I GRANATIERI DI SARDEGNA

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I GRANATIERI DI

SARDEGNA

E.CATALDI 1900 - 1986

ROMA 1991


LA BRIGATA DEI

GRANATIERI DI SARDEGNA MEMORIE STORICHE DAL 1900 AL 1986 Avv. Prof. ENZO CATALDI


INDICE DEI CAPITOLI

Capitolo I

)>

II

- Dalla neutralità alla guerra ......................... ...................... ..

llI

- I combattimenti della prima guerra mondiale negli anni 1915 e 1916 .................................... ............... .................... .

IV ))

V

VI

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))

VII

827

"

833

- I combattimenti della prima guerra mondiale negli anni 1917 e 1918 ......................... .......................................... ...

851

- I Granatieri nella "passione" di Fiume ed i sette giurati di Ronchi .....................................................................................

871

- Il periodo fino al 1926 e l'istituzione in Roma del "Museo Storico dei Granatieri di Sardegna" e dell"'Associazione Nazionale Granatieri in congedo"

889

- La formazione del "3° Reggimento Granatieri" e la costituzione della "Divisione Granatieri di Sardegna".

900

VIII

- Le operazioni militari fuori del tenitorio nazionale: Sarre, Spagna e Albania e la guerra italo-etiopica ...

IX

- l Granatieri di Savoia ............................................................. .

X

- I Granatieri di Sardegna nella seconda guerra mondiale ......................................................................................................... .

917

- Il 3° Reggimento Granatieri di Sardegna sul fronte greco-albanese ........................................................................ .

922

- La "21il Divisione Fanteria Granatieri di Sardegna" nella guerriglia jugoslava: il 1° Reggimento .............

936

- Il 2° Reggimento e il "II Battaglione Complementi Granatieri di Sardegna" nella guerriglia jugoslava

947

- I Granatieri sugLi altri fronti: in Africa e nelle Isole mediterranee ...................................................... .........................

957

XI »

- La "Brigata Granatieri di Sardegna" nei primi anni del sec. XX e la partecipazione alle prime guerre di Africa ................................................................................................. Pag. 819

XII XIII XIV

" 903 " 909


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Capitolo XV

1062 -

- I Granatieri con l'Armata Italiana in Russia ......... Pag. 973

»

XVI

- l Granatieri nella difesa di Roma ..........................

"

XVII

- I Granatieri sul fronte clandestino della Resistenza e nella Guerra di liberazione ........ .....................

993

XVIII - Gli ultimi Granatieri in grigioverde ..................... .

"1001

.. ..

XIX

xx XXI

"

979

- La ricostituzione del l O Reggimento Granatieri e della "Divisione Fanteria Granatieri di Sardegna"

"1007

- La "Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna"

" 1011

- I Granatieri di Sardegna nel loro impegno attuale: significato e prospettive ........................................ .

" 1018

INDICE DELLE TAVOLE FUORI TESTO

Uniformi dal 1915 al 1927 ................................................... tra le pagg.

"

Gabriele D'Annunzio nell'impresa di Fiume ..................... " I sette "giurati di Ronchi" ....... ............ ... ...................... ......

APPENDICE I

II

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850-851 872-873 876-877

1924 - Museo Storico dei Granatieri ............ ......... .......... "

890-891

- C:ronologia delle guerre combattute dai Cranat1'er1• ................... Pag. 1027

Le uniformi dei Granatieri nPll'anno 1937 ....................... "

902-903

- Medaglie d'Oro individuali

1036

L'armamento dei Granatieri nell'anno 1937 ................ ..... "

902-903

1038

1935: Il Reggimento Granatieri di formazione nell'operazione nella Sarre .. .... .. . .. ... ... .. .. .. .... .. .. . .. . ... ... .. . .. . . .. ... . .... . .... "

904-905

.......... . ......... ........... ....... .... ............. ..

»

III - Mo~u~enti, stele e lapidi, edifici, piazze e strade dedicate ai Granatieri ......................................................................................... ,.

906-907

Immagini dell'operazione nella Sarre ............................... " Le uniformi dei granatieri nell'anno 1966 ........................ " Scorcio dell'ingresso del Forte di Pietralata (Caserma Sandin) con busto di Carlo Emanuele II ........................................ " Le Bandiere in parata ....................... ........... .......... ...........

"

"

1006-1007

,, 1008-1009 1012-1013


CAPITOLO I

LA "BRIGATA GRANATIERI DI SARDEGNA" NEI PRIMI ANNI DEL SECOLO XX E LA PARTECIPAZIONE ALLE PRIME GUERRE D'AFRICA

1. - L'Italia aveva posto militarmente la prima volta piede in Africa - dopo l'acquisto nel 1869 di Assab annessa poi nel 1882 - il 5

febbraio 1885 quando un suo Corpo di spedizione forte di ottocentodue uomini al comando del colonneUo Tancredi Saletta (1840-1909) era sbarcato a Massaua, costituendovi poi - a cura prima del generale Carlo Gené (1836-1890) succeduto al Saletta e poi del colonnello Giambattista Begni - le prime "orde" di soldati indigeni (i "bascibazuk", a lettera "teste matte"), poste agli ordini di ufficiaU italiani (capitano Francesco Cornacchia, tenenti Brero, Poli , Viganò e Virgini), tutti caduti poi nel primo combattimento contro le orde del degiac Debeb Ara~a nell'agosto del 1888. Tali soldati indigeni su proposta del generale Antonio Baldissera (1838-1917), con R.D. 30 giugno 1889 erano stati ordinati in quattro battaglioni regolari di truppe eritree (i Battaglioni Turitto, Hidalgo, Galliano e Toselli) ai quali se ne erano poi aggiunti altri quattro nel 1895 (i Battaglioni Arneglio, Cossu, Valli e Gamerra). Molti fatti d'armi intanto si erano verificati, quali quelli di Cassala (1890), Agordat (giugno 1892), ancora Agordat (dicembre 1893), ancora Cassala (27 luglio 1894), Coatit e Serafé (gennaio 1895), Amba Alagi (dicembre 1895). Tali eventi, che avevano visto immolarsi numerosi ufficiali italiani alla testa dei soldati indigeni (gli "ascari") sia in Eritrea che in Libia e in Somalia, indussero l'Italia a costituire in Africa ai primi del 1896 un Corpo di spedizione di quindicimila uomini, ascari e bande indigene compresi, agli ordini del generale Oreste Baratieri (1841-1901), già veterano degli scontri di Cassala e Serafé.


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Di tale Corpo di spedizione fecero parte le due Compagnie di volontari fornite, come si é detto, dai due reggimenti di Granatieri di Sardegna. Esse furono inquadrate in battaglioni di nuova formazione e consistettero di trentaquattro ufficiali e cinquecento soldati, dei quali però alcuni erano ancora in fase di trasferimento dall'Italia quando ebbe inizio, la sera del 29 febbraio (era un anno bisestile), ]'operazione conclusasi con la disfatta di Adua. Il Corpo di operazioni italiano si trovò contro un esercito molto superiore di forze, centoventimila uomini al comando del negus Menelik. Il Corpo di operazioni mosse, la sera del detto giorno, da Saurià, su quattro colonne, due a] comando dei generali Albertone e Dabormida ai fianchi, quella a] comando del generale Arimondi al centro e quella al comando del generale Ellena di riserva: quest'ultima di quattromiladuecento italiani, mentre le altre erano formate in tutto o in prevalenza da elementi indigeni ( 1). Ma alle sei del mattino del giorno successivo 1° marzo gli italiani vennero attaccati violentemente, ed alle 15 dello stesso giorno i combattimenti erano già finiti. I generali Arimondi e Daborroida caddero sul campo, e con loro duecentosettanta ufficiali, quattromila soldati italiani e duemila indigeni. Tra i caduti, quattro ufficiali dei granatieri: il capitano Antonio Rossini, del 1 ° Reggimento, al comando di una compagnia di ascari, che quando vide costoro volgere le spalle al nemico li spronò all'attacco, egli stesso balzandovi, gridando che bisognava far vedere come un ufficiale italiano sapeva morire, per cui gli venne conferita la medaglia d'oro alla memoria; il maggiore Secondo Solaro, del 2° Reggimento, comandante del IV Battaglione della Brigata Dabormida, che dopo tre assalti alla baionetta cadde nel tentarne un altro ancora, me-

(1 ) Alla battaglia di Adua (1° marzo 1896} parteciparono i seguenti reparti indigeni: I Battaglione (maggiore Turitto), IU Battaglione (tenente colonnello Galliano}, VI Battaglione (maggio1·e Valli) ed VIII Battaglione (maggiore Gamerra), ol tre a reparti miool'i. Alti·i sette battaglioni in aggiunta agli otto già esistenti furono costituiti negli aru1i 1913 e 1914; ed i battaglioni diventarono ventotto nel 1934. All'inizio della guerra in Etiopia il 3 ottobre 1935 l'Italia tenne in armi cinquantacinquemila ascari su una popolazione di circa un milione di abitanti.

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daglia d'argento alla memoria; il capitano Jacopo Cancellieri, del 1° Reggimento, che con il V Battaglione "combatté eroicamente finché perdette la vita", come si legge neJla motivazione della sua medaglia d'argento alla memoria; il tenente Umberto Bassi, pure del 1 ° Reggimento. Il generale Albertone fu fatto prigioniero con millenovecento soldati, ed anche cinquantasei cannoni rimasero in mano abissina. Il generale Baratieri ed il generale Ellena ripararono a sera con i superstiti ad Adi Cajè. 2. - Nel settembre 1897 la Brigata Granatieri di Sardegna fu posta di guarnigione a Parma, ma il 1 ° Reggimento già il mese dopo venne dislocato a Piacenza. Nel settembre 1899, peraltro, i primi Battaglioni dei due Reggimenti vennero posti di stanza in Roma, dove l'intera Brigata sarebbe stata destinata poi, nel settembre 1902, definitivamente (da allora la cittadinanza ha considerato i granatieri "i soldati di Roma").

Il comando della Brigata venne assunto il 13 marzo 1899 dal generale Nobile Luigi Vacquer Paderi, e mentre il comando del 1° Reggimento passava i1 14 aprile 1900 dal colonnello Vandero al colonnello Attilio Nuti, quello del 2° Reggimento restava per allora al colonnello Confai on ieri. Non ci si era ancora ripresi, in quegli anni, dal disastro di Adua; e Re Umberto, cbe nella persuasione dell'opportunità di una restaurazione legalitaria aveva creduto di poterla realizzare attraverso il gabinetto Pelloux e la teoria costituzionale del Sonnino ("torniamo allo Statuto"), venuto a trovarsi dinanzi ai conati rivoluzionari aveva ritenuto poterli reprimere con le armi. Ma la spietata repressione operata a Milano nel 1898 dal generale Bava Beccaris, più che aver reso un buon servizio "alle istituzioni ed alla civiltà" come il re s'era lasciato andare a proclamare, aveva vieppiù esacerbato gli animi, ed il tutto culminò con l'assassinio del re il 29 luglio 1900 a Monza per mano dell'anarchico Bresci. Salì al trono il figlio del defunto sovrano, Vittorio Emanuele III (2): il quale, a testimonianza della Predilezione della Dinastia per i gra-

(2) Nato a Napoli nel 1869, sposato nel 1896 ad Elena di Montenegro: il re che, dopo aver passato i poteri al figlio Umberto quale suo Luogotenente, abdicò alla vigilia dell'avvento, nel 1946, della Repubblica in Italia. È deceduto in Alessandria d'Egitto, in esilio, nel 1947.


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natieri, fece dono al 1° Reggimento Granatieri di Sardegna della dragona d'oro appartenuta al padre. Destinata la Brigata di guarnigione a Roma nel settembre 1902, come s'è detto, al suo comando si successero per intanto i generali Vittorio Camerana, Giulio Cesare Tassoni, Giuseppe Amari ed Ettore Negri di Lamporo. Al comando del 1° Reggimento Granatieri di Sardegna fu chiamato, nel 1902, il colonnello Stefano Scribani Rossi, al quale seguì nel 1907 il Colonnello Giacinto Rostagno. Al comando del 2° Reggimento successero al colonnello Confalonieri, nel 1907, dapprima il colonnello Gaetano Araldi e poi il colonneJlo Agostino Molajoni. Il 28 dicembre 1908 un terribile terremoto distrusse Reggio Calabria e Messina: ed in quella occasione il 1° Reggimento Granatieri di Sardegna della forza di 1.500 uomini, prestò opera di soccorso tanto pronta e generosa alle popolazioni calabresi colpite, che la sua bandiera venne, l'anno dopo 1909, decorata con medaglia d'argento di benemerenza (il reggimento fu impiegato soprattutto nella zona di Villa San Giovanni). L'anno successivo, 1909, re Vittorio Emanuele III, in occasione del 250° anniversario dalla fondazione della Specialità, concesse che gli alamari fossero portati sulle manopole della giubba e fosse impressa la granata sui bottoni dell'uniforme e sul berretto Lo stesso anno fu adottata la tenuta di marcia grigioverde, usata poi in Libia e contro l'Austria. Anche il copricapo fu in panno grigio·verde con fregio nero, venendo anche fornito alla truppa, per le diverse esigenze, un casco di sughero e l'elmetto "adrian" in acciaio. L'anno 1910 assunse il comando del 1 ° Reggimento Granatieri di Sardegna il colonnello Teodorico Serra, cui seguirono nel 1911 il colonnello Giovanni Albertazzi (quando si verificò la seconda guerra d'Africa) e nel 1914 il colonnello Giuseppe Ferrari (quando si era ormai alla vigilia della prima guerra mondiale). Il comando del 2° Reggimento venne assunto nel 1912 dal colonnello Filiberto Sardagna e nel 1914 dal colonnello Luigi Pirzio Biroli. 3. - Tre anni dopo gli accadimenti del terremoto di Messina un altro evento storico venne a segnarsi; sul quadrante della vita nazionale, la Seconda guerra d'Africa. La guerra venne dichiarata nel 1911 dall'Italia alla Turchia e mirava alla conquista della Libia.

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Del Corpo di spedizione, agli ordini del generale Luigi Caneva, fecero parte il III Battaglione del 1° Reggimento Granatieri di Sardegna ed il III Battaglione del 2° Reggimento. I due battaglioni, che il 12 ottobre 1911 erano stati fatti sfilare dimostrativamente per le vie di Tripoli, si distinsero - annota il Giacchi - "per slancio, energia, valore in numerosi combattimenti, nell'oasi insidiosa come nella solitudine del deserto: ad Henni, ad Ain Zara, a Bir Tobras, a Gargaresch, a Macabez, a Sidi Said, a Sidi Alì, alla difesa di Misurata, ed in molte altre azioni minori". Caddero in combattimento: a Tripoli nel novembre 1911 i granatieri Giuseppe Brustio, Angelo Benigna, Enri co Cozzi e Antonio Pighin; a Bir Tobras nel dicembre 1911 il caporalmaggiore Anselmo Giovannozzi, il caporale Lorenzo Tracanelli e i granatieri Virgilio Galantini e Giuseppe Girotto; a Gargaresch nel gennaio 1912 i granatieri Ernesto Somma e Francesco Torta (3). Il combattimento di Henni avvenne il 26 novembre 1911. La battaglia di Ain Zara avvenne il 4 dicembre 1911: quando quell'oasi della Tripolitania venne investita con manovra avvolgente da due colonne italiane, costringendo i turchi ad abbandonarla e a fuggire. Il combattimento di Bir Tobras si svolse il 19 dicembre. Altra oasi a occidente di Tripoli, Gargaresch: che il 18 gennaio 1912 venne investita dalla colonna del colonnello Amari, che però venne violentemente contrattaccata dai turchi, per cui dovette rientrare a Tripoli; e poi, il 20 gennaio venne occupata dalla colonna del generale De Chaurand. Nella penisola di Macabez la 5!1 Divisione italiana al comando del generale Garioni sbarcò il 10 aprile 1912 ed occupò Bu Chenez sulla ter raferma per marciare poi su Zuara, obiettivo ultimo della Divisione. Ma per raggiungere tale obiettivo era necessario annullare la po si zione nemica di Sidi Said. Sidi Said era un "marabutto" (tomba di

(3) MUSEO STORICO DEI GRANATIERI DI SARDEGNA, I Granatieri di Sardegna nella impresa libica, a cura dj Niccolò Giacchi, Tivoli, 1914. Cfr. anche, infra, Cap. XXII, n. 9. Tra i caduti il maggiore Eugenio Gregori ed il tenente Osti, in un'oasi presso Tripoli. colpi ti da grave malattia appena sbarcati in terra africana. Tra i granatieri partecipanti all'impresa Giuseppe Tecchio. poi medaglia d'argento sul Carso. Numerosi i granatieri deceduti per colera in Feschlum e ìn Hamura.


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santone ) sulla costa della 'l'ripolitania verso Zuara, e ad investirlo provvidero le colonne Lequio e Cavaciocchi il 27 giugno, conquistandolo con l'appoggfo della nave '·Carlo Alberto" nelle prime ore del 28. L'azione durò complessivamente tre giorni. Si proseguì quindi verso l'oasi di Zuara, dominata dalla altura di Sidi Said. La colonna Cavaciocchi venne assalita da una massa turcoaraba di circa seimila uomini, in pieno deserto, ma con un eroico contrattacco riuscì egualmente ad occupare l'oasi, sbaragliando il nemico. Il combattimento cli Sidi Alì si ebbe il 15 luglio 1912. A Misurata, città della Tripolitania, arrivò la 111 Divisione speciale, al comando del generale Camerana, già dei granatieri, il 16 giugno 1912, sbarcando sulla spiaggia di Bu Sceifa nei pressi della città. Il 1° marzo 1913 si svolse il combattimento di Bu Agilah. Nell'anno 1915 si registrarono poi la difesa e lo sgombero di Misurata (12-26 maggio) e il combattimento di Fondugh Gemel. Dopo la guerra mondiale, che seguì negU anni 1915-1918 (4), nel Nord Africa non furono più inviati reparti di granatieri, essendovi dislocate le apposite truppe coloniali; tuttavia non pochi ufficiali dei granatieri furono inseriti in questi reparti speciali. Il futuro maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani marchese di Neghelli fu lì, a quell'epoca, p_rovenendo dal 1° Reggimento Granatieri di Sardegna assegnato al Battaglione 'l'uritto; ed un capitano del 2° Reggimento Granatieri di Sardegna, Giuseppe Rozai, cadde eroicamente 1'11 giugno 1923 a Marsa el Brega. 4. - U n a notazione ancora, relativa alla guerra d'Africa del 19111912. Alle operazioni di sbarco in Tripolitania nel 1911 e poi alle operazioni militari in Mar Rosso e, a fine maggio 1912, nelle isole del Dodecanneso per il consolidamento delle occupazioni effettuate e per i collegamenti con i porti greci e turchi, partecipò il cacciatorpediniere "Granatiere". Questa nave, uscita dall' "Ansaldo" di Sestri Ponente con armamento di quattro cannoni da 76/40 singoli e tre lanciasiluri da 450 singoli, lunghezza m. 65,07, larghezza m. 6,11, in immersione media m . 2,10, con equipaggio di quattro ufficiali e cinquantadue sottufficiali e

(4) lnfr·a, Cap. XXII, n . 9.

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ma rinai, era stata impostata quale "torpediniera d'alto mare" il 24 luglio 1905, varata il 27 ottobre 1906, ed era entrata in servizio il 5 giugn o 1907. Assegnata per l'addestramento preliminare al Dipartimento Marina Militare di La Spezia, nel maggio 1908 aveva risalito il Tevere per ricevere dai Sovrani d'Italia la bandiera di combattimento offerta dalla Brigata Granatieri di Sardegna, avendo assunto appunto il nome "Granatiere". Dopo essersi prodigata nei soccorsi alle zone colpite dal terremoto di Messina e per il ripristino delle comunicazioni con le isole minori, nell'aprile e maggio 1909 era stata inviata in Medio Oriente per la protezione dei connazionali durante i torbidi politici e le persecuzioni verificatisi contro i cristiani ad Adamocle. U 16 aprile 1909, in occasione del 250° anniversario della fondazione dei Granatieri, i1 comandante d'esso cacciatorpediniere capitano di corvetta Ferretti aveva inviato al Comando della Brigata Granatieri di Sardegna, dal mare delle Sporadi, una lettera così concepita: "In quest'alba gloriosa che si av.a nza a incoronare l'Italia rinnovel lata, noi vogliamo essere degni, o Granatieri, del nome vostro che ci affidaste. "Noi, pugno d'uomini su una piccola nave, diamo la nostra piccola opera di Gregari aJla Grande Marcia. Ci aiuti Iddio, e il pensiero di essere degni di voi, fratelli nostri, con cui abbiamo comune il nome e la meta". L'anno dopo, 1910, il cacciatorpediniere era stato di rappresentanza a Monaco e di scorta alla nave reale in visita alla Sardegna ed alla Sicilia. Dopo la riferita partecipazione alla guerra del 1911-1912 in Africa, il "Granatiere" nel 1913-1914 ha operato in funzione di dragamine nello J onio . Quindi, nel conflitto del 1915-1918, è stato iJnpiegato nel Basso Adriatico nella scorta per e dalla Albania, e nell'Alto Tirreno per la caccia antisommergibili, effettuando anche particol ari missioni a Gi bilterra ed a Marsiglia e collegamenti tra la Sicilia, Malta e le coste della Libia, per restar poi nel Dodecanneso fino al 1921. Classificato "Torpediniera" il 1° luglio 1921, dopo un triennio di permanenza a Taranto, il "Granatiere" è ritornato nel Dodecanneso e quindi, nel 1925, è stato assegnato in Venezia alla Scuola meccanici


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navali per l'attività addestrativa, fino alla sua radiazione, avvenuta nel novembre 1927. Undici anni dopo, nel 1938, il suo nome è stato assegnato ad altra nave (5). CAPITOLO Il (5) Infra , Cap. XXV. n. 3.

DALLA NEUTRALITÀ ALLA GUERRA

1. - Dopo il tempo del risorgimento nutrito dall'ansia e dalla speranza di ritrovare l'unità nazionale nel completo riscatto della Patria, il tempo dell'irredentismo fatto di una passione che seppe nutrirsi di se stessa lungo l'arco del mezzo secolo che va dall'unità d'Italia alla grande guerra del 1915-1918. Ma l'irredentismo, più che mai moto di speranza, ansia di attesa, atto di fede, sentimento di amore per la Madrepatria e invocazione a questa perché finalmente raccogliesse entro i propri naturali confini tutti i fratelli separati e lontani, e appunto perché suscettibile di concretizzazione solo allorquando l'Italia si fosse da parte sua mossa per attingere alle sue naturali frontiere, richiedeva necessariamente che nuovi eventi politici finalmente maturassero e si trasformassero in eventi militari. L'interventismo costituisce la risposta che la Madrepatria - pur tra indifferenze e contrasti - dà alle genti e alle terre irredente; è, finalmente, il sentimento nuovo che lievitando al di qua dei confini di allora si pone all'unisono col sentimento irredentista fiammeggiante al di là dei detti confini, ne costituisce il sinallagma e prepara, dopo mezzo secolo di aneliti permeati di ideali, l'atto concreto risolutivo. Ossia, la guerra: non già, sia pure, nel senso che la prima guerra mondiale sia stata l'Italia a scatenarla per segnare quei nuovi confini, ché anzi l'Italia vi è entrata quando essa già incendiava l'Europa, bensì nel senso che la prima guerra mondiale ha offerto all'Italia l'occasione propizia e probabilmente in quel momento indispensabile e irripetibile di vedere finalmente completato il proprio risorgimento: e quarta guerra d'Indipendenza essa è stata chiamata, infatti. L'Italia, tuttavia, a quell'epoca faceva parte di quella Triplice Alleanza cui nel 1882 aveva dovuto piegarsi per uscire fuori dal perico-


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loso isolamento nel quale da tempo si tPovava, ed era dunque alleata proprio con le Potenze che mantenevano oppresse terre e genti italiane; e benché l'art. VII del relativo Trattato sancisse un preciso impegno delle tre Potenze a tenersi reciprocamente e tempestivamente informate, era stata tenuta all'oscuro, invece, degli eventi che, muovendo dall'assassinio in Serbia dell'arciduca Ferdinando d'Asburgo, avevano portato alla pubblicazione, il 23 luglio 1914, del secco ultimatum e subito dopo, il 28 luglio, alla frettolosa dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia, nonché all'ultimatum del 31 lug1io e alle dichiarazioni di guerra rispettivamente del 1 ° e del 3 agosto della Germania alla Russia e alla Francia. Probabilmente tutti erano consci, Austria e Germania comprese, che l'alleanza dell'Italia con gli Imperi centrali "stava in piedi - come avrebbe coloritamente annotato Benedetto Croce nel 1915 - come una facciata dietro la quale non ci sia più la casa", tanto che lo Scharfer aveva rilevato che "la Triplice Alleanza è apertamente rotta: nell'avvenil·e, la penisola appenninica potrà appoggiarsi solo a11e Potenze occidentali". E andate le cose come erano andate, l'Italia invero non aveva più alcun obbligo di intervenire anche se poi la nostra dichiarazione di neutralità del 31 luglio 1914 volle essere da più parti, e non solamente all'estero, travisata come una violazione dell'accordo da parte nostra (e dovette esserci, al riguardo, dopo quello dell'ambasciatore Aldrovandi Marescotti, un deciso intervento chiarificatore di Vittorio Emanuele III tanto che lo stesso Ministero degli affari esteri germanico si vide costretto ad ammettere che per l'Italia non si era verificato il casus foederis). La dichiarazione di neutralità costituì dunque già essa un deciso atto di volontà dell'Italia, determinata a riprendere una sua libertà di azione ed una propria linea di condotta politica dopo un trentennio di incapsulamento nella politica degli Imperi centrali (Salandra ebbe a definirlo "l'atto decisivo della politica italiana"), e diede un primo valido apporto all'Intesa, l"'Entente", che giovò anzitutto particolarmente alla Francia (1).

(1 ) Questo ebbe a riconoscerlo lo stesso Joffre, il maresciallo comandante supremo francese nel 1914-1916, si veda in proposito A. SALANDRA, La neutralità italiana, pag. 186 (Cfr. anche il ''Figaro" di Parigi, numero del 24 maggio 1927).

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2. - Ma se la dichiarazione di neutralità era stata un atto di governo e aveva impegnato la responsabilità di pochi, la dichiarazione di guerra diventava fatto di tutta la Nazione ed era perciò inevitabile che discordi pareri si manifestassero: e mentre neutrali ad ogni costo si dichiaravano i cattolici, i socialisti, molti liberali ed il gruppo dei deputati facenti capo all'on. Giolitti, per l'intervento deciso e immediato si dichiaravano altre Correnti ed in particolare i radicali, i repubblicani, i nazionalisti, la massoneria, alcuni socialisti dissidenti tra cui Benito Mussolini e, parte per se stesso, Gabriele D'Annunzio. Il discorso di D'Annunzio a Quarto dei Mille il 5 maggio 1915 era stato una diana. "Se questa guerra è considerata come un crimine, io la prenderò sopra me solo", aveva gridato al "Costanzi" la sera del 14; e il 17, sul Campidoglio dinanzi alla folla , aveva baciato la spa.da di Nino Bixio, proclamando poi a Montecitorio che "la vittoria è di quelli che nella vittoria credono" ed auspicando che "il nostro Dio ci conceda di ritrovarci, o vivi o morti, in un luogo di luce". Già nel febbraio di quel 1915, a Milano, Cesare Battisti, nel nome di Oberdan, "per ques te memorie, per questi sacrifici, per queste glorie che sono glorie d'Italia aveva detto - ricordatevi, o Italiani, di Trento e Trieste". D'altro canto, le trattative che pure erano state avviate con l 'Austria per la cessione del Trentino erano state interrotte dal TratLato di Londra il 26 aprile 1915, e l'ltalia si era impegnata definitivamente con ]"'Entente"; e il 20 maggio il Parlamento italiano diede al Governo i pieni poteri per la guerra. Il 23 il duca d'Avarna presentò al Ministro degli esteri austro-ungarico la dichiarazione di guerra e il giorno dopo, 24 maggio, Vittorio Emanuele III assunse il comando di tutte le Forze Armate - suo capo di stato maggiore il generale Luigi Cadorna (2) - proclamando che "l'ora solenne delle rivendicazioni nazionali" era finalmente suonata, e spettava ora ai soldati italiani di terra e di mare "la gloria di piantare il tricolore d'Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra". (2) Nato nel 1850 dal generale Raffaele, che aveva preso Roma nel 1870, e a sua volta padre del generale Raffaele che, comandante della Scuola di Cavalleria in Pinerolo, sarà a capo, negli epigoni della seconda guerra mondiale, del Corpo Volontari della Libertà e quindi capo di stato maggiore nel periodo 1945-1947 , dopo essere stato paracadutato dagli Alleati in Alta Italia e aver trattato, mediatore il Cardinale Schuster di Milano, ma senza pratico risultato, la resa di Mussolini.


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Lo stesso giorno l'Esercito italiano sconfinò su tutto il fronte. La Brigata Granatieri di Sardegna oltrepassò a sud di P almanova l'antico confine il g~orno 25 maggio, al comando del generale Luigi Pirzio Biroli. 3. - E la prima guerra mondiale: quella che con la fine dell'equilibrio europeo, con le profonde trasformazioni politico-territoriali che si accompagnarono alla dissoluzione degli Imperi nati sulla base del vecchio principio di nazionalità, con lari voluzione russa e con l'ingresso nel vecchio Continente degli Stati Uniti d'America, avrebbe portato ad un nuovo assetto mondiale, non più fondato sulla egemonia spirituale, politica ed economica dell'Europa, ed avrebbe avviato i popoli europei ed extraeuropei ad una nuova e diversa vicenda storica ed umana. Non a caso furono di tutte le razze e di tutte le nazionalità i circa 9 milioni di uomini, i 5.290.000 delle P otenze alleate e associate ed i 3.885 .000 degli Imperi centrali, che vennero sacrificati sul rogo immane, tornando tutti uguali sotto le rozze croci di tutti i cimiteri di guerra. E la guerra diventò una guerra combattuta col cuo1·e, le stesse opposizioni cessarono (a parte, più tardi, qualche rigurgito, come le giornate di Torino nell'agosto 1917 e le reazioni immediate dopo Caporetto); e nei 4.199 .000 uomini dell'esercito operante, come in generale in tutti i 5.900.000 richiamati alle armi delle ventisei classi impegnate durante l'arco del conflitto, da quella del 1874 ai "ragazzi "del 1899, e tra i 680.000 morti e il 1.100.000 feriti e mutilati, si ritrovarono tutte le genti italiane, di ogni classe e di ogni convinzione. Iniziò la guerra, l'Italia, "in un momento avversissimo - come rilevava il Croce - alle sue nuove alleate, nel pieno della sconfitta russa", tanto più che le operazioni belliche dovevano essere necessariamente coordinate con quelle della Russia, appunto, e del1a Serbia, e non potevano restare limitate allo scontro con l'Austria-Ungheria; ed infatti la conca di Ljubljana divenne il primo obiettivo. Ma esisteva una alternativa che implicava una scelta gravida di responsabilità, non avendo noi forze sufficienti per agire contemporaneamente su due direttrici d'attacco: e perciò, o per il Trentino o per l'Isonzo. Si trattava infatti di un teatro di operazioni molto ampio che andava dalle Alpi Retiche e dagli Alti Tauri fino alla pianura veneta e isontina, con un fronte, dal1o Stelvio al lago di Garda e al mare, di 600 km, e l'aggravante che contro le nostre quattro Armate e i quattordici Corpi d'Armata, circa un milione e mezzo di uomini, si trovavano schierate ben quattordici Divisioni imperiali.

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F u preferita 1a via dell'Isonzo, il fiume delle Alpi Orientali che nasce in Val Trenta e sfocia nel Golfo di Panzano, sembrando che l'offensiva per il Trentino offrisse difficoltà maggiori e obiettivi di importanza minore. F u tuttavia scelta che ci portò dinanzi alla asperrima pietraia del Ca rso e al poderoso campo trincerato di Gorizia , i cui caposaldi erano costituiti dal Monte Sabotino e Podgora a occidente, dal monte San Michele del Carso a sud e dal monte Santo, dal San Gabriele e dal San Daniele a nord; che ci costrinse a impegnarci in un teatro di operazioni m olto ampio, implicante per di più lo svantaggio di trovarci a combattere dal basso verso l'alto e con il pericolo di infiltrazioni; e che avrebbe comportato per noi, come comportò, ben dodici battaglie sanguinose, in cui i morti, i feriti, i dispersi italiani delle due Armate impegnate, la 2!! al comando dei genera1i Frugoni prima, Piacentini poi, poi ancora Capello e infine Montuori, e la 3!! al comando del duca d'Aosta, furono certamente in numero molto superiore a quello clel1e perdite complessive della 5!! Armata austro-ungarica, la famosa "Isonzo Armée" del generale Boroevic che ci stette di contro. L'Esercito italiano, con il suo primo balzo offensivo compiuto da cinque Corpi d'Armata al comando, rispettivamente, dei generali rn Robilant, Reisoli, Rue11e, Cigliano e Tettoni, occupò, al di là dell'Isonzo, Monte Nero e Plava e le alture di Monfalcone, e infine tutta la riva destra del fiume, ad eccezione soltanto delle teste di ponte di Tolmino e di Gorizia, in direzione della Bainsizza. E la "Brigata Granatieri di Sardegna", dopo un primo scontro con il nemico il 5 giugno appena varcato l'Isonzo, era proprio essa a conquistare il 9 giugno Monfalcone, iniziando quindi sul Carso il suo glorioso calvario che l'avrebbe portata poi sulle tormentate balze del Sabotino. Nell'arco di tempo che la prima guerra mondiale durò, dal 1915 al 1918, al comando della Brigata si susseguirono, dopo il maggior generale Luigi Pirzio Biroli, il maggior genel'ale Giuseppe Pennella, il colonnello brigadiere Giovanni Albertazzi, il maggior generale Gastone Rossi ed il brigadiere generale Paolo Anfossi. Al comando del 1° Reggimento Granatieri di Sardegna: i colonnelli Umberto Gandini nel 1915. Paolo Anfossi nel 1916, Rosario Musarra nel 1917. seguito nello stesso anno dal colonnello Riccardo Dina. Al comando del 2° Reggimento Granatieri di Sardegna: i colonnelli Carlo Podestà e poi Guido Malai<'sta nel 1915 Eugenio Gn1zio:1i e poi


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Giovanni Albertazzi e F rancesco Dogliotti nel 1916, il tenente colonnello Emilio Spinucci e poi il colonnello Lorenzo Villoresi nel 1917. Le operazioni dei Granatieri di Sardegna nel corso di tutta la guerra si svolsero: nel settore di Monfalcone dal 25 maggio al 22 agosto 1915 (3); nel settore di Monte Sabotino, Oslavia, Quota 188 e San Floriano dal 24 ottobre 1915 al 12 aprile 1916; sugli Altipiani nei settori di Monte Cengio, Cesuna e Magna Boschi dal 22 maggio al 9 giugno 1916; sull'Altopiano Carsico, nei settori di San Michele, Monte Pecinka e Nad - Logem dal 2 al 22 agosto 1916; - nel settore del Veliki Kribak e di San Grado di Merna dal 26 agosto al 17 settembre 1916; nel settore di Oppachiasella e Hudi Log-Palikisce dal novembre 1916 al marzo 1917; sul Carso, nel settore Jamiano-Selo-Fornaza-Quote 219, 235 e

241 dal 21 maggio al 22 settembre 1917; nel settore dall'Isonzo al Piave nell'ottobre-novembre 1917; su] Piave, da Capo Sile al Piave Vecchio e Nuovo ed a Vittorio Veneto nel 1918. Inoltre, un battaglione di Granatieri svolse, durante la prima guerra mondiale, operazioni in Libia. Ha scritto dei Granatieri nella prima guerra mondiale il grande invalido di guerra medaglia d'oro Carlo Delcroix: "Figure di titani e anime di fanti. Riserva eroica pronta a rovesciarsi nella mischia come un torrente di giovinezza o serrarsi petto contro petto in una barriera irta di bajonette dall'Isonzo al Piave, dalla spiaggia alle montagne. Difese tutte le fosse, conquistò tutte le trincee, popolò tutti i camposanti".

(3) Il II Battaglione del 1° Granatieri (Compagnie 58 , 6a, 7u e 88 per un totale di 17 ufficiali e 400 sottufficiali e truppa) e il I Battaglione del 2 ° Granatieri (Compagnie 2n e 4c per un totale di 3 ufficiali e 215 sott.ufficiali e iruppa) pochi mesi prima, il 14 gennaio 1915, erano stati inviati nella Marsica (Abruzzi) in soccorso delle popolazioni colpite dal grave terremoto.

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CAPITOLO III

I COMBATTIMENTI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE NEGLI ANNI 1915 E 1916

La Brigata Granatieri di Sardegna, al comando del maggior generale Luigi Pirzio Biroli (1), attraversò il confine tra Palmanova e Visco il 25 maggio 1915 inquadrata nella 13!! Divisione , III Corpo d'Axmata, 3" Armata. Nel primo periodo, fino al 22 agosto, partecipò alle operazioni nel settore di Monfalcone, laddove gli austriaci avevano predisposto sulle alture munitissime posizioni dffese da forte fuoco di artiglieria e protette da fitti reticolati: posizioni che i granatieri cercarono di smantellare con ripetute ardimentose azioni di volontari che si spingevano fin sotto i reticolati per apporvi tubi di gelatina (2) e per aprire passaggi tagliando i fili con le pinze (3). l. -

(1) Il 1° ed il 2° Reggimento Granatieri di Sardegna (l'uno nella formazione normale, l'alt.ro con un IV Battaglione al posto del III mobilitato in Libia: per il quale si veda alla fine del capitolo seguent.e), fino a pochi giorni prima in campo di istruzione a Rocca Priora, nei Castelli Romani, avevano lasciat,o Roma il 21 maggio raggiungendo Codroipo il 23 e riunendosi all'Armata il 24 in Gonars. Subito dopo passato il confine, al 1° Reggiment,o giunsero, con alcuni complementi, cinque volontari della Venezia Giulia, tre dei quali destinati alla medaglia d'oro: Scipio Slataper, Giovanni e Carlo Stuparich, Giuseppe La Monica e Donato Barattino. (2) I volontari di tali azioni (sottotenenti Osti, MozzeLti, Lombardo, Antonini, Lupini, D'Amico e numerosi sottufficiali e soldati) fuyono citati negli ordini del giorno del 2" Reggimento cui appartenevano. (3) Morì nel corso di un'azione del genere il sottotenente Remigio Trincheri del 2" Reggimento. Il capitano medico Perilli, presentatosi al Comando austriaco per il recupero del suo corpo e dei corpi di molti granatieri rimasti insepolti, ottenne il permesso, ma fu preso in ostaggio con i barellieri.


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Il primo scontro con gli austr iaci avvenne il 4 giugno allorché la Brigata, passata sulla sinistra dell'Isonzo, occupò Pieris, puntando quindi verso Dobbia e poi su San Nicolò e San Polo. Il 9 giugno, occupata Quota 61 con azione nella quale caddero il maggiore Manfredi, il sottotenente Marsigli ed un centinaio di granatieri, i due reggimenti raggiunsero Monfalcone, continuando ad effettuare "reiterati attacchi contro le alture limjtrofe" condotti con "energia e ardire, disciplina e alto spirito militare", ma con "gravi perdite". Tanto cbe proprio a causa di tali perdite si ritenne cbe la Brigata avesse "bisogno di riposo e raccoglimento per rimettersi", non prima, peraltro, di aver provveduto al completamento dell'organizzazione difensiva della regione" (4). Già due settimane più tardi, tuttavia, venne decisa l'occupazione da parte del 1° Reggimento della Quota 121 ad est di Monfalcone e da parte del 2° Reggimento delle Quote 85, 77 e 21 (Sant'Antonio) di Adria Werke, disponendosi che nulla si dovesse "lasciare di intentato per avere anche in questa circostanza la pagina di soddisfazione e di gloria" (5). La Quota 121 (che venne attaccata particolarmente dalla 5il Compagnia del 1C, al comando del tenente Le Metre) e la Quota 85 (attaccata dalla 11'1 Compagnia del 2°, al comando del capitano Dina) non potettero però essere conquistate, malgrado le forti perdite subite. Il mese di luglio trascorse senza altra attività che quella dei normali servizi di avamposto e di rafforzamento della difesa (6). Il 10 agosto si svolse, invece, un furibondo combattimento, del quale fu principale protagonista il I Battaglione del 1° Reggimento , per la conquista di Quota 121; mentre il III Battaglione del 2° Reggimento, al comando del maggiore Guardabassi, ven ne impiegato per tentare la conquista di Quota 85.

Le pinze per il taglio dei reticolati, delle quali erano stati dotati i reparti, risul tarono ben presto inadeguate allo scopo (e taH - ho potuto personalmente constatare-sarebbero risultate anche le cesoie in dotazione nella seconda guerra mondiale). (4) In tal senso la nota del 5 luglio 1915, prot. n. 220. del Comando del VII Corpo d'Armata (generale Garionil al Comando della 13'' Divisione. Nella nota fu riferito come la Brigata Granatieri fosse rimasta "impavida, serena, forma, sotto il fuoco di polenLi m·tiglierie n1>miche, contro le q11ali non c1·1·a riparn alcuno~ 115) Ordine di op1>razioni n. 13 del 19 lugliu 1915 del comandante la 13rig:ata generale f'irzio Biroli. 1 6111 24 luglio vennero distrihui1 e per la prinu1 vc>lin le ma~,,hcre nnligas.

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Il fatto d'arme di Quota 121 suscitò tanta ammirazione negli stessi austriaci che essi addirittw·a presen tarono cavallerescamente le armi ai pochi ufficiali ed ai granatieri superstiti delle due Compagnie, la 1i1 e la 4!!, che guidate dall'eroico tenente colonnello Umberto Coppi, caduto poi nel corso dell 'azion e, dopo aver respinto un attacco nella zona di Sei Busi erano r iusciti a conquistare al1a baionetta l'altura ed a resistere fino all'estremo contro i reiterati contrattacchi del nemico, il quale si era avvalso del violento fuoco di sette batterie, delle quali due di obici pesanti da 240, mentre la nostra artiglieria da campagna taceva per mancanza di munizioni (7). Per questa azione la Brigata ebbe la prima citazione nel "Bollettino di Guerra" dell'll agosto 1915 n. 77. Circa tre mesi essa rimase poi nella linea di Monfalcone conquistando palmo a palmo ed a caro prezzo il terreno, tanto da meritare l'elogio 'del duca d'Aosta, comandante della 3!! Armat.a (8). In queste prime operazioni di guerra la Brigata Granatieri di Sardegna ebbe undici ufficiali e trecentocinquantotto soldati uccisi (9), ed oltre ottocento feriti. Molti gli eroismi, e quindi le decorazioni concesse (10).

(7) "Gli animi forti si conoscono più che nella propizia, nella sorte avversa", iniziò l'Ordine del giorno 10 agosto 1915 del com.andante della Brigata, e concluse !'ilevando che "il nemico ha fatLo alcuni prigionieri dei nostri, ma nel farli sfilare dinanzi a sé ba dovuto inchinarsi di fronte al loro valore". (8) In data 1° settembre il duca d'Aosta passò in rivista la Brigata e nello stesso giorno il comandante di ques La trasmiiJe ai repar ti l'encomio ed il "compiacimento" dell'Altezza Reale per il modo con il quale essi reparti "si erano rapidamente rimessi in buon ordine". (9) Di costoro, duecentotrentasei del 1° Reggimento e centoventidue del 2°. Gli ufficiali caduti furono, oltre al Lenente colonnello Coppi: il maggiore Pietro Manfredi, i tenenti Adriano Giombetti e Carlo Ricci Spadoni, i sottotenenti Leone Bersani, Fazio Fazi, Amedeo Marsigli , Ugo Meacci e Gino Mela11i del l O Reggimento; il tenente Giovanni Battista Croce ed i sottotenenti Remigio Trincheri e Tommaso Tufano del 2° Reggimento. (10) Di tutte le decorazioni conseguite dagli ufficiali, sott.ufficiali e soldati dei Granatieri si vedano le cifre complessive alla fine del seguente capitolo. Tra quelle concesse per le operazioni del primo periodo ci si limita a menzionare le medaglie d'argento concesse ai seguenti ufficiali: del 1° Reggimento Granatieri, tenente colonnello Umberto Coppi, maggiore Pietro Manfredi, 1° Capitano Alberto Rossi, capitani Francesco Lotta, Carlo Melotti (due medaglie) ed Angelo Petitti di Roreto, tenenti Gaetano Le Metre, Federico Magri, Alberto Orlandi, Augusto Spechel, sottotenenti


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2. - A fine agosto la Brigata Granatieri di Sardegna, sostituita sulla linea del fronte dalla Brigata Cremona , si accampò presso Scodavacca. Si preparò così al secondo periodo di operazioni, quelle che dal 24 ottobre 1915 al 12 aprile 1916 si svolsero nel settore di Monte Sabotino, Oslavia, Quota 188 e San Floriano, e costarono alla Brigata stessa ben millequattordici caduti, quattrocentosessantasette del 1° Reggimento (11) e cinquecentoquarantasette del 2° Reggimento (12). I reparti erano decimati dai continui bombardamenti e dalle malattie, ivi compreso il colera. E tuttavia le azioni che durante questo periodo furono svolte, in particolare l'attacco in massa al Monte Sabotino il 28 ottobre 1915, la conquista della Quota 188 di Oslavia il 2023 novembre e la resistenza ed il contrattacco vittorioso sulle posizioni di San Floriano il 29 marzo 1916, stanno a testimonianza dell'immutato spirito di sacrificio. Il 26 ottobre 1915 la Brigata Granatieri di Sardegna raggiunse Po<lstmica alle dipendenze della 41:l Divisione ed occupò le trincee sotto il Sabotino, il monte che sulla sponda destra del1'Isonzo, davanti a Gorizia, costituiva il caposaldo nord della testa di ponte che difendeva la città, riunito, attraverso la catena collinosa di Peuma ed Oslavia, al caposaldo sud costituito dal Podgora. Era una posizione formidabile magnificamente organizzata dagli austriaci, ed occorreva scardinarla se si voleva arrivare a Gorizia. All'alba del 28 ottobre l'attacco fu sferrato contro il fortino del Sabotino, puntando su San Maw·o, preparato da fuoco di artiglieria e da

Francesco Fabri, Fazio Fazi, Marcellino Fenari (portabandiera), Amedo Marsigli, Ugo Meacci, Renato Pezziga; del 2° Reggimento Granatieri, maggiore Ugo Bignami, capitano Teodoro Alessi, tenenti Giovanni Battista Croce e Antonio Ghera, sottotenenti Vito Coen, Leonida Lupini e Remigio Trincheri; ed inoltre il capitano Fausto Pesci della Squadrigia aerea. (11) Dei quali, ventidue ufficiali: capitani Ezio Boccacci, Giovanni Duse, Ugo GuaJa, Giulio Pietraccini, Atlone Rainaldi, tenenti Marcellino Ferrari, Massimiliano Hausmann e Antonio Parma, sottotenenti Mario Bertucci, Virginio Botta, Livio Gaetani di Sermoneta, Arnaldo Cornelio, Vincenzo del Tavano, Alessandro Franza, Emilio Ivaldi , Pietro Marini, Cesare Mazzuccheli, Angelo Pastore, Mario Prunas, Lorenzo Quartieri, Ugo Santelli ed Emilio Simeoni. (12) Dei quali, sedici ufficiali: capitani Fulgenzio de Petris e Decio Pontecorvo, tenenti Angelo Antonini e Luigi Nistri, sottotenenti Marco Bernareggi, Brnno Betiamiui, Giovanni Biffi, Roberto Bocchi, Vincenzo Comparetti, Stefano D'Aprile, Pietro Gatti, Alessio Graziani, Edoardo Mozzetti, Armando Scocchi, Bruno Vidal e Guido Zini.

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azioni di sabotaggio (13). Il primo movimento fu compiuto dai due primi battaglioni dei reggimenti sotto il forte bombardamento nemico, procedendo lentamente tra i reticolati estesi e profondissimi. E le perdite furono tante che occorse l'immediato arrivo di complementi per riempire i vuoti: ma la roccaforte resistette. Il 1° novembre fu pertanto sferrato un secondo attacco: ma inutilmente ancora ed ancora con forti perdite, specialmente di ufficiali, e malgrado i ripetuti atti di valore (14) . Un terzo attacco dovette quindi essere attuato il 2 novembre: da parte di un battaglione del 2° Reggimento al comando del maggiore Ugo Bignami e di un battaglione del 1° al comando del capitano Federico Morozzo della Rocca. Fu una lotta durissima, reiterata, accanita (15): che vide tra l'altro l'eroismo di un reparto condotto dal sottotenente volontario triestino Pessi (nome di guerra, Pelliccioni), che riuscì per pochi istanti ad occupare il fortino; ed accanto ai g1·anaticri combatterono i fanti della

Brigata Lombardia, eredi dei granatieri di Lombardia delle campagne del 1860 e del 1866 (16). Ma ancora una volta occorse ripiegare. La Brigata Lombardia riuscì tuttavia a prendere Oslavia: ed occorreva ora, necessariamente, occupare la Quota 188, caposaldo principale della catena che univa Sabotino e Podgora. Intanto , il 4 novembre il comando della Divisione venne assunto dal generale Montuori, che rivolse un saluto ed un encomio alla Bri-

(13) Un portatore di tubi di esplosivo, il granatiere del I Battaglione del 1° Reggim ento Aramini, tornato in trincea riuscì allo scoperto per recuperare il compagno ferito. Elogiato dal suo ufficiale rispose, alludendo all'esempio che gli ufficiali davano: "Quando se ga lo specio denanzi ai oci, la faccia la xe tuta una". (14) li granatiere Giovanni Socal fece scudo del proprio corpo al proprio comandante di plotone ferito, venendo ferito a sua volta: decorato di medaglia d'argento al valor militare. (15) Nell'Ordine del giorno 2 novembre 1915 il generale Pirzio Biroli rilevò che "ancora una volta la sorte ci si è mostrata avversa" e cbe sacrifici ed e1·oismo "non hanno conseguito il premio che meritavamo~. ma assicurò che '·verrà anche il giorno del trionfo''. ( 16) Nel 35° Reggimento Fanteria di linea della Brigata Lombardia erano numerosi volontari giuliani: tra questi Pio Riego Gambini e Francesco Rismondi (preso dagli austriaci sul San Michele e avviato al capestro). Altri volontari giuliani, oltre a Scipio Slataper caduto nel dicembre sul Podgora e al fratello tenente Guido Slataper, medaglia d'oro, che nel 1917 avrebbe conquistato valorosamente Monte Santo ed ai menzionati fratelli Sluparich, militarono in numerosi altri reparti.


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gata Granatieri: Brigata la quale versava tuttavia in quel momento veramente in non buone condizioni non solo per le alte perdite subite in battaglia ma per le malattie ed i congelamenti che andavano decimando sempre più i soldati nelle fredde e fangose trincee (soltanto i colpiti dal colera superavano il migliaio). 3. - Il 10 novembre ebbe inizio la quarta battaglia dell'Isonzo: e la Brigata Granatieri di Sardegna s'ebbe assegnato il compito di appoggiare il VI Corpo d'Armata nell'attacco a Quota 188. A tale attacco mosse per primo il III Battaglione del 2° Reggimento con di rincalzo il I Battaglione: ma inutilmente si tentò attraversare i reticolati, mentre le compagnie erano ormai ridotte a non più di un centinaio di granatieri ciascuna. Quando, perciò, anche iI giorno seguente i reiterati attacchi si dimostrarono inutili e sanguinosi, si decise di formare, per un estremo disperato tentativo, due compagnie di volontari. che p resero il nome di "Compagnie della morte" e furono poste al comando del capitano Guala quella del 1°Reggimento e del capitano Luraschi quella del 2° Reggimento: ma anche il sacrificio di questi valorosi (morì tra gli altri, nella pericolosa missione, il capitano Guala) non riuscì nell'intento. I giorni 16 e 17 novembre videro ancora azioni di ufficiali e granatieri "in gara di generosità e di abnegazione, purtroppo con risultati non più notevoli" (17). Ed il 18 venne deciso di effettuare ancora un attacco a Quota 188, da condursi daila Brigata Granatieri di Sardegna su due colonne a cavallo delia strada di San Floriano. Tutto il fronte fino ad Oslavia venne posto perciò agb ordini del comandante d'essa Brigata (18). Il 20 novembre fu "la giornata di gloria del I Battaglione del 2° Granatieri che conquistò finalmente la contrastatissima posizione di Quota 188 di Oslavia, con audace, improvviso attacco" al comando del maggiore Bignami, e che riuscì a mantenere la posizione stessa mal grado i contrattacchi violentissimi degli austriaci che resero detta Quota "una bolgia infernale" (19).

(17) MUSEO STORICO DELLA BRIGATA GRAN ATIERI DI SARDEGNA, I Grn· natieri di Sardegna nella grande guerra 1915-18, Roma, 1937, pag. 69. (18) Assunse il comando della Brigata il comandante della Divisione gene rale Montuori, essendo il genenile Pirzio Biroli malato. <19) I Granatieri di Sardegna nella grande guerra 1915·18, cit., pag. 72.

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Si distinsero nell'azione fulminea, oltre al comandante Bignami, il capitano Luraschi che con due soli portaordini catturò a~cuni ufficiali e numerosa truppa nemica asserragliati in una baracca, 11 sottotenente Latini comandante la sezione mitragliatrici che restò gravemente ferito, gli ufficiali Bollardi, Capocci, Revel, Benettini; e'. tra gli al~ri, il granatiere Fabio Tognet.ti, il quale, visto un gruppo d1 una ~entm~ di granatieri che rimasto senza ufficiali rischiava di sbandarsi, calzo il berretto di un ufficiale caduto e gridando "ora qui comando io", guidò i compagni in un ardito corpo a corpo. . In dieci giorni la Brigata Granatieri perdette ottocentocinquantaquattro uomini, dei quali cinquanta uffidali; ed. avrebbe annoverato, per questo periodo, centocinquantanove decorati al valore, ottenendo altresì una seconda citazione nel "Bollettino di Guerra", quello n. 181 del 23 novembre 1915. Ma i due reggimenti erano ridotti ormai in stato miserevol~, per cui il 1 ° dicembre vennero ritirati, il 1 ° nei valloni della strada d1 San Floriano ed il 2° nei camminamenti coperti che scendevano al vallone del Penmica, dove restarono fino al 27 occupati a sistemare i piccoli cimiteri reggimentali (20). Si trasferirono quindi, il 28, a Manzano nella valle del Natisone per un periodo di quarantena. IL3 dicembre 1915, con Ordine del giorno del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito tenente generale Luigi Cadorna, il comando della Brigata Granatieri fu assunto dal colonnello Giuseppe Pennella (21). 4. - La Brigata Granatieri di Sardegna, facente sempre parte della 3° Armata, ai primi di gennaio 1916 - dopo essere stata passata in rivista sia dal comandante della Divisione principe Maurizio Gonzaga (13 gennaio) che dal coman~ante del c.orp? d'Arma;a ~e~:u~rale Morrone (22 gennaio ) - fu trasferita nel territono della 4 D1v1s1one, comandata dal generale Montuori, del IV Corpo d'Armata.. . I crranatieri ebbero assegnato, sul campo di battaglia, 11 setto1·e di San FÌoriano che il 4 febbraio assunse il nome ufficiale di "Lenzuolo Bianco", già datogli da un osservatorio di artiglieria. In questo settore

( 20 ) "Caddero da procli per la grandc:r.za della PaLria Eroi ignor'lLi ~' compagni las ciando retaggio impèrituro rii orgoglio e di gloria". fu scnltu sulla lapide apposta nel cimitero del 2 Reggimento. . . C21J Con tale Ordine del giorno il _generale Cadurna tributò n1 colonnello Pennella "l'encowio solenne:, 1;egnalnndolo cume est:mpio 11&1' L 1Ticiali del(' 11na11<lo Supremo.


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si stava combattendo dal maggio 1915 tna la lotta più dura si era accesa proprio nel gennaio 1916, quando la 58!! Divisione austro-ungarica (generale Zeidler) aveva attaccato le Divisioni italiane 27!! (generale Maschi, e poi Coco) ed lP (generale Mambetti). Dopo i primi successi degli austriaci, gli italiani effettuarono però efficaci contrattacchi: e fu proprio la Brigata Granatieri - che il 28 febbraio era stata visitata da re Vittorio Emanuele III e poco dopo dal generale Luigi Cadorna - a sostenere, tra il 30 ed il 31 marzo, "l'urto maggiore", "con le piu gravi perdite", riuscendo però a riprendere "con brillante contrattacco" le posizioni ed a fare centocinquanta prigionieli (22). I granatieri puntarono il 29 marzo su San Floriano e con azioni di particolare impegno e valore, delle quali fu primo animatore il maggiore Teodoro Alessi, riuscirono, rinforzati da reparti dei Reggimenti di Fanteria 142°, 154° e 212°, a conquistare anco1·a altre importanti posizioni (23): e ciò malgrado l'uso feroce da parte del nemico perfino di mazze ferrate e di lanciafiamme. Fu proprio in queste azioni che la Brigata Granatieri meritò la prima delle undici medaglie d'oro individuali della campagna, assegnata al sottotenente romano Mario Perrini, il quale, pur ferito già tre volte e con le gambe spezzate, continuò ad incitare i propri soldati restando a terra in un lago di sangue tra i tanti cadaveri, tale che i nemici, tornati sul posto, lo credettero morto, e così potette essere recuperato dalle nostre formazioni nel successivo contrattacco del 1° aprile, pressoché cieco, ormai, per una bomba a mano che lo aveva colpito al volto ma vivo ancora. Per le azioni effettuate in questo secondo periodo delle operazioni, dall'ottobre 1915 all'aprile 1916, oltre alla medaglia d'oro al sottotenente Penini, vennero concesse numerose decorazioni ad ufficiali, sot(22J Cfr. il fonogramma del 31 marzo 1916 del comandante della 4° Divisione Montuori. Con Ordine del giorno pari data il comandante della 3 3 Armata rivolse il su~ "plauso" a tutte le truppe del Corpo d'Armata che avevano partecipato all'impresa. (23) Il colonnello Pennella scrisse in un suo rapporto che la figura del maggiore Alessi "si est.olle in alto ed emerge dominatrice degli eventi". Molti, quel giorno, gli epi~odi di valore. Il sottotenente Gatti, del 2°, morì nel generoso tentativo di recuperare 11 corpo del sottotenente Pi vano. Il cappell ano don Fuscon i, ferito gravemente, restò ad assistere il capitano Le Metre negli ultimi istanti di vita.

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tufficiali , caporali e granatieri (24). 5. - Fu quindi la volta delle operazioni sugli Altipiani: anzitutto quelle che nel pur breve periodo dal 22 maggio al 9 giugno 1916 si svolsero nei settori di Monte Cengio, di Cesuna e di Magna Boschi, costando immensi sacrifici, come testimonia il numero dei caduti, quattrocentosettanta, dei quali duecentosei del 1° Reggimento (25) e duecentosessantaquattro del 2° Reggimento (26). Nel maggio 1916 sull'Altopiano di Asiago (27) si trovavano di contro: il gruppo degli Eserciti dell'arciduca Eugenio, con le Armate 11!! (Danke) e 3f! (von Kovess), centottantanove battaglioni e duecento cannoni, comandante in capo von Conrad, da una parte; e la 11! Armata italiana (generale Pecori Gira1di) con centocinquantacinque battaglioni e settecentosettantacinque cannoni, comandante in capo il generale Luigi Cadorna, dall'altra. (24) In particolare, furono decorati di medaglia d'argento al valore militare i seguenti ufficiali: - del 1° Granatieri: ienenie colonnello Paolo Anfossi, capitani Giovanni Duse, Carlo Pèricoli , Attone Rainaldi, oltre, con seconda medaglia d'argento, il capitano della squadriglia aerea Fausto Nobile Pesci, il tenente Gaetano Le Metre (seconda medaglia d'argento), i sottotenenti Mario Bertucci, Arnaldo Cornelio, Gino D'Eramo (due medaglie d'argento), Alessandro Franza, Giuseppe Hausmann, Paolo Ruggero Lau!'ia, Pietro Mancini, Lorenzo Quartieri e Guido Saviotti; - del 2° Granatieri: maggiore Ugo Bignami (seconda medaglia d'argento ), maggiori Umberto Camera e Nicolò Giacchi, capitani Teodoro Alessi, Artmo Ghera (seconda medaglia d'argento), Francesco Lotta, Benesperando Luraschi, Attilio Ruggiero, tenenti Angelo Antonini, Augusto D'Amico (due medaglie d'argento), Giu lio Visdomini, Claudio Zattoni, sottotenenti Alessandro Benettini, Giovanni Biffi, Roberto Bocchi, Teodoro Capocci , Augusto della Seta. Tommaso Latini, Alberto Osti, Alfredo Pototschnig, Vincenzo Rocco, Lorenzo Salci ti e Bruno Vidali. (25) Tra questi, quindici ufficiali: capitano Francesco Benintende, capitano Eugenio Rossellini, tenente Luigi Masciello, sottotenenti Guido Bonatelli Melena, Antonio Comella, Gino D'Eramo, Francesco De Rossi, Amilcare Mazzini, An1edeo Moresco, Nicola Nisco, Ettore Parboni, Carlo Pietromarchi, Clito Simeoni, Carlo Stuparìch (irre· <lento che si uccise per non cadere in mano austriaca) ed Attilio Voglino. (26) Tra questi, sedici ufficiali: capitani Emilio Gagliardi, Vittorio Tonini e Giulio Visdomini, tenenLe Mario Borla, sottotenenti Michele Agostini, Ernesto Aletti, Attilio Bemetti, Diego Bonfadini, Teodoro Capocci, Fernando Ferranti, Aurelio Franchi, Vladimi1·0 Gasparelio, Giovanni Lagomarsino, Renato Rusca, Giuseppe Salvatori e Luigi Tl·izzino. (27) Già teatro di battaglie nella seconda metà del precedente anno e destinato ad esserlo anco,-a l'anno dopo, tra l'altro della battaglia dell'Ortigara che sarebbe costata ventiquattromila soldati tra morii e feriti.


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Dopo una prima fase (15-20 maggio) svoltasi tra Val Lagarina e Val d'Astico, che aveva provocato una inflessione dello schieramento italiano fino al Pasubio, a Novegno e ad Arsiero, il III Corpo d'Armata austriaco (Krautwald) aveva iniziato la seconda fase dell'offensiva contro la 34!! Divisione italiana (generale Angeli) (28), costringendola a ripiegare fino al margine dell'Altopiano, dove però lo schieramento italiano, anche in virtù dei rinforzi fatti afflufre, sarebbe riuscito a resistere fino al 10 giugno. Fu proprio nella fase cruciale dell'offensiva austriaca, la famosa "Strafexpedition", la spedizione punitiva che richiese al nostro esercito un immenso sforzo di difesa prima e poi di attacco, che la Brigata Granatieri di Sardegna, al comando del generale Giuseppe Pennella, venne fatta affluire sulla linea tra Monte Cengia, Monte Bel monte (dove stabilì il comando), Cesuna e Magna Boschi, rinforzata da un battaglione di complementi del 1 ° Reggimento, ultima riserva disponibile

inviata dal Deposito in Roma con treno direttissimo (29). I primi violenti e sanguinosi scontri si ebbero il 30 maggio, anzitutto quello dell'attacco al forte di Punta Corbin a Malga del Costo, condotto dal III Battaglione del 2° Reggimento (tenente colonnello Camera) (30): un attacco segnato purtroppo da gravi perdite, nel quale lo stesso tenente colonnello Camera restò gravemente ferito venendo tratto in salvo dal sergente Menegon, i capitani Tonini e Visdomini caddero uccisi, il sottotenente triestino Carlo Stuparich (nome di guerra Sartori) accerchiato dopo strenua lotta si diede la morte per non cadere in mano austriaca, il sottotenente Luigi Lega riuscì a svincolarsi a stento con i suoi dalla stretta nemica. E forti perdite provocò anche lo scontro che dopo violenti bombardamenti avvenne il 29 maggio sul fronte Treschè-Conca-Cesuna, dove per evitare lo sfondamento lo stesso generale Pennella si pose alla testa di tre compagnie del 2° Reggimento (la 61!, la 7:J e 1'89 ) prelevate dal-

(28) Successivamente il comando della Divisione sarebbe stato assunto dal generale Murari della Corte Bra. (29) Il 28 maggio lo scnieramento della Brigata Granatieri di Sardegna fu nuovamente passato in rivista dal re. (30) Al comando del 2° Reggimento era il colonnello Malatesta, ed al comando del 1° il colonnello Albertazzi.

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la riserva per aiutare le compagnie del 1° Reggimento (la l ll, la 2ll, la 31!, la 4" e 1'8!!) ridotte ormai ad un terzo dei loro effettivi (31). Il 31 maggio gli austriaci tentarono una imboscata nell'avvallamento tra Monte Barco e Monte Cengio, dove una loro colonna avanzò cercando di apparire come nostra truppa di rinforzo: inganno sventato dal sacrificio di una nostra vedetta e risoltosi in un violento corpo a cor po alla baionetta, durante il quale, tra gli altri, restò ferito il capitano Damiani mentre il sottotenen te triestino Giovanni Stuparich (Sartori), fratello di Carlo del quale s'è appena detto, fu accerchiato e catturato dagli austriaci. Contemporaneamente, nella zona di Monte Belmonte dov'era il Battaglione Anfossi, il sottotenente Nicola Nisco si immolava mentre incitava i suoi granatieri a resistere ad ogni intimazione di resa. Il 3 giugno il nemico attaccò le postazioni nella zona di Cesuna dove si trovava, con altri reparti, il I Battaglione del 1 ° Reggimento al comando del tenente colonnello Ugo Bignami, e lo fece dopo un intenso micidiale fuoco di artiglieria. Sul fronte, lungo tre chilometri e mezzo, i vari reparti cercarono faticosamente di contenere la pressione avversaria. Una compagnia che stava per essere sopraffatta continuò a resistere dopo che il granatiere Alfonso Samoggia, inviato a chiedere rinforzi e saputo che non ce n'erano, tornò al reparto gravemente ferito e disse al proprio ufficiale, sottotenente Giuseppe Verdecchia, la sua "sublime bugia": "Tenente, i rinforzi son qui, resistete fipo alla morte". Raccolto agonizzante dagli austriaci, Samoggia fu poi da costoro ricoverato in un ospedaletto da campo dove morì, venendo quindi sepolto presso il ponte di Val Torra al confine di allora. Lo stesso tenente colonnello Bignami, rimasto a Cesuna con pochi superstiti, sparando col moschetto si pose all'imbocco della caverna già colma di feriti, fino a che venne catturato mentre il sottotenente Teodoro Capocci che gli combatteva a fianco cadeva ai suoi piedi crivellato di colpi (32).

(31) Combattette a fianco del generale anche !'on. Bissolati che, sergente degli alpini, si era trovato occasionalmente, in quel momento, presso il comando della Brigata. (32) Schierati dalle pendici del Lemerle a 'l'resche Conca erano quel giorno ottocentoventisette granatieri: dei seicentosettantasette impiegati nell'azione, quattrocentosessantadue restarono morti o feriti.


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Il 3 giugno il nemico attaccò anche le posizioni del Cengio con grande superiorità di mezzi, ed i granatieri, esaurite le munizioni, adoperarono i fucili come mazze e combatterono oltre ogni possibilltà umana. Addirittura ingaggiarono con gli assalitori un corpo a corpo furioso, tanto da finire, avvinghiato ognuno ad un nemico, con il precipitare dal dirupo su] fondo di Val d'Astico, e la località s'è chiamata da allora "Salto del Granatiere''. Lo stesso comandante della posizione, capitano Federico Morozzo de11a Rocca, rifiutato di arrendersi fu fatto prigioniero (33). "Se i viveri e Je munizioni sono al di là del nemico - aveva detto poco prima - baionetta in pugno, si va a cercarli". Quando, dopo un altro scontro sostenuto sull'estrema destra dello schieramento, particolarmente dai battaglioni al comando dei maggio r i Rossi e Scappucci, la Brigata rientrò a Marostica, dei seimila suoi uomini restavano superstiti soltanto milletrecento. Venne scritto che il valore dei granatieri era stato in tutte le battaglie dell'Altipiano "leggendario" (34). La Brigata venne per la terza

(33) Sarà intitolato al "Ceng:io" (come già il I ali' "Assietta") il II Battaglione dell'attuale Brigala Meccanizzata, come si vedrà in appresso (Cap. XXXVIII). (34) Fanno fede di questo valore anzitutto le sette medaglie d'oro, quattro "alla memoria" (al sottotenente Nicola Nisco ed al sottotenente Carlo Stuparich del 1° Granatieri, al sottotenente Teodoro Capocci ed a l granatiere Alfonso Samogg:ia del 2° Granatieri) e tre a viventi (capitano Federico Morozzo della Rocca e sottotenente Giovanni Stuparich del 1° e tenente colonnello Ugo Bignami del 2° Reggimento). E poi le tante altre decorazioni conseguite da ufficiali e militari di truppa; valga qui menzionare, nell'impossibilità di elencarle tutte, le medaglie d'argento al valore militare concesse agli ufficiali (oltre a quella al generale Pennella comandante della Brigata): - del 1° Granatieri: colonnello Giovanni Albertazzi, tenente colonnello Paolo Anfossi (seconda medaglia d'argento), primo capitano Alberto Rossi (seconda medaglia d'argento), capitani Carlo Banci, Mario Damiani, Carlo Melotti (terza medaglia d'argento), Amleto Saladino, tenenti Filippo Carimini. Gino D'Eramo (terza medagHa d'argento}, Giacomo Salimbeni, Carlo Sozzani, sottotenenti Anselmo Anselmi, Osvaldo Canessa, Teodoro Capocci (seconda medaglia d'argento, seguita poi dalla medaglia d'oro alla memoria), Giannantonio Cor tese, Clemente Lins Cassinis, Pietro Ripamonti , Bruno Rizzà; - del 2° Granatieri: tenente colonnello Umberto Camera (seconda medaglia d'argento), maggiore Cesare Scappucci , capitani Emilio Galiardi, Antonio Ghera (terza medaglia d'argento), Guido Malatesta, Mario Marchi, Attilio Ruggiero (seconda medaglia d'argento), Vittorio Tonini, Giulio Visdomini (seconda medaglia d'argento), tenente Giuseppe Rorai, sottotenenti Michele Agostini d'Aquino, Attilio Bernetti , Renato Bollardi, Diego Bonfadini, Annibale Brandi, Aurelio Franchi, Vladimiro Gasparello, Fe1·nando Marcoaldi , Renato Rusca, Giuseppe Salvatore, Giuseppe Sovera, Alfonso Troysi, Giuseppe Verdecchia e Alberto Viti.

