LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE – TOMO I (1800-1806)

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UFFICIO STORICO

VIRGILIO lLART - PTERO CROC1ANI - GIANCARLO BOERI

Le Due Sicilie

NELLE GUERRE NAPOLEONICHE

( 1800-1815) Tomo I • (1800-1806)

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© 2008 Stato Maggiore dcll'Escn:iro

Ufficio Storico - Roma

ISBN 88-87940-93-2

STILC.RAFICA srl 001 59 Roma - Via Ignazio Pettinengo, 3 1/33 'lei. 0643588200 - Fax 064385693 finito di slamp:,rie nel mese di settembre 2008


3 PRESENTAZIONE

el 1929 Piero Pieri, capostipite della moderna storiografia militare italiana, dedicò un magistrale lavoro di sintesi alla storia del Regno di Napoli dal luglio 1799 111 marzo I 80(i, dando ampio risalto ai fattori stTategici e militari che determinarono la fatale catastrofe della prima restaurazione borbonica. Agli stessi anni risalgono i primi contributi fondamentali di Nino Cortese alla storia militare del Regno di Napoli sotto i re "francesi" Giuseppe Napoleone (1806-08) e Gioacchino Murar (1808-15). Su temi particolari o colkw1ti ha dato il suo contributo anche l'Ufficio Storico dell'Esercito, con la traduzione, nel 1909, del famoso saggio di sir Charles Oman sulla battaglia di Maida del 1806 e gli studi dei colonnelli Giuseppe Ferrari sull'insurrezione mlabrese del /ROG (1911) e sull'Assedio di Caeta del 1815 (1914) e Cesare Cesari sull'Assedio di Amantea del 1806-07 ( 1911 ), dei capitani Girolamo Cappello sugli Italiani in f(uJ:ria e Nicolò Giacchi sugli fttdiani in Germania (1912-13), del generale Umberto Broccoli sulle Cronache militari e marittime del Golfò di Napoli e delle Isole Pontine (195.3) e, più di recente, di Piero Cmciani e Giancarlo Boeri sull' .Esercito borbonico dal 1789 al 1815 ( I 989).

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Uno studio generale della storia militare dell'Italia meridionale nelle guerre napoleoniche presuppone però l' intreccio di vari punti di vista e vari campi di ricerca. La storiografia napoletana ha infaLti rubricato il periodo dalla conquista napoleonica alla campagna di Tolentino sotto il titolo di "decennio francese", che implicitamente privilegia gli aspetti politici, sociali e prosopografici. Allo stesso modo, dal suo punto di vista, la stnriografì a siciliana ha inquadrato la storia dei rapporti tra la corte borbonica rifugiata a Palermo e i comandanti inglesi in quella della costituzione liberale del 1812. Q uesti punti di vista sono certamente importanti anche per la storia militare, ma quest'ultima fu in defìni tiva determinata dalla guerra anglo-francese per il dominio del Mediterraneo e della "via della seta" - l'obiettivo strategico invano perseguito da Napoleone per piegare l'Inghilterra - e in seguito dal nuovo assetto dell'Europa deciso dal Congresso di Vienna e sul campo di Waterloo. Per questo studi come quelli di Maurice Wcil sulle campagne italiane del 1813-15 (1900-02) e di Piers Mackesy sulla "guerra nel Mediterraneo, 1803-1810" (1957) restano tuttora fondamentali per comprendere la storia, non soltanto militare, dell'Italia e in particolare delle Due Sicilie. Solo da una prospettiva d'imieme può infatti emergere la connessione fra

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LE DUE S1C1L1[ NELLE GUERRE NAPOLWNICHE (1800"--=--- _._,18,_._1,,.,S)c____

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le tre "guerre peninsulari" (l'Iberica, l'Italiana e la Balcanica) che connotarono il "decennio francese", la costituzione siciliana e il proto-risorgimento italiano. T:opera che presentiamo - quinta della serie dedicata dall'Ufl-ìcio Storico dell'Esercito alla storia militare dell'Italia napoleonica dopo Bella It11li,1 Militar,

La guerm delle Alpi, Storia milit11re dell1talia giacobina e Storia Militare del Regno Iia!ico - intende appunto proporre una prospettiva d'insieme, inquadrando lo scudio delle vicende belliche, delle relazioni diplomatiche e delle istituzioni milita ri dei due Regni di Napoli e Sicilia nel contesto strategico cklb g11nr,1 anglofrancese nel Mediterraneo Centrale. Una guerra che a sua volta viem: rei11t:erpretat,1 dagli autori come una delle tre "guerre peninsulari" - caran-crizz:11e dal dominio del mare, dalle alleanze periferiche e dalla guerriglia - con cui l'Inghilterra reagì al blocco continentale dichiarato dalla Francia, ne logorò le risorse e minò

le p;1ci di 'l'ilsit (1807) e di Vienna (1809). l

;li aurori hanno trattato

la storia militare del Regno 111ura1ria110

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opcr;1 p11hhlic:1ra dalla Widerholdt Frèrcs sotto gli auspici dcll'USSMF. In q11cs1'opn:1 :111:ili,,1,ano in derraglio, sulla base di vaste ricerche archivistidw

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gr:dì clit:, il sisLema militare borbonico, la conquista francese del Regno di Napoli e l:1 riLirara strategica in Sicilia, il ruolo di quest'ultima, della ( ::1hbri;1 e ddlc isole

minori nella guerra anglo-francese, i tentativi di riconquist:1 compiuti dal gove rno borbonico, il concorso delle sue forze terrestri, navali e irregolari alle operazioni inglesi nel Mediterraneo - dall'Egitto alle Ionie, dalla Spagna alla Ligu ri:i - e delle fòr'.I.C britanniche alla difesa della Sicilia e il bilanciamento dei di versi e contrastanti scopi politici perseguiti dall' lnghilterra e dalla corte di Palcrn10. Ne emerge un quadro pii\ articolato e complesso di quello troppo .sommario finora tracciato dalla storiografia militare italiana e straniera: infine un esercii-o di

20.000 uomini, con 2 .500 combattenti in Spagna e migliaia di guerriglieri sosLenuti da 50 unità navali, ebbe pure un peso sul corso della guerra. Né (i1rono solo propaganda le glorie iscritte nella dimenticata tradizione militare borbo nica - la difesa di Gaeta, Civitdla e Amantea, la guerriglia in Campania e in Calabria , le spedizioni di Milcto e di Ischia e Procida, le flottiglie di Ponza e di Messina, b difesa del passo di Biar e la battaglia di Castalla, l'assalto finale ai forri di Genova.

Il Capo dell'Ufl-ìcio Storico Col. A11Lunino ZARCONE


PARTE I

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La catastrofe ( 1800-1806) i

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POLITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE

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Stemma del Regno delle Due Sicilie sotto Ferdinando IV di Borbone I


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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815)

Ferdinando IV di Borbone


POLITICA DI SICUREZZA E C~"!Q(J!ST/\~ F ~R/\ ~N ~ C=ES=[~(~l8=00~--1=806=l_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

1. LA POLITICA DI SICUREZZA ( 1799-1805)

A.Roma (1799-1800) !fàuori condizionanti deHa politica di sicureZZtJ borbonica ulnerabile dal mare, la parte continentale del Regno borbonico era in teoria difesa sul versante Tirrenico dai Presidi di Toscana, considerati ufficialmente !"'antemurale" del Regno e dalla poderosa piazzafom: di G~eta, con un avamposto alla gola d' Itri. Più esposta era la linea Liri-Garigliano, pur disponendo di corsi d'acqua (il Sacco, la Melfa) di difficile guado in inverno e buone posizioni (Isola, San Germano, Castelluccio). La frontiera abruzzese offriva possibilità di resistenza, ma soltanto alla condizione (mai realizzata da nessun difensore nella storia milita.re napoletana) di sbarrare i due punti obbligati di passaggio, separati dal massiccio del Gran Sasso: a Sud le gole di Antrodoco che portavano all'Aquila e al cuore dell'Abruzzo, a Nord le due linee successive del Tronto (sostenuta dalla piazzaforte di Civitella) e del Vomano, appoggiata al Gran Sasso e a.Ila piazza di Pescara. Quest'ultima era il punto terminale di una strada allora difficile, ma praticabile ai rifornimenti del difensore e alle artiglierie dell'invasore, che correva parallela alla frontiera, per la valle della Pescara e le piane di Popoli (crocevia per l'Aquila-Rieti), di Sulmona e delle Cinque Miglia, fino alla Maiella e a Capua. La strada presentava varie posizioni successive utili per una battaglia d'arresto o almeno una manovra in ritirata, l'ultima a Mignano, dove si potevano riunire anche le forze in ritirata dalla linea del Liri. La capitale, troppo estesa, popolosa e inquieta per essere direttamente difendibile, era infine direttamente coperta dalla linea del Volturno, con al centro la piazza di Capua e la testa di ponte di Caiazzo. ,.

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Il Regno disponeva di risorse tìnan:t,iarie sufficienti per fortificare la frontiera terrestre, abitata da popolazioni bellicose e fedeli, e mobilitare le forze occorrenti per difenderla. Con risorse finanziarie e demografiche inferiori, casa Savoia era pur riuscita a mettere in relativa sicurezza una frontiera ben pit1 estesa e vulnerabile. Fu però uno sforzo di generazioni, obbligato da una minaccia permanente e scandito da una serie di guerre, mentre l'insediamento dei Borboni a Napoli avvenne al tramonto delle guerre italiane. I:ultima fiammata eroica (la difesa di Velletri nel 1744) fu seguita da una lunga pace fredda, che tutte le corti italiane, inclusa quella guerriera di Torino, vissero come un progressivo addio alle armi, fino al brutale risveglio del 1792. Lo stesso insediamento della casa di Borbone sul trono di Napoli si era fondato più sul riconoscimento internazionale che sulla forza delle armi. Laspirazione ad un'autonoma capacità di difesa turbava gli equilibri italiani, come emerse dall'accenno fatto dal fondatore della dinastia alla vigilia della guerra dei Sette Anni, e alla fine non sarebbe stata tollerata. la politica di sicurezza dei Borboni di Napoli doveva perciò necessariamente fondarsi sul bilanciamento delle alleanze, dettato non solo da fattori geografici e commerciali ma anche e soprattutto dai mutevoli interessi e piani strategici delle grandi potenze, anzitutto Francia e Inghilterra, ma anche l'Austria e poi la Russia, affacciatasi nel Mediterraneo sin dal 1770.

La questione della "bctrriera di difesa" (<>;iugno-ottobre 1797) Anche durante la Prima Coalizione antifrancese b corte borbonica continuò ad affidare la sua sicurezza al mantenimento dell'equilibrio di potenza in Italia, senza peraltro impegnarsi seriamente per sostenerlo. Tuttavia il trattato di Tolentino fece riemergere la vecchia ipotesi di trasferire altrove la Santa Sede e spartire lo stato ecclesiastico fra le potenze italiane (Parma, Cisalpina e Napoli) e il 30 giugno 1797, alla vigilia del negoziato di pace austro- francese, Acton avanzò a Parigi la richiesta di ottenere una "barriera di difesà' nel territorio ponrifìcio, o almeno una vera base adriatica (Ancona o le Ionie) e ancora il 15 ottobre (fuori tempo massimo) dette istruzioni al marchese di Gallo, il ministro napoletano a Vienna che aveva negoziato i preliminari di Leoben per conto dell'Austria ed era allora a Udine per il negoziato di Passariano, di premere su Honapane per


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inserire nella pace la questione della "barriera di difesa". Nel 1744 il fondatore della dinastia aveva fermato in territorio pontificio l'offensiva austriaca su Napoli. T:idea della "barriera di difesa" non si richiamava però alla gloria di Velletri, né si fondava su ragioni di carattere militare. Solo il controllo del Medio e Basso Po avrebbe potuto rappresentare una linea di difesa teoricamente migliore del confine napoletano, ma non era lontanamente pensabile di poterlo ottenere e nemmeno di sostenerlo ad una distanza allora così grande - sotto il profilo operativo e logistico - da Napoli. Come fu poi dimostrato dalla campagna murattiana dd 1815, il possesso delle Marche, sia pure con Ancona, o della Toscana, non solo non avrebbe aggiunto nulla alla sicurezza militare, ma l'avrehhe anzi indebolita, costringendo a disperdere le forze e aumentando le vulnerabilità. La questione della "barriera di difesa" risaliva invece alla regina Maria Carolina, ossessionata dalla tragica sorte della sorella Maria Antonietta di Francia e assurdamente convinta che l'annessione di province cuscinetto potesse in qualche modo allontanare da Napoli la minaccia di una rivoluzione sostenuta dalla Francia. Gallo tuttavia non mancò di esprimere il suo scetticismo, avvertendo di 11ion farsi illusioni sull'appoggio austriaco a una tale richiesta.

La missione di Gallo ,1 San Pietroburgo (maggio-novembre 1799) 11 18 novembre 1798 l'Armata napoletana varcò il confine romano e il 29 Ferdinando fece il solenne ingresso a Roma. La campagna, presto conclusasi con un disastro, non mirava però ad ingrandimenti territoriali, ma solamente alla restaurazione negli stati po ntifici e in Toscana. [idea di un'espansione borbonica nell'Ttalia Centrale, a compenso dell'invasione francese e allo scopo di correggere lo squilibrio determinato dagli appetiti italiani dell'Austria, riemerse solo nel maggio 1799, con l'offensiva austrorussa su Torino, il richiamo dell' Armée de Naples sul Po, l'avanzata sanfrdista verso Napoli e la generale insurrezione antifrancese dell'Italia Centrale. Stavolta il progetto era pit1 concreto, basandosi sull'alleanza stipulata in dicembre con la Russia e sulla promessa di un corpo di 12 .000 uomini

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1O LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (,_._.1800=--=--__..18"-'l""-SL)- - - - - - -(anche se la Divisione Hermann, panita il 7 gennaio da Mosca, già in marzo era stata dirottata di rinforzo all'armata principale di Suvorov). Arrivato il 20 giugno a San Pietroburgo quale inviato straordinario, Gallo riusd ad ottenere l'appoggio dello zar (preoccupato di non ledere la sovranità pontificia su Roma ma anche di contrastare l'egemonia austriaca in Italia) alla cosiddetta "rettifica'' della frontiera napoletana, che prevedeva la cessione delle Marche, con l'aggiunta delle Legazioni oppure della Toscana e la riunione di Genova e Corsica sotto un principe napoletano. TI 5 luglio Gallo scrisse a Palermo di affrettarsi ad avanzare su Roma, la Toscana e le Legazioni. Il 22 agosto segnalò l'urgenza di precedere gli austriaci e annunciò l'invio di un corpo russo (Rehbinder) sulla destra del Po. Le lettere di Gallo, seguite dalla notizia della morte del papa (il 29 agosto a Valcnce), suscitarono a Palermo grandi ma fallaci speranze. Forte dell'appoggio dello zar, il 1° settembre re rerdinando pensava addirittura che una rettifica comprendente Ancona non fosse sufficiente. A riportare la corte coi piedi per terra provvide una lettera di Circello da Londra, con la notizia che Lord Grenvilk, pur approvando l'occupazione napoletana dello stato pontificio, non vedeva di buon occhio la missione di Gallo né voleva credere che si trattasse di una sua iniziativa personale: in ogni caso la guerra era ancora in corso e l'Inghilterra non intendeva disgustare l'Austria assumendo impegni prematuri. Una seconda kttera di Circello comunicò poi che il ministro degli esteri russo Rostopcin (forse risentito per essere stato scavalcato dall'inviato napoletano nei rapporti con lo zar) aveva scritto alla legazione russa a Londra che Gallo era venuto a San Pietroburgo con l'idea di spartire il mondo come Cesare. Acton e Ferdinando si spaventarono e il 24 settembre il re scrisse di suo pugno una lunga lettera allo zar, scusandosi per l'arroganza del suo inviato e assicurando che non intendeva affatto spodestare il papa e si accontentava del ripristino dello status quo e dell'equilibrio in Italia.

T.a lettera arrivò a San Pietroburgo ai primi di novembre, quando lo zar, disgustato per la sconfitta di Suvorov in Svizzera e per il comportamento dell'Austria, già meditava il disimpegno dall'Italia e dalla Germania. Paolo I rispose che evidentemente le proposte di Gallo non rispecchiavano esattamente le idee della corte e alla fine del mese Gallo lasciò la capitale russa.


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l'occupazione di Roma (luglio-ottobre 1799) Gallo si era del resto fatte molte illusioni sulla reale destinazione delle truppe russe. La Divisione Rehbinder non era stata inviata sulla destra del Po per sostenere le aspirazioni napoletane, bensì solo per controllare quelle austriache: era stata infatti posta agli ordini dd generale Klenau, insediatosi a Firenze con l'incarico di prendere Ancona con gli insorti marchigiani comandati da Lahoz e Roma con l'lndita Armata austro-aretina sorto gli ordini del generale Frohlich. Anche le nuove truppe russe annunciate in settembre da Gallo (3.000 col maggior generale Boro,.din imbarcati ad Odessa per Corfù e 3.000 col principe Volkonsky spediti da Torino a Messina via Livorno) erano in realtà destinate all'occupazione di Malta. Dal canto suo, il vicario generale del Regno di Napoli, cardinale Ruffo, aveva fatto del suo meglio per favorire l'avanzata su Roma e Ancona. Già in marzo, in previsione dell'arrivo in Romagna della Divisione Hermann, aveva concesso in nome di re Ferdinando patenti di generale o brigadiere ai capi della resistenza marchigiana, ripartendo i settori tra il "generale della montagna". Giuseppe Cellini e il "generale dei colli" Donato De Donacis, entrambi ecclesiastici. Nelle Romagne, però, invece dei russi arrivarono gli austriaci, i quali, impadronitisi del transfuga Lahoz, 1'8 luglio lo sbarcarono a Fermo, dove si proclamò "comandante generale delle truppe della montagnà' in territorio pontificio "per sua maestà imperiale e Potenze alleatè'. Cellini fu declassato a mero "ispettore generale" e al teramano De Donatis fu tolta ogni autorità sulle masse ascolane di Sciabolane e Navarra, ripristinando la corrispondenza del confine militare con quello politico del Tronto. Bloccato nelle Marche, Ruffo reagì concentrandosi sul Lazio e a fìne luglio il marchese Rodio passò il confine con un'avanguardia di 4.000 sanredisti (massa Carolina, massa Santa Croce di Nunziante e masse calabresi) avanzando su Alatri, Anagni, Palestrina e Zagarolo. Il l O agosto, mentre Ancona veniva bloccata da 2. 000 russi e turchi e 4.500 insort i, Nelson distaccò il capitano Louiss su Civitavecchia e Fra Diavolo marciò dalle Paludi Pontine con altri 2.000 massisti napoletani e 600 romani. Il 1O Rodio respinse ad Albano una sortita repubblicana, ma il 20 fu sconfìtto d a una nuova e più forte sortita francese e costretto a ripassare il confìne. Rimasero attive per il momento solo le masse aquilane, che il 23 occupatono Rieti.

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Il fiasco napoletano, imputato alla frena e all'inesperienza militare di Rodio, fu però compensato dal ritardo dell'avanzata aretina, provocato dalla resistenza di Spoleto e Perugia e dal sabotaggio del senato fiorentino, per l'antico odio verso i "botoli ringhiosi". Il ritiro degli aretini paralizzò Frohlich, che dovette fermarsi nel Viterbese limitandosi a spedire pochi ussari verso Ponte Molle. Inviato da Ruffo in ricognizione al campo di Ancona, De Donatis arrivò il 28 e, constatato che I ,ahoz aveva esautorato i comandanti di nomina napoletana, il 2 settembre tornò a Napoli a rifèrire. Ruffo aveva intanto ripreso l'offensiva su Roma inviandovi il generale Bourcard con un nucleo di truppe semircgolari, seguito dalle masse di Rodio e del duca di Roccaromana. Tuttavia il 12 i francesi batterono a Monterotondo gli aquilani, ricacciandoli in Abruzzo e il 15, mentre Fra Diavolo occupava Albano, Lahoz fece arrestare Cellini con l'accusa di "anarchia''. ll 19 arrivò a Napoli la squadra russa dell'ammiraglio Ushalmv, con a bordo il ministro russo, cavalier Ttalinsky. Rintraccialo a Tuscania da un ufficiale di collegamento inviato il 20 da Bourcard, Frohlich rifiutò di cooperare con le truppe napoletane, considerate irregolari. Dopo aver invano solleticato la vanità di l ,ahoz offrendogli un corpo d'armata di 12.000 uomini, il 21 Ruffo rimandò Oc Oonatis al campo di Ancona a ristabilire l'autorità militare napoletana e nominò plenipotenziario per Roma il generale Naselli. 11 22 il comandante francese a Roma, Garnicr, si recò a C ivitavecchia per trattare la resa col commodoro Trouhridge. Quest'ultimo non aveva l'autorità per includervi anche Roma, ma il 2 5 si risolse ad accettare l'offerta di Garnier, scrivendo subito a Ruffo di averlo fatto nell'interesse dei napoletani, perché, come scrisse il 27 a Nelson, Frohlich era pronto ad accogliere qualunque condizione pur di escluderli da Roma. La notizia della trattativa era giunta a Napoli il 24 e il testo dell'accordo il 27. I.a sera del 28 Ushakov e ltalinsky concordarono con Ruffo le condizioni da imporre a Garnier, ma il 29 arrivò la notizia che Bourcard aveva firmato la capitolazione negoziata da Troubridge. Cammiraglio russo montò su tutte le furie, ma il re approvò totalmente l'operato del commodoro, dichiarando che Ushakov, non avendo voluto mandar truppe a Roma, non aveva alcun diritto di lamentarsi. Frohlich reagì espellendo illegalmente da Piombino il presidio napoktano, ma la regina, entusiasta, scrisse ch e Perdinando poteva ormai "devenir roi d'Ttalie".


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TI 29 le truppe inglesi sbarcarono a Civitavecchia e Louiss risalì in barca il Tevere per issare la bandiera britannica sul Campidoglio. La notte dal 30 settembre al 1° ottobre Bourcard entrò a Roma, da Porta San Giovanni, con le truppe regolari, disponendo corpi di guardia alle porte per impedire l'ingresso ai massisti bramosi di saccheggio (quelli di fra Diavolo furono bloccati da un picchetto di cavalleria a Porta San Paolo). L 11 giunsero da Napoli, per la via Appia, anche 400 esteri del Reggimento Akmagna e 800 marines russi, applauditi dalla popolazione che inneggiò a Paolo I.

L'incidente di Ancona e i rapporti con la Russia (1799-1800)

Il 2 ottobre, mentre Naselli entrava a Roma assumendo il governo provvisorio degli stati pontifìci in sede vacante, De Donatis arrivò al campo di Ancona per assumere il comando superiore delle truppe "napoletane" di Vanni, Sciaholone e Navarra. Lahoz, che cinque giorni prima aveva già messo ai ferri Navarra, riservò lo stesso trattamento a De Donatis e poi anche a Vanni, Sciabolone e ad altri ufficiali del loro seguito, con l'accusa <li aver cospirato col generale Monnier, comandante francese ad Ancona. Ruflo ditèse De Donatis e i suoi "generali" marchigiani e l'inchiesta di Naselli si concluse cop una durissima requisitoria non soltanto contro l'ingratitudine di LallO'.z per aver fatto arrestare Cellini (l'uomo che l'aveva "graziato" dopo la cattura ad Ascoli), ma anche contro lo stesso imperatore, benefìciario ultimo degli arresti, che T.ahoz avrebbe ordinato in cambio del perdono per aver disertato nel 1795 dal!' esercito austriaco. Lesito del processo - celebrato alla fine di ottobre, dopo l'arrivo al campo di Frohlich con le truppe austriache e la morte di Lahoz nella sortita dell'J 1 - non è ben noto: di certo fu impiccato il segretario di Sciabolone e gli altri furono poi liberati alla chetichella dopo la resa di Ancona ( 11 novembre), da cui furono esclusi tanto i napoletani che i russi, suscitando il noto "incidente d elle bandiere". Già il 3 novembre lo zar aveva ordinato a Ushakov di tornare nel Mar Nero e la squadra salpò il 20 dicembre, lasciando però a Napoli una divisione di tre fregate (Sorokin). Il 2 dicembre lo zar annunciò agli inglesi la sua intenzione di ritirarsi dalla Coalizione, ma il 4 Serracapriola scriveva da San Pietroburgo che la Russia era ancora propensa ad appoggiare le ,aspirazioni napoletane sulle Marche e parte delle Legazioni .

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

L'anarchia nelle province (1799-1800) Nel Regno di Napoli l'eredità della guerra civile fu più pesante che nel resto d'Italia_ Nominato il 24 ottobre colonnello dei Reali eserciti, Fra Diavolo fo fatto arrestare da Bourcard per le violenze commesse dai suoi uomini ad Albano. Dopo breve detenzione a Castel Sant'Angelo fu portato a Palermo dove, ricevuto un rapporto favorevole dai magistrati di Albano, fu messo in libertà nel gennaio 1800, ma senza ricevere la pensione di 2.500 ducati che gli era stata promessa. Richiamato in luglio per riorganizzare i corpi volanti, fu di nuovo mandato a casa dopo la pace di Firenze. Altri capimassa si dettero o piuttosto tornarono al puro brigantaggio: Pasquale Bucci a Campobasso, Biagio Fedele a Gaeta e Itri, Galeano e Panzanera a Catanzaro, Gaetano Greco a Cosenza. Da Castelluccio i fratelli Luigi e Gaetano Mammone scesero con 300 briganti a saccheggiare Yeroli e i regi magazzini di Sara. Le bande di Introdacqua, Pratola e Pacentro desolavano la piana di Sulmona. Un rapporto al regio "visitatore" degli Abruzzi accusava Pronio, uno dei capi pitt famosi della resistenza antifrancese, di proteggere i ladri arruolandoli nei fucilieri Sanniti e di fare "infame mercimonio" delle carte relative ai rei di stato da lui rinvenute a Chieri e Pescara_ C'era poi il "terrore bianco": col pretesco di sradicare la rivoluzione si commettevano sequestri, estorsioni, vendette private e collettive, come il sacco dato a Bella dai terrazzani di San Fele. A Lucera, Trani, Montefosco i commissari sanfedisti esautoravano le autorità regie facendo il bello e il cattivo tempo. Il visitatore della Terra di Lavoro scriveva che la provincia era in preda ali' anarchia. I paesani insorti contro le autorità e le tasse repubblicane avevano imparato a trattare quelle regie allo stesso modo, come ad esempio a Raviscanina. Tumulti a sfondo sociale si ebbero a Molfrtta, Gioia del Colle e in molti altri centri pugliesi. Vari governatori e agenti baronali, venuti a riprendere possesso dei feudi, furono lapidati o minacciati di morte. Sostenuti dalla guardia civica, i villani di 'fropea disarmarono i birri venuti a imporre il pagamento degli affitti e dei pesi fiscali e baronali. Nel dicembre 1800 la popolazione di Casapulla (Caserta) dette manforte a otto briganti impegnati in conAirco a fuoco coi birri, costretti a fuggire lasciando morto il loro caporale. Ovunque il popolo basso rivendicava il diritto di eleggere rappresentanti di proprio gradimento, senza riguardo al loro passato politico. li rapporto <li Bourcar<l sui <lisor<li11i sociali i11


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POLITICA DI SICUREZZA [ CONQUISTA FRANCESE (1800 - 1806)

Abruzzo, del 18 ottobre 1800, giustificava la ribellione e il rifiuto di pagare le tasse con l"'indicibile" miseria del popolo, acuita dai francesi, dalle masse e dall'anarchia, e con l'ingiustizia patita dai governatori, incapaci, "per pusillanimità o per illecito guadagno", di costringere baroni e galantuomini a rispettare la legge.

B. Siena e Firenze (1800-01) Dròle de guerre e manovre diplomatiche (e:,ennaio-giugrw 1800)

Lespulsionc dei francesi dall'Italia, a parte Genova e pochi ridotti in Piemonte, sembrava aver ripotlato Napoli agli anni della guerra delle Alpi (1792-96), sempre col timore di una nuova rivoluzione, ma con maggiori apprensioni per l'egemonia austriaca in Italia, minore fiducia nel sostegno britannico e huovc speranze riposte sulla Russia. Nel gennaio 1800 la flotta di Ushakov riportò a Odessa i due battaglioni russi destinati all'assedi6 della Valletta e rimasti invece a Messina. Su richiesta degli inglesi, il 1° febbraio Acton promise di sostituire il contingente russo con uno siciliano di 1.500 uomini (in realcà arrivarono solo 750 fucilieri del Reggimento Valdimazzara e 100 artiglieri al comando di Fardella). Lo zar dette d'altra parte un segnale che il ritiro delle forze dall'Italia non era definitivo e che non intendeva lasciare campo libero all'Austria né avallare un accordo bilaterale anglo-austriaco. In febbraio dette infatti un aiuto al re di Sardegna, confinato a Firenze dagli austriaci, stipulando col suo i nviaco Balbo un trattato difensivo e mettendogli a disposizione un contingente di 12.000 uomini. A incoraggiare re Ferdinando mandò inoltre parte delle truppe destinate a Malta e rimaste invece a Corf'u (1.350 granatieri Siberiani comandati da Borozdin), che sbarcarono il 19 marzo a Otranto e arrivarono il 24 aprile a Napoli per servire da modello alla nuova guardia reale borbonica, benché il re fosse ancora a Palermo. Tn piena sintonia col punto di vista russo, il l mano Serracapriola scriveva che il cancelliere austriaco Thugut credeva "di poter ,rinnovare il secolo di Carlo V", esprimendo il timore che l'Inghilterra fosse O


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disposta a transigere pur di mantenere l'Austria in guerra_ Il 10 marzo re Ferdinando approvò i nuovi organici dell'esercito, che prevedevano una forza di 56.000 uomini in pace e 67_000 in guerra, il doppio dell'esistente, con una divisione in Sicilia, due nel Regno (a Napoli e Gaeta) e una Roma_ Ma l'elezione del nuovo papa Pio VII, avvenuta il 14 marzo a Venezia, avvicinò la fine del governo provvisorio borbonico. Tn aprile una flottiglia napoletana di I 2 unità (una fregata, tre corvette, due brigantini e sei galeotte) fu inviata al blocco di Genova, sotto gli ordini dell'ammiraglio Keith, subentrato a Nelson nel comando in capo del Mediterraneo. Ma la situazione finanziaria era talmente disastrosa che il 17 maggio - lo stesso giorno in cui il primo console iniziava il passaggio del Gran San Bernardo con l' Armée de Réserve - il ministro Zurlo propose di cedere i costosi Presidi di Toscana anche senza contropartite, con l'unico risultato di doversi sorbire una boriosa lezioncina di Acton sullo storico "anLemurale" Jd Regno. Ma la Russia era lontana, l'Inghilterra ancora alle prese con Malta e l'Egitto, mentre l'Austria stava ormai per prendere Genova e con essa l'intera Italia_ La regina capì perciò che era ormai tempo di ricucire i rapporti con l'Austria, e il 6 giugno partì per Vienna. Due giorni prima gli austriaci erano entrati a Genova: dicci giorni dopo furono battuti a Marengo.

La situazione napoletana dopo Marengo (luglio-ottobre 1800) La notizia della sconfitta austriaca e dell'armistizio di Alessandria che lasciava libero Napoleone di marciare a Sud, suscitò il panico a Napoli. Il principe di Cassaro, succeduto a Ruffo nella luogotenenza generale del Regno, scrisse il 29 giugno al re che non ci si poteva fidare dell'esercito e che solo il popolo poteva "fare delle difese", ma al prezzo (sottinteso inaccettabile) di stragi e saccheggi, come era avvenuto nel '99. Naselli e Bourcard erano appena tornati a Napoli, a seguito del ripristino del governo pontificio, avvenuto il 23 giugno_ Il 3 luglio, proprio mentre Pio VII entrava a Roma, i due generali furono riuniti in consiglio di guerra da Cassaro e il 6 luglio fu ordinata la mobilitazione_ Il 7 si tenne un secondo consiglio di guerra allargato, per discutere il da


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farsi in caso di attacco francese. Bourcard e Damas proposero di marciare incontro al nemico, Logeror e Torrebruna di difendere la frontiera, dc (;ambs e Cassaro di chiudersi nelle piazze, Thurn di ritirarsi a Procida sotto la protezione della flotta inglese, facendovi venire il re da Palermo per testimoniare la volontà di resistenza, Sassonia di trattare Ja pace. T pareri, messi per iscritto, furono portati a Palermo da Sassonia, cui toccò far le spese della prevedibile ira di Ferdinando: offeso dai suoi insulti, il giovane principe rassegnò le dimissioni. Il 12 luglio il re ribadì la sua fiducia nell'esercito e decretò la creazione della milizia urbana e provinciale, il 27 fece comunicare daActon a Cassaro la "sovrana indignazione" contro i generali che avevano osato diffidare delle Reali Truppe e promosso "discorsi per misure di pace" e il l agosto, in premio per i loro pareri risoluti, nominò Bourcard ispettore <lei granatieri reali e Damas comandante della Divisione avanzata, che il papa accettò di mantenere provvisoriamente a Roma. O

Rientrata la flottiglia da Genova, due fregate borboniche si erano intanto unite al blocco inglese di Malta. Ma in agosto l'anglofilo Circello scrisse che non si potéva più far conto sull'Inghilterra e consigliò di puntare sulla Russia - ormai uscita dalla Coalizione - come mediatrice e garante verso la Francia. Senacapr-iola ottenne da Paolo I che i granatieri russi restassero a Napoli fino alla pace e il principe di Belmonte fu inviato a San Pietroburgo a dargli manforte. Gallo, ora plenipotenziario a Vienna, chiese ai primi di settembre un formale rinnovo deH'alleanza dd 18 luglio 1798 o almeno una franca intesa sulla questione italiana, ma l'Austria non intendeva fare concessioni e la presenza della regina Maria Carolina a Vienna peggiorava le cose. TI 5 settembre La Valletta capitolò e il generale Pigot fece issare sulla piazzaforte solamente la bandiera britannica, violando la convenzione tripartita di San Pietroburgo del 1798 e ignorando con insolenza il concorso delle forze napoletane. TI ministro a Palermo, Arthur Paget, protestò invano col generale e con Lord Kcith, il quale gli rispose di non conoscere la situazione e di essere felice che le questioni maltesi fossero di competenza esclusiva dell'esercito. A ricucire i rapporti con Londra provò il principe di Castelcicala, cac,ciato dalla gelosia di Acton e arrivato a fine settembre a perorare l' ammis-

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sione alla conferenza di pace di Lunéville, ma l'Inghilterra, che aveva bisogno dell'Austria, le concesse di escludere tutte le potenze minori.

La convenzione segreta con Vienna (novembre-dicembre 1800) Il plenipotenziario austriaco, conte CobemJ, arrivò a Lunéville ai primi di ottobre, ma il negoziato partl subito male e il 2 novembre il conte Panin assicurò Serracapriola e Belmonte che l'inregrità del Regno di Napoli era condizione inderogabile della pace. Il 27 anche l'Austria promise solennemente a Gallo la piena reintegrazione di tutti i territori borbonici, a condizione di tollerare la modifica del vecchio equilibrio italiano e di disinteressarsi di ogni ingrandimento austriaco in Italia. TI 30 novembre, disdetta la tregua, Francia e Austria ripresero le ostilità e il 3 dicembre l'esercito austriaco in Baviera fu battuto a Hohenlinden. hattanto lo zar, sdegnato dal rapporto ricevuto ai primi di novembre sulla resa di Malta, aveva deciso la neutralità armata e decretato l'embargo contro l'Inghilterra, avviando progetti per una spedizione congiunta di 70.000 franco-russi in India e con autografo del 21 dicembre garantì a ferdinando il suo appoggio presso Bonaparte, che a sua volta sembrava propenso ad ammettere una rappresentanza napoletana alla conferenza di pace. Gallo aveva tuttavia proseguito la sua missione viennese con lo stesso zelo dimostrato l'anno prima a San Pietroburgo e proprio il 22 dicembre stipulò una convenzione segreta che garantiva a Napoli la conservazione dei suoi territori in cambio dell'appoggio alle mire austriache sulle Legazioni. La convenzione fu ratificata dallo stesso Gallo il 26, il giorno dopo l' arrn istizio di Steyr tra i due eserciti del Danubio e l'inizio ddl' offensiva austriaca sul Mincio destinata a coprire la ritirata strategica sull'Adige e poi sul Brenta e sul Piave.

L'avanzata in 'Jòscana (30 novernbreJB00-11 gennaio 180/) Distratto dai giri di valzer della diplomazia e dal dissesto delle finanze, il governo napoletano aveva sprecato l'intera estate senza mettere a punto un piano d'impiego dei suoi 24.000 uomini e a fine luglio aveva anzi dis


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detto perfino le modeste misure prese a caldo dopo Marengo. In settembre, messo in soffìtta il mastodontico e macchinoso progetto ddla milizia provinciale, cercò di rimettere in piedi i corpi volanti e di imbastire un cordone alla frontiera, senza però includere nel piano la Divisione Damas (10 battaglioni, 13 squadroni e 22 pezzi a Roma e 6 battaglioni ad Orbetello e Longone), lasciata sen:,,a istruzioni se non quella, vaghissima, di concertare le mosse con le truppe toscane e con quelle austriache in Romagna e sul Mincio. Poche ore prima della ripresa delle ostilità, il comandante austriaco in I calia, Bellegarde, aveva scritto ai generali alleati di Perugia e Roma, Spannocchi e Damas, di portarsi su Arezzo e Viterbo e poi, qualora non avessero avuto notizia di sconfitte austriache, muovere su Firenze e Siena per poi raggiungere la linea dell'Arno, scendere su Modena e collegarsi con l'ala sinistra austriaca operante sulla destra del Po. Damas ricevette la lettera di Bellegarde soltanto il 20 dicembre. Privo di ordini, ignaro della situazione generale e delle posizioni francesi, costretto dalle sue S<tesse rodomontate a recitare la parte del cavaliere senza macchia e senza paura, l'inetto generale prese allora l'iniziativa di concentrare 10.000 uomini a Viterbo e Montefiascone, lasciandone 2.000 a Roma e inviando 300 cavJieri nelle Marche per collegarsi con gli austriaci, che credeva ancora ad Ancona. TI 26, d a Viterbo, scriveva a Cassaro che si sarebbe regolato "con saviezza e circospezione", ben conoscendo "il procedere degli austriaci, i quali talvolta non agiscono con troppa lealtà e buona fede"; e intanto spinse gli avamposti ad Acquapendente. Poco dopo D a mas ricevette una seconda lettera di Bellegarde che gli comunicava la propria ritirata oltre il Tagliamento. Non avendo inoltre ricevuto notizie di Sommariva, e avvisato che i francesi sembravano puntare su Arezzo e Perugia, il 3 gennaio 1801 Damas comunicò a Cassaro la propria intenzione di rientrare a Roma. Ma appena spedita la missiva, voci di un successo austriaco sul Mincio (il calcio d'asino prima della ritirata) e la notizia ch e Spannocchi era quasi alle porte di Firenze lo indussero sciaguratamente a mutare consiglio e il 5 gennaio varcò il confine. Cavanguardia era già in Toscana quando Damas ricevette una terza lettera di Bellegarde con l'ordine tassativo di non muoversi. Ma nell'animo di Damas, unico generale "invitto" della Grande Armata del 17'.)8, preval-

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se l'ambizione di poter tornare a Napoli con l'alloro di una facile vittoria: e, scambiando il desiderio per la realtà, volle convincersi che la lettera del comandante austriaco fosse anteriore alle supposte vittorie e dunque superata da nuovi e fausti eventi. Così, lasciati parco e riserva d'artiglieria ad Acquapendente, avanzò al bivio di San Quirico, dove divise le forze in quattro aliquote: •

colonna di destrd ad Arez.zo (1.000): brigadiere Tschudy con 1 battaglione (Real Albania), 1 squadrone (Principe) e 2 cannoni, per collegarsi con Spannocchi;

retroguardia difànteria a San Quirico (3.200): brigadiere Minichini con 3 battaglioni (R. fcrdinando, Carolina I, granatieri) e 6 cannoni;

retroguardia di cavalleria a Radicofimi (l.200); brigadiere Acton, con 8 squadroni (2 Re, 2 Regina, 1 Valdimazzara); dvanguardia tt Siena (4.000): Damas, col capo di stato maggiore Vinti mille, il brigadiere Leporano, 4 battaglioni (1 Sanniti, 2 Montefusco, 1 Alemagna), 4 squadroni (1 Principe, 1 Yaklinoto, 2 Dragoni Leggeri), 8 cannoni di battaglione e 1 batteria leggera (4 pez,.i da dodici e 2 obici).

T1 mattino del 7 gennaio l'avanguardia napoletana era già sotto Siena. Il piccolo presidio cisalpino si ritirò dopo un simulacro di resistenza e i 30 di Fensori del castello si arresero il 1O con l'onore delle armi. L 11, mentre presenziava in duomo al '.lé Deum, Damas ricevette una quarta lettera di Bellegarde, con la notizia dell'armistizio di Steyr e la raccomandazione di non avventurarsi in Toscana prima di aver avuto la certezza che gli austriaci si mantenessero sull' Adige. Resosi conto dell 'azzardo compiuto, Damas cominciò a mettere le mani avanti., scrivendo a Cassaro di essersi sostanzialmente attenuto alle disposizioni di Bellegarde, "fuorché" per una modesta avanzata su Siena e Arezzo. Ma c'era poco da minimizzare. In realtà D amas aveva ormai trascinato il suo governo nella generale ripresa delle ostilità, avendo aperto il fuoco contro un reparto francese e dislocato l' intera divisione in territorio toscano.

La sconfitta di Siena (14 gennaio 1801) Neanche il comandante francese in Toscana, Miollis, ancora attestato ad Empoli con 4.500 franco-cisalpini, aveva avuto notizia dell'armistizio e n eppure informazioni precise sulla situazione militare. Ma quello stesso


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11 gennaio risolse di sfruttare la superiore celerità delle proprie forze attaccando separatamente le due colonne napoletane di Arezzo e Siena prima che potessero congiungersi_ La notte del 13-14 gennaio, i generali cisalpini Pino, Trivulzio e Palombini marciarono da San Casciano contro l'avamposto di Poggibonsi, nel frattempo aggirato a destra, per Castellina, dalla "brigata italica" di Pignatelli_ Sloggiata la guardia avanzata dal castello di Monteriggioni, il mattino del 14 l'avanguardia italica attaccò l'avamposto, tenuto dal colonnello Vito Nunziante con 300 granatieri del suo reggimento (Montefusco), 300 dragoni leggeri (maggiore Cicconi) e 2 cannoni da quattro_ Il capitano Ginevra, un fuoriuscito napoletano che si era già distinto alla difesa di Pescara (1799) per le sue sortite in formazione di tiragliatori, impiegò questa tattica efficace anche a Poggibonsi, con 1. 00 esuli repubblicani e 350 volontari toscani_ Malgrado il valore di due sergenti toscani, l'assalto fu facilmente respin to; tuttavia, visto arrivare Palombini col resto dell'avanguardia, Damas ordinò la ritirata_ Protetti da una carica d egli squadroni Principe e Valdinoto accorsi da Siena, i dragoni leggeri e metà dei granatieri napoletani ripiegarono in modo ordinato, dando il tempo di chiudere le porte della città_ Peraltro uno squadrone del 2° cacciatori e gli rzappatori cisalpini del caposquadrone Langlois riuscirono ad agganciare la compagnia di coda dei granatieri Montefusco, catturandola assieme al suo cannone. Sfondata a cannonate porta Camollia, la cavalleria cisalpina irruppe in città traversandola al galoppo fino a porta Romana, anch'essa aperta a cannonate, mentre gli ufficiali esuli occupavano il castello e i volontari toscani sfilavano dal lato occidentale delle mura cittadine. Damas aveva avuto tempo di schierarsi a 5 miglia da porta Romana, sull'altura della Coroncina, con la fanteria al centro su due linee, 300 dragoni e 150 granatieri a destra e 300 cavalieri a sinistra. Erano il triplo del n emico: 4.000 uomini e 14 pezzi contro 1.500 e 4, benché i cannoni e gli obici napoletani fossero troppo sparpagliati per poter concentrare il tiro. Pino volle comunque attaccare, impegnando la fanteria n emica con azioni di tiragliatori affidate ai toscani e travolgendo entrambe le deboli ali nemiche, la sinistra con 800 ussari e cacciatori e la d estra con 400 granatie-ri e l'artiglieria_ I 300 cavalieri napoletani furono soverchiari d agli 800 cisal-

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pini, ma il battaglione di sinistra (Sanniti) salvò la situazione con un contrattacco alla baionetta, sostenuto dagli Alemanni. Pino richiamò allora la cavalleria, in attesa del resto della sua divisione (arrivata solo a tarda sera). Anche i dragoni e i granatieri dell'ala destra avevano sostenuto e respinto l'assalto dei granatieri franco-cisalpini. Ma i 4 cannoni cisalpini, non effìcacemence controbattuti dalla batteria napoletana, avevano preso d'infilata i battaglioni di destra, fucilieri Montefosco, formati per un terzo di ex-sanfedisti campani e per il resto dalla schiuma reclutata a Roma. Mentre il nemico si ritirava, i focilieri ruppero i ranghi né, malgrado gli sforzi <ld colonuello Nunziante e degli ufficiali, fu possibile riordinarli. Dama.e; lo prese a pretesto per ordinare la ritirata generale a Viterbo, che non fu molestata dal nemico ed avvenne in perfetto ordine, senza perdere né uomini né materiale. Pino dichiarò di aver perduto appena 40 uomini c ncmralizzato 600 napoletani, per un terzo prigionieri. In realtà. i prigionieri furono al massimo 150, con morti e feriti non superiori ai cisalpini. Pino concesse ai suoi uomini il saccheggio di Siena, ma l'ordine fu annullato da Miollis, il quale si limitò ad imporre una contribuzione di 24.000 franchi.

Cli armistizi di Treviso e Foligno (14 gennaio - 6 jèbbraio 180 J) Da Buonconvento, poche ore dopo lo scontro, Damas scrisse a Cassaro di essere stato attaccato da forze superiori (invertì addirittura le cifre, attribuendosi solo 1.500 uomini contro 5.000 francesi!) e di aver dovuto cedere il comando al barone Acton a causa di un preteso "sbocco di sangue". Nd rapporto del 1 5 gennaio al direttore <li guerra Colajanni, esagerò lo sbandamento dei focilieri Montefusco per giustificare la richiesta di essere esonerato dal comando (vergognosa, in un momento simile). Intanto Bourcard si attestava con 3.000 regolari a ridosso del Tronto, sostenuto dal corpo volante di 2.000 uomini riunito a Colonnella da Sciabolone. 11 16 gennaio Rellegarde firmò a Treviso l'armistizio relativo al fronte italiano. LAustria consegnò Verona, Peschiera, Legnago, Perrara e An cona, evacuando le Marche e tutto il territorio ad Ovest del Tagliamento, e i francesi occuparono la linea della Livenza prolungata fino a Lienz. Di conseguenza Sommariva cessava le ostilità ritirandosi ad Ancona con


POLITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE (1800 - 1806)

Spannocchi e proseguendo poi via mare per Venezia. Il 26 gennaio i cisalpini rientravano a Ravenna e il 28 i francesi tornavano ad Ancona. Malgrado le istruzioni di Vienna, Bellegarde non poté ottenere dal generale Brune l'inclusione dei napoletani nell'armistizio: l'Austria si scusò poi per la violazione della convenzione segreta sostenendo lo stato di necessità. eincarico di neutralizzare le forze napoletane fu attribuito al Corps d'armée d'observation comandato da Murat, ormai cognato del primo console. Il 21 gennaio Damas ricevette a Viterbo, da un parlamentare di Murat, l'offerta di armistizio. Si precipitò subito a Napoli, dove da pochi giorni Cassaro era stato sostituito dal principe ereditario e da Acton. Dichiarandosi privi di istruzioni, costoro se ne lavarono le mani respingendo le dimissioni di Damas e rimandandolo a Viterbo. Da qui, il 25, Damas accettò l'armistizio proponendo la linea del Nera. Ma nel frattemro a Napoli ci avevano ripensato e, nell'illusione di ottenere condizioni migliori, mandarono un diplomatico a Foligno a trattare direttamente con Murat. Arrivato il 6 febbraio, il 18 Antonio Michcroux firmò l'armistizio, che imponeva a Napoli il ritiro dallo stato romano e la chiusura dei porti agli inglesi, consentendo ai francesi di avanzare sulla linea del Nera, incluse Orte e Terni. La sovranità pontificia non era in discussione e Murat l'aveva già chiarito recandosi a Roma per porgere il suo ossequio a Pio VII. Il generoso Paget, che si sentiva ancora in colpa per l'insulto di Malta, dette a fine febbraio il consenso inglese alla chiusura dei porti, riconoscendo a Napoli lo stato di necessità.

Le paci di Lunéville e di Firenze (9 fèbbraio - 26 marzo 1801) Alla miope visione napoletana sfuggiva il disegno strategico nel quale Bonaparte intendeva inserire la pace separata co n Ferdinando. Lanno prima K.léber aveva sconfitto i mamelucchi ad Heliopolis e Menou teneva ancora l'Egitto, il cui possesso era la condizione per i grandiosi progetti di azione comune proposti alla Francia da Paolo I. Siena era un ottimo pretesto per rimuovere gli scrupoli del pio zar verso un alleato ad uso alla doppiezza, che sfruttava la garanzia russa per coltivare una politica aggressiva. Il 7 gennaio, mentre Damas entrava a Siena, la squadra di Brest (Gantheaume) era salpata con a bordo 5.000 soldati (Sahuguet) per inter. cettare la spedizione inglese (Lord Keith e generale Abercromby) direua in

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Egitto. Il 9 febbraio Bonaparte aveva firmato a Lunéville la pace con l'Austria e già il 14 aveva dato disposizioni per l'occupazione di Taranto come base avanzata della squadra di Brest e pun to d'imbarco di altri 8.000 rinforzi per l'Egitto. Intanto 22.000 cosacchi con 44.000 cavalli marciavano verso l'Asia Centrale e una squadra russa con le insegne dell'Ordine di Mal ta attendeva nel Mar Nero. (TI fallico tentativo inglese di impadronirsi della flotta spagnola di Cadicc e l'articolo V della pace di Lunéville, con la rinuncia di Ferdinando III al granducato di 'foscana a favore dell'infante di Parma, rinsaldavano l'asse franco-ispano. Col disastroso trattato di Aranjuez del 2 1 marzo, la Spagna cedette alla Francia la Louisiana e le consentì di installarsi a Parma e all'Elba, ottenendo in cambio di assicurare il rango regale ad un ramo collaterale dei Borboni. Infatti in cambio della rinuncia a Parma del duca Ferdinando, suo figlio Ludovico fu riconosciuto re d'Etruria, avendo come territorio l'ex-granducato meno Portoferraio, ceduto alla francia in cambio della nominale sovranità sul principato di Piombino, tolta a ferdinando). Sia i termini che i tempi della pace con Napoli non erano dettati dalla diplomazia né dalla geopolitica, ma dalla strategia. TI negoziato di Firenze tra Murar e Micheroux divenne meno urgente a causa del ritardo di Gantheaume, ch e il 19 fi.'.bbraio era arriv:no a Tolone senz'aver ancora sbarcato Sahuguet in Egitto. Alla squadra di Brest occorse poi un mese per p oter riprendere il mare: salpò il 19 marzo con 7 vascelli e 3 fregate, ma poco dopo la partenza una tempesta la costrinse a tornare a Tolone. Intanto Soult re.stava a Terni coi 13.000 uomini necessari per m ettere Taranto in stato di difesa e rinforzare l'Egitto. Per piegare le esitazioni di Micheroux di fronte al diktat comunicato da Talleyrand, Murar dovette dare l'ultimatum per il 22 marzo. 11 pavido governo napoletano non trovò di meglio che aggrapparsi al ministro russo, accorso a Firenze a strappare una proroga di sei giorni. Seguì una pantomima tra l talinsky e il collega francese Alquier, ch e il 25 lo segul a Firenze per trattare al posto di Murat . Lavorato con la tattica dello sbirro cattivo e dello sbirro buono, il povero e malaticcio Micheroux fìrmò il 26 e suhiro Murat trasmise le istruzioni a Soult. Il diktat prevedeva la cessione dei Presidi (poi annessi al Regno d'Etruria) e di Longone (annesso alla Francia assieme al resto dell'Elba), la


POLITICA DI SICUREZZA E CONQUISIA FRANCESE ( 1800 • 1806)

rinunzia alla sovranità su Piombino (poi trasferita ad Elisa Bonaparte), l'amnistia e la restituzione dei beni agli esuli (belletto democratico a spauracchio dei parrucconi), la chiusura dei porti agli inglesi e agli ottomani e l'apertura alla hancia e alle potenze del Nord riunite dalla Russia nella lega di neutralità armata e infine l'imbarco a Otranto e Brindisi <li 810.000 rinforzi per l'Egitto. Le clausole segrete prevedevano in realtà l'occupazione per un anno di Pescara, Otranto, Brindisi e Taranto da parte di una forza di 11-13.000 uomini a totale carico dell'erario napoletano (per soldo, vitto e alloggio), con la consegna dei forti, delle artiglierie e di tre fregate.

!(fiasco del piano strategico francese (7 marzo - 22 Luglio 180 I)

Per ironia della sorte, la pace di Firenze fu Armata quando il piano strategico su cui si fondava era già naufragalo. Sbarcato il 7 marzo, Abercromhy batté i francesi 1'8 ad Abukir, il 13 al lago Mareotis e il 21 ad Alessandria, pagando la vittoria al prezzo della vita. Il 25 Alquier dichiarò a Firenze che c'era piena intesa tra il primo console e lo zar. Era vero: ma la notte precedente Paolo T era stato soffocato in una congiura di palazzo, sfruttata se non pilotata d ì ll'anglofilo conte Panin. Il 28, mentre d a Terni partivano in avanscoperta cinque ufficiali <li stato maggiore a preparare la marcia di Soulc, il nuovo zar Alessandro richiamò la spedizione cosacca e rifiutò di assumere fra i suoi titoli quello di gran maestro dell'Ordine di Malta. Restava, è vero, un'ultima possibilità di ribaltare la situazione in Egitto, se a Taranto fosse arrivata in tempo la squadra di Brest. Partita il 2 aprile da Terni, I'Armée d 'observation du M idi d 'ltalie arrivò a Taranto il 23, accompagnata <lai p ressanti solleciti del p rimo console. M a c; ancheaume salpò da Tolone solo il 2 7, strada facendo distaccò 3 vascelli e 1 fregata a sostenere l'assedio di Portoferraio e solo il 2 5 maggio passò lo stretto di Messina, ridotto a 4 vascelli, 1 fregata, 1 corvetta e 4 navi logistiche. Arrivato al largo d i Brind isi il 5 giugno e inviata la corvetta in ricognizione al po rto di Alessandria, Gantheaume tentò di sbarca re le truppe a Bengasi, ma ne fu dissuaso dall'atteggiamento bellicoso degli indigeni e, do po uno scontro con gli inglesi a Capo Derna (24 giugno) e la notizia della resa del Cairo (27 giugno) , volse la prora e il 22 luglio rientrò a Tolone.

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C. Taranto e Messina (1801-03) L'occupazione francese di Pescara, Brindisi, Otranto e Taranto

Per qualche settimana Micheroux fece da capro espiatorio delle recriminazioni napoletane. Conosciuto il trattato, Gallo scrisse che non era una pace, ma "uno stato di guerra più pericoloso di quello di prima". Dopo aver trascorso una notte "in continue convulsioni", il re scrisse al nuovo zar ringraziandolo del sostegno dato dalla Russia e chiedendogli di appoggiare la richiesta del ritorno di Malta sotto la sovranità, e possibilmente nel possesso, della corona siciliana e di un compenso per la perdita dei Presidi. Il governo borbonico fece dunque buon viso a cattiva sorte e nelle prime settimane la sua preoccupazione maggiore fu il timore di una cattiva accoglienza della forza d'occupazione francese da parte della popolazione e di provocazioni <la parte dei realisti. Con circolare del 29 aprile, il governo avvisò le autorità militari, civili cd ecclesiastiche che i comandanti francesi avevano "premurosi ordini per rigettare qualunque insidiosa offerta dei perturbatori della pubblica quiete e sostenere vivamente le operazioni del governo". Malgrado le voci di sbarchi inglesi ed i propositi di "vespri siciliani", la protesta delle unioni realiste di Napoli si limitò a scritte e pasquinate, anche se il 30 maggio, per precauzione, la truppa fu consegnata nelle caserme e nuovi timori si ebbero il 4 giugno per la festa del Corpus Domini. TI 29 maggio il duca d'Ascoli fo nominato vicario generale delle province di Matera, Lucera, Lecce e Trani e il 7 giugno si insediò a Foggia con una forza di sicurezza interna (400 cacciatori albanesi, 200 fanti e 300 cavalieri) per frenare il brigantaggio. Ascoli instaurò rapporti cordiali con Soult e riconobbe che il comportamento dei francesi era generalmente buono, osservando che erano "intimoriti dai nostri popoli", per il ricordo del '99.

I francesi a Taranto (23 aprile 1801 - 25 maggio 1802) Per far posto ai francesi, i detenuti nel castello di Taranto erano stati trasferiti a Lecce o Altamura, ma a Taranto arrivarono ben 8.000 uomini e fu necessario accamparli in gran parre fuori cinà. Furono tuttavia re1.1uisiLi


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sette conventi, di cui tre foori città sulla strada di Lecce, per il quartier generale, il padiglione ufficiali, l'ospedale militare, un deposito d'artiglieria con arsenale e tre caserme. A carico dell'erario napoletano erano non solo il vitto e l'alloggio, ma anche il soldo delle truppe, arrivate con due mesi di paga arretrata, per un onere mensile di 425.000 franchi (= 106.250 ducati), inclusi i soprassoldi dovuti a Sotùt (8.000), al divisionario Mathieu (5.000), ai brigadieri (1.000) e ai capi di stato maggiore (500). Lartiglieria era comandata da Wandre e uno dei tre brigadieri era François Carra Saint Cyr, famoso collezionista di reperti archeologici e opere d'arte. Laspetto lacero e smunto dei soldati mosse a compassione i caritatevoli abitanti, finché i militari, all'inizio tenuti a freno dai racconti dei veterani su quello che era successo da quelle parti due anni prima, non presero coraggio, mutando l'umile questua in proterva estorsione. Il cronico ritardo dei pagamenti napoletani rese inevitabili le requisizioni: ma queste deprimevano la campagna e ingrassavano la città, e siccome a scrivere le cronache locali erano i borghesi, il lettore ne ricava un ritratto abbastanza in rosa. Neri erano i preti, per la requisizione di 7 dei 17 conventi tarantini, ma l'arcivescovo Capecelatro meritò il plauso di Soult reprimendo le temute prediche incendiarie. Qualche disordine e incidente coi civili vi fu in effetti solo a Barletta e r-n altre località. Luigi Blanch osservò in seguito che le Puglie, diversamente dal 1799, rimasero tranquille nel 1806, spiegando il diverso comportamento con la graduale assuefazione all'occupazione "morbida" avvenuta nel 1801-05.

!,a Gibilterra d 'Oriente All'Armata era stato aggregato il generale d'artiglieria Charles François Dulauloy con sci ufficiali dell'arma e sei del genio per progettare e dirigere i lavori di fortificazione. A Taranto arrivarono inoltre come consulenti il generale del genio François Chasseloup-Laubat e l'ammiraglio Pietre Charles Villeneuve. La rada entusiasmò Villeneuve: poteva ospitare non sei vascelli, come pensava Napoleone, ma quaranta: "il n' cxiste pas dans la Méditerranée une rade plus belle, plus sùre et plus avantageuse". Di lì, al riparo dalla flotta inglese e senza bisogno di ulteriori soste per rifornirsi di acqua, biscotto e munizioni da guerra, la squadra di Tolone poteva final_mente scattare per la "proiezione di forza" nelle Ionie, in Marea, nei

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Dardanelli, in Egitto, su Malta. La rada, però, da sola non bastava: per mettere al sicuro la squadra occorreva trasformare Taranto in "une sort de Gibilterre", come scriveva Bonaparte l'l I maggio. Secondo le istruzioni del primo console (a Berthier, 5 aprile), Taranto doveva poter essere <lifèsa sia da mare che da terra. Per economizzare tempi e mezzi, si decise di costruire batterie in grado di svolgere encramhe le funzioni semplicemente girando i pezzi. Per questo furono costruite "in barbetta" (cioè all'aperto, protette solo da un basso terrapieno murato) e armate con pezzi da campagua o navali su affusti mobili, serviti da 1.800 cannonieri di marina che arrivarono da Tolone durante l'estate. Dieci batterie furono situate lungo la costa a semicerchio del Mar Grande e sull'isolotto centrale di San Paolo. Qui ne furono erette tre: una di mortai, una di cannoni e una grossa torre a ferro di cavallo con cannoniere casamattate (detta poi Port Lados). Altre due batterie sorsero alle due estremi tà della rada, a Capo San Vito (fr>rtino di sei cannoni) e all'isolotto di San Nicolicchio. La linea esterna batteva il Golfo e i paraggi, e l'opera di San Nicolicchio anche il passo della Rondinella e l'ancoraggio del porto commerciale, dove la Dogana Regia fu trasformata in deposito di armi. Voltando i pezzi, le opere esterne potevano però anche battere la rada, incrociando il tiro con altre cinque batterie (ognuna di sci/nove pez:,.i) situate, una ogni 500 metri, sulla spiaggia di levante appena fuo ri città (Fosso, Castel Saraceno, Chiancolla, D 'Ayala e Montegranaro, le ultime due dirimpetto agli isolotti centrali) e con le b atterie della Cittadella e dei bastioni cittadini Episcopio, Marina e della Bandiera. La fortificazione costò 38.665 ducati (I 1.680 per l'isolotto di San Paolo, 18.740 per le sette batterie costiere e 8 .245 per l'arsenale del Carmine), ossia 1 54.660 franchi. Parigi ne stanziò 72.000 (due terzi per lavori del genio e un terzo per lavori d'artiglieria) e l'erario napoletano fu caricato di un ulteriore assegno mensile di 25.000. Le batterie furono armate con 100 cannoni e 14 mortai. Napoli ne aveva promessi 62 e 12, trasfèriti via mare da Messina, e altri 40 si pensava di sbarcarli dalla prima delle tre fregate consegnate. In realtà fu necessario far arrivare 36 cannoni (di cui metà da 24) e 6 mortai da Genova e 24 e 6 da Ancona. (Ndl' aprile 1806 quasi metà dei pezzi, 48, fu trasferita via mare a Cotrone per costituire il parco d'assedio da impiegare contro Messina e il 30 luglio, con la resa della cittadella, furono presi dagli inglesi) .


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TI primo ritiro dalla Puglia (20 ottobre 1801 - 27giugno 1802) La convenzione marittima di Revel del 17 giugno, imposta da Nelson allo zar dopo la distruzione della flotta danese, iniziò il disgelo anglorusso, seguito in luglio dal ritiro delle truppe russe da Corfù e in settembre dalla cooperazione di due piccole forze navali per mettere fìne alla secessione Alo-bri tannica di Zante e riportare l'ordine nelle Ionie. Conclusa la campagna egiziana col rientro di Gantheaume a Tolone e la resa di Alessandria (2 settembre), anche in francia ripresero a spirare venti di pace. Col trattato di amicizia franco-russo dell'8 ottobre, la Russia riconobbe la pace di Pirenze con Napoli e la Francia si impegnò a rispettarne le clausole, e con la convenzione segreta del 1O ottobre le due potenze concordarono il ritiro delle rispettive forze dall'Italia e la garanzia all'indipendenza delle Ionie, col nome di Repubblica Septi nsulare. La risoluzione pacifica della qu~stione corfìota sembrò un modello anche per quella maltese, vero pomo della discordia, e l'Inghilterra chiese la garanzia dello zar e una forza di pace russa, offrendo di concorrere per m età della spesa. T.a distensione riguardò anche Napoli: i governi pontificio e francese avvertirono quello borbonico che i capimassa di frontiera (in particolare Sciabolane, Pronio e MaIIJ-monc) cospiravano con gli esuli napoletani: la minaccia fu sventata rafforzando la vigilanza alle frontiere e con l'arresto di Mammone. A sua volta, il re ordinò al ministro della marina di non lasciar scendere a terra i soldati inglesi in transito nei porri siciliani , mentre Bonapa rte lo ringraziò per il soccorso prestato in dicembre a Siracusa a 21 O naufraghi francesi. Con la perdita dell'Egitto venne meno lo scopo d ell'occupazione di Taranto. Già il 20 ottobre, in previsio ne del ritiro, M urat scrisse a Soult di sospendere i lavori di fortificazione e Villeneuve iniziò lo sgombero dei materiali di marina. Sorsero però nuove complicazioni per Malta a seguito del rifoito del gran balì Ruspoli di assumere il governo d ell'arcipelago e d el fallimento di altre ipotesi alternative, e Bonapart e sospese l' evacuazione di Taranto, per valersene come pegno negoziale, mettendola sulla stessa bilancia d el ritiro inglese da Malta. Il re e Acton decisero aJlora di dare la legazione di Parigi a Gallo, con l'incarico d i pret endere il ritiro francese. Le istruzioni dategli il 15 dicembre dicevano che "la dimora delle trup.pe francesi 110 11 (era stata) esatta che per le mire che il governo francese

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aveva sull'Egitto e sulle province dell'Impero Ottomano". Ora che se ne erano impadroniti gli inglesi e i turchi, sarebbe stata somma "ingiustizia"se l'occupazione si fosse protratta ancora. Arrivato a Parigi il 14 febbraio e accreditato solo il 7 marzo, Gallo ebbe modo di preoccuparsi pit1 per l'aggettivo "italiana" assunto dalla Repubblica proclamata ai Comizi di Lione sotto la presidenza di Bonaparte che per il ritiro dalla Puglia. Il 12 marzo Napoleone ribadiva al fratello Giuseppe di non voler evacuare Taranto "avant que les anglais évacuent Malte", ma il ritiro bilanciato dalla Puglia e da Malta fu sancito dalla pace fìnnara ad Amiens il 27 marzo e il 4 aprile Gallo poté scrivere al suo governo che sarebbe cominciato subito, senza attendere il termine di tre mesi previsto dal trattato. Bonaparte gli aveva detto che da Napoli voleva solo la neutralità, non essendo suo "interesse" averla contro di se, "né di averla per (se) e doverla difendere". La restituzione dei Presidi e la rettifica delle frontiere erano fuori questione, ma il primo console garantiva che non avrebbe appoggiato tentativi di destabilizzazione da parte dei fìwriusciti. Recependo la condizione posta dalla Russia per accettare la garanzia sul ritiro inglese da Malta e il suo ritorno sotto il governo dei Cavalieri, l'art. 12 del trattato di Amiens prevedeva inoltre l'invio nell'arcipelago di un contingente napoletano di pace di 2.000 uomini, che dovevano restarvi per un anno, finché le forze locali non fossero state in grado di assicurare il mantenimento dell'ordine pubblico e della neutralità. Bonaparte fu di parola. Dopo aver preavvisato Acton che i francesi I • .. ' et<.ie con f'1ance" , 1."] avreo1 11ero .asciato a 'I' ,._aranto, " com me marque d' am1t1e materiale da guerra, incluse le artiglierie trasferite da Genova e Ancona, Murat partì subito per Napoli per concordare lo sgombero della Puglia. Il materiale fu preso in consegna dai napoletani 1'8 maggio e le fregate furono restituite. In compenso, su richiesta di Bonaparte, re Ferdinando riconobbe la Repubblica "italianà', accreditando Gallo presso il ministro degli esteri italiano, residente a Parigi. Soult lasciò Taranto il 25, con la notizia di essere stato nominato generale della guardia consolare. Partiti anche i granatieri russi della guardia reale, il 27 giugno re Ferdinando fèce solenne e acclamato ritorno a Napoli, dove, a metà agosto, tornò da Vienna anche la regina.


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La rottum del!.a pace di Amiens (29 maggio 1802-15 aprile 1803) Ai diplomatici napoletani non sfoggiva tuttavia la precarietà della pace. Castelcicala avvertiva da Londra che la city ne era scontenta. Gallo scriveva che "tutto fa(ceva) credere che la pace non (era) finora che in carta e che difficilmente sar(ebbc stata) durevole" (29 maggio) e "intorno a Malta (vnkva) benissimo che tutto quello che si (era) disposto ad Amiens non (poteva) aver luogo" (15 luglio). A sua volta, Alguier metteva in guardia Parigi contro Acton, il quale, secondo lui, "non (era) che un membro del gabinetto britannico" (il 31 dicembre Gallo scrisse che Alquier seminava zizzania, ma che Bonaparte intendeva richiamarlo). Ai primi di settembre partì per Malta, scortato dal vascello inglese Madras, il contingente napoletano di 2.200 uomini (Reggimento Abbru·1:1.i, battaglione cacciatori Appuli, artiglieri) comandato dal colonnello brigadiere Mirabdli. In ottobre, in occasione delle duplici nozze ispano-napoletane (del duca di Calabria con l'Infanta Isabella e del principe delle Asturie con la principessa Maria Antonietta), l'intera squadra napoletana (2 vascelli e 3 fregate) free una breve crociera a Barcellona. Sollevate dall'onere dei francesi, le stesse finanze napoletane cominciarono a riprendersi, grazie agli efficaci provvedimenti del ministro Zurlo. i'

In dicembre la Russia tornò sulla necessità di chiarire l'articolo 10 del trattato, preved endo la n eutralità perpetua di Malta e il ripristino del governo dell'Ordine sotto l'alta sovranità, e possibilmente il possesso, del re di Sicilia. Ma la question e evolveva fatalmente verso la guerra, che già ai primi di marzo - quando Zurlo fu destituito e arrestato per aver attinto segretamente liquidità dai depositi bancari p rivati - appariva inevitabile. 11 cardinal Consalvi (a Parigi per il concordato) scriveva infatti che alla rottura della pace, ritenuta o rmai imminente, i francesi avrebbero rioccupato la Puglia, per dividere le forze inglesi e dissuadere i russi. Le istruzioni spedite a Gallo il 30 marzo e il 15 aprile 1803 erano di mantenere la neutralità n apoletana, ma lo stesso 15 aprile Bonaparte ordinava al ministro della guerra italiano di riunire una divisione a faenza per formare, assieme ad una francese, il "corpo d'armata del Rubicone e del Mezzogiorno d'Italia".

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La rioccupazione della Puglia ( 1R rnagg,io - 15 giugno 1803) 1118 maggio, giorno della dichiarazione di guerra inglese, Nelson alzò a Spithead, sulla Victory, l'insegna di comandante in capo nel Mediterraneo, con istruzioni di imbarcare truppe a Malta e occupare Messina con o senza il consenso del re Ferdinando, per impedire ai francesi di occupare la Sicilia e interrompere i rifornimen t i di grano per Malta. Sulla Victory s'imbarcò anche il nuovo ministro inglese a Napoli, sir Gilbert Elliot, già viceré della Corsica. Il 22 Gallo fu informato da Talleyrand che la Francia avrebbe rioccupato la Puglia a carico dell'erario napoletano e scrisse costernato al suo governo di aver consegnato una nota di protesta e che l'unica buona notizia era l'assegnazione del comando al generale Laurent Gouvion Saint Cyr, "certamente il più proho e onesto di quanti altri avrebbero potuto essere impiegat i". TI 23 Bonaparte spedì a Murat, comandante in capo dell'Armée d'Ttalie, le istruzioni per Saint Cyr, che erano di ripristinare la base di Taranto sul vecchio progetto di Soulc.

A Napoli i venti di guerra erano arrivati ai primi di maggio con la notizia dell'armamento della flottiglia algerina, che si diceva fosse comandata dall'esule repubblicano Saint Caprais. TI 31 maggio, quando arrivò a Napoli la notizia che i francesi stavano per tornare in Puglia, il primo pensiero fu che Taranto rischiava di diventare la ba.~e dei corsari algerini. Saint Cyr partì da Ancona il 12 giugno, lasciando una forza di collegamento a Pescara. A Foggia fece impressione la sfilata della banda a cavallo dei dragoni francesi, tutti montati su cavalli hianchi, degli ussari cisalpini "elegantemente vestiti" e del comandante della divisione italiana, generale Giuseppe Lechi, "in carrona con battitori davanti all'uso reale". A Parigi Gallo faceva inta nto del suo meglio per tentare di far recedere Bonaparte dalla sua decisione, ricorrendo anche ai huoni uffici dei colleghi russo e spagnolo, m a il 13 giugno scrisse a Napoli che il primo console era irremovibile: poneva come condizione il ritiro inglese da Malta e sosteneva di non comprendere per qual motivo re Ferdinando si dolesse del ritorno dei francesi in Puglia, che implicitamente difendeva anche la sovranità napoletana su Malta, lesa d agli inglesi.

L'accordo segreto anglo-napoletano (giugno-settembre 1803) Il 15 giugno, m en tre Saint Cyr entrava a Taranto, Nelson arrivò alla


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Valletta e chiese al comandante inglese di dargli 2.000 uomini per occupare Messina. Villettes ne aveva 5.000, di cui 3.000 inglesi, e ne accordò soltan to 1.200. Scartata l'idea di un colpo di mano su Messina, Nelson puntò direttamente su Tolone e il 25 sbarcò Elliot a Capri, lasciando a lui il compito di ottenere il consenso della corre all'occupazione preventiva di Messina. Tre giorni prima, il 22 giugno, il giovane marchese Rodio, già comandante della prima spedizione sanfedista su Roma, era stato nominato vicario generale della Puglia. Ufficialmente aveva lo stesso incarico di assicurare "la tranquillità dei luoghi" già attribuito nel 1801 al duca d'Ascoli, ma allora il governo si preoccupava di reprimere il brigantaggio e di sorvegliare i realisti, mentre adesso diffidava dei francesi e dei loro simpatizzanti. Nel clima di rabbia, incertezza e paura che regnava alla corte <li Napoli, fu facile per Elliot ottenere il consenso all'occupazione di Messina. Nelson 1unavia preferì soprassedere, essendo convinto che l'obiettivo di Saint Cyr non fosse la Sicilia ma l'Egitto e si limitò a consiglia.re velatamente un ritorno del re a Palermo. Ai primi di luglio Ellio t ed Acton conclusero un accordo segreto che impegnava i napoletani a rimettere in piedi i forti e le cannoniere di Messina e gli inglesi ad occupare la piazza al primo accenno di minaccia contro la Sicilia o contro la capitale e a tenere un vascello nd Golfo di N apoli per trasportare la corte a Palermo. I mancati introiti doganali sulle merci destinate al mantenimento dell e truppe franco-i talia ne raddo ppiavano a un milione di franchi l'onere men sile gravante sull'esausto erario napo letano. Pressato da Gallo, Bonaparte si d ichiarò disp osto a rinunciare al con tributo per il soldo e il vitto se il governo napoletano avesse dato prove d i sincera amicizia e la situazione fosse tornata quella dell'anno prima, ma Saint Cyr gli spedì un inquiet ante b iglietto di Rodi o a.lla regina, intercettato d al servizio informativo francese, che lasciava supporre l'intenzione di provocare incidenti e scatenare un "vespro siciliano" contro i francesi ("niente da fare ~ e' era seri tto - non sono soldati, so no monaci"). Tuttavia, almen o nei confronti d ei militari borbonici, Saint Cyr po teva dormire sonni tranquilli. Il colonnello Roth , comanda n te dei granatieri reali, riferì preoccupatissimo al capo d ella polizia Ascoli che il 26 luglio, .da Lagonegro, Rodio gli aveva trasmesso notizie riservate sulle forze fran-

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cesi (forse nell'ingenua convinzione che un colonnello non trovasse pericoloso e disdicevole informarsi sul potenziale nemico). Latteggiamenro di Roth era quello comune della classe dirigente, il cui unico pensiero era di non far nulla che potesse provocare gli occupanti. Costretto a dover prendere atto del totale fallimento delle sue iniziative diplomatiche, il 23 luglio Gallo si sfogò in una lunga e patetica missiva alla sua corte ("i trattati, il diritto pubblico e le ragioni non servono più a nulla in questa epoca; e ... il diritto della forza e della convenienza è quello solo che regola le grandi potenze"). Non vedeva però altra alternativa che continuare a subire: scrisse infatti il 31 di augurarsi che gli inglesi non peggiorassero le cose con "un passo falso" in Sicilia. Gli armamenti di Messina suscitarono nondimeno le proteste di Alquier, dandogli il pretesto per intimare il disarmo e la chiusura dei porri agli inglesi. Sentendosi garantito da Nelson, per una volta il governo sembrò manrcnc1-c la schiena diritta e Acton respinse entrambe le richieste come contrarie alla neutralità. Ma il 30 luglio Castelcicala ammoniva di non farsi illusioni sugli inglesi, ai quali premeva solo la Sicilia in fimzione di Malta e non volevano farsi carico anche del Regno di Napoli ("il ministro degli esteri mi attese attentamente, ma poche e di niuna conclusione furono le risposte che ricevei"). Altrettanto sconfortanti le noti:,.ie di Serracapriola da San Pietroburgo: solo belle parole, ma nessun impegno perché la Russia non voleva la guerra. TI disimpegno russo rafforzò l'intesa tra Acton ed Elliot: con "riservatissima" del 7 agosto si comunicò a Gallo che si temevano sbarchi inglesi in Sicilia e l'occupazione francese della Calabria: in tal caso il re non si sarebbe mai adattato alle pretese di Bonaparte ch e l'avrebbero ridotto "all'esercizio di puro e odioso esattore di imposizioni per i francesi sopra i suoi popoli". Inoltre in settembre Elliot riguadagnò credibilità con la promessa di un sussidio per la difesa della Sicilia, mentre Acton si impegnò a trattenere a Messina, ad organico di guerra, il contingente di pace ritirato da Malta a seguito della ripresa delle ostilità.

L'Armata francese in Puglia e la presunta congiura di Lechi LÀrmée d'observation du Midi contava 11.978 uomini (9.759 fanti, I. 531 cavalieri e 688 artiglieri), inclusi 2.500 polacchi, 1.400 liguri (2 bat-


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taglioni) e 2.000 italiani (3 battaglioni, 2 squadroni e 6 pezzi). La divisione francese era comandata dal generale Jean Antoine Verdier e l'artiglieria da Danglemont, poi da Pierre Choderlos de Lados, il celebre autore delle /,iaisons dangéreuses, il quale proprio a Taranto morì di dissenteria, come molti altri francesi, all'ospedale dei Teresiani e fi.1 sepolto nel fortino inti1olato al suo nome sull'isolotto San Paolo, non avendo potuto esserlo in chiesa per aver rifiutato i conforti religiosi in punto di morte. La divisione italiana, inquadrata dai generali Lechi, Severoli e Ottavi, f-i.t inizialmente schierata a Bari, Barletta e Lecce, sede del quartier generale. Proprio agli italiani, politicamente pii1 turbolenti dei francesi, era destinato il proclama di Murat: "riverite la religione, le usanze, anche i pregiuclizi, se necessario, del popolo fra il quale sarete per vivere; pensate sempre che è degno di voi essere l'esempio dd mondo, però che non avete l'incarico di reformare codesto mondo". Saint Cyr temeva al contrario che gli italiani fraternizzassero troppo con la popolazione: per questo nel 1804 mandò a Taranto la 1a mezza brigata polacca (Grabinski), lasciando gli italiani (5a mezza brigata di linea e due squadroni del 1° ussari) a Lecce, dove Lechi capeggiava una loggia massonica frequentata esclusivamente <la militari italiani e francesi. ~

Tn settembre un ufficiale di collegamento napoletano (il capitano Carlo Marulli, del Reggimento Principessa) riferì che Lechi gli aveva parlato di una congiura <li democratici delusi per cacciare i francesi e riunire l'Italia sotto Ferdinando, unico sovrano italiano "di peso". Pur temendo un tranello e con mille cautele, la corte non lasciò cadere l'apertura di Lechi, che il 12 ottobre scrisse a Mdzi sollecitando un incontro per fargli importanti rivelazioni e il 27 incontrò l'emissario napoletano (il ministro della guerra, colonnello Colajanni). Nel colloquio si parlò vagamente di 60.000 uomini pronti ad insorgere in tutta Italia e Acton ne riferì subito ad Alquier. Anche Lechi riferl ad un francese, ma al suo parigrado e sodale Verdier, anziché al suo superiore Saint Cyr. Malgrado ciò Bonaparte no n prestò fede alla congiura, convinto che si trattasse di una macchinazione napoletana per seminare discordia tra itali an i e francesi e creare un diversivo tendente a coprire progetti di riarmo. A sua volta la corte sospettò una truffa di Marulli, che fu arrestato, trasmettendo poi a Parigi copia del suo .

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Jntcrrogatono.

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L'emergenza barbaresca (ottobre l 803 - settembre 1804)

La questione della presunta congiura di T,echi si intrecciò con un netto peggioramento delle relazioni franco-napoletane. Incoraggiati dai francesi, durante l'estate i corsari nordafricani si erano fatti sempre piìt aggressivi e alla metà di ottobre 164 persone forono rapite durante un'incursione sulla spiaggia di Licata. Per reazione il governo decretò l'armamento delle cosce siciliane e calabresi, ma in tal modo suscitò le proteste di Alquier e dello stesso Bonaparte e a Parigi vi fu un aspro scambio di note tra Gallo e Talleyrand (1 °, 2 e 4 novembre). Il 21 novembre il re scrisse di suo pugno a Gallo che Bonaparte si sbagliava "rotondamente" se credeva di potergli mettere i piedi in foccia. Avevano ragione, i francesi, se si sentivano "compresi" nella classe dei pirati e a nessuno faceva meraviglia di vederli cercare un pretesto per arraccarlo, "come avevano fatto con tanti altri poveri disgraziati"; ma lui avrebbe "gridato vendetta contro il cielo e la terra, e dopo lddio'' avrebbe avuto chi l'avrebbe aiutato e difeso. Che se ne stessero "nei limiti del dovere, (lo) lasci(asser)o quieto e non (temessero) bricconerie o tradimenti da parte di chi per grazia di Dio non ne (aveva) fatto mai, e non (era) capace di farne". Naturalmente era solo un fuoco di paglia. Gallo rispose il 30 di sentirsi, dopo tanti mesi di battaglia, al colmo dell'infelicità, oppresso nello spirito e nella salute. L armamento delle coste tù sospeso e il generale Damas, richiamato a metà dicembre come ispettore generale d elle armi e tornato a Napoli il 4 gennaio 1804, fu lasciato in dispa rte alla prima schiarita nei rapporti con la Francia. Talleyrand - riferiva Gallo il 14 gennaio da Parigi - aveva rinnovato la richiesta di chiudere i porti all'Inghilterra e dichiarato che la Francia non aveva alcun interesse ad abbattere la monarchia napoletana e tanto meno ad "unire in una sola massa di potenza" un paese come l'Italia, "che quando era stato unito aveva dominato tutti i suoi vicini e supera(va) tutti gli altri in tutte le circostanze" . Loccupazione di Taranto non preludeva a quella di Napoli: gli scopi erano solo di: a) minacciare l'Oriente in Egitto; b) inquietare e dividere le forze inglesi; c) tenere in scacco l'Austria in Dalmazia e Ungheria; d) mettere l' occupazione della Puglia sulla stessa bilancia di Malta. Tn gennaio Acton convenne con Elliot, Nelson e Villettes che 2.000

inglesi erano in ogni caso troppo pochi per lenere Messina e che era pre -


PO LITICA Dl SlCUREZZj\ E CONQUISTA FRANC[5[ ( 1800 - 1806)

kribilc lasciarvi i 2.000 napoletani ritirati da Malta. Subito dopo informò Alquier che gli inglesi avevano rinunciato a occupare qualche punto della Sicilia, convenne con lui che la loro condotta na "affrcuse" e, rassicurato sulle intenzioni dei francesi e degli inglesi, cominciò a progettare un'incursione navale nella rada di Tunisi per catturare o distruggere l'ammiraglia 111nisina. Rinviato all'estate, il raid mancò l'obiettivo a causa dei venti conI rari. In compenso in agosto e settembre 10 cannoniere siciliane noleggiate dalla squadra americana fof'./,arono il porto di Tripoli infliggendo gravi prn.lite alla flottiglia corsara.

D. Vaso di coccio (1803-05) Arrivano i russi (26. novembre 1803 - 6. novembre 1804) L:insolita baldanza mostrata da re Ferdinando nella citata lettera del 21 novembre si fondava sulla convinzione di poter contare sull'appoggio dello zar. ln realtà il canc~line russo, principe Adam Czartoryski, non aveva dimostrato alcun entusiasmo per il piano presentatogli il 26 novembre 1803 da Serracapriola, che prevedeva uno sbarco russo in Puglia in appoggio ad un'insurrezione popolare e ad un'offensiva napoletana contro le forze di Saint Cyr. Tuttavia proprio in novembre era stato deciso di rinforzare il presidio russo delle Ionie e appoggiare, da Odessa, i progetti d 'indipendenza greca e nel gennaio 1804 Corfo fu formalmente dichiarata "baluardo della Grecia". In febbraio, alla partenza del convoglio da Sebastopoli, si avvertì la eone di Napoli di non far conto, almeno per il momento, sui rinforzi destinati a Corfo (e arrivati il 26 marzo). Nonostante il sospetto di Nelson che lo scopo non fosse di dissuadere le ini'.l,iative francesi ma di sollevare la Morea contro il governo ottomano, in aprile la Russia e l'Inghilterra raggiunsero un'intesa prdiminare sulla difesa congiunta della Grecia e la Russia propose di estendere la cooperazione alla difesa ddla Sicilia, offrendo 20.000 uomini per tenere la costa calabrese o , meglio ancora, costringere i francesi a ritirarsi dalla Puglia. l.:iniziativa russa si fondava tuttavia

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LE DUE Siç JUE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE { 1800 - 1815)

sul presupposto di una guerra europea, con l'intervento prussiano e austriaco e l'impegno nel Mediterraneo di una consistente forza terrestre inglese, non inferiore a 10.000 uomini. I;impegno russo aveva infatti un serio limite logistico: le risorse locali non consentivano di mantenere stabilmente a Corfu una forza di 20.000 uomini, mentre le lince di comunicazione, con trollate dalla Turchia e perciò VLÙnerabili in caso di improvviso voltafaccia della Porta, non consentivano di far affluire rinforzi dal Mar Nero in tempo per prevenire l'occupazione di Napoli o della Calabria da parte dei 15.000 franco-italiani in Puglia. Com'era prevedibile, Saint Cyr rispose infatti al graduale incremento delle forze russe ritirando i distaccamenti costieri e concentrando le truppe per tenersi pronto all'occupazione preventiva della capitale borbonica. A sua volta il contributo inglese era condi'.l.ionato dai costi e d ai rischi del trasporto di truppe dalla madrepatria e dall'incombente minaccia di uno sbarco francese nelle Isole britanniche. In maggio cadde il governo Addington e il nuovo governo Pitt irrigidì la posizione inglese. In giugno, informato che gli inglesi non potevano inviare nuove truppe nel Mediterraneo, lo zar ritirò tutte le promesse di aiuto a Napoli e riprese l'iniziativa di pace europea, basata sulla rinuncia inglese a Malta. In ogni modo dal Mar N ero e dal Baltico continuarono ad aflluire navi e truppe, passate da 4.700 uomini in luglio a 10.700 in agosto, con 2 vascelli , 3 fregate e 12 cannoniere. Il generale di cavalleria Roman Anrep assunse il comando delle forze comhinate e la presidenza del comitato di difesa septinsulare, avendo alle proprie dipendenze i comandant i delle forze terrestri e navali russe (generale Viazemsky e capitano Sorokin) e d elle truppe septinsulari (colonnello Papandopulo). Respinto d a Napoleone l'ultimatum russo del 21 luglio e fallita così l'iniziativa di pace, il 22 agosto la Russia ruppe le relazioni con la Francia e riprese i colloqui segreti con l'Austria. In settembre l'ammiraglio C hichagov, ministro e riformatore dell a marina, ordinò alla flotta del Baltico di partire per Corfì1 e il commod oro Alexis Greig, fì glio del famoso Samuel, salpò con l'avanguardia. Il 6 novemb re fu firmato il trattato difensivo austro-russo e le due potenze concordarono di opporsi ad un attacco francese contro Napoli e di d are il comando d elle forze congiunte


POLITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE ( I 800 - I 806)

un generale russo. Tuttavia la Russia sperava ancora di poter evitare la g11erra con la Francia. La sua politica non mirava a modificare gli equilihri generali, ma unicamente alla spartizione dell'Impero Ottomano: il progetto di Czartoryski assegnava Corfù, Cattaro, Costantinopoli e la Moldavia alla Russia e Ragusa e Belgrado, con Croazia, Bosnia e Valacchia, all'Austria, lasciando alla Francia e all'Inghilterra la parte asiatica e nordafricana dell'Impero. A tal fine era necessario eliminare la minaccia francese dalla Puglia: ma la Russia sperava di ottenerlo in modo indiretto e pacifico, convincendo Napoli ad accordarsi con la hancia a spese dell'Inghilterra.

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lénsioni con la Francia ed esonero di Acton (rnarzo-ott. 1804)

La schiarita di gennaio nei rapporti franco-napoletani era stata di breve durata. Già il 12 marzo, assediato dalle richieste napoletane, Talleyrand aveva avvisato Gallo che prolungare ancora dubbi e domande sulle inten·1,ioni della Francia nei confronti di Napoli sarebbe stato ingiurioso. A fine aprile i nuovi sospetti suscitati da una visita in incognito di Luciano L1onaparte a Napoli provocarono l'ira di Napoleone, il quale disse a Gallo che finché restava la reciproca diffidenza fra i due gabinetti non era possi~ bile intendersi su nulla. In una lunga nota, Talleyrand indicò in Acton e nella sua cerchia la ragione della diffidenza francese e l'ostacolo ad una vera comprensione. For1ando la situazione, il 9 maggio Alquier dichiarò che non avrebbe più trattato con Acton. Il re fu perciò costretto ad esonerarlo dall'interim degli affari esteri e a confinarlo a Pa.lerrno col titolo di principe e una pensione di 3.000 ducati annui. L'esonero di Acton accrebbe l'influenza della regina, ma non lo estromise del tutto dalla politica napoletana, perché i suoi consigli continuarono ad essere ascoltati e inoltre un suo alter ego, il principe di Luzzi, fo nominato "referendario" del direttore interino degli esteri Antonio Micheroux. Il primo atto del nuovo titolare effettivo del dicastero fu il riconoscimento del titolo imperiale assunto da Napoleone il 20 maggio. Elliot fece le sue rimostranze sia per il riconoscimento, che giudicava affrettato, sia per l'accettazione delle nuove credenziali imperiali spedite ad Alquier, in cui Ferdinando era detto "alleato e confederato". A guastare di nuovo la distensione con la Francia arrivò, alla fine di

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maggio, il trasferimento del re di Sardegna da Roma a Gaeta, col pretesto di cure termali ad Ischia e con lo scopo di sottrarsi ad un eventuale colpo di mano francese in caso di guerra con la Russia e di potersi imbarcare su un vascello neutrale in caso di minaccia alla sua sicurezza. In giugno Alquier raccolse la voce che Vittorio Emanuele stava aspettando la dichiarazione <li guerra russa per trasferirsi a Corfi.1 e prendere il comando dell'armata moscovita. In luglio, all'insaputa dello zar, il re di Sardegna trattò personalmente con i ministri russo e inglese a Roma, Lisakevitz e Jackson, un progetto per mettersi a capo di un corpo di emigrati di tutte le province italiane oppresse dalla Francia. Tra ottobre e dicembre il vascello russo Cigno rimase nel Golfo <li Napoli a disposizione di Vittorio Emanuele. Lospitalità accordata al re di Sardegna e la crescente influenza russa esposero Napoli a nuovi incidenti coi francesi, provocati dai generali in Puglia. Lechi fece fucilare un reclutatore napoletano, Giuseppe <li Paolo, accusato su deboli prove di aver subornato i soldati cisalpini per indurli a disertare e il 13 agosto, a seguito di "minuziosa inchiesta", il governo incaricò Gallo di trasmettere un'energica nota di protesta contro il "mostruoso abuso d'autorità". Altra protesta riguardò il sequestro di navi napoletane per sospetto contrabbando di grano con Corfù e Malta, disposto in settembre dalle autorità francesi in Puglia e in Abruzzo. Il 10 ottobre Gallo riferiva che Berthicr, a voce, se ne era dichiarato "scandalizzato", ma se l'era cavata con un semplice sospiro, filosofeggiando sulla diffìcolrà di tenere a dovere i generai i a così grande distanza.

L'iniziativa napoletana per l'evacuazione della Puglia A bilanciare le provocazioni c'erano però le pressioni russe per un accordo con la Francia e la crescente irri tazione per le forzature di Elliot, talmente maldestre e controproducenti che il 12 settembre lo stesso Acton scriveva che il ministro inglese era "imprudente" e cercava "di portarci ad armamenti precisi". Barcamenandosi tra Russia e Inghilterra, il 25 ottobre il re nominò Damas "ispettore generale di tutte le armi e truppe", ma con l'impegno scritto verso la Francia a non disporre reclutamenti né movimenti di truppe. Inoltre il 10 novembre la coree dette istruzioni a Gallo di offrire a Parigi un sussidio mensile di I 00.000 ducati (400.000 franchi) e


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l'impegno formale alla neutralità in cambio del ntuo di Saint Cyr. ·1i1ttavia il 16 novembre, convocato a Portici a colloquio con la regina, il principe ereditario e Luzzi, Alquier chiese il licenziamento di Damas in quanto emigrato francese. La regina rispose di sperare che la Russia avrebhe preteso il ritiro francese dalla Puglia e Alquier commentò poi che Maria Cirolina era preda di un"'inconcevable folie". Il 24, su istruzioni da N,1poli, Castelcicala rimise al segretario agli esteri inglese, Lord Hawkesbury, una nota in cui lamentava il mancato accoglimento di un precedente memorandum con la richiesta di restituzione dei Presidi di 'foscana e di reintegro dr:lla sovranità su Malta e della successiva richiesta di garanzie circa la difesa di entrambi i Regni e non della sola Sicilia, e chiedeva, in tono perentorio, assicurazioni precise qualora Saint Cyr avesse varcato la linea di demarcazione. La nota diplomatica al governo inglese mi.rava a precostituire una giustificazione alla decisione della corte borbonica (consigliata dal ministro russo) di offrire alla Francia anche la chiusura dei porti alle merci inglesi. (;allo fu infatti incaricato ai primi di dicembre di aggiungerla alla precedente offerta di sussidio e neutralità e Castelcicala di chiedere il consenso inglese, come era avvenuto quattro anni prima all'epoca dell'armistizio di foligno. Il momento però ~1011 era propizio all'accoglimento della richiesta napoletana: proprio in dicembre la Russia aveva avviato a Londra un negoziato di alleanza e il governo inglese aveva rimosso la sua pregiudiziale opposizione all'invio di una forza terrestre nel Mediterraneo.

TI monito di Napoleone e l'esonero di Damas (genn. -marzo 1805) I..:iniziativa napoletana fu tuttavia soffocata sul nascere dallo stesso Napoleone, il quale colse a pretesto la dislocazione di 6.592 uomini alla frontiera e 1.800 sulle coste per un cordone sanitario contro la peste di Livorno. Alquier dichiarò che tale movimento di truppe violava l'impegno assunto verso la Francia e intimò non solo l'immediato scioglimento del cordone, ma anche la riduzione dell'esercito a 10.000 uomini e l'allontanamento di Damas cd Elliot. Lintimazione gettò la corte nella costernazione. Si rispose con una nota di protesta, ma il cordone fu subito sciolto, la regina scrisse direttamente a Napoleone e mandò un suo intimo, il principe di Cardiw, a rassicurare

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Saint Cyr. La risposta dell'imperatore, datata 2 gennaio 1805, fu raggelante: « Que Votre Majesté écoute cette prophétie sans impatience. A la première guerre occasionnée par vous, vous et votre descendance, vous aurez cessé de régner, et vos fils s' en iront par les diverses contrées de l'Europe, implorane une aide pour leurs parents ». Mentre Saint Cyr concentrava le truppe a Bari per non rischiare l'isolamento dei presidi minori in caso di insurrezione, la corte si preparò a ritirarsi a Procida e a sollevare le masse. Si cercò tuttavia di scongiurare la catastrofi.-'.: il 25 gennaio la regina scrisse di nuovo a Napoleone protestando amicizia e lealtà e si pensò di dare in sposa al fìgliastro dell'imperatore, Eugenio di Beauharnais, la principessa Amalia. 11 15 febbraio Alquier presentò un nuovo ma pit1 perentorio ultimatum: se entro tre giorni Damas non fosse stato allontanato, Saint Cyr avrebbe marciato su Napoli. Nuovamente inviato a Bari dalla regina, Cardito ottenne dal comandante francese una proroga fìno all'arrivo della risposta di Napoleone alla seconda lettera di Maria Carolina_ La missiva imperiale arrivò il 21: il tono era più pacato, ma confermava la richiesta di allontanare Dama.~. Per salvare la faccia, il generale fu inviato in licenza a Messina e partì il 12 marzo. A rasserenare la corte arrivarono poi due lettere di Gallo, del 7 e 29 marzo, sui colloqui cortesi avuti con 1à.lleyrand e Napoleone: il ministro degli esteri francese aveva deplorato i modi rudi di Alquier, l'imperatore aveva riconosciuto che l'occupazione della Puglia non era questione di giustizia ma di necessità e assicurato il ritiro della maggior parte delle truppe non appena avesse potuto contare "sulla condotta veramente amichevole e sincera della corte di Napoli". E intanto si cominciò a richiamare Lechi , accusato dal probo Saint Cyr di malversazione ed estorsioni.

li riconoscimento del Regrzo d7talù, (4 gennaio - 4. luglio 1805)

Altre due lettere di Gallo, del 4 e 28 gennaio, avevano annunciato a Napoli l'intenzione di Napoleone di cingere la corona d'Italia e il rischio che ciò conducesse alla guerra con l'Austria. Nel colloquio avuto a fìne marzo l'imperatore gli aveva assicurato che il nuovo titolo era solo "un altro pegno" negoziale da usare nei confronti della Russia e dell'Inghilterra e che entro pochi anni, o forse mesi, la corona d'Italia si sarebbe separata da quella imperiale. In ogni caso il nuovo titolo non implicava aspirazio-


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ni all'unificazione dei vari stati italiani né tanto meno l'appoggio a congiure <li esuli contro la casa borbonica. Le istruzioni del 7 aprile autorizzarono Gallo a recarsi a Milano per assistere all'incoronazione di Napoleone, incaricandolo però di ottenere :1ssicurazioni scritte circa il titolo di re d'Italia. A Milano si recarono anche /\lquier e Saint Cyr e prima della partenza furono invitati ad un pranzo di gala a Portici. Arrivato a Milano, Gallo ricevette però nuove istruzioni che, in mancanza delle richieste assicurazioni, gli imponevano di allontanarsi con qualche pretesto. Il 6 maggio il ministro napoletano scrisse perciò a Napoleone che il titolo "vago e generico" di re d'Italia aveva suscitato "sorpresa e allarme" nel re di Napoli, il quale desiderava perciò "dichiarazioni positive e categoriche". Indignato, l'imperatore gli fece rispondere il 9 da '1:1lleyrand che le assicurazioni date erano più che sufficienti e che non occorreva altro. Benché ignaro dd contrordine speditogli da Napoli che annullava l'istruzione di allontanarsi, Gallo decise saggiamente di fermarsi a Milano. Ma al primo tentativo di riaprire la questione con Talleyrand ., i sentì rimproverare per il mancato invio delle nuove credenziali e le notizie circa l'arrivo di nuove forze russe e inglesi a Corfo e a Malta. Il 21 arrivò a Milano Cil:rdito, inviato dalla regina ad affiancare Gallo, considerato troppo fìlofrancese. Talleyrand li ricevette il 25, vigilia dell'incoronazione, ma alla richiesta di assicurazioni rinfacciò il mancato arrivo delle nuove credenziali , aggiungendo minacciosamente di ritenere che ormai il re imperatore non le avrebbe pitt accettate. I due assistettero alla cerimonia confusi tra i forestieri e il 2 giugno, durante un ballo, Cardito dovette subire, <li fronte a duecento persone, un'umiliante sfuriata di Napoleone contro la regina di Napoli. Il giorno dopo Talleyrand convocò i due rappresentanti n apoletani dichiarando che c'erano indizi di aderenze della corte di Napoli ai nemici della Francia e minacciando la rottura delle relazioni diplomatiche se entro due settimane, quando il re imperatore sarebbe arrivato a Bologna, non gli fosse pervenuto il riconoscimento napoletano. Gallo eccepì invano che metà delle corti europee non aveva ancora presentato le nuove credenziali e che dei sovrani italiani l'avevano fatto solo il papa e il re d 'Etruria.

La situazione era di nuovo critica. I:Austria non era pro nta per la guerra e Saint Cyr era tornato di carriera in Puglia per prepara re la marcia su

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Napoli. Portata dallo stesso Cardito, la notizia del nuovo ultimatum trovò il governo in piena crisi. L'aggravamento della sua malattia aveva costretto Micheroux a lasciare la segreteria e in attesa dell'arrivo del suo successore Circello, richiamato da Londra, gli affari ricadevano nelle inette mani di Luzzi. Accantonata l'idea di sottoporre il riconoscimento al beneplacito austriaco, il 12 giugno si scrisse a Gallo che le credenziali erano in arrivo, ma di presentarle il più tardi possibile, previe dichiarazioni scritte dei ministri degli esteri francese e italiano circa l'estensione del titolo, cercando inoltre di ottenere in cambio lo sgombero delle Puglie. finalmente il 22 giugno le credenziali arrivarono a Bologna e Gallo le consegnò il 23 in pubblica udienza, dopo aver comunicato a Talleyrand che il re di Napoli prendeva atto delle precedenti dichiarazioni sopra il vero senso e l'estensione del titolo. In un successivo colloquio Napoleone disse a Gallo di riferire al re e ad Alquier che non aveva nulla contro la corte di Napoli, che avrebbe voluto averla amica, che avrebbe richiamato le truppe quando avrehbe ritenuto di potersi fidare ma che avrebbe mosso guerra al primo nuovo insulto personale che avesse ricevuto da Napoli o al primo incarico dato ad un emigrato francese o ad un suo nemico personale. In ogni modo Gallo ottenne un gesto distensivo, perché Talleyrand e Marescalchi risposero per iscritto alla sua nota del 22. Il 4 luglio, durante il viaggio di ritorno a Parigi, Gallo ricevette a Genova la risposta da Vienna, che negava l'avallo al riconoscimento napoletano del Regno d'Italia. Per ritorsione, il 1° agosto Napoleone estese la giurisdizione penale francese a tutti i sudditi napoletani.

La Térza Coalizione e il Medùerranen (gennaio - luglio 1805)

TI 19 gennaio 1805 lo schema dell'alleanza offensiva, concordato tra il governo britannico e l'inviato straordinario dello zar Nikolai Novosiltsev, era stato inviato a San Pietroburgo e l'Inghilterra aveva destinato 4.000 soldati di nuova leva a M alta per creare una riserva strategica di 7 .000 uomini al comando del generale James Craig. Relativamente al Regno di Napoli, le due Potenze stabilivano di provvedere affinché non restasse pit1 a lungo una base d 'operazioni francese. Le istruzioni di Craig erano tuttavia di difendere anzitutro la Sardegna e Alessandria per preservare le comunicazioni tra l'esercito e la flotta, e di occupare la Sicilia se il re avesse chiuso i


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porti o per prevenire un tentativo francese di impadronirsi di Messina, attenendosi alle istruzioni di Elliot e limitandosi in ogni caso a difendere Sicilia e Calabria. Soltanto in seguito Craig fi.1 autori·1:1.ato a cooperare coi russi, a porsi sotto il comando di un generale russo superiore in grado e ad intraprendere operazioni limitate sul continente, o per difendere Napoli oppure per inseguire i francesi qualora già sconfitti dai russi. TI 28 fehbraio Lord Mulgravc rispose alla nota di Castelcicala che l'Inghilterra non acconsentiva alla chiusura dei porti siciliani. In marzo la legazione russa a Napoli fu attribuita a Dimitri Tatischev, membro del consiglio degli affari est~ri e halì dell'Ordine di Malta. Il trattato, definito da Czartoryski e dal ministro inglese Leweson-Gower (Lord Granville), fu firmato a San Pietroburgo 1'1 l aprile e Craig salpò da Plymouth il 19. TI giorno prima Nelson aveva appreso che la squadra di Tolone, uscita in mare il 30 marzo e sfuggita alla sorveglianza inglese, si era riunita con la s(_1uadra spagnola e 1'8 aprile aveva passato Gibihena per congiungersi con quella di Brest e consentire all'Armata di Boulogne di attraversare la Manica. Nelson aveva subito scritto ad Elliot che partiva ad inseguire il nemico, lasciando un vascello a Napoli e 5 incrociatori in Sicilia. 116 maggio uscì per l'ultima volta dal Mediterraneo.

Ai primi di maggio g't'unse a Napoli in incognito il genera.le russo Maurice Lacy (Lascy), designato quale comandante in capo delle forze alleate pur essendo quasi ottuagenario e senza precedenti esperienze di comando in un teatro d i guerra europeo (le memorie del capo di stato maggiore inglese, colonnello Bunbury, annotano tendenziosamente che si addormentava durante le conferenze e faticava a fa rsi capire da Elliot, parlando un inglese con accento irlandese appreso in un convento russo) . Accompagnavano Lacy un consigliere diplomatico, il colonnello Carlo Andrea Pozzo di Borgo, già collaboratore di Elliot in Corsica, e un capo di stato maggiore, il generale del genio Oppermann, un emigrato francese, inviso a Craig e Bunbury, che secondo Luigi Blanch "passava per ufficiale istruito nel genio, ma con reputazione ipotetica'', non accresciuta n elle "lunghe guerre posteriori". Nelle settimane seguenti Lacy e Oppermann fecero varie ricognizioni lungo la linea di demarcazione con le truppe francesi (che al 30 giugno contavano 15.617 uomini con 2. 51 5 cavalli e 45 pezzi in 20 guarnigioni). Tornato a Napoli e udita la presenza di ufficiali . russi e la minaccia di armar.e le masse, Alquier chiese un colloquio con la

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regina, minacciandola a sua volta di far marciare Saint Cyr su Napoli e proclamare re il principe ereditario Francesco. Indignato da tanta insolenza, Ferdinando gridò che l'avrebbe fatto buttare a mare e la regina riuscì a stento a calmarlo.

Dd resto l'Austria non era ancora pronta ad entra.re in guerra, ed essendo l'adesione austriaca il presupposto essenziale dell'alleanza anglo-russa, lo zar rinnovò la sua iniziativa di una conferenza di pace, chiedendo di nuovo all'Inghilterra il sacrifìcio di Malta: ancora una volta, però, le ragioni strategiche prevalsero su quelle politiche e il rifìuto inglese portò l'alleanza sul I' orlo del collasso. Per non perdere il sostegno della Russia, Pitt si risolse a sottoporre al re Giorgio l'ipotesi di uno scambio, sia pure molto svantaggioso, con Minorca. DiH-ìcilmente lo zar l'avrebbe ritenuto sufficiente, ma la notizia che durante l'incoronazione di Milano la Repubblica Ligure era stata annessa all'Impero francese lo indusse a richiamare il suo plenipotenziario mentre viaggiava per Parigi con le nuove proposte di pace e ad aprire a Vienna, il 14 1uglio, un negoziato per la cooperazione militare austro-russa. Il 18 luglio, dopo lunghe soste nel Tago e a Gibilterra per ragioni di sicurezza, Craig arrivò a Malta. Incanto, con l'arrivo del secondo scaglione dal Baltico, le forze navali russe a Corfù arrivarono a 38 unità (9 vascelli, 6 fregate, 7 hrick, 1 schooner, 12 cannoniere, 2 trasporti e 1 nave ospedale). Sempre in luglio arrivarono a Napoli Circello da Londra e Tatischev da San Pietroburgo.

I due trattati di Napoli e Parigi (9 agosto - 27 settembre 1805) Rinunciando alla richiesta di far intervenire le forze russe di Corfi1 sul litorale veneto e di usare i rinforzi della Crimea in Galizia, l'Austria accettò che fossero impiegate per cacciare i francesi da Napoli e stabilire un cordone difensivo in Abruzzo e il 9 agosto aderì all'alleanza anglo-russa. Lo stesso giorno, a Napoli, il nuovo direttore agli esteri Circello chiese a Tatischev il formale rinnovo d ell'al1eanza del dicembre 1798, che stava per scadere: il ministro russo si riservò di informarne lo zar e intanto stipulò un accordo provvisorio. Il 16 agosto, resosi conto che gli inglesi lo scavano aspettando ad Ushant con una forza soverchiante (36 vascelli), Villcneuve rinunciò a


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ricongiungersi con la squadra di Brest e invertì la rotta per tornare a Cadice. 11 23 agosto Napoleone riconobbe che il piano di sbarco in Inghilterra era fallito e lo stesso giorno tracciò lo schema della campagna di Ulm, spostando l'Armata da Boulogne alla Baviera con una grandiosa manovra per linee interne. Parte del piano era l'offerta a Napoli di un trattato di neutralità, allo scopo di poter impiegare contro gli austriaci anche le forze di Saint Cyr. Per una volta il piano strategico di Napoleone oscillò nella stessa direzione del pendolo napoletano. All'oscuro degli accordi tra le potenze coalizzate e sempre pitt diffidente nei confronti della Russia e dell'Inghilterra, il 26 agosto la corte borbonica tornò infatti ad offrire ad Alquier la neutralità in cambio del ritiro e analogo passo fece Gallo a Parigi. Lo stesso giorno Acton scrisse a Castelcicala che sarebbe stato inurile sperpero impiegare per la difesa di Napoli il sussidio concesso dagli inglesi per rafforzare la Sicilia. Ancora una volta, però, le misure militari fecero abortire l'intesa con Napoli. Nel timore che uno sbarco russo ad Ancona impedisse o rallenta.~se il trasferimento di Saint Cyr sul fronte austro-italiano, Napoleone gli aveva infarri ordinato di riunire le truppe per tenersi pronto a partire. rlnoltre fin dal 5 agosto aveva ordinato al viceré Eugenio di riunire a Rimini una forza 4.000 italiani, incaricata di occupare l'Abruzzo dal 'franto al Sangro per sostenere la ritirata dalla Puglia. La Brigata, comandata dal corso Ottavi e composta dal 3° e 4° di linea e dai cacciatori a cavallo - con 6 pezzi da campagna, 2 da montagna, 29 vetture e 1 compagnia zappatori - partì per Pescara il 29 agosto. La coree ovviamente equivocò lo scopo dei movimenti francesi e il 10 settembre la regina, credendo ormai imminente la marcia su Napoli, stipulò con Tatischev un trattato difensivo segreto. TI re si impegnava ad opporsi ad ogni aumento delle truppe francesi, ad ogni loro movimento oltre la linea di demarcazione e ad ogni proposta lesiva della stretta unione con la Russi a. Qualora ciò avesse condotto alla guerra, lo zar si impegnava ad inviare un corpo di truppe suff-ìcienti per liberare il Regno, a condizione di un concorso inglese non inferiore a 6.000 uomini. TI re si impegnava inoltre a restare nell'alleanza anche se la guerra fosse proseguita foori dei confini. Il contingente di 2.000 napoletani ritirato due anni prima da Malta fu

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trasferito da Messina a Napoli e fu da lì richiamato segretamente a Castellammare anche Damas; Lacy aveva infatti posto come condizione per cooperare con le forze napoletane che queste fossero comandate dall'eroe di Montalto e di Siena. Intanto l'ammiraglio Dimirri N. Senjavin, comandante designato della flotta russa nel Mediterraneo, salpava da Kronstadt col terzo e ultimo scaglione della squadra (5 vascelli e 1 fregata). Il piano russo per l'intervento a Napoli, proposto da Lacy ma elaborato da Oppermann, era di operare separatamente non appena l'Arciduca Carlo avesse varcato l'Adige, sbarcando a Napoli i soli russi e dirottando gli inglesi a Taranto per tagliare la strada della Calabria e impedire a Saint Cyr di attaccare in Sicilia (in realtà costui aveva avuto l'ordine di studiare uno sbarco in Morea). Lacy si fece però persuadere dalle critiche ben fondate del comandante inglese, generale Craig. Il nemico aveva infotti ritirato i presidi costieri riunendoli a Lecce e si era poi dislocato al bivio di Macera, in posizione centrale e ad appena due giorni di marcia da Taranto. La riva del Mar Grande era ormai difesa a semicerchio da 12 batterie e altre 3 si trovavano all'imbocco, sull'isolotto di San Paolo; inoltre, a partire dalla metà di settembre, lo sbarco inglese sarebbe stato ostacolato e rallentato dalla cattiva stagione. La dispersione delle for,.e alleate avrebbe dunque dato a Saint Cyr il vantaggio di poter attuare la manovra per linee interne, battendo separatamente prima gli inglesi e poi i russi. I ,a corte borbonica era stata però tenuta all'oscuro del progetto alleato di sbarcare in ogni caso nel Regno di Napoli. Per sondare la reazione della regina, il 7 settembre l'imperatore d'Austria le scrisse preannunciandole una prossima "presa d'armi" e il 12 settembre Lord Templc, informatore di Pitt infiltrato nell'entourage di Maria Carolina, le assicurò di aver saputo che una forza austro-russa stava per sbarcare a Venezia con il compito di coprire Napoli in caso di necessità. La notizia rallegrò la regina ma allarmò Perdinando, che il 13 settembre scrisse a Serracapriola di informare i russi che vietava loro di metter piede nel suo Regno. Il 22 settembre, equivocando le confuse istruzioni della regina, Gallo fìrmò a Parigi, sub specie rati, il trattato di neutralità: l'unico prezzo simbolico imposto a Napoli era l'allontanamento definitivo di Acton, mentre la Francia si impegnava a ritirare le truppe dalla Puglia un mese dopo la ratifica. Turtavi,1 Napoleone, calcolando il rischio <li uno sbarco anglo-


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russo ad Ancona, ordinò a Saint Cyr di partire subito dopo la ratifica, salva la malaugurata eventualità di dover marciare su Napoli in caso di rifiuto napoletano. Occorre sottolineare che il trattato di Parigi non era in contrasto formale col trattato puramente difensivo del 10 settembre. Quest'ultimo non autorizzava infatti l'intervento preventivo già deciso dai coalizzati all'insaputa della corte borbonica. Lacy aveva infatti già ordinato l'invio dei trasporti inglesi a Corfi1 per imbarcare la divisione russa e il 27 settembre, quando arrivò a Napoli la notizia del trattato di neutralità, Tatischev fu costretto a rivelare alla corte il piano alleato e a chiedere che lo sbarco fosse comunque autorizzato.

