unità e delle specializzazioni. Il traguardo dell'armonizzazione della quantità con la qualità non fu raggiunto da nessun esercito ad eccezione di quello tedesco, che vi aveva provveduto quasi interamente fin dal tempo di pace. !Il problema dei quadri ufficiali e sottufficiali fu assiUante. « L'esercito italiano, in seguito a provvedimenti di ogni genere, dei quali fondamentale quello dell'istituzione di corsi accelerati integrati da concorsi tra ufficiali di complemento e da promozioni di sottufficiali, entrò in campagna con 22.806 ufficiali, dei quali 17 .675 in servizio attivo, sufficienti a mobilitare tutté le unità di arma combattente con ila quantità di ufficiali previsti, tranne l'artiglieria. Gli ufficiali a ruolo erano 52.211. Questi però erano diversi per origine, provenienza, cultura e pratica del servizio; in compenso, tutti animava un alto spirito del dovere che essi addimostrarono con quegli atti di sublime sacrificio che caratterizzarono le prime nostre battaglie e che tanti vuoti ,provocarono tra le file di questi magnifici trascinatori di uomini. P er colmare tali ingentissi me perdite e guolle succe55ive, sempre
crescenti iper il carattere stesso della nostra guerra, che imponeva agli ufficiali di prodigarsi con l'esempio e soprattutto per ricostituire quella parte dell'esercito che maggiormente soffrl le conseguenze dell'ultima hattaglia suJl'I sonzo , si crearono 160.191 nuovi ufficiali durante la guerra. Gli elementi venivano tratti dai giovani soggetti ad obblighi di leva e dai sottufficiali con o senza titoli speciali di studio; si dava loro una istruzione professionale sommaria in corsi accelerati d i qualche mese o in paese o in zona di guerra e dopo un breve periodo di servizio alle truppe con il grado di aspirante si nominavano ufficiali » (5). A causa delle perdite, derivanti in parte dagli esoneri dal comando di molti generali ed ufficiali superiori, oltre che dalla furia della guerra, la fabbrica artigianale dei quadri continuò a sfornare per tutta la durata della guerra ufficiali che giunsero in tempi brevissimi al comando delle compagnie e addirittura dei battaglioni con la conseguenza che ad unità ed a uomini assai poco istruiti vennero preposti capi altrettanto inesperti., valorosi quanto vuole il Maravigna, ma non per questo comandanti capaci. L'addestramento delle nuove leve e dei richiamati di truppa non fu meno sommario e ridotto , dando luogo ad un'insufficienza operativa, •soprattu tto nelle unità totalmente costituite di redlute o di riservisti non istruiti sino dal tempo di pace, che quasi tutti gli eserciti scontarono -con profluvi di perdite e di insuccessi, perché, anche presso gli eserciti dove l'addestramento venne programmato ed organizzato con corsi di durata sufficiente e attraverso successive tappe 1
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di acclimatamento alla guerra, spesso le richieste ingenti di nuove unità e di nuovi complementi in linea interruppero forzosamente il previsto iter addestrativo accorciandone lo sviluppo oltre il limite dell'accettabile. Ufficiali, sottufficiali e soldati italiani e degli altri eserciti ed intere unità novizie furono gettati allo sbaraglio senza che nessuno dei capi politici e militari, che avevano lesinato nel periodo di pace ,i fondi per l'addestramento delle riserve, pagasse il fio di tale imperdonabile e delittuosa irresponsa:bi.lità. E' vero che le previsioni furono di gran lunga superate dalla realtà, ma non fo è meno che anche personale di prevedibile richiamo giunse in linea privo di un bagaglio d'istruzione decente. L'enorme aumento del numero delle unità e la complessa organizzazione che ne derivò determinarono la corrispondente rapida crescita del personale addetto agli ,stati maggiori. Anche in tale settore la quantità andò a detrimento deJ.la qualità. Furono chiamati a disimpegnare le funzioni di stato maggiore elementi impreparati allo speciale servizio, alcuni tratti dagli ufficiali in congedo, talvolta dopo brevi corsi di 3 mesi di preparazione professionale, talvolta senza neppure la frequenza di tali corsi con .la conseguenza di un rendimento iniziale quasi nul.lo. Oli stati maggiori non subirono sostanziali mutamenti di funzioni r1spetto al passato, ma si moltiplicarono, s'ingrandirono ed il loro lavoro e funzionamento interni divennero molto più complessi. I comandi di grande unità durante la battaglia si scissero in 2 nuclei: uno, costituito dal comandante, dal capo di stato maggiore e da un ristretto numero di ufficiali, dislocato fa prossimità di osservatori dai quali si poteS'Se seguire a vista ['azione in corso; J'altro, comprendente la gran parte del personale, dislocato presso il quartier generale della grande unità e collegato con il ,posto comando avanzato. Un'altra novità fu l'importanza e l'estensione della funzione di collegamento, affidata agli ufficiali degli stati maggiori, tra comandi e truppe e tra comandi di diverso livelilo, quali veri e propri rappresentanti dei rispettivi comandanti per conto dei quali dovevano vedere e •seguire l'azione ed informare dello sviluppo il comando di appartenenza. Compiti e funzioni importantissimi e delicati che avrebbero presupposto una preparazione intellettuale e tecnico-professionale completa e profonda non soltanto in campo militare, ma anche psicologico, sociale ed economico, ed un metodo di lavoro razionale e sne.l!lo che molti, anche tra quelli provenienti dalla scuola di guerra, non dettero prova di possedere. Il fabbisogno di personale qualificato non riguardò solo i quadri ufficiali, ma anche i sottufficiali e la truppa e crebbe in propor-
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z10ne geometrica in relazione all'aumento delle unità e all'introduzione di nuovi mezzi e di nuove tecniche. Nuova speciallità della fanteria forono le truppe di assalto, comparse per la prima volta nel marzo del 1915 nell'esercito tedesco e nel 1917 in quello italiano (6), nel quale si ebbero inizialmente piccoli reparti per ogni reggimento di fanteria e successivamente interi battaglioni di 3 compagnie, ciascuna della forza di 168 uomini. Nel 1918, ferma restando ['assegnazione organica di reparti di assalto al livello di reggimento di fanteria, vennero costituite 2 divisioni di assalto (-ciascuna su 3 reggimenti di 3 battaglioni) che furono raggruppate in un corpo di armata di assalto. Le unità di assalto assorbiro no gli uomini giovani, fisicamente robusti, moralmente saldi, tecnicamente provati al combattimento e costituirono l'elemento di fiducia per le missioni ardite e pericolose, per i colpi di mano, per i contrassalti e contrattacchi decisivi da affidare appunto a gruppi di uomini selezionati. Nell'artiglieria la specialità nuova furono le batterie d i bombarde esistenti nell'esercito tedesco da prima del 1914 e costituite nell 'esercito italiano verso la fine del 1915. Benché assegnate all'nrtiglie ria, furono considerate armi del[a fanteria, in quanto create pe r le esigenze specifiche di questa arma ed in quanto le regole balistiche d 'impiego erano di tipo diverso da quelle proprie delle altre artiglierie (7). Un'altra nuova specialità dell'artiglieria fo }'antiaerei che, quasi inesistente aJl'inizio, si sviluppò in tutti gli eserciti in misura assai rillevante in parallelo con l'estendersi deU'impiego e l'accrescersi del numero di velivoli dell'aviazione. L'aviazione, a sua volta, raggiunse gradatamente la differenziazione dei tipi d'impiego ed i velivoli, e le unità nelle quali vennero raggruppati, si distinsero : in unità di ricognizione lontana e del campo di battaglia, di bombardamento, di collegamento con la fanteria, di osservazione dei tiri d 'artiglieria, di ricognizione dei varchi nei reticolati. Ciò che esasperò il problema della qualità, più che quella di nuovi corpi o specialità di arma, fu la creazione in tutte le armi di personale specializzato ne1l'impiego dei nuovi mezz-i tecnici e delle armi nuove. La fanteria, l'artiglieria, il genio e l 'aviazione stessa, in seguito all'aumento quantitativo delle dotazioni e dei tipi di materiale da impiegare, dovettero moltiplicare gili incarichi speciali aJl'interno delle unità preesistenti nei riguardi sia dell'organizzazione degli organi direttivi sia dei reparti d'impiego. La fanteria, entrata in guerra armata di fucile a ripetizione ordinaria con baionetta (che non subl traformazioni tecniche di rilievo durante il conflitto) e di un esiguo numero di mitragliatrici, ebbe progressivamente bisogno
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di un numero sempre maggiore di mitragliatrici, di lanciatori di bombe a mano, di specializzati nell'impiego del fudle lanciabombe, dei lanciafiamme, delle armi automatiche leggere e infine dei cannoncini di accompagnamento. L'artiglieria dovette specializzare il personale nel numeroso materiale di nuova costruzione e distribuzione e soprattutto creare specializzati nella preparazione balistica, topografica e meteorologica del tiro. Il genio, che in proporzione delle altre armi subì; guerra durante, i maggiori aumenti e le più profonde trasformazioni, andò sempre più acquisendo carattere tecnico sia per l'introduzione dei mezzi elettro-meccanici e di nuove tecniche costruttive sia per l'estendersi ed il qualificarsi dei mezzi di trasmissione radiotelegrafici, elettrici ed ottici. L'aumento degli incarichi tecnici fu grande e rapido in tutti gli eserciti e riguardò tutte le armi combattenti ed in misura non minore i servizi, in particolare i trasporti (ferroviari ed automobiiiistici) e la tecnica dei rifornimenti e degli sgomberi (organizzazione delle retrovie, materfoli di artiglieria e munizioni, materiali del genio, rifornimenti e sgomberi sanitari, rifornimenti dei generi ,per il vettovagliamento), branche di attività per le quali fu necessario designare personale con precedenti di mestiere e con capacità tecniche spiccate.
2. Fu la mitragliatrice, resa quasi invulnerabile dalla fortificazione e potenziata dall'ostacolo, a determinare il carattere particolare della guerra e la prevalenza dell'azione difensiva su quella offensiva. Venne meno la mobilità tattica e la fanteria cercò di riacquistarla mediante l'aumento della sua potenza di fuoco e di urto, intesa non solo come aumento del numero di armi automatiche in dotazione e del foro decentramento ai livelli minor.i, ma soprattutto come ricerca di nuove armi leggere, adattabili al terreno, di facile trasporto e maneggevolezza, con elevata intensità e celerità di tiro, in grado di neutralizzare non solo gli obiettivi morbidi, ma anche quelli duri blindati ed interrati o comunque protetti da masse coprenti. Da ciò l'esigenza di dotare la fanteria di armi a tiro teso e di armi a tiro curvo: pistole mitragliatrici, fucili mitragliatori, mitragliatrici alleggerite, cannoncini, bombe da fucile, lanciafiamme leggeri e pesanti, ·lanciagas, bombarde. I tedeschi, gli austro-ungarici e gli inglesi scelsero la mitragliatrice leggera, i francesi il fucile mitragliatore e gli italiani la pistola-mitragliatrice a 2 canne, calibro 6,5 con caricatore
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di 25 cartucce (8). L'aumento della ,potenza d'urto si rese tanto più necessario quanto ,più frequentemente l'assalto venne trasformandosi da atto conclusivo jn atto iniziale dell'attacco, quasi identificandosi con questo. Per la lotta vicina ed a corpo a corpo vennero distribuiti alla fanteria il pugnale e la bomba a mano. Le prime bombe a mano furono ordigni rudimentali che vennero via via perfezionati, assunsero forme svariate e vennero distinti in offensivi e difensivi. Nel1'esercito italiano i tipi principali di bombe a mano furono la Sipe (gr 500, di ghisa, con raggio di azione maggiore di 20 m), il petardo offensivo con raggio di azione di 15 m a spoletta Oleezon, quello difensivo con raggio di azione di 40 m e quello incendiario con spoletta Oleezon e detonatore . Dove prima e dove dopo, entrò a far parte dell'armamento della fanteria, come antidoto della mitragliatrice, il pezzo di accompagnamento diretto ed immediato, destinato: in attacco a battere da breve distanza, nell'avanzata e ad dbiettivo conquistato, i nidi di mitragl.iatrici ed i punti di sbocco dei ritorni controffensivi della difesa nonché gli autoveicoli blindati; in difesa a battere osservatori avanzati, appostamenti per mitragliatrici infilandone le feritoie, posti comando, punti di riunione o di passaggio delle truppe attaccanti, carri armati , ecc. (9). L'esercito italiano adottò i] cannoncino da 37 mm - simile a quello dell'esercito austro-ungarico - che era un'arma mobile, adattabile al terreno, capace di agire rapidamente e di eseguire tiri precisi ed efficaci, di fadle trasporto e rifornimento anche alle minori distanze dal tiro della fucileria e delle mitragliatrici nemiche (10). Tutte queste armi valsero, nell'ultimo anno di guerra, a ridare alla fanteria una certa mobilità tattica, ma non a conferirle speditezza di movimento e di manovra sufficiente ed adeguata all'azione offensiva, tant'è che anche nel 1918 interi battaglioni continuarono a doversi fermare, e vennero decimati o addirittura distrutti, quando, venuto meno l'appoggio dell'artiglieria, s'imbatterono in nidi di mitragli atrici superstiti o quando, pur essendo riusciti a conquistare la posizione, furono costretti ad abbandonarla per l'insufficienza dei mezzi in proprio atti a fronteggiare i contrattacchi della difesa. L'artiglieria, meno quella tedesca e quella austro-ungarica che avevano disponibilità di obici anche ai livelli deNe grandi unità elementari, entrò in guerra con prevalenza di mezzi idonei a neutralizzare la fanteria e l'artiglieria avversarie (cannoni leggeri e medi e munizionamento shrapnel). Essa, invece, dové ben presto incaricarsi della distruzione dell'ostacolo e della messa fuori combattimento di obiettivi fortemente protetti, compiti per i quali occor-
