L'OPERAZIONE NAVALE T.18

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L’OPERAZIONE NAVALE T.18 (22-25 Gennaio 1942)

LA SCORTA A UN CONVOGLIO ITALIANO DIRETTO A

TRIPOLI E L’AFFONDAMENTO DELLA MOTONAVE DI LINEA VICTORIA

FRANCESCO MATTESINI

La motonave di linea Victoria

Civico Museo del Mare – Comune di Trieste

OTTOBRE 2019

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Breve racconto dell’Operazione M.43

L’operazione M.43, che ebbe inizio il 3 gennaio 1942 e si concluse il giorno 7, fu pianificata da Supermarina per scortare un grosso convoglio dall’Italia a Tripoli, e fu pianificata con le stesse modalità realizzate per la M.42 nel mese di dicembre che porto alla 1a Battaglia navale della Sirte.1 Il convoglio della M.43 comprendeva sei recentissime motonavi, che trasportavano un grosso carico di armi e di rifornimenti disperatamente attesi in Libia per fronteggiare l’operazione britannica Crusader. Il convoglio si costituì il 3 gennaio nel Mare Ionio, dopo aver navigato in tre gruppi, salpati da altrettanti porti. Il primo gruppo, partito da Messina con le motonavi Bixio, Monginevro, Lerici, scortate dai cacciatorpediniere Vivaldi, Da Recco, Usodimare, Bersagliere e Fuciliere; il secondo da Taranto con le motonavi Monviso e Giuliani, scortate dalle torpediniere Orsa, Aretusa, Castore e Antares; il terzo gruppo da Brindidi comprendente la motonave Allegri, scortata dal cacciatorpediniere Freccia e la torpediniere Procione.

Il gruppo di scorta diretta al convoglio, al comando dell’ammiraglio Carlo Bergamini, comprendeva la corazzata Duilio, gli incrociatori Garibaldi, Montecuccoli, Duca d’Aosta e Attendolo, e i cacciatorpediniere Maestrale, Gioberti, Oriani, Scirocco e Malocello.

Il gruppo d’appoggio dell’ammiraglio Angelo Iachino, che nella sua qualità di Comandante in Capo della Squadra Navale era anche il Comandante Superiore in mare durante l’operazione, era costituito dalle corazzate Littorio, Doria e Cesare, dagli incrociatori pesanti della 3a Divisione (ammiraglio Angelo Parona) Gorizia e Trento, e dai cacciatorpediniere Carabiniere, Alpino, Ascari, Camicia Nera, Pigafetta, Da Noli e Geniere.

Furono disposti in agguato ad est di Malta, contro eventuali provenienze di unità navali nemiche da levante, i sommergibili Pisani, Onice, Dandolo, Alagi, Aradam, Tritego, e Axum, e tra Creta e la Cirenaica fu costituito un altro sbarramento con i sommergibili Beilul, Dessie, Galatea e Zaffiro. Il loro compito era di carattere esplorativo e offensivo, ossia di individuare, segnalare ed attaccare, le eventuali formazioni navali britanniche che avessero tentato di interferire con i movimenti del convoglio. Nove sommergibili tedeschi (U.74, U.75, U.77, U.79, U-97, U.133, U.371, U.374, U-568, della 23a e 29a Flottiglia (Salamina e La Spezia) in agguato ad ovest di Tobruk, costituirono uno sbarramento contro provenienze navali da Alessandria, disponendosi tra la costa della Cirenaica e dell’Egitto e l’Isola di Creta.

Il grosso concentramento di forza navali derivava dal fatto che, dovendo fronteggiare l’eventuale minaccia congiunta della Mediterranean Fleet di Alessandria e della Forza K di Malta, a Supermarina si riteneva che il nemico avrebbe potuto

11 Francesco Mattesini, La prima battaglia della Sirte. Prima parte: Genesi e fallimento dell’operazione M.41 e pianificazione dell’operazione M.42; Parte seconda: Lo svolgimento dell’operazione M.42 e le perdite navali britanniche sugli sbarramenti di Tripoli, Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Marzo e Giugno 2004. Vedi anche il recente saggio dell’Autore in Academia Edu (Settembre 2019), La prima battaglia navale della Sirte (17 dicembre 1941).

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attaccare il convoglio con tre corazzate e otto incrociatori. E questa errata valutazione derivava dal fatto che in quel momento a Roma si continuava ad ignorare l’affondamento della Barham avvenuto il 25 novembre 1941 ad opera del sommergibile tedesco U-331 (tenente di vascello Hans-Dietrich von Tiesenhausen), e che le altre due corazzate, la Queen Elizabeth e la Valiant, erano state messe fuori combattimento la notte del 19 dicembre dai mezzi d’assalto italiani trasportati dal sommergibile Sciré (capitano di corvetta Julio Valerio Borghese) ad Alessandria, mentre l’incrociatore Neptune era affondato, il mattino del 19 dicembre, sugli sbarramenti minati difensivi di Tripoli, che avevano anche danneggiato gravemente l’incrociatore Aurora e causato danni anche al Penelope.

Bellissima immagine della modernissima motonave Giuliani, una delle sei motonavi veloci del convoglio dell’operazione M.43.

Pertanto, ritenendo possibile di dover affrontare un eventuale combattimento con un pericolosissimo temuto nucleo di navi da battaglia, Supermarina era stata costretta a mobilitato per proteggere a tutti i costi il convoglio per Tripoli un totale di 46 unità navali, che includevano 4 navi da battaglia, 2 incrociatori pesanti, 4 incrociatori leggeri, 20 cacciatorpediniere, 5 torpediniere e 11 sommergibili, a cui si aggiungevano i 9 sommergibili tedeschi. A ciò si aggiungeva una continua protezione aerea al convoglio, con l’impiego di numerose aliquote di reparti della Regia Aeronautica e della 2a Luftflotte, messi in allarme, e pronti ad intervenire, in tutto il Mediterraneo centro-orientale, e che contemplava eventuali compiti di attacco anche contro gli aeroporti di Malta e la base navale di La Valletta.

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La corazzata Littorio (terzo nome dell’autore di questo saggio) ripresa in navigazione da un aereo.

Come detto, l’Operazione M. 43 ebbe inizio il mattino del 3 gennaio e si svolse in base agli ordini impartiti, con andamento regolare, per poi concludersi felicemente con l’arrivo a Tripoli delle sei motonavi del convoglio, che trasportò a destinazione, senza aver subito alcuna perdita, un ingente quantità di materiali, munizioni, benzina e armi varie, nonché 144 carri armati (82 italiani e 62 tedeschi) e 490 automezzi (377 italiani e 143 tedeschi), che poi, come detto, servirono al generale Rommel per realizzare nella seconda metà del mese la sua controffensiva, che portò in breve a riconquistare metà della Cirenaica, fin quasi a Tobruk.

La partenza e la destinazione del convoglio italiano diretto a Tripoli furono conosciuti per intercettazione e decrittazione di messaggi radio italiani da parte dall’organizzazione crittografica britannica Ultra, e in seguito a ciò, il 4 gennaio, fu ordinata la costituzione di un esteso sbarramento di sommergibili, tra il Golfo di Taranto e le acque di Tripoli. A questo sbarramento presero parte le seguenti unità subacquee, salpate da Malta: P.34 e Unique nel Golfo di Taranto, Sokol (polacco), Unbeaten e Thrasher disposti in una linea di agguato più a sud, Urge e Upright a est della costa meridionale della Tunisia. Soltanto l’Unique (tenente di vascello Anthony Foster Collett) alle 19.53 del 5 gennaio avvistò nel Golfo di Taranto un gruppo navale italiano costituito da una corazzata, un incrociatore e cinque cacciatorpediniere, con scorta aerea di due idrovolanti, ed attacco, in position 40°07’N, 17°07’E, lanciando quattro siluri da una distanza stimata di 8.300 metri, ma senza successo.2

Il sommergibile britannico Unique che il 5 gennaio 1942 attaccò nel Golfo di Taranto, senza successo, una formazione navale italiana.

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2 Historical Section Admiralty, Submarines, Volume II, Mediterranean, Londra, 1955, p. 70.

Fu anche ordinate un’azione aerea notturna con gli aerosiluranti dell’Aviazione Navale (FAA) di Malta, che però non rintracciarono il convoglio italiano, che all’arrivo a Tripoli fu anche bombardato nella notte sul 7 gennaio da una dozzina di bombardieri Wellington, senza successo.

Occorre dire che il sistema di protezione della scorta incorporata nei convogli, inaugurato nel dicembre 1941 con le operazioni M.41 e M.42 per far fronte alle azioni notturne di navi di superficie britanniche, costringeva le corazzate e gli incrociatori incorporati nel convoglio a correre seri pericoli in caso di attacchi di sommergibili e di aerei notturni e diurni; ciò perché, pur tenendosi ad una certa distanza dal convoglio, essendo costrette a mantenere la stessa velocità delle navi mercantili, per la necessità di tenere la posizione difensiva, quelle grandi unità della flotta, avevano lentezza di manovra. L’ammiraglio Carlo Bergamini, Comandante in seconda della Squadra Navale, nel considerare i vantaggi e gli inconvenienti di questo tipo di navigazione ritenuto opportuno pur di garantire all’arrivo dei rifornimenti in Libia la più massiccia protezione possibile ai convogli che li trasportavano, lo fece notare a Supermarina con il suo rapporto di navigazione.

Tuttavia, il sistema di protezione ravvicinata non fu cambiato nella successiva operazione T. 18, la seconda del mese di gennaio pianificata per trasferire in Libia un altro grosso convoglio di cinque motonavi che imbarcavano tra l’altro 120 carri armati e 270 tra automezzi e rimorchi. Fu invece soppresso il sistema di protezione a

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La corazzata Giulio Cesare fotografata dalla Littorio nel corso dell’operazione M.43.

distanza dal convoglio e dal gruppo di appoggio, dal momento che, fin dal 5 gennaio, era stato scoperto, sulla scorta di fotografie del porto di Alessandria scattate dai ricognitori tedeschi, che le due corazzate della Mediterranean Fleet, Valiant e Queen Elizabeth, erano fuori combattimento.

L’OPERAZIONE M.43 (3-6 FEBBRAIO 1942)

LA ROTTA DEL CONVOGLIO E DEI GRUPPI DI SCORTA

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Inverno 1941-1942. Il porto di Tripoli durante lo sbarco di carri armati da un convoglio giunto dall’Italia nell’inverno 1942. Sopra u n carro armato italiano M.13.

Commentando nella sua autobiografia la situazione sfavorevole venuta a crearsi in Mediterraneo per i britannici nel campo navale, l’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, Comandante in Capo della Flotta del Mediterraneo (Mediterranean Fleet), fece il seguente commento, che dimostra in quale stato di sconforto egli, il vittorioso di importanti battaglie contro la Marina italiana, si trovasse all’inizio di gennaio 1942:3

Il nuovo anno (1942) trovò la nostra situazione nel Mediterraneo orientale estremamente deprimente. Non vi era alcuna riduzione nei nostri impegni, mentre le nostre risorse per far fronte a essi erano grandemente diminuite. La flotta italiana, comprese le corazzate e gli incrociatori armati con i 203 m/m, avevano mostrato segni di attività, e noi non avevamo più ora una forza da battaglia per minacciarla quando usciva nel Mediterraneo centrale. Riusciva così possibile al nemico di far passare i suoi convogli verso il Nord Africa, scortandoli con una forza navale di superficie molto più forte di qualunque cosa noi potessimo opporle, per quanto noi fossimo pronti ad approfittare di ogni circostanza favorevole per un attacco notturno.

Questa caratteristica di “approfittare di ogni circostanza”, a causa della inferiorità nel combattimento notturno, non faceva parte delle allora possibilità offensive della Regia Marina, in particolare dei suoi Capi, che erano particolarmente prudenti, anche quando le circostanze avrebbero preteso una certa aggressività contro il nemico. Tuttavia dopo il successo dell’Operazione M.43, quando ancora non si conosceva l’esito della straordinaria azione dei mezzi d’assalto ad Alessandria, per la necessità di fare affluire in Libia importanti rinforzi comprendente carri armati ed autocarri, fu organizzata un'altra grande operazione, denominata T.18, di cui spiegheremo ampiamente, in forma mai fatta fino ad oggi, come fu pianificata e si svolse.

