LE OPERAZIONI IN ATLANTICO DEI SOMMERGIBILI ITALIANI E
TEDESCHI CONTRO IL CONVOGLIO BRITANNICO “HG.75”
LA CAUSA DELL’AFFONDAMENTO DEL SOMMERGIBILE GUGLIELMO MARCONI
L’attività degli U-Boote del Gruppo “Breslau” a ponente dello Stretto di Gibilterra.
Alla metà di ottobre del 1941 Betasom, il Comando delle Forze Subacquee italiane in Atlantico (11° Gruppo Sommergibili), fece salpare dalla base di Bordeaux il Guglielmo Marconi e il Galileo Ferraris e, alla metà di ottobre, li inviò nella zona nord-orientale delle Azzorre, ove i sommergibili riscontrarono una totale assenza di traffico navale nemico. Successivamente, in collaborazione con gli U-Boote tedeschi che era iniziata nella zona a ponente dello Stretto di Gibilterra alla metà di agosto, i due sommergibili parteciparono alla ricerca del convoglio HG.75 uscito da Gibilterra e diretto a Liverpool, assieme ad altri due sommergibili, il Luigi Ferraris, che
inizialmente era diretto in Mediterraneo, e l’Agostino Barbarigo salpato da Bordeaux il giorno 22. Delle quattro unità subacquee, come vedremo, il Ferraris (tenente di vascello Filippo Flores) fu affondato il 25 ottobre dal cacciatorpediniere britannico
Lamerton (capitano di corvetta Hugh Crofton Simms), mentre del Marconi (capitano di corvetta Livio Piomarta) non si seppe più nulla e la sua fine è rimasta per settantacinque anni un mistero, recentememnte da noi scoperto.1
Vediamo come si svolse l’operazione contro l’HG.75. 2
Alle ore 12.40 e successivamente alle 15.00 del 2 ottobre due velivoli quadrimotori tedeschi FW.200 “Condor” del 1° Gruppo del 40° Stormo Bombardamento (I./KG.40), in volo di ricognizione a ovest delle Isole Britanniche, segnalarono il convoglio britannico OG.75 in uscita dal Canale del Nord, composto da venticinque navi mercantili e da nove unità di scorta: i cacciatorpediniere
Lamerton, Vidette, Duncan, lo sloop Rochester e le corvette del 37° Gruppo Scorta Bluebell, Campion, Carnation, Heliotrope e La Malouine.
Il Comando in Capo dei Sommergibili tedeschi (Befehlshaber der U-Boote –B.d.U.), con sede a Kernevel (Lorient), diresse contro il convoglio, partito dal Regno Unito e in rotta per Gibilterra, i sei U-Boote del gruppo “Breslau” (U-71, U-83, U204, U-206, U-563, U-564) che si trovava a sud-ovest dell’Irlanda.3 Ma, a causa della limitata visibilità dovuta al cattivo tempo e al mare persistentemente tempestoso, essi tra il 5 e il 7 ottobre non presero contatto con il convoglio che fu poi segnalato alle 17.50 del giorno 8 presso Capo Finisterre, la punta estrema nord-occidentale della Spagna, dall’U-83, che poi lo perse di vista
. L’U-71 avvistò il convoglio nella notte sul 9 ottobre, alle ore 01.00, ma poi anch’esso perse il contatto per le sfavorevoli condizioni del mare. Il convoglio fu nuovamente avvistato alle 13.05 del giorno 10 ottobre da un velivolo FW.200 del I./KG.40, ma nessun sommergibile del gruppo “Breslau” fu in grado di intercettarlo, e questo malgrado il lungo inseguimento che si prolungò fin nelle acque dello Stretto di Gibilterra.4
Durante queste operazioni di ricerca dell’OG.75, l’U-83 (tenente di vascello Hans-Werner Kraus) alle ore 11.30 del 10 ottobre, stando in immersione, avvistò una gru galleggiante di tipo moderno, stimata di 500 tonnellate, che doveva avere rotto il cavo di rimorchio da una nave che la trainava, a causa del mare tempestoso. Salito in superficie, il sommergibile affondò la gru con il cannone. Successivamente alle 14.00
1 La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Volume XII, I Sommergibili negli Oceani, (compilatore ammiraglio di Divisione Ubaldino Mori Ubaldini), Roma, 1966, p. 230.
2 Francesco Mattesini, Betasom. La Guerra negli Oceani (1940-1943), Ufficio Storico Marina Militare (da ora in poi USMM), 2a edizione 2003, p. 296-301. La 3a edizione é in preparazione.
3 I sommergibili U-83, U-204, U-563 e U-564 appartenevano alla 1a Flottiglia di base a Brest, l’U-206 alla 3a Flottiglia a Saint Nazaire, e l’71 alla 7a Flottiglia a Lorient. Il Gruppo “Breslau”, con i sei U-Boote, era stato costituito il 4 ottobre a sud dell’Irlanda.
4 Kriegstagebücher (KTB) & Stehender Kriegsbefehl Des Führers/Befehlshaber der Unterseeboote (F.d.U./B.d.U.); Ministry of Defence (Navy) German Naval History, The U-Boat War in the Atlantic 1939-1945, Her Majesty’s Stationery Office, Londra.
del 12 ottobre, dopo che il giorno precedente era stato attaccato senza danni da un aereo che sganciò bombe di profondità, l’U-83 fermò, a 80 miglia ad ovest di Lisbona, il piroscafo portoghese Corte Real, di 2.044 tsl. Avendo accertato che la nave trasportava un carico di merci di contrabbando in gran parte destinate al Canada e all’Australia, il comandante Kraus, dopo aver fatto allontanare, su tre imbarcazioni di salvataggio, le quarantadue persone, tra equipaggio e passeggeri (incluse donne e bambini) che si trovavano a bordo, affondò il Corte Real, prima sparando con il cannone e poi alle 16.54 lanciando due siluri. Accortosi poi che una delle imbarcazioni di salvataggio si stava allagando il comandante Kraus trasferì i naufraghi sulle altre due scialuppe, che poi, generosamente, rimorchio verso la costa con una navigazione che si prolungo per tre ore. In seguito tutti i naufraghi sbarcarono presso Lisbona.
Nella zona a ponente di Gibilterra, l’U-206 (sottotenente di vascello Herbert Opitz) il mattino del 14 ottobre conseguì l’unico successo dell’operazione contro l’OG.75 attaccando, alle 03.36, la corvetta britannica Fleur de Lys (sottotenente di vascello Alexander Collins), che dopo aver partecipato alla scorta del convoglio in avvicinamento allo Stretto, trovandosi in pattugliamento antisom fu colpita sotto il ponte di comando da uno dei tre siluri lanciati dal sommergibile. Per l’esplosione di un deposito di munizioni, la Fleur de Lys si spezzò in due tronconi e affondò in pochi minuti con sessantanove uomini dell’equipaggio, a 55 miglia ad ovest di Gibilterra. Soltanto tre marinai, due dei quali feriti, sopravvissero all’affondamento della corvetta e furono recuperati dal piroscafo spagnolo Castillo Villafranca.
Lo stesso 14 ottobre, alle ore 00.45, l’U-204 (tenente di vascello Walter Kell) attaccò il motoveliero da pesca neutrale spagnolo Aingeru Guardakoa, di 97 tsl, e avendolo, forse, scambiato nell’oscurità per un trawler antisom britannico, l’affondò colpendola con uno dei due siluri lanciati, presso Capo Roche a sud della Baia di Cadice. I cinque uomini dell’equipaggio si salvarono aggrappati a rottami, per poi essere salvati da un’altra nave da pesca spagnola, e sbarcati nel porto di Santa Uxía de Ribeira.
Il caso dell’Aingeru Guardakoa, costruita nel 1904, non è mai stato chiarito, e il suo affondamento avvenne presso Cadice, dove con il beneplacito della Spagna esistevano nell’avamporto, nel Canale della Carraca, due basi di rifornimento per sommergibili dell’Asse, la petroliera tedesca Thalia e l’italiana Fulgor, denominate rispettivamente basi “Gata” e “C”. Può darsi che l’U-204 dovendo andare a rifornirsi alla Thalia, come in’effetti fece nella notte sul 15-16 ottobre, avesse considerato la presenza della piccola nave spagnola indesiderata per la segretezza della missione di
rifornimento.5 In precedenza, la notte del 14-15 ottobre, anche l’U-564, per ordine del B.d.U., si era rifornito alla petroliera Thalia.6
Nel frattempo i sommergibili del gruppo “Breslau” erano stati trattenuti a ovest dello Stretto di Gibilterra per costituire uno sbarramento contro l’atteso convoglio HG.75, diretto a Liverpool. Di essi U-206, U-563 e U-564 si dislocarono presso Capo Trafalgar e i restanti U-71, U-83 e U-204 a ovest di Capo Spartel. A tal proposito l’ammiraglio Karl Dönitz, Comandante in Capo dei sommergibili tedeschi fece le seguenti previsioni, registrate nel suo Diario di Guerra in data 17 ottobre:7
“L’uscita del prossimo convoglio “HG” è attesa per il 17 ottobre. Decido di non attaccare il convoglio nel suo primo giorno di navigazione, ma di attaccarlo con tutti i sommergibili dopo che avrà oltrepassato Capo Tarifa. Ordino che U-206, 563, 564, assumano posizioni di agguato nella zona SW di Capo Trafalgar e U-204, 71, 83 nella zona di Capo Spartel. I sommergibili ricevono l’ordine di non farsi vedere mentre raggiungono le posizioni ordinate, e di tenere l’agguato in immersione di giorno. Se ai sommergibili riesce di mantenersi inosservati, devono poter incrociare il convoglio direttamente nella notte successivamente alla sua partenza, e per questo può forse essere utilizzata la tranquillità delle prime ore” . 8
Ai britannici non rimase nascosto questo concentramento di sommergibili. Fin dal 1° agosto 1941 l’organizzazione crittografica “Ultra” aveva decifrato in modo sistematico la lettura dei messaggi radio scambiati con la macchina cifrante “Enigma” tra il B.d.U. e gli U-Boote in mare; e poiché anche gli italiani si servivano per le loro trasmissioni in Atlantico della medesima macchina cifrante, ceduta dai tedeschi, i britannici erano in grado di conoscere anche le zone di agguato e gli spostamenti dei nostri sommergibili. In particolare, il 16 e il 19 ottobre intercettarono e poi decifrarono in modo chiaro gli ordini trasmessi dal B.d.U. alle sei unità del gruppo “Breslau”, e probabilmente sapevano che i sommergibili italiani Archimede e Marconi si trovavano ad ovest della posizione tenuta degli U-Boote
5 Nel Diario di Guerra del B.d.U. (Kriegstagebücher (KTB), alla data del 16 ottobre 1941, è scritto: “U 204 ha riferito che il rifornimento di carburante da "Gata" è stato effettuato Dopo questo ulteriore rifornimento di carburante altro non é possibile da "Gata" a causa della mancanza di forniture”
6 La motocisterna Thalia, di 1.122 tsl, completata nel 1936 a Nordseewerke, Emden, apparteneva alla Marina Mercantile germanica, ma era controllata a Cadice dalla Kriegsmarine. Il primo sommergibile tedesco che si rifornì alla Thalia fu l’U-25 (capitano di corvetta Victor Schütze) il 30 gennaio 1940. Requisita, al termine della guerra dai britannici fu chiamata Empire Cossett e poi, nel 1946, ceduta all’Unione Sovietica che la ribattezzò Akademik Karspinsky. Affondò nel Baltico, durante la navigazione tra Kaliningrad e Amsternam, il 31 agosto 1953.
7 Kriegstagebücher (KTB) & Stehender Kriegsbefehl Des Führers/Befehlshaber der Unterseeboote (F.d.U./B.d.U.).
8 All’U-108 (capitano di corvetta Klaus Scholtz) che stava rientrando alla base dalla zona di Freetown fu chiesto da B.d.U. di operare contro il convoglio di Gibilterra se la rimanenza del combustibile lo avesse permesso. Ma questo sommergibile, evidente, non si trovava nelle condizioni di poter intervenire e non partecipò all’operazione che era in ritardo.
Il convoglio HG.75 fu trattenuto in porto più a lungo del previsto, perché nei giorni precedenti alla sua partenza da Gibilterra si svolsero dei rastrelli antisom a ovest dello Stretto, per cercare di menomare i sommergibili tedeschi che vi si trovavano.
Alle 11.00 del 17 ottobre i cacciatorpediniere Lamerton, Duncan e Vidette rastrellarono le acque lungo la costa della Spagna fino a Capo San Vincenzo, e poco prima della mezzanotte dello stesso giorno partirono da Gibilterra le sei corvette del 37° Gruppo Scorta Bluebell, Campion, Carnation, Heliotrope, Mallow e La Malouine che si aggiunsero all’opera di ricerca dei sommergibili. Nelle prime ore del 18 ottobre la corvetta Carnation (capitano di corvetta George William Houchen) avvistò e dette caccia ad un sommergibile ma senza successo. Da parte tedesca soltanto l’U-206 (sottotenente di vascello Herbert Opitz) e l’U-204 (sottotenente di vascello Walter Kell), del gruppo “Breslau”, ottennero dei successi il 19 ottobre, affondando due navi mercantili isolate britanniche.