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revano: l'aumento generico del numero delle bocche da fuoco per migliorare il rapporto fanteria-artiglieria, ma soprattutto l'incremento di potenza dei pezzi mediante la preponderanza dei calibri medi e grossi rispetto a quelli minori e, in proporzione, dei pezzi a tiro curvo rispetto a quelli a tiro teso; una maggiore mobilità mediante la trazione meccanica, la modificazione degli affusti e l'adozione di affusti semoventi (carterpillar od a chenille ); la crescita della gittata - che raggiunse il massimo di 112 km nel tipo tedesco Bertha - nonché della celerità e della precisione di tiro, della velocità iniziale, della capacità di penetrazione e della distruzione dei proietti mediante il ricorso a varietà di forma, all'impiego prevalente di proietti a granata anziché shrapnel, a proietti a carica esplosiva, gassosa, ecc. L'evoluzione dei materiali mirò conseguentemente ad artiglierie mobili ed a tiro rapido per l'appoggio alla fanteria, lunghe, a grande gittata e potenti per la controbatteria; corte, potenti e con sufficiente rapidità di tiro per la distruzione dell'ostacolo. Al problema del materiale nuovo si affiancò quello del tiro che, nella forma di guerra iniziatasi, doveva essere preciso, regolato dall'osservazione diretta, di grande effetto morale e materiale, rapidamente spostabile. Fu necessario perciò organizzarlo scientificamente e tecnicamente e l'organizzazione richiese organi e mezzi nuovi, come pure organi e me:tzi nuovi di collegamento si resero indispensabili per la costante ed intima cooperazione con la fanteria. Da tali esigenze derivarono la istituzione di stati maggiori di artiglieria presso i comandi di grande unità e di organi di osservazione terrestre ed aerea, di specialisti del tiro, di pattuglie di artiglieria distaccate presso le unità di fanteria con compito anche di collegamento. La corsa all'aumento delle artiglierie e del relativo munizionamento, al ,perfezionamento dei vari sistemi costruttivi delle bocche da fuoco e di traino dei pezzi, al miglioramento delle munizioni - necessarie in quantità sempre maggiori, quasi illimitate, a mano a mano che gli obiettivi si fecero ,più duri ed i dispositivi di attacco e di difesa più profondi - all'invenzione di strumenti tecnici di grande rendimento imposero a tutti i Paesi un forte sforzo industriale, ma i programmi di costruzione non sempre tennero il ritmo delle richieste per la deficienza di materie prime (Italia) o di mano d'opera (Francia). Nell'autunno del 1917, ad esempio, il generale Dall'Olio (11) venne inviato a Parigi per trattare la cessione di quantitativi di materiale bellico che furono conces,si in cambio dell'invio di operai italiani da adibire al caricamento dei proietti di artiglieria. L'artiglieria campale dell'esercito italiano uti-
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lizzò i due tipi di cannone da montagna da 70 e da 65 ed il cannone da 75 mod. 1911 e mod. 1916; l'artiglieria pesante campale - che ebbe un aumento pari a sette volte l'esistenza numerica iniziale fu armata con obici da 149 su affusto Krupp e con cannoni da 105 Schneider (che entrarono in linea nel 1917); l 'artiglieria pesante fu armata principalmente con il cannone da 149 A ed utilizzò tutti i tipi esistenti, compresi i più antiquati già in dotazione all'artiglieria da fortezza e da assedio; l'artiglieria antiaerei impiegò i pezzi da 75 Déport su speciali installazioni ed i pezzi da 75 C.K. autoportati (12) . Durante la guerra l'Italia acqu1stò dalla Francia il cannone da 120 F che lanciava con tiro fisso a 11 km una granata affusolata, e dall'Inghilterra l'obice da 152 e quello da 203 , ambedue con gittata di 9 km; fabbricò (ditta Ansaldo) un cannone da 152/ 45 che si dimostrò subito un'ottima bocca da fuoco a grande gittata (19 km); aumentò la gittata del mortaio da 210 fino a 8 km ed utilizzò l'obicè da costa da 305, che con un nuovo proietto affusolato raggiunse la gittata di 17 km, ed il cannone da 381 della marina su affusto ferroviario. Le batterie di bombarde furono armate come il lanciatorpedini Bellica che lanciava uno spezzone metallico carico di gelatina esplosiva, con bombarde leggere e pesanti , ambedue ad anima liscia e ad avancarica (13). In conclusione, l'artiglieria dell'esercito italiano, partita in situazione quantitativa e qualitativa di sfavore rispetto a quella austro-ungarica (14) e sostenuta da un'attrezzatura industriale nazionale ricca di capacità e di slancio produttivi, ma pur sempre povera di materie prime, riuscì a colmare solo parzialmente, nonostante gli acquisti di materie prime e di manufatti stranieri, il distacco dalle artiglierie degli altri eserciti dell'Intesa (15) e da quelle degli impeti centrali (16), e se, sotto il punto di vista dell'impiego, fu tutt'altro che inferiore alle altre, sotto quello quantitativo ed in parte anche qualitativo restò sempre al di sotto di quelle alleate e di quelle nemiche. I carri armati non vennero impiegati sulla fronte italiana. Prototipo del nuovo mezzo di combattimento fu il Mark I inglese che fece la sua prima apparizione il 15 settembre 1916 nella battaglia di Cambrai. Abbiamo accennato al perché il suo effetto decisivo non si manifestò che nel 1918 e neppure in tutta la sua portata: i capi militari stentarono a rendersi conto della tremenda forza potenziale di questo veicolo a trazione meccanica, atto a spostarsi con relativa rapidità in terreno vario superando gli accidenti topografici del terreno, protetto con blindatura dall'azione dei proietti delle armi automatiche, dotato di massa fisica capace di •schiac-
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ciare e trinciare il reticolato, racchiudente in sé potenza di fuoco, mobilità tattica e forza d'urto quali nessun'altra arma del momento, mezzo offensivo ideale su terreni praticabili per conseguire la massa e la sorpresa. Le limitazioni poste al suo impiego dal terreno - in montagna ed in terreni trarotti non era in condizioni di operare dall'artiglieria avversaria e dalle difficoltà di mantenere il collegamento costante con la fanteria per la diversa velocità tattica di questa rappresentarono remore concettuali e pratiche che ne tardarono, presso alcuni eserciti, compreso quello italiano, il largo sviluppo, ma gli inglesi, seguiti a ruota dai francesi e con ritardo anche dai tedeschi, ne fabbricarono molti e fin d'allora con caratteristiche tecniche diverse ( 17). Il Comando Supremo italiano previde l'eventualità che il nemico impiegasse il carro armato anche sulla fronte italiana ed il generale Diaz provvide nel marzo del 1918 a far diramare una circolare sulle norme relative all'impiego e sui procedimenti e mezzi da adottare per la difesa dai carri; questi erano individuali nell'azione della fanteria, dell'artiglieria e dell'ostacolo: attaccare i carri con l'artiglieria - tiro diretto e di sorpresa - prima della loro entrata in azione ed anche con pezzi di .fanteria autocarreggiati; utilizzare contro di loro anche il fuoco delle bombarde con angolo di tiro molto piccolo ed anche col tiro di ipezzi isolati; respingere la fanteria che li segue e scinderla; utilizzare fucili e mitragliatrici con proietti perforanti soprattutto contro il rovescio, parte meno protetta e dalla quale i carri non possono esplicare intesa azione di fuoco (18). Un mese dopo il Diaz tornò sull'argomento con altra circolare a sua firma che concludeva: « disporre gli ostacoli atti ad arrestare la marcia e ad ostacolarne la manovra; utilizzare lo schieramento esi<stente d'artiglieria con quelle piccole varianti sopra suggerite per svolgere l'azione di difesa attiva sia contro le tanks sia contro le fanterie che le accompagnano: azione che rientra perfettamente nel compito dell'artiglieria sia durante la contropreparazione sia durante lo sbarramento; impiegare ,la fanteria e le mitragliatrici contro il nemico avanzante dietro le tanks; utilizzare nei consueti modi gli aeroplani prima e durante la battaglia. L'essenziale è che comandi e personale non si lascino sorprendere da questo impiego di tanks, giacché agendo prontamente e con calma contro di esse, come si fa contro comuni attacchi del nemico, si paralizza anche questo mezzo di azione» (19). Indicazioni di una tattica controcarri embrionale, ma valida, che venne meglio spiegata e completata nella successiva circolare contenente le norme e le istruzioni sull'impiego delle squadriglie di automitragliatrici blindate e delle motomitra-
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gliatrici (20). Le automitragliatrici e le motomitragliatrici che entrarono in servizio nel 1918 non costituirono certo il surrogato del carro armato, ma valsero a dare una visione nuova e diversa del combattimento moderno ed a prefigurare il ruolo che vi avrebbero in futuro assunto sia i mezzi meccanici di trasporto e di combattimento terrestri sia quelli aerei. L'aviazione dell'esercito italiano, assai modesta all'inizio della guerra (21), disponeva, al momento dell'armistizio, complessivamente di 7.440 apparecchi, raggruppati in 72 squadriglie e queste in 25 gruppi, di 14 dirigibili e di 30 palloni. Nel 1918 l 'industria nazionale produsse 10 mila apparecchi, il doppio di quanti ne aveva prodotti durante tutta la guerra fino al 1917 compreso, ed impiegò 50 mila operai. Il personale combattente era, il 4 novembre 1918, d.i 1.500 ufficiali e 35 mila gregari. Uno sviluppo enorme, ma proporzionato ai bisogni ed all'ampliamento dei compiti che tutti gli eserciti vennero gradualmente assegnando all'aviazione (22). Relegata inizialmente ad un ruolo marginale ed impiegata soprattutto per la ricognizione e per l'attacco alle linee di rifornin1ento, l'aviazione, pur conservando nell'ambito della tattica terrestre una funzione secondaria, estese in intensità ed in profondità il suo braccio di azione, acquistando a mano a mano sempre maggiore importanza sia come arma psicologica, sia come arma sussidiaria sul piano strategico (incursioni degli Zeppelin su Londra e su Parigi) e su quello tattico (nella battaglia di Vittorio Veneto vennero impiegate 14 squadriglie Caproni che lanciarono oltre 200 t di bombe). Guardato con grande scetFoch assistendo al Circuit de ticismo negli ambienti militari l'est qualche anno prima della guerra aveva affermato: « certo è un ottimo sport, ma l'aereo all'esercito non serve a nulla » - fino a quando l'esercito italiano non l'aveva impiegata nella guerra di Libia, l'aereo non trovò subito sufficiente credito presso gli altri stati maggiori. « Ancora nel 1914 il numero degli aerei militari era insignificante, e il loro impiego più limitato di quello tentato dagli italiani due anni prima » (23 ). Ma dal compito della sola ricognizione visiva del 1914, ben presto si ipassò a quelli della cooperazione e dell'osservazione del tiro (settembre 1914), di fotografia aerea ( 1915), di pattugliamento di contatto (1916) - « grazie al quale i comandanti potevano essere informati della situazione della loro fanteria nel corso stesso della battaglia, nonché dell'eventuale minaccia di contrattacchi nemici » - di contraviazione ( 1916) con incursioni sui campi di aviazione avversari e con la costituzione dei famosi caroselli tedeschi per la supremazia aerea locale, di mitragliamen-
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to (1915) e di bombardamento, oltre che delle linee di comunicazione, dei depositi, dei rifornimenti e degli alloggiamenti, anche delle unità in combattimento per spezzarne le formazioni mediante l'impiego di 50-60 velivoli manovranti a massa e compatti come una vera e propria cavalleria dell'aria (1918). La gara all'aumento quantitativo ed al perfezionamento qualitativo dei velivoli coinvolse tutti gli eserciti e ad essa si sommarono quella della specializzazione degli aerei e del ,personale in compiti specifici e quella del miglioramento delle tecniche di volo e di combattimento. Nel 1916 la Germania organizzò l'arma aerea in modo autonomo; gli inglesi nel 1918 fusero nella Royal Air Force (RAF) l'aviazione dell'esercito e della marina e costituirono l'In<lipendent Air Force (IAF), un'aviazione strategica in nuce che contribuì non poco negli ultimi mesi di guerra ad accelerare il processo di disgregazione morale della Germania. L'aviazione dell'esercito italiano sostituì nel 1916 i Blériot con i Farman e con i Voisin, rese operative nel luglio del 1917 per l'osservazione del tiro 2 squadriglie di Condor e Macchi. Alla fine del primo anno di guerra (estate 1916) esistevano già 5 squadriglie di aeroplani di artiglieria ed etano entrati in azione i primi Caproni da bombardamento impiegati le une e gli altri nella battaglia del Trentino ed in quella di Gorizia. Nel terzo anno di guerra l'aviazione dell'esercito italiano contava velivoli e personale di ogni specialità: ricognizione lontana e ricognizione del campo di battaglia, bombardamento, collegamento con la fanteria, osservazione del tiro di artiglieria, ricognizione dei varchi nei reticolati (24 ). La crisi determinata dalla disfatta di Caporetto, che ridusse l'aviazione a quella dell'inizio della guerra (un paio di apparecchi operativi al massimo, ogni giorno, in ogni squadriglia da ricognizione) , venne rapidamente superata, nella primavera del 1918, quando entrarono in servizio gli Sva, velivoli a velocità e possibilità di carico elevate. « Il 10 marzo 1918 il Comando Supremo ordinava l'organizzazione di una massa di caccia Sva da impiegarsi secondo gli ordini del Comando superiore di aereonautica dipendente da quel comando; prescriveva, inoltre, che tutti gli apparecchi anche isolati, dovessero qualunque fosse la loro particolare missione, intervenire con bombe ed azione di mitragliatrice a bassa quota in combattimento» (25). Nel 1918 entrò in servizio una squadriglia di Sva biposto per missioni speciali (voli su Lubiana, Zagabria, Vienna) e vennero impiegati i Caproni per deporre informatori nelle retrovie nemiche e poi reimbarcarli. Dallo stesso anno al collegamento con la fanteria furono adibiti nuovi apparecchi R2 ed al bombardamento principalmente i Caproni.
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Non meno grandioso numericamente e qualitativamente il processo evolutivo delle munizioni di artiglieria, della strumentazione tecnica per il tiro, dei mezzi di trasmissione, degli automotoveicoli e dei materiali del genio. Accenniamo solo a talune modificazioni apportate ai proietti di artiglieria come la spoletta meccanica ad orologeria con durata di scoppio massima di 90 secondi, la spoletta ad azione differita a filo metallico ed a liquido corrosivo - entrambe adottate prima di tutti dai tedeschi - e le varie forme dei proietti con false ogive <li lunghezza crescente. L'aumento di gittata e di precisione delle artiglierie fu ottenuto anche mediante l 'utilizzazione di proietti rigati in luogo di quelli muniti di corona di forzamento. Nel campo <lelle polveri, comparve la centralite tedesca, sostanza combustibile che, spalmata sui grani di polvere, dava a questi una combustione più lenta e progressiva. Non vi fu, insomma, settore nel quale non si produssero innovazioni, ammode rnamenti e pevfezionamenti tecnici di alto contenuto operativo, e incidenti , conseguentemente, sia sui criteri e procedimenti d'impiego sia, soprattutto, sugli ordinamenti e sugli organici delle unità, tanto da determinare, a taluni livelli, mutamenti nel tempo di funzione e di fi sionomia. Cosl il corpo di armata, la divisione di fanteria e le minori uni.tà delle varie armi costituirono, nell'ultimo anno di guerra, raggruppamenti di forze assai diversi, per caratteristiche tattiche e logistiche, da quelli degli anni 1914 e 1915, con compiti, articolazione interna, organizzazione di comando e forza organica sostanzialmente modificati.