Pianificazione dell’Operazione T.18

Non esistendo più la temibile minaccia delle corazzate della Mediterranean Fleet, e rendendosi pertanto superfluo il dover consumare una grande quantità di nafta, oltre a far correre seri rischi alle navi, soprattutto derivanti dagli attacchi dei sommergibili britannici che il 14 dicembre 1941 avevano silurato, con l’Urge, la corazzata Vittorio Veneto, il grosso delle forze navali dell’ammiraglio Iachino restò a Taranto e a Messina, mentre per la scorta al convoglio, come vedremo, fu mantenuta in formazione con esso il gruppo navale “Duilio” dell’ammiraglio Carlo Bergamini, che comprendeva la sola corazzata Duilio.

Ma vediamo quale era la composizione dell’intera formazione navale.

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3 Andrew Browne Cunningam, L’Odissea di un Marinaio (dall’inglese, A Sailor’s Odyssey), Milano, Garzanti, 1952, p. 327.

La corazzata rimodernata Duilio. Il suo armamento principale era costituito da dieci cannoni da 320 mm, dodici da 133 mm e 10 contraerei da 90 mm. La sua velocità di 27 nodi.

Il convoglio era costituito dalle cinque motonavi da carico Monginevro, Monviso, Pisani, Ravello, e dalla motonave di linea Victoria, che dopo la riunione delle navi mercantili provenienti da Napoli, Messina e Taranto nello Ionio, sarebbe stata la nave comando del convoglio, agli ordini del comandante militare, capitano di vascello Mario Grana.

La scorta diretta al convoglio era al comando del contrammiraglio Nomis di Pollone, e comprendeva i sei cacciatorpediniere: il Vivaldi (capitano di vascello Giovanni Galati), Da Noli e Malocello della 14a Squadriglia; l’Aviere (capitano di vascello Bigi), Ascari e il Camicia Nera della 11a Squadriglia. Vi erano poi la torpediniera Castore e l’avviso scorta Orsa.

Il gruppo d’appoggio “Aosta”, era costituito dagli incrociatore leggeri della 7a Divisione Navale Aosta (ammiraglio Raffaele de Courten), Attendolo e Montecuccoli e dai quattro cacciatorpediniere Pigafetta (capitano di vascello Mirti della Valle), Oriani, Scirocco, Ascari. 4

Il gruppo di sostegno “Duilio, comprendeva la corazzata “Duilio” e i cacciatorpediniere della 13a Squadriglia Alpino (capitano di vascello Ferrante Capponi), Bersagliere, Carabiniere, Fuciliere.

4 AUSMM, Rapporto del Comando della 2a Squadra Navale del 27 gennaio 1943, compilato dall’ammiraglio Carlo Bergamini, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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Ha scritto nella sua relazione l’ammiraglio Bergamini che la forza di protezione, con la Duilio e la 7a Divisione Navale (una corazzata, tre incrociatori e otto cacciatorpediniere) “era giudicata sufficiente a garantire il convoglio contro forze navali di superficie provenienti da Malta e anche da Alessandria, ritenendosi estremamente improbabile ed in ogni modo non tempestivo l’intervento delle corazzate di Alessandria”, anche perché apparivano temporaneamente inefficienti.5

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Questa nuova grande operazione T.18 comportò di realizzare, da parte dell’aviazione italo-tedesca, il medesimo massiccio schieramento di protezione della precedente M.43, e da parte del Comando della Squadra Sommergibili (Maricosom) l’inviò in agguato di nove sommergibili a ponente e a levante di Malta: Squalo, Narvalo e Santarosa presero posizione a levante di Lampedusa; Topazio, Platino e Corallo su un ampio cerchio che dalle vicinanze di Capo Passero arrivava a 120 miglia per sud-est da Malta; Galatea, Ametista e Malachite lungo la costa della Cirenaica, da Ras Aamer sino a Tobruk.6

5 Ibidem.

66 Marcello Bertini, I Sommergibili in Mediterraneo, Tomo II, Ufficio Storico della Marina Militare (da ora in poi USMM), Roma, 1968, p. 5-6.

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Inverno 1941-1942. Il Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, in visita alla corazzata Duilio. All’estrema desta l’ammiraglio Carlo Bergamini, Comandante della 2a Squadra Navale e Comandante Superiore in mare durante l’operazione T.18

In particolare, per vigilare sulla situazione navale britannica nel Mediterraneo orientale e nel porto di Alessandria, furono mobilitati dal X Fliegerkorps in Grecia e a Creta gli Ju.88D della Squadriglia Ricognizione Strategica 2.(F)/123, per ricognizioni armate gli Ju.88A dei due gruppi di bombardieri del 1° Stormo Sperimentale, I. e II./LG.1, e i bombardieri He.111 del II./KG.26. Il controllo nel Mediterraneo centrale e occidentale era affidato agli Ju.88D delle squadriglia 1. e 2.(F)/122 in Sicilia, mentre ai cinque gruppi di bombardieri Ju.88 del II Fliegerkorps, degli Stormi KG.54 e KG.77, fortemente scortati dai quattro gruppi da caccia Bf.109 dello Stormo JG.53 (I., III, III./KG.53 e II./JG.3) ebbero il compito di tenere gli aeroporti di Malta sotto attacco. Ciò per impedire agli aerei della RAF e della FAA, potessero decollare per dirigere contro il convoglio, alla cui scorta aerea i tedeschi destinarono i caccia notturni Ju.88C del II./NJG.2 e una squadriglia di distruttori Bf.109 del III./ZG.26. Da parte della Regia Aeronautica la scorta aerea e antisom al convoglio fu assegnata dopo la partenza dei vari gruppi navali dalle basi e nella navigazione nel Maree Ionio ai velivoli da caccia Mc.200 e bombardieri Cant.Z.1007 bis della 4a Squadra Aerea in Puglia, ai caccia Mc.200 e agli idrovolanti Cant.Z.506

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L’incrociatore Emanuele Filiberto Duca d’Aosta nave comando della 7a Divisione Navale dell’ammiraglio Raffaele de Courten, nell’operazione comandante del gruppo “Aosta”. 17 febbraio 1941 a Napoli.

dall’Aeronautica della Sicilia, e ai caccia G.50 e Cr.42 del Settore Ovest della 5a Squadra Aerea in Tripolitania durante l’avvicinamento a Tripoli.

I primi movimenti navali dei giorni 21 e 22 gennaio 1942

L’ordine di operazione dell’operazione T.18, del Comandante Superiore in Mare, ammiraglio Carlo Bergamini, che aveva il suo comando sulla corazzata Andrea Doria, e che fu compilato, basandosi sulle dettagliate direttive di Supermarina del 15 gennaio 1942 (n. 1001/SRP), fu diramato prima della partenza a tutte le navi partecipanti alla T.18.

Delle cinque motonavi che presero il mare nella giornata del 22 gennaio il Monginevro e il Ravello salparono da Napoli, e il Monviso e il Pisani da Messina Scortate dai cacciatorpediniere del gruppo “Vivaldi”, alle 09.58 le motonavi si riunirono nello Stretto di Messina, costituendo il convoglio n. 1 (convoglio Delta), per poi proseguire alla velocità di 14 nodi. Alle ore 17.00 la motonave di linea Victoria (convoglio n. 2) salpò da Taranto, assieme al Duilio e ai suoi cacciatorpediniere di scorta, e andò a disporsi nella formazione al fianco della corazzata, alla velocità di 19 nodi.

Nel frattempo, fin dall’alba, erano iniziate, con partenza da Creta, le ricognizioni armate dei reparti del X Fliegerkorps, che furono spinte fin sulla costa africana dell’Egitto. Vi parteciparono otto velivoli da bombardamento He.111 del II./KG.26, e due Ju.88A del I./LG.1. Nel loro volo i velivoli trovarono tempo sereno e buona visibilità presso le coste africane, ma nessuna nave fu avvistata. Fu inviato su Alessandria un ricognitore Ju.88D della Squadriglia 2.(F)/123, che avvistò nel porto una portaerei [che poi nell’esame fotografico risultò inesistente], due navi da battaglia [immobilizzate], di cui una in bacino, un incrociatore, sette cacciatorpediniere, una nave scorta, un sommergibile, mentre nei loro recinti si trovavano le navi francesi (3 corazzate e 3 incrociatori) che erano state internate dopo la resa della Francia, nel giugno 1940.7

Poiché a Malta fu confermato dai ricognitori del X Fliegerkorps la presenza di un solo incrociatore della Forza K (il Penelope), era evidente che non vi era da parte nemica alcuna minaccia navale di navi di superficie. Soprattutto la mancanza di un portaerei, che fu confermato, fu accolta con sollievo dall’ammiraglio Arturo Riccardi, Sottosegretario e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, espresso nel corso di una riunione giornaliera al Comando Supremo, con la frase “era quello che ci interessava” 8 Restavano aa temere per l’incolumità del convoglio i sommergibili e gli aerosiluranti di Malta, mentre invece, come vedremo, i guai arrivarono dagli

7 Archivio Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico (da ora in poi ASMAUS), SIOS, cartella 209; AUSMM, Aviazione per la Marina, cartella 17.

8 Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio Storico (da ora in poi SMEUS), Verbali delle riunioni tenute dal Capo di SM Generale, Volume II (1° Gennaio 1942 – 31 Dicembre 1942), Roma, 1985, p. 80.

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aerosiluranti che si erano installati in Cirenaica, a seguito dell’avanzata dell’8a Armata britannica fino ad Agedabia, al confine con la Tripolitania.

L’incrociatore britannico Penelope all’arrivo a Gibilterra, da Malta, il 10 aprile 1942, mostra alcuni degli innumerevoli danni riportati alla Valletta nel corso dei bombardamenti degli aerei tedeschi del II Fliegerkorps.

Poco dopo la riunione delle quattro motonavi del convoglio n. 1, il Ravello, a causa di un’avaria al timone, fu costretta a invertire la rotta e rientrare a Messina scortata dal cacciatorpediniere Geniere che poi, assolto il compito, tornò in formazione. Sul Ravello si trovavano 77 automezzi italiani e 4 germanici, e 26 carri armati, dei quali 16 italiani e 10 germanici. Mezzi che servivano urgentemente in Libia e che vennero temporaneamente a mancare, in attesa che la motonave, scortata, potesse riprendere la navigazione per Tripoli. L’ammiraglio Sansonetti, conosciuta la notizia e avendo dubbi “sulla reale avaria al timone” del Ravello, nella riunione giornaliera a Supermarina, presente il rappresentante di Superaereo colonnello Franco Martini, sostenne “di ritenere l’avaria non del tutto estranea alle precedenti ed insistenze pressioni dell’armatore per non far partire il piroscafo con la T.18”. Pertanto, dovendo far ripartire la nave con un altro convoglio da mettere in moto sulla rotta a ponente di Malta, ordinò subito “una severa inchiesta”.9

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9 ASMAUS, Verbali delle Riunioni Giornaliere tenute presso Supermarina.

Il convoglio n. 1 seguì il più possibile una rotta vicino alla costa della Calabria per arrivare in orario sul punto di riunione con il gruppo “Aosta”.

La motonave Ravello che per un guasto dovette lasciare il convoglio per Tripoli per rientrare a Messina.

Tra le ore 13.55 e le 15.00, per l’avvistamento di un idrovolante di scorta Cant.Z.506 e per rilevamento radiogoniometrico e successivo avvistamento da parte del gruppo “Aosta” si ebbero due allarmi sulla presenza di sommergibili. Il restante scorso della giornata passò tranquillo, ma vi fu anche, da parte del dal Centro Radiotelegrafico di Roma, la segnalazione di un sommergibile avvistato alle 18.27 a 30 miglia ad est di Crotone, che costrinse, per evitare di essere avvistato, il gruppo “Duilio” ad accostare ad un tempo di 45° a sinistra. Fu probabilmente durante questa manovra che l’unico sommergibile britannico che si trovava nel Golfo di Taranto, il Torbay (capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) della 1a Flottiglia di Alessandria, avvistati i tre incrociatori della 7a Divisione Navale e portatosi all’attacco lancio una salva di sei siluri, che oltre a fallire il bersaglio non furono neppure avvistati dalle navi italiane. Il Torbay si trovava nella zona fin dal 20 gennaio, ed era stato avvertito per notizia dell’Ultra, di spostarsi sotto costa per intercettare un convoglio italiano diretto a Tripoli, scortato da una formazione che comprendeva una nave da battaglia e tre incrociatori.10

10 Historical Section Admiralty, Submarines, Volume II, Mediterranean, Londra, 1955, p. 71.

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Tra le ore 13.55 e le 15.00, per l’avvistamento di un idrovolante di scorta Cant.Z.506 e per rilevamento radiogoniometrico e successivo avvistamento da parte del gruppo “Aosta” si ebbero due allarmi sulla presenza di sommergibili. E’ possibile che si trattasse del P-34 (tenente di vascello Peter Robert Helfrich Harrison), che il 20 gennaio aveva lasciato Malta con l’ordine di operare a sud dello Stretto di Messina, e che alle 13.29 del 25 in quella zona, a sud-ovest di Capo dell’Armi, lanciando una salva di quattro siluri, affondò il piroscafo italiano Dalmatia L, di 3.352 tsl, che era scortato dalla torpediniera Giuseppe Sirtori.