La.fatale decisione (27 settembre - 8 ottobre 1805) O

Circello prese tempo per rispondere. Intanto il l ottobre le navi ingles,. salparono da Malta. Tì:e giorni dopo, quando erano ormai in vista di Corfo, arrivò a Napoli il corriere di Talleyrand col testo del trattato di neutralità. Avutane copia, il 5 ottobre Alquier diffuse la notizia e intimò al principe di Luzzi di ratifìcare entro due giorni, pena la marcia sulla capitale. I ,a regina cercò di temporeggiare, ma Tatischev pretendeva carta bianca sul momento dello sbafco alleato. La sera del 7, scaduto l'ultimatum, Alquier chiese i passaporti. Nei convulsi colloqui con Elliot e Tatischev la corte decise di ratifìcare per incassare l'evacuazione dalla Puglia, invocando però segretamente la nullità dell'atto con l'argomento della costrizione, per poter acconsentire in seguito allo sbarco alleato_ Insostenibile in termini di diritto internazionale (dove vale il principio coactus, tamen voluit), la linea concordata tra la corte e i ministri alleati era moralmente vergognosa e assurda dal punto di vista strategico. Lo sbarco alleato a Napoli non era uno scopo in sé, ma solo uno dei mezzi possibili per neutralizzare Saint Cyr e impedirgli di operare contro l'Armata austriaca sull'Adige. Gli si facevano invece ponti d'oro, quando occorreva rinunciare risolutamente alla cooperazione tra le forze terrestri alleate e utilizzare i trasporti inglesi, già arrivati a Corfù, per sbarcare subito le truppe russe ad Ancona, appunto quel che Napoleone più temeva. D'altra parte è comprensibile che una tale soluzione non sia stata neppure presa in considerazione dai ministri alleati. Fra il 27 settern. bre e il 7 ottobre il tempo <li inviare un contrordine a Corfù non sarebbe


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mancato: ma il problema era che nei mesi precedenti non si era provveduto ad effettuare ricognizioni ad Ancona né tanto meno ad elaborare un piano operativo di riserva per il caso, tutt'altro che imprevedibile, di una ritirata francese dalla Puglia. Senza contare che la Brigata Ottavi faceva ormai buona guardia da Pescara. Cosl la sera dell'8 ottobre Luzzi firmò la ratifìca e Circello una nota per Tatischev, in cui si dichiarava nulla la ratifica del trattato di neutralità per essere stata estorta con la minaccia della forza, nonché di attendere "con impazicnzà' l'arrivo dei corpi russo e inglese per "liberare" il Regno_ Nonostante le successive smentite di Elliot, sembra sicuro che il ministro inglese abbia dato la sua approvazione alla procedura e alla nota di Circello.

E. La spedizione anglo-russa (1805-06) ll ritiro francese e lo sbarco anglo-russo (9 ottobre~20 novembre)

11 9 ottobre Saint Cyr consegnò i forti agli ufficiali napoletani e iniziò il ritiro delle truppe, stavolta portandosi al seguito anche le artiglierie pesanti, messe poi al sicuro in territorio pontificio. Il 25 era a Chieti e il 5 novembre l'ultimo soldato francese ripassò la frontiera del Tronto. Il ritiro vanificava il presupposto dello sbarco a Napoli, ma gli alleati non avevano concordato un piano alternativo. Sbarcare nelle Marche pontificie per tentare di tagliare la strada a Saint Cyr non era pitt possibile: ma i russi potevano facilmente essere trasportati nel Veneto, secondo la vecchia richiesta austriaca, pit1 celermente del rinforzo francese in lenta marcia dalla Puglia. Lacy preferì invece attenersi agli ordini dello zar e il 16 ottobre ordinò a Craig di salpare da Malta. Oltre a ragioni di carattere politico (bilanciare l'influenza austriaca in Alca Ttalia con una presenza russa a Napoli) c'era infatti anche e soprattutto la necessità logistica di nutrire le truppe, che non potevano più essere rifornite dal Mar Nero. Il leggero ritardo dello sbarco alleato fu determinato infatti dal desiderio di evitare un colpo di coda di Saint Cyr sui pingui magazzini militari di Pescara, di cui l'esercito russo aveva estremo bisogno.


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Ai primi di novembre arrivò a Napoli la notizia che il 17 ottobre il generale Mack, già responsabile della disfatta del 1798-99, si era arreso ad Ulm con tutta l'Armata austro-bavarese. Immaginando giustamente che l'Arciduca Carlo fosse stato di conseguenza costretto a ripassare le Alpi per coprire Vienna, la corte scongiurò invano gli alleati di rinunciare allo sbarco. Tatischev concesse di spostarlo a Nord della capitale, chiedendo però in cambio il controllo russo sulle truppe napoletane e un sussidio per viveri e foraggi (mezzo milione di ducati più altri 276.000 ogni bimestre) sostitutivo dei rifornimenti in natura. La richiesta fu discussa il 7 novembre nel consiglio della corona, ma la regina rifiutò l'offerta, sospettando che i russi non volessero impegnarsi a difendere la capitale. La notizia che il 22 ottobre Nelson aveva distrutto a Trafalgar, a costo della vita, la flotta franco-ispana, non ebbe influenza alcuna sulla decisione di effettuare lo sbarco. Arrivò infatti a Malta a metà novembre, quanLlu i convogli con le Lruppe erano già in viaggio. La sera del 19 novcmhre il primo convoglio russo entrò nel Golfo di Napoli scortato da 3 fregate inglesi e il 20, ottenuto il beneplacito di Circello, ehhe inizio lo sbarco. Alquier rimosse subito l'insegna imperiale dalla sede della legazione e il 21 partì per Roma tra gli insulti della plebaglia, mentre la regina lasciava Portici circondata dai soldr-1-ti per recarsi a Palazzo Reale a ricevere i generali alleati. Per salvare una parvenza di legalità, la corte dichia rò sono la protezione del governo i beni francesi, italici, batavi e svizzeri e scrisse a Gallo di rappresentare al governo francese che il re non aveva potuto opporsi allo sbarco dei coalizzati, non avendo resistito due anni e mezzo ptima all'occupazione della Puglia, e di invocare il precedente della campagna di Ulm, svoltasi in territorio prussiano senza che quel sovrano si fosse opposto con la forza alla violazione della sua neutralità.

Due aneddoti su re Ferdinando testimoniati da Luigi Blanch Superstizioso ma fatalista, re Ferdinando si era al suo solito tirato fuori da una faccenda da cui, come l'ultimo dei suoi sudditi, non presagiva nulla di buono. Accolse taciturno, a Portici, la visita dei generali alleati, arrivati a mezzogiorno, lasciando alla regina il compito di improvvisare una conver_sazione. Notato un diamante sulla spada di Lacy, Maria C arolina chiese se

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fosse una ricompensa: lui rispose commosso di averla ricevuta dalla Grande Caterina per un'impresa compiuta nell'ultima guerra di Polonia, e fece appena in tempo ad aggiungere di essere onorato di sfoderarla ora per le Loro Maestà, quando il re gli troncò la parola dicendo che era "ora di pranzo" e gli voltò le spalle, com'era uso fare con gli scocciatori. Mentre la regina ispezionava le truppe in carrozza, lui se ne andò nella riserva reale di Mondragone ad ammanare, diceva, tutti i suoi fagiani per non lasciarli ai francesi. Al ritorno incrociò una colonna in marcia (era il Reggimento Albania), fece chiamare i[ colonnello e dal finestrino della carrozza gli chiese dove andavano. "In Abruno, Maestà", rispose emozionato Candrian. "A fare che?" replicò il re. "A combattere i francesi" balbettò stupefatto il poveruomo. "Dio ve la mandi buona!" fu il commiato del sovrano.

le fòrze anglo-russe Le forze alleate sbarcate a Napoli e Castellammare ammontavano a circa 20.000 uomini: 7.300 inglesi, 10.500 regolari russi e 2.000 ausiliari reclutati fra gli epiroti ortodossi perseguitati dal pascià di Giànina e rifugiati a Cortì:i sotto la protezione dello zar. Un toLale di 30 battaglioni, di cui nove inglesi (sci nazionali e tre di emigraci francesi, corsi e svizzeri), sedici russi e cinque albanesi . .Cunico reparto di cavalleria erano 351 dragoni inglesi (20th Light Dragoons) . .Cartiglieria russa concava 800 uomini e 40 pezzi, quella inglese 416 con 12 pezzi medi e leggeri e materiali da montagna. Dragoni e artiglierie erano però senza cava1li, i quali dovettero essere requisiti sul posto. Le risorse dd paese, specialmente per i cavalli da sella, erano scarse e già insufficienti per la mobilitazione napoletana; sembra comunque che i dragoni abbiano ricevuto 300 cavalli da sella e l'artiglieria 600 da tiro (questi ultimi suddivisi a metà tra gli aneati, d ando perciò priorità non solo all'artiglieria inglese, ma anche al trasporto dei bagagli degli ufficiali "europei": il solo Hudson Lowe ne ebbe 25 per i suoi Corsican Rangers, a scapito dell'artiglieria russa, che con ogni probabilità non poté "anelare" tutti i suoi pezzi). Nonostante le vittorie riportate in Egitto, si riten eva allora che la fanteria inglese non potesse competere con quella francese, essendo tanto inaffidabile, a causa del tipo di reclutamento e di relazioni tra ufficiali e


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truppa, da non poter manovrare sul campo di battaglia, ma solo <li essere impiegata in formazioni lineari e statiche su posizioni predisposte che le consentissero di sfruttare una relativa superiorità di fuoco assicurata dalla migliore qualità dei fucili e dell'artiglieria. Migliore reputazione aveva la fanteria russa, benché gli inglesi condividessero l'opinione del ministro delle colonie Henry Dundas, che 1'8 novembre 1799, dopo aver letto un rapporto del colonnello Wickham sulla campagna di Suvorov in Svizzera, aveva scritto che, pur essendo coraggiosi e irresistibi Ii contro i turchi e le popolazioni asiatiche, i russi non potevano essere impiegati in Europa se non a condizione di essere "totally new modcllcd". Luigi Blanch, addetto allo stato maggiore napoletano, ricorda invece nella sua Storia dei Regno di Napoli che "lo stesso Napoleone prima di Austerlitz nel suo ordine del giorno poneva come indecisa la questione se la prima fanteria del momlo fi.isse la francese o la russa", aggiungendo che a Napoli "si osservò ch'era divenuta più mobile, ch'era diminuito in parte il pedantismo regnante sotto Paolo e nuovi metodi tattici l'accostavano alle truppe francesi ... La ferrea di sci pi i na, il profondo e religioso rispetto per l'autorità, un sentimento di orgoglio patrio metteva in armonia le forze fisiche coi sentime~ti morali delle truppe russe. I loro capi corrispondevano alle loro funzioni, avendo i generali il comando d'un reggimento e il corpo degli ufficiali la reputazione di bravura non mai smentita nel lungo periodo di guerre seguito a quello che descriv iamo". Anche Bunhury concorda sui progressi compiuti dall'esercito russo rispetto al 1799, ma sottolinea la perdurante incapacità dei generali e la mancanza di equipaggiamento, ricordando ch e il freddo dell'Appennino uccise molti sold ati russi.

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reggimenti russi erano su 3 battaglioni di 738 uomini, ma quelli di cacciatori (eger) ne contavano 400. Le fonti n apoletan e indicano 7 reggimenti, certo incompleti perché secondo Blanch i battaglioni russi erano solo 16 (probabilmente 6 cacciatori, 2 granatieri e 8 mosch ettieri). Sono menzionati i granatieri Siberiani, il 13° e 14° cacciatori e i moschettieri "Wistabjeff, Kostostoky, Holiwanoff e Alexaploff": si tratta d ei reggimenti Vitebsk, Kozlov, Kolyvan - che nel giugno 1806 formarono la 15a Divisione assieme al Kura e al 13° e 14° eger - e dell'Alexopol, appartenente alla 13a. I granatieri Siberiani appartenevano all' I I a].


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Le truppe napoletane Lesercito napoletano, ai due terzi degli organici di pace, contava 20.000 uomini, di cui 4.000 in Sicilia e 16.000 nel Regno, inclusi 1.900 richiamati da Messina. Il 4 dicembre si decretò una leva di 30.000 uomini, di cui circa 16.000 effettivamente reclutati, portando le truppe nel Regno a 32.000 uomini (45 battaglioni e 28 squadroni). I.:aliquota veterana, composta da 22 battaglioni (2 granatieri reali, 13 di linea, 7 di cacciatori), 21 squadroni (1.400 cavalli), 4 batterie (24 pezzi) e 4 compagnie pionieri, formò il 3 dicembre !"'esercito di campagna'' sotto il "comando generale" di Damas, col brigadiere fardella quale capo di stato maggiore. Le truppe furono ripartite in due Divisioni, una di 9.000 uomini (corpo di destra) inviata a Chieti al comando del generale svedese Roscnheim e una di 5.000 (corpo di sinistra) completata a Napoli al comando del generale napoletano Raimondo Capece Minutolo, richiamato dal servizio spagnolo. Le reclute (23 battaglioni di 700 uomini, più 7 squadroni e 3.000 cannonieri), utili per la difesa delle piazze, non erano impiegabili in campo aperto, per mancanza di inquadramento, equipaggiamento, armamento e addestramento. Tuttavia solo metà dei battaglioni fo lasciata nelle piazze (5 a Gaeta, 2 a Capua, 4 nei castelli di Napoli). 1 due formati a Pescara (Carolina I) e dieci di quelli improvvisati a Napoli furono portarti al seguito <lei veterani in ritirata, allo scopo di non lasciarli a disposizione dei francesi e nella speranza di poterli più tardi agguerrire, ma con l'unico risultato di sprecare le limitate risorse logistiche e indebolire ulteriormente il morale dell'esercito.

L'influenza dello sbarco alleato sul corso della guerra Lac-y aveva dunque a disposizione un totale di 34.000 uomini, di cui 1.700 mon tati, con 76 pezzi da campagna. La somma era però ingannevole, perché gli interessi dei coalizzati erano troppo diversi e divergenti per progettare un'offensiva sul Po. In ogni modo non ve ne fu neppure il tempo, perché sarebbero occorse molte settimane per creare dal nulla il necessario sostegno logistico, mentre ne passarono solo due e mezza tra lo sbarco a Napoli e la notizia della sconfitta di Austcrlitz, arrivata a Napoli il


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7 dicembre. A dire il vero la minaccia e poi lo sbarco anglo-russo produssero comunque qualche effetto, sia pure indiretto e temporaneo, sul teatro di guerra italiano. Saint Cyr aveva l'ordine di raggiungere l'Armée d'Jtalie, ma si trovava ancora in Abruzzo quando Masséna sconfisse l'Arciduca Carlo a Caldiero (29-31 ottobre). Arrivato a Giulianova, il generale trovò l'ordine di lasciare indietro la Divisione francese (comandata da Montrichard), con 4.000 uomini ad Ancona per metterla al sicuro dai russi e altri 4.000 a I .ivorno contro gli inglesi, senza curarsi delle proteste del papa e della regina d'Etruria per la violazione della loro neutralirà. Saint Cyr proseguì perciò per Padova con la sola cavalleria e la divisione italiana (5° di linea e 1° polacco), poche ma indispensabili per completare il blocco di Venezia e catturare il 25 novembre a Castelfranco Veneto il principe di Rohan con l'intera colonna di soccorso calata dal 'frentino. f nformato dello sbarco alleato il 26 novembre, il principe Eugenio dovette a s11a volta mohilitare la guardia nazionale per concentrare in fretta e furia 20.000 uomini a Bologna, mentre Masslna fu costretto a sospendere l'inseguimento del nemico in ritirata dal rriuli.

Lo schieramento difensivo aliti frontiera (dicembre 1805) I'

Dei generali alleati, Craig era sicuramente il meno convinto dello sharco. M alaticcio, insicuro delle sue truppe e preoccupato di non concludere la carriera con un fi asco, vincolato dalle istruzioni che davano assoluta priorità alla Sicilia e all'Egitto, mise in chiaro che il suo era un comando autonomo, pur subordinato a quello combinato, e che perciò intendeva corrispondere direttamente ed esclusivamente con Lacy, senza il tramite del capo di stato maggiore russo. Pretese inoltre di mantenere le forf.e inglesi in prossimità dei trasporti e delle tre fregate di scorta e, ancor prima di ricevere la notizia di Austerlitz, chiese al suo chùf engineer di preparare un progetto di difesa di Castellammare per proteggere un eventuale reimbarco sotto il fuoco nemico. Intanto i suoi ufficiali ingannavano il tempo visitando le signore e gli scavi di Pompei ed Ercolano. Non sapendo ben e cosa fare, la conferenza interalleata composta da Lacy, Anrep, Oppermann, Pozzo di Borgo, Damas, Craig e il suo vice Stuart accettò la vecchia idea russa del cordone difensivo alla frontiera, dividendola in r,-e settori corrispondenti ai tre contingenti nazionali e

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lasciando un clamoroso varco incustodito tra l'ala destra (napoletana) e il centro (russo). Non fu infatti dislocata alcuna forza a sbarramento delle strade di Tagliacozzo e Antrodoco, lasciando così scoperte I:Aquila e Popoli, dove l'invasore poteva facilmente tagliare la strada parallela alla frontiera, che seguiva la valle della Pescara collegando l'Abruzzo alla linea del Volturno attraverso il Piano delle Cinque Miglia. Gli inglesi, che iniziarono il movimento il 9 dicembre, vollero formare l'ala sinistra, attestandosi verso il mare a ridosso di Gaeta e a cavallo del Garigliano, col quartier generale a Sessa, una brigata (Adand) sulla sinistra del fiume e due (Cole e Broderick) sulla destra, tra Mola e fondi, coi Corsican Rangers in avanguardia a Fondi e le fregate e i trasporti a Castellammare. Una colonna napoletana (400 cacciatori Appuli rientrati da Messina e 150 cavalieri Principe TI) comandata dal principe di Campana era tra Fondi e Mignano per collegare gli inglesi coi russi. Lacy e Anrep, comandante del contingente russo, posero entrambi i loro quartieri generali a Teano, col grosso (5.300 russi e 800 albanesi) fra 'leano e S. Germano, 1.600 cacciatori ( 13° Dnjesterski eger e 400 albanesi) in avanguardia a San Germano (Vìazemsky) con carena di posti sulla Melfa e sul Liri e altri 1.600 (14° Krimski eger e 400 albanesi) a Venafro (brigata Aester) per coprire il fianco verso il Liri. Altri 2.1 00 moschettieri e 400 albanesi (brigata Jarduck) erano a Sulmona, tra Popoli e le Cinque Miglia, pit1 per coprire la ritirata russa al Volturno in caso di attacco dall'Abruzzo che per collegare il centro con l'ala destra. Quest'ultima, comandata da Damas e Rosenheirn, contava 13 battaglioni, 8 di linea (4.000) con 16 compagnie granatieri (2.000) e 5 di cacciatori (2.200), 8 squadroni (560 cavalli), 2 batterie (12 peni) e 2 compagnie pionieri, con 4 brigadieri di fanteri a (Carlo Tschudy e Dell'Uva), dei cacciatori (Minichini) e di cavalleria (Dc Cesare). Costretta ad attraversare l'Appennino già con quattro piedi di neve, la divisione seminò la strada di malati e di carogne di animali. Il 6 dicembre il marchese Rodio, ispettore dei corpi volanti lungo la frontiera, scriveva che la marcia era avvenuta con estremo disordine e una coda di truppe molto lunga, "che si avrebbero potuto chiamare meglio Truppe Battute, che Soldati d estinati per la Frontiera". In ogni modo il 15 dicembre la divisione raggiunse le posizioni previste sul versante adriatico dell'Abruzzo, col quartier genera-


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le a Chieti, la brigata cacciatori in avanguardia sul Tronto (col quartier generale a Campli), il Regina cavalleria a Giulianova con pattuglie sul Tronto, il Valdinoto II cavalleria a Lanciano sulla destra della Pescara e una retroguardia a Popoli per collegarsi con la brigata russa di Sulmona. Era in riserva a Napoli la divisione Minutolo, con G battaglioni veterani (1 ° e 2° granatieri reali, l R. Ferdinando, l Principessa, l e 2° Abbruzzi rientrati da Messina) e 5 di reclute (3° Abbruzzi, 2° e 3° Ferdinando e Principessa), 13 squadroni (Re, Principessa, Valdimazzara e 1/Principe Il), 4 compagnie d'artiglieria con 1 batteria da campagna e 8 pezzi da posizione, 2 compagnie pionieri, 3 brigadieri di fanteria (Ricci, Pasquale dc Tschudy e Agostino Colonna) e 2 di cavalleria (Pincdo e Leporano). O

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il reimbarco alleato (22 dicembre 1805-20 gennaio 1806)

Il 7 dicembre lo zar Alessandro spedì a Lacy l'ordine di rmrarsi a Corfù e di Il nel Mar Nero, ricalcando l'ordine impartito sei anni prima da suo padre all'ammiraglio Ushakov; e Napoleone scrisse a 'lallcyrand che non avrebbe piì1 accettato mediazioni per Napoli. 11 22 dicembre /! l'imperatore comunicò af suo ministro degli esteri che la regina Maria Carolina aveva cessato di regnare e il 23 nominò il fratello Giuseppe suo luogotenente generale nel Regno di Napoli e impartì l'ordine di formare l'Arrnée de Naples, al comando di Masséna, Ney e Saint Cyr. Il 26 firmò a Presburgo la pace con l'Austria e il 27, col famoso proclama di Schonbrunn, annunciò alle sue truppe che la dinastia di Napoli aveva cessato di regnare. T1 28 ordinò lo scioglimento e il rientro in Italia dell'VIII corpo della Grande Armée e a Masséna di assumere il comando ddl'Arrnée de Naples.

Il corriere raggiunse Masséna a Lubiana il 1° gennaio 1806. Nelle stesse ore, reduce da un'ispezione alla frontiera, Lacy riuniva a Teano il consiglio di guerra alleato per deliberare "sur une situation critique". In assenza di Damas, Lacy dichiarò di aver constatato che la frontiera era piì1 debole di quanto appariva dalle carte e che la popolazione non era disposta a battersi. Il consiglio decise perciò il reimbarco e i generali rientraro_no a Napoli.


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'fottavia, non appena informato della pace di Presburgo, Lacy tornò sulla decisione e il 3 gennaio riunì di nuovo, stavolta a Napoli, il consiglio di guerra proponendo, col supporto tecnico di Oppermann, un arroccamento in Calahria. Craig provò ad opporsi, sostenendo che la Calabria non poteva essere rifornita dal mare (come gli constava da una ricognizione effettuata per suo ordine dal capitano Durban con la fregata Ambuscade), che sarebbe scoppiata l'insurrezione se gli alleaci avessero provato a requisire i viveri sul posto, che resistere in Calabria sarebbe stato in ogni caso inutile, perché la Sicilia si poteva difendere molto meglio occupando Messina, mentre si sarebbero comunque lasciate al nemico la capitale e le province pit1 ricche. Craig fo però sostenuto dal solo generale Campbell e perfino gli altri ufficiali inglesi intervenuti al consiglio appoggiarono la tesi dell'arroccamento in Calahria. Sempre il 3 gennaio, mutato consiglio, Napoleone decise <li dare al principe Giuseppe anche il comando in capo dcII'Année de Naples. Il 4 gennaio Gallo scrisse a Luzzi che Masséna stava radunando 30.000 uomini per marciare su Napoli e la corte, ancora ignara delle decisioni alleate, nominò Fra Diavolo, Rodio e i presidi dei tre Abruzzi ispettori dei corpi volanti da formare alle frontiere. Ma l'ipotesi dell'arroccamento in Calabria si d issolse subito. Tatischev non ne fece cenno nella lettera del 6 con la quale comunicò a Circello la decisione del ritiro: con evidente imbarazzo, scrisse che ormai la diversione in Alta Italia non era più possibile e che il ritiro alleato avrebbe restituito a Napoli l'usbergo della sua neutralità! Il 7 Lacy riunì per la terza volta il consiglio alleato: Craig dichiarò di essere deciso a passare in Sicilia, qualunque fosse la decisione dei russi. Il solo Anrep continuò a sostenere l'arroccamento, ma i suoi argomenti forono confutati da Oppermann e Bachemet iev (Blanch, ovviamente, simpatizza con Anrep: scrive che "la reputazione di hravura, di svelta intelligenza, di carattere tenace compensava ciò che poteva mancargli" e ricorda che cadde in Prussia, a Mohrungen, il 25 gennaio 1807). Lacy aggiunse che i russi non potevano restare senza gli inglesi e rimise il comando in capo. I:ordine di ritiro impartito dallo zar Alessandro arrivò a Napoli lo stesso giorno del consiglio: sembra però che sia stato letto da Lacy quando la decisione era già stata presa.


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Secondo Blanch, la decisione fu comunicata al colonnello Roth, comandante della guardia reale, "che ne restò sorpreso", nonché ad Elliot e 'fatischev, per trasmetterla alla corte. "La regina - scrive Blanch - proruppe in ira, chiamò tartari e barbari i russi, vili gli inglesi. Il re certo era afflitto da ciò; ma godeva, come tutti quei che prevedono, dell'imbarazzo di quanti non l'avevano voluto ascoltare. La regina fremeva e il re la rimproverava; le figlie, il principe ereditario non osavan dire ciò che pensavano; ma il silenzio era significativo. Leopoldo piangeva".

In preda al panico, la corte scrisse a Gallo, chiese la mediazione spagnola, mandò il cardinale Ruffo incontro ai francesi ad offrire la sottomissione del re, scongiurò i russi di restare dietro il Volturno fino al termine della missione per rafforzare la posizione negoziale napoletana con un simulacro di resistenza, ma Craig, al quale premeva sganciarsi al più presto da Napoli per potersi arroccare a Messina, vinse le ultime esitazioni di Lacy dandogli un prestito di 25.000 sterline e ingenti quantità di biscotto. L8 gennaio, mentre la brigata Jarduck partiva da Sulmona per il Volturno, Ruffo partì per Roma per cercare l'appoggio del papa. Il 9 Masséna arrivò a Bologna e Giuseppe Napoleone partì in incognito da Parigi. fermatosi due giorni a Bologna per dare disposizioni al prefetto circa le sussistenze delle rrJppe in transito, Ma.~séna ripartì l' 11 per Rimini e Ancona, dove andò a cena e a teatro col delegato apostolico. Solo il 1O Damas ricevette a Chieti un laconico biglietto di Lacy che gli comunicava lo scioglimento del comando combinato e il reimbarco alleato. Il generale lo fece protocollare dal quartiermastro Fardella, ordinò a Rosenheim di distaccare i cacciatori Campani a Pescara, di condurre il resto della Divisione a Foggia e di attendervi nuovi ordini, rimandò da Sulmona a Capua l'artiglieria scortata da 4 compagnie di fucilieri Sanniti e partì per Napoli. Per fare prima, gli inglesi pensarono di imbarcasi a Gaeta, ma quando chiesero di entrare nella piazza il principe d 'Assia dichiarò che se ci avessero provato li avrebbe presi a cannonate. Dovettero perciò rassegnarsi a dirigersi su Castellammare, bruciandosi dietro il ponte del Garigliano e abbattendo i cavalli per non lasciarli in mano ai francesi - i quali varcarono il confine solo un mese dopo. Respinti a loro volta da Gaeta, anche i ,russi bruciarono a Venafro la scafa del Volturno. Ancora ignaro di essere

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stato sostituito da Giuseppe alla testa dell'Armata, il 13 Masséna ispezionò le truppe a Foligno e il 14 stabilì il quartier generale a Spoleto, dove emanò un proclama alle truppe: «Sa Majesté l'Empereur et Roi m'a conféré l'honneur dc vous conduire sur un nouveau théatte de guerre. Au moment Oll son bras affrrmissait les fondements de l'Europe civilisée, une Cour parjure ouvrait ses portes aux Anglais, aux perturbareurs éternels du continent et à ces Russes qu'il a vaincus et humilié dans !es champs d'Austerlitz». Nelle stesse ore gli inglesi cominciavano il reimbarco. I russi s'imbarcarono il 16 a Baia. Intanto Circello, sostenuto fortemente da Elliot, chiedeva a Craig di ritirare i trasporti da Malta fino al termine della missione di Ruffo, minacciando di allearsi con la Francia se gli inglesi fossero sbarcati a Messina. Craig replicò che il negoziato avrebbe consentito ai francesi di porre condizioni inaccettabili e rifiutò di lasciare Malta e di impegnarsi a rispettare la neutralità ddla Sicilia, consigliando a sua volla alla corte <li lasciare Napoli e accettare una guarnigione inglese a Messina. Scrisse poi ad Elliot rimproverandogli di trascurare gli interessi dell'Inghilterra a henefìcio dei napoletani e, non fìdandosi piì.1 di lui, lo scavalcò distaccando a cotte uno dei suoi brigadieri (Campbell).

Il 18 Ruffo raggiunse Masséna a Spoleto e dichiarò d ' un fiato che la corte si rassegnava alla sorte che l'imperatore le preparava e si sottometteva alla m agnanimità del Grande Napoleone. Il mare.sciallo rispose seccamente di non avere autorità per discutere con lui e al cardinale non restò che proseguire per Parigi, preceduto da un corriere di Masséna. Lo stesso giorno la corte scriveva a Parigi offrendo un'alleanza difensiva e oftènsiva. Il 19, mentre Masséna partiva da Spoleto fermandosi a Ponte Molle, il convoglio di Craig salpava dal Golfo di Napoli, seguito il 20 dalle ultime navt.

Il re a Palermo e la regina a Napoli (21 gennaio - 3 fébbraio)

Il 21 gennaio Masséna raggiunse a Roma Giuseppe Napoleone, alloggiato presso lo zio cardinale Fcsch, e, studiato il rapporto delle ricognizioni fatte dai francesi alla frontiera napoletana nel 1798, concordarono di varcare il confìne il lO febbraio. Riavutosi dal colpo, Damas aveva intanto stabilito un piano di difesa con le sole forze nazionali. Prevedeva di


POLITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE ( ( 800 - 1806)

difendere le piazze (Civitella, Pescara, Gaeta, Capua), mobilitare i corpi volanti e arroccarsi con l'esercito non piì.i sulla linea del Volturno, troppo estesa per le esigue forze disponibili, ma oltre Eboli, dove terminava la strada della Calabria, sfruttando le impervie gole della Basilicata e la linea del Sinni. Fermamente decisa a prevenire un'insurrezione dei lazzari come quella del gennaio '99, la corte incaricò il duca d'Ascoli di tutelare l'ordine nella capitale con gli 800 fucilieri di città e una guardia borghese, organizzata al posto dei reggimenti urbani inquadrati dagli cx-sanfedisti. Imbarcatosi il 23 gennaio sul vascello Archimede, il re salpò il 24 per Palermo, scortato dall' Excellent e dal nerbo della squadra napoletana, dopo aver nominato il fìglio Francesco vicario generale del Regno. A Napoli rimasero anche la regina, il resto della famiglia reale e la corte. Imposta da Carolina al marito riluttante, giustificata dalla ragion <li stato, necessaria per salvare la flotta, pit1 dignitosa e meno precipitosa di sette anni prima, qudla seconda partenza appariva fatalmente la miserabile fuga di un re pusillanime e già detronizzato. 11 27 gennaio, mentre a Parigi 'fallcyrand formalizzava la rottura delle relazioni diplomatiche consegnando i passaporti a Gallo, a Roma il fratello dell'imperatore riceveva d:al vicario generale di Napoli la supplica di un accordo e concedeva <li sospendere fino al 6 febbraio ogni incursione oltre il confine. La corte si illudeva intanto che RuA-o fosse già arrivato a Parigi e negava a Craig, tornato da Malta nella rada di Messina il permesso di sbarcare. Il 31 la regina mandò il principe Francesco a ispezionare le fortificazioni di Capua e con le principesse andò ad inginocchiarsi davanti a San Gennaro e il 3 tèbbraio smobilitò i corpi volanti riuniti alla frontiera.

l'ala dritta da Fog_e;ia a Cassano (14 gennaio - 6fèbbraio 1806) Diminuita dei cacciatori Campani e dei fucilieri Sanniti e ridotta dunque a 11 battaglioni, 16 compagnie granatieri e 8 squadroni, più le reclute <li Pescara, l'ala dritta napoletana arrivò a Foggia dal 14 al 28 gennaio, in scaglioni distan:,,.Ìati di cinque giorni di marcia (il 14 il Valdinoto cavalleria e Albania, il 19 Alemagna, Principe T, Presidi e "soldatesca sparsa", il 20 Fardella, Rosenheim, uno squadrone Regina e i battaglioni Carolina T c. Calabria "con bande e bandiere", il 22 un battaglione cacciatori con

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reparti di Alemagna, Albania e Principe, il 23 il Principe TI con banda e bandiera e infine il 28 altri due battaglioni cacciatori, 200 camiciotti e le reclute del Carolina I). Rosenheim pose il quartier generale a Foggia, con la retroguardia a Serracapriola e San Severo e l'avanguardia verso Napoli al ponte di Bovino, fiducioso di poter ricondurre presto i soldati nella capitale e nelle guarnigioni di pace a seguito di un accordo negoziale. Il 25 gennaio gli fu invece ordinato di proseguire per Matera fino al confine tra Basilicata e Calabria. Cesercito, scrisse in seguito il maresciallo, marciò col "pensiero afAiggente di abbandonare quasi tutto il Regno alla discrezione del nemico, e con esso le famiglie, e le sostanze". Il 6 febbraio occupò Policoro, sulla costa Ionica prima della foce del Sinni, con un piccolo corpo d'osservazione a Gravina. Poi, lasciato Fardella con l'avanguardia a Policoro, arretrò col resto sulla destra del Sinni, ponendo il quartier generale a Cassano e le riserve qui e a Trebisacce, dietro il Monte Pollino. Rosenheim scrive (forse con tendenziosa esagerazione) che la sua Divisione era ormai ridotta ad appena 6.000 uomini, in ogni modo troppo pochi per un fronte di 30 miglia, sia pur rotto da ampi tratti di aspra montagna.

!francesi a Napoli e gli inglesi a Messina (10-16fèbbraio 1806) Lo stesso 6 febbraio la corte s'imbarcò per Palermo e il colonnello Roth marciò coi granatieri rea.li e il Principe I cavalleria per attendere a Sapri l'arrivo dei principi reali Prancesco e Leopoldo e scortarli poi a Cosenza, da dove dovevano animare la resistenza. T1 duca di Calabria s'imbarcò col fratello Leopoldo 1'8 febbraio, lasciando nella capitale un consiglio di reggenza composto dal principe di Canosa (padre del generale Minurolo e del famoso "principino", che seguì la corte in Sicilia), dal generale Naselli e dal caporuota Cìanciulli, incaricato di vegliare sull'ordine pubblico nella capitale e nelle province di prossima occupazione_ Lo stesso giorno l'Armée de Naples, forte di 43.110 uomini, 9.183 cavalli e 48 pezzi, completò il suo schieramento ai piedi dell'Appennino.

Il 1O febbraio, mentre l'A rmée de Naples varcava la frontiera, i principi reali sbarcarono a Maratea, Damas partì da Napoli per la Basilicata con Minutolo e le reclute e Maria Carolina s'imbarcò sull'Archimede, tornato a prenderla da Palermo (ma il maltempo ritardò la partenza alla sera


PO LITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE { 1800 - 1806)

dell'l l) . Ll 1 Reynier investì Gaeta e Giuseppe e Masséna raggiunsero Mignano, appena evacuata dalla retroguardia napoletana (2 squadroni del Principe II cavalleria comandati dal principe di Campana che, arrivati a Napoli con l'intenzione di proseguire per la Basilicata, furono invece trattenuti nella capitale per pattugliare le strade e impedire il saccheggio del Palazzo Reale). I ,a sera del 12 Giuseppe e Masséna arrivarono a Teano, dove il 13 ricevettero due delegati della Reggenza, il duca di Campochiaro e il marchese Malaspina, latori della sottomissione di Napoli e Casali limitrofi. Col voto contrario del solo Cianciulli, la Reggenza andò oltre il suo mandato ordinando ai comandan ti delle quattro piazze e dei castelli di Napoli di consegnarli ai francesi, con la garanzia della libertà per i militari di nazionali1à napoletana. TI primo ad obbedire fu il comandante di Capua, i[ ferrarese Gualengo (il principe della Cattolica, che vi era di guarnigione, fu dichiaralo prigioniero di guerra in quanto siciliano), e a sera Masséna e Giuseppe entrarono nella piazza. Il 14 le truppe francesi entrarono a Napoli, prendendo in consegna i castelli e dichiarando prigionieri di guerra Campana e i suoi cavalieri (ai quali fu tuttavia consentito di continuare il servizio di sicurezza interna). I due comandanti dell'Arrnée de Naplesentrarono nella capitale il 15. 1). 16, ottenuto il permesso del re, Craig poté finalmente sbarcare a Messina.

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Maria Carolina moglie di Ferdinando IV


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2. LA CONQUISTA FRANCESE (1806)

A. L'Armée de Naples Il comando dell'Année de Naples

e

ome si è accennato, già il 23 dicembre 1805 Napoleone aveva designato il fratello Giuseppe luogotenente generale dell'imperatore nel Regno di Napoli, assegnandogli una seconda Armée dc Naples (la prima era quella del 1799, comandata da Championnet e poi da Macdonald), con l'idea di mettere alla testa dei suoi tre corpi d'armata due marescialli (Masséna e Ney) e il generale Saint Cyr. Tuttavia l'ordine diramato il 28 dicembre da Berthier e ricevuto il ) gennaio 1806 da Ma.~séna lo incaricava di prendere il o~man<lo dcll'Arrnée de Naples e di portare con sé due delle divisioni di cui disponeva a Lubiana (VIII corpo della Grande Armée, che veniva disciolto e rientrava in Italia). Anche Saint Cyr, ricevuto a sua volta l'ordine di marciare su Napoli col corpo di blocco a Venezia, ritenne di essere stato investito del comando dell'Armata. 0

Napoleone mutò presto idea: il 3 gennaio dette infatti al principe Giuseppe il comando in capo dell'A rrnée de Naples, col grado di generale di divisione. Ney fo escluso dall'organigramma, mentre furono confermati sia Saint Cyr ch e Masséna, benché quest'ultimo fosse superiore gerarchico del luogotenente generale e comandante in capo. Tnoltre Berthier gli scrisse solo il 6 gennaio, e fino al 18, quando ricevette la lettera a Spoleto, il maresciallo continuò a ritenersi e a comportarsi da comandante dell'armata. Precedendolo di due giorni, Saint Cyr arrivò il 7 a Bologna, dove apprese di essere in subordine a Masséna. Sulle prime sembrò incassare il colpo, tanto da scrivere al collega un biglietto di congrattÙazioni, ma strada facendo ci ripensò e il 9 gli scrisse sussiegoso dal palazzo Ancajani di Spoleto di non poter servire da subordinato nell'armata che aveva credu to

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di dover comandare, rimise il comando al generale Pérignon e tornò a Parigi. Masséna giunse a sua volta a Spoleto il 14, ponendo il quartier generale a palazzo Pianciani. Pochi giorni dopo arrivò il dispaccio di Berthier con la notizia che il comandante era Giuseppe. Masséna la fece subito pubblicare e, appreso che nel frattempo costui era già arrivato a Roma, ospite dello zio cardinale Fesch, lo raggiunse il 21 per concordare il piano d'operazioni. Come si è detto, il 23 dicembre Napoleone aveva suddiviso l'Armata in tre corpi d'armata, ciascuno su due divisioni di fanteria, una di cavalleria e 30 pezzi. In realtà l'Armata fo formata da otto divisioni, 5 di fanteria e 3 di cavalleria, più una riserva granatieri formata dalle terze compagnie di 1 l reggimenti francesi. Inoltre la mancata nomina di Ney e la rinuncia di Saint Cyr consentirono a Masséna di aumentare la forza relativa del proprio corpo <l'armata, schierato al centro, composto da due divisioni di fanteria e due di cavalleria, mentre i corpi d'ala furono ridotti ad una sola divisione ciascuno e le ultime due divisioni (dragoni e fanteria) rimasero di riserva.

Lo stato maggiore dell'Armata Fin dal 23 dicembre Napoleone aveva designato una dozzina di generali da affiancare a Giuseppe. In primo luogo César Berthier, scelto quale capo di stato maggiore del principe non per i suoi scarsi meriti ma in grazia del potente fratello Alexandre, il famoso capo di stato maggiore di Bonaparte. Gli altri erano Mathieu Dumas come primo aiutante di campo, tre generali di divisione (Maurice Mathieu e Dulauloy e Campredon, comandanti dell'artiglieria e del genio), due di brigata, due aiutanti comandanti e due vecchie faine che conoscevano bene l'Italia, l'ordinatore in capo Arcambal, già calato su Napoli sette anni prima, e l'ispettore alle riviste Lambert. Di costoro furono in realtà chiamati solo Berthier e Dulauloy, insieme al divisionario Frégéville e al brigadiere Vallongue, comandanti della cavalleria e del genio, all'ordinatore in capo l;éraud, al sotto ispettore alle riviste Emmery, al pagatore generale Poydevant e a due aiutanti comandanti.

Il concentramento di forze nel corpo di centro (pari ad un terzo del cotale e alla metà della prima linea) accrebbe l'importanza dello stato mag-


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giore di Masséna a scapito di quello del principe Giuseppe. Capo di stato 111aggiore, designato il 18 gennaio dal maresciallo, era il generale di brigata G. B. Maria Pranceschi, di Bastia. Il corpo disponeva inoltre di un proprio comandante dell'artiglieria (generale di brigata Salva) e di un proprio ordinatore (Colbert). Le divisioni di fanteria del corpo di centro erano comandate da Verdier e Partouneaux, quelle di cavalleria da Espagne (cacciatori) e Dombrowski (dragoni). Le due divisioni d'ala erano comandate da Lechi (sinistra) e Reynier (destra) e le due di riserva da Mermet (dragoni) e Duhesme (fan1eria). Alle 8 divisioni erano addetti 19 generali di brigata (inclusi gli italiani Severoli e Ottavi, assegnati alla Divisione italiana, e Peyri, assegnato al corpo di centro). L'armata includeva altri tre generali di divisione, comandanti della cavalleria (fressinet), dell'artiglieria (Dulauloy) e della riserva granatieri (Gardanne). Gli stati maggiori del corpo di centro e delle ·'I: divisioni autonome includevano infine cinque a.iutanti comandanti (Dembowski per la Divisione Lechi) e dieci commissari di guerra (inclusi gli italiani Guizzardi e Severoli, fratello del generale).

Le truppe Al 1° frbbraio l'armata contava 43.110 uomini (34.124 fanti, 6.765 cavalieri e 2.221 artiglieri), 9.183 cavalli (6.913 di t ruppa e 2.270 d'artiglieria) e 48 pezzi (1 O da dodici , 6 da otto, 17 da sei, 4 da tre e 11 obici) invece dei 90 previsti in dicembre. Tre giorni di viveri (9- 11 gennaio) per 8 reggimenti di cavalleria e 7 di fanteria (ossia il corpo di centro) costarono 77.000 lire alla città di Bologna (malg rado ciò il 27 gennaio il prefetto fu strigliato dal generale Mermet, insoddisfatto del trattamento riservato ai suoi dragoni). I francesi rappresentavano i tre quarti delle truppe (33.293 uomini, con 6.741 cavalli e 43 pezzi), inclusi 960 corsi e 518 liguri del l/32e légère. Gli italiani (la vecchia Divisione Lechi rinforzata dalla Brigata Ottavi e i due reggimenti dragoni assegnati al corpo di centro) erano 6.545, con 1.935 cavaJli e 5 peni. Carmata includeva anche 2.906 polacchi con 511 cavalli (in forza all'esercito italiano ma trasferiti dalla Divisione Lechi alla Verdier), 666 svizzeri e 300 annoveresi in arrivo da Alessandria.

. l reggimenti di fanteria erano 18, di cui tredici francesi (Icr, 14c, 22c,

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~ 1815)

23e légère, ler, 6e, lOe, 20e, 29e, 42e, 52e, 62e, 101 e e 102e de ligne), uno polacco (I e quattro italiani (2°, 3°, 4° e 5°), un battaglione ligure (l/32e l{<;ère, colonnello Giacinto Ruffini), uno corso (d'élite) e uno svizzero (IV/ler suisse). La cavalleria contava 15 reggimenti - sette di cacciatori (4e, 6e, 9e, 14e, 25e, polacco e italiano) e otto di dragoni (7e, 23e, 24e, 28e, 29e, 30e francesi, Regina e Napoleone italiani). Lartiglieria 18 compagnie: dieci a piedi del 2e RAP, quattro a cavallo del / er RAC, tre italiane (due a piedi e una a cavallo) e una di pontonieri (2e BI1), più una squadra di 8 operai italiani e 12 francesi (della I0e/2e RAP). Il treno 22 compagnie (una italiana, le altre del 4e, 4e bis, 6c, 6c bis e 7c B'J). Non erano incluse nel computo 4 compagnie zappatori. 0

)

TI piano d'operazioni (21 gennaio 1806)

Come si è accennato, il piano d' operazioni fu concordato il 21 gennaio a Roma tra Masséna e il principe Giuseppe sulla base di un documento ( CÌJemins d'invasion) elaborato all'inizio del 1799 sopra una ricognizione effettuata alla frontiera del Liri dopo la sconfitta napoletana (il documento, nell'archivio Masséna, è probabilmente la copia trascritta dal dépot de la guerre e consegnata a Giuseppe alla partenza da Parigi). Secondo l'estensore dello studio, «la manière d' entrer hostilement dans le Royaume de Naples» era di «porcer brusquement sur Saint- Germano le gros de 1'arméc divisé en deux colonncs», la pit1 forte, con l'artiglieria e i bagagli, asinistra, sulla direttrice di Veroli, Isola e Aree, l'altra a destra, da Frosinone per Ceprano e Isoletta, con riunione a Piedimonte rPiedimonte San Germano, 5 km ad O di Cassino]. Bisognava inoltre distaccare da Sora, per Casalvieri e Atina, «<lcs flanqucurs cn bon nombrc, indispensables pour éclairer les montagnes, couvrir la gauche des colonnes, inspirer de la défìance à l'ennemi sur sa position d e Saint-Germano, et lui faire craindre d'etre enveloppé». L'occupazione di San Germano avrehbe consentito di «mettre à contribution la riche abbaye <le Montc-cassin qui perçoit des droits seigneuriaux sur près de soixante hourgs ou villages» ma soprattutto obbligato il nemico a ritirarsi al Volturno per difendere la capitale: cd era facile precedere a Venafro roppure a Mignano] l'ala d estra napoletana in ritirata da Pescara, tagliandola fuori dal resto. Quanto agli altri settori, il piano prevedeva la difensiva: cinquemila uomini sul Tronto, tremila a


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C ittaducale e Arsoli, duemila a Fondi, avrebbero impedito ogni contromanovra del nemico e tallonato la sua ritirata.

/,o schieramento francese (1 °-9 jèbbraio 1806) T1 ritiro degli alleati e l'esiguità delle forze napoletane rendevano l'invasione poco piì:1 che una passeggiata militare. Conformando il suo piano ai suggerimenti dello studio del 1799, Masséna scelse come direttrice principale la storica via Latina, ma la ritirata delle forze napoletane dall'Abruzzo ~li consentì di fare a mrno della divisione sul Tronto e di assegnare da subito compiti offensivi anche alle ali, lanciando la sinistra da Rieti su Popoli e Sulmona e la destra per l'Appia su Fondi e Minturno. f1 1° febbraio erano già schierati al confine romano quasi 30.000 uomini, con altri I 0.000 in riserva e 4.000 in arrivo; •

AJa Destra (Reynier) in m:ucia per Velletri, con 7.470 uomini, 662 cavalli e 5 p<--zzi e avamposti a Piperno (Priverno), Sonnino e Terracina; Corpo di centro (Espagne) ad Albano con 15.662 uomini, 4.160 cavalli, 14 pezzi, un servizio di ambulanze e avamposti a Pofi, Ceccano, Ceprano e Falvaterra, pochi km a N-E di Piperno e Sonnino; AJa Sinistra (T .echi) a Rieti con 5.525 uomini, 821 cavalli e 5 pezzi; Riserva (D11hesme) a frascati cy:,n 10.255 uomini, 2.352 cavalli e 24 pezzi in radunata ad Anagni, e Valmontone; Altri 4.128 uomini e 547 cavalli in marcia per Palestrina.

L8 fehbraio Masséna e il principe Giuseppe partirono da Albano, scortati da 200 cavalieri, fermandosi a sera a rerentino. Intanto l'ala destra si riuniva a Velletri e il mattino del 9 marciò per Cisterna seguendo la via Appia attraverso le paludi Pontine; gli ahitanti di Sermoneta, Sezze e Piperno scesero a Tor Tre Ponti, Forappio e Mesa per vender viveri ai soldati, che a sera bivaccarono all'ultima propaggine del Monte Leano.

il primo giorno dell'invasione (l Ofebbraio 1806) All'alha del 10 l'ala destra varcò il confine sfilando al piede di Terracina vecchia e costeggiando le falde meridionali dei Monti Ausoni. Gli esploratori incontrarono resistenza a Monte San Biagio, dove scambiarono qualcl:Je fucilata coi reali volontari. Oltrepassata Fondi, evacuata dagli abitanti ,

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lJ. DUE SICILIE NELLE GUERRE

NAPOLEONICHE (1800 - 1815}

l'avanguardia attaccò l'opera eretta al colle Sant' Andrea che sbarrava la gola d'Itri, munita di 6 pezzi e presidiata dall'unico battaglione veterano rimasto alla frontiera, i cacciatori Appuli <ld tenente colonnello Sandiel. Dopo simbolica resistenza, i cacciatori ripiegarono secondo gli ordini e con poche perdite a Itri, poi a Mola (Formia) e infine a Gaeta. Arrivato a Mola, Reynier pose il quartier generale nel sobborgo di Castellane e spiccò il generale Grigny a bloccare la piazza con 2 battaglioni del de ligne. La strada era però in vista della piazza e costeggiava il litorale, e le 4 cannoniere del piloto graduato Dc Martino costrinsero la colonna a ripiegare. Un a cannonata decapitò Grigny mentre cercava di rispondere al fuoco coi 4 pezzi divisionali da campagna (due cannoni e due obici da sei), che poterono essere messi in batteria sul lido di Castellane solo al calar della notte.

6e

Lo stesso giorno Masséna e Giuseppe raggiunsero Ceprano e il corpo del centro avanzò a Piedimonte San Germano. Vi fo qualche scaramuccia con le paLtuglie di coda del Principe TI cava.llcria in ritirata da Mignano a Napoli, ma la popolazione rimase tranquilla e i magazzini aperti. Un sergente annotò che molti cittadini sembravano accogliere gli invasori come "alleati". Uscita all'alba dalla porta d'Arei di Rieti, l'ala sinistra si inoltrò per il passo del Salto e Borgo Velino nelle gole d' Antrodoco, che sette anni prima avevano inghiottito 1.500 franco-repubblicani in ritirata. Un battaglione del 4° di linea, spiccato a Cittaducale, vi trovò molti fucili abbandonati dai napoletani e anche 4 cannoni che Lechi fece d istruggere.

L'investimento di Gaeta e la resa dell'Aquila (J l febbraio 1806) All'alba dell ' 11 i pezzi da campagna francesi risposero al fuoco d elle cannoniere napoletane di Gaeta: il duello si protrasse innocuo per due ore finché le cannoniere, esaurite le munizioni, torn arono a Gaeta per rifornirsi; Reynier ne approfittò per o cc upare il Borgo esterno e spedire un ufficiale ad intimare la resa. La missione non poté tuttavia essere eseguita, perché i cacciatori Appuli, appostati sull'altura di fronte ai balua rdi (il Montesecco) per proteggere la tardiva demolizione dei muri a secco dei giardini, apersero il fuoco contro gli avamposti stabiliti dai francesi nel borgo, e nel trambusto non si accorsero d ella bandiera parlamentare. Masséna non voleva perdere altro tempo: distaccato a M o la il generaJe Guiot de Lacour per bloccare Gaeta col 6° di linea, ordinò a Rcynicr di


l'O LITICA DI SICUREZZA [ CONQUISTA FRANCESE { 1800 - 1806)

111arciare col resto della Divisione al Garigliano e ad Espagnc di attestarsi :, Mignano per collegarsi con Lechi, e volse per Presenzano su Capua. Lo stesso giorno, lasciati l'artiglieria e 2 battaglioni a sei miglia d:ill' Aquila, Lechi andò a riconoscere le posizioni circostanti con 2 comI lagnie volteggiatori e una di cacciatori a cavallo. La cautela fì.1 anche tropp:i, perché il comandante del castello, Bonanni, si arrese con 300 uomini ,otto minaccia di essere passato a fil di spada in caso di resistenza. Conservato nelle sue fi.mzioni, il pacioccone fu forse il primo ufficiale borhonico a passare al servizio dell'invasore: lo troviamo ancora nel 1813 aiutante di piazza nell'antico castello spagnolo eretto ad reprimendam auda,ù,rn Aquilanorum. Gli affusti dei 40 pezzi e le armi portatili rinvenuti nel castello forano distrutti e ai veterani fu garantita la paga. Il vice preside della provincia, il colonnello Salomone che sette anni prima l'aveva sollevata contro i francesi e la Repubblica, fu guardato a vista, i presidi degli altri due Abruzzi convocati a Popoli.

ra marcia su Capua e l'ingresso a Napoli (12-15 febbraio 1806) Il 12, mentre la pioggia torrenziale tratteneva Lechi all'Aquila e gli zappatori di Reynier lavoravano ~l passaggio del Garigliano, i granatieri di Gardanne e i cacciatori di Espagne occuparono Calvi spingendo ricognizioni su Capua, e Masséna e il principe Giuseppe raggiunsero Teano. furono prese precauzioni, perche il maresciallo Gualcngo, governatore di Capua, sembrava deciso a battersi con "tre reggimenti" (secondi e terzi battaglioni Alemagna, Albania e Reali Sanniti).

Il mattino del 13., mentre Reynier passava il Garigliano marciando al Volturno, due battaglioni di Partouneaux: si attestarono di fronte a Capua e le batterie napoletane apersero il fooco , tirando a casaccio. Poco dopo si presentarono alle linee francesi il duca di Campocbiaro e il marchese Malaspina, latori della sottomissione della reggenza, che, oltre a Napoli e Casali, offriva anche la resa delle piazze. Gualcngo consegnò Capua, dove la sera stessa entrarono Masséna e Giuseppe. Il 14 le truppe francesi entrarono a Napoli e occuparono i castelli, seguite il 15 dal maresciallo e dal pnnopc.

lil 16 Giuseppe d ecretò la costitu7.ionc del

1" reggimento leggero napolelano coi qua-

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LE DUE SICILIL NELLE. GUERRE. NAPOLEONICHE (1800 - 1815}

dri veterani di Capua, inquadrati da esuli provenienti dal servizio francese o italiano, dandone il comando al più elevato in grado, il tenente colonnello dei dragoni Napoleone Vincenzo Pignatelli Strongoli. Con decreto del 18 vi aggiunse anche il 1° cacciatori a cavallo napoletano, formato dai 2 squadroni Principe Reale II in servizio di ordine pubblico a Napoli, dandone il comando al colonnello dei Cacciatori a cavallo italiani, il napoletano Ciambattista Caracciolo].

La mancata resa di Gaeta (13-18 jèbbraio 1806) Non appena ricevuta la sottomissione della reggenza, il principe aveva spedito uno dei suoi aiutanti di campo, caposquadrone Louis Tascher de la Pagerìe, cugino dell'imperatrice, a recapitare l'ordine di resa al principe d'Assia, governatore dì Gaeta. Arrivato a notte, Tascher volle subito eseguire la missione, incurante del l'oscurità: com'era prevedibile, le senti nelle scorsero le sagome di Tascher e del collega Lamy che lo accompagnava, non la bandiera bianca: li presero per una ricognizione del genio, spararono e uccisero Lamy, il cui cadavere fu poi recuperato l'indomani. Recapitati finalmente intimazione e ordine della reggenza, il mattino del 15 si avviarono i colloqui in casa del console ottomano, situata nel sobborgo. J\llegando un'indisposizione, il governatore si fece rappresentare dal suo 1° aiutante di campo Andrea Langellotti. Si convenne un armistizio fino all'arrivo di istruzioni da Palermo; in cambio i francesi occupavano metà del sobborgo fino alla spiaggia settentrionale (golfo di Serapide), una posizione molto vantaggiosa. Una serie di malintesi fece però subito naufraga re l'accordo e, in mancanza di un parco d'assedio, ci si dovette rassegnare a bloccare la pia:aa a tempo indeterminato. Il 18 il comandante del genio, generale di brigata Pascal Vallongue, fece un'accurata ricognizione assieme al colonnello Lazowski e altri numerosi ufficiali dell'arma.

La resa di Pescara e la resistenza di Civitellt, (/3-21 febbraio) TI 13 Lcchi era partito dall'Aquila, ma la pioggia aveva guastato le strade. l soldati lasciavano le scarpe nel fango, l'artiglieria seguiva a fatica: la Divisione impiegò l'intera giornata per avanzare di pochi chilometri: a sera dovette acquartierarsi nei tuguri di Barisciano e dintorni e solo il 14 poté arrivare a Popoli.


l'n UTICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE (1800 - 1806)

La Divisione rimase a Popoli per distruggere i criceramenti eretti dai 11:ipoletani, ma il 15 un battaglione del 2° di linea occupò Sulmona, men•re un esule napoletano (il capitano del genio italiano Montemayor) fu in viato con 2 compagnie volteggiatori e un reparto cacciatori ad intimare Li resa a Pescara. Il governatore, il maresciallo svizzero Simone Salis, rispost · di non potersi arrendere a cosl pochi uomini e comunque prima di { ;acta. Pu pertanto richiamata sotto Pescara la Brigata Ottavi, che era stata rimandata verso Rieti non essendo possibile vettovagliare l'intera divisio11c a Popoli_ Ottavi arrivò il 18 con 3.000 uomini: Salis respinse la second :1 intimazione e durante la notte fece aprire il fuoco contro i movimenti nemici, ma al mattino i suoi ufficiali gli fecero presente l'iuutilità della di Fesa dichiarando che lo avrebbero abbandonato se non si fosse arreso., non volendo rischiare di essere passati a fil di spada. Salis si arrese e il pomeriggio del 19 uscl con l'onore delle armi. La guarnigione includeva '.-:00 miliziotti provinci:1li che furono rirmm,fati ,1 GIS,l e 500 cacci,1tori ( :ampani, incorporati nel 1° leggero napoletano .. Il 21 fu intimata a resa a Civitella, che la respinse. Assicurati i viveri, requisiti buoi e muli per poter restituire quelli requisiti negli stati pontifici e lasciato il I battaglione del 5° di linea di guarnigione a Tocco e il li (col. Milossevic) a Chieti e Pdcara, il resto della brigata tornò a Popoli, al posto della Severoli, trasferita a Sulmona.

La riorganizzazione dell'Armée de N aples (21 fèbbraio 1806) Intanto il Cratere di Napoli era stato messo in stato di difesa per dissuadere incursioni inglesi. Attorno alla capitale fu imbast ito un campo trincerato, con le Divisioni Reynier a Capodimonte e Verdier a Capodichino; furono occupate Ischia, Procida, Baia, Pozzuoli, Portici, C astellam mare, Sorrento e Capri e due battaglioni furono spediti a Salerno. Il capitano Roberti fu nom inato commissario della rada e il corsaro ligure Bavastro, amico personale di Masséna, comandante della Fama, una corvetta napoletana catturata in porto. Le reclute prese nei Castelli furono congedate e il Principe II cavalleria dichiarato prigioniero di guerra, continuando però a svolgere il servizio di polizi a insiem e ai fucilieri di città. Si controllò infine che le d errate requisite per le truppe n on fossero avvelenate dai fautori del vecchio regime.

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Limprevista resistenza di Gaeta costrinse a suddividere le forze e il 21 febbraio l'Armée de Naples fu riordinata su tre corpi, il I (Masséna), con 15.631 uomini e 13 pezzi, per presidiare le province già occupate e bloccare Gaeta e Civitella, il 11 (Reynier), con 12.629 uomini e 12 pezzi, a Napoli per muovere poi contro l'ala sinistra nemica e il 111 (Duhesme), con 10.129 uomini e 8 pezzi, in Abruzzo per occupare la Puglia e minacciare l'ala destra nemica. Dall' Armée de Naples dipendevano inoltre anche il presidio della piazza di Ancona (749 corsi e GO artiglieri italiani) e 540 annovcresi, ancora in marcia da Alessandria, portando l'effettivo totale a 40.780 uomini e 33 pezzi da campagna. Il I corpo era composto da due divisioni di fanteria (Partouneaux e Gardanne) con un reggimento leggero (22e) e sei di linea (29e, 52e, 101 e; 20e, GOe e 102e) francesi e i battaglioni corso e ligure, e da due divisioni di cavalleria (Espagne e Mermet) con sette reggimenti francesi (4e, 24e e 2 5c chasscurs e 23c, 24c, 29c e 30e dragons) e gli ulani polacchi. Cartiglieria includeva 6 pezzi da sci, 2 da montagna e 5 obici.

1111 corpo contava 2 divisioni di fanteria (Reynier e Verdier) con due reggimenti leggeri (ler, 23e), tre di linea (6e, lOe, 42e) e due di cacciatori (6e e 9e) francesi, pitt il 1° polacco e il 1° svizzero, per un totale di 12 battaglioni e 6 squadroni con 3 pezzi da sei, 4 da montagna e 5 obici_ Il llI corpo includeva una divisione di fanteria (Lechi) e una di cavalleria (Dombrowski), con gli 8 battaglioni e tutti i 12 squadroni italiani rinforzati da quattro reggimenti francesi (14e légère, 1er de ligne, 7e e 28e dragons) e con 6 pezzi da sei e 2 obici.

B. Campo Tenese (1 ° - 9 marzo 1806) La linea napoletana in Basilicata e Calabria Nelle sue Memorie, Damas attribuì al principe ereditario e vicario generale la responsabilità di aver bocciato il piano preparato dallo stato maggiore, che prevedeva l'arroccamento poco sopra Cosenza, tra il Crati e la Sib Greca, e di aver imposto, p er r:-igioni politiche o propagandistiche, di


I \JLITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA fRANCESE { 1800 - 1806)

.11 testarsi

al confine tra Basilicata e Calabria su una linea troppo estesa per k scarse forze disponibili, che correva dal Golfo di Policastro alla foce del .\ inni, appoggiandosi al Monte Pollino, ultimo massiccio dell'Appennino I ,11cano. Malgrado la successione di fiumi paralleli che si gettano nel Golfo di ' I ;tranto (Bradano, Rasento, Agri, Sinni) ostacolando la marcia da Foggia, il settore pii1 vulnerabile era quello orientale verso la Puglia. L'occidentale verso Salerno era impervio: la via d'accesso obbligata erano i resti dell'an1ic.1 strada consolare, incassata fra l'Appennino Lucano a Levante e le aspre 111ontagne del Cilento a Ponente, con temibili strettoie all'imbocco e all'uscita dei due tratti pianeggiami, il fenile Vallo di Diano e la desolata conca di Campo Tenese. Il cavalier Medici, che aveva seguito l'esercito, scrisse al riguardo: "lo non sono militare, ma certamente a vedere questi luoghi nei <Juali non si può camminare neanche a piedi, mi credeva che quattro gatti sarebbero stati sufficienti a chiudere l'entrata a qualunque armata nemica,

comunque si fosse numerosa. Il fatto ha provato il contrario". Nelle Osservazioni scritte a Messina poco dopo la rotta, Damas giustifìcò con analogo argomento la decisione di collocare all'ala sinistra (quella direttamente investita dal nemico) le truppe meno agguerrite e peggio comandate, cioè quelle venuté da Napoli (in realtà solo 5 battaglioni rcdu1e furono assegnati all'ala sinistra; gli altri 1 al centro e 6 alla destra. I battaglioni veterani furono assegnati 6 alla sinistra, 2 al centro, 1O alla destra e I alla guardia d ei principi a Cosenza).

La posizione di Roseto e la testa di ponte sul Coscile In realtà Damas si aspettava che il nemico avrebbe attaccato dal lato più vulnerabile, ossia dalla Puglia, passando i fiumi verso la foce e marciando lungo la costa Ionica. Perciò aveva messo in prima linea sette battaglioni , 2 (Zimmermann) al centro a Prancavilla, ndl' alta valle del Sino i, e 5 (Minichini) a destra, con 6 squadroni (Dc Cesare) in avanguardia a Policoro, alla foce d ell'Agri. Contava inoltre sulla guerriglia dei corpi volanti pugliesi e lucani organizzati dal giovane e risoluto colonnello Rodio, trasferito dalla frontiera abruzzese. In caso di attacco, le 2 brigate d 'avanguardia, comandate da Parddla, dovevano ripiegare sulla destra del Sinnie attestarsi a Roseto. Zimmermann doveva invece minacciare il fian-

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co destro del nemico, impedirgli di aggirare il Pollino e dar tempo all'ala sinistra di ritirarsi nel ridotto stabilito tra Castrovillari e Cassano, protetto a Nord dal versante calabrese del massiccio, con la sinistra ancorata a Campo Tenese e la destra dietro il Coscile, affluente dd Crati. Nella Memoria ragionattt scritta piì:1 tardi a Messina, Rosenheim sostiene di aver eseguito gli ordini di Darnas senza nascondergli il suo dissenso. La posizione di Roseto, sulla quale Damas riponeva tanta fiducia, non era che "un passaggio lungo il mare guardato da una diruta, e antica torre, sotto di cui si costruirono delle piccole opere per infilare la strada, dominato da alcune colline alla distanza di circa 400 tese e anche accessibile da' cacciatori per strade tortuose". Le opere erano armate con vari pezzi da quattro e uno da dodici, superAuo a giudizio di Rosenheim dato che il campo di tiro era di sole 3-400 tese. Caduta Roseto, l'avanguardia doveva ritirarsi per la cosca sino a Trebisacce, piegando poi a destra per Cassano e attestarsi dietro il Coscile, dove "in un angolo rientrante", i pontieri del capitano &camard avevano eretto un ponte militare a cavalletti, protetto da una piccola testa di ponte fortificata. Le istruzioni prevedevano infine la ritirata dietro la linea del Crati, appena sopra Cosenza, con concentramento a Casiello e a Tarsia e di qui a Bisignano e Acri, alle falde settentrionali della Sila Greca, passando per il varco di Rovetta e il ponte Lellio (o di don Lello) alla confluenza del Coscile nel Crati. Il parco e la grossa artiglieria, scortati da un reggimen to di cavalleria, dovevano invece ritirarsi lungo la costa per la strada di Cot rone. Gli assentisti dei viveri e foraggi dovevano predisporre i necessari magazzini a 'farsia e nelle alcre cappe della ri tirata.

La posizione di Lagonegro e i j òrtini di Campo 1ènese Convinto che il nemico avrebbe attaccato d alla Puglia, D amas schierò l'ala sinistra in p rofondità, sfruttando le successive posizioni n aturali lungo la strada consolare, non tanto per bloccare, quanto per logorare un'avanzata d a Napoli, del resto ritenuta improbabile o diversiva. Il primo ostacolo era la gola di C ampestrino , all'imbocco del Vallo di Diano, il cu i profondo orrido era attraversato da un ponte a 2 7 archi sovrapposti in tre ordini. N on pare sia stata presa in considerazione l'idea di farlo saltare, forse perché a quell'epoca doveva apparire un'assurdità pensare di poterlo


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poi ricostruire, ma anche perché era sotto la tutela del ras della vicina Polla, Gerardo Curcio, il famoso capomassa "Sciarpa'' del 1799, che aveva ri cevuto 30.000 ducati dalla regina per armare le masse del Cilento e degli Alburni e dal quale si era avuta la promessa, non sottoposta ad alcun riscontro, di sbarrare il passo al nemico coi soli volontari.

11 primo avamposto era invece a Casalnuovo, tra lo sbocco del Vallo di I )iano e Lagonegro, difeso da un fortino con 2 pezzi; e la prima posizio-

di resistenza era alle porte di Lagonegro, dove la strenoia era stata potenziata rompendo il ponte sul torrente Noce e infilando la strada "regia'' con un cannone da dodici e un obice, collocati all'ingresso del p;1ese insieme ad un paio di ridotte. Secondo Rosenheim si era anche pensato di mettere un pezzo da montagna a sbarrare la "strada vecchia" che da Casalnuovo sbucava sulla piazza di Lagonegro: non lo si era fatto "per mancanza di tempo" (benché Minutolo fosse lì dal 13 febbraio!). 11c

Dietro Lagonegro c'era Lauria, murata e munita di 3 pezzi (1'8 agosto, durante la controffensiva di Masséna contro l'insurrezione calabro-lucana, lì.1 espugnata dopo strenua resistenza degli abitanti). La strada proseguiva per Castelluccio, da dove si scorgeva Rotonda, incrocio con la strada che, per Viggianello c San Severino, portava all'alta valle del Sinni. A Rotonda, in una giornata di marcia, !' poteva affluire anche il distaccamento di Francavilla, per minacciare il fìanco sinistro della colonna nemica proveniente da Salerno. Da Rotonda la strada regia saliva alla conca di Campo 'lenese, racchiusa per 8 chilometri fra quattro contrafforti montuosi, due a N-0 (Cupola di Paolo, propaggine occidentale del Pollino) e due a S-E (Palanuda). Tcontrafforti settentrionali delle due montagne, più vicini fra loro, formavano la stretta di San Martino; tra i meridionali c'era invece un varco di quasi mille metri, attraverso il quale la strada proseguiva per Morano e Castrovillari. Si rimproverò poi a Damas di non aver fortificato la stretta di San Martino, enfatizzata dalla propaganda come le Termopili della Calabria. Anche qui, come a Campestrino e Lagonegro, si contava sul fiancheggiamento dei corpi volanti, comandati dal colonnello Cancellieri. Nelle Osservazioni scritte a Messina poco dopo, Damas confutava l'accusa ricordando che la stretta, in apparenza formidabile, poteva essere però aggirata da sinistra per la ,strada (allora secondaria, oggi principale) che da C1stdl11ccin, per Laino

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e Mormanno, sbucava in mezzo a Campo Tenese, presso il convento dei Cappuccini, rifi.1gio dei viandanti sorpresi dai vortici invernali. Per questa ragione le opere (costruite solo la vigilia della battaglia) furono collocate più indietro, a sbarramento del largo varco verso Morano.

La dislocazione delk forze napoletane all'inizio dell'offensiva Come si è accennato, il 6 febbraio Roscnheim aveva stabilito il quartier generale dell'ala destra a Cassano, sotto il versante calabro del Pollino. Per essere più vicino all'ala destra, Damas stabilì il suo a Castrovillari, poco più a Ponente di Cassano. 114 marzo, inizio dell'offensiva francese, le forze napoletane erano così schierate: Ala sinistri! (Minuto/o)

posto d'osservazione ad Auletta, presso Campestrino, con ritirata alla ridotta di Casalnuovo: tenente colonnello Andrea Pignatelli Cerchiara, con 300 uomini (2 compagnie granatieri Principessa, 1 squadrone Re) e 2 pezzi; avanguardia e QG della Divisione a Lagonegro: maresciallo Minurolo, col sottocapo di SM (Monfcrré) e la 3a Ilrig;ua (Colonna) di 2.000 fanti - 4 battaglioni fucilieri (Reggimento Principessa, colonnello Montaperto, e l" focilieri Sanniti Nunziante) 2 squadroni (Re) e l compagnia d'artiglieria con 2 pezzi leggeri oltre ai 2 pesanti in posi~.ione al ponte del Noce; cemro a Casrelluccio: 2a Brigata (Tschudy) di 3.000 fanti - 3 battaglioni e 2 compagnie granatieri (Reggimento Abbruzzi, colonnello Mirabelli) con un battaglione distaccato a Maratea; retroguardia alla Ro1onda: 1a Brigata (Ricci) di 2.000 fanti - 3 battaglioni e 2 compagnie granatieri del Reggimento Ferdinando (colonnello Rusciani) col 3° battaglione distaccato a Mormanno;

Centro •

• •

forza d'osservazione (appartenente alla Divisione Rosenheim) a Francavi Ila sul Sinni, colonnello Zwcycr, con 2 compagnie granatieri e 2 battaglioni fucilieri (I O e 2° Carolina I); 2° battaglione granatieri reali (appartenente alla la Brigata della Divisione Minutolo) a Morano, a presidio della stretta di San Martino e delle opere di Campo Tenese; Q_uartier ge nerale dell'esercito di campagna a Castrovillari, tenente generale Damas, comandami della ctvalleria, dell'artiglieria e del genio (brigadieri Acton, Novi e Winspeare) e reggimento Principessa cavalleria; Parco d'artiglieria a Oria, tra Castrovillari e Cassano;


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Destra (Rosmheim)

grosso e quartier generale della Divisione a Cass;rno, con distaccamenti a Ponente (Oria, Amanda e Lara) e a Levante (a Trebisacce, Roseto e Rocca Imperiale) del Coscile: maresciallo Rosenheim e brigadieri Carlo 'lschudy e Dell'Uva con 10 battaglioni e 12 compagnie granatieri (granatieri Sanniti, Reggimento Calabria al completo, primi battaglioni Alemagna, Albania, Principe Carolina II e Presidi, 3° Carolina I, 2" Principe I); avanguardia a Policoro, con ritirata per Rocca Imperiale a Roseto: brigadieri Fardella, Minichini e De Cesare con 2 compagnie granatieri e 5 battaglioni (1 ° Principe I, cacciatori Marsi, Aprutini, Sanniti e Albanesi) e 6 squadroni (Regina e Valdinoto 11 cavalleria); retroguardia a Spe:u.ano: 3 squadroni (Valdimazzara cavalleria); guardia dei principi a Cosenza: tenente generale duca della Salandra, 1° battaglione granatieri reali e Principe I cavalleria (colonnelli Roth e Serg:irdi). Coi principi si trovava anche il direttore di guerra, colonnello Colajanni.

n,

/,a preparazione delloffénsiva (23 jèbbraio - 3 marzo 1806) Il piano francese consisteva in effetti in un'offensiva a tenaglia dalle Puglie e da Napoli, ma, contrariamente al calcolo di Damas, lo sforzo principale era portato contrar- l'ala occidentale, assegnando l'azione diversiva al III corpo di Duhesme. La scelta fu dettata in parte dal desiderio di affrettare i tempi, necessariamente più lunghi agendo dalla Puglia (a causa della maggiore distanza e dell'ostacolo dei fiumi non guadabili in quella stagione), e in parte dal calcolo che la superiorità della fanteria francese avrebbe comunque compensato i notevoli vantaggi che l'Appennino Lucano offriva al difensore. Naturalmente, avendo pitt strada da percorrere, il primo a mettersi in marcia fu il III corpo. Duhesme marciò coi francesi per Troia e Bovino su Matera e il 23 febbraio la Divisione Lechi ricevette l'ordine di trasferirsi a Foggia. Montemayor fu inviato con gli zappatori ad assicurare all'artiglieria il passaggio del Sangro e del 'frigno e le truppe Furono divise in più colonne, riunitesi il 27 a Lanciano, dove furono ben accolte dalla popolazione. La 2a Brigata (Ottavi) proseguì per Vasto il 28, seguita il 1° rnarzo dalla l ,1- Malgrado il tempo orribile e la pessima condizione delle strade, il 2 le brigate erano a Serracapriola e Termoli e il 3 a San Severo e a Se,rracapriola, arrivando a Foggia il 4 e il 5. eartiglieria, invece, nonostan-


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te un trai no di 12 quadrupedi per pezzo, arrivò a Foggia solo il 6, e 5 cavalli e 3 buoi morirono di freddo. Nel frattempo, a complicare le cose, c'era stato il ritorno di Saint Cyr, rimandato a Napoli dall'imperatore. Il 27 febbraio Giuseppe aveva dato il comando del III corpo a Duhesme e si sbarazzò del nuovo arrivato mandandolo in Puglia con la brigata francese del Hl corpo, senza toglierne il comando a Duhesme. A tornare a Napoli da Foggia fu invece Lechi, che il 5 marzo cedette il comando della sua Divisione a Severoli, il brigadiere più anziano. Lo stesso giorno, nel timore di un'insurrezione borbonica nella capitale, i prigionieri di stato considerati pit1 pericolosi, tra cui il colonnello Salomone, il padre dei Baccher e un unico militare (il sergente dei fucilieri di città Candido Ricciardi), Furono trasferiti al carcere di massima sicurezza di Capua. La Divisione Reynier partì da Napoli il l marzo. Lavanguar<lia (Compt:re) contava 3.600 fanti (ler légère e 42e de ligne) e 150 cavalli (del 9e chasseurs). T1 centro (7.000) era comandato da Verdier, con le brigate Digonnet e Peyri (23e, 6e e 1er polonais), l'artiglieria (capobattaglione Paul Courier) e una compagnia di zappatori. Chiudeva franceschi Delonne con 900 svizzeri e 860 cacciatori. Compère scrisse poi nelle sue memorie di aver incontrato a Sapino, alle porte di Salerno, un parlamentare spedito da Minutolo a minacciare rappresaglie sui francesi in caso di cattura. Il 2 la Divisione ricevette a Salerno il materiale da montagna. Arrivate ad Eboli a mezzogiorno del 3, le pattuglie riferirono a Compère che la strada consolare era sbarrata da 1O compagnie di volontari, mentre i regolari nemici erano dietro Monte Sacco. O

(Intanto gli esploratori francesi usciti all'alba da Salerno avevano raccolto sul litorale 386 cavalli abbandonati sei settimane prima dai russi e che Minutolo aveva trascurato di prender con sé quando si era trasferito da Napoli a I ,agonegro. Furono requisiti anche 130 cavalli lasciati alla rimonta reale di Persano. La rinuncia a portarsi appresso i cavalli può essere giustificata dalla scarsità di foraggi e dal fatto che da Eboli in poi la consolare non era più carrozzabile e i trasporti dovevano perciò essere in someggiati. Avrebbero però dovuto essere abbattuti, per non lasciarli ai francesi).


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Campestrino e Lagonegro (4-6 marzo l 806) Rientrato a Polla f-ìn dal 26 febbraio, "Sciarpà' aveva lasciato del tutto incustodito il ponte di Campestrino, che il mattino del 4 marzo fu attraversato senza ostacoli dai 4 battaglioni del ler e 23e légèrc e da uno squadrone del 6e chasseurs, che poco dopo occuparono Polla e Marsica Nuovo. Il 5 Compère occupò il ridotto di Casalnuovo, già evacuato da Pigna1elli, e Reynier attraversò il Vallo di Diano. A San Lorenzo della Padula trovò solo "donne ubriache e insolenti" e un ufficiale spedito da Minutolo a chiedere il rispetto delle leggi di guerra in caso di cattura di reclute prive di uniforme, essendo queste munite di contrassegni militari. Scrisse al principe Giuseppe che i soldati erano affamati: aveva ricevuto solo metà delle 100.000 razioni che gli erano state promesse. Oamas sostenne (confermato da Rosenheim) di aver dato da vari giorni ordine a Minutolo di attaccare per primo non appena stabilito il contatto col nemico. Il maresciallo seppe da Pignatelli, arrivato a Lagoncgro il mattino del 5, che il nemico era a Montcsano ma si dette tempo, pensando di doverlo affrontare non prima del 7; non richiamò gli scaglioni arretrati né pensò di sbarrare la strada di Casalnuovo. Il mattino del 6, per precauzione, inviò esploratori e tenne le truppe sotto le armi fino al loro ritorr. no. Avvisato che il nemico' era a Casalnuovo ma non aveva fatto alcun movimento, free rientrare le truppe agli alloggi, meno gli avamposti sulla strada di Moliterno e al ponte del Noce, e a mezzogiorno fece distribuire il vitto. Proprio allora (o alle due del pomeriggio) il cannone avvertl che il nemico aveva attaccato gli avamposti. Battuta la generale, la cavalleria si diresse sulla strada, seguita dalla fanteria, meno le compagnie rimaste in piazza a formarsi. Secondo Rosenheim l'obice, mal collocato, si rovesciò al primo sparo, di modo che il nemico poté appostare tiratori scelti sul monte a destra della strada e bersagliare la cavalleria mentre arrivava al ponte. In quel mentre la focileria alle spalle annunciò che il n emico era pen etrato a Lagonegro. TI pezzo d a dodici, troppo pesante per essere voi rato, fu inchiodato e Minutolo e Colonna tornarono in paese con la cavalleria, trovando la strada intasata dalla fanteria ch e correva verso il ponte. Tre compagnie di volteggiatori francesi venute da Casalnuovo per la strada vecchia, avevano infatti aggirato Monte G iumenta e l'altura dei Cappuccini sbucando sulla pi::izz:1 del paese. ·Due


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pezzi postati sulla piazza le fermarono con una scarica che uccise il capitano Renac (Benac) del lcr légère. Buona parte della fanteria fuggì però verso Maratea e il resto, con Minurolo e Colonna, si ritirò in disordine su Lauria. Alcune fonti scrivono che la colonna si aprì la strada con una carica del Re cavalleria. Lentità delle perdite è incerta: Blanch parla di 300 prigionieri, incluso il colonnello Montaperto, ma le carte francesi menzionano soltanto 27 feriti e 4 pezzi abbandonati dai napoletani.

Le contromisure di Damas (7 marzo) Arrivato la sera al ,auria, Minutolo vi trovò già in posizione la 2a Brigata (P. Tschudy), accorsa di rincalzo, ma al mattino del 7 decise di proseguire la ritirata su Castdluccio, che Damas riteneva inadatta alla difesa. In quel momento il corriere spedito da Minutolo con la notizia del disastro di Lagonegro arrivò a Morano e il colonnello Roth inc:::iricc'l Hhnch, allora tenente del 2° granatieri, di portarla a Castrovillari. "Al sentire il racconto - scrive Blanch - vidi un cambiamento nel generale e le sue illusioni dissiparsi". La prima reazione di Damas fu di far subito partire i principi per Momeleone. Le istruzioni consegnate a Blanch ordinavano a RoLh di ritmire le masse e occupare S. Martino e Campo Tenese e a Minutolo di tenere Lamia finché poteva, guardarsi il fianco sinistro senza ritirare il corpo che era a Maratea e resistere a Campo Tenese, promettendogli un rinforzo di 2 battaglioni prelevati dall'ala destra. Damas asserisce invece di aver ordinato all'intera ala d estra di ritirarsi sulla sinistra del Coscile per riunire tutte le forze nel ridotto difensivo e di aver reiterato l'ordine tre volte in un giorno. Rosenheim si giustifìcò del mancato arrivo sostenendo di aver fatto il possibile per eseguirlo, ma che la sua divisione era già troppo sparpagliata e che Damas, invece di richiamar subito Farddla da Policoro per Francavilla a Rotonda, l'aveva mandato a Roseto e 'frebisacce (quando non c'era ancora traccia del lll corpo francese), costringendolo poi ad una contromarcia su Cassano (dove non poteva ormai arrivare prima del 10 marzo). Ripartito da Castrovillari "un'ora prima di notte", Blanch tornò a Morano per comunicare gli ordini a Roth, proseguì per Rotonda e, appreso da Ricci che Minutolo aveva abbandonato Lauria, lo raggiunse "a notte avanzata" a Castelluccio, trovandolo "sbalordito e penetrato della disgrazia di Lagonegro". A notte molto av:rnzata gli avamposti di destra allarmaro-


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no il campo per il rumore di una marcia proveniente dal Pollino: si trattava del Reggimento Carolina I (colonnello Zweyer) accorso spontaneamenrc da hancavilla. Nel rapporto per il segretario di guerra Colajanni, Damas scrisse poi che alle 11 di sera del 7 marzo un falso a.llarme finì di sconquassare i reggimenti Ahhruzzi e Principessa: "le reclute, senza pur anco avere presente il nemico, abbandonarono armi e mucciglie dandosi :illa fuga"; solo a fatica si riuscì a riportare l'ordine.

lf 3 ° Ferdinando a Morm,mno (8 marzo) Verso l'alba, prima di evacuare Castelluccio per raggiungere Campo 'lè nese, Monferré incaricò Blanch di far eseguire gli ordini di Minutolo per guardare il fianco destro: il 1° Abbruzzi da Maratea a Mormanno per Scalea, Mormanno tenuta dal 3° ferdinando - 300 reclute inquadrate da uH-ìciali anziani, inabili alle faLiche di guerra. Il maggiore Casano, vecchio e malato, ne aveva rimesso il comando al capitano 'lorriani, quasi settuagenario, che tentava di fare il suo dovere nonostante i segni di sbandamento e l'ostilità degli abitanti i quali, temendo rappresaglie francesi, si armarono per impedirgli di fare resistenza chiudendosi coi 50 uomini pili decisi nel convento dei cappuq:ini. Informato da Blanch, Damas promise a Torriani di mandargli un battaglione di supporto. Poi scrisse degli ordini per Mirabelli (partire da Mormanno col I O Abruzzi e il 2° 1-ìerdinando, pernottare il 9 a O rsomarso, il 1O a Scalea dove avrebbe trovato il 2° Abbruzzi e 2 squadroni Principe I) e infine li annullò, dicendo che Mirabelli facesse quel che credeva.

i preparativi della battaglia (8 marzo) I :s marzo Damas e Minucolo si incontrarono a Rotonda e il generale apprese con costernazione che le truppe di Francavilla avevano abbandonato la posizione, "togliendogli così la loro utilità" , ch e era di costringere il nemico a distaccare parte delle sue forze a copertura del fianco sinistro. Erano arrivate da C onone 2 compagnie cacciatori Calabri, Cancellieri era a Morano con 3 00 volontari (gli unici) , si attendevano Z immermann da Cassano con 2 battaglioni (1 ° Carolina Il e 2° Principe I) e Pinedo da çastrov ill ari col Principessa cavalleria.

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Tirando le somme, erano ormai impegnati l'intera ala sinistra e un terzo della destra, circa 7.000 uomini. Damas giustificò la decisione di proseguire la ritirata con l'abbandono di Francavilla e con la demoralizzazione dei capi e delle truppe; scrisse che "tutte le teste (erano) sconvolte" e di aver deciso di prendere posizione a Campo Tenese "sperando che la facilità di mettere le truppe ne' trinceramenti, e ridotti, avesse prodotto un effetto riparatore del primo". Solitamente rifugiarsi sotto il cannone di una piana aveva effetti salutari sul morale. Il guaio era però che a Campo Tenese c'erano solo i cannoni e non la piazza. I magazzini dell'ala sinistra erano rimasti a Castelluccio e da Castrovillari arrivarono altre bocche, ma non viveri e foraggi. Senza contare che le reclute non avevano mantelli, mentre la conca, battuta dalla tormenta di neve, era priva di baracche o ricoveri (ncll'ottobre 1808 gli insorgenti vi tesero un agguato al nuovo intendente di Calabria Citra, Brioc, di ritorno da Napoli; e nell'agosto 1809 vi accerchiarono una colonna di 500 francesi in transito, che si salvò a fatica). Secondo una Memoria anonima al principe ereditario, durante la marcia da Rotonda a Campo Tenese la paura contagiò i veterani, ma per colpa degli ufficiali, "la maggior parte timorosi e niente esperti della guerra, e particolarmente gli generali cd uffiziali maggiori, invece di accendersi d'entusiasmo, non parlavano d'altro che di salvezza, e delle proprie famiglie, considerandolo come affare finito, e con tali disordini, e ritirata precipitosa, si riunirono in Campo Tenese". Il quartier generale fo posto al convento dei cappuccini, ma le truppe erano schierate sotto la neve e senza mangiare. A Morano c'erano i viveri, ma non gli impiegati della sussistenza né mezzi di trasporto: Damas incaricò il tenente colonnello Salluzzo di farli arrivare in qualche modo. :Cartiglieria e i pionieri lavoravano ai ridotti sotto la direzione di Afan de Rivera e altri ufficiali, ma Rodolfo <le la Granelais, comandante del ridotto di destra, avvertiva che la neve abbondante impediva di perfezionarli e che "le piattaforme con i tiri sarehhero state abbassate dalla scossa". Le tre ridotte, separate da intervalli e non chiuse alla gola, erano armate con 6 pezzi da dodici e qualche pezzo da campagna. Due pezzi da 3 aH'estrema destra dovevano parare un eventuale aggiramento.


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/,'avanzata.francese su Rotonda e Matera (7-8 marzo) Intanto Reynier si riorganizzava in vista del colpo decisivo. Un commerciante di Lagonegro (tal Bolla), indicò a Franceschi Ddonne i sentieri, non segnati sulla carta, che portavano a Maratea e San Giorgio, consentendo di aggirare Lauria e inviare un distaccamento sulla costa del Cilento a prendere i rifornimenti sbarcati da una nave, che riportò poi a Napoli i primi malati e feriti della campagna. Il 7 marzo il grosso raggiunse Lagonegro, mentre l'avanguardia occupò Lauria e Bosco, catturando 3 ufficiali, 49 soldati, 3 pezzi e 16 cassoni e facendo "quelques exernples sur les habitants, qui avaient crié guerre au coutcau". L8 Compère occupò Castclluccio, dove prese intatti i magazzini della Divisione Minutolo e fece parecchi prigionieri. Poi ahhordò il Monte Cualdo coperto di neve, passò il Laino, confine tra la Basilicata e la Calabria, e avanzò su Rotonda, catturando per strada una ricognizione nemica di 21 uomini, inclusi 4 ufficiali che dettero spontaneamente preziose informazioni sulla posizione di Campo Tenese. Già evacuata dalla retroguardia di cavalleria napoletana, Rotonda fu occupata a sera, mentre Reynicr arrivava col grosso a Castclluccio. Tn quattro giorni aveva percorso 83 chilometri e altri 16 lo separavano dalle posizioni napoletane. !'

ll III corpo delle Puglie era ancora lontano. Soltanto il 7 marzo la Divisione Lechi (comandata da Severoli) aveva decampato su due colonne per Spinazzola e Minervino e soltanto il 9 si riunì a Poggio Marino, a un giorno di marcia da Gravina e Matera.

ll combattimento di Campo Tenese (9 marzo 1806) Il mattino del 9 marzo erano in linea 6 .000 uomini con 16 pezzi: all'avamposto di San Martino: 150 cacciatori Calabri (maggiore Avallon) e 70 cavalieri del Principe 11 (capitano Dardon); • sul fianco desrro verso il Pollino, in cima alla montagna che conduce s1ùla strada di Morano: Num.iante e Pignarclli Cerchiara con 1.000 reduci di Lagonegro (fucilieri Sanniti e Reggimento Principessa) e 300 reclure del 3° Abbruzzi, Cancellieri con 300 volontari cal:lbro-lucani; • al ridotto di des1ra E 'lschudy con 500 veterani e 500 reclute (Carolina I); • in riserva dietro il ridotto di destra: 400 granatieri reali •, al ridotto di centro Ricci con 500 veterani e 500 reclute (1 ° e 2° r erdinando);

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• in riserva dietro il centro Pincdo con 350 cavalieri (Principessa e resLi del Re); al ridotto di sinistra Zimmcnnann con 1.000 veterani (I° Carolina Il e 1° Principe I);

• sul fìanco sinistro:

:)00 reclute del 3° Ferdinando (capitano 'forriani) a Mormanno; 800 veterani dell'Abbruzzo (Mir:1belli) di cui si ignorava la sone.

Alle 10:30 del mattino Minutolo e i capi dei corpi vennero a dire a Damas che mancavano viveri e foraggi. Mezz'ora prima Reynier si era messo in marcia da Rotonda, in testa Com père con 4 battaglioni del 1er légère e del 42e de ligne, sostenuto da Delonne col 1/ler suisse e 6 squadroni cacciatori, poi Verdier con 5 battaglioni. Altri due forono spiccati da Castelluccio su Laino, ma non per attaccare da Mormanno, come pensava Damas, bensì per spingersi molto piì1 in profondità, verso Orsomarso, scendendo per la valle del Lao e aggirando direttamente Castrovillari. A mezzogiorno Damas disse a Blanch: "io non voglio resistere qui, la posizione è troppo esLesa. Rosenheim non è venuto, perciò alle 12 passate evacueremo il campo in ordine e faremo la ritirata su Castrovillari dove ci sono i viveri". Aveva appena finito di parlare, che da San Martino venne l'eco delle focilate. "Ora non vi è piìt da fare, bisogna combattere", disse Damas. Mentre la neve fioccava, il generale percorse a cavallo la linea. "T ,a truppa - aggiunge Blanch- prese le armi, e si mostrò in buona disposizione: vi era piuttosto entusiasmo che scoraggiamento, malgrado le pene e le privazioni". La tormenta di neve, che aveva affaticato la marcia dc francesi, l'aveva in compenso mascherata all'avamposto di San Martino. Assaliti di sorpresa, i cacciatori Calabri fecero debole resistenza e furono fatti quasi tutti prigionieri, incluso Avallon. Lo squadrone, invece, fece in tempo a ritirarsi . Sceso nella conca, Compère distaccò subito le sue 4 compagnie volteggiatori per i contrafforti della Cupola di Paolo, per aggirare la destra napoletana. All ' una Reynier spiccò il I/42e di rincalzo ai volteggiatori e schierò a destra della strada il TT/42c e il l er légère, con Delonnc e Verdier in seconda linea. Poco prima delle due, mentre i due eserciti restavano sulle loro posizioni ai capi opposti della conca, un intenso fuoco di focileria segnalò I' attacco dei volteggiatori contro le posizioni guarnite dai Sanniti, dal Princ ipessa e dai volontari calabresi. I volteggiatori furono respinti e così


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pure il l/42e, entrato in azione alle ere. Seguì una sosta e Damas cominciò a sperare di poter resistere fino al calar delle tenebre per sganciarsi e ritirarsi a Castrovillari. Alle cinque, mentre l'aria cominciava ad oscurarsi e i vortici a spazzare la conca, fu respinto un nuovo attacco dei volteggiatori, ma altre sagome furono scorte dietro i primi e Damas spiccò di rinforzo una compagnia di granatieri reali, facendo voltare verso destra le altre tre. Contemporaneamente il II/42e cominciò ad avanzare a tambur battente, per plotoni sparsi e incolonnati per uno. I pezzi dei ridotti apersero il fuoco, ma il tiro fu poco efficace, sia per l'ordine sparso adottato dal nemico sia perché i pezzi napoletani sparavano troppo alto a causa del previsto cedimento della neve su cui poggiavano le piattaforme. Damas pensò di far caricare il Principessa cavalleria negli intervalli dei ridotti, ma i capi dei corpi obiettarono che i cavalli, privi di razione, non potevano farcela. Secondo Blanch Damas vi rinunciò; secondo un'altra versione la carica fu LelllaLa, ma arrivati presso il nemico gli squadroni piegarono sulla destra. Dama.~ ordinò allora la ritirata per scaglioni, cominciando dall'ala sinistra. T due battaglioni (Carolina II e Principe I) lasciarono con ordine il ridotto incamminandosi per Castrovillari seguiti dalla cavalleria. Toccava al Ferdinando quando il ll/42e attaccò alla baionetta il ridotto di destra e poco dopo infervenne anche il lcr légère contro la coda del Ferdinando. Secondo la compiaciuta relazione francese il "barrito" dei guerrieri di Napoleone avrebbe terrorizzato più della moschetteria le grottesche reclute napoletane. Minutolo fu accusato di aver fimo inopportunamente avanzare il Carolina I, provocandone l'accerchiamento tra le due chele del 42e. Intanto il fianco destro aveva ceduto e alle sei la cavalleria in ritirata dovette disperdere i primi volteggiatori scesi sulla strada di Morano. Damas spedl allora Blanch a portare a Tschudy e Monferré l'ordine di tenere pit1 che potevano e poi di non ritirarsi per la strada ma per la montagna dietro al Campo. Uno squadrone del Principessa lasciato in sostegno dell'ala destra salì per primo, perdendo molti cavalli. Fu inutile, perché una volta raggiunta la cima furono tutti fatti prigionieri, inclusi Tschudy, Monferré e Roth, condotti a notte avanzata a Morano da Reynier. Compère l'aveva già oltrepassata, le truppe di Yerdier erano lungo la strada, Franceschi bivaccò con gli svizzeri e i cacciatori sul campo di battaglia, facendo la guardia ai prigionieri. Rotto ogni freno, ubriachi di stanchezza e di farne, i soldati misero Morano a sacco e fuoco. Nella casa in

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cui pose il quartier generale, Reynier fu accolto dai cadaveri di tre civili e dai paren ti di una donna stuprata. Scrisse a Napoli: "le succès de Campo Tenese nous ouvrc les Calabres".

Le perdite e le osservazioni del colonnello Strolz. Lo scontro era stato poco sanguinoso: Picri ipotizza un centinaio di morti e duecento feriti per pane, Blanch parla di 3 ufficiali morti fra i napoletani, ricordando che lo scoppio di un deposito di polvere distrusse il convento e fece altre vittime. I francesi passarono per le armi chi non si arrendeva e catturarono 1.972 prigionieri, inclusi 2 brigadieri (T~chudy e Ricci), 4 uffìciali superiori e 101 inferiori. Altrettanti si sbandarono, in particolare le compagnie di testa del Ferdinando fuggite a Ponente per Palanuda e brandelli di Sanniti, Principessa e 3° Abbruzzi messi in salvo d a Nunziante e Colonna (ma Pignacelli Fu G1trm:no). i-;urono perduti inoltre tutti i 15 pezzi pesanti, 1.46 cavalli e 5 bandiere. Queste ultime furono poi portate a Napoli, assieme ai prigionieri, dal colonnello Alexandre Strolz, aiutante di campo dell'imperatore distaccato presso il principe Giuseppe. Passando il 16 marw per Padula, annotò che la certosa era diventata un stazione militare, che i soldati avevano maltrattato i monaci (i quali pagavano al re metà delle loro rendite, valutate a 60.000 ducati), che all'inizio i francesi erano stat i ben accolti, ma in cerci posti il soldato si era abbandonato a "des très- grands excès", forse un po' esagerati dalle vittime ma meritevoli di indennizzo, perché il nutrimento d elle truppe era un peso enorme per gli abitanti "déjà prcsque epuisés" .


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C. L'occupazione di Puglia e Calabria

e l'insediamento di re Giuseppe (J O marzo - 12 maggio 1806) la ritirata e lo sbandamento (1 O marzo 1806) Nella giornata del 1O Verdier si spinse oltre Castrovillari sulla strada di Tarsia e Compère prese altri 155 prigionieri, inclusi 30 ufficiali, a Cassano, ma Reynier dovette sospendere l'inseguimento per far riposare e mangiare le truppe, che si trovavano già a tre tappe di distanza dalle loro ultime basi. Secondo Rosenheim se avesse proseguito per Casiello, San Lorenzo e Spezzano avrebbe tagliato la ritirata del nemico facendo prigionieri anche i resti della piccola armata. Senza f-èrmarsi a Castrovillari, Damas aveva ordinato la ritirata a Tusia, sperando di trovarvi i magazzini che gli assentisti avrebbero dovuto predisporre, e facendosi coprire dal Carolina II e Principe I attestati a Casiello. Minutolo e Zinunermann abbandonarono però la posizione di loro iniziativa, puntando direttamente su Cosenza. Invano atteso da Damas la sera dell'8, la sera del 9 Rosenheim si era attestato sulla linea del Coscile con un terzo della sua Divisioni (Albania, Alemagna, Presidi, 1° e 2° Calabria e granatieri Sanniti). Alle 7 del mattino del 1Ogli arrivò l'ordine di ritirarsi a Tarsia, e, distrutto il ponte militare, a sera raggiunse Damas. Rosenheim si giustificò dall'accusa di aver tagliato fuori Fard ella distruggendo il ponte militare asserendo di avergli mandato l'ordine di passarlo al ponte Lellio (alla confluenza nel Crati): non poteva però provarlo perché non ricordava il nome del portaordini. A sua volta il maresciallo rimproverò Damas per l'assenza di magazzini a Tarsia e per essersi poi attardato inutilmente ad aspettarvi Fardella fìno a mezzogiorno dell'l 1, invece di partire all'alba in modo da poter passare la notte a Cosenza, dove, sia pure a fatica, si erano potuti mettere insieme un po' di viveri, col risultato di far passare all'addiaccio e a digiuno anche la notte dell' 11. Secondo Rosenheim fu questa quarta notte a provocare lo sbandamento defìnitivo e la diserzione in massa (ma lui riuscì a preservare i suoi battaglioni prendendosi cura del soldato). Secondo Damas, invece, la qottc esiziale era stata già quella precedente, del I O: i racconti dei reduci

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da Lagonegro e Campo Tenese avrebbero demoralizzato le truppe di Rosenheim, provocando la diserzione in massa dei due battaglioni del Real Calabria; disertarono però anche i tre quarti dei battaglioni usciti incolumi da Campo 'lenese (Carolina I e Principe I). Non tutti i mancanti erano disertori: vi furono in quelle notti anche molti morti per fame e assideramento.

I principi reali da Cosenza a Monteleone (10-13 marzo 1806) A Cosenza il preside De Riseis assicurava che stavano arrivando migliaia di volontari: il 27 febbraio erano state in eff-ètti accordate 24 commissioni per levare i corpi volanti calabresi, ma si videro a stento tre centurie e non si trovò traccia del colonnello Carbone che avrebbe dovuto comandarli e che dette poi la colpa del fiasco a De Riseis. Riuniti in consiglio di guerra Medici, Colajanni, Acton e il duca di Gesso, il principe ereditario decise intanto di ritirarsi a Monteleone con Salandra, il 1° granatieri e il Principe I cavalleria. Prima di partire fece affiggere un proclama in cui dichiarava che andava a resistere in Calabria Citra, scioglieva le Calabrie dalla tassa di guerra di 5 grana per rotolo di sale e prometteva di chiedere al re benefici e grazie per i calabresi. Lo accompagnarono numerosi nobili guidati dal sindaco Antonio Ferrari Epaminonda, che offerse poi le sue vetture ai principi, derubati dei loro cavalli durante la tappa di Rogliano. Il 13 i principi erano a Monteleone.

Napoletani e francesi da Tarsia a Cosenza (I 1-13 marzo 1806) Ll 1 il reparto esplorante del II corpo (caposquadrone Schnetz, 6e chasseurs) passò il Coscile presso S. Antonio della fiera, evacuato dagli abitanti, catturando alcuni cacciatori napoletani che cercavano di raggiungere Tarsia. Fu invece il 1er légère a catturare gran parte del Re cavalleria, lasciato in retroguardia sopra 'là.rsia. Passata la notte a 8 miglia da Cosenza, Damas vi entrò alle dieci di mattina del 12. Ricevuta una lacrimante delegazione di notabili venuta a scongiurarlo di risparmiare alla città gli orrori di una vana resistenza, il generale sfruttò il felice equivoco mercanteggiando 3.000 razioni (tanto pochi erano i soldati rimastigli) per andarsene al pii1 presto (come era già ben


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deciso a fare). Intanto per le strade sfilavano torme di sbandati che imprecavano a lui, ai principi e al re. Mentre uscivano gli ultimi soldati frammisti ai profoghi, Verdier entrava a S. Antonello e Schnetz, con 12 cacciatori, scendeva fra le risaie la valle del Crati ed entrava a Cosenza. Fretta o cortesia, Damas vi aveva lasciato intatti pingui magazzini di munizioni da guerra. Alle cinque di sera, con un tempo orribile, Darnas fece tappa a Rogliano_ Persi altri disertori durante la notte, il mattino del 13 si rimise in marcia per Nicastro. Lo stesso giorno Reynier entrò a Cosenza, accolto dai patrioti guidati da Francesco Firrao, veterano della Legione italica nell'anno di Marengo. Fu però Giuseppe Morelli ad essere insediato come nuovo preside, non ché presidente della commissione incaricata di punire la resistenza contro i francesi. Le truppe si accamparono attorno alla città. I detenuLi del grande e insalubre carcere furono impiegati per restaurare l'ospedale, subito riempito dei molti malati francesi.

Da Monte/eone a Messina (11-19 marzo) U 14, mentre Delonne rastrellava sbandati e ritardatari oltre Cosenza e !' una colonna mobile sedava un conato di ribellione a Scigliano, Damas raggiunse i principi a Monteleone e finalmente ritrovò Fardella, arrivato con 2 06 cavali e ri. Sei giorni prima aveva abbandonato la linea Roseto- Farneta marciando per Trebi sacce al p onte militare del C oscile. Trovatolo già distrutto, senza n otizie di Rosenheim, aveva dapprima pensato d i raggiungere Tarsia dal ponte Lellio, ma, trovata sbarrata la strad a per Oria ed avendo già subito molte diserzioni, era passato per il varco di Rovetto, costeggiando le pendici orientali della Sila per Co rigliano e Rossano fino a Co trone, dove aveva lasciato D e Cesare coi resti dei 5 battaglioni (1 ° Principe II e cacciatori) ad attendere un imba rco per la Sicilia e co i resti dei 6 squadroni aveva piegato a S-0 e raggiunto Monteleone per C atanzaro e M aida. Lasciaci a Cosenza il colonnello Lafon Blaniac con p ochi fanti e il 6e chasseurs, Reynier p roseguiva inta nto l'avanzata verso Sud: il 15 era a N icastro, il 16 a Maida e il 17 a Montcleone, da dove scrisse a N apoli che q.oveva nutrire i suoi soldati e perciò non poteva evitare le requisizioni, ma

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che queste esasperavano i calabresi. Intanto Verdier tallonava, piuttosto che inseguire, la ritirata napoletana, punteggiata da diserzioni e episodi di insubordinazione. Arrivato a Nicorera, Verdier perse infatti un intero giorno solo per passare il Mésima in piena, unico sostegno dato dalla fiera Calabria alla fuga dei borbonici. 1 principi e i resti dell'esercito erano passati da Nicotera il 15 e il 16 erano a Seminara, dove Furono stabiliti i vari punti d'imbarco sui trasporti inviati da Messina. La retroguardia, formata dai granatieri Sanniti, aveva ordine di sorvegliare le gole di Scilla e Solano per coprire l'imbarco dei principi a Punta del Pezzo, ma gli ufl-ìciali decisero vilmente di imbarcarsi subito a Bagnara e arrivarono a Messina il 17, appena dopo i principi e assai prima delle altre eruppe, imbarcatesi a Scilla, Punta del Pezzo, Pentimele e Reggio e arrivate a Messina il 18, quando Reynier era a Mileto. 11 19, mentre i polacchi prendevano il ponte di Amantea e Reynier arrivava a Seminara, Damas lasciò la Calabria con gli ultimi scaglioni. In tutto sbarcarono a Messina 2.010 uomini e altrettanti ne arrivarono in seguito da Cotrone. Il 26 marzo Craig scrisse soddisfatto a Gordon: «Not a single Calabrian joined Damas'army - which I was very well assured would be the case cvcn before l left Neaples».

L'occupazione dellt1. Calabria (20 marzo - 5 aprile 1806) Rey nier mosse da Scminara alle cinque del mattino del 20 marzo. All'alba, superata Bagnara, 1 squadrone cacciatori e 2 compagnie granatieri furono distaccati nella sfilata da Solano a Melia e dalle alture scorsero 50 bastimenti che da Scilla dirigevano alla Punta del Faro. Le cannoniere inglesi Fecero fuoco contro le truppe francesi lungo il percorso costiero da Scilla a Reggio. Alle porte della città Reynier fu accolto da una delegazione guidata dall'arcivescovo Bernardo Cenicola che lo invitò al solenne Te Deum nella cattedrale. Il 2 5 marzo il Il corpo completò lo schieramento nella Calabria Ultra. Verdier occupava il tratto meridionale della costa tirrenica: a Monteleone erano il quartier generale, l'ospedale (convento dei Francescani) e i magazzini principali, altri secondari a Seminara e Nicastro. I ,e truppe occupavano Pizzo, Tropea, Nicotera, Rosarno, Gioia Tauro, Palmi, Seminara, Bagnara, Scilla e Punta del Pezzo, pii1 Melito (oltre Reggio). Delonne


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custodiva la costa ionica, con un gruppo del 6e de lignea Catanzaro. Il 6e e 9e chasseurs fornivano i posti di corrispondenza tra Reggio e Catanzaro.

Il 22 marzo, a Soveria Mannelli, i soldati che effettuavano una requisizione fecero fuoco contro i civili uccidendone alcuni tra cui una donna. Capeggiati dal contadino Carmine Caligiuri, gli abitanti insorsero e uccisero 14 francesi. Riuniti mille insorti, Caligiuri tese un agguato alla colonna mobile di 200 uomini che ebbe 40 morti e feriti. Il 26, alla Chiesa del Pascolo verso Nicastro, furono trovati 26 cadaveri sgozzati e coi segni di orribili sevizie: era la scorta al convoglio dei forni militari, più il conte 'forro che viaggiava per diletto al seguito dei francesi. ·lì-adito dai notabili su cui contava, il 28 Caligiuri fu però ucciso dai patrioti di Scigliano. Soveria fu rasa al suolo, 300 persone arrestate, 200 condannate a morte dal tribunale di Cosenza presieduto dal colonnello Oufour.

Il 30 marzo Reynier scrisse

Berthier che la Calabria era tranquilb e contenta di essere stata liberata dai saccheggi dei soldati borbonici, ma deferì al tribunale di guerra l'ufficiale responsabile della requisizione di Soveria e il 31 scrisse a Verdier: "sembra che la deplorevole condotta dei nostri soldati abbia contribuito grandemente alla rivolta". TI 2 aprile Lebrun occupò Amantea c~n 50 carabinieri e vi pose di guarnigione 20 cacciatori del 9e e 70 contadini reclutati nei villaggi albanesi dal colonnel lo Lafon Blaniac. Su richiesta dei patrioti di Sciglian o, il 4 ap rile arrivò una colonna mobile a so ttomettere i paesi insorti e punire M artirano per aver opposto resisten za. a

L'occup azione della Puglia (1 0-2 5 marzo 1806) Abbiamo lasciato il III corpo della Puglia in marcia per Matera. Arrivato il 1O marzo, fu passato in rivista da D uhesme, ricevette una p rovvista di scarpe (la maggior parte dei soldati era oram ai a piedi nudi) e alle sette di mattina dell' 11 partì con due razioni di viveri e una di fieno arrivando alle due di notte a Bernalda, da dove marciò su tre colonne al Basento, ingrossato dalle piogge. Il 13 la Brigata O ttavi riuscì a passarlo a guado, ma la rotta nemica rese inutile l'avanzata e il 15 le truppe italiane tornarono a Matera, dove Lechi, rientrato d a Napoli, riassunse il comanqo d ella Divisione.

