MANUALE SANITARIO PER LA GUERRA CHIMICA

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MINISTERO DELLA GUERRA DIREZIONE GENERALE DI SANITÀ MILITARE

(N. 2642)

MANUALE SANITARIO PER LA GUERRA CHIMICA

ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO

1935 -

ANNO

XIII


$, A . AR'1'1 GRAFICHE PANETTO

&

Pi,·1'JU:Ll, l -

SPoJ.Jno 1935-XIIT .


• INDIGE

INTRODUZIONE

. Pag.

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PARTE I L'offesa chimica .

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I. - Classificazione delle sostanze aggressive

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CAP. II. - I mezzi d'impiego - Le concallse dell'aggressione chimica .

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CAP.

PARTE II Patologia e clinica dei colpiti da aggressivi chimici CAP,

I. - Patogenesi

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CAP.

II. - J soffocanti

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26

Fosgene - Cloro - Cloropicrina - Cloroformia li di metile clorurati - Chetoni bromati a) b) e) d) e) /)

Cenni di anatomia patologica Sintomatologia Complicanze e decorso Postumi Diagnosi e prognosi . Pronto soccorso e cura .

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26 29 37 38

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39

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-6CAP.

III. - I vescicatori

Pag.

Iprite - Lewisite a) Cenni di anatomia patologica . b) Sintomatologia c) Complicanze e· decorso d) Postumi e) Diagnosi e prognosi . f) Bonifica, pronto soccorso e cura CAP.

IV. - Gli irritanti . a) Lacrimogeni - Cianuro di bromobenzile - Cloroacetofenone - bromoacetone - Trielina nitrata - Cloropicrina b) Starnutatori - Difenilclorarsinà ·- Difenilcianarsina - Difenilamminoclorarsina "- Etildiclorarsina a) Cenni di anatomia patologica b) Sintomatologia c) Diagnosi e ·prognosi . d)_ Terapia

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46 49 53 54 54 56

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CAP. V. - I tossici

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Acido cianidrico - Ossido di carbonio - Idrogeno arsenicale

))

69

a) Cenni di anatomia patologica

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b) Sintomatologia c) Diagnosi e prognosi . d) Terapia

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PARTE III La difesa antigas CAP.

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I. - La protezione umana .

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A) Protezione individuale

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- ,

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1. - La maschera antigas campale - Territoriale - P er popolazione civile - Bonifica - Disinfestazione e disinfezione Pag. 2. - Gli autoprotettori . » 3. - Gli indumenti protettivi •

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88 90

B) Protezione collettiva .

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1. - Ricoveri ermetici 2. - Ricoveri filtranti

,. »

92 93

CAP. II. - Protezione degli animali

,.

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III. - Protezione degli alimenti

»

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CAP.

PARTE IV Il servizio sanitario In guerra chimica

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INTRODUZIONE

L'impiego dell'arma chimica nell'ultima guerra suscitò nel mondo sorpresa ed indignazione perchè inaspettato; esso è ancor oggi argomento di dibattito per ciò che riguarda il suo umanitarismo e gli eventuali aspetti che potrà assumere nei conflitti futuri. Nella quadriennale esperienza che se ne fece, questo genere di offesa dimostrò di possedere una tale somma di possibilità tattico-strategiche che, se verranno convenientemente risoluti i molteplici e complessi problemi tecnici che impose e non vi si opporranno ragioni etiche, non sembra azzardato pensare alla eventualità che esso ' assuma maggiore sviluppo nelle guerre future. L'offesa chim,ica come fu realizzata nell'ultima guerra è da considerare come la prima e metodica applicazione sperimentale di idee e di tentativi risalenti alla più remota antichità e che maturarono e vennero perfezionati successivamente nel tempo, in relazione ai progressi della chimica e dell'arte militare. Episodico nei tempi passati, il suo impiego ha acquistato forma ben precisa nel dominio dell'arte bellica accanto agli altri strumenti di guerra; conseguentemente nuovi e difficili còmpiti sono stati imposti al servizio sanitario, in quanto la guerra chimica, nell'offesa e nella difesa, ha aspetto fondamentalmente biologico. Ne consegue la necessità deJia preparazione di persone e di cose, la quale, per quanto concerne il servizio sanitario, acquista capitale importanza.


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Il medico militare in materia di guerra chimica ha un duplice còmpito da assolvere: uno professionale, in quanto è terapia e provvidenza medico-legale; l'altro logistico, in quanto è opera di affiancamento nella preparazione dei mezzi per la difesa chimica. Per l'uno e per l'altro còmpito, egli deve prepararsi fin dal tempo di pace, integrando la sua cultura con lo studio di questa nuova e speciale branca.


PARTE PRIMA L'OFFESA CHIMICA CAPITOLO I.

Classificazione delle sostanze aggressive. Sotto la denominazione di aggressivi chimici (gas di combattimento, gas asfissianti; gas de combat dei francesi; War gases degli inglesi; Kampfags qei tedeschi), vengono compresi tutti quei composti chimici di impiego bellico, i quali hanno la proprietà di agire sull'organismo umano o animale inducendo alterazioni tali da produrre la morte, o creare, nell'uomo, una invalidità per un teiµpo più o meno lungo. Quindi le sostanze chimiche di guerra rappresentano, dal punto di vista militare, un nuovo mezzo vulnerante e costituiscono l'arma chimica, mentre, dal punto di vista sanitario, esse si debbono considerare quali agenti etiologici di processi patologici, in quanto inducono nel1' organismo stati morbosi più o meno gravi, che si debbono combattere sia con la profilassi (protezione, difesa), sia con la · terapia. · Non tutte le sostanze tossiche si prestano ad essere impiegate in guerra come aggressivo; una grande limitazione a questo impiego è imposta da diversi e importanti requisiti, cui un buon aggressivo di guerra deve soddisfare. I principali requisiti sono: 1° Produrre sull'organismo azioni fisio-patologiche notevolmente energiche.


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20 Avere allo stato di gas, di fumo o di vapore una densità superiore a quella dell'aria. 3° Reagire difficilmente coll'acqua, coll'umidità dell'aria e del terreno e non essere ossidabili dall'ossigeno atmosferico. 4° Essere di facile preparazione, non molto costosi e relativamente facili a maneggiarsi (per poterne riempire recipienti, proietti, bombe, ecc. senza eccessivo pericolo). 5° Essere preparati con materie prime di produzione nazionale, o comunque facilmente procurabili anche in tempo di gue1Ta, senza interferire troppo con altre esigenze belliche (fabbricazione di esplosivi, ecc.). Durante l'ultima guerra, dai diversi eserciti beJligeranti, furono impiegate una cinquantina circa di sostanze; ma molte di esse, non avendo corrisposto all'aspettativa, vennero abbandonate; finchè, in ultimo, solo una dozzina trovò largo e comune impiego; una, la lewisite, non fece in tempo ad uscire dal laboratorio per il sopraggiungere dell'armistizio. Le sostanze impiegate come aggressivi chimici erano già conosciute ed alcune usate in opere d1 pace; esse furono adoperate isolatamente oppure in miscele. Sono dotati di potere aggressivo anche alcuni prodotti gassosi derivanti dallo scoppio di cariche esplosive, specie in ambienti chiusi (vapori nitrosi, ossido di carbonio). Altre sostanze, nebbiogene e fumogene, adoperate a scopo essenzialmente tattico, possono avere azione irritante. Gli aggressivi possono essere variamente raggruppali a seconda che si considerino dal punto di vista della loro costituzione chimica o dello stato fisico, dell'impiego tattico o dell'azione biologica. Secondo la costituzione chimica le sostanze aggressive possono appartenere ad uno CLASSIFICAZIONE CHIMICA. -


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dei seguenti gruppi principali: alogeni e loro derivati, aldeidi, composti cianici, tiocomposti, composti arsenicali. CLASSIFICAZIONE FISICA. - Lo stato fisico degli aggressivi a 15° di temperatura ed a pressione barometrica normale può essere: gassoso (cloro, fosgene, ecc.), liquido (iprite, cloropicrina, lewisite, ecc.) o solido (difenilcloroarsina, difenilcianarsina, cloracetofenone, ecc.) . All'atto dell'impiego gli aggressivi assumono tutti lo stato di gas, di vapori, cli nebbie o di fumi. CLASSIFICAZIONE TATTICA. - Secondo l' impiego tattico si distinguono in: fugaci (ad es. fosgene), semipersistenti (es. la lewisite e la cloropicrina), e persistenti (es. l'iprite). Le caratteristiche di fugacità o di persistenza sono in relazione, oltre che con Je proprietà fisico-chimiche delle varie sostanze, anche con le condizioni metereologiche dominanti al momento dell'impiego, e con i fattori topografici (1). CLASSIFICAZIONE .BIOLOGICA. - La classificazione degli aggressivi a seconda della loro azione biologica è quella che più interessa ai fini del presente Manuale. È questa una classificazione non perfetta, potendo i vari aggressivi produrre azioni differenti secondo la loro concentrazione e il tempo di esposizione. Perciò i raggruppamenti che si fondano sulle manifestazioni fisio-patologiche hanno prevalente valore di orientamento. Una classificazione generalmente accettata è la seguente:

°

1 Soflocanti od ·asfissianti propriamq.nte detti.

2° Vescicatori. ( l) Pel' maggiOl'i 11olizie cfr. l' Istr11zione sulla difesa contro gli agyr<tS,$ivi chimici.


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30 Irritanti o tormentanti distinti in: a) lacrimogeni; b) starnutatori. 4° Tossici ad azi.one generale.

1° Soffocanti. A tale gruppo appartengono quelli aggressivi la cui azione prevalente si esercita sull'apparato respiratorio. I principali soffocanti adoperati in guena furono il cloro, il fosgene, la cloropicrina, i chetoni bi-ornati, il· difosgene (cloroformiato di metile triclorurato); le miscele di cloro e fosgene., di cloro e cloropicrina, di fosgene e cloropicrina, di fosgene e cloruro d'arsenico, di fosgene e cloruro stannico. In questo gruppo possono rientrare anche i vapori nitrosi e quelli di anidride solforica e di anidride solforosa, che hanno dat o talvolta luogo, durante la guerra, a gravi intossicazioni accidentali. 2° Vescicatori. A tale gruppo appartengono sostanze la cui azione . prevalente consiste nella produzione di lesioni della cute e delle mucose (eritemi, vesciche, necrosi). Hanno azione vescicatoria sopratutto l'iprite e la lewisite. 3° Irritanti. Sono sostanze che esercitano un'azione irritante sulle mucose; e, a seconda che questa azione è più spiccata sulla congiuntiva o sulla mucosa del naso, assumono denominazioni diverse, cioè di la.crimogeni e di starnutatori. Le lesioni prodotte da questi aggressivi alle concentrazioni campali sono, in genere, di lieve entità e passeggere.


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a) Lacrimogeni. Numerose sono le sostanze che esplicano un'azione irritante sulle congiuntive: fra esse ricorderemo il cianuro di bromobenzile, il cloracetofenone, il bromoacetone; anche la trielina nitrata e la cloropicrina hanno sensibile azione lacrimogena. b) Starnutatori. Furono così chiamati perchè, tra i fenomeni pm importanti, provocano un forte stato irritativo della mucosa nasale e la produzione di starnuti; à concentrazione più alta producono costrizione alla gola, dolore retrosternale, nause-a e vomito per cui dagli inglesi vennero designati anche con la denominazione di vomitivi. A concentrazioni elevate, alcuni risultano soffocanti. Alcune di tali sostanze sono dotate di una certa azione vescicatoria; possono inoltre produrre intosskazioni arsenicali. A tale gruppo appartengono le arsine organiche (es. difenilcloroarsina, difenilcianarsina, difenilamminoclòroarsina, etildicloroarsina, ecc.). 4° Tossici ad azione generale.

Sono sostanze che non hanno azione irritante cutaneomucosa, ma agiscono su qualche importante centro o funzione dell'organismo producendo avvelenamenti che in genere rivestono carattere di gravità. Finora hanno trovato scarso impiego aggressivo, per la loro elevata diffusibilità; tra quelle impiegate in combattimento notiamo l'acido cianidrico e l'idrogeno arsenicale. Al gruppo appartiene anche l'ossido di carbonio, prodotto dalla decomposizione esplosiva delle polveri. La classificazione fisio-patologica, testè riportata, è quella che meglio oggi risponde a criteri prat ici. Come si


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è già accennato, le divisioni fra i vari gruppi non sono affatto nette: alcune sostanze possono essere incluse in più di un gruppo. P erciò, quando si dice che una sostanza è soffocante, si deve intendere che alle concentrazioni alle quali normalmente venne impiegata in combattimento, l'azione soffocante predomina sulle altre. Così, quando si parla di irritanti, si intende dire che la prima e la più vistosa azione che questi aggressivi producono è quella irritante; ma col crescere della concentrazione o del tempo di esposizione, l'azione irritante si estende anche alle vie respiratorie e finisce per diventare soffocante. Inoltre, se un irritante viene applicato sulla pelle per un certo tempo, può produrre anche un'azione caustica. Anche i vescicatori, allo stato di vapore, possono essere irritanti e soffocanti.


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CA,PITOLO II.

I mezzi d'impiego - Le concause dell'aggressione chimica.

I MEZZI D'IMPIEGO. - Durante la guerra,. per trasportare le sostanze aggressive sul nemico, vennero adottati i seguenti mezzi: bombole o cilindri, bombe, proiettili d'artiglieria, candele fumogene. La fine della guerra vide molto sviluppato l'impiego dei proiettili chimici che erano contrassegnati da una croce di colore diverso a seconda del contenuto. Così la croce verde indicava) soffocanti, la croce azzurra gli irritanti, · la croce gialla l'iprite e anche la etildicloroarsina (croce gialla 1), la croce bianca i lacrimogeni. È prevedibile che nella eventualità di un futuro conflitto, oltre all'artiglieria, sarà largamente impiegata, ai fini della guerra chimica, l'aviazione. Anche la irrorazione diretta del terreno, sopratutto con aggressivi persistenti, pot rà essere usata. Nelle intossicazioni da aggressivi chimici sono da considerare come concause tutte quelle condizioni che ne favoriscono od aggravano lo ·Sviluppo. È ovvio che ogni individuo, se non è convenientemente protetto, è suscettibile di essere colpito da gas in modo più o meno grave secondo il grado della concentrazione tòssica, il tempo di esposizione, nonchè il grado di sensibilità individuale. Per quanto riguarda quest'ultima condizione, è stato notato che le reazioni organiche agli aggressivi chimici variano negli uomini e negli animali secondo la specie e le differenti costituzioni somatiche. LE CONCAUSE DELL'AGGRESSIONE CH IMICA. -

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Difficile a determinare è la sensibilità umana agli aggressivi. Nel grave infortunio d'Amburgo (1928) avvenuto per lo scoppio di un deposito di fosgene, Hegler rilevò una maggiore sensibilità nei biondi e quindi fenomeni più gravi in questi che nei bruni. Dionisi, nella nostra zona di guerra, avrebbe riscontrato lesioni più gravi in individui con stato linfatico, timo grosso e preesistenti localizzazioni tubercolari nei polmoni. ' Vi sono poi altre ·condizioni che influiscono sfavorevolmente sul decorso dell'intossicazione. Esse sono frequenti a riscontrarsi riunite in guerra; basterà appena accennare alla demoralizzazione; alla minorazione delle condizioni fisiche dovuta alla privazione di sonno, alla fatica, all'alimentazione insufficiente od incongrua, alla perfrigerazione, alle event uali malattie preesistenti. Tutte queste condizioni gravano per lo meno sulla prognosi delle intossicazioni, poichè mettono l'individuo in stato d'inferiòrità reazionale. Qualcuna di esse, ·1a fatica muscolare per esempio, non ha soltanto valore di causa coadiuvante, ma può anche agire, come avviene per il fosgene e per i soffocanti in genere, determinando crisi gravissime o rapidamente mortali. · Particolare importanza come concausa nelle intossicaz.ioni da aggressivi chimici ha avuto durante la guerra la deficienza di disciplina antigas, che può riassumersi nei s~guenti punti: scarse conoscenze da parte degli ufficiali e della truppa sull'impiego dei mezzi di protezione, mancanza di allenamento all'uso prolungato della maschera; insufficiente protezione antigas offerta dai ricoveri e dagli stabilimenti sanitari di prima linea.


PARTE SECONDA PATOLOGIA E CLINICA DEI COLPITI DA AGGRESSIVI CHIMICI CAPITOLO I.

Patogenesi. 1. -

RELAZIONE FRA COSTIT UZION E CHIMICA E A ZION E

Lo studio dei rapporti fra la struttura chimica di una sostanza e la sua azione aggressiva ha condotto ad interessanti rilievi, ma i result ati finora ottenuti non consentono di derivarne leggi di carattere generaJe. Si può affermare che le proprietà aggressive di una sostanza non dipendono solo dalla presenza di speciali gruppi nella molecola, ma anche dal posto che essi occupano nell'edificio molecolare. La presenza di questi speciali gruppi o la loro posizione nella molecola, modificano le proprietà fisico-chimiche dei vari aggressivi e di conseguenza ne modificano anche l'azione fisio-patologica. Infatti, un composto perchè possa avere una qualsiasi azione sull'organismo deve potersi fissare sulle cellule dei tessuti viventi, magari anche non stabilmente. A tale scopo concorrono la solubilità della sostanza e la facilltà di diffondersi nei tessuti e nei liquidi organici, ciò che nel suo insieme costituisce l'azione elettiva di un veleno. · Per chiarire con qualche esempio il rapporto fra costiBIOLOGICA. -


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20 -

tuzione chimica e . azione fisio-patologica si dirà che è oggi accertato·· che il potere lacrimogeno d~i composti alogenati aumenta con l'aumentare del peso atomico dell'alogeno che contengono._ L'azione tossica, invece, risulta inversamente proporzionale al peso atomico dell'alogeno. La presenza di un solo atomo di alogeno conferisce ai composti un'azione prevalentemente lacrimogena; l'aumento del numero di atomi di alogen<;> attenua tale azione ed esalta quella soffocante. La presenza dell'atomo di solfo, e ancor più quella dell'atomo di arsenico, è sufficiente di per sè stessa per dare ad un composto carattere di tossicità. La misura della tossicità viene in genere eseguita su animali di piccola e media taglia (cavie, conigli, cani, ecc.). Viene cosi stabilita la quantità minima di sostanza tossica e la concentrazione minima nell'aria capace di produrre la morte. Il Mayer, in Francia, determinò la dose tossica per ogni aggressivo in base alla quantità di sostanza vaporizzata in un metro cubo di ambiente, necessaria a produrre nelle 24 ore la morte dell'animale, dopo mezz'ora di esposiiione nell'atmosfera intossicata. · I tedeschi misurano invece la tossicità degli aggressivi mediante la formula di Haber, che è la seguente: CX[ =

W

dove e indica la concentrazione in milligrammi per metro . cubo d'aria di un determinato aggressivo; t il tempo di esposizione, in minuti, necessario per produrre un de.terminato effetto tossico, che in genere è la morte dell'animale; W il cosidetto indice di tossicità Haber, che si mantiene, entro certi limiti, costante anche quando variano in proporzione inversa la concentrazione ed il tempo di esposizione..