La prima ad andare perduta fu il piroscafo Baron Kelvin (capitano William Lindsay Ewing), di 3.081 tsl, che colpito da due siluri elettrici G7, lanciati alle 06.14 e alle 06.27 dell’U-206, affondò a 14 miglia per 100° da Tarifa. Con il piroscafo decedettero ventisei uomini dell’equipaggio, mentre i quindici superstiti con il comandante del Baron Kelvin furono raccolti dal piroscafo spagnolo Urola e sbarcati a Gibilterra.
La seconda nave ad essere affondata fu la grossa petroliera Inverlee (capitano Thomas Edward Alexander), di 9.158 tsl, che trasportando 13.880 tonnellate di carburante, fu colpita, alle 03.00 e alle 03.13, da due siluri dell’U-204 per poi affondare in fiamme, alle 03.30, a 30 miglia per 240° da Capo Spartel, con ventuno uomini dell’equipaggio Altri ventuno uomini dell’Inverlee, che si trovavano su scialuppe di salvataggio, furono salvati dai trawler Lady Hogarth e Stella Carina, che scortavano la petroliera, cui si aggiunsero nell’opera di soccorso il cacciatorpediniere Duncan (che salvò un altro superstite) e il trawler Haarlem inviati prontamente nella zona.
La reazione britannica, con ricerche antisommergibile, continuò e lo stesso giorno 19 ottobre l’U-204, che aveva segnalato al B.d.U. di essersi rifornito a “Gata” (e quindi, come detto, alla petroliera tedesca Thalia alla fonda nell’avamporto di Cadice), fu avvistato dalla corvetta Mallow (tenente di vascello William Robert Boyce Noall) e da essa affondato con le bombe di profondità presso Capo Spartel con il concorso della gemella Carnation (capitano di corvetta George William Houchen) e dello sloop Rochester (capitano di corvetta Conway Benning Allen). Decedette l’intero equipaggio di quarantasei uomini. L’U-204 era alla sua terza missione e aveva all’attivo l’affondamento di cinque navi per 18.217 tonnellate.
Il sommergibile U-204 al rientro Brest da una missione in Atlantico con le bandierine triangolari dei successi reali e presunti conseguiti. In realtà aveva affondato soltanto il cacciatorpediniere britannico (ex statunitense) HNoMS Bath, il 18 agosto 1941 a 400 miglia a sud dell’Irlanda.
Nel frattempo, l’U-71 (sottotenente di vascello Hardo Rodler von Roithberg), per sottrarsi alla caccia sistematica delle unità navali nemiche, fu costretto a spostarsi verso occidente, secondo le disposizioni date dal B.d.U. ai sommergibili del gruppo “Breslau”, che dovevano “mantenere i loro punti di agguato, e dovevano spostarsi, quando necessario, verso sud-ovest in caso di forte caccia antisom. L’U-206 ricevé l’ordine di rifornirsi dal “Gata”, nella notte dal 21al 22 ottobre”.9 Quindi la nafta era stata trovata e trasferita sulla petroliera Thalia.
I rastrelli antisom a ovest di Gibilterra continuarono fino alle 18.00 del 20 ottobre, quando le unità britanniche rientrarono alla base. Alle 07.10 dello stesso giorno 20 l’U-83 del tenente di vascello Kraus segnalò al B.d.U. di essersi spostato verso ovest essendo stato avvistato dai mezzi antisom nemici, e alle 22.18 il B.d.U. segnalò ai sommergibili del gruppo “Breslau” di dirigere verso ovest soltanto quando necessario. L’indomani, il 21 ottobre, l’U-83 avvistò una formazione navale con rotta nord-ovest, comprendente le portaerei Eagle e Furious, salpate da Gibilterra per Clyde, dove arrivarono il giorno 26. Alle 14.35 il sommergibile lanciò senza esito i siluri contro uno dei cinque cacciatorpediniere della scorta (Foresight, Forester, Fury, Vidette e Lamerton) e il comandante Kraus, avendo udito una detonazione, ritenne erroneamente di averlo colpito.
9 Kriegstagebücher (KTB) & Stehender Kriegsbefehl Des Führers/Befehlshaber der Unterseeboote (F.d.U./B.d.U.).
La partenza da Gibilterra del convoglio “HG.75” e le contromisure del B.d.U. e di Betasom.
Nel pomeriggio del 22 ottobre fu segnalata l’uscita da Gibilterra dell’atteso convoglio HG.75, composto di diciassette navi mercantili, una nave ausiliaria catapulta aerei e dodici unità di scorta.
Presero il mare per prime, alle ore 14.30, le unità del 37° Gruppo Scorta del Comando del Nord Atlantico, comprendenti lo sloop nave comando Rochester e le corvette Bluebell, Campion, Carnation, Heliotrope, La Malouine e Mallow, che nel primo tratto della navigazione oltre lo Stretto di Gibilterra precedettero il convoglio per una ricerca antisom a rastrello. Le navi mercantili dell’HG.75, che includeva nel convoglio la nave ausiliaria catapulta aerei Ariguani, salparono alle ore 16.00 scortate dai cacciatorpediniere della 4a Flottiglia della Forza H Legion, Cossack, Lamerton e Vidette e dall’avviso dragamine francese Commandant Duboc. 10
Una cerimonia religiosa a bordo dello sloop Rochester. Sullo sfondo le navi mercantili del convoglio HG.75.
10 Le 17 navi mercantili erano: Ruth I, Blairdevon, Empire Brook, Wallsend, Cara, Ulea, Tadorna, Empire Bay, Ariosto, Empire Snipe, Merkland, Como, Carsbreck, Harperley, Alhama, Pacific, Empire Wolfe.
Dieci delle tredici navi scorta erano fornite di apparato di rilevamento radar, e di esse tre con il nuovo tipo 271con lunghezza d’onda centimetrica. Il carico delle navi mercantili del convoglio, tutte britanniche, meno la Ruth I norvegese, era soprattutto composto da minerali ferrosi, pirite e rottami, importanti per l’industria di guerra della Gran Bretagna. La velocità media di spostamento del convoglio, con le navi mercantili ripartite in sei colonne, era di nodi 7 ½.11
Per la scorta antisom al convoglio e i voli di ricognizione al largo della penisola Iberica, furono allertati tutti i disponibili velivoli idrovolanti a grande autonomia Catalina e Sunderland del 200° Gruppo della Royal Air Force (R.A.F.) di base a Gibilterra. In un secondo tempo, avvicinandosi le navi alle coste del Regno Unito, la ricognizione e la protezione aerea sarebbe stata assunta dai velivoli del Comando Costiero (Coastal Command), dalle basi della Cornovaglia.
Gli U-Boote schierati presso lo Stretto di Gibilterra furono prontamente avvertiti dal B.d.U. sulla partenza del convoglio, Nel suo Diario di Guerra, l’ammiraglio Dönitz elogiò il comportamento degli agenti tedeschi in Spagna che, dalle loro sedi di Algesiras e Ceuta, fornirono notizie di cui potersi fidare. Notizie che giunsero rapide e complete circa l’uscita (ore 16.00), la composizione e il passaggio del convoglio da Capo Tarifa, alle 19.45, e da Capo Spartel, alle 20.25. Contemporaneamente Dönitz richiese l’intervento dei sommergibili italiani. In quel momento il Marconi e il Ferraris si trovavano a circa 300 miglia a est-nord-est delle Azzorre e a 720 miglia a ovest-nordovest dello Stretto di Gibilterra, e l’Archimede, in navigazione di trasferimento nel Mediterraneo, era nello Stretto all’incirca all’altezza di Huelva con rotta a levante. Un altro sommergibile italiano l’Argo (tenente di vascello Alberto Crepas) si trovava nella zona di Gibilterra diretto anch’esso in Mediterraneo, e alle ore 01.00 del 23 ottobre trasmise a Betasom il segnale convenzionale che il transito per lo Stretto era riuscito.
Il compito che era stato assegnato al Marconi, e al Ferraris, era quello di:12
“a) Attacco al traffico nemico in prossimità delle coste portoghesi e raccolta di elementi su quello neutrale. b) Attacco ai convogli da e per Gibilterra. c) Attacco al traffico isolato e convogliato incontrato nelle zone di agguato al largo” . 13
11 Tutta la vasta documentazione di parte britannica cui ci riferiremo per le operazioni contro il convoglio HG.75 si trova in National Archives (London), fondo ADM/199-1197. Un particolare ringraziamento va a Platon Alexiades, di uboat.net, che mi ha inviato copia della suddetta documentazione. Per quanto riguarda invece le notizie ricavate dai Diari dei sommergibili tedeschi ringrazio Augusto De Toro.
12 Archivio Ufficio Storico Marina Militare (da ora in poi AUSMM), Comando Superiore delle Forze Subacquee Italiane in Atlantico, Missione dei sommergibili ARCHIMEDE –
BARBARIGO – MARCONI – FERRARIS, Relazione n. 714/SRP del 12/12/1941-XX°.
13 Il sommergibile Marconi, sulla base dell’ordine di operazione n. 81 in data 29 settembre 1941-XX con protocollo n. 582/SRP di Betasom, lasciò la base di La Pallice il 5 ottobre per raggiungere, con rotta diretta per parallelo, dalla fine della rotta di sicurezza il meridiano 12°. Quindi raggiunse la Zona 1, compresa fra i meridiani 9° e 10° ovest e fra i paralleli 40°42’Nord, con lo scopo di attaccare il traffico navale nemico sulle coste settentrionali della costa portoghese, proveniente dall’Inghilterra. Dopo cinque giorni di permanenza nella zona assegnata al largo di
Giugno 1941. Il rientro del del vitorrioso sommergibile Marconi (tenente di vascello Mario Pollina), dopo l’affondamento della grossa petroliera di squadra britannica Cairndale e di tre piroscafo, due dei quali in convoglio, ad ovest di Gibilterra.
Betasom, avendo ricevuto dal B.d.U. l’informazione che l’atteso convoglio nemico uscito da Gibilterra si trovava alle ore 16.45 del 22 ottobre al largo di Punta Europa con rotta ponente, contrariamente alla richiesta dei tedeschi. decise di non impegnare il Marconi e il Ferraris fin dal primo giorno di operazione, ma ne previde l’impiego solo a partire dal terzo giorno in base alle seguenti considerazioni esposte a Supermarina dal comandante di Betasom, capitano di vascello Romolo Polacchini:14
“Prevedibile intensa sorveglianza nemica nella zona prossima allo Stretto con aerei e unità navali in ricerca di sommergibili.
Scorta aero-navale diretta del convoglio prevedibilmente molto intensa nei primi giorni: meglio attendere che fosse diminuita.
Oporto, evitando di farsi avvistare navigando durante le ore diurne in immersione e durante le ore notturne in emersione, il Marconi segnalò di non avere avvistato alcuna nave riconosciuta per nemica ma soltanto otto piroscafi neutrali. Poi conformemente a quanto era fissato nell’ordine di operazioni, si spostò a nord delle Isole Azzorre, nella Zona A compresa fra i meridiani 20° e 24° ovest e i paralleli 38° e 40° nord. Nessun particolare scambio di comunicazioni si svolse sino al giorno 16 ottobre, quando Betasom ordinò al Marconi, ed anche Archimede, di spostarsi su nuove posizioni di agguato, per operare contro il traffico nemico nelle zone a nord delle Azzorre fra i meridiani 20° e 40° ovest.