Il restante scorso della giornata passò tranquillo, ma vi fu anche, da parte del dal Centro Radiotelegrafico di Roma, la segnalazione di un sommergibile avvistato alle 18.27 a 30 miglia ad est di Crotone, che costrinse, per evitare di essere avvistato, il gruppo “Duilio” ad accostare ad un tempo di 45° a sinistra. Fu probabilmente durante questa manovra che l’unico sommergibile britannico che si trovava nel Golfo di Taranto, il Torbay (capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) della 1a Flottiglia di Alessandria, avvistati i tre incrociatori della 7a Divisione Navale e portatosi all’attacco lancio una salva di sei siluri, che oltre a fallire il bersaglio non furono neppure avvistati dalle navi italiane. Il Torbay si trovava nella zona fin dal 20 gennaio, ed era stato avvertito, per notizia dell’Ultra, di spostarsi sotto la costa della Calabria per intercettare un convoglio italiano diretto a Tripoli, scortato da una formazione che comprendeva una nave da battaglia e tre incrociatori.11

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11 Ibidem, p. 71.
Il sommergibile britannico Torbay che nel Golfo di Taranto il 22 gennaio attacco senza successo il gruppo “Aosta”.

Alle 18.00, sul punto a 36 miglia per 160° da Capo Rizzuto avvenne il ricongiungimento del convoglio n. 1 con il gruppo “Aosta”, che andò ad assumere con gli incrociatori della 7a Divisione una formazione in linea di fronte, con i cacciatorpediniere in posizione di scorta ravvicinata.

A iniziare dalle 00.29 e fino alle 00.47 del 23 gennaio il gruppo “Duilio”, che fu scortato dalla partenza da Taranto fino al tramonto da due bombardieri Cant.Z.1007 bis e da un idrovolante Cant.Z.506 con compito antisommergibile, fu sorvolato varie volte da un aereo, che poi tra le 00.47 e le 00.50 lanciò a breve intervallo quattro bengala sul lato dritto della formazione. Dopo essere passato sul lato sinistro allontanandosi, alle 01.05 il velivolo (sigla di riconoscimento R3ZD) trasmise il telegramma di avvistamento. Si trattava di un ricognitore Wellington VIII del 221° Squadron, decollato da Luca con pilota il tenente Toni Spooner, che con il suo apparato radar di scoperta navale ASV avvistò le unità italiane del gruppo “Duilio” e dopo averle illuminate con bengala, alle 00.47, le tenne sotto controllo, “segnalando con notevole esattezza la posizione e la rotta”.12

Wellington VIII del 221° Squadron della RAF, di cui un distaccamento era stato inviato a Malta nell’autunno 1941. Notare le quattro grosse antenne del radar di scoperta aereonavale ASV. Sotto, pittura da WW2Aircraft,net.

12 AUSMM, Supermarina, “Relazione sullo svolgimento dell’operazione T.18” del 28 Gennaio 1942-XX, e Rapporto del Comando della 2a Squadra Navale del 27 gennaio 1943, compilato dall’ammiraglio Carlo Bergamini, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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Questo

avvistamento dell’aereo britannico è stato descritto dall’ammiraglio

Bergamini come effettuato “in modo che si può definire magistrale”, poiché “avvenuto in una notte scurissima(visibilità alla superficie del mare di poco superiore ai 1000 metri) ed a grande distanza dalla costa”. In conseguenza dell’avvistamento, l’ammiraglio Bergamini effettuò con le sue navi un’ampia accostata di 90 gradi verso levante per rendere più difficile agli aerei nemici “il mantenerle sotto il loro controllo”.13

A bordo dell’incrociatore Duca d’Aosta, nave comando dell’ammiraglio Raffaele de Courten, in navigazione durante l’operazione T.18, il 22 - 25 gennaio 1942.

13 AUSMM, “Comando della 2a Squadra Navale, Rapporto di navigazione” del 1° febbraio 1942, Scontri navali e operazioni di guerra, dell’ammiraglio Bergamini, cartella 48.

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Le informazioni britanniche dell’organizzazione crittografica Ultra e i preparativi degli attacchi aerei da realizzare contro il convoglio italiano

Ma ancor prima dell’avvistamento aereo del gruppo “Duilio” i britannici erano venuti a conoscenza dell’operazione T.18 fin da quello stesso giorno 22 gennaio, tramite la loro organizzazione crittografica Ultra, che aveva decrittato un primo messaggio di Supermarina. Esso riferiva che un importante convoglio partito dall’Italia e diretto a Tripoli scortato dalla flotta sarebbe stato in mare quello stesso giorno22 e nelle giornate del 23 e il 24 gennaio; ed era seguito da altre informazioni, che indicavano dettagli di navigazione e composizione del convoglio e della sua scorta, che includeva la corazzata Duilio, incrociatori e cacciatorpediniere.14

Fu pertanto possibile ai Comandi del Medio Oriente di rendersi conto dell’importanza del convoglio e delle forze navali impegnate dal nemico, e per organizzare nel Golfo della Sirte, da dove si riteneva sarebbe transitato il convoglio italiano, ricognizione armate con bombardieri Blenheim e un duplice attacco di aerosiluranti Beaufort e Albacore degli Squadron 39° della Royal Air Force (RAF) e dell’826° Squadron dell’Aviazione Navale (FAA,) rispettivamente concentrati dalle basi cirenaiche di Bengasi e di Fuka.

Nello stesso tempo a Malta, per assicurare un ampio servizio di ricognizione nella ricerca del convoglio, ma anche per attaccarlo con le bombe, furono tenuti pronti a decollare i Wellington del 38° Squadron della RAF, nonché quindici aerosiluranti dell’FAA, ossia due Albacore dell’828° Squadron e tredici Swordfish dell’830° Squadron. Infine due sommergibili della 10a Flottiglia, il P.36 e l’Urge, quello stesso giorno 22 salparono dal porto della Valletta per portarsi in agguato nella zona di mare a est di Tripoli, allo scopo di intercettare ed attaccare il convoglio italiano mentre dirigeva verso il porto.

In quel momento nei conquistati aeroporti della Cirenaica erano disponibili, per effettuare attacchi contro il convoglio nella zona del Golfo della Sirte, ove si riteneva si sarebbero spinte le navi dirette a Tripoli, i velivoli del 201° Gruppo di Collaborazione Aeronavale, comandato dal vice maresciallo dell’aria Leonard Slatter.

Erano disponibili nove ricognitori Blenheim del 203° Squadron, due ricognitori

Wellington VIII, nove bombardieri Blenheim del 55° Squadron e altri tredici dell’11° e del 14° Squadron, tre aerosiluranti Beaufort del 39° Squadron, diciotto bombardieri Wellington del 38° Squadron, due dei quali armati con siluri, e due bombardieri quadrimotori B.17 (Fortress I) del 220° Squadron. A tutti questi velivoli della RAF si aggiungevano otto aerosiluranti albacore dell’826° Squadron della FAA.15

14 Alberto Santoni, Il vero traditore. Il ruolo documentato di ULTRA nella guerra del Mediterraneo, Mursia, Milano, 1981, p. 143.

15 Christopher Shores, Brian Cull, Nicola Malizia, Malta: the Spitfire year 1942, Grub Steet, Londra, 1991, p. 52-53.

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A sinistra il maresciallo dell’aria Arthur

20
Tedder Comandante della RAF del Medio Oriente, a destra il vice maresciallo dell’aria Leonard Slatter, Comandante del 201° Gruppo. Bombardiere quadrimotori B.17 (Fortress I) del 220° Squadron della RAF.

Dopo l’avvistamento del gruppo “Duilio” da parte del Wellington di Malta, l’ammiraglio Bergamini richiese la protezione della caccia, e con le prime luci dell’alba del 23 gennaio, alle ore 07.34, benché le navi si trovassero a circa 200 miglia dalla Sicilia, apparvero, in due sezioni, i primi quattro velivoli Ju.88C del II./NJG.2, a cui si aggiunsero per qualche tempo, per rinforzare la scorta aerea anche in compito antisommergibile, due idrovolanti Cant.Z. 506 della Ricognizione Marittima.16

Frattanto, ad iniziare dalle prime luci del 23 gennaio, il X Fliegerkorps aveva ripreso le ricognizioni armate da Creta verso le coste del Nord Africa, che nel corso della giornata videro impegnati cinque bombardieri He.111 del II./KG.26 e quattro Ju.88A del II./LG.1, che però non fecero alcun avvistamento di navi. Nello stesso tempo un ricognitore Ju.88D della 2.(F)/123 andò a controllare la situazione dei mezzi che percorrevano la strada costiera Balbia fra Sollum e Bengasi.17

Alle 08.00 il gruppo “Duilio” aumentò la velocità a 20 nodi, per guadagnare cammino rispetto al convoglio n. 1 che doveva raggiungere, e che era in ritardo, motivo per il quale gli era stato ordinato di invertire la rotta per la durata di un’ora. Alle 08.39 anche il gruppo “Aosta” fu raggiunto dalla scorta aerea: quattro Ju.88 secondo il rapporto di Bergamini, 1 Bf.109 secondo il rapporto di de Courten, a cui seguirono alle 10.21 tre Bf.110 e un idrovolante Cant.Z.506.18 Ciò nonostante i caccia tedeschi non poterono impedire che alle ore 09.30, 09.35 e 11.00, i gruppi “Aosta” e “Duilio” e il convoglio n. 1 fossero avvistati da aerei da ricognizione nemici, che dall’intercettazione dei loro continui segnali, che precisavano con esattezza composizioni, rotta e velocità dei gruppi navali, appariva, con sorpresa, fossero partiti dalla Cirenaica.

I due primi avvistamenti, che riguardavano i gruppi “Duilio” e “Aosta”, si verificarono per mezzo di un ricognitore Blenheim del 203° Squadron decollato da Fuka alle 13.10 per una ricognizione, avente lo scopo di ricercare il convoglio segnalato dall’Ultra. Il velivolo avvistò e segnalò un gruppo navale che comprendeva una nave da battaglia, due incrociatore e sette cacciatorpediniere con rotta nord a 185 miglia a nord-nord-ovest di Bengasi, e un ora dopo aggiunse di aver avvistato una seconda formazione con tre incrociatori e quattro cacciatori con rotta sud.

16 Secondo il bollettino giornaliero dell’OBS n. 139, risulta che nella giornata del 23 tre pattuglie di quattro Ju.88 ciascuna decollati dalla Sicilia per scortare il convoglio non lo trovarono a causa delle pessime condizioni atmosferiche.

17 ASMAUS), SIOS, cartella 209; AUSMM, Aviazione per la Marina, cartella 17.

18 AUSMM, “Comando 7a Divisione Navale, Rapporto sulla missione eseguita nei giorni 2223-24 e 25 gennaio 1942/XX”, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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Sopra, durante navigazione a bordo dell’incrociatore Duca d’Aosta. Sotto un velivolo tedesco di scorta Ju.88 sorvola a bassa quota gli incrociatori e i cacciatorpediniere della 7a Divisione Navale. Il servizio fotografico, ripreso sull’incrociatore Aosta, si trova nel sito Televignole.

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Incrociatori leggeri della 7a Divisione Navale (gruppo “Aosta”) in navigazione durante l’operazione T.18.

Un idrovolante italiano Cant.Z.506 di scorta alle navi passa a bassa quota vicino all’incrociatore Duca d’ Aosta.

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Alle 12.00 dal Duilio fu avvistato il gruppo “Aosta”, e alle 15.00 la motonave Victoria si unì al convoglio n. 1, andando a disporsi, nella formazione a due colonne (due motonavi per lato), in testa a quella di sinistra. Il Victoria, che aveva per comandante militare il capitano di vascello Mario Grana, divenne la nave comando del convoglio “Delta”.

Grande piroscafo da passeggeri di 13.098 tsl del Lloyd Adriatico (matr. 1863) del Compartimento Marittimo di Genova, varato il 6 dicembre 1930, adibito nell’anteguerra alle rotte con l’India e la Cina, requisita dalla Regia Marina l’8 gennaio 1941, il Victoria era la nave più importante e non solo per le sue dimensioni, ma anche perché, mentre le altre tre motonavi trasportavano armi e mezzi di combattimento, esso, come detto, imbarcava 1.455 uomini che, a parte l’equipaggio, erano tutti di truppa, tra cui il comando del 12° Reggimento Bersaglieri.