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-

Perchè la formula di Haber meglio risponda in pratica bisogna introdurre in essa un fattore e che deve essere sottratto dalla concentrazione e che chiamasi fattore di svelenamento di Flury. La . formula di Haber, così .modificata risulta: (e- e) x t = W. Con le suddette formule si rileva come il valore dell'indice di tossicità stia in ragione inversa della tossicità propria dell'aggressivo; così ad un numero indice di tossicità basso corrisponde una tossicità elevata e viceversa. I dati seguenti sono gli indici di tossicità riportati dalla letteratura per- alcuni dei pr!ncipali aggressivi: Fosgene . . mmg. 450 Cloroformiato di triclorometile (disfogene) ,1 500 Iprite » 1500 Cloropicrina » 2000 >> 4000 Bromoacetone Bromuro di x.ilile » 6000 ,1 7500 Cloro Un metodo più completo per la ricerca del potere aggressivo di una sostanza è quello, derivato dal Lindemann, che considera i seguenti elementi: dose della sensibilità fìsiologiça; dose della sensibilità patologica; dose di insopportabilità; dose quasi mortale; dose minima di mortalità assoluta; azione caustica-vescicatoria. Per alcuni fra i più importanti lacrimogeni, la letteratura dà i seguenti valori come limite infariore di irritazione, (concentrazione in nig. per ma d'aria capace di determinare la lacrimazione dell'occhio dell'uomo): Cloracetofenone Cianuro di bromobenzile . Bromoacetone

mg. ». »

0,3 0,3 1,5


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Bromuro di xilile . Bromuro di benzile Cloropicrina

mg.

1,8

))

4

))

19

Per alcuni starnutatori il limite inferiore di irritazione, cioè la concentrazione in mg. per m 3 d'aria capace di' dare fatti irritativi sulla mucosa del naso e della gola, è, secondo la letteratura, la seguente: Difenilclorarsina Difenilcianarsina

mg. »

0,1 0,1

La dose di insopportabilità è rappresentata dalla più bassa concentrazione che l'uomo non può sopportare per più di un minuto. · Tale dose per alcuni tra i principali irritanti (lacrimogeni, starnutatori) è, per m 3 di aria, la seguente (secondo la letteratura): Difenilcianarsina Difenilclorarsina Difenilamminoclorarsina Cloracetofenone . Bromuro di xilile Bromoacetone Cianuro di bromobenzile Acroleina Cloropicrina Bromuro di benz.ile

mg. )) )) )) ))

0,25 1 0,4 4,5 15

))

10

))

30

))

50

))

50

))

60

2. - CENNI DI PATOLOGIA. DEGLI AGGRES.S IVI. - L'azione biologica degli aggressivi è spesso complessa e in rapporto con vari fattori, quali, ad es., le proprietà fisico-chimiche di ogni sostanza e la reazione dei tessuti e degli umori con cui essa viene a contatto attraverso la superficie di applicazione.


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A) I soffocanti agiscono in prevalenza sulle vie respiratorie. In alt e concentrazioni essi possono determinare la morte im,mediata, o per azione riflessa inibitoria o per edema polmonare acutissimo. Con concentrazioni meno elevate, dopo un momentaneo arresto del respiro per azione riflessa, l'aggressivo, superata la barriera del laringe, passa nella trachea, nei bronchi e nei polmoni, dove determina lesioni della mucosa, con:,istenti in uno stato congestizio o in necrosi delle cellule. Si ha produzione di edema polmonare acuto. L'edema ostacola gli scambi respiratori e determina il blocco degli alveoli. Le turbate condizioni dell'apparato respiratorio si riflettono suJla circolazione, provocando ispessimento del sangu è, dilatazione e stanchezza del cuore. Tra gli aggressivi sofiocanti esiste grande analogia di azione, tuttavia vi sono fra di essi alcune differenze. Cosi, mentre il meccanismo d'azione del fosgene è da ricercare essenzialmente nell'edema polmonare, il cloro è sopratutto irritante delle vie respiratorie superiori e produce stenosi e ostruzione bronchiale, edema ed enfisema. La cloropicrina è un forte irritante delle mucose e oltre a determinare un cospicuo edema, esercita anche azione tossica generale. I vapori nitrosi, che possono svilupparsi in .seguito alla combustione degli esplosivi, h anno azione simile ai soffocanti ed anche effetti tossici, determinando nel sangue la comparsa di metaemoglobina. B) I vescicatori sia allo stato liquido che di vapore producono un'azione locale di contatto ed un'azione generale tossica da riassorbimento. L'azione locale si manifesta sugli occhi (congiuntivite, ulceri corneali), sulla pelle (eritema, flittene, escare necrotiche), sulle mucose (necrosi, ulcerazioni, form azione di pseudomembrane). L'azione da riassorbimento interessa tutti i più importanti


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organi ed apparati e si riflette anche sullo stato gener~le del colpito, producendo dimagramento e anemizzazione progressivi. L'iplite presenta la caratteristica di una azione ritardata; il periodo di latenza delle manifestazioni è variabile da due a circa dodici ore, a seconda ·aella concentrazione che ha agito, ed anche in rapporto alla sensibilità individuale, che può presentare differenze notevoli fra un soggetto e l'altro. Il meccanismo d'azione dell'iprite non è ancora ben determinato; fra le varie teorie è oggi in fa- , vore quella che attribuisce il potere aggressivo alla intera molecola. L a lewisite esercita un'azione locale più precoce della iprite, ma meno grave e che evolve più rapidamente verso la guarigione: L'azione tossica generale può essere notevole, per assorbimento dell'arsenico. · C) Fra gli aggressivi irritanti, i lacrimogeni determinano, generalmente, secrezione lacrimale accompagnata da iperemia delle congiuntive e blefarospasmo. A conc~nt razioni elevate o per lunghe, esposizioni si possono avere necrosi congiuntivali e corneali, ed effetti anche sulle vie respiratorie, simili a quelli dei soffocanti. ' Gli starnutatori irritano la mucosa nasale, p rovocando come riflesso di difesa una starnutazione insistente. Concentrazioni piil elevate determinano nausea e vomito. Le alte dosi provocano anche fenomeni a carico delle vie respiratorie, simili a quelle prodotte dai soffocanti, ed anche fatti di avvelenamento da arsenico. Qualche arsina (specialmente la etildicloroarsina) possiede anche potere caustico-vescicatorio. D) Fra i tossici, l'ossido di carbonio esercita un'azione caratteristica sul sangue, legandosi con l' emoglobina (carbossiemoglobina) con una affinità che è circa duecento volte maggiore di quella dell'ossigeno. Oltre alla produ-


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zione di asfissia per difetto di respirazione interna, oggi si tende ad ammettere che l'ossido di carbonio possa fissarsi .al protoplasma della cellula nervosa. Esso determina anche alterazioni delle pareti vasali, con emorragie molteplici e puntiformi, specie nel sistema nervoso centrale. L'acido cianidrico è un tossico del sistema nervoso. Esso inibisce i processi ossidatìvi, cioè la respirazione interna dei tessuti i quali diventano incapaci di assumere l'ossigeno circolante, anche quando questo si trova nel sangue in quantità sufficiente. I centri nervosi reagiscono dapprima con sintomi di eccitazione, seguiti da una fase depressiva. La morte avviene per paralisi dei centri respiratori e del cuore. In deboli concentrazioni l'acido cianidrico ha scarso effetto, perchè ne avviene contemporaneamente la eliminazione. L'azione dell'idrogeno arsenicale consiste in una distruzione delle emazie, con consecutiva emolisi e con gravi alterazioni renali.


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26-

CAPITOLO II. I soffocanti. Fra le sostanze chimiche più comunemente usate durante la guerra come soffocanti si notq.no: Fosgene (Ossicloruro di carbonio COCI2). A temperatura e pressione ordinaria è un gas incoloro, di odore sui generis che ricorda quello delle foglie marcie. Cloro (Cl2). Nelle ordinarie condizioni di temperatura e pressione è un gas giallo-verdastro, di odore caratteristico. Cloropicrina (Tricloronitrometano CCI3 N02). Liquido incoloro di odore pungentissimo. Cloroformiati di metile clorurati. Il più importante è il triclorurato o difosgene (ClCOOCCI3), liquido nelle ordinarie condizioni di temperatura e pressione. Chetoni bromati. Il più importante è il bromoacetone (Br CH2 COCH3). A temperatura e pressione ordinaria, è un liquido giallastre. Cenni di anatomia patologica. FOSGENE. - Le -lesioni osservate variano secondo che la morte avvenne fulmineamente o nelle prime 24-48 ore od a più lunga scaden~a. Nei casi di morte fulminea, o non si riscontrano lesioni evidenti (sincope dì natura riflessa), o invece si riscontra edema polmonare, che ha la stessa costituzione patogenetica ed anatomica degli altri casi. Quando la morte è avvenuta entro le prime 48 ore,


- '27ciò che rappresenta il tipo più comune dell'avvelenamento, si notano i fatti seguenti: Dalla bocca e dal naso fluisce del liquido schiumoso, talvolta sanguinolento. Le alterazioni post-mortali sono rapide. Apparato respiratorio. La mucosa laringo-tracheo-bronchiale è arrossata, ma in modo quasi insignificante: nel lume di questo tratto respiratorio può riscontrarsi del liquiào schiumoso, gialliccio o tinto di sangue. Il polmone è aumentato di volume e di peso. Si presenta variegato e di colorito purpureo, con qualche petecchia sub-pleurica. Si notano aree di enfisema. Alla superficie di taglio si osserva aspetto variegato e fuoriuscita abbondante di siero schiumoso. Vi può essere modico versamento pleurico.· Apparato circolatorio. Si nota stasi venosa più o meno generalizzata, con presenza di trombi o di emboli. Vi è dilatazion~ cardiaca prevalente nella sezione destra del cuore; spesso si riscontrano emorragie sotto-endocardiche; talvolta aumento del liquido pericardico. Organi addominali. Si rileva congestione passiva del fegato e della milza. Rene. Talvolta la cap~ula è brunastra come nella malaria. In genere i reni si presentano congesti. Sistema nervoso. È costante la congestione meningoencefalica, talvolta con piccole emorragie, prevalenti ~ella sostanza grigia. All'esame microscopico, le lesioni più importanti si riscontrano nel sistema bronchiolo-alveolare, il tratto supe. riore respiratorio risultando poco colpito. Gli alveoli appaiono qua e là enfiseiftatici, o ripieni di edema, o atelettasici ed in qualche punto anche norm;ili. L'essudato endo-alveolare è sieroso, di aspetto in genere granuloso, o contenente epitelio desquamato, emazie, leucociti. Vi è infiltrazione, con presenza di mono e pòlinu-


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cleati della parete dei piccoli bronchi, dei bronchioli e dei setti alveolari. I capillari e le piccole vene endo-polmonari sono dilatati e tortuosi e contengono endotelio sfaldato; nelle pareti di essi ed in quelle delle arterie e delle vene più grandi vi è edema, stasi sanguigna con presenza di trombi. L'esame istochimico può far rilevare la presenza di ematina. Le lesioni istologiche degli altri organi sono da attribuire in gran parte alle primitive lesioni polmonari e successive lesioni cardio-vasali. Nella milza si osservano dilatazione dei seni ed accumuli a chiazze di eritrociti. Nel fegato si hanno dilat azione veno.s a e talvolta fatti di degenerazione grassa. Nei renf in genere si osserva dilatazione dei capillarj; possono anche verificarsi le lesioni proprie della nefrite parenchimatosa acuta. , Nèi surreni si notano fatti di congestione passiva ~ di degenerazione grassa. Nel siste:µia nervoso si hanno fatti di irritazione primaria di Nissl nelle cellule gangliari, aumento del protoplasma e dei prolungamenti della glia; congestione ed emorragie capillari con ingrandimento delle cellule dell'endotelio vasale. • Nei casi in cui il decesso si è avuto oltrè le 48 ore dall'intossicazione, si possono riscontrare i seguenti fatti: persistenza dell'iperemia con ispessiment_o avventiziale e del1' epitelio alveolare che si presenta come retratto, con centro vuoto o ripie!Ji di cellule rotonde che dànno la reazione dell'emosiderina e del grasso, o di residui cellulari, .che dànno la reazione amiloidea. Si ha formazione di trombi nel cuore e nei vasi dei vari organi. Freq_uenti sono i fatti di bronco-polmonite batterica o di altre lesioni flogistiche-


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necrotiche dell'apparato respiratorio (bronchite, bronchiolite obliterante, bronchiettasie, ascessi, cancrena, ecc.). CLORO. ·- Le lesioni sono molto simili a quelle provocate dal fosgene, solo che causano una maggiore irritazione ed infiammazione delle prime vie . aeree. Non manca quasi mai l'enfisema sottocutaneo, prevalentemente cervicale. CLOROPICRINA. ~ Le lesioni sono nello stesso tempo simili a quelle provocate dal clo~o e dal fosgene. CLOROFORMIATI DI METILE CLORURATI. - In concentrazione letale il cloroformiato di metile triclorurato (difosgene) produce rapidamente intensissima congestione ed edema polmonare, con enfisema, atelettasia e necrosi dell'epitelio dei bronchioli. VAPORI NITROSt. - Possono produrre la. morte in poche ore per edema polmonare, che, dal punto di vista anatomopatologico, è molto simile a quello determinato dal fosgene. Sintomatologia.

FosGENE. - Nell'intossicazione da fosgene si possono avere i seguenti quadri clinici: a) forme gravissime, fulminanti; b) forme gravi; e) forme lievi. Naturalmente queste forme non sono che. tre aspetti più importanti, intorno a cui possono raggrupparsi i numerosi e vari gradi dell'intossicazione. • a) Forme gravissime, fulminanti. Esiste una forma fulminante piuttosto rara, nella quale


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la morte si ha in pochi minuti, ed è quella che si verifica in individui che si trovano esposti di sorpresa all'azione del fosgene in fortissima concentrazione, essendo privi di qualsiasi mezzo di difesa. Il colpito ha appena il tempo di eseguire qualche movimento disordinato prima di cadere a terra. Esso presenta fuoriuscita di liquido schiumoso dalla bocca e dalle narici, indice dell'edema polmonare determinatosi in modo acutissimo. Più raramente la morte in tal caso sembra sia dovuta ad una inibizione riflessa sui centri respiratori e cjrcolatori (sincope) o, secondo alcuni, ad una insufficienza· surrenale acuta. b) Forme gravi. Sono le più frequenti e trovano fa loro base anatomica nelle caratteristiche lesioni del sistema bronchiolo-alveolare, e nelle conseguenti alterazioni tossi,..meccaniéhe del1' apparato cardio-vasale. Nella loro evoluzione si possono distinguere tre periodi successivi: periodo iniziale od irritativo; periodo di remis-

· sione; periodo- di stato od asfittico. Il periodo iniziale o irritativo è caratterizzato da arresto immediato del respiro, senso di costrizione e di bruciore alla gola ed al torace, dolore retrosternale, stato di angoscia. · Tali sensazioni spingono il colpito a sbarazzarsi istintivamente di tutto ciò che lo costringe al collo ed al tronco. Talvolta il paziente ha dolori epigastrici e vomito. Si manifesta contemporaneamente astenia profonda. In altri casi, se il colpito è un alcoolista, si hanno f enomeni di sovreccitazione e stato delirante. • Vi è tosse stizzosa, spasmodica, estremamente penosa. Spesso esistono segni di irritazione oculare (bruciore ed arrossamento congiuntivale, lacrimazione),


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Alcune volte il periodo irritativo può passare quasi inosservato, specie se l'aggressivo ha agito in concentrazione non elevata e quando il fosgene non è mescolato con altri soffocanti. In questi casi si avverte solo una passeggera costrizione alla gola, accompagnata da stimolo di tosse; ma tutto scompare appena il soggetto viene portato in ambiente non intossicato. Nel periodo di remissione, che _può anche mancare, l'edema polmonare è in via di formazione. Quando il paziente è stato sottratto all'azione dell'aggressivo soffocante e portato in ambiente puro, tale periodo può durare da ·qualche ora a 48 circa. Vi è una tregua nelle manifestazioni morbose. Lo stato angoscioso e la tosse cessano; non residua che nn certo grado di astenia ed una sensazione dolorosa localizzata a livello dell'inserzione del diaframma o nella n~gione retrosternale, che si desta negli atti del respiro. Non si rilevano in genere fatti obbiettivi apprezzabili a carico dei vari apparati ed organi. Tutto ciò può trarre in inganno il gassato ed il medico. L'esperienza bellica ha infatti dimostrato che una piccola causa quale un raffreddamento corporeo, uno sforzo fisico od anche l'ìngestione di c;bi, basta ·per indurre in questi individui, in stato di apparente benessere, fenomeni gravissimi di asfissia acuta per edema polmonare. Il periodo di stato o asfittico corrisponde di massima all'edema polmonare conclamato. Si aggrava l'astenia già manifestatasi nel periodo irritativo. L'aspetto del malato è triste, apatico. Vi è dispn~a più o meno intensa. Talvolta si manifesta cefalea. Il paziente è dapprima irrequieto, agitato, in cerca di aria. In uno stadio più avanzato può sopraggiungere sonnolenza, che presto può trasformarsi in coma. La faccia è pallida oppure cianotica (cianosi pallida o


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cianosi bleu). Pu·ò fuoruscire schiuma sanguinolenta dalla . bocca e dalle narici. Il decubito preferito è l'ortopnoico. Le estremità sono fredde e coperte di sudore. Il polso ed il respiro sono frequenti; gli atti respiratori possono raggiungere sino a 40-60 a minuto. La temperatura raramente resta normale. In genere vi è febbre più o meno elevata; in alcuni casi la temperatura sale a 38° il primo giorno e discende a 37° il terzo giorno; in l'!ltri casi essa oscilla fra 38° e 40° per due o tre giorni, per cadere quindi in 5a e 8a giornata. Se la febbre persiste, si deve pensare a complicanze microbiche a carico dell'apparato respiratorio. · L'esame dei vari apparati ed organi 5n questo periodo dà i seguenti risultati: · Apparato respiratorio. Quando esiste la tosse, come avviene nel maggior numero delle volte, è stizzosa, spa• smodica, penosissima; quand9 manca, si può vederla apparire quando il malato tenta di parlare o fare un qualsiasi sforzo o si sottopone a cause perfrigeranti. I fenomeni fisici sono più o meno ·complessi e variano a seconda che si è di fronte ai segni primari dell'intossicaziòne od invece a quelli dati dalle complicanze secondarie flogistiche e microbiche. Nel primo caso possiamo avere i segni isolati od associati della congestione polmonare e dell'edema polmonare. La congestione .polmonare, in genere, precede ed accompagna l'eden:ia, mentre, nei casi lievi, può essere l'unica espressione dell'avvenuta intossicazione. Si rileva clinicamente in certe zone con riduzione più o meno notevole della sonorità, soffio bronchiale e rantoli fini, crepitanti. La congestione può · osservarsi a tappe successive, per le quali si ha in poche ore comparsa di focolai vari in punti diversi. Può essere accompagnata da elevazione più o meno notevole della temperatura.


