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LA POLITICA NEL TRENTINO
Vi sono molti italiani che giungendo nel T:rentino credono dJ tro-·varvi uno stato d'animo u guale a quello delle popolazioni italiane (una élite delle stesse pc:rò) sofferenti del giogo austriaco in L ombardia prima del ·~9. nel Veneto prima del '66. Poiché i trentini, popolazione ita1iana, sono soggetti all'Austria, e poiché l'Austria è nemica dell'Italia, i « regnicoli » ingenui d i cui sopra credono all'e sistenza d i un irredentismo, di un movimento cioè antiaustriaco tendente a separare violentemente il Trentino dal cosidet to « nesso dell'impero>) per dcongiungerlo all'Italia, Non so se irre de ntisti nel senso tradizionale della parola, ci siano a Trieste, dove il sacrificio di Oberdan è troppo recente per essere dimenticato, ma è certo che a Trento irredentisti non cc ne sono, o se ci sono non si addimostrano apertamente tali, né ·del resto potrebbero costituire, data l'esiguità del lqro numero, un'associazione qualsiasi. Irredentismo e irredentisti non esistono nel Trentino, a meno che non si voglia far passare per irredentismo le sassaiole contro i l grifo della birreria Porsi {grifo del resto permesso e autorizzato dal comune), o qualche timida oste ntazione di coccarde tricolori (limitate però sempre all'elemento giovane per non d ir infanti le), o i piani rocambo lici di uno squilibrato qual'è il Colpi, o l'impiccagio ne di un fantoccio raffig uran te Hofer a pié della statua a D ante, o il g etto di uova fradice sug li stemmi aus t d aci compiuto nel cuor della no tte. Che i fogli tedeschi del Tirolo, quasi tutti sussidiati dalle associazioni pangermaniste, agitino period icamen te il babau dell'irrede ntismo trentino è comprensibile. Ma uno studio sul luogo, ma un sufficente lungo contatto coi trentini, basta per sfatare le leggende frredentiste. Neppure durante il nostro Risorgimento, vi furono movimenti irredentisti nel Trentino. Gli agitatori della nazionalità politica d'allora erano più che altro « valenti causidici, che pellegrinarono n ei parlamenti d'Europa, a Francoforte, a Vienna, a Kresinier, chiedendo prima l'annessione del Trentino al Veneto e poi l'indipendenza ammin istrativa del paese, facendo soverchie lezioni di storia sull'o r igine romana dei trentini e del Trentino, ma non ebbero un sol uomo che abbia tentato una resistenza armata. I p ochi fatti d'arme che nel ' 48 e dopo ebbero luogo nel Trentino, sono dovuti o all'eserci to ita- liano o ai garibaldini; in·surrezioni dei trentini non se n'ebbero, né a Trento, né altrove)>. Cosl sccive Cesare Battisti, acuto cono scitore della sua terra. Se dunque mancarono moti irred entistici scd q u~ndo tutta l'Europa era in fiamme, se il Trentino non arse e non arse p erché spalmato di pece clericale quando Garibaldi lo popolò cli camicie rosse trionfatrici e liberatrici, assurdo sarebbe oggi cercare le t racce dell'irredentismo. Tutti sono rassegnati al giogo austriaco. Il t em peramento trentino non è rivol uzionario, ma conservatore. N elle ·vene d ella borghesia trentina, che d ovrebbe dare gli irredentisti come la b o rghesia italiana diede i patriotti , corre un sangue che non h a la febbre delle grandi battaglie. Né vi sono nella storia antica e moderna del Trentino avvenimenti o serie di avvenimenti tali d a imprimere un loro colore,' una loro anima alla politica attuale e uno s~cialc temperamento politico a frazioni del popo lo. Nel medioevo e sìno all'evo moderno il Trentino .è la te rra su cui si appuntano le cupidigie altrui, è la terra ag o gnata d ai dominatori de1 n o rd e da quelli d el sud, e il popolo trentino « subisce» gli avvenimenti che g li accadono intomo. Una sol a rivoluzione spezza la g rigia monotonia di una storia senza rilievi: nel 1407 Rodolfo Bdlenzani, capitano del popolo, solleva i ttentini e strappa al vescovo tiranno le franchigie quasi repubblicane, ma il suo liberale Governo è di breve durata. La « guecra rustica» non ebbe nel Trentino l'amp iezza di quella guidata dal Bokelson in Germania, né la ferocia delle jacqmrùs di Francia. Il peciodo della d o minazione madruzzea, che si chiude colla morte di Emanuele nel 1648, non ha quella fervidezza di vita politica che d istingue le nas~enti sig norie italiane. L'epoca che segue non ha avvenimenti d egni di nota. Oggi il Trentino no n può v ivere una vita po litica intensa, perché n on ha una nazionalità politi ca. l co nfini lo dividono d all'Italia, la ling u a dalPAustria. La sua vita p olitica quindi chìi.;isa, superficiale si no a l pettegolezzo, co ntraddittoria fin o all'ass u rdo, p:!Urosa e malignante, è la vita p olitica pro pria d i tutti i p aesi déraciné.r, p er usare l' espressione efficace di Maurizio Barrès, Tale la politica, tali i partiti. Sono tre che si contendono il campo: il Clericale, il Liberale-nazionale, il Socialista, li Partito Liberale-Nazio11ale - Sino al 1900 e anche o ggi, ma io proporzioni ridotte, fu il Partito dominatore dei comuni, nelle diete, nel Parlamento, Esso vo rrebbe essere l'erede di quel simulacro d i Partito lrredentista che sj ag itò nel'Trentino nel '48 e nel ' 66 ma, trattasi cli un erede d egenere assai. Chi lo compo ne? L'eleme~to mo• decato, la borghesia benpensante, la piccola borghesia n on clericale e non socialista, È insomma nella sua composizio ne u n Par tito « pi- pistrello )>. Parve forte un tempo. Ma la rifor ma del Badeni (1896), creante una quinta curia ~leuorale, rivelò la debolezza dei liberaiinazio nali . Il suffragio universale poi ha p ortato alla ribalta i clericali e un socialista. Il Partito Liberale-Nazio n ale dà oggi scarsissimi segni di vita. Non ha prog ramma e non ha uomini.* Il vecchio·b andierone, difesa dei diritti nazionali e lotta per l'autonomia del Trentino, è stato defi nitivamente riposto e abbandonato.
Del resto questo Partito o pseudopartito è stato sempre d inastico, se no n proprio austriacante. La cronaca tridentina ce lo dimostra. N a rria mo colle pacale di un aut ore trentino l e imprese dei liberalinazionali n el 1894.
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« Mentre il Govern o r egalava all'italiana Pirano le tabelle biling ui, a Trento il Partito Liberale-Nazionale si accinseva a festegg iare l'arrivo di Sua. Maestà !"impe ratore d'Aus tr ia. Il giornalismo libc!r.1Ie-nnionale :indava ormai da parecchio tempo predicando essere un ica àncora di salvezza pel Trentino, ondè ottenere l'a utonom ia ammini strativa, non già le fie re proteste, ma le umi li domande deposte ai piedi del tr ono e biascicate nelle anticamere ministeriali. Ed ecco uno dei capi del Partito Liberale-Nazionale, il dottor Riccabona, scrivere sul quotidiano del Partito che ·· l'imparzialità del monarca anima anche questo popolo ad esprimere con rispettosa fran chezza i. suoi voti ed a collocare sotto l'alto suo patrocinio inter essi di grande rilievo E dopo aver tessuto l'elogio del monarca :
" Ad un p rincipe ·siffatto è dovere d i esporre con fiducioso rispetto i lunghi travagli .... L' augusta paro la ci deve confort~re.... " ». 0
Il « buon monarca » dichia rò sdegnosamente che a T rento no n avrebbe accettato visite di dep utazioni e respinse i deputati che vole· Vano parlargli di autonomia, respinse i rappresentanti ptovinciali, mise alla porta i si ndaci delle città Accolse invece le depu tazioni dì contadini, che, naturalmente, andar ono a professarsi come sono, de. voti al trono e alla spada. Q u esto contegno dei liberali-nazionali no n o No n 1i può, roml! ti ì 1en1aro, Jfluare q11e.1t o linguaggio da lacché ,on ronsiderazioni di opportunitmo I! Ji Jallira i11Jpi,ata all'opporluniJmo. Un Pdrtilo che ti umilia a qttel punJo, è Ptr me alm eno, rhe apprezzo sopra ogni ,01a l e .1pine dorsali l!rl!ltl!, un Partilo suidda E del rnlo, non Ii rivendicano dei sacro1anti diritti ,on genuflessi oni più o meno ipocrite! Si ottengono risultati negativi. Pro11a ne 1ia app,mto la noria modert1a del Tre,11ino, suscitò nella popolazione il più piccolo sdegno. Tutta la città fu imban• d.ierata: orifiammi ed a ddobbi dovunquej s i contava no sulle dita le case prive di bandiera. Folla enorme di gente plaudente ; i n città arri varnno coi tren i, durante la giornata, tre dicimila persone~ immenso fu il concorso della gente ve nuta a piedi o colla diligenza dal contado. L'imperatore entrò in città acclamato. E un ex-garibaldi no, il vicesindaco pronunciò questo discorso:
"' E ha molte JCiuioni I! Ion e per10na/i Ìntu11e V'è un (onfliuo imanahile ,ra i veuhi, .prudenti, Hn p o' .1fiduà,11i, i ntign iti di ,ariche e quùidi f.rri li alle dedizioni e-ai ,ompro,r.eui, I! i giovani, un po' piri audaà e battaglieri. li conteg no, ad eumpio, dell'avvoraJo Barlolini, vhepodl!Jtà di TrenJ o1 magna pars del Pa r1ito Liberale-Nttzionale e !lren No difemore degli italiani « volk1b undfr1i » agg ressori degli italiani.... iJdiani, ha w lleMIO JalvoJJa dl!ru.1tfoni e polemiche, Afa i /iberali-ntrzionali non hanno mai av1110 il '°raggio di allomanare e liquidare gli elem enJi 1puri, comprome/Jl!nli il Pa,#to e l'idea.
«Sire! La sciagura che colpiva il signor podestà procura a me l'alto onore di salu tare, coi sentimenti del più profondo rispetto, a nome della cittadinanza, la Maestà V ostra nell'occasione che si degna graziosamente di onorare di sua a ug usta p resenza la città di T rento Io adempio con gioia a quest'onorevo lissimo incarico e mentre umilio, Sire, ai vostri piedi i sentimenti di omaggio e d i devozione della cittadinanza, v i p rego di voler gradire gra.ziosamente il benvenuto che vi dò a no me. della stessa».
Il giornale liberale-nazionale si prosternava laidamente davanti al « buo n monarca )), che aveva v oluto il capestrn per Oberdan. I pochiss ìmi protestatari passarono, naturalme nte, per squilibrati. L'autonomia non venne, e la turlupinatura sovrana fu immensa.
Dieci anni dopo; nel 1904, l'impe ratore discese, i n occasione delle grosse ma novre, nel Trentino e fu ancora una v olta osannato. Nel J909, i deputati liberali nazionali parteciparono al banchetto imperiale di Innsbruck. Si potrebbe essere pi ù smidollati di cosi? Memrc il P artito Liberale-Nazionale non dà segno di vita, non ha una linea d i condotta e va, specie nei suoi r apporti col movimento operaio e col Pa rtito Socialista, rivelando sempre più il suo spirito grettamente rea• zio nario, i rappresentanti alla dieta e· al Parlamento danno quotidiano e ripu gnante spettacolo d'incoerenza. Al Parlamento, .oltre i clericali, anche i liberali-nazionali votano gli aumenti delle spese mi litari desti nate contro l'Italia. Essi sono gl i asca ri di tutti i ministeri. La loro politica è quella dei mendicanti. Mai un gesto, mai una parola : assenza nel paese, dedizione nel Parlamento. La loro ope ra di difesa nazionale si riduce ormai al solo campo scolastico e finisce per confondersi con quella della Lega nazionale. D ell'autonomia parlan poco o nien te. Sembrano e sono dei rasseg nati alJa loro manifesta impote nza. Essi si dichiarano trentini, non italiani e noi siamo « regnicol i »: Grazios issimo termine di distinzione I Se la reazione giallo.nera minaccia il Trentino, ess i fanno i morti. Sdegnano il contatto col· proletariàto e rinunciano a qualsiasi. protesta. Se il proletariato si agita e scende in lo tta per le sue conquis te economiche, i liberali- nazionali diventano più preti dei preti e :ceclama no l'intervento del braccio secolare au· striaco e denunciano gli agitatoti « regnicoli» che t urbano la· quasi funerea tranquillità del paese. L'amore di questi liberali-nazionali per l'Italia è tepido, platonico, clandestino. Essi, che so no dei borghesi, vedoflo l'Italia coll'occhio dd borghese che vuole, a salvagua! dia delle sue cassefor ti, uno Stato forte, magari feudale.
E per questi liberali nazionali l'Italia è un paese troppo rivoluzio... natio . Me glio l ' Austria, dove c' è un esercito che n o n sche rza e un proletariato non pericoloso ! Gl'interessi economici modellano la menta~ lità di ques ti liberali- nazionali, che in Italia figurerebbero d egnam~ntc nel Partito Clerico-Moderato.
La loro stampa è reazionaria. Nel maggio del '98 si invocava dai loro giornali la fucilazione i n massa degli insorti. Il loro quotidiano è un tentativo che si ripete t recentosessantacinque volte all' an no p er conciliare la scolorata vernice d i liberali smo-nazionale col fondo del rispetto alle istituzioni aus triache Il loro nazionalismo è di ca rto ne. Quando i liberali-nazionali si trovano davanti a i giudici austriaci, tengono un co ntegno poco e roico. Nessuno ha il coraggio di apologizzare il proprio atto. Si umiliano, s'inchinano, chiedono grazia. Il processo di Rovereto do po i fatti di Pergine, quello Amorrh a Tre nto, il recentissimo degli i mbratt atoti degli stemmi austriaci, provano le nostre affermazioni. Questa gente non ha spina do r sale, E gli avvocati liberali-nazionali difendono gli aggressoci « volksbundisri )) contro gli aggred iti italiani I
E nessuno protesta. Le associazioni dormono. Si abbandonano agli eventi. Il governo n on cien calcolo dei liberali-nazionali. Conosce ormai trattarsi di un simu lacro di Partito. Nient'altro. Difatti il Partito Anti-Irredentista, pagato dal Governo, non esiste più. Questo Partito artificiale, co mposto quasi esclusivame nte degli impiegat i, della nobiltà intedescata di Trento e di pochi venduti, ricco cli mezzi fin an. ziad e di uomini senza scrupoli , forte dell'incondizionato appoggio governat ivo, doveva fronteggiare il Partito Liberale-Nazionale, ~fa quando il Go verno s'accor se che i liberali~nazio nalì trentini erano fedelissimi sudditi, più deì tirolesi tedeschi, sospese gli stipendi, converti il giornale antitaliano La Patria in un bollettino esclusivamen te riservato alla pubblicazione degli editti ufficiali e i m embri del Partitone governativo en trarono, a seconda delle idee e degli i nteressi, fra i clericali o ì liberali nazion ali.
Dinanzi al Partito Liberale- N azio nale sta il solito, supremo dilemm a : o rinnovarsi o morire. Ri nnova rsi ? Ne dubitiamo. L'anno scorso era venuta l'occasione propizia nel centenario hofcriano. Il quoti diano parve per un momento rit rovare un po' d i slancio lat i no . Illustrò un numero col ritrat to di G ari baldi, naturalmente sequestra to, e fece, quantunque in ri tardo, una v iva camp~gna, diretta dallo Stefenelli, attuale di rettore, contro la partecipazione dei trentini alle feste d'lnns- bruck. La bufera reazionaria pareva dovesse rialzare le sopite erlcrgie trentine. Ma fu un'illusione 1 I deputati liberali-nazionali parteciparono al pranzo di co rte; un comizio pro autonomia non ebbe luogo per la proibizione poliziesca, né fu te ntato malgrado il divieto. Al successivo scioper o generale proclamato d al proletariato, aderirono nolenti i liberali-nazionali, ma non p ortarono la loro voce nel comizio, né illustrar~no nel loro giornale il significato dello sciopero stesso. Furono, come sempre, <<sorpresi» dall'avvenimento, al quale essi non erano preparati, ma che d ovettero per forza subire. li Partito Clericale. - È . il più forte economicamente e politicamente. Recluta i suoi aderenti fra tutte le classi della popolazione. Solo poche migliaia di operai delle due città principali e di qualche centro minore non subiscono l'influenza clericale. Ma i b o ttega i, i commerciaot\ gli industriali che van no a chieder sconti alle due banche cattoliche, ma i contadini che fanno debiti presso le Casse rurali o si servono dei Consorzi ag rari e delle Cooperative clericali sono d ominati dal prete. Cosl dicasi dei p rofessori nelle città. Uno di q uesti fu oggetto di una viva campagna da parte di un foglio clericale, sol perché aveva commentato in classe un brano di 1-krlin Coccai, I maestri nelle campagne sono mancipi del parroco. La scuola, quando non è diretta da un pre te, è sempre dipendente dalla sacrestia. G uai ag li insoffe. renti I Le gesta di don Plotegher, condannato a cinq ue mesi di carcere duro (agos to 1909) per aver aizzato un'intera popolazione contro un povero diavolo di maestro, informino. Gli alt ri ceti professionistici si inchinano tacitamen te davanti alla potenza e prepotenza clericale A Trento si respira ancora l'aria .del Concilio. All'ingresso della città sta il grande. palazzo del Vaticano trentino, cogli uffici di due banche, di due giornali, di una libreria. Il quotidiano supera in ti• rat ura tutti gli altri del Trentino, la tipografia di spone di trè linotype C di una rotativa. Il giornale è passivo, poiché delle settemila copie molte sono distribuite gratis. Cosl dicasi del settimanale, che tira ben quattordicimila copie. Ma i passivi della stampa: e d ella propaganda sono compensati dall'attivo delle banche cattoliche, mischiate a tutte le speculazioni capitalistiche italiane e austriac he. L'organ izzazione professionale cattolica è tuttavia una povera cosa. Esiste u n scg re. tariato di azione economica, ma, eccettuate poche d ecine di ferrovieri e qualch!! grupp o nella zo na bili ngue, la grande massa d egli o perai non segue l'indirizzo clericale. Anche in questo campo però ferve l'at tivi tà: i propagandisti dcric-ali, fra cui _ figura no pochi do tto ri e alcuni studentelli, vanno nelle campagne, tengono co nfe.r~nze pr i~ Vate, a p aragrafo due, come si dice in gergo burocratico, pe r ev itare il contraddittorio, e tornano trion fanti a Trento· dopo aver fatto votare dall'uditorio dei lavoratori un ordine del giorno di « rinuncia al socialismo }>,
Può vivere, ripetiamo, un P artito senza programmi, senza uomini~ senza una linea di condotta? No. O rganismo inutile ed i ngombrante, sarà eliminato. Le tracce che di sé ha lasciato nella storia sono lievi. Cosi avviene a tutti i partiti che non h anno agito e si sono limitati all'adorazione passiva dell'ideale.
Colui che volesse studiare co n p rofitto Ja formazione, l'essenza, la t at t ica di un partito schiettamente, sinceramente clericale, dovreb be soggiornare qualche tempo nel Trentino, Qui il clerical ismo non è adulterato o mascherato dalla religi o ne o da vernici modernistiche : è g e nuino. E si mostra anzitutto co me una vasta e ben co ng ::g nata o rganfazazione d'interessi profani, org anizzazione che deve co nservare il dominio politico, economico, spirituale d ella popolazione. La massima d ei cler ical.i tr e ntini è que lla del v escovo Pe lizzo d a Padova : ~< una chiesa di meno e un g'iornale d i p iù ». Ma per assicurare i g io rnali occorrono cespiti fissi; di qui b anche, cooperative, imprese industriali La rete degli interes~i clericali è cosi fitta da soffocare il Trentino. Ma a questa soggezione materiale v a unita quella spirituale. I fogli dei preti esercitano una specie di censura Su quanto scrivono e pe nsano i cittadini e questa censura t occa molto spesso i termi n i della diffamazione e della delazione. Per i clericali trentini il nemko è l'Italia. Es~i sono austriacanti. * Nel loro g iornale si leggeva che « se si vuol ottenere qualcosa dallo Stato austriaco, bisogna esserne feddi sudd iti ». N ei ricreatori cattolici si cantava e forse si canta ancora questa strofe tta:
Colla p,11 d, Garibaldi ne f artnu11 t ant i t amburi. Tiro/ai, st~ sim ri, G ariba/dj no 11en p u.
Per le feste hoferiane celebratesi l'anno scorso, i clericali h a nno organizzatO le bande dei trentini che si recarono, per poche decine d i lire, a sfilare in parata dinanzi all'imperatore per dimostrargli che Tre ntino e Tirolo non costituiscono che una sola, indissolubile provincia. Il vescovo Don Celestino mandò u na circolare a tutti i parroci e d ecani eccitandoli a far dal pergamo il panegirico di Andrea H ofer, per suggerimento, probabilmente, del Governo. E poiché « oporlel r/uiàu lairosque t1111J epùcopis suis co11iun f/hsi111e I)/pere 'ti agere » (cosl leg -
• N on tulli, natural mente, r ollo stesso ,11tusi11nno Questione, pì N , b , 11/l ro, dì temperament o; o d i quaJJtilà, n on di qualità gevasi in testa alla cx- V,m Callofica , oggi giornale I l Trentino), l'ele· me nto laico clericale tenne un contegno equi voco, biasimò le dimostrazioni anti tirolesi, rinnovando le sue proteste di devozione all'im· pero e allo Stato. E cco l'inno che i l foglietto setti manale di propaganda clericale pubblicava otto o d ieci anni fa.* ù spoglie innocenti ti dil S imonino, Virf.ilio l'a more t ' I sangue ti dié.
Del/' Aurtria al m eriggio tu sorgi, o T ren tino, serbando nel rore di Critto i~ Jé.
A l t , salve, o Trento, rht l'urna rauhiudi del vescovo santo ,be un d} t 'illustrò
C ol bian,o e ,ol giallo vusi//o di Roma anela la part , he il 1anto invocò.
Ma anche la gialla t nera bandiera le forz_e di lflfti congiunga ed i cuor.
E se odi 111onart lo squillo di guerra del prode Pauirio invita il valor,
L'apologia dell'Austria, del P apa, del Tirolo e di Hofer non p~ trebbe essere più evidente.
Tepidi amici dell'italianità linguist ica, i clericali trentini sono dichiara tame nte avversi all'italianità politica. All'ultimo congresso in• ternazionalc dei cattolici austriaci ad Innsbruck e nel q u ale, come in tutti i precedenti, si fecero voti per la restaurazione del po te re temporale, mandarono la lo ro adesio ne jl vescovo e i vari dirigenti del Va· t icano t ~enti n o e n o n m ancarono i clericali tre ntin i. L'I t a lia p er i cler icali tre nt ini è il laicis mo, la m assone ria, una. mo n archia di sinjstra, un esercito che non ha cappellaoj di r eggi mento, né obbl igo pci soldati d i asco ltar messa e con fe ssarsi ; un e sercito che non presta servizio al Corpt1s do,nini, facendo scor t a al baldacc hino e sparand o s alve d 'allegria ad ·ogni fermat a. P er i clericali tren ti ni l'Ital ia è un paese in convulsione, dacché il Pap a è prig io ni ero ed ha perduto i suoi dominl terreni. P oiché i clericali trentini sono t cmpor3.Iist.i e uno dei loro g ridi pr eferiti è quello di « Viva il P apa ·Re».
• Q11e11'inno / 11 rip11bblirato dal Po polo all'epoca delle fnu hoferiane (ago !IO 1909), Nrm aveva e non ha frn1e a11c01a perd11Jo l'aJJNalilà.
Quanto a ll'aut o nom ia politka o semplicemente ammin istrativa del Trentino, i _ clericali vi h anno ri nunciato. La loro azione in questo senso fu sempre equi voca e fiac, a O ggi sono. caduti gli ultimi p udo ri e si accc n a toto çordt fin o all'ulti ma conseguenza l 'Austria e il suo Governo. I deputati clericali trentini (e sono tutti, ad eccezione d'u n socialista per T rento, eletto a su ffrag io u niversale, e di u n libe rale naziona le per Roveret o) sono gli ascari più fedeli di Bienerth e di qual u nque m inister o austriaco. 11 Gove rno protegge i clerical i trent ini e li accontenta co n.... promesse. Nient'altr o che promesse. La loro politica di c ieco ministerialismo non ha raggiunt o g li scopi che si p ropo neva. Lo stesso gesuita depu tat o Gentil i dove tte confessarlo nel suo famoso d iscorso di Levi co, Ma non per questo i deputati clericali passeranno all'op posizione ; adorano troppo l'Austria e odiano troppo l'Italia
L ' influenza dei clericali si fa d isas t ros am"ente sencire su tutte le manifest azion i della vita civile e laica. Nel 1909, quando i socialisti trentini i niziar ono un'agitazione per o ttene re l' aboli zione dell'obbligo della messa per i bambini delle scuole popolari, obbligo che es iste solo nel Trentino, i clericali iniziarono la controagit azione, raccogliendo millecentott antasette fir me di mad ri e pseudomadri cristia ne. L'agitazion e cadde poi per ma ncanza d 'alimento e pc [ alt ri avve nimenti, che assorbirono per a lt ri scopi le energie del popo lo e i bambini sono obbligati anco ra ad ascoltar ogni mattina l a messa. I clericali t rentini s'associaro no ai persecutori di War hmund, professo re d i diritto ca~ no nico ad Inpsbruck, atrualmente a Prag a per il suo coraggioso opuscolo su L ' indirizzo catlolùo e la .rcitnz a IJIOdtrna, e giub ilarono del seques tro o rdina to dalla Procura anche sull' ed izione i taliana (ordi nata a cura del profe ssor Socin di Rovereto). I clericali tre nti ni si opposero a che foss e eretto un busto all'antropologo Alessandro Canestrini, trentino . ll bu sto fu eretto, ma u na mat tina lo si trovò col naso .spezzat o. L o si sostitul co n un bus to i n br on zo tuttora esistente. D urante u na notte del penultimo carnevale, alcuni ·avvinazzati posero u n'i ndece nte maschera sul volto dell"erma di Carducci, sit uata nei giardini d ella stazione. E bb ene, all"indomani, il foglio cler icale trovava gra- zioso questo oltraggio plateale al p oeta italiano. D o po l'assass inio di Ferrer, Io stesso foglio non so lo giustincò e apologizzò Maura, ma ebbe il coraggio di annunziare la compilazione di un numero u nico contro Ferrer. L'odio che i clerical i trentini nutrono co ntro tutti coloro che non li seguono è ten ibile. Dal silenzio vanno al boicottaggio e giungono alla delazione sfacciata. I rapporti fra Polizia e Vati cano trentino sono stati più volte messi nella debita luce.
La situazione economica, politica, morale del clericalismo t rentino è ora eccellente. Banche piene di denari, imprese industriali, associazioni, ricreatori, scuole, g iornali, deputati al Parlament o e alla dieta e, malgrado il suffragio a curie, ma grazie all'equivoco co ntegno dei liberali-nazionali, anche tre consiglieri comunali a Trento. D urerà ? N o n lo crediamo. Nello stesso campo clericale non c'è l'accordo completo. Accanto agli affaristi che gridano << una chiesa di meno e un giornale di più», accanto ai mercat ori, ai banchieri della religio ne, vi sono dei giovani molto giova ni e dei vecchi, ormai forse troppo vecchi, che vorrebbero scinde r be ne ciò ch'è relig io ne da ciò ch'è affare, che vorrebbeto non confusi gl'interessi spirituali con quelli materiali. Questo dissfrlio esiste e potrebbe domani para!izzare l'azione clericale. Inoltre la sfacciata dedizione dei clericali trenti ni all'Austria ha disgustato gran parte della popolazione urbana. Nelle campagne poi, i contadini cominciano ad avvedersi della turlupina tura clericale. Tutte le tasse, anche quella a ffa matrice sulla polenta, furono votate all'unanimità dai clericali t re nt ini in amorevole accor do coi cle ricali tir_olesi. È quindi assai probabile che le prossime elezioni a suffragio universale segnino una clamo rosa sconfitta del Partito Clericale. Qua rito convien fissare pe r ora, riassumendo queste n ote ed a edificazione d ei << regnicoli » irredentisti, è che il Partito Clericale Trentino, dominatore della maggioranza della popolazio ne> è apertamente austriacante e antitaliano . Se per dannata ipo tesi l'Austria ind icesse un referendum fra gli abitan ti del Trentino onde si pronunciassero per l'adesio~e agl i Absbu rg o o ai Sav oia, partirebbero dal Vat ica no trentino carovane di preti a propugnare per tutte le v allate che l'unione all'Italia è contro alla relig ione e ai voleri della divina. provvidenza. Questo riferend11m d arebbe, ne siamo sicuri, una strabocchevole maggioranza di voti favorevoli all'Austria. Poiché l'inno . p rogramma dei cattolici trentini si augu ra e vuole che l a g ialla e nera bandiera le f orze di lutti t ongiunga ed i ruor. li Partito Socialista. -Le sue origini sono recenti. Il 2 febbra io 189 ) usciva· il primo cd aJlche ultimo numero del p rimo giorn ale t rendno di propaganda socialista, co l nome d j Riuù l a Popolar, Trentina F u co nfiscato sino all'ultima copia Scoraggiati non t anto dalla v iolenza poliziesca CJuanto dall'apatia e incoscienza della massa la voratrice e pu r decis i a non cedere, i socialìsti t rentini trasportarono le tende nella capitale dell'Austria, e a Vien na, ai primi di novembre dello stesso anno, usciva l'A vnnire. 1 redattori cosi spiegavano il perché dell'and ata a Vienna. ·
« Ci siamo trasportati a Vienna ~rch é in meno allo stupjJo antisemitismo e a l fedifrago liberalismo e' è un po· di posto anche p cl socialismo vero e senza sottintesi. Nelle nostre provincie ita liane si respira un·aria afosa, soffocante, si sta fra una Polizia paurosa, che non tien conto dei tempi e un liberalismo anche più g re tto. Non gii che qui si respiri tutfaria os'sìgenata, tuttavia m odo di camparla, m;1gari con qualche mese d i prigion e, c ~ ».