14 Ibidem.
Opportunità del nostro intervento quando il convoglio fosse già provato e sbandato in seguito all’azione dei sommergibili alleati, dato che i Comandanti in mare per la prima volta effettuano un'operazione contro un convoglio in Atlantico”
In definitiva, trattenendo i sommergibili in posizione di attesa, Betasom voleva evitare il loro impiego in prossimità dello Stretto di Gibilterra, dove più intensa era la vigilanza del nemico, e quindi si ripromise di impegnarli in condizioni più favorevoli nei giorni successivi. Pertanto, il Marconi e il Ferraris, anche per ordine arrivato alle 19.50 del 22 ottobre da Maricosom, il Comando in Capo della Squadra Sommergibili, furono spostati verso levante alla velocità di 10 miglia, per raggiungere all’alba del 25 determinate posizioni situate sul 12° meridiano ovest, dove il convoglio nemico avrebbe dovuto trovarsi. Sempre per ordine di Maricosom trasmesso alle ore 12.00 del 23, era ordinato ai due sommergibili di continuare a spostarsi a levante, a velocità di crociera, nella speranza di avvistare e attaccare il convoglio nemico ad iniziare dall’indomani
Nel frattempo, Betasom ordinò altri spostamenti. Dapprima, il 22 ottobre, provvide a far uscire il Barbarigo (capitano di corvetta Enzo Grossi) dal porto di La Pallice (dove il sommergibile aveva sostato dopo la partenza da Bordeaux a causa di una notevole difficoltà di chiusura del valvolone di scarico dei motori termici) per inviarlo a sud-ovest dell’Irlanda, in una zona ove era previsto che il convoglio sarebbe transitato al tramonto del giorno 26
Nel frattempo, nella notte tra il 21 e il 22 ottobre Betasom, con il messaggio n. 18210, mise Supermarina al corrente del concentramento di sommergibili tedeschi a ponente dello Stretto di Gibilterra per impiego contro un atteso grosso convoglio in uscita; e poiché il B.d.U. aveva richiesto il concorso delle unità subacquee italiane, Betasom chiese l’autorizzazione di impiegare contro lo stesso convoglio anche l’Archimede, (capitano di corvetta Marino Salvatori).15 Il sommergibile, che come detto si sarebbe dovuto trasferire nel Mediterraneo, si trovava presso lo Stretto di Gibilterra, a sud di Huelva, e quindi in buona posizione per schierarsi sulla probabile rotta di transito dell’HG.75 fin dal mattino del 23. Ottenuta alle 10.30 del 22 ottobre l’autorizzazione di Supermarina, anche motivata per evitare all’Archimede il passaggio dello Stretto mentre la sorveglianza nemica risultava molto intensificata, il sommergibile ricevette l’ordine di trovarsi al tramonto del 23 in una posizione di probabile passaggio del convoglio.
Il modesto numero di sommergibili italiani (Marconi, Ferraris, Archimede, Barbarigo) tutti e quattro distanti tra di loro, impediva a Betasom la creazione di un’unica linea di agguato davanti al convoglio, e il loro impiego sarebbe avvenuto in modo frazionato nel tempo e nello spazio.
Mentre l’HG.75 stava procedendo con rotta ovest, alle 22.50 del 22 ottobre il cacciatorpediniere Vidette (tenente di vascello Eric Norman Walmsley), che si trovava nella sua posizione di scorta a 4 miglia a sinistra del convoglio, ottenne con il radar il contatto con un sommergibile alla distanza di 7.000 yards (6.400 metri), e immediatamente diresse all’attacco alla velocità di 24 nodi. A 3.000 yards il sommergibile fu avvistato e visto immergersi, e fu poi attaccato dal Vidette che sganciò quattro bombe di profondità, leggermente avanti al punto dove l’unità subacquea era scomparsa sotto la superficie del mare. Il successivo tentativo di prendere contatto con il sommergibile per mezzo dello scandaglio asdic non ebbe successo, e venti minuti dopo il cacciatorpediniere ritorno nella sua posizione di scorta al convoglio.
Poco prima della mezzanotte, alle 23.48 del 22 ottobre, avvenne il primo avvistamento dell’HG.75 da parte dell’U-71, nel quadrato di posizione CG 9585. Alle 00.30 del 23 il comandante dell’U-Boote, sottotenente di vascello Walter Flachsenberg, stando a ragionevole distanza, si affrettò a segnalare il convoglio al B.d.U. Ricevuto il messaggio alle 01.51, l’ammiraglio Dönitz trasmise immediatamente la segnalazione ai battelli in mare e ordinò all’intero gruppo “Breslau” di raggiungere a tutta velocità la zona in cui era stato avvistato il convoglio e di dargli la caccia; sollecitamente, in base alle precise comunicazioni, presero contatto per primi l’U-564 e l’U-206, che trasmisero in 270° la direzione di marcia del convoglio
Nord Atlantico, ottobre 1941. Ufficiali sul ponte di comando di un cacciatorpediniere britannico di scorta ad un convoglio vigilano scrutando con i binocoli pronti a segnalare la presenza di un sommergibile.
Nel corso di un attacco in immersione il comandante di un sommergibile tedesco controlla con l’occhio incollato al periscopio.
Nel frattempo, alle 0040 il 23 ottobre lo sloop Rochester intercettò col suo radiogoniometro direzionale ad alta frequenza (HF/DF) la prima trasmissione radio di scoperta del convoglio proveniente da un sommergibile, che doveva essere l’U-71. L’U-Boote, ritenuto lo stesso che era stato attaccato dal cacciatorpediniere Vidette, segnalò la rotta del convoglio, che sul Rochester fu interpretata per 061° oppure 241°, mentre i realtà alle 23.15 del 22 la rotta dell’HG.75 era stata cambiata, passando da 254° a 262°. Poco prima dell'alba, per ordine del comandante della 4a Flottiglia, capitano di fregata Richard Frederick Jessel sul Legion, i cacciatorpediniere Cossack e Lamerton effettuarono un rastrello antisom, con ascolto asdic, a circa 6 miglia di poppa all’HG.75, ma non avendo percepito nulla fecero ritorno alle loro posizioni di scorta al convoglio.
Malgrado fossero intralciati da una intensa vigilanza esercitata dalle unità della scorta e nonostante che gli aerei FW.200 del I./KG.40, decollati dall’aeroporto di Merignac (Bordeaux), non fossero riusciti a dare un valido appoggio, localizzando la posizione del nemico trasmessa dagli U-Boote a causa delle condizioni atmosferiche avverse, i sommergibili tedeschi si tennero in vista del convoglio per tutto il giorno; e ciò fu considerata dal B.d.U. “una prestazione degna di rilievo, che non poteva essere prevista, in una zona sotto il dominio aereo di Gibilterra, e data la forte scorta del
convoglio (10 unità di sorveglianza e 3 cacciatorpediniere)” . 16 Alle 21.14 l’ultima posizione del convoglio in quella giornata fu comunicata al B.d.U. dall’U-564 nel quadrato di posizione CG 8835.
L’attacco con successo dei sommergibili tedeschi nella notte del 23 - 24 ottobre e l’affondamento del cacciatorpediniere britannico Cossack..
Alle ore 23.06 del 23 ottobre la corvetta Carnation del capitano di corvetta Houchen, che occupava una posizione di scorta a dritta del convoglio, avvistò di prora un sommergibile alla distanza di 1.000 yards (914 metri) e due minuti dopo. portatasi sul posto in cui esso si era prontamente immerso, preso contatto con l’asdic, lo attaccò con un pacchetto di cinque bombe di profondità. Ricercò poi l’unità subacquea sempre con l’asdic, ma senza successo. La corvetta Bleubell (capitano di corvetta Robert Evan Sherwood), ricevuto il segnale dalla Carnation alle 23.16 si aggiunse alla caccia, sgancio anch’essa cinque bombe di profondità senza notarne l’effetto, ma poi, per quanto avesse ricercato il sommergibile, non riuscì a prendere contatto.
16 Kriegstagebücher (KTB) & Stehender Kriegsbefehl Des Führers/Befehlshaber der Unterseeboote (F.d.U./B.d.U.).
Alle 00.38 del 24 ottobre l’U-563 riuscì a portarsi all’attacco. Il comandante dell’U-Boote, il sottotenente di vascello Klaus Bargsten, già secondo ufficiale dell’asso dei sommergibilisti tedeschi Otto Kretschmer sull’U-99, lanciò in successione tre siluri, mancò un piroscafo, ma colpì e affondò un’unità della scorta che si trovava a poppa del convoglio, il grosso cacciatorpediniere di squadra Cossack
Un siluro colpi il Cossack (capitano di vascello Edward Lyon Berthon), della classe “Tribal”, facendo saltare un deposito munizioni, che asportò letteralmente tutta la prua e le sovrastrutture prima del ponte di comando, mentre la caldaia n. 1 si allagò. La nave si incendiò letteralmente, e il cacciatorpediniere Legion del capitano di fregata Jessel aiutò con le sue pompe a spegnere gli incendi e provvide a salvare i sopravvissuti, alcuni dei quali erano seriamente feriti; ma tutto apparve inutile e furono evacuati i superstiti, alcuni dei quali si trovavano in mare su canotti Carley. Con il Cossack si persero 149 uomini, compreso il comandante Berthon. I superstiti, 29 dei quali erano feriti, furono raccolti dal Legion e dall’avviso dragamine franco gollista Commandant Duboc (capitano di corvetta Bourgine), che essendo privo di apparato di ricerca antisom asdic si manteneva a poppa del convoglio col compito di nave recupero.
Ma il Cossack sebbene devastato e allagato non accennava ad affondare e ne fu tentato il salvataggio con l’arrivo da Gibilterra del rimorchiatore Thames, e con le riparazioni svolte dagli uomini dell’equipaggio rimasti sulla nave. Ciononostante, dopo tre giorni di sforzi, a causa del peggioramento del tempo, tutto fu vano, e il mattino del 27 ottobre il cacciatorpediniere aumentò il suo allagamento e affondò alle 10.43. Gli uomini rimasti a bordo furono raccolti dalla corvetta Jonquil (capitano di corvetta Robert Edward Heap Partington).
Dopo il siluramento del cacciatorpediniere Cossack, la scorta antisom all’HG.75, che procedeva con rotta 293° alla velocità di nodi 7 ½, si era ridotta a otto unità: lo sloop Rochester, i cacciatorpediniere Lamerton e Vidette, le corvette
Heliotrope, Bluebell, Campion, Mallow e La Molouine, che però non poterono impedire all’U-564 del tenente di vascello Reinhard Suhren di attaccare con successo, poco prima dell’alba del 24 ottobre. Dopo che il Lamerton, a poppa dell’HG.75, aveva percepito un contatto asdic con un presunto sommergibile, che il cacciatorpediniere ricercò per venti minuti senza averne la conferma, l’U-564 riuscì a penetrare fra le colonne del convoglio, e tra le 06.36 e le 06.39 lanciò cinque siluri, i quattro dei tubi lanciasiluri di prora e di quello di poppa. Il comandante Suhrer udì dopo un certo tempo altrettante esplosioni e ritenne di aver colpito cinque navi per 25.000 tonnellate.
A sinistra il famoso comandante dell’U-564 tenente di vascello Reinhard Suhren. A destra durante una navigazione di guerra si preleva un siluro di riserva dall’intercapedine
In realtà l’U-564 silurò in successione i tre piroscafi Carsbreck (capitano John Dugald Muir), di 3.670 tsl, Alhama (capitano Alexander Cameron), di 1.352 tsl, e Ariosto (capitano Harold Hill), di 2.176 tsl, che affondarono poco dopo a 300 miglia a ovest di Gibilterra. Del Carsbreck, che colpito da un siluro affondò in un minuto. morirono 24 uomini, incluso il comandante Muir. I 18 superstiti, furono raccolti dall’avviso Commandant Dubuc, che salvo anche i 33 superstiti dell’Alhama, colpito da un siluro sul fianco sinistro. Dell’Ariosto, che colpito da un siluro sul fianco destro
affondò in cinque minuti, decedettero 6 membri dell’equipaggio, mentre i 38 superstiti furono raccolti dalla motonave svedese Pacific e 7 dal cacciatorpediniere Lamerton. Poiché l’Ariosto era la nave del commodoro del convoglio capitano di vascello F.J.L. Butler, il comando dell’HG.75 passò al vice commodoro sul piroscafo Wallsend
Dopo l’attacco l’U-564 trasmise al B.d.U. “siluri esauriti”.
In seguito agli attacchi la scorta del convoglio intensificò la vigilanza, e con rapide puntate all’esterno della formazione, lancio di bengala illuminanti e di bombe di profondità, tenne lontani i sommergibili.17 Questi persero di vista il convoglio e per tutta la giornata e nella notte seguente non riuscirono a rintracciarlo, anche perché le condizioni del mare, già cattive, erano andate sensibilmente peggiorando e la visibilità si era fatta più scarsa.
L’attività antisom degli idrovolanti “Catalina” di Gibilterra e l’affondamento del sommergibile Galileo Ferraris
Verso le 09.15 del 24 ottobre dal convoglio HG.75 furono avvistati due velivoli tedeschi FW.200, che a lunga distanza furono presi di mira dalle artiglierie da 120 e 102 mm dei cacciatorpediniere Legion e Lamerton, ed anche attaccati senza successo da due idrovolanti Catalina di scorta antisom.