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vol ta citata nel "Bollettino di Guerra" n. 374 del 3 giugno 1916 (35). Il Capo di stato maggiore generale Cadorna ebbe ''vibranti espressioni di esaltazione della virtù dei Granatieri"; ed il generale Pennella, nel tr asmettere ai reparti tale plauso, assicurò che "dai resti gloriosi della Brigata che compì gli eroismi di Monte Cengio, di Treschè e di Belmonte , risorgerà presto la forza e l'impeto tradizionale dei granatieri", avver tendo che si sarebbe presto tornati "a percuotere indomiti il tracotante nemico" e che "bisogna attaccare sempre, senza posa. Non si vince senza attaccare" (36). F u proprio in virtù di questa resistenza che la Strafexpedition fallì (37): per cui il 4 giugno il generale Cadorna potette comunicai-e al Comando della 1!! Armata che "la situazione generale consentiva di riprender e l'iniziativa delle operazioni". Offensiva che infatti venne ripresa il 16 giugno da parte del XX Corpo d'Armata, al comando del generale Mambretti, e si sarebbe svi.Jup pata uno a l 10 agosto, quando il nemico sarebbe stato costretto alla ritir ata. "Di queste case non è rima sto che qualche brandello di muro", avrebbe scritto pochi giorni dopo, 27 agosto, Giuseppe Ungaretti in una breve poesia su San Martino del Carso. E si avvicinava l'ora di Gorizia, che - avrebbe annotato il generale Cadorna - "merita di essere annoverata tra le più importanti imprese militari del nostro Paese" . 6. - Dall'Altopiano di Asiago la Brigata Granatieri di Sardegna - u scita, come s'è detto, estremamente provata, ma subito rinsanguata da complementi in Barbano di Zocco (Vicenza) dove stette in breve

(35) Con i granatieri vanno ricordati, per aver combattuto sulle stesse posizioni, i fanti del 212°, del 141°, del 142° e tra essi il maggiore Richiardi caduto a Malga del-

la Cava; gli artiglieri della 2~ Batteria Gruppo da campagna (capitano Balocco); la '70~ Compagnia del Genio che a Cesuna perdette centotrenta dei suoi duecentocinque uomini.. Le perdite italiane furono, in quei giorni, del 67%. (36) Ordine del giorno 9 giugno 1916. (37) Lo stesso generale Cramon, rappresentante del Comando Supremo tedesco presso il Gran Quartiere Generale ausLriaco, ebbe lealmente a riconoscerlo.


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riposo - venne inviata, con nove treni, al fronte orientale sull'Altopiano Carsico dove s'era intanto accesa la sesta battaglia dell'Isonzo, e dove essa partecipò dal 6 al 10 agosto con la 22!! Divisione del VU Corpo d'Armata alla difesa del Monte San Michele nel ciglio nord-occidental e del Carso prospicente la piana di Gorizia, ed alla conquista della seconda e terza linea di trincee nemiche; dall'll al 14 agosto, alle dipendenze della 23!! Divisione della 311 Armata, all'avanzata da Cotici a Veliki Krjback e P ecinka, al passaggio del Vallone di Doberdò, all'attacco delle Quote 187 e 198 ed all'attacco dell'altura di Nad Logem; dal 15 a1 22 agosto, con la 49!! Divisione, ancora una volta ridotta a pochi superstiti, della forza di due batt aglioni, alle operazioni di riserva nel Vallone di Doberdò. N ei combattim enti dei primi due giorni si distinsero con le loro compagnie il capitano ZuccaTo, il capitano Andreini e il tenente Nardulli. Si riuscì comunque, da parte del1a Divisione, a conquistare le quattro Cime del San Michele e ad avan zare nel Vallone di Chiapovano. E quand o, il 14, la 3!! Armata attaccò su tutto il fronte e alla Brigata Granatieri di Sardegna fu affidato il compito di espugnare il Nad Logem di Velika Kriback (38) ed il Pecinka (39), se pure per allora l'obiettivo non potette essere raggiunto, si riuscì tuttavia a mantenere e consolidare le posizioni malgrado la fortissima pressione avversaria. Nei combat timenti del San Michele, del P ecinka, del Nad Logem, sostenuti dal 7 al 14 agosto 1916, la Brigata Granatieri perdette il 75% degli ufficiali ed il 50% della truppa, per un totale di tremilacinque centocinquanta uomini. I caduti furono ottocentoquarantuno, dei qu ali quattrocentotrentotto del 1° Reggimento (40) e quattrocentotre del 2° Reggimento (41 ). (38) Il Velika Kriback venne conquistato poi il 1° novembre 1916 dalle Brigate Toscana e Pinerolo, che avan zarono ti no al Fai ti. (39) Il Pecinka ve nne conquis tato poi il 1° novembre 1916 dalla l ~ Brigata Ber saglieri della 45t• Divisione dell' XI Corpo d'Armata, contro la 28° Divisione austro-ungarica de i VII Corpo. (40) Dei quali, sed ici ufficiali: tenente colonnello Stefano D'Onofrio, sottotenenti Ca· millo Antone lli , Lamberto Boffi, Bruto Catalani, Luigi Curti, Vincenzo Francavilla, Giulio Gelormini, Ennio Maddok-Stewenson, Enrico Marini, Carlo PeriJli, Pietro Pe trillo, Pietr o Rameili, Salvatore Simonelli, Tito Turchi, Alessandro Villanis, Guido Zanet ti. ( 41) Dei quali. sedici ufficia li: capitani Filippo Pizzicannella e Paolo Stivanello Gussoni, sottotenenti Antonio Agazzani, Giuseppe Campede llì, Cristiano Cos tantini, Domenico Ferretti, Armando Missero, Ernes to Morelli, Ottorino Oriundi Paleologo, Arturo Pizzera, Giuseppe Quaglieri, Raffaello Ricci, Giosafat Riccioni, Oddone Santare lli, Giuseppe Sinigallia e Carlo Ticchloni.

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Molti gli ufficiali , i sottufficiali ed i granatieri cui furono concess e medaglie d'argento (42) , altre decorazioni al valor militare, encomi e promozioni. Il comandante della 22!! Divisione generale Dabalà, nel porgere il plauso a tutti i repar ti che avevano partecipato alle operazioni (43), volle estenderlo "alla Brigata Granatieri per la salda tenace resistenza nel mantenere a qualunque costo le posizioni conquistate" (44); ed ugualmente fece il comandante della 23l! Divisione generale Gazzola (45). Anche il comandante dell'XI Corpo d'Armata generale Cigliana e il comandante della Brigata Piner olo generale Sani inviarono alla Brigata l'a ttestato del loro compiacimento per il "contegno energico e valoroso" e p er "il senso del dovere e dello s pirito di Corpo" dimostrati dai granatieri . 7. - La sesta battaglia dell'I sonzo aveva portato la 24!! Divisione italiana (generale Gatti) ad occupare Os lavia, conclu dendosi così quel ciclo di combattimenti al quale i granatieri avevano parteci pato nel marzo. La Brigata Granatieri di Sardegna si trovava ora nella condizione di dover essere per gran parte ricostit uita; e mentre un batt aglione di (42) Ven nero decorati di medaglia d'argento al va lor militare, oltre al maggior gener al e Gi useppe Pennella comandante della Brigata (seconda medaglia d'argento) ed al capitano della squadriglia aerea Fausto Pesci (terza medaglia d'argento), gli ufficiali : - del 1° Reggimento Granatieri: tenente colonnello Paolo Anfossi (terza medaglia d'argento), maggiore Rosario MusaJTa, capitani Enrico Andreini. Ferruccio Anitori, Giulio Cesare Pitloni, Luigi Silla, Giuseppe Valle, Arturo Zampaglione, Federico Zucca1·0, tenente Ugo NarduJli, sottotenenti Vince nzo Francavilla, Carlo Perilli, Giovanni Petrosino, Guido Zanetti (triestino, il cui nome di guerra era Carlo Cantoni), Umberto Zano tti Bianco; - del 2° Reggimento Granatieri: colonne llo Eugenio Graziosi, comandante del Reggimento, maggiore Aurelio De Francesco, capitani Giuseppe Laccetti, Remo La Valle, Ottorino Majoli, Giuseppe Pizzi, Filippo Pizzicannella, Paolo Stivanello Gussoni (l'ufficiale per la morte del quale Gabriele D' Annunzio avrebbe scritto una stupenda pagina che si avrà occasione di ricordare in segwto), tenenti igino L ippi, Al berto Micheletti , Gi useppe Quaglieri, Aldo Zini, sottotenenti Ferdinando Carignani, Mi chele De Finis, Domenico Ferretti, Athos Gentili, Ottorino Oriundi Paleologo, Giosafat Riccioni, Gino Ruffini, Giuseppe Sinigallia. (43) Brigate Brescia, Ferrara, Catanzaro, 379 e 47@Artiglieria, IV e VI Gruppo Bombarde, XI, XII e XXI Battaglione Genio . (44) Ordine del giorno 8 agosto 1916 prot. n. 7050. (45) Dispaccio del 15 agosto 1916 prot. n. 1401.


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ognuno dei due reggimenti veniva ritirato dalle posizioni (46), il generale Cadorna si rallegrava delle "veramente magnifiche gesta", asserendo che mai avrebbe supposto tante perdite. "È enorme! - scriveva Esse testimoniano dell'eroico valore dimostrato. Onore ai Granatieri di Sardegna!" (47). Non appena reintegrata dai complementi, la Brigata Grnnatieri fu rinviata in linea: ancora per le operazioni nel settore del Veliki Kriback e di San Grado di Merna che si svolsero infatti negli ultimi di agosto e nella prima metà del settembre. Dopo violento fuoco di artiglieria e contro un nemico fermo a difendere strenuamente le linee trincerate il 14 settembre i granatieri riuscirono dapprima a conquistare la terza linea raggiungendo la strada San Grado-Lodvika, quindi ad aggirare con i Battaglioni De Francesco e Rossi la collina cLi San Grado, infine ad occupare le varie alture dove gli austriaci cominciarono ad arrendersi, provvedendo così a liberare l'ansa di Vipacco Pri Stant, mentre nell'altro lato del fronte marciavano verso il Veliki. Tuttavia il Veliki, malgrado i reiterati attacchi fino al 17 settembre

("voglio ad ogni costo si arrivi al Veliki, sono deciso a rinnovare, con ondate successive, l'attacco anche dieci volte se occorre. In conseguenza metto a disposizione le truppe fresche del 75° Fanteria. Nella persistenza sta la vittoria", recitava l'ordine diramato dal generale Pennella), e le gravi perdite subite (48), non potette essere conquistato. Numerose medaglie di argento individuali vennero concesse per quel ciclo di operazioni (49) (svolte su] Veliki Kribach e a San Grado di Merna), oltre a molte decorazioni minori ed encomi. (46) Porsero un saluto e un elogio il comandante della 499 Divisione generale Armando Diaz (dispaccio del 21 agosto 1916 prot. n. 602) ed il comandante della Brigata Pinerolo generale Sani (dispaccio del 22 agosto, prot. n. 523). (47) Dispaccio del 22 agosto 1916, prot. n. 5635. (48) I caduti neHe operazioni dell'agosto-settembre 1916 furono quattrocentonovantacinque, dei quali duecentoquaranta del 1° e duecentocinquantasei del 2° Reggimento. Caddero de l 1° Granatieri nove ufficiali: capitano Dario Gaspardis, sottotenenti Cesare Cavaioni, Luigi Chi ti, Ernesto Cirillo, Raul Finzi, Corrado Lanza di Trabia, Filiberto Mazzantini, Alessand1·0 Reta, Giorgio Graziosi Schneider. Caddero del 2° Granatieri undici ufficiali: capitano Fausto Pesci, tenente igino Lippi. sottotenenti Luigi Calabrito, Romolo Castoldi, Ricciotti Greggio, Enrico Merlo, Antonio Mozzani, Gaetano Possenti, Giovanni Rosini, Bernando Russo, Attilio Torelli. (49) In particolare agli ufficiali generale Giuseppe Pennella, comandante della Brigata (terza medaglia d'argento), e:

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Il 3 novembre la Brigata fu messa a disposizione del XIII Corpo d'Armata e destinata parte ad Oppacchiasella (1 ° Reggimento, con il IV Battaglione a Quota 202), e parte a Palikisce (2° Reggimento). Non ci furono, dall'ottobre al dicembre 1916, azioni di gran rilievo, anche se, specialmente per j continui bombardamenti dell'artiglieria nemica, si ebbero ancora notevoli perdite nella zona di Oppacchiasella, Hudi Log e Palikisce (50). I giorni 18 e 19 novembre i granatieri seppellirono i loro morti. Poi la Brigata, lasciata la 23!! Divisione (51), passò alla 4 7\ il cui comandante generale De Bernardi, conoscendo ]e dure prove che essa aveva sostenuto, volle concederle un breve periodo di riposo (52). Intanto, il comando della Brigata venne assunto dal colonnello Giovanni Albertazzi (53). L'anno 1916 si chiuse con un telegramma alla Brigata del Capo di stato maggiore dell'Esercito generale Luigi Cadorna, che comunicava come il Re avesse motu proprio concesso alle bandiere dei due reggimenti la medaglia d'argento con la seguente motivazione: "Durante

- de l 1° Granatieri: maggiore Riccardo Dina, capitan i Gino Galli del Drago e Carlo Melotti (quarta medaglia d'argento), Lenenti Raul Finzi, Vincenzo Isacco, sottotenenti Luigi Curti, Corrado Lanza di Trabia, Costanzo Montani, Alberto Pellegri, Sisto Sesti; - del 2° Granatieri: colonnello Eugenio Graziosi (seconda medaglia d'argento), maggiore Alessandro Fe1,·ari, capitano Fausto Pesci, della squadriglia aerea (quarta medaglia d'argenLoJ, tenenti Vittorio Compagnano, Vito Coen (seconda medaglia d'argento), Giovanni Paleschi, Antonio Spina, sottotenenti Benedetto Barra, Antonio Mozzani, Carlo Radicati, Gino Ruffini (seconda medaglia d'argento). (50) Caddero Lra gli altri, del l O Granatieri dodici ufficiali. capitani Luigi Ottavi, Emilio Baseggio, Giovanni Cioni, Umberto De Martino, Giuseppe Gentili, sottoLenenti Giuseppe Anfossi, Ermanno Baccaglioni. Giovanni Malerba, Alberto Manzi, Saverio Russo, Vincenzo Tartaglia e AlberLo Zanobini, oltre a duecentocinquanta sottufficial i e granatieri; e de.I 2° Granatieri tre ufficiali, tenenti Augusto Della Seta e sottotenenti Ubaldo Battaglia e Ottorino 'lì·aballi, oltre a centoventisette sottufficiali e soldati: in totale trecentonovantadue. Tra le decorazioni concesse, le medaglie d'argento al valor militare agli ufficiali: maggior generale Giuseppe Pennella (quarta medaglia d'argento). capitano Carlo Melotti (terza medaglia d'argento) e sottotenente Giuseppe Anfossi. (51) Un caloroso commiato fu porto dal comandante la Divisione generale Gazzola (nota del 3 novembre 1916, prot. n. 3099). (52) Dispaccio del 6 novembre 1916 prot. n. 1924. (53) ll generale Pennella rivolse un commosso commiato con ordine del giorno del 13 dicembre 1916. "Dovunque sentirò vibrare più alta la nota di valore - scrisse egli tra l'altro - ivi sarò certo che sono ad operare i miei Granatieri''.


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piĂš di un anno di guerra (giugno 1915-agosto 1916) segnalandosi a Monfalcone, sul Sabotino, ad Oslavia, sull'Altipiano Carsico, hanno ognora dimostrato di essere degni delle secolari tradizioni" (54).

(54) Bollettino Ufficiale 1917, Dispensa l '.


CAPITOLO IV

I COMBATTIMENTI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE NEGLI ANNI 1917 E 1918

1. - L'anno 1917 trovò la Brigata Granatieri di Sardegna nei propri alloggiamenti (il 1° Reggimento a Pradamano e Cargnacco, il 2° a Cu ssignacco e Terenziano), impegnata alla propria ricostituzione: da dove, però, venne già il 3 gennaio posta a disposizione della 2~ Armata, ad eccezione del I Battaglione del 2° Reggimento (ventidue ufficiali e novecentocinquanta uomini di truppa) passato a disposizione della Piazza di Gorizia. F ino al 4 febbraio la Brigata tenne quindi il fronte che già era stato della 43n Divisione, provvedendo alle opere di assestamento e di piccola guerra, giusta un'espressione allora usata (1). Quindi il 26 marzo, per or dine del Comando Supremo, ridusse la forza delle proprie compagnie da duecentocinquanta a duecento uomini, costituendo con i granatieri esuberanti un VII Battaglione che fu accantonato ad Orgnano. In quel mese sia il comandante della Zona di Gorizia che il comandan te della 1211 Divisione, passando in rivista la Brigata, manifestarono, con il loro compiacimento, la fiducia che la realizzata preparazione avrebbe trovato "piena conferma nei prossimi cimenti" (2). I quali, invero, non si fecero attendere. E furono, dal 21 maggio al 22 settembre, le sanguinose offensive del Carso nel settore J arniano,

(1 ) 'J'ra l'altro, la 10~ Compagnia del 2 Reggimenlo fu impiegata, alle dipendenze del Comando del 3 10° Gruppo Zappatori, dal 1° al 12 marzo, nei lavori di difesa, riportando l'elogio del comandanle del Gruppo, capitano Govotti. (2) Cfr. l'Ordine del giorno del 24 marzo 1917 prol. n. 1063 del comandante della Brigala, colonnello Albertazzi.


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a Selo, a Fornaza, sulle Quote 219, 235 e 241, attraverso le quali la Brigata potette avanzare poi verso l'Hermada, sulla direttnce di Trieste. Non è possibile riferire, nell'economia della presente trattazione, tutte le fasi di tutti i combattimenti che i singoli reparti dei due reggimenti - post1 ad un certo momento alle dipendenze l'uno della Brigata Mantova e l'altro della Brigata Padova - dovettero sostenere a partii-e dal 24 maggio, secondo anniversario dell'entrata in guerra, anzilulto per la conquista veramente sofferta delle Quote 219, 235 e 241. di quest'ultima specialmente, più volte conquistata e perduta (3). Basti dfre che soltanto nel detio giorno il solo 2° Granatieri perdette. tra morti e feriti, ventotto ufficiali e millecentosessanta uomini di truppa; morirono tra gli altri il tenente Vincenzo Rocca alla testa della sua compagnia, meritando la medaglia d'oro (la nona concessa a granatieri), e il tenente Giorgio Romoli Reiss, triestino (mentre suo fratello Guglielmo restò ferito>, e molle compagnie restarono senza ufficiali, al comando di aspiranti ufficiali, o furono complelamc.>nte annientate. Si era anche disposto, 1126 maggio, che pur così ridotto il reggimento avanzasse su Selo e Quota 247: ma l'ordine dovette essere sospeso per 1'impossibilità materiale di quei reparti di compiere, in quel momento e com'erano ridotti, qu::rlsiasi azione offensiva. Dopo un tentativo del nemico, il 30 maggio, contro il fronte del 1 ° Granatieri, da questo respinto, fino al 2 giugno non ci furono operazioni di rilievo. Ma il 3, dopo un forte fuoco di artiglieria, gli austriaci attaccarono in forze. Il contrattacco dei granatieri, effet.Luato anche con bombe a mano ed all'arma bianca, fu tale. che il nemico dovette ritirarsi, "lasciando ai reticolati e di fronte alle nostre trincee mucchi di cadaveri" (4). Finalmente, la notte sul 5 giugno la Brigata fu ritirala dalla prima linea, dalle aspre posizioni costate fino a ll ora complessivamente tremila uomini. Ma ancor prima che trascorresse un giorno, erano trascorse appena diciannove ore, il 1° Reggimento, che si era raccolto in loca lita Casa Boneti, dovette essere inviato di urgenza, 6 luglio, a rioccupare le Quote 219 e 235 che nella notte gli austriaci avevano riconquistalo: (3J Per i maggiori del.I.agli di luUc le operazioni della prima guerra mondiole si veda: MUSEO STORICO DELLA BRIGATA GRANATIERI. 1 Granatìen di Sardegna nella Grrrncl<' Guerra 1915 1918, Roma, 19!37. (41 Cfr. a pag. 1!)41 l'Op. ci(. a nola precedente.

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ed il 1° Granatieri , con un attacco rabbioso, in "mischie convulse" come sarebbe stato scritto, se le riprese. ~urono imprese, quelle dei due Reggimenti Granatieri nel maggio~ugho 1917 nella Regione Fornaza, a Quote 235 e 219 il 1°, a Quota 241 0 il ~ , che v~ra_m~nte rinverdfrono "di novella gloria le fiere tradizioni de1 Granatieri d1 Sardegna", come si legge nelle motivazioni delle due medaglie d'oro concesse alle loro bandiere (5). La ser~ del 15 luglio la Brigata partecipò ad un'azione offensiva per consolidare l~ posizioni attorno alla Quota 241, operazione nella quale furono particolarmente impiegati il II Battaglione del 2° Reggimento al comando del maggiore Giunta e poi una compagnia del Battaglione Ardissone del 1°. Il 19 luglio la Brigata fu ritirata in zona di riposo dove restò fino al 13 agosto: ed ivi il 5 agosto il duca d'Aosta, comandante della 3!! AJ·m~ta, v?lJe personalmente consegnare, al cospetto della Brigata in armi , le_ ncompen~e al valor militare agli ufficiali ed ai granatieri ·che magg1?rme~te si erano dfatinti nella cruenta battaglia (6), dicendosi orgoglioso d1 decorare i "rossi Granatieri di Sardegna".

(5) Si vedano tali motivazioni alla fine del capitolo. 16) Oltre allo medaglia d'oro alla memoria ul sottotenente Vincenzo Rocco venne-

ro cons?gn~te decorazioni d'ogni specie ad ufficiali e soldati. Gli ufficiali insigniti di ~edaglia d argento_ al ~a lor militare furono settantadue: colonnello Giovanni AlbertazZI_(se~onda medaglia d argento): tenenti colonnelli Alessandro Ferrari Iseconda medaglia ,d argento) ed Emidio Spinu.cci, ,cappellano don Giovanni Rossi, maggiori Aurelio D? Fra_nces~o (~econda mcdaglt~ d ~rgent.o), Giacomo Fe1Tari di Ca rpi o Giuseppe :un~a. cap1tan1 Salvato1·c. Al~ss1, Sisto Boglione, Rodolfo Bolognesi, Vladimiro Bono L ~d.ico), An~elmo Bozzom. Giuseppe Follino, Augusto Franchini, Roberto G1anolio, e wgi I~negh1, ~emo ~a. Valle _<seconda medaglia d'argento), Umberto Lombardo, EnrizolLugJi, ~tonio TuriJh I medico), Luigi Zavaglia; lenenti Emilio Acerbi, Ol'tensio Ban· p~ a, Mano .Bon:clJa. Cado ~ou1:bon del Monte, Marco Celentani, Giovanni Ciomini, O r.-i Dc P_auhs, G1an~arlo Do:-;1. Giuseppe Ferrando. Vittorio Giambacciani, Luigi Hemeler, Giacomo J_anin, Andrea Leto, Domenico Locatelli, Giulio Lorcnzini, Guido Lugli la:spar~ Mauc.e•:•· Alfredo ~olmi.eri, _Savi ~o Paolucci, Cesare PascoleUi, Demetl'io Pel~ mo' L~c1~no P1zza~1 Casaccia, G1~rg10 R~1ss (nome di guerra Romoli, medico I, Guglield' Reiss (nome di guerra Rom~h), Achille Rosati, Guido Saviotli (seconda medaglia _argento), Francesco Traballoni: sottotenenti Aristide Abbina Galliano Amodco L ·~~~a.rbera, .R~na~o Baronis, E:lio Cavalieri, Francesco Gamba;·otta, Mario Gal.ti: G~~Let ni _Guanm, Giusepp_e rlaus~ann <seconda medaglia d'argento), Vincenzo Jacono, L .t~rio L~ Rocca. Ennco LnVJosa. Cesare Magi, Mario Masciangelo Alessio Nava d:igi N?rgia, G~ovanni Paola, Mani io Pistolesi, Renzo Rea, Vincenzo Ribecchi, Fernan~ Rossi, Gualtiero Sesti lii, Luigi Simconi, Riccardo Sinibaldi e Dario Tummaiwlli.

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"Da tre secoli - disse- dove più acceso fu il bagliore delle armi, dove più ardua fu la lotta , maggiore il pericolo, fiammeggiaro~o ~ vos~ri belli alamari che nel rosso vivo dello sfondo sono segnacolo d1 v1ttona, nel bianco affermazione di fedeltà"; e disse: "Granatieri di Sardegna, sulle vostre bandiere stanno i ricordi cli venti guerre eroicamente combattule, splende una storia non interrotta di abnegazione, di onore, di valore''. 2. - Poi, dal 17 agosto al 12 settembre, deflagrò l'undicesima battaglia dell'Isonzo, quella della Bainsizza: e all'alba del 19, d_opo l_e azioni preparatorie, la Brigata Granatieri di Sardegna, ancora in pnma linea scatlò all'attacco, raggiunse ed oltrepassò, "furente e sanguinante;' (7), Selo, e arrivò ai piedi dello Stari Lovka, il punto più avanzato allora toccato dalla 3t1 Armata sul Carso (8). Anche in questo ciclo di operazioni il numero dei caduti e feriti fu enorme. cinqtianta ufficiali, circa millecinquecento soldati. Il portaordinc Agostino Setti, un contadino del pavese, s'ebbe la medagJia d'oro "alla memoria" per essersi offerto di portare un ordine e per avere adempiuto all'incarico benché colpito a morte, trascinandosi lungamente a terra con l'ordine serrato tra i denti. Il "Bollettino di Guerra" n. 819 del 21 agosto 1917 citò ancora la Brigata Granatieri di Sardegna. Alcuni reparti di questa furono quindi impiegali in operazioni di piccola guerra, come ad esempio quelle per l'avvicinamento della l~nea delle vedette sul fronte orientale di Selo effettuate dal II Battaglione del 2° Reggim ento al comando del maggiore Magrì , che conseguì importanti risultati. Il comandante della 3@ Armata, duca d'Aosta, inviò in proposito, il 22 novembre, una lettera al Comandante della Brigata, nella quale celebrava "il valore dei bravi Granatieri, sempre primi nel più aspro ci(7) Così ricordava una colonna votiva erelta successivamente in quel luogo, poi spezzata dagli Jugoslavi e recuperala u pezzi n?l 196_7 dai gr~n~Li:ri in conge~o di Go· rizia: un cimelio conservato oggi nel Museo Slonco dei Granat1en d1 Sardegna 10 Roma. (8) Il comandante della 3' Armata generale Emanuele Filiberto di Savoia rivolse l'elogio al reparto (dispaccio prot. oper. n. 8090 elci 27 settembre 1917 al com~ndan~c del XXIII Corpo d'Armata generale Armando Diaz, da questi Lrasmess_o con d1s~acc10 prol. n. 2958 del 28 settembre). Lo stesso generale Diaz Lributò u1~ elogio a_ q_uantt ave· vano ~studiala e preparala in tutti i suoi particolari e condotta poi con per1z1a ed energia~ l'ardita operazione.

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mento", ed auspicava che ''il sole della vittoria splenda sempre più radioso sulle vecchie provale bandiere". Una espressione, questa, che il comandante della Brigata, colonne1lo Gastone Rossi succeduto proprio a11ora al generale Albertazzi, si affrettò ad indicare alla truppa, con lieve adattamento ("All'ombra delle vecchie provate bandiere") come un fatidico motto, segno di duratura promessa (9). Anche per le azioni individuali compiute nella baltaglia della Bain sizza, agoslo-settembre 1917, vennero conferite decorazioni, oltre alla ricordata medaglia d'oro al granatiere Agostino Setti del 1 ° Granatieri (10). Nell'intero ciclo delle operazioni sul Carso dal maggio al settembre 1917 morfrono millecentoquarantatre granatieri, dei quali cin quantatre ufficiali (11). (9) Cfr. dispaccio n. 3779 del 29 settembre del Comando di Brigata ai reparti, trasmesso per conoscenza anche al Museo Storico della Brigala ed a ll a Associazione Nazfonale Ex GranatiC'ri. C10) Fu questa la decima medaglia d"oro concessa a granatieri della Brigala. Furono decorati di medaglia d'argento al \'alor militare i seguenti ventisette ufficiali: tenenti colonnelli Aurelio De Francesco (terza medaglia d'argento ) e Nicolò Giacchi (seconda medaglia d'argento}; maggiori Giacomo Ferral'i di Carpi (seconda medaglia d'argenlol. Giuseppe Gallinelli, Giuseppe Giunta (seconda medaglia d'argento>. capitani Enrico Andreini <seconda medaglia d"argenlol, Aurelio Bozzoni (al quale furono allora conferile due medaglie d'argento). Umberto Campoletli, Giulio Dc Angelis, Gino Galli del Drago (seconda medaglia d'argento), Camillo Ravizza, Luigi Silla (seconda medaglia d'argento), Federico Zuccuro (seconda medaglia d'argento}, tenenti Carlo Cocco, Giovanni Cortesi, Aldo Ferrari, Oreste La Stella, Giulio Lega, Alfredo Morea, Felice Pigozzo, Bartolomeo Polverosi. Alberto Viti (seconda medaglia d'argento); sottotenenti Giovanni Ariis, Mano Orefice. Mario Pagani, Ugo Viola, Giovanni Winspeare (medico}. ( ll ) Del 1° Reggimento Granatieri morirono ventinove ufficiali: capitani AUilio Carecchio, Remo La Valle, Camìllo Ravizza, Ciro Urbinati; tenenti Carlo Bourbon del Monte, Giovanni Cortesi, Pio De Paulis, Adalberto Garroni, Gim;eppe Hausmann, Enrico Zacchei e Giorgio Reiss Romoli Cmedicol: sottotenenti Clemente Amati. Saverio Barelli (medico), Alberto Calvelii, Antonio Gargotta, Salvatore Gernrdi, Enrico Laviosa, Cesare Lorenzini, Gennaro Malatesta, Tommaso Miccolis, Francesco Monti De Luca, Ca1·lo Motta, Mario Orefice, Mario Pagani, Manlio Pistolesi , Giuseppe Douglas Scotti, Severino Tabarroni, Antonio Vitale, Pasquale Vona. D~l 2° Reggimento morirono ventiquattro ufficiali: capitani Salvatore Alessi, Sisto Boghone, Vladimiro Dono, Francesco Lotta, Giacomo Modena; tenenti Menotti Casoria, Vittori o Gambacciani , Giuseppe Mariscoui, Giovanni Paloschi, DcmcLrio Pellas, Renzo Rea, Vincenzo Rocco, Enrico Vincenzini, Alberto Viti; sottotenenti Natale Cella, Domenico Colaulti, Mario Galli, Luigi Genga. Letterio La Rocca, Mario Masciangelo, Alessio Xava, Mario Salon, Augusto Viola, Giovanni Wispeare.


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3. - Poi fu Caporetto: la dodicesima battaglia, nel novero delle battaglie dell'I sonzo, durata dal 24 ottobre al 10 novembre 1917, col ripiegamento dal Carso al Piave. Hindemburg, capo di stato maggiore tedesco, ha scritto che consentì l'attacco contro l'Italia perché il suo alleato austro-unga rico "non avrebbe più avuto la forza di resistere ad un dodicesimo attacco sul fronte dell'Isonzo". A Caporetto si trovarono la 2" Armata (generale Capello, poi sostituito dal generale Montuori) con i Corpi d'Armata IV, XXVII e VII, contro la 14!! Armata germanica (von Bulow) ed i Corpi d'Armata I Austroungarico (Krauss), III Bavarese (Stein), Alpenkorps, Tutschek LI germanico (von Berrer) e XV Austro-ungarico (Scotti). Il fronte fu rotto a Plezzo e sulle pendici del Mrzli e del Vodhil, nonché sulla destra dell'Isonzo, ed una colonna tedesca puntò su Caporet.to. Il nemico conquistò Kolokrat e Globocnk, arrivò allo Sto!, avanzò in Val Natisone. Val Judrio, Valle Uccea, fino ad occupare Cividale. La ritirata italiana dei resti della 211 e della 3:1 Armata fu inevitabile, con ripiegamento prima sul Tagliamento, poi sul Piave: una ritirata tuttavia abbastanza ordinata, specialmente per quanto riguarda la 311 Armata, con combattimenti di retroguiudia, e terminata il 9 novembre sulla nuova linea Grappa-Montello-Piave, che resse e portò a I vincere la battaglia d'arresto del 10-26 novembre 1917. Nel contesto della ritirata un particolare contributo fu portato il 30 ottobre nella zona di Ponte della Delizia sul Tagliamento da due battaglioni di Granatieri di Sardegna, il Battaglione complementare della Brigata e il Battaglione "di marcia" del 2" Reggimento, unitamente ad altri reparti, tutti della 3!! Armata. Benché fossero due battaglioni formati da uomini non più giovanissimi (delle classi 1878, 1879 e 1880) e già decimati dalle precedenti vicende belliche (l'organico era ridotto a non più cli 230-240 uomini), furono attestati su un fronte di oltre tre chilometri, da Madonna di Loreto al Ponte sul Tagliamento: votati coscientemente al sacrificio per consentire alla 3" Armata di arretrare ordinatamente su nuove posizioni, e con l'ordine di sostenere ad ogni costo l'urto nemico, malgrado l'inferiorità di numero e l'inadeguatezza della potenza di fuoco rispetto a quella dell'avversario.

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Dopo una resistenza estrema dalle 7 alle 10 del mattino, alla ri~resa del co~battimento il ponte centrale, ferroviario, fu fatto saltare, 1 due laterah, a sud e a nord, vennero incendiati. Il Comandante della Piazza generale Agliardi ebbe a riferire poi nella sua relazione: "La parte migliore della truppa a disposizionC' si dispose a difesa del Settore Nord (quello dei Granatieri ) perché da informazioni dirette e indfrette era stato accertato che la pressione maggiore esercitata dal nemico premeva da nord-est I ... ]. Speciale attenzione venne pure rivolta allo sgombero delle strade adiacenti al Ponte della Delizia, essendo stati i Battaglioni Granatieri ed il Battaglione Allievi Ufficiali (Scuola di Campolongo) accerchiati da forze soverchianti tanto da lasciare nelle mani nemiche una buona parte dei propri effettivi". La Brigata Granatieri di Sardegna fu per la quinta volta citata sul "Bollettino di Guerra" del Comando Supremo n. 896 del 6 novembre 1917. Come la Brigata GJ·anatieri abbia effettuato la ritirata dall'Isonzo al Piave, cornposlarriente, lentamente, ritardando con combattimenti a:·dimentosi l'inseguimento nemico. lo testimonia tra l'altro il dispaccio del 4 no, embre 1917 del XIII Corpo d'Armala, che qui si riproduce: "Necessità imprescindibili di guerra impongono uno schieramento più arretralo: si pensi che per quanto sia doloroso questo provvisorio sacrificio di altra zona di terra italiana è però Il solo mezzo per non cadere preda definitiva dello straniero. "Io che ho avuto la fortuna di combattere con voi, soldati del XIII Corpo d'Armata, fieri ed imperterriti di fronte all'imbaldanzire del nemico per un successo insperato, mantengo tutta intera la fede che l'Italia, fatto argine sicuro all'avanzata nemica, troverà la rivincita nella santità della sua causa divisa dagli alleati già schierati sul Piave e nella sua forza. "Ieri ho veduto passare la Brigata Granatieri in tale ordine e con tale fierezza militare che il mfo cuore di italiano ha esultato, e mi son detto: Finché l'Italia ba di tali soldati il nemico non potrà gridare vittoria! "Soldati del XIII Corpo d'Armata, siate voi pure esempio di questa forza in questo grave momento: sarà questo il più grande conforto che potrete dare alle popolazioni in mezzo alle quali dovrete passare. "Abbiate fede in me come io la mantengo in voi".


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Ossia, nelle tragiche circostanze di tempo e di luogo, nel momento doloroso dell'esercito in ritirata, esempio di forza, di coraggio, di militare dignità, i Granatieri di Sardegna con la loro disciplina (interna, ancor prima che dei ranghi), con la loro fierezza. E con il loro impegno di guerra, di combattimento, ancora. Combatterono infatti: sul Tagliamento, sulla Livenza, sul Monticone , sul Piavon. Nel combattimento cli Lestizza del 29 ottobre e nel combattimento del 30 ottobre avanti al Flambro (Udine) il 2° Reggimento fu ancora una volta superbo, lo stesso suo comandante colonnello Emidio Spinucci scambiò con la vita l'ultima delle medaglie d'oro, l'undecima, riservate ai granatieri nella prima g1,1erra mondiale, e accanto a lui cadde il tenente Mario Baistrocchi, medaglia d'argento. Il "Bollettino di Guerra" n. 909 del 19 novembre 1917 fece la sesta citazione della Brigata Granatieri di Sardegna. 4. - La Brigata Granatieri di Sardegna giunse sul Piave con i suoi superstiti, pronta ancora una volta ad essere reintegrata dalle nuove leve per 1~ prima linea: questa volta i "ragazzi del 99", appena diciottenni. Unitamente alla Brigata Pinerolo (generale Perris), la Brigata Granatieri attaccò quindi più volte, dalle trincee del Piave, le formazioni nemiche nell'Ansa di Zenson - il 13, il 14, il 19 novembre, il 4 dicembre (12) - tanto che alla fine de] dicembre gli austriaci, sotto la continua pressione, lasciarono libera la sponda destra del Piave. Il duca d'Aosta, comandante della 3" Armata, il 25 novembre ebbe ad inviare un elogio al generale Rossi, "prode comandante dell'eroica Brigata che tanta tenacia e spirito di sacrificio ha dimostrato ovunque e sempre". E. il generale Bernardi, comandante della 47~ Divisione, nel salutare la Brigata Granatieri che si trasferiva in altra zona (13), si disse "veramente spiacente" di vedere allontanarsi "le belle truppe che non smentiranno la fama acquistata" (14). Il 26 novembre la Brigata fu ritirata dalla prima linea ed inviata nei pressi di Meolo (1° Reggimento) e di Casa Gradenigo (2° Reggimento). <12) Il generale Sani, comandante del XIII Corpo d'Armata ringraziò il Comando ciel 2° Reggimento per il valido concorso prestato in queste azioni alla Brigata Pinerolo, ad esempio dalla 63 Compagnia (dispaccio del 19 novembre 19171. (13) A sostituirla arrivò la Brigata Sesia. ( 14) Dispaccio del 12 dicembre 1917, n. prot. 880 R.S ..

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Quindi, fino al 9 dicembre, essa provvide a riordinarsi, pur impegnandosi in lavori di rafforzamento. Il 9 dicembre il 2° Reggimento ebbe l'incarico di occupare la testa di ponte di Caposile. Nelle azioni dall'Isonzo al Piave nell'ottobre e nel novembre 1917 i granatieri caduti furono duecentocinquantuno, dei quali centoundici del 1° (15) e centoquaranta de] 2° Reggimento (16). Oltre alla medaglia d'oro "alla memoria" al colonnello Emidio Spinucci , furono concesse numerose medaglie d'argento aJ valor militare, medaglie di bronzo, croci di guerra ed encomi (17) . 5. - Il 1° gennaio 1918 il duca d'Aosta rivolse un discorso alle truppe della sua 3!! Ai·mata, che fu di saluto e di vaticinio: il voto fatto all'inizio della guerra di "liberare le patrie terre invase ed i fratelli oppressi" era più che mai nel cuore di tutti, "dopo il triste ripiegamento, dopo il fermo resistere", ed i Caduti del Carso, lasciati "con rovente rammarico", costituivano "il pegno della riscossa". L'inizio dell'anno trovò il 2° Granatieri in linea sulla testa di ponte di Caposile ed il 1° Granatieri di riserva nei pressi di Meolo (18). E fu proprio il 2° Granatieri a dare inizio a quella riscossa quando il 14 gennaio il suo II Battaglione al comando del capitano Reina svolse un'azione offensiva per allargare la testa di ponte nel tratto nord fino a raggiungere l'Ansa di Castaldia. (15) Gli ufficiali caduti del 1° Reggimento furono quattro: sottot.enenti Emico Appendino. Giuseppe Carmi nati, Giuseppe Sinigallia e Giovanni Tedeschi. (16) Gli ufficiali caduti del 2° Reggimento furono nove: colonnello Emidio Spinucci; capitano Enrico Fraschetti: tenenti Mario Baistrocchi ed Ennio Ferrari: sottotenenti Mario Bruno, Giovanni Chierici, Augusto Maestri, Adolfo Muratore e Tommaso Stradaioli. (171 Vennero decorati con medaglia d'argento al va lor mil.itare gli ufficiali: teneute colonnello Lorenzo Villoresi; maggiori Carlo Viale e Giuseppe GallinelU (seconda medaglia d'argento>; capitani Enrico Andreini (seconda medaglia d'argento), Giulio De Angelis (seconda medaglia d'a1·gento), Tommaso Latini (seconda medaglia d'argento), Federico Magri (seconda medaglia d'argento), Sergio Olper; tenenti Mario Baistrocchi, Luigi Bruno, Giacinto Domini, Francesco Maria Guardabassi, Pasquale Lissoni, Elia Persichelli; sottotenenti Ennio Fei-rari, Aldo Montagna; cappellano don Luigi Quadri. Una medaglia d'argento venne conferita anche al maggiore dei lancieri Pio Brugnoli comandalo a l l O Granatieri. (181 Il 6 gennaio 1918 il generale Petilli comandante del la 28 9 Divisione nel salutare "i valorosi" che alle sue dipendenze avevano difeso la linea del Piave, nominò il uglorioso 1 ° Reggimento Granatieri che, con la sua Brigata, conosce tutte le aspre battaglie dalrAlpi al Carso, e con rinnovate energie attesta ovunque con indom ito coraggio e mirabile slancio l'eroica fibra dei suoi militi" (d ispaccio n. prot. 37 Ris. ).


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Fu un'azione che provocò notevolì perdite ma che con i suoi reiterati attacchi e contrattacchi ebbe successo, tanto che lo stesso comandante della 3!! A1·mata parlò, in un suo fonogramma, di "brillante esito dell'azione dovuto alla bravura dei reparti del 2° Granatieri e all'artiglieria" e il comandante del XXIII Corpo d'Armata generale PetHti trasmise con il suo personale encomio (19). Anche il forte contrattacco che il 16 mossero gli austriaci potette essere sventato, soprattutto per la capacità del capitano Reina e del tenente Pellecchia, comandante della 1!! Compagnia, caduto sul campo; e se pure le nostre perdite furono rilevanti. maggiori furono quelle del nemico. Si trattò ad ogru modo di una azione molto importante. Il "Bollettino di Guerra" n. 968 del 17 gennaio 1918 ne diede notizia attestando che "la lotta, estremamente violenta ed accanita, venne sostenuta con grande fermezza e valore dal 2° Granatieri" e da repa1·ti di bersaglieri ciclisti appoggiati da11'art,iglieria (20); il duca d'Aost.a inviò da1 Comando della 3'1 Armata l'elogio ai granatieri che "col consueto slancio" avevano fiaccato la resistenza avversaria; il comandante del Corpo d'Armata e quello della 61'' Divisione unirono il loro plauso; ed infine. Io stesso Capo di stato maggiore dell'Esercito, il generale Armando Diaz succeduto al Cadorna, inviò "l'espressione del sentito compiacimento". La premiazione degli ufficiali e dei granatieri che più si erano distinti nell'azione di Caposile fu effettuata solennemente in Treviso il 27 gennaio alla presenza del duca d'Aosta (21).

(19) Rispettivamente Dispaccio n. 424 Op. del 14 gennaio 1918; e Dispaccio n. 249 Op. del 15 gennaio 1918. li comandante della 6P Divis ione generale Cicconetti rivolse un elogio al capitano Rcina ed ai suoi granaLieri (Dispaccio n. 237 Op. del 18 gennaio 1918). Reina è quegli che poi accompagnerà Gabriele O-Annunzio a Fiume <Cfr. Cap. seg.J. Si veda anche in proposito: ENZO CATALDI. D'Annunzio, Firenze Atheneum, Firenze, 1990. (20) Fu la settima ed ultima citazione della Brigata Granatieri di Sardegna nel "BolleLLino di Guerra" del Comando Supremo dell'Esercito. (21) Furono decorati con medaglia d'argenLo al valore miliLare i seguenti ufficiali : maggior generale Gastone Rossi: tenente colonnel lo Lorenzo Villoresi (seconda medaglia d'argenLo ); capitano aiutante maggiore Tommaso Latini (terza medaglia d"argento), capitano Ca!'lo Reina (era un ufficiale del 16° Reggimento CavalJeggeri comandato al 2° Granatieri), capitano Giuseppe Rorai (seconda medaglia d'argento: quegli che nel 1923 coronerà la sua vita di soldato, in Africa, con una medaglia d'oro); lenenU Fulvio

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I mesi di febbraio e di marzo trascorsero senza che da ambo le parti si svolgesse attività bellica di rilievo, anche in conseguenza della temperatura rigidissima, della pioggia persistente e della nebbia, tanto che a causa di una improvvisa piena del Piave sul fronte del 1 ° Granatieri un gruppo di tre ufficiali e di settanta gregari restò per un certo t empo tagliato fuori dal resto del Reggimento . L'intero ciclo di operazioni nel settore di Caposile, che si era ini ziato nel dicembre dell'anno avanti e concluso in quel marzo 1918, era costato ad ogni modo alla Brigata Granatieri di Sardegna, a parte i m oltissimi feriti ed i dispersi, ben cinquecentottantaquattro caduti, dei quali duecentoventisei del 1° e trecentocinquantotto del 2° Reggimento (22). 6. - Il 27 marzo la Brigata passò alle dipendenze della 1@ Armat a, trasferendosi nel Veronese, il che provocò il rammarico di Emanuele Filiberto di Savoia comandante della 3~ Armai.a che, nel 'saluto e nell'augurio alle sue truppe per la Pasqua, espresse il rimpianto per non averla più alle proprie dipendenze ("invano l'occhio stamane -disse nel suo discorso - cercava fra i più temprati soldati della 3~ Armata i valorosi Granatieri di Sardegna") (23); ed appena pochi giorni prima il comandante dell'XI Corpo d'Armata Adalberto di Savoia aveva asserito di aver "l'animo pieno di orgoglio di aver veduto questa mane un Reggimento delle Guardie" (aveva visitato infatti il 2° Granatieri) . Una volta nel Trentino la Brigata venne visitata il 30 maggio dal pr esidente del Consiglio dei ministri Vittorio Emanuele Orlando (24). Trasferita il 3 giugno a Ferrara di Monte Baldo ed il 20 a Castelfranco Veneto, ebbe in particolare impiegati i suoi reparti zappatori Ballisti. Lorenzo Calvi, Angelo Cavallotti. Vito La Monica, Domenico Locatelli (seconda medaglia d'argento ), Mario Pellecchia, Alberico Torran i; sottotenenti Aristide Abbina (seconda medaglia d'argento), Francesco Boselli, Antonio Crunarelli, Carlo Colet· ti, Bruno Taddei. (22) Di essi, quattro ufficiali del 1° Granatieri: tenente Antonio Giacchetti e sottotenenti Fabrizio Fabbrini, Guido Obè e Pietrn Tassi; e undici ufficiali del 2° Granatieri: tenenti Angelo Cavallotti, Armando Davoli, Mario Pellecchia, Silvio Resnati, Alberico Torrani; sottotenenti Domenico Bassi, Michele Bozzo, Carl o Coletti, Domenico Mignani, Giuseppe Pronino, Alessandro Sacchi. (23) Riportato dalJ'Ordine del giorno 9 apri le 1918 del 2° Granatieri. (24) Ordine del giorno 31 maggio 1918 del 2° Granatieri.


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nei lavori in Val Posina per la costruzione della linea a difesa ad oltranza del X Corpo d'Armata (25). Si svolse quindi, tra l' 1 ed il 6 luglio, la vittoriosa battaglia dei "Due Piave". Il 26 giugno 1918, a mezzo autocarri, la Brigata ritornò sul fronte del Piave venendo lo stesso giorno passata in rivista dal duca d'Aosta. Nel novembre de ll'anno avanti gli austriaci avevano occupato il Del ta del Piave, tra Piave Vecchio e Piave, spingendosi fino al corso del Sile. I ntervenuta la seconda battaglia del Piave, svoltasi dal 15 al 20 giugno (26), iJ Gruppo di Armate austro-ungariche (Gruppo Boroevic) era stato costretto a ripassare sconfitto il fiume, ma nel settore del Delta la situazione era rimasta immutata e gli austro-ungarici non solo non si erano mossi ma minacciavano Venezia. E fu allora che il 1° luglio il XXIII Corpo d'Armata italiano lanciò l'offensiva contro il XXIII Corpo d'Armata austro-ungarico attestato nel Delta. Il Corpo d'Armata italiano, del quale era passata a far parte la Brigata Granatieri di Sardegna, combattè in quell'agosto per cinque giorni una lotta durissima tra gli acquitrini, facendo duemilanovecento prigionieri, togliendo agli austriaci venti cannoni e sedici bombarde, e respingendo il nemico oltre il fiume: risultato di grande importanza perché per l'appunto eliminò definitivamente la minaccia austriaca verso Venezia. Tanto fu l'impeto della Brigata Granatieri che lo stesso nemico la definì "brigata d'assalto". Furono continui attacchi e contrattacchi che i granatieri effettuarono - venne scritto - con "spirito di aggressivjtà senza limiti". La Compagnia arditi del capitano Zavagli, "con la baionetta fra i denti, colle bombe a1la mano, precedeva, colpiva, dilagava" (27). Il terreno fu presto coperto di morti e feriti . Ufficiali granatieri degli arditi, iJ tenente Palazzotto e il sottotenente Larcan, giorni dopo furono ritrovati, morti, oltre la linea avanzata. (25) 11 comandante della P Armata generale Pecori Giraldi ne elogiò il comporta· mento, elogio al quale si associò il comandante del XXIX Corpo d'Armata generale De Albertis (dispaccio del 6 giugno 1918, prot. n. 10113). (26) La prima baiLaglia del Piave era avvenuta dal 9 novembre al 31 dicembre 1917. La seconda battaglia del Piave comprese in realtà tre battaglie: sugli Altipiani, sul Grappa e sul Piave. ( 27) 1 Granatieri di Sardegna nella. Grande Guerra 1915-1918, cit. pag. 236.

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Emanuele Filiberto di Savoia rivolse in data 6 luglio un vibrante proclama a tutti i reparti del XXIII Corpo d'Armata (28) "che ha visto coronata dal successo la tenace lotta di molti mesi combattuta per riconquistare zolla a zolla il suolo sacro della P atria"; ed assicurò che "i sacrifici fatti nelle lunghe vigilie di Capo Sile e Cortellazzo" non erano stati sterili, mentre Venezia poteva "andare fiera dei suoi valorosi difensori" . "Granatieri, siete stati tutti eroi", scrisse nell'encomio che porse lor o 1'11 luglio il comandante della Brigata. E poiché nei giorni dopo la battaglia i granatieri rimasero sul posto per consolidare la posizione ed evitare ogni tentativo nemico, andando con spericolate pattuglie fin sulla riva nemica in Frazione Sile onde assumere notizie sui movimenti dell'avversario (29), il duca d'Aosta si recò ancora tra essi (30). Il 1° settembre, su tutto il territorio della 3~ Armata veniva affisso un manifesto del Comando del XXIII Corpo d'Armata che riportava l'ordine del giorno 7 luglio emanato dal comandante generale Alfieri: "Granatieri, le vostre bandiere si lacerano ma non si piegano. "Il ferro e il fuoco infuriano sulle insegne dei vostri Reggimenti, i venti e le procelle scolorano il drappo glorioso e pur lo rendono sempre più bello, più luminoso. "Intorno alla freccia che lo sormonta e che non conobbe mai altra via che quella che guarda il nemico, l'azzurro dei nastri, i lucidi metalli delle ricompense intrecciano e canta110 l'inno delle cento vittorie. "Qual storia di onorate ed eroiche Milizie ha più pagine d'oro della vostra? (28) Questa grnnde e pressoché decisiva battaglia venne sostenuta. oltre che dall'intera Brigata Granatieri di Sardegna e dalla Brigata Novara con la quale costi· tuiva la 54~ Divisione, dalla 4° Divisione Fanteria, dalla III Brigata Bel'saglieri, dalle Brigale Torino e Bisagno, dal III Gruppo Bersaglieri ciclisti, dal Reggi men lo di Marina "San Marco", dagli Squadroni del Piemonte Reale Cavalleria, dai reparti della Regia Guardia di Finanza, dai Lagunari delle Forze Navali Leggere, da aviatori "di terra e di mare" col contributo del Genio cd in particolare del XXXIII Battaglione Zappatori. I comuni~ati del Comando della 3r• Armata del 2 e del 6 luglio posero in risalto "l'incalzante inseguimento" attuato dalla Brigata Granatieri di Sardegna. (29) Ordine del giorno 11 settembre 1918 del 2° Reggimento con l'elogio del comandante della Divisione generale Paiola. Tali pattuglie ebbero aJ1che l'elogio del coman· dante della 3" Armata. (30) Ordine del giorno 24 agosto 1918 del 2° Granatieri.


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M ''Dalle albe del '48 .al meriggio di ieri sul Piave; dagli Altipiani a onfal~one, ovunque s i eresse la vostra maschia figura, le barbare orde nemiche furono fiaccate. "Degni .dell'Isola di f?rti che vi dà il nome, degni d'Italia" (31). I caduti nelle ~peraz1oni del settore del Piave, Piave Vecchio e Piave Nu~vo, s~oltes1 nel luglio-settembre 1918, furono seicentottantatre, de1 quah trecentosettanta tre del 1 e trecentodieci del 2° R ·_ mento (32). eggi

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6" (generale Schonburg-Hartenstein) e 5~ (gen erale Wurml (34); comandante in capo l'imperatore Carlo I con capo di Stato Maggiore il

~ra- le decorazioni individuali concesse, le medaglie d'argento ad ufficrnb furono, per questo periodo, trentacinque (33). . 7:, ~ La baltaglia dì Vittorio Veneto, l'offensiva della vittoria comincio 11 24 ottobre. ' G <?Ii a.ustr~-ungarici s.c~icrav~no in campo il Gruppo Belluno (von ogha), tl Gt uppo Eserciti del Piave (generale Boroevic) e le Armate

generale von Arz. Dalla parte ilaliana, le Armate 3" (duca d'Aosta), 4" (generale Giardino ), 8" (generale Caviglia), lOn (con due Divisioni inglesi e due itali ane: generale Lord Cavan), 12;• (con tre Divisioni italiane ed una francese: generale francese Graziani), un Reggimento americano ed un Corpo di Cavalleria (conte di Torino): comandante in capo Vittorio Em anuele III con capo di stato maggiore il generale Armando Diaz. La Brigata Granatieri di Sardegna. al comando ora del generale Paolo Anfossi, era incorporata nel XXVI Corpo d'Armata (generale Gandolfo) della 3° Armata. Divisione 54'! (generale Paiola). Avrebbero dovuto iniziare l'offensiva le Armate 12", 8'! e 10", ma la piena del Piave obbligò ad un cambiamento di programma e fu la 4.;i Armata che attaccò·sul Grappa, impegnando gran parte delle riserve

Il Co~~~~~I ;~ire~~o a. lett~rc cubitali fu_diffuso anche in alcune locali là dell'interno. d·oro con l'cf~i :nezrn, ID pc~sona del Reg1_0 Cornmii;sano Rolell1, dedicò utla medaglia d . . g ~el ~eo~e d1 S~n Marco a1 Granati('ri di Sardegna a "ricordo della leu" g~n aria eroica difesa d1 V('nezia sul Piave del luglio 1918 che t ·• ·1 . I

nemiche. Furono gli attacchi del Grappa, di Spinoncia, di Valderoa, di Salaroli (24-28 ottobre); dopo di che, il 27. la 12'1 Armata pasi:;;o il Piave a Valdobbiane, la 8R con i Corpi d'Armata XXII e XXVII lo guadò nella 1 piana di Sernaglia. la lO'l Armata alle Grave di Papadopoli, la 3 puntò

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fsoe::~~~a::::tg~r;g~:~~CT~~·t~IUSG1~upspeeppReorvai ll(le(rza mdedaglia d'~rgcnto.l, ~:~~:~:zz;~~ . ., , a e secon a medaglia d'a t ) L · ·z (~~0~fa ~edafia d'argento); tenenti Fulvio Ballisti fsecon~;e::d~gl~~g~·a~: · 1rg1 _10 erto otto. Domenico Bonardi Fonda (medico> e· e · · Damora, Mano De Biaggi. Giuseppe Marinaro, Alfredo Morea (se~on~:ome~:r~t· ,P1~ ;;l:~·i~omen~co Palazz?tl<>; Ugo Pigazzi, Pietro Re1clin; sottotenenti Ferdin!n~:;:: Fan' . se.c?n. a ~edagha d argentoJ, Nicola Costantini, Giuseppe Cucinella Amedeo 1 (d1 a1 l1gltena), Salvatore Fedcrici, Riccardo Gentili Ovidio Gentilo · · R , m, uggero Larcan, Ulderico Pacchetti, Ludovico Rocca.

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verso Trieste. Gli austriaci reagirono, ponti furono distrutti, ci fu un momento di crisi (28 oltobrc). Ma poi l'avanzata generale riprese. mentre la 52" Divisione alpina attaccava Monte Cesen ed il I Corpo d'Armata della 4" Armata entrava in Quero; la Si! Armata occupò le colline a nord di Conegliano; la 10° occupò Conegliano e superò Monticano. E finalmente una colonna celere di cavalleria e ciclisti occupò Vittorio Veneto il 30 otlobre, separando in due tronconi l'esercito austro-ungarico, mentre 1 gli alpim arrnavano a Belluno ed all'avanguardia della 3 Armata i Granatieri di Sardegna raggiungevano di slancio le rocce dominanti il golfo del Quarnero. !34) Secondo la Rehuione del Comando Suprl'mo italiano (anno 1919> nella battaglia di Vittorio Veneto le Divisioni austro-ungariche schierale dallo Stelvio al mare furono sessantatr('. trentanove in prima linea, tredici e mezza in seconda linea e dieci e mezza di riserva. La Relazione austriaca ha da parte sua fatto menzione di c1nquec('n· tocinquanlotto baliagliom, e poiché la media era di nove battaglioni per Divisione, i dati sostanzialmente coincidono


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Il 31 ottobre crollò anche la difesa austriaca del Grappa; ed il 1 ° novembre tutto il fronte italiano fu in movimento, avanzando: 1'8,! Armata (generale Tassoni) ad occidente del Garda, ]a 11! (generale Pecori Giraldi) tra il Garda e l'Astico, la 6~ (generale Montuori) in Valle d'Adige verso Trento, la 4"1 (generale Giardino) in Val Brenta e Valle del Piave, mentre reparti della 7'.J e della 1~ raggiungevano i Passi di Resia e del Brennero e le avanguardie della 3a incalzavano il nemico verso Aquileia. Quando il comandante della 531! Divisione, la Divisione che aveva difeso l'Ansa di Zenson, nel pomeriggio del 3 novembre passò davanti ai reparti in marcia ritto sulla sua automobile sgangherata ed annunziò che "i nostri" erano entrati in Trento e in Trieste, un urlo di gioia si alzò dalle colonne. La battaglia di Vittorio Veneto si concluse alle ore 15 del 4 novemb~·e con l'ultima carica di cavalleria del Reggimento Aquila al quadriVJO del Paradiso. Era costata ::igli italiani trentacinquemilaccntottan~a tra _mo~ti, feriti e dispersi, ai quali vanno aggiunti i milleseicento mgles1 ed 1 trecento francesi; ed erano stati catturati oltre trecentomila austriaci e cinquemila cannoni. In particolare, l'"offensiva del1a Vittoria", dell'ottobre-novembre 1918, costò alla Brigata Granatieri di Sardegna ottocentodieci caduti dei quali quattrocentotrentaquattro del 1° Reggimento e trecentoset~ tantasei del 2° (35) . Tra le decorazioni concesse, la medaglia d'argento al valor militare a] maggiore Amedeo Liberati. 8 . - Poi, dopo l'armistizio firmato a Villa Giusti presso Abano lo stesso 4 novembre, i reparti che più avevano contribuito alla vittoria sfilarono con le loro bandiere il giorno 11 in Trieste (Trieste era stata liberata anch'essa il giorno avanti, dal mare). In rappresentanza del1a Brigata Granatieri di Sardegna fu lì con la sua bandiera lacerata e gloriosa il 1° Reggimento: il più antico dei due, anche se era il 2° che per ricorrente prassi reclutava nei terrHori _(35> Dei quali ufficiali, otto del 1° Granatieri: tenenti Carlo Alliani, Mario Briosi, Mano Cat~ozzo, Adalberto Pellegri, Alarico Podagrosi e Reghino Vergerio; sottotenenti Eugeruo ?1pollaro ed Enrico Daccò; e dieci del 2° Reggimento: maggiori Vincenzo Bellacosa, Giuseppe GalUnelli e Giuseppe Giunta; capitani Vito Coen e Aldo Piastra· te":nt.i Gaetano ?irelli, Bartolomeo Della Casa, Marcello Magenta, Aldo Montag~a e Giuseppe P1cch1 (medico).

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del Veneto, del Friuli e nei territori ad oriente dell'Appennin?, mentr.e il 1° reclutava normalmente in Piemonte, Lombardia, Liguna e terntori ad occidente della catena appenninica. Il comandante della 3!! Armata Emanuele Filiberto di Savoia duca d'Aosta rivolse alle truppe questo elogio: "Alle fiere truppe della 54;i Divisione, Reparti della Brigata Granatieri Ciclisti Bersaglieri e Cavalleria, XVI Battaglione d'Assalto, Sezion~ Autoblindo Mitragliatrici ed Autocolonna con mitragliatrici, giunga il mio vivo elogio ed il mio affettuoso ringraziamento per i1 r~pido ed incalzante inseguimento eseguito il 4 corrente che valse aricacciare oltre Cervignano e Aquileia l'esecrato nemico" (36) . Era sta~o l'inseguimento che aveva visto sulla via di Trieste all'avanguardia proprio i granatieri. . Alla Brigata Granatieri di Sardegna la 4!! guerra d'Ind1pen~~nz.a era costata in totale s ettemilatrecentoquattro morti (37) e tred1c1m1laottocentonovantadue feriti (88). Le ricompense al valor militare concesse ai granatieri furono milleottocentocinquantatre, ripartite come segue (39). Agli ufficiali: Ordine Militare di Savoia: sette; Medaglie d'Oro al valor militare: nove (quattro ad ufficiali del 1°, cinque ad ufficiali del 2° Reggimento); .. Medaglie d'Argento al valor militare: trecentosessanta (dod~c1 ad ufficiali del Comando di Brigata, centoquarantuno ad ufficiali del 1°, duecentosette ad ufficiali del 2° Reggimento); Medaglie di Bronzo al valor militare: duecentosettant~t~o \otto ad ufficiali del Comando di Brigata, centotrenta ad uff1C1ah del 1 °, centoquaranta ad ufficiali del 2° Reggimento); . . . Croci di Guerra al valor militare: ottantasei (tre ad uffic1ah del Comando di Brigata, quarantaquattro ad ufficiali de1 1 °, tren(361 Cfr. Foglio d'ordine n. 152 del Comando del XXVI Corpo ~·~r~ata, r!po~·ta~te l'elogio anche dei comandanti del Corpo d'A~·mataXXVI_ e della ~iv.1S1one 54 (nfento nell'Ordine del giorno 14 novembre 1918 de1 Reggimenti Granat1e~1). (37) Duecentosettantadue ufficiali, settemilatrentadue soldati. . (38) Quattrocentonovantasette ufficiali, tredicìmilaquattrocentottantacmque soldati. · . o (39) L'elenco nominativo con le singole motivazioni è stai.o pubblicato da~ M~~E . STORICO DELLA BRIGATA nel volume Granatieri di Sardegna - Documenti u{f1c1.alL del loro ua.fore nella guerra italo-austriaca 1915-1918, edito in Roma nel 1930.


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toUo _ad ~fficia!i ~el 2° Reggimento, una ad ufficiale delle Compagrue M1traghen deJla Brigata)· Promozioni_ pe1: merito d~ guerra:' ventotto (una ad ufficiale del ~orr.1ando di Brigata, dodici ad ufficiali del 1 e quindici ad ufficiali del 2° Reggimento); E~co~i.' concessi dai Comandi delle Grandi Unità di Guerra. quindici (sette ad ufficiali del 1 ° ed otto ad uff .· ]" d I 2 R · gimento). icta l e egAi sottufficiali, caporali e soldati: - Medaglie d'Oro: due (una a granatiere del 1 ' una a granatiere del 20 Reggimento);

- ~edaglie d'Argento: duecentosettantaquattro (centododici al , cent~se~santa al 2 . due alle Compagnie Mitraglieri); Med~gh~ d1 Bronzo: quattrocentosette (una a militare del Comando d1 Brigata, centocinquanta a granatieri del 1o duec t · _ quantad e t" . d l ' en oc1n _u a grana 1en e 2 Reggimento, quattro a mitraalieri )· ~roce d.! Guerra: centocinquantatre (a ottantaquattro grabnatie~ n del 1 , a sessantanove del 2 ... ). Promozioni: centosessantasei ('ottantacinque a granatieri del 1 °. ottantuno a granatieri deJ 2°)· - Encomi: sessantotto (trenta tre a ~l'anatieri del 1o t. t · a granatieri del 20). , 1 en acrnque . ~~la Bandiera del 1° Reggimento Granatieri fu concessa la Medag11a" oro con l~ seguente motivazione: Con grandi sacrifici di sangue e con insigni atti di valo. .· nel Trentmo fulg"d . d" ie, ~cnsse 1 la f· M e ~agme I storia, contrastando per più giorni sulI onte o_nte Ceng10-Cesuna, il passo al nemico che tentava di ~boccar~. nella ~1anura Vicentina (22 maggio-3 giugno 1916). Sanguinosamente conquistò formidabili posizioni nemiche dif'end en d one con tenacia sovrumana ·1 ' dalla lotta R"t" t d Il . l _possesso, pur con forze assottigliate 1 · _1ra o a e pnme hnee da meno di un giorno (19 ore) n~ovamente v_i accorreva per respingere un riuscito minaccioso con~ ~;?ttac~o nem~co, e gettandosi ancora nella lotta, con abnegazione su1 tme n~o.nq~ustava definitivamente, in mischie convulse le torm~nt a e pos1z1on1. •

d . ~Nell'i~te1:'a ~ampagna rinverdì di novella gloria le fiere tradizioni e1 ran_at1en_ di Sardegna. Carso, Regione F ornaza (Quote 235-219) 23 magg10-7 giugno 1917". · g

r ia

Ad~la Bandiera del 2QReggimenLo Granatieri fu concessa la Medaoro con la seguente motivazione:

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"Con grande sacrificio di sangue e insigni atti di valore scrisse nel Trentino fulgide pagine di storia, contr astando per più giorni, sulla fronte Monte Cengio-Cesuna, il passo al nemico che tentava cti sboccare nella pianura Vicentina (22 maggio-3 giugno 1916). "Sanguinosamente conquistò formidabili posizioni nemiche, difendendone con tenacia sovrumana il possesso pur con forze assottigliate dal1a lotta, dando mirabile esempio di abnegazione e di sublime spirito di sacrificio. "Nell'intera campagna rinverdì di novella gloria le fiere Lradizioni dei Granatieri di Sardegna. Carso, Regione Fornaza (Quota 241). 23 maggio7 giugno 1917". Alla Bandiera di ambedue i Reggimenti fu concessa la Croce dell'Ordine MiliLare di Savoia (oggi Ordine Militare d'Italia) con la seguente motivazione: "Nei duri cimenti della guerra, nella tormentata trincea e nell'aspra battp.glin, conobbe ogni limite di Mcrificio e di ardimento; audace e tenace,ctomò infaticabilmente i luoghi e le fortune consacrando con sangue fecondo la romana virtù dei figli d'Italia" (40). In un documento austriaco caduto in nostro possesso e conservato nel Museo Storico dello stato maggiore italiano si legge questo rapporto del nemico: "Brigata Granatieri di Sardegna, una delle migliori Brigate, ha preso parte alla 6 7", 8!1, lO;i ed 11!! Battaglia dell"Isonzo: Medaglia d'Argenlo al Valor Militare". 9. - Ne] quadTo della partecipazione dei Granatieri di Sardegna alla grande guerra italo-austriaca del 1915-1918 va ricordato il contributo che, distaccato dalla Brigata, diede, mobilitato ollremare, un battaglione di granatieri, il III del 2" Reggimento, con ufficiali e truppa tratti anche dal 1°. Operò esso in modo ta le da meritare nel novembre del 1916 - a quell'epoca, caduto il maggiore Gaiter, ne aveva il comando, dal marzo, il maggiore Nicolò Giacchi - l'encomio formalmente rivoltogli dal comandante delle truppe in Tripolitania generale Latini (41). I caduti del battaglione in Libia furono cinquantatre, dei quali quatlro ufficiali, il maggiore Achille Gaiter, il capitano Guido Gobbi, il lenente Mario Duranti ed il sottotenente Ennio Regé. 11

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(40) "Bollettino Ufficiale" 1920. Disp. n. 47 (41) Nota del Comandante delle Trnppe della 'lì·ipolitanìa in data 15 novembre 1916.


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Scrisse al termine dell "I Granatieri due re ~ guer~·a I a Me~aglia d'oro Carlo Delcroix: dia', tutti alti e p'ossent1·ggs1mebnti, una Brigata sola. la 'Vecchia Guai·, em ravano una le · d' · · da quadrato, da schierarsi come un . . g1one i ~1gant1; truppe za; truppe da leggenda napo! . a mu, agha nella difesa ad oltranstese sui campi, sembrano se e~~1ca che, _aggra_ppate alle trincee o diimmenso. o pite nel ti avertino per un bassorilievo "Le spighe più alte sono le · battaglia!". prime

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cadere; e quante ne falciò la

CAPITOLO V

I GRANATIERI NELLA "PASSIONE" DI FIUME ED I SETTE GIURATI DI RONCHI

1. - Il 18 gennaio 1919 si aprì a Parigi la Conferenza della pace e l'Italia dovette subito amaramente accorgersi che le promesse che erano state fattn il 26 aprile 1915 con il Patto di Londra per il caso di vittoria non sarebbero state mantenute. Non è questa la sede per ricordare tutte le vicende della "vittoria mutilata", della "questione adriatica" malamente risolta, dell"'olocausto dalmata" a noi imposto. Oltretutto, ai tanti egoismi, specialmente francesi ed inglesi, che a Parigi si scatenarono, al sistematico disconoscimento da parte degli Alleati della nostra vittoria, al miope messianismo del presidente americano impegnato a fare accettare la sua "linea Wilson", alla intraprendenza jugoslava giunta fino alla tracotanza, si unì l'incapacità che ebbero i nostri rappresentanti di far valere i nostri diritti (1). Si ipotizzò subito, tra l'altro, lo "Stato Libero di Fiume", con la città come corpus separatum ed un territorio-cuscinetto tra Italia e Jugoslavia esteso fino al distretto di Castelnuovo d'Istria, Postumia ed Istria. Fiume, non occupala dalle truppe italiane al momento dell'armistizio perché non compresa nel Patto di Londra, già il 30 ottobre 1918, preoccupata di tutto ciò, aveva proclamato con voto plebiscitario la propria volontà di annessione all'Italia e chiesto la "liberazione" della città dal 79° Reggimento formato da croati che vi aveva instaurato un regime di sopraffazione. L'Italia inviò alcune navi (i cacciatorpediniere

(1 ) Per più approfondile considerazioni sulla situazione si rinvia alla ricca biografia in argomento; e cfr. anche il mio La Jugoslat•ia alle porte, Firenze, 1968.