D opo alcuni numeri, che suscitarono grande emozione, specie fra i nazionalisti, il g iornale tornò nel Trentino . Nell'ottobre d el 1896 usd a Rovereto l' Avvtnirt del Lavoralort e con ques to giornale i l Partito andò assumendo consistenza e individualità. Il congresso del settembre 1897 riusd una prima e importante manifestazione dì forze socialiste. Tre anni dopo ebbe lu ogo il secondo congresso V i fu t rattata la questione dell'autonomia e l a fondazione di un quotidiano sociallsta. Due mesi dopo. e cioè nell'aprile del 1900, usci va il P opolo. Nel suo prog ramma dichiarava di avere un duplice scopo:
« Quell o di cooperare a lla conquista d i quelle li bertà, altrove ormai da decenni ottenute d:ille borghesie e qui totalmente mancanti, e quello di fare tra le masse operaie propaganda per le idea li tà del P:utito S0<ialista »
Il qt.otidiano iniz iò l a campagna pro autonom ia politica ed amministrativa del Trentino. È questa la pagina pjù bella nella storìa del Partito Socialista T rentino. Tra il 1904-'05 violenti dissidi personali scoppiarono nel campo social ista. Il Popolo cessò di essere organo del Partito e divenne propr ietà del direttore Cesare Battisti. Si ebbero in que~ tomo di tempo, nella sola città di Tre-nto, tre settimanali socialisri che si combattevano a vicenda. Dopo un lungo e tempes toso periodo di lotte inte:itine, parecchi socialisti se ne andarono, il Partito si ricompose, riordi nò le sue i stituzioni p oli tiche ed economiche, i n pr imo luogo la Camera del lavoro di T rento, ri pubblicò l' A vvt~i re del Lavoratort, organo del P art ito Socialista e del Segretariato trentino del l avoro. Oggi, l' Avvenire ha una tiratu ra che supera le duemi la co p ie e mentre è quas i sconosciuto nel Trentino, dove, all'i nfuori degli opc.rai, ha scarsissimi lettori, è diffusissimo nella zona bilingue e più al nord del Tirolo, nel Voralberg, nella Stiria, in Carinzia, Carniola, Boemia, do ve sccve a mantenere fra i gruppi degli emigrati l'italian ità li nguistica. I gruppi politici socialisti de l Trentino non sono molti. Però le maggiori ist ituzioni economiche (Camere del lavoro di Trento e Rovereto) sono n elle mani dei socialisti. I socialisti trentini dipendono da Vienna. È una dipendenza morale, poiché nel fa t to i due movimenti socìalisti hanno carattere divetso.* Le organizzazioni econom"iche invece sono tutte federate a Vienna, dove esistono le cosiddette centrali, cioè le d irézioni di ogni singola organizzazio ne professionale. Queste centrnli sono potentissìmi organismi b urocratici, che dispongono di tutta u na lunga gerarchia d ' impiegati e che esigono obbedienza e regola::ità di pagamento dai soci fe de rati. Non si fa sciopero senza ,il permesso delle centrali. Ai ribelli non si da n no sussidi. Le casse di queste organizzazioni taccoglievano od 1909 nove milioni di corone. Questo tipo d'organizzazione fortemente accent ra~ trice e burocratica tende a costituire sopra le ling ue e Je raz ze l'unità. materiale e morale del proletariato austriaco. Unità forse i mpossibile a solidamente raggìungersi, poichi ogni razza, ognì popolo porta od movimento operaio una < t sua» anima, né si può livellare ciò ch'è fondame ntalmente diverso. Acca n to a ll'unità burocratica e m ilitare del Governo austriaco, che non fa sottili distinzioni fra italiani e boemi, fra slavi e tedeschi, e natta gli otto popoli dell'i mpeto alla stessa stregua, esiste l'unità proleuria, che della prima ha la burocrazia e la disciplina quasi militaresca e p retende di realizzare una effimer a i nternazionale fra operai che n on s i senton frateLi. Effimera, e già i segni dello sfacelo s'annunciano. Nella Boemia esistono i separat isti n azionali e i separatisti soci al isti e operai. Fra non molto Je pote nd orga nizzazio ni operaie della Boemia si staccheranno da Vienna pe r centralizzarsi a Praga. Da n o tare, cosl en pauanl, ch e il m ovime nto ope· raio boemo h a molti caratteri del movimento o pera io francese ; quindi è favorevole al decentrame nto , alle b a~se quote, all'autono mia dell'azione sindacale.
Anche nel Trentino albeggiano tendenze separatistiche fra gli operai. Un primo conflitto e grave è già scoppiato fra la centrale dei muratori, e l'Avvenir? dei LatJOralore, organo del Segtetariato trentino del lavoro. Forse non c'è nel Trent ino un proletariato autentico, numeroso e cosciente da poter m a nte nere istituzioni sue proprie, autono me d a Vienna, Il Ttentino, e lo di mostreremo meglio in altra p arte, non
+ Lt, Camera del law;ro di Trento, (I/meno qu:mdo aveM sede in v ia S an Pie. Jro 2.3, ,iceveva dal comune, a 1i10lo d i su1sidi o, /' esen zione d l'I pagamen10 del ammrno di IHce e/eurica, ciu a cir,q uerer110 corone annue Coru,o l a conreui on, di qu eSla esazi owe non mancava d i batldgliare l 'organo q u otidiano dei clericali. · lS.• XXXIII , è industrializzato come alcune provincie della Boemia. Manca il proletariatO, ·es iste invece \!artigianato. Cosi il Partito Socialista non potrà mai giungere a g rande floridezza, perché gli manca un substrato di pro letarì autentici.
Nofl solo, ma le r ecenti scissioni lo hanno ancora più indebolito. La ques tione Barni-Avancini non è un semplice episodio personalistico; né semplice scontro cli temperamenti opposti e irriducibilment e antagonistici il frigidismo b urocr atico, m eticoloso , teutonico dell'ono r evole Avancini e . l'impulsivismo del Barni. V'è, oltre alle persone, un conflitto d'idee o p iuttosto un conflitto di m et odi. C'è chi vuole tutelare politicamente la classe operaia e c'è invece chi ripudia ques ta tutela. I pcimi si raccolgono nella società elettorale o in altro organismo politico, gli altri hanno nelle ma ni la massima is tituzione del proletadato: l a Camera del lavo ro di Trento. Ancora. C'è chi si per mette di criticare l'accent ramento tedesco in fatto di organizzazione operai a e c'è invece chi ri t iene questo accentramen to 1a forma p iù perfetta dell'organizzazion e e guai al reprobo che pensa al contrario.
Ci sono nella massa oper aia del Trent ino tendenze separatistiche, antiteutoniche, anticentralistiche ; albeggia nel Trentino il m ovimento separatist a c he ha scisso i lavoratori di Boemia dagli altri dell'Austria
Il concetto dell'azione operaia autonoma, libera dalle influenze d ei pastori politici, padrona quind i di scegliersi i suoi mezzi di lotta sul terreno s ind acale, è ormai diffuso. La massa che ieri venerava i l deputat o, oggi lo trascura. L'azione parlamentare decade nella stima d egli opexai ; subentra l'azione diretta del sindacato. Quando l'onorevole A va nci n i rassegna le sue dimissioni, il fatto passa inosservato.
C'è dunque nel Tre nti no una nuova mentalità operaia. Sono s tati i reg nicoli, fra i quali un po' anche Io scdttore di queste linee, che hanno spas toiato il socialismo trentino d alla ro11t ine elettoralistica; e questa o pera faticosa non poteva non produrre la v iole nta scissione di cui si so no occupate l argamente le cronache trentine del 19 10 .
Nell'ultimissimo congresso (il q uatto rdicesi mo) d ei socialisti i tal iani del Tirolo, Trentino, Vo ralberg, tenutosi a Trento il 18-19 febbraio 19n, la scissione è s tata u fficialmente consacrata. I « barnisti >> n on sono stati accettati al congresso, e lo stesso Barni n o n ha avuto accesso, neppute come giornalista, nella sede del con g resso C'e.rano una quantità di delegati. Vennero approvate le .relazioni della gi unta esecutiva del g iornale, del deputato. Ma quanto all' attiv ità fu t ura, si preferl... passare :all'or dine del giotno. 11 relat o re a veva proposto quali principali compiti alla futur a commissi one esecutiva i segue n ti: l'agitazione contro il rincaro della vita, la l otta per la conquista d el voto nella ptovincia e nel comune, la costruzione di una buo- na organizzazione di P artito. L'onorevole Avancini, « pur essendo d'accordo colle proposte del relatore, crede che sarebbe troppo azzardoso prefigge re al Partito un p iano precisato d'attivi tà. Q ues to potrà essere fatt o da11a nuova giu n ta esecutiva, quando avrà potuto farsi un criterio sicuro de lle for ze di cui può disporre». (Avvenire del LavoraJore, anno VII).
Tuttavia la relazione è sta ta approva ta. Come si v ede nel programma d'attivit à del Partito Sodal ista Trentino (ultima formul azione), non si fa n eppur p iù cenno di campagne autonomistiche.
Là campagna pro aulono1JJia - Eppure la campagna pro au tonomia è, come dicemmo p oc'anzi, la pagi na più bella nella storia del Partito Sociali sta Trenti no. Dal 1895 al 1901 i socialis ti trenti ni diedero tutta la loro attività a l ragg iu ngimento dell'autonomia politica e amministrativa del loro paese. Nel gennaio d el 1891 i depu tati dietali trentini chiesero Ja discussione sopr a un p rogetto d'autonomia. A tale domanda il co nte Merveldt rispose dichiarando, in nome dell'imperatore, chiusa la dieta. D ì fr onte a t ale contegno i d eputati t rentini dieder o le loro dimissioni e sino al dicembr e del 1900 s i as te nnero dall'i ntervenire a lle sedùte d ell a Dieta. Quest'astensione, dapprima incomple ta per l'assenza dei clericali, ma p oi generale, unita a v ivissima agitazione nel paese, eccitò la r eazione governativa. Questa durò poco e il Governo ritornò al suo sistema : carezzare e prometter e. D ifatti l'imperatore a una commissione di setta nta rap presentanti di comuni trentini a ndati ad Innsbruck e capitanati dal barone Malfatti dichi arava « che il suo Governo si era già altre volte occupatò di sl im portante vertenza, la quale riconosceva fi no allora insoluta per molte diffi. coltà ; che egli av r ebbe incar icato il suo Governo di prenderla nud ~ vame nte in esame pe r condurla ad una sol uzione, tenendo conto de i maggior i interessi dello Stato.... ; che non poteva fate una promessa, ma che dava l'assicurazione che gli interessi della popolazione italia na gli stava no a cuore non meno di quelli di qual unque altra ».
D al 189 ) al 1897 i ministri Plener, Wind.ischgditz e Badeni continuarono a.... promettere. Quest'ultimo invi tò i deputati d.ietali t rentini a « elaDocare un progetto d'au t onom ia », che poi avrebbero discusso ins ieme e sottoposto all'approvazio ne imperiale. Badeni non chiamò mai i deputati a presentare il famoso progetto, ma nel luglio del 1897 il luogotenente d'lnnsbruck fece a q u attro deputati tren t ini la seguente, strabHian te comunicazione:
Il Governo convinto dì poter, d 'accordo colla magg ioran za d ella dieta, provvedere ai b isogni del Trentino, megl io che cogli organismi ammin istrativ i proposti dai depu tati trentini,
Ma.i turlupinatura di governo austriaco fu più impudente t Il paese tacque. I liberali nazionali si squagliaro no. Un opuscolo socialista d eplorava il loro assen teis mo e dprendeva la campagna. N el giugno 1897 il congresso socialista austriaco si era, relatoce il Daszinsk i, dichiarato « favorevole all'autonomia delle provincìe qualora queste non siano il prodotto d'intrighi cliplomàtici e di vecchie ingiustizie, m a rappresentino delle unità politiche nazionali a base democratica>). Il congresso dei socialisti trentini afferma va il suo proposito di lottare per l'autonomia e votava in proposito il seguente ordine del g iorno :
« I socialisti italiani del Trentino e del Tirolo raccolti nel loro primo congrt"sso, affermando il diritto di tutti i popoli a reggersi ed amministr:usi da s~ ; considerando che l'annessione del Tren tino al Tirolo è dannosa allo S\·iluppo economico del T rentino e quindi al sorgere di un proletariato cosciente; considera ndo che solo la concessi one dell'autonomia al Trentino porterà chiara e precisa la lo tta fra borghesia e prn letarialo, stabiliscono di accettare nel loro programma mi ni mo la lo tta per il consei;ui mento dell'autonomia, di lott:ue per essa ind ipendenteme nte dagli altri partiti mediante comizi, opuscol i e conferen ze ed estendendo la propaganda anche fra i comp3sni tedeschi della provincia J>,
Co n quest'ordine del giorno i socialisti trentini s'impegnarono alla battaglia. Organizzàrono comizi, pubblicarono opuscoli, frustrar ono l a inutile astensione dei liberali nazjonali eccitandoli a pai-alizzare il lavoro della dieta d' ln osbruck mediante l'ostruzionismo, occuparono le piazze con un corteo di parecchie centinaia di operai quando la dieta ti rolese nel gennaio 1 898 « respin se in bl occo il prògetto delle tramvie trentine, proibl alla città di Trento di prestar garanzja per un prestito .!.ulla linea de lla v~l di Fiemme, tentò di smembr.;.re l 'unit à li nguistica del Trenti no staccando alcuni comuni italiani dcli.a. val di Fass a per aggrega rli a l capitanato t edesco di Bolzano ».
Le elezioni politiche del m aggio-giugno 1898, la ·inaug ur azione (1897) e l'anniversa rio (1899) dell'inaugurazione del monumento a Dante porsero occasione ai sociali sti per insistere s ull'a utonomia Nel 1900 il loro congresso non poté non trattare l'inquietante problema. Il· famoso voto di Briinn dei socialisti austriad fu il centro della .discus sione. Riportiamolo, perché detto ordine del giorno è la sintesi del pensiero dei socialisti a~striaci di fronte alle nazionalità che compongono l'impero e alle lotte. che le travagliano.
• L' Austria - così comincia b. d ichiarazione di Briinn - deve costituirsi in una confederazione d emocratica, Alle s toric::he provincie vengono sostituiti d ei corpi nazionali autonomi circoscritti, la cui legislazione ed amministrazione emana da Camere nazionali elette in base al suffragio universale eguale e diretto. Tutti i territori della stessa na zione forma no insieme un'unica confederazione nazionale, la quale provvede ai p ropri bisC1gni nazionali in modo del tutto a utonomo. Il diritto delle minoranze naziona li viene garantito mediante una legge specia le stabilita dal Parlamento de lla Confederazione. I socialìsti a ustr iaci non r iconosccmo alcun privilegio nazionale e perciò res pingo no la tendenza a introd urre una ling ua di Stato. Per quanto concerne la n ecessità di u na lingua di comunica• zione, verrà deciso dal parlamento della Confederazione ».
Questa dichiarazione, c he fa ancora t esto poiché non fu abrogata , né modificata dai congressi nazionali austriaci successiv i, vagheggia una confederazione di popoli o rdi n ata sul tipo svizzeco e una form a di reggimento repubblicana. F ine delrimpero secolare degli Absburgo e smembramento dell'Austria. &co la dichiarazione di Brilnn , la quale però ci lascia all'oscuro in quanto concerne i mezzi per raggiungere lo scopo. L'azione dei socia listi austriaci non ha finora i ndebolito il « nesso dell'impero>>. Anzi ì socialisti austriaci tedeschi combattono accanitaffiente qualunque movimento separatista, sia esso nazionalista o operaio;
Per conto loro i socialisti trenti ni v otaro no u n ord jne del giorno co l quale, « considerando che solo l a con cessione dell'autono mia al Trentino potterà chiara e precisa la lotta fra b o r g hes ia e proletarjat o », s tabilivano « di accettare nel loro programma minimo la lotta per la conquista dell'autonomia, di lotta re per essa, alleandosi eventualmen te con quelle frazioni della borg h esia che sono favorevoli ad una seria lo tta mediante comizi, opuscoli, conferenze».
Mentre altra volta si dichiarava di lottare· da soli, ora s i accettava il concorso della borghesia. D e l resto i mezzi ultralegali d'agitazione no n potevano spaventarla per q ua nto timorosa si fosse 11 g iornale quotidiano si impegnò a fon d o nella campagna au tonomis t ìca. Co me mezzi di protesta co ntro il malgove rno della Dieta tirokse, consig liava Jo sciope ro delle amministrazio ni comunali t:centi ne _ e l 'ost ru~ z ionismo alla Dieta. !I.fa quest'ultima m isura era accolta co n lazzi e scherni e stupide ins inuazìoni da parte dei deputa t i liber ali nazio n ali, che. credevano d i compiere il maggiore degli eroismi astenendosi dal p artecipare ai lav ori della D ieta. Il quotidiano liberale-nazion ale definiva l 'os trnzionismo un mezzo « per ottenere un po' d i governo assoluto>> . Chiamava « sci occhezze e ingenuità ì> il v entilato sci opero d ei comuni. Voleva -~·m astensionismo cortese. Mano ferma , m a prudente; ecco il motto riassument e tutto il machiavellismo di ba ssa lega de i liberali-nazionali, che in fondo in fondo non volevano d isgustare l 'Austria e rendersela iueconciliabile n emica. Il quotidiano so cia lista fosisteva.
<t Convenfa mo: l"arma d ell'ostruz ionismo non è un'arma intellettuale, No : ìl cantare, il gridare, il valersi di un rego lamento per far perdere ore di tempo in vane forma lità, il far r umore levando magari le a ssi d elle panche, no, tutto questo non è intellettuale, Ma è forse intellettuale il contegno degli avversari, che si valgano di una forza numerica per negarci il diritto alla vita, all'esistenza, allo sviluppo libero della n ostra vila n:i.zion3lc, economica, soda le-? t forse intellettuale il criterio de i d epu tati ti rolesi, che vot ano pei loro paesi, per le loro imprese due milioni e mezzo d i coronè ( in gran parte no~tre) e d anno al T rentino la vil carità di ventottomila corone? :E: forse un crite rio intellett uale quello che spinge i deputati tirolesi a dichiarare terra di conquista le nos tre valli, imponendoci a forza una ling ua ig nota? Contro la violenza, la violenza» . ( Cfc. P opolo , 18 maggio 1900).
Ma più che questi appelli, altri avvenimenti indusse ro i de putati dictali a cambiar la loro tattica, I boemi, mediante l'os truzionismo, ottenevano insperati success i al Parlamento austriaco, e al Parlamento italiano, mediante l'ostruzio nismo, l'estrema sinistra trio nfava su : Pelloux e soci. Il s giugno 1 900 i dep utati dictali si riuni vano in Trento e deci devano di pretendere una risposta dalle autorità ministeriaE e in caso di rifi ut o di p assare all 'ostruzio nismo. Questa decisione costituiva un successo pei socialisti. Al comizio pubblico, che ebbe lu ogo pochi giorni d?po ad iniziativ a d ei socialisti e di alcuni liberali disside nti, partecipàrono ben seimila cittadini. Il G overno rispose che non voleva saperne d'autonomia; i dep utati dietali iniziarono quindi l'ostruzio nismo. La dieta convocata nel dicembre non poté funzionare. Si chiuse nominando un comitato incarkato di elaborare un progetto da discutere. nella successiva sessione. Il progetto fu elaborato e cadde. Jl paese tacque rassegnato e la campagna dei sociali sti cessò L'autonornia, che figurava nel prog ramma minimo come postulato da r3.gg iungersi subito, è passata nel pro gramma massimo, come vaga aspir azione ideale. Gli ultimi echi li troviamo in un discorso elettorale <lel 1908 pro nunciato da un candidato socialista. Nel 1909 si annu nciò un comizio pro autono mia, ma una proibizio ne p oliziesca bastò per farlo rientrare e nessuno si fece vivo. N el 190 8 il candi dato socialista dichi arav a esser necessario « u n p rog r amma di distruz.ìone prim a, di azio ne poi Un d eputato socialis ta dev' essere come la spola d i dinami te in mezzo a tanto vecchiume ». Oggi i liberali-nazionali benedicono l'Austria t:: i socialisti impotenti) la tollerano e la subiscOno.
L'esito disastroso della campag na pro autonomia merita un breve commento sul quale gli irredentisti faran bene a riflettete. Q ues ta campagna è merito cli un so lo Pa rti to: il Socialista. I liberali-nazio nali o steggiano l'agita.zionc, i clericali cercano di stroncarla Sa lvo poche e g randi occasioni, le masse non partecipano alla l otta. La po polazione rurale è assente I deputati dell'astensionismo passano all' ostruzionismo. N iente altro. Tut ta l'agitazione è leg ale. Nessuna violenza, nessun sacrificio, nessun martire. Ci dica no ora g li iuedentisti i talici, ai quali, come nella massima cristiana, molto bisogna perdonare per- ché non sanno quel che si dicano e facciano, ci dica no se un paese che lotta cosi blandamente per l'a utonomia può essere d omani capace cli uria insurrezione per l'annessione all'Italia. Ne dubitiamo. Se tu tta la popolazione trentina ave sse v eramente voluto l'autonomia e fosse stata capace di qualcuno de ' sacrifici sin goli o collettivi cli cui va gloriosa la recente st oria, ad esempio, d ella Finlandia, l'autonomia sarebbe stata concessa. Ma il Governo austriaco non igno rava che gli autonomisti socialisti costituivano un'infima mino ranza con scarso seguito , quindi poco pericolosa. Il Governo t enne duro e v inse. Il liberalismo nazionale, vile come sempre, si · rassegnò alla sconfitta. L'appoggio delle frazioni b orghesi che i socialisti avevano c hiest o non venne. Non esiste nel Trentino una b orghesia nuova, giovane, liberale, capace di impegnarsi in lotte politiche; l a borg h esia trentina si" compone di n egozianti e m erciai, come il proletariato cli a r t igiani La bo rghesia t ren tina b o t tegaia, taccag na, prct inizzata non conosce idealità e no n s i scalda per l otte poli tic he. Ha rin unciato all'anneSsione, rinuncia all'a utonomia.
T o lta la campagna autonom istica, n on vi sono nella storia del Pa ctito Socialista Trentino altri avvenimenti deg ni di nota. Bisogna tuttavi a ricordare gli scioperi gencca li nel 1907 per il suffragio univ ersale, nel 1909 per la reazio ne politica. Grazie all'allacgamento del suffragio, T rento è rappresentata da un deputato socialista, Augu sto Avancini. Il suffragio ristret tissimo a' curie, vigente ancora nel comune di Trento, ha impedito l'elezione di consiglieri sociali sti. Il Partito Socialista Trentino ha o ra ingaggiato la lotta per ottene re il suffragio uni versale anche per le elezioni comunali o almeno un aJ. largamento del suffrag io.
Il sistema del vot o per curie è un avanzo di m edioevo. Basta esam inare la costit u zione dei tre corPi elettorali della città _ di Trento. Nel primo corpo sessanta ele ttori h anno d od ici rap pi:esc nta nti; uno ogni c inque e forse anche solo uno ogni q u attro ; perché vi hanno una decina di elettori che non s o no persone ma ent i econo mici. Cosl il vescovo vota per sé e può votare per il Duomo. N el seco ndo corpo~ cos id detto dell'intelligenza e della media borghesia, seicento elettori eleggono dodici consiglieri. Di"inque un rappresentante ogni cinquan ta elettori. M algrado l'intelligenza, ci vogliono dieci ele tto ri p e r mi::ttere insieme i di ritti e il valore di un elettore del primo corpo. Nel terzo corpo si danno altri d odici cons iglieri a duemila elettori; un consigliere ogni ce ntosessan ta. E poi v i sono almeno d uemilacinquecento citta dini senza alcun diritto d i voto. Ma gli elettori n o n sono soltanto i cittadini maggiore nni. H a nno di ritto di vOta re con p rocura anche i bambini e le donne,· purché possidenti e paganti t asse, e un' infinità di e nti amministrativi. E poiché a nche i santi e i lo ro altari son o compresi fr.i gli e nti amminjstrativi, e ccovi comparire nelle liste elettor ali di Trento, con diritto di voto, San Biagio, San V igilia, San Pietro, ecc. Le don ne elettrici sono p uecchie centinaia e la cacti a alle lo ro - procure, specie da parte dei cler icali, è uno spettacolo altamente i mmoraJe.
Contro il suffragio a curie solo il Partito Socialista si è agitato e si -agita. Dicci anni fa i libera li votarono una riforma, ma fu bocciata dai clericali in seno alla Dieta di Innsbruck, alla quale spett~ il diritto di sanzione. In questi. ultimi tempi pare che i clericali trentini volessero agitarsi per l'allargamento del suffragio. Ma poi, colla lo ro abituale ip ocrisia, si ritirarono, contentandosi dei ·1oro consiglieri entrati da poco in comu ne. A ll'ultimo comizio organizzato dai socialisti alla vigilia delle elezio ni comunali per riatt ivare l'agitazione contro i l suffragio a curie mancavano i clericali e i liberali-nazionali. Non aderirono neppure. E ciò avveniva ment re un professore, gran luminare del nazionalismo, si rimangiava tutta l'intervista avuta da l ui con un giornali sta del Regno e nella qua le aveva espresso giudizi.... un po' ere tici sull'ordinamento delle scuole austriache. Oh.. .. gran cor aggio di questi eroi della nazionalità I È probabile che nelle prossime elezioni politiche le campagne s i p r onundno favorevoli aì candidati socialisti. In queste lotte eletto rali è destinata ad esaurirsi l'attività del Partito Socialista. II quale, salvo pochissirrù regnicoli, si compone di trentini che dei trendni hanno i pregi e i difetti. 1n un paese senza vero proletariato, in un paese stanco che « ha bisogno di punture e·di iniezioni per non cadere in pe~iodiche catalessi n, in un paese senza tradizioni rivoluzionarie, mancano le condi zion i per lo sviluppo di un forte Partito Socialista. Qualche successo eletto rale non può smentire ques t'affermazione,
Il regime governativo. - Esiste nel Tre ntino uno special r egime politico austriaco? C'è una legge d 'eccezione per il Trentino? Cer. chiamo di -rispondere a queste do mande. La libertà di pensiero è garantita sino a un certo punto . La confisca di libri pericolos i è all'ordine del giorno L'ufficio di censura è monopolizzato dai clericali. E si sequestra a caso. Dall'opuscolo scientifico del professor Warhmund si passa al roma nzo Orkinzia, scritto da un operaio. Del libro di Bebel La don,ra e il socialismo non è stata tollerata la circolazione in Austria. N egli u ffici postali c'è la censura per tutte le pubblicazioni che giu ngono dall'estero, specie dall'Italia. In questi ultimi tempi fu p roibita in .Austria ·la ve ndita dei gio rnali I l Te mpo, La Ragione, I l Resto del Carlino e La Pau. La libertà di stampa è alla mercè della procura di Stat o.
Mentre nelle altre parti de11'Austria non si sequestra mai o quasi mai, nel Trentino le forbici della P rocura fanno strage tra le pubbLicazionì
· p eriodiche, Vi si confisca il giorn ale per un sola riga oppure ve lo sve ntrano completamente, Escono dei giornali bianchi o quasi. Vi sono periodi speciali in cui i sequestri fioccano. Talvolta il procuratore vi sequestra ciò che è stuo impunemente pubblicato su giornali tedCschi, Queste misure vi esasperano. Il sequestro si .riduce -però alla soJa confisca delle copie. Salvo casi .specialissimi, il processo non segue mai. Il deputato social ista ptcsenta un'in terpellanza al Parlamento, legge gli articoli sequesttati, li passa agli atti e ve li immunizza. Voi potete allora .ripubblicarli e cavarvi, dopo qualche settimana o qualche mese, questa rnag ra soddisfazione.
Nelle altre parti dell'Aust.ria, i sequestti sono cosl .rari, da costitui re, quando vengono, una spec~e di avvenimento, l' Arbeiler Zeilrmg, ad esempio, il quotidiano dei socialisti austriaci, è stato sequestrato pochissime volte. Per questo il gruppo parlamentare socialista austriaco non h a ancora sentito il bisogno di reclamare, accanto all'ottenuto suffragio universale, l'abolizione del sequestro ptcventivo dei giornali.
La libertà d'associazione è concessa con una legge del 1867. No n è tollerata in Austria l'esistenza di un partito politico propriamente detto. I socialisti si confondono cogli organizzati (difatti parte delle quote di costoro vanno alla cassa del partito) o, .riunendosi i n gruppi, devono copridi con nomi come i seguenti: la « Fraterni tà sociale)), la « Lega per la cultura sociale», « Gruppo di studi sociali )}• ecc. Al costituirsi di ogni associazione, sia essa economica o pol itica o intellettuale o Sportiva, è necessario manda re alla lu ogotenenza d'Innsbruck cinque copie del regolamento interno ed un memorandum sugli scopi che l'associazione si prefigge Il luogoteneòte o chi per lui esamina · l'incartamento e concede se del caso rautorizzazione. La quale vien subito se trattasi di società operaie, mentre invece tard a o non viene se tratt.asi di società ginnastiche o sportive o politiche. Un'associazione non autorizz:i.ta vien sciolta· dalla polizia. L'Austria non tollera società segrete.
Il governo può ad ogni momento sciogliere qualsiasi associazione che gli sembri pericolosa. U n grido, una passeggiata, l'oste ntazione di una coccarda sono motivi ·suffic ienti. La pubblicaziqne di un manifesto contro i1 centenario hoferiano (1909, agosto) portò l'immed iato scioglimento dell'associazione degli studenti trentini e la con6sca· del lo ro patri monio. L a divisa delle bande musicali dev'essere approvata dall'imperial r egia luogotenenza Non si tollerano uniformi che ricordino da vicino qudle di alcuni corpi armati italiani.