Alle 15.45 il Catalina G/202 del 202° Squadron segnalò un sommergibile a 12 miglia a nord del convoglio. Era l’U-564 che nel corso dell’operazione di ricerca e attacco all’HG.75 continuò per cinque giorni, tra il 23 e il 28 ottobre, a mantenersi in
17 Alle 07.00 del 24 ottobre l’Archimede avvistò due cacciatorpediniere in lat. 36°18’N, long. 10°00’W. Il sommergibile prudentemente s’immerse e rimase sott’acqua per ben tredici ore, durante le quali segui rotta di allontanamento dal convoglio, per poi trovarsi anche nei giorni successivi sempre scaduto rispetto ad esso.
una ideale posizione prodiera per seguire ogni spostamento della formazione navale nemica, trasmettendone i dati di posizione e di rotta. Avvistato l’idrovolante il sommergibile si immerse immediatamente e tre minuti dopo il velivolo della R.A.F. arrivò sul posto e sgancio due bombe di profondità, che non causarono danni. Il cacciatorpediniere Lamerton ricevette l’ordine di portarsi nella zona per partecipare con l’aereo alla ricerca del sommergibile, che risultò del tutto vana, non essendo riuscito ad ottenere un contatto asdic.
Nel frattempo, alle ore 1218 l’U-83 aveva comunicò al B.d.U. la contemporanea presenza in prossimità del convoglio di aerei della Luftwaffe e della RAF. Il Catalina W4815 del 202° Squadron, decollato da Gibilterra, volando a 5.000 piedi, alle 17.15 avvistò il sommergibile a circa 30 miglia dal convoglio, e ne stimò la velocità in 15 nodi. Mentre l’U-83 si stava immergendo per sottrarsi all’attacco dell’idrovolante britannico, il Catalina portatosi sul posto e notando la silhouette dell’unità subacquea visibile sotto’acqua sganciò due bombe di profondità, ma senza successo, anche perché una non fu vista esplodere.
Un quadrimotore FW.200 del 40° Stormo, di base a Marignac, presso Bordeaux, in volo di esplorazione armata in Atlantico. Per tutta l’operazione di ricerca e mantenimento del contatto con l’HG.75 i “Condor” del 1° Gruppo (I./KG.40) svolsero un ottimo servizio per i sommergibili tedeschi e italiani, trasmettendo la posizione del convoglio, e dirigendoli verso l’obiettivo con combinazioni di lettere radiogoniometriche.
Trenta minuti dopo, alle 17.45, alla caccia
si aggiunse il cacciatorpediniere
Lamerton che iniziato l’ascolto con l’asdic alle 18.08 prese contatto con un sommergibile alla distanza di 1.400 yard (1.280 metri), e avendo constatato che esso
procedeva a zig-zag sott’acqua alla velocità di 5 miglia, lo attaccò con un pacchetto di sei bombe di profondità, a cui seguì, alle 18.16 un successivo sgancio di bombe, che al pari del primo non sorbì alcun effetto. Dopo di che il Lamerton, si mantenne nella zona per qualche tempo, per poi tornare a riprendere, alle 20.00, il suo punto di scorta al convoglio. E’ possibile che il sommergibile attaccato fosse l’U-564 poiché nel suo diario il comandante Suhren riportò di essere stato attaccato, tre ore dopo il bombardamento aereo delle 15.45, anche da un’unità navale nemica.
Alle 22.42 del medesimo 24 ottobre il B.d.U. informò gli U-Boote del Gruppo “Breslau” che diversi sommergibili italiani erano nelle vicinanze e che sarebbero strati impiegati contro l’HG.75. Nello stesso tempo gli U-Boote furono informati che il giorno 25 il convoglio britannico sarebbe stato ricercato da un aereo tedesco che avrebbe steso l’esplorazione su un arco tra i 325 e i 295° gradi dal punto in cui per l’ultima volta l’HG.75 era stato segnalato dall’U-564
Betasom, informato dal B.d.U. delle posizioni tenute degli U-Boote e delle loro zone di ricerca per intercettare l’HG.75, alle 00.30 del 25 ottobre ordinò al Ferraris, all’Archimede e al Marconi di esplorare nel settore con vertice la posizione del convoglio alle ore 13.00 del 24, e assegnò loro nuove posizioni di agguato, e di spostamento ad una velocità di 8 nodi. Inoltre, Betasom, che nel pomeriggio del 24 aveva trasmesso ai sommergibili “Fate ascolto continuo fino a nuovo ordine” e ordinato loro di “ricercare, segnalare, attaccare” il convoglio, informò che alle ore 12.00 del 25 aerei tedeschi sarebbero stati sul convoglio stesso per poi emettere segnali radiogoniometrici.18
Dopo che il convoglio aveva trascorso una notte tranquilla, a iniziare dal mattino del 25 ottobre, le navi di scorta e gli aerei britannici, in stato di allarme, continuarono ad attaccare con bombe di profondità ogni qualvolta avvistavano o ritenevano che vi fossero sommergibili nelle vicinanze del convoglio: quattro di essi, U-71, U-83, U-206 e Archimede, che tentavano di avvicinarsi all’HG.75 vennero localizzati a distanza, sottoposti a caccia e tenuti lontani.
Si erano intanto verificati alcuni movimenti nelle unità di scorta poiché alle 08.17 il cacciatorpediniere Lamerton, non avendo nafta sufficiente per arrivare a Liverpool, aveva chiesto alla nave comando Rochester di dirigere per le Isole Azzorre per rifornirsi nella notte a Porto Delgada e in un secondo tempo ricongiunsi al convoglio; la stessa richiesta di rifornimento giunse dal Legion. Poco dopo, alle 08.20, arrivò il cacciatorpediniere Duncan (capitano di corvetta Arthur Nichol Rowell) partito da Gibilterra con il dottore del cacciatorpediniere Gurkha per occuparsi dei naufraghi feriti dell’affondato Cossack, che poi sostituì nella scorta del convoglio, mantenendo anche nei giorni successivi un comportamento molto aggressivo e redditizio nei confronti dei sommergibili. Nel frattempo il dottore con medicinali era stato trasferito dal Duncan sulla corvetta Carnation su cui si trovavano i feriti del Cossack.
Dopo la perdita dei tre piroscafi per opera dell’U-564, le quattordici navi mercantili del convoglio erano passate dalle sei originali colonne a cinque, e procedevano con una visibilità variante tra 2 e 4 miglia, sulla rotta 293°, con vento e condizione del mare leggero, mantenendo la velocità in nodi 7 ½.
Da parte italiana, non fu favorito dalla sorte il Ferraris (tenente di vascello Filippo Flores) che aveva raggiunto la posizione assegnatagli da Betasom lungo il 12° meridiano.
Alle 10.41 del giorno 25 il Ferraris stava portandosi in superficie sul punto d’incontro con il convoglio britannico segnalato da Betasom, e attendeva le ore 12.00 stabilite per intercettare le comunicazioni radiogoniometriche trasmesse da un aereo tedesco. Trovandosi a 240 miglia per 280º da Capo San Vicenzo, il sommergibile fu avvistato e attaccato in superficie dall’idrovolante Catalina AH538 del 202° Squadron della R.A.F. di Gibilterra, pilotato dal comandante del reparto maggiore Norman F. Eagleton. Il velivolo britannico passando sopra il Ferraris sganciò due bombe di profondità, una delle quali pur cadendogli vicino al sommergibile non esplose, e l’altra non fece alcun danno. In un secondo passaggio il Catalina mitragliò il Ferraris perforandogli lo scafo. A causa di una pericolosa perdita di olio che avrebbe fatto rilevare la posizione del sommergibile, il comandante Floris decise di non immergersi.
Poco dopo, sulle segnalazioni del velivolo britannico che aveva mantenuto il contatto con il sommergibile, sopraggiunse nella zona il cacciatorpediniere di scorta Lamerton (capitano di corvetta Hugh Crofton Simms), il quale trovandosi a 30 miglia di prora al convoglio, in rotta per le Azzorre, dove doveva rifornirsi a Porto Delgada, aveva cambiato rotta Avvistato il Catalina che girava intorno al Ferraris e individuato il sommergibile, il Lamerton si avvicinò a grande velocità per poi, alle 12.00, aprire il fuoco con i due cannoni da 102 mm dell’impianto prodiero (“A”) dalla distanza di 4.000 metri.
Il comandante Floris, che inizialmente aveva scambiato il Lamerton, cacciatorpediniere del tipo “Hunt”, per una corvetta, nella presunzione di essere più veloce aveva cercato di allontanarsi navigando a 16 nodi. Resosi conto di essere attaccato da un cacciatorpediniere inviò gli uomini ai cannoni e, virando di 90° a dritta, fece rispondere al fuoco nemico con il pezzo di poppa, ma il puntamento fu notevolmente disturbato dal mare agitato mentre, invece, il tiro del Lamerton, per una maggiore stabilità della piattaforma, apparve assai centrato. Il cacciatorpediniere britannico, che manovrava zig-zagando per confondere il tiro nemico, fu colpito sul castello di prua da un proietto da 100 mm, riportando qualche danno, mentre il Ferraris fu centrato da quattro o cinque colpi tutti caduti nelle vicinanze dello scafo, che però causarono alcune falle allo scafo del sommergibile che restò immobilizzato. Sebbene anche il pezzo di prora del Ferraris avesse cominciato a sparare, il comandante Floris, ormai convinto che nell’ineguale combattimento non vi fosse più nulla da fare decise di ordinare l’autoaffondamento del sommergibile per evitarne la cattura e distruggere nel frattempo i documenti segreti. Il Lamerton, visto alle 12.33 il Ferraris sparire dalla superficie del mare, dalla distanza di 6.000 metri si avvicinò, e dopo una ricerca con l’asdic per accertare che l’unità subacquea fosse effettivamente affondata, individuati in mare i naufraghi ne recuperò 44.19 Mancarono all’appello due ufficiali, il capo servizio del genio navale, capitano Francesco Rubino, il guardiamarina Giovanni Castronuovo, e tre marinai, tutti scomparsi con il Ferraris. L’affondamento del sommergibile avvenne nel punto lat. 37°25’N, long. 14°33’W.
Il siluramento della nave catapulta aerei Ariguani da parte dell’U-83 e il mancato attacco dei sommergibili di Betasom al convoglio “HG.75”
Alle 11.10 del 25 ottobre un aereo FW.200 del I./KG.40 riuscì a ristabilire il contatto con il convoglio HG.75 e lo seguì per un certo tempo emettendo segnali radiogoniometrici, che però risultarono inutilizzabili. Il B.d.U. decise allora di impiegare le unità subacquee in determinati settori di ricerca sulla probabile rotta del convoglio nemico, che però non venne rintracciato poiché seguiva una rotta spostata più a sud del previsto. Poiché per quanto più volte chiamato l’U-204, in agguato presso Capo Spartel, non rispondeva da più giorni, nella ricerca del convoglio HG.75 era evidente che doveva essere considerata la sua perdita. Nello stesso tempo Betasom ordinò ai suoi sommergibili di raggiungere posizioni adatte per stabilire il contatto, e alle 23.10 informò loro che l’esplorazione aerea tedesca avrebbe cominciato a trasmettere segnali radiogoniometrici a iniziare dalle 10.30 dell’indomani, e ordinò ai sommergibili che udissero i segnali di dare la propria posizione e il rilevamento vero dei segnali.
Alle 23.14 del 25, mentre con il calar delle tenebre gli aerei tedeschi stavano tornavano alla base, l’U-71, che nel pomeriggio aveva visto alcuni idrovolanti Sunderland, avvistò un cacciatorpediniere e questi due avvistamenti costituirono l’indizio che l’HG.75 dovesse essere vicino al settore di ricerca. Infatti, alle 00.37 del 26 ottobre l’U-83 individuò tre cacciatorpediniere e tre quarti d’ora più tardi segnalò il convoglio, che dopo il tramonto del sole aveva effettuato una manovra evasiva di 40° a dritta.
Tre ore più tardi, alle 03.54, l’U-83 del vascello Hans-Werner Kraus riuscì ad attaccare. Penetrato fra le unità di scorta, sebbene esse avessero ottenuto alcuni contatti al radar, il comandante Kraus attaccò indisturbato le colonne dei mercantili e lanciando tre siluri ritenne di aver colpito un piroscafo passeggeri e due navi da carico per 18.000 tonnellate.
In realtà il sommergibile colpì con un siluro la nave catapulta aerei Ariguani (capitano di fregata R.A. Thorburn), di 6.746 tsl, danneggiandola seriamente a poppavia a sinistra, tanto che inizialmente, avendo segnalato di essere in pericolo di affondamento, fu abbandonata dall’equipaggio, raccolto dalla corvetta Campion e dall’avviso francese Commandant Drogou. Poi arrivò in soccorso il cacciatorpediniere Vidette, e con gli sforzi dei due rimorchiatori Thames e Rollicker usciti da Gibilterra, il 2 novembre l’Ariguani fu rimorchiato in quel porto scortato dalle corvette Jonquil, Rollicker e Campion. Trasferita sempre a rimorchio in Gran Bretagna e poi riparata la nave ritornò in servizio nel gennaio 1944.
Al termine dell’azione l’U-83 aveva ultimato i siluri, nondimeno il comandante Kraus decise di rimanere nelle vicinanze del convoglio, per tenere il contatto fino a quando lo avesse consentito la rimanenza di combustibile.
