QUESTIONI DI POLITICA ESTERA. LA GUERRA BALCANICA 1913

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Questioni di Politica Estera

ottavo

balcanica

Vico MANTEGAZZA
Anno
(1913). La guerra
Con 32 incisioni. MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI 1914.

PROPRIETÀ LETTERARIA ED ARTISTICA.

1 diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l'Olanda.

Tip. Treves e Compositrice,

CRONOLOGIA.

GENNAIO.

17. Le Potenze consegnano alla Porta la nota collettiva nella quale si dichiara la Turchia responsa bile di un eventuale prolungamento delle ostilità e la si invita a cedereAdrianopoli rimettendosi alle Po tenze per la sorte delle Isole. 22. Riunione del Gran Consiglio convocato dal Sultano sotto la presidenza di Kiamil pascià per deli berare sulla nota delle Potenze. 23. Mentre il Gran Consiglio avendo approvato di aderire alle proposte della nota delle Potenze il GO verno prepara la risposta, questo è rovesciato dal com plotto Giovane Turco. Uccisione di Nazin pascià. Kia mil costretto a firmare le proprie dimissioni. 30. Makmed Chefket pascià Gran Visir che suc cede a Kiamil risponde alle Potenze proponendo una partedi Adrianopoli rimanga alla Turchiauna parte al la Bulgaria.

FEBBRAIO. 3. Ricomincia la guerra. 4. Battaglia di Bulair. 21. La Rumania accetta l'arbitrato di Pietroburgo per Silistria. 23. L'arbitrato è accettato anche dalla Bulgaria. MARZO. 6. Resa di Jannina. - E' raggiunto l'accordo europeo sulla que stione di Scutari che sarà albanese. 18. Assassinio di Re Giorgio di Grecia a Salo nicco. 25. - L'esercito bulgaro occupa Adrianopoli.

12. APRILE. Caduta di Scutari. 23.14053

CRONOLOGIA

MAGGIO. 9. Firma a Pietroburgo dell'accordo bulgaro rumeno pel quale Silistria passa alla Rumenia. 15. Occupazione di Scutari da parte dei distac camenti europei. 22. Gravi conflitti fra truppe bulgare e greche.

GIUGNO. 10. Re Pietro e Re Ferdinando accettano l'arbi trato dello Czar, ma la Serbia fa delle riserve. 28. Il principe Ghika ministro di Rumenia a Sofia dichiara che, in caso di guerra fra Serbia e Bul garia la Rumenia si riserva libertà d'azione. 29. I bulgari attaccano i serbi.

LUGLIO. 3. Re Carlo di Rumenia firma il decreto di mo bilitazione dell'esercito. 6. - I serbo-greci invadono il territorio bulgaro. 16. Colloquio fra Venizelos e Pasic a Uskub. 17. Battaglia di Fedilovo. I serbi arrivano a Kustendil.

AGOSTO. Firma del Trattato di Bucarest. 10.

SETTEMBRE. Conferenza turco-bulgara. Essad proclama a Durazzo l'autonomia del 18. 23. l'Albania.

DICEMBRE. 18. La Commissione dei confini meridionali del l'Albania, termina i suoi lavori.

VIII

IN ALBANIA E IN MACEDONIA.

LA GCERRA INEVITABILE.

WASTEGAZZA. La guerra balcanica.

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I DIVERSI ASPETTI DELLA QUESTIONE ALBANESE. L'Albania e l'Arabia. La tomba degli eserciti turchi. L Arabia e l'Inghilterra. Un paese privilegiato. Intorno al Sultauo. Col nuovo regime. Per una messa rifiutata . Albanesi e Serbi in Mace donia e nella Vecchia Serbia Col lume acceso A Monastir Le rivolte albanesi e il Sultano Nell'Adriatico Gli Albanesi e Dulcigno Anche i Musulmani contro Costantinopoli La consegna dei fucili quattro anni fa - Rassegnazione apparente.

II. QUESTIONI CONNESSE. LE DUE ALBANIE E LE DUE AUTONOMIE,

Un eufemismo diplomatico I termini del problema Autonomia locale e autonomia regionale I confini Contro i Serbi L'odio contro gli slavi Il memorandum al Congresso di Berlino Contro l'espansione slava I timori d'allora La lega di Prizrend gimento Macedone a Napoli Il Papa in viaggio per l'Albania Altro è dire seguitemi che andate Nemmeno allora l'Europa fu d'accordo Difensori dei turchi Le aspirazioni diverse Conflitti di razze e di nazionalità Sperando ancora nello statu quo.

III. AL DI QUA E AL DI LÀ DEL DANUBIO.

Il reg

Le relazioni Austro-Bulgare Grecia e Austria contro l'Italia in un trattato segreto che non fu stretto Lo Czar Ferdinando non è infeudato ad alcuno In un quarto di secolo ! - La Bulgaria darà il segnale La marcia dell'Austria Gli accordi con la Serbia Per un'intesa balcanica Se uno si muove, gli altri seguiranno Dove è il pericolo Guai se si perde anche questa occasione ! Il barometro della Rumenia.

IV. IL FUOCO È CESSATO .

L'incidente turco-montenegrino Le ostilità erano già incominciate Il Ministro Ottomano a Cettigne capro espiatorio - Trentaquattro anni fa Come il Montenegro dichiarò la guerra Un telegramma di Garibaldi trasmesso in tutto il Montenegro dal Principe Alle feste di due anni fa Maresciallo russo La Russia e l'esercito Montene grino Le Potenzo Una leggenda infondata L'ode al turco.

V. LA STORIA SI RIPETE.

Il caos nell'Impero Ottomano Le crisi passate Tre Sultani in un giorno Tremante sotto un mucchio di tappeti La burletta delle riforme L'iniziativa del Ministro Austro-Ungarico La tassa per vivere Il Sultano Abdul Medjnd Un Gran Visir riformatore L'Inghilterra nei consigli dei vilayet Cristiani... scelti La Confe. renza del 1876 Il cannone annunzia la Costituzione Il Concerto non ha mai imposto le riforme con la forza Il decentramento del Ministro Bertchold Siamo sempre nel vago Autonomia... anatomia.

VI. L'AGITAZIONE POPOLARE IN BULGARIA.

La politica estera e la situazione interna L'eccitazione dell'opinione pubblica Le parole di un Ministro Si spera ancoro di eccitare un conflitto Un grande allarme di parecchi anni fa A Sofia Il piano di guerra d'allora Consiglio di ministri in vagone L'occasione è passata La Bulgaria è finita! Il Re e il Governo cercano calmare il paese Perchè la Bulgaria vuole assolutamente la guerra - I Mace doni La circolare segreta L'accordo delle Grandi Potenze.

1.

I DIVERSI ASPETTI DELLA QUESTIONE ALBANESE

(1).

Si è sempre detto che i due grandi pericoli che ad un dato momento potrebbero minacciare seriamente la compagine dell'Impero Ottomano sono l'Albania e l'Arabia. Ed è vero. Ma si può anche osservare che sono due pericoli che durano da moltissimi anni, e cuíturo i quali ha sempre finito per vincere il Go verno di Costantinopoli, ben inteso cedendo o ve nendo a patti tutte le volte che i suoi esercili sono stati battuti. L'Arabia non è stata forse chiamata la tomba degli eserciti turchi ? Certo, questa volta gli effetti della rivolta, e quindi i pericoli, sono più gra vi; prima di tutto per il momento critico che la Turchia attraversa e la contemporaneità della ri volta albanese, e poi perchè, anche laggiù nella pe nisola bagnata dall'acque del Mar Rosso e dell'O ceano Indiano, si vanno sviluppando interessi poli tici ed economici per i quali le nazioni europee non possono assistere indifferenti, come una volta, agli âvvenimenti dei quali essa è teatro. Man mano che l'Europa si allarga se mi è permessa una tale p

(1) Per tutto quello che riguarda l'Albania, vedi l'Albania, dello stesso autoro. Roma, Bontempelli; 1912.

IN MACEDONIA

piessibile paesi dei quali prima 110 ci si occil pava affatto, come se non esistessero, vanno diven tando nuovi campi di competizione per le Potenze coloniali.

L'Arabia non interessa più solamente l'Inghilterra, che damolto tempo si è insediata sulle coste dei due mari che la bagnano: ma la Germania per la sua ferrovia di Bagdad che deve sboccare nel Golfo Per sico, e quindi indirettamente la Russia; Illalia per le relazioni commerciali e politiche con l'Eritrea, e in genere tutte le Potenze che hanno possedimenti abitati da musulmani , per la questione del Califfato e delle città sante. Quanto alla Turchia, come dicevo, è da lunghis simo tempo abituata a queste rivolte arabiche: non ha mai veramente assoggettato il paese. Abdul-Ha mid, il bieco tiranno che aveva però mente e intuito politico, aveva sperato diriuscirvi con la costruzione della ferrovia della Mecca, la ferrovia sacra, come egli diceva, perchè conduce alla città santa, ma la cui iniziativa fu dovuta ad un criterio molto più politico che religioso.Similmente la Turchia è abituata alle rivolte al banesi. Poichè anche l'Albania non è stata mai ve ramente soggetta al Governo di Costantinopoli. Gli albanesi, sotto il vecchio regime, non solo avevano speciali privilegi, non pagavano che poche tasse, si amministravano la giustizia da loro e a modo loro, e, di quando in quando, si prendevano il gusto di rimandare a Costantipopoli i kaimakan che il Go verno inviava in questo o quel distretto; ma erano i padroni nell'entourage del Sultano, il quale di un brigante pericoloso improvvisava talvolta un colon nello o un generale al suo seguito, e che aveva co stituito di albanesi la guardia fidata della sua per sona, e ad albanesi affidava spesso le cariche più alte e più delicate : Uno dei suoi ultimi Gran Visir, quello sotto il quale fu organizzata la rivoluzione,

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Perid nascia, è un albanese. Voler trasformare d'un tratto, come hanno sperato i Giovani Turchi, un paese con queste tradizioni in due provincie di una monarchia costituzionale, applicare la leva a quelle popolazioni, impedir loro di portare le armi , ottoma nizzarle insomma, era un voler provocare, come av venne, una grande rivolta a breve scadenza. Ma tutto questo, dal più al meno, è stato delto e ripetu to cento volte negli ultimi tempi da tutti coloro che hanno scritto sulla questione dell'Albania o com mentato le notizie che giornalmente ne giungono. Ciò di cui invece si è parlato meno, e di cui non si è abbastanza rilevata la importanza, è la connes sione della questione albanese con il problema della Macedonia.

Col nuovo regime, stabilendo l'uguaglianza fra i sudditi dell'Impero, e togliendo il fucile agli alba nesi, è stata fermata d'un tratto quella propaganda per la quale, un po' col fucile e con la complice pro tezione dell'autorità, e un po' grazie alla forte na talità, pian piano, paesi della Vecchia Serbia e del vilavel di Monastir, che prima erano popolati quasi esclusivamente da serbi e da bulgari o da greci, han no ora una popolazione quasi esclusivamente alba nese. Ipek, la città dove sono avvenuti i recenti san guinosi combattimenti e che è uno dei grandi centri della rivolta, fu anticamente la sede del Patriarcato serbo: Okrida, diventata essa pure una città in gran dissima parte albanese, fu la capitale dell'Impero bulgaro. Se il regime hamidiano avesse continuato ancora parecchi anni, una gran parte della Macedo nia occidentale sarebbe diventata albanese. Nella lotta contro gli slavi, che sono i secolari nemici degli albanesi, l'esito non poteva essere dubbio. Antica e violenta è l'inimicizia. Anche a Kossovo, dove peri T'Impero serbo, in quella battaglia leggendaria nella Male prima di scomparire dalla scena del mondo i serbi hanno fatto prodigi di valore, celebrati nei cani

Ipek
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e Okrida

ALBANIA E IN MACEDONIA

ti dei loro poeti, gli albanesi combatterono sotto gli ordini del Sultano Murad. E furono in molte occa sioni fedeli sudditi dei sultani tanto gli albanesi maomettani che i cattolici: comesono ora invece d'accordo nel combattere i battaglioni mandati con tro di loro da Maometto V. Questo sentimento della indipendenza, della loro superiorità e dell'odio di razza è molto più forte che non quello religioso. Lo prova il fatto che degli alba nesi musulmani non solo portano nomi di santi cat tolici, ma non dissimulano una certa venerazione per questo o quel santo; come l'altro fatto che, in alcuni paesi, vanno velate come le musulmane, quando si recano in chiesa per sentire la messa, an che le albanesi cattoliche ed ortodosse. Fino a qual che tempo fa, era relativamente abbastanza frequente il caso di un intero villaggio che passasse dal cristia nesimo all'Islam o viceversa, se in ciò vedeva il pro prio tornaconto, o per protestare contro ciò che per la popolazione era o sembrava un sopruso. Qualche anno fa passò così all'Islam un paese della Mirdizia perchè il parroco non aveva voluto dire una seconda messa per i fedeli ( ?) giunti alla chiesa in ritardo !

In alcuni paesi di quella parte dell'Impero otto mano, le città e i villaggi sono come un campo di lotta. A Monastir, per esempio ogni nazionalità ben inteso ha il suo quartiere tutte le finestre hanno le inferriate, per dir vero non molto solide, ma chepare dieno a quella povera gente una certa illusione per il caso d'attacco. Monastir - posto che ho citato questo altro centro di dove è partita la scin tilla dellarivolta propagatasi nell'esercito ha sem pre l'aria d'una città in istato d'assedio anche in tem pi normali; non vegliano soltanto le autorità e le sen tinelle, ma anche la popolazione. Difatti vi si è con servato l'uso di stare anche di notte col lume acceso. Nessuno ama dormire al buio. Non si sa mai! È sempre bene essere pronti ad ogni allarme....

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Il problema albanese è collegato a quello della Macedonia non solo per la questione che chiamerei demografica, ma altresì perilfatto che, se in un modo o nell'altro si risolvesse il problema della Macedonia con uno speciale regime, con una spartizione o altro, -- l'Albania sarebbe virtualmente staccata dalla Turchia, come del resto lo era già all'epoca famosa delle riforme e della gendarmeria europea. Le ri forme, come le ferrovie, avevano dovuto fermarsi sui confini dei paesi abitati da gente albanese anche se essi non facevano parte dei vilayets e delle circo scrizioni dell'Albania. L'Europa annuì alle domande del Sultano per i suoi fidi albanesi, volendo evitare la rivolta, che, in caso diverso, era annunziata .... e che da Costantinopoli sarebbe stata favorita sotto mano, come da Costantinopoli fu favorita, incorag giata ed aiutata trentaquattro anni fa quella rivolta nella quale gli insorti albanesi per più di un anno tennero testa all'Europa, opponendosi con la forza alla esecuzione di alcune clausole del trattato di Ber lino: quelle relative alla cessione di territori al Mon tenegro, che l'Europa dovette modificare. Oggi che la famosa Lega Albanese per l'autonomia e l'indi. pendenza accenna a risorgere, non è inopportuno il ricordare che essa fu appoggiata allora in tutti i modi dal Sultano, e che, Costantinopoli assenziente, per circa un anno e mezzo l'Albania fu in realtà un paese indipendente e che si governò da sè, riscuo tendo anchele tasse per conto proprio e spendendone per conto proprio i proventi.

Ma la connessione col problema della Macedonia è uno degli aspetti della questione e della rivolta al banese. L'altro, del pari importantissimo, è quello dell'Adriatico, che più specialmente ci interessa. Fino da trentaquattro anni fa, per l'appunto a propo sito dell'Albania, le gelosie fra le Potenze impedi scono all'Europa un'azione energica per far rispet tare dalla Turchia le deliberazioni del Congresso di

Il Governo turco e l'Albania 7

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Berlino, e far consegnare Dulcigno al Montenegro. Dinanzi alla piccola città diventata in seguito mon tenegrina fu fatta una grandedimostrazione navale... Ma l'ammiraglio che aveva il comando delle squadre riunite aveva l'ordinedi non tirare un colpo di can none e di non sbarcare un solo soldato. Il Sultano cedette quando l'Inghilterra propose, e pareva che su questo le Potenze potessero mettersi d'accordo, di bloccare Smirne. L'Albania fu considerata anche al lora come un terreno scottante. Allora, si noti bene, si può dire non esistesse an cora la marina germanica ; non si parlava nemmeno di quella turca e non pensava a diventare veramente una potenza navale l'Austria - la quale però aveva cercato una garanzia pel futuro facendosi affidare la polizia marittima del porto di Antivari. Vi è bisogno di insistere per mettere in rilievo comesotto questo aspetto, con lo sviluppo di tutte queste marine e la preoccupazione dell'equilibrio del Mediterraneo che domina in questo momento tutta la politica europea - del Mediterraneo del quale l'Adriatico può essere considerato come un immenso golfo -- l'importanza dell Albania sia enormemente cresciuta ? Su quel li torale dell'altra sponda del bacino meridionale del l'Adriatico si aprono due grandi porti, due grandi baie che possono essere basi di operazioni navali e dare rifugio alle flotte più numerose. Da quelle coste partiranno un giorno le due grandi ferrovie di pene trazione nella Turchia Europea occidentale, sulle traccie delle strade che al di là del mare gli antichi romani avevano costruito, come il prolungamento della via Appia che conduceva da Roma a Brindisi. Partirà da Antivari sia direttamente sia con un embranchement la Danubio-Adriatico della quale tanto si parla da qualche anno a questa parte e che ha uno speciale interesse per noi ; più a sud, da Vallona, partirà la Vallona-Monastir: due teste di linee ferroviarie di grande penetrazione e certamente

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un giorno di grande traffico, in due porti di una im portanza politica, economica e strategica enorme !

Basta una tale constatazione per far comprendere come possa e debba preoccupare la questione della Albania da questo punto di vista.

Per la Turchia, dal punto di vista interno, la que stione albanese, per quanto gravissima, non sarebbe diventata gran che preoccupante se non vi fosse questo concorso di circostanze a interessare le altre Potenze. Tant'è vero che ciò che rende gravissima la situazione non è la rivolta in si, quanto l'ammutina mento di ufficiali non albanesi, col quale il movi mento è subito entrato in una nuova fase, determi nando gli avvenimenti che paiono minacciare di sfacelo l'Impero.

Mentre scrivo, non è ancora possibile prevedere qual piega potranno prendere gli avvenimenti. Ma è fino da ora evidente che questa volta il movimento insurrezionale, generalizzandosi, lia mutato carat tere, e gli albanesi ne sono alla testa dando una nuova prova di quello spirito di combattività, di quel valore, di quel coraggio indomito, che troppo presto una parte della stampa europea si era affrettata a con siderare come una leggenda, quando, circa tre anni fa, essi parvero acconciarsi al disarmo dopo che da Costantinopoli furono mandati parecchi battaglioni per imporlo. Realmente ero aquell'epoca al Mon tenegro e ho fatto una punta a Scutari - impres sionò la docilità con la quale molti andavano a con segnare alle autorità militari i loro fucili che non erano affatto, almeno in parte, dei fucili vecchi e inservibili come si disse da alcuni. Ma gli albanesi hanno saputo procurarsene degli altri, e in quantità, e mostrano di saperli adoperare come sempre. Circa la direzione del movimento, le cose sono assai mu tate da quello che erano nel 1878, e una gioventù ardente di patriottismo, un nucleo di persone che banno contatti in Europa come si dice ancora in

Il disarmo 9

IN ALBANIA E IN MACEDONIA

Turchia, cercano e ottengono di dargli un alto e nobile carattere patriottico. Gli appelli di Costanti nopoli alla difesa dell' Islam minacciato dagli infe deli hanno lasciato freddi gli albanesi, i quali so gliono dire che la loro religione è la loro spada e il loro fucile.... Così hanno lasciato freddi gli arabi del Yemen e dell'Assir, e così pare non sieno riusciti a commuovere i Senussi.... Questa volta sono anzi stati i musulmani a getta re le prime grida di rivolta contro l'oppressione e la tirannide della Giovane Turchia ...

24 Luglio

II

QUESTIONI CONNESSE

LE DUE ALBANIE E LE DUE AUTONOMIE

(1).

L'Albania è di nuovo in fiamme, e le dimostrazioni e il fremito bellicoso continuano nelle capitali balca niche, mentre lentamente - lentissimamente anzi., come se si fosse ancora all'epoca nella quale non vi era nè la ferrovia nè il telegrafo - procedono fra le Cancellerie europee gli scambi di idee intorno alle riforme che bisognerebbe imporre alla Turchia. Lo scarbio di idee è oramai diventato un grazioso eu femismo diplomatico per dire che le cose vanno e debbono andare per le lunghe. Questa volta è la Turchia che, invece, ha risposto subito con uno di quei colpi di scenadei quali è maestra la diplomazia ottomana, annunziandodi accordare le riforme. Con tutto questo tutti sono certamente persuasi che deve

(1) Per la questione Macedone, vedi il volume Macedonia di Vico Man tegazza. Milano, F.lli Treves, 1903,

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ancora passare del tempo parecchio prima che, evi tandosi il conflitto balcanico, il programma delle ri forme possa essere concretato, e sopratutto applicato.

Ma, dal momento che la questione dell'autonomia dell Albania è posta sul tappeto, e che di altre auto nomie si è incominciato a discorrere, non mi sembra inopportuno il chiarire, per quanto si può farlo nel ristretto limite di un articolo, i termini del problema dell'autonomia, problema assai più complicato di quello che a tutta prima può sembrare, e che in generale è stato considerato da un punto di vista troppo semplicista.

Per potersi rendere conto delle difficoltà da supe rare per l'applicazione di riforme - indipendente mente da quelle che si incontreranno, malgrado le dichiarazioni in contrario, nella resistenza della Tur chia che ha mostrato di saper giuocare così abilmente sulle rivalità dell'Europa bisogna anzitutto aver sempre presente che vi sono due Albanie : una Al bania geografica, quella generalmente segnata sulle carte che non sono nemmeno esse tutte concordi, e un'Albania che chiameremo etnografica, estenden tesi cioè fino dove si incontrano forti nuclei di popo lazione albanese, talora addirittura in maggioranza come in alcuni paesi della Vecchia Serbia, non già perchè quello sia un paese albanese, chè anzi è il territorio sacro della razza serba, dove furono com battute le epiche lotte dei serbi contro gli osmanli, ma perchè, specialmente coi privilegi concessi agli albanesi da Abdul Hamid, ne hanno a poco a poco scacciato i serbi. Vi sono dunque, come dicevo, due Albanie, e due autonomie: quella regionale e quella che si potrebbe chiamare l'autonomia locale o comu nale. In altri termini, l'autonomia che sarebbe con cessa come gli albanesi desiderano all Albania, e quella che sarebbe invece data ai cittadini delle varie nazionalità in ogni comune, e piccola circo scrizione territoriale. Con la prima si verrebbe a

e

Le
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due autonomie

costituire una specie di Stato autonomo: con la se conda non sarebbero compromessi l'avvenire nè le aspirazioni degli Stati balcanici che sperano di allar gare i loro confini il giorno dello sfacelo dell'Impero. Non verrebbero stabiliti, cioè, quei confini dell'Al bania, che, portati più innanzi verso Oriente, toglie rebbero dei territori alla Macedonia, cioè a quella parte dell'Impero sulla quale contano, allo stesso modo che i fautori della grande Albania, i fautori della grande Bulgaria a Sofia, e quelli della grande Serbia a Belgrado, senza contare il Montenegro le cui aspirazioni si spingono fino a Scutari.

Una Albania ingrandita, sia pure per una circo scrizionedi riforme, vuol dire una Macedonia rim picciolita. Epperò le due questioni dell'Albania e della Macedonia sono strettamente connesse. Non si pos sono considerare separatamente.

Le autonomie locali non tranquillizzeranno certo l'Albania, la quale vedrebbe le sue popolazioni là dove sono frammiste ai serbi ed ai bulgari in condi zioni pari a queste, nella Vecchia Serbia e in una parte del vilayet di Monastir, dove la supremazia che gli albanesi vi hanno avuto finora e i privilegi -- fra gli altri quello di portare armi che permetteva loro ogni sopruso contro i serbi e i bulgari inermi erano considerati come un primo passo, un'ipo teca per unire un giorno quei territori all'Albania. Ed è tutt'altro che infondato il timore che nemmeno con questo espediente delle autonomie locali si possa arrivare alla pacificazione di quelle disgraziate re gioni, sopratutto se il loro funzionamento deve poi essere sorvegliato dal turco.

E ' troppo vivo l'odio degli albanesi contro gli slavi, per poter sperare in una conciliazione. Questo loro risentimento, questa avversione per gli slavi, tra spare ad ogni riga in quel memorandum che gli al banesi mandarono ai rappresentanti delle Potenze al Congresso di Berlino, chiedendo per l'appunto la

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memorandum al Congresso di Berlino 13

autonomia del loro paese. Gli albanesi, anche in quella guerra, avevano combattuto a lianco dei tur chi contro i cristiani. Erano dalla parte dei vinti, e le Potenze non degnarono nemmeno di prendere in esame le loro domande. Nel trattato di Berlino l'Al bania non è nemmeno nominata. Il memorandum non fu preso in considerazione, sebbene essendo stato quel Congresso riunito in So stanza contro la Russia, esso accenni continuamente al pericolo della invasione slava e dell'affacciarsi di queste nuove genti alle sponde dell'Adriatico. « L'Al bania, questo popolo, - diceva il memorandum che può dare un esercito di 40 mila uomini , non ignoto nei fasti militari dell'Europa, è destinata ad essere l'antemurale che può salvare l'Occidente. Co me sono mutate le cose! Come è diversa, oggi, la situazione dell'Europa. Ma allora la Germania non si occupava ancora dell'Oriente. E di quell'epoca la famosa frase del Bismarck che diceva valer per lui molto di più le ossa di un granatiere di Pomerania che tutta la penisola balcanica. Il grande spauracchio era lo spettro del panslavismo, che, allora, era tutto una cosa col panrussismo. Oggi, anzichè temere quella espansione slava, è stato sotto l'egida della Russia che le nazioni latine hanno assecondato ed incoraggiato l'iniziativa di quella ferrovia slavo-la tina destinata invece ad avvicinare le due grandi stirpi, e, fino ad un certo punto, a sbarrare, o, per lo meno, a controbilanciare la marcia, a servire di contrappeso dal punto di vista economico alla mar cia germanica e all'invasione del prodotto tedesco.

È molto diffusa la convinzione che il problema non sarà ancora risoluto a quel modo, ed anche là dove finora vi è stata una certa relativa tranquillità nell'Epiro, per esempio -- dove, per contentare gli albanesi, la Porta ha da poco nominato un valì al banese, i greci hanno protestato clamorosamente, e accolto assai male il nuovo funzionario. Gli albanesi

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che, subito dopo il trattato di Berlino, hanno inco minciato la lotta contro i serbi e i bulgari, non hanno accentuato immediatamente la loro animosità contro i greci coi quali avevano combattuto assieme le epiche lotte per la indipendenza ellenica. Parecchi dei più grandi eroi di quella epopea sono di puro sangue skipetaro, a incominciare da Marco Botzari. Dalla morte dello Scanderbeg, col quale scomparve dalla scena del mondo anche l'Albania, e fino al ri sveglio della nazionalità albanese all'epoca del Con gresso di Berlino con la presentazione di quel me morandum e la costituzione della Lega a Prizrend, le parole albanese ed epirota erano sinonimi , e, al l'estero, gli albanesi erano considerati come greci, e se ne gloriavano, specialmente nell'epoca nella quale l eco delle lotte alle quali parecchi di loro avevano preso parte era ancor viva, ed erano per i greci le simpatie di tutta l'Europa.

Non è possibile prescindere da tutti questi ricordi storici e dalle tradizioni nell'esaminare i molteplici problemi della questione albanese e macedone, dal momento che su questi ricordi sopratutto sono ba sate le rivendicazioni in conflitto.

Vi fu un tempo nel quale tutta quella vasta zona era considerata invece come Macedonia. Al grande campione della fede, il soldato di Cristo, come il Papa chiamò allora lo Scanderbeg, fu dato per l'ap punto il titolo di principe degli Epiroti. Invece, quando il figliuol suo, profugo venne a chiedere a silo al Re di Napoli che aveva verso lo Scanderbeg degli obblighi di riconoscenza per l'aiuto prestato gli combattendo i suoi nemici , chiamò Reggimento Real Macedone quello formato dai giovani sbarcati in Italia col Castriota. Nè questi se ne adontarono.

Sono questi frammischiamenti di razze, di stirpi, e le molteplici vicende di quei paesi che non per mettono, o per lo meno renderanno sempre diffi cilissime, le soluzioni e le applicazioni di un pro

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ALBANIA

gramma di riforme, anche indipendentemente dal. le rivalità dell'Europa, sulle quali i turchi sono abi tuati da secoli a fare assegnamento. L'Albania sarebbe forse da un pezzo un regno in dipendente e ben diverse sarebbero state le sue sorti, se a quel popolo che aveva fatto prodigi di valore con Scanderbeg, non fosse mancato l'aiuto che il prode condottiero chiese quando incominciò a sentire che non poteva durare eternamente la lotta di un piccolo paese contro le forze preponderanti dei Sul tani , che uno dopo l'altro gli mandavano contro po derosi eserciti. L'Europa di allora era divisa come lo è l'Europa d'oggi, e non rispose nè all'appello di Scanderbeg, nè a quello del Papa Pio II, che, per dare l'esempio partì da Roma per andare egli stesso in Albania. In un Concistoro speciale, aveva ricor dato ai cardinali l'impegno assunto il giorno stesso della sua elezione di bandire la guerra sacra per salvare l'Europa e l'Italia dal pericolo turco. Dire agli altri : Andate, non fa una grande im . pressione. Ma il dire, invece : Seguitemi, deve fare un certo effetto. E voglio provare. Ho risoluto di andare io stesso contro i turchi, spingendo così con l'azione e non con le sole parole, i principi cristiani a seguirmi. Forse alla vista del loro Padre, del Vi cario di Gesù Cristo che parte vecchio e ammalato per la guerra sacra, arrossiranno di rimanere a ca sa... Per la nostra età e con la nostra salute sap piamo di andare incontro quasi certamente alla mor te, ma non importa. Una volta o l'altra non si deve forse morire?

E, realmente, si avviò ad Ancona, indicata come posto di concentrazione. Ma pochi risposero all'ap pello, e il Pontefice morì poco dopo essere giunto in quella città, mentre lo Scanderbeg stava facendo i preparativi per riceverlo coi più grandi onori! L'Europa non fu d'accordo in quella circostanza come non lo fu qualche anno dopo, quando quasi

Seguitemi.... 15

di nascosto lo stesso Scaliderbeg venne a Roma a chiedere aiuto. Fu accolto con il più vivo entusia smo: introdotto nel Concistoro, fece un quadro im pressionante dei pericoli che minacciavano l'Europa e la cristianità... Il prode condottiero ebbe grandi fe ste, fu acclamato; ma quando si trattò di concretare, non ricevette dal nuovo Pontefice altro che pochi ducati, una spada d'onore e un cappello !... Fu il solo resultato di quel suo secondo viaggio in Italia! L'indifferenza del Pontefice mutò il corso degli eventi in Albania, tantochè il popolo che era stato il più strenuo difensore della fede cristiana, passato nel campo opposto, è diventato, ed è ancora a parte le tribù cattoliche ed ortodosse un grande difensore dell Islam e solidale spesso coi turchi nel l'opprimere i cristiani...

In questo groviglio di razze, di religioni , di nazio nalità, il conflitto è costante, continuo, ed è una utopia il credere bastino delle riforme progettate e accettate dalla Turchia a ricondurre la calma, a dare finalmente, un po' di pace a quelle disgraziate po polazioni.

Possono giovare, ma ad una sola condizione : quel. la cioè che l'Europa intervenga, e rendendosi conto che si tratta di paesi, per le accennate ragioni, di versi da tutti gli altri, proceda con la massima cau tela, cercando di serbare un giusto equilibrio fra tante e così diverse aspirazioni, e di mantenere ve ramente, se ancora possibile, quello statu quo che noi più degli altri dobbiamo desiderare come tutela dei nostri interessi.

24 Settembre 1912.

16 IN ALBANIA E

RE PIETRO DI SERBIA,

1
RE
NICOLA DEL MONTENEGRO ALL'ASSEDIO DI SCUTARI.

di qua e al di là del Danubio 19 III.

AL DI QUA E AL DI LÀ DEL DANUBIO .

Di un trattato segreto fra la Bulgaria e l'Austria Ungheria si è parlato parecchie volte fino dall'epoca dell'annessione della Bosnia-Erzegovina. Ed allora la contemporaneità dei due fatti: l'annessione e la proclamazione della indipendenza bulgara, all'indo mani di un viaggio del principe Ferdinando a Vien na, diede parvenza di verità o per lo meno di vero simiglianza a quelle voci, non nuove, del resto, a proposito delle relazioni del vicino Impero con gli Stati balcanici. Qualche anno prima, era stata in vece ripetutamente affermata l'esistenza d'un altro trattato segreto fra la Duplice Monarchia e la Grecia, trattato che sarebbe stato concluso con un obbiettivo contro l'Italia e che avrebbe contravvenuto ai patti fra l'Italia e la sua alleata, poichè si sarebbe basato sulla eventualità d'una spartizione dell'Albania. Co me i fatti han dimostrato infondato questo trattato, la situazione odierna non permette di prestar fede alle notizie relative a quello che sarebbe stato con cluso fra Vienna e Sofia, e del quale una delle basi sarebbe nientemeno che una eventuale spartizione della Serbia. Non credo sia necessario spendere molte parole per dimostrare l'assurdità di un simile patto, e, d'altra parte, con uno sguardo dato alla storia diplomatica della Bulgaria e del suo Sovrano, è molto facile convincersi che hanno torto coloro che si ostinano a dipingere lo Czar dei bulgari come infeudato alla politica di Vienna: così come hanno avuto torto coloro che lo hanno dipinto come un sa tellite della politica russa.

La verità è che in venticinque anni di regno, e specialmente dacchè, dopo la morte dello Stam

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MANTEGAZZA. La guerra balcanica. 2

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buloff, egli dirige personalmente la politica estera del suo paese, anche nei più piccoli particolari, egli ha saputo abilmente destreggiarsi fra le due influen ze e, a tempo e luogo, giovarsi dell'una e dell'altra. Personalmente poi, per la cultura e per le abitu dini, non sente nè l'influenza russa nè l'austriaca; ma, se mai, quella francese, influenza che tenne sempre viva anche nella Corte la madre sua, figlia di Luigi Filippo. I suoi avversari dicono che oramai tutti conoscono questo suo continuo giuoco di bas cule, e che non inganna più nessuno. Ma anche questo non è esatto. Basta considerare i resultati ottenuti, e paragonare che cosa sono oggi la Bul. garia e il suo Sovrano, con ciò che erano quando da semplice tenente degli usseri, Ferdinando di Co burgo fu sbalzato sul trono del Principato, in mezzo alla convinzione di tutta la Diplomazia Europea che sarebbe stata anche per lui una avventura come lo fu per il Battenberg e che, forse, sarebbe durata ancor meno.... In meno di un quarto di secolo, l'ul timo per la data della sua creazione degli Stati balcanici, è diventato il più forte: e, quindi, quello che aspira ad una certa egemonia. Tanto per la sua posizione geografica, come per lo sviluppo delle sue istituzioni militari, la Bulgaria, al centro della Pe nisola, e che confina con la Turchia, con la Serbia, con la Rumenia e quasi con la Grecia, ha un po' la posizione della Germania al centro dell'Eu ropa. Epperò per tutto quello che accade, o può accadere nella Penisola, ha una enorme importanza l'atteggiamento del nuovo regno. Naturale quindi che da una parte in questo momento di sfacelo del l'Impero ottomano, nel quale non è ancora possi bile fare previsioni intorno alla sua sorte, l'atten zione dell'Europa sia, nella Penisola, più special mente rivolta a Sofia e che per converso da Sofia il Sovrano del giovane regno e il suo Governo se guano con ansia gli avvenimenti e alle possibili e

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ta Bulgaria dard il segnale 19

ventualità si preparino, e sia attivissima la loro diplomazia. Se l'incendio deve divampare nella Pe nisola balcanica, è la Bulgaria chiamata a dare il primo segnale.

Ma questa volta, sotto la pressione delle circostan ze, se la Bulgaria sarà chiamata, date certe eventua lità, a dare questo segnale, non sarà solaa muoversi. Senza affermare l'esistenza di trattati o convenzioni speciali, si può asserire che una intesa fra i vari Stati balcanici si è stabilita per agire d'accor do. Per credere al trattato segreto dal quale ho pre so le mosse, a parte che dimostrerebbe una grande malafede da parte della politica bulgara, è possi bile pensare che un Sovrano dotato di tanta perspi cacia, non si renda conto dei vantaggi che dà alla Bulgaria questo fatto di continare a occidente con uno Stato più debole, e dei pericoli che correrebbe invece ove a quel confine le sue sentinelle si tro vassero di fronte a quelle di un potente impero, che commercialmente, politicamente e territorialmente continua da 34 anni la sua marcia verso oriente, i niziata con le deliberazioni del Congresso di Ber lino ?

Re Ferdinando è sempre stato invece un fautore degli accordi con la Serbia. Accordi resi difficili perchè è sempre stata difficile l'intesa sulla divisione delle spoglie di una parte della Macedonia e del la Vecchia Serbia il giornodi una eventuale spar tizione, ma che inmolte circostanze sono sati tentati, specialmente su iniziativa della Bulgaria. Ed io per sonalmente ricordo il vivo rammarico col quale il Principe Ferdinando parlava dei tentativi falliti, al l'epoca del conflitto fra la Serbia e l'Austria -Unghe ria, quando quest'ultima aveva vietato l'introduzione del bestiame serbo nell'Impero, colpendo cioè il Regno nella principale sua fonte di ricchezza ... Ho proposto - mi diceva proprio nei giorni nei quali il conflitto era più acuto - di far traspor

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tare il bestiame della Serbia sulle nostre ferrovie fino a Varna, al solo prezzo di costo, rinunziando a qualunque utile. Che cosa potevo fare di più ? Nessuno due anni fa, per quanto l'Europa avesse perduto ogni stima nel Governo dei Giovani Turchi, pensava certo alla guerra attuale che doveva pre cipitare gli avvenimenti; ma furono allora gettati i primi semi di questa intesa balcanica, e - anche questa volta -- auspice la Bulgaria. Siamo ancora ben lontani da quella Federazione balcanica va gheggiata da un certo numero di uomini politici e di spiriti eletti dei vari paesi, e nessuno può oggi affermare che tali accordi resisteranno O resi sterebbero quando si trattasse di rimaneggiare la carta di quella parte dell'Europa. Ma per ora l'intesa vi è, determinata dalla considerazione evi dente che se nella loro politica e in una eventuale azione gli Stati Balcanici si saranno trovati d'ac cordo sarà più probabile che in quel tale rimaneg giamento possano essi avere dei vantaggi. Mentre, se saranno divisi, le grandi Potenze interverranno facendosi la parte del leone.... O dei leoni. L'accordo sia o no sancito da convenzioni consiste in questo programma, il quale, almeno per quanto riguarda l'inizio, è ben determinato : che cioè, se uno degli Stati si muove, tous les autres marcheront. Adopero la frase francese, perchè è quella oramai consacrata nel linguaggio della diplo mazia di tutti questi Stati che di tale intenzione non fa mistero, e che nel dire le cose così chiaramente obbedisce evidentemente a tassative istruzioni. Ed è senza dubbio anche questa una delle ragioni, e non delle ultime, per le quali le pressioni delle grandi Potenze perchè questi Stati rimangano tran quilli sono forti e perentorie. Nelle cancellerie eu ropee è ora radicata la convinzione che se uno degli Stati Balcanici si muove, si muovono tutti gli altri, e che sarebbe assolutamente il principio della fine.

Da due o tre anni a questa parte si sono moltipli

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L'ultima occasione.... 21

date le manifestazioni che hanno sottolineato la détente, anche fra questi Stati fra i quali i dissensi parevano inconciliabili. Si è veduto Re Ferdinando a Cettigne, in occasione delle feste per Re Nicola, non lasciarsi sfuggire occasione per manifestare, così in pubblico come in privato, la sua simpatia e la sua amicizia per il popolo montenegrino e per il suo Sovrano. A pochi anni di distanza dalle som mosse contro i greci avvenute in Bulgaria, si è ve duto un principe greco a Sofia, ospite di Re Ferdi nando : un avvenimento che pareva assolutamente all'infuori dei limiti della possibilità, a quanti cono scono che cosa sia stato, fino a poco tempo fa, l'anta gonismo fra greci e bulgari.

Finora le pressioni e i consigli delle Potenze sono i stati ascoltati. Nessuno si muove. Ma il pericolo che il segnale del movimento al quale ho alluso possa essere dato, e sempre dalla Bulgaria, esiste sempre e può mettiamo pure potrebbe diventare, da un momento all'altro, più grave. L'opinione pubbli ca in Bulgaria potrebbe farpressioni, malgrado siano al potere gli uomini più pacifisti del Regno, sul Go verno e sul Re, qualora vi fossero nuove stragi di bulgari in Macedonia. D'altra parte vi è una forte corrente che rimprovera al Re di aver già mancato una occasione di piombare sulla Turchia quando il suo esercito non era forte, all'epoca dell'annessione della Bosnia : di non aver fatto cioè la guerra nel momento propizio dopo essercisi preparata per venti anni. Guai, dicono, se si perde anche questa occasio ne: l'ultima che ci si presenta.In secondo luogo,po. trebbe precipitare le cose anche la questione alba nese, se la insurrezione trionfante si affermasse in distretti che gli albanesi contendono ai serbi e ai bulgari che li abitano dicendo che debbono far parte dell'Albania. Il pericolo non è imminente, ma esiste, e ispira inquietudini. Anche un certo mutamento di lin guaggio della stampa rumena può dare da pensare.

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La Rumenia, al di là del Danubio, non è :ino Sta to balcanico, ma è più che mai interessata a che le quilibrio balcanico non venga turbato, e decisa a non rassegnarsi ad assistere ad un nuovo ingrandimento della Bulgaria senza avere dei compensi. Tutta la situazione balcanica, anche con questo accordo fra i vari Stati, sarebbe compromessa qualora la Rumenia, paese ricco, con un esercito ben organizzato e forte, e che ha, sebbene giovane, belle e gloriosissime tra dizioni, non fosse, diciamo così, tacitata. Due o tre anni fa, per l'appunto quando si incominciavano a disegnare queste intese balcaniche, venne fuori la notizia di un accordo segreto turco -rumeno, natural mente per frenare, occorrendo, le ambizioni bulgare. · Anche quello è un trattato che fu smentito. Non perchè inverosimile, ma perchè considerato allora inutile, sembrando a molti che l'alleanza turco-ru mena, sotto la pressione delle circostanze, si sarebbe subito conclusa. Per questa sua speciale situazione si suol dire nel mondo diplomatico che la Rumenia, un paese che fa generalmente parlare assai poco di sè -- e del quale, fra parentesi, l'Italia ha il torto di non occuparsi abbastanza non avendo ancora intuito l'importanza che può avere per noi il suo atteggia mento è un po' il barometro della situazione bal canica. Se la Rumenia tace, è segno che non vi sono pericoli.

A questa stregua finora non si dovrebbe aver avuto dei timori.

Però, da qualche settimana a questa parte, anche la stampa rumena parla dello sfacelo della Turchia e dei pericoli che spuntano all'orizzonte.