Il diritto di riunione è abbastanza rispettato. Ci sono due specie di rjunj o ni, Quella·indet ta a pa ragrafo due, cioè privata, e quella c hiamata pubblica sociale. Per entrambi bisogna preavvisa re la P olizia o il capitanato almeno ventiquattro ore prima. A lle riunioni private n o n inte r viene la Pubblica Sicurezza, alle riunioni pubbliche non manca mai il funzionario, il quale d ev'essere presentato all'udito rio dal pres idente che dirige l'assemblea.
Difficilmente il commissario v'interrompe. Qualche volta è un tedesco che mal comprende l'italiano. P otete di re ci ò che fo rse non si tollererebbe in Italia. Guai però se toccate l'imperatore I C'è da b uscarsi una buona dose di carcere d u r o. Potete attaccare i p ~eti, ma non la r eligione. Accenni al Riso rgimento italiano, alle guerre fra l'Austria e l'Italia non sono tollerati. Pe r far rizzare le orecchie al commissario basta-ricordare Garibaldi. I cortei nel1e strade sono permessi. Quando siano improvvisati , la Polizia nello sciogli~di è meno brutale e sanguinaria dell'italiana. Le truppe non intervengono che in c asi di dichiarata sedizi one. Nei g ravi frangenti si chiamano i gendarmi dalle campag ne.
La Pol izia si c ompone di trentini, o riginari però delle vallate. Gli alti funzionad sono tutti t edeschi. Gli agenti di polizia hanno quasi tutti fami glia e no n sono, come in Italia, mal visti e odiati dal resto della popolazione. La polizia austriaca tren~ tina non è feroce come ~oppongono quelli che son r imasti al •48, G li . assas sini compiuti dai poliziotti in Austria non raggiungono certo la cifra di quelli compiuti da p oliziotti italiani. Le manette sono abo-lite, e non si applicano che i n casi specialissimi di resistenza e riotto-sità. Cosi nelle Assisi mancano le gabbie. Gli sfratti politici o amministrativi ordi na ti dalla polizia no n sono cosi numerosi . come quelli ordinati, ad esempio, da l cantone repubb licano di G inev ra (mill equattrocentocinquantatré espulsioni amministrative nel solo anno 1904).
Il regime carcerario a Trento e Rove reto è i nfinitamente migliore dell'i taliano. Silvio Pellico non potrebbe più scri vere le sùe la men tose memo rie. *- I condannati a meno di due anni lavorano tutto il g iorno o nei cortili delle carceri o fuori nei campi e nelle colonie agricole. Le celle sono comode, le finestre non sono a bocca di lupo come nei cellulari italiani, la disciplina non m olto rigida. Pote te tutti i giorni farvi portare il pranzo da fu ori e leggere ·uno o parecchi quotidiani e scrivere a piacimento vostro.
"' Nel grande dhcorJo pronuncialo recentemente dal unato, t G ,abmayr alla ud11ta plenaria detle delegazioni i ~ B udapeJJ il 23 febbraio 1911, diJCon o che Il S«olo del g i orn o waeJJivo riportava in cxtenso, ho trovalo qunto .Periodo, , he ha col m io, 1uùto 1111 anno prima, una !lr.#na ,oi11àdenza di ,011ce110 e d i formd Ha detto il unato re G,abmayr: «Gr;,.zìe a[ cielo, le casematte di Bri.inn sono d;,. lungo tempo fuod . .servizio e ossi nessun Silvio Pellico potrebbe più scrivere quelle "Mie Prigioni·· che ci commossero t3n to ncHa nostra giovine22a, invadendoci l'anima di p rofonda pietà. Oggi le vittime i n massa d ella crudeltàaustriaca non esistono p iù che nella fantasia Jei più esaltati irredentisti.... ».
La Polizia, che è lo strumento diretto dell a reazione governativa, non è cosl feroce come si può supporre da·coloro che vedon l'Aust ria moderna attraverso i ricordi d i Radetzky, Haynau e soci. Può però diventarlo quando le alte sfere tedesche premono e il paese è agi tato E allo ra non è soltanto feroce, ma stupi~a. Qualche episodio no n farà male. La « Fraternità sociale» di Ro vereto deve inaugurare la sua rossa bandiera. L'autorità pone il ve to. L'Austria non permette l'esposizione di stracci completamente rossi. Bisogna turbare l'omogeneità del colore, La <<Fraternità» allora fa ricamare in bianco sulla bandiera la sacramentale frase di Marx « Lavoratori di tutto il mondo u nitevi ! )) e la band iera può liberamente sventolare. Un t empo s i face va la caccia ai ritratti di Umberto, alle spille coll'effigie dei sovrani d'Italia. Oggi sono tollerati; però si eleva contravvenzione al fon ografo che ripete l'i nno di Garibaldi. Durante le solennità hoferiane furono arrestati due bambini di età inferiore ai dieci anni, colpevoli di aver fischiereilato l'inno di Mameli. N ello stesso to rno di tempo capitò a Trento un giovanotto vestito da bersagliere. Tutta la Polizia fu mobilizzat a per arrestarlo. Si trattava d'un innocuo collegiale. Le gaffes creti ne della Polizia trentina sono innumerevoli Bene spesso abusa di un privilegio che le è concesso : quello cioè di condannare i dimostranti da un minimo di un giorno a un massimo di quatto rdici g iorni. Q ueste condanne in Polizia, senza interrogatorio, senza processo, sono un residuo dell'Austria barba ca di al tri tempi, Riassumendo diremo che il regime governativo aust riaco nel Trent ino non è gran fatto diverso da quello applicato nel resto dell'impero. In momenti dì crisi poi, quando si tratta di rep rimere, l'Austria no n distingue fra popolo e popolo. Italiani o tedeschi o slavi, il regime è identico. Basta per convincersene ricordare i fatti di Trieste, le repressioni d i Galizia, lo stato d 'assedio a Praga, il processo di Zagabria.
Trentino e Tirolo. - Sono due parti della stessa provincia; due parti. non solo diverse l'una dall'altra, ma in antitesi i rreducibile. Il Tirolo è il tutore, il Trentino è il pupillo. Il Trentino «subisce» una amministrazione compos ta in gcan parte dalla borghesia cle ricale e feudale del Tirolo. La lame ntevole situazione politica ed anche economica" del Trentino dipende da questo connubio forzato colla gente di oltre Brenner o. E ciò a dispetto, dice una scrittore trentino, « del- le più evidenti leggi di natura, offese da simile procedimento; dispetto dCi nostri fiumi che inviano le loro acque all'Adriatico, mentre i ghiacciai del Tlrolo mandano il loro tributo al torbido Danubio, attraverso i laghi e il Reno al mare del nord; a dispetto della lingua che qui si chiama lingua del sì, mentre lì vanta il nome di lingua di · Goethe e di Schiller; a dispetto della coltura del suOlo, che qui fa pompa di viti, di ulivi, di gelsi e Il di abeti e di prati; a dispetto degli ordinamenti economici, Il. germanici e qui latini.... ».
La enumerazione delle differenze fra le due regioni e i due popoli potrebbe, come ognun vede, conti nuare all'infinito, ma senza modificare lo stato di fatto. Oggi il Trentino è politicamente e ammini strat ivamente unito e sottoposto al Tirolo: i trecentomila trenti ni sono un iti e sottoposti alla borghesia tirolese rappresentante cinquecento. mila tirolesi.
Eppure il Tre,ntino ha sempre cos tituito, dai tempi romani fino al 1814, uno Stato a sé, affatto i ndjpendcnte dal Tirolo. G li avvenimenti di quell'anno lo agg regarono all'Austria e in essa al Tirolo. Che fino al 1814 il Trentino fosse un quid a sé, non una parte del Tirolo, fu sancito dalla Corona stessa, che accanto al tfrolo di conte del Tirolo ·metteva quello di principe di Trento. Il capitolo diciannovesimo della costituzione austriaca stabilisce che tutte le nazioni dello Stato abbiano u8"uali diritti. Quindi il Trent ino doveva avere una sua propria D ieta, completamente autonoma dal Tirolo. Nel 1849, ad esempio, si eressero a provincie la Sli:sia, !:i. Bucovi na, Ja Carinzia, il SaHsburghese, che prima erano aggregate rispettivamente alla Moravia, alla Galizia, alla Carniola, all'Austria superiore. N el 1861 anche il Voralberg ebbe Diet a propria. Ai paesi italiani del litorale furono assegnnte tre D iete. Solo il Trentino non fu eretto a provinci a, ma forzato a unirsi col Tirolo. La disparìtà della rappresentanza alla Dieta è dimostrata col· le cifre. N el 1816 la Dieta di Innsbruck aveva sette seggi pe r i trent ini coatto qua rantacinque dati ai tedeschi. Più tardi si tentò riparare all'i ngiustizia e nel 1848 furono accordati venti seggi ai trentini cOntro cinquan'tadue:. E ciò in un tempo in cuì la popolazione del Trentino era di trecento ventimila anime e quella del Tirolo di circa quattrocentomila. Finalmente, per calmare Je p roteste dei trentini, nel 1861 si realizzò una riforma, che vige pur oggi e in base alla quale il T renti no ha un deputato ogni .Jo.808 abit anti di borgate e città e uno· ogni ventottomilanovecentosessantanove abi tanti dei comuni rurali, ment re il Tirolo ha un deputato ogni novemilacentosettantaquattro abitanti di città e uno ogni diciassettemilaquarantanove dei comuni rurali.
I trentini sono sempre in m inoranza e devono subire la maggioranza tirolese. È chiaro che i tede schi fa voriscono il l oro Tirolo, servendosi anche delle contribuzioni del Trentino, il quale deve content arsi delle briciole che cadono dalla tavola dell'Epulone tirolese.
Ur1: esempio fra i tanti conforterà questo richiamo evangelico. Nel 18 8z si ebbero parecchie disastrose inondazioni, Nel Trentino i danni furono di gran lunga maggiori. Ebbene, i · sussidi ve nnero cosi ripar titi: 6orini un milio ne ottantatremila per il Trentino, fiorini. cinque milioni quattrocentoquarantaquattromila p er il Tirolo. Lo stesso Governo au striaco trovò il coraggi o d'opporsi a q uesta deliberazione dei sùoi buoni amici tirolesi e abrogò la relativa disposizione imponendo una meno ingiusta retribuzione. _ Altro caso. Il Governo in varie r iprese assegnò alla provincia dei sussidi per la scuola popolare. Nel 1886 il sussidio fu di fiorini trentottomila. Il Consiglio scolastico provinciale ne conferl ottomila al Trentino e il res to al Tirolo , Nessuna meravig lia, perché il Consiglio scolastico p rovinciale è composto in maggioranza da elementi t edeschi e clericali; da ciò frequenti atti di os tilità a"lle scu ole it::iliane, da ciò regolamenti scolastici ad uso e consumo del dominio clericale (come il regolamento che stabilisce l'obbligo pci b ambini delle elementari di udi r q uotidian amente la messa). Il maestro è r idotto cosi a fare il sagrestano e, co me narra uno scrittore trentino, si arriva al punto di ritenere pedagogistimodello uomini che han p o tuto, in un'antologia scolastica, « camuffa re sacrilegamente l'inno a Satana di Carducci sotto il titolo di i n no alla ferrovia, mutilandone conelativamcn te il contenuto . }>
Se la situazione del Trentino r ispetto al Tirolo è dal punto di vista politico, umiliante, dal punto di viS ta economico, che esamineremo fra poco, è disastrosa.
Ora di qu::ili mezzi dispongono i trentini per opporsi all'egemònia tirolese almeno nelle sue più violente e ur tanti manifestazion i? I rappresentanti della Dieta son o preti in sottana o clericali o lib erali che non sarebber o oggi capaci dì rinnovare il tentativo ostru ziqnistico di un decennio fa. Organizzare la resistenza nei comuni, circa quat trocento, del Trentino ? Anche i comuni sono ne1le mani d ei clericali. Nelle città vi ge il suffragio a curie e l'elemento p o polare non può avere rappresentanze o, avendole, non sono in numero sufficente per spiegare un'efficace opera di cont rollo e di negazione. Il Tre ntino è oggi impotente. Non« può» combattere il Tirolo perché non « vuol » combattere l'Austria. Pochi ingenui confidano nell'avvenire e sperano che H Trentino riuscirà un giorno a sottrarsi al dominio polit ico ed econo mico del Tirolo.' Q uali sono in questo caso le ipotesi?
A11to11on1ia? Anneuio11e? S lalu1 quo? - La formula a uto nomi• stica « Governo n ostro a Trento in n ome del popolo e pel p opolo» lanciata d;ti socialisti durante la lo ro campagna è già superata e le probabilità di un"autonomia del Trentino sono diminuite invece di aumentare. Dall'alto no n verrà e dal basso nessuno si agita per volerla. Dall'alto non sono cadute: che promesse e turlupinature, una più solenne dell'altra. Dalla prima promessa forma le di render giustizia al Trentino fatta dall'imperatore Leopoldo nd 1790, a quelle ministeriali del 1871 , 189;-'94, è tutta una collana di lus inghe e di tradimenti, E il popolo trentino non ha mai avuto uno scatto di rivolta. I propugnatori dell'auto no mia, i Gazzoletti, gli Este_rle, i MarsiH, i Dordi, sono scomparsi senza vedere fruttificare la loro seminagione. La loro azione del res to non toccò che superficialmente le classi lavoratrici della città e d ella campagna. Una cooperazione omog,:nea di tutte le energie trenti ne n o n ci fu _ mai. L'alto clero era e d è antiautonomista. Al principio del secolo scorso il principe vescovo Pietro Vigilia contrattò la vendita del principato i al principio di questo Celestino Endrizzi ha venduto ai « volksbundisti » il magnifico castello di Pergine. Il clero minuto ebbe un tempo delle velleità autonomistiche. Oggi non più. L'al ta borghesia accetta l'Austria. I suoi deputati non hanno compiuto grandi ge~ta alla Dieta tirolese: dall'astensione passarono a un blandissimo ostruzionismo e da questo alla più supina e vergognosa dedizione. La popolazione rurale è austriacante. Gli operai delle città e bbero il loro quarto d'ora autonomistico; oggi, per tema d'imbrancarsi fra i pecoroni del nazionalismo, trascura n o la politica. Quelli che un t empo si agitarono per l'autonomia, oggi si sono ritirati e il loro posto è stato occupato da indifferenti o da procaccianti che appoggiano l'Austria. L'ag itazione orale e scritta è cessata da un pezzo: l'ultimo comizio (1909) pro autonomia fu proibito. Quel divieto poliziesco, che nessuno ebbe .il coraggio di fra nge re e contro al quale ben fio che si Jevaron alcune voci di protesta, è s tato una specie di sigillo funebre dell'agitazione pro autonomia. Il Trentino è r assegnato alla su a sorte e n on pensa di « redimersi ».
L'anneuiont? - Questa ipotesi, allo stato attuale delle cose e forse anche dopo, è la più assurda. V'è in Italia diffusa fra tutti i ceti della popolazio.ne !'atte.sa e la spera nza di chi sa mai quale paling enesi alJa morte di Francesco Giuseppe. La fine del vecchio imperatore segnerebbe l'immediatÒ sfacelo dell'impero-mosaico. La divisio ne avverrebbe cosl: L'Austria tedesca alla Germania, la Boemia si costituirebbe in reg no autonomo, cosl l'Ungheria, gli slavi del sud forme• rebbero la Joro nazione, gli italia ni ricadrebbero in seno alla madre- . patria. Questi calcoli sono fantastici. Lo Stato austriaco non s i smembrerà alla morte di Franz Joseph, poiché il successore c'è già, è già pronto e se non regna governa e si fa sentire Del resto non sono più questi i tempi in cui la successione d'un sovrano produce la catastrofe di uno Stato, Ma che cos'è lo Stato nella sua diretta materiale estrinsecazione? L o Stato è l'esercito e la burocrazia. Ora lo Stato austriaco, che dispone di un fedelissimo esercito e d i una burocrazia imperiale non per dovece. ma per sentimento. è lo Stato per eccellenza e non può quindi essere frazionato e annientato dalla morte d'un sovrano. Quando l'esercito è compatto, Jo Stato esiste e: resiste. L'Ungheria stessa ha p erduto ormai ìl coraggio della su a indipendenza. L'Ungheria stessa oggi è austriacante, checché ne dicano coloro che son rimasti alle gesta e agli entusiasmi repubblicani del '4 8. E c'è in Austria, di fronte all'onnipotente burocrazia e all'esercito cesareo, un elemento di di ssoluzione statale? No. Il proletariato austriaco. che dovrebbe far « saltare» l'Austria, ne garantisce e ne prolunga i nvece l'esistenza. Il proletariato austriaco gode del su ffragio universale e di molte altre rifor me d'indole sodale ; fra !e altre la Cassa per operai ammalati, Poi attende le pensioni per la vecchiaia. Il pro letariato austriaco accetta l'Austria. Agli stessi socialisti ripugna il pensiero di una d issociazione delle nazio nalità eterogenee che co mpongono l'impero. La dichiarazione di Briinn ammette infatti una co nfederazione di popoli austriaci, non il lo ro d istacco per unirsi alle rispettive maggiori nazionalità. N on esi· stono dunque in Austria elementi di disgregazione : non nei residui impotenti dei vecchi part iti nazionalisti, non nelle organizzazioni proletarie. Il movimento separatista boemo potrebbe essere faci lmente schiacciato domani da un esercito rimasto fedele a lla di nastia. E c'è ancora da chiedersi : accetterebbero le al t re nazioni lo smembrame nto ddl'Austria ? Per questo l'ipotesi cli una insurrezio ne di p opoli alla morte di Francesco G iuseppe, con conseguente smembr amento dell'impero, ci sembra assurda. È certo poi che i tre ntini non insorgerebbero. La loro anima n o n è rivoluzionari a, ma çonservatrice, misoneista. Subisce, ma non crea,
V'è una seconda ipotesi che bisogna por sul tappeto. L'annessione all'Italia per cessione. Questa speranza lusingò i trentini e molti italia ni all'epoca dell'annessione della Bosnia Erzegovina e si addimostrò vana, L 'Austria conquista e annette, ma non cede. L'ipotesi dunque d i una cessione pad6ca o di u na vendita, non si è real izzata neppure nell'unica occasione possibile ; è qui ndi assurda come l'altra. L 'Austria non può cedere il Trentino. Vi ha profu so decine e decine di m ilioni, no n ad estirpar la pellagra ben inteso, ma a cost ruire forti . caserme e strade militari. Tutte le vette delle m ontagne sono fortifica te, Se l'Austria fos se r assegnata in un avvenire più o me no lon- tano a p erdere il Trentino, non lo coprirebbe di fortezze e di guarn igioni. ·
V'è ancora un'ipotesi e cioè quella di una guerra fra l'Austria e l'Italia, con la vjttoria dell'Italia e l'obbligo p e r l'Austria sconfitta ·di cedere parte delle terre irredente Rinunciamo ad altre i potesi. L'avvenire pross imo del Trentino è lo stalli! q110 cogli inevitabi li alti e bassi di reazione e di libertà che caratterizzano il regime politico borghese.
La situazione economica. Caraflerùtiche del suolo e distribuziont della popolaziom. - Il Trentino ha un'estensione di chilometri quadrati seimilatrecentocinquantasette, l'estensione media di una provincia del Regno d'Italia, e comprende ·due città con proprio stat uto, Rovereto e Trento, otto distretti politici, ventisei distretti giudiziari e trecentosess.intasei comuni. Abi tazione assoluta alla fine dicembre 1900 di abitanti trecentosessantamilace otosettantanove, con un aumento di diecimilanovecentottan ta, c ioè quattro e ventisette per cento da quello che era alla fine del decennio anteriore. La popo lazione relativa da cinquantotto è salita a sessanta abitanti per chilometro quadrato, inferiore alla media austriaca, che è di settantatré per chilometro q u adr ato, inferiore alla media i taliana di centotredici, appena superiore a quella del la Sardegna. Tutta la popolazione è distribuita in ottocentocinquant anove l o calità, delle quali seicentosessan tadue in media contano singolarme nte meno di cinquecento abitant i, centottantuno più di cinquecento e meno di duemila, quattordici più di duemila e meno d i cinquem ila. Inoltre la città di Rovereto con undicimila abitanti e Tre nto con ventottomil a.*
Del suolo appena scimi1aseiccnto ettari sono coltivati a vig na ; i ca~pi arativi, g li ort i, i prati in gran p arte sulle coste dei monti , con proprietà sminuzzatis sima e pe r natura e in parte pe r in sufficente coltivazione poco fertili, rappresentano in cifra tonda novantamila ettari di suolo coltivato ossia il tredici p er cento del suolo inte ro. I b oschi e i pascoli (purtroppo sterili e non sfruttati razionalmente) sono in cifra tonda quatt rocentosessantamila ettari, cioè quasi tre quarti del suolo intero e sono in gran parte proprietà collettiva, dei comuni e delle co munità, alcuna delle quali (esempio Fiemme) ricordano da vicino la comunità agricola slava, il mir. Ettari settantamila e cioè circa il d odici per cento sono. rocce e suolo incolto. Il suolo produttivo è dunque l'ottava parte appena deJ territori o e ciò spiega la scarsità deJla popolazione, ridotta alla metà della media densità della popolazion e in Italia. Causa ed effetto di questo rapporto fra suolo, utilizzazione del suolo e popolazione è anche la prevalenza nel Trentino <li ragg ruppamenti piccolissimi dclla,.popolazione.
• Queste cifre vanno leggermente a umentate in seguito ai risultati del J' ultimo censimento.
L'ag ricoltura assorbe la maggior parte dell'attività economica dei trentini. L'insieme degli ind ividui . che lavorano la terra è di centoÙ-entaseimilaseicentosessantanove, dei quali quarantaquattromilatrentasei sono agricoltori indipendenti, contadini dipe nden ti diecimilaottocentonovantanove, braccianti o giornalieri tremilaquattrocentodieci. Si noti l'enorme numero di piccoli proprietari, i quali sono tutti indebitatissimi e alla mercè delle istituzioni bancarie ed economiche clericali. Il più abbondante prodotto agrìcolo è l'uva. D al upporto pubblicato a cura del Consorzio d ei commercianti di vino all'ingrosso, r isulta che la produzione vinicola del Trentino per l'anno 1909 sali a quintali ottoce ntonovantottomilatrecentoventisctte, un buon terzo in meno dell'anno precedente. Gran parte del prodotto viene esportato, ma il reddito netto diviene ogni anno più scarso e ciò a cagione del1e malattie che colpiscon le viti, dei dazl provinciali aumentati, dell'aggravio dei noli ferrovfari e della concorrenza dei vini esteri. La situazione dei viticultori trentini è critica. Difatti non appena il ministro austriaco delle Finanze, Bilinsky, ebbe annunciato un nuovo balzello sul vino in ragione di' quattro corone per ettolitro, ben trecento viticultori trent ini si riunirono nella sala comunale di Lavis (borgo a sei chilometri d a Trento) per protestare.
Nella selvicultura sono occupati tre milacentoquarantasei individui, dei quali novantasei sono indipendenti. Nel lavoro delle miniere si impiegano settecentoquarantasei operai. Maggiore è il numero di quelli addetti all'est razione e alla lavorazione della p ietra Raggiungo no la cifra di d uemi laottocentosettantotto individui.
La grande industria è appena agli inizi. Inizi penosi perché il Governo ostacola l'immigrazione di capitale italiano. Trento è una città artigiana. Lo stabilimento più import an te, la falegnameria \Volf, no n arriva ad occupare duecento operai. Rovereto ha qualche stabilimento di tessitura. Nelle vicinanze sorge la grande manifattura del tabacco, che occupa parecchie centinaia d ì uomini e di donne. Tanto nella città di Trento, come in quella di Rovereto, il maggior contingente della popolazione classificata conforme ai diversi gruppi, è quello delle persone addette al servizio dello Stato, compresavi la milizia attiva e ad altri servizi pubblici. Seguono gli individu1 occupati ne;ll'agri~ coltura, quelli occupati nell'indus tria degli articoli di vestìario e nelle aziende commerciali. Q uesto fatto spiega forse la psicologia d elle città tre n tinc. T rento è un grande empo rio co mmerciale, èbe rifornisce le vallate.
' L'industria edile ab braccia tJ:edicimilaccntodieci inclivjdui, dei quali gran parte trov a lavoro nella zona bilingue o oltre il Brennero.
· A questo gruppo segue quello delle industrie attinenti al vestiario, che occupa novemilaseìcentoquacantadue individu1, quello d ella industria dell'albergatore, che abbraccia ottomilatrecentonovantaquattro Jnd.i v id uì, quello della lavorazione del legno con settemilacinquecentoquarantanove, quello delle indust rie alìmentarì, con seimil aottocentoventisette. Meno numeros i sono i gruppi delle industrie meu.llurgiche (tremilacinquecentoventiquattro individui), delle industrie t essili (tremilacinquantasei) ed ancora minori quelli delle industrie meccaniche (millecentottantotto individui) , delle industrie affini alla metallurgica (miJJecentoscssanta), .delle indus trie chi miche (milleottantac inque), delle indus tde della carta e del cuoio (millediciannove) e delle industrie grafiche (cinquecentosette).
Nella terza categoria stabìlit.a. dall'annuario della Camera d i commercio cli Rovereto, che comprende co loro che si danno alla d.istribuzi_one dei prodotti, figurano gli addetù alle aziende commerciali con d iecimilanovecentosettantacinque ind.ividul, gli occupati nei servÌ2i domestici ( tremilaseicentoventi), gli addetti ai tr.::s?orti (cinquemilaqu atuoc~ntosettantotto).
Infine la categoria di coloro che attendono a funzioni intell ettuali (pro fessiorii liberali e artistk:he) comprende una picco la mino ra nza di seicentotredici individui.
La fre q uente scarsezza del terre no coltivabile, l'esigua produttività dello stesso, le imposte onerose che opprimono ì piccoli possidenti, nei p aesi alpini l'eccessivo rigore delle leggi fore stali, che rend ono difficili la pastorizia, le enormi passività e la povertà d'industrie nel paese, sono le cause ptinClpal.i che cost r ingo no g r an parte d ei trentini ad emigrare. Gli emigranti temporanei salgono alla cifra di circa tredi~ cimila individui. Una gran p arte di questi emigrano nel Tirolo, nel Voralberg e nei due stati vicini Svizzera e Germania; u na r idotta minoranza emigra nell'alta Francia dal distretto di Tione in Italia.
L'immigrazione trentina in l ia '.ia non è molto forte. Si t ratta d i un migliaio d'individui. Di questi i segantini, gli arrotini, i b raccianti e ì domesdci si dirigono in Lombardia. I solandri della va l di Sole sono ramai che. si recano in Itali a, specialmente nelle provincie d i P arma, M odena, Bologna, p oi i n Toscana e in L igu cia. Parecchi di costoro rimpatriano regolarmen te al tempo dei lavori nei ca mpi o del raccolto del fieno Essi hanno d ue patrie e coll' ìntraprendenza che li distingue curano il commercio nel Regno d'Italia e l'allevamento del bestiame nella valle di SoJe. L ' emigrazione periodica nelle vici ne region i dell'Alta I talia fu a ncora più i ntensa nel passato e a ricordo d'uomo non ri ma nevano a casa che l e d onne, i vecchi decrepiti, i fanciulli. In certi luoghi c'era u n tempo p erfino il costume di p rendere a prestito dal comune i denari pel viaggio verso deposi to di q ualche pegno, che veniva riscattato al r ito rno.
L'emigrazione permanente si dirige in America, Negli ultimi cinque anni sono stati rilasciati sessantamila passaporti, dei quali quasi seimila per emigranti di retti verso paesi d'oltre oceano , L'emigrazione permane nte è in leggera diminuzione, L'emigrazione tem poranea è in aumento . Essa ha raggiunto il trentaci nq ue per mille. Questo significa che le condizioni eco nomiche ge nerali del Trentino non sono notevolmente mig lio rate.
M oviment o commerciale e · fi11anz.iario. - Il Trentino dispone di circa duecento chilo metri di ferrovie, sulle q uali si effettuò nell'anno 1907 un movimento di un milione cinquecentomila persone e di seicentomila to nnellate dì merci. Paragonando le statistiche del 1883 e l e attuali r isulta che il movimento è aumentato in questi ulti mi tre nt'anni di circa trecentomila tonnellate di merci.
Nei t redici istituti di credito e nelle numerose casse rurali erano depositate verso la 6.ne del 1907 corone centoquarantatremilioni L'istituto più antico è la Cassa di r isparmio cli Rovereto, fondata nel 1846 ; ìl più recente è la Banca industriale di Trento, sòrta verso la fine del 1907. Le casse rur ali sono basate sul sistema Reiffeisen ed ha nno di mira la facilitazione del credito ag rario. G li statuti loro, compilati in conformità alla legge 9 aprile 1873 sui co nso rzi economici, si prefiggono lo scopo di migliorare le condizioni morali dei soci con la concessio ne cli prestiti, accettazione a r isparmio di depositi, anche in piccoli i mporti , nonché col favori re la fondaz ione di altri co nsorzi cooperativi (di consumo, di smercio, cli produzione), accordando prestiti ed anticipi, La prima delle Casse rurali nel Trentino venne fondata nell'anno 1893 dietro iniziativa di un prete, Il loro numero andò rapidame nte aumentando e nel 1897 erano cinquantuno con tremilaottantuno soci. Alla fine del 1907 le Casse rurali federate erano cent ocinquantatre e i lo ro depositi a ri sparmio ammontavano a sedici milioni di corone. Quando si pensi che tutte queste i stituzioni di credito sono fon date e dirette da preti, si compre nde rà faci lme nte il p erché d ell'onnip otenza clericale nel Trentino.