Da questo momento la navigazione dell’intero complesso navale si svolse come fissato dall’ordine di operazione dell’ammiraglio Bergamini, a gruppi separati. Il convoglio, con le motonavi su due colonne, procedeva con la scorta diretta, avendo il gruppo “Aosta” nei quartieri poppieri di levante, e il gruppo “Duilio” nei quartieri poppieri di ponente, ad una breve distanza tra di loro di 2 o 3 miglia. Dopo la riunione dei due gruppi, e fino al tramonto, la scorta aerea fu proseguita da sei velivoli tedeschi Ju.88.

Nel frattempo altri ricognitori britannici, tra cui i due B.24 del 220° Squadrone, impegnati con partenza da Fuka nella loro prima azione bellica nel Mediterraneo, decollarono da Malta e dalla Cirenaica per rintracciare il convoglio, mentre si preparavano per il decollo i velivoli delle formazioni d’attacco. Dai loro segnali intercettati tra le 16.15 e le 16.40 a bordo della Duilio furono ritenuti imminenti attacchi di aerei provenienti dalla Cirenaica, e conseguentemente fu informato il Comando del II Fliegerkorps ed avvertiti i velivoli di scorta.

Nella sua seconda relazione,del 1° febbraio 1942, l’ammiraglio Bergamini spiega quali furono gli ordini impartiti alle navi dopo il ricongiungimento generale, e per fronteggiare il temuto attacco aereo:19

Poiché da intercettati risulta probabile un attacco aereo nemico verso le 16.00, decido di mantenere Gruppo DUILIO e Gruppo AOSTA separati e rispettivamente sulla dritta e sulla sinistra del convoglio, zig-zagando alla velocità di nodi 18. Ordino al convoglio di procedere alla velocità massima (nodi 14,3 circa). Informo tutte le unità e per rtf [radiotelefonia] gli aerei tedeschi di scorta al convoglio della probabilità di attacchi aerei nemici. Chiedo al CAT [Fliegerkorps] Sicilia intervenire caccia e vengo assicurato che tre altri aerei da caccia dirigono per riunirsi alla formazione.

19 AUSMM, “Comando della 2a Squadra Navale, Rapporto di navigazione”, Scontri navali e operazioni di guerra, dell’ammiraglio Bergamini, cartella 48.

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25
Le unità della 7a Divisione Navale sorvolate da un velivolo Ju.88 del I./NJG.2 facente parte della scorta. Primo, in basso, a sinistra, l’ammiraglio Raffaele De Courten sulla plancia dell’incrociatore Duca d’Aosta, unità comando della 7a Divisione Navale
26
Gli aerei di scorta ripresi da un incrociatore della 7° Divisione Navale, probabilmente la nave ammiraglia Aosta. Ripresi dall’Aosta gli altri due incrociatori della 7a Divisione Attendolo e Montecuccoli.

Occorre dire che la scorta aerea tedesca fu sempre presente sopra le navi dall’alba al tramonto, e tra le 17.30 e le 18.30 il numero degli aerei, inizialmente di quattro Ju.88, arrivò a comprenderne “dodici contemporaneamente sul cielo del convoglio”. Inoltre, per la prima volta, fu “applicato il sistema di comunicazione diretta per radiotelefonia con gli aerei in volo per avvertimento degli aerei stessi, nonché la richiesta diretta per radiotelegrafo di altri aerei al Comando tedesco della Sicilia”.20

L’attacco dell’aviazione britannica al convoglio T.18 e il duplice siluramento e l’affondamento della motonave di linea VICTORIA.

Il primo attacco aereo contro il convoglio T.18 si verificò da parte di due velivoli Blenheim decollati da Fuka, presso Bengasi, che tra le 16.15 e le 16.40, sorvolando la formazione navale alla quota di 3.500 metri essi lanciarono bombe sulle motonavi del convoglio, prendendo di mira il Victoria, ma senza conseguire alcun risultato. Successivamente uno dei due B.17 del 220° Squadron, che alle 17.25 fu avvistato ad alta quota (calcolata in 3.500 metri dall’incrociatore Aosta), sganciò le bombe contro due navi che ritenne essere una corazzata e un piroscafo. L’equipaggio del velivolo riferì di aver colpito la corazzata, ma in realtà falli il bersaglio.

27
La motonave Victoria mentre procede a discreta velocità prima dell’inizio degli attacchi aerei. 20 AUSMM, Rapporto del Comando della 2a Squadra Navale del 27 gennaio 1943, compilato dall’ammiraglio Carlo Bergamini, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

Lo stesso esito avvenne per tre bombardieri Blenheim, anch’essi sopraggiunti alle 17.25, che erano decollati da Fuka e che furono visti da bordo delle navi sorvolarle alla quota di circa 4.000 metri da poppa verso prua (da nordovest a sudest) e sganciare le bombe contro le unità della 7a Divisione Navale, in particolare prendendo di mira l’Aosta, senza colpirle.

Sempre alle 17,25, avvistati per primo dal cacciatorpediniere Malocello (capitano di fregata Mario Leoni), sopraggiunsero i tre veloci aerosiluranti Bristol Beaufort della Squadriglia A del 39° Squadron, al comando del capitano A.M. Taylor, che aveva per gregari i tenenti A.O.S. Jepson e K.R. Grant. Questi velivoli erano al debutto in Mediterraneo, e la loro autonomia, velocità e robustezza al fuoco contraereo, generò una brutta sorpresa per gli italiani. In quel momento del loro attacco la scorta aerea tedesca al convoglio comprendeva ben dodici Ju .88, la cui velocità era praticamente simile a quella dei Beaufort.

Il convoglio era circondato dai cinque cacciatorpediniere e le due torpediniere della scorta diretta, ed aveva a 4.000 a sinistra il gruppo “Aosta”, con i suoi tre incrociatori in linea di fila e quattro cacciatorpediniere sui fianchi, mentre la Duilio, con i suoi quattro cacciatorpediniere sui fianchi, si trovava ancora a 9.500 metri di poppa.

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Una una delle motonavi del convoglio ripresa da un’unità di scorta.

Sarebbe stato meglio che tutte le unità fossero state disposte intorno al convoglio, come facevano i britannici con i loro grandi convogli che attraversavano il Mediterraneo; ma ciò non rientrava nella dottrina tattica della Regia Marina, temendo per l’incolumità delle sue grandi unità, dovendo sostenere una velocità molto lenta, ed essendo pertanto più vulnerabile ad attacchi di aerosiluranti e sommergibili. Al momento dell’attacco la parte prodiera (da dove avvenne l’attacco) e il fianco destro del convoglio non aveva nessuna protezione aggiuntiva a quella di tre unità di scorta (le torpediniere Orsa e Castore e il cacciatorpediniere Vivaldi) perché, come detto, la corazzata Duilio era molto indietro a poppa delle due colonne delle navi mercantili.

Ciò non accadeva nelle formazioni britanniche perché, come è dimostrato a puro titolo informativo, sul grafico della formazione che proteggeva il convoglio dell’operazione “Pedestal” (12 agosto 1942), le colonne delle navi mercantili erano precedute da incrociatori e scortate da ogni lato da cacciatorpediniere, con le corazzate e le portaerei disposte a poppa per svolgere le operazioni di volo, seguite da incrociatori con forte armamento contraereo (tipo “Dido”). La protezione era maggiore proprio di prora, ossia nella direzione di marcia del convoglio, la più adatta alla direttrice di arrivo degli aerosiluranti, che effettuavano l’attacco convergendo sui due fianchi della formazione navale, anch’essi protetti dal prolungamento dello schermo dei cacciatorpediniere.21

21 Per l’Operazione “Pedestal”, vedi il recentissimo libro dell’Autore La Battaglia Aeronavale di Mezzo Agosto (675 pagine), Ristampa Edizioni, Citta Ducale (Rieti), Agosto 2019.

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Operazione T.18, gli incrociatori della 7a Divisione in navigazione in linea di fila.

Operazione “Pedestal”. Dispositivo di marcia n. 21 della Forza F il 12 agosto 1942.

I Beaufort, mantenendosi sulla scia del sole, diressero direttamente sulla prora del convoglio, che con le unità di scorta marciava su rotta 255°. Presi di mira dalle armi contraeree delle torpediniere Orsa e Castore, che si trovavano davanti al convoglio, intralciati dalle cortine di fumo stese dalle navi, e inseguiti a bassa quota da due caccia Ju.88C di scorta alle navi, i tre velivoli attaccarono simultaneamente, sganciando i siluri, da una distanza di circa 1.000 metri (2.500 metri nei rapporti italiani e quota di sgancio di 20-30 metri), contro la motonave Victoria. Quindi furono visti invertire la rotta cabrando sulla dritta e allontanarsi. Rientrarono a Fuka senza aver subito perdite. Inspiegabilmente Supermarina fu informata che la Victoria era stata colpita da un sommergibile.

Dal grafico di Superaereo (vedi pagina seguente) risulta che il Victoria fu colpito dal siluro sganciato dall’aereo centrale, quindi presumibilmente dal quello del pilota che guidava l’attacco, ossia il capitano A.M. Taylor

Al momento dell’attacco il cacciatorpediniere Vivaldi del capitano di vascello Giovanni Galati, con a bordo il contrammiraglio Nomis di Pollone che dietro le torpediniere guidava le unità della scorta diretta, avvistò due scie di siluri con rotta opposta alla sua, e immediatamente ordinò ai piroscafi del convoglio di accostare a

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dritta di 90°. Ma prima che la manovra avesse inizio il Victoria fu colpito da un siluro a poppa a dritta, in lat. 33°38’’N, long. 17°24’E, e si fermò in mezzo al convoglio, appoppato leggermente, con le stive n. 3 e 4 allagate. Fu provveduto, per ordine del Vivaldi, al trasbordo dei naufraghi, facendo affiancare al piroscafo i cacciatorpediniere Ascari (capitano di fregata Guerra) e Aviere (capitano di vascello Luciano Bigi), ma soltanto il primo vi riuscì, mentre il cacciatorpediniere Camicia Nera (capitano di fregata Adriano Foscari) effettuò il recupero degli uomini del Victoria mettendo a mare, che era molto mosso con onda lunga, le sue scialuppe.22

Grafico compilato da Superaereo (“Notizie sugli attacchi di Aerosiluranti”) e trasmesso a Supermarina il 3 febbraio 1942. Convoglio e gruppo “Aosta”. Il gruppo “Duilio” si trova a poppa a sinistra del convoglio, alla distanza di 9.500 metri. Il Bristol Beaufort che colpì il Victoria era quello al centro della pattuglia che arrivo dalla parte del sole.

22 AUSMM, Supermarina, “Relazione sullo svolgimento dell’operazione T.18” del 28

Gennaio 1942-XX, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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La

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motonave di linea Victoria impiegato in guerra come trasporto truppe per l’Africa Settentrionale. Aerosilurante Beaufort del 217° Squadron RAF, che nel gennaio 1942 operò nella Cirenaica. Imbarco del siluro sotto la carlinga.

Il tentativo dell’Aviere di passare alla motonave, che pur essendo ferma e poco appoppata, non mostrava qualsiasi pericolo di affondamento immediato, un cavo di rimorchio, richiesto dal comandante del Victoria, non riesci perché a prora della motonave non vi era alcuna persona. “Non si vedevano a poppa che militari di truppa, gli italiani a poppa e i tedeschi al centro”, scrisse nella sua relazione il comandante Bigi.23

Nel frattempo, quattro Blenheim del 203° Squadron partiti da Malta in volo di ricognizione assieme ad un Maryland non riuscirono a rintracciare le navi italiane. Uno dei Blenheim, con pilota il tenente S.A. Langston, fu attaccato senza esito da un caccia tedesco Ju.88C della Squadriglia 4./NJG.2

23 AUSMM, “Comando XI Squadriglia CC.TT., Affondamento della Motonave VICTORIA ed opera di salvataggio svolta dai CC.TT: AVIERE – CAMICIA NERA ed ASCARI”, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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Bristol Beaufort del 39° Squadron. Notare sotto la cabina l’antenna di un radar di scoperta navale ASV. Il cacciatorpediniere Ascari, che assieme al Camicia Nera e all’Aviere fu inviato a soccorrere il Victoria.
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Sopra il cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi. Sotto, il suo comandante, capitano di vascello Giovanni Galati.