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Il 17 marzo arrivò l'ordine di partire per le nuove guarnigioni da assumere in Puglia: • • •

• •

Barletta: QG di Leehi, I battaglione ([/2° di linea), 2 squadroni (I e 2° cacciatori), artiglieria, treno e zappatori; Trani: 1 battaglione (11/2°); Bari: I battaglione (I/4 °); Altamur:i: 1 bauaglione (TT/3°); Ma1era: SM 1a Brigata (Severoli), 1 battaglione (I/3°) e lsquadronc (3°); 'faranto: 1 battaglione (.ll/4"): Lecce: SM 2a Brigata (Ottavi), I battaglione (I/5°) e l squadrone ('1 °). O

Tn realtà per qualche giorno il quartier generale fu a Trani e tre battaglioni (I e II/2° e 11/4°) furono trasferiti in Abruzzo, per cui la dislocazione effettiva fu la seguente: • • • • •

llarletta: quartier generale, ,.appat:ori, T/4° e 1°, 2° e 4" cacciatori; Bisceglie: artiglieria e treno; Molfrrca: I/5°, con 2 compagnie distaccate a Trani e 1,ecce. Bari: 11/3° con una compagnia distaccala a Gioia; 'Taranto: l/3° e 3° cacciaiori.

Cattura ed esecuzione del marchese Rodio (74 marzo - 26 aprile) Il 14 marzo, durante la breve incursione della Brigata Ottavi oltre il Bradano, il tenente Stracchi del 5° di linea catturò sulle montagne di Pomarico Rodio col suo seguito e 31 dragoni. Trasferito a Napoli, rinchiuso a Castel Sant'Elmo, e incriminato per cospirazione, il marchese si dichiarò non colpevole e il 25 ap rile fu assolto dalla commissione militare. Il ministro di polizia gen erale, Christophe Saliceti, fece convocare una commissione di revisione, che dieci ore dopo, in base a nuove prove documentali, lo condannò a morte mediante fucilazione alla schiena. Lesecuzione fece senso, e fu considerata anche da un testimone francese "un assassinat et une basse vengeance". 11 nuovo re, che al momento del giudizio era impegnato nella sua ispezione delle province meridionali, scrisse poi a Napoleone che Saliceti lo aveva informato a cose fatte. In realtà aveva scritto da Catanzaro, il 21 aprile a Masséna e il 24 a Saliceti, di sbrigare la faccenda prima del suo trionfale ritorno a Napoli.


POLITICA DI SICUREZZ:A E CONQUISTA FRANCESE (1800 - 1806)

Il viaggio di re Giuseppe (3 aprile - 12 maggio 1806)

Giuseppe, ancora semplice luogotenente generale dell'imperatore, era infatti partito da Napoli alle 11 del 3 aprile per ispezionare le province meridionali e prenderne possesso. Passata in rassegna a Torre del Greco la nuova guardia reale tratta dai reggimenti di linea francesi e fatta un'escursione a Paestum, il 5 proseguì per Eboli mentre Verdier pacificava la Sila Piccola. Il 6 Giuseppe dormì alla Certosa di Padula e il 7, lasciata la carrozza prima di Lagonegro, decretò il ripristino del ponte del Noce bruciato <lai napoletani. I '.8, dalla Rotonda, aggiunse di ristabilire la rotabile. Il 9, un mese dopo la battaglia, visitò Campo Tenese e dalla vetta del Pollino ammirò con Clary la vista dei due mari. L 11 entrò a Cosenza scortato dalla locale guardia d'onore a cavallo e il 12 riservò alla Gran Via della Calabria l' intero gettito dell'imposta viaria riscossa nelle due province. Il 13, alle porte della valorosa Scigliano, ricevette da un corriere la notizia che un senatoconsulto del 31 l'aveva creato re di Napoli. Il suo primo editto liberò i prigionieri di Campo 'lenese, a condizione di giurargli fedeltà*.

[* Non pod1i preferirono la prigionia in !-<rancia: furono infatti solo un migliaio i veterani entrati a far pane dei 2 reggimenti di linea costituiti a Napoli in aprile coi prigionieri della Calabria, inquadrati da 70 e 85 ufficiali esuli provenie111i dal servizio francese o italiano e cwuandati il 1° dal maggiore Pégot e il 2° dal colonnello de Gambs, già comandante del Reggimento Alemagna, il quale, riparato in marzo in Sicilia, aveva ottenuto il congedo e il permesso di tornare a Napoli dal padre, il generale che aveva rimesso i castelli ai francesi ed era entrato per primo al servizio del nuovo regime.]

Da Tropea il nuovo re poté scorgere le navi inglesi che seguivano il suo viaggio per Reggio. A Palmi, mentre visitava il porto, una fregata lo omaggiò di una bordata. Idem a Bagnara e a Scilla, dove il tuono fu coperto dalle ventuno salve di cannone fatte sparare da Reynier. « Le passage du canal de Messine doit étre regardé comme le passage d'une rivière - così sentenziava in quelle ore da Parigi il sommo stratega - et tout le monde sait qu'aujourd'hui on ne peut d'aucune manière empécher de passer une rivière ». Ego te baptizo mrparn. Per strada aveva ammirato le romantiche rovine del "tremuoto" del 57 febbraio 1783. A Reggio gli presentarono il conto: 700 famiglie terreq10tate imploravano soccorso. Qui ricevette un dispaccio di Masséna:

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Napoli era tranquilla, si istruiva il processo a Rodio, Gaeta resisteva, bande partigiane calavano dall'Abruzzo sul Garigliano. Il 20 aprile visitò Gerace e presso Catanzaro l'ingegner Tommaso gli presentò il progetto di un canale tra i golA di Sanr'Eufemia e di Squillace, che avrebbe tolto parte del commercio a Messina, beffato gli inglesi e sfamato migliaia di poveretti rsono appena 40 km, contro i 70 del canale di Panama: inoltre non ci sono montagne e basterebbe scavare e collegare i letti del Corace e dell'Amato]. Il 22 l'imperatore gli scrisse di non disperdere le forze; doveva scaglionare l'esercito tra la capitale e Reggio per potersi riunire in tre giorni sul Sebeto o su ogni altro punto minacciato. Gaeta era nulla, la Sicilia tutto, 10.000 uomini bastavano per conquistarla. Per tenere la Calabria bastavano poche colonne di corsi, "eccellenti soldati per la guerra di montagna", che l'avrebbero fatta "in pro della nostra Famiglia con entusiasmo". Il 24, da Catanzaro, il re scrisse a Saliceti di non differire l'esecuzione di Rodio. Visitò poi Cotrone e Cassano e a 'I aranto ispezionò le fi>rtifìcazioni assieme a Saint Cyr, mentre l'ammiraglio Smith iniziava la sua crociera col bombardamento di Reggio. TI 1° maggio Verdier scrisse che era ormai improbabile un'insurrezione di massa in Calabria, anche se le strade continuavano ad essere insicure. Il 3, mentre la squadra inglese era già in vista di Gaeta, il re iniziò da Torre di Mare (Metaponto) il viaggio di ritorno. I[ 4 insorse Pedace per una faida locale e per molestie del picchetto francese alle donne (altre sommosse vi furono poi a Savelli, Cassano, Gerace e Caccuri, bruciate per rappresaglia). TI 5 Reynier scrisse al re che la spedizione in Sicilia era impossibile: i contadini erano infidi, le truppe bastavano appena a controllare com unicazioni e centri maggiori e i rifornimenti erano insufficienti. L8 maggio il re era a foggia. Il 10 dorml nella Reggia di Caserta, mentre Smith incrociava davanti a Castellammare. Lo stesso giorno, da Reggio, G uglielmo Pepe scriveva a Reynier, in osservazione a Palmi, un dettagliato rapporto sulle quinte colonne sanfediste tornate da Palermo per sollevare le Calahrie. Cl 1 maggio, verso le 11 del mattino, i marines sbarcavano a Capri. Un'ora dopo il re usciva da Caserta scortato dai dragoni. Attraversata Santa Maria di Capua e Aversa, trovò davanti a Casoria il nuovo governatore militare di Napoli, maresciallo Jourdan, e il commissario generale di polizia coi rappresentanti del senato e dei nobili venuti ad offrirgli le chiavi della città. Alle tre e mezzo fece l'ingresso al rombo dd


PouncA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE (1800 - 1806)

cannone tra due ali di soldati a trattenere l'entusiasmo popolare. Passato l'arco di trionfo eretto a largo Santo Spirito, scese da cavallo ed entrò in chiesa per ricevere la benedizione del cardinal arcivescovo e ascoltare il Te I )eurn. Terminata alle cinque la cerimonia religiosa, si recò a Palazzo Reale, accolto da Masséna con a destra lo stato maggiore e a sinistra la deputa1/.ione del senato imperiale formata dal maresciallo onorario Pérignon, dal generale Ferino e dal conte Roederer, al quale spettava rimettergli il sena1oconsulto e tenere un discorso. Intanto si armavano febbrilmente le batterie del Golfo e, finita la festa, le truppe marciavano alla costa minacciata da Sidney Smith. Il 12 il re riparrl il I corpo fra i due marescialli, attribuendo a Jourdan anche la difes,1 del Cratere da Baia a Salerno. Masséna dovette spostare il suo quartier generale a Portici, conservando sotto di sé solo il blocco di Gaeta e la copertura della frontiera. [Informato da Giuseppe della scandalosa e perniciosa avidità di Masséna, il 17 marzo Napoleone l'aveva ridimensionato nominando governatore militare di Napoli il maresci;ùlo che lo precedeva in ordine di anzianità. Jourdan, stimato per la sua onestà e coerenza politica e già sacrificato nel 1799 in Svizzera e nel 1805 in Italia a favore di Masséna, divenne in seguito ;unico personale di Giuseppe e nel 1808 lo seguì in Spagna].

D. Civitella (21 febbraio - 22 maggio 1806) Gaeta e Civitell.a Lostinata difesa di Gaeta e Civitella nel 1806 entrò a buon diritto fra le glorie miliLari borboniche che ispirarono ancora i difensori del 1860. La resa di Gaeta concluse la conquista francese del Regno di Napoli, ma la resistenza della piazza, intrecciata negli ultimi tre mesi con le campagne di Sidney Smith e di Maida e l'insurrezione borbonica, vanificò i progetti napoleonici di sbarco in Sicilia e fece prevalere a Palermo il partito della riconquista su quello della stretta difesa. Conclusivo dal punto di vista politico, l'assedio di Gaeta può essere considerato sotto l'aspetto stratcgicv l'inizio della seconda fose della guerra, di cui contribuì a determinare le

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LE DUE SJCILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE { 1800 - 1815)

caratteristiche; ci è sembrato perciò più opportuno rinviarne la trattazione alla seconda parte di quest'opera. Civitella, periferica rispetto allo stesso settore abruzzese della frontiera e non collegata né con Gaeta né con le operazioni delle forze irregolari, non ebbe invece alcun rilievo politico né strategico. Fu solo una testimonianza di onore, di valore e di sacrifìcio, che appartiene alla storia guerriera d' Abru,:m piì:1 che a quella dell'esercito borbonico.

La pia:z.zaforte di Civitel/,a del Tronto Situata 8 chilometri a Sud della frontiera e 15 a Nord di 'leramo, la piazza di Civitella dominava la vallata del Salinello (affluente del 'fronto) e l'incrocio fra le varie strade che da Ascoli e Ancarano proseguivano verso Campli e la costa. Non essendo però collegata ad altri punti forti della frontiera, poteva solo proteggere o coprire un corpo di truppe distaccato in avanti per minacciare il fianco di una colonna nemica in marcia per la rotabile costiera o per la Valle Castellana. Nondimeno la posizione naturale era assai forte: sul colmo di un ripido monte di arenarie e di argille di 589 metri, inaccessibile per la grande elevazione dalla valle del Salinello, piì:1 agevole invece verso Levante, dove un piccolo avvallamento la collega con un'estrema propaggine degli Appennini. Il colmo del monte è un quadrilatero di 400 metri per 60, occupato da un antico castello cinto da semplice muraglia, di forma irregolare, senza terrapieno né fosso, né spalto né strada coperta. La cinta era doppia sul lato di Porta Teramo, sotto il quale era allora tutta raccolta la città, anch'essa cinta di semplice muraglia, con un piccolo bastione più a Nord, a coprire la strada per il convento di Santa Maria. Il lato della città, scoperto e dominato dall'altura del convento, aveva resistito all'assedio del 1557, levato dopo cinque mesi dal duca di C.uisa, famoso per il coraggio delle donne e per aver meritato a Civirella il titolo di "fedelissima" e il grado di città, concesso nel 1589 da Filippo II di Spagna.

La guarnigione di Civile/la Nel 1806 comandava la piazza il primo maggiore Matteo Wade, un oriundo irlandese distintosi a 'Iolone nel 1793. Inclusi l'aiutante maggio-


POLITICA DI SICUREZZ:A E CONQUISTA FRANCESE ( 1800 "~ - ·=80 = 6=)_ _ _ _ __ _ _ __ _ __

re, il cappellano, il chirurgo, il capitano delle chiavi e il capitano Giovanni Battista Sanjuan con 2 aiutanti e 15 artiglieri litorali, il presidio ordinario arrivava a 23 uomini. In dicembre era stato rinforzato da 300 miliziotti del Reggimento provin ciale di Teramo, ma aveva ceduto 3 pezzi da diciotto per l'avamposto del Tronto, dove furono abbandonati al momento della ritirata a Foggia e presi poi dai francesi per battere Civitella. Ne restavano 19, del calibro dal tre al ventisei, con affusti di marina, più I mortaio. Le munizioni erano alcune piramidi di palle, 100 cantara di polvere tra barili e cartocci, mediocre quantità di mitraglia e appena 12 bombe. Il magazzino aveva se non al tro farina, riso, legumi, vino e lardo per tre mesi e anche un po' d'olio. TI prete De Donatis, capo della resistenza teramana del '99, era già stato eliminato: incarcerato per ordine del vescovo, fu consegnato a i francesi (che lo fucilarono il 10 giugno 1807 nelle gole di Popoli con altri 8 deteuuLi, <luranw un finto trasferimento da Teramo a Napoli). Rl'.:stava Giuseppe Costantini "Sciabolone", l'ex pastore di Lisciano che nel 1799 aveva comandato le "truppe patriottiche montagnole" dell'A~colano; arrestato sotto Ancona dagli austriaci, nominato colonnello nel 1801, sospettato di aver aderito alla cospirazione di Moliterno, in gennaio era stato incaricato di formare i corpi 11volanti del Teramano.

Blocco, sorpresa, bom bardamen to e assalto alltl breccia

Pen etrata dall'Aquila, l'ala sinistra francese si era occupata dell'Abruzzo Ultra non prima del 18 febbraio. O tten uta il 19 la resa di Pescara, solo il 2 1 Ottavi fece l'intimazione a C ivi tella con gli stessi patti di C apua, unen dovi l'ordine della reggenza, ma non poté procedere al blocco perch é il 23 la Divisione Lechi ricevette l'ordine d i partire per Foggia. Nelle settimane seguenti i più abbienti abbandonarono la città, investita il 2 7 marzo dal gen erale h égéville con 2.000 uomini e scarsi mezzi. W ade non si fece convincere dalla notizia che l'esercito era stato d isfatto e rifiutò la resa, rispondendo ch e in mancanza di un'autorità legittima doveva prendere su di sé la responsabilità di difendere la piazza co nfidatagli d al re. Un accordo mediato dall'arcivescovo di Teramo permise a un'altra parte degli abitanti di uscire. , In attesa delle artiglierie, imbarcate a Pescara per G iulianova e di qui

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LE DUE S1c1ut NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800=_ - _._,18'-'-1=5)_ __

trainate a Civitella, Frégéville usò i 3 pezzi da diciotto recuperati dal 1ronto e messi in batteria a sinistra del convento per demolire gli edifici pii1 elevati e le caserme, in modo da sma.~cherare le batterie della piazza e impedire ai difensori di ripararsi dal freddo pungente. A loro volta i tiri del forre rallentarono i lavori d'assedio, intrapresi solo di notte e molestati da bande esterne di pastori e abitanti dei dintorni, armati da Wade e capeggiate da Vazquez, un ex-militare spagnolo definito "gentiluomo" dalle fonti borboniche e "brigante" dalle ostili. A metà aprile Frégéville tentò di risolvere la faccenda con una sorpresa notturna, preparata da una ricognizione simultanea su piìt punti, che fu respinta con scariche a mitraglia e dalla moschetteria degli abitanti accorsi a difendere la cinta esterna. La notte seguente i franco-italiani sorpresero i posti di guardia ed entrarono in paese. Parte dei civili armati si ritirò sotto il castello dove Wade, non volendo rischiare La guarnigione, si tenne all'avanzata, limitandosi a spedire qualche pattuglia a rincuorare quelli che sparavano dalle case. T francesi si dispersero per saccheggiare e Wade ne approfittò per sorprenderli all'alba con una carica alla baionetta lungo la strada principale del paese. I francesi fuggirono in disordine e una fucilata passò da parte a parte un colonnello che cercava di riordinarli e il cui cadavere fu poi consegnato a Frégéville.

Nella rievocazione pubblicata sul Foglio periodico militare del deposito della guerra (l V, 1819), piuttosto confusa circa le date, si legge che a metà maggio la guarnigione era ridotta ad un terzo, 9 ufficiali e 70 uomini, di cui 30 feriti. Perdite cosl ingenti lasciano intendere che le diserzioni furono massicce. Vi accenna anche il Foglio, aggiungendo che furono provocate dal razionamento dei viveri e che l'esempio dei miliziotti scoraggiò anche i civili più coraggiosi. Finalmente a dirigere l'assedio arrivò Saint Cyr e il 17 maggio furono armate altre due batterie: 3 mortai a destra del convento e 6 pezzi d a ventiquattro di fronte alla città. All'alba del 18 le batterie apersero il fuoco, distruggendo gran parte dei deboli parapetti e smontando vari pezzi. Più micidiali delle palle erano le schegge staccate dalle rocce colpite. l difensori arretrarono i pezzi più esposti e continuarono a fare fuoco con le scarse munizioni rimaste. Il 21 , aperta la breccia, i francesi dettero l'assalto, trucidando i pochi civili che tentavano <li resistere e molti inermi: le vittime


I'<>I ITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE ( 1800 - 1806}

dd massacro furono un centinaio, inclusi 5 monaci e un pre te. Si distinse il capitano dei volteggiatori Pichary.

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resa della piazza e la sorte dei prigionieri

Preso il paese, il castello fu minato e la resa di nuovo intimata. l nove 11nìciali, riuniti a consiglio da Wade, ne respinsero la proposta di seppellirsi fra le rovine del castello usando gli ultimi barili di polvere per farlo saltare in aria. Il 22 trattarono allora la resa e i francesi, igna ri che i difensori erano allo stremo, accordarono tutte le condi:t.ioni richieste, incluso il permesso di ritirarsi in Sicilia in attesa di scan1bio con pri gionieri francesi. Ma poi Frégéville, entrato nel castello e visco come era ridotto, ritirò 111tte le concession i tranne quella d ell'onore delle armi.

L'l guarnigione uscì a tambur battente, ridotta a 30 uomini validi, i ndusi i 9 ufficiali, 11 artiglieri e 1O miliziotti. Tutti si erano rifiutati di portare la bandiera per non dover sopportare .l'on ta di consegnarla al nemico. Alla fine si era scelto un soldato accecato nell'assedio, perché costui, almeno, non avrebbe visto a chi la consegnava. 1:uflìciale incaricato di riceverla lo prese come un insulto alle sue arm i e ne chiese conto al governatore, ma si calmò qJando gliene fu detto il motivo. [ll soldato, quarantenne, recuperò la vista e morì centenario nel 1866.] T prigionieri furono condotti a Pescara e di qui a N ord , lasciando gli artiglieri ad Ancona, costretti a prendere servizio coi francesi e i miliziotti ad Alessandria, allo spurgo <lei fossati. G li ufficiali furono internati in Francia, tranne Wade, trattenuto a Torino a richiesta del comandante della 27e Divisio n Militaire, il quale, in base ai rapporti relativi alla difesa <li C ivitella, chiese a Parigi l'autorizzazione a dekrirlo alla commissione militare come reo di resistenza temeraria. Il ministro della guerra la negò e destinò Wade al d eposito generale dei prigionieri a Nimes, dove rimase otto anni, trattato col riguardo dovuto al suo valo re.

Nessuna p ietà, invece, per i cittadini. Il 26 maggio il governatore fu fucilato con altri 23. Il 15 aprile 1807 un frate e due civili furono condannati a morte per l'omicidio di un ufficiale francese. Il 25 maggio 1809 1.50 briganti entrarono in C ivitella attraverso una breccia aperta a scopo punitivo dai francesi. Un ufficiale e 5 soldati napoletani fuggirono e furono

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRL NAPOLEONICHE (1800- 1815)

uccisi alcuni civici. TI 14 luglio 1809 vi furono ancora 2 condanne a morte e 2 ai ferri per l'uccisione, avvenuta durante l'assedio, di 5 civili francesi. T due mesi d 'assedio erano costati ai francesi 35 tra morti e feriti. Il 14 giugno 1 806 un fulmine free esplodere la polveriera, distruggendo 116 barili di polvere e 60.000 cartucce, con 2 morti (tra cui un soldato francese) e 26 feriti. Nel 1829 fo eretto a Civitella un monumento commemorativo, un tempietto di marmo bianco con un sarcofago, due leoni dormienti e la scritta "Francesco I al prode Wade". Attribuito a Canova, non è menzionato ncll' elenco delle opere dello scultore esistente nella gipsoteca di Possagno. Nel 1861 fo trasferito ad Ancona per ordine del generale Mezzacapo, ma in seguito tornò a Civitdla a richiesta del municipio.

Monumento al Tenente Colonnello Matteo Wade in Civitella del Tronto


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POLITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE (1800 - 1806)

'/'ab. 21 A - L 'Armée de Naples al 1 ° febbraio 1806. A) G li Stati M af-;.f!;iori. Commandant cn chef S. A R. le Prince Joseph, Lieutenant de I 'Empereur Etat-major de I' Armée de Naples (Albano) (..)uarticr fìénéral Chef d'Elal-rnajor Ad judants-comrn Comm. Grenadiers Comm. Cavalerie Conun. Artillerie Comm. Génie O rdonnateur eu chef Sous-inspecleur R P!_rycur général

dc Mcrval (commandant) ; l•:xpet1 (vagucmestre de Ja maison) (ìD César Rcrlhicr (:F f. d' ADC · LC Lahorde--Ricv, cap .l oard) Dufrcsnc; Ayrné (cap adjoint Vinccnt, CRI .ange). Gl) Gardanne (commissaire des guerres RollallCl) GD Frégéville (CE l!orestier, cap. De Gennaro) GD Dulaulov (cao. Cape!, lieut. Vion, sotts-lieut. Defossé) GB Vallongue (cao. Castillon) Féraud Ernmcry Poydcvanl

--·

Etats-ma,jors dcs Divisim1s et Corps ( irandes Unitées Commandants Chef d'Etat-Major I Aidcs de camp

I Adjudants-comm. Conun. Artillerie

Divisions et Corps d' armée AileDroite de Centre i\.Gauche Mar. Masséna -GD Lechi GD Reyllie_r -fìR Franccschi CE Laborde CS Laffranchi cap .loard cap Omodco ten. Pinon Sénécal Cacault. Delort Dembowski GD Salva -

Div. de réserve Dragons lin route GDMennel Duhesme

-

-

-

-

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cap. Augé

Conun. ordo111rnteur Commissaires

Augier

ùes ec. 1 uerres

fìénéraux dc Division

-

( +énérnux de Kri garle

<+ri gny ('!') Lucolte Monlhrun

Alph. Colhert Robineau, ..Tardieu, Burdin, Dazaine Pat1ouncaux Verdier Espagne Dombrowski Franceschi Lenchanlin Compèrc Digonnet Cavroìs Peyri Cìuiot I.acour Merlin Pagl:s

-

l:lonnemain

-

-

-

-

Severoli O ttavi

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815)

0

'/'ah. 2 1 R - I" 'Armée de Naples al / .fèhhraio 1R06. R) Truppe e.fòrza presente. Divisioni Fanteria Cavalleria A1·lii.:)ic.-ia Reynier (Vell etri, ,o·1perno, Sonnino, Terracina) Ala Destra Verdìer (Poti) Partouneaux (Ccccano)

Espagnc (Ceprano) r-- - -

Domhrowski (.F al vaterrn)

ler légère J/32e légère 6e de ligne 42• dc ligne TV/ 1°' suisse

B on Corse 62e de tigne l cr nolonais 22° légère 29° dc ligne 52° de ligne 101 • <lc lignc -

-

-

Centro I.echi (Rieti)

Sini~tra Mermet

2° ita.liano 3" itali ano 4 ° italiano 5° italiano

-

Duhcsmc (en route, Anagni et Valmontone ) Réserve et pare d'art (Frascati) Rt\serve Corps « en mTière » (Palestri na)

En route TOTALE

14 c légèrc Jer de ligne 20° dc li gne 102" de ligne -

10" de li gne 23° légère T.ég. Hanov

-

2.042 6c Chasscurs 518 2.030 1.606 666 6.862 960 1. 648 2 451 1.421 14• chasscurs 1.782 1.525 1.774 - 4 e chasseurs - 25" chasseurs - Tlulans pol.

- - 7° dragons -

28° dragons Napoleone Regina

- 11.561 1.108 l.032 1.269 1447 4.856

Real Italiano

-

-

- 23e dragons - 24e drngons - 29e <lragons

- 30e dragons J.660 9° chasseurs 1.7 15 2.258 1.752 7.385

-

-

-

1.538 1.622 -

:mo 3.400 34.124

-

--

485

5"/2" RAP 4°/4° DT

-

60 63

105

-

-

-

-

-

-

123 68 23

(,62

-

- 1,4, 5/6eBT - 421 459 455 -

- l "/I"' RAC 501 480 - 2e/ ler RAC

447 619

3.736 14 vezzi 484 - Art a cavallo - Art. a piedi - Treno d' art. 484 5 DCZZÌ 356 41 2 4 16 403 473 -

- - -

Cavalli 557

485 5 pezzi - 7"/2" RAP - le/7c BT 354

-

-

- 5 cp 2eRAP - 1/2 cp ital. - 8 cp train I Oe ouvriers 2.060 24 pezzi - 3 cp/ 2" R/\P - 3•,4•11er RAC - cp 2" Pont 8 cp trnin -

- 6.765 48 pezzi

157

-

38

328 255

-

57

537 443 SI l (,8

-

409 389

-

512

-

602 68 4.160 595 60

60 365

73 31 81 185 -

296 39 463 12 810 176 125 11 5 322 738 2.221

1(,6 821 326 392 500 33 1 481

-

845

2.352

547 547 9.183


f'OUTICA DI SICUREZZA E CONQUIS1A FRANCESE ( 180=0,___-___._. 18=0=6=)_ _ __ _ __ _ _ __ _

'/'ab. 22 - [, 'Armée de Naples al 21 febbraio 1806. A) - Stati Ma1ndori li Como (Calahres) I Corllo (Naoles) Comandante Capo di S. M. /\ iut. Comandante Comm. Ordinatore Com. l'artùdieria Aiutanti di campo

(ìen Divisione

( \en. Brigata

Reynier Masséna franceschi foranceschi Delonne Delort '/ Alnhonse Colbe1t Salva F ranceschi T.osi o, Ross, ? Sibuet, Pelet, Pigny, T,over<lo, Camoi Verdicr Partouneaux Cìardanne Espagne (Chasseurs) Mennet (Dragons) T.ucottc, l ,enchanti n, Compère, Le Camus, Valentin, Digonnet, Pcyri Montbrun, Merlin, Rron, Debelle

-

llJ Corpo (Pouilles) Duhesmc Ducomct

Thiébaut

'/

Lechi (fanteria) Domhrowski (ùrng.)

Sevcroli , Ottavi, Goulus, Pagès

B)-Truvve Reggimenti leggeri Reggimenti di linea Rcgg. cacciatori Rcgg. dragoni

22e 29e, 52e, lOle; 20e, 62e, 102e Uulans, 4e, 14e, 25e 23e, 24e, 29e, 30e

l•antcria Cavalleria Totale Cava1li Pezzi da sci Pe7.7.Ì da tre da monl. Obici Tmppe italiane : 6.482 uomini,

.

ler, 23e 6e, I Oe, 42e, Icr Polonais ·1cr Suisses 6e,9c

11.415 1.144 12 625 1.249

12.273 3.358 15.631 3.558

6 2

5 1.961 cavalli, 6 pezzi .

1 4 5

14e ( 1.50')) 1er ( 1.495) 2°, 3°, 4", 5" italiani R. ltalia.t10 7e, 28e (620), Rela(ina, Napoleone 7.912 2.217 10.129 2.783 6

2

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE { 1800 - 1815)._ _ _ _ __ _ _ __ _

Tab. 23 - /,a Divisione l,echi: situazioni dal 14 zennaio al 17 marzo 1806. Stato Mnggim·c CìD Cìiuseppe Lechi TJff. genio Montemayor AC Paini, Giovanni Dcmhowski Uff. Topugr. ? Gasparinelii , Scotti , Rossi, Salvi, Commissari Guizzardi - Pieiro Scvcroli Tavcra, Salvatori, l•'erri S. isp. riviste Coriese Aggiunii SM Lanfranchi, Omodeu, Pi non Pagatore Gini - C Zanoli - Varani Gen. Dri1mta filinno Scvcroli - Giacomo filippo Oitavi Trunne dclfa Divisione Lcchi Reggimenti Comandanti 14106 1.02.06 12.02.06 2102. 17.03.1806 2° di linea Col. Pietro foresti 1.250 1.108 ')59 Barletta, Trani 'J76 :io di linea Col. Dan. Zannini 952 1.032 1010 1019 Matera, Aliam. 4" di linea Col Claude Uirard 1.307 1.26') 1094 1.559 Rari , Taranto 5° di linea 1.480 Col. Nicola Canui 1.447 1.288 l 288 Lecce J ° Cacciatori 482 Col. GR Caracciolo 484 461 44') l "-2" Barletta, Matera, Lecce 2aA . Cav. CS Gaetano Millo 59 n 39 151 Uarletla la A. piedi ? 75 - 4aA. piedi Cap. Lirelli 31 32 55 31 Barletta 2a Treno ? 61 - 4a Treno Ten. Uius. Ceracchi 66 81 79 15') Barletta zannatori C. Luigi Momhclli 6') ? 'i7 lbrle,lta TOT/\T.E UOMINI 5.787 5.525 5.048 5 (167 QG Leciti a (di cui Ufficiali) ('/) (?) (243) 13arletla. Cavalli di ufficiali tr. a piedi '/ QCr Scveroli a '? ? 63 Cavalli del Regg. cacciatori 512 595 473 596 Matera Cavalli dell'artiglieria a cavallo 70 60 67 181 QG Ottavi a Cavalli del treno 225 166 144 265 Lecce TOTJ\U,: CA VALLI 807 821 747 1.042 Materiale d' artiglieria: 5 pezzi (4 cannoni da sei e J obice) e 25 veicoli (5 affusti, 6 cassoni da sci , 3 d' obice I O di fanteria , I forgia da camuagna). D.-a~oni italiani Regina '/ Col. J. P . .laC<JUet 480 501 368 ? Napoleone Col. Uiu. Palombini 480 ? 447 'I TOTALE TJOMJNl 98 1 ? 8 15 Cavalli del Regg. Regina 602 5 12 ? '163 Cavalli del Rei:\g. Nanolconc '/ 602 456 T< >TALE CA VALLI 'I l.114 91 9 Depositi in Italia: 2° di linea (Pi zzi ghettone) 139; 3° di linea (Peschi era) 313; 4" di linea (Pavia) 91 , 5" di linea (Pizzighettone) 73 : Cacciatori (Novara) 1:50 c on I 09 cavalli ; Dragoni Regina (Novara] 172 e 42; D rni.ioni Na11olcone (Milano} 119 e 59 . Totale: l 0:57 uomini e 2 10 cavalli. Comandante Capo di SM ADC


l 'O LITICA DI SICUR[ZZA [ CONQUISTA FRANCESE (1800 - 1806)

'/'ab. 25 - /)islocazione dei 45 Ballaxlioni e 21 Squadroni napoletani (3 marzo 1S06) A - (ira]l{ltieri tiella Guardm San Martino lf'.> 2° Battaglione Cosenza I Battai:tlionc B - Fanteria di J,inea (24 cv granatieri e 36 ht1: fucilieri) Reclute Veterani l{eggimenti 2" Battaglione 3° Battaglione I° Fucilieri U-ranatieri Mormanno Rotonda CO Rotonda © R. r er<linando Rotonda «:'.> Francavi Ila ù Cassano Francavilla © Francavilla rtJ R. Carolina I Cassano? Cassano? Policoro R. Principe 11 Policoro Lagonegro , , Lagonegro © T,agoncl!ro <O Lag one12ro ~; R. Princioessa Cassano Cassano Cassano R . Calabresi Cassano Maratea /lj Castellucci o f ) I° Castelluccio (èl Abhruzzo 2° Castellucci o © sciolto (NA) sciolto /Naooli) Cassano Alemagna Cassano sciolto (NA) sciolto (Napoli) Cassano Albania Cassano sciolto (Cap.) sciolto (Caoua) Lagonegro f:J Cassano R. Sanniti Gaela Gaeta Cassano O Cassano t > Carolina TT Cìaela Cassano r, Cassano R. Principe T Cassano t ) Gaeta Cassano Gaeta R Presidi Cassano C - Cacciatori e Cavalleril1 -R eggimenti di cavalleria /3 sauadroni) Battaglioni cacciatori (4 compagnie) Lmwnegro«) Re Gaeta AoDuli Regina Policoro sci olio (Pescara) Campani R Principe I Cosenza Colrone (2 cp CO) Calabri (scorta ai Principi R.) Napoli (prigioniero) RPrincipc TI Policoro Marsi Cassano © R. Princioessa Policoro Aprutini !I Policoro Valdinoto Policoro Sanniti Suezzano Valdimazzara Policoro Albanesi O

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l 'OLITICA DI SICUREZZA E CONQUISTA FRANCESE { 1800 - 1806)

La frontiera del Regno di Napoli

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11 O LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 ~-~18=1~5~)_

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Campagna di Calabria 2-19 marzo 1806 t4onfG G:.rl:!i,

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Battaglia di Campo Tenese 9 marzo 1806 BATIAGLIA Dl CAMPO TENESE (9 marzo 1806)

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Assedio di Civitella 21 febbraio-21 maggio 1806


Il sistema militare borbonico (1735 - 1806) -

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LE DUE StCILJE NELLE GUERRE N A POLEONICHE ( 1800 - 18 t 5)

Capitani Generali dei Reali Eserciti

Karl Mack von Leiberich

Roger de Damas

Ludwig von Hessen Philippsthal

William Henry Bentinck


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 • 1806)

3. PIANIFICAZIONE E COMANDO

A. La pianificazione militare La crisi del 1765, i tagli di Tanucci e gli aumenti di Acton

e

ostituito nel 1735 e assestato nel 1738, l'esercito borbonico contava inizialmente 24.000 uomini, per 3/4 stranieri. Aumentato a 42.000 nella campagna del 1744, nel 1746 fo ridotto a 32.000, con un bilancio di 1.6 milioni di ducati, pari a un quinto delle uscite. Accresciuto a scopo dissuasivo a 35.000 nel 1755 e schierato alle frontiere nel cruciale 1759, fu mantenuto a quel livello sotto la reggenza, finché la terribile carestia del 1763-64 e la conseguente caduta delle entrate non misero in evidenza che la sp;sa militare, sempre più clientdare e corrotta, era ormai fuori da ogni controllo. Benché la forza effettiva fosse stata ridotta a 20.000 uomini (appena 30 per compagnia), nel 1765 l'esercito costava infatti oltre 3 milioni di ducati e marina e armigeri altri 600 mila, rappresentando insieme il 69 per cento delle uscite (rispettivamente il 58, il 9 e 1'1.5), con un disavanzo di mezzo milione rispetto alle entrate (v. infra, tab. 31). Allarmato dalla voragine delle spese militari, nel maggio 1765 Tanucci chiamò a rendiconto il segretario di guerra e marina, lo spagnolo Goyzueta. Dal caos cartaceo e dalle puerili giustificazioni emerse che nell'ultimo triennio l'azienda militare aveva accumulato un disavanzo di 480.000 ducati e che ne occorrevano urgentemente almeno 150.000 solo per tacitare i creditori, a cominciare dall'assentista del vestiario che vantava un credito di ben 100.000.

Per tappare il buco e poter acquistare 130 cannoni inglesi e costruire 4 sciabecchi, sarebbe stato necessario tagliare di un terzo il costo dell'esercito, riducendolo a 2 milioni. Ma, come scrisse al re il 21 maggio 1765, 'l~nucci calcolava di ottenere un risparmio di soli 241.313 ducati, di cui

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LE DUE SICILIE N ELLE GUERRE NAPOLEONICH E ( 1800 - 1815)

96.000 con la soppressione di 7 reggimenti e il disarmo di una fregata e altrettanti sostituendo gli appalti di commissariato con gestioni in economia (fabbriche militari). Altri 60.000 furono recuperati sulle spese di sussistenza (metà sul "prese" e metà sulla spesa per pane e foraggi, ridotta da 216.000 a 186.000 ducati) e 10.000 sul vestiario (decentrando il rinnovo ai colonnelli con assegno mensile di 255). Convinto mercantilista, negli anni 1770 'fanucci era preoccupato dalle conseguenze economiche delle forniture militari francesi. Infatti la hilancia dei pagamenti con la Francia era già passiva e il previsto tras ferimento di be n 300.000 ducati per acquistare artiglierie non poteva essere recuperato con l'esportazione di merci napoletane. Acton, segretario di stato alla marina dal 1779 e alla guerra dal 1780, aumentò di circa il 50 per cento il volume complessivo delle spese militari, anche se cercò di ria.~sorbire una parte dell'incremento mediante la soppressione delle componenti pii1 obsolete e costose dell'esercito. Compresse da Tanucci, nel 1780 le spese militari sfioravano di nuovo i due terzi delle rendite, anche se l'incidenza ddl' esercito era scesa dal 58 al 18 per cento e quella della marina salita dal 9 al 14.

L'impennata delle spese militari nel 17 88-1792 U piano del 30 dicembre 1783 fissò un obiettivo di 30.000 uomini per 2.4 milioni, pari ai due quinti delle rendite, aumentabili in caso di mobilitazione a 2.7, pari alla metà delle rendite e il bilancio della marina aumentò a 653.000 ducati. Lincidenza d ella spesa militare, moderata per l'epoca, com inciò ad aumen tare p rogressivamente a partire d al J 786, quando l'esercito ottenne l'autonomia finanziaria con l'istituzione d i una cassa militare e il trasferimento del controllo contabile dall'amministrazion e finanziaria (scrivania di conto e razione e tesoreria) all'intendenza gen erale d ell'esercito. Nd biennio 1786-87 l'obiettivo di forza crebbe a 32.91 5 in pace e 43.630 in guerra e il bilancio a 2.6 milioni, aumen tabili in caso di mobilitazione a 3 .1. Nel 1788 si stabilì un organico di guerra di 51.819, di cui metà alle armi , e il bilancio dell'esercito aumentò a 3 milioni (2.1 a carico d el tesoro di Napoli e 900.000 del tesoro di Sicilia). M algrado la riduzione degli effettivi ad appena 16.000, il bilancio d ell'esercito aumentò ancora del 6% (1 80 .000) nel 17 90 e del 4 .6 % (1 47.000) nel 17 91.


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - 1806)

Una spesa di 4.2 milioni (3.180.000 per l'esercito e 1.023.000 per la marina) rappresentava il 36% delle uscite del 1790 (11.533.145). Dedotto però il costo del debito puhb[ico (3.236.484), l'incidenza sulla spesa statale netta, pur inferiore al 1765, aveva già raggiunto il 50% (38 esercito e 12 marina) e corrispondeva ai 2/3 delle rendite (se non ai 4/ 5, come iporizzava il residence veneto Albari). Il vero dissesto si verificò tuttavia nel 1792, per l'impennata del bilancio militare ordinario, aumentato addirittura del 120 per cento (8 milioni esercito e 1.250.000 marina) piÌl altri 2.8 milioni di "altre spese" in gran parte dovute ad esigem.e difensive, provocando un aumento delle uscire (19.911.740) pari al 73 per cento. Bianchini, storico delle fìnanze borboniche, stimava che il livello di spese militari raggiunto nel 1792 corrispondesse alla media annuale dell'intero periodo 1792-1806, per un totale di circa 130 milioni. Quanto alla ripartizione funzionale della spesa militare terrestre, si può stimare che metà fosse destinata al supporto logistico. Il conto (introito ed esito) dell'intendenza registrava un movimento di 2.4 milioni per il 1788, un'impennata a 3.964.000 ducati nel 1789 e il superamento dei 4 milioni nel 1792. Per gli anni successivi abbiamo solo indizi parziali ((>0.000 ducati per la cassa di camp!gna dei 6. 500 fanti e artiglieri rimasti tre mesi a Tolone; 280.000 calcolati nel 1794 per mantenere 1.800 cavalieri in Alta h alia per un anno; gli ammutinamenti del 1794 al campo di Sessa provocati dal caroviveri, che rendeva impossibile ai soldati provvedere al vitto con la vecchia paga di 5 grana; l'ordine del 1798 alle tesorerie provinciali di pagare senza controlli né formalità i mandati della segreteria di guerra in conto dell'intendenza di campagna).

li finanziamento della guerra (i 792-98) Leccellente direttore delle finanze, marchese Giuseppe Palmieri, morì nel 1792. Toccò al suo successore, Ferdinando Corradini, gestire la finanza di guerra. Inizialmente si fece ricorso al debito pubblico. L 11 giugno 1792 fu emesso un prestito forzoso di un milione di ducati con rendita al 6 1/2 per cento, aumentato poi a uno e mezzo, a due il 29 novembre 1793 e a tre il 2 luglio 1796, abbassando inoltre la rendita al 4 1/2. (ma la spesa per interessi salì da 3 a 6 milioni e secondo Bianchini il capitale raggiun-

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLWNICHE ( 1800 - 1812)_

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se i 130). In secondo luogo si aumentò la rendita fiscale fino a raddoppiarla a 9 milioni. Si cominciò nel 1793 con una tassa di 816.000 ducati, proseguendo nel 1794 con un tributo straordinario del 5% (a Napoli e Casali del 7%) sulle rendite dei luoghi pii, nel 1795 con un donativo delle province (1.440.000) e l'aumento dei tributi doganali; fino al 19 maggio 1796 quando il consiglio di stato autorizzò finalmente l'imposizione della decima sui beni, fondi e capitali non soggetti a pesi pubblici. Altri 11 milioni furono raccolti con la vendita di rendite assegnate agli arrendamenti (2.5) e di beni dello stato (1.8), con gli "spontanei e patriottici doni" (0.5) e la monetazione degli argenti ecclesiastici, decretata il 28 gennaio 1794 (6.2). Furono però emesse fedi di credito per 35 milioni contro 13 di depositi reali presso i sette istituti bancari del Regno, crollate quasi su biro a un terzo del valore nominale.

Le mobilitazioni degli anni Novanttt e il picco del 1798 A prescindere dal notevole contributo dato dalla marina nell'Alto Tirreno, le prime mobilitazioni parziali dell'esercito napoletano risalgono al 1792: il 28 gennaio furono chiamati alle armi i quattro quinti della milizia provincia.le (12.000 uomini) per costituire i terzi battaglioni di guarnigione e il 28 ottobre, in occasione del temuto sbarco francese nel Golfo, ne furono chiamati altri 4.800 (volontari). Nell'autunno 1793 furono inviati via mare a Tolone 6.500 uomini e 30 pezzi (7 battaglioni rinforzati, 1 brigata da campagna e un parco d'assedio), partiti in due scaglioni di 4.000 e 2.500 il 27 settembre e 21 ottobre, ritirati il 19 dicembre e rientrati parte il 17 gennaio a Napoli e parte il 2 febbraio 1794 a Gaeta. Il 28 gennaio il consiglio di stato aveva intanto approvato l'invio in Piemonte, via mare, di 23 battaglioni e 16 squadroni (14.284 fanti, 2.000 cavalieri e 2.000 artiglieri). LArmata fu in parte riunita, ma la partenza, prima rinviata più volte, fu infìne annullata. Tuttavia dal 29 aprile al 30 giugno furono stanziati a Santa Maria la Piana presso Sessa 10.000 uomini (10 battaglioni e 6 squadroni), che in parte si ammutinarono a causa del caroviveri e tentarono di forzare Porta Capuana, dove furono affrontati e respinti dai lazzari. Il 5 luglio la Brigata modello di cavalleria (Re e Regina), rinforzata da un reggimento di formazione tratto dagli altri corpi,


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO 11735 - 1806)

partì via terra con 1.686 effettivi e 120 complementi per la Lombardia, con funzione di forza ausiliaria austriaca ma non belligerante contro la Francia (rinforzata in seguito da un quarto reggimento, fu però impegnata nel maggio 1796 nei combattimenti di retroguardia in Lombardia e a seguito di armistizio separato fu internata a Brescia). Ammaestrata dall'amara esperienza di Sessa, l'intendenza seppe fare fronte alla ben piì:1 ampia mobilitazione decisa il 1 O maggio 1796 assieme alla chiamata di 50.000 volontari ausiliari e riuscì ad assicurare il sostegno logistico dei 36.000 uomini concentrati ai campi di Gaeta, Sora, San Germano, Castel di Sangro e Sulmona. Stavolta fu la sanità militare, tanto esibita dal direttore generale Vivenzio, a fare fiasco, non riuscendo a prevenire e a fronteggiare un'epidemia di tifo che, tra decessi e diserzioni, si portò via metà della forza fìncbé il 16 ottobre il campo non fu tolto. TI picco della forza si raggiunse nel 1798. In gennaio erano alle armi solo 15.000 uomini (gli scheletri di 28 reggimenti), ma il piano per quell'anno stabiliva un organico di guerra di 74.000 combattenti e 8.600 marinai. 11 bilancio era contenuto al livello del 1792, 8 milioni per l'esercito e 1.2 per la marina, pari al 57 e al 9 per cento delle uscite nette (14 milioni), ma non teneva conto delle due emergenze succedutesi a pochi mesi di distanza e con largo ricorso al costoso trasporto marittimo. Tn maggio si dovettero infatti trasferire 20.000 uomini in Sicilia (ritenuta possibile obiettivo della spedizione francese diretta in realtà a Malta e in Egitto) e in autunno concentrarne 60.000 alle frontiere per la disastrosa spedizione su Roma. Curganico di guerra fu sostam,ialmente raggiunto tra l'estate (con la chiamata di 40.000 riservisti volontari) e l'autunno (con la leva forzosa del 10 per mille, pari ad altri 40.000) e la "Grande Annata", la piì1 numerosa fino ad allora mobilitata da uno stato italiano, entrò in campagna con 60.722 uomini di cui 54.288 combatten ti (63 battaglioni e 38 squadroni), quasi il doppio del nemico, che la liquidò in due settimane.

il costo dell'esercito nel 1800-1801 Succeduto a Corradini nel 1798 e confermato nel luglio 1799, il moli_sano Giuseppe Zurlo diresse le fìnanze per un quinquennio, tranne la

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g

DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800- 1815)

parentesi repubblicana. Nella relazione del 23 marzo 1803 per il suo successore Seratti, scrisse che i conti dell'amministrazione militare dal giugno 1799 al maggio 1802 erano "un chaos indistrigabile", aggiungendo però che gli sperperi non erano dovuti alla segreteria militare, "cruda'' esecutrice "di molti ordini e spesso non ascoltata". Comprensivo coi militari, nel marzo 1800, in merito alle ruberie degli ufficiali denunciate dal visitatore economico dell'Aquila Antonio Mosca, gli rispose che "i militari (erano) tenuti alla bravura, ma non (poteva) esigersi il disinteresse. Fuori pedanteria, bisogna(va) tollerare qualche malversazione, il re spenda purché il servizio vada bene". Lorganico del nuovo Esercito di Napoli, stabilito il 10 marzo 1800, era di 39.383 uomini, 5.000 cavalli e 172 pezzi da campagna in pace, aumentato di 10.000 uomini in guerra. Con l'aggiunta del nuovo Esercito di Sicilia costituito l'anno prima (16.753 uomini e 1.560 cavalli) si arrivava a 56.135 e 6 .560 in pace e 67.228 e 9.709 in guerra. I corpi napoletani erano però ancora in via di costituzione e quelli siciliani sotto organico. Provvisoriamente, si stabilì perciò soltanto un assegno mensile di 200.000 ducati (2.4 milioni annui), aumentato poi a 260.000 (3.120.000 annui). Risultano inoltre i seguenti stanziamenti straordinari: •

• • •

120.000 per il corpo di spedizione di 12.000 uomini a Roma, poi :wme111~1ti di altri 1.000 condotti da Bourcard; 20.000 per i visiiawri incaricati di riordinare le province; 60.000 per il richiamo di 10.000 uo mini disposto il 6 luglio 1800; 100.000 per spese straordinarie; 100.000 per le riparazioni urgenti degli impianti militari di Napoli.

Dagli stanziamenti si ricava per il 1800 un costo di 4.5 milioni, poco pii1 della metà del 1792, ma il 27 luglio, nel timore di una imminen re spedizione francese su N apoli, Cassaro scrisse a Palermo che i direttori di gu erra declinavano ogni responsabilità circa la difesa del Regno se non ottenevano nuovi fondi. Il 2 agosto, tramite Acton, il re gli chiese di giustificare l'aumento delle spese al livello del 1798 benché la forza fosse al livello d'anteguerra (30.000).


IL SISTEMA MILIIARE BORBON~IC =O~(~l7=3~5_· 1=8=06"-)_

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L'aumento delle spese per il personale Oltre che dagli sperperi, l'aumento delle spese dipendeva anche dall'aumento delle paghe minime (da 5 a 7 grana per i comuni e da 8 a 13 per i caporali) accordato il 7 febbraio 1799 al nuovo Esercito di Sicilia ed esteso il 1° settembre anche al nuovo di Napoli. Ciò comportava, per 30.000 effettivi, un maggior onere almeno di 300.000 ducati, in parte recuperato abolendo le paghe speciali dei corpi esteri (ad eccezione dei cacciatori albanesi, che già si arruolavano col contagocce). Inoltre il rincaro generale della manodopera rincarò di riAesso anche il prezzo di tutti gli altri beni e servizi (e la retta d'ospedale di un quin to, da 20 a 24 grana). Un altro aumento dipese invece da una scelta politica, (1uella cioè di fare un massiccio ricorso agli ingaggi (con premi di 12 ducati per i nazionali e di 20/30 per gli esteri), allo scopo di passare dal vecchio esercito "a larga intelaiatura'' dell'anteguerra, composto in tempo di pace quasi solo dai quadri e attivabile solo mediante leva volontaria o forzosa, ad un embrionale "esercito di caserma)), con un numero rido tto di unità mantenute anche in pace ad un certo livello di appron tamenco. Ipotizzando 10.000 ingaggi nel 1800-01 e altri 4.000 nei diciotto mesi successivi, inclusi 1 .500 esteri, si ottiene un costo di 200.000 ducati, forse doppio , r, rispetto a11 anteguerra.

La pian{ficazione del 1801-03 La pace <li Firenze impose poi un tributo di 6 00.000 ducati da pagare entro tre mesi e il mantenimento del corpo d 'occupazione in Puglia. La convenzione esplicativa del 25 aprile 1801 aggiunse ai viveri anche il pagamento del soldo, per un importo mensile di 425.000 franchi (106.250 ducati) , inclusi 18.000 per soprassoldi d ei generali, più altri 25.000 per i lavori d'artiglieria e del genio da fare a Taranto. Il 24 giugno Zurlo scriveva ad Acton che «la sola spesa dei francesi passa(va) i 4 milioni l'anno, vale a dire l'esito supera la rendita ordinaria della tesoreria», con 250.000 ducati al mese in viveri e soldo più il tributo e gli oneri per lavori di fortificazione, riattamento di alloggi e legname. Cessata nel maggio 1802 la prima occupazione, pur con diffìcoltà si , poté inviare a Malta il contingente di 2 .000 uomini previsto dal trattato

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l,.LDUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE [l'-"'8"'00,c_-~l,__,,8"--'15,,_)_

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di Amiens. La meritoria impresa del ritiro delle polizze bancarie (da 13 a 24 milioni di valore nominale) impose in agosto la sospensione sine die della formazione dei reggimenti provinciali e in dicemhre il blocco temporaneo del pagamento degli stipendi, prima dei soli impiegati civili, poi anche dei poliziotti e infine dei militari. Il piano economico del gennaio 1803, con un effettivo di 33.040 uomini (25.027 oltre il faro e 8.013 in Sicilia), calcolava un costo mensile di 307.601 ducati (3.691.212 su base annua) solamente per il fonzionamento dei granatieri reali, dcli'artiglieria, della cavalleria e della fanteria di linea e leggera, esclusi gli altri corpi e le altre esigenze. Si può ipotizzare perciò un costo minimo di 5 milioni per l'esercito, senza contare la marina e la milizia, i cui costi teorici (1.7 milioni per l'impianto e 701.564 ducati all'anno di funzionamento) erano del resto interamente scaricati sugli enti locali.

T,a nuova crisi del mag_'l,io 1803

TI piano fu però subito travolto da una nuova serie di emergenze finan'.l,iaric, che il pur onesto e scrupoloso Zurlo tentò di tamponare col vecchio trucco illegale di attingere segretamente liquidità dai depositi hancari privari (misura dagli esiti disastrosi, che provocò il ritiro in blocco dei depositi e il licenziamento del ministro, poi anche arrestato e lasciato per sedici mesi a Castel dell'Ovo). Il suo successore, il toscano Seratti già ministro della real casa, entrò subito in conflitto col collega di guerra e marina, ammiraglio Forteguerri (incluso nel ripristinato consiglio di finanza), per due richieste, a distanza di pochi giorni, di 104.000 e 100.00 ducati, in parte determinate dall'improvvisa impennata, per cause imprecisate, del costo dei foraggi (saliti da 130-14.000 a 500.000 ducati annui). Ma era ancora nulla a confronto con la mazzata arrivata in maggio col ritorno <li 16.000 francesi, rimasti in Puglia sino all'ottobre 1805. Come riconobbe lo stesso ministro francese Alquier, l'onere per l'erario napoletano era stavolta di un milione di franchi al mese (250.000 ducati, o 300.000 fiorini, come scriveva, sdegnata, la regina), metà per costi diretti e metà per dazi non riscossi, con l'unico modesto risparmio del ritiro del


IL SISTEMA MLLHARE BORBON, =l= CO~('--"-L._,,73""-5_ - _._,18=0=6)_

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contingente da Malta a Messina. Per far fronte alla nuova emergenza, si dovette sospendere avanzamenti e reclutazione, provocando la progressiva anemia dei reparti, decimati poi anche dalle diserzioni indotte dai reclutatori inglesi, forzatamente tolleraci dal governo napoletano. In compenso dal 1° settembre fi.1 ripreso il pagamento degli stipendi,

La pianifìcazione dell'ultimo biennio (I 804-1805) Il costo delle due occupazioni francesi fu, secondo Bianchini, di 9.7 milioni, con un picco di 3 nel 1804, cui si fece fronte con un' una tantum di un milione imposta con legge del 21 luglio e ripartita fra i commercianti (15%), i feudatari (10%), le pensioni superiori a 400 ducati (10%), i proprietari e inquilini delle case di Napoli (7%) e varie categorie di benefìciari di rendite pubbliche. Luigi de Medici, sube11LraLU dopo pochi mesi al dimissionario Seratti, riuscì nonostanw tutto a finanziare il cordone sanitario del novembre 1804 (con il concentramento di 6.592 uomini al confìne e 1.800 sulle coste) e la mobilitazione del 1805. In novembre il re si impegnò a fornire agli alleati 30.000 uomini, ma, tolte le guarnigioni e gli 8.000 in Sicilia, ne aveva solo la metà (l 41000 fanti, 2.000 cavalieri e 1 .000 artiglieri) e secondo altre stime appena 8.000. Secondo Damas esistevano però quadri, armi e materiale per 40.000 e il 4 dicembre si decretò una leva forzosa di 30.000 reclute, seguita il 6 dall'imposizione della decima (eccettuato il Molise colpito dal terremoto e l'agro Aversano, sottoposto a nuovo catasto). Altre misure furono l'impiego del denaro siciliano e del sussidio inglese concesso nel 1803 per la sola difesa della Sicilia, una ritenuta sugli stipendi superiori ai mille ducati annui, l'aumento di un quinto dei dazi doganali <l'importazione e delle imposte sui beni degli stranieri e dei napoletani all'estero, 150.000 ducati di nuove imposte sui commercianti della capitale e la vendita di masserie demaniali nel Tavoliere. Il 15 dicembre 9.000 veterani erano pronti in Abruzzo e nel febbraio 1806 se ne riunirono 16.000 in Ca.labria. Circa 5.500 furono messi in rotta il 9 marzo a Campo Tcnese e 5.000 si salvarono in Sicilia.

Il salasso imposto dalla Francia e poi dagli Alleati, gli errori di pianificazione e allocazione delle risorse, la conseguente mancanza di una hase , finanziaria adeguata (appena 120.000 ducati al m ese stanziati il 6 dicem-

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LE DuE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

brc 1805 per la cassa di campagna), senza contare sperperi assurdi (come i 30.000 ducati inutilmente dati dalla regina a Sciarpa per formare i corpi volanti) condannavano di per sé al fallimento l'estremo tentativo di difesa contro i francesi.

DELLA

STORIA DELIJE FINANZE DEL

REGNO DI NAPOLI LIBRI SETTE

DI LODOVICO BIANCHINL

Tcrr.a cliri:rn: 'rivro.ùh ed.'accrcseiut! dt!l' AW:ie..

JlllJ<tri~llALLA STAMPERIA REAL E.

1859.


IL S ISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - 1806)

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'/'ab. 31 - Il costo rlell 'l\'.~ercilo borbonico nel 1765 Costo % Ordinam. Organici Annuo Cav. Piazze Categorie Btg Sq 56.427 2.14 l'iana Maggiore dell 'Esercito 3.922 0.15 Presidi delle Province 24.309 0.90 lnlendenza e Commissariato 18(, 87121 3.3 I 152 O. del corpo e alabardieri 92.(,71 152 1401 I Regg. Guardie italiane 469.629 17.85 5.504 7 (ìuanlie e Fanteria svizzera 119196 4.54 1.386 2 Reggimento Macedonia 10 980 704.343 26.77 24 8 Rgt veterani e 4 valloni 283.471 10.77 12 4.824 12 Rcgg. na,.iunali napoletani 189 102 2')3 1.689 3 3 Regg. nazionali siciliani 515.594 l'J.60 24 - :l 576 4 Regg. cavalleria e 4 dragoni 60.867 2.31 914 1 Artiglieria - Reggimento 168 44.3 17 J\1tiglieria - Stato Maggiore 26.536 101 Genio 10.764 0.40 150 F11cilicri di montagna 185 48.741 694 Invalidi 100 4.414 0.17 Naturali di Longone 100 50 24 26.881 3 762 2.630.508 Totale oac.he e commissariato Toscana Totale % R Napoli R. Sicilia 4 77 8244 21.272 13 028 Dispaccio Ouerra c Mar 24.310 5.45 18.420 5.890 Intendenza e Oìlicine 155 551 34.90 7') 67X 57.636 18.237 l'iazze e Castelli 2 .21 9 .869 2 776 1.647 5.445 Ospedali Militari '/ ? 35.212 7.90 ? Relle d' ospedale :ll.771 7. 13 '! ? ? Corpi di guardia 123 :l.483 160 14.421 10.778 Case perusomilitare r- 42 599 70.522 15.82 14.543 13.380 Fahhriche militari 923 2971 388 41133 37.771 J\1tiglieria 2.052 0.46 2.052 Fondo de' Lucri 2. 157 0.48 2.1 57 Monte Vedove Militari 408 0.09 408 Monte S Harhara 0.04 166 166 Sacri Arredi 36.862 8.27 5. 148 28.425 3.289 Altre 38.960 445. 706 100 240.927 98 .832 A ltre spese E sercito 3 .076214 57.91 Totale spese p er i Reali Ese rciti 478.251 9.00 Reale Marina 68 .025 1.28 C ompag nie di campagna (957 armige ri prov inciali) 25 .065 0.47 Torri eri e cava llari 1.663 .926 31.32 Altre uscite dell ' erario 5 .3 11481 Totale uscite dell' erario 4 .803.229 Totale entrate - 508. 25 1 Deficit c ui un terzo per lo SM , il 45% per il 1755 l'arti glieria costava 68.244 ducati , di ND Nel halla11lione, il 2.3% Der l' accademia c il resto per le munizioni orodotte a Stil o ffi C).

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.l,.LDUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 • 18 15)

1'ab. 32

i l piano economico dell 'Hs ercito del xennaio 1803 Effetti vi Totale PiaL.ze in organico Armi Nauoli Sicili a Effettivi * 1765 1788 1798 Cì-enerali 66 80 14 C asa Reale 1.606 90 1.696 3.1 40 312 Arti glieria 1.5 15 484 1.999 9 14 1.975 2.914 Cavalleria 3.454 479 3.933 3.576 5.280 10.560 Fanteria 4.926 11.874 16.80 0 22.9 02 34.120 44. 784 Cacciatori 4. 105 718 4.823 150 317 7.036 SMPi azze 149 114 263 lJ Milizie 788 788 Invali di 1.083 63 9 1.722 694 Cp l)otaz 208 395 603 100 306 Intendenza 40 34 74 ArL li torali 1.6 96 C. volanti 7.036 Totali 7 89] 24.88 8 32.78 1 3 1.476 42.3 10 74.026 l~atw gli oni 4:5 14 :59 48 60 90 Squadroni 28 4 32 24 32 64 * l'vfancanti al completo: I 027 cavalleria, 6.032 fanleri a, 328 caccìatmi. Raffronto dei costi dijùnzùmamento dei princinali corpi 1803 - 1765 El ementi di Costo <legli effetti vi stimati Importi dell e piazze l 765 programm a di uno di tulli d i 11110 <li tutti U di Lu lii i corpi 26.427 (inclusi) (inclusi) Sl JT Regg G uardia 12.042 12.042 7. 722 7 722 SlJT lfogg. di linea 8942 143.072 5.450 90. 842 SU I" Ilatt. cacciat01i 3 606 32.454 SUT Cacc. alhancsi 6.144 6. 144 SUT Regg. cavalleria 8.300 66.400 5 371 42.966 SUT Re!!!!. artigli eria 21062 5.072 5.0 72 Totale mensile 307.60 1 146.602 Totale su hase annua 3.691.212 1.759.224 U - U[[iciali. SU I"= Sottu1ll ciali e truppa. Nll le cifre relative all a fanteria di linea del 1765 sono la med ia di quelle relative ai 27 corpi veterani, valloni e nazionali (equivalenti a 20 n:ggimenti d i 9 15 piazze) e q uelle della cavalleria la media degli 8 corpi d i cavall eria di li nea e di dragoni, con organi ci lievemente <lil'f"erenti.

Tab. 33

Introiti ed esili dell 1ntendenza dell 'l!,'.sercito, 1788, I 78Y, 17Y2

Fondi R. A,.icnda

Tes. Toscana Tcs Sicilia Tota le Diffcrcn/.a

1788 2.357.666 108.000 935.000 3.400.666

-

1ntroiti 1789 1792 2.678.858 2.859.556 I 16.335 122 516 Ll69.000 1.060.7 19 3 ')64 1')3 4 .042.8 1 I

-

-

1788 2 2')1')43 '/

? ? ?

Esiti 1789 2.63 1.000 117 000 1.148.76 1 3 896 76 1 +67.432

1792 2.835 000 109024 1.206025 4. 150.049 -1 07.238


h. SISTEMA

MIUIARE BORBON.._.IC=0~(~17=35._·--'-'180=6}_

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B. L'Alto Comando (I 734-1806)

Il comando supremo e gli aiutanti di campo del re Il comando supremo dei Reali Eserciti e della Rea.le Marina era naturalmente prerogativa del re. Ferdinando IV lo delegò tuttavia ai vicari gmerali da lui nominati "con potere di alter ego" per il Regno di Napoli, il capitano generale Francesco Pignatelli Strangoli (dal 22 dicembre 1798 :d 15 gennaio 1799), il cardinale Fabrizio Ruffo (dal 17 fehhraio a.I 29 luglio 1799) e il principe ereditario Francesco (dal gennaio al 17 marzo 1806 e dal 26 gennaio 1812 al 6 luglio 1814) . Non avevano il comando supremo i luogotenenti nominati per il Regno di Napoli (lo stesso Ruffo da.I 29 luglio al 5 novembre 1799, Francesco Maria Statella e Napoli principe di Cassaro sino al 20 gennaio 1801 e il principe ereditario sino al 20 giugno 1802) e poi per quello di Sicilia (dal giugno 1802, in sostituzione dell'abolita carica di viceré). Natura.lmente il comando supremo, avendo natura coscimziona.le, era distinto dagli a.lti comandi 1tilitari, incluso quello "generale" dell"'esercito di campagna" o addirittura dell'intero esercito (tenuto solo da Nugent, con l"'immediazione" del tenente generale Angelo Minichini, nel 181620). Quale comandante supremo il re aveva tre aiutanti di campo, i quali non facevano parte dello stato maggiore generale. Quelli di Ferdinando erano, nel 1798- 1806, il brigadiere di marina conte Giuseppe di Thurn Va.lassina, il colonnello Giuseppe Reggio e Grugno principe di Taci e il tenente colonnello Troiano Marulli duca d'Ascoli.

Otto comandanti dell'Esercito in campagna (/734-1815)

Per quanto riguarda il comando dell'Esercito in campagna, Carlo di Borbone era stato "genera.lissimo" dell'esercito spagnolo che aveva conquistato le Due Sicilie nel 1734-35 e di quello combinato napolispano che le a~eva difese a Velletri nel I 7 44, comandati entrambi però da generali spa-

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800- 1815)

gnoli, rispettivamente Montemar e Gages_ TI capitano generale duca di Castropignano comandò le truppe ausiliarie inviate nel 1742 in rinforzo a Montemar e quelle assegnate nel 1744 all'esercito combinato, ma nel 1759, alla vigilia della successione al trono di Spagna, il re lo estromise (per sospetto tradimento a favore della Francia) dal comando delle forze schierate alla frontiera e nominò "generale in capite" il tenente generale Wirtz, capo di uno dei tre reggimenti svizzeri di linea. Dopo Castropignano, tutti i successivi comandanti in capo furono stranieri. Ingaggiato nel 1788 come istruttore, Jean Dan iel de Gambs, di Strasburgo, comandò le forze inviate a Tolone nel 1793, quelle schierate alla frontiera nel 1796 e il corpo d 'armata centrale della Grande Armata del 1798, alla cui testa fu posto però il tenente maresciallo austriaco Carlo Mack von Leiberich, nominato il 13 ottobre capitano generale napol etano e "generale comandante sotto gli ordini del re"; anche il quartiermastro gcnc1-ale Giuseppe Parisi fu subordinalo al colonnello austriaco Maurizio di Diedrichstein, capo di stato maggiore. Il re accompagnò personalmente l'esercito in quella che credeva una passeggiata trionfale fino a Roma, precedendo poi la sua ritirata. Quanto a Mack, passato il 22 dicembre sotto gli ordini del vicario Pignatelli, suo parigrado, 1'11 gennaio ratificò con riserve l'armistizio di Sparanise e il 15, ceduto il comando al meno anziano dei tenenti generali, il siciliano Luigi Revertera duca della Sala ndra, e, sfoggito a stento al linciaggio popolare, si presentò in uniforme austriaca alle linee francesi , mettendosi so tto la protezione del com and ante n emico. "Coma ndante suprem o" della divisione sconfitta a Siena nel 1801, il ten ente generale conte Ruggero d e D amas ricevette il 3 dicembre 1805 il "coma ndo generale d ell'armata napolitana con tutte quelle prerogative e facol tà che le furono accordate nella campagna di Toscanà'. Su richiesta dello zar Alessandro, il 27 novembre 1805 il generale Lacy, comandante in cap ite delle truppe russe nel Regno di N apoli, fu riconosciuto a nche comandante in capite delle truppe combinate. Lesercito in Sicilia fu inizialm ente comandato dal principe d' Assia, m a il 6 febb raio 1808 il comando generale fu assunto dal prin cipe Fran cesco. Il 26 gen naio 181 2, con la sua nom ina a vicario generale e alter ego, il com ando passò a Lord 13entinck, nominato capitano generale. C on la riass tm zione dei poteri da parte del re, il 18 luglio 18 14 il principe ered itario riprese il comando


li. SISTEMA Ml LITARE BORBONICO ( I 735 - 1806)

generale, delegato dall'l 1 maggio al 4 giugno 1815 al tenente generale Macrarlane. Il conte Nugent fu "organizzatore e comandante generale" dell'esercito dal 20 agosto 1816 al G luglio 1820.

Lo Stato Maggi.ore Generale (1734-1806) Diversamente dai maggiori eserciti europei, quello napoletano non ;1veva un corpo di stato maggiore, con aiutanti <li campo e uffìciali aggregati. Lo stato maggiore generale era ancora in realtà la vecchia "piana maggiore" dell'esercito, ossia un mero ruolo degli uffìciali generali, in ordine di grado e am,ianità. Nel 1758 la piana maggiore contava 3 capitani e 8 tenenti generali, 12 marescialli di campo e 21 brigadieri: nel 1758 i primi due gradi erano ridotti rispettivamente a 2 e G e gli altri aumentati a 18 e 23. Nel 1788 i generali erano 65 (1 + 10 + 20 + 34), saliti a 71 nel 1806 (2 + 9 + 18 + 42), sempre con le stesse paghe stabilite alla fondazione dell'esercito.

Gli undici capitani generali di terra e di mare (1734-1816) r,

Quello di capitano generale delle Armate di terra e di mare non era un incarico di comando, ma solo il più alto grado gerarchico dell'esercito e d ella marina, retribuito con una paga mensile di 569 ducati e 76 grana. Inizialmente i capitani generali erano due di terra (Manuel d'Orléans conte di Charny e il duca di Castropignano) e uno di mare (Michele Reggio, principe di Campofiorito e di laci e balì dell'Ordine di Maha), membri della suprema giunta di guerra istituita con editto del 14 aprile 1737 e presieduta da Charny. Come si è già accennato, marito della favorita della regina e come lei al soldo della Francia, nel 1759 Castropignano fo escluso dal comando del!'esercito mobilitato, nonché dal consiglio di reggenza, nel quale entrarono invece Reggio e Domenico di Sangro, succeduto nella capitania di Charny. Rimasta vacante nel 1765, la seconda capitania di terra fu abolita. A Reggio subentrò il principe di Iaci che nel 1780, alla morte di Sangro, cumulò anche la capitan ia di terra, passata alla sua morte, nel l 7DO, al decrepito marchese d' Arienzo, tent:nte generale dal 1742. Il 30

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LE DUE SICILIE NELLE curn.RE NAPOLEONICHE { 1800 , 1815)

settembre 1797 furono nominati capitani generali e.li mare e di terra due acerrimi rivali, Acton e il principe Francesco Pignatelli <li Strangoli (comandante dei cadetti dal 1771, governatore dell'Accademia miliare dal 1774, con una parentesi nel 1783-86 per la vicaria generale nella Calabria terremotata e poi per una missione a Madrid, membro della loggia internazionale progressista delle Neuf Soeurs, presidente dal 1790 della R. udienza di guerra e casa reale) . Il 13 ottobre 1798 il grado di capitano generale, con stipendio annuo di 7.200 ducati, fu attribuito anche a Mack. Nella sua qualità di "generale del popolo", il 17 gennaio 1799 il principe <li Moliterno confermò a Salandra il comando dell'Armata cedutogli <la Mack, con la formula "capitano generale della linea". Ignorando la sorte di Salandra, anche il re, il 25 da Palermo, lo mise agli ordini del nuovo vicario Ruffo quale "capitano generale" e il titolo gli fu confermato anche nel nuovo governo provvisorio vicariale di Napoli concordato il 20 giugno a Napoli t ra Ruffo e il fiduciario del re. In seguito, però, la nomina non fu formaliz:,.ata: in compenso il duca ebbe il comando generale delle armi in Sicilia, mentre la seconda capitania generale di terra, lasciata vacante da Mack, fu attribuita ad Acton, che la cumulò con quella di mare. Dopo le sue dimissioni (26 agosto 1806) la seconda capitania di terra fu attribuita al principe d'Assia, l'eroe di Gaeta, rimasto unico titolare nel 1811 per la morte di Pignatelli. Seguirono Lord Bentinck (26 gennaio 1812) e il conte Nugent (30 agosto 1816).

i comandi generali delle A rmi, dd/,a rnarina e dell'artiglieria Tn tempo di pace esistevano solo quattro incarichi di "comandante generale": delle Armi nei Regni di Napoli e di Sicilia, della marina e dell'artiglieria. Il primo, formalmente vacante, era in realtà supplito dal comando della pia:a,a e dd "Cratere" (Golfo) di Napoli, sempre cumulato con quelli delle armi della Terra di Lavoro e interinale delle altre province e con quello dd Castelnuovo, dove aveva sede il titolare, responsabile della sicurezza della "testa di ponte" (palazzo reale e darsena) politica tenuta in ostaggio dalla più infida delle capitali europee, segnata per sempre dalla rivolta di Masaniello. Assegnato il 1° ottobre 1794 a Pignacelli Strongoli, il comando di


Il SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - 1806)

Napoli fu la base della sua ascesa alla capitania generale e al vicariato generale dd Regno, da lui abbandonato il 15 gennaio 1799 fuggendo travestito con gli abiti della moglie. 11 comando di Napoli, assunto il 14 giugno 1799, coronò l'ascesa politica di de Gambs, con l'incarico di marcare le 111osse dd cardinale Ruffo e poi di epurare gli ufficiali. Nel febbraio 180.5 de Gambs ebbe un ruolo importante nella consegna del potere al principe Giuseppe che, divenuto re, lo ammise al suo servizio assieme al figlio Luigi.

Il comando generale delle Armi di Sicilia, cumulato col comando della piazza di Palermo, era di regola dato ad un napoletano, ma nel 1799 il re dovette cedere all'ondata autonomista e lo attribuì al tenente generale siciliano Luigi Revertera duca della Salandra. Nel giugno 1802, partendo da Palermo, si portò Salandra a Napoli al posto di Bourcard ("ispettore e comandante" dei granatieri reali), a sua volta promosso tenente generale e ì11viaLo a coman<lare Palermo e la Sicilia.

Attribuito nel 1773 al tenente generale Emanuele Lopez dc Almagm, il comando generale della marina passò in seguito a Domenico Pescara, sostituito il 31 ottobre 1795 dal vice ammiraglio Bartolomeo Forteguerri, direttore particolare della marina e poi segretario di guerra e marina dal 1 801 al 1806 e mo reo nel I 809. Quello dell'artiglieria, tenuto inizialmente dal conte piacentino Gazzola e nella seconda metà del secolo da Giuseppe Pietra, fu soppresso dall'ordinamento Pommereul del 26 dicembre 1788, declassando Pietra (promosso tenente generale) a semplice direttore m capite.

L'ispezione generale e le ispezioni d'arma (1758-98) In mancanza di un comandante generale dell'esercito, posizioni di prestigio e di effettivo potere, soprattutto riguardo alla carriera degli ufficiali dipendenti, erano !'"ispezione generale di tutte le truppe" o "dell'esercito", le "ispezioni" della fanteria e della cavalleria, cui si aggiunsero nel 1788 i "comandi e ispezioni" di corpo autonomo, brigata o divisione.

Nel 1758 esisteva un ispettore generale dell'esercito e particolare dell a fanteria e un sub ispettore della cavalleria. Entran1bi gli incarichi furono ab,oliti nel 1765 per economia, ma in seguito furono ristabilite tre ispezio-

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ni d'arma (due di fanteria e una di cavalleria), tenute nel 1787 rispettivamente dai marescialli di campo Gaetano Sanchez de Luna e Michele Odea e dal tenente generale Filippo Spinelli, i primi due coadiuvati da colonnelli sub ispettori (Giovanni de Thomas e Giuseppe della Torre). Pur mantenendo i loro incarichi, nel 1788 gli ispettori nazionali furono esautorati di molte funzioni dai tecnici militari stranieri ingaggiati individualmente per 37.000 ducati e guidati dal maresciallo di campo grigione Rodolfo de Salis Marschlins, il cui nome era stato suggerito dal fratello di Acton. Oltre a Salis, nominato "ispettore generale di tutte le truppe" con paga di 10.800 ducati (superiore del 60% a quella dei capitani generali), furono nominati ispettori di fanteria e cavalleria il brigadiere svizzero Jean Daniel de Gambs e lo spagnolo Alejandro O 'Reilly, di fama europea, assistiti da due colonnelli suh ispettori di fanteria (lo svizzero Emanuele Bourcard e lo svedese Luigi Adolfo Rosenheim) e uno di cavalleria (Abramo de Bock). Dc Gambs, Bourcard e Rosenheim furono poi tra i protagonisti delle .successive vicende militari del Regno. Giunse con costoro anche il riformatore ddl' artiglieria napoletana Louis René de Pommereul, coadiuvato per il genio e l'artiglieria dai colonnelli Rugis e Lamartinière. Nel ] 788 i corpi di fanteria e cavalleria furono riuniti per due e per quattro, ai soli fini amministrativi, in "ispezioni e comandi" di divisione (5 + 2) e di brigata (1 O + 4), attribuiti a marescialli di campo e brigadieri, secondo il sist ema in uso negli eserciti europei e già adottato nel 1773 dall'Armata Sarda. Odiato da Talleyrand, allora ministro a N apoli , non appena arrivato Salis fu subito impallinato da una macchinazione di Bressac, favorito della regina, per m etterlo in contrasto co n lei: il 4 febbraio 1788, dopo una scenata di Carolina, rassegnò le dimissioni. Sul mo mento Acton ricucì a fatica lo strappo, ma il 3 1 ottobre 1790 Salis fu Iicenziato con un vitalizio. In compenso nel settembre 179 1 forono accolti al servizio napoletano tre alti ufficiali t edeschi, il duca di Wartenslehen, il principe di Sassonia che fece colpo sulla regina e il principe d'Assia Philippsthal, figlio del landgravio e cognato (infelice) del potente fratello di Acton. Spaventata dalla squadra di 'folone, nell'autunno 1792 la regina chiese a Vienna un generale, indicando Braun, Wartensleben o Coburg. Il 30 aprile 17 93 le fu concesso invece il maresciallo Giuseppe von Zehenter,


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ungherese, nominato in luglio ispettore generale dell'esercito. Fu lui a organizzare il corpo di 6.500 uomini e 30 pezzi inviato a Tolone al comando di de Garnbs, promosso brigadiere, e ad organizzare a Capua le brigate modello di fanteria e cavalleria composte dai reggimenti Re e Regina delle due armi, ma l'aperta rivolta degli ufficiali e delle truppe per la sua rigidezza e in transigenza lo costrinse, l' 11 settembre 1794, a chiedere l'esonero e il 1° ottobre le sue funzioni furono devolute al capitano generale d'Arienzo. Pochi mesi dopo, il 5 maggio 1795, si dimise anche Pommereul, sostituito da una giunta d'artiglieria composta da Vincenzo Minichini, Carlo Novi e Giambattista Cimino. Il 24 settembre 1798 l'ispezione della cavalleria fu ampliata, elevando Spinelli a ispettore generale e ripartendo le 8 brigate fra lui e tre ispettori (marescialli principi di Cutò e di Canneto e Ruiz de Caravances).

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C. La catastrofe dei generali (1793-99)

Gli Stati Maggiori dei corpi di Tolone e Lombardia (/ 793-96) Come si è detto, il contingente di 'folone, che si comportò molto bene (200 morti e 600 feriti), fu comandato da de Gambs, con in subordine il brigadiere principe fabrizio Pignatelli di Cerchiara. La fanteria era comandata dai colonnelli Alberto Micheroux, Arezzo, Tgna:,,.io Serrano e Michele Cusani, l'artiglieria da campagna dal maggiore Lino d'Ayala e dal capitano Alessandro Begani, il parco d'assedio dal maggiore Saverio del Re e i cannonieri di marina dal tenente colonnello Vincenzo Minichini: tutti personaggi che ritroveremo ancora, spesso in ruoli importanti.

TI corpo ausiliario di cavalleria spedito in Lombardia nel luglio 1794 e illustratosi brevemente nel maggio 1796 contro Bonaparte, era comandato dal maresciallo di campo Alessandro Filangieri principe di Cutò, futuro luogotenente generale in Sicilia. Lo stato maggiore includeva: • • •

• • •

I hrigadiere (Prospero Ruiz de Caravantes, comandante in 2° e maggior generale); 2 aiutanti di campo (cipitano Luigi Pinedo e tenente Giacomo Germiog): 2 commissari (ordinatore Bigagni e p;igatore Giuseppe Catolini: o Cadolino?) l comandante dei depositi di Capua (tenente colonnello Ramiro de Roberto). 4 colonnelli: Assia Philippsthal (Re), barone Luigi Enrico d e Mersch de Rm. (Regina), Francesco Federici (Napoli) e Antonio Pinedo (Principe); 1 tenenti colonnelli (Giovanni Battista Fardella, principe Agostino Colonna di Stigliano, Giuseppe Hermann e Andrea de Liguoro); 4 primi maggiori (Diego Pignatclli, Giulio Antonetti, Lattanz io Sergardi e Gasparo Enrique~.); 4 secondi maggiori (Dionisio Corsi, Lorenw Ripa, Cesare Carafa e Raimondo Ribera).

Tranne il colonnello Arezzo e il principe di Cutò, i reduci di Tolone e dell a Lombardia furono tutti promossi al grado superiore, a maresciallo di campo de Gambs, Pignatelli Cerchiara e Ruiz, a brigadiere Micheroux , Cusani, Serrano, Assia, federici, Pinedo e Mecsch. TI 1° ottobre 1794 dc Gambs fu nominato comandante della pia:r:.r.a di Capua, mentre quelle di Napoli e Gaeta forano date ai tenenti generali Pignatel li Strangoli e


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hidolin Tschudy. Dc Gambs e il siciliano Diego Naselli d'Aragona scavalcarono poi il principe di Curò ottenendo prima di lui l'ulteriore promozione a tenente generale, mentre la regina ottenne la promozione del diletto principe di Sassonia a maresciallo di campo. Naselli, futuro presidente della R. udienza di guerra e di casa reale e poi della reggenza del 1806, "aveva il vantaggio - come scrisse Blanch - di aver fatto qualche campagna con l'esercito austriaco nella guerra dei Sette anni presso il generale I ,ucchesi, suo parente".

!,o stttto maggiore e i comandi della Grande Armata del 1798

11 29 giugno 1796 il comando delle forze schierate alla frontiera fu attribuito al neomaresciallo dc Gambs, con quartier generale a San Germano. Le forze erano ripartite in 5 Divisioni, le prime tre comandate dai brigadieri Francesco Pignatelli di Castelnuovo (Gaeta), duca della Salandra (Sora) e Micheroux (San Germano), le altre dai marescialli Carlo Tschudy (Castel di Sangro) e Francesco Pignatelli di Cerchiara (Sulmona). Furono poi addetti ai comandi anche i brigadieri Pietro Zannoni (Gaeta) e Giovanni de Thomas, e in settembre il brigadiere del genio Giuseppe Parisi fu nominato quartie1111astro generale e incaricato della ricognizione tattica della frontiera e di suggerire gli opportuni apprestamenti difonsivi. Salandra fo poi promosso maresciallo di campo. 1:8 novembre 179 8, in vista della campagna di Roma, furono fatte ben 24 promozioni: •

• •

1 a tenente generale (Salandra); 8 a maresciallo di campo (A%ia, r edcrici, Giovanni Gualengo, Carlo Edoardo Jaucb, F. Logerot, Metsch , Micheroux e Giuseppe Parisi) , 7 a brigadiere (Giuseppe Barone, marchese Gaetano Cusani, Guglielmo Dillon, Diego Pignatclli dei principi di Marsico, A. Pinedo, I. Serr:mo e duca della Tremouillc); 8 a brigadiere graduato (Giuseppe Brocco marchese di Piecramaggiore, Michele Capano, Colonna di Stigliano, Giuseppe de Bisogno commissario ordinatore, Francesco dell 'Uva, Pietro d'Escobar, Gerardo Loffredo e L. A. Rosenheim).

11 "grande" stato maggiore della "Grande Armata" del 1798, nominato il 13 ottobre, includeva: • ~

generale comandante sotto gli ordini del re (capitano generale Made) ; segreteria di 1 ufficiali (1 capitano e 3 tenenti);

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stato maggiore con un capo (colonnello conte Maurizio di Diedrichstcin), 3 sottocapi (colonnelli Andrea Pignarelli e Ottavio Spinelli e maggiore conte Taddeo di Raichak), 5 ufficia.Ii addetti (2 maggiori, l capitano e 2 tenenti, tra cui Oronzo Massa).

Il "piccolo" stato maggiore era invece formato da: •

il quartiermastro generale (maresciallo di campo Giuseppe Parisi) con un sotto quartiermastro direttore del l dipartimento centrale (movimenti e ordini del giorno), due direttori dei dipartimenti 2° (servizi logistici e informativi) e 3" (servizio ropogr:ifìco) e vice quartiermasrri presso le divisioni (quelli delle divisioni Micheroux, Damas e Naselli erano il tenente colonnello Giuseppe Mori, il colonnello di cavalleria Giambattista Fardella e il brigadiere d'artiglieria Carlo Novi); un quartiermastro autonomo dell'amiguardo (ingegner Francesco Costanzo); la direzione generale dell'artiglieria e del genio (tenente generale de Fonseca Chavez), con gli aiutanti G. Manthoné, E Giulicrri, L. Montemayor, S. Ouaviani e P. Corné un wun direuore del parco (Domenico Macry) e vari sotto direrrori divisionali (per le Divisioni Micheroux e Sassonia i maggiori franccsco Alvarez de Leone Gardinez); la direzione del treno d'artiglieria e R. bagagli con vicedirettori divisionali (quello della Divisione Micheroux era il capir:mo Ignazio Ferreri); l'intendenza generale di campagna e offìcine militari (maresciallo principe di Ripa); l'ispezione generale dei viveri e foraggi (maresciallo Logerot, poi consigliere Giambattista Vecchioni); il commissariato generale di provianda (Vecchioni, poi Federico Salomone); la direzione generale degli ospedali militari (marchese Giovanni Vivenzio) con 1 chirurgo generale dell'Armata in campagna e i direttori degli ospedali divisionali; altri uffici (gran prevosto, vicario e uditore generali, direltore della posta militare e comandarne del quartier generale in campagna). O

• •

In sottordine a Mack, il tenente generale duca della Salandra comandava il corpo d'armata centrale ("la e 2a linea del Centro") composto dall'equivalente di 3 divisioni (Damas, Assia e Metsch). Erano autonome invece le divisioni di riserva (Bourcard), di destra (Micheroux), di sinistra (Sassonia) e di Livorno (Naselli) e le colonne minori di Tagliacozzo (Giustini) e Cittaducale (Sanfilippo), pii1 i presidi di Toscana (brigadiere Vincenzo Dentice). Il tenente maresciallo austriaco Michelangelo Alessandro Colli Ma.rchini, l'ex-comandante generale pontificio fuggito il 2 febbraio 1797 a Faenza, affiancava come consigliere privato l'inesperto principe di Sassonia. Le prime sei divisioni includevano l'equivalente di 12 brigate: 2 di cavalleria (Pinedo con Damas e Pignatclli con 13ourcard);


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f!

1O di Guueria o miste (Serrano e Cusani con Damas; La Tremouille, Carrillo e Barone con As.~ia e Metsch; Minichini e Rosenheim con Sassonia; Colonna, Tschudy e Pietramaggiore con Michcroux).

comportamento dei tenenti generali di fronte al nemico

Inviato da Mack a sbarrare la strada d'Abruzzo con una Divisione di riserva formata dai depositi di Capua, de Gambs riuscì a condurla a Popoli; battuto il 24 dicembre, riuscì a ritirarsi a Caiazzo. Rimasto inattivo fino all'ordine di reimbarco, Naselli subì l'ammutinamento delle truppe a bordo, sbarcandole il 16 gennaio a Napoli e, dopo aver imbarcato i marescialli Bourcard e Sassonia, proseguì per Palermo, dove assunse il comando della piazza. Fridolin 'lschudy, capofila con Naselli della massoneria militare, consegnò la piazza di Gaeta alla prima intimazione (vedovo, Logerot lo definì "di illibati costumi", con implicita allusione alle voci che lo dicevano geloso della giovane amante e impaziente di raggiungerla a Napoli. Punito con la semplice destituzione, come il colonnello Giovanni Prichard, il settuagenario emigrato francese che aveva ceduto Pescara, non era certo meno colpevole del colonnello Antonio Plunkett, fucilato per la resa del castello dell'Aquila). i' Trasferito in settembre dal comando della frontiera a quello della piazza di Napoli, Salandra si portò appresso, nel disordine delle sue carte, anche i ruoli <lei cacciatori di frontiera Truentini, del che ci si avvide quando si tentò invano di chiamarli alle armi. Ricevuto dal fuggiasco Mack il comando dell'Armata, fuggì a Palermo, dove sostituì Naselli. Spinelli, Gravina e il principe di Ripa erano scusati dall'età, D ~m ero anche dal trovarsi a Messina.

il comportamento dei marescialli di campo Dei marescialli di campo, Sassonia fu battuto e gravemente ferito il 4 dicembre a Civitacastallana, Damas il 17 a Montalto dopo un abile quanto fortunato sganciamento sfilando attraverso le colonne nemiche in marcia e imbarcandosi poi sullo stesso convoglio di Naselli. Battuto il 5 a Otricoli, Metsch si arrese il 9 a Calvi ("in evidente stato di ubriachezza'',

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secondo un testimone ostile). Battuto a 'forre di Palme il 28 novembre e ancora sul Vomano, Micheroux fu destituito il 18 dicembre da Mack e rinchiuso a Castel dell'Ovo. Primo comandante della retroguardia nella ritirata da Roma, il principe d'Assia difese la linea del Volturno alla testa di ponte di Caiazzo ed effettuò il 9 gennaio una vigorosa sortita su Madonna di Monte Gerusalemme e Bellano, rialzando per un istante il morale se non le sorti dell'Armata. Succeduro ad Assia nel comando della retroguardia, Bourcard evacuò la linea del Liri-Garigliano senza opporre resistenza e il 16 gennaio, arrivato a Napoli il convoglio di Naselli e Damas, si imbarcò per Palermo assieme al principe di Sassonia. Di Gironda principe di Canneto, inviato da de Gambs ad Avellino ad arruolare le masse, si perdono le tracce.

Il comportttmento dei brigadieri Accusato da un prigioniero napoletano di aver ordinato di passare i francesi a fil di spada, Carrillo fu espulso da Mack il 9 dicembre su indignata intimazione del comandante nemico. TI 14, lasciato a Ponte Molle in attesa di Damas, Barone si ritirò di sua iniziativa a hascati. Rimandato verso Roma, Pignatelli di Marsica fu sorpreso a San Giovanni in Laterano, gravemente ferito e catturato. Serrano e Cusani seguirono le vicende di Damas. Arrivato a Napoli il 18, Mack fece destituire e arrestare per sabotaggio il segretario di guerra e marina, Manuel y Arriola, relegato a Ischia.

T brigadieri Antonio Dentice, comandante e ispettore delle milizie abruzzesi e Giacomo Feydeau, comandante delle armi a Teramo, imbastirono con Micheroux la linea del Varna.no, sfondata il 16-19 dicembre. Subentrato il 18 a Micheroux, Pietramaggiore eseguì l'ordine di avviare le truppe a Popoli, non quello di difendere Pescara, anche se la responsabilità della resa cadde sul colonnello governatore. Governatore di Cittaducale, il brigadiere Pasquale de T~chudy l'aveva evacuata 1'8 rifugiandosi a Popoi i, imitato il 9 dal colonnello Filippo Montesoro, preside e comandante delle armi dell'Aquila, abbandonando a sé stessi i difènsori della gola di Antrodoco. Raggiunto a Popoli da de Gambs, Tschudy fu ferito nello scontro del 24. Sul fronte del Volturno Girolamo Pignatelli duca di Moliterno e il


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colonnello Lucio Caracciolo duca di Roccaromana attraversarono il ponte di Annibale caricando il nemico a Trifilisco. Acclamati perciò il 13 "comandanti del popolo napoletano", si mostrarono in saio da penitenti per meglio ingannare il "popolo" dei lazzari e consegnare i forti di Napoli alla "nazione" repubblicana. Accusato di tradimento per aver ricevuto un emissario di Miollis, Vincenzo Dentice fu destituito e arrestato dal triumvirato eletto dalla guarnigione di Longone, ammutinatasi il 5 maggio 1799 col sostegno del maggiore Marcello De Gregorio, eroico difensore della piazza e divenuto a sua volta brigadiere, malgrado la completa riabilitazione di Dentice, che figura ancora nei ruoli del 1803-06.

Wirtz, Federici, Moliterno e i generali del corpo reale Solo nove generali del vecchio esercito servirono la Repubblica: i marescialli di campo Giuseppe Wittz e Francesco Federici, nominati generali di divisione e ispettori della fanteria e della cavalleria repubblicana, i brigadieri Moliterno (nominato comandante da Championnet e declassato da Manthoné a semplice divisionario), Serrano (declassato a capo della legione 'follia) e Fonseca, Minichini, Novi, Cimino e Parisi del corpo reale, che in realtà si ]imitarono a restare nei loro incarichi. i'

Wirtz cadde eroicamente il 13 giugno al Ponte della Maddalena. Fed erici fu uno dei t re ufficiali condannati a morte d alla giunta di generali presieduta da Spinelli e fu decapitato il 23 ottobre. Difeso dal capitano Ferdinando Ventimiglia (che sotto la Repubblica aveva diretto l'arsenale del C astelnuovo) Fonseca se la cavò con la semplice radiazio ne. Moliterno rimase esule a Pa rigi, dove si era fatto manda re in aprile dal governo repubblicano e dove cadde presto in sospetto per le sue velleità politiche. Divenuto capobrigata del battaglione ufficiali stranieri al servizio cisalpino, Serrano fu catturato il 22 dicembre 1800 a Figline (Valdarno) dagli austriaci. Retrocesso a capitano per m anifes ta incapacità a ricoprire gradi superiori, fu con gedato a domanda con due mesi di paga e si fece frate. Ruffo riabilitò subito, per necessità, gli indispe nsabili Novi e Minichini, rimessi il 20 giugno alla testa del]'a rtiglieria napoletana. Insediatosi a Castelnuovo, fu attribuita a Minichini u na turpe storia <li ricatto sessuale nei confronti della moglie <li un ufficiale detenuto, suici.,datasi p er difendere il suo ono re, ch e ispirò poi, attraverso Dumas, il so g-

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getto della Tosca_ Navi, spedito al comando piazza di Capua, tornò nel 1 804 al vertice del corpo reale. Cimino e Parisi rimasero in servizio, rispettati per le loro competenze tecniche e scientifìche, ma esclusi da ogni incanco.

Tt cardinale Ruffo e i generali napoletani Il brigadiere Dillon, che il 16 gennaio aveva riunito a Capodichino 2.000 sbandati, fu arrestato dai repubblicani e raggiunse Micheroux nelle celle del Castelnuovo. Il 10 marzo furono arrestati anche il brigadiere de Bock e lo stesso generale de Gambs. Il figlio Luigi (futuro generale murattiano ucciso dai briganti), capeggiò in giugno l'insurrezione di Caserta e, nominato brigadiere provvisorio da Ruffo, comandò poi il blocco sanfedista di Capua. Spedito da Acton a controllare Ruffo, ai primi di mar:w Naselli si insediò a Pizzo Calabro col brigadiere Cusani e cercò di stabilire un contatto col cardinale tramite un notabile locale (un 'lì:entacapilli, forse lo stesso Gregorio che 1'8 ottobre 1815 arrestò Murat, o il fratello Raffaele). Ricevuto da Ruffo, Cusani declinò l'offerta di un comando nell'armata sanfedista, rispondendo che avrebbe dovuto recarsi a Palermo per chiedere l'autorizzazione. Il cardinale lo rimandò da Naselli con l'ordine di tornare entrambi in Sicilia, dal momento che i calabresi «odia(va)no gli ufficiali che ven(iva)no dall'armata nostra» e lui non poteva garantire la loro incolumità. Saputo che erano rimasti al Pizzo e sabotavano i suoi ordini, li fece poi arrestare, dichiarando che erano sicurament e due impostori , in quanto due ufficiali "veri" non avrebbero disobbedito al suo ordine. Alle proteste di Acton Ruffo rispose a chiare note di levargli di torno Naselli («non voglio vicino quest'eroe malcontento»).

A fine aprile la questione si ripropose col colonnello Winspeare, che Acton voleva reinsediare preside e governatore delle armi a Catanzaro: Ruffo scrisse a Palermo che "(si) trov(ava) meglio senza di lui" e dette i due incarichi al vescovo e ad un tèroce capomassa. 1:antipatia di Ruffo per i generali napoletani era cordialmente ricambiata. La giunta d'epurazione nominata il 10 luglio (Spinelli, de Gambs, principi di Ripa e di Sassonia e barone di Boissy) fu la pii1 severa coi capi-


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massa, tanto che il 6 gennaio ] 800 il re sostituì il presidente, Spinelli con Naselli. Ma anche costui si mostrò poco malleabile nei confronti dei massisti e il 17 marzo le competenze della giunta forono limitate a quelle della vecchia giunca di guerra, trasferendo l'esame e il giudizio sulla condotta dei militari ad una nuova commissione presieduta dal maresciallo Guevara e composta dal brigadiere de Cesare e dai colonnelli Lamarra e Carbone.

Il brigadiere di cavalleria Giambattista De Cesare Solo l'anno prima Giovanni Battista Dc Cesare era un semplice domestico, uno dei famosi "sette corsi" capitati per sbaglio in mezzo all'insurrezione pugliese e scambiati per il principe ereditario venuto dal mare coi suoi ufficiali a guidare l'ira del popolo contro i giacobini. Come in Kagemusha di Akira Kurosawa, De Cesare aveva accettato di impersonare nientemeno che il principe di Sassonia e, forse perché privo dei consigli di Colli Marchini, aveva dato davvero del fìlo da torcere ai francesi, portando poi in maggio al campo d'Altamura la sua scalcinata ma tosta cavalleria pugliese. La sua fortuna fu che quella cavalleria l'avesse organizzata il duca d'Ascoli, Troiano Marulli, intimo amico oltre che aiutante di campo del re e, col suo appoggio, l'ex-domestico fu l'unico comandante sanfedista elevato a brigadiere (LÌ'.1.igi dc Gam bs fu promosso solo dopo la sconfitta di Siena e Nunziante solo nel 1807, dopo quella di Mileco). Ebbe (come il suo compagno d 'avventure Boccheciampe) una pensione di 4.000 ducati sulle rendite dei beni confiscati ai rei di stato. Fu fatto anche barone: gli m ancò solo (a quanto ne sappian10) di impersonare ancora una volta il principe di Sassonia nel boudoir della regina.

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D. I generali della prima restaurazione (1799-1806) Lo Stato Maggiore dell'Esercito di Sicilia (1799-1802)

Il vertice del nuovo Esercito di Sicilia costituito nel febbraio 1799 fu inizialmente spartito tra siciliani e napoletani, dando ai primi (Naselli, Persichelli, Dancro, principe di Cutò) il controllo delle piazze e agli altri (Jauch, Bourcar<l, Damas e Sassonia) quello delle truppe, con un brigadiere siciliano (Giambattista Farddla marchese di Torrearsa) quartiermastro e tre napoletani (Polizzi, De Thomas e Vivenzio) a capo deJl'artiglieria, dell'intendenza e degli ospedali militari_ Pochi mesi dopo, destituito e condannato Jauch cedendo ad un complotto dei baroni, e rimandati a Napoli gli altri maresci,ùli, il re consentl ai siciliani di occupare anche tutti gli altri incarichi di vertice, con Salandra comandante generale delle armi, i brigadieri hrdella, De Gregorio e principe della Cattolica ispettori dei ValJi, Pernandez Peiteado intendente e il colonnello Salinero direttore d'arcigliena.

Le nuove ispezioni di fanteria e cavalleria (I3 ottobre 1799)

I ,iberato il 14 giugno 1799 dagli insorti, dc Gambs assunse subito il comando della piazza di Napoli, insediandolo nello stesso Castel ddl'Ovo in cui aveva trascorso tre mesi da detenuto. Inserito nella commissione d'epurazione creata il 10 luglio dal re, il 1° settembre fu incaricato di formare i primi 8 reggimenti della nuova fanteria. Degli altri, da formare tre con le truppe di Albano e uno coi difensori di Longone, fo incaricato il nuovo luogotenente del Regno principe di Cassaro, che ne delegò l'attuazione rispettivamente a Bourcard (succeduto al marchese Rodio nel comando ad Albano) e al brigadiere Cusani. Il 13 ottobre dc Gambs e Spinelli, restando membri della giunta d'epurazione, furono nominati anche ispettori della fanteria e della cavalleria, con l'incarico di proporre, tramite la segreteria di guerra, le nomine dei nuovi quadri. Le loro preclusioni nei confronti dei massisti nominati da Ruffò ne provocarono, appena tre settimane dopo, la sostituzione con Damas e Sassonia, nominati il 4 novemhre ispettori col grado <li tenente


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generale. Damas scrisse poi nelle sue memorie di aver trovato le carte d'ufficio in "un affreux chaos".

Naselli e Bourcard a Roma (2 ottobre 1799 - 2 luglio 1800) Già in settembre Bourcard era stato inviato, con rinforzi, a rilevare dal marchese calabrese Giambattista Rodio il comando dell'armata sanfedista che da Albano minacciava Roma. Il 21 settembre, in vista dell'armistizio negoziato dal commodoro Troubridge, Ruffo nominò plenipotenziario Naselli, che entrò a Roma il 2 ottobre assumendo il governo provvisorio degli stati pontifici. Lo stesso giorno Lahoz fece arrestare il capomassa De Donatis che si era presentato al campo austriaco sotto Ancona pretendendo <li assumere il comando dei massisti trucntini e ascolani dichiarati "truppe napoletane". Naselli si limitò prudentemente ad una semplice inchiesta, per non creare un incideute diplomatico con l'Austria. Delegato da Cassaro, Bourcard formò i tre reggimenti di Roma e in novembre spedì il suo quartiermastro, colonnello conte Vintimille du Luc, ad Albano ad arrestare Fra Diavolo e i suoi, subito rinchiusi a Castel Sam'Angelo.

L'indigrutzione del re contr'o i generali disjàttisti (27 luglio 1800) Col nuovo ordinamento del 10 marzo 1800 le ispezioni d'arma furono riordinate. Damas e Sassonia si scambiarono le funzioni, passando il primo alla cavalleria e l'altro alla fanteria, mentre Bourcard assunse la nuova della fanteria leggera (ca.cciatori) e quella d'artiglieria, retta da Minichini, fu resa collegiale. Il 3 luglio il nuovo papa Pio VII entrò a Roma formando il nuovo governo pontiflcio. Lo stesso giorno, già rientrati a Napoli, Naselli e Bourcard presero parte al consiglio di guerra riunito da Cassaro per esaminare le conseguenze di Marengo. Nel successivo consiglio allargato del 7 luglio, invitati da Cassaro a mettere per iscritto i loro pareri sul da farsi in caso di invasione, Dama.~ e Bourcar<l suggerirono di marciare incontro al nemico, Logerot e Torrebruna (segn.:tario e direttore di guerra e marina) di difendere le frontiere, de Gambs e lo stesso Cassaro di chiudersi nelle piazze, Thum di rifugiarsi a Procida facendovi venire il re per testimoniare la volontà di resistenza e Sassonia di farsi dettare la pace. Recatosi a

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Palermo per sottoporre i pareri al re, il principe ne subl l'ira e, coperto di contumelie, dette le dimissioni. Tramite Acton, il 12 luglio il re ribadì a Cassaro la sua fiducia nel morale dei soldati e il 2 7 gli espresse la sua "indignazione" contro i generali che si erano "fatti lecito di esternare sentimenti di diffidenza sopra le reali truppe e forze armate e di promuovere discorsi per misure di pace".

Le dimissioni di Damas (14 gennaio -2 giugno 1801) ln premio per i loro pareri coraggiosi, il 1° agosto Bourcard fo nominato ispettore e comandante dei granatieri reali e Damas comandante "supremo" del corpo d'armata rimasto a Roma. Oltre a Vintirnille, confermato quartiermastro, aveva alle sue dipendenze il neomaresciallo barone Acton, magister equiturn, nonché: • • • •

3 brigadieri (Angelo Minichini, ( :arlo de lschudy e principe di T,:~pnr~no); 8 colonnelli di fanteria (O'(;aby, Harley, Zuwayer, Gaston, Nunziante, Crndrian, Luigi dc Gamhs, duca della Floresta); 4 colonnelli di cavalleria (Capece Scondito, De Liguori, Corsi e Moncada); 2 maggiori di brigata (Macry d'artiglieria e Cicconi dei dragoni leggeri).

Al combattimento di Siena del 14 gennaio 1801, presero parre solo Damas, Leporano, Vintimille, Gaston, Nunziante, de Gambs e Cicconi


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 • 1806)

(Acton era a Radicofani, Minichini a San Quirico, 'lschudy ad Arezzo e Macry ad Acquapendente, Zuwayer e Sergardi a Roma). Il confuso contesto politico, la mancanza di un piano strategico comune con le forze toscane e con l'Armata austriaca del Mincio e di notizie affidabili sulla situazione generale e sulle mosse del nemico attenuano in parte la responsabilità di una ricognizione a ventaglio dall'Alto Lazio alla Toscana meridionale. Piit grave fu, pur avendo forze triple del nemico, averne subito passivamente l'attacco e aver preso a pretesto il momentaneo sbandamento di un reparto (i fucilieri Montefusco) per ordinare la ritirata generale a Viterbo che, non essendo molestata dal nemico, avvenne se non altro in perfetto ordine. Peggiore fu però il comportamento successivo: poche ore dopo Damas scrisse a Cassaro di essere stato attaccato da forze superiori (e giunse a invertire le cifre, attribuendosi appena 1.500 uomini contro 5.000) e trasmise il comando ad Acton per uno "sbocco di sangue". Nella "risavatissima" del 15 al <.Erettore di guerra Colajanni esagerò poi lo sbandamento per giustificare la richiesta di essere esonerato dal coman do. Ricevuta il 21 a Viterbo l'offerta d'armistizio di Murat, ritenne di doversi recare a Napoli per consegnarla di persona al nuovo vicario principe .h ancesco, che ne respinse nuovamente le dirp.issioni. A seguito dell'armistizio di Foligno del 6 frbbraio, Damas evacuò Roma attestandosi tra Arpino e I.;Aquila. Fatta la pace il 28 marzo a Firenze, il 24 aprile il re ordinò il rientro d ei corpi alle rispettive guarnigioni e incaricò Damas di "fare una nota degli ufficiali del suo stato maggiore per poter dare loro un d estino". Rialzata la testa, chinata nell'ora d elle responsabilità, il generale propose premi e promozioni giustamente nega ti dal re, per averli trovati in contrasto col rapporto del 15 gennaio. infine, dopo lungh e trattative con Acton, concordò le proprie dimissioni, accolte dal re il 2 g iugno, ma con lusinghiero benservito e pensione annua di 3.000 ducati. Lispezione della cavalleria, trasformata in "comando e ispezione", fu trasferita al barone Acton, col brigadiere Pinedo incaricato del dettaglio. Con R. ordine del 29 giugno gli uffic iali ddl'"abolito stato maggiore in campagna" furono collocati in ritiro, "siccome è termi,, nata 1a guerra .

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

l,a fine def!itutonomia militare siciliana (3 giugno 1802) Un anno esatto dopo le dimissioni di Dama.~, il 3 giugno 1802, alla vigilia del rientro del re a Napoli, Bourcard fu promosso tenente generale e nominato comandante generaJe delle armi in Sicilia, scambiando l'incarico con Salandra, tornato a Napoli assieme al re per assumere il comando e ispezione dei granatieri reali. Partirono col re anche i brigadieri siciliani Fardclla e principe della Cattolica, destinati rispettivamente alla 2a Brigata d i cavalleria e alla piazza di Capua (De Gregorio era già stato trasferito alla piazza di Siracusa a seguito della contrazione della Divisione siciliana da 3 a 2 sole brigate). Il comando e ispezione della fanteria siciliana furono attribuiti interinalmente a Cusani e quella dell'unico reggimento di cavalleria rimasto nell'Isola fu data al principe di Leporano (di stanza oltre il Faro e sotto l'ispezione generale di Acton e Pinedo). Infine la direzione del genio di Sicilia fu separata da quella dell'artiglieria e data al brigadiere Guilbm:n, superiore in r;rado al colonnello d'artiglieria Salinero, unico siciliano, con l'intendente Peiteado, a conservare un incarico di vertice.

Lo stato maggiore generale del 1803-05

Nel 1803-05 lo stato maggiore era composto da 71 generali, di cui però 25 senza incarico o con incarico di corte o onorifico (2 capitani generali, 3 tenenti gen erali, 6 marescialli e 14 brigadieri) e tre con incarichi politici (Cutò luogot enente in Sicilia e i brigadieri Circello e Malaspina in servizio diplomatico). Dei restanti 42, sei avevano esclusivamente incarichi n ei tribunali e nel fondo dei lucri (Naselli presidente dell'udienza di guerra e casa reale, i marescialli Almagro, Ruiz e de Bock membri del supremo consiglio di gu erra presieduto <la <le Gambs, Zannoni p residente e Nihell m embro del fondo dei lucri) e quattro in enti assistenziali (i marescialli Stiglia.no p er l'orfanotrofio e C. Tschudy, col brigadiere Malaspina, per il Monte Vedove presieduto da Zannoni; il brigadiere Langel é ispettore degli invalidi di Napoli). Solo 33, meno della m età, avevano perciò incarichi di comando e/o d'ispezione. Cinque tenenti generali (metà di quelli in servizio) comandavano le armi di Sicilia (Bourcard), le piazze di Napoli (de Gambs) e Gaeta (Assia), il Castellammare di Palermo (Persich elli, morto nel 1804) e i granatieri reali (Salandra) .


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 • 1806)

Cinque marescialli (1/4 di quelli in servizio) comandavano le piazze di Capua (il ferrarese Gualengo), Pescara (lo svizzero Salis), la cavalleria (Acton), la 3a Divisione di Gaeta (lo svedese Rosenheim) e la milizia provinciale (l'oriundo vallone Micheroux, ritirato nel 1805), gli ultimi tre anche con l'ispezione sui corpi dipendenti. I brigadieri addetti alle truppe erano 14: uno aggiunto ad Accon per il dettaglio dell'ispezione di cavalleria (Pinedo), 13 "comandanti e ispettori": ere di Divisione (Pietramaggiore a Capua, P. Tschudy a Napoli, Cusani a Palermo), sei delle brigate di fanteria napoletane (Minichini, Carrillo, Ricci, barone C. Tschudy, Dell'Uva, Escobar) e quattro di quelle di cavalleria (Agostino Colonna, Fardella, De Cesare e Leporano). Cusani aveva inoltre l'ispezione superiore degli invalidi di Sicilia e dei cacciatori siciliani, Pasquale Tschudy dei cacciatori napoletani (esclusi i fucilieri di città e i cacciatori reali di Palermo e Napoli, sotto l'ispezione rispettiva degli aiutanti di campo del re duca d'Ascoli e principe d'Aci e del cacciaLore maggiore di corte, duca della Miranda). Degli altri 9 brigadieri, uno era ispettore generale del corpo reale (Novi), tre direttori del genio (de la Vega, generale; Montemayor di Napoli e Guillamat di Palermo) e uno (Bisogno) del treno, tre comandavano le piazze di Napoli tFrancesco Ruffo, "subalterno" a de Gambs), Reggio (Mugnoz) e Siracusa (De Gregorio) e uno la fanteria di marina (Jacquet). Raccomandato dal re di Sardegna (che si trovava a Gaeta), Novi fo preferito a Parisi, proposto dal ministro Forteguerri, per presiedere I' ispezione generale (collegiale) creata il 3 ottobre 1804 (fìno ad allora l'ispezione del corpo reale era esercitata interinalmente dal direttore Torrebruna). 1:ispezione del genio era attribuita al direttore dc la Vega, sostituito 1'8 gennaio 1805 dal preside di Salerno Winspeare, promosso brigadiere. Il contingente di 2.000 uomini inviato a Malta nel 1802 a seguito del trattato di Amiens e ritirato a M essina nel 1803, alla ripresa della guerra, fu comandato dal colonnello del Reggimento Abbruzzi Roberto Mirabelli, già tenente colonnello del corpo volante di Calabria Ultra e poi del 3° cacciatori calabresi levato dal ma rchese della Schiava e distintosi a Civitacastellana e a Montalto.