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"Stocco" e "Sirtori" e la "Emanuele Filiberto") e l'ammiraglio Reiner scese a terra per "tutelare in nome del Re d'Italia l'ordine della città"; ma tuttavia il Re d'Italia, approdando il 10 novembre a Trieste, "non approdò a Fiume", come polemicamente ebbe a far notare Gabriele D'Annunzio. Il 17 novembre 1918 giunsero a Fiume le truppe italiane al comando del generale Sammarzano, con in testa la Brigata Granatieri di Sardegna; seguite subito dopo dai contingenti di truppe francesi, inglesi e americane. Loro compito, presidiare la città ed i suoi dintorni fin sopra la Baia di Buccari. La Brigata Granatieri, al comando del generale Anfossi, fu, nel Corpo di occupazione interalleato, quella che più seppe destare l'entusiasmo della popolazione. "La manifestazione di affetto e di esultanza colla quale Fiume accolse i Granatieri di Sardegna e l'acclamazione di tutto l'Esercito d'Italia ha destato un eco viva e commossa nell'animo di S.M. il Re", avrebbe comunicato il pre~idente del Consiglio de1 Ministri, Vittorio Emanuele Orlando, al Consiglio Nazionale di Fiume (2). Lo stesso comandante del Corpo interall eato si sarebbe dichiarato poi "orgoglioso" di avere la Brigata ai suoi ordini (3). I Granatieri rimasero nella zona di Fiume "durante un periodo di dieci mesi, che furono mesi di continue lotte e di continue incertezze per la sorte della italianissima terra". "I Granatieri ed i fiumani rafforzarono sempre più la loro fraternità", se pure "i Granatieri non erano purtroppo le sole truppe alleate che si trovavano a Fiume. L'alto consesso di Parigi, con la supina acquiescenza dei nostri rappresentanti, volle che Fiume fosse presidiata anche da reparti francesi, inglesi e americani. Né mancavano coi francesi, per rappresentare degnamente la causa della civiltà, anche le nere Lr uppe ammannite" (4). 2. - Nei riguardi della Conferenza di Parigi, intanto, il risenLimento per la destinazione che si voleva dare a Fiume andava manife-

(2) Cfr. Ordine del giorno 3 dicembre 1918 dei 2° Granatieri. 13) Cfr. ad esempio l'Ordine del giorno 29 aprile 1919 prot. n. 9696 del Comando

del Corpo di occupazione interalleato di Fiume, in occasione del passaggio delle consegne t.ra il colonnello Viloresi cd il colonnello Giacchi al comando del 2 Reggimenlo Granai.ieri. (4) EUGENIO COSELCHI, in il Decennale, Firenze. Vallecchi, 1929. pag. 207. In quell'epoca infierì in Fiume la influenza detta ·spagnola" e molti granatieri ne furono colpiti (cfr. Appendice n. 3 sub Piume).

Gabriele D'Annunzio ne/l'impresa di Fiume


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standosi sempre più. Benché Orlando e Sonnino avessero insistito per l'annessione della città in "sovrappiù" al patto di Londra, era stato presto ben chiaro, infatti, che Fiume sarebbe restata per noi "la luna", come cinicamente si era espresso Clemenceau, il Tigre; e fu quanto Tommaso Tittoni, succeduto ad Orlando in Parigi, potette soltanto, e purtroppo , far presente alla delegazione fiumana che lo aveva raggiunto, confermando che l'orientamento generale era ormai per la costituzione di uno" Stato Libero di Fiume". Ma a Fiume la passione ingigantiva, e di rimando si indurivano le pretese e le prepotenze altrui: per cui le acque incominciarono a intorbidarsi davvero. Le truppe alleate di presidio. specialmente i francesi ed i coloniali, simpatizzavano per i croati. Tanto che, quando alcuni di costoro, avvinazzati, strapparono un giorno dal petto di alcune donne fiumane la coccarda con i colori italiani, si accese una zuffa tra i granatieri ed i fiumani da una parte ed i francesi ed i soldati di t;Olore daU'alt.ra: e dalle mani si passò alle baionette, alle pistole, alle bombe a mano, scorse il sangue, e ne derivò un'inchiesta promossa dalla Commissione interalleata. Di questa Commissione faceva parte il generale italiano Di Robilant: ma il risultato fu che la Legione Fiumana - come era stata denomin ata - venne sciolta, il contingente italiano ridotto, e i Granatieri, proprio perché troppo amati dalla cittadinanza, allontanati. L'ordine di partenza venne dato per la mezzanotte del 24 agosto. I Granatieri tuttavia rifiutarono di partire altrimenti che alla luce de] sole, e il generale Graziali, comandante delle truppe interalJeate, fu costretto a spostare la partenza al giorno dopo quella del 2° Reggimento e al 27 quella del 1 Reggimento. I Granatieri sfilarono tra le ali di tutta la cittadinanza che, riversatasi per le strade, gridava loro di non abbandonarla. E tanto i fiumani cercarono di trattenerli (affissero anche manifesti e suonarono le campane), che i1 II Battaglione potette passare a stento, lasciandosi dietro i carriaggi, mentre il I Battaglione addirittura restò bloccato ed inutile risultò l'intervento personale del generale Anfossi che pregava di lasciar libera la strada: soltanto dopo un'ora la gente si ritrasse alquanto, ma alcune donne gettarono sulla strada avanti ai piedi dei sol dati una bandiera tricolore, sicure che i Granatieri non avrebbero osato calpestarla e si sarebbero fermati. Ad accompagnare il passo cadenzato dei granatieri che partivano i fiumani improvvisarono anche una accorata canzone:


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'.'Il ve~ticinque agosto - è successa una porcheria: baJd1 granatieri - da Fiume andaron via Don don don - al suon del campanon. . Alla .matt.ina all'alba - suona van le campane, parttvan J granatieri - piangevan le fiumane D?n don don - al suon del campanon. · ~Iretta alla staz~one - marciava la Brigata, l attende tutta Fiume - piangente e desolata. D.on don don - al suon del campanon. S1 f~rma allora subito - il granatiere forte e gnda a tutto il popolo - Vogliamo Fiume o mo t Don do.n don - al suon del campanon. r e. ~el bm.o e nel .silenzio - di questa triste aurora, fmmam non piangete - ritorneremo ancora. Don don don - al suon del campanon''. , TanLo ~11Lusiasmo per i Granatieri impensierì Nitti, capo del Go\ erno, che non volle allora fadi rientrare a Roma· e 11· dest1·n ., alla d· D · . · o perc10 gene:.:~ea P~nn~:1:~· Monfalcone e quindi Gradisca, a disposizione del I

. Il I ~attagli~ne, al ~ornando del maggiore Rcina, venne allo iato a. Ronclu, quel piccolo villaggio della regione carsica di dove Ob!~dan s1 era mosso trentasette anni prima per la sua trauica i . . Un trasferì t t>' mp1 esa. . . men o, questo, che oltre a rattristare fortement . 1·· mam come lo t d e 1 1u. . s .esso coman ante del presidio interalleato di F. gde~eGrale G~·az.10h dovette pubblicamente ammettere (5) initò l'aniu1·1mnoe e1 1·anatien. • I 31 3. - Accadde allora s· ficiali . . - I era a agosto - che alcuni giovani uf. del Battaglione, 1 tenenti Riccardo Frassetto e Vittorio R . d. uscom. e i sottotenenti Rodolfo Cianchetti Claudio G Ciatti, Enrico Brichetti e At.tilio Adnmi r1·u .t~a~. Jacquet. Lamberto 111 1s1 m una stanzetta di R h· . , 'on~, l, ?ron.unziarono un giuramento: " In nome di tutti i M~rti er I umta d I~aha,. giuro di essere fedele alla causa santa di Fiu P permettero. mai con tutti i mezzi che si neghi a Fiume l'a me, .non completa e incondizionata all'Italia. Giuro di essere fedele :i~~;~~~; (5) In una dichiarazione d1 pochi giorni do o 11·· . ." . In quale era detto tra l'altro che "la po I . p d~ /nv1ato d1 Chicago 'Jì·ibune", nelI minio italiano". po azione iume desidera Ci:<sere sotto il do-

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Rom a o morte! " (aveva inizialmente aderito anche un altro ufficiale, il sottotenente Meoni, che però al momento non potette essere presente perché comandato di scorta ad un treno viveri partito per Vienna). Sarebbero stati chiamati, dopo, "i sette giurati di Ronchi", di quella Ronchi che si sarebbe guadagnata per i fatti che seguirono il nuovo nome di Roncbi dei Legionari. Sarebbero stati quelli cui in particolare si sarebbe riferito D'Annunzio quando il 14 dicembre 1920. in "difesa dell'Istria e della Dalmazia" (questo il titolo del suo scritto), avrebbe polemicamente precisato che "inoltre i 'disertori di Ronchi' condotti da un 'avventuriero' il 12 settembre 1919 prendevano Fiume costringendo Franci a, Inghilterra e Stati Uniti a ritirarsi e impedendo lo sbarco dei poliziotti maltesi e la insurrezione della croataglia", e che "le trattative essendosi concluse, in un Trattato che è un vero e proprio tradimento, fu nondimeno riconosciuto alla tenacia dei 'disertori' di Roncbi il merito dell'ottenuto confine giulio: e fu a costoro promessa l'amnistia come a quelli di Caporetto e offerto un lauto 'premio di smobilitazione' se avessero consentito di lasciare graziosamente nelle mani del Serbo la città difesa per quindici mesi di passione e di supplizio". Perché questa fu, per l'appunto, la conclusione delJa vicenda fiumana, dopo che "per quattordici mesi il Governo di Roma ha inflitto sulla città indomita e ai legionari le più odiose vessazioni, che non importa noverare perché sono ormai notissime": dopo di che "alla subitanea frenesia della rinuncia succede la subitanea frenesia della consegna ... Tutto è travisato e falsato senza ritegno. I difensori delle Alpi Giulie, della Dalmazia e di Fiume, i Legionari di Ronchi sono svergognati come predoni". Così scriveva dunque D'Annunzio nella immediata amarezza dell'esito infausto. Ma in questa sede non può non rilevarsi come la vicenda ebbe inizialmente, nei suoi protagonisti, soltanto l'impeto di un forte, perfino esasperato amor di Patria, e volle essere insieme, per i combattenti che vi parteciparono, un doveroso e amoroso riscatto della vittoria umiliata nel nome dei tanti Caduti, anche se, come si vedrà meglio ira poco, terminata per essi in delusione e amarezza sotto molteplici aspetti. 4. - Che in quei frangenti della debole, incerta, confusa, a volte perfino patetica nostra partecipazione alle trattative al tavolo della pace occorresse in qualche modo agire e reagire, Gabriele D'Annunzio lo andava proclamando, preparandosi, da tempo; e che proprio lui do-


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vesse essere a capo di una eventuale spedizione in Fiume i nazionalisti fiumani lo avevano programmato già da alcuni mesi, dopo che era stata accertata la indisponibilità di Peppino Garibaldi nonché di Sem Benelli e di altri (Corradini, Federzoni, ecc .). Il Consiglio Nazionale di Fiume aveva anzi mandato il 1 ° dicembre 1918 il tenente dei granatieri Umberto Guata a porgere il suo saluto al Poeta, e questi allora aveva consegnato al giovane ufficiale l'autografo del motto: "Di noi tremò la nostra vecchia gloria. Tre secoli di fede e una vittoria". Quando, perciò, i sette ufficiali dei granatieri "giurati di Ronchi" avevano deciso da parte loro di passare immediatamente all'azione, occorrendo un capo, un capo carismatico, non avevano potuto volgersi ad altri che a Gabriele D'Annunzio. Il loro messaggio diceva: "Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l'unità d'Italia: o Fiume o morte C. .. ). Voi sarete con noi, sarete con i fratelli di Fiume. Facciamo appello alla vostra pura fede di grande italiano". L'impresa cominciò così, sia pure destinata a finire, come si è visto, nella rinuncia, subito dopo il "Natale di sangue"; ma destinata altresì a restare nella storia. Gabriele D'Annunzio ricevette il sottotenente dei granatieri Claudio Grandjacquet ne11a Casa Rossa dove risiedeva in Venezia e fu subito entusiasta dell'impresa che gli veniva progettata e della richiesta che gli veniva fatta, di esserne il primo artefice. E disse che era lieto e fiero di poter contare - per un'azione pensata da tempo e per la quale già volontari si andavano radunando - sui granatieri, dei quali conosceva il tradizionale valore, i] forte spirito di corpo, i tre secoli di storia costituenti una permanente vittoria, e che trovandosi già in Fiume ed essendovi tanto amati, non potevano non essere ancor più di ausilio e di fausto presagio. D'Annunzio nella guerra aveva trovato la rivelazione del suo spirito, la cementatiice dell'aderenza perfetta che aveva sognato tra la sua vjta "imaginifica" e la sua virtù di "aedo della Patria". E s'era fatto soldato pronto e fermo nella dura disciplina del cimento faccia a faccia: colui che doveva incontrarsi e comprendersi con Nazario Sauro eroe del mare, con Giuseppe Miraglia eroe del cielo, con Giovanni Randaccio eroe della trincea, e doveva in sé ricomprendere, come nelle "Laudi", le virtù purissime degli eroi del mare del cielo del1a terra. I sette "giurali di Ronchi" (con apposti gli alamari sulle camicie azzurre adottate a Fiume)


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Aveva combattuto con i fanti della trincea scrivendo a Salandra "io non bo vissuto, mio caro e grande amico, se non per questo momento". Era stato sul Carso, orbo di un occhio per un ammaraggio nelle giornate del Veliki Kriback e del Faiti Krib, parlando ai fanti da una dolina cui i fanti diedero il suo nome. Promosso capitano, era stato proposto per una medaglia d'argento. Era stato a1 Timavo, a San Giovanni, al Castello di Duino dove aveva pianto la morte di Randaccio, sul Sabotino. Dei fanti aveva vissuto tutto il dolore: "mi apparivate una forma del volere sovrumano, un impeto senza peso, una offerta saliente come un pugno di incenso gettato nella bragia". E nella "Licenza" che precede, nell'edizione del Vittoriale, la "Leda senza cigno", dei Granatieri di Sardegna avrebbe scritto, dopo aver raccontato la morte eroica di Paolo Stivanello: "Gente che, a vederla, è più alta della sua statura vera. Dalle spalle in su c'è l'aria della testa, il coraggio che non sopporta di essere misurato, come la passione (in poco più di dieci giorni avevo formato in torno a questa Compagnia qualcosa come un'aureola). L'aureola aiuta a vederci di notte. Nelle soste volevo raccontare anche le storie antiche dei Granatieri che si chiamavano enfants perdus. I nuovi rinnovano quel nome a modo loro. Perdutissimi, infatti. Credo che riuscirei a spingerli tutti di un balzo, di là della morte, senza sforzo. Credo che farei qualcosa di buono, con questa gente , anche se si tornasse proprio alla guerra di trincea, sul Carso ... ". Preso dunque contatto con D'Annunzio, il tenente Grandjacquet ripartì immediatamente da Venezia, raggiunse gli altri giurati, e tutti insieme presero a loro volta contatto con il comandante della Legione Fiumana, capitano Host Venturi, con il presidente del Comitato nazionale di Fiume Antonio Grossich e con il podestà di Fiume Riccardo Gigante, provvedendo altresì a preparare il Battaglione - forte di 20 ufficiali e di 282 granatieri - del quale facevano parte, ed il cui comandante era il maggiore Carlo Reina che già si era distinto nelle operazioni di pattugliamento nel gennaio del 1918. 5. - D'Annunzio aveva fissato come data dell'impresa l'anniversario della "beffa di Buccari", la notte tra 1'11 ed il 12 settembre, e ciò anche per precedere la dislocazione in Fiume, preannunziata, di reparti di polizia inglese. Venne stabilito che il Battaglione Granatieri sarebbe arrivato dalla strada di Opicina, dove gli si sarebbero affiancati i volontari triesti-


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ni, il cui concorso era stato assicurato dal capitano Conighi delJa Legione F iumana. Il P oeta era stato colto da febbre alta. Tuttavia - vinte le ultime perplessità dopo gli incontri alla Casa Rossa avuti con il ten. Frassetto, che il 7, 1'8 e il 10 settembre fece la spola tra Fiume e Venezia - l'll settembre, alle 14 precise, lasciò con una lancia dell'Ammiragliato la Casa Rossa, raggiunse San Giuliano, da qui con un'automobile si portò a Ronchi, dove giunse poco dopo le 18, e riposò alquanto su un lettino di ferro nella stanzetta di un operaio. Era previsto che all'ora una di notte sarebbero arrivati i camions che il capitano Salomone, comandante dell'autoparco di Palmanova, avrebbe inviato, come d'accordo, dietro un falso fonogramma a firma del maggiore Sersale comandante dell'autoparco di Trieste. Senonché il fonogramma era stato fatto pervenire, ma gu automezzi di Salomone non s'erano visti arrivare . D'Annunzio, im paziente, andava determinandosi di raggiungere Fiume in automobile con alcuni dei giovani ufficiali dei Granatieri e tentare con essi la sollevazione popolare. Ma quattro ufficiali (i tenenti Benaglia, Keller e Beltrami guidati dal capitano triestino Ercole Miani) pàrtirono con un'automobile diretti a Palmanova e pistole alla mano costrinsero il malcapitato Salomone, tiratolo giù dal letto, a stare ai patti. Appena gli automezzi finalmente giunsero a Ronchi, i Granatieri vi balzarono su e la colonna si mosse, cinque autoblindo e trentacinque autocarri, con alla testa l'automobile di D'Annunzio, una Fiat 501 rossa sulla quale il Comandante aveva fatto porre l'immagine della Madonna della Santa Casa di Loreto, protettrice degli aviatori.: senza fa ri, senza rumore, alla luce delle stelle. I granatieri che mossero da Ronchi erano - giusta un elenco poi inoltrato il 17 settembre 1919 dal sottufficiale Mario Botter - in totale 186 della ll!, 2!! e 3!! Compagnia e della 8741! Compagnia Mitraglieri del I Battaglione del 2° Reggimento, oltre che del Gruppo Mitraglieri della Brigata; ed a Monfalcone s'erano poi uniti anche circa cinquanta granatieri de1la 9n Compagnia del 2° Reggimento e del Reparto Arditi, ma molti tuttavia non avevano trovato posto sugli automezzi, alcuni dei quali erano rimasti in panne. A Fiume arrivarono il 186: 164 granatieri, 21 ufficiali e l'ufficiale di collegamento capitano Severa. A Fiu me, poi, già si trovavano un ufficial e e 11 granatieri del 1 ° Reggimento che erano ivi rimasti per por-

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tare a compimento il monumento ai granatieri morti in servizio, nonché una decina di granatieri di varie Compagnie. La colonna passò inosservata per Monfalcone, Prosecco, Opicina. Ma a Castelnuovo, sulla piazza, quattro autoblindo avrebbero dovuto fermarla . Invece si unirono ad essa. Il comandante della l !! Divisione d'Assalto generale Zoppi nella prima mattina del 12 trasmise ai com andanti dei suoi reparti un telegramma così concepito: "I Granatieri in lunga fila di autocarri con alla testa Gabriele D'Annunzio passeranno da codesti sbarramenti. Devono essere fermati ad ogni costo" ("passeranno", un lapsus dell'inconscio che risultò una profezia). Il tenente colonnello Repetto, il maggiore Nunziante e altri ufficiali, ricevuto il telegramma, non tentarono neppure di fermare i granatieri e tutti gli altri militari oltre ai volontari che si erano uniti alla colonna, finanzieri, alpini, soldati di ogni arma e poi i civili armati con mezzi di fortuna. Durante una breve sosta D'Annunzio tenne il primo breve discorso ai legionari: " ... I vostri nomi e i vostri aspetti sono incancellabili dentro di me. Non li dimenticherò mai. Fin da quest'attimo di sosta voi siete miei (. .. ). Vi saluto. Eia, carne del Carnaro! Alalà!". Incontro alla colonna mosse il nuovo comandante del presidio interalleato di Fiume generale Pittaluga, figlio e nipote di garibaldini. Si era già in vista del confine, a Contrida. Il generale e D'Annunzio parlamentarono: e r igidi dietro il Comandante, come il Poeta era ora chiamato, nel mezzo della strada, gli ufficiali dei granatieri avanguardia della colonna, con gli alamari d'argento che brillavano al sole, quelli che anche D'Annunzio avrebbe posto sul suo bavero (6), i calci delle rivoltelle d'ordinanza che sporgevano dalle fondine aperte. - "Non io farò spargere sangue italiano" - concluse dopo il breve dialogo Pittaluga (7). E la colonna procedette.

(6) Così in una fotografia datata da Fiume nel 1919 donata alla Associazione Nazionale ex Granatieri, in calce alla quale il Comandante ebbe a qualificarsi "granatiere di Ronchi". (7) "Se Lei continua debbo far uso delle armi", aveva detto Pittaluga. E D'Annunzio: "Capisco. Lei è pronto a far fuoco sui miei soldati che sono fratelli dei Suoi. Ma, prima, faccia sparare su di me. Faccia mirare sulla mia Medaglia d'oro e la mia placca di muti lato. Dia l'ordine di aprire il fuoco".


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Verso le undici un autoblindo mandò in frantumi lo sbarramento posto a11'ingresso della città. "Riudiamo ancora dentro di noi - scrisse il poeta - lo schianto della barra all'urto risoluto. E a noi vale più di qualunque musica (. .. ) quattro Potenze avevano concorso a quadrare quella barra per arrestare la marcia di un migliaio di folli italiani: Italia Francia Inghilterra America! È vietato l'ingresso alle persone non addette all 'Intesa(. .. ). Detto fatto! La barra si spezzò come un sermento , volò in schegge e faville". Tutta la città accolse i legionari, alla colonna dei quali si erano uniti anche i repal"ti della Brigata Sesia e i cavalleggeri che avrebbero dovuto fermarla. "Si può morire con gioia - scrisse poi D'Annunzio dopo aver vissuto un'ora come quella della santa entrata. Non avevo mai sognato tanti lauri. Ogni donna fiumana, ogni fanciullo fiumano agitava un lauro, sotto un sole allucinante". D'Annunzio era tuttavia stremato e dovette ritirarsi per qualche ora in albergo per riposare alquanto. Poi, appena passate le diciotto di quello stesso giorno, parlò al popolo. "Italiani di Fiume - disse - nel mondo folle e vile Fiume è oggi il segno della libertà. Nel mondo folle e vile è una sola cosa pura: Fiume; è una sola verità: Fiume; è un solo amore: Fiume". Chiesta quindi la conferma del plebiscito de] 30 ottobre e ricevuto l'urlo della fol la, "dopo quest'atto di rinnovata fede - disse - dichiaro: io soldato, io volontario, io mutilato di guerra, sento di interpretare la volontà di tutto il sano popolo d'Italia proclamando l'annessione cli Fiume alla Patria". Il 12 settembre segnò la fine del Comando Interalleato di Fiume; ed il 14 i francesi, gli inglesi e gli americani partirono, mentre arrivavano reparti regolari di ogni specie, alpini, arditi, fanti, artiglieri, aviatori, marinai. In quei giorni D'Annunzio parlò in più occasioni ai soldati che lo avevano seguito a Fiume. Ai granatieri disse, la sera del 3 ottobre: ''Ci siete voi, ci sono i Granatieri di Ronchi e di venticinque assedi, i Granatieri di Ronchi e di quasi duecento battaglie, la prima schiera, la prima corte, l'incorruttibile, l'indefettibile( ... ). Risugge1liamo stasera il patto della prima ora, della prima notte. A me le Guardie per l'onore d'Italia! Alalà!". 6. - Ma ancora prima che D'Annunzio assumesse formalmente la responsabilità della Reggenza del Carnaro ricevendo con il titolo cli Comandante il conferimento di tutti i poteri civili e militari, fu chiaro a molti come egli avesse della impresa una visione astratta, poetica,

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avventurista, tanto da progettare addirittura sbarchi di armati a Ravenna e ad Ancona per rovesciare H governo di Roma e fare di Fiume il centro di una ribellione che avrebbe dovuto investire anche i patrioti croati e montenegrini, con gli emissari dei quali andavano prendendo contatti, infatti, i suoi stretti collaboratori Host Venturi e Giovanni Giuria ti. Fatto è che nella Reggenza del Carnaro si accentrarono subito tutte le tensioni politiche serpeggianti in Europa, dalle più esasperate tendenze nazionalistiche ai sorgenti programmi comunisti, e non a caso ci fu un momento nel quale si temette che a Fiume prendesse l'avvio una ondata rivoluzionaria di tipo bolscevico, tanto che Lenin disse che in Italia non conosceva altro rivoluzionario che Gabriele D'Annunzio. Tutto ciò fece sì che preoccupazioni incominciassero a manifestarsi sia tra la popolazione fiumana che tra i militari, e specialmente gli ufficiali che avevano preso parte alla impresa. Preoccupazioni e timori che tanto più si acuivano in quanto occupazione e Reggenza andavano assumendo una pratica concreta attuazione che non aveva più nulla o quasi di militaresco, tranne alcuni atti di pirateria nei confronti dei battelli italiani, alcune razzie cli cavalli da parte degli "uscocchi" e alcuni tentativi di incursione su Zara e su Spalato, e per il resto movimenti segreti di personalità d'ogni genere, concentramento di gente diversa e non di rado indesiderabile, ed un D'Annunzio che se pure andava ordendo una sua trama che voleva essere di ampio respiro, in realtà sembrava restar sempre più invischiato nelle manovre di alcuni suoi collaboratod miranti ad una soluzione di carattere repubblicano e comunque di definiti va rottura con il governo italiano. Lo stesso Mussolini - al quale D'Annunzio fin dal 16 settembre aveva comunicato di essere "padrone di Fiume" ed al quale aveva poi scritto chiedendogli "dove sono i combattenti, gli arditi, i volontari, i futuristi? Bucate almeno la pancia a chi vi opprime, e sgonfiatela. Altrimenti verrò io quando avrò consolidato qui il mio potere. Ma non vi guarderò in faccia" - e gli altri componenti del Comitato centrale dei Fasci italiani di combattimento avevano realisticamente avvertito che prima di intraprendere qualunque altra azione "doveva essere sistemata definitivamente la questione di Fiume sia dal punto cli vista territoriale come da quello politico della sua annessione all'Italia". A tal proposito il Governo italiano già nella prima metà del dicembre 1919 propose, tramite Oscar Sinigaglia e Giovanni Preziosi, una solu-


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zione di compromesso che il Consiglio Nazionale di Fiume ritenne di approvare (48 voti favorevoli contro i 6 contr ari). Ma gli elementi più accesi gridarono a] tradimento e D'Annunzio si vide costretto a parlare alJa folla, asserendo di essere pronto a resistere "fino all'ultimo tozzo di pane, fino all'ultima goccia di sangue", nonché pochi gior ni dopo, alla fine dell"'anno mirabile", a pronunziare un violento discorso contro "l'Europa che paventa, barcolla e balbetta (. .. ), l'Italia incaporettata (. .. ) l'America", inveendo contro Nitti, il "Cagoia che infligge al suo bastone di polizi otto le brache che sempre gli cascano dalla paura", e progettando addirittura di effettuare uno sbarco di forze in Italia ed una marcia su Zagabria. Mentre il Governo ital iano svolgeva le trattative che poi portarono al .Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 ed alla accettazione di uno "Stato Libero di Fiume", l 'impostazione politica dannunziana in Fiume andò delineandosi sempre più in contrapposizione a quella dell'Italia ufficiale, facendo assumere all'impresa una coloritura sempre più decisamente repubblicana. Ma questo non corrispondeva più alle coscienze e alle ispirazioni dei fiumani: non a quelle che fin dal 1905 si erano manifestate attraverso l'az~one dell'Associazione "Giovane Fiume"; non a quelle del voto plebiscitario del 30 ottobre 1918 che avevano auspicato l'annessione al Regno d'Italia. E quando si sparse la notizia che D 'Annunzio stesse add irittura per proclamare la repubblica anche tra gli ufficiali ed i soldati che lo avevano seguito o raggiunto nel nome di un ben a ltro ideale, quello cioè dell'annessione della città e non della separazione dalla .Madrepatria, e specialmente tra i granatieri particolarmente legati a Casa Savoia, ci furono gravi ténsioni e rimostranze. La posizione dei militari s'i era andata facendo invero particolarmente difficile dopo che Nitti in un discorso alla Camera dei Deputati li aveva dichiarati senz'altro disertori. L'appena nominato Commissario straordinario per la Venezia Giulia generale P ietro Badoglio fece proprio allora gettare su Fiume da un aereo volantini con stampata l'ordinanza che st abiliva come sarebbero stati imputati del reato di diserzione i soldati che non fossero immediatamente rientrati nei ranghi, facendo arrivare il cacciatorpediniere "Stocco" perché essi potessero reimbarcarsi. D'Annunzio reagì con u n violento proclama e mise agli arresti il viceammiraglio Casanova giunto con il cacciatorpediniere, il che non

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giovò certamente a migliorare la posizione dei militari accusatj di diserzione nonché di voler destabilizzare l'ordinamento del loro Paese. I carabinieri della Compagnia comandata dal capitano Rocco Vada.là e reparti della Brigata Firenze decisero di lasci~re Fiume e ciò provocò scontri violenti tra essi e gli arditi in Contrida, malgrado l'impegno del generale Ceccherini perché la situazione non degenerasse. Il tenente dei granatieri Pellizzari restò ferito al viso . "Un giovane granatiere - proclamò D'Annunzio - fu il primo ad esser colpito, versò dalla gola il primo sangue". L'XI Bersaglieri si ribellò anch'esso e ci furono altri scontri con ventidue morti e molti feriti, mentre D'Annunzio chiedeva sconcertato: "Bersaglieri d'Italia, compagni, fratelli, che avete fatto?". Anche tra gli ufficiali dei Granatieri di Sardegna si manifestarono critiche aspre e aperte rimostranze. E se pure alle invettive del Comandante qualcuno obtorto collo finì con l'accettare la situazione e alcuni di loro (tra essi erano i giurati di Ronchi, la medaglia d'argento Fulvio Batisti, e molti ancora) dichiararono che "qui, sparita ogni poesia, si resta ormai solo per onore di firma"; il maggiore Reina, già comandante del battaglione Granatieri che aveva appoggiato in prima linea l'azione della occupazione della città ed aveva assolto nel primo momento il difficile compito di capo di stato maggiore delle forze fiumane, ebbe a protestare con la più ferma decisione e non volle recedere dalla posizione ormai assunta. Rimproverò D'Annunzio di interessarsi ormai più delle questioni della politica interna italiana che della questione di Fiume; di accogliere "avventurieri di ogni risma", "indesiderabili di tutte le questure del regno" venuti ad inquinare l'originaria purezza dei legionari; di aver fatto del ristorante "Il Cervo" da D'Annunzio stesso ribattezzato "Ornitorinco" la sede di "oscene orgie" dove il Comandante usava intrattenersi con "pochi degni compagni" ed "emerite sgualdrine", tre o quattro ballerine donne da marinai e da attendenti", mentre "fuori la popolazione veramente soffriva la fame". Quando nel novembre 1919 il Governo italiano promosse l'iniziativa di trovare uno sbocco alla questione di Fiume ponendosi fine alla occupazione legionaria e passando le consegne all'esercito regolare, il maggiore Carlo Reina non solo si dichiarò favorevole al cosiddetto "compromesso Siciliani" ma ruppe definitivamente con D'Annunzio e quelli che egli definii suoi "cortigiani".


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Cercò anzi, per salvare il salvabile, di inserirsi direttamente nelle trattative che il Governo italiano andava in detto senso promuovendo, e convocò i suoi collaboratori per firmare con essi una presa di posizione politicamente impegnativa. Il "compromesso Siciliani" cosiddetto dal nome del colonne1Jo che lo aveva redatto, prevedeva lo sgombero delle "truppe dannunziane" e la loro sostituzione con le regie truppe regolari, l'abbandono della Dalmazia e la consegna dei territori all'Ammiraglio Millo, la promozione per merito di guerra degli ufficiali responsabili della spedizione e ]'allontanamento di tutti i cortigiani. D'Annunzio si schierò contro la presa di posizione dei detti ufficiali e fece porre agli arresti il maggiore Reina sotto la imputazione di tradimento, dando via libera a non poche calunnie sollevate ad arte dai più scalmanati per isolare moralmente l'ufficiale. Ma le accuse contro il maggiore Reina non potettero essere provate; e dopo cinquanta giorni di arresti il maggiore dovette essere scarcerato. Egli si attendeva la sentenza assolutoria ma questa non la si volle emettere, a salvezza dei calunniatori, e si preferì pertanto allontanare l'ufficiale da Fiume. L'ordine d'espulsione1 del 19 gennaio 1920, lo dichiarava colpevole di "atto di insubordinazione nel rifiutarsi di partire per Zara" (la commissione d'inchiesta che era stata all'uopo nominata fu presieduta dal generale Sani). Il maggiore Reina lasciò Fiume il 20 gennaio 1920 e si recò dapprima a Zara "per non abbandonare la causa di Fiume", poi in Albania "per servire con le armi la causa d'Italia", come egli scrisse, e infine rimpatriò. "Il gesto mio - scrisse ancora - non solamente discutibile ma dannosissimo nei riguardi della disciplina, poteva avere attenuanti dalla alta idealità che mi spingeva, lungi da ogni altra speculazione politica ma soltanto per dare Fiume all'Italia" (8).

(8) La vedova del maggiore Reina, signora Maria Braghetti Benedetti, deceduta nel 1987, si è adoperata per portare a conoscenza di tutti i rapporti tra suo marito e il Comandante al momento della rottura ( un articolo in proposito è stato pubblicato su "Storia illustrata"). Con alcuni dei giurati di Ronchi D'Annunzio mantenne in seguito buoni l'apporti. Il 18 gennaio 1927 ebbe a intercedere presso il Prefetto di Torino perché l'isolvesse per i] meglio una spiacevole situazione nella quale era venuto a trovarsi Vittorio Rusconi "un de' Sette di Ronchi, prode Granatiere nella santa guerra, prode e probo nella mi~ im-

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7. - Vero è che l'impresa dannunziana di Fiume, partita in purezza di intenti e di amor patrio, s'era andata man mano notevolmente inquinando. Il 27 agosto 1920 D'Annunzio consegnò ai membri de] Consiglio Nazionale la "Carta del Carnaro", la costituzione che aveva predisposto; nominò quindi il governo della Reggenza; stese in 64 articoli l'Ordinamento dell'Esercito liberatore; e mandò l'aviatore Guido Keller a gettare su Montecitorio un pitale di ferro smaltato. Assunse ad ogni modo un atteggiamento sia pubblico che privato che faceva decadere l'impresa in una spericolata e non più credibile avventura. Al riguardo valga ancora, in questa sede, la testimonianza del maggiore dei grnnatieri Reina: "A Fiume c'è la teppa, il rifiuto sociale, capace di qualsiasi azione contro la Patria"; "il nuovo Lenin occidentale bisognerebbe farlo scoppiare prima che egli possa sputare la sua parola lurida sull'Italia"; D'Annunzio manifesta la "megalomania" di chi "vuole vivere in pieno secolo ventesimo la vita del tirannello medioevale"; si compiono "gesti che vanno sempre a scapito della libertà e della civiltà per le quali tutta la nazione unita era arrivata sanguinante a Vittorio Veneto". · Né fu l'unica denuncia in tal senso. Roberto Chiarino riferì: "Fiume sta diventando l'università dei tradimenti, degli inganni, delle perfidie, del luridume, dell'ignominia e dell'.irifamia". L'ufficiale dei carabinieri Ernesto Cabruna poi divenuto aviatore, pur fedelissimo di D'Annunzio, rimproverò a questi il commercio con le donne di ogni genere, l'uso della cocaina, il credito concesso a coloro che erano mossi da "un calcolo e un interesse esclusivamente personale", fino a giungere a scrivergli: "In lei, Gabriele D'Annunzio, non ho più fiducia. Attendo perciò di essere da lei prosciolto da ogni giuramento che intesi dedicarle". E ancora Reina si dichiarò testimone del "grido di dolore di una città angariata, insultata da coloro che si sono ammantati della veste di liberatori" ed in cui "l'Istrione giuoca il suo solito ruolo". Il Trattato di Rapallo fo·mato il 12 novembre 1920 dal nuovo presidente del consiglio dei ministri Giolitti e dal ministro degli esteri

presa adriatica". Quando nel 1928 il Prefetto di Brescia sequestrò il giornale ·'Popolo cli Brescia" per aver pubblicato una lettera di aspra protesta del poeta per essere stato

posto all'Indice il suo "Martirio di San Sebastiano", nella violenta polemica che ne nacque intervenne veementemente a difesa del suo antico Comandante e contro i "quarisemalisti" un altro dei Set.te di Ronchi, Riccardo Frasset.to.


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Sforza con la Jugoslavia appena sorta dalla rovina dell'Impero asburgico e che riconduceva Fiume allo stato di città ]ibera arrivò a D'Annunzio ed ai suoi come una doccia fredda. "Eccoci di nuovo soli esclamò il Comandante - Soli contro tutti e col nostro solitario coraggio". Anche Mussolini, disse, lo aveva abbandonato: infatti, sul "Popolo d'Italia" si era dichiarato favorevole alla mossa di Giolitti. Il Governo incaricò subito il Maresciallo Caviglia di eliminare la Reggenza del Carnaro e bisogna dare atto al Maresciallo che si adoperò in ogni modo, prima di iniziare l'azione militare, per convincere D'Annunzio a desistere. Questi avrebbe voluto che l'Ammiraglio Millo lo avesse aiutato ma l'alto ufficiale ovviamente non potette aderire all'invito in tal senso rivoltogli dal Comandante. "Un uomo è perduto, un uomo resta", proclamò allora D'Annunzio. E così fu che il 21 dicembre 1920 alle ore 18 il Maresciallo Caviglia applicò il blocco da terra e dal mare; ed alle ore cinque e mezza del mattino successivo mosse con le sue truppe contro la città. Le testimonianze concordano nel dire che D'Annunzio - che alla mezzanotte del 21 aveva proclamato lo stato di assedio - era smarrito e sconvolto e pur avendo precedentemente proclamato che non avrebbe abbandonato l'impresa se non cadavere, non assunse alcuna iniziativa mentre undici suoi uomini cadevano nelle prime scaramucce. E allora Caviglia, giunti ormai al pomeriggio del giorno 26, ritenne che non si potesse più prolungare la cosa (9). La Regia Nave "Andrea Doria" sparò alcuni colpi di cannone contro il palazzo del Governo. Una granata colpì -il cornicione della finestra della stanza accanto allo studio del Comandante. Si è detto che un frammento d'esso abbia raggi.unto il capo di D'Annunzio e questi abbia detto a Eugenio Coselschi: "Lasciami morire, voglio rimanere al mio posto". Racconta Nino Valeri: "Nel pieno della sparatoria il Comandante si riprese". Dettò gli ultimi proclami e ordini del giorno. Dichiarò "Siete tutti eroi". Ricevette le delegazioni di legionari che andavano a

(9) CAVIGLIA, Il conflitto di Fiume, Garzanti, Milano, 1948, cfr. anche Mons. L.M. TORCOLETTI, Spigolando sul passato di Fiume, Rapallo 1951. Uno dei sette giurati, Riccardo Frassetto, rievocò la impresa in un suo volume, Diserto· ridi Ronchi. Nell'azione finale della impresa i Legiona1·i fiumani contarono in totale ventisei caduti e duecentotrenta feriti.

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proporgli 1a resistenza ad oltranza in un clima di esaltazione collettiva. Si anabbiò con una delegazione di fiumani che andò invece a chiedergli di cedere subito. Poi, improvvisamente, dichiarò che non valeva la pena gettar via la vita per un popolo che non si curava "di distogliere neppure per un momento daJla gozzoviglia natalizia la sua ingordigia'', una frase che avrebbe ben potuto risparmiarsi, in verità. Ancora il capitano Ernesto Cabruna gli avrebbe rimproverato ]'anno dopo, scrivendogli il 29 settembre 1921, di essersi comportato durante l'attacco di Caviglia "con falsità e cattiveria anche nei confronti dell'ex sindaco di Fiume Riccardo Gigante", di essersi sottratto all'impegno di riprendere la lotta per Fiume continuando invece "buffonescamente a dormire per incapacità politica, per non sacrificare la depravante vita e lo sconfinato egoismo del signorotto despota e temuto", e durante il breve bombardamento, anziché effettuare una sortita ed "esporsi con il manipolo delle eroiche Legioni a dar battaglia lontano dalla citt~ massacrata", egli il "decorato" aver saputo soltanto gridare aiuto. E stato anche riferito che il Comandante, richiesto di decidere finalmente se resistere o arrendersi, abbia tolto di tasca una monetina, una "genova" d'oro e l'abbia tirata in alto a testa-e-croce. Resistenza o resa? Resa, avrebbe risposto la monetina. E così ad ogni modo finì, nel poi definito "Natale di sangue", la Reggenza del Carnaro. L'autonomista fiumano Zanella ne restò sconvolto. Proclamò che D'Annunzi.o era "il più grande delinquente dell'epoca". D'Annunzio e il Consiglio di Reggenza diedern intanto le dimissioni ed il Comandante diresse ai suoi legionari in gran parte delusi il suo "Alalà funebre". Il 2 gennaio 1921 tenne poi il suo ultimo discorso in Fiume: "Se colui che pianse presso la fossa di Lazzaro, se i.l Figliuolo d'Uomo ora apparisse (... )"; e parlò della lotta fratricida che aveva voluto evitare. Il 18 gennaio 1921 Gabriele D'Annunzio lasciò "l'olocausta città" diretto a Venezia: in auto, accompagnato dal sottotenente Aldo Torna e dall'attendente Italo Rossignoli oltre che dall'autista Giacomo Basso. E strada facendo, seguito da alcuni autocarri con i bagagli, si mise a pensare al libro sull'impresa di Fiume che avrebbe potuto scrivere, tanto che appena arrivato a Venezia ne parlò all'editore Treves. Malgrado il suo non entusiasmante epilogo, l'impresa attuata da D'Annunzio e dai suoi a Fiume servì tuttavia non poco a fare allora ri solvere a vantaggio dell'Italia la questione dalmata.


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Proprio il Maresciallo Caviglia, destinato come si è visto a bloccare definiti~amente l'impresa, nella seduta del 30 giugno 1920 della Ca~era de1 Deputati aveva dichiarato con tutta lealtà: "Io riconosco che s1 ?eve a lui se l'italianità di Fiume è ora ammessa in tutto il mondo, potché nessun uomo era conosciuto nel mondo come Gabriele D'Annunzio. Ed egli ha portato a Fiume la fama che lo circonda ed ha fatto co~oscere a tutto il mondo che Fiume era città italfana, ciò che il mondo pnma nou sapeva". E quando Ettore Gozzani aveva scritto al Maresciallo Caviglia: "Si ricordi che se noi non perdiamo l'Adriatico lo dovremo a quel di~perato che tiene laggiù con le unghie e con i denti", Caviglia gli avev~ n~posto te:egraficamente: "Quel che Lei dice è giusto" (10) . . 81 giun~e cosi, dopo un periodo triste e tormentato per l'esistenza dei fium_am, a!le elezioni del 24 aprile 1921 che provocarono però dei so~m~v1menti. E quando il 26 giugno fu chiaro, a seguito delle dichiaraz1001 del conte Sforza in Parlamento, che in conseguenza di una clausola segreta del trattato di Rapallo Porto Baros era stato ceduto alla ~ugoslavia, i fiumani promossero il giorno susseguente 27 un corteo d1 protesta. Ma la truppa regolare inviata a fermarlo fece fuoco con una mitragliatrice, e tra i morti di quel giorno ci fu anche il tenente dei gr~naticri Alberto Zambon, che s'andò così ad unire ad un altro granatiere che nella vicenda di Fiume si era immola to, il sergente Antonio Gottardo. La città venne poi annessa all'Italia, finalmente, il 21 febbraio 1924 (annessione perfezionata poi con il trattato di Roma del 27 ottob~e 19_24 tra Mussolini e Pasic) (11); ed il 24 marzo dello stesso anno V1ttono Emanuele III vi arrivò trionfalmente, mentre il 17 novembre Emanuele Filiberto di Savoia Aosta decorò il gonfalone della città di medaglia d'oro.

. ClO) P~r tutta la vicenda fiumana come impostata, :-tvolta e conclusa da O-Annunzio cfr. la biografia dello l'liesso da me scritta <Firenze Atheneum, Firenze, 1990). . <l l l Governatore ne venne nominato il generale Gaetano Giardino. La Jugoslavia s1 annesse da parte sua il Delta ed il Porto Baros.

CAPITOLO VI

IL PERIODO FINO AL 1926 E L'ISTITUZIONE IN ROMA DEL "MUSEO STORICO DEI GRANATIERI DI SARDEGNA" E DELL'"ASSOCIAZIONE NAZIONALE GRANATIERI IN CONGEDO"

1. - Quando la prima guerra mondiale finì comandante della Brigata Granatieri di Sardegna era, come si è ricordato, il brigadiere generale Paolo Anfossi. A questi successe iJ pari grado Enrico Ladomez e quindi, fino al 1926, il maggior generale Renato Piola Caselli, seguito dal maggior generale Adriano Alberti. Comandante del 1° Reggimento era il colonnello Dina, "un comandan te di forte tempra, severo ma giusto", lo avrebbe ricordato nel 1956, rivisitando la caserma del 1 ° Reggimento, l'attore Vittorio De Sica che v'era stato granatiere di leva nel 1922; ed a Dina successe nel 1925 il colonnello Riccardo Alberti. Al comando del 2° Reggimento, destinato iJ colonnello Lorenzo Villoresi al "deposito" in Roma, successe nell'aprile 1919 il colonnello Nicolò Giacchi (1) e quindi nel 1925 il colonnello Alberto Rossi. Dopo i fatti di Fiume, la Brigata Granatieri fu inviata oltre le Alpi venendo posta a presidio - nell'ambito della 6" Divi sione (generale Roffi) - nel Tirolo austriaco nella Valle delJ'Inn. Per effetto dell'ormai concluso trattato di pace la Brigata fu quindi riportata al di qua delle Alpi. L' ultimo suo reparto ad abbandonare Innsbruck nel luglio 1920 fu il III Battaglione del 2° Reggimento; e sfilando esso nel piazzale della Stazione dove il treno attendeva, si trovò

( l) Nicolò Giacchi pubblicò nel periodo del suo incarico (19211 il uLibro d'Oro del 2°Granatieri"" (in copertina il motto "Agere non loqui").


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occasionalmente presente il feldmaresciallo già capo di stato maggiore a Vienna e poi comandante del Gruppo d'Armate nel 'l'irolo Franz Conrad von Hotzendorf, il qua le, volgendosi al Capo della Missione militare interalleata, "formulava lusinghiero giudizio su quella nostra truppa della cui ferma disciplina e noto valore era chiaro indice il contegno severo nei rangh i" (2). I granatieri infatti, con il loro comportamento, avevano saputo conquistare tale fiducia da parte sia delle autorità che della popolazione della regione che allorquando in Innsbruck scoppiarono i moti popolari, le stesse dette Autorità austriache sol lecitarono il loro intervento. E bastò - narra il Castagnoli - che essi "nella loro marziale compostezza'' si presentassero nelle piazze, perché "ogni moto cessasse di colpo" (3). Furono quindi destinati a presidiare l'Alto Adige. E quivi - narra ancora il Castagnoli - "i granatieri presentarono le armi e portarono corone ai monumenti chP ricordavano Kaiserjager e soldati nemici ca duti, non profanarono ricordi, ma seppero con il loro contegno ottenere stima e rispetto, anche nelle zone meno facili, quale que lla di Bressanone". 2. - La Brigata Granatieri, salutata dal generale Gualtieri comandante il settore di Bolzano (4), venne quindi finalmente restituita a Roma (5) dopo sei anni di lontananza, accolta da tutta la popolazione che per ben setlc volte l'aveva vista citata nei Bollettini di guerra, che sempre l'aveva ospitata tra le sue mura e che dal 1871 al 1875 aveva avuto ambedue i reggimenti di guarnigione. Ed a Roma i Granatieri di Sardegna rimasero di stanza negli anni successivi e lo sono tuttora, sia pure a volte con reparti distaccati in località vicine, come si vedrà (6), innalzando in Roma il loro Museo

12> N. GIACCHI. Op. cii. a nota precedente. !3> )I 4 novembre 1920 il generale Roffi, già comandante la Divii;ionc in Innsbruck, rivolse alla Brigata Grnnatieri un saluto as!Screndo che "ln storia dir:\ che i Granatieri del 191/i-18 emularono le gesla dei difensori di Torino, d<>ll'Assielta e del Castello di Cosseria". 141 Ordine del giorno 18 novembre 1920 del 2° Reggimenlo: "Essi ora ritornano alla grande Madre Patria Roma". (51 li I Reggimento rienlrò a Roma da Bolzano a fine olLobre; il Comando di Brigata ed il 2' Reggimento rientrarono a Roma il 14 novembre. 16) J\ Viterbo il :3 Reggimento ii;tituilo nel 1926: ad On·icto l'allualc III Battaglione.


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Storico ed ivi istituendo la sede della loro Associazione dei Granatieri in congedo, il loro Circolo ufficiali e quello dei sottufficiali (7). Nella primavera del 1921 una missione militare venne inviata in Portogallo per rappresentare l'Italia nelle onoranze al Milite Ignoto portoghese, essendo stato il Portogallo nostro alleato in guerra. A capo della missione era il generale Armando Diaz: e con esso la bandiera del 1° Reggimento Granatieri con alcuni ufficiali ed un piccolo reparto di scorta. Ad Oporto la missione visitò la villa dove era morto Carlo Alberto. "Quando il condottiero del l'Esercito di Vittorio Veneto fu nella stanza ove era morto colui che era stato il condottiero della Prima Guerra d'Indipendenza italana, stanza che i portoghesi avevano conservato come alla morte del Re, il generale Diaz compì fra la commozione degli astanti. un gesto altamente simbolico: staccò dal petto di uno degli ufficiali dei Granatieri presenti la croce di guerra e la posò sul cuscino dove Carlo Alberto era spirato" (8). DalragosLo del 1921 al luglio del 1922 un Battaglione del 2° Reggimen to Granatieri fu dislocato in Alta Slesia. Nell'inverno del 1921 il 1 ° Reggimento Granatieri annoverò quale granatiere allievo ufficiale di complemento l'erede al trono principe di Piemonte Umberto di Savoia. che vi conseguì i gradi di caporale, di sergente e infine di sottotenente, venendo quindi trasferito nel 1923 con tale grado nel 2 Reggimento, dove restò fino al 1925. Nel 1923 si svolsero le operazioni per la riconquista della Libia. Vi cadde a Marsa el Brega, come si è già ricordato, il capitano Giuseppe Rorui già combattente e decorato del Carso. ed alla sua memoria fu concessa la medaglia d'oro.

17) A propoi;ìto di quei;to Circolo, un anf!ddoto tratto dal libro cli CAMILLA CEDERNA, Giornn111 /,eone. La ((Jrrwra di 1111 Presidenl<', Milano. FPltr1nelli. 1978. pagg. 29-30: ~A una cena d'etichetta dei granat1en ù1 Sardegna, al Circolo dei gra11ulicri. arriva con un'ora di l'itardo. Sorbito il con;;ommè, consulta l'orolog10 e chiede. "('i avete la televisione?' 'Si', e la nsposta. 'E allora, vi dispiace se prima di continuare. ci vediamo Lascia e raddoppia?' Cosi :;i interrompe la cena e s1 assiste all'interessato compiacimento di Leone che per un'ora si ricrea con Mike Bongiomo~. Il Circolo Ufficiali è oggi nel Forte di Pietra lata. nell'ambito della Caserma Gandm, dove è pure il Circolo Sottufficia li. Vì è, inoltre. la Sa la Convegno Truppa. 1 due Circoli annoverano soci onorari e socì ordinari. Socio d'onore del Circolo Ufficiali è i l P1·esidenlt' della Repubblica Francesco Cossiga. (81 RENATO CASTAGNOLl, Op. cii., pag. 37.


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3. - Il 5 .m~rzo ~903 un gruppo di ufficiali dei granatieri riunito nella Sala dei R:1cord1 de!la Caserma "Ferdinando di Savoia" aveva solenneme~te deliberato d1 raccogliere e conservare il patrimonio storico dell~ Brigata. C~l- p~s~~r degli anni, sviluppatasi l'iniziativa, s'era :~nbt~ la necessita d ~ piu ~ppropriata sede, dapprima pensandosi alla ase1 m_a U~berto I 1 e poi adoperandosi per costruirla in un'area comunale m Piazza s. Croce in Gerusalemme. Per la cessione di questa alla Brigata s'era avuto quindi, il 27 novembre 1920, un compromesso tra il Comune di Roma in persona dello scultore s~nator~ Adolfo Apolloni già ufficiale dei granatieri ed il coloni:ieJlo B1gnam1 per la Brigata (9). . ?ostit_u_ito apposito Comitato con a capo il duca d'Aosta Emanuele Fihbe1·to, 11 3 giugno 1922 era stata gettata quindi la prima pietra alla presenza del Re. Il Muse~ Storico fu ~uindi costruito su progetto dell'architetto Fran~esco L('oni tenente dei granatieri, con. i fondi offerti dagli ufficiali del _oi:po e con l'opera disinteressata dei granatieri in congedo sotto la di1 ez1one d.el padre del tenente Meacci caduto in guerra; e fu destinato ~- raccoglier~ e.conservare tutti i cimeli ed ì documenti della lunga sto11a ed a farsi d1 questa storia conservatore e testimone insieme, diffond~ndone la conoscenza e celebrandone la memoria: Museo che com?1 e.n~~ anc~e ~n su~~estivo "Sacrario" sulle cui pareti di marmo sono mc1s1 1 nomi di tut_t1 1_ granatieri caduti in tutte le guerre. I1 ~u seo fu ~ostltu1to come Ente di fatto con R.0. 24 novembre 1921 (10), fu eretto m Ente mora le con R.D. 4 settembre 1927 n. 2109 (11 ) e?bc approvato.c~n questo decreto del 1927 lo Statuto organico succes~ sivamente modificato con decreti n. 628 del 25 giugno 1953 e n 745 d l 3 lugl!o 1957, e s'ebbe infine, in applicazione dell'art. 13 di e sso St=tuto, ~l R:golamento interno approvato dal Ministero della OifesaEserc1to, in data 7 dicembre 1950 (12). 0

(9) Q.ues~'ar_ea, i~izialmente ceduta alla Brigata, che era comandata allora dal ~~-n~~ale ~'.co_Jo G1acch1, fu succe_ssiv~menlc lrasfcrila appunlo al Musco con alli pubb/ti;;;c~.tl~ nella .conservatoria dei registri immobiliari di Roma in data 12 settem. · m a~o ~1 Roma era all'epoca il senatore Adolfo Apolloni già tenenlc colonn ell o d c1 granaticn. <10) Circolare n. 636 del G.M 1921. (11) In ~Gazzella Ufficiale" n. 274 del 26 novembre 1927 (12) Dispaccio 8005/224 DGPCAG. .

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Fu inaugw·ato ufficialmente il 3 giugno 1924 alla presenza del re Vittorio Emanuele III e delle bandiere dei due Reggimenti, alfiere di quella del 2° Reggimento il sotLotenentc Umberto di Savoia principe ereditario (13) . Primo presidente del Museo è stato la Medaglia d'oro generale Ugo Bignami che ancora colonnello ne era stato l'ordinatore e che ha poi mantenuto la presidenza del Consiglio direttivo anche da generale della riserva fino all'epoca del secondo connitto mondiale. Gli sono succeduti alla presidenza del Consiglio direttivo i generali in riserva Carlo Melotti, Luigi Lambardi di San Miniato, Luciano Russi ani . Alla fine del 1984 si è stabi lito che anche gli ufficiali di complemento avessero una loro rappresentanza nel Consiglio direttivo del Museo e so no stati chiamati a farne parte infatti il prof. avv. Enzo Cataldi ed il dott. R. Felli. Per il successivo triennio 1985-1987 è stato quindi nominato dal Ministro della Difesa il Consiglio direttivo ncJle persone di: generale di corpo d'armata riserva Lelio Cau presidente, e membri i generali riserva Paolo Cresccnzi, Ubaldo Perrone Capano e Aldo Coletta, nonché i due ufficiali di complemento in congedo doti. Enrico Rucca combattente delle due guerre mondiali e prof. avv. Enzo CataJdj combattente della seconda guerra mondiale. oltre al rappresentante dei sottufficiali sergente maggiore Omero Galetto (14). Ed è staio durante tale gestione che s i è avuta la pubblicazione della presente opera nella sua prima edizione. Ma con decreto del Presidente deJla Repubblica 28 giugno 1986 n. 526 (15), reso su proposta del Minisb·o della Difesa, la personalità giuridica del Museo Storico dei Granatieri di Sardegna (cos"ì come, analogamente, di altri quattro Musei d'Armi e Specialità: della Fanteria, dei Bersaglieri, della Cavalleria e della Motorizzazione) è stala dichiarata

( 13) Per l'occas10ne la Duchessa d"Aosta scrisse. lra l'altro: ~oggi i Granatieri di Sardegna consacrano, nel tC'mpio dei ricordi, i cimeli della Loro storia secolare e l'animo mio si 1·iempie di orgoglio per cotanta luce di gloria it.aliana (. .. ). Guardie di Sardegna cui detti un giorno, nelle guerre di Libia e d'Italia il mio devoto amore di sorella, oggi non la parola di conforto ìo vi reco, ma quella dell'ammirazione per voi superstiti intrepidi, per i vostri morti eroici, per le vostre bandiere gloriose simboleggianti l'epico valo1·e delle armi d'1Lalia ll4) 1\11 N !STERO DIFESA, Ufficio Centrale per gli Studi Giuridici e di Legislazione, leUera prol. n. 5433/D del 1984. !15) In ··Gazzella Ufficiale" n. 198 del 27 agosto 1986. 0

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estin~a ed ~ ~eni costituenti il patrimonio dei Musei stessi sono stati devoluti al M1111stel'o della Difesa assumendo essi Musei· "la fi · · c·fi di•. ·, ' 1s1onomia spe1 ca I eparti delle Forze Armate" (foglio n. 3621/69 _ 15/16 d ll'I t torato dell Ar · a· F . e spe e m1 1 antena e Cavalleria; foglio n. 301/020/1604 del 26 novembre 19~5 del ?om~n?o Regione Militare Centrale). d1 .tali disposizioni il Museo Sto.· · · d1· S 1·dIn attuazione è nco d e1· G ranabcri a egna stato affidato alla Brigata Meccanizzata Granat·e 1.· d. s ~e~na. Il suo Co~siglio Direttivo è stato considerato decadu~o : dee:;~ te1e dal1a data d, pubblicazione del suddetto decreto e cioè dal 27 sto 198_6 (foglio n: 267/D-Xl-22/2 del 10 febbraio 1987 del Minis~;,~~ della D1fesa, Ufficio centrale per gli Studi Giuridi·c1· e la L · J • 4 - s ·1 M .· . eg1s azione). . e 1 usco Sto1 1co ha la funzione di custodil'e e tramandare · 1 ~ mc~one, come un tempi~ della storia e delle glorie dei Granatie r i .. di Sai degna, a mantenere il vincolo di fratellanza e di' am · · · stretto li . . . . 1ciz1a g1a . ne e caset me e su1 cam pi d1 battaglia provvede f'"Ass · · Nazionale d · G t· . . oc1az10ne ei ~an~ ieri m congedo", con sede centrale in Roma Piazza S an t a e roce in Gerusalem me n. 7. ' · ,·. Ess~ na_cque in.Milano per iniziativa personale del granatiere En11co Tonam (16) d1 fatto il 14 marzo 19] 1 f'J.·· · 1 t ·1 · ." 19l '> . . . . · u 11cia men e 1 14 aprile M., -· con 11 nome d1 Associaz ione Nazionale ex Granatieri" 07)· ed· _1 an~ .a Via Viv.~i_o n. 24 ebbe la prima sede centraJe, la prim~ ha~~ d1era c?lonnella maugurata il 29 maggio 1924 <18) d ·1 .· .. nale ... LAl amaro" <1 9 ) <2 0). e 1 p111no g101'161 /1:ato tn Golasecca rV·1 · 1 ·r 24 ·1 ~ gnia dC' i Granntieri. Due dei s~;t,~e Alb n~1 1 e 1851.' Torrani mililé1 nella Compamentc nel 2 .. n 11 G . g ' c1 ico e Mano. sono :-lati ufficiali rispettiva~ e ranat1en. ' I l 71 Nel febbraio 1912, nel corso della guerra itn l t l' · · 1 :;:::~~~~:oRe una l:trga in bronzo .sulla i;telc c:·etla :;,~·or':i:~~~ 1

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-prima colonne li A" fu dipinta d I , ta dal rappell ano don L .. Q d . a granatiere Leonardo Ba.stiglia<' benedl!l zione avev~ avuto come ~~!~gn~n1i':;.i~:~o~-:~icre decorato. Prccedentcmcnlc l'Assoc1a1191 Diretto da Filippo Daslini il giorn·1I bb stata disegnata da Carlo P rim ~vcsi'· cd lt .' e e e una) nuova veste nel 1929, con teera stata t tt · · · · ' a ~' a ancora ne l 93 t. La 1C'Slata "L'Alamaro" d · • u av1a gia usata nel 1922 per un fo li d , , e per ~numeri unici" curati da Dell'O t C .. g o iscgna~o ~I gra~at~ere Borlenghi parso una prima volta nel 1958 con ic~t °j_ :~i,ata la pdubblic~1.1one. il giornale è riap· mente nel 1986. · a a iscgnaia 11 Achille !,vanini, e successivn<20> La sede di Milano che alrin1zio d ll"A · · questa da via d'·I v· · ,. ,' , e ssociazione fu anche sede Cl'ntrale d1 • . • .i 1va10 u srns 1erita nel 1921 a Pi d ID C'hiossetto nel 1925 e nell'edificio della ('alle.: v·attzza_ eE uomo pC'r passar poi a via • • 1 ia 1 ono manuele nel 1929.

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Successivamente furono costituite le Sezioni: di Vicenza nel 1921, di Busto Arsizio, Trieste, Legnano e Vercelli nel 1924, di Roma, Venezia, Cremona , Lecco e Napoli nel 1925 (quest'ultima era stata costituita una prima volta n el 1922 ma s'era sciolta poco dopo), di Cagliari, Gallarate, Pordenone, Forlì, Padova e Brescia nel 1926, di Como, Udine e Saronno nel 1927. Al primo presidente per gli anni dal 1911 al 1920 Enrico Togliani successe il 1° gennaio 1921 Arturo Rusconi. L'Associazione (sede di Milano) venne in quell'e poca fatta depositaria del gagliardetto del Reparto Granatieri di Fiume. In questo periodo di tempo furono assorbite alcune Sezioni autonome sorte: il 21 aprile 1913 a Torino come "Unione Ex Granatieri", società di mutuo soccorso; il 16 aprile 1916 a Firenze per iniziativa de] tenente Bindo Serani; nell'ottobre 1921 a Genova per iniziativa di Am edeo r,ena; nel 1926 a Bologna a cura dell'a vv. Franco Turillo. Vennero altresì fondati due giornali, l'uno nel 1926 dalla Sezione di Bologn a, "Il Granatiere" (21), l'altro n el 1928 dalla Sezione di Lecco , "La Gavetta del GranaLiere", sostituito nel 1929 da "La Vecchia Guardia" (22 ), durato fino al 1933 per diventare poi organo ufficiale di informazione. Con il congresso di Genova dell 'aprile 1927 fu costituito il Comitato centrale con sede in Roma, e primo presidente nazionale venne eletto il generale Paolo Anfossi cui seguì in veste di commissario straordin ario reggente, dal maggio 1928 al gennaio 1929, Arturo Dell'Orto. Furono successivamente presidenti nazionali: Enrico Beretta fino all 'ottobre 1931 e Luigi Hemmeler fino a quando il 10 aprile 1936 fu eletto presidente Umberto di Savoia, che lo rimase fjno alla seconda guerra mondiale, dopo di che assunse la reggenza la medaglia d'oro presidente del Museo Storico dei Granatieri generale Ugo Bignami. Nel 1932 venne inaugurata la nuova "colon nella" (23), in occasione della prima adunata nazionale in Roma, madrina la principessa Maria Josè di Piemonte: colonnella che nel 1938 venne poi sostituita da quella "tipo" imposta dai nuovi ordinamenti alle Associazioni militari.

(21> Fondato il 24 ottobre 1926 cessò la pubblicazione nel 1927. (22 ) Fondalo da Angelo Valnegi·i. (23) Dipinta ed eseguita dal granatiere Ettore Mauri.


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Nel 193~ il C,omando n_azi~nale (come si chian1ava allora la presidenza ) avo~o a se la pubbhcaz10ne del periodico ufficiale "Il Giornale del Granatiere", che cessò la pubblicazione nel 1942. . In base ai nuovi ordinamenti l'Associazione venne in quell'epoca i~quadrata s~ basi paramilitari, costituendo la 2!) Brigata Granatieri d1 Sardegna 10 congedo. Nel dopoguerra l'Associazione, ormai discioltasi, venne ricostituita e ne assunse la presidenza il generale Carlo Melotti cui seguì nel dicem~ b~·e 1958 la reggenza del generale Giovanni Battista Sampietro. Success1vamente s~no stati presidenti nazionali i genernli Enrico Lugli ( 19591962), ~ed~nco Morozzo della Rocca (gennaio-giugno 1962), Renato Castagnoh ~gmgno-dicembre 1962). Divenutone reggente dal dicembre 1~62 al giugno 1~65 l'avv. Raffaello Tarquini, questi è stato quindi pres1de,nte fi~o ~I g1~gno 1974. Alla presidenza del Consiglio Nazionale dell_Assoc1az10ne e stato quindi f'IP.tto il generale di Corpo d'Ai·mata della riserva ?omenico Pipola, rimastovi fino al 1990 (24l. Nelle elezioni di tale anno e stato eletto alla carica il generale Roberto Di Nardo ed ·1 g _ , • e ne1•a 1e p·1po1a e• stato nominato presidente onorario (25).

lralet2~.J I_n tale ~eriodo il Consiglio naz!onalc i• risultato cosi composto: C'ornitnlo cen- . , P es1den~e 11 ge~erale Domenico P1poln. vice presidente il gtm. Roberto Di Nnrdo segretano_ na;1on_al~ il ~e~. Antonio ?cntofanli. consiglieri il dott. Gernlarno Arca. iÌ dotl. _Ste'.11c1 Conl1gliozz1, il doLl. Mano Hol:wr e il col. Mario 'l'aranto· ('olleg· d, . v1sonde e r1· ·i "Id . · , 10 c11e. • . ~ on p~es1C en_te I ott. Errnes.Gradari, rev1soi; effelllvi il dotL. Alberto Lip~celh e il ?ott. ?•1:rnnm Tornassoni, revisori supplenti il dott Fulvio Candia e ·1 d ti P1,et1:o. De I• ranc1sc1; Collegio dei probivi,;, prt•sidente il dott. Alberto Zappulli, :omopo~ ~cn~11 I ge_n. Ennco Amodei. il prof. a\'V. Enzo Cataldi, l'av,•. Alberto Cnscuolo il dolt o_Fabi._l'av:. ~_lnrio Scappucci, il gen. Ul,aldo Perrone Capano, il gen~ RodoÌfo Pam~ pa oni Monsam e d dott.. C'rist iano Garaguso. <25 l _Nrlle elezioni d~I 1990 il Consiglio nnzionale dell'Associazione è risulta.lo perlar~to c~s1 compos:o. presidente onorario il gcn. Domenico Pipola, presidente il en Ro:e1 lo 1;}1 ~ardo, vie~ presi_de'.1l~ i_l doli. Sienio Contighozz1. segretario nazional! iJ gen. nlon10 ~entofant1 •. cons1ghcn ti comm. Giorgio Faccioli , il doU. on. Lino Fornaie u d~lt. Mano Holzer. ~I col: Mnri~ Taranto. li Collegio dei revisori dei conti è stato f~rm,llo ~I dotL. _Al~o C,e~l1h_ presidente, revisori effettivi il sig. Trentino Bonetli e il ra l~ob~i to Oti~v1~m: rcv1son_ supplentì il doti. C'urlo Co lugrandi e il doU. Pietro Dc r~ra~~ ci~c'.: A cost ituire il Coll_e~rn dei probiviri sono stati chiamali il doLL. Alberto Zappulli piesidente e comp~nent1 I avv. prof. Enzo Cataldi, l'avv. Alberto Criscuolo il dotl Cristi:rno Garn~u~o. il dott. Eri)!; Gradari, il gen. Ubaldo Perrone Capano iÌ doLL a··· _ cario Quallnn1. • · 1an

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Riguardo a tali ultime elezioni concernenti coloro cui resta affidata la funzione direttiva dell'Associazione va rilevalo che volendosi per detta ragione fare assumere ad esse una maggiore democraticità. tale da assicurare il più largo consenso di base, dietro le particolari proposte del Centro Studi, di cui appresso, la Presidenza h a emanato fin dal gennaio 1989 apposite direttive intese a predisporre ed a controllare le operazioni relative alle elezioni stesse, funzioni da demandarsi ad un apposito "Comitato Elettorale", che infatti all'uopo è stato nomin ato (26). Il Consiglio nazionale della Associazione nel 1990 si è espresso a favore dello. nomina di Fra' Gianfranco Maria Chiti da Cignese, già ufficiale in s.p.e. dei granatieri, a "Padre Spirituale Cappellano dell'Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna", proposta che ha avuto il pieno consenso dell'Arcivescovo ordinario per l'Italia Mons. Giovanni Marra. Organo ufficiale dell'Associazione è dal dopoguerra il giornale "Il Granatiere", che generalmente viene pubblicato con periodicità trimestrale, sotto la direzione del presidente dell'Associazione, del Segretario nazionale e di un direttore responsabile (attualmente il dott. Cristiano Garaguso). L'Associazione ha svolto annualmente i raduni nazionali (27) ed

(26) li primo Comitato elettorale e stato composto dall'a,·v. prof. Enzo Cataldi presidente, poi sostituito, a causa di malaUia, dal dolL Luigi Puddu, e dai presidenti di Centro regionale avv. Beniamino Cesi. gen. Renzo Moauro, doll. Brnno Lcnsi, on. Lino Fornaie. dott Costantino Bomhonato (27) Sono stati svolti i seguenti raduni nazionali: Roma t22-24 maggio 1932), Napoli (7-8 otLobre 193:H, Roma (15-16 giugno 1935), Monte Cengio (21-23 maggio 19:38). Palermo (20-22 maggio 1939>, Genova I 1-3 giugno 1940); e dopo la interruzione determinala dalla guerra: Monte Cengio <13-14 giugno 19531. Roma t5-7 novembre 19551, Vicenza t14 giugno 1958). Torino (17- 18 aprile 1959)- rnduno, questo, in cui si celebrò il tricentcnario del Corpo-. ,Jesi (18 settembre 1960). Perugia 124-25 scllembre 1960). Formia e l\lola di Gaeta 112 e 13 novembre 19601. 'T'rieste 1:3-4 giugno 1961, nel cinquantenario dcll'J\ssociazionel, Viterbo (6 e 7 ottobre 1962), Firenze !3 e 4 ollohrc 1964 l. Roma (7 ed 8 maggio 1966>. Venezia C14- L5 settembre 1968, nel cinquantenario di ViLl.orio Venel.ol, f\apoli I 18-19 settembre J 971 ), Alessandria< 10 settembre 197:3 l. C'engio <7 cd 8 luglio 1975), Viterbo (7 ed 8 maggio 1977 ), Ccngio e Asiago 17 e 8 lugho 19791. Roma ( L3 e 14 settembre 1980), Orvieto {25 e 26 sellcmbrc 1982), Cnstcllazzo e Jesolo (27 e 28 aprile 1985), Lucca 11988). In totale ventisei congressi nazionali in occasione di ognuno dei quali i> stata emessa una medaglia l'icordo, fatta soltanto ecceziono dei congressi di Nnpoli nt'I 1933, dei tre del 1960 a ,Jesi, Pcrngia e Formia e di quelli del 1973 in Alessandria e del 1988 a Lucca.