Un secondo Blenhaim, con pilota il sottotenente Campbell, mentre a fior d’acqua dirigeva verso il gruppo “Duilio”, fu abbattuto alle 17.46 da un altro Ju.88C della 4./NJG.2 pilotato dal tenente Georg Wiedow, che scambiò la sua vittima per un caccia a lungo raggio Beaufighter. 24 L’equipaggio del Blenheim si salvò e fu recuperato dal cacciatorpediniere Ascari, prima che avesse ricevuto l’ordine di andare in soccorso del Victoria e tentarne il rimorchio, assieme al Camicia Nera e all’Aviere. Se il tentativo non fosse riuscito dovevano essere raccolti tutti gli uomini rimasti a bordo del Victoria e trasportati a Tripoli. Quest’ordine fu segnalato dalla Duilio a Supermarina alle ore 19.00, assieme alla notizia che erano in corso attacchi di aerosiluranti.

Un bombardiere britannico Bristol Blenheim con il suo equipaggio in una base aerea del Nord Africa nel 1941.

In effetti, alle 18.15, dopo che l’ammiraglio Bergamini aveva dato ordine al convoglio e al gruppo “Aosta” di assumere le posizioni di navigazione notturna, iniziò contro il gruppo “Duilio”, che si manteneva a 9.500 metri a poppa del convoglio, un altro attacco condotto da quattro aerosiluranti biplani Albacore dell’826° Squadron della FAA, partiti da Fuka e guidati dal tenente di vascello J.D. Jackson. Un quinto Albacore, con osservatore il sottotenente di vascello Jeff Powell,

24 Christopher Shores, Brian Cull, Nicola Malizia, Malta: the Spitfire year 1942, cit., p. 53.

* Nel bollettino giornaliero dell’OBS è scritto che una pattuglia di tre Ju.88 si trovavano sul convoglio tra le 14.35 e le 16.45, e che dopo aver assistito all’attacco al gruppo “Aosta” e alla motonave Victoria dei bombardieri britannici, accolti dal fuoco di una forte difesa contraerea, abbatterono un Beaufighter e un aerosilurante. Cfr., ASMAUS, SIOS, cartella 209; AUSMM, Aviazione per la Marina, cartella 17.

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fungeva da velivolo di scoperta radar e bengaliere, per illuminare durante l’attacco le navi nemiche. Sull’obiettivo, a 170 miglia a nord-est di Misurata, gli aerosiluranti trovarono i caccia tedeschi Ju.88C del II./NJG.2, mentre dalle unità navali, in particolare dalla corazzata Duilio, partiva un nutrito fuoco d’artiglierie e mitragliere contraeree La corazzata sparo anche qualche colpo con i medio calibri da 133 mm, per attirare l’attenzione della caccia di scorta che però, secondo il Capo Servizio Aereo della Squadra Navale, tenente colonnello pilota Mario Gianulti, non se ne accorse.

Formazione di Albacore dell’828° Squadron FAA in volo lungo le coste della Libia.

Nell’occasione, fu tempestiva la reazione contraerea dei cacciatorpediniere italiani che avvistarono due pattuglie di due velivoli ciascuna, provenienti da levante dove il cielo era già scuro, dirigere decisamente per attaccare il Victoria sui due fianchi, sganciando i siluri da una distanza di circa 1.500 metri per poi cabrare e allontanarsi.

Il cacciatorpediniere Aviere del capitano di vascello Luciano Bigi comandante dell’11a Squadriglia, prese di mira e abbatte con le sue mitragliere binate da 20 mm l’Albacore del tenente J.D. Jacksos, che aveva per armiere il sergente W.H. Budgen e per ufficiale osservatore il tenente colonnello J.W.S. Corbet, colpendolo mentre dirigeva sul Victoria. Due uomini dell’equipaggio dell’Albacore, compreso il tenente

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colonnello Corbet, presero posto su un battellino di salvataggio, e ventiquattrore dopo il loro ammaraggio alle 18.00 del 24 gennaio, nel punto lat. 33°24’N, long. 17°46’E, furono recuperati dalla nave ospedale italiana Virgilio, che partita da Augusta si trovava nella zona, e finirono prigionieri in un campo di concentramento. Un altro velivolo fu segnalato come abbattuto dal cacciatorpediniere.

Mentre si disimpegnava, dopo aver messo a segno il suo siluro sul Victoria, l’Albacore del tenente Ellis, che aveva riportato alcuni danni dalla contraerea delle navi, fu attaccato da uno dei caccia notturni Ju.88C del II./NJG.2, con pilota il sergente maggiore Ermann Sommer, il quale ritenne di aver colpito e abbattuto uno Swordfish, mentre in realtà l’Albacore affondatore del Victoria riuscì a raggiungere la sua base di Fuka portandovi la notizia del siluramento della motonave.25

in un

della Libia. Questo tipo di velivolo, pur essendo ancora privo dell’apparato di scoperta FuG 212 Lichtenstein C 1 (radar), a differenza dei caccia notturni italiani Cr.42 che nell’oscurità non riuscivano a prendere contatto con gli aerei nemici, conseguivano considerevoli successi.

Secondo la relazione dell’ammiraglio Bergamini l’attacco al Victoria avvenne un ora dopo il tramonto del sole, tra le 18.40 e le 18.50, e la motonave fu colpita da due siluri, il primo alle 18.42 sul lato dritto, mentre il secondo alle 18.48 colpì la motonave sul lato sinistro. Secondo le fonti britanniche soltanto uno dei siluri fu messo a segno dall’Albacore del tenente di vascello H.M. Ellis (ora d’attacco inglese 18.45) sotto la chiglia della plancia della immobilizzata Victoria. 26 E’ pertanto da

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Caccia notturno Junker Ju.88C del II./NJG.2 aeroporto 25 Christopher Shores, Brian Cull, Nicola Malizia, Malta: the Spitfire year 1942, cit., p. 54. 26 Donald Macintyre, La battaglia del Mediterraneo, Sansoni, Firenze, 1964, p. 167.

considerare che il secondo siluro fu messo a segno dall’Albacore del sottotenente di vascello J.M. Brown, il quale, rientrato alla base, aveva sostenuto di aver attaccato e colpito un cacciatorpediniere, avendo osservato una “violenta esplosione”, 27 che poteva riguardare il Victoria.

Ma anche questa versione non regge, poiché, come vedremo, secondo il comandante del cacciatorpediniere Aviere un siluro passò ad una trentina di metri dalla sua prora e scoppia poco lontano senza provocare danni. Quindi, logicamente, non resterebbe che assegnare il successo all’Albacore del tenente J.D. Jacksos, il quale dopo il recupero in mare dichiarò, nell’interrogatorio sulla nave ospedale Virgilio, che era stato abbattuto subito dopo aver “sganciato il siluro dalla distanza di 800 metri contro una nave a due fumaioli poco dopo le 19.00”, senza poterne controllare l’esito. L’unica motonave a due fumaioli del convoglio era la Victoria. 28 Dopo essere stata colpita dal secondo siluro la motonave Victoria assunse uno sbandamento a sinistra e poi il rapido affondamento, con la prora levata in alto, e che si verificò alle 19.10 del 23 gennaio, in lat. 33°30’N, long. 17°41’E. I tre cacciatorpediniere che le stavano accanto recuperarono 1.064 uomini, otto dei quali decedettero successivamente.

Nell’affondamento del Victoria, per essersi prodigati e dirigere e coordinare il salvataggio della massa di uomini imbarcati sulla motonave, decedettero i due comandanti, quello civile capitano Arduino Moreni, e quello militare capitano di vascello Mario Grana, nonché il direttore di macchina Federico Martino. Si salvò il comandante del 12° Bersaglieri, colonnello Vincenzo Vittoria, che una piccola scialuppa calata in mare dalla Victoria trasbordò sul cacciatorpediniere Aviere, assieme alla bandiera del reggimento. Subito dopo, nel mare agitato, la scialuppa affondò con i suoi due uomini d’equipaggio.

La drammaticità dell’episodio, che iniziò dopo il primo siluramento con molti uomini di truppa che si gettarono nel mare mosso e freddissimo, nuotando per raggiungere i cacciatorpediniere, e le scialuppe di salvataggio, e che si concluse con l’affondamento del Victoria fu descritta dal comandante dell’Aviere, come segue:29

Tutte le imbarcazioni del VICTORIA che hanno ancora gli armenti a bordo e quelle dei CC.T. procedono al recupero delle centinaia di naufraghi, sparsi in una vasta zona di mare che la continua deriva della Motonave rende sempre più ampia. Il mare molto mosso, la temperatura freddissima dell’acqua e le prime ombre della notte che sta per cadere, impongono di dare alla gente ancora a mare un soccorso immediato. Non avendo perciò altri mezzi per stabilire un traffico di imbarcazioni tra il VICTORIA ed i CC.TT. per il salvataggio degli uomini che erano ancora a bordo, dispongo che l’AVIERE e l’ASCARI si affianchino alla motonave, anche se la

27 Christopher Shores, Brian Cull, Nicola Malizia, Malta: the Spitfire year 1942, cit., p. 54.

28 Mario Peruzzi, Le missioni avventurose di una squadra di navi bianche, USMM, Roma, 1952, p. 186.

29 AUSMM, “Comando XI Squadriglia CC.TT., Affondamento della Motonave VICTORIA ed opera di salvataggio svolta dai CC.TT: AVIERE

CAMICIA NERA ed ASCARI”, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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manovra, date le condizioni del mare, poteva presentarsi disagevole e provocare qualche danno alle sovrastrutture dell’unità.

Nel frattempo avevo incaricato il CAMICIA NERA di proseguire l’opera di recupero dei naufraghi dal mare e dalle lance.

L’ASCARI è già affiancato al VICTORIA ed ha iniziato l’imbarco dei primi uomini che dai penzoli delle imbarcazioni si sfilano sulla coperta del caccia, l’AVIERE sta compiendo la manovra per l’attraccaggio quando viene dato l’allarme per l’avvistamento di aerosiluranti.

Gli apparecchi provengono dalla zona più scura dell’orizzonte, da dove la sagoma del VICTORIA appare nitida sullo sfondo ancora chiaro del tramonto, volano bassissimi sul mare e dirigono decisamente all’attacco.

L’AVIERE e il CAMICIA NERA aprono il fuoco con le mitragliere ed i 120 e mettono avanti a tutta forza per cercare di interporsi fra il VICTORIA e gli apparecchi attaccanti.

Gli aerei sganciano i loro siluri a circa 1500 metri dal VICTORIA, Un siluro passa ad una trentina di metri dei prora all’AVIERE e scoppia poco lontano senza provocare danni.

Intanto l’ASCARI che era affiancato alla motonave, manovrava per allontanarsi. Le difficili condizioni in cui si trovava non gli hanno dato la possibilità di evitare alcuni danni alle sovrastrutture. Si era appena allontanato di un centinaio

39
Cacciatorpedinere Camicia Nera.

di metri, quando il VICTORIA è stato colpito a dritta, sotto la plancia, nel punto cioè in cui pochi istanti prima l’ASCARI era attraccato.

I due apparecchi, eseguito il lancio, cabrano per allontanarsi. Uno però viene colpito dal fuoco dell’ASCARI e cade in fiamme.

Non era trascorso che qualche minuto quando alle 1845 si avvistano due altri aerosiluranti che provengono dalla stessa direzione dei precedenti. L’AVIERE in posizione favorevole per difendere il VICTORIA, apre immediatamente il fuoco e con una raffica di mitragliera colpisce un apparecchio che si infila in mare con un’alta colonna d’acqua.

Il secondo apparecchio giunge a distanza di lancio, e sgancia il siluro che colpisce il VICTORIA al centro, sotto la chiglia.

I tre CC:TT. Si avvicinano immediatamente alla motonave che ormai appare condannata ad un rapido affondamento. Ha il ponte di coperta che emerge dall’acqua appena qualche metro, ed accenna lentamente ad appopparsi ed a sbandare sulla sinistra.

18.54. Mentre il CAMICIA NERA e l’ASCARI continuano l’opera di recupero dei naufraghi, mi avvicino, con l’AVIERE, sino a pochi metri dal VICTORIA, per ordinare alla gente che ancora era numerosa di gettarsi in mare.

Intanto il VICTORIA continua ad affondare. Molti naufraghi a nuoto si avvicinano ai caccia. L’oscurità aumenta e benché vicinissimi al VICTORIA non è più possibile distinguere cosa succede a bordo. La nave si appoppa sempre più

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Il cacciatorpediniere Aviere al Pireo il 10 settembre 1942. Foto scattata da Aldo Fraccaroli.

rapidamente, mette completamente la prora fuori acqua e scompare lasciando sul mare una larga chiazza di nafta.