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE { 1800 - 1815}

Lo stato mag_'l,iore delle piazze e i presidi delle province Lo stato maggiore delle piazze del Regno di Napoli includeva 47 incarichi: •

27 govt'-rnatori (4 di piazza a Gaeta, Capua, Pescara e Reggio e 23 di caste.I.lo o isola, di cui 2 "politico-militari" a Capri e Reggio e I "militare" a Cotrone); 6 comandanti (della piazza di Napoli e di forti o isole); 1 comandante subalterno (della piazza di Napoli);

3 ((tenenti di Re" a. Gaeta, Capua e Pescara;

l O maggiori di piazza (2 a Napoli, 4 nei suoi Castelli e 4 nelle altre piazze).

Nd 1803-05 gli incarichi erano ricoperti da 50 ufficiali, contando anche alcune sostituzioni: Ggenerali (tenenti generali de Gambs e Assia, marescialli Gualengo e Salis, brigadie-

ri Ruffo e Mugnoz); J colo11udli Lern::11Li di re (Diego Marsiglia a Capua; Emauude ' fajo Je PouleL a Pescara; Giuseppe Corné ;1 Gaeta, fratello del parigrado Felice, com:rndante degli invalidi <li Napoli); 1 colonnello primo maggiore di piazza a Napoli (Elippo Cancellieri); 10 colonnelli governatori (Scipione La.marra al Carmine, Pasquale lloraggine a Castel dell'Ovo, 1-<rancesco Vallejo a Portici, Emanuele Diversi a Baia, Giovanni Salomone ali' Aquila, Antonio Fevillart a Otranto, Ignazio Perez de Vera a Rari, Francesco <l'Onofrio a Brindisi, Lino <l'Ayala a Trani, Giuseppe Dusmet de Smours a Reggio, poi sostituito dal brigadiere Mugnoz);

• •

9 tenenti colonnelli governatori; l 4 maggiori (9 aiutanti di piazza e 5 governatori); 7 uffìciali inferiori governatori o comandanti (5 capitani, I tene nte, I alfìere).

Il R. decreto 11 luglio 1802 aveva riservato l'incarico di preside delle province dd Regno di Napoli (ad eccezione della Terra di Lavoro, retta dal capitano di campagna) a "soggetti militari", proposti dal segretario di stato di giustizia e grazia su una lista chiesta al segretario di guerra e marina. Nd 1803-05 erano coperti solo 9 posti su 11 : due da ufficiali di marina (brigadiere conte Marescotti a Chieti e colonnello de Vera d'Aragona ad Avellino) e sette da colonnelli dell'esercito (Antonio Winspeare a Salerno, Giovanni Galiani all'Aquila, francesco Carbone a Teramo, Dionisio Corsi a Lucera , marchese della Schiava a Lecce, Luigi de Riseis a Cosenza e Costantino de Filippis a Catanzaro).


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 - 1806)

11 colonnello L. d'Ayala aveva comandato la brigata da campagna a Tolone e D. Corsi, veterano della campagna in Lombardia, aveva comandato il Principe Cavalleria nel 1798 e l 801, caricando il nemico a Torre di Palme; divenne poi intendente giuseppista dell'Aquila (1806). Cancellieri, Perez <le Vera, Salomone, De Riseis e Carbone venivano dall'Armata di Ruffo. Anche de Filippis (fucilieri di montagna) e Lamarra avevano combattuto col cardinale e Winspeare, nel 1799 preside a Cosenza, l'aveva accolto al Pizzo, senza però unirsi a lui. Il marchese della Schiava, già comandante <ldk masse Di Tora e Roccaromana e organizzatore del Reggimento Terra di Lavoro (poi Principessa), aveva redatto nel 1802 un prezioso manuale delle norme relative alla milizia urbana e provinciale e in particolare al foro militare. Tra i maggiori governatori di pia:aa divenne poi famoso l'oriundo irlandese Matteo Wade, strenuo difensore <li Civitella.

Damas "ùpettore generak" e poi "comandante generale"

Nel dicembre 1803, dopo il primo ultimatum di Saint Cyr, la corte decise il richiamo di Damas per riorganizzare l'esercito. Il generale tornò a Napoli il 4 gennaio, ma le perplessità e le intromissioni dell'ambasciatore francese Alquicr fecero sJittare di dieci mesi la nomina, fatta infine il 25 ottobre, a "ispettore generale di tutte le armi e truppe", con l'impegno scritto verso la Francia a non disporre reclutamenti né movimenti di truppe. TI tentativo di eludere tale condizione col pretesto di dover addestrare le truppe e stabilire un cordone sanitario per l'epidemia di febbre gialla scoppiata a Livorno, provocò le proteste di Alquier e Saint Cyr, una durissima lettera di Napoleone alla regina (2 gennaio 1805) e l'intimazione di licenziare Damas, che fu esonerato il 12 marzo, ricevendo tuttavia ampi attestati di stima (incluso il cordone dell'Ordine di San Ferdinando). In maggio, durante la missione segreta a Napoli, il generale russo Lacy pose come condizione per accettare il comando in capo delle forze alleate, la nomina di Damas a comandante di quelle napoletane, imponendola ali' ambasciatore inglese Elliot il quale aveva invano proposto Assia o Bourcard. Tuttavia, poiché una clausola segreta del trattato di Parigi, ratificato il 8 ottobre dal re, imponeva il licenziamento e l'espulsione degli emigrati, Damas fu costretto a nascondersi in un casino del Granatello in ;ittesa dello sbarco anglo-russo, avvenuto il 21 novembre_ TI 29 gli inglesi

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LE Du1 5JCJLIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 ~ 1815)

accettarono di riconoscere il comando delle forze combinate a Lacy che lo assunse il 4 dicembre, ponendo il quartier generale a Teano. Il 3 dicembre il re aveva nominato Damas "comandante generale del l'Armata napoletana" con soprassoldo di 1.056 ducati mensili più 6.000 per le spese e 40 razioni di foraggio, nonché lo Stato Maggiore del1'eserciro in campagna, composto da Fardella e dal colonnello Monferré capo e sottocapo di stato maggiore, e dai comandanti della cavalleria (Accon), dell'artiglieria (Novi) e del genio (Winspeare). :Capporto di Acton si può valutare dal giudizio che espresse il 19 fèbbraio sulla fanteria francese: tutti la ritenevano la migliore del mondo, ma lui la definì «alquanto sprovveduta».

Il 15 dicembre la Divisione Rosenheim (brigate di fanteria Carlo de Tschudy e dell'Uva, cacciatori Minichini, cavalleria De Cesare e artiglieria Macry) assunse le posizioni ad essa assegnate in Abruzzo, rinforzata da un reggimento russo e dai 2.000 irregolari albanesi arrivati da Corfù coi russi. Il 17 i 22 squadroni di cavalleria furono ripartiti in due Divisioni. La prima fu posta al comando, col grado di maresciallo di campo, del marchese Raimondo Capece Minutolo, rientrato dal servizio spagnolo dove aveva raggiunto il grado di colonnello, l'altra del brigadiere Pinedo. Ricevuta con stupore la laconica lettera del generale Lacy che lo informava del ritiro alleato deciso dal consiglio di guerra di 'leano del 10 gennaio 1806, Dam as la fece protocollare e sottoscrivere da Pardella. D eciso l'arroccamento in Calabria, Damas ordinò a Rosenheim (corpo di destra) di ripiegare per Foggia e Matera sul versante ionico d ella Calabria. Il 6 febbraio, rinforzato dalla brigata Colonna, Rosenheim si attestò al confine con la Puglia, col quartier generale a Cassano. Salandra assicurò la guardia dei principi a Cosenza con un battaglione di granatieri reali (Selvaggi) e il Reggimento Principe T cavalleria (Sergardi). Damas partì il 10 febbraio <la Napoli con la Divisione (corpo di sinistra) comandata da Minutolo (brigadieri Ricci e Pasquale de Tschudy di fanteria, Pinedo e Leporano di cavalleria). Lasciato Minutolo a Lagonegro, con l'avanguardia (tenente colonnello Andrea Pignatelli di Cerchiara) alla stretta di Campestrino, Damas pose il suo quartier generale a Castrovillari, inviando Leporano a Maratea. Evacuata Campestrino il 4. m.arzo alla vista del nemico, Minutolo si


IL SISTEMA MIL.lTARE BORBONICO (1735 • 1806)

lasciò sorprendere a Lagonegro il 6 (comandante dal 1812 al 1815 della cavalleria della guardia reale di Murat, non dimostrò migliori capacità nella campagna di 'folentino). Battuto il 9 a Campo Tenese (dove la fanteria fu comandata dai brigadieri P. Tschudy e Ricci, fatti prigionieri, e dal colonnello Zimmermann e la cavalleria da Pinedo), Damas si imbarcò il 17 al Pizzo coi principi, SaJandra e Rosenheim.

Le "Osservazioni" di Damas e I.a "Memoritt" di Rosenheim Nelle Osservazioni stese il 29 marzo a Messina, Damas gettò la colpa sui generali subordinati. Accusò soprattutto Minutolo di aver disatteso i suoi ordini, di essersi lasciato sorprendere a pranzo, di non aver resistito sulle posizioni opportune, di aver richiamato il corpo di Prancavilla che doveva «piombare sul fianco del nemico ... togliendogli così la (sua) utilità», denunciando infìne l' «ignoranza del suo mestiere, ed il poco talento, e ardore». A Rosenheim imputò la distruzione del ponte militare sul Coscile senza attendere l'arrivo di Fardella con la retroguardia. TI maresciallo si era giustificato dicendo di aver spedito al brigadiere l'ordine di passa.re dal ponte Lellio, ma non poteva provarlo perché non ricordava il nome dell'ufficiale a cui l'aveva affì4ato. Fardella aveva compromesso la possibilità di «tener piede» in Calabria, proseguendo la ritirata lungo la costa e imbarcando la fanteria a Cotrone invece di raggiungerlo al passo d i Rose («una marcia prima di Cosenza») o almeno al Golfo di Squillace, anche se «i buoni servizi e le buone intenzioni del brigadiere in tutti i t empi non gli faceva no «d ubitare che (avesse) avuto ragioni per condursi in tal modo». Tra le righe, D amas insinuava che Rosenheim e Fardella, in sostanza, si erano lasciati vincere dalla paura: i loro errori erano nati «da malinteso tra loro, o da ostacoli che si (erano) presentati nella loro idea, i quali hanno sicuramente aumentato le difficoltà della situazione generale». La Memoria ragi,onata sulla campagna della truppa napoktana, scritta il 20 aprile a M essina da Rosenheim, analizza piit in dettaglio gli aspetti tccn ici e militari della campagna, iniziando con la critica alla d ecisione iniziale di occupare inutilmen te la linea del Tronto invece di arroccarsi subito tra Sulmona e Popoli e mettendo poi in risalto le negligenze e gli errori di Damas (sottovalutazione delle difficoltà di vettovagliamento, ecccssiya estensione del fronte, errori nella valutazione delle posizioni difensive,

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LE DUE SICILl!c N~LLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

inutile assegnazione di pezzi pesanti a Roseto e Lagonegro, tardiva concentrazione ddk forze, mancata difesa della valletta di S. Martino e delle alture <li fianco nella giornata di Campo Tenese, ahhandono della posizione di Oria sul Coscile, inutile sosta a 1àrsia in attesa di Fardella). Pur in modo meno esplicito, anche dalla Memoria di Rosenheim trasuda però lo stesso intento auto difrnsivo delle Osservazioni di Damas.

Il de profundis di Luigi Rlanch Luigi Blanch, allora tenente del 2° granatieri aggregato al quartier generale, scrisse che la nomina di Damas ad ispettore generale «non aveva nulla prodotto, perché, malgrado le sue personali qualità, gli mancavano quelle per le quali si può risollevare un corpo che aveva tante cause di decadenza nel suo seno». Per il resto, il generale «aveva i sentimenti e le illusioni di un emigrato, ma non lo spirito agro e persecutore». Era «un perfetto cavaliere dell'epoca di Francesco T, che si batteva bene, ma non sapeva che fare né prima né dopo l'azione». «T due divisionari - aggiungeva - per orcostanze diverse, non ispiravano confidenza alcuna». Fardella «godeva una reputazione, ma non unanime, era l'uffiziale che aveva pit1 conoscenze teoretiche e maggior cultura di spirito; questa superiorità gli dava un orgoglio che lo rendeva incapace di discutere e di soffrir contradizioni, se non in un modo indiretto; aveva poca esperienza di guerra, ma quanta se ne poteva avere nell'esercito napoletano; le sue idee sul mestiere però erano vaghe, passava dall'ammirazione estrema per i fatti militari dell'epoca all'idea della decadenza dell'arte, come si proponeva di esporre in un'opera. Del resto, attivo, forte, forse pit1 che lavoratore di tavolino, stava 16 ore al giorno a cavallo, se era necessario. La sua riputazione di bravura era minore di quella del sapere; pure erano pit1 vaghe accuse che fatti, e nel fondo era un uomo che poteva mancare di slancio, non di onore>) . Rosenheim era «un pedante elevato a generale. Nel regno non aveva fatto nulla, era stato al seguito di Suworoff quando era la repuhblica di Napoli, ed ivi aveva un po' veduta più che fatta la guerra ... privo di conoscenze teoretiche dell'arte, non sapea che le ordinanze, amava il comodo, non era difficile servire ai suoi ordini, ma aveva l'opinione di chi voleva imporgliela)), Minutolo «era ignoto ali' esercito, perché venuto dal servizio


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 - 1806)

di Spagna, ove aveva fatto rapidi asccnsi, Non si dubitava ddla sua personale bravura, ma non conosceva l'esercito, non le istituzioni, non gl'uornini, per cui era un buon uomo, ma non portava niun peso nella bilancia». Quanto ai brigadieri, «il solo che ispirava fiducia più per le sue qualità che per esperienza, il brigadiere Dillon, era morto». Gli altri «erano quasi tutti nulli per l'età, l'ignoranza e la mancanza di esperienza. Il barone T~chudy, emigrato dalla Francia, aveva fatto la guerra con gli emigrati, ma era matto alla lettera, e così è morto. Laltro 'lschudy, Pasquale, era un uomo onorevole, e piì1 attivo e piì1 svelto degli altri». Macry, comandante dell'artiglieria da campagna, era defìnito «uffiziale mediocre». Gli ispettori «erano col principe ereditario, come Acton ... che aveva fatto la guerra dei sette anni e le prime campagne della rivoluzione nd corpo di Condé. Ma questi non erano nell'esercito attivo».

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LE DUE Sl(!_IJE NELLE GUERRE NAPOLEQNICHE ( 1800 - 1815)

Tab. 3 4 - Lo Stato lviaxxù>re Gene raie del! 'Esercì to (i 803-05) 3 Aiutanti di campo del Re Brigadiere conte di Thurn; colonnello principe d ' Aci (ispettore dei cacciatori reali in Sicilia); tenente colonnello duca d' Ascoli ( comandante e ispettore dei focilieri di città).

2 Capitani Genemli Cav. D. Giovanni Acton

di I erra e Mare

Fr. Pignatelli Strongoli

di Terra

10 Tenenti Ge11erali Duca di Oravina Principe di Ripa Diego Naselli • Daniele de Garnbs " Duca della Sala11dra Principe di Cutù

UdienzaGCR Piazza Napoli Cl Gran. Reali Luo!,\ol. Sicilia

Conte Loren,:o l'ersichelli + Principe di Assia Philipp;thà Emanuele de Bourcard Salvatore Naselli Ruggero Damas (P)

Cast. Palermo Pia1/za (ìacta Armi di Sicilia Ca Alabardie1i Cl d. Armi

-

-

20, 11oi 18 Marescialli di Campo Principe di Calvaruso Principe di Stigliano Principe di Canneto Baldassarre Nihell + Carlo Tschudy * Conte Simone Salis E manuele de Almagro " Antonio Dentice Marchese di Circello Prospero Ruiz O *

Orfanotrofio

.Fondo de Lucri M. Vedove l,iazza l'escara S. Cons. Guerra

ln Inghilterra S. Cons. Guerra

Pietro Zannoni * " (ìiovanni Manuel y /\rriola Carnillo Guevara I Oiovanni Oualengo Antonio Alberto Micheroux 0 ( ì-i useppe l'ari si Abramo de Bock Barone Giuseppe Acton ° Luigi Adolfo Rosenheim Marchese di Arienzo 0

0

M. Vedove

l'iazza Capua Cl Milizie UP

S. Cons. Uuerra Cl Cavalleria 3a Divisione Ca Guardie Co.

41, poi 42 Bri,:adieri Duca della Regina Marchese di Miano Marchese di Pietramaggiore'' la Divisione Marchese di S. Giorgio Angelo Mugnoz Piazza Reggio Arcadio Perollo Vespasiano Macedonio Giuseppe Bisogno Giunta Treno Agostino Colonna I a Ilrigata Cav. G. Capece Minutolo (ì R. Malaspina * M Vedove Silvestro Ricci la Brigata F. G B. Spiriti l<'rancesco Dell ' Uva Sa Brigata F. Dionisio Odca Pietro d' F.scohar 6a Brigata F Raimondo Dlanch Francesco de la Vega (P) Cl genio Francesco Branciforte Marchese di Montemayor Dir. genio NA Vim;en,m Dentice Barone G . I3. De Cesare 3a Il1igala cav. Francesco Ruffo Barone Carlo Tschudy Piazza Napoli 4a Brigata F. Giacomo Feydeau Principe di Lupenmo 4a Brigata Cav. CarloNovi l sp. Artiglieria G . B. Fardella 2a Brigata Cav Pasquale Tschudy 2a Divisione Marcello de Gregorio P.za Siracusa Emanue le del Carrillo 2a Bri gata F Francesco Paolo Massa Te Alahardieri Angelo Minichini Ia Brigata F . Luigi Fernandez Peiteado lnl. Gen . S icilia Marchese Cusani 4a Divisione l'atriz io Uuillaumat Dir. geni o Sic. Giuseppe Barone (liuseppe Langelé lsp. Invalidi Antonio l'inedo lsp. Cavalleria Oiorgio Jacquet Fant. Marina Principe della Cattolica Marchese di S. Agata • Presidente dell ' Udienza di g uerra e casa reale. 0 Membro del S upremo Consiglio di G uerra. * Uovernatore del Monte delle Vedove. " Soprintendente del R. Fo ndo de' Lucri. Cl Comandante c Ispettore. + Mancante nel 1804-05. (P) = Promosso al ~rado nel 1804.


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IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - 1806)

Tab. 35 - Gli Stati Man'im·i delle Piazze (Rezno dì Nano/i} (18 03-05)

Piuzze del Regno Piazze Napoli

Capua Uaeta Pescara Reggio

-

Tenenti di Re

Comai1da11te o Governatore e Ten. Gen. de Gambs es I3rig. Francesco Ruffo G

-

Mar. G. Gualengo

Ten Gen Pr d'Assia c Mar. Simone Salis Ul'M Col. Dus111etde Smours r>oi 13ril!. Angelo Mu1:moz G

Col. Diego Marsiglia Col. Giuseppe Corné Eman. Iajo de l'oulet

-

Ma~g,iori I O - Col. Cancellieri 2'' - Gius. T.aviani Francesco Errichelli felice Ge1ig Alessandro Blasi E. Afan de Rivera

-

~

Castelli di Napoli

- - Castelli

c

Castelnuovo Sant'Elmo C. dell'Uovo

e_T G

-

-

del Carmine

G

Comandante o Governatore (ten. gen. de Gambs) vacante Ien. Col. Michele l'uccemulton poi Col. Pasquale Roragginc Col. Scipione Lamarra

.Ma2eiore

Giuseppe .Forni (int.) l'idro Rossano Nicola de Rosa

Giusenne Tcxcdor

Castelli, Forti e /,ml.e Castelli Cìranatcllo n l'rntici G Revigliano e I3aia G Ischia G

L Capri GPM

PonzaG Ventotene G

S. Stefano C

AquilaG Civitcl la (ì Amantea Cì Pentimele C

Governatori o Comand. Tcn. Col. Giacomo Graff Col. hancesco Va1lejo len P Castellani Castel Il Col. Emanuele Diversi Cap. Gaetano Caraeciolo poi ·ren. Col. (). Dejan Magg. M. Porras y Leon poi Ten Col. Carlo Poulet ~ Cap Angelo Mclbcr Magg. Clem. la Sfarperia poi Ten. Col. G. Gicca Alr. Aless. de Robe1tis noi alf. Giusenoe Cannella Col. Giovanni Salomone Ma!l!l. Matteo \,\ìade Cap. Angelo M. Abbale CaD G. B. Manti

Castelli

Taranto n Otranto G CotroneGM

Governatori o Comand. Ten. Col. Giovanni Gicca poi Magg. C. I.a Scarpcria l'cn. Col. Ant. Carascon Ten. Col. Nic T.co Costa Magg. Ciovanni Palenza poi Col. Lino d'Ayala Ten. Col. Giuseppe 1/,aini Col. Ignazio Perez de Vera Ten Col. Giuseppe Dejan poi Magg. l'orras y Leon Magg. Ci useppe Ancona Col. f<ranccseo Onofrio poi vacante Tcn . Col. T. Flcchcnslcin Col. Antonio l<evillart Cap.Pasquale Governa

-

-

I. Tremiti C -

V1cslc U Manfredonia Trani G

Monopoli G Rari G Barletta G

Gallipoli (ì Brindisi U

-

Col.onne/li Pre.fidi di Province Salerno Montefuseo Lucera J.ecee

An ton io Winspeare D. de Vera d'Aragona (M) Dionisio Corsi Marchese della Schiava

-

-

C - Comandante. CS = Capo subalterno M = della Reale Marina.

(ì -

Cosenza Luigi de Ri seis Simone Catanzaro Costantino dc Filippis Conte Marescotti (Brig. M) Chieti Teramo francesco Carbone L 'Aquila Giovanni Galiani Oovcmatorc. (ìPM - Cìov. politico e militare.


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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE(!®()- 1815,__ _ _ _ _ _ _ __ _ __ _ __

Tah. 36 - Lo StatoMap;p;iore dellakfarìna (1803-05) l Capitano Generale Cavalier D. Giovanni Acton

2 'J'e11enti Generali Bartolomeo fortei.rnerri

Se!!retario Marina

Giovanni Danero - Gov. Pi azza di Messina

1 Caool·qmulrll Marchese Niccola Espluga com. del Dipartimento di Messina 7 Briglldieri Tommaso Vicugna Francesco Marcscotti Antonio Cìagliardo Giacomo Fardella

Porli Sicilia Preside Chieti

Dip. di Palenno

G R Cìnillichini Conte Giuseppe di Thurn Conte Francesco de la Tour (Giorgio .Taeauet)

Gl'MMessina Dip. di Napoli Tsp Arsenale !<ant. Marina

6 01pitani di Va.fcelfo f. S. Calcagno Cìius. de Almagro Die!!o Naselli

Accademia delle G. M. Intendenza di Messina

-

4 Capitani di Vascell.t1 at.n!ref!ali Diego del Coral Giovanni. Ramon

l' Navigazione Mere. Porlo di Messina

E1mmuele Lellieri filippo Cìianchi lgn~zio Staiti G. U. del Corni I Carlo de Cosa

Magg. l)ip. di Napoli Suh lsp Armamenti

Annibale Adami Frane. Morcaldi Aniello Carrabba

-

Raimondo Crei!

Tenente Colonnello

-

Carlo de Vicugna (P) Diodato Micheroux (P) G. B. de Sterlich (Grad) Lino de Almagro Domenico de Vera

Marinai cannonieri

l

Com R . Darsena Preside Montefosco

9 Capitani di Freeata

-

A.M. Dip. di Messina -

Luigi Mastelloni Salv. Valguarnera francesco Lucchesi L. R. de Gras l'leville Antonio Tmbert

Sub 1sp. Costruz .

-

Costruttore in ca1JO

6 Capitll11i di Frel(atll avvref!ati Ruggero Vitagliano Giuseppe Martinez (P) Gir. Quattromani (P)

-

lsp. Riviste e Pagam. Cantiere Castellam. Batteria Granateli o

2 Ujficil1li della Fanteria di Marina

<+i.11seo1Je Waller 2 Cavitani di l'orto

MaQuiore

Ten Vase. Andrea CaDarozzolo I Napoli C ap. fan!. Giovan ni Fileli 1 Cofonnell1J J !nico Sanchez - Direttore del corpo deirli Inueuneri

I Palermo

Idraulici

2 UJ]ìciali del Como Politico Gi us. falconieri Dir. Contadoria Napoli Francesco Trabucco Tesoriere I Mancante nel 1804-05. (P) - Promosso al grado nel 1804. (Grad.) = graduato


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO {1735 - 1806)

4. AMMINISTRAZIONE SANITÀ E ASSISTENZA ( 1734-1806)

A. La R. segreteria di stato, guerra e marina e il Consiglio supremo di guerra La R. Segreteria di stato, guerra e marina (173 7-1 798)

La costituzione borbonica prevedeva un'unica "Reale segreteria di stato" (istituita con R. decreto del 30 luglio 1737), con sei dicasteri (rami): affari esteri, casa reale, giustizia e grazia, ecclesiastico, azienda, guerra e marina. La dipendenza dalla segreteria era indicata con una "e" o una virgola seguita dal nome del ramo: l'indicazione precisa dei rami militari era pertanto "R. segreteria di ~tata, guerra e marina". Il primo segretario di stato delle Due Sicilie, il potente Joaquim de Montealegre duca di Salas, fu il titolare politico di tutti o quasi i rami. Alla sua caduta, il 10 settembre 1746, esteri, guerra e marina furono separati dagli altri e attribuiti a Giovanni Fogliani d'Aragona, marchese di Pellegrino. Nel giugno 1755, con la nomina di costui a viceré di Sicilia, passarono al marchese Bernardo 'fanucci, ma il 31 ottobre 1755 gli esteri furono attribuiti a Leopoldo Gregorio, marchese di Squillace, e rimasero autonomi anche dopo la sua partenza per la Spagna al seguito dd re Carlo (1759). Entrato nel consiglio di reggenza che governò il Regno per otto anni sino alla maggiore età di Ferdinando lV (1767), Tanucci lasciò i rami di guerra e marina ad un militare, il tenente generale Antonio del Rio, che, a causa del suo grado, non entrò nel consiglio di reggenza, dove le due forze armate eran o invece rappresentate dai rispettivi capitani gen erali, superiori gerarchici del segretario di stato. Del Rio fu però sostituito da ,ç oyzueta, responsabile della crisi finanziaria emersa nel 1765, ma rimasto

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

in carica fìno al 1773, quando il "partito spagnolo", ottenuta la caduta di Tanucci, pose a capo dei rami militari il maresciallo di campo Antonio Ottero, personaggio insignificante. A quell'epoca la segreteria di guerra e marina costava 21.272 ducati all'anno, 13.028 per gli uffici della capitale e 8.244 per quelli di Palermo. La caduta del partito spagnolo cominciò con l'arrivo di Acton e la sua nomina, il 9 agosto 1778, ad un incarico tecnico, la direzione della segreteria di marina. TI 14 gennaio 1779 Acton assunse la segreteria di stato della marina, separata per la prima volta da quella della guerra, che fu però riunita poco dopo nelle sue mani (il 4 giugno 1780). Nel 1786, con l'estensione dei poteri del nuovo ispettore generale dell'Esercito, Perdinando Logerot, il controllo sulla contabilità militare fu trasferito dalla segreteria di azienda a quella di guerra e marina, contribuendo alla disastrosa impennata delle spese militari, che rappresentavano oltre metà delle uscite e i due terzi delle entrate. Nel 1787 le attribuzioni di Acton furono estese al commercio e 1'8 settembre 1791 agli esteri. Sempre piì1 assorbito dalle cure dello stato e dagli intrighi politici, il 25 aprile 1795 Acton si liberò dei due rami militari, che furono nuovamente separati e attribuiti a persone di sua fiducia, il brigadiere Giovanni Battista Manuel y Arriola e Fabrizio Ruffo principe di Castelcicala, il quale, malgrado il grado militare (brigadiere) era un diplomatico. Tale era anche Marzio Mastrilli marchese di Gallo, negoziatore a I ,eoben per conto dell'imperato re francesco Il, subentrato l' 11 gennaio 1798 a Castelcicala nella segreteria di stato d ella marina.

Le Officine di gu,erra e marina da Manthoné a Ruffò (I 799) Destituito e arrestato il 18 dicembre 1798 su richiesta di Mack, che voleva farne con Micheroux il capro espiatorio d ella disfatta, Arriola fìnì relegato ad Ischia. Insediatosi il 26 gennaio 1799, il nuovo governo della repubblica si articolò inizialmente in sei comitati, incluso uno militare presieduto d a Gabriele Mamhoné e composto da Moliterno, designato da C h ampionnct comandante delle costituende truppe napoletane e dal cotronese Anton Raffaele Daria, capo della sezione marina. TI 29 il comitato centrale pose alle dipendenze di quello militare le officine dell' cxsegreteria di guerra e marina, riordinate su una segreteria (capitano tenente <l'artiglieria Stefano Ottaviani) e tre sezioni articolate in 10 burò:


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IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - 18061

• •

I sezione - armata di terra: 3 hurò ([ nomine; 2° organizzazione dei corpi: 3° operazioni); II sezione - armata di mare: 3 burò (come quelli della I sezione); TTT sezione - contabilità: 1 burò (1° sussistenza, 2° armamento, vestiario ed equipaggiamento; 3° quartieri; 4" fondi e contabilità). 0

Si può immaginare quale fosse l'effettivo potere del comitato, tenuto conto che le sue decisioni dovevano comunque passare attraverso il ministro di guerra e marina, incarico che Championnet affidò inizialmente allo stesso commissario ordinatore del!' Armée de Rome, Jacques Philippe Arcambal. Nondimeno - in rapporto ai criteri dell'epoca e all'esiguità delle forze repubblicane - l'apparato burocratico del comitato era elefantiaco. Incluso il portiere, infaui, contava ben 90 addetti, 16 dei quali capiburò, con un costo mensile di 6.000 ducati. Inizialmente il minisi:ro di guerra e marina fu un semplice interfaccia tra la commissione militare e il comandante in capo francese. 11 4 marzo, però, Arcambal fu sostituito da Leopoldo De Renzis e, a seguito della "napolctanizzazione" della carica, il ministro fu dotato anche di un proprio burò, articolato in 4 officine: I: Materiali dell'Armata di terra; II: Personale e impiego delle tfe Armi; III: Personale e materiali dell'Armata di mare: TV: Contabilità generale. Il 18 aprile, nel quadro del riassetto costituzionale imposto dal commissario francese, il dicastero fo assunto dallo stesso presidente del comitato militare Manthoné, delegando la direzione tecnica a Marcello Scotti e dando a hancesco Costanzo (che aveva aspirato al ministero) il comando del genio. Poiché nel frattempo Moliterno aveva accortamente cambiato aria, facendosi mandare a Parigi in missione diplomatica, Manthoné divenne di fatto la più alta autorità militare della Repubblica. Assunto il governo di Napoli quale vicario generale, il 20 giugno Ruffo ne concordò la composizione col marchese Saverio Simonetti, fiduciario del re. Mantenendo la direzione politica del ramo militare, il cardinale attribuì al brigadiere Francesco Ruffo, comandante interinale della piaZ'La di Napoli, !'"ispezione di guerrà', e al commissario ordinatore Eugenio Pedrinelli la direzione tecnica delle officine, che ripresero provvisoriamcnt,e il vecchio nome di R. segreteria di stato, guerra e marina.


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LE DUE StCILIE NELLE GUERRE NAPOLWNICHE ( 1800 . 1815)

La segreteria di Napoli da Logerot a Colajanni ( 1799-1802) Intanto, però, una nuova segreteria era stata creata a Palermo. Nel nuovo governo siciliano del gennaio 1799 i dicasteri di guerra e marina furono assunti da Pietro Lanza Stella principe di Trabia. Arrivato il re nella rada di Napoli e declassato Ruffo a semplice luogotenente del Regno, il 20 luglio la R. segreteria di stato, guerra e marina fu riordinata su quattro "direzioni" tecniche, una "principale" (costituita dai vecchi impiegati napoletani) attribuita al maresciallo i;erdinando Logerot, già intendente generale ddl' esercito, e tre particolari, due di guerra per i due Regni e una di marina (con sede a Palermo), attribuite rispettivamente al commissario ordinatore Giambattista Colajanni (Palermo), al direttore delle manifatture militari Giovanni Antonio Torrebruna (Napoli) e al vice ammiraglio Bartolomeo f.orteguerri (Marina). Logerot cadde in disgrazia sia per il parere "Jisfonista" dato nel consiglio di stato del 7 luglio 1800, sia per la minaccia, trasmessa da Cassaro a Palermo il 27 luglio, di declinare ogni responsabilità circa la difesa del Regno se non riceveva subito nuovi fondi. 112 agosto il re chiese ad Acron di giustificare l'abnorme aumento delle spese militari, cresciute al livello del 1792-98. Con la riforma del 2 ottobre, che riduceva i compiti della giunta di staro alla trattazione delle "sole materie di lunga e intricata discussione" consentendo ai direttori di rivolgersi direttamente al luogotenente, I .ogerot fu licenziato e sostituito da Colajanni. Due settimane dopo (il 13 ottobre) seguirono le dimissioni di Trabia e l'interim del ministero fu assunto da Colajanni.

Proprio in quel momento Cassaro si era fatto cogliere da un nuovo attacco di panico per i venti di guerra. Il 18 ottobre scrisse ad Acton che intendeva imbarcare segretamente la famiglia, pur continuando a mostrarsi sereno e ilare per via Toledo. TI 18 novembre, dopo le minacce del genera le Dupont, chiese addirittura l'autorizzazione a comportarsi come aveva fatto il vicario Pignatelli nel 1799 ! («chi dovrà comandare il popolo - scriveva vilmente - e dove si trovano qui le persone dotate di valore, di capacità, d 'accorgimento, di fedeltà? Scelga il re questi soggetti e mi comunichi ... Qui restando preda dei nemici io sarei il primo oggetto della giurata vendetta <lei sedicenti patrioti, e finirei i miei giorni nel modo piL1 ignominioso ... non dovendo compromettere la dignità della carica, chic-


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (!135 - 1806)

do che, ove nasca una invincibile anarchia, o conoscendosi insuperabile l'ingresso del nemico, di potermi mettere in salvo»). Questa lettera vergognosa suscitò l'indignazione di Colajanni, che il 29 novembre osò scrivere ad Acton: {(Per carità! V E. levi di mezzo i paglietti dell'alto governo dagli affari se vuole che il regno non si perda. Ora ci vorrebbe anzi un governo puramente militare, e qui tutto è pagliettismo, inquisizioni, carcerazioni, denunce, calunnie, allarmi falsi ed altro simile flagello! ... I giacobini sono isolati e non hanno seguito né legami ... la venuta qua della Real Corte, e di V E. farebbe sparire un mondo di guai ... ».

TI 1 O dicembre Colajanni fu nominato direttore particolare a Napoli e lasciò l'interim del ministero e della direzione particolare di Palermo al direttore di marina Forreguerri, che il 6 gennaio 1801 fo nominato segretario di stato. Primo atto del nuovo ministro fu, il 15 gennaio, stabilire un tetto al personale dirigente, limitando la segreteria di guerra a 25 officiali "nei due Regni" e quella di marina a cinque. Il 31 gennaio si trasferirono a Napoli anche il principe ereditario e Acton.

Tl ministro Forteguerri a Napoli (1802-06) Col ritorno del re a Napoli, il 27 giugno 1802, cessarono le funzioni dei direttori e Colajanni fu posto a disposizione con l'intero stipendio. Il 31 luglio il re ristabilì le precedenti incombenze dei ministri, con Acton agli esteri, Seratti alla casa reale, Corrad ini a giustizia e grazia, Migliorini all'ecclesias tico, Zurlo all'azienda e Fortcguerri alla guerra e marina. Fu recuperato però anche Colajanni come direttore particolare di Palermo. In ottobre il nuovo ministro fece una seconda e piL1 drastica epurazione degli impiegati e addetti della segreteria licen ziando vari personaggi inutili o incapaci assunti da Ruffo. Licenziato Zurlo, nel marzo 1803 fu ripristinato il consiglio di finanza, nel quale fu incluso anche il ministro di guerra e marina. In tal modo il principale centro di spesa dell'amministrazione statale fu messo in condizione di controllare il ministro di azienda: Seratti, nuovo titolare dell'ufficio, non mancò di risentirsen e, irritato anche per aver ricevuto da forteguerri, nello stesso mese di marzo, due richieste di 1Oli.000 e

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LE DUE SICILIE N ELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 · 1815)

100.000 ducati. Il 2 aprile Seratti scrisse ad Acton: «se dalla segreteria di guerra non si procede con lo stesso spirito (di cooperazione), non ho altro partito da proporre che di consegnarsi al ministro di guerra e marina tutta la reale tesoreria perché ne disponga e io non ne averò più che farrw>. Aggiungeva che la marina riceveva 30.000 ducati al mese come prima del '99, ne spendeva la metà e pretendeva, in una situazione tanto disastrosa, di tenersi anche il resto per farsi un proprio fondo di scorta. Acton gli rispose in modo evasivo di dare a rortcguerri quel che poteva. A contestare l'ammiraglio rimase solo Colajanni, che nel rapporto del

10 aprile 1804 sui fondi per le armi dei reggimenti provincia! i trasferiti dagli enti locali all'intendenza militare, denunciò l'incuria della segreteria di guerra, che aveva omesso di «prender conto» delle frodi nell'esazione della ra.~sa, né dell'esistenza e valore delle armi e buffetterie e del denaro «rimasto in mano ai sindaci cd esattori)). Nel gennaio 1806, come scrive Blanch, «a Fortcgucrri fu dato per coadiutore un direttore che quegli non aveva dimandato e che pei suoi an recedenti annunziava un successore, non un collaboratore. Fu questi il colonnello Colajanni». Secondo Rlanch «Fortiguerri era contrario a ciò che si faceva, ma non aveva alcuna influenza così per le sue qualità come per ciò che gli mancava. Era troppo onesto e sensato da partecipare alle passioni della regina, e come ammiraglio aveva poca autorità per far pesare il suo avviso in cose riguardanti le operazion i di guerra. Non prese parte infatti alle conferenze che stabilirono il piano di guerra», a cui del resto, «per N ap oli non v'intervenne che Ruggero Dam as».

Il riordino d ella segreteria di guerra (R. decreto 11 luglio i 802)

Il R. decreto dell'l 1 luglio 180 2, recante modifiche al R. D. del 30 luglio 1737 sulle R. Segreterie di stato, riordinava quella di guerra e marina su 4 "ripartiment i", specificandone le seguenti attribuzioni: •

• • •

l'elezione del comandante generale dell e armi e dell'uditore dell'Esercito di Sicili a; la direzion e d isciplinare ed economica delle forze militari e maritti me, comprese le milizie urbani e provinciali, con la spedizione dei passapo rti militari; la di rezione generale delle man ifatture e degli ospedali militari; l'amministrazione del treno d'artiglieria e regio hagaglio; la direzione d egli arsenali, offìcine e dipendenze della marina; la fìrrna delle pa Lcmi dei legni m ercantili ;


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 - 1806)

la vigilanza per la manutenzione delle torri dei litorali; il governo del monte delle vedove militari nell'uno e l'altro ramo; l'orfano1rofìo militare; i reali convitti militari.

Alle dipendenze amministrative della segreteria di stato erano poste:

• •

tutte le for,.e militari terrestri e marittime, comprese le milizie urbane e provinciali; le 3 Tntendenze generali degli Eserciti di Napoli e di Sicilia e della Marina, con dipendenti segreterie, contadorie e officine di conto e razione; tutte le fortezze, quartieri, siti e fabbric(ati) militari; gli stabilimenti delle fabbriche d'armi e rnunizioni militari nella Torre dell'Annunziata ed in altri luoghi dei Reali Domini, compresa la dipendenza delle acque di Sarno, e dei molini della Torre; la suprema giunta di guerra; l'udienza generale di guerra e casa reale (per gli assumi militari d'ispezione della medesima), gli uditori di guerra e tribunali comhinaii dell e province; le corti militari delle piazze e castelli; la soprintendenza e l 4 intendenze del regio fondo dei lucri delle Due Sicilie, incluso il teatro del fondo (trasferito dalla segre1eria di casa reale); tutte le giunte formate per ;1ssunti di economia, amministrazione e giustizia; il cappellano maggiore per afftri attinenti a cappellani, chiese e parrocchie militari e di sussidi ed elemosine a vedove e orfane militari (restando alla segreteria di cisa reale la provvista dell'impiego e a quella ecclesiastica la curia del cappelLrno maggiore); i reali convitti militari e l'orilnocrofio militare (femminile).

La segreteria di stato di azienda (ministero d elle finanze) era autorizzata a corrispondere direttamente, per gli interessi fiscali e gli oggetti di pubblica econ omia, con tutte le autorità di cui avesse bi sogn o, tranne quelle militari, con le quali poteva corrispo ndere esclusivamente per il tramite d ella segreteria di guerra e marina. Il ministro delle finanze conservava la dipendenza d ella polvere e del salnitro, di concerto però con quello di guerra e marina circa le forniture all'artiglieria nonché la con ti n uazione o riforma dello stabilimento "eretto d a poco tempo" (Mongiana) per le mani fa tture militari. Conservava inoltre le ferriere (inclusa la Mongiana) , tranne le due di Poggioreale e Piano d'Ardine che per istituzio ne antica si trovava no addette al ramo militare per lavori dell'artiglieria. Erano infìne trasferiti dalla marina alle finanze il porto franco, consolato e dipendenze di Messina

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L'Udienza di gu,erra e casa reale e il Supremo consiglio di guerra Con R. decreto del 17 febbraio 1786 le due udienze di guerra e di casa reak furono unificate e le competenze di tutti i tribunali militari furono riordinate per maceria dalla R. ordinanza sui delitti e le pene militari del 18 settembre 1789. Presieduta da un tenente generale, ma composta da togati (magistrati civili), incluso un caporuota vice presidente, la R. udienza di guerra e casa reale aveva giurisdizione esclusiva nelle cause criminali e civili passive relative ai militari in servizio a Napoli e di revisione o ultimo appello delle sentenze non capitali emesse dai tribunali militari o misti ("combinati") delle province. Fu inizialmente presieduta da Sanchez de Luna, sostituito nel 1790 da Pignatelli di Strongoli, cui dopo la parentesi repubblicana subentrò Naselli. La revisione delle sentenze capitali, e le cause relative a reati commessi in concorso tra militari e civili, erano invece riservate al supremo consiglio di guerra, non solo presieduto da un generale ma anche composto solo per metà da consiglieri togati e per il resto da consiglieri militari del rango di maresciallo o brigadiere. La principale funzione dell'organo non era però giudiziaria, ma amministrativa, perché, in composizione allargata all'intendente generale, esercitava la consulenza del ministro sulle questioni relative allo stato giuridico e all'avanzamento del personale, in particolare l'accertamento dell'anzianità degli ufficiali e la valutazione dei titoli. Pignatelli cumulò la presidenza dell'udienza con quella del supremo consiglio (assumendo inoltre la reggenza della Vicaria dopo l'arresto di Luigi de Medici d'Ottaiano nel marzo I 795). TI 1O luglio 1799 le funzioni del supremo consiglio furono esercitate da una suprema giunta di guerra, presieduta da Spinelli, che aveva anche il compito di epurare gli ufficiali del vecchio esercito e quelli dell'Armata sanfedista. Per le ragioni di cui pit1 avanti diremo (v. infra, cap. 5, §. A), il 6 gennaio 1800 Spinelli fu sostituito da Naselli e il 17 marzo la giunta fu abolita, ripristinando il supremo consiglio, presieduto da de Gambs (comandante la piazza di Napoli) e composto, oltre ai consiglieri togati, da 6 marescialli (Almagro, Ruiz, Micheroux e de Bock consiglieri ordinari, Acton e Rosenheim straordinari, per le cause concernenti il personale posto sotto le rispettive ispezioni generali) e un brigadiere (P. Tschudy).


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 - 1806)

L'Intendenza generale dell'Esercito, le Officine militari e il Corpo politico dell'Esercito L 1ntendenza Generale dell'Esercito (J 783-1 798) Dalla segreteria di guerra e marina dipendevano tre distinti servizi di commissariato militare, detti "corpi politici": uno dell'esercito, uno del corpo reale e uno della marina, composti da vari commissari ordinatori sovrintendenti di ripartimento territoriale e commissari di guerra addetti alle pia:t:1,e (in ragione di uno ogni due reggimenti) o ad enti e stabilimenti militari, con rango i primi di colonnello e gli altri di tenente colonnello oppure di capitano. Il corpo politico d'artiglieria era sotto l'ispezione del direttore, gli altri due diretti dagli intendenti dei due eserciti di Napoli e di Sicilia e della marina, del rango di brigadiere. Era autonoma anche l'amministrazione degli ospedali militari, diretta da un commissario "senza rango militare" posto alle dipenderne del direttore generale Vivenzio e incaricato di vigilare sui "controlori" dei vari ospedali.

Con R_ ordine del 27 dicembre 1783 le intendenze militari di Napoli e Sicilia, con gli otto ripartimenti di Napoli, Teramo, Lecce, Cosenza, Palermo, Messina, Siracusa i Orbetello, furono posti alle dipendenze di un "intendente generale dell'esercito", con rango di maresciallo e dipendenti segreteria e contadoria particolare, con 37 addetti:

5 alla segreteria (segretario, "utfìciale maggiore", 1 amanuense e 2 "intrattenidi per le scritture"); 32 alla contadoria particolare (concadore con rango di commissario ordinatore, 2 ufficiali maggiori e 2 minori per la tenuta del libro mastro e del libro giornale, e; primi e 6 secondi otlìciali, 6 aiutanti, 4 amanuensi, 1 officiale archiviario, 2 pratici, 2 inservienti invalidi).

Poiché l'intendente generale esercitava direttamente anche le fimzioni particolari relative al Regno di Napoli, uno degli scopi della riforma era di porre Ane all'autonomia dell'amministrazione militare siciliana. Di rilievo era però l'inserimento dell'intendenza generale nel sistema di controllo contabile dei commissari di guerra: i conti erano infatti veriAcati dalla contadoria particolare e vistati dall'intendente prima di essere trasmessi al ministro delle finanze - il quale li inviava a sua volta al "ramo militare"

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della scrivania di razione (articolato per materia m 5 "dipendenze"), da dove erano trasmessi per il pagamento alla tesoreria generale.

L autonomia finanziaria dellEsercito (J 786-98)

TI passo successivo e di grande importanza politica, ossia il trasferimento del controllo contabile e dei pagamenti dagli uffici finanziari all'intendenza generale dell'esercito, avvenne nel 1786, contestualmente alla nomina del brigadiere Ferdinando Logerot (padre di Raffaele, futuro storico dell'esercito napoletano e cadetto d'artiglieria nel 1790). In aggiunta alla segreteria e alla contadoria particolare, l'intendenza generale fu dotata di una propria scrivania di razione e di una propria tesoreria, nonché di una particolare cassa militare. In tal modo una parte assai rilevante delle competenze della segreteria di stato e azienda veniva in realtà trasferita alla segreteria di guerra e marina, sottraendo in pratica alle finanze il controllo contabile sui due terzi delle uscite dello stato e attribuendolo allo stesso organo che avrebbe dovuto essere controllato! La gestione unificata consentì sicuramente di realizzare delle economie (non quantificabili allo stato attuale delle ricerche). Vari appalti locali o settoriali furono infatti accorpati o sostituiti da gestioni in economia da parte di aziende di stato, e le truffe e il peculato, pur essendo impossibile sradicarli, furono per lo meno conLrastati da nuove e piì.1 stringenti disposizioni sulle ispezioni amministrative e le verifiche contabili. Nel 1790 Logerot attentò anche all'autonomia del potente direttore generale degli ospedali militari Vivenzio, ottenendo il diretto controllo del San Giacomo di Napoli. Non v'è dubbio, però, che l'autonomia finanziaria ottenuta dall'esercito sia stato uno dei fattori, se non il principale, del balzo compiuto dalle spese militari nel 1792 e mai più riassorbito.

Il fiasco dei servizi logistici nella campagna di Roma del 1798

In caso di guerra, l'intendenza generale e le dipendenti officine militari di conto e razione dovevano mobilitare l'intendenza, le officine e la cassa cosiddette "di campagna". Appetiti e interessi facilmente immaginabili intralciarono però l'assetto dei servizi logistici per la campagna di Roma del 1798, dando luogo ad un sistema quanto mai macchinoso e ineffìcien-


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 173 5 ~ 1806)

te, brodo di coltura del peculato e della truffa, favoriti dalla subordinazione delle stesse tesorerie provinciali al servizio dell'intendenza militare, per di piì1 prescindendo da ogni formalità (con R. ordine si ingiunse infatti alle tesorerie l'immediato pagamento a favore dei servizi d'intendem,a dietro semplice esibizione degli ordinativi di spesa della segreteria di guerra e senza bisogno di benestare da parte dell'amministrazione finanziaria centrale). I..:intendenza generale di campagna fu attribuita ad un neofita, il tenente generale principe di Ripa. Promosso maresciallo, Logerot fu invece nominato ispettore generale dei viveri e foraggi. Ma già il 19 novembre, ufficiai men te "per malattia", lasciò l'incarico ad un curiale, il consigliere Giovanni Battista Vecchioni, valido per la contabilità, meno per la direzione dei rifornimenti di campagna. Non paghi di aver separato la sussistenza dall'intendenza, le competenze dell'ispezione furono limitate da un doppione, il commissariato generale di provianda, dove Vecchioni, primo titolare, fu sostituito dal commissario di guerra Federico Salomone. Il commissario di provianda era il controllore degli appaltatori, marchesi Manes e Suina, qualificati come "incaricati del servizio". ''Agente dei viveri" della Divisione Micheroux: era il teramano Antonio Nolli, futuro preside e consigliere di stato s6tto re Giuseppe, divenuto sotto Murar barone, direttore della regia d elle sussistenze di terra e di mare n elle campagne del 1813-1 5, nonché ultimo ed effimero ministro delle finanze al tramonto dd regime. Tenendo conto ch e anche il servizio d ei trasporti era autonomo (dipend enza del treno d'artiglieria e regi b agagli) è facile capire quanto macchinosa e ingovernabile fosse la logistica d ella G rande Armata, la più numerosa fino ad allora messa in campo d a uno stato italiano. Fiducioso nell'organizzazione e contando sul fatto di operare poco a Nord di Ro ma, a breve distanza dalle basi di partenza e con un sistema stradale per l'epoca relativamente sviluppato ("tutte le strade portano a Romà '!), re Ferdinando promise in tutta buona fede alle popolazioni dello stato romano che la Grande Armata, poten<lo ricevere dal Regno tutti i rifornimenti necessari, al contrario dei francesi non sarehhe "v issuta sul paese". I magazzini in effetti furono riempiti: ma per abbandon arli al nemico ,al momento della ritirata. Privi di coordinamento , i separati convogli delle

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varie amministrazioni o non partirono affatto o presero direzioni sbagliate, mancando di raggiungere le truppe. Le requisizioni non furono fatte: ma furono peggiori i saccheggi e le rapine compiuti dai soldati spinti dalla fame e sbandati (non di rado dai loro stessi ufficiali, per incapacità quando non per intelligenza col nemico). E assaltando i convogli e i magazzini incontrati nella fuga, i soldati dettero almeno una mano alla resistem,a, strappando qualcosa ai denti del nemico.

Il licenziamento di Logerot e il nuovo assetto dell'intendenza

A seguito del trasferimento della corte e dei ministeri a Palermo, nel gennaio 1799 l'intendenza generale dell'esercito fu attribuita al brigadiere Giovanni de Thomas, e, al posto delle officine di conto e razione di Napoli, ne furono istituite altre con le stesse funzioni a Palermo (con 2 funzionari e 2 uHìciali maggiori di contadoria e tesoreria). Da Thomas dipendevano inoltre 3 commissari ordinatori (uno per Vallo, a Palermo, Messina e Siracusa) e una "deputazione di provianda e vestiario" per il nuovo esercito siciliano istituita il 9 marzo 1799.

Alla restaurazione, la competenza dell'intendente "generale" di Palermo avrebbe dovuto estendersi anche al Regno di Napoli. Ciò tuttavia non avvenne, perché il ministro delle finanze Zurlo n e approfittò per riprendere il controllo sulle spese militari ristabilendo, per il solo Regno di Napoli, la dipendenza dei rami militari dal ramo politico (erario e scrivania di razione) e le competenze della tesoreria e cassa militare furono decentrate alle tesorerie e casse provinciali, che provvedevano ai pagamenti su mandato emesso dai commissari di guerra. Essendo rimasto a Napoli, I ,ogerot avrebbe dovuto conservare la sola intendenza di quel Regno, in subordine a Thornas. TI 20 luglio fu invece nominato direttore principale di guerra e marina, sotto la diretta e doppia dipendenza dal luogotenente (Ruffo e poi Cassaro) e dal ministro (Trabia), con sedi l' uno a Napoli e l'altro a Palermo. Ciò lo rendeva di fatto autonomo, una sorta di vice ministro: ma la maggiore esposizione lo rese responsabile, agli occhi del re, del nuovo sforamento d elle spese militari e, come si è detto, fu licenziato il 2 ottobre 1800. Pochi giorni prima, con R. ordini del 20 e 22 settembre, erano stati isti-


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SISTEMA MlLITARL BORBONICO (1135 - 1806L

tuiti un'officina di campagna (2 commissari, 1 tesoriere e 2 officiali della ruota dei conti) nonché una giunta incaricata di proporre un regolamento dell'intendenza. Quest'ultimo, approvato il 12 frbbraio 1801, "superata la pianta del 1786", istituiva un direttore delle officine di conto e razione dipendenti dalla segreteria di guerra, nominato il 24 febbraio nella persona di Giuseppe Reggio e Reggio, principe della Catena. 1117 novembre i fondi locali per l'armamento ed equipaggiamento dei reggimenti provinciali furono trasferiti all'intendenza. Nel giugno 1802, col re e il ministro, avrebbero dovuto trasferirsi a Napoli anche l'intendenza generale e la direzione delle oflìcine di conto e razione. Invece rimasero entrambe a Palermo, con competenze limitate alla Sicilia, la prima continuando ad essere designata come "generale" e la seconda ridotta a semplice tesoreria.

Le intendenze generali di Palermo e Napoli {1802-05) In attesa di crearne una nuova a Napoli, l'officina militare di conto e razione di Palermo fu abolita, trasferendo provvisoriamente le sue competenze al ramo militare della scrivania di razione. I:autonomia finanziaria del\' esercito non fu perciò formalmente abolita, ma di fatto non fu ripristinata: gli annuari di cort~ del 1804-05 avvertono, a proposito dell'intendenza di Napoli, che "Le altre Officine Militari in questo Regno non ancora sono separate dalle Officine del Ramo Politico". Quanto all'assetto interno all'amministrazione militare, si tornò al sistema anteriore al 1783, separando nuovamente le intendenze militari dei due Regni, entrambe designate ora "generali". In Sicilia Thomas fu sostituito dal brigadiere Fernandez Peiteado, d al quale dipendevano (1803-05) un contadore principale (Giuseppe Scinda), una tesoreria (principe della Catena) e una provianda. Quest'ultima era presieduta dal1'ordinatore Domenico Merlo e Splendore (anche ufficiale maggiore di contadoria) e composta dai direttori della con tadoria di provianda (Niccola Pomar) e della costruzione del vestiario (maggiore Carlo Schmid). Dall'intendente generale di Sicilia dipendevano infine 5 "giunte militari di azienda" istituite n elle piazze di Messina, Siracusa, Trap ani e Augusta e nel porto di Girgenti, composte le prime dai rispettivi governatori, tenenti di Re e commissari di guerra, l'altra dal governatore e dal ,soprintendente del porto.

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Quanto a Napoli, il posto di intendente generale fu lasciato vacante, incaricando della firma e della rappresentanza nel consiglio supremo di guerra il commissario di guerra federico Salomone, che abbiamo già incontrato nd 1798 commissario generale di provianda, il quale aveva alle sue dipendenze, come "ufficiale maggiore", il pari grado meno anziano Giuseppe Franci.

Il Corpo politico dell'Erercito nel 1803-05 Nel 1803-05 il corpo politico ddl'esercito era composto da 28 militari e un civile:

1 intendente generale (brigadiere Luigi fernandez Peireado); 5 colonnelli conunissari ordinatori titolari (Eugenio Pedrinelli, cavalier forancesco del ( :ampo, Giuseppe Mugnoz, lliagio Natale e Oomenico Merlo e Splendore); 2 colonnelli commissari ordinatori p;rad11:1ti (Fr~nccsm Ap1·ca e I_:ilippo Ciavani); 2 commissari di guerra colonnelli (Giovanni Antonio Pardignas e Gaetano del Coral); 17 commissari di guerra tenenti colonnelli (Federico Salomone, Gaetano Violame, Gabriele Pepe, Luigi Valentoni, Giuseppe Franci, Gherardo Sorgemi, Antonio Manuel y Arriola, Girolamo Cadolino, Luigi del Re, Giuseppe lhdolati, Giuseppe Merlo e Remedi, barone Ciuseppe Procida, Domenico Pietromasi, Francesco Paolo Morrionc, Niccola Carzia, barone Domenico Salsedo, Pasquale Tortora); 1 commissario di guerra tenente colonnello onorario (Emanuele Marquez);

I commissario di guerra senza grado militare (Andrea del Puente).

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Sotto Peiteado, ispettore generale a Palermo, servivano il quinto dei colonnelli commissari ordinatori (Merlo e Splendore) con gli incarichi di ufficiale maggiore della contadoria particolare e di commissario di provianda, e quattro commissari di guerra tenenti colonnelli addetti alle piazze di Messina, Siracusa, Trapani e Augusta e membri ddlc rispettive giunte militari di azienda. Lannuario di corte non ne indica i nomi, ma con ogni probabilità erano gli stessi che fecero poi parte del corpo politico del1'esercito in Sicilia, cioè Merlo e Remedi, Domenico Salsedo, Luigi del Re (parente di Francesco Saverio, colonnello del 2° artiglieria Regina) e Antonio Manuel y Arriola, divenuto capo del corpo politico dell'esercito nel periodo in cui la segreteria di guerra e marina fu nuovamente retta dal suo parente brigadiere Giovanni Battista (quello destituito il 18 dicembre 1798 da Mack e relegato ad Ischia, nonché definito "uno stupido" dalla


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regina). Luigi del Re era però certamente a Napoli nel ] 805, dal momento che, con R. ordine del 17 dicem hre, fu nominato capo delle officine di campagna. Agli organi centrali di Napoli non era addetto alcun commissario ordinatore ma solo 4 commissari: il colonnello Pardignas (forse parente del maggiore d'artiglieria distintosi durante l'insurrezione del 13 giugno 1799) ordinatore del corpo reale (nonché capo del suo particolare corpo politico) e i tenenti colonnelli Salomone incaricato della fìrma e Franci ufficiale maggiore dell'intendenza generale. Era inquadrato nel corpo politico (e posto perciò alle dipendenze gerarchiche di Peiteado) anche il civile del Puente, segretario del direttore generale degli ospedali militari (e sicuramente parente del tenente colonnello Giovanni, segretario del governo del monte delle vedove, che però non faceva parte del corpo politico). Fra gli altri, <li cui l'annuario di corte non specifica l'incarico, ritroveremo poi in Sicilia gli ordinatori Natale e Pieuomasi, che aveva servilo con l'Armata sanfedista. Anche il commissario di guerra Pedrinelli (fratello di Gabriele, allora maggiore del corpo reale e futuro comandante dell'artiglieria murattiana) era stato segretario provvisorio di guerra sotto Ruffo. Gabriele Pepe era fratello di due ufficiali che avevano aderito alla Repubblica e sarebbero tornati nel 1806 coi francesi (Florestano e Guglielmo di Squillace: non era loro parente il meno famoso Gabriele Pepe di Boiano), ma non risulta aver servito sotto i re francesi. Valentoni, invece, promosso ordinatore da Murar, svolse importanti incarichi nella campagna di Tolentino. Allo stato delle ricerche, resta d a verificare un' eventuale parentela di Girolamo Cadolino (commissario a Capua e membro della giunta dei quartieri) con l'omonima famiglia di industriali cremonesi (Gaetano Pietro e il Aglio Giuseppe Maria) impresari della fonderia di Pontevico e dei trasporci d'artiglieria dell 'esercito italico (un "Giuseppe Catolini" risulta nel 1794-96 pagatore del corpo di cavalleria in Lombardia).

L'amministraz ione interna dei corpi

Ogni commissario di guerra controllava l'amministrazione di due reggimenti. I corpi disponevano di una "massa generale" alimentata da un ,assegno mensil e e chllc evenmali ritenute sul soldo a carico degli ufficiali

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e dei militari ricoverati in ospedale o puniti, nonché di assegni per esigenze particolari (ingaggi, rimonta, banda, di campagna). In origine l'impiego dei fondi era riservato ai soli comandanti di corpo e di compagnia, assistiti rispettivamente dal quartiermastro e dal furiere, ma in seguito I'amministrazione della massa vestiario ed equipaggiamento e degli assegni particolari fu attribuita a consigli (CdA) presieduti dal colonnello e composti da due ufficiali superiori (a turno fra tre), dal quartiermastro e da altri membri tra ufficiali inferiori e sottufficiali. Nel 1765 la massa generale assegnata ai reggimenti di fanteria e artiglieria era costituita per circa i quattro quinci dalle paghe degli ufficiali (soldo e soprassoldo) e dal "prcst" (la quota del soldo di sottufficiali e truppa destinata quasi interamente all"'ordinario", ossia al vitto): un decimo era destinato all'acquisto del pane, l'l.5% della legna (per cucina e riscaldamento), il 2% al nolo dei letti e circa il 6.5% al vestiario. Nei corpi a cavallo le quote erano rispettivamente del 57.5, 4.9, 0.52, 1.24 e 6.3, pii1 il 24% per il foraggio (''orzo"). Negli anni 1790 la paga mensile dei comuni di fanteria era di 3 ducati e mezzo, di cui uno e mezzo di "prest" (5 grana al giorno pagati ogni quattro) e due per le altre voci: 78 grana (centesimi) pane, 6 lcgna, 8 letto, 1O medicinali e ospedale, 68 vestiario, 2 equipaggiamento, I 9 spese di reclutamento, barbiere e illuminazione e 5:25 armamento. La paga mensile del comune di cavalleria era di 9 ducati e 61 grana, di cui 2: 1O di prest, 1:30 per pane, legna, letto, ospedale, reclutamento e armamento come in fanteria, 0:80 per il vestiario, 0:72 per maggior usura del vestiario, ferratura, brusca, striglia e altri arnesi, I :08 per foraggio e 3:61 per sella e finimenti. Con l'aumento di 2 grana al giorno concesso nel 1799, la paga mensile del comune di fanteria salì a 4 ducati e 1 O grana (inclusi 2 e 10 di prest, contro i 2 e 40 del comune di cavalleria, con aumento di 1 solo grana). Per la mobilitazione del 1792 a sottufficiali e truppa fu accordato, con R. ordine del 24 novembre un soprassoldo mensile <li 59 grana per il rancio di campagna. Nel 1796, con R. ordine del 1O giugno, fu attribuito ad ogni reggimento di fanteria un soprassoldo di 220 ducati per gli ufficiali e 25 per l'insieme <lei sottufficiali e comuni, calcolato in ragione di 2 grana al giorno per comune e caporale, e 1 per le categorie di sottufficiali più


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svantaggiate. Con R. ordine dd 7 febbraio 1799 il soprassoldo di campagna di truppa fu conglobato nella paga stabili ta per i comuni del nuovo esercito siciliano, che di conseguenza fu aumen tata, a seconda dei gradi e categorie, dal 40 al 12.5 per cento. Uguale misura fu stabilita in settembre per i nuovi reggimenti napoletani. Nella Befana del 1801 il paterno Ferdinando aumentò anche la paga dei sottufficiali di grado più elevato (a 10 ducati mensili gli aiutanti, a 9 il profosso e il tambur maggiore) e dei caporali dei guastatori (a 4 e mezzo).

La Provianda: a) pane di munizione e vitto di campagna

Gli appalti di provianda (sussistenza), in origine parziali per genere o per guarnigione, furono unificati nel 1790 almeno per il Regno di Napoli. La razione di pane di munizione era di 21 once (grammi 645) in pagnotte di due razion i con sovra impressa la sigla "R. M ." (Reale munizione), prodotto con farina senza crusca setacciata con appositi crivelli esaminati e bollati dall'intendenza. Magazzini e forni erano messi a disposizione dallo stato e il pane ritirato a cura dei corpi. Lassentista godeva di facil itazioni e riduzioni sui dazi e gabelle di trasporto della farina destinata al pane di munizione e il regolamento del 24 dicembre 17 58 sull'assistenza alle truppe in marcia per ifRegno di Napoli gli consentiva la scelta tra l'acquisto diretto m ediante un proprio incaricato al seguito delle truppe e il rimborso della farina acquistata dal corpo o fornita dai comuni. I 11 campagna la panificazione era eseguita da forni mobili militari.

li 5 novembre 1800 si segnalava che il preside <li Teramo, marchese Rodio, aveva stipulato un contratto per la carne a 15 ducati al cantaio (circa 17 grana al kg, contro un prezzo di mercato di 50). L asscnto del pane e foraggi fu rinnovato per quattro anni nel scttemhre 1801, con la tariffa di 2 grana e mezzo per la pagnotta da G etti e mezzo. La giunta di controllo dell'assento fu rinnovata il 18 luglio 1804 e nel dicembre 1805 fu riattivata la soprintendenza di campagna. Il 1O ottobre 1799 si segnalava che la razione napoletana 11011 era sufficiente per i 400 granatieri di marina russi: occorreva il doppio di pane (kg 1,28) e il triplo di carne (7 etti e m ezzo). La razione viveri di campagna stabilita con R. ordine dd 14 settembre 1800 prevedeva 36 once di pane (meno di 1 kg), carne, pasta e legumi, pagata con una ritenuta di 7 grana

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(2 per la carne e 5 per pasta e legumi) sul prest (pari all'intero importo per i comuni di fanteria). Le razioni viveri forono inizialmente accordate anche agli ufficiali (2 agli inferiori, 3 ai maggiori, 4 ai colonnelli e 6, 10 e 15 ai generali secondo il loro grado) ma abolite il 19 aprile 1801. Il R. dispaccio del 6 dicembre 1805 sugli "averi" delle truppe in campagna diminuì da 7 a 5 grana la ritenuta sul prest per il vitto di campagna, riducendo il pane a 8 etti (30 once), con due etti (8) di carne e uno (4) di riso o pasta - oppure uno e mezzo (6) di fagioli - nei giorni di grasso e due etti di riso o semola con lardo (7+ 1) in quelli di magro. Inoltre poco più di mezzo litro (3/4 di caraffa) di vino, 9 grammi di sale e 25 once di legna da ardere (672 grammi).

b) fòraggio di guarnigione e di campagna La razione mensile di foraggio di guarnigione era di 3 tomoli e un quarto (180 litri), tre quarti d'orzo (135) e un quarto d'avena (45), al pre'.f:m di 10 carlini a tomolo (ossia 3 ducati e 25). I sette reggimenti di stanza nel Regno di Napoli dovevano avere in teoria 3.640 cavalli e dunque la spesa teorica era di 141.960 ducati, quasi interamente coperta dall'onere ddl'assentista di acquistare dallo stato 100.000 tomoli d'orzo e 20.000 d'avena (ossia l'orzo occorrente per 41.000 razioni e l'avena per 24.586). In realtà il valore dell'appalto era notevolmente inferiore, perché i cavalli realmente in servizio erano meno di 2.000, anche se nel 1806 la razione fo aumentata a 4 tomoli (e il prezzo a 4 ducati). Tuttavia, come si è già accennato, nel marzo 1803 il costo del foraggio salì improvvisamente, per cause ignote, da 140.000 a 500.000 ducati l'anno. La razione di foraggio di campagna era di 3 misure e mezza d'orzo (8 litri) per cavallo da sella e 4 (9,2 litri) per cavallo da tiro, più 10 rotoli di paglia (kg 8,9). In caso di necessità poteva essere sostituita da 4 misure d'avena o da 2 e mezza di granturco o I½ di favetta o 10 di brenna per cavallo da sella e quantità superiori per quelli da tiro. La paglia poteva essere sostituita da 6 rotoli di fieno o uno d'orzo o due di brenna.

li servizio viveri efòraggio nella campagna di Calabria (J 806) Potendo avvalersi dei magazzini lasciati a Chieti e Pescara da Saint C:yr,


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all'inizio della campagna del 1805-06 il servizio viveri e foraggi funzionò abbastanza bene, consentendo lo schieramento di 30.000 uomini dal Tronto al Garigliano. A determinare la crisi fu, come sottolinea Rosenheim nella sua Memoria del 20 aprile, la ritirata in Calabria, "conoscendosi pur troppo che tali paesi non poteano fo rni re un'annata improvvisamente". Rosenheim asserisce di non aver mancato "di dare delle disposizioni per tale importante oggetto, essendosi fatte delle lettere ai presidi, e spediti uffiziali per le province, non che le debite rimostranze al generale in capo, dietro delle quali non videsi un risul tato decisivo, che sarebbe stato quello di formare con anticipazione magauini di viveri nelle Calabrie. Si cercò dunque con mezzi definiti di procurar i viveri alla meglio possibile: dico mezzi definiti alludendo al sistema della nostra armata, che deve prendere quello, vogliono darle le popolazioni, ciò maggiormente si è verifìcaco in Calabria per non disgustare quelle province". Nelle Osserv,izioni del 29 marzo 1806 Damas respingeva l'accusa di imprevidenza o negligenza. Gli assenti dei magazzini erano stati stabiliti, ma non furono organizzati per la "fuga de' vari assen tisti col denaro loro affi dato", ad eccezione di Carlo Marsella, l'unico rimasto presso l'armata, "ma senza viveri da trasporto, senza animali da soma, di modo che, pur col denaro, non era possibilefli somministrare li viveri alle truppe, né d'eseguire veruna manovra con l'armata quando pure fosse rimasta .inciera". A Tarsia, che pure era uno dei quattro punti di concentramento previsti in caso di ritirata a Cosenza, non trovò il magazzino che avrebbe dovuto esserci e al primo accenno di requisizion i i calabresi minacciarono la rivolta, poi effettivamente scoppiata contro i francesi. Lanonima Memoria per S. A . R. il principe ereditario imputava il disastro agli "ordini e contrordini dati a voce e senza regolà' e lo stesso Carlo Marsella ne fece minU'.l,iosa relazione nel Giornale del subdelegato de' viveri e foraggi, per l'approvisionamento delle reali truppe nella campagna di Calabria, datato 3 aprile 1806.

Vestiario ed equipaggiamento La modestissima industria tessile del Regno, quasi interamente concentrata a Napoli, produceva annualmente appena 40.000 pezze d i panno per un valore di 800.000 ducati. Lunica stoffa di buona qualità era quella prodotta ad Arpino; seguivano a scendere quelle del Matese (Piedimonte),

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Cerreto, Cusano, Morcone, Cava dei Tirreni e Salerno. In compenso la Puglia produceva 15.000 canne(= 31.635 m.) di cotone ed esportava lana in Francia e a Verona, la valle di Palena (Chieti) forniva da sola un quarto della produzione nazionale di panni di lana e Afragola 6.000 dozzine di cappelli. Le conce nazionali erano però assai scadenti: solo il cuoio prodotto a S. Mari.a Capua Vetere poteva essere utilizzato per le buffetterie e il resto doveva essere importato dal Levante, dalla Germania e dall'Inghilterra. Normalmente il rinnovo del vestiario, triennale, era decentrato ai consigli d'amministrazione dei corpi, che vi provvedevano con le apposite "mazzette", incaricando un ufficiale di acquistare le stoffe (il panno blu, il più caro, costava da 3:6 a 4:4 ducati la canna e ne occorreva mezza per una giacca) e dirigere la confezione, eseguita, su modelli distribuiti dall'ispezione, da sarti civili con lavoranti militari. Nel 1790 il regolamento per il rinnovo del vestiario dd corpo reale sLabiliva prezzi di sartoria di 3G grana per una giacca, 1O per un paio di calzoni o di ghette, 4 per una camicia, 2 per un berretto da fatica, 3 per una bandoliera e 19 per una giberna. Naturalmente il decentramento si poteva applicare solo quando l'ordinamento dell'esercito era a regime. Quando si doveva creare da capo, come in Sicilia e poi a Napoli nel 1799, era giocoforza centralizzare acquisto e confezione. TI 9 marzo 1799 tutti i servizi di commissariato relativi alla costituzione del nuovo esercito siciliano furono accentrati nella deputazione di provianda e vestiario, poi sdoppiata separando il vestiario, con 2 commissioni straordinarie. Il 25 maggio fu istituita anche una giunta per i letti. Le giunte vestiario e letti furono però abolite con R_ ordini dell' 11 e 24 maggio 1801 cd entrambi i servizi forano nuovamente decentrati ai corpi. Le "mazzette" per il vestiario erano, come si è detto, di 68 grana al mese in fanteri a e 80 in cavalleria, equivalenti nel triennio a 24:48 e 28:80 ducati pro capite. Gli ufficiali, non soggetti a ritenuta, dovevano naturalmente procurarsi l'uniforme a proprie spese. Del vestiario delle reclute, con un fondo di 150.000 ducati, fu incaricato nel dicembre 1805 il brigadiere Vincenzo Dentice, che non rece in tempo, in due mesi, a completare la vestizione dell'intero contingente. 11 regolamento provvisorio del 1797 per il servizio di campagna della fanteria assegnava per ogni 7 soldati una marmitta, una tenda di tela di m.


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l,95 x 3,08 e 2 di altezza e due tendini conici per i fasci d'arme e per ogni compagnia 44 accette piccole, 1 grande da zappatore, l piccone e 1 pala. A ciascun reggimento di cavalleria inviato in Lombardia nel 1794 furono assegnate 96 marmitte piccole e 65 tende (8 per ufficiali superiori e capitani, 28 per subalterni e piana minore, 26 per sottuff-ìciali e truppa, due per la cappella e la vivandiera e una mansarda) con 40 muli per il someggio. Nel dicembre 1805 fu stipulato un contratto con il console dell'arte degli stagnari per la fornitura entro 20 giorni di 4.500 marmitte e 20.000 fiasche di latta al prezzo rispettivo di ducati 3:70 e 0:28 per un totale di 22.250.

C. La Direzione generale degli Speda/i militari ll servizio sanitario dell'esercito borbonico I servizi sanitari ddl' esercito borbonico furono creati e diretti per circa quarant'anni dal marchese Giovanni Vivenzio, patrizio nolano, cavaliere dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio, primo medico di corre, protomedico generale del Regnb di Napoli e "generai direttore degli spedali militari e de' medici e chirurghi dell'esercito", favorito del re e ligio alla Spagna, che prima dell'arrivo di Acton si intromise di fatto anche nella gestione della marina. Dalla direzione generale dipendevano le soprintendenze di Orbetello e Palermo per i Presidi di Toscana e il Regno di Sicilia, mentre la soprintendenza del Regno di Napoli era esercitata direttamente dallo stesso Vivcnzio. Nel 1765 gli ospedali costavano 9.869 ducati e altri 35.212 erano calcolati per la degenza media. Tra militari e civili, erano 23: 4 a Napoli (San Giacomo, Incurabili, SS. Annunziata e Sanr'Orsola), 3 nei dintorni (Capua, Teano, Caserta), 3 alla frontiera (San Germano, Arpino, Gaeta) , l in Abruzzo (Pescara), 4 in Puglia (Capitanata, Manfredonia, Brindisi, Taranto), l in Calabria (Reggio), 5 in Sicilia (Palermo, Messina, Siracusa, 'frapani e Augusta) e 2 nei Presidi di Toscana (Orbetello e Longone). In seguito ne forono soppressi sette (Teano, Caserta, Arpino, San Germano, ç:apitanata, Manfredonia e Reggio), ma ne sorsero altri 5 nelle isole

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(Ponza, Ventotene, Ischia, Capri, Tremiti). Malgrado reiterate segnalazioni delle autorità, nel 1790 l'ospedale di Palermo continuava a mancare di materassi, lenzuola, cappotti, berrette e pianelle e quel poco che c'era era lacero, sporco e pieno di pidocchi. Oltre a quelli citati, esisteva anche un ospedale della marina, situato prima nella darsena, poi a Chiaia e infine a Piedigrotta. Essendo endemiche, scabbia, tigna e malattie veneree 1ievi erano "curate" in caserma, cercando di tcnere separati i sani dai malati (cui era riservato l'incero ultimo piano della moderna caserma dei Granili). Istituito per i poveri, l'ospedale di San Giacomo degli Spagnoli aveva una rendita di 40.000 scudi e una capacità di 200 letti, di cui 102 riservati ai militari (e 12 per "unzioni mercuriali" ai venerei). Nel 1789 aveva 178 ricoverati, ma secondo l'abate Galiani erano in media 150 con retta di 20 grana. Dotato di ricca farmacia, letti mobili, gabinetto patologico, teatro anatomico, museo, biblioteca e scuola di arti sanitarie per 60 "giovani", il San Giacomo era gestito direttamente dall'intendente Logerot e dal dircttore generale, che lo trasformò, con quelli di Palermo e Messina, in centro sperimentale con orco botanico per il servizio della spezieria. Corsie riservate ai militari esistevano anche al Sant'Orsola e a S. Maria Apparente e nel 1795 si aggiunsero infermerie militari nel monastero di Monte Oliveto e nelle caserme di Piedigrotta (Marina) e S. Carlo all'Arena. Durante le tre giornate del 20-22 gennaio 1799 la scuola di medicina degli Incurabili fu una delle roccheforti repubblicane e gli studenti aiutarono l'avanzata francese sparando alle spalle dei lazzari. Il servizio sanitario presso i corpi contava un chirurgo maggiore e due chirurghi di battaglione o squadrone, con paga rispettiva di 20 e 18 ducati: ma i chirurghi maggiori avevano anche un soprassoldo di 12 ducati in fanteria, 1O in cavalleria e 24 nei reggimenti esteri. Costoro erano tenuti a visitare gli infermi del corpo degenti in ospedalc. Nd 1765 si pagavano anche 191 ducati ai chirurghi giubilari dei reggimenti.

Ilprimo regolamento sugli ospedali militari (13 marzo 1779) Il primo regolamento sugli OM, emanato da Vivenzio il 13 marzo 1779, stabiliva le incombenze delle varie categorie del personale sanitario


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(medici, chirurgi, speziali e infermieri) in base all'attività quotidiana dell'ospedale, che aveva inizio alle "6 di Spagna" da marzo ad agosto e alle 7 negli altri mesi con la visita del chirurgo maggiore (art. I), seguita un'ora dopo da quella del medico maggiore (art. IV). Entramhe le visite erano preparate e coadiuvate dai rispettivi "pratici maggiori" (artt. II e III), con l'intervento, a scopo di istruzione, dei "praticanti" (o "giovani") delle due arti sanitarie (art. V e VI). Le visite dovevano essere effettuate personalmente, col divieto di delegarle, e nei casi gravi il chirurgo doveva applicare l'apparecchio ed eseguire medicaz.ioni e fasciature "con le proprie mani". Il medico maggiore doveva inoltre assistere alle operazioni rischiose ("di conseguenza", art. XVI) e alle autopsie, eseguite dal chirurgo a scopo d'istruzione di tutti i praticanti in caso di decesso per malattie "straordinarie" (art. XV). Entrambi dovevano presentare rapporto mensile sulle malattie al direttore generale e informarlo al primo sospetto di epidemia (art. XVII). Il pratico maggiore di chirurgia doveva precedere e assistere alle visite del chirurgo e del medico, levare le fasciature e l'apparecchio nei casi meno gravi, astergere le piaghe e spai mare gli unguenti; quello di medicina doveva assistere alla visita medie~, effettuarne una propria alle tre del pomeriggio e trovarsi in ospedale anche a mezzogiorno e alle dieci di sera. I praticanLi dovevano assistere alle visite della propria arte e quelli di chirurgia anche preparare e porgere pezze, fasce, unguenti ed empiastri. Tutti dovevano inoltre assistere ai pasti dei malati, per controllare che ricevessero le giuste razioni e che i degenti a dieta non acquistassero cibo dagli altri o dagli infèrmieri (art. Vll). Dovevano inoltre vigilare sulla somministrazione d ei rimedi e sulla pulizia delle corsie, assicurare la guardia medica e chirurgica diurna e notturna e dormire sempre nell'ospedale (art. VIII-X). Gli infermieri, diretti dall'infermiere maggiore, dovevano assicurare la pulizia dell'ospedale e dei posti letto, l'illuminazione e il riscaldamento invernale, servire gli ammalati e assicurare due presenze fisse per corsia, più una per ciascun moribondo (art. XII e Xlll). Lo speziale, coadiuvato dai suoi "giovani", doveva infine tenere in ordine la spezieria e spedire le ricette (art. XVIII).

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Gli ospedali di campagna

Nel settembre 1793 fu allestito un "ospedale da campagnà' per la spedizione di Tolone, smobilitato il 30 settembre 1794. Lo diresse, con paga di 80 ducati, Angelo Boccanera detto "Leonessa", chirurgo del corpo reale d'artiglieria e dell'accademia militare nonché degli Incurabili, che fornirono anche il controllore a 15 ducati. Dagli Incurabili, o dall'OM della Marina, proveniva pure buona parte dei 1O1 addetti al nuovo ospedale di campagna mobilitato nel giugno 1796. Il personale direttivo, con paga di 50 scudi, includeva 2 medici, 4 chirurghi e 1 "controloro" principale: l'amministrazione impiegava 15 persone (sei aiutanti del controloro, un razionale, un computista, un provveditore principale con aiutante e un guardaroba con quattro), i servizi sanitari 14 (uno speziale con aiutante a 40 e 25 ducati, 8 pratici di medicina e chirurgia e 4 sagnatori e unzionari - ossia flebotomi e massaggiatori). C'erano poi un cuoco con 4 aiutanti e il personale di custodia e assistenza (1 sergente, 4 invalidi e 60 presidiari). Troppo poco per 30.000 uomini accantonati o accampati per mesi in località insalubri e decimati dal tifo che fece 22.000 vittime in tutto l'esercito. Si dovette fare perciò ricorso agli ospedali civili, ma anche ai conventi e alle confraternite religiose (ad esempio all'Aquila). Nel 1798 Vivenzio diresse personalmente i servizi sanitari della Grande Armata. Direttori degli ospedali da campo delle Divisioni Micheroux e Damas erano Francesco Giraldi e De Simio (che curò Damas della ferita alla mandibola ricevuta a Momalto). Lospedale dei rognosi dell'Armata sanfedista del 17 99 era diretto da Stanislao Serra. Michele Parmigiano, di Napoli, curò i feriti del blocco di Sant'Elmo con la cassa chirurgica che aveva salvato dalla rotta del 1798 e divenne poi chirurgo maggiore del Reggimento Alemagna (suo collega nel Reggimento R. Calabresi era Crescenzo Russo: chirurghi di battaglione dei due corpi erano Giuseppe de Rosa di Arzano, il calabrese Vincenzo Zettera, Antonio Vitolo e Gaetano Fraja). Va ricordato, però, che nel dicembre 1799 si trovavano al deposito francese di Digione 16 chirurghi napoletani. ln occasione della mobilitazione dell'estate 1800, il 19 settembre Vivenzio redasse a Palermo una Memoria sulle cautele e i mezzi per conservar la salute di un'armata tanto in accantonamento che accampata, in cui suggeriva banali misure igieniche e sanitarie per prevenire le epidemie più


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diffuse, in primo luogo febbre maligna (tifo) e dissenteria e al secondo posto pleurite, polmonite, terzana, quartana, "frenesià' e scorbuto, provocate essenzialmente da scarsa pulizia, aria malsana e cibo, acqua e vino di cattiva qualità. Citando il Deuteronomio (c. 23) e l'esemplare pulizia delle truppe ottomane (equipaggiate di sapone) e della marina inglese, raccomandava di far scavare latrine lontane dall'accampamento, isolare rognosi e tignosi, far lavare e pettinare i soldati, cambiare spesso la camicia, bilanciare il peso della mucciglia (zaino), non far mai marciare il soldato con le scarpe nuove e proteggerlo dalle intemperie (lo scialò - soprabito - in tela d'Olona andava bene in quartiere, ma in campagna ci volevano "la redingote di forte panno e lunga fìno alle ginocchia", un caschetto ricoperto di vernice antipioggia, scarpe di vacchetta con suola nera e non bianca ben unte di grasso di maiale e calze per evitare calli, vesciche e infiammazioni). Il 6 ottobre il re approvò il Piano per gli ospedali di campagn.a redatto a Napoli dall'intendente generale Ferdinando Logerot, che assegnava ad ognuno 20 impiegati (controloro, speziale e cuoco coi rispettivi aiutanti, 2 cappellani, medico e chirurgo maggiori con due pratici ciascuno, 2 infermieri, 2 salassatori e unzionari, guardaroba e sergente invalido), più praticanti, infermieri e assistenti in rapporto ai degenti. Secondo Logerot non era necessario formar/ gli "spedali del sangue" (ambulanze), essendo sufficiente provvedere i chirurghi dei corpi di una tenda d'ospedale e di carri per lo sgombero dei feriti. Il piano prevedeva inoltre la gestione in economia, con un'officina dei conti composta dal direttore generale, due ufficiali distaccati dall'intendenza e dalla rota dei conti e un cassiere con un aiutante, piì:1 un vicedirettore in Abruzzo. Assegnava all'officina anche 2 ordinanze di cavalleria e una "cassa di legno ben feriata con due ferrature diverse" custodita in casa del direttore generale, con guardia militare. I controlori erano tenuti a relazioni settimanali (bilanci e rapporti sugli infermi) e mensili (rendiconto e mappa generale delle spese). Con R. decreto del 25 ottobre 1800 furono previsti 4 OMC a Gaeta, Capua, Chieti e Arpino (oppure S. Germano o Roccasecca). Vivenzio collocò poi i due ultimi a Sulmona e Roccasecca. Tutti e quattro erano ancora attivi nel gennaio 1802, ma in seguito rimasero solo quelli di Gaeta e Capua, trasforma ti in OM di piazza e con gestione in appalto alla ditta f ratelli Guerra.

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L'OM generale di S. Giovarmi a Carbonara (J 8 giugno 1802) Già in pessime condizioni, nel 1799 gli OM in Sicilia divennero del tutto insuffìcienti per il nuovo esercito di 16.000 uomini che si voleva reclutare nell'Isola. Su proposta di Vivenzio, che aveva seguito la corte a Palermo, furono pertanto soppressi con R. ordine <ld 2 4 giugno 1799 e sostituiti dal ricovero dei soldati in apposite "sale militari" affittate presso gli ospedali civili, in cui prestavano servizio i medici e chirurghi dei soppressi OM. Nelle guarnigioni prive di ospedali civili si suppliva con le infermerie di corpo. Il sistema fu esteso anche al Regno di Napoli con R. ordine dell'8 gennaio 1800, ma la soppressione degli OM, non ancora completata in Sicilia, incontrò difficoltà ancora maggiori a Napoli, che furono esaminate dalla giunta di governo con una "consultà' del 28 giugno. Interrogato sull'assunto, Vivenzio rispose con una "rappresentanza" del 7 settembre, in cui sosteneva l'utilità e necessità di ripristinare gli OM, distinguendo quelli generali da stabilirsi nelle guarnigioni e in campagna, dagli "ospedaletti" per malattie lievi ma di lunga cura come scabbia e piaghe alle gambe. Sull'autorità di Vivenzio, il R. decreto del 25 ottobre 1800 ripristinò il sistema degli OM stabili e dispose la pronta formazione nella capitale, secondo le istruzioni del direttore generale, di un OM generale con le convenienti divisioni per le diverse classi delle malattie, dotato di teatro anatomico e di "una specie di scuola" per istruire il personale amministrativo e sanitario da destinare agli OM di campagna e delle piazze. A tal fine il decreto destinava "uno dei piì1 spaziosi e comodi monasteri soppressi" col R. dispaccio del 20 luglio 1799 emanato dalla rada di Napoli. Nel settembre 1801 fu scelto quello agostiniano di S. Giovanni a Carbonara (oggi incluso nella caserma Garibaldi in via Foria), fondato nel 1339, la cui ricchissima biblioteca era stata smembrata nel 1729, trasferendo a Vienna la parte pii1 preziosa. Con lettera da Palermo del 6 marzo 1802 Vivenzio chiese al segretario di stato e di guerra di poter disporre anche della chiesa parrocchiale annessa al convento, ma l'istanza non ebbe seguito e la chiesa non fu annessa all'OM neanche sotto i francesi.

In giugno Vivcnzio tornò a Napoli col re, lasciando come direttore degli OM in Sicilia il tenente colonnello Giovanni Antonio Gorritte. Finalmente con R. ordine del 18 giugno cessarono i ricoveri al San


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Giacomo, riservando a militari, for1:ati e presidiari esclusivamente il nuovo OM di San Giovanni a Carbonara. Furono però conservati il ricovero dei Granili per scabbiosi e luetici e i piccoli OM delle Isole (almeno quello di Ischia, che ancora 1'8 maggio 1804 disponeva di cappellano, medico, chirurgo e cerusico).

il Regolamento sugli ospedali militari (351802 e 19.1.1803) Le Istruzioni per il regolamento de' Regi Speda/i Militari disposte il 1° marzo da Vivenzio e approvate dal re il 3 maggio 1802, furono seguite da un più organico Regolamento sugli ospedali militari approvato con R. dispaccio del 19 gennaio l 803, che disciplinava i doveri dei "ministri destinati a servire e soccorrere l'umanità languente nella persona de' Difensori del Trono e dello Stato" (art. XTT). In pratica riprendeva, precisandole, le norme stabilite nel 1779 per i medici e chirurghi (111-VIT) e gli infermieri (IX), con l'aggiunta di quelle relative al controloro (I), cappellano (II), guardaroba (X), spezieria (VIII) e guardia dell'ospedale (XI). Relativamente ai servizi sanitari, il nuovo regolamento consentiva ai primari, per legittimo impedimento, di delegare alla visita persona approvata dal direttore generaler, prescriveva il consulto medico-chirurgico nei casi "gravi e complicati", l'autopsia in caso di morte per ferite, la visita "mensile e rigorosa'' dei professori alla spezieria in presenza del controloro, l'annotazione firmata delle prescrizioni sanitarie e dietetiche e la sorveglianza dei praticanti di guardia sulla preparazione dei rimedi e sui salassi e applicazioni di vescicatori, cataplasmi e lavativi da parte dei sagnatori. TI controloro, munito di ampi poteri disciplinari, era il superiore immediato di tutto il personale nonché della guardia, preposto alla registrazione dei malati, all'esatto adempimento dei contratti, alle certificazioni e alla corrispondenza col direttore generale, di cui era vicario nell'OM e al qua.le inviava rapporti settimanali, relazioni mensili e la nota dei generi e utensili dell'OM e trasmetteva le relazioni dei professori sulle visite ai malati e alla spezieria. Doveva inoltre essere presente alle visite sanitarie e ai pasti dei malati, ispezionare la cucina controllando la cottura della prescritta quantità di carne (una libbra per malato), effettuare ispezioni improvvise e notturne, provvedere in merito agli eventuali reclami degli ufficiali, cap,pellani e chirurgi reggimentali venuti a visitare i degenti dei propri corpi

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nonché ai desideri degli ammalati e<l evitare "discordie, etichette e puntigli ove si tratti dd servizio e <lei sollievo degli infermi". Il guardaroba aveva in consegna tutti i generi e utensili <ldl'OM, teneva le ricevute rilasciate dall'infermiere maggiore, dallo speziale e dal cuoco, approntava e ispezionava letti e vestiario dei malati assistendo a tal fine alle visite sanitarie, detraeva l'importo dei generi mancanti dal prest degli infermieri, puniva i malati per i danni dolosi e ne faceva rapporto al comandante di piazza per orrenere il rimborso dal corpo <li appartenenza. Al cappellano incombevano la somministrazione dei sacramenti (ma solo ai malati indicaci dai professori), la recita serale del rosario e la messa festiva. Doveva assicurare la presenza continua anche di notte, coadiuvato dai cappellani reggimentali per l'assistenza ai moribondi. Registrava e certificava i decessi e avvisava il controloro delle richieste di fare testamento, che doveva essere sottoscritto da entrambi e dall'ufficiale all'uopo delegato dal comando di corpo, conservato dal concroloro e trasmesso dopo la morte al comandante di piazza. I beni e gli effetti del defunto intestato, non reclamati entro sei mesi dagli credi legittimi, erano incamerati dal cappellano per suffragi alla sua anima. Le mancanze disciplinari del personale e dei malati erano punite con ceppo, carbozzo ("gattabuia'', dallo spagnolo carabozo, donde l'inglese calaboose), legnate, rinvio al quartiere con rapporto al comando piazza o cassazione <lal servizio. Salvo i casi d'urgenza e di epidemia in quartiere, l'accettazione era disposta dai professori durante le visite dd mattino. Era rigorosamente vietato l'ingresso alle "fèmine" sotto qualsiasi pretesto, ma erano ammessi i soldati in visita ai compagni e i "paesani", purché "gente pulita" e "superiore ad ogni sospetto" (e col divieto di passeggiare per l'ospedale col cappello in testa). Era vieraro, sorto pene corporali, giocare, fumare e introdurre cibo o bevande. All'Ave Maria il capoposto faceva il contrappello di tutti gli inservienti, metteva ai ferri i ritardatari e disponeva sentinelle all'entrata, al corpo di guardia, all'ingresso della prima corsia e alla porta della corsia speciale dei condannati. Presidiari e forzati di servizio dovevano portarne i contrassegni e potevano uscire solo sotto scorta. Il 15 agosto, a causa dell'aumento dei ricoveri, si ordinò ai "pochi professori dell'antico esercito che god(eva)no sussidio" di portarsi all'OM di Napoli "per assistere i malati''. Il 19 settembre, per evitare le continue


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fughe dei presidiari da San Giovanni a Carbonara, si stabilì <li sostituirli con soldati inabili al servizio attivo che non avessero ancora maturato il beneficio degli invalidi. Dovevano essere somministrati dai corpi a richiesta di Vivenzio, godendo del prest ordinario, salvo la diaria <li 5 grana, già goduta dai presidiari, per i servizi fuori guarnigione.

L'appalto generale ai Fratelli Guerra (IO marzo 1803)

Gli OMC istituiti nel 1800 erano gestiti in economia, ma il R. decreto del 25 ottobre 1800 stabiliva che gli OM di piazza fossero dati in appalto. In Sicilia Vivenzio stipulò appalti particolari (ad esempio, nel 1802, uno sessennale per l'OM Augusta), ma, tornato a Napoli, suggerì un asiento unico per i tre ospedali dislocati nelle guarnigioni principali, sedi delle tre Divisioni dell'esercito (la a Capua, 2a a Napoli e 3a a Gaeta e CAquila), dove t:ra concentrata la quasi totalità dei 25.000 militari e forzati <li stanza oltre il Faro. La gara fu bandita il 24 novembre 1802, con l'affissione di manifesti nelle tre città. Vinsero i fratelli Giuseppe e Vincenzo Guerra con offerta del 24 gennaio 1803 e il contratto fu stipulato da Vivenzio il 10 marzo. l',asiento era quadriennale, con retta di 24 grana (un quinto in pii., dell'anteguerra) per soldato, forzato o presidiario e doppia per gli ufficiali, anticipo di 4.000 ducati da parte dell'erario, da scomputare in 48 rate mensili (83.33), nonché il privilegio del foro militare in tutte le cause passive degli assentisti e loro impiegati, l'esenzione dal dazio sui generi di consumo e dalla tassa <li registro e la garanzia per i casi di forza maggiore e di guerra. Il con tenzioso era deciso dal direttore generale, sentiti gli assentisti, sulle relazioni fattegli dagli impiegati dell'OM. Lamminiscrazione forniva le casse di chirurgia, le cappelle e gli arredi sacri e i locali e rimborsava annualmente le spese per vetrate e imbiancacura anticipate dall'assentista. Erano invece a suo carico il riscaldamento (da novembre ad aprile o su prescrizione medica) e i medicamenti (specificati nella Nota stilata da Vivenzio per gli OM di Sicilia). Erano a carico dell'assentista i pratici e l'infermiere maggiori, il guardaroba, lo speziale, i suoi aiutanti e 1 praticante e 1 infermiere ogni 20 degenti di med icina e ogni 15 di chirurgia. Doveva inoltre pagare una dia-

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ria di 5 grana agli "assistenti" (1 ogni l O degenti) inviati dalla direzione generale. In mancanza di invalidi, forzati o presidiari gli assistenti erano scelti tra i paesani, restando a carico dell'erario la maggior spesa. Di regio conto erano pagati economo, medico e chirurgo maggiori, cappellano e sagrestano nonché gli eventuali praticanti e infermieri di rinforzo. Della fuga di for,,ati e presidiari rispondeva la guardia dcll' ospedale e non l' assentista. In caso di necessità l'assentista aveva facoltà di scegliere, licenziare e rimpiazzare tutto il personale a suo carico, purché con intelligenza e approvazione del direttore generale, che altrimenti poteva licenziare e obbligare l'assentista al rimpiazzo. Il posto letto (massimo sessanta per corsia, disposti su più file) includeva banchi e tavola, saccone di tela ripieno di paglia lunga, materasso e cuscino di lana, due lenzuola di canapa, coperta di lana bianca (nera per i forzati), camicia di tela, veste di canapa, cappotto di panno o d'orbace, berrettino e pianelle (che però non si davano ai forzati per non agevolarne la fuga). All'ufficiale spettavano due materassi, un pagliaccio, una coperta imbottita e lenzuola di lino. Lenzuola, federe e camicie dovevano essere lavate ogni sabato o pit1 spesso su prescrizione medica, la paglia mutata ogni sei mesi e la lana lavata e battuta ogni anno. I morti erano seppelli ti con la camicia e gli effetti, conservati in magaz,.ino, potevano essere redan1aci entro sci mesi dal corpo di appartenenza dietro contributo di 45 grana per le spese di sepoltura. Se il defunto non era militare l'assentista poteva venderne gli effetti. La roba degli "etici" (tisici) doveva essere conservata in locale separato e, in caso di morte, bruciata in presenza del controloro e di due periti di parte (uno dell'assemista e l'altro del direttore generale) , con eventuale ricorso a perizia arbitrale. Il cibo doveva essere conservato e preparato in appositi locali dell'OM ("granilc", forno, macello, grotta e cantina). La razione ordinaria includeva 6 once di carne scnz'osso né cartilagini (ricavate dalla cottura di l libbra di carne cruda per degente), 1 G di pane bianco, 4 di minestra e 12 di vino, suddivise tra pranzo e cena. La mezza razione prevedeva minestra, metà del pane e del vino e brodo sostanzioso ricavato dal la cottura di 12 once di carne (di cui metà distribuita ai degenti a razione intera e metà spettante all'assentisra). La razione degli uHìciali era di 24 once di carne, 24 di pane, 24 di vino e 4 di minestra bianca, più frutta di stagione, men -


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tre ai forzaci, presidiari, fèbbricitanti e convalescenti si potevano <lare minestrine di riso, farro, pasta, zuppa di pane, semola e verza. Una gallina doveva fornire brodo per otto degenti a dieta e quattro porzioni per convalescenti (al posto della carne bovina). In alternativa al brodo di gallina la dieta poteva consistere in due uova oppure due once di uva passa o tre biscotti "a zuppa'' e "qualche portogallo o qualche limonea giusto l' ordine del medico".

!,'asiento degli ospedtlli di campagna (1 ° maggio 1803) Lappalto dei tre OM divisionali dette luogo a innumerevoli abusi con accuse di corruzione ai fì.m·1.ionari e sanitari preposti, ma ciò non impedì ai Fratelli Guerra di ottenere, il 1° maggio 1803, anche l'appalto di due nuovi OMC istituiti a Pescara e Teramo in appoggio al corpo francese che doveva occupare la costa <la Pescara a Taranto, il cui supporto logistico gravava sull'erario napoletano.

J:11 settembre 1805 la direzione generale stipulò coi Fratelli Guerra un asiento particolare per mobilitare l'OM di Capua e uno nuovo il 26 novembre per riattivare - al servizio delle truppe russe e napoletane inviate in Abruzzo - quelli dr, Pescara e Teramo, con un anticipo di 10.000 ducati, da scomputare in 8 rate mensili di l.250. Ai chirurghi e cappellani degli OMC era accordata la stessa paga di quelli reggimentali. Il 22 dicembre 1805 si pensava di recuperare per i 9.000 uomini in afflusso in Abruzzo i 12.000 letti (più 2.000 d'ospedale) costruiti per il transito delle truppe francesi. La ritirata dall'Abruzzo in Calabria mise però in crisi il servizio sanitario di campagna. Lll febbraio 1806 Vivenzio si imbarcò con la corte per Palermo, gli assentisti rifiutarono di seguire l'esercito e mandarono in Calabria un sostituto, mentre il controllore de Natale lasciò il suo materiale a Teramo e quello di Pescara, Pietro Ambrosini, rifiutò di spedire in Calabria medicamenti, utensili e commestibili. Il vicedirettore generale Gorritte, arrivato da Palermo, creò un nuovo OMC a Cosenza col materiale arrivato da Capua e Napoli al seguito delle truppe, ma dopo la rotta di Campo Tenese il materiale fu saccheggiato da bande armate o catturato dai francesi , come certificò in seguito il chirurgo maggiore Cosmo de Horatiis.

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Gli assentisti recuperarono il materiale rimasto in Abruzzo, preso in consegna il 13 giugno dal nuovo direttore dell'OM di 'lèramo, Michele De Dominicis. I fratelli Guerra presentarono però istanza al presidente della coree dei conti, marchese Nicola Vincenzo, per l'indennizzo del materiale perduto a Cosenza e il pagamento delle giornate di spedalità dovute dal 1° maggio 1803 al 14 febbraio 1806 e certificate dai controllori di campagna, nonché di quelle ulteriori somministrate alle truppe e non certificate, perché i controllori avevano seguito Gorritte in Sicilia.

C L'Assistenza militare Il Battaglione invalidi di Napoli Il Battaglione invalidi era stato costituito il I 6 maggio 1745, sotto l'ispezione della fanteria e con un tetto massimo di 600 teste (su 6 compagnie), come heneficio ai combattenti delle due campagne di conquista e di difesa del nuovo Regno borbonico. Tmpiegati negli ufl-ìci militari e nel presidio di fortificazioni minori e costiere, gli invalidi furono accresciuti il 12 dicembre 1756 di una compagnia di 40 artiglieri invalidi che armavano i castelli e le 13 torri costiere d'Abruzzo. Nel 1765 gli invalidi avevano 694 piazze (pit1 altri 298 "inutili" ai quali si provvedeva comunque il vestiario) con un costo annuo di 48.743 ducati e guarnivano ] 42 delle 335 torri costiere del Regno di Napoli. Nel 1774 le compagnie salirono a nove con 47 ufficiali: quella del comandante a Napoli, le altre a Salerno, nelle due Calabrie, a Lecce, Bari, Pescara, Siracusa e Presidi di Toscana. Per l'ammissione negli invalidi (che in linea di principio non era un diritto ma un beneficio discrezionale del sovrano) occorrevano non solo una ridotta idoneità, ma anche un'anzianità di 24 anni, e, per il Battaglione di Napoli, anche una vacanza nell'organico (ma il ricambio era rapido, dato il tasso di mortalità che si registrava nelle società di antico regime e in particolare fra i militari). La deroga era però norma, con ammissioni e soprattutto avanzamenti di grado in soprannumero. Saliti ad un migliaio gli invalidi già nel 1798, le successive vicende ne moltiplicarono il numero, raddoppiato nel 3enn::1io 1801. Non vi furono però variazioni organiche e il


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27 luglio fu confermato anche "il vestiario dell'antico metodo", il cui rinnovo fu finanziato il 29 agosto con una gratifica in denaro. ln compenso il 2 fehhraio 1802 il deposito invalidi di Palermo fu riordinato come battaglione di 400 teste (su 4 compagnie), il che significava in teoria stabilire un tetto massimo alle concessioni del beneficio, e riunito in Reggimento con quello di Napoli, rimasto su 9 compagnie. Tuttavia nel gennaio 1803 tanto gli invalidi di Napoli quanto quelli di Sicilia erano ben oltre l'organico, rispettivamente con 1.083 e 639 effettivi (+ 17 e +60%). I rispettivi ispettori erano i brigadieri Langelé e Cusani (quest'ultimo coadiuvato da un sub ispettore, il colonnello Raimondo de Brun) e i rispettivi comandanti erano il colonnello Felice Corné e il tenente colonnello Vincenzo Scandurra.

lL 25 aprile 1804 gli invalidi di Sicilia, inclusi i sergenti, persero un altro privilegio, quello del letto singolo, applicandosi loro la regola del letto a due piazze già in vigore a Napoli. Il 5 novembre si dispose il richiamo in servizio di 200 invalidi della Terra di Lavoro da impiegare nelle officine e ospedali militari e nei servizi presidiari della capitale. Nel gennaio 1806 il Battaglione invalidi di Napoli contava 67 ufficiali e 1.054 uomini (aumentati in dicembre a 136 e 1.530). Non più alimentati da nuove ammissioni e in parte anahe recuperati al servizio attivo, al 31 dicembre 1808 gli invalidi napoletani erano ridotti a 422.

Le pensioni d'anzianità ai militari in ritiro Ai militari di truppa era concessa la pensione di anzianità a mezza paga dopo 24 anni di servizio, a due terzi dopo 32 e a paga intera dopo 40. A sottufficiali e graduati spettava la pensione del loro ultimo grado solo a condizione di averlo ricoperto per almeno 4 anni. Gli uffìciali maturavano la pensione con soli vent'anni, ma soltanto a un terzo della paga (incluso il soprassoldo ed escluso il foraggio): inoltre per conseguire la mezza paga agli ufficiali ne occorrevano 30, sei pii1 della truppa, e con 40 spettavano loro soltanto i due terzi. Gli anni di servizio trascorsi nei gradi di truppa contavano solo per metà, tranne quelli da cadetto, soldato nobile, aiutante o portabandiera, che valevano per intero. In compenso gli anni di campagna erano valutati il doppio sia per gli uffìciali che per gli inferiori. , I militari di truppa e i sottufficiali che continuavano a servire oltre il ven-

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tiquattresimo anno godevano del distintivo di "veteranza" e di un soprassoldo di 2 grana nelle anni a piedi e di 3 in cavalleria, aumentaro della metà dopo 36 anni e raddoppiato dopo 48 anni Il costo delle pensioni, militari e civili, era nel 1790 di 140_000 duca.ti, salici a 180_000 nel 1792- In teoria quelle militari erano coperte da una ritenuta sulla paga, ma il ciclo di mobilitazione e smobilitazione provocò l'esaurimento del fondo_ Il 3 marzo 1799 il governo repubblicano prorog<'l le pensioni provvisorie inferiori ai 12 ducati per i militari e le famiglie dei morti, dispersi e prigionieri; in compenso, il 18 limitò l'erogazione in contante ad un massimo di 6 ducati, col resto in polizze sui beni nazionali, svalutate ad un terzo dell'importo nominale_ Il 21 marzo 1802 il fondo delle pensioni militari fu rifinanziato con una ritenuta del 2 ½percento sulle civili. Nel 1806 i pensionati militari erano un migliaio e le pensioni, mantenute da re Giuseppe, venivano pagate in rate trimestrali. Al 31 dicembre 1808 i pensionati erano 1-392, di cui 122 ufiìciali.

Gli ufficiali r{fòrmati Pensioni ridotte (dai 7 ducati e 17 grana dell'alfiere di fanteria ai 41 e 32 del colonnello di cavalleria) erano concesse a.gli ufficiali riformati per invalidità. L 11 dicembre 1805, in vista della guerra, un gran numero di uffìciali inabili furono riformati e trasferiti, con due terzi del soldo e soprassoldo, parte alle milizie e parte agli invalidi (alcuni di questi ultimi conservando il soldo intero). Tra i primi provvedimenti di re Giuseppe vi furono la determinazione del 6 marzo 1806 che disponeva. l'immediato pagamento delle pensioni agli ufficiali "invalidi" (riformati per invalidità) e la concessione, con decreto del 26 mano, di un sussidio pari alla metà del soldo a tutti gli ufficiali riformati, circa un miglia.io. Al 31 dicembre 1808 ne restavano 888, in gran parte recuperati nel 1809.

il Pio Monte delle Vedove degli ufficiali (1753-1806) Gli ufficiali godevano della pensione di reversibilità alle vedove, peraltro di importo modesto (dai 2 ducati e 40 grana al mese della vedova di un alfiere a.i 35 della vedova di un capitano generale, con importi inferiori per le vedove di ufficiali invalidi o di milizia). Tali pensioni erano paga-


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 - 1806)

te <lai Pio Monte delle Vedove, istituito nel 1753. Nel 1765 il monte pagava annualmente 1 .900 ducati, ma altri 258 erano a carico dell'erario e 408:65 del monte di Santa Barbara, particolare per l'artiglieria. Nel 1790 l'assistenza alle vedove e alle orfane dei militari di terra e di mare assorbiva 55.512 scudi. Riformato con R. ordinanza del 25 dicembre 1790, nel 1792 il Pio Monte incorporò quello <li Santa Barbara e il 15 luglio 1793, insieme al Morire della Marina e all'orfanotrofio militare, gli fu ordinato di impiega1 re il capitale nel prestito forzoso con rendita del 6 /,. (inizialmente di un milione e mezzo di ducati, aumentati il 29 novembre a due e il 2 luglio 1796 a tre, con rendita ridotta al 4 1/ ,. per cento). La Repubblica esordl largheggiando in sussidi, inclusa una modifica di quello alle vedove dei militari, commisurato non più solo al grado ma anche al numero dei figli, attestato dai parroci. Sommersi di certificati tacto pectore more sacerdotali, e fatti i conti, i patrioti dovettero correre dall'accomodante arcive~covo di Napoli, che il 17 febbraio ammonì le vedove (non i parroci!) a non truffare lo stato con false attestazioni. Per punizione collettiva, il 3 marw fu messo a carico del monte vedove un sussidio (massimo di 12 carlini) ai familiari indigenti di chirurghi, sergenti e militari di truppa_ Nel dopoguerra, per mlncanza di liquidi, il monte pagava solo il 35 per cento dell'importo alle vedove residenti nel Regno di Napoli e il 50 a quelle residenti in Sicilia_ Il 21 marzo 1802 anche queste ulrime furono ridotte al 35, in attesa di poter riassestare i conti e riprendere i pagamenti regolari. Nel 1803-05 il governo collegiale del monte era presieduto da.I maresciallo di campo marchese d'Aricnzo e composto dai marescialli Carlo Tschudy, Prospero Ruiz de Caravantes e Pietro Zannoni e dal brigadiere Giovanni Battista Malaspina. Segretario era il commissario Giovanni del Puente. Con determinazione del 6 marzo 1806 il nuovo re Giuseppe dispose l'immediato pagamento delle pensioni degli invalidi (rectius degli ufficiali riformati) e delle vedove militari, sopprimendo il monte e passando la gestione delle pensioni di reversibilità ad apposito fondo del ministero delle finanze. Nel 1808 le vedove militari del Regno di Napoli erano circa 600.

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE { 1800 - 1815)

L'oifànotrofio militare (jèrnmini!e) di S. Maria Apparente Altro beneficio era l'orfanotrofio femminile riservato alle figlie orfane dei mili tari, istituito con R dispacci del 29 febbraio e 27 ottobre 1784 e al quale il 5 marzo 1785 erano stati destinati il monastero e le rendite del soppresso convento di Santa Maria Apparente (con l'obbligo di provvedere alla chiesa, a due coadiutori e alle messe perpetue) e il 30 aprile anche un fondo di 20.000 ducati. Altri 10.000 erano stati destinati il 1° ottobre per la dotazione di una succursale a Palermo. 1116 luglio 1.793, come si è già detto per il monte delle vedove, anche l'orfanotrofio fu obbligato a investire il proprio capitale nel prestito forzoso con rendita del 6 ½. Nel 1798 si obbligarono gli ufficiali, all'atto del matrimonio, a versare l'importo di due mesi di stipendio all'orfanotrofio. La gestione dovette essere abbastanza caotica se bisognò attendere il 29 gennaio 1805 perché la deputazione dell'orfanotrofio militare, presieduta dal maresciallo principe di Stigliano, approvasse i conti degli ultimi quindici anni (dal 1790 al 1805). Lamministrazione concava sei impiegati, razionale (Carlo Bianco), libro maggiore e suo aiutante e tre ufficiali di la, 2a e 3a classe, con paghe di 40, 25, 18, 14, 12 e 10 ducati, con un procuratore (Luigi Bianco) a Napoli e un delegato (Giacinto Troysi, consultore del governo) e un razionale (Giuseppe de Naro) in Sicilia. Col ripristino dell'Accademia Militare il convitto maschile degli orfani militari della Nunziatella (v. infra) fu riunito all'orfanotrofio militare. Quest'ultimo fu soppresso sotto re Giuseppe, con decreto del 16 agosto 1806, che destinò gli orfani dei due sessi a istituti rei igiosi sovvenzionati dal tesoro reale. Con legge del 30 maggio 1807 furono però riservati 700 posti gratuiti nei collegi statali delle province ai figli dei caduti al servizio del nuovo re. Con decreto del 2 luglio fu inoltre ristabili to un nuovo orfanotrofio militare maschile e con legge ddl' 11 agosto una casa di educazione (ad Aversa) per 100 "donzelle" orfane di alti funzionari o ufficiali superiori caduti al servizio del re. Nel 1808 tali istituti ospitavano 400 femmine e 100 maschi.