3. Sulle fronti di ampia estensione e geograficamente lontane le armale vennem riunite in gruppi di armate, organi superiori d'impiego creati per meglio coordinare gli atti della manovra strategica e conferire a questa unitarietà d'intenti e di sviluppo e, là dove combatterono eserciti di nazioni diverse, vennero costituiti comandi di fronti di eserciti, veri e propri comandi supremi nazionali. Mancò, invece, del tutto inizialmente e poi funzionò poco e male, il comando unico nell'ambito delle due coalizioni, specialmente dell'Intesa, dove il coordinamento strategico delle varie fronti, perlomeno fino alla prima conferenza militare alleata che fu tenuta solo nel dicembre del 1915, fo molto scarso. Sulla fronte italiana, il raggruppamento massimo di forze fu, dall'inizio alJa fine, l'ar-
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mata fatta eccezione per la battaglia di Vittorio Veneto per la quale venne costituito un gruppo di armate (9a e 10 agli ordini del generale Caviglia (26 ). 3
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L'armata continuò ad essere la vera grande unità di manovra, con costituzione variabile secondo il compito assegnatole e forza oscillante da 2 a 5 e più corpi di armata. La 1a armata italiana, schierata nel settore Stelvio-Passo Cereda, raggiunse durante l'offensiva austro-ungarica del Trentino la forza di 600 mila uomini; la 23, schierata nel settore isontino da Tolmino a Gorizia, nell'ottobre del 1917 era costituita di 8 corpi di armata; la Y, schierata da Ponte di Piave al mare, nell'aprile del 1918, constava di 2 corpi di armata (XXVI e XXVIII), 2 battaglioni della guardia di finanza, 1 reggimento cavalleggeri Aquila, 1 squadriglia di automotomitragliatrici, 28 aeroplani, 675 bocche da fuoco, 4 compagnie pontieri e unità varie minori e servizi con un totale di 80 mi'1a uomini; nell'ottobre del 1918, delle 9 armate italiane: due (I" e 5") erano costituite Ji 3 corpi di armata, due (7" e 10a) di 2 corpi di armata, una (3 3 ) di 2 corpi di armata e di una divisione di fanteria, una (4") di 3 corpi di armata e di 3 divisioni di fanteria, una (6a) di 3 corpi di armata e di 2 divisioni di fanteria, una (8") di 4 corpi di armata e di 4 divisioni di fanteria, una ( 12 di 1 conpo di armata, di 1 divisione alpina e di 1 divisione di fanteria. Indipendentemente dalla costituzione e dalla forza, l'armata fu considerata da tutti gli eserciti come la grande unità complessa di manovra e logistica, protagonista della battaglia, sede del coordinamento e del1'alimentazione tattica e logistica di uno o più sforzi da condurre unitariamente in un quadro topografico definito, per il raggiungimento od il mantenimento di un obiettivo strategico essenziale. Diversamente dall'armata, che mantenne inalterate le sue funzioni per tutta la durata della guerra, il corpo di armata si trasformò lentamente in un organo intermedio di comando tra l'armata e la divisione alla quale cedette, in parte, le sue funzioni tattiche e logistiche iniziali. Nella guerra di posizione divenne una grande unità complessa legata al terreno, ad un determinato settore operativo sul quale si succedevano per l'impiego le divisioni chiamate a sostituire unità omologhe distrutte o ritirate ,perché logore o stanche. La composizione del corpo di armata variò anche battaglia durante e, poiché questa era intervallata da soste, le variazioni venivano a dipendere dal maggiore o minore bisogno di alimentazione; l'importante era che il corpo di armata garantisse l'unidirezionalità e la continuità dello sforzo di settore. Tale fisionomia e funzione di organo di esercizio del 3
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comando furono comuni a tutti gli eserciti, ma ciascuno di questi si regolò in pratica in maniera diversa (27). Nell'esercito italiano, fino al 1917 il corpo di armata costituì anche l'unità d'impiego di tutta l'artiglieria, compresa quella organica delle divisioni; successivamente, in seguito alla costituzione dei comandi di artiglieria divisionali, pur mantenendo la fisionomia di grande unità complessa con costituzione e forza variabili, divenne in pratica un raggruppamento tattico di divisioni quasi uniforme {2 divisioni, 1 reggimento di cavalleria, 1 raggruppamento di artiglieria pesante campale quasi sempre a traino meccanico, 1 battaglione zappatori del genio, 2 compagnie telegrafisti, 1 sezione radiotelegrafisti, 1 squadriglia di aviazione). Quasi tutti i corpi di armata italiani nel 1918, meno il XXIII ad il XVI costituiti su 3, furono costituiti su 2 divisioni. La grande unità che dal 1916 - in Germania dal 1915 - divenne l'unità base dell'armata e l'unità di mi sL1ra della capacità operativa di un esercito, fu la divisione di fanteri a, con costituzione invariabile, comprendente « un certo numero di battaglioni di fanteria, raggruppati in reggimenti e<l in brigate, e di grnppi di batterie di artiglieria, con una dotazione di mezzi di vita sufficienti ad assicurarne la vita e l'azione in modo autonomo per un tempo limitato, in relazione alla sua intrinseca capacità operativa» (28). La determinazione della capacità operativa intrinseca fu fatta presso tutti gli eserciti cercando l'equilibrio nel rapporto tra unità organiche di fanteria e di artiglieria ed ìn quello tra unità tattiche e logistiche, riferite queste ultime ai 3 servizi essenziali {sanità, commissariato, munizioni). Secondo la diversa disponibilità di fanteria, di artiglieria e di unità dei servizi, i vari eserciti si regolarono in maniera diversa nel definire i valori delle proporzioni, ma il criterio-guida fu quello di non superare il limite della comandabilità dell'insieme. L'esercito italiano rimase fedele al sistema quaternario, anche quando l'esercito tedesco prima e ,quello francese poi passarono al sistema ternario (29), ma purtroppo dové mantenere basso il valore del rapporto fanteriaartiglieria, inferiore in talune divisioni al valore minimo di una batteria di artiglieria per ogni battaglione di fan teria. Nel 1918 solo la divisione di fanteria italiana aveva in organico 4 reggimenti di fanteria {12 battaglioni) ed 1 reggimento di artiglieria da campagna su 3 gruppi da 75, ciascuno di 3 o 4 batterie. -La divisione francese (9 battaglioni di fanteria) disponeva di 3 gruppi da 75 su 4 batterie ciascuno e di 1 gruppo da 155 corto su 3 batterie; quella tedesca (9 battaglioni) di 14 batterie da campagna e di 6 pesanti campali (più di due hattetie pet ogni battaglione); quella austro-ungarica di una
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brigata di artiglieria (2 reggimenti da campagna, 1 reggimento pesante campale, gruppo da montagna). La divisione di fanteria italiana, diversamente da quelle tedesca, francese e britannica che avevano nel 1918 uno squadrone di cavalleria, non aveva unità di cavalleria, mentre, al pari delle altre, alla fine del 1917, dispose in proprio di un battaglione del genio su 3 compagnie, delle quali una con sezione da ponte, e, per quanto riguardava i servizi, di una sezione di sanità, una sezione di sussistenza e di un numero vario di depositi a terra di munizioni per fanteria ed artiglieria {30). A parte la diversità di dosatura di potenzialità tattica e logistica, essa costitul, come negli altri eserciti, l'unità fondamentale del combattimento nella quale trovò possibilità di stretta e costante armonizzazione l'azione della fanteria e dell'artiglieria. L'autonomia di lotta e di vita, l'inscindibilità e la capacità di ricevere rinforzi divennero da allora le sue principali caratteristiche e ne fecero la grande unità elementare pluriarma in grado di compiere in proprio uno degli sforzi offensivi o difensivi propri della manovra tattica della grande unità <li ordine superiore. La divisione di cavalleria italiana (2 brigate di 2 reggimenti e 1 gruppo di artiglieria a cavallo) conservò inalterato, per tutta la durata della guerra, il valore iniziale del rapporto delle forze organiche di cavalleria e di artiglieria. La guerra di posizione ridusse, ma non soppresse, l'esigenza della disponibilità di grandi unità di cavalleria; alcune di esse vennero appiedate - i tedeschi nel 1917 appiedarono 3 divisioni e le trasformarono in divisioni tiratori di cavalleria ~ altre vennero mantenute a cavallo per essere impiegate nell'azione offensiva per lo sfruttamento del successo e nell'azione difensiva per parare eventuali improvvisi cedimenti della fronte o per proteggere eventuali manovre in ritirata. Delle 4 divisioni italiane, la 13, la 23, Ja 4a vennero appiedate e furono impiegate in linea nel 1916, rpoi nell'anno stesso furono rimontate a cavallo e divise per aliquote fr~ i corpi di armata; nel 1918 le 4 divisioni vennero raggruppate nel Corpo di cavalleria che costituì riserva generale del Comando Supremo. La divisione di cavalleria italiana, diversamente da quelle di altri eserciti (31), non subì grandi mutamenti organici; fatta salva l'assegnazione più consistente di unità del genio, e di una squadriglia di aerei; l'incremento della sua potenza di fuoco fu limitato alla dotazione di un maggior numero di mitragliatrici nell'ambito dei reggimenti ed alla distribuzione ai singoli del moschetto a ripetizione ordinaria. Nel 1918 ebbe una forza in armi individuali ed in mitragliatrici pari a due terzi di quella delle divisioni di fanteria. Sulla base dell'esperienza della .fronte occidentale - dove durante il primo
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periodo dell'offensiva tedesca del 1918 gli alleati avevano impiegato in più occasioni la cavalleria a cavallo o parzialmente e temporaneamente appiedata - il generale Diaz nel giugno del 1918 emanò una circolare (32) illustrativa degli ammaestramenti che si potevano trarre da tale esperienza, mettendo in rilievo le gravi perdite subite dalle unità di cavalleria, che avevano però ottenuto risultati notevoli quando non avevano rinunziato a mettere a profitto la loro caratteristica principale - la mobilità - ed avevano combattuto bene coordinando l'azione degli elementi appiedati con quella degli elementi montati. La brigata di fanteria e quella di cavalleria, negli eserciti nei quali continuarono a sussistere, come in quello italiano, non subirono modifiche di funzione e di organici. Restarono normalmente costituite di 2 reggimenti (alcune brigate di fanteria ebbero 3 reggimenti) e conservarono la fisionomia di grandi unità elementari monoarma ed i loro comandi quella di organi di coordinamento addestrativo e disciplinare ,più che d 'impiego operativo, stanti le limitate possibilità d'intervento diretto nella condotta del combattimento all 'infuori di
quelle della preparazione dell'azione e dell'alimentazione di questa mediante l'invio in linea dei secondi scaglioni o delle riserve. Dal 1917 vennero assegnate alla brigata di fanteria italiana 2 compagnie di mitragliatrici carreggiate, con 6 armi ciascuna, provvedimento che ampliò la sfera della competenza tattica del comandante della brigata, chiamato direttamente in causa nella distribuzione delle armi automatiche ai reggimenti dipendenti, ma che lasciò sostanzialmente inalterato il compito della brigata di anello intermedio di demoltiplicazione del comando.
