LE MEDAGLIE DI CASA SAVOIA

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STATO MAGGIORE R. ESERCITO

UFFICIO STORICO

LE MEDAGLIE D'ORO

DI CASA SAVOIA

ROMA 1942 - XX

NON c'è nella storia · delle dinastie eu-ropee altro esempio di costanza, di dignità, di valore e di ardimento pari a quello c he offre Casa Savoia. Guerrieri e politici, santi e diplomatici, i principi che entrano nella vita italiana nella turbinosa alba del secolo XI offrono prove mirabili di quello che contino la volontà eroica, la ten::i,cia, la fede, di quanto possa la superiorità delle energie spirituali stùle materiali. Da quel primo apparire di una forza armata sabauda sotto Umbe1to Biancamano tra le nevi alpine , per nove secoli la grande dinastia sarà sempre in prima linea nelle vicende politico -militari d'Italia e non di questa soltanto. Perchè l'is t into eroico della Casa, la sua ansia di grandezza e cli gloria la porteranno sp1:1sso, quasi spregiando le vicende mutevoli e le contingenti fortune , a tentare il destino e a saggiare i suoi uomini e le sue forze in imprese lontane, al di là degli immediati interessi e delle comuni necessità. E la funzione italiana dei Savoia si prepara e si precisa pur negli impeti e tra i baleni delle guerre e degli assedi, che appaiono esl,ranei ad una vkenda italiana.

Con questo animo il primo <e Comes Sabaudiae », Amedeo III, prende la Croce e partecipa al secondo conflitto tra la Cristianità e l'Islamismo e muore nella lontana Cipto, quasi a prendere ideale possesso di un titolo che successive generazioni di principi rivendicheranno. E lo stesF,o animo s pingerà il Conte Verde a cercar nuova gloria in Oriente contro turchi e contro bulgari, ai quali ritoglierà l'imperatore prigioniero, Emanuele Filiberto a mandar galere per la riscossa cristiana di Lepanto, Carlo Emanuele I a sognarn un regno sab~udo nella Macedonia e

nell'Albania strappate alla Mezzaluna, Vittorio Emanuele II a intervenire nella guerra di Crimea. E le navi di Carlo Felice, in un periodo che pareva di rin:uncie e di quiete, puniranno su lle coste d'Africa la tracotanza barbaresoa.

Ovunque sia un ' impresa audace da compiere, una mèta ardua da raggiungere, là è, ardita e tenace, Savoia, là i suoi principi affrontano con la· mazza e con la spada i maggiori pericoli per trarne le più alte fortune , o, quando occo rra , con la, saggezza nel trattare tentano e piegano i l dest ino.

A volta a volta in lotta con feudatari e comuni, con principi italiani, cantoni svizzeri, signorie transalpine, o con più degni e ben altrimenti duri avversari i Fra.ncia, Spagna, Impero, dal grande frazionamento politico territoriale dell ' Italia occidentale sanno creare con paziente tenacia quell'ordinato e fortissimo Stato attorno a cui si salderà l 'Italia nuova.

E tutti debbono fare i conti con Savoia. Federico II può me ttere un giorno al bando dell'Impero Tommaso I , ma deve finire col rir.onoscerlo vicario imperiale; il« Piccolo Ca1·lomagno n, Pietro II. che vantava p.ella sua spada il miglior titolo ·· dei suoi diritti, infrange i sogni e le speranze astigiane, angioine e monferrine di ostacolare la creazione dello Btato sabaudo e si impone col suo prestigio e col suo valore al rispetto e all'amicizia della lontana Inghilterra. Amicizia che è già sc o.mparsa con Amedeo V , il gran conte, ardito compagno di ]hlippo il Bello sui campi di Fiandra contro gli inglesi e tipico esponente della tendenza sabauda a intervenire negli eventi europei.

« Audacia e valore » sembra fin dai primi sec?li il motto della Casa, motto che più tardi altro principe concreterà in u Ardisci e spera», ma << un'audacia e un valore >> che non .si dissociano mai da saggezza di governo e da capacità ordinatrice. Perfetto esemplare di cavalleria il Conte Verde, che riempie delle sue gesta le cronache eroiche del Trecento e passa giostrando, combattendo e conqu i stando, l'animo aperto a tutti i sogni e a tutt.e le audacie; ma i suoi sudditi gli sono riconoscenti di leggi eccellenti e Genova e Venezia della sapiente pace di Torino. Splendido signore e ardimentoso guerriero anche il settimo

Amedeo, il Conte Rosso , ma l'amor d'avven tura e la valentìa nei tornei non gli fanno velo a più concreto interesse della Casa, e si assicura, balcone da cui s'affaccia sul mare ricco di promesse, Nizza, la cui popolazione gli si .concede liberamente. Poichè qu esto sarà un altro dei segni distintivj della grande famiglia ed uno degli elementi più preziosi per le sue fortune , l'affetto spontaneo, il devoto abbandono, la fedeltà assoluta, cementata spes·so nell a s offerenza e nel sangu e, dei suoi sudditi.

L'audacia ·e la saggezza di questi principi rifulgono anche meglio in Amedeo VIII, ·primo duca di Savoia, sotto il quale lo Stato , che ormai s'accampa tra Sesia e Rodano, tra Ginevra e il mare. diviene un fattore fondamen tale della vita italiana. In ·lui si fa pH1 manifesto che l)ei suoi - predecessori quello che fu detto « l'i stinto unificatore» della grande. dinastia. E l 'espansione finora tentata verso Francia, Svizzel'a e Mediterraneo si indirizza verso una nuova mèta, cui non si rinuncierà più nei secoli, la Lombardia, anche se la via peT giungervi s i riveli ardua e tormentosa. Intensa fede religiosa e fierezza dinastica sorreggono i Savoia pur nelle circostanze più dure , nei momenti più tragici. La frase. che sarà di Vittorio Amedeo II, << non resta se non perire o vendicars i !» è il comandamento ohe questi p rincipi si impongono quando tutto appare perduto. Nelle dTammatiche v icende che , ne.Ila prima metà del Cinqu ecento, scon volgo no lo Stato , dilania to per la grande contesa tra Carlo V e F1·ancesco I , la fiducia in un domani miglior.e e la fede nel s uo diritto non vengono meno neppure nel tormentato animo di Carlo II (III), che deve assis'tere alla invasione e alla devastazione delle sue terre, ma può trarre mo t ivo di c~nforto e di s peranza dall 'attaccamento mirabile dei sudditi. L ' insurrezion~ della Tarantasia contro i francesi, le eroiche resistenze di Aosta e di Nizza al grido di « Savoia » sono le rinnovate prove di questa fedeltà. Da generazioni di pTincipi balza così la figura magnanima del vinci tore di San Quintino. Pronto l ' ingegno, saldo il cuore, ferrea la volontà, austera la di sciplina: queste le doti che il campo di

battaglia affina in Emanuele Filiberto. Chi riconoscerebbe ancora il,, cardinalino » nel principe di cui scriveva ammirando l ' amba -sciatore veneto: ,< on potria vivere se non travagliasse col corpo e con lo spirJ.to, percllè mai sta jn riposo, mai è veduto sedere, se non quel poco cli tempo che sta a tavola » 1 La guerra aveva tol~o gli St.ati al padre, la guena li avrebbe resi al figliuolo , che conterà sul suo valore e sulla sua fama di soldato per tornare in possesso del suo. Questo l'intento che rivelava al padre nella le ttera da Innsbru ck, quando si recava a porre il giovane braccio a servizio di Carlo V. Il quale dovrà ammirare l'ardire e invidiare il sublime sprezzo del pericolo c h e distinguerà questo figlio di Savoia. E il premio non mancherà. :Mutili_ e rovinati gli Stati su cui torna a governare dopo la -pace di Castel Cambresl3, ma con1e già la volontà eroica deJ comandante era stata legge ai suoi soldati, così ora la vo lontà illuminata del capo del_lo Stato diventa l 'unica le~ge dei sudditi e il principe risana , rafforza , costruisce e crea. D aJle rovine dell'antico esce il nuovo Stato sabaudo. P1·incip8 italiano si pro clama Emanuele Filiberto, che fissa per semp1·e in Torjno la capitale del Ducato, e bastione d'Halia vùole che appaia d ' ora innanzi il Piemont.e. Un bastione sul quale s' accampano saldi fanti ed esercitati artiglieri venuti su alla scuola del Testa di .Ferro, che fino atl'uUimo di sua vita continV,ò a ideare grandi imprese e nobili gesta, come lo provano le milizie mandate in Ungheria contro i Turchi, le galere volute presenti a Malta e a Lepanto, il progetto della grande lega cattolica contro l'Inghilter:ra.