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 · 18061

Il convitto degli orj-àni militari della Nunziatella Cepurazione borbonica non risparmiò il focolaio della dissidenza militare, vale a dire l'accademia militare ddla Nunziatella, il cui comandante Tommaso Susanna era stato ministro della guerra della Repubblica. Il 23 luglio 1799, dalla rada di Napoli, Acton trasmise a Ruffo l'ordine di soppressione dell'Accademia per le "ripetute e manifeste pruove che han dato gl'individui ... e specialmente i Professori della medesima di non corrispondere alle benefìche mire del Re". Lordine, seguito dalle Istruzioni del 29 luglio, destinava la Nunziatella e le sue dotazioni di "libri, macchine e mobili" ad un nuovo "stabilimento per gli alunni militari", rimandava a casa gli allievi e deferiva gli ufficiali alla giunta dei generali, mantenendo i soli capitani Giuseppe Galileo Pasquale e Andrea Colnago. Tuttavia GO allievi, orfani o di famiglie residenti fuori Napoli, rimasero provvisoriamente alloggiati alla Nunziatella, inquadrati in tre plotoni comandati da Pasquale e Colnago, con 14 impiegati (due cuochi, uno sguattero, sei trabanti, tre facchini, un giovane e un portinaio), rinforzati in agosto da 1 cappellano e 3 sanitari (medico, chirurgo e pratico). In attesa di una decisione sovrana il quadro permanente fo aumentato di altri due capitani (Gaetano Ruiz e Pasquale Galluzzo), richiamando in servizio un direttore degli studi e 4 professori (su 8 richiesti) di grammatica, aritmetica, geometria, meccanica e disegno, scelti tra i docenti del vecchio istituto, i quali ripresero i corsi con 40 allievi.

T R. ordini del 19 maggio 1800: a) ripristinavano l'Accademia militare con un numero di allievi ridotto in rapporto allo "stato del novello Esercito"; b) alloggiavano alla Nunziatella, "in luogo separato", anche i convittori del Collegio Ferdinandeo. Inoltre; c), disponevano che i cadetti usciti dall'Accademia non fossero inviati ai corpi come ufficiali ma solo come soldati privilegiati; d) che le vacanze dei posti di ufficiale fossero ripartite tra aiutanti, cadetti, bassi ufficiali, soldati privilegiati e semplici; e) istituivano sale di educazione per gli alunni soldati presso i reggimenti, a imitazione di quella esistente a Trapani. Peraltro il 27 novembre 1800 l'accademia fo formalmente soppressa e con R. ordine dd 13 aprile 1801 la Nunziatella fu destinata a "convitto degli orfani militari", riservato non solo agli orfani, n1a anche ai figli degli _,ufficiali "benemeriti" per i lunghi e onorati servizi e specialmente per la

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815}

loro condotta militare e politica nelle recenti passate vicende del Regno". Gli allievi erano ammessi per R. ordini, coi requisiti di essere tra i 7 e i 14 anni di età, sani e ben conformati al mestiere della guerra. Al 18° anno erano immessi nei corpi "secondo la propria inclinazione" e, possibilmente, in quelli in cui "vi fosse qualche veterano suo parente", con esclusione degli alunni "insuH-ìcienti" o con "gravi inclinazioni del costume". Comandato dal capitano Giuseppe Saverio Poli, il convitto aveva un ufficiale incaricato del dettaglio, un direttore (prefetto agli studi), due cappellani (1 ° e 2°), 5 sanitari (medico, 1° e 2° chirurgo e due "pratici") e un "razionale" con fìmzioni di segretario. Con R. ordine del 1° dicembre 1802 Poli fu promosso tenente colonnello e il convitto riacquistò l'antico nome di accademia militare, riservata ai figli degli ufficiali benemeriti e ordinata su 2 brigate di 24 alunni e un quadro pnmanente di 30 persone (2 capibrigata, l ufficiale al dettaglio, 2 capitani, 6 subaltt:rni, 2 cappellani, 2 sanitari e 15 professori), q uasi tutti già addetti alla vecchia accadcm1a.

Il 16 marzo 1803 gli allievi che avevano maturato l'età prescritta, furono inviati ai corpi. Il 26 aprile, a richiesta di Poli, fu ripristinata la scuola di equitazione, con l'impiego della cavallerizza nei locali della Vittoria e poco dopo fu nominato un professore di tattica, il maggiore Felice Fusco. 117 giugno 1803 fu pubblicato l'elenco degli alunni dell'accademia e della scuola di Gaeta (v. infra) destinati a passare nei reggimenti. Il 7 aprile 1804 fu aggiunta una cattedra di lingua francese. All'infuori della tattica, la strombazzata accademia non impartiva alcuna istruzione militare, bensì quella elementare per i piccoli, e letteraria (grammatica, eloquenza, latino, geografia) e soprattutto matematica (trigonometria, sezioni coniche, calcolo sublime) e scientifica (chimica, fisica, m eccanica) per i più grandi. Queste materie le studiavano ossessivamente per otto ore al giorno per quattro giorni a settimana, con ben 16 ore di disegno settimanali concentrate negli altri due giorni feriali. La dice lunga, questo ritmo massacrante e vessatorio, aggravato da esami mensili e d a uno annuale in pompa magna. Lideale per incarognire allievi e professori e perpetuare il sistema, spegnendo interessi e spirito critico e accostumando ad eludere i veri doveri con quelli fittizi e con l'ossequio ipocrita dell'autorità, in attesa di poterlo a propria volta pretendere, a compenso del torto subito.


IL SISTEMA MILITAR.E BORBONICO [ I 735 - 1806)

L'Università degli studi della Nunziatella

11 15 aprile 1804 Poli ottenne anche la direzione di un'"università degli studi", con sede essa pure alla Nunziatella, per l'istruzione elementare e media di alunni esterni, riservando a sé stesso il corso inferiore ("leggere, scrivere e numerare"), a 7 militari (1 capitano, 5 alfieri e 1 sergente) i corsi di geometria, grammatica, italiano, calligrafia e disegno c a due preti la "spiega del catechismo", per un totale di altri undici stipendi.

Il collegio o scuola militare di Gaeta (1789-1806)

Istituito il 1O marzo 1789 sotto la sovrintendenza del governatore della piazza, il convitto militare di Gaeta era riservato ai fìgli di 12 ufficiali e di 4 nobili della città ammessi tra i 9 e i 1O anni e scelti dal re su proposta del governatore per i fìgli degli uflìciali o del parlamento civico per i figli dei nobili. Impiantato con un lascito di 3.600 ducati per adattamenti, restauri e mobili e dotato di una rendita annua di 1.600 ducati, il convitto cra gestito dai padri scolopi di Gaeta. Al primo rettore, padre Gaetano De Barcolomeis, morto nel 1801, subentrò padre Antonio de Carles. Due suoi confratelli erano professori di matematica e meccanica (Luigi /t Guadagni) cdi italiano c gcografia (Bcniamino dc Magistris) e un esterno di calligrafia ("carattere") ment re un corso di disegno era tenuto da un dilettante, cavaliere della città. Nell'agosto 1804 fu assunto come portiere un soldato con trent'anni di servizio. N el 1801 un alunno "di poco profitto pcr motivi di salute", chiese una piazza di soldato privilegiato e un a gratifica di 60 ducati per equipaggiarsi. Nel 1803 i 15 allievi furono arruolati in blocco nell'esercito come soldati "privilegiati" e alcuni furono ammessi alle scuolc tcorichc d'artiglicria. I corsi rip rcscro nel 1804, con n uove uniformi e 16 nuovi allievi, di c ui solo tre sotto gli undici anni.

Soldati p rivilegiati

Nel 1805 le piazze di "sold ato p rivilegiato" (esente d alle mansioni piì1 umili, dette "meccaniche"), riservate ai fì g[i di nobili o persone di condizione "civile" arruolati come soldati semplici, erano 103 in fanteria, 14 nei _,cacciatori e li. in cavalleria.

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LE DUE SICILIE NELLE. GUERRE NAl'OUONICHE (1800 - 1815)

Figli di truppa 11 28 luglio 1802 ai Reggimenti di linea fu concesso un figlio di truppa per compagnia, ammesso a servire come piffero o tamburo purché almeno decenne. Listituto esisteva anche nei reggimenti urbani di Napoli, se il 1° gennaio 1803 i loro piflèri e tamburi furono ammessi all'accademia militare.

T:Ordinariato militare e i cappel/,ani dei Reggimenti La bolla Convenitdell'S luglio 1741 (Benedetto XIV) attribuiva le funzioni di ordinario militare al cappellano maggiore di corte, che le delegava ad un vicario generale di sua nomina, al quale spettavano la giurisdizione ecclesiastica sui cappellani militari e l'approvazione ecclesiastica delle loro nomine, riservate al re. Dipendevano dal vicario le parrocchie militari istituite presso alcuni castelli (come a Napoli quelli Nuovo, di Sant'Elmo e dell'Ovo) e le confraternite militari (come quella "de' signori militari" a Pizzofiùcone). Con R. decreto dell' 11 luglio 1802, la curia del cappellano maggiore fu posta alle dipendenze della R. segreteria di stato cd ecclesiastico, nonché a quella di guerra e marina per gli affari dei R. cappellani e R chiese e parrocchie militari e per i sussidi ed elemosine a vedove e orfane militari_ Ai cappellani reggimentali erano attribuiti il sacro ministero dei sacramenti e liturgie e la cura d 'anime dei militari del corpo e delle loro famiglie. l corpi albanesi (come i reggim enti transmarini al servizio veneziano e i corpi dalmati al servizio austriaco e italiano) avevano cappellani callolici di rito greco. Nel 1796 furono concessi ad ogni reggimento 40 ducati per le spese deJla cappella (dotata di arredi sacri, tenda e carro da trasporto)_

Impiegati presso i corpi e gli ospedali con paga di 20 ducati, con R. dispaccio dell'l l giugno 1799 i cappellani Furono elevati dalla "piana minore" dei reggimenti alla maggiore, dopo il quartiermastro e prima dei chirurghi, e con R. dispaccio del 9 settembre ricevettero il distintivo dei tre gigli borbonici ricamati in oro sui paramani e impressi sui bottoni dorati dell'abito nero. Inoltre con R. ordine dd 24 giugno da Palermo si dispose la distribuzione di 300 copie delle ùtru.zioni rii cappellani curati dei


IL SISTEMA MILITARE BORB0N~IC-0~ (~ l 7~3_5_- ~1806~)_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

_

Reggimenti fàtte da S. M. Ferdinando 111 pell'esatto adempimento del loro ministero, con alcune Sacre Liturgie annesse pel comodo de' medesimi.

Compiti dei cappe1lani erano: a) tenuta e annotazione dei libri parrocchiali; b) esame deJle reclute circa fìliazione e stato libero e benedizione dei loro abiti e armi; c) partecipazione ai matrimoni autorizzati, celebrati dai curati dei distretti; d) visita in ospedale (coadiuvando il cappellano dell'OM ne1l'assistenza ai moribondi); e) catechismo settimanale a turni di compagnia; f) promozione delle scuole normali (elementari) nel corpo invitandovi i soldati che in tal modo potevano essere abilitati all'impiego come basso uffiziale e ammaestrando i figli di truppa; g) vidimazione dei libretti di vita e costumi, povertà, stato libero e di vita e di morte; h) ammonizione dei bestemmiatori, giocatori e altri rei di pubblico scandalo e rapporto al comandante per la punizione, e, qualora non irrogata, facendone relazione al re; i) far ascoltare la messa ai quartiglieri, r,rncieri e altri esenti facendoli andare in chiesa con la guardia montanle; l) reciLa serale del rosario; m) esercizi spirituali nove volte l'anno; n) ricevimento pomeridiano delle cartelle del precetto pasquale; o) custodia della cappella del corpo coi sacri arredi; p) spiegazione del Vangelo la domenica (dieci anni di indulgem,a ai sensi della bolla Lònvenit). Dopo la messa, cui il reggimento assisteva inquadrat9, si dovevano recitare gli atti di fede, speranza, carità e contrizione e le preghiere per i sovrani. Alle Istruzioni erano allegati i testi dei rituali militari (distinti per la benedizione di "insegne e armi", delle sole bandiere oppure dei "cannoni, delle armi e delle truppe"). Nel 1802 i cappellani dei Reggimenti Alemagna, Abbruzzi e R_ Calabresi erano 1-iederico Szhely, Martino Schirner, Biagio Grippa di Lecce, Pietro Felici <li Trapani, Giuseppe Cellosi e Gaspare De Maio. In una lettera del 15 settembre 1800 al fratello, intercettata dalla polizia, Giuseppe Giuliano, cappellano dell' ospedaletto di San Giacomo, gli annunciava per ottobre un'insurrezione repubblicana (in casa gli trovarono poi 2 0 fucili) .

I servizi di culto per le truppe occupanti

T'.esercito francese non aveva cappellani, ma sembra che il corpo d'occupazione in Puglia, oltre ai cappellani d ei reggimenti italiani (istituiti nell'agosto 1803) e polacchi, ahbia occasionalmente fatto ricorso al clero

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE{ISOO- 1815),_ _ _ _ _ _ _ _ __ __ _ _ __

locale per funzioni rei igiose ed ecclesiastiche. Il canonico Scia.~cia di Bisceglie, assunto nel 1811 come cappellano del treno murattiano, si vantava infatti di essere staro perseguitato e arrestato dal governo borbonico e liberato per inrerven to di Saint Cyr e di aver detto messa per i francesi "prima del 1805".

Tab. 41 - La R. Se,?.reteria dì staio, t[uerra e marina 1799-1805 Data della van az ione

01.01.1799 2007 1799 02.10.1800 13 .10.1800 10.12.1800 06011801 02.06.1802

con sede a Palermo Direzione Direzione di slalu, parli colare parli col are guerra e di marina di guerra marina di Sicilia Trabia Forlcgucrri " " Colai anni " " " 1:01teguerri l,.orteguerri " (int.) " " F orlcg uerri Trasferite a Napoli Colajanni Segreteria

H

con sede a Napoli Direzione Direzione pa1ticolare Manifatt. di guerra e di guerra militari manna di Naooli Pedrinelli Torrebnma " Logcrol TotTebnma " Colajanni " " " " " " " Direzione principale

"

-

" (abolita)

Tab. 42 - P ersonale del ministero di }{lierm e marina nel 1799 Incarichi Segretario Capiburò Comm essi Spedizionieri Giovani di burò Totale

Segreteria l

I •

Terra

Sezioni 11. Mare

m

Cont

-

-

-

3

3

4

8

8

IO 23

-

-

-

18

3

5

14

ll

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5

" "


IL SISTEMA MILITARE BORllONICO (_(735 - 1806)

'/'ab. 43 - c;1; orzani co/leziali e le amminislrazioni speciali ( 1803-05) Suvremo Consir!Lio di Guerra Presidente: ten. Gen. Daniele de Gambs Consi.,lieri Militari Consiglieri Togati Maresciallo Emanuele de Almagro Pres. di Camera Raffaele de (ìiorgio Consigliere Francesco Saverio Scurci Maresciallo Prospero Ruiz de Caravanles Maresciallo Antonio Alberto Michcroux Consigliere Matteo La Fragola Maresciallo barone de Bock Avv. Fiscale Vincenzo Vollaru Brigadiere Pasquale Tschudy Avv. dc Poveri Filippo d'TJrso Maresciallo barone Acton (straordinario) Segretario Tommaso Colajanni Proc. Fiscale Luigi Barone Maresciallo L. A. de Rosenheim (strnord.) CG Federico Salomone (f. f. Tnlcndcntc)* Proc. de' Poveri Giuseppe Praita no Attuario Vincenzo Auricchio Cons. straord. Raffaele Giovannei li * Solo per le cause d 'interessi di S. M. e anzianità degli ufficiali /leal Udienza di Guerra e Casa Reale Presidente: ten. Gen. Diego Naselli - Vicepresidente: caporuola marchese Girolamo Mascaro Consiglieri Giuseppe Carfora, Gaspare Vanvitelli e Gerardo Cìorgoglione Avvocato lì scale: Vincenzo Vollaro - Avvocato de' poveri: Stefano Caporeale Segretario: G iu seppe di Martino - Procuratore fiscale: Antonio Vitale - Procuratore clc' Poveri: Vincenzo Vischi - Attuario .Francesco Catalano. Giunta de' Quartieri di CaJ}ua Presidente: il governatore della piazza. Ministri militari : il Tenente di Re (Col. Diego Marsiglia), l' Ingegnere (ten. col. G. Il. Mori), il Commissario di guerra (ten. col. Cìirolamo Cadolino). Ministri pagani: il governatore politico (consigliere Michele de Curtis), Francesco Vcntriglia, Antonio Ruscio, Segretario (Domenico di Sangro), Cassiere (Iliagio Altrui), Razionale (Carlo Mulier), Procuratore (Stefano Toscano). R. Fondo de Lucri (Napoli) R. Fondo de Lucri (Sicilia) Soprintendente Mar. Pietro 1,annoni Soprintendente Duca lgn. Lucchesi Palli C<ì n. Merli e Reme<li Ministro Militare Mar. Baldassarre Nihell Min. Militare Mini stro M ilitare Col. (ìactano del Coral Min. Togato lì-iacinto 'Jroysi Ass. cli giustizia vacante Segretario Rosario Ferlazzo A ss. d' economia Avv. fiscale marchese Gio. dc Rlasi Gaspare Vanvitelli Proc lìscale avvocato fiscale March. Ottavio Arena G . B. Scaglia prolìscale Pasquale Martinez Razionale Emanuele Maria Ardizzone segretario Mario fri gnano Controscrillure ( ìiuscppc Contarini procuratore G io. Domenico Carcl li Mastro notaro Filippo Salemi Percettore Giuseppe Columbo Razionale Giuseppe Amatruda alluario Cìi usennc Festa Invalidi di Napoli Jn,,a/idi di Sicili11 Ispettore l3rig. Giuseppe Langelc: Ispellore Rrig. Marchese Cusani Sub Ispettore Comandante Col. Feli ce Corné Col Raimondo de Brnn Ma!!giorc vacante Comandante 'l'en. Col. Vine. Scandurrn. I>eputazimie dell'Oifanatrofio Militare Deputati (il principe di Stigliano e due vacanti), razionale (Carlo Rianco), segretario (vacante), avvocato e procuratore (Luigi Bianco). Regio delegato in Sicilia (consultore del <>averno Giacinto Trovsi) e iazionale (Giusenne de Naro) . Governo tlel Pio Monte tielle Vedove Direllore e presidente (mar. marchese d' Arienzo), governatori (mar. Carlo 'Jschudy, Prospero Ruiz, Pietro Zannoni, bri gadiere G. B. Malaspina), segretario (ten. col. Giov. De Puentc).

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LE DUE SICILIE NE.LLE GUERRE NAPOLEONICH[ ( 1800 - 1815)

Tab. 44 - Officine Mi/ilari e Corpo l'olitico dell 'Fser<:ito (1803-05) Intendenza Generai.e di Napoli Intendenza Generale di Sicilia Intendente Ufr. Ma1111iorc

(CG F. Salomone) cn Oinseooe Fra11ci

Intendente Uff. Ma<>niore

Conta,Joria l'rincivale di Napoli Non costituita

1

Brig. Fernandez Peiteado vacante

Conttuloria Princivale di Sicilia Conta<lore mTMaggiore

Tesoreria di Nll1mli

ICO Cìiuseppc Scinia Merlo e Solendore

Te.w,reria di Sicilia

Non costituita

Tesoriere Uff. Ma.l?.!!.iore

IPrincipe della Catena CG francesco Savasta

Giunta economicll delle Officine militari a Napoli O) Prcsi<lenlc: Vincenzo Viola Membri permanenti: commissmio <li guerra: Federico Salomone e principe d'lschitella Membri eventuali: "i capi <li quelle dipendenze sopra di cui cade l'articolo" Se11retario: Pasquale Venditto

Direzione della Proviamla in Sicilia (3) Commissario Ordinatore: Domenico Merlo e Splendore Direttore della Contadoria: CG Niccola Pomar Direttore della costruzione del vestiario: Magg_ Carlo Schmidt C-------------~

Direzione g_ener"le ,Jeg__li Speciali Militari (3)

Direttore generale: 1narchese Giovanni Vivenzio

Segretario: Andrea <lei Pucntc (commissario di guerra senza grado militarn) Sostituto nel Regno di Sicilia: Antonio Gorritte 7 Commi\'sari Ordi1,atori Eugenio Pedrinelli D. Merlo e Splendore l'roviamla Sicilia Frane. del Campo Francesrn Aprea (grad) Giuseppe Mugnoz Filippo Ciavarri (grnd) Dia!.!Ìo Nalale ·2 Commissari di guerra coumnelli G. Ant, l'ardirrnas Cl' d'A1ti!?lieria Gaetano <lei Coral

18 Commil'S(lri di guerra tenenti col.mmelli Federico Salomone Gaetano Violante Ciabriele l'epe Luigi Valentoni Giuseppe Franci Gherardo Sorgenti A nl. Manuel y Arriola Cìirol amo Cadolino Luil!i ciel Re '----

Tnlendcnza NA

Intendenza NA

Piazza Capua

Giuseppe Badolati Gius. Merlo e Remedi narone n i us Procida Domenico l'ietrornasi F. Paolo Morrione Niccola Uarzia Barone Dom. Salsedo Pasquale Tortora F.mannele Marauez

1 Commissario di !!Uerra senza erado militare Andrca <lei l'nente

segretario della D. G. Sue<lali Militari


201

(L SIST[MA MILITAR[ BORBONICO ( l 735 - 1806)

'/'ah. 45

l'azhe dez/i Ufficiali e altri di piana maggiore e minore (/790)

Uffu:iali <.ienerali Cìrado Capitano Oenerale Tenente Generale Direttore in capite d'art. Maresciallo di campo

Paga + SS

Paga+ SS

Grado Ispettore d'artiglieria 427:32 Brigadiere Estero 400:00 13rigadiere Cavalleria 298:82 Brigadiere Fanteria

240:00 230:00 200:00

569:76

160:00

Corpo Politico Grndo Commissario Ordinatore Commissario di guerra Cì . magazzino principale fonditore

Paga

QMastro Capitano Cap. Tenente 1° Tenente 2° Tenente Alfiere

130 78 65 57 32 22 46 38

22 18 16

Chirurghi, Grndi

Paga+ SS

25

50 fìuardia magazzino

20

15 2

30 30 70 60 50 45 30 32 24 20 20 Cappellani, Aiutanti, F"rieri, Cadetti !'

Fan!. Naz.

1° Chirurgo 2" Chirurgo

Grado

56 Aiutanti GM princ.

Paghe + so )!assoldi mensili (in ducati) (han. Reali F. Estera Cavalleria 190 l<JO 170 96 96 96 85 85 82 77 75 45 38 -

Jiant. .Naz.

1° Mauoiore 00 2'' Maggiore A Maggiore

ss

40 AiutanteUM 30 ~uardiano Ujfu:iali tielle varie Armi

Oradi Colonnello Ten. Col.

I

12

18

18 20

32 18 24

Cappellano 20 1° Aiutante 15 33 2° e 3'' Aiut. 12:50 28:50 Foriere 6 13 CadeUo T.c paghe dei lìranaticri Reali stabilite il 1° agosto 1800 Le cifre in corsivo indicano le paghe aumentate il 7 febbraio 1799.

158 88 75

52 38

42 70 45

52 42

27

27

21 18

-

-

-

-

Paghe+ soJrassoldi mensili (in ducati) F. Estera Gran. Reali Cavalleria

32

A1tiglieria

Artiglieria

30 18 20

38 25 25

16

17

-

14

7:50

-

7


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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE {1800 - 1815)

1'ab. 46

Averi di campa',!na dezli Ufficiali (6 dicembre 1805) Razioni mensili di lo'oraooio*

Gradi

In guarnii ione 1790 A. a piedi Cavali.

In camoauna ( 1805) A a piedi Cavali. 15 15 10 10 6 8 4 5 3 4 4 3

Razioni Viveri di campagna

Tcn Cìcn 15 Maresciallo IO Driga<liere 4 6 6** Colonnello 2 4 4 'J"en. Col. 3 2 3 Maggiori 2 3 2 Capitano J 3 2 1° Tenente 2 3 2 2 ° Tenente 2 2 2 Allìerc I l 2 Cappellano I I 2 1° Chirurgo I l 2 2° Chirnrgo I 1 l Aiutanti I I l Cadetto I 1 1 * Valore della razione di foraggio in denaro nel 1805: 5 ducali * * A I brigadiere di cavali eri a spettavano 8 razioni viveri di campagna. J\i Commissari ordinatori e <li f!.Uerrn spellavano le stesse razioni fontl!l!i e viveri dct colonnelli e tenenti colonnelli di fanteria e arti1dieria.

Tah. 47 - Pensioni di riforma def!,li utfìciali e di reversibilità alle vedove Gradi Capitano Cìcncrale Tenente Ocnerale Maresciallo campo Dri gadiere Colonnello 'i'en. Col./Magg. Capitano Aiut Maggiore Tenente 2° Tcn e Allìcre

Pensioni di riforma Armi a l)iedi Cavalleria

-

Invalidi

Monte delle Vedove 35:00 23 :33 17:50

-

-

-

-

-

-

-

-

38:85 32:27 17:92 11 :95 8:')6 7:17

41 :32 32:8 7 23:90 13:14 11:9 5 8: 60

23:')0 17:92 13:44

16:%

15:46 12:47 7:47

-

-

10:75 8:60

3:1 9 2:40


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (~1~7 3=5~-~ 180 ~6~)--- - - -- - - - - - - - - - - - - - ~

Tab. 47 ~ Prest dei Sottzcffìciali e truppa (J 790 e modi/ìche 7 feb. 1799) l'iane Minori Gradi Portabandiera Prcvoslo Profosso Tamb Maggiore Capo maniscalco Maestro Sellaio foriere Pillero Anuaiolo Scrivano Caporale guasta!. Strumentista G-ran Cassa Piattini

Fant. naz.

Esteri 25 20

Gran. R. 'I

Cavali. 40 30

16

36 34 30

? 33:33

-

-

-

20

43:33

22

-

-

/()

14

20

-

-

-

8

14

-

-

-

-

18 li 6:66

-

Artigl.

-

-

30 30

26: 66 26:66 25

-

-

20

25 25

-

Compagnie Corpi Esteri Arti.gl G-ran. Cavali. Gradi Reali Fucil. G-ran. 20 l " Sergente 33:33 30 32 2° Sergente 20 24 23:33 I5 13 15 13 15 22 IO 15 Caporale /() 10 Carabiniere Guastatore 7 8 7 8 9 Comune 7 8 7 8 8 IO 9 8 2" Artigliere 7 Allievo Fuochista 12 20 Maniscalco Tromba - i' 25 7 8 7 8 10 7 Tamburo '-) 7 Piffero 7 8 7 8 Trabante 7 7 8 9 7 8 Il "prest" (quota della paga in parte data direttamente al soldato e in parte trattenuta per il rancio) è espresso in grana (centesimo di ducato) al giorno. Le cifre in corsivo indicano quelle amnentate il 7 febbraio 17')') per il caro viveri (primo armiere da 8 a Hl, comuni , guastatori, tamburi, pifferi e trabanti da 5 a 7 n ei focilieri e da 6 a 8 nei granatieri, carabi nieri da 7 a 9 e da 8 a I O, caporali da 8 a 13 e da 9 a 15). Con R. ordine del 6 gennaio 180 1 aume ntate le paghe dei sottufficia li di piana minore (portabandiera da 25 a 33.33 , profosso da 20 a 30, tambur mag:,!.iore Lia 16 a 30, caporale dei guastatori da 8 a 15). N . I3. Oltre al "presi", la " paga" includeva in fanteria alhi 2 ducati pro capite (78 grana pane, 6 legna, 8 letto, 10 medi cinali e ospeda le, 68 vestiario, 2 equipaggiamento, 19 spese di reclutamento, barbiere e illuminaz ione e 5:25 armamento). Fanteria nazionale G-ran. 1-ucil. l') 17 14 15

"

"

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Lt

DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1 800- 1815)

Dragone leggero 1 80 l


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - ·~~~-

5. IL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE

( 1800- 1806)

A. L'epurazione degli ufficiali li corpo ufficiali del 1798

In base all'ordinamento d'anteguerra i reggimenti napoletani (16 di la11Leria e 6 <li cavalleria) avevano uri orga11ico <li 1.142 uflìciali (992+ 1 50), di cui 126 superiori (96+30), con 240 posti di cadecco (per un terzo vacami). Alle unità mobilitate (42 battaglioni e 34 squadroni) corrispondevano altri 942 ufficiali (732+21 O) di cui 100 superiori (60+40), portando il rotale a 2.084 di cui 226 superiori. La denuncia di infiltrazioni ma.~soniche tra i cade(Ji (1774) e giacobine tra le guardie del corpo (1795) gettarono un'ombra di sospetto sulla fedeltà politica degli ufficiali, ma durante la campagna del 1798 i casi di intelligenza col nemico, rivendicati con orgoglio da alcuni ufficiali repubblicani, sembrano essere stati abbastanza sporadici.

Bastarono però per giustifìcare giudi'./,i interessati o rabbiosi come quelli di Mack (che il 16 gennaio 1799, consegnandosi in uniforme austriaca a Macdonald, gli disse che l'ufficialità napoletana era "un sesto traditori, quattro sesti vigliacchi, un sesto d'onore") o della regina (che il 5 giugno scriveva a Ruffo "la marina e l'artiglieria, LULLa cattiva''). Se l'accusa di tradimento va circoscricca a pochi casi, la campagna di Roma provò in generale incapacità e cedimento morale, pur con alcune eccezioni, giustificando il giudizio implicito nella lettera dell'8 marzo di Ruffo ad Acton: "se sua maestà porta seco pochi ufficiali di conosciuta fede, che ne ha pure, e giura di non prendere gli ufficiali che fra i sergenti e fra i soldati, non puol fallire" (il cardinale incaricò Cusani di riferire a Naselli che "i calabresi .,odia(va)no gli ufficiali che ven(iva)no dall'armata nostra").

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 · 1815)

"Erano tutti cadetti difàmiglia" Tn realtà l'armistizio e la Repubblica furono interpretati dagli ufficiali come un "rompete le righe" e la liberazione da ogni vincolo di giuramento. A parte qualche testa calda, quasi tutti pensarono solo a sé stessi e alle famiglie, guardandosi dal prendere posizione pro o contro la Repubblica. Il 30 gennaio 1799 Moli terno, nominato comandante dell'esercito da Championnet, rivolse un appello ai militari sbandati a deporre entro tre giorni l'uniforme del tiranno e a consegnargli bandiere e stendardi dei disciolti reggimenti (bruciati il 7 marw con una cerimonia patriottica) e il 31 ordinò agli artiglieri di presentarsi entro dieci giorni, pena la morte. Circa 8 o 9.000 militari del vecchio esercito furono concentrati al campo di Portici, dove ai 2.000 riuniti il 16 a Capodichino da Dillon si erano aggiunti quelli provenienti da Livorno e Orbetello e quelli radunati a Capua dopo l'armistizio e il disarmo. Con decreto 9 febbraio il governo stabilì a 12.000 uomini la forza del nuovo esercito, ma non seguì alcun provvedimento esecutivo, solo un proclama del 24 ai soldati non per reclutarli ma per ingiuriarli: "finora siete stati strumento degli oppressori dei popoli, avete prestato il braccio contro i vostri stessi diritti, avete servito i capricci di un despota". Il generale francese Girardon osservava con cinico realismo e sapiente giudizio sociologico che "i vecchi ufficiali non chiedevano che di servire, la loro esistenza ne dipendeva: erano tutti cadetti di famiglia. l'.intrigo li scartò. Tornarono dalla parte del re".

E' vero, anche se bisogna aggiungere che la Repubblica non aveva né i mezzi finanziari né l'autonomia politica per ricostituire l'esercito e doveva limitarsi perciò a sfamare gli sbandati di Portici. In realtà i militari ex-borbonici, o per meglio dire gli ufficiali, non furono visti dai democratici come il possibile nucleo <li un nuovo esercito, ma soltanto come una categoria che era in gran parte espressione del medesimo ceto sociale e che, "senza aderire né sabotare", praticando un accorto e defilato attendismo, seppe ottenere dal governo repubblicano una politica assistenzialista, oggetto di sporadici moralismi democratici ma non di vera opposizione.

La commissione per l'organizzaz ione dei militari ex-borbonici Con proda ma del 1° marzo il generale Francesco Federici invitò gli


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IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - 1806)

ufficiali di cavalleria a venire da lui per presentare le loro petizioni d'impiego al governo. Ricordando ottimisticamente l'impegno preso da tutte le autorità di radunare armi, cavalli e foraggi, invitò tutti i cittadini e soprattutto i veterani dell'arma a presentarsi al suo quartier generale per costituire la nuova cavalleria napoletana. Con analogo proclama del 3 marzo, tutti gli uffìciali senza impiego, inclusi aiutanti e chirurghi, furono invitati a presentarsi dai generali Federici e Giuseppe Wirrz per farsi fissare un sussidio commisurato al numero dei figli e allo stato d'indigenza. Proprio in quei giorni sharcarono a NapoIi vari ufficiali dell'esercito e della marina rientrati dalla Sicilia col permesso del re e del vice ammiraglio .Forteguerri: permesso, beninteso, di attendere ai loro affari privati e non certo di passare al servizio della Repubblica, come invece fecero vari di loro, inclusi I3ausan e, in seguito, il brigadiere Caracciolo. Il 6 marzo il comitato militare istituì un'apposita commissione per la selezione degli ufficiali da passare in ritiro come "inutili" ovvero da reimpiegare a mezza paga negli invalidi o nella guardia na:1,ionale sedentaria. La commissione era composta dagli ispettori delle tre armi (Wirtz, Federici e Oronw Massa) e da due municipalisti (Francesco Pignatelli, da non confondere col quasi omonimo capohrigata, e Vincenzo Palumbo) pit1 il segretario (Giuseppe Marto). Gli scrutini si svolsero il 19 e 20 marzo, mentre dal 25 al 29 turono registrate le anzianità di servizio degli ufficiali. Lo stipendio mensile, integrato da un assegno di un ducato e mezzo per ogni figlio a carico fino ai 12 anni (10 per le femmine) era il seguente:

Gradi Capitani Capitani tenenti Aiutanti maggiori Primi tenenti Secondi tenenti Alfieri l" e 2° aiutanti

Fanteria

Cavalleria

G.N.S.

Invalidi

Inutili

C.N.S.

Invalidi

Inutili

30 25 21

25 20 18 16 14 13 12

20 18 16 14 13

36 30 25 20 18 16 14

30 25 22

25 20 18 16 14 12

18 16

15 11

11

10

18

16 14 12

10


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LE DUE SICILIE NELLL GUERRE NAPOLEONICHE. (JllQO- 1815)

Il bando De Renzis (5 aprile 1799) La crescente minaccia sanfedista mutò la superficie ma non la sostanza delle cose. Il 18 marzo, a seguito di un'energica e indignata protesta del comitato di polizia, Roccaromana fi.1 incaricato di ritirare i biglietti d' alloggio concessi dall'apposito comitato agli ufficiali senza impiego che, invece di rientrare al proprio domicilio, soggiornavano nella capitale. Pochi giorni dopo, la scoperta della "cospirazione degli ufficiali" e l'arresto dei quattro fratelli Raccher produssero una stretta di freni. Il 5 aprile, su proposta del ministro Dc Rrnzis, il comitato militare intimò agli ufficiali senza impiego di fanteria e cavalleria di presentarsi da Wirtz e Federici. Scartati gli inabili per ragioni di età o di salute, gli idonei avrebbero formato uno speciale corpo di volontari, servendo quali militari di truppa o sottufficiali, sia pure mantenendo la mezza paga in aggiunta al prest e alla razione di pane e carne. Il termine di presentazione era di 1O giorni per gli ufficiali residenti nel dipartimento del Vesuvio e di un mese per gli altri. Vincenzo Cuoco osservò acutamente che il proclama De Renzis "diceva agli uHìziali del re che a chiunque avesse servito il tiranno nullt1 sperar rimanea da un governo repubblicano. Questo linguaggio, in bocca di un ministro di guerra, dir volea a mille e cinquecento famiglie che avevano qualche nome e molte aderenze nella capitale: Se volete vivere, fàte che ritorni il vostro rè'. Il proclama non stabiliva sanzioni in caso di mancata presentazione, a parte un minaccioso accenno a foturi provvedimenti. Nondimeno spinse decine di ufficiali a darsi alla clandestinità: alcuni entrando attivamente nella resistenza, molti altri cercando di raggiungere l'isola di Procida, base delle operazioni navali e speciali inglesi nel Golfo di Napoli, <love era ad attenderli la fregata Minerva (Thurn) per portarli a Palermo. Nel frattempo, poiché Macdonald aveva ordinato <li completare con la massima urgenza la guardia nazionale di Napoli, ad altri ufficiali si offerse il comodo reimpiego a paga ridotta nella sedentaria. Liniziativa partl dal basso, vale a dire dai commissari di guerra delle municipalità della capitale (o almeno quelli di Monte Libero e Sannazzaro) che il l maggio fecero appello agli ufficiali di carriera per inquadrare le rispettive legioni. O

Il corpo dei volontari si ridusse in realtà ad una compagnia di 97 ufl-ì-


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO (1735 - 1 =8=0 6 ~ - - -- -- - - - -

ciali (inclusi Guglielmo Pepe e Giuseppe Baccher, parente <lei cospiratori) aggregata alle 4 legioni. 11 14 maggio Manthoné li pose agli ordini diretti del medico siciliano Pasquale Matera, capobrigata dell'esercito france.se, una sorta di commissario politico della nuova armata repubblicana. Uno speciale consiglio <l'amministrazione presieduto da Matera doveva tenere un registro giornaliero della condotta individuale, annotando "gli atti di umanità", "di vera fratellanza col popolo", di temperanza, disinteresse, coraggio, "orrore per ogni delitto e per ogni tirannia" e "la prova di essersi operata la rivoluzione del cuore, calpestando coi fatti quell'infame linea di separazione che distingue diverse specie de' cittadini". Gli ufficia.li dovevano marciare con l'uniforme della truppa, solo con fagotto e fucile, e mangiare in gruppi di 30 o 40, senza distinzione alcuna, ma sulla base delle azioni compiute potevano sperare di riavere la paga inLera.

La fùga a Procidtt e l'accoglienza a Palermo Non sappiamo quanti ufficiali, ma sicuramente un buon numero, riuscirono a raggiungere Palermo. Almeno una ventina, raccolti a Procida o a Salerno dalla fregata Minerva, sbarcarono il 4 maggio, ma invece dei festeggiamenti, furono m9-si in isolamento nelle celle del Castellammare, della Vicaria o della casa di correzione e poi interrogati da Bourcard e dall'uditore di guerra Emanuele de Castro per accertare i loro personali trascorsi e raccogliere le loro delazioni sul comportamento politico dei colleghi dei rispettivi corpi. TI più loquace fu l'alfiere dd Real Borgogna Biagio Carafa, il quale mise nei guai anche 4 dei suoi compagni <li fuga (i suhalterni Guerrero del R. Napoli, Grillo del R. Borbone e due Jauch del I Estero) accusandoli di aver servito nella guardia nazionale. Il 10 agosto Bourcard e de Castro proposero la condanna a morte per Grillo e il torinese Guerrero, riconoscendo però la circostanza attenuante di essersi arruolati solo per sfamare la famiglia e proponendo perciò la commutazione in semplice espulsione dall'esercito, proposta anche per i due Jauch. Lincarto passò poi per competenza alla giunta dei generali bonaccioni di Napoli (v. infra), che, cavillando in giuridichcsc sulla validità della prova testimoniale, l' 11 novembre li reintegrò tutti e quattro nel grado e nel serv1z10. Una stampa repubblicana che lo citava come uffìciale fu invece la prova

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2] O l.LDuE S1c1L1E NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 . 13151 a carico di Fabrizio Dumarteau, 2° tenente del Reggimento Sannio (lo stesso in cui serviva come aiutante Gaetano Rodinò, che si vantava di averlo fatto sbandare sul campo di battaglia a Falleri), il quale dette la colpa al fratello Giovanni, repubblicano, che aveva tentato in ogni modo di convincerlo a servire il tricolore arrivando perfino a dargli una coltellata in una spalla (questo in marzo, perché poi era stato un mese nascosto in casa del suo capitano, insieme al quale aveva concordato la foga e noleggiato un posto sulla barca di don Giovanniell'e Chiaia). Su di lui la commissione palermitana sospese il giudizio, come pure sul cosentino Matteo Vittari, che aveva ottenuto il grado di alfiere del 6° cacciatori siciliani portando 34 volontari al prode colonnello Roberto Mirabelli (per lui e per altri garantì lo stesso Bourcard, già colonnello del vecchio Reggimento Calabria). 'fotti gli inquisiti si avvalsero del beneficio, accordato dal re il 6 maggio, di poter servire a 3 tarì al giorno nei nuovi corpi siciliani. Le domande furono tutte accolte, con riserva però di ulteriori accertamenti per 29 ufficiali, che il 19 giugno furono mandati nei presidi di Toscana col tenente colonnello Cristoforo Manzi ( 12 ,1 Orbetello e 17 a Longone) cd entrarono poi nel nuovo reggimento costituito in settembre dal brigadiere Cusani coi resti dcli' eroico Siracusa.

L'apporto degli ufficiali di carriera all'Armata sanfèdista Sia per mancata adesione sia per diffìdenza di Ruffo, gli ufficiali regolari ammessi nell'Armata sanfèdista furono poche decine. l pitt elevati in grado furono i colonnelli marchese della Schiava (preside di I ,ecce) e Lucio Caracciolo di Roccaromana, che, emarginato da Manthoné, si vendicò in aprile riorganizzando in banda partigiana il suo vecchio Leopoldo cavalleria (nucleo del futuro Valdinoto Il) e prendendo poi parte al blocco di Capua e alla spedizione su Roma. Troviamo poi solo 5 tenenti colonnelli regolari: Antonio de Settis, promosso da Ruffo colonnello dei Reali Calabresi, Troiano Marulli duca d'Ascoli, aiutante di campo del re, Costantino de Filippis dei fucilieri di montagna, Luigi <le Gambs del J Estero nominato brigadiere provvisorio al blocco di Gaeta e Domenico Pietromasi commissario di guerra.


IL SISTEMA MILflARE BORBONICO (1735 - 1806)

Altri due tenenti colonnelli lasciati a comandare le piazze di Cotrone (Pasquale Governa) e Altamura (Vincenzo Campagna) ebhero prohahilmente il grado da Ruffo, come Agostino Pascetti, ancora a giugno semplice tenente, seppure comandante <li un reparto speciale di arditi ("picchetto avanzato de' Calabresi"). A colonnello arrivarono invece Francesco Carbone, già tenente dei miliziotti di Scilla, Vito Nunziante, sergente in congedo dei Fucilieri di montagna ma capo del corpo volante dei "piagginari" e "mojanari a cavallo" della tenuta di Pcrsano e Michele Pezza, già trugliato e poi sergente <lei focilicri di Messapia.

A maggiore e capitano maggiore dei R. CaJabresi furono promossi i tenenti Natale Perez dc Vera (il primo a presentarsi a Ruffo con 45 soldati del Real Borbone di presidio a Reggio e figlio del colonnello Ignazio, governatore del castello di Bari) e Francesco Gulli di Scilla (poi capitano dei cacciatori Calabri, valoroso combattente in Spagna e promosso brigadiere nel 1841 alla vigilia della morte). I capitani <lei granatieri calabresi (Rocco Raimondi e Ignazio Coscarelli), promossi dopo la presa di Altamura, venivano dai sottufficiali come probabilmente gli altri pochi ufficiali menzionati nella memoria storica dell'Armata (il capitano dei fucilieri calabresi Domenico Mazzei, promosso dopo Altamura, i capitani Tommaso Romeo e del C~rviglio lasciati a Crotone, luigi Costa capo del treno d'artiglieria e Muzio d'Epirn, fratello del canonico; i tenenti Francesco Perez e Francesco de Luca del 1° e unico squadrone calabrese e fortunato 'fropea dei fucilieri, promosso per aver salvato un uomo in procinto d'annegare).

La giunta dei generali (I O luglio I 799 - 17 marzo I 800)

Con decreto del 10 luglio 1799, firmato a bordo del foudroyant di Nelson, re Ferdinando trasferì le competenze del supremo consiglio di guerra a una "suprema giuntà', presieduta dal tenente generale Spinelli (già ispettore generale della cavalleria) e composta dai parigrado de Gambs (comandante della piazza di Napoli) e principe di Ripa, dal maresciallo principe di Sassonia e dal barone di Boisy. A differenza del supremo consiglio, le cui competenze giudiziarie erano formalmente distinte da quelle amministrative, i compiti della suprema giunta, estesi e precisati dai dis,,pacci del 22 agosto

e

<lei 9 settembre, erano misti. Era infatti incaricata di

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esaminare la condotta di tutti gli uffìciali, tanto i veterani quanto i capimassa dell'Armata cristiana, alcuni dei quali detenuti per reati comuni. Sotto la presidenza di Spinelli, la giunta, considerata troppo mite e proclive ad accogliere ricorsi e intercessioni a favore degli ex-colleghi, pronunciò solo tre condanne a morte (nei confronti del generale Fedcrici, del colonnello Gaetano Russo e ddl' aiutante Oronzo Massa, generale repubblicano). Peraltro esercitò una sorta di tutela sulle famiglie degli ufficiali detenuti nei castelli e nelle prigioni della capitale. Tl 16 novembre Spinelli trasmise infatti alla segreteria di stato e di guerra le numerosissime istanze di sussidio pervenute alla giunta, perorandone l'accoglimento per motivi umanitari. Non avendo ricevuto risposta, il 10 dicembre Spinelli si rivolse direttamente al luogotenente generale Cassaro, senza esito. Alla mitezza nei confronti dei colleghi repubblicani, la giunta aggiunse la severità nei confronti dei capimassa. TI 14 dicembre 1799 alcuni di costoro scrissero all'ambasciatore inglese Hamilton ("le truppe a massa tutte disgustate. Li capi d'esse a poco a poco temono di essere sottoposti a processura. Li realisti insorgenti de' paesi ... perseguitati come anarchisti"). In cinque o sei punti di Napoli fo affisso un cartello in cui si esortavano i "rappresentanti" a riconoscere "ugualmente valevoli a quelle del re le patenti fatte dal suo Vicario Generale, come chiaramente egli spiegasi in esse, per la facoltà concessevi da S. M. (D. G.)". E, aggiungeva il cartello, "procurate insiememente di far con prestezza ricompensa a chiunque ha concluso al bene della causa comune, se non vogliate quanto prima sperim entare quel rigore che suol prodursi da un animo giustamente irritato per simili emergenze". Piì1 esplicito un altro cartello, che esortava il "fedelissimo popolo basso fedele, per ordine di Carolinà' a massacrare "tutti i Ciacobini che stanno nella Ciunta Traditore che casticano tutti li Nocenti del popolo basso E liberano li Ciacobini dalla Mannara". Il 27 dicembre, tramite Acton, il re ordinò a Cassaro di deferire ai due ispettori d'arma, generali di Sassonia e Damas, il giudizio di riabilitazione degli ufficiali riammessi dalla giunta come volontari. Ebbe inoltre da ridire su sei delle 41 scarcerazioni proposte dalla giunta, in particolare quella di Diego Pignatelli di Marsico, ufficiale della cavalleria repubblicana. Il 30 dicembre Spinelli osò a sua volta contestare l'ordine di scarcerare tutti i capimassa detenuti, in particolare Antonio Capr,ua e Giuseppe Salomone.


IL SISTEMA MILITARE BORBONICO ( 1735 - 1806)

Il 2 e 3 gennaio 1800 Acrnn dovette fare una parziale rettifica, comunicando che dal beneficio erano esclusi i fratelli Mammone e chiedendo che, ad istanza degli ufficiali dei volontari albanesi, la condanna a morte del loro cx-capo, Michele Gicca, fosse commutata in ergastolo, da scontarsi a Favignana. Ma Spinelli scontò la sua indipendenza. Il 16 gennaio il re lo sostitul con Naselli e dispose la revisione di tutte le cause da parte del fiscale dell'udienza generale di guerra e casa reale e di una nuova giunta mista, presieduta da Naselli e integrata da due giudici togati. La nuova giunta emise il 19 gennaio la quarta e ultima condanna a morte contro un ufficiale veterano, il colonnello casertano Eleuterio Ruggero, decapitato il 21, ma per il resto continuò a seguire la linea della precedente e si oppose al piano di riorganizzazione dei corpi elaborato dagli ispettori delle armi, e in particolare all'immissione dei capimassa. Con rapporto del 22 febbraio la giunta di governo criticò l'eccessiva concentrazione di poteri nella fjÌunta dei generali. 11 pretesto per liquidarla fu la raccomandazione di hancesco Cuomo duchino di Casalnuovo, che aveva fatto parte delle compagnie civiche dei patrioti. TI 17 marzo il ministro della guerra principe di 'frabia trasmise a Napoli le rimostranze del re, che sotto la stessa data decretò di limitare le competenze della giunta dei generali a quelle del vecchio consiglio supremo di guerra, ossia l'esame e il i' giudizio sulla condotta dei militari. Compito residuo della giunta era la segnalazione alla segreteria di guerra degli ufficiali "scevri da ogni macchia". Il decreto riservò espressamente agli ispettori l'organizzazione del nuovo esercito e ad altra giunta presieduta dal maresciallo Guevara, la valutazione dei capimassa, lasciando a dc Gambs solo la proposta circa gli impieghi presso le piazze e i castelli del Regno.

La riammissione degli epurati e l'esodo in Francia e in ltalia

TI 18 gennaio 1800 agli ufficiali e sottufficiali epurati per non gravi trascorsi repubblicani ("senza macchiarsi di fellonia") si accordò di potersi riabilitare arruolandosi quali soldati semplici in 2 speciali "compagnie volontari" di 150 teste con gratifica diaria di 0:40 ducati, inquadrate ognuna da 4 ufficiali "presi dal nuovo esercito di Napoli", da organizzarsi tiella piazza di Messina per far parre del corpo di spedizione siciliano a

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICl·IE (1800 - 1815),_

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Malta. In realtà le due compagnie rimasero a Messina e alla fine furono sciolte, mentre ai volontari fu concesso di conseguire la riabilitazione e il reintegro nel grado mediante un periodo di servizio presso gli eserciti alleati, austriaco o russo. Altre compagnie di ufficiali e sottufficiali furono inviate nei Presidi di Toscana per completare il Reggimento R. Presidi. Ufficiali che avevano aderito alla Repubblica, sia pure senza combattere, servivano inoltre nel Reggimento Estero già nel maggio 1800, quando, per precauzione, furono allontanaci da Napoli, temendosi tumulti popolari contro il primo limitato indulto concesso alle famiglie dei rei di stato. Il citato cartello che invitava a massacrare la "Cionta dei Ciacobini", denunciava anche i "tanca Ciacobini (che) stanno Nelle Truppe che ogni ciorno bacchettano li fedeli soldati di Ferdinando e Carolina Nostra Regina". E aggiungeva che il re ordinava "A Tutti li Soldati Suoi fedeli e a Tutti li Camisotti di Massacrare' fotti li superiori Ciacobini". Dopo Marengo, credendo imminente la spedizione Ji B011aparte, alcuni ufficiali della piazza di Gaeta complottarono per consegnarla ai francesi. In agosto, cessato l'allarme, un cadetto e un sergente denunciarono 2 capitani, 7 tenenti, 1 chirurgo, 15 cadetti e sottufficiali, 2 soldati e un civile: forono coinvolti come sospetti anche un colonnello, 4 capitani e un tenente. Gli arrestati salirono poi a 40 e tutta la causa fu defèrita alla giunta dei generali. I ,a graduale riammissione in carriera degli ex-repubblicani, fu in parte bilanciata dall'istituzione, il 1° aprile 1800, dell'Ordine di San Ferdinando e del Merito destinato a insignire i sudditi ed esteri "notati di fedeltà nelle guerre sostenute nel passato anno". In un Notamento dei beneficiari di sussidi e pensioni sulle rendite dei beni confìscati e sequestrati ai rei di stato, del 26 maggio 1800, fì gurano Dc Cesare e Boccheciampe entrambi con 4.000 ducati, Lamarra con 3.600, Sciarpa con 3.500, Salomone e Pezza con 2.500, Di Tora e della Schiava con 1.200 e Gualtieri e Schipani con 1.000. Ino ltre ai cadetti e soldati "distinti" che si erano comportati bene durante la Repubblica furono riservati i due posti di soldato "privilegiato" (esenti dai servizi di caserma) istituiti in ogni compagnia. 'fottavia il 28 dicembre furono accordati i due terzi di paga agli ufficiali che si erano limitati a "prendere il soldo" dai francesi. All'armistizio di Foligno seguì un secondo indulto (retrodatato al 10 febbraio 1801) ch e liberava i rei di stato detenuti per reati commessi fino


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alla data del primo indulto (30 maggio 1800) e consentiva il ritorno agli esuli "trugliati" (cioè condannati in massa senza giudizio). A seguito della pace di Firenze del 28 marzo 1801, che imponeva l'amnistia e il risarcimento di tutti i rei di stato, il 1° maggio fu emanato un terzo indulto che in teoria liberava tutti i "detenuti in qualunque modo", ma in realtà pieno di clausole restrittive che riguardarono 616 eccettuati e pii1 di 514 sospesi, di cui 36 e 134 militari (erano eccettuati 40 individui sospetti alla giunta di stato, 36 di pertinenza della giunta dei generali e 530 dei tribunali delle province: restavano sospesi 134 detenuti militari ultimamente pervemlti nelle isole, 112 iscritti in altre liste, 218 detenuti di pertinenza dei tribunali delle province e gli altri detenuti rimasti nelle isole e in particolare a Favignana). 11 7 luglio anche gli altri ex-quadri repubblicani furono incorporati d'autorità come soldati semplici, accordando tuttavia agli ufficiali un soprassoldo con possibilità di reintegro nel grado in base ai futuri meriti. A questo punto non fu più rinviabile la concessione della totale amnistia per i reati comuni commessi dai sanfedisti. Leditto del 17 settembre 1801, detto "meritorio", incluse persino gli omicidi di "persone non repubblicane", purché credute tali "in buona fede". Il 12 gennaio 1803, in occasione del suo genetlia~, il re riabilitò tutti gli indultati a "poter aspirare agl'impieghi pubblici e dello stato, di qualunque genere", inclusi dunque quelli militari. Il 29 gennaio 1806 si pensò poi a tutelare giudici e testimoni da future vendette degli esuli che si accingevano a tornare con l'Arrnée de Naples, bruciando saggiamente tutte le carte dei processi. Non è stato ancora accertato quanti ufficiali regolari in servizio nel gennaio 1799 siano passati al servizio estero. Alla fine di dicembre si trovavano in Francia, al deposito di Digione 145 ufficiali (I 15 di fanteria e 30 di cavalleria) e 16 chirurghi. Altri risultano però inquadrati in stati maggiori e unità francesi e altri ancora passarono al servizio francese o italiano tra quelli condanna ti all'esilio o emigrati dopo l'indulto. Alcuni ufficiali passarono infine al servizio austriaco, spagnolo, inglese e forse anche russo. Si può stimare che circa un quarto del migliaio di ufficiali dei corpi di linea napoletani in servizio prima della mobilitazione del 1797-98 ahhia lasciato l'esercito, passando in massima parte nei ranghi del futuro nemico, senza contare un numero doppio o triplo di patrioti datisi alla carriera delle armi per ragioni politiche o per potersi mantenere.

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B. Il reclutamento per ingaggi.o Il reclutamento per ingaggio alla vigi.lia della guerra Lesercito borbonico era reclutato prevalentemente per ingaggio volontario di reclute dai 16 ai 35 anni con altezza minima di 5 piedi e 1 pollice (m. 1.65) e di 5 e 2 per gli esteri, con premi di 6 ducati e ferme di 8 anni per i corpi nazionali a piedi e 12 per la cavalleria, mentre per i corpi esteri la ferma era di soli G anni e il premio di importo variabile se l'ingaggio avveniva all'estero. Si poteva contrarre il reingaggio (almeno biennale) solo nell'ultimo anno di forma e fino a quattro mesi dopo la scadenza. I congedi avvenivano una sola volta all'anno, a dicembre, e se erano troppo numerosi un'aliquota veniva di solito rinviata all'anno successivo, compensata dal soprassoldo mensile di reingaggio. Con R. ordine del 21 settembre 1790 er,rno stati concessi ad ogni reggimento 2 o 3 congedi anticipati a cambio o a riscauo (con tariffo variabili a seconda della qualità del soldato e dell'arma, 6 o 10 ducati per ogni anno riscattato in fanteria, IO o 15 in cavalleria). I congedi infamanti erano scritti su carta gialla per renderli riconoscibili anche agli analfabeti. Effettuato in origine dai reggimenti, che distaccavano a tal fine apposite "partite" composte da un ufficiale e da un sergente o soldato per compagnia, alla vigilia della guerra il reclutamento fu accentrato ad un'apposita giunta e il 4 luglio 1799 fu emanato da Palermo un Regolamento sulla reclutazione in guemt., applicato per la leva dei nuovi reggimenti siciliani (v. infrtt., cap. 5, §. B) ma in vigore anche per l'esercito di Napoli.

Il ripristino del reclutamento reggimentale (23 settembre 1800) I nuovi reggimenti napoletani furono costituiti con l'immissione selettiva di 10.000 massisti (1 ° settembre 1799), il ripristino del "truglio" (6 settembre) e il rastrellamento dei disertori (11 gennaio 1800). Il "truglio" (patteggiamento giudiziario con commutazione volontaria della pena amministrativa in servizio militare) era stato esteso il 1 O marzo 1798 ai rei di omicidio (come Michele Pezza, condannato a otto anni di ferma nel Reggimento Messapia) e il 5 gennaio 1799 anche ai rei di delitti "infaman-

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Lordine dd 6 luglio 1800, di portare le compagnie sul piede di guerra per la temuta spedizione francese, ossia <li reclutare 10.000 uomini, rimase lettera morta, essendo già un problema raggiungere l'organico di pace. Si ricorse perciò ai soliti espedienti, l'amnistia ai disertori, concessa il 7 agosto a condizione di presentarsi entro un mese, e la rafferma d'autorità ai sensi del regolamento di guerra, con premio di 30 carlini in due rate annuali, disposta con R. ordine del 14 settembre. Il RegofLtmento per la reclutazione dell'Esercito, emanato a Palermo da Acton il 23 settembre, ripristinò infine l'ingaggio, decentrando di nuovo il reclutamento ai consigli d'amministrazione (CA) <lei corpi, incaricati di "escogitare e stabilire i mezzi convenienti" (§. 1-2). Inoltre aumentò il limite <li età dai 35 ai 40 anni, rese discrezionale l'altezza, elevò il premio d'ingaggio nei corpi a piedi allo stesso livello della cavalleria e vietò l'ingaggio con patto di riscarro. I CA dei corpi nazionali disponevano di una massa di 12 ducati per recluta, comprensivi di premi d'ingaggio e spese di redutazione, con obbligo di rendiconto annuale alla R. segreteria di stato e di guerra per il tramite dell'ispettore d'arma. Gli eventuali "avanzi" annuali erano versati al deposito intangibile di guerra, con promessa di reali gratifiche ai membri del CA qualora i risparfui sulle spese o sui premi stipwati con le reclute fossero "notabili". Era tuttavia previsto, per casi straordinari, il bonifico di maggiori somme ai corpi nazionali, mentre la determinazione della massa di reclucazione dei ben più costosi reggimenti esteri era rinviata ad ordini particolari (§. 30).

I "commissionati alfa reclutaz ione"

Lingaggio preliminare delle reclute continuava, come prima, ad essere effettuato da "commissionati", civili o militari, autorizzati con dispaccio della R. segreteria di guerra(§. 6), con l'aggiunta di altri scelti dai CA dei corpi, previa sovrana approvazior1e, tra .i soli n1ilitari invalidi, aggregati, ritirati, graduati o di milizia(§. 2-3). Il CA consegnava al commissionato, tenendone registro, un certo numero di moduli d'ingaggio (§. 8), le istruzioni e la somma deliberata p.allo stesso CA per le spese (§. 9), anticipabile in caso d 'urgenza dalla teso-

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reria provinciale su esibizione della lettera d'officio (§. 10). All'arrivo in ogni luogo di esercizio il commissionato doveva chiedere il permesso del!'autorità militare locale, o, in mancanza, dell'autorità giudiziaria civile (§. 11). Qualora militare, doveva vestire l'uniforme del corpo coi distintivi del suo grado(§. 12, 28) e "condursi in maniera di conciliarsi la stima e l'affetto degli abitanti e dare una vantaggiosa idea del servizio militare e del proprio Reggimento", con obbligo delle autorità militari e civili locali di informare la R. segreteria di stato e di guerra di eventuali trasgressioni(§. 14).

1 commissionati dovevano reciprocamente astenersi da atti di concorrenza sleale ("perturbazioni", "offerte pit1 vantaggiose"). Le eventuali controversie erano decise dal commissario di guerra o dal comandante militare del luogo (§. 42). I sottufficiali e comuni che ingaggiavano reclute per conto di corpi diversi dal proprio erano richiamati e puniti col prolungamento della ferma per due anni (§. 33). Era inoltre vietata la cessione di reclute ad al tro corpo, se non col consenso ddb recluta e del corpo rin:ventc (§. 34). ln caso di annullamento dell'ingaggio (§. 22, 24, 27, 31, 37), le spese restavano a carico <ld commissionato, soggetto inoltre alle pene stabilite dalla RO del 1789 (p. II, c. XVlll, art. XXTTT) per l'ingaggio consapevole di disertori o ingaggiati in altri corpi e a maggiori in caso di istigazione (sei mesi di arresti in fortezza per gli ufficiali e privati di condizione nobile o civile, perdita dell'anzianità e prolungamento della ferma per 4 anni per i sottufficiali e comuni).

Reclutamento diretto dti parte di altri militari del corpo

Ad ogni avanzamento di grado gli ufficiali dovevano, entro un anno, presentare due reclute, sotto pena di ritenuta pari all'importo della reclutazione di due uomini (§. 16). Era vietato sotto "rigorosa penà' mettere a conto di ufficiali particolari le reclute ingaggiate dai commissionati (§. 18). Al militare che rientrasse dalla licenza recando pitt di due reclute ammissibili erano rimborsate le spese di viaggio e pagati anche i giorni di licenza(§. 17). Ai militari di truppa era inoltre concesso uno sconto di sei mesi di ferma per ogni recluta procurata al corpo (§. 15). I privati civili benemeriti per la reclutazione erano compensati con gratifiche, onori e impieghi militari o politici (§. 19).


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Requisiti delle reclute e modalità di accertamento Le reclute dovevano essere "sane, ben conformate e di una volontà decisa di servire nelle truppe" e della statura indicata nelle istruzioni del corpo (§. 22). Erano esclusi dall'ingaggio i sospetti, gli infami, i rei di delitti, gli invalidi o infermi (§. 22) e i militari espulsi o disertati da altri corpi o già ingaggiati (§. 24), mentre erano ammessi militari o vetturini del treno muniti di attestato di congedo onorevole(§§. 22 e 26). In tempo di guerra era consentito inoltre l'ingaggio di disertori dal nemico, purché autorizzato di volta in volta dal generale in capite o dal sovrano (§. 25).

Tl contrailo d'ingaggi.o, la ferma, il premio, i casi di nullità Latto d'ingaggio, stipulato tra il commissionato e la recluta, era un contratto pubblico per adesione. Erano infatti nulli gli eventuali patti di recesso della recluta mediante cambi o danaro, oppure in deroga all'entità del soldo stabilito il 2 febbraio 1799 (§. 34) o alla durata della ferma, stabilita in 8 anni, riducibili per i corpi esteri, qualora non si potessero altrimenti reclutare, fino ad un minimo di 5 (§. 21 e 29). Le parti negoziavano s1tanto l'entità della "grarifìcazione" (premio d'ingaggio), nel limite della "massà'. Un terzo era pagato all'atto dell'ingaggio, il resto liquidato daJ CA dopo l'arrivo al corpo e pagato dal capitano "in piì.1 volte, procurando che s'impieghino in compra di generi di equipaggio" (§. 31 e 62). Chi rinunciava al premio era preferito per gli ascensi a parità di merito (§. 21 ). Anche prima della scadenza dell'ingaggio, ai sottufficiali e comuni era concesso il reingaggio per due o più anni, con premio cumulabile di 30 carlini per ciascun biennio (§. 64). Il premio era corrisposto in rate mensili di 5 carlini, pagati anche ai militari con ferma scaduta trattenuti in servizio per causa e per la durata della guerra (§. 65). Latto era nullo per irregolarità formali (§. 37) e annullabile per difetto di requisiti (§. 22, 24), impiego di minacce, violenze, inganni e "soperchierie" da parte del commissionato (§. 5 e 27) o frode sul pagamento del premio (§. 31). Entro un mese dall'incorporazione la recluta poteva presentare reclamo per ingaggio forzato all'ispettore del corpo che, trovandolo fondato, lo inoltrava alla sovrana decisione (§. 27).

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22 o LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 • 1815) Procedura d'ingaggio Il commissionato era tenuto ad accertare l'idoneità degli aspiranti mediante interrogatorio e assunzione di "altri lumi" e a dare avviso alle aurorità militati e civili dei disertori o ingaggiati in altri corpi o rei di delitti (§. 35). Era tenuto inoltre a dichiarare il nome e il tipo del corpo reclu tante, mostrando il figurino dell'uniforme. Procedeva poi a misurare la recluta, a negoziare il premio, a formare l'atto d'ingaggio, firmato o crocesegnato dalla recluta in presenza di due testimoni, e infine a rilasciarne certificato alla recluta (§. 36-37). Questa era poi sottoposta a visita, a spese del CA e possibilmente da un chirurgo, per verificare l'assenza di marchi d'infamia e infermità invalidanti (§. 38). Entro ventiquattr'ore dalla stipula, l'atto d'ingaggio doveva essere ratificato dalle parti davanti al commissario di guerra o all'autorità militare o giudiziaria locale §. 39-40), ovvero al colonnello, qualora il corpo si trovasse in marcia(§. 41). Peraltro, qualora dal certificato chirurgico la recluta risultasse in farne o invalida, l'autorità di ratifica annullava l'ingaggio(§. 39); inoltre, su reclamo della recluta per ingaggio forzato o invalido, sospendeva la ratifica e, verificati i fatti e trovato fondato il reclamo, lo trasmetteva alla R. segreteria di guerra, trattenendo in custodia la recluta (40). Ratificato l'atto, il commissionato lo inviava al comandante del corpo, trasmettendonc copia all'autorità competente per territorio (i presidi n elle province, il commissario di campagna in Terra di Lavoro, i comandanti di Orbetello e Longone nei Presidi di Toscana e i capi delle giurisdizioni pagane in Sicilia) incaricate di prendere le dovute informazioni e inviarle ai corpi. Questi ultimi tenevano le reclute sotto particolare sorveglianza in attesa di ricevere le relative informazioni (§. 43).

!,'invio delle reclute al corpo e l'incorporazione

I vari CA e loro commissionati erano tenuti a coordinarsi per ridurre il più possibile le spese d'invio ai corpi (§. 48) e avendo per "regola generale" di dare alla recluta "quanto meno si possa di roba cdi danaio pel viaggio", per avere " un pegno dcl suo sicuro arrivo al corpo" (§. 50). Il commissionato doveva badare ch e la recluta fosse calzata e vestita per il viag ·


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gio, eventualmente facendogli comprare i generi necessari (§. 46). Doveva inoltre curare la diretta spedizione al corpo della "robà' che la recluta non poteva trasportare, oppure, col suo consenso, venderla e dargli il ricavato o spedirlo al quartiermastro del corpo (§. 50). Il costo del viaggio era a carico della recluta, che doveva provvedervi col prest pagatogli giorno per giorno da un sottufficiale o da un soldato anziano della scorta. Le autorità civili erano però responsabili delle evenruali "soperchierie" commesse a suo danno e tenuti a vigilare che beni e servizi fossero pagati "al giusto prezzo" (§. 55). Linvio al corpo, o, in tempo di guerra, al deposito(§. 45), doveva avvenire sotto scorta, all'occorrenza individuale o di "altre reclute che sieno sicure" (§. 44, 51) e secondo l'itinerario indicato nelle istruzioni e conforme al modello (§. 49). La scorta era responsabile delle violenze fatte dalle reclute ai civili (§. 55) e della loro diserzione, di cui doveva dare immediato avviso alle autorità militari e politiche (§. 56). In caso di tumulto o eccessi, la scorta poteva richiedere alle autorità militari e civili il braccio forte per arrestare reclute ed eventuali subornatori(§. 52). Se per "accidenti inopinati" si rendesse necessario, la scorta poteva inoltre richiedere soccorsi in denaro, esibendo l'itinerario e giustificando l'esaurimento dei fondi ricevuti alla partenzai'(§. 51 ). T.e reclute che si ammalavano in viaggio erano ricoverate in ospedali civili (§. 53), lasciando alle autorità militari o civili o a commissionato di alcro corpo l'itinerario e le istruzioni per farle proseguire una volta dimesse (§. 56). Gi unte al corpo, le reclute erano p rese in consegna dall'aiutante che provvedeva a farle visitare dal chirurgo m aggiore. Lettone il rapporto, il primo m aggiore le faceva misurare, ne faceva registrare la filiazione e all' ora di guardia le presentava al colonnello e agli ufficiali superiori(§ 57-58). Un a volta assegnate alle compagnie, erano presentat e all'isp ettore e condotte dal commissario di guerra con le copie delle filiazioni e d egli atti d 'ingaggio (§. 59-62). Uffici ali e sottufficiali dovevano tenere le reclute sotto particolare tutela e vigilanza: a tal fine, fin quando non fossero ben istruite nei doveri e negli esercizi militari, erano con trassegnat e sulla manica sinistra della giubba da "una piccola R di trina bianca o rossa in opposizione al colore dell' uniforme" (§. 59).

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Le norme d'attuazione e le modifiche del 1801-02 Con R. dispacci del 23 marzo 1801 si stabilì per ciascun corpo l' ammontare del fondo di redutazione e un regolamento particolare per la redutazione dei cacciatori albanesi. TI 23 maggio fu sospesa quella del corpo reale d'artiglieria e il 18 agosto fo approvato un regolamento particolare per la redutazione del Reggimento Albania, con deposito a Brindisi. Il Foglio per I.a reclutazione estera e nazionale del 29 gennaio 1802 conformò la ferma di 8 anni per i corpi nazionali, la estese agli esteri residenti nel Regno o sudditi di altri stati italiani, lasciandola di 6 solo per le reclute provenienti dal proprio paese (Albania, Svizzera, "Germania''). Inoltre elevò da 12 a 20 ducati il premio per l'ingaggio di esteri residenti e per quelli provenienti da Piemonte e Toscana e infìne abolì il pagamento immediato del premio, diluito in sci rate annuali per le reclute nazionali e addirittura in 72 mensili (per sei anni) per gli esteri. Il 4 maggio fu nuovamente assegnato a ogni corpo un fondo per le spese di reclutazione e altre norme furono stabilite con R. ordine del 29 giugno.

La sospensione degli ingaggi, e I.a concorrenza inglese (1803-05) Prima ancora degli ultimatum del generale Saint Cyr, il costo di mantenimento del corpo d'occupazione francese (3 milioni per 16.000 uomini) rese necessario sospendere la redutazione nazionale ed estera. Il R. ordine del 28 giugno 1803 motivava infatti il provvedimento con la mancanza di fondi ("le attuali circostanze dell'erario non permettendo l'aumento sul piede militare"). Le "partite di reclurazione" furono richiamate ai corpi il 18 agosto: il 30 dicembre fu però riaperto il reclutamento dei cacciatori albanesi, nella speranza di poterne formare un secondo battaglione. Al mancato ricambio delle perdite ordinarie, si aggiunse nel 1804-05 un'ondata di centinaia di diserzioni provocate dalle vantaggiose offerte dei reclutatori inglesi, che, tollerati di fatto dal debole governo napoletano, organizzavano spudoratamente le fughe e il viaggio sino al luogo d'imbarco (in particolare Gaeta). Le proteste di Alquier per la tolleranza verso i reclutamenti inglesi portarono, nel maggio 1804, all'esonero di Acton dalla segreteria degli esteri. Poco dopo il generale Lechi fece fucilare a


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Lecce un reclutatore napoletano (Giuseppe Di Paolo), accusato, su dubbia testimonianza, di subornazione dei soldati italiani per indurli ad arruolarsi con gli inglesi_ Il 16 febbraio 1805 la regina Carolina replicava alle accuse di mohilirazione occulta rivolte dal generale Saint Cyr, che dall'arrivo dei francesi non si facevano piì1 reclute. TI reclutamento per ingaggio fo riaperto infatti soltanto 1'8 novembre 1805.

C. Le leve del 1794, 1798 e 1805 L'allistarnento degli atti alte armi (1792) Fin dall'età spagnola, erano soggetti alla leva complementare in caso di guerra i "descritti" nella milizia provinciale. Soppressa nel 1765 e ristabilita il 17 ottobre 1782 con la forza di 15.000 uomini, la milizia era considerata la riserva di mobilitazione dell'esercito e con ordinanza del 31 dicembre 1787 i quattro quinti di essi furono ripartiti fra i reggimen ti di fanteria, assegnando a ciascuno di essi una riserva di 600 miliziotti per costituire il terzo battaglione di guarnigione. i'

Per completare l'organico di pace previsto dal nuovo ordinamento del]' esercito, il 28 gennaio 1792 tale riserva fu chiamata alle armi, ma di fatto furono utilizzati solo 4.800 volontari riuniti a Capua e Gaeta per mobilitare l'intera 3a Divisione e metà delle altre due. In tale occasione fu inoltre disposto un nuovo "allistamento" degli atti alle armi, effettuato su base parrocchiale e comunale.

La leva del 4 per mille (16.000} del 4 agosto 1794 A seguito delle diserzioni ed epidemie verificatesi a maggio e giugno nel campo di Sessa, che avevano ridotto l'esercito a soli 22.000 effettivi, con R. dispaccio del 5 agosto 1794 furono disposti l' allistamento di 51.300 "volontari ausiliari" e la leva di 16.000 atti alle armi. 11 contingente, per il momento il più cospicuo della storia napoletana, doveva essere reclutato dagli enti locali in ragione del 4 per mille della popolazione (calcolata a 4 milioni, mentre in realtà sfiorava già allora i 5); tasso doppio rispetto alle

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leve anteriori ma considerato normale nell'Europa d'antico regime. ln mancanza di volontari, le quote erano completate mediante estrazione a sorte ("bussola") degli scapoli dai 18 ai 45 anni, cominciando dalle famiglie più numerose ed escludendo quelli già iscritti rici ruoli della milizia provinciale o volontaria. Sotto il profilo giuridico non si trattava ancora del servizio militare nel significato attuale, bensì di una corvée di antico regime, una servitù personale collettiva gravante non sull'individuo ma sull"'università" e da questa ripartita fra i propri componenti .secondo norme stabilite dal sovrano. Queste ammettevano sia la sostituzione personale ("cambio") dell'estratto ("bussolato") sia il riscatto, ovvero la commutazione del servizio in una ta.~sa di 200 ducati, che ne fruttò in pochi giorni ben 365.000, corrispondenti a 1.825 individui (un ottavo del contingente). Un modo meno oneroso era sottrarsi al sorteggio mediante l'allistamento volontario nella milizia ausiliaria. La leva dette occasione a innumerevoli arbitri e iniquità. Il 21 agosto, per compensare il mancato raggiungimento della quota del 4 per cento degli obbligati da parte di numerose comunità, le quote di quelle più efficienti e patriottiche furono addiriuura triplicate fino al 12 per cento. Infine si ammisero nella quota anche i galeotti e i condannati per reati di sangue e porto di armi proibite. Questa esperienza negativa indusse a evitare il ricorso alla leva nell' emergenza della primavera 1796, anche per il timore di fughe, emigrazioni e sommosse e il 17 maggio si preferì chiamare alle armi una parte (40.000) dei 51.300 volontari allistati nel 1794 (v. infra, cap. 9, §. A) . Due anni dopo, consolidata ormai la milizia volontaria e mutate le circostanze strategiche, si fece un ricorso ancor più massiccio alla leva forzosa per mobilitare l'esercito permanente, con un contingente di 40.000 uomini e un tasso legale del 1O per mille (e reale del1'8).

L'obbligo del servizio militare (R. l:,aitto del 24 luglio 1798) La mobilitazione napoletana del 1798 sand un nuovo principio costituzionale, che combinava il tradizionale principio dell a leva in massa con i due nuovi obblighi personali del cittadino sanciti per la prima volta in hancia, cioè il servizio di guardia nazionale proclamato dalla Rivoluzione e la coscrizione nell'esercito regolare (introdotta proprio nel 1798 dalla loi


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}ourdan, ripudiando uno dei principi dd 1789, che aveva abolito l' obbligo di milizia considerato "un attentato ai padri di famiglia").

Il R. editto del 24 luglio 1798, esprcssarnen te qualificato "legge fondamentale" del Regno di Napoli, introdusse infatti per la prima volta l'obbligo generale e personale di difesa armata della patria. Leditto dichiarava "soldati" dalla nascita tutti gli individui, "niuno eccettuato", con l'obbligo di "prendere le armi per la difesa della Nostra Santa Cattolica Religione, della Real Corona, della propria vita e sostanze". l "giovani" dai 17 ai 45 anni erano "reputati per effettivi soldati ascritti ai diversi corpi" , e "quelli atti al mestiere delle armi" tenuti "all'indispensabile dovere (quando l'urgenza dello Stato lo richiedesse) di presentarsi ai detti corpi per prestarvi il servizio militare". Inoltre l'editto raccomandava alle autorità civili ed ecclesiastiche, ai professori universi tari e ai padri di famiglia di favorire l'istruzione militare anche mediante l'acquisto di libri, come quello appena pubblicato dalla R. Stamperia "circa il modo di fortificarsi in campagna per opporsi alle invasioni nemiche".

La leva del 1 Oper mille (4(). 000) del 2 settembre 1798

La leva, decretata l' 11 agosto, ampliava la base del sorteggio, estendendolo ai diciassettenni, agli ammogliati, alle famiglie meno numerose e ai militi provinciali. In compenso stabiliva una statura minima di 6 palmi e 2 once (circa m. 1.62) e garantiva alle reclute sussidi familiari, paga da sold ato e una med aglia d'argento all'atto del congedo. La renitenza era punita con la relegatio in insularn e la confisca dei beni a favore d elle reclute di riserva, estratte in eccedenza alla quota per coprire le vacanze. Sotto pena di esilio perpetuo e confisca dei beni le autorità del Regno erano tenute ad effettuare il sorteggio tutte nello stesso giorno, cioè il 2 settembre. Le "università" dovevano anticipare I O ducati alle reclute senza familiari a carico e 15 agli alcri (in tal caso dandone un terzo alla recluta e due terzi ai familiari), pit1 la diaria di un carlino per il viaggio sino ai 5 d epositi reclute, stabiliti a Napoli (caserma dei Granili) , Sessa, I.:Aquila, Chieti e 'leramo. Il rimborso degli anticipi era a carico della tesoreria provinciale.

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Non abbiamo potuto reperire dati generali sull'esito della leva, ma in ogni modo almeno i reggimenti schierati alla frontiera poterono essere completati, anche se mancò poi il tempo di addestrare le reclute, entrate in campagna poche settimane dopo l'arrivo al corpo. Un relativo successo, dunque, confermato da documenti locali (un comune abruzzese coperse metà della quota con volontari, in altri casi vi furono elargizioni spontanee di privati a favore delle reclute e delle loro famiglie). Altri documenti sembrano però indicare un alto tasso di renitenza. A Napoli fece scalpore il suicidio di un giovane per il timore di essere arruolato. Da Andria si segnalavano falsi certificati medici. A partire da ferragosto (quattro giorni dopo il decreto) le cronache romane registrano l'arrivo di moltissimi "disertori" borbonici. Non è escluso che tra costoro vi fossero pluridisertori recidivi abituati a traslocare al primo segnale di guerra, ma più probabilmente si trattava in maggioranza di renitenti delle province confinanti. Non avendo mezzi per vivere a lungo lontano da casa, molti di costoro finirono fatalmente per cercare un tetto e una razione nelle caserme romane, spacciandosi per indigeni. In ottobre Francesco Pignatelli Strongoli, capobattaglione della la legione romana e futuro generale rn uraniano, fu deferì to al consiglio di guerra francese per averne arruolati illegalmente diverse centinaia. Inoltre la leva determinò disordini nei comuni vesuviani (Portici, Barra, Resina) mentre in altre località, soprattutto in Terra di Lavoro, non si riuscì nemmeno ad effettuare il sorteggio. Mosso da una pioggia di denunce e ricorsi di miliziotti per irregolarità, brogli, favoritismi e "deferenza per privati interessi e fini", il R. dispaccio dd 29 novembre vietò le sostituzioni personali ("cambi") e fissò il 31 ottobre come termine ultimativo per effettuare o ripetere il sorteggio qualora si dovessero rimpiazzare reclute ingiustamente bussolate. Dette inoltre mandato al capitano di milizie barone Stanislao de Renzis <li procedere manu militari contro i renitenti, i disertori, i favoreggiatori e le autorità della Terra di Lavoro, colpevoli di brogli e ritardi, con facoltà di arresto e confisca. Si può calcolare che, mediamente, le reclute siano affluite ai corpi al massimo un mese prima dell'inizio delle operazioni. E' dubbio che, col lassismo, la confusione e il sabotaggio che regnavano nell'esercito napoletano, un mese bastasse per l'addestramento individuale di reclute spaesa-


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te: certamente non bastava per forgiare reparti in grado di effettuare evoluzioni complesse sul campo di battaglia (pur tenendo conto che i reparti disponevano comunque anche di un buon numero di veterani). La campagna dimostrò del resto che la principale vulnerabilità ddla fanteria napoletana era la difficoltà di schierarsi e di mantenere l'ordine dei ranghi, non solo in attacco ma anche in difesa.

La leva del 7.5 per mille (30.000) del 4 dicembre 1805 TI 4 dicembre 1805, il giorno dopo la nomina dd comandante generale e dello stato maggiore dell'esercito in campagna, si decretò lo scioglimento dei reggimenti provinciali e una leva di 30.000 uomini, con un tasso legale del 7.5 per mille (e reale del 6). Lart. 1 del R. decreto del 4 dicembre 1805 "per l'allistamento militare degli individui atti alle armi e richiamo ndl'eserciro di porzioni di essi", stabiliva che "tutti i sudditi tra 20 e 40 anni (erano) riputati soldati" e soggetti al sorteggio (bussola) per la chiamata in servizio attivo. Vi erano inclusi anche gli iscritti nei reggimenti provinciali, "aboliti" dall'art. 12 dello stesso decreto "avendo terminato il loro ingaggio", tranne le aliquote già in servizio nelle guari'ligioni e i reggimenti urbani dell'Abruzzo e di Napoli e Casali. Le Istruzioni del 6 dicembre regolavano il soggiorno delle reclute presso il deposito generale di Napoli, stabilito nella caserma dei Granili, destinandovi quattro aiutanti di piazza "per il buon ordine" e alcuni sottufficiali della linea e invalidi incaricati di vigilare che le reclute fossero "soddisfatte di tutto" e di "ispirar loro allegria e amore per la nuova carriera che vanno ad abbracciare" . Era volontà del re che fossero "trattate con tutto quel riguardo, piacevolezza ed umanità che le medesime han diritto di esigere", cercando "di ispirare ad esse tutta l'ilarità possibile, e ardore marziale". A tal fine ogni sera i corpi di stanza a Napoli dovevano mandare a turno le loro bande ai Granili "per farvi delle marce guerresche cd altre sonate". Ai Granili erano previsti anche barbieri per "far ben pulezzare" le reclute "da ogni lordura e schifezza", ma intanto si facevano dormire per terra ~11lla paglia e, invece del premio di 10 o 15 ducati previsto dalla leva del

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1798, si dava loro soltanto un prest di 1 5 grana per acquistare il vitto presso i rivenditori autorizzati ad esercitare lo spaccio in appositi locali all'interno della caserma. Quanto all'incorporazione, era decentrata ai reggimenti: ogni corpo doveva mandare al deposito un elenco dei rimpiazzi necessari e un picchetto per prelevare le reclute che gli venivano man mano assegnate.

Renitenza e diserzione

Il diarista Di Nicola annotava al 22 dicembre che tutte le mattine il principe ereditario riceveva al ponte della Maddalena l'arrivo delle nuove leve, e che i trugliaci erano inviati in Sicilia. Lo stesso 22 si pubblicò l'esemplare punizione inflitta a due reclute che avevano tentato di evadere scalando le mura dei Granili (50 legnate davanti ai compagni e 8 anni di ferma in Sicilia) ma si accordò alle famiglie facoltose il rimpiazw di una recluta con un volontario montato. Il 24 forono accordati 150.000 ducati al brigadiere Vincenzo Dentice (incaricato fin dal 28 novembre della costruzione del vestiario delle reclute). Lo stesso giorno si tenne il sorteggio a Cosenza nella chiesa di San Francesco di Paola e i hussolati forono subito "arrestati" e fatti partire per Napoli. Ma nel resto della provincia le cose andarono assai male: vi furono gravi tumulti a Rogliano e a San Giovanni in Fiore. Il 1° gennaio 1806 i "naturali" di sei comuni della Calabria Citra (Campana, Bocchigliera, Carolini, Domànico, Mendicino, Cerisano) protestarono contro la leva, dichiarando di essere pronti a servire «in ogni tempo nel modo medesimo, come praticarono nel 1799, in massa, e tutti insieme». A Spezzano, Pedace, Trenta, Scalzati, Càsole, Figline, Mangone, Carpanzano, Piane, Pietrafìtta non si procedette neppure alla bussola e le popolazioni, «minacciare di saccheggio e di frusta», presero le armi. Agostino Fascetti e Raffaele Falsetti, vecchi capi massa passati nella milizia provinciale di Calabria Citra e incaricati della leva dei corpi volanti, parlavano di «resistenza generale» e «stato d'insubordinazione» creato dalla leva nell'intera provincia, dandone la colpa all'aspro contegno del preside de Riseis che aveva irritato «il carattere del sensibile calabrese». Ma i due capimassa chiamavano in causa anche il ricordo degli abusi commessi da «persone torbide e malvedute dal popolo» come Luigi e Ignazio Carvelli di


IL SISfEMA MILITARE BORBONICO (1735 - 1806)

Aprigliano, «che si erano già arricchiti alle spalle della povera gente con le leve del 1794 e 1798». Quanto alle altre province, possiamo farci un'idea dall'ordine di "sfratto" emesso il 31 dicembre 1805 dal governo pontificio nei confronti dei "disertori" (rectius renitenti) napoletani rifugiatisi nel Lazio meridionale per sottrarsi alla leva. La quota di Foggia (197 reclute) fu sorteggiata il 15 novembre su 700 "allistati", ma già il giorno dopo 15 furono scartati e soltanto 18 sprovveduti si fècero acchiappare a casa nella retata notturna del 20, per cui bisognò sorteggiarne altri 170 il 3 gennaio, stavolta con la precauzione di arrestarli seduta stante. Nondimeno un pietoso dispaccio del 1O gennaio concesse l'esonero di una recluta contro la fornitura di tre cavalli. Secondo De Nicola al 3 gennaio erano arrivate a Napoli 6.000 reclute e il prezzo dei sostituti era arrivato sino a 800 ducati (un autolesionista era stato marchiato in fronte con una "T", iniziale di "infame"). Non sappiamo quante reclute siano state realmente incorporate. l~ é'tat de l'armée napolitaine en janvier 1806, ricostruito dai francesi dopo la vittoria, indica solo gli effettivi già alle armi prima della leva (1.413 ufficiali, 21.190 truppa e 2.282 cavalli) e non tiene conto delle reclute. Sappiamo però che le reclute dovevano formare 23 secondi e terzi battaglioni di mille uomini e 7 squadroni di 400. T 5 battaglioni di Gaeta (Principe T e Reali Presidi e 3° Carolina II) contavano a.~sieme, all'inizio dell'assedio, 3.501 effettivi, in media 700 ciascuno, di cui 100 quadri e 600 reclute. Applicando la media agli altri, si ricava un totale di 13.800 incorporati, pari al 60 per cento del contingente (23.000). Dieci battaglioni (Ferdinando, Principe II, Principessa, Reali Calabresi, 2° Carolina II e 3° Abbruzzi), pari a 1.000 quadri e 6.000 reclute, seguirono l'esercito in Calabria. Sei battaglioni (Sanniti, Alemagna e Albania), ossia 600 quadri e 3.600 reclute, rimasero a Capua e Castelli di Napoli e due (Carolina I) a Pescara (200+1.200).

ll parere di Luigi Blanch

Non contrario in linea di principio al ricorso alla leva, Blanch criticò i criteri con cui venne decretata, e in particolare l'entità del contingente, «sproporzionata» rispetto alle risorse disponibili. Non mancavano solo armi, scarpe, vestiario, borracce e tende, ma anche i quadri: alla mobilitaz~onc i corpi avevano formato un battaglione di guerra, lasciando 200

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uomini agli altri due. Erano 23 (undici "secondi" e dodici "terzi") con 2025 quadri per compagnia (tenendo conto che i terzi battaglioni ne avevano anche una aggiuntiva di cacciatori). Il contingente fu calcolato assegnando 250 reclute per compagnia fucilieri, mille per battaglione: in tutto 23.000 fanti, più 2.800 cavalieri (400 x 7 squadroni), 3.200 artiglieri e 1.000 del genio e dd treno, uguale, appunto, 30.000. Ora, scrisse Blanch, «è provato che in compagnie di 20 uomini presenti non potevano incorporarsi, ordinare e istruire 200 uomini, né uno squadrone di 50 uomini poteva servire di base e di mezzo ad un aumento di 400. Lartiglieria riceveva 1.600 reclute per reggimento, raddoppiava il suo numero, ma un numero effimero.» «Il solo mezzo per diminuire questa sproporzione - aggiungeva Blanch - non fu adottato. Inviando 10 mila della leva in Sicilia e traendone 5 battaglioni e 2 squadroni si sarebbe rinforzato l'esercito attivo di 3 mila, portandolo a 17 mila. Ma s'ignora se per ragion politica non si volle far ciò. Si domandarono 30 mila uomini che non s'aveva mezzo di vestire, armare, istruire e pagare per fare effetto con un numero forte, laddove 15 mila avrebber reso men grave il sacrifìzio e più utile la cooperazione.»

Le responsabilità di Damas e il comportamento dei coscritti

Le cifre relative alle reclute del presid.io di Gaeta consentono un approfondimento. Se ne ricava infatti che il rapporto di uno a dieci era quadri e contingente, "sproporzionato" secondo Blanch, scende ad uno a sei per gli incorporati effettivi, esattamente il rapporto in vigore nella fanteria napoleonica. Scorrendo la memorialistica napoletana, ci si accorge poi che le geremiadi contro la leva forzosa sono una topica ricorrente. Perché? Perché enfatizzare la pretesa natura imbelle dei "contadini in uniforme" (o anche senza, come accadde nel 1806) corna comodo per sfumare il discorso sulla serie di catastrofi militari (sette!) verificatesi nel Regno di Napoli dal 1799 al 1860, sen·1.a dover mettere in questione il mestiere dei tratneurs de sabre. Anche Damas attribuì la sconfitta del 1798 proprio alla decisione di versare vino nuovo negli otri vecchi: i tre quarti dei soldati, scrisse nelle memorie, erano appena «contadini in uniforme, i quali, non essendo mai stati istruiti, esitavano durante le esercitazioni e avevano appena i requisiti necessari per un:i semplice parata».


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Se lo pensava veramente, perché, allora, non si oppose né alla leva del 1805 né alla misura dd contingente? Che fosse "sproporzionata" Damas lo sapeva bene: era stato lui stesso, da "ispettore generale di tutte le armi", a calcolare che ai corpi e nei depositi c'erano armi ed equipaggiamento per 40.000 uomini, inclusi però i 30.000 già alle armi. E non poteva certo sfuggirgli che chiamare il triplo degli uomini che, avendone il tempo, si potevano vestire, armare e addestrare, significava sprecare risorse e compromettere anche quel poco che sarebbe stato possibile fare. La cavalleria mise in campo appena la metà dei cavalli di cui disponeva (2.280), formando 21 squadroni invece di 28 e con 70 cavalli invece di 130. Le servivano altri mille uomini che sapessero almeno cavalcare, non sfiancare i cavalli residui per addestrare ognuno tre reclute. Dentice non riusd neppure a vestire tutte le reclute (forse 7.000) partite da Napoli il 1 O febbraio: il 4 marw il maresciallo Minutolo mandò infatti u11 parlamenLare ad avvisare il comandante nemico che nel suo esercito c'erano soldati privi di uniforme, muniti però di contrassegni (allo scopo di vincolarlo al loro rispetto in caso di cattura). Tutto sommato i coscritti napoletani furono, come erano stati nel 1798, migliori dei loro ufficiali. Non fu certo colpa delle reclute del Principessa se nella sorpresi di T,agonegrn del 6 marzo, mentre gli ufficiali stavano a pranzo, furono sorprese e circondate dai volteggiatori n emici che facevano quel mestiere da anni: ma ad alzare le mani, e a buttarsi in ginocchio, furono proprio gli ufficiali, mentre toccò alle reclute subire la decimazione ordinata da Compère (lo scrisse lui, di aver «fait quelque exemple» su chi era privo di uniforme). Dalle fonti francesi non risulta che a Lagonegro siano stati presi prigionieri: quelle borboniche asseriscono che erano 300 su 2.300 uomini (1.000 reduce e 600 veterani del Principessa, 400 fucilieri Sanniti, 210 cavalieri del Re e 75 artiglieri). I supposti prigionieri dovevano perciò essere gli uomini non recuperati e comunque i corpi di Lagonegro combatterono al fianco destro della posizione di Campo Tenese con uno di veterani (2° Abbruzzi) e 2 -300 volontari salernitani e calabresi. Due battaglioni di reclute erano anche nei ridotti, il 2° Carolina I in quello di destra e il 2° Real Ferdinando al centro. La notte del 1O marzo, demoralizzati dalla f.'lme e cbi r:.icconti degli scampati, disertarono in massa sia le reclute che

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i veterani del Carolina l, del Principe Te, soprattutto, dei Reali Calabresi. Nelle Osservazioni del 29 marzo, Damas incolpava gli ufficiali: «dirò inoltre per gli uffìziali rimasti senza truppa che sicuramente la loro poca attenzione a vigilare ai soldati ne' bivacchi, pensando al loro proprio riposo, in vece di pensare a custodire il soldato, ed a preservarlo da scoraggiamento, ha contribuito alla diserzione della maggior parre dell'ala dritta. Cabbandono della maggior parre de' capi de' corpi, ed uffìziali, ha contribuito pit1 che tutto alla diserzione de' soldati e questa classe merita tutta l'indignazione di Vostra Maestà». Nella Memoria ragionata del 20 aprile Rosenheim taceva lo sbandamento delle reclute di Lagoncgro e collocava la diserzione ad un momento successivo e ad una decisione precisa di Damas, quella cioè di trattenersi tutta la mattina a Tarsia nella vana attesa di fardella, impedendo così ai soldati di arrivare a sera a Cosenza, dove finalmente avn:bbero potuto ristorarsi e mangiare. Fu in quella terza notte a digiuno e all'addiaccio a otto miglia da Cosenza, che «cominciò la dispersione» (ma Rosenheim scrive di averla evitata nella sua brigata estera, «per aver soccorso in qualche modo la truppa mediante l'industria degli uffìziali»). «A'isoluca mancanza di viveri, stanchezza estrema, disagio del bivach, minaccia di alcuni superiori, (furono) a (suo) credere, le ragioni di una diserzione mai intesa». Seicento delle 3.000 reclute di Gaeta furono recuperate durante l'assedio e sbarcate il 28 maggio a Palermo per completare il ricostituito Reggimento Reali Sanniti e il resto fu riordinato in 3 terzi battaglioni dei Reggimenti Carolina, Principe I e Reali Presidi, che il 18 luglio, al momento della resa, avevano ancora 2.440 fucilieri e cacciatori. Secondo i francesi quelli che disertarono per non andare in Sicilia, circa un migliaio, appartenevano «tutti alle truppe di linea». Dunque non exgaleotti del corpo franco, ma forse neppure le reclute. Quelli che tornarono in Sicilia formarono il nuovo Reggimento Reali Presidi, gli altri finirono nel 2° di linea napoletano e passarono diciotto rnesi infornali a Mantova prima di marciare per la Spagna.


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1 - Fucilien\ del .. Reggimento Rèal

Alemagre>•· 2 - Granatier~d~l

•i···•>i •.·. Reggimèryt9 ..R~al ?.·

Alemagrìct,> · . ' .· . 3 -

CacciaZf? ~ Aprutin() i.. '


I Reali Eserciti e le Milizie (1800 - 1806)


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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEON_JCHE (1800 - 1815) ___ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ __


[ REALI E.sERCITI [ LE MILIZIE ( 1800 • 1806)

6. L'ESERCITO DI NAPOLI

( 1800-1806)

A. La regolarizzazione delle masse Le Jruppe a massa, base del nuovo esercito di Napoli

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una costante della storia militare che le armate partigiane, benché nate dalla guerra e per la guerra e formate da volontari civili arruolatisi per fede politica e non per intraprendere la carriera militan:, siano sempre difficili Ja smobilitare dopo la vittoria. I ,a banda partigiana inquadra i ma.~sisti come la tempesta le spighe di grano: avvicenda i contingenti locali ad ogni tappa della sua marcia Se non diventa a sua volta partigiano, il massista restx-o torna presto al paese perché vi ha conservato casa, mestiere ed affetti. Partigiano diventa solo chi non li aveva oppure li ha perduti per eftètto della guerra, divenuta il suo mestiere. Una guerra speciale, però, anch'essa certo con le sue regole e la sua disciplina, ma diverse e spesso opposte a quelle della guerra e degli eserciti detti appunto, per antonomasia, "regolari".

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Arrivate a Napoli e a Roma, le masse sanfediste restavano unite perché era il modo pit1 facile di assicurarsi il pane quotidiano. Ruffo non poteva congedarli, perché i regolari arrivati dalla Sicilia erano troppo pochi per la sicurezza interna e per di pit1 controllati dai suoi nemici politici; senza contare la pressione dei capimassa, i quali sostenevano di non poter rispondere della reazione dei loro uomini all'ordine di scioglimento (ma il colonnello Tschudy scriveva il 19 settembre ad Acton che il rischio era esagerato ad aree dai capimassa per non perdere gradi e prebende). l:idea di arruolarli tutti nel nuovo esercito, anzi di ricostituirlo sulla \;lase d ell e masse, seduceva il re, convinto che alla politicizzazione di segno

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repubblicano del vecchio esercito se ne dovesse contrapporre una di segno legittimista. I vecchi generali, umiliati e soppiantati dai capimassa, rialzavano la testa decisi a ripristinare la loro disciplina; ma la maggioranza dei quadri si era compromessa con la Repubblica e i più attivi fra quelli rimasti fedeli erano ormai legati alla sorte dei sanfedisti. Inoltre un'immissione selettiva dei massisti nell'esercito aveva il vantaggio economico di fondere due esigenze finanziarie obbligate. Per tutti questi fattori, la restaurazione militare borbonica cercò di trarre il nuovo esercito dalle masse, adottando un criterio opposto a quello seguito dalle restaurazioni austriache m Piemonte, a Modena, in Toscana, in Romagna e nelle Marche.

1.:,'ntità e dislocazione delle Truppe a massa (luglio-agosto 1799) Senza con tare i reparti di sicurezza interna (formati dalle "unioni" rea1isre della capitale dopo l'insurrezione del 14 giugno), nell'estate 1799 l'Armata Cristiana e Reale della Santa Fede contava ancora almeno 20.000 volontari, metà dei quali acquartierati tra Napoli e il Volturno. Qui la rassegna del 10 luglio registrava 9.379 massisti, di cui 6.141 nella capitale (inclusi 1.529 calabresi) e 2.643 tra S. M. Capua Vetere e Maddaloni, 340 ad Aversa e 255 ad Airola. Solo a Napoli le formazioni autonome erano ben 62. Erano però di forza assai variabile: ben 48 andavano da sette e cento uomini e altre 9 superavano appena i cento o duecento, incluso l squadrone di 106 cavalieri del Principato Citra. La massa del barone di San Giorgio (a Sarno) arrivava a 31 7 uomini, ma solo 4 potevano equivalere ad un reggimento, cioè quelle di Nicola Gualtieri "Panedigrano" (575), Costantino Papa (737), Pasquale Grimaldi (610) e Antonio d'Epiro (900). La Divisione di blocco sotto Capua aveva inoltre il reggimento Marulli (748), che aveva operato tra Barletta e A~coli e poi tra Benevento, Marcianise e Airola. Non sembra incluso in queste cifre il Real Corpo dei Pucilieri di Montagna, ossia i micheletti napoletani, riorganizzati dal colonnello Costantino De Filippis sulla base del 1° Reggimento Montefosco (avellinese). Il 28 giugno Ruffo scrisse éll re, per minimizzarne la pericolosità agli occhi dei suoi avversari, che era ridotto appena a 250 uomini, ma alla rassegna del 26 agosto ne contava invece 1.639 su 16 compagnie, di cui tre (10a-12a) con 310 uomini a Isernia e 4 (13a-16a) con 335 a Roma.


I REALI EsE~CITI E LE Jyl!LIZIE ( l 800 - 1806)

Altri 6.000 massisti premevano m luglio alla frontiera romana. Un terzo erano con fra Diavolo di blocco a Gaeta. Gli altri, reduci dal blocco di Capua, sferrarono in agosto l'offensiva su Albano respinta dal presidio repubblicano di Roma. Erano organizzati su 4 reggimenti, due della Terra di Lavoro comandati da Roccaromana e Di Tora, uno calabrese (Carolina) comandato da Rodio e il corpo ebolitano formato da Nunzianre (2° Montefusco, già Santa Croce). A seguito della sconfitta, il comando del corpo d'armata sanfedista nello stato romano fu assunto dal maresciallo Bourcard. Dopo la resa repubblicana le masse rimasero di guarnigione a Roma e nel Lazio. La "divisione dell'ala sinistrà' di Michele Pezza fu fermata in settembre a Porta S. Paolo dalla cavalleria sanfedista. Rimandati ad Albano, la maggior patte tornò a casa e gli ultimi 300 furono arrestati assieme a Fra Diavolo per gli eccessi commessi a danno del paese.

La costituzione dei nuovi reggimenti di ex-massisti

TI 1° settembre (data alla quale fu poi stabilita l'anzianità dei nuovi corpi di fanteria) il tenente generale de Gambs e Cassaro furono incaricati di regolarizzare i massistii<li Napoli e Roma riordinandoli rispettivamente in G e 3 reggimenti su 14 compagnie di 100 teste, incluse 2 di granatieri. Il brigadiere Cusani fu inoltre incaricato di costituire un decimo reggimento nei Presidi di Toscana. ln teoria gli organici dei 9 reggimenti di Roma e Napoli (12.600) corrispondevano agli effettivi delle Truppe a massa, ma una parte di quelle stanziate a Roma fu impiegata per formare altri corpi separati (4 battaglioni cacciatori e 1 reggimento di cavalleria) e inoltre la loro immissione non fu indiscriminata. Con R. ordine del 6 settembre furono infatti esclusi dal1'esercito non solo i rei di delitti infamanti, ma anche le persone "disonorare". Furono però rimpiazzati da gente poco meno peggiore, perché il R. ordine ripristinava il "truglio", ossia il patteggiamento extragiudiziale che sostituiva la pena con la condanna al servizio militare (anche se, alla prima mancanza, i "trugliati" dovevano essere riconsegnati alla giustizia). Il 1O settembre, su proposta di de Gambs, si facilitò l'esodo dei massisti accordando un'indennità di viaggio commisurata alla distanza del paese di ritorno ( I grana per miglio).

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Le Dur. S1c1m NELLE GUERRE

NAPOLEONICHE ( 1800 -

1815)

Inoltre soltanto alcune masse servirono di base ai nuovi reggimenti di fanteria e battaglioni cacciatori e successivamente anche ad alcuni reggimenti di cavalleria (incluso uno dal nome siciliano, Valdinoto II, formato in realtà dalle due masse campane Di Tora e Roccaromana e in sostanza erede del Reggimento baronale Abruzzo TT cavalleria, formaro da Roccaromana nd 1798). Ancora in novembre i ruoli davano circa 6.500 massisti, di cui 1.500 calabresi e 1.200 pugliesi: •

l.117 calabresi del Reggimento Carolina (duca Milano) su 10 compagnie;

682 fucilieri di montagna (esclusi i dis1accamenti di !.~ernia e Roma?);

213 calabresi del Corpo volante a massa di Giovanni De Rosa; 116 volontari calabresi di Mou:1 San1a Lu.eia; 500 calabro-lucani della Compagnia d'Epiro (già avanguardia a Macera); 87(1 del Corpo delle Valli del Cilento e Policastro (Guariglia e Stoduci) su 30 compagnie riunite in (; gruppi bande; 137 lucani (105 di Oliveto Lucano e 32 di Cascclluccio); 762 pugliesi del Reggimento Marulli (10 cp + 58 artiglieri e vetturini); 854 dd corpo avellinese (Pasquale Grirnaldi) formato per rusione delle bande di Montoro (Grirnaldi), Mercato San Severino (Costantino Papa) e Raiano (Felice Napolitano); 248 avellinesi e calabresi del corpo sciolro Montefusco (Raimondo de Angelo); 206 sorrentini su 2 compagnie {11 O Cetara e 96 San Rufo); 402 carnpani e laziali della ,nassa di Fra Diavo1o; 425 aquilani e laziali della massa Salomone (282 con Ludovico Cervino a Rie1i e 143 con Giovanni Salomone a Roma).

• • •

Per calmare le proteste dei massisti esclusi dall'esercito, con editto del 3 ottobre si promise di destinarli ad inquadrare futuri "reggimenti provinciali", la cui costituzione era stata suggerita dal cardinale Ruffo e il 10 si ordinò l'immediato scioglimento di tutti i corpi minori, incorporando i veterani nella linea, congedando gli altri gregari e promettendo ai comandanti un grado di ufficiale provinciale. Il 13 furono provvisoriamente eccettuati i corpi a massa della piazza di Pescara, dei castelli dell'Adriatico e del fortino del Granatello e il 31 ottobre si ordinò di formare in Abruzzo uno o due battaglioni provvisori di massisti veterani (i "fucilieri sanniti" di Pronio), suddivisi tra le fortezze di Pescara e Civitella del Tronto e distaccati secondo il bisogno per "far rispettare l'autorità e frenare i perturbatori dell'ordine pubblico". Il 13 ottobre i tenenti generali de Gambs e Spinelli, membri della giun-


I REALI Esrncm E LE MILIZIE (1800 - 18Q!1),_ _ __ __ _ __

ta dei generali, furono nominati ispettori della fanteria e della cavalleria. Ma tre settimane dopo, il 4 novembre, furono sostituiti dai più giovani e dinamici marescialli Damas e Sassonia. Damas dichiarò che le carte trovate all'atto del suo insediamento erano in "un affreux chaos". Come si è detto, la giunta dei generali presieduta da Spinelli fu tanto mite con gli ufficiali di carriera repubblicani quanto severa coi capi ma.~sa detenuti per reati comuni. Il 30 dicembre Spinelli si oppose alla scarcerazione indiscriminata dei capimassa e fu necessario un indiretto intervento del re per convincerlo a commutare in ergastolo la pena di motte inflitta ali' cx comandante dei volontari albanesi. Il 6 gennaio 1800 Spinelli fu sostituito da Naselli e il 12 fu concessa ai sanfedisti l'amnistia per i delitti comuni, esclusi lesa maestà divina e umana, parricidio, veneficio, falsa testimonianza in causa capitale e falsificazione di moneta, fedi di credito e atti pubblici. Il 17 marzo la giunta dei generali fu declassata a mera giunta di guerra e lo scrutinio dei capimassa fu riservato ad ::iltr:1 commissione presieduta dal maresciallo Guevara e composta dal brigadiere De Cesare e dai colonnelli Scipione I ,amarra e Francesco Carbone, provenienti tutti e tre dall'Armata sanfrdista. Non sappiamo quanti dei 20.000 massisti ancora in armi nell'estate del 1799 siano stati in definiti\la ammessi nell'esercito, ma si può ipotizzare che fossero al massimo la metà di questa cifra. Oltre ai trugliati, gli organici lurono completati col rastrellamento dei disertori ordinato 1'11 gennaio 1800 (incaricando il commissario di campagna della Terra di Lavoro e i p residi delle altre province di metterli a disposizione dei due ispettori d'arma, ad eccezione degli ex-forzati). Gli ultimi 13 corpi a massa rimasti a Napoli furono sciolti con ordini del 3 1 gennaio e 3 febbraio, recuperando ancora 411 veterani, di cui 143 (S. Domenico, S. Vito, 1° e 2° Diamante e S. Chirico) assegn ati alla caserma di Loreto (Real Ferdinando) e gli altri a Pizzofalcone, di cui 137 (Castelluccio, Nicastro, Montorn, Cetara, Cilento e Policastro) al Reggimento Abbruzzi e 130 (Montefosco e S. Rufo) al Reggimento Albania.

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L E DUE SICILIE NELL[ GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815) _

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B. L'Esercito di Napoli L'Ordinamento del IO marzo 1800) Con decreto del 10 marzo 1800 furono riordinate le ispezioni d'arma. Damas e Sassonia si scambiarono le funzioni, passando il primo alla cavalleria e l'altro alla fanteria, mentre Bourcard assunse la nuova ispezione dei cacciatori e l'ispezione dell'artiglieria, retta dal brigadiere Minichini, fu resa collegiale. Con lo stesso decreto il re approvò il nuovo ordinamento dell'Esercito di Napoli proposto dal principe di Cassaro. Il piano del 10 marzo prevedeva un organico di pace di 39.383 uomini, con 5.000 cavalli e 172 pezzi da campagna. In caso di guerra la forza aumentava di altri 10.000 uomini accrescendo le 192 compagnie di fanteria da 100 a 150 teste. I.:Esercito di Napoli era ripartito in 3 grandi Divisioni, le prime due formate dai corpi stanziati nel Regno, la terza da quelli distaccati nel Lazio e nei Presidi di Toscana. La divisione (su 2 lxigate di fanteria, l di cavalleria e 1 d'artiglieria) contava 8.000 uomini in pace e 12.000 in guerra: •

• •

lCi hmaglioni (2 di granatieri, 12 di fucilieri e 2 di cacciawri) di 4 compagnie (di 100 teste in pace e 150 in guerra); 8 syuadroni (di 150 reste e 125 cavalli); 8 compagnie d'artiglieria (di 48 test e in pace e 72 in guerra); 1 divisione del treno.

I.:organico delle truppe d i linea era di 22.832 teste in pace e 32.400 in guerra: •

• •

12 reggimenti di fanteria di 1.427 teste in pace e 2 .1 27 in guerra, su 2 compagnie granatieri e 5 battaglioni fucilieri di 4 compagnie, riuniti a coppie in Brigate di cui cinque nazionali (l a Real l<erdinando e Carolina I; 2a Principe Reale e Principessa Reale; 3a Reali ( :abhresi e Abruzzi; 5a C arolina Il e Sanniti; Ga Momefuscu e Presidi) e una estera (4a Alcmagna e Albania); 6 battaglion i cacciatori (I ° Campani, 2° Appuli, 3" Calabri, 4° Aprut ini, 5" Albanesi, 6° Sanniti) di 4 17 leste in pace e 6 17 in guerra, su 4 compagnie; 6 reggimenti di cavalleria (Re, Regina, Real Principe I e II, Real Principessa, Valdinoto 11) di 62 1 uom ini e 5 17 cavalli, riuniti a coppie in brigate (la-3a).


