STATO MAGGIORE DELL ' ESERCITO UFFICIO
STORICO
GIORGIO CANTELLI
LE PRIME UNIFORMI DELL ' ESERCITO ITALIANO
ROMA 1994
PROPRIETÀ LETTERARIA T UIT! l D IRITTI RI SERVATI. VIET:\T:\
L:\ RIPRODUZIONE ANCIIE 1'1\RZi t\LE SENZ:\
AUTORIZZAZIONE
Prima c&Lionc 1979 Ristampa 1982 Seconda cdizion..- l 'J94
UTOS l ROMA - 199-t
Presentazione
J mutamenti nel tempo dell'abito
militare sono dovuti, essen-
ziaLmente, a due ordini di motivi: l'adattamento dell' utliforme alla evoluzione delle armi e degli ordinamenti e l'inevitabile collegamento con il costume civile. Anche l'uniformologia, quindi, se trattata con intenti scientifici, costituisce una parte sia pur piccola della storia di un esercito e 11e
consente una conoscenza piĂš approfondita, specie sotto l'aspetto
sociologico. L'Ufficio Storico con il presente volume intende appunto offrire, sia agli studiosi specialisti della materia sia agli amatori, ttn utile e rigoroso strumento di lat'Oro. Non utza semplice rassegna di figuritJi, dunque, ma una raccolta organica di tlocumettti e prescrizioni ufficiali che permettono la rĂŹcostruzio11e, anche nei minimi particolari
eli foggia e di colore, delle prime uuiformi adottate dall'Esercito Italiano.
IL CAPO DELL'UFFICIO STORICO
PARTE PRIMA
O E N E R A L l T A'
L'UNIFORME MILITARE QUALE FENOMENO INTIMAMENTE CONNESSO AGLI SVILUPPI DELLA SOCIETÀ
Già da alcuni anni, nel campo degli studi sulle uniformi militari, va profilandosi anche in Italia un netto mutamento d'impostazione. I limiti del vecchio indirizzo, ancorato ad una concezione romantico- eroica del mondo della guerra, sono ormai superati. Di conseguenza oggi le uniformi non sono più considerate come un fenomeno di carattere coreografico governato solo da esigenze di ordine estetico. Alla luce di un atteggiamento più analitico, il fenomeno stesso è emerso in tutta la sua consistenza, e in tutte le sue implicazioni con altri aspetti della vita militare e con la società di cui esso è prodotto. Inoltre è apparso chiaro che le trasformazioni del costume militare, avvenute nel corso dei secoli, sono state determinate dal concorso di cause precise, le
disegni politici produce sugli organismi militari. Per garantire l'assetto politico e l'equilibrio dell'Europa della l< Santa Alleanza», i Paesi firmatari del Trattato di Vienna finirono per attribuire alle loro truppe compiti che sostanzialmente erano d i polizia, pri vandoli così della loro funzione istituzionale. Una simile circostanza produsse degli effetti involutivi che si rifletterono anche sull'aspetto esteriore dei militari in genere. Infatti, in quegli anni, si diffuse la moda dell'uso di copricapi di enormi proporzioni ed altre' esagerazioni nel vestire che se conferivano maggiore marzial ità ed imponenza alle truppe, stavano tuttavia a. testi moniare chiaramente come quei sold ati limitassero tutta la loro attività a semplici esercitazioni di ordine chiuso e parate. Simili eserciti non erano altro che
stesse che hanno prodotto lo sviluppo cd il
strumenti di repressio ne d i monarchi reazio-
progresso degli eserciti in ogni epoca, e che hanno condizionato il soldato a vestirsi ed equipaggiarsi in fu nzione delle operazioni che di volta in volta era ch iamato a svolgere sul campo di battaglia. · La storia ci insegna come le caratteristiche dell 'abbigliamento mi litare siano variate nel tempo in funzione diretta delle possibilità economiche del rispetti vo paese, che dipendono inoltre dal tipo di politica che esso attua e, di conseguenza, dalla posizione che l'organismo militare assume nel contesto sociale. E' ch iaro che una nazione, che si fa assertrice di una tenace politica espansionistica, darà particolare importanza all 'organizzazione de l proprio esercito, ded icandogli il meglio delle proprie energie. Se ci soffermiamo a considerare, sia pure brevemente, quale era la condizione degli eserciti europei nel periodo post- napoleonico, abbiamo un esempio molto chiaro delle conseguenze immediate che l'attuazione di certi
nari , che speravano con essi di conservare un anacronistico assetto pol itico. Solo la Francia riuscì a sfuggire ad una situazione di stagnante regresso poiché le sue truppe poterono essere impiegate, durante le campagne coloniali , in operazion i belliche di una certa importanza. L'esercito acquisì un elevato grado di esperienza divenendo quindi un modello ideale, a cui tutti i paesi del nostro continente si ispirarono. Se da un lato le innovazioni tecniche introdotte dai francesi risvegliarono l'interesse degli ambienti militari contemporanei, è pur vero che, per quanto concerne le divise, 1c le confort français » non mancò di suscitare l'entusiasmo di tutti. Sta di fatto che le iniziative volte ad imitare la nuova moda furono frequentissime, persino nell a lontana America si costituirono reparti di Zuavi c Cacciatori di Vincennes. I nuovi criteri che l'esercito d'oltralpe aveva adottati per vestire le proprie truppe era-
no ispirati a principi di assoluta praticità ed erano il frutto della permanenza francese in Algeria. Tanto successo era pienamente giustificato, non si trattava solo di una manifestazione di euforia per una proposta di rinnovamento del gusto estetico militare, quanto piuttosto di consenso per una concezione della divisa del soldato, che dimostrava di essere molto più funzionale. Il progresso tecnico- scientifico è un altro fattore importantissimo, responsabile di profondi mutamenti nell'organizzazione degli eserciti di tutti i tempi, da cui anche il fatto uniformologico trae un valido motivo per evolversi. Si potrebbero citare infiniti esempi a riprova di questa tesi, basti pensare alle conseguenze che il graduale affermarsi della polvere da sparo produsse negli organismi militari del Medio Evo. Significò la fine della guerra concepita quale scontro cavalleresco, privilegio esclusivo dei nobili. Di fronte ai colpi sleali dell'archibugiere le splendenti armature della cavalleria feudale erano ormai assolutamente inadeguate; fu l'inizio di una nuova era che sconvolse le stesse strutture sociali, perché basate sulle gerarchie militari della Cavalleria. Indubbiamente i criteri secondo i quali un soldato è vestito ed equipaggiato dipendono in gran parte dal progresso tecnico raggiunto nel campo degli armamenti e di conseguenza dal diverso modo di concepire la tattica e l'impiego. Non a caso l'adozione delle uniformi mimetiche, avvenuta agli inizi del secolo, coincise con alcune tappe fondamentali del progresso tecnico. Il definitivo affermarsi della retrocarica, delle armi a ripetizione e della polvere senza fumo imposero importanti revisioni sui metodi d'impiego delle truppe. Era necessario divenire meno facilmente individuabili sul campo di battaglia, anche a causa della maggiore gittata delle armi moderne, si doveva quindi dotare la truppa di un abbigliamento più rispondente alle nuove tecniche operative. Lo studio e la soluzione di questo importante problema portò all'adozione delle moderne uniformi kaki, grigio verdi, grigio azzurre, da usare durante l'attività di campagna.
Il fattore ambientale è un altro importantissimo parametro dalle cui variazioni la storia del costume militare è sempre in qualche misura dipesa. Le più grandi civiltà del passato nacquero e fiorirono proprio perché il clima e le risorse naturali crearono i presupposti necessari che ne consentirono la nascita e lo sviluppo, quasi che fossero un incentivo all 'ingegno ed alla versatilità dell 'uomo. Accadde anche però che le favorevoli condizioni ambientali, che all'inizio avevano così generosamente contribuito al progresso civile di un popolo, mutassero in maniera tale da diventare la causa della loro stessa decadenza. Fertili regioni, dove gli insediamenti umani avevano prosperato, si tramutarono in lande desolate per effetto delle avversità naturali. Esistono numerose testimonianze che attestano come. persino gli eserciti dell'antichità modificarono la loro organizzazione, sia nel tipo di unità impiegate che nell'armamento ed equipaggiamento, in funzione dell'ambiente in cui erano chiamati a combattere. D'altra parte si tratta di un principio abbastanza intuitivo, perché è chiaro che il soldato chiamato a presidiare zone d'alta montagna, ove la temperatura scende sovente sotto lo zero, avrà necessità di disporre di mezzi idonei alle sue particolari condizioni, così come il combattente che opera nelle zone tropicali o desertiche. Uno degli aspetti più interessanti della nostra storia coloniale è proprio lo studio di come questo genere di problemi venne affrontato. Infatt i è nell 'ambito della soluzione delle difficoltà ambiental i che sorsero i pnm1 reparti indigeni ed il Regio Corpo Truppe Coloniali. Nel 1885 il Corpo di spedizione italiano fu inviato in Eritrea vestito ed equipaggiato come se dovesse partecipare ad una esercitazione estiva nell'Italia Meridionale. Ai primi contatti con la realtà ci fu il brusco risveglio e l'amara constatazione dell'inadeguatezza dei mezzi impiegati. La temperatura di Massaua oscilla sui 50 gradi all'ombra, da marzo ad ottobre, con il 70 per cento di umidità; un clima del genere immobilizzò quasi completamente il presidio italiano. Tanto per comin-
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ciare, gli zaini furono subito aboliti, perché lo sfregamento delle cinghie con il sudore produceva sulle spalle dci soldati delle profonde ulcerazioni. Si dovettero risolvere tanti altri problemi della stessa natura, ·per non parlare poi di quelli di carattere igienico- sanitario. Comunque it risultato di questo difficile primo impatto con l'ambiente africano, fu l'adozione due anni più tardi , nel 1887, di uno speciale corredo per i presidi eritrei. L'uniforme bianca in tutto simile a quella prescritta in Italia veniva sostituita da una tenuta di tela kaki , o color bronzo chiaro come allora si diceva, molto più funzionale e chiaramente ispirata all 'abbigliamento sportivo dell'epoca. In Libia, invece, accadde qualcosa di diverso, perché indumenti tipici del costume indigeno furono adottati e valorizzati anche dagli italiani, non solo in ossequio ad una tradizione che talvolta li considerava segno di decoro e prestigio della condizione di guerriero, ma soprattutto perché l'esperienza aveva dimostrato che quell 'abbigliamento così esotico, del genere ad esempio adottato da un ufficiale dei meharisti , era l'unico in realtà adatto per muoversi senza impaccio in condizioni climatiche ed ambientali del tutto particolari, come nel Sahara Libico. Questo rapido esame dci meccanismi che contribuiscono a determinare l'evoluzione del fenomeno uniformologico ci porta a considerare altri due elementi molto importanti. Essi sono: le tradizioni militari del paese a cui appartiene l'esercito, e la moda dell'epoca a cui ci si riferisce di volta in volta, intesa sia in senso generale, sia quella più strettamente attinente alle fogge militari. L'Esercito Italiano, nato come ampliamento della vecchi~ Armata Sarda, ered itò tutte le tradizioni patrimonio dei corpi militari istituiti fin dalla seconda metà del XVII secolo dai Duchi di Savoia. Un fatto simile non poteva mancare di ripercuotersi anche sull'aspetto esteriore delle truppe. Infatti l'uso di certe colorazioni distintive, di certi alamari aveva ormai assunto un significato preciso tra i soldati piemontesi anche perché retaggio di un passato glorioso. Quando l'esercito di Vittorio Emanuele II , ampliatosi considen:volmente negli organtct,
per l'afflusso dei contingenti provenienti da tutte le parti d'Italia, assunse nel 1861 la denominazione di << Esercito Italiano l>, trasferì tutte le sue caratteristiche anche ai reparti di nuova costituzione. L'uniforme dall'eleganza sobria, priva di inutili fronzoli, quasi austera, indossata dalle truppe sabaude, ben si addiceva anche al nuovo esercito nazionale per quelle doti di essenzialità che già in passato l'avevano resa inconfondibi le. La storia del costume militare ha subito in ogni epoca le influenze dei dettami della moda imperante nella società, anche se per ovvi motivi non poteva certo seguirne tutti i capricci e le stranezze; pertanto nel 1700 anche il soldato portava parrucca e tricorno. La stessa cosa avvenne nei secoli successivi, sino ai nostri tempi. Ora però se da un lato il militare, sostanzialmente, si è sempre vestito secondo i modelli suggeriti dai canoni e dal gusto della società del tempo, è pur vero che i grandi eserciti si sono sempre distinti per certe caratteristiche peculiari del loro aspetto, che li rendeva inconfondibili. Le truppe di armate contrapposte si potevano facilmente individuare sul campo di battaglia, graz.ie alla diversa foggia e colore dell'abito, per gli speciali copricapi adottati, per i fregi e gli emblemi che guarnivano la divisa. Nonostante le trasformazioni imposte dall'evoluzione dei tempi, ciascuno continuava a preservare una propria identità, che nasceva in parte dall'esigenza di poter riconoscere a colpo d'occhio il nemico dagli amici, ma che veniva però determinata dal gusto, dalle tradizioni o dalla possibilità di disporre di certi materiali invece che di altri. Restando in tema di moda militare è interessante notare che alcune manifestazioni più clamorose di questo fenomeno hanno avuto dei ricorsi storici che si sono manifestati in concomitanza con il deflagrare di conflitti di considerevole gravità e proporzioni. In simili circostanze è accaduto che ciascuno dei contendenti costituisse dei corpi speciali , capaci di fronteggiare con maggiore efficacia situazioni nuove e difficili. Così, verso la metà del XVII secolo, le buone prove fornite dagli ussari ungheresi, durante le guerre
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contro i Turchi e nella Guerra di Successione di Spagna, spinsero i vari monarchi europei a reclutare anche nei loro eserciti, reggimenti di cavalleria leggera che vestivano ed operavano secondo la tattica degli ussari. Nel periodo napoleonico questa moda riuscì ad affermarsi ovunque, persino in paesi come l'Inghilterra tanto legata alle proprie tradizioni militari. In tempi più recenti il fenomeno si è ripetuto; dopo la seconda Guerra Mondiale i reparti paracadutisti sono divenuti l'élite della fanteria negli eserciti di tutto il mondo. Anche nei paesi africani di recente indipendenza li vediamo sfilare immancabilmente in tuta mimctica e basco. E' evidente che si tratta di una copia esatta di quella immagine di efficienza trasmessaci dalle truppe francesi che combatterono in Tndocina ed Algeria. In questi casi i requisiti di funzionalità, a cui deve sempre rispondere il corredo del militare, sono parte integrante dell'innovazione che rappresentano. Ci sembra si debba soffermare l'attenzione su questo particolare aspetto del problema, perché la necessità di avere un abito che consenta al soldato di muoversi sul campo di battaglia .senza inutili impacci costituisce la componente fondamentale del fenomeno uniformologico e ad esso si assommano tutte le altre. La divisa militare, nata con la creazione degli eserciti moderni, verso la seconda metà del r6oo, è un fatto che scaturisce da precise esigenze pratiche a cui non si può attribuire solo un valore puramente decorativo, poiché risulta strettamente legato al progresso ed all'evoluzione degli organismi militari e della società. Fin qui si è parlato delle diversità che identificano in maniera cospicua gli eserciti di nazioni che hanno una storia militare ed una tradizione antica, però ne li 'ambito dello stesso esercito l'uniforme serve anche ad indicare, mediante la rigorosa disposizione dei distintivi di diverso genere, l'arma ed il corpo d'appartenenza del soldato, il suo grado o la funzione. Ciascuno degli elementi che guarnisce l'un iforme deve avere certi requisiti e dimensioni perché la diversità degli ornamenti con-
sente di leggere i vari gradi, le specialità o il corpo del militare. Alterando la disposizione o le caratteristiche di una spallina, di un gallone o il colore di una mostreggiatura ne risulta distorto il significato. Tutti questi accessori, la cui ricchezza contribuisce a rendere l'uniforme più brillante, non vanno scambiati per dei semplici elementi decorativi, in realtà essi sono sempre stati adottati in funzione di una necessità pratica. Gli stessi pennacchi dai colori vivaci che adornavano elmi, kepì e shako non erano altro che dei distintivi di specialità o di carica. Gli ufficiali piemontesi usavano il pennacchio azzurzo per indicare che erano in servizio di stato maggiore; il pennacchio d'asprì era invece il distintivo dei comandanti di reggimento o analogo corpo. Gli stessi cordoni da bersagliere, di cui si sono sentite raccontare le storie più strane, servivano solo per portare la fiaschetta della polvere. Quindi tutti questi elementi così decorativi di cui si componeva la divisa potevano essere più o meno appariscenti, tuttavia integravano il corredo militare prevalentemente per ragioni di utilità. Continuare ad indossare le spalline metalliche a frangia, la bandoliera o i cordoni da bersagliere quamlo non st:rvono più, diventa un fatto di tradizione che però non deve diventare anacronistico, come accadde in Italia dopo il 1920. In quel periodo l'uso della bandoliera per corpi a cavallo venne esteso agli ufficiali di tutte le specialità dell'esercito, beninteso da indossare con la grande uniforme. Mentre avrebbe avuto un altro significato se avessero continuato ad averla solo quei corpi che ne erano tradizionalmente dotati, cioè cavalleria ed artiglieria. Ciò non accadde anche perché si dimenticò a cosa serviva questo oggetto nel passato. A questo punto il fenomeno uniformologico risulta inquadrato in una panoramica abbastanza ampia, che va oltre gl i angusti limiti di un'arida descrizione di bottoni, paramani, filettature ed altre cose simili. Nella ricerca dei motivi e delle cause che determinano le caratteristiche dell'aspetto esteriore del soldato si riscoprono i legami tra società e forze armate, l'analisi delle loro interdipendenze spiega come le manifestazioni del IO -
costume militare non sono affatto casuali, perché le caratteristiche della divisa dell'esercito sono un prodotto della civiltà e della cultura del rispettivo paese, sono l'espressione di un modo di essere di un popolo. Indubbiamente la realizzazione delle riforme degli anni 186o..è un argomento che offre, sotto il profilo storico, una varietà di spunti estremamente interessanti. Lo scopo di questo lavoro è quello di cogliere il significato di certe modifiche delle uniformi che scaturirono dalla fusione dei corpi militari dei vecchi Stati pre- unitari in un'unica compagine nazionale. In questa sede le divise adottate dal primo Esercito Italiano non sono considerate solo
secondo un criterio di divulgazione iconografica ma sono piuttosto riviste attraverso la lettura delle disposizioni ufficiali che fissavano i vari cambiamenti. Là dove non è stato possibile rintracciare queste disposizioni le informazioni sono state tratte dall'esame di oggetti di corredo originali; in sostanza si è cercato di coordinare tutto quel materiale che poteva offrire una documentazione di prima mano, capace di chiarire una infinità di dettagli fino ad oggi in gran parte sconosciuti. La trattazione si riferisce al periodo che va dal r86o al 1864 anche se questi limiti, per necessità d'esposizione, sono stati considerati con una certa elasticità.