4. Le trasformazioni ordinative ed organiche alle quali andarono soggette le minori unità delle varie armi dipesero dall'esigenza di differenziarne le funzioni e di graduarne l'importanza tattica in relazione alle possibilità effettive di controllare la pluralità dei mezzi di dotazione e di coordinarne l'impiego. « I concetti fondamentali che ispirarono le modificazioni si possono compendiare nei seguenti: a) per tutte le armi: armonizzare le esigenze del.la specializzazione degli individui e degli organismi con quelle dell'azione generale; b) proporzionare la forza ed i mezzi materiali di lotta alla capacità dei comandanti; c) mettere i comandanti stessi nelle migliori condizioni per
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esplicare la propria attività sulla base della più larga autonomia ed iniziativa, fornendo loro mezzi complementari idonei e sufficienti allo sviluppo dell'azione particolare e di insieme» (33). In altre pa0 role: autosufficienza tattica od operativa di ogni livello commisurata all'entità dell'azione da compiere e questa definita in relazione alle possibilità effettive di coordinamento dei nuclei operanti all'interno di quel determinato livello. Da qui la necessità di scaglionamento dei mezzi nelle varie unità: reggimento, battaglione o gruppo, compagnia o squadrone o batteria, plotone o sezione, squadra o nucleo in relazione al grado di immediatezza d'impiego, di mobilità, di vulnerabilità, di adattabilità al terreno e di facilità di alimentazione dei mezzi stessi. Ognuna delle unità minori venne assumendo sempre più una fisionomia spiccata d'impiego ed una propria identità nell'economia generale del combattimento. Il successo di un atto tattico venne così a dipendere in larga misura dalla capacità di comando e d'iniziativa dei comandanti minori e dalla preparazione tattico-tecnica dei singoli e dei teams di impiego dei vari mezzi. Nell'ambito della fanteria il reggimento continuò a rappresentare l'unità morale, addestrativa e disciplinare per eccellenza; ai fini dell'impiego assunse la fisionomia di un serbatoio dal quale attingere di volta in volta i rinforzi necessari ad una specifica azione. Al comandante del reggimento spettò l'azione coordinatrice e regolatrice della fase iniziale del combattimento; azione durante, il suo intervento personale fu limitato all'appoggio delle unità impegnate mediante l'impiego delle riserve disponibili per completare ed integrare l'azione delle unità elementari, in genere dei battaglioni, spesso delle compagnie. L'unità fondamentale d'impiego fu il battaglione, alla cui azione fu conferito carattere decisivo, in quanto ebbe in proprio organi e mezzi idonei allo sviluppo in profondità dell'offesa e della difesa, e fu messo in grado di effettuare la propria azione frazionando la massa in elementi di capacità operativa indipendente. Il reggimento di fanteria dell'esercito italiano restò sempre su 3 battaglioni, ma nel 1918 ebbe in proprio un plotone di assalto, una sezione di lanciafiamme ed un reparto cannoni da 3 7. Il battaglione nel 1917 passò da 4 a 3 compagnie fucilieri, di 17 5 uomini ciascuna, con in più in proprio una compagnia di mitragliatrici pesanti, 3 sezioni di pistole mitragliatrici, una sezione lanciatorpedini, una sezione lanciabombe, un reparto zappatori; nel 1918 fu costituito su 3 compagnie fucilieri, ciascuna armata di 2 pistole mitragliatrici e di 145 fucili, e una compagnia di mitragliatrici pesanti, mentre venne soppressa la sezione lanciatorpedini. Anche il battaglione di fan-
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teria francese nel 1918 era articolato su 3 compagnie fucilieri ed una compagnia di mitragliatrici pesanti, mentre i tedeschi - che erano stati i primi nel 1916 a ridurre da 4 a 3 le compagnie fucilieri e ad assegnare al battaglione una compagnia di mitragliatrici pesanti, su 12 armi anziché su 6, ed un plotone collegamenti - nel 1918 tornarono alla costituzione su 4 compagnie fucilieri, ciascuna armata di 6 mitragliatrici leggere, e di una compagnia di mitragliatrici pesanti su 10 armi, dotando complessivamente il battaglione di 34 armi automatiche (il battaglione austro-ungarico era costituito di 4 compagnie fucilieri, ciascuna su 4 mitragliatrici leggere e di una compagnia di mitragliatrici pesanti su 8 armi) . Nelle operazioni offensive tedesche svoltesi sul fronte occidentale nella primavera del 1918 il battaglione tedesco dimostrò di possedere una capacità offensiva insospettata, determinando una vera e propria sorpresa tattica, sui battaglioni franco-britannici che, al pari di quelli italiani, validi nell'azione difensiva lo erano molto meno in attacco. La sorpresa, oltre che dalla potenza di fuoco conferita al battaglione, d erivò dai nuovi procedimenti ai quali il battaglione tedesco ispirava la condotta del combattimento. Le mitragliatrici leggere costituivano l'ossatura del combattimento delle compagnie ed erano le punte di attacco che avevano il compito di assicurare con reciproco appoggio ininterrotta continuità di fuoco nel congegno di sbalzi e soste che caratterizzava l'avanzata delle compagnie; esse costringevano il difensore a terra nelle proprie trincee, facevano tacere le mitragliatrici che tentassero di entrare in azione, cacciavano l'avversario dalle proprie posizioni e lo colpivano mentre ripiegava. Le mitragliatrici pesanti, schierate possibilmente sui fianchi delle unità attaccanti ed in profondità, con tiri falcianti, con tiri al di sopra delle proprie truppe o negli intervalli fra di esse, con tiri di sbarramento diretti o indiretti, appoggiavano l'attacco delle mitragliatrici leggere e dei fucilieri, al .fine di inchiodare il difensore nelle sue linee, di paralizzarlo nelle sue trincee e di stroncare sul nascere i contrassalti ed i contrattacchi. In sostanza l'impiego delle mitragliatrici leggere e quello delle mitragliatrici pesanti era distinto, ma si sovrapponeva determinando continuità di fuoco mediante il reciproco appoggio delle une con le altre, mettendo così il difensore nell'impossibilità d'impiegare le proprie armi e nella condizione di essere sorpreso inerme dalla fanteria attaccante. « Questa mirava a ricacciare l'avversario dalle proprie posizioni, col fuoco e non con l'urto e, sovrattutto, a far giungere sulla posizione nemica, o a tergo di essa, un mitragliere che agisse con tiri d'infilata o di rovescio ». 11 comando Supremo ita-
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liano, anche sulla base dell'esperienza sofferta durante la battaglia del giugno sul Piave, nella quale i battaglioni di fanteria italiani ed alleati avevano dimostrato di possedere scarsa capacità a progredire nell'attacco (Montello-Piave), studiò di trasformare i procedimenti tattici e l'armamento del battaglione di fanteria in modo che, rispetto a quello esistente, ,possedesse maggiore capacità offensiva, e che, anzi, fosse più potente <li quello tedesco e di quello austro-ungarico e rappresentasse dal punto di vista degli armamenti e delle attitudini tattiche, una fase più progredita del!' evoluzione (34 ). A tale fine sottopose ad esperimento la composizione di un nuovo battaglione - battaglione T (35) - che, pur avendo all'incirca la medesima forza di quello esistente (26 ufficiali, 804 sottufficiali e truppa, 43 quadrupedi, 20 carri, 5 biciclette in luogo di 22 ufficiali, 780 sottufficiali e t ruppa, 35 quadrupedi, 16 carri, 5 biciclette) avesse una potenza di fuoco più che doppia rispetto a quella dd battaglione ordinario. Il battaglione sperirnentale venne costituito di 5 compagnie (3 moschettieri, 1 mitraglieri, 1 mista su di un plotone arditi con squadra lanciafiamme, un plotone zappatori) anziché di 4 (3 fucilieri, 1 mitragliere) e di un reparto zappatori e venne armato di 18 moschetti automatici, 9 mitragliatrici leggere (in luogo di 6 pistole mi tragliatdd ), 1O mitragliatrici pesanti (anziché 8), di 2 can noncini da 37, di 4 lanciabombe e di 4 lanciafiamme. Altri 12 lanciafiamme ed altri 4 cannoncini da 37 vennero assegnati al reggimento. La fine della guerra colse il battaglione T nella fase sperimentale e le indicazioni del Comando Supremo non ebbero ulteriore seguito; ma è fuori dubbio che i criteri ai quali il Comando Supremo si era ispirato per la composizione e per i procedimenti d'impiego - grande potenza di fuoco, presenza di armi a tiro teso ed a tiro curvo, .prevalenza del fuoco sull'urto, movimento inteso come mezzo ,per portare avanti il fuoco, coordinamento delle varie sorgenti di fuoco oltreché di questo con il movimento - non avrebbero dovuto restare lettera morta, quando, a guerra finita, la questione ordinativa ed organica delle minori unità formò oggetto di revisione generale. Le vicende ordinative ed organiche delle minori unità bersaglieri ed alpine, ferme restando la particolarità delle due specialità, ebbero uno sviluppo analogo a quelle delle unità della fanteria di linea e dei granatieri. I reggimenti bersaglieri, costituiti nel 1915 di 3 battaglioni a piedi e di 1 ciclisti e nel 1917 di 3 battaglioni, ebbero nel 1918 la stessa composizione dei reggimenti di fanteria di linea cosl pure i battaglioni a piedi, mentre i battaglioni ciclisti , inizialmente su 3 compagnie di 150 uo-
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mini ciascuna e su 1 sezione mitragliatrici pesanti, furono costituiti nel 1917 di 3 compagnie e di 1 compagnia di mitragliatrici pesanti, formazione che conservarono anche nel 1918. I battaglioni alpini su 3 o ,più compagnie ed 1 o 2 sezioni mitragliatrici nel 1915, nel 1917 ebbero in assegnazione 1 sezione lanciatorpedini o .lanciabombe e nel 1918 furono articolati su 3 compagnie, 1 compagnia mitragliatrici, 1 sezione lanciabombe (Stokes), 1 sezione lanciafiamme ed 1 plotone di assalto. Le unità di assalto, già comparse nell'esercito tedesco nel marzo del 1915, nell'esercito italiano vennero costituite nel 191 7 e si ebbero prima compagnie di 4 plotoni con una sezione mitragliatrici Fiat, 2 sezioni di pistole mitragliatrici e una sezione di lanciafiamme, poi le compagnie vennero raggruppate in battaglioni di 3 compagnie, ciascuna di 168 uomini . In conclusione, nonostante che venissero chiamate continuamente all'attacco, le unità della fanteria italiana ebbero dall'inizio della guerra al 1918 composizione ed organici meglio iJonei alla difesa, non sostanzialmente mutati neppure nel 1918 in seguito all'assegnazione organ ica al reggimento della sezione lanciafiamme, del plotone di assalto e del reparto cannoncini da 37, poiché i battaglioni dovettero continuare ad andare all'attacco con 14 armi automatiche e 4 lanciafiamme contro battaglioni nemici che disponevano di 24 sorgenti di fuoco automatico e di 8 lanciafiamme. La cavalleria non subì modifiche quantitative e qualitative di rilievo. Nel 1918 : 4 divisioni, 8 brigate, 30 reggimenti di cui 16 indivisionati, come nel maggio del 1915; nel 1917 vennero costituiti i comandi di gruppo (60) ed il numero degli squadroni fu ridotto da 175 a 150 (149 nel 1918). I reggimenti vennero articolati su 2 gruppi e questi su 2 squadroni; unità d'impiego minima: lo squadrone. La creazione dei comandi di gruppo rispose all'esigenza di un migliore coordinamento dell'azione specialmente nell'esplorazione e nel combattimento a piedi. Le esigenze che determinarono l'evoluzione ordinativa ed organica delle unità di artiglieria furono di due ordini: il primo riguardante l'organizzazione del tiro con tutti i problemi annessi, il secondo la determinazione dei livelli organici delle varie specialità dell'arma in relazione alla produzione industria.le nazionale ed ai possibili approvvigionamenti dall'estero. A tale riguardo occorre prima di tutto tenere presenti due costanti del processo evolutivo: il progressivo aumento delle unità di tutte le specialità dell'arma ed il mantenimento, rimasto fisso durante l'intero corso della guerra, del numero dei pezzi a 4 unità per ogni batteria, indipendentementé
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dalla specialità (36). Dal 1915 al 1918 le batterie da campagna passarono da 365 a 496, le pesanti campali da 28 a 195, quelle da montagna da 56 a 17 6, quelle d'assedio da 40 ad 8 3 O ed in più nel 1918 si ebbero 136 batterie contraerei e 220 batterie di bombarde. Altra costante che incise sul processo evolutivo dell'ordinamento tattico dell'arma fu la continua ricerca di miglioramento della cooperazione fanteria-artiglieria e perciò dell'idoneità e della sicurezza di funzionamento degli organi e dei mezzi di collegamento. La soluzione di questo ultimo problema fu facilitata dal carattere stesso della guerra di posizione mediante i noti procedimenti dell'avanzata sotto l'arco delle traiettorie, delle cortine mobili di fuoco in stretta correlazione con le variazioni delle linee di combattimento della fanteria, degli sbarramenti spostantisi su determinate successive linee di sosta. Procedimenti che incisero profondamente sul perfezionamento della tecnica del tiro e del materiale di artiglieria, nell'evoluzione dei criteri d'impiego e della struttura ordinativa dell'arma e addirittura sull'impostazione e sulla condotta della battaglia, nella quale, difatti, non esiste una lotta a sé stante dell'artiglieria, ma questa combatte nel quadro dell'azione generale ed in costante cooperazione, più o meno intima e diretta, con la fanteria. Da tale visione dell'impiego dell'arma derivò l'esigenza di decentrare dal corpo di armata alla divisione l'impiego dell'artiglieria da campagna mediante l'istituzione dei comandi d'artiglieria divisionale realizzati nell'esercito italiano nel 1917, quando si adottò il criterio di assegnare un reggimento su 2 gruppi di 4 batterie ad ogni divisione di fanteria, conferendo al reggimento stesso, da quel momento, carattere di unità inscindibile d'impiego. L'artiglieria pesante campale costituì, sino al 1917, artiglieria di armata e fu ordinata in « raggruppamenti di 2-4 gruppi di obici da 149 e cannoni da 105 ippotrainati; unità d'impiego: il gruppo. Batterie degli stessi calibri e da 102 autotrainate costituirono artiglierie di riserva generale che vennero frequentemente assegnate alle armate. L'artiglieria someggiata dal 1916 venne trasformata in artiglieria da posizione e tutte le batterie someggiate furono armate con il cannone da 65 mm a deformazione; unità d'impiego: il gruppo, con ripartizione variabile alle varie unità da montagna od alle armate. L'artiglieria da fortezza o d'assedio - 40 batterie nel 1915 - armata con materiale antiquato ed impiegata o per batterie autonome o per gruppi di numero vario di pezzi, venne creandosi a poco a poco e poté essere armata con materiale moderno soltanto nel 1918. Per aumentarne la mobilità venne assegnato alle armate, nel 1917, un parco di trattori. L'unica novità di rilievo nel-
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l'ordinamento tattico registrata fino al 1917 fo la creazione del raggruppamento nelle specialità dei grossi e dei medi calibri, un organo tattico temporaneo, variabile, istituito di volta in volta per l'azione, che rappresentò un grande passo avanti nell'organizzazione di comando ed un modo diverso e moderno di concezione dell'impiego dell'arma. Ma fu solo nel 1918, in seguito al riordinamento generale dell'esercito curato dal generale Diaz, che venne operata la ristrutturazione tattica di tutte le specialità dell'arma. I reggimenti di artiglieria da campagna ricevettero 11n aumento di personale per la costituzione delle pattuglie di collegamento con la fanteria, per la difesa degli attacchi di gas, ecc.; i raggruppamenti di artiglieria pesante campale - quasi tutti a traino meccanico - vennero assegnati permanentemente ai corpi di armata (apri le 1918) e costituiti su 2 gruppi (uno da 144 e uno da 105); i gruppi autonomi di artiglieria pesante campale o vennero assegnati alle armate o restarono a disposizione del Comando Supremo per essere decentrati a ragion veduta ; le batterie da montagna e quelle someggiate vennero rimaneggiate in modo di unificarne la composizione e l'impiego e vennero riunite in gruppi, alcuni variamente assegnati alle grandi unità, comprese le divisioni di assalto, altri assegnati ai ragggruppamcnti d a montagna delle divisioni alpine (marzo 1918); l'artiglieria di assedio, che durante la ritirata del 1917 aveva perso molto materiale, gran parte del quale antiquato, venne ricostituita su gruppi monocalibri e per tipi (cannoni, obici, mortai), dotata di mezzi di traino meccanico per permetterne grandi e rapidi spostamenti a massa; l'artiglieria contraerei venne ordinata anch'essa per raggruppamenti comprendenti ciascuno un numero vario di batterie, le quali costituirono la nuova unità d'impiego della specialità. L'evoluzione ordinativa ed organica dell'artiglieria italiana, compiutasi attraverso due fasi - la prima dalla fine del 1915 al 19 17 e la seconda nei primi mesi del 1918 - non fu granché diversa da quella degli altri eserciti alla testa dei quali rimase costantemente l'esercito tedesco {37). Gli ordinamenti e gli organici del 1918 dettero una prova convincente delJa loro validità nella battaglia del giugno sul Piave, nella quale grande parte del merito della vittoria spettò appunto all'artiglieria sia per l'azione di contropreparazione, sia per l'appoggio dato alla resistenza in profondità, svolta per la prima volta secondo i procedimenti della difesa elastica che impegnarono molto di più che nelle battaglie difensive del passato -l 'organizzazione di comando dell'artiglieria. Il genio subl in tutti gli eserciti, in proporzione alle altre ar-
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mi, i maggiori aumenti e le più profonde trasformazioni. Nell'esercito italiano, dal 1915 al 1918: le compagnie zappatori salirono da 42 a 219 dopo aver toccato nel 1917 la punta massima di 224; le minatori da 21 a 53; le telegrafisti da 24 a 128; le pontieri da 15 a 23; le lagunari da 2 a 8 e, in più, nel 1918 si ebbero 2 compagnie lanciagas e 9 compagnie lanciafiamme (38). Esonerato subito dopo l'inizio della guerra dai lavori di fortificazione del campo di battaglia, devoluti in proprio alle altre armi ad eccezione di quelli che richiedevano particolari capacità tecniche, esso fu incaricato soprattutto dell'impianto e dell'impiego dei mezzi di trasmissione (radiotelegrafica, elettrica ed ottica) e dei mezzi elettromeccanici, della costruzione dei ponti, delle demolizioni e delle distruzioni, dell'esercizio delle ferrovie, ecc. L'unità normale d'impiego fu per tutte le specialità la compagnia. Quali organi di comando superiore furono istituiti i comandi genio di armata e di corpo di armata con funzione esclusiva di consulenza tecnica, mentre nelle divisioni tale funzione fo affidata in un primo tempo ad un ufficiale dell'arma ed in secondo tempo al comandante del battaglione zappatori del genio assegnato organicamente alla divisione. Al servizio radiotelegrafico vennero preposti un ispettore capo presso il Comando Supremo e<l un ufficiale superiore dell'arma presso i comandi di armata; al servizio idrico un ufficio presso i comandi di armata, ai lavori nelle retrovie le direzioni del genio di zona. D a un ordinamento iniziale (1915) molto accentrato si passò gradualmente al decentramento ed all'estensione delle competenze degli organi tecnici istituiti presso i vari livelli di comando (dall'armata alla divisione). Alla fine del 1917 l'esercito italiano aveva 224 compagnie zappatori raggruppate in battaglioni divisionali di 3 compagnie delle quali una con sezione da ponte; nel 1918 le compagnie vennero ridotte a 219 ed i battaglioni a 73 sempre su 3 compagnie, ciascuna comprendente anche un parco di zappatori. La specialità minatori, che nel 1917 comprendeva 40 compagnie, alcune raggruppate in 4 battaglioni di 3 o 4 compagnie, altre autonome, nel 1918 salì a 53 compagnie, alcune raggruppate in 9 battaglioni su 3 o 4 compagnie, altre autonome. Le compagnie telegrafisti rimasero costantemente truppe di armata e di corpo di armata; alla fine del 1916 vennero rinforzate mediante !'inglobamento delle sezioni telefoniche non divisionali ed ogni corpo di armata ebbe assegnate 2 compagnie, una delle quali adibita al servizio telegrafonico per l'artiglieria. Nel 1917 venne raddoppiata la forza delle sezioni telefoniche divisionali e le compagnie telegrafisti furono tutte portate sulla forza media di 250
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uomini, e nel 1918 esse furono assegnate in ragione di una per divisione, due per corpo di armata e due per armata. Le compagnie telegrafisti divisionali furono incaricate dei collegamenti generali e di fanteria sino al battaglione; quelle di corpo d 'armata, una del ser0 vizio generale ed una di quello di artiglieria sino al comando di raggruppamento . Le sezioni radiotelegrafisti, fino ad allora assegnate alle armate, nel 19 18 furono raggruppate organicamente in un battaglione ed assegnate in ragione di una sezione al Comando Su,premo (che d isponeva anche di una sezione radiogoniometrica), una ai comandi di armata , una ai comandi di corpo di armata ed una ai comandi di divisione di cavalleria. Lo sviluppo del servizio fotoelettrico procedette di pari passo con gli altri ed alla fine venne uni ficato inglobando le unità fotoelettriche delle quali disponeva l'artiglieria fino dal 1915. Anche i pontieri, dei quali la gue rra di posizione aveva ridotto inizialmente l'impiego, subirono nel 191 8 un notevole aumento ed alla vigilia di Vittorio Veneto le 23 compagnie furono in parte riunite in 6 battaglioni eJ in parte rimasero autonome. L'evoluzione dell'arma fu, in conclusione, segnata presso tu tti gli eserciti dal progressivo aumento delle unità d 'impiego sì da consentirne l'assegnazione fino al .livello di divisione, e dalla creazione di unità elementari nuove per l'impiego dei nuovi mezzi tecnici. Un'altra arma che crebbe rapidamente fu l'aviazione che nel 1917 fu riordinata su di un raggru ppamento comprendente 11 gruppi di aeroplani che inquadravano 53 squadriglie, e su 5 gruppi aerostatici che comprendevano 19 sezioni aerostatiche, delle quali 4 da fortezza . Nel 1918 il raggruppamento quasi raddoppiò la sua consistenza: 23 gruppi di aeroplani comprendenti 71 squadriglie e 9 gruppi aerostatici comprendenti 3 5 sezioni. Contemporaneamente si procedé alla riorganizzazione d egli organi direttivi, in un primo tempo sulla base del criterio di accentramento nell'armata nel cui ambito vennero riunite le squadrigli e adibite alla ricognizione del campo di battaglia, al collegamento con la fanteria ed all'osservazione dei tiri di artiglieria, in un secondo tempo assegnando l'aviazione da bombardamento alle dipendenze del Comando Supremo unitamente a quella da caccia e a quella per la ricognizione 'lontana. Presso il Comando Supremo continuò a funzionare il comando superiore dell'aeronautica; l'aviazione per il collegamento con la fanteria e per il tiro dell'artiglieria venne assegnata ai comandi di armata e di corpo di armata presso i q uali venne creata la carica di ufficiale addetto all'aviazione, 11ffidata ad ufficiali provenienti dall'artiglieria.