La fo rzata unione col T irolo è la causa, fo rse principale, del disagio economico del Trentino. Il Tirolo, la borghesia tirolese è una spe- cie di pompa che aspira le migliori energie economiche del Trentino, L'a.mmiriistrazione provinciale ti[Olesc non dà nulla ai comuni de1 TrCntino, i quali sono costretti a provvedere a tutti i bisogni loro con imposte comunali gravissime, che contribuiscono al depaupcra·mento della p opolazione. Basta dire che p ochi anni fa l'impone co mplessivo delle imposte comunali era cli circa due milioni di corone, Ogni trentino pagava in media corone cinque e sessanta, mentre Ia media generale di tutta l'Austria era nello stesso tempo cli corone due e venti per abitante. Vimposta sul pane ragg iunge la cifra di due milioni dì co rone. I debiti comunali e consorziali del Trentino sommano alla cifra di circa undici milioni di fiorini (con tendenza ad aumentare), mentre il vicino Tirolo, più vasto, p iù popolato, più ricco di comuni non ha che un debito comunale di fiorini sette milioni. Il confronto fra il paese tutore e il paese pupillo, dice il dottor Battisti, è purtroppo evidente. Su ogni tirolese i debiti pesano in proporzione di fiorini sedici, su ogni trentino di trentuno Le vicende dei contribuenti sono quindi tristissime.
Il debito ipotecario raggiungeva nel 1901 la somma totale di settantasei milioni, vale a dire il duecentodieci per cento del valore fondiario, In alcuni distretti si supera ancora e di molto questa cifra. Nat uralmente questa proprietà indebitatissima è soggetta a trapassi, pignoramenti e incanti. Dal 1860 al 1900, ben trentaduemila capifamiglia, possidenti o artigiani, ebbeco i loro beni messi all'asta. Il depauperame nto co"stringe ad un'alimentazione malsana le popolazioni agricole e l a ter ribile statistica dei pellagrosi ne dava nel 1898, presenti nel Trentino, quasi tremila. ·Il venticinque per centQ d ei p azzi accolti nel manicomio di Pergine sono pazzi per pellagta. Dei comuni con tremilacinquecento abitanti, come Folgaria, avevano nel 1900 circa cinquecento pellagrosi. Le ingiustizie amministrative consumate dal Tirolo a danno del Trentino si trovano anche nella distribuzione del bilancio stradale (centocinquantasei dùlometri di ferrovia nel Trentino, settecento nel Tirolo), in quello delle opere pie, in quello · dell'istruzione pubblica, in quello delle spese d'amministrazione, che qualche volta ammontarono al trentacinque per cento sul totale delle entrate. Al fondo per l'istruzione pubblica la provincia del Tirolo contribuisce con una miserrima quota del venti per cento mentre al resto d evono pensare i comuni.
L'avvenire economico del Trentino è legato al suo avvenire p olitico. L'autonomia dal Tirolo è la prima condizione per lo sviluppo delle energie economiche del Trentino. Il Governo e la Provincia ostacolano sordamente e palesemente tutte le iniziative private tren- tine o italiane. L'Austria teme e non vuole un Trenti no industrializzato. Difatti le grandi fotzc naturali restano inutilizzate. Negli ulti mi dieci anni vennero costruite cc;nt rali elettrich e ·.per q uindicimila cavalli a vapore. Ocbene, le forze idroelettriche raggiungono il decuplo.
M a d ati gli ostacoli governativj e i l carattere alquanto timido del t rentino pochissimo è il capitale trentino investito nelle industrie. Se il benessere generale è alq uanto aumentato in quest'ult imo ventennio, Io si deve non a un regime governativo meno dissang uatore, ma al lavoro degli emigranti, specie temporanei. Questa fortissima esportazione di braccia è la fonte maggiore di ricchezza nel Trentino
Appendice
Confini e gruppi lingµùtùi. - Prima di parlare della lotta linguistica nel Trentino, non sarà inopportuno determinare il piò. esattamente possibile il campo nel quale essa s i svolge. Quel territorio che nel linguaggio burocratico dell'jmpero austriaco si chiama Sud-Tirol. si può dividere, dal punto di vista ling uistico, in due parti: il Trentino ·propriamente detto, unilingue e italiano; l'Alto Adige, bilingue, tedesco e italiano. .Salorno, paesello a u na trentina di chilometri al no rd di Trento, lungo la v alle d'Adige, è il confine convenzionale, poiché anche al di là di Salorno vi sono p aes i, specie nel Bolzanino, nei qua li g l' italiani costituiscono la maggioranza o la totalità della popolazione e parlano fra di loro il dialetto delle vallate trentine. I confini linguistici di un popolo non sono mai nettamente determinati, anche quando siano accompagnati da particolarità naturali (montagne, laghi, co rsi d'acqua), che rendono pjù possibile e più rapida la delim itazione dei linguaggi. V'è sempre una più o meno vasta zona bilingue o mistili ngue, in cui gli idiomi si cozzano e cercano di sopraffarsi. Nel nostro caso questa zona è formata dai territori al nord di Salorno e dalle valH che sboccano~ se mpre al nord di Salorno. nella valle maggiore dell'Adige.
Mentre il Trentino raccoglie il novanta per cento degli italiani e su trecentocinquantaduemilaquattrocentove ntidnque . citt adini austriaci non ha che ottomilanovecentosettanta tedeschi (compresi i soldati de lle guarnigioni), nella p arte meridionale del Tirolo tedesco (zona bilingue), contro duecentoventimilacentodue tedeschi, stanno v entitremiladuecentosessantatré italiani, cosi divisi: cinquemilasettecentodieci abitano i distretti prettamente italiani di Ampezzo e Livinallongo, cinquemilacentosetta ntotto la Badia Ladina (distretto di Enneberg), tremilasettecentoventinove la Gardena parimenti ladina (distretto di Castclrut), circa seimila lungo l'Adige nella città di Bolzano coi limitrofi comuni di Zwòlfmalgre ien e Lcifers e nei distretti di Caldaro e di Egna; particolarmente numerosi in quest'ultimo, dove, malgrado una recen te stat istica che lì fa dimi nuiti di numero, rapprese ntano il venticinq ue per cento della popolazione totale.
in questa zona che la lotta fra le due li ngue è più aspra, e con risultati non favorevoli all'ele mento i taliano. Difatti mentre Ampezzo e L i- vinallongo si mantengono italiani, nella Ladinia si insegna, si corrisponde fra uffici in tedesco. Solo l 'insegnamento religioso viene impartito in ladino o in italiano. Si domandò u na scuola ita liana li Consiglio provinciale scolastico che siede ad Inn sbruck e si compo ne di antitaliani concesse un'ora al giorno di insegnamento in lingua nostra, ma l'incarico fu affidato a.... un maestro tedesco che non sapeva una parola d'italiano. In G ardena il processo d'intedescamento è anco ra più avanzato. Attorno a Bolzano, nei comuni di ZwOlfmalgreien e Leifers, nei distretti di E gna e Caldaro, la situazione degli i taliani è critica. Nessuna manifestazio ne pubblica è permessa nella lingua italiana. A Salorno, per esempio, i (e volksbundis ti » impediro no ai parenti di un giovane italian o defunto di porre una ghirlanda sul feretro, perché la ghirlanda era mandata dal Circolo di lettura italiano e perché la scritta era italia na. Di simili e peggiori episodi della lotta linguistica abbo ndano le cronache antiche e recenti. T uttavia q ues ti ventitremila italian i disseminati o ltre Salorno sono u ti li alla causa i talian a, in primo luogo pe rché turbano l'unità linguistica dell'elemento tedesco, e secondariame nte perché oppongono, magari per so la fo rza d i inerzia, una prima diga all'invasione pangermanista che tende al sud . In questa zona bilingue si pubblica una rivista italiana, l'Archivio de/l'Alto Adige, diretta dal professor Tolomei, cordialme nte d etestato dai « volksbundisti >>. A Bressanone esce da parecchi mesi u na rivista bilingue, allo scopo di affratellare nella pratica del vicendevole r ispetto italiani e tedeschi. In tutti i centri maggiori e minori gli italia ni han no fon dato società politiche, eco no miche, ricreative, dove si leggono g iornali italiani e s i tengono conferenze i n itaUano .
Gli operai org anizzati n o n rinnegano la propria n azio nalità. N e sia P r ova l'esempio seg uente. I fal egnamì itali ani d i Bolzano, uniti nel gruppo locale coi tedeschi, domandarOno di potere esprimersi in italiano nelJe assemblee professionali. L a d irezio ne della società, composta in maggioranza di tedeschi, no n accettò la domanda, e allora gli italiani costituirono un proprio gruppo autonomo, motivando la separazione dai tedeschi con un ordine del giorno, che meriterebbe di essere riportato per intero. In esso gli operai italiani ri vendicavano il diritto di parlare in italiano « poiché l'internazio nale proletaria rion esclude, né opprime, ma p ro tegge tutte le nazionalità>> . Bella lezi o ne per certi liberali nazionali che in t empi di elezio ni pubblicano a Trieste i manifesti in slavo e a Trento in tedesco ! Da osse rvazioni perso nali posso affermare che degli operai italiani dimoranti in ·te rra tedesca i più facili ad imbas tardirsi sono gli incoscienti, i crumiri, mentre gli o rgani zzati, socialisti o no , si mantengo no fedeli alla nazionalità cui appartengono.
La t.011a nnilingue. - È formata dal Trentino propriamente detto, territorio che confina con la Lombardia, la Venezia, il Tirolo. La sua s uperficie è ·di seimilatrecentotrenta chilometri quadrati, la sua popolazione è di trecentosessantamila abitanti. Questa zo na è uniLingue, ·cioè prettamente italiana, e i gruppi linguistici diversi che v i si trovano non possono turbarne l'omoger;ieità linguistica, come l'unità li n. guistica del Regno d'Italia n on può ritenersi alterata dai gruppi che nell'altopiano dei sette e tredici comuni parlano il tedesco; da quelli che parlano il francese, come in val d'Aosta, o dagli albanesi del distretto di Castrovillad. Vi sono nel Trentino, oltre agli itali ani, i ladini e poche migliaia di tedeschi disseminati nelle cosiddette «oasi)> , delle quali la più importante è quella dei mòcheni. È precisamente nelle valJate abitate dai ladini che il pangermanismo dispiega tutte le sue energie di propaganda e cli conquista. P er i professori del Vofksb11nd, capitanati nel Tirolo da l dottor Rohmede r, i parlat"i ladini lin g uisticamente sono i residui della favella di antiche popolazioni retiche.. In uno dei rapporti annuali del Volktbund si legge:
«L'associazione· si occupò con istancabile attività anche del secondo suo compito: la conservazione dei due antichi popoli tirolesi, il ladino e il tedesco. In centinaia di discorsi e di articoli di giornali la nostra associazione ha diffuso la g iusta idea che i ladini non sono italiani, ma un popolo a sé e molto più antico di quelli ».
Ora la « giusta idea)) del dottor Rohmeder non resiste al più elementare esame fatto in base allo studio comparativo degli idiomi. Gli studi dell'Ascoli hanno dimostrato che il ladino appartiene alle parlate ro manze delle popolazioni alpine, confinanti al nord col tedesco, al sud coll'italiano del Lombardo-Veneto. ·Il dottor Carlo Battisti, insegnante di lingue neolatine all'Università di Vienna, in una conferenza su Il dialetto trentino t enuta alla Pro C11/J11ra di Trento nel gennaio dell'altr'anno, si è occupato del ladino in un brano che val la pena di riportare integralmente.
« le parlate ladine non sono esseniialmente diverse nei loro tratti originali dagli attigui -dialetti italiani antichi. Esse si svolsero però molto più lentamente delle italiane, mantenendo certi caratteri che questi perdettero da secoli e svol · gendone degli altri che nelle seconde rimasero soffocati 6n dai primordi. E ciò avvenne perché ai ladini mancarono quei centri di cultura ai quali ( per esempio nell'Italia settentrionale) d evono H loro sviluppo i dialetti milanese e veneziano. Mentre dal sud venivano a noi a larghi fiotti vita e cultura italiana e stampava no la loro impronta sui dialetti trentini , i p :1.rlari ladini, segregati da invin cibi li barriere geografiche dai dialetti fratelli e dalla cultura italiana, assumevano uno svi luppo individuale, svolgendo di secolo in secolo cani.tteri speciali. La parlata ladina è sore lla della nostra, so rta con lei e come lei dal gran ceppo latino e svoltasi in circos tanze più tristi ma sim ili . Anche nel nostro paese essa sta come barriera secolare tra noi e il tedesco» .
Questa barriera accenna però a scomparire, poich é il processo d'italianizzazione dell'elemento ladino è ogn i g iorno più visibile lnfatti, il dottor Battisti, IÌella g ià citata conferenza, ci dice che:
« Una volta il ladi no era molto p iù esteso verso mezzoBìarno. Al di là di val d ' Adige, l'alta Auna nia è ancora o fu per lo meno fino a p ochi decenn i fa semiladina. Attraverso il fiorente piano di Cald aro e il t ratto a tesino, il fass ano si allacciava a!J'anauniese i n un'unità, interrotta solo al principio dell' evo moderno da un'invasione tedesca, sicché per le tre valli dell' Avisio, dell'Adige e della. Novella i l ladino si spingeva a mezzogiorno per lungo tratto. l processi contro le streghe della val di Fiemme, nei primi decenni d_el ,oo e un fove nla rio delle Giudicarie anterio re della fine del }00 ci p resenta no fenom eni ladini in queste due valli • ·
Al giorno d'ogg i so lo la val di Fassa, seco ndo la ·classifi.cazione dell'A scoli, è ladina. Epperò anche qui si trova il processo dell'italian izzazione. Per c ui da Alba e Pe ni a, dove il ladino cen trale r isuo na q uasi purissimo, a V ìgo e Moena, dove l'italiano è o rmai v itto ri oso, a Predazzo, primo borgo uffic ialmente riconosciuto per non ladi no, e fin giù a Cembra, la cui parlat a è quasi uguale a quella dei dintorni d i Trento, il ladino perde continuamente terreno e fin irà per essere sostit uito dall'i taliano: Anc he la val d i Fassa presenta fenomeni d'italianizzazione. I « volksbundisti » ne sono desolati, incolpano di ciò il clero fassano, non so con q uanta ragione; e chiedono la separazione della valle dalla diocesi di T rento e l'an nessione mo rale a quella di Bressanone. I rappresentanti politici dei << volksbundis~i » si sono opposti e si oppongono co n tenacia teutonica a tutte le ini ziative destin ate a render più rapide ·Jc comunicazio ni materiali e spirituali delle valli ladine con Trento . I « volksbundisti » non vogliono che << i fratelli ladini siano denaturalizzati da quelle poche mig liaia di usurpatori parla nti italiano, dei quali solo una minima parte è i taliana nd senso di r azza, cìoè pertinente al popolo italiano i n ri guardo sto rico ed etnico)) Ma tutte le disin teressate premure dei german izzatori non impediranno l'italianizzazione dell'elemento -l adino, elemento che no n modifica, per quanto ho espos to, l' unità linguis tica -del Trentino.
Né questa unità ling uistica può ritenersi modificata d alle cosiddette «oasi» tedesche. Da una conferenza d i Antonio T a mbosi, presidente della Legione tridentina della Lega nazionale, si rileva che su trecentosessantasei comuni del Trentino solo dicci godono la frescura delle «oasi)) tedesche e sono i q ua ttro comuni della valle di Non con mi llecinquecentoventicinque abitanti, Troden a e Atcrivo i n valle d i Ficmme co n millctrentatrè, la valle dei mòchcni coi co muni di Frassilongo, Fierozzo, Palù con milleseicentot tan tacinque, e Luserna (divenuta la Mecca dei pangermanisti g r azie all'oper a di u n rinnegato italia no,
Di Benito Mussolini
Simone Nicolussi) sull'altopiano d i Lavarone con settecentottantatre abitanti. Si tratta di cinquemila abitanti sui trecentosessanta mila che popolano il Trentino. E anche in ques te « oasi)> è s tata la scuola ted esca che ha creato i tedeschi. Il g ruppo linguistico più compatto e · numeroso è quello de i mòch en i o tedeschi della valle del Fe rsina. Il professor Baragiola dottor Aristide ha pubblicato · u n opuscolo interessante sui mòcheni, dal quale stralcio le notizie che segu ono . I mòcheni abitano la val F ierezza, detta anche valle del Fersi na , amen a v alle che sale a nord-est d a P ergine. Questa valle comi ncia col villaggio di Canczza c d è solcata d a l to rrente Fers ina. Nei vilJaggi p ost i s ul declivio a sin istra del F ersina, si parla tedesco-mòcheno; in quelli a d estra, da tempo imme mora bile, italiano. Gli italiani vivono ragg ruppati in villaggi (Sers o, Viarago , Mala e Sant'Orsola), mentre i tedeschi, come gli an tichi german i, vivono in piccoli casa li o in capanne ap partate, disseminate tra i b oschi. No n si sa b ene perché si chiamano mòcheni. Alcuni vogliono che l'appellati vo deri vi' dall'uso frequente ch'essi fan no del verbo 111ochen (111achm , fare), altri credono c he 1110,hen significhi minato re e il verbo mocht n lavorare nelle mi niere, Anche le loro origini etniche non sono b ene accertate. Comunque, s ta il fa t to che i mòcheni sono rimasti tedeschi non solo quanto allo spirito eminen temente conservatore, ma anche nei loro tratti esterni, nelle loro fogge, nei loro costumi. Nella loro lingua predomina l'elemento baiuvaro-tirolese, b ase d ella parl at a, che, per 1'isolamento delta valle, ha potuto conservare l'impron ta antica tanto nd sistema fon etico , quanto nella formazione delle p arole e nella coscru2ione. Sebbene la parlat a dei mòcheni non sia s tata ancora filol ogicame nte studiata, pure è lecito affermare che i m òcheni sono ri masugli del cosiddett o germanesi mo cimbro, che a ncora nel secolo passato si estendeva, i n una continuità q uasi non interrotta, d alle valli di Fiemme (FJeims) e Cembra (Zimmersi) , per quelle d i Pinè (Paneid) e del Fcrsiva, nell a Valsugana superio re, nel ve rdeggia nte altipiano di Lavarone (Lafraun) e F o lgaria (Folgareit), nella va11e Lagari na (Lagerthal), nel Veronese (tredici comuni) e nel Vicentino (sette comuni). Nelle scuole dei mòcheni la lingua d ' insegnamento è la tedesca, e i pangermanisti hanno molto lavorato in questi ultimi tem pi per conservare il tedeschismo d ella valle. Malgrado tutto l'elemento italiano avanza irresistibilmente conquistatore. Già ne abbi àmo i sintomi, afferma il Daragiola, poiché j mòcheni tutti, non sempre peÌ'ò le donne, parlano anche il dia letto italiano dei loro v icini; non solo, ma nei casolari e nelle capanne più a valle di Frassilongo e Roveda, specie a mez.zo d i mat rimon i misti, va man mano infiltra ndosi un elemento prett amente italiano, che ha le sue sentinelle avanzate anche neg li altri paes i più a lti, sicché dall'u l- timo cens imento del 1900 risulta che di milleottocento undici abitanti, centosettantatré sono di ling ua italian a. Da questa infiltrazione nasce un certo ibridismo i n parnle e costrutti, che hanno dell'italiano e del tedesco o nell'uso di parole prettamente italiane nel bel mezzo di fras i, proposizioni e periodi alla tedesca. Le canzoni cantate nelJa valle sono per l o più italiane. I pochi L i eder tedeschi che vi si o dono sono di r ecente importazione e dovuti specialmente a lla scuola tedesca. Per concludere:
« la parlata tedesca dei mòdieni è un cimelio linguistico, che sim ile al le consorelle che ancora si odono nella zona italica, fornisce un ma teria le interess,tnte per gli studiosi, i quali vi trova no ancora tracce p re ziose dell'antica lingua te utonica » li dio/e/lo t rentino - È parlato. come si è detto, dal novanta per cento dei cittadini austriaci abitanti il Trentino e ci presenta un tipo au to nomo in cui si fondono i l ladino, il veneto e il lombardo. D el ladino si è già tra ttato Quanto al d ialetto veneto, la sua infiltrazio ne, specie nella parte orientale del Trentino, fu contemporanea allo splendore politico, commerciale, m ilitare di Venezia. Nel tratto da Avito a Matonello è altresl sensibile l'i nfluenza del dialetto veronese. Ma, secondo il dottor Battisti, il fondo del dialetto tre ntino è Jombardo e appartiene fino a un certo gra<lo anche presentemente a quel g ruppo di parlati che si estende dall'Adige alla Sesia e dalle Alpi al Po. Le sue origini debbono ce rcarsi « n el latino parlato dalla popolazione mista al principio dell'era cristiana ». La trasformazione del latino rust ico a dialetto romanzo avvenne lentamente sotto l'influsso delle invasion i b arbariche e della dominazione due volte secolare dei longobardi, sl che l'epoca longobarda h a per la formazio ne dei d ialetti h alia nosettentrionali presso a p oco la medesi ma importanza che l'epoca dei Franchi per la ling ua francese >> (Battisd). Già nel secolo X I i l di aletto trentino può dirsi formato, D all'XI al XIV si diffuse i n t utta la val d'Adige. Però nei secoli X I V e XV una forte immigrazione tedesca, dete rmi nata da cause politiche cd economiche, restrinse il dialetto t rentino quasi alla sola città di Tre nto, l\11.inatori ed art igiani tedeschi, esistenti in corporazioni dal '200 in poi, corrompevano il dialetto trentino introducendovi i termi ni della loro arte. Ma questo fenomeno fu di breve durata, perché il dialetto riprese i territori perduti, mentre si raffinava sino a rives tire forme letterarie. Sono tuttavia v isibili ancora le tracce di questa infj.ltrazione tedesca. Il vocativo frequentissimo « toi » o « tei >> deve p rovenire dal tedesco dx. I residul d el tedeschismo nel dialetto trenti no vanno scomparendo e il dialetto s tesso s 'italianizza nelle sue parole · e nelle sue costruzioni. Già t rent'anni fa il Malfatti notava che le parole tedesche Grobian, Fraila, Pinlrr, Tùskr cadevano in . disuso e cedevano il posto alle parole italiane · « vilan 11, « siorata )), << botar ))> <( ma rangon >). Questo processo el.iminatore dei tedeschismi continua.
Ma come il ladino, anche le <( oasi )> tedesche non resisteranno al processo d'italianizzazione Già a San Sebast iano e in Folgaria il tedesco si è spento e cos i avverrà per gli altri luoghi. Le inalazioni d'ossigeno dei « v olksbundisti » pot ranno p"rolungare l'agonia d i questi gruppi ling ui stici, ma la loro fine è certa. Un autore tedesco ha scritto giusta mente che << il viandante tedesco s'imbatte spesso n elle pietre sepolcrali della sua nàzionalità ».
La lingua italiana - La lingua italiana letteraria non è p arlata molto volentieri nel Tcentino. No n c'è da meravigliarsene, poiché il feno meno è comune a quanti parlano un dialetto faci lmente comprensibile. Molto spesso il trentino impiega il suo dialetto, anche conversando con <( regnicoli )> che parlano italiano. Alcuni difetti di pronuflcia ci spiegano questa specie di b oicottaggio dell'italiano. Il trentino pronuncia la u come i lombardi e i francesi, la s. strisciante, aspra, le doppie come può. <( Ferco )> dive nta « fèro >) e «querela>> . aggiun ge una 1. Non insisto, per non sembrare pedante. Del resto nessuna reg ione d'Italia può vantarsi di parlare l'italiano vero; neppure j t oscani, specie i fiorentini, colle loro aspi ranti teutoniche
L'it~liano trentino si màntiene abbastanza puro data la vicinanza col confine linguistico. Ma questa purezza è minacciata da una specie d i imperfal regia lingua i taliana, che io ho frequentemente ammirato rlellc arringhe dei procuratori di Stato aust riaci e nel ge rgo della burocn zia. Livio Marchetti, trèntino, in una pubblicazione su La mltHr a nel Trmtino, ha deplorato ques ta corruzione dell' italiano scrivendo :
« Contro le buone influenze dei giornali ita\i:mi (trentini e regnicoli) sta quella lingua barbarica, obbrobriosa, che potremmo chiamare il tedesco austriaco tradotto in italiano, o peggio l'itaJi;mo scontorto a imitazione del tedesco austriaco, che si usa nei tribunali e in tutti gli uffici pubblici, e che, molti impiegati ed avvocati trentini, a furia di abitudine, finiscono per ritenere l'italiano più corretto e per usare anche fuori dell'ambiente degli affari. Anche più spaventevole ! l'italiano degli avvisi affissi dall'autorità militare, i quali sono sempre ornati, oltreché da molteplici fiori di lingua, anche da qualche svarione di ortografia » .
Altri hanno.scritto sui giornali di unimperial regio lingua "italiana.... austriaca. C'è della esagerazione, ma sarebbe desiderabile, specie negli uffici ed e nti loca1i non governativi, un maggior rispetto dell' italiano. Chi entra nell'atrio del municipio di Trento legge ~na t abella sulla quale stan scritte queste parole di colore oscuro: « Rcferato civile, Fisica to · militare». Nella prosa dei giornali trentin i, 4' insinuare» vllol dire <e iscriversi » i nel linguaggio curiale, « interpo rre g ravame» significa « presentare .ticorso ». Più grave è l'infiltrazione nella prosa italiana di locuzio ni tedesche, voltate alla lettera Accade sempre di leggere o. di sentire « avanti alcu ni giorni, avanti anni», invece dell'italiano « giocni sono , anni fa». La fo rma trentina, cosi frequente nei giornali, non è che la traduzione del modo avverbiale t edesco por einigen Tagen, vor Jahrm. Fra gli italiani della zona bilingue gli ibridismi sono ancora pili madornali. 11 « co nferenziere» diventa u n «refe rente)>, i manifesti si chiamano « placcati )) (qualche ·volta il doppio c è sostituito da una k), le categorie o classi di operai (( caste>>, una seduta è uguale a una «sessione » (noi per «sessione» intendiamo un seguito di sedute), i ·padroni sono « datori di lavoro>), traduzione dal tedesco Arbeitsgeber E potrei continuare.
Non c'è tuttavia da alla rma rsi. Tutte le lingue sono oggi più o meno spurie. Anche nel tedesco l'immissione di vocaboli neolati ni è enorme e co"ntinua da un secolo oramai, senza tregua. Già si grida esser necessario eine Reinigtmg der Sprache, coll'espulsione dei francesismi, italianismi, spagnolismi, quantunque il tedesco si presti meno ad esser corrotto, per il fatto ch'esso, colla desi nenza ieren, assimila p.i:ònt ame nte tutti i verbi esotici. Cosi p asser div:enta paisieren, adresur, adressieren; guillottiner, gttilloffinieren.
Enrico Hcine ci dà due verbi di questo genere in una sola strofa del suo Deutschland
So ho"'rt ich fragen . Doch brauchm wir uni in unserer Zeil zu genieren?
Die H rif ' gen dni Kiin'ge a111 Morgenland 1ie l:.iinnen wo anders logieren.
Per conservare al confine lingu istico la purezza dell'idioma patrio ed .eliminare il pericolo di ulteriori e più pericolos i cor_rompimenti è necessario, come invoca Livio Marchetti, « di aiutare i trentini nei loro n obili, ma non sempre felici sforzi d'intensificare i rapporti colle altre provincie d'Italia». E d io mi associo a lui quando giustamente chiede che le « riviste di cultura riducano la quota d'abbonamento per le p rovincie italiane dell'Austria alla misura delle tariffe i nterne)>
(La Voce lo ha già fatto) e che <e i migliori autori italiani mandìno gratuitamente qualche copia delle loro pubblicazioni ali;\ società Pro C11/t11ra del Trentino».
Introduzione
L'idea di raccontare la mia vita, e cioè le vicende tristi e liete di cui s'intesse la vita degli uomini, mi è venuta improvvisamente nella notte dal 2. al 3 dicembre, nella cella numero trentanove delle carceri di Forll, mentre cercavo invano il sonno. L'idea mi è piaciuta e intendo tradurla nel fatto. Ho ventotto anni. Sono giunto, io credo, a quel punto che Dante chiama « il mezzo del cammin di nostra vita ». Vivrò altrettanto? Ne dubito. Il mio passato avventuroso è ignoto. Ma io non scrivo per i curiosi, scrivo invece per rivivere la mia vita. Da oggi, giorno per giorno, ritornerò ciò che fui nei miei anni migliori. Ripasserò per la strada già percorsa, mi soffermerò alle tappe più memorabili, mi disseterò alle fonti che io credevo inaridite, riposerò sotto l'ombra di alberi che ritenevo abbattuti. Io mi scopro. E,,e homo. Ricompongo la tela del mio destino.
Cominciato il 4 dicembre 1911, ripreso il 2.4 febbraio 1912.
I.
Sono nato il .29 luglio 1883 a Va rano dei Costa, vecchio casolare posto su di una piccola altura nel villaggio di Dovia, frazione del comune cli Predappio. Sono nato in giorno di domenica, alle due del pomeriggio, ricortcndo la festa del patrono della parrocchia delle Caminatc, la vecchia torre cadente che dall'ultimo dei co ntrafforti appenninici digradante sino alle ondulazioni di Ravaltino d omina, alta e s olenne, tutta la pianura forlivese.
Il sole era entrato da otto giorni nella costellazione del Leone. I miei genitori si chiamavano Alessandro Mussolini e Malt oni Rosa.
M:io padre era nato _nel 18, 6 nella c asa de nominata Collina in pa rrccchia Montemaggiore, comune di Predappio, da Luigi, piccolo possidente che andò poi in miseria. I g noro come si chiamasse mia n onna, Mi o padre era il secondogenito di quattro 6gli. Il primo, Alcide, vi ve tuttora a Predappio. Le altre d ue figlie sono contadine : l'una nel comune natio, l'altra nel Salemitano. La prima si chiama Francesca, la seconda Albina. M io padre passò i primi anni de lla sua i nfanzia neHa casa patema. Non andò a scuola. Appena decenne fu ma ndato nel vicino paese di Dovadola ad apprendervi il mestiere dd fabbro ferraio . Da D ovadola si trasfed a Meldola, dove ebbe m odo di cono• scere, fra il '75 e l" 8o, le idee deg li internazio nalisti. Quindi, padrone orma i del mestiere, aper se bottega a Dovfa. Questo villaggio, detto allora ed oggi « Piscaza », non godéva di buona ·rinomanza. V'era gente rissosa. Mio padre tro vò lavoro e cominciò a diffondere le idee dcll'Internaz.iona1e. Fondò un ·gruppo numeroso, che poi fu sciolto e disperso da una raffica poliziesca. Aveva ventisei anni .qU:ando conobbe mia madre.