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INQUADRAMENTO STORICO
Qualunque aspetto dell'organismo militare italiano si voglia prendere in esame, all'atto della sua costituzione, non si può prescindere da un pur breve cenno a quelle strutture della vecchia Armata Sarda su cui si andavano innestando le nuove Forze Armate del Paese. La creazione dei Corpi e delle specialità che dovevano formare l'Esercito Nazionale, si realizzava attraverso un laborioso programma di ampliamenti, in pratica non si faceva altro che aumentare gli organici, aggiungendo ai Corpi piemontesi i nuovi reparti. A questo punto credo si renda necessario soffermarci a considerare, rapidamente, quale era l'organizzazione dell'Armata di Vittorio Emanuele Il, e quali esperienze di guerra stava vivendo, prima che diventasse il nucleo centrale dell'Esercito Italiano. In occasione della campagna del 1859 il quadro di formazione delle forze piemontesi comprendeva i seguenti reparti: 5 divisioni, formate ciascuna da: 2 brigate di fanteria, 2 battaglioni bersaglieri, r reggimento cavalleggeri, 1 brigata d'artiglieria su 3 batterie, r compagnia zappatori del genio. Inoltre fu costituita una divisione di cavalleria su 4· reggimenti di linea con 2 batterie a cavallo. Fuori dalle grandi unità restavano il reggimento Rea! Navi, una brigata da campagna e 5 compagnie zappatori. Gli avvenimenti della seconda Guerra d'Indipendenza sono talmente noti che non è certo necessario soffermarsi a narrare come si svolsero, mentre è più interessante notare le conseguenze che ebbero sulla formazione dell'Esercito Italiano. Il largo afflusso di volontari, che accorsero da ogni parte d'Italia per dare l'apporto del loro contributo diretto alla causa dell'unità del Paese, non solo rafforzava le file dei combattenti ma conferiva sempre in maggior misura un carattere nazionale alla vecchia Armata Sarda. Con gli uomini dispo-
nibili si poté formare il corpo dei Cacciatori delle Alpi, forte di 3 reggimenti su 2 battaglioni ed uno squadrone Guide; i Cacciatori dell'Appennino con un solo reggimento di 4 battaglioni ed infine la Legione Ungherese su 4 battaglioni. L'armistizio di Villafranca, purtroppo, poneva termine alla guerra prima che si potessero raggiungere tutti quegli obiettivi che Cavour si era prefisso. Il successivo sviluppo degli avvenimenti dimostrò che questa circostanza, considerata di ostacolo alla causa italiana, in realtà si rivelò vantaggiosa e ne favorì il progresso, tanto da essere poi benedetta dallo stesso Cavour. In seguito agli accordi stipulati a Villafranca e poi a Zurigo, si riusciva a strappare indirettamente all'Impero Asburgico solo la Lombardia. Le truppe imperiali rimanevano ancora saldamente attestate sul Mincio a presidio del <c quadrilatero l1, quale costa nte min accia, con la evidente intenzione di sfruttare il più piccolo pretesto per rivalersi degli smacchi subiti a causa dell'intervento francese. La situazione di politica internazionale del giovane Regno d'Italia registrava quindi questo stato di incombente pericolo, né d'altra parte la situazione interna si presentava più facile. Infatti nel centro e nel meridione d'Italia le aspirazioni indipendentiste delle popolazioni, ancora sotto i governi pontificio e borbof!ico si facevano sempre più irrefrenabili ; deluderle ora significava dare spazio a quel movimento di ispirazione repubblicana che stava gradatamente affermandosi. Dato il profondo stato di crisi in cui si trovavano quei due Stati, si correva il rischio di vedere da un momento all'altro il Paese diviso in un Regno del nord ed una Repubblica del sud. Al fine di conservare l'iniziativa c compiere sensibili progressi nel programma di unificazione era necessario disporre di un forte esercito, capace di contenere anche la incombente minaccia asburgica al nord. Fidare in 12 -
tando così il totale delle divisioni da 5 a ~ . Furono pertanto inquadrate nella fanteria 6 nuove brigate: Granatieri di Lombardia, " Brescia ll, ,, Cremona n, ,, Como n, " Bergamo >l c " Pavia)); altri 6 battaglioni si aggiunsero a quelli già esistenti. La caval leria poté disporre di 3 nuovi reggimenti: Lancieri di Milano e Montebello ed i Cavalleggeri di Lodi. Per quanto concerne l'artiglieria, con le 12 batterie da campagna di nuova costituzione, questa speciali tà raggiunse un totale di 32 batterie disponibili. Si compiva così un primo passo verso un più vasto ampliamento delle forze . Dopo la campagna del 1859, il colonnello Raffaele Cadorn<! veniva inviato in Toscana dove, con il grado di generale, ricoprì la carica eli Ministro della Guerra; il suo compito era di riorganizzare l'esercito granducale in modo da riunirlo al resto dell'Armata Sarda. Di conseguenza furono sciolti i vecchi corpi e nuovame nte inquadrati nelle tipiche unit~ piemontesi dando così vita ai segue nti corpi : 4 brigate di fanteria: " Pisa n, ,, Siena n, " Livorno )) , << Pistoia n; 1 reggimento Lancieri di Firenze; 1 reggimento Cavalleggeri di Lucca; 1 reggimento artiglieria composto da: 6 batterie da campagna. 6 compagnie da piazza. In Emilia la situazione era diversa dato che non c'era una grossa forza militare preesistcntc, gli unici nuclei di regolari appartenevano :di'Esercito Parmense o al l'Esercito Pontificio poiché i Modenesi avev<a.. o preferito seguire il loro Duca di Mantova. Si dovette quindi procedere al reclutamento eli corpi volontari, infatti il generale napoletano Mezzacapo costituì in Toscana una divisione che venne subito inviata nelle Legazioni. Il generale Rosselli formò una brigata, mentre il generale Riboty passò nel Modenese alla testa dci suoi Cacciatori della Magra. Infine il gcncrak Manfrcclo Fanti, inviato in Emilia, fu incaricato eli inquadrare questi corpi volonwri all a piemontese. furono perciò riplasrnati c da essi scaturirono 4 brigate: " Ran:nna n. " Bolo<rna n , " Modena >> c •· Forlì u. 1'> L.: truppe parmensi furono trasformate nella Brigat;:J " Parma n: reclutando localmente altro personale si agwunsero altre 2
un ulteriore intervento francese a favore era ormai illusorio. In circostanze del genere la costituzione di un buon esercito era una condizione indispensabile per raggiungere il traguardo dell'unità. • A tal fine, per rendere più spedito il processo di integrazione delle forze militari disponibili nel paese. generali piemontesi vennero inviati nei ducati per organizzare gli eserciti dci governi provvisori sul modello dei reparti sardi di modo che, una volta conclusasi l'operazione dei plebisciti , queste truppe si sarebbero potute inserire automaticamente nell'Armata Sarda assumendo semplicemente le denominazioni e le numerazioni per esse stabilite secondo la tradizione piemontese; c così in effetti avvenne. Le fasi dell'ampliamento in pratica iniziarono con l'annessione della Lombardia al Piemonte, venivano così immessi nell'Armata Sarda ane.he i contingenti di truppe che la Cas:~ d'Asburgo tradizionalmente reclutava in ques ta provincia dell' Impero; tra le forze preesistenti furo no questi i primi soldati a compiere il passaggio, anche se l'operazione si realizzò in tempi piuttosto lunghi. Si trattava di otti me truppe ben addestrate c disciplinate, le classi anziane però furono congedate perché la ferma austriaca era più lunga. Il rispettivo numero di ufficiali fu ·invece molto esiguo perché tra le loro file i lombardi erano pochissi mi c quei pochi preferirono continuare a servire l'Imperatore. Fortunatamente si poté soppnirc a questa carenza di quadri poiché molti sott ufficiali. già appartenenti al battaglione di Racconigi ,·enncro promossi sottotcnenti. Inoltre gran parte dci giovani volontari della c:-~mpagna dd 1R59 erano studenti universitari o sufficientemente colti così da poter essere inviati ad Ivrea, gi?1 durante il conflitto, per attendere ai cors i supplctivi istituiti per forma re gli ufficiali di fanteria. Altri giovan i invece. dopo l'armistizio. furono inviati a Novara e Pinerolo per frequentarvi i corsi speciali di istruzione per sottotcncnti di cavalleria. La maggiore disponibilit~ di uomini. che questi avvenimenti conscntiv:mo di avere. permise di creare nuove unità dci vnri corpi por13
brigate denominate: Ferrara n e " Reggio >>; l'organico delle fanterie si completava poi con la creazione di 9 battaglioni bersaglieri. Ancora in Emilia la cavalleria fornì due reggimenti; il primo costituito da dragoni e gendarmi pontifici e volontari fu assegnato alla specialità lancieri ed ebbe la denominazione di « Lancieri Vittorio Emanuele >>; il secondo fu di cavalleggeri e si chiamò: (( Ussari di Piacenza >>; era composto da dragoni parmensi e volontari ungheresi. Per l'artiglieria furono costituite 9 batterie da campagna e 9 compagnie da piazza. Alla vigilia dell 'impresa garibaldina nelle provincie borboniche dell'Italia Meridionale, l'armata di Vittorio Emanuele aveva ormai raggiunto una consistenza ragguardevole per effetto di quella operazione di fusione, mediante la quale erano state incorporate tutte le forze di cui il Paese disponeva al momento. Prima che anche i due restanti nuclei, il Borbonico ed il Garibaldino, venissero integrati , l'Esercito presentava il seguente quadro di formazione : 5 corpi d'armata dei quali: 4 corpi erano ognuno formati da: 3 divisioni su 2 brigate di fanteria, 2 (<
battaglioni bersaglieri, 3 batterie;
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brigata cavalleria su 3 reggimenti; 1 corpo aveva una sola divisione di fanteria. Fuori dai corpi d'armata c'era un'altra divisione di cavalleria con 4 reggimenti e due batterie a cavallo. I reggimenti di cavalleri a e fanteria avevano rispettivamente 4 squadroni e 4 battaglioni. L'artiglieria comprendeva un totale di 8 reggimenti così suddivisi: 1", pontieri e operai; 2", 3'' e f, appartenevano all 'artiglieria da piazz_a e? erano fo rmati da 12 compagme ciascuno; s'·, 6", 7" ed 8", erano della specialità da campagna con 12 batterie ciascuno. Le batterie a cavallo erano parte del s" reggimento. fl genio venne ord inato su due reggimenti di 16 compagnie ciascuno. Intanto la vecchia Brigata Savoia, per effetto dell'annessione di quella provincia alla
Francia, doveva essere completamente riorganizzata perché perdeva quasi tutti gli uomini e gran parte dei quadri, ad essa veniva data la nuova denominazione di « Brigata Re>>. La Brigata Alpi veniva a sua volta costituita con elementi dei disciolti Cacciatori delle Alpi e dell'Appennino. Esaminando il quadro di formazione dell'armata, che andava via via sviluppandosi si vede chiaramente come l'Esercito Italiano che stava nascendo non era altro che un ampliamento della vecchia Armata Sarda. Man mano che la disponibilità di uomini lo consentiva si passava dalla compagnia al battaglione e dal battaglione al reggimento. La situazione politica richiese ben presto che queste forze, appena organizzate, venissero impiegate in un ciclo di operazioni da svolgersi in concomitanza con l'impresa garibaldina dell'Italia Meridionale, tra il 186o ed il 1861. In vista della nuova campagna da intraprendere le truppe furono suddivise in modo da avere la necessaria copertura su tutti i fronti; i primi 3 corpi d'armata furono lasciati sul Mincio, per tenere a bada gli austriaci. Gli altri due, insieme alla divisione di cavalleria furono inviati nelle Marche e nelI'Umbria dove affrontarono sconfiggendole le truppe pontificie del generale Lamoricière nella battaglia di Castelfidardo. Conquistarono Ancona con il concorso della flotta, alla fine di settembre ; i plebisciti che in seguito vennero tenuti in queste due regioni il 4 ed il 5 novembre ne sancirono la definitiva annessione al Piemonte. Tutto ciò era possibile grazie al tacito assenso di Napoleone III. La marcia di queste truppe non si arrestò qui, esse proseguirono verso sud dove i nuovi sviluppi della situazione, sia di carattere politico che militare, consigliavano che le forze piemontesi subentrassero ai volontari di Garibaldi determinando con il loro apporto la caduta delle piazze di Capua, Gaeta e Messina e con esse la fine del Regno Borbonico delle Due Sicilie. Il 17 marzo 186r , a Torino, nella seduta del Senato veniva proclamato il Regno d'Italia; qualche me:;e più tardi il 4 maggio r861 l'esercito assumeva ufficialmente la nuova denommazwne di (( Esercito Italiano».