Il famoso barometro è sceso. Senza essere allarmisti, bisogna riconoscere che da una quantità di sintomi si rileva che anche la si tuazione balcanica potrebbe, da un momento all'al tro, complicarsi; e che in ogni modo bisogna anche da questa non lasciarsi cogliere impreparati.

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IV.

IL FUOCO È CESSATO.

Il fuoco è cessato! È la frase laconica con la quale le agenzie telegrafiche hanno fatto sapere, prima delle assicurazioni delle Cancellerie, che l'incidente di fronte al quale la diplomazia europea si trova im potente a frenare i popoli e i Governi balcanici è chiuso. Rallegriamoci, ad ogni modo, che lo scoppio immediato d'un conflitto, che avrebbe potuto essere il segnale di avvenimenti gravissimi, sia stato anche questa volta evitato. Nella grave situazione attuale, nella quale si vive giorno per giorno non sapendo quale sorpresa può riserbarci l'indomani, l'essere riusciti a sospendere le ostilità già incominciate con un combattimento re golare, è un gran risultato. La Turchia ha attenuato il significato delle sue note comminatorie. Dal canto suo il Montenegro, pur parlando alto e forte, ha riti rato una parte delle sue truppe da qualche località considerata come posto di combattimento, mostrando di essere animato da spirito di conciliazione. Quando vi è il desiderio di arrivare a un componimento, i mezzi e gli espedienti dei quali si serve la diploma zia per la politica estera non sono molto dissimili da quelli in uso nella politica interna Telegrammi odierni accennano già alla possibilità che il ministro turco a Cettigne possa essere il « bal tirelli di questo incidente e parlano di una Commis sione d'inchiesta turco-montenegrina e del Tribu nale dell'Aja ...

Il fuoco è cessato. Ma l'allarme per tutti i Governi di Europa dev'essere stato ben grave, e assai viva l'ansia nella quale, d'ora in ora, si attendevano le notizie, pensando che sovente, come si dice, la sto

Il fuoco
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è essalo

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ria si ripete e come, anche trentaquattr'anni fa, la di chiarazione di guerra del Montenegro fu quella che provocò la grande guerra nei Balcani finita col trat tato di Santo Stefano. E per noi italiani, oggi in guerra con la Turchia, non è inopportuno rammen tare che allora il primo grido di guerra contro la Turchia fu lanciato dal Montenegro col nome e con un telegramma dell'Eroe dei due mondi! Gli erzego vesi erano insorti al grido fatidico di « morte o li bertà! » - A noi poco importa aveva risposto il delegato degli insorti al governatore della Dalmazia di conoscere il contenuto della proposta Andrassy: alle promesse turche non prestiamo fede. Solo quando tutta l'Erzegovina sarà un sepolcro, le riforme turche saranno attuate. E io dico ai nostri fratelli: Fratelli! o libertà o morte (1).

Questa risposta fece palpitare di entusiasmo Giu seppe Garibaldi , che mandò a un amico del principe Nicola questo telegramma: « I liberi d'ogni paese esultano per le splendide vittorie degli eroici figli dell'Europa orientale » . Quelle parole dell'Eroe suscitarono tra i figli della montagna nera il più grande entusiasmo. Il Principe facendone di suo pugno la traduzione, le telegrafo in tutto lo Stato. Pochi mesi dopo il Gospodar, ve dendo giunto il momento, ricordato ancora una volta nel proclama al suo popolo il grande impero serbo caduto a Kossovo, cinse la spada di Duscian il grande: la vera spada del vittorioso Nemania che guidò i serbi fin sotto le mura di Costantinopoli, che, trovata dai russi nel 1829 in una moschea di Adrianopoli, gli era stata pochi anni prima regalata dallo Czar.

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Quella spada che il vecchio e valoroso vincitore della battaglia di Vutcidol, per la quale Garibaldi lo

(1) Vedi Montenegro di Vico Mantegazza. Firenze; Succ. Le. monnier.

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Il ritorno di Re Ferdinando 25 proclamò grandissimo stratega, era pronto a cingere un'altra volta, rimane per ora nel fodero. Ma anche in questo incidente si è veduto che il Montenegro sarebbe pronto, come tutti gli altri Stati balcanici, non solo a precipitare gli avvenimenti, ma a pren dere l'iniziativa. Questi ricordi storici devono essere stati in questi giorni tanto più suggestivi in quanto che non solo sarebbe stato, adesso come un terzo di secolo fa, il Montenegro a provocare la grande guer ra, ma perchè vi sono altre coincidenze, altre ana logiecon quel periodo storico. Oggi come allora è vivissima l'esasperazione delle popolazioni bulgare per le atrocità commesse dalle soldatesche ottomane contro di loro: quelle atrocità sulle quali richiamò l'attenzione dell'Europa civile il vecchio Gladstone col celebre opuscolo. E sono ancora comeho avuto recentemente oc casione di avvertire su queste colonne (1) in un arti colo nel quale, riferendomi alle intese fra i Governi balcanici, dicevo che questa volta se uno di essi si muovesse tutti gli altri farebbero altrettanto la Bulgaria e l'eccitazione popolare nel nuovo regno, che rappresentano il maggior pericolo del momento. Il ritorno repentino di Re Ferdinando a Sofia per coloro che sanno come solo in circostanze gra vissime egli rinunzi a dirigere la politica del suo paese dalle sue villeggiature o dai suoi posti di cura ove suol recarsi ogni anno è anch'esso un sintomo della situazione. La Russia che, naturalmente, è prontamente intervenuta, è certa sempre che il Mon tenegro non si muoverà mai se essa non vuole. Per un complessodi ragioni sulle quali è inutile insistere, il Montenegro è militarmente considerato in Russia come un corpo d'armata di avanguardia dei suoi eserciti. Come è noto, è da Pietroburgo che si prov vede in gran parte, e non solo con gli istruttori, a questo corpo d'avanguardia. Quasi a sottolineare (1) Il Corriere della sera,

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questo suo carattere e questa sua funzione, due anni fa lo Czar nominava a suo capo supremo Re Nicola maresciallo russo. Il Governo dello Czar sa di po ter frenare sempre quello di Cettigne. Non ha invece la stessa certezza per la Bulgaria. A Sofia, sotto la pressione dell'opinione pubblica esasperata, potreb bero a un dato momento trovarsi nella impossibilità malgrado il pacifismodel Governo e del Sovrano di seguire isconsigli di moderazione della Russia e di tutte le altre Potenze. Le quali hanno spiegato in questi giorni la mag gior attività per impedire il conflitto: presumibil mente l'Italia si è adoperata come tutte le altre, e forse più delle altre, posto che, in questo momento, mi sembra la più interessata al mantenimento dello statu quo balcanico. Impegnati come siamo sulle coste settentrionali dell'Africa, mi pare evidente che non possa desiderarsi da parte nostra lo svolgersi di avvenimenti che potrebbero condurre a un nuovo smembramento dell'Impero ottomano: smembra mento nel quale, agitandosi come al solito le que stioni dell'equilibrio e dei compensi, vi potrebbe essere da varie parti la tendenza a considerare l'I talia soddisfatta e già compensata con la Libia.

A questo proposito è il caso di sfatare una leggenda che riappare anche questa volta in qualche giornale francese, facendo credere possa essere stata ed es sere l'Italia, per i legami che uniscono le due Di nastie, a incoraggiare, a spingere il Montenegro ad agire. Senza dubbio tali legami hanno reso ancor più vive le simpatie fra i due popoli, che, come si è veduto, hanno origine antica e sono state solenne mente affermate in altre circostanze da Giuseppe Ga ribaldi. Ma non s'è fatta mai della politicadinastica, e, personalmente, potrei citare fatti e circostanze nelle quali invece, proprio per questi legami di parentela e per scrupoli costituzionali, il Re si è imposto un ri serbo cheha potuto persino sembrare eccessivo:

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Politica inconsulta dei Giovani Turchi 27

Quanto alla Turchia, a meno non siano proprio diventati matti del tutto, pare impossibile possa aver pensato alla guerra col Montenegro come di versivo. E viene quasi voglia di credere davvero.... all'eccesso di energia del ministro turco a Cettigne, dal momento che a Costantinopoli vecchi e giovani turchi non possono farsi illusioni sull'esito finale, per l'appunto pensando a quanto avvenne nella se conda metà del secolo scorso.

È vero però che la Turchia da un pezzo agisce ve ramente in modo inconsulto e che i Giovani Turchi sono persino riusciti a far mettere d'accordo a un certo momento montenegrini e albanesi, cosa che, fino a pochi anni addietro, pareva assolutamente in possibile.

Per quanto riguarda l'Albania e il Montenegro, le analogie con quel che avvenne durante la guerra turco -russa cessano. Chè anzi le parti sono invertite. Allora erano i turchi e gli albanesi contro il Monte negro; mentre adesso gli albanesi sono, fino a un certo punto, d'accordo col Montenegro contro i turchi.

Come è noto, per effetto del Trattato di Berlino, alcuni distretti albanesi furono incorporati al Mon tenegro. Ma mentre, ufficialmente, la Turchia ac cettò quel trattato, sotlo mano ed è strano il ricordarlo oggi che gli albanesi sono così violente mente contro la Turchia - da Costantinopoli si in coraggiò e aiutò la costituzione di quella lega alba nese che si oppose con la forza alla cessione di questi distretti al Montenegro. Dopo lunghe discussioni e conferenze diplomatiche, nelle quali si addivenne a nuove permute relative ai territorii da cedere al Mon tenegro, la Turchia cedette di fronte alla dimostra zione navale delle Potenze nelle acque di Dulcigno, città che, in scambio di altri territorii, venne incor porata nel principato. Un'altra città popolata in gran parte di albanesi e che è ora la più importante del

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piccolo regno, Podgoritza, era stata essa pure ce duta al Montenegro. E tutto ciò naturalmente aveva reso più vivo, più violento l'odio degli Skipetari per i montenegrini e scavato sempre più profondo l'a hisso fra albanesi e slavi. Ci voleva la politica paz zesca dei Giovani Turchi per riavvicinarli! È vero che a rendere buone le relazioni dei montenegrini cogli albanesi passati al Montenegro, senza le quali non sarebbero stati possibili gli accordi con le altre tribù e l'aiuto dato a queste in varie circostanze (precisamente ciò di cui si è lagnato vivamente il Governo di Costantinopoli) ha moltissimo contribuito l'abilità e il tatto di ReNicola, il quale ha avuto spe ciali attestazioni per questi suoi nuovi sudditi. Gli albanesi cattolici, come i musulmani diventati sudditi del principe Nicola per effetto del trattato di Berlino, non ebbero mai a lagnarsi, e la volontà del principe si impose subito ai montenegrini, con qual che esempio di energia necessario, per rendere possibile la convivenza di elementi che da secoli erano avvezzi a combattersi.

Un giorno, poco dopo l'annessione, dei montene grini insultarono uno dei capi della popolazione tur ca colla parola « vile ». Questi si presentò al principe lagnandosi vivamente che contro l'ordinesuo non lo rispettassero, e domandando giustizia contro i suoi insultatori.

(

Il principeascoltò le sue lagnanze, quindi, dopo un momento di pausa, gli domandò il suo nome e lo congedo. Adesso vai pure gli disse e ritorna da me questa sera.

Alla sera quando il turco ritorno al palazzo dove era stato dato l'ordine di lasciarlo subito passare, trovò il principe circondato da tutti i dignitari e da parecchie altre persone fra le quali riconobbe subito i suoi insultatori.

Chi è stato - domandò il principe con intona.

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zione
quegli che ha insultato questo turco?
severa-

Tutti tacquero. Una simile mancariza contro un suddito che ha gli stessi doveri e diritti di tutti gli altri, e quando io ho proclamato solennemente l'oblio delle lotte passate, merita una punizione esemplare. Quindi volgendosi al turco : - Tu hai domandato una soddisfazione: ebbene, l'avrai.

Fu un momento di ansia per tutti. Ma lo sguardo del principe si era alquanto rasserenato. Trasse di tasca un foglio di carta, e a voce alta lesse l'Ode al turco, che aveva appena finito di comporre...

« Ah, vecchio leone, ti insultano? Ti deridono? Ti chiamano vile ? Tu vile? Tu che hai conquistato mezzo mondo sui tuoi arabi corsieri, tu che hai fatto abbeverare i tuoi cavalli nelle acque del Mincio e che, sotto la bianche mura di Vienna, hai potuto dire al signore del mondo buon giorno ? Ti chiamano vile? Ma che cosa sarebbe stato di questa Europa se non avesse incontrato sul suo cammino questo pugno di montanari che con la croce hanno leal mente combattuto sui campi di battaglia, riportando delle vittorie che a te servono di gloria? Nessuno può lottare con te tranne questo pugno di povera gente. Ora che abbiamo imparato a conoscersi, dobbiamo rispettarci. Altri, vecchio leone, pensi ciò che vuole, noi non possiamo altro che stimarti; e se dovesse ancora spuntare il giorno delle epiche lotte, nessuno potrà insultarti, e ci combatteremo lealmente da eroi » .

Quando ebbe finito si rivolse al turco domandan dogli : Ora, dimmi, sei soddisfatto ? Per tutta risposta il turco si inginocchio ai suoi piedi, e gli baciò la mano...

Il che prova come la poesia bene adoperata può anche diventare arte di Governo...

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L'ode al Turco
8 Agosto.

V.

LA STORIA SI RIPETE.

A tutta prima sembrerebbe impossibile di imma ginare un « caos » maggiore di quello che regna oggi nell'Impero ottomano. Eppure, da un rapido sguardo alla storia degli Osmanli attraverso i secoli è facile constatare che l'Impero turco ha attraversato delle crisi ancora più gravi. In più di una circostanza i suoi soldati si sono battuti gli uni contro gli altri, e i ribelli più di una volta sono stati padroni della ca pitale e delle città principali e hanno detronizzato un Sultano per mettere al suo posto un loro partigiano. Basterebbe ricordare la lotta fra l'esercito regolare, organizzato da Selim III, e i famosi giannizzeri, fi nita con l ecatombe di questi ultimi : un massacro nel quale, senza pietà, furono passati per le armi fino all'ultimo questi soldati che, per secoli, a guisa degli antichi pretoriani, avevano creato od abbattuto i Califfl...

Quanto alla sorte dei Sultani , senza andare tanto lontano al principio del secolo scorso, e ne ricorre in questi giorni l'anniversario : il 28 agosto del 1808 :- nel breve corso di 12 ore la Turchia ebbe due Sultani sul trono e un terzo strangolato. Regnando Mustapha IV, i rivoltosi accerchiano il palazzo per rimettere sul trono Selim III da Mustapha fatto im prigionare. Ma Mustapha, avvertito, fa strangolare immediatamente Selim : per cui quando quelli che avevano ordito la congiura aprono le porte della sua prigione non trovano più che un cadavere. Allora vanno a cercare il fratello di Mustapha nella spe ranza di trovarlo ancora vivo. Trovano difatti il gio vane principe tremante, nascosto fra un mucchio di tappeti : lo proclamano Sultano col nome di Mah mud II e riunchiudono in una prigione Mustapha IV.

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Le riforme sono impossibili 31

La storia si ripete anche per quanto riguarda le riforme intese a rendere meno intollerabile l'esisten za alle popolazioni cristiane. Tutte le volte che, da un secolo a questa parte, una nazione o l'altra ha preso l'iniziativa per chiedere a Costantinopoli delle riforme in nome dell'umanità, l'Europa ha sempre aderito : come ha aderito ora alla iniziativa del mi nistro degli esteri austro-ungarico. Le difficoltà però incominciarono appena si tratto di ottenere dalla Turchia che le riforme fossero applicate. Poichè al lora fra le Potenze, che pure erano state d'accordo nel proporle, s'iniziò quella schermaglia diplomatica con la quale ciascuna Potenza ha sempre cercato, ora parlando forte, ora invece mostrandosi conci liante e magari difendendo la Turchia, -- di tutelarei proprii interessi, e, soprattutto, di prepararsi per la eventualità di nuovi smembramenti di questo va cillante impero, del quale viceversa - si seguita a proclamare la integrità come un dogma della po litica europea. Una cosa mi pare certa, ed è che, nè coi Giovani Turchi nè voi vecchi nè con altri si potrà mai otte nere l'applicazione di riforme che stabiliscano l'u guaglianza fra cristiani e musulmani, se non impo nendola con la minaccia e con la forza. Non è possibile trasformare la mentalità del mondo musulmano, che considera il cristiano come un es sere abbietto, al quale si fa già una grande conces sione permettendogli di vivere in un paese conqui stato dall'Islam. E non sembri tutto ciòesagerazione. Fino a poco tempo fa i cristiani dell'Impero turco pagavano una tassa il kartch che era precisa mente il tributo dovuto al vincitore, al conquistatore per il riscatto della vita ! È stato detto più volte che i turchi sono ancora, dopo parecchi secoli, accam pati in Europa. L'espressione è sinteticamente giu sta. Oggi ancora si considerano i conquistatori, e sono per essi dei conquistati le popolazioni cristia

ne. Per essi, oggi ancora, non esistono che vinti e vincitori, e i primi debbono sottostare alla legge di questi ultimi. E quando vi è stato qualche Sultano o qualche Gran Visir, che ha promosso delle riforme , non per simpatia verso le popolazioni cristiane si badi bene bensì perchè era soprattutto con vinto che la pacificazione degli animi avrebbe po tuto giovare alla forza dell'Impero, e che istituzioni più liberali ne avrebbero rialzato il prestigio, i suoi sforzi si sono infranti contro tale conce zione della superiorità del musulmano su tutti quelli che professano altre religioni, e che è un po' la base della fede islamitica.

« Ma i turchi non sarebbero più turchi, cioè musulmani e conquistatori di quei paesi, se ac cettassero davvero le riforme ». È la risposta che mi diede a Salonicco quando questa città era, come si diceva, la capitale delle riforme con l'Ispet torato di Hilmi pascià. un turco relativamente colto ed istruito, al quale esprimevo la mia mera viglia per aver constatato, in un giro fatto nei tre vilayet di Salonicco, di Monastir e di Uskub, che le riforme.... erano una colossale canzonatura.

Il primo tentativo di riforme data da circa tre quarti di secolo, e fu dovuto all'iniziativa del Sul tano Abdul-Medjid ed ai consigli del suo Gran Visir Rechid pascià, che avendo passato molti anni a Londra ritornò a Costantinopoli col desiderio di modernizzare il suo paese. Ed era appoggiato e sostenuto dall'Inghilterra. Tanto l'Inghilterra quan to la Turchia sembravano dover avere interesse a creare una nuova Turchia, che senza discordie e rivoluzioni potesse meglio sottrarsi alla influenza e alla tutela russa.

Le riforme furono annunziate dopo poche setti mane dalla assunzione al trono di Abdul-Medjid con una grande solennità : con un cerimoniale im ponente, alla presenza dei grandi dignitari dello

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CONTE BERCHTOLD, MINISTRO DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO.

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GENERALE CONRAD, CAPO DI STATO MAGGIORE AUSTRIACO.

te riforme sotto Abdul-Medjid 33

Stato, dei deputati delle nazioni raja (si diceva cosi), di tutto il Corpo Diplomatico, con grande schiera mento di truppe e colpi di cannone. Abdul-Medjid il 2 novembre 1839 promulgò l'hatti.cherif così detto di Gulkanè, col quale fu iniziato il periodo delle leggi del Tanzimat (da una parola araba che signi fica per l'appunto: organizzazione). Fu una specie di proclamazione dei diritti dell'uomo.... nell'Im pero turco : cioè l'uguaglianza di tutti i sudditi del Sultano dinanzi alla legge civile, qualunque sia la loro fede religiosa. Furono quindi istituiti dei Consigli di vilayet, dei quali facevano parte dei cristiani; dei tribunali misti.... e persino un'Uni versità ! Solamente quando si trattò di far agire tutto questo macchinario, incominciò la burletta che abbiamo poi veduto ripetersi più volte.... fino all'attuale governo dei Giovani Turchi ! In parecchi di questi Consigli di vilayet, nei quali i cristiani che dovevano farne parte erano scelti e designati dalle autorità ottomane, i turchi non permettevano loro di sedersi sullo stesso divano... In altri ave vano la modesta funzione di tenere accesa la pipa del pascià !

Le cose continuarono ad andare come prima. Anzi peggiorarono, tanto che l'Europa finì per preoccuparsene sul serio. In quel mentre scoppiò la guerra di Crimea. Dopo, per quanto la questione della sorte delle popolazioni cristiane abbia formato spesso argomento di discussione fra i rappresen tanti delle Potenze al Congresso di Parigi, queste, data la situazione creata dalla guerra, non potevano di fronte alla Turchia alleata e che era stata con loro vittoriosa contro la Russia, aver l'aria di im porre le riforme menomandone la sovranità. Fu allora convenuto che il Sultano, ricordando il fa moso Tanzimat, avrebbe di nuovo con suo atto spontaneo proclamate le nuove riforme. Ciò che MANTEGAZZA. La guerra balcanica.

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egli fece con un iradè comunicato alle Potenze, le quali risposero constatando « l'alto valore di tale comunicazione » !!

)

Manco a dirlo, nessuna riforma fu applicata , tantochè qualche anno dopo, nel 1859, le Potenze fanno nuovi passi e con una certa energia. Ma sopravviene la guerra dell'indipendenza italiana e l'Europa per un po' non si occupa più della Turchia. Su per giù accade lo stesso nel 1870, quando le Potenze accennano davvero ad agire. La guerra franco-germanica salva un'altra volta il regime turco ! Ma le Potenze avevano però già incominciato a discutere sulla eventualità di dovere imporre le ri. forme, anche se ciò poteva menomare la sovranità del Sultano: e, nel 1876, si riunisce a Costantinopoli la Conferenza fra gli ambasciatori, i quali stabilisco no di sorvegliarne per conto dei rispettivi Governi l'applicazione. Il Sultano pensa allora al famoso col po di scena. Mentre gli ambasciatori si riuniscono per la prima seduta, i colpi di cannone annunziano che è stata largita la Costituzione. Poco dopo scoppia la guerra russo-turca. Ma al Congresso di Berlino le Potenze passano dalla sorveglianza all'intervento, e in parecchi articoli si sancisce questo nuovo principio, che l Europa ha diritto di intervenire nelle cose interne della Turchia. La quistione delle riforme entra così in una nuova fase. Da allora in poi si moltiplicano le conferenze e gli accordi fra le Potenze per ottenere una migliore amministra zione e un po' più di giustizia per le popolazioni oppresse: e si arriva fino al famoso Ispettorato di Hilmi pascià, con gli agenti civili, la gendarmeria, ecc.... Tutta questa organizzazione incominciava a dare qualche piccolo resultato.... quando arrivarono al Governo i Giovani Turchi. Ma dal trattato di Berlino in poi, cioè dopo 34 anni, non si è mai fatto l'esperimento più grave per

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il concerto europeo : quello cioè di imporre con la forza alla Turchia quando essa ha accennato a 10? voler cedere, sebbene tale azione comune sia stata tante volte minacciata.

L'Europa non è mai andata al di là della minac cia : anche quando ha messo in moto le corazzate come per la dimostrazione navale di Dulcigno. Non si trattava allora delle riforme: ma è lo stesso. La Turchia non voleva consegnare questa città al Mon tenegro. Una flotta, della quale facevano parte navi di tutte le grandi Potenze, si presentò dinanzi a quelle coste. Ma tutti sapevano, e i turchi più degli altri, che i comandanti avevano l'ordine espli cito dai rispettivi Governi di non tirare un colpo di cannone e di non sbarcare un solo uomo. Dati i precedenti ai quali ho accennato, non de ve meravigliare se vi è un certo scetticismo nelle Cancellerie a proposito della proposta austro-unga rica, e se da tutte le parti si domanda intanto che significato dà alla parola decentramento il ministro Berchtold. Un suo lontano predecessore, il conte de Beust, quando Abdul Aziz assicurava di voler applicare veramente le leggi del Tanzimat, diceva che non poteva credere « a una fusione incoerente delle razze ottomane » . Il decentramento, nel con cetto del ministro austro -ungarico, pare possa voler dire una certa autonomia per queste razze e per alcune regioni. Concetto bellissimo in teoria, ma di applicazione difficilissima dove le razze sono così frammischiate, e per regioni ove sono città e paesi nei quali è lievissima la prevalenza dell'una sull'altra.

Ma, posta la questione su questo terreno delle autonomie, a parte le insormontabili difficoltà del l'applicazione, non è probabile i turchi vi si rasse gnino: poichè sanno per esperienza che, in questo caso come fu detto da un loro ministro - auto nomia e anatomia sono sinonimi. L'autonomia è

La proposta Berchtold 35

IN ALBANIA E IN MACEDONIA

sempre stata il primo passo verso il distacco dal l'Impero....

Ed eccoci di nuovo alla solita questione. Come e in che modo, se mai, l'Europa si imporrà ? Perchè non è soltanto importante formulare un programma che abbia il consenso di tutte le Potenze; bisogna anche tradurlo in atto: ed allora, se la storia si ri petesse ancora una volta, e, come sempre, a bene ficio dei turchi....

26 Agosto. Il

L'AGITAZIONE POPOLARE IN BULGARIA.

L'agitazione delle popolazioni bulgare invocanti la guerra contro la Turchia, ora par calmarsi, ora sembra riprendere più vivamente. In Bulgaria, come in tutti i paesi parlamentari, anche sulle più importanti questioni di politica estera finisce per esercitare un'influenza la situazione interna. In questo momento anche i partiti e gli uomini cono sciuti per il loro pacifismo come quelli che sono al Governo da qualche tempo dànno ai loro discorsi un'intonazione ben diversa da quella che avevano qualche mese fa. Non sono diventati come si dice guerrafondai. Però non escludono più, in modo assoluto, la possibilità della guerra. Data l'eccitazione dell'opinione pubblica, sentono che con un contegno diverso perderebbero ogni prestigio ed ogni autorità. Tanto più col linguaggio violento della stampa d'opposizione che li accusa addirittura di tradimento. Non credo esatte le parole attribuite al presidente della Camera, nell'intervista pubblicata da un gior

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All'epoca della grande insurrezione 37 nale russo, nè quelle attribuite al ministro degli esteri da vari giornali, secondo le quali l'uno e l'altro a vrebbero dichiarato la guerra inevitabile. Credo in vece abbiano detto che la guerra è possibile. Il che è già abbastanza significante, dato, ripeto, il pacifi smo dell'attuale Ministero.

Ciò malgrado, la Diplomazia Europea ha ancora la più assoluta convinzione di riuscire ad evitare il con flitto, che, questa volta, non rimarrebbe circoscritto alla Bulgaria e alla Turchia. Le Potenze sono più che mai d'accordo e decise ad agire per impedirlo. E credono sarà evitato, come fu evitato altre volte quando, d'ora in ora, si attendeva in Europa il tele gramma annunciante l'inizio delle ostilità.

Nel 1904, all'epoca della grande insurrezione - si chiama oramai così in tutti i Balcani il moto di quell'anno in Europa, e specialmente a Sofia, si sono passate due o tre settimane d'ansia. Trascorsi a quell'epoca qualche tempo nella capitale bulgara e ricordo come al club, allora l'unico posto di ritrovo della città che non aveva ancora preso lo sviluppo attuale, più di una volta si stette fino alle due o alle tre dopo mezzanotte, in attesa di notizie : aspettando sempre, da un momento all'altro, l'annuncio della dichiarazione di guerra. La guerra pareva sicura ed imminente. I diplomatici avevano fatto partire le loro famiglie.

Era allora ministro o per essere più esatti Com missario ottomano a Sofia, la Bulgaria essendo an cora nominalmente un Principato vassallo un CU rioso tipo di diplomatico : Feroud bey, morto qualche anno dopo a Washington Turco come e più di tutti gli altri, aveva certamente nel fondo del cuore l'odio feroce che qualunque turco sente contro i bul gari : contro questi rajà di ieri, che sono stati loro schiavi fino a pochi anni or sono, e la principale causa dell'ultimo grande smembramento dell'Impe ro, e che adesso parlano di muovere guerra ai loro

antichi dominatori, e sono diventati cittadini di un paese forte che conta qualche cosa in Europa. Fe roud bey però sapeva abilmente nascondere questi sentimenti e continuò a frequentare il club anche in quei giorni, bestemmiando contro il suo Governo che lo faceva svegliare due o tre volte ogni notte con dei telegrammi. Qualche volta il telegramma glielo portavano lì al club. Mentre lo apriva, la con versazione intorno a lui rimaneva sospesa per qual che minuto. Poi Feroud bey stesso dava il segnale della ripresa. No, non è niente diceva, dopo aver fatto decifrare il dispaccio da un segretario nella sala vi cina ; sono ancora i miei padroni che hanno del tempo da perdere e non vogliono lasciarmi dormire! Esi ritornava a chiacchierare. Sempre della guer ra però. L'esercito era quasi completamente mobi lizzato. In alcuni punti dove la frontiera è delimitata da un ponte o da una strada, le pattuglie turche e bulgare erano attendate a poche decine di metri le une dalle altre. A un dato momento, dalla Russia, che, fino allora, con diverse manifestazioni aveva in coraggiato la Bulgaria alla guerra, venne il veto. A pochi anni di distanza, le stesse ansie si rinno varono. Il paese invocava di nuovo a grandi grida la guerra, e l'esercito era pronto alla frontiera. Da una parte per marciare verso Costantinopoli, e, dal l'altra, per tagliar fuori i corpi d'esercito di Salonicco e di Monastir. Fu all'epoca della rivoluzione, quando l'Impero ottomano era in piena disorganizzazione, ed era disorganizzato, male armato, sprovvisto d'ar tiglierie e di munizioni, il suo esercito. Gli uomini allora al Governo non erano pacifisti come quelli che appartengono all'attuale Gabinetto Ghescioff. Pa recchi erano apertamente favorevoli alla guerra, e si erano compromessi in questo senso con delle di chiarazioni. Un'occasione così favorevole, politicamente e mili

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tarmente, per la Bulgaria - si diceva - non poteva più presentarsi. Bisognava saperne approfittare. Il Principe Ferdinando non era alla capitale. Non ram mento se fosse all'estero o a Euxinograd, quando, in seguito a numerosi dispacci dei suoi ministri, che lo informavano della gravità della situazione, affret tò il suo ritorno. I ministri gli andarono incontro fino a una stazione verso Tirnovo, appena seppero del suo ritorno. A Sòfia si seppe naturalmente di questa loro partenza, e si capì che dal loro incontro col Sovrano dipendeva la pace o la guerra. Quando si incontrarono col Sovrano, furono invitati a salire sul treno che lo riconduceva a Sòfia; fu nel vagone salon del Principe che, mentre il treno filava, fu tenuto il Consiglio dei ministri storico, nel quale l'opinione del Principe favorevole alla pace pre valse. Fu data, come suol dirsi, macchina indietro e la guerra fù evitata. Fu evitata. Ma, in quel mo mento, parvero un po' scossi la popolarità e il pre stigio del Sovrano. Nell'ambiente militare non si dissimulò un certo malumore. Alcuni parlarono addirittura della fine della Bul garia. Più che mai tale sentimento si diffuse, quando, nei primi tempi del regime Giovane Turco, si vide che l'esercito ottomano si rafforzava e si organizzava ogni giorno più.

L'occasione è passata si ripetè ancora la Bulgaria è finita.

Il ricordo di questi precedenti non è, mi sembra, inopportuno, per spiegare quello che accade oggi in Bulgaria, dopo due o tre anni di un certo sco ramento.

L'occasione propizia, che tutti credevano non si presentasse più, si presenta invece per la terza volta . La Turchia, le sue finanze, il suo esercito, il suo Governo, tutto è di nuovo in sfacelo, e in uno sfacelo più grande di quello di qualche anno fa. Per di più è migliorata anche la situazione, per

Un'occasione perduta 39

quanto riguarda le relazioni fra gli Stali balca nici. Fino al punto, come ebbi già occasione di avvertire, che si intravvede persino la possibilità di un accordo con la Rumenia. L'idea di un compenso territoriale alla Rumenia, per avere mani libere nei Balcani, che una volta avrebbe suscitato unanimi proteste in Bulgaria, ha adesso dei fautori.

Lo Czar dei bulgari, che in poco più di un quarto di secolo ha fatto una bella carriera, da tenente in un reggimento ungherese essendo arrivato a cin gere una corona reale, sente tutta la responsabilità che pesa sul suo capo. Le circostanze favorevoli, la proclamazione della indipendenza, la deferenza ma nifestata verso dilui dall'Europa, l'accoglienza avuta recentemente a Vienna e a Berlino, accoglienza che ha consacrato il nuovo regno, riconoscendogli il diritto di figurare fra le nazioni nel posto onorevole che gli compete, per il rapido sviluppo raggiunto in pochi anni, hanno fatto dimenticare al popolo bul garo... il famoso Consiglio dei ministri al quale ho accennato. Da quello che è avvenuto dopo, è sem brato giustificato il contegno fermo in favore della pace, da lui tenuto in quella circostanza. Ma, oggi, non credo egli possa ritentare la prova, e met tersi contro la corrente, se la corrente bellicosa si affermasse generalmente. Perciò, senza pronunziare parole che lo compromettano, passando nella zona ove si svolgono le grandi manovre... fa fermare il treno e passa in rivista le truppe che lo acclamano! Molte sono le cause che potrebbero spingere la Bulgaria alla guerra, alla quale si prepara da venti anni. Si può dire anzi che a tale scopo supremo ha fatto sempre convergere tutti i suoi sforzi... e le sue risorse. Il bilancio del giovane regno non può più sostenere gli enormi sacrifici fatti finora per l'esercito e così sproporzionati alle sue entrate. A questo si aggiunge un certo malessere nell'eser cito, nel quale i generali e ufficiali superiori, in

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1 bulgari-macedoni e la guerra 41

gran parte assai giovani, non permettono più di sperare avanzamenti a quelli dei gradi inferiori. Ma oltre tutte queste cause, contribuiscono a tenere viva l'agitazione i bulgari-macedoni che assai numerosi sono sparsi in tutte le amministrazioni dello Stato. Vi sono centinaia di macedoni fra gli ufficiali, ve ne sono in tutti i ministeri, nelle scuole, nella Camera e, spesso, anche al Governo. E' un ma cedone il Ghenadieff che ha preso la successione del compianto Petkoff, come capo del partito Stambu lovista ; come, fra gli altri, è macedone (di Mona stir) anche il signor Rizoff, ministro di Re Ferdi nando a Roma. Naturalmente i macedoni han con tribuito in molte circostanze a creare l'ambiente. E tutta la storia politica della Bulgaria in quest'ul timo trentennio è riassunta in questa alternativa fra un atteggiamento favorevole alle insurrezioni e alle rivolte macedoni, o contrario con relativi arresti di rivoluzionari.

Nel 1904, l' epoca alla quale ho più sopra accen nato, erano numerosi i capi delle bande bulgare, che altro non erano se non ufficiali bulgari ma gari generali come il Zoncheff o colonnelli come il povero Yankoff aiquali il Governo di Sòfia con cedeva delle licenze per un periodo di tempo inde terminato... Ed è a Sòfia naturalmente che le bande si sono sempre approvigionale d'armi e di denaro. Anche quando il Governo ha sconsigliato l'agitazio ne, non ha sconfessato il movente che determinava i moti ; li riteneva inopportuni in una data circostan za, ma prometteva di aiutarli quando invece lo avesse ritenuto conveniente. Da coloro che seguono lo svolgersi degli avvenimenti nella penisola balca nica non può essere dimenticata la celebre circolare segreta, che, pubblicata (nel 1908) in un giornale francese, sollevò tanto rumore, e provocò anche un vivace scambio di note diplomatiche oltre le pole miche dei giornali.

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circolare che le bande sono indispensabili, il Governo bulgaro le riorganizzerà : e quando avrà liquidato tutto il passato, il Governo bulgaro indi cherà il programma da seguire alle nuove organiz zazioni. I capi saranno responsabili e renderanno conto dell'impiego dei fondi dei quali disporranno. Una somma di quattrocento a cinquecento mila franchi figurerà nel bilancio del Principato per le future bande, chiamate a dare una soluzione defi nitiva alla questione macedone.»

L'incognita del momento è il contegno, non dirò del Governo, ma di quella organizzazione per la rivoluzione macedone che, vista con simpatia dal Paese, non può essere troppo osteggiata dal Go verno. In altri termini, il Governo di Sòfia incorag gia o no un movimento che potrebbe estendersi e destare le più gravi preoccupazioni da un momento all'altro, per la ripercussione che gli eccidi inevita bili avrebbero nel Regno?

Finora una risposta precisa mi pare difficile. Però, malgrado la grande eccitazione della opi nione pubblica, e le manifestazioni e il mutato lin guaggio degli uomini di governo e l'atteggiamento della Corona, la convinzione più diffusa nelle Can cellerie europee è quella che, a meno di una pazza aggressione della Turchia, illusa di trovare a questo modo un diversivo alle sue difficoltà interne e a quelle che gli crea la guerra con noi , il conflitto sarà ancora evitato. Sovrano e Governo secondano forse, almeno in apparenza, e fino a un certo punto, il movimento, per poterlo frenare.

Poichè, se da una parte è vero che questa volta essi sono d'accordo come non lo erano mai stati fino ad ora non è men vero che, dall'altra, anche le grandi Potenze sono ugualmente d'accordo come non lo furono mai nel volere che lo statu quo non sia turbato, per cui non sarebbero certo ben disposte « Se sarà provato in avvenire - diceva quella

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agitazioni antiturche 13

per quel Governo e quel paese che dessero il segnale dell'incendio. Inutile fare il processo alle intenzioni e quindi indagare le ragioni per le quali questa o quella Potenza segua tale linea di condotta. Il fatto è questo, ed è la migliore garanzia per il manteni mento della pace.

9 Settembre.

NOTE E DOCUMENTI.

Nell'agosto, visto che l'agitazione nella Penisola Balcanica aveva assunto un carattere minaccioso, il ministro degli esteri austro-ungarico conte Bertchold fece alle Potenze una proposta invitandole ad uno scambio di vedute sulla situazione in Turchia e sui mezzi onde aiutarla a risolvere le questioni nazionali e ad assicurare la tranquillità. I giornali ufficiosi di Vienna spiegarono poi come base dell'azione delle Potenze doveva essere il mantenimento dello statu quo, e comel'azione stessa avrebbe dovuto svolgersi d'accordo con la Sublime Porta senza avere il ca rattere d'una pressione, nè minaccia o intervento. Ma mentre tale scambio di vedute era incomin ciato, la situazione peggiorò specialmente per le agi tazioni anti-turche in Bulgaria, in Grecia ed in Ser bia. Il Montenegro dal canto suo faceva smentire con un comunicato ufficioso la voce di un accordo se greto austro-montenegrino e rivolgeva un monito di non dubbio significato alla Turchia e indiretta mente all'Europa, lasciando comprendere che non avrebbe sofferto più a lungo le prepotenze dei sol dati turchi ai suoi confini. Il comunicato terminava con queste parole :

Le

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Basta ricordare la recente ed esatta comunicazione del corrispondente del Times alla frontiera turco-mon tenegrina che fu testimone dei costanti e micidiali attacchi delle truppe turche, al punto che i tranquilli contadini montenegrini erano costretti a lavorare la terra di notte. Secondo le ultime informazioni, è pre sumibile che la saggezza del Governo di Costantinopoli e la buona volontà di cui ha dato prova finora il Mon tenegro metteranno fine ad una situazione oltremodo penosa.

Il governo turco di fronte ai consigli delle Polenze si mostrò apparentemente remissivo. Il 21 settembre si pubblicava a Costantinopoli il testo del Mazbata (processo verbale) del Consiglio dei Ministri relativo alle riforme che aderendo all'invito delle Potenze si sarebbero dovute applicare prontamente.

Senonchè mentre il Governo faceva pubblicare questo Mazbata, -- due o tre giorni dopo si ebbe la notizia che era stato deciso di fare delle gran di manovre dalla parte di Adrianopoli, per le quali era stato dato l'ordine di una importante mobilita zione. La notizia di tale concentramento di truppe ottomane destò una profonda emozione in Europa. Gli ambasciatori della Triplice intesa fecero un passo presso il Governo Ottomano invitandolo a rinunzia re a questa mobilitazione. La Turchia rispose dando delle assicurazioni. Dicendo, cioè, che queste mano vre fatte tutti gli anni non potevano avere un carat tere di minaccia verso la Bulgaria con la quale de siderava mantenere i migliori rapporli. Tuttavia aggiunse per dar prova della nostra buona vo lontà ci limiteremo a delle manovre di 6 divisioni in Macedonia e di 4 divisioni in Tracia. Tali assicurazioni non calmarono l'agitazione bulgara, e, d'altra parte il sequestro ad Uskub, da parte della Turchia, di convogli d'armi e munizioni diretti a Belgrado provocò una viva agitazione per la guerra anche in Serbia. Ai confini del Montenegro

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gli incidenti di frontiera si erano rinnovati e con maggiore gravità.

Fu allora che, il 1 Ottobre, si seppe che la Bul garia, la Serbia, la Grecia e il Montenegro, avevano contemporaneamente decisa la mobilitazione gene rale.

Lindomani la Turchia rispose dando a sua volta l'ordine per la mobilitazione generale delle sue forze di terra e di mare diramando alle Potenze una nota perprotestare contro l'atteggiamento degli Stati Bal canici. In questa nota la Turchia diceva che « la contemporaneità dell'azione non può a meno d'esse re interpretata che come l'esecuzione d'un piano sta bilito ». E, dopo aver detto che col nuovo regime dell'Impero il Governo aveva in tante circostanze dimostrato di voler applicare delle riforme, che a veva sempre mostrato uno spirito conciliante, il qua le, a torto, era stato interpretato dai governi balca nici come un segno di debolezza, manifestava la sua meraviglia nel vedere ad arte esagerata l'importanza di manovre che s'erano sempre fatte ogni anno in questa stagione, e aggiungeva « che segnalando tale stato di cose alle Potenze, la Turchia sentiva il do vere di prevenirle che in presenza dell'atteggiamento aggressivo dei quattro stati, si riservava ogni li bertà d'azione ». Intanto gli avvenimenti precipitano, e mentre in Grecia, in Serbia e in Bulgaria si procedeva febbril mente alla mobilitazione generale, il Montenegro di chiarò la guerra alla Turchia. L'8 ottobre il Ministro Montenegrino a Costantinopoli rimetteva ufficial mente la dichiarazione di guerra alla Sublime Porta. La nota Montenegrina alla Turchia diceva che « la Turchia non avendo voluto aderire all'invito del Montenegro per regolare le questioni pendenti e spe cialmente quelle relative alle frontiere, il Montene gro si vedeva costretto a farsi rendere giustizia con le armi ) .

Mobilitazione
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generale

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La sera stessa il ministro Plamenatz lasciava Co stantinopoli, e il Governo Montenegrino faceva con segnare i passaporti al Ministro ottomano a Cettigne.

UNA NOTA DELLE POTENZE.

Il giorno stesso, i ministri di Russia e d'Austria avevano rimesso ai governi dei quattro Stati balca nici, per delegazione di tutte le altre potenze, una nota per vedere se era ancora possibile una dilazione per evitare la guerra, e un'altra nota alla Turchia fu rimessa dagli ambasciatori per invitarla a quelle ri. forme che forse avrebbero ancora potuto evitare il confiitto.