EH figlio non è da meno <lei padre. Natura più inquieta, di una volontà energica e febbrile, a.nirnato da una passione di grandezza dinastica a cui s'accoppia viva e tenace quella della libertà italiana, Carlo Emanuele I tiene per cinquant'anni fissi su di sè g li occhi d'Europa. Non c' è guerra cui non partecipi , non c'è occasfone d'allargar lo Stato che non afferri , non c'è momento che per lui non sia d'azione. Italiani e stranieri lo vedono p assare arde nte e fremente sui campi di tuUe le battaglie del tempo e , neJJe rare pause delle sue gue rr e, intuiscono che il suo spirito

irrequieto fa e disfà progetti e intese, convenzioni e alleanze . L 'oggi è sem pre in funzione di un domani più degno pe:r il Duca che ama la guerra, la potenza, la gloria. Dirà di lui un grande avversario, il cardinale di Ri chelieu: « Non conosco spirito pii.1 ardito, più universale e più attivo di que sto principe ». Il quale , pur nell 'alterna vicenda dei patti e delle necessità, si sente, con ]a fierezza del padre, ma con una anche più certa coscienza del domani della sua Casa, italiano.

cc Credemo in Dio et si semo Cristiani, ma sopra tutto boni italiani n

canterà di sè il Sovrano, che tentava di commuovere all'idea di una lega italica l'animo dell'ambasciatore veneto. (( Io sono, alla. fine , italiano, e bisogna che tra noi c'intendiamo bene, perchè l'amicizia di questi fornstieri non è procurata da loro per bene nostro , ma solo per levarci q uan to possediamo e per obbligarci di servire ai loro fini, per po ter tanto più facilmente assoggettarci tutti».

Gli mancherà l'aiuto degli Stati italiani, non il riconoscimento dei. poeti, i quali intuiranno in lui , che si. sentì l'animo di pensare alla corona imperiale, uno degli uomini inviati dalla Provvidenza per scuotere e spronare ad altre e più alte mète la patria comune. La coscienza di quello che il suo valore rapp1'esentava per l'Italia lo s pingerà un giorno ad un profetico l'iconosci m ento: •< se io disarmo, non vi sarà più alcun uomo libero nella penisola; essa I con terrà solo traditori e schiavi u.

Nessun n emico appare troppo forte , nessuna impresa tro ppo aTdita a Carlo Emanuele , che nei. momenti di delusione e di sconforto deplora solo di non poter trovare la morte con la spada in mano. Il cavalleresco amore d'avventura degli Amedei si tramuta in lui in ardore di potenza e di grandezza. Anche dalle delusioni e dalle sconfitte - e sarà questa una tra le più singolari caratteristiche della Dinastia - sa far balzare la speranza e la risr.ossa.

L'auimo del vincitore di S. Quintino e di Carlo Emanue]e rivive fa Vittorio Amedeo II, il principe che sente éosi altamente la dignità propria e dello Stato da osare tutte le audacie di fronte ad un Luigi XIV , assertore di una egemonja f rancese sull'Europa i n tera. Le minacce del Re Sole non gli suscitano· altra risposta se non « Ora finalmen te il Re comp rendetà che io non lo temo>,. E l'ingresso del Du ca nelle grandi coalizioni antifrancesi segna. l'inizio di una fase di più vasti ardimen ti e di più realizzatrice politica dei Savoia . Guerre continue, vittorie e sconfitte per quasi un quarto di secolo, ma quali Tisultati per il Sovrano, che non saprà limitarsi a seguir di lont~no le imprese delle sue milizie. ma, buon erede dei suoi maggiori , sarà se mpre sul campo a respirar l'acre odore della mischia ! Quel Duca di Savoia, che aveva costretto Luigi XIV a trattar da pari a pati cori lui, tanta preoccupazione avevano suscitato la saldezza e il valore rivelatisi una volta di più nel Piemonte guerriero, porterà agli alleati n'on solo l'aiuto dei suoi battaglioni, ma l'esempio ben più prezioso del suo ardimento. La volontà eroica è il segno distin.tivo anche di que sto p1·incipe, trasmessogli in eredità mirabile dagli avi éhe . dormono in Altacomba e alla Chiusa di S. Michele. · E accanto a lui, in quel venténnio turbinoso e glorioso, alt re antiche glorie sabaude rinnovando e accrescendo , appa're sup(;lìha figura di capo e di soldato il principe Eugenio di Savoia-Carignano, che alla çomune vittoria della battaglia di Torino aggiunge glj allori raccolti ·per l'Impero sotto le mu ta di Vienna, sui campi di Zenta, di Bfonheini, di Petervaradino, di Belgrado. De gno premio a tanta tenacia di propositi e di ardirnent,i ]a corona regia, che la pace di Utrecht porrà sul capo di Vittorio Amedeo, gran sovrano veramente, che seppe ritemprare il caratt-e.re del suo popolo ed emancipare lo Stato da esose tutele straniere. Da Emanuele ·Eiliberto a Vittorio Amedeo quan t o cam m i no compiuto! Il ducato rotto , frantumato, ro vinato della m età det Cinquecento era diventato il potente e rispettato R egno di Sicilia, poi di Sardeg na ; i principi sabaudi v enivano· additati a modello agli altri sovrani italiani. (( Quest'es·empio, c he può dirsi domestico, senza andar molto lontano, de' principi di Savoia,

dovrebbero aver sempre innanzi agli occhi gli altri princ1p1 d'Italia per avvedersi che in Italia non è scemato l'antico valore)) , sc1'iverà di 11 a non. molto Pietrn Giannone, commell'Lando Livio. Potenza e rispetto seppe accrescere alla sua Casa Carlo Emanuele III, c he riprese e intensificò la politica di espansione armata del padre. Soldato nell'anima, fu capo di grandi eserciti coalizzati , e , nelle irrequiete vicende europee delle successioni polacca ed austriaca, fece suonare alta ancora una volta la fama di valore personale e di sapienza militare dei principi sabaudi. E dalle due guerre nuovi acquisti uscirono a ingrandire e a rafforzare lo Stato, anche se il miraggio milanese, secolare sogno per un momonto fatto realtà, svaniva. Nella prim~ metà del Settecento, unica dinastia veramente nazionale, la sabauda ha contribuito a ridurre la· vastità e l'importanza dei possessi stranieri nella penisola ed è diventata la sola rappresentante della tradiz ione italiana. Lo Stato è in ordine, ben governato e accentrato nelle mani del Sovrano, l 'autorità è rispettata, la fedeltà dei cittadini s'alimenta d'una sempre più viva coscienza del dovere verso il Re e verso la Patria.

QuHsto consentirà, come già era avvenuto al~re volte in passato, che, anche dopo momenti di apparente declino, la grande Casa riprenda a vigoreggiare e lo Stato torni a prepararsi per più alti cimenti. Durante gli sconvolgimenti dell'era rivoluzionaria, invano gri<lerà l'appello ad una lega i talica contro H nuovo, più grande pericolo Vittorio Amedeo III. Quattro anni di guerra disperata, in cui rifulsero supe rbi esempi di valore di ufficiali e soldati del vecchio Piemonte, sommergono il Sovrano e lo Stato . Ma al Piemonte, come fu scritto, rimase la gloria di avere « solo fra gH Stati italiani, quasi tutti paralizzati dalla viltà, dato il sangue per te ntare il destino», E Carlo Emanuele IV e Vittorio F.manuele I co no sceranno le vie dolorose dell'esilio, preferendo le durezze e le amarezz~ di questo al disonore. Chè da nessuno di questi principi, cui darà ricetto e conforto la fedeltà delle gentj sarde, verrà mai parola che suoni abbandono dei propr(dirittj,

della propria dignità, abdicazione aìla m1ssione affidata dagli avi immortali. E la speranza in un migliore domani sorreggerà

J'animo di Vittorio Emanuele I , fino al punto di fargli ricusal'e promettitri ci offerte napoleoniche di compensi, in cambio di rin uncie che non potevano essere accettate da un discendente di Emanuele Filiberto.

Anni di raccogli mento quelli che seguiranno, di raccoglimento e di non del tutto inconscia preparazione. Gli ultimi Savoia della stirpe primogenita concludevano in quiete operosa la vicenda secolare e consegnavano, arma poderosa per le fortune nuove, ac cresciuto e temprato il regno al ramo dei Carignano . La funzione di progressivo accrescimento dinastico e di affermazione sempre più salda nella vita italiana, comp iu ta fi.no.ra dalla Dinastia, si allarga ora a più ardite vis ioni. La mèta è. posta al ç)i là dei limiti rappresentati dalla politica di equilibrio tra grandi potenze contrastantisi il dominio nella peni~ola e dalla aspirazione ad un primato italiano entro il quadro di una u presenza » straniera. Gli ideali di Carlo Emanuele I e di Vittorio Amedeo II trov ano ora an~he più consci e arditi . interpreti. Lo spirito fondamentalmente e sostanzialmente rivoluzionario, che d i stingu e nei secoli l'opera di Casa Savoia, s'accentua e si precisa in un più vasto orizzonte. Il concetto d1 libertà italiana, che era stato anche de l Seicento e del Settecento, diventa ora di indipendenza , e ai vecchi motivi della politica sabauda s'aggiunge, potentissimo, quello della nazionalità. Senza impazienze, ma con la certezza che i. tempi maturano, si inserisce nel grande movimento italiano Carlo Alberto. Prode come un cavaliere antico (e dei Savoia a-veva pres o il motto« J' ~tans mon astre », che era stato del Conte Verde) , aveva mostrato davanti al Trocadero di qual tempra fosse il suo animo. Il freddo coraggio, lo sprezzo del pericolo , l 'indomito valore avevano p rocurai-o al giovane principe di Carignano elogi e deco.razioni. Divenu t-0 Re, p.rovvede a rincuorare e riordinare lo Stato ed insieme a preparare e rafforzare l'esercito. E' nel suo diario del 1832 una frase che ci rivela il seg reto pensiero del sovrano: « Da tut.te le par ti d'Italia sappiamo che l'odio con t ro gli austriaci pare centuplicarsi e che i voti di tutti gli onesti ci

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chiamano; ma il tempo di mostrarci non è ancora venuto».