Con l'annessione delle provincie meridionali nasceva urgente il problema di trovare un'adeguata sistemazione per gli eserciti che si erano battuti nel sud, i Garibaldini e i Borbonici. Non era cosa facile, la questione si presentava spi nosa ed ina di compl icazioni di ogni genere. • Riguardo ali'Esc::rcito 1 apoletano si decise di mantenere in servizio solo le ultime quattro leve, cioè i giovani ritenuti più facilmente inseribili, gli anziani invece, di cui si temeva il risentimento e si nutriva scarsa stima, vennero congedati, con il risultato che questa gente sbandata finì per ingrossare le file del brigantaggio. Le truppe garibaldine, a conc lusione della loro impresa nel Regno delle Due Sici lie, assommavano a 7.000 ufficiali c circa 50.000 uomini di truppa; il personale che le componeva era tutto estremamente eterogeneo. Nonostante le ottime prove fornite in battaglia come soldati , la loro organizzazione militarmcnte risentiva di un certo grado d'improvvisazione, comprensibile d'altronde in un corpo volontario come quello. Lasciarlo in vita con quelle caratteristiche, al di fuori delle strutture dell'esercito nazionale, era politicamente pericoloso. Quanto alla truppa fu stabilito di risolvere il problema offrendo agli uomini l'alternativa, o il congedamento con G mesi di paga oppure 2 anni di servizio in uno speciale corpo volontario. La maggior parte scelse di co ngedarsi, mentre l'esiguo numero di volontari rimasti non riuscì a dar vita al nuovo corpo volontario. Gli ufficiali garibaldini ve nnero sottoposti ad esami, al fine di poterli immettere nell'esercito regolare con lo stesso grado che essi ricoprivano tra i volontari , solo c.suo di loro furono ammessi. L'inquadramento nell'Esercito Piemontese di questi ultimi contingenti di militari portò ad un ulteriore aumento degli organici. I reparti furono nuovamente manipolati ed il quadro di formazione dell'esercito ne risultò conseg uen teme n te mod ificato. ci reggimenti di fanteria la forza venne ridotta da 4 a 3 battaglioni, i battaglioni tolti furono raggruppati per costituire nuove brigate: Granatieri Ji Napoli, " Umbria >> , ,, Mar-
che », " Abruzzi )) , " Calabria» e " Sicilia>>. I battaglioni bersaglieri diventati 36, furono suddivisi in 6 reggimenti. Anche per quanto riguarda le altre armi si ebbero degli aumenti negli effettivi; i reggimenti di cavalleria vennero formati da 6 squadroni, mentre in artiglieria il numero delle batterie o compagnie per reggimento salì a 16, i battaglioni di fanteria a loro volta passarono da 4 a 6 compagnie. L'inquadramento di queste unità consentì di dar vita a 3 nuove divisioni con cui venne formato il V l corpo d'armata. Le fasi del processo di fusione dì tutte le forze militari, di cui l'Italia disponeva in quel momento, fu certame nte pÌLl laborioso di quanto non appaia in questa scarna esposizione. Le difficoltà maggiori scaturivano dalla grande divcrs i t~t che caratterizzava quegli elementi da amalgamare. Si trattava di comporre in un solo omogeneo organismo formazioni militari che talvolla erano addirittura in antitesi tra loro perché ciascuno era espressione di una tradizione militare, sociale c storica completamente estranea all'altro. Inoltre , questi corpi che ci si accingeva ad inserire nella vecchia Armata Sarda, spesso non erano più neanche organicamente composti , si trattava di gruppi di militari senza inquadramento dovt: il numero degli ufficiali poteva addirittura essere maggiore di guello della truppa, più spesso però gli ufficia li mancavano del tutto. Gli Stati centrali furono gli unici che fornirono delle formazioni perfettamente organizzate ed inquadrate secondo la composizione organ ica dei reparti piemontesi, che naturalmente fu fac ilt: inserire. Sotto il profì lo tec n ico poi l'eterogeneità del pcrsonak rcclutabik si presentava in forme altrettanto accentuate, si andava facilmente da un estremo all'altro; talvolta i soldati da inserire nelle unit:t di nuova costituzione provenivano da solide istituzioni militari ed avevano al loro attivo una valida esperienza di guerra, altri inv<.:cc mancavano di esperienza c tradizioni, quando addirittura non avevano combattuto contro. L'esperienza di secoli di vita vissuti profondament<.: divisi gli uni dagli altri , aveva disabituato gli itali ani a vivere in com unità di
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intenti, quindi rendeva più difficile l'operazione d'amalgama, e costituiva una valida ragione per togliere all'esercito ogni tendenza che potesse avere carattere regionalistico. Dar spazio ad una impostazione di questo tipo era molto pericoloso, specie in un momento in cui l'unità del Paese doveva ancora consolidarsi. D'altra parte la matrice su cui si andava formando l'Esercito Italiano, quello Piemontese cioè, aveva carattere nazionale perché imitàva anche in questo senso il grande modello dell'epoca, l'Esercito Francese. Viste quali erano state le premesse e lo sviluppo del processo unitario, si può dire che l'Armata Sarda fosse stata l'unica ad avere un ruolo preponderante e sempre attivo, che concretamente si fosse battuta per la causa dell'indipendenza nazionale. Inoltre poi il reraggio delle sue antiche tradizioni militari gli dava prestigio, specie dopo che le recenti esperienze di guerra ne avevano rinsaldato e migliorato tecnicamente la capacità combattiva. In definitiva la decisione di inserire gli altri corpi militari in questo organismo si presentava come l'unica alternativa possibile e la migliore. Come si è già detto l'Esercito Italiano scaturì quindi dalla successiva espansione di quello Sardo per effetto del graduale inquadramento dei contingenti acquisiti dalle provincie annesse al Piemonte. In pratica accadde che dopo aver formato i nuovi reggimenti , con il personale affluito dagli altri Stati si procedette ad un ulteriore rimpasto delle unità scambiando reciprocamente con i vecchi corpi un certo numero di compagnie, squadroni o batterie a seconda de Il' Arma. Il processo di italianizzazione dell 'ufficialità· piemontese aveva già compiuto un primo passo negli anni successivi alla prima Guerra d'Indipendenza in quanto fin d'allora un discreto numero di ufficiali , segnalatisi durante le campagne del 1848-49, era stato accolto nelle file dell'Armata Sarda. Si trattava per lo più di ufficiali appartenenti a Stati italiani preunitari i quali, dopo i moti insurrezionali , erano andati a servire combattendo in altri c::serciti europei ed avc::vano quindi al loro attivo una buona formazione militare, una preziosa esperienza di guerra e capacità. Ne l 1855 in-
fatti delle cinque divisioni inviate in Crimea per la spedizione d'Oriente solo due erano comandate da piemontesi, segno tangibile del riconoscimento concesso ad ufficiali di valore. La creazione dei quadri del futuro Esercito Italiano, nel 186o si presentò con modalità completamente diverse. L'aumento considerevole degli organici di truppa, avvenuto in così breve tempo, determinò l'esigenza di assegnare ai reparti, in proporzione, anche una adeguata aliquota di ufficiali. I rapidi tempi di attuazione di questo ampliamento però non consentirono di disporre tempestivamente di quadri sufficientemente qualificati per completare i reparti. Fu giocoforza servirsi di tutto il personale che si riuscì a raccogliere, con grande discapito del livello professionale e della omogeneità dei medesimi. Furono richiamati in servizio attivo molti ufficiali a riposo, altri invece che pur essendo nell'esercito non avevano i requisiti per andare oltre i gradi di subalterno si trovarono sbalzati ai livelli superiori; altri ancora che provenivano da formazioni pre- unitarie di scarso valore si trovarono inseriti con gradi decisamente sproporzionati alle reali capacità. La decisione di adottare l'ordinamento militare sardo anche per l'Esercito Italiano, indubbiamente avvantaggiava gli ufficiali piemontesi che venivano favoriti nelle promozioni perché più pratici del sistema anche se talvolta l'avanzamento non era proprio meritato. E' interessante tuttavia notare come in quegli anni la carenza dci quadri venne integrata traendo la massa dei subalterni dai sottufficiali, quasi tutti piemontesi formati alla stessa scuola. Questa circostanza servirà a ricostituire quella omogeneità dei quadri che tra il 186o ed il 186r si era in gran parte perduta. Il generale Manfredo Fanti fu l'artefice di questa importante riforma che proseguendo in parte l'opera del generale Alfonso La Marmora gettò le basi per la costituzione e lo sviluppo dell'Esercito Italiano. Fu indubbiamente un compito difficile ed arduo, specie se si tiene conto delle cond izioni storiche e politiche in cui una così delicata operazione doveva compiersi. Erano ormai secoli che in Italia non esisteva una tradizione militare comune; i piccoli eserciti dei vari Stati della penisola, il più
delle volte erano sorti quale espressione della volontĂ politica di un monarca straniero, come i loro governi. Mancava del tutto un'arte della guerra ed una scuola che fossero patrimonio di tutti gli italiani. Componendo faticosamente tutte le divergenze e le inimicizie vecchie e nuove , bisognava fina lmente impostarne una.
L'organismo militare che scaturiva da una situazione cosÏ composita non poteva certo essere perfetto, nei suoi primi tre anni di vita infatti si dimostrò ancora molto debole perchÊ la concezione del numero prevaleva su quella qualitativa, tuttavia il tempo e l'esperienza avrebbero provveduto a sanare gran parte dei suoi difetti.
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PARTE SECONDA
LE UNIFORMI (FIGURINI E DESCRIZIONI)
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LE UNIFORMI
Il criterio a cui. ci si è ispirati nel trattare l'evoluzione delle uniformi italiane tra il x86o ed il 1864 non è stato quello di ricostruire una ideale parata di figurini che rappresentasse tutti i corpi dell'esercito, ma si è voluto piuttosto ripercorrere le tappe del processo di trasformazione, attraverso la rilettura dei documenti, per cercare di cogliere il significato delle trasformazioni avvenute. Di conseguenza si è dato maggior spazio ai corpi che furono più da vicino coinvolti nell'operazione di ristrutturazione delle Forze Armate. La Guardia Nazionale è stata volutamente tralasciata poiché in questa sede non avrebbe avuto tutto lo spazio che meritava, mentre può essere benissimo oggetto di una più esauriente trattazione separata. In questo tumultuoso periodo di transizione in cui i reparti nascono, si sviluppano o vengono sciolti, le informazioni si fanno frammentarie e talvolta contraddittorie, ci si è attenuti per forza di cose solo a quanto è direttamente documentabile, con il preciso intento ~i _evitare tanti luoghi comuni in cui spesso s1 mcorre. L'attività riorganizzativa delle Forze Armate ebbe naturalmente dei riflessi anche in materia di equipaggiamento, armamento e vestiario, favoriti dalla creazione di nuove specialità e dal potenziamento dei vecchi corpi. Iniziative volte a n1igliorare le uniformi dei soldati erano in parte suggerite dalle recenti esperienze di guerra; non bisogna tuttavia credere che con la nascita dell'Esercito Italiano si interrompesse ogni legame con quella concezione della esteriorità che era legata alla tradizione piemontese. Si può ben dire che in fondo non avvenne una rad icale trasformazione dell'assetto dei nostri soldati. Così come si accettava l'ordinamento militare sardo nei suoi aspetti più strettamente tecnici, non poteva succedere altrimenti per quanto riguardava le sue divise, i suoi colori, le sue insegne, anche perché esse erano divenute ormm -
il simbolo della lotta per l'indipendenza nazio naie. Verso la fine del 1859, con l'immissione dei primi contingenti lombardi, vennero costituiti nuovi reggimenti di fanteria, cavalleria e artiglieria. In data 13 ottobre 1859 venne emanata una serie di disposizioni che fissava tutte le caratteristiche dell'uniforme della fanteria, comprese le colorazioni distintive delle brigate ; fu adottato un nuovo tipo di zaino denominato modello 1859· Poiché inoltre si era riscontrata una certa difformità nei modelli di kepì distribuiti alla fanteria ed ai cavalleggeri, il 24 ottobre 1859 sul Giomale Militare vennero pubblicati i disegni che davano le dimensioni e la forma di questo copricapo, così come erano state inizialmente approvate per ufficiali e bassa- forza dei due corpi in questione. Il riordinamento deli' Arma di Artiglieria, avvenuto nell'ottobre dello stesso anno, creava la necessità di stabilire i distintivi di ciascun reggimento. Il 22 novembre 1859 la nota 100 del Giornale Militare stabiliva quanto segue : « I"' I quattro reggimenti saranno distinti coi numeri progressivi dal n. r al 4, cioè: col n. 1 il reggimento operai; col n. 2 il reggimento da piazza; col n. 3 il r'" reggimento da campagna; col n. 4 il 2'' reggimento da campagn<l. 2" La tenuta sarà eguale per li quattro reggimenti, e nulla è innovato alle vigenti disposizioni. 3" I reggime nti porteranno però per distinzione fra di essi il numero rispettivo nel bottone del cappietto non che sulla tela cerata pel keppy o nella granata pel berretto di fatica come dall'unito modello. <<Tutti i reggimenti continueranno a far uso indistintamente dell a nappina attuale coll'indicazione del numero del2I
la compagnia o batteri a ricamato in giallo su disco nero siccome è attualmente stabilito » . Molti di questi distintivi rimasero in vigore solo due o tre anni in quanto i criteri di semplificazione successivamente adottati ne determinarono la scomparsa. Lo sforzo, che si andava compiendo nel r86o per amalgamare in un unico organismo militare tanti elementi così eterogenei fece mutare i criteri fi no ad allora seguiti per fissare le caratteristiche delle uniformi. Era chiaro che, volendo raggruppare prima in un unico corpo le compagnie tratte da vari reggimenti e ridistribuirle poi tra vecchi e nuovi reparti, lo si poteva fare solo uniformando al massi mo il vestiario e l'equipaggiamento che si intendeva dare in dotazione. Infatti un regio decreto emanato il 22 marzo del r86o per fissare il nuovo modello di divisa per la fanteria era preceduto da una interessante introduzione, scritta dal ministro generale Fanti, e che si ritiene molto interessante citare testualmente: u Sire! L'accresciuto numero dei reggimenti di fanteria in seguito all'annessione delle nuove provincie dello Stato ed i frequenti passaggi degli individui da un Corpo al l'altro che ne saranno la conseguenza, fanno sentire il bisogno di adottare per tu.tta la fanteria di linea una sola tenuta, colla quale si otterrà anche la facilità di fornire i magazzini di vestiario , oltre che la distribuzione riuscirà in tempo di guerra fac ile e speditiva. Ammessa la necessità di un tale provvedimento, io proporrei di adottare quella tenuta che V. M. vestiva nei primordi della Sua gloriosa carriera nelle armi, e con ciò ho l'onore di sottomettere alla Sovrana approvazione di V. M. il seguente decreto». Seguono quindi le disposizioni del decreto: Art. r. 1." La divisa della fanteria di liuea, eccettuatine i Granatieri, d'ora innanzi sarà una stessa e sola per tutto l'Esercito.
Tale divisa consterà bensì di una tunica di panno turchino scuro, tale quanto alla for2 ."
ma ed alle dimensioni che infin qui era stabilita, se non che: a) Avrà la goletta di velluto nero ornata, alla base ed ai due lati anteriori, di una pistagna scarlatta; b) Sarà ornata della stessa oradetta pistagna lungo la linea di abbottonatura sul petto, alle mostre alle saccoccie; ed alle mostre alle maniche, sulle quali sarà tma liugua pure di t•elluto nero a tre punte corrispondenti ai bottoni ornata similmente della mentovata pistagna. 3·" l bottoni continueranno ad essere in metallo bianco coll 'i mpronto del numero assegnato a ciascun reggimento.
4·" Tutta la fanteria di linea farà uso d 'ora innanzi di cravatta in la11a scarlatto ornata di pistagna bianca invece di cravatta in lana nera.
5·" I sott'uffiziali, caporali e soldati della fanteria stessa adopreranno in gran montura tanto sulla tunica, quanto sul cappotto, spal!ini in lana rossa conformi al modello dal Ministero approvato. I berretti di fat ica saranno conformi anche al modello per tal fi ne approvato.
6." 11 cappotto, i pantaloni, i keppy, e tutte le altre parti della montura e del corredo, continueranno ad essere tali che infìn qui erano determinati, se non che le mostre al cappotto saranno in velluto nero ornate di pistagna scarlatta. Le nappe del keppy saranno rosse col disco turchino e numero rosso. Art.
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7·" I quattro reggimenti granatieri conserveranno la stessa attuale loro divisa e montura; se non che: 1" Faranno uso, tanto sulla tunica, quanto sul cappotto di spallini in lana rossa come la rimanente fanteria ; 2 " Sul keppy useranno tutti la nappa rossa col disco turc/JÌ1Jo in mezzo a cui il numero rosso. 8." I bersaglieri, la cavalleria, l'artiglieria, il genio, il Cot·po d'amministrazione, il treno e generalmente tutti gli altri Corpi dell'Ar-
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mata conservano le stesse loro divise attuali senza alterazione. Il Ministro predetto è incaricato dell 'esecuzione del presente Decreto che sarà registrato alla Corte dei Conti. Dat. Torino addì 9 aprile r86o.
Questo decreto ha una importanza fondamentale perché in esso è sancita una nuova impostazione per lo specifico settore delle uniformi e sarà il criterio informatore da cui prenderanno le mosse tutte le successive innovazioni volte a migliorare e snellire la tenuta delle truppe. La fanteria inoltre adottò un comodo berretto a busta da usare durante le operazioni di campagna, il cui disegno originale è riportato nella tavola n. T / 5· Anche il cappotto subì importanti modifiche. Infatti si stabilì di realizzarlo con un nuovo tipo di panno detto panno bigio- bleuté modello 186o, mentre il panno bigio- tournon usato fino a quel momento sarebbe stato impiegato unicamente per la confezione dei pantaloni. Secondo quanto stabilito nel decreto di approvazione, il nuovo panno doveva avere una solida tinta, resistente agli esperimenti chimici, tale che non si scolorisse macchiando. Il suo colore doveva essere ricavato escludendo dalla colorazione il nero ed il grigio. Il panno in questione aveva un colore melange non compatto e come tinta era decisamente molto simile a quella attualmente usata per la truppa dell'Aeronautica Militare. Il genio che era assimilato alla fanteria seguiva le stesse disposizioni nell'adozione del cappotto, del berretto da fatica e degli spallini. In analogia con quanto era già in vigore per i granatieri e l'artiglieria , anche per il genio venne apposto sui fregi dei copricapi il numero del rispettivo reggimento. La nota 195 del 15 ottobre 186o così comunicava ai Comandi interessati tale disposizione: (( Si è determinato quanto segue a proposito dei due reggimenti di Zappa tori del Gen io: 1° - Il berretto dei sott' uHìzìali e soldati dei Zappatori porterà sul dinanzi e nel centro della granata l'indicazione del numero del
reggimento, in conformità del modello approvato pei reggimenti granatieri. 2 " - Lo stesso numero del reggimento sarà intagliato nel centro della granata (ancora di metallo giallo, fino al 1863) del shakotcappello, tanto degli uffizìalì inferiori, che della bassa forza dei Zappatori » . L'anno 186o segnò l'introduzione dì un gran numero di nuovi oggetti di corredo, equipaggiamento ed armamento, i quali proprio per questo motivo assunsero la denominazione di modello 186o. Quasi tutte le armi da fuoco vennero modificate, infatti le canne ebbero la rigatura, variarono di lunghezza e furono munite dì alzo. Nacquero così sia il fucile di fanteria modello r86o che il pistolone da cavalleria. Fu distribuito un nuovo modello di sciabola da cavalleria ed ebbe anch'esso la denominazione <1 6o >J, insieme alla lancia con i due bicchierini metallici attaccati alle staffe. Fu approvato un nuovo tipo di soprabito per gli ufficiali chiamato cappotto soprabito di panno grigio bleuté, per cui venivano aboliti i pastrani degli ufficiali di Stato Maggiore, le cappe bournus degli ufficiali di fanteria e le mantelline dei bersaglieri. Erano esclusi dal provvedimento gli ufficiali dei carabinieri, della cavalleria e d eli' artiglieria. I cappotti erano foderati e guarniti secondo il colore distintivo del corpo di appartenenza dell'ufficiale: Stato Maggiore : fodera del cappotto di lana bleu turchino, goletta e paramani di velluto di seta turchino, senza filettature. Genio : fodera del cappotto di lana cremisi, goletta e paramanì interamente di velluto cremisi. Fanteri a di linea e granatieri : fodera di lana scarlatta, goletta e paramani di velluto dì seta nero con filettatura scarlatta. Bersaglieri: fodera dì lana cremisi, goletta e paramani di velluto di seta nero con filettatura cremisi. Sui paramani sì portavano i distintivi di grado fatti con gli stessi galloni usati per il kepì . Sul colletto i generali avevano, a seconda del grado, un certo numero di corone con lo scettro. Gl i ufficiali di Stato Maggiore avevano su l colletto un'aquila ricamata in oro,
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caricata sul petto dello scudo di Savoia ricamato in argento; gli ufficiali dei granatieri portavano gli alamari sul colletto. Per gli ufficiali d'ordinanza di SM vennero introdotti speciali segni distintivi: sulla goletta della tunica, pastrano o spencer essi portavano sempre due stellette dorate a sei punte con cifre reali in argento. Gli stessi ufficiali dovevano usare il pennacchio a salice con l'asprì quando erano in grande tenuta. Tra tutte queste iniziative il cui scopo dichiarato è quello di conferire maggiore praticità ed efficienza anche alle uniformi dell'Esercito emergono ad un tratto due grosse eccezioni nella specialità cavalleggeri. Si tratta dei reggimenti di cavalleria <~ Guide » e <• Ussari >> di Piacenza; per entrambi era infatti prescritto l'uso di una divisa speciale , completamente diversa da qualsiasi altro reggimento dell' Arma, né d'altra parte queste si ricollegavano in qualche modo alle tradizioni della moda militare piemontese.