J REALI EsERCITI E LE MILIZIE { 1800 - 1806)

A seguito della mobilitazione decisa il 6 luglio 1800 furono inoltre mantenuti o costituiti altri corpi non previsti dal nuovo ordinamento: • •

• •

1 reggimento granatieri guardie reali (2 battaglioni) istituito il 1° aprile 1800; 1 reggimento di fanteria costituito per R. ordine del 30 settembre 1800 in Puglia dal colonnello francescantonio Rusciano, il quale prese il nome di Principe Reale T , dando l'ordinativo Il al corpo omonimo della 2a Brigata; 1 battaglione cacciatori (7° Sanniti II, poi Marsi); 1 corpo fucilieri di montagna poi considerato 8° della fanteria leggera; 1 reggimento cavalleria siciliano (Valdimazzara) distaccato in Continente; 1 corpo dragoni leggeri (maggiore Cicconi) su 2 squadroni cosrirnito nel luglio 1800 (disciolto però nel giugno 1801).

TI 2 agosto 1804, per economia, si ordinò di lasciare vacanti 3 piazze di caporale o carabiniere per ognuna delle 200 compagnie e dei 28 squadroni <li cui si componeva l'Esercito di Napoli, con un risparmio complessivo di 600 teste in fanteria e 84 in cavalleria.

La mobilitazione (1 dicembre JR05) TI piano di mobilitazione dell'Esercito di Napoli prevedeva 45 battaglioni e 28 squadroni (27.000 baionette e 3.619 sciabole), cui corrispondevano 118 pezzi da camplgna (secondo il rapporto di due per battaglione e uno per squadrone). Nel 1805 la mobilitazione fu realizzata, almeno quanto all'effettiva costituzione dei reparti, solo ricorrendo alla leva forzosa di 30.000 reclute. Come accertarono poi i francesi, nel gennaio 1806, senza le reclute, i 12 reggimenti di linea avevano 11.21 5 effettivi. Ognuno formò un battaglione di guerra di 600 fucilieri e due compagnie di 1 50 g ranatieri (due battaglioni il reggimento Abhruzzi, forte di 1.852). Gli effettivi corrispond evano all'organico dei 13 battaglioni e 24 compagnie (11.400), ma la forza effettiva assegnata alle unità di guerra era in realtà di poco inferiore a 9.000, perché 200 uomini per corpo rimasero ai depositi per inquadrare le reclute e costituire i secondi e terzi battaglioni. Contando altri 2 battaglioni di granatieri reali (1.301) e 7 di cacciatori (3.285), la fanteria veterana contava 22 battaglioni e 24 compagnie con 13.501 effettivi, più 2.300 rimasti ai depositi. , Alla fanteria furono assegnate 23_000 reclute, mille per ciascun batta-

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glione (11 secondi, tenuto conto che il 2° Abbruzzi era formato di veterani, e 12 terzi). Questi battaglioni erano su 4 compagnie fucilieri e l cacciatori di nuova formazione e le compagnie erano su 200 uomini, inclusa un'aliquota di 50 complementi. In base agli effettivi di Gaeta si può stimare che circa il 60 per cento del contingente sia stato effettivamente incorporato. Di conseguenza la fanteria napoletana contava inizialmente circa 29.600 uomini, di cui 13.501 veterani, 2.300 istruttori e 13.800 reclute, ordinari su 45 battaglioni (22 veterani e 23 reclute) e 24 compagnie (veterane) di granatieri, in tutto 212 compagnie ai 5/6 dell'organico di guerra (108 veterane con forza media di 124 effettivi e 104 di reclute incluse 12 di cacciatori- con for:,.a media di 150). Gli ufficiali efFettivi di fanteria erano 961 (44 dei granatieri reali, 770 di linea e 147 dei cacciatori), sufficienti per inquadrare i reparti costituiti, cui corrispondeva un organico di 940 uffìciali, di cui 92 superiori (colonnello, tenente colonnello, due maggiori, aiutante maggiore e quartiermastro per 13 reggimenti, più tenente colonnello e maggiore per 7 battaglioni cacciatori) e 848 inferiori (capitano e tre subalterni per 223 compagnie). La cavalleria aveva in gennaio 2.853 effettivi e 2.230 cavalli. Tra i 233 ufficiali sono esclusi gli inabili congedati il 15 dicembre e inclusi i 28 richiamati il 30 gennaio per inquadrare le 2.800 reclute assegnate all'arma (400 per corpo). Gli ufficiali già in servizio erano dunque 205 su un organico di 200 (per 8 reggimenti) : probabilmente il richiamo serviva a coprire vacanze nei quadri inferiori determinate da aggregazioni e promozioni in soprannumero. Invece di 130, i cavalli erano solo 70 per squadrone: tuttavia i reggimenti si mobilitarono su 3 soli squadroni ed era perciò possibile portarli a 90 cavalli. Invece un quarto dei cavalli furono lasciati ai depositi per addestrare le reclute (ma era impossibile farlo con un rapporto di un solo cavallo per sei reclute) e perciò i 21 squadroni di guerra rimasero su 70 e anche meno, l'equivalente di soli 1O squadroni completi. Inoltre 4 squadroni furono poi lasciati indietro a difendere il Palazzo Reale, per cui all'esercito di campagna ne arrivarono solo 17, equivalenti a 8 completi, poco più di un migliaio di cavalli. I reggimenti d'artiglieria avevano l.211 effettivi (101 uffìciali) e le unità del genio 589 (24 ufficiali) . Ai primi furono assegnate 3.200 reclute (1.600 ognuno). Genio e treno ne ehhern 1.000.


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Esrncm E LE MIUZI[ ( 1800 • 1806)

L'impiego delle forze nel/,a campagna del 1805-06 Novemila veterani turano concentrati in Abruzzo (Rosenheim), 600 inviati coi russi a Mignano (Campana) e G.000 lasciati di riserva a Napoli (Minutolo). Secondo Blanch la Divisione Rosenheim contava 9.100 uomini e 800 cavalli: • 9 primi ba11aglioni di linea con le rispettive compagnie granatieri {Carolina I e IJ, Principe I e II, Calabria, Alhania, Alemagna, Sanniti, Presidi); • 5 battaglioni cacciatori (Sanniti, Marsi, Aprutini, Campani, Albanesi); • 8 squadroni (Reggimenti Regina e Valdinoto); • 2 compagnie d'artiglieria e 1 <li pionieri.

Blanch attribuisce alla Divisione Minutolo 1O battaglioni (5 di linea e 5 di reclute) e 13 squadroni con 6.575 uomini e 1 .075 cavalli, così ripartiti: •

• •

• •

I a llrigata di fanteria (Ricci) col 1° granatieri (Roth) e 3 battaglioni del Real 1-'erdinando (2.200 uomini); 2a Brigata di fanteria (P. Tschudy) col Reggimento Ahbruzzo (Mirabelli) (1. 500); 3a Brigata di fanteria (Colonna) col Reggimento Principessa {Montaperw) (1.500); la llrigata di cavalleria (Pinedo) coi Reggimenti Principessa (Moscati) e Valdimazzara (di Tora) (700); 2a Brigata di cavalleria (Leporano) col Reggimento Re (Catateno) e 1 squadrone i' Principe 11 (375); 4 compagnie d'artiglieria con 1 batteria da campagna e 8 pezzi da undici per il campo trincerato; 2 compagnie pionieri.

La divisione di Napoli partì il 10 febbraio per la Calabria, portandosi al seguito 10 battaglioni di reclute. Altri due, organizzati a Pescara, avevano già seguito Rosenheim in Calabria; sei rima~ero nei forti di Napoli e nella piazza di Capua e cinque a Gaeta. Questi ultimi avevano 3.500 efkttivi, in media 700 ciascuno. Applicando la stessa proporzione agli altri, ne risultano 7.000 con Minutolo, 1.400 con Rosenheim e 4.200 a Napoli e Capua. Lasciato un avamposto alla stretta di Campestrino, la Divisione di Napoli (corpo d i sinistra) pose il quartier generale a Lagonegro. La Divisione Rosenheim, diminuita di due battaglioni inviati a Capua e Pescara prima del ritiro per Foggia e Matera, si era già schierata il 6 febbraio al confine tra Puglia e Rasilic:m1, col quartier generale a Cassano.

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LE DUE SICIU( NELLE GUERRE NAPOLEONICHE I 1800 - l815)

Lesercito di campagna riunito in Calabria, con quartier generale a Castrovillari, comprendeva perciò; • • • • • •

19 battaglioni veterani (12 di linea, 2 di granatieri reali, 5 di cacciatori) con 76 compagnie di 125 (9.500); 24 compagnie granatieri con forza media di 125 (3.000); 19 squadroni di 70 cavalli (1.330); 6 compagnie d'artiglieria con 3 batterie (200); 4 compagnie del genio (3 pionieri e l pontieri) con 500 uomini. 12 battaglioni di reclute con 48 compagnie fucilieri e 6 cacciatori con forza media iniziale di 1 50 effettivi (7.800);

Il calcolo da ai reparti attestati in Calabria una forza iniziale di 14.500 veterani e 7.800 reclute, cifra che, dedotte le perdite (malati, distaccati, disertori) verificatesi durante la marcia è compatibile con i 16.000 che Blanch e altre fonti indicano come la forza realmente disponibile in 1narzo. Trecento uomini, per la maggior parte reclute, furono catturati il 6 marzo a Lagonegro. La forza schierata a Campo Tenese il 6 marzo era di circa 5.000, con 350 cavalli e 16 pezzi, appartenenti ad entrambe le divisioni, per un totale di 8 battaglioni di cui 4 veterani (2 di linea e 2 di granatieri reali) e 4 di reclute più due di formazione (uno di veterani e uno di reclute), 2 compagnie cacciatori veterani e 5 squadroni. Le perdite furono di 300 morti e frriti, 107 ufficiali (inclusi i brigadieri P. Tschudy e Ricci) e 1.865 soldati prigionieri, più 15 cannoni e 146 cavalli. Nei giorni successivi vi furono sbandamenti e diserzioni in massa soprattutto delle reclute e il 18 marzo solo 2.000 uomini raggiunsero M essina, Altri 23.000 (cioè l'aliquota della Divisione Rosenheim rimasta sul versante ionico d ella C alabria) furono in seguito evacuati vi a mare. Aggiungendo le forze recuperate da Gaeta, si può stimare che almeno 7.000 uomini dell'Esercito di Napoli siano stati recuperati per formare il nuovo esercito napoletano in Sicilia.


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E LE MILIZIE I 1800 - 1806)

C. La Fanteria di Linea

I Reggimenti di fànteria napoktani L 11 dicemhre 1799 era stato esteso ai reggi men ti di Napoli lo stesso organico stabilito il 2 febbraio per quelli di Sicilia, su ben 4. 500 ceste e 30 compagnie (6 granatieri e 24 fucilieri) di 150. Un tale obiettivo di forza (54.000 uomini solo per la fanteria di linea) era del tutto irrealistico anche sotto il profilo finanziario e l'ordinamento del 1O marzo 1800 ripristinò pertanto l'organico previsto il 1° settembre 1799, su 14 compagnie di 100 teste in pace e 150 in guerra. Tale ordinamento, con le tariffe di soldo stabilite il 7 fehhraio 1799 (da Palermo), comportava un costo mensile di 24.919 ducati per reggimento di fanteria . .Corganizzazione fu laboriosa e si concluse solo il l giugno 1800 con la nomina degli ufficiali, escluso il Reggimento Presidi. O

Già in gennaio, comunque, i 4 corpi meglio organizzati avevano 4.503 effettivi (Carolina T 1.066, Principe 1.100, Principessa l.079, Calahresi 1.258), mentre era in coda il Presidi, con 452 (ex-2° e 3° Siracusa) . In maggio rerdinando, AbbruF,i e Presidi erano a 1.088, 1.195 e 1.126. Il passaggio all'organico di guerra (compagnie di 150) disposto il 20 luglio non ebbe pratica attuazione. Il 21 gennaio 180 l gli 11 corpi nazionali avevano solo 11.498 effettivi (Ferdinando 960, Carolina I 1.043, Principe I l.423, Principessa 1.133, Calabresi 1.106, Abbruzzi 1.084, Carolina TT 995, Sanniti 775, Montcfusco 981, Presidi 9 14, Principe Il 1.084), e k ispezioni reggimentali di quel mese danno presenze sensibilmente inferiori (Carolina I 690, Principe I 1.201, Principessa 979 , Carolina II 1.075). Nel dicemhre 1800 si trovavano fuori del Regno 16 battaglioni, 1O nel Lazio e 6 nei Presidi di Toscana. l primi erano uno di granatieri siciliani del duca della Floresta (rinforzati dai granatieri Carolina Il) e nove di fucilieri: 1 R. rer<linando (O' Gaby), 1 Carolina l (Harley), 2 Carolina TT (Zuwayer), 1 Sanniti (Gaston), 2 Montefusco (Nunziante), 1 Alemagna (de Gambs), 1 Albania (Candrian). Quattro combatterono a Siena (Sanniti, Montefusco e Alemagna). Altri 3 erano a Serra San Quirico (Ferdinando, Carolina I e granatieri), 1 ad Arezzo (Albania), 2 a Roma e Castel S. Angelo (Carolina II), 2 a Longone (1 ° Presidi, 2° corpo caccia-


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tori), 3 ad Orbetello (2° e 3° Presidi, 2° Carolina), e l suddiviso tra le due piazze (Alemagna), piit i corpi locali (battaglioni volontari di Longone e Orbetello e Invalidi). Con sentenza del 2 febbraio 1801 il consiglio di stato riconobbe ai corpi napoletani l'anzianità del 1° settembre 1799 dando perciò la precedenza ai corpi siciliani, costituiti il l O febbraio. 11 consiglio stabilì inoltre che il titolo di "Reale" competeva ai soli corpi che portavano l'augusto nome della Reale Famiglia e al solo Reggimento Reali Calabresi per essersi distinto nelle passate fasi rivoluzionarie. Per volontà del re, il titolo si sarebbe in futuro accordato ai reggimenti distintisi con singolare e particolare bravura. 1123 febbraio il titolo fo attribuito al Reggimento Presidi per aver difeso "con segno di singolare bravura la piazza di Longone avendone cacciato il nemico e avendo acquistato Portoferraio" e più tardi anche ai Sanniti. Al Reali Presidi furono inoltre attribuite le bandiere degli antichi corpi da cui derivava, Siracusa e Hainaut.

In marzo la la Brigata (Ferdinando e Carolina I) era ad Arpino e la 2a (Principe li e Principessa) all'Aquila. 11 24 aprile, in esecuzione del trattato di Firenze, furono entrambe richiamate a Capua, sede della 1a Divisione. I ,a 2a era a Napoli con le Brigate 3a (Calabresi e Abbru7:7.i) e 4a estera (Alemagna e Albania), la 3a a Gaeta con tre reggimenti nella piazza (Carolina Il, Sanniti e Presidi, richiamato da Longone e Orbetello) e uno all'Aquila (Principe T) . Il Reggimento Montefusco fu invece sciolto il 27 aprile a Isola Liri per essersi sbandato a Siena, e rimpiazzato nella 6a Brigata dal Principe Reale I (di stanza a Capua). l fucilieri furono ripartiti individualmente fra gli altri corpi, mentre i granatieri, che si erano comportati meglio, furono inquadrati nella Guardia Reale. Il 9 luglio anche ai corpi di linea, come già ai cacciatori, fu concessa una banda di 8 corni da caccia, tamburi e pifferi e il 28 luglio 1802 fu ammesso tra questi ultimi un figlio di truppa per compagnia, purché almeno decenne. Nel giugno 1802 i 1O reggimrnti nazionali contavano 8.494 effettivi (Ferdinando 695, Carolina 671, Principe II 674, Principessa 629, Calabresi 876, Abruzzi 1.370, Principe I 864, Carolina II 1.008, Sanniti 821, Presidi 780). Dei 101 uffici ali di Abbruzzi e Calabresi, 11 erano siciliani, 2 romani e 1 olandese. Trenta erano figli di ufficiali, 5 1 di "civili" e


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20 di nobili; 41 erano sposati. Diciotto avevano fatto la campagna di 'folone, 66 quella di Roma e 2 quella di Siena. Sulla base delle presenze medie del 1802, nel 1803 si prevedeva per ogni reggimento di linea, esclusi gli ufficiali, un costo mensile di 8.900 ducati, poco più di uno di cavalleria (8.300) e un terzo in meno dei granatieri del corpo (12.042). Nel 1765 i 12 reggimenti di linea (veterani e valloni), con un organico di 915 piazze, avevano un costo mensile di soli 4.891 ducati. Nel gennaio 1803 la fanteria di linea, inclusa la Brigata estera, aveva 11.874 effettivi, in media neppure mille per reggimento. I R. Calabresi erano 873, saliti a 974 in marzo. Nel primo semestre dell'anno vi fu un notevole incremento degli effettivi, ma gli organici non erano ancora stati completati il 28 giugno, quando, "per le circostanze dell'erario", il reclutamento fo sospeso. Il 14 agosto 3 compagnie del Principe I (una granatieri e due focilieri) forono assegnate alla colonna mobile inviata in Basilicata. In novembre il Real Ferdinando contava 857 effettivi, Carolina I 875, Principessa 897, Carolina II 1.269, R. Sanniti 782, Principe I 1.070. Il 1° gennaio 1804 Carolina l e Il, Principessa e R. Sanniti ne contavano 864, 1.216, 873 e 757. In seguito gli effettivi furono decimati da11e diserzioni provocate dai reclùtatori inglesi, tanto che nell'aprile 1805 Real Ferdinando, Principe Il e R. Presidi erano ridotti a 776, 876 e 841. Inviato a Messina, il Reggimento Abbruzzi si mantenne invece attorno ai 1.350 effettivi dal marzo 1803 al gennaio 1805, scendendo a 1.298 in novembre (non appena tornato a Napoli).

i Reggi.menti di linea nella campagna d el 1806 Nel dicembre 1804 il brigadiere Minichini aveva organizzato a Capua una Brigata modello per l'istruzione di tutta la fanteria. Nella parata di Piedigrotta dell'8 settembre 1805 sulla riviera di Chiaia il battaglione granatieri della la Brigata sfilò dopo i due della Guardia e prima dei granatieri Esteri. Seguirono i fucilieri Ferdinando, Carolina, Reali Calabresi, Albania e Alemagna. Secondo l'Etat de l'armée napolitaine compilato dai francesi , nel genna_io 1806 i 12 reggimenti di linea contavano 10.445 effettivi (770 ufficia-

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li): Real Ferdinando 723 (68), Carolina I 785 (66), Principe TI 854 (65), Principessa 1. 507 (63), Calabresi 773 (64), Alemagna 917 (62), Albania 900 (65), Abbruzzi 1.852 (60), Principe I (66), Carolina JJ 1.099 (61), Sanniti 686 (67), Presidi 836 (63).

Il 4 dicembre fu disposta la leva di 30.000 uomini e l'aumento delle compagnie a 150 teste. Il 19 gennaio 1806 fu aggiunta ai terzi battaglioni una compagnia cacciatori, portando l'organico a 2.250 su 15 compagnie, nonché 5 piazze per compagnia (1 di secondo sergente, due di caporale e due di carabiniere). I corpi formarono un battaglione di guerra di 600 fucilieri (l'Abbruzzi ne formò due) e due compagnie di 150 granatieri. Altri 200 veterani per reggimento rimasero per inquadrare le 23.000 reclute destinate a formare 23 battaglioni (11 secondi e 12 terzi) e 12 compagnie cacciatori. Era prevista l'assegnazione di ben 250 reclute per compagnia, al fine di disporre di una forte riserva di complementi.

T 13 battaglioni veterani di linea furono cosl assegnati: •

8 {primi Carolina I, Principe II, Calabresi, Alemagna, Albania, Sanniti, Principe T, Presidi) con le loro 16 compagnie granatieri alla Divisione di dritta inviata in Abruzzo, dirninuita il 1O gennaio dai fucilieri Sanniti, rimandati a Capua di scorta all'artiglieria e poi trasferito alla Divisione di sinistra; 5 (Ferdinando, Principessa, 1° e 2° Abbruzzi, Carolina 11) con le loro 8 compagnie granatieri alla Divisione di sinistra, poi rinforzata dal 1° fucilieri Sanniti e partita da Napoli il I O frbbraio.

I 23 battaglioni di reclute furono così d istribuiti: •

• •

1 O alla D ivisione di sinistra (secondi e ter/.i Real Ferdinando, Principe Il, Principessa e Reali Calabresi, 2° Carolina 11 e 3° Abbruzzi); 2 alla piazza di Pescara (2" e 3" Carolina I, con 1.700 reclute abruzzesi), poi partiti il 13 gennaio per Foggia al seguito della Divisione d i dritta; 5 alla piazza di Gaeta con 3.501 effettivi (1.228 del 2° e 3° Principe I, 1.148 del 3° Carolina II, 1.125 del 2° e 3° Presidi), ridotti il 18 luglio, data della resa, a 2-340

(G00+850+990);

• •

4 ai castelli di N apoli (secondi e terzi Alemagna e Albania), 2 alla piazza di Capua (2" e 3° Sanniti).

Tutti i 12 battaglioni reclute arrivati in Calabria furono poi riuniti ai veterani e granatieri dei rispettivi reggimenti. Nella sorpresa di Lagonegro del 6 marzo le reclute del Principessa si sbandarono e 300 (tra cui però


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soprattutto gli ufficiali) si arresero, mentre i veterani dell' Abbruzzi e dei fucilieri Sanniti riuscirono a sganciarsi grazie alla carica di Re cavalleria. Alla battaglia del 9 marzo si trovarono 1O battaglioni, due di granatieri reali e 8 di linea, di cui 4 inviati da Rosenheim. Sei erano schierati alle tre ridotte in mezzo alla conca di Campo Tenese: due di reclute a destra (Carolina Il) piì.1 il 2° granatieri, due di reclute (R. Ferdinando) al centro e due di veterani a sinistra (Carolina I e Principe Il), rispettivamente sotto i brigadieri P. T'>chudy e Ricci e il colonnello Zimmermann. I resti dei fucilieri Sanniti, del 1° Abbruzzi e del I Principessa guardavano le ali, i primi al sentiero di Mormanno, gli altri sull'altura del Pollino allo sbocco dalla conca. Perduti 100 morti, 200 feriti e 2.000 prigionieri i 3.000 superstiti si ritirarono verso Cosenza. O

Durante la notte del 10/ll, spaventati dai racconti di costoro e demoralizzati dalla Fame e dal freddo, disertarono i tre quarti delle reclute di Carolina I e del Principe I e quasi tutti i R. Calabresi, che meglio potevano tornarsene a casa. Preceduti dai due principi reali con la loro scorta di granatieri, arrivarono il 18 a Messina appena 2.000 superstiti delle due divisioni. Furono poi evacuati via mare anche i resti della Retroguardia (Fardella) e delle due brigate della Divisione di dritta rimaste sulla costa Ionica, Minichini (Cacciq.tori) e De Cesare (Principe Il, Alemagna e Albania - comandati dal tenente colonnello Giuseppe Antonio de Tschudy, figlio del generale Fridolin, e dai colonnelli Luigi de Cambs e Candrian).

La 4a Brigata estera; a) il Reggimento Alemagna

Oltre ai sei reggimenti nazionali da formare coi massisti di stanza a Napoli e Capua, il 1° settembre 1799 de Gamhs era staro incaricato di costituire a Napoli anche due reggimenti esteri, Alemagna e Albania. TI fondo di reclutazione, stabilito il 6 marzo 1801 , era maggiore di quello accordato ai corpi nazionali, ma non in rapporto alla nazionalità delle reclute, bensì al luogo dell'ingaggio, cioè alle spese di viaggio. I:importo dell'ingaggio era infatti di 30 ducati solo se avveniva fuori della Penisola, altrimenti era di 12, come quelli conclusi nel territorio del Regno.

Il Reggimento Alemagna era l'erede idea.le dei 4 corpi svizzeri capitola(i o ceduti dalla Spagna nel 1734-36, che nel 1765 avevano 5.504 piazze


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e un costo annuo di 469.629 ducati (maggiore per il Reggimento delle Guardie e inferiore per gli altri tre). Nel 1790 tali corpi furono dichiarati sciolti per poterne abolire i privilegi e ridurne il soldo ma forono subito riorganizzati come 9a Brigata estera (I Re e II Regina). Il nuovo corpo creato nel 1799 era infatti null'altro che il battaglione di 400 uomini del II Estero rimasto in Sicilia nel 1798 e spedito poi in aprile con il commodoro Troubridge, con l' aggiunta del "corpo volontari e ufficiali emigrati" incorporato nel gennaio 1800. Vi furono però riammessi anche alcuni militari che avevano servito la Repubblica, pur senza combattere: nel maggio 1800, per precauzione, furono allontanati da Napoli, temendosi reazioni popolari contro il primo limitato indulto concesso ai rei di stato. Malgrado il nome, il corpo reclutava esteri di qualsiasi nazionalità, inclusi gli altri stati italiani, e perfino qualche regnicolo. TI grosso degli "alemanni" arrivava via mare da Genova: quattordici <li costoro, catturati durante il viaggio dai corsari tunisini, furono riscattati dal governo napoletano nel febbraio 1802. Dei 51 ufficiali, 22 erano nati a Napoli, 1O in Sicilia e solo 14 all' estero (7 svizzeri, 4 tedeschi e 3 piemontesi): 5 provenivano dal servizio sardo, 2 da quello inglese e I (Luigi de Gambs) dall'Armée Roy,de. Anche i regnicoli, però, erano oriundi svizzeri o tedeschi. Ben 36, infatti, erano figli di ufficiali, in particolare dei vecchi corpi svizzeri. C'erano 5 Jauch <li due diverse famiglie, 2 cugini Tschudy, 2 Candrian (parenti del colonnello degli Albanesi) e il figlio di Antonio Micheroux:. Sei avevano fatto la campagna di Tolone, ben 39 quella del 17 98 (di cui 19 con la Divisione Naselli a Livorno) e 34 quella di Siena del 1801. Comandato da Luigi dc Gambs, figlio dell'ispettore della fanteria e, come il padre, futuro generale murattiano, con Corrado Jauch tenente colonnello e Giuseppe Schmidt e Luigi Sommazzi primo e secondo maggiore, il Reggimento Alemagna aveva 466 effettivi il 1° gennaio 1800, 868 in settembre, 87 1 in ottobre, 975 il 21 gennaio e 980 nell'ottobre 1801 , 1.020 nell'ottobre 1803 scesi a 996 in dicembre. Nel settembre 1804 erano ancora 998, ma a seguito delle diserzioni indotte dagli inglesi, ne restavano solo 91 7 (62 ufficiali) nel gennaio 1806 (Etat, cir.). Un battaglione, comandato dallo stesso de Gamhs, combatté a Siena il 14 gennaio 1801. Un altro fece parte nel 1806 del corpo di dritta (Rosenheirn), schierato a Roseto e poi riparò in Sicilia, mentre gli altri due, composti di reclute, furono catturati a Napoli.


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b) il Reggimento Albania Il Reggimento albanese risaliva al battaglione Macedonia reclutaco nel 1737 dal primate epirota (ma residente a Napoli) Attanasio Glichi tramite il suo compatriota conte Strani Gicca. Costituito a Capua nel 1738 al comando del conte Giorgio Corafà di Cefalon ia, il battaglione si distinse nella campagna di Velletri del 1744 e divenne Reggimento nel 1754 con la costituzione di un secondo battaglione. Nel 1765 il Reggimento contava 1.386 piazze ed era il pitt costoso dopo quello delle Guardie Svizzere, con una spesa annua di 119.396 ducati. Dotato di cappellani cattolici di rito greco, reclutava in concorrenza coi reggimenti oltremarini della Serenissima a Corf'u e in Epiro, dove nell'aprile 1794 distaccò anche 22 uomini per inquadrare le reclute. Il 6 gennaio 1795 il corpo fu sdoppiato in due reggimenti, formando la 5a Brigata "Illirica'' i cui ufficiali forono nominati il 1° marzo. Nel giugno 1796 il I Macedonia, inviato al campo di Sessa, si rese protagonista di un grave ammutinamento estesosi poi agli altri corpi. Una colonna di disertori devastò la '!erra di Lavoro dirigendosi su Napoli e tentando di assaltare Porta Caijuana, dove fu affrontata e respinta dai lazzari. Il comandante fu destituito e l'incarico di ristabilire la disciplina fu attribuito al giovane figlio del principe Xavier di Sassonia, di cui la regina sembrava essersi invaghita, e che fece rapidissima carriera. Nella spedizione del 1798 comandò infatti con indubbio coraggio ma con disastrosa imperizia la Divisione di sinistra, riunita a Fondi e catturata il 4 dicembre nella rotta di Civicacastellana. L'8 giugno un ufficiale del corpo era stato distaccato in Calabria per la leva del1'8° battaglione volontari cacciatori reclutato nelle comunità albanesi della provincia e comandato nel gennaio 1798 dal capitano Andruzzi. La brigata attinse poi nuove reclute alle truppe oltremarine licenziate a Venezia nel marzo 1797. Nella campagna del 1798 il T Macedonia foce patte della riserva di San Germano, mentre il II e 1'8° battaglione erano nella citata Divisione del principe di Sassonia. Durante la Repubblica due ufficiali del corpo, il maggiore Corrado Jauch e il fratello tenente Giuseppe, fecero parte delle unioni clandestine realiste della capitale. In s~guito C. Jauch divenne tenente colonnello dell'Alemanno.

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Sicuramente già prima della guerra il reclutamento della Brigata "illirica" era stato in realtà esteso ai regnicoli, come era avvenuto per i corpi "valloni" e "svizzeri". Ricostituito il l settembre 1799 nella caserma di Pizzofalcone coi reduci dei corpi illirici e col nuovo nome di Reggimento Albania, il 31 gennaio 1800 incorporò infatti 130 rnassisti salernitani delle disciolte compagnie Montefusco e San Rufo. In agosto il corpo contava 524 effettivi, in dicembre 338 presenti, saliti nel gennaio 1801 a 506 (su 696 effettivi). O

Il 14 gennaio 1801 un battaglione, comandato da Candrian, era ad Arezzo. Con o. d. g. 23 marzo 1801 fu istituito a Brindisi un deposito delle reclute albanesi e il 18 agosto emanato un particolare regolamento <li redutazione, che prevedeva una ferma più breve (6 anni anziché 8) e, pur confermando la massa di 12 ducati pro capite per le spese di reclutamento in territorio nazionale, la elevava a 30 per l'ingaggio all'estero. Grazie a tali deroghe, il corpo raggiunse una forza di 896 uomini nel gennaio 1802, salita a 932 in febbraio, a 951 in marzo e a 1.025 in settembre. Tra le reclute non c'erano però soltanto "albanesi": i quattro soldati del corpo che il 1° agosto 1803 furono espulsi dai R. Domini, erano ad esempio un polacco, un toscano e due "tedeschi". Nel novembre 1803 il Reggimento contava 1.044 uomini e 1.040 nel gennaio 1804, ma nel gennaio 1806 (Hat, cit.) era sceso a 900, inclusi 65 ufficiali. In occasione dell'ispezione pa.~sata dal brigadiere Tschudy nel febbraio 1802, il re volle che il reggimento fosse armato di sciabola come il vecchio Macedonia, cominciando a distribuirla ai granatieri. La sciabola corta, leggermente ricurva verso l'impugnatura e dritta alla punta, detta a Napoli anche "cangiarro" (dal turco kantijar) era un'arma di origine damascena, diffusa dagli ottomani nelle milizie balcaniche e nella marineria levantina, ma diversa dalla daga dritta delle truppe oltremarine veneziane ("palosso" o "paloscio").

Il Reggimento Albania era inquadrato dal colonnello Michele Candrian, dal tenente colonnello Giuseppe de Monferré e dai maggiori Costantino de Micheli (primo) e Paolo Dilotti (secondo). Luigi Blanch scrisse, non si sa con qual fondamento, che alla fine di novembre del 1805, mentre marciava da Capua alla testa della Brigata estera, Candrian si era imbattuto a Spezzano nel re che tornava dalle cacce di Mondragone (dove


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si diceva fosse andato ad ammazzare tutti gli animali "per non lasciarli ai francesi"). Il sovrano avrebbe chiesto al colonnello dove stavano andando, e sentitosi rispondere che andavano in Abruzzo a combattere, avrebbe domandato "con tro chi" e., al sentir nominare "i francesi" l'avrebbe congedato bruscamente con uno scaramantico "Dio ve la mandi buonà', chiudendo poi la tendina della carrozza. Alla campagna presero parte solo i granatieri e il 1° battaglione di guerra, inquadrati nel corpo di dritta (Rosenheim) e poi riparati in Sicilia. Gli altri due, composti di reclute, furono catturati a Napoli.

1 naturali di Ischia e di Fondi

Non apparteneva alla milizia, rna alla fanteria di linea, la compagnia dei naturali di Ischia comandata dal capitano Federico Iannucci (5 ufficiali e 152 uomini nel gennaio 1806), unica unità locale conservata dopo lo scioglimento dei hauaglioni volontari dei naturali di Longone e Orbetello, forti nel gennaio 1801 di 407 e 370 uomini. All'inizio del 1804 fu però istituito, alle dipendenze della piazza di Gaeta, un corpo dei cacciatori naturali di l;ondi di 56 teste inclusi 2 uffìciali, aumentato in aprile a 81 su proposta del principe d'Assia. i'

D. La Fanteria leggera 1 Battaglioni cacciatori nazionali

Lunico corpo permanente di fanteria leggera del vecchio esercito borbonico erano i fucilieri da montagna, l'equivalente napoletano dei micheletti catalani. Nel 1798 Furono creati battaglioni cacciatori di cui 10 riuniti in reggimenti, ma erano corpi di milizia volontaria, m entre l'ordinamento del 1O marzo 1.800 previde 6 battaglioni permanenti di cacciatori, posti sotto l'ispezione del maresciallo Bourcard. Il R. ordine del 13 aprile chiarì che il loro compito era di mantenere la sicurezza interna col sistema delle colonne mobili, in ragione di 2 compagnie per provincia, armate di fucile, una pistola e un cangiano con l'elsa dorata a forma di testa di leone.

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Altri distintivi dei cacciatori erano tre gigli dorati sul cappello e la fascia rossa alla vita, portata dalle truppe a massa. Si prevedeva di formarli coi distaccamenti di Roma e Isernia dei fucilieri da montagna, i due corpi di fanteria di stanza a Capua (Marulli e Lecce, forti in gennaio di 790 e 490 uomini), i fucilieri sanniti di Pronio (le 3 compagnie distaccate a Roma e i battaglioni di Civitella del Tronto e Pescara istituiti il 3] ottobre 1799) e i cacciatori albanesi (v. infra). La costituzione dei battaglioni fu laboriosa, anche perché il 3 luglio gli organici furono elevati a 584 ceste, ufficiali esclusi. Il quadro degli ufficiaIi dei cacciatori fu infine approvato I' 11 novembre. 1 cacciatori Campani (Hernandez) e Appuli (Sandiel) forono formati a Capua in novembre sulla base dei corpi Lecce e Marulli, i quali cedettero uffìciali anche ai cacciatori Sanniti e Calabri. Comandaci dal maggiore Tommaso Power, questi ultimi incorporarono anche una compagnia offerta nel gennaio 1800 da Lorenzo Picardi. Bourcard formò i cacciatori Aprutini e Sanniti con la massa Salomone (3 compagnie) e i distaccamenti di fucilieri sanniti (3) e di montagna (4) di stanza a Roma, dove nel 1801 furono anche stampate le Istruzioni per le truppe !eggiere redatte dal primo tenente Carlo della Rocca. Pronio assunse il comando degli Aprutini e Power fu trasferito ai Sanniti, cedendo il comando dei Calabri a Poulet. Il 21 gennaio 1801 gli effettivi erano 3.777 (489 Campani, 504 Appuli, 406 Calabri, 557 Aprutini, 698 Sanniti I, 578 Sanniti II, e 475 Albanesi), mentre le rassegne di gennaio ne danno presenti 3.273 (530 + 444 + 322 + 474 + 551 + 528 + 424). T Calabri risalirono a 391 in marzo e a 462 in maggio, ma i Sanniti scesero a 896 (528 + 368) ad aprile e a 819 (483 + 336) a maggio. Nella nota dd 21 gennaio figurava anche, con 117 effettivi, il corpo franco del cavalier Vanni. Il 27 aprile i cacciatori Campani furono assegnati alla la Divisione di Capua e tutti gli altri nazionali alla 3a Divisione di Gaeta (i Calabri nella piazza e il resto in Abru,-:m). Fu conservato provvisoriamente anche il battaglione Sanniti 11 (Asdrubale Termini) di Pescara e Civitella, che in agosto passò fra i corpi permanenti col nuovo nome di cacciatori Marsi. 119 luglio i battaglioni ottennero i fondi per 8 bandisti e il 22 settembre 4 soldati per compagnia forono destinati come "trabanti" (attendenti) degli ufficiali. Nel gennaio 1802 i cacciatori Campani contavano 435 sottufficiali e


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truppa presenti su un organico di 504. I giovanissimi, dai 16 a meno di 20 anni, erano 33, meno di un dodicesimo; quasi un terzo (130) aveva più di trent'anni. Quanto alla provenienza, 96 erano napoletani, 330 provinciali, 3 siciliani e 6 forestieri. Sulla base delle presenze medie del 1802, nel 1803 si prevedeva per ogni battaglione di cacciacori nazionali, esclusi gli uffìciali, un costo mensile di 3.606 ducati, poco pit1 di un terzo di un reggimento di linea (8.900). Nel gennaio 1803 la fanteria leggera, inclusi albanesi e fucilieri <li città, aveva 4.105 effettivi. I cacciatori Calabri erano 57 1, i Sanniti 584 e i Marsi 568 (scesi a 4(>7 nel gennaio 1804). Distaccati a Messina col Reggimento Abruzzi, i cacciatori Appuli si mantennero sui 600 effettivi dal marzo 1803 al novembre 1805. Due compagnie di Marsi forono assegnate il 14 agosto 1803 alla colonna mobile in Basilicata. Richiamati a Napoli, gli Appuli sfilarono in coda, precedendo però Marsi e Albanesi, nella parata di Piedigrotta ddl'8 settembre 1805. Secondo l'Etat de l'armée napotitaine compilato dai francesi, i sei battaglioni nazionali avevano 2.865 effettivi (inclusi 118 ufficiali): Campani 415 (19), Appuli 550 (16), Calabri 47 2 (22), Aprutini 506 (21), Sanniti 485 (19), Marsi 437 (21). Nel dicembre 1805 2.000 cacciatori (Albanesi, Marsi, Sanniti e Appuli) furono assegnati alla1'Divisione Roscnheim e schierati in avanguardia a Can1pli sul Tronto al comando del brigadiere Angelo Minichini. Un R. ordine del 2 genn aio l 806 riguardava "il cattivo stato" dei Sanniti. I Calabri erano a C otrone, ma il 7 marzo il maggiore Avallon arrivò a Francavilla sul Sinni con 2 compagnie che il 9 marzo furono catturate alla valletta di San Martino. I cacciatori Appuli, attestati al fortino Sant'Andrea, avamposto di Gaeta, furono attaccati il 1O febbraio dalla Divisione Reynier e si ri tirarono combattendo prima a Itri, poi a Mola e infine nella piazza, prendendo poi parte alla difesa. La brigata cacciatori della Divisione Rosenheim perse i 500 Campani distaccati a Pescara al momento della ritirata dall'Abruzzo e incorporati nel 1° leggero napoletano dopo la resa della piazza, avvenuta il 19 febbraio. Dopo Campo Tenese, FardeHa condusse i Marsi, Sanniti e Aprutini ad imbarcarsi a Cotrone, subendo per via enormi diserzioni. In luglio, al ritorno degli Appuli da Gaeta, i resti dei 4 battaglioni forano contratti in uno solo, detto inizialmente ''Appuli" e ribattezzato nel 1807 "I cacciatori". O


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e 2° Corpo.franco di Gaeta (poi Cacciatori Philippsthal)

C8 gennaio 1806 furono costitui ti coi "graziati al militar servigio del preclusorio di Gaeta" due "corpi franchi", ognuno su 8 compagnie di 150 uomini, per un totale di 2.400, incaricando della loro organizzazione il colonnello Scipione Lamarra, con il compito di designare i 70 ufficiali, scelti per lo più tra i volontari dei corpi volanti e nominati il 21 gennaio. Probabilmente il 1° corpo franco era comandato dal colonnello Michele Pezza, anche se nell'atto di resa figura comandante il capitano Gaetano Barone, plenipotenziario assieme a Bardet. Comandante del 2° corpo, col grado provvisorio di maggiore, era il fratello di fra Diavolo, Giuseppe Antonio Pezza. La Forza, inizialmente di 1.469 uomini (1.039 + 430), aumentò durante l'assedio ad almeno 1.798 (1.168 + 620): sappiamo che nel 2° furono poi incorporati anche 103 graziati di Ponza. La relazione francese ne calcola 2.000, ma solo 740 arrivarono in Sicilia, dove furono riorg,min.ati in settembre come Reggimento Cacciatori Philippsthal (per le ulteriori vicende, v. cap. 14 §§. A e B).

I Cacciatori Albanesi 11 primo battaglione cacciatori Albanesi era stato costituito nel 1798 al campo di San Germano coi volontari raccolti dai primati epiroti Costantino Casperri (o Casnedi, Casnezzi) e Giovanni Spiro, che nel 1796 si erano trasferiti a Napoli coi rispettivi clan. Inquadrati da ben 34 ufficiali, nominati il 27 febbraio 1798, i 300 "camiciotti" (detti così dal loro costume nazionale) presero parte alla difesa di Napoli insieme ai lauari, combattendo in particolare al Torrione del Carmine. Quelli che non accettarono di servire la Repubblica furono rinchiusi nella Darsena e, liberati il 13 giugno dai sanfedisti, presero parte agli scontri al ponte della Maddalena e poi al blocco di Sant'Elmo e di Capua. Il capo dei volontari albanesi, Michele C icca, fu però condannato a morte dalla giunta Spinelli, e ci volle un intervento di Acton su istanza degli ufficiali del corpo, il 3 gennaio 1800, per convincerlo a commutare la pena in ergastolo, da scontarsi a Pavignana. Nell'agosto 1801 fu arrestato in Abruzzo per cospirazione antifrancese Nicola Milo, ex comandante dei camiciotti e "sfacciato lenone". Nel novembre 1799 il "Real Corpo dei Volontari Albane$i" conrav::i


I REALI

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376 effettivi di cui ben 44 ufficia]i (l maggiore, 8 capitani inclusi aiutante maggiore e quartiermastro, 9 primi e 13 secondi tenenti, 13 alfieri incluso il porta bandiera) per 13 sottufficiali, 9 caporali e 322 volontari. Casnedi e Spiro forano promossi tenente colonnello e maggiore e con R. dispaccio del 22 dicembre si autorizzò lo sdoppiamento del corpo su due battaglioni, peraltro non realizzato per insufficienza degli effettivi, pur saliti dai 410 di ottobre ai 475 del 21 gennaio 1801. Il 27 aprile i cacciatori albanesi furono assegnati alla 2a Divisione di Napoli e il 2 giugno, addetti al duca d'Ascoli, entrarono con banda e tamburi a Foggia, dove fecero impressione col rito della "ritiratà' serale e la celebrazione del capodanno ortodosso al 13 gennaio. Impiegati contro i briganti in Puglia e Calabria, il 28 aprile 1803, nel timore di incidenti al ritorno degli occupanti francesi, furono richiamati a Napoli. I camiciotti continuarono ad attingere reclute al deposito di Brindisi. Non turono però incorporati, bensì congedati con gratifica di 2 onze e rimpatrio da Palermo sul pacchetto Tartaro, 21 cacciatori albanesi già catturati in mare dai corsari tunisini e riscattati nel febbraio 1802.

I ,e rassegne del corpo danno 447 effettivi nel marzo 1802. Sulla ba.se delle presenze medie dell'anno precedente, nel 1803 si prevedeva per i cacciatori albanesi, esclusi gli q,fficiali, un costo mensile di 6.144 ducati, quasi il doppio di un battaglione nazionale (3.606) e la metà dei granatieri reali (12.042), ch e pure avevano forza tripla e paghe privilegiate. Sospeso nel giugno 1803, l'ingaggio fu riaperto il 30 d icembre per i soli cacciatori albanesi, scesi da 425 in novembre ad appena 335 il mese successivo. In ta l modo nel gennaio 1804 erano risaliti a 414. Nel 1804 Casnedi andò in congedo, sostituito da Spiro, promosso tenente colonnello. Stesso grado aveva anche Giovanni Gicca, governatore di Ventotene. Il 2 ottobre 1804, allarmato dall'aumento delle truppe russe a Corfù e dalla presenza di reclutatori napoletani, Saint Cyr minacciò di marciare su Napoli se un solo russo o anche un solo albanese avesse messo piede nel Regno. L8 settembre 1805 il battaglione sfilò per ultimo nella parata di Piedigrotta. Il 30 novembre incorporò 18 schiavi turchi prossimi a battezzarsi, ma, secondo l' .l'tat (cit.), nel gennaio 1806 gli effettivi erano solo 420 (29 ufficiali). Assegnato alla Divisione Rosenheim in Abruzzo, ripiegò poi in Calabria e raggiunse la Sicilia, fu inviato in luglio a Gaeta e presçò infine servizio nelle Isole, prima a Ponza e poi a Lipari, dove fu sciol-

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to nel maggio 1812 dopo vani tentativi di reclutare un secondo battaglione tra i rifugiati epiroti di Corfù.

E. La Cavalleria La ricostituzione della Càva!leria napoletana

Sottoposta all'ispezione generale del tenente generale Damas, nel gennaio del 1800 la cavalleria fu provvisoriamente ordinata in 3 divisioni (la Capua, 2a Napoli, 3a S. Maria di Capua), assegnando alla la 447 cavalieri pugliesi (Reggimento Real Carolina, già cavalleria del corpo Lecce), alla 2a 533 calabresi (Reggimento Calabria) e alla 3a i salernitani (battaglione Principato Citra).

TI 20 febbraio fu decisa la ricostituzione di 3 brigate e 6 reggimenti secondo il precedente organico di 624 teste e 530 cavalli (150 e 130 per squadrone). I pugliesi formarono il Reggimento Regina, secondo della la Brigata: il 3 luglio erano 5(,1 (26 ufficiali). Gli ammogliati erano 71 (6 ufficiali), pari a un ottavo degli effettivi e pii:1 di un quinto dei sottuffìciali e comuni (112 su 519) aveva oltre trent'anni.

H 22 ottobre i salernitani furono incorporati nel Reggimento Principe I. Avendo conservato i vecchi nomi (Re, Regina, Principe 1 e 11, Principessa) ed essendo i veterani di cavalleria più selezionati di quelli della fanteria, i primi 5 reggimenti dell'arma furono completati, sia pure lentamente, mediante il richiamo agli stendardi degli antichi soldati. Un sesto reggimento fu costituito a Roma con la cavalleria della lèrra di I ,avoro (masse Roccaromana e Di Tora); gli fu dato però un nome "siciliano" (Valdinoco Il) forse perché destinato a formare brigata col Reggimento Valdimazzara, nel frattempo trasferito oltre foro. ln luglio fu costituito a Roma anche un settimo corpo provvisorio ("battaglione Dragoni Leggeri"), col quinto squadrone campano e quello abruzzese <li Pronio. Comandati dal maggiore Cicconi, i dragoni leggeri combatterono il 14 gennaio 1801 a Poggibonsi e a Siena, dove intervennero anche due squa-


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droni Principe I (maggiore Caracciolo) e Valdinoto II (capitano Castiglia). Il comandante della cavalleria del corpo d'armata di Roma, hrigadiere barone Giovanni Accon, fratello del ministro, si trovava in quel momento a Radicofani con 8 squadroni (4 Valdimazzara, 2 Re e 2 Regina e rispettivi colonnelli Moncada, Capece Scondito e dc Liguori). Un altro squadrone di Principe I (capitano Ruffo dei principi di Scilla) si trovava ad Arezzo, mentre il colonnello di Valdinoto II, Lattanzio Sergardi, era a Roma con uno squadrone e il tenente colonnello Ribera nelle Marche con altri due. Il 21 gennaio 180 l la cavalleria napoletana era accreditata di 3.11 O effettivi (Re 560, Regina 552, Principe I 552, II 254, Principessa 282, Valdinoco TI 578, dragoni leggeri 332). In febbraio il Regina, Pri ncipe I e Valdimazzara erano a Viterbo, il Valdinoto II a Rieti e i dragoni leggeri a Sora.

Le vicende dei Reggimenti. di cavalleria dell'Esercito di Napoli Il 27 aprile i reggimenti furono dislocati ad Aversa (Re), S. Maria Capua Vetere (Regina), Nola (Valdimazzara), Abruzzo (Valdinoto Il) e Napoli (principe l e 11, Principessa e dragoni leggeri). In maggio i primi due erano scesi a 419 e 38'1'. Lo stesso mese il Principessa fu assegnato al duca d'Ascoli per la repressione del brigantaggio in Puglia, Lucania e Calabria (dove ebbe alle sue dipendenze anche unità locali di volontari, come il corpo ussari di 1òrtora, in provincia di Cosenza, disciolto nel 1802). Il 21 giugno, dopo la rivista passata al corpo, il re decise lo scioglimento dei dragoni leggeri, incorporando militari di truppa, armi e cavalli nel Principe II e destinando i sottufficiali all'istruzione dei dragoni di milizia.

Nel gennaio 1802 i reggimenti napoletani avevano 2.343 effettivi (Re 320, Regina 322, Principe I 434, TI 368, Principessa 337, Valdinoto II 562) e 2.157 in settembre escluso Principessa (Re 42 1, Regina 402, Principe 1431 , Il 395, Valdinoto TI 508). Il 2 giugno 1802 il Valdimazzara rimase definitivamente "addetto all'Esercito di Napoli", pur formando Brigata (4a) col Reggimento di Palermo (Valdemone). Il corpo aveva 512 cffrttivi in gennaio, 522 in settembre. Nel gennaio 1803, nel maggio e nel dicembre 1804 quelli degli altri sei erano: Re 457, 369, 373; Regina 484, 486, 504; Principe I 475, 393, 400; Principe II 409, 348, 361; Principessa

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LE DuE S1c1ur. NELLE GUERRE NAl'OLEONICHE ( 1800 - 1815)

381, 342, 344; Valdinoto II 585, 498, 483. Secondo il prospetto della for,,a dell'Esercito al 1° gennaio 1803 la cavalleria (incluso il reggimento Valdima:a,ara) aveva 3.454 effettivi, ma dalle ispezioni ai corpi ne risultano invece 3.256 in gennaio e 2.839 in maggio (di cui 2.791 e 2.436 napoletani e 465 e 403 del Valdimazzara). Il ] 4 agosto 30 cavalleggeri del Re furono assegnati alla colonna mobile inviata in Basilicata.

In base alle presenze medie dell'anno precedente, nel 1803 si prevedeva per ogni corpo, esclusi gli ufficiali, un costo mensile di 8.300 ducati, di poco inferiore a quello di un reggimento di fanteria di linea (8_900), mentre nel 1765 il costo mensile medio di un reggimento di 449 cavalli era di 5.370 ducati. Nel gennaio 1804. la cavalleria di Napoli contava ancora 2.874 uomini, inclusi 409 siciliani e 2.465 napoletani. Esonerato il 2 giugno 1801 e soslÌLUito dal maresciallo Acton , il generale Damas continuò di fatto a occuparsi della cavalleria e alla fìne del 1804 organi,,zò un reggimento modello tra Aversa e Nola. Inoltre il libro sulle Evoluzioni della cavalleria del brigadiere fordella, comandante della 2a brigata e poi della brigata modello, fu adottato come ordinanza dell'arma.

La cavalleria nel/,a campagna del 1805-06'

L8 settembre 1805 la parata di Piedigroua fu aperta dagli squadroni di Re, Regina e Principe 11, mentre Principessa, Valdinoto TI e Valdimazzara sfilarono dopo la fanteria, preceduti dai dragoni urbani. Il 3 dicembre Acron fu nominato comandante dell'arma assegnata ali' esercito di campagna. TI 17 dicembre il re approvò la riunione degli 8 Reggimenti dell'arma in due Divisioni comandate dal maresciallo Minutolo e dal brigadiere Pinedo. Al primo furono assegnati i primi reggimenti di ciascuna brigata (Re, Principe I, Principessa e Valdimazzara) e a Pinedo i secondi (Regina, Principe II, Valdinoto II e Valdemone, che tuttavia fu lasciato a Palermo). Il 15 dicembre, in vista dell a campagna, furono congedati gli ufficiali inabili al servizio di cavalleria, in parte passati alla milizia urbana e in parte agli invalidi a due t erzi del soldo e alcuni a soldo intero. Secondo l' Etat de liirmée napolitaine aJ gennaio 1806, gli effettivi erano


I REALI ESERCITI E. LE MILIZIE (1800 - 1806)

2.853 (233 ufficiali, inclusi i richiamati): Re 504 (26), Regina 367 (33), Principe l 417 (42), TI 365 (32), Principessa 347 (34), Valdinoto II 463 (31), Valdimazzara 390 (35). l cavalli erano 1.894 (336 + 282 + 308 + 338 + 279 + 351 + 336). Tuttavia solo parte di questa forza poté essere impiegata. I quarti squadroni furono lasciati ai depositi per ricevere le 2.800 reclute assegnate all'arma (400 per squadrone) e per il loro inquadramento il 30 gennaio furono richiamati in servizio 28 ufficiali in ritiro. Tuttavia, essendo mancato il tempo di addestrare le reclute e requisire i cavalli, l'ordine del 19 gennaio di portare gli squadroni a 200 teste di cui 160 montate per 140 cavalli non poté essere eseguito e perciò gli squadroni forano mobilicaci su 70 cavalli. Tra i 16 squadroni riuniti in Calabria ne troviamo solo 2 "quarti" (Principe I e Valdimazzara), dal che si deduce che gli altri 5 rimasero ai depositi e che in realtà la cavalleria entrò in campagna con 23 squadroni anziché 28. Il Principessa, di stanza ad Aversa, aveva ad esempio solo 256 presenti (inclusi 32 di piana maggiore e deposi to) e ne mobilitò 224 (da 52 a 59 per squadrone) comandati dal tenente colonnello Moscati. Al 17 gennaio il Principe I aveva ricevuto 232 reclute, di cui però solo 80 in grado di manovrare. In compenso si segnalava la prossima costituzione, a Lucera, di una centuria di volontari a cavallo. Ai primi di dicembre lai' Divisione Pincdo fu assegnata alle truppe in Abruzzo, ma parcl con appena 7 dei 9 squadroni mobili, lasciando a Napoli il 2° Principe II e il 4° Valdinoco TI. Inoltre ne lasciò altri 2 (1 ° e 3° Principe II) a Mignano di rinforLo ai russi che erano del tutto privi di cavalleria, per cui arrivò a Chieti solo con 5 squadroni, tre del Regina a Giulianova per pattugliare il confìne e due del Valdinoto II in riserva a T,anciano. Alla partenza dei russi, i due squadroni di Mignano, comandati dal colonnello principe di Campana, tornarono a Napoli, dove la reggenza li impiegò per proteggere l'imbarco della corte e gli arredi del Palazzo Reale dal temuLo saccheggio dei lazzari Probabilmente rimasero a Napoli o a Capua anche gli altri sette squadroni che non risultano assegnati ali' esercito di campagna (terzi e quarti Principessa e V..1ldinoco II e quarti Re, Regina e Principe II). Le cronache menzionano però il solo Principe TI, che il 14 febbraio, all'arrivo dei francesi, fu dichiarato prigioniero di guerra, ma tenuto in servizio di rinforzo ai fucilieri di città. Entrambi questi corpi entrarono poi a far parte delle nuove truppe napole.tane di re Giuseppe Napoleone coi nomi di 1° cacciatori a cavallo (decre-

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to del 18 febbraio) e I O battaglione del 2° leggero (decreto del 27 maggio). Il 2° Squadrone del Principe II era stato invece inviato a Sapri per accogliere il previsto sbarco dei principi Prancesco e Leopoldo da Napoli: al medesimo scopo il Principe I (Sergardi) dislocò il 1° e 2° squadrone a Lagonegro e il 3° e 4° a Casalnuovo. TI resto della Divisione Minutolo, con solo 9 squadroni (3 Re, 2 Principessa e 4 Valdimazzara), li seguì il 10 febbraio. A Gaeta rimase solo un di.staccamento di 22 cavalieri, ridotto a 16 al momento della resa. In Calabria Minutolo assunse il comando del corpo di sinistra, con una divisione di fanteria e una brigata di cavalleria (Pinedo) formata da 5 squadroni (3 Re e 2 Principessa). La brigata De Cesare (Regina e Valdinoco II) fu invece assegnata al corpo di dritta (Rosenheim), schierato al confine con la Puglia e la brigata Leporano alla guardia dei principi a Cosenza (Principe I) e al collegamento a Spezzano (Valdimanara). TI Re effettuò una carica il 6 marzo all'uscita di Lagonegro per aprirsi la strada verso Lauria. A Campo Tenese la brigata Pinedo (350) formava la riserva, con uno squadrone (70) in avamposto alla valletta di San Martino, che si ritirò assieme ai cacciatori Calabri. Avendo chiesto al Principessa di caricare, Damas si sentì rispondere che i cavalli non ce la facevano, senza foraggio da due giorni. La carica fu poi eseguita, ma giunti a tiro del nemico, i due squadroni scartarono a destra. Perduti 146 cavalli, il resto riuscì comunque a ritirarsi. Lasciato in retroguardia sopra Tarsia, il Re fu in gran parte catturato l' 11 marzo dal lcr légère. Il Valdimazzara si ritirò di propria iniziativa da Spezzano a Cosenza. Imbarcata la fanteria a Cotrone, Fardella condusse i resti di Regina e Va]dinoto (206 cavalieri) a Monteleone, proseguendo la ritirata con Damas. I due squadroni del Principe I (Sergardi), rimasti a Cosenza alla guardia dei principi reali, li scortarono in Sicilia. Secondo una fonte erano addetti come avanguardia e retroguardia <lei granatieri reali anche 12 cavalleggeri siciliani Valdemone.

Tenuta dei cavalli, rimonta e scuola di veterinaria

Nel luglio 1800 il Reggimento Regina aveva 418 cavalli, di cui 344 di truppa. Poco meno della metà (I 64) aveva però pÌLL di otto anni. Quasi


I RlALJ

EsERCITI E L[ MILIZIE ( 1800 ~ I 806)

metà (170) erano pugliesi, più di un quarto (91) calabresi, 20 di Matera, 20 abruzzesi, 20 "villani", 10 napoletani, 10 salernitani e 2 "esteri". ·fre anni dopo, al Reggimento Valdimazza ra, i cavalli di oltre otto anni erano quasi due t erzi (235 su 367) e più di un quinto (80) ne avevano oltre undici! Prevalevano anche qui i pugliesi (150), ma i siciliani (94) precedevano ovviamente i calabresi (50). Seguivano i "villani" (32), i napoletani (25) e i salerni tani (16). Con rcgolamen to della reale officina di guerra del 12 febbraio 1801 si stabilì che i cavalli di truppa fossero considerati in affitto (asiento) ai soldati, resi perciò responsabili dei danni e dei generi ricevuti per il loro mantenimento, annotando le variazioni nel libretto intestato al quadrupede. Con R. ordine 14 marzo 1802 sul modo di completare gli squadroni, i cavalli furono ridotti da 130 a 120 per squadrone, piì1 6 per la piana minore. Sellai, armieri e maniscalchi erano equiparati a primo sergente, prendendo rango dopo i portabandiera. Il 3 maggio la rimonta fu accentrata ad una apposita giunta, con un tetto massimo di 55 ducati per cavallo e uno stanziamento mensile di 1.500 per ciascun reggimento, calcolato per la rimonta di 327 animali all'anno (poiché i reggimenti di cavalleria dell'Esercito di Napoli erano sette, si trattava di uno st!nziamento annuo di 126.000 ducati per 2.290 animali). Il 12 giugno fu emanato inoltre un apposito regolamento per l'impiego d ei fondi di rimonta. Tuttavia, cedendo alle p ressioni interessate degli ufficiali che lucravano sull'affare a spese dello stato, il 15 settembre, su parere del barone Acton, la gi u nta fu soppressa e la rimonta fu nuovamente d ecentrata ai corpi incaricando l'ispettore Damas di redigere le apposite istruzioni. N o n sognandosi a quei tempi (pur pro meteici), di supplire con le femmine al deficit di cavalieri, lo si fece tuttavia per i cavalli, con le precauzioni richieste da costumi non ancora evolut i. Il 3 ap rile 1803, "avendo intenzione di (immettere) nei reggimenti delle giumente", il re ordinò infatti di "castrare i cavalli affinché non po(tesse) incontrarsi ostacolo all'impresa".

Il 2 (o 27) settembre 1802 fu ripristinata a N apoli la scuo la di veterinaria negli antichi edifici dietro il quartiere di cavalleria al ponte dell a ,Maddalena. Direttore della scuoh cr::i Tgnazio Dominelli, mentre i corsi

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erano tenuti dal maestro Andrea Masone. I reggimenti di stanza nella capitale dovevano mandarvi i cavalli malati e distaccarvi, come allievi, maniscalchi e bassi ufficiali. Il 28 agosto 1804 gli allievi furono però ridotti da

16 a 8. 116 dicembre 1802, su proposta di Acton, il re nominò i maestri cavallerizzi reggimentali con grado di aiutante e paga di 16 ducati per le scuole reggimentali di equitazione. Il 21 novembre 1805 fu ordinata la requisizione di cavalli alla tariffa di 30/50 ducati, con obbligo dei proprietari di dare la metà di quelli posseduti e perdita del diritto all'indennizzo in caso di reni tenza. Le esigenze dei napoletani furono però subordinate a quelle degli inglesi, i quali acquistarono a caro prezzo centinaia di cavalli per rimontare il 20th Dragoons (20 ufficiali e 321 uomini) e per il traino <lei loro 12 pezzi da campagna. Tutti i quadrupedi furono abbattuti al momento del reimbarco. Gli inglesi requisirono anche molti carri: 25 solamente per i 600 Corsican Rifles.

E I corpi di Casa Reale Le Reali Guardie del Corpo Istituita nel 1734 coi rappresentanti della primaria nobiltà <ld Regno, riformata nel 1753 e I 763 su 186 cavalli e un costo annuo di 67.486 ducati, con R. ordine del 28 giugno 1785 la compagnia delle R. guardie del corpo era stata ordinata su una piana <li 16 e 2 brigate di 72 te:ste. Comandata dal principe d i Stigliano, con un costo annuo di 26.256 ducati solo di stipendi senza contare quello dei 130 cavalli "di real conto" e dei 26 mozzi addetti al loro governo, la compagnia era stata sciolta il 31 ottobre 1795 dopo la scoperta di infìltrazioni massoniche. Le guardie erano state trasferite nella linea come ufficiali e la compagnia ricostituita su 248 teste, con 4 generali (i principi di Stigliano e Canneto, comandante e ispettore, il marchese d'Arienzo e Giuseppe Minutolo maggiori), 10 esenti, 12 di piana, 114 guardie a cavallo (72 ufficiali e 42 invalidi dell'arma) e 108 a piedi (86 ufficiali e 22 inv::ilidi di fanteria), con gli ufficiali guar-


[ REALI ESERCITI f. LE MILIZIE (1800 - 1806}

die tratti a turno dai corpi della linea. La compagnia fu smobilitata il 5 gennaio 1799 col trasferimento in Sicilia delle bandoliere distintive. Il 31 gennaio 180 l il servizio di scorta reale, già effettuato dalle R. guardie del corpo, fu attribuito ad un distaccamento di cavalleria, ma il 22 febbraio 1801 fu presentato il piano per una compagnia di 233 teste, 11 di piana e 3 brigate di 74. In realtà furono nominati soltanto il capitano (marchese d'Arienzo), il tenente (Giuseppe Minutolo) e 1O esenti (7 proprietari e 3 soprannumerari).

Gli Alabardieri di Napoli Risalente ai viceré spagnoli e austriaci e istituita il 25 giugno 1734 su 4 squadre e 112 piazze che nel 1765 costavano 15.134 ducati all'anno, la guardia reale degli alabardieri di Napoli fu sciolta da Accon il 25 giugno 1784 e sostituita da un nuovo corpo incaricato esclusivamente di consegnare i biglietti d'ordine del re agi i alti dignitari di corte e i dispacci alle reali segreterie. Con un organico di 43 teste (inclusi un capitano, due sergenti e quattro caporali) gli alabardieri dovevano assicurare una presenza diurna di nove presso il re e sei in quartiere e una notturna di due. i'

Ricostituita il 10 marzo 1800 su 62 teste (capitano, tenente, sergente e 3 caporali preposti, 55 alabardieri), comandata dal tenente colonnello Giacinto Garofalo, il 14 gennaio 1801 la compagnia aveva 56 effettivi, inclusi 35 alabardieri e 16 giubilati. In maggio ricevette 60 alabarde del nuovo modello della R. manifattura d'armi. Nel giugno 1802 aveva sempre 56 effettivi. Nel settembre 1804 era comandata dal colonnello Alessandro de Coquemont, con 60 effettivi (2 sergenti, 4 caporali, 53 alabardieri).

I Cacciatori Reali Istituiti 1'8 marzo 1777 con un organico di 66 sergenti e soldati tratti da vari reggimenti, in seguito aumentati di un'altra compagnia, i cacciatori reali erano impiegati nelle cacce e pesche reali e il loro armamento includeva perciò un coltello da caccia. Appartenevano a questo corpo due dei famosi fratelli Baccher, il capitano Giovanni e il 1° tenente Camilla: arre.stati dai repubblicani il 4 maggio 1799 assieme al padre e ad altri due fra-

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telli, non subirono la sorte di questi ultimi, fucilati il 3 giugno nel cortile del Castelnuovo (forse in grazia di un loro parente, Giuseppe Baccher, anch'egli ufficiale, che, presentatosi a seguito del bando de Renzis, era stato inquadrato nella compagnia di disciplina repubblicana). I cacciatori furono ricostituiti a Palermo il 24 ottobre 1799. Il nuovo piano del 23 novembre prevedeva una piana di 4 e 2 compagnie (a Palermo e Napoli) di 100 teste (5 ufficiali, 4 sergenti, 8 caporali, 2 tamburi, 2 pifferi e 79 cacciatori) e 28 cavalli, su 3 plotoni a piedi e uno a cavallo, ciascuno su 3 squadre. l~unica compagnia costituita fo la prima, che, alla partenza del re, distaccò 44 uomini a Napoli. 11 7 aprile 1800 furono stabilite paghe di 50 ducati al capitano, 40 all'aiutante maggiore, 30 all'aiutante quartiermastro, al primo chirurgo e al primo tenente, 20 al secondo tenente, 14:40 al primo sergente, 11 al secondo, 6:50 al caporale, 6 ai tamburi e pifferi e 4:50 ai soldati. Il 5 aprile 1 802 fo abolita la piazza di aiutante maggiore, completate le 5 di sottufficiale mancanti e la compagnia fu trasferita a Portici e Caserta, lasciando a Palermo un distaccamento di 27 cacciatori con un alfiere, 1 sergente e 2 caporali. Ispettore e comandante dei cacciatori reali rimasti in Sicilia era il principe d'Aci, colonnello aiucante di campo del re, mentre quelli di Napoli erano sotto l'ispezione del gran cacciatore di corte, duca della Miranda, e il comando del tenente colonnello Giuseppe della Valle. Il tenente Guglielmo Vernasco fu incaricato di scegliere nella cavalleria 12 uomini e 28 cavalli per il corpo. Nel novembre 1803 erano 167 su 2 compagnie, saliti nel 1804 a 171, inclusi 17 ufficiali (tenente colonnello, quartiermastro, capiLano, 4 primi e secondi tenenti, 4 alfieri, 6 aggregati), cappellano, chirurgo, 7 primi e secondi sergenti, 13 caporali, 4 tamburi e pifferi e 128 cacciatori. Nel maggio 1804 vi Furono aggregati 11 cacciatori Aprutini e 2 cadetti e in seguito i comuni aumentarono a 165. Nel gennaio 1806 (Etat, cit.) erano però ancora 176 (20 ufficiali), con 52 cavalli.

Marines russi a Roma e granatieri dello zar a Napoli (1799-1802) A seguito dell'alleanza del dicembre 1798, che impegnava la Russia a difendere Napoli con 15.000 uomini, il 7 gennaio 1799 il generale


[ REALI

Esmcm E LE MILIZIE _(l800.~-~1=806~- - - - - -- -- - - - - --

Hermann partì da Mosca con 12.000 uomini, destinati a congiungersi con gli austriaci in Romagna, ma a metà marzo la spedizione fu annullata, lasciando Hcrmann in Alta Italia. In aprile Micheroux si recò a Corfo per sollecitare l'invio di rinforzi russi al cardinale Ruffo, ma ottenne solo 5 navi comandare dal capitano di vascello Alexej Sorokin e 390 granatieri di marina con 4 cannoni da sbarco comandati dall'irlandese Henry Baillie, col quale sbarcò a Manfredonia e il 20 maggio entrò a Foggia. Baillie prese parte alla battaglia del 13 giugno al fortino Viglicna e al ponte della Maddalena e al blocco di Capua e, a nome del suo governo, firmò la resa di Sant'Elmo (11 luglio) e di Capua (28 luglio). Il 14 agosto la flotta dell'ammiraglio Fedor Fedorovic Ushakov entrò nello Stretto di Messina e il 20 lo squadrone Sorokin (3 fregate) arrivò a Napoli. Il 22 lo zar destinò in Romagna un nuovo corpo, comandato dal generale Rehbinder, ma anche questo fo poi dirottato in Svizzera, con la promessa all'inviato a San Pietroburgo, marchese di Gallo, di distaccare 3.000 uomini dall'armata di Suvorov e altri 3.000 da Corfo per sostenere il progetto di espansione di Napoli in Italia. Il 19 settembre la squadra di Ushakov, con a bordo il ministro russo, cavalier ltalinski, arrivò a Napoli. La sera del 28 essi concordarono col cardinale Ruffo le condizioni di resa da imporre al presidio francese di Roma, e il mattino del 29 il colonnello Skipor stava per partire per Roma con 818 grariatieri russi, quando arrivò la notizia che i "rrancesi si erano arresi al commodoro 11-oubridge. Sbollita l'ira di Ushakov, l' 11 ottobre i marines russi entrarono a Roma dalla via Appia, assieme agli svizzeri del Reggimento Estero, accolti dagli evviva a Paolo l. Intanto lo zar aveva nominato "comandante di Maltà' un suo aiuLa.nte di campo, maggior generale Mihail Borozdin, incaricandolo di muovere da Odessa su Corf'u coi granatieri di Siberia. Altri tre battaglioni che il parigrado principe Volkonsky doveva condurre da'forino a Livorno per imbarcarsi per Malta, furono all'ultimo momento assegnati al corpo del generale austriaco Klenau. Il 3 novembre, tuttavia, Paolo I ordinò a Ushakov di rientrare nel Mar Nero e il 2 dicembre, ancora ignaro dell'ultimo affronto fattogli dagli austriaci non ammettendo la bandiera russa alla resa di Ancona, informò la legazione inglese della sua intenzione di ritirarsi dalla Coalizione. Il 20 dicembre la Aotta di Ushakov salpò dal golfo di Napoli, lasciandovi peraltro Baillie e Sorokin e imbarcando strada facendo altri 2 ~attaglioni scelti rimasti a Messina. Non era però un ritiro totale: nel Mar

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LE Due

SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800"""'-·----'l'-"8-'-'15"---J-----

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Nero furono allestiti 4 squadroni navali con le insegne dell'Ordine di Malta, Suvorov svernò in Austria e Volkonsky a Corfo, dove rimase sino al luglio 1800, sostituito in settembre dalle navi di Voinovich. Sbarcato a Corft1 con 1.800 uomini, Borozdin vi rimase cinque mesi a spese della popolazione, per un importo di 20.000 talleri. Il generale non era alle dipendenze di Ushakov e interpretò la sua missione come un incarico speciale dello zar presso il governo napoletano, ragion per cui non volle seguire la ritirata della flotta nel Mar Nero e il 19 marzo 1800 sbarcò ad Otranto con 1.350 uomini, arrivati a Napoli il 24 aprile. Compiaciuto e rassicurato, Cassaro annotò che i russi erano "il terrore di questo popolo, a segno che nei giorni scorsi, radunatesi per una rissa quasi mille persone, due soli soldati russi ... furono bastanti a far sparire tutto il popolo" . I russi furono pagati sul bilancio militare napoletano e considerati Guardia Reale: il 2 agosto furono dati a Borozdin il grado di tenente generale napoletano, nonché il comando in capite e l'ispezione di un corpo di l.350 granatieri nazionali, nel frattempo costituiti per elevare la guardia reale alla forza di una brigata e consentire al ministro napoletano a San Pietroburgo, Serracapriola, di ottenere l'assenso dello zar alla permanenza del contingente fino alla conclusione dei negoziati di pace. Il 2 novembre, e ancora in seguito, il conte Panin assicurò Serracapriola che la Russia poneva fra le condizioni irrinunciabili di pace l'integrità del Regno di Napoli. Il contingente fu però ritirato all'inizio del 1802: Sorokin, con 2 fregate e 600 soldati, fu inviato di rinforzo nelle Ionie e Borozdin coi granatieri a Odessa. Borozdin pagò salato la dolce villeggiatura napoletana: il 13 ottobre 1802 era ancora in credito di 30.000 ducati a compimento di 50.600 a conto di vestiario dei granatieri nazionali.

I Granatieri Reali (o del corpo)

I due battaglioni granatieri nazionali furono costituiti il 1° aprile 1800, con lo stesso organico di quelli russi (1.352 teste, inclusi 3 1 uffìciali), prelevando 480 sottufficiali e com un i dai corpi siciliani (160 per Reggimento) e 980 dai 10 reggimenti fanteria napoletani (7 per compagnia). Lesclusione da questo importante beneficio non mancò di suscitare le proteste dei Reggimenti Alemagna e Albania. O

Secondo il piano di formazione del l agosto, il primo battaglione reca-


I REALI

EsERCITI E LE MILIZIE ( 1800 - 1806)

va il nome del colonnello nazionale, il secondo quello del tenente colonnello. Il corpo aveva un organico di 1.359 (32 ufficiali) su: • • •

• •

stato maggiore di 8 (colonnello, tenente colonnello, 2 maggiori, 2 aiutan1i di campo, quartiermastro e cappellano); stato minore di 11 (2 scrivani, 3 chirurghi, armiere con 4 garmni, profosso); 8 compagnie di 156 ( 1 capitano, 2 tenenti, l sergente maggiore, 8 bassi ufficiali, 3 tamburi, 2 pifferi, 1 g1mtacore, 138 granatieri inclusi 2 privilegiati): 14 musicanti (l capo, 9 strumentisti, 1 tambur maggiore, 1 grancassa, 2 piattini); 78 di servizio (62 trabanti, 8 barbieri e 8 pratici).

Il 21 gennaio 1801 il corpo contava però appena 394 effettivi. Il 27 aprile vi furono incorporati, in riconoscimento del valore dimostrato a Siena, i granatieri del disciolto Reggimento Montefusco, eccettuati gli ufficiali. A seguito di ciò gli effettivi arrivarono in agosto a 946, saliti a 965 in settembre, a 1.303 il 18 giugno 1802 e a 1.369 poco pit1 tardi I:organico delle compagnie fu aumentato a 16/ (aggiungendo un 2° tenente, un sergente foriere, un tamburo e 6 comuni), ma non si dette corso al progetto di raddoppiare il corpo portandolo a 4 battaglioni e 2-783 teste. Il Foglio per la redutazione del 29 gennaio 1802 stabilì per i granatieri reali un' altezza minima di cinque piedi e due pollici (circa m. 1,70). !'

Subentrato a Borozdin quale ispettore e comandante in capite dei granatieri, Bourcard fu trasferito il 3 giugno 1802 al comando generale delle Armi in Sicilia, scambiando l'incarico col tenente generale duca della Salandra. Gli ufficiali superiori erano il tenente colonnello Filippo Roth e il primo e secondo maggiore (; iorgio Wockinger e Federico Omodei_ Questi ultimi furono sostituiti nel 1804 da Massimo Selvaggi e Luigi Zumtobel. Al corpo era addetto anche un uditore, tenente Gioacchino Jannelli. Sulla base delle presenze medie dell'anno precedente, nel 1803 si prevedeva per i granatieri del corpo, esclusi gli ufficiali, un costo mensile di 12.042 ducati, oltre un terzo in più di un reggimento di linea (8.900). Si tenga conto che nel 1765 il Reggimento delle Guardie italiane, di cui i granatieri si potevano considerare gli eredi, ne costava solo 7-723, pur avendo un organico di 1.40] piazze_ Nel settembre 1804 i granatieri erano 1.264 e nei 53 mesi di vita del corpo avevano avuto 200 disertori, in gran parte passati al servizio inglese (derubato da un ungherese disertato dai

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granatieri del corpo e imbarcato a Gaeta dagli inglesi, Luigi Blanch ricevette l'ordine di dimenticare l'affronto). TI 12 ottobre il Reggimento fo escluso dall'ispezione generale di tutte le truppe del Regno di Napoli attribuita al tenente generale Damas. Nel gennaio 1805 gli cffrttivi erano 1.346, scesi in aprile a 1.336, inclusi 7 trabanti militari e 57 paesani. Il 71 o/o dei sottufficiali e comuni erano ven tenni, poco più di un quinto trentenni, il 6.5% quarantenni e ['1.8 dai 16 ai 20 anni. Nel gennaio 1806 (Rtat, cit.) il reggimento aveva 44 ufficiali e 1.257 granatieri. Ai primi di febbraio Salandra, col l battaglione di Roth e il Principe I cavalleria, fu inviato a Lagonegro per proteggere l'arrivo, via mare, dei principi reali. Il 2° di Selvaggi partì il 10 febbraio con la Divisione Minutolo e prese patte alla battaglia di Campo Tcnesc, dove fu catturato. Il 1° scortò i principi in Sicilia arrivando a Messina la sera del 18 marzo. O

G. La polizia militare del Regno di Napoli La polizia del R. di Napoli e i Fucilieri di montagna (1735-1803) La più alta aucorità di polizia del Regno di Napoli era in origine il reggente della gran corte criminale della Vicaria, assistito da un tribunale composto di due ruote, ma con giurisdizione limitata alla capitale. Nelle province l'autorità di polizia era lo stesso preside, dal quale dipendeva un capitano di campagna con una squadra da 50 a 150 birri, tranne che in Terra di Lavoro dove, no n essendo previsto il preside, l'organo esecutivo di polizia (commissario di campagna, con proprio tribunale) era non solo autonomo, ma anche incaricato di supplire gran parte delle funzioni amministrative. Nel 1765 le 11 squadre di campagna contavano complessivamente 957 birri con un costo di 68.025 ducati: nel 1780 erano 971 (148 nel Principato Citra, 91 nel Monrefusco, 232 in Abruzzo, 143 in Molise e Capitanata, 52 in Basilicata, 106 in Pugli a e 199 in Calabria). Organi locali di polizia erano i bargelli, con relative squadre, per un totale di 4-5.000 "armigeri": le antiche prammatiche di epoca spagnola prescrivevano infatti che ve ne fossero due ogni mille an ime, pagati dal fisco, dai baroni o dalle università demaniali, oppure, in mancanza di denaro,


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con ufficio gratuito, remunerato con taglie sui beni degli arrestati. Oltre alle forze di polizia civile ne esisteva una di polizia militare, i fucilieri di montagna, derivati dal corpo di micheletti inviato nel 1735 dalla Spagna e ceduto all'esercito borbonico per compiti di gendarmeria, essenzialmente il controllo delle strade. Nel 1765 i 150 fucilieri di montagna costavano 10.764 ducati all'anno. Nel 177 1 aveva 66 uomini a Ti-ani, 35 in Basilicata, 21 ad Ariano, 22 a Vieste, 19 a Formia, 33 a Introdacqua, 56 in Calabria, 7 a Caserta, 4 a Boscotrecase, con 12 ufficiali. 11 6 marzo 1788 il corpo fu elevato a battaglione su piana maggiore e minore di 17 e due compagnie di 150 e il 15 agosto 1796 a reggimento su 1O compagnie di 100, comandato dal colonnello Emanuele Sayaloles e dal tenente colonnello Costantino de hlippis, che lo riorganizzò per la guerra sanfedista (Nunziante, capo dei piagginari di Persano e futuro colonnello del Reggimento Montefusco e poi dei Reali Sanniti, era stato sergente dei fucilieri di montagna). Fu già Cuoco a rilevare che l'improvvida decisione del governo repubblicano di escludere la massa degli armigeri dal nuovo corpo di gendarmeria, politicamente selezionato, ne provocò il passaggio all'insorgenza. Il 26 agosto 1799 esistevano 16 compagnie con 1.639 focilieri, di cui 310 distaccati a Isernia (X-XII) e 335 a Roma (XIII-XVI) e 994 a Napoli (1-IX). ln novembre questi ultimi erano scesi a 682 e nel gennaio 1800 a 627, risalendo però in marzo a 845. Destinati ad essere incorporati nei battaglioni cacciatori, in aprile inviarono distaccamenti a Teramo e Gaeta, nonché a Fondi, Canneto e Portella per guarnire i confini. In luglio, non ancora sciolti, distaccarono altri 218 uomini in Abruzzo. Almeno tre ufficiali del corpo passarono poi ai reggimenti provinciali

!,'epurazione delkl polizia rurale Il colonnello Winspeare, esautorato da Ruffo e torn ato a Catanzaro quale "visitatore" della Calabria Ultra, annunciava il 14 settembre 1799 dì aver fatto fucilare 45 "scorridori di campagna" in quaranta giorni. Ma l'azione di contrasto fu compromessa dall a perdurante anarchia delle "squadre di campagna". Invisi alla Repubblica, i birri erano stati, assieme agli armigeri baronali, i quadri e talora i condottieri dei bracci anti in armi e non erano disposti a rientrare nei ranghi. Il 21 luglio quelli di Trani pro-

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gettarono di sterminare tutti i galantuomini e le "persone comode", dare il sacco e fuggire con una barca. Per questo e altri analoghi episodi, con R. rescritto del 31 ottobre fu disposta una nuova epurazione della polizia rurale: ma fi.t condotta con criteri politici e quindi riguardò in primo luogo proprio i birri migliori, quelli cioè che, in ragione della loro professionalità, erano stati ammessi nella gendarmeria repubblicana. Tempestarono invano di suppliche le nuove autorità, protestando di non aver avuto scelta: ormai la polizia era saldamente in mano ai sanfedisti, che si opposero ad ogni reintegro indiscriminato. Finalmente, il 29 novembre 1801, ne fu disposto uno parziale soltanto per le 3 compagnie abruzzesi.

La riorganizzazione della polizia di Napoli (179_9-1803) Naturalmente la tendenza della polizia era di sottrarsi al controllo del ceto forense e di giudicare direttamente in via amministrativa le cause di criminalità ordinaria. Un primo passo in questa direzione fu la riforma del 1779, quando, pur restando sotto la sorveglianza del reggente della Vicaria, la giurisdi1/,Ìone della capitale fu decentrata a 12 tribunali di quartiere, composti da un giudice della gran corte e quattro deputati, semplici dottori in legge. Con R. prammatica del 7 novembre ] 798 la Vicaria fu completamente estromessa dalla polizia giudiziaria della capitale: il "reggente" rimase semplice "presidente" della gran corte e la polizia fu attribuita ad un "direttore", mentre ai tribunali di quartiere furono preposti d ei "commissari" con fonzioni anche di giudice, ognuno con 3 ispettori e 6 subispettori. La competenza era però limitata alle contravvenzioni, restando alla Vicaria le cause di furto (ossia i tre quarti delle cause criminali ordinarie). Il 18 luglio 17 99 il re nominò direttore di polizia un magistrato, Antonio Dalla Rossa, già commissario interino di campagna, che nei consigli della famigerata giunta di stato si distinse per votare sempre a favore del reo e nell'estate-autunno 1800 cadde in disgrazia presso il luogotenente principe di Cassaro per non averne sostenuto l'allarmismo circa la situazione dell'ordine pubblico nella capitale, fino ad essere estromesso dalle inchieste di carattere politico. In via provvisoria la polizia ottenne anche la sospirata giurisdizione sui furti, delegata ad una giunta del buon governo composta dal direttore e due commissari, ma già il 5 fobbraio 1800 in una


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lettera ad Acton, Dalla Rossa reclamava contro l'eccessiva mole di lavoro (rapporti quotidiani a Cassaro e al direttore di giustizia e grazia, il siciliano Parisi, sorveglianza dei locali pubblici, carceri e ospizi, esecuzione dei mandati d'arresto dei tribunali provinciali contro persone rifugiatesi nella capitale). Lavorare non piaceva neppure al giudice Gregorio Lamanna, che nel maggio 1800 eluse con cavilli pretestuosi perfino il modesto incarico di rivedere la bozza del codice di polizia già scritta dal giudice Gaetano De Majo. Incaricato a sua volta di proporre una riforma della polizia, il 16 novembre 1802 Dalla Rossa si limitò a perorare la necessità di estendere l'autorità della polizia di Napoli alle province e nel gennaio 1803 aggiunse un'altra sfilza di piagnistei sul "ludibrio" e il "vilipendio" gravante sulla "famiglia armata'' (sbirri) della polizia e stùla sua "perpetua collisione colla forza militare".

Il duca d'Ascoli nuovo direttore di polizia (1803-06) Aernn chiese allora un progetto al duca d'Ascoli, distintosi nel delicato ufficio di vicario generale in Puglia durante l'occupazione francese del 1801-02. Il progetto presentato in marzo da Manùli consisteva, secondo Piero Pieri, "nell' applicazio9e rigida dell'editto del 1798, per non urtare la suscettibilità della Vicarià': il 18 aprile Acton concordò con l'opportunità di "non mostrare variazione" dal sistema in vigore, ma sottolineò la necessità di "riformare col fatto" abusi e inerzie. In effetti la riforma pose le polizie provinciali sotto un'autorità centrale di polizia "generale" (con cui si intendeva allora sia la polizia ordinaria o giudiziaria sia la polizia politica). Con R. decreto dcll' 11 maggio 1803 fu istituita una "commissione di polizia generale", con giurisdizione su tutto il Regno di Napoli, presieduta da Marulli quale "soprintendente della polizia generale e della giustizia criminale", con Gregorio Lamanna "capo subordinato e assessore" per la città di Napoli. Elevato di fatto alle funzioni se non al rango di ministro (e come tale chiamato in casi gravi a far parte del consiglio dei ministri) il duca d'A~coli conservò inoltre gli aiutanti di campo che aveva avuto nel precedente incarico, ossia il capitano di cavalleria Francesco Frilli, già ufficiale della segreteria di stato e guerra, e il capitano di fanteria Nicola i--;?lgori (con paga di cavalleria), il primo per la contabilità e gli affari riser-

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vati, l'altro per la corrispondenza ordinaria con le dipendenze militari ddlc piazze. Tra i primi provvedimenti del duca vi fo l'editto dd 25 maggio sul divieto di "asportazione" (porro) di armi, punita immediatamente con una scarica di legnate, a riserva delle altre pene previste (agli stessi dipendenti di magistrature il porto d'armi era consentito solo in uniforme). Marulli fu inoltre delegato ad emanare entro tre mesi il codice di polizia, redatto da tre magistrati. Tn premessa si diceva che la polizia aveva il compito di "prevenire" i reati e tutelare l'annona e la sanità, mediante la protezione della religione, la disciplina dei costumi e la vigilanza sulle scuole, la stan1pa, la nettezza urbana, i malati e i pazzi e contro i furti, le frodi nei prezzi e l'usura.

Lt1 polizù1 politim e le "commissioni segrete"

Il duca ridusse le spie ad una sola decina, impiegandone almeno due (I' abate Luigi Milano e l'ex capo massa laziale Luigi Franchi) per controllare i francesi, in coordinamento col colonnello Rodio, nuovo titolare della ripristinata vicaria generale della Puglia. Nel luglio 1803 il tenente colonnello Roth gli scrisse allarmato di aver ricevuto una lettera di Rodio da Lagonegro con dettagliate notizie sui francesi, aggiungendo che un tal Franchi vantava "commissioni segrete": il pacioso vice comandante dei granatieri reali esprimeva dispiacere, un po' per la mancanza di prudenza dei commissionati, e soprattutto per l'atteggiamento ostile nei confronti dell'occupante, col quale auspicava invece "buon'armonia''. 1:8 agosto Ascoli gli rispose di non preoccuparsi, coprendo l'operato di Franchi. Marulli scoperse però a sua volta che di polizia politica non c'era solo la sua. Nel marzo 1804 fu infatti informato dal governatore di Messina che uno dei capitani Jauch era in città assieme a Giuseppe Torelli, ufficialmente per scavare sotto il forte Andria alla ricerca di un tesoro nascosto, destando scandalo con "condotta poco lodevole" e "cattive compagnie". Alla richiesta di spiegazioni, Acton rispose al duca che "le operazioni del Jauch sono note a S. M. e perciò non dee prendersi ombra della sua condotta e de' suoi compagni". Delle cospirazioni giacohine continuamente denunciate a Napoli e


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nelle province l'unica vera era quella di Catanzaro del giugno 1803, capeggiata da Gaetano Rodinò e Guglielmo Pepe_ In altri casi (come la pretesa sollevazione delle Calahrie da parte del barone Nicotera e il preteso "arruolamento" di repubblicani nel quartiere popolare del Pendino a Napoli) fu la stessa polizia, dopo indagini scrupolose, a scagionare gli inquisiti, quasi tutti scarceraci il 14 aprile 1804_ In maggio il duca d'Ascoli allontanò lo stesso commissario del Pendino, l'irpino Pasquale Bosco, famoso "per i suoi bestiali procedimenti inquisitori" (Pieri). Il Diario di De Nicola qualifica gli sbirri di città "schiuma dei birbanti di Napoli" e aggiunge che "spad ronegg1ano . ".

lnaffidabilità degli armigeri baronali Se la situazione a Napoli non era mai uscita fuori controllo, nelle province imperversavano malviventi e contrabbandieri, non di rado protetti dagli stessi armigeri baronali e doganieri, definiti da Marulli "schiuma della gente". Nel gennaio 1803 sette birri di Pietramcllara, in combutta con un signorotto e col governatore, favorirono la fuga di un detenuto. In febbraio gravi disordini furono provocati a Rocca Guglielma e Agnone (Cilento) dagli omicidi, esr9rsioni e ricatti commessi dal caporale dei birri. In marzo, presso Caiazzo, i birri di scorta al postale uccisero un contadino per una lite di traffico. Da Solopaca e Monteverde (Irpinia) le autorità scrivevano, terrorizzate, di non poter fare nulla contro i latitanti, protetti dai "manutengoli" per servirsene come sicari e bravi. Il brigadiere Minichini disarmò i birri di Rionero, peggiori dei briganti. Tl barone di Santa Croce del Sannio commetteva eccessi e delitti alla testa dei suoi bravi "vestiti con montura corta rossa e nera e armati di tutto punto". Nell'aprile 1804 una grossa squadra di birri commise eccessi a Castelluccio, mentre i birri del carcere dell'Aquila favorivano le evasioni.

Le colonne mobili Tèrmini e Rossetti Nel 1801, grazie ai cacciatori Marsi comandati da Asdrubale Termini, il maresciallo Bourcard era riuscito a ripulire l'Abruzzo dai briganti, che si erano però rifugiati nell'orlo boscoso tra Puglia e Basilicata. Insediatosi a .f?ggia in maggio quale vicario generale delle Puglie, in pochi mesi Ascoli

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aveva disperso le comitive col Principessa cavalleria e i cacciatori Albanesi. Nella primavera 1803 le comitive si riformarono, scorrendo a cavallo il Tavoliere e l'area di Altamura. Incaricato di dar loro la caccia, il brigadiere Minichini partì da Capua il 14 agosto con 'lermini e una colonna mobile di 500 uomini (3 compagnie di Principe l fanteria, 1 di cacciatori Marsi, 30 cavalieri e 12 artiglieri con 2 pezzi da montagna). Disarmato il territorio di Lagonegro, la colonna prosegul per la Puglia, trovando resistenza solo al villaggio di Barile. Cannoneggiata e assalita la barricata, una ventina di briganti riuscirono a sganciarsi. Arrivata un'altra compagnia di Marsi da Rionero, anche quell'area fu disarmata. Conclusa la spedizione con 160 arresti e più di 600 armi sequestrate, Minichini rimase a Barile fino a metà febbraio 1804, tornando a Capua col grosso e lasciando sul posto Termini con le compagnie cacciatori a Rionero e Avigliano. Tntanto, con dispacci del gennaio e febbraio, le autorità locali, inclusi armigeri e doganieri, e poi perfino gli stessi proprietari terrieri, furono resi responsabili dei furti avvenuti nella loro giurisdizione o fondo, una misura analoga a quella adottata nel 181 O in Calabria dal generale murattiano Manhès. Sfollate dalla Basilicata, le commve si trasferirono in Molise e in Abruzzo, infestando in particolare il tratto meridionale della strada per Pescara. Inoltre nell'aprile 1804 l'ex capo massa Pasquale De Stefano, già luogotenente di Pronio, tentò di sollevare i contadini di Introdacqua contro il rincaro delle gabelle. fu spedito a riportare l'ordine Casimiro Rossetti, maggiore dei cacciatori Marsi, nominato comandante militare dell'Abruzzo Ultra II; il 19 maggio trenta briganti gli dettero il benvenuto assaltando il postale di Pescara. Inoltre Rossetti entrò presto in contrasto col notabilato dell'Aquila e il duca d'Ascoli incaricò il giudice De Giorgio di compiere un sopralluogo. Benché il rapporto del 3 novembre confermasse le accuse rivolte a Rossetti di occuparsi solo dei ladri e non perseguire i briganti, il duca non vi prestò fede, attergando al rapporto che lo considerava frutto di "vergognosa gelosia, forse perché le operazioni non sono proficue ai capi d'ufficio, spesso protettori dei malviventi" e difendendo l'ufficiale anche contro le analoghe accuse riprese il 15 giugno 1805 dall'udienza dell'Aquila. Il duca d'Ascoli diffidava in generale dell'intera magistratura. Alle proteste degli abitanti di San Fele per la scarcerazione di briganti Ascoli rispondeva di essere "piucché persuaso della rilasciatezza del tribunale di Matera".


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[SERCLTI E LE MILIZIE ( 1800 · 1806)

I sospetti del generale Saint Cyr sul riarmo occulto napoletano ostacolarono la lotta al brigantaggio pugliese condotta dal vicario generale Rodio. Una compagnia di cacciatori occupò Avigliano, divenuto il nuovo nido dei briganti, e Rodio ottenne 500 fanti e 400 cavalli, non però il brigadiere che aveva richiesto (Agostino Colonna). Per impedire ai briganti di spostarsi da una provincia all'altra, occorreva far convergere pit1 colonne mobili, ma un movimento di truppe così vasto rischiava di provocare i francesi. Malgrado ciò un'operazione di questo tipo fu ordinata dallo stesso re il 6 maggio 1805, muovendo contemporaneamente da Lucera, Trani, Matera e Montefusco, Termini rastrellò anche la Terra di Lavoro, Promosso colonnello, e nominato in agosto preside di Lucera, 'lermini continuò a chiedere rinforzi, finché il 30 novembre gli risposero che non era possibile e che si dovevano richiamare per l'esercito di campagna anche i cacciatori Marsi e Albanesi.

Il corpo dei foci/ieri di città TniziaJmente il duca d'Ascoli ebbe a disposizione, presso la sua residenza, un picchetto di 12 fanti e 1 graduato distaccaci a turni bisettimanali dai corpi di stanza nella capj.tale, ma il R. dispaccio del 27 settembre 1803 pose sotto il suo "comando e ispezione in capite" i fucilieri di montagna, "addetti alla Pulizia di Napoli" col nuovo nome di "fucilieri di città". Prilli fu incaricato dell'amministrazione del corpo, con funzioni di commissario di guerra, mentre il comando dei fucilieri fu dato al capitano Gaetano Vairo, favorito dalla regina Carolina (il che non gli impedì poi di mettersi subito al servizio del nuovo re Giuseppe Napoleone, che lo definiva "un poliziotto intrigante", e di comandare con ferocia le colonne mobili del nuovo regime). Ripartiti in 4 settori comandati da tenenti, i fucilieri erano ordinati su 8 sezioni (comandare da alfieri) di 5 plotoni, ognuno con un capo e un sotto capo squadra (con rango di primo e secondo sergente), un caporale e sette comuni, per un totale di 13 ufficiali (scelti fra quelli dei fucilieri di montagna oppure tra gli idonei di altri corpi), 28 primi e 36 secondi sergenti, 39 caporali e 297 fucilieri. Con dispaccio del 3 ottobre 1804 il corpo fo elevato a battaglione su 4 compagnie, promuovendo Vairo tenente colonnello, Folgori 1° e Frilli 2° maggiore, nonché a capitano i tenenti e a sottotenenti i quattro alfieri più

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anziani, e completando la piana maggiore e minore (aiutante maggiore, quartiermastro, cappellano, chirurgo, 1° aiutante, furiere, armiere e profosso). Sottoposto all'ispezione dclk truppe leggere, di cui era considerato 1'8° battaglione, il corpo raddoppiò l'organico a 800 teste, su 4 compagnie di 194 (4 ufficiali, 3 sergenti, 17 caporali, 2 soldati privilegiati, 2 tamburi, 1 piffero e 165 comuni). Nell'agosto 1804 gli armigeri di scorta al postale c.-l'Abru'.l:zo rifiutarono di prestar servizio nel tratto delle Cinque Miglia (tra Castel di Sangro e Isernia) perché troppo soggetto agli agguati e il servizio fu così trasferito ai fucilieri, con una spesa mensile di circa 2.400 ducati. TI 26 agosto 1805 a tale servizio fu destinata una speciale aliquota <li 160 "fucilieri a cavallo". 11 corpo rimase in servizio sotto i francesi: secondo un rapporto dell'ispettore della gendarmeria, generale Radet, nell'aprile 1806 aveva 500 effettivi. Ribattezzato inizialmente "cacciatori della città di Napoli", il 27 maggio divenne 1° battaglione del 2° Reggimento leggero, "particolarmente addetto alla pubblica tranquillità ed alla esecuzione degli ordini delle autorità civili nella città di Napoli".

Il distaccamento facilieri di montagna di Catanzaro

Malgrado l'insufficiente documentazione, si inruisce che nel nuovo corpo di polizia confluì solo l'aliquota dei fucilieri da montagna rimasta nella capitale. Con R. ordine <lcl 13 marzo 1805 fu infatti disposta l'incorporazione nei fucilieri di città anche del distaccamento di fucilieri di montagna che in passato era stato inviato iu Calabria ed era rimasto a disposizione del preside di Catanzaro per la lotta ai briganti. Non pare tuttavia che il distaccamento sia stato richiamato nella capitale. 'fra le forze borboniche in Calabria, troviamo infatti ancora menzionato dal novembre 1806 al giugno 1807 un reparto di 3 1 "fucilieri da montagna" comandato dal capitano Domenico Carvetta.


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-'J'ab. --61

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Derivazimw__dei nuovi corp_i di Fanteria (/ settembre 1799) Ref!: imenti di {(111/eria (1 ° selt_e mbre 1799) Nome definitivo Nome iniziale Organizzatore Formazione Luogo (10 marzo_ 1801) ùi base Ùi O!°.&_ Principato Ultra Real l•erdinando Napoli Scip. Lamarra Avellinesi Real Carolina l Col I larley R.e1.tina :ti:apoli Salernitani Principato Citra Principe Reale Il Napoli Alessandro Cilento e Polieastro Sehipani -- ---· Marchese della Terra di Lavoro Principessa Reale Capua Di Torae Schiava Roccaromana Calabria Ultra Ani:. de Setti s R Calabresi Napoli Reali Calabr~s~-~ Ahhruzzi Troiano Marulli Lecce LccccMamlli Capua -Estero Alemagna Estero H Napoli L dc Gambs ··---A lbania Napoli Paolo Dilotti Albania Macedonia Carolina Real Carolina II G. B. Rodio Roma Calabresi ----· Sanniti (poi Reali) T. Gaston Sanniti Roma Salomone Montefusco Montefosco -----· ~ Vito N1mziante S. Croce Roma Presidi (poi Reali) Presidi IO J O Si rncusa I ,ongone Cusani -Balla~lioni Cacciatori_ ( I (J marw l 800)_ - - - -- -·· ->--- - - - ----Nome iniziale Nome delinilivo J.'ormazione Luogo Organizzatore (1801) di org di base .. I - - - -- --·-----Cacc. Campani Cacc. Campani I,ecce Marulli Capua Hemar1ùcz --Sandiel Cacc. Appuli Cacc. Appuli Lecce Marulli Cm.m a -·----- Cacc. Calabri Cacc. Calahri Calabresi Napolj_ T. l'ower Cacc Aprutini Roma Pronio Cacc. Apru~_ni Fuc. Mcmt. Cacc. Albanesi Camiciotti Napoli C11sncdi - Sviro Cacc Albanesi . ---·Ca.cc. Sanniti t~ronio Roma Cacc. Sanniti I .____ ____ Fuc. Sanniti Cacc_ Sanniti 11 Cacc. Marsi l•uc. Sanniti Pescara A. Termini F ucilieri di città C. de Vilippis Fuc. monta gna Fuc. mont. _ ~apoli

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:!_ti:J~_62 - Quadri superìorì della Fanteria Nacofelana ( 1803-05)

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lspellore: te1J~1te generale Daniele de Gambs Prima S'econda Divisioni Terza --Comand, 13rigadiere marclu;se di Brigadiere Pasquale Maresciallo Luigi ispettore Pietramaggiore Adolfo de Rosenhei m _Ts~hu,~y Brigate Sa 1:rancesco dell'Uva I a Angelo Mini chini 3a Silvestro Ricci 2a Eman_ del Carrillo 4a Carlo Tschudy 6a Pietro d'Escobar --Reggimenti Ten. Col_ Col onnelli Ma2!!iori Io - {ìiuseppe Tujesch Real Ferdinando Francescantonio Federico (Canna) Rusciani Minichini 2° - Oiacomo Capano l)uca di S Paolo lo - Giacomo Nagle Real Carolina I Conte Alessandro 20 - Annibale Slabile Zimmermann (vacante 1805) J..~1a) ---Principe Reale Il l gnazio Ramirez I" - Francesco Rodio ( vacante 1803) (L 'Aauila) -- _Qius Tschudy 2°0 - Gaetano l'astore Principessa Reale Baldassarre (vacante 1803_) ! - Silvestro Alvarcz (Capua) __Montaperlo And. I'ignatelli 2° - Andrea Nobili O Reali Calabresi Salvatore de (vacante 1803) L - Almerico Mori (Napoli) Beaumont Nicola d'Epir<:>____ 2° - Giovanni Pousset Ahhn17:zi* Roberto Mirabelli (vacante) 1° -1,uigi lloon (Messina) 2u - Vincenzo Arau A lbania Michele Candrian Giuseppe de I O - Cost de Micheli (Nanoli) Monierré 2" - Paolo I)i lotti ----Alcmagna Luigi de Uamhs Corrado .lauch l O - Giuseppe Schmidt (Napoli) 2° - Luigi Smnmazzi ---· Niccola Zehenter And. Pignatelli Principe Reale I I O - Gius. Rodriguez (vacante 1805) 2° - Frnnccsw Meilzen JI~lJ:lllaj ___ --· Real Carolina li I vacante Iìamne Carlo Michele /,weyer (Gaeta) 2° - Gabriele d'Estenuo Attmrnsi ~-- --Reali Smmili Ignazio Gaston Antonio I.eoni 1° - A1ess T.angclé (Gaeta) 2" - l~ietro (ì-asser Francesco I lotz Reali Presidi Ignazio Perchié I O - Giuseppe Morichy (Gac!a) 2° - Giug~rta Benet O -


I REALI

[SERCITI E LE MILIZIE ( l 800 - 1806)

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'/'ab. 63 · [!{fic~ali superiori dei lJall.cacciatori dell'J,:sercìto di Napoli (1803-05) Isvettore: brigadiere Pasquale Tsch':'dy Ma2g!ori Tenenti Colormdli Batta !ioni Leonardo d' /\.fflitto Emanuele Henrnndez Cam_p-"m=ll=---·_ __ O. Battista Canone A) uli (a Messi na) Luigi Sandiel ----Giuseppe d 'Avallon Carlo Puulet Calabri -Emanuele Taria C liusenne Pronio (col. gi:~duato) /\.m1tini Giovanni Spiro Costantir~u._ Casnedi (col. graduato) Albanesi Annibale Lconardis Tommaso l'ower (ten. col. graduato) Sanniti .. Casimiro Rossetti Asdrubale Term ini Marsi Fucilieri di Città addctV alla Pulizia di Napoli Comandante e Ispettore in capo· duca d 'Ascoli ADC e r f di CO mmissario di guerra cap. e poi maggiore Francesco 1.-rilli ; ADC cap. e poi 1° maggiore Nicola Fo lgori Comandante dei Fucilieri di città: cap. e 2oi t~ncnte colonnello Gaetano Vairo.

Jab. 64 -· Q1;_~rj1'_'.:.~1!Jlerio_!L <!!!.!~a Cawz_lleria Napoletana (18 03-05) ( .'omandante e Jspellore: maresciallo barone Acton lru:aricato del dettaglio dell'ispezione: brigadiere Anlonio Pinedo f - - - -- - I la Agoslino Colonna ·1 2a G. B. Fardella 3a Ù . B . de Cesare_ Ilrigate Maggiori Ten. Co l. Colonnelli ~_ggimeuti ~ --Io - Antonio Marin Giovanni B Guglielmo Re 2n - Luigi _Eduuiiz Moncada Pulce ----I o - C1io. de Conciliis I ,uigi Palmieri Andrea Liguorn Regina i' 2° - Vinrilio Maglìetla (col. graduato) 1 ° - F abio C aracciolo Francesco (vacante) Real P1incipc 1 (ten. col. graduato) Friozzi 20 - Sanchez de Luna -0 ! - (vacante) Principe di Gaspare Real Principe TI i\.gg. - Lui gi Gaetani Emiquez Campana 2° - Ottavio Ciccone 1° - A. della G uardia Nicola Moscati Cìiulio Antonetti Real Principessa 2° - F crdinm1do llenet --l O - Raimondo Ribera Lattanzio Sergard i Leone dì 'fora Valdinoto Il 2° - Cì-iuseppe Marulll_ ... ~

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE~ N~A~PO = LE=O=N=l=C~H=E~(=1800=~--1=8~1~5~J- -- - - -- - - - - - - - --

- - - - - - - - - - - - - -- -·--·-- -- --·- - - - - - - - - - -- -- - - - --~ Tab. 65 - Dislocazione dei 45 Battaglioni e 21 Squadroni napoletani(3 marzo 1806) __

'------------____c/.::1_-____cG.::.r-"11.:. :n.:ca-'--'t~ ie ri del/Ji Guardia

,__l'_'.:.:.13_a~tt~a=g!J:_:·o-=1.::.1e'--_ _ J_ç~~e __r_1z_1_1_______.L_ r2_0 _R_a_tt_a~Lg~,1_io_1_1_e· ___.i_;:S..;.a~n=-=M=a:..:r..;.ti:::n:..:o~~-=('____---l

8 - Fanteria di Linea (24 CfJ }.!ra11atieri e 36 hlf.!fucilieri) Reggimenti Veterani Reclute l---------.:.,.;:=-=c.._------i-------====-----·- --'--··---·- - ----<--(--'_ra_1_ 1a_t_ie_r_i_-l-___1_0_}'_1_1c_i_li-e''-'ri_ __,__ _2_0 _D_a_t_tu~~_,_,l_io_r_1e _ __,_3_0_l_~allllglioi:,~ . c.B__J<~<:_rdinando Rotonda ( '.I Rotonda © Rotonda i{;) Rotonda --·-R. Can1li~_a__l_ _,,~F~·1_·a_n_c_a_v_il_la_«:_)_ _._}_r_a_n_c_av_il_la_ <n_, _ _ __._l_;1_·a_n_c_a_v_il_l,_·1_!{;~:)_ _-1-~C_a_s_si_1n_<_1?____ _ R. l'rincinc 1T Policoro l'olicoro Cassano ? Cassano? ~:_:_:...:..:.==--'-'--+.;_-~.;_---J-C-=~::..:..------+====-:-·,•-·---- 1-- - - - - - - < I{_ Princincssa Lagonegro O Lagonegro «) Lagonegrn <GJ Lagone~ __<f2__ c.B-_0 _Cala~!~~~i _ _--J...:l::..:a=-s:. :s.:.:a: .:nc:.o___-+-=C-='a:::s.::.sa=1:.:.10=--------+-'C:..:'a=s:.::s.::a::.:n.::.o____~..:C=-'a=s:.:·s:::ano A hhruzzo Castellucciot;J l " Castelluccio© Castelluccio 2° Castell uccio © 1----- -----1------ --=----===="'-=---~ ---·-- - - - - - - - l . - - - - - - - 1 Alemaana Cassano Cassano sciolto L~r.~_li~)--+_s_c_io_l_to~(N_A_)~... ..:..A:.:l:.:h::a:.:n:.:ia:;_____..._::C:'a .:::s:.::s::.a1:.:.10=--___i-C=a-=ss,..·a::.:r:.:10::____________s_c_ io__l_ll_>_,(_N_a_,.p_o_l--'i)'-----4-s_c_io_l_t_o_,(-N_A -"-)--i L:.R:.:·..:S:.:'a:.:11:.:n:.:i.::ti___.1-..:C:.:a=sc:.s=ai:.:.10.: .·----"-T='.::ai:ctt'o=n.::.ett=n'-1-'t':l _ _ ___ -~~i_(~_lt_o_(~(_ -:a~1J~)1_ia_)~_+--sc_i_o_lt_o_(~(_:_ap~)_, Carolina Il Cassano 'i) Cassano <t) __<:ì_ ac__t_a_ _____'--(-";.-'-a-'e'-'ta.c___ _____, R. l'rincine I Cassano O Cassano ù Cassano __,______ Gaeta _, R. Presidi Cassano Cassano Gaeta Gaeta ---· · -- - - - - L - ' - - ' - ' - - - - - - 1

_______

C - Cacciatori e

Battaglioni cacc iatori (4 comp_agnie). A1muli Cìaela ·----·-······-i-=C:.: ' a:.:.11:.:.11:ll'::al..:li.________.._::s.::.c:.:il:.:.>1.: :l<.:_>"'(f,__'c"'•s::.:·c·a-::::.r::a,)_ __ .. Calabri Cotrone (2 cp rt;) )

Cavalleria ·-·-·----

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Reggimenli di cavallc1ia (3 squadroni) La!!Onettro t> --l{c R cgi na Po Iic oro R. Ptincipc I Cosenza ( scorta ai Princini R) ..Marni Policoro I{ Principe Il Napoli (prigioni~----~utÌ!1i Policoro R. l'rincinessa Cassano ù Sanl!i.~i Poli coro Valdinoto Policoro ~a_~~i_ __ Policoro Valdimazzara Soezzano ({) = Prese nte a C a mno Tenese il 9 marzo 1806

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[ REALI ESERCITI E. LE Ml,.,, L,,, IZc"IE.~ ("1"'800""--"- --'180""'6")_ _ __ _ _ _ _ _ __ _

4 -

Ufficiale >'> di cavalleria

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LE. DUE. SICILIE NE.LLE GUERRE NAl'OLWNICHE (1800 • 1815)

Artigliere in gran tenuta

Pioniere in giacchetto do travaglio

TNSERIRE QUI LA TAVOLA CON I..:ARTIGLIERE E IL GENIERE


[ REALI ESERCITI E LE MILIZIE (1800 - 1806)

7. IL CORPO REALE D'ARTIGLIERIA E GENIO

( 1800- 1806)

A. Il Corpo reale d,artiglieria e il genio lf comportamento del Corpo Reale nel 1798-_')9

I

n entrambe le occasioni in cui fu impiegata contro i francesi, a Tolone nel 1793 e nella campagna di Roma del 1798, l'artiglieria napoletana perse praticamente rutti i pezzi e tutto il carreggio. E, se nel primo caso l'abbandono del materiale fu giustificato dalle circostanze in cui avvenne il reimbarco, nel 1798 l'abbandono avvenne durante la ritirata quando non addirittura sul campo (per fuga dei vetturini e poi dei serventi a Torre di PaJme il 28 novembre e a Falleri il 4 dicembre, per resa il 14 alla Storta, dove il capitandconsegnò al nemico la batteria lasciata in retroguardia da Damas). A Tolone la brigata da campagna era comandata dal maggiore Lino d'Ayala e dal capitano Alessandro Begani (che prese parte alla difesa repubblicana di Ancona nel 1799 e comandò quella post murattiana di Gaeta nel 1815), il parco d'assedio dal maggiore Saverio del Re e i 300 cannonieri di marina dal tenente colonnello del corpo reale Vincenzo Minichini. Il tenente generale Fonseca Chavez assunse la direzione generale dell'artiglieria d ella Grande Armata del 1798, avendo alle sue dipendenze i sottodirettori del parco (maggiore Domenico Macrì) e delle artiglierie divisionali. Quello della Divisione Micheroux, battuta a 'forre di Palme, era il maggiore Francesco Alvarez de Leon, da cui dipendevano le sezioni di battaglione e la batteria "di riserva" (da posizione), inquadrata dal maggiore conte Luigi Pighetti e dai capitani Raffaele Carola e Carlo Petri (che assie1~1e all'aiutante Rossi fu il maggior responsabile del panico e della foga,

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Ll DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815)

invano contrastati dal tenente Michele Boldoni e dal I O aiutante Giovanni Giurelli). Ufficiali del corpo reale addetti allo stato maggiore d'Armata erano il futuro stratega e martire della Repubblica Gabriele Manthoné (nato a Pescara da famiglia savoiarda) e il foturo storico del Reame Pietro Colletta. Manthoné, con l'intento rivoluzionario di aiutare il nemico, intercettò il primo ordine di ritirata inviato a Damas. Colletta si trovò al combattimento di Civitacastellana, dove fu abbandonata la batteria da posizione della Divisione Sassonia, inquadrata dal maggiore Gardinez e dai fratelli Leoni. Si distinse il capitano Angelo Palenza, assegnato alla colonna Sanfìlippo, che, dopo la rotta di Terni, ne riorgani:1:1.ò i resti tentando di resistere alle gole di Antrodoco. I rispettivi sottodirettori d'artiglieria (colonnello Viola e tenente colonnello Antonio Alvare'.I, de Leon) e del genio (capitano Paolo Ferrara e tenente colonnello Giacomo Lcttieri) delle piazzc di Gacta c Pcscara ne consigliarono la resa alla prima intimazione. Colletta e i[ capitano Vincenzo d'Escamard comandarono poi, sulla linea del Volturno, il fortino San Giuseppe davanti al ponte di Annibale e la batteria Santa Caterina di Capua, che il 9 gennaio 1799 appoggiò la vigorosa sortita del principe d'Assia e la carica di Roccaromana. Capri espiatori del tradimento imputato in genere agli ufl-ìciali e in particolare a quelli dell'artiglieria, il capitano Pietro Bianchi e i tenenti Zelada e Biader furono linciati il 16 gennaio d ai popolani di Aversa, mentre tentavano di trasportare i resti del parco da Capua a Capodichino. Il cardinale Ruffo voleva i mortai, convinto di vincere "con quattro bombe e il perdono generale" e l'Armata sanfedista cantava "Viva Dio e l'artiglieria"; ma la sua era comandata da un semplice caporale (de Rosa) e da tre artiglieri promossi alfieri dopo la presa di Altamura. fra gli ufficiali, comunque pochi, che fecero la resistenza, ne figura uno solo del corpo reale, il maggiore Giuseppe Pardignas, rimasto in servizio a Napoli sotto la Repubblica ma aderente all'unione clandestina del conte Massarenghi Dentice, il quale ebbe un ruolo importante nell' insurrezione realista del 13 giugno.


