POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE VOL IV (PARTE PRIMA)

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(parte prima)



STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFlClO STORICO

MARIO MONTANARI

POLITICA E STRATEGIA IN CENTO ANNI DI GUERRE ITALIANE

VOLUME IV (parte prima) LA GUERRA DI LIBERAZIONE

ROMA 2010



INDICE GENERALE PAG.

PRESENTAZIONE ......................................................................................

PARTE PRIMA - DAL 25 LUGLIO ALL'8 SETTEMBRE

1943

Cap. I - Il problema politico-militare dell'Italia 1. La situazione italiana a fine luglio 1943 ....................................... 2. I primi passi del governo Badoglio ................................................ 3. Fra Tedeschi ed Alleati ................................................................... 4. I provvedimenti militari adottati prima dell'8 settembre ...............

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Cap. II - L'armistizio 1. L'8 settembre ................................................................................ 91 2. La crisi armistiziale a Roma ......................................................... 121 3. Le ripercussioni dell'armistizio sulle F.A .................................... 142 Cap. III - Considerazioni conclusive .................................................... 175



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PRESENTAZIONE

Guerra di Liberazione: 8 settembre 1943 - 25 aprile 1945 . Venti mesi durante i quali i militari italiani, le Annate angloamericane e le forze della Resistenza combatterono insieme per la liberazione del Paese dai nazifascisti. La partecipazione diretta di Unità militari italiane a questa lotta è un capitolo di storia che onora altamente il nostro Esercito, che non si perse d'animo. I Comandi e le Grandi Unità dell'Italia meridionale e delle Isole rimasèro integri e costituirono la linfa vitale per la nuova prova di fierezza, di nobili ideali e di amor patrio che diede l'Esercito Italiano. Al fianco degli Alleati, uniti per il bene supremo della libertà, i nostri soldati si distinsero per sacrificio e valore a Montelungo, sulle montagne appenniniche, lungo la costa adriatica, nella pianura padana, fino a liberare l'intera Penisola. Il loro ruolo fu fondamentale anche e soprattutto nell'organizzazione dei partigiani.. Infatti si dovette alla loro esperienza di guerra se le formazioni partigiane nacquero e impararono i rudimenti del combattimento; e furono i militari a guidare gli insorti contro i tedeschi e i soldati della R.S.I. fino alla Liberazione, nell'aprile del 1945, aprendo la strada all'evoluzione politica della Nazione. Infatti la Repubblica italiana nacque proprio dalla Resistenza, al suo spirito ed all'azione del Comitato di Liberazione Nazionale. La stessa Assemblea Costituente fu poi in gran parte composta da esponenti dei partiti che avevano dato vita al C.L.N. e furono quegli stessi patrioti a scri'>_'.ere la nostra Costituzione, fondandola sui princìpi della democrazia e dell' antifascismo. Questo volume, narrando tutti quegli avvenimenti, completa J'opera in sei tomi che ha ripercorso oltre un secolo di storia militare italiana, dal periodo risorgimentale alla fine della Seconda Guerra Mondiale. All'autore, il Gen. C.A. Mario Montanari, va il mio più,sentito ringraziamento per l'enorme e difficile lavoro di ricostruzione storica svolto, durato quasi quindici anni.

Il Capo dell'Ufficio Storico Col. Antonino Zarcone



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SIGLE usate nel volume

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Allied Armies ltaly Allied Commision Allied Control Commìssion Archivio Centrale dello Stato Allied Forces Head Quartier (Mediterranean) Allied Military Govemement Allied Military Govemement of Occupied Territories Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito Antìfasisticko Vijece Narodnog Oslobodjenja Jugoslavije Comitato Centrale di Liberazione Nazionale Combined Chiefs of Staff (anglo-americani) Corpo Italiano di Liberazione Commissione Italiana di Storia Militare Comitato di Liberazione Nazionale Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia Comitato Militare Regionale Piemontese Corpo Volontari della Libertà Documenti Diplomatici Italiani Ethnikos Dimokratikos Ellenikos Ellenikos Laikos Apeleftherotikos Gruppo di azione patriottica Guardia Nazionale Repubblicana Military Mìssion to the Italian Army Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale Oberkommando der Wehrmacht Office of Strategie Service Repubblica Sociale Italiana Supreme Allied Commander Supreme Allied Commander Mediterranean Squadra di Azione Patriottica Special Operations Executìve Schutzstaffeln Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito



Parte prima DAL 25 LUGLIO ALL'8 SETTEMBRE



TL PROBLEMA POLJTICO MILITARE DELL'ITALTA

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Capitolo I IL PROBLEMA POLITICO-MILITARE DELL'ITALIA 1. LA SITUAZIONE ITALIANA A FINE LUGLIO 1943 Alle 17 del 25 luglio 1943, il Re accolse Mussolini a Villa Savoia con guest~ parole «Caro Duce, le cose non vanno più. L'Italia è in tocchi>>. Poi trasse le conclusioni dal voto del Gran Consiglio 1• L'Italia era effettivamente «in tocchi» sotto ogni profilo. Colpiva anzitutto la netta frattura formatasi tra il regime ed il Paese. Appena tre anni pr.ima, all'inizio del giugno 1940, gli spettacolari successi della Wehrmacht sui campi di battaglia europei avevano profondamente impressionato l'opinione pubblica, spostandone l'orientamento dalla non bel1igeranza, vissuta non senza una penosa incertezza, alla convinzione della prossima e definitiva vittoria tedesca e, quindi, alla convenienza di scendere in campo al più presto a fianco della Germania per pa1tecipare al trionfo finale senza pagare scotti troppo elevati. Eppure l'annuncio della dichiarazione di guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna, reso dal Duce al balcone di Palazzo Venezia il 10 giugno, fece immediatamente sparire ogni entusiasmo ed aprì la strada al dubbio ed alla preoccupazione. Da allora 1' atteggiamento del popolo, trascinato in una guerra non desiderata, fu dapprima privo di slancio come protesta, alternò poi mom~nti di indifferenza ad altri di dolorosa e stupida depressione, ad altri ancora di speranza illusoria, mentre sempre più pesantemante si facevano sentire le privazioni e le sofferenze recate dalla guerra. Subentrò un pesante malumore, che il drammatico evolvere delle operazioni, nonchè i violenti ed incontrastabili bombardamenti anglo-americani sull'intera penisola, mutarono nella disperata certezza di una sconfitta inevitabile e, come naturale conseguenza, nel sempre più esasperato desiderio di pace a qualsiasi costo 2 • Musso.lini, Storia di un anno, Mondadori, Milano 1944, p. 89. Sull'argomento vds. Simona Colarizi, L'opinione pubblica italiana difronte all'intervento in guerra in E. Di Nolfo, R. Rainero, B. Vigezzi (a cura) in «L'Italia e la politica di potenza in Europa ( 1938-1940)», Marzorati, Milano 1985. 1 Benito

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Già nell'autunno 1941 i rapporti della_polizia politica riferivano che Mussolini era ritenuto «unico e vero responsabile di questa guerra e che l'ha meditata e voluta unicamente per ambizione personale e( ...) che non è riuscito nemmeno a soddisfare questa ambizione e che anzi non ha riportato che scacchi e umiliazioni.Tutti con voce unanime( ...) stigmatizzano con parole di fuoco la condotta e l'operato del Duce, contro il quale si lanciano continue imprecazioni e maledizioni ( ...)»

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Ma fu a fine 1942 che la critica, la sfiducia e le recriminazioni investirono in pieno Mussolini ed il regime: «Non una delle personalità vicine al Duce gode credito nè dentro nè fuori del partito» 2 e, ancora, «non si criticano soltanto certi errori e certe manchevolezze, ma si esprime malcontento e riprovazione verso tutto e tutti, senza eccezione alcuna» 3. E nell'inverno 1942-1943, quando l'immagine del disastro si fece strada anche nel partito fascista, il fermento antigovernativo ed antitedesco del proletariato operaio divenne traboccante, specialmente a seguito della vittoriosa controffensiva sovietica a Stalingrado: «Ovunque non si sente che parlare di una rivoluzione imminente. Tutti seguono con impazienza febbrile gli sviluppi dell'offensiva russa e della disfatta germanica e pare si preparino ad insorgere al momento oppo1tuno» 5 •

Non a caso all'inizio del marzo 1943 si registrarono nell'Italia settentrionale i primi consistenti scio.peri che, per quanto formalmente attribuiti a motivazionj economiche, rivelarono il vero carattere politico di «manifestazioni collettive di malcontento - come scrisse il generale Favagrossa che, in venti anni di regime, mai credo si fossero verificate» 5 • I servizi d'informazione alleati non avevano esagerato nell'indicare l'Italia sull'orlo del collasso nel luglio 1943: effettivamente le condizioni militari del Paese erano drammatiche. Non è facile illustrare in modo esauriente lo stato d'animo delle forze annate italiane, e in particolare quelle dell'Esercito e dell'Aeronautica. Esse si trovavano ormai di fronte 1 ACS, Min. Interno, Direzione Generale P.S., Polizia politica 1927-1945 , b.231 , fase. Firenze, relazione fiduciaria data 4 .10.1941. 2 Ibidem, Relazione fiduciaria data 6.9 .1942. 3 Ibidem, Relazione fiduciaria data 16.9.1942. 4 Ibidem, b.238, Fase. Milano, Relazione fiduciaria data 2.2.1943. 5 Carlo Favagrossa, Perchè perdemmo la guerra, Rizzoli, Milano 1946, p.190.


IL PROBLEMA POLITICO MILITARE DELL'TTALIA

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al redde rationem di una guerra rivelatasi, strada facendo, sempre più complessa, impegnativa e logorante, mentre l'impreparazione di partenza, con troppa superficialità giudicata. non influente a] momento dell 'entrata in guerra, non soltanto aveva fatto ben presto sentire .il suo peso negativo, ma si era aggravata nei suoi effetti - logistici in primo luogo - a causa della chiara impossibilità di porvi rimedio con la i"apidità e nella misura richieste dagli oneri bellici. Inevitabilmente, il morale dei Comandi e.~flle truppe rimase ferito, sia pure in varia misura a seconda del livello drdinativo e delle circostanze, dalla constatazione di un'inferiorità militare grave ed insanabile di fronte al nemico ed all'alleato tedesco.In sostanza! le forze annate italiane si trovavano psicologicamente in un delicatissimo momento di equilibrio instabile. L'invasione della Sicilia stava provocando in tutti gli ambienti un'enorme impressione anche perchè la battaglia in corso appariva senza speranze, vista ]'assoluta inconsistenza di un contrasto aereo e navale e le conseguenti pesantissime difficoltà in campo logistico 1. Quanto alla difesa della penisola, le prospettive non erano confortanti. Essa contava su 11 divisioni e 3 brigate costiere, schierate lungo le coste tirreniche, joniche e adriatiche sino al Gargano, e su 18 divisioni di campagna. Di queste ultime, 8 erano praticamente inutilizzabili perchè in via di ricostituzione dopo il rientro dal fronte rnsso, una in via di costituzione (la D.cor. «M» o Littorio, subito ribattezzata Centauro) , una stava completandosi (la D.cor. Ariete), una era d'occupazione (la D.f.Piceno) e sette (sei di fanteria ed una motorizzata) potevano considerarsi di pronto impiego, naturalmente con l'efficienza della divisione binaria (fanteria a piedi ed artiglieria in gran parte a traino animale o someggiata). L'assetto della Sardegna e delia Corsica si presentava migliore sotto molti aspetti. Con le sette divisioni disponibili si prevedeva di opporsi ad un nemico risalente dal sud della penisola presidiando alcune «bretelle» trasversali, cioè da un mare all'altro: in Calabria, fra i golfi di S. Eufemia e di Squillace e fra i golfi di Policastro e di Taranto; nelle Puglie, sulla linea TarantoBrindisi, fra i golfi di Taranto e l'Adriatico; nel Lazio-Abbruzzi, sulla linea Minturno-Vasto, fra il Tirreno e l'Adriatico (la futura linea tedesca Gustav). Le truppe tedesche esistenti nella penisola comprendevano due divisioni Panzer (la 16" e la 26"), che la situazione dei trasporti non aveva consen-

Sulla messa a punto delle difese della Sicilia cfr. Mario Roatta, Ouo milioni di baionette, Mondadori, Milano 1946, pp.231-253. 1


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tito di trasferire in Sicilia, e la 3A Panzergrenadiere, inviata per la decisione unilaterale tedesca fra il Lazio e la Toscana, temendo Hitler uno sbarco alleato nella zona di Livorno. La difesa contraerei territoriale, affidata ad una specialità della Milizia fascista (M.V.S .N .) , che durante la guerra raggiunse un buon grado di addestramento, disponeva di materiale così scarso che le esigense complessive costringevano a frequenti spostamenti delle batterie più moderne da una località all'altra. La difesa antiaerea (rifugi collettivi ecc.), poi, era pressochè inesistente e 1' evacuazione delle città più esposte fu attuata di rado ed misura inadeguata. Per la difesa costiera, nel 1941 era stato stabilito un programma di fortificazioni ad hoc, senonchè le assegnazioni dell'elemento principale per i lavori, il cemento, non venivano regolate dal ministero della produzione bellica o da quelli militari, bensì dal ministero delle corporazioni (il più fascista di tutti), ai cui occhi primeggiava l'intento di dare al popolo italiano l'impressione deUa «vita normale» con le priorità assegnate all'E 42 (l'Esposizione mondiale di Roma prevista per il 1942!), alla stazione Termini della capitale, ai lavori ferroviari e stradali, ecc.,rispetto alle fortificazioni . TI risultato fu che i previsti <<capisaldi» ebbero una struttura a metà fra quella di campagna e quella permanente 1• Quanto alle grandi unità costiere;esse non soltanto possedevano una ben limitata solidità organica ed il loro livello di inquadramento risultava piuttosto scadente, anche perchè formato da personale più anziano e reclutato localmente, ma si trovavano di fronte ad un compito letteralmente impossibile da assolvere. Basti un dato: un reggimento costiero in Calabria presidiava un settore cli un'ottantina di chilometri e sulle coste adriatiche arrivava addirittura a superare i trecento chilometri . Inoltre la divisione costiera non disponeva di batterie antinave, non di batterie controcarri, non di batterie contraeree ed era del tutto priva cli mobilità. E' chiaro che se un confronto tra le opposte forze terrestri, in caso di invasione alleata della penisola, poteva stabilirsi solo in base ad ipotesi, dipendendo esso dagli scopi che tale invasione intendeva raggiungere, indubbia in ogni caso era la schiacciante superiorità aeronavale avversaria ed altrettanto indubbia la netta preminenza delle forze terrestri anglo-americane sotto il profilo dell ' armamento e dell'equipaggiamento. TI morale dei reparti in patria inevitabilmente risentiva degli sfavorevoli eventi, dell'ormai incombente ombra della sconfitta e, ancor più, delle ri1

M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., pp.224-227 . Solo nel giugno 1943 l'Italia

meridionale fu dichiarata zona di operazioni.


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Le forze terrestri dipendenti dallo S.M. dell'Esercito a fine luglio 1943 4" armata (gen. M. Vercellino) su:

I corpo d'armata in Provenza con 1 D.f. e 2 D.cost. XV corpo d'armata in Liguria con 1 D .cost. XXIl corpo d'armata in Provenza con 2 D .f. e 1 D.alp. riserva 1 D. cel. 2: armata (gen.M.Robotti) su: V corpo d'armata jn Croazia con 3 D.f. e 1 B.cost. XI corpo d'armata in Slovenia con 3 D.f. XVIII corpo d'armata in Dalmazia con 2 D.f. e 1 B. cost. riserv, 1 D. ce]. Comando gruppo d'armate Sud (pr.Umberto di Savoia) su: 5" armata (gen.M.Caracdolo di Feroleto) su: XVI corpo d'armata in Piemonte e Liguria con l D .f. e 1 D .alp. II corpo d'armata in Toscana con 2 D .f. e 2 O .cost. XVII corpo d' armata nel Lazio con 1 D.f. e 2 D.cost. corpo motocorazzato nel Lazio con 2 D.f. e 1 D.cor. corpo d'armata di Roma con 1 D .f. r armata (geri.M.Arisio) su: IX corpo d'armata in Puglia con 1 D.f. e 2 D.cost. XIX corpo d'armata in Campania con 1 D.f. e 1 D.cost. XXXI corpo d'armata in Calabria con 1 D.f. e 4 D.cost. 61, armata (gen .Guzzoni) in Sicilia Comando Forze Armate Sardegna (gen. A.Basso) su: XIII corpo d 'armata con 1 D.f. e 2 D.cost. XXX corpo d'armata con 1 D.f. e 1 D.cost riserva 1 D.f. e 1 D.par. Comando Forze Armate Corsica (gen.G.Magli) su: VII corpo d' armata con 2 D.f. e 2D.cost. 8" armata (gen. I.Gariboldi) su: XXUf corpo d'armata nel Veneto con 1 D.f. XXIV corpo d'armata nella Venezia Giulia con 1 D.f. e 1 D.alp XXXV corpo d 'armata nel Trentino con 1 D.alp. Comando difesa territoriale di Milano con 1 D .cor. Comando difesa territoriale di Bologna con 1 D.cel.


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percussioni provocate dai disagi e malumori del fronte interno. Si aggiunga una particolare circostanza: la grande massa di soldati in lunga sosta nei depositi, male armati, insufficientemente inquadrati, ben poco impegnati in addestramento e spesso in ozio forzato, oppure ripartiti in unità di nuova formazione non ancora impiegabili per mancanza di armi, materiali, automezzi o altro, non potevano non scadere di tono e chiedersi perchè mai venissero tenuti alle armi senza scopo 1• Ai confini occidentale ed orientale d'Italia erano dislocate due armate: la 4" (gen.Vercellino) e la 2" (gen.Robotti). La prima nel suo insieme si presentava abbastanza bene e con un buon grado di addestramento.I suoi talloni d'Achille consistevano nella carenza di mezzi di trasporto e nell'assoluta mancanza di difesa contraerei. La 2" armata si trovava in condizioni peggiori: priva anch'essa di mobilità, era ancorata a compiti statici di controllo del territorio jugoslavo d'occupazione. La necessità di fronteggiare il movimento partigiano locale, divenuto paiticolarmente aggressivo, aveva condotto allo sparpagliamento delle unità in zone molto ampie e mal coJlegate, talchè solo con estrema difficoltà si riusciva a dare un orientamento dinamico alle truppe. Tra fattori deprimenti di ogni specie comuni a tutte le grandi unità dislocate fuori dalla madrepatria, due spiccavano: la forza ridotta dei battaglioni (in media 400-450 uomini) che rendeva particolarmente gravoso l'assolvimento del servizio imposto dalla situazione; il problema dei militari siciliani, circa 12 mila, inizialmente ritirati dai reparti per essere inviati a combattere in Sicilia e rimasti poi riuniti in attesa di una partenza che non avveniva mai. Il grosso b]occo di forze dislocato nella ~alqmia centro-meridionale costituiva il gruppo d'armate Est e dipendeva dal Comando Supremo. Era formato da 22 divisioni di campagna e due unità costiere. Queste truppe avevano progressivamente assunto, in molti casi e contro ogni logica militare, una fisionomia pressochè territoriale.Esse occupavano regioni assai estese con funzioni militari, civili e politiche e si trovavano spezzettate in una moltitudine di distaccamenti (circa 350) destinati al controllo del territorio, al presidio di città e di isole, di vie di comunicazione e di opere d 'arte, ed anche a lavori di irrobustimento delle difese. Sullo spirito delle unità, nel complesso buono, peraltro «influivano in senso deleterio - riferì il generale Rosi, comandante del gruppo d'armate - la deficiente forza effettiva dei reparti per la mancanza di complementi; il problema delle licenze (metà del personale non andava in licenza da trenta mesi) e il disagio

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Francesco Rossi, Come arrivammo all.'armistizio, Garzanti, Milano 1946, p.55.


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recato dall'impiego a spizzico dei reparti, in buona parte dislocati in zone malariche, impiegati in un servizio che richiedeva continui spostamenti per un compito che non era sentito dalla massa delle truppa» 1 • Le forze terrestri dipendenti dal Comando Supremo a fine luglio 1943 Comando gruppo d'armata Est (gen. E.Rosi) su: 9"armata (gen. L.Dalmazzo) su: IV corpo d'armata in Albania con 3 D .f. . XXV corpo d'armata in Albania con 2 D .f. riserva 1 D .f. VI corpo d'armata in Erzegovina con 2 D.f. e 1 B.cost. XIV corpo d'armata in Montenegro con 3 D.f. e 1 D.alp. ll"armata (gen.C.Vecchiarelli) su: IU corpo d'armata in Tessaglia con 2 D.f. VIII corpo d'armata in Acamania e isole Jonie con 2 D.f. XXVI corpo d'armata in Epiro con 3 D.f. presidio isola di Creta con 1 D.f. e 1 B.spec. Comando Superiore Forze Armate Egeo (amm.Campioni con 2 D.f.) Nota: Dal 28 luglio 1943 1'11' annata si trasformò in armata italo-tedesca (1 D.f., 2 Djaeger e I D.cor.), alle dipendenze operative dell'Oberbefehlshaber Sudiist (gen.A.Lohr).

Sulla capacità di difesa dei teITitori occupati, il Comando Supremo si esprimeva in toni decisamente pessimistici. Le note del generale Francesco Rossi, sottocapo di Stato Maggiore Generale, circa lo stato di fatto esistente negli scacchieri oltre confine sono prive di perifrasi. In Corsica non sussistevano garanzie di poter sostenere con successo un serio tentativo di sbarco alleato, specie se effettuato in concomitanza con analoga azione operata in Sardegna. In Provenza si doveva contare sul rapido intervento di unità tedesche. In Slovenia, in Croazia e Dalmazia l'attività partigiana era ben controllata, ma nel caso di eventuali sbarchi anglo-americani essa sarebbe sicuramente divampata ponendo problemi non indifferenti. In Montenegro la rivolta poteva scoppiare da un momento all'altro. In Albania, le circoMario Torsiello, Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943, USSME, Roma 1975,p.365. 1


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stanze facevano temere un accentuarsi della rivolta, già molto viva nelle regioni meridionali, al punto che «sarebbe riuscito impossibile fronteggiare uno sbarco avversario». In Grecia, l'Epiro e la regione del Pindo erano in aperta ribellione, talchè le forze italo-tedesche in zona ben difficilmente sarebbero state in grado di respingere un'operazione alleata di grande portata e di reprimere una quasi sicura insurrezione generale. «In complesso, in tutta la Balcania non vi sarebbe stata la possibilità di opporsi validamente ad un'azione anglo-americana in forze senza un notevole potenziamento di forze terrestri e specialmente aeree, che non avrebbe potuto essere fornito che dalla Germania» 1• A complemento di questi brevi cenni sulle condizioni dell'esercito italiano nell'estate 1943, occorre aggiungere guaJcosa che veramente rappresentò la pennellata conclusiva. Alla fine di aprile lo Stato Maggiore de!I 'Esercito volle risolvere uno stato di fatto che stava suscitando giuste critiche. Al vertice dell'Esercito si trovavano molti ufficiali che in tre anni di conflitto mai avevano partecipato ad azioni di guerra su un qualsiasi teatro d'operazioni. Da ciò la decisione di avvicendare tutti i capi di Stato Maggiore ed alcuni comandanti di divisione al fronte . Simile provvedimento , corretto di per sè, opportuno un paio di anni prima, si rivelò deleterio in circostanze così delicate e dense di incognite. Coloro che da Comandi oltremare vennero chiamati allo Stato Maggiore si trovarono disorientati a trattare problemi urgenti e di ampio respiro, e per converso chi fu trasferito a comandi di grande unità operante dovette affrontare situazioni locali estremamente complesse senza specifica conoscenza. <<Ne venne di conseguenza - scrisse il generale Torsiello, il quale da capo di Stato Maggiore di una divisione in Montenegro fu richiamato a Roma che, proprio aUa vigilia di gravi avvenimenti, si determinò una crisi funzionale ovunque». E si riscontrarono «inconvenienti ai quali in parte si debbono attribuire le incertezze locali e gli errori commessi in Italia e fuori nei dolorosi frangenti ciel luglio-settembre 1943 , non per assenza di spirito d'iniziativa o per mancanza di volontà, ma per incompleta conoscenza delle varie, diverse situazioni». Torsiello ricordò, fra l'altro , che, mentre l'esperienza aveva indotto a tenere in Balcania concentrate le divisioni a grossi blocchi, i nuovi giunti si preoccuparono di tutto coprire con numerosissimi distaccamenti» 2 . 1 2

F. Rossi, Come arrivammo all 'armistizio cit., pp.53-54. Proprio le difficoltà di trasporto avevano già causato la totale chiusura degli altiforni

e delle acciaierie di Bagnoli (Jlva).


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A prescindere dal basso livello complessivo dello strumento militare, sul prosieguo della guerra incideva in modo determinante la drammatica condizione della produzione bellica. Al 1° luglio essa stava «paurosamente contraendosi» in ogni settore a causa delle sempre maggiori difficoltà dei trasporti e dei danni arrecati dai bombardamenti agli impianti ed al materiale già finito, giacente per difficoltà di trasporto presso le fonti di produzione in attesa di collaudo e di spedizione agli stabilimenti 1• Per limitarci ad alcune tra le voci più importanti, nel primo semestre del 1943 la produzione dell'acciaio era stata inferiore del 25% circa rispetto al programma; la situazione del piombo, dello zinco, dell'antimonio e del cadmio, la cui produi,ione dipendeva dall a Sardegna e dalle possibilità cli trasporto dalI'isola, si era fatta <<tragica»; le previsioni per la gomma potevano definirsi «disperate», vista l'impossibilità tedesca di mantenere quanto promesso, che pur non raggiungeva il livello indispensabile. Anche per la lana, il cotone, le calzature esistevano carenze non superabili ed infine le prospettive nel settore dei carburanti e lubrificanti apparivano così pessimistiche da attendersi «da un momento all'altro» una crisi di produzione tale da minacciare ogni possibilità sia nel campo civile, sia in quello militare.All'origine dell'insostenibile situazione si trovavano i trasporti: quelli via mare erano esposti all'attacco o alle insidie dei sommergibili e dei bombardamenti; quelli via terra risultavano sconvolti dalle distruzioni dei nodi ferroviari, specialmente ne1l'ltalia centrale e meridionale; quelli automobilistici erano fortemente ridotti ,1causa della limitata disponibilità di automezzi efficienti, cli gomme e di carburanti; quelli a trazione animale risentivano delle requisizioni di quadrupedi e della deficienza di foraggio. <<Se verranno a mancare il carbone, i carburanti ed i lubrificanti - scrisse il generale Favagrossa - la vita del Paese in poche settimane si arresterà completamente, con tutte le conseguenze politiche e sociali che da tale arresto deriveranno. Situazione quindi critica sotto ogni rapporto» 2 • **** Alle 22,45 del 25 luglio la radio comunicò le dimissioni di Mussolini e la nomina del maresciallo Badoglio a capo del Governo. Seguirono due proclami. Il primo, del Re, annunciava: M. Torsiello,Settembre 1943, Cisalpina , Milano 1963,pp.41-42. Situazione al 1° luglio 1943 presentata al maresciallo Badoglio in data 27 .8.1943 (C.Favagrossa , Perchè perdemmo la guerra cit., p.202. Cfr. F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., pp. 364-377). 1

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«Assumo da oggi il comando di tutte le Forze Annate. Nell'ora solenne che incombe sui destini della Patria ognuno riprenda il suo posto di dovere, di fede e di combattimento: nessuna deviazione deve essere tollerata, nessuna recriminazione essere consentita( ...)».

Il secondo, di Badoglio, diceva: «Per ordine di Sua Maestà il Re e Imperatore assumo il Governo militare del Paese con pieni poteri. La guerra continua. L'Italia, duramente colpita nelle sue province invase , nelle sue città distrutte, mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni( ...)».

I proclami erano opera di Vittorio Emanuale Orlando 1• Le frasi, «La guerra continua» e «L'Italia mantiene fede alla parola data ...», produssero grande impressione. La prima non ingannò il vero destinatario (la Germania), non gli anglo-americani, non gli alleati dell'asse. Il popolo italiano, però, rimase scosso e sconcertato. La seconda frase offrì facile spunto a sprezzanti commenti esteri. L'incaricato d'affari a Berlino, Fecia di Cossato, riferì a Roma che «la prima impressione suscitata in Germania ( ...) da11' annuncio dei mutamenti governativi italiani è stata unanime: l'Italia si preparerebbe con questi , aritirarsi dal conflitto» 2 . Il ministroAnfuso a Budapest segnalò che «vivissima è qui la speranza che l'Italia valuti adeguatamente fattore ungherese nelle nuove fasi della sua politica, da cui, ripeto, ci si attende conseguenze di carattere definitivo( ...)» 3 • L'ambasciatore Bova Scoppa a Budapest comunicò una confidenza fattagli dal vicepresidente Mihai Antonescu: «Considero che è nell'interesse dell'Italia e nel nostro legare le nostre sorti per uscire insieme dalJa situazione nella quale la drammaticità degli eventi ci ha posti ( ...)», insistendo sulla costituzione di un «fronte unico» alla cui testa si ponesse l'Italia 4 • Da Lisbona il ministro Prunas rese noto che «Generale Eisenhower avrebbe ricevuto pieni poteri per trattare con nuovo governo italiano ne11 'ipotesi della richiesta di armistizio. Esso sarà coadiuvato da ministro britannico MacMillan e da rappresentante americano Murphy» 5 • Il Alle 18,30 di quel giorno il generale Sorice, chiamato da Acquarone al ministero cli Casa Reale, trovò Acquarone e Orlando con i due proclami già scritti (Jo di Benigno, Occasioni mancate, SEI, Roma, 1945, p.83. 2 Fecia cli Cossato a Guariglia in data 26.7.1943, DDI, 9Aserie, X, cloc. 563. 3 Anfuso a Guariglia in data 2.8.1943, Tbidem,doc. 585. 4 Bova Scoppa a Guariglia in data 26.7.1943, Ibidem, doc. 558. 5 Prunas a Guariglia in data 29.7.1943, Tbidem,doc.568. 1


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ministro plenipotenziario a Parigi, Buti, mise in risalto «l'evidente compiacimento degli ambienti francesi, soprattutto nella presunzione che il cambiamento di governo preluda all'uscita dell'Italia dalla guerra, abbreviandone notevolmente la durata» 1. E il 2 agosto il generaleAmè, capo del S.I.M., incontrò a Venezia l'ammiraglio Canaris, capo dell'Abwehr, e quest'ultimo si mostrò «esattamente informato della vera situazione dell'Italia e della ineluttabilità del suo ritiro dalla lotta a breve scadenza» 2 • Indubbiamente il colpo di stato derivava dall'assoluta e riconosciuta necessità di uscire dal conflitto; però nessuno poteva prevedere con certezza quellq che sarebbe accaduto una volta caduto il regime fascista e, d'altronde, la fine della guerra non dipendeva soltanto dall'Italia, ma anche e soprattutto dagli Alleati. Per giunta, qualunque strada si intendesse imboccare occorreva tener conto del rapporto che legava l'Italia alla Germania. In quei frangenti si imponevano al maresciallo Badoglio due esigenze preliminari: evitare disordini di qualunque genere nel Paese ed evitare che la scontata diffidenza tedesca si mutasse in subitanea ostilità. Il problema dell'ordine pubblico era riconducibile a due ipotes.i ugual.mente pericolose: una reazione fascista, appoggiata dalla divisione meccanizzata Littorio di camicie nere, allestita nel mese di giugno con materiali (36 carri Tigre, 24 pezzi da 88, armi automatiche di reparto recenti, ecc.) e istrnttori (una trentina) tedeschi e dislocata nei pressi del lago di Bracciano, con il compito di difendere in patria «la rivoluzione fascista» 3; oppure moti estremisti di vario genere dai quali Hitler avrebbe potuto tra.I.Te pretesto per inserirsi nelle cose d'italia, accampando l'incapacità del nuovo Governo di gestire la situazione interna 4 • La paventata reazione fascista non ebbe luogo perchè, come bene ha scritto il Deakin, «la lenta erosione del morale fascista aveva raggiunto il punto critico e l'edificio crollò senza fare vittime, in una nuvola di polvere Buti a Guariglia in data 28.7.1943, lbidem,doc.564. CesareAmè, Guerra segreta in Italia (/940-1943), Casini, Roma 1964, p. 183. 3 Il maresciallo Caviglia il 29 maggio annotò nel suo diarìo:«Così nelle schiere del governo e del partito non ci si prepara già a vincere il nemico esterno dell'Italia , ma il nemico interno( ...)» (Emico Caviglia, Diario (1925-1945), Casini, Roma 1952, p. 408). 4 Pietro Badoglio , L'Italia n.ella seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano I 946, p.109. Il 14 luglio l'ambasciatore Alfieri aveva segnalato il pericolo che i tedeschi volessero provocare un collasso in Italia per occupare la penisola ed instaurare un nuovo governo filo-tedesco (Leonardo Simoni, Berlino. Ambasciata d'Italia, Migliaresi , Roma 1946, p. 360). 5 Frederic Deakin, Storia della repubblica di Salò, Einaudi, Torino 1963, p. 478. 1

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Un rapporto confidenziale dell'ambasciata tedesca a Roma, nel sintetizzare la situazione creatasi tra il 25 e il 26 luglio, ammise:

5•

«( ...)Comunque non si può negare che gli altissimi ranghi del Partito fascista, nel mo-

mento decisivo, siano completamente mancati al loro compito e che in pratica nessuno sia rimasto fedele al Duce fino all'ultimo. Dopo i proclami del Re e cli Badoglio i dirigenti ciel Partito si sono polverizzati e sono spariti»

1

E' anche vero che Mussolini accettò senza discutere l'allontanamento dal governo , l'arresto e l'esilio, non oppose né ordinò alcuna resistenza, ma questo a] momento non era prevedibile. Restava il pericolo di disordini derivanti da rivalse contro il caduto regime, passioni politiche represse da anni, desiderio di «tutto e subito». Si tenga presente, al riguardo, che la polizia politica segnalava ripetutamente un affacciarsi di attività sovversive: «La massa si avvia decisamente verso atteggiamenti rivoluzionari. Le coscienze sono formate, manca ancora qualcosa capace di far superare l'ostacolo fisico del rischio da affrontare»

2

Le preoccupazioni suscitate da queste oscure prospettive indussero il governo ad accentuare la connotazione militare, trasferendo la responsabilità dell'ordine pubblico ai Comandi territoriali ed a diramare direttive per una drastica repressione dj eventuali disordini. La nota circolare del capo di S.M. dell'Esercito, generale Roatta , dall'impronta obiettivamente eccessiva, fornisce un eloquente idea delle tensioni del momento. A parte le citate rivalse, il popolo italiano da un lato vide nella caduta del fascismo la possibilità di ottenere presto e facilmente la pace dagli angloamericani; dall'altro l'espressione «la guerra continua» fece temere che veramente il nuovo governo intendesse proseguire le ostilità. Ad ogni modo l'atteggiamento dei vari gruppi politici subito operanti con iniziative locali, quasi sempre improvvide e avventate, accese gli animi nelle masse, specie que]le operaie della pianura padana. Infatti, dopo le iniziali manifestazioni di giubilo per il crollo del regime e le devastazion i delle sedi del

1

2

Ibidem, p.515. ACS, Min. Interno, Direzione Generale P.S., Polizia politica 1927-1945, b.328, fase.

Milano, Relazione fiduciaria data 26.5.1943.


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partito fascista 1, si verificarono assalti alle carceri per ljberare i detenuti politici o dichiarati tali, scioperi improvvisi nelle fabbriche, cortei inneggianti alla pace e dimostrazioni apertamente antìtedesche. In più casi, inoltre, fu esaltata l'Unione Sovietica, sotto la spinta di un'intensa propaganda comunista antigovernativa, presto fattasi sentire. Il tutto puntualizzato da scontri con la forza pubblica e reparti dell'esercito nelle principali città del Nord, durante i quali si contarono complessivamente 21 morti , 320 feriti e 1500 arresti.La situazione interna, dunque, dava seriamente da pensare, tanto più che si erano riscontrati casi di passività nelle truppe impegnate in servizio di ordine pubblico.

**** Non meno ardua si presentava la soluzione del secondo problema: il superamento della diffidenza germanica. Nel pomeriggio del 25 luglio Badoglio volle comunicare subito il cambio di governo all'ambasciatore von Mackensen , ma questi fece rispondere più volte di non essere in casa2 . La comunicazione di Badoglio fu raccolta all'ambasciata tedesca dal consigliere Dortenbach, cui venne sottolineata la frase «la guerra continua>>. Forse sarebbe stato preferibile tacere in attesa di una richiesta di chiarimenti da parte di Berlino, vista la nessuna intenzione di prendere di petto la questione dei rapporti con il Reich. Alle 2 1,30 Hitler partecipò ai suoi principali collaboratori dell' Oberkommando der Wehrmacht che il Duce aveva dato le dimissioni e che Badoglio, «il nostro peggior nemico», aveva assunto il governo. Era furibondo. Interruppe il generale Jodl, che suggeriva di attendere notizie più esaurienti sull'accaduto, dicendogli: «Ce110 , ma intanto dobbiamo fare dei piani preventivi . Non c'è dubbio che nella loro fellonia quei signorj proclameranno che ci resteranno fedeli, ma il loro non sarà che un tradimento ( ...) . Benchè questo tizio [Badoglio] abbia immediatamente dichiarato che la guerra continuerà, ciò per loro non significherà nulla. Sono costretti. a dire questo, marimangono dei traditori. Noi giocheremo lo stesso gioco preparandoci ad acciuffare tutta la banda con un sol colpo e catturare tutta quella marmaglia».

E poi aggiunse: A Roma , nella notte sul 26 luglio le 36 sedi romane del partito fascista furono prese d'assalto dalla folla e devastate. 2 Friedrich-Karl von Plewe, Il Patto d'Acciaio, USSME, Roma 1978, p.98. 1


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«Domani manderò qualcuno laggiù con l'ordine, per il comandante della 3' Panzergrenadiere, di entrare a Roma con reparti speciali ed arrestare il governo , il re e tutta la banda. Anzitutto arrestare il principe ereditario e mettere al sicuro l'intera combriccola, specie Badoglio e tutto il suo gruppo. Allora vedrete come abbasseranno la cresta e dopo due o tre giorni vi sarà un altro colpo» 1•

Nella notte sul 26 Juglio il ministero degli Esteri italiano incaricò le ambasciate a Berlino, Budapest e Bucarest cli comunicare formalmente ai governi locali il cambiamento avvenuto a Roma e, contestualmente, la decisione dell'Italia di continuare la guerra 2 • A Roma von Mackensen fu ricevuto da Badoglio alle 10 ed ottem1e la conferma che gli avveni menti romani non influivano sull'atteggiamento dell'Italia. Hitler naturalmente non ne fu molto impressionato nè convinto; anzi, nella riunione che tenne a mezzogiorno, usò toni ancor più accesi: «Il nuovo regime non ha dietro di sè nessu no , eccetto ebrei e polacchi che a Roma si fanno notare» 3 • E quando venne sollevato l'interrogativo sul contegno da tenere con la Santa Sede, non ebbe esitazioni: «Entrerò senz'altro in Vaticano. Credete che il Vaticano mi preoccupi? Ce ne impadroniremo subito. Là dentro vi è tutto il corpo diplomatico ... Quelle canaglie!... Tirerò fuori di là quel branco cli maial i... Poi potremo fare delle scuse» 4 •

Dopo di che ordinò l'occupazione dei passi delle Alpi sui confini francesi ed austriaco e l'afflusso in Italia di otto divisioni per costituire il gruppo d'armate B del maresciallo Rommel, il cui comando embrionale era già stato impiantato nei pressi di Monaco , destinato a scendere nell'Italia settentrionale e tenervi il fronte tedesco nell'eventualità di sbarchi alleati fra Genova e Livorno.All'iniziale sfuriata seguì peraltro un ripensamento, comunque i primi ordini concernenti l 'ltalia furono pronti, chiari e perentori: «sospensione di tutti i movimenti di truppe [tedesche] verso il sud [dell'Italia], stato di aJlarme per tutti i reparti e prepararsi per uno sgombero delle isole» 5 . Quella sera Hitler fissò le grandi linee di quattro operazioni: Eiche, la liberazione cli Mussolini; Student, l'occupazione cli Roma e la restaurazione del governo fascista il più presto possibile; Schwarz, la messa WiJliam Shirer, Storia del ferzo Reich, Einaudi, Torino 1960, p.1078. Ministero degli Esteri alle ambasciate in data 26.7.1943, DDI, 9A serie, X, doc.552. 3 F.K. von Plewe, Il Patto d'Acciaio cit., p.72. 4 W. Shirer, Storia del terzo Reich cit., p. 1078. 5 Enno von Rintelen, Mussolini L'alleato, Corso, Roma I 952, p.212. 1

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fuori causa dell'esercito italiano ed il controllo di tutte le posizioni di importanza strategica in Italia; Achse, la cattura o distruzione della flotta italiana 1• Nel contempo ordinò di tenersi pronti ad attuare l'operazione Alarico, l'occupazione militare dell.'Jtalia settentrionale, a partire dal 30 luglio. L'operazione Student, affidata al generale Student, doveva essere organizzata in modo da risultare eseguibile a partire dal 2 agosto, al segnale convenuto. Essa prevedeva anche un'incursione a Villa Savoia per catturare l'intera famiglia reale (con almeno due figli della coppia ereditaria) e trasportarla subito in Germania. L'elenco delle personalità da prendere includeva una quarantina di nomi, in testa ai quali il maresciallo Badoglio, il minisqo Guariglia, il capo di S .M.Generale Ambrosio. Il maresciallo Kesserling ed il generale Westphal, suo capo di Stato Maggiore, entrambi assolutamente contrari ad un gesto del genere, pensarono bene di esporre al generale Student tutta una serie di difficoltà d'ordine pratico 2 • Dal canto suo il generale von Rintelen, addetto militare a Roma, convocato il 2 agosto a Rastenburg, riepilogò - senza far mostra di essere a conoscenza del!' operazione Student - la situazione in Italia in termini rassicuranti, talchè Hitler si indusse dapprima ad un rinvio e poi, nel corso dell'agosto, lasciò cadere definitivamente il progetto 3 • Il giorno seguente, 27 lug]io, poco dopo mezzogiorno, la situazione strategica complessiva venne esaminata in una conferenza cui erano stati convocati tutti i principali esponentidel Terzo Reich. Era venuto anche il ministro per la propaganda, Goebbels, chiamato d'urgenza da Berlino. Questi, appena conosciuti i particolari della caduta di Mussolini, non potè trattenere un commento significativo: «E' impressionante che un movimento rivoluzionario il quale ha tenuto il potere per tanti anni possa essere liquidato in questo modo» 4 • Hitler avrebbe voluto dare .il via alJe previste operazioni, a costo di ritirare alcune divisioni corazzate dal fronte russo, però sia il generale Jodl, sia il maresciallo Rommel, anch'egli presente, insistettero per una condotta prudente, giacchè ogni azione da intraprendere in Italia doveva essere preparata molto bene ed eseguita a colpo sicuro. Nel frattempo tutte le divisioni disponibili sarebbero entrate in Italia. Goebbels, il quale con il ministro degli Este1i Ribbentrop si era vivacemente opposto all'occupazione del Vaticano, criticò tale prudenza in quanto, a suo avviso, non si teneva conto di 1

In seguito l'operazione Achse comprese anche l'operazione Schwarz. von Plewe, Il Patto d 'Acciaio cit., pp.106-110. 3 Ibidem, pp.126-127. 4 Joseph Goebbels, Diario intimo, Mondadori, Milano 1948, p.538 . 2 F.K.


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ciò che gli Alleati potevano fare: «Senza dubbio - osservò - gli inglesi non dormiranno durante la settimana che noi sprecheremo nei preparativi» 1 • Ma Hitler seguì il consiglio dei generaii. Ad ogni modo la situazione era tale da preoccupare per più di un motivo e «negli ambienti responsabili e nel partito - riferì a Roma l'incaricato d 'affari Fecia di Cossato , un paio di giorni dopo - la crisi italiana è considerata un fatto di gravità eccezionale, capace di ripercussioni di incalcolabile importanza per la Germania e per il regime( ...)». Era diffusa la senzazione che la caduta del fascismo avrebbe, più o meno inevitabilmente, messo in pericolo «l' intero equilibrio strategico dell'Europa meridionale e sud-orientale, aggravando, forse irrimediabilmente, la situazione militare del Reich». Poichè diventava interesse primario della Germania mettere il fianco meridionale al sicuro da ogni minaccia, «secondo alcuni informatori si starebbe gravemente esaminando misure da prendere» 2 • Il 28 luglio Badoglio inviò un messaggio al Fi.ihrer. Confermava la volontà del governo italiano di continuare le operazioni «nello spirito dell' alleanza» e pregava di ricevere l'addetto militare itali ano in Germania, generale Marras, incaricato di «una particolare missione per Voi» 3. Ad illustrare l'atmosfera che a Rastenburg accolse Marras, presentandosi il 30 luglio con il diplomatico Lanza, basti dire che i tedeschi inizialmente sospettarono che l'incarico dei due itali ani fosse di compiere un attentato al Fi.ihrer! 4 • Nel colloquio, Marras ripetè che gli avvenimenti italiani non comportavano alcunchè di negativo nei rapporti con la Germania e che la guerra proseguiva; che molto probabilmente si sarebbe reso necessario richiamare in patria alcune divisioni dislocate in Francia e nei Balcani, naturalmente d'intesa con l'Oberkommando der Wehrmacht; che il Governo italiano reputava opportuno un esame congiunto della situazione politicomilitare fra il Re ed il Fuhrer, in Italia. Hitler si dichiarò dolente di non poter accogliere l'invito «essendo già stato in Italia recentemente» e considerato l'andamento delle operazioni sul fronte orientale; ma pensava che l'esame in questi one, indubbiamente utile, potesse essere compiuto dai ministri degli Esteri e dai capi di Stato Maggiore Generale. Insomma, Marras ricavò l'impressione che Hitler, il quale appariva bene informato circa la situazione interna italiana, si tenesse in ostile attesa degl i ulteriori svi1

Ibidem, p.551 L. Simoni, Berlino. Ambasciata d'Italia cit., pp.374-375. 3 Badoglio a Hitler in data 28.7 . I943, DDI , 9" serie, X , doc. 565. 4 L. Simoni, Berlino . Ambasciata d'Italia cit., p.381.

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luppi degli eventi, sì da potersi fare una precisa idea delle intenzioni del Governo Badoglio e dei conseguenti provvedimenti da assumere. «I risultati del prossimo incontro - concluse il nostro addetto militare - potrebbero determinare un'immediata presa di posizione ed un intervento della Germania» 1• A rafforzare questa ipostesi provvide l'ambasciatore Hewell , incaricato del collegamento fra Auswartiges Amt ed Oberkommando der Wehrmacht, che in una conversazione con Lanza lasciò un chiaro monito, affermando «con tono marcato che si augurava che in Italia non esistessero persone che, anche lontanamente, pensassero alla possibilità di una soluzione politica del conflitto» 2 .

**** Rimane da vedere come gli avvenimenti del 25 luglio siano sfati valutati dagli Alleati. A questo riguardo si pre.fg_tisce lasciare la parola soprattutto a Churchill. Il Premier britannico già da tempo aveva meditato sulle conseguenze di un collasso italiano. Il suo pensiero venne illustrato in modo esplicito in una Nota del 25 novembre 1942: «( ...) Qualora l'Italia non fosse in grado di resistere ai continui attacchi cui verrà sottoposta dall'aviazione e subito poi, confido, eia operazioni anfibie, il popolo italiano dovrà scegliere tra un Governo sotto qualcuno come Grandi, per negoziare una pace separata, o l'occupazione tedesca, che aggraverebbe soltanto le durezze della guerra».

Evidentemente era interesse degli Alleati un 'Italia occupata dai tedeschi, ma si poteva pensare che la Germania ritenesse tutelarsi al confine del Brennero «almeno altrettanto bene quanto con il doversi assumere la difesa particolareggiata dell'Italia contro il desiderio del suo popolo e probabilmente di un Governo provvisorio». In sostanza, considerato il fatto che, «quando una nazione viene sconfitta completamente fa ogni specie di cose che avremmo ritenuto impossibili prima», come accaduto in Bulgaria nel 1918, non era da escludere l'eventualità di una richiesta di pace separata improvvisamente avanzata dall'Italia. E, al riguardo , Churchill sottolineava come gli Alleati non fossero affatto tenuti ad offrire vantaggiose ai vinti per indurli a gettare le armi, bensì che ]a questione doveva essere ben valutata «quando e se ci convenga offerta da loro la resa». Nel frattempo la 1

Marras a Badoglio e Guariglia in data 30.7.1943, DDI, 9A serie, X, doc. 579.

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Marras a Badoglio e Guariglia in data 30.7.1943 , Ibidem, doc.575.


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Gran Bretagna non doveva fare proposte, «come ce1ti manifestini dell a propaganda americana hanno avuto aria di fare» 1 • Il 26 luglio Churchill e Roosevelt si trovarono d'accordo per agire di comune intesa. Roosevelt propendeva per «avvicinarsi quanto più possibile ad una resa senza condizioni, seguita da un buon trattamento nei riguardi delle masse popolari italiane» . Churchill, la sera stessa gli trasmise le proprie personali considerazioni, approvate dal Gabinetto di guerra. Premesso che egli non credeva «che si dovesse essere troppo sofistici nel trattare con un qualsiasi governo non fascista, anche se non dovesse essere troppo di nostro gusto» e, data per scontata la caduta del fascismo e l ' intenzione del nuovo Governo di negoziare una pace separata, a suo avviso le principali clausole da imporre riguardavano: «3 . ( ...) L'uso dei mezzi di trasporto e del territorio italiano contro i tedeschi del Nord e contro tutta la penisola balcanica, come pure l'uso di aeroporti di ogni genere ( ...). 4. ( ...) la resa immediata dagli Alleati della flotta italiana, o almeno la sua effettiva smobilitazione e paralisi , e il disarmo delle forze aeree e terrestri italiane nella misura che a noi parrà utile e necessaria( ...). 5. ( ...) che tutte le forze italiane in Corsica , sulla Riviera, Tolone compresa, e nella penisola balcanica - e c ioè Jugoslavia, Albania e Grecia - vengano immediatamente ritirate o si arrendano».

Particolare importanza rivestivano le sue previsioni circa quanto sarebbe avvenuto in Italia: «7. Il destino delle truppe germaniche in Italia, e in specie di quelle a mezzogiorno di Roma, porterà probabi lmente a combattimenti con l'eserc ito ed il popolo italiani. Dobbiamo chiedere la loro collaborazione ed esigere che, quale che sia il Governo italiano col quale potremo giungere ad un accordo, esso faccia di tutto per ottenerla. Ma può anche darsi che Je divisioni tedesche riescano ad aprirsi una via verso il Nord nonostante tutto quello che le forze armate italiane siano capaci di fare. Noi dobbiamo provocare al massimo questo conflitto e senza esitazione mandare truppe ed aerei che aiutino gli ital iani ad ottenere la resa dei tedeschi a sud di Roma.

8. Quando avremo visto quali saranno stati gli sviluppi di questa situazione, potremo studiare il da farsi a nord di Roma. Dovremo tuttavia tentare di impossessarci di punti

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Winston Churchill , La seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1951 , pa1te V, I , pp.68-69.


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sulle linee ferroviarie che corrono lungo la costa occidentale e quella orientale della penisola, spingendoci a Nord quanto sapremo osare ( ...)» 1•

Per quanto concerneva la Balcania, «10. ( .. .) Bisogna ricordarsi che ci sono quindici divisioni tedesche nella penisola balcanica, dieci delle quali mobili. Tuttavia, quando avremo sotto il nostro controllo la penisola italiana e l'Adriatico e le truppe italiane si ritireranno o deporranno le armi, non è affatto improbabile che i tedesclù siano costretti a ritirarsi verso il Nord, fino alla Sava ed al Danubio ( ...)» 2 .

Roosevelt convenne sulle argomentazioni ed il documento venne poi consegnato, come direttive generali dei due Governi, ai capi dello Stato Maggiore Combinato durante la Conferenza di Quebec (Quadrant) ne] successivo agosto. Non può comunque che lasciare perplessi il messaggio che il presidente americano trasmise al generale Eisenhower, affinchè lo comunicasse via radio al popolo italiano. Il messaggio, diffuso il 29 luglio, era marcatamente rassicurante: «( ...) Voi volete la pace; voi potete avere ]a pace immediatamente. Noi veniamo come liberatori. Il vostro ruolo consiste nel cessare immediatamente ogni assistenza alle forze armate tedesche nel vostro paese. Se farete ciò, noi vi libereremo dai tedeschi e dagli orrori della guerra.

Come avete già visto in Sicilia, la nostra occupazione sarà nùte e benefica. I vostri uomini ritorneranno alla loro vita normale ed alle loro occupazioni produttive ( ..)» 3 •

Tutto appariva molto, troppo semplice. Ad ogni modo, ne] testo pubblicato dal «Times» del 30 luglio, la prima frase, dopo la parola immediatamente, continuava «e una pace alle condizioni onorevoli che i nostri Governi vi hanno già offerto» 4 • Condizione onorevole la «Unconditional Surrender»? In proposito merita cenno l'osservazione fatta dal ministro MacMillan, residente britannico in Algeri presso il Qua,tier Generale alleato, in un promemoria indirizzato il 10 agosto al Gabinetto di guerra a Londra: 1

Ibidem, pp.70-72. lbidem, pp.70-72. 3 Elena Aga Rossi, L'inganno reciproco, Min. Beni Culturali, Roma 1993, p.149. Per tutte le citazioni di documenti, il rinvio alla ottima raccolta curata da E. Aga Rossi comprende il riferimento ai testi originali. 4 lbidem, p.322. 2


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«Che significato ha il termine di «resa incondizionata»? Evidentemente non può che voler dire «resa senza condizioni», dato che Londra e Washington sono state impegnate per quattro mesi a scrivere le condizioni che hanno già raggiunto le 42 cartelle e non sono ancora finite. E' perciò presumibile che significhi resa alle nostre condizioni, resa senza trattativa? E' stata tuttavia concepita una nuova distinzione, che implica due fasi - prima, an-endetevi senza che nemmeno vi sia permesso di conoscere le condizioni e poi, una volta an-esi, vi saranno mostrate le condizioni - . Non so con quanta serietà è stata fatta questa distinzione. Capitolazione onorevole. Penso che voglia dire che la capitolazione è italiana e la parte onorevole è inglese ( ...)

1 •

Ma non meno significativo è il discorso pronunciato da Churchill ai Comuni il 27 luglio. Dopo aver spiegato che la Germania aveva tutto l'interesse a fare dell'Italia un campo di battaglia allo scopo di tenere la guerra il più lontano possibile dai suoi confini, affermò che «se il Governo ed il popolo italiano permetteranno [ !] ai tedeschi di far ciò non avremo alcuna scelta. Dovremo continuare a fare la guerra in Italia in ogni direzione( ...) e ci sforzeremo di farle subire la guerra col massimo rigore» Poi aggiunse: «Per adoperare una frase familiare, lasciamo che gli italiani cuociano per un pò nel loro brodo e riscaldiamo al massimo il fuoco alle scopo di accelerare questo processo fino ad ottenere dal loro Governo( ...) quel che ci è indispensabile per proseguire la guerra contro il nostro nemico principale che è la Germania( ...) 2 .

2. I

PRJlvll PASSI DEL GOVERNO BADOGLIO

11 27 luglio fu annunciata ufficialmente la nomina dei ministri 3 del governo Badoglio. Agli Esteri era destinato l'ambasciatore Guariglia, capo missione ad Ankara e non ancora rientrato a Roma; i sei dicasteri militari o srettamente legati alle es igense belliche furono assegnati a generali, e precisamente il generale Sorice alla Guerra, l'amnùraglio De Courten alla Marina, il generale Sandalli all'Aeronautica, il generale Amoroso alle comunicazioni, il generale Favagrossa agli approvvigionamenti ed alla Pro/bidem., p.274. Attilio Tamaro, Due anni di storia, Tosi , Roma 1948, 1, pp. 153- 154. 3 La prima idea era stata di chiamarli «commissari», ma per evitare richiami al sistema sovietico si rimase nella normalità. 1

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duzione bellica, il generale Gabba all'Africa Italiana. Tutti i restanti ministeri furono assunti da alti funzionari civili, nessuno dei quali aveva svolto, sino allora, attività politica di sorta. E' d'obbligo precisare che tale formula di Governo, mai prima adottata, era stata esplicitamente voluta da] Re. Invero Badoglio, il quale nei contatti precedenti il 25 lugJio non aveva nascosto la propria ampia disponibilità a sostituire Mussolini, per ambizioso che fosse si rendeva conto della convenienza di poter contare anche su un appoggio politico e, nei suoi colloqui con Ivanoe Bonomi, aveva concordato una lista di possibili ministri scelti fra gli esponenti antifascisti moderati. Il Re però aveva respinto la proposta in quanto attribbuiva la massima priorità al problema militare eriteneva, anche su consiglio di Marcello Soleri, che in quel momento un Governo di tecnici,anzichè di politici, fosse più indicato per affrontare con rapidità e determinazione la situazione contingente. I politici, ovviamente antifascisti, sarebbero subentrati in secondo tempo e intanto non avrebbero certo fatto mancare il loro appoggio esterno. Oltretutto Vittorio Emanuele III pensava che tale soluzione sarebbe stasta più gradita agli Alleati 1 • Difatti i1 16 agosto il sovrano ritornò sull'argomento con una memoria molto chiara per Badoglio: «L'attuale Governo deve conservare in ogni sua manifestazione il proprio carattere di «governo militare» , come enunciato nel proclama del 25 luglio e come chiaramente risulta dalla sua stessa composizione; maresciallo Badoglio,capo del Governo; funzionari esclusivamente tecnici tutti i ministri . Deve essere lasciato ad un secondo tempo ed a una successiva formazione di governo l'affrontare i problemi politici in un clima ben diverso e più tranquillo per i destini del Paese( ...)» 2 •

Così il Governo risultò formato da personaggi che nulla rappresentavano nel Paese e nulla dicevano all'opinione pubblica. Un Governo che, in quel difficilissin10 periodo, si trovò ad affrontare problemi nazionali delicatissimi e di estrema complessità in condizioni di grave debolezza politica. Per usare una immagine del Guizot, si trattava di un Governo che non poteva rendere «ni le service d'un pouvoirfort, ni les bienfaits de la libertè» 3. Nell'esame degli avvenimenti seguiti al 25 luglio, è necessario tener presente che il «colpo di stato», benchè vagheggiato (ed atteso) da tempo da 1

Marcello Soleri,Memorie, Einaudi, Torino 1949, p.236. A. Tamaro, Due anni di storia cit., T, pp. 309-3 1O. 3 lbidem, pp.98-99. 2


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esponenti. antifascisti e militari, finì con l'essere posto in atto più o meno all'improvviso su decisione del Re e senza un preliminare ed attento studio della situazione che si sarebbe creata una volta mTestato Mussolini, nonchè senza un preciso programma circa il da farsi ed il come farlo . Certo, lo scopo da conseguire era addirittura ovvio per tutti:uscire dalla guerra. Ma.le ripercussioni della caduta del fascismo sul piano interno restavano imprevedibili dovendosi, tra l'altro tener conto da un lato delle pretese dei nascenti pa1titi e dall'altro delle imponderabili reazioni dei fascisti. Inoltre lo sganciamento dalla Germania comportava misure militari cautelative e quasi sicuramente un grave impegno operativo e le intenzioni degli Alleati si riducevano, a quanto si conosceva, ad imporre una «resa incondizionata». Tutto ciò avrebbe dovuto imporre una sia pur sommm·ia pianificazione politico-militare che invece non era stata nemmeno abbozzata, talchè si andò incontro all'emergenza all'insegna dell'improvvisazione. Il colpo di stato apparve indilazionabile nel momento in cui il Re ed il capo di Stato Maggiore Generale toccarono con mano che Mussolini non sarebbe mai riuscito ad ottenere da Hitler il consenso ad una pace separata. Del resto, era pura illusione il credere che Mussolini avrebbe potuto, sol che l'avesse voluto, sganciarsi dal Reich e tornare alla «non belligeranza» o addirittura alla neutralità! «E tutto ciò con soddisfatta accettazione tanto dei tedeschi quanto degli Alleati, gli uni e gli altri apprezzando i vantaggi che a tutti avrebbe dato l'uscita dell'Italia dalla guerra» 1• Si è poi visto con quanta selvaggia tenacia Hitler abbia difeso gli antemurali del territorio del Reich. Su queste premesse ora toccava a Badoglio affrontare il problema, un problema tremendo. Non a caso un osservatore esterno, il sottosegretario di Stato del Vaticano, il 27 luglio commentò all'ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, von Weizsacker, rifacendosi ad un passo della «Prima Deca» di Tito Livio: <<il compito di Badoglio è insolubile perchè non ha i mezzi per continum·e la guerra, nè una via d'uscita per concluderla>> 2 . Le possibili soluzioni si riducevano a due: rompere subito con la Germania chiaramente ostile e, se da essa aggrediti, cosa più che probabile, reagire nei limiti della nostra efficienza militare residua e chiamare in aiuto gli Alleati; oppure prendere segretamente contatto con gli Alleati e, una volta conclusi gli accordi, operare il distacco dal Terzo Reich.

1

2

Raffaele Guariglia, Ricordi 1922-1946, E.S.T., Napoli 1950, p.579 . F.K. von Plewe, Il Patto d'A cciaio cit., p. 147.