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. L'e~ettorato in genere contiene del sangue. L'eàema polmonare è il complesso sintomatico più importante nelle intossicazioni da asfissianti in genere e da fosgene in ispecie. Esso, latente nel periodo di remissione, . si riconosce facilmente quando è conclamato. All'ispezione si notano diminuzione dell'ampiezza respiratoria, rientramenti inspiratori sopra-claveari, intercostali, epigastrici; respiro superficiale, frequente, irregolare. Generalmente si riscontra diminuzione del fremito vocale tattile. Esiste ipofonesi in tutto l'ambito polmonare, specie nella parte posteriore del torace ed alle basi. L'ascoltazione fa rilevare numerosissimi rantoli diffusi a piccole bolle. L'espettorato è abbondante e costituito da liquido sieroso, schiumoso e tinto di sangue (succo di prugne); però può anche mancare. Lasciato riposare in bicchiere a calici:\ esso si divide in uno strato superiore schiumoso, in uno strato medio sieroso, ed in uno strato profondo denso, gommoso, striato di sangue o sanguinolento. L'esame microscopico mette in evidenza in primo tempo elementi epiteliali provenienti dai bronchi, in secondo tempo sfaldamenti dell'epitelio polmonare, leucociti e globuli rossi, in terzo tempo globuli rossi e bianchi alterati. L'esame batteriologico dimostra nella prima fase presenza di saprofiti ordinari della bocca; più tardi appaiono microbi extra ed intracellulari (streptococchi, pneumococchi). Il contenuto di albumina è notevolmente elevàto. Di solito l'enfisema polmonare, a placche, accompagna l'edema; la sua fenomenologia in genere scompare davanti al prevalere di quella dell'edema ed è secondaria alle difficoltà della respirazione prodotta dallo spasmo bronchiale ed agli sforzi della tosse. A tale enfisema può associarsi, qualche volta, quello sottocutaneo cervico-toracico. Apparato cardio-vasale. I fatti a carico dell'apparato 3


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circolatorio sono in massima parte in stretto rapp~o con le lesioni polmonari da cui dipendono. In relazione allo stato del dinamismo cardiaco e dei vasi periferici, dobbiamo prendere in considerazione i due tipi di cianosi: cianosi bleu o rossa (fig. 1), cianosi pallida o plumbea (fig. 2) (tipo bleu o tipo grigio dell'asfissia, secondo alcuni autori). La asfissia bleu è caratterizzata da cianosi intensa della faccia, del collo e del petto, da polso pieno, intorno a 100. La asfissja pallida è invece caratterizzata da pallore, polso intorno a 150, bassissima pressione sanguigna, intensa dilatazione cardiaca. Questi due aspetti rispondono a due gravi e differenti condizioni circolatorie e dànno indicazioni terapeutiche differenti. A causa della dispnea e per l'abbondanza dei rantoli è difficile esaminare il cuore. Alla percussione non è agevole delimitare l'aia di ottusità per l'addensamento polmonare. Generalmente l'aia è aumentata tanto a destra che a sinistra J>er forte dilatazione delle cavità cardiache coi meccanismi accennati. I toni cardiaci sono per lo più netti; talora si percepiscono deboli rumori sistolici di natura fun· zionale. Sono molto accentuate le modificazioni del ritmo in rapporto alle fasi di inspirazione ed eSJ)irazione. La frequenza del polso all'inizio dell'intossicazione è diminuita; poi si ha aumento sino a 120-140, per giungere con il "riposo e cure appropriate a 60-80. Nei casi gravi, nonostante il riposo, il polso si mantiene frequente sino a 180 ed anche al disopra. Il polso è in genere piccolo, molle, irregolare. Anche la pressione arteriosa subisce variazioni di pari passo con quelle del polso. La pressione massima, che dapprima era alta, in seguito, rapidamente si abbassa quando


F1G . 11 . 1.

Cianosi ble u da l'os!-(cnc.


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si sono stabilite le lesioni polmonari, ed oscilla da un massimo di 100 ad un minimo di 60 mm. di Hg. Il numero dei globuli rossi appare aumentato sino a 7-9 milioni. Anche il tasso dell'emoglobina è aumentato, pur mantenendosi normale il valore globulare, come il volume dei globuli rossi. Nella convalescenza, alla policitemia può seguire in qualche caso l'oligoemia. Anche i globuli bianchi sono aumentati durante il periodo di stasi. Si ha una polinucleosi che procede di pari passo con le lesioni polmonari. L'aumento dei globuli rossi, per sottrazione del plasma, porta ad un aumento della viscosità del sangue. Apparato diregente. I disordini dell'apparato digerente sono rappresentati da anoressia, senso di peso allo stomaco, talvolta seguito da vomito precoce. Questo influisce favorevolmente sul decorso dell'avvelenamento perchè sembra faciliti l'espulsione dell'espettorato che ingombra l'ap. parato respiratorio. Quando il vomito compare tardivamente può essere indice di lesione gastrica (ulcerazioni). Nel periodo della intossicazione insorge spesso la sindrome di una gastrite acuta, simile a quella da ingestione di caustici: bruciore al laringe e all'esofago con crampi gastrici assai dolorosi. La palpazione dello stomaco in genere è dolorosa, specie quando esistono ulcerazioni. A carico dell'intestino si può avere stipsi; la diarrea è più rara ed è accompagnata da dolori. In t ale caso si ha il quadro della enterocolite muco-membranosa e della colite dissenteriforme cronica. Il. fegato è in genere ingrossato per stasi nel territorio della vena porta. Talora vi si accompagna tinta subitte11.ca, di rado vero ittero (stasi biliare). È stato anche osservato un caso di atrofia acuta del fegato.


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Apparàto urinario. Si può notare diminuzione · della quantità di urina, e nei casi gravissimi anche anuria. Le urine possono contenere delle deboli quantità di albumina e talvolta dei cilindri. Sistema nervoso e neuro-vegetativo. Oltre ai fatti accennati nell'esame generale (astenia, depressione psichica od eccitamento, cefalea, sonnolenza), talvolta si nota uno stato d'incoscienza, in rapporto a lesioni anatomiche encefaliche (emorragie puntiformi). e) Forme lievi. Sono quelle nelle quali le reazioni polmonari non sono violente e gravi. Si può avere: un tipo bronchiale (bronchite diffusa), in genere apirettico; un tipo gastro-enterico, con nausea, vomito, dolori addominali, costipazione, lingua patinosa; un tipo nervoso, con cefalea intensa, dolori al ra- . chide, astenia fisica e psichica. CLORO. - Il quadro sintomatico ricorda da vicino quello dovuto al fosgene. Predominano però i fatti irritativi a carico del primo tratto respiratorio, cioè vivo bruciore e dolore retrosternale, tosse spasmodica, fenomeni di bronchite accompagnati da intensa irritazione della congiuntiva oculare, sensazione di amaro in bocca, dolore epigastrico con vomito precoce, talvolta tinto di sangue, diarrea. Può anche notarsi colorazione verdastra della cute ed enfisema sotto-cutaneo, prevalentemente cervice-toracico. L'espettorato, pure presentando i caratteri dell'edema polmonare, è spesso tinto in verdastro. Il periodo di remissione si manifesta più raramente ed è pochissimo accentuato. ' È più frequente la cianosi bleu che quella pallida.


-37CLOROPICRINA. - È anche emetizzante, per cui nel quadro clinico si notano oltre ai sintomi respiratori, anche prevalenti fatti a carico dell'apparato gastro-enterico. La cloropicrina determina una tosse più intensa del fosgene, perché produce una bronchite sopratutto dei medi e piccoli bronchi; prevalgono generalmente i fatti di congestione polmonare.

Complicanze e decorso.

Durante il decorso delle intossicazioni da soffocanti possono insorgere complicanze diverse a carico dei vari organi ed apparati. L'enfisema polmonare è frequente come conseguenza della difficoltà espiratoria e dei violenti colpi di tosse; talvolta invece è consecutiva a forme di bronchite lenta. Più importanti sono le complicanze microbiche; bronchiti, bronco-polmoniti, polmonite massiva, pleurite purulenta e più raramente ascessi e cancrena polmonare. Sono rare ad incontrarsi alterazioni particolarmente gravi dell'apparato digerente. Sono da attribuire a turbe dell'apparato cardio-vasale e della crasi sanguigna le ematurie, le gastrorragie e i casi di porpora emorragic::i. In certi avvelenamenti, sopratutto da fosgene, vi è spiccata tendenza a formazione di trombi e di emboli. Le forme gravi decorrono lentamente anche quando non vi siano complicanze, perchè, oltre a persistere molto a lungo lo stato di astenia, il malato va soggetto con grande facilità a ricadute per cause anche lievi. Nelle intossica,zioni di media intensità, ove le lesioni polmonari non siano complicate dall'intervento microbico e il colpito sia messo in buone condizioni terapeutiche, si


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può verificare la restif utio ad inlegrum in tempo non molto lungo. Nelle forme leggere la guarigione avviene entro una quindicina di giorni. Da tutti gli autori viene confermata l'osservazione secondo la quale quando l'intossicato sopravvive al di là del 3° o 5° giorno, si ha in genere la guarigione. Particolare riguardo merita lo studio dell~ convalescenza. In questo periodo si può notare cefalea frontale, dolore epigastrico dopo i pasti, lieve bronchite, inattitu- , dine al lavoro fisico. Attacchi notturni di asma che possono comparire ad intervalli e durano da 5 a 30 minuti. Quando non vi sono fatti cardiaci, l'esercizio muscolare giornaliero non determina affanno, ma può essere seguito da cefalea, vertigini ed accentuata bradicardia. In qualche caso si stabiliscono nella convalescenza deJle aritmie, facile irritabilità cardiaca, persistenti per molto tempo e che si accentuano in seguito a sforzi muscolari. Si hanno talvolta vertigini ed astenia. Postumi.

I più importanti sono quelli a carico dell'apparato respiratorio. Nelle prime vie areee si può avere ipotrofia ed ipotonia delle corde vocali come esito di infiammazioni ripetute. Bronchite semplice recidivante; abitualmente non di lunga durata e con decorso · benigno. Bronchite con enfisema ed asma brqnchiale, che costituiscono i postumi più frequenti in conseguenza dell'edema. Congestione edematosa recidivante, poco frequente, ma, quando esiste, con numerose ricadute che facilmente pos-


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sono condurre ad alterazioni permanenti del parenchima polmonare. Frequente è la sclerosi polmonare. La tubercolosi polmonare non è un postumo molto frequente; è da ritenere che la sua riattivazione (da latente) è possibile, sebbene rara. Ciò si verifica principalmente in individui nei quali sono residuate lesioni bronchiali croniche e procéssi sclerotici parenchimali. Diagnosi e prognosi.

Non è difficile diagnosticare una intossicazione da sostanze aggressive chimiche a prevalente azione soffocante, se si tiene presente la sintomatologia caratteristica e specialmente l'aspetto del colpito. Se esso, dopo un attacco chimico, ha avuto tosse, lieve lacrimazione, sensazione di angoscia, di costrizione toracica, e questi sintomi hanno avuto una remissione dopo che il soggetto è stato allontanato dalla zona gassata, sarà logico pensare alla intossicazione da fosgene, tanto più se il colpito avrà percepito odore e sapore di foglie marcie, o di cioccolato guasto, o se avrà una spiccata perversione del gusto e ripugnanza per il tabacco. Se l'insorgere dei sintomi irritativi è stato più improvviso e violento, e se il colpito ha vivo bruciore nel primo tratto respiratorio, spasmo laringeo e dolore retrosternale, si penserà al cloro.. ·L'interessamento di ambedue i tratti respiratori con vomiti precoci, tosse forte, spasmodica, irritazione oculare intensa, farà pensare alla intossicazione da cloropicrina. La prognosi nelle intossicazioni da soffocanti è da~stabi!irsi sempre con riserva, sia per le alterazioni determinate direttamente da essi, che per le complicanze cui spesso danno luogo.


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Nelle forme gravissime la prognosi è quasi sempre infausta. Nelle forme gravi i criteri prognostici vanno dedotti, oltre che dalla considerazione della estensione delle lesioni primarie respiratorie, anche dalle complicanze di natura meccanica o microbica. Si può dire che la prognosi si basi principalmente sullo stato del cuore. Pronto soccorso e terapia.

Nei riguardi dell'assistenza ai colpiti esistono delle norme generali, comuni a tutte le intossicazioni da aggressivi chimici di guerra, e cioè: Sopprimere l'azione della sostanza tossica. Sbarazzare l'organismo dalla medesima. Prevenire od arrestare l'evoluzione delle lesioni in via di sviluppo. Curare le lesioni in atto. Nella cura dei colpiti da soffocanti si possono distinguere le misure di pronto soccorso e la terapia vera e propria. Il soccorso d'urgenza mira sopratutto a prevenire e combattere l'edema polmonare e le sue conseguenze, cioè l'anossiemia. I principali sussidi terapeutici che si debbono sollecitamente applicare sono: il riposo, il calore, l'ossigeno-terapia, il salasso, le iniezioni di cardio-tonici. Una importante misura è rappresentata dal riposo assoluto del colpito. In tal modo si cerca di ridurre al minimo il fabbisogno di ossigeno per l'organismo. I pazienti debbono essere sorvegliati perchè non compiano alcuno sforzo muscolare. È anche utile cercare di sollevare lo stato psichico del colpito, per impedire dannose agitazioni.


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Si lascerà libero il malato di stare nella posizione più comoda; generalmente è indicata quella supina sollevando la parte superiore del tronco. In alcuni casi ai militari ricoverati in ambienti chiusi, specie se riscaldati, dovranno essere cambiati gli abiti, perchè qualche soffocante (come ad es. la cloropicrina) ha un certo carattere di persistenza e può seguitare a sviluppare vapori tossici. I colpiti devono essere mantenuti caldi; come è noto, il freddo determina disturbi circolatori e favorisce l'edema polmonare. Inoltre i brividi aumentano il fabbisogno di ossigeno da parte dell'organismo. I risultati della somministrazione di ossigeno sono assai evidenti; la cianosi scompare in genere rapidamente; gli ammalati che erano prima irrequieti, entrano in una fase di calma e tranquillità. Il respiro diviene tranquillo e la dispnea tende a diminuire. Se esisteva semi-incoscienza, il sensorio ritorna integro sotto l'azione dell'ossigeno. Anche il polso migliora sensibilmente. La pressione sanguigna elevata (pressione asfittica) diminuisce progressivamente sino al normale, e talora al disotto. ~la per raggiungere questi risultati hanno molta importanza il metodo e la durata di somministrazione dell'ossigeno. Nel praticare l'ossigeno-terapia ai colpiti da aggressivi soffocanti, bisogna attenersi alle seguenti norme: a) L'ossigeno deve essere somministrato ad una concentrazione non inferiore al 75 % e non miscelato con anidride carbonica. b) La quantità da somministrare non deve essere inferiore ad una media di sei litri al minuto. e) La somministrazione deve essere precoce, prot ratta e ripetuta, specialmente nelle prime due giornate. d) L'ossigeno non deve essere somministrato sotto pressione per H pericolo di lacerazione degli alveoli.


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Per la somministrazione dell'ossigeno furono anche impiegate la via endovenosa e la sottocutanea·, ma non si ebbero risultati soddisfacenti. Durante la guerra l'ossigeno fu somministrato pure per via rino-faringea, impiegando un comune catetere di gomma, ben lubrificato, che veniva introdotto in una narice fino al faringe. L'estremo del catetere era in comunicazione con ,un bidone o sacco o con una bomboletta fornita di valvola di riduzione. Il paziente doveva respirare col naso e tenere la bocca chiusa. L'altra narice libera permetteva la miscela dell'aria con l'ossigeno. Recentemente sono stati esperimentati con buon successo apparecchi per ossigeno-terapia ad ossigeno liquido. L'ossigeno, oltre ad essere adoperato per vincere l'anossiemia nelle intossicazioni acute, venne anche esperimentato con successo nei postumi di esse. Il salasso, nei colpiti da aggressivi soffocanti, è uno dei sussidi di pronto soccorso più efficaci. Nell'applicazione della salasso-terapia si debbono seguire le seguenti norme: Il salasso deve essere praticato solo nei casi di éianosi bleu, con polso pieno, congestione venosa, e aumento della pressione arteriosa. Invece nell"asfissia pallida o grigia, il salasso non solo' è inefficace, ma assolutamente controindicato, perchè dannoso. In questi casi il salasso può essere sostituito da una cura diaforetica. La diaforesi si può ottenere con impacchi, senapismi, borse o bottiglie calde, aria calda, previa somministrazione di caffè, thé caldo con piccole quantità di rhum o cognac. Non si consigliano i bagni caldi, perchè affaticano troppo il malato. Anche in tutti quei casi in cui vi sia un grande numero di gassati e il personale sanitario sia insufficiente a salassare tutti, si può, nel frattempo, ricorrere alle cure diafo-


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retiche e applicare sopratutto i senapismi, che hanno dato buoni risultati nella cura dell'edema polmonare. Però il salasso rappresenta il mezzo più sicuro ed efficace per scaricare il circolo sanguigno. I suoi effetti sono veramente sorprendenti: la pressione venosa si abbassa, cosicchè la corrente dalle arterie alle vene diviene più rapida; i tessuti sono più prontamente provveduti di ossigeno; più facile avviene il passaggio di liquidi e di scorie dai tessuti nel sangue; meno gravoso diventa il lavoro del cuore. Dopo il salasso si ha diminuzione della cianosi -e della dispnea, senso di benessere e i pazienti non lament ano più la cefalea e la costrizione al torace, mentre subent ra una fase di calma che permette loro di poter riposare e dormire. La respirazione artificiale in questi infermi non solo è inutile, ma dannosa; mentre trova, come vedremo in seguito, la sua esatta indicazione nell'intossicazione da ossido di carbonio e da acido cianidrico. Solo nei casi di cessazione completa del respiro, che può veri ficarsi, per fenomeno riflesso, in seguito ad inalazione di prodotti soffocanti a concentrazioni molto alte (specie fosgene), la respirazione artificiale deve essere t entata. La terapia deve soddisfare a varie indicazioni e sovratutto combattere l'adinamia cardiaca e l'edema polmonare. Per sostenere le forze del cuore si sono dimostrati molto utili: la caffeina, l'olio canforato, l'etere .canforato, la sparteina, la stricnina anche a dosi di mg. 3-5 nelle 24 ore, i preparati della digitale e della strofantina. Si dovranno però evitare le dosi di canfora troppo alte, perchè questa, eliminandosi in parte attraverso i polmoni, potrebbe produrre un aumento della secrezione bronchiale. Nei casi più gravi s1 possono usare con vantaggio le iniezioni di pituitrina (cg. 0,05 ogni tre ore).


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L'adrenalina non dovrà essere impiegata prima della convalescenza, perchè favorisce l'edema polmonare. · Anche la morfina non si deve impiegare, perchè diminuisce l'eccitabilità del centro respiratorio, anche a piccole dosi. Come calmanti si potranno invece somministrare la dionina e la codeina, il veronale. Non si somministrerà l'idrato di cloralio. Giovano pure molto, per l'azione sedativa, specie contro i forti accessi di tosse spasmodica, l'ingestione di perle di etere a intervalli di 10 minuti. Però non si dimentichi mai che il miglior calmante è l' os- _ sigeno. Contro la cefalea non si devono usare la fenacetina, l'aspirina o il piramidone, che possono esercitare una forte azione depressiva e determinare il collasso. Il migliore rimedio anche per la cefalea è sempre l'ossigeno. Nei casi gravi, nei primi giorni, non si debbono dare mai espettoranti, per non aggravare le lesioni esistenti ' nei polmoni, aumentando la tosse. Nei casi leggeri, si può dare subito la comune miscela espettorante a base di poligala con liquore anisato d'ammonio e tintura di ipecacuana. I tedeschi vantano come il più utile espettorante, lo ioduro di potassio (g. 0,5-1 al giorno). Sono consigJìàte per combattere l'asfissia le iniezioni di lobelina, per la sua azione eccitante sul centro respiratorio. Utile in molti casi è il vomito specialmente nei primi momenti della formazione dell'edema polmonare; si può provocarlo con manovre semplici: acqua calda con sale, titillamento dell'ugola. È da sconsigliare in qualsiasi momento l'apomorfina. Invece sì può usare l'ipecacuana, a dosi emetizzanti per evitare il lungo succedersi dei conati di vomito. Si somministreranno cartine di un grammo ogni quarto d'ora, sino ad effetto. Occorre spesso arrivare alla dose di g. 3-4


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prima che questo si manifesti. In secondo tempo l'ipecacuana sarà data in dosi minori o sostituita con iniezioni di cloridrato di emetina (g. 0,005). È controindicato provocare il vomito quando il polso è piccolo, la tensione arteriosa bassa e quando vi è minaccia di sincope. Per tentare di prevenire le complicazioni infettive respiratorie si disinfettano le vie aeree con introduzione nelle narici di olio gomenolato, più volte al giorno, con lavaggi frequenti della bocca e della gola per mezzo di soluzioni leggermente antisettiche e calmanti. I cibi debbono essere somministrati in forma liquida ed in piccola quantità, latte, latte e caffè, thé, brodo, e tale dieta si deve mantenere liquida anche nei giorni successivi. Nei casi gravi con intensa sete, si possono dare le bevande comuni: acqua, caffè, thè, preferibilmente tiepide. I liquidi si debbono però somministrare in piccole quantità, per non provocare gli stimoli della tosse. L'alimentazione sarà ripresa a poco a poco; dapprima lattea, poi regime latteo-vegetariano. Contro l'astenia sarà utile fare per alcuni giorni un'iniezione di stricnina. Se ne somministrano in media mg. 2-5 nelle 24 ore, ma si può essere costretti di raggiungere la dose di mg. 10 nelle 24 ore. L'adrenalina può essere impiegata in questo periodo con grande prudenza. Se vi sono segni di insufficienza renale, si preferisce l'estratto totale di capsule surrenali.