La presentazione delle due note ritardò di qualche giorno perchè l'accordo sul tenore, e sulla portata del documento non fu subito raggiunto. L'Austria aveva dato la sua adesione alla proposta formulata fra il Poincaré e il Sazonoff che era in quel momento a Parigi, ma aveva domandato che fosse precisato come « in nessun caso le riforme avrebbero dovuto porter atteinte all'integrità della Turchia nè alla so vranità del Sultano » e in seguito che « le riforme dovevano avere un carattere generale come era stato indicato dalla sua circolare dell'agosto (la proposta Bertchold alla quale si è più sopra accennato ), e, infine che le Potenze invece di rimettere alla Tur chia il testo dei loro accordi si contenterebbero di fare a Costantinopoli i passi necessari che ne sono la conseguenza » . Accettate le modificazioni del Con te Bertchold i ministri d'Austria Ungheria e di Rus sia rimisero la nota ai governi balcanici, così con cepita:

« I Governi Russo ed Austro-Ungarico dichiarano agli Stati balcanici : 1.º che le Potenze riprovano energicamente tutte le

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La Turchia annunzia le riforme! 47

misure suscettibili di provocare un turbamento della pac ;

2,º basandosi sull'art. 23 del trattato di Berlino, esse prenderanno in mano, nell'interesse della popola zione, la realizzazione delle riforme nell'amministra zione della Turchia europea, rimanendo inteso che tali riforme non lederanno in alcun modo la sovranità di S. M. Imperiale il Sultano nè l'integrità territoriale dell'Impero ottomano. Con questa dichiarazione resta riservata del resto la libertà delle Potenze per lo studio collettivo ed ulteriore delle riforme;

3.º che se la guerra scoppiasse ciononostante fra gli Stati balcanici e l'Impero ottomano, esse non metterebbero alla fine del conflitto alcuna modificazione allo « statu quo» territoriale de l'Europa. Le Potenze faranno collettivamente presso la Sublime Porta i passi derivanti dalla presente dichiarazione » .

LA TURCHIA

DECIDE LE RIFORME.

am

Due giorni prima, mentre durava il lavoro diplo matico per raggiungere l'accordo intorno a questa nota, avveniva uno di quei colpi di scena non infre quenti nella storia dell'Impero Ottomano e delle sue relazioni con l'Europa. Con la seguente comunica zione ufficiale, si annunziava a Costantinopoli la decisione del Governo di applicare le riforme conte nute nella legge sui vilayet del 1880.

« Si apprende da fonte ufficiale che allo scopo di introdurre miglioramenti ritenuti necessari nei « vi layets » della Turchia europea, il Governo imperiale ha risoluto di applicare le riformecontenute nella legge sui « vilayets » promulgata nel 1880 d'accordo con la Commissione internazionale della Rumelia orientale. È possibile che questa decisione della Porta impedisca la guerra.

«Gli ambasciatori francese e continua il comunicato furono ricevuti insieme oggi dal mi nistro degli esteri ottomano, il quale poco dopo rice vette l'ambasciatore d'Austria. Un certo ottimismo sulla situazione prevale stasera a Costantinopoli. »

russo

Ecco il testo della nota delle Potenze alla Porta :

I sottoscritti, ambasciatori d'Austria-Ungheria, Inghil terra, Francia, Russia e Germania sono stati incaricati dai loro rispettivi Governi d'informare la Sublime Porta che le cinque Potenze prendono atto della inten zione pubblicamente annunciata dal Governo Turco, d'introdurre delle riforme, e che discuteranno immedia tamente con la Sublime porta, secondo lo spirito del l'art. 23 del Trattato diBerlino, leriforme necessarie per la situazione della Turchia d'Europa e le misure atte ad assicurarne l'applicazione nell'interesse delle popolazioni, rimanendo inteso che tali riforme ne por teront pas atteinte allaintegrità territoriale dell'Impero.

L'Italia non figura perchè ancora in guerracon la Turchia. La pace, com'è noto, fra noi e la Tur chia fu firmata il 15 ottobre. Il 13 ottobre gli Stati balcanici risposero alla nota Austro-Russa con una nota identica, ringraziando le Potenze per il loro interessamento, ma dichia rando che dopo tante promesse non mantenute sa rebbe ora crudele non insistere per riforme più ra dicali che possano realmente migliorare la sorte del le popolazioni cristiane. Ragione per cui credono opportuno rivolgersi direttamente all'Impero Otto mano. L'ordine e la tranquillità sarebbero assicura te se il Governo di Costantinopoli entrasse in questo ordine di idee. Contemporaneamente gli Stati Balcanici manda vano questa nota alla Turchia : « solo delle riforme radicali, era detto in tale nota, possono garantire la tranquillità», e, spiegate le ragioni per le quali il Montenegro per gli avvenimenti che si stanno svol gendo (aveva già dichiarato la guerra e sanguinosi scontri erano già avvenuti) non si associa a questo passo, indicava in una nota esplicativa quali erano le riforme domandate e cioè :

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1.° Conferma dell'autonomia etnica delle nazionalità dell'Impero con tutte le sue conseguenze ;

2.° Rappresentanza proporzionale al Parlamento Ot tomano di ciascuna nazionalità;

3.º Ammissione dei cristiani a tutti gl'impieghi pub blici nelle provincie abitate da cristiani;

4.° Riconoscimento della perfetta uguaglianza con le scuole ottomane di tutte le scuole cristiane ;

5.° Impegno da parte della Sublime Porta di non cercare di modificare il carattere etnico delle provincie dell'Impero trapiantandovi popolazioni musulmane;

6.° Reclutamento regionale dei cristiani per il ser vizio militare con quadri cristiani: sospensione dell'ar ruolamento fino alla formazione dei quadri ;

7.° Riorganizzazione della Gendarmeria dei vilayets della Turchia Europea, sotto il comando effettivo di organizzatori svizzeri o belgi;

3.° Nomina nei vilayets abitati da cristiani di valì svizzeri o belgi graditi dalle Potenze e assistiti da con sigli generali per i distretti elettorali;

9.º Istituzione presso il Gran Visirato di un Consiglio Superiore composto di cristiani e di musulmani, in numero ugualeper sorvegliare l'applicazione di queste riforme.

Gli ambasciatori delle Grandi Potenze e i ministri dei quattro Stati Balcanici avranno l'incarico di seguire i lavori di questo Consiglio.

Il giorno stesso il Ministro degli esteri Ottomano rimetteva agli ambasciatori la nota in risposta al passo da loro fatto il 10 ottobre. In tale risposta il ministro degli esteri dichiara a nome del Governo ot tomano chela Porta, come gli ambasciatori potevano convincersi, aveva già riconosciuto la necessità del l'applicazione delle riforme richieste dall'ammini strazione dell'Impero per assicurare la prosperità, la concordia, l'armonia tra gli elementi eterogenei che ne compongono la popolazione; ma la Porta cre

La guerra balcanica.

La nota esplicativa 19
MANTEGAZZA.
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deva che un'ingerenza straniera non gioverebbe a quest'opera.

Poscia aggiungeva:

« Se i tentativi di riforme finora fatti non riuscirono, ciò è dovuto ai disordini suscitati nelle provinciedagli attentati commessi dietro istigazione di agenti il cui scopo reale non lascia dubbi » .

Il ministro dichiara poi che la Porta si associerà pienamente agli sforzi fatti dalle Potenze per preve. nire conflitti che avrebbero per conseguenza grandi calamità di cui nessuno potrebbe prevedere l'esten sione.

« Sotto tale riguardo dice la nota abbiamo fiducia di avere preso iniziative per facilitare il com pito umanitario alle grandi Potenze, in presenza del temibile problema di cui cercano la soluzione. Infatti, senza volere insistere sul fatto che molte stipulazioni del trattato di Berlinonon ricevettero applicazione e conferma non tanto nella lettera quanto nello spirito con cui i erano redatte e che gli interesssi ottomani furono gravemente lesi in più casi ; senza volere esa minare particolarmente fino a qual punto l'articolo 23 del trattato di Berlino possa avere conservato più degli altri articoli il suo valore, il Governo dichiara che prese testè di sua propria iniziativa la risoluzione di presentare il progetto di legge del 1880 nel suo insieme storico appena si aprirà' la prossima sessione, all'ap provazione del Parlamento, e alla sanzione imperiale, conformemente alla carta fondamentale dell'Impero.

« Le grandi Potenze possono essere persuase che le autorità imperiali provvederanno alla scrupolosa ap plicazione della legge appena verrà promulgata.

« Sarebbe sommamente ingiusto rendere il presente Governo responsabile delle antiche tergiversazioni più o meno sistematiche del precedente regime, pensare che il Governo costituzionale attuale non rinunzierà logi camente agli errori del passato e prendere l'occasione di qualche dubbio a questo riguardo per cercare altre misure diverse da quelle soltanto compatibili con l'in teresse del paese e delle popolazioni stesse » .

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Due giorni dopo il 15 erano firmati anche i preliminari di pace fra la Turchia e l'Italia. Il 16 la Porta decideva di rompere le relazioni con la Serbia Bulgaria e Grecia e senza rispondere alla loro nota ne trasmetteva invece una agli ambasciatori per an nunziare questa rottura di relazioni, accusando gli stati balcanici « d'aver mancato di rispetto alle Gran di Potenze scartando la loro mediazione ».

In seguito a tale decisione della Porta, con una nota identica i Ministri di Bulgaria, Serbia e Grecia trasmisero alla Sublime Porta la dichiarazione di guerra .

« Bulgari ! Durante il mio regno di venticinque anni ho sempre cercato nel pacifico lavoro civile il progresso, la felicità e la gloria della Bulgaria ed è per questa via che volevo veder procedere costantemente la Nazione bulgara. Ma la Provvidenza ha giudicato, invece, essere venuto il momento in cui la razza bulgara è chiamata a rinunciare ai benefici della pace e a ricorrere alle armi per la soluzione di un grande problema.

« Oltre Rila e Rodope i nostri fratelli per sangue e per religione non hanno potuto fino ad oggi, dopo tren tacinque anni dalla nostra liberazione, assicurarsi una vita umana sopportabile. Tutti gli sforzi fatti per rag giungere questo scopo tanto dalle grandi Potenze, quan to dai Governi bulgari non sono riusciti a creare condi zioni che permettano a questi cristiani di godere i diritti delle umane libertà. Le lacrime degli schiavi balcanici e i gemiti di milioni di cristiani non hanno potuto non colpire i nostri cuori, i cuor di noi loro parenti e correligionari, di noi che dobbiamo la nostra libertà e la nostra vita pacifica ad una grande libera trice cristiana. E la nazione bulgara si sovviene delle profetiche parole dello Zar liberatore. L'opera sacra

Si
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rompono le relazioni
PROCLAMI DEI RE ALLEATI E DEL SULTANO. RE FERDINANDO ALLA NAZIONE BULGARA.

IN MACEDONIA

deve essere condotta a compimento. Il nostro amore per la pace è ormai esaurito. Non ci rimane altro mezzo per soccorrere la popolazione cristiana in Turchia che rivolgerci alle armi . Vediamo che soltanto con questo mezzo potremo assicurare la protezione della vita e dei beni.

« L'anarchia nelle province turche ha minacciato an che la nostra vita nazionale. Dopo i massacri di Istip < di Kociana, invece di accordare giustizia e soddisfa zione ai danneggiati come abbiamo domandato, il Go verno turco ha ordinato la mobilitazione generale del le sue forze militari. La nostra lunga pazienza è stata così posta a dura prova. Il sentimento umanitario dei cristiani, il dovere disoccorrere i propri fratelli quan do sono minacciati di sterminio, l'onore e la dignità della Bulgaria, mi hanno imposto imperiosamente il dovere di chiamare sotto le armi i figli preparati per la difesa della patria. La nostra opera è giusta, grande e sacra. « Con piena fiducia nella protezione e nell'appoggio dell'Onnipotente, porto a conoscenza della nazione hul gara che la guerra per i diritti umani dei cristiani del la Turchia è dichiarata. Ordino al valoroso esercito bulgaro di marciare sul territorio turco. A nostro lato e contro il comune nemico gli eseciti degli Stati balca nici alleati della Bulgaria: della Serbia, della Grecia e del Montenegro. E in questa lotta della Croce contro la Mezzaluna, della libertà contro la tirannide abbia mo le simpatie di tutti coloro che amano la giustizia e il progresso. Forte di queste simpatie, il valoroso sol dato bulgaro si ricordi degli atti eroici dei suoi pa. dri e deisuoi avi e del valore dei suoi maestri e libe ratori russi, e voli di vittoria in vittoria! Avanti! Che Dio sia con noi! » .

PROCLAMA DI RE GIORGIO AL SUO POPOLO.

(« Al mio popolo ! 1 sacri obblighi verso la Patria, i nostri fratelli oppressi e l'umanità, impongono allo Stato, dopo il fallimento dei nostri sforzi per mantenere la pace, di ricorrere alle armi per porre un termine alle

52 IN ALBANIÀ É

Il proclama di Re Giorgio 53

sofferenze che i cristiani di Turchia subiscon da secoli e per ottenere il loro esercizio della libertà in garanzia dei diritti umani. La Grecia in armi intraprenderà que sta sacra lotta per il diritto alla libertà dei popoli d'Oriente, d'accordo coi suoi alleati, ispirati dagli stessi sentimenti e uniti dagli stessi obblighi comuni.

« Il nostro esercito di terra e di mare ha la piena coscienza dei suoi doveri verso la nazione e verso i cristiani, e ricordandosi delle sue tradizioni nazionali, e fiero della sua superiorità morale, s'impegna pieno di fede nella totta in cui col sangue suo vuol riscattare la libertà degli oppressi. La Grecia, con gli Stati alleati suoi fratelli, tende al suo sacro scopo, invocando l'ap poggio dell'Onnipossente per la sua giusta lotta per la civiltà. Viva la Grecia ! Viva la Nazione !» .

IL PROCLAMA DI RE PIETRO AL SLO POPOLO.

so recenti avvenimenti hanno rimesso all'ordine del giorno la necessità di prendere una decisione circa la sorte della penisola balcanica ed al tempo stesso della Vecchia Serbia, questa madre illustre e sventurata del nostro Regno, cuore dello Stato serbo, culla degli anti chi Re ed Imperatori, dove si trovavano le celebri capi tali della dinastia dei Nemanitsch : Novi Bazar, Pri stina, Uskub, Prizrend, dove vivono i nostri fratelli di sangue, di linguaggio, di costumi, i figli della co scienza nazionale, che dividono i nostri voti e le nostre aspirazioni.

« Il Governo ottomano conquistatore, ed esclusivamen te tale,ha sterminato i nostri fratelli durante i secoli scorsi.Dal trattato di Berlino in poi i delitli, le depor tazioni in Asia e, sino in questi ultimi giorni, la di spersione forzata, il maomettismo imposto alle donne ed agli uomini, il disprezzo della nostra religione, deiia nostra lingua, del nome serbo, sono stati il fondamento del Governo turco. La distruzione della Vecchia Serbia fu cominciata senza riguardo in modo barbaro, nell'an tico regime e continua sotto il regime costituzionale con nuovi mezzi allo scopo di sopprimere tutte le na zionalità e conservare soltanto la nazionalità ottomana.

ALBANIA E IN MACEDONIA

« Il Governo turco costituzionale ha fatto ogni sforzo per rovinare i serbi anche dal punto divista economico. A tale intento esso ha reso ancora più pesante il siste ma sociale economico e finanziario, fondato sulla con quista e sul feudalismo medioevale. Il Governo ha loro imposto il servizio militare, mantenendo tuttavia tutti gli obblighi del regime feudale al quale erano stati sino a quel momento sottoposti con pretesti che non presta vano servizio militare. 1 serbi inoltre non potevano essere proprietari, non era loro garantito nè ciò che essi guadagnavano con il loro lavoro, nè ciò che eredi tavano. La mancanza di sicurezza era aumentata dalla dattiva amministrazione, dalla avidità dei tribunali, dall'anarchia generale ed essa ha raggiunto il paros sismo in questi ultimi tempi.

« Tutte queste condizioni di esistenza hanno reso la situazione dei serbi in Turchia completamente intol lerabile. Questa intollerabile situazione ha costretto per molli secoli i serbi ad emigrare dalla Vecchia Ser bia e, dopo l'ultima nostra guerra con la Turchia, mi gliaia di profughi disperati, senza risorse, hanno varcato la nostrafrontiera. La Serbia ne è piena. Questa emi grazione è stata per la Serbia una sorgente di gravi spese pecuniarie ed ha considerevolmente turbato i suoi abitanti. Ci si aspettava che il Governo turco avrebbe apprezzati i sacrifici della Serbia, ma non è stato cosi. La tranquillità non esisteva nemmeno alla frontiera, che una Commissione internazionale ha irregolarmente fissata dopo l'ultima nostra guerra con la Turchia.

« Le frequenti incursioni armate, a cagione delle quali fummo costretti a vigilare e a difendere la nostra fron tiera anche in tempo di pace, a prezzo di gravi sacrifici, impedivano agli abitanit delle regioni limitrofe di dedi carsi liberarmente allo sviluppo economico e intellet tuale. Anche le misure doganali della Turchia ostaco lavano senza ragione il traffico commerciale in queste contrade.

« La mancanza di buona volontà nel Governo ottomano si manifesta anche di più in quanto concerne l'attua zione delle grandi opere internazionali utili ai due Stati, come pure alla vita econoinica del mondo civile.

La Serbia, che non è lontana dal mare, ha chiesto da

54 IN

Il proclama di Re Pietro 55

lungo tempo alla Porta l'autorizzazione di costruire dalla propria frontiera al mare Adriatico una ferrovia che la Serbia considera come una questione vitale.

« Ma tale domanda è rimasta inascoltata. I governi ottomani hanno anche dato costantemente prova verso i loro sudditi di un triste riconoscimento dei loro doveri e sono rimasti sordi a tutti i lamenti ed a tutti i reclami. I serbi, i bulgari, i greci, gli albanesi ne hanno abbastanza. L'un dopo l'altro essi si ribellano, siano essi musulmani, cattolici od ortodossi. Per que sto motivo tutti gli Stati balcanici sofferenti dello stesso male avevano intrapreso numerosi passi in loro favore, in favore dei loro fratelli, ma invano. Il Governo serbo durante questi ultimi quattro anni ha esauriti senza successi tutti i mezzi diplomatici presso le grandi Po. tenze, come presso la Porta. Quando si è tentato or fa qualche anno di intraprendere riforme in alcuni vilayets della Turchia europea, la maggior parte della Vecchia Serbia fu esclusa da questo esperimento.

« Per parte mia ho fatto tutto il possibile per miglio rare con mezzi pacifici queste condizioni gravi ed inac cettabili per noi e per i nostri fratelli. Con questo in tendimento sono entrato in accordo con i Sovrani degli Stati balcanici per tentare con un passo comune a Costantinopoli di modificare ciò che non si può più sopportare. Frattanto siamo stati sorpresi dalla mobi lizzazione e dalla concentrazione dell'esercito turco verso le nostre frontiere. Noi abbiamo dovuto rispon dervi con un provvedimento identico. Noi abbiamo poi con una nota collettiva piena di riguardo e di mode razione fatto un ultimo tentativo per rimediare a questi mali in via pacifica. Vi si è risposto con nuovi massacri dei nostri fratelli, con nuove crudeltà, con nuove vio. lazioni di frontiera ed infine con il richiamo dei ministri di Turchia a Belgrado, a Sofia ed in Atene. « Per questa ragione, con l'aiuto di Dio, ha ordinato al mio valoroso esercito di partire per la guerra santa per assicurare la libertà dei nostri fratelli ed una vita migliore ed il progresso del regno di Serbia. I nostri fratelli montenegrini ornano già di veri allori il loro glorioso stendardo e con noi si avanzano al pari dei valorosi eserciti bulgaro e greco. Le nostre sofferenze

secolari sono comuni, interessi comuni ci legano, quali la libertà nella penisola balcanica. Il mio esercito tro verà nella Vecchia Serbia, accanto ai serbi cristiani dei serbi musulmani che ci sono egualmente cari, ed insie ine con essi anche gli albanesi cristiani e musulmani con i quali la nostra nazione mena una vita comune da tredici secoli, condividendo quasi sempre con essi gioie e dolori. Apportando noi a loro tutti la stessa libertà, la stessa tranquillità che portiamo ai serbi, la nostra Serbia introdurrà la pace, la felicità e il progresso che ha introdotto nel 1877 e nel 1888 ridando la vita ai cittadini libera, fiduciosa e felice. Noi dob biamo stabilire tale vita anche sulle rive del Lab, su quelle del Sienitza, dell'Ibar, del Drin e del Vardar. Vi invito, cari fratelli, ad aiutare con tutto il vostro cuore il mio valoroso esercito e di farlo ponendovi la vostra energia. Viva la mia cara nazione serba !

IL PROCLAMA DI RE NICOLA.

Il Re del Montenegro aveva fatto il suo proclama fin dal 9 ottobre. In tale proclama il Re comincia dicendo che il grido di dolore della Vecchia Serbia, dove gemono i fratelli oppressi, non si può soppor tare più a lungo. E continua :

« Là, senza pietà si massacrano non solo gli uomini, ma anche le donne e i bambini. Affamati, spogliati, i serbi disperati, vagando fra i loro monti e i villaggi distrutti, vi implorano di proteggerli, di salvarli.

« Il dovere e l'amore di patria vi obbligano ad accor rere. Sono convinto che l'avreste già fatto conoscendo il vostro coraggio, se non aveste dovuto obbedire ai miei consigli di longanimità. Ma le mie speranze di poter liberare, senza sparger sangue, gli schiavi della Turchia restarono vane ed ora, sebbene pesi al mio cuore turbare la quiete e la pace d'Europa, non mi rimane altro che impugnare la spada, quella spada

56 IN ALBANIA E

Il proclama di Re Nicola 57

dietro la quale i vostri padri mi hanno seguito con sublime coraggio, eroi di Niksic, di Antivari e di Dul cigno.

« Montenegrini! a fianco divoi è la giustizia: alea acta est. Con voi sarà ciò che daranno Iddio e la for tuna eroica » .

Dopo un accenno alla Malissia « eroica, leonina » che da due anni lotta per i suoi diritti, per la libertà e per unirsi al Montenegro, e all'alleanza coi Regni cristiani dei Balcani, all'alleanza che Re Nicola ha sempre voluta, il proclama continua:

« È un'audacia battersi con un grande Impero, ma ciò proprio è degno del mio eroico popolo del Monte negro che sa sacrificare ciò che ha di più caro per i fratelli.

« Le simpatie del mondo civile accompagneranno il Montenegro, come pure quelle dell'intera nazione serba e di tutti gli slavi.

« Nobili mani armate di spade gli sono tese dai Re di Serbia, di Bulgaria e di Grecia i cui popoli sono in questa impresa fraternamente uniti al popolo monte negrino. Il Montenegro non attacca la Turchia per ar roganza, ma per il più nobile dei sentimenti: per lo scopo di impedire lo sterminio completo dei suoi fra telli. »

Infine il Re affretta il momento in cui imontene grini abbracceranno i serbi non più orfani nè schia vi, ed egli abbraccia per tutti i nuovi redenti nella persona del loro eroico Re, il suo amato genero. Nel proclama Nicola ha poi un pensiero nostalgico; ri chiama i sogni della sua prima gioventù e ricorda un verso del suo poema patriottico : « Di là, dietro quel monte ! »

IL PROCLAMA DEL SULTANO AL SUO ESERCITO. (12 Ottobre).

« Il mondo conosce l'amore della Turchia per la pace. Gli ottomani ispettan diritti di tutte le Nazioni e

vogliono che tutti rispettino i loro diritti. Gli ottomani non hanno alcuna mira segreta contro alcun Governo ed hanno il diritto di domandare che anche gli altri Governi non agiscano contrariamente alla sincerità. Gli ottomani non desiderano di turbare la prosperità ed il progresso di alcun popolo; ma non consentono che altri popoli turbino il loro benessere ed il loro progresso.

« Malgrado le gravi difficoltà a cui il nostro paese è costantemente esposto, eseguiamo nella misura del possibile, gradualmente, le riforme di cui il nostro paese abbisogna. Ma piccoli vicini, avendo delle mire sul nostro territorio e vedendo che i nostriprogressi impediranno la realizzazione delle loro mire illegittime, vogliono impedire le nostre riforme, i nostri progressi, vogliono profittare delle nostre difficoltà e si accorda rono per un'azione alle nostre frontiere » .

Il proclama rileva quindi come gli « utopisti » del la Bulgaria, della Serbia, della Grecia e del Monte negro, dimenticando le prove di eroismo che gli ot tomani anticamente diedero in questi quattro paesi ed il valore degli ottomani in Tripolitania, inviarono truppe alla frontiera ottomana. E continua:

« Fummo cosi costretti apubblicare un'ordinanza per la completa mobilitazione dei riservisti e dei territoriali della prima e seconda ispezione. Le truppe si mostrino degne dei loro padri e difendano il suolo sacro della Patria contro nemici che vogliono strappare gli otto manidal loro territorio e distruggere laprosperità dei loro figli » .

.

Il proclama terminava invitando le truppe a mo strarsi degne dei loro fratelli combattenti in Tripoli tania ed esprime la convinzione che esse aggiun geranno nuove vittorie a quelle dei loro antenati.

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LA PRIMA FASE DELLA GUERRA.

I BULGARI ALLE PORTE DI COSTANTINOPOLI.

I. GLI STATI BALCANICI E L'ALBANIA

In marcia su Scutari Gli albanesi e il Califfo La lotta etnografica Nella Vecchia Serbia Contro il bulgaro Secondo gli avvenimenti Nell'Epiro Dopo le sconfitte della Serbia Le tradizioni storiche Una carta etnografica Le aspirazioni degli Stati alleati sull Albania Perchè il Montenegro ha dichiarato primo la guerra Se fossero fra vinti ! Gl'interessi dell'Italia e dell'Austria .

II. LA GRANDE BULGARIA SULLA VIA DI BISANZIO.

Una frase del Principe di Bismarck Dopo il Trattato di Berlino La Bulgaria del Trattato di Santo Stefano Un mistero che non vi fu Come furono condotte le trattative Al di là d'ogni speranza L'im preveduto Le Potenze rassegnate La Tracia perduta per la Turchia Dalla parte di Monastir L'entrata trionfale a Costantinopoli L'attacco di Adrianopoli simulato Il generale Fitcheff.

III. ANALOGIE.

A trentaquattro anni di distanza Armistizio... ma coi preliminari di pace Perchè i russi non entrarono a Costantinopoli Un dispaccio intercettato.

I.

GLI STATI BALCANICI E L'ALBANIA .

Mentre le divisioni i ontenegrine marciano su Scutari che può considerarsi come la capitale del l'Albania del Nord, si annunzia che le truppe del Principe Costantino di Grecia hanno per obiettivo Giannina, la capitale cioè della Bassa Albania e di quell'Epiro il cui nome ha ricordi così suggestivi per il popolo ellenico. Nella sua primissima fase la guerra balcanica che l'Europa non è riuscita ad impedire, avrà così avuto per teatro quell Albania che è stata, per secoli, ribelle ai Sultani di Costan tinopoli, ma le cui popolazioni musulmane e catto liche si sono sempre schierate sotto le bandiere del Califfo contro i cristiani, ogniqualvolta l'Impero è stato minacciato da un nemico esterno. Lo strano fenomeno sta ripetendosi anche questa volta, poichè, a parte un certo numero di tribù malissore che si sono schierate dalla parte del Montenegro - e una delle ragioni per le quali Re Nicola ha rotto gli in dugi, è stato precisamente il timore che, malgrado i recenti benefici ricevuti, ritardando le ostilità, an che queste tribù potessero passare nell'altro campo tutti gli albanesi musulmani hanno dichiarato di

FASE DELLA GUERRA

voler combattere a fianco dei soldati del Padiscià : insieme cioè ai loro nemici di ieri. Nell'alta e nella media Albania fino verso Monastir s'uniscono al turco contro gli Stati slavi : contro serbi e bulgari; nella Bassa Albania e nell'Epiro combatteranno sot to gli stendardi della Mezzaluna contro i greci. Dal giorno in cui specialmente per opera della Lega albanese sorta all'indomani del Congresso di Berli no, per contrastare la cessione di distretti abitati da skipetari al Montenegro si risvegliò fra le popo lazioni albanesi il sentimento della nazionalità, che pareva morta con la scomparsa di Scanderbeg, si accentuò vivissimo il loro odio contro gli slavi ed i greci. Quasi dappertutto il sentimento della razza diventò sempre più forte di quello della religione, e più viva, incessante, da parte degli albanesi, la lotta per sottrarre la popolazione alla propaganda slava e all'ellenismo, anche in paesi nei quali prima regnava una certa tranquillità.

Le regioni ove oggi si combattono o si combat o teranno le battaglie con le armi di battaglioni contro battaglioni, sono state specialmente in questi ultimi anni, dopo la guerra turco -russa del 1878, il teatro di quelle che si potrebbero chiamare le battaglie etnografiche, combattute con la istituzione di scuole, con la propaganda dei maestri, dei consoli... 0 de · gli Ispettori delle scuole dove la Turchia non ha consentito l'istituzione del Consolato, e con la com pilazione di statistiche per dimostrare all'Europa che il tal paese o distretto è completamente alba nese o bulgaro, o serbo o greco.

Lotta asprissima, com'è noto, per parte degli al banesi che in alcune regioni, come nella Vecchia Serbia, è arrivata con la violenza, con i soprusi e le prepotenze d'ogni genere a far emigrare nel vicino regno i poveri serbi. Lì la statistica muta veramente, non sulla carta soltanto, ma in realtà, perchè con la complicità del Governo turco ogni anno l'esodo

62 LA
PRIMA

Gli albanesi e l'indipendenza ellenica 63 di un certo numero di poveri serbi dava causa vinta agli albanesi. Dalla parte di Monastir la lotta è sempre stata vivissima contro il bulgaro che, più forte, sostenuto da Sofia e dalle bande macedoni, delle quali tutti ricordano le gesta veramente eroiche, ha potuto te nere in freno gli albanesi. Meno viva 0, per lo meno non così tragica è stata la lotta combattuta fin qui nell'Epiro. E per molte ragioni. Prima di tutto perchè iniziata in epo ca relativamente più recente, e poi perchè, fino a pochi anni fa, come dicevo, l'albanese era orgoglioso di considerarsi come un elleno. Nel Medio Evo, del resto, albanese ed epirota erano sinonimi. Il grande eroe Shypetaro, lo Scanderbeg, si diceva indifferen temente albanese od epirota. Fino a venticinque, trent'anni fa, gli albanesi all'estero passavano - e ci tenevano per greci. Sono stati fra i più baldi e fieri campioni dell'ellenismo, e sono di puro san gue shipetaro i Miulis, i Canaris e parecchi altri fra i più grandi eroi della Indipendenza ellenica. Nell'Epiro o Bassa Albania la lotta è stata fatta soprattutto con le scuole. I greci che possono di sporre di larghi mezzi, ne hanno istituite anche nei più piccoli paeselli e, da qualche tempo, la situa zione era tesa, poichè l'obiettivo degli albanesi era naturalmente quello di impedire tale propaganda. La questione dell'Albania è sempre stata una delle più gravi per l'Impero ottomano, e per l'avvenire della Penisola Balcanica non solo per sè stessa, ma perchè ogni qualvolta la Porta ha cercato di accon tentarli, otteneva questa calma ma sempre irri tando vieppiù altre popolazioni. Tempo fa, per esem pio, quando si decise, nel luglio o nell'agosto, a mandare in Albania secondo le domande degli alba nesi dei funzionari della loro nazionalità a incomin ciare dal valì di Giannina, gli elleni ottomani ri vendicarono con una protesta vivissima il carattere

FASE DELLA GUERRA

greco dell'Epiro e il loro diritto di avere un valì di nazionalità ellenica, riaffermando che è di razza ellenica la maggioranza della popolazione. Nell'Epiro e in tutta quella zona verso la Bul. garia e la Serbia nella quale sono mal definiti i con fini della Macedonia e dell'Albania, questa lotta fra le nazionalità ha subito varie vicende, secondo lo sviluppo e il prestigio dei paesi costituiti ai quali si appoggiano le varie razze.

Sconfitta la Serbia nella guerra con la Bulgaria nel 1887, ebbero subito e per un pezzo il sopravvento gli albanesi nella Vecchia Serbia. Da Belgrado non erano più in condizioni di poter fare la propaganda nella Vecchia Serbia e difendere efficacemente i fratelli di razza, così come andò sempre perdendo terreno l'ellenismo dopo la guerra turco-greca per la stessa ragione. Un po' meno, però, poichè, come ho detto, la propaganda greca ha sempre disposto di mezzi larghi, per cui, dove non arriva la politica di Atene, arriva l'iniziativa privata. Diventò invece at tivissima, dopo le vittorie della Bulgaria sulla Ser bia, la propaganda bulgara e, quanto mai efficace, in tutta la zona intorno a Monastir che dovrebbe far parte della Grande Albania, secondo gli alba nesi - il lavoro, non solo per la rivendicazione della loro nazionalità per i bulgari, ma per la bul garizzazione di altri elementi.

La vittoria degli Stati balcanici, tanto più dopo che l'Albania è diventata il teatro del conflitto dalla parte occidentale della Penisola, deve necessaria mente avere un contraccolpo sulle sorti degli alba nesi. Poichè, anche con la conservazione dello statu quo, ma con l'applicazione di riforme aventi a base, più o meno larga, le autonomie, le difficoltà nasce ranno precisamente in quelle zone nelle quali vi sono popolazioni albanesi più o meno dense fram mischiate ad altri elementi etnici.

Sulla carta etnografica del bel volume l'Albania

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PRIMA
2
RE FERDINANDO DI BULGARIA. LA FAMIGLIA REALE DI GRECIA ENTRA NELLA CONQUISTATA SALOnicco .

La questione albano-macedone 65

del capitano Barbarich certamente la pubblicazio ne migliore che abbiamo su questo argomento - sipuò vedere, a colpo d'occhio, la portata del problema, e come uno dei più gravi aspetti della questione balcanica sia questa dell'Albania, e cioè dell'assetto definitivo di tutte quelle zone a nord, a occidente e al sud che serbi, bulgari e greci proclamano serbe, bulgare e greche. È la questione albano-macedone (chiamiamola cosi, visto che quelle zone sono con siderate come Albania dagli uni, e come Macedonia dagli altri), quella che darà più filo da torcere alla diplomazia quando, cessato il conflitto, rispettando o no lo statu quo, bisognerà stabilire sulla sorte di quelle popolazioni.

Tutti e quattro gli Stati che hanno ora affrontato la Turchia hanno aspirazioni su territori dove vi vono popolazioni albanesi e sui quali, a loro volta, gli albanesi vantano dei diritti. Dei quattro Stati, tre appoggiano tali loro aspirazioni a tradizioni sto riche, per cui non le considerano aspirazioni , ma rivendicazioni.

Skoplje (è il nome antico di Uskub) l'antica cit tà capitale della Dardania e che ha dato i natali all'Imperatore Giustiniano, fu la capitale dell'Impero Serbo, quando i serbi, all'apogeo della loro potenza erano giunti fino sotto le mura di Costantinopoli. Okrida, dove ancora oggi spiccano le cupole della metropoli bulgara di San Clemente, un'antica chie sa bizantina, è una delle più antiche sedi dell'esar cato bulgaro, ed ebbe momenti di splendore quan do lo Czar bulgaro era signore di quasi tutta la Pe nisola balcanica. Non vi è bisogno di insistere per spiegare come i Greci rivendichino per loro l'Epiro classico che è tanta parte della loro storia. Quanto al Montenegro, esso non ha ricordi sto rici da invocare ma solamente degli interessi. Il piccolo regno, nemmeno per prosperare, ma anche solamente per vivere, ha bisogno di allargare i suoi

La guerra balcanica. 5

MANTEGAZZA.

GUERRA

confini, di aver terre ubertose e non solamente delle montagne di sassi. Malgrado le proteste dell'Europa di volere assolutamente mantenuto lo statu quo, spera naturalmente che qualche cosa di quanto avrà conquistato con le armi, in maggiore o minore misura, gli rimarrà, e che al popolo che si è im posto per le sue virtù militari all'ammirazione del mondo, l'Europa non potrà a meno di mostrarsi, fin dove potrà, condiscendente.

E, assai probabilmente, oltre al complesso di ra gioni al quale ho già accennato, è questa la princi pale fra quelle che hanno determinato il Monte negro ad agire prima, ed a fare in certo qual modo causa separata. Il Montenegro ha dichiarato la guer ra, ricordando soprattutto la questione dei confini, e non ha partecipato al passo delle altre tre Potenze del 15 ottobre con la presentazione delle note espli cative nelle quali con le identiche parole queste do mandavano, con una specie di ultimatum , le ri forme.

Il Montenegro non si è compromesso con dichia razioni per lo statu quo.... E intanto manda avanti i suoi battaglioni oggi a Scutari, domani, forse a Ipek dove si prepara alla difesa Giavid pascià con le sue forze. Ipek ha ugualmente una importanza sjtorica per i serbi. Aveva la sua sede ad Ipek il patriarca serbo nel tempo stesso arcivescovo di questa città e fu il patriarca serbo di Ipek che, a Uskub, posò sul capo del Grande Duchan la co rona imperiale...

Da tutto ciò mi pare appaia molto chiaramente come, sebbene per ora poco si parli delle sorti del l'Albania, sia ancora e sempre intorno ai conflitti ed alla incompatibilità delle aspirazioni albanesi con quelle dei quattro Stati in quella parte della Penisola balcanica, che si agiteranno le più gravi questioni a guerra finita, qualunque ne debba essere l'esito. Le circostanze hanno proprio voluto che in

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Albania si iniziasse la guerra balcanica che tiene in ansia l'Europa!

Ed è forse tale situazione che, fino ad ora al meno, tiene un po' perplessi gli albanesi, i quali comprendono che combattendo a fianco delle truppe del Sultano, se la vittoria arride agli Stati balcanici, saranno assai probabilmente, come avvenne nel 1878, considerati fra i vinti e rimarrà inascoltata la loro voce.

Quella dell'Albania, ripeto, è ancora il problema più grave dell'assetto della Penisola (1), non solo per questa competizione di razze, ma perchè alla sua soluzione, in un modo piuttosto che nell'altro, non possono rimanere indifferenti le due Potenze adriatiche, l'Italia e l'Austria.

26 Ottobre.

2: II. LA GRANDE BULGARIA SULLA VIA DI BISANZIO .

Voyons ! Nous ne sommes pas ici pour faire le bonheur de la Bulgarie !

È la frase un po' dura, quasi brutale, con la quale, nel Congresso di Berlino, il principe di Bismarck rispondeva ai plenipotenziari russi, quando cerca vano di salvare ancora qualche cosa della Grande Bulgaria come era stata costituita col trattato di Santo Stefano. Al che uno dei plenipotenziari rispose: Ma, nemmeno per fare l'infelicità di popola zioni le quali avevano sperato nella loro definitiva li berazione!

(1) Scrivendo queste parole nell'ottobre scorso, quando realmente poco o punto si parlava dell Albania a questo punto di vista, fui facile profeta.

Una frase di Bismarck 67

GUERRA

Nella stampa, come nel mondo diplomatico, tutti dissero allora,che il modo come era stata rifatta, la carta della Penisola balcanica, non poteva costituire l'assetto definitivo di quella parte dell'Europa: che a breve scadenza la pace sarebbe stata nuovamente minacciata. Verissimo, osservavano i diplomatici tedeschi ed inglesi. Ma le Grandi Potenze saranno sempre là per imporla, e potranno farlo agevolmente, appunto perchè non abbiamo creato degli Stati troppo forti. aggiungevano gli austriaci perchè abbiamo impedito per sempre l'unione dei serbi.

Ma, allo stesso modo che i serbi non hanno mai dimenticato il loro ideale dell'unione, i bulgari ron hanno mai più dimenticato la Grande Bulgaria di Santo Stefano. Quella Grande Bulgaria sintetizza in una parola il programma intorno al quale si è im perniata da più di un quarto di secolo tutta l'a zione del patriottismo bulgaro. Due anni dopo la costituzione del piccolo Stato, al quale il Congresso di Berlino aveva tolto lo sbocco all'Egeo datole a Santo Stefano, faceva il primo passo con l'annessio ne della Rumelia; quattro anni fa il secondo decisivo con la proclamazione della Indipendenza e il titolo di Czar dei bulgari dato al Sovrano. Oggi il grande ideale del patriottismo fervido, tenace, di questo popolo risorto che fa stupire il mondo, sta per rea lizzarsi grazie al meraviglioso slancio col quale il suo esercito, in poche settimane, è arrivato alle porte di Costantinopoli. Ma questa volta il successo, la realtà, ha superato tutte le speranze. Già fino da oggi le armi di Re Ferdinando sono in possesso, con l'aiuto degli al leati, di un territorio ancora più vasto di quello della grande Bulgaria di Santo Stefano: e di quello che contava di annettersi in caso di vittoria, quan do la guerra fu dichiarata. E finora sono in gran parte induzioni le ipotesi

68 LA PRIMA

Se si muove uno, si muovono tutti 69 poste innanzi dai giornali per la spartizione, la quale assai probabilmente avverrà in modo un po' diverso da quello che era stato progettato, poiché ho ragione di credere che da principio, quando gli accordi furono stipulati, si era pensato solo va gamente alla possibilità che i turchi dovessero ab bandonare anche la Tracia. Sul modo, col quale sono state condotte le trat tative e sul tenore degli accordi fra i quattro Stati balcanici, nolte affermazioni ed ipotesi, non com pletamente esatte, sono state poste innanzi. Sopra tutto perchè nonsi è tenuto conto del fatto che vi sono stati, per così dire, due periodi: due fasi nelle trattative. La prima; quella nella quale fu stabilito nel modo più assoluto che, se unodei quattro Stati avesse dovuto trarre la spada, gli altri avrebbero fatto altrettanto. « Se si muove uno, ci muoveremo tutti » . Questa fu la formola adottata, fino da sette od otto mesi fa. E sette od otto mesi fa, sulle colon ne del Corriere della Sera, parlai di tale accordo como d'una cosa certa e stabilita. Accordo che, contraria mente a quanto si seguita a ripetere, non era affatto un mistero per la diplomazia, poichè i ministri ac creditati nelle capitali balcaniche, e, specialmente a Sofia, avevano seguito giorno per giorno tutto il lavorio fatto per arrivarci, informandone natural mente i loro Governi. Così non è esatto che solo la Russia sapesse quanto si tramava. È vera sola mente una cosa : che la Russia fu la sola a credervi e a seguire quindi con simpatia ed incoraggiando discretamente il movimento,mentre gli altri Gover ni non vi hanno creduto e non vi hanno dato impor tanza, nella convinzione più assoluta che anche que sta volta si trattasse di uno dei soliti tentativi desti nati a fallire. Quella che fu davvero circondata da un gran mi. stero fu la seconda fase, nella quale si stabilirono in massima, le parti che avrebbero dovuto toccare

DELLA GUERRA

a ciascuno dei quattro Stati nel caso preveduto e sperato d'una spartizione, sia con la creazione di autonomie nazionali come avviamento ad annessioni a più o meno lunga scadenza, sia nel caso di una annessione immediata.

