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UOMINI ACCERCIDATI

LA FOLLIA DI (DELLA) GUERRA RACCONTATA ATTRAVERSO LE LETTERE DEI SOLDATI RICOVERATI NELL'OSPEDALE PSICHIATRICO S . ARTEMIO DI TREVISO di Nicola B ettiol

Molto spesso quando scegliamo un titolo per un convegno o per un saggio , pur senza voler tradire la serietà della ricerca, pensiamo innanzitutto a destare l'attenzione e la curiosità dei potenziali fruitori del nostro lavoro In altri casi invece , ci s i può indirizzare verso la scelta di un titolo per il fatto che quest'ultimo riesce a racchiudere in sé tante e tali sollecitazioni da fornire fin da subito un quadro piuttos to precis o del tema che ci s i appr esta ad affrontare. Io ho scelto questa seconda strada , tanto è vero che se qualcuno mi chiedesse di definire in modo stringato la condizione dei soldati con problemi di natura psichic a , ma più in generale dei combattenti durante il primo conflitto mondiale, sceglierei s icuramente quella di " uomini accerchiati". Con uomini accerchiati mi riferisco s icuramente alla particolare situazione tattica che ha visto fin quasi da subito gli eserciti contendenti condurre un conflitto su dei fronti bloccati con interminabili c hilometri di camp i trincerati contrapposti, dove al pericolo rappresentato dal fuoco nemico , nelle retrovie faceva da contro altare il pericolo rappresentato dai battag lioni di carabinieri pronti a fermare qualsiasi episodio di "codardia". Ma mi riferi sco anche alle strutture dì controllo e dominio messe in campo dagli stati moderni , che per la prima vo lta ebbero modo di manifestarsi con un'efficacia senza precedenti, dove le conseguenze delle azioni del singolo soldato potevano avere effetti concreti anche sulle famiglie o i parenti dello stesso . Si trattava della prima guerra totale dove ormai la dimensione individuale tendeva ad assumere contorni sempre più sfumati, ed ogni margine di autonomia interpretato come una sfida allo sforzo della "nazione in armi "

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La foll ia rapprese nterà, per migliaia di uomini in tu tta Europa, l 'unica scappatoia per non venire schiacciati da quel immenso meccanismo di morte, distruzione e con trollo c h e fu la grande guerra. Le parole dell'aspirante ufficiale Francesco sono , in questo senso, più eloquenti di qualsiasi altro discorso:

" ... Grandemente malato ed esternamente d'un a discreta floridezza. Tutti mi dicono che io sto bene. Come dimostrare che io sto male? E perchè dimostrarlo?

Leggo nella mente altrui la credenza che io esageri i miei mali o che io finga addirittura per non andare in guerra. Scommetto che anche tu credi che io esageri ... un pochino il mio male perchè malato. Incompres o da tutti , la misantropia si fa strada nell'animo mio e con la misantropia il disprezzo per l'umanità brutale. Ho bisogno di solitudine di silenzio asso l uto, di poter fare tutto quello che voglio , di fuggire , di volare nel cuore di un bosco, e vivere a contatto con la natura. Cosa si vuole da me? La vita. Io saprò mostrare ben misera e risibile cosa ciò che mi si domanda. Durante la mia permanenza al fronte non l 'ho mai c urata . La invincibile ripugnanza, il terrore folle e l'orrore mortale che mi assalgono quando ripenso al mio recente passato, quando p e n so che dovrò ritrovarmi in un ambiente che lentamente mi uccide, c he è in opposizione assoluta e dolosa con tutto l'e sser umano, m'hanno tratto alla decisione di annientarmi. E tu devi aderire alla mia v isione. Darò in pasto alle belve umane il mio corpo: il mio spirito se è vero che esiste un al di là libero d ' una libertà assoluta vagherà per l'universo. Da me s i vuole con la pistola puntata sul cu ore quello che io non posso assolutamente dare nè moralmente, nè intellettualmente, nè materialmente. Quello che per tanti e tanti rappresenta uno sforzo di adattamento, per me è il martirio. Ed io preferisco la mia estinzione a codes to martirio ... ".