Sulla base degli avvistamenti e delle comunicazioni degli U-Boote, e in base ad accordi con il B.d.U. anche i sommergibili italiani vennero continuamente manovrati su nuove successive posizioni trasmesse da Betasom, che ordinò all’Archimede, al Barbarigo e al Ferraris (affondato) di eseguire la ricerca del convoglio ad iniziare dalla sua ultima sicura posizione (lat. 36°25’N, long. 11°15’W).
Alle 04.35 del 26 ottobre, con le prime luci dell’alba in una breve schiarita del cielo coperto, l’Archimede, che continuò a rimanere sempre in posizione piuttosto arretrata rispetto all’HG.75, comunicò gli elementi della rotta del convoglio avvistato in lat. 37°26’N, long. 15°45’W; ma poiché non coincidevano con quelli trasmessi alla stessa ora dai sommergibili tedeschi, che riportavano quella formazione navale di 70 miglia più a nord-est, il Comando di Betasom ebbe la sensazione che vi fosse in mare un secondo convoglio.
Lo stesso giorno 26 l’Archimede, che dopo l’avvistamento aveva perduto il contatto con l’HG.75 immergendosi per la presenza di alcune corvette, supponendo che “la rotta del convoglio fosse per 250°, lo ricercò per lungo tempo basandosi solo sull’avvistamento di bengala a grande distanza senza stringere opportunamente le distanze, onde assicurarsi sull’effettiva presenza del convoglio”; e perse poi altro tempo restando per tre ore in immersione per eseguire “manutenzione siluri” (sic).
“Errori” che il comandante Paladini, visto il comportamento prudente tenuto dall’Archimede anche nei giorni successivi, imputò alla “scarsa esperienza del Comandante Salvatori nella guerra atlantica”, partecipando egli “per la prima volta ad una operazione contro un convoglio”.20
Alle 05.12 del 26 ottobre si verificò il lancio a vuoto di quattro siluri da parte dell’U-71 (capitano di corvetta Walter Flachsenberg), che attacco un presunto cacciatorpediniere, mentre in realtà era la corvetta Heliotrope (capitano di corvetta John Jackson) che, manovrava zig-zagando a poppa dell’HG.75, alla ricerca del sommergibile che alle 03.54 aveva silurato l’Ariguani, ma inutilmente. Mentre dirigeva per tornare a riprendere la sua posizione di scorta al convoglio, la Heliotrope avvistò alla distanza di 1.000 yards (914 metri) un sommergibile, che accortosi della corvetta s’immerse. Aumentando la velocità, alla distanza di 400 yards (365 metri) la Heliotrope prese contatto con l’asdic, e alle 05.15, passando sopra la posizione in cui il sommergibile si trovava, sgancio una salva di cinque bombe di profondità, per poi ripetere l’attacco una seconda volta dopo quattro minuti sganciando altre nove bombe, che esplodevano dopo sessanta secondi alla profondità compresa tra i 15 e i 45 metri. Dirigendo sulla dritta e ripresa la ricerca con l’asdic alle 05.53 la corvetta percepì la presenza del sommergibile alla distanza di 1.700 yards (1.555 metri) e aumentata la velocità, sganciò altre sette bombe di profondità regolate tra i 45 e i 120 metri. Ma poi, alle 06.04, sulla Heliotrope avvenne una sopraggiunta avaria al motore, che la rese inagibile al proseguimento dell’azione. Conseguentemente, alle 06.30 gli fu ordinato dallo sloop Rochester di raggiungere l’Ariguani alla massima velocità possibile, che era ridotta a 5 nodi.
20 AUSMM, Comando Superiore delle Forze Subacquee Italiane in Atlantico, Missione dei sommergibili ARCHIMEDE – BARBARIGO – MARCONI – FERRARIS, Relazione n. 714/SRP del 12/12/1941-XX°.
Alle 13.15 di quello stesso giorno 26 il sommergibile Marconi (capitano di corvetta Livio Piomana) avvistò il convoglio a circa 360 miglia ad ovest di Lisbona, ma rimase nelle sue vicinanze per poco tempo perché, in seguito al minaccioso avvicinamento di un'unità di scorta il comandante decise di immergersi, e alle 17.45 trasmise a Betasom di aver perduto il contatto. Quasi alla stessa ora, essendo ormai al limite dell’autonomia, l’U-71 e l’U-83 segnalarono di aver ripreso la rotta per la base; a questo punto, restavano ad operare contro il convoglio sei sommergibili: U-206, U563, U-564, Archimede, Marconi e Barbarigo. Quest’ultimo, al comando del capitano di corvetta Enzo Grossi, alle 09.10 del 24 ottobre aveva avvistato e poi inseguito senza successo un piroscafo da passeggeri di grosso tonnellaggio, e giunse nella zona di transito del convoglio, come stabilito da Betasom, il giorno 26.
Dall’altra parte, dopo il danneggiamento dell’Ariguani la scorta del convoglio HG.75 fu ridotta considerevolmente. Il cacciatorpediniere Vidette, le corvette Campion e Heliopetre e l’avviso Commandant Drogou, giunti al limite dell’autonomia, furono mandati a Gibilterra, e il cacciatorpediniere Legion, lasciando
il convoglio alle ore 05.00, inviato a rifornirsi a Punta Delgada. In conseguenza la scorta al convoglio rimase limitata allo sloop Rochester, al cacciatorpediniere Duncan e alle corvette Bluebell, Mallow e La Malouine.
Alle 16.30 del 26 ottobre due velivoli «FW.200» del I./KG.40 apparvero sopra il convoglio, con le navi che aprirono il fuoco per tenerli lontani, vi restarono fino alle 17.10 comunicando i dati di rotta e di posizione, e trasmettendo segnali radiogoniometrici senza attaccare. Alle 17.20 Betasom segnalò che gli aerei avrebbe mantenuto il contatto fino alle 18.00.
Alle 17.30 e alle 17.41, l’Archimede e il Marconi comunicarono che udivano i segnali, ma anche segnalarono che aerei nemici pattugliavano la zona. Inoltre trasmisero a Betasom le loro posizioni e il rilevamento goniometrico dei segnali radiogoniometrici. Poi, alle 17.50 l’Archimede comunicò la sua posizione, che risultava arretrata rispetto al previsto, circa 70 miglia verso sud-ovest. Infine, alle 17.20 un sommergibile tedesco, probabilmente l’U-564, comunicò di essere in contatto con il convoglio in lat. 39°05’N, long. 17°55’W, e di trasmettere segnali radiogoniometrici. In seguito a ciò Betasom ordinò ai sommergibili di ricercare e attaccare il convoglio e di trasmettere segnali radiogoniometrici appena a contatto. Se ciò non fosse accaduto, dovevano ricercare il convoglio a iniziare dalle ore 20.00 su posizioni trasmesse dal Comando.
Alle 18.20 del 26, Betasom ordinò al Marconi: “Date bollettino meteorologico et condizioni di mare”. Il sommergibile rispose alle 19.15 che vi era “mare mosso” e “cattiva visibilità tutto coperto”.21 Secondo i rapporti britannici la visibilità era sempre intorno alle 4 miglia.
Sempre nel pomeriggio le unità di scorta, in particolare lo sloop Rochester, intercettarono parecchie trasmissioni radio HF/DF e apparve chiaro che sommergibili dell’Asse si trovavano a nord-est e a sud-ovest del convoglio, che per confondere il nemico alle 20.30 variò la rotta di 50°, portandola su una direttrice di marcia nord, per 358°. Verso quell’ora, vi fu da parte dei sommergibili italiani un forte traffico radio, mentre due nuovi larghi cambiamenti di rotta furono ancora effettuati dal convoglio HG.75 durante la notte
Alle 23.31, l’U-564 segnalò l’ultima posizione dell’HG.75, con rotta 340°, aggiungendo “che per 70 minuti il convoglio non era avanzato”. La notizia fu trasmessa da Betasom ai sommergibili italiani, chiedendo il ricevuto cui non poteva rispondere, nonostante i solleciti, il Ferraris.
La continuazione dell’inseguimento all’”HG.75” tra il 26 e il 28 ottobre e l’affondamento del piroscafo britannico Ulea silurato dall’U-432.
Alle 00.25 del 27 ottobre l’U-564 segnalò che il convoglio si trovava nel quadrato CF 6171 con rotta nord, e con i suoi rilevamenti radiogoniometrici portò a contatto l’U-563, che superata la scorta attacco calata l’oscurità. Il sommergibile, tra
le 21.42 e le 21.43 lanciò cinque dei suoi rimanenti siluri, e il comandante Bargsten apprezzò ottimisticamente di aver colpito due piroscafi.
Poi, alle 02.05 del 27 ottobre, arrivò ancora al lancio l’U-564 del tenente di vascello Suhren, il quale ritenne di aver affondato un piroscafo con un siluro che aveva in coperta e che era stato portato all’interno del sommergibile. In entrambe le volte si trattò invece di valutazioni ottimistiche, che come si vede erano frequenti anche da parte dei comandanti degli U-Boote più esperti. La corvetta Bluebell e il cacciatorpediniere Duncan dettero caccia a due sommergibili: il primo, l’U-564, localizzato alle 02.18 con l’asdic, ma attaccato con una scarica di otto bombe di profondità senza successo; il secondo avvistato alle 04.58 in superficie alla distanza di 900 metri che subito s’immerse sfuggendo poi alla caccia del Duncan con le bombe di profondità.22
Nel rientrare al suo posto nella posizione di scorta del convoglio, alle 08.13 09.13 ora italiana) il Duncan (capitano di corvetta Arthur Nichol Rowell) avvistò un altro sommergibile alla distanza di 3.500 yard (3.200 metri), e subito diresse per attaccarlo. Si trattava dell’Archimede del capitano di corvetta Salvatori
22 Ritschel, Herbert, Kurzfassung Kriegstagebuecher deutscher U-Boote, vol. 11: KTB U561-U599, Norderstedt, edito in proprio, 2009, pp. 31 e 46.
Alle 09.15 del 27 ottobre, in condizione di visibilità e di mare pessimo, con nubi nere e basse sul mare, l’Archimede avvistò 30° di prora a dritta alla distanza di 3.000 metri il convoglio HG.75 in lat. 39°35’N, long. 19°34’W. Il comandante Salvatori individuo quattro navi di scorta, due in testa e altre due in coda al convoglio del quale distinse cinque o sei navi mercantili. Ritenne però che, contemporaneamente al suo avvistamento anche il nemico lo avesse individuato, poiché i due cacciatorpediniere di poppa accostarono nella direzione del suo sommergibile. Allora accostando a sinistra ordinò “rapida immersione”. Avendo udito in lontananza verso poppa due scariche di cinque o sei bombe di profondità, Salvatori fece assumere al sommergibile l’assetto silenzioso manovrando con le macchine al minimo alla profondità compresa tra i 100 e i 120 metri. Le due navi britanniche si avvicinarono, e fu udito chiaramente, per le battute dell’asdic, che stavano ricercando il sommergibile. Poi, tra le 09.40 e le 10.37 seguirono quattro scariche di cinque o sei bombe, che scoppiando molto vicine e ben centrate causarono al Ferraris alcune avarie che costrinsero l’equipaggio a impiegare le pompe per espellere circa 3 tonnellate d’acqua.
Il sommergibile Archimede in bacino di carenaggio a Bordeaux.
Le unità che attaccarono l’Archimede erano state il cacciatorpediniere Duncan e la corvetta Mallow. Il Duncan, avvistato, come detto, il sommergibile alle 09.13 del 27 ottobre, si diresse nella posizione in cui l’Archimede si era immerso, e mantenendo il contatto asdic nel corso di circa un’ora e mezzo, fino alle 10.41, effettuò cinque attacchi con bombe di profondità. La corvetta Mallow del tenente di vascello Noall lo raggiunse alle 10.10, prese contatto asdic con il sommergibile ma
effettuò un solo attacco con le bombe regolate a grande profondità, dal momento che subito dopo ebbe l’ordine di riportarsi a protezione del convoglio, poi seguita dal Duncan che aveva perso il contatto.