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CAPITOLO III. l vescicatori.

Le sostanze comprese in questo gruppo, mentre posseggono una spiccata analogia lesionale, hanno una costituzione chimica assai diversa. È da tenere ben presente che esse sono capaci di esplicare l'azione patogena caratteristica · sia che agiscano sotto forma di liquido che di vapori, e non solo per contatto diretto, ma anche attraverso i comuni indumenti. IPRITE. -

(Solfuro di etile biclorurato) (ClCH2CH2)2 S,

è un liquido oleoso che allo stato di purezza si presenta in-

coloro e quasi inodoro; ordinariamente, causa le impurità in esso contenute, ha un colorito verdastro o bruno-giallastro con odore caratteristico agliaceo che ri.corda la senape (mustard . gas degli inglesi). Esso può considerarsi il più potente tra gli aggressivi caustici usati in guerra; è capace di produrre sulla cute lesioni simili alle ustioni ed alterazioni necrotiche, culminanti, sulle mucose, nella formazione di pseudo-membrane. LEWISITE (ClHC: CH. As Cla) è un composto organico dell'arsenico della serie etilenica, liquido incoloro o debolmente giallo, di odore simile al geranio. Non fu impiegato durante la guerra.

Cenni di anatomia patolo~ica.

In rapporto alla diversa concentrazione dell'iprite, alla localizzazione sui differenti tessuti ed al decorso dell'intossicazione, si determinano lesioni variabili.


-

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Cute: le lesioni riscontrate sulla pelle ricordano quelle delle ustioni di 1°, 2° e talvolta di 3° .grado e consistono o, nel semplice eritema che può talvolta diffondersi a tutto il corpo, specialmente nelle regioni ove la traspirazione .è più attiva ed in quella ricca di ghiandole sebacee, o nel1'edema cutaneo o sottocutaneo, ovvero nella formazione di flittene, ripiene di liquido sieroso, o siero-ematico, raramente purulento, al fondo deile quali possono riscontrarsi .aree di necrosi del derma. L'esito di tali lesioni cutanee consiste nella formazione di cicatrici più o meno vaste, retratte, irregolari, talvolta cheloidee, ed in una pigmentazione brunastra cutanea in genere assai persistente. Occhi: a carico degli occhi si possono riscontrare fatti di congiuntivite catarrale, purulenta, o pseudomembranosa oppure tùcerazioni corneali che qualche volta arrivano alla perforazione ed alla panoftalmite. Apparato respiratorio: sulla mucosa nasale possono riscontrarsi edema, placche di necrosi, pseudo-membrane circondate da zone di reazione infiammatoria. La trachea ed i pronchi sono congesti e presentano numerose ulcerazioni ricoperte da pseudo-membrane, le quali talvolta possono occupare tutto il tratto tracheobronchiale sino ai piccoli bronchi, riproducendone spesso lo stampo. Per azione batterica si può riscontrare accanto alle pseudo membrane un denso essudato purulento che occludendo i piccoli bronchi, dà l'immagine di ascessi rniliariformi. I polmoni presentano zone di atelettasia alternate a zone di enfisema e di parenchima normale, La superficie di sezione dei polmoni è asciutta e presenta un intenso ingorgo vasale diffuso. Di regola manca l'edema. Quando l'evoluzione è lenta e l'intossicazione grave, si riscontrano focolai di bronco-polmonite necrotica ed ascessi dovuti all'infezione secondaria. Le pleure possono


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presentare fatti di pleurite fibrinosa. Si può talvolta riscontrare dilatazione del ventricolo destro. Apparato digerente: sul terzo posteriore della lingua e sui pilastri del faringe, si possono osservare edema, ulcerazioni e placche pseudomembranose. Talvolta può rilevarsi congestione gastrica con emorragie e piccole ulcerazioni sulla mucosa dello stomaco e del tenue, specie dell'ileo. Nei casi di gravi intossica?:ioni si riscontra congestione più o meno accentuata dei reni. All'esame microscopico si nota: Sistema cutaneo: vi è necrosi epiteliale che può approfondirsi nel corion e nel sottocutaneo; in questo caso la necrosi è circondata da una zona di proliferazione fibroblastica. Apparato respiratorio: nel tratto nsso-tracheo-bronchiale, oltre ai fatti di congestione e trombosi vasale, si può notare la distruzione dell'intera mucosa, che è allora sostituita da pseudomembrane, le quali si presentano costituite da una densa rete fibrinosa che impiglia cellule epiteliali, emazie, leucociti, detriti, batteri. All'intorno vi è reazione flogistica che culmina in una intensa infiltrazione leucocitaria. Nel parenchima si riscontrano le note istologiche dell'atelettasia e de)l'enfisema e, in certi punti, esso appare profondamente disintegrato. Si notano allora degli ammassi di cellule epiteliali, globuli rossi e leucociti polinucleati; all'intorno può aversi una intensa reazione infiammatoria. Nei casi più gravi, oltre a questi fatti si notano emorragie alveolari, necrosi delle pareti dei bronchiòli e degli alveoli, zone d1 emorragie interstiziali. Per la lewisite le conoscenze anatomo-patologiche ci vengono prevalentemente fornite da ricerche praticate sugli animali e in qualche caso anche sull'uomo, con applicazioni di piècole .quantità sulla cute.


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Sulla cute umana si notano alterazioni simili a quelle ipritiche. Le lesioni sperimentali (animali morti nei primi tre giorni) presentano: Macroscopicamente: fatti di congiuntivite, specie agli angoli degli occhi; narici ripiene di muco. Intenso edema nel cellulare peritracheale e del mediastino. Pleure congeste, talvolta con aderenze e versamento di liquido. I polmoni sono aumentati di volume, di peso, e di consistenza. Presentano zone enfisematose, altre congeste e talvolta edema polmonare, più accentuato agli ili. I! pericardio è edematoso con emorragie sottopericardiche, specie nel solco coronario e congestione dei vasi coronari. Accentuata dilatazione del cuore destro. Microscopicamente pseudo-membrane tracheo-bronchiali costituite da fitto reticolo fibrinoso, che impiglia detriti, epitelio desquamato, leucociti e qualche globulo rosso. Distruzione della mucosa tracheale, con congestione ed edema sottomucoso. ' Sintomatologia. IPRITE. - La comparsa delle manifestazioni ipritiche avviene dopo un periodo di latenza di qualche ora ed è in rapporto col modo nel quale avvenne la contaminazione. Sintomi oculari: si osservano tutti i gradi della congiuntivite; nelle forme più leggere il paziente si lamenta di peso e di puntura agli occhi. La congiuntiva bulbare si mostra arrossata con la maggiore intensità in corrispondenza della rima palpebrale. Si nota iperemia anche della congiuntiva palpebrale, lacrimazione, fotofobia, con tutti i segni di una congiuntivite catarrale; le palpebre possono collabire per un abbondante essudato (fig. n. 3). Nei casi più gravi si osserva congiuntivite purulenta o


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pseudo-fibrinosa con dolore acuto, urente, diffuso anche alla regione periorbitaria; le congiuntive palpebrali sono . edematose, di colorito giallo-biancastro con forte chemosi. È necessario osservare sempre con attenzione lo stato della cornea, ricorrendo, qualora vi sia blefarospasmo, all'uso dei divaricatori palpebrali. La cornea nella sua zona equatoriale in un primo tempo è rugosa e di colorito grigiastro, mentre all'intorno conserva la sua lucentezza normale. L'opacità è data dall'intorbidamento e dalla desquamazione dell'epitelio corneale. Nei casi gravi la cornea presenta delle abrasioni non molto profonde, dovute a necrosi dell'epitelio. L'esistenza di lesioni corneali non bene evidenti può essere confermata mediante la istillazione di una goccia di soluzione di fluorescina. Raramente si formano vere ulcerazioni corneali; in tal caso vi è possibilità di perforazioni e quindi di infezione secondaria, che può giungere fino ad una panoftalmite. Queste gravi lesioni guariscono con esiti cicatriziali notevoli (leucomi, atrofia oculare, ecc.), che dànno luogo ad alterazioni funzionali permanenti. Si sono rilevati talvolta disturbi circolatori, sotto forma di congestione dei vasi retinici ed iperemia della papilla, fino ad assumere l'apparenza di una papillite. I sintomi cutanei. Sono i più caratteristici. Quando l'iprite ha agito sotto forma di vapori la prima manifestazione clinica evidente è, in genere, rappresentata dall'eritema (fig. 4). La sua distribuzione è irregolare e, oltre alle parti coperte dalla maschera, rispetta in generale quelle in corispondenza di alcuni indumenti quali le bretelle, la cintura, le scarpe, ecc. Le zone di eritema sono uniformemente tumide; impallidiscono alla pressione digitale e rassomigliano all'eritema solare, anche per il bruciore che le accompagna.


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l.c , ioni 0<'11l.1ri dn ipl'ile.



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Talvolta si ha molto prurito. Successivamente il colore della cute passa al rosso rameico e poi al brunastro. Quand~ l'iprite ha agito sotto forma liquida si manifesta iperemia circoscritta, senza che il soggetto dapprima avverta nè bruciore nè prurito. Dopo circa 16-20 ore compaiono le flittene (fig. 5) che assumono una caratteristica disposizione a corona, alla periferia della zona eritematosa. Le flittene possono confluire dando luogo alla formazione di bolle talora molto estese. Le flittene contengono siero di colore citrino, qua~che volta rossastro per presenza di sangue. Intorno a tali lesioni si manifesta una zona edematosa. Quando interviene l'infezione secondaria, fatto che è quasi costante, il derma, ricoperto da un essudato giallastro, va in preda ad un processo di necrosi progressiva che si approfonda (fig. 6-7). In qu esto periodo i dolori provocati dall'iprite sono molto intensi. Dopo un lungo decorso, che si protrae talvolta per mesi, residuano cicatrici talora ipertrofiche, che a seconda della sede possono limitare la funzione delle articolazioni sottostanti, e che rimangono dolorose o pruriginose per molto tempo, specie in coincidenza dei cambiamenti atmosferici. Possono insorgere con fa cilità in ques te zone eczemi e foruncoli. Apparato respiratorio: fino dal primo giorno quasi tutti gli ipritizzati accusano anosmia, anche senza apparenti lesioni delle mucose; è da ritenere dovuta ad una azione sulle terminazioni del nervo olfattivo. La rinite appare dal terzo al quinto giorno, e si riscontra in circa la metà dei casi; essa dà luogo ad una secrezione mucopurulenta, e recidiva con grande facilità. Nelle forme lievi il colpito, dapprima rauco, non tarda a divenire afono ed ha tosse con scarso espettorato. Nelle forme gravi si nota intenso arrossamento del faringe, ac-


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compagnato sovente da pseudo-membrane difteroidi biancogiallastre. Contemporaneamente anche i bronchi presentano una sintomatologia che è in relazione alla formazione di pseudomembrane. Vi è dispnea più o. meno intensa, con crisi accessionali di soffocazione, per ostruzione bronchiale. L'esame semeiologico del torace fa rilevare inspirazione intensamente aspra, con espirazione fievole e prolungata. numerosi ronchi e sibili difiusi. Nel parenchima polmonare il numero maggiore delle lesioni è da considerare dovuto alle complicanze microbiche. Apparato digerente: può essere leso primariamente nei casi in cui l'iprit e venga deglutita con la saliva. In tal caso le lesioni più gravi (iperemia, edema, ulcerazioni) si riscontrano sulla mucosa orale e faringea; meno gravi quelle a carico dello stomaco e del tenue. Con frequenza si ha nausea e vomito e disfagia dolorosa, diarrea che talvolta assume la forma di melena. Apparato cardio-vasale: non viene leso primitivamente dall'iprite, ma risente delle turbate condizioni dell'albero respiratorio e sopratutto àelle complicanze microbiche. Vi è aumento nella frequenza del polso; si notano talvolta segni di insufficienza cardiaca. La pressione arteriosa è in genere normale: si abbassa nelle forme mortali. L'iprite ha anche un'azione emolitica. Nei casi di esteso ed intenso eritema, si riscontra eosinofilia. Nelle intossicazfoni di media gravità, si può avere lieve e transitoria ematuria; nelle forme più gravi si possono riscontrare i segni della glomerulo-nefrite, (ematuria, albuminuria, ciUndruria). Sono frequenti la depressione psichica, l'astenia nervosa, la sonnolenza e talvolta anche il delirio, che sono l'esponente della intossicazione generale. La febbre non manca quasi mai nelle forme diffuse ed




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n. 5.

Lesione da iprite al 2° giorno.



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Lesione da iprile al 1:5° giorno.



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LesĂŹo11e <la iprite al 2~" giorno.



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oscilla abitualmente fra 38°-39°, sorpassando talvolta i 400 nelle forme gravi · con complicanze polmonari. Vi è in genere dimagramento che si può prolungare anche oltre la convalescenza. LEWISITE. - Le lesioni e le conseguenti manifestazioni patologiche sono simili, ma non identiche, a quelle della intossicazione ipritica. È stato infatti Iilevato che: la lewisite subito dopo l'applicazione dà senso di bruciore cutaneo a cui segué dopo pochi minuti iperemia, mentre l'iprite dà le sue prime manifestazioni solo dopo alcune ore dali'applicazione; il processo cutaneo ha margini sfumati nella lewisite e invece ben delineati nell'iprite; nelle lesioni da Je\visite la vescicazione è più precoce che in quelle da iprite, e non ha la caratteristica disposizione periferica. il decorso e la riparazione sono più rapidi nelle lesioni da lewisite, tanto che a.I 14° giorno si può avere la guarigione, mentre in uguale periodo di tempo quelle da iprite hanno raggiunto soltanto l'acme dell'infiammazione. Complicanze e decorso.

Le complicanze che possono osservarsi nella evoluzione dell'intossicazione ipritica, dipendono principalmente dalle ìnfezioni secondalie. Tra le più frequenti si può riscontrare la suppurazione delle vesciche, la quale, sebbene raramente, può dar luogo a setticemia. Altra complicazione, piuttosto rara, consiste nell'edema polmonare; in tal caso il quadro clinico è simile a quello dei soffocati. · I fatti congiuntivali, in genere, guariscono rapidamente, ma talora intervengono complicazioni microbiche, come perforazione corneale, cherato-ipopion, panoftalmite. Le complicanze delle lesioni umane da lewisite, che se-


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condo le attuali conoscenze riguardano solo la cute, dipendono, come per fiprite, principalmente dalle infezioni secondarie. ' · · Il decorso è variabile secondo l'estensione delle lesioni e l'insorgenza delle complicanze infettive. Nelle forme lievi i fatti laringo-tracheali cominciano a regredire dopo 2-3 settimane. Nellè forme gravi il decorso può essere brevissimo per il sopraggiungere dell'asfissia mortale, consecutiva all'intensa formazione di pseudo-membrane. In genere i sintomi a carico dell'apparato dig~rente hanno breve durata, a meno che non si siano prodotte delle ulcerazioni gastro -intestinali. L'astenia da iprite persiste lungamente anche dopo la guarigione delle lesioni. Postumi.

[ I principali postumi constatati in colpiti da iprite, sono rapp1:esentati da bronchite cronica con o senza enfisema polmonare, asma bronchiale,. congiuntivite cronica ed opacità corneali. Anche in questi soggetti venne riscontrato qi.ialche caso di tubercolosi polmonare, ma sempre (come confermò l'anamnesi) espressione di forme quiescenti al momento della intossicazione, e delle quali il grave trauma causato al parenchima polmonare dall'azione dell'iprite stessa e la diminuita resistenza organica avevano determinato la riaccensione. · Diagnosi e prognosi.

I criteri che conducono alla diagnosi di lesione da aggressivi a prevalente azione vescicatoria si basano molto sulla raccolta dei dati anamnestici, specie in qualche raro


l'IG, Il,

8.

L esione cl a lewisiLe.



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caso in cui la cute sia stata risparmiata ed i vapori abbiano agito sugli occhi e sull'apparato respiratorio. In generale, l'odore caratteristico rilevato dal colpito; le vistose lesioni prodotte sull'occhio e sulla cute anche per dosi non elevate; il ritardo nella comparsa delle manifestazioni, rappresentano dati importanti per formulare la diagnosi di ipritazione. La diagnosi diverrà un po' più difficile quando si manifestino precocemente complicazioni respiratorie, ovvero quando l'iprite sia stata usata in miscela con sostanze soffocanti. A questo riguardo si rammenti che nel caso dell'iprite, le lesioni polmonari sono sempre irregolarmente disseminate e le prime localizzazioTJ.i si manifestano sul tratto più alto delle vie respiratorie, con successiva diffusione al secondo tratto. Inolt re manca, di regola, l'edema. Per la diagnosi differenziale, in caso di lesioni vescicatorie della cute, tra iprite e lewisite, bisogna ricordare che l'iprite presenta: un odore agliaceo anzichè di geranio; un più lungo periodo di latenza e una più netta deJimitazione delle lesion.i; una più lenta comparsa dell'edema cutaneo; una corona periferica di vesciche che di rado e solo in secondo tempo invadono il centro della lesione, il quale si necrotizza precocemente. L'acme lesionale è raggiunto verso il 14° giorno; si ha grande lentezza nei processi riparatori e lentissima scomparsa dell'edema collaterale; facile inquinabilità microbica delle lesioni. La prognosi delle lesioni da vescicatori dipende dalle localizzazioni organo-viscerali, dalla vastità delle lesioni cutanee, dalla specie dell'aggressivo nei riguardi dell'intossicazione generale e dalla precocità del pronto soccorso. Nelle lesioni non troppo estese e che hanno l'aspetto di ustioni di 1° e 2° grado. si ha generalmente una prognosi fausta. Se le alterazioni assumono l'aspetto delle ustioni di 3° grado (ciò che · è raro) e sono però limitate, anche


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quando si infettano (ciò che è assai frequente), la prognosi è anche fausta. Quando invece le lesioni si estendono a oltre due terzi della cute, la prognosi è infausta, e la morte può manifestarsi in meno di due giorni. Le manifestazioni oculari lievi guariscono in una ventina di giorni. Nelle forme gravi, la congiuntivite fibrinopurulenta può complicorsi a lesioni più o meno profonde della cornea e del tratto uveale: la prognosi in· questi casi è sempre riservato e infausta per ciò che riguarda la funzione visiva. Per le lesioni dell'apparato respiratorio si debbono fare riserve nei casi di ulcerazione delle corde vocali e dell'epiglottide, di stenosi tracheo-bronchiali e di complicanze necrotico-purulente del polmone. Le lesioni dell'apparato digerente e del fegato costituiscono coefficienti di aggravamento nel corso di localizzazioni ipritiche. La febbre a 39°-40° è indice di complicanza flogistica ed elemento che aggrava sempre la prognosi. Bonifica.