A tale proposito è bene avvertire che, se la Turchia si è sempre così risolutamente opposta alle autonomie nazionali, è perchè non poteva farsi il lusioni sulla portata di questa formula, il cui signi ficato è messo in evidenza dal solito giuoco di parole per cui alla parola autonomia si sostituisce quella di: anatomia. L'autonomia è sempre stata, nella Pe nisola balcanica, la prima tappa verso l'indipenden za completa. Sono state province autonome con un governatore o un principe nominato in un modo o nell'altro, prima di diventare regni indipendenti, la Serbia, la Grecia, la Rumenia, la Bulgaria, e la Ru melia orientale prima di essere annessa a quest'ul tima !

È bene ricordare tali precedenti, per mettere in evidenza come l'accordo degli Stati balcanici per le autonomie nazionali, intorno al quale non è an cora squarciato il mistero, è, in sostanza, la base sulla quale si addiverrà alla spartizione, dal mo mento che oramai si possono considerare come ce lebrati i funerali del famoso statu quo. Senonchè credo che, per quanto riguarda tale ac cordo, anche gli Stati balcanici, e la Bulgaria sopra. tutto, si sono trovati, da qualche giorno, di fronte all'imprevisto. Non credevano cioè che l'Europa si sarebbe rassegnata così facilmente e rapidamente al funerale di prima classe di cui sopra, e meno che mai, avrebbe ammessa anche l'eventualità d'un'an nessione alla Bulgaria di Adrianopoli e della Tracia. Tale rassegnazione delle Potenze a un ingrandi mento della Bulgaria, la discussione che si fa nella stampa europea delle sorti del territorio intorno a Costantinopoli, è stata una grande sorpresa per il

70 LA
PRIMA FASE

fatto compiuto

mondo balcanico e per i quattro Governi, che, na turalmente come è facile rilevare dal linguaggio dei giornali e dalle dichiarazioni di qualche loro uo mo politico sono andati pian piano alzando la voce ed invocando più grandi i diritti che dànno loro le vittorie, man mano si abbassava invece il tono da parte delle Potenze, ed appariva sempre più manifesta la rassegnazione loro al fatto com piuto... o da compiersi.

La Tracia, prima, non era stata messa sulla bi. lancia. Perchè, anche da parte delle Potenze balca niche, non era stata preveduta per la Turchia una rotta così completa, rotta per la quale nessuno si sente più di sostenerla, e di pensare possano es sere rimesse sotto il suo giogo le popolazioni cristia ne dell'Oriente europeo.

La Bulgaria è quindi sulla via di ottenere un in grandimento insperato dalla parte dove contava me no. E probabilmente sente di potere essere più gene rosa dalla parte occidentale di fronte alla Serbia, che ha dato un concorso così efficace per l'esito fi nale.

Certamente vi sono delle difficoltà per questa spartizione in base a un nuovo criterio, perchè da quella parte, verso l'Albania e a Monastir, le tra dizioni bulgare sono vive, e sopratutto sono nume rose e preponderanti le popolazioni di incontestata origine bulgara. Da quella parte vi è Okrida, che fu sede dell'Esarcato bulgaro e che è considerata un po' come la capitale religiosa dei bulgari. È là che si è incoronato uno dei loro grandi Czar; e, pero quella città ha per i bulgari una importanza quasi pari a quella di Uskub per i serbi , sebbene la vera capitale del Grande Impero bulgaro d'altri tempi fos se Preslava, la città della quale si vedono ancora le rovine presso Sciumla e dove lo Czar dei Bulgari, de: serbi e dei greci risiedeva circondato da tutto il fa sto asiatico : la città, come Bisanzio, dalle grandi chiese sormontate da immense cupole d'oro.

Il
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LA PRIMA FASE DELLA

Con la rapidità fulminea delle vittorie bulgare il problema della spartizione si presenta ora sotto un nuovo aspetto. Complicato poi dalla questione dei dintorni di Costantinopoli e della città stessa, oggi come oggi, chi può arrischiarsi a fare previsioni sull'avvenire dell'antica Bisanzio, quando nella stam. pa europea e nei Gabinetti ci si domanda ancora se le truppe bulgare vittoriose vi entreranno o no? Le Potenze stesse, o, almeno, alcune di esse, non si sono ancora rese conto esattamente se sia un bene o un male l'entrata dei bulgari.

Il fatto dell'entrata di un esercito cristiano nell'an tica Bisanzio ove, finora, ha sede il Califfo, è un fatto di un'importanza mondiale, anche dal solo punto di vista morale per tutto il mondo musulma no. Non si può concepire, pare, un esercito cristiano che combatte, sopratutto, in nome della fede, nel quale si fa il segno della Croce, prima di impegnare la battaglia, che vada a Costantinopoli, senza far cantare il Te Deum in Santa Sofia, abbattendo la Mezzaluna: in quella chiesa di Santa Sofia nella qua le fu interrotta la Messa quando i Turchi si impa dronirono della città.

L'elemento militare intorno a Re Ferdinando, na turalmente, non vuol sentire parlare della rinunzia all'entrata vittoriosa, e, dal punto di vista dell'amor proprio e della legittima ambizione, l'idea del trion fo per le vie di Costantinopoli, non può a meno di sorridere al Monarca, che ventisette anni fa, quando a Pest gli fu fatta l'offerta della modesta Corona Principesca di Bulgaria, era un semplice tenente di cavalleria nell'esercito austro-ungarico... Ma Re Fer dinando è un politico troppo fine per permettersi di giuocare una carta soltanto per una soddisfazione di amor proprio. Vi sono ragioni che forse potrebbero farlo propendere a cedere, se le Potenze gli doman . dassero quel sacrificio, e vi è anche una considera zione che tutti sentono, senza spiegarsene comple

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GUERRA

tamente la portata, e che ha la sua importanza. I russi si sono fermati alle porte di Costantinopoli! Si è fermato dinanzi alle mura dell'antica Bisanzio lo Czar della Grande Nazione protettrice. Che impres sione può fare il vedere che invece vi entrano i pro tetti, con il Sovrano che, fino ad ora, si è chiamato nel mondo slavo: il piccolo Czar? L'uomo politico che prevale nell'animo di Re Fer dinando, propenderebbe assai probabilmente a con siderare anche l'entrata trionfale di Costantinopoli come una monnaie d'échange, come si dice nel gergo diplomatico dopo che è diventato cosi di moda il mercantilismo... Per ottenere, quindi, altre facili tazioni in cambio della rinunzia. Ma potrà resistere alla corrente che si è determi nata nelle altre sfere militari e nel popolo bulgaro che anela a questa consacrazione del suo trionfo, me scolandovi anche delle ragioni di superstizione, in torno alle quali si può discutere ma delle quali non si può disconoscere il valore in certi momenti della vita di una nazione?

I bulgari sono arrivati già altre volte vittoriosi sotto le mura di Costantinopoli e non entrarono. Non solo, ma quelle marcie vittoriose segnarono spesso l'apogeo della loro potenza che subito de clinò rapidamente. Non entrarono, e, talora, furono poco dopo battuti. Le grandi vittorie fanno credere impossibile accada lo stesso. Ma il ricordo è con tinuamente invocato da questo popolo che ha dato. un così meraviglioso spettacolo di sè. Uno spettacolo tanto più meraviglioso inquantochè, fino a poche decine d'anni fa i bulgari erano considerati vera mente come i paria della Penisola balcanica. Era finita la loro Chiesa, quasi perduta la loro lingua o obliate le belle e gloriose tradizioni della loro sto. ria, vive soltanto nella memoria di pochi, general mente maestri di scuola, che furono gli artefici, gli apostoli di questo risveglio della nazionalità. Venti

L'entrata
73
a Costantinopoli

GUERRA

cinque anni fa questa Bulgaria era ancora un popolo di contadini , ed ho raccontato in un altro volume l'aneddoto di parecchi deputati contadini che, a una festa data dal Sovrano, si erano fatti premura di levarsi le scarpe nell'atrio in segno di rispetto, come facevano quando andavano dal Pascià. Da pa recchi anni non solo la Bulgaria ha preso posizione come potenza militare, ma i suoi rappresentanti fi. gurano alla pari nei congressi degli scienziati , de gli economisti, dei dotti insomma di tutto il mon do. Popolo forte che da venti anni si preparava alla guerra, che oggi si combatte, tutto sacrificando per avere un esercito numeroso, compatto e bene arma to. Quello che oggi avviene in Tracia, tranne la re sistenza turca che nessuno poteva prevedere così de bole, è un programma maturato da vent'anni. E non è stata una rivelazione per coloro i quali hanno seguito questo sviluppo delle loro forze militari, e il modo col quale si preparavano gli avvenimenti. Il programma si è svolto con una precisione mera vigliosa. Perfettamente come le manovre dell'anno scorso a Sciumla, nelle quali il tema simulava per l'appunto l'investimento di Adrianopoli con una Kirk-Kilisse immaginaria.

Quante volte ho sentito dire in Bulgaria da mili tari e civili, compreso il generale Pitcheff, or sono appena tre anni a Filippopoli dove comandava al lora la divisione, a colazione insieme al Caetani di Laurenzana allora console in quella città: All'apertura delle ostilità noi dobbiamo fare una mossa fulminea, con tutte le nostre forze intor no ad Adrianopoli. Avremo otto, dieci, quindicimila morti, non importa; è lì che si decideranno subito nelle due prime settimane le sorti della guerra.

E il comandante della divisione che con parole di calda amicizia e vaticinando nuove fortune al suo paese, mi mandava allora come ricordo una fotogra fia, caro ricordo di quel mio ultimo soggiorno a

*74 LA PRIMA
FASE

Filippopoli, diventato Capo di stato maggiore, ha a vuto oggi l'onore di essere uno dei più efficaci colla boratori del Re nel mandare ad effetto quel pro gramma da tanti anni maturato. Il Fitcheff è anche lui, come si dice laggiù di quelli che vengono dalla scuola di Torino, un italiano. Ed anche l'ultima volta che lo vidi, come sempre, mi parlò con ricono scenza dei suoi maestri di Torino, che queste nuove generazioni hanno saputo educare alla vittoria, sia che combattano fra le nevose balze della Tracia e della Macedonia o sulle sabbie del deserto della Li bia nostra.

17 Novembre.

III.

ANALOGIE.

La storia si ripete, scrivevo qualche mese fa a proposito di tutto l'armeggio diplomatico per pre parare, discutere ed approvare quelle famose rifor me, che tutti sapevano non sarebbero mai state ve ramente applicate. Ma, quando vi è di mezzo la Turchia e l'Oriente europeo, si ripete in un modo strano anche per quanto riguarda la condotta del la guerra, le trattative di pace e le complicazioni internazionali.

Così si riproducono oggi, a trentaquattro anni di distanza, una quantità di cose della guerra turco russa. Anche allora, come adesso, il Governo otto mano aveva sperato di poter trattenere gli eserciti nemici intorno ad Adrianopoli, per preparare l'e strema difesa della capitale. Anche allora, mentre i russi si stringevano sempre più intorno a Costan tinopoli, i loro alleati, serbi, montenegrini e rumeni,

Il generale Fitcheff 75

FASE DELLA GUERRA

ottenevano continue vittorie sugli altri scacchieri, facendo prigionieri dei forti corpi di truppa coi loro pascià... Anche allora, mentre l'Europa attendeva con ansia da un giorno all'altro la notizia che il ne mico fosse entrato a Costantinopoli, i montenegrini arrivavano vittoriosi all'Adriatico e si impadroni vano di Antivari e di Dulcigno.

Fu allora che, per salvare Costantinopoli, la Tur chia si decise a chiedere la pace. Proprio come po chi giorni or sono, aveva fatto prima un disperata appello alle Potenze, invocando la loro mediazione. Ma le Potenze, come l'Inghilterra, verso la quale si era fatto un tentativo separato, si schermirono. Fi no all'ultimo il Sultano sperò sulle divisioni dell'Eu ropa e sopratutto sull'antagonismo anglo -russo, al lora vivissimo. La Gran Bretagna fece però un passo presso la Russia che rispose in modo molto secco. « Pur desiderando di por fine agli orrori della guerra, la Russia è costretta, prima di entrare in trattative, di assicurarsi della sincerità delle inten zioni della Turchia» . E tale sincerità doveva essere provata da una domanda d'armistizio, che soltanto i rispettivi quartieri generali potevano trattare. Ma dove si ha un'analogia perfetta con quanto accadde giorni sono, è nella fermezza della Russia nel volere che la sospensione delle operazioni con ducesse a negoziati serii e conclusivi: che non fosse, insomma, un espediente per la Turchia onde ordire nuovi intrighi, dandole tempo di riorganizzare le sue forze. Il granduca Nicolò dichiarò quindi al ser raschiere Reouf pascià, rappresentante del Sultano, che non poteva firmare l'armistizio « se i plenipo tenziari ottomani non accettavano i preliminari di pace ». L'ultimo esercito ottomano fu vinto e di. sfatto mentre si svolgevano tali trattative. Il bello è che i plenipotenziari ottomani erano ancora ad Adrianopoli presso il granduca Nicolò quando que sti si decise a marciare su Costantinopoli!

76 LA
PRIMA

Finalmente il 31 gennaio l'armistizio fu firmato, consentendo ai russi come garanzia di occupare al tre posizioni più innanzi, verso Costantinopoli e Gal lipoli

La guerra era finita. Ma per la comparsa della flotta brittannica davanti a Costantinopoli, consi derata dalla Russia come una violazione della neu tralità, la Russia si sentì svincolata dall'impegno preso di non entrare a Costantinopoli, e l'Imperatore Alessandro diede al granduca l'ordine di occupare la città .

Il telegramma dello Czar era concepito in termini che non ammettevano esitazione. « Occupa imme. diatamente Costantinopoli, diceva, appena la flotta inglese entrerà nel Bosforo, senza però impadronirti di Gallipoli » .

Pochi ricordano ora che fu grazie ad uno stratta gemma e diciamo pure all'abilità, poichè sa rebbe inutile non riconoscerla del Governo otto inano, che l'esercito vittorioso non entrò. Dell'in cidente furono date, a quell'epoca, parecchie vers sioni. Ma fu soltanto qualche anno dopo che si seppe con esattezza come si era svolto, quando furono pubblicati nel loro testo i telegrammi scambiatisi in quei giorni fra lo Czar e il Granduca. Il governo di Costantinopoli, da dove, dopo l'armistizio, passa vano i dispacci, riuscì a capire, malgrado fosse na turalmente in cifra, il dispaccio mandato dallo Czar al Granduca. E fu per questo evitata l'entrata delle truppe russe e il conflitto fra la Russia e l'Inghil terra, che da questo fatto sarebbe stato reso inevita bile, secondo le dichiarazioni fatte qualche giorno prima da lord Derby ai Comuni, annunziando gli ordini dati alla squadra.

Il 15 febbraio, quando le navi brittanniche getta rono l'àncora all'isola dei Principi, il Granduca Ni colò telegrafò allo Czar domandando che cosa si do veva fare se si presentavano nel Bosforo. A questo

L'ordine
77
dello Czar

LA PRIMA FASE DELLA

telegramma lo Czar rispose in queste termini: « Non comprendo nè le tue domande, ne le tue esitazioni, poichè ti ho già dato le istruzioni precise per una tale eventualità »).

Solamente, il telegramma che ho prima riferito non era arrivato a destinazione. Il Governo turco, che mirava in quel momento sopratutto a evitare l'en trata dei russi, ne comunicò il testo all'ambascia tore inglese. Questi, persuaso così che i russi non avevano intenzione di entrare, se la flotta inglese non si presentava davanti a Costantinopoli, diede l'ordine all'ammiraglio di andarsene. E solamente quando le navi brittanniche erano al largo, sulla via del ritorno, e quindi l'ordine non aveva più alcuna importanza, il telegramma dello Czar fu recapitato al suo destinatario.

L'allarme fu grande anche perchè più volte si sparse in quei giorni la notizia di massacri che e rano incominciati a Costantinopoli. Ma, anche dopo, mentre si svolgevano le trattative di pace, e a pace firmata, l'allarme e le ansie continuarono pel ti more di complicazioni internazionali. Per settima ne e mesi le notizie ottimiste e pessimiste continua rono ad alternarsi, e, come oggi, le Potenze parla vano e discutevano... con gli ordini di mobilitazione e la minaccia. Soltanto, invece dell'Austria, chi per prima alzò la voce contro la Russia, fu l'Inghilterra. L'Austria era perfettamente d'accordo nel non vole re che la Russia approfittasse troppo delle sue vit torie e fossero creati degli Stati balcanici troppo forti come avanguardie russe. Anzi, ad impedire questo, era più interessata dell'Inghilterra, preoccu patissima del panslavismo che poteva minacciare anche la sua posizione interna. Ma non poteva fi gurare in prima linea, poichè con la Russia vi e rano già stati degli accordi, e come prezzo della sua neutralità durante la guerra, sapeva l'Europa le avrebbe consentito di occupare la Bosnia e l'Er

78 GUERRA

Il progetto Greco per i Balcani 79

Quanto accade oggi prova ancora una volta come sia stata fallace l'opera del Congresso di Berlino, dal momento che la questione d'Oriente è risorta, e un'altra grande guerra è stata proocata, e si svol gono ora quegli avvenimenti che allora si credette di evitare per sempre. Invece di un piccolo grande Stato slavo, se è lecito esprimersi così, si è formato un grande Stato, una grande confederazione slava - aiutata dagli elleni con la Quadruplice e con una Serbia essa pure ingrandita ai confini dell'Im pero Austro-Ungarico. Dopo i ripetuti tentativi di collaborazione austro-russa nella Penisola balcanica, a incominciare dal famoso progetto di spartizione proposto dalla Grande Caterina all'Imperatore Giu seppe che è passato alla storia col nome di progetto greco, perchè sotto la protezione della Russia e con un nipote della Imperatrice per Sovrano si doveva formare un regno Bizantino con Costantinopoli per capitale, fino al famoso accordo di Murtzeg per le riforme, l'influenza slava ha ora finito per affermarsi e predominare esclusivamente. E la Russia appog gia ora, certo moralmente, nelle sue rivendicazioni, la Serbia, che invece trascurò nel trattato di Santo Stefano, appunto perchè temeva nella Serbia ingran dita, uno Stato che, nell'orbita austriaca, poteva far argine alla Bulgaria, creato quasi come uno Stato russo nei Balcani. Mette il conto di rilevare tali continue analo gie, non tanto per interesse e curiosità, quanto per chè spiegano all'evidenza lo svolgersi di molti av venimenti e molte circostanze che hanno il loro punto di partenza nel modo nel quale si svolsero quei conflitti, compresa, fino ad un certo punto, la questione albanese. Fu costituita per l'appunto con tro le rivendicazioni serbo -montenegrine la famosa lega albanese col motto: « l'Albania agli albanesi »). E la sua costituzione fu aiutata e incoraggiata in tutti i modi, non escluso con l'invio di denaro, mal

DELLA GUERRA

grado fossero esauste le casse dello Stato, da parte del Sultano. Tantochè, dopo più di due anni dal trattato di pace, era ancora in sospeso la questione di Dulcigno sull'Adriatico, che gli albanesi si erano rifiutati con la forza di cedere al Montenegro. Era finita da un pezzo la guerra: erano stati firmati due trattati, e la questione albanese e quella di un altro porto serbo-montenegrino sull'Adriatico, oltre quel lo di Antivari, preoccupava ancora l'Europa e con tinuava a fartemere possibili complicazioni...

NOTE E DOCUMENTI.

Durante il primo periodo della guerra, come, del resto, era accaduto anche durante la guerra con l'I. talia, tutti gli insuccessi e le sconfitte delle armi ottomane erano convertite in altrettante vittorie nei comunicati ufficiosi di Costantinopoli e nelle notizie dei giornali ottomani. Epperò destò una grande im pressione il seguente comunicato ufficioso, telegra fato a tutte le Agenzie Telegrafiche, col quale, men tre i gabinetti d'Europa si scambiavano le loro ve dute intorno alle proposte e al tentativo di media zione del Poincaré allora ministro degli esteri , la Turchia si confessava vinta.

« La fortuna della guerra è mutevole. Non è pos sibile essere vittoriosi da tutte le parti. Un popolo che si cimenta in guerra deve accettarne la fine con pa zienza e coraggio e sottomettersi con rassegnazione a tutte le sue conseguenze.

« Ignorare questo obbligo è fallire al proprio dovere. Perciò, mentre non è il caso di rallegrarci eccessiva mente per la vittoria, sarebbe un torto disperarsi per la disfatta.

« Le truppe ottomane in guerra coi quattro Stati

80 LA
I DELEGATI DELLE POTENZE BALCANICHE ALLA CONFERENZA DI LONDRA .

BOURGAS

LÜLE
.

L'appello alla Francia per la puce SI

balcanici federati si difendono con successo nei di stretti di Scutari e di Giannina, ma d'altra parte l'eser cito orientale dei distretti di Lüle Burgas e di Viza si è trovato costretto a ritirarsi sulla linea di difesa di Ciatalgia per poter di là opporre al nemico una resistenza efficace.

« Naturalmente noi siamo risoluti a fare ogni sforzo per salvaguardare gli interessi della patria in difesa della quale dobbiamo lottare fino all'ultimo. »

in quegli stessi giorni la Porta consenti a ciascuna delle Grandi Potenze di mandare a Costantinopoli una nave da guerra per proteggere gli interessi dei loro connazionali. Il Governo turco pareva, in quel momento, assai preoccupato della sicurezza della Capitale e si diceva che, addivenendosi alla pace, avrebbe fatto in modo di non lasciare rientrare l'esercito a Costantinopoli fermandolo a Santo Ste fano dove avrebbe dovuto essere disciolto. Contemporaneamente, alla Francia la quale con la proposta Poincaré sembrava aver preso l'iniziativa della mediazione, perveniva un appello della Tur chia perchè si intromettesse per ottenere un ar mistizio.

Dal seguente comunicato ufficioso pubblicato a Parigi il 3 novembre, conobbero il passo della Turchia e le ragioni per le quali la Francia non credette di poter aderire a quella domanda.

« Il Governo ottomano ha fatto presso il Governo fran cese un passo per ottenere che le Potenze intervengano per arrestare le ostilità e per imporre un armistizio agli Stati balcanici.

« Il Governo francese harisposto che non potrebbe accogliere tale domanda senza violare il diritto delle genti e senza sembrare di assumere un'attitudine con tro gli Alleati balcanici e che potrebbe soltanto esa minare, d'accordo con tutte le altre grandi Potenze, una domanda di mediazione propriamente detta, questa gli venisse presentata »). se

6
MANTEGAZZA. La guerra balcanica,

LA PROPOSTA POINCARÉ.

Della iniziativa dovuta al Ministro Poincaré negli ultimi d'ottobre avevano parlato i giornali senza però precisarne lo scopo e la portata. Il Governo della Repubblica credette quindi opportuno, col seguente comunicato pubblicato il 3 ottobre di confermare la notizia della presentazione di una formula di disinteressamento :

« Il Gabinetto di Vienna non ha ancora risposto alla proposta didisinteressamento territoriale che gli è stata fatta dalla Francia e che ha già ottenuto l'adesione dei Gabinetti di Pietroburgo e di Londra .

« Nelle conversazioni avute con il conte Berchtold, l'ambasciatore di Francia a Vienna ha colto l'occa sione per domandare all'Austria-Ungheria di fare astrazione dai suoi interessi economici nei Balcani.

« La proposta francese ha soltanto per iscopo di in dicare ai belligeranti che le Potenze che potrebbero intervenire come mediatrici, sono decise a non avan zare alcuna pretesa territoriale. Questo impegno di disinteressamento territoriale non potrebbe natural mente aveva valore che se fosse preso da tutte le Potenze. E' a prevedere infatti che se una Potenza qualsiasi venisse a rivendicare qualche territorio, il suo esempio non potrebbe non essere seguito.

In un comunicato ufficioso inglese pubblicato il giorno dopo era detto che la proposta Poincaré ave va per oggetto:

1.° Il riconoscimento da parte delle Potenze dei mutamenti politici verificatisi nelle regioni occupate dalle truppe alleate.

2.° La conservazione della sovranità del Sultano a Costantinopoli.

3.° La convocazione di una conferenza europea cui parteciperebbero gli Stati balcanici.

82 LA PRIMA FASE DELLA GUERRA

ta formula sgradita a Vienna

L'AUSTRIA NON È FAVOREVOLE.

La formula del disinteressamento e anche la pro posta della Conferenza Europea, malgrado le at tenuazioni e le spiegazioni del Poincaré non fu gradita a Vienna. La stampa Austro-Ungarica u unanime nel sostenere che non doveva essere ac cettata e nel considerarla come diretta contro l'Au stria Ungheria.

Questa formola, disse la Neue Freie Presse, è in uno strano contrasto con le dichiarazioni fatte testè dal ministro russo degli esteri e con quelle fatte a suo tempo dal conte Berchtold, il qualeha detto ripetuta mente che l'Austria -Ungheria ha importanti interessi da tutelare nei Balcani.

« La mediazione continua perderebbe la sua efficacia se, per ragioni che oggi non sono ancora evidenti, il presidente del Consiglio francese volesse insistere sopra una formula che pretende un completo disinteressamento dell'Austria -Ungheria, la quale con fina con tre degli Stati belligeranti » .

Il Pester Lloyd scrive in sostanza la stessa cosa e aggiungeva che la formula francese è unaassurdità in quanto che pretende che il Gabinetto di Vienna si di chiari disinteressato in una questione nella quale lo stesso ministro Sazonof ha riconosciuto gli importanti interessi della Monarchia austro-ungarica.

L'ufficioso Fremdenblatt non parla della proposta francese, ma osserva che il punto di vistagenerale delle Potenze è che gli interessi importanti dell'Europa nei Balcani non devono essere toccati. Lo stesso mi. nistro degli esteri di Russia, Sazonof, si è pronunziato senza equivoci in tal senso, che la volontà di tutte le Potenze stesse non si possa manifestare durante la guerra. Del resto gli Stati balcanici fanno conoscere che anch'essi tengono conto della necessitàdi non tur bare gli interessieuropei nei Balcani. Il giornale con cludedicendo che nonsi attribuisce alcuna importanza alle singole voci serbe che non sono d'accordo con le disposizioni pacifiche dell'Europa, e che si può espri mere la speranza che la guerra balcanica non provo cherà altre gravi complicazioni.

GUERRA

Particolarmente notevole fu un articolo della Reichs post, dove non solo si dichiarava inaccessibile la for mula di Poincaré, ma si protestava anche contro la tendenza a voler dare agli importanti interessi del l'Austria nei Balcani un carattere puramente econo mico , mentre invece sono sempre di natura eminente mente politica.

Incominciò così ad accentuarsi la disparità di vedute fra l'Austria e le Potenze della Tripiice che doveva poi continuare durante le varie fasi della guerra contro la Turchia, e poi della seconda guer ra contro la Bulgaria, e che, in certi momenti fece temere potessero nascere le più gravi complicazioni. L'atteggiamento del Gabinetto francese si mostro fino daallora, sotto l'ispirazione del Poincaré, indi rettamente ostile anche a noi, poichè armeggiava in modo da porre ostacoli alla creazione dell'Al bania, mirando a lasciar costiluire una grande Serbia che potesse preocupare seriamente l'Austria Ungheria, e a lasciare ingrandire la Grecia sulle coste poco distanti dalle nostre : cioè due eventuali pericoli contro due Potenze della Triplice.

Il ritiuto dell'Austria -Ungheria provocò l'insuc cesso della proposta Poincaré, insuccesso che la Francia non potè nemmeno mascherare, poichè in seguito ad una circolare inviata dalla Porta ai suoi ambasciatori, questi fecero il 4 novembre un passo presso tutte le Grandi Potenze per chiedere la loro mediazioni onde far cessare le ostilità e concludere un armistizio coi quattro Stati balcanici.

IL DISCORSO DI BERCHTOLD ALLE DELEGAZIONI.

I rapporti con l'Italia. L'Austria e gli avenimenti balcanici.

In quello stesso giorno, il 4, il conte Bertchold, pronunziò un importante discorso alle Delegazioni. Contrariamente alla consuetudine, questa volta

84 LA

il ministro degli Esteri austro-ungarico tenne la sua esposizione alle Delegazioni, a Budapest, prima che fosse pronunciato il discorso del trono.

La Neue Freie Presse osservò che tale disposi zione era stata presa per la necessità di manifestare subito in forma solenne il punto di vista austro ungarico nella situazione creata dagli avvenimenti.

Il conte Bertchtold era stato poco prima in Italia a far visita al marchese di San Giuliano. Quella visita aveva dato occasione, tanto alla stampa austriaca che italiana, di constatare che le relazioni fra i due paesi erano andate facendosi sempre più cordiali, e quindi più che mai neces sario l'accordo di fronte agli avvenimenti che si stavano svolgendo. Si può dire che la maggior par te del suo discorso trattò appunto di tali relazioni fra i due Stati. Ecco il testo del breve discorso :

La pace di Losanna.

Nel breve spazio di tempo che ci divide dall'ultima sessione delle Delegazioni, si sono svolti nella vita internazionale avvenimenti ai quali si deve attribuire una grande importanza. Prima di occunarmi di essi diffusamente, vorrei ricordare un fatto che per me ha un particolare valore dal punto di vista dei nostri rapnorti di alleanza. Con la pace di Losanna è stata condotta a termine, dopo un anno di durata, la guerra tra l'Italia e la Turchia. La nostra alleata ha ottenuto l'incontrastato dominio sonra un esteso territorio nella costa settentrionale dell' Africa. Noi abbiamo fatto quanto stava in noi per facilitare la conclusinne della pace e subito dopo che questa è avvenuta abbiamo ri conosciuto la sovranità dell'Italia sulla Libia. Io vorrei ricordare con sincera soddisfazione che la nostra al leata in questa guisa ha raggiunto la mèta agognata da decenni e ha trovato un vasto campo per tranian tare in un paese straniero l'alta cultura della patria .

Con l'affrettare il componimento del conflitto italo turco non si è riusciti a impedire lo scoppio di una conflagrazionenei Balcani: però a ogni modo si è otte nuto che la situazione, già per sè stessa molto seria, a

85
Berchtold alle Delegazioni

non diventasse ancora più complicata. Anche da questo punto di vista noi dobbiamo quindi salutare soddi sfatti la conclusione della pace di Losanna.

I rapporti con l' Italia. In occasione della mia recente presenza in Italia ho potuto convincermi che il nostro contegno di fronte alla guerra condotta dal Regno vicino con la Turchia è stato apprezzato pienamente, non solo dal Governo, ma anche dalla popolazione.La simpatica accoglienza che mi fu fatta nel Regno alleato va attribuita non in ultima linea a questa circostanza. L'eco colossale che questi sentimenti hanno avuto da noi può servire di garanzia per un nuovo rafforzamento delle condizioni dialleanzae quindi anche di tutta la Triplice. Molto seria si è fatta la situazione nel vicino Oriente, dove tutti gli Stati balcanici hanno dato di piglio alle armi . A voi è noto che la diplomazia delle grandi Po tenze, dopo lo scoppio delle ostilità, si sta adoperando, per iniziativa del signor Poincaré, a promuovere, con un reciproco scambio di idee, la possibilità di inter venire in un dato momento e abbreviare così gli orrori della guerra. Noi, in intimo accordo con le nostre alleate, e in vivo contatto con la Russia e con l'Inghil terra, abbiamo preso parte a questo scambio di idee, e attualmente ci troviamo in contatto con le Potenze, convinti di servire in questa guisa al desiderio, nutrito generalmente anche da noi, che l'incendio sia spento al più presto possibile.

Finora l'andamento della guerra ha recato grandi successi agli Stati balcanici, e sotto l'influenza di que sti successi costoro hanno notevolmente spostato la méta che avevano essi stessi prescelta. Mentre in ori gine l'introduzione di riforme amministrative atte a migliorare le condizioni di vita e di esistenza dei connazionali nell'Impero ottomano aveva formato il postulato degli Stati balcanici, le aspirazioni degli al leati sono ora di natura molto più vasta, e nonpossono più essere messe d'accordo col principio della integrità dell'Impero ottomano.

I mutamenti balcanici riconosciuti.

Alla nostra politica, che non subisce influenze di tendenze espansioniste, può dare norma solo la cura di mettere d'accordo il bisogno di mantenere la pace col nostro supremo dovere di preservare gli interessi della

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GUERRA

Monarchia da qualunque danno. Con la nostra con dotta di fronte agli avvenimenti della guerra, noi ab biamo dato prova sinora di una riservatezza e di una moderazione che sono state apprezzate dappertutto. Noi pensiamo di continuare anche in avvenire su que sta strada con la coscienza della nostra forza, la quale ci offre la piena sicurezza di poter rendere la nostra voce ascoltata.

Io non dubito che questo ci sarà possibile senza en trare in conflitto con le giustificate preiese altrui. Noi siamo pronti a tenere conto in modo amplissimo della nuova situazione creata dalle vittorie degli Stati bal canici e quindi a creare la base per un durevole ac cordo amichevole con questi ultimi .

D'altro canto, però, anche noi abbiamo il diritto di chiedere che i legittimi interessi della Monarchia non abbiano a patire alcun danno dalla nuova regolazione delle cose.

Il contegno calmo e moderato della Rumenia, nostra amica, è stato di notevole importaza per l'andamento degli avvenimenti, e noi speriamo che i suoi impor tanti interessi ,fondati sulla sua situazione geografica, saranno tenuti nel dovuto conto.

Io mi sono forzato di darvi un quadro riassuntivo della situazioneodierna, come era possibile nelle circo stanze attuali. E ora vorrei dirigervi la preghiera di volermi dimostrare in questo serio momento la fiducia accordatami in precedenti occasioni, con l'acconten tarvi di queste mie dichiarazioni, che contengono il massimo di quanto posso dirvi oggi, e di non volere insistere sul proposito di discuterle, perchè la discus sione, dato il carattere delicato delle trattative nen denti, non sarebe adatta a facilitare il mio compito.

Di questo discorso fu notalo sopratutto il tono calmo e moderato e fu detto che con le sue parole si fosse studiato dissipare le preoccupazioni sorte in quei giorni in seguito al rifiuto dell'Austria -Un gheria di accogliere la proposta francese. In se condo luogo fu notato il riserbo col quale accennò vagamente alle questioni scottanti del momento : quella degli Stati Serbi e quella dell'Albania.

Il ministro degli esteri lasciò alla stampa il còm pito di chiarire. E la stampa fece rilevare coi suoi commenti quale fosse la portata del discorso del

L'Austria-Ungheria sirassegna 87

Ministro là dove parlò degli interessi della Mo narchia nei Balcani. Fu posta innanzi, subito dopo quel discorso, la questione dell'Albania, per un mo mento dimenticata nel rapido svolgersi degli avve nimenti.

È giusto, dissero i giornali in coro, poichè ormai null'altro vi è da fare che l'Austria riconosca la nuova situazione e sia disposta ad accettare il prin cinio « i Balcani ai popoli Balcanici » . A patto però che tale principio trovi applicazione in favore di tutte le nazionalità della Penisola compreso quella alba nese. Se, come è probabile, in Albania non potrà essere conservato il dominio ottomano, vi si dovrà istituire uno Stato indipendente ; ma in nessun caso si potrà permettere che l'Albania possa essere ripartita tra gli alleati balcanici.

Il giorno stesso il Frendenblatt, l'organo più che ufficioso quasi ufficiale del Ministero degli Esteri, metteva come suol dirsi i punti sugli i, con un'ar ticolo nel quale era detto chiaramente che alla Serbia non sarebbe stato dall'Austria consentito di prendersi parte dell'Albania ed arrivare all'Adria tico, mentre altri giornali non ufficiosi, ma che sono in huone relazioni col Ministero degli esteri insi sistevano sulla necessità di un accordo in questo senso con l'Italia che ha essa pure tutto l'interesse ad evitare la Serbia arrivi all'Adriatico, lasciando comprendere del resto l'accordo già in massima esi stente.

Quasi subito dopo il presidente del Consiglio ser bo in parecchie interviste accordate a corrispon denti di giornali dichiarava invece impossibile la creazione di un'Albania autonoma e indipendente.

La Serbia, disse in una di queste interviste, senza uno sbocco sul mare, non ha garanzie sufficienti per la sua esistenza e il suo sviluppo economico. Essa chiede i porti di San Giovanni, di Alessio e di Durazzo, che possedette già l'Impero Serbo nel Medio Evo, e

88 IA PRIMA FASE
DELLA

L'atteggiamento della Serbia 89

grazie ai quali era collegato col resto dell' Europa. In una parola, noi vogliamo la spartizione della Turchia di Europa, lasciando alla decisione internazionale delle Potenze la sorte di Costantinopoli.

Tale atteggiamento del Pascic produsse una pro fonda impressione, anche perchè fece diventare più che mai aggressivo verso l'Austria Ungheria il lin guaggio della stampa serba. Il giornale Politika, or gano del Governo (9 nov.), pubblicò il seguente ar ticolo :

La Serbia scrivevo non ha compiuto sacrifici morali e materiali soltanto all'intento di dimostrare il valore del proprio esercito. Alla Serbia occorre il mare. Essa lo toglierà ai turchi e, una volta in suo possesso, non se lo lascierà strappare da alcuno. Il mare costi tuisce la condizione senza la quale diventa impossibile qualsiasi principio di trattative di pace con le Potenze. Questa pace non potrebbe essere conclusa che a condi zione che gli Stati alleati si distruibuiscano fra loro le parti di territorio che sono sempre appartenute ad essi soltanto e che essi hanno energicamente ricongui state. Creare a sud-est un territorio albanese, vor rehbe dire lasciare un addentellato alla influenza stra niera, mediante questa breccia scavata nell'alleanza balcanica. La Serbia non è a tal punto ebbra di gloria militare da rifiutare un inizio di trattative, ma essa intende tutelare i propri interessi vitali e si conserverà unita ed animata tutta dallo stesso entusiasmo.

Qualche giorno dopo lo stesso presidente del Con siglio Pascic personalmente faceva mandare al Ti mes il seguente telegramma :

Il bisogno minimo per lo sviluppo nazionale della Serbia si riduce alla necessità di ottenere l'assoluta indipendenza economica con uno sbocco sul mare A driatico o sulla costa adriatica e un passaggio libero e di adeguata vastità. A tal uono è necessario che la Serbia possegga circa 50 chilometri di costa da Alessio a Durazzo. Questa linea costiera sarebbe unita a quella che era prima la Vecchia Serbia, approssimativamente dal territorio compreso fra una linea che unisca Du razzo e il lago di Ochrida al sud e un'altra, che vada

da Alessio fino a Giakova, al nord. Non solo tale sbocco metterà la Serbia in grado di esercitare liberamente i suoi commerci, ma le darà anche dei nuovi vicini, poi chè tutte le nazioni marittime diverranno vicine della Serbia come lo è ora l'Austria. Ciò è specialmente vero per l'Inghilterra, e la Serbia si rallegra che il periodo di ogni mancanza di comunicazione diretta con l' In ghilterra sia sul punto di finire.

Tali polemiche e il linguaggio minaccioso dei gior nali austro-ungarici, quello oltremodo violento dei giornali serbi contro il vicino Impero, avevano de stato in Europa le più gravi preoccupazioni . D'altra parte, mentrel'Austria continuava a mobilizzare alla sua frontiera meridionale, si annunziavano grandi concentramenti di truppe russe, e l'atteggiamento della Russia era interpretato a Belgrado come un incoraggiamento a resistere.

2

A rimettere un po' di calma intervenne a tempo opportuno il seguente comunicato dell'Agenzia Im periale Russa (25 novembre) :

com

I Circoli autorizzati respingono l'asserzione parsa sulla stampa dell'Europa occidentale attribuente intenzioni bellicose alla Russia e negano che le rela zioni austro -serbe siano peggiorate in qualsiasi ma niera.

Il Governo russo rasta persuaso che una soluzione pacifica del conflitto austro-serbo sarà possibile quando la guerra balcanica sarà terminata ; allora le grandi Potenze avranno un punto di partenza molto netto per i negoziati.

Il ministro Sazonof divide questa maniera di vedere espressa egualmente nelle alte sfere e dichiara che egli non ha mai mutato di parere a questo proposito. Parimenti nessuna divergenza di vedute esiste e non è mai esistita in questo momento fra le alte sfere e il ministro.

Un secondo comunicato della stessa data diceva:

Il ministro degli esteri dichiara che le voci sparse intorno alle intenzioni ostili della Russia verso gli Stati vicini, a proposito di preparativifatti a questo scopo sono completamente prive di fondamento.

Ma quasi subito dopo, a rendere ancora grave la situazione, avveniva l'occupazione di Durazzo da

90 LA

L'appello

del ministro Winston Churcill 91

parte delle truppe serbe. Avvenuta codesta occupa zione, la Serbialasciò comprendere che rinunziava alle sue maggiori pretese sul territorio albanese.

Abbandonando l'Albania alla volontà delle Potenze la Serbia sperò aliora che le sue pretese per un porto adriatico sarebbero state trovate giuste da parte di queste e che anche l'Austria Ungheria avrebbe finito per accontentarsi. La Serbia era di. sposta in massima anche alla rinunzia di Durazzo contentandosi di un porto posto più a Nord.

In Austria invece pareva crescere il risentimento, e in quei giorni rimesso in vigore per le provenienze dalla Serbia il regime dei passaporti, concentro truppe a Semlino dove tutte le scuole pubbliche u rono convertite in caserme, raddoppiando la sor veglianza sui serbi dell'Impero.

Vi furono di nuovo momenti di ansia per il ti more che nuove complicazioni polessero condurre al terribile conflitto austro russo. Tanto che il Mi nistero della Marina britannica Winston Churcill pronunziò un discorso nel quale fece l'emozionante appello alla concordia austro-russa che ebbe una così grande eco in Europa.

L'APPELLO DEL MINISTRO WINSTON CHURCILL.

Una guerra austro-russa egli disse sarebbe un orrore spaventevole, inconcepibile e non potrebbe mai essere compensata dai risultati ottenuti, quali che fos sero.

Le nazioni, nella loro fede cristiana, levano i loro sguardi al di sopra delle intricate pratiche della diplo mazia; esse si rivolgono a quegli augusti Imperatori a cui domandano : la vostra galità non si coprirebbe forse di un nuovo lustro in questo momento se potesse proclamare fra le moltitudini che la monarchia è la salvaguardia della pace europea?

Inoltre, un abisso separa le divergenze autro-russe dagli affari delle Potenze occidentali. La Gran Breta gna, la Francia, l'Italia e la Germania sono in pace

FASE DELLA GUERRA

e desiderano la pace. Non hanno fra loro alcun argo mento di discordia. Esse non hanno che da aver fiducia le une nelle altre in quest'ora turbata e nessuna forza sotto il firmamento potrebbe farle deviare dal sentiero del buon senso e dell'onore.

PROCLAMAZIONE DELL'INDIPENDENZA ALBANESE.

Intanto, come era già stato annunziato da pa recchi giorni i delegati albanesi, sotto la Presidenza di Ismail Kemal bey che aveva pochi giorni prima fatto un viaggio a Vienna ed a Roma, riunitisi in casa Vlora a Vallona proclamarono l'indipendenza dell Albania. La bandiera albanese venne inalberata fra l'entusiasmo della popolazione, che, formato un numeroso corteo al canto degli inni nazionali, fece una calorosa dimostrazione dinnanzi ai Consolati d'Italia e d'Austria-Ungheria.