L 'avvento di Pio IX segna l'inizio di un'epoca nuova: l'Italia insorge contro lo straniero; Carlo Alberto non può venir meno al compito che il destino gli ha segnato e per il quale si è tenacemente preparato.

Otto secoli di tradizione eroica spi ngono alla più grande impresa ; e il 23 marzo 1848 suona veramente t< l'ora s uprema per la Monarchia sabauda: l'ora delle forti deliberazioni, l'Ol'a dalla quale dipendono ·i fati degli imperì, le sorti dei popoli ,,. Nella frase del Cavour era il p resagio dell'avvenire.

E fu la guerra. Sotto la guida del Re magnanimo, 35 battaglioni. 36 squadroni, 120 cannoni passarono il Ticino. Accan to al padre, i figli: il duca di Savoia Vittorio Emanuele, comandante della 5~ divisione .di riserva , ed iJ duca di Genova, Ferdinando di Savoia, rornandante dell'artiglieria,. Monzambano, Goito, Pastrengo, primi nomi della riscossa italica, appaio n o promessa di pii.t fulgide vittorie. E i principi sabaudi, fedeli alla tradizione, dànno prove eccelse di v alore a ll a testa dei prop r i soldati. A Santa Lucia il Duca di Savoia, superbo esempio di ardimento , tra scina i fieri fanti della « Cuneo n e arresta il contrattacco nemi co. Ne11a seconda Goito, ri sorto cavaliere del Medio E vo, s i batte co n estrema decjsione e ottiene il suptemo premio del soldato , la medaglia d'oro. Nè è da meno 11 fr atello, incitatore e g uida delle t rupp,e che assediano Peschiera. E , qua ndo le sorti della guerra vol g eranno avverse , dopo gli ultimi s u ccessi di Govèrnolo, sotto gli o cchi del p ro p r io padre e re, i due principi si copriranno d i nuo va gloria a Staffalo e a Custoza. Nominat o comandante della 4&divisione , il duca di Genova emulerà il fratello e, il 24 e 25 luglio e nella battaglia di 1Yiilano , s i prodigherà tanto da merit are ]a. medaglia d'oro . E ancora nella rapida , dolorosa ca mpagna del ma~zo s u ccessivo. i duchi di Savoia e di Genova s eppero ess ere i con t inuatori dell ' eroismo sabaudo . Le gesta compiute da Ferdinando di Savoia alla, Bi cocca, impavido anim atore dei s uoi fanti , rinnovano gli jmpeti e gli ardimenti di Ema,nuele Filiber to. E , nell ' ansia di esporsi al più grave pe rico lo e nel tragico desi derio di morte , Carlo

Alberto conquista sul campo di Novara il diritto al rispet,to e alla ammirazione degli italiani e segna alla sua Casa p~:r sempre l'infallibile mèta.

L 'avverso destino piega Carlo Alberto, ma non la Dinastià. Intatta passa al figlio la con·segna del padre. In Vittorio Emanuele Il si compie più intensamente la fusione tra Ja tradizione e · la nuova storia. Gli impeti e gli ardori cavallereschi , che gli assicurano la fedeltà dei soldati e la fede degli italiani, s'accoppiano in lui a matluità politica e avvedutezza realistica. Sete di gloria e d'avventura gli rende intollerabile l'idea di non potersi mettere alla testa dei suoi ·battaglioni in Crimea, ma il compito che si è assunto, di fare del Piemonte il presidio della nazione italiana, gli fa accettare questo sacrificio, per il s uo animo di soldato vero particolarmente grave.

E verranno i giorni, i bei giorni della guerra di riscossa. Abile deéisione strategica quella che concentra all'inizio della campagna del '59 le forze piemontesi nèl triangolo Casale - Valenza - Alessandria, in attesa dell ' anivo dell'alleato. Essa basta a rendere in decise l e mosse del Gyulai e favorisce gli sviluppi ulteriori. A Palestro e a Vinzaglio le salde milizie piemontesi ric,iwciano il nemico; a Magenta giungono a sostenere l ' ultimo sforzo cli Mar. Mahon; a San Martino gareggiano di valore in epica lo tta con i francesi impegnati a Solferino. E' dovunque , giovanilmente intrepido, il Re , ben degno del titolo di << Primo soldat-o d'Italia n e del non facile ricono·scimento francese. Il destino è in marcia. Po co più d'un anno dopo , la spedizio'ne dei Mille e l'audace iniziativa della campagna delle Mar-che e dell'Umbria spianano la via all'unità. Attorno al gran Re si strjnge la nazione rinnovata , che riconosce 'in lui l'artefice p rimo della r inas cit a. Nè son da meno gli altri principi della Casa.

Luogotenente del Re per la durata della guerra, il cugino Eugenlio Emanuele di Savoia, principe di Carignano, appena può affrancarsi dall'obbligo impostogli, s'affretta a Gaeta e compie gesta c he lo fanno degno della medaglia d'oro.

E la medaglia d'oro corona anche lo sla n cio dei figli del Re nella non felice campagna del 1866. La seconda Custoza vede gli

ardimenti del principe ereditario Umberto di Savoia, che , alla testa della 16'" divisione, si mostra intrepido comandante e, nel ferreo cerchio di petti devoti del leggendario « quadrato n di Villafranca, rivela una v olta di più lo s pirito eroico dei Savoia. Suo fratello, Amedeo Ferdinando, duca d'Aosta, trascina al1'attarco di Monte Croce la sua beUa brigata dei « Granatieri di Lombardia » e rimane ferito .

.Mirabile stirpe questa che può dare \.!osì continui esempi di val ore. Non c'è interruzione nella storia di Casa Savoia nella catena dell'ardimento. E anche quando i tempi nuovi e le nuove forme della guerra resero men facile ai capi partecipare direttamente alle vicende , al tormento e alla gloria dei soldati sul campo, l'animo dei princi pi sabaudi non si smenti e seppe essere sempre, pm; nelle mutate circostanze, all'altezza della tradizione .

In terprete dell'anima popolare e del comandamento della storia.

Vittorio Emanuele III sentì, come Re, come italiano e comb soldato, la necessità della guerra che compirà il Risorgimento. E, dal 1915 al 191 8, quanti ebbero l ' onore di indossare il grigio verde intesero che, presente e vigile, il Re era tra loro. Ben fu detto di lui: « Scelse il dovere senza poJilpe e senza riposi, obbedì, come l'ultimo fante, a una legge che irp.poneva l'aver fede e l'attendere, tra opere di morte assidue e le~te come le opere che saggiano l'intima resistenza delle forze e la suprema bontà della 'tempra. Soffrì e sperò con t utti: co nobbe nel compito quotidiano le membra mutilate sui letti degli ospedali da campo e l ' indicibile sorriso della giovinezza nel pallore delle agonie; e nelle trincee la lotta titanica e umile contro il nemico , contro il luogo, lo stento , il disagio, contro il tempo e l'immaginazione. Rivis se Novara e San Martino. Fu testimone di tutta la bellezza e di tutto l'orrore della guerra. Fu taciturno e semplice; paziente e vigile». E il comandante dell' «I nvitta », Emanuele Filiberto di Savoia Aosta, colui che gli eroi del Carso e del Piave dissero senz'altro il (( Duca », fu, sulla via di Trieste e sulle i nfrangibili linee scelte a. difesa dell'Italia, austero e tenace condottiero e incitatore dei

vecchi soldati, che avevano appreso a battersi nelle sabbie libiche, e dei giovanissimi dell'ultimo bando, che seppero farsi al fuoco un animo di veterani e s'immolarono sorridendo. Considerazioni politiche gli avevano impedito l'agognata partecipazione alla prima guerra d'Africa., ma, quando suonò anche per lui l'oTa della grande prova, il principe sabaudo, nel cui nome riviveva tutto un passato di glOTia, fu, agli ordini del suo Re e cl.ella Patria. intrepido costruttore del nuovo destino. Dorme l'eterno sonno tra i suoi fanti sulla collina di Redipuglia il comandante della III Armata, ma la sua fede e il suo ardimento rivissero nell'e roismo del figlio , che nella lontana Africa, fuori d'ogni speranza di immediato soccorso, fece del suo cuor e e della sua volontà il cuore e la volontà delle sue geni.i. Nella duTissim1;1, lotta, condotta per lunghi mesi contro un nemico sove1-chiante per numeTo e per mezzi, Amedeo di Savoia tenne fede con eroica tena cia alla consegna della Patria. Animati da.I suo esempio, i soldati ai suoi ordin~ vere sentinelle avanzate dell'Italia e della civi-ltà, consacrarono ogni loro volontà, ogni loro energia a inchiodare l 'avversario sulle posizioni sanguinosamente contese, e loro premio fu la certezza di aver aiutato così l'opera dei fratelli impegn~,ti s u altri campi di battaglia. Le gesta compiute a Cheren e sul1' Amba Alagi, due volte coronate di gloria dal sacrificio cosciente dei soldati italiani, resteranno patrimonio d'orgoglio alle nuove generazioni. La Patria ha seguito « con ammirata fierezza 1>, con-ie suonò la parola augusta , l ~opera di comandante e di soldato del Duca d'Aosta , e la medaglia d'oro premiò in lui anche coloro che combatterono agli ordini di Chi, seguendo fino all' ultimo la sorte delle sue truppe, seppe scrivere nuove epiche pagine della epopea di Savoia. La morte non lo colse s ul campo tra le sue falangi eroiche, ma lo abbattè insidiosa nell ' oscmo tormento de ll a prigionia. Davanti alla sua figU1·a prode s'inchinano le insegne guerriere della Patria, che non dimentica i suoi caduti e foggia il proprio destino secondo il loro spirito e il lor-o comandamento.