Le pratiche di pronto soccorso ai colpiti da vescica'." tori si identificano con quelle della bonifica umana. Questa si basa sulla asportazione meccanica dell'aggressivo liquido tuttora presente sul!.a cute, e successivamente sulla sua neutr.alizzazione. La bonifica può essere parziale (piccola) o totale (grande). La parziale si applica quando la parte colpita è molto limitata, come ad esempio in seguito a spruzzi di iprite o lewisite. La totale è da attuarsi quando un individuo sia colpito sopra una vasta superficie del corpo. Questa distinzione non ha però valore assoluto perchè quando un soggetto si contamina, ad esempio nell'attraversare un tratto di


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terreno, può essere difficile e talora impossibile·stabilire se la contaminazione è limitata ad una sola regione o estesa a più parti del corpo. Per riuscire veramente efficace la bonificd dovrebbe essere eseguita il più precocemente possibile, cioè appena nel giro di pochi minuti dalla contaminazione. Questa circostanza sarà in pratica difficile a realizzare; in ogni caso la bonifica dovrà eseguirsi ugualmente, anche dopo qualche tempo dalla infestazione (1-2 ore), perchè riuscirà sempre di qualche utilità l'asportare l'aggressivo che tuttora possa trovarsi sugli indumenti e sulla cute. La bonifica paniale potrà effettuarsi, secondo le possibilità del momento e del luogo, con uno dei metodi seguenti: 1° Metodo: a) Detersione meccanica della parte contaminata (con striscie di pasta di cellulosa, o di garza, o di carta da filtro, ecc.), da praticarsi con delicatezza e mediante movimenti perpendicolari dall'alto al basso, evitando lo strofinamento. b) Lavaggi abbondanti con uno dei seguenti liquidi: acqua calda e sapone (meglio se sapone verde o alla clorammina); liquido di Dakin (soluzione acido borico al 3 % g. 100; soluzione ipoclorito sodio al 5 % g. 100; acqua distillata q .. b. per un· litro); soluzione di permanganato di potassio al 4 %0 ; soluzione acquosa di cloruro di calce al 4 % o di bicarbonato di sodio al 4 %; benzina; in mancanza d'altro, acqua corrente. 20 Metodo: a) Detersione meccanica come nel caso precedente. b) Applicazione sulla parte di una polvere bo- · nificante, a base di cloruro di calce miscelato con polveri inerti (farina fossile, talco, miscela «Mi> ecc.).


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La bonifica totale sarà praticata in speciali formazioni sanitarie provviste di bagni (Sezione bonifica gassati);· Nel procedere alla bonifica totale si seguiranno le modalità seguenti: 1° Il colpito deve essere subito svestito con l'aiuto di personale protetto da maschera e indumenti antipritici. I suoi abiti saranno raccolti e cMqsi in sacchi speciali, per essere inviati successivamente alla bonifica. 2° Sarà poi sottoposto per circa 5 min. ad una docciatura con soluzione calda di permanganato di potassio al 4 %0 (eventuale). 3° Seguirà una docciatura detersiva con acqua calda e sapone, della durata di 5 a 10 min. 4° Rivestizione con indumeùti puliti. Queste pratiche dovranno essere completate con la bonifica degli · occhi (instillandovi del collirio cli permanganato di potassio all'l : 4000 o di bicarbonato di sodio al 2 %), della bocca e retrobocca (colluttori con soluzione di bicarbonato di sodio o altro) e delle mani, strofinandole con una delle miscele antivescicatorie sopraricordate. Per la bonifica antilewisitica valgono le norme prescritte per l'iprite_. Terapia.

Nei casi leggeri di lesioni oculari si fanno frequenti lavaggi, impiegando degli irrigatori e bicchierini lava-occhi, con la soluzione seguente: calce spenta gr. 12, acqua gr. 1000, zucchero gr. 25; oppure con soluzione · di diclorammina T. al 0,5 %; o con soluzioni di bicarbonato o biborato di sodio al 2,3 %, o di permanganato di potassio all'l : 4000, o con soluzione fisiologica semplice. Dopo i lavaggi si faranno instillazioni di un collirio astringente o di olio di oliva. Tre volte al giorno si instilla


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tra le palpebre qualche goccia di olio di paraffina. Nei casi gravi, quando esiste spiccato blefarospasmo accompagnato da dolore e fotofobia, si applicano instillazioni di una soluzione di atropina al 0,50 % due volte al giorno. Se anche la cornea è intaccata, si faranno ugualmente frequenti lavaggi ed instillazioni di co11irio di atropina, in modo da mantenere le pupille dilatate. L'uso dell'atropina sarà continuato sino a che la cornea non ritorni normale. Di massima è controindicata la cocaina, perchè produce desquamazione dell'epitelio corneale. Contro i dolori sono utili le vaporizzazioni calde. Se vi è secrezione purulenta è utile adoperare un collirio antisettico, come la soluzione di argirolo o di protargolo al 1-2 %, 2 volte al giorno. Evitare le fasciature compressive, riparando la vista mediante tendine ed occhiali affumicati. Si praticheranno lavaggi delle fosse nasali con soluzioni di bicarbonato di sodio, e instillazioni nelle narici di olio gomenolato al 2-3 %, Contro le ulcerazioni del faringe s'impiegano le pennellazioni con soluzione di cocaina all' 1 % e bleu di metilene sino a saturazione. Contro la laringite si impiegheranno le inalazioni di vapori di acqua calda con benzoino, mentolo, timolo. Si può adoperare l'apparecchio « Siègle >> con la seguente solyzione: Essenza di timo . Essenza di eucalipto Alcool a 90° .

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10 30 200

(un cucchiaio da caffè in 150 cm3 d'acqua, da evaporare nel bicchierino dell'apparecchio); oppure: Tintura di benzoino Mentolo

gr. 30 cgr.

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(un cucchiaino in 100 cm8 d'acqua calda e respirare i vapori). Contro la tosse persistente si useranno calmanti a base di dionina o di codeina. Sono utili le istillazioni endotracheali di olio gomenolato. Per le lesioni cutanee si dovrà ricorrere in un primo tempo a lavaggi con soluzione di permanganato K al 4 %o leggermente acidulato con qualche goccia di una soluzione di acido cloridrico al 1 %; o con acqua di calce; con soluzione di bicarbonato di sodio al 4 %; o con liquido del Dakin. Le vescicole, se piccole, saranno lasciate intatte; quelle di dimensioni maggiori si svuoteranno mediante un ago sterile, cercando di mantenere il più a lungo possibile la pellicola della flittena. Nello stadio di secrezione della ferita evitare l'uso di polveri. È indicato il trattamento con calore asciutto (aria calda, sole), o con unguenti indifferenti (vaselina eventualmente con un anestetico). Le fasciature saranno contentive, leggere, aerate, asciutte. La medicatura va rinnovata spesso (almeno una volta al giorno), bagnando prima con acqua ossigenata. Nel periodo della patobiosi l'intervento del medico risulta spesso inefficace e deve limitarsi a non nuocere, lasciando reagire prevalentemente le difese organiche individuali. Le lesioni ricoperte da estese masse necrotiche (10°, 15° giorno) saranno sorvegliate e lasciate a se stesse facendo attenzione a non macerare la cute sana circostante con interventi irrazionali e poco adatti. Successivamente, e in caso di bisogno, si potranno usare unguenti anestetici. Occorre allontanare dalle superfici delle ferite tutto ciò che può danneggiarle, come per es. le fasciature compressive (disturbi meccanici), evitando l'applicazione di unguenti irritanti (disturbi chimici), e l'affiusso di calore


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troppo intenso (disturbi termici). È necessario anche in questo periodo il cambio frequente della fasciatura, mantenendo l'arto colpito in posizione di riposo. Nei primi giorni in caso di estese ipritazioni si prescriverà una dieta leggera, poichè vi è ripugnanza per i cibi solidi. Bisogna incoraggiare i pazienti, indurli a bere acqua, latte, caffè. Per l'astenia generale risultano utili l'adrenalina e i preparari opoterapici. Durante il decorso delle manifestazioni da vescicatori si darà un'alimentazione sostanziosa e variata, ricca di vitamine (frutta fresche, verdure, burro, ecc.).


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CAPITOLO IV.

Irritanti. LACRIMOGENI. - Producono in genere lesioni fugaci; i più importanti sono: Br Cianuro di bromobenzile (CeH6 - CH< ). - Allo stato CN puro si presenta sotto forma di cristalli di colore giallobiancastro; il prodotto tecnico è un liquido oleoso, bruno, di odore pungente. Cloroaceto/enone (C,H5 CO CH2 Cl). Si presenta sotto forma di cristalli incolori o leggermente colorati in giallognolo. Bromoacetone (Br CH2 CH,). Allo stato puro è un liquido incoloro, di odore pungente; col tempo assume una leggera colorazione gialla. Il prodotto commerciale è giallobruno. È dotato anche di spiccato potere tossico-soffocante. Trielina nitrata. Miscela di numerosi costituenti chimici fra cui il tetracloronitroetano, il t etracloroetilene, ecc. Allo stato ordinario di temperatura e pressione è un liquido quasi incoloro, di odore molto pungente simile a quello della cloropicrina. Possiede anche notevole potere tossicosoffocante. Cloropicrina o Nitrocloro/ormio (CCI. N02). Allo stato puro è un liquido leggermente oleoso, quasi incoloro, refrangente. Il prodotto grezzo ha una colorazione gialla e odore pungentissimo. Possiede notevole potere tossico soffocante, ma inferiore a quello della trielina nitrata.


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I principali composti usati a questo , Di/enilcloroarsina (CeH5)2 As Cl. Allo stato puro si presenta sotto forma di cristalli bianchi; allo stato grezzo è un liquido bruno che col tempo si trasforma in una massa viscosa semi-solida. Difenilcianarsina (C0Hs)2 As CN. A temperatura ordinaria è una sostanza solida, di odore agliaceo ed insieme di mandorle amare. Difenilamminoclorarsina NH. (CeH.)2 As Cl. Allo stato puro si presenta come una sostanza solida, cristallina, di colore giallo-arancio; se è grezza i cristalli hanno un colore verde-scuro, talora bruno. Etildiclorarsina (C2H5 As Cl2). Liquido incolore, mobile che ingiallisce rapidamente all'aria e alla luce. Ha oàore non sgradevole, che è stato ·p aragonato a quello delle frutta fresche. Alcune sostanze impiegate per la produzione di nebbie artificiali (cloridrina solforica) o di fumi (a base di ossido di zinco e tetracloruro di carbonio o di esacloroetano) possiedono potere irritante sulle vie respiratorie, ed anche tossico (fosforo). STARNUTATORI. -

scopo furono:

~Cenni di anatomia patologica.

L'anatomia patologica delle lesioni da lacrimogeni è assai scarsa. Sul vivente l'esame clinico rivela manifestazioni a carico delle congiuntive oculari, consistenti in una iperemia acuta con iniezione di finissimi vasi, che danno alle congiuntive stesse una colorazione uniformemente rosea·, lievemente opalina per la presenza di essudato. Talvolta si associa chemosi palpebrale. Per forti concentrazioni, sono state osservate sulla superficie èutanea iperemia ed anche comparsa di piccole vesciche.


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A carico dell'organo visivo, nei colpiti da starnutatori, si possono osservare congiuntivite, blefarite e chemosi, più o meno gravi, ma raramente a carattere permanente. La cute può essere irritata ed infiammata, con eritema ed ustioni fino alla necrosi, ma senza raggiungere la intensità e la gravità delle lesioni cutanee da iprite o da lewisite. Molto più importanti sono le lesioni, quando la concentrazione è molto elevata, a carico d~ll'apparato respiratorio e delle prime vie aeree. Si ha congestione della mucosa nasale, della gola, dei bronchi; si può avere anche edema polmonare. Questa azione è molto simile a quella del cloro e del fosgene, con l'aggiunta che può essere distrutto il rivestimento epiteliale della mucosa come nei colpiti da vescicatori. Però la distruzione non si estende alle piccole ramificazioni dell'albero bronchiale e l'edema non presenta di solito, la gravità di quello che- si riscontra nei colpiti da soffocanti. I polmoni, aumentati di volume e di peso, presentano aree di congestione e di edema, ed anche, se la morte avviene a distanza di tempo, focolai di polmonite, con o senza presenza di pus, e pleurite purulenta. All'esame istologico si osservano zone di congestione e di edema, alternate con zone di enfisema. Gli organi addominali presentano in genere lesioni lievi. In qualche caso si rilevò ulcerazione della mucosa gastrica e intestinale. Sintomatologia.

I sintomi oculari, nei colpiti da lacrimogeni, si manifestano con grandissima rapidità e scompaiono anche in breve tempo. Si ha dapprima senso di bruciore, fotofobia e blefarospasmo, cui segue rapidamente un'abbondante lacrimazione. La esposizione ad altissime concentrazioni, o la pro-


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lungata permanenza in concentrazioni basse, dà una ·irritazione oculare piuttosto durevole; il colpito non riesce per un certo tempo a riaprire gli occhi e può presentare disturbi nello stato generale (astenia, cefalea, vertigini), e nell'apparato respiratorio (tosse, dispnea). L'esame obiettivo fa rilevare forte iperemia congiuntivale specie nel bulbo e nei fornici. I margini palpebrali si presentano talvolta lievemente tumefatti ed· eritematcisi. Il decorso di quest1 fenomeni ordinariamente è breve; la guarigione avviene con rapidità anche nei casi apparentemente più gravi e, in generale, gli occhi tornano normali nelle 24 ore. Le complicanze osservate in guerra sia a carico dell'apparato respiratorio (quali le tracheiti, tracheo-bronchiti, bronchiti), sia a carico del sistema nervoso (stato pseudom~ningitico con febbre leggera per 1-2 settimane), furono dovute o ad esposizione a concentrazioni molto elevate, o, con ogni probabilità, all'azione di altri aggressivi mescolati a quelli ad azion~ lacrimogena. Fra gli starnutatori ebbe ·largo impiego in guerra la difenilclorarsina. L'azione fisiologica delle arsine consiste in irritazione del naso, della bocca, degli occhi e delle vie respiratorie. In un primo tempo, oltre a fenomeni irritativi specialmente a carico della mucosa rino-faringea, si ha produzione di starnuti, dolore retrosternale, costrizione del torace, senso di soffocazione. Si rilevano anche dolore e senso di brnciore agli occhi, ma differenti da quelli dati da lacrimogeni; nel caso delle arsine si ha infatti la sensazione · di avere sotto le palpebre come una sabbia finissima. Se la concentrazione è elevata o la esposizione si prolunga, si ha nausea e vomito; talora si hanno i sintomi di soffocazione per edema polmonare. Sj possono anche verificare contratture muscolari degli arti, seguite da vivi dolori. 5


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Ai-sintomi acuti può seguire lieve vertigine, cefalea e fenomèni a carico del sistema nervoso, consistenti in disturbi sensitivi e motori. Occasionalmente si è osservata anestesia che può raggiungere la completa perdita della s~nsibilità sopra superfici cutanee anche estese. In qualche caso può aversi anrhe paralisi. Ma in generale i disturbi nervosi, motori e sensitivi, hanno carattere funzionale, e si ha una guarigione rapida e completa. I primi sintomi .si sviluppano in generale dopo pochi minuti di esposizione all'atmosfera gassata, qualche volta anche dopo un tempo maggiore; essi sono più intensi e precoci, però meno persistenti, con la difenilclorarsina. I fenomeni non scompaiono subito quando l'individuo viene portato all'aria pura, ma permangono per qualche tempo, variabile a seconda della concentrazione che ha agito e della durata di esposizione. Alcune arsine organiche (etildiclorarsina, metildiclorarsina) possono determinare anche causticazioni e vescicazioni cutanee. In casi di grave intossicazione si possono ritrovare traccie di arsenico nel sangue e nelle orine. Diagnosi e prognosi.

La diagn9si di azione da lacrimogeni si fonda sui segni oculati che compaiono in modo istantaneo quando sj è in presenza di lacrimogeni veri e propri. Questi segni consi$tono essenzialmente in una brusca e intensa sensazione di bruciore, cui segue un' abbondante secrezione di lacrime e scompaiono in genere abbastanza presto, non appena il soggetto è allontanato dall'atmosfera contaminata. In alcuni casi la comparsa delle lacrime aumenta l'a'.". zione irritante (brumuro di benzile), in altri l'attenua (cloropicrina), mentre nelle lesioni congiuntivali da iprite, çh,e


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si manifestano dopo un certo periodo di latenza, essa non ha alcuna azione. La coesistenza di s.intomi cutanei, bruciore e arrossamento della superficie maggiormente esposta, si ha in • presenza di cloracetofenone. La diagnosi per gli starnutatori, si può fondare: sui caratteristici segni di irritazione nasale che provocano starnuti e secrezione accompagnata da senso di bruciore al retro-bocca, salivazione abbondante e cefalea frontale. Sui segni oculari consistenti in dolore e bruciore, sensazione di sabbia sotto le palpebre, lacrimazione e fotofobia. Sui segni gastrici: nausee, crampi allo stomaco, conati di vomito. Sui disturbi nervosi e psichici: vertigini, disturbi della motilità e della sensibilità, depressione psichica alcune volte molto grave. La prognosi per i colpiti da lacrimogeni, è sempre fausta quando gli aggressivi esercitano la loro azione sulla sola congiuntiva oculare. È riservata per alcuni composti (bromoacetone, cloropicrina, trieiina nitrata) quando, per intensa gassazione, si manifeslino fenomeni a carico dell'apparato respiratorio o del sistema nervoso. Gli starnutatori, a deboli dosi comportano una prognosi fausta. Per le concentrazioni elevate invece la prognosi deve porsi con riserva, quançlo non sia addirittura infausta, come può avvenire sopratutto per le alterazioni o complicanze a carico delle vie respiratorie. Le manifestazioni da arsine raramente danno luogo a posh1.mì importanti; in tale eventualità la forma più facile a riscontrare è la bronchite cronica. TeJ:'.apia.

li còmpito della terapia nelle lesioni da irritanti, quando questi abbiano agito in condizioni· atte a determinare solo


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l'effetto lacrimogeno o starnutatorio, è abbastanza semplice e risponde facilmente ai suoi scopi. Allontanare il colpito dall'ambiente contaminato, evitando che si strofini gli-occhi con le mani o col fazzoletto. Praticare subito lavaggi degli occhi con soluzioni di • bicarbonato al 2 %, o con soluzione fisiologica sterile e tiepida, meglio se ipertonica (cioè al 14 %, isotonica al liquido lacrimale), o con soluzione di permanganato al1'1 ·: 4000 in soluzione fisiologica: Non debbono essere impiegati colliri a base di atropina, solfato di zinco, o nitrato d'argento, come pure non si debbono impiegare le sostanze · grasse e la vaselina, perchè hanno la proprietà di fissare alcune sostanze impiegat e come lacrimogeni, specie il bromuro di benzile. E vitare i bendaggi occlusivi; ricorrere invece a bendaggi a tendina, che lasciano l'occhio s.coperto, mentre lo p roteggono dall'azione diretta della luce. P er i colpiti da sternutatori si consiglia, appemrctllontanati dall'ambiente contaminato, il cambio dei vestiti. Saranno praticati lavaggi delle mucose nasali, del faringe e della gola con soluzioni di bicarbonat o di sodio, o di acido borico, o con soluzione fisiologica Contro il dolore e l'irritazione del retrobocca, si useranno istillazioni di una soluzione di cocaina in glicerina all'l-2 %, o gargarismi con soluzione di mentolo.


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CAPITOLO V. I tossici. Le principali sostanze appartenenti a questo gruppo sono: Acido cianidrico (HCN). Allo stato puro ed anidro si presenta come un liquido incolore, limpido, dell'odore particolare di mandorle amare. Allo stato ordinario di températura e pressione è gassoso ed incolore. Ossido di carbonio (CO). A temperatura e pressione ordinaria è gas incoloro, inodoro; estremamente diffusibile nell'aria. È da tenere ·presente che le comuni maschere antigas (campali, territoriali e per popolazione civile) non proteggono contro l'ossido di carbonio. Per la difesa contro questa sostanza occorrono particolari scatole filtro .a base di Hopcalite (miscela di biossido di manganese, ossi<lo di rame, di cobalto ed ossido di argento), che trasforma l' ossido di carbonio in anidride carbonica. Idrogeno arsenicale (As H3), Gassoso. In generale i tossici hanno scarsa efficacia aggressiva all'apert o, per la loro rapida diffusibilità. Pertanto il loro impiego a scopi bel.lici appare finora poco probabile. Cenni di anatomia patologica.

Nei casi di morte rapida per acido cianidrico t utti gli organi assumono una colorazione rosea o rosso-brillante; i polmoni appaiono rimpiccoliti, ma non presentano alterazioni istologiche; il cuore si arresta in sistole; il sangue, rosso-brillante, è fluido o leggermente coagulato.