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Questi dovevano provvedere a coordinare l'impiego delle squadriglie operanti nell'ambito dell'uno o dell'altro livello di comando. Diverso da quello degli altri eserciti, l'ordinamento dell'aviazione terrestre italiana consenti d'inquadrare e d'impiegare con grande rendimento ben 7 .440 apparecchi, consistenza numerica raggiunta nel1'autunno del 1918, addirittura superiore a quella dell'esercito francese che nello stesso periodo era di 7 .300 apparecchi.
5. Dallo sguardo sommario dato all'evoluzione dell'ordinamento dell'esercito italiano dal 1915 al 1918 risulta evidente il collegamento intellettuale con l'evoluzione della dottrina e conseguentemente con l'evoluzione degli ordinamenti degli altri eserciti. L'esercito italiano, come accennato, mutuò le varie innovazioni dottrinali principalmente dall'esercito francese e questo, a sua volta, da quello tedesco; la stessa cosa avvenne necessariamente nei riguardi degli ordinamenti che, senza essere la copia conforme l'uno dell'altro, eh• bero in comune molti criteri informatori e molte modalità di organizzazione. Le differenze concettuali furono poche e di portata modesta se si fa eccezione per i carri armati il cui primato di concezione del mezzo e del suo impiego nel combattimento spettò agli inglesi, come era già spettato agli italiani quello dell'impiego bellico degli aeroplani. Per il resto ·furono tutti gli altri a dover seguire i tedeschi che anche nel settore ordinativo ed organico - che pur risente di più delle situazioni politiche, sociali ed economiche proprie di ogni Stato - precorsero i tempi, adottando schemi ordinativi ed organici perfettamente aderenti ai mutamenti dottrinali, alle migliori prestazioni dei mezzi ammodernati ed a quelle delle armi e dei mezzi tecnici nuovi. Così, ad esempio, il primo esercito ad intraprendere la trasformazione della divisione di fanteria fu il tedesco, come fu il primo ad appiedare le divisioni di cavalleria, a raddoppiare le mitragliatrici pesanti nel battaglione di fanteria, a conferire al battaglione di fanteria la pluralità dell'armamento e conseguentemente la fisionomia di unità fondamentale del combattimento, a dare alla compagnia un reale aumento della potenza di fuoco mediante l'assegnazione di mitragliatrici leggere, a costituire fin dal marzo del 1915 le prime unità di assalto, a dotare i reggimenti di artiglieria da campagna oltre che di cannoni anche di obici leggeri, a fare largo impiego delle bombarde, ad usare i gas, ad assegnare in
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proprio ai corpi di armata cannoni e mortai pesanti, a migliorare continuamente le qualità balistiche ed i procedimenti di tiro delle artiglierie, ad organizzare in modo autonomo la propria aviazione, a decentrare organicamente unità del genio e mezzi di collegamento ai livdli meno elevati fino alla costituzione di un plotone collegamenti nell'an:ibito del battaglione di fanteria e così via. Gran parte di tali provvedimenti e di altri, che non abbiamo ricordato, vennero in tempi successivi adottati da altri eserciti, naturalmente in ritardo e talvolta quando essi erano già stati superati da altri più recenti. Basti ricordare che il Comando Supremo decise di esperimentare un nuovo tipo di battaglione - battaglione T - ideato sul modello di quello tedesco dopo oltre 6 mesi (settembre 1918) da quando quest'ultimo era sceso sul campo di battaglia. In conclusione gli eserciti dell'Intesa in genere, e quello italiano in particolare, non espressero ordinamenti molto diversi da quelli tedeschi ai quali accostarono i propri nei limiti consentiti dalle diverse situazioni. Nei riguardi dell'esercito italiano è, inoltre, da osservare che il Comando Supremo, benché molto attento a quanto avveniva al di là delle Alpi, non ebbe l'opportunità e la calma necessarie all'ideazione di dottrine e di ordinamenti originali e scelse la via dell'imitazione di per sé già difficile a percorrersi in una situazione d'insufficiente sviluppo industriale. Vi furono tra il 1915 ed il 1917 lacune e ritardi ordinativi attribuibili anche ad altre cause, tra le quali: la scarsa capacità e rapidità di percezione dei fatti nuovi; la tendenza ad attendere che cosa avrebbero fatto gli altri; l'inadeguatezza professionale degli stati maggiori a comprendere una guerra tanto diversa da quella imparata sui banchi delle scuole militari; la stessa forte personalità del generale Cadorna, severo con sé e con gli altri, capace, preparato, ma uoppo orgoglioso, ostinato nelle vedute e nei modi, scarsamente ricettivo alle innovazioni ed alle trasformazioni ordinative, così come a quelle dottrinali. D'altra parte, il problema ordinativo si pose inizialmente soprattutto in termini quantitativi, vale a dire di ripianamento delle perdite e di costituzione di comandi e di unità nuovi, esigenze che vennero in gran parte coperte gradualmente, a mano a mano che l 'attrezzatura industriale fu in grado di adeguare lo sforzo ed il ritmo produttivo alla richiesta posta dai consumi e dall'ingrandimento della struttura ordinativa. Dopo Caporetto, invece, nulla o quasi di diverso da quanto fece il Comando Supremo avrebbe potuto sortire effetti migliori. Non si sarebbe potuto perdere tempo in teorizzazioni ed in incertezze di discussione . Nella ormai generale consapevolezza che quanto era
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andato perduto non andava solo ripristinato quantitativamente, ma anche ammodernato qualitativamente sull'esempio dei modelli ordinativi più recenti realizzati altrove, si procedé subito ad un riordinamento generale che si tradusse contemporaneamente, malgrado la diminuzione del numero delle grandi unità (corpi di armata, divisioni e brigate) e delle unità di fanteria (reggimenti, battaglioni e compagnie), in un potenziamento ed ammodernamento dell'insieme che fu ottenuto mediante l'aumento delle unità di assalto, di quello delle unità di artiglieria, del genio e dell'aviazione e di quello dei materiali di armamento e dei mezzi tecnici. L'ordinamento tattico dell'esercito italiano nella battaglia di Vittorio Veneto, nonostante il persistere di talune debolezze, prefigurava chiaramente i ruoli futuri dell'armata, della divisione e del battaglione nella lotta e le caratteristiche essenziali di potenza di fuoco, di mobilità e di tecnicismo da conferire loro per metterli in grado di svolgere tali ruoli. Era, insomma, un modello del quale non si sarebbe non polulo tenere conto in ogni eventuale ristrutturazione avvenire. Questo ci sembra il giudizio che se ne può dare, senza nascondere che ]a divisione ed il battaglione erano ancora carenti di potenza di fuoco, di mobilità e di mezzi tecnici per l'esercizio del comando. Ma proprio per questo ogni attenzione e cura del futuro avrebbero dovuto essere poste per colmare tali aree depresse.
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NOTE AL CAPITOLO XIX (1) Il corpo di spedizione in Albania fu cost1tu1to inizialmente da 1 divisione su 3 brigate; venne ,g radatamente aumentato e raggiunse la consistenza di un corpo d'armata (XVI) di circa JOO mila uomini su 3 divisioni (13•, 36• e 38•). Il 9 agosto 1916 iniziò il suo imbarco a Taranto la 35° divisione di fanteria (2 brigate di fant eria e 4 gruppi da montagna) che s.i schierò il 25 agosto sulla Krusa-Balkan; ess.i venne poi rinforzata con un'altra brigata e, successivamente, raggiunse la consistenza di un piccolo corpo d'armata dell'armata alleata d'Oriente.