DeJle glone e degli ardimenti sabaudi vogliono recare testimonianza le biografie che seguono, dovute aUa geniale e patriottica iniziativa del Gruppo Medaglie d'Oro, che raccoglie i più nobi]i rappresentanti del valore della nostra; gente. Nel rievocare le figure dei sette principi salmudi decorati della più alta ricompensa militare. si è inteso non solo d.i compiere atto di reverente omaggio all' eroismo delle persone, ma anche di ri c ordare c he se mpre a forzare il destino , sempre a segn are nuove mète alla Patria intende l'immortale spirito animatore della dinastia che ha dato l 'Italia agli italiani.

EUGENIO EMANUELE DI SAVOIA

PRINCIPE DI CARIGNANO

EUGENIO EMANliELE DI SAVOIA , PRINCIPE DI CARIGNANO, figlio di Giuseppe Maria di Savoia, co n te di Vi11afranca, e di -Paola Benedetta dei duchi de la Vauguyon, nato a Parigi il 14 aprile 1816, morto a Torino il 15 dicembre 1888.

AIHevo della R. Scuola, di marina di Genova, è nominato guardia.marina di 2 a classe il 13 aprile 1831, e prende imbarco sulla . regia fregata « Beroldo », co n la quale scorta la regina vedova Maria Cristina nel suo viaggio in Sicilia.

L'anno successivo, ·sulla regia fregata « Commercio ll, in divisione con la« Regina » e con la corvetta «Nereide », compie una campagna di navigazione di circa sette mesi nel Mediterraneo. Sottotenente di vascello dal 3 dicembre 18 33, passa sulla « Regina >> per nuove croc iere nei mari dell' Africa settentrionale e del Levante, dal 1° marzo 1833 al 12 luglio 1834. Nello stesso anno e alla data dello sbarco, è nominato luogotenente di vascello e, contemporaneamente, ottiene nell ' esercito il grado di capitano nel reggimento « Novara Cavalleria».

Riconosciuto, fin dal 28 aprile 1834, principe del sangue, prosegue la carriera .sia nella marina, sia nell'esercito. In questo, con regje patenti del 3 marzo 1836, viene promosso colonnello e desbnato al comando del reggi.mento « Piemonte Reale Cavalleria»; in quella, è promosso capitano di vascello -co n regio decreto del 2:3 agosto 18 37. Si imbarca quindi , come comand ante in seconda, il 30 ottobre 183 8, nuova,mente sulla regia fregata <1 Regina », allestita per una lunga campagna nei mari dell'America Latina. Ma i.I viaggio, c h e per varie ragioni fu assai avventuroso , non si potè compiere interamente perchè, nell'avvicinarsi a Capo Horn,

investita da violenta tempesta, per fortissime avarie la nave fu costretta a r e trocedere a Rio de Janeiro , ove giunse dopo un mese, il 28 a prile 1839, e rimase fino al 10 dicembre in riparazione. Poco dopo il ritorno in pat..ria, il 31 ottobre 1840, fu promosso capitano di vascello di r · Glasse. Promosso n:.aggior generale nell'arma di cavalleria, il 18 novembre 1841 e contrammiraglio nel 1842, il 14 luglio 1844 venne no~inato luogotenente generale e comandante generaJe della regia marina sarda E in tal veste ebbe a svolgere importanti missjoni militari e nip]omatiche, alle quali si aggiunse, nel 1845 , il comando generale della Guardia razionale. Nel 1848, durante l 'assenza di Carlo Alberto per la guerra contro l'Austria, fu luo gotenente d~l Re a Torino, dove, 1'8 maggio , inaugurò la prima legislatura del P ar lamento subalpino, pronunciando il di s corso della Corona. Riassunse la luogotenenza generale del Regno durante la campagna del 1849 e, dopo l'infausta giornata di Jovara, contribuì a manLenere l'ordi ne nello Stato con saggi ed avved uti provvedimenti. Riprese il mare ne] gi ugn 0 per recarsi a visitare l ' esule Re ad Oporto e, nel settembre dello ste sso anno , vi ritornò con le regie navi« Goito » e« Monzambano », per rilevarne le spoglie che ricondusse a Torino. Dimes·sosi volontariamente dal comando generale della marina, ebbe grado e dignità di ammiraglio nel gennaio 185 1. Assunta ancora. la )uogotenenza del Re durante ]a campagna del 1 8 59, la tenne anche in Toscana dopo l ' annessione nel 1860 e successivamente a Napoli per le provincie meridionali, spiegando in ogni con t ingenza provvida energia, tatto politico, grande rettitudine e non comune avvedutezza , sia per la buona riuscita delle operazioni di guerra, alle quali partecipò durante l'assedio di Gaeta , sia per la repressione del brigantaggio infuriante nelle provincie con saccheggi, atti di crudeltà e stragi , sì che la s ua opera venne p remiata con la medaglia d ' oro a l valor militare: « Per essersi distinto quale luogotenente generale di Sua Maesta nelle provincie meridionali. Gaeta, 18 61 »

L'opera sua si dimostrò, inoltre, assai spesso preziosa nel corso di questi anni , durante i quali se ppe va l ersi del proprio ascendente 24

e delle sue qualità di gentiluomo per rendere segnalati servigi al governo. Nel 1862 fu presidente della prima commissio ne di difesa generale dello Stato e, dopo la convenzione di settembre del 1864 , presiede tte il consig lio incaricalo di scegliere la nuova capitale, tenacemente opponendosi a quelli che la volevano a Napoli.

Ancora chiamato a reggere la luogotenenz a del Regno durante la campagna del 1866, ritornò poi a Torino, dove visse gli ultimi anni in serena quiete tra i suoi. cari.

VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA

RE D ~ITALIA

VITTORIO EMANUELE, D UCA DI SAVOIA, figlio di Carlo

Alberto e di Maria Teresa di 'Foscana, arciduchessa d'Austria , nato a Torino il 14 marzo 1820, morto a Roma il 9 gennaio 187 8 . Un severo metodo didattico resse fin dai p rimi anni l'educazione del futuro Re d'Italia, i cui studi si accompagnarono ad una accurata preparazione militare sotto la guida di alcuni t ra i più valenti ufficiali dell'esercito sardo, quali il Dabormida, il Dho , il Lamarmora. Le lezioni di tattica e di strategia si integravano con applicazioni pratiche, esercizi di comando e frequenti visite all'arsenale, fin da quando , luogotenente nel reggimento (( Piemonte Reale Cavalleria)), era stato promosso , 1'8 maggio 183L, capitano d'ordinanza nella brigata << Savoia ».

In questa percorse tutti i gradi: divenuto maggiore il 19 marzo 1834, tenente colonnello il 24 dicembre 1836, colonnello comandante il 1° reggimento il 14 aprile 1839, con la promoz ione a maggiore ge nerale (15 marzo 1 842) assumeva il comando della gloriosa brigata. E i gradi e i comandi non erano per il Principe vaJoroso nè una sinecura, nè un pretesto per indossar belle uniformi, se, ai primi del 1841 , scriveva al padre Isnardi di far pregare per ottenergli « quella tanto desiderata guerra>).

Perchè Vittorio Emanuele sentì vivo e profondo l ' ammonimento che proveniva dalle tradizioni eroiche della sua Casa. Quando, nelle ore gravi della seconda Custoza, gli ·sarà annunciato che il Principe Amedeo era rimasto ferito, il di sce ndente di Emanuele .Filiberto e di Carlo Emanuele rivelerà l a sua temp ra in una frase che i suoi antenati non avre9bero sdegnato: «Morti o feriti non importa, purohè i miei figli non siano prigionieri ». Quei figli, ai

quali aveva additato giorni prima il compito e il dovere, quando aveva fieramente affermato al Cialdini, giustamente preoccupato dei pericoli che potevano correre: « Se noi altri principi di Casa Sa'";oia ce ne fossj.rno rimasti a casa quando i so lda ti si battevano, ci iroveremmo dove s ono i Borboni di Napoli. Comprendo l'jnteressamento per la vita dei principi, ma i mi ei figli sono sol dati e devono baUersi 1>.