La guerra moderna

Fu con la guerra russo-giapponese del 1905 che si reg istrarono i primi segnali inquietanti del potere disgregante che poteva avere a livello della psiche umana la guerra moderna. Si trattava del primo conflitto in cui i moderni mezzi di distruzione di massa ebbero modo di dispiegarsi in tutta la loro tragica efficienza, e dove le dimensioni stesse del conflitto tendevano ad ampliarsi a dismisura proiettando gli uomini su un piano che era totalmente al di fuori del loro controllo. É interessante notare che l'insorgenza delle ne vrosi di guerra coincida sostanzialmente con il mutamento della struttura stessa della guerra, che troverà poi il suo pieno compimento nel corso della grande guerra.

Una delle caratteriste centrali della guerra moderna deve sicuramente essere individuata nella supremazia dell'elemento tecnologico industriale che sarà, da questo momento in avanti , soverchiante rispetto a quello umano. Ed è appunto il dominio delle macchine e dei materiali su l ' uomo uno degli elementi che alla frne risulterà maggiormente destabilizzante nella casistica manicomiale. Era una partecipazione passiva quella che si richiedeva ai soldati, dovevano essere dei semplici ingranaggi facilmente intercambiabili in quel immensa catena di montaggio della morte che fu la grande guerra.

Questo aspetto apparve chiaro fin da s ubito ad una delle figure più controverse del mondo cattolico e che ebbe modo di mettersi in luce nel corso della guerra, mi riferisco a quel padre Agostino Gemelli che con il grado di capitano medico collaborò a s tretto contatto con il comando supremo in qualità di consulente di p s icologia delle masse, il quale era prodigo di consigli di questo tenore:

In ogni caso la preparazione del soldato ad atti di valore consiste negativamente in un di s tacco completo dai suoi affetti famigliari, dai suoi interessi , da tutto c iò che lo tiene legato alla vita. Non già che tutto questo sia da lui dimenticato; ma giace tanto profondo nella coscienza, da non cos tituire una i nibizione al sacrifi cio . É un sen timento di estraneità, che costituisce il fondamento dell a nuova personalità che si forma nel soldato, e che è as so lutamente indispensabile perché il soldato s ia veramente tale; sia cioè soldato e soldato capace di atti di coragg io.

Il corpo· psichiatrico di fronte alla guerra

In generale possiamo affermare c he la psichiatria vide nella guerra un gigantesco laboratorio da cui poter attingere un numero senza prec edenti di casi da sottoporre alla propria attenzione, e nel contempo un'occasione per potersi affermare come scienza autonoma all ' interno della società moderna. Thttavia ogni aspettativa venne ben pres to del usa dali' assoluta impreparazione a poter sos tenere un flusso così massiccio di soldati che dovettero ricorrere a cure di tipo ps ichiatrico. I dati in nostro possesso sono alquanto frammentari e in larga parte disomogenei, per cui risulta perlomeno arduo fare una qualsìvoglia comparazione, comunqu e possono perlomeno darci un quadro della situazione. In Gran Bretagna sono stati stimati in 80.000 i s oldati passati nei centri psichiatrici , in Germania 313.399, negli Stati Uniti 97.556 , p er quanto ri guarda l ' Italia delle stime approssimative fatte nel dopogu erra parlano di 40.000 soldati.

Il servizio neuropsichiatrico di guerra venne a configurarsi come autonomo ri spetto agli altri servizi di sani tà già dal settembre de l1915 . Alla direzione venne pos to il dott. Tamburini , il quale ebbe il compito di nominare i consulenti psichiatrici presso le quattro armate, che nelle intenzioni avrebbero dovuto garantire, oltre all'organizzazione del servizio, anche l'iter diagnostico oltre che quello medicolegale. Nella realtà furono in grado di espletare a malapena la parte burocratica, demandando di fatto ai direttori degli ospedali territoriali i compiti più strettamente medici. Per il resto il servizio neurop sichiatrico ri calcava la struttura di quello sanitario in caso di guerra e si articolava su 3 livelli:

- il primo collegato direttamente alla prima linea e formato dai posti di medi cazione reggimentali e dagli ospedaletti da campo, venivano praticati i primi interve nti sanitari a c ui seguiva lo smistamento in funzione della gravità e del tipo di ferita o patologia riscontrata.

- il seco ndo livello era costituito dagli ospedali di tappa, avevano funzioni di colle gamento tra la prima linea e le retrovie, rappresenta vano un semplice punto di transito più o meno breve per gli ammalati e i feriti.

- il terzo livello infine si articolava sugli ospedali militari di ri serva.