Secondo un criterio molto diffuso in Europa a quel tempo, i reparti di cavalleria che nei vari eserciti avevano gli stessi compiti delle nostre guide vestivano alla ussara. E' certo che la prima uniforme indossata dal reggimento Guide era ispirata a quella usata dalle guide di Garibaldi nella campagna del r859. Il reggimento era sorto in seguito alle esperienze compiute durante le guerre precedenti. Gli Ussari di Piacenza invece rimasero un fatto episodico che trovava riscontro solo nella tradizione militare austro-ungarica. Nel turbinio di un campo di battaglia non sarebbe stato difficile scambiare gli Ussari di Piacenza per un reparto di cavalleria imperiale: l'uniforme era quasi uguale. Le trasformazioni apportate successivamente al vestiario dei militari tra il 186r ed il 1864 furono più che altro delle semplificazioni dci vecchi modelli delle quali si troveranno maggiori spiegazioni nei testi che accompagnano le tavole a colori.
ELENCO DEI FIGURINI Tav.
M aggior Geuerale dell' Esercito
Tav. II:
Luogotenente Colonnello del Corpo Reale di Stato Maggiore
Tav. III:
Capitano dei Reali Carabi11ieri
Tav. IV:
Furiere M aggiore del I'' Reggimento Grauatieri di Sardegna
Tav. V:
Alfiere del
Tav. VI:
Caporale di Fauteria in tenuta da campagua
Tav. VII :
Sergente dei Bersaglieri
Tav. VIII:
Soldato di Savoia Cavalleria
Tav. IX:
Luogotenente Colotmello dei Lancieri di Aosta
Tav. X :
Capitano dei Cavalleggeri di Monferrato
Tav. XI:
Sottotenente del Reggimento " Guide >>
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ReggimetJIO Fanteria
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Tav. XII:
Alfiere del Reggimento Ussari di Piacenza
Tav. XIII:
Capitano d'Artiglieria
Tav. XIV:
Sergente d'Artiglieria
Tav. XV:
Maggiore del Genio
Tav. XVi:
Caporale del Genio
Tav. XVII:
Ufficiale Medico di Reggimento
Tav. XVIII: Ufficiale Commissario in gran montura Tav. XIX:
Sergente del Treno d'A1¡mata
Tav. XX:
Nappine per kepĂŹ da Fanteria
Tav. XXI:
Placche e guidoni della Fanteria
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MAGGIOR GENERALE DELL'ESERCITO
L'ufficiale qui rappresentato (Tav. I) veste la tenuta ordinaria prevista per i generali di fanteria e cavalleria adottata in base alle norme emanate nel maggio del 186o. Sotto lo spencer con i cordoni d'argento, si intravede la tunica di nuovo modello, il grado di Maggior Generale è indicato dalle greche ad una riga che ornano i paramani e la goletta della giubba. Le decorazioni si attaccavano sul lato sinistro del petto esternamente alla bottoniera e si disponevano secondo un criterio cronologico, in base cioè alla data di conferimento. Non esisteva nessuna regola precisa in proposito ed i numerosi documenti fotografici dell'epoca ci mostrano come le medaglie in realtà si portassero in molti e diversi modi. I pantaloni indossati con questa uniforme erano di panno tournon- bigio o di tricot con banda laterale di gallone d 'argento. Il berretto da usare con questa uniforme era guarnito dal distintivo di grado, il fregio sul davanti era costituito dalla cifra del re ricamata in argento e sormontata da corona. Le colorazioni della tunica e dello spencer sono quelle adottate ufficialmente, vale a dire bleu scuro. Esaminando però vari esemplari originali custoditi in musei o collezioni, si è potuto constatare che, per gli ufficiali , il più delle volte questo colore era nero; probabilmente ciò era dovuto al fatto che le loro uniformi venivano confezionate con panno di miglior qualità di quello fornito dall'Amministrazione Militare.
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LUOGOTENENTE COLONNELLO DEL CORPO REALE DI STATO MAGGIORE
Il Colonnello è in grande uniforme, a cavallo, pronto a partecipare a qualche importante cerimonia (Tav. Il). L'uniforme è quella prescritta per gli ufficiali del Corpo dal 1850 circa, tranne che per alcuni dettagli . Nell'ottobre del 1848 la spada viene sostituita con uno speciale modello di sciabola dalla impugnatura alla turca; si trattava di un'arma sicuramente molto più maneggevole e più adatta per chi doveva combattere a cavallo. Il pennacchio azzurro e le cordelline sulla spalla destra sono speciali distintivi delle funzioni svolte dagli ufficiali di questo Corpo. A motivo di ciò il loro uso, nel 1864, venne esteso anche agli ufficiali delle altre armi che prestavano servizio di Stato Maggiore. Nel decreto di riordinamento del Corpo, pubblicato sul Giornale Militare nel r86o, vi sono anche due note che riguardano le uniformi. La prima disposizione si riferisce agli ornamenti del berretto per piccola tenuta. Si stabiliva che le cuciture di questo copricapo fossero guarnite con un cordoncino dorato. La seconda disposizione fissava le caratteristiche della gualdrappa, la quale avrebbe avuto i bordi ornati di un gallone d'oro uguale a quello che si usava per le bande dei pantaloni e, negli angoli, le cifre reali ricamate in oro. Anche i copri fonde dovevano essere contornati daJlo stesso gallone e guarniti al centro da una granata ricamata in oro. L'immagine dell'ufficiale, riprodotta in questa tavola, è il frutto dello studio attento di molti ritratti fotografici dell'epoca, mediante i quali si è potuta effettuare una dettagliata ricostruzione.
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CAPITANO DEI REALI CARABINIERI
Come tutte le altre Armi dell'Esercito anche i Carabinieri Reali, dopo il 186o, furono considerevolmente ampliati nei loro organici, recando cosĂŹ una vigile presenza in tutte le nuove provincie del Regno d'Italia. Si ebbe in pratica anche per essi un riordinamento cosĂŹ come stava avvenendo per le altre Armi deli 'Esercito. Il Capitano che vediamo rappresentato nella Tav. III indossa la tenuta ordinaria, il berretto inoltre sostituisce la feluca. A differenza della grande uniforme l'abito che si indossava giornalmente non aveva le falde con i risvolti scarlatti; sul colletto poi si portava un solo alamaro per parte invece di quelli doppi che in gran tenuta guarnivano goletta e paramani. Come arma gli ufficiali dei Carabinieri cingevano al fianco la sciabola da cavalleria, appesa ad un cinturino di pelle nera lucida, chiuso davanti mediante un fermaglio con due borchie tonde d'argento. Dalla spall a destra scendevano le cordelline, speciale distintivo che si portava sempre con tutte le uniformi, eccetto il cappotto frack, su cui non si indossavano neanche gli spallini d'argento. Questi ultimi erano uguali a quelli prescritti per gli ufficiali di cavalleria. La caratteristica di questa uniforme era la grande sobrietĂ ed ogni ornamento di essa aveva un suo preciso significato che non lasciava spazio agli inutili fronzoli. Gli ufficiali dei Carabinieri , con qualsiasi tenuta, indossavano sempre pantaloni ed abito del lo stesso colore, bleu scuro. La truppa, in divisa di servizio, portava i pantaloni di panno tournon- bigio con doppia banda sui lati di colore bleu scuro.
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FURIERE MAGGIORE DEL l" REGGIMENTO GRANATIERI DI SARDEGNA
La Brigata Guardie, che nel 1848 era articolata su due reggimenti granatieri ed uno di cacciatori- guardie, il 25 aprile r8so veniva ridotta negli organici, rimanendo solo con i due reggimenti granatieri in forza. Nel 1852 il reggimento Cacciatori di Sardegna veniva sciolto e ripartito nei due restanti reggimenti della brigata, la quale assumeva per la prima volta la denominazione di: « Brigata Granatieri di Sardegna». E' qui presentata (Tav. IV) un a immagine tipica di un sottufficiale dei granatieri in gran tenuta. L'uniforme è quella stabilita nel 186o per tutta la fanteria di linea e di conseguenza il militare indossa il cappotto di panno bigio- bleuté con gli spallini di lana rossa. Le modifiche apportate a questo indumento, rispetto al vecchio modello 1856, sono ben evidenziate: i paramani a alla francese >> sono chiusi con due bottoni. Sul retro, la martingala, detta linguetta, ne regola l'ampiezza e sono stati aggiunti anche i distintivi di grado lungo i hordi delle <t saccoccie >> posteriori del cappotto. Questa caratteristica era già in uso da diverso tempo per la tunica, infatti i furieri maggiori avevano i bordi delle tasche filettati di galloncino d'argento per distinguersi dai furieri. Il grado del sottufficiale è indicato dai galloni d'argento disposti sopra i paramani l'uno sull'altro trasversalmente e filettati di scarlatto. Sugli spallini il grado è indicato da un cordone di filato d'argento fino, fissato sul bordo della parte tonda. La dragona ha il fiocco di forma ovale in lana bleu ricoperto da due giri di frangia in oro. La tenuta con il cappotto era quella che si portava di più, l'uso de!Ja tunica era abbastanza limitato, generalmente veniva indossata solo in particolari circostanze. Il kepì era quello tipico da fanteria il cui disegno originale potrà essere esaminato nelle tavole che illustrano le disposizioni per la truppa; le sue caratteristiche sono quelle fissate in base alle modifiche del r86o, cioè nappina uguale per tutti i reggimenti , anche le tre filettature montanti vengono unificate e diventano rosse, dato che la colorazione distintiva delle brigate era stata abolita. Nella nostra tavola il furiore maggiore cinge al fianco la sciabola per sottufficiali e musicanti, il cui disegno è riprodotto nel regolamento sulle uniformi degli ufficiali dello Stato Maggiore delle piazze; sul lato del figurino è riportato un disegno della catenella con lo spillone, che serviva per pulire il foro focone del fucile, era in dotazione a tutti coloro che usavano questa arma e, secondo una speciale disposizione, si doveva portare con l'anello fissato al terzo bottone mentre lo spillo si infilava tra il primo ed il secondo bottone del cappotto.
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ALFIERE DEL l" REGGIMENTO FANTERIA
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Conclusasi la campagna del 1859, il Piemonte, in base ad accordi precedentemente stipulati, cedeva alla Francia Nizza e la Savoia. La Brigata che portava il nome di questa antica provincia del Regno di Sardegna veniva sciolta. Il Regio Decreto del 14 giugno 186o sanciva quanto segue: (( La Brigata Savoia prenderà d'ora innanzi la denominazione di Brigata del Re: i due reggimenti della medesima riterranno l'attuale loro numero d'ordine e conserveranno la propia Bandiera, la propia amministrazione e l'attuale loro sede d'anzianità fra i Corpi dell'Esercito». Nella Tav. V è rappresentato un ufficiale che porta la bandiera modello t86o del 1" Reggimento Fanteria. Egli indossa la grande tenuta, le cui caratteristiche erano state precedentemente fissate in un decreto del 6 marzo 1856 nel quale vennero descritti i vari oggetti di corredo, spallini, cinturino reggisciabola, dragona e kepì. Poiché la colorazione distintiva dei due reggimenti della Brigata coincideva esattamente con quella ufficialmente adottata per tutta la fanteria nel 186o, non furono apportate modifiche in tal senso alla loro divisa. Gli ufficiali di fanteria di linea continuarono ad indossare questa uniforme fino al 1872. Con la riforma Ricotti veniva abolita e la sua immagine diventava così solo un ricordo del passato legato ali 'epopea risorgimentale.
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CAPORALE DI FANTERIA IN TENUTA DA CAMPAGNA
Si è voluto riprodurre nella Tav. VI l'aspetto tipico di un soldato di fanteria in uniforme da campagna estiva, l'immagine a cui l'iconografia tradizionale ha dato maggiore risalto quasi fosse un simbolo delle nostre guerre per l'indipendenza. La tenuta indossata dal caporale della Brigata Pinerolo, verso la metà de11'8oo, era comune anche ad altri eserciti europei. Gli stessi austriaci avevano un cappottane della medesima foggia ed i francesi, durante la campagna del r859. erano vestiti con un indumento in tutto simile. Quest'ultimo servirà da modello per i miglioramenti che verranno introdotti nel r86o. Sul colletto della giubba sono applicate le mostrine del tipo unico per tutta la fanteria aventi , come per la u Brigata del Re l> , i colori coincidenti con quell i originali. Nella tenuta completa il soldato aveva sempre lo zaino modello u 59 )) ' a meno che non fosse di sentinella. La disposizione dell 'equipaggiamento e delle armi è molto caratteristica e rimarrà in vigore fino alla fine del secolo. Come si può vedere la borraccia di legno si portava a tracolla e scendeva sul fian co destro, il tascapane stava a sinistra, sopra alla daga da fanteria modello 1843 su l cui cartoccio si innestava anche la baionetta. Sulla boc~hetta del fodero della daga la fanteria aveva una ciniglia rossa che per i bersaglieri era invece verde. La giberna adottata nel r849 era attaccata al cinturone. Generalmente la si collocava posteriormente solo in combattimento c la si faceva scorrere sul lato destro, per prendere meglio le munizioni. Questa giberna aveva sostituito q uell a precedente a soffietto perché in essa le cartucce si sbriciolavano. Per evitare un simile inconveniente, nel nuovo modello la scatola che formava la giberna venne fatta di metallo. Davanti ad essa veniva fissato l'astuccio per le cariche. La giberna qui riprodotta è copiata da un modello originale posteriore al r86o come denuncia chiaramente la forma del suo coperchio sagomata a punta. Stando alle illustrazioni dei vecchi manuali sulla scherma con la baionetta, la giberna nella sua primiti va versione aveva un coperchio squadrato e solo le punte erano leggermente arrotondate.
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SERGENTE DEI BERSAGLIERI
Il sottufficiale dei bersaglieri rappresentato nella Tav. VII veste la tenuta da campagna completa di zaino. Per questa specialità della fanteria leggera, l'uniforme non aveva subito molti cambiamenti dalla data di costituzione del Corpo. Nel r857 era stato adottato un nuovo tipo di carabina e con essa una nuova giberna più adatta a contenere il diverso munizionamento impiegato. I criteri di disposizione dell'equipaggiamento e delle armi erano in tutto simili a quelli in vigore presso il resto della fanteria: la sciabola baionetta era collocata sul fianco sinistro vicino aJ tascapane, mentre la borraccia pendev3 dal fianco destro. La tunica che qui vediamo indossata dal sergente è del modello da sottufficiale, cioè con le falde molto lunghe come gli ufficiali. I distintivi di grado sono a punta e disposti sopra i paramani. Consistono in un gallone dorato tessuto a due righe; anche sulla controspallina c'è una filettatura dorata. Non usando più la fiaschetta per gli inneschi, il sottufficiale in tenuta di campagna non porta più i cordoni verdi . Al fianco egli cinge il modello di daga prevista per i militari del suo grado. Dal r863 sui bottoni venne impresso anche il numero del rispettivo reggimento, quello del battaglione si continuò a portare nel trofeo del cappello. Il cappello ed il pennacchio da bersagliere sono così descritti nel supplemento n. 7 del Giornale Militare del 1863: - pennacchio: formato con 92 piume di cappone color nero naturale e di varie lunghezze cioè: 32 piume di centimetri 13 e 6o di centimetri 27, munito di un bottone coperto di tela nera con gambo di ferro; - cappello: detto cappello è composto di pelo di gambetto inglese, color nero, di forma rotonda, munito dell'ala tutto all'intorno ingommato a catrame. L'ala sul davanti è della larghezza di centimetri 7, al di dietro di centimetri 8 a 9, ed ai lati centimetri 6; la medesima è coperta di tela cerata straforte.