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Negli avvelenamenti letali per ossido di carbonio la pelle del cadavere, specie alla faccia, al petto, ai gomiti, alle coscie, è di color rosso vivo. I vasi, i ùmscoli, i visceri, specie i polmoni; presentano alla sezione un colorito rosso ciliegia. Il sangue è fluido, rutilante, ed esaminato allo spettroscopio dà lo spettro caratteristico della carbossiemoglobina. I polmoni presentano piccole emorragie subpleuriche. Piccole emorragie sub-mucose si riscontrano pure nel tubo gastro-enteri~o. Forti concentrazioni di idrogeno arsenicale determinano emolisi ed emoglobinuria. Il fegato e la milza sono aumentati di volume, di colore porpora intenso, e a perficie di taglio congesta. Se la morte è sopravvenuta dopo le 12 ore, si nota: ittero diffuso, intense lesioni del fegato, che è ingrandito; reni ingrossati, di colore bleu-scuro, con cristalli di metaemoglobina nei tubuli renali.

su-

Sintomatologia .

· Il colpito da acido- cianidrico avverte, oltre all'odore caratteristico del tossico, sapore acre ed amaro, costrizione alla gola, dolore oppressivo alla rtuca ed alle tempie, vertigine, obnubilamento visivo, salivazione abbondante, intensa dispnea. I movimenti divengono incerti; si ha quindi perdita della coscienza e caduta. Il respiro si arresta, mentre il cuore seguita ancora a battere. Vi è perdita delle feci e delle urine. Nei casi mortali la morte avviene · in opistotono. Nei casi gravi il colpito può considerarsi completamente guarito solo dopo parecchi giorni. Gli effetti dell'ossido di carbonio nell'organismo sono differenti a seconda deEa quantità di veleno inspirato. Si distinguono -due forme fondamentali: intossicazione' acuta; intossicazione cronica. Nella forma acuta si possono presentare tre forme cliniche: fulminante, grave e lieve. L'in-


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tossicazione fulminante si ha quando in un ambiente chiuso avviene una forte produzione di ossido di carbonio (scoppio di proiettili, di mine, ecc.). Il colpito cade bruscamente a terra con perdita della coscienza e convulsioni che precedono di poco la morte. Nell'intossicazione grave, in genere, i sintomi compaiono gradualmente e la morte, che è l'esito più frequente, avviene senza convulsioni. In un primo stadio il colpito avverte forte cefalea, costrizione penosa alle tempie, ronzii, vertigini·, nausee, spesso seguite da vomito; talvolta allucinazioni visive ed uditive. Le sue facoltà intellettuali restano dapprima intatte e la capacità di muoversi è conservata tanto da permettergli di allontanarsi dc1.lla zona pericolosa, se ha però la sensazione del pericolo che corre. Più tardi l'intossicato, ancora cosciente, vorrebbe allontanarsi, ma, per sopraggiunta paresi degli arti inferiori, se ne fa il tentativo è colto da vertigini e cade. Perdurando l'azione del veleno, si manifesta sonnolenza. In un secondo stadio, il respiro si rallenta, diviene superficiale, stertoroso ed assume talvolta il ritmo di Cheyne Stokes. I battiti cardiaci aumentano di frequenza, mentre la pressione arteriosa si abbassa. I riflessi superficiali e profondi sono scomparsi; vi è perdita di feci e di urina. Quest·o stato può durare alcune ore o solo pochi minuti. Infine sopraggiunge il terzo stadio nel quale si aggrava il coma, il respiro si arresta, mentre il cuore continua ancora a pulsare debolmente ed irregolarmente, finchè cessa di battere. Durante il decorso possono insorgere delle notevoli complicanze neuro-psichiche per effetto dell'anossiemia cerebrale o delle lesioni emorragiche che si determinano nell'encefalo. Sono state anche descritte delle paralisi, di origine centrale o periferica. L'intossicazione lieve da ossido di carbonio consiste in malessere, fenomeni di eccitamento, stanchezza, talvolta


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tendenza al sonno e disturbi gastric:. Gli intossicati hanno la faccia rossa, sono loquaci, talora violenti, tanto che possono essere scambiati per individui in stato di ebbrezza alcoolica. Altre volte invece prevalgono sintomi depressivi, digestivi e nervosi (stanchezza, inappetenza, cefalea, capogiri, ronzio agli orecchi). L'assorbimento ripetuto di pie.cole dosi di ossido di carbonio può condurre lentamente aJla intossicazione cronica. L'idrogeno arsenicale provoca una intensa emolisi con consecutiva anemia ed una grave nefrite tossica. Il quadro dinico si stabilisce piuttosto rapidamente. Il colpito · ha senso di malessere, astenia sino al collasso, talvolta delirio, convulsioni, coma. Si manifesta ittero più o meno intenso. Il fegato e la milza sono ingrossati e dolenti. Vi è emoglobinuria, albuminuria, cil.i ndruria; talvolta, esiste anuria assoluta. Diagnosi e prognosi,

La diagnosi di queste intossicazioni non offre generalmente grande difficoltà, se si tiene conto dell'anamnesi e specialmente dei sintomi soggettivi e, meglio ancora, quando si possano eseguire le opportune ricerche chimicocliniche. L'odore di mandorle amare mette sull'avviso delJa presenza di acido cianidrico. Quando senza alcun. fenomeno irritativo si manifestano vertigini, obnubilamento visivo, incertezza dei movimenti, con senso di amaro alJa bocca, costrizione alla gola. senso di pressione alle tempie, cui seguono perdita di coscienza, caduta e convulsioni toniche, si deve pensare all'acido cianidrico. Nel sangue dell'intossicato si può ricercare I.a cianoemoglobina; Per diagnosticare una intossicazione da ossido di carbonio non bisogna aspettare di avere di fronte il quadro


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clinico completo. ma si deve tener sempre presente tale eventualità nei casi in cui qualche sintomo. anche isolato. possa destarne il sospetto. In questi casi è utile ricorrere all'esame del sangue. Tra i vari metodi proposti vanno ricordati l'indagine spettroscopica e la reazione del Coronedi al solfato di idrazina (1). Per l'idrogeno arsenicale la diagnosi si basa sui principali sintomi soggettivi e cioè: malessere, astenia che giunge fino a) collasso, delirio, convulsioni, e su quelli obiettivi di (1) Si preparano, tenendole separate, le due seguenti soluzioni: A) Soluzione saturn a fredclo cli solfato d'idrazina puro. B) Soluzione di acetato socUco al 10 %. Al momento dell'uso si mescolano p. 3 della soluzione A con p.

l della solu· zione B. • Non conviene adoperare una miscela di data superiore alla giornata. Si deve quindi preparare una soluzion e, in acqua (llijtillata, tanto del sangue ossicarbonico che di quello normale di controllo. Tali soluzioni si preparano facendo cadere alcune gocce di snngue su circa cm3 • 10 di acqua distillata sino ad ottenere una coloraziono rosea evidente di uguale mtensltà nelle duo provette; quindi si Oltrano ambedue le soluzioni, per carta, sino a che non siano divenute per!cltamentc limpide. Prelevali i cm3 • di ciascuna delle due soluzioni ematiche, si ac;giungono 13-14 gocce del reattivo costituito dalla mescolanza delle due soluzioni .1 e D. e si agita lievemente. Trascorso qualche minuto si osserva nel campione co,·rispondentc a l sangue normale un mutamento progressivo di colore, che dal rosso passa al giallo arancione sCUl'O, mentre Il campione corrispondente al sangue osslcarbonico conserva immu· tata la propria tinta rosea. L'appreZ?.amento del risultato si racìlita guardando le due provette a luce incidente su fondo bianco. In dieci minuti al massimo il contrasto fra i due campioni in esame è cosi manitcslo da poter essere rilevato con facilità. La reazione è più rapida ed evident e riscaldando le due provette contempo· rane.'\mente In bagno-marin. In scg1tlto a ciò si constata la comparsa di un preci· pitnto costituito da piccolissimi grurni sospesi, che poi, col riposo, In breve si raccolgono al tondo della provetta sotto forma di un grumo, mentre Il liquido sopra· stante appare perfettamente limpido. Nel caso del sangue normale Il liquido sovrastante è di color giallo-arancio scuro e il grumo quasi marrone. Nel caso del sangue osslcarbonlco il liquido conservn una tinta rossiccia netta, ment re il grumo si mostrn rosso cupo. Inoltre Il sangue normale, a caldo, in genere si intorbida pi!t di quello ossicar· bonico. Il risultalo va accenluandosi col tempo, e si mostra persistente, per modo da essere apprezzabile anche il giorno successi vo nll'esperienza.


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un ittero più o meno marcato con epatosplenomegalia e di una grave nefrite acuta con emoglobinuria. La prognosi per gli aggressivi di questo gruppo dipende essenzialmente dalla concentrazione per l'acido cianidrico, dalla concentrazione e dalla durata di esposizione per l'ossido di carbonio e l'idrogeno arsenicale, e dalla immediatezza del soccorso. Ad elevate concentrazioni la prognosi da ~cido cianidrico è di regola infausta e la motte avviene in pochi minuti. Criteri di gravità prognostica sono i fenomeni convulsivi e l'arresto del respiro: Tali fenomeni sono tuttavia favorevolmente modificabili dalla terapia d'urgenza e la guarigione è allora rapida e completa in poche ore. A concentrazioni deboli, anche quando la loro azione si protragga a lÙngo, la prognosi può considerarsi fausta. Ad elevate concentrazioni e senza intervento terapeutico la prognosi è sempre infausta per l'ossido di carbonio. Criteri di gravità sono l'apparizione di macchie rossastre sulla pelle, lo stato comatoso e l'indebolimento progressivo delle funzioni respiratorie · e cardiache. A deboli concentrazioni e quando si sottrae 'prontamente il paziente all'azione del tossico, la guarigione avviene completamente in pochi giorni. Per l'idrogeno arsenicale la prognosi avrà sempre carattere di riservatezza. Terapia.

I capisaldi del pronto soccorso ai colpiti da tossici sono: la respirazione artificiale; l'ossigeno-tera pia; gli eccitanti cardiaci. La respirazione artificiale si può praticare con uno dei seguenti metodi principali.


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Metodo di Silvester. Il paziente viene messo in posizione supina con le spalle sollevate mediante una coperta arrot olata posta sotto la regione scapolare, la testa reclinata all'indietro e girata decisamente da un lato. La posizione della testa facilita la fuoruscita dal naso e dalla bocca dei residui del vomito. L'operatore, inginocchiatosi dietro il capo dell'asfissiato, afferra la parte p rossimale di ambi gli avambracci, e, tirandoli lentamente verso di lui, li porta, facendo loro descrivere mezzo cerchio, al disopra della testa del colpito fino a portare i gomiti a contatto con il pavimento. Eseguito questo tempo, l'operatore cambia la posizione delle mani: afferra gli avambracci del paziente direttamente al disotto dei gomiti e riconduce le braccia come due leve verso lo sterno esercitando una vslida pressione contro le pareti antero-laterali del t orace. Questa manovra dovrà essere ripetuta da 10-15 volte al minuto, dopo una breve pausa, cioè secondo il ritmo della respirazione normale; con questa manovra si esercita anche un'utile azione meccanica sull'attività cardiaca. Metodo di Schaeffer. Il paziente è posto bocconi al suolo con un bracci o st eso direttamente in avanti sopra la testa, l'altro piegato al gomito e la testa voltata da un lato. L'operatore si collocherà a cavalcioni tenendo le coscie del colpito fra le gambe in modo da potersi sedere sui propri polpacci; esso estende le braccia e pone le mani aperte sulla parte inferiore del dorso del paziente a livello delle ultime coste, con l'estremità dei pollici che quasi si toccano. Tenendo le mani diritte, l'operatore, si appoggia progressivamente e dolcemente con tutto il peso sul torace del colpito in modo da provocare, gradualmente, e non violentemente, l'espirazione; terminata la pressione, l' operatore, pur lasciando le mani sul posto, oscilla indietro in modo da togliere la p ressione; l'inspirazione si produce


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per elasticità delle costole e degli organi addominali. La manovra va ripetuta oscillando ritmicamente avanti ed indietro in modo ,da provocare un atto respiratorio completo ogni 5 secondi (3 secondi espirazione, 2 secondi inspirazione). Vi sono oggi degli apparecchi (tipo Panis) che consentono di praticare la respirazione artificiale per lungo t empo con un piccolo sforzo fisico da parte dell'operatore. Ossigeno-terapia: nella cura di questi colpiti la somministrazione dell'ossigeno dovrà rispondere ai concetti seguenti, che in parte si differenziano da quelli enunciati nel trattare la cura dei colpiti da aggressivi soffocanti: L'ossigeno deve essere somministrato puro e ad una concentrazione non inferiore al 75 %, La somministrazione deve avvenire per mezzo di speciali apparecchi, i quali lo somministrino non solo alla concentrazione dovuta, ma anche sotto una certa pressione. L'ossigeno negli intossicati è più efficace se viene mescolato ad una percentuale del 3-5 % di anidride carbonica (carbogene). La somministrazione dell'ossigeno, accompagnata dalla respirazione artificiale, deve continuare p~r molto tempo prima di considerare perduto un intossicato da ossido di carbonio, anche nei casi in cui sembri sia sopraggiunta la morte. I cardiocinetici saranno subito impiegati, specialmente l'etere e la caffeina, accompagnati da frizioni e senapismi al torace e agH arti, mentre il colpito sarà riscaldato con bottiglie calde e coperte. Passato il periodo acuto gli infermi, quantunque in via di miglioramento, debbono essere mantenuti ancora in riposo, perchè nei casi di intossicazione da ossido di carbonio, per piccoli sforzi si può manifestare un'improvvisa dilatazione cardiaca con rapida sincope.


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Contro la cefalea non si debbono prescrivere i comuni analgesici (piramidone, fenacetina, aspirina), perchè predispongono al collasso. Nell'intossicazione da acido cianidrico, perchè il soccorso riesca efficace deve essere immediato, cioè praticato, possibilmente, nei primi minuti. Di recente è stato preconizzato, come antidoto, l'uso del nitrito di sodio in soluzione all'l % in acqua distillata, per via endovenosa. Sono raccomandabili le applicazioni fredde alla nuca. La terapia dell'idrogeno arsenicale ha carattere essenzialmente sint omatico.



PARTE TERZA LA DIFESA ANTIGAS CAPITOLO I.

La protezione umana. A) - Protezione individuale .

. 1° La maschera antigas. - Fra le difese individuali occupa ancor oggi il primo posto la maschera che, salvo in alcune particolari circostanze, assicura la integrità delle vie respiratorie e degli occhi. La maschera appartiene alla categoria dei dispositivi filtranti; esistono anche dispositivi ermetici, di cui parleremo. Nei respiratori attuali la difesa contro gli aggressivi allo stato di gas e di vapori è affidata a granuli di sostanze assorbenti solide (in prevalenza carbone vegetale attivato), anzichè al passaggio dell'aria intossicata attraverso garze imbevute di soluzioni neutralizzanti, come avveniva nei primi tempi della guerra chimica. È opportuno ricordare che questo moderno concetto di depurazione dell'aria è italiano ed è dovuto al chimico lcilio Guareschi. Circostanze sfavorevoli fecero sì che la prima applicazione pratica di tale principio dovesse realizzarsi presso l'esercito tedesco e successivamente nello Standard Box Respirator, dell'esercito britannico, che durànte l'ultimo ·anno di guerra venne impiegato anche dalle nostre truppe. , , l,.~..difesa contro le arsine, che si di$perdono nell'aria


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sotto forma di aerosoli, deve invece avvenire mediante speciali dispositivi che ne arrestano meccanicamente le minutissime particelle. Questi dispositivi variano assai nei diversi tipi di scatola filtro, e rappresentano uno dei più importanti elementi della minorazione dovuta all'impiego della maschera. I vari tipi di maschera: si considerano attualmente tre tipi principali di maschera: la militare o campale (C) destinata alle truppe combattenti; la territoriale (1) per le truppe di seconda linea e per la parte detta attiva della popolazione civile (militi della C. R. I., pompieri, operai di alcune officine, ecc.); la maschera per la popolazione civile passiva (P. C.). La differenza essenziale fra i tipi suddetti non è tanto dal punto di vista della efficacia protettiva e della durata della scatola filtro quanto da quello economico, essendo necessario che specialmente le maschere P. C. siano di basso costo. Come maschere c~mpali sono attualmente in dotazione presso l'Esercito la Mod. Penna e la M. 31. Esse posseggono un filtro di grande capacità, che è collegato al facciale mediante un tubo elastico, adduttore dell'aria. Per la loro descrizione v~dasi l'Istruzione sulla difesa contro gli aggressivi chimici. Le maschere T. sono provviste di una piccola scatola filtro, avvitata direttamente al facciale. Ne esistono vari modelli (T. 32, T. 33, T. 34). La fabbricazione e vendita delle maschere per popolazion~ civile è disciplinata da speciali norme legislative, ed ayviene sotto la sorveglianza e il controllo del ministero della guerra. Per questi tipi di maschere sono anche previsti facciali in materiale trasparente. Per i feriti alla testa sono stati impiegati, durante la guerra, speciali cappucci in tessuto antipritico. Però tali


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mezzi di protezione hanno un eccessivo spazio morto che è difficile ridurre a proporzioni praticamente tollerabili.