E’ incominciata così, da parte delle siluranti, l’opera di salvataggio notturna di centinaia di naufraghi aggrappati ai numerosi relitti che il vento e la deriva allontanavano l’uno dall’altro. …

Il Victoria in convoglio durante il suo ultimo viaggio, ripresa dalla corazzata Caio Duilio. Fu affondata il 23 gennaio 1942 da aerosiluranti britannici della RAF e FAA decollati dall’aeroporto di Berka in Cirenaica.

Nella relazione di Supermarina, descrivendo l’ammirevole comportamento degli uomini di tutte le navi, nei riguardi del salvataggio dei naufraghi del Victoria, è scritto:30

In particolare hanno dimostrato grande slancio i comandanti e gli equipaggi dei tre cacciatorpediniere [AVIERE, ASCARI e CAMICIA NERA] che dopo aver difeso con accanimento il VICTORIA già colpito hanno poi provveduto con notevole perizia e malgrado i continui attacchi, al salvataggio dei naufraghi eseguito in condizioni di mare non favorevoli. L’equipaggio del VICTORIA, tranne pochi uomini che hanno fatto scostare le lance del bordo prima che fossero completamente cariche, e i militari del Regio Esercito che erano a bordo hanno dato prova di fortissimo senso di disciplina e di elevate qualità morali. Sono stati notati gruppi di soldati che per richiamare l’attenzione dei cacciatorpediniere che nella notte ricercavano i naufraghi, cantavano in coro o scandivano insieme la parola “Vincere”. Lo spirito che li animava può essere dimostrato citando tra i molti

30 AUSMM, Supermarina, “Relazione sullo svolgimento dell’operazione T.18” del 28 Gennaio 1942-XX.

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l’esempio del bersagliere TAGLIAZZUCCHI Romeo che nel salire stremato di forze a bordo del CAMICIA NERA, ricusava ogni aiuto esclamando”Un bersagliere non ha bisogno di nessuno: subito dopo, però, cadeva estenuato e decedeva” .

Il fallimento degli attacchi degli aerei decollati da Malta

A differenza del duplice successo realizzato dagli aerei del 201° Gruppo di Collaborazione Aeronavale, con basi avanzate in Cirenaica, che nelle azioni di ricognizione e attacchi impiegò ventitré velivoli,31 tra cui particolarmente letali gli aerosiluranti, nessun successo conseguirono i velivoli di Malta. Ad iniziare da una formazione di sette bombardieri Wellington del 38° Squadron che, decollati da Luqa e guidati da un altro Wellington VIII del 221° Squadron da ricognizione fornito del radar ASV, con pilota il sottotenente Wilson, e che servi anche come velivolo bengaliere, attaccarono il convoglio dopo il calar del sole, alle 21.30. Ciò avvenne quando la corazzata Duilio aveva ricevuto l’ordine di rientrare a Taranto, e la scorta del convoglio proseguita dagli incrociatori e cacciatorpediniere del gruppo “Aosta”. Gli equipaggi dei Wellington, ottimisticamente, ritennero di aver colpito un piroscafo ed un incrociatore, mentre in realtà le navi italiane, effettuando continue accostate verso il Golfo della Sirte, non subirono alcun danno.

42
Wellington IC del 38° Squadron a Luqa (Malta) in rullaggio per il decollo di una missione notturna. 31 Donald Macintyre, La battaglia del Mediterraneo, Sansoni, Firenze, 1964, p. 166.

Nel frattempo le navi italiane erano state localizzate con il radar da un velivolo Swordfish dell’830° Squadron, con pilota il sottotenente di vascello Wilson Kappel e, sulle sue informazioni, a tarda notte decollò da Hal Far una formazione mista di otto aerosiluranti della FAA, dei quali due Albacore dell’828° Squadron e sei Swordfish dell’830° Squadron, il tutto al comando del tenente colonnello Frank Hopkins.

Ma per quanto estendessero le ricerche fino al limite dell’autonomia i velivoli, alcuni dei quali erano rientrati per guasti ai motori, anche per problemi di navigazione non riuscirono ad avvistare alcuna nave italiana. Non rientrò alla base l’Albacore del sottotenente di vascello pilota P.F. Laidlaw con il suo osservatore, sottotenente T.D. Roberts.

Da parte italiana l’attacco era atteso poiché era stato intercettato e interpretato un messaggio radiotelegrafico trasmesso dal Comando aereo di Malta, che ordinava ai ricognitori che mantenevano il contatto con il convoglio, di predisporre il lancio di bengala per le ore 21.30. Pertanto, alla stessa ora, la formazione navale “fu fatta accostare per 240°, sia per avere la prora nella direzione della luna, sia per aumentare rapidamente la distanza dalle coste della Cirenaica dalle cui basi risultano provenire la maggior parte degli aerei nemici individuati in volo, sia per variare nell’imminenza dell’inizio degli attacchi la direttrice di marcia del complesso”.32

Ad iniziare dalle 21.42 furono contati dalle navi italiane 67 bengala, con una durata di luce media di sei minuti, sganciati isolati o a gruppi quasi esclusivamente nella zona a sud della formazione navale, e si ritenne che si stessero verificando attacchi da parte di almeno sedici velivoli tra di bombardieri e aerosiluranti, i cui nominativi erano stati individuati. Per questo motivo, “le navi reagirono con la sola manovra accostando con la poppa verso i bengala”, ed aprendo il fuoco soltanto quando si ebbero avvistamenti diretti degli aerei nemici. In un clima di allarme gli incrociatori Attendolo e Montecuccoli ritennero di aver visto scie di siluri. Altre unità [Attendolo, Montecuccoli, Fuciliere, Geniere, Da Noli e le motonavi] di essere state mitragliate a bassa quota. Tutte le navi ritennero di aver osservato lo sgancio di bombe di grosso calibro. L’illuminazione dei bengala ebbe termine con il sorgere della luna, alle 01.00 del 24 gennaio.33

Che vi erano stati errori lo si capisce da quanto l’ammiraglio Sansonetti riferì nella riunione giornaliera sul traffico del 24 gennaio al Comando Supremo, presieduta, in mancanza del generale Cavallero, dall’ammiraglio Riccardi:

32 AUSMM, “Comando 7a Divisione Navale, Rapporto sulla missione eseguita nei giorni 2223-24 e 25 gennaio 1942/XX”, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

33 AUSMM, “Supermarina, Relazione sullo svolgimento dell’operazione T.18” del 28

Gennaio 1942-XX, e Rapporto del Comando della 2a Squadra Navale del 27 gennaio 1943, compilato dall’ammiraglio Carlo Bergamini, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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44
L’incrociatore Muzio Attendolo a Napoli nel 1942. Navigazione di guerra di una torpediniera italiana. I due cannoni prodieri da 100 m/m sono tenuti pronti a far fuoco alla massima elevazione di 45 gradi.

Alle 19.36 era stata intercettata una comunicazione dell’aereo CTR, in cui Malta ordinava che: “Entrambe le squadriglie di aerosiluranti [828a 830a] dirigano verso il punto stimato del nemico … cercare di eseguire il nemico fino al sorgere del sole”. Poi, da un telegramma operativo di Malta ad un aereo”, fu appreso che era “stato trasmesso a Alessandria - aviazione un altro telegramma operativo dello stesso tipo. Alle 21.53 Malta disse all’aereo: “fate attenzione agli aerosiluranti, Non illuminate il bersaglio prima delle 23” . Alle 21.55 Malta aggiunse: “Il nemico ha cambiato la rotta per 260° circa. Poi alle 22 Malta ritrasmise questo segnale a tutti quanti. Poi un altro telegramma di Malta alla squadriglia”, di cui non si capiva il significato ma che probabilmente intendeva dire “che metà degli aerosiluranti” doveva cercare “il convoglio sulla rotta stabilità e l’altra metà in altra direzione”. Seguirono altri messaggio fino a quando alle 03.23 l’aereo da ricognizione armata trasmise “Ho perduto il contatto con il nemico rientro alla base”.34 Comunque sia l’errore di fondo fu che gli aerei andarono a seguire la ricerca del convoglio su una direttrice grossolanamente errata, rispetto a quella che avevano segnalato il ricognitore: rotta 235° invece che 285°. Fu una vera fortuna per gli italiani perché altrimenti l’attacco degli otto aerosiluranti non sarebbe mancato.

45
Aerosiluranti Swordfish dell’830° Squadron FAA in volo sopra l’Isola di Malta. 34 SMEUS, Verbali delle riunioni tenute dal Capo di SM Generale, Volume II (1° Gennaio 1942 – 31 Dicembre 1942), Roma, 1985, p. 83.

Nonostante il fallimento della missione notturna, il tenente colonnello Hopkins perseverò nella ricerca delle navi italiane, decollando l’indomani, nella notte tra il 23 e il 24 gennaio, alla testa di quattro Swordfish dell’830° Squadron e di un Albacore dell’828° Squadron, che però dovette rientrare alla base per noie meccaniche. Gli altri quattro Swordfish, tre dei quali (meno quello di Hopkins che sul velivolo del sottotenente di vascello Cedric R. Coxon dirigeva l’azione) erano armati di siluro, riuscirono a rintracciare il convoglio. Essi, secondo la relazione dell’ammiraglio Bergamini furono individuati alle 05.35, quando lanciarono nove bengala “i quali costituirono una cortina luminosa intensissima contro la quale incrociatori e cacciatorpediniere spiccavano molto nettamente”. Ciò fece temere all’ammiraglio de Courten che quella illuminazione potesse “preludere sia ad un attacco navale che ad un attacco aerosilurante proveniente in ogni caso dal lato dritto”.35

Alle 05.39 ebbe inizio il temuto attacco degli aerosiluranti. Ma soltanto gli Swordfish dei sottotenenti di vascello C.V. Shute e W.E.F. Elliott riuscirono a sganciare le loro armi che furono evitate dalle navi italiane con due ordinate successive accostate di 50°. Uno dei siluri passò poco a proravia dell’incrociatore Aosta, un altro, regolato evidentemente per colpire grandi navi, sganciato ad una distanza di circa 400 metri, passò, senza esplodere, sotto lo scafo del cacciatorpediniere Alpino (capitano di fregata Agostino Calosi), all’altezza della caldaia n. 3. 36 Nell’occasione, l’Alpino fu fortunato.

Il cacciatorpedinere Alpino. Durante l’attacco degli Swordfish dell’830° Squadron della RAF di Malta, un siluro passò senza esplodere sotto lo scafo dell’unità.

35 AUSMM, “Comando 7a Divisione Navale, Rapporto sulla missione eseguita nei giorni 2223-24 e 25 gennaio 1942/XX”, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

36 AUSMM, Rapporto del Comando della 2a Squadra Navale del 27 gennaio 1943, compilato dall’ammiraglio Carlo Bergamini, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

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L’attacco degli aerosiluranti dell’830° Squadron dell’Aviazione Navale britannica decollati da Malta e realizzato nella notte tra il 23 e il 24 gennaio 1942 senza successo. Dal libro di Kenneth Poolman, Niht Strike from Malta.

Alle 07.47, avuta assicurazione, da un idrovolante da ricognizione Ro.43 catapultato dall’incrociatore Attendolo (con pilota il maresciallo Salotti e osservatore il sottotenente di vascello Ardighi), che nessuna nave nemica di superficie minacciava il convoglio, la 7a Divisione Navale dell’ammiraglio de Courten, invertì la rotta dirigendo per Taranto.

Il convoglio proseguì nella sua rotta per Tripoli assieme alle siluranti della sua scorta diretta, ridotta in seguito alla mancanza dei tre cacciatorpediniere (Aviere, Ascari, Camicia Nera), che avevano soccorso i naufraghi del Victoria e si trovavano arretrati, ai cacciatorpediniere Vivaldi, Malocello, Da Noli, Geniere e alle torpediniere Castore e Orsa, a cui si erano aggiunte provenendo da Tripoli le torpediniere Calliope e Perseo. Ma alle 09.00 il convoglio fu attaccato da un

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sommergibile che, avvistato dagli aerei di scorta, lancio i siluri, uno dei quali mancò di colpire la motonave Monviso passando alla distanza di 10 metri. 37

Si trattava del P.36, uno dei due sommergibili della 10a Flottiglia di Malta che erano stati inviati dal Comando della 10a Flottiglia di Malta (capitano di vascello George Walter Simpson) ad intercettare il convoglio ad est di Tripoli. L’altro sommergibile era l’Urge, il quale per primo aveva avvistato le navi italiane il mattino del 24 gennaio. Dapprima il suo comandante, capitano di corvetta Edward Philip Tomkinson, individuò le luce di bengala di un attacco aereo, e ritenne che una nave fosse stata colpita da un siluro; successivamente avvistò le tre navi mercantili del convoglio che avevano vicino una formazione di tre incrociatori e quattro cacciatorpediniere. Non essendo riuscito a portarsi a distanza di lancio, l’Urge segnalò il convoglio al P.36 (tenente di vascello Hanry Noel Edemond), che un ora dopo, alle 08.24, avendo individuato al periscopio tre piroscafi scortati da cinque cacciatorpediniere e due aerei, effettuò l’attacco in immersione da una distanza stimata di 4.100 metri, lanciando quattro siluri senza successo a nord di Khoms, a 55 miglia ad est di Tripoli. Invece, con ottimismo, il comandante Edmond, che dopo l’attacco si allontano con rotta opposta al convoglio di una profondità di 40 metri, ritenne di aver colpito un piroscafo di 5.000 tonnellate.38

Il sommergibile britannico Urge. Il P.36 di cui non sono riuscito a trovare una foto attendibile, apparteneva alla stessa classe “P”.