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SOLDATO DI SA VOlA CAVALLERIA
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l L'uniforme della cavalleria dì linea (Tav. VIII) è in pratica quella adottata nel r843 dall'Esercito Sardo. Negli anni successivi non vi furono grandi can1biamenti circa la montura di questi reggimenti. Copricapo carattenst1co nmase l'elmo, anche se le esperienze di guerra dimostrarono quanto fosse scomodo e pericoloso perché con il suo scintillio permetteva di individuare facilmente il reparto. Analogamente a quanto era avvenuto per la Brigata Savoia nel r855, le patte dei paramani della truppa erano diventate di velluto nero come gli ufficia li. Tutti i particolari dell'equipaggiamento di questo soldato, vale a dire cinturone, bandoliera e budriere sono dettagliatamente descritti in una tavola originale del 11 Regolamento per l'esercizio e le evoluzioni della cavalleria » pubblicato a Torino nel r86r ed allegato, per la parte d'interesse, al presente volume in modo da fornire sull'argomento una buona documentazione. Sulla giberna la truppa non aveva nessun emblema particolare, solo per i sottufficiali il coperchio era guarnito dal rispettivo distintivo di specialità in ottone. Un fregio di questo tipo era previsto anche per i soldati, veniva però fissato sulla bandoliera, al l'altezza del petto e sottopannato di rosso. Il soldato rappresentato nella tavola è in tenuta da campagna. Egli cinge al fianco la nuova sciabola da cavalleria modello r86o, le cui caratteristiche sono indicate nella tavola del regolamento precedentemente citato. I pantaloni di panno bigio- tournon hanno la doppia banda di panno bleu scuro prevista per sottufficiali e truppa.
Il LUOGOTENENTE COLONNELLO DEI LANCIERI DI AOSTA
L'ufficiale (Tav. IX) appartiene alla specialità lancieri, istituita con il riordinamento della cavalleria avvenuto nel 186o. L'uniforme è quella stabilita per la cavalleria leggera verso il r8so, ma la tunica è guarnita con le mostreggiature da lanciere, vale a dire il colletto e i paramani sono interamente del colore del Corpo. I gradi di questo ufficiale, che indossa la grande uniforme, si rilevano dal numero di giri che sono sullo scudo degli spallini e dai galloni del kepì, distinti tra loro da righe di seta del colore del reggimento. Solo per cc Novara» e cc Lucca », il cui colore reggimentale era il bianco, i galloni dei gradi erano separati da righe di seta azzurra. Anche le tre filettature montanti del kepì erano frammiste d'argento e azzurro. Nella tavola, accanto al figurino sono riprodotti due fregi: il più grande è il modello di trofeo, di metallo bianco, che la truppa portava sul kepì, il secondo, più piccolo, è invece il distintivo che, ricamato in filo bianco, guarniva il berretto della truppa, oppure ricamato in argento quello degli ufficiali. Questo piccolo trofeo, dipinto in bianco, lo portavano tutti, sulla foderina di tela cerata che proteggeva il kepì durante le operazioni di campagna.
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CAPITAN O DEI CAVALLEGGERI DI SALUZZO
Il reggimento cavalleggeri di Sa luzzo era uno dei tre reggimenti costituiti dopo il IHSO in base al riordinamenro del la cava lleria auualO con le rifo rme del genera le La Marmora. Es:->o rimase assegnato a questa speci:l lit;'t anche allo rché fu costituito l'Esercito Italiano. L'ufficiale che è raffigunno nella Tav. X veste l'uniforme da campagna. In simi li circostanze il kepì veniva coperto con una foderina incerata eli color giallognolo guarnita sul davanri con il fregio della spccia lit ù dipinl o in b ianco. La fod erina da ufficiak , a d i fferen za d<.:l la truppa , non aveva il coprinuca ripi egabik:. Per tale ragione il segno a V che si vede nella fodc rina, sopra la visiera. non è formato dai bordi del coprinuca , bensì da finte cucitu re i cu i vertici toccano la nappina. l reggimenti cava lleggeri aveva no come lo ro d istintivo le fiamm e a t re punte sul co lleno (golctta) ed i paramani fil enati d el colore del reggimento. Per la tenuta da campagna anche la b andoliera si ricopriva con una foderina di pelle nera , per proteggerla meglio c per evitare che luccicasse troppo. Qua ndo Jç ci rcostanze lo richiede va no anche gli ufficia li porta va no il pastrano arrotolato e messo <l bandoliera, da ll a spa ll a destra al fianco sinistro. Era anch e p revisto l'uso di una piccola bor~w
di pelle nera che si portava allo stesso modo . nella quale si porcva riporre denaro, docu-
menti e taluni oggcui personali. Tuni gli accessori che in questa tavola complewno l'uniforme del capitano sono quell i per la riccola tenuta. Il c inturino rcggisciabola è infatti eli pelle nera come la d ragona. In ca mpagna le punte della gua ldrappa con le cifre rea li ven i vano ripiegare per evitare che si rovinassero.
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SOTTOTENENTE DEL REGGIMENTO (( GUIDE »
Il sottotenente delle Guide (Tav. XI) indossa la tenuta di campagna con il m antello arrotolato e messo a bandoliera. La sua uniforme è quella definitiva del Corpo ufficialmente omologata nel «Regolamento sulla montura degli uffiziali », stampato nel Giomale Militare dell'ottobre 1864. La tunica è quella dell'uniforme di servizio, tutta profilata di nero ma senza alamari, poiché le Guide non usavano gli spallini ed i loro gradi venivano indicati con il ricamo a fiore posto sopra il paramano. Il colback è sguarnito di tutti i suoi accessori più appariscenti : treccia, nappina e pennacchio. Quanto alla bandoliera della tenuta da campagna, in questo reggimento se ne usava una di peHe lucidissima nera e senza foderina. Il cinturi no reggisciabola e la sabretache erano anch'essi di pelle nera. L' uso degli stivali per la tenuta di marcia è una consuetudine che andò affermandosi alla vigilia della terza Guerra d'Indipendenza, poiché il regolamento del 1864 non ne consentiva l'uso. Su questo reggimento esiste una vastissima documentazione fotografica custodita in vari archivi e musei, che naturalmente è stata consultata per studiare vari dettagli dell'equipaggiamento e dell'armamento. Ciò ha consentito di chiarire diversi particolari che riguardavano anche le altre unità della cavalleria.
ALFIERE DEL REGGIMENTO USSARI DI PIACENZA
Il reggimento Ussari di Piacenza rappresenta una vera eccezione: infatti è l'unico in tutta la nostra cavalleria che abbia avuto, oltre alla denominazione, anche l'uniforme degli Ussari. Il reggimento era stato costituito nel 1859 da un nobile ungherese, il quale aveva raccolto un grupP.o di esuli del suo paese ed era venuto in Italia per combattere contro l'Austria. In seguito gli Ussari furono inquadrati nell 'esercito della Lega degli Stati Centrali e successivamente passarono ali 'Esercito Italiano. Fino alla riforma Ricotti, avvenuta nel I 872, il reggimento vestì l'uniforme speciale ali 'ungherese. La cosa più strana comunque è che non vennero imitati solo certi particolari della foggia dell'abito, quali ad esempio gli alamari, il do l m an o la fascia alla vita, ma la divisa divenne una copia perfetta di quella che queste stesse unità vestivano nell'Esercito austriaco. Il tipo di ornamenti , di ricami e fregi era esattamente uguale con l' unica differenza che l'aquila bicipite era sostituita dal monogramma di Vittorio Emanuele II. Se si vuole confrontare le due tavole del regolamento del 1864, dove sono illustrate rispettivamente la bandoliera per la cavalleria e q uella degli Ussari, si potrà constatare facilmente la differenza. L'ufficiale rappresentato nella Tav. XII è l'alfiere con lo stendardo del reggimento.
CAPITANO D'ARTIGLIERIA
La grande uniforme degli ufficiali d'artiglieria è qui presentata (Tav. XIII) con tutti i suoi particolari. Dalle caratteristiche di certi ornamenti che completano la divisa è facile dedurre che l'immagine della tavola non può datarsi oltre il 1863, perché in quell'anno venne abolito il pen~ nacchio a salice che gli ufficiali subalterni portavano sul kepì ed adottato per tutti il pennacchio di crini caratteristico delle batterie a cavallo. Sempre con lo stesso decreto fu modificato anche il trofeo del kepì, nel quale il nuovo fregio era più grande e formato dalle bocche da fuoco incrociate e dalla granata, le cui fiamme giunge~ vano fin sotto la nappina. Il numero del reggimento era intagliato nella bomba. In base a que~ ste modifiche scompariva il cappietto della coccarda, sul cui bottone in precedenza era segnato il numero del reggimento. I distintivi di grado sul kepì rimanevano in variati, cioè galloni dorati intermezzati da righe di seta nera. Anche il fregio del berretto di servizio fu semplificato e ridotto alle sole:: bocche da fuoco con granata. Sparivano così i due serti di quercia e alloro che lo contornavano. Per il resto l'uniforme degli ufficiali d'artiglieria non subì ulteriori modifiche. E' evidente in questi cambiamenti l'intenzione di semplificare al massimo le cose, uniformando tutti ad un modello più generale.
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SERGENT E D 'ARTIGLIERIA
Sergente del 5" reggimento artiglieria da campagna in gran montura (T av. XIV), lo stesso a cui appartenevano le batterie a cavallo. Il kepì del sottufficiale ha già subito le modifiche di cui si è parlato nella tavola precedente. Il cappietto infatti è già stato tolto e le caratteristiche di questo particolare fregio sono riprodotte qui di lato, secondo il disegno allegato alle disposizioni del 22 novembre r859· L a stessa nota del Giomale Militare. dà anche l'esatta posizione del numero del reggimento, da apporre sul fregio metallico per il berretto dei sottufficiali e della truppa. L a nappa del kepì, su cui è innestato il pennacchio di crini , è quella prescritta sempre nelle precedenti disposizioni, è di lana rossa con disco nero e numero ricamato in giallo. Si continuò ad usare, ancora per molto tempo, anche un altro tipo di nappina che aveva una file ttatura gialla lungo la circonferenza esterna del disco nero; era un vecchio modello adottato fin dal r833 e che abbiamo qui riprodotto accanto al figurino. Gli spallini sono uguali a quelli della truppa, con le frange di filato d 'oro invece che di lana gialla. La loro forma è molto simi le a quella che riscontriamo negli spallini da cavalleria. Il grado da sottufficiale è indicato dal gallone dorato a mille righe che guarnisce il bordo superiore del kepì e dai galloni, anch 'essi dorati, disposti a V sopra il paramano. La dragona era del tipo per armi a cavallo ed aveva il fiocco rotondo con la frangia di lana bleu, coperta da due giri di frangia in oro fino. Gli ornamenti metallici che guarnivano la bandoliera e la relativa giberna erano del tipo previsto per sottufficiali. Nell a lista delle tariffe dei vari ·oggetti di corredo per l 'anno r864 abbiamo trovato la seguente descrizione del pennacchio di crini: - pennacchietto per cavalleria ed artiglieria : composto di crini neri di coda di cavallo; la sua lunghezza è in gradazione da 30 a 51 cm, con bottone coperto di tela nera alla parte superiore, munito di un gambo di ferro. -
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MAGGIORE DEL GENIO
L'Arma del Genio, dopo le prime esperienze nelle campagne del 1848 - 49, fu sottoposta a diversi riordinamenti e la sua consistenza aumentò considerevolmente fino a raggiungere la forza di due reggimenti. Per le sue caratteristiche di arma a piedi il genio era assimilato alla fanteria, alla cui evoluzione risultava sempre legato. Già durante il decennio di preparazione, il generale La Marmora aveva dato nuovo impulso alla Scuola di T orino per far acquisire agli ufficiali di quest'Arma una formazione più adeguata alle moderne esigenze della futura guerra. Dopo il 1859 molti ingegneri si arruolarono nel genio, rafforzandone l'organico dei quadri. L'ufficiale raffigurato nella Tav. XV indossa una gran montura. Trattandosi di ufficiale superiore, egli porta la feluca con il pennacchio a salice di penne nere invece del kepì, prescritto per gli ufficiali subalterni. La tunica è di panno bleu scuro con paramani e goletta di velluto cremisi, colore distintivo dell'Arma. Anche i pantaloni sono guarniti sui lati da una banda di panno cremisi. Tutte le metallerie sono in argento, il cinturino, in gallone d'argento, è segnato da tre righe di seta cremisi a cui è appesa la sciabola di fanteria modello 1857. I galloni dei gradi sul kepì degli ufficiali subalterni sono anch'essi separati da righe di seta cremisi. Tra gli ufficiali d'ordinanza di « Sua Maestà», diversi appartenevano al genio. Il distintivo speciale di cui essi si fregiavano in questo caso era la stelletta dorata a sei punte, qui riprodotta nella tavola.
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CAPORALE DEL GENIO
L'immagine di questa figura (Tav. XVI) mostra un caporale del genio in divisa da parata. Le differenze con la tenuta di marcia sono abbastanza evidenti (vds. Tav. VI); infatti il caporale porta il kepì completo di pennacchio di crini, senza la foderina nera di tela cerata. Il cappotto è guarnito con le spalline di lana cremisi, mentre le falde, invece di essere rialzate sui fianchi , cadono regolarmente sul davanti. L'uniforme indossata è quella stabilita nel 1863 per i reggimenti zappatori del genio. Le norme emanate in questa circostanza decretavano l'abolizione del vecchio shakot -cappello che veniva sostituito da un kepì uguale a quello della fanteria, guarnito però dal pennacchio di crini. Il trofeo sul kepì, inizialmente tutto giallo, venne modificato. A simiglianza di quello degli ufficiali, le appie e la bomba di metallo divennero bianche, mentre la fiamma della granata conservò il colore giallo. La nappina era di lana rossa con disco bleu scuro e numero della compagnia ricamato in rosso, come la fanteria. Il bordo superiore del kepì era guarnito da un galloncino cremisi per la truppa, da uno di lana bianca per i graduati e da un galloncino d'argento a mille righe per i sottufficiali. Il kepì , per le operazioni di campagna, si ricopriva con una foderina di tela cerata, che portava impresse sul davanti due appie incrociate, sormontate dal numero del reggimento. Il berretto a busta era uguale a quello della fanteria, soltanto aveva per fregio una granata cremisi a fiamma diritta con il numero del reggimento. Il cappotto per la truppa del genio era confezionato come quello da fanteria con panno bigio- bleuté. A giudicare però dai documenti fotografici trovati esso non aveva i paramani « alla francese ll . I pantaloni erano quelli di panno turchino, come la tunica, con pistagne laterali cremisi. D 'estate si usavano quelli di tela bianca. Le buffetterie erano in tutto simili a quelle della fanteria, ma venivano realizzate in corame nero. La giberna qui riprodotta è stata disegnata copiando un esemplare autentico che corrisponde al modello più vecchio adottato nel 1849· Il 26 gennaio 1863 i reggi menti zappatori del genio cambiarono il loro armamento. Il fucile di fanteria in dotazione venne sostituito con la carabina da bersagliere munita di rispettiva dagabaionetta.
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UFFICIALE MEDICO DI REGGIMENTO
Nel regolamento sull'uniforme degli ufficiali del 1863, vennero dettagliatamente codificate tutte le caratteristiche che la montura degli « Uffiziali Sanitari » avrebbe assunto da quel momento. Esaminando la tavola con i distintivi delle varie gerarchie (Tav. U J53) appare chiaro l'ampliamento del Corpo e la sua organizzazione più articolata. Il Consiglio superiore di sanità provvedeva a creare le necessarie strutture quali ospedali ed a rendere efficiente l'assistenza presso i reparti, prima limitata alla sola presenza del chirurgo. Già dai tempi di Carlo Alberto si era data una impostazione più ampia e, dopo la guerra di Crimea, il Corpo venne ulteriormente potenziato. L'ufficiale che vediamo ritratto nella Tav. XVII indossa la gran montura con la bandoliera speciale, dentro la cui giberna si riponevano i ferri chirurgici. La documentazione fotografica dell'epoca conferma infatti tale disposizione. Esistono molte immagini di ufficiali medici che in tenuta da campagna indossano la bandoliera, però in circostanze del genere si usava coprirla con la solita foderina di pelle nera, come facevano gli ufficiali di cavalleria. Questo oggetto di corredo non aveva solo una funzione decorativa, ma sostanzialmente pratica.