La presenza di unità nemiche fu percepita ad intervalli dall’Archimede fino alle 18.00, quando l’idrofono dette “tutto libero”. Ciononostante il sommergibile emerse soltanto alle 20.30, e nelle ore seguenti il personale si dedicò a riparare le avarie procedendo con rotta 240°. Avendo poi ultimato la carica delle batterie, soltanto alle 02.00 del 28 ottobre il sommergibile riprese la rotta per l’inseguimento delle convoglio nella vana speranza di poterlo raggiungere, essendo rimasto parecchio scaduto. Alle 13.20 del 28 l’Archimede segnalò a Betasom “Subito caccia prolungata avarie leggere”, e alle 14.02 alla segnalazione del Comando “Date vostra posizione”, rispose di trovarsi nel “Sottoquadratino 12 del quadratino di posizione N. 7171”; posizione che corrispondeva a lat. 41°05’N. long. 21°55’W, che era 90 miglia a sud dal punto in cui avrebbe dovuto trovarsi, e quindi lontanissimo di poppa al convoglio che avrebbe dovuto attaccare.23
1941. L’ammiraglio Parona ispeziona l’equipaggio del sommergibile Archimede, appena arrivato a Bordeaux, proveniente da Massaua. Ha di fronte il comandante capitano di corvetta Martino Salvatori che poi nell’ottobre partecipò al vano inseguimento dei sommergibili italiani al convoglio HG.75
Nel frattempo, alle 09.15 del 27 ottobre, durante lo spostamento su nuovi settori di ricerca, il Marconi aveva comunicato di aver avvistato alle 06.00 due cacciatorpediniere. Inoltre, su richiesta di comunicare la situazione meteorologica, il
sommergibile rispose a Betasom che “le condizioni del mare erano in sensibile peggioramento e la visibilità cattiva” . 24
In definitiva, dopo l’attacco infruttuoso dell’U-564, nessun altro sommergibile riuscì in quella notte e durante tutta la giornata del 27 a portarsi al lancio; nondimeno, continuando a tenere il contatto, l’U-563 e l’U-564 riuscirono con le loro trasmissioni radio a portare sul convoglio l’U-432 (tenente di vascello Heinz-Otto Schultze) che, avendo operato con successo, con il gruppo Reissewolf , a sud-ovest della Groenlandia contro il convoglio «SC.48», del quale il 17 ottobre affondò tre navi (il piroscafo panamense Bold Venture e il greco Evros e la grossa motocisterna norvegese Barfonn), disponeva ancora di tre siluri elettrici G7. Alle 22.30 del 27 ottobre il sommergibile avvistò un cacciatorpediniere, poi individuò le navi mercantili e anche l’U-563 che si manteneva presso il convoglio. In quel momento la scorta dell’HG.75, partendo da sinistra, comprendeva cinque unità: Rochester e Duncan ai due lati di prora, Mallow e Bluebell sui fianchi, La Malouine a poppa dietro l’ultima nave della terza colonna centrale del convoglio.
Alle 04.50 del 28 l’U-432 arrivò a contatto con il convoglio al largo di Capo Finisterre, e alle 05.08 il sommergibile si portò a distanza di lancio contro due piroscafi di medio tonnellaggio e con tre siluri lanciati in successione, due di prora e uno di poppa, riuscì a colpire il britannico Ulea (capitano Frederick Osborn Ambrose), di 1.574 tsl. L’Ulea, in viaggio per Clyde con tre passeggeri e un carico di 2.393 tonnellate di pirite di rame imbarcate ad Almeria, aveva avvistato in superficie il sommergibile tedesco e tento di speronarlo, ma colpito da un siluro affondò di poppa in tre minuti con 37 uomini dell’equipaggio, compreso il comandante. I suoi 9 superstiti furono recuperati dalle corvette La Malouine (sottotenente di vascello Vivian Dickibnson Hamlin Bidwell) e Bluebell (capitano di corvetta Robert Evan Sherwood) e sbarcati a Liverpool.25 Complessivamente l’U-432 affondò nel corso della sua missione quattro navi mercantili per 19.808 tsl.
Quella stessa notte del 28 ottobre, e nella mattinata dell’indomani, Betasom tentò di portare sul convoglio i suoi tre sommergibili Marconi, Barbarigo e Archimede, oltre al Ferraris di cui ancora non si sospettava la fine. Alle 22.45 del 27 fu trasmesso ai quattro sommergibili di raggiungere per l’indomani la “longitudine 13”, facendo conoscere che le navi del convoglio stavano zigzagando, e infine fu ordinato: “attaccare”. Poi, alle ore 12.10 del 28 Betasom trasmise a tutti i sommergibili in Oceano Atlantico: “Date vostra posizione (alt) Esplorazione aerea sarà in zona ore 15 (alt) Segnale radiogoniometrici 693 out 968 (alt) 103028”.26
24 AUSMM, Naviglio Militare, Sommergibile MARCONI, messaggi di Betasom.
25 Alan J. Tennent, Merchant Ship Losses to Axis Submarines 1939 – 1945, Sutton Publishing, England, 2001, p. 144.
26 Ibidem.
Il sommergibile Barbarigo alle 03.00 del 28 ottobre diresse, con mare di poppa, “per rotta di collisione con il nemico”, ma per quanto manovrasse nella ricerca variando le rotte sulla base delle segnalazioni che arrivavano da Betasom, alle 16.14 eseguì rapida immersione avendo avvistato un aereo. Alle 22.55, individuata la sagoma di un cacciatorpediniere, il Barbarigo si portò nuovamente sott’acqua sebbene non fosse stato individuato nell’oscurità. Ne conseguì che, pur avendo rilevato con gli idrofoni il passaggio del convoglio, il Barbarigo non venne in superficie in tempo per poterlo rintracciare. Tornato in emersione il sommergibile ricercò il convoglio nella notte ma senza successo. Alle 01.56 del 29, avendo visto accendersi in cielo tre razzi il capitano di corvetta Enzo Grossi, che si trovava alla prima missione in Atlantico, credendo di essere stato scoperto “ accostò alla massima velocità a sinistra per la rotta di massimo allontanamento” in superficie, mentre la scia di un siluro fu vista defilare a 40 metri di distanza dal lato sinistro del Barbarigo.
Nessuna unità britannica riportò di aver lanciato siluri, né vi furono in quel momento attacchi di sommergibili tedeschi. Soltanto alle 08.30 il Barbarigo riprese l’inseguimento del convoglio, che poi, in seguito ad altri contrattempi che lo ritardarono ulteriormente, non riuscì a rintracciare.27
Anche l’Archimede, che aveva ricevuto ordine di portarsi in posizione avanzata rispetto alla rotta della formazione nemica, non riuscì a prendere contatto, perché
durante l’inseguimento effettuò ad intervalli alcune immersioni per evitare di farsi avvistare dalla vigilanza del nemico; ragion per cui, con la sua prudente condotta, il sommergibile del comandante Salvatori rimase sempre assai arretrato.
28 ottobre 1941. L’affondamento del sommergibile Guglielmo Marconi avvistato e attaccato dal cacciatorpediniere britannico Duncan.
Mentre si svolgevano contro il convoglio HG.75 gli avvenimenti descritti, per cause che non erano mai state accertate, prima della conclusione delle nostre ricerche, andò perduto il Guglielmo Marconi. Dopo aver segnalato di avere avvistato nella notte, alle 05.15 del 28 ottobre, tiro illuminante a grande distanza, alle 11.50 il sommergibile comunicò a Betasom di aver “Agito in immersione sottoquadratino 86 del quadratino di posizione n. 7171”, corrispondente alla lat. 42°55'N, long. 21°55'W, posizione che in base alle segnalazioni radiogoniometriche dell’U-564, che teneva il contatto, appariva spostata di circa 30 miglia a sud del convoglio. Il Marconi concluse la sua trasmissione aggiungendo: “Vento da NE 4/6 barometro 768 temperatura 24° buona visibilità. - 115028”.28 Seguì il silenzio, e quindi nessuna risposta alle chiamate ripetute continuamente da Betasom, che inutilmente continuò a tentare di mettersi in contatto anche con il Ferraris.
Il Marconi, distintosi per l’affondamento in Mediterraneo del cacciatorpediniere britannico Escort, e in Atlantico di sette navi mercantili per 19.887 tsl, si perse con 59 uomini dell’equipaggio, e tra di essi non fece ritorno il capitano di corvetta Livio Piomarta, che fu poi decorato con la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria. Avendo il proprio sommergibile in arsenale per lavori, Piomarta si era offerto di sostituire nel comando del Marconi il tenente di vascello Mario Pollina che si era ammalato. La Commissione d’inchiesta Speciale (C.I.S.) della Marina, nella sua inesatta Relazione sulla perdita del Marconi datata 25 luglio 1947, in cui, per mancanza allora della necessaria documentazione, aveva fissato la perdita del sommergibile addirittura al 26 ottobre, dopo aver fatto una breve storia del comandante Piomarta, lo ha considerato “una delle figure più meritevoli di esaltazione e di ricordo”.29 Uguale giudizio, come vedremo, aveva espresso dopo il mancato rientro a Bordeaux del Marconi il capitano di vascello Polacchini.
Dopo lunghe e approfondite ricerche, siamo arrivati alla convinzione che il Marconi sia andato perduto nel corso di una caccia iniziata subito dopo la sua ultima trasmissione del 28 ottobre per l’attacco del cacciatorpediniere britannico Duncan.
28 AUSMM, Intercettazione radio del Sommergibile Barbarigo, fondo Naviglio Militare.
29 AUSMM, Relazione d’Inchiesta della C.I.S. relativa alla perdita del sommergibile MARCONI in Atlantico nell’ottobre del 1941.
A sinistra, il capitano di corvetta Livio Piomartta, comandante del Guglielmo Marconi. Sostituì nel comando del sommergibile il capitano di corvetta Mario Pollina che si era ammalato. A destra, giugno 1941, il capitano di corvetta Pollina (primo a sinistra) al rientro a Bordeaux del Marconi dalla sua più fruttifera missione, realizzata ad ovest di Gibilterra con l’affondamento di quattro navi.
Aprile 1943. Al centro dell’immagine, attorniato da ufficiali e marinai della sua nuova nave, lo sloop Walker, é il capitano di corvetta Arthur Nichol Rowell, ex comandante del cacciatorpediniere Duncan, con il quale aveva affondato il Guglielmo Marconi.
Alle 12.10 di quel giorno il Duncan, che aveva segnalato di avere necessita di rifornirsi a Porto Delgada (Isole Azzorre), ricevette dal comandante del 37° Gruppo Scorta, capitano di corvetta Conway Benning Allen sullo sloop Rochester, l’ordine di lasciare il convoglio e di procedere per Gibilterra, effettuando un ampio rastrello antisom lungo la rotta. Alle 13.10 il cacciatorpediniere diresse per 155° alla velocità di 16 nodi con rotta zigzagante secondo il dispositivo di navigazione n. 11.
In quegli stessi minuti, alle 12.30, il Rochester, percepì al radiogoniometro HF/DF una trasmissione radio in approssimativamente lat. 42°N, long. 21°W, che indicava la presenza di un "sommergibile italiano" che da tutta la notte e da parecchio tempo stava seguendo il convoglio vicino di poppa, e che con tutta probabilità lo stava ancora facendo. La scoperta fu poi trasmessa dal Rochester al Comando del Nord Atlantico a Gibilterra, nella seguente forma:30
“
Con D/F intercettato trasmissione di un sommergibile italiano 67/N su 8.520 Kcc /s alle 1214 entro un raggio di 30 miglia, in 42 gradi Nord, 21 gradi Ovest”.
Alle 12.32 il Duncan avvisto il sommergibile per 209° alla distanza di 5-6 miglia in lat, 42°05’N, long. 21°50’W, e in quel momento il suo comandante ritenne, erroneamente, trattarsi di un U-Boote del tipo VII. Alle 12.33 il capitano di corvetta Arthur Nichol Rowell segnalò al Rochester l’avvistamento, trasmettendo “1 SM 210
6
UN
FAMW – θ51θ”.31 Quindi il Duncan, riferendo al Rochester che il suo l’asdic non era efficiente al 100%, richiese all’unità capo scorta di volere inviare il cacciatorpediniere Lamerton, staccandolo dal convoglio che aveva raggiunto alle 08.00 dopo un rifornimento a Punta Delgada, per dargli assistenza nell’attacco al sommergibile. Nel frattempo il Duncan, aumentando la velocità fino a raggiungere i 26 nodi, si portava sul punto in cui il sommergibile si era immerso, e dette inizio alla sua ricerca con lo scandaglio asdic, a cui erano incaricati l’ufficiale preposto al
31 FXMW era una sigla italiana a quattro cifre della Tabella dei segnali convenzionali. Le prime due lettere indicavano il nome del sommergibile. Ad esempio nel corso dell’operazione contro il convoglio HG.75 il sommergibile Ferraris aveva la sigla CXAT e l’Archimede la sigla CBHU. In un documento dell’estate 1940, riguardante il passaggio per lo Stretto di Gibilterra, con direzione Atlantico, dei sommergibili Marcello, Mocenigo, Bianchi, Morosini, Brin e Velella, è scritto. “La parte più importante del segnale è il gruppo, di 4 cifre che serve ad indicare il Sommergibile che lo ha trasmesso”.
controllo sottotenente di vascello John Denis Davis, e il 1° e 2° operatore marinai scelti Alan Bramwell e Jimmy Norman.