Nel corso della guerra vennero i stituiti anche dei re parti di prima linea , posti in posizione leggermente arretrata rispetto agli ospedaletti da campo, ebbero il compito di gestire gli alienati, c urare i casi meno gravi e scovare eventualmente i sim ulatori.

La grande prova a c ui la psichiatria italiana venne chiamata s i rivelerà alJa fine, come si è già detto, quantomeno improba. Si trattò certamente di un problema legato ai numeri, ma fu soprattutto un problema di deficit del bagaglio teorico -c ulturale. In particolare la psichiatria italiana che rimase ancorata per tutto il periodo della guerra al dogma organ icista, fondando conseguentemente ogni speculazione su due capisaldi come la degenerazione e la pred ispos izi one, non riuscì mai ad avere tra le mani quegli strumenti che potessero in qualche modo far emergere il fattore guerra come centrale nella patogenesi delle nevrosi. A questo si aggiungano le continue pressioni esercitate dai comandi militari per mantenere il più alto possibile il numero degli effettivi al fronte, e si potrà ben capire quali fossero i presupposti entro cui il problema delle nevrosi venne trattato.

Compless ivamente prevalse una visione di tipo di scip linare , nel soldato s i vedeva più un colpevole da punire che un ammalato da curare. La storia del capitano Pietro può it n qualche modo aiutarci a compre ndere il tipo di approccio che venne usato nei confronti dei so ldati che presentavano sintomi legati alle nevrosi. Ricoverato al S. Artemio di Treviso il 30 luglio 1916, dato che dopo tre giorni di trincea presso Coni Zugna fu preso da "angoscia, tremori, sudori di freddo ch e duravano 4 o 5 ore" s i decise a chiedere giud iz io collegiale, che venne accettato con le seguenti motivazioni:

"Zona di Guerra addì 14-luglio 1916

A seg uito del foglio in data di ieri no 382 R o, il Capitano ... sig. Pietro ha oggi presentato domanda per visita colleggiale. Egli mi ha ripetutamente dichiarato di non essere in grado per le sue condizioni psichiche di assumere il comando di una compagnia. Non ostante ciò ho dato il comando della 4 Compagnia Proviene dagli ufficiali di complemento, ed è stato promosso Capitano a 23 anni e mezzo. Urge, per mantenere la compagine moral e nei quadri dell'esercito, che siano presi gravi provvedimenti verso coloro che cercano di sottrarsi agli obblighi che ogni buon cittadino deve avere per il paese. Epperò io propongo che il Capitano ... non ritenendosi idoneo ad esercitare il suo comando, s ia senz'altro, dopo esperite le pratiche medico- legali collocato in riforma , affinchè questo provvedimento possa servire di esempio. eliminando nei quadri questi parassiti, che mentre gravano sul bilancio dello Stato, ritard ano con la loro presenza la carriera a quelli che con abnegazione e sacrificio comp iono il loro dovere ".

Le terapie, in linea con i principi inspiratori della gestione degli aliena ti, dovevano fondarsi in larga parte sull'intimidazione. Ripetute sedute faradiche a cui si facevano seguire una serie di ordini urlati , eterizzazioni , suggestioni collettive, erano la quotidianità negli ospedali psic hi atrici dei paesi coinvolt i nel conflitto. Così Max Nonne, psichiatra di Amburgo, ci descrive una seduta elettrica:

"[durante l' ele ttrizzazione] accade qualcosa di incomprensibile .. . Uno sg uardo imp ietrito, un v iso contratto, i muscoli tesi come una fune, tirati, irrigiditi ,curvati sopra qualcosa di invi si bile, come glieli si volesse strappare. Si parla [al sol dato ] in modo calmo e amichevole, ma è come che ci si rivolg esse alla ruota di un mulino che sibila. E con una cieca ostinazione si mette in moto una seconda ondata: un tremore , una convulsione , un respiro affannoso , i denti battono , i capelli si rizzano , il sudore corre sul volto impallidito. Che cosa s uccede in questo tumulto? Acute grid a, rapido e violento dolore , i pugni serrati ... Questa sce na è così consueta per tutti i terapeuti di guerra, che in comincia ad annoiare".