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ha patrocinato numerosi raduni interregjonali e regjonali (28). Ha provveduto altresì alla collocazione di monumenti e steli e cippi e lapidi in memoria e a celebrazione della Specialità e di singoli granatieri. 5. - Il Consiglio nazionale dell'Associazione, riunito in Roma il 28 ottobre 1988, ha deliberato la costituzione di un "Centro Studi". Compito e funzione di tale Centro è quello di ricercare, studiare e proporre s oluzioni ai problemi statutari e promozionaU che richiedano sotto l'aspetto concettuale un approfondimento delle tematiche intese ad aggiornare e a perfezionare le attività previste dalle finalità associative in connessione con la evoluzione delle istituzioni e con i mutamenti di esigenze della vita sociale. Suo compito è quello di esaminare inoltre le questioni di rilevanza morale per il mantenimento e la salvaguardia delle tradizioni della Specialità, nonché di curare il corretto indirizzo del pensiero espresso nell'Organo ufliciale di stampa delJ'Associazione (il giornale sopra menzionato) e di coordinare tutte le altre iniziative di carattere culturale e pubblicitario. Costituito nell'ambito della Presidenza nazionale dell'Associazione e con funzioni meramente consultive, il Centro è inizialmente risultato composto da sette membri nominati dalla detta Presidenza, chiamati ad operare a titolo gratuito ed a restare in carica per lo stesso periodo di mandato della Presidenza, venendo altresì previsto che a partecipare ai lavori possano essere invitati di volta in volta, all'occorrenza, esperti nelle diverse materie (storiche, gjuridiche, amministrative, sociali, militari). All'atto della s ua costituzione il Centro è risultato composto dal vice presidente dell'Associazione genera le Roberto Di Nardo, da quattro consiglieri dell'Associazione (dott. Costantino Bombonato, dott. Stenia Contigliozzi, dott. Mario Holzer e dott. Cristiano Garaguso) e dall'avv. prof. Enzo Cataldi. Con il rinnovo del Consiglio direttivo dell'Associazione nell 'aprile 1990 e l'elezione a presidente della stessa del gen. Di Nardo, a dirigere

(28) Ai Granatieri, ai lol'O Caduti, alle loro imprese e battaglie sono stati dedicati nel corso degli anni in varie località d'Italia, piazze e vie, scuole e asili, monumenti e steli e lapidi. Una accurata e descrittiva rassegna ne ha faUo il granatiere milanese Silvio Bcrgomi in una monografia inedita per la quale si rinvia in Appendice.

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il Centro Studi è stato chiamato l'avv. _µ_rof. Cataldi e compo.nenti dell~ stesso sono stati per intanto nominati il dott. Bombonat~, 11. d~tt. Ga raguso, il dott. Holzer, il gen. Ferrone Capano (con funz1om d1 segretario) e il dott. Quattrini.


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CAPITOLO VII

LA FORMAZIONE DEL "3° REGGIMENTO GRANATIERI" E LA COSTITUZIONE DELLA "DIVISIONE GRANATIERI DI SARDEGNA"

. l. - Alla fine del 1926 le Brigate di Fanteria, in base al nuovo ordinamento dell'Esercito di:;posto con la legge 11 marzo 1926 n. 396 (1) venner°. formate non più ~u due bensì su tre reggimenti e pertanto, pe1'. adegurue al nuovo orgamco la Brigata Granatieri, il 1° novembre di quello stesso anno venne costituito il "3 ° Reggimento Granatieri di Sardegna".

. _ Vi_ si pr~vvide mediante due battaglioni tratti dai due Reggimenti g1a esistenti; e la nuova unità venne posta di stanza a Viterbo Il c~mando d'e~sa venne affidato al colonnello Amleto Sa.ladino. Successivamente si s~sseguirono nell'incarico, fino alla vigilia della secon?a guerra mondiale, nel 1932 il colonnello Amedeo Liberati. nel 1934 il co_lonnello Carlo Viale, nel 1937 il colonnello Alberto 1'rionfi e nel 1939 il colonnello Enrico Andreini. ~ello s~esso periodo si avvicendarono al comando degli altri due Regg1ment1: ~el 1°, i colonnelli Federico Morozzo della Rocca nel 1927, Carlo Melotti_ nel 1930, Ugo Fongoli nel 1935 e Adolfo de Rienzi nel 1937; del 2 , 1 colonne~li. Carlo Pericoli nel 1926, Giunio Ruggiero nel 1933, Alberto Mannenm nel 1936 e Mario Damiani nel 1939 In e~ecuzione della legge 11 marzo 1926, che tra l'altro ab~lì i nomi dell e Bng_ate di Fanteria, la Brigata Granatieri di Sardegna venne trasfor~ata 1~ "XXI Brigata" ed inquadrò, oltre ai Reggimenti 1 e 2°, anche il 3° d1 recente istituzione. < lJ Pubblicata nella "Gazzetta Ufficiale"' n. 677 del 15 mai·zo 1926.

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Al comando di tale Brigata si successero dal 1926 al 1934 i generali Mario Tonelli, Nicolò Giacchi, Enrico Baffigi e Fernando Cena. La Brigata fece parte della 21f! Divisione Territoriale di Roma (2). Con legge del 24 marzo 1932 n. 293 (3) ai reggimenti della Brigata venne concesso il motto araldico "A Me le Guardie per l'onore di Casa Savoia"; ed in data 10 novembre 1933 ai comandanti dei due Reggimenti furono solennemente consegnate, presso la Caserma "Principe di Piemonte" in via Lepanto in Roma , le Regie Lettere Patenti concernenti l'adozione del motto stesso. Nel 1933 ci fur ono ancora varianti nell'uniforme dell'esercito: la giubba aperta, l'elmetto italiano modello '31 e '33, le "fasce gambiere"; e i granatieri potettero, comunque, conservare gli alamari, trasferitisi dal colletto ai risvolti della giubba. 2. - Per disposizione del Ministero della Guerra - giusta foglio d'ordine 31 dicembre 1934 - alla XXI Brigata fu incorporato il 13 ReggimenLo <li Artiglieria da campagna, che indossò pertanto anch'esso,

sul bavero, gli alamari (4); ed al comando d'essa Brigata si avvicendarono nel periodo 1935-1938 i generali Giuseppe Vecchi, Carlo Melotti e Giunio Ruggiero. Con R.D. 8 febbraio 1934, intanto, la 21~ Divisione militare di Roma, nella quale la Brigata Granatieri era inquadrata, assunse la denominazione di "21 11 Divisione Fanteria Granatieri di Sardegna" (5). Tale denominazione e tale formazione furono conservate fino al 1939, quando il nuovo ordinamento generale dell'esercito abolì le Brigate. Dal luglio 1939 la 211i Divisione Fanteria Granatieri di Sardegna venne costituita dal 1 °e dal 2° Reggimento Granatieri e dal 13° Reggimento di Artiglieria; e ne assunse il comando il generale Umberto Spigo. C2l Comandanti di tale Divisione furono. dal 1926 al 1934, i generali Lorenzo Barco, Alessandro Giovagnoli, Francesco Goggia. Mano Zucchi e Alfredo Guzzoni. <31 Pubblicala nella "Gazzetta Ufficiale" n. 88 del 15 aprile 1932. (4) Il 13° Reggimento Artiglieria, la cui costituzione in Roma l"Ìsaliva al I novembre 1888 e che si era dislinlo nelle campagne di Eritrea <1895-1896) e Libia t 19111912 ), nel connitlo 1915-1918 (Val Cordevole, Col di Lana, Val Cismon. l\lontello. Grap· pa. Villorio Veneto>e in Albania ( 19191, era in quel momento al comando del colonnello Achille Rosmini, al quale sarebbero succeduti i colonnelli Emilio Coronati nel 1935, Al· berto Alberti nel 1937 e Gabriele Boglione nel 1939. (51 Nel periodo 1935-1938 comandanti della 21• Divisione della quale faceva parte la Brigata Granatieri furono i generali Alfredo Guzzoni. Gavino Soddu. Carlo Geloso ed Ezio Rosi.


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3. - Ancora una notazione, che si riallaccia a quella già fatta relativamente al cacciatorpediniere "Granatiere" che operò con questo nome dal 1905 al 1927 (6). Un cacciatorpediniere "Granatiere II" venne varato il 24 maggio 1938, questa volta dai Cantieri Navali Riuniti di Palermo, di tipo "Grecale", lungo metri 106,7, largo metri 10,2, in immersione altezza media metri 4,12 . Armato di cinque cannoni da 120-50, sei lanciasiluri 533 trinati, tredici mitragliere 20/65 e due lanciabombe antisommergibili e dotato di sistemazione per posa di mine, ebbe un equipaggio formato da sette ufficiali e centottanta sottufficiali e marinai. Il 10 aprile 1957 venne classificato "Fregata" dopo essere stato posto nella riserva dal 1956, e fu radiato il 1° aprile 1958: dopo di che nessuna nave ha avuto detto nome. I1 "Granatiere II'' durante il conflitto 1940-1943 ha effettuato centoventiquattro missioni operative; il 9 luglio 1940 ha partecipato alla battaglia di Punta Stilo ed il 27 novembre ha collaborato alla battaglia di Capo Teulada e quindi il 27 marzo 1941 a quella di Capo Matapan. Molte altre missioni di scorta ha effettuato nel Mediterraneo durante gli altri anni di guerra, venendo anche gravemente colpito il 18 dicembre 1941 nella Battaglia della Sirte. Nel 1944-1945 ha svolto attività operativa contro le coste adriatiche occupate dai tedeschi; nel dicembre 1944 ha cooperato al salvataggio di un piroscafo jugoslavo nel canale di Sicilia. (6) R<'tro, Cap. XIX, n. 4.



CAPITOLO

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LE OPERAZIONI MILITARI FUORI DEL TERRITORI O NAZIONALE: SARRE, SPAGNA E ALBANIA E LA GUE RRA ITALO-ETIOPICA

1. - Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali l'Italia partecipò in varie forme, fuori del terrjtorio nazionale, ad operazioni militari di notevole rilievo anche politico sullo scacchiere internazionale, nonché ad una sua guerra in Etiopia, e sempre i Granatieri di Sardegna furono partecipi delle imprese. Il 13 gennaio 1935 un Reggimento di formazione di granatieri al comando del colonnello Carlo Melotti fu inviato nella Sarre (Saarland) per assistere e garantire le libere consultazioni popolari che vi si svolsero. La cosiddetta "questione della Sarre" era sorta per non essersi potu to raggiungere un accordo sul possedimento della zona durante i lavor i della Conferenza di Versailles dopo la prima guerra mondiale , e si era trascinata particolarmente tra Francia e Germania fino a quando venne appunto stabilito di determinare lo stato giu ridico del territorio mediante consultazione popolare. Questa, effettuata nella suddetta data, sanzionò i1 ritorno della regione alla Germania con oltre 477 .000 voti favorevoli, pari a l 90, 76% (1 ).

(1) l...a regione. situala nel sud-ovest della Germania, comprende 2.567 kmq e circa un milione di abitanti. Dopo la seconda guerra mondiale, avendo la Francia nuovamenle avanzalo i suoi in~enti di annessione, la "questione della Sarre·• si è proposta una seconda volta, portando dopo varie vicende all'accordo di Lussemburgo del 27 ottobre 1956 in base al quale il territorio è stato nuovamente reintegrato alla Germania a partire dal 1° gennaio 1957 (e dal 31 dicembre J 959 per la parte economica).


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2. - Nello stesso anno si iniziò la guerra etiopica, della quale si dirà a parte tra poco; e subito dopo, i fatti di Spagna. In questo Paese la scena politica si era andata sempre più agitando da quando, dopo le elezioni delle Cortes costituenti del 28 giugno 1931, si era sfociati nel luglio 1936 nella rivolta armata contro il governo repubblicano che il generale Francisco Franco, comandante militare delle Isole Canarie, aveva iniziato dal Marocco, passando quindi sul territorio metropolitano, aiutato nell'impresa anche dall'aviazione italiana, e puntando su Madrid. Era stata, in quella prima fase, una guerra di movimento: che però andò a farsi - dopo il fallito tentativo dei franchisti di aggirare lo schieramento governativo attraverso la linea di Guadalajara (marzo 1937) - una vera e propria guerra di posizione attorno alla capitale: guerra che venne resa ancora più dura e lunga dalla partecipazione, in ambedue le parti del conflitto, di formazioni di volontari arrivati da altri Paesi, e anzitutto dall'Italia. A Guadalajara gH italiani combatterono in circa trentaseimila. Dopo che Franco riuscì ad eliminare il fronte cantabrico, dando luogo ad una prima grande offensiva (9 marzo 1938), la Conferenza di Londra decise il ritiro graduale dei "volontari" e il non intervento di altri Paesi, e Franco passò ad una nuova grande offensiva (19 agosto 1938). E finalmente - dopo le dimissioni del presidente della Repubblica M. Azana e del capo del governo J. Negrin (1 e 6 marzo 1939) la guerra finì , costata un milione di morti ed infinite distruzioni (1 ° aprile 1939), ed il governo del generale Franco, "el Caudillo", venne riconosciuto ufficialmente (27 febbraio 1939). Se dalla parte del fronte repubblicano avevano operato ''volontari" comunisti (le otto "brigate internazionali", delle quali costituivano rilevante parte i fuoriusciti italiani) (2), dalla parte franchista si erano schierati gli oltre cinquantamila soldati inviati dall'Italia (3). E tra {2) Per la Repubblica combatterono, oltre ai 557 inviati sovietici con il ruolo di "consiglieri militari" (Stal in preferl inviare soprattutto materiali e armamenti) le otto Brigate Internazionali organizzale dal Kominlern, per un totale di quarantamila uominì, dei quali gli italiani furono tremilatrecentocinquanta. (3) Con i nazionalisti combatterono in particola1·e formazioni di italiani, tedeschi e portoghesi. Mussolini inviò cinquantamila soldati oltre a novantuno Unità di marina e circa olt.ocento aerei; Hitler inviò la "Legione Condor" di diecimila uomini (caduti Lremila); Salazar inviò la ''Legione di Viarato" di ventimila uomini !caduti ottomila).

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costoro erano inquadrati anche g1·anatieri, come ad esempio il tenente Melchiorre Jannelli del 2° Fanteria Littorio, che al comando di una compagnia di arditi restò gravemente ferito in eroica azione morendo qualche giorno dopo in ospedale, e alla cui memoria è stata concessa la medaglia d'oro (20 marzo 1939). 3. - Proprio nel 1939, nell'aprile, l'Italia occupò l'Albania. Questa regione sud-occidentale della penisola balcanica, sulle coste dell'Adriatico, situata tra la Jugoslavia e la Grecia, dal 1927 era rimasta praticamente soggetta alla tutela italiana, ma da un certo tempo il re Zogu, che era salito al trono con l'aiuto jugoslavo ma che poi era stato appoggiato dall'Italia, sotto la pressione francese ed inglese andava tentando di liberarsi di ogni nostra protezione e ingerenza nel Paese. La spedizione italiana venne appunto per questo decisa, ed ebbe luogo il 7 aprile 1939. L'Albania venne occupata in cinque giorni, e re Vittorio Emanuele III ne assunse la corona, inviando sul posto un suo luogotenente (4). Del Corpo di spedizione fece parte anche un Reggimento di formazione di Granatieri di Sardegna, costituito con elementi del 1°, del 2° e del 3° Reggimento, al comando del colonnello Alberto Mannerini. Esso venne trasportato in volo in terra albanese per l'occupazione del1a capitale Tirana: e fu questo il primo esperimento di trasporto aereo collettivo effettuato dall'Esercito italiano (5). Quando poi, nell'autunno dello stesso anno, la Divisione Granatieri di Sardegna tornò, come si è visto, alla formazione di due soli reggimenti

Vi erano inoltre seicento u·landesi, la legione francese ·Bandiera Jeanne d'Arc", i Russi Bianchi con una compagnia aggregata ai rcquetés carlisti e singoli gruppi di YOlontari di altre nazioni europee (iugoslavi, ecc.). Con il rimpiazzo delle perdite gli italiani che complessivamente combatterono a fianco dei franchisti furono 72.827, nella massima parte (esclus i in particolare gli ufficiali generali e di stato maggiore ed i cappellani ) volontari. Le perdite italiane furono in totale di 3.8J 9 morti, 11. l 85 feriti, il 20,6% delle forze italiane, una percentuale inferiore soltanto a quella delle Brigate lntemazionali e della Legione Straniera. (4) Da quel momento fu designato infalti come ~Re d'italia e d'Albania"; e con la guerra d'Etiopia sarebbe stato proclamato "imperatore". Luogotenente in Albania fu F. Jacomoni. (5) Al colonnello Mannerini è stata concessa, per "la eccezionale pe1·izia e 1::1 grande energia", nonché per "lo sprezzo del pericolo" dimostrati sia nel corso del trasferimento aereo che nell'occupazione di Tirana, la medaglia di bronzo al valor militare (Tirana, 18 aprile 19391.


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di fanteria, il 3° Reggimento, distaccato da essa, fu inviato in Albania a sostituirvi il Reggimento di formazione. 4. - Ma la più importante impresa di quegli anni fu la guerra condotta dall'ottobre 1935 al maggio 1936 e risoltasi con l'occupazione dell'Etiopia , seguita poi, tuttavia, dalle lunghe e defatiganti operazioni di grande polizia, come furono chiamate, e che consistettero in verità in vera e propria guerriglia protrattasi fino alla vigilia della seconda guerra mondiale. L'Etiopia, o Abissinia, vasta regione dell'Africa Orientale, aveva visto già più volte gli italiani giungere sul suo territorio : quando nel 1869 avevano acquistato Assab annettendosela poi nel 1882; quando nel 1885 avevano occupato Massaua togliendola agli egiziani (6); durante, infine, la sfortunata già ricordata guerra contro Menelik nel 1896 (7). Nel 1920 ras Tafari era divenuto "re dei re" col nome di Hailè SeIassiè I. Venne deposLu a seguito, appunto, dell'occupazione italiana iniziata H 3 ottobre 1935 e conclusa alle ore 16 del 5 maggio 1936, allorché la colonna autocarrata forte di dodicimila uomini e di millesettecentoventicinque automezzi al comando del maresciallo Pietro Badoglio entrò nella capitale Addis Abeba, che era in preda alle fiamme , deserta e saccheggiata (8) . Di questa spedizione fece parte il I Battaglione speciale del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna al comando del maggiore Tullio Gervasoni. Raggiunta Massaua imbarcato sulla nave "Belvedere" in data 5 ottobre 1935 e trasportato con autocarri a Decameré, il Battaglione si distinse all'inizio della dura battaglia del Tembien particolarmente nel combattimento dell'Amba Aradam (15 febbraio 1936) e nella conquista dell'Amba Uork (27 febbraio), operando quindi a P asso Uarieu (dove le Camicie Nere del Gruppo Diamanti erano state accerchiate da Ras Cassà), ad Abbi-Addi ed-a Makallé (Tigrai).

(6 ) Il re Giovanni aveva lentato di resistere \e l'episodio di Dogali nel 1887 fece parte di questa resistenza), ma aveva desistito l'anno dopo. (7) Durante essa, la sfortunata battaglia di Adua, dell 'll marzo 1896. (8) Esattamente cinque aJ1ni dopo, 5 maggio 1941, Addis Abeba sarà sgomberata dalle Forze italiane che andranno a concentrarsi sull'Amba Alagi agli ordini del duca d'Aosta, ed occupala dalle truppe inglesi e francesi, nel contesto della seconda guerra mondiale.

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Mentr e la sua 3@ Compagnia (capitano Alfonso Troisi) partecipò alla marcia su Addis Abeba con la colonna Badoglio, la restante parte del Battaglione fu aviotrasportata (con Caproni "133" dell'Aviazione Militare) nella capitale abissina e quindi a Dessilé, rientrando in Italia nel maggio 1937. La Bandiera del Battaglione è stata decorata della Croce dell'Ordin e Militare di Savoia (9) con la seguente motivazione: "Pari alla sua fama millenaria il fante ha prodigato tesori di valore, di resistenza, di volontà, di fede, con costante ferrea disciplina. Nella lotta, ne11'attesa, nella fatica, sempre e dovunque ha creduto, obbedito, combattuto per La gloria dell'Italia Imperiale". Vennero concesse inoltre, per le operazioni in Africa dal 1935 al 1939, quelle della campagna di guerra e quelle di grande polizia, ventotto ricompense individuali al va lor militare, delle quali una croce dell'Ordine Militare di Savoia al capitano Sila Persichelli e quattro medaglie d'oro, delle quali tre "alla memoria", cinque medaglie d'argento, quattro medaglie di bronzo, dieci croci di gu erra e tre promozioni per merito di guerra. Decorati di medaglia d'oro sono stati: ''alla memoria" il tenente Luigi Michelazzi del III Battaglione arabo-somalo, colpito a morte da fucilata sparata a bruciapelo in Segarè (21 lugbo 1936), il sottotenente Filippo Marini del I Battaglione coloniale, colpito a Zallale mentre tentava di sostituire i suoi mitraglieri già caduti sull'arma (4 ottobre 1936), cd il tenente Aldo Zucchi del XX Battaglione coloniale, ferito a m orte in un attacco compiuto alla testa dei suoi ascari in Uascià Mariam durante le operazioni di grande polizia (24 marzo 1939); ed inoltr e il capitano Germano Pellizzari del Corpo Truppe coloniali Somalia, che già nei combattimenti di Gergertù e di Hulè aveva avuto proposte di medaglie d'argento, rimasto gravemente ferito, tanto da riportare l'amputazione di un piede nell'azione di Beggi (2 febbraio 1937) (lO). Decorati di medaglia d'argento sono stati: il capitano Alfredo Baroni del III Gruppo Bande Dubat; il capitano Guido Burkler del Reparto (9 ) Oggi: Ordine Militare d'Ttalia. ( IO) Hanno conseguiLo ricompense in Africa, combattendo in altri reparti ufficiali

già dei granatieri. come il maggiore Pasquale Arena, croce dell'Ordine Militare di Sa-

voia, e la medaglia d'oro lenente Oreste Bernardini (202° Legione Camicie Nere). Di medaglia di bronzo è stato decorato il tenente colonnello Corso Corsi comandante del sottosettore di Ficcè, in combattimento sul Nilo Azzurro nel marzo 1938.


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Autocarrato dello S.M. Governo Generale A.O.I.; il capitano Ugo Chiara valli del XXI Battaglione coloniale (due medaglie); ed il maggiore Sila Persichelli del VI Battaglione indigeni. Le medaglie di bronzo sono state conferite a tre ufficiali (tenente colonnello Federico Rocco e sottotenenti Camillo Conversano e Giacomo Cristiano Garaguso) ed al sergente Giuseppe Botto. Le croci di guerra ad otto ufficiali (capitano Sila Persichelli, tenenti Tommaso Cerchione, Vittorio Gengo e Antonio Ricci, sottotenenti Camillo Conversano, Mariano Grasso, Filippo Marini e Giacinto Bianco) ed al sergente maggiore Antonio Felice Duriavig (due croci); e le promozioni per merito dì guerra, due ancora al capitano Sila Persichelli (11) ed una al tenente Germano Pellizzari. ( 11) Sila Persichelli , nato a Montereale (L'Aquila) e pervenuto fino al grado di generale, risulterà alla fine uno degli ufficiali più decorati d'Ttali11 (Ordine Militan• rii

Savoia, medaglia d'oro al V.M., tre medaglie d'argento al V.M. , due medaglie di bronzo al V.M., una Croce di guerra al V.M., tre promozioni per merito di guerra). Venne ferito in guerra sette volte. L'Assocfaziooe Nazionale Granatieri di Sardegna, in occasione del raduno interregionale in Abruzzo, il 28 settembre 1985 ha inaugurato in Montereale un Cippo in memoria dell'eroico ufficiale, presente tra gli altri la vedova dell'eroe.

CAPITOLO IX

I GRANATIERI DI SAVOIA

1. - Nella storia dei Granatieri di Sardegna quella breve ma anch'essa gloriosa della Divisione Granatieri di Savoia si inserisce di diritto in quanto essa ebbe al momento della sua istituzione detto nome "perché si vollero far rivivere anche nell'Impero le fulgide tradizioni militari delle più gloriose truppe del nostro esercito inscindibilmente legate con quelle di Casa Savoia" (1), i Granatieri di Sardegna appunto; e infatti per i Granatieri di Savoia fu stabilito lo stesso segno distintivo degli alamari su fondo rosso nel bavero della giubba, se pure di colore azzurro anziché argentato; e per gli appartenenti alla specialità fu richiesto, come per i Granatieri di Sardegna, una particolare "prestanza fisica". Per di più, numerosi ufficiali e soldati inquadrati in essa provenivano proprio dai ranghi dei Granatieri di Sardegna e ad essi sono tornati quando, con la fine della seconda guerra mondiale e con la perdita dell'Impero , la Divisione speciale ha cessato di esistere. La storia di tale Divisione speciale resta infatti strettamente legata nel tempo e condizionata nelle motivazioni a quella dell'Impero costituito dall'Italia dopo la conquista dell'Etiopia. Nell'immenso territorio divenuto nostro dopo l'impresa, nel territorio cioè di quella che fu chiamata l'Africa Orientale Italiana (A.O.I.), fu necessario provvedere immediatamente alla sistemazione sia civile che militare, e in base all'ordinamento "organico" ed a quello "politico, amministrativo e militare per ]'A.O.I.", sanzionati rispettivamente con R.D.L. 1° giugno 1936 n. 1019 e R.D.L. 15 novembre 1937 n. 2704, fu tra l'altro prevista la costituzione di una particolare forza militare

(1) ARTURO FERRARA, La Divisione Granatieri di Savoia dalle origini alle glorie dell'Amba Alagi, in "Rassegna di Cultura Militare", 1942, pagg. 630-639.


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intesa come "ordinamento di pace" per il tempo che, terminate le operazioni di polizia militare susseguite alla conquista, anche l'Etiopia, si riteneva, si sarebbe assestata come già risultavano l'Eritrea e la Somalia. Fu fatta quindi la previsione, per le forze militari terrestri di pace dell'Impero, di una nuova apposita Divisione nazionale Granatieri di Savoia, non potendosi destinare al territorio etiopico l'unica Divisione Granatieri esistente nel territorio nazionale, per di più primogenita e prima tra le Unità dell'Esercito, istituzionalmente di presidio nella capitale e a difesa dei confini orientali; e tuttavia volendosi che fosse proprio una proiezione di questa quella che doveva costituire per eccellenza la "Guardia dell'Impero". Si volle infatti che avesse lo stesso particolare "tono mil i tare", come ebbe infatti a richiedere il Comandante Supremo delle Forze Armate in A.O .I. e Vicerè il duca Amedeo d'Aosta; che fosse formata da personale volontario a lunga ferma, scelto e altamente specializzato; e che i suoi ufficiali e soldati godessero del prestigio di cui godevano i granatieri dei più antichi reggimenti. Si stabilì quindi che nella nuova Divisione i Reggimenti Granatieri fossero due, il 10° e 1'11 °, e che li affiancassero sedici Brigate coloniali, truppe delle armi di fanteria, ariig1ieria e genio non inquadrate nelle suddette e servizi vari, per un totale di 69.000 uomini tra nazionali e coloniali e con un bilancio di previsione ordinario di 580 milioni di lire. 2. - La Divisione Granatieri di Savoia fu formata in Roma, Littoria, Sabaudia, Caserta e S. Maria Capua Vetere il 12 ottobre 1936 su due Reggimenti ciascuno su tre Battaglioni granatieri ed una Batteria di accompagnamento nonché un Deposito; e fu fatta affluire in Africa Orientale dal 16 novembre 1936 al 3 gennaio 1937, destinata a costituire il presidio di Addis Abeba, la capitale. Ma le previsioni di pronto assestamento del territorio e delle opere di pace non risultarono esatte; le operazioni di grande polizia si protrassero e complicarono, focolai di ribellione si manifestarono in più parti, si estese il brigantaggio, e di conseguenza le previste Unità dovettero essere modificate in un complesso organico militare anch'esso revisionato. I due Reggimenti Granatieri di Savoia furono così ordinati: il 10° su due Battaglioni di granatieri ed un III Battaglione di alpini; 1'11° su due Battaglioni di granatieri ed un III Battaglione di bersaglieri; fermo restando un Deposito ciascuno.

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La Divisione Granatieri di Savoia assunse da parte sua nell'agosto 1938, dopo una serie di trasformazioni, la seguente formazione: -Comando; - 10° e 11 ° Reggimento Granatieri; - Battaglione mitraglieri divisionale; - XV Battaglione Camicie Nere d'Africa; - Gruppo Squadroni cavalieri d i Neghelli, su due Squadroni cavalieri e uno Squadrone carri veloci; - 60° Reggimento artiglieria su due Gruppi e un Deposito; - Gruppo contraereo Camicie Nere d'Africa; - Gruppo artiglieria di posizione; - Deposito coloniale con funzione di Distretto militare. Una Divisione, quindi, che comprendeva sia reparti mobili che territoriali ed elementi sia nazionali ch e coloniali, e nella quale i reparti del genio non figuravano più perché alle necessità di competenza avrebbe provveduto di volta in volta il Reggimento Genio d'Africa. "In definitiva la Divisione Granatieri di Savoia continuava a rappresentare l'unica grande unità nazionale organica di manovra delJ'lmpero" (2). 11 Vicerè tendeva a fare della Divisione Granatieri di Savoia una grande unità nazionale sceltissima in ogni suo particolare e capace di imporsi, in pace e in guerra, in qualsiasi circostanza, per elevate capacità combattive e per alta specializzazione coloniale. Difficoltà finanziarie e di altra natui-a non consentirono tuttavia di portare a compimento i perfezionamenti previsti prima che si sviluppasse la seconda guerra mondiale. "C iò nonostante la Divisione Granatieri di Savoia si dimostrò pur sempre una bella unità che seppe distinguersi e farsi onore in ogni circostanza" (3). 3. - La Divisione, al comando del generale Perego e vice comandante il generale E nrico Armando, fu subito impiegata nelle operazioni di poLizia con tutti i suoi reparti: a parte il I Battaglione del 10° Reggimento Granatieri che operò con gli altri soltanto fin verso la fine dell'agosto 1937, per essere poi destinato ad altri compi ti in altra sede, come si vedrà. (2) FERRARA, Op. cil .. (3J Op. cit ..


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In particolare, il II Ba ttaglione del 10° Reggimento partecipò ai faticosi e lunghi cicli operativi nella vasta regione a cavallo del Nilo Azzurro (23 gennaio - 10 giugno 1938) e nello Scioa ( 1939); e 1'11° Reggimento svolse le operazioni di polizia nella detta regione del Nilo A2zuno dal marzo al dicembre 1938 con il I Battaglione e dal gennaio aJ marzo 1939 con il II Battaglione. Vari furono i combattimenti cui la Divisione partecipò con onore e sacrificio, particolarmente con i detti battaglioni granatieri ed i] battaglione alpino "Uork Amba" che operò soprattutto nelle più aspre regioni dello Scioa. E molti ufficiali e soldati riportarono decorazioni individuali, dalla medaglia d'oro alla memoria concessa all'alpino Giuseppe Sidoli per il fatto d'arme del 14 dicembre 1938 in Tarà Mosovic, alle otto medaglie d'argento di cui sei alla memoria, alle sette medaglie di bronzo, alle trentadue croci di guerra. 4. - Il I Battaglione del 10° Reggimento Granatieri di Savoia era partito per l'Africa con l'intero Reggimento, con il Comando della Divisione e con il Battaglione mitraglieri divisionale (4) imbarcandosi sulla nave "Liguria" a Napoli il 12 novembre 1936, ed era sbarcato a Massaua. Aveva quindi raggiunto Addis Abeba in autocolonna, spostamento che aveva comportato quindici giorni di marcia essendo ancora in corso di costruzione la grande camionale dalla costa all'ex capitale e dovendo superare tra l'altro il "passo Mussolini" a 4.000 metri di altezza. Giunto a destinazione aveva quindi contribuito alla costruzione del "Villaggio Savoia" che fu infatti inaugurato solennemente il 6 giugno 1937 alla presenza del generaJe Garibaldi. Comandante del 10° Reggimento era il colonnello Giuseppe Miiller, del I Battaglione il tenente colonnello Enrico Andreini (5). E fu proprio tale Battaglione che a seguito di ordine improvviso all'alba del 28 agosto 1937 fu imbarcato a Massaua sul piroscafo "Conte Biancamano" ed inviato in Estremo Oriente, a Shanghai. Shanghai, municipio autonomo nella provincia di Chiangsu con una estensione di 893 kmq, costituiva la più popolosa città della Cina 14) Comandante il tenente colonnello Attilio Regolo Ruggiero, e con in forza due primi capilani, Berardelli e Barisonzo, due capitani, quattro lenenti. dieci soUolenenti ed un sottotenente medico. (5) Gli ufficiali: primo capitano V. Paparo; capitani S. Ciampa. C. Picco, M. Gioia; tenenti P. Perroni, G. De Sena, D. Bellarin, R. Giunta, P. Delsignore, D. Meoli, E. Pirola; sottotenenti G. Mantovani, C.A. Macina, D. Diletti, L. Bachetti, L. FraWni, G. Peroncini, O. Innocenti. G. Gargano. L. Maggi, V. Tedeschi, S. Errante, A. Di Loreto.

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e, posta a circa 30 km dal Mare Cinese Orientale, sul fiume Hwangpu, in oricrine un canale reso poi navigabile, e sulle rive del Su Chou Ho che v{ confluisce, costituiva altresì il maggiore emporio commerciale dell'E stremo Oriente. Molti Stati europei avevano quindi cercato nel tempo di stabilire r apporti di commer cio e di affari di ogni genere; e quando _con i] ~rattato di Nanchino del 1842 il commercio estero della regione s1 era aperto e si era avuta la prima concessione britannica, a quest~ erano seguite le concessioni francese e americana; e quando queste s1 erano fuse in un unica concessione internazionale, tutti gli interessi stranieri si erano venuti man mano concentrando in essa, quelli dell'Italia compresi. Le concessioni internazionali (settlements) prevedono appunto che uno Stato conceda un suo territorio in amministrazione o in affitto per lungo tempo ad un altro Stato mantenendovi la propria sovranità, bero lo Stato che ottiene la concessione di stabilirvi ed esercitarvi 1 commerci sotto la protezione delle proprie autorità. I n Cina l'Italia si inserì appunto nella concessione internazionale di Shanghai ottenendo un territorio in affitto, così_com~ ebbe, con l'ac~ cordo italo-cinese del 7 giugno 1902, la concessione m perpetuo d1 T ient-sin (6). Già teatro di un incidente cino-giapponese nel 1932, Shanghai nel 1937 fu occupata dai giapponesi e di qui la necessità e l'interesse degli Stati concessionari di salvaguardare i loro diriW, e quindi l'invio di truppe: per l'Italia, del detto I Battaglione del 10° Reggimento Granatieri di Savoia ed altre. Il Battaglione partì al comando del detto tenente ~olonnello ~dreini con la forza di ventiquattro ufficiali, quarantacmque sottufficiali e' seicentosettantadue granatieri; e ordinato su tre Compagnie granatieri fucilieri e la 4" Compagnia granatieri mitraglieri. Il Ministro dell'Africa Italiana Lessona al momento della partenza del Battaglione dall'Africa telegrafò al suo comandante: "Nel momento

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(6) Tient-sin 1T'ienchingl è una c1Ltà dell a provincia del Hopei nella Cina ~ettentriona le e in essa furono istituite dal governo cinese, a cominciare dal 1860, vane concessioni a Nazioni europee ed ai giapponesi. La concessione all'Italia, nel 1902. seguì di poco la rivolt,a dei Boxer che ivi si ebhe nel 1900. . . . . Per il Trattalo di Pace di Parigi del 1947, agli arti. 25 e 26, l'Ilaha ha poi rinunciato alla sua concessione che era di circa mezzo kmq. con diecimila abitanti.


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in cui il Battaglione lascia terre Impero pçr assolvere Estremo Oriente alta e delicata missione esprimo mia soddisfazione per encomiabile servizio prestato alle mie dipendenze et invio augur ale saluto a voi, ufficiali, sottufficiali e granatieri, sicuro che tutti sapranno rappresentare degnamente la Patria lontana". Il Battaglione, giunto in Cina e assestatosi sul Soochow Kreek e alla Robinson Road, 1'11 novembre 1937 fu passato in rivista dall'ambasciatore italiano a Pechino. Svolse encomiabilmente il proprio compito ed annoverò alcuni caduti: caporalmaggiore Luigi Locatelli, granatieri Antonio Padula e Carmelo De Blasi. 5. - Intervenuta la seconda guerra mondiale la Divisione Granatieri di Savoia presente nell'Africa Orientale Italiana è appunto in questo settore che si è trovata ad affrontare le operazioni sia nello scacchiere sud, nella zona dei laghi, sia nell'accanita battaglia del fronte nord dove si rese degna "delle superbe tradizioni dei granatieri dagli alamari d'argento", come si legge nei rapporti dell'epoca. Di fronte al concentramento nemico di fortissime masse corazzate e motorizzate nel fronte settentrionale e dovendo in particolare difendersi contro i carri armati britannici notevolmente supe1·iori ai nostri in qualità e quantità , la Divisione si vide costretta ad abbandonare le sue posizioni originarie per avvalersi cU altre più favorevoli, e già questo arretramento tattico comportò, per sfuggire alla vigilanza e alla pressione nemica, un rilevante impegno cU manovra e di resistenza. Abbandonata Cassala il 19 gennaio 1941 sostenendo fino al 1 ° feb braio combattimenti di retroguardia nelle zone di Cassal a, Terù, Barentù e Agordat, dapprima 1'11 ° Reggimento Granatieri e poi il 10° e altri reparti della Divisione furono inviati di urgenza sulla linea di Cheren ch e per ordine del comandante supremo duca d'Aosta si era organizzata per resistere ancora al nemico avanzante in forze da nord e da ovest. I granatieri arrivarono su quel fronte dopo una dura marcia autocarrata di oltre mille chilometri, e malgrado i violenti bombardamenti aerei e teuestri britannici resistettero e contrattaccarono valorosamente, tanto da poter riconquistare il 12 febbraio unita mente al battaglione di alpini della Divisione e ad un battaglione di ascari l'importante Sella Forcutà. La resistenza di Cheren, veramente epica, durò fino al 27 marzo; dopo di che, negli ultimi giorni del mese, fu tentato nel settore CherenAdi Teclesan un furioso contrattacco che vide cadere eroicamente "il

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fiore degli ufficiali, dei sottufficiali e della truppa dei due magnifici reggimenti della Divisione" e tra costoro il comandante del 10° Reggimento colonnello Alberto Borghesi, cui è stata concessa la medaglia d'argento alla memoria per aver guidato al contrassalto i propri granatieri "in punto vitale della difesa dove il nemico aveva conseguito notevole successo", attaccando "con lancio di bombe a mano mezzi blindati nemici incendiandone due e facendone retrocedere altri", fino a che "colpito a morte da una raffica di mitragliatrice si abbatteva al suolo - recita la motivazione della decorazione - incitando i suoi granatieri a persistere nell'azione". Il Duca d'Aosta visitò in quei giorni i valorosi reparti i cui superstiti sostennero ancora violenti combattimenti di retroguardia convergendo sull'Amba Alagi dove il Comando supremo aveva deciso di effettuare ]'ultima resistenza. La persistenza dei duri combattimenti sotto l'afflusso di sempre maggiori forze nemiche mentre nessun 1·info1·7.o pnteva più giungere alle nostre truppe, oltretutto sottoposte ormai anche alle gravi privazioni derivanti dalla scarsità delle risorse d'ogni genere, fece s1 che nonostante le energiche reazioni dei reparti italiani il cerchio avversario andasse sempre più stringendosi, accompagnato da violento fuoco terrestre ed aereo. Fu sull'Amba Alagi che, tra gli altri, cadde ottenendo la medaglia d'oro al valor militare alla memoria il granatiere del 10° Reggimento Antonio D'Agostino da Collarmele in provincia dell'Aquila. Di sentinella il 14 maggio 1941 ad una posizione avanzata, avvistate forti pattuglie avversade che approfittando della notte ventosa si erano avvicinate, dato l'allarme "resisteva esaurendo le sue bombe a mano e infliggendo perdite al nemico. Visto il proprio ufficiale gravemente ferito, in procinto di essere catturato dall'avversario. si avventava per liberarlo, finché cadeva pugnalato dal nemico". La battaglia dell'Amba Alagi durò fino al 17 maggio: ed ai nostri reparti "il nemico non poté rifiutare l'onore delle armi" t7). Al loro valoroso (7) li 5 giugno cessò la resislenza ilaliana nella regione Galla e Sidama, il 27 novembre 1941 capitolò Gondar. Queste localilà furono, con l'Amba Alagi, quelle dove i superstiti i taliani avevano stabilito le ultime ·'sacche'' di resistenza dopo che, con la grande offensiva britannica iniziatas i nel gennaio di detto anno. era slala perduta Addis Abeba (6 aprile) e con essa erano sLale perdute l'Eri trea, la Somalia, l'Harar, lo Scioa ed era stata spe;,;zala l'unità strategica dell'A.0.I..


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Comandan te supremo, i l duca Amedeo d'Aos ta caduto prigioniero fu concessa la medaglia d'oro. ' I reparti che più si erano distinti furono citati nel bollettino del Com_ando S~premo: quelli della Divisione Granatieri di Savoia ed in pa~·ticolare 11 Battaglione mitragliel'i del 10° Reggimento la c'omp _ gnia mortai da 81, il 2° ed i1 3° Gruppo del 600 Reggiment~. a

CAPITOLO X

I GRANATIERI DI SARDEGNA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

1. - Proprio quando i protocolli firmati il 16 aprile 1938 tra Italia e Inghilterra avevano portato all'accordo per il Mediterraneo e per L'Africa Orientale, dopo i fatLi di Albania ed Etiopia, i rnpporti tra I nghilterra e Germania, specialmente dopo i fatti dell'Anschluss, si erano notevolmente alterati; ma l'incontro a Monaco il 30 settembre dello stesso 1938 tra Mussolini ed Hitler aveva fatto sperare all'Europa che la minaccia del conOitto che pur si era delineata si fosse ormai allontanata. Viceversa, appena un anno dopo, 1° settembre 1939 ore 4,45, la Germ ania a l taccò la Polonia. Tra Germania e Italia, già legate dal Patto Roma-Berlino del 25 ottobre 1936, era stato stipulalo appena pochi mesi prima, il 22 maggio 193,9, il cosiddetto Patto di Acciaio (quello destinato a divenire l'a nno dopo ancora, il 27 settembre 1940, con l'adesione del Giappone, il P atto Tripartito): tuttavia la Germania iniziando l'invasione in terra polacca non ne preavvertì l'Alleata, e l'ILalia si affrettò, il giorno dopo, a dichiarare la propria "non belligeranza". Ma il giorno dopo ancora, il 3 setlembre, Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania e si iniziò quindi la seconda guerra mondiale; e l'Italia, i l 10 giugno 1940, vi scese anch'essa a fianco de1la Germania , nella previsione di una vicina vittoria di questa e nella preoccupazione di non fare in tempo a sedersi vincitrice anch'ess a al tavolo delle trattative di pace. Previsione errata, come è noto, e preoccupazione che presto assunse purtroppo i connotati di una tragica illusione.


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In quel momento, nel territorio metropolitano e nelle terre d'Oltremare l'Italia possedeva, oJ tre alle forze na va]j ed aeree, un esercito costituito da tre Gruppi d'Armata (Gruppi Armate Ovest, Est e Sud), nove Comandi d'Armata, ventiquattro Comandi di Corpo d'Armata, settantatre Divisioni (cinquantasette di fanteria, cinque alpine, tre celeri, tre corazzate, tre autotras'portate e due motorizzate), più due Divisioni libiche e quaLtro Raggruppamenti alpini, per un totale di 44.250 ufficiali e 1.157.000 uomini di truppa. In particolare, sulle Alpi Orientali era schierato il Gruppo Armate Est al comando del generale Grossi, comprendente la 2l' Armata (generale Ambrosio) dal Tarvisio a Fiume, la 6~ Armata (generale Vercellìno) nella pianura padana (la cosiddetta Armata del Po), e J'8Q Armata (duca di Bergamo) nel Veneto e nella Romagna. Queste due ultime Armate avevano però forze ridotte al 60%, per cui la forza totale dello schieramento del settore est risultava di ottomilacinquecento ufficiali circa e centonovantacinquemila soldati, su venti Divisioni fanteria (tra cui la Divisione Granatieri di Sardegna) e un Raggruppamento alpino, per un complesso di novantaquattro battaglioni di fanteria, cinque di alpini, ventiquattro di Camicie nere ( 1) e trenta squadroni di cavalleria. Inoltre, agli organici incompleti si accompagnava un armamento insufficiente e in parte antiquato, e la stessa preparazione, escluse alcune unjtà tra le quali la Granatieri, non risultava certo la migliore (2). (~) Da una 1~elazione del generale Galbiati capo cli stato maggiore della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale CM. V.S .N.) si rileva che nel luglio 1943 le forze della Milizia (Camicie Nere) erano di 21.000 uomini in Slovenia e Dalmazia. 5.700 nel Montenegro. 3.800 in Albania e 8.400 in Grecia. .. (21 Non rie~tra ~~i li ~iii di questa tratlazione l'indagine di quali fossero sul piano m1htare l_c cond1z1on1 1tahane al momento della entrala in guena. Certo è però che esse erano t.ah da scon.sigliare l'intervent.o e di siffaLto parere furono anche alcuni ge1·archi regime <Bottai, De Bono, Grandi, ecc.). Anche Mussolini ne era del resto persuaso prnna che gli evenli e la rivalità con Hitler lo travolgessero (Cfr. GIANFRAl~CO BIAN'. CHI. 25 luglio crollo di un regime, Milano, ~ursia l 963). Va a questo proposito ricordato che con Legge 9 maggio 1940 Mussolini capo del governo era divenuto altresì primo ma~esciall.o dcll'Im?ero _pari ?r~do mililare del Re e precedente in autorità gli altri marcsc1ull.1 e 1 gcn~rah designati d1 Armata; e che proprio il generale Pietro Badoglio capo d1 stato maggiore generale, oltre ad alti-i capi militari. avevano sollecitato il duce ad assumere il comando effettivo delle forze Armate, strappando in tal modo al Sovrano prerogative costituzionali in i spreto all'art.. 5 dello Staluto.

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2. - La partecipazione dei Granatieri alla seconda guerra mondiale ad ogni modo, non soltanto è stata di grande rilievo ed impegno sul piano qualitativo, ma altresì si è effettuata in ~ari modi e_in vari momenti nei più diversi settori del pur vasto scacchiere op.erat~vo, per cui è opportuno tracciarne anzitutto un quadro complessivo, m relazione ai diversi fronti: in Grecia, in Jugoslavia, in Russia, in Africa (Africa Orientale, Libia, Tunisia), nelle Isole mediterranee (Elba_, ~orsica), nel territorio metropolitano (difesa di Roma, campagna d1 liberazione). Anzitutto la grande unità di base, la Divisione. La "2J !!. Divisione Fanteria Granatieri di Sardegna" era allora costituita, come si è detto, dal 1° e dal 2° Reggimento Granatieri e dal 13° Reggimento Artiglieria (3) . Ne aveva il comando il generale Umberto Spigo, al quale sarebbero s~guiti nell'incarico, durante il periodo di guerra, nell'ordin~, i ge~erali Taddeo Orlando, Adolfo De Rienzi, Giunio Ruggiero e Gioacchino Solinas. Al momento dell'entrata in guerra comandava i1 1° Reggimento Granatieri il colonnello Pier Luigi dal Negro, cui sarebbe succeduto nel 1942 il colonnello Mario di Pierro; comandava il 2° Reggimento Granatieri il colonnello Mario Damiani, al quale sarebbero succeduti nel 1941 il colonnello Emilio Silvestri, nel 1942 il col onnello Tommaso Latini e quindi, alla morte di questi in combattimento, il colonnello Umberto Perna. Essa Divisione Granatieri nel giugno 1940 si trovava già ammassata nell'Alta Valle Stura: tornata in Piemonte in vista della guerra dopo che, sua antica residenza, da ottantadue anni lo aveva lasciato, e schierata, nel quadro delle grandi Unità di quel settore, pronta ad intervenire nelle operazioni della frontiera occidentale. Senonché, per intanto, prima che essa potesse essere impiegata s'ebbe l'armistizio con la Francia. Ne approfittò la Divisione per recarsi il 19 luglio 1940, reparti in armi, i due reggimenti con le bandiere in testa, sul Colle dell'Assietta, onde rendere omaggio al monumento ivi posto a ricordo dell'antica gloriosa battaglia. . Si dovette attendere pertanto la primavera del 1941 perché la Divisione Granatieri di Sardegna venisse dislocata in Jugoslavia, per il (3) Del 13° Reggimento Artiglieria era comandante il colonnello Gabriele Bognone. Gli successe nel 1941 il colonnello Antonio Canavetta.


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ciclo di operazioni che in Slovenia e in Groazia sj svoJsero "in quella difficile e tipica forma di guerra - scrive il Castagnoli - che è la guerriglia contro nemico subdolo, tenace, audace su teneno infido" (4). Essa fu inquadrata nella 21! Armata (generale Mario Roatta ), l'Armata che aveva i1 motto "Oltre la meta" e per emblema l'aquila con il leone di San Marco. Nello stesso settore di Slovenia e Croazia operò anche - indipendentemente dalla Divisione - il "Il Battaglione Cornplementi Granatieri di Sardegna" al comando del maggiore Alberto Atti : un battaglfone autonomo che quando poi a fine 1942 la Divisione Granatieri venne restituita a Roma, rimase ancora in Balcania, dove infatti lo trovò l'armistizio dell'8 settembre 1943. 3. - Una diversa sorte ebbe invece il 3° Reggimento Granatieri di Sardegna il quale, non facendo più parte della Divisione Granatieri, come si è visto, dal luglio 1939 si trovava in Tiran::1 i vi di presidio al comando del colonnello Enrico Andreini: lo stesso che due anni prima, nel 1937, aveva comandato, all'epoca tenente colonnello, il I Battaglione del 10° Reggimento Granatieri di Savoia nella missione a Shanghai (5). Avvenne così che quando in data 28 ottobre 1940 l'Italia iniziò le ostilità contro la Grecia, il detto 3° Reggimento venne immediatamente schierato sul fronte greco-albanese ed entrò subito in azione su quel disagiato, difficile e doloroso fronte. Sul finire dello stesso anno 1940 il suo comando venne assunto dal colonnello Guido Spinelli, al quale seguirono poi il colonnello Guido Fava nel 1942 ed iJ colonnello Renato Castagnoli nel 1943 (6). Reparti di Granatieri parteciparono inoltre alla seconda guerra mondiale,nei seguenti settori: - in Russia: la "12]'.! Compagnia cannoni anticarro" da 47/32 ed il "XXXII Battaglione anticarro autoportato";

14J La Rivista edita da Mondadori "Storia illustrata•· nel numero speciale dell'aprile 1961. a pag. 450, ha ricordato "l'eroico comportamento. durante otto mesi di guerra guerreggiatissima in Jugoslavia della intera Divisione Gt·anatieri di Sardegna". (5) Cfr. Cap. precedente, n. 4. (6) Si veda il volume I Granatieri del 3" Reggimento nella guerra m ntro la Grecia edito dal Museo Storico dei Grnnatieri di Sardegna in Roma nel 1943; nonché la già citata opera del Castagnoli.

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in Africa: . • in Libia: la "2J!! Compagnia cannoni anticarro" da 47/32 ed il "IV Battaglione Granatieri controcarro autocarrato", inquadrato nella Divisione corazzata Ariete; . . . • in Tunisia: i resti del suddetto IV Battaglione Granatien rnquadrati nel 66° Reggimento Fanteria dell~ ~iv~sione Trie~t_e; in A. O. I.: ufficiali e soldati dei granatien, incorporati 1~ Unità varie ed in particolare nei Reggimenti 10° ed 11 ° d:t Granatieri di Savoia, costituiti in Africa nel 1936 e se~pre rimasti di stanza ivi, come s'è visto nel precedente capitolo; _ nelle Isole del Mediterraneo, dell'Elba e Corsica: un ;8,aggr~ppamento di battaglioni Granatieri da sbarco, denommato Raggruppamento Speciale Granatieri di Sardeg1~a", inizialm:n.te s.u due Battaglioni e poi con un III Battaglione fatto a1 nvare dall'Italia; sul territorio metropolitano: • nella difesa di Roma: la Divisione Granatieri di Sardegna; • in Sicilia: tre Compagnie speciali antiaeree, la 203 operante in Palermo, la 204 in Siracusa e la 205 in Agri~e~to: Cosfatuite presso il Deposito del 1° Reggimento Granat1en d1 Sardegna come Compagnie autonome, inizia~ment~ f~ron? de~ stinate ad assicurare la scorta antiaerea dei trem v1aggiant1 sul territorio siciliano. Dopo 1'8 settembre 1943 i loro componenti furono fatti prigionieri dagli inglesi. Intervenuto l'armistizio parteciparono negli opposti fronti: . - a fianco degli Alleati nella guerra di liberazione, come fu chiamata, due Battaglioni inquadrati rispettivamente ne_11'~~ 0 e nell'88° Reagimento del "Gruppo di Combattimento Frmli fa b • cente parte del X Corpo d'Armata britannico; . . nell'esercito di nuova costituzione della Repubblica SociaJe ~ta: liana schieratasi a fianco dei tedeschi il Battaglione Granatieri di Sardegna formato sulle tre Compagnie Roma ,_Mil~no e 'J.!antoua ed inquadrato nel "Raggruppamento Cacciatori degh Ap pennini".


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CAPITOLO Xl

IL 3° REGGIMENTO GRANATIERI DI SARDEGNA SUL FRONTE GRECO-ALBANESE

1. - La prima formazione di Granatieri di Sardegna ad essere effettivamente impiegata sul campo di battaglia fu il 3° Reggimento che, come si è detto, si trovava dislocato in Tirana qunndo l'Italia iniziò appunto dall'Albania il 28 ottobre 1940 le ostilità contro la Grecia. Di "spezzare le reni" alla Grecia - per usare l'infelice ed illusoria espressione che poco dopo avrebbe usato nel proprio proclama - il capo del governo e duce del fascismo Benito Mussolini maturava l'idea fin dall 'estate, e soltanto per intervento di von Ribbentrop le ostilità non s'erano iniziate nell 'agosto bensì, decise tra i1 12 e il 15 ottobre, presero l'avvio nella calcolata ricorrenza dell'anniversario della marcia su Roma. Un piano di guerra contro la Grecia era stato invero già impostato da tempo dal generale Guzzoni per ordine del Ministero della Guerra, e prevedeva 1'impiego di venti Divisioni, diciotto delle quali avrebbero dovuto essere già pronte in Albania e due in Italia, per l'occupazione, queste, delle isole Ionie. Ma poi, nel luglio, il generale Geloso era stato incaricato di studiare un piano per occupare la sola Ciamuria (Epiro Settentrionale), sul presupposto alternativo (e gratuito ) che la Grecia non si opponesse o che comunque tenesse il grosso del suo esercito impegnato contro la Bulgaria: e pure con una siffatta previsione, il generale Geloso aveva·ritenuto che occorressero, comunque, almeno undici Divisioni, più un reggimento di granatieri e due di cavalleria. E tuttavia, anche questo secondo e più ottimistico e ristretto piano era stato ulteriormente ridotto dallo Stato Maggiore che aveva ritenuto sufficienti solo otto pivisioni, più un "Raggruppamento" formato da granatieri, cavalleria e altri reparti, per un fronte previsto di trenta chilometri: fermo restando che la Grecia lasciasse fare.

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Accadde invece che quando Mussolini nella riunione a Palazzo Venezia del 15 ottobre 1940 comunicò la decisione di attaccare la Grecia, jl generale Visconti Prasca, comandante delle truppe in Albania, confermò (perché lo aveva già fatto presente precedentemente a Mussolini stesso ed a Ciano) di essere pronto a guidare l'operazione con le dette forze (le otto Divisioni ed il Raggruppamento) in ogni caso, s'opponesse pure la Grecia a piacer suo; e previde l'impiego per l'offensiva di quattro Divisioni e del Raggruppamento su un fronte , addirittura, di cento chilometri, restando altre Divisioni due in posizione difensiva a Coritza e due sulla frontiera con la Jugoslavia. Il maresciallo Badoglio dichiarò da parte sua che il piano di Visconti Prasca andava bene. H a scritto Emilio Faldella che "un intelligente e acerrimo nemico dell'Italia non avrebbe probabilmente saputo mettere l'Esercito italiano in una situazione peggiore per assolvere ad un compito insensato" (1). Nei:;f.uno fece l'ovvia considerazione che la Grecia, se attaccata, avrebbe reagito con tutte le sue forze; nessuno considerò, anzi, che queste forze erano state già mobilitate, quattordici Divisioni su tre reggimenti ciascuna (e dunque, più numerose di quelle italiane, su due reggimenti); né che esse avrebbero potuto af'flufre sul teatro di guerra, oltretutto ad esse noto e favorevo le , ben più rapidamente delle Divisioni provenienti dall'Italia attraverso l'Adriatico. Del resto , confinando con l'Albania che si trovava dall'aprile 1939 (dal tempo dello sbarco del Corpo di spedizione del generale Alfredo Guzzoni) in mano all'Italia che era una delle Potenze dell'Asse, la Grecia già da tempo aveva provveduto a preparare una consistente struttura difensiva proprio sul fronte epirota: venb battaglioni di fanteria contro i nostri ventisei dei quali tre corazzati e tre reggimenti di cavalleria. Quando all'alba del 28 ottobre 1940 le truppe italiane oltrepassa rono la frontiera greca, batteva una forte pioggia, i sentieri erano di fango , i torrenti in pjena. Il XXV Corpo d'Armata (generale Car1o Rossi) su tre Divisioni, con a destra il "Raggruppamento del Litornle" (forza di una Divisione , ivi incluso il Reggimento dei Granatieri) ed a sinistra la Divisione alpina Ju lia (forte dj soli cinque battaglioni e cinque batterie ) puntò su Giannina, 0

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EMILIO FALDELLA, in "Storia Illustra ta", 1965. Fase. 11°, pag. 621.


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mentre il XXVI Corpo d'Armata (generale Nasci), su due Divisioni, aveva il compito difensivo ne11a zona di Coritza. La nostra prima penetrazione nello schieramento nemico fu nel settore sinistro di questo fino al nodo stradale di Metzovo, ed al centro, oltre il fiume Kalamàs, fino a Platarìa. Fu appunto il fiume Kalamàs che il 5 novembre 1940 il 3° Reggimento Granatieri, facente parte del Raggruppamento che doveva operare in Epiro lungo il litorale, passò di forza, espugnando il giorno 6 Egomenitza e Gregohori ed il giorno 7 Arpiza, sì da spianare la strada alla cavalleria, il cui Reggimento Milano si spinse arditamente fino a Margariton. Ma questa offensiva italiana non ebbe il successo sperato, tanto che il generale S. Visconti Prasca che l'aveva guidata venne Io stesso 5 novembre sostituito da1 generale U. Soddu (2). Il 14 novembre l'esercito greco agli ordini del generale Papàgos sferrò una violenta controffensiva, e le due Armate italiane impegnate nel settor e, la 9~ (generale Geloso) a settentrione e la If! (generale VercelJino) a sud, si videro costrette a ritiraTsi: tanto che si dovette subito provvedere a inviare in Grecia altre forze, la Divisione Bari, tre Reggimenti di bersaglieri, quindi la Divisione alpina Tridentina, e poi, dalla frontiera jugoslava, la Divisione Venezia, e ancora, nel dicembre, le Divisioni di Fanteria Acqui, Cuneo e Brennero, le Divisioni alpine Pusteria e Cuneense, eccetera. In tali frangenti, aggravati da una difficile situazione logistica e dalle avverse condizioni atmosferiche, il Reggimento Granatieri riuscì tuttavia a sistemarsi a difesa sulle alture attorno a Gregohori, resistendo per tre giorni, dal 14 al 16 novembre, all'urto delle migliori Divisioni greche, in particolare la Divisione di Corinto che gli venne lanciata contro ma che venne battuta e respinta oltre la linea di partenza. La battaglia vittoriosa di Gregohori, che vide tra l'altro numerosi episodi di valore individuale - basti ricordare per tutti quelli che ebbero protagonisti il maggiore Vincenzo Damiani, il caporalmaggiore Tristano Eletti, i1 granatiere Goffredo Gangieri - chiuse l'avanzata in Epiro. Poi fu, seconda fase della campagna, il lungo difficile ripiegamento del novembre e del dicembre 1940, fatto di tante disperate resistenze, fatto

(2) DesLinaLo ad essere a sua volta sostituito il 29 dicembre dal maresciallo Ugo Cava llero.

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di quaranta giorni di immane sofferenza: combattimenti frazionati, spesso in carenza di rifornimenti, sempre in condizioni f~r1temente ~vverse di clima e di ambiente, con un nemico valoroso e 1mbaldanz1to. E tuttavia questi non riuscì a trasformare la propria avanzata in una rotta dei reparti italiani, appunto perché i granatieri seppero esprimere il meglio del loro spirito combattivo e della loro abnegazione. Il Reggimento venne perciò citato nel Bollettino del Comando Supremo n. 193 del 17 dicembre 1940. Anche nei combattimenti di detti giorni non pochi furono gli episodi di individuale valore, i comportamenti di sereno sprezzo del pericolo: del granatiere Giuseppe Grossi che ebbe tre dita amputate da una scheggia di granata, fasciò alla meglio la mano e continuò a sparare con il suo mortaio da 45; del tenente Gastone Malvadi caduto a Sella Radati alla testa dei suoi uomini in ardimentoso contrattacco; del granatiere Livio ZavagJia dilaniato da una bomba a mano; del sottotenente Stefano Uleri travolto dal fiume dove ferito si gettò per non arrendersi; del tenente Ugo Toschi che ruppe uno schieramento nemico a colpi di bombe a mano. Una volta ripassato il Kalamàs, il Reggimento ripiegò per Konispoli in territorio albanese; e qui venne diviso in due parti, il I Battaglione avviato verso la costa ed il II e III Battaglione diretti all'interno: e da questo momento per mollo tempo il Reggimento non potette più combattere unito, risultando anzi, in qualche fase, addirittura spezzato in sette tronconi (3). Il I Battaglione dovette subito provvedere, a Capo Stilo, unitamente ai cavalieri del Reggimento Milano, a respingere uno sbarco nemico avvenuto in quel settore (24 novembre). Seguendo quindi le vicende dell'estrema destra de] nostro schieramento, si trovò impegnato a sostenere ad oltranza numerose sanguinose resistenze. Nella zona San Demetrio tali azioni furono particolarmente aspre, e numerosi gli episodi che testimoniano l'alto spirito con il quale furono affrontate dai reparti e dai singoli. Il granatiere Orlando Carnevale (3) Avrebbe scritto poi il suo comandante colonnello Andreini: "alle dipendenze di tutti e di nessuno in 011a vertiginosa serie di dipendenze; con un battaglione ad una divisione, uno ad ~n'altra ed il terzo ancora,ad un'altra. Ognuno lascia la sua gloria alla divisione alla quale ha appartenuto".


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ebbe la gola trapassata da una pallottola ma non volle che altro soldato venisse distolto dal combattimento per accompagnarlo al posto di medicazione, vi si trascinò da solo dopo aver scritto su un foglio di carta, non potendo parlare, di essere lieto di aver fatto il proprio dovere; il granatiere Dino Caratti fu colpito da una raffica ma continuò san. ' gumante, a combattere; il granatiere Giacomo Cicuto si trascinò con una cassetta di munizioni, già ferito , verso un'arma abbandonata finché venne ancora ·c olpito mortalmente (4). ' 2. - Il II ed il III Battaglione procedettero, da parte loro , verso le alture a sud di Argfrocastro per sbarrare la Valle del Drin, l'uno, il II, nel settore di Sella Radati, l'altro, il III, nella zona di Monte Murzines, e quivi opposero strenua resistenza ai reiterati attacchi nemici (24 e 27 novembre). L'episodio del granatiere mitragliere Stellato Spalletti che a Sella Rada ti, colpito alla gola, rimase al proprio posto di combattimento fino a piegarsi estenuato ed a morire s ulla propria arma non voluta abbandonare, per cui gli è stata concessa la medaglia d'oro al valore militare "alla memoria"; l 'episodio del granatiere Paolo Mignazzi, porta armi di plotone mortai d'assalto, che a Drovian, finite le munizioni, affrontò ancora il nemico lanciandogli sassi; l'episodio del sergente maggiore Luigi Maisto, caposquadra fucilieri, che benché a terra agonizzante B a Pontikates, tenne alto il fucile continuando a incitare i suoi finché spirò (5); sono soltanto alcuni dei tanti atti individuali, dei tanti comportamenti personali, dai quali furono poi in definitiva costituite le azioni valorose e disperate dei reparti interi: come quella della 5~ Compagnia al comando del capitano Pipola, che accorse a Pontikates in aiuto del 5° Bersaglieri ed effettuò un contrattacco impetuoso quanto micidiale; come quella della 6~ Compagnia, che con un contrassalto fermò un nemico preponderante, recuperando pezzi di artiglieria che questi aveva precedentemente catturato. L'altipiano di Kurvelesh fu in quel dicembre testimone di una fede indomabile pur nelle più avverse condizioni: il II e il III Battaglione fermi nei ranghi disvuotati, a sbarrare sulle rocciose e nevose pendici (4) TuLti i menziona ti combattenti sono stati decornti con medaglia d'argenLo al valore militare (''alla memoria" Gangieri, Malvadi, Uteri, Cai·atti e Cicuto). (5) Al granatiere Mignazzi e al sergente maggiol'e Maìsto è s tata conferita la medaglia di bronzo al va lor militare. a quest'ultimo "alla memoria''.

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la via Telepeni-Vallona, dopo aver risalito la mulattiera di Val Bence: soldati stanchi e febbricitanti, al freddo e alla neve sulle montagne albanesi, a resistere e a morire, in tanti, in troppi, lì sul Monte Pizarit, sul Monte Spath. Sul Monte Spath il sottotenente Luigi Missoni, mentre aiutava due granatieri feriti a ripararsi, venne a sua volta colpito ma seguitò a combattere fin quasi al corpo a corpo, e quando l'esplosione di una bomba a mano gli asportò l'arto destro continuò ancora ad incitare i suoi, fino ad accasciarsi per la perdita di sangue, guadagnandosi la medaglia d'oro al valor militare. Il 18 dicembre, sotto una tempesta di neve, i due Battaglioni ripiegarono nella notte, decimati, sul Caposaldo 10, estremo limite nord dell'altipiano dopo di che si precipitava su Telepeni; e quel caposaldo "fu come la rocca gloriosa dei Granatieri sul Kurvelesh", scrive il Castagnoli: una ventina di ufficiali e appena trecento granatieri asserragliati sul costone est di Lekduchaj, a combattere, malati e feriti compresi. L'ufficiale più anziano rimasto, il capitano Umberto Angelillo, addirittura spostato di peso da due granatieri, sulla linea, perché con i piedi congelati. Sembra va che si stesse d petendo il glorioso episodio del Cengio. Così trovò i resti del reggimento il colonnello Guido Spinelli quando proprjo in quei giorni ne assunse il comando: e furono in quel Natale 1940 "sette giorni di aspri combattimenti" ed "una incroJ1abi]e volontà di resistere ad ogni costo", come recita la motivazione della medaglia d'argento concessa al colonnello. Fino a quando un altro reggimento giunse a sostituire i due battaglioni, ed i Granatieri superstiti scesero a Lekduchaj, destinati a riserva del settore. Ma fu una sosta breve, di appena cinquantotto ore: perché di nuovo occorse correre tra il Caposaldo 10 e Val Bencia, a respingere un nuovo attacco nemico fino all'attacco finale di Trebescìenes. E fu nel contesto di questa disperata azione che caddero, tra gli altri, il tenente Cesare Chelotti mentre ritto sulla trincea guidava i granatieri alla riconquista di una posizione laterale; il tenente Ugo Tosco, mentre contrattaccava alla testa della sua compagnia fucilieri (6J; il tenente Giulio Venini, (6> Al tenenle Chelotti è stata concessa la medaglia d'argento "alla memoria"; al tenente Tosco La croce di guerra al valor militare "alla memoria~.


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medaglia d'oro alla memoria, che due volte ferito continuò a guidare i soli venti granatieri superstiti della sua compagnia, in un disperato contrattacco (7), e poi ancora i tenenti A. Favezzani, C. Acanfora, ecc .. 3. - L'anno 1941 trovò i Granatieri del II e del III Battaglione ridotti a pochi superstiti, e furono questi che il 4 gennaio ebbero il cambio sulle posizioni che tanto sangue erano loro costate. L'esercito italiano, passato ora agli ordini del generale Ugo Cavallero, era impegnato nella battaglia di arresto. Ai primi di febbraio il 3° Reggimento Granatieri venne ricostituito con l'arrivo di due nuovi battaglioni di complementi, uno del 1° ed uno del 2° Reggimento. II I Battaglione rimase ancora impiegato nel settore dj Val Bencia e alcuni reparti distaccati nella lontana Val Suscitza. Il II Battaglione venne invece inviato d'urgenza, la notte del 17 febbraio, sul Monte Golico (8) per la difficile situazione sulla sinistra della Vajussa; ed ivi restò, al comando del tenente colonnello Meneghini, esattamente un mese, fino cioè al 18 marzo, battendosi strenuamente per prendere, poi difendere, poi riprendere ancora, per molte volte, le Quote 1050, 1615, 1700, 1722 di quell'aspro massiccio, con una tenacia indomita contrassegnata come sempre da non pochi atti di individuale valore, al di là degli stessi normali limiti umani. Il sottotenente Umberto Marescalchi, ad esempio, gli arti inferiori congelati, restò al comando del suo plotone mortai sotto un violento bombardamento, finché cadde colpito a morte; il sottotenente Luigi Eula morì senza indietreggiare di un passo al comando del suo plotone di mitraglieri sul caposaldo di Quota 1050; il sottotenente Mario Vece, aiutante maggiore, già distintosi nel recuperare la salma del sottote nente Mal usardi, cadde a sua volta sulla stessa Quota quando, avendo voluto recare personalmente l'ordine d'attacco dato dal comandante

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(7) Il tenente Venini, medaglia d'oi:o come suo padre Corrado della prima guen-a mondiale, già per precedente azione si era me ri tata la medaglia d'argento. Chi scrive ha avuto l'occasione di conoscere, poi, anche la madre, Signora Natalia, quando Ella, quasi in rappresentanza dei suoi gloriosi Caduti, si unì ad un gruppo di ufficiali dei granatieri reduci dai fronti, che, guidalo dal generale medaalia d'oro Federico Morozzo della Rocca, stette accanto ad Umberto 11 di Savoia nei po~hi gim·ni del suo Regno, nel 1946. (8) 11 II Battaglione Granatieri combattè sul Golico unitamente a reparti della Divisione Fe1-rara.