Luogotenente generale d ' armata il 28 settemb re 1848, all'inizio deJJa prima campagna dell'indipendenza as sunse, il 18 aprile 184-8, il comando della 5" divisione di 1iserva (brigate «Guardie>> e 1, Cuneo ») . E alla testa della,< Cuneo 11, ii 6 maggio, caricò il n emico con la spada in pugno, contribuendo a contenere l 'impeto degli austriaci incl:1lzanti , catturando prigionieri, proteggendo la ritii'ata delle altre divisioni. La medaglia d'argento premiò allora il s uo valore. Ma rifulsero in pieno le sue doti di comandante e di solda to nella seconda battaglia di Goito (30 maggio 1 848), dove, come scrisse il Re suo padre, apparve <t intrepido fra le spade nemiche come un cavaliere del medio evo n. E il Bava, buon giudice, esalta l 'azi one. del giovane princip e, che, ferito ad un.a coscia, riesce ad anestare la ritirata della u Cuneo » e a trascinare con i so l dati. La volutamente laconica motivazi-0ne della medaglia d'oro: « Per essersi distinto alla battaglia di Goito >> non dice gli episodi di audacia e le gesta eroiche compiute da Vittorio Emanuele, che nella sua relazione sul fatto d'arme esalterà il valore dei soldati , ma passerà sotto silenzio il ricordo della sua ferita. Dallo stesso nemi co, dall'aTciduca Ernesto, venne il più cavalleres co riconoscimento del suo valore, del suo intuito, delle sue doti cli comandante E nella triste giornata di Custoza lo si vide ancora prodigarsi talment.e che alla fine della battaglia, spezzato dalla fatica, si stese tra i solchi di un campo, bagna t i dalla pioggia recente, e si addormentò come su di un letto. Nè fu inferiore alla sua fama nella breve e dolorosa campagna dell'anno successivo, ch'egli aveva deprecata, convinto com'era della scarsa p reparazione dell'esercito e del paese. Tale era l ' ascenden te che esercitava su q u anti lo conoscevano, tale la fiducia nella sua intelligenza quadrata e nel suo eroismo autentico,

che si era persino diffusa J.a v oce c he egli poi.esse essere il comandante in capo dell'esercito. Non fu così, e Mortara ne conobbe sol o gli ormai inutili ardimenti. Quanto fu da lui compiuto, quando , cinta la corona sul campo insanguinato di Novara, si fece anìnia.tore e guida <lella risco ssa ita.!iana, appartiene alla storia e non è qui il caso di ripetere.

L'unità della Patria trovò in Lui il suo assertore e il suo campione: per Lui gl'italiani, dopo secoli cli oppressione straniera, riebbero libertà e indipendenza.

La guerra di Crimea non lo vide soldato (e il ra.mm.arico di questa forzata assenza pe rvade la fiera allocuzione alle truppe partenti) , ma H suo incitamento animò i soldati , ai quali aveva ben potuto affermare: «Io vi condussi altra volta sul campo dell 'o no re, e, lo rammento con orgoglio, divi si con voi pericoli e travagli ».

E quelle bandiere, che avevano ricordato ai combattenti di Crimea « la. Pa tria lontana ed otto secoli di nobili tradizioni ll, tornarono ,e coronate di nuova gl o r ia 1, e poco dopo brillarono al sole delle nuove vittorie s ui campi di Lombardia. cc Credo ne cessario c he il Re sia alla testa dell'esercito », a,veva scrittò Garibaldi sul finire del 1858; e il Re fu a rapo delle sue divisioni nella grande impresa . L'antico spirito eroico dei Savoia rifulse in Lui. A Palestro, al colo nnelJo degli zuavi che lo prega di ritirarsi, risponde dapprima: e< qui c' è gloria per tutti » e, all'accenno di un pericolo per'sonale, replica con una frase degna d'epopea: cc N el momento del pericolo il mio posto è in mezzo ai miei: e voi oggi s iete miei 11; a San Martino la sua parola scuote ed avvampa gli animi. E , più c he un racconto particolaTegg iato di gesta, giova il giudizio di uno t ra i migliori uomini di guerra fran cesi d'allora, il maresciallo

Caurobert: « Ha del guerriero i nd omito : a prima vista non s'intuisce se voglia far udire la sua voce o lanciarsi all'as·salto d'una fortezza. Indubbiamente è uomo dotato di coraggio eroico. amante del pericolo. Lo rammento ancora a Palestro, quando galoppava in mezzo agli zuavi: ansante, il suo largo petto si gonfia e si allarga; pare voglia offrire ai proiettili nemici più ampio bersaglio ».

Così dovevano apparirn , nel vivo della battaglia, il Conte Verde, Emanuele Filiberto, Carlo Emanuele I. e solo cos ì si spiega il fascino immenso che , al pari dei suoi maggiori, Egli esercitò sui suoi soldati e sul popolo italiano. Eroico e cavalleresco, capace di tutti gli ardimenti e esperto di tutte le avvedutezz·e, condottiero di eserciti e di popoli , fu degno del compito magnanimo affidatogli dalla Provvidenza. E s ul monumento consacrato ,, Civium libertati - Patriae unitati » è giusto che cam peggi , grande s ul cielo dell'Urbe, la maschia figura di Colui che gl'italiani hanno salutato u Padre della Patria >>

FERDINANDO MARIA DI SAVOIA

DUCA DI GENOVA

FERDINA IDO MARIA DI SAVOIA, DUCA DI GENOVA, figlio di Carlo Alberto e di Maria Teresa di Toscana, arciduchessa d'Austria, nato a Firenze il 15 novembre 1822. morto a Torino il 10 febbraio 1855. Nominato cadetto del corpo reale del genio nel 183 1, a nove anni è luogotenente d'ordinanza della brigata << Casale n e a dodici capjtano nel l° reggimento (ora 11 °) della stessa brigata. Divenuto maggiore il 31 dicembre 1836, due anni dopo, per la sua spiccata attitudine allo studio delle scienze matematiche applicate alle artiglierie e alle fortificazioni, è trasferito nel corpo reale d'artiglieria ed ivi promosso, nel 1841 , luogotenente colonnello e, il 15 marzo 1842, colonnello. Suoi maestri furono i più dotti ufficiali piemontesi del tempo , Ago'stino Chiodo e il Dabormida. Ricco di una seria cultura, della quale fanno fede numerosi e notevoli scritti e, divenuto maggior generale il 14 maggio 1846, è nominato , dopo qualche mese , direttore del materiale d'artiglieria e, con la più severa discii;>lina ed alto senso di responsabilità, si adopera allo studio ed alla preparazione dei mezzi di offesa e di difesa dell'esercito. Il 4 marzo 1848, alla vigilia dei grandi avvenimenti militari del Piemonte che prepareranno, pur tra drammatiche prove, la indipenden za e l 'unità della Patria, gli fu affidato il comando del peTSonale d'artiglieria.

La sera del 26 marzo 1848, re Carlc, Alberto, giunto al campo di Alessandria per assumere il comando s upremo delle truppe, affida al suo secondogenito il co mando dell'artiglieria, e, dopo l o scontro di Santa Lucia, in cui il Duca si segnalò per freddo coraggio, l'incarico di dirigere l'assedio della fortezza di Peschiera

Qui apparve animatore instancabile delle operazioni d'assedio e :iella stretta collaborazione fra artiglieria, zappatori del genio, trnppe del battaglione« Real Navi )) e delle brigate cc Piemonte » (3° e 4° fant.) e « Pinerolo >> (13 ° e 14° fant.) , che gareggiarono in zelo e coraggio. Peschiera cadde sotto la poder osa azione, e, dopo la sua capitolazione, avvenuta il 30 maggio, il Duca fu decorato della medaglia d'argento al valor militare cc per il brillante felice esito delle operazioni e per l'operosità e l'intelligenza dimostrata nella resa della fortezza )) e, con successivo decreto del 3 giugno, promosso sul campo luogotenente generale e comandante della 4.. divisione dell'esercito, della quale r imarrà a capo anche quando , il 31 ottobre 184.8, sarà nominato comandante generale dell'artiglieria.

Ass unto il nuovo compito con fede pari all'audacia, alla testa delle colonne in marcia, sempre primo nel combattimento, fu continuo esempio di aTdire e cli valore alle sue truppe dal 5 giugno alla fine della campagna, sfidando serenamente il pericolo e affrontando con gioioso animo fatiche e disagi. La medaglia d'or o a] va lore lo premiò « per essersi sommamente di-stinto nei fatLi d 'arme alle gole di Staffalo e circostanti colli sulle alture di Sommacampagna, Berettara, Custoza e Valeggio il 24 e 25 luglio, ed f.tlle porte di Milano il 4 agosto 1848 >>.

Solclato nel senso eroico della parola e uomo d'azione , con magnanime parole ricusò la coTona di Sicilia, che gli era stata offoTta 1 ' 11 luglio 1848 da quel parlamento generale: f( Io non ambisc o nessuna corona ; amo l'Italia e sono contento di servirla n . E a chiarire ìl prnprio animo scriveva al Ministro della gueri·a Dabormida di non voler lasciare il paese mentre Titeneva imminente la guerra. Con lo stesso spirito terminava la relazione su quanto aveva operato la sua divisione duranLe l'armistizio: cc ~e vedrò le bandjere de' miei reggimenti meritare la ricompensa de' prodi, lascerò ,:;en za rincrescimenti la vita sui campi di Lombardia )). Infat t i, appena denunziato l'aTmistizio , nella seconda campagna per l 'indipendenza, vuol essere H pri mo a porre piede sulla terra lombar da. Sempre al comando della sua 4 a divisione, il 23 marzo 184-9, alla-Bicocca, si segnala per cavalleresco coraggio. Dopo aver avato due cavalli uccisi sotto di sè, carica, a piedi, alla testa del

14° reggimento della brigata u P inerolo » , in a s salti di meravigliosa ern•rgia, il nemico irrompente , di forze superiori. Per tale magnifico esempio di ardimento, con decreto del 13 luglio successivo, viene promosso generale d ' armata per merito dj guerra. Conclusa la sfortunata vicenda con l'abdicazione del Re, assume l a presidenza della commissione per la riorganizzazione deJJa reale armata di terra e si dedica agli studi. Le sue memorie, gl i sc ri tti militari, le relazioni ufficiali delle sue campagne di guerr a ne rivelano la seria preparazione a trattare i problemi militari, i.1 sicuro giudizjo sugli avveni m enti politici.