Cost'tuitosi un Governo provvisorio sotto la pre sidenza di Kemal bey, questi mandò al Ministro del Regno l'Italia e al Ministro degli esteri austro-un garico un telegramma per annunziar loro la pro clamazione.

Ecco il testo del telegramma mandato al marchese di San Giuliano :

L'Assemblea nazionale, composta dei delegati di tutte le contrade albanesi senza distinzione di religione, riunita oggi nella città di Vallona, ha proclamato la indipendenza politica dell'Albania è costituito un Go verno provvisorio incaricato di difendere i diritti di esistenza del popolo albanese, minacciato di sterminio dagli eserciti serbi, e di liberare il suolo nazionale in vaso dagli eserciti alleati.

Portando a cognizione di Vostra Eccellenza quanto precede, ho l'onore di pregare il Governo del Re d'I. talia di voler riconoscere questo cambiamento di vita politica della nazione albanese. Gli albanesi, entrati nella famiglia dei popoli dell'Europa orientale, di cui sono orgogliosi di essere i primogeniti, e non avendo

92 LA

Il governo provvisorio dell'Albania 93

che il solo e unico scopo di vivere in pace con tutti gli Stati alleati e di divenire un elemento di equilibrio, sono convinti che il Governo del Re, e così pure tutto il mondo civile, accorderanno loro una benevola acco glienza, proteggendoli contro qualsiasi attentato alla loro esistenza nazionale e contro qualsiasi smembra mento del loro territorio.

L'OCCUPAZIONE EUROPEA DI COSTANTINOPOLI.

Mentre si svolgevano a Ciatalgia quelle che si credeva ailora dovessero essere le ultime disperate battaglie della Turchia in Europa, le Potenze, visto il fermento di Costantinopoli e il pericolo immi nente di disordini, decisero di fare sbarcare i ma rinai delle rispettive navi.

La capitale turca alle 6 del mattino del 18 novem bre fu occupata da distaccamenti stranieri sbarcati dalle navi.

Alle 5 l'ammiraglio Dufournet segnalò a tutta la flotta, che già era pronta, l'ordine di operare lo sbarco. Nove nazioni europee parteciparono all'ope razione poichè anche la Spagna, la Rumenia e l'Olanda hanno tenuto a sbarcare riparti di marinai. I vari distaccamenti sfilarono lentamente al suono dei rispettivi inni nazionali. La popolazione che era per le strade a quell'ora rimase sorpresa ed attonita.

L'ARMISTIZIO.

Dopo l'insuccesso della proposta Poincaré, con tinuò lo scambio di vedute per la mediazione i ministri delle Grandi Potenze nei quattro Stati bal canici, trasmettendo ai quattro governi la doman da di mediazione della Turchia, chiesero loro se erano disposti a far conoscere le condizioni alle quali avrebbero acconsentito a trattare per la pace (13 nov.). Per quanto simultaneo il passo delle

DELLA GUERRA

Potenze, non ebbe carattere collettivo. I Governi degli Stati Balcanici pur mostrandosi deferentis simi e ringraziando le Potenze del loro interessa mento, lasciarono però capire abbastanza chiara mente, che desideravano trattare direttamente col vinto. Un comunicato ufficioso del Governo Bulgaro, dando notizia del passo, diceva che « dato il bisogno che gli Stati Balcanici hanno di consigliarsi fra di loro e dato il fatto che per la necessità della guerra i Sovrani sono lontani dalle capitali, la risposta tar derà senza dubbio qualche giorno.

Quasi contemporaneamente, si può dire poche ore dopo, il Gran Vizir Kiamil pascià telegrafava allo Czar Ferdinando domandandogli di trattare di rettamente. Le truppe bulgare erano arrivate quasi alle porte di Costantinopoli, dove per più giorni si sentì tuonare il cannone. Da ultimo però, mentre il Governo bulgaro discuteva coi suoi alleati per sta bilire le condizioni di pace, qualche successo par ziale migliorò alquanto la posizione dei turchi, il che ii spinse a respingere le proposte degli alleati.

Il capo di stato maggiore dell'esercito Bulgaro, il generale Fitchell, che era il primo plenipotenziario degli alleati, presentò al generalissimo turco Nasim pascià, le proposte degli alleati che erano le se guenti :

1.° Capitolazione di Adrianopoli, Giannina, Scu

tari ;

2.° Ritiro delle truppe da Ciatalgia ;

3.° La Turchia europea, eccetto Costantinopoli e i Dardanelli, e un « hinterland » limitato approssima tivamente dalla linea Midia-Golfo di Saris, iventerà territorio degli alleati.

Se la Porta accetta, la pace dovrà conchiudersi tra una decina di giorni, altrimenti si riprenderanno le ostilità allo scadere delle 24 ore.

Senza che fosse stabilito un vero e proprio armi stizio le operazioni militari parvero in realtà sospese

94 LA PRIMA
FASE

proposte degli alleati

per un paio di giorni. Ripresero appena la Turchia respinse le proposte bulgare dando notizia della rottura delle trattative col seguente comunicato :

Le proposte per concludere la pace comunicate oggi al Consiglio dei ministri furono da questo giudicate inaccettabili. Per conseguenza, e considerando anche il fatto che il comandante in capo delle truppe otto mane era stato incaricato di trattare le condizioni del l'armistizio con i plenipotenziari degli Stati bellige. ranti e di comunicare i risultati delle trattative al Governo stesso, il comandante in capo ha ora ricevuto l'ordine di continuare le operazioni militari con l'aiuto dell' Onnipotente, finchè non vengano proposte condi zioni ragionevoli e moderate.

Con tuttociò, e malgrado la ripresa delle ostilità, fu convenuto di continuare le trattative per l'armi stizio. Nominati da ambe le parti nuovi plenipoten ziari , fu stabilito la sospensione delle ostilità soltan to nelle posizioni intorno a Ciatalgia e in una zona determinata da una commissione.

La rottura delle prime trattative ebbe luogo il 21 novembre. Da questa data fino al 3 dicembre, giorno nel quale si firmò l'armistizio, fu un continuo alternarsi di notizie ottimiste e pessimiste. Più vol le fu dato l'annunzio quasi ulliciale che i plenipo tenziari avrebbero proceduto alla firma del proto collo poche ore dopo; e, invece, nuove difficoltà sor gevano ad ogni istante. Alle trattative che si svolse ro sulla linea di Ciatalgia, lo Czar Ferdinando non partecipò direttamente, ma le sorvegliò essendosi recato egli pure in quella zona a poca distanza dal posto ove i plenipotenziari tennero i loro convegni.

Il Protocollo firmato il 3 alle 8 di sera stipulava le seguenti condizioni secondo il comunicato ufli ciale bulgaro :

1.º Gli eserciti belligeranti restano nelle loro posi 2. Le fortezze assediate non saranno vettovagliate;

3.° Il vettovagliamento dell'esercito bulgaro dinanzi zioni;

95
Le

LA PRIMA FASE DELLA GUERRA

a Ciatalgia si farà dalla parte del Mar Nero e di Adria nopoli cominciando dieci giorni dopo la conclusione dell'armistizio ;

4.° I negoziati di pace cominceranno il 13 dicembre a Londra. L'armistizio è stato firmato dai plenipotenziari bul gari in nome della Bulgaria, della Serbia e del Monte negro. La Grecia si è riservata un termine di 24 ore per aderire al protocollo. Anche nel caso non aderisse all'armistizio, il Governo greco parteciperà egualmente alle trattative di pace.

LA GRECIA NON FIRMA L'ARMISTIZIO.

La Grecia non volle firmare l'armistizio. Le ragioni del suo atteggiamento furono spiegate fra gli altri dal Signor Romanos, ministro a Parigi, in un'intervista che merila il conto di riprodurre per chè rispecchiava certamente le idee del Governo di Atene.

Le prime condizioni fissate per l'armistizio ha detto Romanos erano perfettamente logiche e conformi alla situazione militare creata dalle vittorie dei quattro Stati balcanici. Esse comprendevano la resa di tutte le piazze forti assediate: Adrianopoli ai bulgari, Gian nina ai greci, Scutari ai montenegrini, Dibra e Du razzo ai serbi. Come pure la resa di tutte le forze tur che isolate, eccettuate quelle concentrate fra Costanti nopoli e Ciatalgia. Tali condizioni vennero respinte dalla Turchia, la quale propose che l'armistizio,invece dellaresa, contemplasse il rifornimento delle fortezze assediate, come pure il rifornimento delle forze otto mane isolate e la sospensione del blocco navale.

Ho fatto sapere stamane al ministro Poincaré, e lo ripeto nel modo più esplicito che il Governo greco ri fiutadi accettare l'armistizio a simili condizioni favo revoli unicamente alla Turchia che lo ha sollecitato. Se viene concesso il rifornimento di viveri delle piazze forti, si annullano tutti i risultati ottenuti dall'inizio della guerra, poichèle fortezze saranno nuovamentein grado di resistere. Se si ammette il rifornimento delle forze ottomane isolate, è come stabilire un premio per i massacri di cui tutte le popolazioni cristiane sono vittime da parte di quelle forze, in realtà quasi ovun que composte di bande irregolari.

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Dichiarazioni del Ministro Romanos 97

Se viene tolto il blocco, si vieta alla flotta greca di continuare l'opera a cui si è accintacon successo e si permette alla Turchia di rifornirsi di carbone, mentre noi sappiamo che non ne ha più e che è questa una delle ragioni le quali le impediscono di continuare la guerra.

Abbiamo fatto conoscere ai nostri alleati questo no stro modo di vedere. Non sono informato ufficialmente se il Governo bulgaro abbia accettato le condizioni turche; confido cheal pari di noi le abbia a rifiutare, perchè un armistizio simile annienterebbe l'intesa bal canica, i principi che abbiamo deciso di difendere in siene e tutta l'opera di liberazione cristiana che ab biamo intrapreso solidalmente. Siamo pronti a conti nuare la guerra con tutte le nostre forze in pieno ac cordo con gli alleati, siamo pronti anche a continuare lo trattative di pace, ma non vogliamo a nessun costo un armistizio come ci viene offerto oggi.

MANTEGAZZA. La guerra balcanica,

SITUAZIONE ROVESCIATA.

L'ATTEGGIAMENTO DELLE POTENZE.

I. ATTRAVERSANDO L'AL'STRIA.

Ansie ed incertezze. Si sono tutti ingannati. Anche l'Austria sor. presa, L'occupazione del Sangiaccato. La politica Austro-Ungarica crollata. Armamenti... e stati d'assedio. Salonicco perduta. Lotta di razze. L'invasione Slava. Tedeschi e magiari d'accordo. Lo sbocco serbo e l'Albania. L'avvenire per noi.

II. - L'ATTEGGIAMENTO DELLA POTENZE.

La conferenza degli ambasciatori. Il discorso del Cancelliere Tedesco. Il comunicato del Foreign-Office. Le dichiarazioni del presidente del Consiglio russo. Dichiarazioni di Sir Edward Grey: - Discorso del mar. chese San Giuliano. L'accordo per l'Albania.

ATTRAVERSANDO L'AUSTRIA .

Veramente, ritornando nei Balcani, che avevo la sciato qualche settimana fa, non ho attraversato che una piccolissima parte dell'Impero austro-ungarico facendo qua e là delle brevissime fermate. Ma in che un brevissimo soggiorno in qualsiasi città del l'Impero alleato basta per dare l'impressione dell'in certezza della situazione, e della politica estera ed interna, così connesse nella monarchia dualista, specialmente quando si agita la questione orientale. C'è nell'aria un sentimento di sconforto, di dubbio, di apprensione. Tutti si domandano quale sarà d'ora innanzi la politica dell'Impero, come uscirà alla presente crisi balcanica, a che cosa mira questo sfoggio di misure militari come se si fosse vera mente alla vigilia della guerra, e che incominciano a provocare un grave disagio economico, e un mal contento, che, se non ha ancora dato luogo a mani festazioni appariscenti, non è per questo meno sen tito. Tutti si rivolgono queste domande, senza tro vare la risposta adeguata, e perdendosi in un mare di congetture. Poichè l'Austria-Ungheria è un ben strano paese, da questo punto di vista. Per la mol

I.

teplicità delle razze e degli elementi dei quali si compone, è forse uno dei paesi del mondo nel quale si fa più politica - della politica estera sopratutto, poichè le questioni di politica interna, come diceva, sono connesse e s'imperniano quasi sempre sulle questioni di politica estera - eppure vi è come una vaga rassegnazione nel riconoscere che, se se ne può discutere, viceversa il Governo e l'Imperatore hanno il diritto di fare senza render conto al paese. D'altra parte è anche vero che mai, come da due o tre mesi a questa parte, questa politica dell'Au stria-Ungheria è sembrata incerta e contradditoria, sia per quello che riguarda la crisi balcanica, come, in genere, per tutte le sue relazioni internazionali. Epperò l'esame del suo atteggiamento, anzi dei suoi varî atteggiamenti, si presta a tutte le congetture, e alle più svariate ipotesi. Ma il fatto evidente è che la politica austro-ungarica è stata sorpresa dagli av venimenti, come tutti gli altri del resto, e che, nem meno a crisi scoppiata, ha saputo rendersi conto del la loro importanza.

Scrivo da Sofia da dove parecchi diplomatici han no assicurato fino alla vigilia della mobilitazione i loro Governi che l'accordo tra gli Stati balcanici non era possibile, e che la guerra non sarebbe scoppiata. I diplomatici hanno creduto alle assicurazioni for mali date e ripetute giornalmente dai membri del Governo bulgaro, e dalle alte autorità militari con le quali queste smentivano recisamente le notizie re lative alla mobilitazione, aggiungendo anzi trattarsi di notizie tendenziose, provenienti da fonti sospette: messe in circolazione nei paesi che potevano avere interesse a intorbidire la situazione.

Uno dei ministri esteri, che conosce bene l'Oriente per aver fatto qualche anno della sua carriera nella Penisola balcanica, col quale discorreva giorni sono, mi faceva una osservazione, che non è davvero sen za fondamento.

102 SITUAZIONE

Si sono ingannati, mi diceva, più degli altri, sebbene ciò possa parere strano, precisamente quelli che hanno una maggiore conoscenza di questi paesi e delle questioni che da tanto tempo li tengono in agitazione. Coloro che sono da poco qui, che non si sono mai occupati delle questioni balcaniche, con un ragionamento molto semplicista, trovavano pos sibile l'accordo fra i vari Stati balcanici contro il comune avversario. Ma, per coloro che, invece, sa pevano la loro profonda gelosia, i loro vecchi ran cori; per coloro che conoscevano, come e perchè erano sempre andati falliti tutti i tentativi, ne sem brò invece sempre manifesta l'assoluta impossibilità.

Non vi ha creduto, e si è ugualmente ingannata fino all'ultimo momento l'Austria -Ungheria, la quale anche dopo la dichiarazione di guerra, non ha cre duto da principio al completo successo delle armi dei confederati, che doveva ridurre la Turchia a rassegnarsi alla perdita di tutte le sue provincie in Europa tranne l'hinterland più o meno grande della suaLacapitale. sola Potenza che, informata giorno per gior no, ha creduto all'accordo balcanico, e che, discreta mente, lo ha incoraggiato, è stata, naturalmente, la Russia. Lo ha incoraggiato, lo ha favorito, ed è an che intervenuta più di una volta, prima e dopo, a guerra decisa, per eliminare difficoltà esercitando un'azione moderatrice, e, contrariamente alle abi tudini della diplomazia russa, con una grande mi sura, per quanto, qua e là, qualche articolo di gior nale notoriamente ispirato e le dichiarazioni di qual che ambasciatore abbiano potuto sottolineare l'at teggiamento della politica di Pietroburgo. Cosicchè, allo scoppiare delle ostilità, la costitu zione della Quadruplice, la dichiarazione di guerra, l'entrata delle truppe serbe, e l'occupazione da parte di queste città del Sangiaccato di Novi Bazar, che a Vienna si proclamava dover rimanere intangibile ,

La diplomazia
103
sorpresa

apparve come la rivincita, a quattro anni di distan za, dello scacco subito dalla Russia nei Balcani con l'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina alla Mo narchia degli Asburgo. L'occupazione del Sangiac cato col quale fu chiusa all'Austria la via di Salo nicco fu il primo colpo, il primo grande scacco che disorientò la politica di Vienna, e che mise in evi denza il colossale errore commesso dall'Aehrenthal con la rinunzia ai diritti che l Austria aveva, per effetto del trattato di Berlino, di tenervi della guar nigione. Se ancora vi fossero stati ora i reggimenti austro-ungarici, certo Serbi e Montenegrini non avrebbero potuto darsi la mano attraverso il San. giaccato : facendolo avrebbero provocato l'intervento austriaco, fino a un certo punto giustificato, e chi può dire qual piega diversa avrebbero potuto pren dere gli avvenimenti!

Ma, in quei giorni, si diceva ancora nelle Cancel lerie che se la prima partita era stata vinta quattro anni fa dall'Austria -Ungreria, e questa seconda dal la Russia, vi era ancora da vedere a chi sarebbe toccato di vincere la bella. E quando si seppe che l'Austria mobilizzava tacitamente una parte dell'e sercito e la flotta, che tutte le misure essa prendeva con attività febbrile, come se la guerra dovesse scoppiare da un momento all'altro, vi furono, so prattutto quando la Russia rispose mobilizzando a sua volta, giorni di ansia nei quali tutti lo ricor dano si temette... che la terza partita stesse per incominciare da un momento all'altro, e su un ter reno ben diverso da quello della diplomazia. Occupato il Sangiaccato, entrati i Bulgari e i Greci a Salonicco, l'Austria -Ungheria si è veduta, oramai, chiusa per sempre la strada verso l'Egeo. Tutta la politica alla quale aveva fatto convergere i suoi sforzi dal Congresso di Berlino in poi ; la politica alla quale s'ispirarono le deliberazioni di quel Con gresso per quanto la riguardavano, è crollata in

104 SITUAZIONE ROVESCIATA

Lo stato d'assedio in Austria 105 poche settimane, e per opera di paesi nuovi, di nazioni giovani, calcuna delle quali, come la Bul garia, a quell'epoca, non esistevano ancora. Perchè, si domandano ancora in Austria e nelle Cancellerie europee, si è proceduto alla mobilita zione, perchè si spendono parecchi milioni al giorno per tenere l'esercito sul piede di guerra, aggravando una situazione finanziaria già disastrosa, della quale è prova evidente l'alto tasso più del sette al quale fu concluso l'ultinio prestito di 250 milioni, con l'America ; mentre un piccolo paese come la Bulgaria, in istato di guerra, e sia pure per una somma minore, ha potuto trovare del denaro a un tasso più basso ? La ragione, la spiegazione posta innanzi da molti, che cioè, considerazioni di poli tica interna, il timore che gli Slavi dell'Impero. incoraggiati dai loro fratelli di razza nei Balcani, potessero, a un momento dalo, turbare la tranquil. lità dell'Impero, e minacciare l'oligarchia tedesca che lo governa, ha certamente un grande valore. A Vienna si è stati subito impressionati da questo pericolo, e le preoccupazioni sono tutt'altro che svanite. Qua e là si è gridato più volte : « Viva i Serbi ), all'annunzio delle vittorie delle truppe di re Pietro, e questo grido non poteva certamente suonare gradito al Governo Imperiale. In qualche guarnigione, alle manifestazioni di questo genere, si erano uniti anche dei soldati slavi. Come e in quale misura sieno avvenute tali dimostrazioni nel l'esercito, e gli ammutinamenti dei quali corse la notizia su pei giornali, non è facile sapere con esat tezza. Le punizioni e le repressioni, a quanto si af ferma, sono state severissime. La legge testè votata con l'eufemismo col quale è stata chiamata : legge per le prestazioni militari --- altro non è, in sostanza, che la proclamazione dello stato d'assedio, per certi riguardi ancora più rigido di quello che soglia es sere una misura di questo genere che sottopone il paese a un regime eccezionale.

Ragioni di politica interna hanno certamente con tribuito a determinare la mobilitazione, e le misure militari. Ma non bastano a spiegare l'atteggiamento dell'Austria-Ungheria e l'importanza, il numero di soldati trattenuti o richiamati sotto le armi. Per quella ragione soltanto, bastava forse la metà della forza chel'Austria ha ora sul piede di guerra.

Siamo, è vero, sempre nel campo delle induzioni , ma mi sembra che, oramai, s'intravedano le ragioni e le determinanti di un tale atteggiamento, anche dai risultati ottenuti, pur senza andarne a cercare nei precedenti la spiegazione, dai quali appare chiaro che la Monarchia dualista ripete oggi il giuo co di trentaquattro anni fa. Anche allora, mentre le Potenze, all'indomani della guerra, discutevano sulle sorti dell'Oriente europeo, l'Impero degli As burgo prese parte alla discussione... con l'esercito pronto a tutte le evenienze. E quell'atteggiamento gli valse l'autorizzazione ad occupare la Bosnia e l'Erzegovina, già in massima pattuita con la Russia come compenso della sua neutralità, mache poteva anche sfumare, quando i rappresentanti delle Po tenze si riunirono sulle rive della Sprea per rima neggiare la carta dell'Europa. Oggi, non si tratta certo per l'Austria di avere dei compensi; di assicurarsi come fece allora, una parte delle spoglie, ma di evitare maggiori danni di quelli chegià le sono toccati. Perduta ogni spe ranza di tenersi aperta la via per Salonicco : Salo nicco stessa in mano degli alleati balcanici, si com prende abbia raddoppiato di attività per impedire perturbamenti reputati per essa nocivi almeno nel l'Adriatico. Non essendo riuscita ad impedire la di scesa slava verso l'Egeo, ha mirato ad impedirla in tutti i modi da parte dell'Adriatico. Ed è stato certamente un risultato di una grande importanza per la politica della Monarchia quello di aver fatto piegare la Serbia, di aver ottenuto che questa ri

106 SITUAZIONE

Lo sbocco serbo nell'Adriatico 107

nunciasse all'annessione di una parte dell'Albania verso il mare, contentandosi di un porto esclusiva mente commerciale, e con l'accordo di tutte le gran di potenze - Triplice alleanza e Triplice intesa rappresentate alla Conferenza di Londra. La que stione dello sbocco serbo nell'Adriatico, e della costi tuzione dei confini del nuovo Stato albanese, era già una questione importantissima per l'Austria, prima. Lo è ora diventata più che mai dopo il falli mento della sua politica verso l'Egeo. Da quella parte sono ora concentrati tuttigli sforzi della sua diplo mazia, la quale, è noto, agisce sempre più risoluta mente, con maggiore sicurezza, quando sa di avere dietro di sè dei soldati e dei cannoni pronti. Oggi come oggi, sarebbe molto ardito voler stabi lire se il risultato, o i risultati immediati che potrà ancora avere la politica di Vienna, sono o saranno proporzionali allo sforzo e ai sacrifici ottenuti. Ogni giudizio è prematuro. Chi poteva immaginare quat tro anni fa, quando l'Aehrenthal rinunziava ai di ritti sul Sangiaccato, che quella rinunzia alla quale si dette alloracosì poca importanza, avrebbe avuto, a breve distanza di tempo, conseguenze così disastro se per il suo paese?

Chi può dire, d'altra parte, se rimanendo mili tarmente in istato normale, la Russia non avrebbe preso più apertamente partito per gli Stati balca nici, e si sarebbe meno facilmente acconciata a consentire con le altre Potenze alle pressioni sulla Serbia ? Il fatto che l'Austria-Ungheria ha avuto ed ha un esercito sul piede di guerra, ha senza dubbio influito sulla situazione: sulla guerra, sulle tratta tive di pace, sull'atteggiamento della Turchia, su quello degli Stati balcanici nelle loro reciproche relazioni. La Bulgaria, per esempio, ha dovuto te nere un contegno molto riservato verso la Serbia nel periodo più acuto del conflitto austro-serbo. Per quanto alleata della Serbia, era alleata contro

e

la Turchia. Non poteva pensare ad unirsi alla Ser bia contro l'Austria, perchè allora avrebbe avuto addosso la Turchia dall'altra parte, che sarebbe su bito corsa alla riscossa. E la Bulgaria non avrebbe potuto far fronte dalle due parti.

Fino ad un certo punto, si può anzi dire che sono stati gli armamenti dell'Austria e lo sono ancora - uno dei grandi coefficienti della situazione, e del modo col quale si svolgeranno gli avvenimenti. Il secolo scorso è stato il secolo delle nazionalità. Si parla ancora molto della nazionalità, ed in nome del sentimento della nazionalità è stata provocata l'attuale guerra. Ma per non dubbi segni appare già evidente che il nuovo secolo sarà quello della lotta di razze, che si contenderanno l'egemonia nel Vecchio come nel Nuovo Continente. Da un certo punto di vista la guerra attuale non è già che uno degli episodi di queste titaniche lotte che forse si preparano nei secoli venturi. Ed allora per ritor nare a ciò che prima dicevo chi può ora giudi care se è o no proporzionato ai risultati, che posso no essere grandissimi a lunga scadenza, lo sforzo e i sacrifici ottenuti ora, col chiudere come si dice in Austria - la porta sull'Adriatico all'inva sione slava ?

Di fronte a questo pericolo che è stata l'ossessione sotto la quale furono prese le deliberazioni del Con gresso di Berlino, e che secondo molti, risorge ora con una forma ancora più minacciosa dopo trenta quattro anni , forte di un'avanguardia di cinque o seicento mila uomini , quanti cioè possono metterne in armi i giovani regni dei Balcani, la politica austriaca cerca, oggi come allora, di premunirsi in tutti i modi. È di nuovo l'ossessione che turba la mente degli uomini politici, non solo di Vienna, ma anche di Pest, poichè, malgrado le profonde divergenze tra le due parti dell'Impero, in questo sono perfettamente concordi. L'Ungheria che, nel

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In stato di guerra 109 1878, non fu entusiasta per l'annessione della Bos nia, pensando che, la nazionalità magiara, con una popolazione di pochi milioni, correva il rischio di essere sommersa se aumentava l'elemento slavo del la Monarchia, oggi con lo stesso concetto si mostra più che mai ostile alla Serbia, e fa pressioni a Vienna perchè accentui sempre più il suo atteg giamento contro la Serbia. Gli Ungheresi si sen tono minacciati più degli altri e in tutti i modi: sia che per necessità di cose, e in ragione della demo grafia, l'Impero si trasformi in un grande impero slavo, nel quale le toccherebbe una parte seconda ria, sia che rimanendo governato da un'oligarchia tedesco-magiara, l'Impero si trovi ad essere circon dato da tutte le parti da nazioni slave animate da uno spirito d'imperialismo di razza, che non solleve rebbero più la sua supremazia. Sono quindi gli Ungheresi, che con maggiore en . tusiasmo, col concetto di difendere l'Impero del quale fanno parte, ma più ancora il loro regno, la loro razza, montano la guardia contro la Serbia, nella loro Semlino, sul Danubio, di fronte a Belgrado. Quando, venendo da Pest o da Fiume, dopo aver subito l'interrogatorio del Commissario di polizia di questa stazione, il treno si rimette in moto per attraversare il ponte sul Danubio che lo separa da Belgrado, tutti quei soldati scaglionati lungo la linea e sul ponte, le pattuglie che circolano intorno alla stazione, le lancie a vapore militari che vanno su e giù in quel tratto di fiume, vigilando di giorno e di notte, i fasci di luce che di notte sono proiettati qua e là sulla riva opposta per sorvegliare una lancia che si stacca dalla riva o un altro movimento qualunque, vi danno già l'impressione delle ostilità; di un paese forte e potente che è là pronto, aspet tando il momento di rovesciarsi con tutte le sue forze e senza pietà sul più debole. Che se poi vi av viene di discorrere con gli Ungheresi, li sentite tutti

ROVESCIATA

quanti parlare con un profondo disprezzo di questi servitori della Russia, come essi dicono: allo stesso modo come gli ufficiali austriaci parlano del Mon tenegro, dolendosi che la monarchia abbia tanti ri guardi e non si sia risoluta una buona volta a schiac ciare questa piccola pulce noiosa !... E ' la frase con sacrata fra gli ulliciali austriaci parlando del Mon tenegro... - E ora di finirla, mi diceva qualche settimana fa un uomo di stato ungherese --- appunto per spie gare gli armamenti --con questa propaganda pansla - vista che la Russia fa nel nostro paese. Il nostro atteggiamento non è di offesa, ma di difesa di fronte ai pericoli che ci circondano e alle minaccie non dissimulate che solto le più svariate forme si ripe tono ogni giorno. Tedeschi e Magiari dell'Impero degli Asburgo sono in questo perfettamente, d'accordo, e tutta la loro politica par mirare ad allontanare il pericolo di una Grande Serbia che, avanguardia della Russia, potrebbe esercitare una maggior forza di attrazione per i Serbi della Monarchia. Hanno origine da questo concelto,la simpatia, o per lo meno una certa bene volenza per la Bulgaria, della quale si sono avute nel corso di questi ultimi anni non dubbie mani festazioni . Tanto da far credere generalmente, data la contemporaneità degli avvenimenti - l'annessio ne della Bosnia e la proclamazione dell'Indipendenza bulgara ad una formale intesa avvenuta fra Vienna e Sofia, all'epoca della visita di re Ferdi nando all'imperatore Francesco Giuseppe. Il Ser bismo, nel concetto di Vienna, era così colpito da due parti : dall'annessione e da un accrescimento di prestigio della Nazione balcanica vicina. Venti cinque anni fa, all'epoca della guerra Bulgaro-Serba, era il conte Kenewuller, ministro di Sua Maestà Apostolica, che si recò al campo per fermare nella sua marcia vittoriosa l'esercito del principe Ales

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L'amicizia Austro-Bulgara 111

sandro di Battenberg, avvertendolo che se non aves se ceduto all'intimazione, avrebbe incontrato i hat taglioni austriaci. Allora la Serbia era completa mente nell'orbita austro-ungarica, e la Bulgaria malgrado il dissidio del suo Principe con lo Czar rappresentava l'avanguardia russa . Oggi la Bulga ria è uno Stato indipendente nel vero senso della parola, che agli occhi della politica di Vienna, può domani tenere a freno le ambizioni serbe. In ogni modo, una Bulgaria forte, che, forse non contenta dell'esito che avrà la guerra attuale per quanto riguarda la spartizione dei territori conquistati sul turco, potesse avere ancora delle aspirazioni , obbli gherebbe la Serbia ad avere precauzioni e preoccu pazioni da quella parte, e quindi minore attività, minore intraprendenza dall'altra.

Epperò, anche non tenendo conto per un momento della questione dell'Adriatico, che a tutto questo si collega, si vedono chiare le ragioni per le quali, non da oggi soltanto, la politica di Vienna è fautrice di una grande Albania. Tutto quello che ingrandisce l'Albania diminuisce la nuova Serbia vagheggiata a Belgrado, quando s'iniziò la guerra. Scutari alba nese impedisce lo sviluppo dell'altro ramo della razza serba nei Balcani. Non è un mistero per nes suno che, da un pezzo, le rivolte albanesi, special mente nella parte settentrionale, sono state spesso aiutate ed incoraggiate da agenti della politica au striaca e che parecchi capi del movimento andavano a prendere dai consoli austro-ungarici la parola d'ordine... e qualche cosa di più della parola d'ordine. Nella lotta fra Albanesi e Serbi la politica austro ungarica più o meno dissimulatamente, e, talvolta, in modo aperto, ha sempre favorito i primi. E vi è chi assicura dovuta in gran parte a tale influenza anche la mossa dell'anno scorso, quando, di un tratto, gl'insorti albanesi, lasciando posizioni mili tarmente più forti per tener testa ai Turchi si reca

SITUAZIONE

ROVESCIATA

rono in massa ad Uskub, dando un po' a quella operazione, il carattere di una presa di possesso dell'antica capitale serba ; di un'affermazione nel caso di future rivendicazioni.

Dopo aver ottenuto d'impedire che le genti serbe si affaccino nell'Adriatico e l'abbandono di Durazzo, da parte delle truppe di Re Pietro, si presenta ora, gra ve, per l Austria sopratutto, la questione dell Alba nia, diremo così, dalla parte di terra.

E per tutto il complesso delle questioni che si colle gano a quella dell'Albania, è quanto mai delicata la posizione nostra, posti come siamo fra le simpatie per la nazione serba, le cui dinastie sono anche legate da vincoli di parentela con la nostra, e i nostri interessi più vitali nell'Adriatico. Senza contare che non pos siamo abbandonare gli Albanesi coi quali sono sem pre state così amichevoli le nostre relazioni, le cui aspirazioni all'indipendenza abbiamo sempre inco raggiato. Purtroppo, la loro condotta nella guerra attuale, ha impedito che la questione albanese a vesse la soluzione più naturale e più semplice che sarebbe stata la più vantaggiosa per noi. Se invece di ripetere l'errore del 1878 combattendo con i Tur chi contro i cristiani, si fossero a questi uniti, aves sero anzi continuato a combattere contro i battaglio ni ottomani, come facevano ancora qualche mese fa, l'Albania sarebbe già stata virtualmente il quinto Stato balcanico; le vittorie contro i Turchi sarebbe ro state più rapidamente decisive, e nessuno avreb be pensato a contender loro i diritti su buona parte dei territori ora in contestazione. La questione alba nese vi sarebbe stata ugualmente, ma con una for ma ben diversa. E il nuovo Stato in ben diverse cir. costanze sarebbe sorto. Veramente indipendente, anzichè posto sotto la tutela, e perchè non dirlo ?sotto la tutela interessata delle Potenze. Sarebbe sta ta la soluzione logica, naturale, che tutti avrebbero dovuto accogliere con simpatia, e che, per quello che

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3
GUÉCHOFF, PRESIDENTE DEI MINISTRI BULGARO. DANEFF, PRESIDENTE DEL SOBRANIE BULGARO.

ci riguarda, avrebbe evitato all'Italia di dover pren dere un atteggiamento, a proposito dello sbocco ser bo nell'Adriatico, che ci ha potuto far credere ci si sia messi completamente a rimorchio dell'Austria, e che non ha trovato tutti consenzienti. Disgraziata mente in Albania sono mancati gli uomini , o l'uomo che avesse l'intuito della situazione, e l'autorità per imporsi.

Anche per noi la questione dello sbocco della Ser bia nell'Adriatico è una questione di un'enorme im portanza. Certo se si guardano le cose pensando a in avvenire immediato non poteva gran che preoc cupare il fatto che il piccolo regno serbo avesse un porto, e sia pure un porto militare, nell'Adriatico meridionale. Ma se si pensa alle trasformazioni che può subire questa parte dell'Europa che è il grande hinterland dell'altra sponda dell'Adriatico, nella grande lotta di razze alla quale abbiamo accennato nel principio di questo scritto; alle sterminate po. polazioni slave, che possono un giorno gravitare su quelle coste dove l'Italianità è aspramente combat tuta, e ahimè, perde terreno, dalle genti slave che s'insediano ogni giorno più a Zara, a Spalato, per non citare che alcuni dei centri nei quali tale lotta si svolge più vivace, la visione di un grande perico lo, sia pure lontano, non può a meno d'impressio nare.

Con la via di Salonicco definitivamente chiusa per iAustria, una nuova situazione va man mano matu rando anche per noi. Ieri, poteva forse giovarci l'af l'acciarsi di genti slave nell'Adriatico per contenere il Pangermanismo del quale l'Austria rimpicciolita - o per lo meno impossibilitata oramai ad ingran dirsi abbiamo tutto l'interesse che altre forze non si affaccino, in quel mare che fu un tempo chiamato il golfo di Venezia, già angusto per due. Oggi noi abbiamo forse tutto l'interesse cosa del resto che ho sempre sostenuto anche nei momenti più difficili

MANTEGAZZA. La guerra balcanica.

Gli
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slavi nell'Adriatico
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per le nostre relazioni col vicino Impero a che questo non s'indebolisca maggiormente, onde non si apra il varco all'invadere delle genti germaniche che potrebbero gravitare sull'Adriatico settentrionale, su quella Trieste che in alcune carte tedesche è già segnata come il porto della Grande Germania nei mari del sud, come Amburgo lo è nel mare del nord, e per frenare la marcia degli Slavi. Due pericoli, nè l'uno nè l'altro immediati, ma dei quali non si può non tener conto. Ed è in fondo ab bastanza strano il constatare, che, sebbene sotto di verse forme, sono i due stessi pericoli che minacciano l'Austria Imperiale, l'Austria degli Asburgo, per cui, a parte la precipitazione, il modo come fu annun ziato, e le circostanze che forse avrebbero dovuto consigliare di soprassedere (tutte cose sulle quali vi è da fare molte riserve) la rinnovazione della Triplice, e quindi della nostra alleanza con l'Austria, è sembrata una cosa logica anche a molti i quali, fi nora, erano stati di quell'alleanza avversari incon ciliabili, ed ha trovato completamente mutato il lin guaggio della stampa austriaca a nostro riguardo.

Con la rinnovazione anticipata dell'alleanza, noi abbiamo reso un grande servigio all'Impero vicino, che da mesi mirava a questo scopo. Il che dimo stra una volta di più come recenti avvenimenti abbia no completamente rovesciata la situazione. Non so, nè tocca a noi il dire, se prima eravamo noi che a vevamo bisogno dell'Austria. Certo, è ora l'Austria che ha bisogno di noi. L'alleanza èstata rinnovata ed alle stesse condizioni come ostentatamente fu detto nei comunicati ufficiosi. Ma sono ben di verse le condizioni nelle quali si trovano ora le due alleate che l'Adriatico divide. Cosicchè la guerra in Libia non ha dato all'Italia soltanto un vasto Impero coloniale sul Mediterraneo, ma, per effetto della guerra Balcanica, che nessuno poteva prevedere, e, meno che mai con l'esito e le conseguenze che ebbe,

114 SITUAZIONE

La politica dell'Italia... e la demografia 115

quando le nostre navi salparono per Tripoli e per Bengasi, una grande posizione nella politica inter nazionale, permettendole di tutelarefortemente i suoi interessi in quell'Adriatico, dove potevano un giorno essere più minacciati.

Adesso sono il tempo... e la demografia che lavore ranno per noi, poichè tutto abbiamo da guadagnare nell'attesa e dalle soluzioni che non compromettono l'avvenire.

Fra venti o trent'anni l'Italia sarà un paese di quaranta milioni...

Sofia, Gennaic 1913. II.

L'ATTEGGIAMENTO

DELLE POTENZE

.

Firmato l'armistizio e mentre dovevano riunirsi a Londra i plenipotenziari per le trattative di pace, ed era nel tempo stesso stabilita, ugualmente a Londra, la Conferenza degli ambasciatori, le Grandi Poten ze hanno in certo qual modo voluto prendere posi zione sia col linguaggio dei giornali ufliciosi, sia coi discorsi dei loro uomini di governo.

Per l'Austria-Ungheria, si erano già avute ripetu te dichiarazioni del conte Berchtold nei suoi di scorsi alle delegazioni e nei comunicati delle Agen zie e della stampa ufliciosa.

Per la Germania parlò il Cancelliere al Reichstag proprio il giorno prima della firma dell'armistizio, facendo brevi dichiarazioni che meravigliarono un po' per la loro brevità, ma nelle quali parve che o gni parola fosse ben pesata.

IL DISCORSO DEL CANCELLIERE TEDESCO.

Il Cancelliere avendo preso la parola appena a perta la seduta, incominciò ricordando brevemente come si arrivò allo scoppio della crisi balcanica, la tente da decenni e che vanamente si era tentato di risolvere per la via pacifica e proseguì:

Dovevamo essere preparati ad una soluzione vio lenta, specialmente quando al principio della scorsa estate ci fu noto che gli Stati balcanici si erano man tenuti in lega. Quando la guerra parve indispensabile, ci adoperammo a localizzarla. Ciò è riuscito finora e posso esprimere la sicura speranza che riesca anche in seguito. (Bravo!).

Gli avvenimenti balcanici non ci toccano immedia tamente e in qualche punto il nostro interesse viene dietro quelli di altre Potenze; tuttavia noi abbiamo diritto, come le altre Potenze, di cooperare alla siste mazione delle cose che seguirà alla guerra, essendo noi direttamente interessati al nuovo ordine economico dei Balcani. Basti ricordare la sicurezza garantita ai creditori dello Stato turco.

Inoltre, nella sistemazione di varie questioni do vremo gettare sulla bilancia la nostra parola a favore dei nostri alleati. (Giustissimo!).

Scambio di vedute conciliative.

I belligeranti non contestano che nella sistemazione definitiva dei futuri confini le Potenze possano e deb bano far valere i propri interessi e che siano chiamate a cooperare a detta sistemazione in base a tali inte ressi. Se esistano o sorgono contrasti fra le singole Grandi Potenze potranno più facilmente ottenere l'a dempimento delle loro domande se le sosterranno in comune. Sta avvenendo a questo proposito un vivo scambio di vedute su cui non posso venire oggi a par ticolari essendo esse in corso. Posso però dire che si nora tale scambio di vedute fu condotto con spirito conciliativo e che ha tutte le probabilità di successo. Naturalmente le Potenze potranno fissare in dettaglio le loro domande solo quando saranno note le stipula zioni che i belligeranti avranno concluso fra di loro.

116 SITUAZIONE RUYESCIATA

A fianco degli alleati! 117

Allora si vedrà fino dove tali stipulazioni invadano le sfere di interessi di altre Potenze. Se ne risultassero e vogliamo sperare di no contrasti, sarà compito delle Potenze particolarmente interessate il far valere le loro domande. Ciò sia detto anche per i nostri al leati. Chè, se nel far valere i loro interessi essi, contro ogni attesa, dovessero venire assaliti da terzi e così minacciati nella loro esistenza, noi, fedeli al nostro dovere di alleati, dovremmo collocarci fermi e decisi al lorofianco (« Bene!» a destra e sui banchi dei nazio nali liberali) e allora combatteremmo a difesa della nostra propria posizione in Europa, a difesa delnostro avvenire, della nostra sicurezza. Sono pienamente con vinto che in tale politica tutto il popolo sarebbe con noi. (Vive approvazioni).

Per una Turchia sana

Il Cancelliere torna poi sugli interessi che la Ger mania deve propugnare nella soluzione di questa crisi, e dice :

La nostra politicada molti anni mantenendo buo ni raporti economici e politici cogli Stati balcanici era rivolta alla conservazione ed al rafforzamento eco nomico della Turchia. Crediamo di avere così reso alla Turchia qualche servizio senza turbare i nostri rap porti con le altre Potenze. A questa politica che, allo scoppio della guerra italo-turca fu qui vivacemente appoggiata, dobbiamo il successo di aver saputo con servare, durante una guerra fra un amico e un alleato lasimpatia di entrambi, e proseguiremo in questa po litica.

Noi speriamo che i nostri amichevoli ed antichi rap porti cogli Stati balcanici prenderanno nuovo slanci in seguito al loro indubbio rinvigorimento. Parallela mente i nostri sforzi saranno anche in avvenire rivolti 2 far sì che la Turchia rimanga, dopo la conclusione Jella pace, un importante fattore politico ed economi co. In questo proposito ci troviamo d'accordo non solo coi nostri alleati, ma anche con le altre Potenze che mirano alla conservazione d'una Turchia economica mente sana. Questo proposito contraddice di per sé all'intenzione che la stampa ha attribuito alle grandi Potenze o ad alcune di esse di volersiimpadronire di territorio turco. Io posso chiamare falsa questa sup nosizione, in base ai colloqui avuti finora fra le Po tenze:L'attivo scambio di vedute continua e quantunque

ROVESCIATA

io non possa dire in quali forme esso continuerà dopo aver dato risultati che fanno sperare una solu zione soddisfacente per tutti.