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Vittorio Emanuele III e Badoglio convennero sulla impossibilità pratica di dichiarare su due piedi I 'intenzione italiana di ritirarsi dal conflitto 1 e puntarono sulla seconda soluzione, considerata meno rischiosa e tale da offrire maggiori garanzie di sopravvivenza dell'Italia legittima. Il 29 luglio Guariglia rientrò a Roma e subito, in un lungo colloquio, informò Badoglio delle confidenze rilasciate a titolo personale al ministro degli Esteri turco prima di partire da Ankara. In sostanza, lo aveva pregato di far sapere ai rappresentanti diplomatici alleati il proprio convincimento che presto l'Italia avebbe cambiato strada. Stimava perciò necessario che Gran Bretagna e Stati Uniti si rendessero conto delle difficoltà di ogni genere in.mezzo al]e quali l'Italia doveva agire, con i tedeschi in casa e le migliori tmppe fuori dai confini nazionali, per cercare una soluzione mediante opportuni accordi con gli Alleati. Ed aveva anche aggiunto che gli indiscriminati bombardamenti aerei sulle città italiane non avrebbero certo giovato a quella che poteva essere la causa comune. Inutile dire che tali argomentazioni non trovarono accoglienza nè ebbero seguito. Nella conversazione con Badoglio Guariglia manifestò anche l'opinione che «per riuscire a mantenere un assoluto segreto era indispensabile limitare la conoscenza delle progettate trattative ad un minimo di persone , escudendo quindi la trattazione di tale delicatissima materia dalla normale discussione in Consiglio dei ministri» 2 • E questo, per certo, verrà fatto perfino troppo rigidamente, anche per una singolarità dell'azione di governo di Badoglio. In quelle anormali circostanze, la risoluzione di condurre le intese con gli Alleati con un ristretto numero di collaboratori per motivi di segretezza venne rapidamente influenzata da un fattore psicologoco. Le persone sempre al corrente di quanto si faceva e stava accadendo furono: il Re con il mfoistro Acquarone, Badoglio, Ambrosio ed il generale Castellano. Guariglia non lo fu sempre; il generale Roatta ed alcuni generali dello Stato Maggiore dell'Esercito lo furono più tardi; tutti gli,altri ministri rimasero esclusi. Orbene, fra i personaggi citati,Ambrosio era sicuramente energico e risoluto ma, sotto il profilo militare si trovava in soggezione davanti a Badoglio, maresciallo d'Italia, e, sotto quello politico rispettava le prerogative di Badoglio, capo del Governo; questi, sia perchè conosceva il modo di pensare del Re e sia per carenza propria di qualità politiche, non prendeva provvedimenti di rilievo se non dopo l 'assenzo del sovrano; quest'ultimo, per carattere poco portato alle pronte deliberazioni, approvava o

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P. Badoglio , L'Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 76. Ibidem, p.95.


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meno appoggiandosi anche al duca Acquarone, fido ministro della Real Casa, ma senza essere il deus ex-machina 1• Si può dunque comprendere come certe lungaggini e certi contrattempi abbiano consentito che la vicenda sfuggisse in buona misura dalle mani di coloro che la gestivano. Ne deriveranno incertezze a tutti i livelli, determinate dall'eccessiva segretezza con la quale il Comando Supremo intendeva salvaguardare le trattative; dubbi e irritazione nell'opinione pubblica, atterrita dai violentissimi bombardamenti aerei e delusa per l'assenza cli sintomi di pace imminente; crescente ostilità da par te dei vari gruppi politici, impazienti cli acquistare spazio; possibilità tedesca di migliorare la propria posizione nella penisola. Il 30 luglio, il nuovo ministro degli Esteri ricevette la visita dell 'attivissimo generale Castellano, che gli consegnò, da parte cli Ambrosio, un promemoria sulla situazione militare italiana, concludentesi con la necessità di giungere al più presto ad un armistizio e, di conseguenza, con l'urgenza di prendere contatto con gli Alleati. Guariglia si persuase facilmente e la stessa sera si recò dal cardinale Maglione, segretario di Stato del Vaticano, il quale volenterosamente si rivolse al ministro di Gran Bretagna, Osborne d' Arcy, ed al rappresentante degli Stati Uniti, Tittmann, ricevendo purtroppo una delusione: il primo avverfì che il proprio cifrario non dava affidamento perchè vecchio e sicuramente conosciuto dai tedeschi, ed il secondo dichiarò di non disporre nemmeno di cifrario. li giorno seguente il promemoria venne discusso al Quirinale dal Re , Badoglio, Ambrosia e Guariglia, alla ricerca di una via d'uscita.Il vero nocciolo del problema riguardava il comportamento da tenere con la Germania. L'idea di mettere le carte in tavola e poi agire di conseguenza era stata presa in considerazione nell'ambito del Comando Supremo ed anche dello Stato Maggiore dell'Esercito, ma rischiava di precipitare la situazione senza essere in grado di fronteggiarla. Più tardi taluno sostenne che sarebbe stato preferibile schierarsi immediatamente ed apertamente contro la Germania, al momento stesso della caduta del fascismo, cioè attaccare ali 'improvviso le non numerose truppe tedesche in Italia s1 da trovarsi automaticamente nella posizione di «alleati>> degli anglo-americani. A prescindere dalla dall'impossibilità psicologica cli impartire un simile ordine mentre divisioni tedesche combattevano in Sicilia a fianco delle nostre unità, se ricordiamo che Hitler si era preparato a qualcosa di simile e teniamo presenti le reali 1 Soleri il 27 luglio annotò di aver visto Vittorio Emanuele lll «anzichè risoluto evolitivo, quale lo supponevo perplesso ed esitante e preoccupato che si volessero troppo rapidamente demolire gli istituti e allontanare gli uomini del fascismo. Rimaneva tenacemente aggrappato ad una tesi cli gradualità)) (Memorie cit.,p.256).


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circostanze del momento, è da escludere che le cose potessero svolgersi tanto semplicemente come supposto 1 • Non rimaneva che prendere contatto con gli Alleati prima di avviare lo «sganciamento», cosa impossibile da concretare rapidamente e, invero, neppure essa esente da difficoltà: occorreva continuare la guerra per un tempo non ca1co1abile a priori, in quanto la mano passava agli Alleati , senza dar segni di cambiamenti di rotta e, nel contempo,mettersi in condizione di badare alla minaccia tedesca, che già si pronunciava con l'immediato afflusso nella penisola di numerose divisioni in assetto di combattimento. Anche Guariglia concordava sulla soluzione pressocbè obbligata: «Non mi sembra fosse difficile prevedere come, se il 25 luglio, senza previe intese con gli Alleati, avessimo notificato senz' altro alla Germania la nostra volontà di uscire dal conflitto, o tanto più avessimo dichiarato o fatto guerra, tutta l'Italia sarebbe stata in pochi giorni occupata dai tedeschi e gl i Alleati o avrebbero dovuto cambiare i loro piani e ritardare lo sbarco ( ...) oppure avebbero affrontato l'operazione senza poter affatto contare sul nostro aiuto e senza nemmeno quindi poterci dare quell'appoggio che sarebbe stato necessario alla nostra solitaria lotta contro la Germania» 2 •

La riunione al Quirinale si concluse dunque con la risoluzione di stabili.re rapporti con gl i Alleati attraverso le rappresentanze diplomatiche di Lisbona e Tangeri. Il 1° agosto Guariglia scelse per Lisbona il marchese Lanza cl' Ajeta, ben conosciuto dagli americani e specialmente da Summer Welles, nominandolo per l'occasione consigliere alla Legazione locale, con il compito di infonnare i governi inglese ed americano della determinazione presa dal governo Badoglio di giungere «non appena si fossero potuti concordare gli opportuni accordi tecnici con gli Alleati, sino alle più estreme conseguenze per rompere con il passato e contribuire in ogni modo alla effettiva liberazione dell'Europa dall'aggressione nazional-socialista» 3 • Lanza d 'Ajeta parti il 2 agosto ed arrivò a destinazione il 3, con una breve lettera di presentazione per 1'ambasciatore Ronald Campbell, rilasciata dal cugino Osborne. Nel contempo, il 3 agosto Guariglia incaricò il consigliere di legazione Berio di partire per Tangeri per sostituirvi, come titolare di quel consolato generale, il figlio ciel maresciallo Badoglio, richiamato a Roma, ed entrare in rapporti con il ministro di Gran Bretagna, Gascoigne, con lo stesso compito di d' Ajeta. Berio arrivò a Tangeri il 5 agosto. M. Roana, Otto milioni di baionette cit., pp.290-291. R. Guariglia,Ricordi cit., p. 578. 3 Ihidem , p. 596. 1

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Roatta affermò che «al 26 luglio» e «per un certo periodo successivo» non avevamo ancora stabilito di staccarci dalla Germania 1, ma le cose non stavano così. Come puntualizzato da Guariglia, la decisione era già stata concordata dal Re e da Badoglio e fu presa «ufficialmente» il 31 luglio, nella riunione al Quirinale. Il 4 agosto gli A11eati ne erano venuti a conoscenza a Lisbona, quindi il periodo iniziale durò appena cinque giorni dal 26 luglio. Però Roatta non sapeva della citata riunione nè della partenza dei diplomatici . A quanto sembra perfino il generale Francesco Rossi , il vice di Ambrosio, sarebbe stato tenuto all ' oscuro delle missioni d 'Ajeta e Berio. Comunque appare singolare lo sviluppo del pensiero del Governo che egli presenta nelle sue memorie . Riferendosi all' immediato afflusso di divisioni tedesche in Italia dopo la caduta di Mussolini , ha scritto: «11 Governo ebbe la senzazione che ormai la macchina tedesca fosse in pieno moto e perseguisse più che mai una visione della guerra asclusivamente germanica, indipendentemente dalle nostre proteste e dai nostri desideri: non poteva tardare il momento in cui il Comando tedesco avrebbe preteso di fatto la direzione politica e militare della penisola. Per non cadere in tale stato cli schiavitù , il Governo si decise a prendere contatto a mezzo cli un rappresentante militare con gli Alleati, ai fini cli un armistizio: non vi era tempo da perdere (se ne era perduto già troppo). E ' del 12 agosto la partenza del Gen. Castellano per Lisbona» 2 .

In quei giorni il generale Roatta disse al generale Zanussi: «Sa che Badoglio si è veramente deciso e un nostro emissario è sulle mosse per partire?» 3 • ****

Per quanto concerne la situazione interna Badoglio operò nell'ambito di «una concezione tutta verticistica della politica», con la col1aborazione del sottosegretario alla presidenza Baratono, dei ministri Piccardi (alle Corporazioni) e Severi (all'Educazione Nazionale), e del capo della polizia Senise. Non a caso il Consiglio dei ministri fu convocato soltanto il 27 luglio ed il 5 agosto 4 . 1

M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., p .286.

2

F. Rossi, Conie arrivammo all'armistizio cit., p.98.

3

Giacomo Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia, Corso, Roma 1945, Il, p.63. Piero Pieri e Giorgio Rochat, Badoglio, UTET, Torino 1974, p.792.

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Stante la delicatezza della materia si volle procedere per gradi <<facendo del trapasso dei poteri un atto normale e debitamente legittimato» 1 allo scopo di evitare uno scossone dì stampo rivoluzionario, tale da mettere a repentaglio la stabilità del paese. Nella prima riunione del Consiglio dei ministri, alla quale fu assente Guariglia non ancora rientrato dall'estero, vennero presi i più urgenti provvedimenti nei confronti delle istituzioni del passato regime: scioglimento del partito nazionale fascista (P.N.F.), abolizione del Gran Consiglio e del Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato, divieto di costituzione di qualsiasi partito politico per l'intera durata della guerra (quando di fatto esponenti di tendenze e di etichetta politica già afferrIJ.ate erano in continuo contatto con il sovrano e con Badoglio), liberazione dei condannati per delitti politici (eccezion fatta, in un primo momento, per anarchici e comunisti), inglobamento della Milizia nell'Esercito. Fu inoltre stabilita la chiusura della XXX legislatura e sciolta la Camera dei Fasci e delle Corporazioni (contro il suggerimento di Grandi di limitarsi ad espellerne i rappresentanti del partito fascista) : la nuova Camera dei deputati sarebbe stata eletta entro quattro mesi dalla cessazione dello stato di guerra. Risultando automaticamente paralizzato il Senato, di nomina regia e vitalizia, e senza una legge che consentisse la libertà di associazione politica 2 , il governo si trovò in tal modo ad operare in una sorta di autocrazia, da solo e senza collegamento con le masse popolari, rispondendo esclusivamente al Re, sul quale veniva a gravare automaticamente ogni responsabilità politica. I gruppi politici romani, per lo più di assai limitate dimensioni, che in quel periodo si qualificavano come «partiti» àntìfascisti erano sei: liberali, cattolici, comunisti, socialisti, democratici del lavoro e azionisti. Il partito liberale aveva come suo massimo esponente Benedetto Croce, a detta del quale solo al liberalismo spettava l'avvenire in quanto nè la chiesa nè il comunismo, per opposti motivi, possedevano forza costruttrice 69 . Ma è da rilevare, soprattutto, la «collocazione» che egli dava del periodo fascista: una parentesi nella storia d'Italia, un evento pernicjoso che non aveva A. Tamaro, Due anni di storia cit ., I, p.99. Tamaro aggiunge che tal.e intenzione aprì una «spaventosa crisi». 2 Il citato promemoria del Re per Badoglio in data 16 agosto così si esprimeva al riguardo: «A nessun partito deve essere consentito nè tollerato l'organizzarsi palesemente e il manifestarsi con pubblicazioni e libelli: democrazia del lavoro, repubblicano, ecc .. Sono in circolazione molti fogli, la cui paternità è faci lmente individuabile e che le leggi vigenti severamente puniscono» (A. Tamaro, Due anni di storia cit., I, p.309). 3 Benedetto Croce, Per la nuova vita dell'Italia, Ricciardi, Napoli 1944, p.24. 1


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intaccato se non superficialmente le istituzioni dell'Italia liberale. Per cui, una volta chiusa la parentesi, si poteva riprendere il cammino interrotto nel 1922. Il tutto, a prescindere dalla questione costituzionale, o meglio dalla persona di Vittorio Emanuele III, la cui abdicazione era considerata necessaria a causa della sua compromissione con Mussolini. Fra i liberali si trovavano ex-ministri come Alessandro Casati, Marcello Soleri ed altri esponenti di spicco, i quali potevano avvicinare il Re ed a lu i appellarsi per uscire dalla drammatica situazione in cui versava l'Italia. Anche per la democrazia cristiana, sostenuta dal Vaticano, una volta caduto il regime si trattava più o meno semplicemente di abbattere le sovrastrutture fasciste e tornare alla libertà, senza alcun b.isogno di sconvolgere le istituzioni. Il suo obiettivo riguardava il profondo carattere cattolico che lo Stato italiano doveva e poteva assumere dal momento che da tempo era stata risolta la «questione romana» con i Patti Lateranensi del 1923. Si presentava come partito votato alla difesa della borghesia e del ceto medio dal pericolo comunista, ma nel contempo, attraverso la capillare organizzazione della potente Azione Cattolica, raccoglieva consensi anche tra le masse contadine ed operaie. Il partito comunista, di gran lunga il più organizzato e da tempo «vivo» clandestinamente, aveva idee diverse ma chiarissime: conquistare, secondo l' insegnamento di Lenin, lo Stato dall'interno. Per questo era disposto a programmi di collaborazione con gli altri partiti in nome dell 'antifascismo e della democrazia , con la riserva mentale di prendere il sopravvento su di essi al momento opportuno. Allora avrebbe operato per realizzare un cambiamento totale delle stutture politica e sociale dell' Italia: in altri termini, una rivoluzione di stampo sovietico 1• Il partito socialista assunse forma e consistenza in agosto con il nome di partito socialista di unità proletaria e riscosse subito vaste simpatie nella piccola borghesia, ma, pur possedendo una forte e salda tradizione, risentiva delle contrastanti aspirazioni che si agitavano nel suo interno e per giunta non disponeva nè dell'organizzazione dei comunisti nè di quella dei democristiani. Per alcuni l'unione della massa operaia ai finì della lotta di classe predominava su qualsiasi altra considerazione, perciò pur condividendo solo in parte le idee dei comunisti , erano pronti a fare causa comune con essi. Per altri, invece, le auspicate vaste riforme sociali non implicavano affatto un rivolgimento totale della società e, comunque, non incidevano 1 TI partito comunista italiano (P.C .I.) aveva assunto questo nome dopo il 22 maggio 1943, data cli scioglimento del Cominterho. Prima si chiamava «Partito Comunista d' Italia. Sezione dell 'Internazionale comunista».


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sulla piena autonomia politica che spettava al socialismo rispetto al comunismo. La democrazia del lavoro, anch 'essa in via di formazione come partito, si presentava quale erede del vecchio partito radicale e raccoglieva nelle sue file un buon numero di esponenti della classe politica prefascista con esperienza di governo, come Bonomi, già presidente del Consiglio nel 1921, Ruini e Gasparotto, però mancando di impostazione ideologica e programmatica, si linùtava a collocarsi a metà strada fra democratici e socialisti. L'autentica novità nel panorama politico era il partito d'azione, sorto nel 1942 !\Ulla matrice di «Giustizia e libertà» ,che stava attirando prestigiosi intellettuali quali Calamandrei , Omocleo e Salvatorelli e ben presto si distinse per il suo programma di riforme radicali come per la fanatica ostilità al Re ed alla monarchia. In esso conflu.irono tendenze talvolta ideologicamente opposte. Spiccavano su tutte la socialisteggiante (Lussu) e la liberal-democratica (La Mal fa). Anche per questo , Croce accusò il pa1tito cl' azione di impasticciare idee contraddittorie, cli fare programmi ineseguibili e cli lanciare accuse e scomuniche sciocche e faziose 1 • Ancor prima delle «dinùssioni» di Mussolini questi si affrettano a prendere le distanze dal prevedibile nuovo ordine. Nel pomeriggio dello stesso 25 luglio , in una riunione con vari esponenti politici, Bonomi fece un distinguo. Dieci giorni prima, disse, si sarebbe trattato di «revocare Mussolini con un vero colpo di forza» e di costituire un governo politico-militare nettamente antifascista, cioè si sarebbe registrata una vera «rivoluzione nazionale>>. Conseguentemente il Patto cl' Acciaio collegante le due rivoluzioni, la nazista e la fascista, non avendo più ragion d'essere, il distacco dell'Italia dalla Germania sarebbe avvenuto automaticamente. Se questa ci avesse aggredito, l'Italia «avrebbe potuto passare nel campo dei vincitori e salvare la nostra dignità ed il nostro buon nome» . Invece il 25 luglio vedeva determinante un voto del Gran Consiglio del Fascismo e «la solavolontà regia», quindi non risolveva il problema della Germania . Un simile discorso, forse più ingenuo che pretestuoso, fu molto concretamente supeBenedetto Croce, Quando l'Italia era tagliata in due, LaterLa, Bari 1948 , p. 3 . Secondo Bonomi, Ugo La Malfa vedeva un' unica soluzione:un movimento popolare che sbarazzasse l'Ttal ia dal fascio e dalla monarclùa, istituendo una democrazia a tendenza anticlericale per punire il Vaticano dei suoi accostamenti a Mussolini (Ivanoe Bonomi, Diario di un anno, Garzanti, Milano 1947 , p. XXV). 1


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rato da De Gasperi , il quale affermò la convenienza di astenersi da un' eventuale partecipazione ministeriale con un ragionamento dal rigore ca1tesiano: «Si tratta - mise in chiaro - di liquidare due diverse partite: L'abbattimento di Mussolini e del fascismo e la conclusione di un accordo con gli anglo-americani! La prima partita è attiva per gli uomini politici chiamati a liquidarla; essi acquisteranno un titolo di benemerenza dal paese. La seconda invece è passiva: la conclusione di un accordo armistiziale con quelli che sono oggi nemici sarà opera difficile e creerà responsabilità penose per i suoi negoziatori. Dunque, poichè la partita attiva è ormai liquidata, non resta che la partita passiva e sarebbe un errore politico per i nostri uomini di accettarla» 1 •

Naturalmente, in omaggio all'interesse di parte, la conclusione fu di rimanere in una posizione di attesa e di osservazione, col netto rifiuto di qualsiasi corresponsabilità. «In sostanza - si dichiarò - è il Gran Consiglio che ha abbattuto Mussolini; scelga il Re la persona più adatta per rimuovere il cadavere ingombrante» 2 . In questo attegiamento di attesa tutt'altro che benevola e già proiettato verso una pregiudiziale opposizione, esplose l'impazienza dei partiti. Per cominciare, pur se il proclama letto da Badoglio, secondo la generale interpretazione, mirava a prendere tempo per il distacco dalla Germania, Bonomi lo collegò con la frase del proclama reale «ognuno riprenda il suo posto di dovere, di fede, di combattimento» e ne trasse motivo di profonda inquietudine al punto da affermare: «Il pensiero reale è dunque un pensiero di guerra. La libertà deve servire a ratificare la guerra dell'asse, non a farla cessare. Prevedo - scrisse nel suo diario - un dissidio insanabile fra le aspirazioni del Paese e la volontà della Corona» 3 . Veramente si poteva pensare che Vittorio Emanuele e Badoglio, nelle condizioni in cui versavano l'Italia e le sue Forze Armate, intendessero «ratificare la guerra dell'Asse»? Ed il 27 luglio , vale a dire proprio il giorno in cui per la piima volta si rimù il Consiglio dei ministri, l'organo del partito d'azione, «L'Italia Libera», scrisse: «Il governo procede per suo conto, il paese avanza in direzione opposta. Quanto tempo può durare questo paradosso assurdo?» Per quanto tempo può regnare questa visibile impermeabilità tra la volontà popolare e le velleità del governo?». Nel pomeriggio del 30 luglio Bonomi ricevette la visita del generale Carboni. Questi, che aveva appena assunto il comando del costituendo I. Bonomi, Diari.o di un anno cit., pp.34-35. lbidem. 3 Ibidem, pp.38-39. 1

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corpo d'armata motocorazzato, gli fece un quadro preoccupante della situazione militare complessiva e italiana in particolare 1• Bonomi ne rimase «molto turbato» e ragguagliò in proposito gli esponenti politici antifascisti , i quali Io invitarono ad esporre al Re le loro apprensioni «per un ricatto della Germania che, minacciando di invaderci, teneva legata a sè nella guerra l'Italia» 2 . Dal canto suo Carboni uscì dal colloquio deluso, sotto l'impressione di aver incontrato un uomo politico «ristretto in una visione della situazione italiana meschina e dottrinale, tutta subordinata a sue pa1ticolarissime concezioni e ambizioni personali» 3 • Pr~sto i partiti tentarono di passare dalla critica ai fatti. Così il 2 agosto arrivò a Barcellona un uomo d'affari, Piero Bussetti, che si presentò al console generale britannico in qualità di rappresentante accreditato del «Comitato d'azione dell'Italia libera>>, costituito il 30 luglio dagli esponenti antifascisti: Bonomi per i democratici, Orlando per i liberali, Comandini per i repubblicani , Vernocchi per i socialisti, Saraceno per i popolari, Poggi per i comunisti. 11 messaggio, imparato a memoria per sicurezza, riferiva in sostanza che il governo Badoglio si proponeva di giungere ad una pace di compromesso destinata al fallimento e che i] ristabilimento di misure repressive sul modello fascista rendeva impossibile al popolo italiano di riacquistare la libertà senza l'aiuto degli Alleati. Perciò il Comitato chiedeva di essere riconosciuto dai governi delJe Nazioni Unite come alleato nella lotta contro il fascismo ed il nazismo. Se questo riconoscimento fosse stato concesso, il Comitato lo avrebbe considerato come una sorta di investitura ad esercitare funzioni di governo provvisorio ed assicurava che, in tal caso, avrebbe assunto ogni possibile misura contro i tedeschi, di concerto con gli Alleati 4 . Superfluo dire che l'iniziativa non trovò il benchè minimo accoglimento. Quello stesso 2 agosto Bonomi si recò da Badoglio e, per quanto non potesse non rendersi conto delle tremende difficoltà del momento, si allarmò quando seppe dell'imminente incontro a Tarvisio dei ministri degli Esteri 1

Secondo Carboni, elementi dell 'emurage di Bonomi, prima ancora del 25 luglio «avevano sollecitato più volte, evidentemente dietro pressione del Bonomi stesso , un abboccamento con me» (Giacomo Carboni, Memorie segrete 1935-1948, Parenti, Firenze 1955, p.231). 2 1. Bonomi, Diario cit., pp.46-50. 3 G. Carboni, Memorie segrete cit., pp.232-233. 4 E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., pp.164-165.


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e dei capi militari. Chiese se fossero già iniziati i co1loqui con gli Alleati e Badoglio dovette ammettere che il proposito di avviare trattative tramite il Vaticano era purtroppo fallito , ma non continuò sull'argomento. Bonomi, allora, si confermò nella sensazione che il Governo fosse paralizzato dalla chiara minaccia tedesca o piuttosto dall 'impotenza di fronte a tale minaccia, in netto contrasto con la dichiarata volontà di giungere alla cessazione delle ostilità 1• Il giorno seguente, quindi , il «Comitato nazionale» delle correnti antifasciste, dichiarando di interpretare la volontà del Paese, impose senza mezzi termini di «cessare la guerra( ...) la cui responsabilità pesa sul fascismo» ed espresse la «ce,1ezza che il popolo italiano concorde affronterà i pericoli che potranno derivare da simile decisione». Questa retorica «certezza» era di Bonomi in persona. E il 4 agosto «L'Unità» scrisse: «Le masse popolari possono comprendere - anche se non giustificare - certi temporeggiamenti su problemi secondari; possono spiegarsi certe difficoltà del Governo, certe prudenze, certe indecisioni, ecc.; ma ciò che le ,.n asse non riescono assolutamente a capire è il perchè deUa continuazione della guerra( ...)» .

A parere di moltissimi la strada da seguire per uscire dalla guerra era indicata senza incertezza dal noto messaggio di Eisenhower del 29 luglio al popolo italiano: «Voi volete la pace; voi potete avere la pace immediatamente( ...), noi vi libereremo dai tedeschi e dagli orrori dela guerra( ...)». Fin troppo affascinante appariva la prospettiva fatta balenare alle masse e molti politici ne furono illusi. Non a caso Guariglia osservò: «Non temo di esagenu·e affermando che la quasi totalità degli .italiani era convinta che la caduta del fascismo sarebbe stata sufficiente di per se stessa a determinare, quas.i senz' alu·o sforzo, quasi automaticamente, l'uscita dell'Italia dalla guerra( ..). Proclamare la nostra volontà di deporre le a1111i , ecco tutto quanto gli italiani credevano si dovesse fare. E null 'altro. Il resto sarebbe venuto da sè logicamente, inevitabilmente, come una naturale conseguenza della nostra unilaterale decisione!» 2 .

Badoglio, cuì venne presentato l'ordine del giorno del Comitato quando già aveva avviato contatti con gli Alleati, rispose di non poter discutere un argomento così delicato, ma assicurò che ne avrebbe parlato con i1 Re 3 . A dire il vero, non tutti gli esponenti politici si abbandonavano a simili smaI. Bonorni, Diario cit., pp.52-53. R. Guariglia, Ricordi cit., p . 584. 3 I. Bonomi, Diario di un anno cit., pp.54-56. 1

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1ùe. Il liberale Soleri, il quale con Casati disapprovava nettamente il rifiuto a collaborare con il Governo in quei frangenti, commentò senza mezzi termini che l'impazienza e l'intemperanza dei partiti, non certo ispirata a gran senso di responsabilità, si rivelavano imprudenti e pericolose, in quanto non concedevano al ministro la calma e la libertà di scelta dei tempi e dei modi più opportuni per troncare con la Germania 1 . Dal canto suo Orlando il 4 agosto consigliò il Re di provvedere senz'altro allo spostamento del Governo in sede sicura. L' 11 agosto :il Comitato fece un nuovo passo, ancor più deciso e ostile, approvando una mozione presentata da Ruini, la quale, considerato il protrarsi delle ostilità nonostante il perentorio invito del 3 agosto e vista la mancata realizzazione di condizioni di vera libertà nonchè la non lìquidazione cli ogni struttura fascista, dichiarava che «la responsabilità della situazione e delle temute conseguenze grava tutta sul Governo» 2 . La netta separazione cli responsabilità politica così apertamente proclamata fece sorgere una discussione sulla posizione degli antifascisti che avevano accettato il posto dì commissari governativi nelle organizzazioni sindacali . Il dibattito si chiuse sulla giustificazione che, essendo l' incarico di commissario solo «temporaneo»,essi non dovevano essere ritenuti corresponsabili dell'azione governativa. Per mettersi meglio a posto con i lavoratori, venne pubblicata una dichiarazione con la quale i commissari affermavano la loro posizione «nettamente distinta e indipendente» dall 'opera del Governo 3 . Fu in quel periodo che Guariglia contestò categoricamente l'affermazione di Bonomi che un discorso chiesto dal Governo in que i giorni a Vittorio Emanuele Orlando da diramare per radio agli italiani, allo scopo di far comprendere al popolo la gravità della situazione ed esortarlo ad <!ffrontarla senza illusioni e senza impazienze, fosse invece «un altro tentativo di persuadere i tedeschi che tutti i più autorevoli italiani sono,. ad onta della scomparsa cli Mussolini, fermissimi nel continuare la guerra dell'Asse 4 • Orlando rinunciò al discorso quando Guariglia gli disse che sì era ancora ìn attesa delle decisioni anglo-americane . Parlò invece il 19 agosto, in occasione della caduta della Sicilia 5 • Il periodo dal 12 al 27 agosto fu senza dubbio il più angoscioso. Bado-

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M . Soleri, Memorie cit., p.263 .

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1. Bonomi, Diario di un anno cit., p.75.

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Ibidem, pp .75-76. ,,. Ibidem, pp .58-59. 5 R . Guariglia, Ricordi cit.,p.649.

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glio non poteva che procedere a tentoni. Era in attesa di conoscere la volontà alleata; non poteva sostituire di colpo l'intera burocraziafascista per non allarmare i tedeschi , sempe più diffidenti 1, nè lo voleva per non sconvolgere 1'assetto statale; era sottoposto alla pressione del1 'opinione pubblica che reclamava riforme, epurazioni e punizioni 2 . D'altro canto la prapaganda alleata continuava a rivolgersi al popolo italiano battendo sui tasti della cessazione delle ostilità e del ritorno immediato alla pace ed al1a vita normale», come se queste cose fossero fattibili senza la minima difficoltà purchè volute dal Governo italiano. Naturalmente gli anglo-americani non si rendevano conto di screditare, scavalcandolo, quel governo Badoglio che pure era indispensabile per a1Tivare all'armistizio 3 • Per certo le poche persone che in quei frangenti si trovarono alla guida della Nazione non mostrarono la capacità decisionale ed il fiuto politico richiesti dall'eccezionale circostanza, tuttavia un elementare senso di obiettività induce a riconoscere che la prova da superare in quella congiuntura faJlimentare era tremenda ed a ricordare che, proprio per questo, gli esponenti antifascisti si erano subito tirati indietro. D'altra parte non bisogna trascurare il carattere essenzialmente militare dei due problemi di fondo: l'uscita dalla guerra ed il distacco dalla Germania, problemi legati a filo doppio, anche se all'apparenza distinti.A complicare vieppiù le cose erano i ridottissimi margini di manovra sia nei confronti del Reich, le cui truppe combattevano in Italia a fianco di quelle italiane, sia nei riguardi degli Alleati, contro i quali era tuttora in corso la guerra. Per giunta sembrò mancare un pò a tutti la percezione che tedeschi ed Alleati ragionavano unicamente in base ai rispettivi progetti e con animo mal disposto verso l'Italia, traditrice per gli uni, ancora nemica per gli altri. La Germania era già preparata all'evento e quindi pronta psicologicamente e materialmente ad agire con l'occupazione del paese e l'imposizione di un governo fascista, allo scopo di tenere la minaccia anglo-americana il più lontano possibile dai confini del Reich. Gli Alleati, anch'essi onnai in attesa del crollo italiano, intendevano chiudere al più presto la partita, arrivare al mass.imo a Roma, installare un'occupazione militare nel territorio occupato e limitarsi ad impegnare nella penisola forze tedesche per favoFu per questo motivo che non si volle abolirre immediatamente le leggi razziali. Carmine Senise, Quand'ero capo della polizia, Ruffolo, Roma 1947, pp .214-215. Croce ebbe ascrivere: «Penso che bisogna andare piano quando miriamo a privare l'an1ministrazione cli persone capaci>> (B. Croce, Quando l'Italia era tagliata in due cit., p.123. 3 Il 9 agosto 15 mila operai scesero in sciopero a Milano chiedendo la fine della guerra. In quei giorni i nostri diplomatici erano a Tangeri ed a Lisbona in colloqui con gli alleati. 1

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rire l'operazione Overlord. E si irrigidirono sulla formula «resa incondizionata», ripetuta di continuo dalla radio e dai giornali 1• All'impazienza del popolo italiano faceva riscontro quella de] Quartier Generale alleato di Algeri, che inizia]mente sembrava aver diminuito I' intensità dei bombardamenti aerei proprio per dare una prova di buona volontà. Il 31 luglio Eisenhower incitò per radio gli italiani: «Vi invio un monito solenne ( ...). Il tempo dell'attesa è terminato. Preparatevi. L'offensiva aerea ricomincerà presto sul serio, giorno e notte( ...)». Ma il motivo della pausa nelle incursioni non era affatto quello ostentato dagli Alleati e preso per buono dagli italiani. «Demmo pubblicità a11a cosa - spiegò Eisenhower nelle sue memorie - annunciando che offrivamo al nuovo governo un'occasione di evitare ulteriori distruzioni nel paese, purchè accettasse senza indugio la nostra richiesta di resa incondizionata( ...). In realtà il rallentamento nei bombardamenti fu causato dalla necessità di trasferire le unità aeree e di riorganizzare i eparti ( ...) . Non appena fummo in grado di us~u-e la nostra aviazione nel massimo della sua efficienza, ripendemmo la nostra campagna aerea» 2 . In sostanza: altro bluff per confondere il governo Badoglio e gli italiani. Abbiamo visto l'insofferenza dei politici. Un'insofferenza, almeno in quelle congiunture, non giustificabile nè comprensibile per due ottimi moti vi. Prima di tutto, essi non possedevano alcun elemento di giudizio sugli aspetti militari della situazione e quindi tendevano a banalizzarli ed a sottovalutarli; in secondo luogo, la presa di contatto e l'avvio di una trattativa con gli Alleati non potevano certo concretarsi in un paio di giorni, nè alla luce del sole e, d'altra parte, la loro pretesa cli essere tenuti dal Governo al corrente di mosse diplomatiche per le quali si rendevano necessarie la massima segretezza e le più ampie cautele era semplicemente risibile.Mentre i tentativi cli approccio con gli Alleati proseguivano, il Governo si volse alla soluzione di un altro spinoso problema. Il 31 luglio chiese alla Santa Sede di informarsi sulle condizioni poste dagli Alleati per il riconoscimento della proclamazione di Roma <<città aperta» 3 • La risposta fornita al nostro incaricato d'affari, Babuscio Rizzo , riguardò le misure pregiudiziali: allonta1 Da oltreoceano Salvemini vedeva Je cose con pessimismo : «Il Re e Badoglio - scrisse in un articolo apparso il 15 agosto sul 'New Repubblic' - non possono fare nè guerra nè pace. Se rimangono fedeli a Hitler, il paese sarà distrutto dagli eserciti alleati. Se si staccano da Hitler, il paese sarà ancora .più ferocemente distrutto dagli eserciti cli Hitler« (G. Salvemini, L'Italia vista dall'America, Feltrinelli, Milano 1969, p. 402). Salvemini non disse che cosa, a suo giudizio , avrebbe dovuto fare il governo Badoglio. 2 Dwight Eisenhower, Crociata in Europa, Mondadori, Milano 1949, p. 259. 3 L' ambasciata d'Italia presso la Santa Sede alla Segreteria cli Stato di S. Santità in data 31.7.1943 , DDI, 9"serie, X, doc. 583.


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namento degli Alti Comandi italiani e tedeschi; evacuazione delle fabbriche e dei depositi di materiali bellici e di munizioni; deviazione del traffico militare dalla stazione di Roma Termini a quella di San Lorenzo 1 • Tutto ciò, beninteso, non comportava automaticamente il riconoscimento. In realtà, il 3 agosto Roosevelt, piuttosto incerto, aveva telegrafato a Churchill dicendogli di credere «che ci troveremmo in una difficile situazione se dovessimo respingere le richieste di proclamare Roma «città aperta» 2 ; ma Churchill aveva replicato il 4 agosto che, viste la sicura speranza del governo italiano che «l'Italia sia riconosciuta come territorio neutrale e Roma potrebbe essere la prima rata» e le continue ripetizioni di Badoglio a tedeschi e giapponesi che la guerra continuava, «noi non dovremmo , a mio parere dare loro [agli italiani] il minimo incoraggiamento» 3 . Eppure Churchill sapeva che il giorno precedente un emissario italiano aveva preso contatto con l'ambasciatore britannico a Lisbona! Alla fine Washington, sollecitata ad esprimersi, fece sapere che intanto <<secondo le norme del dixitto internazionale, nulla impediva al Governo ital iano una dichiarazione unilaterale in questo senso». Dopo un nuovo bombardamento di Roma, che suscitò la «dolorosa sorpresa» della Santa Sede, il 15 agosto Guariglia notificò ufficialmente a tutte le rappresentanze diplomatiche che sin dal 31 luglio il Governo italiano aveva comunicato l'intenzione di dichiarare Roma «città aperta» ed era tuttora in attesa di conoscere le circostanze nelle qual.i tale richiesta poteva essere accolta. Considerando il succedersi dei bombardamenti su Roma, baluardo della Cristianità, il Governo italiano era venuto «nella determinazione di procedere senza attendere oltre alla formale e pubblica dichiarazione di Roma città aperta e stava prendendo le necessarie misure a norma del diritto internazionale» 4 • In sintesi, le opere difensive periferiche della capitale erano state messe fuori uso, le batterie contraerei avevano ricevuto ordine di non aprire il fuoco e la caccia cli non agire nel cielo della città.. I comandi operativi italiani e tedeschi erano in corso di trasferimento altrove 5 e analogamente si stava procedendo per allontanare le truppe di campagna, sì da lasciare in 1

Babuscio Rizzo a Guariglia in data 9.8.1943, ibidern, doc. 627 . Roosevelt-Churchill, Carteggio segreto di guerra, a cura di F.L. Lowenheim, H.D.Langley e M.Jonas, Milano 1977, p. 403. 3 Jbidern, pp. 407-408. •Comunicazione in data 15.8.1943, DDT, 9" serie, X, doc. 664. 5 Le sedi di campagna degli Alti Comandi furono: zona cli Soriano nel Cimino per il Comando Supremo; di Monterotondo per Superesercito; di Santa Rosa per Sopermarina; di Palestrina per Superaereo. ll comando dell'O.B.S.era a Frascati . 2


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sede soltanto la guarnigione incaricata dell'ordine pubblico. Anche il trasferimento degli stabilimenti militari era in preparazione. Infine, il nodo ferroviario di Roma Termini non sarebbe stato più usato per deposito di treni militari 1• La prima risposta fu negativa. L'ambasciatore in Portogallo, Prunas, avvertì subito di una notizia giunta a Lisbona da Quebec: «Stati Maggiore militari alleati qui riuniti deciso di non accettare dichiarazione di considerare Roma città aperta a meno che Badoglio non accetti resa incondizionata» 2 • Poi, però, gli Alleati chiesero che il carattere di «città aperta» venisse riconosciuto anche dai tedeschi. Avendo la Germania risposto di non poter rinunzi~re al nodo ferroviario di Roma per i rifornimenti delle proprie truppe, la questione cadde 3 .

3. FRA TEDESCHI E ALLEATI Non appena caduto Mussolini, i rapporti fra Roma e Berlino assunsero il tono di una prpva di forza . Sin dall'alba del 26 luglio le prime ruppe del LI corpo d'armata da montagna tedesco (gen. Feuerstein), già da qualche tempo ammassate in Tirolo, entrarono senza preavviso in Alto Adige. Le colonne di fanteria si presentarono ai passi del Brennero, di Resia e di San Candido in formazione di combattimento con le armi cariche; alcuni convogli ferroviari , giunti al Brennero, vennero fatti proseguire subito sino a Bolzano da ufficiali tedeschi, anni alla mano. Il gen. Feuerstein giunse a pretendere,a nome dell'O.K.W., la consegna delle chiavi e dei piani cli fortificazioni italiane, ricevendo naturalmente un secco rifiuto dal Comando del corpo d'armata di Bolzano. Insomma, l'atteggiamento germanico si atteneva all'occupazione militare e non per nulla comprese requisizioni di edifici, autoveicoli, generi alimentari ed altri beni e prestazioni, pagando per dj più con marchi d'occupazione. Le poche unità in zona non poterono opporsi alla penetrazione, anche per la sorpresa, ma rispettarono le consegne ricevute, taJchè i tedeschi, con molta disinvoltura, finirono per «affiancarsi» ai posti di guardia a centrali elettriche, stazioni ferroviarie, ponti. Il 31 luglio il capo di Stato Maggiore Generale, gen. Ambrosia , fece serie riA. Tamaro, Due anni di storia cit., I, p. 306. Prunas a Guariglia in data 17.8.1943, DD1, 9" serie, X , doc. 67 l. 3 Roggeri a Guariglia in data 23 .8.1943, ibidem, doc. 702. 1

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mostranze al maresciallo Kesselring, Oberbefehlshaber Siid, per questo improvviso aftlusso di reparti ed avvertì che veniva ordinato ai Comandi dipendenti cli opporsi anche con la forza a qualsiasi movimento o provvedimento non in precedenza concordato. E il 4 agosto indirizzò una protesta all'addetto militare, gen. von Rintelen, per il compmtamento delle truppe tedesche . Naturalmente vennero presentate scuse per errate iniziative di sottordini e spiegazioni: la situazione militare faceva prevedere tentativi di sbarco alleato anche in Italia settentrionale e si rendeva per ciò opportuno assicurare le vie di comunicazione per i rifornimenti alla 10" armata germanica, tutta nell'Italia meridionale, tranne la 3" Panzergranatiere, ad est di Orvieto. In tale quadro, sarebbero ani.vate altre truppe: il XVI corpo dalla Slovenia e l' LXXXVU dalla Francia. Così, nel giro di poche settimane, passeranno le Alpi quattro divisioni dal Brennero, una da Tarvisio e da Postumia e quattro dalla Francia, oltre a numerose unità non indivis ionate. Queste nove divisioni (di cui due corazzate e una di paracadutisti) più due brigate si aggiunsero alle sette già dislocate nella penisola. Al convegno di Feltre, appena sette giorni prima del 25 luglio, i tedeschi avevano affermato di non essere in grado di mandare rinforzo alcuno in Italia. Un chiarimento ad alto livello evidentemente si imponeva ed il 6 agosto si incontrarono a Tarvisio i ministri degli Esteri, Guariglia e Ribbentrop , ed i capi di Stato Maggiore, Ambrosia e Keitel. La delegazione italiana si proponeva di calmare i sospetti della Germania, sempre più manifesti; ottenere il placet al rientro in Italia della 2" armata da lla Francia e di alcune divisionj della 4" armata dalla Croazia; far constatare la disastrosa condizione delle nostre risorse militari ed industriali e per contro ) 'insufficienza degli aiuti tedeschi; far rilevare che la situazione s trategica era diventata critica non soltanto per l'Italia, ma anche per la Germania. «ATarvisio scrisse Guariglia - io mi trovai però di fronte a degli uomini che disponevano di una forza militare capace di piegare il mio Paese alla prima verità che mi fosse sfuggita dalle labbra» e che attendevano unicamente una qualsiasi coriferma di tale verità (uscire dalla gue1n) per agire di conseguenza. Stando così le cose, Guariglia giunse alla poco consolante riflessione che, come ministro degli Esteri, da una parte doveva «sostenere più a lungo possibile la situazione con i tedeschi» e dall'altra «concludere opportuni accordi con gli Alleati». Per assolvere il primo compito non esisteva che la dissimulazione, per il secondo occorreva la massi ma franchezza 1 • L'atmosfera iniziale fu naturalme nte fredda, però si stemperò alquanto nel

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R. Guariglia, Ricordi cit., pp. 614-615 e 618 .


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corso della conferenza. Nel primo colloquio, avvenuto il mattino del 6 e concernente principalmente la situazione militare, Guariglia precisò subito che, pur comprendendo le incertezze prodotte in Germania e nel Ftihrer dal cambiamento di governo a Roma, si trattava di «una questione puramente interna» e, per giunta, provocata dagli stessi collaboratori del Duce. Ad ogni modo, egli confermava la dichiarazione del nuovo capo del Governo che la guerra continuava.Ribbentrop mostrò di prendere per buona l'assicurazione, ma pose, in successione, tre domande dirette: «desidero sapere ora quali sono le idee del Governo italiano sulla continuazione della guerra e sulla sicurezza interna»; desidero sapere «se conversazioni hanno avuto luogo con inglesi o americani»; «chiedo chiarimenti sul programma politico italiano e desidero conoscere il vostro programma sulla condotta della guerra». Guariglia, giustificandosi in cuor suo con il supremo interesse del Paese, rispose ad ogni intenogativo in tono tranquillizzante, evitando dettagli impegnativi, e Ribbentrop concluse allora perentoriamente dichiarandosi lieto che anche l'Italia intendesse continuare a combattere. Poi, ben al corrente degli incidenti provocati dalle divisioni germaniche che stavano scendendo in Italia, disse in tono altezzoso: «( ...) ho voluto conoscere le linee generali sulla condotta della guerra e non voglio

sentire le proteste contro il modo di procedere della Germania; non si tratta di discutere su tali particolari ( ...). Non bisogna perdere di vista le grandi linee( ...)» 1•

Nel pomeriggio ebbe luogo la discussione sui temi prettamente militari fra Keitel edAmbrosio. Riguardo i citati incidenti, Keitel propose di <<non parlarne più, in quanto si trattava di ordini dati in fretta e con la preoccupazione di improvvise azioni nemiche»(!). Ambrosio volle invece puntualizzare la neeessità di un accordo preventivo circa ulteriori arrivi e destinazioni di grandi unità tedesche nella penisola,anche e soprattutto per le ovvie implicazioni di nat11ra logistica. Ma il vero nodo del suo discorso era rappresentato daH' esigenza di riequiJibrare la presenza germanica nell'Italia settentrionale: «( .. .) per potenziare la difesa dell 'Jtalia - affermò - noi dobbiamo ritirare.delle divisionj

dalla Francia, dalla Croazia e dalla Slovenia, perchè non è ammissibile che la maggioranza delle unità che difendono la penisola siano tedesche anzichè italiane».

Per l'esattezza, intendeva recuperare la 4A armata dalla Francia e tre di-

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Verbale ciel colloquio Guariglia-Ribbentrop in DDI, 9" serie, X , doc. 610. Cfr. R.

Guariglia , Ricordi cit., pp. 617-622.


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visioni della 2" armata dalla Jugoslavia. Keitel obiettò che lo spostamento della 4" armata avrebbe lasciato un vuoto pericoloso e presentava risvolti politici, perciò si riservava di sottoporre la questione al Flihrer (alche Ambrosio replicò freddamente: «Tenga presente che il Governo Italiano ha già deciso questo movimento>>), e per le divisioni della 2" annata pregava di attendere che la Germania avesse il tempo di assumere le indispensabili misure di sicurezza in quella zona (e Ambrosio consentì). In chiusura, Ambrosio tornò sull'argomento 'incidenti': «Ultima questione:contegno delle truppe germaniche in Italia; occorre un richiamo energico per mettere tutti sul retto binario del contegno sia verso la popolazione sia verso le truppe italiane; occorre tener presente che l'Italia è un paese alleato e non on paese d'occupazione ; le truppe tedesche, che sono disciplinate, ricevendo ordini precisisapraru10 attenervisi» L.

In serata vi fu il terzo colloquio. In tale sede Ribbentrop tenne a dare importanza all'aspetto politico del ritiro deila 4" armata dalla Francia ed alla conseguente necessità di una decisione da prendere di comune accorcio. E concluse, con intenzione, che occorreva ristabilire la fiducia scossa. «È questa una questione così importante - affermò - che necessita di una di scussione su più larghe basi», vale a dire fra il Re ed il Fi.ihrer. Guariglia rispose genericamente, concordando su una difesa dell 'Italia assicurata «cli comune qccordo fra le nostre rispettive autorità militari>>, ma subito dopo fu esplicito nel ribadire che «anche le truppe itaiane hanno il diritto di difendere il territorio deJla Patria» 2 • Appena terminato l'incontro, Ribbentrop telefonò a Hitler: «Pericolo su tutta la linea» 3 • Commento di Guariglia: «Ero riuscito ad ottenere una tregua; bisognava utilizzarla senza indugio per concludere i necessari accordi congli Alleati» 4 • Prima, però, occorreva risolvere un problema tutt'altro che secondario. II nostro ambasciatore Alfieri era stato richiamato in Italia il 22 luglio e Ribbentrop, per ritorsione, si riservò un e;xploit plateale: al momento della 1

Verbale dei colloqui Ambrosio-Keitel, ibidem, doc. 61 1. TI colonnello Dollmann, presente alla conversazione come interprete, confidò al generale Castellano che «ad un certo momento aveva creduto che i due la rompessero in maniera decisiva» (G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile, Mondatori, Milano 1945, p. 79). 2 Verbale del colloquio Guariglia-Ribbentrop citato. 3 Luigi Villari, Affari esteri 1943-1945, Magi-Spinetti , Roma 1949, p. 112. 4 R. Guariglia, Ricordi, cit., p. 630.


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partenza da Tarvisio, ordinò all'ambasciatore a Roma von Mackensen, che aveva partecipato alla conferenza, di salire sul treno così com'era per rientrare a Berlino con lui. A Roma sarebbe rimasto per il momento l'incaricato d'affari von Bismarck. Stando così le cose, Guariglia , sembra con il consenso di Ambrosia, propose il generale Roatta quale nuovo ambasciatore a Berlino, dove era già stato come addetto militare. Senonchè, rientrato a Roma e conosciuti gli orientamenti Alleati, Ambrosio si irrigidì nel sostenere del tutto inopportuno I'allontanamento di Roatta. Dopo qualche giorno di incertezza, la scelta cadde sul generale Pariani, all'epoca Luogotenente generale del Re in Albania. Non potendo questi partire subito per la nuova destinazione, la questione venne superata dal sopraggiungere degli eventi dell'armistizio 1•

Quanto ai sondaggi per una possibile apertura diplomatica, affioravano le prime difficoltà. D' Ajeta, giunto a Lisbona con un normale volo di linea nel pomeriggio del 3 agosto, il giorno successivo fu ricevuto dall'ambasciatore Sir Ronald Campbell nella sua abitazione privata, come per una visita. D ' Ajeta esordì affermando che il nuovo governo Badoglio lo aveva espressamente incaricato di esporre in dettaglio la complessità della situazione italiana, per consentire ai Governi alleati precisi elementi di giudizio su11a posizione, che non esitò a definire tragica , dell'Italia. In poche parole, il Paese si trovava «sull 'orlo di un'occupazione militare» da parte tedesca~ la stessa capitale appariva sotto la minaccia cli un colpo di mano (in questo caso ilgovemo si sarebbe trasferito a11' isola della Maddalena); circa-35 divisioni italiane erano sparpagliate oltre confine con grossi problemi di collegamento con la madrepatria; le condizioni materiali e morali della popolazione potevano definirsi al limite della crisi. Peraltro, l'Italia offriva due contributi alla causa della libertà europea: Ja rottura con la Germania e l'uscita dal conflitto, nonchè l'esempio che tale decisione avrebbe offerto a Romania e Ungheria, i cui approcci confidenziali in vista di una pace separata erano recentissimi. Poichè il governo Badoglio « non era in condizione di potere, con un'imIbidem, p. 635. Rimane francamente incomprensibile l'assenso che sarebbe stato dato inizialmente alla designazione di Roatta ad ambasciatore a Berlino, visto che questi aveva assunto la carica il / 0 giugno. In quelle circostanze si cambiava un'altra volta il capo di Stato Maggiore dell'Esercito? 1


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mediata decisione politica, far precipitare l'invasione germanica>> per insufficienza di forze, gli Alleati non dovevano fraintendere il significato del!'imminente incontro a Tarvisio dei ministri degli Esteri e dei capi militari italiani e tedeschi, accettato proprio per sopire le inquietudini naziste. Infine d' Ajeta volle «ripetere formalmente che il Governo del Maresciallo Badoglio era deciso, sotto Ja guida della Monarchia, di giungere, non appena si fossero potuti concordare gli opp01tuni necessari accordi tecnici con gli Alleati, fino alle più estreme conseguenze 'in ogni modo' (al mio avviso personale con una dichiarazione di guerra alla Germania) alla effettiva liberazione dell'Europa dall'oppressione nazional-socialista. Ciò, beninteso, senza per questo ignorare né sottovalutare tutte le responsabilità conseguenti da un conflitto che, se pure non voluto dalla maggioranza degli italiani, era da considerarsi decisamente perso per l'Italia».

Campbell, che aveva seguito attentamente l'esposizione, interrompendola spesso per chiedere chiarimenti - tra l'altro sulle reazioni delle masse operaie agli avvenimenti del 25 luglio e su organizzazione ed atteggiamento del comunismo italiano - , assicurò l'immediata trasmissione di una sua relazione circo il colloquio al Primo Ministro, tuttavia, avendo ricevuto istruzione di limitarsi ad ascoltare, teneva ad informare, beninteso a titolo personale, che «a suo avviso i piani bellici concernenti l'Italia erano stati dai Comandi alleati già da tempo predisposti, a prescindere da qualsiasi situazione interna della penisola e che quindi l'atteggiamento delle Nazioni Unite, per quanto concerneva l'Italia, era necessariamente già definitivo: militarmente dai progetti approvati dal Comando interalleato e, da un punto di vista politico, dalla formula del «Unconditional Surrender» pubblicamente sancita nei riguardi cli tutte le potenze nemiche».

Di conseguenza, spiegò Campbell, la necessità di aderire a tale formula avrebbe reso necessario ulteriori prese di contatto, ma di carattere militare 1 • Il resoconto fatto dall'ambasciatore il 4 agosto a Londra ebbe qualche tinta piuttosto forte, che dal testo del rapporto di d 'Ajeta non appare giustificata: «( ...)Ogni traccia [del fascismo] è stata spazzata via. L'Italia è diventata rossa dal giorno alla notte.A Torino ed a Milano vi sono state dimostrazioni comuniste cbe si sono dovute re-

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Lanza d' Ajeta a Prunas, segretario generale agli Esteri, s.cl. (probabilmente delJa primavera 1944), DDI, 9A serie, X, cloc.all.l.


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primere con la forza armata . Venti anni di fascismo hanno cancellato le classi medie. Non vi è niente fra il Re e i patrioti che si sono raccolti intorno a Jui ed il dilagante bolscevismo. Il re ha giocato la sua ultima carta. Se viene rovesciato vi sarà un bagno di sangue e il caos.

I tedeschi sono furiosamente arrabbiati. Sono decisi a non lasciare liberi gli italiani e, se ci 1iescono, a fargliela pagar cara( ...). In queste circostanze il re e Badoglio, il cui primo pensiero era di concludere la pace, non hanno alternative tranne che fi ngere di continuare la lotta( ...) . Dall'inizio alla fine egli [d' Ajeta) non ha mai fatto cenno ai termini di pace e l'intera sua sto1ia, come avrete visto, non è stata altro che un appello a salvare l'Italia dai tedeschi e anche da se stessa e di farlo il più velocemente possibile» 1•

.

La seconda missione fu alquanto più complessa. Il console generale Berio arrivò a Tangeri nel pomeriggio del 5 agosto e subito, data l'assenza del ministro Gascoigne, al momento a Lisbona, si mise in contatto con il console aggiunto Watkinson comunicandogli che il governo Badoglio era pronto a trattare per l'uscita dalla guerra, ma non poteva farlo apertamente a causa dell'imminente minaccia tedesca. Il contatto , evidentemente, non era del livello voluto, talchè bisognò attendere il ritorno a Tangeri di Gascoigne, il quale, sollecitato dal Foreign Office, soltanto nella tarda serata del 13 agosto - dopo una settimana di attesa - incontrò Berio e ... gli dette la pronta secca risposta di Churchill. Il fatto è che questi in quel periodo si trovava a Quebec e, informato dal ministro degli Esteri, Eden, del sondaggio, dopo uno scambio di idee con Roosevelt, fece punt11alizzare attraverso Gascoigne che: «E ' necessario che il Maresciallo Badoglio comprenda che noi non possiamo negoziare, ma esigiamo una capitolazione senza condizioni. Ciò vuol dire che il governo italiano dovrebbe mettersi nelle mani dei due governi alleati, che in seguito g li faranno conoscere i loro termini( ...)» .

Berio obiettò a Gascoigne che tutto ciò nulla aggiungeva di nuovo a quanto già ufficialmente noto e , il 17 agosto, il ministro gli comunicò, da parte del Foreign Office , che egli doveva presentare un documento con il quale il governo italiano offriva la re~.a senza condizioni e chiedeva i termini da sottoscrivere per dare effetto a detta formula 2 • È il caso di aggiungere una pennellata di colore al quadro dei primi con1

E. Aga Rossi,L'inganno reciproco cit., pp. 161 -1 62 .

Berio a Prunas in data 18.4.1944, DDI, 9" serie, X doc . all.2; R. Guariglia, Ricordi cit., pp. 603-605. Sulla missione cfr. Alberto Berio, Missione segreta (Tangeri, agosto 1943) , Dall'Oglio,Milano 1947. 2


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tatti con gli alleati. Il 4 agosto il capo del S .I.M., generale Amè, ricevette un messaggio cifrato con il codice di un suo agente in Libia: «Vostro agente di Nalut arrestato. Qui trasmette Stato Maggiore britannico di Bengasi. Allo Stato Maggiore italiano: vi offriamo con questo mezzo cli entrare in collegamento con noi. Rispondete se accettate» 1•

Il generale Amè si recò al Comando Supremo ed il generale Ambrosio lo incaricò di parlare delJa questione direttamente con il maresciallo Badoglio. Questi si limitò ad autorizzare il collegamento con gli inglesi, senza mettere il capo del S .I.M. al corrente delle missioni Berio ed' Ajeta. La palese indifferenza dimostrata a questo contatto fece sì che le conversazioni con Bengasi si interrompessero il 12 agosto. **** Tutto si faceva più complicato. Sul piano interno, la pressione popo]are per arrivare a] più presto alla pace a qualsiasi condizione diventava sempre più wsistente, al punto che da varie parti si accusava il governo di filofascismo a causa della sua presunta inazione. Il 12 agosto il ministro della guerra, generale Sorice, richiamò l'attenzione del Comando Supremo e dello Stato .Maggiore dell'Esercito «sulla grave situazione locale esistente a Torino, Milano e Bologna, situazione( ...) che lascia temere, nei prossimi giorni, gravi torbidi in quelle città» 2 • Sul piano politico-militare, poi, la linea di condotta appariva ancora confusa e contraddittoria per una serie di ragioni . Anzitutto, l'evidente necessità. di continuare, sia pure per il tempo strettamente necessario ma non ancora definibile, le operazioni contro gli anglo-americani obbligava ad accettare onerosi compromessi in tema di dislocazione e sch ieramenti delle forze tedesche: era ovvio l'interesse nostro a riportare in Italia il maggior numero di divisioni e dislocarle secondo un orientamento antitedesco, essendo ormai assurdo un incremento al dispositivo difensivo contro gil Alleati, però era altrettanto ovvio che i tedesch i, leggendo chiaro nel nostro pensiero, cercassero cli contrastarlo. «Si deve soltanto all'abilità. finissima cli negoziatore del generale Roatta - riconobbe i.1 generali Utili - se riuscimmo a dare una parvenza d i giustificazione a mi1

C. Amé , Guerra segreta in Italia cit., p. 184. AUSSME, Rep. H I, Fondo Ministero della Guerra , Gabinetto, f. I 506 I7/130-8/.l. data 12.8.1943. Cfr. rapporto confidenziale inviato dall'ambasciata tedesca a Roma al1'Auswéirtiges Ami in F. Deakin , Storia della repubblica di Salò cit., pp. 514-516. 2


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sure che a lume di logica erano assurde» 1• In secondo luogo, le difficoltà di recuperare grandi unità da11 'estero non risultavano facilmente superabili, in quanto le fe1rovie della Balcania ed in parte quelle della Francia da noi occupata si trovavano praticamente nelle man i tedesche; per di più, anche nella migliore delle ipotesi, cioè con il consenso german ico, il ritiro delle nostre truppe daJJ a Balcania avrebbe richiesto parecchi mesi 2 . Infine, era ev idente che il numero delle divisioni tedesche entrate in Italia nella prima metà di agosto avrebbe consentito di porre in atto un colpo di mano contro il governo senza eccessivi problemi 3 • In questa atmosfera, il 12 agosto il nostro incaricato d 'affari a Bedino, Rogeri di :Villanova, trasmise al ministero degli Esteri una comunicazione indirizzata dal generale Jodl al generale Man:as. Il documento era molto significativo: «Il Comando Supremo delle Forze Armate tedesche ha preso nota del la decisione del Comando Supremo italiano di ritirare la 4A armata dalla Francia ed un corpo d'armata su tre divisioni dal te1Tito1io sloveno-croato per destinare queste unità alla difesa del territorio metropolitano. Senza voler precorrere i contatti in sede politica, il Comando Supremo delle Forze Armate tedesche è pronto ad entrare in conversazioni circa la messa in atto di queste intenzioni; ma considera urgentemente necessario di giungere con l'occasione, a parte le questioni di dettaglio, ad una completa definizione circa tutta l'ulteriore condotta della lotta e l'organizzazione dei Comandi per la difesa dell'Italia e quindi del pilastro meridonale della fo11ezza europea.