(2) Dai primi mesi <lei 1916 furono costituite ex novo 19 brigate di fanteria, i cui reggimenti ebbero numerazione dal 101 in su: Sesia (201 e 202), Tanaro (203 e 204), Lambro (205 e 206), T aro (207 e 208), Bisagno (209 e 210), Pescara (211 e 212), Arno (213 e 214 ), Tevere (215 e 216), Volturno (217 e 218), Sele (219 e 220 ), Jonio (221 e 222), litrca (223 e 224), Arezzo (225 e 226), Rovigo (225 e 226 ), Rovigo (227 e 228 ), Campobasso (229 e 230), Avellino (231 e 232). La brigate Udine (95° e 96°), Genova (97° e 98°), Taranto (143° e 144°) furono formate con battaglioni ritirati daUa Lihia. Furono, inoltre, costituiti 3 nuovi reggimenti bersaglieri (13°, 14° e 16°); ·il to tale dei reggimenti della specialità sali a 15 (con i battaglioni su 4 compagnie) perché i] 1° venne sciolto. Dj essi l.4 si trovavano in Italia ed 1 in Albania. Furono formati , infine, 26 nuovi battaglioni alpini, il cui numero complessivo raggiunse la cifra di 78. Alla fine del 1915, dei 30 reggimenti di cavalleria 16 erano incorporati nelle 4 divfaioni di cavalleria e 14 ripMti ti nei corpi di armata. Dal comando generale di caval.Jeria dipendevano, inoltre, 10 gruppi e 23 squadroni di nuova costituzione e, dislocati in colonia, 6 squadroni extra organico dei reggimenti Lodi, Lucca, Caserta, Piacenza, Guide e Palermo. I reggimenti di artiglieria da campagna salirono da 49 a 52 (per un totale di 382 batterie da 75 delle quali 6 in Albania e 36 adibite alla difesa contraerei); le batterie <la montagna salirono da 50 a 82; le batter.ie someggiate da 18 a 76; le batterie di artiglieria ,pesante campale salirono da 28 a 98, delle quali 40 di obici da 149, 42 di cannoni da 106 e 16 di cannoni da 102; i 10 reggimenti di artiglieria da fortezza salirono da 78 comandi di gruppo per un totale di 277 com· pagnie (177 esercito permanente e milizia mobile e 100 milizia territoriale) a 147 comandi di gruppo con un totale di 526 compagnie; l'artiglieria del parco di assedio nel corso del 1916 poté disporre di 59 batterie di grosso calibro, 403 di medio calibro e 94 di piccolo calibro; l'artigiieria contraerei raggiunse, nel 1916, la consistenz,a di 22 batterie organiche, 315 pezzi isolati, 292 mitragliatrici per il tiro contraerei, 4 treni blindati. Fu costituito 11 Corpo delle bombarde la cui forza iniziale raggiunse i 900 ufficiali e 34 mila uomini di truppa, ·raggruppati in 172 batterie di vario caHbro, ·ridotte poi a 157 per la eliminazione di alcune bocche da fuoco di scarsa efficacia. Per il genio: le compagnie zappatori salirono da 43 a 204, quelle telegrafisti da 24 a 53, le sezioni radiotelegrafiche da 9 a 15; vennero costituite 3 compagnie lanciafiamme e 1 lanciagas, nonché 64 sezioni telefoniche. (3) Nel 1917 furono costituite le seguenti brigate di fanteria: Lucca (163 e 164), Lazio (233 e 234), Piceno (235 e 236), Grosseto (237 e 238), Pesaro (239 e 240), T eramn (241 e 242) l.n.renza (243 e 244), Siracusa (245 e 246), Girgenti (247
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e 248), Pallam;a (249 e 250), Massa Carrara (251 e 252), Porto Maurizio (253 e 254), Veneto (255 e 256), Tortona (257 e 258), Murge (259 e 260), Elba (261 e 262), Gaeta (263 e 264), Lecce (265 e 266), Caserta (267 e 268), Aquila (269 e 270), Potenza (271, 272 e 273), Belluno (274, 275 e 276), Vicenza (277, 278 e 279), Foggia (280, 281 e 282). Vennero, o1tJre a questi reggimenti, costituiti: il 165° che nell'anno successivo assunse la nwnerazione di 208° e, unito al 207°, diede vita alla brigata Taro già disciolta; il 99° che, nel 1918, si uni al 100° per ricostituire la disciolta brigata Treviso (già formata dal 115° e dal 116°). I reggimenti bersaglieri salirono a 20, i batta~lioni alpini da 78 a 85. I ·reparti di assalto raggiunsero fa consistenza di 22, ognuno dei quali ebbe la forza media di 2-3 compagnie. Le compagnie mitraglieri raggiunsero la cifra di circa 2000. L'artiglievia pervenne ad una consistenza di 1.915 pezzi da campagna, 746 pezzi da montagna e someggiati, 841 pezzi pesanti campali, 3.448 pezzi di tutti i calibri del parco di assedio; in totale: 1.465 batterie, cioè il triplo di quelle disponibili nel 1915, cui si aggiungevano 189 batterie di bombarde e 69 batterie contraerei. Nell'arma del genio i 52 battaglioni zappatori furono portati a 74 con ,un totale di 224 compagnie; le compagnie lanciafiamme da 3 salirono a 8, le sezioni telefoni-sti da 64 a 76, le campali 1:degrafisti da 53 a 66. Nell'aviazione: dai 58 apparecchi iniziali del 1915, si passò alle 52 squadriglie del 1916 ed alle 73 squadriglie del 1917, forti di 650 velivoli, suddivisi in velivoli da caccia, da ricognizione e da bombardamento. Dopo la riorganizzazione, che fece seguito alla ritirata sul Piave, alla diminuzione di 2 corpi di armata, di 8 divisioni di fanteria e di 28 brigate di fanteria fece riscontro, per converso, un potenziamento di reparti specializzati e di mezzi di armamento: furono incrementati i reparti del genio (zappatori, minatori, pontieri, ferrovieri) e, principalmente, le compagnie telegrafisti che passarono da 62 a 128. Si aumentarono di 300 compagnie le unità mitraglieri che in complesso vennero a disporre di circa 21 mila mitragliatrici (15 mila pesanti, 6 mila leggere); i pezzi di artiglieria dei vari calibti salirono a più di 7.000 e le bombarde a 3.900. H numero dei velivoli raggiunse la cifra di 1.758 e quella degli automotomezzi sall a 31 mila unità. Dal maggio 1915 al novembre 1918 il quadro di battaglia fu il seguente: comandi di armata da 4 a 9 (comprese le 2 armate comandante da lord Cavan e da.I generale francese Graziani, - 10" e 12• - costituite rispettivamente da grandi unità britanniche ed italiane e da grandi unità francesi ed ,italiane); comandi di corpo d'armata da 14 a 24 (compresi il II, costituito dalla 3' e dall'8• divisione, operante sul fronte francese ed il XVI, costituito dalla n •, 36· e 38" divisione, operante sul fronte albanese); comandi di divisione di fanteria da 35 a 57 (di cui una divisione alpina, la 52"), escludendo le divisioni alleate (23• e 24• francesi, 1•, 23• e 48• britanniche, 6· cecoslovacca) e comprendendo invece quelle italiane dislocate su altre fronti (francese, albanese, macedone) per un totale di 6; comandi di divisione bersaglieri, ve ne fu uno nel 1915, poi venne soppresso; comandi di divisione di cavalleria, dall'inizio alla fine furono 4; comandi di brigata di fanteria, granatieri e bersaglieri da 75 (comprese le 2 brigate bersaglieri) e 104; comandi di gruppo alpini {corrispondenti a comandi di brigata) nel 1915 furono 2, poi vennero soppressi. Il 4 novembre 1918 il quadro di battaglia era il seguente; 1• armata su: V (55" e 69· divisione), X (6· e 32"), XIX {26· divisione ed altre .unità non indivisionate); 3• armata su: XXV (45• e 54• divisione), XXVIII (25· e 53•) corpi d'armata e 23" divisione di fanteria; 4• armata su: VI (15" e 59• divisione), IX (18• e 21•), XXX (47• e 50-) corpi d'armata e 17", 22• e 80- div,isione di fanteria; 6• armata su: XII (20" e 27" divisione), XIII (14" divisione e altre unità non indivisionate), XX (7• e 29") corpi d'armata, 24• divisione òi fanteria francese e 48• divisione di
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fanteria britannica; 7" armata su: III (5" e 75• divisione) e XXV (4• e 11· ) corpi d'armata; 8" armata su: VIII (48· e 58• divisione), XXII (57· e 60"), XXVII (51" e 66") corpi d'armata, un corpo d'armata d'assalto (1• e 2• divisione d'assalto), 1•, 2•, 10• e 12• d iv,isioni di fanteria; 9• armata su: XIV (9· e 34• divisione) e XXIII (28' e 61' divisione di fanteria italiane e 6· divisione di fanteria cecoslovacca); 10' armata su: Xl (31· e 37" divisione) e XVIII (33· e 56•), corpi d'armata italiani XIV corpo d 'armata britannico (7" e 23" divisioni britanniche), 332° reggimento di fanteria americana; 12• armata su: I (24· e 70• divisione) corpo d'armata, 52• divisione alpina, 23• divisione di fanteria francese. Inoltre: 1•, 2·, 3• e 4• divisioni di cavalleria riunite nel Corpo di cavalleria, agli ordini del conte di Torino, dislocato nella zona di Padova. Schieramento delle forze dallo Stelvio al mare: 7' armata o delle Giudicarie (generale Tassani) dallo Stelvio al Garda; 1• armata o del Trentino (generale Pecari Giraldi) dal Garda alla Val D'Astico; 6· armata o degli altopiani (generale Montuori) della Val d 'Astico al Brenta; 4• armata o del Grappa (generale Giardino) dal Brenta a Pederobba; 8' armata o del Montello (generale Pennella, poi Caviglia) da Pederobba a Palazzon; 3" armata o del Piave (Duca D 'Aosta) da Palazzon al mare. Diciannove divisioni costituivano, in parte, le •riserve d i armata e, in parte, la 9' armata (generale Marrone) in riserva generale fra Brenta e Bacchiglione. (4) L'Italia, inoltre, inviò in Francia 70.000 lavoratori. Le forze alleate che combatterono in Italia furono nel 1917: 13.000 francesi e 11.000 inglesi; nel 1918: 40.000 francesi, 80.000 inglesi, 15.000 cecoslovacchi , 3.800 americani. In Palest.ina, ,in Siria e in Estremo Oriente furono presenti piccol i corpi di spedizione italiani, ammontanti complessivamente a circa 8 mila uomini . (5) Piero Maravigna, Storia delt'arte militare moderna, Torino, Tipografia Enrico Schioppo, 1928, Vol. IV, Tomo II, p. 65.
(6) Ministero della Guerra. Stato Maggiore dell'Esercito. Ufficio Storico. L'esercito italiano nella grande guerra, Tipografia lngred, Roma 1980, Vol . VI, Tomo II, pp. 83-84; pp. 243-244; pp. 253-254; pp. 255-257; pp. 258-260; pp. 285-289.
(7) Lbidem, pp. 440-442.
Tomo I,
p. 274-297;
pp. 329-330;
Tomo If, pp. 239-242;
(8) L'esercito tedesco nel 1914 aveva la mitragliatrice pesante mod. 1908, nel 1915 adottò la mitragliatrice leggera che perfezionò nel 1918 (cal. 7,9). L'Austria mantenne per tutta la durata della guerra la Schwar:dose (ca.I. 8 111m) >1llc:ueren<lola di poco. La Francia adottò oltre la Hotchkiss pesante (cal. 8 mm) la leggera dello stesso calibro ed il fu cile mitragliatore. L'Inghilterra impiegò la leggera Lewis (cal. 7,7) e la Russia, oltre ,la Maxim 7,6 la più leggera Colt dello stesso calibro. Gli Stati Uniti d'America impiegarono la Browning pesante e leggera, questa ultima pesante 7 kg, cal. 7,6. L'Italia impiegò la Fiat (cal. 6,.5) per poter usufruire del munizionamen to normale. Nel campo dei proiettili per le armi portatili si ebbero importanti innovazioni: proiettili a punta S (Germania), pro ie~tili esplodenti M (Lnghilterra), proiettili a punta (Stati Uniti, Russia e Giappone), proiettili a punta ogivale rotonda (Italia ed Austria-Ungheria). Germania, Francia, Russia ed Inghilterra costruirono proiet>tili perforanti scudi metallici. Per il tiro contro velivoli, Francia e Stati Uniti adottarono proiettili. ordinari a scia luminosa. Fece, infine, la sua appa· rizione un proiettile a carica intema di fosforo per incendiare serbatoi di benzina.
(9) Ministero della Guerra. Stato Maggiore dell'Esercito. Ufficio Storico, Op. cit., Voi. VI, Tomo II, pp. 476-481. (10) Caratteristiche del cannoncino da 37 mm: bocca da fuoco a rigatura elicoidale, lunga mm 460, pesante con l'otturatore kg 40, con ginocchiello di cm 32
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{peso del pe:ao in batteria sull'affusto a cavalletto kg. 56); affusto pel traino, a ruote pel tiro a cavalletto; munizioni: granata di acciaio con bossolo di ottone dal peso di 0.640 kg; ogni cassetta, trasportabile da un uomo, colpi 15 (un mulo poteva trasportare 6 cassette); velocità iniziale 185 m al secondo; gittata massima m 2.200. (11) A/,fredo Dall'Olio, generale (1853-1952). Sontorenente <l'artiglieria nel 1873, raggiunse nel 1905 il grado di colonnello. Nel 1910 fu promosso a scelta eccezionale al grado di maggior generale e fu nominato comandante d'artiglieria da campagna a Napoli. Fu addetto successivamente all'ispettorato generale d'artiglieria e dopo aver disimpegnata le funzioni di direttore generale d'artiglieria presso il ministero della guerra, fu promosso nel 1914 tenente generale per merito eccezionale. Nel 1915 fu sottosegretario di stato per le armi e munizioni, e nel 1917 fu elevato alla carica di ministro dello stesso dicastero. Svolse un'opera grandiosa di organizzazione di rifornimenti di armi e mumz1oni per l'esercito operante durante la l' Guerra mondiale. Fu nominato senatore del regno nel 1917. (12) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. IV, Tomo II, p. 102. (13) La bombarda leggera da 58 A pesava 468 kg, lanciava bombe di 16, 29, 40 e 46 kg, aveva la gittata di 650 m e la velocità iniziale di 60-80 m/sec; le pesanti da 240, corta e lunga, pesavano rispettivamente 1.848 e 1.900 kg, lanciavano bombe da 84 a 67 kg ed avevano una gittata di 950 e 2.150 m. La leggera era tra· sportata a braccia, le altre due su 3 carrelli da trincea. Gli altri eserciti avevano in dotazione altri tipi - pesanti, medie e leggere - con ginate anche maggiori e con caratteristiche più sofisticate (homharcle pneumatiche, senza fumo e fiamma dell'esercito tedesco e di quello austro-ungarico, bombarde da 58, da 240, da 340 e mortaio rigato da 75 a ruote con gittata di 1900 m e bomba di 18 kg dell'esercito francese; le Stokes leggerissime, le bombarde da 51 e da 240, i piccoli 1anciabombe da 2 a 4 kg con gittala di 500 m dell'esercito britannico). Le bombarde esistevano già nell'esercito tedesco prima del 1914; comparvero negli altri eserciti alla fine del 1915. (14) L'esercito austro-ungarico contrapponeva: ai due tipi di cannone da montagna da 70 e da 65 a carica unica, il secondo con settore verticale di 20 gradi, il cannone da 75 mod. 1911 Skoda con settore di 59 gradi e con cariche multiple; al cannone da campagna da 75 mod. 1911 e mod. 1916 Dèport a grande settore di tiro e per il quale la carica venne ridotta di 1/ 6 per ottenere una certa curvatura della traiettoria, il cannone da 77; ai cannoni da 105 Schneider (entrati in ·linea nel 1917) ed agli obici da 149 su affusto Krupp con gittata di 6.800 m dell'artiglieria pesante campale, due tipi di obice da 149 Skoda con settore verticale di 70 gradi; al cannone da 149 H ed ai vari tipi di materiale pesante antiquato, :il cannone da 152 con gittata di 20 km, l'obice da 381 con gittata di 15 km, ,i cannoni da 240 e da 350 con gittata di 29 e 32 km, il mortaio da 3 o 5 con gittata di 12 km, H mortaio da 420 con granata di 800 kg e gittata 14.600 m. (15) In Francia furono costruiti i cannoni da 155 C con gittata di 12 km, i 220 T.R. con gittata di 11 km, i 280 S con la stessa gittata, i 155 L 1917 con gittata di 16 km, i 155 L.G.P.F. con 19 km circa di gittata, 145 con 18 km, i grossissimi calibri da 285, 305, 340 con gittate di 27 e di 37 km . La Francia tenne fede ,sino alla fine della guerra al suo 75 da campagna, ma modificò il proietto ottenendo una gittata di 11 km e nel 1918 sostitul l'affusto con un altro che consentiva un settore verticale di 40 gradi. Inoltre, i francesi alesarono il calibro 145 portandolo a 155 con gittata di 17 km; costituirono un nuovo tipo da 155 mod. 1917 a traino meccanico con gittata di 17 km; costruirono anche il 220 L
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con gittata di 22 km, l'obice da 155 Schneider con 12 km di gittata, il mortaio da 220 T .R. con settore verticale di 73 gradi e gittata di 15-16 km. Inoltre, verso la fine della guerra, i francesi usarono affusti semoventi per i calibri maggiori al 120 e t rainarono il 75 con trattori leggeri tipo Seffery. L'esercito britannico, che dovette creare dal nulla Ja propria artiglieria, utilizzò l'obice leggero da 114 con gittata di 7 km, il cannone da 127 solo calibro pesante campale con gittata di 16 km, l'obice da 203 con gittata di 11 km ed i cannoni da 234 e da 305, a carrello ferroviario, o con gittate rispettivamente di 22 e 25 km. (16) L'artiglieria germanica, che era entrata ·in guerra con gli obici leggeri da 105 (gittata 6 km), gli obici pesanti da 150, i mortai da 2/0 (gittata 9 km), i cannoni da 105 e 130 (gittata 13 km), migliorò continuamente le qualità balistiche delle proprie armi r-iuscendo ad o ttenere una media ge ne rale di gittata per le artiglierie di medio e grosso calibro lunghi, compresa tra i 12 cd i 25 km. (17 ) !Le caratteristiche tecniche dei carri armati impiegati d urante la guerra ; I 1..,Jitl furono: - carri leggeri: tipo Renault francese (1 cannone da 37 o l mitragliatrice), tipo Ford americano (1 mitragliatrice) che poteva essere uasportalo con autocarri ordinari, di peso variabile da 3 a 6 ·t, con blindamento massimo di 16 111111, vdocità oraria 15 km , autonomia 40-65 km; - carri medi: tipi Mark V e derivati (2 cannoni da 152 e 4 mitragliatrici ovvero 6 mitragliauici) br.itannici e Schneider (1 cannone da 75 e 2 mitragliatrici) francese, di peso variabile da 15 a 30 t, con blindamento no n 1,uperiore a 14 mm, velocità oraria massima 7-8 km, autonomia 40-60 km; - carri pesanti: tipi Mark VIII britannico ed Elfriede tedesco ( I cannone da 58 e 8 mitragliatrici), peso 35 t, blindamento 16-30 mm , vducit~ 8-13 km/h, au, i : ( tonomia 50 km. Il Mark H inglese era un mezzo per trasportare la fanteria, p ortava 50 uomini, aveva la 'Velocità di 7 km/h, era armato di 2 mitragliatrici, aveva un blindamento di 10 mm ed un'autonomia di 42 Km. (18 ) Mini-stero della .guerra. Stato Maggiore dell'Esercito. Ufficio Storico, Op. cit., Voi. VI , Tomo II, pp. 402-404.