Nel discorso del Cancelliere fu molto notata l'ac centuazione della fedeltà all'alleanza fino all'inter vento armato quando l'Austria fosse assalita, avver timento che, naturalmente, si sentì diretto alla Rus sia. Fu notata e fece grande impressione anche come sintomo che in quel momento la situazione era ancora tutt'altro che chiara e scevra di pericoli. L'altro punto rilevato fu quello nel quale il Can celliere dichiarò false le voci di mire delle Potenze ad estendere la liquidazione turca al territorio a siatico.

IL COMUNICATO DEL (( FOREIGN OFFICE ) .

Il 5 dicembre sera il « Foreign Office » diramò ai giornali un comunicato ufficioso del quale fu subito rilevata la importanza anche per il fatto - e la cosa e fu molto notata che solo in occasioni di eccezio nale importanza il Foreign Office comunica diretta mente col pubblico senza il tramite dell'Agenzia uf ficiosa.

Finora diceva il comunicato il Ministero degli esteri non ha ricevuto alcuna richiesta per l'uso del l'edificio del Foreign Office per la Conferenza dei pleni potenziari per la pace che incomincierà il 13 corrente. Si prevede però che la richiesta verrà fatta per l'uso di qualche edificio pubblico, richiesta che naturalmente sarà accolta ed è possibile che le riunioni abbiano luogo negli uffici del Ministero delle Indie anzichè in quelli del Ministero degli esteri.

La Serbia ha già nominato i suoi delegati: il presi dente della Scupcina, Nikotic, e il ministro serbo a Parigi, Vosnic. Gli altri finora non sono stati scelti ufficialmente.

La proposta di Sir Edward Grey per la riunione degli ambasciatori delle sei Potenze non ha ricevuto ancora il consenso generale. Contrariamente alla voce diffusa, al Ministero degli esteri inglese non è ancora giunta l'informazione che l'Austria accetti la proposta. Tut

118 SITUAZIONE

tavia si crede che essa acconsentirà e si crede pure che le riunioni probabilmente non avranno luogo in Inghilterra.

E' accertato che l'astensione della Grecia dalla firma dell'armistizio è dovuta anzitutto al fatto che i negoziati di pace abbiano principio, essa desidera completare le sue conquiste di tutte quelle isole dell'Egeo le cui pic cole guarnigioniturche non si sono ancora arrese.La Grecia avanzerà la pretesa del possesso, dopo la guerra, di tutte le isole dell'Egeo orientale o la Turchia si op porrà con eguale ardore a cedere alcuna di tali isole.

La situazione di Creta e anche quella di Samo è di versa. La Turchia potrà obbiettare a qualche modifi cazione del carattere internazionale del governo di Samo, ma è possibile che opponga meno gravi difficoltà a una completa rinuncia a Creta.

L'Italia continua il comunicato si è impegnata naturalmente a restituirele isole che ha occupato, ap pena le truppe turche abbiano interamente lasciato la Libia. La restituzione darà luogo alla firma di una speciale convenzione. Sembra però che l'occupazione delle isole da parte degli italiani causi qualche imba razzo alla politica che la Grecia enuncierà durante i negoziati di pace. Nei circoli diplomatici si ritiene che la Turchia concentri i suoi sforzi e i suoi tentativi per rimanere in possesso delle isole, dicendo che il dominio su di esse è di importanza vitale per lei, perchè sono davanti alle coste dell'Asia Minore o di fronte allo sbocco dei Dardanelli.

Si annuncia ufficialmente che la Serbia non ha in alcun modo ritirato la sua domanda per un porto sul l'Adriatico.

La nervosità che evidentemente si è diffusa a Parigi circa gli effettiche potrebbe avere sull'entente cordiale un possibilemiglioramento delle relazioni tra la Gran Bretagna e la Germania, non è in alcun mod giusti ficabile. Il miglioramento delle relazioni anglo -tedesche non potrebbe in alcunacircostanza avere influenza sulla nostra intesa con la Francia e con la Russia. Il pre sente aggruppamento delle Potenze europee è stato ac cettato dal Governo di Berlino senza alcuna difficoltà.

È però il caso di fare notare che riguardo alla que stione balcanica la Gran Bretagna si è con ogni cura astenuta dal suggerire alcuna azione internazionale sulla base degli aggruppamenti europei.

Il Comunicato del « Foreign Office » 119

LE DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO RUSSO.

Il 18 dicembre, il Kokoltzof faceva alla Duma le seguenti dichiarazioni relative alla difesa nazionale della Russia e agli avvenimenti balcanici:

Conformemente agli ordini del Sovrano, il Governo vi sottoporrà tutti quei provvedimenti che richiedono la vostra considerazione e che sono giustificati dalla necessità di organizzare le nostre forze armate, sicuro di trovare in voi un'assidua collaborazione per l'attua zione di questo compito imperioso.

Le suddette considerazioni sull'importanza della di fesa nazionale e dei mezzi che devono essere posti a disposizione del Governo per assicurarla, m'inducono a toccare con qualche parola un'altra questione che suscita vive preoccupazioni in voi, come in tutta la Russia. Le virtù guerriere che i popoli balcanici hanno dimostrato con rara unanimità non potevano non tro vare la calorosa simpatia in tutti i cuori russi.

Data la sua qualità diGrande Potenza slava orto dossa, che ha fatto sacrifici innumerevoli per proteg gere i propri fratelli di razza e di religione, la Russia non può rimanere indifferente a che questi popoli ot tengano condizioni di esistenza che, trovandosi in rap porto con le geste compiute e coi torrenti di sangue ver sato, assicurino fermamente i loro interessi vitali e lorosviluppo pacifico ed eliminino per l'avvenire le pro babilità dinuove complicazioni, sempre pericolose per la pace europea. Ricordando le migliori tradizioni della no stra storia e d'accordo con l'opinione pubblica netta mente espressa, il Governo imperiale nonpotrebbe certo disconoscere l'importanza primordiale degli interessi del. la Russia. Il Governo constata con soddisfazione di non dover mutare l'attitudine assunta sino, dal principio. Calmo fra l'inquietudine o l'eccitazione, il Governo non ha dato alcun motivo di far sospettare che la Russia sia animata da disegni egoistici o dal desiderio di gonfiare il conflitto.Esso fu sempre guidato dall'idea di rimanere a guardia dei su i doveri storici e della sua dignità.

Intenti pacifici.

Sarebbe prematuro pel momento parlare del mezzo, mediante il quale sarà risolta l'una o l'altra questione particolare posta dagli avvenimenti balcanici. I prin

120 SITUAZIONE ROVESCIATA

Dichiarazioni del Ministro russo 121

cipii fondamentali dai quali il Governo dovrà essere guidato quando sarà venuto il momento delle decisioni definitive, sono indicati tanto dal nostro passato quan to dalla necessità di metterci in armoniacon le condi zioni della politica attuale. Fedeli alla nostra alleanza e alle intese con le altre grandi Potenze, sicuri dell'ap poggio degli amici e degli alleati non vediamo da parte nostra alcuna utilità nell'opporregruppi diPotenze gli uni agli altri. Tutti i Governi che abbandonassero il terreno della discussione comuneintorno a question fondamentali per la situazione politica attuale, metten lo in evidenza i loro interessi immediati ed a più forte ragione gliinteressi secondari, assumerebbero gravi re sponsabilità morali nella possibilità eventualedi ulte riori complicazioni internazionali. Le grandi Potenze hanno ragioni troppo profonde per cercare di preve nire lo sviluppo futuro di complicazioni tali da minac ciare la pace europea.

Il Governo russo spera che lo sforzo solidale a cui le Potenze si ispirano, le aiuterà a mettersi d'accordo intorno ad una soluzione che concilii i loro interessi con le giuste esigenze degli Stati balcanici.

L'oratore saluta nel modo più sincero le iniziative del Governo britannico, che propose una discussione preventiva in comune delle questioni relative alla liquidazione della guerra nelle quali i loro interessi si trovano in giuoco.

La simpatica accoglienza che tale proposta ha in contrato nelle capitali europee ha continuato Kokov zof e la riunione degli ambasciatori apertasi ora a Londra devono, lo speriamo, facilitare la soluzione pa cifica della crisi attuale. Compreso dal sincero desiderio di cooperare con tutti i mezzi alla conservazione della pace europea, il Governo russo esprime la speranza che con l'aiuto di Dio i nostri sforzi saranno coronati da successo e che gli avvenimenti futuri non lederanny i vitali interessi della Russia, che siamo chiamati a di fendere con tutte le forze in nome dell'onore e della di gnità del nostro paese.

Il discorso del Primo Ministro è durato un'ora. La parte della dichiarazione che si riferisce alla di fesa nazionale e agli avvenimenti balcanici è stata costantemente interrotta da applausi calorosi su qua si tutti i banchi e da grida di: -- Bravo! È giusto.

ROVESCIATA

I Granduchi hanno assistito alla seduta dalla tri buna imperiale.

Finita la dichiarazione, la seduta è stata tolta e la discussione è stata rinviata a giovedì. (Stefani).

Della opportunità di riunire una conferenza di Ambasciatori e della iniziativa che ne avrebbe preso Sir Edward Grey parlarono vagamente i giornali in glesi verso la metà di novembre. La conferma che un passo in questo senso era stato fatto realmente dal Ministro degli Esteri britannico non venne che molto più tardi, quando cioè a Londra si fu sicuri dell'adesione delle Potenze.

Il 30 novembre soltanto il Governo inglese credette di uscire dal suo riserbo col seguente comunicato :

Non esiste una proposta formale inglese per la Con ferenza degli ambasciatori. Il ministro degli Esteri, sir Edward Grey, non fece in proposito che un accenno nelle sue conversazioni con vari ambasciatori. Sopra questa questione sono in corso degli scambi di idee fra le Potenze così della Triplice Intesa che della Triplice Alleanza, Germania, Italia ed Austria-Ungheria, che si sono già pronunziate in merito.

Nulla però era ancora deciso nè sull'epoca, nè sul programma, nè sulla sede del convegno. L'Austria Ungheria che già aveva rifiutato tempo prima la sua adesione alla proposta Poincaré, anche in questa cir costanza, pur aderendo in massima, volle che le fos sero date delle garanzie circa il programma della Conferenza, alla quale - è opportuno notarlo Sir - Edward Grey insistette, tanto nei comunicati uffi ciosi, come poi nel discorso che qui sotto riportiamo, a dare il nome di convegno per non aver troppo l'a ria di essere riuscito a convocarlo mentre il Mini stro degli Esteri era andato incontro ad un comple

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SITUAZIONE

La proposta per la Conferenza 123

to insuccesso. Pare anzi che, per un riguardo all'En tente cordiale, egli avesse proposto come sede Pari gi. Ma l'Austria-Ungheria si sarebbe opposta a cau sa della presenza dell'Ysvolsky a Parigi come amba sciatore russo, che, a torto o a ragione a Vienna si sospettava potesse agire in modo da ottenere la ri vincita dell'insuccesso russo quando egli era mini stro degli esteri nella questione della annessione della Bosnia-Erzegovina. Per la scelta di Londra fu messo on rilievo che, poichè questo mezzo del convegno de gli ambasciatori era stato suggerito per rendere più spedito il lavoro diplomatico, a questa speditezza a vrebbe certamente giovato il fatto che nella stessa ca pitale sarebbero stati contemporaneamente riuniti i plenipotenziari degli Stati belligeranti. Ecco il sunto del discorso pronunciato da Sir Ed ward Grey alla Camera dei Comuni nella seduta del l'11 dicembre, rispondendo ad una interrogazione del leader dell'opposizione Bonar Law :

Legrandi Potenze firmatarie del trattato di Berlin disse il ministro si mantengono naturalmente neutralie sono ora d'accordo perchè i loro rappresen tanti a Londra si radunino insieme per consultarsi in via non ufficiale e senza reciproco impegno. Lo scopo di questa adunanza è di agevolare uno scambio di ve dute, specialmente sui punti che potrebbero più diret tamente influire sugli interessi di una o dell'altra delle Grandi Potenze. Queste conversazioni comince ranno appena tutti gli ambasciatori a Londra avranno ricevuto le istruzioni dei loro rispettivi Governi: si spera la settimana ventura. Gli ambasciatori non si raduneranno in una vera e propria conferenza, e questo proposito è il caso di ricordare che la prima proposta di una conferenza formale venne fatta dal presidente del Consiglio francese Poincaré. Se quindi una conferenza vera e propria risultasse opportuna, si penserebbe, prima che a ogni altra capitale, a Parigi.

In questo momento ha continuato sir E. Grey io non credo di potere convantaggio fare osservazioni sulla situazione europea. Speranze e ansietà si sono avvicendate di giorno in giorno e possono continuare per qualche tempo ancora a tener sospesa l'Europa,

Non è facile quindi dire alcunchè senza correre il ri schio di sollevare un pessimismo inopportuno o di sollevare delle speranze che in seguito potrebbero re stare deluse. Le relazioni fra i Governi delle Potenze sono amichevoli e la situazione diplomatica è favore vole.Se esistonodelle ansietà, esse concernono la pos sibilità che qualche incidente impreveduto e improvviso sopraggiunga a produrre un mutamento sfavorevole nell'atmosfera diplomatica.

Le conversazioni degli ambasciatori saranno, come si è detto, non ufficiali e non implicheranno alcun impe gno reciproco. Ciò naturalmente denota che le Potenze non sono ancora sicure che una soluzione di tutte le difficoltà sia in vista. D'altra parte, il fatto che le Po tenze hanno tuttavia accettatodi riavvicinarsi nella di scussione, può ritenersi come una prova che nessuna di esse crede impossibile una tale soluzione o che un accordo non sia probabile. E quando le conversazioni a Londra saranno incominciate e i rappresentanti delle Potenze potranno discutere intorno alla medesima ta vola tutte le questioni pendenti,le Potenze saranno con questo mezzo in più diretta e intima relazione le une con le altre. Per conseguenza dovrebbe essere minore il pericolo che alcuna di esse si appartasse dalle altre se avessero a sorgere poi difficoltà imprevedute. Spero che queste conversazioni possano incominciare al più presto possibile. Nell'intervallo è bene però astenersi da qualunque altro commento di indole poli tica sulla situazione. In verità il fatto che Londra è il luogo di riunione tanto dei delegati per la pace quanto della Conferenza degli ambasciatori, impone al Governo britannico uno speciale obbligo di mantenere riserbo nei commenti. Noi però desideravamo che la Camera dei Comuni, il cui riserbo durante questo pe riodo di grande interesse e gravità il Governoha piena mente apprezzato, fosse informata il più presto pos sibile.

DICHIARAZIONI DEL MARCH . DI SAN GIULIANO.

Nello stesso giorno in cui il Presidente del Consi glio russo fece le sue dichiarazioni, il Ministro de gli Esteri italiano parlò alla Camera della questione orientale rispondendo alle interpellanze svolte da pa recchi deputati per l'anticipata rinnovazione della Triplice Alleanza, rinnovazione della quale i paesi

124 SITUAZIONE

Dopo il rinnovo della Triplice 125

alleati ebbero notizia per mezzo di contemporanei co municati alle Agenzie telegrafiche ufficiose di Ber lino, di Vienna e di Roma. Il comunicato italiano nel dare la notizia diceva inoltre che il Trattato era stato rinnovato » senza alcuna modificazione », frase che suscitò vivaci polemiche. In ogni modo apparve evi dente che l'anticipato rinnovo avvenne in vista della situazione, per dare maggiore forza, prestigio e uni formità d'azione a questo aggruppamento di Poten ze di fronte alle eventuali complicazioni e quella maggiore vitalità e compattezza alla quale accennò nel suo energico discorso citato più sopra il Cancel liere Tedesco.

La Camera incominciò a dire il marchese di San Giuliano comprenderà le ragioni per le quali io debbo impormi lo stesso riserbo che si sono imposti i ministri delle altre Potenze. Garanzie di Berchtold per Conrad.

Venendo dopo questo al tema dell'interpellanza, il ministro si augura che sia prossimo il giorno in cui il Governo possa documentare alla Camera l'azione sua e giustificare le alte responsabilità che, conscio del pro proprio dovere e pensoso esclusivamente degli interessi del Paese, non esitò ad assumersi. Crede però di dover dichiarare, a proposito della no mina delgenerale Conrad von Hoetzendorf a capodello stato maggiore dell'esercito austro -ungarico (1), che in tale questione il conte Berchtold ha fatto pervenire al Governo italiano, in via spontanea ed amichevole, co municazioni dalle quali risulta chetale nomina non ha relazione con la politica estera della Monarchia (com menti,interruzioni), la cuidirezione è nella competenza esclusiva del ministro degli Affari Esteri (approvazioni, commenti animati). M'ha chiesto, l'on. Barzilai prosegue l'oratore se il Governo ha rinnovato anticipatamente ed inte gralmente la Triplice Alleanza. La risposta sarà breve, (1) Il generale Conrad che aveva dovuto lasciar la carica di Capo di Stato Maggiore per dissidio con il Ministro Aehrenthal del quale pare non approvasse l'atteggiamento verso il nostro Paese diventato assai amiche chevole, era statorichiamato a coprire l'altissima carica. Tale richiamo aveva sollevato commenti vivissimi ed era stato interpretato da alcuni un sintomo che la politica Austro -Ungarica potesse prendere un indirizzo ostile verso di noi. come

ROVESCIATA

: chiara e precisa : Da oltre trent'anni la Triplice è per l'Europa intera una garanzia di pace e per le tre Po tenze che ne fanno parte, una garanzia di sicurezza : nei rapporti tra gli alleati, essa facilita e rafforza la reciproca disposizione a mettere in armonia i rispettivi interessi nei rapporti colle altre Potenze; i suoi fini pacifici e difensivi facilitano le amicizie e gli accordi. Nelle grandi questioni internazionali, essa ha sempre portato il contributo d'una volontà concorde e pacifica, ed ha trovato corrispondenza nelle uguali disposizioni delle altre grandi Potenze, ciò di cui tutti debbono riconoscere i benefici risultati. La sicurezza di pace du revole, per i tre alleati e per l'Europa, derivante in gran parte da questo stato di cose, è stata una delle causeprecipue dei grandi e generali progressi econo mici, i quali, rendendo sempre più intrecciati e solidali gli interessi di tutto il mondo civile, costituiscono un nuovo impedimento allo scoppio di grandiguerre che non siano imposte da suprema necessità divita o di gnità nazionale. La lunga durata della pace europea ha specialmente reso più facile l'opera grandiosa che l'Italia, attraverso grandi difficoltà interne ed estere, ha potuto compiere in questi trent'anni, opera che può forse essere parsa lenta alla nostra impazienza patriot tica, ma che apparirà rapida, feconda e gloriosa al sereno giudizio dei posteri.

In questi30 anni, l'Italia ha sviluppato le fonti prin cipali della ricchezza nazionale ; ha dato solidità ed elasticità al bilancio dello Stato; ha, per mezzo di ri forme liberali, cementato la concordiasociale ; ha raf forzato l'esercito e l'armata ; ha temprato così forte mente l'anima nazionale e l'ha così saldamente unifi cata, da poter affrontare e vincere, superando i più gravi ostacoli, l'arduaprova che le ha dato una Colonia grande più di tre volte la madrepatria ele ha assi curato una posizione di primo ordine nel Mediterraneo ed un più alto prestigio nel mondo. (Approvazioni).

La salda situazione internazionale dell'Italia, di cui è base fondamentale la Triplice Alleanza, era il pre supposto necessario di un'impresa che, per le sue cor relazioni e ripercussioni sui più grandi interessi d' Eu ropa e nostri e sui più gravi problemi del presente pe riodo storico, presentava speciali difficoltà. Tale situa zione è nonmeno necessario presupposto d'una soluzione pacifica della presente crisi balcanica, nella quale l'I talia potrà più facilmente tutelare i propri interessi, poichè ha potuto risolvere e togliere dal terreno inter nazionale la questione di Libia (benissimo) prima che

126 SITUAZIONE

si apra quella del nuovo assetto territoriale balcanico, dell'equilibrio dell'Adriatico e del Mediterraneo orien tale.

L'accordo per l Albania.

La Triplice può dare però, per ognuna delle tre Po tenze che ne fanno parte, tutti isuoi frutti quando sia piena ed intera la reciproca fiducia pel presente e per l'avvenire, quando ognuno degli alleati abbia la con vinzione che potrà avere domani l'appoggio dell'altro incompenso di quello che oggi fa per esso, quando tutti e tre sappiano che si tratta, nondi una combinazione passeggera, ma d'un legame saldo e durevole.

La sicurezza dell'avvenire è un coefficente essenziale della fiducia reciproca, della concordia efficace, dell'in timità cordiale e fattiva. Da queste premesse, confor tate da un'esperienza di 30 anni, risulta un eguale interesse da parte delle tre Potenze a rinnovare la Triplice Alleanza qualche tempo prima della sua sca denza.

Su questa solida base e sulla base degli accordi italo austriaci del 1898 e del 1900, tuttora perfettamente cor rispondenti all'attuale situazione, l' Italia e l'Austria Ungheria, i cui reciproci rapporti sono oggi assai in timi e cordiali e che sono le due Potenze più interessate all'equilibrio e alla libertà dell'Adriatico, hanno potuto concordare le linee fondamentali d'una soluzione del problema albanese, conforme al principio di nazionalità Tapprovazioni), alla parità dellaloro situazione rispetto all'Albania (benissimo) ed al loro eguale interesse che l'Albania, neutralizzata con la garanzia delle grandi Potenze, possa vivere di vita propria, progredire nella via della civiltà e del benessere, costituire un campo egualmente aperto al libero commercio di tutti e al tempo stesso un fattore di equilibrio politico nella pe nisola balcanica e nell'Adriatico (vive approvazioni).

Così come è redatto, il trattato della Triplice Alleanza garantisce tutti i nostri interessi e provvede adeguata mente alla nostra sicurezza (commenti, approvazioni). Non vi era dunque alcuna ragione di modificarlo e nessuno dei tre alleati ha chiesto all'altro alcuna mo dificazione (commenti all'Estrema).

È superfluo ripetere che esso ha fini difensivi e pa cifici, e l'esperienza dimostra che ognuna delle tre Po tenze alleate, per uniformarsi al suo spirito e per il dovere verso gli alleati di fare il possibile di non coin velgerli in complicazioni non necessarie, ha sempre cercato e cercherà di coltivare cordiali rapporti con le grandi Potenze e di eliminare eventuali cause di attrito.

La questione
127
albanese

Con l'Inghilterra e la Francia.

Perciò, nella situazione derivante dagli eventi balca nici, è un coefficiente benefico la nostra cordiale ami cizia con la Russia ; d'altra parte il possesso della Libia, che oggi è territorio italiano, mentre accresce per le tre Potenze il valore dell'alleanza, crea fra le grandi nazioni chiamate a compiere nell'Africa settentrionale un'opera alta e nobiledi civiltà, quel legame di senti mento e di interesse che è conseguenza della loro ele vata missione verso le popolazioni indigene, le quali sono alla loro volta strette anch'esse, da un estremo all'altro di quelle vaste regioni, da molteplici affinità e contatti e spesso si sentono pervase da un fluido co mune di avversione contro ladominazione europea. L'Italia, l'Inghilterra e la Francia tratteranno perciò tutte le questioni inerenti al loro vicinato e alla loro rispettiva situazione in quelle regioni con lo stesso spirito cui si informano i reciproci accordi tuttora vi genti, ai quali restano indelebilmente associati i nomi dei miei benemeriti predecessori Visconti-Venosta ie Prinetti.

Ma l'opera grandiosa di civiltà e di italianità che il nostro paese devecompiere in Libia, non può distrar lo dagli altri grandi interessi che ha in ogni parte del mondo, nè dalla continuazione dell'opera di progress. economicoe civile all'interno, che esso va compiendo con mirabile perseveranza ed efficacia e con così splen dido successo. Per questa via l'Italia procederà calma, serena, forte e fidente verso i luminosi orizzonti del l'avvenire, convinta che la sua crescente prosperità economica e la sua grandezza morale troveranno nel la pace durevole e sicura dell' Europa un valido pre sidio.

L'alleanza tra l'Italia, la Germania e l'Austria, av vivata e fecondata da intimi e fiduciosi rapporti fra gli alleati, deve restare il cardine fondamentale della nostra politica estera, la quale, per la continuità, coe renza e fermezza deve continuare ad ispirare all'Eu ropa intera quella fiducia e considerazione che è sem pre dovuta alla lealtà e serietà dei propositi e che l'Ita lia ha la coscienza e l'orgoglio di meritare e posse dere.

128 SITUAZIONÉ
3
PASIC, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DI SERBIA.

nione pubblica francese sembrò temere che in alcune circostanze il Governo britannico, nei suoi rapporti con altre Potenze, seguisse una politica non in perfetta con formità con quella francese. La rettitudine del Governo britannico non ci permette di dividere questa opinione. Sir Edward Grey tenne tuttavia a dichiarare che tali timori non sono affatto fondati.

Il ministro a questo punto ha rifatto la storia degli sforzi della Triplice intesa per arrivare a negoziati pratici tra le Potenze europee. Ciascuno dei tentativi a cui la Francia si è associata non fu fatto senza aver presi accordi con l'Inghilterra e con la Russia.

Il tentativo fatto per mantenere lo statu quo ha aggiunto Poincaré non fu vano, poichè tale inizia tiva della Francia avvicinò tutte le Potenze in uno stesso sentimento pacifico. Nessuno Stato balcanico si ingannò sulla portata della clausola del disinteressa mento ; tutti ne furono riconoscenti ; nessuno pensò che la Francia, l'Inghilterra, la Russia abbandonerebbero i loro interessi balcanici. La Francia non abbandona i suoi interessi, che sono stati enumerati da un discorso alla Commissione degli affari esteri. Noi, non li lasce ranno toccare ! Parlando delle conferenze che si svolgevano a Lon dra, Poincaré disse :

La riunione degli ambasciatori non è nè un con gresso nè una conferenza, ha un carattere ufficioso e preparatorio, ma permette di mantere un contatto più stretto fra le Potenze e di assicurare la rapidità delle comunicazioni. Non è lecito ancora prevedere il risul tato del convegno, ma è lecito pensare fin d'ora che il lavoro degli ambasciatori sarà stato utile alla causa della pace. Ho il diritto di dire oggi alla Camera che fin dall'inizio di novembre il Governo francese era stato informato ufficialmente che il Governo austro-ungarico non aveva alcuna mira territoriale. Il Gabinetto di Vienna aggiungeva allora che i desiderii espressi da noi intorno a certe questioni che si connettevano coi muta menti preveduti non erano tali da compromettere in qualsiasi modo la indipendenza politica ed economica degliStati balcanici e particolarmente della Serbia. Tali dichiarazioni daranno all'Europa maggior forza quando dovrà intervenire nella sistemazionedefinitiva che auguriamo prossima. Le Potenze presero pertanto

130 SITUAZIONE

Dichiarazioni di Poincaré 131

la deliberazione di non far prevalere i loro punti di vista particolari.

Poincaré ha lodato la felice iniziativa dell'Inghilter ra relativa alla conferenza degli ambasciatori, augu rando che questa giunga presto ad una soluzione, as sicurando il contatto fra le Potenze; ed ha così con tinuato :

- Gli ambasciatori, a quanto sembra, sono già riusciti fin d'ora a eliminare una delle principali cause di di scordia europea. Essi hanno raccomandato ai loro Go verni il principio di un'Albania autonomae la conces sione d'un accesso commerciale sull'Adriatico alla Ser bia. Tutti i Governi sono disposti ad accettare questi due punti e credo di poter affermare che la Serbia si associerà alle loro intenzioni.

L'Albania autonoma sarà controllata da tutte le Po tenze, compresa la Francia.

È stabilito anche che il porto libero ottenuto dalla Serbia sarà veramente libero e neutro e congiunto alla Serbia da una ferrovia internazionale sotto il controllo europeo con libero transito per tutte le mercanzie serbe, comprese le munizioni di guerra. La Serbia godrà inol tre la franchigia doganale.

Nel dare gliultimitocchi a questa combinazione, noi cercheremo di renderla il più possibile favorevole alla Serbia assicurandole le garanzie indispensabili perchè essa abbia a vivere e respirare.

Giungeranno a buon termine i negoziati di pace? È troppo presto per dirlo : è questo il segreto di domani. Ma se, per disgrazia, avvenisse una rottura, il compito dell' Europa non sarebbe finito. Essa non potrebbe certamente rimanere indifferente di fronte ad una ri presa delle ostilità che rischierebbe, questa volta forse con maggiore probabilità di provocare una conflagra zione generale. L' Europa tornerebbe senza dubbio alla sua prima idea di una mobilizzazione. Ma quanto sono sincere in noi le intenzioni pacifiche di cui abbiamo data prova rinnovata dopo l'inizio della crisi, altret tanto ferma è la nostra determinazione di difendere senza debolezza i nostri interessi e i nostri diritti, di mantenere le tradizioni francesi in Oriente e di salva guardare sopratutto quella cosa intangibile e sacra che si chiama l'onore nazionale.

I. SALONICCO E ADRIANOPOLI. SE LA GUERRA CONTINUASSE.

Lo czar dei bulgari. Il governo dei democratici. Dopo la nostra pace. Il governo pacifista dichiara la guerra. Discorrendo col presidente del Consiglio. I nazionalisti. L'occupazione mista di Salonicco. Re Ferdinando a Salonicco. due Re. Coi cappotti turchi. Risparmio di vite. A Ciatalgia. Un programma diverso.

II. A SOFIA.

Il regime dei passaporti. A Semlino. L'Espress-Orient soppresso. L'aspetto della città. La passione dei bulgari per la politica. Una sola dimostrazione. Gli schizzi del barone Acton. Non manca il denaro. - I turchi della Bulgaria e la guerra. I contadini. Soldati sperduti. Tra padre e figlio. La gente in lutto. Un sogno realizzato.

III. GIORNI D'ANSIA.

Un allaché militare in prigione. Il corrispondente del Times e il suo cavallo bianco. Aspettando... l'imprevisto e la sorpresa. Gli scherzi della gotta, Re Ferdinando e l'on, di San Giuliano, La cartolina di Von der Goltz. La storia dei francobolli. Il gran porto di Cavalla. La Nizza bulgara. La mano piccola ma la Bulgaria grande!

I.

SALONICCO E ADRIANOPOLI. SE LA GUERRA CONTINUASSE.

Tutta l'Europa è oramai d'accordo nel riconoscere la straordinaria abilità diplomatica dello Czar dei Bulgari. Ma quello che in Europa si conosce relati vamente assai meno è un'altra grande abilità sua; quella di aver saputo servirsi dei partiti e degli uo mini politici, qualche volta anche sapendoli a tempo e luogo esautorare, non solo per considerazioni di politica interna, ma per preparare ed agevolare la realizzazione di quel programma che attraverso mil le difficoltà d'ogni genere doveva condurre la Bul garia a quello che è ora.

Quattro anni fa, allorchè il Principato proclamò la sua indipendenza, ed il Sovrano, fino allora capo di uno Stato vassallo, cinse una corona reale, era stato da poco tempo chiamato al potere il partito de mocratico col Malinoff presidente del Consiglio. Si noti bene che allora il partito democratico avanzato era rappresentanto alla Camera in tutto e per tutto da due deputati. Non importa. Era venuto il momen to, secondo il Principe, di dar loro in mano il Go verno. Aveva il presentimento che gravi avvenimenti stavano per maturare, e che era più opportuno a vere i democratici al potere anzichè in piazza a fare

L'ARMISTIZIO

delle dimostrazioni? Sarebbe difficile il provarlo. Ma il fatto è che le circostanze o l'abilità o l'una e le altre riunite hanno fatto sì che, proprio il partito il quale avrebbe voluto veder diminuite le preroga tive del Sovrano, è stato quello che dopo aver pro clamato l'indipendenza e dato al Sovrano il titolo di Re, ne ha aumentato il prestigio e le prerogative. Così come ora sono cose che accadono! è toccato al partito più pacifista ed agli uomini che si erano sempre opposti ad una politica bellicosa, di proclamare la guerra contro la Turchia. -- E proprio toccato a me, all'uomo politico della Bulgaria così spesso canzonato per il suo pacifismo mi diceva per l'appunto qualche giorno fa il Ghe scioff, presidente del Consiglio --- di assumere la ter ribile responsabilità della guerra! Ma, oramai mi aggiungeva non vi era più altra via d'uscita. E ravamo stati messi con le spalle al muro. Non si poteva fare diversamente.Incidentalmente, poichè mi vien fatto di alludere ad una conversazione avuta appena arrivato a Sòfia col Presidente del Consiglio, debbo dire che non vi è stato e non vi è ombra di risentimento come in Italia si era potuto credere da principio per il fatto che la pace di Losanna è stata conclusa, men . tre gli Stati balcanici avevano gettato il guanto di sfida alla Turchia.

non

A tutta prima mi diceva il Ghescioff si può negare che vi sia stato un momento di décép tion. Maè stato breve. Nessuno ci pensa più. Nella conversazione avuta su questo argomento il Primo Ministro bulgaro ha mostrato di rendersi per fettamente conto che nella situazione internazionale, che si era andata formando, l'Italia non poteva agire diversamente.

Quell'impressione mi diceva il Ghescioff, con , parole che interpretano il sentimento unanime del suo paese è stata di brevissima durata. Nessuno

136 DURANTE

ci pensa più ora, e nell'Italia noi vediamo soltanto il paese che, rompendo primo con la Turchia, ha permesso a noi di fare quanto abbiamo fatto e di diventare quello che siamo.

Chiusa questa parentesi relativa alle nostre rela zione con la Bulgaria, e per ritornare al Ghescioff al suo partito, dirò che è forse un bene siano al po tere in questo momento, perchè si può essere sicuri che porteranno un grande spirito di moderazione anche nelle trattative per la pace, e poscia per la di visione delle spoglie, ben inteso fin dove è possibile senza offendere il sentimento e la dignità del paese. Moderazione che ha sempre informato l'atteggiamen to del Ghescioff capo dei nazionalisti (i nazionalisti in Bulgaria sono gli avversari di quelli che da noi , all'epoca della nostra guerra con l'Abissinia, furono chiamati i guerrafondai).

Si tratta di sapere fin dove l'opinione pubblica e il sentimento del paese possono cedere e su quali pun ti, invece, sono assolutamente intransigenti. Basta conoscere un po' la politica bulgara per sapere, sen za alcun bisogno di fare un'inchiesta qui sul posto, che le questioni sulle quali l'opinione pubblica è una nime nel ritenere che la Bulgaria non possa transi gere, sono quelle di Salonicco e di Adrianopoli.

Per quello che riguarda Salonicco è sintomatica la comunicazione fatta alla stampa europea del rap porto del generale bulgaro che avrebbe dovuto oc cuparla con le sue truppe, se i turchi non avessero trattato prima la resa coi greci. Per adesso continua l'occupazione mista di bulgari e greci, che ha già dato luogo a parecchi incidenti spiacevoli. Ma la pa rola d'ordine è di parlarne il meno possibile, spe cialmente mentre pendono le trattative per la pace fra il Blocco balcanico e la Turchia. È una questione .che si risolverá dopo fra la Bulgaria e la Grecia. Si spera qui di trovare la Grecia disposta a cedere sulla questione di Salonicco, specialmente se, otte

Conversando
137
con Ghescioff

nendo nel trattato di pace tutte o quasi le isole del l'Egeo, la Grecia potrà avere con queste un forte aumento di territorio e di popolazione. A che e a chi gioverebbe ora il dare grande importanza ed in grandire gli incidenti che giornalmente avvengono a Salonicco fra soldati greci e bulgari, e fra le au torità dei rispettivi paesi? La manifestazione pub blica di uno screzio, che per ora è latente, farebbe il giuoco della Turchia. La parola d'ordine, come dicevo, è dunque quella di non sollevare per ora la questione: - di non parlarne. Solamente quando a Sofia han veduto moltiplicarsi gli atti coi quali la Grecia intende affermare e con solidare la presa di possesso della città con l'orga nizzazione dei servizi pubblici e con la presenza dei Sovrani e dei Principi, che vi si sono insediati da qualche settimana, fu decisa la visita dello Czar. Non è più sembrato bastasse la sola presenza del prin cipe ereditario Boris. D'altra parte, volendo Re Fer dinando rientrare a Sofia e non potendo passare dal la stazione di Adrianopoli, bisognava per forza pas sasse per la linea del litorale Egeo, ed allora nulla di più naturale di una sua fermata a Salonicco. Sen za contare che, come generalissimo degli eserciti al leati, era del pari naturale che Re Ferdinando si re casse a vedere le truppe di occupazione di quella città.

Fra il Re di Grecia e il Re di Bulgaria, durante la permanenza di quest'ultimo, vi è stato continuo scambio di cortesie, ricevimenti, inviti a pranzo, ecc.

E ci si domandava, qui, l'altro giorno, di che cosa debbono aver parlato a pranzo ed a colazione i due Sovrani, visto che i primi a rispettare la parola d'or dine di non parlare per ora della questione scottante del possesso di Salonicco, debbono essere stati i due Re. Perchè in quei giorni più che mai, la situazione è stata curiosissima. Mentre nella casa ove risiede

138 DURANTE

Re Giorgio, si susseguivano le deputazioni greche che andavano a presentargli i loro omaggi come al nuovo Sovrano, le deputazioni bulgare andavano in vece ad acclamare Ferdinando di Coburgo sotto le finestre del Consolato bulgaro ove era sceso, come al nuovo signore di Salonicco.

L'altra questione sulla quale opinione pubblica e Governo sono ancor più intransigenti, se è possibile, è quella di Adrianopoli. E per varie ragioni. Prima di tutto perchè come si dice qui oramai, anche se lo si volesse, non si può più tornare indietro. La Bulgaria si è messa d'accordo con la Serbia; non ha contestato ad essa il possesso di Uskub (Shoplie) sulla quale una volta accainpava dei diritti ap punto perchè dopo le prime vittorie addivenne a que sta rinuncia, in vista dei compensi dalla parte della Tracia.

Non so quali siano le istruzioni date ai delegati che trattano a Londra. Ma nessuno mette in dubbio che fra le prime vi sia quella di non transigere su Adrianopoli. Tutti indistintamente sono d'accordo nel ritenere che la guerra riprenderebbe, ove i tur chi non si decidessero a tale sacrificio. E, ad ogni buon fine, i preparativi per la possibile ripresa delle ostilità continuano con la stessa febbrile attività, co me nei primi giorni della guerra. Anche stamane, per la più corta, ho veduto sfilare nelle vie di Sofia parecchie centinaia di nuovi soldati mandati ad in grossare le file dell'esercito a Ciatalgia. Dei giovani, che paiono ancora ragazzi, di 16, 17 anni, insieme a uomini più che maturi, con tanto di barba grigia o bianca addirittura... vestiti alla meglio, con qual che distintivo soltanto, perchè oramai non ci sono più uniformi. Ed hanno perduto questo carattere an che gli abiti di molti soldati di prima linea dopo due mesi di combattimento e di marcie faticose. A Ciatalgia mi raccontava il Ghenadieff, il ca po del partito stambulovista che è stato fino a ieri

La
questione di Adrianopoli 139

aggregato al comando di una delle armate vi sono due o tre reggimenti nostri vestiti... con dei cappotti turchi , che sono stati trovati a Kirk-Kilisse, e che ai nostri soldati non parve vero di indossare invece dei loro, fatti a brandelli. Se non avessero il berretto, si potrebbero prendere per reggimenti turchi.

Non solo i bulgari sono decisi assolutamente a ri prendere la guerra se la Turchia non volesse cedere Adrianopoli, ma, si direbbe già fino da ora stabilita la loro linea di condotta, nel caso di una tale ri presa. Aspettare cioè la caduta di Adrianopoli, e poi concentrare un fortissimo esercito a Ciatalgia... a spettando che la Turchia si decida a chiedere la pa ce, che allora dovrebbe subire a condizioni ancora più dure.

Sulla resistenza di Adrianopoli vi è stato, fino dal principio della guerra, un errore di apprezzamento dovuto ad informazioni errate. Le notizie pervenute al Governo, e che aveva ragione di credere esatte, facevano ritenere la città assediata avesse viveri sol tanto per due o tre settimane. Allora prevalse, a quanto pare, l'avviso del Governo di far cadere la piazza per fame, contro quello del mondo militare che avrebbe desiderato una azione immediata ed e nergica. Perchè rischiare una ecatombe di uomini in ripetuti assalti, quando la piazza dovrà cadere ugual. mente fra pochi giorni? Le informazioni erano tanto errate, che, ancor adesso, Adrianopoli avrebbe viveri per altre due o tre settimane, un mese e mezzo. Ri prendendosi dunque la guerra, la si farebbe con il criterio di massimadi risparmiare il più che possibile la vita dei soldati, quando, in altro modo, e sopra tutto col tempo si può arrivare allo stesso risultato. Aspettando cioè lacaduta di Adrianopoli, che i bul gari considerano già come in mano loro dal momento che è completamente isolata, e non vi è la più lon tana possibilità che riceva aiuti.

A Ciatalgia seguirebbero la stessa linea di con

140 DURANTE
L ARMISTIZIO

Le forze turche 141

dotta. Se ivi le posizioni dei turchi sono forti, sono fortissime quelle dei bulgari, e tali, da non permet tere agli avanzi degli eserciti ottomani concentrati in quel punto per la difesa della Capitale, di passare dalla difensiva all'offensiva. Che, all'ultimo, i turchi a Ciatalgia, per coprire la capitale si siano ripresi, opponendo una seria resi stenza, non è dubbio. Però mi pare vi sia una grande tendenza ad esagerare nella stampa europea, sulla potenzialità di questo esercito improvvisato allame glio, e il cui effettivo non può essere così forte come si dice, e non pare possa oltrepassare i 250 mila uomini e, ancora, come massimo difficilmente raggiungibile. Del che è facile rendersi conto consi derando la cifra che rappresenta la popolazione dei l'Impero, e il precedente della guerra del 1878. Anche allora, mobilizzando successivamente tutte le forze delle quali poteva disporre la Turchia, non potè mettere insieme più di 500 o 600.000 uomini. Per farne passare nelle file degli altri, degli uomini ve ne erano ancora. Ma non si improvvisano degli eser citi quando non vi sono i quadri. Da tale punto di vista la Turchia è nelle stesse condizioni. Con que sto di più in suo svantaggio : che, naturalmente, non può più pensare a levar soldati nelle provincie che, fino a ieri, facevano parte della Turchia d'Europa, e che, quanto all'Asia Minore, le riserve di uomini sono oramai quasi esaurite, e vi sono provincie già completamente sottratte all'autorità ottomana. Per tali considerazioni i bulgari, pur desiderando la pace e continuando a sostenere ammirevolmente sacrifici enormi , considerano con grande calma la situazione e seguono ugualmente con calma lo svol gersi delle trattative di Londra. Se i turchi, fedeli al loro sistema, cercano di prolungarle, può cadere da un momento all'altro Adrianopoli e, in tal caso, diventeranno per forza più remissivi e più concilian ti. Se, rifiutando assolutamenle di cedere Adriano

L'ARMISTIZIO

poli, si riprende la guerra, dopo la caduta di questa piazza, potremo essi dicono portare insieme agli alleati un esercito formidabile a Ciatalgia, ed aspettare anche là. Perchè sacrificare inutilmente tante vite in nuove battaglie, quando si può ottene re lo stesso risultato col tempo ? Per quanto i disagi di una nuova campagna dopo parecchi mesi di guer ra, e le malattie, possano far cadere altre vittime, il loro numero sarà sempre infinitamente minore, di quelle che si avrebbero col cozzo di due formidabili eserciti. Per cui è generale convinzione che ripren dendosi la guerra essa avrebbe ora un carattere tutto diverso, visto che i bulgari sanno benissimo che an che se espugnassero Costantinopoli non la potreb bero tenere, e che non credono ora di dover fare, a meno che costretti, altri sacrifici di uomini, poichè per le condizioni nelle quali si trova la Turchia, que sta sarà la prima a stancarsi.