Il Fùhrer ha nominato il Feldmaresciallo Rommel ed il Capo dello Stato Maggiore ciel le Fo1-Le Armate tedesche, generale Jodl, suoi incaricati per queste conversazioni. Come luogo deH 'incontTO si propone Reggio [EmiliaJ, data possibi le I4 agosto>> 4 •

La risposta del Comando Supremo fu affermativa, ma come sede..del la conferenza venne indicata Bologna. Parteciparono all'incontro i generali Roatta e Rossi per l'Italia , il maresciallo Rommel ed il generale Jodl per la Germania. Dovendosi esam inare in comune un piano di difesa della penisola, 1 Umberto Utili, La crisi arrnistiziale e il rapporto con l'alleato tedesco, «Storia illustrata» n. 9, settembre 1983,pp. 27-36 . 2 M. Roat.ta, Olio milioni cli baionette cit ., pp. 290-291. 3 Sin dal 26 luglio J'O.K.W. aveva ordinato che tutti gli elementi sciolti, in movimento o in sosta nella penisola, si aggregassero alla divisione più vicina. Così la terza Panzergrenadiere dislocata a nord cli Roma venne enormemente rinforzata dagli elementi destinati al completamento della 2611 Panzerdivision, schierata a sud di Napoli . 4 Rogeri di Villanova a Guariglia in data 12.9.1943 , DDI, 9A serie , X, doc. 649. Per l'esattezza il maresciallo Keitel era capo dell'O.K.W., mentre il colonnello generale Jodl era iì capo del reparto operazioni clell' O.K.W.


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vennero ripresi 10 esame gli argomenti già toccati nel convegno cli Tarvisio. L'inizio fu sintomatico perchè Jodl chiese altezzosamente «se le divisioni recuperate dalla Francia serviranno in Italia meridionale o saranno inviate al passo di Resia, al Brennero, ecc.». Roatta, informato qualche giorno prima da Ambrosio della previsione di un armistizio 1, ribattè secco secco: «Non rispondo a tale domanda perchè tendenziosa» 2 • In sintesi, il piano abbozzato dall'O.K.W. manteneva di proposito il maggior numero di divisioni germaniche nell'Italia settentrionale e più precisamente a nord dell'allineamento Pisa-Rimini. Il quadro complessivo era tutto un programma: • In Italia settentrionale e in Toscana: il gruppo d'armate agli ordini del maresciallo Rommel, composto dalla 4A e SA armata italiana e dal grosso delle divisioni tedesche; • nell'Italia centrale: la SA armata italiana ed una riserva mobile tedesca (due divisioni) agli ordini del maresciallo Kesselring; • nell'Italia mericlonale: la 6A armata (se recuperata dalla Sicilia) e la ?A armata italiane e la 1QA armata tedesca, anch'esse agli ordini di Kesselring. I due feldmarescialli sarebbero stati posti alle dipendenze dirette del Re (e non del capo di S.M. dell'Esercito, dal quale dipendevano tutte le truppe operanti dislocate nel territorio metropolitano). Roatta, precisato nettamente che la responsabilità della difesa dell'Italia spettava al Comando italiano, illustrò il dispositivo previsto dal piano di quest'ultimo, un dispositivo evidentemente in funziçme antianglo-americana. Era molto simile, come ripartizione delle forze, a quello indicato da .Todi, tuttavia prevedeva lo spostamento a sud di Roma cli buona parte delle divisioni tedesche perchè più manov1iere. Come prevedibile, la decisione fu demandata ai rispettivi Comandi Supremi 3 . Quanto all'interrogativo se preferibile indurre i tedeschi a scendere nel1

Ivan Palermo, Storia di un armistizio, Milano 1967, pp.436-437 . A conferma della tensione esistente nella conferenza, quando Jodl affermò non essere colpa della Germania se, dopo la caduta di Mussolini e l'immediato abbattimento del regime fascista , sussisteva qualche sfiducia verso la parte italiana, Roatta, che non perdeva occasione di ribattere colpo su colpo, replicò non essere nostra abitudine fare come i sassoni (quindi tedeschi) alla battaglia di Dresda, alludendo al loro passaggio al nemico di Napoleone sullo stesso campo di battaglia (G. Zanussi, Guerra e castastr<~f'e d'Italia cit., II, p.70). 3 F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., pp.385-401. Alla Commissione d'inchiesta Ambrosie indicò due motivi che lo indussero a rifiutare il trasferimento delle divisioni italiane nell'Italia meridionale, lasciando i tedeschi a presidiare la settentrionale: la non ancora raggiunta sicurezza di concludere l'armistizio e l'intenzione, a tempo debito, di affrontare i tedeschi nella pianura padana (I. Palenno, Storia di un armistizio cit., doc.22). Comunque, francamente la richiesta italiana (non accolta dall'O.K.W.) di una divisione mobile in rinforzo in Sardegna poteva essere evitata. 2


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DISLOCAZIONE DELL FORZE DELL'ASSE NELL'ITALIA MERIDIONALE Agosto - Settembre 1943

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l'Italia meridionale per cercare di «imbottigliarli» al momento dello sbarco alleato, auspicato quanto più a nord possibile, ovvero se trasferire a sud le divisioni mobili italiane (in pratica quelle attese d'oltre frontiera) in modo da rendere più semplice la liberazione almeno della penisola centro-meridionale dai tedeschi, esso è puramente teorico perchè le divisioni italiane in arrivo dalla Francia e dalla Jugoslavia non avrebbero avuto il tempo materiale di giungere a sud (arrivò soltanto la D.f. Legnano) . D ' altro canto i tedeschi intendevano fermamente mantenere il grosso delle loro truppe a nord dell ' appennino tosco-emiliano I e non avevano alcuna intenzione di spingere a sud altre forze oltre quelle già in posto. Difatti il 18 agosto Hitler, informato dall'esito de11a conferenza, diramò direttive molto precise: «1. Prima o poi è da prevedere che sotto la pressione del nemico l'Italia capitolerà 2 • 2. Per tenersi pronta ad una tale eventualità, la I0" annata deve tenere aperta la sua direttrice di ritirata. Fino a quel momento, dell'Italia centrale ed in particolare della zona cli Roma si occuperà l'O .B.S .

3. Nella zona costiera tra Napoli e Salerno, che per ora è la più minacciata, si deve riunire un grosso gruppo cli combattimento consistente in almeno tre fo rmazioni mobili tratte dalla 10" armata( ...) . Nel caso di uno sbarco nemico, la zona Napoli-Salerno deve essere d ifesa( ...)» 3. ***

*

Al ritorno della rappresentanza italiana da Tarvisio era stata ripresa la questione dei contatti con gli Alleati. La mancanza di notizie concrete da Lisbona e da Tangeri naturalmente ingenerava uno stato di incertezza, ma una lettera personale rivolta al capo di Gabinetto del ministero degli Esteri, Ca1 Kesselring fu chiaro: «Chi avesse dominato le linee di comunicazione con l' Austria ed i Balcani eia una parte e con la Francia clall'altra, avrebbe avuto nelle sue mani il destino della Germanim> (Albert Kesselring, Memorie di guerra , Garzanti, Milano I954, p.183). 2 A tal fine, in quei giorni Rommel si trasferì con il Comando ciel Heeresgruppe B eia Monaco a Belluno e prese ai suoi ordini tutte le truppe tedesche a nord della linea PisaArezzo-Ancona, pur sotto il controllo nominale del Coomanclo Supremo. 3 La nuova 10" armata (generale von Vietinghoff) comprendeva sei delle otto divisioni cli Kesselring e doveva rimanere nell'Italia meridionale. Le altre due di Kesselring restavano in riserva nei pressi cli Roma, pronte, qualora si fosse verificato un tradimento italiano, ad assumere il controllo della capitale ed a tenere aperta la via di ritirata della 10" armata (Basil H. Hart, Storia della seconda guerra mondiale, Mondadori , Milano 1970, p.644) .


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pranica, fornì un orientamento utile. D' Ajeta comunicava che, a suo giudi zio , nulla vi era più da fare in via diplomatica; che la soluzione andava ricercata sul terreno prettamente militare; che gli Alleati avrebbero negoziato sulla base della resa incondizionata con un inviato qualificato del Comando Supremo 1 • Badoglio e Guariglia, dunque, con l'approvazione.del Re , stabilirono di seguire la nuova strada, tenendo anche presente l'informazione fornita da Prunas a fine luglio: «Generale Eisenhower avrebbe ricevuto pieni poteri per trattare con nuovo governo italiano nel.l ' ipotesi della richiesta di annistizio. Egli sarà coadiuvato dal rninistro britannico MacMillan e da rappresentante americano Murphy ( ...)» 2 .

Su proposta di Ambrosio, l' incarico venne affidato al generale Castellano 3 , addetto al Comando Supremo. Per ragioni di sicurezza si ritenne opportuno farlo partire il 12 agosto per Lisbona in un treno diplomatico con funzionari del ministero degli Esteri e passaporto collettivo , in un viaggio già. programmato per il rimpatrio di personale diplomatico dal Cile e di cui i tedeschi erano al corrente. Le istruzioni ricevute da Arnbrosio, e in precedenza approvate da Badoglio, e da Guariglia, furono le seguenti: «Deve cercare cli abboccarsi con con gli ufficiali dello Stato Maggiore anglo-americano, esporre la nostra situazione militare, sentire quali sono le loro intenzioni e soprattutto dire che noi non possiamo sganciarci dall 'alleato senza il loro aiuto. Consigli uno sbarco a nord cli Roma ed un altro in Adriatico; uno sbarco a nord di Rimini risolverebbe eia solo la situazione perchè i tedeschi, minacciati sul fianco delle proprie linee cli rifornimento, sarebbero costretti a ripiegare dal! 'Italia centrale a difesa dei paesi alpini» 4 •

Anche Guariglia volle dire qualcosa: «Dice - ricordò Castellano - che l'Italia è praticamente occupata dai tedeschi, che essi affluiscono ogni gorno in misura maggiore, Che Roma rigurgita cli reparti di SS , che ci troviamo nell'irnpossibilifa materiale cli distaccarci se prima l'aiuto del le forze anglo-ameri-

R. Guariglia, Ricordi cit., p.640. Prunas a Guarigl ia in data 29.7.1943, DDI, 9" serie, X, doc. 568. 3 Il generale Castellano, giovane, abile ecl ambizioso, era eia tempo uomo cli fiducia di Ambrosio. 4 G. Castellano, La guerra continua, Rizzoli, Milano 1963, pp.53-54. 1

2


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cane non renderà praticamente attuabile tale gesto»,

e raccomandò di insistere soprattutto per convincere gli A1leati a sbarcare a nord di Roma, risultando la capitale in serio pe1icolo 1 • Il compito di CasteJlano, il quale tra l'altro ignorava la completezza e la portata delle dichiarazioni rilasciate dal d'Ajeta per conto del governo agli Alleati sin dal 4 agosto, non poteva certo considerarsi semplice. Le istruzioni prevedevano in sostanza che si limitasse a comunicare agli interlocutori che l'Italia avrebbe fatto «causa comune con gli Alleati quando essi fossero sbarcati in Italia, cioè dopo che fossero sbarcati», ed a chiedere la data dello sbarco per regolare le disposizioni italiane, senza alcuna indicazione su possibili sbilanciamenti nel senso di un'entrata in guerra dell'Italia contro la Germania 2 • In realtà Castellano, con l'approvazione di Ambrosio , si proponeva di andare oltre: «Io intendevo non soltanto andare ad esporre la nostra tragica situazione e soltanto

chiedere aiuto senza nulla dare in cambio, ma ritenevo necessario offrire qualcosa e precisamente la ,wstra partecipazione militare nella lotta contro i tedeschi, semprechè gli Alleati venissero adeguatamente in nostro soccorso» 3 •

Questo mentre gli anglo-americani ripetevano insistentemente il ritornello della «resa incondizionata>>, azzerando così ogni margine di trattative. Castellano giunse a Madrid a mezzogiorno del 15 e, approfittando del pomeriggio di forzata sosta nella capitale spagnola, riuscì ad ottenere un colloquiocon l'ambascatore britannico, Sir Samuel Hoare, con il sostegno di un biglietto di presentazone datogli dal rappresentante inglese presso la Santa Sede 4 • Hoare lo ascoltò attentamente, chiese qualche ragguaglio e, in particolare, domandò quale sarebbe stato l'atteggiamento dell'Italia alla richiesta alleata di una resa incondizionata. Castellano dichiarò: «Noi non possiamo porre delle condizioni. Accettiamo la resa incondizionata purchè ci si possa unire agli Alleati nella lotta contro i tedeschi» 5 . Il purchè era, in fondo, una condizione ma la risposta lasciava intendere agli Alleati - e difatti questo accadde - che l'Italia fosse stremata però ancora in condizioni 1

G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile cit., p.84. ibidem, p.98. 3 Relazione Castellano data 15 .12.1943, DDI, 9A serie, X, all.3, p. 946. 4 li biglietto diceva testualmente: «Vi prego di ricevere il latore del presente» (ibidem., p.947). 5 G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile cit., p.99. 2


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di opporsi alle forze germaniche, mentre l'aiuto anglo-americano era chiesto proprio per poter realizzare il distacco dal Reich. Hoare promise di informare subito il Foreign Office e l'ambasciata a Lisbona in modo da consentire il desiderato colloquio con ufficiali aJleati qualificati. A tarda sera del I 6 agosto Castellano arrivò a Lisbona. Il mattino seguente, accompagnato dal diplomatico Franco Montanari quale interprete, si recò dall'ambasciatore britannico Campbell, il quale, vedendolo privo di credenziali, avanzò dubbi di carattere formale in quanto altri approcci, avvertì, erano rimasti «senza alcun esito appunto percbè condotti da persone non espressamente autorizzate» 1 . Soltanto la sera del 19 fu possibile l'incontro.con gli inviati di Eisenhower, l'americano generale Smith, capo di S.M. delle Forze Alleate del Mediterraneo, e l'inglese brigadiere Strong, capo dell'lntelligence di Algeri, nonchè l'incaricato d'affari americano Kennan, in luogo dell'ambasciatore assente. A questo punto è opportuno un piccolo passo indietro. Il 27 luglio Eisenhower aveva trasmesso ai capi di Stato Maggiore americani e britannici il progetto di un armistizio militare da presentare in caso di richiesta di resa italiana2 • In esso spiccavano alcune richieste-pretese al di fuori di ogni senso reale: « I . Immediata cessazione di ogni attività ostile ( ...) ed una garanzia da parte del Go-

verno italiano che le forze tedesche attualmente in te1Titorio italiano si adeguino immediatamente a tutto quanto previsto da questo documento. 4. Immediata evacuazione da rutto il te1Titorio italiano del l'aviazione tedesca. 5. Inizio immediato cieli'evacuazione delle forze terrestri tedesche dal te1Titorio italiano, da effettuare per fasi e linee successive previste dal Comandante in capo alleato, in modo che l'evacuazione da tutto il territorio italiano sia completata in un mese. Le forze tedesche in Sicilia non rientrano in questo armistizio e si arrendono incondizionatamente o ve1rnnno distrutte.

G. Castellano, Roma Kaput, Casini, Roma 1967, p.55. l'armistizio vds .anche Massimo Mazzetti, L'armistizio con l 'Italia in base alle relazioni 14Jìciali anglo-americane, in USSME, Memorie storiche militari 1978, Roma 1978. Si ricorda che gli organi militari alleati al vertice erano tre: uno interalleato anglo-americano e due inte1forze nazionali. Il primo era rappresentato dai Comhined Chiefs of Staff (I capi di Stato Maggiore combinati); i secondi dal britannico Chiefs <d' Staff Committee (Comitato dei capi di Stato Maggiore) e dall'americano Joint Chiefs c~{Stl!ff (i capi di Stato Maggiore Congiunti). 1

2 Sul retroscena cìrca


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8. Garanzia immediata ciel libero uso, da parte degli Alleati., di tutti gli aeroporti ecl i porti marittimi nel territorio italiano, indipendentemente dal ritmo cli evacuazione delle forze tedesche( ...)» 1 •

Eisenhower non aveva incluso nelle clausole anche la resa delle truppe tedesche in Italia, perchè il Comando Supremo italiano avrebbe ritenuto «completamente disonorevole» volgersi di colpo ad attaccare gli ex-alleati 2 • La lettera di Eisenhower fu esaminata e discussa a Washington ed a Londra ed il 30 luglio il Gabinetto di gue1Ta britannico espresse parere favorevole al documento, sia pure con alcune modifiche, tra le quali l'ovvia eliminazione di ogni riferimento alle forze tedesche , ma soprattuto con un netto vincolo: I' armistizio doveva essere limitato alle sole urgenti esigenze militari, in attesa che si giungesse a definire compiutamente lo «Strumento di resa>>, cu i stava lavorando il Governo britannico. Churchill , in sostanza, preferiva un programma in two stage, in due tempi: «( ...) Personal mente - scrisse a Eden il giorno seguente - ritengo che le condizioni che Eisenhower può ora offrire sono molto più suscettibili d'essere capite da un rappresentante

del Governo italiano, e pertanto suscettibili di immediata accettazione, della stesura legale dello Strumento di resa( ...). Se riusciremo ad imporre condizioni di emergenza, questo significa che gl i italiani saranno dati a noi mani e piedi legati ( .. .)» 3.

Roosevelt era invero piuttosto incerto sullo «Strumento di resa>> inviatogli in prima bozza da Londra. Il 3 agosto manifestò a Churchill i suoi dubbi sull'opportunità di utilizzarlo: «Dopotutto - scrisse - le condizioni di resa già approvate e mandate ad Eisenhower potrebbero essere tutto quello che occorre. Perchè legargli le mani con uno strumento che potre bbe essere o troppo impegnativo o inadeguato? Perchè non lasciarlo libero cli agire a seconda delle circostanze?» 4 •

Alla fine inglesi e americani si trovano d'accordo sulla convenienza di aggiungere a quello che diventerà lo short armistice una clausola che con1

A.N. GarJand e H.M . Smith (a cura), The Mediterranean Theatre of operation. Sicily ami the Surrender of Italy, Washington 1965, (citato poi con Sicily and the Surrender) , pp.270-27 I . 2 !bidem, p.271. 3 W. Clmrchill, La seconda guerra mondiale cit., parte V, l, p.79. 4 fbidem.


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sentiva la successjva imposizione delle condjzioni politiche, economiche e finanziarie 1, mentre la decisione per lo Strumento di resa venne rimandata alla imminente conferenza di Quebec. Il 19 agosto, dunque, all'ambasciata britannica di Lisbona il generale Castellano incontrò i rappresentanti cli Eisenhower. Dopo le presentazioni, il generale Smith prese la parola spiegando che, «nel presupposto che le forze italiane fossero pronte ad arrendersi», egli era stato autorizzato a comunicare le condizioni di armistizio militare in base alle quali il Comandante in capo alleato poteva acconsentire alla cessazione delle ostilità contro le forze italiane: «Le seguenti condizioni di armistizio - lesse Smith - sono presentate da l generale Dwight Eisenhower, comandante in capo delle Forze Alleate, il quale agisce per delega dei governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e nell'interesse delle Nazioni Unite, e sono accettate dal maresciallo Pietro Badoglio, capo del governo italiano. I. Cessazione immediata di ogni attività osti le eia parte delle forze armate italiane. 2. L'Italia farà ogni sforzo per negare ai tedeschi tutto ciò che potrebbe essere adoperato contro le Nazioni Unite. 3. Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite dovranno essere consegnati ÌJ11 mediatamente al Comandante in capo alleato e nessuno cli essi potrà ora, o in qualsiasi altro momento , essere trasferito in Germania. 4 . Trasferimento immediato della flotta italiana e degli aerei italiani in quei luoghi che potranno essere designati dal Comandante in capo alleato, insieme con i particolari sul loro disarmo che saranno eia lui fissati. 5 . Il naviglio mercantile italiano pot1·à essere acquisito dal Comandante in capo alleato per supplire alle necessità ciel suo programma militare-navale . 6. Resa immediata della Corsica e di tutto il teffitorio italiano, sia de.Ile isole che del continente, agli Alleati , per essere usati come basi di operazioni e per altri scopi , secondo le decisioni degli alleati. 7. Garanzia immediata del libero uso da parte degli Alleati degli aeroporti e basi marittime in territorio italiano, senza tener conto dello sviluppo dell 'evacuazionc del territorio italiano eia parte delle forze tedesche. Questi porti ed aeroporti dovranno essere protetti dalle forze annate italiane finchè questo compito non sarà assunto dagl i alleati. 8. Immediato richiamo in Italia delle forze armate italiane da ogni partecipazione alla guerra in quals iasi zona in cui si trovino attualmente impegnate. 9. Garanzia da parte del governo che se necessario impiegherà tutte le sue forze disponibili per assicurare la sollecita e precisa esecuzione cli tutte le condizioni d'armistizio.

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Sicily and the Surrender cit., pp. 277-278 .


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10. II comandante in capo delle forze alleate si riserva il diJitto cli prendere qualsiasi misura che egli ritenga necessaria per La protezione degli interessi delle forze alleate per la prosecuzione della guerra, e il governo italiano si impegna a prendere quelle misure amministrative o di altro carattere che potranno essere richieste dal comandante in capo, e in particolare il comandante in capo stabilirà un governo militare alleato su quelle parti del territorio italiano che egli riterrà necessario nell'interesse militare delle Nazioni Unite. ll . 11 Comandante in capo delle forze alleate avrà pieno diritto di imporre misw-e di disaarmo, cli mobilitazione, di smilitarizzazione . 12. Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziaJio che l'Italia dovrà impegnarsi ad eseguire saranno trasmesse in seguito» 1•

Castellano, colto di sorpresa da un simile brutale ultimatum, accennò ad un probabile errore di interpretazione sul significato della sua visita, in quanto egli era venuto essenzialmente per discutere come l'Italia potesse unirsi alle Nazioni Unite contro la Germania, per cacciare i tedeschi dal1'Italia in collaborazione con le forze alleate. Bedell Smith replicò nettamente che, trattandosi di armistizio militare, le condizioni esposte potevano essere accettate o rifiutate, non discusse. La questione della forma della partecipazione italiana alla lotta contro il Terzo Reich riguardava i governi alleati, cui spettava la decisione. Resosi conto, peraltro, dell'effetto prodotto dalla posizione radicale assunta, il capo di S .M. di Eisenhower richiamò l'attenzione di Castellano su un documento appena ricevuto da Quebec, dove l'offerta di pace e di un concorso attivo dell'Italia erano state prese in attenta considerazione. Il cosiddetto «Documento di Quebec» affermava che «( ...) la misura nella quale le condizioni di armistizi.o saranno modificate in favore del-

l'Italia dipenderà dall'entità dell'apporto dato dal governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra. Le Nazioni Unite dichiarano tuttavia senza riserve che ovunque forze italiane o gli alleati combatteram10 i tedeschi( ...) , essi riceveranno tutto l'aiuto possibile dalle forze delle Nazioni Unite ( .. .)» 2 .

Due questioni specifiche vennero esaminate nel corso dei colloqui: il recupero delle unità italiane dalla Balcania ed il pericolo di una cattura del Re da parte germanica ali' annuncio dell'armistizio. Circa il primo punto, al1

G . Castellano, La guerra continua cit., pp. 60-61. l dodici articoli costituirono l' «armistizio coito», le clausole citate nell 'art. 12 costituiranno l' «armistizio lungo». 2 lbidem, pp. 69-70 e 203-204.


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l'oservazione di Castellano della presumibile impossibilità materiale di ritirare le truppe dislocate in Balcania come richiesto dall'art.8 del testo d'armistizio, Smith replicò che «alcune divisioni sono dislocate abbastanza vicino alla costa per permettere il loro ritiro in Italia a mezzo di navi alleate». Quanto al secondo, suggerì che il Re si trasferisse in Sicilia su una nave da guerra. Castellano assicurò di aver ben compreso le condizioni d'armistizio e le infomazioni supplementari, e spiegò che, non avendo ricevuto l'autorizzazione ad accettare le predette condizioni, avrebbe portato a Roma il documento per il suo esame da parte del Governo e del Comando Supremo. Poi aggiunse che sarebbe stato molto utile per l'Italia conoscere dove e quando J'invasione alleata sarebbe stata effettuata: la reazione tedesca infatti avrebbe obbligato il Governo italiano ad allontanarsi dalla capitale al momento della cessazione delle ostilità. Naturalmente Smith rispose che motivi evidenti impedivano di fornire indicazioni precise sui piani alleati. Comunque, se il maresciallo Badoglio accettava le condizioni d'annistizio, il generale Eisenhower avrebbe comunicato l'avvenuto armistizio cinque o sei ore prima dello sbarco principale «in forze». Tale annuncio doveva essere immediatamente seguito da un proclama del maresciallo Badoglio annunciante la fine delle ostilità contro le Nazioni Unite. L' accettazione italiana doveva pervenire possibilmente il 28 agosto per radio o tramite Vaticano; la mancata ricezione entro la mezzanotte del 30 agosto avrebbe significato il rifiuto italiano delle condizioni poste 1• Castellano obiettò che un preavviso di poche ore non appariva sufficiente per consentire un'effettiva collaborazione militare e che, a tale scopo, reputava necessario un lasso di tempo di un paio di settimane. Smith rispose che «this might be clone» e promise di consultare Eisenhower <<in an e.ffort to make the necessary arrangement» 2 .

Il commento fatto da Castellano sul mandato ricevuto sembra ben collocato: «Nell'affidarmi 1'incarico di chiedere sostegno al momento del distacco dai tedeschi e di venire co] nemico ad un'intesa di carattere militare, si era creduto che a noi fosse ancora possibile dire qualcosa e non si era pensato che era troppo tardi» 3 . Purtroppo, aggiungiamo, a Roma si continuerà a ritenere possibile «trattare» sino all'8 settembre. Per converso, in campo alleato i colloqui con Castellano suscitarono un'impressione inesatta delle reali possibilità militari italiane, lasciando cioè presumere che, benchè streVerbale colloqui data 19.8.1943, DDI, 9A serie, X, doc. 681 e relazione di Castellano ad Ambrosio data 15.12.1943, Ibidem, all.3. 2 G. Castellano, La guerra continua cit., p 67. 3 G. Castellano, Come.firmai l'armistizio di Cassibile cit., pll8. 1


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mata, l'Italia avesse determinazione e forze ancora sufficienti per battersi aggressivamente contro i tedeschi. Un equivoco, fatale, che durerà sino a11'8 settembre. In merito alle modalità seguite per la missione, stupiscono due cose. Priima di tutto la complessità e la lunghezza della copertura diplomatica studiata per la circostanza quando ormai a tutti era chiara l'urgenza di porre termine ad una situazione sempre più insostenibile. In secondo luogo, l'assenza di predisposizioni per assicurare le.comunicazioni con Castellano durante la sua permanenza a Lisbona. Vero si è che il S.l.M., tenuto all'oscuro della vicenda(!), non avvertì di aver fornito un mezzo radio sicuro all'ambasciatore a Lisbona 1, il quale, incomprensibilmente, non pensò di farne cenno a Castellano. Per il rientro in patria, Castellano dovette attendere il treno con i diplomatici di ritorno dal Cile, perchè l'ambasciatore inglese gli vietò un diverso mezzo , essendo gli scali in Spagna sorvegliati dai tedeschi, già in sospetto per la sua presenza a Lisbona 2 • Perciò soltanto il 27 agosto egli potè arrivare a Roma, dotato dagli Alleati di radio e cifrario sicuri (codice dal nome convenzionale drizzle-monkey). La sua missione era durata ben quindici giorni , tredici dei quali passati in viaggio od in attesa. La prolungata ed inevitabilmente silenziosa assenza di Castellano3 aveva nel frattempo destato a Roma inquietudini ed apprens ioni che suggerirono l'invio di un nuovo rappresentante. Diciamo francamente che tutto ciò non appare.molto chiaro. Come potevano Governo e Comando Supremo essere assillati da timori per l'assenza ed il silenzio cli Castellano quando sapevano benissimo che questi non poteva comunicare con Roma perchè non gli era stata fornita una radio e che il suo rientro era legato al noto treno diplomatico, la cui partenza da Lisbona (il 23 agosto, con un giorno di ritardo sul previsto) era o poteva essere conosciuta senza alcun problema dal ministero degli Esteri 4 ? Eppure Guariglia non fu interpellato al riguardo e neppure lo si avvisò della decisione subitanea di mandare il gen. Zanussi, uomo di fiducia cli Roatta, a Lisbona per sostituirsi a Castellano, ove gli fosse capitato qualcosa, e rientrare o affiancarglisi in caso contrario. C. Amè, Guerra segreta in Italia 1940-1943 cit., p.188. G. Castellano , La guerra continua cit., p 74. 3 I due telegrammi ordinari spediti il 22 da Castellano al ministero degli Esteri rimaser9 «ignorati», probabilmente perchè nessuno capì a che cosa si riferisse un certo «acquisto di Wolframio» e l'imminente «rimpatrio di nostri prigionieri ammalati» (G . Castellano, Come.firmai l'armistizio di Cassibile cit. , pp.123-124). 4 Relazione Castellano data 15.12.1943 , DDl, 9" serie, X, cit. 1

2


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L'invio di Zanussi era stato caldeggiato dal geo .Carboni, il quale, pur conservando il comando del corpo d'annata motocorazzato assunto il 22 luglio, il 18 agosto era stato nominato commissario del S .I .M., in sostituzione del gen.Amè, destinato al comando di una divisione 1 • Carboni, intelligente, energico e spregiudicato, era riuscito rapidamente non soltanto ad entrare ma anche ad acquistare attenzione e fiduc ia nella strettissima cerchia di persone che in quel periodo reggeva il timone della nave italiana.Aveva, dunque, insistito presso Badoglio,Acquarone e Roatta per l'invio di Zanussi, motivandolo con l'assoluta, a suo personalissimo giudizio, «inaffidabilità» di Castellano 2 . Za11ussi patrì il 24 agosto - quando Castellano era già in viaggio di ritorno - ed in aereo , senza tutte le precauzioni che avevano circondato la missione Castellano. Inoltre fu avvertito da Carboni che per j suoi contatti con Roma (S.I .M.) avrebbe potuto rivolgersi all'ambasciatore Prunas, dotato di «uno speciale cod.ice segreto» 3 . Ad ogni modo l'invio del gen. Zanussi fu una mossa sbagliata. Nel frattempo era intervenuto un fatto nuovo. Il ministro Eden, giunto a Quebec per la conferenza Quadrant, aveva saputo dell'autorizzazione data ad Eisenhower per la stipu]azione di un armistizio militare. In pieno disaccordo con questa mossa, si impegnò a fondo per fare approvare dagli americani il suo «Strumento di resa>> allo scopo di sostituirlo al documento trasmesso ad Eisenhower. Il 23 agosto il Foreign Office informò il Dipartimento di Stato che il Primo ministro ed il Presidente avevano raggiunto un accordo e che, pertanto, veniva dato istruzione all ' ambasciatore britannico a Lisbona di usare l'amùstizio lungo in luogo di quello breve in tutti i successivi colloqui con i delegati italiani . Non essendo peraltro completamente sicuro della concordanza di vedute da parte del Presidente, il Foreign Office chiedev'1 al dipartimento di Stato di chiarire bene la questione e poi dì far pervenixe ad Eisenhower analoghe direttive 4 • Era evidente l'intento di forzare la mano a Washington e difatti solo il 26 Roosevelt, probabilmente poco convinto, dispose di aderire alla richiesta di Londra. 1 In sede cli rapporto tenuto a.i comandanti cli divisione in quella circostanza, Carboni comunicò che, pur avendo assunto la direzione del S.I .M., non intendeva lasciare il comando del corpo d'annata «perchè questo comprendeva le migliori truppe disponibili in Ttal ia, e a lui poteva toccare la sorte di rappresentare la parte di De Gaulle», soggiungendo però «Credo che non ve ne sarà bisogno» (R.Cadorna, U, riscossa, Rizzoli, Milano 1948, p.33) . 2 G. Carboni, Più che il dovere, Danesi, Roma 1952, p .252. 3 Giacomo Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia, Corso, Roma 1945, ll,pp.82-85. d Sicily and the Surrender cit., pp.448-449.


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Quello stesso giorno il vice-Premier, Clement Attlee, annunciò all'ambasciatore Campbell l'accettazione americana e gli ordinò di raccomandare al generale Zanussi di tornare «immediatamente a Roma con il testo dei termini lunghi» 1, datogli - si noti bene - da Campbell il 25 secondo le disposizioni del Foreign Office 2 . Fu così che il mattino del 26 Zanussi ricevette l'invito a ripartire in tutta fretta <<col testo dell'armistizio che mi si era consegnato, perchè esso conteneva qualche variante nei confronti di quello che era stato dato a Castellano». Senonchè, mentre stava orientandosi al rimpatrio, venne improvvisamente infonnato che «era cessata l'urgenza di portare a Roma la copia delle clausole d'armistizio» - subito ritiratagli - e che invece l'indomani avrebbe lasciato Lisbona in aereo «per destinazione non precisata» 3 • Il brusco cambiamento cli indirizzo era stato provocato da Eisenhower, il quale, messo al corrente dell'iniziativa inglese, si era allarmato. Se Zanussi avesse informato dei «termini lunghi» il Governo italiano, tramite l'ambasciata di Lisbona, il buon esito delle trattative in corso ne sarebbe risultato probabilmente compromesso ed avrebbe inciso in senso negativo sulla riuscita dell'operazione Avalanche. Questa non poteva ricevere il via se prima non fosse stato firmato l'armistizio militare; perciò Zanussi doveva essere bloccato. Avalanche era stata inizialmente (giugno 1943) prevista per il 1° ottobre, ma il 9 agosto, visto l'andamento della lotta in Sicilia, la data era stata anti cipata, sempre a titolo orientativo, al 7 settembre. Il 16 agosto, ossia tre giorni prima dell'incontro con Castellano a Lisbona, vennero definite le linee fondamentali del piano per la prosecuzione della guerra in Italia: fra il 31 agosto ed il 1° settembre due divisioni dell'8A armata britannica (gen. Montgomery) avrebbero attuato l'operazione Baytown attraverso Io stretto di Messina; una settimana più tardi, fra l '8 e il 9 settembre, quattro divisioni e unità minori della SA armata americana (gen. Clark) sarebbero sbarcate a Salerno con l'operazione Avalanche 4 • Alexancler precisò che «l'attacco contro Salerno doveva essere sferrato il 9 settembre. Questa data, se necessario, poteva essere rinviata di non più di 48 ore» 5 • Si stimava infatti che un interval]o di una decina cli giorni tra i due attacchi avrebbe sensibilmente alleviato la carenza di mezzi di sbarco, consentendo l'uso di parte di essi in entrambe Ibidem, p 461 . G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., II. pp.92-96. J Ibidem, p 96. 4 Sicily and the surrender cit. , p521. 5 H. Alexander, The Allied Armies in Italyfrom 3rd deptember 1943 to 12th december 1944, Supplemento a «The Lonclon Gazette»del 6 giugno 1950, p.2886. 1

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le operazioni 1 . li 23 ebbe luogo ad Algeri una rìunione in cui Montgomey dichiarò di non poter varare Baytown a fine mese come previsto , perciò la data fu spostata alla notte sul 3 settembre 2 . Di conseguenza il piano approvato il giorno seguente stabilì che «una settimana più tardi , fra il 9 e l' 11 settembre, sarebbe seguita l'operazione Avalanche» . Al riguardo Massimo Mazzetti ha messo in evidenza la strana affermazione fatta da Churchill ai Comuni il 21 settembre: <<La data, stabilita originariamente per il 15 , venne tuttavia anticipata .in effetti al 9>>, indicando cioè il 15 anzichè l' 11 settembre 3 . Ora, considerato il fatto che Avalanche veniva lanciata al limite delle possibilità d'intervento della caccia alleata e che, per giunta, il rappo1to di forze col nemico dava pensiero essendo calcolato poco favorevole, ne derivava - anche a giudizio di Montgomery e di Alexander - l'assoluta necessità di ottenere la firma italiana prima dell'inizio dell'operazione. Per tale motivo il 28 agosto Eisenhower chiese ai capi di Stato Maggiore Combinati di poter proseguire le trattative sulla base del meno oneroso, per l'Italia, Short Armistice. Una volta fumato l'armistizio militare , il che poteva aver luogo il 31 agosto, si sarebbe consegnato a Castellano <<il documento lungo con l 'avvertenza che questi sono i termini completi di resa che saranno imposti dalle Nazioni Unite» 4 • Anche il ministro br itannico ad Algeri, MacMillan, si era convinto dell'opportunità di accontentarsi delle «condizioni a breve scadenza» già trasmesse a Castellano. La risposta di Attlee fu «molto confusa»: insisteva per lo strumento di resa, però «se lo imponessero esigenze militari, potevano firmare il documento più breve, ma con la chiara intesa che questo doveva considerarsi una convenzione milìtare, da sostituire al più presto con le condizioni generali e complete di resa» 5 • E il 29 agosto Roosevelt - che continuava a giudicare pressochè inutile il Long Armistice 6 - autorizzò Eisenhower a procedere con lo Short Armistice, rimandando a momento successivo la firma di quello lungo 7 • Il 3 settembre, dopo la capitolazione di Cassibile, Eisenhower confermerà a Washington che «La sottoscrizione dell'armistizio cmto era a assolutamente necessaria prima di poter pro-

Strategie Planning for Coali.tion Wa1fare 1943-1944, Washington 1959, p. 246. B. Montgome1y, Da El Alamein al fiume Sangro cit., pp.155-156. 3 M. Mazzetti, L'armistizio con l'Italia cit., pp.112-J 14. 4 Cfr. E.Aga Rossi, L'inganno reciproco cit. , p.21 1. 5 H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra, Garzanti, Milano 1969, p. 485. 6 E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., p 211. 7 Sicily and the Surrender cit., p 462. 1

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gettare piani specifici con i rappresentanti italiani per assìcurarci il maggiore aiuto possibile da paite italiana ed ottenere la cooperazione del Corpo Motorizzato alla progettata operazione presso Roma dell'82A Divisione aviotrasportata. La sottoscrizione dell'armistizio lungo avrebbe avuto luogo più tardi in un momento convenjeote per i piani operativi alleati» 1•

Vale la pena di riportare i commenti di Eisenhower sulla vicenda e sul ruolo assegnatogli. A MacMillan disse apertamente che simile modo di agire era «una truffa» 2 ; con Harry Butcher, il suo aiutante cli campo, definì 1'intera questione «uno sporco affare» 3; con Murphy, il rappresentante americano ad Algeri, protestò perchè si trattava di un «accordo disonesto» 4 . Il 27 agosto, dunque, il generale Zanussi fu portato in aereo p1ima a Gibilterra, che lasciò nel p1imo pomeriggio del 28, e poi ad Algeri, dove «con sua sorpresa egli si trovò queJla sera» 5 • Se a Lisbona era stato ricevuto senza particolare diffidenza, una volta spiegato il motivo della sua visita, ad Algeri incontrò un'accoglienza del tutto opposta, sospettandosi qualche novità sgradevole derivante da possibili contrasti fra Comando Supremo e Stato Maggiore dell'Esercito 6 . li generale Smith cominciò col eh iedere seccamente che cosa fosse venuto a fare, visto che le clausole d 'armistizio erano già state consegnate a Castellano; poi, ancor più freddamente, aggiunse che entro un determinato giorno attendeva una risposta di Castellano e che sino a quel giorno egli nulla aveva da dire. Zanussi ne prese atto e replicò che, se non fosse stato portato ad Algeri dagli ospiti, si sarebbe già trovato in viaggio di rientro per l 'Italia. Piano piano la fredda ostilità si stemperò ed il colloquio prese a svolgersi in un clima più sereno. Nelle conversazioni dei giorni successivi due domande precise vennero rivolte a Zanussi. La prima rivelava qualche dubbio suJl'affidabilità italiana in quei difficilissimi momenti,anche su] pjano psicologico: «come l 'esercito italiano ed il Paese si sarebbero acconciati ad una cosÌ. brusca sterzata, per la quale, di punto in bianco, da amici dei tedeschi diventavano loro nemici; e da nemici degli anglo-americani diventavano amici». Zanussi rispose che sarebbe stato più semplice cli quanto si potesse pensare, sia nei confronti di questi ultimi, non esistendo verso di loro che un'ostilità artificiosa; sia nei riguardi dei tedeschi, a causa di una lunga tradizioM. Toscano, Dal 25 luglio all'8 settembre cit., pp.195-198. H. MacMillan, Vent'anni di pace e di guerra , cit., p. 485. 3 H.C. Butcher, Tre anni con. Eisenhower, Monclaclori , Milano 1946, p. 398. 4 R. Murphy, Un diplomatico in prùna linea, Monclaclori, Milano 1967,. p. 279. 5 Sicily and the Surrender cit., pp. 462-463. 6 G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., TI. pp. I02- l03. 1

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IL DOCUMENTO DI QUEBEC

(Seggested action on ltalian peace feelers) Le condizioni di armistizio non contemplano l'assistenza attiva dell':talia nel combattere i tedeschi. La misura nella quale le condizioni saranno modificate in favore dell'Italia dipenderà dall'entità dell'apporto dato dal Governo e dal popolo it aliano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra. le Nazioni Unite dichiarano tuttavia senza riserve che, ovunque le forze italiane e gli italiani combatteranno i tedeschi. o distruggeranno proprietà tedesche. od ostacoleranno i movimenti tedeschi, essi riceveranno tutto l'aiuto possibile dalle forze delle Nazioni Unite. Nel frattempo, se informazioni sul nemico verranno fornite immediatamente e regolarmente, i bombardamenti degli alleati verranno effettuati, nei limiti del possibile, su obiettivi che influiranno sui movimenti e sulle operazioni delle forze tedesche. La cessazione delle ostilità fra le Nazioni Unite e l'Italia entrerà in vigore a partire dalla data e dall'ora che verran no comunicate dal generale Eisenhower. Il Governo italiano deve impegnarsi a p roclamare l'armistizio non appena esso verrà annunciato dal generale Eisenhower e ad ordinare alle sue forze ed al ' suo popolo di collaborare da quell'ora con gli alleati e di resistere ai tedeschi. Il Governo italiano deve, al momento dell'armistizio, dare ordini che tutti i prigionieri delle Nazioni Un ite in pericolo di cattura da parte dei tedeschi siano immediatamente rilasciati. Il Governo italiano deve al momento dell'armistizio dare ordini alla flotta italiana ed alla maggior parte possibile della Mar ina mercantile d i partire dai porti italiani. Il maggior numero possibile di aerei militari dovrà recarsi in volo alle basi alleate. Qualsiasi nave od aereo in pericolo di cattura da parte dei tedeschi deve essere distrutto. Nel frattempo vi sono molte cose che il Maresciallo Badoglio può fare senza che i tedeschi si accorgano di quello che si sta preparando. La natura e l'enti tà della sua .azione saranno lasciate al suo giudizio, ma si suggeriscono le seguenti linee generali: 1. resistenza generale passiva in tutto il Paese, se quest'ordine può essere trasmesso alle autorità locali senza che i tedeschi lo sappiano; 2. piccole azioni di sabotaggio in tutto il Paese, specialmente delle comunicazioni e degli aeroporti usati dai tedeschi; 3. salvaguardia dei prigionieri di guerra alleati. Se ia pressione tedesca per farli consegnare diventa troppo forte, essi dovrebbero essere rilasciati; 4. nessuna nave da guerra deve essere lasciata cadere in mano tedesca. Disposizioni dovranno essere date per assicurarsi che tutte queste navi possano salpare per i porti designati dal generale Eisenhower. non appena egli darà l'ordine. l sottomarini italiani non devono sospendere le missioni. dato che ciò rivelerebbe .al nemico il nostro scopo comune; 5. nessuna nave mercantile dovrà cadere in mano tedesca. le navi dei porti del nord dovranno, se possibile, recarsi nei porti a sud della linea Venezia - Livorno. In caso disperato dovrebbero essere affondate. Tutti i piroscafi dovranno tenersi pronti a salpare per i porti designati dal generale Eisenhower; 6. non si dovrà permettere ai tedeschi di prendere in mano le difese costiere italiane; 7. predisporre piani perché al momento opportuno le unità italiane nei Balcani possano marciare ve rs o la costa. dove potranno essere trasportate in Italia dalle Nazioni Unite.


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nale animosità, il che per altro non toglieva la necessità di una ce11a preparazione psicologica 1• Il secondo quesito riguardava la preoccupazione alleata di poter contare sulla presenza del Governo legittimo: si era pensato al trasferimento del Re e del Governo da Roma per mandare a vuoto il paventato tentativo di cattura da parte germanica in un qualunque momento, ma principalmente in quello della crisi derivante dall'annuncio delJ'armistizio? Zanussi rispose di non avere elementi in proposito e, nella discussione che ne seguì, i suoi interlocutori dissero di aver preso in considerazione il problema e deciso di agevolarne la soluzione: avrebbero potuto sgomberare dalle loro truppe una parte della Sicilia restituendola alla piena sovranità del Re e del Governo italiano 2 . Verso mezzogiorno del 28 agosto, appena tornato in Italia, Castellano si recò al Vi minale e consegnò a Badoglio, presenti Guariglia e Ambrosio, il testo dello Short Armistice, il documento di Quebec ed il verbale della riunione di Lisbona. Le discussioni sul dafarsi vennero interrotte nel pomeriggio del 29 da un biglietto del ministro Osborne, il quale rappresentava la «vitale importanza che il generale Castellano si recasse subito in Sicilia, come concordato a Lisbona 3 • Badoglio convocò per il mattino seguente Guariglia, Ambrosia e Castellano e, in questa riunione, dispose la partenza di Castellano per Cassibile allo scopo di ribadire agli alleati che: «( ...)L'Italia potrà chiedere l'armistizio solo quando in seguito a sbarchi degli Alleati

con contingenti sufficienti ed in località adatta cambiassero le attuali condizioni; oppure se gli Alleati fossero in grado di determinare una diversa situazione m.ilitare in Europa» 4 •

L'appunto, preparato da Guariglia, era corredato da un biglietto scritto a matita da Badaglio: «l. Riferirsi all'appunto.

2. Per non essere sopraffatti prima che gli inglesi possano far sentire le loro azioni, noi non possiamo dichiarare accettazione armistizio se non a sbarchi avvenuti di almeno quindici divisioni, la maggior parte di esse tra Civitavecchia e Spezia. 3. Noi possiamo mettere a disposizione i seguenti campi di aviazione ..... 4. La flotta va alla Maddalena: sapere l'epoca pressapoco allo scopo di prepararci. 5. Protezione Vaticano.

Ibidem, p. !05. lbidem, p. 108. 3 R. Guariglia, Ricordi cit.,p. 674. 4 G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 81. 1

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6. Restano a Roma il Re, il principe ereditario, la regina, il governo, il corpo diplomatico. 7. Questione prigionieri» 1•

È chiaro che a Roma 1e possibi1ità miUtari alleate in quel momento ed in quel teatro erano sopravvalutate e che, peggio ancora, regnava 1a convinzione che un fermo atteggiamento italiano potesse influire le decisioni anglo-americane nei confronti dell'Italia. Ben s'intenda: sul piano operativo i «suggerimenti» di Badoglio non erano affatto campati in aria; semplicemente non erano recepibili da Eisenhower per più di un motivo, primo fra tutti la preoccupante scarsità di forze in rapporto all'afflusso di divisioni tedesche dopo il 25 luglio. Il 31 agosto fu per Castellano una giornata «campale». Partito di buon'ora da Centocelle, ne11a tarda mattinata atterrò a Cassibile, dove, con molta soqJresa e qualche disappunto, trovò Zanussi, che lo ragguagliò sulla propria missione. Poco dopo iniziò la conferenza presieduta da Bedell Srnith. Castellano lesse 1'appunto datogli da Guariglia e lo commentò ampiamente sulla base delle note Badoglio. Il risultato fu nullo: al governo italiano era lasciata semplicemente l 'accettazione o 1a non accettazione delle condizioni di armistizio; nel primo caso doveva dichiarare la cessazione delle ostilità contemporaneamente allo sbarco; se avesse perso questa occasione, non se ne sarebbe presentata una seconda. Poi Smith osservò, con qualche ironia, che ove gli Alleati fossero stati in grado di costituire una testa di sbarco di quindici divisioni, non avrebbero perso tempo con l'armistizio, e rifiutò di fornire indicazioni su dove, come e quando sarebbe avvenuta l 'invasione della penisola. Al termine di nuove discussioni, Smith riepilogò la procedura in caso di accettazione italiana (da fare per radio entro le 24 del 2 settembre): «l. Conclusione di accordo segreto [firma armistizio breve]. 2. Sbarchi secondari (5 o 6 divisioni) con opposizione italiana da effettuare entro una o due settimane . 3. Sbarco principale in forza a sud di Roma, azione della divisione paracadutisti vicino a Roma, e contemporaneo annuncio dell'armistizio».

Ed aggiunse che l'opinione pubblica americana non avrebbe mai potuto accettare che l'armistizio avesse luogo dopo lo sbarco, va1e a dire «dopo che vi siano stati scontri aperti fra Alleati e Italiani» 2 •

•1 2

Ibidem, p. 78. Colloquio Castellano-Smith in data 31.8.1943 in DDT, 9" serie , X, doc. 737.


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Il consigliere politico americano presso il Quartier Generale alleato di Algeri, Murphy, più tardi ricordò quella giornata, riconoscendo che per gli italiani era «.un bel problema decidere se siamo noi o i loro alleati tedesclù a poter fare i maggiori danni e rovine ali 'Italia. Stanno letteralmente fra l' incudine ed il martello( ...). Abbiamo fatto presente che se ora gli italiani rifiutavano di accettare e firmare, tre cose dovevano essere note: I. Il re e l'attuale governo italiano, per quel che riguardava gli Alleati, sarebbero stati spacciati; 2. Saremmo stati costretti a sobillare disordini e anarchia in tutta Italia( ...); 3. Saremmo stati evidentemente costretti a bombardare senza tregua e su vasta scala sino a che le principali città italiane , compresa Roma, non fossero ridotte in cenere e mucchi di macerie» 1•

4. l PROVVEDIMENTI MILITARI ADOTTATI PRIMA DELL'8 SETTEMBRE I problemi operativi che si posero al Comando Supremo all'indomani del 25 luglio furono, come si è accennato, due: la guerra in atto contro gli Alleati e le misure da prendere in vista di una temuta aggressione tedesca. A questi se ne aggiunse un terzo nella seconda metà di agosto: il concorso da fornire a tempo debito agli Alleati. Conciliare le esigenze connesse con i tre ben differenti problemi era una cosa tutt'altro che semplice. Evidentemente, finché non si fosse giunti ad un concreto accordo - in merito al quale la parola conclusiva era riservata agli Alleati - le truppe italiane dovevano continuare a combattere per rispondere ad attacchi o sbarchi anglo-americani. È altresì evidente che le misure cautelative stabilite nei confronti della minaccia tedesca dovevano aver corso per la sopravvivenza del Governo legittimo 2. E lo stesso dicasi sull'impossibilità o quasi di diramare tempestivamente disposizioni per sincronizzare una nostra partecipazione militare con le azion i alleate quando si ignorava ancora se e come gli Alleati avrebbero accolto le nostre avances e, soprattutto, quando si riscontrò il loro rifiuto di fornire il benchè minimo spunto per un nostro concorso (a patte la divisione Airborne a Roma). Non dimentichiamo che l'indicazione da essi Murphy a Roosevelt in data 8.9.1943, in E.Aga Rossi, L'inganno reciproco cit. , pp299-302. 2 Proprio in quei giorni circolavano insistenti «voci» e timori cli un tentativo tedesco di catturare il governo e sostituixJo con altro filo-tedesco (I. Bonomi, Diario dì un. anno cit., pp.79-82). 1


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fornita a Cassibile circa lo «sbarco principale in forze a sud di Roma» significava ... a sud di Napoli! 1 • Ad ogni modo, l'incombente pericolo tedesco costituì l'assillo preminente fino all'armistizio. li generale Rossi, nell 'elencare i provvedimenti studiati ed attuati al riguardo, ha suddiviso il periodo 25 luglio-8 settembre in tre fas i. La prima sino al 12 agosto , vale a dire s ino alla partenza del generale Castellano alla volta cli L isbona per prendere contatto con i rappresentanti militari alleati; la seconda , dal 12 agosto al 3 settembre, data della firma dell'armistizio a Cassibile; la terza dal 4 all'8 settembre, giorno dell'annuncio dell'armistizio. Le misure adottate nella prima fase furono inevitabilmente in linea con la dichiarazione «la guerra continua» e qui ndi, per quanto riguarda la Germania , limitate in sostanza all ' ipotesi di un colpo di mano contro la Corona ed il Governo ed alla reazione contro possibili atti di ostilità nel corso della vera e propria «invasione» in atto. Così, il 27 luglio il maresciallo Badoglio riunì i capi di Stato Maggiore per verificare se - a prescindere della questione del distacco dal Reich - sussistesse una qualche possibilità di porre argine al prepotente afflusso delle unità germaniche . La situazione prospettatagli risultò a dir poco sconfortante. A nord della dorsale appenninica erano disponibili nove division i, di cui soltanto tre in stato di efficienza: la D.f. Rovigo e la D.alp. Alpi Graje in Piemonte e la D. cor. Ariete in Lombardia.Tutte le altre erano in fase di faticosa ricostituzione dopo il fortiss imo logorìo subìto sul fronte orientale: la D. alp. Cuneese in Piemonte, le D.f. Sforzesca e Torino e le D.alp. Julia e Tridentina nel Veneto, e la 3" Celere in Emilia. Il generaleAmbrosio concluse dichiarando «l'assoluLa impossibilità di qualsiasi atto di forza, data l'esiguità delle nostre forze e data la loro dislocazione, che non permetterebbe un rapido concentramento» 2 • 1129 luglio il generale Roatta impartì chiare e precise direttive per i Comandi dipendenti dallo Stato Maggiore dell 'Esercito: «reagire e opporsi con la forza ad ogni tentativo dei tedeschi di impossessarsi di punti vitali, garantire il totale controllo di essi con forze italiane, intensificare la vigilanza degli obiettivi più importanti destinandovi reparti comandati da ufficiali superiori energici ed orientati>>. E inoltre prescrisse che qualsiasi altro compito operativo , perfino dunque la difesa costiera, fosse subordinato ali ' assoluta necessità cli opporsi ad ogni possibile aggressione e si procedesse all'immediato presidio di tutte le opere di frontiera. Unica avvertenza: non prendere iniziative armate senza la 1

Verbale riunione 31 agosto a Cassi bile (G. Castcllano,La guerra continua cit., p. 2 l 9) . Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., p.96.

2 P.


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certezza di intenzioni ostili da parte germanica, lasciando comunque ai singoli comandanti la valutazione e la decisione caso per caso. Il giorno seguente tali direttive verbali furono recapitate da ufficiali superiori di Superesercito ai Comandi del gruppo d'armate Sud, delle armate 2A,4", SA, 7" e 8A, della Sardegna e della Corsica e delle Difese te1Titoriali di Milano, Bologna e Roma 1• In questo stesso periodo, sempre in fun zione antitedesca , Ambrosia ordinò allo Stato Maggiore dell'Esercito di provvedere alla difesa esterna della capitale, mentre quella interna era riservata al Comando del corpo d'armata teffitoriale di Roma. Il tutto con precedenza sulle misure di difesa costiera del Lazio contro eventuali sbarchi degli Alleati 2 . E allorchè, verso il 25 agosto, la notizia di «un probabile sbarco americano sulle coste laziali» indusse il generale Roatta a prospettare al Comando Supremo la necessità di rinforzare la tenue difesa costiera della zona con unità del corpo d'armata motocorazzato, Ambrosia ribadì che questo corpo doveva essere «unicamente impiegato nella difesa esterna di Roma da attacchi germanici» 3. I destinatari degli ordini non fomrnlarono obiezioni od osservazioni a tali direttive, salvo qualche dubbio sulla richiesta disponibilità di molti ufficia li superiori «energici». Nel convegno di Tarvisio del 6 agosto, nel corso del quale nulla parve trapelare delle intenzioni del governo ital iano, i tedeschi avvertirono del loro proposito di costituu·e due r.iserve neJJ'Italia settentrionale, una in Ligwfa ed una iJ1 Emìlia, a protezione delle lmee di comunicazione interessanti i rifornimenti delle truppe germaniche operanti nell'Italia meridionale. Inoltre mtendevano inviare una divisione di paracadutistì a Roma per fronteggiare possibili mìnaccc dalla Sardegna. Ovviamente tale preavviso configurava una ulteriore limitazione delle possibilità di manovra italiane, peraltro non apertamente contrastabile dato che ì tedeschi erano pur sempre alleati. Lo Stato Maggiore dell'Esercito diramò allora ulteriori disposizioni a conferma delle precedenti direttive verbali, ma conferendo ad esse un'impostazione marcatamente difensiva. Raccolte nell'ordine 111 C.T. in data 1Oagosto , queste in sostanza prefiguravano una chiusura «a riccio» , temperata da pochi ma ben scelti colpi di mano contro elementi vital i dell'organizzazione germanica (autoparchi, depositi di carburante e di muniz.ioni, aeroporti, ecc.), da predisporre con cura e da attuare su ordine dell'Autorità centrale, oppure d'ìniziativa di fron te ad atti di ostilità collettìva ben distmti da atti di valenza individuale, visti nel quadro delle reazioni ad aggressioni germaniche se e dove si verificasse 4 • 1

M. Torsiello, Le operazio11i delle unità italiane cit., pp.34-35. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., p.204. 3 Relazione Ambrosie in G .Castellano, La guerra continua cit., pp. [53-154 . 4 Ettore Musco, La verità su/1'8 settembre, Garzanti, Milano 1965 , p.215 . Fra le vaiie misure figurava il controllo delle ... «truppe non nazionali», per non scrivere «tedesche)). 2 F.


IL PROBLEMA POLITICO MILITARE DELL'TTALIA

L'AFFLUSSO DELLE UNITÀ TEDESCHE IN ITALIA nella prima metà di luglio 1943

DESUNTO DALLA 2• APPENDICE DELL ENCICLOPEDIA ITALIANA

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La seconda fase prese l'avvio come logica conseguenza dal convegno di Bologna (15 agosto). In questa circostanza si ebbe la conferma che, assai più della difesa in comune contro gli Alleati, fosse il pieno controllo dell'Italia settentrionale l'obiettivo preminente per l'O.K.W.. Agli occhi tedeschi il possesso di Roma rivestiva importanza per due soli precisi motivi: la possibilità di catturare il Re ed il Governo italiano, finchè si trovavano nella capitale, ed il controllo operativo delle comunicazioni fino a quando la 10" armata era impegnata nel mezzogiorno. Una volta ricevuta dal capo del Governo la direttiva di tener presente che l'azione italiana era ormai volta all'armistizio , Ambrosie si pose subito il problema dell'orientamento da parte delle forze armate per il caso più che probabile di una reazione tedesca. Le s ue preoccupazio11i di fondo furono due: conservare il segreto nei confronti dei Comandi periferici «anche a costo di inevitabili crisi e sacrifici (il capo del Governo metteva nelle previsioni la perdita di mezzo milione di uomini)» e mettere il Governo e la capitale in condizioni di sicurezza tali da poter «funzionare , almeno nei primissimi giorni dopo la dichiarazione di armistizio, in modo da indirizzare l 'ulteriore azione del Paese e dell'Esercito». Perciò stabilì di ritardare la diramazione di ordini scritti e di migliorare I' efficienza del corpo d'armata motocorazzato per la difesa di Roma. Per il gruppo d 'armate Est, direttamente dipendente dal Comando Supremo, la questione appariva ad Ambrosie molto semplice perchè «in qualunque caso ed in qualunque eventualità non s i sarebbe trattato che di riunire le forze e cercare di conservare i porti, dato che solo in tal modo si poteva sperare di avere contatti e rifornimenti dalla madre patr ia» . Nella prima quindicina di agosto il Comando del gruppo d'armate, dunque , fu incaricato di studiare e predisporre in caso di necessità lo sgombero dell'Albania meridionale ed orientale ed il concentramento della 9A armata (gen.Dalmazzo) nella zona tra Durazzo e Scutari, mentre le truppe del Montenegro (XIV corpo d'armata) si sarebbero concentrate nella zona Cetinje-Cattaro e Antivari «in modo da formare un sistema difensivo con le truppe d'Albania». La corsa ai porti era talmente naturale da far pensare che sarebbe stata effettuata anche senza ordini specifici, cl' iniziativa del comandante del gruppo d'armate. Nè potevano opporsi considerazioni di ordine logistico in quanto i porti stessi e le loro immediate vicinanze avevano depositi di ogni genere. In Grecia, invece , il quadro si presentava a tinte assai diverse a causa della palese inferiorità numerica e qualitativa della Il" ,mnata (gen.Yecchiarelli) rispetto ai tedeschi , al punto che Ambrosio dovette ammettere: «Non mi sono mai fatto illusioni sulla possibilità di resistenza delle truppe in Grecia» 1• 1

Relazione Ambrosio in G . Castellano, La guerra continua cit., pp. 149-151.