E ssa era nata a San Martino in Strada, a tre chilo metri da Fo rll , nel 1859, da Maltoni ...., veterinario.empirico, e da Ghetti Marianna, orig inaria della bassa pianura r avennate. Mio ·nonno aveva avuto da una prima moglie altre tre figlie e cioè L uisa, v issuta e morta a San Martino in età già avanzata; Cate rìna, vissuta e m orta a San Pietro ,in ·vi ncoli1 dove ha lasciato numerosi figli; e Angiolina, tut tor a vi• vcntc a Forll. Mia madre p oté frequentare le scuole a Fodl, sostenne un esame di maturità, ebbe la patente di maestra del gr ado inferiore. Esercitò dapprima a Bocconi, frazione del Comune di Portico lungo la strada che da Rocca San Casciano conduce al Muraglione . Vi r imase, Credo, un paio d'anni. Molti suoi allievi, ora uomini maturi, la ricordano ancora, Da Bocconi si trasfed a Dovia Qui verso il 1880 conobbe mio padre. Si amarono e si sposarono nel 188z.. Io venni alla lucè un anno dopo. Poco tempo dopo, la scuola fu portata a Varano. Questo g rande palazzo, disadorno e _ melanconico, domina il crocevia dove dalla strada provinciale del Rabbi si distacca la strada comunale che conduce a Predappio, il rio omonimo e il fiume Rabbi. Questi due corsi d' acqua hanno una grande impo rtanza nella sto ria della mia adolescenza. Varano è circondata da poggi, un tempo boscosi, ora non più o coldva ti a vigna. In ·complessoi il paesaggio è trist e lo fru go penosamente fra la mia memoria p iù lont ana per ricostniire i primi anni della mia infanzia. Rico rdo di essere stato colpito verso i quattro o cinque a nn i da una tosse convulsa, che per alcune settimane mi schiantò il petto Avevo terribili attacchi, durante i quali mi si portava fuori i n u n piccolo orticello o ra scomparso. Alla stessa età incominciai a leggere il sillabario. In breve seppi legg_ere correttamente. L'immagine di mio nonno sfuma nelle lontananze. La mia vita di relazio ne cominciò a sei anni. Dai sei ai nove anni andai a scuola, prima da mia madre, poi da Silvio Marani, altro maestro superiore a Predappio, ogg i direttore didattico a Corticella, provincia di Bologna. Mia madre e mia nonna mi idolatravano. lo ero un monello irrequieto e manesco Più v olte tornavo a casa colla tes ta rotta da una sassata. Ma sapevo v endicarmi. Eco un audacissimo ladro ·campestre Nei giorni di vacanza mi armavo di un piccolo badile e insieme con mio frate llo Arnaldo passavo il mio tempo a lavorare nel fiume. Una volta rubai degli uccelli di richiamo in un paretaio. Inseguito dal padrone, feci di Corsa sfrenata tutto il dorso di una collina, traversai il fiume a guado, ma no n abbandonai la preda. Ero un appassionato giocatore. Frequentavo anche la fucina di0 mio padre> che mi faceva tirare il mantice, Notevole i l mio amore per gli uccelli e in ·particolare modo per la civetta, Trascinavo a mal fare parecchi miei coetanei. Ero il capo di una piccoli banda di monelli che imperversava lungo le strade, i corsi d' acqua e attraverso i campi. Seguivo le pratiche religiose insieme con mia ma·dre, credente> e mi a nonna. Ma no n po tevo rimaner e a lu ngo in chiesa, specie in tempo di grandi cerimonie. La luce rossa dei ceri accesi, l'odore penetr ante dell'incenso, i colori dei sacri paramentì, la cantilen a strascicante dei fedeli e il suono dell'organo, mi turbavano profonchmente. Una volta caddi a terra svenuto. Aveyo nove anni quando mia madre avvisò dì mettermi in collegio. Fu scelto quello dei salesiani di Faenza, Qui mi ricordo bene, qui sarò dettagliato.
Il.
Abitava a Casaporro, distante quattrocento metri da Varano, una signora, certa Palmira Zeli, figlia del più ricco possidente di Predappio e maritata a tal Piolanti Giuseppe, possidente lui pure. Avevano numero sissima prole. La signora Palmira era bigotta sino alla idiozia e questo suo bigottismo si è vieppiù esasperato col volgere degli anni. I suoi figli minori frequentavano la scuola di mia madre e per questo fatto s'era stabìlita una certa relazione fra la maestra e la madre degli allievi. Fu la signora Palmira che consigliò mia madre a mettermi nel collegio dei salesiani di Faenza. La Palmira vi aveva già messi due figli, Pio e Massimo, e magnificava sotto ogni rapporto la disciplina, il trattamento, l'ordine, la religione cli quel collegio. Per corr e·ggermi e per farmi diventare un bravo giovinetto con ·tutti gli attributi e le qualità desiderabm, mia madre si decise al malo passo. Pe~ché io lo chiami «malo» si vedrà in seguito. :Mio padre era dapprima risolutamente contrario, poi finl per cedere. Gli avevano fatto credere trattarsi di un collegio laico.
Nelle settimane che precedettero 1a ·mia partenza fui più monello del consueto, ~ntivo _ entro di me una vaga inquietudine, presentivo confusamente che collegio e carcere erano quasi sinonimi, volevo godere, stragodere per le strade, pei campi, lungo ·i fossati, attraverso le vigne dai grappoli maturi del sangiovese eccellente, gli ultimi giorni della mia libertà. Verso la metà d'ottobre tutto era prònto: abiti, corredo, denaro. Non ricordo che mi dolesse molto di lasciare i miei fratelli. L'Edvige aveva allora tre anni, Arnaldo sette. Mi addolorava invece profondamente di abbandonare un Iucarino che tenevo in gabbia sotto la mia finestra. Alla vigi lia della partenza mi bisticciai con un compagno, certo Valzania Romualdo, gli sferrai un pugno, ma invece di colpire lui, battei nel muro e mi feci male alle nocche delle dita. Dovetti partire con una mano fasciata. Al momento dell'addio piansi.
Nel biroccino trascinato da un asino prendemmo posto mio padre ed io. Allogammo le valige sotto il sedile e ci ponemmo in marcia. Non avevamo fatto duecento metri che l'asino incespicò e cadde. Noi restammo incolumi. Mio padre s'affrettò a rialzare la bestia e disse: « Brutto segno I». Frustò e continuammo. A Devia, salutai Donato Amadori e altri miei coetanei . Durante il tragitto non facevo parole. Guardavo la campagna che cominciava a spogliarsi del suo verde, seguivo il volo delle rondini, il corso del fiume. Attraversammo Farli. La città mi fece una grande impressione. C'ero già stato, ma non mi ricordo. So che allora nel primo viaggio a Forll mi smarrii e mi ri t rovarono dopo alcune ore di angosciosa ricerca seduto tranquillamente al desco di un calzolaio, che a me, fanciullo appena quattrenne, aveva dato generosamente da fumare un mezzo sigaro toscano.
L'impressione più forte che ricevei entrando in Faenza, fu proVocata dal ponte di ferro che gittato sul Lamone congiunge la città col borgo. A compiere il tragitto di trenta chilometri impiegammo sei ore. Potevano essere le due del pomeriggio quando bussammo alla porta del collegio dei salesfani. Ci ven nero ad aprire. Fui presentato al censore, il quale mi guardò e disse: « Dev'essere un ragazzetto vivace I». Poi mio padre mi abbracciò e mi lasciò . Anch'egli era molto éommosso, Quando sentii rinchiudersi alle spalle di mio padre il grande portone d'ingresso, ebbi uno scoppio di lacrime. Ma il cen sore mi accarezzò e mi disse: « Su, da bravo I Non piangere. Qui troverai non un padre, ma venti pers one che ti faranno da padre e avrai non uno ma duecento fratelli I ». Attrave rsammo un lungo corridoio, un vasto cortile, salimmo due rami di scale di un edificio nuovo, entrai nella camerata di San Michele, dove trovai un istitutore, che mi as· segnò il mio posto, il mio letto e mi diede altre indicazioni. Dopo fui accompagnato nel cortile. Erano le quattro. L'ora della ricreazione. Guardai a giocare. Rimasi solo, in un angolo, col pensiero rivolto altrove.
Ill.
n collegio dei salesiani di Faenza è dedicato a Don Giovanni Bo sco, fo ndato re dell'ordine, È un edificio di vastissime proporzioni, diviso in parecchi rami. C'erano allora tutte le scuole, dalle elementari al liceo , diversi labor atori di mestiere fre quentati anche da alunni esterni, una chieSa sacrata alla Maria vergine a u siliatrice, un t eatro dove talvolta si d àvano rappresentazioni e concerti.
Il personale dirigente si c o mponeva di preti e di laici. Il diretto re era un prete che si chiamava G. Battista Ri naldi. Lo ricordo. Era un uomo spaventosamente mag co. Mi face va p aura. Mi semb rava uno scheletro a mbulante.
I maestri delle scuole elementari erano laici, gli insegnanti delle scuole classiche preti. Il numero degli alunni superava i duecento. Erano divisi in tre grandi categorie: la prima dai sei ai dieci anni. la seco nda dai dieci ai quindici, la terza dai quindici in su.
Ogni categoria disponeva di un cortile per la ricreazione e giochi, Tanto in chiesa quanto al teatro si evitava ogni promiscuità fra gli alunni delle diverse categorie. N on fu cosi facile per me l'abituarmi alla vita monotona d el collegio e di un collegio clericale. Le prime settimane fui divorato dalla malinconia. Pensavo ai miei genito ri, ai miei amici, alla mia libertà p erduta.
Avevo deg li accessi di nostalgia e allora vaghegg iavo il prop osito di fuggire. Mi sen tivo schiacciato d alla di sciplina, ossess io nato dalYocchio vigile del sorvegliante, che n o n ci abbando nava mai un minuto d alla mattina alla sera.
La sveglia suonava alle sei del mattino d'inverno, alle cinque di estati;;, O vestivamo e prima ancora di prendere il caffè ci obbligav ano ad ascoltare la messa, che veniva quotidianamente celebrata nella chiesa del collegio. La funzione durava circa tre quarti d"ora. P oi. ci somministravano una broda indecente che chiamavano caffè e latte.
D alle 7,30 alle 8,30 studio. Dalle 8.30 alle u . 30 scuola, Io fui iscritto alla terza clementace. Le lezioni cominciavano e terminavano con u na pceghiera. Dalle n. 30 alle 12 ricceazione. Poi, 'pranzo.
In o maggio alla eg uaglianza evangelica pceclicata e praticat a· da Cristo, i salesiani ci avevano diviso in tre t av ole: nobili, media, comune. I primi pagavano sessanta lire mensili, i secondi quar antacinque, gli ultimi trenta. Io, naturalmente, sedevo alla tavola comune> che era la più numerosa. ·
A mezzogio rno ci porcavano una minestra e una pietanza. U n soldo di p ane. Niente vino. A tavola non si potev a parlare. Mentre si divor ava il magro e talvolta ripugnante cibo, un alunno, dei g r ancli, ci suppliziava l'orecchio colla lettura ad alta voce del Bolle/lino ral rsianQ.
Dopo il pranzo, la ricreazione durav a sino alle 2. Da lle 2 alle 2.30 p,epatazione alle lezioni. Dalle 2..30 alle-4.30 scuola. Alle 4. 30 merenda Ci davano un pezzetto di pane. D opo mezz'ora di ricreazione, dalle j alle 6.30 studio. Alle 6.30 ce na, sul genere del pranzo. U n'alt.ca o r a di ricreazione. Poi ci recavamo per isquadre guidate dai nostri istitutori nella sala del teatro, dove si recitava una preghiera collettiva di tiog raziamento. .Quindi a u no a uno baciavamo Ja mano del d.ir.cttore. Poi, finalmente, ci conducevano in camerata al riposo. Biso• gnava spogliars i in silenzio, p er non disturbare la lettura del Bolltttino salesiafflJ
Qu est a la vit a i n collegio. All'infuori delta passeggiata domenicale, all' infuori delle rapprese ntazion i t eatrali o di qualche sole nne festa religiosa, non c'erano variazioni a questo r egime. Sempre cos). A poco a poco mi assuefeci Strinsi a micizia con alcuni miei compaesani. Ricordo, fra gli altri, Gimelli Jcilio, Monti Francesco, Pio e Massimo Piola nti, tutti di Predappio, Ettore D allani di Teodorano,
I V,
L'inverno del 1892 fu assai rigido. Mi vennero i geloni ai piedi. Chiesi un bagno, ma l'istitutore della mia camerata s i mise a ridere. Noi della t avola comune avevamo diritto al bagno, ma solo d'estate Allora, credendo di guarire, mi feci alcuni pediluvi ad acqua fredda, La situazione dei miei piedi peggiorò. In quel torno di tempo capitò a Faenza mio padre, Vedendomi zoppicante mi chiese la r agione, Cercai una scusa, che non persuase mio padre, il quale m'impose di togliermi le scarpe. Avevo i piedi sporchi e rovinati, Fu chiamato un dottore, il quale mi ordinò anzi tutto un bagno caldo di pulizia e una polvere essiccatrice. Mio padre protestò energicamente presso le autorità del collegio.
Alla sera, passando accanto al direttore, che parlava col censore, afferrai qùesta frase: « :È il figlio di un capopopolo I ». Da quel giorno notai un rincrudimento della sorveglianza disciplinare contro di me. La più insignificante mancanza bastava per severamente punirmi, L'inverno Ìigido e lungo passò. Venne la primavera. Ai primi tepori di marzo, i mìei piedi guarirono e potei di nuovo partecipare alle ricreazioni coi miei compagni.
Subii in quei m~si parecchie umiHazioni e privazioni. Una domenica durante la passeggiata mi allontanai, inavvertito, dal gruppo dei miei compagni. L'istitutore stese contro di me un r apporto per t enta ta fuga. Fui condannato a tre Jllesi d i «angolo» e cioè a stare continuamente fermo e in silenzio in un angolo del cortile a osservare la ricreazione degli altri. Le misure vessatorie contÌo di me s'inasprirono. Il sentimento della rivolta e della vendetta germinava nell'animo mio.
V'era un uomo fra g li altri su1 q uale io concentravo tutti i m iei odi e i miei rancori: il maestro della mia classe, certo Bezzi. Era un u omo di cirèa quarant'anni. Ho· ancora viva nella memoria la sua abominevole immagine. Basso di statura, il suo volto triangolare era incorniciato da una barbetta rada e grigia. Aveva gli occhi piccol i e indagatori. 11 naso prominente. Le mani scimmiesche. Padava con voce untu,osa, scandendo le siliabe. Il suo ridere stridulo m'incuteva terrore I ·
Egli non mi poteva soffrire ed io lo · esecravo, lo esecro ancora s'egli è vivo e se è morto sia pur sempre maledetto'. Non so, noii posso perdonare a chi mi h a diabolicamente avvelenato gli a nni mi-
·gJiori della mia vita. Due episodi basteranno a dimos trare q uali rela:z:ioni _di simpatia intercedesseto fra maestro e scolaro.
Un giorno, mentre i miei comp agni di scuola reci tavano la preghiera di ring raziamento al termine della lezione, io distrattamente battevo un tempo musicale, Frequen tavo, fra l'altro, la scuola di musica. Non l'avessi mai fatto I U maestro Bezzi mi aveva adocc hiato e aveva già pensato d'infliggermi immediatamente il castigo. Mentre stavo per varcare la soglia della scuola, fui agg redito e cosl violentemente schiaffeggiato da quel degnissimo educato re cristia no che caddi a terra fra i banchi . Dal naso e dalla bocca mi uscivano rivoletti di sangue. Accecato dal dolore e dall'ira, mi rialzai, afferrai un calamaio e lo scaraventa.i contro il maestro. Non lo colpii.
Quest'atto d'insubordinazione m i pottò dinnanzi al Consiglio di disciplina. Ci fu chi. propose la mia esp'ulsione dal collegio. Sarebbe sta~ la mia fortuna ! Invece fui privato per un mese, e cioè siiio alla fine dell'anno, del passeggio~ della pietanza~ della ricreazione e venni cambiato di studio. '
Ottenni la sufficenza agH esami e fui p romosso alla quarta. Ma la vendetta del maestro Bezzi n o n era ancor paga. Non partecipai alla gcande passeggiata annuale che nel '92. venne fatta a Brisìghella, T re g io rni prima delle vacanze il Bezzi mi chiamò a sé e mi cLisse: « Voglio r estituirti i libri che ti ho sequestrato durante l'anno scolast ico ». Io lo seguii nello studio. Qui eg li aperse una scansia, invece dei libri prese un regolo di canna d'india, mi afferrò per una mano e cominciò a pe rcuotermi. .
Alle mie gdda accorse un a ltro istitutore, certo CasteUano, che· mi liberò dal m io aguzzino.
Finalmente to rnai a casa Durante il v iaggio di ritorno confessai tutto a mio padre. G li narrai le sevizie patite, le umiliazioni subite, la fame sofferta. « Non ci rito rnerò pi ù - g li dissi - in q uel collegio d i assassini .... O io morirò». Mio padre m i ascol tava. e il m io cuore s i apriva alle più dolci speranze .
V.
Durante i tre mesi delle vacanze estive tutti si convinsero · che il collegio non mi aveva per nulla migliorato. Tornai ad essere quello di p r ima: la disperazione dei miei genitori e la preoccupazione dei vicini. Mia nonna - pove retta l - mi seguiva dalla· mattina alla seta n elle mie peregrinazioni lungo la ri.va del fiu me, Temeva che mi annegassi. lmpressioni di quei mesi ne ricordo parecchie. In luglio e agosto seguivo talvo lta la m acchina trebb iatrice di mio padre, la ptlma i ntrodo tta nel comune di Predappio. Passarono diversi cani i d rofobi, che spaventarono 1a: popolazione. Una scorribanda campestre con fotto di mele cotogne fu disas trosa per un mio compagno, che saltando un fosso cadde in malo modo e si ruppe una gamba. Le sassaio]e e rano sempre all'ordine del giorno, Verso settembre to rnò sul tappe to domestico la questione del collegio. Dopo molte discussioni s i decise dì farmi to rnare a Faenza. Colla disperazione nell'animo mi r assegnai alla volontà dei miei genito ri, A metà ottobre varcai per la seconda volta la soglia di quel colJegio.
Cominciai a frequen tare la quarta elementare, Fu queHo un an no ricco di avve nimenti dra mmatici , che sono rimasti indelebilmente scolpiti nella mia memoria.
Il regime disciplinate del collegio no n era cambiato. Era di venuto, se possibile, più terro ristico. G ià d alle prime settimane fu i d iverse volte punito Mi d ecisi a n o n più frequentare la m essa a lla mattina. Mi diedi p iù volte malato . Un giorno fui tras_ci nato g iù dal letto e condotto per forza in c hiesa.
G li istitutori ne r iferirono al direttore, il quale mi chiamò ad 1,11diendum verbu111 e mi diede una lavata di capo senza precedenti. Atterrito dalle sue minacce, io g1i chiesi perdono. Egli allora, lieto d el mio pentimento, mi regalò una medag liet ta della Maria vergine ausi liatrice e m i congedò. Avevamo un prefetto di disciplina che non ·1a4 sciava sfuggire occasione veruna per farci delle noiose paternali. Era un prete. Secondo lui, il mondo era p ieno di gente malvagia, posse4 duta dal demonio. Oltre le mura d el collegio com_inciava l'inferno. Si tendeva a separarci dai nos tri simili. Si scavava lentamente u n abisso fra noi e g li altri , cioè g li e retici, i frammasoni [sicJ, i nemici della chiesa.
Fin lo stesso vincolo famili a re v eniva indica to come fo nte di pec4 cato. <( San Luigi - ci diceva questo prefetto di disciplina del q uale non ricordo più il nome preciso - San Luigi, per non peccare di desiderio, non guardò mai volto di femmina, neppure quello di sua madre, e mori in onore di grande santità».
Le rappresentazioni teatrali mi turbavano profondamente. Ricorderò sempre un drammaccio intitolato Sciano, che mi faceva soffrire. Non era certo quello un teatro educativo. I drammi si riferivano tutti all'epoca cristiana, Da.una parte lè crudeltà degli imperatori con scopo di sangue e di martirio che mi facevano rabbrividire, dall'altra il coraggio umile .e tenace dei fedeli che nel nome di Gesù affrontavano sereni la morte.
L'educazione morale che subivo mi portava a raffigu.urmi un mondo di peccatori e di traviati , nel qual mondo solo i preti rappresentavano la bontà, il disinteresse, la pietà. Io temevo il «mondo». Lo immaginavo pieno di gente torbida che mi avrebbe ghermito e perduto. Questi insegnamenti dei prefetti di disciplina trovavano la loro consacrazione solenne n ei sermoni domenicali, tenuti quasi sempl"e da frati. Costoro ci attercivano. È la parola.
Quando, verso .l'aprile, si trattò di avvicinarmi per la prima volta al sacramento eu,caristico, attraversai una crisi interna gravissima. Durante la settimana di passione, bisogn~va guardare [sic] sempre e dovunque il più rigido silenzio. Bisognava inchiodarsi la lingua in bocca. Era Ja settimana degli « esercizi spirituali». Ricordo la visita ai sepolcri di tutte le chiese fa~ntine. Il silenzio e la. p enombra delle chiese, il profumo dei fiori e degli incensi , il viavai di tante donne abbrunate come penitenti, le estenuanti preghiere mi esaurivano.
Alla sera, quando finalmente mi gettavo sul letto, ero sfinito e avevo una grande nostalgia del mio paese, Mi addormentavo colle lacrime agli occhi.
VI.
Nella settimana che precedette il giorno fissato per la mia prima comunione, non frequentai la scuola. Mi avevano messo insieme cogli altri comunicandi e ci avevano affidato ad un frate che dov eva prepara rci a degnamente ·e sa nta mente ricevere Gesù. D alla mattina alla sera catechismo, rosari, prediche, storia sacra. Ci fec ero imparare a memoria due o tre salmi in latino,cheripetevamo ad alta voce, senza che nessuno di noi ci capisse qualcosa. Alla vigilia , il frate ci tenne un discorso minaccioso. « Badate - ci disse - che ness uno di voi si presenti a ricevete l'os tia consacrata se n o n ha l'anima completamente pura da ogni peccato. Confessate tutto I Non t cntàtc di nascondervi. Jddio vi vede e p uò colpirvi. A Torino un giovinetto si accostò all'Eucaristia in istato di peccato rn:ortale, ma non appena si fu inginocchiato alla balaustra, venne colpito da g ravè malore e stramazzò a terra morto, fulminato ».
Questo episodio ci spaventava. Io lo ritenevo v ero. Credevo che · quel giovinetto fosse stato raggiunto dal dito di Dio. Temevo per me, Il frate ci diede altre utili indicazioni. Ci disse di osservare il più stretto d igiuno, ci avverti che se la particol a si fosse attaccata al palato non dovevamo m ettere i1 dito in bocca per rimuoverla, e altre esortazioni del genere.
Io ero mol to preoccupato, Il sabato sera mi confessai. Dissi tutto: i peccati commessi, quelli che non avevo commesso, ma pensato, e quelli che n o n avevo né pensato , né commesso. Mt!i11r trai abundare q11am tkftce,-e. L'immagine del giovinetto fulmin ato n o n mi lasciava un minuto, Alla notte rifeci un a ltro diligentissimo esame di coscienza, Frugai, rifrugai, rovistai come un ladro tutte le masserizie del m io « mondo interno», gettai all'aria tutto quanto e mi sovvenni di altri peccati veniali che avevo dimenticato nel mio primo colloquiO col confessor e. Alla mattina mi affrettai a chiedere un << supplemento » di confes sione, che mi venne accordato. Nuova p enitenza e nuova as 4 soluzione.
Alle I I ci presentammo in chiesa. Erano presenti tutti i collegiali e anche molti invitati. Attraversammo a testa bassa la chiesa e c' ingi4 n occh iammo <:1,innanzi all'alta re p arato a fest a. Ufficiò lo stesso d iret• tore Quand'egli, accompagnato da un corteo cli preti e di chierici che g li reggevano la lung hissima stola luccicante di ger oglifici d 'oro, discese dall'alta.re e, col calice levato in alto, si diresse verso di noi, il mio cuore batteva fo tte come non mai, Agm11 dei qui Jol/is p ucala m11i1di Allungai la lingua, curvai profondamente il capo. Degl,utii, Fu un attimo. Iddio era ormai prigioniero nelle mie viscere. Lentamente rialzai il capo, mentre n ella chiesa dominava un silenzio d i tomba, rotto solo dalla voce squillante del direttore. I.a comùnio ne era finita. Guardai di sbieco, Tutti i miei compagni erano puri, perché nessuno di essi era rimasto fulminato.
A cerimonia ultimata uscimmo dalla chiesa e ricevemmo d ei confetti. Poi il prefetto di disciplina ci inflisse un altro piccolo sermone. N el pomedggio uscimmo a passeggiare. Non rico rdo altro.
La particola divina non avev a prodotto visibili cambiamenti den• tro di mc. Ero sempre lo stesso e lo di mos trai poche seccimane d opo, capeggiando una specie di rivolta che noi «piccoli» facemmo a ca· gione del pane, nel quale d a parecchio tempo trovavamo delle formi• che. Fui punito coll'<<angolo >). Ma ben più grave punizione mi v enne inflitta il 2.4 giugno successivo.
Quel giorno era giorno di grande fest a, poiché ricorreva la ce1e· brazionc di San Giovanni Battista e di D o n Giovanni Bosco fonda· to re dei salesiani, Alla mattina passavano una specie di solenne ri· vista, a mezzogi~rno ci davano u na pietanza in più e meno cattiva del solito, alla seta le mense venivano erette nei cortili illuminati alla ve neziana. Ora avvenne che dopo cena io trovai q ues tione con u n mio compagno, nativo del comune di Ravenna. Di lui mi sono di mcn t i• cato il nome. Fatto sta che ci scambiammo dei pugni ed io, per giun.ta, lo fe di di coltello a una mano. L: grida del ferito richiamarono l'istitutore, il quale mi acciuffò e m i rinchiuse immediatamente in u no stanzino contig uo alla sala del tea tro. Atterrito di quanto avevo fatto, mi misi a piangere e implo r are perdono, ma nessuno si fece vivo. Per. qualche t empo mi g iunser o le vod ed i rumori dei miei comp agni che si divertivano nel cortile. Poi t utto tacque. La no tte era già inoltrata quando udii camminare alla mia volta. Diedi un balzo. Po i misero la chiave nella toppa e una vÒce cavernosa, che riconobbi subito per quella del maestro Bezzi, mi ordin ò: « E sci I». Non appena fui nel corridoio, il Bezzi mi afferrò e mi disse: « La tua coscienza è nera come il carbone I )). Sono passati ven t 'anni, ne passeranno quaranta, ma io non dimenticherò mai queste parole, E prosegui: « Tu dormirai coi cani di guardia stasera, poiché chi t enta uccidere i propri compagni non deve più aver contatti con lo ro». E ciò detto mi abbandonò i n mezzo al corridoio ,
VII.
Accasciato dal dolore, dalla disperazione e dalla paura mi misi i n ginocchio ed invocai tutti ì santi del cielo. Poi a tentoni mi diressi verso il cortile. Un latrato ·dei cani di guardia mi fece ritornare sui miei passi. I cani s'allontanarono. A ttraversai rapidamente .il cortile per re carmi nella mia camerata. Ma il cancello d'ingresso alle scale era chiuso, Lo scossi. Inutilmente . 11 rumore del ferro richiamò i cani_. Fu quello un momento di tremenda paura. Mi arrampicai sul cancello e riuscii a scavalcarlo, non tanto in fretta però da non lascia re un lembo inferiore dei miei pan taloni fra i d enti agu.zzi di que11e bestie feroci. Ero salvo Ma o.rmai estenuato Avevo ap pena la forza di gemere.
Dopo molto tempo, l'istitutore della mia camerata ebbe pietà di me. Mi raccolse e mi condusse a letto. Alla mattina non potei_ alzarmi. ·Avevo una febbre altissima. Deliravo. Dopo tre gio rni fui giudicato e condannato alle seguenti pene e cioè: alla retrocessione dalla quarta alla seconda elementare; all'angolo sino alla fine dell'anno, alla privazione della pietanza, a otto giorni d'isolamento in un camerino di fronte all'aula della quinta ginnasiale. Non mi espulsero dal colleg io perché le vacanze est ive erano jmminenti. Si trattava di po~ che settimane. Espiai le mie pene, senza chiedere, come mi veniva consjglfato, il perdono ,e la grazia del direttore.
E venne anche H giorno della grande passeggiata annuale. F u scelta quale meta Lo ngrano, paesello nel circo ndario di Rimini, famoso per una chiesuola dove c'è dipinto un Cristo dalle proporzio ni spettacolose, t anto da essere proverbiale in Romag na. Andammo in treno.
L'escursjone durò quasi una settimana, ma venne alla vigilia del ri torno funestata da una sciagura mortale. Ci avevano aHogati in u n vecchio convento di frati, e dormivamo sulla paglia.
Una mattina, alla sveglia, mentre gli inservienti attraversavano un cortile, fecero una raccapr.iccia nte scoperta: trovarono il cadavere di un alunno immerso in un lago di Sangue. In un baleno si diede l'allarme e tutd ci precipitammo nel cortile, ma il cadavere del· nostro pove ro compagno era già. stato rimosso e portato altrove. In qual modo aveva trovato si orribile morte ?