Al metodo disciplinare si contrappose quello analitico di sc uola freudiana. Semplificando , potremmo dire che l'interpretazione psicoanalitica vide nella fuga nella malattia la mancata soluzione del conflitto generato dalla contrapposizione tra il desiderio di vivere del soldato e l'imperativo morale c h e lo manteneva legato al fronte . Thttavia la scuola analitica non ebbe nessun ruolo in Italia nel corso della guerra , trovando viceversa imp ortanti sviluppi in Germania e Gran Bretagna .

Nella realtà negli ospedali psichiatrici territoriali l'approccio terapeutico fu estremamente diversificato ed è difficile individuare una prassi prevalente per tutti i no soco mi. Poss o affermare che nel caso di Treviso s i fece largo uso dell' ergoterapia, una sorta di training a cui venivano avviati i soldati una volta superata la fase acuta della malattia, che mirava alla ricostruzione di una "vita normale" grazie al lavoro nei campi e al conta tto con gli animali da cortile e da stalla. Thttavia l ' approccio disciplinare, perlomeno a livello di indirizzo generale, rimase sempre prevale n te , ed in particolare dopo Caporetto si decise di porre fine a tutte quelle incertezze dettate dalla discrezionalità dei singoli direttori dei manicomi, istituendo il centro " barriera" di Reggio Emilia, unico luogo deputato ad emettere decisioni medico -legali . Alla direzione fu posto Placido Consiglio , da sempre pervaso da una visione punitiva del problema , non nascose mai la sua ricetta che prevedeva un più utile impiego di "questi degenerati" in lavori pericolosi al fronte, in modo da non preservarli dai pericoli della guerra. Su questi pres uppos ti oltre lO .000 soldati furono giudicati e curati nel corso del 1918.

V ospedale psichiatrico S. Artemio di Treviso

n nosocomio trevigiano iniziò ad operare come ospedale militare di riserva fin dallo scoppio della guerra, a dirigerlo rimase, con il grado di capitano medico, il dott. Zanon dal Bò. Nel periodo preso in considerazione dalla mia indagine, ossia giugno 1915 - ottob re 19 17 (dopo Caporetto venne sgomberato e ricostituito a Medola di Borgo Panigale), vennero ricoverati 1575 militari. Da un ' analisi dei luoghi di provenienza dei soldati risulta una sostanziale coincidenza statistica con quella dell'esercito mobilitato , pertanto possiamo affermare di trovarci di fronte ad un campione sufficientemente rappresentativo della realtà italiana nel suo complesso.

Le diagnosi che compaiono nelle cartelle cliniche il più delle volte non sono di grande aiuto per comprendere cosa ci fosse ali' origine del di sagio manifestato da questi so ldati. Si trattava di semplici "etichette" tratt e da un manuale di p sichiatria a cui " burocra ticamente" bisog n ava far rientrare i casi in osservazione. Tra le più ricorrenti troviamo l'amenza, la dem enza precoce, le varie forme di psico si, ma l a più usata in assoluto (3 5 .5 %) fu l ' in competenza. Con que sta defini zion e non si voleva far riferimento ad una totale estraneità psichiatri ca, bensì si cercava di dare un a qualche sistemazione a tutti quei casi che non si era riusciti a far ri entrare nell a class ificazione no sologica tradizionale. In sos tanza div enne la scappatoia attraverso la q uale i medi ci di Trev iso riuscirono ad em arg inare tu tte que lle si tu azioni in cui il ruolo della guerra, come fattore sca tenante de l disagio , era del tutto evidente. Non è privo di s ignificato il fatto che ques to termine , in pien a mobilitaz io n e patriottica guidata da P. Consiglio nel campo psichiatrico , nel 19 18 scompaia letteralm ente dalle cartelle cliniche. Interess ante notare poi che l'incompetenza, nonostante nella maggioranza dei casi abbia avu to u n decorso che p os s iamo definire pos itivo, nella realtà abbi a ind otto i medici a dimettere i soldati con lunghe lice nze di convalesce n za che, perlomeno nel caso trevigiano , erano la v ia "militare" p er poter porre in essere quell'esse nziale apporto terap eutico che era l 'ass istenza ornofamig liare.

A Padova , altro os pedale che nel corso della guerra vide passare oltre 1500 s ol- dati , si ebbe qual cosa di an alo go con la dia gn osi di malinconia (3 1 %) ossia una delle poch e defini zioni contenute nei manuali che non pote va ess ere ricondotta ad un a " ras sic uran te" base organica.