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Per la sicurezza del territorio metropol itano, lo Stato Maggiore dell'Esercito, su direttive del Comando Supremo, dispose diversi movimenti di unità intesi a salvaguardare almeno i punti più sensibili e precisamente il rinforzo del XXXV corpo d'armata (gen.Gloria) in Alto Adige con la D. alp. Cuneense dal Piemonte e la D .alp. Tridentina dal Veneto; lo spostamento del XVI corpo (gen. C. Rossi) con la D.f. Rovigo e la D.alp. Alpi Graje dal Piemonte a presidio della piazza militare marittima di La Spezia; il rinforzo delle difese della capitale spostando dalla Lombardia la D.cor. Ariete e prevedendo l' afilusso della D.f.Re dalla Croazia e della D.f. Lupi di Toscana dalla Francia. Un particolare ed oppo1tuno provvedimento ordinativo ebbe luogo il 17 agosto: la costituzione nell'ambito del reparto operazioni dello Stato Maggiore clell'Eserèito, ma alle dirette dipendenze del ,capo reparto, generale Utili , cli una «sezione speciale» con il compito di seguire attentamente i movimenti, le fluttuazioni di forza ed j presumibili intenti delle unità tedesche, specialmente per quanto atteneva la situazione intorno a Roma; di redigere gli ordini concernenti le reazioni italiane e cli studiare eventuali operazioni offensive da porre in atto a tempo debito 1 • Fra il 18 ed il 21 agosto la Sezione speciale elaborò uno studio per la realizzazione ,di una sorta di robusta testa di ponte longitudinale, appoggiata a nord alla base navale di La Spezia ed a sud a quella di Gaeta e con il fronte (ad est) appoggiato al crinale appenninico. In tal guisa sarebbe risultata garantita la continuità dell'azione di governo da Roma, in uno con lo spazio protetto per il previsto sbarco delle forze anglo-americane. Il 22 agosto, tuttavia, l'idea venne abbandonata, probabilmente per la complessità del disegno ed il tempo che essa richiedeva per la realizzazione. Quella sera il generale Ambrosio dispose l'approntamento di un nuovo progetto per fare fronte al visibile aggravarsi della situazione. Lo studio, destinato a fornire precisi orientamenti alle grandi unità dislocate nel territorio _nazionale, ii1 Provenza, in Slovenia, in Croazia ed in Dalmazia - e cioè a quelle dipendenti dallo Stato Maggiore dell'Esercito - , partiva dall'ipotesi di un'aggressione tedesca , data ormai per scontata, volta a stabilire il governo fascista e ad impossessarsi di tutte le leve di comando nùlitari e civili italiane 2 . Ebbe così origine la prima stesura della Memoria 44 op., che dopo aver subìto successivi aggiornamenti in dipendenza del continuo variare della situazione,

1 Perciò, mentre la Sezione speciale lavorava in funzione antitedesca in un clima di assoluta segretezza , il resto dell' ufficio operazioni continuava a seguire gli eventi bellici contro gl i Alleati. 2 F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., p.207. Secondo Rossi l'ordine per il nuovo studio fu dato da Ambrosio il 26 agosto; mentre il generale Torsiello, già capo della Sezione speciale, precisò: «il 22 verso sera» (Le operazioni delle unità italiane cit., p.42).


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MOV IMENTI DlSPOSTI DAL COMANDO SUPREMO DOPO IL 26 LUGLIO 1943, PER FRONTEGGIARE LA MINACCIA TEDESCA SCAtAbm J

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IL PROBLEMA POLITICO MILITARE DELL'lTALIA

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fu approvata a fine mese da Ambrosio e diramata in data 2 settembre. Gli ufficiali di Stato Maggiore incaricati del recapito a mano rientrarono a Roma fra il 3 ed il 5 settembre con l'ultima pagina firmata per ricevuta dai comandanti destinatari, i quali, preso nota degli ordini, avevano bruciato il documento in presenza dei latori. La Memoria 44 op. confermava ed ampliava quanto già disposto con l'ordine 111 C.T.. Fra i compiti generali essa comprendeva i seguenti: interrompere a qualunque costo, anche con attacchi in forza ai reparti tedeschi di protezione, le ferrovie e le principali rotabili alpine; agin; con grandi unità e raggruppamenti mobili contro Je truppe tedesche, specialmente a cavallo delle vie di coomunicazione; raggruppare il maggior numero possibile delle rimanenti truppe in posizioni centrali ed operativamente oppo11une; passare ad un'azione d'insieme non appena chiarita la situazione 1 •

I compiti specifici si traducevano nelle predisposizioni per le azioni da attuare quando la minaccia tedesca si fosse concretamente manifestata e prima che il congiungimento con le forze anglo-americane sbarcate nella penisola consentisse un'operazione concertata in comune. In sintesi, si trattava: per i Comandi delle Forze Armate della Sardegna e della Corsica: eliminare le truppe tedesche presenti nell'isola (rispettivamente una divisione e una brigata meccanizzata); per la 711 annata (Calabria, Basilicata, Puglia): tenere saldamente con le due divisioni disponibili più una terza in arrivo le piazze navali di Taranto e di Brindisi, prevedendone la successiva utilizzazione da patie alleata; per la 5" armata (Toscana): tenere con due divisioni la piazza navale di La Spezia, a difesa della flotta ivi ancorata; puntare dal Grossetano su repar[j e depositi della 3" divisione Panzergrenadiere, dislocata nella zona del lago di Bolsena, con una divisione in ricostituzione; per la 4" armata (Piemonte e Liguria): agire con due divisioni, una in posto e una in aITivo, nelle valli Roja e Vermenagna per tagliare la via della Cornice; bloccare i valichi del Monginevro e del Moncenisio ed interrompere la ferrov ia di Modane; per la 211 armata (Istria, Slovenia, Croazia e Dalmazia): eliminare la 71" divisione tedesca, raccogliere le troppe ciel XVIll corpo d'armata (Spalato) e del V (Cirquenizza) verso la costa, concentrare le rimanenti truppe in un grosso blocco a cavallo della frontiera ed in condizioni di agire, in accorcio con i partigiani locali, in più direzioni ; per la difesa di Roma: ordini a parte. 1

G. Zanussi, Guerra e catastrqfe d'Italia cit., Il. pp.142-144.


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QUADRO DI BATTAGLIA DELLE FORZE ITALIANE DIPENDENTI DALLO STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO alla data dell'8 settembre 1943

a. In territorio nazionale 8" armata (gen.I. Gariboldi) nelle tre Venezie, su: - XXIII corpo (gen. A . .Ferrero): D.f. Sforzesca (r. e o.p.); - XXIV corpo (gen. L. Zannini): D.f. Torino (r.) e D.alp. Julia (r.);

- XXXV corpo (gen.A. Gloria): D.alp. Cuneense (r.) e D.alp. Tridentina (r. e o.p.). 5" annata (gen.M.Caracciolo) in Toscana e Liguria, su: - XXVI corpo (gen. C. Rossi): D.f. Rovigo e D.alp. Alpi Graje; - II corpo (gen. G. Bitossi): D.f. Ravenna (r.) e D. cost. 215" e 216". Difesa territoriale di Milano (gen. V. Ruggero): D.f. Cosseria (r. e o.p.). Difesa territoriale di Bologna (gen. A.Terziani): 3" O.celere (r. e o.p.). 7" armata (gen. M. Arisio nell'Italia meridionale, su: - IX corpo (gen. R. Lerici): D. occ. Piceno, D. cost. 209" e 210" e XXVI B .cost..; - XIX corpo (gen. R. Peotimalli): D.f. Pasubio (r.), D. cost. 222" e XXXII B. cost.; - XXXI corpo (gen. C. Mercalli): D.f. Mantova, D. cost. 211", 212", 214" e 227". Comando Militare FA.Sardegna (gen. A. Basso) su: - XIII corpo (gen. G .Reisoli-Mathieu): D.f. Sabauda, D. cost. 203" e 205" e XXXIII B .cost.; - XXX corpo (gen. O.Castagna): D.f. Calabria, 204" D. cost. e IV B.cost. - riserva: D.f. Bari, O.par. Nembo e un rgpt. cor. Difesa della capitale c1> su: - corpo d'armata di Roma (gen. A. Barbieri): D.f. Sassari, truppe ai depositi; - XVII corpo (gen. G. Zanghieri): D.f. Piacenza, D. cost. 220" e 221", XXXIV B. cost.; - corpo d'armata motocorazzato c2>(gen. G. Carboni): D.f. Granatieri, D. rnot. Piave, D. cor. Ariete e D. cor. Centauro<3l.


IL PROBLEMA POLITICO MILITARE DELL'ITALTA

b . In -

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movirnento da11a Francia verso Roma: D .f. Lupi di Toscana; dalla Croazia verso Roma: D.f. Re; da Torino verso Roma: 18° rgt. bers. motocorazzato; da Bologna verso le Puglie: D.f. Legnano .

c. Nei territori occupati 2" annata (gen. M . Robotti) in Slovenia, Croazia e Dalmazia), su: - V corpo (gen. A. Scuero): D.f. Macerata, D.f. Murge, 5° rgpt. G.a.f. e XIV B. cost..; - XI corpo (gen . G. Gambara):D.f. Cacciatori delle Alpi, D.f. lsonzv, D.f. Lombardia e un rgpt.M.V.S.N.; - XVIII corpo (gen. U. Spigo): D.f. Bergamo , D.f. Zara, XVI B.cost., 4° rgt.bers .; - riserva: l" D. celere 4" armata (gen. Vercelli no) in Provenza su: - XII corpo (gen. A. Ollearo), in corso di rimpatrio: D.f. Taro, D.alp. Pusteria , 2" D. celere; - I corpo (gen. F. Romero): D. cost. 223" e 224"; - XV corpo (gen. E. Bancale): D. cost. 201" . Comando Militare F.A. Corsica (gen. G. Magli) su: - VII corpo (gen. G. Magli): D.f. Friuli, D.f. Cremona, D. cost. 225" e 226"; - un rgpt. granatieri, un rgpt. alpini, un rgpt. motocorazzato. sigle: r. per in ricostituzione; o.p. per impiego in ordine pubblico. Note: ( I) Dipendente dal Comando 5" armata sino al 4 settembre , poi direttamente da Superesercito. ( 2 ) Costituito il 27 luglio. <3 l Inizialmente conosciuta come divisione M, poi Litiorio.


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Il passaggio ad atti di aperta ostilità doveva aver luogo o su ordine di Superesercito, mediante il telegramma convenzionale <<attuate disposizioni ordine pubblico Memoria 44», oppure di iniziativa dei singoli comandanti di grande unità in relazione alle circostanze 1 . Sulla Memoria 44 op. si sono accentrate molte critiche, alcune appropriate, alcune discutibili, altre dettate da pura vis polemica senza precisa conoscenza dell'argomento 2 . Cominciamo da un aspetto all 'apparenza formale, ma in realtà sostanzialmente qualificante. Il documento era redatto su carta intestata dell 'ufficio del capo di S.M. dell'Esercito e conedato dal timbro d'ufficio, ma stranamente non solo non era firmato dal titolare, ma nemmeno da altro ufficiale «per copia conforme». E' verissimo che i latori erano conosciuti personalmente o si erano fatti riconoscere, tuttavia rimane inspiegabile perchè Roatta si sia limitato a firmare il solo originale per gli atti di un ordine di quel rilievo ed in quei momenti. Quando mai una direttiva operativa o un ordine d'operazione viene inviato ad un Comando in sottordine senza la firma dell'autorità emanatrice e responsabile? Come vedremo, la cosa si ripeterà con il generale Gambara (8 settembre) e con il generale Carboni (9 settembre). Passiamo alla diramazione in sè. Si può convenire sul fatto che il contemporaneo afflusso dei comandanti d'armata a Monterotondo, sede di campagna di Superesercito, avrebbe suscitato, quanto meno, la curiosità tedesca, però si osserva che il documento era stato approvato alla fine di agosto 3, quindi nel giro di due o tre giorni i pochi comandanti interessati avrebbero potuto presentarsi isolatamente. La consegna fatta in prima persona dal capo di Stato Maggiore dell'Esercito, ovviamente con un adeguato commento ed un supplemento di informazioni verbali , avrebbe certo consentito una migliore acquisizione delle disposizioni 4 . Ed avrebbe anche potuto e dovuto offrire l'occasione a Roatta di rompere il silenzio di tomba su11 'armistizio che il generale Castellano era andato a firmare a Cassibile ed il cui annuncio - anche se ritenuto avvenisse non prima del 12 settembre - avrebbe costituito il momento gravissimo della crisi verso la quale si stava procedendo pressochè a tentoni.

1

G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., II. pp.142-144. Roberto Battaglia ha sostenuto che «Nella famosa Memoria 44 op. che dovrebbe dare le direttive al nistroo esercito per una resistenza organizzata ai tentativi cli sopraffazione tedesca, si sostituisce alla parola tedeschi quella cli cmnunisti [?] , tanto la lingua batte dove il dente duole! » (Storia della resistenza italiana, Einaudi, Torino 1964, p. 72). lnfatti. 3 Cfr. F. Rossi, Come arrivammo all 'armistizio cit., p.207. e M.TorsieJJo, Settembre 1943 cit., p.55. 4 Peraltro Roatta ebbe modo di orientare verbalmente sui possibili sviluppi della situazione e sui compiti delle rispettive grandi unità i generali Vercellino (4A armata), Caracciolo (SA annata), Gambara (Xl corpo) (cfr.G.Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia, cit.11, p.144) . 2


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Quanto alla rispondenza delle direttive alle circostanze, non è facile esprimere un gi udizio globale. Queste ultime, già difficili, si erano ulteriormente complicate a causa dell'incapsulamento abilmente e con troppa facìlità operato dai tedeschi nei confronti delle poche unità italiane, ma proprio tale deterioramento avrebbe dovuto impoffe ai vertici militari una maggiore prontezza nelle decisioni ed una più spiccata rapidità nelJa diramazione degli ordini. A parte ciò, se sulla carta quanto stab.ilito al vertice poteva sembrare attuabile, le realtà locali erano obiettivamente assai meno felici e la stessa diramazione deglì ordini lungo la via gerarchica comportava un tempo , tempo così prezioso ormai, non breve. Ançora, meraviglia una constatazione del sottocapo di Stato .Maggiore Generale: «Non mi risulta - ha scritto il generale Rossi - che fino alla fi rma dell'armistizio direttive analoghe a quelle date alJ 'Esercito siano state impa1tite alla Marina ed ali' Aeronautica, al Ministero

della Guena per le truppe territoriali dipendenti e neppure al Comando Gruppo Armate Est»

1•

Viene spontaneo chiedersi perchè mai la seconda carica dello Stato Maggiore Generale, cioè del Comando Supremo, non abbia sentito i] dovere di rappresentare tempestivamente al diretto superiore la necessità di ovviare ad una così vistosa lacuna nell'azione di comando. Infine , la difesa di Roma, assunta direttamente dal capo di S.M. del1'Esercito il 5 settembre. Alla data del 3 settembre essa era articolata in una difesa interna, comprendente una cinta di sicurezza perimetrale ed il controllo interno della città (a cura del corpo d'armata di Roma)', ed una difesa esterna, comprendente la difesa costiera e lo sbarramento delle provenienze sia da sud-est (a cura del XVII corpo d'armata), sia da nord (corpo motocorazzato). Per il 12 settembre, la data indicata dal Comando Supremo, si contava di avere in atto lo schieramento definitivo, basato su difesa interna, come già detto; una difesa esterna fissa a giro d'orizzonte, lontana dalla città dai dieci ai venti chilometri , assicurata dal XVII corpo; una d(fesa esterna mobile, o massa di manovra, affidata al corpo motocorazzato. Nei primi giorni di settembre Roatta ebbe diretti contatti con i generali Barbieri, Zanghieri e Carboni essenzialmente a proposito delle divisioni di imminente arrivo (Re, Lupi di Toscana) e del 18A bersaglieri meccanizzato). Il 7 settembre modificò il dispositivo in atto, incaricando la Lupi di Toscana della protezione degli aeroporti di Furbara e di Cerveteri e la Centauro di quella dell'aeroporto di Guidonia.

1

F. Rossi, Come arrivammo all 'armistizio cit., p.210.


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**** Siamo alla terza fase, nella quale - ha affermato il generale Rossi - «tutti gli ordini furono diramati ritenendo per certo che la dichiarazione [dell'armistizio] non sarebbe stata fatta prima del 12 settembre>> 1• Aggiungiamo che sino allora il Comando Supremo aveva impartito solo direttive verbali. I documenti diramati adesso dal generale Ambrosio fmono due , entrambi in data 6 settembre:il Promemoria n . I per i capi di Stato Maggiore di Forza Armata ed il Promemoria n . 2 per i Comandi direttamente dipendenti dal Comando Supremo. In relazione a quanto prescritto dal Prmnemoria n.l, lo Stato Maggiore dell'Esercito inviò, lo stesso giorno, la Memoria 45 op ., a seguito ed integrazione della precedente Memoria 44 op. 2 e infine,in data 8 settembre, l'ordine 36415 per la costituzione del «Comando Gambara>>. Vediamo, in sintesi, le dispos.ìzìoni in questione. Il Promemoria n. I si riferiva al caso in cui unità tedesche compissero «di iniziativa atti di ostilità contro gli organi di governo e le Forze Armate italiane in misura e con modalità tali da rendere manifesto che non si tratti di episodi isolati( ...), bensì di azione collettiva ordinata». In siffatta ipotesi, l'Esercito doveva organizzare i rifornimenti , specie di carburanti, delle truppe tenendo presente che i depositi esistenti non erano stati costituiti in previsione di un pericolo tedesco; difendere le stazioni amplificatrici e le centrali telegrafoniche e le stazioni radio nazionali ed interrompere subito le comunicazioni telegrafiche tedesche ricavate sulla rete nazionale; eliminare le batterie contraerei germaniche; cercare di impedire energicamente le prevedibili distruzioni lungo la via di ritirata delle forze germaniche, in particolar modo per i bacini iclroelettric.i . La Marina doveva catturare o affondare le unità navali da guerra e mercantil.i tedesche e, per contro impedire che navi italiane venissero catturate; ordinare alle navi da guerra di raggiungere i porti della Sardegna, della Corsica e dell'Elba oppure di Sebenico e di Cattaro; ordinare al naviglio mercantile di rifugiarsi nei porti della penisola a sud della linea Livorno-Ancona, rendendo inutilizzabili impianti logistici, arsenali,bacini di carenaggio delle basi lasciate; porre in stato di difesa le basi marittime in accordo con i Comandi dell 'Esercito. L' Aeronautica doveva, per suo conto, impadronirsi degli aeroporti tedeschi, con precedenza a quelli nei dintorni di Roma; catturare il personale tedesco negli aeroporti misti; difendere a oltranza i principali aeroporti italiani, 1

2

F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., p.211. M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., pp.68-69.


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mantenendo «il saldo possesso, a qualunque costo , degli aeroporti di Cerveteri, Furbara, Centocelle, Guidonia e dell'Urbe» d ' intesa con l 'Esercito; avviare gli aerei da caccia sui predetti aeroporti e quelli delle altre specialità in Sardegna; evitare in modo assoluto che apparecchi italiani efficienti cadessero in mano tedesca . Le predisposizioni da assumere al riguardo avevano carattere cli assoluta urgenza. L'esecuzione delle direttive doveva aver luogo a seguito del messaggio convenzionale «Attuate misure di ordine pubblico promemoria n.l Comando Supremo», oppure d'iniziativa, qualora i collegamenti risultassero interrotti o verificandosi atti di aperta ostilità armata da parte tedesca 1• Le misure da far attuare.subito dai reparti dovevano essere motivate come preparativi per il caso di azioni anglo-americane. 11 Promemoria non faceva cenno dell'armistizio già firmato,essendo intendimento del Comando Supremo fare un seguito con ulteriori prescrizioni per l'attuazione delle misure preliminari prima del 12 settembre, indicando questa come data di un possibile armistizio 2 • Contemporaneamente fu diramato il Promemoria n.2 con le specifiche direttive per il Comando gruppo d 'armate Est, 1'11" armata in Grecia ed il Comando Superiore dell'Egeo. In sostanza, il Comando gruppo d'armate Est doveva ridurre gradualmente l'occupazione per concentrare le forze, garantendo comunque la disponibilità dei porti principali, e specialmente Cattaro e Durazzo. Il Comandante Superiore dell'Egeo era «libero cli assumere verso i germanici l'atteggiamento che riterrà più conforme alla situazione», fermo restando il compito di procedere al disarmo delle unità tedesche ove «fossero prevedibili atti cli forza da parte germanica». Alla ricezione dell'ordine esecutivo dell 'emergenza, Superegeo passava alle dirette dipendenze del Comando Supremo. Il Comando dell'll" annata aveva anch'esso libertà di atteggiamento, in relazione alle particolari circostanze, tenendo però presenti «in via di massima» le seguenti indicazioni: «Dire francamente ai tedeschi che se non faranno atti di violenza a1mata le truppe italiane non prenderanno le armi contro di loro, non faranno causa comune nè coi ribelli nè colle truppe anglo-americane che eventualmente sbarcassero. Le posizioni di difesa costiera in consegna alle truppe italiane saranno mantenute e difese per un breve periodo cli tempo (eia fissare dai Comandanti) fino alla sostituzione con truppe germaniche, e questo eventualmente anche in deroga agli ordini del Governo centrale, sempre quando, naturalmente, da patte tedesca non vi siano atti di forza. Riunire al più presto le forze preferibilmente sulle coste in prossimità dei porti». 1

Ibidem, pp.63-67

2

F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., pp. 214-215.


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QUADRO DI BATTAGLIA DELLE FORZE DIPENDENTI DAL COMANDO SUPREMO aJla data dell' 8 settembre 1943 Comando gruppo d'armate Est (gen. E. Rosi) su: 9A armata (gen. L. Dalmazzo) su: - IV corpo (gen. C. Spatocco): D.f. Brennero, D.f. Parma, D.f. Perugia; - XXV corpo (gen. U. Mondino): D .f. Arezzo; D.f. Firenze,; - riserva: D.f. Puglie. VI corpo (gen. S. Piazzoni): D.f. Messina, D.f. Afarche, XXVIII B. cost. XIV corpo (gen. E. Roncaglia): D:f. Ferrara, D:f. Venezia e D: alp. Taurinense. Comando F.A.Egeo (arnm. I. Campioni): D.f. Cuneo e D.f. Regina. JlA armata (gen . C. Yecchiarelli) su:

-

III corpo (gen. L.Manzi): D.f. Forlì e D:f. Pinerolo; VIII corpo (gen. M.Marghinotti): D.f. Acqui e D:.f. Casale; XXVI corpo (gen. G. Della Bona): D.f. Modena e unità tedesche; LVIII corpo (gen. H. Felmy): tedesco: D.f. Cagliari, D.f. Piemonte .e unità tedesche.


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Quanto alle altre Forze Armate, le navi militari e mercantili e gli aerei dovevano rientrare immediatamente in patria, affondando o distruggendo i mezzi in procinto di cadere in mano tedesca. Infine, due norme valide per tutti: «Indipendentemen1e da dichiarazione di armistizio o meno ed in qualsiasi momento tutte le truppe di qualsiasi Forza Armata dovranno reagire immediatamente ed energicamente e senza

speciale ordine ad ogni violenza armata germanica e delle popolazioni in modo eia evitare di essere disarmati o sopraffatti. Occorre provvedere a rimpatriare (sotto forma di invio in licenza od avvicinamento) la maggior parte possibile di personale non avente compiti strettamente operativi (...)» 1•

II promemoria n.1 raggiunse nella stessa giornata del 6 settembre i destinatari, ed i capi di Stato Maggiore della Marina e cieli' Aeronautica, messi al corrente della prevista comunicazione dell'armistizio per il 12, non persero tempo. L'ammiraglio-De Courten convocò per il 7 a Roma tutti i comandanti in capo e comandanti di dipartimento marittimo, senza preoccuparsi di suscitare allarme fra i tedeschi, e, pur non parlando dell'armistizio, impartì verbalmente gli ordini conseguenti. Il memorandum riassuntivo di detti ordini, dettato ai presenti dell'ammiraglio Sansonetti, sottocapo di S.M. della Marina, prescriveva, tra l'altro, che tutte le unità in grado di muovere si tenessero al completo di nafta, acqua e viveri; che le opere a tena completassero le dotazioni di viveri e munizioni (entro il 10 setembre doveva essere atuato il passaggio di responsabillità all'Esercito) e che si predisponessero le interruzioni dei collegamenti tedeschi. Come azioni proprie della Marina erano previste: cattura o distruzione delle unità navali tedesche; difesa ed eventuale autoaffondamento delle navi da guerra e sabotaggio delle mercantili; trasferimento delle navi da guerra in Sardegna, Corsica o Elba (quelle dell'alto e medio Tirreno) ed a Sebenico o Cattaro (quelle dell'alto Adriatico); cattura o eliminazione di reparti della Kriegsmarine 2 . Il generale Sandalli orientò subito il generale Santoro, sottocapo di S.M. dell'Aeronautica, ed il generale Ilari, comandante della 3" squadra aerea (Roma), sulle trattative d'armistizio in corso. A quest'ultimo indicò gli aeroporti sui quali avrebbe dovuto atterrare la divisione aeroportata americana e prescrisse l'attuazione di misure per agevolare gli attenaggi notturni. Inoltre dispose che i reparti di volo in buona efficienza bellica (raggruppamento da bombardamento, raggruppamento siluM. Torsiello , Le operazioni delle unità. italiane cit., pp. 70-7 I. USSMM, La Marina Militare nella 2 11 guerra mondiale, XV, La Marina dall'8 settembre alla.fine del conflitto, Roma 1971, pp.8-9. Cfr. E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., Relazione ammiraglio De Courten in data 12.2.1.944, pp.353-354. 1

2


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ranti, 2° stormo caccia e 8° gruppo caccia) si trasferissero, al momento opportuno, su aeroporti controllati dagli Alleati , ma ancora da precisare. Nel contempo, Sandalli convocò nella capitale i comandanti delle altre tre squadre aeree e della Sardegna per impartire immediatamente gli ordini necessari 1• Naturalmente mancò il tempo per bene orientare gli esecutori e , soprattutto, per prendere accordi con i Comandi dell'Esercito. La Memoria 45 op. quasi sicuramente raggiunse i Comandi di armata e delle isole entro la sera del 7 settembre, ma senza trovare conveniente sviluppo. Il Prom.ernoria n. 2 ebbe differente sorte. Prima di diramarlo il generale Rossi reputò opportuno discuterlo con i capi cli S.M. del Comando gruppo d'armate Est (gen. Gigliolì) e della IIA annata (gen. Gandini), sì da avere un quadro aggiornato della situazione nei due scacchjeri balcanici. Il generale Gandini, che si trovava già a Rc)Jna, ricevette il documento la sera del 6 ed il mattino successivo rientrò ad Atene via aerea. Il generale Giglioli , invece, arrivò a Roma solo il giorno 8 per un ritardo dovuto al maltempo, ed ebbe il documento aI!e 17 dello stesso giorno dal generale Rossi , in partenza per Algeri, quindi non riuscì a rientrare a Tirana dato lo sviluppo degli eventi. La copia per il Comando Superiore dell'Egeo doveva essere recata a Rodi da un ufficiale del Comando Supremo, il quale però rimase bloccato a Pesc,u-a. In definitiva, degli ordini emanati a ridosso dell'8 settembre i soli che ricevettero piena possibilità di esecuzione furono quelli del f.111 C.T. di Superesercito. La Memoria 44 op. nella migliore delle ipotesi giunse sino a livello dei Comandi di divisione; tutti gli altri risultarono tardivi o arrivarono a destinazione dopo l'armistizio. Un discorso a parte deve essere fatto per la «questione Gambara>>. All'inizio di settembre sorse in ambito Stato Maggiore deJI 'Esercito un'attenzione particolare verso la frontiera orientale, essendosi riconosciuta la necessità di garantire il possesso di Trieste e di Fiume sì da consentire l'eventuale sbarco degli Alleati in quei porti, nonchè l' opporunità di disporre in quel delicato settore di un complesso dj forze mobili per fronteggiare la chiara minaccia tedesca. Fu dunque studiato il concentramento di una massa di otto divisioni - calcolato possibile entro cinque giorni dall'ordine esecutivo, sempre nel convincimento che l'armistizio sarebbe stato annunciato il 12 settembre - nella zona compresa fra il Tagliamento e Lubiana. Le divisioni in argomento dovevano essere fornite dalla 2A armata, dislocata oltre frontiera, e dall '8A armata, dislocata nello scacchiere nordorientale, alle quali sarebbero rimasti compiti essenzialmente terri-

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Angelo Lodi, L'Aeronautica rnilitare italiana nella guerra di Liberazione, USSMA,

Roma .I 960, pp. 30-40.


IL PROBLEMA POLITICO MILITARE DELL' ITALIA

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toriali. Si volle affidare questo complesso cli forze ad un comandante energico ed audace e 1a scelta cadde su1 generale Gambara, comandante dell'XI corpo, con sede a Lubiana. Convocato subito a Roma, il 5 settembre egli ricevette direttive (compresa quella di prendere contatti con i partigiani sloveni), orientamenti ed il preavviso che, non appena consentito dalla situazione, avrebbe ricevuto orcli.ni per un'azione su vasta scala. 11 generale Gambara si fermò a Roma per organizzarsi in vista del nuovo incarico e per ricevere le disposizioni scritte di Roatta, dopo l'approvazione del generale Ambrosio. Gli vennero consegnate verso le 19 del1'8 settembre e partì subito in macchina, contando di fare tappa a Padova ed a Susak per consegnare l'ordine ai comandanti dell' 8A e della 2A armf\ta, ma a Foligno, fermato verso le 23 da un posto di blocco, apprenderà la notizia dell'armistizio. Il piano era sfumato 1• La vicenda merita qualche parola di commento, giacchè il documento consegnato a Gambara, e indirizzato anche ai generali Garibaldi e Robotti, proprio non può dirsi dotato della chiarezza e precisione che debbono caratterizzare un ordine operativo. Bastino questi cenni: «I. (...) al verijccarsi. di quanto previsto dalla Memoria 44, del 2 settembre, passino at ordini Eccellenza Garnbara: G .U. mobili (Comando di C.A., Divisioni , reparti di rinforzo) delle Armate in indirizzo, ad esclusione dei C.A.XVHI e XXXV 2 • tutti i rimanenti reparti e Comandi dislocati nel territorio ad Est della congiungente làgliarnento-But (con le eccezioni di cui al capo Il), nonchè il te1Titorio stesso. Le G.U. in questione si concentreranno tra Isonzo e Meridiano Lubiana( ...). V. I compiti affidati at G .U. dipendenti da Ecc. Gambara, restano inizialmente così definiti: elimi.nare le forze ostili in sito e impedirne l'afflusso di nuove; garantire possesso Lubiana-Gorizia-Udine et, in particolare, dei porti di Fiume e Trieste. Con le forze at loro disposizione et nei limiti possibili, i Comandi Annate 2" e 8" concorreranno, previa intesa , at assolvimento compiti sopra enunciati. XI. Il Comando dell'Ecc. Gambara (che assumerà la designazione «Comando Gambara» e che dipenderà direttamente da questo S.M.) si costituisce senz'altro, secondo ordini dati a parte dall'Ecc. stessa( ...)» 3 .

G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'llalia cit., II. pp.144-147. e 233-234. Il XVIII corpo era dislocato in Dalmazia, il XXXV in Alto Adige. 3 M. Tors iello, Le operazioni delle unità i.1aliane cit., pp. 73-74 Stranamente, l'ordine era firmato «per copia conforme» dal generale Zanussi. Roatta si era limitato a firmare l'originale. 1

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Naturalmente non si tratta di trascuratezza. Il punto è che, nella sostanza, si dava alla persona del generale Gambara letteralmente carta bianca per l 'assolvimento del compito, prescindendo dalle ripercussioni che si sarebbero verificate nell'organizzazione difensiva delle armate 2 11 ed 8 11 , e a tale scopo l'Autorità centrale affidava ad un generale di corpo d'armata il comando cli altri corpi. Ma c'è di peggio. Anche se eccezionale, il provvedimento sarebbe stato accettabile qualora le circostanze avessero consentito un buon assetto ordinativo, precise intese con i Comandi locali, revisione del dispositivo in atto e non avessero fatto prevedere l'impiego della nuova «armata>> (anche se chiamata «Comando Gambara» a brevissima scadenza. Invece, non soltanto era stato studiato e definitivo una settimana prima della fatale data del 12 settembre, ma fu consegnato al generale Gambara nel tardo pomeriggio dell'8, quando sin dalla mattina Roatta era venuto a conoscenza di quanto annunciato dal generale Ridgway 1• È indubbio che allo Stato Maggiore dell'Esercito toccò il compito decisamente più arduo e complesso. A prescindere da e1rnri di valutazione nei confronti delle forze germaniche, esso risentì non poco, come giustamente posto in risalto dal generale Musco, dello stato di dipendenza troppo vincolante del Comando Supremo, nonchè dalle continue interferenze, nella sua azione, di fattori contrastanti , come la continuazione delle operazioni contro gli Alleati e 1'adozione di misure contro la prevista aggressione tedesca 2•

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G. Zanussi, Guerra e caiastrofe d'Italia cit., Il . p. 176. E. Musco, La verità sull'8 settembre cit., p.71.


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Capitolo II L'ARMISTIZIO 1. L' 8 SEITEMBRE Alle 16 del 31 agosto Castellano e Zanussi ripartirono e tre ore p.i ù tardi atterrarono a Centocelle. Il mattino seguente si presentarono al Viminate, nell'ufficio del maresciallo Badoglio, ove era stata indetta una riunione con la partecipazione dei ministri Acquarone e Guariglia e dei generali Ambrosio e Carboni. Dopo il dettagliato ed esauriente racconto di Castellano, cominciarono i commenti. Ambrosio e Guariglia si mostrarono rassegnati ad accettare le clausole armistiali, così come fonnulate, visto che era «impossibile cambiare in altro modo i piani stabiliti dagli alleati» 1 . Carboni, invece, intervenne con vivacità sostenendo di non potersi fidare delle assicurazioni verbali fornite dal Comando alleato 2 • Badoglio non si proniunciò. Si limitò a porre ternùne alla riunione per recarsi a riferire al Re , e questi, nel pomeriggio, decise di concludere l'armistizio. «Risposta est affermativa, ripeto affermativa - fu comunicato al Comando alleato - in conseguenza nota persona arriverà mattina giovedì 2 settembre ora et località stabilite» 3 • Così Castellano tornò a Cassibile, ove - incredibile a dirsi - incappò in un nuovo equivoco che per poco non mandò tutto a monte: a Roma, infatti, si era ritenuto che il messaggio radio fosse sufficiente a garantire la.piena adesione del Governo alla sospensione delle ostilità, mentre da parte alleata si attendeva il ritorno di Castellano con il mandato di firmare la capitolazione in qualità di plenipotenziario. Si trattava di una questione non puramente formale e occorre ammetterlo, gli Alleati erano nel giusto. R. Guariglia,Ricordi cit.,pp.677-678. G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile cit., pp.147-148. Secondo Castellano, in quella sede Carboni asserì che il suo corpo d'annata «non si trovava in condizioni di sostenere la lotta mancando di benzina e munizioni», ma , a parte il fatto - non verosimile - che né Badoglio né Ambrosio avrebbero dato segni di sconcerto, lo stesso Ambrosio colloca il discorso di Carboni sotto la data del 7 settembre. Torneremo sull'argomento. 3 Ibidem, p.149. Per i I testo dell' annistizio vds. E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., pp. 324-325. 1

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Procedura a parte, la decisione di inviare a Roma una divisione avioportata e cento semoventi controcarri era stata presa personalmente da Eisenhower sulla base di due specifiche considerazioni. In primo luogo, ormai l'Italia doveva essere considerata un paese vinto ed occupato, con un Governo privo della libertà di agire autonomamente. In secondo luogo, la presenza tedesca aveva raggiunto proporzioni tali da «cambiare concretamente le valutazioni sulle quali Ava/anche era stata inizialmente progettata». Convintosi, perciò, che le legittime preoccupazioni italiane per la sorte della capitale potessero indurre ad interrompere le trattative per l'armistizio, a meno di sicure garanzie di un aiuto ri.solutivo per la difesa cli Roma, Eisenhower si era sbilanciato promettendo quel sostanzioso intervento. In definitiva, aderendo alla richiesta di Castellano del lancio di una divisione di paracadutisti presso Roma e dello sbarco di una divisione corazzata alla foce del Tevere, naturalmente a determinate condizioni <<fissate per accertare la buona fede degli italiani», egli aveva accettato «un giusto rischio, perchè il successo cli Avalanche può con grande probabilità determinare il conseguimento di un certo grado di aiuto italiano che ritarderebbe in concreto i movimenti delle forze tedesche» 1 • Questo spiega il fortissimo interesse alleato per la sollecita firma ed il conseguente nervosismo degli anglo-americani a Cassibile per il nuovo ed inspiegabile intoppo. A mezzogiorno del 2, mentre si attendeva l' autorizzazione alla firma da Roma, giunse il generale Alexander. Si fermò davanti a Castellano, fece appena un cenno di saluto con la testa e disse con palese irritazione: «So che non avete i pieni poteri; questa è una maniera molto buffa di trattare da parte del vostro Governo» 2 • E, senza nemmeno attendere una risposta, voltò le spalle e se ne andò . Verso le 4 del 3 settembre, perdurando il silenzio del Comando Supremo, Castellano ripetè via radio la richiesta sottolineando l'urgenza della questione. Finalmente, dopo un' attesa nervosa ed imbarazzata, alle 17, mentre l'operazione Baytown. si trovava in pieno sviluppo all'estremità della Calabria, arrivò il telegramma di Badoglio: «( ...) Il generale Castellano è autorizzato dal Governo italiano a firmare l'accettazione del le condizioni d'armistizio. La dichiarazione che avete chiesto col vostro 19 (cioè per il ministro Osborne al Vaticano) sarà consegnata oggi» 3 . Alle 17 ,1 5 Castellano firmò lo Short Military Armistice per delega di

1 Eisenhower ai capi dello Stato Maggiore Combinato in data 1.9.1943 in E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit. , pp .395-396. 2 G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile cit., p. l 54. 3 Ibidem, p.156.


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Badoglio e Smith fece altrettanto per delega di Eisenhower. Poco dopo l'americano, «con fare quasi indifferente», consegnò a Castellano il testo deJle condizioni politi.che, finanziarie ed economiche che, a tempo debito, sarebbero state imposte alle Nazioni Unite quale Long Armistice , come da art. 12 del documento appena firmato. Il testo si sostenne da parte alleata, era identico a quello consegnato a Zanussi dall'ambasciatore Campbell a Lisbona e poi ritirato 1 . Castellano protestò per non averlo conosciuto in precedenza ed allora Srnith allegò una nota per il maresciallo Badoglio, chiarendo che «le clausole aggiuntive non avevano se non valore relativo qualora l'Italia collaborasse alla guerra contro i tedeschi» 2 . Da quel momento si instaurò tra gli ufficiali alleati un clima di visibile euforia, anche se il generale Alexander tenne subito ad osservare che la collaborazione italiana doveva limitarsi alle azioni di sabotaggio perchè l 'Italia non poteva diventare alleata delle Nazioni Unite dopo la lunga guerra fatta contro di esse. Castellano replicò allora che a Lisbona ed a Cassibile aveva udito parole ben djverse e che l'Italia aveva chiesto di battersi contro i tedeschi 3 . Seguirono intese per l' invio della 82A divisione Airborne a Roma (operazione Giant Two) e dei 100 pezzi controcarri promessi, al termine delle quali CasteJlano, dando credito alle confidenze di Bedell Smith («lo sbarco avverrà entro due settimane») ed al verbale della seduta del 31 agosto, secondo cui lo sbarco principale doveva aver luogo «una settimana o due» dopo quello secondario (già avvenuto il 2 settembre in Calabria), scrisse ad Ambrosio: «Per guanto abbia fatto l'impossibile per riuscirvi, non ho potuto avere alcuna notizia sulla precisa località di sbarco. Circa la data non posso dire nulla di preciso, ma di informazioni confidenziali presumo che lo sbarco potrà avvenire tra il 10 ed il I 5 settembre, forse il 12» 4 •

Castellano non rientrò a Roma. Rimase in Sicilia e due giorni più tardi E. Aga Rossi , L'inganno reciproco cit., p. 309 e pp. 326-336. G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile cit. , pp.160-161. 3 Jbidern, pp. 158-159. E ' interessante rilevare che, per l'appunto il 3 settembre, lo Stato Maggiore Imperiale indirizzò al generale Wilson, comandante in capo del Teatro del Mediterraneo , il seguente cablogramma: «A titolo informativo puramente personale, vi segnaliamo che é stato stabilito un contatto con l'attuale governo italiano e che il negoziato sta procedendo. L'esito é incerto. Tale negoziato può avere notevoli ripercussioni sulle vostre possibilità di azione( ... ), ma la situazione é poco prevedibile e questo telegramma potrà essere presto sconfessato dagli avvenimenti» (Public Record Office CWB 79/27 COS). 4 G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile cit., pp. 172-1.73. 1

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si trasferì , o meglio fu trasferito a Tunisi, come capo della istituenda missione militare italiana. Dal canto suo Alexander si premurò di informare il Comitato dei capi di Stato Maggiore a Londra: «( ...) Ho passato tutta la scorsa notte in colloqui militari con la parte italiana. Ho messo

bene in chiaro con loro che al momento della proclamazione ufficiale dell'armistizio cessiamo cli essere nemici , ma non diventiamo, ripeto, non diventiamo alJeati. Ho dato loro le specifiche indicazioni sulle operazioni da svolgere» 1•

Ma presto, a dispetto del suo annuncio a Londra che i piani finali «per operazioni immediate nell'area intorno a Roma, per Ava/anche e per Taranto sono finalmente fissati» 2 , gli alleati si renderanno conto di aver da un lato sopravvalutato le reali possibilità d'azione italiane e, per altro verso, sottovalutato quelle tedesche. **** Il mattino del 3 settembre Badoglio convocò il ministro degli Esteri, il capo di S.M. Generale ed i capi di S.M. di Forza Annata e comunicò loro, col vincolo del segreto assoluto, l'autorizzazione data al generale Castellano di firmare l'armistizio con gli Alleati, «invitando quindi ognuno apredisporre nella propria competenza e secondo le direttive già date dal capo di S.M. Generale» 3 . Ben s'intenda: direttive sempre riferite al caso dj una probabile aggressione germanica. Nessuno sollevò la questione dell'eventuale allontanamento da Roma del Re e del Governo prima dell'annuncio dell'armistizio. In proposito, Ambros.io, massima autorità militare, era convinto che la sicurezza di Roma potesse essere garantita e, con essa, la permanenza nella Capitale della Corona e del Governo e quindi la piena funzionalità di tutti gli organi centrali, importantissima per fare fronte alla fase critica successiva alla dichiarazione dell'armistizio, per agevolare lo sbarco della 82A Airborne e, infine, per diramare ordini alle grandi unità oltremare e nella penisola 4 • 1

E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit. , p. 48. La lettera é in data 4 settembre. Ibidem. 3 Relazione Ambrosio in G .Castellano, La guerra continua cit., p. 156. IL giorno prima, probabilmente a seguito di u n colloquio con Carboni, Bonomi aveva scritto nel suo dia1io·: «Io ho saputo stamani, in via segretissima, che i nostri due emissari sono ripartiti con l'ordine di firmare» (Diario di un anno cit. , pp. 85-86). 4 G . Castellano, La guerra continua cit., p. 154. 2


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In una mem01ia compilata una settimana più tardi, l'ammiraglio De Courten ricordò che in quella circostanza Badoglio gli avrebbe anticipato: «Gli anglo-americani effettueranno piccoli sbarchi in Calabria (già in atto), poi un grosso sbarco vicino a Roma (sei divisioni), poi una divisione paracadutisti vicino a Roma, dove nel frattempo saranno concentrate le sei divisioni del Carboni e le divisioni della 4 11 armata» 1• È singolare però che nessuno degli altri convocati abbia accennato in seguito ad una comunicazione di simile tenore. Da tener presente che il generale Rossi, in merito alla riunione in argomento, annotò che si attendevano informazioni da Castellano e che «non si conoscevano neppure le modalità del concorso alleato» 2 • Bisqgna anche dire che al più tardi all'inizio di settembre al Comando Supremo ed al Superesercito si studiò certamente quale potesse essere il tratto di costa scelto dagli Alleati per lo sbarco e, altrettanto sicuramente, l'argomento formò oggetto di discussioni con il Comando tedesco. Il maresciallo Kesselr.ing non aveva dubbi in proposito: «L'obiettivo che mi sembrava più verosimile era la conquista di Roma ( ...), ma esso non poteva essere raggiunto per via di terra molto rapidamente, a meno di appoggiare le operazioni mediante uno sbarco sulla costa del Tirreno. A tale scopo si sarebbe prestata la ragione di Roma o, meglio ancora, il golfo di Salerno, che rispondeva in modo perfetto a tutte le esigenze» 3 . È perciò plausibile che questa tesi sia stata accolta anche al vertice :italiano. «Del resto - disse il colonnello Toschi, del S.l.M., alla Commissione d'inchiesta- dello sbarco Salerno-Napoli da parecchio tempo se ne parlava, specie dopo lo sbarco in Calabria»4 • E si può pure ammettere che lo sbarco a Salerno non preoccupasse eccessivamente il Comando Supremo, giàcché determinante - per noi - era il secondo grosso sbarco a sud di Roma, dato per scontato. Si era ben lungi dall'immaginare che Avalanche - come osservava preoccupatissimo il generale Alexander - contemplasse «uno sbarco in'iz'iale da tre a cinque divisioni ed un incremento in due settimane sino ad un massimo di otto divisioni» 5 • Ad ogni modo sembra possibile che la memoria di De Courten 1

Memo1ia Dc Courten «Appunti da me tracciati a Brindisi il 10.9.1943 sugli avvenimenti dal 3 al 9 settembre», in AUSSM, De Courten rnemoriate, b.l, fasc.40. 2 F. Rossi , Come arrivammo all'armistizio cit., p. 2 11. 3 A. Kesselring, Memorie di guerra cit. , p. 200. 4 I. Palermo, Storia di un armistizio cit., p. 366. Il generale Eisenhower osservò che il maggior svantaggio della scelta del golfo cli Salerno era che «la sua logicità era evidente al nemico quanto a noi» (Crociata in Europa cit., p. 240). 5 Murphy a Roosevelt in data 8.9.1973 in E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., PP .302-303.


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sia stata h·aclita dalla concitazione di quei giorni e che il discorso cli Badoglio sia avvenuto in seguito, come vedremo. Nella tarda mattinata del 5 settembre il maggiore Marchesi atterrò a Centocelle e subito si recò al Comando Supremo, ove consegnò ad Ambrosio: - la lettera personale di Castellano con la fatale ipotesi del 12 settembre quale probabile data della comunicazione dell'armistizio; - una copia dell'armistizio firmato; - le «clausole aggiuntive» sulle quali sarà impostato l'armistizio lungo, nonché il biglietto del generale Smith per Badoglio; - un promemoria per lo Stato Maggiore delle Marina con le modalità di partenza della flotta per Malta, ove avrebbe conservato la bandiera italiana; - un promemoria per lo Stato Maggiore dell'Aeronautica con le prescrizioni per gli spostamenti degli aerei; - un promemoria per il S.I.M.; - l'ordine di operazione dell'82" divisioneAirborne, già tradotto in italiano ed in triplice copia, per l'operazione Gian.t Two. Ormai tutto sembrava chiarito e definito, compreso il contegno da tenere ali 'atto della comunicazione dell'armistizio. Era, questo, un problema che da settimane Ambrosio stava considerando nella sua mente: «si trattava - egli scrisse - di decidere se passare senz'altro all'offesa attaccando i tedeschi immediatamente dopo proclamato l'armistizio, oppure se limitarsi a reagire alla loro inevitabile offesa. La prima modalità sarebbe stata senz'altro più decisa e non avrebbe dato luogo ad equivoci; però bisognava pensare che le truppe e i comandanti eia tre anni agivano spesso intimamente ed anche cameratescamente con i tedeschi , e quindi tutto il lavoro cli rovesciamento dell'animus avrebbe richiesto ciel tempo ed una propaganda che assolutamente non era possibile fare. In armonia alle decisioni del Capo del Capo del Governo, concretate poi nel proclama cli dichiarazione d'armistizio, decisi quindi la seconda maniera, cioè di reagire con la forza alle offese nemiche» 1•

Nel pomeriggio di quello stesso giorno, dopo che Badoglio ebbe preso visione della documentazione, Ambrosio riunì a rapporto i capi cli Stato Maggiore per metterli al corrente della situazione. Secondo Roatta, «nel pomeriggio del 3 (recte del 5: l'errore di data sembra evidente) il Comando Supremo comunicò al capo di S .M . dell'Esercito: che l'annistizio era con-

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Re.lazione Ambrosio in G . Castellano, La guerra continua cil., p. 151.


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eluso; che esso sarebbe stato annunciato in data indeterminata, non anteriore al 12 settembre; che secondo le nostre richieste, contemporaneamente a detto annuncio od immediatamente dopo, gli Alleati avrebbero dovuto sbarcare per via di mare nell'Italia centrale, a portata di Roma, 6 divisioni e per via aerea un'altra aliquota di truppe imprecisata; che succesivamente, sempre stando alla nostra richiesta, altre 9 divisioni alJeate sarebbero sbarcate, per via mare, su un tratto di litorale indeterminato. Si riteneva però che esso sarebbe stato più a nord del precedente o quanto 1neno quello stesso.Che si attendevano precisazioni e dettagli circa le operazioni suddette» 1 • In sostanza, si tratta delle notizie sintetizzate da De Cou1ten, notizie cqe non potevano essere fornite se non dopo l' arrivo a Roma del maggiore Marchesi il mattino del 5 settembre. Alla base delle affermazioni di Ambrosio stava verosimilmente la conclusione del verbale dei colloqui del 31 agosto a Cassibile: « 1.

Sbarchi secondari (cinque o sei divisioni) con opposizione italiana da effettuare

entro una o due settimane; 2. Sbarco principale in forze a sud cli Roma, azione della divisione paracadutisti vicino a Roma e contemporaneo annuncio dell'armistizio» 2 •

E, con ogni probabilità, anche la convinzione maturata, in assoluta buona fede, defl 'accoglimento delle richieste avanzate da Castellano, e mantenuta benchè la lettera di Castellano recata da Marchesi fosse inequivocabile sull'incertezza della zona di sbarco e. sulla presunta data di annuncio dell'armistizio. Su quest'ultima riunione vale la pena di soffermarsi brevemente per rispondere ad un interrogativo: in tale sede Ambrosio comunicò l'avvenuta firma dell'armistizio? A rigore di logica bisognerebbe pensare che l'abbia fatto, però la sua stessa relazione fa sorgere qualche dubbio: «Nel pomeriggio del giorno 5 ( ...) io riunii i tre Capi di S .M. ciancio loro comunicazione dei lineamenti operativi generali degli Alleati e delle questioni di rispettiva competenza ( ...). Soggiungevo che le condizioni di armistizio apparivano dure, ma che nel Documento aggiuntivo di Quebec tale durezza era mitigata in relazione al nostro concorso avvenire contro i tedeschi ( ...)»

3.

1 M. Roatta, Otto milioni. di. baionette cit., pp. 301-302. Cfr. G. Zanussi, che peraltro colloca il colloquio al 4 settembre, Guerra e catastrofe d 'Italia cit., II, pp. 14-168. 2 Colloquio Castellano-Smitl1 in data 31.8.J 943, in DDI, 9A serie, X , doc. 737 cit. 3 Relazione Arnbrosio in G. Castellano , La guerra coniinua cit., pp. 158-159.


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Forse per eccesso di sintesi Ambrosie si tenne sulle generali, senza entrare nei particolari; sta di fatto che se a leggere quanto scritto da Roatta la questione parrebbe acclarata, a sentire gli altri due capi di Stato Maggiore l'impress'ione è del tutto diversa. L'ammiraglio De Cou1ten asserì infatti che in quella occasione il capo di S .M. Generale gli «accennò» alla conclusione di un armistizio, la cui notificazione era prevista per uno dei giorni compresi fra il 10 ed il 15 settembre, più probabilmente il 12 o il 13, e che la sera del 6 settembre, quando ricevette da Ambrosie il promemoria del commodoro Dick con le norme esecutive per gli spostamenti della flotta all'atto dell'annuncio, «non essendo a conoscenza dell'avvenuta conclusione dell'armistizio», ritenne che fosse uno dei documenti connessi alle trattative in corso, perciò protestò vivamente per la mancata partecipazione di un rappresentante della M.arjna sull'argomento 1• Il generale Sandalli convocò il generale Santoro ed il generale Ilari, comandante della Hl squadra aerea, subito dopo il rapporto al Comando Supremo, e quest'ultimo riferì il 1° agosto 1944: «ci mise al corrente che erano in corso trattative per la stipulazione di un armistizio, la cui denuncia doveva avvenire non prima del 15 settembre» 2 • Se ricordiamo che due giorni prima Badoglio aveva comunicato ai ministri delle Forze Armate di aver autorizzato la firma dell'armistizio , francamente non si comprende la sorpresa di De Courten e di Sandalli. *

***

L' esame di queste intricate vicende non può ignorare un cenno ad un episodio particolare che ha fatto molto discutere. Il generale Carboni ha ricordato nelle sue memorie che «nella stessa sera del 5 o nel mattino successivo» ricevette, in qualità di capo del S.I.M. , l'incarico di segnalare un ufficiale del Servizio da inviare ad Algeri con un grnppo di ufficiali destinati a costituire la missione militare italiana presso il Qua1tier Generale alleato. Il mattino del 6 gli fu rimessa una Nota del Comando Supremo, datata 6 settembre ed aperta per consentirgli di leggerla, da far pervenire a Cas tellano per il tramite deJl'ufficiale del S .I.M .. 11 documento rivestiva importanza, in quanto volto a presentare al capo missione il quadro operativo 1

Relazione De Cou1ten in data 12.2.1944, AUSSM , De Courten memoriale, b.l , fasc .41. 2 Andrea Curami, Otto settembre 1943. Documenti a margine dell'armistizio in «Italia contemporanea», dicembre 1995, n. 201, doc. 3.


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configurato a Roma, con le conseguenti istruzioni per il perfezionamento degli accordi con gli Alleati. Vi fu poi un cambiamento ed il Comando Supremo si riservò di dare l'incarico ad un proprio ufficiale consegnandogli di1·ettamente una copia della Nota 1 • L' 01iginale per gli at6 del documento finì bruciato il 9 settembre nella frettolosa distruzione del carteggio del Comando Supremo 2 , ma a Cru·boni rimase la copia rimessagli in precedenza. Quando, più tardi, venne interrogato dalla Commissione d'inchiesta egli consegnò un documento asserendo trattarsi della copia autentica 3 • Il testo in questione menziona due sbarchi programmati dal Quartier Generale di Algeri, entrambi dal mare: il primo «di sei divisioni in zona Salerno-Napoli» ed un secondo, più consistente (nove divisioni), in altra località non conosciuta, con esclusione di ogni altra operazione (paracadutisti compresi) nell'intervallo fra i due. Esprime aperto scetticismo su Ila probabilità di successo del primo: «l'attacco di sei divisioni in zona Salerno-Napoli può essere respinto dalle tedesche, o quanto meno contenuto» e ne deduce che «per questo e perchè, anche riuscendo bene , esso avviene troppo distante da Roma, non legittima materialmente la richiesta d'armistizio (fatto importante sia dal punto di vista internazionale che interno)». E conclude: «la cosa più sicura e forse l'unica sicura è però quella di richiedere l'armistizio solo in occasione del secondo sbarco o nella sua imminenza» 4 • A prescindere dal fatto che l'armistizio era già stato firmato e che l'aspetto politico non riguardava Castellano e non interessava gli Alleati, la novità - messa in debito risalto da Carboni ed all'origine di aspri commenti 5 - era che fino allora si prevedeva il prinw sbarco alleato «a portata di Roma», mentre adesso la Nota lo dava come certo «in zona Salemo-Nc;tpoli», il che «crunbia del tutto la situazione militare e politica» 6 •

G. Carboni, Memorie segrete cit., p. 262. L'elenco dei documenti distrutti all ' alba ciel 9 settembre su ordine di Ambrosio, comprende: al n.8 «Lettera ciel generale Castellano a S.E. Ambrosio» , al n.9 «Promemoria del Comando Supremo al generale Castellano circa controproposte da formulare alla parte anglo-americana», al n .1O«Organizzazione per l'invio di una missione mii itare italiana presso le forze annate anglo-americane» I.Palermo, Storia di un armistizio cit., pp. 176-1.77). 3 lbidem, pp. 349-35 I. 4 0. Carboni, Memorie segrete cit., pp. 262-265. 5 <<La Nota é un documento di fondamentale interesse perchè dimostra che fin dal 6 settembre i capi italiani conoscevano la località dello sbarco americano, e che fin da quella data avevano deciso di rifiutare l'aviosbarco dei paracadutisti americani su Roma» (I. Palenno, Storia di un armistizio cit., p.349). 6 Carboni sarà la persona che, nella riunione nel pomeriggio dell'8 settembre al Quirinale, con maggiore insistenza proporrà di respingere l'armistizio, visto lo sbarco lontano da Roma e l'inatteso «anticipo» dell'annuncio. 1

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Su questo documento, il solo di cui ebbe a disporre la Commissione, furono chiesti chiarimenti a Roatta, il quale dichiarò esplicitamente di non averlo mai visto, di non sapere chi l'avesse compilato e di dubitare della sua autenticità perchè l'importantissima circostanza delle prime sei divisioni alleate non a portata di Roma,bensì di Salerno-Napoli, non era stata comunicata «nè il giorno 6 settembre nè in seguito allo Stato Maggiore del! 'Esercito e non risulta che fosse nota al Comando Supremo» 1• E più tardi aggiunse: «( ...) ritengo per fermo che detto promemo,ia non è ma.i esistito e che è stato 'fabbricato' dopo l' armistizio. È impossibile infatti che il Comando Supre mo( ...) non ne avvertisse subito lo Stato Maggiore dell'Esercito neppure quando questo, nel pomeriggio del 6, gli affacciava i suoi dubbi. D'altra parte, se un simile promemoria fosse esistito realmente, quando si inviò l'ultimo promemoria agli 'Alleati' (quello del pomeriggio dell '8, che conosco bene perchè l' ho scritto io) il Comando Supremo, che l'approvò, ci avrebbe fatto includere un cenno sul promemoria del 6, o per lo meno sul progettato sbarco a Salerno» 2 •

Ide ntica smentita sulla preventiva conoscenza certa dello sbarco Salerno-Napoli venne dai generali Rossi e Castellano 3 , anche se potè esistere un sottile 'distinguo' formale fra notizia ufficiale del luogo di sbarco e indicazione della probabile zona accolta in sede di ipotesi di lavoro. Infine è da rilevare la netta accusa di falso formulata dal maggiore Marchesi, il cui ufficio era «1' unico che ha trattato tutte le questioni inerenti le trattative con gli Alleati» 4 • Per certo appare inverosimile che il generale Ambrosio, uomo di notoria ed indiscussa dirittura di carattere, abbia prornosso,od anche semplicemente avallato, gravi alterazioni del quadro della situazione,tacendo particolari di estrema importanza al solo fine di potersi fingere, a tempo debito, incolpevolmente «sorpreso» dalla sequenza degli avvenimenti (questa l' accusa mossagli da taluno) . Si aggiunga che il colonnello Toschi, del S.I.M., riconobbe nella Nota in questione «il promemoria scritto di pugno da S.E.Roatta a palazzo Caprara e battuto a macchina da me la sera del giorno 6 (fino alle 21,30) e consegnato al generale Carboni la mattina successiva. ( ...) nella nota suddetta si 1 I. Palermo, Storia di un armistizio cit., pp. 351-352. Vds. anche P. Monelli, Roma 1943 cit. , pp. 444-445. 2 M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., pp. 315-316. 3 1. Palermo, Storia di un armistizio cit., pp. 360-363 e 367. 4 L. Marchesi, Come siamo arrivati a Brindisi, Bonpiani, Milano 1969, pp. 188-189.