Il lancio di siluri del P.36 era stato segnalato al convoglio da caccia di scorta Cr.42 del 160° Gruppo e da idrovolanti Cant.Z.501 della Ricognizione Marittima,

37 Ibidem.

38 Historical Section Admiralty, Submarines, Volume II, Mediterranean, Londra, 1955, p. 70.

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dipendenti da Settore Aeronautica Ovest della 5a Squadra Aerea della Libia, mitragliando e lanciando bombe nella zona del pericolo.39 E ciò aveva permesso al convoglio di contro manovrare, evitando l’insidia. Subito dopo il fallito attacco, fu data al sommergibile una breve caccia, con il lancio di una trentina di bombe di profondità da parete dei cacciatorpediniere Malocello e Geniere, della torpediniera Orsa e di un idrovolante Cant.Z.501 della 196a Squadriglia Ricognizione Marittima, ma senza alcun risultato, costituì l’ultima emozione dell’operazione T.18.

Nel pomeriggio del 24 gennaio, tra le 14.00 e le 15.00, le tre motonavi illese del convoglio, Monginevro, Monviso e Pisani, arrivarono nel porto di Tripoli, portando a destinazione il loro atteso importantissimo carico di uomini e di mezzi militari, inclusi 97 carri armati (46 italiani e 51 tedeschi). Durante la notte il porto di Tripoli fu pesantemente bombardato ma nessuna nave fu colpita.

Il fallimento dei bombardamenti sugli obiettivi di Malta.

Nel corso dell’operazione T.18, tra il 22 e il 25 gennaio, era stato previsto che gli aeroporti di Malta fossero battuti in continuazione, di giorno e di notte, da bombardieri tedeschi e italiani, per evitare il decollo di aerei diretti contro il convoglio. Ma mentre gli Ju.88 germanici portarono a compimento parecchie incursioni, i bombardieri italiani Cant Z.1007 bis, sei velivoli della 190a Squadriglia a Catania e otto velivoli del 50° Gruppo a Castelvetrano, non furono impiegati nei bombardamenti diurni, con la giustificazione della “insufficiente disponibilità di aerei da caccia nazionali per la scorta”.

Resosi conto della necessita dell’azione, che rientrava nei piani concordati da Supermarina con Superaereo, e di assicurare ai suoi bombardieri il massimo della protezione aerea, il Comandante dell’Aeronautica della Sicilia, generale di divisione aerea Silvio Scaroni, concordò con il Comandante del II Fliegerkorps, generale Bruno Loerzer, di scortare, per un azione diurna prevista per il 24 gennaio, cinque Cant.Z.1007 bis della 190a Squadriglia con ventisette caccia Bf.109, e cinque Cant.Z.1007 bis del 50° Gruppo con altri trentuno Bf.109. Ma l’attacco, a causa delle avverse condizioni atmosferiche, fu rinviato, e per lo stesso motivo ciò avvenne fino al 28 gennaio, quando ormai l’operazione T.18 si era conclusa da quattro giorni. Quel 28 gennaio decollarono, per effettuare il bombardamento della base navale della Valletta, cinque Cant.Z.1007 bis della 190a Squadriglia e otto del 50°

39 Durante la giornata del 23 gennaio il settore Aeronautico Ovest della 5a Aerea (generale di difesa aerea Raoul Da Barberino) aveva impiegato nella scorta al convoglio e al gruppo “Aosta”, con partenza all’alba dall’aeroporto di Misurata, 51 caccia, dei quali 21 G.50 del 12° Gruppo, e 30 Cr.42 del 160° Gruppo. Inoltre furono inviati in esplorazione 6 S.79 della 175a Squadriglia R.S.T. e 9 Ca.311 del 69° Gruppo O.A., mentre 2 idrovolanti Cant.Z.506 della 614a Squadriglia Soccorso furono impiegati per la ricerca di naufraghi. Infine, durante le operazioni di scarico del convoglio, il porto di Tripoli fu protetto da velivoli da caccia, scaglionati a varie quote. A tutti questi velivoli si aggiunsero, per la protezione delle navi in mare, un certo numero di idrovolanti della Ricognizione Marittima.

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Gruppo (Squadriglie 110a e 211a), con la scorta di ventidue caccia italiani Mc.200 del 54° Stormo, dieci del 16° Gruppo e dodici del 7° Gruppo, e come pianificato dai caccia tedeschi Bf.109 dell’JG.53.40 Ma nella navigazione verso Malta con copertura nuvolosa, e a causa di guasti avvenuti durante il volo, ben otto Cant.Z.1007 bis rientrarono alla base assieme ad altri due, che si erano persi di vista, per decisione dei loro piloti. Di essi un velivolo, non essendo riuscito a trovare l’aeroporto di Catania, dopo aver vagato in varie direzioni, con i piloti disorientati, effettuò un disastroso atterraggio fuori campo ad Agrigento. Dei sei uomini dell’equipaggio il primo pilota, tenente Franco Facchinetti, decedette, e vi furono quattro feriti.

I tre rimanenti Cant.Z.1007 bis del 50° Gruppo, che avevano continuato a dirigere sull’obiettivo assegnato, di fronte alle sfavorevoli condizioni atmosferiche, ed anche perché abbandonati dai caccia di scorta al limite dell’autonomia, invertirono la rotta per decisione del loro comandante, tenente colonnello Grossi, dopo aver sganciato in mare le bombe a 20 miglia da Malta.41

Squadriglia di bombardieri Cant.Z.1007 bis della 210a Squadriglia del 50° Gruppo Bombardamento Terrestre. La missione a cui parteciparono assieme alla 210a Squadriglia per bombardare La Valletta (Malta) il 28 gennaio 1941 fu un vero fallimento. Anche l’attacco della 190a Squadriglia Cant.Z.1007 bis, per il mediocre addestramento degli equipaggi e per deficienza del materiale di volo, ebbe lo stesso risultato.

40 ASMAUS, Diario Storico del Comando Aviazione Caccia della Sicilia 1942.

41 ASMAUS, Diario Storico del Comando Aeronautica della Sicilia 1942.

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Scrivendo a Superaereo, l fallimento della missione fu accreditato dal generale Scaroni alla deficienza del materiale di volo e all’insufficiente grado di addestramento degli equipaggi dei Cant.Z.1007 bis dei due reparti impiegati; insufficienza da consistenza tale “da non poter dare affidamento, specie per le azioni su un obiettivo difficile quanto a quello di Malta”, e addirittura neppure per attacchi a unità nemiche in mare aperto e tanto meno per realizzare attacchi notturni.42

La risposta del Sottocapo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, generale di squadra aerea Giuseppe Santoro, fu la seguente:43

Il numero di inconvenienti che contemporaneamente si sono verificati sui velivoli, dei due reparti in parola è rilevante mentre le notizie fornite non consentono di individuare le cause che hanno dato luogo alle avarie. Occorre pertanto che codesto Comando compia opportuni accertamenti tecnici e riferisca con la massima precisione possibile su ciascuno degli inconvenienti sopra elencati.

Ma oltre a queste gravi deficienze, il 30 gennaio vi fu una protesta da parte dell’OBS (feldmaresciallo Albert Kesselring) per un i mancati bombardamenti di disturbo notturno degli aeroporti di Malta da parte dei velivoli dell’Aeronautica della Sicilia che nei giorni dal 22 al 25 gennaio avrebbero dovuto prolungare i loro attacchi dal tramonto alle ore 22.00, ossia mezz’ora prima che avesse iniziato le incursioni notturne dei velivoli Ju.88 del II Fliegerkorps. Non essendo ciò avvenuto, a parte un eccezione nella notte del 22, quando furono impiegati su Malta quattro Br.20 del 55° Gruppo (a cui seguirono gli attacchi di dodici Ju.88), e non essendosi verificata alcuna missione nelle tre notti successive, in parte giustificata con il cattivo tempo che causò l’impantanamento dei velivoli sugli aeroporti, l’OBS sostenne che ciò non doveva ripetersi, e che occorreva intensificare il collegamento tra il Comando dell’Aeronautica della Sicilia e il Comando del II Fliegerkorps, al fine di evitare che vi fossero peridi di tempo in cui gli aeroporti di Malta non venivano attaccati.44 Secondo un prospetto allegato alla lettera, a cui erano apportate alcune aggiunte a penna, appare che la notte del 21 i tedeschi avevano impiegato negli attacchi agli aeroporti di Malta due Ju.88, altri dodici la notte del 22, dieci la notte del

42 ASMAUS, “Comando di Aeronautica della Sicilia. Azioni Cant.Z.1007 bis per esigenza T.18”, lettera del 2 gennaio 1942.

43 ASMAUS, “Stato Maggiore della R. Aeronautica Ispettorato Superiore Tecnico Militare, Inconvenienti riscontrati sul Cant.Z.1007 bis nelle azioni svolte per l’esigenza T.18”, lettera del 22 febbraio 1942.

44 ASMAUS, “Ufficio del Generale R. Aeronautica presso O.B.S., Attacchi notturni su Malta”, lettera del 30 gennaio 1942. * Secondo i bollettini dell’OBS nel corso della giornata del 23 gennaio parteciparono alle scorte navali 22 velivoli Ju.88 del II Fliegerkorps, 4 dei quali non trovarono le navi, ed altri 8 Ju.88 il giorno 24. Inoltre, secondo quanto riferì il feldmaresciallo Kesselring nella riunione sui trasporti del 25 gennaio al Comando Supremo: “Il fatto del VICTORIA

è anche dovuto al fatto che il tempo cattivo ha ostacolato l’azione su Malta e alcuni aerei non hanno potuto partire”. Cfr., SMEUS, Diario Storico del Comando Supremo, Volume VI (1.1.194230.4.1942), Roma, 1996, p. 248.

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23, e infine 5 la notte 24, in cui si verificò il mancato rientro alla base di uno Ju.88 del III./KG.77, che fu visto precipitare in fiamme forse per un guasto al motore.45

Junker Ju.88 del III./KG.77, considerato il bombardiere miracolo della Luftwaffe, in volo di guerra. Uno dei velivoli di questo gruppo precipitò in fiamme durante un attacco notturno su Malta, il 24 gennaio 1942.

45Ibidem.

52
Bombardieri Br.20 in volo di guerra sul mare.

T.18 (22-25 GENNAIO 1942) – LA ROTTA DEL CONVOGLIO E DAI GRUPPI NAVALI DI SCORTA

53 L’OPERAZIONE

Quindi, il disturbo notturno ebbe inizio dalla notte in cui il convoglio dell’operazione T.18 aveva preso il mare fino al rientro a Taranto dei gruppi navali che avevano partecipato alle scorte. Ciò tuttavia non aveva impedito la partenza notturna degli aerei di Malta, ricognitori, bombardieri e aerosiluranti, anche se i loro attacchi non portarono a risultati.

Conclusioni

Il Comandante della Marina Tedesca in Italia, vice ammiraglio Eberhard Weichold scrivendo al Comando della Marina Italiana, nel riferirsi all’attività sul mare dell’aviazione britannica nel mese di gennaio nel Mediterraneo, riportava:46

L’attività dell’arma aerea inglese di Malta era anche durante il mese intensa. Risultava in particolare evidenza l’ottimo lavoro degli aerei da ricognizione inglese, i quali hanno mantenuto continuamente contatto, anche di notte, con i convogli italiani in trasferimento. Perciò si è avuto fra l’altro il successo nell’impiego di aerosiluranti inglesi contro il secondo trasporto italiano, nel quale fu affondata il 23 Gennaio alle ore 2300, con siluri, la nave da trasporto VICTORIA. Da notare è inoltre l’autonomia degli aerosiluranti inglesi pur partendo e tornando a Malta hanno potuto raggiungere ed attaccare nella zona di mare ad ovest di Bengasi, cioè ad una distanza di 210 miglia, il convoglio italiano diverse volte. Il numero e la misura dell’impiego di aerosiluranti è però diminuito in confronto al passato, ciò che appare condizionato solo dalle cattive condizioni meteorologiche.