Nonostante tutti i tentativi di neg are un qual s ias i ruolo all a guerra nell ' insorge nza d elle nevrosi , i dati che emergo no dallo studio delle cartelle cliniche ci mostrano i nequivocabilmente che la gu erra ri s ultava ess ere sempre pi ù l'elemento ce ntrale dell'indagine sv olta dai medici. Altri due aspetti credo possano definitivame nte fu g are qualsias i dubbio , se ancora ce ne fossero , in merito. Mi riferi sc o al periodo medio di permanenza in ospedale dei soldati, che nel cor so della guerra , con l ' inasprirsi deg li sc ontri , andò progress ivam e nte allungandos i su p erando abbondanteme nte i tre mesi del periodo legale di osservazione. Ed infm e, forse l'aspetto pi ù macroscopico, osservando l'andamento degli ingressi si può notare come que sti siano sostanzialmente le gati alle più importanti operazioni militari , con picc hi che sup eravano i cento ricoveri al giorno in corrispondenza dell e "s paliate" autunnal i su l Carso de l 1916 .

I soldati

Per la gran parte di questi soldati il ricovero al manicomio non era che l 'ultima tappa di un lungo e doloroso percorso attraverso le infermerie , gli ospedaletti da campo , gli ospedali di tappa. Alloro arrivo i medici si trovavano di fronte a degli uomini completamente annientati dall'esperienza della guerra, incapaci di rei azionarsi con l'esterno, molto spesso neppure in grado di provvedere anche ai loro bisogni primari. Ecco come vengono descritti dai sanitari trevigiani: " ...espressione attonita, contegno inerte, ottundimento affettivo . Percezione tarda, indebolimento mnemonico, ideazione rallentata .. . ha gli occhi sbarrati, e si pres enta come terrorizzato da visioni di spavento ... É molto confuso , disorientato, torpido, apatico, poco ordinato nel contegno. Assume posizioni goffe, stereotipate , inaffettivo, asocievole, acritico , abulico. Sempre solitario, depresso, appare evidente in lui il completo sfasciamento psichico, poverissimo nei suoi poteri vo litivi e idoneo -associativi. Mutacismo, negativismo con tendenza a raccogliersi sotto le coltri e ravvolgere il capo nelle lenzuola . Resta immobile intere giornate, provvede però da se adeguatamente ai suoi bisogni e si alimenta da se. Sembra che l'atteggiamento speciale si connette al bisogno di appartarsi completamente dal mondo esterno per poter seguire le sue allucinazioni o per lo meno delle rappresentazioni mentali che lo ten gono assorto. Spesso commette degli atti s trani; come quello di mettersi a letto vestito ecc . " .

Si potrebbe continuare così per quasi tutti i 1500 militari ricoverati a Treviso. Ciò che li accomuna è i l terrore che portano dipinto negli occhi , nei loro corpi laceri .

Spesso sobbalzavano dal letto in preda a incubi terrificanti, l'orrore che cercavano di fuggire li inseguiva fin nel letto dell'ospedale, alcuni, in un estremo tentativo di difesa, cercavano di approntare improvvisate trincee con la biancheria e i materassi che riuscivano a recuperare nelle camerate. Il soldato Luigi, ricoverato al S. Artemio nel dicembre del 1915, nei suoi soliloqui (riportati nel diario clinico dai sanitari) riproduceva efficacemente l 'irreale momento dell'assalto: a si nistra ! stenderevi! contro fantter ia ! si avanzi sul fronte! fuoco! pront i ! Savoia! toh ! tososiii!

"Dammi da bere mamma , mamma, s i! ora vengo subi to , subito, thumm! sseccc! bumm! phim! poh! prooh! rrrr! trrr! foco! trumm! trinn! vrumm! battaglione! alt!

Con voce greve, fiera, dignitosa , imitando quella del comandante: v 'l " tva 1 nostro magg10re ......... sparavano e non li vedevo Tutti quanti quelli sono morti quanti ce ne stavano lì, poveri! poveretti! disgraziati ma li vede il colonnello era buono, mi dicev a, bravo ragazzo, si, corri sotto la trincea a raccogliere i feri ti!.. si sentiva (riproduce uno scoppio di un proiettile) di che reggimento è lei? andavo a raccogliere i feri ti e ci sparava no quei barbari, ci gettavano adosso i bengali .. .".