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parJava dell'attacco di sei divisioni in zona Salerno-Napoli» 1 • Evidentemente, come spiegato jn seguito, si riferiva ad un documento diverso da quello in causa; a parte ciò, nè Roatta nè Carboni potevano mTogarsi il potere di scrivere alcunchè in nome de] Comando Supremo e, per dj più, la missione militare era partita per Tunisi nel pomeriggio del 6 ! Peraltro, recentemente - un buon cinqum1tennio più tardi - Elena Aga Rossi ha rinvenuto fra le carte di archivio relative al generale Castellano una differente versione della Nota in argomento 2 . Da questo documento emerge uno scenario più complesso, con la previsione cli: uno sbarco «principale da mare nell'area Salerno-Napoli», un aviosbarco della divisione corazzata presso. Ostia, un <<grosso sbarco successivo cli nove divisioni» in località non nota. Ne derivavano le indicazioni per gli accordi e gli aggiustamenti da proporre agli Alleati. Di seguito, uno stralcio degli elementi di rilievo: «I. Nei riguardi della flotta, ne lle conversazioni preliminari era stato considerato il trasferimento delle nostre navi eia guerra nei porti di Cagliari e La Maddalena. È necessario insistere per questa soluzione, considerando che, data la situazione morale degli equipaggi, vi è la possibilità che la flotta si rifiuti all'ordine di dirigersi ai porti avversari. Questo potrebbe avvenire più facil nmente in secondo tempo, una volta che la Marina si sia resa conto della nuova situazione( ...). 2.1 lineamenti generali dell'operazione prevedono che l'aviosbarco avvenga contemporaneamente allo sbarco principale da mare nella zona Salerno-Napoli. Sarebbe preferibile che lo sbarco principale precedesse di almeno due giorni l ' aviosbarco della divisione paracadutisti allo scopo cli attirare nella zona Salerno-Napoli le forze tedesche che attualmente sono tra Roma e Napoli e quindi a portata di mano. 4. Per abbreviare il periodo iniziale cli crisi è necessario cercare di ottenere che l'eventuale sbarco della divisione corazzata previsto a Ostia per il settimo giorno venga anticipato. 5. Cercare, se è possibile, di sapere dove sarà effettuato il grosso sbarco successivo (di nove divisioni) e consigliare cli farlo quanto il più possibile a nord cli Roma. I .I . Per semplificazione della successiva organizzazione di comando è stato disposto lo scioglimento ciel Comando Gruppo d'Armate Sud».

Questa Nota avrebbe ricevuto il seguente riscontro dalla missione militare italiana, cioè da Castellano: «Riferimento promemoria est impossibile da parte Comando alleato aderire desiderio

I. Palermo, Storia di un armistizio cit. , pp. 364-365. E.Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., p. 51 da USSME, Diario storico, Castellano, racc. 2235. 1

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circa flotta perchè opinione pubblica anglo-americana non accetterebbe alcun compromesso che possa anche opportunamente diminuire la totalità dell'accettazione delle condizioni stop Parte flotta andrà però porti Sicilia stop Occorre assicurare partenza intera flotta guerra et mercantile onde evitare cattura stop Argomento est ritenuto di capitale impo1tanza» 1 •

In conclusione, anche questo episodio contribuisce a mostrare la scarsa linearità con la quale fu percorsa la già di per sè difficile strada dell'armistizio. * * * Chiuso l'inciso, torniamo alla mattinata del 6 settembre. Ambrosie convocò i capi di Stato Maggiore e subito dopo ricevette il generale Carboni. A quest'ultimo confermò gli ordini per la difesa esterna della capitale ed impartì specifiche disposizioni per il S .I.M .. In particolare, quella relati va al1' ascolto radio, tenuto conto dei due messaggi dell' Intelligence di Algeri appena ricevuti dal S.I.M. stesso con l'apparecchio radio dato a Castellano a Lisbona 2 . Il primo avvertiva: «Prego mantenere continua vigilanza ogni giorno per importantissimo messaggio che sarà inviato tra le ore 9 e 10 GMT, ripeto le 9 e le 10 GMT, il giorno 7 o dopo il 7 settembre , ripeto 7 settembre. Sarà necessario che quando avrete ricevuto questo importante messaggio rispondiate immediatamente che è stato ricevuto e capito».

Il secondo precisava: «Oltre tutti gli altri accordi per l'annuncio del grande (G) giorno la trasmissione radio italiana effettuata dalla BBC darà due brevi notizie sull'attività tedesco-nazista in Argentina tra le undici e trenta di Greenwich e le dodici e quarantacinque di Greenwich. Questa trasmissione indicherà il grande (G) giorno. Telegramma numero trentasei. Non vi sarà, ripeto non vi sarà, alcun programma speciale di musica come richiesto. Prego accusare ricevuta» 3 •

Nessun dubbio i due messaggi potevano lasciare sull'imminenza dello sbarco e, conseguentemente, dall'annuncio dell'armistizio, quindi stupisce 1

E . Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., pp. 337-339. Ambrosio in G. CasteUano, La guerra continua. cit., p. I 59 . 3 E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., pp. 310-311. 2 Relazione


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ROMA 1943 - SEDI DEL CAPO DI GOVERNO, DEI MINISTERI DELLE F.F.A.A. E DEI PRINCIPALI ENTI MILITARI

LEGENDA: 1. Capo del Governo (Yiminale) - 2. Ministero della Guena (via Napoli) - 3. Stato Maggiore Generale (Palazzo Yidoni, via del Sudario) - 4. Stato Maggiore del Regio Esercito (Palazzo Caprara, via XX settembre) - 5. Servizio Informazioni Militari (Palazzo Baracchi.111, via XX settembre) - 6. Comando del Corpo d'Armata Motocorazzato (Palazzo Caprara, via XX settembre) - 7. Ministero della Marina e Stato Maggiore della Regia Marina (Palazzo Marina, lungotevere delle Navi) - 8. Ministero dell'Aeronautica e Stato Maggiore della Regia Aeronautica (Palazzo Aeronautica via ciel Castro Petrorio - Viale dell'UniversitĂ ).


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che in serata Ambrosio sia partito per Torino per ritirare -come spiegò- documenti importanti, anche se disse al maggiore Marchesi che <<sarebbe tornato l'indomani» 1 . Nel pomeriggio Ambrosio richiamò Roatta e ribadì i concetti inerenti alla difesa di Roma, prevenendolo che, ove il peggioramento della situazione avesse minacciato di compromettere le attività di governo nella capitale, era intendimento del Re di trasferirsi a La Maddalena con la famiglia reale ed il Governo stesso. In tal caso i1 generale Carboni avrebbe assunto il comando di tutte le forze destinate alla difesa di Roma. Perciò doveva prendere contatto con i] generale Barbieri, comandante del corpo d'armata territoriale della capitale, incaricato della difesa interna della città, per la necessaria stretta collaborazione, ed orientarsi ad assumere ai propri ordini come da intese con il Comando aJleato 2 - anche la 8211 Airborne. Infine, tenne a sottolineare il suo fermo convincimento che i capi militari dovessero e potessero rimanere a Roma 3 • Il concorso americano aveva ne] frattempo innescato una spirale di discussioni di estrema importanza. L'impiego della 82 11 Airborne prevedeva l'aviosbarco sui noti aereo porti; l'atterraggio dell'intera divisione in tre o quattro notti; 1'afflusso a Roma dei 100 semoventi controcarri; l' inizio dell'attività operativa una volta radunata e riordinata tutte le componenti. Da parte italiana si doveva garantire la sicurezza degli scali, lo sgombero di una striscia di circa 30 chilometri a cavallo del Tevere dal mare a Roma per la protezione dello sbarco e dell'ammassamento, la disponibilità di 400 automezzi per il concentramento dei reparti. Degli aereoporti disponibili, quelli di Furbara e di Cerveteri - suggeriti da Castellano perchè non occupati dai tedeschi - distavano una quarantina di chilometri da Roma e quindi si trovavano fuori dalla difesa esterna della capitale; lo stesso dicasi per . Guidonia, dove però era dislocata la Centauro; i rimanenti aereoporti, dell'Urbe e di CentoceI1e, erano invece compresi nell'organizzazione difensiva di Roma. Per il loro approntamento complessivo il generale Sandalli valutò necessaria una settimana o poco meno. Roatta si pronunciò pi uttosto negativamente sul piano. Ne] pomeriggio del 6 si recò nuovamente al Comando Supremo e rappresentò ad Arnbro-

L. Marchesi, Dall 'irnpreparazione alla resa incondizionata, Mursia, Milano 1993, pp. 68-69. 2 Altro equivoco: gli Alleati non pensavano neppure cli porre la divisione agli ordini italiani. 3 Relazione Ambrosio in G . Castellano, La guerra continua cit., p. 160. 1


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LE RICHIESTE ALLEATE PER L'INTERVENTO A ROMA

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sio che, a suo parere, l'intervento della 82" Airborne appariva più un concorso ad operazioni già avviate dal Comando italiano che un valido apporto alla difesa di Roma. Nè riteneva possibile. offrire la sicurezza richiesta prima dell'arrivo delle grandi unità già in fase di recupero dall'estero 1• Altro aspetto niente affatto trascurabile era la condizione posta all'impiego della divisione americana da attuarsi solo dopo la sua riunione, cioè a partire dal quarto o quinto giorno, mentre l'attenzione tedesca sarebbe stata sicuramente svegliata sin dalla prima notte coinvolgendo la difesa della capitale 2 • In quella stessa sede Roatta chiese se la notizia dei movimenti di naviglio segnalati al mattino potevano far pensare ad uno sbarco nel Salernitano, e quindi ad eccessiva distanza da Roma, e ad un anticipo rispetto alla data del 12, che avrebbe colto in piena crisi l'organizzazione difensiva di Roma,il cui completamento era appunto previsto per il 12 settembre. Ambrosio non possedeva validi elementi di giudizio tranne la smentita dei movimenti e la conferma di un ingente concentramento di navi nel golfo di Palermo. Comunque teneva valida la data del 12 3 • Roatta si accomiatò e verso le 21 giunse a palazzo Caprara, accompagnato dal generale Zanussi, per di.scutere lo sbarco e l'impiego della divisione paracadutisti con Carboni. Ricavò la conferma che la difesa di Rom.a, soprattutto nella fase precedente l'arrivo dei noti rinforzi ed il disimpegno delle due divisioni mobili (la motorizzata Piave e la corazzata Ariete) dai compiti statici, sarebbe stata in grado di resistere soltanto per qualche giorno alle truppe tedesche. Impensierito, telefonò al Comando Supremo, ma seppe che Ambrosio era partito e che non sarebbe rientrato «che il giorno 8». Allora, messosi a tavolino, compilò, in prima stesura, un promemoria 4, che come attestò Zanussi - rielaborò ed am.pliò'la stessa notte, non appena tornato a Monterotondo, poi, nelle prime ore del 7, lo inviò a Carboni, incaricandolo, in assenza di Ambrosio, di consegnarlo a Badoglio 5 . In sostanza, Roatta mise in rilievo la necessità che l'armistizio non venisse annunciato prima del 12 ed affermò che doveva considerarsi: «1. desiderabile che l'iniziativa delle ostilità fra italiani e tedeschi fosse presa da que-

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M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., pp. 306-307. M. Torsiello, Settembre 1943 cit., p. 106. 3 M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., pp. 304-307. 4 Verosimilmente dato poi da Carboni a battere a macchina dal colonnello Toschi. 5 G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., II, pp. 170-171. Secondo Roatta una copia venne inviata al Comando Supremo (Otto milioni di baionette cit., p. 307), ma Rossi lo nega (Come arrivammo all'armistizio cit., p. 142). 2


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sti ultimi: il che consigliava che l'annunc io dell'armistizio fosse dato soltanto quando lo sbarco navale fosse già in atto; 2 . necessario evitare la cattura del Governo italiano: il che esigeva che lo sbarco angloamericano avvenisse realmente a portata di Roma, così da impedire che le truppe tedesche potessero sopraffare quelle italiane prima che esse fossero in misura di essere aiutate dalle truppe anglo-americane; 3. indispensabile ritoccare il piano operativo ii flettente l' azione dei paracadutisti, per metterlo in armonia con quanto detto al n.l» 1•

Il mattino del 7 , dunque, Carbon i portò il documento ricevuto da Roatta a Badqglio e, con l'occasione, prospettò che il suo corpo d'armata disponeva di appena 20 minuti di fuoco e l'Ariete di carburante per appena 150200 chilometri 2 ! Stupefatto , Badoglio chiamò, verso le 9, il tenente colonnello De Francesco, ufficiale addetto a] capo di S .M.Generale, chiedendo spiegazioni. L'ufficiale dichiarò la sua meraviglia «nell 'apprendere tale notizia, in quanto fino a quel momento non si era mai lamentata tale deficienza da chicchessia» 3; peraltro si sarebbe subito attivato per chiarire la circostanza 4 . 11 commento di Ambrosia fu reciso: «( ...) Mai il comandante del corpo motocorazzato ebbe a farmi cenno di qualche deficienza, specie di carburante e di munizioni , come rn i risulta ebbe poi a lamentare col maresciallo Badoglio il 7 settembre 5; defic ienze che si potevano col mare con mezzi esistenti

attorno a Roma e che comunque il generale Carboni, che aveva il comando dalla fine di luglio avrebbe dov uto eliminare già da tempo. Ancora alla fine di agosto il Carboni mi assicurava sull'efficienza combattiva delle sue truppe( ...)» 6 .

Ad ogni modo il sottocapo di S M .Generale si precipitò a Monterotondo e da Roatta seppe che le carenze in questione erano state ripianate od in via di sistemazione, eccezion fatta per le granate perforanti, non disponibili al 1 G. Zanussi , Guerra e cawstrofe d'Italia cit., II, pp . 171.. Cfr. M. Roatta, cit., pp 304307 e F. Rossi , op.cit., 140-.14 1. 2 F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., p. 141. È interessante leggere quanto scritto dal generale Cadoma riferendosi al rapporto tenuto da Carboni iJ 2 settembre al Comando del corpo d'atmata: «lo prospettai , come di consueto, la tragica situazione ciel carburante, ed il generale Carboni mi rispose che dovevamo abituarci ali ' idea che cli Clu·burante non ne avremmo più ricevuto» (R. Cadorna, La riscossa, p.33, Rìzzoli , Milano I948 . 3 I. Palermo, Storia di un armistizio cit., p. 376. 4 L. Marchesi, Dall'impreparazione alla resa cit., pp. 69-70. 5 Cfr. P. Monelli, Roma 1943, Migliaresi, Roma 1945, pp. 308-309 . 6 Relazione Ambrosio in G.Castellano, La guerra continua cil., pp. 86-87 e 160.


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momento 1• Per l'esattezza, il giorno 7 venne disposto che, per il completamento delle tre giornate di scorta di carburante, la Piave effettuasse il prelevamento il giorno 8 e l'Ariete il 9 attingendo al deposito carburanti di Mezzocammino del Comando Supremo 2 . Giustamente il generale Musco ha definito «inspiegabile» tale situazione, considerata 1' importanza del corpo motocorazzato nel quadro dell'azione antigermanica: non essendo stata distribuita l'assegnazione nel mese di luglio, in agosto i mezzi del1'Ariete erano rimasti fermi e per tre volte la cosa era stata rappresentata dal generale Cadorna, comandante della divisione, a Carboni in sede di rapporto. Gravissime, dunque, le responsabilità di Superesercito e di Carboni perchè «si doveva provvedere dall'alto o chiedere e sollecitare d'iniziativa dal basso» 3 • A questo punto, un nuovo impulso portò ad un ennesimo equivoco. Al termine del colloquio a Monterotondo con Roatta , che in quella occasione illustrò il promemoria consegnato da Carboni a Badoglio poche ore prima, il generale Rossi - d'intesa con Roatta - fece trasmettere a Castellano un messaggio preannunciante il prossimo invio di una comunicazione «d'importanza fondamentale» , con la quale il Comando Supremo si riprometteva di sottolineare il peso cli tre fattori : la necessità di non anticipare il giorno G rispetto al previsto 12 settembre e possibilmente addirittura ritardarlo sino al 15, sì da poter assestare il dispositivo con il completo arrivo delle divisioni Lupi di Toscana e Re e da adeguare la preparazione logistica; l'opportunità di rivedere le modalità dell'operazione Giant Two; la necessità di attuare al più presto uno sbarco nelle vicinanze di Roma. <<In quel momento - ha scritto Rossi - non si sapeva esattamente dove sarebbe stato diretto lo sbarco alleato, ma se questo era progettato per l'Italia meridionale, lo sbarco nel Lazio non poteva essere che in più dello sbarco progettato (avviamento delle unità di seconda schiera)» 4 • Tuttavia, al preavviso non fece seguito la comunicazione «d'importanza fondamentale» perchè Rossi preferì attendere il rientro a Roma del generale Ambrosio e, nel frattempo, si pensò che il preavviso fosse, da solo, sufficiente per indurre il Quartier Generale alleato a ... «non prendere disposizioni definitive (eventualmente in contrasto con quelle da parte nostre attese), prima di aver preso conoscenza della comunicazione suddetta» 5 •

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F. Rossi, Corne arrivammo all'armistizio cit., p. 141. Cadoma, La riscossa, cit., p. 35. 3 Ettore Musco, La verità sul/'8 settembre 1943, Garzanti, Milano 1965, pp. 57-58. 4 F. Rossi , Come arrivammo all 'armistizio cit., pp. 142-143. 5 M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., p. 308. 2


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L'operazione Giant Two era al centro de11 'attenzione americana e, in modo particolare, del generale Ridgway, il comandante dell'82A Airborne, assai scettico su11a riuscita dell'operazione perchè dubitava di un conveniente sostegno da parte italiana e temeva una rapida eliminazione delle sue forze ad opera delle sei(?) divisioni tedesche dislocate nei dintorni di Roma. Il generale Alexancler gli garanù che le unità alleate si sarebbero congiunte con la divisione in tre-cinque giorni al massimo 1 , ma la preoccupazione di Ridgway non venne meno ed anzi lo spinse ad insistere per ottenere l'invio a Roma del generale Taylor, vicecomandante della divisione, e del colonnello Gardiner, del Comando Trasporti aerei, per «vedere Badoglio e per sentire dalle sue labbra se gli italiani volevano veramente l'operazione e se potevano darci effettivamente 1'aiuto promesso» 2 . Grazie all'appoggio ciel capo di S .M. di Eisenhower, ricevette infine l'autorizzazione cli Alexander. Durante il rapporto pomeridiano del 5, Ambrosio aveva chiesto all' ammiraglio De Courten una corvetta da trasportare , la sera del 6, da Gaeta ad Ustica il gruppo di ufficiali destinati alla missione militare italiana ad Algeri e rilevare due ufficiali alleati, che da Gaeta sarebbero poi stati condotti a Roma 3 . Secondo Rossi si ignorava che uno dei due fosse un generale 4 . «La sera del 6 od il mattino del 7» il tenente colonnello De Francesco ricevette il seguente messaggio radio: «Dal Comando in capo alleato al Comando Supremo, 5 settembre 1943, n.29. Generale Taylor che arriverà con vostro vapore la notte del 7-8 settembre ha pieni poteri dal Comandante Supremo delle Forze Alleate in merito alle operazioni dei paracadutisti» 5 .

1 Matthew B. Ridgway, Soldier. His Memoirs as told to Harold H. Martin, Harper and Brothers, New York 1956, pp.80-83. 2 Ibidem , p. 81. 3 Relazione De Courten in data 12.2.1944, AUSSM , De Courten m emoriale, cart.l , fasc.41. 4 Al riguardo il generale Rossi ha osservato che, se Ambrosio avesse saputo trattarsi cli un generale, non sarebbe partito per Torino. È probabile, però, se é vero quanto aggiunse Rossi in forma incerta e cioè che il maltino ciel 7 telefonò ad Arnbrosio a Torino prospettandogli l' opportunità di rientrare a Roma in aereo in serata, é strano che Ambrosio sia tornato in treno il giorno dopo (F. Rossi, Come arrivamrno all'armistizio cit., p. 144). 5 I. Palermo, Storia di un armistizio cit. , p.410. Peraltro, il 27 gennaio 1945 il tenente colonnello De Francesco precisò che «detta comunicazione ci é pervenuta dopo la pattenza ciel generale Ambrosio», motivo per cui non si comprende come Palermo abbia potuto scrivere che, nella mattinata del 6, «di corsa De Francesco sì recò nell'ufficio di Ambrosio e gli consegnò il telegramma» e che subito Ambrosio «comprese che il momento tanto atteso e temuto era giunto» e nondimeno partì per Torino (ibidem, pp. 156-1 58).


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Rossi si fece l'idea che il generale Taylor avrebbe perfezionato le modalità esecutive delJa Giant Two a Roma e sarebbe tornato ad Algeri per l'approvazione definitiva. Se così era, l'annuncio dell'armistizio avrebbe avuto luogo alcuni giorni dopo , il che rafforzò la «fiducia» nella data del 12 settembre 1• Appena giunto a palazzo Caprara, il generale Taylor chiese di conferire con il generale Ambrosio. Data l'assenza di questi ed in attesa del generale Rossi, Taylor venne ricevuto dal generale Carboni, interessato all'impiego della 82" Airborne, al quale domandò di poter visitare subito i campi di aviazione scelti per lo sbarco della sua divisione, nonchè le principali postazioni contraerei. Carboni rispose che la cosa non era semplice a causa della presenza dei tedeschi, ma l'indomani mattina sarebbe stato studiato qualche accorgimento per compiere, se possibile, il sopraluogo desiderato. Dopo un momento di silenzioso stupore, Taylor replicò con studiata lentezza: «Mio generale e comandante, domani sera la mia divisione comincerà a sbarcare nei cinque campi vicino a Roma e lo sbarco continuerà per quattro notti consecutive. lo, entro stanotte, elevo constatare personalmente se è possibile effettuare questa operazione, perchè devo dare conferma, o disdetta telegrafica, entro l'alba al mio Comando. Nessuno ci ha avvertito de lla presenza dei tedeschi vicino ai campi di aviazione, nè cli difficoltà per fare una dettagliata ricognizione tecnica dei punti che ci interessano».

A questa inattesa dichiarazione seguì una discussione caratterizzata dalla sorpresa dei due interlocutori - sorpresa allarmata dell'uno, che si richiamò alla data del 12 settembre considerata carta; sorpresa sempre più diffidente dell' altro, che ricordò la nessuna indicazione alleata per quella data e, per contro, l'impiego scritto italiano di dichiarare l'armistizio all'atto dello sbarco - e si concluse con l'esplicita formale richiesta dell'americano di parlare con il maresciallo Badoglio 2 • Carboni lo condusse alla villa del capo del Governo, ma prima, a mezzanotte, telefonò a Rossi avvertendolo: « Taylor afferma che il giorno X sarebbe oggi 8 !» Rossi si precipitò a palazzo Caprara e, a suo dire, Carboni gli venne incontro dicendogli: «Tutto aggiustato; adesso andiamo da Badoglio per sottoporgli il telegramma di proroga!», ed aggiungendo che la presenza di Rossi era «inutile, ormai tutto

1 2

F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit.,pp . 144-145. G. Carboni , Memorie segrete cit., pp.270-273.


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è sistemato!». Rossi allora si ritirò a palazzo Vidoni, sicuro che l' armisti-

zio non sarebbe più stato dichiarato l' 8 settembre 1• Secondo l'interprete, il sottotenente Lanza, il colloquio fra Badoglio e Taylor si tradusse, in stretta sintesi, nella domanda di Badoglio «se si potesse ritardare l'armistizio rendendo possibile l'aviosbarco della divisione americana» e nella risposta di Taylor, il quale «pur non nascondendo le difficoltà di poter ottenere un rimando, date le poche ore a disposizione, disse che si poteva tentare» 2 • In sostanza, mentre Badoglio mise l'accento sulla necessità di un rinvio almeno sino al 12, come promesso (?), Carboni si espresse «con tutta la forza» contro <<un'operazione incerta ed avven~ata come quella dei paracadutisti» 3 . Il risultato fu la compilazione del seguente messaggio, spedito alle ore 3 dell'8 settembre al Quartier Generale alleato: «Dati cambiamenti e precipitare situazione et esistenza forze tedesche nella zona dì Roma non è più possibile accettare armistizio immediato dato che ciò dimostra che la capitale sarebbe occupata e il Governo sopraffatto dai tedeschj. Operazione Giant Two non è più possibile dato che io non ho le forze sufficienti per garantire gli aereoport.i. Generale Taylor è pronto per ritornare in Sicilia e rendere noto il punto di vista del Governo e attendere ordini. Comunicate mezzi e località che voi preferite per questo ritorno. Badoglio» 4 •

Quella stessa mattina il Re, ignaro degli ultimi eventi, ricevette in visita di presentazione il nuovo incaricato d'affari tedesco e, sulla linea della ragion di Stato per tenere a bada la,Germania, si sarebbe sbilanciato dando a Rahn - secondo fonte tedesca - «ampie assicurazioni che l'Italia non avrebbe mai capitolato e che sarebbe rimasta fedele alla Germania nella buona e nella cattiva sorte» 5 • Comunque si sia effettivamente espresso, Vittorio Emanuele commise un penoso errore, ma resta incomprensibile che Guariglia e Acquarone non abbiano evitato al sovrano quell'incontro imbarazzante a ridosso dell'annuncio dell'armistizio. Purtroppo - ancora un purtroppo! - alle ore 8, con un altro messaggio fu fatto chiedere da Tay1or l'autorizzazione a farsi accompagnare, nel viag1 F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., pp. 15 1-152. È difficile dire se meraviglia di più l'improntitudine di Carboni o la modestia dell 'atteggiamento di Rossi, il numero due ciel Comando Supremo! 2 E. Musco , La verità sul/'8 settembre cit., pp. 60-6 1. 3 G. Carboni, L'Italia tradita dall'armistizio alla pace, EDR, Roma 1947, p. 19. 4 E. Aga Rossi, L 'inganno reciproco cit. , pp. 3I3-3J 4. 5 Discorso di Hitler in data 13.9.1943 in A. Tamaro, Due anni di storia cit., I, p . 451.


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gio di ritorno, dal sottocapo dj S .M.Generale <<per chiarire i problemi>> 1• Di buon mattino Carboni parlò ancora con Taylor, il quale fornì altre informazion.i: lo sbarco dal mare sarebbe avvenuto «all'altezza del parallelo di Salerno» e non più a nord per l' impossibilità di garantire «l'ombrello aereo» e le prime 48 ore sarebbero state di «incertezza tragica». Quanto al secondo sbarco vicino a Roma, si linùtò a dire di non averne mai sentito parlare 2 . Ambrosio rientrò a Roma verso le 1O. Fu ragguagliato prima da Rossi, recatosi ad accoglierlo alla stazione, e poi da Roatta e da Carboni a palazzo V:idonì. Tutto sommato ]a situazione sembrava ... tranquillizzante!. Il fatto che il generale Taylor avesse riconosciuto plausibile il tentativo dì ottenere un rinvio dell'operazione venne interpretato come obbiettivo riconoscimento delle buone ragioni italiane; l'assenza della trasmissione convenzionale di Radio Londra fra le 1] ,30 e le 12,45 3 confermava le speranze. Per giunta la risposta al messaggio delle ore 8 con il benestare al viaggio di Rossi a Tunisi, pervenuta alle 14, rafforzò la convinzione che il Quartier Generale alleato accettasse di discutere ]e proposte de Comando Supremo prima di prendere una decisione di tanta importanza 4 . Difatti - si ragionò - Eisenhower non aveva risposto direttamente alla richiesta di proroga fatta da Badoglio con il messaggio delle ore 3. Per suo conto, alle 11,30 il generale Taylor comunicò ad Algeri: «Situation innocuous» . Era il messaggio convenuto per firmare l'operazione Giant Two. Nel pomeriggio Rossi ricevette un promemoria preparato da Roatta, sulla base del primo ma più dettagliato , con gli argomenti da illustrare agli Alleati: «Premessa. La parte italiana aveva la netta impressione che lo sbarco nella zona Salerno-Napoli avvenisse verso il 12 settembre. In conseguenza aveva preso le disposizioni per rafforzare per tale data la difesa della capitale e per ricevere e proteggere la divisione aviotras portata americana. Non è perciò pronta alla data dell'8 settembre( ...).

1

Ibidem. G. Carboni, Memorie segrete cit., p. 279. Peraltro, nella relazione sulla missione a Roma, il generale Taylor non fa cenno di queste confidenze (M. Toscano, Dal 25 luglio all'8 settembre cit., p. 209) 3 Contrariamente a quanto scritto da P. Monelli, che nessuno avrebbe ascoltato a Roma le due conversazioni sull'attività nazista in Argentina, la BBC non effettuò quella trasmissione per ragioni non conosciute. E neppure venne trasmesso il preannunciato messaggio della «massima importanza», essendo Eisenhowe r già in comunicazione con Badoglio (rvl.Toscano, Dal 25 luglio al/'8 settembre cit. , p. 212). 1 · G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., II, p. l 78. 2


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Allo stato attuale delle cose la parte italiana considera come la più opportuna la condotta seguente: 1) Rafforzare, secondo il programma già previsto, ed accumulando proprie scorte di munizioni e di carburante, la difesa della capitale e la protezione della divisione paracadutisti. 2) Pubblicare la richiesta di armistizio al momento in cu.i sia iniziato il secondo grosso sbarco , ed esso abbia già fatto progressi tali da impegnare le truppe germaniche a portata. Il che permetterebbe cli riclmTe al minimo il periodo di tempo in cui le truppe italiane si troverebbero a dover fronteggiare da sole le truppe germaniche (le quali , nel frattempo, potrebbero ancora aumentare a Roma) . 3) Q1,1esto secondo grosso sbarco dovrebbe avvenire il più vicino possibile a Roma, allo scopo di attirare le truppe germaniche s.ituate a portata della capitai.e, ed a quello di tagliare fuori le truppe tedesche situate più a sud. Se la necessit.à di far proteggere detto sbarco dall'aviazione da caccia, non permettesse di effettuare lo sbarco vicino a Roma, esso dovrebbe almeno essere attuato nella zona cli Formia-Gaeta-Tenacina-Littoria sulla quale potrebbe concorrere la caccia partente dalla zona cli Salerno( ...). 4) Non fare seguire immediatamente l ' armistizio da atti cli ostilità italiani contro le truppe germaniche.E' importante, infarti, che l'iniziativa di tali ostilità sia presa, come quasi sicuramente avverrà , dalla parte germanica, perchè in questo caso non ci sarebbe la minima incertezza da parte della popolazione e delle truppe italiane nel combattere i tedeschi( ...). 5) La data del secondo grosso sbarco e la distanza di tempo dell'arrivo della divisione aviotrasportata dalla proclamazione dell 'armistizio debbono essere chiaramente prestabilite e comunicate il più presto possibile. 6) Non è nell'interesse alleato che Roma ed il Governo italiano cadano in mani germaniche, e che le truppe itaUane clell'It.alia centrale siano messe fuori causa. Il disorientamento della Nazione nella susseguente lotta in comune ne sarebbe decisamente compromesso ( .. .)» 1•

Con questo promemoria, che esponeva con esattezza la situazione quale appariva agli occhi del Governo e del Comando Supremo italiano, i generali Rossi e Taylor uscirono da palazzo Caprara alle 16 ed un'ora più tardi partirono dall 'areopo1to di Centocelle 2 . Rossi volle precisare che «in quel momento si aveva la logica convinzione che 1'armistizio non sarebbe stato

\ E. Aga Rossi , L'inganno reciproco cit., pp. 349-352. 2 Dalla relazione del generale Taylor risulta che Ambrosio g li fissò un appuntamento per le ore 18, impegno poi annullato per la decisione di Taylor di partire al più presto. Cade quindi !.'accusa mossa ad Ambrosio di aver rifiutato un incontro con l'americano (M. Toscano, Dal 25 luglio all'8 settembre cit., pp. 210-21 l). 1


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dichiarato quella sera e si giudicava certo che si sarebbe per lo meno atteso l'arrivo del generale italiano inviato espressamente per chiarire la situazione>> 1• A quanto raccontato da Carboni, a proposito dei suoi colloqui del primo pomeriggio con Taylor, l'unica preoccupazione di questi era di non arrivare troppo tardi 2, mentre Carboni, con ogni evidenza convinto anch'egli che il Quartier Generale alleato stesse aspettando di conoscere la preannunciata comunicazione di «importanza fondamentale», non nutriva incertezza alcuna, tanto che, «Allorquando il momento (della partenza) giunse, Taylor guardò l'orologio e mi parve di scorgere sul suo sguardo un'espressione scoraggiata; Io incitai: 'Taylor, confido che voi saprete battervi dinanzi ad Eisenhower per l'Italia e per l'America» 3 •

Non appena salutati i partenti, Carboni fu però informato di essere atteso con urgenza al Viminate, da Badoglio. Qui, a suo dire, «spirava stranamente, da lutto, direi persino dalle pareti dei corridoi, un'aria di cataclisma». Il ministro della Guerra, Sorice, gli si fece incontro: <<E' mTivata disse - la risposta di Eisenhower, che non accetta di rinviare l'armistizio. Badoglio è un uomo finito. Non capisce più niente. Adesso bisogna andare tutti dal Re , che ha riunito un Consiglio della Corona( ...)» 4 • Le prime due parti del messaggio di Eisenhower, ricevute alle 16 e finite di decifrare verso le 16,30, erano durissime: «(Prima parte) .io intendo trasmettere alla radio l' accettazione dell'armistizio ali' ora fissata. Se voi , o qualsiasi parte delle vostre forze armate, mancherete di cooperare come precedentemente concordato, io farò pubblicare in tutto il mondo i dettagli della questione. Oggi è il giorno X ed io aspetto che Voi facciate la vostra parte. (Seconda patte) Io non accetto il vostro messaggio di questa mattina posticipante l'ar-

1

F. Rossi, Cmne arrivammo all 'armistizio cit., p. 158. G . Carboni, Memorie segrete cit., p. 28 I. 3 Carboni s,nentì categoricamente l'affermazione di due giornalisti americani che, alle I 5,30 del giomo 8, Taylor lo avesse «mandato a chiamare» per avvertirlo che «l' annuncio dell'armistizio non poteva essere posposto e doveva essere fatto alle 18,30, come gli italiani avevano convenuto eia principio». Un simile episodio, ripreso acriticamente da molti studiosi, dopo quasi ventiquattr' ore cli colloqui, sarebbe obiettivamente inverosimile (G. Carboni, Memorie segrete cit., p. 283). 4 lbidern.p . 282. 2


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l 15

m.istizio. II vostro rappresentante accreditato ha firmato un accordo con me e la sola speranza dell'Ital ia è legata alla vostra adesione a questo accordo. Su vostra urgente richiesta l'operazione aviotrasportata è stata temporaneamente sospesa. Avete intorno a Rom.a truppe sufficienti per assicurare la temporanea sicurezza della città, ma io richiedo esaurienti infonnazioni in base alle quali disporre al più presto per l'operazione aviotrasportata. Mandate subito il generale Taylor a Bise,ta in aereo informando in anticipo dell' arrivo e della rotta dell'apparecchio» 1 •

*

*

*

Ved.iamo adesso quale situazione .incontrò Rossi a Tunisi. Alle ore 8 era giunto ad Algeri il messaggio cifrato spedito da Taylor poco prima della mezzanotte da Roma con il consiglio cli annullare lo sbarco della 82" Airborne. Più o meno contemporaneamente era arrivato il messaggio di Badoglio delle ore 3. Eisenhower si trovava a Cartagine e ricevette i due dispacci verso mezzogiorno. Convocò subito Castellano - il quale, non appena informato da Algeri dal gen. Strong della richiesta di Badoglio, si era affrettato a telegrafare raccomandando l'osservanza di quanto stabilito - e poco dopo mezzogiorno lo accolse avendo a fianco i generali Alexander e Tedder e l'ammiraglio Cunningham. Di fronte all'esplicita accusa cli doppio gioco e di slealtà, Castellano, punto sul vivo, replicò che sicuramente si era verif'icato un fatto nuovo di straordinaria importanza e che pregava di «astenersi dall 'esprimere giudizi così severi» fino a quando la cosa non fosse stata chiarita. Ed aggiunse: «Ho già spedito un telegramma a Roma perchè si attengano a qualunque costo a quanto è stato concordato»! 2 • Eisenhower si calmò e disse di conoscere quel telegramma, ma ne aveva mandato ur.io anch'egli. E gli lesse quanto scritto a Badoglio. Sconcerta veramente il susseguirsi di ingenuità, equivoci , passi falsi compiuti nei «quarantacinque giorni». Castellano si rese conto che il suo telegramma e la seguente dichiarazione fatta ad Eisenhower non potevano che rafforzare negli Alleati la sensazione di una slealtà italiana? Al Quartier Generale alleato non si poteva immaginare che Governo e Comando Supremo italiani si fossero radicati nella convinzione che l'armistizio sarebbe stato annunciato non prima del 12 settembre! Successivamente Castellano - omettendo di aver riffrito ad Eisenhower del proprio telegramma

1

2

G. Castellano, La guerra continua cit., pp. 121 -123. G . Castellano, Cornefìrmai l'armistizio di Cassihile cit., p. 184.


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- ha scritto di non aver pensato che la sua «ipotesi» del 12 settembre fosse all'origine della vicenda 1 , ma francamente il discorso è poco convincente e siano propensi a convenire con il generale Faldell a che «sarebbe toccato al gen . Castell ano chiarire l'equivoco, ed a questo punto egli fu inferiore a se stesso ed alla gravità del momento>> 2 • Quanto alla Giant Two, Eisenhower alle 14 ordinò che venisse sospesa e tale ordine pervenne al Comando traspo1ti aerei a Licata, in Sicilia, sei ore più tardi , quando gli aerei erano già carich i ed un gruppo si accingeva addirittura a decollare. l'operazione fu annullata nel pomeriggio del giorno seguente, visto che «la situazione cli Roma era palesemente sfugg ita al controllo degli italiani» 3 • Il generale Rossi atterrò a Tunisi alle 19 ed apprese con sgomento che l'arm istizio era stato annunciato un'ora prima. Nel lungo colloquio con Eisenhower, che si svolse alle 21, presente Castellano, egli illustrò il promemoria consegnatogli da Roatta e spiegò i motivi che avevano indotto a chiedere il rinvio di qualche giorno della Giant Two, osservò che <<i tedeschi proc]ameranno a Roma un governo fascista con tutte le conseguenti pazzie» e che l'affrettata dichiarazione di annistizio aveva imped ito l'attuazione clelJe numerose misure predisposte, creando uno stato di cose molto difficile. Eisenhower evidentemente non volle fare polemiche e dichiarò di essere «disposto ad ammettere di avere sbagliato>>, ma ciò che al momento urgeva era la migliore collaborazione possibile nell'interesse reciproco e, a proposito, della chiara mancanza di fiducia verso l'Italia, disse: «Fino alla dichiarazione di armistizio eravamo nemici. Ma ora tutto è cambiato ed io desidero ottenere il meglio, con la massima cooperazione» 4 • «Ottenere il meglio, con la massima cooperazione» era una pia illusione. A Roma, nell a notte sul 9 settembre la situazione esplose. Guariglia ha ricordato: «Alle ore 18 fui chiamato d'urgenza al Quirinale. Badoglio mi disse subito: «Siamo f. ....». Ebbe luogo una drammatica riunione» 5 . Erano presenti Badoglio, Acquarone, Sorice, Ambrosio, il capo di S .M.. della Marina De Courten, il capo di S.M. dell'Aeronautica Sanclalli, il sottocapo cli S.M. dell'Esercito De Stefanis (in sostituzione di Roatta, impegnato in col-

G. Castellano, La guerra continua cit., p. J2.1.. E. Faldella, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., pp.655-656. 3 Ibidem. pp. 122-1 24, da Airborne Missions in the Mediterranean 1942-1945. 4 Ibidem. pp . 124-125. Rossi ri porta queste due battute in fo rma leggermente diversa (F. Rossi, Come arrivanuno all'armistizio cit., p. 16 I) 5 R. Guariglia, Ricordi c it., p. 93. 1

2


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FORZE TERRESTR I CONTRAPPOSTE ALLE 18 DELL'8 SETTEMBRE 1948

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loquio con il generale Westphal, capo di S .M. dell' Oberbefehlshaber Sud) , Carboni ed il maggiore Marchesi. Ambrosio prese la parola limitandosi ad illustrare l'incompleta preparazione provocata dall'inatteso annuncio dell'armistizio. Chi affrontò direttamente il da farsi fu Carboni. A suo avviso non si poteva respingere certo l'armistizio, ma con i tedeschi si doveva «fingere di non riconoscerlo» per guadagnare i pochi giorni necessari per completare le misure già avviate, e gli anglo-americani bisognava far capire la necessità che ci spingeva ad adottare questa soluzione. D'altronde l'arrivo di Rossi e di Taylor avrebbe chiarito tutto a Eisenhower 1• «L'uditorio - ha ricordato il magg. Marchesi - più che perplesso sembrava essere soggiogato dalla violenza del discorso, una vera e propria requisitoria» contro la condotta delle trattative da parte di. Castellano. Mentre Carboni continuava a parlare, un usciere fece cenno a Marchesi di uscire. Era chiamato al telefono dal ten. col. De Francesco, dell'ufficio del capo di S.M.Generale, che voleva dettare l'appena decifrata terza parte della risposta di Eisenhower a Badoglio e dare notizia che Radio Algeri aveva appena diffuso la proclamazione del1' armi.stizio. Marchesi rientrò in aula e subito lesse, con voce tranquilla: «(Terza parte) T piani erano stati fatti nella persuasione che voi agiste in buona fede e noi siamo pronti a portare avanti le operazioni militari su questa base. Ogni mancanza da parte vostra nel condurre a termine tutti gli obblighi dell'accordo firmato potrà avere gravissime conseguenze per il vostro paese. Nessuna vostra azione futura potrà allora restaurare la minima fiducia nella vostra buona fede, e la conseguenza sarebbe la dissoluzione del vostro governo e della vostra nazione» 2 .

Il plumbeo silenzio fattosi venne interrotto da Carboni,secondo il quale il telegramma non modificava assolutamente la situazione. Ciò che l'avrebbe modificata era l'arrivo di Rossi e Taylor al Comando alleato e l'avrebbe modificata in nostro favore. Guariglia e Sorice espressero invece il parere che non fosse più possibile chiedere il rinvio, ma Carboni tornò alla carica: respi ngere l'armistizio avrebbe provocato ore difficili, ma «bisognava avere il coraggio di affrontarle, se non si voleva la catastrofe ci 'ltal ia» 3 . Merita dare adesso la parola al maggiore Marchesi:

G. Carboni, Memorie segrete cit., pp. 283-284. G. Castellano, La guerra continua cit., p. 123. 3 G. Carboni, lvfernorie segrete cit., p. 285. 1

2


L'ARMISTIZIO

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«A un certo momento questi (Carboni) finì cli parlare. Subentrò per alcuni lunghi secondi un profondo silenzio, poi mi ritrovai in piedi che parlavo. Iniziai la mia esposizione con una precisa indicazione degli accordi intervenuti al Comando alleato subito dopo l'avvenuta firma dell ' armistizio e con specifica indicazione di quanto a noi competeva di fare. Illustrai chiaramente l' importanza che gli Alleati annettevano alla nostra collaborazione militare. Essa non soltanto e in misura della sua entità avrebbe potuto cancellare la durezza delle clausole armistiziali. L'anticipazione della proclamazione cieli' armistizio da parte alleata era certo per noi una dolorosa sorpresa. A rigore però gli Alleati erano nei termini degli accordi perchè la data ipotetica indicata dal generale Castellano e sulla quale tutti avevano arbitrariamente f~tto assegnamento era frutto di una deduzione del generale stesso e dovuta a personali confidenze a lui fatte dal capo di Stato Maggiore alleato( ...). Dissi che male era stato non dare credito alla comunicazione fatta durante la notte dal generale Taylor e peggio ancora illudersi circa la possibilità di ottenere una proroga quando era stato confermato anche dalle nostre notizie che l'operazione alleata aveva ormai preso l' avvio e nessuno l'avrebbe più potuta fermare. Parlare di tradimento eia parte degli anglo-americani, come il generale Carboni aveva appena accennato, era dunque un assurdo. La nostra situazione contigente era stata resa-assai più difficile,ma essa poteva essere eia noi perfettamente controllata: si trattava di dar corso senza ulteriore indugio agli ordini ed alle predisposizioni operative generali ed a quelle particolari dei tre Stati Maggi.ori. Occorreva agire immediatamente: a noi non rimaneva altra scelta . ( ...) Arrivai al punto d.i richiamare l'attenzione dei presenti sulle gravissime responsabilità che si assumevano con le decisioni che stavano per prendere. II non mantenere fede agli accordi presi e firmati dal maresciallo Badoglio avrebbe storicamente costituito una macchia indelebi le di disonore per l ' Italia. La firma dell'armistizio da parte.ciel delegato italiano era stata fotografata, cinematografata eia giornalisti, fotografi e dilettanti e così come queste cose avvengono in America ( ...) . Nella mia foga di parlare non vedevo più nessuno . Sentivo so.lo lo sguardo del generale Carboni che non smetteva di fulminarmi ( ...).Mi accorsi che tenevo i pugni chiusi sul tavolo. Con notevole sforzo ripresi il controllo di me stesso e ridiventai completamente calmo ( ...). Dissi che qualora non avessimo mantenuto gli impegni presi potevamo contare con tutta sicurezza su una violentissima reazione alleata( ...). Ci fu un lungo e profondo silenzio, poi il ministro Guariglia disse che ogni discussione era ormai inutile, che non era possibile insistere sulla richiesta di proroga, che non restava che andare in fondo e mantenere la parola data . Il Re si alzò. Tutti uscirono, ad eccezione del maresciallo Badoglio e rimasero in attesa per non più cli uno o due minuti. Uscì anche il maresciallo che, rivolto al generale Ambrosio, disse che il Re aveva deciso dì proclamare l'armistizio ( ...)» 1• 1

L. Marchesi, Dall'impreparazione all'armistizio cit., pp. 78-80 .

\


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Prima e durante la riunione, la partecipazione di Badoglio, il cui abbattimento psicologico appariva evidente 1, era stata, a quanto risulta dai dcordi dei partecipanti, totalmente passiva. Sembrava sovrastato dagli eventi. Adesso , comunque, si trattava di compiere l'atto conclusivo, la comunicazione al popolo italiano. Poichè Carboni non aveva provveduto a predisporre, come dettogli da Ambrosia, per la trasmissione radio, bisognò recarsi alla sede dell'EIAR. Il testo del proclama era stato inviato a Castellano dal maggiore Briatore, uno degli ufficiali della missione militare che lo avevano raggiunto a Tunisi il 7 settembre, affinchè venisse mostrato ad Eisenhower. Le modifiche suggerite da questi <<all'ultimo periodo» furono subito telegrafate a Roma 2 . Alle 19 ,45 Badoglio, «con evidente sforzo» 3 , lesse alla radio il seguente annuncio: «Il Governo italiano, riconosciuta la possibilità di c.:ontinuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparnùare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, Comandante in capo delle Forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le Forze anglo-americane deve cessare da pa1te delle Forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

Poi Badoglio informò Hitler. Spiegò che, nell'assumere il governo, sua prima preoccupazione era stata di continuare la guerra per difendere il territorio italiano dal!' invasione. L' Italia aveva perciò proseguito la lotta, subendo altre perdite e distruzioni. Tutto si era palesato inutile e le difese erano crollate. «L'Italia - continuò - non ha più forza di resistenza. Le sue maggiori città, da Milano a Palermo, sono o distrutte od occupate dal nemico. Le sue industrie sono paralizzate: La

L'amm. De Cou1ten lo descrisse «pallido e affranto» (De Courten, Appunti da me tracciati a Brindisi il 10.9.1943 sugli eventi dal 3 al 9 seuembre in AUSSME, Memorie De Courten, b .l , fasc.40). 2 G. Castellano, Comefìrmai l'armistizio di Cassibile cìt., pp. 181-182. Però Castellano non ha mai specificato quali fossero le modifiche, né se accolte a Roma.11 gen. Rossi ba scritto che il proclama era stato «leggermente ritoccato dal Generale Eisenhower» (Come arrivammo all'armistizio cit., p. 163), rna senza alcuna precisazione. 3 L. Marchesi, Dall'impreparazione all'armistizio cit., p. 8'1. 1


L'ARMISTIZIO

12 1

sua rete di comunicazioni, così importante per la sua configurazione geografica , è sconvolta. Le sue risorse, anche per le gravissime restrizioni delle importazioni tedesche, sono completamente esaurite. Non esiste punto del territorio nazionale che non sia aperto all'offesa del nemico, senza una adeguata capacità di difesa( ...) . In queste condizioni il Governo italiano non può assumersi più oltre la responsabilità di continuare la guerra( ...). Non si può esigere da un popolo di continuare a combattere quando qualsiasi speranza, non dico di vittoria, ma financo di difesa si. è esaurita. L'Italia, ad evitare la sua totale rovina, è pe11anto obbligata a rivolgere al nemico la sua richiesta d'armistizio»

1

Lo s.tesso telegramma venne, quindi, trasmesso a Budapest, Bucarest, Sofia,Tokio, Bratislava e Zagabria.

2. LA CRIS.1 ARMISTIZIALE A ROMA Dopo l'annuncio dell'armistizio da parte di Badoglio 2 , Ambrosie tornò a palazzo Vidoni con i generali De Courten, SandalJj e De Stefanis. Qui giunto verso le 20, lesse ai capi di Stato Maggiore le clausole dell'armistizio poi, alle 21,40 diramò ai tre Stati Maggiori di Forza Armata ed ai ministeri militari due fonogrammi. L'uno per comunicare formalmente l'avvenuto armistizio e l'ordine di cessare le ostilità contro gli anglo-americani; l'altro con le clausole dell'armistizio per la loro esecuzione a seguito dei Promemoria I e 2. Inoltre impartì un ordine spiegabile solo con il persistente principio di lasciare l' iniziativa ostile ai tedeschi: «Dispongo - scrisse nella sua relazione - c he il previsto piano di intenuzione de-i collegamenti tedeschi non venga attuato fino a che non risulti che reparti tedeschi abbiano interrotti i nostri collegamenti, occupate centrali telefoniche ed amplificatrici, e comunque compiuto atti cli ostilità»

3.

Mentre gli organi operativi degli Stati Maggiori si accingevano a rientrare a Roma dalle sedi di campagna, nelle quali si erano trasferiti alla dichirazione di Roma «città aperta», la minaccia di un possibile colpo di mano aveva indotto a far pernottare al ministero della Guerra i Reali , il Badoglio a Hitler in data 8.9.1943, DDI, 9A serie, X, doc. 772. vicende della notte sul 9 settembre vds. P. Monelli, Roma 1943 cit. e Paolo Puntoni, Parla Vittorio Emanuele Tll, Palazzi, Milano J958. 3 Relazione Ambrosio in G. Castellano, La guerra continua cit., p. 161 . 1

2 Sulle


DAL 25 LUGLIO ALL'8 SETIEMBRE I 943

122

capo del Governo ed i massimi esponenti militari. Qui cominciavano ad affluire notizie poco rassicuranti: la 3A Panzergrenadiere si era messa in movimento dalla zona di Viterbo verso Roma e la 2A Fallschirmjiiger aveva iniziato a sopraffare reparti della 220A divisione costiera, stranamente non posta in stato di allam1e, e verso le 20 ,30 si era impadronita dei depositi carburanti di Mezzocamnùno e di Valleranello, che nessuno aveva pensato a meglio proteggere (a parte il preventivo rifornimento alle unjtà interessate). Il fatto è che, a quanto sembra, il 7 settembre Hitler, ormai più che certo del «tradimento» italiano, aveva ordinato al generale Jodl di preparare un ultimatum per Badoglio. Il documento indicava 18 misure specifiche che il Comando Supremo avrebbe dovuto accogliere per rimuovere l'atteggiamento ed i provvedimenti antitedeschi in atto, e si contava di presentarlo al Governo italiano il giorno 9. Dopo di che, a Badoglio non sarebbe rimasta che la scelta fra la rottura con la Germania o la cooperazione. Ovviamente, nel primo caso tutto era già predisposto per catturare Corona e Governo italiano e per impossessarsi del Paese 1 . Questo spiegherebbe la prontezza delle azioni «preliminari» tedesche. A mezzanotte, peraltro, il generale Carboni si presentò prima a Roatta e poi ad Ambrosio annunciando che all'ambasciata tedesca stavano bruciando documenti e preparandosi a partire in tutta fretta 2 • Ambrosio accolse queste tranquillizzanti informazioni ponendole però a confronto con gli episodi di ben altro tenore a lui comunicati e, poichè Carboni insisteva nella propria ottimistica valutazione degli eventi, l'invitò «a raggiungere senz'altro il suo posto di comando, ricordandogli quanto ora si attende dal suo corpo d'annata, la cui resistenza all'avanzata dei tedeschi avrà influenza grandissima per tutto il successivo periodo» 3 •

Dopo dì che, Ambrosio dettò un telegramma per Kesselring, segnalando

1

Cfr. L. Marchesi, Dall'impreparazione alla resa cit., pp.156-157 da Sicily and Surrender. 2 Appena uscito dal Quirinale, .il ministro Guariglia aveva subito convocato a palazzo Chigi i rappresentanti di Germania, Giappone, Ungheria e Romania comunicando l'avvenuto armistizio. Il ministro Rahn, sdegnato , chiese un treno speciale per rientrare in germania. La partenza del personale dell'ambasciata ebbe luogo alle 4 del 9 settembre e, dopo un viaggio interrotto eia lunghe soste, l' li giunse a Verona. Qui Rahn venne informato della situazione creatasi a Roma e r.icevette ordine da Berlino di rientrare nella capitale italiana a mezzo aereo. 3 Relazione Ambrosio cit.


123

L'ARMISTIZIO

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il verificarsi di atti ostili compiuti dai paracadutisti ed invitandolo a farli cessare immediatamente «per evitare conflitti tra reparti dei due eserciti» 1• Intanto la situazione stava chiarendosi e non nel senso migliore. Capisaldi della D .f.Piacenza e della Granatieri risultavano investiti, si prevedeva imminente la presa di contatto deila 3A Panzergrenadiere con le unità del corpo motocorazzato e l'intercettazione di una comunicazione telefonica tra l'ambasciata germanica e la Wilhelmstrasse, giunta verso mezzanotte, confermava le previsioni: la 2A paracadutisti stava disarmando le truppe italiane e la 3A Panzergrenadiere si era messa in marcia ed aveva «fiducia di riuscire» . Al che Berlino aveva risposto: «Certamente. Vi sappiamo coraggiosi» 2 . Inoltre si susseguivano senza interruzioni telefonate allarmanti di Comandi ed enti periferici che segnalavano incidenti in corso con reparti tedeschi e chiedevano spiegazioni, ragguagli e ordini sul contegno da tenere. Alle ore 0,20 del 9 settembre il Comando Supremo diramò il messaggio 24202/op. ai tre Stati Maggiori per telescrivente ed ai Comandi oltremare direttamente dipendenti a mezzo radio . Per quanto il telegramma confermi quanto già prescritto con i due Promemoria, vale la pena di riportarlo per esteso: «A seguito proclama Capo del Governo relativo cessazione ostilità preciso: l. Comando Gruppo Annate Est concentri le forze riducendo gradatamente occupazione come ritenuto possibile et conveniente in modo però da garantire comunque possesso po1ti principali et specialmente Cattaro et Durazzo. Dare preavviso dei movimenti ai Comandi germanici. 2. Comando Superiore FF.AA . Egeo est libero assumere verso germanici atteggiamento che riterrà più conforme at situazione. Qualora però fossero prevedibili atti di forza da pa1te germanica procederà at disarmo immediato delle unità tedesche dell'arcipelago. Dalla ricezione del presente dispaccio Egeomil cesserà di dipendere da Comando Gruppo Armate Est et dipenderà direttam.e nte da Comando Supremo. 3. Per la Grecia et Creta già emanati ordini diretti. 4 . Forze aeree dovranno raggiungere immediatamente i campi della madrepatria oppure quelli dell'Egeo . Materiale et impianti a terra delle zone cli occupazione dovranno essere distrutti. Personale seguirà sorte di queJJo Esercito. 5. Mezzi della Marina da guerra et piroscafi dislocati nei vari porti Grecia et Creta dovranno rientrare subito in Patria. Unità che stessero per cadere in mano germanica do-

1

2

lbidem. G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'llalia cit., 11, p. 190.


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vranno autoaffondarsi. Naviglio dislocato in porti Egeo rimarrà in posto. Naviglio in navigazione dirigerà su porti italiani o dell'Egeo. Personale segui rà sorte cli quello dell'Esercito. 6. Mentre le truppe cli qualsiasi arma dovranno reagire immediatamente et energicamente et senza speciale ordine al ogni violenza annata germanica et della popolazione in modo da evitare di essere disarmati e sopraffatti. Non deve però essere presa iniziativa di atti ostili contro germanici»

1

La ripetizione di prescrizioni già indicate nel Promemoria n.2 era dovuta all a constatazione che detto Promemoria non era pervenuto a tutti i Comandi interessati. La frase finale - il divieto di prendere iniziative - non figurava nel Promemoria n. 2. Ogni dubbio sulle intenzioni tedesche era ormai caduto , però non s i poteva ignorare la responsabilità politica cli rompere senza preavviso i rapporti tuttora esistenti con la Germania, quindi Roatta volle rivolgersi al capo cli S.M.Generale. Prima tuttavia fece diramare per radio e per telefono a tutti i Comandi dipendenti dallo Stato Maggiore dell'Esercito il messaggio 1056/op. (ore 0,30): «Tutti i reparti tranne quelli in movimento che abbiano compiti di difesa protezione impianti guardia et simili s i debbono raccogliere per rimanere alla mano pronti e vigilanti alt Anche j reparti costieri si debbono raccogliere con le anni almeno per battaglioni alt T utti si stringano fiduciosi attorno ai loro capi et attendano et eseguano fiduciosamente ordini che sono intesi al bene del Paese alt Evenniali tentativi sedizione disordine et indisciplina siano immediatamente et radicalmente repressi» 2 .

Poi alle 0 ,45 Roatta risolse di precisare telefonicamente: «Ad atti di forza, reagire con atti di forza» . L' ordine fu inoltrato personalmente ai comandanti od ai loro capi di Stato Maggiore fra le O,50 e le 1,35 del 9 settembre 3 . Fu verso l'una di notte che il generale Utili si recò da Ambrosio per ottenere il placet ali' ordine di applicare la Memoria 44 op., al.meno nel Lazio, prima che i collegamenti telefonici venissero interrotti. Ambrosio , ricordò Utili, «riflettè a lungo: era manifestante perplesso e turbato. A suo parere

M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., p. 75. Il messaggio 24202/op. fu ricevuto regolarmente entro le ore 2 dai destinatari (F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., p. 217). 2 M. TorsieJlo, Le operazioni delle unità italiane cit., p. 75. 3 Ibidem . p. 51. 1


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la definitiva rottura con la Germania, formalmente ancora alleata, costituiva un fatto politico di rilevanza incalcolabile, impossibile senza il preventivo consenso del capo de] Governo responsabile, con il quale non era in grado cli conferire immediatamente. Malgrado la mia appassionata insistenza, egli concluse che si doveva soprassedere» 1 . Rientrato a palazzo Caprara, Utili riferì a Roatta l'esito negativo della sua missione. Nel contempo, però si ritenne che gli 01ientamenti e gli ordini trasmessi ai Comandi di armata fossero sufficienti ed in linea con il proclama cli Badoglio, a parte l'ordine al XIX corpo d'annata di Napoli di rioccupare la centrale idroelettrica cli Mignano, caduta in mano tedesche da alcune ore, ed alcune disposizioni paiticolari per la difesa di Roma a parziale modifica dell'ordine - molto opinabiJe- diramato il 5 settembre. Come sappiamo in tale data Roatta «per ordine del Comando Supremo» aveva avocato a sè la difesa della capitale «nella nota eventualità di attacco di unità paracadutisti e simili», assumendo qu indi il comando diretto del corpo d'armata di Roma (difesa interna), del XVII corpo (difesa esterna) e del corpo motocorazzato (massa di manovra). Non si comprende per quale motivo il capo di S.M. de1l'Esercito, dal quale dipendevano tutte le forze dislocate nella penisola, in Provenza ed in Croazia-Slovenia, dovesse accollarsi uno specifico compito operativo che certo non era una sinecura. Ma c'è di più: «Dato che il Commissario straordinario al S.l.M. - diceva l'ordine del 5 settembre - è incaricato dal Comando Supremo, nella eventualità considerata, di una serie di importanti provvedimenti nell'interno della Capitale( ...) , detto Commissario straordinario è autorizzato a dare istruzioni dirette, d'ordine di questo Stato Maggiore, al Comando di corpo d'annata in parola( ...)» 2 .