Ottenuto il contatto con il sommergibile in profondità, alle 12.47 il Duncan ridusse la velocità a 15 nodi, e alle 13.00 iniziò l’attacco lanciando sul rilevamento asdic un primo pacchetto di cinque bombe di profondità. Dopo questo primo attacco, alle 13.04 dal cacciatorpediniere furono viste in acqua piccole macchie di olio dalla densità sottile. Poi, mentre l’unità si preparava a lanciare il secondo pacchetto di cinque bombe di profondità, l’asdic si guastò completamente, e la causa del danno fu scoperta per una frattura nel cavo con la cabina dell'oscillatore.
Alle 13.09 il Duncan, per realizzare il secondo attacco, aumentò la velocità per poi sganciare a caso le cinque bombe regolate per grande profondità con un intervallo di caduta di sette secondi. Circa due minuti dopo che le cariche di profondità erano esplose, una vasta bolla d'aria fu osservata alla superficie del mare.
Alle 13.24 il Duncan realizzò il suo terzo attacco nel punto della bolla d’aria sganciando una singola carica di profondità regolata alla quota di 500 piedi (152 metri). La posizione dell’attacco avvenne vicino alla piccola macchia di olio rilevata dopo il primo attacco. Al 1340 due piccole esplosioni subacquee, distanziate l’una dall’altra di due secondi, furono udite a bordo del Duncan.
Il cacciatorpediniere britannico Duncan che il 27 ottobre attaccò il sommergibile Archimede e l’indomani 28, secondo la nostra ricostruzione, affondò il sommergibile Guglielmo Marconi.
Riparato lo scandaglio acustico, che a iniziare dalle 15.35 era nuovamente operativo, il Duncan fu raggiunto dal cacciatorpediniere Lamerton del capitano di corvetta Hugh Crofton Simms, che dopo aver affondato il Ferraris stava rientrando nel convoglio da un rifornimento a Porto Delgada (Azzorre); ma la ricerca del sommergibile, iniziata dalle due unità alle 13.45, non ebbe successo, e alle 17.00, non avendo ottenuto alcun contatto asdic, la caccia durata quattro ore e mezzo fu abbandonata dai due cacciatorpediniere, che diressero per raggiungere il convoglio. Trattandosi di un "sommergibile italiano", come scrisse la Sezione Storica dell'Ammiragliato britannico all'Ufficio Storico della Marina Militare (lettera H.S.L. 129/58), non poteva essere che il Marconi, ma all'epoca (1958-59) dai due enti storici la causa della perdita del sommergibile non fu compresa, oppure non presa in considerazione ritenendola dubbia.32
Ecco il testo originale dalla lettera H.S.L. 129/58:
“At 1214/28 October an Italian submarine, call-sign 67N [segnale di chiamata 67/N], was placed by W/T in approx 42° N, 21° W and 19 minutes later (1233/28) the destroyer DUNCAN attacked a submarine contact with depth charges, results not known. The DUNCAN reported having first sighted the submarine on the surface six miles away”.
Differente, sul risultato dell’attacco, fu invece il parere del comandante del Duncan, che nella sua relazione scrisse: il sommergibile doveva essere l’Italiano "67" per le dimensioni della torretta, come dichiarato dal Rochester in una sua comunicazione delle ore 16.44. E il capitano di corvetta Rowell aggiunse, “si ritiene che questo sommergibile sia stato distrutto, poiché al suo arrivo, il Lamerton non è riuscito ad ottenere il contatto asdic”:33
Occorre precisare che l’orario usato dalle navi britanniche in quella zona dell’Atlantico era un’ora indietro rispetto a quello italiano e tedesco. Pertanto le 12.33, ora dell’inizio dell’attacco del Duncan al Marconi, corrispondeva a Betasom alle ore 13.33.
E’ anche fermamente da escludere che l’attacco del Duncan possa avere avuto come obiettivo l’Archimede, l’altro sommergibile italiano che il 28 ottobre si trovava a sud del convoglio HG.75, poiché, come risulta nella relazione del capitano di vascello Paladini, “alle 12.30 comunica di aver subito caccia prolungata, riportando leggere avarie. A richiesta dà la sua posizione: lat. 41°05’N. long. 21°55’W, che è a 90 miglia a sud del previsto”.34 In queste condizioni, all’Archimede, che era ad
32 David Syrett, The Battle for Convoy HG-75, 22-29
October 1941, Northern Mariner, 1999, in Internet.; USMM, Historical Section Admiralty, lettera H.S.L. 129/58 del 31 Dicembre 1958
33 National Archives, ADM/199-1197.
34 AUSMM, Comando Superiore delle Forze Subacquee Italiane in Atlantico, Missione dei sommergibili ARCHIMEDE – BARBARIGO – MARCONI – FERRARIS, Relazione n. 714/SRP del 12/12/1941-XX°.
almeno 60 miglia dalla posizione del Marconi, anche se avesse spinto le macchine alla massima velocità consentita dal mare grosso (12 nodi ?), navigando sempre in superficie, e sempre indisturbato, ci sarebbero volute almeno cinque ore per raggiungere la zona di attacco del Duncan, e a quel punto, nonostante le sollecitazioni di Betasom, difficilmente avrebbe potuto raggiungere il convoglio che si trovava molto più avanti, di almeno altre 30 miglia.
Il Duncan e il Lamerton si mantennero nella zona dell’attacco fino alle ore 17.00 quando la ricerca del sommergibile fu abbandonata. In tutto il tempo dell’azione antisom due velivoli FW.200, girarono intorno alle due unità britanniche, ma a distanza dal raggio d’azione della loro difesa contraerea, trasmettevano ogni due minuti gruppi di lettere su 550 kilocicli (onda radio a bassa frequenza).
Durante la caccia al Marconi il Duncan, che come abbiamo detto doveva andare a Gibilterra per necessità di rifornimento, aveva ricevuto dal Rochester il contrordine di restare con il Convoglio HG.75 durante la notte del 28 ottobre. Il cacciatorpediniere assieme con il Lamerton diresse a forte velocità verso l’HG.75. Ma a questo punto il Rochester ottenne con il radiogoniometro un contatto costante HF/DF con un U-Boote proveniente dal settore sinistro. Immediatamente il Duncan e il Lamerton furono diretti via radio a caccia del sospettato sommergibile. La ricerca del sommergibile risultò infruttuosa, poiché non fu ottenuto alcun contatto asdic, dopo di che, finalmente, i due cacciatorpediniere poterono raggiungere il convoglio poco prima della mezzanotte del 28 Ottobre. Questo secondo sommergibile doveva essere l’U-564 che alle 12.35 aveva dato la posizione del convoglio in lat. 39°05’N, long. 20°05’W con rotta 330° trasmettendo segnali radiogoniometrici.35
Dai diari dei tre sommergibili tedeschi che continuavano a dare la caccia al convoglio, sappiamo che l’U-563 aveva perso il contatto alle ore 12.30 del giorno 28, quando emergendo il convoglio non era più in vista. L’U-564, che continuò a trasmettere gli spostamenti del convoglio per l’intera giornata, alle ore 20.00 iniziò la navigazione di rientro alla base.36 Poiché l’U-563, l’U-564 e anche l’U-432, che tallonavano il convoglio, non ebbero a riportare alcun attacco da parte di unità nemiche, né subirono caccia in quel pomeriggio il Barbarigo e l’Archimede, è del tutto naturale sostenere che il sommergibile attaccato dal Duncan, dopo le ore 13.33 a sud del convoglio, non poteva essere che il Marconi, rimasto vittima delle bombe di profondità del cacciatorpediniere britannico.
Occorre dire che su una segnalazione del B.d.U. che alle ore 11.30 del 28 ottobre dava il convoglio diretto a nord in lat. 39°55’N, long. 20°15’W, Betasom aveva trasmesso ai sommergibili di raggiungere nuove posizioni per intercettarlo, precisando: “Scorta del convoglio diminuita”. Al Marconi fu comunicato di portarsi in lat. 40°25’N, long. 20°45’W, ma è difficile che in quelle ore il sommergibile, probabilmente in immersione sotto attacco, abbia potuto ricevere quell’ordine, al quale non trasmise il ricevuto.
35 David Syrett, The Battle for Convoy HG-75, Northern Mariner, 1999, in Internet.
36 Ritschel, Herbert, Kurzfassung Kriegstagebuecher deutscher U-Boote, vol. 11: KTB
U561-U599, cit.
Lo sloop britannico Rochester la nave comando della scorta diretta del convoglio. Disponeva di un efficientissimo moderno radiogoniometro HF/DF, per intercettare le comunicazioni, e quindi e la posizione, dei sommergibili dell’Asse che davano la caccia al convoglio HG.75. Fu la Rochester che intercettò una comunicazione del Marconi, che riconobbe per essere un sommergibile italiano dalla sigla 67/N impiegata nelle trasmissioni di collegamento radio con Betasom. Ebbe quindi una parte importante nell’affondamento del Marconi da parte del cacciatorpediniere Duncan.
Perdurando il silenzio del Marconi e anche del Ferraris alle 16.00 del 31 ottobre Betasom, nella speranza di poter ottenere risposta e nell’eventualità che essi potessero essere in condizioni di ricevere e di non trasmettere per avarie agli apparati trasmittenti, chiese a tutti i sommergibili in mare di eseguire controlli agli apparati radiotelegrafici e di dare la loro posizione in condizioni di mare favorevoli. Rispose soltanto il Barbarigo, poiché l’Archimede rimase silenzioso fino alle 07.15 del 4 novembre, quando segnalò che sarebbe rientrato alla base per il mattino del 5. Il silenzio dell’Archimede fu una nuova fonte di preoccupazione per Betasom, poi risoltasi bene, mentre parecchio dolore portò alla Base la perdita del Marconi e del Ferraris.
Il Comandante di Betasom, capitano di vascello Polacchini, riferendosi alla perdita del Marconi scrisse a Supermarina che il sommergibile doveva essere andato perduto “dopo le 1130 del 28 ottobre, data in cui ha trasmesso l’ultimo
telegramma”.37 Nella speranza di avere una risposta dal Marconi e per fornirgli opportuni ordini Betasom, anche nei giorni seguenti fino al 5 novembre, continuò a trasmettere al sommergibile che però non dette più «segno di vita». Fu anche chiesto al Barbarigo, alle 11.00 del 3 novembre, quando avesse sentito l’ultima trasmissione del Marconi e la risposta, riportata in una Relazione di Betasom, fu: “alle 11.11” del 28 ottobre.38
Quindi l’ora dell’ultima trasmissione del Marconi, che Betasom ha riportato nei suoi documenti alle ore 11.30-11.50 del 28 ottobre 1941, appare vicina, e quindi compatibile, con la scoperta radiogoniometrica del sommergibile italiano alle 12.14 (13.14) e l’inizio dell’attacco del cacciatorpediniere Duncan alle ore 12.33 (13.33), a 300 miglia a nord-est delle Isole Azzorre in lat. 41°57’N, long. 21°56’W.
Un'ultima considerazione, da ritene importante. Secondo la citata lettera H.S.L. 129/58 della Sezione Storica dell’Ammiragliato britannico, il siluramento del piroscafo Ulea si sarebbe verificato alle 0012 del 28 ottobre in lat. 41°13’N, long. 21°38’W, e il suo affondamento in lat. 41°17’N, long. 21°40’W. Vi sono quindi cinque ore di differenza rispetto all’ora di attacco riportata nel Diario dell’U-432, ossia alle 05.08. Secondo un’ipotesi avanzata dall’Ufficio Storico della Marina Militare, che riteneva possibile che l’Ulea fosse stato affondato dal Marconi (che avrebbe certamente comunicato l’attacco nelle sue trasmissioni del mattino del 28), la Sezione Storica dell’Ammiragliato britannico, nella citata lettera, scrisse:39
“
E’ possibile che il MARCONI abbia affondato l’ULEA alle 0012/28 ottobre 1941 e che circa 12 ore più tardi sia stato affondato dal DUNCAN”.
Da ciò si deduce, inequivocabilmente, che la Sezione Storica dell’Ammiragliato era arrivata all'ipotesi che il Marconi poteva essere stato affondato dal Duncan, con il suo attacco al sommergibile delle ore 12.33. Poiché la lettera, spedita all’ammiraglio Giuseppe Fioravanzo, fu certamente consultata all’epoca della stesura del libro I Sommergibili negli Oceani, in cui dell’ipotesi britannica non si fa alcun cenno, è possibile che anch’essa fosse stata sottovalutata o, per altro motivo, non presa in considerazione ritenendola inesatta. Occorre però dire, a giustificazione degli scrutatori, che all’epoca la documentazione, per fare i confronti, non era quella che oggi è a disposizione degli storici e degli addetti ai lavori, potendo controllare non soltanto i rapporti ma anche approfondire le azioni delle singole navi.