I REALI [S[RCITI E LE MILIZff ( 1800 • 1806)

Il recupero degli epurati Nel primo numero del Monitore napoletano, Eleonora Fonseca Pimentel aveva elogiato l'artiglieria, definendola con candido entusiasmo "corpo noto per il suo patriottismo". Confermava il giudizio, dal suo punto di vista, la regina Carolina, nella lettera del 5 giugno 1799 a Ruffo "la marina e l'artiglieria, tutta cattiva". Tn realtà l'adesione in blocco dei corpi tecnici, come l'artiglieria, il genio e la marina, ai regimi repubblicani instaurati dai francesi in ltalia, non nasceva da una preferenza ideologica, ma, ali' opposto, dal trinceramento dietro il carattere "apolitico" della corporazione professionale, abituata fin dai tempi di Vauban a tutelare i propri interessi e a farli valere sia nei confronti dell'autorità militare che dell'autorità politica. J corpi tecnici, o almeno artiglieria e genio, dimostrarono infatti in tutta Italia una naturale propensione a cambiare coccarda col mutare dei governi. Uomo di mondo, il cardinale Ruffo lo sapeva hene e non dovette pesargli pit1 di tanto b decisione, nhhlig.it:1 in mancam.a di alternative, presa il 20 giugno 1799 di confermare alla testa dell'artiglieria Carlo Novi e Vincenzo Minichini, gli stessi che il 5 maggio 1795 erano entrati a far parte, assieme a Giambattista Cimino (direttore dell'arsenale), della giunta nominata per dirigere il corpo dopo le dimissioni dell'incomodo riformatore Pommereul. Durante la Repubblica avevano tutti e/re mantenuto i loro incarichi e cooperato coi francesi, ma l'unico a subire conseguenze fu Fonseca: processato dalla giunta Spinelli e difeso dal capitano del corpo Ferdinando Ventimiglia, se la cavò comunque con la semplice perdita del grado. Come l'artiglieria piemontese e romana, anche quella napoletana aveva aderito in blocco alla Repubblica. Diversamente dagli a ltri due casi, a Napoli i restauratori cercarono inizialmente di estendere l'epurazione anche all'artiglieria, già scremata <li 12 ufficiali espatriati coi francesi. Su 11 O ufficiali scrutinati dalla giunta dei generali, solo 4 risultarono assolutamente fedeli. A 16 (inclusi Minichini e ]orrebruna) si riconobbe di essersi dissociati per tempo, mentre tutti gli altri avevano continuato a servire la Repubblica fino all'ultimo, e, era questi, 17 avevano tuttora una condotta equivoca e 28 erano "intinti di giacobinismo", come il comandante repubblicano del corpo, colonnello Lahalle (passato poi nell'artiglieria italiana). 'lhttavia un solo ufficiale d'artiglieria (il tenente Pietro Losa) e 2 guardamagazzini furono giustiziati e soltanto 10 esiliati (cinque a vita, uno per 25 anni, tre per 15 e uno per 5).

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ([800 - 1815)

Lincenzione originaria era di compiere un'epurazione radicale, sostituendo i vecchi quadri con altri nuovi da formare. Ma la nuova crisi dell'estate 1800 non ne dette il tempo e impose il richiamo degli ufficiali inferiori epurati per motivi politici. 'fra costoro anche Carlo Sansone, che, assegnato alla Divisione Damas, ne approfittò per disertare con altri 3 sottufficiali del corpo e unirsi al battaglione ufficiali cisalpino finché non fu catturato a Figline e deportato in Ungheria. Secondo Blanch, su istanza del generalissimo Lacy, in occasione della mobilitazione del 1805 fu attuato un vasto ricambio dei quadri del corpo reale: "si ritirano i vecchi, si avanzano i giovani e si richiamano i buoni".

Il riordino del Corpo reale d'artiglieria Il piano presentato da Minichini nell'ottobre 1799 prevedeva di separare il genio dall'artiglieria, di incorporare in quest'ultima gli artiglieri litorali (istituiti il 25 marzo 1793 su 1.696 teste, di cui 1.270 a Napoli e 426 in Sicilia), di aumentare gli artefici da 1 a ben 12 compagnie, trasfrrin: dallo stato maggiore generale al genio la brigata pionieri e la compagnia pomonieri creati il 1G ottobre 1798 e creare altre due nuove brigate di minatori e di zappatori, anch'esse dipendenti dal genio. Il piano prevedeva in tutto 72 compagnie di 142 teste riunite in 4 ripartimenti territoriali (Napoli, Calabria, Adriatico e Sicilia), con un organico di guerra di 10.224, più 568 invalidi, col seguente ordinamento: •

• •

12 brigate "bombardieri-cannonieri" su 4 compagnie di 142 teste pari a 36 compagnie (5.112) contro i 4000 previsti dall'ordinamento Pommereul (32 compagnie di 72 teste e 1.696 artiglieri litorali); 12 compagnie autonome di artefici (1.704) invece di una (106); 3 brigate del genio (pionieri, minatori e zappatori) e 1 compagnia pontonicri per altre 1.846 teste.

ln realtà l'artiglieria fu ricostituita col sistema piì1 semplice e più corporativo, quello cioè di richiamare in servizio nei preceden ti ruoli, epossibilmente anche nei vecchi incarichi e sedi di servizio, tutti quelli - ed erano la stragrande maggioranza - che in un modo o nell'altro aveva no saputo sopravvivere ai rivolgimenti politici trincerandosi dietro la loro presunta e compunta professionalità cd evitando eccessive esposizioni personali.


I REALI

ESERCITI E LE MILIZIE ( 1800 - 1806)

Nel gennaio 1801, escluse le aliquote in Sicilia, il corpo reale contava 1.650 effettivi (brigate napoletane 1.012, due compagnie siciliane a Roma 127, artefici 66, brigata pionieri 360, ponronieri 57, genio 28), più 860 artiglieri litorali (richiamati alle armi il 7 maggio 1800). Il 21 luglio il corpo reale fu confermato sul piede del 1788, ma il 18 giugno 1802 l' organico, compresi i reparti in Sicilia, fu ridotto a 1.972 (brigate artiglieri 1.106, artefici 74, pontonicri 45, pionieri 247, treno e bagagli 421, corpo politico 48, corpo del genio 31). Al 1° gennaio 1803 il corpo reale contava 1.999 dkttivi, di cui 1.515 a Napoli e 484 in Sicilia. Sulla base delle presenze medie dell'anno precedente, nel 1803 si prevedeva per l'artiglieria, esclusi gli ufficiali, un costo mensile di 21.062 ducati, corrispondente a quello di due reggimenti di fanteria e di un battaglione cacciatori.

B. L'ordinamento dell'artiglieria Lo Direzione e il Corpo Politico del Ramo artiglieria Nominato il 20 giugno 1799 ispettore del corpo reale, Minichini ehbe il 24 luglio anche la presidenza della giunta d'artiglieria, composta dal tenente colonnello Giovanni Antonio 'forrebruna, nominato direttore della segreteria di guerra particolare di Napoli e delle regie manifatture militari, e dal colonnello Francesco de La Vega, direttore del genio. TI 3 febbraio 1802 Torrebruna lasciò la direzione particolare di guerra, assunta direttamente dal ministro Colajanni, e fi.1 nominato direttore generale interino dell'artiglieria e genio, con funzioni anche di ispettore del corpo. Nell'aprile 1803 il nuovo ministro Forceguerri propose il ripristino della vecchia giunta collegiale, ma il re non acconsentì a chiamare ufficiali capaci ma politicamente compromessi come Novi e Parisi. Corgano collegiale venne infine creato il 3 ottobre 1804 col nome di "ispezione generale", ma Forteguerri non ottenne di farvi entrare Parisi, "abile e probo". La presidenza fu data invece a Carlo Novi, già recuperato quale comandante della piazza di Capua e appoggiato dal re di Sardegna

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LE DUE SICILIE NELLE GU~RRE NAPO~L,'c'EOsc-N_,_.IC..,,.1-_..,IE.,_,.(_._,l800=_ · _._,18"-'-l-"'5)c___ _ _ _ _ __ _ _ _ __

(che in quel momento era a Gaeta), e nella giunta entrarono i nuovi colonnelli Michele Puccemulton, già governatore del Castel dell'Ovo e poi direttore delle manifatture militari, e Antonio Alvarez de Leon, già direttore d'artiglieria a Napoli. Non vi furono variazioni nel "corpo politico" (amministrativo) d'artiglieria, composto da un commissario ordinatore (Giovanni Antonio Pardignas), 9 commissari di guerra (due tenenti colonnelli, tre maggiori, due capitani e due senza grado militare) e una guardia principale di artiglieria (capitano Francesco Milon). 1.:ordinamento del 18 giugno 1802 attribuiva al corpo politico un totale di 48 addetti militari e civili.

Le scuole pratiche e teoriche d'artiglieria 'forrebruna curò particolarmente l'addestramento del corpo reale e su sua iniziativa fi.irono organizzare sia a Palermo che a Napoli le "scuole pratiche" d'artiglieria, dirette rispettivamente dal colonnello hancesco Saverio del Re, comandante del Reggimento Regina, e dal maggiore Mario Capece Minutolo, comandante delle Batterie dell'Ala dritta (del Golfo). Le scuole di Napoli si tenevano a Bagnoli, luogo considerato tuttavia poco adatto, non solo a scopo di istruzione, ma anche di sperimentazione, in particolare circa il peso e la carica delle bombe e granate reali, disponendo dei tavoloni per poter raccogliere tutte le schegge. Nel settembre e ottobre 1803 si effettuarono tiri a varia distanza con cannoni da battaglia caricati a grossa e a piccola mitraglia contro un telone lungo 60 piedi sul quale erano state dipinte una linea di cavalleria e una di fanteria, per poterne osservare gli effetti. Inviato con altri cinque promettenti capitani in missione di studio in Francia nel 1787-88, nel dicembre 1798 Torrebruna aveva tradotto l'istruzione inglese per la leva in ma.~sa. Nel 1802 pubblicò, presso la Stamperia Simoniana, un Saggio delle istruzioni teoriche date al Real corpo dell'artiglieria e del genio nel corso dell'anno 1802, coi programmi dettagliati dei corsi di fortificazione, artiglieria, chimica, fisica sperimentale e matematiche tenuti presso le "scuole teoriche" del corpo. Professori di artiglieria ragionata e di architettura militare erano i capitani Vincenzo Escamard e Francesco Bonelli, di matematica suhlime ed elementare Gennaro de Conciliis e Gennaro Minzele, di chimica e di fisica Salvatore Ronchi e


I REALI

EsERCITI E LE MILIZIE ( 1800 - 1806}

Giuseppe Casselli. Nel 1805 fu inoltre stampata a Napoli una Miscellanea d'artiglieria per servire di ajuto di memoria agli Uffiziali del Corpo Reale delle Due Sicilie.

L'Accademia militttre Labolizione della vecchia accademia militare consentì al corpo reale di prendere il controllo sia dell'edificio della Nunziatella sia del convitto militare stabilitovi il 17 aprile 1801. Il 1° dicembre 1802, su pressione del presidente del convitto, capitano Giuseppe Saverio Poli, all'istituto fu dato il nome, improprio, di "accademia militare", con l'unico effetto di elevare il rango e il soldo dello stesso Poli a tenente colonnello.

Tn compenso il controllo sul convitto fu ottenuto, con duhhia attinenza, dalla direzione del corpo reale, che ne approfittò, forse anche all'eterno scopo di recuperare spazio, per trasferire alla Nunziatella le scuole teoriche d'artiglieria che in precedenza si tenevano al Castelnuovo. I due istituti restarono peraltro distinti, ognuno col proprio direttore (anche se quello delle scuole rimase vacante), i propri professori e i propri allievi. Del resto le scuole teoriche erano frequentale dagli ufficiali del corpo reale di stanza a Napoli qJando liberi dal servizio, il convitto, invece, dai figli degli ufficiai i benemeriti o defunti ammessi dai 7 ai 14 anni e trasferiti a 18, se meritevoli, in un corpo militare, in genere di linea. Un ibrido, hen diverso, m algrado il nome identico, dall'Accademia militare di Modena destinata al reclutamento d ei futuri ufficiali delle anni dotte. Tanto p er semplificare, Poli ottenne poi, il 15 aprile 1804, di istituire presso la Nunziatella, e sotto la sua direzione, nientemeno che un'"università degli studi" per alunni esterni (in realtà una semplice scuola elementare e media), assegnando a sé stesso, con modestia, il corso elementare ("leggere, scrivere e numerare") e a 7 militari (1 capitano, 5 alfieri e 1 sergente) i corsi di geometria e aritmetica ragionata, lingua e grammatica italiana, carattere e disegno, nonché a 2 preti la "spiega del catechismo". Gli allievi interni seguivano invece corsi di geografìa (capitano Giuseppe Galileo Pasquali), di tattica (maggiore Felice Fusco) e di equitazione istituiti nel 1803 e di francese (istituito il 17 aprile 1804), nonché corsi avanzaci e ridondanti di matematica (calcolo sublime, trigonometria

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LE DUE SICILI[ NELLE GUERRE NAPOLWNICHE(l800- 1815) ~

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e sezioni coniche), geometria, meccamca, fisica e letterari (grammatica, eloquenza, latino).

I Reggimenti Re e Regina e le brigate d'artiglieria La prima misura per ricostituire i due reggimenti (Re e Regina) previsti dal vecchio ordinamento fo di recuperare tutti i vecchi artiglieri distaccati al maneggio dell'artiglieria dei battaglioni. Il 18 luglio 1800 si ordinò pertanto ai corpi di fanteria di provvedere in proprio al servizio dei pezzi da quattro, addestrando proprie squadre di serventi. Il 27 agosto gli artiglieri veterani esistenti nel Regno di Napoli furono invece riuniti in 4 brigate divisionali su 4 compagnie di 72 teste (3 a piedi e l "volante", ossia con treno da campagna). L1. 4a brigata, di stanza a Roma, e comandata dal maggiore Ferdinando Macrì, era però formata da due sole compagnie (una volante e una presidiaria) disLaccate dalla Sicilia. I .e compagnie di stanza nel Continente non erano perciò 16, ma solo 14, incluse due siciliane, e in settembre contavano solo 649 effèttivi su un organico di 1.008 (14 x 72). Nel gennaio l 801 le 4 brigate napoletane avevano 1.112 effettivi e le 2 compagnie siciliane di Roma 127. Il 25 gennaio furono aggiunti a ciascuna compagnia, incluse quelle pionieri e artefici, 2 aspiranti con grado di alfiere di fanteria e soldo di 9 ducati mensili. In febbraio la riserva d'artiglieria era già tornata a Capua, mentre la brigata volante era ancora a Sora insieme coi pionieri. TI 23 maggio fu sospeso il reclutamento del corpo reale, che il 21 luglio fu confermato sul piede del 1788. Lordinamento prevedeva in rutto 2.005 uomini inclusi 159 ufl-ìciali, con 36 compagnie di 48 teste riunite in due reggimenti, Re coi battaglioni a Napoli (l e Barletta (2°) e Regina col comando e il 2° battaglione a Palermo e il l a Reggio. Solo in guerra le compagnie erano mobilitate su 72 teste con l'aggiunta di 24 allievi artiglieri. 0

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Il 27 aprile 1802 le 9 compagnie del 2° Regina (6 a Palermo, l a Siracusa, 1 a Milazzo-Augusta e l a Trapani-Girgenci) furono portate sul piede di 48 teste e riunite in 2 brigate di cannonieri (la e 2a), più una compagnia autonoma (I/5a) di minatori e zappatori. Lordinamento del 18 giugno soppresse il 1° battaglione Regina, incorporandolo nel


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Reggimento Re. Quest'ultimo assunse lo stesso ordinamento del Regina, su 8 compagnie cannonieri riunite in 2 brigate (3a e 4a) e 1 autonoma di minatori-zappatori (II/5a), ma con organico superiore a quello delle compagnie siciliane (72 anziché 48). La 5a brigata minatori-zappatori ebbe 120 teste (I compagnia siciliana di 48 e II napoletana di 72) in pace e 288 in guerra (4 compagnie di 72). Aggiungendo la piana maggiore e minore (13), i due Reggimenti contavano insieme 1.106 teste, di cui 661 del Re e 445 del Regina. Nel 1803 la 5a brigata minatori- zappatori fu accorpata con la brigata pionieri, che assunse perciò il nuovo nome di "brigata pionieri-minatori- zappatori". Il 14 agosto furono assegnati alla colonna mobile della Basilicata 12 artiglieri e 2 pezzi da montagna. Nel 1803-04 il Reggimento Re era comandato interinalmente da una giunca di tre dei cinque maggiori addetti al corpo (Gaspare Manuel y Arriola, Giuseppe Pardignas, Niccolò Torrebruna, Diego Pighetti e l~erdinando Macrì). Nel 1804 ne assunse il comando il colonnello Antonio Alvarez de Leon. Comandante del Regina era invece il colonnello hancesco Saverio del Re, maggiori Edmondo Offaris e Paolo Scandurra. Ridotti ai soli cannoni: ri, i due reggimenti furono decimati dalle diserzioni indo tte d agli inglesi . Per coprire una parte delle perdite il 23 novembre 1804 si ordinò di rimandare al corpo reale i disertori dell'artiglieria che servivano in fanteria. Nell'aprile 1805 i due corpi avevano insieme 821 uomini (Re 594, Regin a 22 7). Secondo I ,uigi Blanch al corpo reale furono assegnate ben 3.200 reclute sul contingente di 30.000 levato il 4 dicembre, di cui 1. 500 per ciascun reggimento. Risulta invece che il 19 gennaio 1806 furono mobilitati su 750 ciascuno (10 compagnie di 7 5), incluso il personale già in servizio. L Eta! de l'arrnée napolitaine al gennaio 1806, ricostruito dai francesi dopo la guerra, attribuiva ai due reggimenti 1.2 11 effettivi (101 ufficiali), di cui 643 (74) al Re e 568 (27) al Regina. Secondo Blanch la brigata da campagna assegnata in dicembre alla Divisione Rosenheim e comandata da Macry (che Bla nch giudicava "mediocre") era formata da 2 compagnie con 2 ba tterie da posizione, mentre la Divisione M.inutolo aveva 4 compagnie con una so la batteria, più 8

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LE DUE SICILIE NELLE GUI:RRE NAPOLEONICHE 11800- 1815)

pezzi da undici per il campo trincerato. Il 6 marzo i francesi presero a Lagonegro i 2 pezzi pesanti messi in batteria per infilare la strada consolare (un obice rovesciatosi al primo sparo e un cannone da dodici che dovette essere inchiodato) e altri 2 leggeri abbandonati sulla piazza del paese. La posizione di Roseto, che sbarrava la strada della costa ionica dopo il Sinni, era munita di un pezzo da dodici, che Rosenheim riteneva un inutile regalo al nemico, perché intrasportabile in caso di ritirata e perché il campo di tiro era di sole 3-400 tese, per cui a suo giudizio erano sufficienti i pezzi da quattro. I ,a posizione di Campo Tenese era stata fortificata con tre ridotti muniti di 16 pezzi, ma le piazzole, a causa del terreno ghiacciato, non erano state ben livellate e resero il tiro inefficace; i pezzi, tranne uno, furono abbandonati al nemico. Si distinsero soltanto, del corpo reale, le compagnie di Gaeta, inizialmente 2 con 154 uomini (X e XIV del 2° battaglione Regina), rinforzate il 10 giugno da un'altra mista di 72 formata a Messina coi reduci dalla Calabria e da 57 pionieri. Il principe d'Assia accettò i cannoni ma non i cannonieri inglesi offertigli da Sidney Smith. Tuttavia negli undici giorni di bombardamento francese (7-18 luglio) alcuni cannonieri di marina inglesi furono impiegati al bastione piattaforma, perché i napoletani erano troppo pochi. Al momento della resa la guarnigione includeva 211 artiglieri e 20 pionieri. Gli ufficiali erano i capitani Ferdinando Landini, Angelo Palenza e Carlo Rossi, e i tenenti Arcangelo Giannelli e Federico La 'forre (provvisorio). Landini e Palenza furono promossi maggiori durante l'assedio, che costò la vita al secondo dei due.

Le critiche di 'Jorrebruna e il progetto dell'artiglieria a cavalb.J Nel rapporto del\ '11 dicembre 1803 commissionatogli da Acton, Torrebruna crit icò l'ordinamento d ell'artiglieria napoletana, a suo avviso troppo numerosa e mal distribuita. Si era adottato il rapporto di 4 pezzi per mille uomini, quando nel resto d'Europa era di 3 per mille e appena di 1 nelle ultime campagne francesi. Si era poi preso un rapporto matematico per un criterio organico, commettendo l'errore di assegnare due pezzi ad ogni battaglione: bastava assistere alle manovre per accorgersi che il fuoco di due piccoli pezzi schierati a intervalli di 50 tese era inutile, perché la linea nemica "sempre si ricusa(va) al fuoco". Quanto all'esperienza,


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in nessuna circostanza ne era stato impiegato più di un terzo: l'"cnorme e dispendiosa artiglieria dei battaglioni", "in gran parte non era servita che di ostacolo alle mosse" delle Armate napoletane. Era "inutile vagheggiare di costruire l'artiglieria provinciale": sarebbe occorsa "una spesa enorme" per provvedere al materiale e poi al personale.

11 fattore decisivo non era il volume, ma la manovra del fuoco, con "l'artiglieria da posizione (che noi, forse impropriamente, diciamo di riserva)", sia, soprattutto, con l'artiglieria a cavallo, che dava vantaggi incalcolabili, consentendo di prevenire il nemico sulle posizioni dominanti, mascherare le manovre, seguire le vanguardie, rinforzare prontamente una parte della linea, fare attacchi improvvisi combinati con la cavalleria o la fanteria leggera. Austria, Francia, Prussia l'avevano già riunita in reggimenti, la Spagna ne aveva 10 compagnie, due per reggimento a piedi. Per gli effettivi napoletani (45 battaglioni e 28 squadroni) occorrevano 90 pezzi a piedi e 28 a cavallo: questi ultimi, secondo Torrebruna, potevano formare una brigata a cava11o su 4 compagnie e 308 teste. Torrebruna (sotto)stimava per la brigata a cavallo un costo di 3.500 ducati al mese (come un battaglione cacciatori), e proponeva di coprirlo recuperando 2.000 ducati dall'amalgama tra brigata pionieri e Sa brigata minatori-zappatori e altri i'l.300 affidando alla brigata a cavallo il servizio scorte ai procacci attualmente svolto dai fucilieri di città (ad un costo di 2.400 ducati mensili, mentre il costo aggiuntivo per affidare il servizio alla brigata a cavallo sarebbe stato di soli 900). La proposta giunse fino al re, ma non ebbe ulteriore effetto.

Gli Ar1iglieri litorali Le coste dei due Regni erano vigilate da 419 torti Ii toranee, 84 al di qua e 335 al di là del Faro, stabilite da Carlo V. Le torri aldilà del Faro erano 69 in Calabria (di cui mantenute 29 a Ponente e 24 a Levante), 32 in Terra d'Otranto, 16 in Terra di Bari, 25 in Molise e Capitanata, 13 in Abruzzo (6 Ultra e 7 Citra), 42 in Terra di Lavoro, 89 nel Principato Citra e 13 in Basilicata. All'epoca di 'fanucci 142 erano custodite da 696 invalidi (di cui 446 in Calabria e 40 artiglieri in Abruzzo) e altre da 340 artiglieri provinciali isti-

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tuiti il 12 dicembre 1756, di cui 240 nel Regno di Napoli su 6 compagnie di 40 (quattro in Puglia, una in Capitanata e Molise, una in Calabria) e 100 in Sicilia (compagnie di 50 ad Agrigento e Milazzo). Altre torri erano custodite da torrieri a carico di province ed enti locali o della speciale soprintendenza del Regno di Sicilia (in Calabria erano 52 soldati paesani e 72 cavallari, in Sicilia, nel 1804, erano I 53 era caporali, artiglieri e soldati per 44 torri e 2 "farri"). La R. ordinanza per /,a fòrmazione degli artiglieri litorali, del 25 marzo 1793, sostituì agli artiglieri invalidi e provinciali una milizia locale di 1.696 volontari dai 16 ai 35 anni, scelti dagli ufficiali del corpo reale fra i residenti nei comuni costieri, dando la preferenza ai provenienti dai provinciali nonché ai falegnami, carpentieri e fabbri. La milizia contava 446 teste in Sicilia (356 nelle batterie costiere e 90 ndlc isole minori) e 1.250 oltre il faro. Questi ultimi erano così ripartiti: •

51 nei Presidi di Toscana (Longone 20, Orbetello 17, Port'Ercole e 'làbmone 3 ciasctma, Montefalcone e Piomhino 4);

64 nelle Isole Pontine (32 a Ponza e 32

a

Ventotene);

80 nella piazza di Gaeta;

• •

60 nelle lsole Hegree (24 a Capri e 36 ad Ischia); 463 nelle batterie del Cratere di Napoli (Ferdinando 24, Carolina 16, Baia 80, Pozzuoli 60, Posillipo 32, Vigliena 40, Pietrarsa l 5, Granatcllo 32, Calastro 21, Rassano 8, Scassata 8, Ancino 24, Rovigliano 30 e Castellammare 70); 66 in Calabria (36 a Reggio e Pentimele, 30 a Cotrone);

392 in Puglia ('faranco, Callipoli e Otranto 36 ciascuna, Brindisi 80, Monopoli, Bari e Trani 36, Barletta 32, Torre delle Saline 8, Manfredonia 40, Vieste 30 e Isole 'lì·e miri 16);

44 in Abrnz:w (a Pescara).

Il 7 maggio 1800 furono richiamati in servizio 860 artiglieri litorali del Regno di Napoli (i precedenti meno quelli della costa pugliese). Diciassette artiglieri litorali presero parte alla difesa di Civitella e 76 a quella di Gaeta. Dei primi rimasero solo 11 superstiti che furono poi costretti dai francesi a servire nella piazza d'Ancona. Degli altri ne restavano solo 27 al momento della resa.


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l,a Compagnia artefìà Oltre alle 500 maestranze civili dell'arsenale e della fonderia, l'artiglieria napoletana disponeva dal 1788 di un reparto di operai militarizzati, la compagnia artefici, addetti alla costruzione e riparazione del materiale dd treno. I ,a compagnia era ordinata come le altre su 72 teste e 4 squadre comandate da sergenti, ma le sue erano composte da 16 operai (4 fabbri, 2 chiavettieri, 1 ferraro, 1 chiodaro o calderaro, 2 facocchi, 3 falegnami per lavori d'ascia e l per lavoro sottile, 1 tornitore e 1 bottinaro), i quali godevano di un soprassoldo di 12 grana per una giornata di lavoro di dieci ore. Dopo il 1792 alcuui furono addetti anche alla fusione dei pezzi oppure impiegati come manovali nell'arsenale e il 21 agosto 1794 fu perciò disposto l'aumento di 24 allievi previsto in caso di guerra. Nel gennaio 1801 la compagnia aveva 66 effettivi e 65 in settembre, più altri 13 addetti alle batterie di Napoli. 1.:ordinamento del 18 giugno 1802 ridusse l'organico a 74 Le~Le. I',Etttt (cic.) del gennaio 1806 attribuiva alla compagnia 2 ufficiali e 106 effettivi.

C. Il corpo del genio, i pionieri,

i pontonieri e gli zappatori-minatori il Corpo del genio Diversamente dal resto d egli stati europei, a Napoli il corpo del genio era formalmente inquadrato nel corpo reale, di cui costituiva un ramo particolare. Tale modello organizzativo , idea to da Vallière e applicato brevemente in Francia attorno al 1760, era stato adottato a N apoli su proposta di Pom mereul, suscitando risentimento tra gli ingegneri e gli architetti napoletani. l:epurazione dei repubblicani fi.1 però a nco ra piì1 blanda nd genio che nell'artiglieria: Costanzo emigrò e Parisi fu emarginato, ma non vi furono condanne e nel battaglione ufficiali cisalpino troviamo un solo ufficiale del genio napoletano (un subalterno). Ricostituito sotto la direzione interinale del tenente colonnello , Francesco de la Vega, nel gennaio 1801 il corpo del genio di Napoli con-

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tava 28 uHìciali e l'ordinamento del 18 giugno 1802 stabilì un organico di 31. Lattività fu concentrata inizialmente nella capitale, dove occorreva restaurare fortificazioni ed edifici militari: a tale scopo furono stanziati 7L 190 ducati nel secondo semestre del 1799 e 31.373 nel 1800, ma si provvide anche alle altre principali piazzeforti, in particolare Capua e Gaeta. Come si è detto, il progetto presentato nell'ottobre 1799 dal brigadiere Minichini prevedeva di separare il genio dal corpo reale. La separazione fu attuata nel giugno 1802 limitatamente alla Sicilia, ma solo nel quadro della politica volta ad eliminare l'autonomia militare siciliana restituendo il controllo della difesa ai napoletani. Pertanto gli ufficiali del genio, napoletani, furono sottratti alla dipendenza gerarchica e ispettiva del direttore d'artiglieria, il siciliano Salinero, e sottoposti invece a quella del direttore del genio di Palermo, il napoletano Patrizio Guillamat, che era inoltre superiore in grado a Salincro, semplice colonnello. Gli ufficiali superiori nel Regno di Napoli erano nel 1803-05 il brigadiere marchese Montemayor, direttore del geuio in Adriatico, dc la Vega, promosso colonnello e direttore a Napoli, i sottodirettori di Capua, Barletta, Pescara e Gaeta (tenente colonnello Giovanni Battista Mori e maggiori Santi de Fernandi, Claudio Rocchi e Luigi Bardet) e quattro impiegati nella Direzione di Napoli (tenenti colonnelli Giacomo Lettieri e Michele Aprea e maggiori Vincenzo van Rezant e Ferdinando Roberti). Anche a Napoli la concessione dell'autonomia al corpo del genio fu decisa per ragioni politiche, allo scopo di limitare i poteri del brigadiere Carlo Novi, chiamato a presiedere il nuovo vertice collegiale ("ispezione generale") dell'artiglieria in virtù della raccomandazione del re di Sardegna, ma ancora segnato dalla sua vecchia adesione alla Repubblica. Fu per questo che il 2 ottobre 1804 il re approvò l'ist ituzione di una autonoma ispezione generale del genio; e il 16 il direttore della segreteria di guerra Forteguerri dispose che il genio formasse "dipendenzà' separata da quella dell' artiglieri a, "a tenore dell'antico stabilimento e di quanto è stato praticato in Sicilia nel 1802". L'8 gennaio 1805 il comando e l'ispezione del genio furono attribuiti al preside di Salerno, Antonio Wìnspeare, promosso brigadiere. Bardet, già docente di modellatura alla Nunziatella, fu promosso


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tenente colonnello durante l'assedio di Gaeta e fu plenipotenziario per la resa della piazza. Gli altri ufficiali dell'arma erano il capitano Michelangelo Roberto, il tenente Domenico Avallane (che prese parte anche alla difesa del 1815 sotto Begani quale casermiere di la classe) e l'aggiunto Diego Afan de Rivera (già tenente in Calabria nel 1799 e arrestato il 6 marzo per sospetto giacobinismo, il quale passò poi al servizio di re Giuseppe e nel 1808 si candidò a dirigere l'impianto della fonderia cannoni presso le ferriere di Poggioreale e Mongiana).

La Brigata pionieri Un battaglione pionieri era stato costmuto il 16 ottobre 1798 alle dirette dipendenze dello stato maggiore generale, su 2 compagnie di 140 pionieri e 20 maestri d'ascia. Nell'ottobre 1800 fu previsto un R. corpo pionieri e pontonieri su 5 compagnie (4 + 1) e 372 teste, ma il 23 dicembre i due corpi furono ricostituiti separatamente e i pionieri ordinati in una brigata di 592 teste (19 ufficiali), su piana maggiore di 8 (3 ufficiali, cappellano, chirurgo, tambur maggiore, foriere e profosso) e 4 compagnie di J,/46 teste (inclusi 4 ufficiali, 4 aiutanti, 9 sergenti, 16 graduaci, 1 tamburo, 16 primi e 32 secondi pionieri e 64 allievi) su 8 squadre di 16. it

Comandati dal capitano Haberg, nel gennaio 1801 i 360 pionieri erano col parco di riserva ad Acquapendente. 11 27 aprile furono distaccati a Torre Annunziata a disposizione dell'ispettore delle R. manifatture militari, e impiegati nei lavori di ripristino del canale artificiale del Sarno, che forniva energia motrice alla fabbrica d'armi e al polverificio, nonché nella guardia a tali stabilimenti al posto degli invalidi. In settembre erano scesi a 245. Lordinamento del 18 giugno 1802 ridusse l'organico a 227 e nel 1803 la brigata venne fusa, come aveva proposto Torrebruna, con la 5a d'artiglieria, assumendo il nuovo nome di "pionieri, minatori e zappatori", contratta però in tempo di pace su 2 sole compagnie di 72 teste. Nel 1803-05 la brigata era comandata dal maggiore Antonio Carbuccia. Ridotta a 126 effettivi nell'aprile 1805, nel gennaio 1806 fu mobilitata su 4 compagnie di 146 (592) e raggiunse un effettivo di 20 ufficiali e 515 pionieri e zappatori (L"tat, cit.). Due compagnie furono aggregate in dicembre alla . Divisione Rosenheim in Abruzzo, una fu sorpresa e catturata a Lagonegro

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il 6 marzo. Alla difesa di Gaeta presero parte anche 57 zappatori-minatori, inviati in giugno dalla Sicilia: malgrado la breve permanenza, al momento della resa ne restavano appena 20, indice eloquente dei rischiosi compiti nei quali furono impiegati.

La Compagnia pontonieri La compagnia pontonieri, costituita anch'essa il 16 ottobre 1798 con un organico di 16 marinai, 11 calafati e 9 maestri d'ascia, fu ricostituita nel maggio 1800 con 32 teste (4 sergenti, 1 tamburo, 6 falegnami, 3 calafati, 2 remari e 16 marinai). I'.organico del 23 dicembre 1800 prevedeva 120 teste (4 ufficiali, 66 marinai, 22 falegnami e 12 calafati, piì1 remari, forgiatori e limatori). Comandati dal capitano Vincenzo d'Escamard, professore di artiglieria ragionata alle scuole pratiche d'artiglieria, nel gennaio 1801 i pontonieri erano 57 (ad Acquapendente col parco di riserva). Furono poi ridotti a 45 dal nuovo ordinamento del 18 giugno 1802 e il 29 ottobre 1803 Torrebruna segnalò che nella forza erano compresi due aiutanti, non previsti in organico. Gli annuari di corte del 1804 e 1805 danno vacante il comandante. Nell'aprile 1805 la compagnia contava 50 effettivi e 52 (2 ufficiali) nel gennaio 1806 (Etat, cit.). Nel dicembre 1805 la compagnia fu assegnata alla Divisione Rosenheim. Tn febbraio, dopo il ripiegamento in Calabria, Escamard gittò sul Coscile, sotto Oria, un ponte a cavalletto, coperto da vasta opera a corona. Dopo averlo utilizzato per il ripiegamento delle sue truppe, la sera del 1O marzo Rosenheim lo fece distruggere senza attendere la retroguardia (Farddla), che fu in tal modo tagliata fuori dal resto della divisione.

La Dipendenza del treno d'artiglieria e regi bagagli Secondo l'ordinamento d 'anteguerra, il treno d'artiglieria si formava soltanto in tempo di guerra. Limprovvisazione in questo delicato settore ebbe pessimi effetti n ella campagna del 1798: a Torre di Palme fu la fuga dei vetturini civili a provocare lo sbandamento generale. Non fu tuttavia questa lezione a determinare il mantenimento di un nucleo del treno anche in tempo di pace, ma la necessità di inquadrare i piccoli distacca-


I REALI [SERClTI E LE MJLLZJE (I 800 - 1806)

menti aggregati alle truppe a massa distaccate nello Stato Romano e poi alle colonne mobili provinciali. 1131 maggio 1800 il treno contava 2 compagnie comandate dal capi tano Raffaele de Silva aggregate al corpo d'armata di Roma, con 141 uomini, 40 cavalli e 150 muli. TI 26 settembre si ordinò di mobilitare 433 uomini, mentre il principe di Trabia, direttore della R. segreteria di guerra, emanò apposite Istruzioni per la dipendenza del treno d'artiglieria e Regi Bagagli, la quale fu incaricata anche del servizio della regia posta della Casa Reale e dei trasporti militari e amministrata da una propria giunta economica.

Nel gennaio 1801 il treno contava 4 compagnie e 225 uomini con 14 ufficiali. Il 21 marzo 1802 fu adottato un "nuovo sistema per il treno", togliendogli l'incombenza dei trasporti militari e destinando diversi soctuffìciali alla milizia provinciale. La normativa fu poi modificata ancora il 13 luglio 1804. Presieduta dal brigadiere Giuseppe Bisogno, la giunta economica d'amministrazione era composta dal maggiore Giovanni dc Silva, soprintendente della dipendenza, dal tenente Pasquale de Santis direttore dell'arsenale del treno, dai commissari di guerra civili Gaetano Tosi e Ferdinando Sisti, segretari, e dal fiscale francesco Azzariti. Aiutanti maggiori di de Silva erano i tenenti francesco falanga e Raffaele Palomba. Lordinamento del 18 rgiugno 1802 incluse formalmente il treno nel corpo reale, con un organico di 421 teste. Il 30 novembre 1803 la dipendenza fu ordinata su 3 divisioni (la la coi cavalli e le altre due coi muli) con 275 uomini (5 uffìciali), 279 muli e 189 cavalli, così distribuiti: •

piana m aggiore di 4 teste (cap itano corna nd anre, 2 aiutanti maggiori, I direttore dcl-

1' arsenale); •

• •

la divisione - posta, con 53 teste (2 tenenti, 3 aiutanti, 2 sergenti, 5 caporali, 41 vetturini) e 120 cavalli; 1a divis ion e - riserva con 58 teste (3 sergenti, 13 caporali e 42 vetturini) e 46 cavalli; la divisione - cacciatori con 21 teste (1 sergente, 4 caporali, 16 cacciatori) e 22 cavalli; 2a divisione - treno con 55 teste (capitano, aiutante, 2 sergenti, I O capo rali, 41 vetturini), 66 muli e 1 cavallo; 3a divisione - bagagli con 85 teste (:1lfìere, aiutante, sergente, 14 caporali, 67 vetturini, 1 conduttore aggregato) e 213 muli.

La Nuova pianta del treno dei regi bagagli da sperimentarsi per un ttnno,

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approvata con R. ordine del 9 ottobre 1805, aboliva la categoria cacciatori del treno ed elevava la forza a 267 uomini (8 ufficiali, 5 aiutanti, 12 sergenti, 4 maniscalchi, 5 sellai, 1 magazziniere, 32 caporali e 200 vetturini) con 506 animali (216 muli e 290 altri quadrupedi), ordinati su piana maggiore (4) e minore (3) e 5 divisioni, la la e 2a su 59 uomini e 108 muli, la 3a e 4a su 48 uomini e 120 cavalli e una quinta di riserva su 54 e 50.

D. Materiale e Stabilimenti Tt materiale d'artiglieria Nel 1765-66 erano stati acquistati in Inghilterra 130 cannoni di ferro, inclusi 6 da 60 libbre, e il materiale da campagna includeva 116 cannoni di bronzo (24 da ventiquattro, 12 da dodici, 30 da sei e 50 da quauro libbre). Altre artiglierie per le piazze di Napoli e Palermo si pensava nel 1770 di acquistare dalla Francia per un valore di 300.000 scudi. I pezzi d'assedio e da fortezza da 24, 15 e 12, definiti da Vito Caravelli "di antico metodo", corrispondevano al sistema Vallière per spessore, lunghezza e cameratura (155/20, 135/22 e 117/23 mm); erano invece "di nuovo metodo" i pezzi da campagna da 24, 12, 6 e 4 libbre e da montagna da 4, di spessore ridotto e molto più corti (i primi due di 11 e 14 calibri, gli altri due di calibro 19.3). Questi ulrimi erano in sostanza dei veri e propri obici, molto leggeri e manovrabili, ma anch'essi avevano affosti alla Vallière, simili quindi a quelli del Seicento. Il regolamento del 16 ottobre 1792 per le fonderie e la verificazione delle armi da fuoco stabilì quattro classi di cannoni (da 24 per l'assedio, da 16 per la difesa, da 12 corti e da 4 per la campagna), due di obici (da 8 da posizione e da 6 campali) e tre di mortai (da 12, 10 e 8) e previde inoltre quattro tipi speciali (petrieri da 15, provino da 7, petardo e cannoncino da 4 da montagna someggiabile). Secondo gli standard europei, al numero di battaglioni e squadroni napoletani dovevano corrispondere 266 pezzi (72 da dodici, 170 da quat-


I REALI [SERCITI E LE MILIZIE (l 800 - 1806) _

tro e 24 obici da sei). facendosi molti nemici, Pommereul ottenne infine

il finanziamento del suo progetto di rifusione deHa vecchia artiglieria napoletana secondo il sistema Gribeauval, realizzato in quattro anni presso la fonderia e l'arsenale del Castelnuovo. TI 21 ottobre 1793 trenta pezzi da campagna e d'assedio furono imbarcati per Tolone, dove furono poi lasciati al nemico. Al 25 maggio 1794 restavano solo 42 pezzi da campagna (31 da quattro e 11 da dodici) e 165 vetture, ma, grazie alle nuove costruzioni, nel giugno 1796 furono schierati alla frontiera 76 pezzi e 121 cassoni (12 e 25 a Gaeta, 18 e 27 a Sora, 12 e 18 a San Germano, 14 e 21 a Castel di Sangro e 20 e 30 a Sulmona). Nel novembre 1798 l'artiglieria mise in campo, secondo le stime più basse, almeno 106 pezzi e 137 cassoni. Due mesi dopo, Championnet dichiarava di aver catturato 99 pezzi da campagna. Il fabbisogno previsto dal nuovo ordina.mento del 10 marzo 1800 era di 172 pezzi per 46 sezioni di battaglione (92) e JO divisioni (batterie) di riserva (4 pezzi da dodici, 2 da quattro e 2 obici da sei), sostenute da un "gran parco" o "parco di costruzione" di 84 cassoni e 32 carri di munizioni. Inoltre l'editto del 29 settembre sulla milizia provinciale assegnò 4 pezzi da can1pagna ad ogni reggimento, per un totale (teorico) di 136. Del resto, secondo un\nventario del 1801, l'artiglieria napoletana disponeva ancora di 227 pezzi da campagna (55 cannoni da dodici, 136 da quattro e 36 obici da sei). Gli affusti da campagna erano però soltanto 131, inclusi 11 per pezzi da dodici e 4 per obici e l'idea di spremere 318.665 ducati dagli enti locali per un fondo destinato alle macchine d'artiglieria si rivelò irrealizzabile.

Lo stesso inventario dava, per le piazze del Regno, 816 cannoni (551 in ferro e 265 in bronw), 72 morrai, 801 affusti, 239.406 palle, 38.172 bombe e 794 granate cariche. Oltre un terzo delle artiglierie (34%), oltre un quarto degli affusti (27°/ci), il 43 per cento delle palle e il 61 delle granate si trovavano però a Pescara, Taranto e nelle altre 6 piazze pugliesi occupate dai francesi. 11 19 maggio 1801 Murar chiese artiglierie per armare la piazza di Taranto e il governo napoletano promise di trasferire da Messina 62 cannoni pesanti e 12 mortai. Altri 36 cannoni (metà da 24) e 6 mortai furo- no trasferiti da Genova e 24 e 6 da Ancona e un arsenale e un deposito di

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 • 1815)

artiglieria furono impiantati nel convento del Carmine, sulla strada di Lecce. Le 15 batterie costruite dai francesi sul fronte a mare furono armate con 100 cannoni e 14 mortai, lasciati poi al governo horbonico "comme marque d'amitié et de confiance" e consegnati 1'8 maggio 1802. Alla partenza delle truppe di Saint Cyr, nell'ottobre 1805, le batterie furono disarmate e i pezzi condotti al seguito fuori del territorio napoletano.

La ferriera della Mongiana Le ferriere più importanti del Regno erano nell'Aspromonte (Calabria Ultra 11). Gli stabilimenti di Stilo risalivano al 1727 e nel 1736-39 produssero proiettili per 100.124 ducati. Nel 1739, assieme ad altri quattro (inclusi Campoli e Assi) furono dati in appalto al napoletano Costantino Cavallucci per 7.630 ducati, con l'obbligo di consegnare alla dogana di Napoli 1.250 proiettili pieni e vuoti all'anno al prezzo di ducati 3:85 a.I cantaro. Nel 1742, allo scoppio della guerra di successione austriaca, fu stipulato un altro appalto per 8 anni forzosi con Giuseppe Lamberti per 8.155 ducati, con l'obbligo di consegnare annualmente alla Darsena del CasLelnuovo 200 canta.ra (18 ton) di palle da cannone al prezzo di ducati 7:55. Già nel primo anno furono fucinate 18.000 palle di 15 diversi calibri per un totale di 147 tonnellate di ferro. Tuttavia proprio la superproduzione dovuta alle commesse belliche costrinse Lamberti ad accumulare un grosso disavanzo e, privo di guida e protezioni, dovette dichiarare fallimento. Nel 1754 gli stabilimenti calabresi passarono sotto la gestione in economia dell'intendenza di finanza, continuando a produrre in media 350 tonnellate (4.000 cantara) all'anno con un eccessivo consumo di combustibile, dovuto al metodo catalano. Esaurite le circostanti risorse boschive, gli stabilimenti furono chiusi e 1'8 marzo 1771 la produzione fu spostata a 18 miglia da Stilo, in località Cima, detta comunemente Mongiana, ricca di acque e boschi e con miniere di ferro, argilla e salnitro, dandola in gestione a Massimiliano Conty, già direttore della ferriera di Stilo, considerato onesto ma di scarsa capacità. Il discredito caduto sulle ferriere calabresi favorì lo sviluppo di nuovi stabilimenti. Già nel 175 1 il tenente Claudio Reicarrincher, "maestro del fuoco da guerra'', era stato incaricato di riconoscere e scoprire le miniere e i fossili del Regno per uso militare e in seguito il principe Salvatore


I REALI EsERcm E L[ MTUZlf. ( 1800 - 1806)

Pignatelli di Strongoli, fratello del futuro capitano generale Francesco, si assicurò per 1.050 ducati annui l'appalto generale delle miniere metallurgiche e minerali del Regno. Altre miniere di intnesse militare furono scoperte nel 1786 nell'Abruzzo Ulteriore e gli stabilimenti di Canneto, Poggioreale e Torre Annunziata si aggiunsero a quelli irpini di Atripalda, Serino e Piano d'Ardine. Su proposta di Pommereul, il 20 aprile 1791 si decise inoltre di potenziare la Mongiana stabilendovi un'altra fonderia reale e fabbrica d'armi, ma solo nel 1796 si decise di trasferirne la gestione dalle finanze all'artiglieria e l'invio di un tenente colonnello e di due capitani fu inoltre annullato a causa della mobilitazione. Nel 1798 le finanze fecero un altro tentativo di miglioramento inviando alla Mongiana 4 mineralogisti e 12 scavatori tedeschi a sostituire quelli del comune di Pazzano. Accolti con comprensibile ostilità dai locali e accusati di essere incapaci, i mineralogisti tedeschi si eclissarono allo scoppio dell'insurrezione calabrese e lo stesso Conty, arrestato per ordine di Rufio e Rodio, fu sostituito da Vincenzo Squillace, scelto dal preside della provincia, colonnello del genio Winspeare. Nel luglio 1799 il direttore delle finanze chiese una relazione ai mineralogisti e le loro proposte di ammodernamento degli impianti e manufatti furono approvate dal re.~Nel luglio 1800 le ferriere e fonderie passarono sotto l'amministrazione militare e vi furono inviati vari ufiìciali. Il capitano Ribas, arrivato nel 1801, sostituì il getto dei proiettili in conchiglia col sistema più economico dello staffaggio in sabbia, ma i mineralogisti contestarono la gestione dei militari e nel 1803 ottennero il ritorno della Mongiana sotto la dipendenza delle fìnanze, che vi destinò due di loro. Tn compenso nel 1805 gli scavatori tedeschi furono licenziati e il servizio tornò ai pazzanesi. Licenziato Squillace nel 1807, fu il nuovo re Giuseppe a decretare, alla fine del 1808, la definitiva militarizzazione della Mongiana. Nel 1791 -1807 la Mongiana produsse 2.969 tonnellate (33.328 c.) di ferro raffinato e 1.377 (15.462 c.) di ghisa, con un consumo d i 18.4 13 tonnellate di minerale grezzo e 540.365 some di carbone e una spesa di 428.564 ducati. Nonostante un lieve aumento (+2.2%) del prezzo del ferro da 50 a 51 ducati a tonnellata (da 4:47 a 4:57 al c.), il raffronto tra le gestioni di Concy e di Squillace dimostra un miglioramento: il costo

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815)

medio annuale della Mongiana aumentò del 14.6% (da 24.964 a 28.606 ducati) ma la produzione media annuale di ferro crebbe dd 22 (da 167 a 204 ton). Diminuirono inoltre il consumo di carbone (-20.6%) e i costi del minerale (-17.4%), del boscaggio del carbone (-90°;b), di amministrazione (-13.5%) e delle paghe degli impiegaci (-4%). In compenso il trasporto del minerale aumentò di un terzo, quello del carbone di un quarto e la fattura, gli utensili e la manutenzione delle macchine addirittura del 438 per cento.

La Fonderia del Castelnuovo I più antichi stabilimenti militari di Napoli erano la polveriera di Castel dell'Ovo (1707), il laboratorio di munizioni sulla strada del Chiatamone (171 O) e la fonderia di marina (fabbrica dell'artiglieria delle R. galere) che nel 1717, sotto gli austriaci, aveva prodotto 30 cannoni da 30 mod. Kolmann, pezzi à la nouvelle invention di tipo olandese. Nel 1719 gli austriaci crearono due nuove fonderie per l'artiglieria terrestre a Napoli e a Palermo. Nel 1734 la fonderia navale produsse 24 cannoni di bronzo da ventiquattro delineati da Francesco Pigna e fusi da Angelo Carasale, con le relative bombe realizzate da 1ommaso fiorenza, per un totale di 42.000 ducati. I..:appalto di entrambe le fonderie di Napoli, navale e terrestre, passò poi a Girolamo Castronuovo, che nel 1741, quando fu nominato R. fonditore, aveva già prodotto 100 cannoni, 130 petrieri e 16 mortai, mentre i fratelli Francesco e Vincenzo avevano fuso 10.000 palle di ferro a Palermo. N el 1750 anche la fonderia terrestre di Napoli fu trasferita nella Darsena sotto il Castelnuovo, dove i pezzi continuarono per altri quarant'anni ad essere fusi, come scriveva Logerot, "secondo il sistema antico del fonditore Castronuovo, con l'anima, ciò che rendeva quei pezzi non del tutto perfrtti per l'esatta direzione de' tiri". Nel novembre 1787, mentre arrivava a Napoli ad ammodernare l'artiglieria il brigadiere francese François René de Pommereul, i sei capitani pic'.1 giovani (Giannantonio di Torrebruna, Emanuele Ribas, Luigi Parisi, Gavino Mena, Pierre Duchène e il futuro martire repubblicano Oronzo Massa) furono inviati in missione di studio a Parigi e visitarono anche la scuola d'artiglieria di Strasburgo e la fonderia di cannoni in ferro impiantata nel Moncenisio dall'inglese Wilkinson in collaborazione con Vendei.


I REALI ESERCITI E LE MILIZIE (1800 • 1806)

Nel 1789 Pommereul ottenne 29.000 ducati per dotare la fonderia di una moderna barena per la foratura dei pezzi. La fonderia disponeva così, negli anni 1790, di due fornaci a riverbero (piccola e grande), un'officina per la composizione degli stampi e una per la carenatura e rifinitura dei pezzi. La trapanatura delle nuove artiglierie modello Gribeauval fu diretta dal capitano tedesco Thiasky, mentre la fusione dei pczzi e la costruzione degli affusti furono dirette dagli ufficiali Cimino, Blengini, Giulietti, Dapuy, Decosiron e Montegader. La fusione dei mortai di modello francese (Gomer) con camere tronco-coniche per le cariche di lancio di calibro da 9 a 13 fi.1 appaltata invece alla ditta piemontese Giovanni Antonio Bianco. Nd 1792 la sua fonderia era munita di forno a riverbero a legna della capacità di 2.100 kg di bronzo, 3 macchine per lavorare le artiglierie e una per lavorare.: metalli e legnami. Distrutta durante l'assedio del giugno 1799, la fornace grande del Castelnuovo dovette essere ricostruir~, il che richiese molto tempo. Nel frattempo, tra agosto e settembre, si adoperò la fornace piccola per fondere 8 cannoni da quattro, vari utensili per l'offìcina, 942 forme diverse, cilindri calibratori c ferri lavorati per i bisogni della barena, utilizzati poi per la barenatura di 82 bocche da fuoco. Dal canto suo l'arsenale.:, includente anche una sezione del treno, costruì carri da munizione.:, cassoni V ordinari con gli avantrcni e 195 nuovi affusti (inclusi 14 da montagna e 1 a collo d'oca per truppe leggere). In questo periodo il fonditore era Francesco Turi.

L'Arsenale del Castelnuovo Accanto alla fonderia del Castelnuovo, tra il bastione di Santo Spirito e la Darsena, sorse poi anche l'arsenale, ideato nel 17 92 su piani dell'ingcgnere militare Securo, la cui costruzione fu intrapresa il 13 luglio 1793 sotto la direzione di Pommereul. Primo direttore fu il francese De Montille, ma fu presto sostituito dal sottodirettore, il tenente colonnello Giambattista Cimino, uno dei migliori ufficiali del corpo reale, professore di aritmetica ragionata e geometria piana alla 4a classe della Nunziatella. Nel maggio 1795, alla partenza di Pommereul, Cimino entrò con Novi e Minichini nel nuovo vertice collegiale del corpo reale. Larsenale provvedeva al caricamento delle bombe e granate e alla

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31 o LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815) costruzione degli affusti e del carreggio col laboratorio dei fuochisti e l'arsenale del treno, diretti rispettivamente dal capitano Giovanni Papi e dal tenente Pasquale de Santis. Durante la Repubblica Cimino fu direttore del litorale Adriatico e l'arsenale fu diretto dal capo battaglione Ferdinando Ventimiglia. Ripescato dopo la Repubblica, Cimino fu impiegato inizialmente come colonnello nella piazza di Capua e nel 1804 riassunse la direzione dell'arsenale.

La Regia Manifattura d'armi di Torre Annunziata La prima manifattura d'armi borbonica (sala d'armi e officina di montatura) era stata istituita nel 1742 presso l'Armeria reale del Castelnuovo. Nel 1753 Carlo lll ne volle una più ampia allo scopo dichiarato di affrancare l'esercito borbonico dalla dipendenza dalla Francia. Passarono però cinque anni prima di scegliere il sito pii1 conveniente (Torre Annunziata, per sfruttare l'energia idrodinamica del canale artificiale costruito nel XVI secolo dai conti di Sarno e le ferriere di Poggioreale). 11 27 aprile 1758 la Camera acquistò un isolato per stabilirvi l'edificio della fabbrica e i lavori iniziarono sotto la direzione di Francesco Sabatini, allievo del Vanvitelli. Tuttavia nell'ottohre 1759 il re si portò Sabatini in Spagna e la fabbrica poté essere completata (dallo stesso Vanvitelli) solo nel 1763 (in seguito fu ampliata, fino al 1772, da Ferdinando Fuga). Dotata di macchine H a rdy ed entrata in funzione già nel 1761, fu inizialmente posta sotto la direzione del tenente colonnello Luca Ricci, fondatore e direttore anche della fabbrica di porcellane di Portici, che esercitava forte influenza sul giovane re Ferdinando appassionato di m eccanica ma era inviso al segretario di guerra e marina Goyzueta e allo stesso Tanucci (il quale tentò invano, nel 1770, di bloccarne la promozione a maresciallo di campo e la nomina a direttore generale dell'artiglieria, sostenendo che Ricci "aveva burlato, essendosi trovata impossibile quella fusione di artiglieria da lui data per sicura nelle miniere di Calabrià'). Morto Ricci nel 1772, dalle sue carte spuntarono ammanchi di ogni tipo, incluse forti somme che, per ingraziarsi il re, Ricci aveva dirottato dalla fabbrica d'armi a quella di porcellane. Nondimeno nel 1773 Torre Annunziata raggiunse una produzione annua di 3.000 canne da fucile e 556 armi bianche. Sotto la direzione del colonnello Augusto Ristori e con


I REALI

EsERcm E LE MILIZIE ( 1800 - 1806)

l'apporto del grande armaiolo avellinese Michele Battista, progettò e produsse due modelli di fucile, il 1777 con chiave a maschiglia, focone obliquo e bacchetta cilindrica e il 1788 di derivazione prussiana, distribuito nel 1793 alle truppe spedite a Tolone, dove aveva dato buona prova. Potenziata nel 1790 con l'esclusiva sullo sfruttamento delle acque del Sarno e l'apertura di una succursale a Poggioreale, la fabbrica assicurò buona parte del fabbisogno del 1792-1806, sotto la direzione di Francesco del Fuerte. La serie di armi da fuoco e bianche mod. 1788, includente anche pistole, sciabole e carabine da cacciatori e cavalleria, dovette però essere integrata da fucili bresciani a bacchetta conica e focone cilindrico e da altri 15.000 "di Germania', acquistati nel 1792 in Austria. Guarniti in ferro, con bacchetta cilindrica e focone obliquo, questi ultimi avevano dimostrato però gravi difetti (peso eccessivo, spostamento di gas dal focone con rischio di u~Lio11i, non buona qualità delle baionerte), tanto che il 30 aprile 1800 il duca della Salandra, comandante generale in Sicilia, chiese di poter armare i suoi reggimenti interamente con armi bresciane, cedendo ai corpi napoletani gli scomodi fucili austriaci.

r I nuovi facili napoletani rnod 1800 e mod 1800/05 Ripresa l'attività a fine 1799 sotto la direzione interinale del tenente colonnello Francesco del Fuerte e l'amministrazione economica del commissario Vitaliano Fabiani, nel 1800 la fabbrica produsse un nuovo modello di fucile con baionette di tre tipi (lunga, corta e ad anello) e di carabine da cacciatori e da cavalleria, seguito da un altro approvato il 2 febbraio 1803. Per recuperare risorse, su proposta del direttore delle finanze si cercò di trasformare la manifattura d'armi di Torre Annunziata in un'industria distalo, in grado di collocare sul mercato una parte della produzione: la direzione, affidata a Torrebruna, fu resa autonoma dall'artiglieria, rna la gestione risultò costosissima e scontentò gli ufficiali, onde poco dopo tornò a dipendere dal corpo reale. Nominato direttore nel 1804, nel 1805 il colonnello Michele Puccemulton fece progettare una versione migliorata, esaminata personalmente dal re, il quale la trovò decisamente migliore del pesante modello "di Germania", ma che non poté entrare in produzione a causa dell'invasione francese.

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LE DUE S1c1m NELL[ GU[RRf. NAPOLWNICH( (1800 . 1815)

Seconda per importanza tra le manifatture militari napoletane era la "sala di montatura" o "reale armeria", creata anch'essa nel 1758 e situata sulla controscarpa esterna del Castelnuovo, presso i bastioni Santo Spirito e Incoronata, dove si montavano le parti metalliche delle armi da fuoco e da taglio aggiungendo o riparando le casse di noce delle anni da fuoco, i foderi delle sciabole e ogni altro fìniment0. Riaperta il 1° agosto 1799, nei primi nove mesi la sala riparò 3.383 fucili (1.878 "di Germania", 574 "di Francia", 922 "diversi" e 9 del nuovo mod. 1800) e 71 carabine per piomen. Oltre al mod. 1800 rimasero però in servizio anche i mod. 1777, 1782, 1788, di Brescia, di Germania, di Francia e "alla catalana", senza contare che ciascun modello e ciascun tipo di arma era inoltre di tre o quattro calibri diversi (da 14, 15, 16 e 17). Dalle ispezioni risulta infatti che nessun reggimento aveva armi dello stesso tipo e che la maggior parte non ne avevano abbastanza per armare tutti gli effettivi, pur essendo largamente sorto organico. Si può pertanto generalizzare la conclusione che il brigadiere Tsch udy traeva dall'ispezione del 3 aprile 1804 al Reggimento Alernagna, e cioè che i fucili "sebbene si assegnano nella rubrica de' buoni, si dicono così, perché non se ne ha di meglio. Esso è perfettamente inutile per la guerra e lo sarà tra breve anche per la guarnigione".


I REALI

ESERCITI E LE MILIZIE (1800 • 1806)

Tah. 71 - Quadri superiori dell'ArlìJ:?lieria repubblicana (23 maf'C>io 1799) Grado Ufficiale Incarico (ìenerale Oron:r.o Massa * Comandante dell'Art. e del Castelnuovo Aiul.Gcn. Placido Moreno Quartier Generale del Castelnuovo Direttore del litorale Tineno Capib1igata Carlo Novi <ìius . .1.-onseca Chave:r. Direllore del litorale Ionio (ì. N. Cimino Direttore del litorale Adriatico I ,.rancesco Salienti Direttore generale alle fortificazioni C. r.ranccsco Lahallc Comandante del corvo da piazza Sotto(Iirettore Capi Luigi Parisi hattaglionc 1o'rancesco Securo Sollodi rettore Tommaso Poulet Sottodi rettore Sottodi rettore Gaetano Giordano Francesco l\orrclli Sottodi rellore Santo I ,.erdi nandi Sottodi rettore Sollodirellorc Giamballista Mori Commissario del litorale 'l'irrcno Commissari Gaetano Gafronc Commissario del litorale Ionio Michele Fnnseca Carlo Morello Commissario del litorale Adriatico Raimondo Marinelli Commissario delle fortificazioni Commissario del corpo di piazza Giambattista Cosiron Capobattaglionc d'assedio e da campo Gaetano Simeone Capi Capohattaglione d'assedio e da campo battaglione Oiuscppc Salvo I ,oren:r..o Montemayor Capohattaglionc d'assedio e da campo 1:ranccsco del Fucrle Direllore della Fabbrica d'anni di T. A. Ferdinando V enlÌlniglia Direllore dell 'arsena1e del Castelnuovo Direttore del I ,ahoratorio fuochisti Giovanni Papi I! Capitano I ;ranccsco Turi l;onditore I" tenente Q.M. Liborio Corfù Quartierrnastro * Condannato a mo1te e strangolato il 14 agosto 1799 al Castelnuovo. lJfficiali effettivi: 181 , di cui 89 del corpo politico (SM 3, direzioni 47, commissari 5, magazzini 8, arsenale 5, fonderia 2, Jaboralmio fuochisti 2, manifallura d 'armi 7) e 92 delle corpo da campo e d'assedio (19 SM, 57 delle 12 compag nie a piedi, 6 di quella a cavallo, 4 degli artefici, 3 dei pontonicri, 3 degli zappat01i-carpcnlicri). Inoltre 43 ufficiali suba1tcrni del comoda costa ( 14 Lcncnli e 29 secondi allieri). U111ciali espatriali coi francesi: Col. Carlo J ,ahallc, cap. com. Gaetano Giordano. Placido Morcau, Giuseppe Salvo, cap. len. Francesco Giu\iclli, ( ;ugliclmo etc la ( ;rnnelais, Alessandro Regani, Francesco dc Paolis, Gemiaro Sii va, GiUSC]lpC Biondclli. Raffaele Carrascosa, Domenico Colclla. Ufliciali esiliali per condanna: cap. com. Oaelano Simconi, Gavino de Mena, Nicolt> Romano; cap. tcn. Lorenzo Montemayor. Stefano Ottaviaui. Giovanni IHanco. Pietro Comé, Nicola Vcnlinois; lcn. Vincenzo Rìarìo; l!Uardamal!a:u.ino Adamo Paranli. Ufficiali condannati a morte: Omni.o Mas sa, Gahriele Manthoné, ten. Pietro T.,ossa, guanfamagazzini 1!rancesco Bonocore e Luigi Vemau . Uflicialc caduto: Stefano Roxas.

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LE DUE SICILIE NELLE GU[RRE NAPOLEONICHE { 1800 • 1815)

Tab. 72 --

Crrado Brigadiere

()uad;i suveriori del Corpo Reale -- Ramo q'Arti~lieria (1803: ()5) Urficiale Carlo Novi (il.)

Incarico Impiegato nella piazza cli Ciaeta (1803-04), poi Presidente dell'Tsnczionc <reneraJe (1804-05) Colonnelli G. B. Cimino \l!) Impiegato nella piazza di Capua (1803 -04) Direttore dcli ' Arsenale di Castelnuovo (1804-05) Past1uale Salincro Direttore d' art. in Sicilia Francesco Saverio del Re Com . del Reggimento Artiglieria Regina e dir. int. delle scuole pratiche in Sicilia T.ino Ayala * senza destim, nel Corpo reale Domenico Roxas (J 804-05) Membro dell'Ispezione Generale (1804-05) Michele Puccemulton (04) Membro dell'Ispezione Generale e Direttore delle Manifatture Militari ( 1804-05) Antonio Alvarez (1804-05) Com. del Reggimento Artfo:lieria Re (1804-05)" Ien. Col. G. A. Torrebruna * Direttore gen. interino e r. f. di Ispettore Antonio A Ivarez de Leon * f. J. di Direttore d'arl. a Napoli Domenico R oxas (l' 1804) Sotto direttore d' arl. in Pescara Raimondo Ayala Sotto direttore d' art. del Valdemone Le.opoldo Moleti Sotto direttore d'art. del Valdinoto lgnazio Grugno Solto direttore d' art del Valdimazzara Pietro Afan de Rivera Imp nella R. SeQreteria di stato e dì guerra Ten. Col. Tng. Snnto de F'-'nw11di * I. f. di D irettore d ' a,t. dcli ' Adriatico Interino Francesco Del Fuerte * Sotto dir della Jo"abbrica d' anni di T. Ann. - -Maggiore Edmondo Oflaris Reggimento d'Artiglieria Regina Paolo Scm1durra Reggimento d' Artiglieria Regina Antoni o Carbuccia Comandante de.llaBrilrnta de' Pionieri Maggiore Giuseppe Pedrinelli Com. delle Batterie dell ' ala dritta del Golfo Jnterino Mario Capece Minulolo Com . delle Batterie dell ' ala sinistra Golfo ( I 803-04) e dir. int. delle Scuole pratiche in Napoli Maggiore Gaspare Mmmel y Arriola l<eggimento Artiglieria Re (1803-04) ( I 804.-05) Cìi uscppc Pardi gnas Reggimento Artiglieria Re (1803-04) Niccolò Torrebruna Reggimento Artiglieria R e (1803 -04) Diego Pighelti l<cggimento Atiiglie ria Re (1803 -04) Ferdinando Macri Reggimento A rtiglieria Re ( 1803 -04) Francesco l'eeorari (1 804) da definire ( 1804-0-?_) C apitano Vincenzo Escamard Prof. di artiglieria ragionata alle SI'N interino Francesco R,mcl li Prof. di architettura militare alle SPN Hmmanuele Merati Prof. dì disegno d ' artiglieria a ll e Sl'1'1 G . B. l'acces Pror. dì dise!!no d ' architettura alle Sl'N Senza grado Vi tal ia.no Fahiani A ,;:;~~;;:;~~;mom ico de ll a Fahhrica d ' armi Gaetano Tosi militare Segretario della g iunta economica del Treno Ferdinando Sisti Segreta1io della giunta economica del Treno Francesco Azzariti Fiscale della 2.iunta economica del Treno ---·Professori Gennaro de Conciliis Proì. di matematica subl ime alle SPN civili Cicnnaro Min zcle l'rnl'. di matematica elementare alle SPN Salvatore Ronchi Prof. di chimi ca alle SPN Giuseppe Casselli Prof di fisica alle Sl'N Frane esco F ischetti P rof. di disegno di fowra alle "~!'~ * Manca nel 1804-05 . 0 Nel 180'.l-04 il. Reggimento è comandato collegialmente da una_g iunla di tre maggiori interini. P = [lmmosso. SPN_- Scuole oratiche di Naooli .

1---~- -

L____.__ _ _ _ _


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I REALI [smcm t LE MILIZIE (1_800 - 1806)

--

Tah. 73 - ()uadri del Corpo Reale Corpo Politico d~z-!:!_glieria (1803-05) Tncarico Grado Ufficiale Cornrn. Ord. del Corno Politico d'Artir.>:lieria (ìiov. Antonio Pardignas Colonnelli Comm . di guerra ( ìiovanni Marengo Ten. Col. A. Cancellieri (1804-05) -Comrn. di guerra Gaetano Ayala Comm. di guerra Maggiore Carlo Morvillo Comm. di guerra Michele Fonscca (~~_9.1.:.0..?l Comm. di gue1rn Gaetano Cia.fronc Cmnm. di guena Capitano Comm. di guerra Antonio Cancellieri (l' 04) Guardia 1Jrinci1Jale d'artip,lieria. Francesco Milon Ammin. economico della. Fahhrica d'am,i Senza gra<lo Vitaliano Fabiani ( ,a.etano Tosi ~-~sretario della giunta economica del Treno militare

Tab. 7,/ -- Ouadri del ( ,'orvo l?eafe Grado Ufficiale l3rigadiere t1.aggiore

Tenente

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Senza grado Militare

------

·- /)ip.

Giuse1JDe Bisor.>:no C:iovanni de Si!va Pasqua.le Dc Sanlis Francesco .Falanga Raffaele Palomba Vitaliano Jo"abiani Oaetano Tosi Ferdinando Sisti Francesco Azza riti

---

del Treno d ~1rlif;lieria e R. !Jag_qgli Incarico --------l_'!csidcnte della giunta economica d'arnrn. S(\prinlcndenle della Dinendenza e m. d. giunta Direttore de!l'i\rscnale del Treno e m . d. giunta Aiutante Maggiore del Treno e Regi Dagagli i\iutante Maggiore del Treno e l{egi ~~!1:L~ Ammin. economico della Fabbrica d 'armi Segretario della giunta economica d'amm. Segretario della giunta economica d'amm. l<i scale della giunta economica d' amministrazione

'/'ah. 75 ()_uadri superiori del Como Reale_- Ramo del Genio (1R03-05) Incarico Utficiale Grado Brigadiere

--- --Colonnello --- ---Tcn . Col. Tcn Col. interino

Maggiore

Maggiore interino

--

Palriz io (ìuillamal liranccsco dc la Vega Marchese Montemayor Antonio Winsueare Francesco de la Vega (l') Giovanni Battista Mori -·----(ì iacorno Lettieri Michele A prea Santi de l<"ernandi Luigi l3ardet Vincenzo van Rezant Ferdinando Roberli Claudio Rocchi

---·--- ~

Direttore del genio in Sicilia Conrnndante interinale del Genio ( 1804-05) D irettore del genio dcli ' Adriatico (i 804-05) Comandante del corno del genio (8 l. 1_805) ___ _ Direttore del genio a Napoli (1803-04) _____ ~Sottodirettore del r.>:enio in Capua Impiegato nella Direzione di Napoli Impiegalo nella Direzione di Napoli f. f. di Direttore del genio dcli ' Adriatico Sottodirettorc del genio a. <ìacla lmoiegato nella Direzione di NaDoli Impiegato nella Direzione di Napoli Sottodi retb_i~~j_c:l_genio a Pescara


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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLLONICHE (1800 - 1815)

--Tab. ----76 -

~ Artirdierie

delle Piazze e Castelli

Piazze Arsenale Castelnuovo Cast. ùel Cam1ine Cast dclJ'Ovo Dati. del Molo -Cast - S f<:11110 Baia Pozzuoli Posillipo Vìglicna Pietrarsa Granatello Calastro Uncino Revigliano Castellammare Canua Gaeta_ ___ ·--·-I. Vcntolcnc l . Ponza J. Ischia cI:Procjda Totllle N:moli 0 Amantea 0 Reggio e Melito Cotrone 0

Pu!c>lic 0 Darletla* Pescara* faranto* Drindisi* G allipoli * Bari * Monopoli* Otranto *

-

-

5 16 14

14

-

7

8

8

15 9 4

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-

18 3

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3 -

10 -

-

-

8

23

-

-

8

,_______

-

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8 8

16 9 48

-

29

12

11

58

8

2

-

-

23 12 30 14 35 19 15 9 7 9 8 8 8

I

8

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6

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I REALI ESERCITI E LE MILIZIE ( 1800 - l80q)

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Arli;!.lieria da Camvaszna Rewo di Napoli (1801 o 1803) Cannoni da campa 1 11a Materiali da 6 da 12 Totale 209 Artiglierie 154 55 -----Affusti all'ordine 116 129 13 5.240 20.093 14 85'.l Munizioni a palla 1.642 4.60'.l 6.245 Mun. a mitraglia Granate cariche Tubi da montagna Sacchetti polvere '/'ah. 77

··----·

Cannoni (Regolamento 1792) 1 - Da 24 "il Ferdinando" 2 - Da 12 "il LeopoldÙ' · ·.· 3 - Da 16 "il Francesco" 4 - Da 4 "L:Alberto"

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Obici daG

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LE

DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE { 1800 - 1815}

Carta delle ferriere della Mongiana (Calabria Ultra)


I REALI

ESERCITI E LE MILIZIE ( 1800 - 1806)

8. L'ESERCITO DI SICILIA

(1800-06)

A. I Reggi,menti siciliani (I 734-1798) I Reggimenti ''siciliani" dell'esercito borbonico (17.35-1798) ltre al Reggimento Sicilia, reclutato nd 1718 dalla Spagna e ceduto nel 1736 col nome Regina, fìguravano tra i corpi veterani dell'antico esercito borbonico anche due reggimenti siciliani, il Real Palermo reclutato nel 1735 dal principe Alliata di Villareale e considerato corpo civico e il Real Farnese (Garofalo), reclutato nel 1737 dal duca di Rcbutton. Immuni dal scrvi;zio militare, ud 1754 i baroni siciliani approfittarono del riarmo deciso da Carlo III a seguito del rifiuto di accedere ai trattati di Aquisgrana e di Aranjuez, per ottenere, in cambio di un dono gratuito di 80.000 ducati, il ritiro delle truppe svizzere di guarnigione nell'Isola, sostituite da 1.689 nazionali ordinati su 3 reggimenti di 563 piazze. Designati coi nomi dei ere Valli dell'Isola (Valdimazzara, Valdemone e Valdinoto) , furono reclutati dai principi d'Aci e di Pietraperzia e da Vincenzo Moncada. Il principe di Campofranco ne reclutò inoltre uno di cavalleria (Sicilia) su 3 squadron .i, con 445 cavalli. Nel 1765 i tre reggimenti di fanteria furono accorpati da Tanucci in due pit1 grossi (Siracusa e Agrigento) su 2 battaglioni, in seguito trasferiti di guarnigione oltre il Faro.

O

Nel 1765 i sei corpi siciliani costavano 283.674 ducati all'anno (117 .390 R. Farnese e R. Palermo, 63.991 Sicilia cavalleria, 102.293 i tre nazionali) e gli alrri corpi e servizi militari altri 100.065 ducati (alabardieri 4.501, segreteria di guerra 8.244, intendem,a 5.890, officiali delle piaz'l,e e castelli 46.166, "disterrati" 11.470, affitto di case 3.484, fabbriche

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 • 1815)

militari 14.563, artiglieria 2.971, ospedali 2.776). Benché le rendite del Regno (1.020.000 ducati) fossero oltre il doppio dei costi militari siciliani, nel 1788 furono interamente destinate al finanziamento delle forze armate (900.000 per l'esercito e 120.000 per la marina). Nel 1788 le compagnie d'artiglieria di stanza nell'Isola furono riunite in reggimento autonomo (2° Regina), coi battaglioni a Palermo e Messina, mentre i Reggimenti di fanteria furono ripartiti in differenti brigate assieme con corpi napoletani (R. hrnesc alla 2a, R. Palermo alla 4a, Agrigento alla 7a, Siracusa all'8a, Sicilia cavalleria alla 2a). ln tempo di pace le risorse finanziare e le esigenze presidiarie della Sicilia non subirono variazioni dal periodo spagnolo a quelli sabaudo, austriaco e borbonico. Di conseguenza gli effettivi regolari rimasero al tradizionale livello di 5-7.000 uomini, corrispondenti ad un quinto o ad un quatto della forza dell'esercito. Ovviamente la proporzione si ridusse durante le mobilitazioni alla frontiera con lo stato romano e in particolare quella dell'aprile- settembre 1798.

1 dieci reggimenti siciliani nella campagna del 1798 Nel 1796-97 la Sicilia contribuì alla formazione della milizia baronale con due reggimenti di cavalleria (Principessa e Real Ferdinando) levati dal conte di Caltanissetta, 1 di fanteria (Principe) e un battaglione levati dal principe della Cattolica e 2 battaglioni di Volontari siciliani levati dal comm endator Requesens e dal duca di Sperlinga (poi riuniti nel Reggimento Sicilia fanteria). Il 30 gennaio 1797 il duca della Floresta levò il 6° reggimento cacciatori volontari. I corpi siciliani divennero perciò 10 (3 di cavalleria, 1 leggero e 6 di fanteria), mantenendo il rapporto di 1/4 con i corpi napoletani (34 nazionali e 4 esteri). Nel maggio 1798 furono concentrati nell'Isola 20.000 uom ini (per metà siciliani), nell'incertezza sull'obiettivo del corpo di spedizione francese radunato a Tolone. Cessato l'allarme in Sicilia dopo la notizia della vittoria di Abukir, 14.000 uomini (8.000 napoletani e 6.000 .siciliani) furono richiamati al di là del Faro e concentrati alle frontiere. Rimasero in Sicilia solo sei reggimenti, 2 napoletani (R. Borgogna e Il Estero) e 4 siciliani (Real Palermo e Sicilia fanteria e Sicilia e Ferdinando


I REALI

ESERCITI E LE MILIZIE (1800 - 1806)

cavalleria). Gli altri 6 presero parte alla campagna di Roma: quattro di fanteria (Farnese, Siracusa, Agrigento, Principe), uno leggero (6° cacciatori) e uno di cavalleria (Principessa). Assegnato alla colonna di Tagliacozzo (Giustini), il R. Farnese fu fatto prigioniero a Calvi il 9 dicembre 1798. Un battaglione del Reggimento Siracusa, il 6° cacciatori e Principessa, assegnati alla divisione del principe d'Assia, presero parte alla ritirata da Roma al Volturno fino allo sbandamento generale. Il resto del Siracusa (sotto il comando del maggiore Marcello De Gregorio e del capitano d'Espouches) si illustrò nell'ostinata resistenza di Longone e nel successivo assedio di Portoferraio, formando in seguito la base del nuovo Reggimento Reali Presidi. TI Reggimento Principe sbarcò a Livorno con la Divisione Naselli. L:Agrigento seguì infine l' anabasi della Divisione Damas (ritirata da Civitacastellana fra le colonne francesi, combattimenti del 14 e 16 dicembre alla Storta e a Montalto di Castro, imbarco a S. Stefano sullo stesso convoglio della Divisione Naselli, ammutinamento delle truppe in vista del Golfo, sbarco a Napoli e sbandamento).

La milizia urbana del l 798~ Il 20 aprile, contemporaneamente alla chiamata alle armi della milizia volontaria feudale del Regno di Napoli, si era deciso di riorganizzare in modo analogo anche la vecchia milizia siciliana e il 3 maggio il maresciallo Jauch e il brigadiere Tschudy erano stati spediti a Palermo a tale scopo. Istituita nel 1542 e regolata dal viceré Enrico de Guzman nel 1595, la milizia siciliana concava in origine 10.000 fanti e 1.600 cavalli, aumentati in seguito a 14 .000. Il nuovo organico fu però stabilito allo stesso tasso del Regno di Napoli, il 14 per mille della popolazione, corrispondenti in Sicilia a 23.000 uomini (20.928 fanti e 2.640 cavalieri) su 1.655.500 abitanti, con un aumento di un terzo rispetto all'organico precedente. La leva della milizia, diretta dal nuovo viceré Tommaso Firrao principe di Luzzi, nominato il 24 luglio 1798, fu complicata dalla dura opposizione dei baroni, capeggiata dai principi di 'frabia, Cassaro e Pantelleria, contro la richiesta di un donativo mensile di 60.000 scudi per tutta la durata della guerra, approvata dal solo braccio demaniale del parlamento, mentre

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i baroni proponevano un donativo di 2 milioni di ducati, di cui uno di rendita al 4,5 per cento e un altro pagabile in quattro rate. Poiché gli statuti del Regno non consentivano la leva forzosa (si intende "forzosà' nei confronti dei baroni, non dei vassalli!), la milizia fu levata "volontariamente" dai baroni, ma forzatamente tra i loro vassalli. Un regolamento del 12 agosto (istruzioni da fàrsi per le urbane milizie di questo Regno di Sicilia secondo i principi già dau) precedette il R_ dispaccio del 22 settembre che inquadrava le compagnie (miste di fanteria e cavalleria) in 43 battaglioni, riuniti a coppie in 21 reggimenti, pitt l autonomo (Piazza Armerina). In definitiva tutto si ridusse ad un mero omaggio alla nobiltà siciliana, decorata di 21 colonnellati (con tro i 23 di quella napoletana), un terzo assegnati a Palermo e gli altri ai Valli (5 Valdimazzara, 5 Valdemone e 4 Valdinoto). Poco o nulla si fece, infatti, per addestrare e armare i militi.

B. L'Esercito di Sicilia (1799-1801) J,'F,sercito di Sicilia (6 febbraio 1799) Con 5.000 rifugiati napoletani a Palermo costretti a dipendere dai sussidi concessi dai baroni siciliani, il re dovette associarli al potere, chiamando al governo, assieme ad Acton (ministro degli esteri e casa reale) e all'exviceré principe di Luzzi (declassato a ministro dell'interno) i capi dell'opposizione, Trabia e Cassaro, che ebbero rispettivamente i ministeri di guerra e marina e di polizia, giustizia e approvvigionamento. Primo atto del nuovo ministero siciliano fu <li revocare l'ordine per l'esazione dei 60.000 scudi e conformarsi al donativo approvato dal braccio baronale. Fu inoltre nominata una giunta per la difesa dell'Isola composta dal principe della Cattolica, dal duca della Floresta e dal cavalier Bernardo Beccadelli di Bologna, fu potenziata la difesa costiera (con 100 pezzi da trentasei e ventiquattro in 27 batterie, edifici per magazzini e alloggi, quartieri per 5 squadroni e nuclei di 6 0 paesani), armate le fortezze (stanzian-


] REALI EsERCITI E LE MILIZIE { l 800 - l 806)

do 36.000 ducati per Messina) e autorizzata una leva di 9.000 uomini in ferma novennale a carico dei baroni, in ragione di due per ogni cento onze di beni feudali. I baroni pretesero però in cambio di questo sforzo una massiccia immissione nei ranghi militari e la creazione di un nuovo Esercito mediante l'amalgama dei vecchi corpi siciliani e napoletani presenti nell'Isola in nuovi corpi misti comandaci da colonnelli indigeni (in pratica gli stessi membri della giunca di difesa), col permesso di impiegarli anche oltre il Faro, ma riservando ad essi soli, in tempo di pace, la guarnigione della Sicilia, col divieto in futuro di inviarvi truppe napoletane se non per rinforzo temporaneo. La riforma fu attuata con provvedimenti del 6 e 21 febbraio 1799 (amalgama dei vecchi corpi e leva dei 9.000), mentre scoppiavano in varie località (Augusta, Butera, Terranova, Catania, Trapani, Alcamo, Naro) disordini e rivolte popolari contro i ricchi e i baroni accusati di giacobinismo, culminati il 7 e 8 febbraio a Caltagirone, dove la milizia si unl alla plebe nel saccheggio e nell'incendio delle case signorili e dove Fu persino arso vivo un barone. [ordine fu ristabilito dalle truppe del principe di Cutò, il generale siciliano che nel 1794-96 aveva comandato la cavalleria napoletana in Alta Italia. v Inizialmente il vertice militare rimase pero m mano ai napoletani, dando ai tenenti generali e marescialli siciliani (Naselli, Dancro, Persichelli, principe di Cutò) i pur importanti comandi piazza, ma dando il con troll o delle truppe a Jauch ed ai tre altri marescialli arrivati a Palermo con Naselli (Bourcard, Damas e Sassonia), col seguente organigramma: I ispettore delle truppe di lin ea e della milizia urbana (maresciallo Jauch); 1 quartiermastro generale (il colonnello Giambattista fardella, siciliano, già capo di

SM della Divisione Damas e promosso brigadiere); 3 ispettori dei corpi comandati dai colonnelli sicilian i (Bourcard a Palermo per il Valdimazzara; Damas a Messina per il Valdemone e Sassonia a Siracusa per il V;ùdinoto); 1 direuore generale d'artiglieria: (il colonnello Vincenzo Polizzi promosso brigadiere); l intendente generale (brigadiere Giovanni dc Thomas) con 2 funzionari e 2 ufficiali maggiori di contadoria e tesoreria, ;) commissari ordinatori a Palermo, Messina e Siracusa e una "dep1w11.ione di provianda e vestiario per le R truppe" istituita il 9 marzo 1799; 1 direttore generale degli ospedali militari (marchese Giovanni V ivcmio).

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE 11800 - I 81 5)

Napoletani erano pure l'intendente generale e i direttori generali dell'artiglieria e degli ospedali militari. Poco dopo, però, Jauch fu travolto da un complotto dei baroni e, pur convinto della sua innocenza, Pcrdinando lo sacrificò facendolo condannare per false accuse di tradimento. Rimandati poi a Napoli gli altri marescialli, anche l'ispezione e il comando dei corpi siciliani passarono in mano agli indigeni, col principe di Cutò ispettore generale e i brigadieri Fardella, De Gregorio e principe della Cattolica ispettori dei Valli, fernandez Peiteado intendente generale e il colonnello Salinero direttore d'artiglieria. In compenso il 20 luglio, a seguito della liberazione di Napoli, il controllo del principe di Trabia fu di fatto limitato, riordinando la segreteria di guerra e marina su tre direzioni tecniche, una principale attribuita a I .ogerot, già intendente generale del1' esercito, e due particolari per i due Regni, rispettivamente al commissario ordinatore Giambattista Colajanni (Palermo) e al tenente colonnello C.iovanni Antonio 'forrebruna (Napoli). Il 2 ottobre 1800 Logerot fu licenziato e il 13 si dimise Trabia. Cinterim delle due cariche fu assunto da Colajanni, ma il 10 dicembre fu nominato direttore particolare di guerra a Napoli, al posto di Torrebruna, e lasciò l'interim del ministero e della direzione di Palermo al direttore di marina Foneguerri, che il 6 gennaio 1 801 fu nominato segretario di stato.

La formazione dei nuovi Reggimenti di Vallo

Il 6 febbraio 1799 i corpi nazionali (il reggimento napoletano R. Borbone e i siciliani Palermo e Sicilia fanteria e Sicilia e Ferdinando cavalleria) furono amalgamati in tre nuovi corpi corrispondenti ai tre Valli, e riordinati su 90 compagnie di fanteria e 12 squadroni di 150 teste e 17 compagnie d'artiglieria di 72, con un organico totale di ben 16.753, inclusi 540 ufficiali - il quadruplo della forza esistente - da completare con la leva di 9.000 reclute baronali in ferma novennale e con ingaggi volontari per ferme quinquennali. A ciascun Vallo corrispondevano 1 reggimento di fanteria di 26 compagnie (2 granatieri e 24 fucilieri), 1 battaglione cacciatori di 4 compagnie e 1 reggimento cavalleria di 4 squadroni. Il Reggimento Valdimazzara fanteria, con sede a Palermo e col 1° battaglione fucilieri distaccato a Messina, fu costituito il 18 maggio. Il Reggimento Valdemone fanteria, con sede a


I REALI ESERCITI E LE MILIZIE WlQ9 - 1806)

Messina, fu costituito il 1° giugno coi 2 battaglioni fucilieri del Real Borbone e i terzi battaglioni di Real Campagna e Real Farnese. Il Valdinoto assorbl a sua volta le 4 compagnie granatieri del Real Borbone e 12 di fucifa:ri (2 di Agrigento, 6 di Palermo e 4 di milizia della Valdinoto). Gli ufficiali mantennero il vecchio soldo (200 ducati mensili al brigadiere d'artiglieria, 170 ai colonnelli di cavalleria, 130 a quelli di fanteria, 54, 70 e 64 ai capitani delle tre armi), mentre, a causa del caro viveri, le paghe dei comuni e dei graduati furono aumentate di 2 e 5 grana al giorno, variando dai 2.1 ducati mensili del fuciliere, del cadetto d'artiglieria e dell'allievo artigliere, ai 12 del capo sergente di cavalleria (contro 9, 9.6 e 10.8 dei parigrado dei fucilieri, granatieri e artiglieri).

l,tl

leva delle 9. 000 reclute siciliane

Esenti dal munus militiae, il 21 febbraio i baroni furono richiesti, a titolo di "dono gratuito", di fornire a proprie spese 2 reclute per ogni 100 once annue di facoltà feudali, ricevendo in cambio gradi onorifici in rapporto al numero di reclute o anche impieghi effettivi. Lofferta cadde però nel vuoto, e scarsi risultati dettero anche gli appelli all'arruolamento volontario dei descritti di milizia fatti dal colonnello siciliano Fardella e da quelli dei nuovi reggimenti (Cattolica, Floresta e Beccadelli) nelle rispetti. . ve c1rcoscnz10n1.

Il 9 marzo fu infìne ordinato il rastrellamento dei numerosi sbandati del vecchio esercito che, per una ragione o per l'altra, si trovavano nell'Isola. In definitiva il reclutamento del nuovo esercito poté essere in parte completato, non però l'armamento: a Trieste furono, è vero., acquistati 20.000 fucili, ma il venditore sospese la spedizione non avendo ottenuto il richiesto anticipo di un ducato per pezzo. Inoltre la qualità delle reclute lasciava a d esiderare. l rapporti del tenente generale Danero, governatore di Messina, sono in genere tendenziosi e catastrofici, ma quello del 5 dicembre dipinge un quadro verosimile della guarnigione, composta per lo pii\ di disertori, leva forzosa e calabresi col pensiero fisso alle famiglie lontane, i quali servivano controvoglia e senza il minimo impegno. C'erano tuttavia responsahilità anche d a parte degli

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LI'. Dlii'. SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

uffìciali. Quelli del Reggimento Valdimazzara, accusati di "connivenza" coi disertori, furono puniti il 27 settemhre 1800 con una ritenuta sullo stipendio di 6 tarì a favore di un fondo per premi di 2 onze per la cattura dei disertori.

Il contingente siciliano al di l.à del Faro (J 799- 1801) Come si è detto, era consentito l'impiego delle truppe siciliane nel continente: del resto il nuovo esercito aveva un organico di 16.000 uomini, triplo rispetto alle esigenze ordinarie di guarnigione delle piazze e castelli. Tuttavia l'effettivo impiego di truppe siciliane per la riconquista del Regno di Napoli fu assai limitato. Ruffo non ottenne né il reggimento né i cannoni che aveva chiesto per la sua spedizione in Calabria: solo in seguito ebbe un migliaio di servi di pena rastrellati nelle fortezze siciliane dei quali ci si voleva liberar<.: per ridurre un po' le spese. I soldati negati a Rufl-ò si trovarono, invece, per le spedizioni navali inglesi nd Golfo di Napoli, che miravano anche a bilanciare e controllare i successi militari e il peso politico <ld cardinale. Il primo contingente, salpato a fine marzo col commodoro Troubridgc, era composto da 800 fanti (400 svizzeri del 11 Estero e 400 granatieri Val<limazzara) al comando del colonnello T<;chudy. Alla fine di aprile fu riunito a Palermo, al comando del colonnello Scipione Lamarra, un secondo contingente di 800 fanti e 300 cavalieri_ La partenza subì un rinvio per l'improvviso timore che la squadra di Tolone volesse attaccare la Sicilia, ma il 5 giugno Lamarra sbarcò a Salerno con 2 compagnie granatieri e 8 cannoncini da montagna (capitano Pagliara). A fìne di giugno Nelson portò a Napoli un altro battaglione (fucilieri Valdinot o T) faticosamente organizzato a Siracusa e destinato al presidio di Gaeta, mentre il battaglione fucilieri Valdemone seguì il re "nella gita a Napoli per il riacquisto del Regno". Fu poi inviato a Roma il Valdimazzara cavalleria (Moncada), formando brigata assieme ad uno (Sergardi) reclutato fra le masse campane Roccaromana e Di Tora ed al quale fu dato tuttavia il nome "siciliano" di Reggimento Valdinoto II. In dicemhre erano a Roma, col duca della Floresta, anche i granatieri Valdimazzara e Valdcmonc (riuniti in battaglio-


I REALI

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EsERCITI E LE MILIZIE ( 1800 • 1806)

ne coi granatieri Carolina Il), nonché 2 compagnie del 2° artiglieria Regina (una fissa a Roma e una volante) formami la 4a brigata (Macrì). Solo quest'ultima prese parte allo scontro di Siena. Le riviste danno al battaglione di Gaeta (fucilieri Vaklinoto I) la forza di 505 effettivi al 24 ottobre 1800, 508 al 21 gennaio e 424 il 23 aprile 1801. Il 21 gennaio 1801 le truppe siciliane nel Lazio erano 1.360, <li cui 573 cavalieri, 660 granatieri (365 Valdimazzara e 295 Valdemone) e 127 artiglieri. Il 27 aprile le 4 compagnie dei granatieri ½1ldimazzara furono destinate alla 2a Divisione di Napoli (con stanza a Nola) e le 2 del Valdcmom: alla 3a di Capua. 11 1° fucilieri Valdinoto rimase a Gaeta con la 3a Divisione fìno al rimpatrio nell'isola, disposto il 17 novembre.

Il contingente siciliano a Malta (1800-01) Per sostituire i granatieri russi ritirati dal blocco di Malta, gli inglesi chiesero un contingente siciliano e il 1° febbraio 1800 Acton promise 1.500 uomini al comando del brigadien.: Farddla. In realtà a Malta fu inviato solo il 1° scaglione, sbarcato a marzo, formato da 5 compagnie del Reggimento Valdimazzara (750 fucilieri) e daJl'XI d'artiglieria (capitano Scandurra e tenenti Giuseppe Mori e Gaetano Mezzacapo). Rimasero invece in Sicilia le altre 5 compagnie assegnate al contingente, 3 del Valdimazzara (a Siracusa e Trapani) e 2 di ufficiali degradati per aver servito la Repubblica (a Messina).

Il 21 giugno il contingente siciliano contava 885 uomini (766 fucilieri e 119 artiglieri), contro 846 cacciatori maltesi e 1.294 inglesi. Malgrado ciò il maggior generale Pigot non consentì a Fardella di partecipare al negoziato di resa, concluso il 5 settembre, e al vessillo borbonico di garrire sui forti Ricasoli e M anod accanto all' Union jack e si affrettò a rimpatriare il contingente siciliano.

lf nuovo ordinamento dei Reggimenti siciliani (27 ottobre 1801) Con sentenza del 2 febbraio 1801 il consiglio di stato riconobbe ai corpi siciliani l'anzianità del 2 febbraio 1799 e perciò la precedenza su qttelli napoletani, la cui anzianità fu stabilita al I settembre. O


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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

La rivista data nel .l 801 al Valdimazzara fanteria accertò 3.392 effettivi, con 1.141 mancanti al completo sull'organico di 4.533 e 884 disertori (di cui 614 recuperati). Solo metà dei soldati erano siciliani (e un quinto palermitani): il reggimento includeva infatti un decimo di napoletani e ben due quinti <li stranieri. Pur di accrescere il numero dei siciliani, l'ispettore raccomandava di non bada.re troppo alla statura ("giacché in Sicilia non si deve pretendere un'altezza d'uomo che la natura non può dare"). Larmamento (fucili bresciani cal. 16/17 con bacchetta conica, baionetta e spada) era in parte antiquato e difettoso ("acciarini di fragile tempra e viti di poca tenutà') ma l'equipaggiamento era in compenso accettabile. Lispettore criticava però l'ordinamento in vigore: "la forza eccessiva di un Reggimento male si presta ai movimenti militari, male si accomoda ai servizi delle piazze e guarnigioni e offre minori situazioni alla carriera degli ufficiali". Era una critica condivisa, tanto che il 27 ottobre 1801 la fanteria siciliana fu infatti riordinata sul modello di quella napoletana, contraendo sia il numero delle compagnie (da 90 a 64) sia la forza (da 150 a 100 teste, inclusi gli ufficiali) e formando con esse la 4a Divisione su 2 brigate (7a a Palermo e 8a a Messina). Furono in tal modo costituiti i seguenti corpi: • •

4 reggimenti di fanteria (Valdimazzara l" e 2", Valdinoto, Valdemone) di 1.427 teste (su 2 compagnie granatieri e'.) battaglioni di 4 compagnie fucilieri); 2 battaglioni cacciatori (Valdima,.zara e Valdemone) di 409 teste (su 4 compagnie).

C. La 4a Divisione dell'Esercito (1802-1806) La fine dell'autonomia militare siciliana Il complotto democratico di Catania, con la condanna a morte di Antonio Pirajno e di altri sei congiurati (1801) e il ritorno del re a Napoli (giugno 1802) segnarono però la fine dell'autonomia militare come dell'autogoverno siciliano. Tradendo la promessa fatta al parlamento di affidare il governo dell'lsola ad un principe del sangue, il re attribuì la luogotenenza del Regno all'arcivescovo di Palermo, il napoletano Pignatelli, morto nel 1803 e sostituito dal principe di Cutò, siciliano, sì, ma ancor pitt succube dei gesuiti e dei cavalieri di Malta, due potenti lobby di rifugiati politici odiate dai baroni. Pignatelli e Cutò furono poi tramandati


I REALI Esrncm E LE MILIZIE (1800 - 1806)

alla storiografia filo autonomista come tiranni feroci, responsabili di un clima di arbitrio e di persecuzione poliziesca (nei confronti dei baroni). A maggior ragione il re pose fine alla relativa autonomia militare siciliana. Il 3 giugno 1802, alla vigila del ritorno a Napoli, promosse infatti tenente generale il napoletano Bourcard e gli dette il comando generale delle Armi del Regno al posto del siciliano duca della Salandra, trasferito a sua volta a Napoli nell'incarico già ricoperto da Bourcard, ossia il comando e l'ispezione dei granatieri della guardia reale. Partirono col re anche il segretario Forteguerri e i brigadieri principe della Cattolica e Fardella, nominato comandante e ispettore della 2a brigata di cavalleria a Capua. Colajanni, capo della direzione particolare di guerra e marina di Napoli, fo trasferito a quella di Palermo e tutta la fanteria siciliana passò interinalmente sotto il comando e l'ispe'/,ione divisionale del brigadiere Cusani, restando vacanti i 2 posti di brigadiere.

Con decisione del 2 giugno rimase addetto all'Esercito di Napoli il solo Reggimento cavalleria Valdirna:aara, facendo rientrare alle loro bandiere le 6 compagnie granatieri ancora in servizio a Nola e Capua. Il Valdimazzara, pur restando oltre il Faro, formò brigata (4a) col Valdcmone di stanza a Palermo, riunito il 2 luglio sotto l'ispezione della cavalleria (Acton e Pinedo). Anche gli uffìciili del genio, napoletani, furono sottratti alla dipendenza del direttore d'artiglieria, il siciliano Salinero, dando il comando e l'ispezione del genio al brigadiere Guillamat. La prima grana toccata a Bourcard e Cusani fu, proprio in giugno, il sequestro della banda del Reggimento Valdemone, attirata col pretesto di un concerto a bordo di una delle fregate americane del commodoro Ridiard Morris, in sosta a Messina, che aveva bisogno di completare l' equipaggio prima di affrontare i corsari nordafricani.

La 4a Divisione siciliana nel 1803-05 Il 1° gennaio 1803 la Divisione, escluso il reggimento cavalleria al di là del Faro, contava 8.013 effettivi, pari a poco meno di un quarto dell'incero esercito (33.040), così ripartiti: • •

14 ufficiali generali; 34 addetti alle officine militari;

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 :.J8l5)

• • • • • • •

90 alabardieri; 484 artiglieri; 479 V:ùdemone cavalleria, ufficiali esclusi {101 mancanti al completo); 4.926 fanteria, ufficiali inclusi (1.600 mancanti al completo); 114 stato maggiore delle piazze; 395 delle compagnie di dotazione; 639 invalidi.

Su 385 effettivi censiti al 1° maggio 1804, i cacciatori Valdemone contavano 22 "forestieri" e 56 napoletani contro 275 siciliani. Nel corso del 1804 scadevano i termini di 472 soldati della fanteria siciliana. Le reclute ingaggiate nel solo trimestre estivo furono 150, di cui 22 a Napoli. In agosto i 4 reggimenti e 2 battaglioni contavano 5.057 effettivi, scesi a 4.971 in settembre (mancanti al completo 1.470 e 1.555), benché nel trimestre estivo si fossero ingaggiate 150 reclute (22 a Napoli e 128 in Sicilia). Al 31 ottobre 1805 la fanteria aveva 5.846 effettivi, con un deficit appena superiore al dieci per cento degli organici (681 mancanti al completo). Su un organico di 580 uomini, il Valdemone cavalleria ne aveva 493 nel gennaio 1804, scesi in agosto a 478: anche i cavalli diminuirono da 371 a 341.

Il 2° battaglione del Reggimento Artiglieria Regina

In base all'ordinamento Pommereul, avevano sede a Palermo il comando e i[ 2° battaglione del Reggimento artiglieria Regina, forte di 9 compagnie (incluse la XV ad Augusta, la XVI a Messina e la XVII-XX a Palermo) , due delle quali furono distaccate a Roma nel 17 99-1800 (maggiore Macrì) e una a Malta nel 1800 (capitano Scandurra, XI). Il 27 aprile 1802 il Reggimento fu riordinato su 9 compagnie di 48 teste, otto cannonieri riunite per quattro in due brigate (la e 2a) e una autonoma di minatori-zappatori (T/5a brigata). Sei (T-TV/1 a, IV/2a e I/5a) erano a Palermo, la I/2a a Milazzo e Augusta, la II/2a a Siracusa e la Ill/2a a 'frapani e Girgenti. Lorganico del reggimento fu ridotto così a 445 teste. Nel gennaio 1.803 l'artiglieria in Sicilia, incluse le altre aliquote del corpo, contava 484 effettivi. Nel 1803 la compagnia minatori-zappatori fu incorporata nella brigata pionieri. Nell'aprile 1805 le compagnie


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E LE MILIZIE (180() -

1806)

<l'artiglieria erano ridotte ad appena 227 efl-èttivi, con 205 mancanti al completo di 432; il 16 gennaio 1806 furono mobilitate su 75 teste e aumentate a 1O, raggiungendo un effettivo di 568. Nel 1803-05 comandava il Regina il colonnello Francesco Saverio del Re, direttore delle scuole pratiche d'artiglieria in Sicilia. T maggiori del corpo erano Edmondo Offaris e Paolo Scandurra. Direttore d'artiglieria in Sicilia era il colonnello Pasquale Salinero, sottodirettori i tenenti colonnelli Raimondo Ayala (Valdemone), Leopoldo Moleti (Valdinoto) e Ignazio Grugno (Valdirnazzara).

Il contingente napoletano in Sicilia (1802- I 806) Il trattato di Amiens prevedeva che le truppe inglesi a Malta fossero sostituite <la un contingente napoletano di 2.200 uomini. A tale scopo nel settemhre 1802 furono inviati a Malta il Reggimento Abbruzzi, i cacciatori Appuli e 2 compagnie d'artiglieria, comandati dal colonnello brigadiere Mirabelli. Tuttavia, a seguito della rottura della pace di Amiens e della sospensione del ritiro inglese da Malta, il contingente tornò a Messina, dove rimase, sotto l'ispezione del brigadiere Tschudy. Limpegno assunto nel 1799 a non stqnziare nell'Isola guarnigioni napoletane, fo formalmente rispettato, dando al corpo la funzione di riserva mobile, che giustificava anche l'eccezione di tenerlo sempre a ranghi completi, unico fra tutti i reggimenti dei due esercit i. Nel settembre 1804 contava infatti 1.946 effettivi (1.352 Abbruzzi e 594 Appuli) , con appena 96 mancanti al completo. Il 9 luglio 1805 2 compagnie granatieri del Reggimento Abruzzo e l squadrone sedarono il tumulto popolare a Messina. Le truppe napoletane furono più tardi richiamate, tanto che già in settembre i due corpi presero patte alla parata di Piedigrotta. Nel gennaio 1806 Abbruzzi contava 1.288 uomini (inclusi 48 ufficiali, 3 chirurghi, 2 cappellani e 56 sottufficiali), con 6 compagnie (2 granatieri e 4 fucilieri) a Napoli, di presidio nel Castelnuovo e nel Torrione del Carmine.

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE f 1800 • 181 5)

D. I corpi locali Gli Alabardieri di Palermo I corpi di stanza in Sicilia includevano inoltre la Real compagnia dei 40 alabardieri in Palermo, ereditata dai viceré spagnoli e comandata dal tenente generale Salvatore Naselli e dal brigadiere Francesco Paolo Massa e quella dei cacciatori reali, sotto l'ispezione e il comando del principe d'Aci.

Gli invalidi di Palermo TI 2 febbraio 1802 gli invalidi di Palermo furono ordinati su un battaglione di 400 teste (4 compagnie): in altre parole, fu stabilito un tetto massimo, cessando la concessione automatica del beneficio. Il 25 aprile 1804 persero, inclusi i sergenti, anche il privilegio del letto singolo, di cui godevano a differenza dei colleghi napoletani.

Lo Stato magg;iore delle piazze

Lo stato maggiore delle piazze comprendeva 25 governatori (di cui due "politici e militari", a Messina e Isole Lipari), 8 comandanti, 4 tenenti di re e 6 maggiori di piazza, incarichi non tutti ricoperti. TI governatore della piazza di Palermo era lo stesso comandante generale delle Armi del Regno. TI Castellammare di Palermo e le piazze di Milazw, Messina e Siracusa erano governate da brigadieri, Augusta e 'frapani, come pure i casLelli del Molo di Palermo e del Salvatore di Messina, la Torre del Faro e il Quartiere di Marsala, da colonnelli. Lo SM delle piazze includeva inoltre 8 tenenti colonnelli, 6 maggiori, 4 capitani, I tenente e 3 alfieri.

Le milizie Il comandante generale delle Armi era incaricato dell'ispezione della milizia, con tre ufficiali addetti a quella urbana di Palermo (colonnello duca di Sperlinga e tenenti colonnelli conte Statdla e Agesilao Testa) e due alla milizia del Regno (maggiori Ferdinando Schettini e Gaetano de Celis).


] REALI

Esmcm

E LE MILIZIE ( 1800 • 1806)

Nel 1801 la Milizia urbana di Messina contava 3.706 fanti e 123 cavalli su tre reggimenti, uno di città (1.223 + 123) e due delle "forie" di Tramontana (1.184) e di Mezzogiorno (1.299).

l,e compagnie di dotazione delle Isole Il 4 agosto 1801 furono aboliti i corpi franchi di Pantelleria e di Ustica. Furono però conservate le 4 compagnie di volontari "per dotazione" delle Isole di Lipari (Onofrio Primiceri), Favignana (Giacomo Egurelli), Pantelleria (Pietro Laghi) e Ustica. Questo scoglio 30 miglia a Nord Ovest di Palermo era stato colonizzato e fortificato (con una vedetta e due torri agli approdi) dopo la razzia dei primi occupanti liparoti compiuta il 9 settembre 1762 dai tunisini.

Gli artiglieri litorali Nonostante la ripresa della guerra di corsa da parte delle reggenze nordafricane, incoraggiate e riarmate dall'Inghilterra, non furono richiamati i 426 artiglieri litorali istituiti nel 1793 per guarnire venti corri e piazzeforti (18 Torre Faro, 30 M~ssina, 24 Milazzo, 24 Lipari, 24 Ustica, 36 Palermo, 36 Trapani, 6 Marettimo, 16 Pantelleria, 20 Marsala, 12 Mazara, 24 Girgenti, 18 Licata, 18 Capo Passero, 40 Siracusa, 36 Agrigento, 20 Catania, 12 Termini, 12 Taormina).

La deputazione alle torri costiere d'allarme anticorsari Le torri costiere di allarme furono però ispezionate dai direttori del genio e dell'arciglieria, c;uillamat e Salinero, e a seguito delle ispezioni il 29 marzo 1804 il principe di Cutò, in rappresentanza di Bourcard, stabilì di procedere per il momento al semplice riattamento e armamento delle torri ancora esistenti, rinviando a foturi studi un piano di ri edificazione di quelle abbandonate o dirute e costruzione di nuove corri. Alla morte del marchese Vanni, direttore delle corri costiere in assenza del deputato principe di Butera, la depurazione passò a don Berengario Gravina, che il 9 ottobre 1805 pubblicò un testo unico delle disposizioni in vigore.