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UFFICIALE COMMISSARIO IN GRAN MONTURA
La posizione dei vari commissan, rmpiegati presso l'Azienda Generale di Guerra, andò via via mutando man mano che essi venivano inseriti nell'Esercito non più come civili, ma come militari a tutti gli effetti. Un primo importante decreto venne emanato da Carlo Alberto il 21 aprile r848 in cui , tra le altre cose, si fissavano tutte le caratteristiche delle nuove divise per questi impiegati. Nel 1853 un regio decreto stabiliva la fine delle commisserie e l'assorbimento degli impiegau nell'esercito nel nuovo « Corpo dell'intendenza», le cui gerarchie erano così stabilite: - intendente militare = colonnello; - commissario di guerra di I a classe = maggrore; - commissario di guerra di 2• classe capitano. Da questo momento essi venivano considerati ufficiali a tutti gli effetti. Per ciò che concerne le uniformi (Tav. XVIII) essi avrebbero continuato a portare quelle precedentemente in vigore finché non fossero state assorbite tutte Ie commisseric. Questo passaggio richiese circa due anni . Il 16 marzo r855 un regio decreto fissava definitivamente le divise del Corpo, con Ie seguenti modifiche: - bottoni: leggeranno la scritta Corpo intendenza militare; - bande ai pantaloni: saranno di gallone di seta cilestrina di 25 mm; - cappietto al cappello: verrà fermato mediante un bottone. Al fianco gli ufficiali cingeranno Ia sciabola da fanteria tutta in metallo bianco. I distintivi di grado furono ordinati secondo la seguente scala gerarchica : - intendente militare: ricamo a 3 righe sulla goletta e 4 sulle mostre delle maniche; - commissario di r• classe: ricamo a 2 righe sulla goletta e 3 sulle mostre delle maniche; - commissario di 2" classe: ricamo a 2 righe sulla goletta e 2 sulle mostre delle maniche; - sottocommissari di guerra effettivi di ogni classe: ricamo ad r riga sulla goletta e 2 sulle mostre delle maniche.
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SERGENTE DEL TRENO D'ARMATA
Il sergente del Treno d'Armata è in tenuta di marcia (Tav. XIX). Egli indossa la tunica del modello da cavalleria guarnita da pistagne (filettature) rosse sul colletto, lungo l'abbottonatura e sui paramani, identici a quelli della cavalleria di linea. A giudicare dai documenti fotografici esam inati, anche gli spallini avrebbero dovuto essere simili a quelli da cavalleria, cioè di lana bianca per la truppa e filato d'argento per i sottufficiali. Purtroppo il decreto, che nel 186o stabilisce lo « speciale modello di spallin i in paquefond per il Treno d'Armata n, è privo dei relativi disegni e risulta pertanto impossibile stabilire quali fossero le caratteristiche precise di questi ornamenti. Come per altri Corpi anche il Treno d'Armata, dopo il 1859, era stato considerevolmente ampliato. Per ben tre volte il Giornale Militare riporta i decreti mediante i quali vengono fissate le tabelle organiche del Corpo. L'ultima di esse fissava, in data 6 settembre 186o, una forza di 20 compagnie attive, due compagnie deposito ed uno Stato Maggiore. Quando il Corpo raggiunse gli effettivi di due reggimenti furono apportate necessariamente alcune modifiche ali 'uniforme. . Sul kepì come fregio del Corpo si portava la croce di Savoia in metallo bianco, cappietto con bottone e coccarda; per gli ufficiali veniva abolito il pennacchio a salice di penn e nere e rosse ed era sostituito da un pennacchio di crini, come quello della cavalleria leggera. Sulla foderina nera di tela cerata era stato modificato il vecchio fregio (croce di Savoia dipinta di bianco) e rimpiazzato dal numero del reggimento sormontato da corona e sottolineato dallo scettro, tutto dipinto in bianco. A seconda dei casi la truppa aveva in dotazione come arma o la sciabola d'artiglieria modello 1833 o la sciabola da fanteria modello 1843· Un solo gallone d'argento a due righe, disposto sopra il paramano in senso trasversale, indica il grado di sergente. Per gli altri sottufficiali questi galloni d 'argento (o d'oro a seconda del Corpo) erano attaccati nel seguente modo: - furiere: 2 galloni d 'argento sopra iJ paramano, di cui quello a due righe stava sotto al gallone ad una riga; - furiere maggiore: aveva gli stessi galloni sul paramano, in più portava anche una filettatura di gallone d'argento lungo i bordi delle finte tasche della tunica. La dragona per tutti i sottufficiali, sergenti, fu rieri e furieri maggiori, aveva sempre il fiocco con la frangia di lana bleu, coperta di due giri di filato in oro fino.
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SCHEMA RIASSUNTIVO DELLE MODIFICHE APPORT ATE ALLE NAPPE PER KEPl DA FANTERIA TRA IL 1850 ED IL 1860
La nappina per kepì da fanteria, adottata nel I86o, è la conclusione di un ciclo di modifiche protrattosi per circa dieci anni; descriverla quindi senza accennare, sia pure per grandi linee, alle sue precedenti caratteristiche avrebbe tolto ogni significato a questa trasformazione (Tav. XX). Mentre nell'arco di tempo considerato i colori ed i contrassegni delle nappe variarono, la forma e le dimensioni, invece, rimasero inalterate e sono qui entrambe indicate nella figura che riporta, a grandezza naturale, il modello I86o. Da quanto esposto nella tavola risulta chiaro che i graduali cambiamenti degli organici dei reggimenti di fanteria determinarono la scomparsa di quei simboli già caratteristici delle unità abolite. Così, se nel r8so troviamo uno schema che ricalca i criteri in vigore nel 1833, sappiamo che qualche anno più tardi esso doveva semplificarsi per effetto dello scioglimento del reggimen~ to << Cacciatori di Sardegna 11 . Alla vigilia della campagna del '59, anche le compagnie scelte erano state soppresse e non rimanevano nell'organico del reggimento che: le compagnie ordinarie, le compagnie deposito ed il piccolo Stato Maggiore. Si continuò ad usare i colori fino ad allora in vigore, con l'alternanza tra i due reggimenti del la stessa brigata; infatti mentre il primo aveva la nappa bleu , scudo bianco e numero o lettera bleu, per il secondo reggimento era tutto l'inverso: nappa bianca, scudo bleu e numero o lettera bianchi. Il 13 ottobre r859 furono fissati quattro colori distintivi per le nappe dei reggimenti di fan~ teria: scarlatto, turchino, verde e giallo, assegnati nel seguente ordine: (( Granatieri » : I ~ scarlatto, 2" turchino, 3" verde, 4" giallo. << Savoia »: I'' scarlatto, 2" turchino. « Pinerolo ,, : 13" verde, 14" giallo. Piemonte ,, : 3" scarlatto, 4~ turchino. 1< Aosta >> : s• verde, 6" giallo. « Cuneo >>: 7" scarlatto, 8" turchino. (( Brescia »: 19" verde, 20" giallo. l(
Regina >> : 9" scarlatto, IO" turchino. (( Savona >>: 15" verde, r6" giallo. H Casale >> : 1r" scarlatto, I2" turchino. << Acqui » : rt verde, r8" giallo. << Cremona , : 21" scarlatto, 22" turchino. << Pavia >> : 2t verde, 28" giallo. << Como >> : 23" scarlatto, 24" turchino. 11 Bergamo n: 25• verde, 26" giallo. <<
Il decreto inoltre precisava che le nuove nappine in dotazione dovevano avere sempre lo scudo frontale bianco, mentre le lettere ed i numeri erano sempre rossi. Rimane qualche perplessità sulla piena attuazione delle disposizioni contenute in questo decreto, in quanto otto mesi più tardi (giugno 186o), con l'adozione di una divisa unica per tutta la fanteria, non solo sparivano le colorazioni distintive delle vecchie brigate, ma venivano soppresse anche le nappine di colore differenziato e sostituite da un nuovo tipo, uguale per tutti i reggimenti. La nappa era di lana scarlatta con scudo bleu e numeri o lettere scarlatti. Se in un primo tempo i contrassegni delle compagnie cambiarono seguendo l'evoluzione dei reparti di fanteria, certamente le ultime modifiche furono dettate dalla necessità di equipaggiare più facilmente, e nel minor tempo possibile, un esercito i cui organici si erano quadruplicati.
TAVOLE DELLE UNIFORMI DEGLI UFFICIALI
La difficile si~azione politica determinatasi a conclusione della campagna del 1859 creava l'urgente problema di costituire in breve tempo un esercito forte, che fosse in grado di fronteggiare i gravi pericoli che da più parti incombevano sul nascente Regno d'Italia. Già, alla fine del 1859, si era dato notevole impulso al processo di trasformazione ed ampliamento dell'Esercito piemontese, destinato a costituire il nucleo centrale delle Forze Armate italiane. Se il cambiamento si attuò in tempi abbastanza brevi, il relativo assestamento richiese tempi più lunghi, passando anraverso l'opera riformatrice dei generali Fanti e Della Rovere prima, Petitti poi, fino a quella del generale Ricotti nel 1872, che concluse il ciclo delle grandi trasformazioni organiche. Il regolamento sulle uniformi degli ufficiali, che è stato qui riprodotto, si inserisce nella vasta attività di rinnovamento che caratterizzò lo sforzo riorganizzativo degli anni r86o. Si tratta di un documento estremamente interessante, basti considerare che per trovarne un altro altrettanto esauriente bisogna risalire al 1833· Nei trent'anni che intercorsero tra le due pubbl icazioni, il vestiario e l'equipaggiamento dei militari subì delle modifiche importanti, come nel r843 c nel 1848.; purtroppo però di tutti questi cambiamenti sono rimaste solo delle descrizioni insufficienti, poiché i disegni dei modelli approvati ed i relativi campioni non venivano allegati al decreto, ma depositati presso l'Azienda di Guerra di Torino. Di questi documenti, redatti con tanta precisione c scrupolosamente depositati , non esiste più traccia. L'importanza delle disposizioni contenute nella raccolta qui allegata, edita tra il 1863 ed il r864, non è data solo dalla ricchezza di illustrazioni che descrivono le uniformi in vigore in quegli anm, quanto dalla constatazio-
ne che questo Regolamento in realtà rappresenta una sintesi organica di tutte quelle modifiche già attuate fin dal r85o, con la riforma La Marmora; quindi esso riporta definitivamente codificate anche le divise che di volta in volta erano state proposte ed adottate nei dieci anni precedenti. Basandosi su questa importantissima fonte d'informazione, si possono ripercorrere le tappe cruciali dell'evoluzione delle uniformi, dal 1849 al r872, un arco di tempo che comprende i momenti più significativ i dell'epopea risorgimentale. L'unico motivo di rammarico è dato dal fatto che la raccolta si limita a trattare solo le uniformi degli ufficiali, mentre nulla è detto circa la truppa, la qual cosa costituisce una lacuna non facile da colmare. Le tavole e la relativa descrizione vennero pubblicate sui supplementi del Giornale Militare sotto il titolo di: (< Istruzioni generali sulla divisa degli Uffi.ziali superiori ed inferjori dei Carabinieri Reali, ecc. )), furono stampate in due annate successive; la prima parte apparve nel r863, c si riferiva al vestiario degli ufficiali di fanteria, bersaglieri, stato maggiore delle piazze, ufficiali sanitari, moschettieri, cacciatori franchi, invalidi c veterani , corpo d'amministrazione. La seconda parte invece venne inclusa nel Supplemento n. 7 (15 ottobre) del Giomale Militare del 1864; essa comprendeva tutti gli altri corpi dell'Esercito dai RR.CC. al Genio ed al Treno d'Armata. Precise disposizioni stabilivano che le tavole delle illustrazioni del regolamento fossero inviate, con i supplementi del Gioma/e Militare, solo a quei corpi che ne avevano strettamente bisogno; in caso contrario· le copie delle pubblicazioni venivano distribuite senza i disegni. Una limitazione del genere era probabilmente dettata da elementari norme di riser-
vatezza, purtroppo però. a tale restrizione. si sono aggiunti l 'incuria e l a cupidigia dei p osteri, che hanno reso estremamente difficile trovare l'Istruzione sulla divisa degli ufficiali (1863/ 64). completa el i tutte le su e tavole. Dato il particolare valore eli queste illustrazio ni , è stato compiuto ogni sforzo per recuperarne la parte ch e mancava nella prima edizione di questo volume (tavole delle disposizioni del 1864. concernenti : l e Guide. la Scuola Normale di Cavalleria, il Genio, il Treno d'Armata. il Corpo Veterinario ìvlilirare ed i dcnagli su i distintivi eli ca rica degli aiutanti maggiori). Oggi finalmente siamo in grado di riproporre al terrore la raccolta delle tavole n ella sua intc rezza . Quanto al resto, di cui son o pane integran te . rimandiamo il leuore alla consultazione del
Giornale Militare U fficiale (pa ne prima 1863/ 6-t). In quella sede lo studioso porrà meglio approfondirne ogni aspetto. visto che mo lte biblioteche sono fornite di questi ,·olumi. Q uant o a lacune, è sorprendente constatare come un regolamento così o rganico e compl eto nella concezione. non abbia mai contenuto disposizioni concernenti l'abito di divisa degl i ufficiali generali . Non è fa cile spiegare la rag ione di una simile esclusione , perché se è vero che sosta n zia lmente i generali vestivano l 'unifo rme da uffi ci ale superi o r e de ll a ri sp erriva Arma o Corpo d'appartenenza. è altresì vero che esisteva un numero rilevan1 e di disposizioni che regolava un'infinit:l eli d ettagl i la cui fun zi one era quella di indica re il rango. l'incarico e la funzione dell 'ufficiale.
ELE CO DELLE TAVOLE Tav. U/ I : DiiJisa degli 1(/lìciali superiori ed iujèriori del C01po di Stato J'vlaggiore Ta, ·. U/ 2: Divisa degli ujjìciali superiori ed iuferiori del COlpo di Stato .\lag~iore T:n·. U/ 3: Dil•isa degli 1([/ìc:iali superiori ed il((eriori del C017Jo di Stato :llag_Qiore Tav. U/ 4: DiiJisa degli 1(/Jìcia li superiori ed iujèriori del C01po di Sta to Mag.Qiore Ta,·. U/ S: Dicisa degli uj]ìcia/i superiori ed iuferiori del COJ1JO di Stato .\lagQiore T:1v.
/6: Diuisa degli 1!ffìciali superiori ed Ìl(/èriori del Cmpo di Stato Map,giore
Tav. U/7: DiL•isa clr:p,fi ujJìc.iuli superiori ed fl({ertori del c.<npo di Sia/o Maggiore
Tav. C/ 8: Dil'isa degli uj}ìciali superiori ed iuferiOJi del Cmpo di Stato .\la,Q,Qiore Tav. U/ 9: Divisa decf5li L(f(iciali del Ccnpo dei Cambiuieri Reali Ta\·. U/ 10: Divisa def51i 1(/Jìciali del Co1po dei Carahiuieri Neali
Ta,·. C/ l I: Bardatura dei ca m/li dep,li Jljfìciali dei Camhiuieri Reali Tav. U/ 12: Bardatura dei Cc/llalli degli l!flìciali dei Camhiuieri Neo/i
Tav.
/ I3: Bardalum dei camiti degli uj}ìciali dei Carabiuieri Neali
Tav. '/ I ·~: Dirisa degli Jlj(iciali di Fauleria
Tav. U/ l S: DiiJisa degli 1(/Jìc:iali di Fauleria Tav. U/ I 6: Dil'isa degli uj}ìciali di Fauteria Tav. U/ I 7: Dit•isa del~ li uj]ìciali di Fauleria Tav. U/ I H: Diuisa degli l(fJìcia li di Fau feria Tav. ll I9: Bardalum dei camlli dep.fi l([(iciali di Fauteria Tav. U/20 Bardatura dei coralli de_Qii l({(iciali di Fauferia Ta v. U/ 2 1: Dilll:-;a degli 1(/li'ciali d ei /Jersaglieri
Tav. U 22: Dil'isa degli 1({/ìcia/i dei Bersaglieri T:1v. U/ 23: Dioisa degli 1([/i'ciali superiori ed iJ(/èriori dello Camllerio di l.iuea . /,aucieri e Ccwalle,q.Qeri Tav. U/ 21i: Di1•isa d egli uj]ìc iali superiori ed il({eriori della Cawlleria di Liuea. Laucieri e Cal'(JIIeggeri
Tav.