Nella sua relazioni l’ammiraglio Bergamini, mostrandosi sorpreso dal fatto che le navi britanniche presenti a Malta non erano state impiegate per attaccare il convoglio, mise anch’esso in risalto la grande efficienza dimostrata dall’aviazione britannica, che attaccò a grande distanza dalle basi, dalla Cirenaica e da Malta, sviluppando le azioni “con intensità, con metodo e con abbondanza di mezzi veramente notevoli”, ed impiegando “ricognitori a largo raggio provvisti dei più moderni mezzi di ricerca”, di giorno e di notte. In oltre era confermato che il raggio d’azione dei velivoli e la loro velocità, in particolare dei Beuufort, erano aumentate. Ne conseguiva che , pertanto, per il futuro occorreva tenere in considerazione anche il problema dell’incremento della scorta aerea dei caccia monomotori, con mezzi di maggiore autonomia, poiché gli apparecchi tedeschi del tipo Ju.88C, che furono impiegati in modo “continuo e con numerosi velivoli”, non erano adatti per contrastare gli attacchi di aerei veloci.47

46 Lettera B. Nr. Gkdos 712/42 – A4 – Segreto del 6 febbraio 1942.

47 AUSMM, Rapporto del Comando della 2a Squadra Navale del 27 gennaio 1943, compilato dall’ammiraglio Carlo Bergamini, Scontri navali e operazioni di guerra, cartella 48.

54

Partendo da queste considerazioni, l’ammiraglio Bergamini arrivò alle seguenti conclusioni:48

Indubbiamente l’elemento fortuna ha giocato a nostro favore, ma non si può fare a meno di riconoscere che tutto il complesso numeroso di navi diversissime, militari e mercantili, e quindi pesante, lento nei movimenti, difficile a guidarsi, ha manovrato e reagito alle offese nemiche con prontezza e capacità degna di particolare rilievo, tanto più se si pensa che nessun incidente di manovra si è verificato, anche nei momenti veramente difficili e pericolosi. Un elemento che va particolarmente messo in luce è che, nonostante tutte le difficoltà inerenti alla missione in se stessa ed agli ostacoli creati dal nemico, il convoglio è arrivato a Tripoli con un’ora di anticipo sull’orario stabilito. Ho particolarmente ammirato la serenità, la perizia, la prontezza con cui in genere tutti coloro che hanno partecipato alla missione hanno svolto il loro difficile compito.

Ma a generare notevole allarme, come appare nei Verbali delle riunioni giornaliere sui trasporti al Comando Supremo, era l’insediamento di aerosiluranti e bombardieri britannici nella zona di Bengasi, dove si trovavano i migliori aeroporti della Cirenaica, e dai quali il nemico poteva ora attaccare sul fianco i convogli dell’Asse diretti a Tripoli. Nelle discussioni fu temuto di dover rinunciare ad inviare i convogli per la rotta a levante di Malta, per tornare alla rotta che costeggiava la Tunisia, e fu richiesto al feldmaresciallo Kesselring se era in grado di attaccare gli aeroporti nemici della Cirenaica con i suoi bombardieri in partenza dalla Sicilia per “fare sgombrare gli aeroporti della Cirenaica, mentre il generale Cavallero, affermò che si doveva fare “una puntata su Bengasi con tutte le nostre forze”.49 Misura resa possibile dal fatto che il 21 gennaio il generale Rommel aveva iniziato la sua controffensiva, sorprendendo i britannici, ma anche gli italiani che avrebbero preferito attestarsi prima saldamente sulle posizioni di Agedabia. Rommel avanzò celermente in Cirenaica, e pensò lui a far sgombrare ai britannici i temuti aeroporti conquistando Bengasi il 29 gennaio. In tal modo la rotta a levante di Malta restò aperta per il traffico italiano e tedesco, e lo sarebbe stato fino alla fine dell’anno 1942, quando l’8a Armata riconquistò la Cirenaica in seguito allo sfondamento del fronte dell’Asse ad El Alamein.

Nel corso del mese di gennaio furono trasportati in Libia 67.170 tonnellate di materiali bellici, dei quali 20.000 tedeschi, e 10.000 tonnellate di merci varie per la popolazione civile, in parte arrivati attraverso la Tunisia. Le perdite delle navi dei successivi convogli partiti dall’Italia e diretta Tripoli furono relativamente modeste, se si eccettua, l’affondamento del piroscafo Victoria, e del nuovo sommergibile oceanico Ammiraglio Saint Bon che, adibito al trasporto urgente della benzina in Nord Africa (ne aveva a bordo 140 tonnellate di provenienza tedesca), era stato

48 Ibidem.

49 SMEUS, Diario Storico del Comando Supremo, Volume VI (1.1.1942-30.4.1942), Roma, 1996, p. 248.

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affondato a nord di Milazzo nelle prime ore del 5 gennaio dal letale sommergibile britannico Upholder dell’abilissimo tenente di vascello Malcolm David Wanklyn.

Il passaggio dell’incrociatore Duca d’Aosta nel canale di Taranto, dal Mar Grande al Mar Piccolo, al termine dell’operazione T.18, il 25 gennaio 1941. Notare in primo piano il ghiaccio che si è accumulato durante la navigazione.

Un ultima osservazione. Poiché erroneamente era stato trasmesso dal Duilio che il primo siluro che il 23 gennaio aveva colpito la motonave Victoria alle 17.30 derivava dall’attacco di un sommergibile, a Roma, nella riunione giornaliera al Comando Supremo delle ore 12.45 dell’indomani 24, l’ammiraglio Riccardi aveva riferito agli altri capi militari presenti:50

50 SMEUS, Verbali delle riunioni tenute dal Capo di SM Generale, Volume II (1° Gennaio 1942 – 31 Dicembre 1942), Roma, 1985, p. 80.

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La situazione che si è creata questa notte è una situazione che ha portato al massimo valore l’insidia dei sommergibili. Il fatto che il convoglio é stato avvistato il giorno stesso della sua partenza e cioè il giorno 22 ha permesso al nemico di fare proprio uno sbarramento di sommergibili, specialmente lungo l’ultimo tratto della rotta che aveva un percorso obbligato. Dagli avvistamenti che sono stati effettuati abbiamo ragione di supporre che vi fossero almeno 4 sommergibili distesi lungo questa rotta [ve ne erano in effetti uno a sud dello Stretto di Messina, uno nel Golfo di Taranto e due presso Misurata]. Uno di questi sommergibili ha palesato per primo la sua presenza con il siluramento della nave.

Poiché il Duce nella mattina di quel giorno 24 aveva “riconfermato la consegna, data in un primo tempo, che il trasporto degli uomini” andava fatto “esclusivamente con mezzi aerei”,51 né conseguì che Supermarina, dopo la dolorosa perdita della motonave Victoria, dovette prendere la decisione di trattenere da quel momento nei porti dell’Alto Adriatico (Venezia e Trieste) i suoi grandi transatlantici, che non furono mai più impegnati come navi trasporto truppe.

Sulle tante deficienze della difesa aerea delle navi, il 29 gennaio Supermarina compilò un Promemoria che è allegato al testo di questo saggio.

FRANCESCO MATTESINI

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51 Ibidem.

29 gennaio 1942 - XX

DIFESA CONTRO LE AZIONI AEREE NOTTURNE IN MARE

1. - Anche nel campo aereo come in quello navale il nemico ha netta superiorità nei mezzi e nei metodi di azione notturna.

La ricognizione notturna gli consente di trovare quasi sempre le nostre forze e, trovatele, di seguirle ininterrottamente e di segnalarne in modo continuo posizione e movimenti. Ciò facilita enormemente l’azione dei siluranti e dei bombardieri.

I ricognitori sono favoriti, di notte, dalla possibilità di avvicinarsi a bassa quota; e di usare artifizi luminosi. Ciò permette un riconoscimento più perfetto che di giorno. I bombardieri, poco temibili di giorno, diventano più efficaci di notte perché hanno anch’essi la possibilità di agire a bassa quota.

La reazione di fuoco delle navi è poco efficace perché il bersaglio si vede, e male, quando ormai è troppo tardi; mentre il tiro al volo, da navi in moto, non può avere pratica attuazione. Viceversa le trattorie luminose dei proiettili notturni localizzano esattamente e a grande distanza ciascuna unità.

Finiremmo cioè per essere di vantaggio all’attaccante.

2. - Siamo, in sostanza, di fronte a una evidente insufficienza difensiva delle navi verso offese aeree quando sia necessario traversare di notte zone comprese nel raggio di azione di basi aeree.

Per reagire, poco si può contare sulle artiglierie; molto sulla manovra e nel tempestivo impiego delle cortine di nebbia. Ma per ottenere la tempestività occorre l’avvistamento preventivo, problema questo che potrà essere risolto con i radiolocalizzatori.

3. - L’impiego della caccia notturna non da molto affidamento. Occorrerebbe risolvere problemi difficilissimi per assicurare l’arrivo sulla formazione, e poi l’intervento tempestivo. Sarebbe inoltre quasi impossibile riprodurre su navi in moto quella complessa azione coordinata di radiolocalizzatori, proiettori e aerei da caccia che ha fatto essi buona prova su Berlino e su Londra. La caccia già difficilmente riesce di giorno a prevenire l’attacco. Di notte non vi è probabilità ragionevole che si possa ottenere lo scopo, sia pure dopo lungo e paziente affiatamento, anche a costo di grandi consumi di nafta e benzina.

Impiego concepibile della caccia notturna su convogli e formazioni navali in moto potrebbe forse essere quello contro i ricognitori. ma anche qui si è visto che non vi si riesce nemmeno di giorno.

58 ALLEGATO SUPERMARINA

4. - In realtà una sola è la forma di reazione efficace: quella che è già tra i canoni della dottrina di guerra aerea: agire fortemente sulle basi di partenza.

N.B.

Il documento, é riportato con il n. 111 del 3° Volume (in quattro Tomi) della collana “Corrispondenza e Direttive Tecnico Operative di Supermarina (Scacchiere Mediterraneo)”, anno 1942, che ho consegnato nel 2008 per la stampa, come concordato (e onorato nel compenso), all’allora Direttore dell’Ufficio Storico della Marina Militare. Ma la nuova Direzione non solo non vi ha provveduto, ma ha riferito all’Autore che il lavoro non sarebbe stato stampato per mancanza di fondi. Visto che, nel frattempo, dall’Ufficio Storico le pubblicazioni di altri autori continuano ad essere sfornate, rincresce che non si dia seguito ad una collana che riporta, a favore degli storici, degli stessi ambienti militari, e degli appassionati, documenti fondamentali per la conoscenza della nostra ultima guerra sul mare.

Nel frattempo ho sospeso la compilazione del 4° Volume della Collana, (gennaio – settembre 1943), ripartito in tre Tomi, che era in stato di lavorazione molto avanzata; ed ho ugualmente sospeso, per lo stesso motivo della motivata mancanza di fondi riferita dall’Ufficio Storico, la compilazione della terza edizione del Volume “Betasom. La guerra negli Oceani (1940-1943)”, considerevolmente aggiornata, che riporta variazioni anche per quanto riguarda le navi affondate e danneggiate dai sommergibili.

Avendo ricevuto piena libertà di stampare il libro con altri editori, ho allora preferito far conoscere parte del contenuto della guerra oceanica italiana in Saggi postati nel sito Academia Edu.

Anche un altro Volume sulla Battaglia Aeronavale di Mezzo Agosto, che avevo consegnato all’Ufficio Storico della Marina Militare, non è stato stampato, forse perché il contenuto non era piaciuto alla nuova Redazione, riportando fatti che sarebbe stato meglio non divulgare, come quelli che riguardano il penoso comportamenti dell’allora Capo di Stato Maggiore della Marina, nel ritirare le navi che già andavano incontro al nemico. Dopo anni di attesa ho ritirato la bozza che avevo consegnato, ed il volume è uscito recentemente (Agosto 2019), prodotto da Ristampa Edizioni di Rieti.

La poderosa opera, dal titolo “La Battaglia Aeronavale di Mezzo Agosto. Il contrasto delle forze italo - tedesche all’operazione britannica “Pedestal” 10 – 15 Agosto 1942”, consta di 675 pagine in carta bianca patinata, ed è riccamente illustrata con cartine e fotografie. Per ora può essere acquistato, al prezzo di 48 Euro, presso l’Editore Ristampa; presso mio fratello (mattesini@armatureromane.com); e nelle librerie dell’ARES e DEL MARE (Roma) e VETERLAND (Solarussa – Oristano).

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