Per tale ragione sono preferibili dei semi-cappucci in gomma elastica, da applicarsi al disopra della fasciatura a cui aderiscono intimamente, e che ricoprono essenzialmente la faccia del ferito. lnfl.uenza della maschera antigas sul rendimento del combattente: ogni mezzo di protezione individuale antigas produce una minorazione della efficienza organica, e quindi costituisce una causa di minor rendimento del combattente. II facciale rappresenta, nel suo complesso, un primo fattore di diminuita capacità fisica e psichica del soldato. La perfetta aderenza al viso, condizione essenziale per una bU<;ma tenuta della maschera; la molestia dovuta ai tiranti e al cuscinetto nucale che comprimono il cuoio capelluto specialmente indossando la· maschera sotto l'elmetto; la sudorazione della cute della faccia, costituiscono di per sè una sede di disagi, non grandi se presi isolatamente ma che, sommati insieme, danno un senso di malessere ìastidioso. Notevole è poi la riduzione del campo visivo e del campo di sguardo che ogni tipo di maschera forzatamente produce, per quanto si possa curare al massimo possibile la buona posizione degli occhiali. La necessità di impiegare dischi o· pomate antiappannanti contribuisce a diminuire la vic:;ibilità. La fonazione è notevolmente disturbvt:-:i. Altro fattore di disagio è costituito in alcune maschere dal così detto setto nasale o setto divisorio. La presenza di questo elemento è legata a vari motivi di cui i principali sono: ridurre lo spazio nocivo, o spazio morto; evitare il manticiamento e le deformazioni delle pareti del facciale; convogliare la corrente dell'aria espirata, in modo che non investa la superficie interna degli occhiali. Il problema dello spazio nocivo, è una delle due più importanti questioni i

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fisiologiche legate con l'uso della maschera antigas. ' Per comprenderlo, dato .il suo interesse pratico, è necessario qualche breve ricordo sulla funzione i::espiratoria normale. È noto come gli scambi gassosi fra l'ambiente e !'organi, smo umano si compiano nei polmoni (respiraztone esterna), e precisamente negli alveoli. È pure noto che tali scambi consistono in assunzione dall'esterno di aria ricca di ossigeno ed emissione nell'ambiente di aria espirata, ricca in anidride carbonica. Prima di giungere ai polmoni, l'aria attraversa una serie di organi che non contribuiscono al chimismo respiratorio, e formano il così detto spazio morto fisiologico (circa 14Ò cc.). L'alimento di questo volume fa sì che l'aria ispiratoria si arricchisca inde:bitamente di anidride carbonica e risulti perciò dannosa alla normale respirazione. Quindi una maschera che abbia una graµde cavità recherà maggior disturbo al portatore <li un facciale in cuI lo spazio nocivo sia ridotto al minimo. Tuttavia la pratica e gli studi · compiuti al riguardo in questi ultimi anni hanno dimostrato che non bisogna considerare con criterio troppo assolutista questo concetto. Ne vediamo la successiva evoluzione in tre tipi fondamentali di maschera antigas: il respiratore inglese, la lVIod. Penna, la lVI. 31. Il respiratore inglese è munito di boccaglio e stringinaso; lo spazio morto non è praticamente aumentato in confronto a quello fisiologico. Il cavo della Mod. Penna è diviso dal setto nasale in due concavità mÌf1:ori, a tenuta stagna; poichè la valvola di espirazione è molto vicina ·alle vie respiratorie del portatore, l'aumento di spazio morto è ridotto al minimo. Nella maschera M. 31 il setto suddivide il cavo in due concavità non a tenuta stagna; perciò lo spazio morto è un poco maggiore che nel facciale Mod. Penna. Il che non nuoce affatto al buon fumionamento della maschera. Nelle maschere T. e P: C. non esiste.setto nasale; lo spazio morto è maggiore che nelle maschere cam-


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pali, ma tuttavia è contenuto in limiti che le ricerche sperimentali e l'impiego pratico hanno dimostrato ben tol· lerabili. Ma la minorazione più importante è quella che deriva dalle resistenze che la maschera oppone alla respirazione. È questo, oggi, i1 problema principale dei mezzi di difesa antigas. Infatti la resistenza alla inspirazione dell'uomo a riposo determina una diminuzione· della ventilazione polmonare e del consumo di ossigeno, e nell'uomo che lavora una diminuzione della ventilazione polmonare e un maggior sfruttamento dell'aria inspirata. Anche la funzion e circolatoria resta turbat a, e il cuore co;rnpie uno sforzo maggiore dell'ordinario. Le modificazioni causate dalle resistenze espiratorie sono meno profonde, ma possono diventare importanti quando una resi stenza anche non elevata alla espirazione sia accompagnata ad una importante resistenza inspiratoria. Queste sono appunto le circostanze che si verificano in una maschera antigas. In essa la resistenza è doppia e cioè una inspiratoria, assai più elevata, costituita dalla scatola filtro e dalla valvola di inspirazione; ed una espiratoria, costituita essenzialmente dalla valvola omonima. Nelle scatole filtro più recenti la resistenza è notevolmente diminuita, 'fino a circa 30 mm. d'acqua per un flusso di 40 litri al minuto, pur essendosi conseguito un vantaggio nella difesa antiarsinica, che rappresenta la principale causa di resistenza. Tutti gli elementi ora presi in esame, ed in pitl l'importantissimo fattore psicologico, contribuiscono a diminuire in modo notevole il rendimento del combattente quando sia provvisto di maschera antigas; ricerche condotte sopra soldati non allenati hanno dimostrato che talé dimim1zione può raggiungere il 30-40 % della originale efficienza. Allenamento alla apnea: vi sono degli accorgimenti


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atti a rendere notevolmente meno sensibili i danni derivanti dall'uso della maschera: uno di essi è rappresentato dal metodico allenamento dei militari alla sospensione volontaria del respiro. Il sospendere per un certo periodo di tempo la respirazione (apnea volontaria) può costituire un espediente di grande utilità durante un episodio di guerra chimica, consentendo al militare sia di mettere in atto, qualora po.ssibile, mezzi di difesa tattica, sia di indossare e adattarsi correttamente, in tranquillità di spirito. la maschera antigas. Inoltre l'abitudine all'apnea, ginnasticando il respiro ed il circolo, giova moltissimo per far conseguire più presto ql!egli adattamenti funzionali che consentono di sopportare con maggior facilità la resistenza respiratoria e gli altri svantaggi derivanti dall'uso della maschera. Le ricerche praticate hanno dimostrato: mediante opportuno addestramento, la capacità individuale all'apnea può aumentare in tutti.i militari, Ufficiali (30-40 anni) e soldati (21 -22 anni), di oltre il 100 % in confronto dei valori iniziali; come valore medio è facile raggiungere e anche superare i 6Ò sec. (apnea inspiratoria, individuo a riposo); per conseguire un utile allenamento_ sono necessarie, nelle prove collettive, circa 3-4 settimane; le modalità pratiche più opportune per l'addestrament~ sono rappresentate da 10 esercizi giornalieri di sospensione del respiro, intervallati di almeno 10 minuti; i vantaggi ottenuti hanno in gran parte carattere di stabilità, nell'ambito di molti mesi. Allenamento alla maschera: altro presidio utilissimo per diminuire gli effetti derivanti dall'impiego de1la ma~ schera è un sistematico allenamento all'uso prolungato di tale mezzo di difesa individuale. • L'allenamento deve essere iniziato con moderazione; si intensificherà poi, progressivamente, controllando il modo


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di reagire individuale dei singoli militari. A queste esercitazioni, oltre agli Ufficiali delle compagnie sarà utile che assista con frequenza anche l'ufficiale medico del reparto, sorvegliando lo stato generale dei militari, il comportamento degli scambi respiratori e del circolo sanguigno. Nell'espletare questo su·o compito l'ufficiale medico terrà presente che la deficienza di ossigeno (anossiemia) si costituisce in modo insidiòso, senza che l'individuo o un osservatore non ben preparato possano a t utta prima rendersene conto. Il militare che lavora in condizioni di anossiemia spesso non sente il bisogno di fermarsi e di riposare, anzi entra in uno stato di ostinata perseveranza, per il quale insiste nelle azioµi intraprese fino a che non si abbatte in preda alla asfissia. Spetta all'ufficiale medico di evitare, mediante una oculata sorveglianza, che si verifichino tali incidenti. I militari, già addestrati con precedenti esercizi ad indossare rapidamente e correttamente la maschera, saranno allenati al più lungo uso di questa cominciando a portarla per la durata di 15 minuti t rascorsi prevalentemente a riposo, per giungere ·g radatamente 'fino a periodi di almeno 6 ore consecutivè, nelle quali saranno alternati tempi di riposo con periodi di attività fisica varia ed anche intensa (marcia, qualche breve tratto di corsa, lavori di sterro, trasporto di pesi, esercizi di combattimento, ecc.). Durante le esercitazioni di allenamento, specialmente le prime, il militare sarà educato a respirare lentamente e profondamente. Se qualche militare mostrasse segni di particolare sofferenza da parte della respirazione o del cuore, sarà sottoposto, previa visita . sanitaria, ad allenamento individuale con metodi più gradu?li e secondo i consigli dell'ufficiale medico. I buoni risultati conseguiti con l'allenamento all'apnea


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ed alla maschera portano a considerare con ottimismo l'irn. piego del mezzo di difesa individuale antigas da parte del combattente. Infatti quando l'addestramento antigas è ben condotto, si è constatato che il militare provvisto di maschera può esplicare tutte le proprie attività con un rendimento non troppo inferiore al normale. Bonifica, disinfezione e disinfesta2ione: le maschere possono andar soggette ad una triplice contaminazione, e cioè da aggressivi chimici, o da agenti pat ogeni, 0 da parassiti. In tali circostanze occorre procedere alla loro bonifica antigas, o alla loro dinsif ezione o disinfe· stazione. P er la bonifica da aggressivi fugaci o semipcrsistenti è sufficiente l'aereazione, più o meno p rotratta. Se la contaminazione è avvenuta con aggressivi. persistenti, sarà necessario, ma non sempre sufficiente, procedere a lavaggi prolungati delle parti in gomma con acqua calda e sapone, o con soluzioni neutralizzanti quali ad es. il permanganato · di potassio al 4 %0 , o il biborato di sodio (solu~ione satura), od altre. Durante tali operazioni si dovrà curare che le parti più delicate della maschera (dischi antiappannanti, ~alvola di espirazione, ecc.) non subiscano danni. Dopo i lavaggi sarà utile una prolungata aereazione. Nc;m sempre però le misure ora ricordate assicureranno una perfetta bonifica, specialmenté se ha agito iprite liquida, che penetra in profondità nella gomma: finchè l'olfatto riveli il · caratteristico odore dell'aggressivo, sarà più prudente non fare usare la maschera al soldato, per non correre il rischio di contaminarlo. Gli agenti patogeni capaci di infettare una maschera possono essere. rappresentati da-ectoparassiti o da microbi. Nel primo caso, una sicura disinf~stazione si potrà ottenere facendo uso di uno dei seguenti mezzi: vapori di cloropicrina; acido cianidrico; benzina. Non è consigliabile l'im-


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piego dell'anidride solforosa, perchè con facilità detèriora alcune parti delle maschere. La cloropicrina sarà usata (con le debite cautele) in locali chiusi, nella quantità di 7 g. per m5 di ambiente, facendola evaporare da bottiglie aperte, e prolungandone l'azione per 24 ore. Per l'impiego dell'acido cianidrico si richiedono, come .è noto, personale specializzato, adeguati mezzi e particolari cautele. Per ogni m~ di ambient e sono sufficienti gr. 5,5 dt cianuro sodico, cm5 4 di acido solforico e cm5 15 di acqua. La benzina, sia ano stat o liquido che di vapore, rapp resenta un ottimo mezzo antiparassitario, semplice e facile a procurarsi. Potrà essere utilizzata, ad es. spruzzandone dapprima le maschere, e _racchiudendole poi per 24 · ore in un recipiente ove seguiteranno ad agire i vapori. Per la disinfezione chimica delle maschere, che dovrà essere sempre preceduta da un lavaggio accurato per l'asportazione meccanica delle impurità grossolane, si può ricorrere a mezzi liquidi o gassosi. Usando i mezzi liquidi, occorre distaccare la scatola filt ro, togliere i dischi antiappannanti e le mollette fermadischi, e immergere il facciale e il tubo corrugato adduttore dell'aria (compreso il bocchettone e il sistema valvolare). in una delle soluzioni seguenti: cresosol liquido (creolina) al 5 % in acqua; seifenol al 5 % in acqua; lysoformio al 10 % in acqua; formolo in soluzione acquosa (formalina del commercio) al 5 % in acqua. La immersione avrà la durata di due ore, dopo di che le maschere saranno lavate in acqua abbondante, specialmente per ciò che riguarda la valvola espiratoria, e poste ad asciugare all'aria libera per 12-24 ore (a seconda delle condizioni meteorologiche). Prima di usare nuovamente le maschere disinfettate, dovrà verificarsi la pervietà della valvola espiratorioa. I disinfettanti fenolici (cresosol, seifenol) presentano


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l'incònveniente della persistenza dell'odore ingrato anche dopo completo prosciugamento perciò saranno da preferire, sempre che possibile, i formolici (lysoformio, formalina). P er la disinfezione con mezzi gassosi, corrisponde bene l'impiego di vapori di formaldeide, nella concentrazione di g. 5 per ma di ambiente, in aria satura di vapore d'acqua. · I metodi più usati per ottenere lo sviluppo di formal deide sono i seguenti: 1° Ebollizione della formalina del commercio diluita a parti uguali con acqua (apparecchi Breslavia). 2° Sublimazione di compresse di paraformio (lampade Esculapio; 5 compresse accompagnate da evaporazione di circa gr. 30 d'acqua per ogni m3 di ambiente). 3° Sviluppo chimico col permanganato, impiegando per ogni ma di ambiente gr. 33 di ognuna delle seguenti sostanze: permanganato di potassio, formalina, acqua. 4° Sviluppo chimico con calce e acido solforico, usando per ogni ma di ambiente gr. 35 di formalina, gr. 25 di acqua e gr. 25 di acido solforico, mescolati e versati su gr. 200 di calce viva. Per praticare la disinfezione con vapori di formaldeide, oltre a locali da prepararsi in modo da renderli ermetici, si possono adoperare ambienti di circostanza, quali ad esempio due tende da campo sovrapposte, e separate da una intercapedine di qualche cm. · La disinfezione avrà la durata di 6-8 ore, dopo di che le maschere saranno aereate per circa 24 ore. Nei riguardi di queste pratiche si consulti anche la Istruzione sulla difesa contro gli aggressivi chimici. 2° Gli autoprotettori. - Nel considerare la maschera antigas come dispositivo filtrante, si è fatto cenno alla esistenza di altri apparecchi difensivi a tipo ermetico, cioè a circolazione chiusa. Essi isolano il portatore dall'ambiente


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esterno, e mentre gli forniscono l'ossigeno necessario alla respirazione, assorbono l'anidride carbonica contenuta nell'aria espirata. Questi apparecchi, detti autoprotettori, hanno un breve periodo di autonomia (in media un'ora circa), sono pesanti, ingombranti e notevolmente costosi. Piincipali circostanze di guerra chimica che possono richiedere l'impiego di autoprotettori, sono: presenza nell'aria di tossici noti, contro i quali normalmente la maschera ha capacità difensiva, ma che si trovano in concentrazione t roppo elevata per potere esser trattenuti completamente dal filtro ; presenza di tossici nuovi, o già noti (ossido di carbonio), che non sono normalmente trattenuti dal filtro; deficienza o assenza di ossigeno nell'ambiente. La costruzione degli autoprotettori è stata notevolmente perfezionata nel dopoguerra. Ne esistono oggi di due tipi fondamentali, e cio_è a riserva e a produzione di ossigeno. Nel primo tipo (R. O.) l'ossigeno (circa lpO l.) si trova compresso in una bomboletta, e l'assorbimento dell'anidride èarbonica avviene mediante idrato di sodio contenuto in apposita capsula metallica. Gli apparecchi del secondo tipo (P. O.) sono basati sul principio che alcuni composti chimici, come i perossidi' alcalini, assorbono contemporaneamente l'anidride carbonica contenuta nell'aria espirata, e sviluppano ossigeno. In altri apparecchi a P . O., detti ad ossigeno solido, l'ossigeno si sviluppa in seguito alla combustione di uno speciale composto a base di clorato di potassio. L'esperienza ha dimostrato che allo stato attuale di realizzazione, gli apparecchi a P. O. non offrono sufficienti garanzie di costante buon funzionamento. P erciò si preferisce a tutt'oggi il tipo R. O. Per le Forze Armate è attualmente previsto l'impiego di autoprotettori a riserva


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di ossigeno, per la cui descrizione si rimanda alla Istruzione sulla difesa contro gli aggressivi chimici. Il militare munito di autoprotettore è sensibilmente minorato nella sua efficienza . .Oltre al peso, l'ingombro e le difficoltà dell'impiego di un apparecchio meccanico complesso, l'autoprotettore agisce stùl'organismo specialmente perchè eleva la temperatura e il contenuto in ossigeno dell'aria inspirata. Quando avviene, come negli apparecchi usati durante la guerra, che l'autoprotettore sia provvisto di boccaglio e stringinaso, agli inconvenienti suddetti si uniscono anche quelli derivanti dall'uso di questi dispositivi, e cioè: la respirazione non è fisiologica, perchè si compie attraverso la bocca anzichè per il naso come normalmente: la fonazione è impedita; la salivazione è assai abbondante mentre, d'altra parte, la deglutizione della saliva è difficoltata; notevoli sono i disturbi soggettivi per la contrattura muscolare prolungata e la costrizione delle pinne nasali. I moderni autoprotettori sono provvisti, a preferenza, di maschera anti gas. La minorazione causata dall'uso dell'autoprotettore è così rilevante che non si può, a tutt'oggi, considerare questo importante mezzo di difesa come adatto per l'impiego da parte di t ruppe combattenti. Esso deve esser limitato a pochi uomini,' in prevalenza del genio (minatori) o di sanità (per soccorsi in particolari circostanze). 3° Gli indumenti protettiui. - La necessità di proteggere contro gli aggressivi ad azione vescicatoria, olt re alle vie del respiro, anche l'intera superficie cutanea, porta a considerare le condizioni in cui viene a trovarsi un militare quando sia provvisto di mezz~ di difesa antipritica. Gli indumenti antipritici regolamentari sono confezionati in t essuto impermeabile all'aria. La protezione completa implica l'uso dello scafandro, con cappuccio, calzari e guanti,


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oltre, s'intende, alla maschera. Per la descrizione di questi indumenti vedasi l'Istruzione sulla difesa contro gli aggressivi chimici. Per usi sanitari corrispondono assai bene i guanti da dissezione, cioè più spessi di quelli chirurgici, che possiedono una soddisfacente efficacia protettiva contro l'iprite, sia liquida che allo stato di vapore. Essi sono facilmente bonificabili mediante lavaggi con acqua calda e sapone, o soluzione di permanganato di potassio, o, anche benzina. Si sono condotte alcune serie di esperimenti per controllare qll:ale riduzione nella capacità lavorativa e quali inconvenienti · di carattere fisi opatologico produce l'impiego di vestiti antipritici. Si è constatato che anche restando a riposo si possono avere, dopo un certo periodo di impiego, disturbi èircolatori ed elevamento della temperatura corporea. Se il militare attende ad un lavoro, e in part icolar modo al trasporto di pesi o allo scavo del t erreno, già dopo pochi minuti la temp~ratura aumenta in modo sensibile. I 38 C. sono facilmente sfiorati; in estate • si sono registrati oltre 39° in soldati che appena per un centinaio di metri avevano barellato un supposto ferito, o lavorato di gravina attendendo ad operazioni di bonifica. Il polso divent a molto frequente, piccolo, superficiale, aritmico. Anche il respiro e le condizioni generali si turbano. Non rara è la produzione di veri e propri colpi di calore, il cui meccanismo è da ricercarsi nell'abolizione della funzione termoregolatrice cutanea; l'individuo, per la enorme sudorazione, si trova ben presto immerso in una atmosfera satura di umidità, non può disperdere all'esterno il calore che si produce. nelle combustioni' organiche, ed è colpito. Perciò la minorazione che al combattente deriva dall'uso di vestiti antipritici completi è fortissima: il peso e l'ingombro degli abiti non sono che elementi di seconda-


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ria importanza, in confronto alla impermeabilità dei tessuti all'aria. Sono in corso studi ed esperienze per cercare un perfezionamento in questo campo della difesa; allo stato attuale delle cose, l'uso del vestito antipritico regolamentare incide profondamente sulla attività del nùlitare, t ogliendogli quasi ogni figura di combattente. Perciò il suo impiego deve forzatamente esser limitato al massimo possibile, dandosi la preferenza, sempre quando la difesa antipritica sia sufficientemente garantita, all'uso di difese parziali (guanti, calzari, maschera). B) - Protezione collettiva.

Ha lo scopo di preservare gli agglomeramenti di uomini dagli effetti degli aggressivi chimici, e consiste essenzialmente nell'allestire ricoveri, destinati a posti di comando, di coJlegamento, di medicazione, ovvero alla sosta di truppe. . I ricoveri possono essere di due tipi fondamentali, e cioè ermetici o filtranti. P er le norme circa la loro organfzzazione e funzionamento si rimanda alla Istruzione sulla difesa contro gli aggressivi chimici, riportando qui solo alcuni dati di carattere generale la cui conoscenza è di pit'.1 immediata utilità per il medico. Condizioni necessarie perchè un ricovero risulti abit abile sono che il locale sia impermeabile all'aria esterna, e che all'aria in esso contenuta sia sempre conservato un grado sufficiente di purezza. P er questo secondo fine è utile ricordare che un m5 d'aria (1000 litri) contiene 782, 7 litri di azoto ; 207,4 litri di oss;geno; 0,4 litri d'anidrid_e carbonica; circa 9,5 litri di vapore d'acqua. Un uomo adulto a riposo consuma in un'ora circa 25 litri di ossigeno ed emette circa 20 litri di anidride carbonica e 40 gr. di vapor d'acqua; produce da 80 a 95 calorie. Ragioni tee-


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niche ed economiche non consentono cli fissare per un ricovero antigas gli stessi limiti di abitabilità stabiliti per le comuni abitazioni e cioè che il tasso di COa nell'aria non superi l'uno per mille (O, 1 %). Si considera invece generalmente che il C02 possa raggiungere il 2 % e l'ossigeno il 16 % prima di provvedere al risanamento dell'aria nel ricovero. Per determinare la durata massima di permanenza in un ricovero, per es. rispetto al C02, si p uò fare uso di formule del seguente tipo:

in cui T è il numero massimo di ore di occupazione consentito per non superare lo stabilito valore massimo percentuale X1 di C02 per m 3 d'aria; V è la capacità del locale in m 3 ; N è il numero di uomini che dovrà occupare il ricovero; P1 la produzione di C02 per uomo-ora. Dalla cubatura complessiva del locale, V, va detratta la cubatura degli uomini in ragione di 75 cm• per uomo, e la cubatura dei materiali (sedie, panche, tavoli, ecc.) che eventualmente vi si trovano. Così si avrà il valore effettivo di m 5 d'aria a disposizione per la respirazione. I ricoveri ermetici hanno una durata limitata; ma in compenso il loro alJcst imento è abbastanza facile. Il risanamento dell'aria si ottiene mediante ventilazione dall'_esterno, ovvero per rigenerazione cioè immettendovi ossigeno (da bombole o da apparecchi a ossigeno liquido, ovvero mediante perossidi alcalini) e assorbendo l'anidride éarbonica. (con idrato di sodio). Nei ricoveri filtranti si impiantano particolari attrezzature destinate a derivare l'aria dall'esterno, depurandola col passaggio attraverso filtri che di massima riproducono la organizzazione delle scatole filtri individuali .