"Valorose itruppe, il compito è stato difficilissimo , ma il vostro valore ha saputo superarlo .... .

I nemici sono fregati, sono fuggiti davanti le nostre baionette!

La distruzione, la morte , il disprezzo per i corpi dei compagni abbandonati lungo i reticolati, erano spesso l'ultima cosa che era rimasta impressa nelle loro menti. I medici cercavano di interrogare il soldato Vincenzo proveniente dal Col di L an a per avere qualche notizia utile per l'anamnesi, ma i loro tentativi dovevano infrangers i contro una realtà che forse neppure loro erano in grado di capire.

"che mestiere fa?

Il soldato Stefano ripeteva con tinuamente le seguenti frasi: 23/8/17

"Non mi amazzate? Non si può passare nel camminamento, é tutto pieno di sangue, tutti pugnali, col pugnale si amazza così, non ho potuto salvare il Ten e nte per- ché mi hanno portato via il fucile, mi fece la lettera, era riiorto nel camminamento , ce l'ho dato, gli diedi pure il revolver"

Dopo un periodo che poteva variare anche di molto da soldato a sol dato , generalmente i medici riusci vano ad avere un qualche tipo di rapporto con i ricoverati. Anzi spesso venivano ritenuti le persone più adatte ad ascoltare le loro tragiche storie, e del resto a chi avrebbero potuto raccontare esperienze che erano oltre ogni capacità cognitiva umana.

I medici furono testimoni di uno dei fattori che forse più di altri incise in profondità le coscienze dei combattenti: la rottura dei confini tra umano e disumano. La guerra aveva spostato il limite dell 'orrore oltre ogni precedente esperienza, que sti uomini si ritrovarono catapultati in una dimensione del tutto nuova a c ui non riuscivano contrapporre nessuna contromisura raz ionale

Il caporale Pietro dopo un'azione a Col Bricon, il 22 maggio 1917, perse conoscenza e venne ricoverato . Raccontava ai medici che era turbato dal fatto che con la sua mitragliatrice aveva compiuto una strage di nemici (ricevette un encomio sole nne per questo) , ricordava anche che una granata uccise un suo compagno vicino "proiettando gli intestini della vittima sopra di lui". Il soldato Luigi , che doveva avere già una certa dimestichezza con la realtà della guerra, dato che aveva partecipato alla campagna di Libia e si trovava, nell'attuale guerra, al fronte dal maggio del 1915, per la precisione sul Monte Nero, venne ricoverato in preda ad un'idea delirante . I medici riportarono nel diario cl i nico i fatti accaduti: " quand'era al campo, andava ad attingere acqua da bere per se e per i compagni, in una buca che era stata scavata da una granata; vi andava di notte; quando una volta si accorse che nel fondo c'era un cadavere che usciva di terra, essendovi mal sotterrato . I compagni in parte ammalarono ." Il.sottotenente Giuseppe in servizio dal giugno 1915, era stato prima su l fronte isontino e poi nel Trentino . Inizialmente scelse di non parlare della sua esperienza con i medici: "il paziente si rifiuta di riferire con impressione di paura e di sgomento", ma alle insistenze dei sanitari si decise a raccontare gli avvenimenti accaduti sul Monte Interrotto. "Riferisce che un proiettile da 305 gli fece scomparire l'amico e 2 soldati. Dell'amico rimase solo il cuore. Dice che ha sempre davanti gli occbi l'amico scomparso e si vede avanti il suo cuore sanguinante."

Non è raro risoontrare poi negli scritti dei soldati una de scrizione delle loro sofferenze di una lucidità sconvolgente, molti di loro seppero cogliere gli aspetti più profondi del disagio che l'uomo manifesta di fronte all'intollerabile. Il sottotenente Natale scriveva alla madre nel settembre del 1916:

" ... sento che mi occorre qualche mese di pace, di solitu dine affettuosa, di cure morali , di dimenticare la mia vita vecchia, affogandomi magari in qualche studi o difficoltoso che mi estranei, assorbendomi. Fisicamente, si, sto bene. Sono anch e ingrassato, suono il piano , ò comprato alcuni libri di studio coi quali passo parecchie ore al giorno. A volte , se bene spesso il dolore dell 'aRima mi dia un estrania- mento indefinibile al corpo, come se le membra si s tacchino l'una dall'altra, ò dei momenti di vigore fisico straordinario, come a quattordici anni. Io non ò il corpo mala to, .non ò bisogno di nulla per curarmelo: ò da sanarmi l'anima ... ".