Nell'incendi o seguito allo se.oppio della polveriera di Borgo Dora a Torino, il 26 aprile 1852, fu fra i primi ad accorrere , esponendo se nza riguardo la vita per socconern i feriti. Il municipio di Torino Jo 2leg nalò per la medaglia d'oro al valor ci vile, ma il ,Duca, in cui la modestia eguagliava l'eroismo, con auatera semplicità insistette perchè si pensasse ad altri e non a lui:« Mi pare che, non avencfo faU.o più di tanti nostri ufficiali e gene1:ali , me:po anzi di loro, ecl essendomi solo trovato là ov'era mio d overe di ess ere, la ricomp ensa che vorrebbero ottenermi dal governo del Re non mi. spet ti ». Quando si spense, giovane ancora, nel ducale palazzo del Chiabtese, fu unanime il cordoglio, tanto era l ' affetto che avevt $UScitato e così aUe le speranze che aveva fatto concepire . '

UMBERTO DI SAVOIA

RE D ' ITALIA

UMBERTO

DI SAVOIA, figlio di Vittori o Eman uele II e di Maria Adelaide di Lore na , arciduchessa d'Austria , nato a Torino il 14 marzo 1844, morto a Monza il 29 luglio 1900. Nato quando le« Speranze d'Italia n del B albo confermavano la fede accesa dal « Primato 1> giobertiano, gli studi e gli esercizi fisici ne rinvigorirono la mente e il corpo. il[jlite onorario n ella I Legione della Guardia Nazionale di Torino fin dal 1849 e, nove anni dopo , colo nnello in primo della stessa, il 14 marzo 1858 fu dal padre nominato -capitano nel 3° reggimento fanteria (( Piemonte >> per « affezionarlo fin d'ora - come dice il regio d e creto - al valoroso nostro esercito, col quale dovrà dividere i pericoli e la gloria. q u alora la difes a e l'onore della Patria lo richiedano>>. E nel fiero reggimento sabaudo percorse i gradi fino alla promozi one a co lon nello, avvenuta nel 186 1, passando poi a comandare i « Lancieri di Aosta » (1862). Non gli fu concesso, come aveva desiderato e chiesto, di prender parte alla seconda guerra per l'indi pendenza, ma a lui si era pensato nel 1860 in caso di nu attacco austriaco sul Po. « Se H Princip e Umberto si batte, si batteranno perfino le donne », scriveva il Cavour al Farini, tanta era la stima, la fiducia e la simp atia c h e il giovanissimo prjncipe aveva saputo suscitare. Il 18 settemb re 1862 , promosso maggiore genera.Le , era nominato comandante della I brigata dj cavalleria di linea e, nell'ottobre 1863, dei « G r anatieri di Lombardi a> > Campi e manovre , studi e discussioni n e affinarono le naturali attitudini al comando e gli procu rarono elogi di capi ed entusiasmo di soldati. Promosso luogotenente generale il 25 luglio 1864, assunse successivamente il comando della divisione militare

di Milano, di quella di Napoli e, nel 1865 , della r divisione dj manovra al campo di Somma, efficace preparazione alla guerra imminente. Solida e sicura ormai la sua preparazione militare, confermata dalla esperienza compiuta al comando del dipartim~nto militare di Napoli (17 gennaio 1866), e, come in tutti i principi della grande Ca3a, vi"-o e ardente il deside r io dell'azione , l'ansia el'oica. del cime n to . Alla vigilia della terza guerra .per l'indipendenza, il 10 giugno, gli fu affidato il romando della lW divisione dell'esercito (I II corpo d ' armata) e, alla testa di questa, il 23 giugno passò i l Mincio sul ponte di Goito, fulgido di indimenti.cate glorie sabaude, sotLo gli occhi çlel Re . Schieratos i tra Roverbella e la Rott a , marciò all'indomani all'occupazione della linea Sommacampagna - Villafranca.

Fa t.to segno al fuoco dell"artiglieria nemica, dette subi to prova di singolare sprezzo del pericolo. Riviveva in lui l ' animo di Vittorio Amedeo II, serenamente impavido sott,o H grandinare della mitraglia. E , quando l'improvviso irrompere del 13° reggimento ulani contro la brigata ,<Parma i; apparve minaccia grave, con fredda calma e s i c uro dominio di sè, il prin cip e Umberto ordinò i quadrati, e, s altato il fosso al la to della strada, si piantò in mezzo a quello del battaglione di prima schiera (4° del 49° fanteria), contro il quale si sarebbe avventato subito l'impeto della carica nemica. rnvano, a stormi, a fro t te, gli ulani del Rodako wski tentarono di spezzare quella ferrea schiera. di petti. Incitati dalla voce e dal gest o del principe, arditamente ritto sulla sella, gl'intrepidi fanti della rjsorta Italia respinsero le ripetute cariche del nemico , che lasciò sul terreno più di due terzi del suo effettivo e fu costretto a ritirarsi su Ganfardine. Il primo e significativo riconoscimento dell'eroismo del principe venne subHo da un soldato che sapeva npprezzare gl i atti di valore . Nino Bixio, l 'audacissimo compagno di Garibaldi, il « secondo dei Mille », corse alla ricerca di lui f.\ su l campo, di fronte ai fanti a ncor frementi d'entusiasmo per quanto aveva compiuto l'erede del Re d'Italia, esclamò: « Altezza, permetta che io L e stringa la destra con sentimento di patria g r atitud ine l »

La sorte non gli consentì in quella jnfausta giornata di compiere quanto aveva sognato e per cui. si era con tanta fede preparato, ma non mancò il premio della sua audaci a: la massima ricompensa dei valorosi gli fu conferita (l pe~ brillantissimo coraggio dimostrato nel condurre la sua divisione al fuoco e per le savie disposizioni date pel suo piazzamento nel fatto d'armi di Villafranca il 24 giugno 1866 » .

Dopo Custoza marciò fino a Vicenza, dove lo raggiunse l'ordine di scioglimento della divisione, dalla quale si separò con un commosso ordine del giorno, in cu i riaffermava ancora una v-0lta il desiderio di es·sere degno della fiducia del R e e dei destini d'Italia. Tornato a comandare la divisione di Milano, ebb e particolarj incarichi militari, fu inv i at-0 a ispezionare i forti della frontie-ra orientale , partecipò alle consuete manovre del campo di Somma. Compiuta l'uni t à della Patrfa con la presa di Roma, fu nominato comandante del corpo d ' esercito con sede nella nuova capitale (5 gennaio 1871), indi comandante generale (1873) e successivamente del 7° corpo d ' armata (1877). E a Roma a·ssunse la corona r egia, quando si spense la grande anima del fondatore dell'unità della Patria. N el suo primo proclama all'esercito risuonano la fede e la pa~sione dj chi aveva guidato al fuo co i soldati d ' Italia: < , Già compagno de' vostri pericoli, testimonio del v ostro valore, so di potere contare su voi ; forti delle vostre virtù , ricorderete. che dove è la nostra bandiera , ivi è il mio cuore di Re e di soldato n Promessa cui tenne piena fede , fino alla tragica fine, Colui che gl'italiani venerarono come il Re buono.

AMEDEO FERDINANDO MARIA DI SAVOIA

DUCA

D ' AOSTA

AMEDEO FERDINANDO MARIA DI SAVOIA, DUCA

D'AOSTA, figlio di Vittorio Emanuele II e di Maria Adelaide di Lorena, arciduchessa d'Austria, nato a Torino il 30 maggio 1845 ed ivi morto il 18 gennaio 1890.

Nominato a quattordici anni capitano nel 5° reggim ento fanteria, ne l 1860 era promoss o maggiore, ma già la I Legione della Guardia Nazional e milanese lo aveva acclamato suo colonnello titolare, 1'8 gennaio dello stes·so anno.

Gl1 avvenimenti glo r iosi di quei tempi eroici venivano seguiti con grande ansietà e con desiderio vivo d 'azione dal giovanissi mo principe, che, tenente colonnello dal 18 61 e colonnello nel 1863, assunse il comando del 1° reggimento fanteria (luglio 1864), dal quale passò success1vamente al 65°, e, il 29 luglio 1865, a quello de l reggimento « Lancieri di Novara». La sua educazione militare fu mol to curata per volontà paterna e per tradizionale, irrefrenabile aspirazione. Nel 1865 partecipò alle es ercitazioni campali del Canavese, nelle quali, sotto la guida di capi insigni, potè far r i fulgere il suo elevato spirito guerresco. Ma, l'anno dopo , l e manovre e le finte battaglie cedettern il posto alla guerra vera. Promosso, il 3 maggio 1 866, maggior generale comandante la brigata « Granatieri di Lombardia i>, nell'imminenza delle ostilità, fu as·segnato alla 3• divisione del 1° corpo d'armata. La mattina del 23 giugno la brigata si porta ai Molini di Volta, occupa l 'altipiano di Pozzolo, senza i ncontrare resistenza, è , succes·sivamente, p er Valeggio , Custoza e Sommacampagna muove verso Son a. I m pegnato all ' indomani il combattimento, prima ancora che fosse attu ato lo sc h ieramento, la brigata, destinata dapprima alla

riserva, viene lanciata aU'assalLo pe r la strada che sale l a collina tra Cu stoza e fonte Torre. Un r eggimento si spiega su due linee al .Palazzo B affi e l'altro attacca i casol ari del Gorgo, sui quali si è già s pi nto il nemi co. Il principe Amedeo, ch e cc con ardil'o mirabile », come scri sse nel su o rappo rto il Lamarmo ra, conduceva la brigata all'attacco, rimase ferito al p etto nello scontro alla cascina Cavalchina. Alle i n s i stenze dei s u oi perch è si ritiri a farsi medicare o ppon e ostinati rifi.ufa , fin ch è il suo aiutante di campo n on riesce quasi di peso a strapp a rlo di sella. Adagiato s u un carro d 'ambulanza, il suo pTimo pensiero è per i soldati e., con fraterna solida rietà nella s offerenza, o r dina che s i fermi il carro , e non vuo le che si rimetta in moto , fin chè non siano fatti salire accan to a lui altri feriti. Il supeTbo conteg no tenuto al fuoco gli valse la suprema decorazion e militare: « Pel brillante valore dimostTato muovendo ard itamente a ll a testa della sua brigata a ll'attacco dei ca cina li occu p aU dal nemico a Monte Croce, dove fra i primi r imase ferito da palla di fu cile »