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DUE SICILIE NELLE GUERRE NAl'OLEONICHE (1800

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I..:amministrazione della deputazione includeva un officiale del ripartimento, un munizioniere generale e un procuratore, incaricati rispettivamente della contabilità relativa all'artiglieria e attrezzi militari e alle munizioni, della conservazione delle polveri, palle e micce e della vigilanza sulla conservazione e consumo del materiale e sulle fideiussioni dei consegnatari (caporali torrieri). Annualmente ("o almeno ogni quadriennio"!) la deputazione era tenuta a far compiere un'ispezione ("visita") da "persona informata e onestà'. Le torri erano però in mano a "soprintendenti" locali, comunità o baroni, tenuti a compiere personalmente visite quadrimestrali, con facoltà per quelli residenti a Palermo di delegarle a "persona onesta" (dandone però avviso alla deputazione). Il principe di Lampedusa, i giurati di Patti e i duchi di Monteleone e Pirajno erano tenuti, per disposizioni secentesche, a mantenere a loro spese gli officiali delle torri loro spettanti. Altri (principi di Canino, d'Aci e della Cattolica, duca di 'ferranova, conle Sanseverino e barone Michelangelo Colletti di Castelbuono) erano tenuti a mantenere le munizioni di 13 torri. Gli officiali alle torri erano generalmente tre, un caporale, un artigliere e un soldato, con soldi annui di 22 onze il primo e di 17 gli altri due. Il caporale doveva prestare fideiussione per le munizioni ricevute in consegna e annotarne il consumo. Il pagamento del soldo era subordinato alla presentazione delle certificazioni quadrimesrra]i di ciascuno dei tre officiali e del soprintendente. Gli officiali erano tenuti ad abitare e a dormire nella torre, non potevano farsi sostituire e solo nei mesi di sciverno (da dicembre a marzo) potevano godere, a turno, di un giorno libero ogni tre settimane. Dovevano fare la guardia giorno e notte dandosi il cambio, segnalando di torre in torre con fuochi e mortaretti gli eventuali avvistamenti di vele sospette. Se tutto era tranquillo, a mezzanotte dovevano accendere il "fanale di sicurezza", atteso dalle barche per riprendere il cabotaggio notturno. Finanziata con un apposito "sussidio ordinario" di 4.000 once, la deputazione n e spendeva 2. 51 5 ali' anno per mantenere 41 caporali, 42 arrigl ieri, 50 soldati, 4 custodi e 1 cappellano (con soldi annui di 22 once per i caporali e 17 per artiglieri e soldati). Assieme ad altri 2 caporali, 4 soldati e 4 custodi a carico della città di Patti e del duca di Pirajno, i 147 corrieri, conm1ddisrinti (b una "berretta lunga di pelle nera coll'impronta in


I REALI ESERCm E LE MILIZIE (._.1800 _.""'",__-__.1...,8.,..06,,,.),_____ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ __ _ _ _ __

rame della deputazione", guarnivano 44 torri armate e 2 "posti di fano" (fanali) disarmati. Carmamenco consisteva in 83 vecchi cannoni di ferro o di bronzo da 4 a 9 libbre, 6 petrieri, 49 spingarde, 45 "mascoli da avviso" per i mortaretti, 131 schioppi, 1 moschetto, l piccozza e 3 aJabarde.

Tah. 8 I - l?an1;0 dei 5tovernatori delle piazze della Sicilia (i 798) ·-· -Rango Isole Piazze Casldli -~ Rang~_ -·----'l'(ìM.essina Castellammare Palermo MC Favignana Palermo MC Salvatore a Messina Col Pantelleria Augusta MC Molo di Palenno TC Lipari Siracusa Brig Termini TC Ustica TC Maretirno Trapani Bri g Gonzaga di Messina nri g Cittadella di Messina TC Messina Capo Passero Magg Torre del Faro Messina TC (ten. col. o magg.) Licata TC TC Ursino di Catania Molo di (ìirgenti Magg Hrucnla di Augusta Magg Mazzara Cap TG"' tenente generale. MC = maresciallo di campo. Brig. = brigadiere. Col.= colonndlo. TC - tenente colonnello. Magg. = maggiore. Cap. = capi_l<1It0 ._

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Ordinamento della milizia sicili~ma (22 settembre 1798) Colonnellati e Battaglioni delle Valli Col.di Palermo Valdinoto Va]dimazzara Val demone -------~~ 10 1°, 2° Catania I Cefalù - 2 Mist:retta I Trapani - 2 Marsala zo l Milazzo - 2 Patti Siracusa-Augusta I Sciacca - 2 Sambuca 30 1 Noto - 2 Ragusa I A gri gento- 2 Aragona I 0, 2° Messina 40 I Termini - 2 Vicari l Taormina - 2 Mascali 1°, 2° Caltagirone 50 Piazza Armerina I Licata - 2 Naro 1°, 2° Aci Rt:alc

Tab. 82

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LE Due

SICILIE NELLE GLJERRE _,_N:,,_A,,_PO=LE,,,O<!.N-'!:IC=!H.,.E,_,(-'-'180"""0'-----_,lc,,8"-'5,,,) l _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

---Tab.83 - 1'òrza dei RePPÙnenti e 8atta,zlioni siciliani 1803-1805 Corpi di Fanteria 03.03 12.03 ll.04 12.04 ·-Valdimazzara fant. T 1.199 1.202 1124 1 127 1.100 1.151 1 067 Valdimazzara fant.11 1069 1.112 1.254 1.069 1060 Vaklcmone Valdinoto 1.217 1.185 1038 1.006 Cacciatori Valdimazzara 401 303 360 ? Cacciatori Valdemone 367 --- ') 345 ? +- - ---Totale effettivi Fanteria 5.3% 5.095 5 001 4.262 Completo 6.527 6.527 6.527 6527 Mancanti 1.131 .. 1.524

-

01.05 I 15 I 1.070 1083 1.009 ? ?

4.313 6527

--

_

11.05 1.234 1.255 1.278 1291 402 391 5.851 6.527 676

--~-·- --

J'_r;,_l:J.__§_1_~ Forza del ReRgimen/o Va/demone cavalleria J803-1805 03.03 12.03 01.04 08.04 ·---- -Uomini elTellivi* 494 499 493 478 580 580 580 580 Completo* mancm1ti 86 81 87 I 102 -· -··--Cavalli effetti vi 318 374 371 341 Completo 548 548 548 548 mancanti 230 174 177--· 207 * l\sclusi gli ulfo.:iali (21 il 30 aprile e 30 il 30 agosto 1805).

- ----

Tah.85 - Il conlinxenle napoletano in ,')'iq!J.~a 1802-05 Regg_Abruzzi Mesi Cacciatori Annuii Marzo 1803 1342 607 1.370 Maggio 1804 617 Sellembre. 1804 1.352 609 (i07 Dicembre 1804 1-339 Gennaio 1805 1342 607 Ottobre 1805 1.309 599 Novembre 180:'i 1298 597 Gennaio 1806 1.288 ? +~-- -

10.04 484 580 96

336 548 212

---·

08.05 515 580 65 395 548 153


( REALI

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Esrncrn L LE MILIZIE (1800 - 1806)

Tab. 86 - Uffìciali superiori dei corpi siciliani o napoletani in Sicilia (1803-05) Ma1:ruiori Rerrrrimenti Colonnelli Ten. Col. J\mfrea Mi nutolo O. r~. Micheroux 1° - V. Rezzani Val<limazzara I Principe di 2° - M. Ncuburg (°) fanteria A1rn;. - Pcrez de Vera Coli areale T,orenzo Corné I O - B. J\ngelucci Giovanni Battista Valdimazzara 11 2° - F. Meyer Fanteria Arnu 1° - P Corbyons (0 ) Val demone Duca della Agesilao Testa 2° - F. Schettini (°) fanteria Floresta (*) Bem. Beccadelli di Demetrio !0 - Giuseppe Bayo (0 ) Val<linoto fanteria 2 ° - <ì-aet. de Celi s (0 ) Bologna - A.ndrnzzi Oius. Ramirez Pietro Carlier Val<limazz. Cacc. Spi1idinne Dandolo Giacinto Cajafa Valdemone Cacc. Francesco Pernlln Vincenzo 1° -Ant. Migliaccio Valdemonc Coglitore 2° - Alcss. Lucchesi Cavalleria Cesare Carara 1° -Ant. Vecchione Valdimazzara Vacante 2° - Frane. Solimena Cavalleria I O - Raimondo Ribera I ,attanzio Sergardi Leone Di ·rora Valdinoto 11 2° - Giuseppe Ma.rulli Cavalleria I" - Luigi Boon A brua.(> far1te1ia Robe,to Mirabelli Vacante 2° - Vincenzo Arau Luigi Sandiel G. B. Carrone Cacciatori ApJluli Edmondo ()ffaris 2 ° Art Regina Francesco Saverio vacante Paolo Scandurra <lei Re(") due vacanti Raimondo de Brun Vincenzo Invalidi ( sub ispettore) Scandurra (*) Nel 1804 sostituito da G. B. Micheroux (°) vacanti nel 1804-05. (") Nel 180304 anche direttore d ' art. in Sicilia, inc dato nel 1804 al col. Pasquale Salinero.

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DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815)

Tab.87 Stato Ma~7iore defie r,iazze del Re1Tno di Sicilia 1803-05 Piazze e Castelli Tenente Maggiore Governatore (G) o Comandanlc (C) di Re Piazza di Palermo G TG E. de llourcard Monteagudo Castellammare di Palermo G TG Persichelli poi Brig. Patr. Guillaumat Castello del Molo di Pal. G Col Pietro Napoli Castello di Termini G TC Diodato Costa Pi azza di Milazzo G Brig. /\.. Mugnoz G. Sciat.toria noi Col. G. Dusmet Piazza di Messina (;* Brig. G. Guillichini G. Lellieri G. Favalli Cittadella di Messina C Giovanni I .ettieri Castello del Salvatore G Col. Pietro Rueda Castello di Gonzaga G TC G. d ' Estillir Castello di Castellaccio G Magg. G. Oliveras Torre del Faro C Col. G. de Almagro Fortino della Grotta C Alt I. La Scala Castello di Taonnina G TC G. Martelli Castello lJrsino di Catania G Cap. ProsJJero Slclla Piazza <l' Augusta G Col. P. Fomer ùe Sougnez F. Saitzer Castello della Bmca C Ma22. A Anfossi Piazza di Siracusa G Bri1r. M. de Gregorio Uel Castillo V lladolati Torre di Cano Passero C Cap. Vito Alfano - -· Castello d 'Alicata G Can. G. A Gambone Molo di Oirgenti G TC n_Aklanese (poi M J•ederico Omodei) Quartiere di Marsala C Col. Luigi Trapani Piazza di Trapani O Col O . Micheroux S. Rossarnl E. Valenzuela Forte della Colombaia C vacante Forte della Formica C Alf. Gaspare Lainez Isola di Favignana G Cap. G. Salomone Castello di S. Giacom o O Ten D Oliva Castello di S. Caterina G vacante Castello di S. Leonardo ( ì- Alf. Paolo Canino Isola di Maretimo G. Salvo Canino Isola di Pantelleria G Magg. F . Jn galdo Isola di lJstica G TC G. Laghi Isole di Lipari G* TC C. Odwaine Cì-* = Governatore 1mlitico e militare. Segretario di Bourcard, cap . Filinno Travali. -

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I REALI

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[SERCffl E LE MILIZIE ( 1800 - 1806)

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Tab. 88 - Giudici Militari in Sicilia (Calendario e Notiziario della C orte 1804) Udienza miliJ"re del Regno di Sicilia

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Uditore generale in Palermo: Antonio del Bono Avvocato fiscale Salvatore Palazzolo, procuratore fiscale Oiuseppe Sanfilippo, mastro nolaro ùell'L~~t:I__1Za Domenico Anastasi, procuratore in Messina F rancesco Saiia. Amministrazione del Regio Fondo de' Lucri in Sicilia Soprintendente: duca don Igm1zio Lucchesi Palli Ministro Militare: commissario di guena (ìiuseppe Merli e Remedi Ministro Togato: consultore del governo Oiacinto 'l'roisi Segretario Rosario Ferlazzo Avvocato lii scale: marchese Giovanni de Blasi (AF del Tribunale del R. Patrimonio) Procuratore liiscale: Giovatmi Battista Scaglia Razionale: Emanuele Maria Ardizzone Conlroscrillorc Giuseppe Contarini Mastro Notaro Filippo Salemi. --Assessori Militari Piazze Assessori Mi li lari --- -- Piazze Milazzo Dott. Francesco Cali Bar dott. Cesare /,appello Augusta 1~ar Oi rolamo M. Mancuso Pantelleria Giuseppe ù'Ajclli Alicata Siracusa Dolt. Tgllazio Me11doz a Catania Dutt. Giuseppe Virzi Taormina Dott. (ìiuseppe Galeano DoH. Vitale Spoto Girgenti Termini Doti. Giuseppe Monforte Lipari Dott. Antonio Manderani ·rrapani Dott Marziano Montalto Doti. Vito Scalabrini "tvlarsala

Cittadella e mura di Messina nel sec. xvm


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LE DUE SJCJLIE NELLE GUERRE NAPOLWNICHE (1800 - 1815)


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[ REALI ESERCITI [ L[ MILIZIE (1800 • 1806)

9. LA MILIZIA NAPOLETANA E I CORPI VOLANTI (1800-06)

A. Le antiche milizie del Regn,o l'antica milizia rectle di leva nctpoletana (/563

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1800)

Istituito nel 1563 dal viceré Perafan de Ribera duca de Alcalà su 74 compagnie di 300 uomini, reclutati in ragione di 5 per ogni 100 fuochi e riordinato alla fine del Seicento su 112 compagnie di 230 riunite in 9 "sergenzie maggiori", nel 1704-06 il Battaglione di milizia napoletano aveva fornito 2.000 uomini all'armata borbonica in Catalogna e le leve forzate erano state una delle cause principali dell'insurrezione anti borbonica. lt

Soppressa il 26 dicembre 1708 dal viceré austriaco conte Daun per recuperare all'erario l'importo delle franchigie fiscali godute dai militi (180.000 ducati), ma richiamata in servizio già nel febbraio 1711, la milizia di leva fu riattivata nel 1743 da Carlo III e i primi 5 reggimenti combatterono a Velletri. Riordinata il 7 luglio 1749 su 12 battaglioni di 7 compagnie, ma con un organico di appena 5. 040 uomini, nel 17 6 5 la milizia fu di fatto soppressa, riunendo i battaglioni a coppie per formare 6 nuovi reggimenti regolari, detti "nazionali" proprio in riferimento alla loro origine provinciale. La milizia provinciale (Real Battaglione) fu ripristinata dal ministro Acton. Ispirato ai criteri suggeriti nel 1760 dal trattato di Sanchez de Luna duca di Sant'Arpino, celebrato da Melchiorre Delfico e Giuseppe Maria Galanti come lo stabilimento della "nazione armata'', il decreto dd 17 ottobre 1782 si limitava in realtà a istituire una riserva di 15.000 contadini dai 18 ai 36 anni, con esclusione non solo degli ecclesiastici e delle classi elevate, ma anche dei loro domestici, degli artigiani, degli addetti alle a.ziende pubbliche e degli studenti. I militi erano reclutati per sorteggio


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con tèrma decennale ed obbligo di istruzione domenicale, più 8 riviste e 1 adunata annuali. La milizia era inquadrata da 1] colonnelli e 240 ufficiali inferiori tratti dalla nobiltà della capitale, con riserva del grado di colonnello ai primogeniti e di capitano ai secondogeniti, mentre ai figli della nobil tà provinciale erano riservati i posti di cadetto. Formava 120 compagnie di 125 teste, distribuite fra i vari colonnellati (20 Aversa e Sessa, 13 Campagna, 11 Montefusco, 10 Matera, 22 Amantea, 8 Bari, 9 Lecce, 11 Lucera, 7 Chieti, 8 CAquila). Direttamente reclutata e organizzata dal re, la milizia provinciale aveva come scopo prevalente, se non esclusivo, di costituire la riserva di mobilitazione dell'esercito. Con ordinanza del 31 dicembre 1787 le compagnie furono aggregate per sci ai 20 reggimenti di fanteria e in caso di guerra costituivano il loro terzo battaglione, con compiti presidiari e di deposito. Per completare gli organici di pace, il 28 gennaio 1792 fìuono chiamati alle armi i quattro <1uinti (I 2-000) dei militi provinciali, cento per compagnia. In realtà furono impiegati solo 4.800 volontari riuniti a Capua e Gaeta per mobilitare l'intera 2a Divisione e metà delle altre due. TI 28 ottobre, in occasione del temuto sbarco francese nel Golfo, furono chiamati alle armi 3.300 miliziotti di 58 compagnie per sostituire nelle piazze i 18 battaglioni schierati alla frontiera e sul litorale. Completamente assorbita dall'esercito durante la mobilitazione del 1798, dopo la restaura7,ione la milizia provinciale fu riorganizzata localmente dai presidi sulla base delle antiche ordinanze e il 2 0 marzo 1800 furono stabilite le nuove paghe degli ufficiali. Cessò tuttavia ogni rapporto organico con i nuovi reggimenti regolari costituiti sulla base dei corpi sanfedisti e reclutati per ingaggio volontario e pochi mesi dopo la vecchia milizia "m ilitare" fu incorporata in una nuova mili:t.ia di t ipo "politico", con compiti prevalenti, se non esclusivi, di sicurezza interna.

La milizia volontaria feudale e i volontari di frontiera (1794-98) In occasione delle tre mobilitazioni contro la Francia alla milizia di leva furono aggiunte due milizie volontarie, una feudale per tutto il Regno di Napoli e un a locale di cacciatori reclutati nella fascia di frontiera; anch'esse, come la milizia provinciale organizzata dallo stato, con compiti esclusivamente militari di riserva ausiliaria e di complemento dell'esercito.


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La milizia feudale fo "allistata" per la prima volta il 5 agosto 1794, con un contingente di 51.300 "volontari ausiliari" (pari all'll per mille della popolazione) reclutato e armato a proprie spese dai soli baroni che nel 1792 avevano sottoscritto i "doni gratuiti" per la ditèsa del Regno. Lallistamento ebbe successo perché garantiva l'esenzione dal sorteggio per la contemporanea leva del 4 per mille destinata a fornire 16.000 complementi per l'esercito. Il 16 maggio 1796, mentre la cavalleria napoletana combatteva in Lombardia contro Bonaparte, fu chiamata alle armi parte (40.000) dei volontari allistati nell'agosto 1794 per formare un "corpo di milizia sciolta" di 40.000 volontari senza uniformi, con armi proprie, esenzione decennale dai pesi fiscali e diaria di 25 grana (di cui 13 di "prest") a carico degli enti locali, inquadraci dai baroni. Decimati dalle terribili condizioni igienico-sanitarie degli accampamenti tenuti in estate lungo la frontiera, i volontari furono in parte congedati il 16 ottobre. Parte (7.119 fanti e 4.032 cavalieri) fì1 però inquadrata in 13 nuovi reggimenti (2 di fanteria, 5 cacciatori e 6 di cavalleria) formati da baroni, autorizzati a coprire i posti da ufficiale inferiore mediante la vendita della carica. I'

Una nuova milizia baronale fo chiamata alle armi il 20 aprile 1798, estendendo l'obbligo a tutti i baroni e considerando solo aggiuntivi gli eventuali "doni gratuiti". I feudi, inclusi quelli "moderni" che si protestavano esenti dal munus rnilitiae, dovevano infatti fornire entro un mese un volontario ogni I 00 anime. Sotto la stessa data furono assoggettati ad analogo obbligo anche vescovi, abati e capitoli, calcolando però un volontario ogni 1.000 ducati di rendita, mentre i monasteri dovevano darne uno ogni 5 monaci. Erano eccettuati gli usufruttuari di terreni allodiali o in enfiteusi, perché si specificava che le reclute dovevano essere scelte tra i braccianti oppure in categorie non addette all'agricoltura, cioè artigiani, guardiani, facchini, marinai, famigli, armigeri e altri impiegati baronali atti alle armi. Nel 1794 erano previsti 60 battaglioni di fanteria di 800 teste aggregati per tre ai 20 reggimenti di linea, più 3.300 cavalieri ausiliari. Nel 179697 furono costituiti, come si è detto, 13 reggimenti (14 battaglioni e 24 squadroni). Nel 1798 questi ultimi furono portati sul piede di guerra e

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furono inoltre costituiti 25 battaglioni cacc1ator1 volontari, di cm 19 aggregati a reggimenti di linea. Il 21 aprile 1798 furono infine istituiti i volontari cacciatori di frontiera, 5.030 volontari da 16 a 45 anni, inclusi ammogliati e fìgli unici, robusti ed esperti di arte venatoria, reclutati nella fascia di 12 miglia lungo il confine con lo Stato romano. Destinati esclusivamente alla difesa locale, formavano 5 reggimenti (Truentini, Amiternini, Marsi, Liri e Formiani) su 2 battaglioni di 4 compagnie di 124 teste.

B. I Reggi,menti Urbani e Provinciali del Regno di Napoli (1800-1806) TI nuovo rnodelw napoletano di sicurezza, interna

Lidea di poter prevenire e reprimere la rivoluzione mediante una forza di sicurezza interna selezionata politicamente e capillarmente distribuita su tutto il territorio fu sperimentata in varia misura in tutte le società di antico regime sia in Europa che in America, ma in Italia attecchì soprattutto nel Regno di Napoli, dove, paradossalmente, fu ereditata e perfezionata dai re francesi, che la rivolsero, con maggiore efficacia, contro la resistenza fìlo borbonica. Concepita dal cardinale Ruffo, e promessa il 3 ottobre 1799 per dare una sistemazione ai capimassa esclusi dall'esercito, la milizia urbana e provinciale del Regno di Napoli fu istituita con R. editto del 1 2 luglio 1800, nel clima creato dalla sconfitta di Marengo e dall'armistizio di Alessandria, fondendo in un unico corpo l'antica milizia di leva e le milizie volontarie create nel 1794-98. Ma, accanto agli scopi militari immediati (consentire la radunata delle truppe regolari alle frontiere e sostenerle in caso di invasione), traspaiono anche gli scopi politici e sociali, decisamente prevalenti, di dare assistenza economica ai capimassa, nonché di riconoscere l' ascesa sociale di quelli provenienti dai ceti più umili e di garantire il loro strapotere sottraendoli alla giurisdizione ordinaria. Diversamente dall'antica, la nuova milizia provinciale non era concepita


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ESERCITI E LE MILIZIE ( 1800 - I 806)

come riserva ddl' esercito, ormai trasformato, come si è detto, in un "esercito di casermà' reclutato per ingaggio volontario e svincolato dalla leva forzosa. Proprio per questa ragione la sua istituzione fu criticata da Logerot, che la considerava un inutile spreco di risorse sottratte ali' esercito regolare ("molto male si è inteso, e con infinito dispendio"). Si trattava invece di una forza di pubblica sicurezza, meno neutra, dal punto di vista politico, della guardia civica di tipo francese. Da quest'ultimo il modello napoletano (applicato nel 1803 nello stato pontificio e ripreso e perfezionato nel 1806 sotto Giuseppe Napoleone e nel 1809 sotto Gioacchino Murat) differiva in due punti essenziali, il reclutamento e l'inquadramento. La guardia nazionale di tipo francese si basava infatti sull'obbligo generale e personale e sul principio democratico (senza gerarchie stabili e retribuite, bensì elettive, gratuite e temporanee con freguente rotazione e divieto di immediata iterazione delle cariche). La milizia napoletana era invece composta di volontari di sicura fede politica eventualmente integrati da una leva selettiva, con gerarchie stabili e ben retribuite nominate dall'alto. Era in realtà il "partito armato" dei monarchici, la perpetuazione dello squadrismo sanfedista legalizzato e inserito nell'apparato repressivo e di controllo sociale capillarmente diffuso su tutto il territorio: un incunabolo, insomma, di quella c~e sarebbe poi stata la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Negli ambienti sanfedisti non mancarono opposizioni contro la milizia. A Caserta scoppiarono tumulti quando il preside Salomone tentò, senza riuscirvi, di requisire le armi occorrenti per la milizia: "governo scellerato - diceva un cartello, non riguardate che noi siamo tutti soldati e volete disarmarci? Fate i fatti vostri, Giacobi scellerati". Dal canto suo il governo non si fidava neppure della mili:,,ia: Colajanni li considerava al tempo stesso notori manutengoli dei ladri e "il sostegno del trono e la forza del regno" e nella riunione della giunta di stato del 23 agosto 1801 si disse che la milizia era piena di dementi "intrigati in tutt'i delitti" e per lo più "feccia della gente".

I compiti, la precedenza sugli armigeri e l'istruzione 11 R. Editto del 12 luglio destinava la nuova milizia "a mantenere la tranquillità nell'interno della Monarchia ed a farla rispettare al di fuori, come

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tutti gli altri corpi effettivamente costituenti il nostro Real Esercito". Il servizio ordinario di pace, disciplinato dagli am. XIII e XIV del RE e dal R. dispaccio del 17 aprile 1802, prevedeva servizi gratuiti (ronde notturne, guardia dei teatri, arsenali e posti vicini alle carceri, travagli militari e altri posti destinati da S. M.) e retribuiti, a carico dello stato (guarnigione) o degli enti locali (riviste generali di ispezione, accampamenti, esercizi di battaglione). A carico di questi ultimi era anche il servizio in tempo di guerra (marcia, accampamento, guardia ai confini, azioni fuori provincia). Norme complementari aggiunsero la ricerca dei disertori, con premi di 6 ducati per l'arresto da pagarsi al reggimento (20 luglio e 8 settembre 1801), le spedi·1,ioni contro i malviventi (14 settembre) e i servizi individuali comandati dagli ufficiali per spedire carte d'ufficio ai superiori (11 gennaio 1802). ealloggio in missione era a cura dei sindaci (11 gennaio 1802). 'fra le disposizioni volte a tutelare il prestigio della milizia c'erano la punizione dell'oltraggio (R. dispacci 25 giugno 180 I e 13 novembre 1802) e la precedenza delle pattuglie di milizia sugli armigeri, tenuti a dimostrare verso di esse la maggior circospezione e subordinazione (R. Ordinanze del 1789, cap. XVIII, art. VIII, R. decreto 3 aprile 1800, art. X). T poliz,ioni ("birri e venturieri") erano del resto esclusi dalla milizia e quest'ultima doveva essere impiegata secondo i criteri generali stabiliti dalla R. ordinanza sul servizio delle piazze ("la forza militare deve somministrarsi in sostegno della politica ne' soli casi momentanei e urgenti e deve agire militarmente, senza mescolarsi i soldati co' sbirri, o assegnarsi in tal incontri partite fisse"). Lart. XII del RE prevedeva il distacco di sottufficiali regolari nei capoluoghi delle compagnie e squadroni per l'istruzione di base dei miliziani, da svolgersi in tutti i giorni festivi. Gli ufficiali "non ancora esperti" dovevano esercitarsi nelle guarnigioni, e una volta all'anno si dovevano svolgere "grandi manovre colle artiglierie". Per i dragoni erano previsti istruzione e servizio tanto a piedi quanto a cavallo (art. XV).

L'immissione obbligatoria e il reclutamento volontario e di leva

Lart. VI del RE immetteva nella nuova milizia, con ferma di 5 anni, le reclute della leva del 2 settembre 1798 e anteriori e gli appartenenti alla vecchia milizia che non avevano ultimato la ferma decennale. Con separa-


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to editto del 12 luglio 1800 vi furono incorporati inoltre anche i cacciatori franchi e i volontari cacciatori di frontiera. Erano ammessi inoltre volontari ordinari e miliziotti congedati che volevano arruolarsi nei nuovi corpi. Tuttavia, in deroga alla RO del 1789 p. 111, c. XIII, art. TTT, con R. dispaccio del 1° dicembre 1801 fu vietata la riammissione in servizio in caso di condanna a galera o a presidio. I ruoli erano completati col sorteggio di un uomo ogni 100 anime secondo il censimento ecclesiastico del 1798. Erano soggetti alla leva gli uomini dai 18 ai 50 anni, atti alle armi, non inquisiti e di buona condotta, eccettuati soltanto gli ecclesiastici ordinati in s,lcris e gli impiegati negli uffici regi. TI tasso del 10 per mille era calcolato con una certa larghez:,.a, tenuto conto che gli organici della milizia, incluse le reclute delle altre categorie, corrispondevano al 14 per mille della popolazione, ma questo limite massimo non si applicava nella città di Napoli, la cui milizia urbana aveva un org.rnico pari al 4 5 per mille degli abitanti. Nella capitale l' esecuzione della leva era demandata all'ispettore e comandante generale della milizia urbana, in Terra di Lavoro al commissario di campagna e nelle altre province al preside. TI sorteggio ("bussolà') era eB:èttuato localmente dal "governo civico" e doveva avvenire "in pubblico parlamento" e con l'intervento del govern~tore locale e del parroco. Erano ammessi surrogazioni e cambi (art. VI RE e R. dispacci del 26 ottobre e 30 novembre 1801 e 8 giugno 1802) nonché l'ingaggio nelle truppe regolari (15 marzo 1802). La mancata presentazione per l'ascrizione ai Reggimenti di Milizia era punita con la condanna a 8 anni di fèrma nella linea (R. dispaccio del 25 novembre 1800). Dalla leva e dall'ascrizione volontaria erano esclusi gli inquisiti e indultati per trascorsi rivoluzionari e repubblicani e, con R. dispaccio del 25 maggio 1801, anche birri e veuturieri di dogane, arrendamenti, tribunali e corti, ancorché soggetti alle leve forzose del 17 94-98.

La selezione dei Quadri Gli ufficiali, aiutanti, cadetti, cappellani, chirurghi e sergenti della milizia erano nominati su proposta dell' ispettore comandante generale, il qua.le, "prese le dovute notizie", li indicava era i militari senza soldo e i "pagani" che, "nell'aborrire il partito rivoluzionario, si (fossero) vcramen-

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te distinti nell'attuale guerra per la fedeltà e per le coraggiose operazioni a favore della Real Corona e dello Stato, inclusi gli appartenenti all'antica milizia provinciale e un'aliquota di_ufficiali aggregaci alle piazze o "senza fisso destino", con l'impegno del re ad accordare la paga intera "a taluni pochi" distintisi con "azioni singolari ed illustri per liberare il Regno dagli invasori" (art. VTTJ RE). Gli ufficiali erano destinati ai reparti più vicini alla loro residenza (art. X RE). Con R. o rdine ddl' 11 gennaio 180 I gli ispenori delle armi di linea furono incaricati di spurgare i reggimenti trasferendo alla milizia gli ufficiali esuberanti e provenienti dalle masse e in tale occasione passarono nella milizia almeno tre ufficiali dei fucilieri di montagna. Il 2 febbraio vari ufficiali d i linea furono distaccati ad organizzare i reggimenti provinciali, specialmente in Abruzzo e 'frrra di Lavoro. TI 21 giugno passarono nei dragoni provinciali i bassi ufficiali e alcuni individui del disciolto battaglione dei dragoni leggeri. 11 21 marzo 1802 vari sottufficiali del treno forono trasferiti nella milizia urbana.

liJùro militare e l'istituzione degli uditori di guerra per la milizia Il pitt importante privilegio, stabilito nell'interesse della milizia e perciò non rinunciabile individualmente, era il "foro militare" nelle cause passive civili e criminali, con esclusione delle cause attive e di quelle relative all'amministrazione degli enti locali_ La milizia aveva sempre goduto del foro militare, fin dall'epoca spagnola. Ma la riorganizzazione del 12 luglio 1800, integrata dalle Reali Tstru:àoni del 15 dicembre 1801, ritagliò, all'interno della stessa giurisdizione militare, uno spazio specifico ed esclusivo per la milizia provinciale, per meglio tutelare lo strapotere e perfino lo squadrismo d egli ex-sanfedisti. A d ifferenza della milizia urbana, soggetta alle due corti militari di Napoli (udienza generale di guerra e casa reale e consiglio supremo di guerra), quella provinciale fu infatti sottratta non solo all'autorità giudiziaria civile, ma in parte anche ai tribunali militari provinciali, presieduti dal preside e composti di togati (assessore, avvocato e procuratore dei poveri, procuratore fiscale), ai quali furono lasciate solo le cause criminali passive relative agli ufficiali, cadetti e volontari di milizia ascritti come gentiluomini. Le cause civili passive (tranne quelle relative all'amministrazione degli


I REALI Esrncm E LE MILIZIE (1800 - 1806)

enti locali) e la cognizione dei delitti commessi dai chirurghi, sottufficiali e truppa provinciale furono invece attribuite ad un nuovo giudice monocratico ("uditore di guerra per la milizia") addetto esclusivamente ad uno specifico battaglione e incaricato anche della vigilanza disciplinare sulla condotta e i costumi dei membri della milizia (RE art. XVTTI, RI art. XIII) e della raccolta di informazioni sui disertori (RI art. Vlll, XI e XII). Gli uditori, scelti dal tribunale militare provinciale (e in Terra <li Lavoro dal governatore militare di Capua o dal commissario di campagna) tra i laureati (RE art. XVllI), dipendevano <lai presidi, loro diretti superiori, ma non potevano procedere senza il permesso e l'intelligenza del colonnello (RO c. XIII, art. LXXXII, Rl art. XI e XIII, R. dispaccio del 9 agosto 1802) e senza l'assistenza di un uffìciale da lui destinato (RE art. Xlll, R. dispaccio 29 giugno 1801 art. I). Il decentramento della giurisdizione militare incideva anche su quella civile, perché, in caso di complicità tra civili e membri della milizia, la causa era somacca al giudice del focus commissi delicti e trasferita al giudice del luogo di residenza dell'uditore militare che doveva procedere "unitamente" a lui_ (RE art. XVIII e R. dispaccio del 29 giugno 1801 art. 1). Cuditore sceglieva il cancelliere (attitante), salva l'approvazione del prer side (RD 29.6.1801 art. V). Ad uditori e attiranti spettava la tassa (diritti giudiziari) con cessa alle corti del Regno, con divieto però di esigere alcuna somma nelle cause criminali in residenza, ancorché offerta volontariamente dalle parti. Per trasfèrte fuori sede ad istanza d elle parti, queste erano tenute a pagare una "dieta" di 10 carlini all'uditore e 5 all'attitantc, oltre ad "accesso" e "ricesso". Nelle cause meramente fiscali l'importo delle diete era dimezzato e liquidato sui proventi fiscali esatti per pene contumaciali dai sottoposti alla giurisdizione militare (RI art. VI). Con RD 1O marzo 1802 fu assegnato un uditore ad ogni battaglione di fanteria o dragoni provinciali. Dovevano essere perciò 96 (70 + 26), ma nell 'annuario di corre del 1804 ne troviamo soltanto 73, distribuiti inoltre irregolarmente, con una vistosa eccedenza in Terra di I ,avaro (23 anziché 14) e cifre in difetto nelle altre province, una delle quali (Lucera) ne era del tutto priva, mentre a Chieti le funzioni dei 6 uditori previsti erano supplite da 4 governatori locali. I laureati erano solo 18, tutti impiegati in Terra di Lavoro.

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Restrizioni all'arresto di militari da parte dei giudici civili

Larresto dei militari, specie degli ufficiali, era soggetto a particolari restrizioni. I.:ordine era riservato al preside, dietro rapporto e richiesta del comandante di reggimento o di "altro a cui spetti" (Rl art. Vlll). In materia penale l'ordine d'arresto spiccato dal giudice pagano doveva eseguirsi per il tramite del braccio militare, salvo in casi di fuga o nascondimento. Nelle cause civili passive gli arresti personali e il sequestro di beni in esecuzione di giudicati di tribunali pagani erano disposti "coll'incelligenza e col braccio" dei rispettivi superiori militari (RO art. II). 'fottavia, trovandosi nell'edificio del tribunale, l'ufficiale era tenuto ad ubbidire all'intimazione d'arresto fattagli nel Real Nome da un magistrato nell'esercizio del suo ufficio ("amministrante attualmente la giustizià'). In caso di resistenza, gli armigeri ("famiglia armata") erano autorizzati ad usare la forza, ma soltanto per impedirgli la fuga. In "flagranza di scandaloso eccesso di un ufficiale'', la famiglia armata poteva intimargli l'arresto di propria iniziativa, ma senza mettergli le mani addosso, limitandosi a circondarlo con le armi spianate, dandone immediato avviso al corpo di truppa o al comando militare pii1 vicino. Tn entrambi i caso l'autorità pagana doveva farne relazione al ministro della guerra e al comandante militare del luogo. (RO c. XVIII, art. I e II; RD 3 aprile 1801 artt. T-TTT e V). Le forze di polizia ("forze politiche") erano autorizzate ali' arresto di rei flagranti, fuggiaschi e disertori, con obbligo di immediata consegna al posto militare pii1 vicino. I.:autorità civile era tenuta a consegnare gli arrestati all'ufficiale che lo richiedesse con prescritti rapporti. Le perquisizioni disposte nei confronti di civili ma in case in cui fossero alloggiati ufficiali superiori con guardie o ordinanze, dovevano essere effettuate col permesso degli ufficiali maggiori. Si minacciava "severo castigo" ai militari che facessero resistenza, e "reale indignazione e pene a real arbitrio" ai magistrati che contravven(issero) ai sovrani stabilimenti o in qualunque modo ecced(essero) contro i soldati" (RO, arte. VI, VII e IX, RD art. VITI, TX e XI).

Franchigia del!tt carta bollata, nobiltà personale e onori fonebri

Altro privilegio comune era l'esenzione d all'obbligo di usare la carta bollata negli atti pubblici, concessa con R. dispaccio 22 dicembre 1801 ).


[ REALI ESERCITI E LE MILIZIE ( 1800 - 18061

Ai dragoni che servivano con cavallo proprio era riconosciuta inoltre la "nobiltà personale" per tutto il tempo del servizio, con gli stessi privilegi dei naturali delle città demaniali pur essendo di paesi baronali (art. Vll). Ai militi spettavano inoltre gli stessi onori funebri della truppa "viva" (10 agosto 1801)_

Sanzioni per il matrimonio senza permesso

Conseguire il grado di ufficiale della milizia aveva ['inconveniente, per gli scapoli, di essere assoggettati alle dure sanzioni previste da.I R. editto 28 novembre 1796 per il matrimonio senza reale permesso. Cufficiale era privato per 15 anni dell'avanzamento e di un terzo della paga, ma la sua era la punizione minore: l'editto comminava infatti addirittura la relegatio in insulam al celebrante (4 anni a favignana), ai superiori e al cappellano per omessa vigilanza (3 anni a Pantelleria) e al padre della sposa reo di non aver impedito le nozze (2 anni ad Ustica). In mancanza <ld padre, era punita la madre titolare della patria potestà (due anni a.I conservatorio). La sanzione per la sposa erano 15 anni di reclusione in conservatorio, mantenuta con la ritenuta sullo stipendio del marito.

Cassazione dai ruoli

In tutte le società di antico regime la riva.lità tra birri e soldati dava spesso luogo a incidenti, specialmente quando i soldati cercavano di impedire un arresto o di liberare un arrestato. Cart. X delle RO e l'art. XTT del RD 3 aprile 1801 prescrivevano l'arresto immediato di pagan i, subaherni e armigeri che avessero "dato preventiva causa'' ai disordini commessi dai militari. C"esimizione di rei dalla giustizia ordinaria" <la parte di membri della milizia era nondimeno sanzionata con la perdita del foro miliare, mediante cassazione dai ruoli e consegna ai tribuna.li ordinari (R. dispaccio 15 giugno 1802).

La cassazione era comminata anche ai militi notoriamen te di "mal costume" o inquisiti per delitti commessi prima dell'arruolamento e comportanti pena di corpo afflittiva (R. dispacci del 27 giugno 180 l e 27 gennaio 1802). Erano però graziati dalla cassazione gli inquisiti per fèrite, qualora non fossero recidivi specifici e avessero ottenuto la remissione di

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parte e la fede di salute dell'offeso (R. dispaccio 15 giugno 1802). L"asportazione di somme senza previo permesso dei superiori", provata da flagranza, fatto notorio o confessione spontanea, era sanzionata con la condanna a 8 anni di ferma nella linea (R. dispacci 14 settembre e 1° dicembre 1801).

C . L'organizzazione dei Reggimenti Ordinamento e organici della milizia Secondo l'art. VIII del RE, la milizia era posta sotto la "protezione" del principe ereditario Francesco (tornato però a Napoli solo il 31 gennaio 1801 assieme ad Acton) e il comando in capo del maresciallo Luigi Adolfo di Rosenhcim ispettore e comandante generale, da cui dipendevano 12 sub ispettori e comandanti provinciali. Tali funzioni erano attribuite ai presidi e, per la Terra di Lavoro, al comandante della piazza di Capua. Comandante e sub ispettore della milizia urbana di Napoli era il colonnello Scipione Lamarra (che esordì nell'incarico subendo il fiuto della carrozza). La fanteria provinciale del 1800 era leggermente meno numerosa della fanteria volontaria del 1794: 44.234 uomini contro 48.000, ma in comp enso aveva un maggior numero di ufficiali: 68 b attaglioni invece di 6 0 e 340 compagnie invece di 240. La cavalleria era poi il d oppio, con 12 reggimenti e 48 squadroni contro 6 e 22. Inoltre erano aggiunte la milizia urbana di Napoli su 100 compagnie (1 3.010) e 12 squadroni, Complessivam ente 67.228 uomini riuniti in 60 reggim enti, 44 di fanteria (57.244) e 16 dragoni (9.984 uomini e 8.768 cavalli), pit1 una riserva di 2.024 soprannumerari e 2.024 animali da tiro per il traino dei 176 p ezzi da camp agna nominalmente assegnati ai reggim enti di fanteria. Questi ultimi (34 p rovinciali e 10 urbani) erano ordinati su 2 compagnie granatieri e 2 battaglioni di 4 compagnie fucilieri, con un organico di 1.301 teste inclusi 46 ufficiali, 2 aiutanti, 2 cappellani e 2 0 cad etti. I reggimenti dragoni (4 p er N ap oli e uno p er ognuna delle 12 p rovince) avevano lo stesso organico della cavalleria regolare (624 uomini inclusi 25 ufficiali e 548 cavalli, su 4 squadroni di 150/ 130).


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[SERCITI E LE MILIZIE (1800 - 1806)

L'organico della milizia provinciale fu stabilito al tasso del 14 per mille della popolazione, già adottato nel 1798 per le milizie volontarie feudali dei Regni di Napoli e Sicilia. Tuttavia, poiché si dovevano formare reggimenti di uguale organico, il carico sulle province non poté essere distribuito in misura uniforme. Si andò così dal 14 di Abruzzo Ultra, al 13 di Cosenza, Matera e l'.Aquila, al 12 di Salerno, Montefusco, Lucera e Catanzaro sino al 10 di Trani e Lecce. Queste riduzioni furono compensate dal maggior carico imposto a Napoli e Terra di Lavoro, mediamente del 18 per mille. Apparentemente la capitale era penali:aata, perché l'organico dei 14 reggimenti urbani corrispondeva al 4.7 per mille degli abitanti, mentre il contingente provinciale della Terra di Lavoro corrispondeva solo al 7.4 per mille della popolosa provincia (anche se poi fo aumentato di due reggimenti, V di fanteria e TI dragoni). In realtà la città forniva solo i primi tre reggimenti urbani (I, TI, III) e il I dragoni (4.527), mentre gli altri 10.939 erano reclutati nei limitrofì "casali" della Terra di I,avoro.

Paghe, un{fòrrni, bandiere e bande Agli uHìciali della nuova milizia, nominati tra i militari in ritiro e i benemeriti della resistenza t~mfodista, fu attribuita la paga stabilita il 20 marzo 1800, inferiore da un terzo alla metà di quella degli ufficiali di fanteria in servizio attivo, senza indennità né maggiorazioni per i dragoni. Al colonnello spettavano perciò 36 ducati mensili, al tenente colonnello 33, al primo maggiore 24, al secondo 21, al quartiermastro e ai capitani 18, all'aiutante maggiore e ai tenenti 15, ai sottotenenti 12, al primo aiutante 10 e al secondo 8. Gli uffìciaJi locali erano però esclusi dalla franchigia spettante agli ufficiali di truppa viva impiegati nel Regno (R. dispaccio dell' l l agosto 1802). Care. XIII accordava ai miliziani di grado inferiore una semplice diaria (prest) per i servizi retribuiti di durata superiore alle ventiquattro ore, dell'importo di 20 grana per cappellani, chirurghi, cadetti e sottufficiali, 1 5 per caporali e carabinieri e 12 per i comuni. Ltmiforme (art. XVII) era a carico dei miliziani, ma soltanto gli ufficiali e i sottufficiali erano tenuti a provvedersene. La truppa doveva però dotarsi di cappello con falda rialzata e mostre (colletto e paramani) del

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colore distintivo della provincia. A carico dell'erario era il vestiario per le aliquote chiamate in servizio di guarnigione, che al momento della muta lo passavano al distaccamento montante. l colori delle uniformi (rosso per la fanteria e blu per i dragoni) e delle mostre furono stabiliti dall'ispettore e comandante generale con ordinanza del 28.1O.1800. Il R. dispaccio 15 giugno 1802 concesse la facoltà di far uso di uniforme grigio con mostre rosse e cordoncino del colore provinciale. Le bandiere e gli stendardi recavano impresso da una parte lo stemma delle armi reali e dall'altra quello della provincia, con l'indicazione del numero reggimentale (art. XVI). Numerose disposizioni complementari riguardarono poi le bande dei reggimenti, non previste dagli organici, ma formate dai tamburi e dalle trombe e dirette da un tambur maggiore. TI mantenimento delle bande era a carico degli enti locali (R. dispacci 4 febbraio 1801 e 1° marzo 1802) ma il 25 febbraio 1802 furono sottoposte ad un'amministrazione speciale, la "giunta economica delle Rande", con a capo il maresciallo Micheroux, formata da 8 membri (colonnelli duca della Manta, principe di Supino e duca di Minervino, tenente colonnello principe di Torchiarolo, tenente Giacinto Orsini, conte di Sinopoli, marchese di Sinno e Antonio fovi) e un segretario (capitano Francesco Carnerota).

1 ruoli provinciali dei cavalli da sella e degli animali da tiro I cavalli e il foraggio erano a carico dei dragoni volontari oppure dei proprietari dei cavalli requisiti per il servizio della milizia provinciale. A tal fine era prevista la forma:t.ione di ruoli provinciali dei cavalli atti al servizio, stabiliti mediante sorteggio fra i benestanti proprietari di almeno tre cavalli e rinnovati ogni quinquennio esentando quelli del rurno precedente. La tassa era di un cavallo per i proprietari di tre e di due per i proprietari di cinque o più. I cavalli dovevano essere forniti a cura e spese del proprietario di sella e finimenti militari, rimpiazzati ove mancanti e tenuti a disposizione del reggimento per la durata della ferma. La requisizione era ordinata di volta in volta dagli ufficiali superiori nei soli giorni di istruzione e servizio, con restituzione al proprietario. Le spese di foraggio erano anticipate dalle comunità, con rivalsa sul proprietario. Lo stesso metodo era previsto per formare il ruolo d egli animali da tiro destinati al traino di 4 cannoni da campagna per ogni reggimento di fanteria (art. VII RE)


I REALI ESERCITI E LE MILIZIE (1800 - 1806)

Il costo finanziario della nuova milizia Il costo teorico della nuova milizia rappresentava per il Regno di Napoli una "stangata'' di 2.4 milioni di ducati, esclusi gli oneri individuali per la requisizione di cavalli e animali da tiro e la provvista dell'uniforme_ Le sole spese d'impianto gravavano gli enti locali di 1.7 milioni, 384.073 gravanti sulla capitale e casali limitrofi e 1.280.658 sulle province. Il solo armamento (52.932 fucili con baionetta e 16.720 cangiarri da fanteria, 9.136 carabine, 9.488 sciabole e 18.976 pistole da cavalleria, con dotazione individuale di 60 cartucce) comportava un costo di 731 .376 ducati, pari al 43.9 per cento del totale. Erano inoltre previsti 264.441 ducati (15.9%) per l'equipaggiamento individuale, 350.249 (21%) per tende, marmitte e borracce e 318.665 (19.1%) per un fondo speciale per macchine d'artiglieria. Le ultime due voci rima.~ero però sulla carta e anche la spesa per armamento ed equipaggiamento fo probabilmente piì1 contenuta, oltre ad essere spalmata sugli esercizi successivi. Gli enti locali dovevano inoltre conservare armi, equipaggiamento ed utensili di campagna in una stanza "ben condizionata" come magazzino e farli tenere in buon ordine da persona idonea destinata dai capi militari (art. Xl RE e R. dispacci 14 e 27 marzo 1801). I!

TI mantenimento della milizia gravava inoltre gli enti locali di altri 701.384 ducati all'anno, di cui un quarto su Napoli e casali. Il 65 per cento (455.520) era costituito dalle paghe di 2.420 ufficiali e 120 aiutanti, il resto (245.864) dall'imporro di un mese di prest, tenuto in deposito per remunerare i servizi prestali dai miliziani di grado infèriore. Lart. XIV del R. E. destinava a tale scopo i "sopravanzi" degli enti locali, con facoltà, qualora insufficienti , di imporre "discrete tasse sopra i soli benestanti secolari ed ecclesiastici: m entre Noi nell'imposizione de' pesi dello Stato terremo presente quest'articolo, per non gravare i Nostri amatissimi sudditi '' . Lamministrazione da parte degli enti locali si rivelò ben presto impossibile. Con R. ordine del 17 novembre 1801 se ne dette incarico all'intendenza militare, disponendo che le fossero versate le somme raccolte dalle università. Si calcolava un introito di 1.975.000 ducati ma l'incasso non fu n eppure di un terzo, appena 585.000, più 114.000 che figuravano già spesi in acquisto di armi ("in gran parte fraudole11lemente").

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L'insufficienza dei fondi giustificò ndl'agosto 1802 la decisione di sospendere la formazione dei reggimenti e la segreteria di gw.:rra e marina impiegò il denaro per provvedere alle altre pressanti esigenze. Nella relazione del 12 aprile 1804 Colajanni rilevò che la segreteria di guerra non aveva "curato di prender conto né del danaro speso sulla esazione della tassa per compera d'armi e correame né delle frodi occorse in tale esazione, né della esistenza e valore di quei generi, né del danaro esatto e rimaso in mano dc' sindaci ed esattori", insinuando dubbi anche su Nunziante.

La fòrmazione dei Regg,irnmti Con la consueta energia, il 16 ottobre 1800 il preside di Teramo, marchese Rodio, intimava alle autorità locali di presentargli entro tre giorni i conti relativi alla milizia, dando ragione ai proprietari e ai benestanti che si erano lagnati con lui <ldl"'ingiusto ratizz.o" fatto da Laluni amministratori, parroci e governatori e minacciava severe punizioni a chi, invece di utilizzare "i sopravanzi" come stabilito dalle nonne, aveva attinto alle somme accantonate per pagare i debiti comunitativi. Il 26 ottobre avvisava che avrebbe passato l'ispezione ai corpi provinciali e ordinava alle autorità di intimare ai mili:,.iani di tenersi pronti ad ogni chiamata di rivista o di marcia, pena l'arresto dei parenti e il sequestro dei beni. TI 19 novembre, in vista di una possibile ispezione del principe ereditario, appena arrivato a Napoli con Acton, dava disposizione di leggere in chiesa, per tre feste consecutive, un appello ai miliziani a "vestirsi del proprio", acquistando il panno in deposito a Teramo presso Erasmo Muzii e Pancrazio Marcellesi, al prezzo di Napoli maggiorato delle sole spese di trasporto. Al 22 gennaio 1801 Rodio aveva raggiunto il 96 per cento della sua quota, ma era al secondo posto dietro al collega dell'Aquila, che aveva già completato i suoi tre reggimenti. Nelle altre province, però, la formazione delle liste era ancora in alto mare. La Terra di Lavoro e la città di Napoli, al terzo posto, erano ancora al 65 per cento, Salerno al 53, Catanzaro al 47, Montefusco al 46, Lucera al 38, Trani al 24 e Lecce appena al 18, mentre Chieti, Matera e Cosenza non avevano neppure cominciato il reclutamento. Erano iscritti a quella data 30.793 miliziani, inclusi 3.970 dragoni. Risultavano però "vestiti e armati" solo 2.180 militi urbani di Napoli e 540 provinciali a Nola, Aversa e S. Maria Capua Vetere.


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La formazione della milizia proseguì anche dopo la pace di Firenze, integrando l'editto con disposizioni sulle bande (4 febbraio 1801), i magazzini (14 e 27 marzo), il servizio ordinario in pace (17 aprile), le modalità di pagamento del vestiario (24 aprile), l'esclusione di birri e venturieri dalla milizia (25 maggio), la tutela del prestigio (25 giugno), i premi per l'arresto di disertori (20 luglio e 8 settembre), le spedizioni contro i malviventi (14 settembre), il rilascio delle patentiglie (14 settembre e 31 ottobre), le surrogazioni e i cambi (26 ottobre e 30 novembre), l'esenzione dall'obbligo della carta bollata (22 dicembre), i servizi individuali e l'alloggio in missione (11 gennaio 1802), il soldo ai SU per i generi di vestiario da bonificarsi da parte della dismessa deputazione del vestiario (20 gennaio), l'anuninistrazione delle bande (25 febbraio), l'ingaggio nelle truppe regolari (15 marzo), l'uso dell'uniforme (29 marzo e 15 giugno), l'età minima di 16 anni per essere ammessi nelle bande (2 maggio), le trombe (15 settembre) e ancora sui cambi (8 giugno) e la tutela del prestigio (13 novembre). Queste disposizioni furono poi raccolte e commentate dal preside di Lecce, marchese della Schiava, insieme con quelle relative al foro militare. Il 13 dicembre 1800 si dispose la costituzione di un Reggimento di milizia anche a Gaeta per il servizio della piazza. Listituzione di una milizia di 244 uomini nell'enclave pontificia di Benevento, suscitò nel 1803 le proteste del papa. L 8 settembre 1801 otto battaglioni urbani, assieme a 14 di linea, presero parte per la prima volta alla consueta parata di Piedigrotta: secondo il diarista De Nicola la parata riuscì bene, nonostante la pioggia, ma fu "guastata" dagli urb,-u1i, "tanto per la loro figura quanto per la loro inespenezza". Al 1° gennaio 1803 la milizia aveva 788 ufficiali pagati di regio conto e 550 a carico degli enti locali. Nel 1803 gli effettivi erano 50.603, inclusi 6.828 dragoni. Sospesa a tempo indeterminato nell'agosto 1802, l'organizzazione dei reggim enti rimase incompleta. Come risulta dall 'annuario di corte, solo due reggimenti (VI e VIII di Napoli) avevano coperto i tre incarichi di vertice (direttore, tenente colonnello e maggiore), mentre in altri tre (Venosa, Tursi e Foggia) erano tutti vacanti. Trenta reggimenti (29 provinciali e 1 urbano) erano senza direttore, 28 (23 e 5) senza t enente colonnello e 41 (31 e 1O) senza maggiore. ln compenso, nelle province di Salerno e Montefusco c'erano due colonnelli organizzatori (G. de Roches e A.

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Siricio). Nell'elenco dei quadri superiori spicca l'assenza di Fra Diavolo, ossia il colonnello Michele Pezza, ma troviamo in compenso tutti i più famosi "ras" sanfedisti: Nunziante, Schipani, Curcio, de Settis direttori, Papa, Autuori, Pascetti, Falsetti, Salomone tenenti colonnelli, Guariglia e Gualtieri maggiori.

Lo scioglimento dell.a milizia Nella convulsa situazione creata dal ritiro delle truppe francesi dalla Puglia, dallo sbarco anglo-russo a Napoli e dalla mobilitazione napoletana, l'art. XII del R. decreto 4 dicembre 1805 che disponeva la leva di 30.000 uomini, "abolì" i reggimenti provinciali, essendo scaduta la loro ferma quinquennale. Provvisoriamente furono però trattenuti in servizio i distaccamenti nelle guarnigioni e i reggimenti urbani di Napoli e Casali e i tre dell'Abruzzo, con aumento di forza a 1.521 per quelli di fanteria e a 664 per quelli di dragoni. Mutato lo scenario per il concentramento dell'Armée de Naples a Roma e il reimbarco degli alleati, il 20 gennaio 1806 furono "rimessi in piedi" 2 reggimenti della Terra di Lavoro con organici aumentati a 150 uomini per compagnia e il 24 gennaio i Reggimenti urbani di Napoli armando urgentemente 200 dragoni, gli altri di ~lèrra di Lavoro e quelli di Montefusco, tutti con aumento di forza. Il 30 gennaio si reiterò l'ordine di "immediata attivazione" dei reggimenti urbani e del Te TT di Salerno. La milizia però non esisteva più da tempo e la contemporanea destinazione dei suoi capi più influenti o energici alla formazione dei corpi volanti le inflisse il colpo di grazia. La paura dei ceti abbienti che si ripetesse il copione del gennaio 1799 indusse la reggenza del Regno e i sedili della capitale a ignorare la milizia urbana e ad istituire l' 11 frbbraio, giorno della partenza della regina col resto della corte, la guardia d'interna sicurezza composta esclusivamente da cavalieri, magistrati e persone di condizione "civile", che assicurò l'ordine fino all'entrata delle truppe francesi. AJ momento dell'invasione gli 8 reggimenti abruzzesi contavano 6.671 effettivi (5.185 fanti e 1.486 dragoni) e 2.932 mancanti al nuovo completo (2.426 + 506), pari al 30.5 per cento. Ma si diceva che Rodio, ora ispettore dei corpi volanti lungo la frontiera, avesse scritto al padre di essere pronto ad unirsi ai francesi e che a tale scopo avesse richiamato presso di


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sé tutti gli ufficiali provinciali che erano attaccati alla R. Corona'', m modo da impedir loro di organizzare la resistenza.

D. I corpi volanti La fòrmazione dei corpi volanti nell'estate 1800 La mobilitazione del luglio 1800 si differenziò dalle tre precedenti del 1794, 1796 e 1798 perché, oltre alla milizia, si pensò di integrare nel piano di difesa anche le masse dei tre Abruzzi, che un anno e mezzo prima erano state chiamate alle armi da Perdinando col famoso proclama dell'S dicembre ai "cari abruzzesi, bravi Sanniti, paesani miei", seguito il 15 dal dispaccio del segretario di stato Arriola e dall'istruzione inglese per la leva in massa tradotta e commentata dal tenente colonnello d'artiglieria Torrebruna. Fu però una misura presa senza convinzione, tanto per dare l'idea di fare qualcosa nella speranza di dissuadere l'invasione francese, piì.1 che di affrontarla realmente. Nel parere scritto <ld 29 giugno Cassaro scrisse che <ldl'esercito non ci si poteva fidare e che "il popolo unicamente potrebbe fare delle difese; ma questo, come la esperienza ha dimostrato, si darebbe al saccheggio e alle stragi". Gli faceva eco il brigadiere Thurn: "non v'è però da potervi contare, avendo (il popolo) per primo oggetto la rapina, le dovizie e la malafede". Il 22 luglio si rispose al capomassa laziale Luigi Franchi, che aveva chiesto soldi per formare un corpo volante da unire a quelli di Sciabolane sul Tronto, che il re lo ringraziava e lo avrebbe chiamato se necessario. Il 27 luglio, a seguito di un'ispezione, il capo di stato maggiore, ten ente colonnello Vintimille du Luc, scriveva che le masse aquilane erano al tutto disorganizzate. Molto buone, ma impiegabili solo all'interno della provincia, erano invece le teramane riordinate da Rodio. Il 2 agosto si attribuì alle masse "autorizzate" il distintivo del p ennacchio rosso al cappello, poi concesso anche alla milizia. Il 1O agosto si decise però di soprassedere per il momento alla riunione delle masse e di limitarsi a predisporle, formando ruoli e depositi di anni, con regolamento del 2 settembre ed editto del 18 ottobre.

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Il 30, poco dopo aver firmato l'editto, Cassaro esprimeva tuttavia un lucido pessimismo sul valore delle masse. Delusi dalla mancata attem,ione del governo per i loro bisogni, i contadini non erano pitt disposti a combattere per il re. I veterani covavano un forte risentimento verso i capimassa che, a differenza di loro, avevano fatto fortuna. Paghi di onori e prebende spesso immeritati, costoro non avevano alcuna intenzione di esporsi ancora e non erano nemmeno in grado di farlo, avendo perso ogni credito e prestigio presso i veterani. Del resto proprio in ottobre, quando si era riacceso l'allarme di invasione, Cassaro Ieee arrestare 63 capipopolo della capitale per scongiurare una ripetizione delle tre tragiche giornate del gennaio 1799. E altri arresti vi furono nel maggio 1801 per timore di resistenze contro le truppe d'occupazione francese.

Differenze tra leva in massa e corpi vo/,anti

La leva in massa (tumultus, milizia generale, insurrectio, somatenes, .fèncibles, Volksbewajfnung) era la forma militare tipica delle società contadine, a prescindere dal tipo di struttura ("democrazia guerriera'' tribale, latifondo fi.:udale, campagna dominata dalla città); e gli stati di antico regime erano esperti nell'arte di sfruttare entrambi i fattori psicologici della mobilitazione, l'autodifesa contro le requisizioni e i saccheggi dei soldati e la jacquerie a spese del "nemico interno". La relativa efficacia di un tale sistema di difesa poggiava in definitiva sul comportamento gregario e comunitario delle popolazioni rurali. Di conseguenza il principio necessario di organizzazione era di far corrispondere le gerarchie e i ruoli militari alle gerarchie e ai ruoli della vita quotidiana (come faceva, ad esempio, la Notificazione sull a leva in massa negli stati pontifici emanata il 3 1 gennaio 1793 dal cardinal Zelada). Leditto napoletano sui corpi volanti non adottava questo criterio. Le autorità locali non erano neppure menzionate, mentre si davano il reclutamento, l'organizzazione e !'"immediato comando" dei corpi volanti a regi "commissionati", sia pure subordinati al preside della provincia, i quali dovevano a loro volta scegliere il proprio vice e i capi delle centurie e delle squadre. Come fu poi confermato dalle nomine del 1805-06, il governo non pensava di dare le commissioni dei corpi volanti alle autorità locali, ma ai vecchi capimassa sanfedisti del 1799. Nella maggior parte


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delle province l'insorgenza sanfedista era stata una guerriglia combattuta da piccole unità partigiane formate non da contadini, ma piuttosto dai loro abituali sfruttatori (armigeri, contrabbandieri, banditi), che usavano le masse come moltiplicatore di fuoco e i paesi come basi logistiche e capisaldi temporanei per coprire gli sganciamenti, abbandonandoli alla rappresaglia nemica. Le masse paesane erano l'equivalente napoletano dei sornatenes spagnoli, ma i corpi volanti somigliavano di piì1 ai micheletti catalani (e nel 1806-07 alcuni passarono al servizio dei francesi, proprio come aveva fatto nel 1793 una parte dei michdetti). Nel 1799 questa forma di guerra si era prodotta spontaneamente ed era stata relativamente efficace, ma solo per un complesso di fattori e circostanze irripetibili: lo scopo limitato dell'occupazione francese (nutrire l'esercito, non instaurare un nuovo regime), l'estremismo e gli errori dei repubblicani (il licenziamento degli armigeri!), il crollo improvviso ddl'aurorirà e l'assalto dei ceti emerge11ti al polere locale. Lo scetticismo di Cassaro dimostra che, in privato, il governo non si faceva illusioni sulla possibilità di ripetere ['irripetibile. Ma l'idea dd sovrano amato e difeso dal popolo era un elemento della propaganda e borbonica e, nell'immediato, ebbe forse anche una certa efficacia dissuasiva.

L'editto sulla formazione dei corpi volanti (18 ottobre 1800) Militia ex populis certis regulis subijcitur, così la collezione delle prammatiche napoletane rubricava la XLIX de re militari. "Le m asse o siano corpi volanti", erano formati da tutta la gente atta alle armi non arruolata ndl' esercito o n ella milizia (§. 1) e considerati "in sostanza la massa della nazione che nel bisogno accorre alla propria difèsa" (§. 7). Ceditto stabiliva un obbligo generale di "difesa del sovrano contro i nemici", implicante il dovere dei sudditi di "soccorrere, aiuta re e proteggere" i corpi volanti e ddle autorità di "riguardarli con affetto, considera rli e onorarli" (§. 24) e l'esclusione "da ogni sovrana henefìcenzà' di coloro che si mostrassero "indifferenti" (§. 2 1). Posti in attività solo per espresso ordine del re o del generale comandante di una provincia nell'imminente pericolo di un'invasione nemica (§. 6), i co rpi erano impiegati, di m assima, nel distretto d ella provincia di concerto con le truppe permanenti e i reggimenti provinciali e urbani, potendo, in casi straordinari, accorrere a difendere altre province (§. 18).

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Con locuzione aggrovigliata, l'editto distingueva era "allistamento degl'indivi<lui e mera formazione dei corpi" e "arruolamento o sia designazione di detta gente atta alle arme". I primi due competevano al preside, sotto la dipendenza dell'ispettore comandante generale dei Reggimenti Provinciali, ma dell'arruolamento era incaricato lo stesso comandance immediato del corpo (§. 2) nei paesi determinati nell'atto di nomina (§. 3). Gli ascritti ai corpi volanti erano registrati in libri appositi tenuti dalle rispettive università e in un ruolo generale presso l'udienza della provincia (§. 11 ). I presidi dovevano tenere in luogo sicuro della provincia una competente provvista di polvere, piombo e pietre focaie, provvedendo alla spesa con sottoscrizioni spontanee dei vescovi, baroni, benestanti e conventi facoltosi (§. 17). Erano esclusi <lai corpi volanti i miliziani e i militari, a meno che non fossero in congedo(§. 12 e 13), nonché gli infami per mestiere o per delitto ("menoché abbiano fatto cali distinte azioni che facciano assolutamente dimenticare i loro delitti"). La diserzione semplice era punita col pubblico disprezzo, quella al nemico secondo le leggi militari (§. 27 e28). Soggetti al sorteggio per la milizia urbana e provinciale (§. 14), gli ascritti ai corpi volanti avevano come unico distintivo, a loro riservato, un pennacchio rosso al cappello (§. 15). Tenuti ad avere fucile e 60 tiri (§. 17), non potevano portare alcuna arma(§. 10) né godere nel foro militare (§. 7) se non in effettivo servizio. l corpi volanti servivano senza soldo né utensili di campagna. l soccorsi alle famiglie indigenti e il vitto <lei massisti erano a cura e spese dei loro paesi. Solo se erano comandati in posizioni molto lontane il generale comandante della provincia faceva loro somministrare le razioni e gli averi previsti per i battaglioni cacciatori dell'esercito(§ . 20-23). Ceditto prometteva reali ricompense a coloro che si fossero "distinti con a'.l,ioni segnalate <li fedeltà e valore", "lapidi marmoree coi nomi dei caduti a lettere d'oro da collocarsi a pubbliche spese all'ingresso della rispettiva chiesa parrocchiale" (§. l l) e "cura particolare" alle famiglie indigenti dei caduti e invalidi di guerra (§. 23). Ai corpi distintisi in azione era promessa una bandiera con lo stemma delle R. Armi e la data del!'impresa, da conservare nella chiesa principale del capoluogo (§. 35). I comandanti "immediati" dei corpi volanti erano scelti dal re fra (per-


I REALI ESERCITI [ LE MILIZIE ( 1800 · 1806)

sonc di condizione) "civile" che avessero "dato le pii:1 distinte prove di valore e di attaccamento alla Sagra Sua Real Persona", posti però alle dipendenze superiori del preside e del generale comandante della provincia (§. 2). La gerarchia includeva un sotto comandante del corpo, capi e sottocapi centuria, capisquadra e un tamburo di centuria. Distintivo dei capisquadra era la sciabola, dei superiori un "bavaretto rosso con gigli d'oro ricamati" alle e.stremità. Il capo centuria aveva inoltre un galloncino dorato attorno al bavero, il vice comandante e il comandante un gallone largo al cappello e il comandante anche un secondo pennacchio bianco. Se erano militari, applicavano tali distintivi sull'uniforme(§. 16). Ogni paese compreso nella circoscrizione del corpo volante doveva dare almeno una squadra di 5 uomini, sdoppiandola se superava i 16, ma il capo centuria doveva poi ripartirli in 10 squadre.: di dicci uomini. (§. 5). Raggiunti i mille uomini, gli eccedenti formavano corpi separati e, raggiungendo altri mille, il comandante proponeva un "comandante in secondo", a lui subordinato(§. 4). I corpi potevan o essere riuniti, anche per ispezione o istruzione, solo dal generale comandante della provincia e solo in tempo di guerra e dovevano tornare alle loro case all'ordine del comandante, senza "entrare nella pretensione di aver costarfti soldi e di rimaner sempre in attività" (§. 7 e 23). Le centurie, invece, potevano essere riunite per istruzione alla marcia e al tiro anche in tempo di pace, in un giorno festivo e su ordine congiunto del comandante, del preside e del comandante d ella provincia (§. 8 e 9). l capi centuria dovevano inoltre compilare estratti degli articoli principali del regolamento e farli leggere dai capi squadra(§. 35). I corpi erano tenuti alla "massima subordinazione", ossia "cieca e pronta ubbid ienza ai superiori, senza cavillare, senza replicare, senza interpretare in verun modo gli ordini, ad onta di ogni pericolo e di ogni difficoltà" (§. 26). Due sole erano "le regole essenziali della disciplina militare": "qualunque eccesso si faccia da soldati, quando lo facciano per ordine de' superiori, niente può loro imputarsi. Qualunque azione di valore essi facciano, e bench é riportino segnalate vittorie, sono sempre indi~cipli nati e colpevoli di grave delitto, se abbiano agito senza ordine o permesso di chi li comanda" (§. 29). I generali comandanti dovevano vigilare ch e gli uomini fossero "virtuo-

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bE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

si e religiosi" e "neppure nei paesi nemici si commett(essero) rapine, violenze e crudeltà(§. 31), provvedendo se necessario a sostituire comandanti e capi o anche a sciogliere il corpo (§. 32), nonché a "togliere ogni discordia o livore" tra i capi e i comandanti (§. 33) e a badare che costoro fossero "persone veramente coraggiose" e "non acquist(assero) mai un'alta idea dei nemici ed un'idea svantaggiosa di sé medesimi" (§. 34).

La mobilitazione dei corpi volanti (4 gennaio - 27 fèbbraio 1806) Con R. dispacci del 4 e 8 gennaio 1806 furono richiamate le norme sui corpi volanti e disposto l'armamento delle masse sotto il comando superiore del generale Damas. Lorganizzazione dei corpi fu aHìdata a "soggetti che (avevano) hen meritato negli anni passati". Nell'elenco figurano cinque colonnelli in Terra di Lavoro, tra cui Michele Pezza per Gaeta e i direttori dei Reggimenti provinciali di Nola, Aversa e Caserta (Pietro Vivenzio, duca di Lusciano, Vito Nunziante e Costantino Papa) e cinque nei tre Abruzzi, francesco Carhone (preside di Teramo), Giovanni Salomone e Tommaso Palconi (il primo governatore del castello e l'altro direttore del Reggimento provinciale dell'Aquila), Fiorenzo Giordano e Casimiro Bonetti, comandante dei cacciatori Marsi. Rodio fu nominato ispettore dei corpi volanti lungo la frontiera e già il 12 gennaio emanò le sue "istruzioni nel caso si presentino i francesi". I corpi volanti del Principato Citra dovevano essere riuniti a Giffoni dal commissario di guerra Gherardo Antonio Sorgenti e nel Vallo di Diano dal maggiore Antonio Guariglia di S. Mauro. Di sua iniziativa, la regina dette però a Gerardo Curcio "Sciarpa" ben 30.000 ducati, pari ad un quarto dell'assegno mensile dell'esercito di campagna, per organizzare un corpo autonomo. I.:11 gennaio altri nove ex-sanfedisti furono incaricati della leva delle masse in Calabria, sei a Cosenza (il preside Simone de Riseis, i tenenti colonnelli Vincenzo Campagna, Agostino Pascetti e Raffaele Falsetti, il maggiore Nicola Gualtieri "Panedigrano" e il canonico Antonio d'Epiro) e tre a Catanzaro (il colonnello Antonio de Settis, direttore del Reggimento di Tropea, Michele Artusi de Michele e il maggiore Domenico Manti). Tuttavia, per le loro gelosie, il 26 gennaio l'incarico di formare i corpi calabresi fu accentrato ai soli presidi.


] REALI EsEROTI E LE MILIZIE_ {1800-_ 1 = 8 0 6 = - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Le Istruzioni del 18 gennaio modifìcarono l'ordinamento dei corpi riducendoli su 4 centurie di 150 uomini sul modello dei battaglioni cacciatori. Il 21 Nunziante fu incaricato <li formare, oltre ai corpi volanti (tra cui il battaglione di Forino, comandato dal tenente Lorenzo de Conciliis e dal possidente Cesare Parise) e al reggimento di Caserta, anche il corpo volante salernitano "detto La Pi aggi ne" e quello dei "mojanari a cavallo", mobilitato anche nel 1798 e 1801, e il 24 di inviare 250 uomini ai costituendi ridotti di Cava, Monteforte e Arpaia e alla batteria della scafa di Caiazzo. Curcio, Guariglia e Schipani promisero 5.000 uomini, Gherardi altri 1.000, ma Sorgenti fu richiamato a Napoli su pressioni del preside Marulli, geloso del suo attivismo. Alla fine Nunziante consigliò al principe Francesco di congedare i vecchi capimassa ("il dovere di suddito fedele e la mia coscienza- spiegò - mi obbligano con mio dispiacere a farle umilmente presente (di) non aver ritrovato in essi dell'energia, dell'attaccamento, ma bensì una fredda indifferenza, che mi fa dubitare di un esito felice").

L'ordine della regina di sciogliere le masse (3_-fèbbraio 1806) Il 30 gennaio il succe:sore di Winspeare, conte Marulli, convocò a Salerno Sciarpa_, Stoduti, Tommasini e Guariglia ordinando loro di concentrare le masse a Cava dei Tirreni, dove si pensava allora di resistere. Il 1° febbraio Francesco Landi fu autorizzato ad allistarc corpi volanti in Terra di T,avaro e ancora il 2 furono concesse altre autorizzazioni, ma il 3 febbraio, su decisione della regina, il vicario generale principe Francesco ordinò a Rodio, Pezza e ai presidi dei tre Abruzzi di sciogliere i corpi e non opporre resistenza ai francesi. Lordine fu eseguito da Rodio e dai presidi. Ottenuta la conferma del suo incarico, Sorgenti aveva riunito a Salerno i volontari di Nocera, Scafati, S. Valentino Torio e Cava, ma il preside Marulli gli negò i fondi occorrenti per mantenerli, fece arrestare vari capimassa e il 10 febbraio congedò senza paga i 11 l arrivati il giorno prima dal Vallo di Diano e comandati dall'alfiere Antonio Mazzarella. Ll 1 febbraio, rimasto con soli 116 uomini, Sorgenti si unì alla colonna del generale Minutolo in marcia da Napoli a Lagonegro.

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LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

L'ordine da Palermo di riarmare le masse (27fèbbraio 1806) Lordine della regina fu implicitamente sconfessato da Palermo con R. dispaccio del 27 febbraio, che nominava Pilippo Cancellieri direttore generale interino dei corpi volanti di Salano e Basilicata, "verso quella parte del Regno ch'è guardata dall'ala sinistra ddla R. Armatà' e Francesco Carbone direttore di quelli calabresi (''ove poggia l'ala dritta"). Ai comandanti, capi e loro vicari era riconosciuto il rango di 1° e 2° maggiore, capitano e secondo tenente, accordando il grado in base al numero degli uomini raccolti. Gli ecclesiastici potevano essere incorporati solo come cappellani. Leditto accordava il foro militare per la durata della guerra, diaria di 25 grana a caposquadra e comuni (5 carlini al capo centuria, 3 al sotto capo, 7 al sotto comandante e I O al comandante) e infine la remissione da ogni pena a chi si fosse battuto per la "buon causà'. Disponeva inoltre la lettura dell'appdlo al popolo da patte dei parroci e governatori sulla pubblica piazza e sotto la Croce. Per assicurare ai volontari il carattere di legittimi combattenti e la tutela del diritto di guerra in caso di cattura, il dispaccio sottolineava il carattere militare dei corpi, ordinati come battaglioni su 4 centurie di 150 teste, con propria bandiera (col motto ln hoc signo vinces e l'effigie del Santo Patrono) e speciali distintivi (oltre al pennacchio rosso i volontari dovevano portare paramani e collaretto di vario colore). Per l'arruolamento dei battaglioni calabresi furono accordate 24 commissioni (a Fascetti, Falsetti, Gualticri, d 'Epiro, Calvelli, Necco, Perri, Presta, Dc Michele, De Rosa, Miceli, Golia, A~sisi, Petroli, Gambini, Rende, Amoroso, Berardi, due Giuranna, Via, Tavolaro, Bravo e del Pezzo). Fu però un fiasco clamoroso. Alla rivista organizzata a Cosenza da de Riseis alla presenza del principe ereditario si presentarono appena una ventina di massisti, a stento Fascetti, Calvelli e Berardi riuscirono a raccogliere ognuno una centuria, Presta si giustificò sostenendo che i suoi volontari, riuniti a Piumefreddo, si erano dispersi una volta arrivati a Cosenza, demoralizzati dall'assenza di Carbone e dallo sbandamento delle truppe regolari dopo la rotta di Campo Tcncse. I capimassa si rinfacciarono l'un l'altro il fallimento e sul turbolento canonico d'Epiro piovve addirittura l'accusa di essere una spia dei francesi a Corte.


I REALI E~ERCITI E LE MILIZIE (1800 - 1806)

If.fiasco dei corpi volanti salernitani e calabresi (marzo 1806)

Sciarpa aveva promesso a Minutolo di difendere il ponce di Campestrino, ma invece si nascose a Polla e avviò trattative coi francesi. Guariglia partì il 3 mar'/.o con altri 1 50 per Lagonegro, ma si fermò a Sapri avendo appreso che i regolari si erano sbandati. TI 6 marzo si trovavano a Lagonegro solo 60 massisti dei corpi Sorgenti, Gargiulo e d'Epiro, e il primo ebbe 9 caduti. A Campo Tenese Cancellieri comandava forse 300 massisti salernitani e calabresi, appostati sul contraffone meridionale della Cupola di Paolo, ma i volteggiatori francesi li spazzarono via senza difficoltà. La sera del 18 mar'/.o Sorgenti sbarcò a Messina con gli ultimi 30 salemi tani.

l,a sorte dei prigionieri catturati senza unefforme

11 generale di brigata 1.ouis Compère, comandante l'avanguardia del II corpo dell'Armée de Naples, raccontò in seguito, per le risate dei colleghi, di aver incontrato il 2 marzo a Sapino, poco prima di Salerno, un parlamentare napoletano speditogli dall'"illustrissimo maresciallo Raymondo, capo di stato maggiore di Pcrdinando", a notificargli che tuui i soldati francesi presi dalle truppe 1hapoletane sarebbero stati trattati come briganti e di avergli risposto, con fiero sarcasmo: "Monsieur le mercenarie, allez dire à l'llustrissime imbécile dc maréchal Raymondo que, si nous leprenons vivant, il sera fouetté, fesses nues, devant les cornets". Secondo Luigi Blanch, fu Reynier, il 5 marzo alla Certosa di Padula, a ricevere da un parlamentare di Minutolo la notifica che presso le truppe si trovavano reclute prive di uniforme, munite però di contrassegni militari "che li distinguevano dalle leve in massa, per cui non dovevano essere sottomesse al severo trattamento, contro quelle proclamato. Il generale francese rispose che avrebbe fatto questa differenza, per cui dalle due parti era convenuto che le leve in massa restavano fuori del diritto comune della guerra". Il bozzetto dipinto da Compèrc è per pit1 versi di pessimo gusto, tanto più che egli stesso ammette di aver fatto "quelque exemple" fra i prigionieri presi il 6 marzo a Lagonegro. Il 4 luglio fu catturato a Maida e portato a Messina dove gli amputarono un braccio. Comandante di Salerno, poi

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368

LE

DUf. StCILI~

NELLE GUERRE NAPO_LEONICHE ( 1800 - 18 15) __

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_

_

della gendarmeria, governatore di Gaeta e infine di N apoli, figuriamoci se no n conosceva il giusto nome di quell "'illustrissime imbécile de maréch al Raymondo", visto che se lo trovò dal 1812 al 181 5 comandante della guardia reale di M urat fino a Tolenrino.

Il cinico comportamento di Minutolo, che stringendo un patto tra gentiluomini gallonati legittimava l'esecuzione degli stessi volontari che volc.:va lasciare indietro a copri rgli la foga, solleva una questione giuridica e morale di enorme portata, che si ripropone in tutte le guerre di co nquista, dopo la sottomissione del no rabilato indigeno, di fronte alla prosecuzione della resistenza da parte del popolo. Senz'alcuna attenuan te per il cinico sfruttamento della resistenza popolare fatto dagli inglesi e dalla corte borbonica, no n può esservi dubbio alcuno che i volo ntari dei corpi volami erano legittimi combattenti, soggetti co me tali nei doveri, ma anche nei diritti, al jus in bello dell'epoca. Furono invece quasi sempre uccisi dopo la cattura, non di rado in modo atroce e pcrfìn o con successive rappresaglie familiari . U diritto, loro lo ignoravano. Combatterono come Eurialo e Niso, pro aris et focis, senza chiedere pietà né dare quartiere. Q _uel seme, nella civile Italia, è per sempre estinto, come la loro memon a.


J

REALI

~

Esmcm (': LE MILIZIE ( 1800 -

1806)

-

Tab.9 I -- Onçanici dei Regg_imenti Urbani e Provinciali del Reg_no di Napoli (/800) Reggimenti Fanteria Reggimenti Dragoni Ranghi Uno 10.MU 34MP Totale Uno 4 MU 12MP Tot. Colonnello l IO 34 44 I 4 12 16 Ten. Col. l 10 34 J 4 44 [6 12 ! '-' Maggiore 1 IO 34 44 I 4 12 16 2" Maggiore I IO J4 44 1 4 12 16 Aiut. Magg 1 IO 34 44 Quartienna~lro I 10 34 44 I 4 12 16 2() Ca11pcllani 2 68 88 24 2 8 32 Aiulanti 2 20 68 88 2 8 24 32 Chirurghi 2 20 68 88 2 8 24 32 l'ortahandiera 4 40 [36 176 4 16 48 64 Forieri 2 20 68 88 2 8 24 32 l'rofosso I 10 34 44 I 4 12 16 Armieri 2 20 68 88 2 8 24 32 Maniscalchi 2 8 24 32 Sellai 2 8 24 32 -- . -Capitano 10 100 340 4 440 16 48 64 1° Tenente IO 100 340 440 15 4 48 64 ., 2 ° Tenenle IO 100 140 440 4 Il) 4S 64 I 96 Alfiere 10 100 340 440 8 32 128 Cadetti 20 200 680 880 ')(, 8 32 128 I' ' Sergente 10 100 340 440 4 16 48 64 2" Sergente 20 200 680 880 8 96 128 32 Caporali 40 400 l.360 1.760 24 96 288 384 Carabinieri 40 400 1.360 l 760 24 96 288 384 Trombe 8 24 96 128 Tamburi 20 200v 680 880 Pitleri 20 200 680 880 Maniscalco 4 16 48 64 Drngoui 500 2.000 6.000 8.000 Granatieri 21/42.1 40 7.276 'J4 16 fucilieri 856 8.560 2') 104 37.664 -Totale 1.30 ] 13 0 10 44.234 57.244 624 2.496 7488 9.984 Soprannmn. 50 500 1.700 2.200 20 320 80 240 Cavalli 548 2 192 6.576 8.768 I3eslie da Liro 46 460 1.564 -- 2.024 Regg. fanteria su I O compagnie (2 granatieri e 8 fucilieri riunite in 2 battaglioni), con ~l!llìciali (tot 2.024). R~!);g dragoni su 4 squadH?_ni , con 25 ulliciali (tot. 400).

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370

LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800 - 1815)

_Tab_ 92 - Spesa per armare ed ~quip}1ggi_gnd_lieggimenti Provinciali (J 802) Nef!f!irnento di 1ànteria Ref!f!imentu Dragoni Generi Fucili / baionella Spade C,rngiarri Pietro focaie Cartocci po lvere Cartocci piombo

.Armamento --~-------~Padroncine Bandoliere Cinturoni Ciappe da ccnt Zappatiglie Coree <li fucili Fiocchi Cang. Mucciidie

Quant. Prezzo Importo l.203 9.7 10.912:22 2:00 26:00 l3 1.02020 380 2:18 J.009 80 17:32 72180 757:90 « 519:04

-

Tenda da Col. Tenda da TC T. da magg. T. <la capitano T da subalterno Tende da comuni T. <la vivandiera T. da cappella I. da mansarda T. x ìasci d'annc Marmitte rancio Fiaschi di latta Cordcllinc canne Cordelline emme

- 13.252.-68 Armamento

1.203 1.203 L203 I 201 1.213 1.213 368 l.193

_Eqlljp_(!K_giamento _

Generi Carabine Pistole X sn Pistole Comuni Sciabole Pietre ìocaie Cartocci

J:45 1:00 0:70 0:2S 0:08 0:20 8:00 0:60

1.744 :38 1.203:00 873: IO 110: 18 32:08 240:60 29:44 715:50

Padrone Bandoliere Cinturoni Fiocchi sciab. Porta bacchetta Balici

-

- - - ---- -- 5.148.-28 Equipaggiam.

I l 2 IO 18 182 I I 4 40 182 l.245 88 220

80:00 78:00 75 00 72:00 48:00 20:00 130:00 130:00 24:00 7:00 3:70 0:30 0:022 0:026

Utemili da camp. Dote per macchine d 'att. TOT. SPESA d'impianto ducati

D eposito di un mese di presi Con l' aggi unta del prest ducati

80:00 78:00 150:00 720:00 1.710:00 2 038:00 130:00 130:00 %:00 280:00 673:40 373:40 1:65 5:77

Importo Quant. 571 2.575:24 lll2 ]75:87 1.084 1015 IO 593 2.668:80 5.27] 25:30 J 05.360 605:80 - 9_ 266_· J J 571 571:00 571 571:00 592 450:08 5')3 47:44 571 34:26 380 696:00

Tenda da Col. Tenda da lC l da magg T. da capitano T. <la suhalt. T. da comuni T. <la vivm1tl. T. <la cappella T. di manzarda T. fasci d'annc Marmitte

fiaschi Pal i Fune per i pali

6466_· 22 Utensili cam11. 7.242:40

-

-

-

-

-

2.369:78

I I

80:00 78:00 150:00 2 4 288:00 22 990:00 107 1.326:00 j 130:00 l 130:00 ] 24:00 10 I 12:00 3')5:')0 107 580 17400 543 206:24 24 :30 - -- -- --

32 . 109:58 TOT SPESA d ' impianto

4 746_·00 Deposito i mese_di presi

36.8 55:58 Con l ' aggiunta del prest Costo pro capite ducati C o sto pro capi te ducati 2 8:33 Somma gravante sulle comunità: 298 ducati ogni 10 miliziani.

4. l08:44 15.744

:n

2.315: 00 18.059:33 28:94


I REALI Esrncrn E L[ MlLIZI[ (1800 - 1806) -

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- - - - - -- - -- - - - - --

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Tah. 93 - Rinarlizione deflaj;filizia [i-a le l'mvince del Re:t,;no di Nap_l!}_( (1800) Province Popolazione ~J:'.onlingenle Impianto 22.01 1801 (stima 1803) uom1111 cavalli bestie pr~st_ effettivi % e --·Napoli 341 000 4.527 548 138 128.626 9.407 C,O Casali I\ 10929 1.644 322 312.157 V V T. Lavoro 956 000 7. 12') 548 230 220.397 5 332 75 Salerno 480.000 5.828 548 184 165.482 3.123 53 3.226 548 Montefusco 279.000 92 91.770 1.486 46 Lucern 490000 5.828 548 184 165.482 2228 38 Trani 306.000 3.226 548 92 ')1770 778 24 l,ecce 319.000 3.226 548 92 91.770 596 18 Matera 346 000 ,1527 548 138 128.626 - o Cosenza 33'>000 4.527 548 138 128 626 o Catanzaro 496000 5.828 548 184 165.482 2.766 47 Chieti 370.000 3.226 548 92 91.77() o Teramo 1.925 548 46 54.915 1.851 96 V L'Arn1ila 250.000 J 226 548 92 91.770 3.226 100 Totale 4.972.000 8.768 2.024 1.928.643 30.793* ~-4-§._ - -67178 * Inclusi 3.970 drngo11i (I 641 Napoli, 219 T. di Lavoro. 558 Salerno, 96 Luccra, 201 Catanzaro, 631 Teramo e 624 L 'Aquila). Armali e vestili 2180 a Napoli e 540 a Nola. Aversa e S M . Cap~ia Vetere. __ ____ _ - ------------·· -----hj/eltivi dei lteggimenli Abruzzesi nel gennaio 1806: I Chicii I 125, Il Vasto I 173. Teramo ')44 , I L'Aquila 957, II Celano 986, Dragoni Vasto 484, Teramo 415, L' Aquila 587. Totale 6671 (5. 185 fa11li e 1.486 dragoni) Mancanti al completo 2.932 (2.426 I 506). ·-

--

Tab. 94 - Coluri delle mostre dei Rex:t,;imenli provif!E!alì Province Fanteria Province V Dragoni Fanteria __ _!~rngoni --·T. Lavoro Bianco Limoncello Matera Dlu Cremisi Salerno Argentino Verde cupo Cosenza Celeste Arancio Montcfosco Grigio Pistacchio Catanzaro Amaranto Dante Lucera Ncrn Amaranto Chieti Pistacchio Grigio Trm1i Dante (jJclle) Celeste Teramo Verde cupo Argentino T.ccce Cremisi Rosso T. ' Auuila Limoncello Bianco Colore dell'uniforme: blu per la fanteria , rosso per i dragoni La ranteria con cappello tondo a falda rialzata, galloncino d' argento e due pium e, una rossa e una <lei colore delle mostre l reggimenti di una stessa provincia distinti dal numero sul bottone color oro. I dragoni con berrettone, fascia wssa, crovalli110 nero e calzahraga in pelle di daino (eletta alla spagnola "dante")..

----- -

·--·--·-·


372

LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE (1800- 1815)

..

Tab.95 .. Quadri della Milizia Urbana della Città di Napoli 1804-05

---- -- -

Ten Colonnello Maggiore Reggimenti Direttore ---·-fiiacomo dc Riva (vacante) I fanteria Conte di Sinopoli Il làntcria Marchese F. Leto Emanuele Carreras Crisanto Guardi Luigi Buonsnllazzi I II fanteria Amelio Capparcllì IV fanteria March. di S Luca V fanteria Marchese de Sinno Ruggero S. Croce Antonio De \Ville Antonio Erriquez Principe di Supino Vl fanteria VIT ranl. Duca di Gruttolelle Giustiniano Albani Antonio Favi Fcrdinan . Palenza Vincenzo Cotta Vlll fant. (vacante) Francesco Blondcl IX fanteria 1-'abio Castelli F. /\._Pittisema (vacante) X fanteria l Dragoni Pr. di Torchiarnlo Duca di Parete G. D. Spinelli .ll Dragoni .. Ili Dragoni A Comite Giacinto Orsini ..!Y.'.!2~/iOlli Oiunta economica delle Ilan<le: capo maresciallo Micheroux, membri Col. duca della Manta, principe di Supino, duca <li Minervino, ten. col. principe di Torchiarolo, ten. Giacinto Orsini, conte di Sinopoli, marchese di Sinno e Antonio Fa~~"._grctar~~l-cap. Fnmcesco Ca~1erota.

Tab_ 96 - Quadri dei Neggunenfl /lragoni Provinciali 1804-05 Province

Regg.

TeITa di

I A versa

Direttore

T,avoro

Salerno

ll Vcnafro Noccra

Montefusco

Montcmarrino

Ten CoL e Magg. TC (i_ R della Rocca M Antonio de Sivo

TC conte Cestari TC Luigi Ferrajoli

Matera

Matera

Lucera

Foggia

Trani

Molfetta

TC Vincenzo Noja

Lecce

Taranto

TC l•el.icc Strada

Cosenza

Cosenza

Catanzaro

Gerace

1------- ---· Chieti

Vasto

Teramo

Teramo L'Aqui la

L ' Aquila

·--·-·-·~ -

-·-----~-

TC Vincenzo Veneti M Gaspare Fioriserra M Giovanni Trigona Col. Giuseppe Vanni Marchese Quinzi

• M Fi lippo Ciavoli


J

373

REALI EsERCITI E LE MILIZIE {1800 • 1806)

Tab. 97 - Quadri dei Reggimenti di Fanteria Provinciale 1804-05 Regg. Direttore Ten. Col. e Magg.

Province Terra di T.avorn

!Nola

Pietro Vivenzio

-

-

II Aversa III Caserta IV Sessa VS. Uerm.

Duca di Lusciano Vito Nunziante

-

~-------~- -·- - -----·-Salerno (col organ Giuseppe <le Rod1es)

Montefosco (col. organ. -~_.<;irici<!.)_ Matera

Lucern

Trani Lecce Cosenza

Catanzaro

A Icssandm Schi pani

M. Corvino IJl Polla TV Vallo

..

-

·-

l Avellino

-

li Monlella _ Ili Ariano - - - -···-I Matera Jt Venosa

1II Tursi I Campob. Il Termoli 111 Lucera IV J,'oggia 1 Trani n nari I Le<.;ce 11 Manduria l Cassano II Cosenza lii Rossano I Catanzaro Il Tropea III Reggio

Chieti Teramo

IVGerm;e I Chieti TI Vasto T Teramo

L'Aquila

-

T Salerno

i L'Aquila Il Celano

TC Errico Sparano M Nicola Brancari TC Costantino Papa M Francesco Candìa TC Giovanni Benet M fìiuseppe Clary TC Crescenzo Antuori 'l'C Pasquale Orimaldi

Gerardo Curcio TC Alfonso Dicz M Antonio Guariglia lC Bartol. Bermonti M Tomaso Guamicri

..

-

. Marchese Figliol i -Col Pietro Galluzzo

-

-

-

-

M. Gasp. rnumen(hal

Col. Frane. Lozza Col. l:larn . Carascon -

·-·- - - -·-

Costantino Primiceri I,' -·

-

TC Giuseppe Pons TC Eusebio Capj taneo M Andrea Tresca

·-

'l'C Vine. Campagna TC Agostino fascetti M Nicola Guaiti cri 'l'C Raffaele .Falsetti TC G iov. SaJomone

Col. Ant. de Settis TC Gennaro Malricllo M D omenico Manti TC Giov. Mcndoza TCZacc. De Blasi ·~Carlo -·-~-Fonlana ·-- - - - - - -- -----·- - - -----·· ···-·TCLadron dc Cìucvara M Giacinto Ciotti - · TC To mmaso .Falconi Lui gi Tomassetti ..

-


374

!&._DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815)

- -- --- - - ---- - - - - - - - - - - - - - - - - - -- -- - Tab. 98

Competenze dei GiudiciAiililari

OIUDICI MIL.

Trihullali militari e combi11ati delle provi11ce

azione ed esecuz. penale riservala al preside e assessore ln sua assenza il tribun è presieduto dall'Uff. del Regg. Prov. pi Ll elevalo 111 grado più vicino

(RE a XVIII , RD 10 mar. 1802)

l!ditori di guerra RD IO mar l 802 Corti militari delle pitlZl.e e castelli (RE a. XVlll; RD . 10 mar. I 802; RT a. Xl--Xlll)

] ,' uditore non puù procedere senza pennesso e intelligenza del comandante (RO c. V, a . 111, IV; e Xl ll , a f.XXXH ; RE a. XX; RD 25 ott. 1800e29giu. 1801 a . VTT).

(J!:O del 1789 e R.1 del

/5. ! 2.18_0_.l)'------1

COMPETENZE a) cause criminali passive <li urliciali, cadetti , aiutanti, porta bandiera e volontari di milizia ascritti come genti Iuomini che s1 [rovino nelle province (RO p. Il, c. Vlll, a. III; RE a. XVJJI); h) delitti dei soldati provinciali commessi in diverse giurisdizioni o in diversi recinti dei Reggimenti di una stessa provincia (RD 29 giugno 1801 a. IV); e) delitti dei miliziotti commessi anteriormente al 29 seltembre l 80 l 4uan<lo si trovassero incominciati i processi da detti tri hunali dando luogo alla Revisione a' Tribunali Militari Superiori competenti (RD 11 novembre 1801); d) delitti in cui sono complici miliziotti e ioclividui della giurisdizione mili lare dcll ' lJdienza generale di Guerra e Casa R., uniti o no a ' pagani . Se in tali delitti c'c complicitù di individui soggetti ai consigli di gucn-a o al cons. supremo , le processure si debbono accapare_, come se si trattasse contro di questi soli indi vidui. li giudice locale deve però intervenire qualora la complicità si estenda ai pagani (RO, c. XTII, a. r,xxr e T,XXJJ); e) giudizi cl 'appello nelle cause civili e criminali trnltate dagli uditori di !.!llerra o dalle corti militari delle Diazze e castelli (RH a XVrH). a) delitti di tutti snidati, chirurghi e bassi ufficiali b) delitti dei miliziotti anteriori al 28 settembre 180.1 quandn non si trovassero cominciali i processi <lai tribunali mii. e combinati (RD 11 novembre 1801); _ in caso <li complicità di pagani l'uditore procede unitamente al giudice pagano locale , il quale <leve essere sempre il giudice del luogo di residenza dell'uditore anche se il dclilto è commesso in altra giurisdizione (RE a. XVIJ[, RD 29 giugno 1801 , a 1) e) cause passive civili degli ulliciali, aiutanti, cadetti, chirurghi, bassi utliciali e soldati, anche quelle riservate al tribunale mii. e comhinalo dell a provincia per giurisdizione ordinaria o per delegazione s peciale (RE a XV III , RD 29 giu. 180 1 a . Hl) ed esclusi gli affari relativi all'amministrazione uni versale (H.D 29 gennaio l 801); d) comunicazione della 110/itia criminis all'immediato superiore , ci oè al preside, cui compete l' ordine d'arresto de i fuggitivi (Rl a. VIII, X l, X II). e) informazioni (istruttoria) circa le diserzioni dei miliziotti (RO p. TT, c. XIX , R. l. a. Xll). t) vigilanza disciplinare sulla condotta e i costumi dei miliziotti informando i loro superiori per le eventuali correzioni (RI a V I Il , X e

>--- - - - - --1-X_l~I)'-------- ------ - - - - - - - - - -- - - - -- ~ a) giudi zi immediati nelle cause passi ve civili e criminali degli individui lldieflza ge11erale dei reggimenti urbani; di guerra e Ca.w, b) giudizi di ultimo appello nelle cause civili degli indi vidui dei Rellle reggimenti provinciali ; e) giudizi di revisione nelle cause criminali dei bassi uni ciali, chirurghi (istituita i I 17 e sol<lali, salvo i giudizi di pena affittiva a vita o di mm1e , la cui ultima febbraio 1786) revisione appartiene a.I supremo consigl io di g uerra (R. O . c.- V, a. III; RE a. XVTTT; RI a . Vl)


I REALI

EsEKCITI E LE MILIZIE ( 1800 - 1806) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ __

Con.figlio ,mpremo a) cause passive criminali degli utliciali, cadetti, aiutanti, porta bandiera e volontari iscritti come gentiluomini nei rcgg. urbani di guerra (suppi ilo b) giudice di revisione delle medesime cause dei quadri dei rcgg. dalla (iiu11ta di provinciali ; guerra) e) giudice di revisione di tutte le cause di Lutti gli individui di milizie per cui si sia pronunciala sentenza di morte o cli pena ailìttiva a v.ita; T.e sentenze sono d) giudice delle cause criminali passive degli uditori cli guerra, delle inappellabili piazze e dei castelli e in tutti i delitti in cui v i fosse complici là di individui soggetti ai consigli cli guerra e allo stesso supremo consigl.io, cumulativamente e separatamente (RO p. T, c. IV, a. Vlll e XI; c. Xlll, a. LXXII e LXXV; p.11 , c. Vlll,a. lll;REa. XVIII ; KD29 giugno 1801 a. VI; RI a. Vl). KD ~ Reale dispaccio. R[\ = Reale Editto del 12 luglio 1800 sui Reggimenti Urbani e Provinciali. RI = Reali Istruzioni del 15 dicembre lXOI per i tTibunali militari delle province e per gli uditori delle piazze, castelli e isole e di guerra del Regno. RO - Reali Ordinanze del 22 maggio 1789 sulla !;\Ìnrisdizionc militare.

375


376

L E DUE SICILIE N ELLE GUERRf. NAPOLEONICHE (1800 - 18 15) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ __ _

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Tab . 99

Giudici A1ilitari R . Napoli (Colendario e N<'.!_{~ziar io della Corte 1804)

·-- -

Sup_remo Consiglio di !f..Uerm 1--------------~--· l'residenle: lcn. gcn dc fìambs . Consiglieri ordinari mili/ari: mar. Emanuele de A lmagro, P rospero Ruiz de Carvantes, A nton io Alberto M ichcroux e barone de Bock; brigad ieri marchese di P ielramaggior c e Pasquale de Tschudy; per le cause ,l'interessi di S i\1. ed anzianilà degli ufficiali, l 'ìnr:ancato della .fìrma del 'Intendenza, t en. col. Federico Salomone. con.~i glie,··, togati: pres. di camera R affaele de G iorgio, cons. F rancesco Save rio Scurch, Matteo La Fragola, Af Vi ncenzo Vollarn, J\P Fi lippo d 'Urso, S Tommaso Colaja nni (uff dell a R. senreteria di e fì i usti 7,ia), Pf Luigi Barone, l'l' G iuseppe l'raitano. Alluario V incenzo Auricchio.C,msiglù!ri straordinari.fìssi: militari: mar. barone Acton e Roscnhcìm. togati. Raffaele Uiovannell i e altro vacante. ---·--lfdie11za eenerale <1; Guerra e Cas a Reale Fresidenfr: tcn. gen . D iego Naselli. Vice presidente: capornota marchese Uirolamo Mascaro . Consiglieri: G iuseppe Car fora, Gerardo <.+orgogli one, Gaspare Vanvitelli, AF V incenzo Voll aro, AV Stefano C aporeal e, S Giuse ppe de M arti no, PF A ntonio Vitale , PF Vincenzo Vischi . attuario Francesco Catalano.

l

.

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- - -

-

-

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Province

Tribunali militar i delle 1Jro11i,ice

President11

l'rocur. Fiscale Segretario r, Carrana T erra di Lavoro Ni cola Vacant e Pasq. d ' Auria H. ])onadi n A . d'Addieu:o ----- 1.ìbcratorc Salerno ! ,. Pino F . Mi la.no Col. A ntonio V acante vVinsncarc li R.icciardi Vacante -- --Montefosco Col. de Vera C aporuota Fr A Magaletti L. Ball etti d'A ragona Maria Mazza L. D'faidio D. Galdi ·Matera Col Pietro Uditore Donato l' Giuda Gil L ogallo Galluzzo Uarbati C. Torricel li __ IJ dc Fili1mis --L ucera Col. Dionisi o Caporuota V ine. Mosca A del Giudice Corsi Lorenzo Caso Gaetano UolO!m ini ----- Michele Marini Trani Vacante Vacante G-ius. Sarto Vacante d'Alessandro Vacante -------Lecce Col. march Ignazio Massimi N. de Save110 Ilonav. Carnevale della Schiava F Quarta Francesco Vaccari ·-Cosenza Col. Luigi de Caporuota Pietro (ì. Palazzi V. G . l'oliti R iscis Simone P uu:liese l'. G . l'elusi Vitaliano Scinti --C atanzaro Col. Costant dc fii useppe Perrotti I. Marinco!a S averio Daguati L. Troneano Rosario Neri ------·- --- Filioois -·Chieti R1ig. conte Uditore Dom. l'. Ricciardoni Giov. Camessale Marescotti Cìirnlami V. B iondi Concezio Consalvi - · Teramo Col. frane. Uditore Scrali no krasmoMuzi Gioacchino l'acilli A rcieri M. P erecchi f. S. de Cecco -~ -- ---C arbone L ' Aquila Col. fìiovanni Caporuota Bar. Bonanni Vacante Galiani Mariano Franchi A . de Marino V incenzo Pcrronc ~--· ----AF -· Avvocato Fiscale . Al' - Avvocato dei poveri. 1'1" ~ Procuratore foi scal e. PP Procuratore dei Poveri. S ·· segretario

L...-~-

Assessore

A vv. Poveri l'roc. Poveri-- -

- --

_,_

~---

---

--


I REALI

~

ESERCITI EL[ M ILIZIE ( 1800 • 1806)

- - -----Tab. 99 bis

Uditori di z uerra JJer le milizie (C:al. e Notiziario della Corte 18 04) Tena di L:1voro S11lcnm -- ~ ---------·- Aquino Dott. Camill u Ricci Angri Natale Maria Cìarrippo Dott. Tommaso Fontana Aree Castellamm. Michele Spremolla Arpino Dott. G. A. Pellegrini Cava Pasquale Ron<lanini Eholi Giuseppe i\ndrcola Aversa Doti. Alessio de Sariis Doll. (ì. R. Marocco Monte forte Cajazzo Filippo Vasetti Capua (ì-ov. Michele de Curtis Montuoro Saverio Gentile Caserta Dott. Ottavio Ginosti Nocera Salvatore Prmiccrio Durazzano Dotl. Raid . Abhcnantc Polla Carlo Maria Musonio Gaeta Dott. Gius. Lombar<li Postigl ione (ìiuscppc Maria Circeo Ischia Mazzelta Francesco Cìrazioso _I _Qrsaja · - - - - - - - - - - - - - --·· Nola Pietro l'arisi Montefnsco 1' d'Alilè Dott. Ratfaele D'Errico Airola ( ìiovanni Francesco Lancia Pozzuoli Doli. Frane. /.avarcsc Altavilla Angelo d'Amore Procida Cì-ind. And. de Licteriis Ariano Alessandro Nava S.U.lncarico Dott. Michele 8runi Fragncllo (ìiuscppc Cappahianca R .Guglielma Idem M. Falcione Pasquale Capone S. Germano Dott. Carlo l'erolini SA Conza ----------------- Francesco Saverio Selli Sessa Doli. 1" . M . Trevisani M;1tcr:1 Sora Dntt. Gio Gigliozzi Armento Raffaele l'ari si Sorn~ntn l)nrrn.:nicn ?\kntino Bella (,iuscppc Marciano Teano Dotto Gius. A. Mancini T.agoncgro Carlo Antonio de Lena T. d . Greco Dott. Gi us. Mastracchi Matera Vincenzo Boia no Valle Doti Filippo Vappianì Tol vc Angelo lo Fruscio Venafro l>ott. F . A Palma ---- ----- -----~·- - -Trani ----- ---·- . -Lecce Bari franca villa Domenico Cipollaro Carlo Mossa Barletta felice Raffaele T.cece Domenico Capone Monopoli Marino Simonetti ~ Massafra Domenico Romano Trani Oronzo Sarti Mottola Pasquale Semcrara Andria vacante S t-<:ufcmia Gaetano Perrell i Modu1mo vacante Vernotico Vincenzo Baldi L'Aauila Cittaducale Angelo Mastracchio Aquila ' Gherardo Pagano J\ vezzano Gennaro Jatosti Gagliano Gio. Domenico Cardcl li I Capeslrano _ J_T<nnn1aso Zacconc Sulmona En1ìdio Papi

·-

.. l ~ ~---· .

I

__Ten1mo ·-· Gennaro Mari a Galanti Gi ulia ·-----, Domenico Campanella Seralì no Franchi Penne Giustino Olivieri Chieti Catnnzuro 1 gov. di Archi e Bomba, Lanciano:, S. Gerace Felice Scaglione Nicaslro Raffaele Ricca Valentino e S. Salvo - Reggio li gov. dell a piazza Cosenza Soriano Saverio 13ravo y Denavides Stilo Gaetano Soria Daniele Antonio fava Amantea Taverna Riccardo Onesti ·Mormanno Michele Valcntoni Tropea Paolo Fedele Verzino Grenorio <le Novellis ::, ---·----... - ----

Atri Civitella

..

377


378

LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE ( 1800 - 1815)

Tab. 99 ter - Uditori delle Piazze e Castelli del Rerz,no (Ca!. e Not. d. Corte 1804) P{ JCH,!E ASSESSORI lJDl'J'ORl REONO Pescara Giuseppe Samo Vieste Vacante Ci vitella Francesco Cornacchia Manfredonia Doll. Salvatore Stabile L 'Aquila Marzio Girasole Barletta Doll. Felice Raffaele Dott Oronzo Sarri Trani Gaeta Dott Pompeo Ernandez Capua Dott Oahriele de Renzi I~ari Carlo Massa Amantea Dott. Daniele Fava Monopoli Mariano Simonetti Reggio Tobia Bari Ila Brindisi Vrancesco Monticelli Dott. Pasquale Grassi L' alto numero di uditori (10) nelle Puglie Otranto Francesco Massa è da mettersi in rapporto con la presenza Gallipoli Taranto Doll. Valentino Zingaropoli delle truppe francesi.


Indice del primo tomo



381

INDICE DEL PRIMO TOMO

Presentazione

pag.

3

Parte I

La catastrofe (1800-06)

A) La politica di sicurezza e la conquista francese 1. La politica di sicurezza (1799-1806) A. Roma (I 799-1800)

B. Siena e Firenze (1800-01) C. 'faranto e Messina (1801-03) D. Vaso di coccio (1803-05) E. La spedizione anglo-russa (1805-0G)

2. La conquista francese (1806) A. T'.Armée de Naples B. Campo Tenese ( 1° - 9 marzo 1806) C. Puglia e Calabria (IO marzo - 12 maggio 1806) D. Civitella (21 febbraio-22 maggio 1806) Tabelle

pag.

7

pag.

15

pag.

26

pag.

37 50

pag.

pag.

65

pag.

74

89 p ag. 97 pag. 103 pag.

B) Il sistema militare borbonico (1734-1806) 3. Pianificazione e Alto Comando (1735-1806) A. La pianificazione militare ( 1765-1806) B. LAlto Comando (I 734-1 806) C. La catastrofe dei generali (1793-99) D. I generali della prima restaurazione (1799-1806)

pag.

11 5

pag.

127

pag.

Tabelle

pag.

134 142 154

pag.


382

LE DUE SICILIE NELLE GUERRE NAPOLEONICHE { 1800 - 1815)

4. Amministrazione, sanità e assistenza (1734-1806) A. La R. segreteria di stato, guerra e marina (1734-1806)

pag. 157

B. Llntendenza generale dell'Esercito (1783-1806)

pag. 165

C. La Direzione generale degli Spedali militari

pag. 177 pag. 188

D. l.:Assistenza militare Tabelle

pag. 198

5. Il reclutamento del personale (1800-1806) A. L epurazione degli ufficiali B. TI reclutamento per ingaggio C. Le leve del 1794, 1798 e del 1805

pag. 205 pag. 216 pag. 223

C) l Reali Eserciti e le Milizie (J 800-06) 6. l.?Esercito di Napoli (1800-06) A. La regolarizzazione delle masse B. LEsercito di Napoli C. La fanteria di linea D. La fanteria leggera E. I .a cavalleria E I corpi <li Casa Reale G. La polizia militare del Regno di Napoli Tabelle

pag. 237 pag. 242 pag. 247 pag. 255 pag. 260 pag. 266 pag. 272 pag. 281

7. Il Corpo reale d'artiglieria e genio (1800-06) A. TI Corpo reale d'artiglieria e genio B. Lordinamento dell'artiglieria C. Il corpo del genio, i pionieri e i pontonieri D. Il materiale e gli stabilimenti Tabelle

8. ~Esercito di Sicilia ( I 800-06) A. I Reggimenti Siciliani (1734-1798) B. LEsercito di Sicilia (1799-1801) C. La 4a Divisione dell'Esercito (1802-06) D. T corpi locali Tabelle

pag. 287 pag. 291 pag. 299 pag. 304 pag. 313

pag. 319 pag. 322 pag. 328 pag. 332 pag.

335


383

INDICE DEL PRIMO TOMO

9 La milizia del Regno di Napoli e i corpi volanti (1800-06) A. Le antiche milizie del Regno (1563-1800) pag. B. I Reggimenti Urbani e Provinciali (1800-06) pag. C. Lorganizzazione dei Reggimenti pag. D. T corpi volanti pag. Tabelle pag.

341 344 352 359 369

Indice delle Cartine del I tomo C. C. C. C.

1 - La frontiera del Regno di Napoli 2 - Campagna di Calabria 2-19 marzo 1806 3 - Battaglia di Campo Tenese 9 marzo 1806 4 -Assedio di Civitclla (21.2-21.5.1806)

pag. pag.

109 110

pag. 111

pag.

112

Indice delle Illustrazioni del i tomo 1 - Ritratto del re rerdinando IV di Borbone

6 2 - Ritratto della regina Maria Carolina d'Austria pag. 64 3 - Monumento a Matteo Wade a Civitella del Tronto pag. 102 4 - 1 Capitani Generali dei Reali Eserciti pag. l l 4 5 - Dragone leggero ( 180111 pag. 204 6 - Ritratto di Giuseppe Antonio de Tschudy pag. 233 7 - Soldati R. Alemagna, Albania, Cacciatori pag. 234 8 - Cacciatori Sanniti, Campani, Calabri e Aprutino pag. 236 9 - Ufficiali di l::;anteria e Cavalleria, fociliere pag. 28 5 10 - Artigliere in gran tenuta e pioniere in tenuta da travaglio pag. 286 11 - Carta delle ferriere della Mongiana pag. 31 8 pag.





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