( 19) Ibidem, pp. 419-427. (20) Ibidem, pp. 495-501. Le auto-mitragliatrici blindate erano miuagliatrici montate su autocarri scudati; le mutomitragliatrici erano miH·agliatrici montate su motocarrozzette prive d i scudatura con caratteristiche di velocità elevata e di percorribilità anche su strade normalmente non transitabili dalle automitragliatrici blindate. I criteri e le modalità principali d'impiego delle automit1:agliatrici blindate furono così fissa ti dalla circolare del generale Diaz: le carat teristiche di mobilità e di velocità vanno sfruttate con audacia e realizzando la sorpresa; è da proscriversi l'impiego prolungato delle automit-ragliatrici da ferme; occorre sfruttare la mobilità e la blindatura per la protezione mediante improvvise avanzale ed improvvisi ripiegamenti, coprendosi dietro ripari cd ostacoli e ricomparendo all'improvviso p referibilmente su uno dei fianchi della posizione occupata in precedenza; ·rivolgere, ogni qualvolta possibile, al nemico il tergo delle macchine perché da tale lato esse presentano la migliore protezione {le ruote del retrotreno erano blindate) e possono sviluppare la massima potenza d i fuoco (3 mitragliatrici: 1 ,poppiera e 2 sulla torretta girevole); in caso di fuoco di sbarramento da parte del nemico su-
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perare la zona battuta a grande velocitl con macchine intervallate e ripartite passi, bilmente su più strade; sottrarsi al tiro dell'artiglieria nemica, spostandosi obliquamente rispetto alle direzione di esso; ricorrere oltre che alle armi da fuoco automatiche anche a1le bombe a mano ed alle bombe fumogene per rendere più /acile il disimpegnarsi da situazioni critiche. Impiegare in sussidio di altre unità tornano molto utili: nell'esplorazione, nell'avanguardia e nel fiancheggiamento per l'occupazione preventiva di località, per prendere il conta-tto con il nemico, per mantenere momentaneamente il possesso di abitati, boschi, &trette, punti di obbligato passaggio; nell'attacco, in concorso con altri reparti celeri (ciclisti, motomitragliatrici}, per azioni avvolgenti in modo da sorprendere il nemico sui fianohl e sul tergo, per disorientarlo e disorganizzarlo mediante raffiche improvvise ed intense; durante i contrattacchi nemici, per la copertura dei fianchi delle proprie truppe; nell'inseguimento, per prevenire il nemico sui punti di obbligato passaggio e per colpirne i fianchi; nel combattimento di retroguardia, per battere le vie di accesso che il nemico può utilizzare, per interdire, possibilmente con fuoco d'infilata, punti di obbligato passaggio e per appoggiare i riparti delle altre armi che muovano al contrattacco. (21) Ricordiamo che nel momento di entrare in campagna tutta l'aviazione italiana destinata alle operazioni campali si riduceva - su di un totale teorico di 24 squadriglie - a 3 squadriglie Nieuport assegnate alla 2• armata, a 5 squadriglie Blériot assegnate alla 3" armata ed a 3 squadriglie, 1 di Nieuport e 2 di Farman, a disposizione del Comando Supremo. (22} All'inizio della guerra la Germania disponeva di 33 squadriglie di aeroplani di 6 apparecchi ciascuna, assegnate ai comandi di armata e di corpo d'ar· mata, e di 12 dirigibili (gli aeroplani raggiungevano la quota massima di 2.000 m e la velocità massima di 120 km/h, erano disarmati, non possedevano mezzi radiotelegrafici). Nel 1916 l'aviazione tedesca venne organizzata in modo autonomo e venne gradualmente incrementata di numero e migliorata di qualità tanto da possedere sino a 50 dirigibili, 182 sezioni di aerostati e velivoli di ogni tipo, 48 .squadriglie per ricognizione, 38 squadriglie da battaglia di 6 apparecchi ciascuna, 81 squadriglie da caccia, 24 squadriglie da bombardamento portanti 1.000 kg di bombe per velivolo, 102 squadriglie di artiglieria su 9 o su 6 apparecchi. La velocità posseduta dai migliori tipi raggiunse nel 1918 180 km/h e una elevazione di quota sino a 7.500 m. L'esercito francese che possedeva nel 1914 appena 134 velivoli, riuniti in 23 squadriglie di 6 velivoli, alla fine della guerra disponeva di 7.300 apparecchi. Nel 1915 comparvero i primi apparecchi con 125 km/h di velocità e capacità ascensionale di 4.000 m: i Voisin da bombardamento portanti 300 kg di bombe; nol 1916 i Nieuport da caccia monoposto; nel 1918 entrnrono in servizio gli Spad con 220 km/h di velocità e 8.000 m di quota, i Bréguet, i Salmon, ecc.; tutti capaci di 200 km/h di velocità e di 7.000 m di quota. Nel 1918 l'aviazione francese raggruppò la propria massa autonoma in una divisione di 3 brigate su 2 reggimenti, assegnando ad ogni brigata un impiego speciale. L'aviazione assegnata all'esercito per i compiti particolari di ricognizione fu ordinata su 3 brigate, ciascuna su 2 reggimenti da osservazione, 1 -gruppo da caccia ed una unità di aerostazione. All'atto della mobilitazione l'Austria-Ungheria possedeva 16 compagnie aviatori, una per corpo d'armata con 6 aeroplani ciascuna, 1 dirigibile e 9 reparti di palloni frenati. Nel 1916 l'aviazione austro-ungarica comprendeva 37 compagnie suddivise in compagnie divisionali, di esplorazione lontana, da caccia, da difesa, da bombardamento e 3 compagnie di palloni frenati; nel 1918 77 compagnie di aviatori e 32 di palloni frenati. La prima forza aerea 1.ndipendente Royal Air Force - britannica fu costituita il 1° aprile 1918 con carattere quasi esclusivo di bombardamento a grande distanza,
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impiego che i tedeschi ed i francesi avevano già previsto dal 1917. Gli apparecchi britannici, come quelli tedeschi, per l'impiego a grande distanza avevano un'autonomia di 5-6 ore e una velocità di 130 km/h e portavano un carico di 1.500 kg di bombe. (23) B.H . Llddel Hart, La prima guerra mondiale, pp. 405 e 406.
Rizroli, Milano 1969,
(24) Entrarono in serv1z10 ,il cipo S.A.M.L. per la ricognizione vicina ed il Pomi/io per quella lontana, tipo quest'ultimo che sootirul tutti i precedenti in tale impiego nel 1918. La prima ricogni1iione dei varchi fu eseguita il 13 maggio del 1917; nella medesima azione si ebbe il primo impiego a massa di velivoli nel mitragliamento di truppe a bassa quota. (25) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. IV, Tomo Il, pp. 163-164. (26) Enrico Caviglia (1862-1945). MaresciaHo d'Italia. Da sottotenente d'artiglieria partecipò alla campagna d'Africa del 1888-1889. Entrato da capitano nel corpo di stato maggiore, prese parte alle campagne d'Africa del 1895-1896-1897. Nel 1904 fu addetto militare a Tokio e segul le operazioni di guerra in Manciuria. Prese parte alla campagna italo-1urca e, promosso colonnello, fu nominato direttore in seconda dell'Istituto Geografico Militare. Le sue qualità di abile comandante rifulsero in sommo grado durante la gran<le guerra: operazioni del bosco Lancia (ottobre-novembre 1915), dell'altopiano di Asiago (1916), della difesa dell'Isonzo (1917), del ripiegamento dall'Isonzo al Piave. Elevato a comandante d'armata per merito di guerra, si palesò ancora una volta geniale comandante nell'azione del 1918 e nella battaglia di Vittorio Veneto, si da essere giustamente annoverato tra i maggiori artefici della vittoria . Nel 1919 fu ministro della guerra e fu nominato senatore del regno. Nel 1926 fu nominato maresciallo d'Italia. Nel 1920, per ordine del Giolitti, fece sgomberare Fiume occupata dai leginari di D'Annunzio. Dopo 1'8 settembre 1943 assunse per poche ore il comando di Roma città aperta. (27) Nel corpo di armata francese si ebbero: artiglieria leggera e pesante di corpo di armata, 1 squadriglia di 10 aeroplani con sezione radio-aerea, 1 compagnia aerostieri con 1 pallone, 2 compagnie zappatori del genio, 1 squadrone di cavalleria; in quello germanico: scarse unità di artiglieria, molte truppe per i collegamenti (sezione radiotelegrafonica, telefonica, eliografica), 1 squadrone di cavalleria, mezzi di ,rifornimento e di sgombero. (28) Pietro Maravigna, Op. cit., Voi. IV, Tomo II, p. 86. (29) La divisione tedesca, nel periodo 1° febbraio-31 dicembre 1915, si trasformò da quaternaria in ternaria, riducendo da 12 a 9 i battaglioni di fanteria e inquadrandoli in 3 reggimenti, sistema che permise l'inquadramento di mezzi di artiglieria più rilevanti senza appesantire il comando dell'artiglieria di divisione, e che nello stesso tempo consentl di rendere più snella e mobile la divisione. Contemporaneamente alla riduzione del numero dei battaglioni venne, però, aumentata la forza di questi ultimi portando le compagnie a circa 300 uomini, e vennero di converso diminuite da 12 a 9 le batterie e da 6 a 4 i pezzi di ciascuna di queste. (30) La divisione francese aveva un parco di artiglieria su 2 sezioni munizioni di artiglieria e una sezione munizioni per armi portatili, un parco del genio, una sezione di proiettori, 2 ambulanze, una sezione di ospedaliZ7..azione, una sezione sanitaria autotrainata, un gruppo di portaferiti. La divisione tedesca disponeva di una colonna di 10 autocarri pesanti, un macello da campo, colonne munizioni di artiglieria da campagna, 2 ospedali da campo, una compagnia sanità.
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FILIPPO STEFANI
(31) La divisione di cavalleria francese venne costituita, guerra durante, di 3 brigate su 2 reggimenti, di 2 gruppi di artiglieria a cavallo, di 1 gruppo di 3 squadroni di auto-cannoni, di 1 compagnia ciclisti, di 1 squadriglia di aeroplani. (32) Ministero della guerra. Stato Maggiore dell'Esercito. Ufficio Storico, Op. cit., Vol. VI, Tomo II, pp. 443-444. (32) Pietro Maravigna, Op. cit., Vol. IV, Tomo II, p. 92. (34) Ministero della G uerra. Stato Maggiore dell'Esercito. Ufficio Storico, Op. cit., Vol. VI, Tomo II, pp. 482-491. (35) Il battaglione T presentava rispeHo a quello austro ungarico ed a quello tedesco le seguenti differenze: forza in uomini: 830 anziohe rispet~ivamente 900 e 880; militari ardiri: 45 (1 plotone) anziché 30 (10 per compagnia fucilieri) e 108 (27 per compagnia fucilieri); armi automatiche: mitragliatrici leggere 9 anziché 12 e 24; moschetti automatici 18 (il hauaglione austro-ungarico e quello tedesco non ne avevano); numero delle compagnie: 5 (3 moschettieri, 1 mitraglieri, 1 distaccamento tecnico) e così pure quello tedesco (4 fucilieri, 1 mitraglieri); armi e mezzi sussidiari: cannoncini 2, stesso numero del battaglione austro-ungarico, mentre quello tedesco ne riceveva in assegnazione temporanea dal reggimento; lanciabombe 4 in luogo di 2 o 4 (piccolo calibro), mentre quello tedesco ne riceveva in assegnazione temporanea con elementi tratti dal reggimento; lanciafiamme 4, nessuno in quello austro-ungarico ed assegnazione temporanea in quello tedesco; zappatori di battaglione: 65 (1 t,lotone) in luogo di 40, mentre il battaglione tedesco non ne disponeva. Il reggimento T avrebbe avuto: 1 reparto di assalto di 45 uomini (1 plotone), 1 repavto zapt,atori di 50 uomini, un numero di bombarde leggere e lanciabombe e artiglierie reggiment~li che dovevano essere ancora definiti; il reggimento austro-ungarico disponeva di 4 cannoni, quello tedesco di una batteria da campagna. « C:01 complesso di mezzi suindicati » - si -legge nella circolare - « o di qualche altro che potrà essergli assegnato (es. bombe da fucile), coll'impiego a momento opportuno dei riparti specializzati (plotone arditi di battaglione - plotone zapt,atori) il battaglione T così ros,tituito, inquadrato ed apt,oggiato dalle attigl:ierie campali, dovrebbe avere in campo at,erto la cat,adtà di procedere all'attacco su fronte di 400 m per profondità di 2-3 km ed, ove occorra, di passare attraverso una linea di mitragliatrici fiancheg giantesi. C,0n queste avrà implicitamente la capacità di ri'. dul're un nodo isolato di mitragliatrici». Circa l'impiego delle armi, t,er il moschetto automatico è scritto: nasce dalla trasformazione della mitragliatrice pistola Fiat, ma ha attitudini completamente diverse (colpo isolato o a raffiche, t,untamento alle spalle o al fianco, forte dotazione di colpi nella lotta vicina, consente al tiratore di voltarsi da qualunque parte, è idoneo per servizi di pattuglie, ecc.), risolve in modo completo il problema già accennato di assaltare col fuoco anziché coll'urto; per la mitragliatrice leggera: ha attitudine alla mobilità maggiore della Schwarzlose, non richiede acqua per il raf. freddamente, consente tiri giusti anche alle medie distanze, per l'uguaglianza del calibro e della cartuccia e per l'alimentazione a caricatore anziché a nastro può, ove occorra trovare subito un certo rifornimento di munizioni nei fucilieri coi quali comb;tte; per la mitragliatrice pesante Fiat e per le altre armi: non viene segnalato niente di nuovo in quanto le prestazioni erano già note. La circolare indica anche uno schema di dispositivo di attacco delle compagnie di prima linea costituito da nuclei radi, collegati da uomini isolati od a coppie, ciascun nucleo compcsto dai serventi dell'arma automatica e dalle pattuglie per il rifornimento delle munizioni e per Ja difesa dell'orma.