Ad ogni modo, alle ore 1,48 del 9 settembre il generale Utili diramò il seguente fonogramma ai Comandi del corpo motocorazzato e del XVII corpo: «Data la situazione et fatto che Comando XVII corpo d'armata est tuttora fuori perimetro difesa, resta inteso, fino ad ordine in contrario, che tutte le truppe della difesa esterna

U. Utili, La crisi armistiziale ed il rapporto con l'alleato tedesco cit. M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., p. 135. Stando a Carboni, il 6 settembre, cioè il giorno dopo l' emanazione cli questo ordine, Ambrosio gli avrebbe proposto di lasciare il comando del corpo motocorazzato per dedicarsi interamente al S.I.M., ma Carboni "reagì con molta vivacità" e conservò le due cariche (G. Carboni, Memorie Segrete cit., pp. 257-258). 1

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di Roma rimangano al le dipendenze del corpo cl' annata motocorazzato»

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L'assetto difensivo della capitale, il cui completamento sui 360° era previsto per il 12 settembre con l'afflusso del grosso delle divisioni Re dalla Croazia e Lupi di Toscana dalla Provenza, proprio per questo si trovava in difficoltà perchè nell'attesa si doveva tenere legate ad una difesa statica ed antieconomica le forzi mobili incaricate della reazione dinamica alJ 'esterno. Verso le 4 ciel 9 maturò la certezza che la capitale stesse per essere circondata e si nutrirono dubbi sul comportamento della D.cor.Centauro, non ancora impegnata 2 • Ton~ò al palazzo Caprara il generale Carboni. Era nervoso, criticava l' atteggiamento di Ambrosie, il quale aveva dato il consenso al passaggio ai tedeschi che non sparavano, ed affermava che in quelle condizioni il suo corpo d'armata non sarebbe stato in grado di reggere ad un attacco <<più di qualche ora» a meno cli un intervento degli Alleati 3 • Nel contempo giungeva la notizia (inesatta) che i tedeschi avevano investito Tor Sapienza, sulla via Prenestìna. Roatta si recò allora al ministero della Guerra ed il ministro Sorice, messo al c01rente deJl'azione convergente germanica e della prospettiva di una dubbia difesa della capitale, date le circostanze espresse l'opinione che il Re dovesse allontanarsi. Sopraggiunsero Ambrosio, il principe Umberto, il generale Puntoni ed anche Badoglio, chiamato d'urgenza. Roatta riepilogò: un intervento su Roma degli Alleati a breve scadenza era escluso 4; le truppe ·schierate a difesa di Roma avrebbero, sì, opposto una certa resistenza, ma prima o poi, inevitabilmente, avrebbero ceduto soprattutto di fronte all'intervento della Luftwaffe; se il Re ed il Governo intendevano sottrarsi alla prevedibile cattura occorreva si affrettassero, prima che l'unica strada ancora libera, la Tiburtina, venisse bloccata; la pa1tenza

M. Torsiello, Le operazioni delle unilà italiane cit., p. 120. Alle 7 ,33 Utili ancora inviò al Comando XVTT corpo, a Velletri, l'ordine cli passare tutte le sue unità al Comando ciel corpo motocorazzato, che «assume comando di tutte le truppe intorno a Roma e che ha già avuto designato il compito eia assolvere» (Ibidem). 2 In merito alla Centauro, il generale Calvi affermò che, nonostante la sostituzione di 50 ufficiali e 700 camicie nere con 33 ufficiali e 600 soldati dell'Esercito, «non si faceva illusioni sulla possibilità d 'impiego della divisione, che dal punto cli vista politico era una vera incognita» (P. Monelli, Roma 1943 cit., p . 451). 3 G. Zanussi, Guerra e catastrc>fe d'Italia cit., II, pp. 194-197. 4 Le informazioni davano le acque a nord del golfo di Napoli e fra la penisola e la Sardegna completamente sgombre cli naviglio, mentre quelle a sud di Napoli erano piene: evidentemente nessuno sbarco era previsto nel Lazio (M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., p. 321) . 1


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SITUAZIONE ALLE ORE 4,30 DEL 9 SETTEMBRE 1943. MANOVRA TEDESCA IN ACCERCHIAMENTO

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della Corona e del Governo rendeva priva cJj scopo una difesa della capitale che avrebbe solo condotto a distruzioni e perdite umane, perciò le truppe disponibili avrebbero potuto spostarsi nella zona di Tivoli o, se incalzate, ne11a conca di Avezzano, da dove sembrava possibile attuare azioni manovrate alle spalle o sui fianchi dei tedeschi, con maggiori probabilità di resistenza sino all'arrivo degli Alleati 1 • Ambrosio si dichiarò contrario ad allontanarsi, Badoglio invece accolse senza obiezioni le argomentazioni di Roatta circa la necessità di evitare la cattura delle autorità garanti dell'annistizio; condivise l'opportunità di non esporre Roma e la sua popolazione ad una lotta cruenta e senza scopo; approvò il concentramento delle forze a Tivoli. Anche il Re, avvertito di quanto stava aècadendo, faù per riconoscere la necessità di lasciare la città 2 , ma alle 5, prima di partire con la Regina, il riluttante principe cli Piemonte e Badoglio, stabilì che anche il Comando Supremo ed i tre Stati Maggiori lo seguissero: appuntamento a Pescara. Le «consegne» furono piuttosto sbrigative. Il generale Sorice si riservò di partire una volta date le disposizioni di sua pertinenza e quelle d'ordine del capo del Governo ai ministri civili. Telefonò al ministro degli Intern i, Ricci, comunicandogli che il capo del Governo gli affidava l'interim della presidenza del Consiglio, ma Ricci - rintracciato alle 3,30 - repl icò seccamente che si considerava dimissionario, non essendo stato tenuto al corrente delle trattati ve 3 • Allora Sorice rimase a Roma. Guariglia verso le ore 8 venne informato dal proprio capo di gabinetto della partenza de.I Re , di Badoglio e dei vertici mi~itari, e si affrettò a dare la notizia ai ministri riunitosi al Viminale per conoscere quello che stava accadendo, in quanto del tutto all'oscuro non soltanto delle trattative, ma altresì dell'avvenuta firma dell'armistizio fino all'annuncio di Badoglio 4 . Ambrosia, dal canto suo, dispose che ìl personale dello Stato Maggiore rimanesse alla sede con il generale Palma e con il fonogramma 15733 comunicò formalmente ai tre Stati Maggiori che il Governo ed il Comando Jbidern, pp. 322-323 . Cfr. G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., II, pp. 195- 196 . Badoglio tenne ad assumere la responsabilità della decisione: «Sua Maestà non fece alcuna ob.iezione. Ma resta stabilito che la responsabilità della partenza verso Pescara è esclusivamente mia, tutta mia» (L'Italia nella Seconda guerra mondiale cit., pp. 711-714). 11 generale Puntoni annotò: «li Re, convinto che tutto sia predisposto per la partenza del Governo al completo, aderisce a malincuore ad abbandonare Roma» (P. Puntoni, parla Vittorio Emanuele III cit., p. J65. 3 E. Falclella, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., p. 676. 4 R. Guariglia, Ricordi cit. , pp. 7 11-714. 1

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Supremo lasciavano la capitale diretti a Carsoli e prescrisse che i capi di S.M. di Forza Armata li seguissero lasciando loro rappresentanti in posto. L'ammiraglio De Courten ed il generale Sandalli si attennero alla disposizione ed affidarono ai rispettivi sottocapi di Stato Maggiore pieni poteri; per contro Roatta partì pensando di insiedarsi a Carsoli, ove la sera precedente era stato avviato l'autotreno-comando dotato di modernissime attrezzature radio e fono 1 . Sta di fatto che, per l'Esercito, a Roma rimase personale non orientato, privo di istruzioni in merito al coordinamento delle attività in corso in Italia e assolutamente non in condizioni di fornire indicazioni alle telefonate che continuavano a pervenire da ogni parte della penisola. Peggio ancora: pur esistendone la possibilità, non furono stabiliti col1egamenti campali fra i capi di Stato Maggiore in viaggio e le sedi di Roma 2 • Alle 5,15, alla presenza del generale Zanussi, Roatta lesse e consegnò a Carboni un biglietto scritto a matita, da far ricopiare a macchina 3 : «Ore 5,15 - 9 settembre 1943 Al Comando del Corpo cl' Armata motocorazzato d 'ordine del Comando Supremo. Situazione est tale da escludere difesa della Capitale. Conseguentemente in Roma dovranno rimanere solo le forze d i poli.zia per il mantenimento dell'ordine. 11 Corpo d'Armata motocorazzato deve immediatamente ripiegare su Tivoli , fronte ad est, e più oltre. Ripiegamento a scaglioni agli ordini del generale Carboni. Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito»

Tale ordine ricevette, subito dopo, veste e completamento formali dal capo di S.M. del corpo motocorazzato, colonnello Salvi, e venne firmato «per» il titolare dal sottocapo di S.M. dell'Esercito per le operazioni, generale De Stefanis, essendo Roatta già partito. Questo il testo: «ore 5 ,15 ciel 9 settembre 1943 Al Comando C.A. Motocorazzato e, per conoscenza:

M. Roatta , Otto milioni di baionette cit., p. 328. Cfr. la conferma ciel generale Zanussi in data 14.12.1944 e ciel generale De Stefanis in data 15.12.1943 alla Commissione d'inchiesta. Fu soltanto dopo la partenza eia Roma che Ambrosio disse a Roatta che la meta era Pescara (I. Palermo, Storia di un armistizio cit., p. 401). 2 M. Torsiello, Settembre 1943 cit., p. 149. 3 G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., II,p. 197. 1


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Al Comando C.A. - Roma

I. Situazione est tale da escludere una lunga resistenza delle truppe dislocate attorno alla Capitale, contro truppe germaniche che marciano su cli essa. D'altra parte una prolungata resistenza espoITebbe città e cittadini a gravi e sterili perdite. II. In conseguenza le truppe attualmente impegnate nella difesa cli Roma (interna ed esterna) che prendete tutte a.i vostri ordini ripiegano su Tivoli e sulla regione adiacente. lll. Ripiegate a scaglioni, in ordine, facendo precedere l'insieme da unità che assumono posizioni ad est, a cavallo di Tivoli. IV. Orientatevi a preseguire quindi eventualmente verso est. V. Nella città cli Roma devono rimanere i reparti CC.RR. e di polizia per il mantenimento dell'ordine. VI. Portate il vostro Comando in primo tempo a Tivoli dove prenderemo contatti con voi. p. il Capo di Stato Maggiore Generale De Stefanis)) 1•

Nessun dubbio che l'ordine - da interpretare come vera «carta bianca» assegnata al generale Carboni e da eseguire con i tedeschi già a contatto peccasse di superficialità e scarsa chiarezza. Anzitutto, stando alla lettera, Carboni avrebbe avuto alle sue dipendenze Ariete, Piave, Centauro , Granatieri, nonchè la Sassari (recuperata dalla difesa interna) ed i primi scaglioni delle divisioni Lupi di Toscana e Re: come si poteva concepire l'impiego operativo di un simile corpo d' annata? Ed il Comando del XVII corpo doveva sciogliersi? Ed i resti delJa Piacenza e della 221 A divisione costiera, oltre alle migliaia di uomini dei depositi ed enti vari cosa dovevano fare? In secondo luogo il disimpegno delle unità di Roma , il trasferimento nella zona di Tivoli, l'organizzazione logistica da impiantare in questa regione , erano tutte operazioni che richiedevano ricognizioni e predisposizioni (non effettuate) e tempi (assai ristretti). Nessuna meraviglia che il colonnello Salvi , il quale aveva assunto la carica di capo di S .M. del corpo motocorazzato appena il 3 settembre e si era già reso conto di non essere molto apprezzato dal generale Carboni, si sentisse scoraggiato di fronte ad una situazione del genere. Una volta firmato l'ordine da De Stefanis, dunque, Salvi si recò dal generale Utili a mostrargli il testo rielaborato. Questi, constatato la fedeltà sostanziale all'originale, corresse di suo pugno l'espressione «posizioni a

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E. Musco, La veri1à sull'8 settembre 1943 cit., pp.111-112.


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est», dato l'evidente lapsus calami, in «posizione ad ovest» 1 , ed ascoltò Salvi, i1 quale chiaramente emozionato, si sfogò dicendo che: «Carboni gli aveva consegnato quell'ordine, lo aveva incaricato di emanare le conseguenti disposizioni esecutive e poi si era messo in borghese ed era scomparso>> 2 • Utili rimase sconcertato ma, immaginando che Carboni dovesse sbrigare qualche impegno del S .l.M., consigliò Salvi di preparare intanto un ordine palesemente urgente ed importante. Si trattava di decidere se le truppe meccanizzate dovessero ripiegare su Tivoli sotto la protezione di quelle appiedate o viceversa. La prima ipotesi comportava il prevedibile sacrificio delle truppr a piedi, la seconda il contrattacco delle forze meccanizzate. Utili non nascose la sua preferenza per quest'ultima soluzione, ma l'ordine relativo non poteva essere firmato che dal comandante, stante la grave responsabilità. Quindi consigliò Salvi di prepararlo, dato che probabilmente Carboni sarebbe rientrato presto. Invece un'ora più tardi Salvi si ripresentò: nessuna traccia di Carboni. Allora Utili , visto l'evidente momento cli grave crisi di comando, suggerì di pregare il generale Calvi cli Bergolo, comandante della Centauro, di assumere temporaneamente il comando del corpo d'armata, mentre egli stesso avrebbe informato il capo di Stato Maggiore dell 'Esercito della questione. Utili partì da Roma alle 8 del mattino, dopo aver saputo che Roatta lo attendeva a Carsoli; qui non trovò alcuno e si unì con altri «verso est» 3 . La piccola autocolonna di Ambrosio e Roatta, lasciata Roma alle 6, dopo una breve sosta a Carsoli aveva proseguito infatti per Pescara. Alla domanda rivoltagli dal generale Zanussi circa gli ordini promessi da Carboni, Roatta aveva risposto di aver provveduto. Durante la nuova sosta a Chieti, ove affluirono altre macchi ne con ufficiali dello Stato Maggiore, si riscontrò che l'ordine esecutivo di applicare la Memoria 44 op. non era stato diramato! Tutti :i tentativi di mettersi in collegamento con Tivoli e soprattutto con la capitale risultarono vani , tranne quello di un ufficiale che verso le 17 ,30 riuscì a telefonare alla moglie, al Vaticano , dalla quale apprese che «dopo un pò di agitazione al mattino, tutto pareva ritornato calmo» 4 • Poco dopo le 22 la lunga fila cli autoveicoli si rimise in movimento per Ortona. Alle 0,30 la corvetta Baionetta prese il largo per Brindisi con a

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U. Utili, La crisi armistiziale ed il rapporto con l'alleato tedesco cit. Cfr. la diversa versione di Carboni in Memorie segrete cit., pp. 299-301 . 3 U. Utili, La crisi armistiziale ed il rapporto con l'alleato tedesco cit., Alle 6,30 del mattino Utili , su disposizioni di Roatta, aveva dichiarato temporaneamente sciolto lo Stato Maggiore dell'Esercito (M. Torsiello,Le operazioni dell'unità italiane cit., p.120). 4 G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., Il, pp. 200-203. 2


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bordo i reaJi, Badoglio,Ambrosio, i capi di Stato Maggiore e altri ufficiali: 57 persone in tutto. I rimanenti, una trentina, rimasero sul molo di Ortona in attesa della preannunciata seconda corvetta poi, stressati, tutti si dispersero. Alle 7 del 10 settembre la corvetta a1Ti vò, ma al largo di Pescara e naturalmente non vide alcuno 1•

Il generale Carboni ha fornito del suo viaggio, iniziato di buon'ora in abito civile lungo la via Tiburtina, due spiegazioni 2 , nessuna delle quali francamente può giustificare il fatto che in quei difficilissimi frangenti il corpo d'armata motocorazzato sia rimasto senza il suo comandante dalle 5 ,30 alle 14 del 9 settembre. Quel mattino Roma si trovò investita a nord e a sud. Il giorno precedente Io Stato Maggiore dell'Esercito - sempre convinto che l'annuncio dell ' armistizio non sarebbe avvenuto prima del 12 - aveva disposto che a partire dalle ore 12 del 9 l'assetto difensivo della capitale assumesse una fisionomia più completa. La difesa interna rimaneva al Comando del corpo d'armata di Roma con il grosso della D.f.Sassari, le truppe ai depositi ed elementi vari; la difesa esterna fissa, gravitante a sbarramento delle vie consolari , era devoluta al Comando del XVII corpo, alle cui dipendenze sarebbero state le sue divisioni (D .f.Piacenza, 220A e 22 l Adivisioni costiere), più la D.f.Granatieri (ceduta dal corpo motocorazzato), la D.f.Re (che avrebbe sostituito la D .mot.Piave sulle posizioni in atto), la D .f .Lupi di Toscana ed un gruppo tattico della Sassari. Il corpo motocorazzato con le D .cor.Ariete e Centauro e la recuperata Piave, avrebbe ricevuto direttive per .il compito, essenzialmente controffensivo, ad esso assegnato 3 • Quanto ai caposaldi , i lavori difensivi, tutti in terra, si limitavano ad avere carattere sommariamente campale; per giunta le radio ed i mezzi a filo erano scarsissimi, talchè la maggior parte delle comunicazioni si svolse attraverso la rete telefonica urbana 4 • Poichè le cose erano precipitate, l'organizzazione difensiva di Roma risultava «per aria». A sud non era stato difficile ai reparti tedeschi, mesco-

1 Giuseppe Fioravanzo, La Marina dall'8 settembre alla fine del cmi/Zitto, USSMM, XV, Roma 1962 , p. 22. 2 G. Carboni, L'armistizio e la difesa di Roma, De Luigi, Roma 1947,pp. 38-40 e Memorie segrete cit., pp. 303-307 . 3 M. Torsiello, Le operazione dell'unità italiana cit., p. 137. 4 E. Musco , La verità sull'8 settembre cit., p. 75 .


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lati con quelli della 220A divisione costiera diluita su larghissimo fronte, prendere il sopravvento agendo di sorpresa nella notte 1, talchè nella mattinata del 9 il settore costiero si trovava praticamente sotto controllo tedesco e l'efficenza residua di quello della Piacenza seriamente compromessa. Come è naturale, molte furono le resistenze protrattesi fino al pomeriggio del 9, ma non si trattava di un'azione organica. In migliori condizioni risultava la Granatieri: attaccata poco dopo la mezzanotte del1 '8 settembre dalla 2A Fallschirmjèiger, reagì vigorosamente col rinforzo del reggimento corazzato Lancieri di Montebello (della Ariete) e di altre unità. A nord l'Ariete e la Piave erano legate ad una difesa statica a larghe maglie, che da poco prima dell'alba la 3A Panzergrenadiere cercava di scalzare in questo od in quel punto, ma senza sostanziale successo. Insomma, una difesa piuttosto rabberciata, perchè provvisoria, con due gravi inconvenienti: nel settore settentrionale sarebbe bastato all'avversario rompere la difesa in un punto per dilagare in profondità fra i capisaldi, ricorrendo all'aggiramento ad ampio raggio; nel settore meridionale un qualsiasi cedimento, anche locale, delJe forze in difesa statica avrebbe portato alla lotta nella periferia di Roma, a stretto contatto con la popolazione. 11 tutto in un quadro di squilibrio psicologico e materiale che portò sin dal primo mattino alla disgregazione delle truppe ai depositi e degli enti vari; nonchè nella crisi di comando causata dalle note vicende e da cui derivò l'improvvisa mancanza di un etfottivo coordinamento dell'azione operativa. Torniamo al corpo motocorazzato, quello che doveva costituire l'asso da giocare, secondo le circostanze, contro un investimento di Roma da parte germanica oppure in un'azione a maggior respiro in attesa degli anglo-americani. Verso le 5 ,30 del 9 settembre, non appena data veste formale all'ordine di Roatta per l'impiego del corpo d'armata, il colonnello Salvi telefonò ai comandanti dell'Ariete (gen. Cadorna) e della Piave (gen. Tabellini) preavvisandoli del ripiegamento nella zona di Tivoli. Entrambi avanzarono obiezioni di carattere tattico (difficoltà di sganciamento dal nemico nell'imminenza del combattimento) e logistico (l'Ariete aveva carburante per un centinaio di chilometri). Salvi cercò di mettersi in contatto con Carboni, che riteneva ormai a Tivoli, ma inutilmente ed allora insistè con il generale Cadorna per l' immediato invio di una colonna ceJere su Tivoli. Pur senza

1 Soprattutto ebbe spesso successo la tattica dell'inganno usata dai tedeschi: avvicinarsi con scuse diverse alle posizioni, infiltrarsi esortando i soldati ad abbandonare le armi, e poi attaccare repentinamente. Cfr. testimonianza col. Salvi in I. P alermo, Storia di un' armistizio cit., pp. 384-385.


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assumere il comando temporaneo del corpo d'annata - che, d'accordo con Salvi, si riservò di prendere alle 16 ove Carboni non si fosse fatto vivo-, il generale Calvi di Bergolo alle 13,30 fece diramare alle due divisioni l'ordine esecutivo di staccarsi da Roma. L'ordine fu ricevuto da Cadorna, rientrato al suo Comando dopo un giro sulla linea di combattimento, alle 15; fra le 17 e le 19 l'Ariete, a scaglioni, infilò la Tiburtina raggiungendo indisturbata Tivoli verso le 3 del giorno 10 1• La Piave e la Centauro l'avevano preceduta. Nel frattempo, nel primo pomeriggio Carboni si era presentato alla stazione carabinieri di Tivoli, il cui comandante avvertì subito il generale Calvi.,Poco dopo arrivò da Roma anche il coloonelJo Salvi. Carboni si mostrava pessimista: nella zona di Tivoli non si poteva nè vivere nè combattere per mancanza di viveri e di munizioni; non riteneva utile portare il corpo d'armata nella conca di Avezzano; addirittura sembra abbia accennato ad uno scioglimento della grande unità 2 • Calvi insistè per portarsi in Abruzzo, eventualmente abbandonando i mezzi, ma Carboni rifiutò concludendo che tutto ciò sarebbe valso «soltanto a ritardare la fine» . Al che, Calvi si accomiatò dicendo che sarebbe rimasto in attesa di ordini, «ordini che purtroppo non ricevetti mai>> 3 • Verso le 17 ,30 un capitano tedesco giunse al Comando della Centauro . Veniva a nome del generale Student, comandante del XI corpo paracadutisti, e con il consenso del maresciallo Kesselring a proporre alla sola divisione Centauro di evitare di spargere sangue «fraterno», tanto più che Roma non era difendibile, e di deporre le armi: i soldati sarebbero stati liberi di tornare alle proprie case e gli ufficiali e le bandiere avrebbero ricevuto gli onori militari 4 . Calvi fece mettere le proposte per scritto e si recò da Carboni per metterlo al corrente della questione. Carboni dettò a Calvi un appunto per il Comando tedesco: poichè la Centauro era inquadrata nel corpo motocorazzato, non potevano essere prese in considerazione condizioni particolari riferite soltanto ad essa. L'offerta poteva dunque essere reputata «accettabile» unicamente ove fosse estesa all'intero corpo d'armata. Con questo appunto il tenente colonnello Giaccone, capo di S .M. della Cen-

R. Cadoma, fo Riscossa, cit., pp. 36-46 . Dichiarazioni col. Salvi in I. Palermo, Storia di un 'armistizio cit., pp. 391 e 4 I 3. 3 Dichiarazione generale Calvi in T. Palenno, Storia di un.'armistizio cit., p. 485. 4 Kesselring in un'intervista rilasciata nel 1958 spiegò che il passo tedesco «ebbe origine dalla dichiarazione di un sottufficiale della Divisione Centauro, secondo la quale i suoi camerati non volevano combattere contro i tedeschi» (L. Giaccone, Ho firmato la resa di Roma, Cavallotti, Milano 1973, verbale dell'intervista) . 1

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tauro, partì per Frascati, sede dell' Oberbefehlshaber Sud, con il capitano tedesco 1 • La discussione al Comando di Kesselring fu lunga e si concluse con la sostanziale conferma delle offerte formulate in precedenza, e con l'impegno germanico di riconoscere Roma 'città aperta', di non trarre alcuno in prigionia in Germania e di lasciare nella capitale un Comando italiano con le forze indiispensabili per l'ordine pubblico (complessivamente una divisione senza artiglieria). Giaccone tornò a Tivo] i verso le 3 del 1O settembre e Carboni sembrò accetteare lo schema di capitolazione. Evidentemente considerava chiusa la partita. Disse infatti al colonnello Salvi: <<Vada da Calvi, gli dica che le proposte sono accettabili e lo persuada ad assumere il comando del C.A. nonchè della città di Roma . Lo intrattenga almeno per una quarantina di minuti per lasciarmi il tempo per andarmene. Io non ho da fare niente» 2 • Il generale Calvi, come naturale, rifiutò l' idea e Carboni non replicò, tuttavia, ricevuta una telefonata dal mfoistro Sorice verso le 8, chiamò Salvi e lo incaricò di due comunicazioni: al generale Calvi, che se i tedeschi cercavano di rendere più dure le condizioni, egli le avrebbe rifiutate ed avrebbe combattuto; al generale Tabellini, di tenersi pronto a muovere al piì:1 presto su Roma con la Piave. Poi: «Io vado in città - disse - , lei mi segua; se vuol sapere di me chieda al Gabinetto» 3 • Nel frattempo Giaccone aveva ripreso la via per Frascati poco dopo le 7. Tutto bene, gli disse Kesselring, ma volle aggiungere eine KLeinigkeit, una piccolezza: l'istituzione di un Comando tedesco a fianco di quello italiano nella capitale. Giaccone obiettò di non aver titolo per accettare questa modifica ed allora ricevette l'ultimatum: se il Comando itali ano non avesse accettato le condizioni. entro le ore 16, Kesserling avrebbe fatto saltare gli acquedotti, bombardare Roma ed annientato i reparti italiani in amù. Giaccone prese il documento, già preparato, e assicurò che avrebbe riferito al comandante del corpo motocorazzato 4 • Arrivò a palazzo Caprara a mezzogiorno, ma non trovò Carboni. Questi, appena giunto a Roma, aveva convocato il generale Cadoma, portandosi con l'Ariete a Tivoli durante la notte. Lo ricevette in borghese nel suo ufficio a palazzo Caprara, lo informò che Calvi stava trattando con 1

Ibidem, pp. 147-149.

Salvi in I. Palermo, Storia di un' arrnistizio cit., pp. 393 e 415. Jbidem, p. 393. 4 P. Monelli, Roma 1943, cit. , pp. 345-349; relazione del generale Calvi e del tenente colonnello Giaccone. 2 Dichiarazione colonnello

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i tedeschi per un armistizio, gli spiegò che la sua posizione personale era particolarmente critica «essendo stato pars magna se non pars tota nel r:ivolgimento del 25 luglio e lo incaricò di prendere il comando di tutte le truppe dislocate attorno a Ti voi.i. Gli lasciava libertà di scelta fra le due possibili linee di azione: rimanere in posto oppure ripiegare in Abruzzo. Quindi lo congedò e Cadorna rientrò a Tivoli «senza spiegazioni delle ragioni che avevano determinato il ritiro della mia divisione dal fronte nord e la disgraziata dislocazione che mi resta imposta» 1 . Poi Carboni si recò al ministero della Guerra, ove parlò con il generale Sorice, che tentava di far fronte al disordine dilagante, e con il maresciallo Cavigl_ia, il quale, avuta il 9 settembre la sensazione che le cose precipitassero, aveva inviato un telegramma a Brindisi , tramite la Marina, chiedendo al Re di concedergli temporaneamente i poteri che gli consentissero di far funzionare il Governo durante l'assenza del presidente del Consiglio 2 • Carboni, dunque,senza parlare dell'approvazione data a Calvi di avviare negoziati con i tedeschi, sostenne la possibilità e 1' intenzione di combattere a Roma - dove la situazione nel settore della Granatieri stava peggiorando con le sue divisioni Ariete e Piave. Caviglia sembrò poco convinto e, molto freddamente, chiese: «Mi precisi quali sono gli ordini che Lei ha ricevuto». Carboni allora trasse di tasca il seguente testo dell'ordine lasciatogli da Roatta prima di ripartire da Roma: «Al Comando del Corpo d'armata motocorazzato Pres.i gli ordini dal Comando Supremo comunico: Situazione est tale da escludere lunga resistenza delle truppe dislocate attorno alla Capitale contro truppe germaniche che marciano su cli essa. D ' altra parte, prolungata resistenza esporrebbe città e cittadinanza a gravi e sterili perdite. ln conseguenza le truppe del la difesa mobile (divisione Ariete e Piave) ripiegano su Tivoli, assumendo posizione sulle alture adiacenti, fronte ad est. Orientatevi a proseguire eventualmente verso est. Portate in pieno tempo il vostro Comando a Tivoli (caserma CC .RR.) dove prenderete contatto con noi. La divisione Granatieri rimane alla difesa di Roma, cessando cli appartenere al Corpo Motocorazzato».

Sotto l'ultima riga Carboni aveva aggiunto a penna: «Ricercare il Comando lungo la rotabile Tivoli-Avezzano, rivolgendosi alle locali stazioni

R. Cadorna, La riscossa cit., pp. 52-53. 2 Il telegramma, preparato il 9, potè partire solo la mattina del 10. Il Re .rispose autorizzando, ma la risposta non pervenne a Caviglia. 1


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CC .RR.>> 1 • Rispetto alla versione firmata da· De Stefanis spiccano differenze sostanziali: La soppressione del Il com.ma, che poneva agli ordini di Carboni «le truppe attualmente impegnate nella difesa di Roma (interna ed esterna)»; lo spostamento delle truppe mobili (cioè Ariete, Piave e Centauro) a Tivoli; il «prenderemo contatto con voi» modificato in «prenderete contatto con noi» 2 . Caviglia lesse attentamente, poi restituì il foglio osservando: «Questo ordine dice che il suo compito non è quello di difendere Roma», al che Carboni replicò che tale compito sarebbe spettato a Roatta, «ma siccome Roatta se n'è andato, bisogna che qualcuno ci provi ( ...)». Sebbene poco persuaso, Caviglia finì per annuire e Carboni, dopo aver tentato invano cli telefonare a Cadoma, uscì dal ministero e, saputo di essere ricercato «vivo o morto» dai tedeschi accettò l'invito di un esponente del partito di unione democratica ed instaliò il proprio «Comando tattico» - così lo chiamò - nell'appartamento di questi, sito in Piazzale delle Muse, alla periferia nord della città 3 . Da questo posto cominciò ad impartire ordini a Cadorna perchè intervenisse personalmente con una colonna celere contro la destra della 2A divisione paracadutisti; al generale Solinas perchè perseverasse nella resistenza ad oltranza con la divisione Granatieri; ai capi delle squadre di volontari civili dell'Unione democratica e del partito comunista da lui riforniti di armi leggere 4 • «Così - ha scritto più tardi - in queste tremende condizioni, con la mia sol.a volontà, dopo aver sgrovigliato una matassa inestricabile ed impedito il giorno prima che la difesa

1

G. Carboni Memoriesegrete ci., p. 324. La stesura di tale ordine presenta alcune differenze fonnali con quella citata dallo stesso Carboni in L'armistizio e la dU'esa di Roma cit., p. 54. 2 Per quanto concerne la polemica agitatasi attorno a questo ordine - Carbon.i dichiarò non autentica la versione a matita e falsa quella dattilografata - si rimanda allo stesso Carboni (Memorie segrete cit., pp. 11 1-120). 3 Carboni giustificò tale sua singolare iniziativa, essendosi convinto deJJ.a «necessità di cautelare anche dai più diretti collaboratori la propria azione di comando», alludendo al colonnello Salvi ed al generale Ca! vi! Dall'appartamento cedutogli, egli si mise subito in contatto con i generali Tabellini, Cadoma e Sol inas, imprimendo «nuovo impulso alla battaglia attorno a Roma, dandole carattere più largo e manovrato» (Relazione in data 23.3.1944 al Maresciallo Badoglio in I. Palermo, Storia cli un'armistiz.io cit., p. 498. 4 La sera dell '8 settembre Carboni consegnò a Luigi Longo tre autocarri carichi dì armi e munizioni (L. Longo, Un popolo alla macchia, Mondatori, Milano 1947, p. 56; G. Carboni, Memorie segrete cit., p. 287).


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si esaurisse, ripresi in mano la battaglia di Roma, affinchè Kesselring non potesse accorrere a Salerno»

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Mentre egli si dava da fare al suo «Comando tattico», il colonnello Salvi, con il personale del Comando del corpo d'armata, era rientrato a palazzo Caprara e, sulle prime, credendo che Carboni non volesse più esercitare il comando, aveva preso ad agire d'iniziativa. Dal canto suo il maresciallo Caviglia si recò a colazione al palazzo Aldobrandini, ospite del suo ufficiale d'ordinanza. Qui verso le 14 si presentarono il generale Calvi, il colonnello Montezemolo ed il tenente colonnello Giaccone, il quale tornava da Frascati con l'ultimatum di Kesselring e, raggiunto Carboni tramite la rete telefonica civile, si era sentito rispondere di rivolgersi al generale Sorice perchè a questi spettava ogni decisione 2 • Presa visione delle condizioni tedesche e viste le circostanze, Caviglia concluse che: «Non c'era che da chinare la testa» e consigliò Calvi di rimandare il suo capo di Stato Maggiore da Kesselring per l'accettazione del documento. Nel frattempo erano giunti al palazzo gli esponenti antifascisti Bonomi, Casati, Ruini e Piccardi. Caviglia espose loro i termini dell'ultimatum e la minaccia di Kesselring, «dopo di ciò aggiunsi: 'Cosa avrebbe fatto ognuno di voi? '. Essi mi risposero ad una voce:' Av.1;emmo accettato ' . E così ho fatto io. Allora essi si alzarono e si congedarono>> 3 • Poco dopo Caviglia si recò nuovamente al ministero della Guerra dove trovò Sorice e Carboni, che al tennine di veementi discussioni si erano rassegnati ad accettare le richieste ,tedesche, ma rifiutavano di firmare il documento approntato dal Comando dell'O.B.S., talcbè alla fine Giaccone capo di S.M. cli un generale che «non era il comandante delle truppe poste a difesa di Roma e nenuneno il più elevato in grado di coloro che avevano dato consigli e suggerito formula per un accordo» 4 - si dichiarò disposto ad G. Carboni, Menwri segrete cit., pp. 325-327. L. Giaccone,Hofirmato la resa di Roma cit.,pp. 160-165. 3 E. Caviglia, Diario cit., pp. 445-446. Più tardi, il 18 ottobre Caviglia annotò: «ieri è ritornato l'Avvocato Tsetta ( ...). Mi ha detto che Pertini e i suoi amici avrebbero voluto che io difendessi Roma. Lo sapevo: me .l' aveva detto l'onorevole Lussu, venuto con qualche suo amico a visitarmi a Roma. Bisognerebbe sorridere, se non fossimo immersi nella tristezza fin sopra la testa. Basta conoscere la consistenza dei viveri di Roma e la minaccia contenuta nel.l' ultimatum di KesseJring: se per le ore sedici ciel 10 settembre non avessimo accettato l'ultirnatum, avrebbe fatto saltare gli acquedotti, già minati, e mandato settecento aerei a bombardare Roma( ...). Possibile che si creda ancora che in quel momento si potesse resistere, davanti all'esercito tedesco, con le barricate ed i petti degli eroici cittadini romani? Romanticismi: Balilla!» (ibidem, p. 459). 4 M. TorsieUo, Settembre 1943 cit., p. 197. 1

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accollarsi quell'ingrato incarico (così come il generale Westphal firmava per Kesselring). Il generale Calvi fu designato quale comandante della 'città libera' di Roma e la Piave indicata per l'ordine pubblico ed il presidio della capitale 1 • Alle 16,30, dal «Comando tattico» personale di Carboni, il capitano Gola avvertì il colonnello Salvi che il generale aveva ceduto il comando del corpo d'armata al generale Ca.doma e «non aveva più ordini da dargli» 2 . Più o meno a quell'ora Giaccone si ripresentava a Frascati ricevendo da un gelido Westphal la notizia che la prima squadriglia di bombardieri era partita dall'aereo porto di Viterbo per bombardare Roma. Solo a stento si riuscì, per radio, a farla rientrare alla base. Nel frattempo la convenzione veniva conclusa 3 • Alle 18,30 Calvi, a sua volta, si recò al Comando di Kesselring per stabilire i particolari 4 ed alle 19 Cadorna diramò alle unità del corpo motocorazzato la comunicazione che le ostilità con i tedeschi erano terminate 5 . Il mattino dell' 11 settembre i comandanti delle divisioni Granatieri, Ariete, Piave,Sassari e Re, con i rispettivi capi di S.M. ed i colonnelli Salvi e Montezemolo, si riunirono al palazzo della Pilotta, sede del Comando del corpo d'armata di Roma, sotto la presidenza del generale Sogno, il quale, su incarico dì Caviglia, av~va assunto la direzione del ministero della Guerra in sostituzione del generale Sorice, allontanandosi per sfuggire al1'arresto da parte tedesca. Il colonnello Montezemolo, a nome del generale Carboni, «assente, ma che figurava come rappresentante del Comando Supremo»(?), lesse le clausole dell'armistizio, che prevedevano la consegna delle armi e dei materiali efficienti e lo scioglimento dei reparti con il congedamento delle truppe. Gli ufficiali conservavano l'armamento personale. Ma la notizia della capitolazione si era già diffusa e ovunque le unità davano segni di disfacimento 6 • Dall' 11 al 23 settembre Roma ebbe un Comando italiano retto dal generale Calvi, con il colonnello Montezemolo come capo degli affari civili. Il presidio era formato dalla Piave, ridotta a quattro battaglioni di mille uo-

1

Uno degli argomenti di Sorice per convincere Calvi ad assumere l'incarico fu che «si tratta, in fondo di resistere e di badaluccare per qualche giorno» (P. Monelli, Ron-za 1943 cit., p. 452). 2 lbidem, p. 355 . 3 E. Musco, La verità sull'8 settembre cìt. , pp. 228-229 . 4 P. Mone1li, Roma 1943 cit., p.359. 5 R. Cadorna,La riscossa cit., pp. 55-56. 6 Ibidem, p. 66.


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mini ciascuno. I ministri non militari erano rimasti in carica per l'ordinaria amministrazione, ma il 13 settembre, quando Kesselring dispose che restassero in funzione soltanto i ministri «non politici», Calvi nominò per ciascun dicastero un commissario. Quel giorno si riunirono i marescialli Caviglia e De Bono ed i generali Sorice e Carboni. Quest'ultimo osservò che «ci vorrà a.Imeno un mese o un mese e mezzo per la liberazione di Roma», ma Caviglia assicurò che gli Alleati erano sbarcati ad Anzio(?). IL 19 settembre i tedeschi si impadronirono del tesoro della Banca d'Italia. Il 23 Mussolini costituì ufficialmente il governo della Repubblica Sociale Italiana. Subito interpellati, i generali Calvi, Tabellini e Maraffa, comandante delle forze di polizia, rifiutarono la loro adesione ed il generale Stahel, che se l'aspettava, li arrestò ipso facto per l'internamento in Germania 1• L'annuncio dell'armistizio aveva, come naturale , co]to di sorpresa anche gli antifascisti romani, per i quali il 9 settembre rappresentò un momento chiave nell'illusione di galvanizzare la lotta contro i tedeschi . Nel pomeriggio il Comitato delle correnti antifasciste si trasformò in «Comitato di Liberazione Nazionale» in analogia al movimento degaullista, e si prefisse di «chiamare gli italiani alla lotta ed alla resistenza e di riconquistare al1'Italia il posto che le compete». Nella sua candida visione delle cose, esso ritenne che all'entrata degli Alleati in Roma, ovviamente creduta a breve scadenza, nella capitale abbandonata dal re e dal governo, il C .L.N. potesse essere considerato come «l'unica organizzazione capace di assicurare la vita del paese». Perciò deliberò la redazione di un manifesto inteso a chiarire che il C.L.N . «pur non avendo investitura dall'alto , esprimeva la volontà popolare, dalla quale traeva la sua autorità e la sua legittimità» 2 . Questo disegno ovviamente cadde quando più tardi si convinse che gli Alleati avrebbero portato a Roma il Re ed il governo Badoglio. Bisogna pur dire che, se alla perifer.ia di Roma si combatteva e non pochi cittadini si erano spontaneamente uniti ai soldati, la massa de)Ja popolazione «rimase tranquilla, dando una strana impressione, con un contegno più glaciale che impassibile» . Benchè si sentisse il cannone, non apparivano segni di panico: la vita quotidiana di Roma continuava regolare, quasi in attesa della conclusione di una resistenza probabilmente re-

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Circa gli avvenimenti in Roma dal 9 al 25 settembre vds. L. Giaccone , Ho firmato la

resa di Roma cit., parte seconda, cap. X . 2

1. Bonomi , Diario di un anno cit., pp. 106-1 13.


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putata vana. Il rivolgimento contro i tedeschi montava, si faceva evidente, tuttavia era forse diffusa la convinzione di nulla poter fare per modificare la situazione 1 .

3. LE RIPERCUSSIONI DELL' ARMISTIZTO SULLE FORZE ARMATE . QueUo che accadde fuori Roma nei giorni successivi a11'8 settembre difficilmente poteva essere immaginato, ma ciò non deve stupire molto, ove si tenga attento conto del rapidissimo sviluppo degli eventi e, soprattutto, delle incertezze dei Comandi e dello stato d'animo delle truppe da un lato, e dell'organizzata determinazione tedesca dall'altro. Fra il 9 e l' Il settembre, in tre giorni, la massa dell'esercito si dissolse. La notizia dell'abbandono della capitale da parte del Governo e dei vertici militari, propagatasi a velocità fulminea, assunse agli occhi di tutti il significato di una vera e propria fuga, in specie per la nessuna preoccupazione mostrata nel conservare il collegamento con i Comandi direttamente dipendenti. Davanti all'improvviso e continuo silenzio, allarn1ante ed ancor più sorprendente dell'annuncio dell'm·mistizio, quasi tutti gli alti Comandi periferici presentarono un'analogia di comportamento significativa di un diffuso clima di estrema tensione causata da insufficiente informazione preventiva, da scarsa convinzione de]]a rispondenza delle direttive o memorie ricevute con la repentina situazione armistiziale, e dalla consapevolezza di non disporre di unità in possesso dell'efficienza e della solidità richieste dalle circostanze. Per quanto concerne 1'applicabilità degli ordini 'impartiti da Roma, il generale Rossi ha fatto alcune giuste considerazioni. Il primo problema consisteva nel giudicare «se e quando un certo episodio avrebbe giustificato l'attuazione d'iniziativa delle disposizioni ricevute». La stessa formula usata da Badoglio nel proclama manteneva le note riserve, in quanto subordinando ad atti ostili commessi dai tedeschi la reazione, questa veniva necessariamente a polverizzarsi negli episodi frammentari provocati dalle truppe germaniche. Quando il nuovo avversario si muoveva, si radunava senza violenza, si preparava verosimilmente per attaccare altrove, i Comandi che ciò vedevano dovevano intervenire? E il riscontrato atto aggressivo in una località autorizzava un Comando d'annata o di corpo d'armata a reagire nell'intero settore di sue responsabilità con misura pre-

1

A. Tamaro, Due anni di storia cit., I, pp. 424-425.


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ventiva nei confronti di una prevedibile prossima aggressione più vasta? Comunque, i comandanti che ebbero la sensazione della probabilità di un'azione di forza tedesca si rivolsero a Roma, «ma dalle ore 5 del 9 settembre purtroppo a Roma nessuno fu più in grado di rispondere ai quesiti dei Comandi periferici» 1• Quanto al «tono» delle truppe, già il 25 agosto Roatta aveva inviato al Comando Supremo ed al ministero della Guerra una lunga e molto franca relazione sulla preoccupante caduta di morale dopo la perdita della Sicilia. Tra l'altro scrisse: «I reparti sono composti, massa degli ufficiali compresi, da 'uomini della strada' temporaneamente insigniti di uniformi e stellette. Pertanto detti uomini hanno tratto dal mutamento di Governo la stessa convinzione tratta dal 90% dei loro col1eghi in civile; quella cioè che la guerra fosse finita. E - come naturale da parte di gente provata, soggetta a disagi, non avente molta fiducia nel proseguimento vittorioso della lotta, e che non può considerare in pieno le conseguenze di atti di tale impo1tanza - se ne sono rallegrati( ...)» 2 • Dalla delusione i reparti, almeno quelli mobilitati, si erano ripresi, ma quando, su questa situazione già compromessa, piombò d'improvviso, pesante come un macigno, l'annuncio dell'armistizio è facile immaginare come sia stato interpretato. Adesso finalmente la guerra era finita! Mentre, però, in Balcania la lontananza dalla madrepatria e le chiarissime difficoltà di rimpatrio obbligarono comandanti ed unità a scelte drastiche, in Italia la relativa prossimità dell,e residenze familiari e l'ambiente amico favorirono per la grande maggioranza delle truppe di stanza nella penisola - unità in ricostruzione, personale dei depositi, enti territoriali ecc. - lo sbandamento. Soprattutto in Italia, alla incerta li nea di condotta dei Comandi italiani, impacciati da disposizioni vincolanti per non precipitare le,cose, si contrappose un comportamento tedesco di assoluta efficienza. Netti gli scopi da raggiungere: tenere ad ogni costo la pianura padana; attuare una difesa elastica contro gli Alleati contendendo loro il terreno a sud; togliere di mezzo in un modo o nell'altro i reparti italiani in caso di rifiuto di collaborazione. Chiarissime le direttive da seguire: cattura repentina di Comandi e centri di trasmissioni; attaccare senza esitazione laddove più forti; trac-

F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., pp. 268-269. Cfr. F. Stefani, l'8 settembre e le Forze Armate italiane, all. 1, in «L' llalia in guerra. Il quarto anno 1943», C.I.S.M., Roma 1944. 1

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cheggiare in attesa di rinforzi se in presenza di una difesa prevedibilmente dura; ostentare un comportamento amichevole ed infiltrarsi nelle posizioni per poi aggredire d'improvviso; proporre la resa ed il disarmo promettendo il «tutti a casa». Senza adito a dubbi gli ordini diramati: la loro esecuzione, elastica, decisa e spregiudicata, lo dimostrò . Nessuna meraviglia, quindi, se nella stessa notte sul 9 i tedeschi occuparono la centrale elettrica di Mignano, interruppero tutte le linee telefoniche a La Spezia, attaccarono il Comando VI corpo a Ragusa e si impadronirono degli aereoporti di Rodi e del porto di Tolone. E se, operando sin dall'alba del 9, si impadronirono del Comando XVI corpo a La Spezia, del Comando XXXV corpo a Bolzano e del Comando XI corpo a Lubiana, solo per citare alcune immediate iniziative. Rispondendo alla domanda perchè noi non abbiamo preparato la nostra azione così come i tedeschi avevano , sin nei particolari, organizzato la loro, il generale Rossi dichiarò che «nelle condizioni generali i n cui eravamo, noi non avremmo potuto fare nulla di più e dì diverso dì quanto era prescritto dalla Memoria 44 per i raggruppamenti mobili (quattro alla frontiera , uno a La Spezia ed uno a Roma): se ci fosse stato il tempo di costruire tutti codesti raggruppamenti ed orientare i comandanti, io credo che molto filo da torcere avremmo dato ai tedeschi, e ciò indipendentemente dall'esito finale della nostra azione» 1 • Purtroppo gli ordini impartiti furono tardivi. *

*

*

*

Esamineremo in sintesi i tre blocchi di forze: il complesso dislocato nella penisola e nelle due grandi isole tirreniche; quello situato in Balcania e nell'Egeo; le due altre Forze Armate 2 •

In Italia si trovavano la 4A armata (gen. Vercellino) in afflusso alla Provenza, 1'8A armata (gen. Gariboldi) a nord-est, la 5A armata (gen. Caracciolo) in Liguria-Toscana, la 7 A armata (gen. Arisio) nelle regioni meridionale. La 4A annata stava trasferendosi ìn Piemonte-Liguria quendo ricevette F. Rossi, Come arrivammo all 'armistizio cit. , pp. 263-264. Circa i dati di forza alle armi all'8 settembre 1943 e le perdite derivanti dalle vicende armistiali vds. l'accurato studio cli Virgilio Ilari in Storia del servizio militare in Italia, voi. IV, ed . Rivista Militare, Roma 1991, pp. 38-47. 1

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«senza alcun preavviso» l'annuncio dell'armistizio 1 • Il capo di S .M. generale Trabucchi, telefonò subito allo Stato Maggiore dell'Esercito esprimendo le rimostanze del generale Vercellino per la mancata diramazione di un cenno di avvertimento e chiedendo orilini precisi. Il generale Utili, capo reparto operazioni dovette rispondere che anche il capo di S .M. dell 'Esercito era rimasto preso alla sprovvista dal comunicato radio del marescial lo Badoglio. Quanto agli ordini, al generale Vercellino veniva lasciata la facoltà di regolarsi come meglio avesse ritenuto 2 • In definitiva, la 4A annata venne colta in piena crisi di trasferimento: le truppe ancora in Provenza (I e VI corpo) si trovavano in attesa dei mezzi di trasP.orto, quelle fra Tolone e La Spezia (XXII corpo) erano disseminate lungo centinaia cli chilometri. Immediatamente Vercellino ordinò di affrettare il trasferimento in Piemonte, nell' intento cli accelerare il concentramento delle forze nella zona Cuneo-Asti, secondo quanto prescritto dalla Memoria 44 op. Da parte tedesca, come detto, l'azione fu rapidissima: elementi meccanizzati si presentarono ovunque ai Comandi italiani chiedendo la cessione delle armi o il fermo dei reparti negli alloggiamenti, e proponendo come alternativa il proseguimento delle operazioni a fianco del Reich. Nel contempo veni.vano presidiati i ponti su lla rotabile costiera, controllati gli sbocchi vallivi ed occupate le centrali telegrafiche e telefoniche. Per quanto le intimazioni fossero respinte, l'ordine di reagire solo se attaccati determinò una situazioné che divenne presto insostenibile: quasi sempre le unità finirono per trovarsi isolate e di fronte ad un avversario che si presentava in visibile superiorità di forze e di mezzi. Al mattino del 9 gli eventi vennero così descritti dal generale Trabucchi nella sua relazione: «le trnppe italiane, nel settore oltre Varo, erano state sopraffatte; quelle del settore ligure - da La Spezia a Savona - erano in disgregazione. Il blocco tedesco. di Genova-Savona (da oriente) e quello Tolone-Cannes (da occidente) erano in movimento lungo il litorale per congiungersi nella zona centrale di Mentone-Sospello , dove si trovava il Comando di Armata».

La sera dell' 11 Alessandria,Asti, Alba, Bra, Torino e Vercelli erano state occupate senza alcuna seria resistenza da colonne meccanizzate tedesche sostenute dalla Luftwaffe. «Unica unità di sicuro affidamento era il 7° reg-

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Relazione del generale Vercellino. Relazioni del generale Vercellino e del generale Trabucchi.


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QUADRO DI BATTAGLIA DELLE FORZE TEDESCHE alla data dell'8 settembre 1943 a. In Italia Gruppo armate B (mar.E.Rommel) Ln Italia settentrionale, su: - LI corpo di montagna: 44" D.f., 13611 B.mon.; - LXXXVI corpo: 7611 D.f., 9411 D.f. e 305" D.f.; - LXXVI corpo cor.: 2411 D.cor., D.cor.SS A. Hitler, 65" D.f.; - 71 11 D.f. Truppe dell'O .B.S . (mar. Kesselring) in Italia centro-meridionale: - XI corpo: 2 11 D.par. e 3 11 D. gran.cor.; - 10 11 armata (gen. von Vietinghoff) su: • XVI corpo: 15" D.gran.cor., 1611 D.cor. e D.cor. H.Goering; • LXXVI corpo: 2611 D.cor., 29 11 D.gran.cor. e 111 D.par.; • 90 11 D.gran.cor. b. Nei ten-itori occupati e nell'Egeo: Truppe deU'O.B.S.E. (gen. A.Lbhr) in Balcania, su: - in Slovenia, Croazia e Dalmazia: 11411 , 173 11 e 18711 D.f., 11811 D.mon., 369" e 373 11 D.f.croate; in Erzrgovina ed in Montenegro: 7 11 D .mon. Prinz Eugen, e 27911 D.f.; in Albania: 100 11 11411 D.f.; in Grecia: LXVIII corpo con 104" e 117 11 D.cacc., 111 D.mon., 11 11 D.f. e 111 D.cor.; a Creta: 22" D.f. e B.fortezza Creta; nelle isole dell'Egeo: B.mot. Rodhos.


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gimento alpini schierato nella zona di Tenda» ed a questo punto restavano solo due possibilità: «portare il Comando dell'armata nella zona di Tenda e combattere fino all'estremo con il 7° alpini( ...) ripetendo alle altre truppe un generico invito alla resistenza», oppure «ordinare lo scioglimento de]1'armata per porre i tedeschi dinnanzi a qualcosa di impalpabile, di inafferrabile» ed evitare la cattura o la distruzione delle truppe superstiti. Nella notte sul 12 Vercellino ordinò lo scioglimento dell'armata: «Ai miei soldati. La 4A armata ha sempre adempiuto al suo dovere. Ricevuto nelle più tragiche condizioni di µn Esercito, dopo la stipulazione dell ' armistizio, l'ordine cli opporsi ad azioni di aggressione, ha obbedito pur senza alcuna speranza con alto senso della dignità militare. Oggi con l'occupazione dell'Italia settentrionale e senza che vi sia da attendersi concorso eia alcuno, I.a continuazione della lotta significherebbe inutile strage che si estenderebbe alla popolazione civile. Con la coscienza di avere fatto tutto il possibile, libero ciascuno dall'attuale servizio» .

Il Comando dell' 8" armata aveva sede a Padova ed i suoi compiti lo configuravano più come un grosso Comando territoriale (da Mantova a Fiume e dai confini al Po) che come grande unità operativa 1• Il 30 luglio il generale Gariboldi aveva ricevuto da un ufficiale di Superesercito alcune istruzioni orientative: reagire ed opporsi con la forza ad ogni tentativo tedesco di impossessarsi dei punti vitali de]Ja regione; garantire il totale controllo di essi con forze italiane; intensificare la vigilanza sugli obiettivi più importanti destinandovi ufficiali superiori energìci ed orientati; disporre l'immediato presidio di tutte le opere e non assumere iniziative armate se non dopo aver avuto la certezza delle intenzioni ostili da parte tedesca(!), lasciando al Comandante dell'armata la valutazione e la decisione in ogni caso. Successivarnente il Comando cieli' armata ricevette l'ordine 111 CT e, nel pomeriggio del 2 settembre, la Memoria 44 op., la quale indicava il compito specifico dell'annata: «tagliare le comunicazioni fra la Germania e 1'Alto Adige, agire contro forze germaniche in movimento od in sosta nel Trentino e in Alto Adige, interrompere - in sostegno alla 2" annata - le comunicazioni da Tarvisio al mare». L'esecuzione doveva aver luogo o su ordine cli Superesercito, con messaggio convenzionale, oppure d'iniziativa del comandante in relazione alle circostanze.

Per gli avvenimenti nel settore dell'8A annata vds . M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., cap. V, e relativi riferimenti. 1


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QUADRO DI BATTAGLIA DELLE ITALIANE IN ITALIA ALLA DATA DELL'8 SETTEMBRE 1943 8A armata (gen . Garibaldi) nel Triveneto, su: - XXIII corpo (gen. Ferrere) su D.f. Sforzesca, - XXIV corpo (gen. Zannini) su D.f. Torino e D.alp. Julia, - XXXV corpo (gen. Gloria) su D.alp. Cuneense e Tridentina . 5" armata (geo. Caracciolo) nel l'Italia centrale, su : - XVI corpo (gen. C. Rossi) su D.f. Rovigo e D.alp. Alpi Graje, - Il corpo (gen. Bitossi) su D .f. Ravenna e D.cost. 215" e 216". 7" armata (gen. Arisio) nel! 'Italia meridionale , su: - XIX corpo (gen. Pentimalli) su D.f. Pasubio , 222" D.cost. e XXXII Brg.cost., - XI corpo (gen. Lerici) su D.f. Piceno, D.cost. 208" e 210" e XXXBrg .cost., - XXXI corpo (gen. Mercalli) su D.f. Mantova, D.cost. 211", 2I2",

214" e 227". Comando Superiore F.A. Sardegna (gen . Basso) su: - XJIJ corpo (gen. Reisoli-Matthieu) su D.f. Sabauda, D.cost. 203" e 205", - XXX corpo (gen. Castagna) su D.f. Calabria, 204" D.cost. e IV Bgr.cost. - Riserva: O.par. Nembo, D .f. Bari, un rgpt cor. Difesa della capitale: - corpo motocorazzato (gen. Carboni) su D.cor. Ariete e Centauro , D.mot. Piave, - XVII corpo (gen. Zanghieri) su D.f. Granatieri e Piacenza , D.sost. 220" e 221" e XXXIV Brg.cost., - corpo d'armata di Roma (gen. Barbieri) su D.f. Sassari. Difesa territoriale cli Milano (gen. Ruggero) su D.f. Cosseria rinf., Difesa territoriale di Bologna (gen . Terziani) su 3" D.cel. Nota. Si trovavano io movimento le seguenti unità : - dalla Francia verso Roma, la D.f. Lupi di Toscana, - dalla Croazia verso Roma, la D.f. Re - da Torino verso Roma, il 18° rgt. Bersaglieri (RECO), - da Bologna verso Ja Puglia, la D.f. Legnano .


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L'assetto dell'armata - le cui cinque divisioni, tutte reduci dalla Russia ed in corso di riordinamento, presentavano deficienze di ogni genere - era tale da poco concedere ad iniziative di un certo respiro, essendo i suoi reparti disseminati in numerosi distaccamenti impegnati nella protezione delle comunicazioni e degli impianti, nella lotta antipartigiana (al confine orientale) e nei servizi di presidio. Inevitabilmente le possibilità di completamento e di addestramento erano ridotte a zero. L'azione tedesca si pronunciò subito con l'atnusso di nuove truppe meccanizzate dal Brennero ed i procedimenti posti in atto furono i soliti. In brevissimo tempo J'8" armata quale complesso operativo risultò sopraffatta, nonos~ante le numerose ed accanite resistenze opposte da molti presidi, anche perché il contagio degli sbandati provenienti dalla Slovenia, dopo l'immediata cattura dei Comandi dell'XI e del V corpo della 2" armata, si era fatto sentire. Nel pomeriggio del 1Osettembre, al1e 18, una colonna corazzata proveniente da Bologna entrò in Padova senza difficoltà alcuna, stante l' inesistenza di forze per opporsi. Il generale Gariboldi scrisse nella sua relazione: «( ...) La maggior parte delle unità organiche dopo la resistenza furono catturate in

blocco ed internate. Per esse non si trattò cli dissoluzione ma cli cattura, di immob.ilizzazione: il fenomeno merita un diverso giudizio ed apprezzamento, riflettendo sulle condizioni in cui vennero a trovarsi, quali i mezzi cli cui disponevano, quali gli elementi costitutivi sotto ogni aspetto, quali le situazioni» .

Interpellato dai tedeschi in merito ad una sua cooperazione, Gariboldi rìspose con un netto rifiuto . Ne seguìrono l'arresto e l'internamento in Germania. Il Comando della 5" armata aveva sede a Viterbo, con il Comando tattico ad Orte. La sua struttura originaria contava circa 30 divisioni o unità equivalenti, dislocate in quasi tutta l'Italia centrale e nelle isoledi Sardegna e di Corsica 1• A metà luglio le isole erano passate alle dipendenze dello Stato Maggiore dell'Esercito ed il 5 settembre anche il Lazio, nel quadro delle misure assunte per la difesa della capitale. Cosicché alla vigilia del1'annuncio dell' armistizio i compiti dell'armata si erano ridotti al1a difesa

1

Per gli avvenimenti nel settore del la SA armata vds. M . Torsiello, Le operazioni delle

unità italiane cit.., cap. UI, e relativi riferimenti. Cfr. Mario Caracciolo cli Feroleto, E poi 7 La tragedia dell'esercito italiano, Corso, Roma 1945?


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deJJa fascia costiera tirrenica da Massa ad Orbetello con i.I II corpo su tre divisioni, di cui due costiere, ed alla difesa della piazza militare marittima di La Spezia con il XVI corpo su due divisioni in afflusso a ·partire dal 27 agosto . Le tre divisioni di campagna, da poco rientrate in patria, si trovavano in corso di riordinamento, con scarso inquadramento, ridotto livello di forza e gravi deficienze in tema di armamento e di mezzi. Il 5 settembre il generale Caracciolo, convocato a Monterotondo, prese visione della Memoria 44 op. ed in questa circostanza espose a Roatta la situazione determinatasi nel suo territorio: tre divisioni tedesche serravano La Spezia, altre forze erano preannunciate verso Pistoia e Prato ed altre ancora avevano occupato gli aeroporti, le stazioni ferroviarie principali ed i punti più importanti del litorale. A stento, e nonostante le disposizioni in vigore, egli impediva ai tedeschi il passaggio da La Spezia. Il Comando Supremo, subito interpellato da Roatta, confermò il consentire il passaggio ai reparti germanici all'interno della cinta difensiva perché il loro comandante aveva dato la sua parola d'onore che non si sarebbe fermato in città. Fu così che alle 8 del 9 settembre il Comando del XVI corpo informò Caracciolo del transito pacifico della 305A divisione tedesca,della indisturbata partenza della squadra navale, della inutilizzazione dei natanti inefficienti nonché dell'ordine impartito alla D. alp. Alpi Graje di fermare con le armi il movimento su Spezia di altre due divisioni tedesche. Poco dopo il Comando del XVI corpo veniva catturato ed i collegamenti telefonici interrotti. Nel contempo erano iniziate, come altrove, le aggressioni ai piccoli presidi, l'occupazione delle città, la cattura dei Comandi e repa1ti. Nel pomeriggio del 9 Caracciolo spostò il suo Comando da Viterbo, in cui erano entrati i tedeschi, a Firenze, dove nella mattinata del 10 cercò di organizzare una qualche resistenza contro due colonne meccanizzate provenienti l'una e l'altra dalla Futa, ma ogni tentativo di arrestare l'avversario costituiva solo un atto di buona volontà, senza alcuna speranza di successo. F irenze venne occupata il mattino dell' 11 settembre. Della 5A annata rimanevano soltanto poche unità isolate in corso di dissoluzione. Il generale Caracciolo sciolse il Comando. A sud dell'allineamento foce del Garigliano-Termoli si trovava la 7 A armata, con il compito di difes contro sbarchi anglo-americani 1• Il Comando

1 Per gli avvenimenti nel settore della ?A annata vds. M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., cap. IV, e relativi riferimenti.