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anziché tornare indietro si unì a1 reparto attaccante; il sottotenente Aldo Villa cadde anch'egli sulla Quota 1050 per non voler cedere (9). Intanto il 6 aprile d ue Corpi d'Armata tedeschi (maresciallo S. List) entrarono dalla Bulgaria nella Tracia e provvidero ad aggirare la linea Metaxàs mentre colonne corazzate tedesche (generale F. Bohme) raggiunsero Salonicco e si unirono al Corpo d'Armata tedesco (generale G. Stummel) irrompente dalla Serbia. G1i inglesi che combattevano a fianco dei greci (generale M. Wilson), vista l'intervenuta disfatta jugoslava e l'avanzata tedesca da quel lato, preferirono rimbarcarsi nella persuasione di non poter orm ai reggere in quel settore albanese. Italiani e tedeschi si ricongiunsero e in data 14 aprile le Armate italiane partirono all'attacco. La resistenza greca fu forte, ma avendo anche le truppe motorizzate tedesche della Divisione SS "Adolph Hitler" raggiunto il fronte greco-albanese, finalmente ogni ostacolo potette essere superato. Il Reggimento Granatieri, ormai riunito, partecipò brillantemente, proprio in quell'aprile, alla battaglia di Clisura, e quindi all'offen siva conclusiva, che lo condusse a conquistare lo Scindeli, e scendendo nel vallone di Metzogorani, a risalire e conquistare il Trebescines fino a giungere alle alture sopra il castello di Clisura (17 aprile) . Il 23 aprile venne stipulato l'armistizio e la Grecia venne occupata dalle truppe del l'Asse. Per questa campagna la bandier a del 3° Reggimento Granatieri ru Sai·degna è stata decorata di medaglia d'oro con la seguente motivazione: "Per il fiero contegno ed il valore dimostrato in sei mesi di durissima guerra. Con insuperabile energia, con la fede rafforzata dalle gloriose tradizioni dei Granatieri, incalzava dapprima veementemente il nemico, gli sbarrava poi tenacemente il passo in violenti combattimenti e lo travolgeva infine, con mirabile impeto, nella battaglia decisiva. Fronte greco: 28 ottobre 1940 - 23 aprile 1941" (10). (9) Tutti i menzionati ufficiali sono stati decorati cli medaglie d'a,·gento al valor militare '·alta memoria". ( 10) Numerose le decorazioni individuali al valor militare concesse al 3° Reggimento nella campagna di Grecia: in particolare, oltre alle tre medaglie d'oro già r icordate (sottotenente Luigi Missoni e, "alla memoria". granatiere Stellato Spalletti e tenente Giulio Venini), oltre trenta medaglie di argento: quelle "alla memoria" (granatiere


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Oltre che di medaglia d'oro, la bandiera del 3° Reggimento è decorata dell'Ordine Militare d'Italia. 4. - Nel giugno di quello stesso anno il 3° Reggimento fu destinato ad Atene: e primo suo atto fu quello di presentare le armi alla tomba del Milite Ignoto greco a riconoscimento del valore militare dell'avversario che si era degnamente battuto. Ma già nuove nubi sorgevano all'orizzonte: proprio allora, infatti incominciò a delinearsi, sotto la guida di E. Hmilia, quel movimento di resistenza che l'anno dopo si tramutò nel Fronte di Liberazione Nazionale, le cui formazioni partigiane avrebbero contribuito, 1'11 febbraio 1945, alla cacciata dei tedeschi e alla proclamazione della Repubblica Popolare Albanese. Ma quando questo accadde gli italiani già non erano più lì. L'8 settembre 1943, infatti, era avvenuto per l'Italia l'armistizio ben noto, destinato a farsi tragico per tutti ed anzitutto per i combattenti. L'armistizio colse il 3° Reggimento mentre, frazionato nell'Attica e nella zona di Atene, provvedeva ai servizi di presidio, di vigilanza e costieri. Nella caserma di Atene erano restati circa duecento uomini dopo che anche la Compagnia Comando di Reggimento era partita po~ chi giorni prima inviata a Sofia con parte della Batteria d'accompaAttilio Bigoni, granatiere Dino Carotti, tenente Mario Chelotti, tenente Gerolamo De S~na, sottotenente Luigi Eula, granatiere Goffredo Ciangieri, tenente Gastone Malvad1, sottotenente Umberto Marescalchi, granatiere Carlo Traini, caporale Antonio Talacci, sottotenente Mario Vece, sottotenente Stefano Uleri, tenente Giulio Venini. sottotenente Aldo Villa, granatiere Livio Zavaglia); e quelle a viventi (colonnello Enrico Andreini, capitano Umberto Angelillo, sergente maggiore Alfredo Bassano, granatiere Orlando Carnevale, capilano Anselmo Cece, granatiere Giacomo Cicuto. tenente Guido Co.razzini, maggiore Vincenzo Damiani, sottotenente Delfo DilcUi. caporal maggiore Tnslnno E_letti, granatiere Giuseppe Grossi. caporal maggiore Eugenio Marchini, tenente. Man~ Moffa, ~a~orale Adolfo Pasquini, caporal maggiore Silvano Pecci. caporal maggiore Gmo Santini, caporale Francesco Scapin. colonnello Guido Spinelli, tenente Ugo Tosco). ".'an~o a ~uesle aggiu~te )e decorazioni concesse a gra.natieri inquadrati in altri reparti, lt a cu1 due mcdaghe doro: al tenente colonnello G1u~eppe Manzelli del 120' Fanteria, ed al tenente Igino Urli del 78° Fanteria. Cfr. MUSEO STORICO GRANATIERI DI SARDEGNA, I Granatieri del .'3 ° Reggimento nello guerra contro la Grecia cit., a prefazione del qua le ha scritto il generale Carlo Gelos~ comandante dell'l1 6 Armata di essere fiero di avere avuto ai suoi ordini quei soldati magnifici che "laceri e scalzi, tra acqua e fango, di fronte a un nemico eno1·memente superiore" seppero scrivere pagine di ~resistenza epica ed avanzata travolgente".

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gnamento, per partecipare ai funerali di Re Boris di Bulgaria. Valga ricordare quello che avvenne con le parole dell'allora colonnello Castagnoli che successivamente avrebbe assunto il comando d'esso reggimento (11 ): "Udita per radio. alle ore 20, improvvisa ed imprevisla, la notizia dell'armistizio, che i Granatieri accolsero compostamente comprendendo essere armistizio di sconfitta e non di vittoria, e quale non meritavano certo i loro morti di Albania, subito fu messa d'istinto la caserma in stato di difesa, avendosi forti dubbi sull'atteggiamento delle truppe germaniche. Mentre i primi riservati ordini dati nella notte dal Comando Piazza di Atene facevano prevedere un'imminente e fiera azione di forza da parte delle truppe italiane, e gli animi a ciò erano già pronti, nei giorni 9 e 10 ordini ben diversi e precisi furono diramati dal Comando Piazza di Atene, da cui il Reggimento dipendeva, e dal Comando dell'lP Armata, in base ad accordi di questo presi con i tedeschi, superiori in forze alle non raccolte Lruppc italiane. Negli animi, già pieni di amarezza, forte fu il dolore, e in molti anche lo sdegno. 11 senso tradizionale della disciplina però prevalse ed il Reggimento ubbidì, con ordine e compostezza, agli ordini ricevuti e seguì la sorte delle truppe dell'Attica e della Piazza di Atene (12). Non un uomo abbandonò il proprio reparto . "Il giorno 11 il primo convoglio ferroviario del Reggimento partiva da Atene 'alla volta dell'Italia'. In Austria il 19 settembre fu dirottato pel nord della Germania, e così lo furono poi i seguenti convogli. Loro vera destinazione furono gli squallidi campi di prigionia della Germania del Nord. "Il comandante e quattro ufficiali del reggimento (13) riuscirono a tempo celatamente a bruciare l'asta della Bandiera; fatto in pezzi il glorioso drappo e scissa in due parti la freccia, li divisero fra loro con la promessa che, qualsiasi cosa accadesse, avrebbero fatto di tutto per riportare in Italia il pegno affidato al loro onore. E ciò in effetti essi fecero. ( lll RENATO CASTAGNOLI, Op. cii .. pagg. 58-60. <12 > Poche ore prima della partenza del primo convoglio

ru ordinato che le armi individuali fossero limitate a quelle degli ufficiali. Tra le vii.Lime di quei giorni il capitano del 3° Granatieri Rrmanno Barnaba fucilato in Atene da1 tedeschi. (13 1 Tenente colonnello ~apoli, maggiori Pipola e Girel!i, tenente Cipriani.


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"Un episodio tra i molti mostrò in quei tristissimi giorni lo spirito dei bravi granatieri del 3°, schietti e leali soldati, trovatisi, senza alcuna loro colpa, fra i reticolati di un campo di prigionia. Il 25 settembre 1943, nel campo di Wietzendorf, nell'arida Landa del Luneburgo, ebbe luogo in un grande piazzale, circondato da mitragliatrici, l'adunata delle migliaia di soldati italiani affluiti in quel cupo campo. Fra essi, ordinati e composti al comando dei loro sottufficiali, i granatieri di due battaglioni del 3° Reggimento: gli ufficiali erano stati fatti allontanare dai ranghi e portati a 500 metri lontano dalla radura. Quando poco dopo i tedeschi fecero fare vibrante invito da apposita tribuna perché i nostri soldati si arruolassero nelle SS germaniche, gli ufficiali dei granatieri udirono con commozione levarsi dai ranghi dei loro soldati, alte e solenni, le note della vecchia marcia dei pifferi dell'antico Reggimento delle Guardie: erano i granatieri del 3° Reggimento che nell'udire quella proposta, che suonava, in quel momento e in quel luogo, offesa al loro onore di semplici e bravi soldati, rispondevano sdegnosamente con l'inno del loro Reggimento sulle note della marcia delle vecchie Guardie del Piemonte. P oi, marzialmente, compagnia per compagnia, al comando dei bravi sottufficiali, passarono avanti al gruppo dei loro ufficiali e resero gli onori. "Quel canto che in quel pomeriggio grigio del settembre del 1943 si levò nella Landa di Luneburgo, e che turbò e commosse tutti i presenti, fu come il segnale della resistenza morale tenace che, nei durissimi campi di internamento di Polonia e di Germania, per due anni, alimentò l'animo degli internati italiani. "Il comportamento dei granatieri del 3° colpì i tedeschi : gli ufficiali del reggimento furono l'indomani allontanati dai loro soldati e la sera seguente gettati in un treno e portati in Polonia". Furono sette lunghi giorni di viaggio, in ogni carro bestiame stipati cinquantasette uomini. E questo fu il modo in cui i tedeschi rispettarono l'accordo che avevano stipulato con il Comando italiano: "partenza delle truppe dell'Armata in ferrovia per l'ItaHa a scaglioni, con le sole armi individuali" (14) .

(14) Il fronte greco-albanese è costato all'esercito italiano 21.826 morti e 11.477 dispersi. Se a questi si uniscono gli 8.825 morti e i 7.852 dispersi del fronte Jugoslavo, il fronte balcanico con il totale di 30.651 morti e 19.329 dispersi ha realizzato le cifre più alte in confronto a quelle di tutti gli altri fronti: io Germania {23.116 e 7.140), in Francia ( l.688 e 429), negli altri Paesi ( l.556 e 314) e in Russia stessa (11.891 morti, a parte ma per le note ragioni che esulano dalla regolare guerra combattuta - i 70.275 dispersi ).

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5. - Nel contesto della storia del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna una particolare menzione_ va fatta dell~ Compag~_ia_ "V_olontari Uniuersitari costituita presso 11 detto Reggimento all m1z10 del 1941 e per gran parte impegnata poi anch'essa sul fronte grec~. Per ~ durante l'ultimo conflitto mondi.aie l'arruolamento volontario degh studenti universitari fu invero notevole. In un rapporto che in data 28 febbraio 1941 e cioè poco più di otto mesi dall'inizio della guerra, ebbe a redigere l'alÌora segretario del partito nazionale fascista Ad~lc~i S~rena è riferito che sui 55.000 giovani che, a parte le donne e 1 mmon, costituivano all'epoca la popolazione studentesca, erano state già presentate 10.000 domande e altre 10.000 erano in corso, cifre alle quali erano da aggiungere- continuava il rapporto - "7.000 universitari arruolati su domanda della segreteria dei GUF con la classe 1921, nonché i laureati e diplomati iscritti ai GUF fino al ventottesimo anno di età e già alle armi, che sono circa 10.000", per cui "complessivamente sono 37 .000 i giovani il cui volontario afflusso nelle forze armate attesta la continuità della tradizione volontaristica del goliardismo fascista" (15). Secondo un bilancio effettuato dopo due anni di guerra, gli studenti universitari "chiamati alle armi e volontari dei GUF" si contarono già in 79.905, caduti 724, feriti 1.079, decorati 704 (16). . . . L'arruolamento degli studenti universitari era stato avviato già 11 31 ottobre 1940 subito dopo la pubblicazione della legge sull'obbligo del servizio mjlitare, e con la circolare n. 112730 del 23 febbraio 1941 dell'allora segretario della guerra Alfredo Guzzoni fu disposto che gli studenti volontari ricevessero dopo un mese di addestramento il grado di caporale e dopo tre mesi quello di sergente, per poi raggiungere il fronte dopo tale periodo di addestramento. A tal rigu_ar~o er~ stat? a~tresì disposto che la loro destinazione fosse quella de1 d1vers1 corpi militari al fronte a seconda delle circoscrizioni territoriali dei distretti militari di appartenenza, circoscrizioni che erano state determinate in numero di cinque (Italia nord-occidentale; Lorn~ardia e Trivene~o comprese Istria e Dalmazia; Centritalia compresa Sardeg_na, Itali~ sud-orientale; Sicilia). Annota Ercole Bonacina riferendo 1 suddetti

(15) Cfr. Roma fascista n. 22 del 1° maggio 1941. . . (16) Due anni di guerra dell'Italia fascista, 1942, pag. 16, a cura del D1rettono del Partito nazionale fascista.


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dati (17): "i corpi di assegnazione fra i quaii vennero distribuiti gli studenti volontari furono quarantacinque, variando costantemente da circoscrizione a circoscrizione. L'unica eccezione fu rappresentata proprio dal 3° Reggimento Granatieri, indicato come destinazione possibile per i volontari di tutte le cinque circoscrizioni territoriali, nessuna esclusa" (18), eccezione determinata dalla necessità di reperire ovunque fosse possibile gli elementi aventi le necessarie caratteristiche fisiche richieste. Fu così che, il Reggimento già sul fronte greco, nel Deposito presso la Caserma La Rocca in Viterbo in data 3 marzo 1941 la Compagnia nacque ufficialmente: al comando del capitano Rosini e su quattro plotoni comandati dal tenente Cascino, dai sottotenenti Mani e Quattrini e dal sergente Dorigatti, con una forza per intanto di trecentotrenta uomini. Poco dopo si costituì tuttavia su otto plotoni, al comando, oltre che dei suddetti, dei sottotenenti Galli, Conversano, Bassi, Novelli e Bortolotti: sette plotoni fucilieri e uno di armi di accompagnamento, ogni plotone attorno ai quaranta uomini, e con per a1·mamenio individuale i fucili mod. 38 calibro 6,5 oltre a quindici fucili mitragliatori e due mitragliatrici Breda. Trasferita il 10 aprile alla Caserma Paradiso, il 30 aprile a Civitavecchia, la Compagnia fu ridotta a cinque plotoni (tenenti Pucci, Parasca e Danon, sottotenenti Galli e Bassi) per riportarsi a sette (tenente Olivi e sottotenente Quattrini) dopo il campo d'arme in Vetralla. Venne quindi divisa in due parti, l'una destinata appunto a raggiungere il Reggimento in Grecia e l'altra, formata da ottantasette elementi che ne avevano fatta espressa domanda, per i Reggimenti di fanteria sul fronte marmarico. Questi ultimi partirono per l'Africa Settentrionale il 13 luglio, seguiti poco dopo da altri cinque elementi (19). La Compagnia pertanto, dopo la partenza altresì di venti studenti di medicina trasferiti nella Sanità militare, si trovò ridotta a duecento uomini e si ebbe il 1 ° agosto la visita del principe ereditario, venendo quindi avviata in Grecia. ( 17 ) Nel volume antologico curato da Luigi Papo, Contrordine. Compagnia volon· tari universitari del 3 ° Reggimento granatieri di Sardegna, collana Ritz Saddler, sponsorizzato da Giol'gio Faccioli. (18) Circolare n. 40026 del 15 dicembre 1940, Allegato. 09) Infra, Cap. XXXII, n. 6.

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Mentre era ancora a Viterbo la Compagnia aveva pubblicato anche un numero u nico "Combattere" e s'era creata una propria canzone che diceva tra l'altro "Dalmazia, Dalmazia I cosa importa se si muore". Molti i volontari universitari che poi furono ammessi a frequentare il corso allievi ufficiali in Arezzo, e alcuni di essi furono destinati anche in Russia (20). (20) Non è possibile menzionare q~i i nomi dei volontari universitari che .co~b~lterono sui vari fronti, per l'elenco completo dei quali nella originaria Compagnia s1 nn-..ia al voi ume citato a nota 17. Valga comunque ricordare in questa sede le medaglie d'oro Pl'adis_Peda~g~ caduto sul Don e Antonio Vukasina caduto in Zara il 10 luglio 1943, nonché 1 nomi d1 ~rancesco Ferretti caduto il 14 dicembre 1942, di Pi.no Mazzoni già lenente della Tagliamento e poi comandante di brigata partigiana suicidatosi il 28 aprile 1945 a Tfrano in Valtell!na per non cadere in mano tedesca, di Egidio Belloni vicecomandante della detta bngata partigiana. Cadde pure sul Don Domenico Manfucci. . In particolare, per quanto riguarda il fronte greco, valga la menzione de~ sottote~en~e Lino Fornaie e di Aprile Ugo, Bartolini Franco, Berlincioni Luciano, C~nt1, Be~e1:Ll Luigi, Fagnocchi Francesco, Favilli Enzo, Ferrucci, Gariboldi Cesare, Giannetti S1_mone, Liuzzo Gabriele Lubich Pino Manetti Pietro poi caduto in Jugoslavia , Mazzom Pino, Nazzaro Salvat~re, PaoLi Ca~illo, Pizzi Ulisse poi r imasto gravemente ferit,o in Jugoslavia, Romano, Ugolini_ Natale, ecc..


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CAPITOLO XII

LA "21~ DIVISIONE FANTERIA GRANATIERI DI SARDEGNA" NELLA GUERRIGLIA JUGOSLAVA: IL 1° REGGIMENTO

1. - La "Divisione Granatieri di Sardegna", al comando del generale Taddeo Orlando, venne inviata in Jugoslavia verso la metà del 1941, preceduta dal 1° Reggimento; e poco dopo, nelle stesse zone dove

essa era stata destinata, in Slovenia dapprima e poi in Croazia, venne inviato anche, senza peraltro essere in essa incorporato, il "II Battaglione ComP,lementi Granatieri di Sardegna" del 2° Reggimento (1). La Jugoslavia aveva cercato in quegli ultimi anni di barcamenarsi tra gli schieramenti internazionali e di bilanciare l'intesa esistente con la Francia mediante un patto di non aggressione con l'Italia stipulato nel 1937. Dopo che era scoppiata la guerra, la Germania aveva fatto forti pressioni perché la Jugoslavia aderisse al Tripartito; ma quando ciò avvenne, seguì immediatamente un colpo di Stato in Belgrado, che però provocò la pronta reazione tedesca ed il coinvolgimento italiano

(1) Come si è già ricordato, durante la permanenza in Jugoslavia al comando del 1° Reggimento Granatieri di Sardegna sono stati il colonnello Dal Negro e poi il colonnello Mario Di Pierro; ed al comando del 2° Reggimento Granatieri di Sardegna il colonnello Emilio Silvestri e poi il colonnello Tommaso Latini, deceduto il quale in combattimento ha assunto l'incarico il colonnello Umberto Perna. Comandanti delle truppe al Deposito in Roma durante il primo periodo di guerra sono stati rispettivamente il colonnello Tommaso Latini ed il colonnello Lorenzo Chiera, mentre al comando delle truppe al Deposito del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna in Viterbo è stato il colonnello Aroldo Vinciguerra. Al comando del II Battaglione Complementi Granatieri di Sardegna del 2° Reggimento è rimasto per tutta la campagna jugoslava il maggiore poi tenente colonnello Alberto Atti.

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nella vicenda: una vicenda che avrebbe portato in pochi giorni al dissolvimento dello Stato jugoslavo e del suo esercito. L'Italia, in verità, in un primo momento (31 marzo), sollecitata dalla stessa Jugoslavia, aveva accettato di svolgere opera di mediazione con la Germania; ma poi c'erano state prese di contatto tra la Jugoslavia stessa e la Russia, che non erano piaciute alla Germania, ed il 6 aprile, mentre la Luftwaffe sganciava bombe su Belgrado, le truppe dell'Asse avevano iniziato da tre lati (confine austriaco , confine italiano e confine bulgaro) il loro attacco. Invero, in quel momento il III Reich non avrebbe avuto interesse a svolgere la campagna jugoslava e nella previsione dello scontro con l'U.R.S .S. avrebbe preferito anzi l'alleanza di tutti gli Stati balcanici: ma il colpo di Stato avvenuto in Belgrado lo costrinse a rinviare di oltre un mese "Operazione Barbarossa" prevista contro la Rµssia e dare il via, invece , alla "Operazione Marita" predisposta appunto per l'evenienza di una guerra con la Jugoslavia. Neppure per l'Italia quello era il momento migliore, dato che essa si trovava nena fase culminante della non facile né fortunata campagna di Grecia: anche se fin dal 31 marzo 1940 Mussolini aveva rimesso al Re, ai tre capi di S.M. dell'Esercito (Graziani), della Marina (Cavagnari) e dell'Aeronautica (Pricoli) e al capo di S.M. Generale (Badoglio), un "promemoria segretissimo 328" che prevedeva una "offensiva nel caso di un collasso interno in quello Stato". L'"Operazione Marita" iniziò per l'Italia alle 5,15 del 6 aprile 1941 con il contemporaneo attacco sferrato dalla 2\! Armata (Ambrosio) dalle AJpi Giulie, dalla 2° Armata tedesca (von Weichs) dall'Austria e dalla 12il Armata tedesca (von List) dalla frontiera bulgaro-serba, con l'azione convergente anche del Gruppo Reinhardt del Gruppo corazzato von Kleist. E contemporaneamente a quella di terra si svolse l'azione aerea tedesca (gen. Lohr) che mise in atto l"'Operazione Castigo". I tedeschi impegnarono contro la Jugoslavia complessivamente ventitrè Divisioni, di cui sei corazzate e quattro motorizzate, circa milleduecento carri armati e settecentottanta apparecchi dei quali quattrocento bombardieri. Gli italiani impiegarono l'intera 2" Armata per un complesso di ventitrè Divisioni di fanteria , due Divisioni celeri, due di fanteria autotrasportata ed una Divisione corazzata, con quattro Squadriglie aeree.

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L'll aprile, poi, si affiancarono a queste forze quattro Brigate ungheresi. Quanto all'Esercito jugoslavo, esso annoverava venti Divisioni delle quali tre a cavallo e circa cinquecento aerei di vecchio modello: ma in pochi giorni, tra il 6 e il 17 aprile, esso si dissolse. I tedeschi si impadronirono rapidamente di Skoplje (7 aprile), Niscb (9 aprile), Agram (10 aprile), ed il 12 aprile strinsero in una morsa Belgrado, dopo di che, arresasi la capitale, inseguirono in Bosnia l'A1·mata jugoslava, costringendola alla resa ( 17 aprile) contemporaneamente a quando, come s'è già ricordato, si risolveva altresì la campagna in Grecia (6-27 aprile). Da parte italiana l'azione fu effettuata, in coordinamento con la tedesca, su tre colonne: una colonna celere che occupò Ljubljana (11 aprile), una colonna con reparti alpini che presidiò la vaUata della Sava, ed una terza colonna pure celere che da Fiume raggiunse lungo ~I litorale Zara dove era il presidio italiano al comando del generale G1 glioli; il quale da parte sua, per non rischiare di restare ivi asserragliato, aveva intrapreso un attacco mediante una colonna celere al comando del colonnello Eugenio Morra. Le truppe italiane, dopo rapida avanzata, occuparono il Montenegro e a Càttaro catturarono le unità navali jugoslave. Creato lo Stato indipendente di Croazia, l'Italia il 18 maggio stipulò un accordo per assicurarsi il possesso di alcuni territori e di molte isole e per far eleggere re di Croazia il duca Aimone di Spoleto. Quindi, 1'8 luglio Italia e Germania dichiararono che lo Stato jugoslavo aveva cessato di esistere, smembrato come veniva ad essere tra la Germania (che si annetteva la Bassa Stiria e la Slovenia settentrionale), l'Ungheria (che si annetteva la Baka e la Baranja), la Bulgaria (che si annetteva la Macedonia e due province della Serbia) e l'Italia (alla quale toccava la Slovenia meridionale fino a Zalog, gran parte della Dalmazia, molte isole adriatiche e la baia di Càttaro), mentre ven ivano creati il Regno di Croazia (con annessione di parte della Bosnia) ed il protettorato italiano del Montenegro. Con R.D. 3 maggio 1941 n. 291 l'Italia provvide anche a costituire, con evidente troppa fretta, la nuova provincia di Lubiana, retta da un Alto Commissario (Graziolì). E fu in quel tempo che incominciò la guerriglia, come metodo di lotta posto in essere dai partigiani sia legittimisti che comunisti e di ogni altra ?pecie (di tante altre specie, nel mosaico jugoslavo) per at-

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tuare la loro "resistenza" e conseguire la conclamata "liberazione" dall'"in,, vasore . 2. - Quali fossero i presupposti storici e politici e magari psi~ologici della "guerriglia" che i partigiani jugoslavi scatenarono subito dopo la loro guerra perduta contro gli italiani e i tedes.c~i; c~me que~ta guerriglia si inquadrasse, o non si inquadrasse, nel d1ntt~ mte:·naz10: nale, giusta i principi giuridici e le convenzioni.all'epoca v1~enti; ,~ua~1 mezzi e quali metodi di propaganda, di lotta, d1 rappresaglia, la resistenza" jugoslava adoperasse; quali direttive, quali collaborazioni po: litico-militari di missioni appositamente inviate in loco, nonché quab aiuti di uomini, di armi. di viveri, di denaro, di materiale, di medicinali ricevesse dall'Inghilterra, dagli Stati Uniti d'America, dalla Russia il movimento partigiano; perché gli Alleati si siano in un primo :110mento serviti soprattutto del movimento cetnico facente capo al vo1voda serbo colonnello poi generale Draza Mihajlovic che del resto era in stretto collegamento con il governo jugoslavo in esilio costitui.to da r~ Pietro a Londra, e perché poi invece, sacrificato Mihajlovi.c, glt Alleati abbiano concesso ogni loro fiducia al croato Josip Broz, ossia al comunista Tito; e infine quale prezzo di sangue, di sacrifici, di tormenti fi sici e morali di ogni specie la guerriglia jugoslava abbia rec1am~t~ da tutti i soldati italiani, di ogni arma e di ogni reparto, e quante vittime abbia mietuto con ferocia inumana nel suo implacabile dipanarsi e con ]'estendersi fino a forme di guerra civile, sono tanti aspetti e argomenti che non possono essere approfonditi nel loro contesto genera~e nella economia di questa narrazione particolare, ma debbono tuttavia essere tenuti presenti se si vuole intendere esattamente la portata delle vicende nelle quali i granatieri sono venuti a trovarsi in maniera veramente rilevante e tragica (2). La guerriglia che in Jugoslavia si è scatenata e che il nostro esercito ha dovuto affrontare ha costituito infatti un fenomeno nuovo e tremendo per una nostra nuova e tremenda esperienza. Altra guerra dura e feroce, altra guerra senza respiro e senza pietà - ho ann?t~to nel menzionato mio libro - io credo che non esista, come la guerriglia balcanica. Solo se la si è combattuta, la guerriglia, è dato comprendere cosa sia. Se la si è combattuta, naturalmente, dalla parie dell'esercito (2) Per gLi aspetti generali cfr. ENZO CATALDI, La Jugoslavia alle porte, Firenze. Club dell'Autore, 1968; ID .. Josip Broz Tito, Pirenze. Firenze Atheneum, 1989.


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regolare, che ne diventa fatalmente lo sco'perto bersaglio: di essa guerra, subdola e oscura. È stata forse la prima volta nel 1941 l'ì in Jugoslavia che nella storia politico-militare dei popoli europei la guerriglia è comparsa non più come fatto sporadico momentaneo limitato a qualche zona, bensì come fenomeno organizzato di proporzioni vaste, complesse e complete, un fenomeno addirittura ufficiale nell'àmbito del più vasto fenomeno bellico, nuovo terribile ingranaggio nell'antico meccanismo della battaglia. Ha annotato Guglielmotti (3) che la guerriglia jugoslava è stata "una guerra che non ebbe il fascino del campo aperto, né i riconoscimenti visibili che la rendono nota ai più. Crudele guerra senza esclusione di colpi che non ha limiti né freni, e che da parte di un nemico insidioso e barbaro, non riconobbe le leggi dell'onore. Per questo appaiono più meritori questi soldati che seppero morire e vincere solo per il dovere". A "questi soldati" il comandante designato d'Armata generale Mario Roatta rivolse in data 19 maggio 1942, dal Comando Superiore FF.AA. "Slovenia-Dalmazia" ("Supersloda"), un proclama che così recitava: "Vinta d'impeto, nell'aprile dello scorso anno, ogni resistenza nemica, occupata in pochi giorni la Slovenia, ridata all'Italia la Dalmazia, eretto a libertà il nuovo Stato croato, la guerra è continuata su queste terre tormentate alimentata dall'odio più bieco e dal bolscevismo negatore della religione, della patria, della famiglia. Silenziosamente, come si addice ai soldati, voi sopportate i sacrifici, in un terreno infido, contro avversari stagionali talvolta immani. Di mese in mese i bollettini delle perdite della Balcania accrescono il prezzo del vostro sacrificio". Ma vero è che già "nell'aprile dello scorso anno", ossia immediatamente, la guerriglia era incominciata: senza soluzione alcuna con quella nostra vittoria. La "resistenza" jugoslava ha avuto innumerevoli componenti e molteplici complicati aspetti, a seconda dei modi con i quali si è esplicata, dei luoghi nei quali si è sviluppata, dei motivi ideologici che l'hanno ispirata, dei gruppi etnici nei quali si è nutrita, dei fini politici

che questi hanno perseguito: ma è soprattutto quella posta in essere dai comunisti, la forza determinante, che noi ci siamo trovata contro. E proprio il partito comunista (K.P.J. ) con proclama del 15 aprile 1941 aveva dichiarato la guerra ad oltranza, con appello del 12 luglio provvedendo alla organizzazione delle "Unjtà partigiane di liberazione nazionale" e dei "Comitati popolari di liberazione", e quindi creando il "Consiglio antifascista di liberazione nazionale in Jugoslavia" (C .A. L.N .J.) ed impostando l'"Armata di liberazione nazionale jugoslava" (A.L.N.J.). Nel gennaio 1942 venne costituito ]'"Esercito popolare liberatore jugoslavo" ("Narodno Oslobodilaske Voiske Jugoslavjie": N.0.V.J.) che dagli iniziali quarantamila uomini passò subito ai centodiecimila; e con ordinanza del 1 ° novembre 1942 venne nominato il suo stato maggiore, del quale furono chiamati tra gli altri a far parte i comandanti della 111 (Koka Popovich) e della 2"' (Peko Dapcevicb ) Divisione proletaria d'urto, e del I Corpo d'Armata croato (Ivan Gosniak) che si erano pure costituiti. E nel 1943 tale esercito già contava oltre trecentomila uomini, ordinati su nove Corpi d'armata, ventisei Divisioni, novantatrè Brigate, oltre a centootto Distaccamenti partigiani (4). I combattimenti nei quali le formazioni italiane, e tra esse quelle dei granatieri in prima linea, si trovarono coinvolte divennero quindi sempre più frequenti, più aspri, più dolorosi. E quella lotta feroce, senza quartiere e senza pietà, venne resa ancora più amara dal fatto che già si andava ormai profilando la nostra sconfitta in tutta la guerra, e la politica del regime che ne era responsabile tendeva ad impedire che l'opinione pubblica apprendesse che una dura guerra sotterranea imperversava perfino in quel Paese che ci si era appena gloriati di avere rapidamente sconfitto: per cui, come ho ricordato nel già richiamato mio libro, "i soldati italiani del fronte balcanico, e i nostri morti e quel nostro lungo e atroce tormento nella più inumana e irregolare forma di combattimento sono stati posti all'ostracismo: ed i nostri morti e noi reduci siamo diventati i morti proibiti ed i reduci ignorati perfino nelle celebrazioni ufficiali". Di quale asprezza, del resto, la "guerriglia" jugoslava sia stata, sta già ad indicare il bilancio complessivo delle perdite che in essa abbiamo

(3) UGO GUGLIELMOTTI, Le armi italiane nel secondo conflitto mondiale, Roma, 1943, pag. 447.

(4) D. LONKARAVIC, L'esercito partigianojugoslauo, in "Il Ponte", 1955, fase. 8-9.


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subìto: ottomilaottocentoventicinque caduti e settemilaottocentocinquantadue dispersi. 3. - Accadde così che già verso la metà del 1941 il I O Reggimento Granatieri di Sardegna dovette battersi contro formazioni partigiane nella zona di Ribnica, in Slovenia. Il suo comando fu posto in Ljubljana, dove stette anche il comando della Divisione, e successivamente, nel novembre, fu trasferito a Kocevje per scambio di sede con il 2° Reggimento. Nella settimana dal 23 al 29 ottobre reparti del I O Reggimento ebbero violenti scontri con bande di partigiani in Loskj Potok e sul Monte Debelj. Un numeroso nucleo di ribelli circondò ed attaccò un plotone, venendo respinto in un contrattacco guidato dal sottotenente Mario Caria, azione nella quale si distinse in particolare il caporale Salvatore Prestipino. Nelle operazioni di rastrellamento il capitano Giuseppe Claudili guadagnò la medaglia d'argento e si segnalarono per capacità e sprezzo del pericolo il sergente Francesco Patruno e numerosi granatieri. Il 29 ottobre in Osredek durante un rastrellamento venne snidato dal reparto comandato dal tenente Carlo Mancuso un forte nucleo nemico. Il II Battaglione al comando del ~enente colonnello Sequi andò a costituire il presidio di Vehrnika. Il 2 febbraio 1942 i partigiani assalirono il caposaldo avanzato di tale presidio che al comando del sottotenente Emilio Frisaldi aveva il compito di conti·ollare nei pressi di Verd una stazione ed un nodo ferroviario , ma il presidio seppe resistere fino all'arrivo dei rinforzi. Oltre all'ufficiale, che restò ferito (medaglia di bronzo) si distinsero nell'azione il sergente Emilio Mazzolari, il caporalmaggiore Mario VHla, il granatiere Francesco Boselli (tutti decorati di croce di guerra). Una Compagnia di pronto impiego al comando del capitano Nardi e comandanti dei plotoni il tenente Mattei e i sottotenenti Arri e Moauro, partita da Vehrnika alla ricerca del nemico lo sorprese il giorno 3 in Zavhrk infliggendogli delle per dite e facendo quattro prigionieri. L'aprile fu mese che vide il 1° Granatieri impegnato in numerosi scontri. Già il 10 aprile si ebbe un fatto d'armi sul Monte Ledenik in un tratto di zona boscosa: un'aspra lotta protrattasi in assalti e contrassalti con lancio di bombe a mano, durante la quale il tenente Alberto

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Marchesi ed i suoi uomini continuarono a combattere strenuamente fino a quando il nemico fu posto in fuga . . . IJ 25 dello stesso mese uno scontro particolarmente v1olento s1 verificò nella zona di Rake e vi cadde tra gli altri il sottotenente Emiliano Brayda mentre, già colpito da una raffica di mitragliatore, incitava i propri uomini spingendoli all'attacco: medaglia d'a~·gento a1la memoria. E la stessa ricompensa meritò il granatiere Guglielmo Moro che, benché ferito, volle proteggere il proprio ufficiale facend_ogli scudo con il proprio corpo. Cadde anche il granatiere Francesco Summa, medaglia di bronzo alla memoria. . . Pochi giorni dopo, il 28 aprile, i granatieri Alessandro_ Permei e~ Emilio Salvodelli restarono feriti da proiettili deformant1 adoperati dai partigiani nella zona di Debelj Vhr. N elio stesso giorno nella zona di Colvesi il tenente Carlo Mancuso restò gravemente ferito tanto da riportare l'amputazione della mano destra, ma continuò ad incitare i propri uomini alla lotta guadagnandosi la rnech1g1ia d'argento: A Verd presso Vernik il sergente Vinio Gattafoni impedì con la propria squadra che preponderanti forze avversarie si impadronissero del posto. L'll maggio un'autocolonna che trasportava nostri contingenti fu attaccata nella zona di Granovo. Tra i feriti il granatiere Giulio Loda che riportò l'amputazione del braccio. Il 2 giugno in uno scontro in Preserje il sottotenente 1:lenzo ~oauro si prodigò arditamente per trarre in salvo u~ granabe1:e fento; e cadde il conducente Armando Musacchi della 8- Compagnia per non voler abbandonare nelle mani del nemico il suo mulo con il carico di munizioni. "Signor tenente - disse calmo all'ufficiale - mi tocca morire in Slovenia". Ha avuto la croce di guerra alla memoria. Lo stesso o-iorno a Stara Cerk-Gorinja il sergente maggiore Vincenzo Morucci :11a testa della sua squadra resistette impavido a violento attacco partigiano. . . . II 3 giugno durante il combattimento d1 Sleb1c 11 soito~enente medico Attilio Friggeri, visto cadere l'ufficiale comandante d1 un plotone ed intuito che questo rimasto senza guida avrebbe potuto compromet~ tere l'azione che l'intera Compagnia stava effettuando, assunse d1 propria iniziativa il comando del reparto e benché ferito mortalmente ingiunse ai granatieri di non fermarsi a soccorrerlo. Alla sua memoria è stata concessa l'unica medaglia d'oro assegnata ai granatieri nella campagna jugoslava. La salma dell'eroico ufficiale fu poi recuperata dal tenente Giorgio Censi che alla testa della


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Compagnia mosse al contrattacco, mentre il sergente Luigi Mestura assaliva a colpi di bombe a mano la casa dove alcuni partigiani si erano asserragliati. Nello stesso mese un altro fatto d'armi si ebbe ad Iska Vas: vi fu gravemen te ferito il granatiere Agostino Pellegrini nonché, a] volto, il sottotenente Luciano Russiani. Anche il mese di luglio vide impegnati reparti del reggimento in violenti scontri con i partigiani di Tito: 1'8 nella zona di Legojana; il 10 su Quota 1149 di Mosnovec (plotone mitraglieri al comando del sottotenente Mario Avarelli); 1'11 a DI Vas-Polhov Gradec (vi si distinsero tra gli al tri il caporale Abramo Nani, il caporale Alessio Pasciuti ed il granatiere Angelo Pioloco); il 16 a Brezovica (vi ebbe eroico comportamento il granatiere portaordini Enzo Stefanini). Attorno alla metà del mese di luglio vari scontri si verificarono nella zona del Monte Krim ed a Koceveskj P ag. Vi guadagnò la medaglia di bronzo il maggiore Eremberto Morozzo della Rocca (un nome che ricorre più volte lungo la storia dei granatieri) e così pure il sottotenente Gavino Dau; mentre il granatiere Agostino Gal1azzi del plotone antiguerriglia volle restare a combattere malgrado fosse stato fer ito alla testa. Il 23 luglio a Kotel il sottotenente Antonio Fabbri benché ferito guidò al contrattacco su terreno impervio e boscoso i propri granatieri, azione nel corso de11a quale cadde il granatiere Donato Re. Pochi giorni dopo, il 29, ad E ovorje, il sottotenente Michele Rosa si fece per due volte calare in una grotta per affrontarvi in corpo a corpo ed uccidere un partigiano che vi si era annidato. Il giorno dopo ancora, 30 Juglio, a J elonov Zieb il granatiere Antonio Cardillo con l'aiuto di un altro granatiere riuscì a portarsi fin sotto una posizione dominante del nemico ed a snidare questo ponendolo in fuga con lancio ravvicinato di bombe a mano. Il 3 agosto il sottotenente Giuseppe Pasquali al comando di un reparto di arditi irruppe nell'accampamento di una banda di partigiani titi ni uccidendone il comandante. Il 28 agosto il nemico attaccò ancora la stazione di Verde fu respinto dalle pur esigue forze del presidio al comando del sergente maggiore Vinio Gattafoni, promosso poi maresciallo ordinario per merito di guerra. Nel settembre 1942 l'intera Divisione Granatieri di Sardegna effettuò operazioni anche in Croazia e vi furono i fatti d'arme di Ogulin, di Plascki, di Jesenica, l'occupazione della Conca di Drenica, la con-

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quista di Crazac e di Yesenac, tutti importanti centri di resistenza nemica. Nell'ottobre, con le più avverse condizioni atmosferiche, fu occupata la zona di Brinje ed il 5 del mese si scatenò un violento combattimento nella Va1le del Vrh, specialmente alle Quote 747 e 667 sulle quali i granatieri si batterono unitamente agli artiglieri del 13° Reggimento divisionale. Il 30 ottobre a Debelj Vrh il sottotenente Galliano Zamboni attaccò alcune baracche nelle quali erano tenuti prigionieri militari italiani e con l'aiuto dei suoi uomini, in particolare il sergente maggiore Romolo Forti, riuscì a liberare un capitano e sei soldati. Seguirono le operazioni per il forzamento del fiume Lika e quelle dell'omonimo altopiano. Il 23 novembre a Cale una pattuglia in servizio notturno fu proditoriamente assalita da una banda di partigiani. Caddero resistendo eroicamente il caporale Armando Giuntoli ed il granatiere Giovanni Crippa mentre il granatiere Attilio Pasqualetto riuscì a fuggire alla cattura gettandosi in mare. La Divisione rientrò a Roma alla fine del 1942 dopo venti mesi di gueniglia. Tale rimpatrio verificatosi mentre la guerriglia infuriava in Jugoslavia più che mai diede luogo a varie congetture e si disse tra l'altro che fosse avvenuto per interessamento del principe di Pi~monte per essere stato questi in giovinezza ufficiale dei granatieri. E probabile invece che esso sia stato disposto per volere de] re Vittorio Emanuele III interessato ad avere in Roma - in vista degli eventi che sul piano interno andavano maturando in quel momento cruciale e sarebbero scatw-iti nella caduta del fascismo - reparti di provata capacità e fe deltà (5) . Il 1° Reggimento Granatieri di Sardegna è stato insignito oltre che della menzionata medaglia d'oro alla memoria del sottotenente Friggeri di altre numerose ricompense individuali: quattro medaglie d'ar-

(5) ERIC KUBY, li tradimento tedesco (come il Terzo Reich portò l'Italia alla rovina}, Milano, Rizzoli: "Il Re senza consultarsi con il capo del governo. dispo~e c~e una Divisione scelta. fedele alla tradizione, venga trasferita alle porLe della cap1tale Cpag. 123).


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gento di cui due alla memoria (6), quinditi medaglie di bronzo di cui cinque alla memoria (7), trentaquattro croci di guerra di cui una alla memoria (8); e si sono avute anche alcune promozioni per merito di guerra (9). Al comandante della Divisione generale Taddeo Orlando sono stati conferiti l'Ordine militare di Savoia e la promozione per merito di guerra; al maggiore Eremberto Morozzo della Rocca addetto al comando della Divisione è stata concessa la medaglia di bronzo; e la croce di guerra è stata data al sottotenente Giuseppe Pasquali del XXI Battaglione Mortai.

(6} Alla memoria: sottotenente Emiliano Brayda, granatiere Guglielmo Moro. A viventi: capitano Giuseppe Claudili, tenente Carlo Mancuso. (7 ) Alla memoria: caporale Armando Giu.ntoli , granatieri Fi lippo Canfora, Giovanni Grippa, Donato Re, Francesco Summa. A viventi: tenente Alberto Marchesi, sottoLe11enti Mal'io Carta, Gavino Dau, Emilio Frisaldi, Alberto Rcnzi, scrgt:nLe rn.tggiore Vincenzo Morucci, sergente Francesco Patruno, granatieri Antonio Cardillo, Giacomo Della VaJ\e, Agostino Pellegrini . (8) Alla memoria: granatiere Armando Musacchi. A viventi: tenente Giorgio Censi (due croci di guerra) e Carlo Mancuso, sottotenenti Mario Avarelli, Antonio Fabbri, Michele La Rosa, Renzo Mauro, Luciano Russiani, Calliano Zarnboni, sergente Luigi Mestura, caporalmaggiore Mario Villa, caporali Guido Acabbi, Aldo Bellagamba, Sebastiano Danese, Alessio Pasciuti e Salvatore Pristipino, granatieri Giacomo Balacchi, Lino Bocchi, Francesco BoselLi, Sereno Cervi, Agostino Gallazzi, Giuseppe Gemellaro, Giovanni Jannuzzi, Giulio Loda, Francesco Martelli , Abramo Nani, Attilio Pasqualetto. Alessandro Pernici, Angelo Pioloco, Vìncenzo Ruberto, Emilio SavoJdelli, Giovanni Sclavi, Enzo Stefanini. (9 ) Del Lenente Enzo Viola, del maresciallo ordinario Domenico Moccaldi, del sergente maggiore Vinio GaLtafoni, del sergente maggiore Romolo Forti.

CAPITOLO XIII

IL 2° REGGIMENTO E IL "II BATTAGLIONE COMPLEMENTI GRANATIERI DI SARDEGNA" NELLA GUERRIGLIA JUGOSLAVA

l. - Arrivato in Jugoslavia unitamente al 1° Reggimento, il 2 " Reggimento Granatieri di Sardegna iniziò subito anch'esso l'analog~ attività di presidio delle zone occupate e di repressione della lotta d1 resistenza intrapresa dalle formazioni partigiane, in particolare quelle comuniste aventi a capo Josip Broz detto Tito che andavano ormai sempre più organizzandosi nello sferrare la loro attività di guerriglia senza quartiere. . . .. Ma il primo fatto d'armi di particolare gravità ebbe a venf1cars1 11 7 maggio 1942 quando il Reggimento incorse purtroppo in una proditoria grande imboscata del nemico nella Stretta Zerovnik Log-Dobrava, nella zona di Skodlar, e riportò gravi perdite ivi compresa quella del suo comandante colonnello Tommaso Latini Brunetti che cadde mentre moschetto alla mano si batteva alla testa della colonna. Nello stesso violento scontro morì il sottotenente Gi.useppe Cavalchini rimasto isolalo a difendersi dopo che i suoi granaLieri erano stati sopraffatti. E caddero altresì il caporalmaggiore Clemente Lesa dei fucilieri ed il granatiere Lino Moretto porta arma tiratore. Il sottotenente Cesare Conforti restò gravemente ferito mentre con lancio di bombe a mano respingeva il nemico alla testa del proprio plotone. Il sottotenente Alberto Renzi che gli era da presso restò a sua volta ferito al braccio sinistro ma continuò a contrastare rabbiosamente l'irrompente forza avversaria. Ferito gravemente tanto da riportare l'amputazione della gamba fu anche il sottotenente Pietro Coppo. Il capitano Giuseppe Vitale fu colpito due volte ma non desistette dall'asperrima lotta.


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Tra i granatieri che si comportarono con il più alto spirito di sacrificio a sprezzo del pericolo il sergente Guerino Gasparello ed il granatiere Raffaele Di Giorgio. Questi, visto restar ferito il suo ufficiale, gli si portò vicino facendogli scudo con il proprio corpo e restando a sua volta ferito. In quello stesso giorno nello scontro che si era poco prima verificato sulla Quota 474 cli Klucev il sottotenente Giuseppe Granelli alla testa del proprio plotone di fucilieri era penetrato nel campo nemico restando gravemente ferito; e particolarmente coraggioso era stato il comportamento del caporale Dante Garzoni che aveva ripetutamente percorso un terreno aspro e battuto dalle armi automatiche dei partigiani per recapitare ordini del comando di battaglione. Due settimane dopo, ìl 20 maggio, ancora un aspro combattimento a Studenec Ig, quando una grossa banda di partigiani attaccò un reparto del Genio ed il capitano Mario Berardinern si lanciò all'assalto con i suoi riuscendo a respingere il nemico. Cadde nell'azione il granatiere Gino Seghedoni porta arma t iratore che nell'attacco ad un abitato tenuto dai ribelli era già rimasto ferito; e ferito da una raffica di mitragliatrice fu il caporale Giorgio Zironi mentre rientrava nelle Hnee dopo aver consegnato una comunicazione urgente al comando di battaglione. Il caporale Alfredo Ranaldi attraversò più volte il terreno battuto dal nemico per rifornire di munizioni i combattenti. Il 7 e 1'8 giugno si svolse il combattimento di Gorenja Vas-Muljava. Il capitano Renato Bifano attaccò alla testa della compagnia snidando poi , con un plotone avanzato, una postazione di mitragliatrici. Il tenente Enrico Amodei soccorse altro ufficiale e due granatieri rimasti accerchiati; ed il sottotenente Mario Barbetta aiutato dal granatiere Luciano Bastianelli riuscì a trarre in salvo due granatieri fcrit,i. Il 9 luglio si ebbe uno scontro a Travnik-Slatnik e fu ferito il porta arma tiratore Sereno Ce1'vi che tuttavia rifiutò ogni soccorso, seguitando a combattere. Il giorno dopo combattimenti violenti si accesero a Polok Gradec dove il caporale Nello Soldani benché ferito riuscì a smantellare una posizione di artiglieri nemica; a Tasco Selo dove cadde alla testa dei suoi il capitano Giovanni Barbo; a Podutik dove morì il sottotenente Guido Manenti e fu gravemente ferito il sottotenente Luigi Binna (fatto d'armi, questo, di cui fu protagonista anche un reparto di granatieri del Battaglione di Complementi di cui appresso); a Podrebo dove il sergente Attilio Gobbo mise in fuga un nucleo di partigiani.

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L'll luglio il granatiere Giuseppe Colombo restò ucciso nell'~zi?ne svolta a snidare i partigiani da una casa dove erano ass~rraghat1. Il 16 luglio durante un rastrellamento a Preserje il granat~ere ~oman~ Godini lottò corpo a corpo con un partigiano manovrando 11 fucil~ a mo di clava. Sulla Quota 517 di Monte Stanga cadde il sergente Giaco~o Caffaro mentre guidava all'assalto una squadra di arditi esplo1:aton. Il 30 luglio sulla Quota 804 di Prccnik il sottotenente ~erg10 Dalmazzo fu ferito in ardita manovra di accerchiamento, continuò a combattere e fu infine nuovamente colpito, questa volta mortalmente: Il 17 agosto in uno scontro con forze ribe!li in Koc~cki Rog s1 ~egnalarono il sottotenente Vittorio Nocelli ed 11 maresciallo Do_memco Moccaldi, mentre sulla Quota 560 il sottotenente Lauro Clan accerchiò un nucleo di partigiani ponendolo in fuga. . Il giorno dopo sulla Quota 638 il sergent~ ?~useppe _F~rlan ed 11 granatiere Gelindo Guerra posero in fuga nem1c1 mfiltratis1 n ottete~po nelle nostre linee. Due giorni dop_o anc~ra_ sulla_ Quot~ 50~ _11 _ca~1tano Paolo Mala vasi sventò anch'egli una mf1\traz1one d1 pa1 tlgiam .. Nel settembre 1942 il 2° Reggimento Granatieri di Sardegna passo ad operare in Croazia. In una azione nella Conca di -~rezno del 21 del detto mese restò ferito tra gli altri il sottufficiale Attillo Go~bo'. e ~ran~ de sprezzo del pericolo ebbe a dimostrare nel corso dell_e azioni d1 que1 giorni il capitano Ulisse Arrigo addetto ai rifor~ime~t1.. . [l 6 ottobre a Kosini Bakovas il tenente Enmo M1la1~1 occupò co~ 11 suo plotone una postazione nemica me~tre a Qu~ta 284 11 sergente Pietro Ferma occupò anch'egli una postaz1one nemica svent_ando una m~novra di·accerchiamento da parte dei partigiani. Si distmse a~che, in particolare, il tenente Amilcare Cigana addet~o ai r~fomim_e~t1: , Anche il tenente Italo De Gian lo stesso g1orno h a Kosm1 nus_c1 ~ sventare un accerch iamento nemico e si segnalò per il suo cora~g10 1~ sergente maggiore Angelo Dell'Andrea e con lui il conducente d1 muh Sante Caccamo, rimasti ambedue feriti. . . Tutto un susseguirsi di episodi, ora grandi ora piccoli, ora d1 lunga durata ora brevissimi: perché così era quella specie di guerra che_ s'accendeva or qua or là d'improvviso, sempre più dilagando, a turno _1 contendenti or braccando ed or venendo braccati, in ~n terreno P~~ noi sempre più infido e con un metodo da parte del nem1co semp~·e p1u feroce. 2. _ Il 21 ottobre 1942 il treno che aveva a bordo 11 comando del 20 Reggimento Granatieri con il nuovo comandante colonnello Umberto 1


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Pcrna e la bandiera, oltre ad un battaglione di bersaglieri, in località Javornik venne fatto deragliare dai partigiani che quindi lo assaltarono in forza con due battaglioni, mitragliando i vagoni e dando fuoco ad alcuni di essi. Il colonnello Perna provvide ad ordinare la più strenua difesa mentre sopraggiungeva a passo di corsa il battaglione al comando del maggiore Vittorio Pensabene che si trovava nei pressi ed era stato richiamato dal rumore della battaglia. E fu una battaglia lunga e dura. L'aiutante maggiore capitano Libero Bianciardi restò ferito tanto gravemente da riportare l'amputazione di una gamba; e ferito ad una gamba fu anche il granatiere Ane.llo Ottaviani. Il tenente Pietro Tornei morì in un violento corpo a corpo; il capitano Renato Bifano riuscì a colpire a morte un comandante nemico; il capitano Mario Berardinelli ed il sottotenente Mario Barbetta contrattaccarono ripetutamente l'avversario alla testa dei loro reparti. Si distinsero in particolare i caporalmaggiori Alfredo Di Marzio e Vittorio Donà, i caporali Angelo Fardin e Aldo Gentilini, i granatieri Ubaldo Be1·tozzi ed Evaristo Pozzabon, nonché il sergen te Antonio Pagnotta che guidò arditamente i propri uomini all'assalto. Pochi giorni dopo, il 24 ottobre, si accese un altro aspro combattimento in Radovica e in Ostriz. Caddero in quell'azione il caporalmaggiore Giuseppe Bragagnolo che ferito ad una gamba e con il moschetLo spezzato continuò a combattere lanciando bombe a mano, il caporalmaggiore Domenico Caccialanza ed il granatiere Riccardo Varotto. Seppero resistere valorosamente all'accerchiamento nemico e liberarsene battendosi strenuamente il sergente maggiore Luigi Vigna ti ed il granatiere Giuseppe Cattafi. I sottotenenti Giovanni Borsetti e Paolo Ancona alla testa dei loro plotoni contrattaccarono le preponderanti forze avversarie; il capitano Aldo Lombardo conquistò una posizione nemica; il sottotenente Saturno Diotallcvi assolse arditamente la missione di scavalcare altro plotone in difficoltà ed inseguire il nemico; il sottotenente Luigi Fontana aggredì una forte posizione nemica con i s uoi mit.raglieri; il maggiore Albino De Giorgio con magnifico sprezzo del pericolo riuscì a rifornire un nostro presidio assediato e in proci nto di soccombere. Si distinsero altrcsì il sergente Aldo Gambin, il caporalmaggiore Dafn e Cangini, il caporalmaggiore Cesare Corbetta, i granatieri Antonio Busatt.o, Luigi DagheLti, Luigi Fontana, Ambrogio GorJa, Giulio Zulian. Mario Vinzio che sfuggì alla cattura adoperando il fucile a mo'

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di cava, Vito Gerotio, tutti rimasti. fe~iti, mentre cadde in combatliento il granatiere Agostino Franc1oh. . . m Il 4 novembre a Salopex Selo in Croazi~ il sottote~en_t~ ?1~rg1~ Briasco comandante del plotone mortai fu fenLo ~a. c~nti~uo a'. es1s~e re alla testa dei suoi; il sergente Giovanni Cop~m1 nusc1. c_~n i suo~t.: liberare un presidio che i partigiani avevano circondato, 1 serge. Mario Serafini continuò a combattere benché fedt.o fino a qrando inceppatasi l'arma fu ancora colpito, ed a recuperare la _sua sa ma provlavide con generosa impresa il caporale ~ !~erto Borrom. . Anche il 20 Reggimento Granatieri d1 Sard~gna las~1ò_ l~ Jugos . Ila fine del 1942 rientrando in Roma con I mtcr~ ~1v1s~one. via ~che esso annovera numerose ricomp~nse ind~v.1duah c~nc;,ss~ r le azioni dei venti mesi di odissea balcanica: und1c~ m~dag ie ar p:nto d~lle quali sei alla memoria ( 1 ), ventidue med~ghe d1 bronzo de Ife quali dieci alla memoria (2), cin~uantadue croci d1 guerra delle quali due alla memoria (3), un cneom10 solenne (4 ). L . · . nclti tenente Pielro Tomei, scrAlla memo~ia: colonnello ~omm~so atm~ 8. i ua noi~ e Domenico Caccialanza. geme Luigi Vignat1, caporalmng_g1ort .?tsepre C'O~:~n: 110 Ferdinando Carignani (pC'r granatiere Ric<'ar?o ~aro~to. A v1vcnt1. enc: ~osini Quota 847. a l\lodrus Salopex Segli audaci atlacc~1 ~1dat1 a Pbalhov Gra~tec, Libero Bianciardi, granatieri Giuseppe po). maggiore V1tlono. P:nsa ene, capi ano (1 l

Catlafi e Anello Ott_a v1am: e· .. . Jh ·bo soLtotcnenti Sergio Dnlmazzo e Guido (21 Alla memon~: capitano 10,anm .. ~ r~fini caporalmaggiore Clemente Lesa, Manenti, Rergenti Giacomo Caffa_r~ e, Mano : osti~o Francioli, Gino Seghedoni. A vigranatieri Giuseppe Colombo. Lu1g1 r:~nt~~~:s-! Arrigo Paolo Malava~i e Giuseppe Viventi: colonnello Umberto Perna, ca~1• 8 ~ 1 1 " . , e' Granelli, sergente AtLilio Gob· tale, sottotenenti Paolo A~conn, L~l~I il'.11~~ G·~:irop Ambrogio Gorla (' Vito Cerotto. bo, caporale Nello S_oldam. gri3~~1e~10 F:1.~in a:ranatierc Lino Moretto. A viventi: mag· (3J Alla memona: capora e nge . ' ·oci di uerra) Mario Brandinelli giore Albino De Giorgio, capii.ani Renato B1f~Eo (~ueAmc1 odei gAmilc;re Cigana, Italo De ) Aldo Lombardo t.1ment1 nnco , . . . d. (due croci i g~er~a . . . ' l' M ·io Barbetta (due crnci di guerra), G1ovanrn Cian. Giovanm P1etrangeh, soLLolcnc~ I at C lì t' P'etro Coppo Saturno Diot.al. 8 . L uro Clan Cesare on or 1, 1 • Borsetti, Giorgio r~a~co, ~ · E i Milani Vittorio Nocelli, sergenti Giovonlevi, Clemente Dogmn1. Lucio Fonta~a,l nn .o 0· se~pc Furlan, Aldo Garbin, Guerino ni Coppini. Pietro Ferma, Augus~o po es~nt1, a1uporalmaggriori Dafne Cangini, Cesare Il At' ·1· Gobbo Ant.omo agno. u, e · G · Gaspare o, .1 io . ,. . . Donà ca orali Alberto Borroni. Dante Ta1·zom, Corbetta, Alfredo D! Marz_10: V1ttor1? p , trredo Ranaldi, Giorgio Zironi. granaAldo Gentilini, M~no Godrn~ ~nt~n.1: e~cr~tonio Busalto, Sante Caccamo, Raffaele tieri Luciano Bal:illanclh, U a o cr ozz1, . . . G'ul io Zu\ian Di Giol'gio, Gelindo Guc1Ta, Evaristo Pozllzab~n, ~a::gv~::.•:An~elo Dell'A~drca è sta14) Al sotlolenente Lauro Rabusin. sei ~en ~ Lo ammesi;o a rafferma per <luc anni per mento d1 guerra.


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3. - Rimpatriata la Divisione Granatieri di Sardegna, in Jugos lavia rimase tuttavia il Il Battaglione Complementi Granatieri di Sardegna che si era formato in Roma presso il Deposto del 2° Reggimento, aveva effettuato un periodo di addestramento in Littoria (oggi Latina) ed aveva raggiunto la zona delle operazioni nel marzo 1942 come unità autonoma. Destinato dapprima in Slovenia (a Grosuplje Stranska-Vas e quindi a Ljubljana), dopo in Croazia (ad Ozali e quindi a Karlovac), infine in Dalmazia (nella zona costiera di Sebenico e nelle isole), il Battaglione ebbe la sorte di restare in Jugoslavia il tempo più lungo tanto da esservi sorpreso dall'armistizio del1'8 settembre 1943 e sostenervi la lotta più strenua e lo sbandamento più doloroso; e saranno ben cinque le medaglie di argento individuali delle quali si fregerà e tre d'esse alla memoria contro le quindici ed otto della intera Divisione. A comando del maggiore Alberto Atti il II Battaglìone Complementi Granatieri di Sardegna (formato da richiamati delle classi 1910 e 1911 e da ufficiali tutti di complemento ad eccezione del comandante) fu inizialmente posto a presidio della zona di Grosuplje con distaccamenti a Slivnica, Racna e Sant'Anton (in queste tre località furono infatti dislocate le tre compagnie fucilieri, la 5", la 6" e la 71} aJ comando rispettivamente del capitano Elio Petri e dei tenenti Pasquale Proto e Giovanni Tomassoni), mentre in Grosuplje ed a Stranska-Vas stettero il plotone comando che comprendeva tra gli altri gli esploratori e i guastatori (tenente Enzo Cataldi) e la compagnia d'armi di accompagnamento, 1'8'.l, su tre plotoni, mitragliatrici, mortai (da 45 e da 81) e cannone anticarro da 47/32: tenente Aldo Maspero, e comandanti dei singoli plotoni rispettivamente sottotenente Luxio Luzzi, tenente Nino Falci e tenente Antonio Tambone. Aiutante maggiore del battaglione il tenente Luigi Mazzoni; tenente medico Bubbico. Le prime azioni si svolsero a Ponova Vas, nelle pendici del Monte Tabor, sul massiccio del Klum, lungo le direttrici di Videm, Dobrepolje, Zdenska Vas, Cesta. Il 16 maggio 1942 il battaglione fu trasferito in Ljubljana nella zona di Siska e quivi si trovò impegnato, oltre che nelle operazioni di presidio e di vigilanza e nella sorveglianza di un ampio settore della cintura di reticolati posta a difesa della città, nel fatto d'armi di Podutik (10 luglio) dove si distinse in particolare il soLtotenente Michele

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Camilleri nella generosa azione per il recupero della salma del sottotenen te Guido Manenti del 2° Reggimento di cui si è già detto, e poi nei fatti d'arme di Brdo (23 luglio), di Dravlje, del Ponte di Studenec Ig, di molte altre località (l'azione di Brdo seguì ad una imbo~c~ta p~rtigiana nella quale erano caduti i granatieri Giuseppe Palh~1 e ?1useppe Savi, il corpo del quale ultimo fu poi ritrovato a seguito d1 rastrellamento della zona effettuato dai guastatori a l comando del tenente Cataldi e da altre squadre, mentre quello del granatiere Pallini non venne mai rinvenuto). A Konevo-Harriul (26 ottobre) i granatieri operarono in formazione con le Camicie Nere in una impervia zona e contro un nemico fortemente asserragliato in posizione dominante (5) . Ma lo scontro più duro e violento contro forze enormemente preponderanti fu quello del 28 novembr~ i~ Busi~j~ Vas eh~ c?stò al battaglione hen quindici morti, tre ufficiali e dod1c1 granat1en, e quattro feriti, tra i quaJi gravemente un ufficiale (6). Il sottotenente Luxio Luzzi unitamente ai due caposquadra caporalmaggiori Guido Grimaldi e Achille Refaldi e a due ~rana~ieri, Armando Ansaloni e Vittorio Trovò, cadde nella strenua difesa d1 una posizione pugnalato mentre, rimasto solo, azionava personalm~nte l~ mitragliatrice; il sottotenente Luigi Mazzoni aiutante maggiore s1 (5) L'ar.ione fu diretta dal maggiore Alberto Atti cui è stata conferita per essa la croce di guerra al valer militare. . . . (6) All'azione non partecipò la 71 Compagnia rimasta d1 pres1d10 a LJublJana._ . IJ faLt.o d'armi fu ricordato da ENZO CA'l'J\LDI, Granatieri di Sardegna, presente!, m "Prima Linea" (giornale italiano pubblicato in Ljubljana dopo l'occupazior:e italian~ e su~ ~ostituzione a provincia italiana). nel numero del 12 dicembre 1942; e m Taccuino gr1g10uerde nel mcnsìle "Fronte Unico deJrltalia combattente"', Roma, annate 1956-1958. IJ de~to articolo letto da numerosi ufficiali dei granatieri dislocati altrove, portò a l la P.M . no del Ba,ttaglione numerose loro lettere di rammarico e partecipazion~. tra le altre quelle del comandante della Divisione gen. De Rienzi e del s uo aiutante d1 c~m~o col. 'l'roisi. All'autore scrisse tra l'altro il ten. Ezio Taddei: "Caro Enzo, alle tue tristi e inattese notizie dirti che ho pianto è ancora poco. La mia coscienza è fortement~ Lur: bata, non dovevo lasciare il mio bel Battaglione ( ... ). Vi slo vicino col cuore e con 1_voti più sentiti. Dammi notizie". l1 ten. Taddei, già dei granatieri e in forza al Batt~ghone'. era poi passalo ai carabinieri. Comandato tra l'altro, dopo la caduta ~cl_fasc1_s~o, ~· arrestare il segretario nazionale del partito medaglia d'oro Ettore Muti. si trovo 1mphcat.o nell'uccisione di questi avvenuta in Fregene. Attualmente è generale dell'Arma a riposo per limiti di età.


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adoperò volontariamente per ristabilire un difficile collegamento esponendosi coscientemente alle raffiche delle armi automatiche nemiche; il tenente Pasquale Proto cadde alla testa della sua compagnia nell'eroico tentativo di un contrattacco ed il suo furiere caporale Vincenzo Giovanniello ed il suo attendente granatiere Pietro De Longhi caddero a loro volta nel generoso tentativo che fecero di soccorrerlo; il granatiere Angelo Scaggiante si sacrificò sulla porta di una casupola dove s'erano rifugiati alcuni feriti per impedire che il nemico incombente vi entrasse; il granatiere Angelo Barolo si immolò al fuoco nemico per non arretrare di un sol passo; il sergente universitario Arrigo Bedogni, recatosi a portare un ordine al plotone mitragliatrici e costatata la sorte avuta dal sottotenente Luzzi, sotto il fuoco micidiale del nemico ed il corpo trapassato da un proiettile percorse rantolante il chilometro che lo separava dal comando di battaglione per avvertire; il sottotenente Ulisse Pizzi nel tentativo di recuperarP un ferito rimasto allo scoperto restò egli stesso gravemente ferito ad una gamba, ed a sua volta venne portato a braccia verso un riparo dal sergente universitario Franchini destinato a cadere in altra azione qualche giorno dopo: fatti per i quali furono concesse le dette cinque medaglie di argento (7), cinque medaglie di bronzo (8) e sei croci di guerra (9).

(7) Medaglie d'argento: alla memoria ai sottotenenti Pasquale Proto, Luigi Mazzoni e Luxio Luzzi; a viventi, a l sottotenente Ulisse Pizzi e al se1·gente universitario Arrigo Bedogni. In Ravenna, sua città natale, è stata creata !'~Associazione Amici di Luigi Mazzoni", che unitamente alla locale Sezione dell'Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna ha istituito un "premio di distinzione" per i giovani della città, avente lo scopo di ricor· dare "l'eterno significato insito nel valore patriottico e nella dirittura morale e civile del libero cittadino". Nel decennale dell'istituzione, nel 1975, la cerimonia del conferimento del premio ha assunto particolare solennità, alla presenza di tutte le autorità cittadine e delle Associazioni d'Arma, oltre che del padre del Caduto; e chi scrive ha avuto l'onore, come compagno d'armi e amico di Luigi Mazzoni, di pronunciare l'allocuzione ufficiale, nella sala del Comune. (8) Alla memoria: caporalmaggiori Guido Grimandi e Achille Refaldi, caporale Vincenzo Giavanniel lo. granatiere Giuseppe Pirrone. A viventi: sergente Mario Zaffalon. (9) Alla memoria: granatieri Corrado Amazzirù, Armando Anzaloni, Giovanni Bacchion, Pietro De Longh.i. Eugenio Mazzoli, Vittorio Trovò

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Il 6 gennaio 1943 il Battaglione fu trasferito in Croazia e stette per due settimane di presidio nel castello di Ozali, a difesa, unitamente ad un reparto di "ustascia'' croati, della importante posizione comprendente tra l'altro una grande centrale elettrica, che i partigiani riuscirono poi a far saltare proprio nella notte successiva alla intervenuta sostituzione del Battaglione Granatieri con altro di fanLeria di linea, che restò infatti fortemente decimato. Il 20 gennaio, affiancato ad un reggimento tedesco, il II ~a~tagli.one Complementi Granatieri raggiunse Karlovac restand~ qurnd1 a ~residio di una vasta zona: cd alla necessità di dover ormai frontegg1are una pressione nemica che si faceva sempre piu for~e e~ era ~'ì ~n C~oa~ zia, patria di Tito, particolarmente organizzata, s1 um la d_iff1colta d~ operare e convivere con un Comando germanico: e ~on ~och1_fU1·0~0. gl~ incidenti e gli attriti che ne derivarono. Tra gli ep1sod1 v:n~~at1s1 d1 particolare gravità risulLò quello dm ebbe come protag~mst1 il nuovo aiutante maggiore del battaglione, tenente Tamb~ne e 11 tenente Cataldi comandante del plotone Comando, allorché pistola alla mano dovett:ro impedire che ufficiali tedeschi perlustrassero l'albergo "Jadran" dove s'era sistemato il comando del battaglione per accertare che non vi fossero nascosti degli ebrei (in realtà, due donne ed un bambino vi avevano cercato rifugio ed erano state dai due ufficiali nascosti in un ballatoio) (10). Dalla Croazia il Il Battaglione Complementi (11) fu trasportato in ferrovia a Fiume e da qui in motonave militare a Pola, da dove con .n~tanti locali raggiunse Vodice nel distretto di Sebenico. Posto a pres1d10 della costa e delle isole dell'antistante arcipelago. quali Isola Lunga, Zuri, Morter, eccetera, subì vari attacchi dei partigiani, tra l'altro

(10) Incidenti ed atti·ili si erano del testo manifestati anche tra i granatie1•i e gli "ustascia'' di Ante Pavelic durante la breve convivenza nel Castello di Ozali: tanto che proprio chi scrive do\'ette red1gere un circostanziato rapporto in proposito al Comando delln Piazza. Per la i;ituazione del momento, con part1colare riguardo agli ustascia, cfr. ENZO CA'I'ALDL. ,Josip Broz Tito, Firenze Atheneum, Firenze, 1989. . . e11) Incorporato nella Divisione Zara comandata dal generale Carlo Vitale, già ufficiale dei granatieri.