U/2~:
Dil'isa dep.fi l(f(iciali superiori ed il(/'eriori della Camllerit1 di UJ/eo. Lcmcieri e Camlle,t!,p,eri
Tav. U/26: Oiuisa degli 1(/Jìcia/i superiori ed il({<.'riori dello Cai'CII!eria di
-70-
IJJIL'fl
Tav. U/ 27: Divisa degli uflìciali superiori ed inferiori dei Lancieri e CCil·alleggeri Tav. U/28: Divisa degli uffìciali superiori ed inferiori della Cavalleria di Liuea, Lancieri e Cavallegp,eri Tav. U/ 29: Divisa degli ufficiali superiori ed inferiori della Ccwclflerict di Linea. Lancieri e Ccwalleggeri
Tav. U/ 30: Divisa degli
L~/]ìciali superiori
ed inferiori della Cat;al/eria di f.inea. Lancieri e Cerva/leggeri
Tav. U/3 1: Divisa degli uflìciali superiori ed il(fèriori della Cavalleria di Linea, Lancieri e Ccwallep.geri Tav. U/ 32: Divisa
degl~ujjìciali superiori
ed il(/e riori della Cavalleria d i Linea. Lmzcieri e
Ccwalleg~eri
Tav. U/ 33: Divisa degli I~flìciali superiori ed il(/eriori della Camlleria di Linea. Lancieri e Cm•allep,g,eri Tav. U/ 34: Diuisa degli ufficiali superiori ed
il~/eriori
della Cat 1alleria di Linea, Lcmcieri e Camlleggeri Tav. U/ 35: Divisa degli I@ciali superiori ed inferiori del Reggimento Ussari di Piacenza Tav. U/ 36: Divisa degli I~ìciali superiori ed inferiori del Reggimento Ussari di Piacenza Tav. U/ 37: D1àsa degli ufficiali superiori ed i1(/èriori del Reg.r.:imell/0 Ussari di Piacenza Tav. U/ 38: Divisa degli t(/}ìciali superiori ed inf eriori del Reggimento Ussari d i Piacenza Tav. U/ 39: Divisa degli t(/lìciali superiori ed il(jèriori del Reggimento Ussari di Piacenza Tav. U/ 40: Divisa degli l([/ìciali superiori ed il(fèriori del Neggimento Ussari di Piacen za Tav. Divisa degli 1(/}ìciali superiori ed il(/èriori del Reggimento Guide
<:•ggiunta)
Tav. Divisa degli ufficiali superiori ed il(/èriori del Reggimento Guide (aggiunta) Tav. Dil•isa degli Iifficiali superiori ed il(/èriori del Reggimento Guide (aggiunta) Tav. DitJisa degli 1(/jiciali superiori ed il(/èriori del Reggimeuto Guide
(aggiuma)
Tav. Dil/isa degli 1(/}ìciali superiori ed il(/èriori della Scuola Normale di Ca11alleria
(aggiunta)
Tav. U/ 41: Divisa degli 1(/]Ìciali superiori ed i1(/èriori d "A rtiglieria Tav. U/ 42: Dit•isct degli 1aJìciali superiori ed il(/èriori d "A rtig/ieria Tav. U/ 43: Divisa degli 1(/jìciali superiori ed il(/èriori d 'Artiglieria Tav. U/ 44: Divisa degli 1(//ìcia/i superiori ed il(/èriori ci "A rtiglieria Tav. U/ 45: Diuisa degli
I~ìciali superiori
ed il(/èriori e/A rtiglieria Tav. U/•16: Dft•lsa degli ufficiali superiori ~d illjèriuri di1 1tiglieria Tav. U/ 47: Bardatura dei camlli degli t(/jìciali superiori ed /liferiori d"Artiglieria Tav. U/ 48: Bardatura dei camlli degli t(/}ìc:iali superiori ed i1(/eriori d"ltrtiglieria Tav. U/ 49: Bardatura dei CC/t'alli dep.fi t(/}kiafi superiori ed il!fèriuri d l trtiglieria Ta v. U/ 50: Bardatura dei ccwalli dep.fi 1U.l ìcia fi superiori ed il(/"eriori d l trtiglieria Tav. Diuisa degli 1-!llìciali superiori ed fl(/èriori del Genio
(aggiunt:l )
Tav. Difll:•w degli 1lj}ìciali superiori ed il(/èriuri del Genio
(:•ggil ln t:l )
Tav. Dit•isa degli 1U.l ìciali superiori ed il(/èriori del Geuio
(:•ggiunta)
Tav. Dit•isa degli L({lìciali superiori ed i1(/èriori del Treuo d 'Armata
taggiunra)
O~~elfi di
Tenuta distiutit•i degli aiutauti maggiori (aggiunta ) T;n-. Aggiunte alle IC/l'Oie della Dit•isa deglì t(/}ìciali superiori ed /1(/èriori dei Carabinieri. Bersa#ieri e Guardarmi Tav.
Tav. U/ 51: DiL'isa degli ufjìciali Sanitari Tav. Dil,isct del Co1po Veterina rio /vii/ilare
(aggiunra)
Tav. U/52: Divisa degli l({lìcia /i Sa nitari e dei Cappella /li
Tav. U/ S3: !Ji11isa degli 1(/lìciali superiuri ed il(/è>riori dello Stato Ma,~~ iore delle Piazze Tav. U/;4: Diuisa degli t(/Jìcioli dei 11/0scbeltieri. cacciatorijiwu.:bi, ecc. Tav. Cappolto soprabito per gli t(/Jìc:ioli Tav.
(:•ggium:•>
/SS: "fituica per Generali deltl~~erc:ito modello !860
T:w. lJ/')6: 1illlica da t(/]ìciale del Nep,p.fmeuto Guide Tav. U/ 17: Ttlllica da t(/}ìciale del Rep,.!.!,i/1/ellto Guide
- 71-
(aggiunta )
TUNICA PER GENERALI DELL'ESE.KCITO MODELLO 1860 - (Tav. 1J/55) Potendo clispo rrL' d i un ottimo esemplare di tunica modello 1860, si è ritenuto oppommo tentare eli colma re quello srr:1no vuoro che, a proposito della divisa dei generali, si riscomr:t nel regolamento dell'uniforme degli ufficiali, tanto più che proprio in quel periodo venivano appo•tati dei cambiamenti anche alla loro montura. Un regio decreto pubblicmo sul Giomale Militare in data 9 maggio 1860 stabiliva in proposiro quanto segue:
.
Art.
l.
Gli uffiziali gen<:rali dell'Esercito (fanteria e Cavalleri a) fatta eccezion...: l ><.:nsì eli quelli dci corpi speciali (Srato Maggiore, Carabinieri, Aniglieria e Genio) dovranno aver d'or innanzi alla tunica loro d i divisa: a) la goletta di velluto nero ornata alla base ed alle pani anteriori di una piswgna di panno scarlarro, invece dell'attuale goletw di panno scarlarto; h) le mostre delle maniche pure di vcllllto nero ornate alla p<l rte posteriore c: lungo la linea eli ;lbhott.onalu-
ra di una pist;tgnfl scarlana invece clellc attuali most-re alle maniche di panno scarlatto. In tt1ttc: le al tre parti la tunica dei mentovati uffLdali generali sarù quale era fino ad ora, sì quanto alla form ~1 , sì quanto alle dimensioni ed alle pistagne; c) gli stessi uffiziali generali faranno uso d'or innanzi eli
CJ<l,·ana di lana o se1a scarlatta invece della Cl<t\·atla ner:1;
d) la divisa degli uffiziali generali dci corpi special i, dell'Artiglieria, del Genio, del Corpo di Stato Maggiore,
e dei Carabinieri Heali , cominuerà ad essere tale che infino ad ora senza variazione alcuna; e) gli uffiziali generali Comandanti di Piazze o Circondari faranno uso bensì della medesima divisa dianzi accennata nei pa ragrafi a) b) c); se non che, come ;1ppancnemi allo Sr:no Maggiore delle Piazze, avran-
no distintivi in oro ed useranno la cravatta nera. Al1. 2.
l distimivi di grado degli uffiziali gcn<.:rali tutti, senza eccezione, saranno da quind'innanzi così stabiliti: a) Maggior Generale, ricamo ad una sola riga ranto sulla gokm1, quanto sulle mostre delle manicl1e; b) Luogotenente Generale. ricamo a due righe sulla gole11a c sulle mostre del le maniche;
c) Generale d'Armata, ricamo a tre righe sulla goletw c sulle mostre delle maniche. La forma e le dimensioni del ricamo, come pure qudlét delle cordelline, continueranno ad essere tali ap punto che infino acl ora. Vale la p<.!na di f~ue qualche breve <.:onsiderat:ione ~ug li ornamenti che il decreto b scia inalterati. Le çordellinc acl esempio potevano essere d'oro o d'argento , a seconda degli attributi del corpo di appart.en<.! n ~a , ed erano uno speciale dist.imivo di ('ategoria che indossavano solo gli ufficiali generali in servit:io arrivo, i quali erano posri al comando di un corpo, di un istituto o di una amn1inistrazione. Sulla treccia da cui scendevano le cordelline, gli u fficiali aiura nti di campo d i Sua Macstà applicavano come distintivo il monogramma r<.!alc in oro e sulla spaUa sinistra un cordoncino d 'argento (Tav. C/ 55). Gli ufficiali dei corpi speciali indossavano l'uniforme prescrina per la rispettiva arma: A1tiglieria: par:lllu ni e goletta di velluto nero, ricam i dci gradi corclelline c mctallerie in oro. Genio: paraman i <.! goletta di velluto crt misi, ricami dei gradi cordelli nc e met<ll lerie in argento. Stato Maggiore: paramani c golena di panno uguale alla tunica, ricami dei gradi cordelline c llll:tallerie in oro, le finte tasche sulla falda posteri ore erano filettate di cordoncino d'oro. Carabinieri Reali: paramani e golena di panno uguale all 'abito. ri<.<tmi dei gradi corddline e metallcrie in argento. I n gran montura tulli i generali portavano la feluca guarnita di penn<.! di struzzo nere e di un gallone d 'oro o d'argenw a se<:onda dd corpo di cui conservavano il rispettivo cappictlo. Una disposizione del 4 marzo I843 prescriveva per i g<.:nerali dell'Esercito l'uso di un cinturino reggisciahol.a in gallone d'argento a 3 righ e di seta <Jzzurra. il ferma glio era costituito da una piastra d'a rgento recante al centro una granata dorata guarnita dd monogramma reale in argento. Sicuramente questo tipo di fibbia subì più tardi delle modifiche, tuttavia la frammcntarier;'l dei docurnenri non ha consentito di stabilire che caratteristiche avesse verso il 1860.
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TUNICHE DA UFFICIALE DEL REGGIMENTO GUIDE (Tav. U /56 e U /57)
Le giubbe qui presentate sono quelle che le Guide avevano definitivamente adottato in base al regolamento del 1864, ad esse si era giunti in seguito ad una serie quasi incessante di modifiche, di cui quattro furono le più importanti. Rispetto alla prima divisa indossata all'atto della costituzione del reparto si era certamente compiuto un bel progresso. Rileggendo infatti la nota pubblicata sul Giornale Militare in data 7 marzo 186o, in cui è contenuta la descrizione della prima tenuta in dotazione al reggimento, c'è di che rimanere sorpresi; all'esame della lista degli oggetti di corredo ci si rende conto di quanto fosse goffo questo tentativo di rinnovarsi anche attraverso l 'uniforme. Il copricapo inizialmente distribuito, impropriamente chiamato « kolback >>, in realtà era un elmo da cavalleria di linea a cui la cresta era stata tolta e sostituita da una striscia di pelliccia nera disposta trasversalmente. Si imitava così la foggia degli elmi che usavano in Russia i Granatieri a cavallo della Guardia. Il loro « kolback » aveva una lunga fiamma di panno celeste che ricadeva sulla schiena. L'altra novità era costituita dalla tunica, la quale doveva essere di panno celeste ad un petto, chiusa davanti da sei alamari neri, con goletta e paramani di velluto nero filettati di bianco. La falda era molto corta e le cuciture sul dorso erano guarnite di cordone nero. Per il resto si continuava ad usare tutti gli oggetti di corredo portati dagli squadroni Guide durante la campagna del 1859 (bandoliera, cinturone, spallini e pantaloni grigi con banda celeste per gli ufficiali e bleu scuro per la truppa). A dispetto di un inizio così poco promettente, l'uniforme del reggimento Guide era destinata a diventare una delle più eleganti del nuovo Esercito Italiano e sicuramente essa costituì l'unica nota innovatrice in fatto di esteriorità militare, completamente maturatasi nel nostro Paese. Le tuniche riprodotte nelle foto sono rispettivamente quella usata per la tenuta ordinaria (Tav. U/56) e quella per la bassa tenuta (Tav. U/57), entrambe completate dai pantaloni dello stesso colore, con la doppia banda di panno bianco sui lati . Si noterà che il colore celeste di queste giubbe era molto più intenso di quello che generalmente siamo abituati a vedere in gran parte della iconografia su questo reggimento. Il kolback che si usava con queste divise era stato omologato nel regolamento del 1864 ed , anche se più ricco, già risulta molto simile al modello che dopo il 1872, con la riforma Ricotti, verrà esteso a gran parte della Cavalleria; infatti la treccia era già annodata e disposta allo stesso modo ed immutata rimase pure la posizione della nappina e della coccarda. In grande uniforme , sulla tunica con gli alamari d'argento, si indossava la bandoliera da cavalleria, i cordoni alla foraggera e si portava inoltre lo speciale cinturino reggisciabola con la sabretache di panno celeste e ricami in argento. I bottoni di guesta giubba erano quasi sferici per potersi al lacciare con i grossi alamari a sezione quadrangolare. - 1 41 -
TAVOLE DELLE DISPOSIZIONI SULLE UNIFORMI DELLA TRUPPA
La mancanza di una sintesi organica (così come era stato fatto per gli ufficiali) che riordinasse tutte le disposizioni emanate per disciplinare l 'uso delle uniformi dei sottufficiali e della truppa non ha consentito di dare della materia una panoramica più completa e meno frammentaria. Motivo di non poche difficoltà è stata la prassi vigente all'epoca, in base alla quale sul Giornale Militare Ufficiale generalmente troviamo solo il testo con la descrizione degli oggetti di corredo e dell 'equipaggiamento adottati, mentre i disegni dei modelli completi di ogni dettaglio mancano quasi sempre, in quanto versati ali' Azienda di Guerra di Torino. L'uniforme nelle sue caratteristiche generali è nota. Ciò che sfugge, invece, sono i particolari dell'armamento e dell'equipaggiamento i quali, insieme al vestiario, costituiscono i tre elementi interdipendenti che caratterizz;Jno tutta la divisa, e naturalmente non si può prescindere dalla conoscenza deIl 'uno o dell'altro. Per quanto concerne le uniformi e l'equipaggiamento dell a truppa, è stata raccolta in queste pagine la sola documentazione completa di tavole, ricavabile dal Giornale Mditare. Si tratta di materiale molto interessante e, nonostante sia incompleto, ci consente di chiarire non pochi aspetti nebulosi di questa materia. Nella Tav. T j2 è stato riprodotto il disegno originale del « berretto di fatica delle R. truppe >>. Questo oggetto di corredo, già in parte usato da alcuni Corpi, ·venne esteso, nelle disposizioni dell'ottobre I859, a tutti i Corpi. L a nota precisava testualmente: « Fra gli oggetti di corredo militare occor· re a questo Ministero di richiamare l'osservan· za del modello stabilito, evvi il berretto di fatica, il quale nella sua forma e dimensione deve essere ugu ale per tutte le armi » (la fanteria più tardi adottò il berretto a busta). Per la fanteria il berretto doveva avere le seguenti caratteristiche:
« I'' Sarà uguale per tutti i reggimenti ed avrà indistintamente le pistagne di colore scarlatto ; 2 ° Per distinzione di Corpo, il berretto porterà il numero del reggimento in ricamo o in panno feltr ato di colore scarlatto, secondo il modello che sarà successivamente trasmesso >> . I requisiti del berretto di fatica, per la cavall~ria leggera, sono descritti in una nota successlva: « I" Il berretto sarà dell'eguale modello già in uso per i reggimenti di cavalleria, ad eccezione che la pistagna sarà per tutti indistintamente di colore scarlatto; 2 ° La cornetta da apporsi al dinanzi sarà di panno del colore della goletta ». Queste disposizioni venivano emanate prima che la cavalleria fosse riordinata nelle 3 specialità: linea, lancieri e cavalleggeri. Purtroppo non abbiamo nessun preciso ac~ cenno al tipo di fregio che usava la linea . L'adozione della nuova uniforme per la fanteria introduceva un nuovo berretto da fatica, in parte ispirato al « bonnet de police >> francese, ed in parte ad un berretto di foggia simile usato dagli austriaci. La nota 105 del 15 giugno r86o così ne prescrive l'uso insìeme agli spallini: ((
...... .