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d'annata e quelli dei corpi d'armata dipendenti avevano col tempo assunto carattere di pesantezza e di staticità a causa della lunga permanenza in un -settore non coinvolto in operazioni militari. Inoltre 1a povertà dei mezzi di collegamento e di trasporto influiva negativamente accentuando il fenomeno dell'isolamento e l'immobilizzazione. Il generale Arisio aveva regolarmente ricevuto l'ordine 111 CT e poi, i1 3 settembre, la Memoria 44 op., la quale fissava un compito particolare in caso di aggressione tedesca: tenere saldamente Taranto e possibilmente anche Brindisi. Dati gli sviluppi dell'operazione Baytown, la sera dell'8 settembre Arisio ordinò il ripiegamento del XXXVI corpo, seriamente impegnat9, sulla linea Nicastro-Catanzaro poi, ricevuto dalla radio l'annuncio dell'armistizio, dispose l'immediato spostamento de1 Comando tattico d'armata da Potenza a Francavilla Fontana, nelle Puglie. Le grandi unità dipendenti dall'armata, alla data dell'8 settembre, erano le seguenti: - XIX corpo d'armata (gen. Pentimalli) in Campania con una divisione ed una brigata costiere, nonché la D.f. Pasubio; - XXXI corpo d'armata (gen. Mercalli) in Calabria con quattro divisioni costiere e la D.f. Mantova; - IX corpo d'annata (gen. Lerici) nelle Puglie con due divisioni ed una brigata costiere e la D .f. Piceno. Era in viaggio la D .f. Legnano, proveniente dalla Francia, destinata alla difesa della piazza éli Brindisi. A parte quest'ultima, si trattava complessivamente di 130 mila uomini, però - osservò il generale Arisio - risultava «disseminata ed immobilizzata sui 2.300 chilometri di spiaggia con le maggiori forze e con le restanti su tre posizioni più o meno estese ed anetrate». Quanto alla efficienza, le divisioni costiere, dotate come sappiamo di armamento alquanto antiquato e prive di automezzi, erano sistemate in dieci settori costieri, con apprestamenti difensivi del tutto inadeguati. Le tre divisioni di fanteria presidiavano altrettante posizioni di ai.Testo ne11'entrote1Ta, perciò frazionate ed ai.1ch'esse senza mezzi di trasporto, risultavano impiegabili unicamente a breve raggio. In definitiva, la 7A annata era costretta ad una difesa statica aggravata dal trovarsi più o meno mescolata con essa la 1OA annata tedesca (gen. von Vietinghoff) la quale poteva contar su un corpo d'annata in Calabria, uno in Campania ed uno nelle Puglie, con l'appoggio di un corpo aereo a Sala Consilina. Ogni corpo tedesco era su due divisioni, una Panzer ed una di Panzergrenadiere o di paracadutisti. Evidente il netto divario di efficienza operativa. Nei primi tre giorni le forze tedesche occuparono le posizioni principali della Cainpania superando resistenza sporadiche, anche a causa dell'inter-


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ruzione di ogni collegamento, della sopraffazione dei Comandi e della mancanza cli riserve mobilj . Profondo effetto disgregatore sulla compagine dei reparti produsse la propaganda germaruca invitante i soldati a tornare a casa perché la guerra era finita: difatti coloro che non opponevano resistenza veni vano disarmati e lasciati in libertà. Il mattino dell' 11 settembre reparti tedeschi si presentarono ai varchi del porto di Napoli chiedendo di ritirare i propri materiali. Naturalmente, una volta eseguito il ritiro, djsannarono i posti di guardia ed occuparono il porto. Alle ore 11 di quel giorno venne ricevuto l 'ordine dello Stato Maggiore dell'Esercito, da Br:indisi, di considerare i tedeschi come nemici e di applicare la Memoria 44 op .. Ormai l'ordine era superato, comunque nel pomeriggio a Napoli non esisteva più alcun reparto di qualche consistenza e la sera ogni resistenza era cessata. In Calabria, all'annuncio dell'armistizio si propagò fra le truppe - già demoralizzate alla vista delle unità e degli sbandati ripiegati dalla Sicilia - un senso di grave e generalizzato smarrimento che i Comandi responsabili non riuscirono a gestire e ad attutire, sia data l'incertezza della situazione, sia per la materiale difficoltà a tenere i contatti determj nata dal l'interruzione delle comunicazioni stradali e telefoniche. Mentre i tedeschi in un paio di g iorni riuscirnno a rompere il contatto con le avanguardie anglo-americane, i soldati italiani, ritenendosi ormai liberi da ogni impegno, presero ad abbandonare i reparti. Peraltro, superati i momenti iniziali della crisi, la maggior parte degli sbandati si ripresentò spontaneamente alle unità di appai1enenza. Ne] complesso, quindi, il XXXI corpo riuscì ad impedire la cattura di uomini e materiali, mantenne l'ordine e garantì un minimo di sicurezza alla popolazione. Nelle Puglie, intanto, tre fattori concomitanti permisero la conservazione delle forze ed il loro controllo operativo: la notizia dell'arrivo del Re e del Governo; rinizio dello sbarco a Taranto , la sera del 9, della l" divisione Airborn.e britannica; il pronto ripiegamento dei tedeschi . * * * * L'importanza strategica delle due grandi isole del Tirreno, Sardegna e Corsi.ca, era stata subito riconosciuta dal Comando Supremo. Il rivolgimento del 25 luglio condusse evidentemente ad una sostanziale revisione dei compiti inizialmente assegnati ai Comandi di dette isole, revisione che si accentuò quando il problema tedesco si impose. Il 3 settembre il comandante delle Forze Armate delia Sardegna (gen. Basso) ricevette la Memoria 44 op., che prevedeva, nell'eventualità di una


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chiara osti1ità tedesca, di «far fuori» la 90" Panzergrenadiere presente in Sardegna 1• 11 generale Basso disponeva del XIII corpo nella parte meridionale del1'isola, del XXX corpo a nord e di due divisioni in riserva mobile (D .f. Bari e D.f. Nembo), per complessivi 130 mila uomini. Il problema operativo nasceva dal fatto che la 90" Panzergrenadiere, la quale con il rinforzo di una brigata da fortezza e unità varia raggiungeva i 25 mila uomini circa, si trovava con il grosso nella zona centrale Sardegna-Sanluri, ma con un reggimento rinforzato presso Tempio e distaccamenti a La Maddalena e dintorni. Ad essa si poteva opp01Te, in pratica, soltanto una parte limitata di forze italiane. D.ifatti, occorreva tener conto che la Nembo (10 mila uomini) non dava affidamento per un 'azione contro i tedeschi; le legioni camicie nere divisionali (9 mila uomini) non ispiravano fiduc:ia; le grandi unità costiere (56 mila uomini) si trovavano disseminate lungo i 1.500 chilometri cli coste; la D.f. Sabauda (10 mila uomini) era troppo lontana per un rapido intervento neile prevedibili zone d'impiego; il personale degli organi logistici (12 mila uomini) non era ovviamente utilizzabile. Insomma, circa 97 mila uomini risultavano indisponibili . Poco dopo la diramazione del proclama Badoglio, alle 21,30, il generale Lungersbausen, comandante della 90" Panzergrenadiere, comunicò a tutti i comandanti cli grande unità dell'isola un messaggio del maresciallo Kesselring: «Faccio appello a ll'onore suo e delle sue truppe chiedendo di continuare la lotta per l'Europa e per l'Italia in modo onesto e da soldato( ...). Attendo, perciò, che Lei e le sue truppe prendano parte attivamente alla continuazione deJJa lotta comune, che ci aiuti e che continui a lottare con noi. Nel caso che Lei non potesse obbedire a questo dovere cli soldato, mi rincresce di essere costretto ad agire indipendentemente per l'adempimento del mio compito» 2 •

Il generale Basso naturalmente respinse l'invio e disse in tutta franchezza a Lungershausen che aveva l'ordine di farlo fuori al più presto dal1' isola e con qualsiasi mezzo. Il suo interlocutore si scusò, dichiarandosi convinto a priori della risposta negativa, ma aveva obbedito ad un ordine. Soggiunse che nutriva l'intenzione cli lasciare al più presto la Sardegna con le sue truppe, di sbarcare in Corsica e poi proseguire verso il Nord. Basso Per gli avvenimenti in Sardegna vds. M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., cap. VI, e relativi riferimenti. 2 Antonio Basso, L'armistizio del settembre 1943 in Sardegna, Rispoli, Napoli L947 , p. 42. 1


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ritenne che ciò non fosse in contrasto con quanto prescrittogli dalla Memoria 44 op., perciò dichiarò che non si sarebbe opposto allo sgombero ed assegnò, a tale scopo, l'itenerario Oristan.o-Macomer-Ozieri-Tempio, diffidando peraltro dal provocare incidenti con le truppe italiane o danni alla popolazione ed ai manufatti, perché in quel caso avrebbe reagito. Comunicò poi tale sua decisione allo Stato Maggiore dell'Esercito, ma non ricevette risposta fino alla sera del 12 settembre 1. Nel frattempo si affrettò a partecipare al Comando de1 VII corpo d'annata in Corsica. il prossimo transito della 9QA Panzergrenadiere. Il mattino del 9 settembre i tedeschi occuparono di sorpresa il Comando della piazza marittima di La Maddalena per assicurarsi il passaggio in Corsica. La reazione italiana fu pronta ed in giornata venne concluso un accordo fra l'ammiraglio Brivonesi ed i rappresentanti tedeschi: 1e forze italiane non avrebbero attaccato né compiuto atti ostili se fossero rimaste invariate le occupazioni fino a quel momento effettuate 2 • Per quanto altri incidenti si verificassero in vari punti dell'isola, Basso non ritenne cli modificare l'accordo ed i tedeschi proseguirono i movimenti di sgombero, protetti da retroguardie meccanizzate. Il giorno 10 venne paracadutato in Sardegna un ufficiale americano, il quale annunciò l'arrivo di una missione alleata e chiarì la realtà della nuova situazione, le clausule dell'armjstizio e l'ordine di impedire ai tedeschi di rimanere nelle basi aeronavali. Da tali notizie il generale Basso trasse la convinzione che il consentire lo sgombero della 9QA Panzergrenadiere rispondesse agli impegni presi dal Governo italiano. Questo atteggiamneto venne peraltro a mutare il 12, quando arrivò un secco ordine di Roatta indirizzato ai comandanti delle Forze Armate della Sardegna e della Corsica, a chiarimento e conferma e conferma delle precedenti disposizioni: «( ...) Germanici debbano essere considerati nemici, e come tali attaccati e distrutti, senza la nùnima esitazione. In modo assoluto deve essere impedito ulteriore passaggio 90A divisione tedesca in Corsica. D ' altra parte, dopo quanto avvenuto in Italia , alla Maddalena, ecc ., e dopo l'attacco

aereo gem1anico alla nostra flotta (fatti che, almeno in buona misura, debbono essere noti a V.E.) si sarebbe dovuto comprendere, anche in mancanza di altri ordini, che si doveva dare piena e inunediata applicazione alla Memoria 44, a prescindere eia qualsiasi atto ger-

' Ibidem, p. 43. ' Fioravanzo, La Marina italiana nella seconda guerra mondiale Cfr. in proposito G. cit., XV, p. 130 e seg. 2


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manico cli ostilità in Sardegna e in Corsica. Il Comando Supremo e questo Stato Maggiore contano sulla energia cli V.E. per riguadagnare il tempo perduto a far ciel tutto i tedeschi nelle due isole e dalla Maddalena ( ...)»

I.

In quel momento i tedeschi occupavano i porti di Olbia, Palau, Santa Teresa di Gallura, il nodo stradale di Tempo Pausania e La Maddalena, ed inoltre la zona di Oschiri, dove si trovava l'area logistica della Sardegna. In siffatte condizioni, con le truppe mobili non ancora raccolte, non era materialmente possibile bloccare ipso facto lo sgombero della 9QA divisione: sembraya dunque non rimanesse che persistere nei preparativi adottati ed accelerare al massimo i preparativi del XXX corpo per incalzare 1' esodo germanico. A questa soluzione di attenne Basso 2 • La sera del 4 settembre a Corte, in Corsica, il generale Magli, comandante delle Forze Armate dell'isola, ricevette la Memoria 44 op .. il compito assegnatogli era molto semplice: <<far fuori la brigata corazzata tedesca ivi dislocata» 3 . Magli aveva a sua disposizione il VII corpo d'armata su due divisioni di fanteria (Cremona e Friuli) e due divisioni costiere (la 225A e la 226A) oltre ad unità minori. Da parte tedesca era presente la brigata d'assalto R.eichsfuhrer 55 e reparti vari, a]le dipendenze del generale von Senger und Etterlin, comandante in capo delle forze tedesche in Sardegna ed in Corsi.ca. Questi, i primi di settembre aveva ricevuto dall'Oberbefehlshaber Sii.d l'incarico di sgomberare la Sardegna e tenere in saldo possesso la Corsica con tutte le forze riunite 4 . Von Senger fu messo al corrente dell'arnùstizio dallo stesso Magli, il quale molto francamente gli disse: «Voi comprenderete che da questo momento deve cessare ogni eventuale azione contro gli anglo-americani ed i francesi e che, quindi, nulla posso fare in vostro favore: alla vostra sicurezza dovete pensare voi stessi» 5 • (1 generale tedesco si rese conto che, almeno sino a quando non fosse arrivata la 9QA Panzergrenadiere della Sardegna «non era il caso di parlare di un disarmo delle forze italiane», come disposto da Kesselring nell'ipotesi verificatasi, e si limitò a replicare che inten-

M . Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., p. 301. Relazione del generale Basso. 3 Per gli avvenimenti in Corsica vds . M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., cap. XVI, e relativi riferimenti. 4 F. von Senger uncl Etterlin, La guerra in Europa , Longanesi, Milano 1960, p. 221. 5 Giovanni Magli, Le truppe italiane in Corsica, prima e dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, Tip. Scuola AUC, Lecce 1952, p. 472 e seg. 1

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deva lasciare l'isola. Magli assicurò allora che le truppe germaniche avrebbero potuto liberamente recarsi ai porti d 'imbarco, però avvertì cli aver ordinato alle unità italiane di «reagire contro qualsiasi attacco eia qualunque parte venisse». Von Senger si allontanò senza fare commenti. Improvvisamente, alle 0,30 del 9 seltembre. il piccolo presidio navale tedesco di Bastia si impadronì del porto. La reazione italiana fu pressoché immediata ed aal'aiba venne incrementata dal fuoco delle artiglierie della piazza con pieno successo, facendo numerosi prigionieri. Naturalmente von Senger si scusò per l'accaduto, provocato da errata iniziativa di sottordini . A prescindere da incidenti vari so11i in diverse località, il fatto nuovo, verificatosi nella giornata del 9 , fu l'inizio del trasferimento della 90" Panzergrenadiere dalla Sardegna alla Corsica nella zona di Bonifacio. Il mattino del 1Oil generale Magli inviò un messaggio al generale Basso, invitandolo a non consentire dello transito in Corsica per gli ovvi problemi che avrebbe provocato; ma Basso lasciò proseguire il trasferimento. In quei frangenti, Magli decise di rompere ogni indugio. Convocati tutti i comandanti il mattino dell' 11 settembre, impattì precise disposizioni sulla fermezza di comportamento da tenere. Nel contempo gli giunse l'ordine di Roatta: «considerate truppe germaniche come nemiche e agite di conseguenza. Ove possibile applicate Memoria 44 op.» . In questo spirito, gli ordini diramati da Magli contemplarono p redisposizioni da completare entro la sera del 12 ed inizio dell' azione di forza su Bastia e sull' aeroporto della Ghisomwcia all'alta del 13. Da rilevare che l'atteggiamento italiano era stato favorevolmente osservato dai partigiani corsi, il cui capo fu ricevuto da Magli nel pomeriggio. Dal colloquio derivarono l'armamento dei partigiani con le anni rastrellate in precedenza dal Comando ciel VII corpo ed accordi in merito ad atti di sabotaggio e di gueniglia ad essi. affidati. Proprio nel pomeriggio del 12 von Senger fece pervenire a Magli un messaggio di Kesselring , il quale richiamandosi ad una collaborazione durata un anno e mezzo I ed alla stima personale, rinnovava l'invito a collaborare con il Reich. Con 1'occasione von Senger chiese lo sgombero cli Bastia e dei settori dell 'isola di cui aveva bisogno per il controllo cli tutta la costa orientale dell'isola da Bonifacio a Bastia; in caso contrario la parola sarebbe passata alle armi . Vista la risposta cortese ma evasi va di Magli e le sue accuse cli prepotenza tedesca, von Senger ordinò alle sue unità cli «disarmare i reparti italiani a portata cli mano» 2 • 1 Kesselring si riferiva al periodo di permanenza di Magli al Comando Supremo con il maresciallo Cavallero. 2 F. von Senger uncl Etterlin , La guerra in Europa cit., p. 228.


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Così lo scontro ebbe inizio , violento, il 12. * * * * Nei territori di occupazione in B alcania e nell'Egeo, la capacità operativa delle truppe italiane era sensibilmente condizionata da alcuni fattori negativi. Sul piano dell'impiego, la clis]ocazione delle divisioni , in funzione del controllo del territorio, aveva condotto ad una capillare fram mentazione dei reparti per la protezione dei punti di partico]are importanza e delle vie di comunicazione contro l'aggressività del movimento partigiano, ravvivatosi negli ultimi tempi, e per la difesa costiera, che diluiva la forza sulle lunghissime coste. Stante la notoria grave indisponibilità di mezzi di trasporto , inevitabilmente la difesa italiana - già male armata - rivestiva carattere puramente statico mentre la manovra veniva riservata alle divisioni tedesche, in buona misura meccanizzate. Sotto il profilo del vestiario ed equipaggiamento, le difficoltà di produzione in patria ormai si facevano sentire pesantemente. Quanto al morale delle truppe, Io si può definire abbastanza buono, benché inciso da due note molto avvertite: il problema delle licenze , mai risolto, per cui l'attesa superava l'anno e mezzo, e la scarsità degli effettivi, che si traduceva in forte aggravio dei servizi presidiari ed operativi per i soldati. Infine, la carenza di preparazione avvertibile nei quadri della fanteria, soprattutto al livello di comandanti di battaglione, nella enorme maggioranza richiamati; la lunga stasi operativa, a parte le sporadiche operazioni controguerriglia , e la monotonia del servizio avevano lentamente portato molte unità ad acqµisire una mentalità territoriale. Questo , a grandi linee, il quadro complessivo esistente in Balcania. Appena oltre fron tiera, si trovava la 2" armata (gen. Robotti) , con il Comando a Susak e con i suoi tre corpi d'armata in Slovenia (XI corpo) , Croazia (V corpo) e Dalmazia (XV:flf corpo) 1• La presenza tedesca in Jugoslavia era costituita dalla 2" Panzerarmee (gen. Rendulic) su tre corpi, comprendenti tre divisionj da montagna, una corazzata SS, quattro di fanteria (di cui due di riserva) e due divisioni cli fanteria croate. Il generale Robotti ricevette la Memoria 44 op. la sera del 2 settembre e fra il 5 ed il 6 orientò i corpi V e XI a raccogliersi con la maggior parte

1 Per gli avvenimenti nel settore della 2" armata vds. M . Torsiello , Le operazioni delle unità italiane cit., cap. YHl, e relativi riferimenti. Cfr. Agostino Bistarelli, La Resistenza dei militari italiani alt' estero. Jugoslavia centro-seuentrionale, ed. Rivista Mi litare, Roma 1990.


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delle forze su posizioni arretrate, a ridosso della frontiera, idonee ad una difesa manovrata, cedendo le località sgomberate alle formazioni croate e di cetnici, a noi fedeli. Il XVIII corpo, invece, doveva provvedere alla contrazione del controllo territoriale per tempi successivi, sino a ridursi a Spalato, Sebenico e Zara, da difendere ad oltranza. Nel pomeriggio del 5 settembre pervenne al Comando d'armata l'ordine dello Stato Maggiore dell'Esercito di sganciare la D.f. Isonza per concentrarla nella zona di Postumia, e l'autorizzazione ad eseguire subito il previsto arretramento dei due corpi dalla Slovenia e dalla Croazia. La notizia dell'armistizio arrivò, dunque, mentre questi movimenti erano in corso, la qual cosa non poté che facilitare la riuscita dell'aggressione tedesca. Il mattino del 9 settembre il generale Robotti ordinò, d'iniziativa, l'applicazione della Memoria 44 op., ma già il Comando XI corpo (il cui comandante, generale Gambara, sappiamo assente) e parte delle truppe erano state sopraffatte. Il generale Gambara arrivò a Susak a mezzogiorno del 9 e si presentò al comandante dell'armata, il quale interpretò l'ordine di Roatta per la costituzione del 'Comando Gambara' come una menomazione personale, tanto più che non era stato nemmeno avvertito della convocazione di Gambara, suo dipendente, a Roma(!). A quel punto, evidentemente, bisognava adattare gli ordini ricevuti alle cixcostanze e Robotti decise di passare a Gambara parte del Comando d'armata, i Comandi di artiglieria e genio e l'Intendenza d 'armata, ed egli si trasferì con il Comando tattico a Lussinpiccolo, per poi recarsi a Zara, ove avrebbe esercitato la propria azione di comando sul XVIII corpo, l'unico rimastogli. Senonché a Lussinpiccolo, nel pomeriggio del 10, seppe dal generale Spigo che, diventata insostenibile la posizione del corpo d 'armata, era stato costretto ad accordi con i tedeschi, cioé a cedere le anni ed i materiali. Non basta. Il mattino dell' 11 settembre, verso le 8, Gambara gli comunicò: «Vista impossibilità imporre nostra volontà, dato stato morale truppe in posto et situazione particolarmente grave per pressione migliaia partigiani, questo Comando habet concesso ingresso truppe gem1aniche per occupazione litorale fiumano. Comando Armata e totalità servizi lntendenza completamente disciolti. Mancano notizie XI corpo. Truppe tedesche entreranno in Fiume in giornata. Da ieri pomeriggio situazione interna FiumeSusak gravissima» 1•

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M. Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., p. 331.


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Robotti allora partì per Venezia. Vi arrivò all'alba del 12, ma la città era già in mani tedesche, così come l'intero litorale veneto. Anche il Comando 8 11 armata era stato catturato. Alle 13 Robotti sciolse il proprio Comando tattico. Il Comando gruppo d'armate Est (gen. Rosi), come si è detto in precedenza, dipendeva dal Comando Supremo. Dal 28 luglio esso disponeva della 9 11 armata in Albania 1, del IV corpo d 'armata in Erzegovina 2 , del XIV corpo nel Montenegro e 3 del Comando Forze Armate dell 'Egeo 4 • Sul piano dell'efficienza operativa, il giudizio del generale Rosi fu reciso: le forze italiane si trovavano nella «assoluta impossibilità di opporre blocchi di qualche consistenza alle truppe tedesche, dislocate a masse di divioni 'e potentemente annate» . Questa infelice realtà venne aggravata da una decisione presa dal Comando Supremo in agosto, su richiesta del1' Oberkommando der Wehrmacht: l'autorizzazione concessa al Comando della 2" Panzerarmee di occupare tutti gli aeroporti esistenti nella giurisdizione del gruppo d'armate (Mostar in Erzegovina, Podgorica in Montenegro, Gruda presso Cattaro), ed a presidiare il porto di Durazzo, giustificando la richiesta con la necessità di proteggere i propri rifornimenti. Al riguardo il generale Rosi aveva opposto un pm·ere nettamente contrario, ma non era stato ascoltato ed il risultato fu che «tutta la rete stradale ed il maggior porto dell 'Albania vennero ad essere posti sotto il controllo dei tedeschi, ai quali era altresì venuto a conoscenza ogni particolare relativo alla nostra dislocazione,'ai nostri intendenti ed allo spirito delle truppe» 5 . Il generale Rosi seppe dell' ami.stizio alle 18,30 dell' 8 settembre dalla Luogotenenza d'Albania, che aveva captato un annuncio dell'Agenzia Reuter, ma sulle prime pensò ad una manovra della propaganda anglo-americana: «giudicavo impossibile ed inammissibile difatti - osservò più tardi che un armistizio fosse stato concluso senza che ad un comandante di Gruppo cl ' annate fosse dato un preavviso qualsiasi», quando pochi giorni prima era stato a rapporto da Ambrosia a Roma e nulla gli era stato detto . Fece telefonare dal sottocapo di S.M., generale Albert, al ministero della

Ibidem, vds. cap. IX. Ibidem, vds. cap. X. 3 Ibidem, vds. cap. XI. 4 Ibidem, vds. cap. XV. 'Relazione Rosi. Tn realtà all'8 settembre Durazzo non era ancora stata occupata dai tedeschi. Per gli avvenimenti ne l settore del Comando gruppo d' armate Est vds. M . Torsiello, Le operazioni delle unità italiane cit., cap. IX e Xl, nonché Massimo Coltrinari, La Resistenza dei militari italiani all'estero. Albania, ed. Rivista Militare, Roma 1999. 1

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Guerra per mettere in chiaro la questione ed alle 19,15 il capo di gabi netto del ministro snientì la notizia, definendola un'infame calunnia! Uguale risposta ricevette mezz'ora più tardi il capo di S.M. della 9" armata, colonnello Tucci. Il proclama Badoglio lasciò interdetti e disorientati. Qualche ora più tardi arrivò il messaggio radio 24202 del Comando Supremo che prescriveva: «Comando Gruppo Armate Est concermi le forze riducendo gradatamente occupazione come ritenuto possibile et conveniente in modo però da garantire comunque possesso porti principal i et specialmente Cattaro et Durazzo. Dare preavviso dei movimenti ai Comandi germanici».

Rosi allora ordinò d.i cominciare subito ad eliminare i presidi nùnori per facilitare il raggruppamento dei reparti e delle divisioni; di reagire contro attacclù di unità tedesche o di formazioni partigiane; di evitare «finchè possibile conflitti con le truppe germaniche»; di «tenere ad oltranza» i po1ti di Valona, Durazzo e Cattaro; da far partire per l'Italia le navi italiane presenti nei porti; di far partire tutti i velivoli per la S icilia; di considerare atto ostile il transito di notevoli forze tedesche; di non preoccuparsi più della difesa costiera. Poco dopo la mezzanotte, Rosi ricevette due ufficiali tedeschi di collegamento, i quali chiesero quali fossero le intenzioni italiane. Secondo la loro relazione, egli spiegò che intendeva attenersi alle condizioni di armistizio trasmesse da Radio Londra e precisamente: ritirare le unità sulla costa ed imbarcarle sulle navi alle fonda nei porti di Catta.ro, Durazzo e Valona per rimpatriarle. Alla domanda se avrebbe ordinato di sparare contro le colonne tedesche che stavano entrando in Albania proprio per occupare quei porti, il cui possesso era considerato fondamentale dalle autorità del Reich, Rosi rispose che non avrebbe aperto il fuoco per primo. Alle 10 del 9 settembre il generale Bessel, capo del nucleo di collegamento, si presentò al Comando del gruppo cl'aimate per comunicare le direttive appena ricevu te dall'Oberbefehlshaber Siid-Ost. ln sostanza, il Comandante Superiore Sud-Est avrebbe fatto di tutto affinchè le unità italiane potessero partire indisturbate per l' Italia; il Comandante italiano doveva collaborare alla soluzione dei problemi correnti in Albania ed in Montenegro per consentire alle sue truppe di tornai·e in patria al più presto; se i comandai1ti italiani desideravano partire in aereo, sarebbero stati agevolati. Il generale Rosi , replicò di aver ricevuto l'ordine dal Comando Supremo di ripiegare sui tre noti porti e di tenerli ass'Olutamente; precisò di


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aver ordinato a tutti i reparti di non aprire per primi il fuoco, ma di considerare ogni tentativo di disarmo come atto ostile; specificò che ogni unità aveva l'ordine di conservare tutto l'armamento, artiglierie comprese. Tuttavia finì per mostrarsi disposto a consegnare l'armamento pesante dietro impegno tedesco di far rimpatriare senza intoppi le truppe italiane. Rosi mirava anche a prendere tempo sia nella speranza di ricevere direttive ulteriori dal Comando Supremo, sia comunque per poter raggruppare le unità in modo da porsi in grado di meglio fronteggiare la situazione. Perciò dichiarò di non poter fornire una risposta precisa di disarmo prima del giorno 13. Verso le 22 del 10 settembre si ripresentò il generale Besse!, latore di un ultimatt1m circa la firma immediata dell'ordine di cessione delle armi, assicurando nel contempo il rimpatrio delle divisioni italiane via mare. Dopo lunghe discussioni, a mezzanotte passata fu raggiunto un accordo: consegna solo parziale delle armi; i reparti avrebbero conservato l'armamento individuale e le anni automatiche di reparto, un plotone mortai da 81 per battaglione ed una batteria per ogni reggimento d' aitiglieria; consegna delle autoblindo e dei carri armati; definizione delle zone di radunata divisionali. Alle 5 dell' 11 settembre i Comandi della 9A armata, del VI e del XIV corpo assicuravano che tutto si sarebbe svolto come disposto e con ordine. Alle 10,25 Rosi venne avvertito che il generale Rendulic entro cinque minuti sarebbe venuto al Comando del gruppo d'armate per concludere gli accordi . Si presentò invece il generale Gnamn con un forte reparto meccanizzato arrestando tutto il perso~ale e dichiarando Rosi prigioniero di guerra. Un'ora dopo questi ed il generale Albert, che sostituiva il generale Giglioli rimasto bloccato in Italia, si trovavano in aereo diretti a Vienna. Verso la mezzanotte di quello stesso giorno, il generale Dalmazzo, comandante della 9A armata, venne convocato dal generale Rend_ulic, il quale gli annunciò quanto segue: « l.

Il Gruppo armate Est è prigioniero con tutto il suo personale e materiale: i soldati

italiani che non si arrendono vengono fucilati quali ribelli . 2. Quale Comandante in capo ciel Gruppo Armate Est viene nominato il generale Dalmazzo. Egli riceve le sue istruzioni dal Comandante in capo della 2A armata corazzata attraverso il generale Baader, comandante ciel XXI corpo d'armata da montagna. 3. Compiti: a) Sistemazione dei reparti, mantenimento compatto delle truppe italiane negli attuali alloggiamenti, consegna e trasferimento di tutte le aimi pesanti e cli tutti i veicoli a motore ( ...) .


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' b) Direzione dell'avviamento dei reparti italiani in zone di raccolta e di caricamento sui treni per il rientro comandato. c) Direzione dell 'approvvigionamento durante le marce. cl) Mantenimento di una rigida disciplina( ...)».

Le sanzioni previste per danneggiamento o perdita di materiale erano durissime, o meglio ridotte alla fucilazione dei colpevoli e dei responsabili disciplinarmente. Le ovvie veementi proteste di Dalmazzo caddero nel vuoto: l'occupazione tedesca dall'Albania stava dilagando insieme con il disarmo dei vari presidi. «L'armata era in via di totale disfacimento senza che nulla si fosse effettivamente tentato per opporre una valida reazione a tale sfacelo» commentò amaramente un ufficiale dello Stato Maggiore de)!' Armata 1• Il 12 settembre Dalmazzo diramò il seguente preliminare <<Ordine di movimento verso nord-est», che precisava le sanzioni tedesche: «I. Le truppe della 9A armata, del VI e del XIV corpo d'armata devono trasferirsi verso

Nord-Est. Movimento da effettuarsi fino alle stazioni di carico per via ordinaria, indi per ferrovia. Probabile data d'inizio ciel movimento: 13 corrente. 2. La disciplina dovrà essere mantenuta con la maggiore fermezza. Durante la pennanenza in territorio di occupazione tedesco, per le sanzioni penali vigerà il codice marziale tedesco. In particolare: - in caso di sottrazione di anni, munizioni, carburanti, viveri saranno fucilati non soltanto i responsabili ma ancbe un ufficiale del Comando della divisione e 50 uomini della divisione stessa; - chi venderà o regalerà armi a civili o le distruggerà senza apposito ordine sarà fucilato; - chi giungerà alla stazione senza l'arma cbe aveva .in consegna sarà fucilato con il suo comandante; - per ogni automezzo reso inutilizzabile viene fucilato un ufficiale e lO uomini; Tali sanzioni dovranno essere portate senza indugi a conoscenza d i tutti ì militari. Riserva di ordini dettagliati per il movimento. Confido nell'azione coscenziosa e nel contempo rigida dei comandanti cli ogni grado perchè in guesto momento così grave la disciplina non subisca rilassamenti che potrebbero portare a dolorose situazioni e perchè il morale della truppa sia mantenuto il più possibile alto.

1 Relazione del ten. colonnello Goffredo Zignani, capo ufficio Stato Maggiore del Comando 9A armata.


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Comprendo lo stato d'animo cli tutti. La fierezza del soldato italiano che ovunque ha fieramente e valorosamente combattuto per il suo Paese anche nell'ora dolorosa deve animare gli spiriti»

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Gli eventi precipitarono. Il VI corpo d'armata (gen.Piazzoni) presidiava la Dalmazia melidionale e 1'Erzegovina con due divisioni ed una brigata costiera. Alle sue spalle, nell'entroterra, si trovava la 7" Gebirgsdivision. SS Prinz Eugen.. L'ambiente politico-operativo era pa1ticolare: nei centri importanti si trovavano reparti di ustaja a noi apertamente ostili, reparti croati filo-tedeschi, formaz ioni partigiane comuniste dichiaratamente nemiche. Gli unici gruppi a noi favorevoli erano i cetnici. In sostanza, una regione piena di forze a noi avverse ed anche in contrasto fra di loro, per cui il controllo si era dovuto far ricorso ad un dispositivo tattico e logistico assolutamente diverso da quello che sarebbe stato richiesto dalla situazione creatasi dopo l'arm istizio. La sera dell'8 settembre il Comando della Prinz Eugen avvertì che al1'alba si sarebbe mosso su Ragusa per subentrare nella difesa della fascia costiera e che se il VI corpo non si fosse arreso lo avrebbe attaccato con reparti meccanizzati sostenuti dalla Luftwa:ffe. Al rifiuto del generale Piazzoni, verso le 3 del 9 l'attacco ebbe luogo; ma nonostante tutti gli sforzi e l'intervento di Stukas venne respinto . Ripetuto con maggiori forze all'alba del 10 fu presto sospeso ed il comandante interinale della Prinz Eugen. affem1ò con molta disinvoltura essersi trattato di un equivoco o di un eccesso di zelo di qualche ufficiale della divisione. I tedeschi, spiegò, non intendevano disarmare, ma solo raggiungere i punti più importanti della costa; le truppe del VI corpo potevano raccogliersi ove stabilito dal Comando italiano. Nelle prime ore dell' 11 giunse il messaggio del Comando gruppo d' armate Est con le disposizioni per la parziale cessione delle armi e su tale base fu raggiunto un accordo. Ma improvvisamente, la notte sul 12 tedeschi bloccarono a Ragusa Comandi, alloggiamenti e depositi e catturarono la maggior parte del personale. Dopo una confusa e sanguinosa lotta durata qualche ora, anche nelle vie di Ragusa, la resistenza italiana ebbe termine. In Montenegro il generale Roncaglia, ricevuto il predetto messaggio da Tirana e saputo della cattura ciel generale Rosi, il 12 settembre tenne rapporto a Podgorica ai comandanti delle quattro divisioni del XIV corpo d'armata. L' idea era di concretare l'azione da svolgere contro i tedeschi, ma di

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Gabrio Lombardi, L'8 settembre fuori d 'Italia, Mursia, Milano 1966, pp. 287-288.


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fronte all'impossibilità di una riunione delle forze a causa della delicata situazione esistente nelle varie zone, Roncaglia finì per lasciare arbitri i comandanti di divisione di assumere le iniziative imposte o suggerite dalle diverse circostanze, limitandosi. a fissare le modalità esecutive con le quali ciascuno avrebbe dovuto condurre la lotta. Raccomandò peraltro di evitare atti aggressivi per il timore di creare una crisi improvvisa. Mentre tre Comandi di legione ed i dieci battaglioni di camice nere passavano in blocco ai tedeschi non appena conosciuta la liberazione di Mussolini, nella breve pausa spiccarono l' ince11ezza del Comando XIV corpo, le prime reazioni della D.alp.Taurinense e della D.f.Em.ilia e la decisione tedesca: il mattino del 15 settembre il Comando del corpo d'armata ed il genenùe Roncaglia vennero catturati . A questo punto, la maggior parte delle truppe italiane in Montenegro reagì violentemente 1 • [n Grecia si trovava l' 11" mmata (gen.Vecchìarelli). In seguito ad accordi tra il Comando Supremo e l'Oberkomm.ando der Wehrmacht, in data 28 luglio essa si era trasformata in un' annata italo-tedesca, con uno Stato Maggiore tedesco affiancato a quello italiano per la trasmissone degli ordini alle unità germaniche e quale organo di collegamento con il Comando gruppo d'armate E (gen.U)hr), dal quale l'armata dipendeva operativamente 2 • Il dispositivo assunto era - come altrove - da un lato pressochè inevitabile, dall'altro infelice per le truppe italiane: XXVI corpo (geo.Della Bona) in Epìro, VIII corpo (gen.Marghinotti) nell' Acarnania, Etolia e nelle isole di Santa Maura e di Cefalonia; III corpo (gen .Marazzi) in Tessaglia, Attica e nell'Eubea. Queste forze, estremamente carenti di mezzi di trasporto, erano schierate a cordone lungo le coste e frazionate in tanti presidi nell' interno per il controllo del territorio e la repressione dell ' attività partigiana. Le forze tedesche, in gran parte meccanizzate, erano invece raccolte a grossi blocchi in posizioni centrali con compiti di difesa manovrata 3 •

1 Cfr. Luciano Viazzi,.La Resistenza dei militari italiani all 'estero. Montenegro, Sangiaccato, Bocche di Cattaro, ed. Rivista Militare, Roma 1994; G. Lombardi, L'8 settembre fuori d'Italia cit., pp. 325-390. 2 Il Comando gruppo d'armate E, con sede in Salonicco, era uno strano Comando perché disponeva soltanto di due corpi d'armata e della Fortezza Creta. Dipendeva dal Comando gruppo d'armate F (maresciallo von Weichs). 3 Per gli avvenimenti ne l settore cieli' 11 A armata vds. M. Torsiel lo, Le operazioni delle unità italiane c it., cap . XTT, XTII e XIV e relativi riferimenti. Cfr. Giovanni Giraudi, La Resistenza dei militari italiani all'estero. Grecia continentale e isole dello Ionio, ed. Rivista Militare, Roma 1995.


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La sera del 7 settembre il generale Gandini, capo di S .M. dell' armata, era rientrato da Roma, dove aveva ricevuto il Promemoria n.2 e istruzioni dal Comando Supremo . Come sappiamo il documento conteneva una specifica disposizione: «Dire francamente ai tedeschi che le truppe italiane non avrebbero preso le armi contro di loro se non fossero state soggette ad atti di violenza annata», nonchè la direttiva di riunire a] più presto le truppe in prossimità dei porti. Purtroppo, la sera del gomo seguente arrivò improvvisa la notizia dell'armistizio. Vecchiarell i si preoccupò di una possibile i1mnediata aggressione tedesca, tale da compromettere il raggiungimento di un accordo, tanto più che il generale Gandini, nel consegnargli il Promemoria )1 .2 disse di aver capito che «l 'armata veniva sacrificata» e che a Roma si faceva affidamento sull'abilità del comandante per salvare le trnppe dalla distruzione o dalla cattura. Vecchi arell i, dunque, nell'intento di evitare lo sfacelo della grande unità incaricò il generale von Gyldenfeldt, capo di S.M. tedesco, di partecipare subito al generale Lohr i suoi intendimenti, pregandolo di confermargli che le unità germaniche si sare bbero astenute da atti di violenza. E dette copia dell'ordine in corso di diramazione alle unità dipendenti: «Seguito conclusione arm istizio truppe italiane 11 11 armata seguiranno seguente linea di condotta alt se tedeschi non faranno atti di violenza armata, italiani non - dico non - volgeranno armi contro cli loro, non - dico non - farnno causa comune con i ribelli né con le truppe anglo-americane che sbarcassero alt Ognuno rimanga suo posto con i compiti attuati alt Sia mantenuta con ogn i mezzo disciplina esemplare alt Comunicare quanto precede at corrispondenti Comandi tedeschi alt Dare assicurazione».

Il generale Gyldenfeldt eseguì l' incarico e ritornò chiedendo risposta immediata all 'aut-aut del Comando gruppo d'armate E: o non riconoscere l'armistizio e continuare ad operare senza alcuna restrizione a fianco tedesco oppure consegnare tutto l'armamento pesante e i materiali ad evitare un' azione di forza germanica. Vecchiarelli respinse entrambe le ipotesi e ripropose quanto già detto, aggiungendo che suo unico desiderio era quello di riportare l'annata in Italia. Von Gyldenfeldt assicurò che il rimpatrio delle truppe italiane era nelle intenzioni tedesche , ma dichiarò che le trattative sarebbero riprese con un generale tedesco di rango superiore. Verso le 23 dello stesso 8 settembre, mentre truppe tedesche si impadronivano degli aeroporti di Atene e degli stabilimenti d'Intendenza ubicati nella capitale, e soprattutto della rete delle trasmissioni, si presentò il generale Lanz, comandante del XXII corpo da montagna per continuare i colloqui . Dopo lunghe discussioni e sul1a basa dell'ostinato diktat del generale


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Lohr - rimpatrio dell'armata, ma in condizioni di totale disarmo - Vecchiarelli venne «alla conclusione dì rinuncia ad ogni resistenza, che sj sarebbe risolta in un inutile spargimento di sangue, data la netta inferiorità d'armamento delle nostre truppe», ottenendo però la conservazione del1' armamento individuale 1. Su questa base, alle 9 ,50 del 9 settembre egli diramò il seguente ordine: «N. 02/25026 alt seguito mio ordine 02/25006 dell' 8 settembre alt presidi costieri dovranno rimanere in attuali posizioni sino at cambio con reparti tedeschi non , dico non , oltre però le ore 10 giorno 10 alt In aderenza clausole armistizio truppe italiane non oppongono da detta ora resistenza alcuna ad eventuali aziotù anglo-americane; reagiscano invece ad eventuali azioni forze ribelli alt Truppe rientreranno al più presto Italia alt Pertanto una volta sostituite G .U. s.i concentreranno in zona che mi riservo fissare unitamente modalità trasferimento alt Siano lasciate at reparti tedeschi subentranti armi collettive et tutte artiglierie con relativa munizionamento; siano portate at seguito anni indivi.duali ufficiali et truppe ( ...)».

Seguirono segni di sfaldamento di reparti; presa di possesso da parte tedesca di magazzini, depositi, parchi automobilistici; proteste vibranti di molti ufficiali; episodi di disarmo di militari isolati; cessioni di materiale ed armi a cittadini greci. Gradualmente tutto il territorio ellenico cadde sotto controllo germanico. Il primo scaglione del!' 11 A armata diretto alle stazioni ferroviarie di carico per il presunto rimpatrio lasciò Atene l' 11 settembre, mentre due divisioni, la Pinerolo e la Acqui, sottraendosi alla sorte comune, sceglievano Jinee diverse di comportamento 2 • Il 18 settembre il generale Veccbiarelli ed il suo capo di S.M. vennero spediti in aereo in Germania. Il Comando Superiore dell'Egeo (amm. Campioni), con sede a Rodi, occupava il Dodecanneso, le isole Sporadi meridionali e le Cicladi 3 • Alle unità de Il 'Esercito, disperse su tante isole, non si era mai presentata l 'occasione di affrontare la prova del fuoco, perciò esse avevano finito per acquisire una mentalità quietistica. Eccessivo il frazionamento ed il conseguente disseminamento delle forze per la preoccupazione di vigilare ovunque, al punto da dislocare in alcune reparti di consistenza irrisoria (in un'isola una sola squadra fucilieri; in a1tre sei un solo plotone; in cinque

Relazione del generale Vecclùarelli. Cfr. Vincenzo Palmieri, Quelli delle Jonie e del Pindo, Firenze 1983, e G. Rochat e M . Venturi (a cura), La divisione Acqui a Cefalon.ùi, Mursia, M ilano 1993. 3 Vds. M. TorsieHo, Le operazioni delle unità italiane cit., cap. XV. 1

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meno di una compagnia; in quattro una compagnia). La D.F. Regina presidiava nove isole, la Cuneo ben venti. Come è naturale, il cuore dell'Egeo si trovava a Rodi, la cui guarnigione era costituita da 37 mila uomini delle tre forze armate, cui si aggiungeva la Sturmbrigade Rhodos. La faccia costiera dell'isola, di profondità variabile, si estendeva per circa 220 chilometri ed era presidiata da una scacchiera di centri di fuoco e capisaldi, fronte a mare, che assorbiva la quasi totalità delle forze terrestri italiane, mentre 1a brigata tedesca, meccanizzata, si manteneva in posizione centrale. I collegamenti con le vmie isole si svolgevano a mezzo radio . Anche per l'ammiraglio Campioni la notizia dell 'armistizio fu una sorpresa . .Però nella notte sul 9 ricevette il messaggio radio 24202 che, per quanto lo riguardava, gli consentiva libertà d'azione circa l'atteggiamento da prendere nelle particolari circostanze, fermo restando l'intervento ove fossero «prevedibili» atti di forza tedeschi, e gli comunicava l'immediato passaggio alle dipendenze del Comando Supremo. NelJa notte stessa i tedeschi presero l'iniziativa occupando gli aeroporti dell'isola e, nella successiva mattinata, catturarono il comandante della D.f. Regina ed elementi vari. L'ammiraglio Campioni ordinò il ripiegamento dei settori costieri più vicini sulla città di Rodi, ma era evidente la disparità della lotta. Nella notte sul 10 ricevette due ufficiali ed un sottufficiale britannici, lanciatisi con il paracadute. Dichiararono cli essere inviati dal generale Wilson, comandante in capo del Medio Oriente. Alle loro domande, Campioni rispose cli essere in grado cli resistere per qualche giorno e garantire per il momento il possesso del porto, ma non quello degli aeroporti, già occupati dai tedeschi . Gli inglesi spiegarono che «l'armata d'Oriente non era in condizioni di fornire qualche intervento aereo, ma che entro una settimana avrebbe potuto disporre per il trasporto di qualche elemento di rinforzo e che in una quindicina di g iorni avrebbe potuto sbarcare, in complesso , una brigata». La delusione di Campioni fu forte . A partire dal 1Oviolente incursione della Luftwaffe sconvolsero in modo decisivo la posizione italiana, tuttavia l'accanita resistenza riscontrata ovunque indusse il generale Kleeman, comandante della Sturmbrigade, ad offrire a Campioni una soluzione: l'ammiraglio sarebbe rimasto nell'iso]a con funzioni di governatore civile, i soldati avrebbero deposto le armi in appositi magazzini, gli ufficiali avrebbero conservato l 'armamento individuale ed :'ottenuto la libertà di circolazione nell'isola, di cui Kleeman avrebbe assunto il comando militare. Ove la proposta fosse stata respinta, la Luftwaffe avrebbe bombardato la città. Considerate le critiche corcostanze e la nessuna speranza di aiuto dal Comando del Medio Oriente, nel pomeriggio dell' 11 settembre Campioni risolse la cessazione delle ostilità nella sola


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isola di Rodi, cui .in secondo momento i tedeschi vollero aggiungere Scarpanto. Qualche giorno dopo Campioni a tutti. gli ufficiali di Rodi e di Scarpato venivano internati in Germania 1• * * * Abbiamo visto le disposizioni impartite dall'ammiraglio De Courten nel pomeriggio del 7 settembre in ottemperanza a quanto prescritto dal Promemoria n.l del Comando Supremo. Ma, per meglio configurare l'atteggiamento psicologico della flotta, è opportuno tener presenti tre fatti. Il primo: gli ordini diramatì da Superrnarina la sera del 6 settembre per la dislocazione di 22 sommergibili lungo le probabili rotte seguite dai convogli alleati avvistati e davanti aHe presumibili zone di sbarco, apparendo ormai sempre più evidenti i sintomi di un'imminente operazione d i sbarco angloamericana contro le coste tirreniche 2 . Il secondo: il colloquio di De Courten con l'amnùraglio Bergamini, comandante in capo della squadra navale da battaglia, avvenuto il mattino del 7 settembre a Roma: «Ebbi da lui - ricordò De Courten - piena ed esplicita assicurazione che la Flotta era pronta ad uscire per combattere nelle acque del Tirreno meridionale la sua ultima battaglia ( ...). Gli accordi presi con l'aeronautica italiana e con quella tedesca e le esperienze compiute davano buon affidamento di poter finalmente contare sopra una discreta cooperazione aeronavale. Egli confermava che, intervenendo ad operazioni di sbarco iniziata e traendo profitto dall' inevitabile crisi di quella delicata fase, sarebbe stato possibile infliggere al nemico danni gravi ( ...)» 3 •

Lo strano è che, nella successiva riunione pomeridiana concernente app unto il Programma n.l del Comando Supremo, De Courten nuUa fece per attenuare i toni ed evitare si radicasse il convincimento cli una battaglia navale, anzi della battaglia navale. Infatti . «non ritenni opportuno - anunise apertameme - dare ai presenti notizia delle trattative in corso per l'armistizio, non avendo ricevuto al riguardo che notizie generiche sotto vin-

Pasquale Juso, La Resistenza dei militari italiani all'estero, Isole dell'Egeo, ed. Rivista Militare, Roma L994. 2 Si noti che a tutto il giorno 7 tal i «sintomi» non erano apparsi al Comando Supremo significativi cli un sicuro sbarco sulla costa tirrenica per il giorno dopo (F. Rossi, Come arrivammo all'armistizio cit., p. J 45). 3 E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., p. 365. 1


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colo di segreto; però mi risulta che a molti dei partecipanti alla riunione non era sfuggito il significato delle norme relative ai prigionieri di guerra e agli aerei germanici ed angloamericani contenute nel promemoria del Comando Supremo».

Peggio ancora: «Data l'incertezza della situazione - aggiunse - ritenni necessario stabile con i Comandanti di FF.NN. un segnale convenzionale, in seguito al quale avrebbe dovuto procedersi all'autoaffondamento delle navi, possibilmente in mare aperto e in alti fondali» 1• Più tardi De Courten affermò di aver saputo dell'avvenuta firma dell'armistizio soltanto nella riunione al Quirinale del giorno 8 . E' formalmente esatto, ma neJla mattin,ata del 3 egli era stato informato da Badoglio dell'autorizzazione data al generale Castellano per 1'accettazione del 1'armistizio 2 e questo è qualcosa di più delle «notizie generiche» di cui ha fatto cenno, e pertanto il 7 settembre egli non poteva non pensare che l'armistizio fosse già stato firmato. Orbene, la mattinata dell'8 settembre, «essendo giunta conferma dell'iniziato sbarco degli anglo-americani nel golfo di Salerno»(?), De Courten, preso contatto con Ambrosio, ordinò aJla squadra da battaglia di accendere e di tenersi pronta a muovere da La Spezia sin dalle 14 «per il previsto intervento offensivo nella zona di sbarco la mattina del giorno seguente e disposi perché fossero perfezionati e messi in atto gli accordi presi con le Aeronautiche italiana e tedesca per la cooperazione aerea» 3 . Per certo, nella tarda mattinata Ambrosio precisò a De Courten che doveva attendere ordini prima di far partire la squadra. Il terzo fatto è rappresentato dal repentino rovesciarsi della situazione agli occhi della Flotta. Tutto sommato, non può stupire molto la prima reazione di ammiragli e marinai. La sera dell'8 settembre, nella riunione al Comando Supremo a seguito di quella tenuta al Quirinale, De Courten non esitò a prospettare al capo dì S.M. Generale l'eventualità di ordinare l'autoaffondamento della flotta, Lasciò peraltro cadere l'idea di un gesto del genere quando, letto il «Documento di Quebec», si rese conto della necessità di ottemperare alle clausole dell'armistizio nell'interesse dell'Italia. Rientrato subito al ministero, fra le 21,10 e le 22,30 impartì per radio a tutti i Comando della Marina ed a tutte le navi l'ordine di sospendere le ostilità. L'ammiraglio Bergamini, colto di sorpresa sia dalla notizia dell'armistizio 1 Ibidem, p. 367. Ma taluno dei presenti rilevò la contraddizione tra l'ordine del pieno rifornimento e l'orientamento all'estremo sacrificio. 2 Relazione Ambrosio in G. Castellano, La guerra continua cit., p. 156. 3 E. Aga Rossi, L' inganno reciproco cit., p. 368 .


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sia dalle conseguenze che ne derivavano per la flotta, tenne a rappresentare che lo stato d'animo degli ammiragli e dei comandanti in sottordine, immediatamente convocati dopo l'annuncio fatto dal maresciallo Badoglio, era «unanimemente orientato verso 1'autoaffondamento delle navi». De Courten assicurò che le navi avrebbero conservato la bandiera italiana e non sarebbero state cedute, e non incontrò difficoltà a convincere Bergamini dell'assoluta necessità di adempire lealmente al più presto con la squadra per La Maddalena. Alle 3 del 9 settembre le unità navali di La Spezia e di Genova erano in navigazione ed alle 2,30 De Courten fece diramare via radio ed in chiaro il suo proclama «ai marinai d'Italia» 1• La Flotta obbedì. I principali ordini successivi, trasmessi dall'armistizio Sansonetti, rimasto a Roma dopo la partenza del ministro, ma sempre a firma di quest'ultimo, furono: a) alle 6,30: «Truppe tedesche marciano su Roma. Fra poco Supermarina potrebbe essere nella impossibilità di comunicare. Per ordine del Re eseguite lealmente le clausole del1'armistizio. Con questa leale esecuzione la Marina renderà altissimo servisio al Paese»; b) alle 7,15, ricevuto il messaggio 24202 del Comando Supremo, l'ordine di applicare il Promemoria n. 1; c) alle 12,30, a tutti i Comandi periferici, una sintesi delle condizioni d'armistizio; d) alle 14 ,15, a tutte le navi in mare, varie disposizioni particolari; e) alle_13,20, l'ordine alla squadra da battaglia di dirigere su Bona anziché su La Maddalena, essendo questa stata occupata dai tedeschi 2 •

Fra le 15,30 e le 16 due incursioni di bombardieri tedeschi attaccarono la squadra. Alle 15,52 la nave ammiragliata Roma fu colpita e mezz'ora dopo affondò trascinando nel gorgo 1'ammiraglio Bergamini e oltre 1.200 uomini dell'equipaggio. La forza navale continuò la navigazione al comando dell'ammiraglio Oliva. Alle 7 del giorno 10 le navi alzarono il pennello nero. Accodatasi ad una formazione britannica, il mattino seguente la squadra gettò l'ancora «sotto i cannoni della fortezza di Malta», come l'ammiraglio Cunningham telegrafò a Churchill. Anche per il ministro e capo di S.M. dell'Aeronautica l'annuncio della firma dell'armistizio giunse inatteso la sera dell'8 settembre. Rientrato al ministero subito dopo il breve rapporto di Ambrosia al Comando Supremo,

1

2

Ibidem, pp. 370-371 . Ibidem, pp. 373-374.


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Sandalli fece immediatamente richiamare i velivoli partiti per missioni offensive ed ordinò il rientro a Roma di Superaereo della sede operativa di Palestrina. Poco dopo la mezzanotte, mentre predisponeva il ritorno nella capitale, il generale Santoro, sottocapo di S.M., ebbe ancora una conversazione telefonica con il ministro, il quale, nel significargli che la situazione generale non sembrava preoccupante e che solo in alcune località si erano verificati incidenti non gravi , rinnovò la raccomandazione di consigliare ai Comandi dipendenti il massimo controllo per evitare atti impulsivi di ostilità nei confronti dei tedeschi. Ve~so le 4 giunse a Superaereo il messaggio formale del Comando Supremo che trasmetteva le condizioni d'armistizio «per l'integrale esecuzione ( ...) con le modalità già comunicate verbalmente e con promemoria». Santoro conosceva il promemoria per averlo sentito leggere una sola volta il 6 settembre, ma non certo le istruzioni verbali impartite al capo di Stato Maggiore. Cercò dunque di mettersi nuovamente in contatto telefonico con Sandalli, che però era già partito, ed alle 6,30 ricevette personalmente un eloquente fonogramma del Comando Supremo: «Informo che Governo e Comando Supremo lasciano Roma ore sei dirigendo su Pescara. Eccellenze Capi di S.M. delle tre Forze Armate devono seguire al più presto, lasciando loro rappresentanti in sito. Quale rappresentante ciel Comando Supremo resta in sito il generale Palma. Gen. Ambrosio» .

Rientrato finalmente a Roma, Santoro conobbe l'ultima disposizione lasciata dal generale Sandalli: rimanevano nella capitale lui stesso quale rappresentante del capo cli S.M. dell'Aeronautica e responsabile dello Stato Maggiore, ed il generale Urbani, quale rappresentante del ministro e responsabile del ministero. L'imbarazzo iniziale di Santoro, proiettato in una situazione difficilissima ed in continua evoluzione e per giunta privo di una precisa idea degli intendimenti del Governo e del Comando Supremo, era destinato a crescere a dismisura. Si risolse al Comando Supremo , ma il generale Palma risultò introvabile; allo Stato Maggiore dell'Esercito non trovò alcuno che gli fornisse ]umi; analogo risultato ottonne al Comando del Corpo d'armata motocorazzato. L'unico con cui poté parlare fu il sottocapo cli S.M. della Marina, il quale però ben poco era in grado di dirgli. Il mattino del 9 la situazione era la seguente. Le comunicazioni con la I squadra aerea (Milano) risultavano interrotte sin dalla notte; dalla Provenza, il Comando della 4A armata aveva riferito che tutti gli aeroporti erano stati occupati dai tedeschi ed il personale disarmato; dalla Corsica, nessuna no-


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tizia dal Comando dell'isola; dalla Sardegna, il Comando Aeronautica aveva avvertito che i tedeschi, distrutti alcuni campi, si ritiravano verso nord per passare in Corsica; la II squadra aerea (Padova) segnalava alcuni campi occupati, ma una situazione complessiva senza motivi di preoccupazione; in Croazia, il Comando XI corpo d'armata aveva disposto il ripiegamento dei reparti dell'Aeronautica verso Pola; interruzioni di ogni collegamento con Grecia e Rodi; nessuna notizia dalla IV squadra aerea (Bari) né dai Comandi dislocati in Campania. La III squadra aerea (Roma) riferiva l'occupazione di alcuni campi da parte tedesca; l'inutilizzazione dei velivoli operata dagli equipaggi del 3° stormo caccia a Cerveteri e del S.A.S. alla Marcigliana all'avvicinarsi di unità tedesche; panico e disordine a Roma, con il conseguente abbandono delle caserme da parte di molti avieri. Ad ogni modo, i problemi più pressanti concernevano il trasferimento immediato di alcuni reparti in Sardegna, la difesa de.i campi non ancora occupati dai tedeschi ed il trasferimento di unità su basi alleate come previsto dalle clausole d'armistizio. Sul primo punto fu giocoforza soprassedere in attesa di ricevere precise notizie sulla disponibilità e sull'atterrabilità delle basi sarde, ma venne diramato a tutti i Comandi un ordine perentorio: «Disporre perché nel caso aeroporti dipendenti fossero minacciati occupazione da parte germanica, apparecchi bellicamente efficienti vengano resi inutilizzabiU» .

Quanto alla difesa dei campi, riusciti vani j tentativi cli conoscere le disposizioni emanate da.i Capi dell'Esercito, per armonizzare con esse l'azione cieli' Aeronautica, i Comandi aerei furono invi tati a prendere contatto con quelli viciniori per regolarsi in merito. La situazione si chiarì alquanto nella tarda mattinata del 10 settembre, rendendo possibile ordinare alla III squadra aerea il trasferimento dei reparti in Sardegna. Poi, nel pomeriggio, il maresciallo Caviglia informò Santoro che le trattative con il Comando tedesco per riconoscere Roma <<Città aperta» erano io corso cli definizione , ma nel contempo, poiché tutti gli aeroporti si trovavano esternamente alla linea che delimitava la <<città ape1ta», lo invitò a rendere inutilizzabili, se ancora in tempo, gli aerei rimasti su detti campi. Verso le 16 giunse la prima comunicazione del generale Sandalli da Brindisi. Era estremamente laconica: «Chiedo max numero notizie. Ministro Sandalli». Santoro rispose con un dettagliato quadro panoramico, concludendo: «( ...) A Roma situazione confusa a causa mancanza qualsiasi ordine e direttive. Grave soprattutto la questione alimentare della truppa, in relazione numero uomini anche affluiti


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dai vari campi occupati. Mancanza di ordini e della conoscenza precisa situazione generale e accordi con Tedeschi ed eventualmente con Anglo-americani rende estremamente difficile mio compito. Prego, se possibile, inviare istruzioni e direttive» 1•

Ma al! 'estero esistevano anche reparti delle tre Forze Armate inquadrati in unità tedesche o comunque operanti agli ordini di Comandi germanici. In sintesi , in Francia si trovavano il personale della base atlantica sommergibili di Bordeaux, alcuni reparti di artiglieria e del genio ed unità aerea a lstres; in Germania, la base sommergibili di Danzica e due battaglioni nebbiogeni , nonché numerosi reparti di artiglieria da costa sul Baltico; in Romania, la base sommerginili di Costanza sul Mar Nero; in Estremo Oriente reparti e navi dislocati a Shangai, Singapore, in Malesia ed in Giappone. Quasi tutto il personale di dette unità ader) alla R.S .I. e continuò il servizio in posto.

1 Angelo Lodi, L'Aeronautica e l'armistizio in «Otto settembre 1943. L'armistizio italiano 40 anni dopo», Atti deJ convegno internazionale 1983, M ..D., Roma 1985.



CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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Capitolo III CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Il collasso dell'apparato statale e militare che si verificò 1'8 settembre fu così irq.ponente ed angoscioso da suscitare una condanna senza appello per il Governo Badoglio e per i vertici militari, ma soprattutto per il R.Esercito. Una difesa globale è letteralmente impossibile, ma, ad un'attenta valutazione dei fatti, non tutte le accuse sembrano ben collocate. La maggior parte della memorialistica, pur presentandosi come intesa a «mettere in chiaro» gli eventi, si traduce nell'assoluzione dell'uno (se stesso, in primis) e nella condanna dell'altro ed è quindi da usare con cautela ai fini di un esame obiettivo. La storiografia, nel suo complesso, ha gradualmente assunto una posizione più distaccata, conservando tuttavia non pochi radicali pregiudizi su singoli personaggi o determinati episodi 1 • Poicbè per giudicare gli avvenimenti storici è buona norma risalire alle origini ed essendo chiaro il nesso tra il 25 luglio e l '8 settembre, vediamo la prima contestazione mossa al governo Badoglio: il non aver preparato il «dopo Mussolini>> e più precisamente non aver pianificato, almeno nelle linee generali, l'uscita dalla gue1rn, vale a dire le due operazioni dello sganciamento dalla Germania e dell'armistizio con gli Alleati. In sostanza, non aver preso contatto con gli Alleati prima di rovesciare il fascismo. Ma era possibile? Dovunque si imbastivano trame, accordi, progetti. Tutti attendevano l'evento che doveva maturare, senza però riflettere su come e quando. Men che meno si poteva pensare all'avvio di un processo rivoluzionario, dato lo stato d'animo di acquiescienza o di rassegnazione di vasti strati della popolazione e la dovizia di mezzi repressivi a disposizione del regime. I «congiurati» più decisi, una ristretta cerchia di militari ed il ministro della Real Casa,Acquarone, non avevano un vero capo.Essi attendevano il via

Sugli eventi relativi all'am1istizio cfr. il quadro fornito dagli Atti del convegno internazionale tenuto a Milano il 7-8 settembre 1983, 0110 seuernbre 1943. L'armistizio italiano 40 anni dopo , a cura di A. Mola e R. Raniero, USSME, Ro1na 1985. 1


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dal Re - al pari, del resto, dei pochi politici moderati che potevano avvicinare il sovrano ed anche degli esponenti antifascisti - , un via peraltro limitato a reprimere i probabili disordini conseguenti all'arresto di Mussolini. Vittorio Emanuele III, dal canto suo, non si sentiva affatto alla testa di un complotto: semplicemente riteneva spettargli la decisione non appena giunto il momento giudicato opportuno per «dimissionare» Mussolini. Tutto qui. Ben poco, è vero, ma si può immaginare un Capo di Stato che, in piena guerra, voglia mettersi d'accordo con il nemico per abbattere il proprio Governo? L'affermazione che «gli autori del colpo di stato vi arrivarono solo quando( ...) si convinsero dell'impossibilità di coseguire il loro originario obiettivo (trar fuori l'Italia dal disastro in cui l'avevano cacciata) , non contro ma con la collaborazione di Mussolini» 1, appare fuorviante. Anzitutto, esisteva la convinzione generale, diffusa anche fra gli Alleati minori del1'Asse, che se qualcuno poteva influire su Hitler per indurlo a cercare una soluzione politica alla guerra ormai compromessa, o - per assurdo - per consentire all'Italia di trattare una pace separata, questo qualcuno era Mussolini. quindi non si vede perchè non si cosiderasse naturale fare un tentativo, certo meno traumatico cli una subitanea rottura con la Germania, mentre si stava lottando in Sicilia. In un secondo luogo, sembra voler dedurre da ciò un'inclinazione al mantenimento del fascismo, mentre la defenestraz ione di Mussolini era già decisa e si attendeva solo il consenso del Re. Il quale fu pronto ad avvalersi dell'ordine del giorno del Gran Consiglio,ma - secondo l'informazione data daAcquarone a Castellano - fu il risultato del convegno di Feltre che portò a stimare maturi i tempi per determinare il nuovo corso della politica del Paese, e fu in quel momento che venne stabilita la data del 26 luglio per l'intervento reale, senza nulla sapere della riunione del Gran Consiglio 2 • Né sembra sostenibile che preliminari iniziative personali potessero automaticamente condurre quanto meno ad una promessa anglo-americana di immediata disponibilità a seguito del rivolgimento governativo, del quale non era nenuneno precisabile la data: ricordiamo l'arrocco degli Alleati sulla formula della «resa incondizionata» e sulla diffidenza sempre manifestata nei confronti dell' Italia. D'altronde un tentativo del genere era stato avanzato da parte di Badoglio, vale a dire di un personaggio qualificato. Nel novembre 1942 egli, evidentemente dopo aver maturato entro di sè i sondaggi fatti con lui dalla principessa Maria José qualche mese prima 3 , si era rivolto al segre1

Ruggero Zangrandi, 1943: 25 luglio-8 settembre, Feltrinelli , Milano 1967, p.79. La guerra continua cit.,pp. 31-32. 3 Vanna Vailati, Badoglio risponde, Rizzoli, Milano 1958, p. 72. 2 G. Castellano,


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tarjo di Stato del Vaticano, cardinale Maglione, mostrandosi disponibile ad assumere il governo , ove cacciato Mussolini. Non risulta che il cardinale abbia dato seguito a questa avance e neppure alla successiva lettera del 21 dicembre con la quale Badoglio si dichiarava pronto a costituire un nuovo governo liquidando Mussolini ed il fascismo. Nel gennaio 1943, allora, il maresciallo prese contatto, a mezzo di fiduciari, con esponenti ingles i in Svizzera, palesando l'intenzione «ad un dato momento, di assumere il potere e di stabilire in Ita]ia un governo militare» e chiedendo che gli inglesi ricevessero il generale Pesenti, suo uomo di fiducia, per organizzare il rovesciamento de] regime fascista con un ' azione coordinata in Italia e fuori 1• Anche questo passo rimase lettera morta. Bisogna, quindi , ricoi1oscere che il problema era stato visto bene da Badog] io e da coloro con i quali nel 1943 egli si tenne in contatto, e che nessuna intesa sarebbe stata possibile con gli Alleati, decisissimi a non assumere impegni cli alcun genere nei confronti del «nemico» italiano. L'assenza cli uno studio concertato fra coloro che si accingevano a prendere in mano le redini della difficile situazione italiana portò inevitabilmente ad un momento di trepida incertezza, che provocò una navigazione a vista. La preoccupazione più impeJlente riguardava le possibili e temute reazioni fasciste; venuta essa a dissolversi in un paio di giorni, con un sospiro di sollievo si pensò al d ilemma cruciale: immediato sganciamento dalla Germania oppure preventivi accordi militari con gli Alleati? La scelta fu effettuata senza esitazioni da Badoglio, con l'approvazione del Re, e condivisa da Ambrosio e da Roatta. Badoglio fu reciso: <<Ripeto, e con la più assoluta convinzione, che una dichiarazione eia parte dell'Italia di cessazione delle ostilità non avrebbe potuto avere altro risultato che questo: c~cupazione immediata cli tutto il Paese da forze tedesche; immediato rovesciamento del Governo, con creazione di un Governo neo-fascista; nessuna assicurazione che gli Alleati avrebbero poi considerato la sorte del popolo italiano disgiunta da quella del partito fasc.ista» 2 •

Ambrosio riteneva illusorio sganciarsi dalla Germania senza l'aiuto anglo-americano 3 a causa della «assoluta impossibilità di qualsiasi atto di

Mario Toscano, Dal 25 luglio all'8 settembre cit., pp.20-23 e 142-143. Cfr. P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., p.63 . 2 P. Badoglio, L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., p.78. 3 Jbidem, p.96. Cfr. G . Castellano , La guerra continua cit., p.54. 1


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forza, data l'esjguità delle nostre forze e data la loro dislocazione che non permetteva un rapido concentramento» 1• E Roatta scrisse che: «Non si poteva far altro che sondare le intenzioni degli Alleati nei nostri riguardi, e determinare così la nostra futura linea di condotta; e - nel frattempo - mantenersi in condizioni di difendere il Paese, prendendo contemporaneamente tutte quelle precauzioni contro la minaccia germanica che potessero essere adottate senza compromettere irrimediabilmente la difesa e senza provocare prematuramente l'aggressione» 2 .

La soluzione dell'immediata rottura con il Reich aveva anch'essa i suoi fautori, soprattutto facendo un confronto tra le situazioni militari al 26 luglio ed all' 8 settembre, il che però è ragionamento a posteriori 3 • Ad ogni modo, merita menzione il promemoria che il generale Utili, capo reparto operazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito, presentò e commentò al generale Rossi ed al generale De Stefanis, sottocapo di S.M. dell'Esercito. Egli proponeva che il capo del Governo convocasse il maresciallo Kesselring, l'ambasciatore von Mackensen e l'addetto militare von Rintelen e conducesse la discussione sulla seguente traccia: «Prima questione: il fascismo , suicidandosi, ha riconosciuto il fallimento della sua politica. Il popolo italiano, appena libero, ha dimostrato di non averla mai approvata. Il capo del Governo, militare di professione, ritiene che la causa dell'Asse sia già perduta. Una situazione co~ì grave autorizza a richiedere al Governo del Reich una leale franchezza sui mezzi e sui piani sui quali esso fonda ancora la sua fiducia di vincere. Risposta probabile: vaga, come sempre. Seconda questione: il Governo italiano è spiacente di non poter condividere queste previsioni ottimistiche circa una soluzione militare. Poichè questo momento e per la prima volta l' Italia si trova ad essere mortalmente minacciata, il Governo si vede costretto ad insistere presso l'alleato per la ricerca immediata e d i comune accordo di una soluzione politica del conflitto. Risposta probabile: questa soluzione è ingiustificata e vile. Terza questione: di fronte a così fondamentale e insanabile divergenza di vedute, e inchinandosi alla chiara volontà ciel Paese, il Governo italiano s i vede costretto con dispiacere a riprendere la propria libertà d'azione. Considera però suo debito d 'onore di non entrare in trattative con il nemico fino a quando non saranno evacuate dal suo territorio

1

2 3

Ovviamente Ambrosio si riferiva alle poche unità afficienti in territorio nazionale . M. Roatta, Otto milioni di baionette cit., p. 29 1.

F. Rossi, Come arrivammo all'annistizio cit., p. 293 ; G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'llalia cit., Il, p. 40.


CONSIDERAZJONT CONCLUSIVE

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tutte le forze germaniche entratevi per difenderlo, e non saranno restituite tutte le armi ed i materiali germanici ceduti all'Italia per Io stesso scopo. Ciò che si desidera sia fatto nel più breve tempo possibile. Risposta probabile : fulmini e saette. La difesa a oltranza del territorio italiano è interesse del terzo Reich, che non solo non ritirerà le sue truppe, ma si tìserva di mandarvene ancora, quante riterrà necessarie. Dichiarazione finale : l'Italia è ancora uno Stato sovrano non occupato per di.r.itto di conquista. Per quanto schiacciante possa essere la sproporzione delle forze, noi ci oopporrerno con le armi alla minima violazione del nostro territorio. Ne ricadranno sul Reich le conseguenze. Dopo di ciò rottura e conflitto armato potevano considerarsi inevitabili e probabilmente immediati. Ma noi avremmo avuto buone catte da giocare».

Le carte sarebbero consistite in tre messaggi radio in chiaro. Uno al mondo: «La Germania, che nel 1914 ha invaso l'inerme Belgio e nel 1941 ha attaccato la Russia( ...), colma ora la misura assalendo addiritt11ra la sua alleata. Perciò da oggi l'Italia è in stato di guerra con la Germania». Il secondo alle armate italiane nei terrritori oltre confine: «Considerate le truppe tedesche come nemiche( ...)». L'ultimo al generale Eisenhower: «L'Italia è in guerra contro la Germania e, caduto il fascismo, non ha motivo alcuno di ostilità contro gli Alleati. Se una cooperazione militare è gradita contro il comune nemico, accordi potranno immediaatamente essere presi» 1• Indubbiamente questo progetto, fra l'altro molto bene esposto,era lineare ma tutt'altro che scevro di incertezze e pericoli, il più drammatico dei quali riguardava il prevedibile tentativo di cattura del Re e del Governo da parte tedesca, seguito dalla formazione di un governo fascista. L'idea fu quindi accantonata non offrendo sufficienti garanzie dì sicurezza e di pronto appoggio anglo-americano. Qualcosa del genere era stato intravisto ed accarezzato anche da esponenti politici, sia pure molto sommariamente. Il 2 giugno Bonomi era salito al Quirinale per toccare con il Re lo spinoso argomento. Vedeva il cambiamento di regime in due atti: revoca del Duce e suo arresto; nuovo governo politico, eventualmente con un capo militare, e sganciamento dalla Germania. A suo avviso: «Se la Germania si rassegna al nostro distacco, noi potremmo tornare allo stato di neutralità o di non belligeranza. Se invece essa ci aggredisce, pretestando il nostro tradimento, noi dovremo chiedere l'aiuto degli anglo-americani ed entrare nell'alleanza delle Nazioni Unite, cioè nel campo dei futuri vincitori» 2 • Per essere più precisi, Bonomi rite-

1 Umbe1to Utili, La crisi armistiziale e il rapporto con l'alleato tedesco in «Storia Illustrata» n.9, settembre 1983, pp. 27-36. 2 1. Bonomi, Diario di un anno cit., pp. 6-7.


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neva che «pochissimi giorni» fossero sufficienti per la diramazione e l'attuazione degli ordini intesi a dare all'Italia la sicurezza di poter reggere alla più che probabile rappressaglia tedesca. «Nel contempo - argomentava - il nuovo governo antifascista doveva semplicemente avvertire il Comando delle forze anglo-americane che esso era alla vigilia di essere aggredito dalle forze naziste e pertanto ch iedeva l'intervento degli Alleati in quei porti( ...) prescelti per uno sbarco ed in quelle zone dove l'aviazione alleata avesse ritenuto opportuno installarsi. Non dunque 1ichiesta di armistizio in conseguenza della nostra piena capitolazione, ma semplice, dignitosa, logica offerta agli Alleati di un nuovo campo di battaglia, dove noi e loro saremmo andati incontro alle forze germaniche ancora - nella loro massa principale - collocate oltre la cerchia del le Alpi» 1•

Il Re contempò questo programma «con l'occhio di un incredulo che reputa la cosa impossibile» e Bono mi se ne andò «deluso» 2 • Guaiiglia, dal canto suo, si soffermò sulla «santa ingenuità» con la quale ancora nel giugno 1943 si considerava la situazione italo-tedesca e la posizione nostra nei confronti degli Alleati, i quali si pensava fossero entrati in guena «solo per motivi di fascismo e antifascismo» 3 •

*** Presa la decisione di rivolgersi anzitutto agli Alleati, il governo Badoglio cominciò a muoversi con le note preoccupazioni suscitando ben presto alcune sensazioni sgradevoli nell'opinione pubblica: un rigore in tema di ordine pubblico ritenuto incompatibile con un regime di libertà, una collaborazione militare con la Germania apparentemente immutata, una guida della cosa pubblica del tutto distaccata dalle masse ed assai poco intelligibile. Se l'allarme destato da queste sensazioni era comprensibile per i contemporanei, assai meno lo è a distanza di tempo. In merito all'ordine pubblico, è innegabile l'eccessiva durezza, anche di espressione, della circolare Roatta, pur se derivante dal timore di interventi tedeschi, tuttavia bisogna riconoscere che, quando la situazione in un paese diventa difficile per motivi bellici, la prima cura di qualsiasi Governo o Comando militare, a qualsiasi latitudine , riguarda la tranquillità del fronte

1

T. Bonomi, Diario di un anno cit., pp. VII-Vlll. p. 7.

2 fbidem, 3

R. Guariglia , Ricordi cit., pp. 58 1-582.


CONSIDERAZ!ONl CONCLUSIVE

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interno o del paese occupato in modo da poter rivolgere ogni attenzione al nemico . Non a caso nelle proposte americane del 18 giugno 1943, a proposito dei termini di resa da imp01re all'Italia per il periodo di occupazione, il previsto proclama del governatore alleato chiadva che uno dei suoi «propositi» era quello di «preservare la legge e l'ordine così come voluto dalle leggi internazionali» e, sciolte tutte le organizzazioni fasciste, imponeva: «Non sarà permessa alcuna attività politica. Gli abitanti si asterranno da ogni azione mirante a turbare la pace od a pregi udicare la sicurezza delle forze alleate ( ...)». E ancora: «7. T,utti i servizi pubblici , tecnici ed amministrativi e di pubblica utilità devono continuare a funzionare. A tutte le persone impiegate in tali attività è perciò ch iesto di compiere il loro normale dovere e svolgere le loro funzioni come in passato( ...)» 1•

Quanto alla collaborazione militare con la Wehrmacht la questione presenta aspetti particolari. È verissimo che la lotta in Sicilia proseguiva in comune, ma poteva essere diversamente? È verissimo che il nostro dispositivo difensivo nell'Italia meridionale (una divisione efficiente, una di occupazione ed una in ricostituzione, a prescindere dalle grandi unità costiere) rimase intatto, ma poteva essere diversamente? Invece, ben avendo avvertito la latente ostilità tedesca, con le poche divisioni efficienti dell'Italia centrale si pensò a Roma e con le due efficienti dell'Italia settentrionale si provvide per la piazza marittima di La Spezia. Per contro, è da registrare che, nell'intento di non allarmare j tedeschi, i primi di agosto la stampa, su inopportune diretive ministeriali, aveva fatto appello allo spirito combattivo degli italiani, riparlando di Asse e riaprendo espressioni del periodo fasci sta, col risultato di provocare sconcerto ed anche indignazione 2 • È stata avanzata la tesi che, pur riconoscendo la guerra come ormai persa, persistette l'illusione di poter uscire dal conflitto «evitando uno scontro diretto con i tedeschi( ...)» e che «all'interno dei vertici militari l'atteggiamento prevalente era di opposizione ad un cambiamento dii fronte e favorevole alla continuazione della guerra» 3 . Si tratta di un'interpretazione che, almeno così espressa, non sembra condivisibile. Verissimo il timore di uno scontro diretto con i tedeschi, giustificato dalla valutazione di una netta inferiorità bellica nei loro confronti. Non esatta la prevalente opposizione

E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., pp.267-268. I. Bonomi, Diario di un anno cit., pp. 57-58 . 3 E . Aga Rossi,L'inganno reciproco cit., p. 35 . 1

2


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ad un cambiamento di fronte: il punto è che tutti si rendevano conto della realistica impossibilità di concludere un armistizio con gli Alleati e ...diventare neutrali! Ne conseguiva 1'inevitabilità di riprendere la lotta a fronte rovesciato o d'iniziativa o per reagire alla sicura aggressione della Germania, Ja quale mai avrebbe rinunciato a sfruttare come campo di battaglia 1' Italia centro-settentrionale. In definiti va, poichè il distacco dal Terzo Reich era considerato possibile soltanto ottenendo l'aiuto alleato, diventava comprensibile non già la «continuazione della guerra» di per sè, bensì la «continuazione della guerra finchè non si fosse raggiunto l'accordo con gli Alleati». Peraltro è indubbio, e non può meravigliare, l'esistenza di una forte remora a «saltare improvvisamente addosso ai tedeschi» mentre si combatteva insieme con loro. Da ciò il 1ipetuto (anche troppo!) ordine di limitarsi a reagire solo se attaccati. Certamente taluni singoli ufficiali considerarono il prevedibile cambiamento di fronte difficilmente sostenihile dal punto di vista dell'etica militare, prescindendo dal perchè e dal come. Del resto, anche Eisenhower non nascose le sue perplessità al riguardo. E il generale Utili ha fornito un esempio nel generale Francesco Rossi, sottocapo di S .M. Generale, il quale, «indubbiamente integro ed in buona fede, severo, solitario, lavoratore meticoloso ed instancabile, vestale fanatica del principio di autorità», pur riconoscendo persa la guerra, non riusciva ad ammettere «nella sua rigida coscienza di staccarsi dall'alleato». Preferibile, diceva, morire in piedi» e così assunse un atteggiamento negativo: la sua azione tendeva in pratica «solo a ritardare la crisi fatale che sentiva incombere» . Ne seguirono aspri contrasti con il generale Utili che attribuiva alla sua influenza certi silenzi di Ambrosie con i maggiori Comandi direttamente dipendenti dal Comando Supremo 1• Poichè si è accennato alla questione «segretezza», vale la pena di soffermarvisi per sottolineare le gravi ripercussioni derivanti dal!' assenza di una conveniente azione di orientamento, calibrata a seconda del livello. Guariglia affermò che la maggior parte dei ministri «nulla sapeva delle trattative di armistizio» 2 . In realtà , l'unico ad essere informato era lui; perfino i ministri militari, a leggere quanto più tardi hanno raccontato, vennero messi al corrente solo a ridosso dello sbarco alleato a Salerno. Ora, francamente, non si sa se criticare maggiormente il silenzio di Badoglio o la timidezza di comportamento (o la passività?) dei ministri . Non risulta alcuna

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2

U. Utili, La crisi armistiziale cit. R . Guariglia, Ricordi cit., p. 618 .


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esplicita richiesta di lumi presentata, quanto meno dai ministri militari, al capo del Governo, fermo restando naturalmente l'impegno alla segretezza. Lo stesso, e con più forza, dicasi per l'atteggiamento dei capi di Stato Maggiore nei riguardi di Ambrosio, motivo per cui resta difficile accettare il fatto che i responsabili delle singole Forze Armate si siano limitati ad attendere informazioni e direttive, nonostante i preoccupanti interrogativi che non potevano non porre a se stessi. Anche Roatta, il più informato a partire dalla metà di agosto, non «premeva» su Ambrosio. Il quale, poi, per gli argomenti che presentavano risvolti di natura politica (vedansi proprio i rapporti con i tedeschi) si attendeva strettamente alle decisioni del capo del Govern.o . Nessuna meraviglia che da una situazione così complessa sia derivata una li nea di condotta talvolta contraddittoria ed incoerente, talvolta inesplicabile, che scendendo lungo la scala gerarchica, almeno sino ad un certo livello, generava incertezze. Si sentiva che qualcosa non andava per il verso giusto e questo non giovava alla saldezza degli animi in un momento irto di incognite. Eppure l'argomento in un modo o nell'altro veniva discusso . Il generale Favagrossa ha ricordato i colloqui avuti con gli industriali a partire dal 27 luglio 1 . Non solo ma, convinto da tempo che l'Italia non fosse in grado di continuare a battersi, il 1° agosto convocò i tre ministri delle Forze Armate ed il sottocapo di S .M. Generale per concretare alcuni provvedi menti, ritenuti urgenti , «intesi a sospendere le commesse militari onde poter poi, con i materiali di cui si disponeva; facilitare la ricostruzione del paese» . Le scorte, al 1° luglio 1943 molto maggiori di quelle al 1° settembre 1939 , si erano formate a causa dei pesantissimi bombardamenti che, paralizzando i trasporti , avevano impedito di attuare il programma 1943. «Aggiungo - che, a mio giudizio, anche se avessi avuto le disponibilità desiderabili di materie prime, era ormai assurdo spiccare commesse per l'espletamento-delle quali sarebbero occorsi parecchi mesi (per alcune anche più di un anno), ossia commesse che avrebbero date armi e munizioni per una futura guerra» 2 •

Ancora: almeno dalla metà di agosto le «voci» in merito ad un annistizio, per vaghe che fossero , cominciarono a circolare. Basti dire che il giorno 20 Bonomi ricevette la visita del generale Carboni, il quale gli disse di credere nella possibilità di una resistenza contro i tedeschi, anche se mancava

1 C. Favagrossa, Perchè perdemmo la guerra cit. , p.198. 2 lbidem, pp. 200-201 .


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totalmente l'aviazione. «Ma con un segreto accordo - spiegò - si potrebbe far giungere un mezzo migliaio di aerei inglesi ed americani nel momento stesso dell'aggressione tedesca; ciò darebbe possibilità cli resistere in attesa cli sbarchi alleati recanti pronti ed efficaci soccorsi» . Alla domanda di Bonomi se questi «segreti accordi» esistessero veramente, Carboni «mi confida, in tutta segretezza, che ha mandato , in due riprese, messi militari a chiedere il necessario soccorso». Naturalmente Bonomi, sempre in assoluta segretezza, ne informò gli amici antifascisti 1• La presa di contatto con gli Alleati ha sollevato molte critiche, la prima del1e quali concerne il «ritardo» con cui è stata effettuata basandola sul1'jnvio a Lisbona del generale Castellano il 12 agosto. Per la verità, il riferimento in questione non è appropriato. Abbiamo visto gli iniziali immediati tentativi, risultati purtroppo vani, con i rappresentanti alleati in Vaticano; la partenza delle missioni d' Ajeta per Li sbona (2 agosto) e Berio a Tangeri (3 agosto). Decisioni non fulminee ma in tempi comprensibili. Il 4 agosto il contatto con gl i Alleati era stabilito a Lisbona, dove d' Ajeta ripetè formalmente che il governo Badoglio era deciso a giungere «alle più estreme conseguenze in ogni modo» per rompere con la Germania ed uscire dal conflitto 2 • Una volta messo in chiaro, dagli Alleati, il carattere prettamente militare di un possibile armistizio, il compito di proseguire il contatto venne affidato al generale Castellano. Al riguardo, è stato commentato che «Per i capi mihtari italiani la trattativa di armistizio con gli alleati non fu soltanto un passo çloloroso ma necessario da compiere: fu anche una favorevol e occasione per consolidare le proprie posizioni di potere» 3 . Strana affermazione. Detto ciò, bisogna riconoscere come fatto ricorrente un difettoso nostro approccio ai problemi di politica estera. Più di una volta nella nostra storia è emerso il curioso, e ingenuo, convincimento di una propensione del prossimo ad una certa indulgenza nei riguardi dell'Italia. Così, in quell 'estate del 1943, i fautori di un preventivo accordo con gli Alleati, prima del distacco dalla Germania, erano convinti di poter affrontare un armistizio ispirato ad un atteggiamento «comprensivo», viste le nostre indubbie difficoltà

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I. Bonomi, Diario di un anno cit., pp. 77-78.

Lanza cl' Ajeta a Prunas s.d., DDJ, 9A serie, X, doc. aJl. l cit. Secondo Giorgio Candeloro il viaggio in treno di d' Ajeta fu un «altro indizio della voluta lentezza del governo italiano» (G. Cancle loro, Storia dell'Italia moderna, X, Feltrinelli, Milano 1984, p. 206) . Non si comprende quale interesse avrebbe avuto il governo Badoglio , che vedeva affluire in Italia nuove clivisioni tedesche, a tirare le cose per le lunghe. 3 1. Palermo, Storia di un armistizio cit., p.58.


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ed il concorso che offrivamo; ed i fautori della immediata lotta con i tedeschi andavano un passo avanti, essendo persuasi che gli eventi comportassero l'automatico superamento di un armistizio vero e proprio. Gli uni e gli altri si illusero che l'Italia potesse «cavarsela» dalla guerra perduta senza danni sostanziali, visti il compiuto abbattimento di Mussolini e del fascismo e la disponibilità a cooperare per cacc iare i tedeschi dalla penisola. Gli uni e gli altri non si rendevano conto nè della mentalità americana, che pretendeva pura e semplice resa incondizionata in modo da evitare qualsiasi impaccio nello sviluppo dei piani strategici già studiati ed approvati; né della volontà punitiva britannica, che intendeva negare all' Italia, sconfitta dopo tre anni.di guerra, qualunque voce al tavolo della pace. Questa incomprensione rientra nella incapacità di un'obiettiva valutazione pol itico-militare della situazione e del punto di vista degli anglo-americani - meglio sarebbe d ire dei vincitori - nei nostri confronti. All' annuncio dell'armistizio, Bonomi si rammaricò che non fosse «I' ltal ia che denunciava r alleanza con la Germania in conseguenza della caduta ciel fa. scisrno, ma è l' Ita lia vinta che riconosce di fronte al nemico anglo-americano la sua piena sconfitta. Così noi usciamo dalla guerra non per atto di volontà e dopo la nostra separazione dalla Germania, ma perchè ci ha costretti alla resa la soverchiante potenza avversaria» 1 •

Non fu il solo ad esprimere sentimenti del genere. Altri addirittura sostennero con virtuosa indi gnazioneche i1 G overno avrebbe dovuto rifiutare di sottoscrivere jJ documento di resa impostoci. Evidentemente costoro ritenevano che l'Italia del! 'estate 1943 potesse, in piena autonomia , «decidere» fra più soluzioni cd indipendentemente dalla presenza armata e ostile di anglo-ameùcani e di tedeschi. Insom ma , nei colloqu i che si svolsero non riuscimmo ad avvertire l'enorme distanza psicologica esìstente fra noi e gli Alleati, ignorando, fra l'altro, l ' assoluta preminenza dell 'ormai prossimo sbarco anglo-amerìcano nella Francia settentrionale rispetto alle operazioni in Italia, e sopravval utando l'uscita dell'Italia dalla guerra agli occhi alleati. Né si compresero ìl pieno significato del termine «resa senza condizioni>>; il dubbioso affidamento sull'efficienza residua del nostro esercito, visto l'andamento della lotta in Sicilia; il peso dell'opinione pubblica americana nella valutazione di un rovesciamento di fronte da parte italiana. Questi errori psicologici,

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I. Bonorni , Diario di 1111 anno cit., pp. 93-94.


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comuni del resto a quasi tutti gli esponenti italiani, portarono a ritenere di poter «discutere» i termini dell'armistizio e, di conseguenza, a perdere più tempo del necessario per arrivare alla conclusione, senza contare che verosimilmente si sarebbe evitata la diffidenza subito insorta negli Alleati. Come se non bastasse, si verificarono anche deficienze organizzative. Indubbiamente si poteva e doveva operare con maggiore cura e completezza (che dire del non aver dotato Castellano di un mezzo radio sicuro?), il che si sarebbe tradotto, a conti fatti, in un ulteriore risparmio di tempo. Però, se invece di firmare l'armistizio-il 3 settembre lo si fosse finnato, ad esempio, il 30 agosto, che cosa sarebbe cambiato? L'incognita su data e luogo di sbarco sarebbe rimasta integra e, stando a quanto conosciamo dei programmi alleati, molto verosimilmente la proclamazione dell 'annistizio sarebbe stata mantenuta alla sera dell'8 settembre e lo sbarco a Salerno al mattino del 9. Ricordiamo le parole di Churchill nel lunghissimo discorso tenuto il 21 settembre ai Comuni: «( ...) So che è stato detto che furono allora perduti quaranta giorni preziosi in queste trat-

tative, e che, in conseguenza, fu versato senza scopo sangue b1itannico ed americano intorno a Salerno. Questo non ha base nei fatti e fe,isce le famiglie colpite dal lutto. Il momento del nostro attacco·principale contrn l'Italia era stato fissato senza tenere affatto conto dell'atteggiamento del governo italiano e la data provvisoria dell'operazione era stata decisa molto prima dell'inizio di qualsiasi trattativa, ed ancor prima della caduta di Mussolini( ...)»

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E, dopo aver ricordato il messaggio indirizzato al generale Alexander il 18 agosto, ponendo in evidenza i suoi dubbi che il governo Badoglio «possa mantenersi al potere sino al giorno fissato per il nostro attacco principale» e perciò rappresentando la necessità di affrettare i tempi per evitare che i tedeschi entrassero in Roma, concluse: «Così tutta questa operazione - ed ecco la mia risposta all'accusa di ritardi ed al termine 'neghittoso' che ho visto usato da alcuni - tutta questa operazione fu il risultato cli decisioni prese prima della caduta di Mussolini ed avrebbe avuto luogo, indipendentemente dagli avvenimenti italiani, al più presto possibile. La resa italiana fu come la fortunata caduta di una pera matura, ma non aveva nulla a che vedere con la data fissata per il raccolto del pomaio. La verità vera è che l'annuncio dell'armistizio fu ritardato per farlo coincidere con l'attacco, e non già il contrario( ...)» 2 •

Churchill, In guerra. Discorsi pubblici e segreti, Il, Rizzoli, Milano 1948, p.87. Ibidem, pp. 88-89.

1 W.

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CONSTDERAZIONI CONCLUSIVE

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Perciò, anche se la firma dell'armistizio fosse avvenuta prima , per noi cosa sarebbe cambiato? Con ogni probabilità avremmo continuato a discutere sullo sbarco «in prossjmità di Roma» e la difesa della capitale sarebbe rimasta «per a.ria» perchè le due divisioni «Re» e <<Lupi>> non avrebbero in ogni caso potuto completare l'arrivo. *** Sotto il profilo delle disposizioni militari , a prescindere dalla tardiva diramazione delle direttive e degli ordini esecutivi, i principali punti dolenti sono quattro: 1'inatteso «anticipo» del giorno G; il vincolo di subordinare la nostra azione alI 'iniziativa tedesca; la discutibile organizzazione della difesa di Roma; l'abbandono deJla capitale. Sul colpo di fulmine dell'8 settembre molto è stato scritto. Secondo Ivan Palermo, «Nella ricostruzione ufficiale degl i avvenimenti, però, i militari italiani - tentando di scagionarsi dalle loro gravissime responsabilità - hanno trasfonnato questa deduzione di Castellano in un impegno preciso degli Alleati, e così. per oltre venti anni, hanno accreditato la tesi secondo cui il disastro dell'8 settembre fu causato dalla slealtà degli angloamericani, i quali , senza nessun preavviso , anticiparono di quattro g iorni l'annuncio della capitolazione( ...)» ' ·

Ora, i responsabili sono in sostanza due, e precisamente: il generale Castellano, che dedusse la data del 12 settembre, ed il generale Ambrosie, che la prese assolutamente per valida. li primo, a fine 1945, ha spiegato coram populo il ragionamento fatto e nessun addebito ha mosso agli Alleati 2;.il secondo, pur ritenendo, a ridosso dell'8 settembre, la data dello sbarco «anticipata» da Eisenhower 3 , mai ha accusatogli Alleati di non aver rispettato un loro impegno sul giorno dell'annuncio. Non solo, ma nel 1946 il il generale Rossi ammise apertamente che «il capo cli S .M. Generale si fissò sulla data del 12» e, quanto agli Alleati, si limitò ad indica.re , implicitamente, una loro responsabilità nel «mancato coordinamento» della loro

I I. Palermo, Storia di un armistizio cil., p.161. 2 G. Castellano, Come firmai l'armistizio di Cassibile cit., pp. 172-173. 3 «La data dell'[annuncio dcli'] armistizio - scrisse Ambrosio ad Acquarone il IO ottobre 1943 - è stata anticipata senza alcun r iguardo alla nostra situazione, così che si è generata una crisi gravissima in Italia e nei Balcani» (DDI, 10" serie, I, doc. 34).


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azione con quella italiana al momento dell'armistizio 1• Ancora: nel 1945 il generale Zanussi ha riconosciuto che «le nostre supreme autorità si aspettavano che la proclamazione dell'armistizio fosse, al più presto, fissata per il 12, e invece se la vedevano arrivare inaspettatamente quando non erano preparati( ...)», ma ha attribuito il fatto ad un diffidente silenzio anglo-americano, non ad un inganno 2 . E nel 1946 il generale Roatta ha scritto: «E' da escludere che g li Alleati possano averci promesso di non annunciare l'armistizio prima di una dete1minata data, ed assicurato che avrebbero operato come da noi richiesto e proposto, e che poi si siano discostati da tali promesse ed assicurazione, improvvisamente, e senza avvertirci. Analogamente non é neppure da pensare che la parte alleata, pur astenendosi da affermazioni categoriche, ci abbia dato in proposito espliciti affidamenti, all'ultimo momento e senza informarci messi in non cale» 3•

Possiamo, peraltro, a buon motivo aggiungere che gli Alleati, pur rendendosi pienamente conto che l'Italia riteneva molto più fotti le truppe d'invasione e dava per scontato lo sbarco principale in forze in prossimtà di Roma, si guardarono bene dal dissipare queste errale convinzioni 4 • Taluni hanno espresso la convinzione che se gli Alleati non avessero comunicato l'armistizio quattro giorni prima della data da noi creduta valida, le cose sarebbero probabilmente in modo differente in quanto le divisioni Re e Lupi di Toscana avrebbero completato l 'a1Tivo, le difese della capitale avrebbero raggiunto l'efficienza prevista, il corpo motocorazzato si sarebbe disimpegnato da ogni compito statico diventando una vera massa di manovra, gli aeroporti sarebbero stati ben guardati e la 82" Airbone sarebbe atterrata. Secondo altri i quattro giorni di differenza non avrebbero influito molto sugli avvenimenti. Il generale Utili , al riguardo, ha detto che indubbiamente questo anticipo non fu l'unica determinante del disastro che seguì, ma «fu come il remo dato in testa ad un naufrago che sta affogando» 5 • Gli ordini diramati prima dell '8 settembre ebbero una caratteristica, di per sè in linea con le circostanze, vale a dire mirarono ad evitare di far precipitare le cose, perciò: semplicemente reagire ed opporsi con la forza ad atti ostili compiuti dai tedeschi. Questo ossessivo timore di provocare incidenti portò ad un troppo aperto cedimento del vertice militare - proteste

F. Rossi, Come arrivammo a/l'armistizio cit., p. 312. G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., TI, pp.228-229. 3 .M. Roalla, Otto milioni di baioneae cit., p.3 14. 4 M. Toscano,Dal 25 luglio al/'8 seltembre c il., p.194. 5 U. Uti li, La crisi armistiziale cit. 1

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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a parte - di fronte alle richieste tedesche, con due risultati psicologicamente negativi. I Comandi tedeschi si convinsero che con noi bastasse chiedere con decisione per ottenere e che, in caso di netto rifiuto , potessero non tenere conto del divieto e forzare la situazione, salvo, tut'al più, a presentare più tardi generiche scuse. Per altro verso, nei nostri Comandi in sottordine, inizialmente pronti ad opporsi senza mezze misure alle pretese germaniche, la constatazione che al primo segno di attrito 1' Autorità Centrale finiva per cedere ingenerò una sorta di scarsa convinzione nel! 'osservanza delle direttive ricevute. Tale impostazione mentale del Comando Supremo, dovuta - ripetiamo all'imptrativo di nascondere l'intenzione di staccarci dalla Germania, influì in parte anche sulla diramazione delle direttive. Secondo Castellano, infatti, Ambros:io risolse di attenersi alla lettera dell'esplicito divieto di Badoglio cli comunicare ai maggiori Comandi di grande unità il rivolgimento che il Governo stava per compiere, e rimandò 1' invio cli disposizioni scritte ritenendo inutile inviarle quando nel contempo si vietava dì assumere le misure necessarie per attuarle, e pericoloso percbè i diretti collaboratori dei comandanti destinatari ne avrebbero presa conoscenza con il rischio di lasciar filtrare involontarie indiscrezioni ai tedeschi che per ragioni di servizio frequentavano i Comandi di gruppo d 'armate 1• Questo spiega perchè l'ordine 111 C.T. dello Stato Maggiore dell'Esercito non sia stato seguito da analogo ordine del Comando Supremo ai Comandi direttamente dipendenti e perchè, se i successivi ordini dell'Esercito furono tardivi, ancor di più Io siano stati quelli del Comando Supremo. Per la verità, anche un altro fattore gravò sulla non tempestiva emanazione di ordini: l'attesa ottimistica di conoscere le intenzioni operative degli Alleati per poter armonizzare l'azione delle forze italiane con quelle angloamericane. Quando l'illusione cadde era tardi, troppo tardi. Ad ogni modo, la pennellata finale è veramente incomprensibile. Dopo l'annuncio dell'avvenuto armistizio fatto da Badoglio alla radio ed il monito che le Forze Armate italiane «reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza>>, quando già l'aggressione tedesca era in atto, il Comando Supremo diramò il messaggio 24202/op. che terminava con Ia

1 G . Castellano , La guerra continua cit., p.152. Umberto di Savoia, interpellato nel 1949 a Cascais, d ichiarò di essere stato informato dell'avvenuto armistizio «Esattamente alle 19,15 clell'8 settembre. Ero partito due ore prima dal mio Comando di gruppo d'armate sito in Anagni , e non ero a parte delle trattative d'arrnistizio . Tanto è vero che agli ufficiali del mio Comando dissi che sarei tornato la sera stessa(...)>> (Nino Bolla, Il segreto di due Re, Rizzoli , Milano 195 I , p. 23.


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frase: «Non deve essere presa iniziativa di atti ostili contro germanici>>. A quel punto Roatta mandò il generale Utili daAmbrosio per ottenere l'autorizzazione a far applicare la Memoria 44 op.: le insistenze furono inutili e l'ordine non partì. E non venne diramato neanche prima della partenza da Roma dei vertici militari! Roatta osservò che l'interruzione delle linee telefoniche e la difficoltà dei collegamenti radio crearono le condizioni previste per l'applicazione cl'iniziativa delle predisposizioni, anche offensive, prese in vista dell'atteggiamento ostile tedesco e che, d'altronde, la dichiarazione di Badoglio equivaleva all'ordine esecutivo della Memoria 44 op. 1• Si può discutere se a quanto prescritto da un comunicato radio a11a Nazione possa attribuirsi il valore formale di una direttiva operati va. Molti evidentemente non lo considerano un preciso punto di riferimento o, quanto meno, non ne ricavarono base di personali iniziative. Taluno, invece, seppe leggervi una inequivocabile linea di condotta. L' ammiraglio Campioni fu fucilato dalla repubblica di Salò perchè, <<avendo appreso il giorno 8 settembre 1943 dal giornale radio delle ore 20 la notizia dell'armistizio, e successivamente, alle 23 dello stesso giorno, avendo ricevuto ordine dal Comando Supremo di non ostacolare nè respingere uno sbarco anglo-americano e di opporsi alle violenze da qualunque altra parte fossero pervenute, comunicò tale ordine ai Comandi dipendenti, dimostrando così cli darvi piena adesione e l'intenzione clivolerlo eseguire( ...)» 2 . Qualche parola, adesso, su quella che fu denominata la «mancata difesa di Roma» , intendendosi con tale espressione che la resa della capitale era da addebitare in toto a chi aveva ricevuto preciso ordine di difenderla con truppe adeguate alle circostanze. Come sappiamo, la «difesa di Roma» era stata impostata dopo il 25 luglio per impedire un colpo di mano tedesco contro il Re ed il Governo. Svanita ogni speranza di sbarco anglo-americano «a portata di Roma>>, e quindi l'immediato sostegno ad una difesa della capitale - dichiarata dal generale Carboni, e condivisa dal capo di Stato Maggiore dell'Esercito, possibile soltanto per qualche giorno - diventava inevitabile e urgente allontanare la Corona ed il Governo. Una volta decisa tale partenza, evidentemente lo scopo della difesa veniva a cadere. Potevano d'altronde le forze raccolte intorno a Roma resistere ad un at-

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M. Roatta, Ouo milioni di baionette cit., pp. 332-334. Cfr. G . Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit. , II, pp. 201-202. 2

P. Monelli, Roma 1943 cit., p. 307.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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tacco tedesco e stroncarlo in modo risolutivo? La valutazione cui pervennero i responsabili non lasciò dubbi sul reputarla impossibile. Anzitutto gli apprezzamenti difensivi (più o meno campali) erano estremamente sommari e, dopo la proclamazione di «Roma città aperta», un rafforzamento delle opere sarebbe apparso in contrasto con quanto proclamato a tutti i combattenti . In secondo luogo, lo sviluppo dell'anello difensivo si aggirava sui J 50-200 chilometri, quindi si polarizzava a maglie molto larghe sulle strade consolari; l'organizzazione era tuttora incompleta e del tutto priva di profondità nel settore meridionale della città; il sostegno logistico delle unità difettava cli carburante e munizioni controcarri. Infine il rapporto di forza dei tedeschi sotto l'aspetto dell'efficienza bellica era improponibilè e sotto quello numerico era stimato complessivamente a 62 mila italiani con 200 mezzi corazzati contro 58 mila tedeschi con 600 mezzi corazzati e blindati. Soffermiamoci su questi elementi forniti dal generale Torsiello già capo della sezione speciale dello Stato Maggiore dell'Esercito, il quale ha tenuto ad assicurare che l'incremento organico delle due divisioni germaniche attorno a Roma fu <<accuratamente e giornalmente seguito» 1• Anche ammettendo più che possibile una valutazione erronea per eccesso, come da molti sostenuto, sta di fatto che agli occhi qi chi doveva risolvere il problema difensivo questi erano i dati sui quali basarsi. In particolare: a) settore nord: - italiani: D.cor. Ariete (5 mila uomini), D. cor. Centauro (3.500 u. ), D. rnot. Piave (7.000 u.), D. f. Lupi di Toscana (1.200 u.) e D. f. Re (600 u.) per complessivi 17.300 u. con 200 mezzi corazzati; - tedeschi: 3" Panzergrenadiere (24.000 u.) con 600 mezzi corazzati . b) settore sud: - italiani: D.f. Granatieri di Sardegna ( 12.000 u.), D.f. Piacenza (6.000) , D.f. Sassari ( 12.000 u .) per 30 .000 u. e 24 mezzi corazzati; - tedeschi: 2" D. paracadutisti (14.000 u.) e circa 40 mezzi corazzati. e) elementi vari: - italiani: truppe ai depositi (7 .000 u.) non considerabili ai fini di un impiego operativo; - tedeschi: elementi non inclivisionati con incarichi vari (7 .000 u. a Roma e 14.000 nei dintorni della capitale).

M. Torsiello, Settembre 1943 cit., pp.J 59-J 65. Nei mezzi corazzati erano compresi i semoventi di artiglieria ed i blindati. F. Rossi fornisce c ifre leggermente differenti (Come arrivammo all'armistizio cit., p .251). 1


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Si aggiunga un altro elemento determinante: la mobilità delle unità tedesche era tale da consentire di fare massa laddove voluto. Ma Kesselring non volle forzare subito la mano. La stessa sera dell'8 settembre fu informato che la flotta d'invasione era all'ancora davanti a Napoli e, considerando ormai superata la temuta eventualità di uno sbarco sulle coste laziali, tirò un sospiro di sollievo: non giudicava pericolose le divisioni italiane raccolte intorno a Roma, «nonostante superassero del triplo i nostri effettivi» (?), però preferì evitare un inutile logorio delle sue divisioni. Per questo limitò la press ione contro Ie posizioni italiane ad attacchi locali relativamente impegnativi ed offrì il «tutti a casa» oppure il duro ultimatum del bombardamento aereo di Roma e l 'interruzione degli acquedotti 1• Più tardi, in un'intervista del 7 ottobre 1958, dichiarò: «Avrei eseguito con estrema decisione la battaglia di annientamento già iniziata nella zona di Roma. Il risultato di questa operazione sarebbe stata la sconfitta delle truppe italiane che sarebbe avvenuta in meno di due giorni, per l'impari rapporto di forze» 2 • Non sono mancati, invero, giudizi di schietta convinzione della possibiltà di difendere Roma con successo, basati essenzialmente sul coraggioso comportamento dei nostri reparti durante gli scontri del giorno 9 e ritenendo che l'intervento della 82" Airbone avrebbe incoraggiato le truppe italiane, preoccupato i tedeschi e costretto gli Alleati ad intervenire a Roma con altre forze. Tuttavia, sappiamo che nessuno aveva posto in dubbio la capacità di_resistere per qualche giorno, che il 9 settembre .Kesselring era ormai sicuro di non dover temere altri sbarchi a portata di Roma e che gli Alleati non intendevano e non potevano cambiare i loro piani. In merito alla resistenza opposta il 9 settembre dalie nostre divisioni , in prùnis la Granatieri e l'Ariete che subirono perdite sensibili, il generale Cadorna riconobbe che purtroppo il risultato complessivo non doveva illudere. Le deficienze di armamento e le carenze addestrative inevitabilmente

A . Kesselring, Memorie di guerra cit. , p.202. Cfr. Siegfriecl Westphal, Thefatal decisions, London 1956, p. 169. 2 Leandro Giaccone, Ho firmato la resa di Roma, parte quarta, un documento inedito, p.2, Cavallotti , Milano 1973. L'affermazione di Roberto Battaglia che il Comando tedesco, ritenendosi battuto in partenza, abbia «pe1fino offerto al governo Badoglio iJ ripiegamento delle sue truppe verso Nord» non trova riscontro in documento o testimonianza alcuna italiana o tedesca (Storia della Resistenza italiana cit., p. 76). 3 Nel settore meridionale «numerosi rinforzi tratti dai depositi e messi dal Comando del corpo cl' annata cli Roma a disposizione ciel sottosettore [ dello su·emato 1° reggimento granatieri] , inviati a spizzico, male armati, privi cli coesione, si liquefacevano senza aver potuto svolgere utile azione» (R. Caclorna, L<.1 Riscossa cit., p.63). 1


CONSIDERAZION I CONCLUSIVE

pesavano, come mostrato dal poco producente intervento di molti reparti affl uiti a sostegno dei tratti perimetrali più impegnati 3 • Accennò anche al concorso offerto nelle ultime ore da gruppi di civili armati, un concorsosenza dubbio rimarchevole, ma per forza di cose di Limitata sostanza 1 • Fra 1'8 ed il 12 settembre un comprimario, potremmo dire , venne di colpo alla ribalta: il generale Carboni. Fu lui a ricevere l'ordine su l tamburo di Roatta; fu lui incaricato di portare le truppe fuori Roma; fu lui ad essere accusato di non aver difeso la capitale; fu lui ad attirarsi con il suo comportamento le più veementi critiche 2 • Un capro espiatorio? Non del tutto . Se risu Ita fuori Iuogo l 'accusa della «mancata difesa di Roma» perchè nessun ordi.ne del genere aveva ricevuto - anzi il 10 settembre egli volle d'improvviso rivolgere il suo corpo d'armata, in ripiegamento su Tivoli , verso Roma per attaccare le forze gemanicbe - , appare per contro inevitabile la dura censura su come esercitò il comando in quei giorni. Non intendiamo fare un'ennesima requisitoria: per essere chiari , pensiamo che la responsabi li tà di quello che il generale Carboni fece o non fece debba risalire al capo di S.M.Generale ed al capo di S.M.dell' Esercito. Al primo è da imputare l'assegnazione a Carboni , g ià da qualche settimana comandante del corpo motocorazzato , anche se la direzione del S .I.M .: due incarichi , entrambi , a tempo pieno e quindi inconc il iabili e delicatissimi . Che Carboni abbia accettato per ambi zione è questione di secondo piano. L'incompatibilità dei due incarichi ri sultava ev idente agli occhi di tutti e fu grave errore averla sottovalutata 3 • 11 provvedimento si spiega solo con I' elevetissima considerazione che allora Ambrosia nutri va per le qualità personali di Carboni, ma non si può comunque giustificare . A Roatta è da addebitare il macchinoso assetto organizzativo originario della difesa di Roma. Nessun d ubbio che tre essendo i Comandi interessati - difesa interna, difesa esterna, massa cli manovra - occorresse un Comando di maggior livello che li coordinasse ed assumesse la responsabilità globale. Poichè non era disponibile un comando d 'armata o non lo si voleva creare, Roatta avocò a sè l'incarico e la responsibiltà. L'abbi amo detto: fu un errore perchè il capo di

1

Ibidem, p.64 . Vedasi al riguardo il severissimo g iudizio espresso dal generale Grazioli in Luigi Emilio Longo, Projìli di capi militari tratteggiati da uno di loro , USSME, Studi storicomilitare 1994, Roma 1996, p.564. 3 G. Zanussi, Guerra e catastrofe d'Italia cit., TI, p.1 48. I primi di settembre Ambrosio dovette avere un ripensamento; peraltro, invece cli sostituire, molto semplicemente, . Carboni nel comando del corpo d'annata, g li propose cli lasciare detto incarico per dedi·. carsi solo al S.l.M .. Carboni rifiutò (G. Carboni, Memorie segrete c il., p.258). 2

...


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S .M. dell'Esercito aveva ben altro cui pensare. Forse egli stava ancora cullandosi nell'illusione che la situazione si stemperasse a brevissima scadenza, o forse si riprometteva di cedere il comando, a momento opportuno, a Carboni, come da intenzione di Ambrosio 1• Ad ogni modo sarebbe ingiusto non considerare «troppo comodo» andarsene impartendo a Carboni un ordine molto chiaro, ma sicuramente non semplice eia eseguire a causa del disimpegno delle divisioni dai compiti di difesa statica di cui al momento rispondevano, del tempo richiesto per uno spostamento a scaglioni nella zona di Tivoli. Spettava al capo di S.M. dell'Esercito curare la programmazione della cosa nell'eventualità del caso peggiore. E, per quanto riguarda il Comando Supremo, pur tenendo conto delle note circostanze, non si può giustificare l'attesa dell'ultimo momento per diramare gli ordini esecutivi ammessa e non concessa l'attenclibiltià della data del 12 settembre - senza porre in bilancio l'imprevisto. Probabilmente è realistico parlare di un «vero e proprio distacco» tra il capo de] governo ed il Comando Supremo, sia per la tendenza di Badoglio ad aprirsi con pochi, sia per il complesso della superiorità ciel maresciallo molto sentito da Ambrosio 2 • I due aspetti dell'operato di Carboni in quei giorni, sui quali, a buon motivo ciel resto, si é appuntata la critica sono: l'azione di comando ed il comportamento in generale. Hanno ambedue qualcosa di incredibile, di anonnale. In merito all'azione di comando, basti pensare alla repentina contemporanea sostituzione del capo e del sottocapo di S .M. del corpo motocorazzato da lui effettuata il 3 settembre, quando ormai si era chiaramente al dunque; ed alla sua iffeperibilità (qualunque cosa abbia fatto o inteso fare) dalle 5,30 alle 14 del 9 settembre, proprio all 'inizio della crisi, quando occorreva prendere saldamente in meno le forze dislocate intorno alla capitale. Circa il comportamento da lui tenuto, ci limitiamo a dire che la lettura del le sue stesse memorie lascia un acuto senso di sgradevole perplessità 3 • *** In definitiva, gli uomini che gestivano la res publica subirono in pieno la «s01vresa» dell' 8 settembre, senza riuscire a superare il pur comprensi1

Secondo Badoglio, Ambrosio aveva specificato a Carboni che ove «eventi non prevedibili avessero obbligato il Governo ed i capi militari a lasciare la capitale», egli avrebbe assunto il comando dell'intera difesa cli Roma (L'Italia nella seconda guerra mondiale cit., p.113. Cfr. G . Carbon i, Memorie segrete cjt., p.258). 2 E. Musco, La verità sull'8 settembre cit., p.155. 3 G. Carboni, Memorie segrete cit.


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bile, grave turbamento.Un turbamento tale da non fare nemmeno riflettere, durante il consiglio della Corona, sulla posizione del Re e de] Governo alla luce della situazione politico-militare modificatasi di punto in bianco. Fu soltanto dopo parecchie ore che il ministro Sorice sollevò la questione. In effetti, essa era già stata presa in considerazione da diversi giorni, prevedendo piuttosto genericamente il trasferimento a la Maddalena su una nave da guerra appositamente destinata dal ministro della Marina a Civitavecchia; però, con il concludersi dell'armistizio, l'illusione del concorso alleato aveva indotto a lasciar cadere la cosa, reputando garantita la sicurezza della capitale 1• Quindi nessuno spostamento della famiglia reale e del Governo e, anzi, rientro degli Stati Maggiori di Forza Armata dalle sedi di campagna a Roma. Il problema si ripropose all'improvviso nella sua interezza e nella massima urgenza la sera dell'8, anche perchè le notizie via via in afflusso sulle mosse tedesche fecero profilare una minaccia di avvolgimento della città. La decisione di trasferire Re, Governo e Comando Supremo in luogo sicuro fu ineccepibile per l'assoluta necessità di consentire la continuità dello Stato 2 • Del pari legittima deve considerarsi la partenza dei nuclei operativi degli Stati Maggiori: non si vede per quale motivo si dovesse perdere il vertice militare. La repentineità della partenza trova una spiegazione più che valida nel fatto che risultava ancora libera soltanto la via Tiburtina; ma nulla può giustificare l'assenza di predisposizioni per il caso peggiore, un'eventualità che non poteva essere trascurata quando Governo ed Alto Comando vivevano da settimane sotto l'incubo dei tedeschi. E se le predisposizioni colpevolmente mancavano, anche le disposizioni furono penosamente carenti. Badoglio, prima di recarsi al consiglio della Corona non pensò nemmeno a convocare tutti i ministri al Viminale per ragguagliarli appena dato l'annuncio alla radio, né ci pensò più tardi (il che dimostra quanto poco avvertisse la funzione governativa) e al momento di

1 «La necessità prospettatami in alto loco - scrisse Ambrosie - che prevedeva il trasferimento ciel Sovrano, ciel Governo e dei Comandi in località più sicura non ebbe, da parte mia, alcun seguito, essendo io ben fermo nella idea e nel convincimento che dette autorità dovessero e potessero restare a Roma» (Relazione Ambrosio in G. Castellano, La guerra continua cit. , p. 106). 2 Vale la pena ricordare che nel 187 l Gambetta fuggì in pallone da Parigi assediata dai prussiani; nel 1914 e nel 1940 il Governo francese abbandonò la capitale minacciata dai tedeschi e si trasferì a Bordeaux; nel 194 I Stalin abbandonò Mosca con il Governo riparando a Kujbisev. E, ancora, il Re di Grecia, il Re di Norvegia e la Regina d'Olanda ripararono all'estero, mentre il Re del Belgio , avendo voluto rimanere nel suo Paese invaso, fu costretto alla resa e per questo aspramente biasimato.


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partire (senza il ministro degli Esteri) si Limitò ad incaricare il generale Sorice di avvisare il ministro degli Interni che gli affidava l'interi m della presidenza del Consiglio! I capi di Stato Maggiore dovevano lasciare in posto un sostituto e lo fecero (tranne Roatta), senonchè il generale Palma, capo reparto del Comando Supremo, designato da Ambrosio, risultò ineperibile; i sottocapi di S .M. della Marina e dell'Aeronautica si trovarono imbarazzati perchè poco male informati su quanto stava accadendo, essendo stati tenuti sino all'ultimo all 'oscuro di situazione e prospettive; per l'Esercito rimase l'intenzione di Roatta (che ignorava la destinazione Pescara) di trasferirsi provvisoriamente a Carsoli, negli Abruzzi, e da tale località riprendere i contatti, ma nel trambusto della partenza il gruppo trasmissioni rimase incompleto ed inefficiente. Simile confuso, frettoloso trasferimento ebbe tristissime conseguenze, perchè provocò un fatale vuoto di potere centrale, lasciando senza un minimo di indirizzo generale i p1incipali Comandi di grande unità, alle prese con problemi locali di vario tipo, e generando un drammatico squi librio psicologico ed operativo, insufficiente ad affrontare la nuova situazione politico-militare. Insomma, fece affiorare negli spiriti contemporaneamente due pericolosissimi pensieri: la guerra é finita; il Governo ed il Comando Supremo sono scappati! De Gasperi aveva visto giusto. La <<prima partita», quella dell'abbattimento di Mussol_ini e del fascismo, era stata attiva mentre la seconda, la stipulazione dell'armistizio, «sarà opera difficile e creerà responsabilità penose per i suoi negoziatori», quindi essendo passiva doveva essere lasciata al governo Badoglio. Le cose, infatti, erano andate così, ma con due sfumature di grande importanza politica, implicite nel discorso di De Gasperi. Il «titolo di benemerenza» acquisito dai protagonisti della partita attiva era stato rapidamente accantonato e nessuno vi farà più r.iferiimento 1; la «responsabilità penosa» assunta da chi aveva dovuto accettare la Unconditional Surrender, invece, adesso poteva essere sfruttata in pieno contro il Governo da chi, di proposito, si era tenuto in disparte a guardare. Quando si riconosce che «la situazione dell'Italia era senza via d'uscita, stretta tra un'alleato che si preparava ad agire da nemico( ...) ed un nemico che si apprestava a sbarcare sulla penisola, rifiutando ogni patteggiamento preventivo» e che «non vi era alcuno spazio per una trattativa, né con gli uni né con gli altri», appare difficile considerare appropriata una accusa ra-

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li generale Zanussi osservò che l'arresto di Mussolini «oggi può sembrare uno scherzo, ma allora poteva risolversi in tutt'altra cosa» (Guerra e catastnle d'Italia cit., II, p. 240).


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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dicale di incapacità, di inazione, di preoccupazioni esclusivamente personali, rivolte al governo Badoglio 1 • Sicuramente le poche persone al timone in quei frangenti non furono pari al momento, ma sembra lecito dubitare che, in quelle circostanze, altli, proiettati cli colpo al potere, avrebbero saputo gestire molto meglio il problema con il Paese e le Forze Armate in ginocchio. Né si può ribattere che peggio di così le cose non potevano andare. Se la Corona ed il Governo fossero stati catturati, la situazione sarebbe stata infinitamente peggiore. Chiudiamo con il giudizio del generale von Senger und Etterlin: «Il pppolo tedesco era non solo privo ciel necessario istinto politico per farlo, ma anche di un organo sovrano paragonabile alla monarchia italiana e capace di por fine al la guerra. Dal punto cli vista storico, prescindendo da qualsiasi risentimento dell 'alleato, nella seconda guerra mondiale Vittorio Emanuele 111, per il fatto cli aver posto tempestivamente fine alla guerra, ha reso al suo popolo un servizio altrettanto grande della resistenza a oltranza da lui propugnata nella prima guerra mondiale dopo Caporetto» 2 •

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214.

E. Aga Rossi, L'inganno reciproco cit., p. 30. Frido von Senger une! Etterlin, La guerra in Europa, Longanesi, Milano 1960, pp.2 13-



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