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quello del 30 giugno 1943 nell'isola Morter che vide cadere undici arana~ieri ~e~la 7e Compagnia, tra i quali i caporalmaggiori Giove e Tripoli; ed 1v1 fu sorpreso dall'armistizio, sbandandosi. Parte de~ soldati, in particolare quelli della suddetta Compagnia, pot~tte raggmngere Ancona facendo uso delle barche (12); per tutti gli altn fu lo s bandamento e l'incognita della sorte.

CAPITOLO XIV

I GRANATIERI SUGLI ALTRI FRONTI: IN AFRICA E NELLE ISOLE MEDITERRANEE . 02)_ Chi ~c~ive aveva già lasciato il battaglione (per gli Ospedali Militari di Lj ubljana P_nma, d1 Gonz1a poi e del Celio in Roma infine) ed aveva ripreso servizio in Roma dove s1 trovò al momento dell'armistizio. A tale data si trovarono in Roma casualment.e anche il maggiore Atti comandante del battaglione e l'aiutante maggiore t~nente Tamb~ne. Il II Battaglione Complementi è staio l'unico della Specialità ad essere restato in Jugoslavia nell'ultimo anno di guerra, e cioè nel periodo in cui Ugo Pirro colloca Ja vicenda del suo romanzo Jouanka. e Le altre (Bompiani, 1959), libro pur presentato come una '.'denuncia" di ambienti e personaggi tratti dalla realtà storica della guerra partigiana t~ ,lneoslavta "nel periodo d'occupazione italiana" (nel film cbe ne è stato fatto ù.:1 M.:trtm Pi~t protagonisti della vicenda appaiono invece, con i partigiani slavi, i soldati tedeschi)._ Ma per l'assoluta improbabilità e la grat.uita immaginazione denigratoria di ~ua~to 111 questo romanzo narrato con riferimento a un battaglione di granatieri ita· ham, cfr. E. CATALDI, La Jugoslavia alle porte, cit., pag. 13.

1. - Nella seconda guerra mondiale i Granatieri di Sardegna oltre che sui detti fronti balcanici con le loro grandi Unità - si sono trovati a combattere su tutti gli altri fronti, sia inquadrati in proprie unità minori sia incorporati in altre grandi unità: anzitutto nell'Africa Orientale, nella quale si rese immediatamente necessario, e fu purtroppo inutile, difendere gl i ultimi baluardi dell'Impero che soltanto qualche anno prima era stato proclamato. Non era stata ancora dichiarata la guerra, anzi, e già il 1 ° giugno 1940 in Saha-Bangia ·nell'Amara forze ribelli assaltavano il nostro presidio, e i granatieri avevano modo di conquistare una medaglia d'oro "alla memoria" nella persona del sottotenente Tullio Porcelli del LXVII Battaglione coloniale che alla testa del suo reparto si battette fino all'estremo in un disperato corpo a corpo. Inizialmente, infatti, la campagna africana interessò l'Africa Orientale Italiana dove le nostre truppe coloniali dovettero pone in essere una strategia difensiva mentre gli angloamericani facevano dell'Africa Settentrionale la loro grande base per la controffensiva in Europa. Dopo l'armistizio con la Francia (1940) l'Italia intraprese da sola la cosiddetta "battaglia del Mediterraneo" passando alla strategia offensiva nell'intento di colpire l'Inghilterra in una zona nevralgica del suo Impero, verso Suez ed il Medio Oriente: e fu infatti l'offensiva di Sidi el Barrani alla metà del settembre 1940. Molti gli scontri nei quali militari provenienti dai granatieri si trovarono già in quella fase impegnati. Alla fine del giugno 1940 in Matemma Gallabat, che sarebbe stata teatro di combattimenti anche nel settembre e nel dicembre dello stesso anno e poi nei primi mesi del 1941, rifulse tra l'altro l'abnegazione del maresciallo Mario Camilli


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del Reparto Truppe Asmara e poi del LXXVII Battaglione coloniale promosso ufficiale per merito di guerra, mentre i] capitano Pietro Abate Daga della 2" Divisione Libica ed il tenente Mario Mattei del IX Battaglione coloniale meritarono la medaglia d'argento al valor militare. Le forze dell'impero britannico agli ordini di Sir A. Wawell riuscirono tuttavia ad opporre una strenua resistenza neutraJizzando e catturando le Divisioni italiane di prima schiera ed inseguendo quelle di seconda schiera fino a Bardia e poi a Tobruck. Tobruck, in Marmarica, era un nostro porto fortificat,o difeso da circa ventisettemi la uomini al comando del generale Pitassi Mennella, e contro di esso 1'8~ Armata britannica del generale Wawell effettuò l'offensiva che portò il nostro presidio, il 23 gennaio 1941, alla resa. "Non è lo spessore delle mura che difende la città ma la volontà di difenderla", ha scritto Tucidite. Di questa volontà quel presidio ne aveva tanta e ben sapeva che "la resa - come ha detto P aul Keskemeti - è un servizio che il vinto rende al vincitore''. Tut.tavia, e malgrado ogni eroismo, Tobruck non potette essere mantenuta, ed anzi da quel momento sarebbe diventata per noi e per gli Alleati un tragico punto cruciale della guerra in Africa. Nuove truppe vennero dall'Italia inviate in Libia e tra esse ad Hon nell'Oasi di Giofra la 21'1 Compagnia Granatieri Cannoni Anticarro da 47 I 32 divisionale, al comando del capitano Ottorino Campagna, che unitamente a reparti sahariani operò in particolare nel Fezzan contro i francesi provenienti da Chad. Nel febbraio 1941 si ebbero le operazioni di Monte Sanchil, a Quota 1616, dove la medaglia d'argento fu meritata dal sergente maggiore Giuseppe Aiuti del XCVII Battaglione coloniale; e apparteneva allo stesso reparto il tenente Dino Ciriaci, medaglia d'oro all a memoria. Benché aiutante maggiore, questi assunse volontariamente il comando di una Compagnia rimasta senza ufficiali e condusse un impetuoso contrattacco contro le forze nemiche . Rimasto ferito incitò chi lo voleva soccorrere a non curarsi di lui e a pensare a combattere, fino a che venne di nuovo mortalmente ferito. Da quello stesso febbraio al marzo si svolse l'importante battaglia di Cheren, nell'Eritrea (1), dove si vide il colonnello Sila Persichelli del (1 i Fu in questa battaglia di Cheren che si distinsero i Reggimenti 10° ed 11 ° Granatieri di Savoia della Divisione omonima istituita nel 1936 (retro, Cap. XXVfl).

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IV BattagHone coloniale Toselli della 29 Brigata coloniale, già ~e~·ito in pr ecedenti azioni e pluridecorato, continuare a combattere ~dd1nttura sorretto dai suoi soldati, e con tale efficacia e valore da men tare la medaglia d'oro . . . E la medaglia d'oro alla memoria, meritò nella stessa battaglia 11 tenente Gioacchino di Marzio dello stesso IV Battaglione coloniale, che nella spericolata riconquista di una posizione avanzò a colpi di bombe a mano in testa ai suoi soldati: decima ed u ltima m edaglia d'oro, delJ e quali nove "alla memoria", concesse a ufficiali dei Granatieri in te r ra d'Africa. Nel marzo 1941 le forze r ibelli svolsero forti pressioni sui nostri presidi, riuscendo ad effettuare anche pericolose infiltrazioni, e fu r espingere una di queste che il tenente Giorgio Guerrini, impegnatos1 in una lotta cruenta alla testa della sua Compagnia, restò gravemente ferito (2). 2. - L'intervento del1 e Divisioni corazzate tedesche al comando del feldmaresciallo Rommel permise alle truppe dell'Asse di scatenare nell'aprile 1941 la loro seconda offensiva che costrinse 1'89 Ar~~ta ?ri~ tannica, ora al comando del generale Ritchie, a ripiegare. Gh 1taham e i tedeschi potettero così rioccupare Bardia e la Cirenaica_. Ma tra ]'11 novembre 1941 e 1'11 gennaio 1942 le forze mgles1, ora al comando del generale C. Anchinleck, riuscirono a ricuperare il ter1·eno perdu to con una nuova offensiva che le riportò a Tobruck (28 novembre). Subito dopo, dal 21 gennaio al 4 febbraio 1942, si svolse la terza offensiva italo-tedesca: la 10" Armata italiana al comando del generale Tellera e l"'Afrika Corps" tedesco al comando del generale Rommel (3). Furono catturati venticinquemila soldati del Commonwealth e gli Al leati furono costretti ad attestarsi sulla linea arretrata di Ain-el-Gazala, Bir, Hachéim. . Segu1 ancora una offensiva delle truppe dell'Asse, la quarta destinata ad essere l'ultima, dal 27 maggio al 3 giugno 1942. Nel quadro di queste occasioni si distinse particolarmente il IV Battaglione Controcarro Autocarrato Granatieri di Sardegna.

ne!

(2) Al tenente Gucrdni è stata conferila per questa azione la medaglia d'argento al valor militarn. (3) Il generale Rommel avrebbe poi assunto il comando della Armala Corazzata italo-tedesca rA.C.I.T.l che si batté ad El Alamein.


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Tale Battaglione fu costituito da tre Compagnie provenienti dai tre Reggimenti Granatieri e fu armato anche di pezzi da 47/32. Posto al comando del maggiore Tullio Gervasoni, fu formato da ventidue ufficiali e trecento granatieri. Partito da Tivoli il 22 dicembre 1941, il giorno dopo si imbarcò ad Augusta sugli esploratori "Da Recco" e "Antoniotto UsodimaTe" e sbarcò a Tripoli il 24 dicembre , venendo subito trasferito nella zona Gioda dove restò fino al 13 gennaio 1942. Assegnato alla Divisione corazzata Ariete, la raggiunse all'Uadi Faregh sulla pista di Marada il 16 gennaio, e si trovò subito impegnato in una importante fase di combattimento. Il 21 gennaio il comandante generale delle Truppe corazzate feldmaresciallo Erwin Rommel diramò infatti questo proclama: "Soldati tedeschi e italiani, Voi avete sostenuto già due battaglie contro un nemico di superiorità schiacciante. Il vostro spirito aggressivo però è intatto. Attualmente siamo superiori di forza al nemico che sta davanti le nostre posizioni. È per annientare questo avversario che oggi stesso l'Armata muove all'attacco. Attendo che ogni soldato dia tutto se stesso in queste giornate decisive. Viva l'Italia. Viva la Germania. Viva i nostri condottieri". Fu la Divisione Ariete che in testa al Corpo d'Al·mata di Manovra alle ore 8,30 del 21 gennaio 1942 diede inizio alla controffensiva sferrata dall'Armata corazzata italo-tedesca al fine di avvolgere le forze britanniche a nord dell 'Uadi Faregh: una azione rapida che sorprese gli inglesi. La Divisione nella notte del 22 raggiunse ]a zona a sud di Agedabia, il 23 e il 24 aggirò Giof el Matar e il 25, distrutta la 2~ Brigata britannica, occupò Antelat, muovendo quindi, mentre infuriava una bufera di vento e di pioggia, verso Sceleidima e Soluch (27 gennaio). Alle ore 15 del 28 gennaio il fortino di Sceleidima si arrese, alle 19,30 cadde Soluch, e la Divisione il 29 occupò Ghemines e quindi entrò, lo stesso giorno, in Bengasi. Dopo essersi assestata sull e posizioni, essendo stata occupata il giorno 31 anche Tocra-e-Barce, 1'8 febbraio alle ore 20 il Corpo d'Armata di Manovra ricevette l'ordine di schierarsi nella zona di El Mechili a duecento chilometri da Bengasi, caposaldo difeso dal 9° Reggimento Bersaglieri. Fu una azione che la Divisione Ariete effettuò con rapido intervento e dopo aver occupato Berta (10 febbraio ), il giorno 14 puntò con un suo raggruppamento su Segnali, scon trandosi con elementi motocorazzati britannici e raggiungendo l'obiettivo a sera.

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Si provvide intanto a posare mine in tutta la zona, ed il 16 febbraio si chiuse la fase di operazioni nel settore di El Agheila, proprio il Battaglione Granatieri unitamente a un reparto tedesco svolgendo una azione su Segnali Sud a 16 km da Bir Tengeder e unitamente all'8° Bersaglieri effettuando le operazioni in Segnali Nord, spingendosi infine unitamente ad altre truppe in una ricognizione fino a quaranta chilometri oltre El Mechili, azione che fu segnalata per l'importanza che ebbe nel Bollettino n. 624. In tutte le dette operazioni la Divisione corazzata Ariete partecipò sul seguente ordinamento: - 8° Reggimento Bersaglieri su due Battaglioni di due Compagnie ciascuno; - 132° Reggimento Carri su due Battaglioni di tre Compagnie ciascuno con un totale di ottantanove Carri "M"; - 132° Reggimento Artiglieria su quattro Gruppi , due da 75/27 e due semoventi da 75/18 ciascuno con due Batterie; - IV Battaglione Controcarri Granatieri di Sardegna; - Gruppo Autoblindo Nizza Cavalleria; - Unità minori. Il 15 marzo la Divisione corazzata Ariete passò alle dipendenze del XX Corpo d'Armata e assunse lo schieramento a cavallo delle piste El Mechili-Derna. Nel successivo aprile 1942 il Battaglione Granatieri di Sardegna passò alle dipendenze della Divisione Trieste ed operò nell'ambito dei Reggimenti 65° e 66° Fanteria di linea. Assegnato quindi al XXI Corpo d'Armata, operò, spesso frazionato, alle dipendenze della Divisione Bologna e della Divisione Trento. Dopo,..aver partecipato ai fatti d'armi di El Zuetina presso Agedabia (28 aprile), raggiunse El Sceleidima (20 maggio) unitamente al Raggruppamento esplorante corazzato, e quindi Ghemines (31 maggio). Ai primi di giugno il Battaglione fu schierato a caposaldo di Sidi Bregbiso (Quota 201) situato tra la Divisione Trento e la Divisione Brescia, ed ivi sub1 un violento attacco di carri armati appoggiati dall'artiglieria. Durante la controffensiva italo-tedesca e gli aspri combattimenti del 26-29 giugno 1942 mediante i quali fu conquistato il villaggio egiziano Marsa Matruck, campo trincerato nei pressi del confine libico, il Battaglione partecipò all'azione di rinforzo dei Reggimenti 61 ° e 62° della Divisione Trento.


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Fu la.battaglia per la quale le truppé dell'Asse, illuse di avere ormai la strada aperta per Alessandria d'Egitto, si impegnarono nella rischiosa avanzata fino ad El Alamein nel deserto egiziano. Gravi perdite subì il Battaglione a metà luglio quando nella zona di Bir el Matqua le forze nemiche, superato un caposaldo sulla sinistra, accerchiarono alcuni reparti di granatieri venendo poi arrestate dal caposaldo del III Battaglione del 61 ° Reggimento Fanteria con il quale era schierata l'altra parte del Battaglione Granatieri. I superstiti del Battaglione parteciparono quindi, con quelli del 61 ° e del 62° Fanteria, al sanguinoso attacco di fine agosto 1942. 3. - Nell'ottobre 1'8!! Armata, ora agh ordini del generale B.L. Montgomery, sferrò la sua terza offensiva. In questo momento il Battaglione Granatieri cli Sardegna si trovava suddiviso in tre parti: la 1!! Compagnia con il III Battaglione del 62° Reggimento Fanteria della Divisione Trento; la 2!! Compagnia nel caposaldo del II Battaglione del 40° Reggimento Fanteria della Divisione Bologna; la 3!! Compagnia ed il comando di battaglione presso il Comando della Divisione Trento. L'offensiva nemica fu sferrata a tarda sera, ore 21,30, del 23 ottobre 1942 e la resistenza dei granatieri ad una vera e propria valanga di fuoco durò fino al 3 novembre, quando il nemico conquistò El Alamein proseguendo l'avanzata fino a Tripoli, che occupò il 23 gennaio 1943 (4). L'Armata corazzata italo-tedesca fu costretta, correlativamente, a ritirarsi e l'Asse perdette da questo momento l'iniziativa delle operazioni nello scacchiere africano. L'8° Armata britannica rioccupò ancora una volta Tobruck e la superò. Quanto al Battaglione Granatieri -il cui comando, lasciato dal maggiore Gervasoni promosso tenente colonnello, avrebbe dovuto essere assunto dal maggiore Edoardo Promontorio che alcuni documenti dichiarano invece rimpatriato, e fu preso quindi dal maggiore carrista Buraggine delle truppe sahariane e quindi, caduto questi prigioniero degli inglesi, passò per breve tempo al capitano dei granatieri Ginocchietti e infine al capitano dei granatieri Attilio Viganò (28 agosto 1942) avendo subìto molte perdite, tra caduti e prigionieri, specialmente in (4) GABRIELE DE ROSA, Storia contemporanea: "i Granatieri di Sardegna del IV Battaglione anticano resistettero al linùte delle possibilità umane".

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Sidi Brigish e a Quota 18 di El Alamein ( 17 luglio 1942), dovette essere restaurato negli organici; e riordinato su tre Compagnie fu impiegato in tenace resistenza contro gli attacchi reiterati della 8~ Armata. Tra i s uoi caduti in questa fase il tenente Pietro Pallaclino. Ne] ripiegamento i reparti decimati del Battaglione raggiunsero Marsa Ma truck (5 novembre), Solum, Ain el Gazala (9 novembre), Barce, El Agheila ( 14 novembre), El Sultan (il giorno dopo), presentandosi ordinatamente a] generale Reggiani. Il Battaglione quindi, ricevuto un vibrante elogio del generale Gloria, fu pronto al nuovo impiego, raggiungendo il 29 novembre Buerat ed il 18 dicembre Uadi Zero Zem. Numerosi lungo le fasi della campagna nell'anno 1942 gli episodi individuali di valore: del caporalmaggiore Angelo Riccoboni che nel dicembre 1941 cadde sotto violento bombardamento aereo mentre incurante del pericolo si prodigava in un difficile movimento di ripiegamento (5); del eaporale Stefano Grandini del IV Battaglione coloniale che il 10 giugno 1942 restò gravemente ferito continuando tuttavia a manovrare il suo pezzo (6); del caporale Luigi Borgioli che il 18 giugno 1942 morì durante una azione volontaria di pattuglia infiltratasi nelle linee nemiche (7); del sergente Gino Moro dello stesso battaglione ant icarro; del capitano Mario Zingoni che appartenendo a l Comando Superiol'e FF.AA. Africa Settentrionale volontariamente guidò un'azione di ricognizione (8); mentre si distinsero tra gli altri il generale Alberto Mannerini del Comando del Corpo d'Armata di Manovra ed i1 colonnello Umberto Perna dello stesso Comando (9). "Truppe d'alta statura fisica, morale e storica", avrebbe definito i Granatieri un autorevole testimone di quelle azioni (10). 4. - Ma intanto 1'8 novembre 1942 gli Alleati erano sbarcati in Algeria e in Marocco e si erano avviati a raggiungere, nel febbraio 1943, i margini della Tunisia.

(5) Medaglia d'argento alla memoria. (6) Medaglia d'argento al valor militare. (7) Medaglia d'argento alla memoria. (8) Medaglia d'argento al valor mili Lare. Al sergente Moro è stata conferita la croce di guerra al va lor mili tare. (9) Al generale Mannerini ed al colonnello Perna sono state conferite medaglie d'argento a l valor militare. (10) PAOLO CACCIA DOMTNIONI, El Alamein, Milano, Longanesi, 1963, pag. 251.


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Il IV Battaglione Granatierj, riordinati ancora una volta gli organici, passò a costituire il II Battaglione del 66° Reggimento Fanteria, Reggimento che a sua volta fu ricostituito, nell'ambito della divisione Trieste, altresì con i resti di questa Di visione (I Battaglione) e con i resti della Divisione paracadutisti Folgore (III Battaglione). Il Battaglione Granatieri assunse così la denominazione di Battaglione II I 66 ( 11); ed il 15 dicembre 1942 entrò a far parte d'esso la 284~ Compagnia paracadutisti comandata dal tenente Gianpaolo , che vi rimase fino a1l'8 aprile 1943 dopo i combattimenti dell'Uadi Akarit. L'inquadramento del Battaglione Granatieri in un Reggimento di Fanteria di linea fece sorgere la questione dell'autonomia del reparto e degli alamari. Di fronte alla minacciata conclusione di perdere autonomia ed alamari i componenti del battaglione, i cui ufficiali erano tutti di complemento meno uno , rinunziarono all'autonomia ma non cedettero gli alamari. Per ottenere ciò si rivolsero direttamente a SuperLibia" (12). Si legge nell'Ordine n. 03/17319/C.M. prot. segr. datato 30 novembre 1942 de] Governo Generale della Libia, Comando Superiore FF.AA. Libia: "Oggetto: ordinamento della Divisione Trieste, Battaglione II/66 - Mentre tutti i fanti prenderanno le mostrine della Divisione, saranno lasciati , per ragioni morali e di tradizione, ai granatieri e ai paracadutisti i. segni distintivi delle specialità di appartenenza. Nella detta formazione il Battaglione restò schierato dapprima nella zona del PorceJlino sulla pista Bungem-Gioda, poi nella zona di Kussabat (dal 6 al 19 gennaio 1943), poi abbandonata per evitare l'accerchiamento, infine, dal 26 gennaio al 25 marzo 1943, sulla linea del Mareth unitamente agli altri reparti della Divisione Trieste. Mareth è presso il confine con la Tripolitania un villaggio sull'omonimo fiume; e la battaglia che durò dal 16 al 25 marzo ebbe il suo culmine il 21, la 1!! Armata al comando del generale Giovanni Messe (13 ) (11) Perduto l'armamento cont1·ocarro il Battaglione GranaUeri II/66 ebbe un armamento misto composto da pezzi da 47/32, fucili Soluthurn, mitragliatrici Breda 37 e mitragliatrici Breda 30. 1 resti delle alti-e Divisioni scompa1·se ad El Alamein costituirono il Battaglione 65°. (12) Così il generale Domenico Pipola in una ricostruzione delle vicende del battaglione-des unta dal diario del capitano Viganò e del sottotenente Tolazzi, dei ricordi dei quali, nonché del sottotenente Scorsoni, qui ci si avva le in particolare. ( 13) Il generale Giovanni Messe già comandante del Corpo di spedizione in Russia (cfr. Cap. seg. ) assunse il comando della l " Armala in Africa nel gennaio 1943. Dopo la battaglia di Akarit fu fa tto prigioniero dagli anglo-americani, venendo contemporaneamente nominato maresciallo d'Italia.

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contro la 8 9 Armata britannica al comando del generale Montgomery. Fu questa ad attaccare e gli italiani contrattaccarono vigorosamente, fino a quando il pericolo di aggiramento sulla destra, verso Hel Hamma, li costrinse a ripiegare sulla retl"ostante linea dell 'Akarit. Nella notte del 26 marzo il Battaglione si schierò sull'Uadi Akarit. Menti·e una colonna nemica puntava su Sfax per aggirare detto schieramento difensivo, il 6 aprile gli inglesi sferrarono un violento attacco sulla destra , quindi proseguirono l'attacco sulla sinistra aggirando la difesa ed incapsulando il Battaglione Folgore e la 1!! Compagnia Granatieri, per riprendere subito dopo l'attacco sulla destra. Fu in tale fase del combattimento che si distinse particolarmente, in una coraggiosa azione di contrattacco in località Chidame El Hachana, il giorno 6 aprile, il capitano dei granatieri Antonio Ricci del Reggimento San Marco (14). Nel detto combattimento dell'Uadi Akarit il Battaglione perdette, oltre alla P Compagnia come si è visto, anche la 3!! Compagnia, mentre la 2::i Compagnia ripiegò su Enfidaville. I resti della 284!! Compagnia paracadutisti già aggregata al Battaglione )asciarono a loro volta quelli che erano ormai soltanto i brandelli di quest'ultimo e rientrarono tra i paracadutisti. Ridotto ormai ad una ottantina di uomini con sei ufficiali il Battaglione Granatieri di Sardegna, riordinatosi in una Compagnia, stette con i superstiti della Folgore di rinforzo al caposaldo di Takruna tenuto dal 66° Reggimento Fanteria (19 aprile) , subendo un violento attacco dei neozelandesi che occuparono il caposaldo la sera del 20. Al contrattacco mosse proprio la Compagnia Granatieri al comando del sottotenente Delfo Diletti, comandanti di plotone i sottotenenti Baroncelli, Tolazzi e Scarsoni, comandante della squadra mitraglieri il sergente Svanini: e fu una azione condotta dapprima su terreno com pletamente scoperto e poi mediante un assalto all'arma bianca e con le bombe a mano (i granatieri ne avevano soltanto dieci ognuno) della rocca sul lato destro, azione che meravigliò lo stesso nemico. Ferito gravemente all'addome il sottotenente Diletti, assunse il comando il sottotenente Baroncelli. E sopraggiunto il rinforzo della Folgore il colle fu riconq uistato; per essere tuttavia riperduto il 21. Il capitano Politi arrivato con i detti rinforzi inviò alle 19,30 di detto giorno un rapporto al superiore comando riferendo che si trovavano ormai senza

{14 ) Medagli a d'argento al valor militare.


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munizioni, che iJ nemico dall'alto della moschea aveva intimato la resa, che i granatieri e i paracadutisti "si battono ancora con 1e uJtime energie rimaste". Nella notte il manipolo dei superstiti, tra i quali i sottotenenti Baronce1li e Tolazzi, rientrò nelle nostr~ linee (15). Nel rapporto n. 2212/0P del 24 apriJe 1943 inviato dal generale Taddeo OrJando comandante del XX Corpo d'Armata è rilevato che nell a battaglia del 19-21 aprile "hanno tutti assolto in modo sublime i1 com pito loro affidato". Le perdite dei combattenti a Takruna nelle dette battaglie furono : - degli italiani: morti due ufficiali, un sottufficiale, nove soldati; feriti sei ufficiali, sette sottufficiali, quarantuno soldati; dispersi ventisette ufficiali, settantuno sottufficiali, seicentoventuno soldati; - dei tedeschi: feriti quattro soldati, dispersi tre sottufficiali e settanta tre soldati. E fu proprio in questa battaglia veramente epica che il Battaglione Granatieri ridotto ad un pugno di uomini "scrisse la sua estrema e alta pagina di gloria" (16). La sera stessa Radio Londra diede notizia della battaglia: disse che gli italiani avevano mandato a Takruna i loro "soldati migliori". L'azione dei granatieri fu menzionata nel Bollettino n. 1094 del 24 aprile 1943 del Comando Supremo. Il comandante del XX Corpo d'Armata generale Taddeo Orlando inviando il 28 aprile 1943 un dispaccio al colonnello Ettore Pettinau e per conoscenza al comandante della Divisione Trieste, scrisse, facendo riferimento ai "monconi dell'epico Battaglione Granatieri" e al Battaglione Paracadutisti: "è mio desiderio ricostruire al più presto i due battaglioni perché con essi abbia tangibile continuità la trisecolare tradizione di valore e gloria dei granatieri di Sardegna e quella nuova, ma non meno fulgida dei folgorini". La battaglia di Enfidaville aveva avuto dunque due fasi: quella della seconda metà di a prile 1943 quando 1'81! Armata britannica attaccò l o schieramento della 1,i Armata italiana e fu respinta; e quella che, iniziatasi iJ 9 maggio, vide la 51! Armata tedesca subito dispersa dalla Armata di Montgomery e l'Armata italiana, rimasta sola e in parte scoperta, resistere valorosamente fino a l 12. (15) Ai sott.otenenti Diletti, Baroncelli e Tolazzi è stata conferita la medaglia d'argento al valer militare. (16) RENATO CASTAGNOLI, Op. cit., pag. 54.

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L' 11 maggio 1943 il generale Von Arnim firmò la resa dei tedeschi; due giorni dopo, il 13, la resa italiana, avvenuta formalmente nella penisola di Capo Bon. Il generale Alexander nel suo rapporto sulla campagna di 'l'unisia avrebbe poi rilevato che "gli italiani combattevano particolarmente bene superando i tedeschi che erano in linea con loro"; e lo stesso feldmaresciallo Rommel aveva giudicato il rendimento del soldato italiano "superiore alla media" definendo "straordinario" il valore da esso dimostrato. Ebbe a scrivere molti anni dopo il figlio di Rommel: "A voi italiani interesserà soprattutto i1 giudizio di mio padre sw vostri soldati e sui generali:' nessun soldato al mondo con un così cattivo armamento come quello che le truppe italiane avevano a loro disposizione sul posto, avrebbe potuto fare cose così grandi'. 5. - I superstiti di quello che era stato i1 IV Battaglione C.C.A. Granatieri di Sardegna erano ormai soltanto cinque ufficiali e quindici granatieri. Furono accolti presso il Comando del XX Corpo d'Armata nella zona di Bir el Bleil ed impiegati come istruttori del XV Carristi trasformato nel Reggimento 1/66° Fanteria. Durante la campagna in Africa Settentrionale hanno operato con il IV Battaglione Granatieri di Sardegna, oltre ai comandanti succedutisi (Gervasoni, Buraggine, Ginocchietti, Viganò) i seguenti ufficiali : tenenti Bolis, Giovanni Magnani, Morani, Ennio Pacillo, Pietro Palladino, Carlo Rossi; sottotenenti Antonelli, Aprile, Luciano Baroncelli, Bastianetto, Antonio Bavaresco, Berlincioni, Caioli, Cardini, Cecere, Corico, D'Antona, Vincenzo De Feo, Dell'Asta, Gabriele De Rosa, Delfo Diletti, Cesare Feliciangeli, Franchi, Luigi Forte, Riccardo Graffeo, Gubbini, Marchi, Marinoni, Mataloni, Pacillo, Petrucci, Vittorio P iglia, Gaetano Pittella, Ricciardi, Riva, Romagnoli, Fulvio Romano, Vincenzo Rossini, Antonio Scorsoni, Valentino Tolazzi, Tosoni, Urbani, vmata; sottotenenti medici Mariani, Schiboni, Giovanni TonareUi; sottotenente automobilista Leo; oltre ai tenenti cappellani don Borghi, don Maccariello e don Ventura. Durante il combattimento sono caduti i tenenti Palladino (25 ottobre 1942), Graffeo (13 dicembre 1942) e Pacillo, i sottotenenti Feliciangeli (23 ottobre 1942), Romano e Tosoni e il tenente medico Tonarelli.


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Molti i sottufficiali, graduati e granatieri cad uti in combattimento. Molti di essi sono stati tumulati nel Sacrario di Quota 33 (17). Molti i caduti rimasti irreperibili (18). Numerosissimi i prigionieri. Tra i decorati, oltre quelli già ricordati, il sottotenente Gaetano Pittella, il caporale Anton io Trezza, il granatiere Giovanni Ricchio (medaglie di bronzo), i l caporalmaggiore Nemezio Bertuccini (19). 6. - Si è già ricordata la Compagnia volontari universitari del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna i cui componenti furono poi in parte inviati sul fronte greco dove già si trovava il Reggimento e per altra parte, inizia lmente di ottantasette elementi che ne avevano fatto espressa domanda, sul fronte marmarico (20). Questi ultimi, imbarcati sulla nave "Neptunia" raggiunsero Tripoli nell'agosto 1941 e sfilarono per le vie della città (21) per essere poi

assunti in forza dai Reggimenti 27° e 28° (comandante colonnello Emidio Froncillo) della Divisione Pavia (generale Carlo Scarascia), nonché dal 61 ° Reggimento della Divisione Trento (generale De Stefanis) e da altri reparti, e combatterono a Tobruck, En Gazala, El Agheila, El Alamcin, impegnandosi fino alla ritirata sul fronte marmarico dèl novembre 1941 (22) . 7. - Nel giugno 1942 fu costituito un raggruppamento di battaglioni granatieri da sbarco che assunse la denominazione "Raggruppamento Speciale Granatieri di Sardegna". Il raggruppamento fu dislocato nell'Isola d'Elba. Formato inizialmente di due battaglioni, nel novembre 1942 il Raggruppamento, al comando del colonnello Trojsi, prese parte alla occupazione della Corsica, presidiando Bastia ed Ajaccio.

(17) Sono slliti tumulati nel Sacrario della Quota 33 i seguenti granatieri del IV Battaglione (tra parentesi la data di morte di ciascuno): Pietro Bianchi (1° ottob1·e 1942), Olivo Capucci ( 11 luglio 1942), Lemo Ciampi (24 ottobre 1942), Tullio Corsi (2 ottobre 1942), Pietro Gerlini (24 ottobre 1942), Luigi La Maida (24 ottobre 1942), FTancesco Palladino (25 ottobre 1942), Giordano Pozzol i (3 l maggio 1943), lvanoe Pulga ( J 3 ottobre 1942), Andrea Rondine!Li (30 ottobre 1942), Lido Stefanelli (22 ottobre 1942), Giuseppe Vagnoni ( 14 ottobre 1942, data non accertata). Tumulati nel detto Sacrario sono stati anche gli altri seguenti granatie1·i: Luigi Bernardi del 2° Reggimento (3 febbraio 1942), Alberto Burroni del 3° Reggimento (17 novembre 1942), Michele Campanella di reparto non precisato (9 dicembre 1940), Filippo Di Benedetto della 21" Compagnia (2 maggio 1944). ( 18) Tra gli irreperibili dell'Africa Settentrionale i seguenti granatieri del IV Battaglione (tra parentesi la data della scomparsa): Paolo Barbonch ielli (4 novembre 1942), Cesare Feliciangeli (23 ottobre 1942), Adelino Gennari (Il luglio 1942), Giovanni Leogrande (17 agosto 1942), Giuseppe Mor (24 agosto 1942), Cosimo Spagnolo (24 ottobre 1942). Ed inoltre, di reparti non precisati: Giovanni Abbiatello (3 gennaio 1941) e Biagio Biondi CJ 6 marzo 194 l ). (19) Anche in Africa molti ufficiali dei granatieri hanno combattuto inquadrati in altre Unità. Ai nominati (paragrafo 7 del presente capitolo) del Reggimento San Marco possono aggiungersi: il maggiore Pasquale Arena decorato a Cheren, il capitano Agostino Ceccato dell'll O Reggimento Granatieri di Savoia medaglia d'argento, il colonnello Corso Corsi comandante del detto 11 ° .Reggimento medaglia d'argento, il capitano Sergio Fallettj del 27° Fanteria, il sottotenente. Aldo Giardina del IV Baltaglione coloniale Toselli, il paracadutista Gernrdo Lustrissimi del 186° della Folgore medaglia d'oro al valor militare, il colonnello Alberto Vinaj del 40° Fanteria Bologna prigioniero in india, il capitano Alessandro Cancani Montani del 115° Fante1·ia cadL1to in Egitto nel 1941, eccetera. (20) Retro, cap. XXIX n. 5. (21) Il "Popolo d'Italia" del 23 agosto 1941 pubblicò la loro fotografia con il titolo "Volontari universitari in Libia: contingenti di goliardi alle armi sfilano per le vie di Tripoli dopo lo sbarco".

Il giornale "Tradotta Libica" del 24 settembre 1941 ne diede notizia con un articolo intitolato "Sono anivati gli studenti". (22) Fra i caduti, il primo di loro Giorgio Ferrati, Sergio Angeli o i caduto su Quota 89, Inchiostri Lucio caduto il 20 novembre 194 l , Bandini Vieri caduto prigioniero il 15 dicembre 1941, Nardi Marsilio cadulo nel dicembre 1941. Puccinelli Gino deceduto in prigionia, Casali Aldo caduto a Tobruck il 1941, De Stefano Alfredo caduto in Agedabia, e molti altri. De Stefano aveva composto una poesia che tra l'altro diceva: "perdona o dolce primave1·a noi miseri mortai vogliam la rosa, la rosa senza le sue spine". Anche qui non è possibile nominare tutti i volontari universitari combattenti in Africa. Valga ricordarne alcuni nomi: Arca Gerolamo, Baccaglini Federico, Basich Massimo, Baso Leonardo. Botelli Mario, Bujas Antonio, Biguardi Giorgio, Bianchi Massimo, Bianchi Mario, Cassano Ezio, Coppola Eugenio di Canzano, Doriguzzo Plinio, Fighera Carmelo, GhesLer Sariorius. Faleg Giovanni, Filippo11i Ronconi Pio, Lagostena Vitaliano, Mancuso Giovanni, Narducci AlberLo, Meschini Mario, Perini Aldo <medaglia d'argento), Perucca Orgei Vittorio, Olivetti Giuliano. Papo Luigi. Pini Pino, Pennisi Lella Enrico. Pukli Antonio. Puccinelli Giovanni, Pastorello Pasquale, Perosini Perosino, Rinaldi Rinaldo, Ruffa Paolo, Scarascia Mugnozza Carlo, Scebba Giacomo, Tatò Antonio, Trapani Luigi, SilleLti Mimmo, Baccaglioni Fede1·ico, Ferrucci, Mazzotti , Bellone, Giannetti Aldo, Mattei, Maretti, Poli, Fuseiii , Piglia Vittorio, Terenghi Giovanni, Cecconi Roberto, Dese rti Luigi, ecc.. Della Compagnia Volontari Universitari del 3° Reggimento GranaLieri di Sardegna ebbe poi a scrivere Giulio AndreoUi. all'epoca di tale suo rilievo ministro della difesa, "la più decorata del l'esercito italiano". Data l'autorevolezza e la posizione del suddetto e la delicatezza della materia, è da supporre che il suo giudizio sia derivato da un preciso e attento esame comparativo di tutte le compagnie impegnate sui fronti di guerra.


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Gli venne poi aggiunto un terzo battaglione che peraltro giunse a destinazione decimato a causa delle gravi perdite subite nel siluramento - ad opera del sottomarino francese "Casablanca" agli ordini del comancJante Picot- del piroscafo "Francesco Crispi" che il 18 aprile 1943 lo trasportava in Corsica dall'Italia . Il piroscafo faceva parte di un convoglio che comprendeva, oltre ad un'altra nave da trasporto misto, la "Rossini", il cacciatorpediniere "G. La Masa", una nave ausiliaria di scorta armata e una nave ospedale, ed aveva la protezione altresì di un idrovolante da ricognizione . Sulla "Rossini" erano imbarcati seicento uomini tra i quali molti granatieri del 2° Reggimento; sulla "Francesco Crispi" milletrecento uomini imbarcatisi a Livorno, dei quali - oltre ai 130 uomini di equipaggio, a 434 soldati di artiglieria dei Corpi d'Armata di Modena e di Firenze, a 98 miiiti della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale di Firenze e di Imola ed a 104 militari isolati - 178 granatieri clel 1 ° Reggi menLo, e 356 granaLierl del 3 ° Reggimento.

La nave trasportava altresì dodici cannoni da 149/35 prolungato, ventiquattro cannoni controcarro da 47/32, altro armamento e munizioni, medicinali e vi veri. Colpita <lai siluri, la nave calò a picco rapidamente. Molti degli uomini caduti in mare perirono tra indicibili sofferenze. I primi soccorsi furono prestati dalla nave ausiliaria, da alcuni pescherecci, dalla motolancia del signor Grimaldi di Bastia accorso prontamente sul posto. Le salme dei molti granatieri. (l'ufficiale Moretti, Areti di Grosseto, Orogbetti di Ferrara, Rossi di Roccalbegna, ecc.) vennero raccolte sulle coste liguri (Chiavari, Sestri Levante, Lavagna, Recco): una tragedia svoltasi sotto gli occhi della restante truppa imbarcata sull'altrn nave "Rossini". Nel maggio 1943 il Raggruppamento Speciale, ad eccezione del I Battaglione che restò ad Ajaccio, venne spostato nella zona meridionale dell'Isola, particol armente aspra . Avvenuto l'armistizio il Raggruppamento si trovò a dover affrontare i tedeschi, ma seppe farlo con decisione e con vigore, unitamente agli altri comandi e reparti italiani presenti nell'Isola. Il 15 settembre conquistò una munita base tedesca a Quenza. Il 17 combatté vigorosamente a difesa ùel quadrivio di Zonza, <love il sotto tenente Alberto Tomassini fermò col fuoco delle proprie armi una colonna germanica, continuando a difendersi con le bombe a mano dopo l'inceppamento della mitragliatrice fino a quando restò colpito al volto

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da un colpo di mitragliera, morendo un'ora dopo senza aver abbandonato il proprio posto (23). Il raggruppamento si distinse infine nella difesa di Zevie e da ultimo nella occupazione di Portovecchio. Il Raggruppamento fu poi trasferito in Sardegna nell'ottobre dello stesso anno. Rientrato infine in territorio metropolitano in San Giorgio del Sannio (Benevento), vide i suoi granatieri trasferiti nei reparti di Fanteria Pionieri, specialmente nella 308~ Compagnia Pionieri, reparti che si schierarono a fianco degli Alleati dopo l'armistizio (24). 8. - In Africa banno operato anche due dei Battaglioni San Marco della marina da sbarco: in particolare il battaglione Grado in Tunisia oltre che in Corsica, in Sardegna e nelle Isole Dalmate; ed il Battaglione Tobruck. Un altro, il Battaglione Bafile, ha operato in Grecia e poi in parte in Francia, a Tolone e a Marsiglia (25). Basi di partenza di questi battaglioni erano Pola, Trieste, Livorno,

Bari e Cagliari; ed in essi erano inquadrati molti ufficiali dei granatieri, l:23) Medaglia d'argento alla memoria. (24) Uno degli ufficiali del Raggrnppamento in Corsica è stato il giornalista e poe-

ta Francesco Boneschi del quale, in occasione della morte avvenuta nel 1989, il giornale "il Gi-anatiere" nel n. 3 di detto anno ha pubblicato una poesia incentrata sui r icordi di allora: ''i miei vent'anni avevano gli alamari. Li lio festeggiati in Corsica piangendo su una roccia di fronte al mare, granatiere del primo reggimento[...] Salute a voi, compagni della memoria, giganti ùuoni di quei giorni di fuoco e di avventura. J)el vostro ricordo, del nostro sacrificio, resta un'isola verde sempre accesa negli occl1i e nel cuore". (25) Si legge in Le bandiere di combattime11to delle nostre naui da guerra pubblicalo nel 1935 dallo Stato Maggiore della Marina, Ufficio Storico, che "ritornata tra le sue mura incontaminate, dopo la terribile tormenta, la popolazione di Venezia chiese unanime, con un sol cuore, c:be il }{eggimcnto Marina , per aver grandemente ed eroicamenle contribuito alla difesa della nobile città, fosse insignito del nome di San Marco". Nacque così, il 17 marzo 1919, il Reggimento San Marco su qualtro battaglioni ai quali furono dati i nomi di Bafile, Grado, Caorle e Golametto. 11 Reggimento fu poi l'idoUo a un Battaglione su quattro Compagnie, poi portato nel 1920 a qua Uro Gruppi; e il 2 giugno 1922 si riebbe la costituzione del Ilatlagli0t1e, che partecipò nel 1925 alla campagna in Cina, nel 1935-1936 alla campagna etiopica, nel 1938 ebbe un reparto distaccalo a Tangeri, nel 1939 una sua uni là impegnata nelle operazioni in Albania.


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che indossavano sugli alamari il segno distintivo del Leone di San Marco in r icamo dorato. Si è già ricordato i1 capitano Antonio Ricci distintosi a Chidame El Hachana, il quale poi ricevette un encomio solenne in Francia nel 1943. Ed appartenne al Battaglione Bafile i] tenente Alfonso Casati decorato di medaglia d'oro alla memoria per iJ fatto d'armi di Belvedere Ostrense-Corinaldo nel luglio-agosto 1944 durante la guerra di liberazione. Furono ufficiali dei granatieri in forza ai reparti San Marco il °:aggiore _C onti~i capo dell'ufficio operazioni e comandante di un reggimento, tl capitano D'Accinni, gl i ufficiali di vario grado Bartolini Brun~l l.i, Cardoni, Fago, Fornari, Fusco, Giammarioli, Izzo, Mordiani'. Mustm1, Nardone, Nicastro, Norisani, Orgera, Pampalone, Ferrone Capano, Polimeni, Prandi, QuartaroJi, ed altri. Sempre in A.S. il col. Giacomo Sechi e il magg. Fulvio Balisti entrambi provenienti dai Granatieri, furono preposti rispettivamente al comando di un reggimento e di un battaglione "Giovani Fascisti" che si batterono con grande valore soprattutto a Bir El Gobi nel 1941 ed in Tunisia nella battaglia di Enfidaville nell'aprile del 1943. Con il s_eco_ndo conflitto mondiale è stato ricostituito .il Reggimento, dapprima su due Battaglioni (Grado e Bafile) e quindi su quattro (con i nuovi due Battaglioni Caorle e TobruckJ, oltre a tre Compagnie Milmart.. Il Reggimento tuttavia non è mai comparso sul fro~t~ come l!nità organica cli impiego anfibio, bensì ha operalo sempre con i suoi reparti d~staccat1 a. seguito delle I.ruppe terrestri, con compiti particolal'i. Una sua Compagma ve~ne distaccata presso Betasom (la base dei nostri sommergibili aLlantici) a ~ordea~x. Di essa fecero parte anche i tenenti dei granatieri Livio Valentini e Agostino Bas1ch. Sull'impiego dei Battaglioni San Marco nella guerra 1940-43 esiste un'interessante pubblicazione dell'Amm. Luigi Fulvi al titolo "Sollo le insegne del Leone Alato", Ed. Albertell i, 1990. Dopo 1'8 settembr~ 1943 il Re_?gitnento, ricostituitosi inizialmente su due Battaglioni (Bafùe e Grado) e mt~gralo a fme 1944 da un terzo Battaglione (Caorle), ha partecipato a fianco d~gli Alleati anglo-americani alla campagna in Italia, da Cassino a Venezia entrando m questa ciUà tra i primi il 30 aprile 1946. ' Attualmente è stato ricostituito, il 1° gennaio 1965, il solo Battaglione San Marco.

CAPITOLO XV

I GRANATIERI CON L'ARMATA ITALIANA IN RUSSIA

1. - Quando nel gennaio 1934 era stato stipulato il patto di non aggressione tedesco-polacco, dopo di che la Germania nazista aveva subito iniziato la sua politica revisionista ed aggressiva la quale proprio nella Polonia avrebbe poi trovato il suo primo bersaglio, l'URSS aveva da parte sua intrapreso una poLltica di attenta salvaguardia dello status quo accostandosi alle democrazie occidentali e stringendo a sua volta una serie di patti di non aggressione. Dopo Monaco e la conseguente crisi cecoslovacca, frantumandosi ormai il sistema della sicurezza collettiva e manifestando ormai in pieno la Germania il proprio dinamismo espansivo, l'URSS aveva rafforzato i rapporti con le dette democrazie occidentali ed optato decisamente per una politica di equilibrio fondata sulla coesistenza della sua ideologia comunista con i regimi capitalistici. Dopo i negoziati con la Francia e l'Inghilterra effettuati in questo contesto, URSS tuttavia il 23 agosto 1939 Cece la "scelta", come negli ambienti politici europei venne definita, del patto tedesco-sovietico che sanciva la spartizione della Polonia e la divisione dell'Europa orientale in due sfere di influenza. La tragedia polacca, l'annessione degli Stati baltici, la guerra del 1940 - 1941 con la Finlandia caratterizzarono la politica di espansione sovietica, accanto a quella analoga nazista in quell'epoca, anche se la politica sovietica scaturiva per gran parte dalla preoccupazione dell'URSS di coprirsi il piu possibile nei confronti del Drang nach Osten tedesco in atto. Eventi tuttavia che ovviamente posero tutta l'Europa e particolarmente l'Inghilterra e la Francia in grave apprensione, e con esse anche gli Stati Uniti d'America. La seconda guerra mondiale vide peraltro ben presto la Russia sovietica passare dalla parte delle Potenze Alleate contro la Germania nazista.


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Hitler informò Mussolini il 22 giugno 1941 dell'inizio delle ostilità contro Mosca. Ma già prima che ciò formalmente avvenisse Mussolini aveva manifestato il proposito che alla campagna di Russia partecipasse anche l'Italia; e già il 30 maggio, quando ufficialmente i rapporti tra URSS e Germania erano ancora amichevoli e la Germania pertanto non aveva ancora scatenato ]'"Operazione Barbarossa", il duce aveva ~etto al g~nerale Cavallero, che lo aveva annotato nel proprio diario: ~on possiamo essere estranei a questo conflitto, pel'ché si tratterebbe d1 l?tta contro il ~omunismo. Pertanto è necessario predisporre ]a costituzione, tra Lubiana e Zagabria, di una Divisione motorizzata cd una Divi~ione corazzata più la Divisione Granatieri di Sardegna". E i~fatti l'Italia - che dopo la breve fase della non belligeranza si era affiancata al Reich con l'intento di sedere poi al tavolo della pace accanto alla Germania che riteneva sarebbe stata in breve la vincitrice -_neJ _lu~lio 1941 ~Ilo scadere dell'anno dalla sua entrata in guerra inviò d1 rinforzo ::di ese1·c.ito tedesco un "Corpo di spedizione italiano in Russia" (C.S.I.R.), come fu ufficialmente chiamato. Tale Corpo non ebbe peraltro la composizione delineata l'anno avanti da Mussolini. A formare il C.S.I.R. furono destinate due Divisioni autotrasportate, la Pasubio e la Torino, Ja Divisione celere Principe Amedeo d'Aosta, un Gruppo di osservazione aerea ed uno da caccia: comple~sivamente 58.000 uomini di truppa, 2.900 ufficiali, 5.500 automezzi, 4.600 quadrupedi, 51 apparecchi da caccia, 22 da ricognizione, 1 O apparecchi "581" da trasporto. 11 s_uo co°:ando fu affidato al generale Francesco Zingales, ma essendosi questi ammalato a Vienna durante il trasferimenLo fu inviato a sostituirlo il generale Giovanni Messe: e questi tenne il co~ando Cino n quan~o, l'ann_o dopo, per dissensi insorti tra lui e lo stato maggiore germantco, fu nmpatriato per essere successivamente destinato come si è gia visto, ad assumere if comando di una Armata in Africa.' In Russia allora, nel 1942, in sostituzione del C.S.I.R fu mandata !"'Armata italiana in Russia" (ARM.l.R.), agli ordini del generale Italo Gariboldi. . ~l C.S.I.R. fece parte, unitamente alla 3·• Armata rumena (generale D1m1trescu) della 1v Armata co razzata tedesca (generale von Kleist), pre~dend~ parte aJla occupazione del bacino del Donez, alla occupazione d1 Stalmo ed a quella di altre importanti località. P1·oprio il C.SJ.R. nel Natale del 1941 respinse un violento attacco sovietico.

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Nel maggio-giugno 1942 i tedeschi respinsero a loro volta una forte offensiva sovietica e procedettero verso il Don, il grande fiume della Russia meridionale. Quivi ai primi di luglio si iniziò la battaglia che portò il Gruppo di Armate meridionali germaniche a raggiungere la sponda occidentale del Don e quindi ad attestarsi anche sulla destra del grande fiume (27 luglio). ln tale schieramento tedesco andò nell'agosto 1942 ad inserirsi 1'8" Armata italiana, l'ARM.I.R., comandata dal generale Gariboldi, che il 20 dello stesso mese sostenne il violento urto di una offensiva sovietica; e fu nel contesLo di tali fatti che il 24 agosto si ebbe lo splendido episodio della carica de) Savoia Cavalleria al comando del colonnello Bettoni in Tsbuscenskj, vero e proprio canto del cigno della cavalleria ippomontata. 2. - Fu appunto nelle operazioni del bacino del Donez e poi dell'agosto sul Don che con le altre truppe italiane fu impjegata nei combattimenti, giunta in Russia nel luglio avanti, la 121!!. Conipagnia Cannoni da 47 / 32 Controcarro Granatieri di Sardegna. Costituita il 2 marzo 1941 presso i] I Reggimento Granatieri in Roma (Cecchignola) cd avviata nell'aprile in Slovenia, in Siska alla periferia di Ljubljana agli ordini del capitano Ripoli, fu quindi, nel giugno, trasferita in Russia di rinforzo al 53° Reggimento Fanteria (colonnello Sullini) nella Divisione Sforzesca. Al momento di tale destinazione al comando della Compagnia fu posto il capitano Cesare Carnovali e l'organico della unità fu di sei ufficiali (oltre al capitano, il tenente Goggia e i sottotenenti Albani, Chioccarello, D'Arpino e Fontana), di dieci sottufficiali e di duecentocinque tra graduati e grnnRtieri. Ordinata in plotone comando (tenente Goggia) e quattro plotoni cannoni con due pezzi ciascuno, la Compagnia ebbe in dotazione altresì settantasei quadrupedi e dieci autocarri L/39. Dopo aver partecipato nel luglio, muovendo da Now Gorlowca, alla conquista in Ucraina di Krasnij Lutsch, nell'agosto partecipò, dopo il ripiegamento, alla grande battaglia di Jagodnij nella quale l'esercit0 russo impiegò tre Divisioni (la 197!!, la 203!! e la 141 ) , combattimento che nella difesa del detto caposaldo obbligò i cannonieri del reparto a tramutarsi in fucilieri e a respingere tre assalb scatenati dal nemico. Fu durante questi assalti che attorno al 26 agosto si ebbero tra i granatieri sei caduti e ventiquattro ferit i dei quali sei in modo grave,


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e tra costoro il capitano Carnovali e il sottotenente Fontana. Per detti fatti d'armi furono decorati di medaglia d'argento i] s ottotenente Giuseppe Fontana, il caporale Crescenzo Annese e il granatiere Giuseppe Canale; e di croce di guerra il capitano Cesare CarnovaH, il sottotenente Giuseppe Albani, i granatieri Enrico Bedotti, Aldo Colecchia, Davide Rubeca e Osvaldo Tononi. La Compagnia, al cui comando era stato posto ora il capitano Vitale Agrillo, partecipò quindi, dal dicembre 1942 al gennaio 1943, alla ritirata dal Don al Donez. Nei durissimi combattime nti e particolarmente in quell i di Werch Tschirskij, restarono feriti tra gli altri il capitano Agrillo, poi deceduto in prigionia e al quale è stata conferita la medaglia d'argento, e il sergente Silvano Taccon, medaglia di bronzo, mentre sul Tichaja scomparve il sottotenente Albani. Molti granatieri furono fatti prigionieri, e dei duecentoquarantadue uomini che in quel momento componevano il reparto s i contarono soltanto trentasei superstiti, anche se un conto esatto non potette essere fatto, date le particolari circQstanze belliche e ambientali. Durante la marcia del "dawai" un soldato russo di scorta, attirato dagli alamari argentati de l pastrano del sottotenente Fia, spoghò l'ufficiale dell'indumento costringendolo a prosegufre senza esso nel freddo intenso, e l'ufficiale ammalatosi morì poco dopo in prigionia. I caduti e i dispersi in combattimento e i deceduti per ferite in prigionia furono sei ufficiali ( oltre ai detti Agrillo, Albani e Fia i sottotenenti Americo Chioccarello, Enzo Favilli e Domenico Manfucci), cinque sottufficiali (i se rgenti Colombini, Costa, Jannone, Leonardi e Nebuloni), diciotto graduati e centododici granatieri. Nel marzo 1943 alcuni superstiti della Compagnia, il caporale maggiore Bruno Berini (1) e altri ventidue tra graduati e granatieri, furono incorporati nel XXXII Battaglioni Controcarri Granatieri di Sardegna operante anch'esso in Russia. 3. - Il XXXII Battaglione Controcarri Granatieri di Sardegna operò sul Don con le Divisioni Cosseria e Ravenna specialmente per la

( 1) Brnno Ber in i ha pubblicato poi un puntuale resoconto intitolalo La 12 J~ Com. pagnia Ca1p1oni da 47 /82 Granatieri di Sardegna, per il quale ha dettato la prefazione il generale Renzo Moauro.

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difesa neU'agosto 1942 del Caposaldo 220 tenuto dalla Divisione Ravenna e per respingere nel susseguente settembre il secondo attacco russo . Nel dicembre, nei giorni dal!' 11 al 16, si sviluppò la grande offensiva russa e il detto caposaldo fu più volte perduto e riconquistato; ed in tutta la vicenda il battaglione dovette ancora una volta impegnarsi a fondo. Cadde in questa azione, nell'Ansa di Werch Mamon il 16 dicembre, il tenente Marsil io Rossi che, rimasto isolato e ferito, continuò adirigere in piedi il tiro dei suoi cannoni (2); cadde il 19 dicembre il tenente Antonino Carella contrattaccando valorosamente alla testa dei suoi uomini; cadde il caporal maggiore Alessandro Rognoni colpito a morte da mitrag1iatrice mentre cercava di portare in salvo il comandante del plotone, ferito (3). Il sergente Fernando Rubimarga restò gravemente ferito dopo essersi adoperato a mantenere il proprio posto fino a completo esaurimento delle munizioni (4). E i.I sottotenente Gianfranco Chiti, comandante di un plotone cannoni da 47/32, alla testa di un gruppo di suoi soldati attaccò e mise in fuga con bombe a mano le truppe avversarie (5). Nel dlfficilissimo ripiegamento nel crudo inverno russo e sotto la pressione nemica il caporale Benvenuto Vesco, rimasto isolato con un pezzo e pochi uomini, riusd ad arrestare cinque carri armati russi e ad aprirsi il passo tra i nemici (6). Il sottotenente Vito Giannuzzi del IC Battaglione Mortai da 81 partecipò più volte, volontariamente, a rischiose azioni di pattuglia. Trovatosi in località arretrata , per quattro giorni e quattro notti contenne con pochi uomini l'avanzata irrompente del nemico . Restò ferito

12) Proposto per la medaglia d'oro è stata conferila la medaglia d'argento al valor mi· lit.are. (3) Sia a Carella che a Rognoni è stata conferita la medaglia d'argento alla memoria. <4) Gli è stata conferita la medaglia d'argento al valor militare. (5J Gli è stata conferita la medaglia di bronzo. Ufficiale in s.p.e. è entrato poi nel l'Ordine francescano dei cappuccin i (retro , nota 2 del Cap. X). lo stesso nel quale è enLrato anche un alLro combattente in Russia, Laudo Maria Fiumi del XXXII Battaglione Controcarro. Nel 1990 è sta Lo nominato Cappellano dell'Associazione Nazionale Granatieri (retro, Cap. XXIV. n. 4). (6) Medaglia d'argento al valor militare.


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nel tentativo audace di impossessarsi di un arma, rimanendo al suo posto fino al sopravvenire di una emorragia (7). Due plotoni di granatieri si difesero a Tuly per due giorni, insieme ai mitraglieri ed ai soldati del Genio. Infine, i superstiti ripiegarono verso Woroscilograd e su Dniepropetrosk, raggiungendola dopo una marcia di 300 km nel terribile inverno russo, con temperature di 40° sotto zero. Ed un'altra odissea, come quella in Balcania, come quella in Africa, si chiudeva con dolore e con onore (8).

(7) Promozione per merito di guerra, per precedente azione; e quindi conferimento di medaglia d'argento al valor militare. Passato nella riserva, il colonnello Giannuzzi si è attivamente dedicato, con passione, al Museo Storico dei Granatieri. (8) Anche in Russia hanno opeÌ'ato ufficiali di altri reparti, provenienti dai granatieri, come aù esempio il tenente Giuseppe Ioli della Divisione Sforzesca il sottotenente Pradis Pedaggi dell'80° Fanteria ed il tenente Alberto Rossi del IV Battaglione Guastatori, tutti decorati di medaglia d'oro al valor militare.

CAPITOLO XVI

I GRANATIERI NELLA DIFESA DI ROMA

1. - Caduto il regime fascista (25 luglio 1943), il Re Vittorio Emanuele III aveva affidato il Governo al maresciallo Pietro Badoglio, e il Governo aveva dichiarato che la guerra continuava. Ma era ormai guerra perduta, gli Alleati erano già sbarcati in Sicilia, e così il 3 settembre del detto anno in Cassibile, cittadina della provincia di Siracusa a pochi chilometri dalla costa ionica della Sicilia, il generale Giuseppe Castellano per l'Italia e il generale W. Bedell Smith per gli Alleati, conclusero un armistizio che sanciva la resa incondizionata dell'Italia e che per contenere le sole condizioni militari fu detto "armistizio breve" . Ma fu un armistizio che mal condotto nelle sue trattative, ancora in modo peggiore venne poi reso definitivo e fu attuato. L'annuncio venne diramato dalle stazioni deU'EIAR, l'ente radiofonico, la sera dell'8 settembre alle 19,45; e fu con tale annuncio che, non preventivamente avvertite, lo appresero le varie Unità militari dislocate su tutti gli scacchieri di guerra e sui vari .fronti (in totale, quarantanove Divisioni, oltre a reparti vari). Un annuncio per di più formulato in modo così ambiguo da rendere legittimo ogni dubbio se contenesse o meno una volontà di resistenza ad un'eventuale, e prevediLile, 1·eazione tedesca. Non è facile trovare nella storia militare di tutti i tempi e di Lutti i popoli un esempio analogo di esercito in guerra che riceve l'ordine di operazione attraverso una comunicazione pubbJica, di contenuto prevalentemente politico, non preceduta da alcuna indicazione operativa; e quel che è peggio, istruzioni inutilmente furono richieste, appreso l'annuncio, da tutte le Divisioni dislocate sia in territorio nazionale che in Francia, in Jugoslavia, in Grecia, in Albania. Né istruzioni in proposito, o qualsiasi indicazione, potettero avere deJ resto le Divisioni dislocate nella zona di Roma, perché nella stessa Ro-


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ma il Re, il Governo e tutte le Autorità responsabili sia del settore politico che del militare avevano ormai preso la strada del Sud (1). E quindi fu il caos. Che comportò per l'Esercito italiano il più grande disorientamento, con i comportamenti più diversi e le conseguenze sempre gravi da Unità ad Unità a seconda delle interpretazioni date dai Comandi, delle condizioni ambientali e dell'atteggiamento dei tedeschi. I quali tedeschi, dopo un primo impulso di abbandonare il campo ritirandosi dalla Penisola, visto che l'antico alleato aveva ormai spezzato l'Asse (2), al constatare il disordine e il disorientamento che (1) Esisteva fin dall'agosto la Memoria OP 44 con le disposizioni per il caso cli un eventuale attacco da parte dei Ledeschi, completata successivamente dalla Memoria 45 dello stato maggiore: né l' una né l'altra tuttavia pervenute ai comandi delJe varie Unità. Un Promemoria n. 1 diramato il 6 settembre restò anch'esso ignorato. Fu del resto soltanto i.I successivo Promemoria n. 2 ad accennare ad un "possibile armistizio" ordinando in modo del tutto generico ai comandi del Gruppo d'Armate Est e dell'll 9 Armata di riunire le truppe in prossimità dei posti di rimpatrio: ma neppure questi Promemoria pervennero a destinazione. Anche il Radiogramma n. 24202 che ordinava comunque di "non prendere iniziative di atti ostili contro i tedeschi" arrivò Lardivamente e cioé quando le iniziative le avevano già prese i tedeschi. Fu soltanto allora, ma si era già tra 1'8 e il 9 settembre, che il generale Mario Roatta dispose che ad atti di forza si dovesse rispondere con atti di forza. Quindi, alle ore cinque ed un quarto del giorno 9 settembre lasciò Roma affidando il comando delle truppe della Capitale al generale Giacomo Carboni capo del S.I.M. (Servizio informazioni militari) e del Corpo corazzato. Ma il Generale Carboni a sua volta si allontanò da Roma con un'auto avente Larga diplomatica vestito in borghese e solamente nel pomeriggio del 9 riapparve momentaneamente a Tivoli. All'alba del 9 settembre intanto anche il Re Vittorio Emanuele III era partilo così essendo slato deciso nel corso di una riunione svoltasi nel Ministero della Guerra dal Consiglio della Corona, riunione a lla quale avevano partecipalo, oltre probabilmenLe ·al principe Umberto, il capo del governo maresciallo Pietro Badoglio, il ministro della guerra generale Sorice, il capo di stato maggiore generale Vittorio Ambrosia, il capo di stato maggiore dell'esercito generale Mario Roatta, l'aiutante di campo del Re generale Puntoni. Alle agitate riunio ni di quei giorni presero parte anche altri componenti del governo, ammiraglio De Courten e generale Sandalli rispeitivamente ministri della marina e dell'aeronautica, il minisLrn degli esteri generale Raffaele Guariglia, il minisLro della Real Casa duca Luca Acquarone e inoltre il generale Carboni capo del S.l.M., il vice capo di stato maggiore generale De Stefanis ed il maggiore Marchese a iuLante del generale Ambrosio. Lo stato maggiore delJ'eserciLo venne dichiarato sciolto dal generale Utili; e la difesa di Roma restò pertanto completamente acefala. (2) Il maresciallo Kesseding, che era a capo del "Comando tedesco del Sud" in Frascati e disponeva di nove Divisioni, già in previsione del fatto che gli italiani deponessero le armi e si arrendessern e che gli anglo-americani sbarcassero su qualche punto

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si erano impadroniti del Paese (3) cambiarono programma. . E fu, dopo l'ora del nostro caos, l'ora della loro rapp1·esagha: P?rtata avanti con la congenita determinazione ed asprezza dell'esercito nazista, ma alimentata inoltre da un odio sprezzante e vendicativo. Non è questa la sede per l'analisi critica di quel grave m_o~_ento storico e del comportamento di coloro che, avendo la responsab1hta degli alti comandi, abbandonarono il campo pe_r _ignavi~? com_un~ue non seppero essere all'altezza dei gradi conseguiti e degli mcanchi ~s.sunti, per cui popolo ed esercito italiano divennero l'agnello sacnf1cale sull'ara della pavidità e della incompetenza (4). Nei limiti dì questa indagine basti rilevare che in que~1'8 sette~bre mentre il 3° Reggimento Granatieri di Sardegna che s1 trova~a rn Alb ania e in Grecia finiva nei campi. di prigionia di Germania e d1 Polonia dopo aver obbedito agli ordini dati dal Comando della Pi_a~za'. evidentemente troppo immediatamente acquiescente alle prescnz1om 1

della costa laziale aveva predisposto il ripiegamento al nord sulla linea gotica in allestiruenio lungo la dorsale appenninica, affidando alla 3° Divisione corazzata e alla 2° Divisione paracadutisti il compito di proteggere la manovra; e la sera dell'8 settembre, già fuggito l'ambasciatore Rahn con parLe dei funzionari, aveva pr_o_vve~uLo_a far bruciare i documenLi d'archivio dell'ambasciata ed a far distruggere glt impianti della marina tedesca alla Giustiniana e le attrezzature del porto di Fiumicino. (3) Per ben dieci ore dopo l'annuncio dell'armistizio le Divisioni del Cor?o d'Armala motocorazzaLo in Roma "furono lasciate inerti in uno schieramento ormai sorpassato, quando ci si ricordò di loro fu per portarle '?a da ~om~ (dove già da ~lcune ore i GranaLieri combattevano eroicamente) e trasferirle a 'l'ivolt; e questo fu poi la causa e motivo di inliniti guai. E le due Divisioni costiere (la 221° e la 222~) ~ell? stesso. Corpo d'Armata rimasero anch'esse dimenticate e disseminate per decme d1 ch1lometn lun~? il mare in un dispositivo di difesa costiera che, per la mutata situazione, non aveva prn scopo" (così i.I generale Tabellini all'epoca comandante della Divisione Piave avrebbe scritto nel 1960). . . , , . .· . (41 Anche i Comandi militari della Capitale, non preavvert1t1 dell_ Arm1st1~10, lo appresero per raclio, rimanendo sorpresi _e incer:i; e _soltanto ~o.p~ c~e 1 tede_schi _av~vano aperto le ostilità il generale Carbom dtede J 01·dme alle D1v1s1om del Co, po d1 A1mata di applicare le disposizioni di allarme. Quindi le ge~arc~ie del Coma~do supremo e dello stato maggiore abbandonarono la città per seguu-e ti Sovrano e 11 _Gover~o a Brindisi e a Pescara. li capo di stato maggiore dell'esercito generale Roatta 1mpart.1 a~lora l'ordine alla Divisione Ariete, che già aveva avuto un primo contatto ~o~ la _3u Divisione corazzata tedesca in marcia verso Roma, di raggiungere la zona di Tivoh dove avrebbero dovuto poi afnuire anche le altre Divisioni. . . E così fu che venne inopinatamente sguarnita la difesa di Roma alla quale lu lasciata pressoché sola la Divisione Granatieri di Sardegna, che d 11:esto già da prima di mez7 zanotte s i slava scontrando con la 2QDivisione paracadut1st1 tedesca.