Il dram ma fu ricostrui to, Il morto si chiamava Giuseppe Band..ini, aveva quattordici anni, era nativo di M.arradi. Si era a lzato· presto alla mattina per vedere il levare del sole Era m ontato sul davanzale della 6 nes tra> aveva spinto le persiane, aveva perduto l'equilibrio, e ra caduto al suolo spezzandosi il cranio. La sciagura ci desolò. P er due giorni non sj udi una voce Il giorno do po giunsero da Marradi i genitori del m otto. Mi par di udire ancora i ge miti strazianti di sua madre.
Ai funerali partecip ò anche tutta 1a popolazione. Il povero Banclini fu portato al cimitero, la ma ttina del giorno fissato per la nostra partenza. La musica del collegio suonava una marcia funebre. Al cimitero, dinnanzi alla cassa .scoperta, parlò il direttore e un'altra persona del paese. Il nostro povero compagno vestiva la divisa del collegio. Le mani incmciate sul p etto stringevano un croce6sso d'argento. La faccia diafana era recinta da u na benda, che nascondeva allo sguardo l'orribile ferita del cranio. Fu q uello un momento d'~t~nsa commozione.
Pover o Bandini I Il d es iderio di v edere il superb o spettacolo del sole che sorge ti costò la vita I Io ti ricordo ancora. Tornammo al collegio coll'angoscia nell'anima. D opo una settimana cominciarono le vacanze. Lasciai il collegio e questa volta per sempre.
Durante le vacanze mi r ecai insieme con mia madre a trovare i nostri paren ti della pianura r avennate. I miei ricordi sono· confusi. So che al Mezzano fui ospite del compagno che avevo ferito il . 14 giugno. In casa sua vidi per la prim a volta e ne riportai grande impressione la Diuina Com111edia illustrnta da Gustavo D oré. ·
VIII.
I miei genitori, constatato l'ev idente insuccesso d ella educazione dei salesiani, decise ro di farmi cambiare aria e scelsero il collegi o d i Forlimpopoli, da p ochissimi a n ni istituito Quando i salesiani seppero che stavo per andare a Forlimpopoli, intentarono una lite a mio padre per mancato pagamento di certe spese varie. Queste « spese varie >> costituivano un furto in piena regola. La causa dal giudice conciliatore passò a lla Pretura, dalla Pretura a l Tribunale. Le duecentocinquanta lire della p rima citazione divcntacono alla 6 ne novece nto. Fu messa ipoteca sul nostro p odere Vallona e di questa ipoteca ci siamo Ii. bcrati solo dicci o d odici anni dopo.
Entrai nel collegio G iosuè Card11cd di Forlimpopoli nell'ottobre del 1893. Il direttore Valfredo Carducci, fratell o del poeta, non sapeva jn qual classe mettermi. D opo u n esperimento d ' i taliano scritto che sostenni flella direzione stessa, fui i scritto a titolo di prova nella quinta elementare. F i n dai primi giorni notai l'enorme d ifferenza fra l'unO e l'altro collegio.
A Forlimpopoli, .nessun prete, né l'orma del pretismo . Ist ituto prettamente laico. A messa nella chiesa attigua (fu riattato a collegio u n vecchio convento) ci anda va chi voleva e i volenteroSi non giungevano alla decina sopra sessant a convit to ri. Ero passato dall'i nfe rno al paradiso. Vitto m iglio re , camerate sal ubri, p osizione incantevole nell'aperta campagna in v ista d el Bert in oro « alto ridente », di scipl ina p iù umana. E ro verame nte felice del cambiamento e partecipai la · mia g ioi a ·a mio padre
Le scuole tecniche e le scuole normaJi erano interne, le elemen ta ri invece esterne, Bisognava andare in p aese. 11 maestro di quinta, lo ricordo bene, tanto nelle sue sembianze fisiche, come nella sua figurazione spirituale, si chiamava Alessandro Massi, di Bertinoro. E ra uri uomo attempato, piuttosto magro, d ai grandi baffi g rigi. Aveva una cura meticolos a dei propri abiti. Portava le sopramaniche di pan no ne ro come i vecchi scrivani. Era un fervente relig ioso e volent ieri ci intratteneva su argomenti religi osi Conosceva molto bene 'il lati no.
Mi regalò quale ricordo un volumet to, Charila!, in cui egli aveva raccolto certi suoi discorsi e mo lte ep ig rafi in latino e in italiano. Prese a voler mi bene ed io nulla trascuravo sia nella disdplina come nello studio per meritat mi il suo affetto
R icordo il nome di parecchi compagni di scuo la che h o ritrovat i mo lti anni dopo nella vita. Di parecchi non ho avuto più notizie. Non eravamo che sedici o diciassette alunni. D ebbo ricord are fra i tanti certo Giunchl, che a metà d ell' an no scolastico emigrò colla famiglia alla ~pezia e che non ho più incontrato. Egli mi mise i n relazione con sua cugina, certa Elena G iunchi, figlia di un oste , bambinella della mia età. Ci scrivemmo alcune innocentissime lettere d'amore....
Il bidello della scuola, tal Zoli, era un vecchio cisposo, da una folta capigliatura incanutita dal tempo. Lo chiamavano Caronte. Quell'anno scolastico passò rapidamente senza incidenti degni di particolare menzione. Fui p~omosso. Passai le vacanze nella massima tranquillit à di spirito e coll'ottobre [1 89j ] to rnai a F o dimpopoli e m 'iscrissi alla prima tecnica.
D ell'anno scolastico 1894-'95 [leggi 189,:-1896] non rico rdo nie nte di spccìale Le figure dei professori n on h an no lasciato solco profondo nella mia memoria~ Li ricordo appena. Fui naturalmen te promosso alla seconda t ecnica.
N el 1896 , al 1° di marzo, riportai una formidabile impressione dalla sco nfitta di Adùa. Quel giorno ero a mmalato. Verso le 10, corse da me i n camerata un· mio compagno, tal Cattoli di Faenza, figlio, credo, del famoso patriota repubblicano, con un foglio aperto g ridando : « Leggi I Leggi I )). Afferrai il giornale. Era i l S ecolo. Dalla prima pagina all'ultima non parlava che della disastrosa battaglia. Diecimila mo rti e setta ntadue cannoni p erduti. Queste cifre mi martellano ancora il cranio All'in domani, ar rampicati sulle mura di c inta del collegio, assistemmo a una interminabile sfilata di gente della campagna che si recava a protestare jn città. Per parecchie settimane, anche i n collegio, non si parlò d'altro.
Nel mese di maggio una g rave sciagura funestò il collegio. Morl dopo po chi g iorni di malattia un nos tro compagno, Aclùlle Paganelli d i Savignano, Quando una mattina, all'ora della sveglia, si diffuse la notizia, la costernazione più viva si impadronl dei nostri cuori.
· 11 Paganelli era uno scolaro degli ottimi. D i famiglà povera, riceveva u n suss idio per continuare gli studi. La famiglia riponeva in lui tutte le migliori speranze. Faceva il primo corso n ormale, Per alcuni g iorni, il collegio fu m uto. Sospese lt: lezioni, i cortili e rano deserti. Si taceva dovunque, Nei corridoi, nel refettorio Pareva che le nostre grida d oves sero risvegliare il nos tro povero compagno morto appena diciassettenne. Giu nsero i suoi genitori. Suo p adre e metteva dei gemiti che non avevano quasi nulla dì umano. Ul ulava. li dolore gli soffocava il pianto nella strozza. I fu nerali riuscirono impo ncntis- simi Tutte le scuole del circondario avevano mandato rappresentanze La cittadinanza forHmp opolese vi partecipò in massa. A l cimiter o," sulla bara che noi avevamo ricoperta di tanti fiori, parlò prima il diretto re, Valfredo Carducci, poi lo seguirono altri sette ·orato ri. La cerimonia · ci lasciò trìsti Poi a poco a poco col passare dei giorni, il collegi o .dprese il suo ritmo abituale d i v ita.
. Venne la fine dell'anno. Fui promosso senza esam'e in quasi tu tte le materie. Fui bocciato ìn m atematica e mi dispiacque a,ssai. Allora grìdai all'ingiustizia del professore, oggi riconosco di aver meritato la esemplare bocciatura.
Le vacanze estive non furono per me molto liete. Passavo le mie giornate in casa o seguivo mia nonna nelle sue peregrinazio ni attraverso il fiume, dov'essa andava a cercare la legna abbandon ata dall'acqua dopo le piene. Mia nonna aveva settantotto anni allora e avev a le inevi tabili manie della vecchiaia. D o rmiva da sé, non voleva mangiare a tavola con noi, ci riemp iva la casa di legna. Temeva il freddo . Era una donna alta e forte. Mod quasi all'improvviso. Mi r ic ordo. Un giovedl 4 settembre, mia mad re e noi tre figli ci recammo a passare il p o meriggio in una v igna che possedevamo oltre (asola, quasi sulla cima del moOte Era una delle mie passeggiate pre• fer ite, perché di lassù l'occhio abbraccia quasi tutta la p ianura foc. livese, insino alla linea del mare. In quella vigna che dal proprietado che a noi l'aveva affittata per nove anni si chiamava vigna di CudM, ho passato molti giorni della mia fanciulle zza Vi ripassai dopo molti anni d'assenza nell'agosto del 191 1 e sentii nel mio cuore ribattere i loro colpi delicati, lontane e immarcescibili emozioni.
Quel pomeriggio di settembre era melanconico, Mia madre ci cantò tan te vecchie canzoni. Discendevamo sull'imbrunire i n sile nzio, quasi preoccupati, Appena giunti a Varano ci dissero: «La Maria nna sta male». Fu un colpo. La trovammo a letto. Vaneggiava. Corremm o peJ medico e questi non ci nascose la gravità del caso. AlJora mandammo a chiamare mia zia, Francesca Mussolini, che ab itava a P iola oltre la riva del fiume, perché l'assistesse. Prima cli me2zanotte e nt rò in agonia Confortata dal prete, ve rso l'alba spirò. Al mattin o n oi andammo da nostra .zia. E vi restammo sin dopo i funerali.
M i pa r d i udire ancora il suo no fun ebre della campana d urante il trasporto dalla casa a l cimitero. Fu sgombrata la stanza di mia no nna e rovistato fr a le masserizie per trovarvi il testamento. Nulla si trovò, Quella stanza ve nne quindi occupata dai miei genitori, Dopo qualche settimana ritornai in collegio, superai l'esame d i riparazione e entrai nella terza tecnica Mio fratello intanto veniva manda to a Meldola alle scuole elementari. Il 14 gennaio 1898 fui (:'spu1so dal collegio ed ecco perché. Quel giorno eco nello studio, occupato in un lavoro di computisteria. Un mio compag no, D ionesi Umberto di Rimini, mi scarabocchiò il foglio. Ne nacque un diverbio. Egli m i diede uno schiaffo. Io afferrai il temperino co l quale st avo g rattando la macchia d'jnchiostro e gli v ibrai un colpo. Lo colpi i io una n atica, G ra nde emozione,
Accorse immediatamente il rettore del collegio, Antonio Dalle Vacche; che ordinò il mio immediato allontanamento dalla classe. Il fatto, se non la ferita, era grave. Si riunì il consiglio dì discipli na. Tutti i professod, ad eccezione di uno, il professor C. G. Mohr, vo~ tarono la mia espulsione. A nu lla giovarono le raccomandazioni di mia madre. Fui espulso dal collegio, non dalla scuola. ~fi recai per alcuni giorni a casa, dove la notizia era giunta ampliata di molti dettagli inesistenti; poi tornai a Forlimpopoli, alunno estc,rno. . Andai a pensione in casa di Francesco Bassi, veterinario, marito di una Fortunata Valzania, una sciancata appartenente alla famiglia del famoso colonne11o garibaldino cesenate.
Verso la fine dell'anno scol astico fui sospeso dalle lezioni per otto [leggi dieci] giorni. Mi r ecai a Fodl per sostenervi l'esame di licenza t ecnica e fui natutalmente bocciato in diverse materie, D ei professori che mi facevano scuola nelle tecniche e che ritrovai poscia nelle n ormali non faccio cenno ora. D egli altri ne ricordo due: il professor Pizzigati dì computisteria e la professoressa Ines Gossoli di frances e. Con costoco, la scuola diventava un carnevale. Narrare gli scherzi, le burle, i tiri giocati è superfluo. Chi ha frequentato le scuole, può immaginarli. La prnfcssoressa era belloccia. S'focontrò col prbfessor Dalle Vacche g ià rico rdato, poi si sposarono. Oggi è, mi pare, segretaria delle scuole normali femminili a ForH. ·
L'anno di cui parlo fu quello della guerra greco-turca. Anch'io avevo progettato di partire. Le corrispondenze che il Ciancabilla pubblicava sull'Avanti I mi entusiasmavano per la Grecia. Ottenuta ne!J>esame di riparazione la licenza tecnica, nell'ottobre del 1898 tornai a Forlimpopoli per frequentare come alunno esterno le scuole normali.
L'anno scolas tico '98·'99 non merita particol?,re menzione. Ero il migliote della classe. Però la mia condotta lasciava alquanto a desiderare . Non frequentavo regola rmente le lezioni, facevo della politica, non portavo sempre il dovuto rispetto ai miei professori. M'invaghii in quel torno di tempo di una bella fanciulla, certa Vittorina F , sorella di un mio compagno di scuola. Le dichiarai il mio amore. Mi rispose, dilazionando. Allora io mi decisi a fermarla per istrada. La aspettai una sera in un vicolo Essa tornava dal lavoro. Vedendomi, arrossi e si fermò. Io balbettai alcune parole. Essa non rispose e conti nuò la sua strnda. Constatai il mio insuccesso e me ne adontai.
Però la bella non era completamente sorda ai miei richiami e sep pi che conservava le mie lettere e accettava i mazzi di viole che io le mandavo per mani di una ragazzina sua vicina di casa. Poi quest' amate passò. Tornai a casa.
X.
L ' anno veni~nte '99-'900 cambiai pensione. Andai in casa di u n sensale, tal Benedetto Cclli, uomo violento, ma buono. Aveva un omicidio sulla coscienza. Ora è morto. Suo figlio, Massimiliano Celli, è maestro a Rimini; sua figlia, Amalia, è maestra, ma non so dove sia. Quando la conobbi eta una ragazza formosa dai capelli cenden ti al rossigno. Studiava da maestra alle scuole normali di Ravenna. Le feci qualche tema.
Capitai nel borgo delle chiacchiere: H b o rgo di San Nico lò. Di. nanzi alla mia pensione· c'erano molte ragazze. Con una di loro, ta l Caterina , intreccia i un amoretto. Ci scambiammo dei biglietti n i, delle rose e anche dei baci. :A,l principi o dell'anno scolastico , m arinai una lezione di disegno e fui sospeso per otto giorni. N e profittai p er fare d elle incantevoli passeggiate mattutine lungo i declivi di Bertinoro e per ridicoleggiare in uno scherzo poetico taluni dei miei profess o ri e qualcuno dei miei compagni.
Era con me a pensione dal Cdli tal Eugenio Nanni di Lo iano. f'acev a la terza normale. Era zopp o. L'incompatibilità di carattere fra noi due si rivelava ad ogni momento. Quando cominciaYamo una discussione, dalle parole finivamo ai pugni. Egli era lo spirito della contraddizi one. Mediocrissi mo in fatto d'intelligenza, corteggiava l e donne e si vantava di grandi conquiste. Subi un processo a Berti no ro, nel quale ci fece una vergognosa h gura.
CoStui m'iniziò ai postriboli . Una domenica ci recammo a F orll, in una casa innominabile. Q uando entrai, sentii il sangue afflu irmi alla faccia. Non sapevo che dire, che fare. Ma una delle prostitute mi prese sulle ginocchia e cominciò ad eccitarmi con baci e carezze , Era una donna attempata, che perdeva il lardo da tutte le parti. Le feci il sacrificio della mia verginità sessuale. Non mi costò che ci nquanta centesimi. Uscii da quella casa a testa bassa e vacillante come u n ubbriaco Mi pareva di aver commesso un delitto,
L' improvvisa rivelazione dd godime nto sessuale mi turbò. La d onna n uda entrò nella mia vita, nei miei sogni, nelle mie cupidjgie Svestivo, cogli occhì, le fanciulle c he i ncontravo, le concupivo vfolen te• mente col p en si ero. Frequentavo, durante il carnevale , i b alli pubblici e ballavo. La musica, il ritmo dei mov imenti , il contatto co11e r agazze dai capelli profumati e dalla pelle secernente un sudore acre al l'odo- rato, mi risvegliavano gli .appetiti della carne e mi sfogavo alla domenica néi postriboli forlivesi. Giocavo d'interesse coi miei compagni. Quell'anno cominciai anch'io a scrivere versi. Talora svolgevo in poesia gli si:essi temi che ci assegnava il professore d 'italiano . E chi non poetava fra noi? Scrissi un'infinità di poesie su tutti gli argomenti, 1 luoghi comuni abbon davano, Alcuni anni dopo ritrovai i quadernetti contenenti la documentazione delle m"ie giovanili fornicazioni colle abitatrici d el Parnaso e li dannai al rogo,- Non salvai che un sonetto, dedicato a Bahoeuf [tic], che pubblicai più tardi nel numero di 1° maggio 1903 dell'Avvenire del LaPoratore (Svizzera). Un sonetto scolastko, meno malvagio degli altri e che trascrivo qui non per raccomandarmi con esso aJia considerazione di chi mi leggerà, ma per documentare,
Termi{U)ro trionfa e maledelta ,ade la schirra dei ribelli Guata torbido il pret e dal conjin l'auetta ntfle arterie p lebee intanguinala, Sordo avanza il furor della vendetta negli etili e 11ti rischi germinata. Oh pauaro i bei dJ come 1aetta gli epici giorni della <( cannonata».
Ma torride Baboettj. N t' morittffi occhi gli paua il la,npo dell'idea, la vi.rion dei 1eroli venturi.
E il supremo pensier che lo sostennt q11ando ormai vinto, vindice ,hiedea l a legione infernale delle Ardenne.
. L'anno scolastico passò rapidame nte. Alla fine però avvenne un incidente di una certa g ravità. Pare che il Nanni se 1a battesse colla moglie di un sensale. Costui aveva trovato un biglietto indirizzato dal Nanni alla moglie nel quale le chiedeva un appuntamento. Il marito d ecise di vendicarsi. Una sera degli ultimi giorni di giugno, ·io e il Nanni stavamo tranquillamente seduti fuori della porta di casa, quando un uomo ci venne incontro e senza dir parola svirgolò una tremenda bastonata al Nanni. Alla prima ne seguirono altre. Io cercai di difendere il malcapitato e riuscii a gettarlo dentro al portone. L'altro, intanto, profferendo più gravi minacce, si allontanava. Portammo il Nanni nella sua sÌ:anza. Non era gravemente ferito, ma era più morto che vivo dalla paura.
Si avvicinavano gli esami finali e il nostro Ganimede non osava uscire di casa, Perdere dunque un anno ? Lo incoraggiai ad affrontare la situazione e a recarsi a scuola. Mi proposi di accompagnarlo. Accettò. L'amico era zoppo, ma la paura di qualche brutto incontro lungo la strada, g1i dava 1a velocità di MCrcurio. Diede gli esami, ma fu ovunque bocciato. La paura gli aveva squinternato il cervello Inutile dire che il fatto- sollevò g rande emozione nella cittadinanza e nel ceto studentesco. Prima della fine d ell'anno fui raggiunto da una altra buona notizia. Era morta la nostra parente di Mezzano e a mia madre erano t occate diverse migliaia di lire. Non ho mai saputo la c ifra esatta. Dovevano superare le diecimila lire. Un bel colpo. ma mio padre non seppe utilizzarlo.
Cominciò col disperderle pre ndendo dei poderi in affitto a T ontola e a Voltre, Furono magri affari. C'erano inoltre m olti debiti vecchi da estinguere. Due anni dopo gli ultimi denari furono investiti nel podere Vallona, intestato a mia madre ed ora passato a n oi. Un podere stimato dal Monte dei Paschi a ottomila lire.
Questa è tutta la nostra fortuna immobiJiare ed è quanto ci è rimasto dell'eredità toccataci dalla v ecchia zia lontana del Ravennate, Mio padre, sia dettò fra parentesi, era un buon uomo, i ntelligentissimo, autodidatta, ma non aveva assolutamente il genio degli affari. Era troppo ottimista e si fidava di tanti che non meritavano la sua .6.ducia.
XI.
L'ultimo anno delle scuole normali '900-1 901 lo frequentai in collegio, dove fui .riammesso e do ve ottenni un sussidio di trecen to lire. I ptimi mesi passarono velocemente. Alla fine gennaio dé:l 190 1, il t elegrafo annunciò la morte di G. Verdi. Sospendemmo una rap presentazione drammatica e all'i ndomani sera si diede a me l'incar ico cli pronunciare un discorso commemorativo, prima della rappresentazio n e, Accettai. Raccolsi dai g iornali qual'lto più materiale p o tei, l o ricostruii e affrontai la ribalta. Mi feci ascoltare ed applaudire. I professori si cong ratularono meco . Fu quello il mio debutto oratorio.
Nei mesi che seguirono, nulla d'interessante. La vita scolastica continuava il suo ritmo monotono, Nel mese di giugno, mentre sgobbavo per gli esami finali, mi capitò fra mano un libro dell'avvocato F. Bonavita, intitolato / boz.zelli dtll'esule. Ne fecì una critica feroce e mandai l'articolo ali' ÀPanti ! Sconosciuto, temevo che mi cestinassero e mi sarebbe dispiaciuto. Invece comparve nella Piccola p oJ/a il seguente inciso, che mi riempi di gioia e di orgoglio: « La vostra c dtica cì va. La pubblicheremo non appena ce lo consenta lo spazio nella rubrica libri e riviste>~.
Aspettavo giorno per giorno l'articolo , che no n venne. Il Bonavita, capitato a Roma, impecll la pubblicazione dell'articolo, protestando ragio ni di opportunità. Poi scrisse a me per dichiarare che il mio auto da fi lo lasciava indifferen te, dal momento ch'egli poteva lusinga rsi di aver ricev uto le congratulazioni di G. [;ic] De Amicis. Replicai. Se avessi insistito la redazio ne avrebbe pubblicato l'articolo, ma io rinunciai. Fu quello il mio abbastanza fortunato debutto giornalistico sotto veste di critico letterario. Conobbi poi di persona l'autore che avevo ~osl acerbamente maltrat tato e mi legai con lui amicalmente.
Prima degli esami finali, fui nuovamente espulso dal coUegio, per essere rimasto assente una no tte intera. Non ci feci caso. Mi presentai agli esami formidabilmente agguerrito e a'ttenni, insieme con Alberto Calderara, la licenza d'onore. Poi venne il giorno dell'addio. La fraterna .intimità degli studi s'interruppe. Ognuno di noi affrqntava il suo destino e dall'a ngusto campo della scuola muoveva nel più vasto e pericoloso campo della v i ta.
Tornai a Varano. Ormai anch'io possedevo il documento, lo strac- eia di carta che abilita a qualche cosa, il diploma col quale si può conquistare il pane. Avevo diciotto anni. Da parecchio te rripo avevo abbandonato le pratiche chiesastiche e mi dicevo socialista. Ora si trattava di farsi largo, Prima di continuare, sento il bisogno di fermarmi a ricordare le figure dei miei compagni e dei miei professori. : Valfredo Carducci, fratello del poeta grande, c'insegnava italiano. Non era un'aquila. Il suo insegnamento si limitava al prngramma, quindi pochissima parte allo svolgimento critico della storia della letteratura italiana, commento d ei poeti limitato alla lettera , temi scritti che vertevano su quella decina di precetti, di massime, di aforismi concernenti la patria, la famiglia, la virtù, il dovere e altri venerabili luoghi comuni del genere. Talora io svolgevo un t ema contro al tema o non lo svolgevo affatto. Certi temi mi davano il senso della asfissia. Come professore era buono, indulge nte e ci voleva bene. Anch•io lo rispettavo e lo amavo.
Carlo G iovanni Mohr, lombardo, professava pedagogia e mo rale. In realtà il suo insegnamento era un caos, un omnibNs di tu tte le p iù disparate nozioni e culture, Egli mescolava insieme storia, geografia, pedagogia, filosofia, musica, poesia. Era infatti un enciclopedico. I nsegnava storia nelle tecniche, -pedagogia nelle normali, scriveva versi e li musicava. Non aveva metodo. I suoi libri di pedagogia erano un impasto di positivismo, di ideali smo, di empirismo. Aveva grandi idee innovatrici. T al volta ci assegn ava dei temi inverosimili. Ostentava le sue idee democratiche e s"OCialistoid.i sin nelle cravatte vermiglie. Aveva dato alla luce diver se pubblicazioni. Di essé ricordo un libro intito lato La dotina, caratteristico libro pieno zeppo di versi di tutti i poeti, di tutte le età. Un libro che non è stato preso sul serio. Forse per il suo contenuto, certo per la sua fo rm a Il professor Mohr mi p rediligeva fra tutti ed era con me di u na grande i ndulgenza. D opo il 190; lasciò la scuola_ di Fotlimpopoli, Ignoro il luogo preciso ove egli si trovi.
La storia e la geografia ci venivano insegnate dal professor Antonio Dalle Vacche. Uomo mediocrissimo costui e pedante sino all'abbrutimento Le sue lezioni erano torture, Ci costtingeva a degli esasperanti sfor2i mnemonici, Pretendeva l'esattezza assoluta nelle date della storia, nelle cifre della geografia. Bisognava imparare aila lettera e ripetere come pappagalli addomes ticati. Non sapeva parlare. Talvolta voleva elevarsi a voli oratori, ma le papere frequentissime Io gelavano sul più bello. lo mi dive rtivo ad annotarle. Avevo riempito tutto il retro bianco della carta dell'Africa. Egli se n'era accorto, ma non gliele risparmiavo. Talune papere g rottesche ed id iote le r icordo ancora, benché siano passati undici anni. « Fughire » invece cli fug- gire, «capitombolò» invece di capitolò, «polonici>> invece di polacch i, « Obbligarietà » invece d i obbligatorietà, ccc. O g n i lezio ne era u na fioritura cli tali sche rze tti, che fornivano un pretesto cont inuo alla nost ra spregiudicata ilarità. Quest o professore mi avrebbe certo volentieri bocciato, ma. io lo prevenni imparando tutto a memoria, anche l'indice.
Il professor Tobia Cinsarelli ci ammaestrava nelle matematiche e scienze naturali. Il nome di Tobia gli va a pennello. È u n t emperamento linfatico. ,
Dì Angelo Ferai, professore di disegno, dì Godoli Pietro, professore di ginnastica, di Pedrelli, l'indescrivibile macchietta, professore di canto, di T erzo P eZ.Zi, insegnante di agraria, non vale la p e na di occuparsi.
Ecco ora le si lhouettes dei miei compagni. Garfield Morselli di Mirandola, grande grosso e minchione. N on ho avuto più sue notizie, Alberto Calderara di Bolo gna, studioso, sg ob?one. Sono anco ra in ra pporti d'amicizia. Inseg na a Bolog na. Cicognani Oberdan di ForU, mor to tisico . Sante Bedesch.i di Massalombarda, intelligente, spirito motteggiatore. Mario Alberici, lo studente «preciso». Ha fatto carriera. Insegna a Venezia. Genserico Baroncdli , la prova vivente e inoppug nabile che l'uomo d iscende dalle scimmie, Giuseppe Cocchi, orbiter elegantùrrum. Intellettualità meschina. Insegna a Bologna , No n ho più avuto rapporti con lui. Garavini Giovanni di Pesaro, maniaco e deficente. Ora direttore didattico a Santa Sofia. Allo ra innamorato cot to Carattere chiuso. Intelligenza meno che mediocre C.elli Dario, Riguzzi Secondo, Righi Natale, Bartolozzi Flavio, t utti di Fo rlimpop oli I più d eficenti della classe. Negli anni che seguirono m' inco ntrai con taluni di questi m iei compag ni di scuola. Nessuno aveva osato avven.turarsi per le vie d el mo ndo come ha fatto chi scrive q uest e pag ine.
XII.
Nell'estate del '901 mi preparai p er sostenere un esame s~ritto nella gara d'onore fra tutti i licen ziati delle scuole normali d'Italia. A Forlimpopoli ci presentamn:i.o io e il Calderara. Il tema venne da Roma. Dopo alcuni mesi si conobbe l'esito del concorso. Nessuno fu ritenuto meritevole della medaglia d'oro e d'argento. Quella di bronzo fu assegnata ad Alberto Calderara, col quale io sinceramente e amicalmente mi congratulai.
Nel settembre del lo ·stesso anno mi presentai a un esame di con• corso per quattro posti d'insegnante elementare · in Ancona, città. Andai, sostenni gli esami. Ero il più giovane fra una sessantina di concorren ti, alcuni dei quali colle barbe grige. Capii che per me non c'era nulla da fare. Non mi sono mai neppure preoccupato di conoscere il mio posto nella graduatoria generale.
Tornai a casa, e, nell'attesa di un posto, cominciai ad avvicinare una: discreta ragazza mia v icina di casa, certa Virginìa B. Il lavoro preparatorio non fu lungo. La fortezza non era i nespugnabile. Si tratt ava di una ragazza generosa. Un bel giorno, mentre tutti di Varano uomini e donne erano accorsi a San Cassiano ad ascoltare un por tentoso frate missionari<:>, io la presi lungo le scale, la gettai in un angolo dietro una porta e la feci mia. Si rialzò piangente e avvilita e tra le lagrime mi i nsultav:i. Diceva che le avevo « rubato l'onore ». Non lo escludo. Ma di qua le onore si parla ? Però Virginia non fu a lungo imbronciata con me. E per ben tre mesi ci amammo poco coll'anima e assai colla carne. Era di condizione povera, ma aveva una pe lle fresca e bianca. A poco a poco la relazione divenne palese Diventammo semplicemente più guardingh i.