Sono forse, del resto, precisamente queste consi derazioni, poichè di tale situazione si devono pure rendere conto a Costantinopoli, che decideranno la Turchia a cedere....

A parte tutte le altre considerazioni, questo nuovo programma della Bulgaria risponde anche ad un al tro concetto. La Bulgaria non vuole sciupare inutil mente degli uomini, ma vuol rimanere lo Stato militarmente più forte della penisola, per tutte le possibili eventualità ....

22 Dicembre.

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II.

A SÒFIA.

La guerra si è svolta , e può continuare ancora al di là del Danubio ; ma, partendo dall'Italia, e attra versando alcune provincie meridionali dell'Impero Austro-Ungarico per raggiungere Belgrado, si ha assolutamente l'impressione che lo stato di guerra incominci molto prima : anche al di qua del Danu bio. (1) In tutte le stazioni vi è grande movimento di truppe, di richiamati, in viaggio per raggiungere i corpi ai quali sono destinati, e, nei treni, compar timenti pieni di ufficiali. Anche lungo le linee fer roviarie, specialmente quando ci si avvicina a Bel grado, sono scaglionate delle truppe, e le sentinelle con la baionetta inastata collocate qua e là, special mente ai ponti, ai passaggi a livello, che si mettono sull'attenti. Quando sentono il fischio della vapo riera han l'aria di rendere gli onori al treno che sfila ....

Anche il regime dei passaporti è più severo che d'abitudine. Le autorità di polizia non vi dànno noia quando varcate i confini del territorio dell'Im pero, per entrarvi, ma vogliono sapere chi siete, chi non siete e che cosa fate, quando ne uscite: quando, a Semlino, volete risalire sul treno che, attraversando il ponte deve depositarvi a Belgrado, vogliono sapere sopratutto che cosa fate!...

Professione ? vi domanda con insistenza il delegato di pubblica sicurezza.

Sul mio passaporto, tanto per far mettere qualche cosa, ho fatto scrivere : possidente. Cosa vuol dire possidente ? mi domanda con una cert'aria di diffidenza il delegato.

(1) Vedi cap. precedente,

Avvicinandoci
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a Belgrado

Cerco di spiegargli. Si persuade. E, cortesemente, dallo sportello del suo bureau, mi saluta e mi resti tuisce il mio passaporto.

Pochi minuti dopo debbo di nuovo tirar fuori il documento alla stazione di Belgrado. Ma, lì, l'im piegato di polizia mi rivolge la parola in francese. Mi domanda egli pure la professione. Poi dà una guardata al nome, e mi restituisce il passaporto sorridendo e dicendomi: -- Non importa, non importa : siete conosciuto, e non ci riguarda se siete possidente o no.... Mi fa un saluto molto gentile, e dà ordine che non mi aprano il bagaglio. Purtroppo, adesso il viaggio da Belgrado fino a Sofia, se, per un verso, può essere interessante, dall'altro non è dei più piacevoli. È soppresso, fino a nuovo avviso, non solo l'Express-Orient, ma anche quel cosidetto treno convenzionale, col quale, par tendo da Belgrado, verso le undici di sera, si arriva l'indomani a mezzogiorno nella capitale bulgara. Ora invece si impiegano ventiquattro ore giuste giuste.... quando non si hanno delle sorprese poco gradite, come quella di rimanere un paio d'ore o tre fermi in qualche minuscola stazione, per aspet tare un reparto di truppe, del materiale da guerra, o un treno ospedale.

Durante l'armistizio, per l'osservatore superficia le, Sofia ha quasi ripreso il suo consueto aspetto ; sopratutto per chi vi arriva per la prima volta. A chi conosce invece la città, abituato a vedere per le strade molto numerosi gli ufficiali, fa subito una certa impressione la quasi completa assenza di uni formi. Ma le strade sono, specie in certe ore del giorno, assai popolate, i caffè come al solito affollati, e affollati di gente immersa nella lettura dei giornali, o che discorre della guerra, o ascolta la lettura del l'ultimo bollettino dell'Agenzia telegrafica bulgara fatta da qualcuno ad alta voce. Quanto ai giornali

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leggono queili esteri, poichè, di bulgari, ne escono - per mancanza di personale, tutto quanto alla guer ra soltanto due o tre, e ancora a mezzi fogli... Con tutto ciò, siccome nei bulgari della Capitale, come in tutti i paesi giovani del resto, è vivissima la passione della politica, anche quella lettura, quel le discussioni nei caffè non hanno nulla di anormale. Anche nei periodi normali, se vi è qualche discus sione interessante al Sobranie, o qualche avveni mento importante all'estero, i caffè e i luoghi di Sofia presentano lo stesso aspetto. Ho veduto lo stesso ambiente, le stesse scene durate per mesi e mesi all'epoca della guerra Russo-Giapponese. I bulgari si appassionano, commentano e discutono vivamente : ma non fanno dimostrazioni. O, per lo meno, non ne abusano certo. Durante tutta la guer ra, si è avuto a Sòfia una sola grande aimostrazione: quella per la presa di Kir Kilisse. Una volta, non era così. Ed io rammento invece l'epoca, nella quale, molti anni or sono, dopo la rivoluzione che deter minò l'abdicazione del Principe Alessandro di Bat temberg, le dimostrazioni , pro e contro la Russia, erano quotidiane, e ogni momento erano convocati. i comizi popolari che finivano quasi sempre per provocare disordini. Comizi ai quali adesso sem bra di raccontare delle favole prendevano parte dei generali russi in uniforme, predicando la rivolta contro il governo.... Come tutto questo è oramai lontano ! Tanto lontano anche per me, che scrivendo da Sòfia su queste colonne (1) penso, che, proprio, qui da Sòfia ho scritto per la prima volta sull'lllu strazione Italiana un articolo illustrato da alcuni schizzi dell Acton allora Vice Console a Sòfia, gettato giù, mentre dalla tribuna diplomatica assistevamo, Tìrnovo, alla seduta del Sobranie, nel quale fu eletto principe Vlademaro di Danimarca, cui non sorrise l'idea di diventare il Sovrano del piccolo

(1) Illustrazione Italiana.

MANTEGAZZA. La guerra balcanica, 10

Tempi lontani... 145

L'ARMISTI IO

Stato vassallo creato dal Congresso di Berlino. Ma chi poteva allora pensare che il Principe del piccolo Stato tributario sarebbe diventato lo Czar dei Bul. gari e che i suoi eserciti vittoriosi sarebbero arrivati fino alle porte di Costantinopoli ?.... Tra quegli schizzi del simpatico barone Acton, ora da parecchi anni Console generale ad Alessan dria, poi a Smirne, poi a Trieste, caratteristici quan to mai erano quelli di alcuni deputati turchi. Gli ho riveduti, tal quale, anche questa volta al Sobra nie a Sofia adesso sono dodici ascoltare con olimpica indifferenza i discorsi dei loro colleghi sulla guerra, inneggianti alle vittorie contro la Turchia, e al proseguimento della guerra, se la Tur chia non accoglie le proposte bulgare per la pace, mentre il Teodoroff, ministro delle finanze, che è la figura preponderante nel gabinetto Guechoff, dava alla Camera il lieto annunzio che il denaro per con tinuarla vi è, e che la questione finanziaria non preoccupa menomamente il Governo. Non sono stato attento ; guardavo altrove in quel momento, e non ho veduto se anche i turchi hanno unito il loro ap plauso a quello unanime della Camera. È probabile abbiano mantenuto un certo riserbo.... Ma ciò non impedisce che votino, come tutti gli altri, le spese per la guerra. Poichè il deputato turco è eminen temente ministeriale. È ministeriale con tutti i mi nisteri. La loro mentalità è fatta così, e tale permane anche in uno Stato libero, dove nulla hanno assolu tamente da temere se manifestassero apertamente le loro opinioni.

Se le popolazioni musulmane del giovane Regno, non fossero sparse, certamente il numero dei loro deputati sarebbe maggiore. Sono dodici soltanto per 400 mila sudditi, perchè, solo nei paesi esclusi vamente musulmani, possono eleggere un musul mano. Col sistema della leva senza esenzioni per nes

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sun titolo, rappresenterebbero parecchie migliaia di soldati. È poco meno del doppio della popolazione del Montenegro. Ma la Bulgaria, ha stimato pru dente di rinunziarvi, pensando che potrebbero rap presentare un pericolo. Ma solo in parte vi ha rinun ziato. Non volendo farne dei soldati, li adopera e credo sieno volontari per le colonne di riforni mento. Nelle interminabili file di carri tirati da buoi, che seguono gli eserciti bulgari, e provvedono ai molteplici servizi, sono numerosi i musulmani bulgari, antichi sudditi del Sultano, che hanno fatto perfettamente il loro dovere, non dando luogo al più piccolo inconveniente. Sono rimasti musul mani; ma è evidente che a continuo contatto con un'altra razza, con un paese che si sviluppa, provan do i beneficii delle libere istituzioni, sia pure lenta mente, la loro mentalità è destinata a trasformarsi. È molto probabile, per esempio, che questi musul mani bulgari, trovandosi nello stesso caso, non fa rebbero quello che in un paese han fatto dei soldati turchi, di non curarsi cioè di una forte quantità di grano, perchè non han saputo trovare il mezzo per fare del pane. Cosa che, invece, han fatto subito ibul gari appena arrivati, aggiustando alla meglio unmo lino, i forni; tutto quanto, insomma, era necessario.

È strano come il contadino bulgaro, diventato soldato, diventi, come dicono i francesi, débrouil lard. Il turco, invece, anche valorosissimo, è un au toma se rimane solo, isolato, e non ha più chi lo conduca e lo spinga.

Graziosissimo il piccolo episodio del soldato bul garo che si incontra con un soldato turco, l'uno e l'altro sperduti, dopo la battaglia di Lule Burgas. Il soldato turco aveva il fucile, il bulgaro invece, che pare fosse addetto a qualche servizio speciale, era disarmato. Appena quest'ultimo scorge il soldato turco gli grida: arrenditi. E l'altro posa il fucile. Il bulgaro prende subito il fucile.... e lo conduce con sè

1 turchi
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sotto la Bulgaria

L'ARMISTIZIO

come prigioniero, lin che trova un reparto di truppa bulgara al quale lo consegna, ed al quale egli si ag grega. -Pare proprio- mi diceva un uomo politico che ha seguito l'esercito durante tutta la campagna la guerra abbia il potere di trasformare d un tratto questi contadini nostri che paiono così rozzi e di aguzzarne l'intelligenza. E che spirito di previdenza! Mi ha fatto tanto ridere la scenetta che mi ha raccontato un ufficiale, di un soldato che minacciava un rivenditore perchè diceva di non potergli vendere del tabacco non avendone più. Il soldato era furioso pareva all'idea di non poter fumare. Tanto che l'ufficiale intervenne, e offrì lui al soldato un pacchet to di sigarette.

Non si preoccupi, tenente, per me. Se vuole posso dargliene io del tabacco.... E allora perchè fai tutto quel chiasso ? - In guerra risponde prontamente il soldatobisogna pensare sempre al domani.... E che prove meravigliose di coraggio e di abne gazione hanno dato questi contadini, diventati sol dati valorosi, di fronte al pericolo, ai disagi, alle malattie ! Quanti sono i morti ? Nessuno sa con precisione quale sia la vera fra le cifre che si dicono, e che accennano a più di cinquantamila. Nessuno sa la cifra, e moltissimi ignorano ancora se i loro cari sieno vivi. Le famiglie non sono informate direttamente, nè vengono pub blicati elenchi ufficiali. Cosichè, spesso, sulla stessa persona arrivano, dove sono attese con ansia, le notizie più contradditorie. Delle famiglie hanno avu tu la certezza che i loro cari erano vivi e sani, dopo averli pianti per due o tre settimane. Ed, al contra rio, altre han saputo della morte di un figlio, di un marito, d'un tratto, mentre avevano la convinzione e la certezza che nulla era loro accaduto.

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..)Dopo Lule Burgas, si sono incontrati in un con centramento di truppe padre e figlio: il padre nei bollettini aveva veduto fra i morti il nome del figlio; il figlio aveva avuto notizia della morte del padre. So no stati lì, in presenza della truppa, a guardarsi in faccia l'uno coll'altro, come trasognati, non riuscen do a parlare dalla commozione. Poi il padre, che era a cavallo, è sceso, e, sempre senza profferire parola, si sono gettati nelle braccia l'uno dell'altro, e sono ri masti così, per parecchi minuti, fino a che i reparti di truppa ai quali appartenevano rispettivamente, ob bedendo al segnale, hanno dovuto marciare per vie diverse.... Allora soltanto si sono scambiati, con un nuovo abbraccio, e rapidamente, qualche parola.... Anche a Sò ia, si vede una quantità di persone in lutto.... Sono pieni i caffè, dove si legge e si discute ; ma è chiuso quel café-chantant che, senza essere gran cosa, in epoca normale, è, alla sera, il ritrovo per molta gente : sono chiusi i teatri, e non si parla di feste, di ricevimenti, nè per ora, nè per quest'in verno. Anche il Corpo Diplomatico per un devoroso riguardo ha completamente sospeso perfino i piccoli ricevimenti.... D'altra parte, parecchie delle signore che vi appartengono, hanno prestato o prestano l'o pera loro per soccorrere i feriti, come la gentile contessa Bosdari, moglie del nostro ministro, della quale tutti rimpiangono la prossima partenza (1). La rimpiangeranno i feriti, gli ammalati, ai quali dal principio della guerra ella porta il conforto della in telligente opera sua e della sua parola confortatrice, e la rimpiangerà la società di Sofia, per la sua cle ganza, lo spirito e per il simpatico ambiente che dap pertutto sa creare intorno a sè, sia che faccia il suo dovere scrupolosamente come infermiera all'ospe dale, o la dama gentile ed intelligente nelle sale della Legazione. E poi chi può dire ancora, quanto, pur facendosi

(1) Il Conte Bosdari è stato trasferito ad Atene.

Fra padre e figlio 119

L'ARMISTIZIO

la pace, durerà questo stato di tensione e di preoc cupazione, visto le grandi questioni, che vi saranno ancora da risolvere anche a pace compiuta ? Preoc cupazioni, non solo per ciò che riguarda la politica estera e le relazioni con gli altri Stati Balcanici, ma anche, per dare un assetto, per avviare verso una organizzazione civile, quella Macedonia che final mente diventerà bulgara, dopo tanti anni di lotte, d'insurrezioni e di martirio per quelle disgraziate popolazioni. La Bulgaria realizza ora la sua grande aspirazione, simboleggiata da quel ritratto in co stume macedone del suo Re, diffuso nelle cartoline, nelle illustrazioni dei giornali, nelle cromolitografie appese alle pareti delle modeste abitazioni dei con ladini, specialmente dopo la proclamazione dell'indi. pendenza di quattro anni fa. Parecchi anni or sono, per l'appunto, in un periodo di gravi rivolte in Ma cedonia, nello stesso costume macedone si fecero fare il ritratto insieme i due principi, allora ragazzi. Ma nessuno, nè quattro anni fa, nè quando i giovani principi posavano in quel costume dinanzi all'ob biettivo, poteva pensare che il sogno si sarebbe rea lizzato così presto ! Un sogno realizzato, per il quale la Bulgaria vedrà aumentato forse, poco meno che del doppio, il suo territorio e avrà dei magnifici porti nell'Egeo.

La Bulgaria che aveva già la sua Svizzera, a torto così poco conosciuta, nella regione intorno a Tir novo, l'antica sua capitale sulle rive della Jantra, avrà adesso anche la sua Riviera. A poca distanza di Dede Agach v'è un lungo tratto di costa, ricco di oliveti, dove fioriscono gli aranci, dove ilclima dolce e mite nulla ha da invidiare a quello della riviera nostra....

A Sòfia i discorsi sulla guerra si alternano a quelli nei quali si discute intorno all'avvenire della nuova: della Grande Bulgaria..... Come questi bulgari ri sorti hanno avuto fede nel valore del loro esercito,

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nell'abilità del loro sovrano, l'hanno ora nell'attività, nella energia della quale si sentono capaci per ritor nare all'antico splendore la patria loro. Paese, che avrà, come tutti ne hanno a questo mondo, i suoi difetti, ma del quale è assolutamente meravigliosa la tenacia, la costanza e la fede negli alti destinidella patria. Non parlano, non dimostrano, non gridano: ma agiscono. Non sono inebriati dalla vittoria e dal successo. Abbiamo ancora molto da fare, sogliono dire. Quello che accade ora, non é che una nuova tappa, nella via che dobbiamo percorrere.... Sofia, Gennaio

IIS.

GIORNI DI ANSIA

Se si passano giornate di ansia in Europa, non è forse difficile immaginare come si viva qui, in questa continua ridda di notizie, che per un paio di setti mane, hanno fatto credere alternativamente alla pace ed alla ripresa della guerra. Giorni sono, quando i bollettini telegrafici ci han recato la notizia che Kiamil pascià aveva accettato in massima i consigli delle Potenze, chi avrebbe potuto dubitare della pace? V'è stato in tutti come un grande sentimento di sollievo. Quattrocentomila uomini su una popola zione di quattro milioni, vuol dire che non vi è fa miglia, la quale non abbia due o tre, magari più persone che vi appartengono, al campo. Se in una guerra, l'Italia avesse la stessa proporzione d'uomini sotto le armi, disporrebbe di un esercito di quasi tre milioni e mezzo di soldati. Siamo andati a letto con la certezza della pace. Gli attachés militari che sono qui per la guerra - parlo di quelli che essendo o no accreditatia Sòfia, non hanno però qui la loro residenza fissa, sono rientrati al loro domicilio

Illusione di pace 151

disponendosi a fare le valigie. All'indomani mattina altro che fare le valigie ! han subito pensato al loro equipaggiamento nel caso quasi certo della ripresa delle ostilità. E, da qualche giorno, ne abbia mo veduto ritornare parecchi che già avevano lascia to la Bulgaria. Fra gli altri l'americano, il solo che, anticipando gli avvenimenti, gira già per le strade in uniforme.... Questa volta, dicevano questi attachés militari, an dremo però al campo, solamente se ci permetteranno di vedere qualche cosa. Altrimenti non ci muovere mo da Sòfia. - Io capisco perfettamente mi diceva uno di questi addetti - che non vogliano far vedere il loro - esercito specialmente a qualcuno di essi (alludendo evidentemente a quelli di paesi che la Bulgaria non considera amici) e che, non potendo fare parzialità, sieno cstretti a non far veder nulla. Posso anzi con venire che, al loro posto, farei lo stesso. Solamente aggiungeva non mi pare chiedere molto do mandando ci dicano francamente un sì od un no . E secondo la risposta andremo o non andremo. Avrebbero voluto, insomma, sapere ben chiaro co me sarebbero stati trattati. Tanto più che, qualche duno fra essi, oltre a non aver visto nulla ha corso anche qualche brutto rischio. Quello tedesco che, a vendo oltrepassato le linee senza avvertire, è stato trattato duramente dai soldati, se l'è ancora cavata a buon mercato. Un altro, quello bavarese, ha pas sato un ben brutto quarto d'ora, e poco mancò che, considerato come una spia, non venisse fucilato sen za tanti complimenti. Se l'è cavata con una gior nata di prigione, perchè provvidenzialmente v'è sta to un uffiziale che ha chiesto istruzioni al Comando. È vero anche, che non era in una posizione perfetta mente regolare. Aveva avuto il permesso di seguire con gli altri. Ma non era un addetto militare formal mente accreditato. Ed ebbe il torto d'allontanarsi,

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L'ARMISTIZIO

Sotto la Legazione d'Italia 153

mentre, data questa sua posizione diversa, più che mai avrebbe dovuto essere cauto, e non trasgradire le tassative disposizioni del Comando.

Con tali precedenti, è naturale che, disponendosi ad andare al campo, gli addetti militari volessero, come suol dirsi, patti chiari. Quando è venuta, come diceva quello stesso attaché, una deliberazinoe dello Stato maggiore, a semplificare le cose, vietando cioè agli addetti e ai corrispondenti di seguire l'esercito al campo! Mentre gli attachés domandavano di po ter andare... dove era stato concesso di andare a qualche giornalista!

A qualche giornalista soltanto. Perchè, come è noto, qualche parzialità vi è stata, a favore di alcuni corrispondenti inglesi e francesi. È un po' quello che succede sempre. Vi fu un momento nel quale per l'Inghilterra vi furono parecchie manifestazioni di simpatia, per il suo atteggiamento favorevole ver so i popoli balcanici. Quando, dopo la presa di Kir Kilisse, una grande dimostrazione percorse le vie della città, furono vivissime le acclamazioni sotto le finestre della Legazione di Sua Maestà il Re Giorgio. Viceversa, quando passò sotto le finestre delle Lega zioni d'Italia e d'Austria, quelli che guidavano la di mostrazione gridarono di star zitti, e in quel punto la dimostrazione passò senza emettere grida. Adesso ho già avuto occasione di dirlo quel risentimento del primo momento, dopo la conclusio ne della pace di Losanna, è completamente scom parso, poichè tutti sanno qui con quanta simpatia si sieno seguite in Italia le marcie vittoriose degli eser citi alleati.

Quel giorno fu fatta, sotto le finestre del Grand Hôtel Bulgaria, di dove scrivo, una grande dimostra zione anche ad un giornalista: il famoso Baucher, il corrispondente balcanico del Times che, da tanti anni, risiede a Sòfia. Il Times, malgrado il muta mento di proprietà e le sue trasformazioni per le

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quali non ha forse più l'importanza che aveva una volta, ha però conservato la tradizione di quei suoi corrispondenti all'estero, che costituiscono un po' il suo Corpo diplomatico, il quale spesso collabora ed aiuta efficacemente la politica fatta da rappresen tanti ufficiali del Regno Unito. Il signor Baucher, malgrado la disgrazia d'essere diventato parecchio sordo, il che, qualche volta, lo mette in posizione imbarazzante nell'adempimento del suo ufficio, è o ramai considerato come uno di casa: un bulgaro onorario. Gli uomini politici non hanno segreti per lui ed ha risoluto il grande problema di essere amico di tutti. È da circa vent'anni, salvo errore, una delle figure più caratteristiche. Tutta Sòfia conosce lui e il suo famoso cavallo bianco sul quale lo si vede girare in certe circostanze. Non so se sia vero ma è creduto da molti, il che da un certo punto di vista fa lo stesso che « il vecchio Baucher »), CO u me si dice, assistesse addirittura al Consiglio dei Mi nistri nel quale fu dichiarata la guerra. Forse, ne aspettava semplicemente l'esito nella sala vicina. Ma, non è perqueto meno significante il fatto che, es sendosi detto che invece assisteva al Consiglio, nes suno abbia trovato a che ridire. È una forma di gior. nalismo speciale quella che fanno, da un pezzo, questi corrispondenti del gran giornale della City, e si spiega che, non solo a Sofia, ma in parecchi al tri posti abbiano saputo formarsi una grande posi zione ed abbiano, per conseguenza, in certe cir costanze un trattamento speciale. Contro il quale, naturalmente, protestano gli al tri... e oggi più che mai, mentre, denunziato l'armi. stizio, si sta per riprendere la guerra. Vi è sempre la speranza che l'imprevisto, qualche nuova sorpresa a Costantinopoli - l'imprevisto e la sorpresa sono i due grandi coefficienti della politica orientale venga a metter fine a una campagna, che in questa sua seconda fase sarà durissima. Ma,

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intanto, il paese si prepara, e si è preparato febbril. mente, in queste settimane d'inazione.

Pur troppo la temperatura, che era stata finora r- lativamente mite, va facendosi ogni giorno più ri gida. Qui a Sofia siamo da parecchi giorni sotto lt neve e con un freddo discretamente pungente. Si vedono già qua e là preparativi di partenza di molte persone che, durantela sospensione delle operazioni , erano qui in congedo. Assai probabilmente, parten do pure Sua Maestà per il campo, verrà fra qualche giorno ammainata la bandiera che sventola sul Pa lazzo Reale indicando che Egli è a Sòria, e, dove, da qualche finestra si vede quasi ogni sera la luce, fino alle due, alle tre dopo mezzanotte. Sono le finestre delle stanze, nelle quali i segretari del Sovrano, spes so alla sua presenza, lavorano e decifrano lunghi dispacci. Il Re, come tutti sanno, è un lavoratore in stancabile. Anche in tempi normali, vuol essere in formato di tutto, vuole vedere tutto personalmente. Figurarsi ora! E fortunatamente lo lasciano tran quillo i dolori della gotta, che qualche volta lo fanno parecchio soffrire e lo obbligano a camminare ap poggiandosi al bastone. Pare che la gotta, sulla qua le Sua Maestà, quando non ha le preoccupazioni che ora lo assorbono, scherza volontieri, abbia degli strani e inesplicabili capricci. Mentre vi era da le mere che, al campo, con gli strapazzi e l'umidità i dolori rincrudissero, è stato benissimo. Su per giù è accaduto lo stesso al marchese di San Giuliano, il veterano della gotta, come egli stesso ha detto una volta. Quando fu nominato ambasciatore a Londra, si disse, e deve avere egli pure pensato, che con quel clima si preparava delle brutte giornate. Invece non è mai stato così bene come nella capitale inglese. E i dolori rincrudirono quando lasciò le nebbie lon dinesi.

Questa volta, andando al campo, il Re potrà filare dritto fin dove sarà stabilito il quartier generale, sen

A
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za fermarsi a Mustapha pascià, l'antica stazione di confine dove la prima volta è sceso, e facendo il pri mo passo, ha messo il piede su un vecchio fucile preso ad un soldato ottomano. Veramente l'uso e la tradizione bulgara vorrebbero che il Sovrano calpe stasse a quel modo una bandiera nemica. In man canza di una bandiera presa al nemico o preparata, si è ricorso al fucile. Quel passo è l'emblema, la con sacrazione della presa di possesso del territorio con quistato. Dalla fotografia che riproduce la scena, si è ricavata una cartolina commemorativa che ha avuto una larghissima diffusione. È interessantissima l'i conografia della guerra nelle cartoline, con le quali i bulgari hanno fatto anche, se si può dire così, della polemica e della ironia contro il loro avversario e contro, per esempio quel famoso maresciallo von der Goltz che aveva proclamato invincibili i turchi suoi allievi. Ha avuto una gran voga e conti nuaancora ad essere mandata ai quattro angoli del mondo, la cartolina che rappresenta il maresciallo tedesco, col fez in capo, con la fortezza di Kir-Kilisse della quale egli scrisse essere necessarii tre mesi di sforzi per prenderla, e, ben inteso, soltanto da soldati tedeschi.... In altre è raffigurato Maometto V, al quale ogni alleato amputa un braccio, una gam ba, e su gli arti superiori e inferiori è scritto il nome di una provincia o di una regione della ex Turchia Europea. Ne han fatto tutta una serie che rappre senta dirò così anatomicamente le fasi della guerra e delle conquiste degli Stati Balcanici. Anche il francobollo avviso ai collezionisti! ha servito e servirà ad illustrare questo periodo della storia bulgara ... appena il Ministro delle po ste avrà il tempo di occuparsi di queste cose. La Grande Bulgaria, che ora sta costituendosi, è stata vaticinata, dal punto di vista filatelico, da un fran cobollo nel quale il ritratto del Re è riprodotto nel l'antico costume bizantino degli Czar bulgari, quan do il sovrano di una Bulgaria che comprendeva qua

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si tutta la Penisola Balcanica, risiedeva a Preslava, l'antichissima capitale della quale si trovano ancora le rovine nelle vicinanze di Schiumla e nella quale gli Czar bulgari d'allora vivevano circondati da tutto il fasto e la pompa bizantina, come gl'imperatori di Costantinopoli, in una città dalle grandi chiese sor montate dalle cupole d'oro. Il secondogenito di Re Ferdinando porta per l'appunto il titolo di Principe di Preslava, come il primogenito, Boris, è Principe di Tìrnovo: dell'altra capitale storica della Bulgaria, in uno dei periodi del suo maggiore splendore. Adesso comunque possano svolgersi gli avve nimenti, l'esito non è dubbio -- la Bulgaria ingran dita arriverà nuovamente, dopo tanti secoli, all'Egeo, e se non avrà Salonicco, farà di Cavalla, l'antica città, dove il grande acquedotto che ancora serve la città, e si chiama l'acquedotto genovese, ricorda il dominio della Superba su quelle coste, farà, dico, il gran porto porto commerciale e porto militare - del nuovo regno. È facile prevedere fino da ora lo sviluppo rapido che attende quelle coste e quel porto, che, anche ora, sotto la Turchia, era il grande emporio del tabacco di gran parte della Macedonia. Da una parte la Bulgaria avrà ivi il gran porto mi litare e commerciale dal quale partiranno le navi da guerra con la nuova bandierache sventolerà nel Me diterraneo : più in là ad occidente, verso Dede Agach, come ho già accennato in altra mia, in una zona nella quale crescono gli aranci e le palme, avrà la sua riviera. Ed è già allo studio la ferrovia che in sette ore di treno diretto condurrà un giorno una parte della società elegante di Sòfia, nei comodi scom partimenti dei wagons lits, a passare qualche setti mana dell'inverno su quelle rive dell'Egeo e nella Nizza bulgara che sorgerà.

Fa una grande impressione sentire con quanta si curezza questi bulgari parlano dell'avvenire della patria loro, quanta fede hanno nei suoi alti destini! Come tutti, tanto nelle classi intellettuali fino al

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L'ARMISTIZIO

più umile contadino, considerino la guerra attuale, i sacrifici che han sostenuto e sosterranno ancora, come un dovere al quale nessuno può sottrarsi!

Mi avveniva giorni sono di discorrere con alcune signore - signore bulgare e forestiere -- che hanno curato i feriti, e che hanno avuto occasione di con statare e di apprezzare questo sentimento unanime. Nessuno, anche fra coloro che erano più gravemen te feriti, che più hanno sofferto, ha mai avuto una parola di lamento. E sono state invece infinite le. prove non solo di eroismo vero sul campo di bat taglia, ma di forza d'animo, dopo, date da questi oscuri contadini diventati soldati.

Nell'ospedale dove ella prestava servizio mi rac contava la signora Bonnat moglie del colonnello che qui rappresenta il Creuzot dopo gli ultimi prestiti fornitore di armi alla Bulgaria - le toccò di curare un povero soldato, al quale più di metà di una mano era stata portata via. Finita l'operazione alla quale dovette procedere il chirurgo, il soldato, guardandosi la mano della quale non rimaneva che la metà, sor ridendo melanconicamente disse : Povera mano, come resta piccola.

Ma, prontamente, quasi pentito di quella osser vazione che poteva essere creduta un rimpianto, u na debolezza d'animo, si riprese ed esclamò : Non importa. La Bulgaria diventa grande. E quante riflessioni può suggerire pensava fra me e me stringendo la mano al simpatico colonnello Bonnat questo strano contrasto per cui il marito procura ad uno Stato le armi che debbono uccidere o ferire non importa se in un campo o nell'altro e la moglie presta pietosamente l'opera sua per soccorrere ed aiutare i feriti! Ed entrambi compiono il proprio dovere. Il primo consacrando la sua atti vità per lo sviluppo industriale, per l'espansione del l'influenza della patria sua: l'altra esercitando la più nobile delle missioni!

Sofia, Gennaio Febbraio.

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NOTE E DOCCMENTI.

LE TRATTATIVE DI LONDRA. LA ROTTURA.

La Conferenza per la pace tenne la sua prima se duta, a Londra, il giorno di lunedì 16 dicembre, nel palazzo di San Giacomo, sotto la presidenza di sir Edward Grey che diede con un breve discorso il benvenuto ai delegati degli Stati balcanici e della Turchia.

Le varie delegazioni sono cosi formate:

Bulgaria. -- Daneff, presidente del Sobranie; generale Paprikoff ; signor Mandjarof ; generale Ficcheff, capo di stato Maggiore; colonnello Iostoff.

Serbia. - Signori Novakovich, Nicolitici, Vesnich, mi. , nistro di Serbia a Parigi, generale Boyovich, tenente co.onnello Pavlovich e il segretario della missione, si gnor Stefanovich.

Grecia. Venizelos, presidente del Consiglio, signor Scoloudis,Politis, Genadius, i capitaniMetaxa e Eta uantylos, il generale Danglis e il signor Streit.

Montenegro Miouskovitch, ex presidente del Con siglio, il conte Luigi Voinovich, Yovan Popovich. Turchia. Rechid pascià, Salih pascià, Osman Ni zamipascià; Ali Riza bey colonnello diStato maggiore, Rechid Pafet ; segretario della missione Diran bey No radounghian.

In questa prima riunione si stabilì che « ogni se duta sarebbe stata presieduta alternativamente dai capi delle Delegazioni per ordine alfabetico ). La seconda riunione che ebbe luogo il 17 fu quindi pre sieduta dal Daneff e si procedette alla verifica dei poteri. La Delegazione Ottomana fece subito osser vare che era autorizzata a trattare soltanto coi tre Stati che avevano firmato l'armistizio, cioè la Bul

Le trattative di
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Londra

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garia, la Serbia ed il Montenegro, e, in seguito alla osservazione dei Delegati balcanici che non si pote vano iniziare i negoziati senza la partecipazione dei rappresentanti della Grecia, dichiarò chein tali con dizioni doveva domandare delle istruzioni supple mentari al suo Governo. La Conferenza rinviò allora i suoi lavori al 19 per permettere ai delegati otto mani di ricevere i nuovi poteri, ma il 19, la delega zione turca nulla avendo ancora ricevuto, fu stabi lito un nuovo rinvio di 48 ore. Sabato 21 dicembre, i Delegati ottomani dichiararono infine che il loro Governo li autorizzava a negoziare coi rappresen tanti della Grecia, senza insistere sulla condizione pregiudiziale che la Grecia dovesse firmare l'armi stizio, ma che metteva come condizione per tale au torizzazione che fosse permesso alla Turchia il rifor nimento di Adrianopoli. Avendo i Delegati balcanici rifiutato di ammettere questa nuova pretesa, la De legazione turca domandò nuovamente di riferire al suo Governo e di comune accordo il seguito della discussione fu rinviato al 23 dicembre. La seduta del 23 dicembre fu, in realtà, la prima seduta vera mente importante. Aperta la seduta, i Delegati otto mani dichiararono che il loro Governo non insisteva per il rifornimento di Adrianopoli e che per conse guenza domandavano di conoscere le condizioni di pace degli Stati balcanici. Allora il Novakovich, capo della Missione serba, che in quel giorno presiedeva la seduta si alzò e ascoltato nel più profondo ed im pressionante silenzio diè lettura del seguente docu mento :

I Governi degli alleati domandano:

1.° La cessione di tutti i territorii ad Ovest di una linea che parta da un punto posto ad Est di Rodosto sul Mar di Marmara fino a un punto della baia di Meladra sul Mar Nero, esclusa la penisola di Gallipoli. L'Albania è compresa in questa delimitazione, mala questione della Albania è riservata alla decisione delle Grandi Potenze.

2. La cessione delle isole dell'Egeo. 3.

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ULTIME RISERVE BULGARE CHE PARTONO PEL CAMPO .
IL COMANDANTE BULGARO DETTA ORDINI PER IL BOMBARDAMENTO DI ADRIANOPOLI.

1 Deiegati ottomani si riserbarono di far conoscere la loro risposta alla prossima seduta fissata al 28 dicembre, per rispettare le feste del Natale. Nella seduta del28 compiute le formalità prelimi nari Rechid pascià si alzò e disse: Signori. Noi avevamo preso impegno nell'ultima riunione di farvi conoscere oggi le controproposte della Porta a quelle che ci avevate dati incarico di presentare a Costantinopoli. Ho l'onore di compiere questo obbligo. E diede lettura delle controproposte raggruppate in cinque paragrafi secondo il testo se guente :

1.° Per quelocheconcernelaprovincia diAdrianopoli, il verno ottomano non può ammettere la possibilita ui alcun mutamento territoriale o amministrativo. Esso vuole il mantenimento pure e semplice dello statu quo.

2.° If Governo ottomano consente ad accordare alla Macedonia larghissime riforme. La Macedonia, com presa la città di Salonicco, sara costituita in principato autonomo sotto la sovranità del Sultano e sotto il con trollo diretto diun Principe cristiano scelto fra le fa iniglie regnantidiuno Statoneutro e possibilmente pro testante.Il Principe sarà designato dagli alleati e ap provato dalla Porta.

3.° L'Albania otterrà egualmente l'autonomia sotto la sovranità turca. Essa sarà posta sotto il controllo di un Principe della famiglia imperiale ottomana scelto per cinque anni con possibilità di proroga.

4.° Quanto alleisole del Mar Egeo, esse fanno parte dell'Anatolia e non si può quindi prendere in esame nemmeno per un istante la loro cessione.

5.° Essendo l'isola di Creta posta sotto il controllo e la garanzia delle Grandi Potenze, non tocca agli alleati di deliberare sulla sua sorte. E' una questione da risol vere fra la Turchia e l' Europa.

I Delegati balcanici dichiararono immediatamente che consideravano assolutamente inaccettabili questo controproposte e che non si potevano nemmeno di scutere. Poscia la Conferenza stabilì di tenere se dutail30 onde permettere alla Delegazione ottomana di fare nuove proposte. Il 30, la seduta non potè a

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controproposte turche

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ver luogo perchè i delegati ottomani non riuscirono a decifrare i telegrammi con i quali da Costantinopoli si davano loro nuove istruzioni.

La Porta propone la mediazione delle Potenze.

Il primo gennaio Rechid pascià fece alla Confe ranza la seguente dichiarazione :

I telegrammi che mi sono pervenuti da Costanti nopoli dopo lunedì, mi permettono di completare le dichiarazioni falte durante l'ultima seduta.

La Sublime Porta è d'opinione di rimettersi al l'avviso delle Grandi Potenze per regolare le cose di carattere generale : Albania, Creta, Macedonia. La questione di Adrianopoli e quella delle Isole dell'E geo sarebbero escluse. Ecco dunque il progetto del mio Governo :

Le Potenze Europee essendo evidentemente ansiose di vedere procedere i negoziati e diveder concluso al più presto un trattato di pace, lasublime Porta ha dato ai suoi delegati istruzioni tali da eviare le lunghe di scussioni, e che permetteranno senza dubbio di arrivare a una soluzione soddisfacente.

1º Tutti i territorii occupati ad Ovest del vilayet di Adrianopoli saranno ceduti, ma la determinazione dele frontiere e lo Statuto dell'Albania che sarà autonoma dovranno essere sottoposte alle decisioni delle Grandi Potenze.

2° 1 vilayet di Adrianopoli resterà possesso diretto dell'Impero Ottomano, e la Turchia e la Bugaria ne gozieranno per quelle rettifiche di frontiera che repu leranno necessarie.

3º La Turchia non può cedere alcune delle isole del. l'Egeo, ma discuterà con le Grandi Potenze tutte le questioni che le riguardano.

4º La Turchia è disposta ad accettare le decisioni che le Potenze protettrici prenderanno per ciò che riguarda Creta.

5° Queste proposte formano un tutto indivisibi'e.

A questa comunicazione i Delegati Balcanici hanno risposto con la seguente dichiarazione scritta :

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nuove proposte turche

1 °Gli alleati prendono atto della cessione dei territorii all'Ovest del vilayet di Adrianopoli, con la condizione espressa che questacessione si applica non solo ai ter ritorii occupati dagli alleati, ma anche ai territorii che non lo sono ancora completamente.

Per ciò cheriguarda l'Albania gli alleati mantengono le loro precedenti proposte.

2° La proposta turcarelativa al vilayet di Adrianopoli non è accettabile perchè implica des årramgements dis tructe, e, inoltre non accorda i territorii domandati.

3° Le proposte ottomane relative ale isole dell'Egeo e a Creta sono ugualmente inaccettabili. Gli alleati mantengono le loro precedenti proposte riguardo alla cessione delle isole e all'abbandono di tutti i diritti della Turchia su Creta.

Sul primo punto i Delegati ottomani dichiararono non avere difficoltà di sostituire nelle proposte tur che la parola situatialla parola occupatirelativamen te ai territorii ad ovest di Adrianopoli. Ma per tutto il resto la Delegazione ottomana mantenne assoluta mente il testo delle sue controproposte e la Confe renza fu rinviata al 3 gennaio. Nella seduta del 3 gennaio Rechid pascià diè lettura di nuove proposte della Porta, delle quali ecco il testo :

1° I delegati degli Stati alleati avendoci invitati a in dicare loro una linea di frontiera per servire di base ai negoziati in corso, noi abbiamo l'onore di proporre per il « vilayet » di Adrianopoli la rettifica seguente, che costituisce una nuova cessione terrioriale. Questa linea di frontiera partirà dall'antica frontiera al 'Arda, continuerà a seguire il corso di questo fiume fino ad Ada, situato al punto di confluenza con il Sögüdlü-Sciai; di là, lasciando a est Gümürdgina, la linea di frontiera arriverà fino a un punto del lago Buru -Göl seguendo un tracciatodi cui potranno discutersi i particolari da delegati militari.

Per quel che concerne l'isola di Creta :

2° Il Governo imperiale rinuncerà difronte alle grandi Potenze ai suoi diritti su quell'isola il cui statuto e il cui regime futuro saranno subordinati alle decisioni delle medesime grandi Potenze, a condizione però che non sia richiesta da cessione di alcuna altra isola.

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Dopo la sospensione della seduta per dar tempo agli Alleati di redigere la loro risposta, questi la pre sentarono scritta nel seguente testo, che ebbe, come si vede, tutto il carattere di un ultimatum:

I delegati degli Stati alleati constatano con rincresci. mento che i delegati ottomani non tengono conto dei ri sultati della guerra. Essi sarebbero perciò autorizzati a troncarei negoziati; tuttavia , perdare una nuova prova del loro spirito di conciliazione, essi chiedono ai delegati ttomani di far loro nella seduta di lunedì 6 gennaio alle 16 una proposta che contenga:

1) la rinuncia della Sublime Porta ai suoi diritti sul l'isola di Creta;

2) la cessionedelle isole del Mar Egeo;

3) quanto al « vilayet» di Adrianopoli, la delimita zione di una frontiera che lasci agli alleati la città di Adrianopoli. In mancanza di ciò i negoziati saranno considerati come finiti.

Rescid pascià chiese allora si fissasse la data della prossima seduta per l'indomani sabato 4 gen naio e non a lunedì. I delegati balcanici aderirono : tuttavia gli Ambasciatori preoccupati dal fatto che ciò voleva dire la immediata rottura delle trattative, fecero dei passi presso le due parti per ottenere che la prossima seduta avesse luogo il 6. Si trattava di guadagnar tempo. In quei due giorni fu attivissimo lo scambio di telegrammi dei Governi delle Grandi Po tenze con Costantinopoli, per persuadere la Sublime Porta a cedere.