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del Comando tedesco; mentre il II Bat.t.aglione Complementi Granatieri che si trovava in Dalmazia finiva stretto tra i due odi dei tedeschi e degli jugoslavi; e soltanto il Raggruppamento Speciale Gran atieri che si trovava in Corsica riusciva invece, per la particolare situazione locale, a fronteggiare i tedeschi; la Divi sione Granatieri di Sardegna si trovava in quel momento in Roma, nella urgente necessità di stabilire il da farsi, e farlo. Se il Governo e il Comando Supremo dell'Esercito avessero saputo essere all'altezza della situazione, la difesa di Roma avrebbe dovuto essere il primo obiettivo di tutta l'operazione di simultaneo sganciamento dal Ledesco ex alleato e di armistizio con gli Alleati ex nemici, giacché la difesa di Roma avrebbe significato la difesa di tutLa Italia ed una indicazione sicura sia per le Unità italiane sui vari fronti e nei vari settori circa il comportamento da avere nei confronti dell'esercito tedesco, sia per questo esercito circa la convenienza di cercare la più immediata e rapida via di sga nciamento e di ritirata verso il Brennero. Del resto, 1'8 settembre 1943 i tedeschi non avevano in tutta Italia che dodici Divisioni - otto al nord al comando di Rommel e quattro al sud al comando di Kesselring - quante su per giù erano le Divisioni italiane presenti nella sola zona di Roma. La difesa di Rom a, invece, non fu ordinata da chi avrebbe dovuto ordinarla, non fu guidata da chi avrebbe dovuto guidarla né fu post.a in atto dalla maggior parte delle Divi sioni che pur dunque avevano nel particolare settore un grande vantaggio numerico Rui tedeschi. Più precisamente, nella zona di Roma i Ledeschi avevano in quel momento la 21.1 Divisione Paracadutisti tra Fiumicino e il Lido di Roma che premeva sulla zona della Magliaua e la 3" Divisione autocorazzata Panzer Grenadier con alcuni altri clementi sfusi nella zona di Bracciano-Tivoli, approssimativamente 45.000 uomini in lutto (5). Le forze italiane comprendevano invece: due Divisioni corazzate, l'Ariete (generale Raffaele Cadorna) e la Centauro (comprendente le (5) Alcuni dei maggiori responsabili .della critica situazione militare venuta a crearsi 1'8 settembre 194:{, divenuti successivamente memorialisti, sono stati portati a sopravvalutare la forza tedesca al momento presente in Italia e particolarmente a noma. Si è detto ad esempio che la 3~ Panzer Grenadier era dotata di seicento carri armali e sessanta ne avrebbe avuto il rinforzo del Gruppo Dusing. Ma tali stime indubbia men· te eccessive sono state smentite ad esempio dal generale tedesco Westphal ; e del res to le Divisioni gei·maniche che hanno combattuto a Salerno. quale quella del generale Vie· tinghoff della 101 Armata, non possedevano più di cento carri armati.

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Camicie Nere, generale Carlo Calvi di Be:g~l.o) nella zo~a nord-ov~st (la Centauro spostata verso Tivoli); una D1v1s1one motonzzata •. l~ ~a: ve (generale Ugo Tabellini) nella zona nord-nord-ovest; d~e D1v1~10m di Fanteria, la Granatieri di Sardegna (generale Gioac~h1,no Sohnas) nella zona sud e la Sassari (generale Barbieri) entro la c1t~a; una t~rza Divisione di Fanteria, la Piacenza (generale Ca~-1~ Rossi) nella zona Frascati-Genzano, complessivamente 55.000 uomm1 con duecento mezzi corazzati. . . . 1 A queste cinque Divisioni - l'ultjma delle qual.i nmasta_mca~su ata tra i paracadutisti di Student fu subito neutralizzala - ~1 aggmnge~ le altre due Divisioni di Fanteria Re (generale Tr~niel!o) e Lu~1 ~~;?oscana (generale Cappa) che si trovavano in marcia d~ trasfe~1mento l'una dalla Croazia via Ljubljana e l'altra dalla Fr~n~1~, ed eia. te ambedue nella zona di Roma; ed inoltre una D1v1s10ne, una no gmn c b. . . t tale Legione territoriale ed una Legione Allievi a.ra rn1en per u~ o di circa diecimila uomini, una Legione terriLoriale ed una L~g~one Allievi Guardie di Finanza, ingenti forze di polizia. tra le quah ~I Co~po della P.A.I. (polizia d'Africa bene addestrat~) ~d 11 Corpo Met1 opohtano oltre ad alcuni battaglioni di paracadutisti. . . . ' E se pure non tutte le suddette Divisioni erano nelle m1gt,1or~ condizioni di organico e di armamento (ma lo erano comunque 1 Anete ~ la Piave) e se pure le Divisioni motorizzate lamentavano mancanz~ d1 carburante (ma la Centauro ne aveva potuto f~re una buona ~rovv1st_a proprio il giorno avanti, il 7, finalmente autorizzata; e c_arbuiante .es1steva nel grande deposito di Mezzo Camino, se non lo si fosse l~sciato cadere in mano di un distaccamento volante tedesco ~a se:a dell ~ sen: za fare tentativo alcuno di recuperarlo), e se pure i van menz1onaL1 Corpi e Reparti minori e speciali ovviamente non avev~~o .le ~te.ss.e ca acità operative e strutture organico-tattiche del.le D1v1s1oni d1 hne~· resta incontrovertibile il fatto che il rappor_to d1 forze ern tal~ da far ~i tenere che probabilmente sarebbe bastato il ~ronto fermo .univoco intendimento di resistere ad ogni eventuale azione german.1ca per far desistere il supremo comandante tedesco Albert Kesselnng dal compierla. . d' Viceversa, l'intendimento univoco non c1 fu e la .mancanza 1 . · ·n senso verticale e di coordinamento in senso orizzontale proord in1 i . . " . " t' dere vocarono il più completo disordine. C1 s1 attegg10 m pm par .1 a ~e le armi anziché usarle, e perfino, in certe alte sfere, a spogliarsi d~ll_e uniformi e ad indossare gli abiti civili; e furono soltanto alcune D1v1-


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sioni e alcurn reparti minori a decidere subito di contrastare ogni prepotenza tedesca: la Division e Granatieri di Sardegna appunto e la Divisione Ariete in particolare con il suo Reggimento Lancieri di Montebello; nonché un Battaglione di carabinieri, uno di bersaglieri, uno di f~nti della Divisione Sassari (la Divisione che si preoccupò soprattutto d1 mantenere l'ordine in città), alcuni reparti di guastatori, i dragoni del Genova Cavalleria e i carristi del 4° Reggimento. E furono tutti questi, e soltanto (a parte i civili volontari) che combatterono: a cominciare dalle ventidue deU'8 fino alle 16,30 del 10 settembre, quando fu diramato l'ordine di cessare il combattimento. Per c~i perfino q~est'.u.ltimo, ed il valore in esso speso e il sangue versato, diventarono mut1h. Fu soltanto fatto salvo, per virtù di quei combattenti, l'onore. 2. - I primi colpi di artigli eria si ebbero verso le ore ventidue dell'8 settembre, sparati dai tedeschi dalle parti dell'Esposizione, dunque appena due ore dopo la diramazione dell'annuncio dell'armistizio ma già - si sarebbe saputo dopo - i paracadutisti della zii Divisione te~ desca schierata tra Pratica di Mare ed Ostia avevano ucciso due sentinelle italiane di un reparto costiero; e verso la mezzanotte una intercettazione telefonica rese edotti i generali italiani riuniti al Ministero della Guerra che i paracadutisti germanici stavano disarmando le truppe della Divisione Piacenza mentre la 3" Divisione corazzata di granatieri tedeschi marciava verso Roma. Contemporaneamente si venne a sapere che scontri con i tedeschi stavano verificandosi a Milano ed un pò dovunque, e che i tedeschi_ avendo diramato la parola d'ordine "Asse" che sianificava l'ordine di agire "contro i traditori italiani" - andavano ormai prendendo l'iniziativa nei vari settori, Kesselring nell'Italia del sud, Rommel nell'Italia del nord, ~~ndstel ~erso la/rancia. Ma il capo di stato maggiore generale Ut1h, comumcando siamo attaccati da tutte le parti" inutilmente chiese l'applicazione della "Memoria OP 44", il generale 'Ambrosio cap? di stato maggiore generale non lo consentì, si dicè dopo essersi recato ~n una st~nza accanto per consultarsi con "qualcuno", probabilmente iJ maresciallo Badoglio. I tedeschi mossero all'attacco in forze cle1la Capitale da nord con la 3!! Di visione Granatieri Goering e da sud con la 2" Divisione Paracadutisti, e si scontrarono in particolare rispettivamente sulla via di B:a~~iano con la Divisione Ariete e nella zona della Magliana con la D1v1s1one Granatieri di Sardegna, che in quel momento unitamente al-

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la Divisione Piave proteggeva Roma in uno schieramento ad anello. Reduce dalla Balcani a la Divisione Granatieri di Sardegna non era nelle migliori condiziorn di organico e di armamento. "La mia Divisione è nuda e scalza - disse il generale Solinas al generale Carloni responsabile della Piazza - ma i miei grnnatieri faranno il loro dovere". Come fu, infatti. La Divisione si trovava schierata nel settore meridionale di Roma su un fronte a semicerchio a cavallo del Tevere: un fronte lungo ventotto chilometri, distinto in due settori (rispettivamente al comando del generale Adolfo De Rienzi quello ovest e del colonnello Ferdinando Carignani quello est) e sistemato a caposaldi campali. La Divisione , al comando come s'è detto del generale Solinas, comprendeva: . _ - il 1° Reggimento Granatieri al comando del colonnello Mano D1 Pierro su tre battaglioni comandati rispettivamente dal tenente colonnello Italo Bargone, dal maggiore Fernando Costa e dal tenente colonnello F elice D'Ambrosio; il 2° Reggimento Granatieri al comando del colonnello Ferdinando Carignani su tre battaglioni comandati rispettivamente dai maggiori Ongera e Pensabene e dal capitano Lombardo; il 13° Reggimento Artiglieria divisionale; il XXI Battaglione Mortai da 81 al comando del tenente colonnello Ammassari; la 221!.! Compagnia Cannoni da 47/32; il Genio divisionale. I caposald.i del fronte erano tredici; e vi si aggiungevano quattordici posti di blocco interni e di sbarramento delle principali rotabili (6). Il 1 ° Reggimento Granatieri s'era avuto affidati i primi sette caposaldi: i. piimi quattro al I Battaglione sulla riva destra del Tevere, gli altri tre al III Battaglione, mentre il II Battaglione era stato posto di

(6) La ricostruzione della dislocazione dei caposaldi è stata effettuata nel quarantennale della battaglia l)er la difesa di Roma dal generale Solinas con l'ausilio di alcuni granatieri quali il maggiore Orefice e Bergomi, Casara, Dondero, Ghirarduzzi. TI ~enerale Solinas proveniva dai bersaglieri e si veda poi per esso infra il Cap. X.XXVI. E deceduto in Roma nel 1987. In 1·ealtà la definizione di "caposaldi" a dette sistemazioni difensive è da ritenersi non rispondente all'effeLtiva consistenza delle stesse, approntate piuttosto frettolosamente e, fatto un paio di eccezioni, non appoggiate ad alcun~ oper~ di fortificazione permanente o, quanto meno, campale né protetta da affidab1h campi minati.


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riserva divisionale nel Settore Ovest nella zona tra Abbazia Tre Fontane e Forte Ostiense. La dislocazione dei sette caposaldi fu la seguente: - caposaldo n. 1: via Boccea-Casalotto· ' - caposaldo n. 2: via Aurelia; - caposaldo n. 3: Strada della Pisana, Ponte ]a Torretta, Via Portuense; - caposaldo n. 4: Magliana Vecchia, Via della Magliana km 7; - caposaldo n. 5: Ponte della Magliana, Monte della Creta, EUR ~comandato dal capitano Domenico Meoli e comprendente anche 11 comando del Battaglione e della 61' Batteria artiglieria); caposaldo n. 6: Quadrivio Acqua Acetosa, Laurentina, Cava di pozzolana (comandato dal capitano Pandolfo e comprendente il comando del III Battaglione e del Gruppo Artiglieria); - caposaldo n. 7: Quadrivio di Torre Chiesaccia, Cascinali Magrì (comandato dal capitano Favettini). ~ 2° Reggimento Granatieri erano stati affidati gli altri sei caposald1, tre al II Battaglione e tre al I Battaglione, mentre il III Battaglione (capitano Lombardo) era stato destinato alla difesa interna di Roma e a presidiare i quattordici posti di blocco e di sbarramento con il proprio comando situato al bivio tra la Via Appia Antica e la Vi~ Ardeatina. La dislocazione dei sei caposaldi fu la seguente: - caposa_ldo :1'· 8: Via Ardeatina km 8 (comandato dal capitano Bran~u~elh e comprendente una Sezione 65/17, un plotone mitraghen e un plotone mortai da 81); . caposaldo n. 9: Bivio Appia Nuova-Appia Pignatelli (comandato dal maggiore Pensabene e comprendente una Batteria da 100/17, una Batteria da 75/27 di artiglieria, tre Sezioni mitragliere da 20 mm, un plotone mortai da 81); - caposaldo n. 10: .<comandato dal capitano Spalletti e comprendente una Batteria da 100/17 ed una Sezione cannoni da 65/17); - caposaldo n. 11: alle Due Toni sulla via Casilina (comandato dal maggi~re_ O~gera e comprendente, oltre al comando del IV Gruppo Artighena, una Batteria da 100/17, un plotone mitraglieri, un ))~o~one mortai da 81, la 37!! Batteria da 76/40 della Legione Cam1c1e Nere ed una Compagnia motorizzata da assalto); - caposalc!,o n. 12: Tor Tre Teste sulla Via Prenestina (coman'dato dal capitano Costa e comprendente un plotone mortai da 81 e le Batterie 303!! e 304!! e.a. da 88 mm);

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- caposaldo n. 13: (comandato dal tenente Pericoli e comprendente due plotoni cannoni da 47/32, un plotone mitraglieri, la Batteria 1311!! da 88/56 della 18!! Legione M.A.C.A.). 3. - I caposaldi, ampiamente intervallati, furono attaccati tutti dai tedeschi ed ognuno di essi divenne pertanto centro di combattimenti ravvicinati e di corpo a corpo, specialmente violenti quelli della zona estrema meridionale tra la Via Ostiense e le Capannelle e quelli sulla Via Laurentina. . Molto aspra fu la lotta soprattutto attorno ai caposaldi n. 5 e n. 6. Il caposaldo n. 5, caduto in parte in mano del nemico, potette essere riconquistato dai granatieri con il valido concorso dei Lancieri di Montebello. Intanto la Divisione Paracadutisti germanica premeva strenuamente nel settore di destra ]ungo la Via Ostiense ma ogni attacco fu dai granatieri fermamente rintuzzato, sì. che la Divisione tedesca si vide sbarrato jJ passo fino al pomeriggio del giorno 9. Verso le ore sedici di tal giorno "i paracadutisti germanici facevano sostare dinnanzi al caposaldo n. 6 in corrispondenza della Via Laurentina una colonna di oltre cinquecento militari italiani prigionieri, disarmati; un ufficiale gei·manico intimava la resa del caposaldo, rivelando che in caso di mancata accettazione della resa avrebbe fatto passare per le armi i prigionieri italiani. Ma la minaccia non sortiva l'effetto desiderato, in quanto il valoroso comandante del caposaldo, tenente colonnello D'Ambrosio, rispondeva che 'i granatieri di Sardegna non conoscono la parola resa' ed i germanici si ritiravano" (7 ). Lo stesso caposaldo n. 6 nello stesso pomeriggio vide cadere tra i primi in un furioso corpo a corpo il capitano Vincenzo Pandolfo, alla cui memoria è stata poi concessa la medaglia d'oro. E medaglie d'oro alla memoria sono state concesse anche al tenente in congedo invalido di guerra reduce di Grecia Raffaele Persichetti che volontariamente, in abiti civili, rientrò nei ranghi immolandosi in Porta San Paolo (una via è stata intitolata in Roma al suo nome); ed al sottotenente Luigi Perna, figlio del colonnello Umberto, che catturato dai tedeschi riuscl a sfuggir loro e poi al comando di un plotone si battette contro essi in retroguardia cadendo sulla Montagnola di San Paolo. (7) GIOACCHINO SOLINAS, I Granatieri di Sardegna nella difesa di Roma.


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La Montagnola e Porta San Paolo, Porta San Giovanni e Porta Ostiense, il Ponte della Magliana e l'Acquacetosa, la Via Laurentina e 1a Via Ostiense, il Forte Ostiense e l'Esposizione Universale furono i tanti altri teatri di eroid comportamenti individuali: del colonnello Giuseppe Ammassari che preso in ostaggio dai tedeschi ed utilizzato come scudo per avanzare ve1·so un ponte diede ordine egli stesso ai suoi granatieri di far fuoco non preoccupandosi di poterlo colpire ed i granatieri obbedirono pur riuscendo fortunosamente a fare in modo che l'ufficiale potesse salvarsi; del sottotenente principe Alessandro Odescalchi che da solo e allo scoperto si spinse all'imbocco della Via Appia a lanciare una bomba a mano contro una camionetta tedesca che avanzava correndo e sparando all'impazzata (8); del capitano Sigmund Fago Golfarelli che con un gruppo di granatieri resistette sotto i fornici di Porta San Giovanni; del tenente Argo Pasquizzi che resistette a sua volta sulle posizioni più avanzate lasciandovi un braccio; del tenente di complemento in congedo Enrico Brunelli padre di un granatiere in armi che si presentò spontaneamente in Porta San P aolo, raccolse l'arma di un caduto e si pose a combattere a fianco dei giovani commilitoni restando ferito; del granatiere Montedoro che si lanciò ancora in un furibondo corpo a corpo benché già ferito; del granatiere Cocci caduto a fianco del suo ufficiale tenente Perna; del maggiore Felice D'Ambrosia lanciatosi alla testa del suo battaglione; del tenente Paolo de Cesaris avanzante alla testa del suo plotone reclute; del sottotenente Gino Nicoli deceduto per aver trascinato su un campo minato un carro tedesco; del granatiere Mario Santini fatto prigioniero e sfuggito ai tedeschi con audace colpo di mano pur rimanendo ferito; del tenente Gaddo Soldi; del sottotenente Guido Spadini rimasto amputato di una gamba e semiparalizzato nell'altra durante il bombardamento nemico contro Forte Ostiense (soltanto il giorno dopo potette raggiungere l'ospedale militare del Celio trasportatovi con un carrettino a mano dal granatiere Jemoli e da un altro commilitone); del granatiere Serafino Zanaletti colpito a morte in volontaria rischiosa missione; dei centoventotto uomini tra ufficiali e soldati che resistettero strenuamente fino a1 pomeriggio del 10 settembre in Porta (8) Due giorni dopo dal comando germanico fu disposto che il principe Odescalchi fosse posto in libertà ma il giovane ufficiale 1;fiuiò di avvalersi del privilegio accordato al suo rango e restò a condividere la sorte dei compagni d'anni.

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San Giovanni ai tedeschi avanzanti ormai in forze dall'Appia ~~ov~. E tra i primi caduti il comandante di una Batteria del 13° Artiglieria della Divisione Granatieri di Sardegna, figlio del colonnello ~or~nzo Villoresi che era stato comandante del 2° Reggimento Granatieri durante la prima guerra mondiale (9). . Poi, quando già si pensava di attestare l'e~trema n~s~st,enz~ sulla linea del Colosseo e del Palazzo dell'Africa Itahana, arnvo l ord~ne ~el "cessate il fuoco". E "noi sull'ultima disperata linea della nostra mutile difesa contammo gli ultimi nostri morti in combattimento. Avrebbe poi scritto un alto ufficiale tedesco, il col_on?ell~ Dolma~: "C'era una situazione gravissima, funzionavano benissimo 1 Granatieri di Sardegna, la vecchia truppa d'élite ha combattuto molto fortemente contro cli noi. Era un momento molto critico, lo stesso ~esselring per un giorno era preoccupato, poi, però, non c'erano altn Generali e la situazione per gli italiani precipitò". . . , Le bandiere dei due Reggimenti furono decorate: d1 medagll_a d ~rgento quella del 1°, di medaglia di bronzo quella del 2~, ~on mot.~vaz10ni pressoché analoghe nelle quali si riferisce come si_ sia reagito con decisione al proditorio e violento attacco tedesco res1stendo per ~ue giorni a difesa di Roma contro la s~hiacci_an~e superiorità d~l nemico, pagando "a caro prezzo il volontario sacnfic10; sempre degni delle secolari tradizioni di gloria dei Granatieri". (9) Assume particolare rilievo di fronte a questo evento_de~la m~rte i~ comba_tti: mento del maggiore Villoresi la lettera che suo padre aveva inv1:to a1 suoi g~~nai1en nel momento del loro congedo al termine della guerr3: 1915-1918; Ramn_ie~te1 a1 _s~_ess.o questi anni che hai trascorso al Tuo Reggimento, mio valoroso Granatie1e, e T~ uc~1derai dei momenti tristi e lieti, terribili e radiosi, che nell~ ~uerr_a affrat~llano 1 capi e · , · ·n un'unica grande famiglia. Penserai con un bnv1do d1 esaltazione ali.a vecI g1egan, I . · · h . f d·i chia Bandiera per la quale Ti sei battuto in tanti combatt1menl1, c e avies 1 1 es_o a coslo della vit~. ed allora Ti parrà bello parlarne al figlioletto, che atte~to ascol_tera I~ Tue parole e i racconti della guerra. Compi con a~ore q~esta opera d1 educazio~e d1 Tuo figlio, ai più alti sentimenti patriottici verso il Reggunenio e verso la Bandiera, sotto la quale ha combattuto suo Padre. . . . Essa è così umana e così sana che farà di Tuo figlio, cui devi dedic~re ~g01 cura d1 _ed"'.cazione, un buon cittadino, un buon italiano, un buon soldato. E I It~lia ha seropie b~sogno che i suoi figli siano dei buoni soldati, perché quando Essa ch1am~ attorno a ~e, i petti dei giovani che non tremano ma ardono in una grande_ fiamm_a d1 ~mor palno, costituiscono un baluardo che non si muove. L'Italia, o Granat1~re, ~ in 1101:_~ nel cuore delle nostre donne eroiche e pazienti e la Patria non deve monre: g1aruma1! ·


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Ricompense individuali furono concesse ad ufficiali e granatieri (10). Nella difesa di Roma "le perdite più gravi furono quelle dei Granatieri e della Fanteria, specialmente della sfortunata Piacenza", avrebbe scritto Domenico Bartoli nella rievocazione di tutta quella tragica vicenda (11). 4. - Ancor quando l'attacco in forza della 2° Divisione Paracadu~1sti tedeschi nel settore della periferia di Roma dove era schierata la Divisione Granatieri di Sardegna era al suo culmine, nella mattina del 9 settembre, anziché disporre il concentramento di a ltre Divisioni in quel settore per dar sostegno ai Granatieri lo stato maggiore del Corpo d'Armata tramite il colonnello Salvi aveva impartito alla Divisione Piave che con la Granatieri chiudeva l'anello della difesa attorno alla Capitale ed alla Divisione Ariete che si trovava tra Bracciano e Campagnano l'ordine di trasferirsi nella zona di Tivoli dove già stava la Divisione Centauro e dove non stavano invece i tedeschi: un ordine, data la situazione del momento, tanto assurdo che i comandanti delle dll.e Divisioni credettero trattarsi di errore di trasmissione. Anzi, proprio in quel momento il caposaldo avanzato della Divisione Piave a Ponte Grillo veniva investito da paracadutisti tedeschi che erano stati lanciati su Monterotondo. "La Divisione Granatieri - avrebbe scritto poi il generale Tabellini comandante della Piave - rinforzata nel corso della notte dal Reggimento cavalleria Lancieri di Montebello e da un Gruppo di artiglieria

(10) Medaglie d'oro alla memoria del capitano Vincenzo Pandolfo, del tenente Raffaele Persichetti e del sottotenente Luigi Perna; medaglie d'argento alla memoria del sollolenente Gino Nicoli e del granatiere Serafino Zanaletti; medaglie d'argento al valor militare ai due colonnelli comandanti dei reggimenti Mario Di Pierro e Ferdinando Carignani ed inoltre al maggiore Felice D'Ambrosio, ai tenenti Brunern, De Cesaris e Soldi, al sottotenente Spadini, al granatiere Santini. Due stele, una a ricordo delle tre suddette medaglie d'oro e l'altra per le medaglie d'oro dei vari fronti, sono state apposte nel recinto del Museo Storico dei Granatiel'i di Sardegna in Roma. (11) DOME:NICO BARTOLJ, L'Italia si arrende, Edit. Nuova, Roma, 1983, pag. 142. Si è calcolato che nella difesa di Roma si siano avuti duecentosettantasette caduti, settecento feriti e centotrentanove dispersi nello spazio di poco più d1 un giorno e mezzo. Complessivamente i Caduti sarebbero stati, includendo in essi i dispersi, quattrocentosedici, dei quali ventotto ufficiali; e centocinquantasei i Caduti civili. In totale furono conferile le seguenti decorazioni: undici medaglie d'oro, venti medaglie d'argento, ventiquattro medaglie di bronzo, sei croci di guerra al valor militare.

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dell'Ariete e schierata fra il P onte della Magliana e la Cecchignola al comando del generale Solinas teneva testa ad un a:versa~o _supe~ore di mezzi e di forze"; e se in quel momento i tedeschi racch1us1 tra 11 Tevere a sinistra i Granatieri di fronte e con il mare alle spalle fossero stati presi di fianco dalla Divisione Piave, essi tedeschi "si sareb~ero trovati stretti in una morsa senza uscita e per di più in una situazione tattica insostenibile". Viceversa contro gli ordini impartiti non c'era stato nulla da fare; "e la bella Div\sione Piave- continua il generale Tabellini - già pronta a correre in aiuto dei Granatieri, verso le 13 si allontanava dalla Capitale abbandonando alla loro sorte gli eroici dif~ns_ori_di ~orna, ~ l~ngo il cammino udiva ancora i colpi delle loro ~r~1g~ene:, ripetuti e m~ si stenti come una voce, sempre più lontana, d1 nch1amo , restan.do poi inoperosa fino all'indomani, quando ormai,_sicuri de\,success~, 1 ted~~chi avevano attaccato con maggiore accanimento; e con pan accam~ento i Granatieri unitamente ai Bersaglieri, accorsi d'inizi~tiv~ _dal~ la loro casèrma di Trastevere, ai Lancieri di Montebello, a1 m1htan isolati venuti spontaneamente non si sa da dove ed ai vol?nta~i civili, difendevano ancora Porta San Paolo e respingevano le pnme rnfiltrazioni tedesche già penetrate in città" (12). . . 5. - Quando nel pomeriggio del 10 settembre 1943 f~ ordma_to 11 "cessate il fuoco" ed i tedeschi entrarono in Roma - a ~egu1to dcgh ~ccorcli che erano stati condotti da emissari del maresciallo Kesselrmg con i generali italiani Caviglia, Carlone, Calvi di Bergolo ed il _"patto" con essi firmato dal capo di S.M. di quest'ultimo, colonnello _Giaccone - essi tedeschi avrebbero dovuto limitarsi ad occupare le sedi della l~ro Ambasciata, dell'Eiar e della Teti (ossia, stazioni radio e telefoni~ che) e quindi procedere oltre, per le strade che portavano al, nor~. Essi invece occuparono immediatamente la città tutta e tutta 1 Itaha_centrosettentrionale dalla "linea gotica", come la si chiamò, alle Alpi. In Roma quindi l'Esercito si disciolse e con esso la Divisione Granatieri di S;rdegna\poco dopo Roma sarebbe stata dichiarata "Città aperta"). . . Nella caserma del 1 ° Reggimento in Via Lepanto s1 provvide a fornire di foglio di congedo illimitato i militari presenti o che man mano (12) UGO TABELLINI, Gli errori dell'ultima guerra: la ma11cata difesa di Roma. Colpa di uomini, no,i fatalità di euenti, in "Storia Illustrata". agosio 1960.


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si presentavano; e la stessa cosa si cercò di fare per gli appartenenti al 2° Reggimento nella Scuola Dante Alighieri in Piazza Dante dopo che la caserma in Piazza Santa Croce in Gerusalemme, già colpita dai bombardamenti aerei alleati qualche settimana prima, era rimasta occupata tra le prime dai tedeschi (13). Ma nella caserma era rimasta la bandiera, e pertanto occorreva salvaxla perché non cadesse in mano germanica. Si è già ricordato come quattro ufficiali del 3° Reggimento in quello stesso momento stessero adoperandosi, mentre erano condotti dalla Grecia nei campi di prigionia di Germania e di Polonia, perché la bandiera de] Reggimento non diventasse preda de] nemico. In Roma, nella caserma delle truppe al Deposito, perché questo non accadesse il comandante colonnello Umberto Perna aveva già tempestivamente provveduto a nasconderla, sotterrandola. Si adoperò quindi, nei giorru seguenti, eludendo la sorveglianza dei tedeschi che occupavano l'edificio, a recuperarla "con l'ausilio dei suoi fidati dipendenti" (14) e cioè il maresciallo maggiore Vincenzo di Carlo ed il sergente Omero Galetto (15). Il capitano Mario Ubotte da parte sua, dopo aver partecipato al recupero della bandiera, la "nascondeva e custodiva nella propria abitazione. In seguito all'avvenuto arresto di alcuni familiari, trasportava, con l'aiuto della madre, la freccia della bandiera in luogo più sicuro, sottraendola alle ricerche dell'autorità occupante" (16).

(13) I tedeschi trattennero inizialmente nella caserma del 2° Granatieri i miti tari che vi s i trovavano, affidandone il comando dapprima al maggiore Santucci e poi a l ~aggiore Borlenghi, il più anziano dei più alti in grado presenti; e si se1·virono come mterprete del tenente dei granatieri Hofman. Questo, quantomeno, è quello che io stesso potetti constatare recatomi la sera del 10 sul posto in cerca del Comando, prima di riparare nascostamente in Abruzzo per sfuggfre alle rappresaglie tedesche immedfatamente incominciate, e particolarmente accanite, ovviamente, nei confronti dei Granatieri. Nella sede del Comando del Deposito del 2° Reggimento Granatieri provvisoriamente insediatosi nella Scuola di Piazza Dante ebbi ad incontrare numerosi ufficiali, tra i quali il colonnello Perna, i tenenti colonnelli Angeletti e Zanzucchi (che rilasciò un foglio provvisorio di congedo), il maggiore di amministrazione Scardamaglia, il capitano Tavolacci, eccetera. (14) Così nella motivazione della medaglia di bronzo conferitagli. ( 15) Ad ambedue è stata concessa la croce di guerra al v.m .. <16) Così nella motivazione della croce di guerra al valor militare conferita al capitano Libotte.

CAPITOLO XVII

I GRANATIERI SUL FRONTE CLANDESTINO DELLA RESISTENZA E NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE

E fu, con l'occupazione di Roma, il tempo altresì dell'Italia spaccata in due parti dalla cosiddetta "linea gotica" l'una a nord in ma1. -

no alle forze germaniche, l'altra a sud nelle mani degli Alleati.

A sud, dove il Re si era rifugiato, il governo italiano si insediò a Brindisi per poi trasferirsi nel febbraio 1944 a Salerno; a nord, dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso ad opera dei tedeschi, venne costituita la Repubblica Sociale Italiana, il governo della quale si insediò in Salò, provincia di Brescia. Ma la separazione non fu soltanto territoriale, la contrapposizione non fu soltanto poHtica. Ancor prima e più di tutto ciò, furono gli stessi animi degli italiani a restar divisi, mentre da una parte il fascismo tentava di restaurare la perduta egemonia e dall'altra la monarchia tentava di recuperare il perduto prestigio, e gli eserciti stranieri intanto combattevano sul suolo italiano martoriato la loro guerra senza quartiere, fin troppo noncuranti, l'uno e l'altro, della nostra tragedia nazionale . Lo sconvolgimento di valori materiali e morali che da tutto questo a noi derivava non poteva non provocare il travaglio doloroso degli animi che vedevano travolti perfino gli ideali fino allora nutriti, le virtù fino allora esaltate; e non poteva non riverberarsi, così come in ogni collettività, in ogni gruppo, perfino a volte nello stesso nucleo familiare, anche e soprattutto sui militari, colti per di più nel loro momento più critico di reduci di una guerra perduta ed ora dallo stesso popolo odiata, di vittime di un armistizio tramutatosi in fuga e in sbandamento, mentre ]'esercito del quale erano stati tessuto connettivo si dissolveva.


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Il fatto stesso di essere ancora soldati, tuttavia, imponeva ]oro di stabilire la linea del proprio comportamento: che non significò però, nel gran numero di casi, una scelta libera, perché essa fu invece determinata o fortemente condizionata dal luogo nel quale si era rimasti sorpresi dagli eventi o dal luogo di residenza della famiglia, della quale magari non si avevano notizie e che si cercava a tutti i costi di raggiungere, di ritrovare. Quando la scelta potette o volle restare esclusivo privilegio personale e volle ispirarsi non già a calcoli di mero attendismo bensì a volontà di impegno e di partecipazione agli eventi che maturavano, nel riscatto morale e per la ricostruzione materiale del Paese, fatalmente intervennero i motivi d'ordine morale, le componenti della ragione e del sentimento quali ognuno sapeva e poteva sviluppare in sé, in relazione alla propria indole, alla propria educazione, alla propria cultura, alle tradizioni personali e familiari ed all'ambiente nel quale si era vissuti, al proprio senso de] dovere, al rispetto della propria dignità, alla fede nei destini della Patria. E non potevano non essere, naturalmente, scelte diversificate ed a volte opposte, se pure tutte - per come e quando vennero effettuate comprensibili e meritevoli di rispetto se effettuate in buona fede e in purità di intenti, anche perché costituirono, nel quadro delle mille incognite che sussistevano, scelte comportanti alti rischi personali, coinvolgenti a volte perfino la sorte dei familiari. A questo proposito non può essere trascurato il rilievo che per oltre venti ann i l'Italia era stata governata in un regime cui non pochi avevano dato la propria adesione e nell'ambito del quale lo stesso Esercito era stato ordinato ed aveva operato. E sarebbe oggi falsare la storia se, mentre si ricordano ed esaltano, giustamente, ]e motivazioni delle decorazioni al valor militare per i tanti atti individual i di ardimento compiuti dai granatieri su tutti i fronti di guerra, si volessero epurare invece quell e che pure raccontano del sottotenente Filippo Maini già croce di guerra già medaglia d'argento che guadagna la sua medaglia d'oro alla memoria morendo in Africa il 4 ottobre 1936 al grido di "Viva l'Italia, viva il Re, viva il Duce"; o del tenente Melchiorre Iannelli che la sua medaglia d'oro alla memoria se la guadagna cadendo eroicamente in Spagna il 20 marzo 1939 al canto di "Giovinezza"; o del capo-

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rale Orlando Carnevale che sul fronte albanese il 17 dicembre 1940 gravemente ferito resta con ammirevole sangue freddo a combattere, e quando s'avvia finalmente al posto di medicazione si dice lieto di aver fatto il proprio dovere, inneggia alla patria ed ai granatieri, e sa1uta romanamente (1). Motivi ideali, sentimentali, culturali, oltre a quelli materiali e contingenti determinati dalla sorte che molte volte più forte di noi ci aveva preso nel vortice del suo sregolato dipanarsi, in quei giorni nei quali per noi reduci delle battaglie perdute e forse inutili gli stessi intravisti orizzonti di gloria sembravano fasciarsi di insuperabili nebbie. 2. - Ed ecco allora che si annoverarono granatieri che al pari di tanti altri soldati si trovarono, o decisero di trovarsi, nell'esercito che al nord la Repubblica Sociale andava costituendo nell'intento di affiancarsi ai tedeschi contro gli Alleati: quella Repubblica Sociale, del resto, che nella stessa sua massima espressione militare, nel suo ministro della difesa nazionale, si avvaleva di un antico ufficiale dei granatieri e condottiero d'Africa, Rodolfo Graziani (2). Ivi fu creato, dopo 1'8 settembre 1943, un Battaglione Granatieri costituito da tre Compagnie denominate Roma, Milano e Mantova, unità che fu poi sciolta il 3 maggio 1945 (3). Furono soldati che si comportarono e combatteTono - e diciannove di essi caddero in combattimento - con valore ed onore (4). Altri e più numerosi granatieri vollero o dovettero impegnarsi in vece a fianco degli Alleati .

(]) Durante il ventennio fascista, anche a lcuni ufficiali dei gTanatieri in congedo hanno fatto parte dei "Moschettieri del Duce", le guardie del corpo di Mussolini con funzioni soprattutto di parata, dalla divisa nera con guanti alla moschettiera e pugnale d'argento. (2 ) Rodolfo Graziani, nato l'll agosto 1882, sottotenente di complemento nel 1904, fo nominato sottotenente in s.p.e. e destinato al 1° Reggimento Granatieri di Sardegna il 18 gennaio 1906. Dietro sua domanda nel 1908 fu destinato in Africa in forza al Battaglione Toritto. È decedi1to 1'11 gennaio 1955. (3) Per i granatieri nella Repubblica Sociale Italiana cf'r. Cap. seg.. (4) Non può rientrare, ovviamente, in queste valutazioni il caso a sé stante, doloroso quanto inqualilicabile, del tenente Pietro Koch che, forse anche a causa della sua origine tedesca, fondò nel 1944 un gruppo speciale di polizia in Milano, a via Paolo Uccello n. 19, la famigerata "banda Kocb'', e meritò la condanna a mol'te e la fucilazione.


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Ed anche da questa parte diverse furono tuttavia le scelte di fondo: perché ci furono quelli che affrontarono il rischio di attraversare le linee tedesche pur di "raggiungere l'Esercito di S .M. il Re nell'Italia meridionale", come si legge ad esempio nella motivazione della medaglia di bronzo concessa per questo motivo al maggiore Erembe1·to Morozzo della Rocca che guidò un nucleo di m ilitari attraverso il gruppo montano del Meta, un nucleo di cui fecero parte tra gli altri il capit ano Giuseppe Casa ed il sottotenente Francesco Baldovino anch e essi decorati, ed il maggiore Morozzo delJa Rocca s'ebbe poi affidato nei primi mesi del 1944 un battaglione di granatieri formatosi appunto nell'Italia meridionale; e ci furo no altresì tanti altri valorosi ufficiali anche essi decorati per il genuino valore ed amor patrio, che si impegnarono invece con altrettanto e magari maggior rischio dietro quelle linee tedesche nel fronte clandestino della "resistenza", come la medagl ia d'oro alla memoria capitano Giacomo Crollalanza, come la medaglia d'oro alla memoria capitano Aladino Govoni trucidato nelle Fosse Ardeatine (5), come le medaglie d'argento colonnello Ferdinando Carignani, capitani Arturo Mondovì e Paolo Luigi Guerra, tenente Aldo Arcangeli, come la medaglia di bronzo sottotenente Lelio Cau, come le croci di guerra al valor militare tenente Claudio Puddu e sottotenente Giammaria Giudici, mentre vennero compensati con la promozione per merito di guerra il capitano Libero Bianciardi già decorato, e con il trasferimento in s.p.e. il tenente Ercole Pizzoferrato; e ci furono poi tutti quelli, ufficiali e soldati, che vennero inquadrati a sud nei regolari reparti del Corpo Italiano di Liberazione. Si dirà tra poco di questi reparti che inquadrarono specificatamente i granatieri. Ma ufficiali dei granatieri si trovarono incorporati anche in altri reparti schierati sullo stesso fronte accanto agli Alleati, come ad esempio la medaglia d'oro alla memoria tenente Alfonso Casati del Battaglione "Bafi.le" del Reggimento "San Marco" facente parte del Corpo Italiano di Liberazione caduto a Corinaldo il 6 agosto 1944 (6), ed il (5) Il capitano Govoni, già comandante di Compagnia alla difesa di Roma, fu cat· turato ed ucciso dai tedeschi nelle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, dopo essere stato torturato; il capitano Crollalanza fu partigiano nella zona di Parma, e morl nel Bosco di Corniglio il 17 ottobre 1944. (6) Ullima nel tempo delle trentotto medaglie d'oro individuali conferile a granatieri.

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capitano Ugo Manente del I Battaglione del Reggimento paracadutisti "Nembo" al quale è stata conferita la medaglia di bronzo al valor militare per il suo comportamento nell e azioni di Grizzano in quel di Bologna nell'aprile 1945. Altri distinti ufficiali dei granatieri dopo l'armistizio si rifiutarono di ottemperare al "Bando Graziani" ed entrarono a far parte de) Corpo Volontari della Libertà, alcu ni al comando di formazioni partigiane co me il Capitano Giovanni Odino catturato e fucilato dai nazisti in Liguria ed alla cui memoria fu conferita la Medaglia d'Oro al V.M .. In Piemonte operarono l'allora Tenente cpl. Luigi Arri ed il S. Ten . cpl. Aldo Fusi. Due ufficiali in s.p .e., i Tenenti Eugenio Perinetti e Bolzan Mariotti, agirono invece rispettivamente in Emilia e nel Veneto. 3. - Dopo l'aTmistizio, il 10 settembre 1943, la Divisione Granatieri di Sardegna venne disciolta . Si riformò tuttavia nel maggio 1944 con i battaglioni dell'anch'esso disciolto "Raggruppamento Speciale Granatieri" che nel precedente ottobre dall a Corsica era stato trasferito in Sardegna. Assunse il comando il colonne1lo Alfonso Troysi: ma si trattò di una g1·ande Unità malamente risorta per povertà di uomini e di mezzi , tanto che, trasportata a Napoli e poi nella zona di Afragola, fu disciolta nell'agosto dello stesso anno. Rimasero in vita, tuttavia, due battaglioni, che vennero inquadrati nel "Gruppo di Combattimento Friuli", rispettivamente nel1'87 ° e nell '88° Reggimento Fanteria, e con il detto Gruppo parteciparono nel 1945 alla campagna di liberazione (7). (7) Inquadrarono i due reparti , rispeUivame nte, ventotto ufficiali dei granatieri il 111 Battaglione dell'87° Fanteria (ten. col. Polverosi, maggiori Cultrera di Montesano e Gargiulo, capitani Imbrico, Pico e Rossi, tenenti Boniforti , Garbi eri, Melanotte, Pavarello, Pericoli e L. Visconti Prasca, sotlotenenti Albrizio, Clavenna, Carignani, Cianfanelli , De Angelis, G. Eula, Guaraldi, Moscatelli , Manfrone, Pera, Passi, Pietrella, Piccione, Sa lmi , Savini e Simeoni) e ventisette uflìciali dei granatieri il IIT Battaglione dcll'88° Fante r ia (maggiore Lo Monaco, capitani Basile. Amodei, Benincasa e Caro.li. Le ne nti Budini, Frisaldi , Pao lucci e Bagigalupo, sottotenenti Allavena, Bonaldi, L. Cau, P. Crescenzi, Ciprian i, Cigala Fulgosi, Fedeli, Fornello, Giacometti Balle rini, Giansanti, Bortolotto, Janche, MaITucci, Palma, Piantoni, Qui11tini, Spina, Zorzan). Nell'ambito dell'87° Fanteria operarono anche il colonnello Ferdinando Carignani comandante del reggimento, il maggiore Girelli, il capitano Barosini e il tenente Adorni. lnolLre, ufficiali dei granatied comandarono, durante la guerra di liberazione, reparti di fanteria nel Gruppo di combaLtimento "Cremona", sia nel 21 ° Fanteria (maggiore


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Il Gruppo .era inquadrato nel X Corpo d~Armata britannico e fin dal gennaio di detto anno si trovava schierato nel settore di Brisighella. Esso operò quindi, nell'aprile, sul Senio, contribuendo allo sfondamento della forte linea difensiva tedesca ed all'inseguimento del nemico, le retroguardie del quale opposern forti resistenze sul Salterno e in ispecie sul torrente Gaiana; dopo di che il Gruppo entrò per primo · in Bologna. In particolare, i Battaglioni Granatieri si distinsero operando, sempre nell'ambito del Gruppo, nell'azione di Barbanfusa, nella battaglia del Senio, a Riolo dei Bagni; e fu il Battaglione Granatieri dell'88° Fanteria ad effettuare l'eroica conquista di Casalecchio dei Conti il 19 aprile, nel corso della violenta battaglia per il superamento della tenace difesa avvernaria sul menzionato torrente Gaiana. Quale sia stato, del resto, il contributo dato dai granatieri nei fatti d'armi di tutte le località della zona che sono state teatro di scontri le Quote 73 (Riolo di Bagni), 86, 92, 106 (La Chiesuola), 112, Casa Nuova, Stabilimento Idroterapico, Mongui-dina, Molino di Serravalle, Casa Seretina, Casa Badia, Castel San Pietro, Casa Saltamacchia, Salvanello di Riolo Bagni, Bosco di Sotto, eccetera - dicano le circa cento dec01·azioni conferite individualmente a granatieri: dalla medaglia d'oro alla memoria del caporale maggiore Giuseppe Nembrini (8) alla medaglia d'argento alla memoria del capitano Angelo Rossi e del granatiere Luciano Casati, nonché alle medaglie d'argento al caporale Angelo Bet, al sottotenente Roberto Coppola, al sergente Erminio Ruz za, al tenente Paolo Paolucci, al sottotenente Bruno Simeoni; dalle medaglie di bronzo agli ufficiali tenente Michele Pericoli, sottotenenti Sante Ballerin, Lelio Cau (seconda medaglia), Leonardo Rossi, Cesare Savini, a quelle ai sottufficiali Emanuele Aymerich, Luigi Cozzi, Nicola Sollazzo e Augusto Torresin, al granatiere Salvatore Romeo alla memoria, nonché ad altri numerosi graduati e granatieri; e poi 1e croci di guerra e gli encomi . Granatieri furono inquadrati anche nel 67° Reggimento Fanteria che combattette a Montelungo: ed in quella battaglia asperrima ne Di Giorgio, <:apitani Lombardo e Falconi, tenenti Randone, Amadori e Sensi) che nel 22° Fanteria (colonnello Emi lio Silvestri, ten. col. De Roden, capitani Pucci e Cento· fanti, tenenti Russiani e Ruta). (8) Comandante di pattuglia, benché gravemente ferito, non volle abbandonare il suo posto di osservazione, e soltanto quando riuscì ad avere le notizie oggetto della sua missione rientrò nelle linee, riferì con calma e chiarezza ai suoi superiori, e spirò.

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caddero alcuni (Leopoldo Marcora, Fossi, Jandolo, Cheleschi) ed altri vi restarono feriti (Vittori, Liverani, Sciarretta, Tofone, Di Benedetti, Zanghi, ecc.). Ufficiali dei granatieri si sono altresì trovati, in quei tragici momenti, in posti di rilievo e di responsabilità, distinguendosi per capacità e coraggio . Valga ricordare per tutti l'allora colonnello di stato maggiore Mauro Aloni già ufficiale del 1 ° Reggim ento Granatieri, in servizio al momento de1l'armistizio del settembre 1943 nella branca "operazioni" del Comando Supremo. Riparato, dopo aver distrutto documenti e cifrari, nella sua Savona, si portò quincli a Genova dove, con il nome di battaglia di ''Violino" (forse perché appassionato violinista), costituì nuclei partigiani e divenne comandante militare partigiano della Piazza di Genova, dirigendo la lotta di liberazione in Liguria. Ed infatti fu proprio a lui che nell'aprile del 1945 il comandante dell'Armata germanica in quella regione, generale Meinhold, si arrese, come ricorda la lapide commemorativa apposta nel Sacrario della Resistenza in via XX Settembre in Genova (9) . 4. - Le ricompense al valor militare per l'intera guerra 19401945 su tutti i fronti sono state per i granatieri ottocentosessantuno, delle quali centodiciotto "alla memoria" (10). In particolare: - Ordine militare di Savoia: undici (ad ufficiali); - Medaglie d'oro: quindici (delle quali tredici ad ufficiali, e di esse undici alla memoria, e due a granatieri, alla memoria); - Medaglie d'argento: centonove (delle quali sessantanove ad ufficiali e quaranta a sottufficiali e soldati); - Medaglie di bronzo: duecentonove (delle quali ottantaquattro ad ufficiali e centoventicinque a sottufficiali e truppa); - Croci di guerra al valor militare : trecentocinquantotto (delle quali centoventidue ad ufficiali e duecentotrentasei a sottufficiali e soldati);

( 9) Mauro Aloni, generale in ruolo d'onore, è poi deceduto per malattia contratta in guerra. L'Editrice E.R.G.A. di Genova ha pubblicato, a cura di Cado Brizzolari, il volumetto scritto dall'ALONI, L"insurrezione modello. Il memoriale del Comandante militare partigiano della Piazza di Genova. · (10} L'elenco nominativo con le singole motivazioni di tutti i decorati al valor miJita1·e nelle guerre dal 1935 al 1945 è stato pubblicato dal Museo St01·ico dei Granatieri di Sardegna in volume edito in Roma nel 1973.


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Promozioni per merito di guerra e trasferimenti: ventotto ( di cui diciotto a ufficiali e dieci a sottufficiali e truppa); - Encomi solenni: trentaquattro (dei quali otto ad ufficiali e ventisei a sottufficiali e soldati). CAPITOLO XVIII

GLI ULTIMI GRANATIERI IN GRI GIOVERDE

1. - Il modo come da parte italiana e dagli Alleati fu effettuato l'armistizio dell'8 settembre 1943; il modo come da parte tedesca si reagì ad esso; la volontà da parte del Re, del Governo e del Comando Supremo di assicurare la continuità delJo Stato italiano ripartendo da Brindisi, da un lato; la costituzione dall'altro della Repubblica Sociale Italiana dopo l'avventurosa liberazione di Mussolini sul Gran Sasso il 12 settembre 1943; e tra il nord e il sud della penisola la cosiddetta "linea Gustav" a dividerla, nell'una parte e nell'altra continuando a infierire la guerra; fecero sì che i soldati italiani vennero a trovarsi anch'essi tra loro divisi e separati, ed accanto a quelli che affiancatisi agli Alleati parteciparono nel vario modo che si è visto alla guerra per la liberazione della Patria altri ve ne furono che allo stesso fine si trovarono invece ne11'al tro lato del fronte a fianco dell'ex alleato germanico. Furono costoro per l'appunto quelli che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana costituitasi al nord. Furono, più precisamente, sia quelli che per mero caso ebbero a trovarsi nel momento dell'armistizio nelle regioni al nord della detta linea prima e della linea "gotica" poi e cioè nell'Italia centro-settentrionale (per stare a prestare servizio in quelle regioni, per esservi stati comunque sorpresi o per essere ivi tornati dai vari fronti alle loro case), sia coloro che in tal senso fecero una precisa scelta di campo in forza di motivazioni ideali di carattere politico o combattentistico. D'altra parte proprio in tal senso sembravano aver dato l'esempio soldati che avevano acquistato sul campo di battaglia grande prestigio, il maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani divenuto ministro della difesa nazionale del nuovo governo repubblicano, ]'ammiraglio di squadra Legnani già eroico comandante di sommergibili, l a leggendaria medaglia d'oro aviatore Carlo Botto, il gene-


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rale Gastone Gambara e anche il generale Gioacchino Solinas già comandante della Divisione Granatieri ru Sardegna nella difesa di Roma contro i tedeschi e divenuto presso detta Repubblica comandante regionale della Lombardia. Per di più, avendo prevalso la tesi de] maresciallo Graziani su quel1 a di Renato Ricci comandante dell a ricostituita Milizia (poi Guardia Nazionale Repubblicana), la Repubblica Sociale Italiana aveva preso a costituire un suo esercito che si asseriva essere non già esercito di partito bensì nazionale e apolitico. La Repubblica Sociale Italiana prese subito (19 ottobre) a far funzionare gli uffici di leva, chiamò alle armi le classi 1924 e 1925, stabilì con D. Leg. 18 febbraio 1944 n. 30 la pena di morte per i renitenti e i disertori, e costituì queJle sue Forze Armate che nelJ'anno e mezzo decorso poi fino al termine della guerra annoverarono nel loro complesso circa duecentocinquantamila uomini la cui aliquota operante era rappresentata peraltro da quattro divisioni addestrate in Germania e da alcune consistenti formazioni volontarie, replicando Armi e specialità preesistenti nell'esercito regio. . 2. - Tra i vari reparti che fui-ono formati si ebbe in Roma, presso 1154° Comando Provinciale, in data 15 gennaio 1944, la cosiddetta Quinta Compagnia studenti volontari in Rom.a, più conosciuta come La Quinta , della quale furono promotori alcuni ufficiali e sottufficiali dei Granatieri di_Sardegna reduci dalla R ussia o che già avevano combattuto a difesa di Roma. Fu detta Compagnia, pertanto, sostanzialmente un reparto di granatieri anche se, così. come non tutti i suoi effettivi erano studenti malgrado la denominazione, non tutti avevano la statura di granatieri, tanto che proprio il generale Solinas nella sua veste di comandante regionale della Lombardia, in occasione di una ispezione effettuata in Milano il 3 aprile 1944, ebbe a lamentarsi di quei granatieri ''troppo bassi". La "Quinta" il 15 gennaio 1944 fu dislocata alle porte di Velletri sulla sinistra della Via Appia, e "volle il caso che questo fosse l'unico reparto di italiani, sui due fronti contrapposti, presente fra i Castelli Romani ed il mare, nella zona P ontina, il 22 gennaio, giorno dello sbarCl l Con. gli alamari nella R.S.I ., pubblicazione curata da FRANCESCO CHRISTIN e da MARIO HOLSER in occasione dell'incontro commemorativo in Rieti nei giorn i dal 6 all'8 maggio 1988: pubblicazione della quale particolarmente ci si avvale in questo capitolo.

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co anglo-americano ad Anzio" (1): sbarco che provocò a metà febbraio una violenta controffensiva tedesca, che si svolse tra Anzio, Nettuno e Cisterna, in una zona che ormai veniva considerata dai tedeschi "zona di nessuno" e nella quale tuttavia fu proprio la Quinta Compagnia di studenti volontari a segnare la presenza di una forza italiana, quantomeno fino al 19 febbraio 1944 allorché fu trasferita a Milano. Quivi, assunto il nome di Compagnia Roma, fu incorporata nel Battaglione Granatieri costituito il 1 ° marzo 1944 nella Caserma di Via Borgognona. Altri due reparti di granatieri si erano nel frattempo formati: il primo d'essi in Milano; l'altro, nel novembre 1943, di centosettanta uomini, in Mantova. Anche questi due reparti, assunti rispettivamente il nome di Compagnia Milano e Compagnia Mantova, confluirono nel detto battaglione che, successivamente, venne inquadrato nel Raggruppamento "Cacciatori degli Appennini'' unitamente ad un b::ittaglione alpini, due della G.N.R. , una compagnia controcarri e due squadroni di cavalleria appiedati. 3. - Complessivamente i] Battaglione comandato inizialmente e per dieci mesi dal Cap. Francesco Christin e, successivamente, dal Magg. f. Arturo Bertella, annoverò diciotto ufficiali tra cui un ufficiale medico, un cappellano militare, con una forza che si aggirò mediamente sui 310 uomini. "Ma si dovrebbero aggiungere - si legge neDa citata pubblicazione molte decine ru giovani, per lo più piemontesi, renitenti al servizio militare, catturati durante operazioni di rastrellamento , arruolati il giorno stesso, vestiti ed armati". Infatti "il Comando del Raggruppamento aveva ottenuto dalle superiori autorità militari che i renitenti alla leva catturati nella zona non venissero deportati ma fossero invece inquadrati in un apposito centro di addestramento locale, dal quale, peraltro, dopo qualche tempo, vennero dimessi e avviati al domicilio muniti di un regolare foglio di esonero" (2). Tuttavia, tutti prestarono servizio disciplinatamente, fatta una sola eccezione, quella di alcune sentinelle che facilitarono l'irruzione di partigiani in un accantonamento della Compagnia Milano, con la conseguente cattura di un sottufficiale e l'uccisione di un soldato. ( 2) PISANÒ. Forze Annate della R.S.I..


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4. - Il Battaglione Granatieri i cui· componenti sull'uniforme grigioverde recavano i segni distintivi tradizionali della specialità, fu ·impiegato dapprima in Emilia e nel Veneto e poi in Piemonte e in Liguria, in operazioni militari che ebbero per scopo la sicurezza e il conLrol1o di ampi territori, per i fini della transitabilità e dei normali collegamenti militari e per la difesa in caso di sbarchi degli anglo-americani sulle coste liguri, fini generalmente conseguiti con l'insediamento di presidi e con assidui movimenti di reparti. Una caratteristica del Battaglione fu anzi proprio quella di una incessante mobilità; e il Battaglione, pur di fronte ad una azione avversaria sempre più armata e organizzata, "assolse fermamente il proprio compito, a prezzo di fatiche e di sacrifici durissimi, di grandi e dolorose perdite umane, e senza defezioni, se si escludono dal conto, però, quelle dei giovani renitenti catturati e arruolati" (3). Questa costanza e questa fedeltà ebbero - si legge ancora nella citata pubblicazione - diverse ragioni: l'originaria sceHa di campo di cui si è fatto cenno, pervasa di motivazioni ideologiche; l'obbligato distacco dai centri di origine, in particolare da Roma, tenendosi conto del fatto che gran parte deg1i effettivi erano romani; la simpatia manifestata dalla gente dei luoghi in cui quelle truppe pur sempre italiane operavano mentre i luoghi stessi erano ormai assoggettati ai comandi tedeschi; e poi "last not lost, dicono gli inglesi, ebbero un peso decisivo i Caduti, che furono diciannove e sono tanti in rapporto agli effettivi. Caddero sedici uomini della 1li Compagnia, uno della 2 9 e due della 3\ un ufficiale, un sottufficiale, tre graduati e quattordici granatieri". 5. - Nel frattempo una Compagnia di Granatieri di Sardegna, della consistenza di circa 110 uomini, venne stanziata dal marzo 1944 al 25 aprile 1945 in Vercelli , sede allora del Centro Costituzione Grandi Unità (C .C.G.U.) comandato, per breve periodo, dal Generale Gioacchino Solinas. Facevano parte della Compagnia tre Ufficiali dei Granatieri e due di altri Corpi, un maresciallo ed alcuni granatieri che avevano partecipato alle operazioni in Balcanfa. La maggioranza dei Granatieri era di leva. N e era comandante il Ten. Ivanoe Cristi.

(3) Uno di questi ''coscritti" fu un israel ita che, pur da tutti conosciuto come tale nel reparto, vi fu tenuto nascostamente in modo che non cadesse in mano ai tedeschi. Va pure ricordato, sempre a proposito dei detti "coscritti" obbligati, che se alcuni defezionarono uno di ess i è peraltro incluso nell'elenco dei granatieri caduti combattendo, che il BaLtaglione dovette purtroppo annoverare.

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La Compagnia era inquadrata, insieme ad altre compagnie di fanteria, in un "Battaglione di Sicurezza e Ordine Pubblico" che aveva, come dice l a denominazione, compiti di sicurezza a difesa del Centro Costituzione Grandi Unità, di magazzini e servizi logistici. Per l'adempimento di questi compiti venne impiegata, per ordine pubblico, in varie località della Provincia di Vercelli o delle Provincie limitrofe senza che si siano verificati episodi degni di rilievo. Un suo posto di blocco, situato alla periferia di Vercelli, nella notte dal 25 al 26 ottobre 1944, subì un attacco: ebbe un sottufficiale grave mente ferito. Il 25 aprile 1945 il Comandante del C .C.G.U. (il Gen. Manardi - ex Comandante della Divisione Italia) comunicò a tutti gli Ufficiali del Battaglione di Sicurezza e Ordine Pubblico la notizia della firma di una convenzione per consegnare a Rappresentanti del Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia (C.N.L.A.I. ) senza spargimento di sangue, i reparti mili tari della città di Vercelli. Il Generale invitò tutti a "Collaborare in unità di intenti con gli avversari di ieri alla ricostruzione della Patria. L'impegno di evitare spargimento di sangue non fu poi integralmente rispettato . 6. - Il 27 aprile 1945 avvenne invece il ripiegamento del Raggruppamento Cacciatori degli Appennini su Ceva dove era la sede del Comando, con compiti di retroguardia. La sera stessa si iniziò la marcia verso il nord, in sufficiente ordine malgrado alcune defezioni che allora si verificarono; ma il Battaglione Granatieri rimase sostanzialmente unito fino all'ultimo. D'altro canto, le forze nemiche si limitavano ormai ad osservare e controllare il ripiegamento senza disturbarlo , se non in due o tre occasioni. I duecento chilometri che corrono da Ceva nelle Langhe fino a Baldissero presso Ivrea passando ad ovest di Torino furono percorsi in sei giorni, fino a lla tarda mattina del 2 maggio. In particolare il Battaglione Granatieri, cui si erano aggregate le sette ausiliarie della Croce Rossa, traversò Mondovì, Fossano, Savigliano, Cavallermaggiore, Racconigi, Carmagnola, Moncalieri, Stupinigi, Druento, Rivoli, Ciriè, Cuorgnè, Castellammonte e si fermò a Baldissero. Quivi il 2 maggio stesso iniziò i contatti e concluse le trattative di l'esa con i partigiani delle Formazioni Autonome Militari, precisamente


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con 1'8!.I Divisione, XXX Brigata, XII Grup_po "Val Chiusella". Le trattative previdero la consegna delle armi da parte dei Granatieri e quella di un "lasciapassare" da parte dei partigiani. IJ Battaglione si sciolse all'alba del 3 maggio, dopo un rapporto ufficiali tenuto nella notte mentre il Comando di raggruppamento con le unità direttamente dipendenti si arrese solo il 5 maggio nei pressi di Ivrea, ricevendo l'onore delle armi da un reparto della 34g Divisione U.S.A. (4). 7. - Non si può chiudere questo capitolo senza far menzione di quegli Ufficiali dei granatieri che meritano di essere ricordati perché, inquadrati in altri reparti di volontari dopo l'armistizio, si batterono per difendere l'italianità delle provincie nord-orientali sia dalle mire espansionistiche slave e sia dalla prepotenza tedesca. Fra tutti si distinse particolarmente l'istriano Luigi Papo. Pari rispettosa considerazione è dovul,a ai granatieri di ogni grado i quali, caduti prigionieri degli Alleati prima dcll'8 settembre, si rifiu-

tarono successivamente di collaborare con essi, ritardando di circa un anno, in dura prigionia, il loro ritorno in Patria. Citiamo, in particolare, un gruppo di ufficiali subalterni già della Compagnia Volontari Universitari del 3° Granatieri tra cui il Teo . Luigi Deserti, attualmente apprezzato dirigente industriale, ristretti nel campo "Recalcitrans" di Hereford - Texas (USA) e gli allora Ten. Col. Tullio Gervasoni e Capitano Giuseppe Lacagnina , un valoroso superstite della battaglia di Keren (A .O.I. ), nel noto campo di Yol (India) .

(4) A proposito dei combattenti dell a R.S.I., la Corte Costituzionale, con sentenza n. 234 del 13 aprile 1989 depositata il 21 aprile 1989 (presidenle Francesco Saja, redaLLore Luigi Mengoni) ha rilevato che mentre già la legge n. 93 del 23 febbraio 1952 "ha 1;conosciuto che non sarebbe ragtonevole continuare a negare ai militari in questione, per il sol fatto dell'adesione alla repubblica di Salò, i benefici di cui all'arL. 2, 1° comma, della legge medesima, aventi la funzione di compensare gli ex combattenti delle opportunità di lavoro perdule a causa della partecipazione alle operazioni cli guerra del-l'esercito italiano. non appare invece irrazionale il mantenimento dell'esclusione da benefici di altro tipo, come quello previsto dall'art. 6 della legge n . 140 del 1985, avente una funzione di gratificazione di un meri Lo che non senza ragione si ritiene non possa essere rivendicato dagli ufficiali che pur avendo prestato onorevole servizio nei reparti operanti dell'esercito italiano, abbiano dopo l'armistizio aderito a una formazione politico-militare ribelle al potere legittimo dello Stato".


CAPITOLO XIX

LA RICOSTITUZIONE DEL 1° REGGIMENTO GRANATIERI E DELLA "DIVISIONE FANTERIA GRANATIERI DI SARDEGNA"

1. - L'andamento della guerra in Italia tra Alleati e tedeschi, che per la mancata immediata occupazione di fatto di tutto il territorio de11o Stato da parte degli Alleati aveva consentito la formazione al nord della Repubblica Sociale Italiana, comportò che il nuovo assestamento costituzionale procedesse per graduale evoluzione, caratterizzata da attriti e compromessi tra Comitato di Liberazione Nazionale, Partiti politici e'Monarchia. Si ebbero così dapprima il ritiro del Re Vittorio Emanuele III dalla vita pubblica con l'affidamento al principe ereditario Umberto della Luogotenenza; e poi, nel rispetto della "tregua istituzionale" pattuita, i] riconoscimento al Luogotenente del titolo di re d'Italia (1). Il 2 giugno 1946 avvennero infine le votazioni per l'Assemblea Costituente ed il referendum istituzionale, con il risultato della proclamazione della Repubblica. Il re Umberto II abbandonò di conseguenza il Paese (13 giugno) e l'Assemblea Costituente tenne la prima riunione (25 giugno), inizian do l'iter per la preparazione della Costituzione repubblicana che sarebbe entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

(1) Nato a Racconigi il 15 settembre 1904, sposato nel 1930 a Maria José figlia di Alberto Ldel Belgio, Umberto è stato in gioventù, come si è ricordato, ufficiale dei Granatieri di Sardegna. Ritiratosi in esilio a Cascais in Portogallo dopo la proclamazione della Repubblica in Italia, ha avuto ivi a capo della s ua Casa militare il conte Federico Avogadro di Vigliano di Valdengo e di Magnocavallo, già ufficiale dei granatieri e già aiutante di campo di Vittorio Emanuele III. Umber to II è deceduto in esilio a Ginevra il 18 marzo 1983.


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Fu proprio subito dopo la fine della Monarchia sabauda e la proclamazione della Repubblica che il 1° luglio 1946 venne ricostituito in Roma il 1 ° Reggimento Granatieri di Sardegna. Ne assunse il comando il colonnello P ietro Varcasia, al quale seguì, nello stesso anno, il colonnello Renato Castagnoli. Nel 1948 ebbe di nuovo vita la Divisione Fanteria Granatieri di Sardegna al comando del generale Lorenzo Caratti. Tale Divisione venné formata dal 1 ° Reggimento Granatieri e dal 13° Reggimento Artiglieria da campagna anch'esso ricostituito, e inoltre dal 17° Fanteria della 'Acqui' e dal 46° Fanteria della Reggio (2). Dal 1948 al 1976 si sono succeduti al comando de])a Divisione i generali Pietro Riccardi, Alberto Roda, Italo Giglio, Giorgio Liuzzi, Luigi Morosini, Carlo Cigliana, Bruno Lucini, Luigi Lombardi, Pietro Mellano, Guido Vedovato, Arturo Simonetti, Giuseppe Guillet, Raffaele Caccavale, Domenico Reale, Giambattista Calogero, Crescenzio Mari, Giuseppe Fenoglìo, Giovanni Buttiglione, Ugo Scotto Lavina, Ferdinando Di Lauro, Pietro Tolomeo, Arnaldo Giacalone, Antonino Anzà, Luigi Salatiello, Lelio Giannangeli, Vittorio Santini, Gianadelio Maletti, Umberto Nardiru, alcuni di essi appa1:tenenti alla Specialità (3) . Al comando del 1° Reggimento Granatieri di Sardegna, rimasto unico della Specialità nel trentennio, si sono succeduti i colonnelli Giuseppe Ammassari (1948), Renato Perfetti (1949), Delfino Trabucchi (1950), Renato Perego (1951), Giuseppe Moscardelli (1952), Luigi Lambardi di S . Miniato (1953), Aldo Contini (1954), Domenico Pipola (1955), Aldo Lombardo (1957), Enrico Falconi (1958), Marc'Antonio Carmina Novello (1960), Manfredi Pico (1961), Gastone Pucci (1962), Enrico Amodei (1963), Andrea Marini (1965), Michele Mario Caccamo (1967), Renzo Moauro (1969), Luciano Russiani (1970), Michele Pericoli (1971), Ernesto Cesarini (1972), Luigi Maria Reggiani (1973), Raffaele Simone (1974), Roberto di Nardo (1975) . Durante questo periodo la Divisione Granatieri di Sardegna assunse una nuova struttura organica come Divisione di Fanteria di Pia(2) Nel 1948 è stato creaLo il "Carosello Storico" dei Granatieri di Sardegna, con lo scopo di l'ar conosce1·e "dal vivo" le glorie e le tradizioni di valore militare che danno alla Specialità motivi di giusto orgoglio: iniziativa (poi imitata da altri corpi) che ha assunto nel tempo anche la funzione di riavvicinamento e cemento t ra Forze Armate e Popolo dopo le dolorose vicende dell'ultima guerra. (3) li 6 dicembre 1954 "i granatieri di stanza a Roma hanno offerto il sangue al Papa Pio XII" CBENNl LAY, Vaticano sottovoce, Longanesi , 1961 , pag. 97!.

Scorcio dell'ingresso dei Forte di Pietralata (Caserma Gandin) con busto di Carlo Emanuele II


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nura: e cioè, mentre sia il 1° Reggimento Granatieri che il 17° Reggimento Fanteria furono portati a nuova struttura organica e di armamento, il 46° Reggimento Fanteria venne sostituito da un Reggimento di Fanteria Corazzata. Anche l'armamento fu rimodernato ed adeguato, con carri armati, cannoni, mortai ed armi individuaH nuove e più potenti. L'esercito repubblicano, infine, adottò uniformi di color kald e con panLaloni lunghi, con basco nero per la fanteria, granatieri compresi; e costoro hanno mantenuto sul bavero gli alamari bianchi su fondo rosso. Il loro motto araldico, ovviamente non potendo più contenere il riferimento alla Casa Savoia, si è contratto in quello di "A me le Guardie". 2. - La nuova strutturazione della Divisione Granatieri di Sardegna coincise, nel 1959, con la ricorrenza del terzo centenario della fondazione dei granatieri (4) lo stesso anno nel quale sede dei granatieri è diventata in Roma la caserma Gandin (5). Il Reggimento in armi, con le bandiere dei tre antichi Reggimenti in testa, sfilò per le vie di Torino dopo aver deposto, unitamente a diecimila granatieri in congedo, una corona sulla tomba del duca Carlo Emanuele II ed aver assistito ad una cerimo·nia religiosa nella Basilica della Gran Madre di Dio sul Colle di Superga ed al "carosello storico". Tre anni dopo, nel 1962, nella piazza della Rocca in Viterbo fu innalzato, alla presenza del presidente della Repubblica Antonio Segni, un monumento alla memoria del 3° Reggimento Granatieri (6), presenti anche in questa occasione il Reggimento in armi ed i granatieri in congedo. Molte, del resto, sono state le cerimonie celebrative e rievocati ve del menzionato periodo, in parLicolare nel cinquantenario delle battaglie della prima guerra mondiale, negli anni dal 1965 al 1968: come quella al confine di Gorizia verso le pendici del Nad Logem a ticordo dei fatti d'arme della Brigata nell'agosto 1916, e quella dell'innalza-

(4) La ricorrenza del terzo centenario è stata ricordata dai giornali dell 'epoca con pal"ticolare risalto. La "Domenica del Corriere" del 19 aprile 1959 le ba dedicato latavola a colori di prima pagina, del pittore W. Molino. (5) Per la Caserma Gandin cfr. ARMANDO IONES e ANGELO PIERGEMICI, L'Esercito nella tutela del palrimonio storico ambien.lale. ll Forte Pietralala <Istituto Poligrafico dello Stato, 1990). (6) Il monumento è opera dello scultore Nagni e sorge presso le antiche caserme del Reggimento Granatieri.