Sul finire del carnevale 1902. intrecciai un nuovo amore colla si~ gnorina Venezia P. Dopo molte ricerche fui chiamato ad occupare un posto d'insegnante in una· scuola rurale del comune cli Gualtieri Emilia. Lasciai le mie fidanzate e partii. Giunsi a Gualtieri Emilia
Gualtieri Emilia è un paese situato sulla riva destra del Po, tra Guastalla, città di una cert a importanza, e Ba retto È congiunto a Parma dalla linea ferroviaria Parma-Suzzara. Il paese dista un chilometro circa dalla riva del Po, dal quale è difeso da argini possénti, sui quali cotrono le strade, Vi giunsi in un pomeriggio nebbioso e triste, C'era qualcuno che mi aspe ttava alla stazioni::. Conobbi nella stessa giomata i maggio renti del paese, socialisti e a mministratori, e mi allògai a pensione p er quaranta lire mensili dalla famigli a Pa nizzi H mio stipendio era di lire italiane cinqua ntasei .mensili. No n c'era da stare allegri.
Il p aese e gli abitanti mi fecero buona impressione. Alla ·mattinadopo mi recai seni'altro a far scuola. L a mia scuola distav a due chilometri circa dal paese ed era situata n ella frazione di Pieve Saliceto, Avevo u na quara n tina circa di ragazzetti dall'indole assai mite. Presi ad amarli L'o rario era continuato. All'una finiva la scuola ed io ritornavo in p aese, dove potev o di sporre a mio piacere delle o re pomeridiane e se rali.
I p r imi giorni furono monotoni. Poi il cerchio delle conoscenze si allargò e divenne più intimo. Tutte 1e domeniche si ballava. O andavo anch'io. Fu durante il ballo che imparai a conoscere una bel· lissima sposa ventenne, che aveva il marito soldato, mi pare a Sulmona. Mi piacque. Simpatizzammo. Le scrissi Mi rispose D opo alcune m_is sive, fissammo un incontro, che ebbe luogo la sera del 2.0 marzo nella casa numero nove del vicolo Massa, piano secondo. Ricordo. Giulia F. mi aspet tava sulla porta. Aveva una camicetta rosa che spiccava nel chiaroscuro. Salinuno le scale e per due ore fu m ia. Torna i a casa ebbro di amore e di voluttà. Anch'essa to rnò a casa dai genitori di suo marito.
La nostra relazione durava da qualche settimana quando fummo scopert i. Il marito seppe e diede ordi ne di scacciare la moglie. E ssa si p rese i l suo piccino e riparò nella stanza dove ci eravamo incontrati la prima volta Allora fu mmo più liberi Tutte le sere io l'andavo a trovare. Ella mi aspettava sempre sulla p orta. Talora ci recavamo i n campagna e ci abbraccia_va mo sui prati lungo le rive del Po. Furono mesi incantevoli . Il n ostro amore era violento e geloso. Q uindi i ntercalato d a alterchi e da collere di breve d urata,
Il 1° maggio pronunciai un d iscorso che e ntusiasmò la folla . Fu u na giornata calda. Alla sera però non mancai all'abituale convegn o. Ci recammo insieme sulle rive del Po. Dì fronte a noi brillavano i lumi di Pomponesco sulla costa ma ntovana, A poco a p oco io l'abituai al mi o amo re esclusivista e tiran nico. Mi obbediva ciecamente. D isponevo cli lei a mio piacere. Nel p aCSe, la nostra relazione era oggetto dj scandalo, ma noi ormai no n ne facevamo più mi stero alcuno. Ci recammo insieme a certe sagre c ampes tri. I mesi intan to fuggivano. Le vacanze estive erano i mminenti. Allo ra io feci il divisamento di emigrare in Svizzera e te ntare la fortuna. Dopo avrei chiamato con me la Giulia,
XIII.
Il z9 giugno poco mancò non mi annegassi durante una traversata a nuoto del Po. Travolto dalla corrente, sarei senza dubbio perito se non mi fossi imbattuto nel canotto di un pescatore che aveva lanciato le reti, Fui raccolto e salvato. Nello stesso periodo di tempo lasciai la Venezia P. Essa mi scrisse una lettera angosciante, ma non mi fece recedere dal mio proposito. Telegrafai a mia madre pec avere il denaro necessario pel viaggio. Mia madre mi mandò telegraficamente quarantacinque lire. Gli ultimi giorni li passai quasi sempre in casa della Giulia. Ricordo tutti i particolari dell'ultima notte. Giulia piangeva e mi baciava. Anch'io ero commosso. Alle 5 della mattina la baciai per l'ultima volta. Il treno partiva alle 6. Le feci un cenno colla mano alla svolta del vicolo; poi continùai la mia strada, verso il mio nuovo destino. Sono passati dieci anni. Non l'ho più riveduta. Nei primi tempi del mio soggiorno all'estero mi scriv~va una volta alla settimana; poi, quando il marito che l'amava pazzamente l'ebbe, malgrado tutto, ripresa con sé, le sue lettere diventarono più rade. L'ultima cartolina la ricevetti nel 1905 al campo di .monte Baldo. C'era un semplice saluto. Ma la soreHa di Giulia mi mandò l'altr'anno 1910 una cartolina illustrata colla dicitura: «I buoni amici non si dimenticano mai». L'anno scorso 1911, da un amico di Gualtieri Emilia, ebbi notizie della donna che avevo tanto amata e della quale conservo sempre in fondo· al cuore il più gradevole dei ricordi, Anch'essa non può avermi dimenticato e forse sin nella più tarda vecchiaia il mio nome e 11 mio amore le torneranno dolci nella memoria.
Il 9 luglio a sera giunsi a Chiasso. Nell'attesa del treno che doveva portarmi nel centro della Svizzera, treno che parte alle 10,40, presi il Suolo e fui un poco stupito e addolorato quando nel corpo_ di una corrispondenza, intitolata Dùordini elettorali in due ,om1,1ni1 trovai la notizia dell'arresto di mio padre. A Predappio e ad Orte gli elettori di parte socialista e popolare avevano fracassato le ur.ne per impedire la vittoria ai clericali. L'Autorità giudiziaria aveva spiccato diversi mandati di cattura e uno di questi aveva colpito mio padre. Questa notizia mi pose davanti al bivio. Tornare o procedere ? Immaginai eh~ si trattasse di cosa di lieve momento e decisi di continuare il viaggio. Fraternizzai con alcuni rivenditori ambulanti di Pontremoli che si recavano a yverdon . Io no n avevo meta fissa. Avevo ingannato i miei genitori facendo creder lo ro che io avessi già il posto ass icurato. In realtà io non sapevo neppure dove sarei andato a fi nir e. N el pomeriggio del xo lug lio discesi alla stazione di Yverdon. Avevo in t asca clue Lire e dieci centesimi. Vendetti un bel co ltello a manico fi sso che avevo comperato a Parma e col qua le avevo ferito a un braccio la Giulia durante una delle nostre frequenti scenate. Ne ricavai cinque lire . Potevo vivere una settimana. ·
Yverdon è una picco la ·città. Pestalozzi vi nacque e la statua del grande pedagogista si trova nell_a piazza magg iore. Cercai lavoro, non ne trovai. Esaurite le mie d eboli risorse finanziarie, alla domenica mattina decisi di recarmi ad Orbe, paesello vicino, nel quale i fratelli Bertoglio stavano costruendo una fabbrica di cioccolata. Chiesi lav or o da manuale e mi accettarono. Il lunedl mattina, alle 6, entrai nel cantiere. Io non avevo mai lavorato e dopo poche ore le mani mi si gonfiaro no e screpolarono. Quella fa t ica era per me una to rtura. Lo o ra rio era sfibrante. Ben dodici ore al giorno I V'era un orologio sopra al cantiere. Io avevo di continuo gli occhi fissi su le frecce, che, a mio avviso, non si muoveVano mai. Alla sera, schiantato, colle ossa rotte, mi gettavo sopra un giaciglio di paglia e cercavo invano il son no DUrai una settimana, poi mi congedai, e alla d omenica mattina, insieme co n un bohhnien che ritrovai più tardi c/01v11 di un circo equestre, presi il treno per Losanna. G iunsi in questa città in un p omer iggio nubiloso. Le strade erano d eserte. Avevo alcuni indirizzi, ma non cercai nessuno. Avevo una venti na di franchi e mi recai a dormire in u n albergo di secondo ordine. Avevo studiato il francese, ma non lo capivo, perché le mie orecchie no n erano ancora abituate ai suoni d ella ling ua straniera. Ma su perai q ues ta difficoltà in poche settimane. Cercai lavoro, non ne trovai. Mc n'andai d all' albergo dopo aver salda to ·il conto e poiché non avevo più denari dell'alloggio mi feci il le tto dentro una cassa sotto a u na delle arcate del Grand p oni e v i passai parecchie notti. Dì giorno girovagavo nei dintorni della città e ml nutrivo _ di frutta e di pane. Venne il momento in cui non ebbi più neppure un soldo. Stetti più di quarant'ore senza tocca! cibo. Alla no tte, verso le 3 del mattino, mentre intirizzito dal freddo e lacerato d al digiuno uscivo dall'arcata del Grand poni, due guardie di Polizia mi scorsero, mi fermarono e credendomi un malvivente mi condussero al posto di Polizia. Capirono che avevo fame Mi diedero del pane. Videro che tre mavo d al freddo. Mi diedero delle coperte e mi chiusero in guardina. Mi avvolsi nelle coperte, mi gettai sul ta· votaccio e mi addormentai, Verso le 10 fui risvegliato e condotto alle carceri, ~ll'Evéthl, n el- l'attesa d i in formazioni. Si leg itt imò il mio arresto per vagabondaggio.
T emevo una espulsio ne, ma poiché avevo le carte in regola, fui scar~ cerato dopo tre giorni e messo in libertà. Allora mi presentai a t aluni dei miei compagni di fede . Ero riluttante a tal passo, poiché te mevo di e ssere confuso coi soliti scrocconi di mestiere. Fui prima di tutto soccorso da E milio Marzetto. Egli s'interessò del mio stato e mi diede ospitalità in una specie di solaio.
Il Marzetto, vicentino, scul tore in leg no, era una vittima d el '98. Espulso dalla Francia, si era trasferito a Ginevra e di qui a Losanna , dove aveva trovato lavoro e dopo faceva attiva propaganda social ista.
In quell'epoca.si stampava a Losanna, nella tipografia Ruedi, l' Au11e1tire del Lavora/on. Ne aveva assunta la direzione .il .professor Tito Barboni, p rofugo dall'I talia, dove ave va riportato una grave condanna per diffamaz ione. Cominciai a scrivere nel giornale. Un articolo in• t ito lato La virtù dell'allua fu riportato dalla Gùutizia di Reggio Emil ia. Il Barboni m'incaricò di scrive re regolarmente una cronaca politica della settimana. Bibliotecario della Fed erazione social ista italiana nella Svizzera era allora Gaetano Zanini, co macchiese, uo mo generoso sino al sacrificio Io lo aiutavo n el disbrigo delle sue mansioni ed egli mi passava qualche sussidio in denaro. Chiese ed otten ne per me, rendendos i lui g arante, una sta nzetta all'ultif!l,O piano della casa ch'egli abitava, 1a penultima <lei g rup po di Montmeillon, di fronte alla funicolare del Signa!, i ncantevole posizione fra i boschi. In quella stanza passai l'inverno 1902-903 .
XIV.
Intcodottomi nell'ambiente socialista e operaio, fui conosciuto e apprezzato, Nel settembre trovai lavoro nel costruendo deposito delle macchine a Ravens, oggi subborgo [sic] di Losanna. Guadagnavo e vivevo, Mi era ormai abituato alle p iù rudi fatiche. Alla domenica tenevo conferenze nei paesi vicini. Inscrittomi al Sindacato manovali e muratori di Losanna, composto nella sua stragrande maggiora nza di operai italiani, ne divenni segretario, retribuito con cinque lire mensili e le consumazioni gratis durante le assemblee, che si tenevano nella sala superiore del « Caffè Bock )), in prossimità della piazza della Rissonne. Mio compito era quello di compilare i verbali, Teµninato il deposi to delle macchine, venne l'inverno e piombai nella disoccupazione. Il giorno di Natale del 1902 - lo ricordo bene - avevo tre soldi in tasca. G li amici mi aiutavano e i mesi tristi passarono, Nel marzo del 1903 mi recai a Berna. Fui accolto dai fratelli Cugnolfo e trattato fraternamente. Mi occupai come manuale. Per un infortunio sul lavoro, riposai durante tutto il mese di maggio. Ricordo che mi recavo di sovente ai giardini pubblici, dove avevo occasione d'incontrare assai di sovente una bionda tCdesca, che m'interessava. Feci in quel torno di tempo alcune conoscenze nella colo nia russa. Cominciai a balbettare il t edescò.
Nel mese di g iugno scoppiò lo sciopero de.i carpentieri. Una domenica mattina, l'<( Unione latina» di Berna, società in cui si federavano la sezione socialista e il Sindacato manovali e muratori, aveva indetto un'assemblea per discutere sulla situazione. C'era n ell'aria l'idea di uno sciopero generale. Io parlai, sostenendo questa proposta e accennando alla necessità di ricorre.re all'impiego dei mezzi violenti. Il mio discorso fu riferito alla Polizia. Nel giorno successivo ebbi un alterco col sopraintendente i lavori e mi licenziai. Dimoravo allora al « Mattenhof ». in Cecilienstrasse. Il 18 giugno, alla mattina, trovai una cart a colla quale mi s'invitava in questura, Vi andai. Introdotto in un ufft:io, mi trovai di fronte a un funzio na rio, che mi fece parecchie domande. Poi si alzò e mi dichiarò in arresto sotto l'imputazione di m inacce Comparve ro immediatamente due sbirri, che mi cacciarono i n una cella del carcere. Subii di versi interrogatori. L'accus a sfumò. Rimasi in prig ione dodici giorni, durante i quali non u scii mai di cella. Il giorn o 19 fui sottoposto per due ore alle umilianti cd esasperanti misurazioni antropometriche. Fui fotografato cli prospettiva e di profilo e la mia immagine, numerata col' 1n 1, passò agli archivi della Polizia incaricata del servizio di sorveglianza sugli individui pericolosi. La mattina del 30 mi fu aperta la cella. Mi caricarono la valigia sulle spalle e mi condussero alla stazione. Nelle guardine _ della stazione mi fu comunicato il decreto di espulsione in linea amministrativa da tutto il cantone di Berna. Fu quello il primo saggio delle libertà repubblicane.
La notizia del mio arresto e conseg uente sfratto produsse una ce rta sensazione in Italia e negli ambient i italiani della Svizzera. Giornali e sodalizi elevarono unanimi proteste, ma intanto io venni condotto alla frontkra d'Italia. Giunsi a Chiasso il 1° luglio e fui consegnat o ali'Autorità italiana di Pubblica Sicurezza. Non parlo del viaggio da Berna a Chiasso nella stretta cabina del vagone cellulare i nsieme con altri quattro espulsi l Saremmo morti asfissiati dal caldo e dal fumo, se di quando in quando non avessimo trovato lungo le stazioni della linea del Gottardo delle persone caritatevoli che ci pagarnno qualche çhope [sic] di freschissima birra. Da Chiasso passai a Como e poiché qui nulla si trovava a rniò carico fui r ilasciato, Mi recai alla r edazione del Lavoratore Comasco, dove trovai il Momigliano, che mi riconobbe e mi soccorse. Rifeci un biglietto per la Svizzera e mi fermai a Lugano. Ma qui, appena disces0 dalla stazione, fui pedinato, arrestato e trattenuto alcune ore. L iberato, mi diressi a Bellinzona, e qui trovai fraterna ospitalità presso la famiglia Barboni, che vi si era trasferita insieme coll'Avvenire dti Lavoratore, che per alcune settimane fu compilato in gtan parte da me. Tenni diverse conferenze nel canto n Ticino. Poi, tra il luglio e l'agosto, ritornai a Losanna.
Di qui mi recai per alcuni giorni a Basilea, do v'e ra scoppiato un grande scioper o di muratori. Tornat o a Losanna, trovai occupaz..i one· quale commesso presso la ditta in commestibili Antonio Tedeschi. A metà settembre chiesi un aumento di salario, che non mi fu concesso e allora mi congedai. Mi accolse un altro commerciante, il De Paulis, nella rue Mercerie, e mi affidò le stesse mansioni. Vivacchiavo. Fu durante ·quell'estate che io feci a lcune conoscenze ne11a colonia rùssa. Con alcune raj legai con vincoli di viva amicizia. Ricordo la signorina Alness di Pietroburgo e Eleonora H ., colla quale l'amicizia si tramutò presto in amo re. Degli uo min i ricordo il Tomoff, bulgaro, l'Eisen, rumeno, e altri.
Sul finire d'ottobre ricevetti da m io fratello Arnaldo il telegra mma seguente: « Mamma aggravatissima, vieni subito». L'istessa sera consegnai indumenti e libri all'amico mio intimo Sannini e partii. All'ind omani nel pomeriggio giunsì a F a rli. Noleggiai una vettura. Arriv ai alle otto di sera a Varano. Sulla_porta di casa trovai mio padre, mio fra tello e mia sorella, piangenti. Temei per un istante che mia mad re fosse morta e ch'io fossi gi unto in r itardo e nOn feci paro1a. Nell'anticamera incontrai il medico. Non era morta, ma Si trovava i n condi2ioni disperate, Il medico stesso mi proibl di penetrare ne lla stanza dove mia madre agonizzava. L'emozione di rivedermi dopo due anni l'avrebbe forse uccisa. Obbedii. Nella più angosciosa alternativa di speranze e di sconforti passarono otto giorni. Una sera mi decisi finalmente a farmi vedere, Mi avvicinai a mia madre. Mi riconobbe. Non poteva articolare le parole, ma la sua mano stringeva ne rvosamente la mia. I suoi occhi scintillavano di contentezza. I~ m'inginocchiai accanto al suo guanciale e non potei frenare le lacrime. Quella notte esaurimmo diverse bombole d'ossigeno. Temevamo la catastrofe da u n momento all'altro.
Alla mattina, invece, il medico constatò un tenue migliorame nto Alla sera il miglioramento era più accentuato. Non illudiamoci, però, diceva il medico. Non si può a ncora dire che ella abbia superato il punto cr~tico della malattia. Ventiquattr'ore dopo il iniglioramento era visibile. Il respico era meOo affannoso, il polso da centoven ti a centotrenta era ritornato a un rittno più r egolare, cominciava ad articolare qualche parola. Io la assistevo giorno e notte. Passarono alcuni giorni e il medico, dopo un'accuratiss ima vis ita, ci disse: « Ogni pericolo è scongiurato. L'ammalata è in via di guarigione, ma dovrà starsene in letto ancora per dive.rse settimane>>.
E il periodo della convalescenza cominciò. A poco a poco la vita ritornava a rifluire in quell'organismo che la malattia aveva atterrato, ma non vinto. Io seguivo giorno per giorno i progressi consolanti verso la salute. Sorvegliavo il regime dietetico per evitare ricadute. Facevo talvolta da medico, sempre da i nfermie re. E accanto a me l'Edvige, Arnaldo, mio p adre facevano t utto il possibile per affrettare la guarigione. Tutta la popolazione di Dovia e dell'intero comune si era vivamente interessata della sorte di mia madre. E durante la convalescenza persone di ogni ceto vennero a congratularsi e a portare regali. Finalmente un giorno, sentendosi in forze, volle discendere dal letto. Si appoggiò a noi e, tremando, giunse sino alla finestra. E ra un tepido pomeriggio decembrale. Ella guardò rapita l'aspetto di quelJe cose che pareva non dovesse più r ivedere e pianse. Soleva dire che io l'avevo guarita. Prima di Natalè era completamente ristabilita.
Nelle ultime settimane di dicembre portai a compimento la traduzione dal francese ìn itali ano delle Parole.r d'un révolli di Kropotkin. Compii quel lavoro dietro incarico del gruppo comunista anarchico del Reveil di Ginevra.
Nella primavera del 1904 io dovevo andare soldato. Decisi invece di ritornare in !svizzera e precisamente a Ginev.i:a, dove l'avvocato Salvatore Donatini di Siena voleva fondare, insieme con me un giornale, anzi una rivista, I TeHJpi Nuovi. Mio fratello Arnaldo aveva finito i corsi della scuola agraria di Cesena ' e n on aveva trovato occupazione. 1'.fanifestò il proposito di venire con me. Mia madre si rassegnò dinnanzi alle nostre volontà decise. Ci preparò il denaro e H 27 d icembre partimmo. Gli amici di Dovia ci accompagnarono per un buon tratto di strada.
Alla mattina del 19; io deposi mio fratello alla stazione di Berna, lo consegnai ai fratelli Cugnolio che mi aspettavano. Io proseguii per Ginevra. Vi giunsi al 30. Faceva un freddo siberiano. Poiché D onatini era stato espulso da Ginevra, egli si era stabilito ad Annemasse, paese della Savoia, sulla frontiera, Lo andai a tro vare e c'intendemmo circa il giornale. Io dovevo in particolar modo occuparmi dei preparativi.
Facemmo e spedimmo delle circolari in Italia e in Svizzera, m'informai presso alcune tipografie ginevrine delle tariffe, sc rissi a diversi amici sollecitandoli ad aiutare la nostra iniziativa. Ma il nostro appello non fu raccolto. In quindici giorn i raccogliemmo appena un centinaio di franchi tra abbonamenti e sottoscrizioni. Con tale esigua somma ci parve follia insistere nell'attuazione del nostro progetto e ci rinunciammo.
Portai le mie tende ad Annemasse e mi allogai a pensione presso il e< Caffè di Provenza)), tenuto da u na coppia oriunda del sud della Francia e precisamente da Grange. Trascorsero i mesi di gennaio e di febbraio, lo e Donatìni facev amo del1e grandi passeggiate lungo le strade che costeggiavano H Salève du etremb#ru a Veyrier. Feci alcune conoscenze i nteressanti.
Un'avventuriera parigina, tal Rosa Dauvergne, aveva fatto girare la testa all'amico mio D onatini e )a signora Emilia C., nostra vicina di casa, flirtava con me. C'era fr~ noi due una sellsibile differenza d'età, ma (>amor,!! supera tutto. La signora Emilia venne a trovarmj nella mia garro11nilre a Ginevra, al boulevard de la Cluse trentacinque, ma non co nsumai l'adulterio. Ero ammalato e nell'imposs ibilità t empouoca di consum~rlo, Quell'amore è certo uno degli epìsodì pill strani dèlla mia giovinezza. Era una donna che aveva varcata la trenti na ed aveva cinque figli. Pure in quel torno di tempo commise le più pericolose follie, Sarebbe certo scoppiato lo Scandalo, se io sul finire di gennaio non mi fossi definitiv amente st abilito a Ginevra. Ci scrivemmo ancora per molti mesi, poi a poco a poco le lettere diradaro no. Nel gennaio del 1905 ricevetti un'ultima cartolina illustrata fer mo posta Verona, poi più nulla.
Ad Annemasse conobbi e amai per alcuni giorni, quale intermezzo sentimentale e platonico, Giulietta F .• una gra2iosa e pallida midineflt . Intanto, nel marzo 1904, fui condannato a un anno di reclusione, in contumacia, dal Tribunale militare di Bologna, per . diserzione semplice. ·
Il z3 marzo sosten ni, nella Maison d11 peup/(J di Losanna e dietro incarico della sezione socialista di quella città, un contraddittorio col pastore evangelico Alfredo Tag lialatel a di Roma, sul tema L'11omo e la divinità. Il resoconto di detto contraddittorio fu più tardi raccolto in opuscolo e pubblicato dalla Biblioteca internazionale di propaganda ra2io nalista, di cui io, insieme c on Luigi Piazzalongo di Ginevra e altri, ero stato il fondatore. D etto opuscolo è oggi quasi irreperibile.
A Ginevra le mie relazio ni con E leonora H. divennero p iù amicali. L'amicizia divenne qui ndi amore. Era una donna coltissìma, di origine polacca, sposata in Russia. Studiava medicina. Ho passato con lei delle ind imenticabili serate.
Io vivevo dando lezioni d'itaUano e scrivendo sui g iornali. I l Pro• /etario, quotidiano socialista in lingua italiana di New York, m i compensava gli articoli in misura di dicci franchi l'uno. Lottavo col disagio eco nomico. Passavo le mie ore libere nella Biblioteca universitaria di Ginevra, dove fortificai e accrebbi la mia cultura fil osofica e sto rica. Scrivevo regolarmente sull' Aovenire dd Lavoratore, che avev a trasportato le sue tende a Lugano, e sull' Auanguardia di Milano, allora diretta dal Labriola, dal Mocchi, dal Mo nicelli e da altri socialisti dell a sezio ne estrema.
X VI.
Il 18 marzo parlai, in rappresent anza dei sovversivi ita liani, in un g r ande comizio commemorativo della Comune, che si ten ne alla sala Handwerk ·a Ginevra. La Polizia, informata, cominciò a sorvegliarmi.
Il 6 aprile fui arrestato negli u ffici di Polizia, dove mi ero recato per ritir are il permù de .dj(}HT' rilasciat omi dalle Autorità fran cesi e accusato di altera zio ne della data del passapor to. L'accusa era un pretesto. Fui incarcerato nella prigione di Saint'Antoine. M a il colpo poliziesco n o n pass ò inosser vato. L a stamp a locale socialista, U Pmple, e anarchica, Le Reveil, denunciò l'arbitrio. D opo tre giorni la Camera di Consiglio mi proscioglieva per i nesistenza di reato. E leono ra H. mi veniva a tro vare tutti i giorni e mi confortava. Credevo di essere rimesso in libertà; invece mi venne comunicato un decreto di sfratto. Peci no tare alla Polìzia la mia qualità di disertore, Mi si lasciò la scelta della frontiera, Ma il venerdl sera 13 aprile, se n o n mi sbaglio, venn i condotto alla stazione e mi si fece p artire per Berna, I miei amic i di G inevra, info rmati, capirono l'infame tra~ello poliziesco e corse ro ai ripari Fu telegrafato ai compag ni del cant o n Ticino. All'indom ani, nella seduta del Consiglio canto nale ticinese, il liberale A nto nio F resoni spezzò una landa in mio favo re. D isse che le Auto rità politiche t icinesi non p o tevano re ndersi complici della polizia ginevri na n ella sua tentata e .p alese violazione dcl jnr genli11m, Giunsi il sabato sera a Lu cerna e vi passai la dome nica nella cella di transito, Era giorno di Pasqua. Le campane di Lucerna suonavano a festa. Fu quella una delle giornate più melanconiche della mia giovinezza. Ndla serata giunsero altri quattro italiani.
li luned.l mattina c'incatenaro no e ci condussero alla stazione. Di quj prendemmo il treno per Chiasso , Fu un viaggio infernale. Giungemmo nel pomeriggio ad Airola , la prima stazione sul versante italia no dopo il lnnnel del Gottardo . Appena fermoil convoglio nellistazio ne, un gendarme mo ntò nella n ostra vettura cellulare e domandò : « Chi è il Mussolini? >> . « Io », risposi, e mi feci vedere. « Voi discenderete a Bellinzona >)', replicò quegli. Il mio cuore s' aperse alla speranza. Mi fermavo prima de!Ja front iera itali ana, Il tren o si rimise i n mot o e dopo un'ora si fermava a BeUi nzona, Qui ven ni fat to discendere
Alla stazione ad aspettarmi c'era Giuseppe Rensi, che allora prendeva attivissima parte al movime nto del Partito Socialista. A cagione di alcune form alità, dovetti recarmi alla gendarmeria. Qui mi diedero da maogiare. Poi mi posero fo libertà. Andai a trovare il Barboni.
· Passai la serata in ·casa del Rc nsi. Telegrafai subito a Ginevra 1a mia scarcerazione. L'agitazione sollecitamente intrapresa ed energ icamente condotta dai miei amici mi aveva salvato.
Rimasi tre giorni nel canton Ticino. Poi tornai a Losanna. Di qui mi recai in battello a vapore ad Evians-les-Bains sulla costa della Savoia. e in treno giunsi ad Annemasse. Non vi tcovai Donatini. E gli a veva trasportato le tende in un piccolo paese vicino, del quale in questo momento mi sfugge il nome, Vi andai il giorno stesso. La mia apparizione fu una lietissima sorpresa per lui, che, ignai:o degli avvenimenti, mi pensava già consegnato alle Autorità m ilitari italiane. Alla sera stessa r itornavo ad Annemasse. dove mi tratte nni un paio di giorni.
Poi da Veyrier, col tram a vapore, una sera osai rientrare i n G inevra, malgrado il decreto di espulsione e quelli che lo avevano eseguito. Eleonora mi rimproverò la mia audacia e mi nascose nella sua casa. EUa se ne andò a dormire da una compagna e mi lasciò solo, sen:z:a però avvertire la padrona di casa, la quale, avendo sentito del rumore durante la notte e sapendo che Eleonora era assente, temè un'invasione di qualche ladro e fu a un pelo di mandare il marito a chiamare la Polizia. Anche quella fu una notte assai critica p er me.
Tornai senza incidenti ad Annemasse. Qui mi congedai dal D onatini e da Emilia, che fu in ciue i giorni vfrtima di una caduta dalle scale. Tornai a Losanna, dove il 9 maggio m'iscrissi all'Università, nella facoltà di scienze sociali.