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CAPITOLO II. La protezione degli animali.

Anche gli' animali che si impiegano nelle operazioni belliche debbono essere protetti dall'azione degli aggressivi chimici. Per la difesa fodividuale dei quadrupedi si usarono durante la guerra maschere di fortuna, rappresentate da una comune taschetta da biada riempita di fieno, o paglia, o . di cotone idrofilo. Vennero poi distribuite maschere costituite da strati di garza imbevuti di soluzioni neutralizzanti. Ma tale sistema di difesa. ha il difetto fondamentale di proteggere (e per breve .tempo) soltanto le narici dei quadrupeà i, partendo dal presupposto che in essi la respirazione fisiologica si compie per le vie nasali. Si è invece verificato sperimentalmente che quando l'animale incontra un ostacolo nel respiro, come avviene usando la maschera, si serve anche della bocca, per una respirazione sussidiaria. Sulla base di questi dati di recente acquisizione, nel nostro Esercito si cerca attualmente di realizzare una maschera per quadrupedi che protegga completamente le vie respiratorie. Esistono speciali mascherette antigas per i cani. Per la protezione dei colombi viaggiatori si prevede l'impiego di zainetti a chiusura ermetica, ovvero di sacchi impermeabili con i quali ricoprire, temporaneamente, le gabbie portate al seguito delle truppe (1).

(I) Si consulti anche l'Istruzione sulla difesa contro gli aggressivi chimici.


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CAPITOLO III.

La protezione degli alimenti. Quando è possibile, le sostanze alimentari, sia per gli uomini che per gli animali, saranno t enute lontane dalle zone pericolose. Gli alimenti che debbano attraversare zone soggette . ad attacchi chimici, o sostarvi, debbono in generale essere protetti, trasportandoli con t reni o automezzi chiusi, ovvero riparandoli in recipienti o con sacchi di tela impermeabile, e conservandoli in locali chiusi. Quando ciò non sia possibile, sarà utile proteggerli con qualsiasi mezzo a disposizione (come carta oleata o spessa, tela da imballaggio, ecc.) che t rattenga la iprite allo stato liquido, che, come si è verificato sperimentalment e, è una delle più importanti cause di contaminazione dei viveri. Quando gli alimenti siano stati investiti dagli aggressivi si presenta il serio problema cli sot toporl~ a pratiche di bonifica, per l'eventuale ricupero. Le possibilitil di bonifica sono in relazione con la natura dell'alimento e dell'aggressivo, e sopratutto con lo stato fisico di questo, e cioè se esso ha agito sotto forma di gas, ovvero di liquido. La ventilazione di alimenti solidi dà buoni risultati in caso di aggressivi molto volatili: però non sempre riesce a togliere ad alcuni cibi l'odore e il sapore sgradevoli. Tale mezzo non è facilmente applicabile in caso di sostanze semipersistenti o persistenti. Sembra oggi, per recente acquisizione, che i vapori d'iprite non conferiscano t ossicità agli alimenti; ma talvolta ne modificano sfavorevolmente i caratteri organolettici. L'iprite liquida per la sua elevata viscosità non ha tendenza ad


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espandersi negli strati profondi degli alimenti co_mpatti (come i.I pane, la galletta, il formaggio), mentre si diffonde con maggiore facilità nella carne. La bollitura prolungata per oltre un'ora è sufficiente per bonificare alcuni alimenti (carne, verdure), ma non sempre riesce a toglier loro odore e gusto ingrati. Gli alimenti che siano venuti a contatto con arsine non sono utilizzabili. Nel complesso è consigliabile di esser molto cauti nel considerare la opportunità cii sottoporre a bonifica, anzichè a distruzione, vivéri contaminati da aggressivi chimici. Quando circostanze speciali impongano di cercare il massimo ricupero, le operazioni dovranno esser compiute con oculata prudenza, e sotto ia sorveglianza dell'ufficiale medico del corpo Come rego ··, generale si dovrà attuare la protezione, che d 'altra partt~dsmta abbastar,7.3. facile anche per i persistenti, con partL,olare riguardo alla carne per la quale l'avvenuto c0nt atto con aggressivi l;quidi rappresenta di massima Ia indicazione ad escluderla dall'alimentazione delle truppe. Gli animali da macello intossicat i ln vita con fosge;.;) ed iprite possono essere utilizzati, abbattt.11doli subito e gettandone i visceri. Nei riguardi dell'acqua è da ritenere che le arsine e la lewisite la rendono senz'altro non potabile nè utilizzabile per usi di cu~ina. L'ebollizione per un'ora è sufficiente per bonificare l'acqua leggermente ipritata (nella qual~ avviene, d'altra parte, un rapido e spontaneo processo di idrolisi), ma essa risulta poi poco adatta come bevanda per l'uomo (1).

(I) Si consulti anche l'Istruzione sulla difesa contro uli aggressivi chimici.


PARTE QUARTA IL SERVIZIO SANITARIO IN GUERRA CHIMICA Durante la guerra i vari eserciti provvidero ad organizzare questo importante ramo del servizio sanitario con criteri diversi. Alcuni ritennero opportuno impiantare tutta una organizzazione specializzata; altri preferirono servirsi del1' organizzazione sanitaria preesistente, nella quale convogliarono anche i colpiti da aggressivi chimici; altri, infine, trovarono utHe adottare un criterio intermedio, ricorrendo alla _specializzazione soltanto in determinate circost anze. La più completa specializzazione si ebbe presso l'esei;cito francese che, specie negli ultimi periodi della guerra, possedeva tutto un sistema di unità sanitarie, indicato col nome di sistema Z, esclusivamente adibito alla raccolta e cura dei gassati. L'organizzazione s'iniziava nei posti di medicazione reggimentali, continuava in quelli di soccorso divisionale, nelle ambulanze Z di Corpo d'Armata e d'armata, e negli ospedali Z situati nella zona delle armate o sulle linee di sgombero. Presso l'esercito britannico non vi era speciaJ,izzazione nelle unità sanitarie campali; essa esisteva invece nel personale e nelle unità sanitarie di base. Più tardi furono impiantati dei (( Centri per gassati non ancora diagnosticati », nella zona delle armate, destinati sopratutto a favorire il sollecito ricupero dei colpiti, che, di massima, non dovevano essere allontanati dalla zona di guerra. Si provvide


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inoltre a munire ogni unità sanitaria, dislocata nella zona delle armate, di personale addestrato e di materiale· sanitario antigas. L'esercito americano si giovò dell'esperienza di quello inglese e del francese, accettando in parte il concetto di quest'ultimo, nei riguardi. della specializzazione delle unità sanitarie. Ogni divisione possedeva un ospedale mobile per gassati, dotato di personale e mat_eriale specializzato. Ogni ·c orpo d'armata aveva 3 di queste unità, ciascuna della potenzialità di 1500 posti-letto. Ad ogni divisione furono anche assegnati 2 autotreni antipritici, unità di nuova formazione, capaci di eseguire un gran numero di' bagni e di fornire di nuovo equipaggiam~nto 500 uomini. L'organizzazione sanitaria tedesca nei riguardi deJla . assistenza ai colpiti da aggressivi chimici, era basata sul principio generale di non allontanare dalla zona delle armate i casi lievi, fino al momento in cui non ne fosse possibile il ricupero. Il nostro esercito non ebbe una vera e propria specializzazione delle unità sanitarie. Però f.u instituito un servizfo di bonifica antipritica mediante autotreni-bagni, ed in alcuni ospedali da campo e di tappa vi erano reparti adibiti esclusivamente al ricovero dei colpiti da aggressivi chimici. Ancora oggi non si ravvisa l'opportunità di una specializzazione del servizio sanitario in caso di guerra chimica. Esso sarà di massima disimpegnato dalle comuni formazioni mobilitate, con quelle modifiche ed aggiunte che si rendono necessarie per poter praticare, oltre all'assistenza ai feriti ed agli ammalati, anche il primo soccorso, lo sgombero, l'ospedalizzazione ed il sollecito ricupero dei colpiti da aggressivi. A tal fine tutte le unità sanitarie saranno dotate di un'aliquota di materiale antigas propor- · zionata ai compiti che ciascuna di esse dovrà svolgere, mentre, d'altra parte, nuovi organi integrativi, saranno


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istituiti per rispondere agli specifici bisogni della guerra chimica. Tali organi integrativi sono rappresentati essenzialmente dalle Squadre sanitarie per gassali e dalle Sezioni per la bonifica dei gassali. Squadre sanitarie per gassati. - Sono costituite da militari di truppa (16 per compagnia mobilitata, ed un graduato) par ticolarmente addestrati e che, fin dal tempo di pace, abbiano seguito corsi speciali, a carattere elementare e pratico, sulle principali manifestazioni da aggressivi chimici e sul soccorso. Il loro compito principale è la ricerca e raccolta déi colpiti · da sostanze chimiche, eventualmente la prima assistenza e l'avviamento ai posti di medicazione di batfaglione. Gli uomini delle squadre hanno in distribuzione tasche di sanità provviste di materiale antigas, e indumenti protettivi antivescicatori, oltre, ben s'intende, alle maschere. Gli indumenti protettivi completi saranno usati soltanto quando se ne ravvisi la necessità, cioè in zone fortemente inquinate; negli altri casi si farà in prevalenza uso della sola maschera o della protezione parziale (guanti, calzari). Sezione per la bonifica dei gassati. - Destinate alla grande bop.ifica dei colpiti da vescicatori. Sono formazioni autotrasport*e, essenzialmente costituite da autobagni, a disposizione del direttore di sanità di corpo d'armata. Ogni sezione possiede personale proprio e, a seconda delle circostanze, può funzionare riunita o divisa in vari elementi. In generale si affianca ad una sezione di sanità o açl un ospedale da campo; può anche funzionare in modo aùtonomo. Le operazioni di bonifica si svolgono con le modalità già accennate. Materiale sanitario antigas. È allo studio, per la even-


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tuale distribuzione ai singoli combattenti, un pacchetto di medicazione antivescicatorio, per la piccola bonifica. Le tasche di sanità, le coppie cofani· ed i cofanetti sono stati provvisti di un'aliquota di materiale per il pronto soccorso alle varie categorie di colpiti da aggressivi chimici. È allo studio uno speciale zainetto per gassati. È stata allestita una coppia cofani per gassati che S3rà data in dotazione alle Sezioni di sanità ed agli ospedali da campo. Svolgimento del servizio.

Anche dal punto di vista della assistenza e dello· sgombero, occorre fare sollecitamente una netta distinzione fra le varie categorie di gassati. Di massima il primo soccorso ai colpiti da soffocanti, da irritanti e da tossici sarà praticato presso i posti di medicazione più avanzati, ai quali pertanto gli uomini delle « squadre sanitarie per gassati >) trasporteranno, se si tratta di soffocati, o avvieranno i colpiti da altri aggressivi, appena le circostanze Io consentono. Nell'attesa potranno prestare loro l'assistenza più ?Pportuna, con particolare riguardo ai più gravi. Ai soffocati saranno per prima cosa aperti i . vestiti al collo, lib~randoli dall'armamento e da ogni costrizione nel torace, ma evitando di alleggerirli, ed anl,i cercando di tenerli coperti ed in posizione supina con la testa sollevata. Se l'ambiente è tuttora gassato, si dovrà applicar loro la maschera o riadattarla se male indossata; se l'attacco chimico · è passato, si somministreranno viveri di conforto e qualche perla di etere per calmare la tosse e lo stato dispnoico. Per i vescicati, le squadre coadiuveranno il militare nelle operazioni di piccola bonifica, qualora esso non l'ab-


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bia già eseguita personalmente, col pacchetto di medicazione antivescicatoria di cui fosse eventualmente provvisto. I militari che appaiano abbisognevoli_ di una decontaminazione completa, saranno avviati con la massima sollecitudine ai posti di medicazione di battaglione; per l'ulteriore inoltro alla « sezione per la bonifica dei gassati ». Ai colpiti da irritanti, qual_ora le circostanze lo consentano, potranno essere eseguiti lavaggi oculari e gargarismi con soluzioni alcaline (bicarbonato di sodio). Posto di medicazione di ·battaglione. - Impiantato con le solite norme ed in luogo il più possibile riparato e di facile accesso, sarà anche attrezzato a difesa antigas nel miglior modo compatibile con le condizioni tattiche, di t empo e di luogo sl da consentire al personale a ddetto di sostarvi ed attendere al proprio lavoro senza fare uso della maschera. In guerra cli montagna e di posizione sarà opportuno, ove le circostanze lo permettano, prevedere l'allestimento in prossimità del posto di medicazione di un « ricovero antigas ,, destinato alla t emporanea sosta dei colpiti più gravi·, in attesa che le condizioni tattiche e quelle sanitarie ne consentano l'avviamento alle formazioni arretrate. Presso il posto di medicazione sarà portato ai soffocati il soccorso, secondo le norme già indicate. Fra l'altro ai colpiti gravi, con cianosi bJeu e dispnea intensa, sarà praticato il salasso, preceduto da iniezioni di cardiotonici ; possibilmente sarà anche somministrato l'ossigeno. Praticato il pronto soccorso, i colpiti saranno sgomberati, sempre in barella e ben protetti dal freddo, sulla sezione · di sanità. Sulla opportunità del trasporto dei soffocati gravissimi vi sono tuttora pareri discordi. Alcuni ritengono çhe essi siano da considerare senz'altro intrasportabili e debbano essere trattenuti presso i posti di medicazione, negli


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speciali ricoveri antigas a cui sopra si. è fatto cenno. Ma , se questo trattamento può offrire un vantaggio dal punto · di vista che viene evitato ai colpiti il trauma del barellamento su terreno talora aspro ed impervio, è da considerare, d'altra parte, che una volta giunti alla sezione di ·sanità essi potranno ricevervi un'assistenza molto più adeguata, mentre la loro permanenza in prossimità della linea rappresenterebbe per. l'ufficiale medico del corpo una grave sorgente di preoccupazione e di appesantimento, .. assorbendo largamente le .disponibilità di spazio, di mate. riali e di personale. Perciò di massima anche i soffocati gravissimi dovranno essere avviati alle sezioni di sanità, ben s'intende con le maggiori cautele possibili -e scegliendo il momento più favorevole. · I colpiti da vescicatori saranno subito ayviati alla sezione bonifica gassati; salvo caso eccezionali (come ad es. gravi manifestazioni a carico -del sistema respiratorio od altro) lo sgombero avverrà sempre a piedi, anche quando sia interessato l'apparato visivo. In tal caso i colpiti saranno disposti in formazioni cosidette a catena, e guidati da altri militari o da portaferiti. I colpiti da tossici, dopo il soccorso saranno avviati alle sezioni di sanità in barella. Anche ai colpiti da irritanti la prima assistenza sarà portata, in generale, ai posti di medicazione di battaglione con le norme già indicate. Qualora si tratti di lacrimogeni i militari saranno poi, di massima, rinviati ai reparti di provenienza. Color9 che abbiano inalato sensibili quantità di arsine, saranno invece avviati alle sezioni di sanità. Per tutti i colpiti da aggressivi chimici saranno compilate le tabelline diagnostiche mod. 905 sulle quali sarà indicata possi~ilmente la categoria di aggressivo che ha


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agito, e comunque il soccorso apprestato, specie per quanto riguarda il salasso. Sezione di sanità. - Alla sezione di sanità (reparto carreggiato), è devoluta, di massima, l'assistenza antigas completa. Per i colpiti da .soffocanti e da ·arsine essa integrerà con ulteriori pratiche terapeutiche il soccorso già attuato, ma talora in modo sommario, presso i posti di medicazione, e lo affettuerà senz'altro ql,\ando, per speciali circostanze, esso non sia stato ancora eseguito. Non deve essere trascurata la larga somministrazione ai soffocati dell'ossigeno, che rappresenta, come si è visto: uno dei mezzi più importanti del soccorsò. Per i colpiti da vescicatori, la sezione di sanità pratica la grande bonifica. A tal fine il direttore di sanità di corpo d'armata provvederà, tempestivamente, a farvi affluire uno o più autobagni della «sezione per la bonifica dei gassati », con serie di vestiario per il ricambio, ed eventualmente altri materiali. La sezione di sanità provvede inoltre: al t rasporto dei gassati dai posti di medicazione alla propria sede; al loro smistamento; al ricovero degli intrasportabili e dei lievissimi çioè ricuperabili, presumibilmente, entro un periodo di 24-48 ore; allo sgombero sugli stabilimenti sanitari più arretrati dei bisognevoli di ulteriori cure. Anche in tale fase del. trasporto, i colpiti da soffocanti, da tossici ed eventualmente da arsine (questi ultimi se in gravi condizioni) saranno sempre trasferiti in barella, mentre i colpiti da vescicatori in generale si sgombreranno seduti. Come criterio di massima, i soffocati in un primo tempo non dovranno oltrepassare la zona di corpo d'armata, mentre sarà opportuno inviare i colpiti da vescica._ tori il più lontano possibile, in questo primo momento


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in cui non presentano complicanze a carico del sistema respiratorio, e perciò sono facilmente trasportabili anche a grandi distanze. .J convogli di gassati gravi dovranno essere accompagnati di massima da un ufficiale medico, con scorta di apparecchi per ossigeno-terapia e di cardiocinetici. I mezzi di trasporto su cui eventualmente avessero preso posto colpiti da vescicatori non ancora decontaminati saranno sottoposti a pratiche di bonifica. Presso la sezione di sanità si porrà particolare cura per sveiare gli eventuali simulatori. Gli ospedali da campo non sono, di norma, specializzati per il ricovero dei soli colpiti da aggressivi chimici, ma quando se ne ravvisi la necessità potranno avere dei reparti separati per raccoglierli. In tale caso si porterà particolare cura che i reparti stessi siano convenientemente dscaldati ed aereati, specie per quanto riguarda i colpiti da soffocanti. La eventualità di destinare interi ospedali specializzati, nella zona delle armate, al ricovero dei gassati, potrà dipendere dallo sviluppo più o meno ampio che l'arma chimica presenterà in un eventuale conflitto.


ERRATA l'AG .

21 :

Fosgene mrng. 1 50 Cloroformiato di triclorometile (disfogene) 500 Iprite 1500 Cloropicrina . 2000 Bromoacctone 4000 Bromuro d i xilile 6000 Cloro 7500 PAG .

CORRIGE Fosgene Cloroformìato di triclorometiJe (dìsfogene) Iprite . C!oropicrina Bromoacetone B romuro cli xililc Cloro .

,150

500 1500 2000 ,1000 6000 7500

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A pp((rafo digerente.

PA (;, '17, HlGA 5~ :

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33

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