CAP. XIX - LA GRANDE GUERRA (PARTE SECONDA)
713
(36) Le batterie di 4 pezzi erano comuni anche ad altri eserciti e, in particolare, a quello francese, che alla fine della guerra aveva dato alle unità minori dell'arti• glieria la seguente costituzione: reggimenti da 75 ippomobili od autoportati: 3 gruppi di hatterie di 4 pezzi; reggimenti da montagna {da 65): 2 gruppi di 4 batterie di 4 pezzi; reggimenti di trincea: 2 raggruppamenti di 5 gruppi di 4 batterie di 4 pezzi; reggimenti di artiglieria pesante ippomobile, di massima, 3 gruppi di 3 batterie di 4 pezzi; reggimenti di artiglie~ia pesante trainata meccanicamente: alcuni su 3 gruppi di 2 batterie, altri su 4 gruppi di 3 batterie; artiglieria contraerei : non irreggimentata, ma organizzata a gruppi di auto-pezzi da 75 (ciascun gruppo di 3 sezioni) 10 sezioni rimorchiate e 20 compagnie di proiettori. Il ,reggi mento da campagna tedesco e quello austro-ungarico erano costituiti di 2 gruppi di cannoni da 77 ed 1 gruppo di obici da 105 su batterie di 4 pezzi. Nel 1918 l'artiglieria per fanteria dell'esercito tedesco d ispose di batterie di 6 pezzi. (37 ) La G ermania, sfruttando le proprie grandiose risorse industriali e ie maestranze specializzate sin dal tempo di pace alla produzione del materiale di artiglieria, costruì numerosi tipi nuovi e migliorò i preesistenti. Nel 19 16 erano già in linea un cannone leggero da 77 ed un obice ,leggero da 105 con affusti a settori verticali da 45 gradi, ad anima allungata e lancianti pro ietti biogivali , che raggiungevano gittate <li 10-11 km; nel 1918 venne distribuito alla fo nreria un nuovo tipo leggero da 77 (peso 700 kg). Nell'artiglieria pesante la German ia abbandonò il cannone da 130 e costruì nel 1916 il cannone da 149, con sospensione clastica per il traino meccanico; gittata 22 km. T cannoni da 172, 209, 238 e 381 vennero messi su piattaforme capaci di sostenere l'affusto ferroviario. Ne.I marzo del 191 8 venne messo in linea il cannone da 380, lungo 45 calibri, ritubato a 2 1 e molto allungato che lanciò su P arigi proietti da oltre 100 km di distanza snw, 1111 ~ngnlo cii 54 gradi. (38) L'aumento delle truppe tecniche fu grande e rapido . I pri ncipali mutamenti avvenuti nel genio in tutti gli eserciti riguardarono l'asscl(nazione <lei reparti dell'arma nelle grandi unità e la costituzione di unità elementari per l'impiego dei nuovi mezzi tecnici. Nell'esercito tedesco, ad esempio, il battaglione pionieri divenne dal gennaio 1917 divisionale e cli esso facevano parte una compagnia bombarde ed un plotone fotoelettrici; nel 1918 le bombarde e le stazioni fotoelettriche furono tolte all'arma del genio. Nel 1915 ai pionieri venne affidato l'im piego <lei gas venefici e vennero costituiti 2 reggimenti pionieri all'uopo addestrati; nel 19 1.7 i battaglioni ridiventarono autonomi; nel 1918 i battaglioni erano 8 su 3 compagnie ed erano assegnati alle atJDate. Anche i lanciafiamme furono impiej\ati d ai pionieri che costituirono 12 compagnie su 3 plotoni di 5 squadre con 2 lanciafiamme ciascuno. Sempre nell'esercito tedesco furono create compagnie e plotoni autonomi cli pionieri specializzati nella costruzione di reticolati con corrente elcurica ad alta tensione. Nel 1916 quasi tutte le specie di mezzi di trasmissione, co mpresi i piccioni viaggiatori , vennero considerati come mezzi di prima ,l inea e conseguentemente vennero dati alla fanteria ed all'artiglieria, ma l'impiego generale dei collegamenti di tutti 1 tipi nell'ambito delle grandi unità rimase compito del gemo .
..
INDICE
717
INDICE
Presentazione
Pag.
1
Introduzione
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3
» »
19
20
» »
26
CAPITOLO I -
DAL
1815
AL
1848
1. La situazione internazionale 2. Il regno di Sardegna .3. Il pemiero l·trategiw
4. La tattica dell'armata sarda 5. I procedimenti di azione 6. L'ordinamento 7. La fortificazione permanente 8. Lo stato di preparazione alla guerra
CAPITOLO
II
-
LA
PRIMA
GUERRA
22
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29
»
34
» »
38
»
47
40
D'INDIPENDENZA
(1848-1849) 1. Le cause delle disfatte di Custoza e di Novara
2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
L'insipienza politica L'imperizia strategica L'imprevidenza logistica L'incidenza della tattica L'insufficienza dell'addestramento Gli ordinamenti tattici Giudizio conclusivo
CAPITOLO III -
» » » » » » »
48
51 .53 54 56
59 64
IL RINNOVAMENTO STRUTTURALE ED ORDINATIVO NEL DECENNIO
1. La situazione di partenza 2. L'organizzazione scolastica
1849-18.59 » »
73
75
718
3. 4. 5. 6.
FILIPPO STEPANI
La legge sul reclutamento Il nuovo ordinamento Le altre riforme Il punto di arrivo
CAPITOLO IV -
Pag.
LA TATTICA TOPOGRAFICA
Il pensiero strategico Il terreno è tutto L'esplorazione e la sicurezza L'attacco e la difesa Il combattimento della fanteria, della cavalleria e dell'artiglieria 6. Incidenza positiva delle innovazioni dottrinali .
LA SECONDA GUERRA D' INDIPENDENZA
1. 2. 3. 4. 5.
L'IMMOBILISMO OO'ITRINALE
IL FERVORE ORGANIZZATIVO E PROBLEMI
ORDINATIVI
DELL'ESERCITO
ITALIANO
1. Dall'armata sarda all'esercito italiano 2. Eserciti di qualità
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97 99 102
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104 108
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115 116 117
)>
120 124 126
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(1858-1866)
Le operazioni militari del 1860 Garibaldi Che cosa sia la guerra del De Cristoforis La dottrina ufficiale dal 1856 al 1866 L'addestramento e l'istruzione generale e la preparazione professionale dei quadri
CAPITOLO VII -
95
»
(1859)
1. Fini politici 2. Mobilitazione e radunata 3. Concezioni e condotta strategiche 4. Confronto delle dottrine tattiche e delle dottrine tecniche con la realtà della guerra 5. Le questioni ordinative insolute 6. Gli ammaestramenti
CAPITOLO VI -
»
(1849-1859)
1. 2. 3. 4. 5.
CAPITOLO V -
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78 80 84 86
ALLA
I
»
135 136 139 144
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149
» »
159 161
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GRANDI NASCI'l'A
(1859-1866)
719
INDICE
3. La questione dei volontari e dell'esercito meridionale
4. Ordinamento La Marmora e Ordinamento Fanti 5. L'ammodernamento delle armi e lo sforzo logistico 6. La fortificazione della nuova frontiera 7 . Preparazione alla guerra
CAPITOLO VIII -
Pag. 163 » 166 »
172
»
175 178
»
LA TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA
1. Le cnndi:r.ioni favorevoli alla guerra e le cause della
disfatta 2. Ambiguità del disegno e del piano operativo . 3. Assenza di una direzione unitaria della guerra e della manovra dal Mincio 4. I mperizia strategica e tattica dei comandanti 5. Inesistenza di uno statu maggiore 6. Rispondenza della do/Irina e dell'ordinamento tattico 7. Una sentenza senza appello
CAPITOLO IX -
DA C.USTOZA A ROMA
189 192
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200 202
»
211
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(1866-1870)
1. La crisi morale e materiale di dopo Custoza . « Scuola Superiore di Guerra» 3. L'ammodernamento dei fu cili e dei moschetti 4. Il travaglio dei bassi livelli di forza . 5. La ripresa illuministica dottrinale e addestrativa . 6. La campagna per l'unione di Roma al regno d'Italia
2. La fondazione della
CAPITOLO X -
»
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213
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216 217 222
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229
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241
»
244
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248 252
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255 259
LA POLITICA MILITARE ITALIANA ED I SUOI CONDI ZIONAMENTI DAL
1870
ALLA VIGILIA
DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
1. Il nuovo corso storico 2 . Gli insegnamenti politico-strategici e tecnico-militari della guerra franco-prussiana 3. L'inserimento della Germania e dell'Italia nella politica europea 4. La situazione politica interna dell'Italia . 5. La presa di coscienza per un rinnovo dello sviluppo del pensiero e della cultura militari 6. Le difficoltà economiche e la disponibilità finanziaria 7. Le altre difficoltà di sviluppo dell'esercito
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262
720
FILIPPO STEFANI
CAPITOLO XI -
GLI ODINAMENTI DAL
1870
ALLA VIGILIA
DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
L'opera formatrice del Ricotti e il modello prussiano Il reclutamento La mobilitazione La copertura La radunata L'amministrazione centrale e l'organizzazione del comando territoriale 7. Lo stato maggiore dell'esercito 8. L'ordinamento tattico . 9. La formazione di pace 1. 2. 3. 4. 5. 6.
CAPITOLO XTT -
LA NASCITA
DELLA NUOVA
Pag. 285 » 287
293 298 » 303 » »
» »
» »
306 310 315 323
REGOLAMEN-
TAZIONE
Dottrina d'impiego e ordinamento tattico Dottrine di guerra europee Nuove caratteristiche della normativa dell'esercito I regolamenti di tecnica d'impiego 5. La dottrina tattica del Cosenz 6. Il regolamento di servizio in guerra
1. 2. 3. 4.
CAPITOLO XIII -
L'IMPIEGO
DELLE
GRANDI
UNITÀ
»
357 359 363 366 373 385
»
403
»
» »
» »
IN
GUERRA
1. Norme generali per l'impiego tattico delle grandi unità
di guerra
(1903)
2. Norme generali per l'impiego delle grandi unità di guerra (1910 e 1913) 3. L'esplorazione 4. La sicurezza 5. L'azione offensiva nella battaglia d'incontro 6. L'azione difensiva nella battaglia d'incontro 7. L'azione offensiva nella battaglia preparata 8. L'azione difensiva nella battaglia preparata 9. L'i1tseguimcnto e la ritirata
» 419 » 428 » 432 » 434 » 443 » 447 » 450 » 453
721
INDICE
CAPITOLO XIV -
L'IMPIEGO
DELLE
DIVERSE
ARMI
NEL
COMBATTIMENTO
l. Norme per il combattimento (1911-1913) 2. La frontiera 3 . La cavalleria 4. L'artiglieria 5. Il genio 6. I combattimenti di località 7. Le operazioni nei terreni fortemente coperti e net terreni boscosi 8. Le operazioni notturne 9. Le operazioni alpine
CAPITOLO
xv -
Pag. 457 » 459 » 466 »
» »
472 478 480
482 485 » 488 » »
IL PUNTO DI ARRIVO DELLA REGOLAMEN'f AZlONE 'l'A'l"I'lCA E
ADDESTRATIVA DEL-
L'ESERCITO IN GUERRA DELL'ITALIA
l. Il regolamento d'istruzione (ed. 1913) . 2 . Considerazioni riassuntive sulla dottrina tattica rielaborata e riordinata dal Pallio 3. Norme riassuntive per l'azione tattica (1914) e Attacco frontale e ammaestramento tattico del Cadorna . 4. Norme complementari all'I struzione sui lavori del campo di battaglia (1915) 5. Altri interventi dottrinali del Cadorna 6. Considerazioni conclusive
CAPITOLO XVI -
LA
SlTUAZTONI,
1908-1915
ED
POLITICA IL
RIARMO
NEGLI
»
495
»
498
»
504
»
510
»
514
»
518
ANNI
DELL' ESER-
CITO ITALIANO
1. La situazione internazionale 2. La politica estera ed interna detl' Italia 3. Il risveglio della politica militare italiana e la base finanziaria 4. La sistemazione difensiva della /rontiera nord-est 5. I programmi di ammodernamento delle armi e dei nuovi mezzi 6. L'aggiornamento della regolamentazione d'impiego tecnico e di quella logistica
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525
»
530
»
536
»
542
»
547
»
554
71.2.
FILIPPO STEPANI
CAPITOLO XVII -
LA
STRUTI'URA OJtDINATIVA ED ORGA-
NICA
DELL'ESERCITO
1908
ALL'ENTRATA
ITALIANO NELLA
DAL
GRANDE
GUERRA
1. Le riforme ordinative e la disponibilità finanziaria . 2. Il riordinamento degli organi tecnico-amministrativi centrali e periferici 3. Le nuove dimensioni strutturali dell'esercito di campagna 4. L'ordinamento tattico
CAPITOLO XVIII 1. 2. 3. 4. ~
5. 6. 7. 8.
LA
GRANDE
GUERRA
{PARTE
» » »
574 577 582
» » » » »
615 617
»
633 647
PRIMA)
La nuova fisionomia della guerra
Il fronte occidentale Il fronte orientale Il fronte italiano Capi e gregari e inidoneità offensiva dello strumento Tattica e tecnica dell'azione difensiva Tattica e tecnica dell'azione offensiva Conclusioni sulla dottrina
CAPITOLO XIX -
Pag. 569
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621
624 630
663
LA GRANDE GUERRA {PARTE SECONDA)
1. Il problema del personale
2. Le armi ed i mezzi 3. Le grandi unità 4. Le minori unità 5. Le due fasi dell'evoluzione ordinativa dell'esercito italiano
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677 682 689 693 702