Con clusa la campagna di guerra e guar i to della feri ta, passò a comandare una brigata d i cavalle ria e q uindi assunse il comando d.i quest'arma ·nel dipartiruenlo di Vero na. Ne l settem br e 18 67 , fu promos o luogotenente generale, ma rinunziò al grado l'anno successivo per entrare a far parte, come vice ammir aglio , dello stato maggiore della R. Marina e, nel 1869, fu nominato c omandan te in ca po della squadra del Mediterraneo, con la quale comp ì alcune importanti crociere su ll e co ste dell 'Egitto, della 1na e dell 'Asia Mino re.

Dop o l a breve parentesi del uo regno di Spagna in c ui ebbe occasione di dimostrare pi ù volte di fronte agli attenf.atori il sereno s prezzo del pericolo che è p roprio dei Savoia, - co m e q uando, nell a notte dal 18 al 19 lug1i cf 18 72, ritto in piedi s ull a carrozza, grid a va: u Ci siamo ! Ecco qui il Re ; lirate su di lui e non sugli altri! » - il principe Amedeo tor n ò a lle predilette occupazioni militari. Nominato ispettore generale dell'esercitotrann e il periodo dal 7 genn aio 18 78 al 2 no vem bre 1 79 , in cui

tenne il comando del VII cor po d 'armata - divenne nell'ottobre 1887 ispettore generale dell'arma di cavalleria. La morte lo colse dopo un'ultima ispezione a Caserta ai reparti dell'arma da lui con vigile cura preparata a nuovi più ardui cimenti.

EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA-AOSTA

DUCA D'AOSTA

EMANUELE

FILIBERTO DI SAVOIA-A O STA, DUCA

D ' AOSTAJ figlio di Amede o FeTdinando di Savoia, duca d'Aosta e di Maria Vittoria, principessa dal Pozzo della Cisterna, nato a Genova il 13 gennaio 1869 , morto a Torino il 4 luglio 1931. Entrato all'Accademia militare di Torino nel 1 884, ll giovanissimo duca delle Puglia, che assumerà il titolo d'Aosta alla mor te del padre, n el 1890 , fu nominato sottotenente di artiglieria il 3 luglio 1887 ; e in artiglieria percorse la maggior parte della sua carriera mili tare, ed all'artiglie ria dedicò ogni sua cuTa e tutta la sua passione. Tenente nel settembre 1888, fu destinato al 5° reggimento da campagna in Venaria Reale, pas·sando poco dopo a ovara al 17°, formato di Tecente. Allievo della scuola di guerra, fu promosso capitano il 9 gennaio 1890, maggiore nel giugno 1891 con destinazione al 19° da campagna a Firenze, dove divenne tenente colonnello il 3 ottobre 1893. Circa un anno dopo, con la promozione a colonnello, assunse il comando del 5° da campagna, tornando a V enaria Reale.

La sua azione di comandante di reggimento fece rifulgere l'alto spirito militare e le qualità di capo e di educatOTe del giovane Duca, il quale aspirava in quel tempo a partecipare alla prima guerra d'Africa. Ma il suo desiderio , espres·so più volte al Re ed al Ministro della guerra, non potè essere esaudito, ed Egli dovette rinunciare alla speranza di c ollaudare al fuoco le proprie doti e la preparazione dei reparti, ai quali si era dedicato con mir.abile tenacia ed abnegazione. Promosso maggior generale il 9 dicembre 1897, assunse il comando d'arLiglieria di Torino. Artigliere entusiasta e convinto della grande importanza dei fattoTi morali sull'an i mo dei soldati, chiese

ed ottenne che la vecchia e glorio·sa bandiera d'artiglieria, testimonianza e simbolo della gloria e del valore dell'arma., fosse restituita a questa, dopo qua 3i mezzo secolo dal s uo ritiro, e affidat a,, all 'orgoglios a custodia di uno dei reggimenti di Roma (1900) . Col grado di tenente generale, il 30 marzo 1902, fu posto a capo della divisione militare di Torino. Nel saluto ai s uoi fedeli ari:i.glieri risuonano già gli accenti di quella maschia eloquenza -oh e esalterà i fanti del Carso e del Piave . .« Confortami soprattutto il pensiero che, andando là, ove mi ch iama il volere del mio Re , io rinsaldo ancora una volta i legami che mi stringono all'esercito, verso il quale, aiutandomi Iddio, io compirò sino alla fine il mio dovere di Principe e di soldato )) . E all' austera consegna tenne fede. Promosso comandante del X corpo d'armata a Napoli (5 aprile 1905) , mir~ a far di questo un perfet to strumento di guerra; e le sue altissime doti di stud ioso e <li animatore rivelò ancor più chiaramente quando, il 31 agosto 191 O , fu designato comandante d'armata. L'ora della p rova venne per Lui con lo scoppio della guerra contro l'Austria-Ungheria. Il 26 maggio 1915 fu nominato comandante della 3& armata , quella che, nel cuore dei combattenti e nelle tradizioni eroiche dell 'esercito, sarà per sempre sal utata l'(( Invitta ». L'Isonzo e il Carso costituir ono H primo campo di gloria e di sacrificio dei soldati del Duca. N e·ssu no dei settori di lot ta si ' rivelò così /aspro, così du r o, così sanguinoso come l'altipiano che guarda le vie d'accesso a Trieste. Undici battaglie vittoriose , undici epiche lotte, in c ui i limiti della resis t enza umana e dell'eroismo furono costantemente superati, provarono di qua1 tempra fossero il Capo e i soldati. Una stessa fede pervadeva l'armata, fiera del suo Duca. « Di là dalle trincee nemiche è aperta la via ai destini d'Italia: di là sta la gloria delle vittorie risolutive, il trionfo della giustizia; di qua stanno le attese snervanti, il prolungarsi della guerra, le beffe del nemico, le insidie di una morte oscura. Io debbo c01;1durvi di là a qualunque costo ». E , al suono di quella voce, fanti e artiglieri partivano all'assalto delle trincee munite, spezzavano coi pe tti le difese , sconvolgevano j sapienti ordinamenti nemici e piantavano più oltre e più in alto

fa bandiera d'Italia. Vigile , affettuoso, sorridente passava il Duca tra i suoi e la sua parola era premio ai valorosi, la sua carezza illuminava di gratitudine l 'oc chio del ferito. Perchè tutti sapevano, tutti sentivano come il cuore del principe sabaudo v ibrass e di fraterna solidarietà per tutti, come il tormento e la gioia di tutti fossero il suo tormento e la sua gioia. « Il mio cuore di soldato, infiammato di gratitudine, batte col vostro; ed io m'inchino, riverente, ma fiero, ai gloriosi caduti», scriveva dopo la presa di Gorizia. E, mentre infuriava la battaglia del novembre 1916, l'austero saluto ai morti del cimitero di Aquileia era saluto fraterno: e< Davanti alla morte che ci uguaglia e che ci uni sce, io Vi saluto come fratello, affinchè da quanti Vi amarono in vita e da quanti mi ascoltano si sappia quale sia il mio cuore per tutti». V ~nnero i giorni dolorosi del ripiegamento al Piave, ma anche allora la sua fede di capo, di principe, di soldato non tentennò: « Abbiam visto in poche ore - senza nostra colpa e pur battendo localmente il baldanzoso nemico - crollare l'edificio glorioso che valore di gregari e sapienza di comandanti avevano saputo elevare ; abbiam dovuto obbedire all'OTdine di ripiegare, abbandonando, con indicibile strazio, luoghi ormai cari per tante memorie di gloria, e che il sangue di migliaia di prodi aveva reso sacri al nostro ed al cuore delle madri italiane; ed ora ci troviamo qui , dolenti ma pieni di fede nei destini della Patria, sul cui altare siamo pronti a sacrificare ogni nostro bene 11.