Il modello della nuova foggia di berretto di panno determinàto dal § 5o del R. Decreto 9 aprile scorso (pag. 346 del Giorn. mil.) 12.
per l'arma di fanter ia sarà quale appare dall'annesso disegno e dal modello che sarà trasmesso a ciascun Consiglio d'amministrazione dal magazzino generale centrale. r3· Il berretto porterà sul dinnanzi l'indicazione del numero del reggimento. Quello per i granatieri lo porterà nel centro della granata. I4. Esso sarà in massima portato nel senso longitudinale col fiocco sul davanti e potrà esserlo del pari nel senso trasversale, formando
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vmera o coprinuca col fiocco a sinistra ogni volta che così sia ordinato dal comandante della truppa. 15. Nulla è innovato nella forma del berretto per gli uffiziali dell'arma di fanteri a. r6. La cavalleria. e l'artiglieria continueranno a far uso del berretto attuale. L'arma del genio farà uso di q uello adottato per la fanteria col gallone di colore cremisi. 17. I Consigli d'amministrazione procederanno alla confezione dei berretti, a meno che l'amministrazione ne provvedesse direttamente. 18. I reggimenti di granatieri non faranno uso del nuovo berretto che a consumazione di quelli di cui fanno uso di antico modello. 19. Gli spallini per l'arma di fanteri a approvati con R. Decreto delli 9 aprile scorso saranno conformi all'annesso disegno ed al modello che sarà trasmesso dal magazzino generale centrale. 20. Saranno distinti se per Granatieri, se per Fanteria di linea e coll'indicazione Berretti modello 186o per Fanteria. 2 1. Gli spallini saranno portati sulla tunica ed anche sul cappotto ogni volta che così sia ordinato. 22. Gli spallini pei sott'uffiziali saranno ornati di cordone in argento, ma avrànno la frangia uguale agli altri. 23. L'arma del genio farà uso di spallini di ugua~e. modello, ma essi saranno di colore crem1s1 » . Le due tavole con i disegni originali dei kepì, rispettivamente per la fanteria c la cavalleria leggera, furono pubblicate il 24 ottobre 1859, il motivo, come è detto nella nota, era il seguente: « Allo scopo che non venga alterata la forma e dimensioni dei keppy ... ho stimato opportuno di fare riprodurre il disegno del detto capo di corredo, quale fu determinato cogli appositi modelli c quale deve servire per norma, sia agli uffìziali che alla bassa - forza ... ». Qualche anno più tardi, nel 1863, sempre sul Giornale Militare, una nota del 28 dicembre. lamenta ancora la difformità dalle prescrizioni dei copricapi distribuiti ai soldati: << In occasione de1le testé eseguite ispezioni si ebbe ad osservare presso alcuni Corpi come, non pure i kepì in uso alla truppa, ma anche i campioni esistenti presso
le Amministrazioni rispettive sono discordi per dimensioni c per forme dal prescritto modello )), Note di questo genere sono abbastanza frequenti sul Giornale Militare, anche per altri tipi di materiali, segno evidente delle difficoltà che si incontravano per repcrirc: le forniture necessarie. Le liste delle tariffe, che venivano pubblicate annualmente, sono state di grande aiuto per determinare le caratteristiche di molti oggetti del corredo della truppa, in queste tabe~ le fortunatamente si trova l'elenco di tutti i materiali che venivano usati per confezionare le divise, cd i loro accessori, stabi lendone per ciascuno ì requisiti merceologici. Da questi schemi, ad esempio, si è potuta stabilire con esattezza la differenza che esisteva fra le dragone per sottufficiali delle armi a piedi e delle armi a cavallo. Da queste liste si è scoperto che, ancora nel r864, i kepì cd i cappelli da bersagliere avevano internamente uno scheletro metallico. Il 22 dicembre 1859 venne adottato il nuovo zaino da fanteria, che però fu distribuito inizialmente solo a sei brigate, le quali erano : la Brigata Granatieri di Sardegna, di Lombardia, Savoia, Piemonte, Cuneo e Aosta; le altre brigate avrebbero per il momento continuato ad usare il vecchio zaino di corame nero, fino a consumazione delle scorte. Il nuovo zaino era così definito : « Zaino a pelo, modello 1859 di pelle. eli vitello con pelo naturale, conciata all'allume per preservarla dal tarlo e rcnderla impenetrabile 11. La descrizione continua spiegando l'affardellamento, in caso di guerra : << Soldato vestito con cappotto e pantaloni di panno con tutti gl i oggetti di corredo nello zaino, eccetto la tunica, ma con 4 pacchi car- · tucce a palla, coperta da campo e picozzino: peso dello zaino kg 12, 720. H Soldato vestito in tela con cappotto cd i pantaloni di panno nello zaino con tutti gli oggetti sovra indicati : peso dello zaino kg
12,540 )), Su questo zaino, pochi mesi più tardi, furono inseriti anche i lunghi bastoni da tenda, disposti verticalmente lungo il fianco sinistro, così da oltrepassare il bordo superiore dello zai no di circa 40 cm. Nel r863 questo siste-
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lancieri, per cui la cavalleria risultava articolata nel seguente modo : cavalleria di linea, lancieri, cavalleggeri. Date le sue particolari funzioni il reggimento Guide non rientrava in nessuna delle tre categorie c~vrebbe dovuto in realtà essere considerato specialità a se stante) ed era stato costituito non per essere impiegato come una normale unità di cavalleria leggera, ma per svolgere il compito specifico del servizio di guida presso gli Stati Maggiori. A tal fine il reggimento ebbe una forza di cinque squadroni attivi invece di quattro come gli altri corpi per la semplice ragione che cinque erano i corpi d 'armata a cui, in caso di guerra, gli squadroni guide sarebbero stati destinati. Rileggendo attentamente la nota 119 del 30 giugno r86o, in cui sono codificate tutte le colorazioni distintive assegnate ai reggimenti lancieri e cavalleggeri , non troviamo menzione delle Guide in nessuno dei due schemi delle specialità, mentre gli Ussari invece sono elencati tra i cavalleggeri. Sicuramente il reggimento non era ancora stato inserito in questa suddivisione e, a conferma di tale supposizione, le disposizioni per l'uniforme delle Guide sono date separatamente dopo quelle dei Cavalleggeri.
ma, decisamente ingombrante, di portare gli attrezzi da tenda, veniva abolito; i bastoni furono accorciati e disposti orizzontalmente. La tavola che indica il modo di fissare i picozzini agli zaini lo dimostra chiaramente. Il 9 febbraio 186o. venivano emanate alcune ~mportanti disposizioni per modifica re alcune parti dell'equipaggiamento della truppa, tra di essi troviamo quella che prescrive un n uovo tipo di gualdrappa per la cavalleria : cc sarà guernita di pelliccia indistintamente per la cavalleria di linea e cavalleggeri)>, aggiunge inoltre « gli speroni non saranno fissi, ma mobili conformi al modello d'artiglieria (vedi tavola allegata)» . Il cappotto di fanteri a della T av. T f r è quello omologato nel 1856. Nel 186o veniva confezionato con il panno bigio- bleuté c fu abolito il laccio interno mediante il quale ;;i regolava l'ampiezza del cappotto, sostituendolo con una martingala. Anche le maniche furono modificate secondo il modello francese ed entrambi i dettagli sono visibili nella T av. IV. Nel 186o veniva decretato un nuovo ordinamento per l'Arma di Cavalleria. Il progetto di trasformare i primi quattro reggimenti di linea in corazzieri fu definitivamente abbandonato c fu invece costituita la specialità
Divisa dei Lanàeri Disl i n
t
ivi
Rcggimer,;i Goletta
Paraman i
Keppy
Bande pegli U ffì7.iali
Bianchi Rossi Cremisi Verdi Gialli Arancio
Bianco Rosso Cremisi Verde Giallo Arancio
Bianche Rosse Cremisi Verdi Gialle Arancio
- Novara Aosta ..... ..... Milano Montebello Vittorio Emanuele Firenze ......
..
Bianca Rossa Cremisi Verde Gialla Arancio
Dit,isa dei Cavalleggeri O istinti,. i Rcggimcnri
Saluzzo .... Monferrato . . . . . Alessandria .... Lodi . . ... ... Lucca ... ..... Ussari. E' conservata
Mostre alla goletta
Pistagnc :•Ili
Gialle Cremisi Arancio Velluto Bianche l'attuale loro
paramani
Keppy
Gialle Giallo Cremisi Cremisi Arancio Arancio Velluto Rosso Bianche Bianco divisa speciale.
Bande pegli Ufn7.iali
Cordoni
Gialle Cremisi Arancio Rosse Bianche
Gialli Cremisi Arancio Rossi Bianchi
ELENCO DELLE TAVOLE T av. T l I:
Cappotto della Fanteria
Tav. T 12:
Berretto da fatica delle Regie T ruppe
Tav-: T l3:
Kepì di Fanteria
Tav. T 14: Spalline del Genio Tav. T 15 : Spalline e berretto a busta Tav. T l6 : Z aini affardellamento (modello 1859) Tav. T f7 : Z aini da Fanteria e da Bersagliere Tav. T 18:
Oggetti di equipaggiamento
Tav. T j9 : Tunica da caporale furiere dei « Lancieri di Milano >> Tav. T l ro : Tunica da caporale furiere dei « Lam·ieri di Milano »
Tav. T l II: Kepì per Cavalleggeri Tav. Tl 12 : Maneggio delle armt. Buffetteria ed oggetti relativi Tav. T l t3 : Maneggio delle armt. Buffetteria ed oggetti relativi Tav. T / 14 : Istruzione sulle armi Tav. T l 15 : Gualdrappa per truppa di cavalleria
Tav. T l 16 : A ccessori della bardatura da truppa
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TUNICA DA CAPORALE FURIERE DEI (( LANCIERI DI MILANO n (Tav. T/9 e T/IO)
Questo interessante cimelio, conservato in una collezione privata, costituisce di per sé un raro esempio di tunica da truppa di cavalleria. La sua importanza deriva dal fatto che fino ad oggi non sono stati trovati né i disegni del mod~llo originale né si conosceva l'esistenza di altre giubbe di questo tipo. Si tratta quindi dell'unico esemplare da cui si possa ricavare una documentazione completa circa le caratteristiche delle tuniche dei soldati di cavalleria. Il modello in questione fu adottato originariamente dall'Esercito piemontese nel 1843 e si continuò a portarlo fino al 1872. La tunica qui riprodotta presenta inoltre la mostreggiatura tipica adottata nel 186o per la nuova specialità di cavalleria: i lancieri. Infatti i paramani e la goletta (colletto) sono interamente di panno cremisi, il colore distintivo assegnato al reggimento ed anche le filettature sono dello stesso colore. Sopra i due paramani sono cuciti i galloni di cotone bianco che indicano il grado del militare; essi hanno dimensioni e caratteristiche diverse: quello più interno a due righe è largo 29 m m mentre quello esterno ad una riga è largo solo 22 mm. Secondo una disposizione del q gennaio 1859, venne stabilito che distintivi di grado per sottuffìciali c graduati di tutte le Anni e Corpi fossero sempre sottopannati e filettati di rosso. Questo tipo di galloni era in uso presso l'Esercito piemontese fin dalla seconda metà del XVIII secolo. Anche gli altri accessori che guarniscono l'uniforme hanno il pregio di essere originali, sia gli spallini che i cordoni alla foraggera. Gli spallini sono quelli caratteristici della cavalleria sarda, il gambo e lo scudo sono in tre pezzi di laniierino sovrapposti, mentre le frange ripiegate di cotone bianco sono molto corte e rigide, in pratica si tratta di una variante del modello in dotazione nel 1833. l cordoni alla foraggera sono in tutto uguali a quelli usati dai bersaglieri, unica variante il colore e l 'uso, infatti cavalleggeri e lancieri vi appendevano la bacchetta della pistola. Il kepì che completa la tunica è un magnifico esemplare di questo tipo di copricapo da cavalleria; la solidità dell'oggetto testimonia della sua funzione p rettamente protettiva, infatti per rioforzarlo veniva fissato internamente un telaio di ferro. E' opportuno precisare che il kepì riprodotto nella illustrazione è un modello da sol-!ato se!llplice e non da graduato perché manca il gallone bianco lungo il bordo superiore. I tre filetti montanti, quello posteriore e i due laterali, sono bianchi secondo quanto era prescritto per tutti i reggimenti che avevano una colorazione distintiva diversa dal bianco, quelli come i << Lancieri di Novara l), che portavano il kepì ricoperto esternamente di panno bianco, usavano filettature montanti di colore azzurro.
T AV. T /IO
UNIFORME DEI LANCIERI DI MILANO
Il fregio da lan ciere, che vediamo fi ssato davanti al kepì, è diverso da quello previsto per gli ufficiali. Le differenze si possono facilmente riscontrare confrontando la tavola del regolamento del 1864 e il disegno a piè d i pagina che riproduce il fregio da truppa. Il pennacchio di crini è stranamente innestato su di una nappina di lana (45 m m diametro) d i colore scarlatto invece che del colore distintivo del corpo, in questo caso cremisi. N on è stato possibile appurare la ragione di questa deroga dalle disposizioni ufficiali. Il modello di tunica di cui fin qui si è parlato era in dotazione solo ai reggimenti di cavalleria leggera, infatti una disposizione del 7 novembre 1856 riguardante i militari dei Depositi di cavalli stalloni c hiarisce in proposito che : <<In quanto poi alle tuniche, sebbene debba ritenersi in massima che la lunghezza delle falde abbia ad essere uguale a quella delle tuniche della cavalleria leggera, tuttavi a sarà tollerata la maggior lun ghezza delle medesime per quegli individui che dalla cavalleria di linea facciano passaggio in cotesti Depositi ». Quindi oltre ad un diverso tipo di paramani e colletto, la cavalleria leggera aveva anche le falde della tunica più corte.
PARTE QUARTA
CONCLUSIONE
Rammentando soprattutto la serie di decreti concernenti equipaggiamento e vestiario della truppa, traspare evidente il travaglio a cui era sottoposto l'organismo militare, in questa intensa fase di trasform azione organica, che avrebbe portato l'Esercito ad assumere un assetto più stabile, solo quattro anni più tardi. L'arco di tempo coperto da questa febbrile attività organizzativa va dalla fine del 1859 fino a tutto il 1864, anno in cui fu pubblicato il « Regolamento sulla montura degli uffizi:.di » . N el periodo susseguente, in materia di uniformi, si ebbero solo cambiamenti di lieve entità, quali ad esempio varianti di fregi o cose simil i, gli sforzi si concentrarono sui problemi dell'armamento. La divisa indossata dali 'Esercito, quella di pretto stile piemontese, così essenziale, verrà portata dalle nostre truppe fino al 1872, legando le sue caratteristiche inconfondibili alle immagini dell 'epopea risorgimentale. Quanto è stato fin qui esposto, sembra ribadire pienamente quei legami del fenomeno uniformologico, che lo pongono in funzione dell'evoluzione e della storia del rispettivo paese. Come è già stato più volte accennato, lungo il corso della trattazione, lo scopo precipuo di questo lavoro non era quello di dare una panoramica completa delle uniformi di tutti
i Corpi e Servizi dell 'Esercito, nel periodo considerato, quanto piuttosto di ritrovare il significato dei cambiamenti, attraverso la lettura degli stessi documenti che proponevano le modifiche delle divise militari. Seguendo questa impostazione è più facile constatare come la modifica di un fregio o l'adozione di una nuova mostregg.iatura, lungi dall'essere il risultato di una frivola valutazione estetica, è in realtà legata alle tappe del processo evolutivo dell'organismo. militare. Sulla <( rnontm:1 n d~i vari Corpi del primo Esercito Italiano, all 'epoca si realizzarono diverse pubblicazioni, ma tutte di carattere iconografico (album di figurini, stampe e dipinti), trattare perciò l'argomento dallo stesso punto d i vista era superfluo, ciò che invece rimaneva da chiarire era il significato e le caratteristiche di gran parte dei dettagli dell'equipaggiamento, con cui l 'uniforme acquista un senso compiuto. Se con questo lavoro saremo ri usciti a dare delle divise in questione una panoramica meno circoscritta ai soli aspetti più puramente coreografi ci, solo allora potremo dire di aver raggiunto il nostro scopo. Nel momento in cui l'opera si conclude , ci sorregge la speranza di aver contribuito, sia pure in piccolissima parte, ad una migliore conoscenza delle uniformi dell'Esercito Italiano.
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RINGRAZIAMENTI
L' autore d esidera esprime re la p ropria gratitudin e a tutti coloro che hanno generosamente contribuito alla realinazione di qtJCSLo lavoro, me rtendo a dis posizione archivi e raccolte priva te. La co ll aborazione di enti, musei e co llezion isti h ;;l permesso di inserire nell e pagine d el presente volume una documentazione ancora in g ran parte inedita.
la biblioteca del Senato della Repubhlica ; - la raccolta fotografica del p rincipe Di Sonuna;
In particolare s i cita no: - l'Ufficio Storico d e l Comando Generale dell'Arma dci Carabin ieri;
-
la collezione Ce rmelli;
-
la collezione Uartocci;
-
l'ing. Giuseppe Pa lma;
- il Ce ntro Inte rnazionale di Uniforrnologia e d il Col. Gasparinetti, suo direttore; -
- i l Museo J\ililitarc di Castel S. Angelo;
-
l'Istituto eli Cultura dell'Arma del Genio;
-
l' Istituto Ce ntrale del Risorgirnento;
il sig. Ruggero Pe ruzzi.
L'a utore vuo le iĂšfin c ricorch1rt> l~ coll aborazione paterna di Ernesto Chiappa c di Giancarlo Boerio.
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INDICE
Presentazione .
l'ag.
3
L'un(j()rrne militare quale fenomeno intimamente connesso aMii suiluppi della societĂ
Pag.
7
12
Inquadramento storico
PAHTE SECONDA
Pag. 19
Le un{fonni.
24
Elenco dei figu rini . Sche1mt riassuntivo delle modifiche apportate alle nappe per kep ĂŹ da fant.eria t ra il
64
1850 ed il 1860 . . . . . . . . . .
PARTE TF.R7.A
Pag .
l'avole delle un{/ormi degli 14'/kiali
69 70
Elenco de lle tavole . . . Tunica per generali dell'Esercito modello 1860
139
Tuniche da ufficia le de l reggimemo Guide
14'1
Tauole delle disposizioni sulle uniformi della lntppa
144
Elenco delle tavole . . . . . . . . . . . .
147
Tunica da caporale furiere dei .. J..ancie ri di Milano"
156
J>.-\ RTE Q UARTA
Conclusione
Pag. 165
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