Benché in modo diverso, ma non per questo meno efficace, il soldato Pasqual e cercava di comunicare ai sanitari, che ne presero nota nel diario clinico , cosa e come si sentiva: "mi arrabbiavo di me stesso, mi vedevo consumare , parlavo d a solo e piangevo", aveva la percezione di sentirsi "distruggere come una candela (e si gu arda le mani scarne)"

Anche i famigliari che, dopo tante preoccupazioni , accogliev ano i loro cari figli a casa erano dei testimoni privilegiati nel testimoniare gli effetti dell a guerra su questi poveri r agazzi. Per molti di loro non era così semp li ce ri prendere la vita di prima, la madre del caporale Carlo scriveva al direttore:

" Ill.mo Sig.

Compio il dovere di informarla dello stato di mio f iglio. Mi duole nel farlo p ercbè non posso nasconderle il mio rammarico nel constatare il deperim ento fisi co de l mio Carlo, men tre nell'ultima s ua m'assicurava del miglioramento tanto fisic o che mentale. Vedo purtroppo ch e a poco o a nulla riman e a fare e ch e devo aspettarmi tra breve la fine di q uel corpo tanto martoriato. Perchè non mi hann o consegnato prima d'or a mi o fig li o o almeno non m 'hanno informata del suo deperimento. Me lo concesse a casa sperando secondo lei che il ritorno desse alla sua mente un benefic io, le devo dire invece che mio figlio per nulla ha p erduto l a m emoria, che ricorda esattamente tutto ed appunto que sto ricordo lo addolora ancor più. Do veva invece procurare curare il corpo dal momento che non la mente ma il dolore lo rende infelice, e no n lasciare che un d eperimento tale s' impadronisse di l ui. Non sò cosa potrò ancora fare per mio figlio, certo è che procurerò ogni cosa per salvarlo. Guai a Lei se do vrò perderlo, per chè su di Le i riverserò tutta la responsabilità . Non sò capire qu ali siano s tate le cure fatte da loro, so solo ch e n e vedo più danno che vantagg io perchè mai mio figlio ebbe a trovarsi in s tato tanto compassionevole. Dell ' altra bi ancheria dev ' essere presso di loro come una cami cia, u n paio mutande lana, due paia cal zetti, una flanella e de i fazzo letti.

Con stima, attendendo ri scontro

Maria F.

S .Giorg io in Brenta 6 Ago sto 917"

La disciplina

Nella cas is tica manicomi ale emerge chiaramente il ruo lo destabilizzante della disciplina mili tare che, n ell 'esercito italiano , rag giu nse livelli di inciviltà senza precedenti. I so ldati sono testimoni di co ntinui soprusi, maltrattame nti di ogni genere, di una totale mancanza di rispett o verso uomini che in fondo non chiedevano altro che poter rivedere per qualche giorno i propri cari, soccorrere le proprie famiglie in difficoltà , correre al capezzale di una madre morente. La ferrea di sciplina imposta da Cadoma non ammetteva nessun spazio di umanità , solo con la più violenta repressione s i poteva mandare avanti qu ella massa di recalcitranti fantaccini. Per loro la patria non aveva nes sun s ig nifi cato, sosteneva padre Gemelli, e l ' unico modo per educarli all'obbedienza era tenere ben in vista il codice militare da una parte e la rivoltella dall'altra. É stato calcolato che nel corso della guerra un soldato su dodici sia stato coinvolto in qualche procedime nto disciplinare. n clima di terrore era tale che il solo pensiero di essere sc operti poteva indurre i soldati a compiere gesti disperati. Seguiamo il caso del soldato Tullio (Castelnuovo di Porto). Venne ricoverato al S. Arternio dopo un tentato suicidio che si verificò in seguito al timore di essere stato scoperto per un suo ferimento volontario. Infatti non vedendosi riconosciuta la sua nevrastenia , ed allo stesso tempo non essendo più in grado di sopportare i di sagi dell a guerra, si procurò delle escoriazioni alla

Anni cinquanta: abbattimento delle recinzioni interne dei reparti al S. A,rtemio (da Amministrazione Pro vinciale di Treviso , Opere nuove cit.).

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