E sul Piave rifulse di nuova luce la sua opera di condottiero. L'animo degli uomini e gli apprestamenti delJa tecnica furono oggetto costante delle sue cure, e l'epica tradizione recente dell'armata diventò, ad opera di Lui, lo spirito animatore della re~istenza, prima, de1la vittoria travolgente, poi. La battaglia del solstizio e quella di Vittorio Veneto cop.sacrarono per sempre le sue virtù di soldato e di reggitore d'uomini : Trieste, che nella lunga vigilia a v eva serbata intatta la fede, accoglieva con travolgente entu siasmo il principe sabaudo. L'ep-ica gesta era comp i uta. Il Duca tornava austeramente nell'ombra, alla quiete opArosa della sua casa. Ma l'animo rivolava ogni giorno ai suoi compagni di gloria, vivi e presenti nel cuore, alla sacra avan-

guardia che, sulla collina di Redipuglia, testimonia la grandezza del sacrificio e l'epico valore dei soldati d'Italia. Nella mirabile , I pagina di fede che è il suo testamen t o spiTituale, l 'estremo saluto è rivol t o agli u amici , collaboratori e cari compagni d ' arme del Carso e del Piave i> e il desiderio espresso più appassiona t amente è quello di poter dormire l ' ultimo sonno nel Cimitero ove si allineano, ordinanza d ' eroi, i caduti della Terza armata. u Sarò, con essj, vigile e sicura scolta alle frontiere d'Italia, al cospett o di quel Cars o che vide epiche gesta ed innumeri sacrifici, vicino a quel mare che accolse le salme dei marinai d ' Italia,,_ Decorato della Gran Croce dell'Ordine Militare di Savoia per le operazioni sull'Isonzo e di medaglia d ' argento per la battaglia de] Piave, nominato generale d'esercito per merito di guerra H 5 aprile 1919, ispettore dell'arma di fanteria (luglio 1919) e Maresciallo d'Italia il 17 giugno 1926, alla :Sua memoria era concessa la medaglia d ' oro al valor militare: u E s pressione guerriera della millenaria stirpe sabauda, guidò con sicura fede ed incoercibile tenaieia la « Invitt a Armata » in undici battaglie sull'Isonzo, in quelle gloriose · sul fiume sacro e nel travolgente inseguimento c he portò il tricolore là ove il ·suo Re aveva fis sato. Sublime esempio di costante valore fra i suoi valorosi soldati. 24 maggio 1915-4 novembre 1918 ,,_

AMEDEO UMBERTO DI SAVOIA-AOSTA

DUCA D'AOSTA

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AMEDEO UMBERTO DI SAVOIA-AOSTA, DUCA D'AOSTA, figlio di Emanuele Filiberto di Savoia, duca d'Aosta, e di Elena di Francia, p rinci pes·sa d'Orléans , nato a To ri no il 21 ottobro 18!l8, morto a Nairobi (Chenia) il 3 marzo 1942. Primogeni t o del comandan te dell' « Invit ta)), col titolo di ducr. de Lle Puglie, tra il 1913 e il 1915, fu allievo della (( N unziatella " napoletana, dalle cui aule Reve re erano uscite gloriose schie re di intrepidi ufficiali. Appena d i ciassettenne si arruolò volontario nel reggimento artiglieria a cavallo (2 giugno 1915) , seguendo le triidizioni magnifiche del Padre, che all'artiglieria aveva consacrato tutto il fervore della propria appassionata opera. Nominato a s pirante e poi sottoLenen te di complemento, e assegnato al 34.'· da campagna, nell'ottobre 1915 si guadagnò s ul Carso una medaglia di bronzo al valore Promosso per merito di guerra ten ente in servizio permanente effettivo nel luglio 1916, anche pe. r merito di guerra dtvenne capitano, il 30 marzo 1917, e pochi mesi dopo, nel giu gno , una medaglia d'argento premiò il valorE' da lui dimostrato s ul Debeli qual e comandan te di una batteria sotto il micidiale con centrame n to dei grossi calibri nemici. La prima fase della sua vita militare si con ch i udeva nell'atmosfera eroi ca della vitt oria. Gli studi e i viaggi ne affinavano le conoscenze e lo spirito, ma non lo distraevano dalla s ua vera vocazione , quella delle armi. Assegnato a l 22° da campagna a Palermo, era promosso maggiore nel giugno 1923 e tenente colonnello due anni dopo. Buon con os citore dell' Africa e dei. suo i p r oblemi, si faceva trasferire , nell'ottobre 1925, nel R. Corpo delle truppe co!oniali ed assumeva il comando dei meharisti della Tripoli t ania ,

reparto da lui organizzato e guidato con la sicura competenza dell'esperto delle necessità coloniali e con l ' ardore d i un temperamento giovane e ardente. Dal 1925 al 1927, nelle solitudini della Sirtica, si affina, si perfeziona, si fa modello ed esempio luminoso di coraggio, di ardimento, di abnegazione. E l'esperienza vissuta del campo di battaglia completa con i severi studi della scnola di guerra, con quelli dell 'i stituto di guerra marittima, con il conseguimento del brevetto di pilota.

I ri'sultati di una così ricca e profonda preparazione non s i fanno attendere. Nel 1928, al comando cli un gruppo montato celere, partecipa alle operazioni per la conquista della Si:l'tica e a quelle del 29° parallelo: i combattimenti di Nu:filia, Uaddan , Zella, Bir Tagrif collaudano la sua intrepide~za e le sue virtù di comandante. La croce di cav aliere ufficiale dell'Ordine Militare di Savoia premia degnamente in lui il capo e il combattente.

ColonneUo dal marzo 1929 , partecipa alla riconquista del Fezzan ~ . nel 1931 , a quella deJ1 ' oas i di Cufra, meritandosi una medaglia d 'a rgento al valore aeronautico. Rientrato in patria e assegnato al 23" da campagna a Trieste, passa il 2 maggio 1932 nell'Arma aeronautica ed assume il comando del 21° stormo da ricognizione terrestre, che lascerà poi per il 4° stormo da caccia. Generale comandante la 3a brigata aerea nel febbl'aio 1934, fu promosso generale gi divisione aerea, con se de a Gorizia. Fu allora d~corato di altra medaglia d'argento al valor militare per il coraggio dimostrato nel salvare , in curante d'ogni pericolo, il pilota di uu apparecchio caduto in fiamme.

Era stato da poco prnmosso generale di squadra aerea, quando , il 16 dicembre 1937 , fu nominato Vicerè d'Etiopia. In questa nuova fase di attività, nel volgere di pochi anni e per suo pal'ticolare merito , il dominio italiano nell'Africa Orientale si venne validamente affermando attraverso la sua saggia ed umana amministTazione ed il prestigio della sua persona. Nè fu da meno la sua opera di comandante. Promosso generale designato d'armata aerea nel gennaio 1940 e generale d'armata aet'ea nel febbraio 1941, si è visto nel corso dell'attuale guerra

chr cosa abbiano potuto il suo incitamento e il suo esempio. Comandante superiore delle forze armate dell'Africa italiana, con la conquista di Cassala, delle fortificazioni avanzate del Chenia, della Somalia britannica, inferse duri colpi nel fianco del l' l mpero coloniale britannico. E quando, success ivamente., isolato dalla madrepatria, senza spe r anza d ' aiuti, senza pos·sibilità di rifornimenti, fu attaccat o in tutti i settori da imponenti masse d'arma ti e di mezzi meccanizzati, con saggezza di disposizioni e audacia di manovra oppose tenace resjstenza lungo l ' immenso fronte da Chisimaio a Cheren, da Dessiè a l Gimma, infliggendo dure perdite agli a s salitori soverchianti , ritardandone l'avanzata, impegnandoli oltre il previsto e obbligandoli a indebolire la propria capacità offensiva su più lontani teatri di operazione. Il nemico stess.o nel concedere l'onore delle armi al presidio di Amba A lagi, ha dovuto riconoscere la effic~cia animatrice del Duca, la combattività spinta fino al limite delle possibilità umane , l'eroica e tenace virtù guerriera dei Savoia. E nel sacrificio e nel tormento della prigionia, austeramente accettato e sopportato fino all'olocausto, la maschia figura s'illuminò di nuovissima luce. Spirituale. fratello di Carlo Alberto, anch'egli si è spento in terra straniera, consapevole vittima del dovere , il 3 marzo 1942.

La Maestà del Re Imperatore aveva già premiato con la medaglia d ' oro il nobilissimo combattente, esempio mirabile di consapevole audacia e di assoluta dedizione al comandamento della Patria.

« Comandante superiore delle Forze armate dell' Africa italiana. durante undici mesi d'asperrima lotta, isolato dalla madrepatria, ci rcondato da nemico so v erchiante -per mezzi e per forze, confermava la già esperimentata capacità di condottiero sagace ed erojco. Aviatore arditissimo, instancabile animatore delle proprie truppe 1 le guidava ovunque, per terra, sul mare e nel cielo in vittor iose offensive, in tenaci difese, impegnando rilevanti forze avversarie . Assediato nel ristretto ridotto dell'Amba Alagi, alla te~;r,a di una schiera di prodi resisteva oltre il limite delle umane po!3sibilità, in un titanico sforzo che s'imponeva all'ammirazio-

ne dello stesso nemico. Fedele conti nuatore delle tradizioni guerriere della stirpe sabauda e puro simbolo delle romane virtù d ell'Italia imperiale e fascista. Africa Orientale Italiana, 10 giugno 194:0-XV III -18 maggio 1941 -XIX ».

INDICE

Prefazione

Eugenio Emanuele di, SaYoia Principe di Carignano

Vittorio Emanuele di Savoia Re d'Italia

Ferdinando Maria di Savoia Du ca di Genova

Umberto di Savoia R e d' Italia

Amedeo Ferdinando Maria di Savoia Duca d ' Aosta

F.manuele Filiberto di Savoia - Aosta Du ca d'Aosta

Amedeo Umberto di Savoia - Aosta Du ca d ' Aosta

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