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~ento di una copia della colonna votiva di Scio nel Vallone di Doberdò già abbattuta dagli slavi. ' Nel maggio 1967 il Parlamento italiano dichiarò "zona sacra" Monte Cengio e Monte Ortigara (7); e nel luglio 1975 venne inaugurata sol~nnemente una cappeJla votiva ai bordi del dirupo "Salto del Granatiere". Intanto, negli anni Sessanta continuò l'ammodernamento de11'armamento e si e~fettuò una parziale meccanizzazione del Reggimento. . Il 1: feb~ra10.d~l 1963 fu costituito anche un '·Battaglione Meccani zzato , agh ordm1 del magg. Emilio Frisaldi, con le forze delle Compag~ie mecca~izz~t~ inquadrate nei battaglioni: la 13" Compagnia mecc~niz~ata.a?h ordm1 del Ten. Armando Iones. e la 14·' Compagnia Carri agli orclim del cap. Francesco Gentile (8). ,n ~attaglione, che portò indubbiamente una nuova configurazione nell ordmamento dell'antico Corpo, ebbe ~tanza in Civitavecchia. Nello s~sso anno il Reggimento vPnne dotato di veicoli cingolati per il trasporto cli truppa M 113 per una Compagnia; e poco dopo venne costituita una_ C~17:pagnia reggimentale semovente controcarri M 36, con cannoni da 90 e m1ss1l1 fì1~guidati; ed anche questo reparto ebbe stanza in Civitavecchia. Il R_eggimcnto Granatieri è stato impiegato nelle opere di soccorso delle ~op~l~z~oni colpite sia dall'alluvione di Firenze nel 1966 che dal terremoto m S1c1l1a, a Valle del BeJice, nel 1965.

~7) Rela~ore della proposta è stato l'on. Lino Fornaie di Thien(• già ufficiale del 30 Reggimento 111 Albania e Grecia. . <~J l_l gen. Arma?do Iones ù stato poi comandante della Brigala meccanizzata Gra~al1cn d1 _Sardegna; 11 gen. Gentile è stato vice comandante della stessa allorch~ aveva ti grado dt colonnello.

CAPITOLO XX

LA "BRIGATA MECCANIZZATA GRANATIERI DI SARDEGNA"

1. - A metà degli anni Settanta si è proceduto ad una approfondita rior ganizzazione dell'esercito nell'intento di aumentarne le capacità operative e di movimento con accentuazione della sua meccanizzazione e della sua motorizzazione. Tali innovazioni ed ammodernamenti hanno r eso necessarie profonde modifiche organiche e strutturali, costituendone anzi il presupposto. Anche l'ordinamento dei Granatieri è stato sottoposto perciò a tale rinnovamento. Il 30 settembre 1976 il 1 ° Reggimento Grnnatieri di Sardegna è stato quindi disciolto, la Divisione Granatieri di Sardegna è stata a sua volta soppressa, ed è stata costituita invece, in data 1° novembre dello stesso anno, la "Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna··. Tale Unità - a parte la innovazione relativa alla sua struUurazio ne, risultando essa , ora, completamente meccanizzata - ha assunto peraltro una nuova fisionomia che costituisce indubbiamente una profonda innovazione in relazione a lle precedenti. Essa, infatti, non è più formata da reggimenti di granatieri affiancati, nella tradizionale strutturazione divisionale, dall'artiglieria, bensì inquadra una serie di battaglioni ed altre unità, dei quali solo alcuni sono di granatie ri e gli altri invece di bersaglieri, di carristi, di artiglieri, del Genio, de lle Trasmissioni, dei Servizi; e se le unità di granatieri restano di numero superiore a quello delle altre singole Specialità (tre battaglioni e d una compagnia, nella sostanza un intero reggimento), sono tuttavia le altre Specialità a determinare la parte più complessa e varia de lla Brigata nella sua globali tà. La Brigata conserva peraltro il nome dei Granatieri: per una scelta che se deriva indubbiamente dalla prevalenza organica e dall'im-


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portanza funzionale che essi hanno, è da ritenere che sia stata determinata altresì ed anzitutto, sul piano ideale, dall'intento di conservare e tramandare le tradizioni ultrasecoJari e gloriose della più antica e nobile Specialità dell'Esercito italiano. Ed è questo il compito che, unitamente a quello di essere componenti efficienti del nuovo Esercito italiano, rosta oggi affidato ai tre Batiaghoni. Lo s tesso motivo, quello ora accennato, che ha portato all'affidamento ai tre Battaglioni delle tre bandiere appartenute ai tre antichi Reggimenti (1): bandiere che annoverano le seguenti decorazioni: quella dc] 1° Reggimento: un Ordine Militare d'Italia, due medaglie d'oro, tre d'argento ed una di bronzo al valor militare; quella del 2° Reggimento: un Ordine Militare d'Italia, una medaglia d'oro, tre d'argento ed una di bronzo al val or militare, una medaglia di bronzo al valore dell'Esercito; - quel1a del 3° Reggimento: un Ordine Militare d'Italia e una medaglia d'oro al valor militare. E lo stesso motivo, ancora, che ha fatto loro attribuire le denominazioni che li distinguono: Assietta il I, a ricordo e celebrazione della gloriosa battaglia che nel 1747 vide il I Battaglione dell'allora Reggimento delle Guardie al comando del tenente colonnello Paolo Navarrino di San Sebastiano combattere una delle più eroiche battaglie della storia; Cengio il II, a ricordo e celebrazione della disperata lotta corpo a corpo che vide durante la prima guerra mondiale i soldati italiani precipitarsi avvinghiati agli austriaci dall'alto del monte in quel dirupo che avrebbe preso da loro il nome di "Salto del Granatiere"; Guardie il III a ricordo e celebrazione dell'antico Reggimento delle Guardie la cui "marcia dei pifferi" i granatieri del 3° Reggimento hanno con altero eroismo intonato nel campo di prigionia tedesco durante l'ultima guerra mondiale (2). La Brigata conserva anche il distintivo che già è stato della Divisione Granatieri di Sardegna: lo scudo arg;enteo, bordato e crociato di Cl) La consegna delle tre bandiere reggimentali ai tre baUaglioni della Brigata si è svolta, a Roma e ad Orvieto, con solenne cerimonia, madrine per la bandiera del 2° Reggimento Domenica Samoggia, sorella della medaglia d'oro di Cesuna, e per la bandiera del 3° Reggimento Marianna Foglietta, sorella di un sergente eroicamente caduto a Poniilcates nel novembre 1940. (2) Animatore dello sdegnoso canto fu tra gli altri, in quel 25 settembre 1943, il maresciallo Di Gregorio.


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rosso, con le quattro teste di moro bendate di profilo, e con al centro la gTanata col or d'oro. Inoltre i Granatieri hanno in dotazione dal 1986 anche una uniforme di parata. Si tratta, salvo piccole varianti, della medesima che indossarono i granatieri nel 1848: completo blu, giubba a collo alto, pantaloni con fu stagne rosse, buffetterie bianche, copricapo a colbak di pelo nero; peraltro con armamento moderno, fucile automatico leggero Fal imbracciato a pett'arm, ossia incrociato sul petto. Tale uniforme di rappresentanza è stata indossata nel servizio di guardia al Quirinale la prima volta da un reparto del I Battaglione Assietta il 30 maggio 1986. Con circ. 2016/103.4 7.10 dello S.M. dell'Esercito in data 28 aprile 1986 è stata introdotta in servizio la Bandiera Colonnella per i reparti della Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna. La Bandiera Colonnella deve essere utilizzata soltanto allorché il reparto d'onore indossa l'uniforme di rappresentanza, deve avere solo l'Alfiere e non la scorta, deve essere custodita presso il Comando di Brigata, si schiera senza che ad essa vengano resi onori di alcun genere . È raffigurata dall'aquila palermitana sormontata dalla corona, tipo reale e con lo stemma araldico sul petto. La Bandiera Colonnella ha sfilato per le strade di Roma in occasione della cerimonia del Duca di San Pietro a Santa Maria degli Angeli iJ 19 febbraio 1990, durante il comando della Brigata del generale Armando Iones. 2. - Dal momento della sua costituzione nell'anno 1986 ad oggi la Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna ha annoverato i seguenti comandanti, dopo il generale Massimo Tantillo che ne è stato il primo (3) : generah P ietro Tagliarini, Gianfranco Amisano, Antonio Viesti, Mauro Riva, Mario Buscemi, Roberto Altìna Rolando Mosca Moschini, Armando Iones , Duilio Benvenuti. Vice comandanti ne sono stati, nell'ordine, i colonnelli Alceo Masu, Biagio Rizzo, Igino Raspadori, Mauro Riva, Francesco Gentile, Romualdo Carmignani, Bruno Zoldan, Duilio Benvenuti, Carlo Ciacci, Ezio Piperni, Gianfranco Caminada, Rocco Viglietta. Capi di stato maggiore, in su ccessione, i colonnelli Roberto Cutrera, Duilio Benvenuti, Gianfranco Caminada, Luigi Colaned. (3) Il generale 'T'anLillo all'inizio della carriera era stato tenente e portabandiera del 1 ° Reggimento Granatieri (anno 1947).


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I comandanti dei ire Battaglioni Granatieri che dalla costituzione ad oggi si sono susseguiti sono: - nel I Battaglione Assietta i tenenti colonnelli Francesco Scafariello nel 1976, Nicola Petrucci nel 1977, Maurizio Iaione nel 1978, Giorgio Vignati nel 1979, Saverio Cascone nel 1980, Franco Guidoni nel 1981, Antonio De Vecchis nel 1983, Antonio Andriani nel 1984, Antonio Lattanzio nel 1986, Gianpaolo Torrini nel 1988; - nel II Battaglione Cengio i tenenti colonnelli Pietro Suraci nel 1976, Armando Iones nel 1977, Domenico De Domenico nel 1978, Francesco Torbidoni nel 1979, Luciano Venturini nel 1980, Nicola Canarile nel 1981, Gianfranco Caminada nel 1983, Michele Corrado nel 1984, Antonio Squillaci nel 1986, Antonello Falconi nel 1987, Umberto Caparro nel 1988, - nel III Battaglione Guardie i tenenti colonnelli Mario Sacco nel 1976, Carmine Dentice nel 1976 stesso, Benedetto Pappalardo

nel 1977, Francesco Localzo nel 1979, Mario Coppola nel 1980, Giuseppe Cherubini nel 1983, Mario Franci nel 1986, Giancarlo Cortese nel 1988. Il I Battaglione si è distinto nelle operazioni di soccorso alle popolazioni della Valnerina in occasione del sisma verificatosi nel settembre 1979 ed in quello di soccorso in provincia di Avellino per il sisma dell'ottobre 1980 per le quali ha ricevuto l'encomio del ministro della Difesa. In occasione del rapimento dell'on. Aldo Moro, conclusosi con l'uccisione dello stesso, ha coadiuvato le forze di polizia nel controllo delle principali arterie stradali in prossimità della Capitale. Nel febbraio 1984 una aliquota del suo personale ha soccorso la popolazione romana in zona Palmiro Togliatti in occasione della ondata di piena del fiume Aniene. Il II Battaglione ha partecipato aJle operazioni di soccorso alle popolazioni colpite dal sisma del 14 gennaio 1968 nella valle del Belice e del 23 novembre 1980 in Irpinia, venendo per questa seconda Circostanza la sua Bandiera fregiata di medaglia cli bronzo al valore dell'Esercito. Nel Luglio 1983 è intervenuto nelle operazioni antincendio in Sardegna e nel 1985 ha collaborato nelle operazioni di soccorso a zone della Capitale colpite dalla eccezionale precipitazione nevosa di quell'inverno. Il III Battaglione assieme al II Battaglione è stato impegnato nel marzo 1978 nelle operazioni di ordine pubblico per i fatti connessi al

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sequestro e all'uccisione dell'on. Aldo Moro, e nel 1979 h~ parte~ipato alle operazioni di soccorso delle popolazioni della Va1nerma colpite da violento terremoto. 3. - La "Brigata Meccanizzata Granaberi di Sardegna" è dunque attualmente costituita dalle seguenti Unità: . . - i tre detti Battaglioni Granatieri di Sardegna Assietta, Ceng10 e Guardie, il primo di stanza a Roma nel Forte di Pietralata, Caserma "A. Gandin", il secondo in via Tiburtina, caserma "Ruffo" ed il terzo che ha per suo compito principale l'addestramento de11e reclute, di stanza ad Orvieto; - la 32!! Compagnia Granatieri Semovente Controcani; - il I Battaglione Bersaglieri La Marmora; - il VI Battaglione Carri Medaglia d'oro Scapuzzi; il XIII Gruppo Artiglieria da Campagna Magliana; - il Ratt::iglione Logistico: - il Reparto Comando e Trasmissioni; - ]a Compagnia Genio Guastatori. La Compagnia Granatieri controcarri è erede delle tradizioni che si riallacciano al XXXII Battaglione Controcarri Granatieri di Sardegna sacrificatosi nella battaglia sul Don in Russia e quindi.al _di~ sciolto IV Battaglione Meccanizzato del 1° Reggimento Granatien d1 Sardegna. Di stanza a Civitavecchia, ha avuto quali comandanti, nell'ordine, il capitano Michele Corrado nel 1975, il capitano Roberto Bongiornì nel 1976, il tenente Bruno Fiasco nel 1981, il capitano Francesco Caruso nel 1982, il capitano Ermanno Patrizio nel 1983, i1 tenente Massimo Meinero nel 1986, il tenente Renato de Marco nel 1988. Il Battaglione Bersaglieri La Marmora trae il nome dal capitano dei Granatieri Guardie che fu il fondatore del Corpo, ed è erede del 1 ° Reggimento Bersaglieri che ebbe la bandiera decorata da una medaglia d'oro, due di argento, undici di bronzo al valor milìt~re; e ~'altra parte i Bersaglieri hanno una lunga tradizione di combattimenti effettuati a fianco dei Granatieri (4) . (4) Ad esempio, alla Madonna della Scoperta nel 1859, a ~erugia e Mola di GaeLa nel J 860. a Magna Boschi nel 1916, a Caposile nel 1918, a Pont1kates nel 1940 ed a Javornik nel 1942.


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Esso è attualmente al comando del tenente colonnello Ambrogio Conte (5). Il VI Battaglione Carri, derivato dal 33° Reggimento Fanteria Carrista costituito a Parma il 6 novembre 1939 al comando del colonnello Ugo De Lorenzis e traente il nome dalla medaglia d'oro sottotenente Scapuzzi caduto nella battaglia di Sicilia durante la seconda guerra mondiale, è entrato a far parte della Brigata il 1° novembre 1976 al comando del tenente colonnello Giorgio Scalise, ed è attualmente al comando del tenente colonnello Biagio La Rosa (6). _Il !I~I Gruppo Artiglieri Magliana deriva da quel 13° Reggimen to Arbghena da campagna che, costituito il 1° novembre 1888 al comando del colonnello Giuseppe Bianciardi, ha poi fatto parte della Divis ione Granatieri di Sardegna, ed è cosi denominato dalla località a sud di Roma dove il Reggimento combattette nel settembre 1943 per la difesa della Capitale al comando del colonnello Carraveta e vedendo la s ua bandiera decorata di medaglia d'oro.

Esso è attualmente al comando del tenente colonnello Giuseppe Maggi (7). Il Battaglione Logistico si riallaccia idealmente alla già esistente Unità Servizi della Divisione Granatieri di Sardegna al tempo della guerya in Balcania e della difesa di Roma. E attualmente al comando del tenente colonnello Gianfranco Piconese (8) . . Il Repa,rto Comando e Trasmissioni, costituito in Roma il 1 ° gennaio 1976, e attualmente al comando del tenente colonnello Giulio Cesare Schina (9).

(_5 ) Precedenti comandanti: ten. coL Gauuso (1976), De Caro ( 1979), Cetra (198U, Scotti ( 1982), Silvestrini (1983), Mini (1984), Scaffidi lallaro (1985), Dello Monaco (1986), Del Vecchio ( 1987), Fanara (1988). ~6 ) Precedenti comandanti: ten. col. Scalise (1976), magg. Tebaldo ( 1978}, ten. col. Lau1:1cella (1979 ), Zanlungo ( 1980), Gaetani (1981 ), Cioffi (1982 ), Russo (1983), Campocc1a ( 1984 ), Tesori (1985), Battistini ( 1987), Gaglini (1988). (7) Precedenti comandanti: ten. col. Bastico (1975), Ceccarini 0976), Dominici (1977), Romano ( 1978), Longo (1979), Ferri ( 1980), Cesario ( 1981), Fontecchio (1982), Leone (1983), Pans!ni ( 1984), Vascon (1985 ), Fiori ta ( 1986), Conti 0987). Maggi e1988). (8) Prec.edent1 comandanti: ten. col. Cimino (1976), Sudano ( 1978), Spadaro (1979), Polat1 (1981), Tambunini ( 1983), Marzulli (1986). (9 ) Precedenti comandanti: ten . col. Chirilli (1976), Pecollo (1977), Rose ti (1978), Cassa ( 1979), Tessitore (1980), Porpora <1981), Steinhofer ( 1982), Masullo (1983), Mundula (1984), Cicione (1986).

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La Compagnia Genio Guastatori, costituita in Civitavecchia il 1° gennaio 1976, è attualmente al comando del capitano Fausto Alessandrelli (10). H a fatto parte della Brigata anche lo Squadrone Esplorante Cavalleggeri di Alessandria, organicamente soppresso però nel 1979. In attuazione del D.P.R. 28 giugno 1986 n. 526 concernente la ristrutturazione dei Musei militari come già avanti rilevato, è divenuto "reparto" della Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna anche il Museo Storico dei Granatieri (11) e a direttore dello stesso è stato designato il maggiore Mario Vozzolo. (10) Precedenti comandanti: capitani Santacroce (1971 ), Ingrosso ( 1978), Orieti ( 1979).

(11) Cfr. retro, Cap. XXIV n. 3.


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CAPITOLO XXI

I GRANATIERI DI SARDEGNA NEL LORO IMPEGNO ATTIJALE: SIGNIFICATO E PROSPETTIVE

1. - Termina qui la narrazione della storia dei Granatieri di Sardegna dalla loro istituzione, oltre tre secoli fa, ad oggi. Ma non termin~ qui la loro storia, giacché - nel contesto dell'Esercito quale concep1to dalla nostra Repubblica fin dal momento della sua proclamazione, come esclusiva forza di pace - la rinnovata Unità intitolata al loro nome, ed inquadrante loro reparti di piena e sicura efficienza, sta consapevolmente a salvaguardia e a difesa, nella concezione democratica e nell'alleanza occidentale, di questa pace, e con essa dell'avvenire d'Italia e della civiltà dell'Europa oggi tesa più che mai alla sua unione. . C_o~e nei trascorsi tre secoli, i Granatieri continuano dunque ad rnsenrs1 con fedeltà e con onore immutati nella storia patria di questo nuovo secolo, facendosene garanti e custodi: e l'intento di questa narr_a~ione è infatti quello di considerare la storia della più antica Speciahta del nostro Esercito non soltanto in se stessa, nello snodarsi delle vice~de generalmente belliche dei vari reparti lungo l'arco del tempo, bens1 anche, e soprattutto, per l'apporto da essa dato e per il significato da essa assunto quale componente costante e importante della storia del nostro Paese. "La storia di un popolo - non a caso ebbe a scrivere Napoleone - è in gran parte la storia dei suoi eserciti". Le vicende dei Granatieri hanno già costituito oggetto, ovviamente, di approfondite indagini, valga qui ricordare - oltre a quanto ne scrive specificamente Edoardo Scala nella sua storia della fanteria tutta (1) - l'opera fondamentale di Domenico Guerrini (2). Ma questa (1) EDOARDO SCALA, Storia delle Fanterie italiane, voi. VI: I Grana/ieri di Sar· degna, Stato Maggiore dell'Esercito, IspeUorato dell'Arma d.i Fanteria. Tip. Regionale, Roma, 1954. Cfr. anche il vol. Il: L e Fanterie nel Medioevo e nell'era moderna. (2) DOMENICO GUERRINI, La Brigata dei Granatieri di Sardegna, Tip. Roux e

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si ferma alla fine dello scorso secolo; ed ambedue le menzionate opere rivestono carattere squisitamente tecnico. Quanto alla restante bibliografia, le narrazioni storiche di carattere generale perseguono di solito intenti eminentemente didascalici o celebrativi, oltre ad essere condotte per linee molLo sintetiche (3); mentre altre riguardano soltanto particolari imprese o ristretti periodi ( 4), quando non assumono carattere diaristico o si riferiscono a particolari esperienze individuali (5), a parte le pubblicazioni concernenti mere raccolte di documenti (6). Una bibliografia, pertanto, di rilevante Viarengo, Torino, 1902. Questa attenta e voluminosa trattazione (che consta di due pm·ti per complessivi 67 capitoli più 2 appendici e sei allegati, per un totale di 823 pagine) è stata ripubblicata in Roma. nel 1969, a cura del ! 0 Reggimento Granatieri di Sardegna. (3) U. ROCCA, Storia dei Granatieri di Sardegna, Parma, 1900; ALBERTO ROSSI, Breui cenni della storia dei Granatieri di Sardegna, Museo Storico della Brigata Granatieri di Sardegna, 1918, con aggiunte di GIACCffi, Tip. Fiordeliso, Roma, 1919, e di GIACCHI e LATINI, Tip. RegionaJe, Roma, 1942; NICOLÒ GIACCHI, ll libro d 'oro del 2 ° Granatieri , Tip. Egeria, Roma, 1921; 1° REGGIMENTO GRANATIERI DI SARDEGNA, Libro d'oro 1659·1920, Stab. Poligr. Amministr. Guerra, Roma, 1922; MARIO PERRINI, Briciole di storia raccolte da un Granatiere, Unione Edit. d'Italia, Roma, 1937-38; RENATO CASTAGNOLI, I Granatieri di Sardegna, Roma, 1961; 2~ edizione aggiornata al 1981, a cura dell'Associazione Nazionale Granatieri in congedo, Roma, 1981; LUIGI MONDINI, La storia dei granatieri, in "Storia illustrata", febbraio 1967, pag. 118 e segg.. (4) NICOLÒ GIACCHI, I Granatieri di Sardegna nella Impresa libica, Museo Sio· rico della Brigata Granatieri di Sardegna, Tip. Editrice Moderna, Tivoli, 1914; ARTURO VACCA MAGGIOLINI, La battaglia dell'Assietta (19 luglio 1747), in "Bollettino del Circolo di Cultura della Scuola di Guerra", A.I., n. 5, Tip. Gastaldi. Cuneo, 1923; MU· SEO STORICO DEI GRANATIERI, I Granatieri del 3° Reggimento nella guerra contro la Grecia, Tip. Regionale, Roma, 1943; ID., I Granatieri di Sardegna nella G1·ande Guerra 1915 -1918, Tip. Regionale. Roma, 1937: ALDO BEOLCHINI,Jl Corpo Italiano di Liberazione e i Gruppi di combattimento nelle operazioni del 1944·45 in Italia, Centro di Alti Studi Militari, Roma, 1956; GIOVANNI MESSE, La 1° Ai·mata Italiana in Tunisia, Ministero Difesa, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico. Roma, 1950. (5) NICOLÒ GIACCHI. Quarant'anni con i Granatieri di Sardegna 0895-1934). Ricordi, Tip. Regionale, Roma, 1940; GIUSEPPE PENNELLA. Dodici mesi al comando della Brigala Granatieri, Tip. del Senato, Roma, 1923; ENZO CATALDI, Taccuino gri· gioverde, in "Fronte Unico dell'Italia combattente", Roma, numeri mensili dal novembre 1954 al giugno 1958. (6) MUSEO STORICO DEI GRANATIERI, Granatieri di Sardegna. Dati ufficiali del loro t•alore nella guerra italo·austria.ca 1915-1918. Tip. Regionale, Roma, 1930; ID., Le medaglie d'oro alla B1·igata Granatieri nella guerra italo-austriaca, con aggiunte; ID., Granatieri di Sardegna. Documenti ufficiali del loro valore nella guerra. 1935· 1945, Roma, 1!?73.


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interesse e, per chi voglia conoscerne particolari aspetti, essenziale (7); alla quale, tuttavia, questa trattazione vuole aggiungersi proprio per l'intento particolare da essa perseguito di considerare le vicende granatieresche, pur nei limiti imposti da una indagine di sintesi, nel contesto delle situazioni politico-militari nel quale si sono di volta in volta sviluppate, e che esse da parte loro hanno contribuito a loro volta a determinare e a condurre a compimento. Più che la storia di una parte dell'Esercito, insomma, la storia (e il significato) della sua partecipazione alle vicende generali del paese; più che il racconto della storia dei Granatieri, quello dei Granatieri nella storia. 2. - La storia ha nell'elemento umano il suo essenziale e irrinunciabil e presupposto, l'uomo essendo il primo protagonista e l'ultimo fine delle sue vicende; per quanto la concerne, la storia dei Granatieri è dunque la storia dei soldati che l'hanno costruita e vissuta, considerati nella loro globalità e nelle loro singole individualità, in ogni tempo e in ogni luogo in cui quella e queste si siano trovate, a costituirne il tessuto connettivo, il seme primigenio. Le grandi Unità con le loro denominazioni ed i loro comandi, i singoli reparti con le loro composizioni organiche ed i loro numeri distintivi, le stesse bandiere nella loro simbolica ed altissima significazione ideale sono le entità normalmente considerate nelle ricorrenti rappresentazioni che solitamente si fanno delle battaglie, delle imprese, della storia: "ma voi che mi riferite puntualmente di brigate e di reggimenti - ebbe a dire una volta un imperatore germanico a] suo capo di stato maggiore - ditemi anche dei soldati, dei singoli soldati combattenti, del loro morale". I combattimenti, gli assalti, i contrattacchi che si snodano sui campi di battaglia e decidono le sorti del Paese in guerra sono, prima di ogni altra cosa, i combattimenti, gli assalti, i contrattacchi volta per volta, atto per atto, minuto per minuto, di ogni singolo soldato, ufficiale e sottufficiale, graduato e gregario; ed anche quando, nel quadro globale degli eventi, assumono particolare colorazione singoli episodi, e singoli combattenti si qualificano per il loro comportamento individuale, e ne vengono segnalati i nomi e vengono attribuite medaglie al

(7) Mancano ancora, peraltt'o, e meriterebbero di essere compiuti, st.udi particolari e completi sui Granatieri di Sardegna nella seconda guerra mondiale e nella guerra di liberazione.

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loro valore, anche allora permane il fatto che ogni soldato, _ness Lmo escluso e non soltanto l'eroe conclamato, ha combattuto tutta mtera la propria battaglia, ha dato in fedeltà ed in umiltà il ~roprio cont~ibut~, magari con un personale coraggio rimasto sconosciuto, magan con 11 suo sangue che si è confuso con il sangue di tutti, magari con la sua stessa vita che forse rimarrà soltanto nel ricordo di una madre e nella celebrazione del Milite Ignoto. Tutti i soldati, ed ognuno per se stesso, hanno pertanto tessuto per primi la storia qui raccontata, anche se, n ell~ i~pos~ibil~tà ~i farl~ per ognuno, ci si è soffermati soltanto su alcum smgoh eplsod~; ed e pe~ questa ragione che sono stati inclusi nel racconto anche nomi ed eventi (come ad esempio quelli relativi ai fatti di Fiume) che per non esser.e rientrati nella partecipazione ufficiale di reparti generalmente ne nmangono esclusi o sono appena accennati (8) . Il combattente si sublima nell'atto di coraggio che lo fa eroe, ma gli eserciti non sono fatti soltanto di eroi, e se lo fosser~ lo stesso eroismo non sarebbe più tale, perderebbe la sua essenza m un naturale requisito o avvilirebbe il suo significato in una esaltazi~ne c~llettiva. La grandezza e la nobiltà del soldato in quanto tale, d1 ogru soldat_o che combatte, stanno invece nella continua dedizione, stanno nella silenziosa sopportazione, stanno nel superamento quotidiano della fatica, della sofferenza, della paura: perché è di questo che è fatta la sua umanità (9). "Se fossi un pittore e volessi dipingere quella nostra guerra - ho scritto in un già ricordato mio libro, riferendomi alla mia diret_t~ espe~ rienza nella guerriglia balcanica che ho combattuto q~ale ufficia!e. d1 complemento dei Granatieri di Sardegna - se dov~ss1_ ,dunque_ d1pmgerla, credo che prenderei una tela immensa e poi grn alla rmfusa, spruzzi e spatolate, colori e colori e colori, nero e rosso, nero e rosso, nero e rosso, ed ogni tanto, qua e là, grandi pennellate di verde, un verde di mille verdi diversi; perché così era quella guetrn, incubo e sangue, agguato e sangue, odio e sangue, dovunque e sempre questo, su (8) Cfr., pei· la rievocazione dei fatti di Fiume, un lontano ~umer_o ~ ''Alama'.·o·· Cn. 9-10 del settembre-ottobre 1929) della Sezione di Milano del! Associazione Naz10nale Granatieri; ed i già ciLati volumi Disertori di Ronchi (/,i RICCARDO FRASSETTO 11 D'Annunzio (Ffrenze Atheneum, 1990) di ENZO CATALDI. . (9) "Basta un minuto per fare un eroe - ha scritto P. BRULAT - ma c1 vuole una vita per fare un Uomo.


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una terra che pure ha un incanto meraviglioso di boschi e prati e radure e -laghi e montagne, montagne e laghi e radure e prati e boschi ancora. E poi, su quella immensa tela in quel groviglio di rosso e di nero, la giovinezza di tutti noi che allora avevamo vent'anni: colorata di bianco, se volete, come la nostra paura che certe volte ci stringeva, come l'ignoto che tante volte ci affascinava, come le notti passate all'addiaccio, come ]a morte vista faccia a faccia. Una giovinezza allo sbaraglio, la nostra. Una generazione segnata dal destino". Durante un'imboscata tesaci dai partigiani, appiattito in terra a sparare da dietro un albero per rompere l'accerchiamento, nel crepuscolo d'un giorno tra i tanti lì in Slovenia, mi trovai accanto un grana: tiere del mio plotone e gli chiesi, tra uno sparo e l'altro, come si sentisse. "Bene, signor tenente - mi disse, e poi con un sorriso timido, a mezza bocca - l'ho una gran paura, ma la passerà". Quando poi fu il momento, lo vidi balzare avanti tra i primi e, colpito ad una spalla, seguitare tuttavia a combattere senza fare un s ol passo indietro. E la sua paura mi parve allora , lì, in quel momento , più nobile d'ogni coraggio; e chi è stato in guerra , dico della guerra veramente combattuta, e si è trovato veramente faccia a faccia col nemico, nell'istante stesso egualmente terribile che si può uccidere o essere ucciso, sa certamente che superare se stessi richiede a volte più forza interiore di quanta ne occorra per superare l'avversario. 3. -:- La forza interiore fa certamente parte del patrimonio individuale; e tuttavia a farla affiorare nel momento culminante, a farla riconoscere e a tramutarla in elemento propulsore del proprio comportamento al di là e al di sopra di ogni ostacolo materiale e di ogni remora psicologica, specialmente nei momenti più difficili, concorrono certamente l'educazione alla disciplina, ]'emulazione dei commilitoni, l'esempio degli ufficiali, la forza trainante della tradizion e: ed allora essa si espande nell'àmbito del reparto e si magnifica nell'àmbito dell'Unità, dell'Arma di appartenenza, diventa spirito di Corpo . Non si pretende dire che ogni granatiere abbia posseduto, nei tre secoli di storia e nelle mille battaglie, una forza interiore particolare, né che lo spirito di Corpo sia retaggio soltanto, o specialmente, dei Granatieri. Come in ogni Arma, in ogni tempo e luogo, a vrà potuto perfino esserci il soldato che alla naturale pa ura h a unito forse un contegno non meritevole di encomio o addirittura riprovevole. Ma è aJtrésì vero che nei Granatieri lo spirito di Corpo, l'orgoglio di appartenere ad una Specialità s celt a e ris tretta, quasi un'aristocrazia

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militare, ha sempre costituito, sul piano generale, un elemento di grande rilievo che ha contribuito notevolmente a segnarne la storia. D'altra parte, se soldato di qualsiasi Arma e Specialità, fante ar~ tigliere cavaleggero marinaio aviere e così via, si diventa, granatieri - può dirsi - primieramente si nasce. Occorre cioè che sussista, i~mancabilmente, quel "physique du role" esclusivo, per cui ho sentito dire acutamente da un alto ufficiale dei granatieri in riferimento a cert i atteggiamenti assunti da certe "greche" degli stati maggiori durante l'ultimo conflitto, "a noi non si perdona nulla, a incominciare dalla statura"; e per il quale invece D'Annunzio, di per sé pago della sua per~ sonale grandezza e della sua "inimitabile vita", potette celebrare 1 Granatieri come gli "enfants perdus, alti più del1a loro statura vera", e perfino Mussolini, teso al culto della grandezza guerriera d'Itali_a _e suggestionato dall'altrui mito della purezza della razza, ebbe a defm1re i Granatieri "orgoglio fisico della s tirpe" (10). Ma l'orgoglio dei Granatieri di Sardegna resta invece, e soltanto, quello di sempre: di mantenere, nella fermezza di ~utenti e nell~ dignità di azione, senza macchia alcuna il candore dei lo~o al~man, come ieri nelle contingenze di guerra oggi nelle prospettive d1 pace restando a baluardo, a prezzo di qualsiasi sacrificio, delle fortune e del nome di Italia. (10) "Granatieri di Sardegna! A chi la gloria? A Voi! E da tre secoli": è quanto Benito Mussolini proclamò con frase che venne poi riprodotta in facsimile dell'autografo nel volume edito dal Museo St orico nel 1937, nel 278° anniversario della fondazione del Corpo, a ricordo della partecipazione dei granatieri nella prima guerra mondiale.


APPENDICE


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Appendice 1 11

CRONOLOGIA DELLE GUERRE COMBATTUTE DAI GRANATIERI

m

GUERRA CONTRO I VALDESI (1663) (2)

1663 (6 luglio) (dicembre)

- combattimento di Angrogna - combattimento di Angrogna GUERRA CONTRO GENOVA (1672) (3)

1672 (28 giugno) (18 luglio) (24 luglio) (27 luglio) (6 agosto) (17 ottobre)

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presa della Pieve di Teco combattimento del Ponte di Mozzo combattimento di Monte Chia ppa battaglia di Stellanello sortita di Castel Vecchio presa di Ovada

GUERRA CONTRO I VALDESI (1686)

1686 (23 aprile) (8 maggio)

- combattimento dei Plans, presso Angrogna - combattimento delle Roncailles - assalto e presa di Bobbio Pellice

GUERRA CONTRO LA FRANCIA (1690-1693)

1690 (18 agos to) 1691 (27 settembre-8 ottobre)

- battaglia di Staffarda - assedio di Carmagnola

( 1) Rielaborazione e integrazione dell'elenco in E. SCALA, Storia delle FanterĂŹe d'Italia, voi. VI, l Granatieri, Roma, 1954. (2) Con riferimento al Reggimento delle Guardie preceden temente all'i nserimenLo in organico del nucleo granatieri. (3) Come a nota precedente.


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1692 (29 luglio) (8-10 agosto) 1693 (1-14 agosto) (4 ottobre)

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- presa di Guillestre - assedio di Embrum - assedio di Forte Santa Brigida (Pinerolo) - battaglia della Marsaglia

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1708 (11 agosto) (15 -31 agosto) (17 agosto) 1709 (28 luglio) 1710 (22 luglio)

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- combattimento di Cesana Torinese - assedio di Fenestrelle - combattimento dell'Aiguille (Fenestrelle) - combattimento di Cevine - attacco del Castello di Larche

GUERRA PER LA SUCCESSIONE DI SPAGNA (1701-1713) GUERRA IN SICILIA CONTRO LA SPAGNA (1718)

1701 (1 settembre) (24 settembre) 1702 (15 agosto) 1704 (28 marzo) (15 aprile) (5 giugno-20 luglio) (14 ottobre) 1 705 (9 aprile) (19 giugno-29 luglio) (30 giugno) 1706 (12 maggio-7 settembre) (22 giugno)

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(3 luglio)

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(5 luglio)

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(14 luglio)

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(22 luglio)

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(6 agosto)

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(24 agosto)

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(26 agosto) (27 agosto) (31 agosto) (7 settembre) (4-21 ottobre) 1707 (11 luglio) (27 luglio)

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battaglia di Chiari combattimento di Castrezzato battaglia di Luzzara sorpresa di Chiamonte assalto di ChabĂŠry assalto di Vercelli assedio della Vetrua assedio della Verrua assedio di Chivasso combattimento del Trucchetto assedio dĂŹ Torino sortita dalla piazza di Torino, bastione di San Lazzaro sortita dalla piazza di Torino, bastione di San Maurizio sortita dalla piazza di Torino, porta del Soccorso sortita dalla piazza di Torino, freccia del Beato Angelico sortita dalla piazza di Torino, porta Susa sortita dalla piazza di Torino, Beato Amedeo sortita dalla piazza di Torino, porta del Soccorso sortita dalla piazza di Torino sortita dalla piazza di Torino sortita dalla piazza di Torino battaglia di Torino assedio di Pizzighettone passaggio del Varo attacco della Croix Pharon (Tolone)

1718 (9 luglio) (26 luglio-4 agosto) (27 luglio) (31 luglio)

- combattimento di Caltanissetta - assedio del Castello di Termini Imerese - combattimento nella Fortezza di Castellazzo - combattimento nella Fortezza di Mottagrifone

(29 settembre)

- combattimento del Forte del Salvatore

GUERRA PER LA SUCCESSIONE IN POLONIA (1733-1735)

1742 (12-29 giugno) (16-22 luglio) 17 43 (3 ottobre) (8 ottobre) 1744 (19 luglio) (7 agosto-22 ottobre) (30 settembre) 17 45 (27 settembre) (20-29 ottobre) (10-17 novembre) (23-29 novembre) 1746 (5-7 marzo) (19 aprile-3 maggio) (30 ottobre-1 novembre) (2-18 dicembre) 1747 (21 maggio) (19 luglio)

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assedio della cittade1la di Modena assedio della Mirandola combattimento al Colle dell'Agnello combattimento di Casteldelfino combattimento di Pietralunga assedio di Cuneo battaglia della Madonna del1'01mo ritirata di Bassignana difesa di Valenza difesa di Asti difesa di Casale assedio di Asti assedio di Valenza assedio del Castello di Montalbano assedio del Castello di Savona combattimento della Madonna della Misericordia (Genova) - battaglia dell'Assietta


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GUERRA CONTRO LA FRANCIA (1792-1796)

1792 (22 settembre) 1793 (17 aprile) (8 giugno) (12 giugno) (8 settembre)

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ottobre)

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(18 ottobre) (25 novembre)

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(26 novembre) 1794 (25 aprile) (27 aprile) (28 aprile) 1795 (23 novembre)

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(26 novembre)

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(1

1796 (14 aprile) (19 aprile) (21 aprile)

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comhattimento di Les Marches combattimento al Colle di Brouis combattimento del Perus e dell'Authion combattimento dell'Authion combattimento di Sommalunga e dj Cerisiera combattimento di Forte Pharon (Tolone) assalto della Giletta combattimento del Colle della Valletta combattimento di Sommalunga combattimento della Testa di Nava battaglia del Saccarel1o combattimento di Briga combattimento de] Colle di San Bernardo combattimento del Colle .della Spinarda difesa di Cosseria battaglia di San Michele battaglia del Bricchetto

1031 -

GUERRA CONTRO L'AUSTRIA (1848-1849)

1848 (30 aprile) (6 maggio) (30 maggio) (13-23 luglio) (24-25 luglio) (4 agosto) 1849 (23 marzo)

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combattimento di Pastrengo combattimento di Santa Lucia battaglia di Goito blocco di Mantova battaglia di Custoza battaglia di Milano battaglia di Novara

GUERRA DI CRIMEA (1855)

1855 (3 giugno) (17 giugno) (16 agosto) (10 ottobre )

- combattimento di Alsù - combattimento di Ciorgun - battaglia ÒP.lla CPrn:::iia

- occupazione del Monte Zig Zag

GUERRA CONTRO L'AUSTRIA (1859)

1859 (24 giugno) (25 giugno-7 luglio)

- battaglia di San Martino - assedio del Peschiera

GUERRA PER L'UNJ'l'À NAZIONALE (1860-1861) GUERRA CONTRO GLI AUSTRO-RUSSI (1799)

1799 (26 marzo) (30 marzo) (5 apri.le) (29 aprile)

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combattimento di Incaffi combattimento di Pescantina battaglia di Magnano battaglia di Verderia

1860 (11 settembre) (14 settembre) (16 settembre) (17 settembre) (28 settembre) (4 novembre) 1860-1861

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presa di Cjttà di Castello presa di Perugia entrata in Foligno attacco a Spoleto attacco di Ancona combattimento di Mola di Gaeta operazioni contro il brigantaggio

GUERRA CONTRO LA :FRANCIA NAPOLEONICA (1800 e 18 15)

1800 (26 maggio) 1815 (6 luglio ) (luglio)

- combattime nt o della Chiusella - attacco di Grenoble - battaglia di Nantua

GUERRA CONTRO L'AUSTRIA (1866)

1866 (24 giugno)

- battaglia cli Custoza


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GUERRA CONTRO L'ABISSINIA {1895-18961

1896 (1 marzo)

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1032 -

- battaglia di Adua

(30 ottobre) 1918 (14-16 gennaio) (luglio) (24 ottobre-4 novembre)

1033 -

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combattimento di Flambro combattimento di Caposile operazioni del Delta del Pia ve offensiva del1a Vittoria

GUERRA ITALO-TURCA E PERLA CONQUISTA DELLA LIBIA (1911-1915) OCCUPAZIONE DI FIUME (1919-1920) (4)

1911 (26 novembre) (3-4 dicembre) (19 dicembre) 1912 (18 gennaio) (26-28 giugno) ( 15 luglio) 1913 (1 marzo) 1915 (12-26 maggio) (29 maggio)

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combattimento di Henni battaglia di Ain-Zara combattimento di Bir Tobras combattimento di Gargaresch combattimento di Sidi Said combattimento di Sidi Alì combattimento di Bu Agilah difesa e sgombero di Misurata combattimento di Fondugh Geme]

GUERRA CONTRO L'AUSTRIA-UNGHERIA (1915-1918)

1915 (9 giugno) (10 agosto) (28 ottobre-2 novembre) (20-23 novembre) 1916 (29 marzo) (29 maggio)

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(3 giugno) (7-15 agosto)

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(27-28 settembre)

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(novembre-dicembre)

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1917 (24 maggio) (6 luglio) (20-24 agosto) (agosto-settembre) (ottobre-novembre) (29 ottobre)

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presa di Monfalcone attacco di Quota 121 (est Monfalcone) attacco di Monte Sabotino combattimento di Oslavia combattimento di San Floriano combattimento di Treschè ConcaCasuna combattimento di Monte Cengio combattimenti di San Michele, del Pecinka, del N ad Logem combattimenti del Veliki Hribach, di San Grado di Merna operazioni nel settore Oppacchiasella-Hufi Log attacco di Selo attacco alle Quote 219 e 235 attacco e presa di Selo attacco alla Bainsizza ripiegamento dal Carso al Piave combattimento di Lestizza

GUERRA CONTRO UETIOPIA (1935-1936)

1936 (15 febbraio) (27 febbraio)

- Amba Aradam -Amba Uorc

GUERRA CIVILE IN SPAGNA (1936-1939) (5)

SECONDA GUERRA MONDIALE <1940-1943)

Operazioni contro la Grecia 1940 (28 ottobre) (5 novembre) (6 novembre) (7 novembre) (14 novembre) (24 novembre)

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(27 novembre) (dicembre)

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1941 (gennaio-marzo) (10-17 aprile)

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avanzata al fiume Kalamas forzamento del Kalamas combattimento di Egomenizza combattimento di Arpiza combattimento dì Gugohori combattimento di Capostilo - occupazione di Sella Rada ti e di Monte Murzine combattimento del Murzine difesa della posizione di Sella Rada ti e del Kurvalesc difesa del Golico, difesa del Kurve1esce e dell'alta valle Bencia battaglia dello Scindeli

(4) Partecipazione di un battaglione di granatieri per autonoma iniziativa contraria alle dirett.ive ufficiali. (5) Partecipazione volont.a1ia di granatieri per iniziativa ufficiosa del governo.


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1034 -

Operazioni in Slovenia e Croazia contro le formazioni ribelli (Esercito di liberazione e partigiani vari) 1941 (aprile) 1942 1943

- operazioni in Slovenia - operazioni in Slovenia e Croazia - operazioni in Croazia e nelle isole della Dalmazia

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Operazioni in Russia 1942 (luglio) (agosto) (dicembre) (6 dicembre) 1943

Operazioni in Africa 1941 (febbraio) (febbraio-marzo) 1942 (21-27 gennaio) (28 gennaio) (29 gennaio) (31 gennaio) (8 febbraio ) (28 aprile) (20 maggio) (31 maggio) (26-29 giugno) (luglio) (17 luglio) 1943 (gennaio) (16-25 marzo) (26 marzo) (6 aprile) (19 aprile)

- operazioni di Monte Sachil e Quota 1616 - battaglia di Cheren (Eritrea) - combattimenti di Uadi Faregh e Autclat - battaglia dello Sceleidima e Soluch - occupazione di Ghemines e ingresso a Bengasi - occupazione di Tocra-e-Barce - combattimenti di El Mechili, Berta, Segnali ed El Agheila - combattimenti di El Zuetina - occupazione di El Sceleidima - occupazione di Ghemines - combattimenti di Marsa Ma truck - fatti d'armi di Alamain, Br el Matqua - fatti d'armi di Sidi B1igish e Alamein - combattimenti zona del Porcellino - combattimento di Mare th - combattimento di Uadi Akarit - combattimenti di Chidame el Hachana - combattimenti di Taluouna

Operazioni in Corsica 1943 (18 aprile)

- naufragio

1035 -

- occupazioru dĂŹ Krasnij Lutsch (Ucraina) - battaglia di Jagodnij e del caposaldo 220 - ritirata dal Don al Donez - combattimenti dell'Ansa di WerchMamon - combattimenti di Werch Tschirskij e del Tichaja

Difesa di Roma 1943 (9-11 settembre)

- Porta San paolo, Magliana, ecc.

Guerra di liberazione a fianco degli Alleati 1944-1945

- Senio, Riolo di Bagni, ecc.

Guerra a fianco dei tedeschi nella R.S.I. 1944-1945

(6)

- zone di Reggio Emilia, Cuneo, Torino, ecc.

(6) Partecipazione estranea alla posizione del governo legittimo.


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1036 -

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Appendice 2 "

MEDAGLIE D'ORO INDIVIDUALI

m

A Granatieri delle Unità del Corpo 1. Teo.col. 1° Rgt. 2. Col. 2° Rgt. 3. Teo.co l. 2° Rgt. 4. Cap.no 1° Rgt. 5. Magg. 2° Rgt. 6. Cap .no 1 ° Rgt. 7. S.ten. 1° Rgt. 8. S. ten. 1° Rgt. 9. Ten.col. 2° Rgt. 10. Cap.no 1° Rgt.

11. S.ten. 1° Rgt. 12. S.ten. 1 ° Rgt. 13. S.ten. 2° Rgt. 14. Gran. 2° Rgt. 15. Ten. 1° Rgt. 16. Gran. 1° Rgt. 1 7. Col. 2° Rgt. 18. Cap.no 2° Rgt. 19. Ten. 3° Rgt. 20. Ten. 1° Rgt. 21. Ten. 1° Rgt. 22. S.len. 2° Rgt. 23. Cap.no 1° Rgt.

Boni Annibale Manassero di Costigliole Statell a Vincenzo Bottini Angelo Fiastri Giulio Rossini Antonio Nisco Nicola Perrini Mario Bignami Ugo Morozzo Della Rocca Federico Stuparich Carlo Stuparicb Gianni Capocci Teodoro Samoggia Alfonso Rocco Vincenzo Setti Agostino Spinucci Emidio Rorai Giuseppe Jannelli Melchiorre Zucchi Aldo Michclazzi Luigi Marini Filippo Pellizzari Germano

Cusloza, 24-6-1866 Custoza, 24-6-1866 Custoza, 24-6-1866 Rocca d'Anfo, 3-7-1866 Palermo, 19-6-1866 Adua, 1-3-1896 Asiago, 31-5-1915 Oslavia, 29-3-1916 Cesuna, 28-5/3-6-1916 Cengio, 28-5/3-6-1916 Cengio, 30-5-1916 Oslavia, 6-5/31-5-1916 Cesuna, 31-5/3-6-1916 Cesuna, 31-5/3-6-1916 Carso, 24-5-1917 Selo, 22-8-1917 Piave, 28/ 30-10-1917 Libia, 29-3/11-6-1923 Spagna, 6-3-1939 A.O.I., 24-3-1936 A.O.I., 25-3/21-6-1936 A.O.I., 4-10-1936 A.O .I., 10-11-1936/ 31-2-1937

Elencazione tratta da una 1·accolta di ~notizie s torichen inedita, curala dal grnnat.icre Silvio Bergomi di Milano nel 1983. (1)

24. Gran. 3° Rgt. 25. S.ten. 3° Rgt. 26. Ten. 3° Rgt.

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Spalletti Stellato Missoni Luigi Venini Giulio

Albania, 3- 12- 1940 Albania, 14-12-1940 Albania, 31-12-1940/ 1-1-1941 27. S. ten. 3° Rgt. Porcelli Tullio Asmara, 1-6-1940 28. Ten. 3° Rgt. Ciriaci Dino A.O.I., 5/10-2-1941 29. Col. 2° Rgt. Persichelli Siro Eritrea, febbr.-mar. 1941 30. Ten. 2° Rgt. Di Marzio Gioacchino Eritrea, 6-2/21-3-1941 31. S.ten.med. 1 Rgt.Friggeri Attilio Slovenia, 3-6-1942 32. Cap.no 1° Rgt. Pandolfo Vincenzo Roma (San Paolo), 8/9-9-1943 33. S.ten. 1° Rgt. Perna Luigi Roma (Magliana), 8/10-9-1943 34. Ten. J O Rgt. Persichelti Raffaelc Roma (San P aolo), 8/10-9-1943 35. S.ten. Casati Alfonso Belvedere Ostiense, 1944 36. Caporale Govoni Aladino Roma . settembre 194::i/ marzo 1944 37. Cap.no Crollalanza Gioacchino Val Cento, 12-5/ 12-10-1944 38. Cap.magg. Nembrini Giuseppe Torrenle Senio, 1945

A Granatieri in forza ad altri Corpi 1. Capo manip.

Bernardini Oreste

2. Ten. 3. S.Lcn. 4. Cap.no

Urli Igino Giardina Aldo Falletti Sergio

5. Paracad.

Lustrissimi Gherardo

6. Ten. 7. S.ten.

Rossi Alberto Pedacci Pradis

8. S.tcn. 9. Ten.col. 10. Cap.no

Vukasina Antonio Manzelli Giuseppe Odino Giovanni Carlo

11. Ten. 12. Cap .magg. 13. Ten.

De Pillo Edmondo Fruscelli Gino Joli Giuseppe

Africa Sett., 20/ 24-11-1941 Fronte Greco, 10-1-1941 A.O .I., 6-12-1941 Africa Sett.. 20/ 24-11-1941 Africa Sett., 23/ 25-10-1942 Fr. Russo, 16-12-1942 Fr. Russo. dicembre 1942 Dalmazia, 7-6-1943 Albania, 9/16-9-1943 Colle D.Turchino, 19-5-1944 Roma, 3-6-1944 Alfonsine, 11-4-1945 Russia, 1942/1950


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Appendice 3 g

MONUMENTI, STELE E LAPIDI, EDIFICI, PIAZZE E STRADE DEDICATE AI GRANATIERI Cl)

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Caltrano-Chiu.ppano (Vicenza): Ponte dei Granatieri, sulla statale Vicenza-Asiago a scavalcamento dell'Astico, inaugurato il 22 giugno 1958. Campiello (Vicenza): lapide a ricordo dei granatieri caduti nella battaglia degli Altipiani della prima guerra mondiale, posta sulla statale per Asiago e il Cengio. Caposile (Venezia): tempio-monumento al Granatiere (in fase di progettazione).

Assietta (Torino): stele di pietra sul Colle dell'Assietta nel comune di Exilles in Val di Susa. Posta il 21 luglio 1878 e distrutta dai cont~dini nel luglio 1881, è stata risistemata con apposte due targhe m bronzo il 19 luglio 1900.

Capriate-San Gervasio (Bergamo): stele sulla Piazza della Vittoria a memoria dei Granatieri caduti in tutte le guerre, inaugurato il 18 giugno 1977.

Avellino: lapide alla memoria della medaglia d'oro tenente Luigi Perna caduto nella difesa di Roma nel 1943, apposta nel 1969. Avezzano (L'Aquila): v;a dei Granatieri.

Casale Marittimo (Pisa): busto in marmo del capitano Jacopo Cancellieri medaglia d'argento, caduto in Adua il 1 ° marzo 1896, posto sulla facciata del palazzo di famiglia.

Bagnoregio (Viterbo): lapide per i C~duti de! ~ I I Battaglione Controcarro in Russia, apposta sulla facciata dell ed1f1c10 comunale ed inaugurata il 3 maggio 1975. Bergamo: granata ferrigna composta di residua~i be!lici ~pera di Silvano Bevilacqua di Gorizia, sistemata nel parco g1ardmo d1 Bergamo Alta e inaugurata il 26 maggio 1974. Boario Terme (Brescia): lapide di marmo verde nella Chiesa Sacrario Madonna degli Alpini, inaugurata il 2 ottobre 1977. Bondeno (Ferrara): Monumento del Granatiere in Via Pironi dei Giardini comunali, opera di Alì Tassi, inaugurato l'll maggio 1980. Boville Emica (Frosinone): monumento al 3° Reggimento Gr~na~ tieri di Lombardia per i Caduti del 28 gennaio 1861 nelle operaz1om contro gli sbandati delle truppe borboniche ed i briganti, inaugurato il 2 dicembre 1900. Buia (Udine): stele in memoria del tenente Ermanno Barbara ~edaglia di bronzo, caduto sul fronte ~reco nel 19~1, colloca~a nel piazzale antistante l'edificio comunale, inaugurata 1110 maggio 1987.

(1) Rassegna curata dal granatiere Silvio Bergomi in una monografia inedita e qui aggiornata.

Casola Valsenio (Ravenna): monuJUento circolare in ceramica colorata in memoria della medaglia d'oro Giuseppe Nembrini ed altri granatieri del Gruppo Friuli caduti sul Senio nella guerra di lìberazione, inaugurato il 18 settembre 1983. Casorezzo (Milano): pannello in bronzo intitolato "Deposizione delle battaglie" sulla parete della Cappella funeraria nel Cimitero locale in memoria del cappellano del 2° Reggimento Granatieri e parroco del luogo don Luigi Quadri, opera dello scultore granatiere Federico Quatrini, inaugurato il 4 novembre 1964 - campana donata a don Quadri dai granatieri, inaugurata il 16 ottobre 1966- monumento a don Quadri nella Piazza della Chiesa, dono di Marco Molla già della Legione Straniera francese. Castelfranco Emilia (Modena): lapide in memoria del generale Carlo Melotti nella casa natale in Via Speranza ora Via Zanasi 11, inaugurata il 6 settembre 1959. Castel Goffredo (Mantova): cippo marmoreo per i Granatieri caduti, inaugurato il 21 settembre 1964. Cengio (Savona): Piazzale del Salto del Granatiere sul Monte Cengio - Croce di ferro ivi alta m 8, larga m 2, illuminata da un faro - Altare in marmo bianco "Ara dei Caduti" ivi, inaugurato il 14 giugno 1953 - spiazzo e lapide all'imbocco della galleria dedicati al generale


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Giuseppe Pennella, inaugurati il 16 aprile 1953 - Chiesetta Sacrario sulla seconda curva della stradina che da P iazzale del Rifugio porta allo Spiazzo Pennella, in forma ottagonale di m 10 x 10 -in detta Chiesetta due lapidi su un mucchio di pi etre del Cengio - ancora in detta Chiesetta nella parete dietro l'altare l'immagine del Cristo sopra una Croce spezzata, opera dei granatieri Osvaldo e Peter Moroder di Ortisei - lapide a fianco della porta della Chiesa, inaugurata il 20 luglio 1975 - scultura di granatiere in acciaio, opera dello scultore alpino Giacomo Zordan, situata accanto alla Chiesa.

Cesuna (Vicenza): monumento in memoria della medaglia d'oro colonnello Ugo Bignami sulla strada che da Cesuna porta a Quota 1156 in Val di Maso, inaugurato il 24 giugno 1956. Chioggia (Venezia): Via dei Granatieri. Cittadella (Padova) : Via Brigata Granatieri di Sardegna nel Borgo Vicenza - in detto Borgo, stele in marmo rosso dell'architetto Franco Frigo dedicata ai Granatieri caduti in tutte le guerre . Civitavecchia (Roma): monumento ai Granatieri caduti, opera del granatiere Giulio Romiti, situato nella Caserma D'Avanzo nella Borgata Aurelia, inaugurato il 16 aprile 1967 e traslato nell'attuale luogo il 25 maggio 1985. Cologna Veneta (Verona): Monumento alla Brigata Granatieri di Sardegna, inaugurato il 1° aprile 1990. Como: Via dedicata alle medaglie d'oro Corrado e Giulio Venini padre e figlio, il secondo tenente dei granatieri caduto nella seconda guerra mondiale - stadio e via dedicati al granatiere Giuseppe Sinigaglia già campione del remo, caduto sul San Michele nel 1916 - stele dedicata allo stesso, inaugurata il 19 settembre 1966 nei giardini pubblici, traslata il 25 settembre 1983 in località S. Agostino di Geno sul lato est del lago. Corinaldo (Ancona): lapide alla memoria de1la medaglia d'oro sottotenente Alfonso Casati. Cortellazzo-Jesolo (Venezia): Monumento a forma di granata in bronzo opera del prof. Verza, inaugurato il 27 aprile 1985 - Piazza del Granatiere, intitolata il 17 ottobre 1965. Cosseria (Savona): lapide all'ingresso dei ruderi del castello a celebrazione di Filippo del Carretto di Camerana, di Paolo Viglietti e de-

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gli altri Granatieri caduti nella battaglia di Cosseria, posta il 26 ottobr~ 1960 a cura del conte Gustavo del Carretto di Montecrivello e Millesimo - busto del generale Pasquale Lissoni a metà della strada di accesso ~i detti ruderi, apposto il 20 giugno 1965 - lapide della fratel ~anza italo-~rancese posta all a estremità est dei ruderi del castello, maugurata 11 10 giugno 1984.

D_esenzano del Garda: lapide a ricordo dei granatieri caduti in San Martmo della Battaglia (maggio 1990). Dueville (Viterbo): Via dei Granatieri. .El A_lamein (Egitto): 'g ranata in bronzo posta il 31 ottobre 1954 lap1de di marmo posta il 24 settembre 1967. Elba (Isola d'Elba, Livorno): P iazzale dei Granatieri in Marina di Camp o - stele con fiamma nello stesso, inaugurata il 17 maggio 1987. Fesc_hlum (nella Tripolitania già italiana): colonna in marmo con targa d1 bronzo per i Granatieri morti di colera nel 1911-1912 inaugurata nel febbraio 1912 (copia dell'originale custodito nella S;Ia del trono) - lapide sulla tomba del maggiore Gregori e altra sulla tomba del tenente Osti, in Oasi presso Tripoli - monumento ai caduti di cole~a in Hai:rm~a - lapide sullo scoglio a ovest di Gargaresch a memoria dei granatieri Somma e Torta, inaugurata il 18 gennaio 1913.

. Firenze: Via dedicata alla m_edaglia d'oro Emilio Spinucci- Via ded~cata a~l~ m?daglia ?'oro Aldo Zucchi - Via dedicata alla medagli a doro Luigi M1~helazz1 - lapide allo stesso nella Scuola già da lui frequentat a - lapide nella Caserma in Piazza Santo Spirito a ricordo dei granatieri ivi alloggiati nel 1864-1866 quando Firenze fu capitale d'Italia. . !iume (ora Jugoslavia): monumento funerario eretto nel 1918 nel cimitero a memoria dei Granatieri del Corpo di occupazione deceduti per c~lera - Sul m~numento il 29 giugno 1929, presente tra gli altri il magg10re ~arlo Rema (cfr. Cap . XXIII), è stata posta una fiamma. Passata Fmme alla Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale il mo nu~ento è st~to vandalicamente distrutto. La fiamma, recuperata da u_n fmmano, e stata con una lettera spedita alla Sezione dell'Associaz10ne Granatieri in Milano, che ora la custodisce. Questa_ l~ ~ettera : "Si.gnori Granatieri, un amico vi manda un segno della c1V1lta progress1sta con la quale l'Italia intrattiene amichevoli rapporti di amicizia. In Italia cimiteri di guerra che raccolgono le spo-


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glie dei soldati austriaci sono ancora efficienti e nessuno si sogna di calpestarli nonostante l'opera denigrativa svolta dal governo di Vienna. Serva ciò di esempio perché i Granatieri non dimentichino l'atto oltraggioso degli "amici slavi" Un italiano di Fiume.

Flambro (Udine): cippo di marmo con busto dedicato alla medaglia d'oro colonnello Emidio Spinucci nella Scuola dedicata allo stesso, inaugurata il 31 ottobre 1937 - Via Emidio Spinucci- colonna mozzata su cumulo di pietre del Carso dedicata allo stesso in detta via, inaugurata il 30 ottobre 1952 - lapide sulla parete esterna della Chiesetta di San Giovanni alla memoria dei Granatieri del 2° Reggimento caduti nella grande guerra, inaugurata il 28 ottobre 1962 - cippo in marmo sulla strada napoleonica Codroipo-Palmanova dedicato ai Granatieri, inaugurato il 31 ottobre 1982 - lapide dedicata alla memoria di Emidio Spinucci nella Scuola suddetta, inaugurata il 25 ottobre 1987.

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Monfalcone (Gorizia): Salita del Granatiere, con due cippi a1l'inizio, opera de11'architetto Leoni, inaugurata il 4 novembre 1952 - Via 9 giugno 1915 a memoria della entrata in Monfalcone dei Granatieri lapide sulla facciata del Municipio. Monte Croce di Custoza (Varese): stele con granata, targa in bronzo e quattro lapidi alla base, inaugurata il 24 giugno 1867. Montefiascone (Viterbo): cippo e lapide a ricordo dei Caduti nell'aprile del 1942 del XXXII Battaglione Controcarro, inaugurati il 3 maggio 1975. Montello (Treviso): busto del generale Pennella a Quota 279 in Piazza Garibaldi, inaugurato il 23 giugno 1968. · Montereale (L'Aquila): monumento marmoreo in memoria della medaglia d'oro Siro Persichelli, inaugurato il 28 settembre 1985.

Formia (Latina): lapide a ricordo dei fatti d'arme del 4 novembre 1860, posta su cippo preesistente nei giardini antistanti la Torre di Mola di Gaeta, inaugurata il 13 novembre 1960.

M u:;ile di Piave (Venezia): stele all'ingresso del ponte sul Piave, lato Musile, inaugurata il 2 giugno 1961 - Via dei Granatieri.

Gabria al Vipacco (Gorizia): lapide a ricordo della battaglia del Nad Logem nel 1916, inaugurata il 24 settembre 1967.

Orvieto (Terni): monumento in memoria dei Caduti in prigionia a Wietzendorf in Pi azza Cahen inaugurato il 26 settembre 1982.

Grumello del Monte (Bergamo): Scuola elementare intitolata alla medaglia d'oro maggiore Giuseppe Nembrini - busto in bronzo dello stesso nell'atrio della Scuola, inaugurato il 3 maggio 1970.

Oslavia (Gorizia): colonna in marmo carsico sul Lenzuolo Bianco nella Strada di San Floriano dopo l'Ossario di Oslavia dono della medaglia d'oro Mario Perrini, inaugurato nel 1921 e completato di granata nel 1966.

Isola San Pietro (Cagliari): lapide in memoria del Duca di San Pietro don Bernardino Antonio Genovese, posta sulla facciata del palazzo comunale di Carloforte, inaugurata nel maggio 1982. Madonna della.Scoperta (Brescia): lapide in bronzo sulla facciata della Chiesetta locale , inaugurata il 24 giugno 1909 (cfr. "Madonna della Scoperta" edita da F. Casanova in Torino nel 1919) - monumento alla Brigata Granatieri di Sardegna, inaugurato il 27 maggio 1990. Milano: via Assietta in località Affori - Via Monte Cengio in zona Rigoredo - Piazza Stuparich in quartiere "T.8" - lapide dedicata ad Alfonso Casati sulla facciata del palazzo Casati in Via Soncino n. 2, apposta nel 1949 - aula della Scuola elementare in via Ruffini n. 4 dedicata alla memoria della medaglia d'oro Giulio Venini, inaugurata nel 1956. Militello in Val Catania (Catania): lapide a ricordo dei Granatieri, inaugurata l'll ottobre 1987.

Palermo: Via del Granatiere nel Quartiere di Piazza don Bosco, intitolata nel 1959. Parma: lapide alla memoria della medaglia d'oro Giuseppe Rorai posta il 27 settembre 1931 sul muro della Caserma del 62° Reggimento demolita dopo la seconda guerra mondiale perché recante simboli del regime fascista -lapide in località Crocetta di San Pancrazio a ricordo dei fatti d'arme del 29 giugno 1734, inaugurata il 29 giugno 1934, demolita per le stesse ragioni dell'altra e ripristinata sulla facciata di Casa Fainardi il 29 giugno 1955. Perugia: lapide a ricordo dei fatti d'arme del 14 settembre 1860 inaugurata il 25 settembre 1960. ' Ponte della Delizia (Pordenone): cippo a ricordo del fatto d'arme di Casarsa della Delizia del 30 ottobre 1917, inaugurato il 25 ottobre 1987.


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Ponte Egola (Pisa): lapide alla memoria della medaglia d'oro Stellare Spa11etti posta nella piazza municipale.

Sirmione del Garda (Brescia): lapide ai piedi del monumento dei Caduti in località San Pietro in Mavino, inaugurata il 26 aprile 1981.

Recco (Genova): monumento in memoria dei Caduti per l'affondamento della nave "Crispi" silurata il 19 aprile 1943, inaugurato il 29 maggio 1977.

Sirta Valtellina (Sondrio): lapide dedicata alla memoria dei granatieri caduti in guerra, inaugurata il 20 aprile 1980.

Roma: statua in bronzo del granatiere, opera dello scultore Piranjo, nel giardino antistante il Museo dei Granatieri in Piazza Santa Croce in Gerusalemme - colonna romana in m emoria dei 7.335 Caduti e 13.495 granatieri feriti nella guerra 1915-1918 - colonna in memoria dei granatieri caduti in tutte l e guerre - stele di marmo in memoria dei Caduti nella difesa di Roma e in Corsica - Via Raffaele Persichetti presso la Piramide Cestia, intestata con delibera n. 41/32 del 27 dicembre 1945 della Giunta Municipale, inaugurata ne] gennaio 1946 Scuola Media Raffaele Persichetti in Via Brave1,ta n . 397 - Via dei Granatieri alla Cecchignola, intestata con delibera governatoriale n. 84/49 del 18 dicembre 1931, modificata con delibera n. 2501 del 20 set-

tembre 1961 del Commissario straordinario - colonna romana a memoria dei 417 Caduti nella difesa di Roma nel settembre 1943 in Piazza di Porta Capena - lapide a ricordo della medaglia d'oro Vincenzo Pandolfi.

Ronchi dei Legionari (Gorizia): Via dei Granatieri. San Giorgio del Sannio (Benevento): stele per i Caduti della guerra di liberazione posta in Piazza Risorgimento, inaugurata il 23 settembre 1984. San Michele del Carso (Gorizia): granata ferrigna fatta con residuati bellici, opera dello scultore Silvano Bevilacqua di Gorizia, inaugurata il 25 settembre 1966 - lapide dedicata al granatiere Emilio Colognato caduto il 10 agosto 1916. Selo (Udine, ora passata alla Jugoslavia ): stele sul limite estremo del fronte carsico posta il 6 maggio 1933, distrutta dagli jugoslavi nel dopoguerra (un pezzo recuperato è presso H Museo)- stele posta in sostituzione dell'altra nel VaUone di Doberdò al bivio di Devetak, inaugurata iJ 24 settembre 1967. Sesto Fiorentino (Firenze): pannello in bronzo in memo1·ia del sottotenente Roberto Bindi combattente in Libia nel 1911 e morto nell'Ospedale di Taranto nel 1912.

Sistiana (Trieste): Casa del Fanciullo in Borgo San Mauro dedicata ai granatieri Giorgio e Guglielmo Reiss Romoli, inaugurata il 24 maggio 1961 - Casa del Riposo in Borgo San Mauro dedicata alle medaglie d'oro Carlo e Giani Stuparich. Tresche Conca - Forte Gorbin (Vicenza): lapide a ricordo dell'olocausto del sottotenente Carlo Stuparich, inaugurata il 15 giugno 1960. Trieste: Largo del Granatiere a tergo del Palazzo comunale in Piazza dell'Unità d'Italia, inaugurato il 3 giugno 1961 - Vi.a Fratelli Reiss Romoli in Borgo San Giorgio, inaugurata nel 1966 - Via Carlo e Giani Stuparich a tergo dell'Ospedale Maggiore - Via Guido Zanetti trasversale di Via Cesare Battisti - cippo alla memoria del sottotenente Flavio Rossi caduto nel 1943, medaglia d'argento - Scuola Media Carlo Stuparich in Via Di Rozzol n. 61 - fiamma in bronzo su cippo ai piedi del monumento ai Caduti sul Colle San Giusto inaugurato il 4 giugno 1961 (rifatta dopo essere stata vandalicamente distrutta nell'immediato dopoguerra) - granata ferrigna sul Colle di San Giusto a sosti tuzione di due precedenti fiamme distrutte nel dopoguerra, posta il 23 maggio 1974. Vaprio d'Adda (Milano): Scuola comunale dedicata alla medaglia d'oro Dino Ciriaci, inaugurata il 10 maggio 1955. Verona: lapide per i Granatieri caduti, inaugurata i1 19 giugno 1983. Vigna di Valle (Roma): busto in bronzo alla memoria del capitano dei granatieri pilota Fausto Pesci, traslato nel Museo dell'Aeronautica dall'Aeroporto di Bologna dove era stato posto nel 1921. Villa Bartolomeo (Varese): monumento con figura del granatiere e lastra in marmo bianco, opera di Ruggero Brombin, inaugurato il 4 settembre 1983. Viterbo: monumento al 3° Reggimento Granatieri di Sardegna inaugurato il 7 ottobre 1962 - campana in bronzo nella Caserma Allievi sottufficiali Fanteria inaugurata 1'8 maggio 1977 - lapide nella ex Caserma del 3° Granatieri inaugurata nel 1956 e traslata in Piazza


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della Rocca nel 1982 - Viale Granatieri di S.ardegna con cippo, inau gurato il 4 maggio 1975 - monumento copia dell'altro nel piazzale della Caserma Scuola Allievi sottufficiali, inaugurato 1'8 maggio 1957 lapide nella ex Caserma del 3° Granatieri in Piazza della Rocca, dedicata ai Caduti di Albania, inaugurata il 14 maggio 1956 - fiamma su marmo nel cortile di detta Caserma - lapide a ricordo del I Btg. del 3° Granatieri che operò in A.O.I. nel 1935-37 e del IV Btg. e.e. in Albania Sett. 1941-43 (maggio 1990).

INDIC E GUERRINI


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