I/avvocato ~assim Oscar, membro del Co mitato internazionale socialista sedente a Bruxelles, mi fece ottenere dalla Poljzia un permesso di sogg iorno per sei mesi, a patto che mi astenessi dalle ma nifestazioni politiche. Questa clausola forcaiola non ebbe alcun valore, poiché continuai a scrivere articoli, tener conferenze, ecc, S'iniziò quindi un periodo nuovo di vita bohème. Mia madre mi mandava qualche po' di denaro, davo delle le:z:ioni, scrivevo articoli e facevo della miseria. M'ero alloggiato in rue de la Carolinc, tredici , quasi di fronte alla Maùon du pe11ple. La mia padrona1 di casa era una buona vecchietta, che aveva una straordinaria fiducia in me. Molte sere, verso le 5, m'invitava a prendere con 1ei una tazza di tè. E aliora mi raccontava i casi della sua vita. Suo marito, un ubb riaèone," era morto da vent'anni; suo figlio - unico - era rimasto ucciso da un tegolo caduto dalla chiesa di Saint FrançOisin una giornata ventosa Glielo portarono a casa col cranio spezzato. Erano passati più di trent'anni e la voce le tremava ancora e g li occhi . le si riempivano a nco ra ·di lacrime quando ricordava quc:l fi glio ventenne cosi tragicamente ghermito dalla m orte, Sua figlia era cassiera in una latteria. Si alzava prestissimo e rincasava dopo le 10. Io stesso, che pur restai sei mesi in quella casa, non la vidi che pochissime volte. La. vecchia rimaneva quindi sola ·per tutta la giorn ata. Aveva settantrè anni e t emeva i ladri. Io uscivo di rado e quindi le facevo compagnia.
Fu quella un'estate di forte occupazione intellettuale. Divorai; si p uò dire, una biblioteca intera. Alla mattina mi recavo all' Università, nel pomeriggio studiavo in cas a e bevevo quantità inverosimili di tè zuccherato, Tradussi dal fran cese I cia rlatani nm· del Malot per la Biblioteca di propaganda razio nalista e p ortai a compimento, i nsieme colla Balabano.ff, la traduziooe, per l'Avanguardia S odalùta, del libro d i Kau t sky Am Tage. nach der 11Jzfalm Revolr,tion. Facevano con me la v ita da bohème il Serrati, pubblicista, tornato da N ew Yo rk, il T omoff, bulgaro, che ho già ricordato, l' Eisen, rumeno, il Bontscheff, bu lgaro, Gateaux, un parigino, Sigismondo BartoH, sarto romano. Ci aiutavamo reciprocamente. Il bene d i ognuno era il bene di tutti. Io m'ero specializzato nel portare i pegni al Monte di pietà. Nell'estate feci un giro di conferenze per Ja Svizzera ed ebbi modo di fare alcune conoscenze interessanti, come il professor Gaberel di Ne uchat el, il Pindes, superstite della Comune, a La Chaux de Fonds, e d i ri trovare q ua e là vecchi amici. Tenni nello stesso torno di tempo un « disg raz iatO » co ntraddittorio co n Vandervelde alla Maùon du peuple di Lo· sanna. Lo sciopero generale d el settembre ci mise in grande orgasmo. Eravamo ingannati dalle no tizie fa ntastiche dei gi orn ali svizzeri.
Sul principio d'agosto Eleonora H ., accompagnata -dalJa sua fida Sirotinine, partì per la Russia. Si fermò una notte a L osanna con me e da Losanna partimmo insieme. Ci lasciammo a Zurigo, Né p iù l'ho riveduta. Ho ricevuto lettere dalla Russia sino all'ottobre del 1908, quando stavo a Porli in via G iove Tonante. Ma da quattro anni non ho più sue notizie. Dimorava e fo rse dimora a Jaroslaw sul Volga. Dopo lo sciopero generale, la fam ig lia del re d'Italia fu allietata da un <C fausto evento». Cosl dicono nel loro gergo i fogli monarchici. Ven ne concessa un'amnistia, nella qua le fu compreso anche il reato di diserzione semplice, pel quale; come h o de tto, ero stato condannato in contumacia a un anno di reclusione
Due opposte idee tenzonavano nel mio cerveilo durante le prime settimane d'aut unno. Tornare in Italia, come desiderava ardentemente mia madre, oppure andarmene a New York? Considerazioni di natura complessa, materiali e sentimentali, mi fecero abbracciare il primo divisamento e nel novembre, fra il 1° e il 10, presi commiato dalla mia buona vecchietta di ruc de la Caroline, dai miei amici, dalla città ospitale e presi il treno pc.e l'Italia. Mi fermai a Berna a salutare mio fratell o, il quale aveva già provato la vita avventurosa dell'emigrante; mi fermai a Lugano due giorni, durante i quali, insieme colla Balabanoff, che allora di.cigeva il S11 Compagno I unitamente con Maria Giudice, incominciai la traduzione di un opuscolo .neomalthusianista di un dottore zurighese, lnderstgin 11nd k ein~ E,,de, di poi comparso in veste italiana sotto il titolo Meno figli, l'lltno .rchiavi; conobbi a Milano alcuni d egli << avanguardisti», fra i quali il Lazzari, e giunsi a ForU. Trovai mia madre in ottime condizioni di salute. Anche mio padre e mia sordla s tavano bene,
Ve nnero i giorni dell'inverno. Di giorno supplivo mia madre nella scuola; alla sera ci raccoglievamo attorno al fuoco nella più stretta ed affettuosa intimità. Il 1904 fini.
Il 14 gennaio del 190J partii soldato. Pernottammo a Modena, giungemmo a Verona il 16. Faceva un freddo cane. Ero stato asse• gnato alla terza compagnia del deci mo reggimento bersagl ie ri. ·
I primi giorni di vita miHtare passarono senza incidenti. L'esercizio fisico mi faceva be ne. Conobbi diversi r omagnoli, mi familiarizzai coi soldati di a ltre rcgionì.
Sul finire di gennaio fui non poco sorpreso da una lettera di mio padre, nella quale mi accennava a u na ricaduta di mia madre. Ritenevo però trattarsi di cosa passeggera Mi giunsero altre lettere, quasi quotidianamente, sempre più allarmanti. Io ero nella più angosciosa delle tcepidazioni. Una mattina il capitano Simonotti Achille della mia compagnia mi chiama e mi dice: « È g iunto per vo~ un telegramma urgente>). Glielo strappo di mano e l eggo : « Mamm·a aggravatissi ma Vieni». Rimango di pietra. Il capitano mi dice : « Oggi stesso part irete, all'una. Vi auguro buone cose. Speriamo in bene}}. Balbetto un g razie e mi ritiro in camerata in preda alla più triste desolazione, a i presentimenti più funerei. Quelle ore di attesa mi parvero lunghe come l'eternit à. Partii. E ra il 17 febbraio.
Giunsi a Porli alle 8 di sera. Senza preoccuparmi di prender cibo, m'Ìnqtmminai verso Predapp io. Feci di corsa quasi tut ta la str ada. Allo svolto di Dovia, v id i le fin estre della camera di mia madre illuminate. « È ancor viva I» pensai. Nell'anticamera trovai . mio padre, che si nghiozzando mi disse: « :8 fini ta I». Mi precipitai nella stanza. Mia madre si trovava da qualche ora in istato comatoso, aveva gli occhi offuscati, non mi riconobbe più, né poté articolar verbo. Solo le mani stringevano ner vosamente i lenzuoli. Il petto era scosso da un lento e profondo singulto, la fronte cerea gocciolava di un sudore freddo di morte. Gli astanti piangevano. Capii che la catas trofe era o rma i inevitabile, Il medico stesso aveva p erduto ogni speranza. Vegliai quella no tte.
Il giorno dopo, sabato, la situazione andò peggiorando. Mia madre era religi osa Il prete venne e cominciò a biascicare le sue preghiere Noi ci eravamo riti rati nell'anticamera. Alle 2. la porta si apd, H prete venne verso di noi e ci disse: « È in fin di vita I )>, Allora tutti accorremmo. Io m'inginocchiai accan to al guanciale e, coprendo di baci e di lacrime q uella mano già fredda, chiesi perdono a mia mache.
« Addio mamma I Addio mamma I Perdonami, se ti diedi dei di spiaceri 1 Perdonami I ». Poi a p oco a poco il singulto s'indeboll, il cuore rallentò il suo ritmo. P oi un grande silenzio. !viia madre era mort a. Alcune vicine la composero e la vestfrono, Noi, disfatti dal d olore, ci recammo a ~redappio. D ormimmo da mio zio Alcide.
Il lunedl mattina discendemmo a Varano pei funerali. Prima che la salma fo sse racchiusa nella cassa, io volli vedere ancora una volta le care sembianze. La motte aveva reso più esile il volto, più d iafana la carne, più bia nca la fronte. Pareva dormisse. I suoi li neamenti erano composti nella calma suprema del sonno che no n ha risveglio. Poi la rinchiusero nella cass:1. A h, i colpi del martello che batteva i chiodi come rimb o'mbavano sinistramen te nella casa deserta. Pareva che le punte acute si configgessero nel m io cuore sanguinante. Non parlo dei funérali. Furono semplici e solenn i. Mia m adre aveva quarantasei an n i. Solo· quarantasei anni ! Temeva di morire g iova ne e temeva la morte. 19 gennaio 19oj, la data più triste della mia giovinezza.
Le settimane che seguirono furono di silenzio e di dolore. Mio fratello Arnaldo ci scrisse da Be ma una lettera straziante. Il comando del reggimento mi accordò una licenza s traordinaria di due mesi Mio padre sembrava come paralizzato dal dolore. Non era più un uomo, , sibbéne l'ombrà di un uomo. La casa ci pareva cosi vuota da quando mancava lei I Venne m arzo e i p rimi tepori primaverili n o n ci sollevarono dalla melanconia. Gio rno e notte il pensiero nostro era rivolto all'assente che non· sarebbe più tornata.
XVIII.
Ai primi del mese il comune ordinò 1a riapertura della scuola, che venne affidata a una giovane maestra di Forlì, Paolina Dant i. Io stavo continuamente al sole.
La huova maestra era una signorina assai discreta, che strinse b entosto amicizia con mia sorella, addimostrando di prendere sincera parte al nostro dolore. Cominciammo cosl a parlare nelle due ore d'i ntervallo fra le lezioni del mattino e quelle del pomeriggio, del più e del me no. A poco a poco si strinse fra noi due un legame di vivissima simpatia, che divenne amore. Ci amavamo fortemente quando io tornai soldato a Verona. Dopo qualche mese però, a cagione di un malinteso, interrompemmo la nostra relazione epistolare.
Non dirò nulla della mia esiste nza sotto le armi. Sono stato soldato semplice. Non ho voluto gradi. Ho avuto occasione nel '9 0s di soggiornare alcuni giorni, durante il campo, sul monte Baldo, da cui si abbraccia con un colpo d'occhio il meraviglioso panorama del lago di Wrda, nel '906 a Recoaro e vicinanze, posizioni incantcvòli.
Quando fui congedato nel settembre del 1906, non tornai più a Varano. Mio padre aveva dovuto sloggiare per cedere i locali alla maestra titolare e si era trasferito a Dovia. Tra il settembre e l'ottobre stdnsi una specie di relazione semiamorosa colla maestra Virginia Salvolini.
Il 2.3 ottobre andai a Tolmezzo, capoluogo della Carnia, come insegnante elementare. Ricordo che pioveva sempre. A Tolmezzo ebbi il piacere di incontrare un mio compagno dì scuola, tal G iuseppe Lombardi di F orlimpopoli, che o ra si è sposato e stabilito definitivamente lassù. Dopo alcune settimane di pensione al « Cavallo bianco », cambiai e mi trasferii alla « Trattoria della Scala».
Sin dai primi giorni m'a vvidi che la professione del maestro non era la più indicata per me. Avevo la seconda elementare, che contava quaranta ragazzetti vivaci, taluni dei quali anche incorreggibili e pericolosi monelli. Inutile dire Che lo stipendio era modestissimo. Appena settantacinque lire mensili. Feci tutti gli sforzi possibili per tirare innam:i la scuola, ma con scarso risultato, poiché non ero stat o capace di risol vere sin da principio il problema disciplinare Seppi intanto che la Virginia Salvolini er a ad Osoppç>, che la Paolina Danti si trovava a Resia. Riallacciai le vecchie relazioni e ci fu uno scambio assai attivo _ di lettere. Intanto la vita della scuo la e più anco [a fa v ita del paese mi abbrutivano.
Jl 1907 è stato per mc. almeno durante i primi suoi otto mesi, un anno di abbrutimento e di dissipazione fisica e spirituale. ·
Durante il carnevale strinsi una relazione amo.rosa con tale Graziosa Bocca, che abbandonai per la padrona della pensione, Luigia P., d o nna sulla trentina e ancor bella e piacente nonostante il suo avventu roso passato. Dall'aprile all'agosto durò assidua la nostra relazione. Il mari t o ringhiava, ma il disgraziato non sapeva che partito prendere.
L'anno : scolastico terminò, ma io restai a Tolmezzo, perché a vevo molte lezioni private, che m i raddoppiava no lo stipendio. Gli ultimi mesi forano assai tempCstosi. Ebbero luogo tra me e il mati te della P. spiegazioni assai penose, scambio d'invettivc e un pugilato, nel quale la peggio toccò naturalmente a l m arito, più vecchio e più debole di me Nel paese n on si parlava che cli questa nostra scandalosa relazione. La P . mi v oleva bene, un bene esasperato dalla gelosia e dal sospetto~ in parte giustificato. Mi amava pazzamente.
T ra i miei scolari privati ricordo Tullo Mazzona di Verzegnis, Antonio Del D ogan da Ebemonzo, la signorina Candussio e altri.
Verso la fine d'agosto m i decisi a tornare in Romag na, Gli ultimi g iorni di comunanza colla P. furono appassionati e folli. Ci scambiammo lettere, regali, promesse, giu ramenti. Poi una sera part ii. Quando la salutai per l'ultima volta, ell'era evidentemente commossa e tratteneva a stento le lacrime. Le scrissi anco r prima di g iungere a casa, da Ven ezia e da Bologna. Per alcuni mesi la P. mi mandò giornalmente lettere e cartoline. La lonta nanza non aveva affievolito il suo amore e il mi o ricordo. L o aveva anzi esaltatp I
Tra il settembre e l'o tto bre conobbi e stri nsi una relazione amorosa, a dire il vero assai su perficiale, colla signori na G iovànnina P. [di] Fiumana. Il 14 settembre partecipai alle feste d ant esche di Raven na. Nell'ottobre mi preparai alacremente per conseguire all'Università di Bologna il diploma di abilitazione all'insegnamento del francese nelle scuole secondarie. Sostenni l'esame e, n aturalmente, riusci i, Da Bologna comunicai l'esito felice dei m iei esami alla signora di T olmezzo. Tornai a casa e trascorsi nell'attesa di un posto i mesi invernali. Nel gennaio mi prese vivissima nostalgia della Carnia e delle sue don ne, Il 14 gennaio del 1908 sbarcai a Udine; di q ui alla stazio ne per la Carnia. Non trovai la diligenza e feci a piedi la strada. Si tr atta di quattordici chilometri. Alle 1 0 di sera, coperto da un ampio manteJlo, con un berretto di pelo calato sugli occhi, bussai alla porta della« Tratto ria della Scala ». Mi venne ad aprire Luigia. Mi g uardò negli occhi. Mi riconobbe. Sembrava folle d alla sorpresa, Salimmo le sca le che mi erano cosl note, entrai nella stanzetta dov'ero solito mangiare. .. . E il marito? D ormiva. Mi rifocillai. Passammo alcune ore deliziose; poi, sempre in incognito, mi recai a un albergo vicino. Nessuno del paese mi riconobbe, nessuno ebbe no tizia del mio arrivo. Alla sera avvertii della mia presenza alcuni amici, che mi Vennero a salutare all'albergo e capirono lo scopo della mia improvvisa scappata lassù. Pi ù tardi, lungo la strada, m'incoptrai colla P., accompagnata da sua sorella. Ci scambiammo nuove promesse, ripetemmo i vecchi giuramenti. All'io• domani mattina partii. Mi fermai alcuni giorni a Udine, poi riguada· gnai la Romagna.
Ho dimenticato di dire che nel 19Ò7 mia sorella Edvige andò sposa a Michele Mancini, bottegaio di Premilcuore. Mìo padre dmase solo ,
X IX.
A mezzo di certo Fietta, che ha un ufficio di collocamento per insegnanti a Milano, mi capitò sui primi di marzo 1908 un p os to di professore di francese nel collegio civico di Oneglia. Accettai e partii. G iunsi a Oncglia il 6 marzo, a sera.
Ero caduto nel solito tranello. N on dovevo solo insegnare, ma fare l'istitutore nell'intcrrio del collegio. Rifiutai questa mansione antip a· tica e poiché l'an no scolastico era inoltrato il rettore Pacifici si rasseg nò alla mia precisa volontà. Mangiavo in collegio, ma non avevo nessuna ingere nza nell'andamento disciplinare interno del medesimo; finite le mie lezioni, tornavo libero cittadino. Avevo una stanza in via Umberto I.
A Oneglia mi ambientai facilmente. Il comune era amministrato da socialisti . Simpatica città dalla gente franca e ·ospitale I Ne avrò sempre nel cuore la più grata delle ricordanze I I miei compagni mi assegnarono il compito di di rigere La Lima, il settimanale socialista del collegio e tale compito assolsi sino alla mia partenza, L'anno scolastico passò senza incidenti degni di nota. Pcrònelmese d i magg io fummo turbati da una grave sciagura. Un collegiale, nativo di Cagliari, dove il padre esercitava la professione di medico, tale Ac hille Anchisi, morì dopo brevissima malattia, Non p arlo delle polemic he sostenute da me nella Litna contro i monarchici del Giornale Ligure, rappresentati da un imbecille sgrammaticato, che firmava Cbicot le sue slavaturè da sguattero II prefetto Rovesenda della vicinissima Porto Maur izio fece pressioni sulla direzione del collegio onde ottenere il mio licenziamento, e, natu ralmente, ci riusd . Avevo grandi simpatie nella cittadinanza onegliese, e una fanciulla, tale Giovannina A , mi aveva dato H suo amore.
Ai primi di luglio abbandonai , con grande rimpianto, Oneglia. Gli amici mi diedero alla vigilia un suntuoso banchetto, nel quale intervennero tutte le notabilità onegliesi.
Tornai in Romagna. Giunsi a Predappio in Un periodo di agitazione agraria per la questione dello scambio d'opera durante la trebbiatu ra. V i partecipai e venrii arrestato il 18 _ luglio e accompagnato a Porll con una scorta di tre carabinieri e trentasei cavalleggeri. Un corteo fantasticò> al chiaro di luna I Giudicato per direttissima> venni condannato il martedl successivo a mesi tre di reclusione e miJle lite di multa.
Ottenni la libertà pro~isoria d opo dodici giorni di arresto e al giudizio d'appello nel n ovembCe la Corte sgonfiò del tutto l'assurdo e infame pallone p o liziesco, riducendo la pena a d o dici g io rni, co l beneficio d ella legge del perdono e l'aluo d ella non iscrizione della condanna nel casellario penale.
Scarce r ato, riallacciai la re lazione con la Giovannina P. di Fiumana, relazio ne che interruppi definhivamcnte di lì a poche settimane , N ell'estate dello stesso anno mio pa dre, i n s9cie tà con certa Anni na Lombardi, vedov a Guidi, decise di trasferirsi a Forll per ese rcitarvi un'ost er ia i n so bborg o Mazzini.
Affittammo il podere Vallo na per nove anni a certo Sebastiano Malucelli, al prezzo annuo di quat t rocentonovanta lire e col 1 ° novembre 190 8 s alutammo il nost ro v ecchio e caro villagg io di D ovia e ci stabilimmo a Fo dl. P oiché per me n on c'erano stanze dispo nibili nella casa pat erna, presi una stan za in vi a G iove T o nante. L e p rime settimane di commercio an da ro no a gonfie vele , tan to ch e sul fi nire dell' anno una d elle fig lie della Lombardi, la Rachele, lasciò la farniglja ov e si trovava a servire pe r venire in casa nostra. La Rachele no n era più la bambina alla quale avev~ fatto scuola tante volte invece d i m ia madre ; e ra invece una rag azza nel fi ore della giovi nezza e fin dal primo momento in cui la vidi m i p iacque e decisi di farla mia, come infatti è accaduto. ·
Pass ai i mesi di novembre, dicemb re, gennaio a Forll. Nel febb raio del 1909· mi fu offerto il p osto di segretario della Camera dd lavoro di Tren t o e quello di diretto re d el per iod ico socialista l' Avvenire del Lavora/ore, pure di Trento Accet tai e p artii. Prima di partire feci capire alla R achele che io, torni1, to dall'Austria, l'avrei sposata.
Giun si a Ttcnto il 6 feb b raio , alle 9 di sera N evicava. C'erano alJa staz ione a ricevermi a lcuni co m pagni, fra i qu ali l 'o norevole Avanci ni ed ~mesto ·Ambrosi , col quale m i avvinsi di p o i colla più fr aterna amicizia. Uscendo dalla stazione riportai un'indicib ile impressione del colossale m onumento a Dante. Alla mattina seg uente, insieme co l Gasperi n i Domenico, mi reca i per u n a c onferenza a Merano, il K urort più quotato del basso Tirolo. N ei g io r~i seguenti presi possesso del mio u fficio Trovai un gio rnalino di formato microscopico e fatto con criteri giornalistici assai dubb i D opo quattro ,numer i mi presi la resp onsabilità di ampliare il forma to. Il te ntativo riuscì. La t iratura da milleseicento sali a due mib.quattcocento. Il Gasperini, che da T re nto si era ·recato nel Voralberg , lavora va per la diffusione del gio rnale in quella v asta provincia, ·dov e lavo rano non meno di v enticinque mila italiani.
D fod.ì in seguito la m ia co11aborazio nè al P op olo, il q uo tidiano s o- dalista diretto dal Battis ti. Le violenti polemièhe ch'ebbi a sostenere coi cle r icali diedero luogo a molti i ncidenti e piccoli proèessi, terminati con liev issime condanne, che ho espiato: La mia azione tra le masse operaie, che guidai in alcune agitazioni fortunate (falegnami, terrazziéri) e in altre sfortunate (ricamatrici), la mia propaganda orale e la mia opera di giornalista aveva no risvegliato l'ambiente; Un'intervista con una santa (Susà) fece grande impressione. A mezza estate entrai redattore capo al Popolo. Questo fatto eccitò i clericali e i nazionalisti. Cominciarono le trame segrete per ottenere il mio sfratto. Io continuavo sempre a battagliare violentemente. Mi sottoponevo a un lavoro sfibrante, qual'è quello di dirigete u n a Camera del Lavoro e compilare quasi da solo un quot idiano, sia pure di formato modesto, e un settimanale. Vegliavo tutte le n otti. Ho passato delle sere indirilenticabili. Non parlo delle mie relazioni col sesso gentile. Ebbi diverse relazioni. N o n faccio nomi perché sono troppo recenti.
Improvvisamente, il 10 settembre alle ore 4 del pomeriggio, fui arrestato C: tradotto a Rovereto sotto l'imputazio ne di diffusione di stampati incriminati (accusa insostenibile). I miei amici non indugiarono. Capi rono che l'arresto era il pretes to per colpirmi d i sfratto. Si agitarono a Trento e a Vienna, ma non p oterono deprecare l'inevitabile. Tradotto dinnanzi al Tribunale di Rovereto, fui assolto. ,Lo stesso Pubblico ministero ritirò l'accusa. Ma il procuratore di Stato mi trattenne in arresto. Allora incominciai lo sciopero della fame. Le Autorità, impressionate, accelerarono il corso degli avvenimenti. Alla domenica matti na 2.6 settembre mi ve nne comunicato il decre to cli sfratto e alle 2. del pomeriggio partii in vettura per Ala.
La Polizia aveva cercato di fare le cose clandestinamente, m a pur tu t ta v ia la notizia del mio sfratto do veva esseretrapelata,poichéquando la ca nozza uscl dal portone delle c a rceri, parecchie decine di pecsone m i s alutarono e mi acclamarono, Giu nto ad Ala, fui rimesso i n libertà, previa d ichiarazione al commissa r io ch e sarei partito. Ad A la ebbi occasione di salutare diversi amici c he mi avevano seg uito col tre n o s uccessivo . Alle 9 dì sera giunsi a Ve rona. All'in d omaÒi scoppiò in tutto il Trentino lo sciopero generale di protesta cont ro il m io sfrat to. Sciopero impressionante e solenne. Tut t a la stampa italiana e austriaca si 'OCcupò diffusamente del mio sfratto v oluto da l cle ricalismo trent ino a11eato colla Polizia regio-imperiale.
Res tai una settimana circa a Verona. A1la domenica successiva 3 ottobre ebbi un ultimo convegno coi miei amici trentini a Peri, l'ultimo paesello itaUano verso la ·frontiera austriaca. Anche quella fu u n a giornata indimenticabile.
La mia attività intellettuale nel Trentino fu quasi completa me nte giornalistica. Collaborai nella rivis ta V ita Trentina, tradussi le }.,femorie di un'operaia dal tedesco, raccolsi il materiale pe:r un libro, che h o pubblicato nel 1911 sul Trentino, e per un romanzo, che fu pubblicato nelle appendici del Popolo dopo il mio sfratto Un r o manzo da s arti ne J, smtation. Mi dicono c h'ebbe un gran successo . Il che non d epone molto a favore d ella mentalità dei lettori delle appendici nei fog li quotidia ni.
Il j ottobre g iunsi a Fo r B e presi alloggio n ella mia casa. Nelle sett imane che seguirono dich iarai il m io a more alla Rachele, che mi corrispose. Nell'attesa di unirmi con le.i la m and ai, tra il 1909-'10, a San Martino ~ da sua sorella. Volevo toglierla dall'ambiente. di q uell'os teria, tanto più che non v'era ormai p iù assoluto bisogno dell'opera d i lei. Mio padre e sua madre erano decisame nte contrari - ognuno per diverse ragioni - al nostro matrimonio e ci furono in quel torno di tempo episodi assai tempest0si.
Quello del 1909 fu per me un ben triste Natale I D'altra pa r te n o n sapevo ancora che. fare per guadag n ar mi la v ita. I compag n.i di Porll mi o ffrivan o il posto d i segre tario della Fed erazio ne socialista ; il mun icipio di A rg enta mi aveva già nominato impiegato c ap o allo Stato civile; avevo g randi probabilità di a n dare in America ·come g iorna- lista. D ~cisi di restare a Forll e qui fondai La Lolla di Claue, giÒrnale che nacque sotto tristi auspici . il 9 gennaio 1910, ma che ha smentito però le lugubri profezie dei suo i volonterosi necrofori. Questo giornale, a l qua:le h o dedicato gran par te della mia attività, ha g ià amplia~o · e sta, m entre scrivo, per ampliare il suo formato Da organo di una Federazione diventato organo dei socialisti di tutta la provincia e da milleduecento copie iniziali ha portato la sua ticatura a quasi tremila. li g iovedì entr ò in agonia. Il sabato mattina , alle 4, spirò, assistito da mio fratello Arnaldo e dalJ'Ed v ige. Non aveva che cinquantasei ann i. Amore e pietà fig liale mi spinsero a scrivere di lui un elogio funebre, che comparve nel numero della Lolla di Claise uscito l a setti mana successiva. Dopo la morte di mio padre, cedemmo ad altri l'osteria. La Nina si stabill con noi, che trasportammo, il 3 d icembre 191 0, le tende in via Albicìni C.esare.
Il 17 gennaio del 1910 mi unii, senza vincoli ufficiali, né civil i, né r eUgiosi , con Rachele Guidi. Prendemmo un appartamento ammobiliato in via Merenda nu mero uno, interno, e ivi abbiamo passato l a nostra breve luna di miele. Breve, perché il 2.7 gennaio mio padre fu colpito da malore e precisamente da g rave emiplegia con perdita delle articolazioni di tutto il lato d estro. Lo portammo all'ospedale e qui le sue condizioni migliorarono, tanto che il 9 febbraio successivo pote mmo riportarlo a casa. Qui poté dopo alcune settimane abbandonare il le tto e camminare appoggiato a un bastone e trascinando Jé gambe. Ormai era l'ombra di un uomo! Egli venne qualche v olta a trovarmi in via Merenda, durante l 'estate.
Il 1 ° sc;ttembre, alle 3 del mattillo, la mia compagna partorl felicemente una bambina, alla quale ho pos to no me Edda.
A mezzo ottobre mio padre volle rivedere un'ultima v.olta Predappio. Vi andò, festeggiatissimo, e v i cimase alcuni giorni. Quando tornò a Ferii, ebbe un nuovo attacco. Si pose a letto domenica 11 novembre. Nelle quarant'otto ore successive il suo stato andò aggr avandosi. Perdette la paro la. Telegrafai ai miei fratelli, che si affrettar ono a venire Un giorno, il me rco ledl, Rachele portò la nostra piccina al no nno. Eg li la prese vicino e sorrise. Fu l'ultimo lampo della sua intelligenza.
Nel 19u ho continuato 1a m ia ope ra giornalistica. Ho tradotto il primo volume della Grande révol ution d el Kropotkin, ho scritto un volume su Huss d'imminente pubblicazione. fo maggio mi sono teasferito in ·piazza XX settembre.
Dopo lo sciopero generale di protesta contro l'impresa di Tripoli, e precisamente il 14 ottobre, ·sOno stato arrestato. Processato dal 18 al 23 novembre, il Tribunale di F orlì mi condannava a dodici mesi di d etenzione, che la Corte d'Appello dduceva il r 5 febbraio a soli cinque mesi, ch e ho già espiati, poich é tra sedici o re sarò scarcer at o .
Ho avuto una g iovinezza assai avventurosa e tempestosa. H o conosciuto il berie e il male della vit a. Mi sono fatto una cultura e una salda scienza. Il soggiorno all'estero mi ha facilitato l'apprendimeri.t o delle ling ue moderne. In ques t i dieci anni ho deambulato da un orizzonte all'altro: da Tolmezzo a O neglia, da O neglia a T rent o, da Trento a Forlì, Sono tre anni che mi tr ovo a Forll e sento già nel sangue i l fermento del nomadismo che mi spinge altrove. Io sono un irrequieto, un temperamento selvaggio, sch ivo dì popolarità.
Ho amato molte donne, ma ormai su questi amo ri lo ntani stend e il suo grigio velo l'oblio, Ora a mo la. mia Rachele e anch'essa profonda men te m i a ma
Che cosa mi r iserba l 'avve nire?
F inito d i scrivere l ' u marzo 1912, vigilia della m ia scar ce razione, ore 3 pomeriggio, cella nume ro tre ntanove, carccr.i di Forti.