In conclusione, sulla perdita del Marconi Il capitano di vascello Polacchini, elogiò nella sua relazione il capitano di corvetta Livio Piomarta per la sua “alta
37 AUSMM, Comando Superiore delle Forze Subacquee Italiane in Atlantico, Missione dei sommergibili ARCHIMEDE – BARBARIGO – MARCONI – FERRARIS, Relazione n. 714/SRP del 12/12/1941-XX°. In realtà, secondo la Relazione di Betasom 720/SRP del 12 dicembre 1941, dall’oggetto Perdita dei smgg. FERRARIS e MARCONI, quest’ultimo trasmise il suo ultimo messaggio alle 11.50. Ciò è confermato anche nella relazione del sommergibile Barbarigo.
38 AUSMM, AUSMM, Relazione n. 2 del 16 ottobre al 15 novembre, di Betasom, prot. n. 697/SRP del 23 novembre 1941.
39 USMM, Historical Section Admiralty, lettera H.S.L. 129/58 del 31 Dicembre 1958
perizia capacità professionale, slancio, entusiasmo decisa volontà di azione”. Doti confermate nella primavera del 1941 nel portare il suo sommergibile Ferraris da Massaua a Bordeaux, nonché per essersi “offerto spontaneamente di sostituire sul MARCONI il Comandante che, per ragioni di salute, abbisognava di un lungo periodo di licenza”. Fatte queste considerazioni il Comandante di Betasom, sempre riferendosi a Piomarta, per il quale proponeva a Supermarina di concedergli un’altissima decorazione, scrisse:40
“
Nell’operazione contro il convoglio, in cui probabilmente si è perso con la propria unità, ha dimostrato, con i segnali trasmessi, di aver condotto l’inseguimento con ammirevole tenacia e con la ferma volontà di riuscire a pervenire l’attacco. Non è da escludere che vi sia riuscito con favorevoli risultati”.
La sospensione dell’inseguimento al convoglio “HG.75” cui partecipava da parte italiana il sommergibile Agostino Barbarigo.
Il mattino del 29 ottobre 1941, restavano presso il convoglio HG.75 soltanto l’U-563 e l’U-432, e l’ammiraglio Dönitz, non avendo nella zona altri sommergibili disponibili, si vide costretto a sospendere l’operazione, ordinando alle due unità subacquee di rientrare alla base. Informò Betasom di questa decisione, comunicando che gli aerei FW.200 avrebbero continuato ad assicurare l’esplorazione durante la giornata per guidare i sommergibili italiani ancora in zona. I velivoli tedeschi segnalarono regolarmente il convoglio nel pomeriggio (alle 17.15 fu avvistato in lat. 45°35’N, long. 21°25’W), e anche nella giornata dell’indomani; ma poiché sulla base degli ultimi rapporti apparve chiaro che non vi era più alcuna possibilità di riprendere il contatto, nella notte del 30 ottobre anche il Barbarico, che segnalò di avere soltanto un giorno di autonomia, e l’Archimede, rimasto con 80 tonnellate di nafta, alle 23.30 ricevettero l’ordine di sospendere le ricerche; anche perché il convoglio, avvicinandosi alla costa irlandese, si trovava ormai sotto il raggio di protezione degli aerei della R.A.F. di base in Cornovaglia.
L’HG.75 arrivò a Liverpool il 3 novembre, dopo essere stato sostituito nelle unità scorta, rientrate al limite dell’autonomia a Gibilterra, dagli sloop Londonderry e Aberdeen, e dal cacciatorpediniere Hesperus; dopo di che, per sbarcare il carico, i vari mercantili raggiunsero i loro porti di destinazione dell’Inghilterra e della Scozia.
Il 31 ottobre, l’U-96 (tenente di vascello Heinrich Lehmann-Willenbrock) avvistò a sud-ovest dell’Irlanda il convoglio «OS.10», diretto a Freetown. Il B.d.U. vi diresse contro i sommergibili U-568, U-502, U-77, U-751 e il Barbarigo che si trovavano in buona posizione. Il battello italiano riuscì ad agganciare il convoglio, con rotta imprecisata, nella tarda serata, alle ore 22.00, ma poi fu respinto dalla scorta e non fornì, a richiesta di Betasom, altre informazioni. Nella notte del 1° novembre
40 AUSMM, Perdita dei smgg. FERRARIS e MARCONI, lettera di Betasom 720/SRP del 12 dicembre 1941.
l’U-96 prese nuovamente contatto e affondò il piroscafo olandese Bennkom (capitano Leonardus Hendrik Mager), di 5,998 tsl. Il giorno seguente il convoglio venne avvistato da un velivolo FW.200 del I./KG.40, ma il successivo tentativo di portarvi contro un nucleo di undici U-Boote non portò a risultati concreti. Il solo U-98 (tenente di vascello Robert Gysae) avvistò l’OS.10, ma poiché non riuscì a seguirlo, la ricerca venne interrotta il 4 novembre.
Il sommergibile Barbarigo al rientro a Bordeaux da una missione di guerra.
Alle 11.30 di questo giorno il Barbarigo avvistò un piroscafo senza scorta con rotta 60° e velocità 15 nodi. Lo inseguì ma non riuscì ad attaccarlo, avendo dovuto rinunciare all’azione per un’avaria sopraggiunta al motore termico di dritta.
Conclusione.
Il complesso ciclo operativo contro il convoglio HG.75, che tra il 22 e il 31 ottobre 1941 aveva visto impegnati sei sommergibili tedeschi e quattro italiani, non portò a risultati positivi per i nostri battelli. Mentre agli U-Boote riuscì di affondare quattro piroscafi per 8.772 tsl e il cacciatorpediniere Cossack, e a silurare la nave catapulta aerei Ariguani, nessun sommergibile italiano riuscì a portarsi a distanza di lancio. Questo risultato appare ancora più negativo, considerando la perdita dei due sommergibili Ferraris e Marconi, corrispondente al cinquanta per cento delle unità impiegate.
L'ammiraglio Dönitz, ritenendo che i sommergibili del gruppo “Breslau” avessero conseguito un’eccezionale successo, affondando un cacciatorpediniere e sette piroscafi per 34.000 tonnellate annotò nel suo Diario di guerra in data 29 ottobre:41
“È merito del tenace mantenimento del contatto, del deciso inseguimento, dell’esplorazione aerea che ha sempre ritrovato il convoglio se tutti i sommergibili disponibili hanno potuto giungere all’attacco” .
Invece il capitano di vascello Polacchini dovette giustificare con Supermarina il fallimento dell’operazione dei suoi sommergibili, scrivendo:42
“Le cause che hanno fatto mancare il successo vanno ricercate:
a) Nella scorta fortemente nutrita che da qualche tempo accompagna i convogli in uscita da Gibilterra. Essa era infatti costituita da 6 navi scorta ed 1 incrociatore ausiliario con aereo per soli 17 piroscafi. Dopo il primo attacco sferrato dai sommergibili alleati i 13 piroscafi rimasti sembra abbiano proseguito ancora scortati nella stessa misura.
b) Nell’allenamento di alcuni nostri comandanti, non ancora completo per questo tipo di operazione. Come è noto tutti i Comandanti, anche i vecchi che hanno maggiore esperienza ed hanno già avuto successi, vengono da tempo inviati a Gotenhafen [nel Baltico] presso la nostra "Sezione Tattica" per perfezionare il loro allenamento.
c) Nella errata valutazione da parte di alcuni comandanti di determinate situazioni, come quella di attribuire eccessiva importanza al tiro illuminante effettuato da unità di scorta, tiro che può venire impiegato in zone lontane dal convoglio per distogliere i sommergibili dal convoglio, attrarli ed attaccarli.
d) In definitiva occorre porre in rilievo come l’attacco ai convogli da e per Gibilterra abbia, in questi ultimi tempi, assunto le proporzioni di una complessa operazione aereonavale, che presenta difficoltà veramente notevoli. Oltre alla scorta sempre molto intensa, oltre ai soliti e ben adeguati mezzi di caccia, il nemico cerca di proteggere i convogli e di distrarre i sommergibili con ampie puntate esterne delle unità di scorta e con l’esecuzione di tiro illuminante.
Da quanto sopra appare, che per poter attaccare con maggiore efficacia il traffico convogliato di Gibilterra, occorre disporre di numerosi sommergibili e della cooperazione di aerei da esplorazione e da bombardamento. Ottimo sarebbe anche l’impiego di aerosiluranti. Si potrebbe allora mantenere il contatto con la sola osservazione aerea per fare poi intervenire i sommergibili in massa, di sorpresa, in un momento opportunamente prescelto; prima dell’intervento dei sommergibili fare
41 Kriegstagebücher (KTB) & Stehender Kriegsbefehl Des Führers/Befehlshaber der Unterseboote (F.d.U./B.d.U.).
42 AUSMM, Comando Superiore delle Forze Subacquee Italiane in Atlantico, Missione dei sommergibili ARCHIMEDE – BARBARIGO – MARCONI – FERRARIS, Relazione n. 714/SRP del 12/12/1941-XX°.
attaccare il convoglio, per menomarne l’efficienza e disgregarlo, da aerei bombardieri e siluranti.
Tale sistema eviterebbe ai sommergibili lunghi inseguimenti e snervanti mantenimenti del contatto, che si ripercuotono sul personale forse in modo tale, da non conservarlo nella più completa efficienza per l’azione decisiva ed eviterebbe altresì di mantenere i sommergibili per più giorni consecutivi esposti all’offesa nemica, in attesa del momento favorevole per l’attacco. D'altronde il convoglio non permarrebbe in quel continuo stato di allarme, che viene a determinare la più intensa vigilanza e la maggiore prontezza nella reazione.
la piccola corvetta britannica Petunia.
Si potrebbe obiettare che il logorio del personale è biunivoco; ma occorre osservare che, mentre il personale dei sommergibili resta in mare per lunghi periodi, quello dei convogli per periodi molto più brevi ed in migliori condizioni di ambiente».
Le giustificazioni del capitano di vascello Polacchini, secondo il quale alle agguerrite scorte di unità navali che scortavano i convogli da parte nostra non si poteva opporre un maggior numero di sommergibili né una maggiore collaborazione aerea, pur essendo sostanzialmente giusta, deve essere vista sotto una luce diversa. I
tedeschi, che avevano impegnato nell’ultima operazione un numero di battelli di un terzo appena superiore al nostro, pur trovando la stessa scorta e le medesime difficoltà, erano riusciti con continuità a tenersi tenacemente in vista del convoglio britannico, attaccandolo più volte e conseguendo successi. La causa degli insuccessi italiani, andava ricercata nella mancanza di allenamento della maggior parte dei nostri comandanti, nelle loro errate manovre e valutazioni, nel non riuscire a portarsi di prora ai convogli e restarvi non avvistati, nel perdere sistematicamente il contatto, immergendosi e portandosi in profondità a ogni apparizione di aerei e a ogni accostata delle navi di scorta.43
L’idea del comandante di Betasom, di impiegare bombardieri e aerosiluranti per tenere i contatti e disgregare i convogli prima di un attacco in massa, di sorpresa, dei sommergibili, appariva interessante. Si sarebbe evitato sia di mantenere i battelli per più giorni esposti all’offesa nemica, in attesa del momento favorevole per l’attacco, sia i lunghi inseguimenti e gli snervanti mantenimenti del contatto che si ripercuotevano sul fisico del personale. Quest’auspicabile realizzazione, nel campo operativo e nella collaborazione aeronavale, richiesta in misura maggiore anche dall’ammiraglio Dönitz, non fu a noi possibile per la ben nota mancanza dei mezzi necessari. Ed anche perché dopo il fallimento delle operazioni contro l’HG.75 i sommergibili italiani tornarono a realizzare la tattica di attacco, a loro più confacente, realizzando negli anni 1942-1943 significativi successi contro le navi mercantili isolate del sud Atlantico, estendendo le operazioni, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, soprattutto lungo le coste del continente americano, dalla isole Bahamas e Antille alle coste centrali del Brasile.44
Complessivamente, nel corso delle operazioni in Atlantico, tra il giugno del 1942 e il settembre 1943, i trentadue sommergibili di Betasom (sedici dei quali andarono perduti nel corso delle operazioni e altri dieci rientrarono in Mediterraneo nell’estate-autunno 1941) affondarono sicuramente, secondo i nostri ultimi dati, una piccola unità militare e 109 navi mercantili (89 piroscafi e 20 petroliere) per 605.369 tsl, e danneggiarono un cacciatorpediniere, un grosso incrociatore ausiliario e quattro navi mercantili per 34.061 tonnellate. E tale bilancio, per il numero di navi affondate é danneggiate, è in assoluto il miglior risultato tra quanti ottenuti dalle varie specialità della Marina italiana nel corso della seconda guerra mondiale.
43 Francesco Mattesini, Betasom. La Guerra negli Oceani (1940-1943), USMM, 2a edizione 2003.
44 Vedi in Accademia EDU l’articolo dell’Autore L’attacco dei Sommergibili di Betasom dalle Isole Bahamas alle coste brasiliane (Febbraio – Aprile 1942).