I delegati balcanici intanto fecero pubblicare dalla Reuter il seguente comunicato : Quali possono essere le proposte che la Turchia farà lunedì, se esse non consentono tutte le domande con tenute nel loro « ultimatum » , gli Alleati romperanno subito ogni negoziato. Poi, quattro giorni dopo, a co minciare dalle19 di lunedì, secondo le condizioni del l'armistizio, le ostilità ricomincieranno su tutta la linea. Oualunque proposta che la Turchia potesse fare di rivolgersi alle Potenze è cosa riguardante la Turchia soltanto e con la quale nulla hanno a che vedere gli Alleati. Tutto ciò che gli Alleati attendono e che insi steranno per ottenere dalla Turchia è la risposta con un sì, ovvero con un no, alle condizioni da essi formulate.

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Turchi non cedono su Adrianopoli

L'ultima seduta - La Conferenza sospesa...

Il 6, appena aperta la seduta, sotto la presidenza del delegato serbo, il capo della Delegazione ottoma na Rechid pascià diede lettura del seguente docu mento :

« Nella nota che ci hanno rimesso durante la prece. dente seduta, i signori delegati degli Stati Alleati hanno espressa l'opinione che noi non avevamo tenuto conto della guerra. Dobbiamo far osservare che abbiamo con sentito importanti concessioni territoriali; che, salvo due punti, abbiamo accettate tutte le domande degli Stati Alleati. Domandandoci di sostituire nelle proposte con le quali cedevamo il territorio occupato all'ovest dello stesso « vilayet» diAdriapopoli la parola « occu. nati » con quella di « situati», gli Alleati hanno essi stessi riconosciuto che una parte del territorio di cui domandano la cessione non si trova attualmente nelle loro mani. Con largo spirito di conciliazione, abbiamo nura consentito a questa richiesta.

« In cambio di tutte queste concessioni, gli Alleati non ne hanno fatto alcuna. Se noi ricusiamo di cedere Adrianopoli è perchè la cessione di questa città è, fra lo altre ragioni, impossibile dal punto di vista della sicurezza di Costantipopoli e dei Dardanelli.

« Noi dobbiamo inoltre aggiungere che siamo venuti mi con la ferma intenzione di stabilre una pace dura tura in condizioni atte ad assicurare nell'avvenire rela zjoni amichevoli tra la Turchia e gli Stati balcanici e a facilitare gli scambi commerciali in modo profittevole ad entrambele parti. Siamo anche oggi pronti a discu tere su una linea di frontiera tra la Turchia e la Bul garia, ma questa frontiera deve lasciare Adrianopoli in territorio ottomano.

« Per dare una nuova prova del nostro spirito di con ciliazinne, noiconsentiamo a spogliarci dei nostri diritti sull'isola di Creta , a condizione heninteso che non ci sia domandato dagli Stati Alleati l'abbandono di nes. sun'altra delle isole del Mare Egeo.

« Se, malgrado questi enormi sacrifici, gli Alleati re spingendo ogni idea di entrare nellavia delle conces sioni. vogliono romnere i negoziati, tutta la responsabi. lità delle conseguenze di questa rottura riçadrà s di

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loro. Ed in questa eventualità noi dichiariamo nulle e non avvenute le concessioni fatte fino ad oggi » .

Naturalmente i plenipotenziarii degli alleati non provarono nessuna sorpresa nell'udire la risposta turca che conoscevano in precedenza nella sua so. stanza, se non nella forma, che aveva formato og getto dei loro accordi.

Essi chiesero una sospensione della seduta per potersi consultare e compilare la loro risposta ai delegati ottomani. Che fossero già perfettamente in tesi e probabilmente avessero già pronto il docu mento, è dimostrato anche dalla circostanza che, mentre nelle sedute precedenti ogni volta che gli alleati si allontanavano per redigere qualche docu mento la loro assenza si prolungava considerevol mente, oggi tornarono ai loro seggi dopo nemmeno un quarto d'ora.

Quando la seduta fu ripresa Novakovic lesse non senza qualche visibile preoccupazione, specialmente verso la fine, il seguente brevissimo documento :

« Le proposte delle LL. EE, i delegati ottemani non rispondono alle domande formulate dagli alleati nella seduta precedente ed i negoziati sulle nuove proposte non essendo tali da permettere di giungere ad un ac cordo, i delegati balcanici alleati sivedono obbligati a sospendere i lavori della Conferenza » .

Appena Novakovic ebbe pronunziata l'ultima frase si affrettò ad annunziare precipitosamente :

La seduta è tolta. Rescid pascià balzò in piedi come se volesse fer mare la ritirata frettolosa della maggioranza dei de legati avversari.

Questo modo di procedere egli esclamò è assolutamente intollerabile e non si accorda con quello che avevamo ragione di credere dalle previ sioni giustificate. Voi potevate proclamare una rot tura... Io propongo che le sedute continuino.

--- Ciò che abbiamo detto, l'abbiamo fatto di pro

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posito, obbiettò Venizelos. Noi siamo giunti ad un punto oltre il quale non è possibile procedere e non ci dissimuliamo le conseguenze di questo stato di cose. Tornare a riunirsi sarebbe una perdita di tempo almeno fino a che l'ostacolo che ci divide non sia rimosso. Se voi volete ritenere che la nostra a zione equivalga ad una rottura, fatelo pure e trae tene le conseguenze che ritenete più opportune. Così gli alleati abilmente lasciano ai turchi la re sponsabilità di dichiarare scaduto l'armistizio, se proprio fossero intenzionati, come dicono, di ripi gliare la guerra. Rescid pascià ha continuato a polemizzare coi po chi delegati rimasti, ma Venizelos avvicinatosi gli disse : Se Vostra Eccellenza ha alcun che da proporre che possa far procedere fruttuosamente la discus. sione, ce lo dica subito ora in privato. Se si tratta di una proposta abbastanza importante da giustifi care la riapertura delle discussioni, non saremo noi che esiteremo a dichiarare riaperta la seduta. Ma, a nostro avviso, soltanto la piena accettazione, senza riserve di alcuna sorta, delle nostre condizioni pre sentate venerdì scorso, potrebbe indurci a ripren dere la discussione. Ebbene, in questo caso rispose il plenipoten ziario ottomano --- perchè esitate a trarre dai fatti avvenuti la inevitabile conseguenza ? Perchè non am . mettete senz'altro che nelle due alternative : accetta zione delle nostre importanti concessioni o rot tura dei negoziati con conseguente ripresa delle o stilità, avete scelta quest'ultima? Questo sarebbe senza dubbio l'unico risultato di quanto è acca duto! (1). Così la Conferenza fu sospesa fino a nuovo ordine. Toccò allora alle Potenze di entrare in azione. Se (1) Dal resoconto della seduta mandato al Corriere della Sera dal suo corrispondente

L'atteggiamento degli
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Alleati

fosse stata proclamata la rottura dei negoziati, esse avrebbero avuto soltanto quattri giorni di tempo quanti ne dovevano passare prima che spirasse l'ar mistizio secondo le stipulazioni firmate a Ciatalgia per usare la loro influenza presso la Porta perchè si rassegni all'inevitabile. Invece la sospensione pura e semplice della seduta lascið alla diplomazia eu ropea un tempo indefinito per agire sulla Turchia. Lo stratagemma degli alleati nel togliere brusca mente la seduta mirava a tagliar corto agli indugi ed alle tergiversazioni della Turchia. Essi avevano presente il precedente delle trattative con l'Italia du rate tre mesi, e che avrebbero forse ancora conti nuato se la guerra balcanica non fosse scoppiata. 0 gni giorno che passava costava somme enormi agli alleati e anche vittime per l'inclemenza della stagio ne e le malattie. Non hanno voluto assumersi la re sponsabilità di una rottura, ma, nel tempo stesso han voluto spingere le cose in modo da arrivare ad una decisione.

Viceversa, entrate in azione le Potenze, la Turchia incominciò con queste lo stesso giuoco.

L'indomani Sir Edward Grey convocava gli Am basciatori, cercando di fare il possibile perchè la conferenza per la pace potesse riprendere le sue sedute, come apparve evidente dal seguente comu nicato.

« Si annunzia da buona fonte che le Potenze stanno esaminando l'eventualità di un intervento a Costanti nopoli allo scono di indurre la Porta al avvicinarsi alle condizioni di pace proposte dagli alleati. Uno scambio di vedute si è iniziato a questo riguardo e durerà certa mente parecchi giorni durante i quali, a meno che la Turchia n n faccia nuove proposte, giudicate tali da po tera essere discusse. i lavori della conferenza per la pace resteranno sospesi. »

In una nuova riunione degli Ambasciatori al fo reign Office che ebbe luogo il giorno dopo, u dira. mato quest'altro comunicato;

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« Per quel che riguarda la posizione delle Potenze verso i negoziati di pace gli ambasciatori attendono tut tora istruzioni dai loro Governi, in risposta alla lista dei suggerimenti inviati alle varie capitali dopo l'adu nanza di sabato scorso, suggerimenti diretti ad affret tara una soluzione della contesa fra i belligeranti. Si crede che tutti gli ambasciatori siano unanimi nel .con statare la necessità di un'azione comune.

« Perquanto concerneAdrianopoli, sembra sicuro che gli ambasciatori non si oppongano alla cessione di quella importantepiazzaforte alla Bulgaria, e che anzi si propongano di consigliare la Turchia in questo senso » .

Quanto alla questione delle isole, l'accordo fra le Potenze non sembrò così ben delineato come per la cessione di Adrianopoli. Una nota ufficiosa espose in questo modo il punto di vista della Triplice Al leanza :

« In questicircoli diplomatici si assicura che le Po tenze della Triplice Alleanza sosterranno che, oltre le isole pù vicine ai Dardanelli, anche Chio, Mitilene, Cos e Rodi dovrebbero rimanere sotto la sovranità ottomana congaranzie liberali in favore degli abitanti.

« Le ragioni di questa attitudine delle Potenze della Triplice sono molte e gravi. Tra queste ragioni vi è il desiderio di facilitare la pace su'la base della cessione di Adrianopoli alla Bulgaria e il desiderio di consoli dare la Turchia asiatica per evitare o rimandare il più nossibile la grave questione dell'equilibrio del Mediter raneo orientale. Si riconosce generalmente il grande in teresse dell'Italia all'equilibrio del Mediterraneo orien tale e si crede che nella questione delle isole la Triplice Alleanza abbia accettato e sosterrà una proposta ita liana. »

Le trattative fra le Grandi Potenze per esercitare una pressione sulla Turchia durarono quasi due set timane, durante le quali gli Alleati minacciarono più volte di richiamare i loro delegati da Londra e di riprendere la guerra. Gli è che le Grandi Potenze oramai d'accordo nel consigliare alla Porta la ces sione di Adrianopoli, non lo erano ulla questione

La questione delle Isole 169

delle isole. Ma sopratutto non riuscivano, e non riuscirono a mettersi d'accordo sul modo di agire di fronte alla Turchia. Poichè mentre alcune vole vano avere una intonazione energica e minacciosa, lasciando intravedere chiaro, nel caso di rifiuto, l'in. tervento dell'Europa, altre volevano invece conti nuare a menager la Turchia. Stabilito si dovesse presentare a Costantinopoli una nota collettiva, non fu punto facile l'accordo per l'intonazione da dare a tale documento. Il « passo delle Potenze a Costantinopoli », come si disse allora, fu più volte rimandato all'indomani.... perchè all'ultimo momen to l'accordo che pareva raggiunto sfumò, e si pa lesò più che mai, mentre dovevano agire assieme, la disparità di vedute e d'interessi della Grandi Po tenze per la crisi balcanica e per la sua soluzione. Resultato di questi contrasti fu il tono piuttosto discusso del documento. La consegna della nota collettiva alla Sublime Porta ebbe luogo il 17 gennaio alle tre. Gli amba sciatori delle sei Grandi Potenze si recarono in corpo dal Gran Visir e non vi rimasero che pochiminuti. Ecco il testo della nota :

« T sottoscritti, ambasciatori di Austria -Ungheria, di Inghilterra, di Francia, di Russia, di Germania e d'Ita lia.. sono stati incaricati dai loro Governi di fare a S. E. il ministro degli affari esteri di S. M. Imperiale il Sul tano la comunicazione seguente:

« Animate dal desiderio di prevenire la ripresadelle ostilità, le suddette Potenze credono di dover richia. mare l'attenzione del Governo Imperiale Ottomano sulla grave responsabilità che esso assumerebbe se la sua op nosizione ai consigli delle Potenze impedisse il ristabi limento della pace.

« Esso non potrebbe però che prendersela con sè me desimo, se la continuazione della guerra avesse per con Seguenza di rimettere in conflitto la sorte della Capitale A fors'anche di estendere le ostilità alle provincie asia tiche dell'Impero. In questo caso esso non potrebbe più contare sul successo degli sforzi delle Potenze per pre servarlo contro i nericoli ai quali lo hanno sempre dis suaso e lo dissuadono ancora di esporsi.

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il Gran Consiglio dell'impero

« In ogni modo il Governo Imperiale Ottomano avrà bisogno, dopo la conclusione della pace, de l'appoggio morale e materiale delle grandi Potenze europee per riparare aidanni della guerra,per consolidare la situa zione a Costantinopoli eporre in valore i vasti territori asiatici, la cui prosperità costituirà la sua forza mag giora la più efficace. Per intraprendere e condurre a termine questa opera necessaria, il Governo di S. M. Imperiale il Sultano non potrebbe ancora contare sulla efficacia del benevolo appoggio delle Potenze se non in quanto esso avrà acceduto ai loro consigli, ispirati agli interessi generali dell'Europa e della Turchia insieme.

« In tali condizioni, le grandi Potenze europee cre dono di dover rinnovare collettivamente al Governo Im meriale Ottomano il consiglio di consentire alla cessione della città di Adrianopoli agli Stati Balcanici e a defe rire a loro la cura di decidere sulla sorte de le isole del. l'Egeo.

« In cambio di queste concessioni, le Potenze si ado nereranno ad assicurarela salvaguardia dei musulmani a. Adrianopoli e il rispetto delle moschee, aegli edifici A dei benireligiosi esistenti in quella città. a La Potenze farebbero anche in modo che la solu zione che sarebbe data alla questione delle isole dell'Ar cipelago sia tale da escludere qualsiasi minaccia per la sicurezza della Turchia. »

Il Governoottomano aveva finito per persuadersi che oramai la situazione era disperata. Proprio in quei giorni, la flotta turca era stata sconfitta in una importante battaglia navale dalla flotta greca. Il Go verno, non volendo assumersi solo la responsabilità d'accettare le dure condizioni imposte dal vincitore, e, sopratutto, la cessione di Adrianopoli, pensò di convocare il Supremo Gran Consiglio dell'Impero per sottoporgli ogni decisione.

La riunione del Gran consiglio ebbe luogo il 22 gennaioRiproduco il resoconto della seduta dal resoconto mandato al Corriere della Sera dal suo corrispon dente da Costantinopoli:

Alle 13.40 precise il Gran Visir Kiamil pascià è entrato nel sontuoso salone del palazzo imperiale riservato ai

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ricevimenti dei diplomatici dove già si trovavano radu nati i membri del Supremo Consiglio della nazione chiamati a consulto per la salute della patria, ed ha aperta la seduta.

Da tre ore i più autorevoli senatori, generali e digni tari si trovavano al palazzo. Alle undicimenoun quarto era venuto in vettura il principe Vahid-Eddin effendi , fratello del Sultano. Pochiminuti dopo fu vista arrivare un'automobile dove avevano preso posto Jzzet pascia, cano dello stato maggiore, e Hurscid pascia, antico mi. nistro della marina, aiutanti di campo del Sultano, entrambi in alta tenuta di generale.

A breve distanza arrivarono altri tre principi impe riali: Jussuf Izzeddin effendi, .erede del trono, Salah Eddin effendi e Abdul-Megid.

Nella serata di ieri erano stati diramati settantacin que inviti. Quasi tutti risposero con lapropria presen za all'appello. Solo Hakki pascià, già Gran Visir, si è scusato con una lettera di non poter intervenire al Con siglio. Anche l' ex-ministro della guerra Mahmud Scevket pascià non si è presentato.

Queste due notevoli astensioni sono state rilevate e hanno prodotto effetto : Mahmud Scevket pascià era uno dei due Giovani Turchi invitati al Consiglio.

Erano stati esclusi dagli inviti i senatori serbi, bul. gari, cutzo-valacchi, i dignitari de'le chiese cristiane u coloro che momentaneamente non si trovano a Costan tinopoli.

Arrivò fra gli ultimi il príncipe egiziano Said Halun, segretario generale del Comitato « Unione e Progres SO». In automobile vennero infine Nazim pascià, mini stro della guerra, Kiamil pascià, Gran Visir, e lo Sceik ul-Islam.

L'immensa porta arabescata da strani geroglifici in oro del palazzo imperiale era aperta. Vetture e automo bili si addentrarono nei viali dei grandi giardini in terni.

Un gran numero di agenti di polizia a piedi ea ca vallo, rinforzati da pattuglie di soldati, facevano il ser vizio di vigilanza.Nessun estraneo ha potuto varcare la soglia inibita. Un rigoroso mistero avvolge questa seduta storica nella quale si dovevano decidere le sorti della Turchia. Tutti i presenti si erano impegnati a non rivelare nulla di quanto fosse loro riferito dagli uomini del Governo attuale sulle condizioni nelle quali si trovava lo Stato ottomano dopo la disastrosa guerra balcanica,

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Del resto questo grande avvenimentodi oggi non sem . bra avere scossa grandemente ia pubblica opinione del la capitale. Rari sfaccendati oziavano sulle rive del Bo sforo, indifferenti a quanto poteva essere deciso nelle sale del vasto palazzo marmoreo dalle numerose esili logge specchiantisi sul mare.

Tutto quello che si sa della decisiva seduta è questo : L'incarico della presidenza era stato affidato al Gran Visir con un iradè imperiale consegnatogli dal Sultano in persona poco prima della seduta delConsiglio. In sieme con Kiamil pascià, il Sultano aveva ricevuto i principi Jussuf Izzeddin , Vahid Eddin, Salah Edden, Abdul Megid e lo Sceik -ul-Islam .

I principi non furono presenti alla seduta.Essi ri masero durante la discussione in una sala attigua. Il Sultano venne tenuto continuamente al corrente del l'andamento della seduta dai suoi segretarî.

Kiamil pascià presiedeva, avendo asinistra lo Sceik ul-Islam , e a destra l'ex-Gran Visir Said pascià. I mem bri del Gran Consiglio eran riuniti ingruppi diversi a seconda delle loro cariche e funzioni: militari, sena tori e ulema. La procedura seguita nella discussione fu questa : Un funzionario del Ministero degli esteri, lesse la no ta delle Potenze. Il ministro della guerra Nazim pa scià diedespiegazioni su.la situazione militare; Abdur rahman effendi lesse un rapporto sulla stuazione fi nanziaria; Noradunghian effendi, il ministro degli este ri, espose la situazione internazionale.

Presero la parola Mustafà Assim , Damad Ferid pa scià, i senatori Rescid Akif, Abdurrahman, Logethete bey di Aristarchi, Said pascià, tutti afavore della pace. il procuratore imperiale Ismail Hakki, è stato, a quanto si assicura, il solo oratore che abbia doman dato la ripresa delle ostilità.

Alla fine della seduta avvenne un fatto che produsse enorme impressione: Kiamil pascià é Said rascià ne mici acerrimi da 25 anni si strinsero la mano e usci rono insieme.

Subito dopo, il Consiglio dei ministri si riunì per de cidere definitivamente la nota in risposta a quella del. le Potenze.

Era stabilito che tale risposta sarebbe stata con segnata agli ambasciatori nel pomeriggio dell'in domani, e se ne conoscevano già le linee essenziali.

11 Gran Consiglio
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dell'impero

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Il Governo ottomano avrebbe accettato i consigli delle Potenze cedendo Adrianopoli e rimettendosialle loro decisioni per le isole, convinto della loro buona volontà e prendendo atto delle assicurazioni date per un appoggio finanziario e morale per la salva guardia dei territori rimasti all'Impero.

La pace era quindi assicurata, quando un colpo di mano rivoluzionario a Costantinopoli, organizzato dai Giovani turchi capitanati da Enver bey cacciò dal potere Kiamil pascià, provocando a distanza di pochi giorni la ripresa della guerra. Il 23 gennaio il colonello Enver bey da poco ritornato dalla Tripo litania alla testa di alcune centinaia di seguaci in vase la Porta ed entrò nella sala ove il Consiglia di ministri discuteva intorno alla risposta da darsi alle Potenze e imponeva a Kimil pascià di dimettersi da Gran Vizir. Enver bey uccise il ministro della guer ra Nazim . Ottenuta da Kiamil la firma delle dimis sioni, Enver bey le portò al Sultano che su suo con siglio nominò un nuovo governo con Mahmoud Chefket Gran Vizir. Poche ore dopo, alla sera, il Co mitato « Unione e Progresso »), cioè i Giovani Turchi che erano stati a capo del movimento rivoluzionario fecero affiggere nella capitale un lunga proclama al popolo ottomano:

« Il Governo continuava la guerra in Africa e in Al gania. Alcuni ufficiali soltanto avevano dimenticato il loro dovere e si erano rifugiati sulle montagne quando il Gabinetto Said pascià fu costretto a ritirarsi per im pedire una rivoluzione. Il Gabinetto Muktar pascià con dusse alla rovina l'autorità del Governo in Albania . Era tale la debolezza di questo Governo che essa eccitò gli appetiti degli Stati balcanici. Il Gabineitu Muktar det. tel'ultimo colpo alla Costituzione e ciò provocò la crea zione della Federazione balcanica. Il Gabinetto, pur avendo avuta notizia della Federazione, congedò 120.000 uomini che voleva far manovrare, cosa ülla quale si oppose la Bulgaria. La Russia voleva che la guerra fosse aggiornata alla prossima primavera, ma Re Fer. dinandodichiarò che non avrebbe trovato allora un

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tt proclama dei Giovani Turchi 175

« Lo stato maggiore generale aveva preparato un pia no per attaccare gli Stati balcanici. I Gabinetti di Muk taro di Kiamil pascià, invece di agire in base a quel piano, nominarono al comando i due generali più in capaci.

« Invece di muovere guerra ai nostri nemici, essi co minciarono a perseguitare gli uomini onesti. Il Gabinet to distrusse lo spirito bellicoso dell'esercito e il patriotti smo del popolo. Il Gabinetto Kiamil pascià, invece di oc cuparsi della guerra, lavorò a restaurare il regime ha midiano. Il Gabinetto concluse un armistizio in favore degli alleati e alla Conferenza della pace a Londra il Go verno abbandonòagli alleati l'intera Rumelia. Di fronte alla debolezza del Governo gli alleati hanno chiesto A drianopoli e l'Arcipelago. I rappresentanti degli alleati hanno guadagnato le Potenze e il Gabinetto Kiamil pa scià hadato il proprio consenso a tali sacrifici.

« La nazioneottomana non può sopportare più a lun go un Governo di traditori. Quando l'esistenza del pae se è in pericolo, la nazione crede di dover esercitare il suo diritto di rivoluzione. Questo diritto viene eserci tato oggi e il Gabinetto Kiamil pascià si dimette. Il Sultano è stato pregato di formare un Ministero ca pace di mettere a profitto l'intera forza della nazione per proteggere la patria. La nazione ottomana non può sacrificare i propriidiritti in Rumelia e a questo fine userà tutti i mezzi che sono in suo potere. La nazione ottomana dimostrerà che vuol vivere onoratamente. »

Dopo qualche vano tentativo fatto ancora dalle Potenze con la speranza di poter far continuare le trattative per la pace col nuovo Gabinetto, il 30 i De legati Balcanici decidevano di rompere, e lasciavano Londra. Lo stesso giorno, il generale Savoff, gene ralissimo bulgaro, indirizzava al nuovo Gran Vizir il seguente telegramma :

Dimotika, 30 gennaio. Informo V. E. che le trattative di Londra sono rotte. Ho l'onore in conformità di quanto è stabilito ne l'art. 4 del protocollo per l'armistizio, di informarvi che le ostilità saranno riprese quattro giorni dopo la presen te notificazione, e cioè lunedì alle sette di sera. Il Comandante in capo dell'Esercito bulgaro

SAVOFF.

L'ARMISTI ið

Il 31 la Porta rimetteva alle Potenze la nota di ri sposta alla loro, naturalmente diversa da quella pre parata dal Gabinetto Kiamil. Rilevata l'importanza di Adrianopoli e i suoi legami indissolubili con la Tur ia, l'effervescenza provocata in tutto il mondo musulmano all'idea potesse essere staccata dall'Im pero, diceva impossibile a qualunque Governo ri. nunziarvi. Tuttavia per dare una prova suprema del suo spirito e delle sue intenzioni pacifiche il Governo Imperiale è pronto a rimettersene alle Potenze per tutto ciò che riguarda la parte della città sulla riva destra della Maritza, conservando quella parte della città posta sulla riva sinistra. « Le moschee, i mau solei, e gli altri ricordi storici religiosi trovandosi nella parte che sorge sulla riva sinistra, la conser vazione di questa parte della città sotto la sovranità diretta dell'Impero è per il Governo Imperiale una assoluta necessità, della quale non può non tener conto senza esporre il paese a un'agitazione che po trebbe condurre alle più gravi conseguenze ».

Segue il documento parlando delle isole, della ne cessità di conservarle per la sicurezza dell'Asia Mi nore, e anche per la questione dei Dardanelli, que stione del più alto interesse europeo.

Il lungo documento avrebbe aperto una intermi nabile discussione, se gli Stati Balcanici avessero accettato di trattare.

Invece, alle 7 di sera del lunedì 3 febbraio qualche colpo di cannone tirato contro i forti di Adrianopoli annunziava la ripresa delle ostilità

170 DURANTE
IL PRIMO MORTO DELL'ESERCITO BULGARO . GENERALE TOTCHEFF, CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO BULGARO.

LA RIPRESA DELLA GUERRA.

IN BULGARIA E IN SERBIA .

. LE DIFFICOLTÀ DELLA SPARTIZIONE E L'ANDAMENTO DELLA GUERRA.

La stampa europea e i resultati della guerra. Le polemiche negli Stati alleati. Entusiasmi svaniti. Nero sul bianco . Dopo l'abbandono di Durazzo e l'occupazione serba di Monastir. Minaccie bulgare. La questione di Salonicco. Salonicco porto della Confederazione bal. canica. L unione doganale. Più di 50 mila morti. Il maggiore sforzo è stato della Bulgaria. Ecatombe di Ministeri.

II. QUESTIONE DI DENARO .?

I

PROBLEMI CHE LA

BULGARIA DEVE RISOLVERE, Le trattative di pace. L'azione militare sospesa. Un comandante d'esercito che ritorna a Sofia. Indennità e debito pubblico. Rodosto e l'Asia Minore. Il deserto ... in un terreno fertile. Le spese che saranno necessarie. Per concludere il primo prestito. La politica del sentimento abbandonata da tutti.

III. ITALIA E SERBIA.

La Vecchia Serbia. Kossovo. Gli albanesi contro i serbi. Parlan do con il Re Alessandro. Lo sbocco slavo nell'Adriatico. Serbia e Montenegro. 200 milioni di slavi. Fra due pericoli. Il ministro del Commercio e il Comitato Italo-Serbo. Un êra nuova.

IV. LO SBOCCO AL MARE. LA QUESTIONE DI MONASTIR.

Il vecchio Pasic. Gli attacchi al governo. Il porto serbo a Costan. tinopoli. Il corridoio verso Salonicco. I partiti militari. Situa zione difficile fra Sofia e Belgrado. I cattolici delle nuove provincie serbe e l'Austria. Un vescovo patriotta. Un grande errore !...

V. LA SERBIA EI SUOI ALLEATI.

Belgrado durante la guerra. La stampa libera. I delegati degli altri stati a Belgrado. Non si crede alla mediazione delle Potenze. Le difficoltà serbo-bulgare. Ciò che diceva Milovanovich. Situazione mutata. Gli aiuti al Montenegro. La questione dinastica.

VI. SITUAZIONE COMPLICATA .

IL PERICOLO SLAYO ?

Re Nicola e il principe ereditario d'Italia. Un contadino montenegrino che dà consigli a Re Nicola. La patria serba. Panslavismo e ser. bismo. L unione della Serbia e del Montenegro. La diplomazia russa . Il lavoro della politica austriaca. Il rappresentante della Russia a Belgrado. La questione d'Oriente si sposta.

I.

LE DIFFICOLTÀ' DELLA SPARTIZIONE E L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

Nella stampa dell' Europa occidentale, continua la discussione intorno alla rivalità degli Stati balca nici per la ripartizione dei territori abbandonati dal la Turchia, e più d'un giornale vede già gli Alleati d'oggi accapigliarsi fra loro, all'indomani della fir ma del trattato di pace contro il comune nemico. Naturalmente queste notizie, e queste discussioni nelle quali la stampa delle varie Potenze si schiera pro o contro questo o quello Stato balcanico a se conda dei propri interessi, hanno una grande eco nelle capitali dei regni confederati. E a loro volta polemizzano fra loro non gioverebbe negarlo con intenzione qualche volta assai acre, i giornali di Belgrado, di Atene e di Sòfia. Non accenno al Mon tenegro, perchè, il più piccolo degli Stati balcanici ha un solo e ben determinato obbiettivo : Scutari, che nessuno degli altri contesta. Certamente l'accordo non ha più quel carattere che aveva qualche mese fa quando i quattro Re sono partiti in guerra, e quando le prime battaglie vinte

GUERRA

su lutti gli scacchieri, avevano fatto sperare le o ostilità sarebbero durate soltanto qualche settimana. La guerra si è svolta diversamente da quanto si cre deva. Per certi aspetti, più fortunata di quanto era lecito sperare: per altri, incontrando difficoltà e re sistenze non prevedute. Ma, sopra tutto, i confede rati, mentre credevano a una campagna breve, si trovano con una guerra che dura da mesi. L'accordo era stato raggiunto attraverso difficoltà che, per tanti anni, erano sembrate insuperabili. Fino al momento nel quale gli avvenimenti si sono svolti secondo le previsioni, in base alle quali gli accordi erano stati conclusi, tutto andò bene. Quando si trovarono di fronte a nuove circostanze, le rivalità, le gelosie e anche le diffidenze ritornarono a manifestarsi; spe cialmente nelle lunghe settimane dell'armistizio, che i bulgari hanno dovuto accettare per il colera : altro terribile elemento al quale, naturalmente, nessuno aveva pensato stipulando gli accordi.

Lo Stato che desta le maggiori gelosie è certamen te la Bulgaria, alla quale gli altri due contestano l'annessione di parecchi territori, mentre la Rume nia vuole per sè territori ora bulgari. Cominciamo dalla Serbia. L'intesa u assoluta, perfetta fino a che non sorse la questione di Du razzo, e non avvenne, da parte delle truppe di Re Pietro l'occupazione di Monastir. I bulgari nelle trat tative che precedettero l'alleanza si decisero a sa crificare Uskub, sulla quale avevano sempre accam pato delle pretese, e dove la propaganda loro era stata fatta, specie per un certo periodo, con grande intensità. I serbi, contenti, speravano però di avere come compenso il porto libero nell'Adriatico. Co stretti a cedere nella questione di Durazzo, si è su bito manifestata a Belgrado una corrente per riven dicare alla Serbia Monastir. Ed è a proposito di Monastir, città senza ombra di dubbio bulgara, che un certo dissidio si è manifestato. Da una parte si

180 LA

dice, che con il maggiore e non preveduto ingran dimento della Bulgaria in Tracia, è naturale la Ser bia debba avere un compenso. Dall'altra, dalla parte cioè della Bulgaria, si fa osservare, e non senza un fondamento di ragione, mi pare, che, se mai, questo maggiore ingrandimento le sarà costato, alla fin dei conti, dei sacrifici enormi di uomini e di denaro. Ma, a parte qualunque altra considerazione, i bul gari dicono che vi è del nero sul bianco, degli im pegni scritti, per quanto riguarda la ripartizione dei territori, e che la Bulgaria non ha nessuna colpa se le Potenze impediscono ai serbi di prendersi Du razzo . Come diceva, le polemiche in qualche momento sono state assai aspre. Due o tre setlimane fa, in un giornale di qui, si diceva addirittura che, al mo mento opportuno, la Bulgaria avrebbe seputo ag giustare i suoi conti a parte con la Serbia. Era la minaccia aperta, con la quale però, bisogna essere giusti, si rispondeva ad articoli altrettanto violenti di giornali di Belgrado. Solamente qui, era più grave la cosa, inquantochè, essendovi per i giornali la cen sura proventiva, poteva sembrare addirittura un ar ticolo gradito dal Governo. Invece la censura è un po' in mano di militari che non guardano tanto pel sottile in certe cose. In seguito alle rimostranze del ministro serbo incidenti di tal genere non si sono più ripetuli.

Rimostranze amichevoli, poichè il ministro serbo qui a Sofia, il signor Spalaicovitch, è stato uno dei grandi artefici anche lui dell'accordo: vi ha consa crata tutta la sua attività, tutto il suo entusiasmo, come ora adopera tutto il suo tatto e la sua abilità a dirimere le difficoltà.

Con la Grecia è sempre preoccupante la questione di Salonicco, della quale i greci parlano e discorrono come di una questione già risoluta in loro favore. Tutta la famiglia reale vi si è stabilita, e il Re degli

Polemiche
181
viraci

Elleni ha già manifestato apertamente l'intenzione di passarvi buona parte dell'anno, e si assicura abbia scelto il posto ove far costruire rapidamente il pa lazzo reale. Qui, invece, si mantiene un grande ri serbo a proposito della questione di Salonicco, li mitandosi a ricordare che, per ora, intanto, la città è occupata non solamente dai greci, ma anche dalla Bulgaria, che vi ha, mi pare, una brigata, la quale non si muove da Salonicco, mentre, come si com prende, potrebbe far comodo mandarla in Tracia a rinforzare il corpo assediante di Adrianopoli o quello che opera nella penisola di Gallipoli. L'opposizione rimprovera anzi al Governo di non aver fatto al trettanto per Monastir, dove, invece, non vi è nem meno un soldato bulgaro, circostanza che può far credere a una rinunzia; e osserva che, se non si poteva mandare un forte contingente, si poteva però destinarvi un battaglione, una compagnia, magari un solo plotone: ma fare almeno atto di presenza. For se, ci si è pensato qualche tempo fa. Ma era troppo tardi. Avrebbe avuto troppo chiaramente il carattere di un atto di diffidenza.

A Salonicco la contemporanea presenza di truppe greche e bulgare ha dato luogo a parecchi inconve nienti, ed anche a qualche incidente grave che op portunamente si è messo in tacere, da principio. A desso le cose vanno assai meglio. Ma, mentre da u na parte la Grecia organizza le amministrazioni co me Salonicco facesse già parte del Regno, la Bul garia fa ugualmente alti dai quali traspare chiara mente che non ha l'intenzione di sottoscrivere per ora a rinunzie. Non più tardi di giorni sono, vi la aperta una succursale della Banca Nazionale, come l'Istituto ne ha nel Regno. Certamente però le re lazioni fra Grecia e Bulgaria non sono più così tese, come lo furono, in realtà, malgrado le apparenze contrarie, la settimana scorsa. Vi è come una pa rola d'ordine, tanto ad Atene quanto a Sòfia, di non invelenire troppo le polemiche,

182 LA RIPRESA
DELLA

Salonicco, porto della Confederazione? 183

Fra le soluzioni poste innanzi oltre a quella della internazionalizzazione, ho sentito accennare anche a quella di fare di Salonicco il porto della Confede razione balcanica nell'Egeo. Gioverebbe naturalmen te molto alla Serbia, che avrebbe, così, sia pure in comune, uno sbocco anche in questo mare; ma sa rebbe contrario agli interessi della Bulgaria per la concorrenza ai suoi porti di Cavalla e Dede Agach. I più intransigenti, quelli nei quali malgrado l'alle anza non hanno mai taciuto gli antichi rancori con tro i greci, dicono : piuttosto internazionalizzata, o porto della Confederazione che greca. Senza pen sare che, per la Bulgaria, come stanno ora le cose, non sarebbe una soluzione vantaggiosa. Perchè lo fosse bisognerebbe la Confederazione avesse na turalmente per base un'unione doganale, come quel la della Germania, e che la Bulgaria diventasse, nella Penisola balcanica, quello che ivi è la Prussia. Per quanto nulla si sappia di positivo, nè intorno allo scopo nè ai risultati della recente visita di Ve nizelos, qui si ha, come ad Atene, del resto, l'im pressione, essa debba aver giovato a calmare gli animi : l'intonazione delle polemiche è diventata, nella forma, ancor più conciliante di prima. Senza sapere come nè perchè, vi è l'impressione che con la Grecia si possa fors anche finire per intendersi. La questione più grave, se realmente dovesse posarsi, comepare, è quella di Monastir. Naturalmente i na zionalisti a oltranza non ammettono nemmeno si possa discutere se Salonicco deve o no rimanere alla Bulgaria. Però vi sono già fra le persone più calme quelli che dicono, che la Bulgaria non potrà pretendere di avere tutto, tanto più che quando è partita in guerra non pensava ad Adrianopoli e cre deva di doversi contentare di confini assai più mo desti. Ora non vi è un solo bulgaro, il quale, posto nell'alternativa di dover sacrificare Salonicco o Mo nastir, non sia disposto ad abbandonare la prima

per la seconda. A Salonicco, checchè se ne dica, non vi sono tradizioni slave e i bulgari sono relati vamente poco numerosi. Mentre, oltre le tradizioni storiche (Okrida, a poca distanza, fu capitale dei bulgari e sede del loro Esarcato), non è dubbio il carattere assolutamente bulgaro di Monastir e del territorio che la circonda. Vi è poi anche una que stione di sentimento che non permette ai bulgari che quel territorio cada in altre mani. Sembrerebbe loro di abbandonare, di tradire quelle popolazioni, che, in nome della patria bulgara, sono quelle che più hanno sofferto dell'oppressione ottomana in que sti ultimi anni. E lo sanno, e lo han ben veduto i nostri bravi ufficiali dei carabinieri che sono stati te stimoni, e spesso, ahimè. impotenti a impedirle a tempo, delle più atroci carneficine. Quella zona di Monastir è stata il teatro delle terribili lotte delle bande contro le soldatesche ottomane: là han lascia to la vita combattendo per la Bulgaria una infinità di valorosi ufficiali, dell'esercito regolare. Ed anche ora nell'esercito, fra le più spiccate personalità del mondo politico, come nelle varie amministrazioni dello Stato, sono numerosi i bulgari macedoni di Monastir.

Andata più in là di quello che si credeva la Bul garia dalla parte della Tracia, si è svegliato negli altri il timore di una egemonia bulgara nella pe nisola, ed è per tale preoccupazione costante che non vi è più fra gli Alleati quello slancio, quell'en tusiasmo che li aveva animali da pricipio.

E la stessa preoccupazione ha determinato l'atteg giamento della Rumenia, il terzo Stato col quale la Bulgaria si trova ad avere delle serie difficoltà. Ho spiegato largamente in altri scritti (1), ricor dando tutti i precedenti, come sia stata ingiusta l'ac cusa mossa da una parte della stampa europea alla Rumenia di aver approfittato del momento dif

184 LA RIPRESA DELLA
(1) Vedi Lu Romania di Vico Mantegazzi, Roma 1913, Bontempelli,

L'esercito bulyaro in Tracia 185

ficile per la Bulgaria, mentre cioè combatte una guerra sanguinosa, per mettere innanzi le sue pre tese. Ma bisogna del pari concedere qualche atte nuante anche alla Bulgaria quando ora la si accusa di tergiversare. Si tratta di rinunziare a dei territori. È un sacrificio che, in maggiore o minore misura, la Bulgaria sente di doversi imporre: ma si spiega che, fino a un certo punto desideri, prima di dare da una parte, di sapere quello che prende dall'altra. Poichè, infine, non si può negare che, se tutti han fatto il loro dovere di fronte al nemico, la Bul garia è certamente quello degli Stati che ha fatto il maggiore sforzo e ha sostenuto e sostiene i maggiori Sacrifici di uomini e di denaro. Le cifre ufliciali del le perdite non si sanno ancora. Il Governo non le ha comunicate. Ma oramai tulli sanno che il numero dei morti, sul campo, in seguito a ferite o per ma lattie, supera - e paré di parecchio -- i 50 mila. Volere o no, la Bulgaria ha mandato al fuoco un nu mero di soldati maggiore di quello degli altri tre eserciti riuniti. E le operazioni non avrebbero avu to, assai probabilmente, l'esito così rapido e bril lante negli altri scacchieri, se l'esercito bulgaro non avesse fermato e sconfitto in Tracia gli eserciti ot tomani : le truppe meglio armate e disciplinate che i turchi hanno concentrato contro il nemico che mag giormente temevano.

Nulla di più naturale che ora gli alleati debbano prestareil loro concorso, la dove vi è ancora il mas simo sforzo da fare per costringere il nemico a chie dere la pace, senza che tale concorso debba o possa essere un titolo per modificare i patti dell'alleanza. Invece, ciò che più ha contribuito a creare, ed ora a tener vivo, questo malessere nelle relazioni fra gli Alleati è per l'appunto il continuo parlare di nuo vi compensi da domandarsi alla Bulgaria per l'aiuto che le prestano o che le presteranno. Ciò che, ne cessariamente, determina una certa esitazione da par

GUERRA

te della Bulgaria. Secondo alcune correnti dell'opi nione pubblica in Serbia e in Grecia, l'aiuto delle truppe di Re Pietro dovrebbe avere per prezzo Mo nastir, quello delle truppe e della flotta di Re Gior gio, Salonicco. Ora sta bene che, in tutto questo, i Governi nulla abbiano a che vedere e si adoperino anzi a smentire. Ma, in paesi piccoli, in piccole ca pitali, non c'è la grande distanza, o per meglio dire la separazione netta delle grandi capitali, fra il Go verno e la popolazione, per cui la responsabilità di tutto è esclusivamente del primo. Nelle piccole ca pitali balcaniche gli uomini di Governo sono con tinuamente con tutti, e non si concepisce che il Governo sia assolutamente irresponsabile di certe manifestazioni e di certi atteggiamenti della stam pa, specialmente quando la stampa di un paese è u nanime , e si sa che, personalmente, gli uomini di Governo hanno su per giù le stesse idee.

I serbi, per esempio, si lamentano, e con un fon damento di ragione, che la stampa bulgara --- nei giornali che si seguitano a pubblicare a formato ri dotto, qaulche volta in mezzo foglio perchè redat tori, compositori , macchinisti sono tutti al campo non accenni mai alle divisioni serbe che fanno parte delle forze assedianti Adrianopoli. Viceversa, data la situazione che ho cercato di descrivere, que sto silenzio si spiega, se non si giustifica completa mente. Si teme che tale partecipazione, se la si met te troppo in evidenza, e specialmente nella stampa estera, possa essere invocata maggiormente come un titolo ad avere poi una maggior parte nella di visione delle spoglie.

7

Sono passati, come dicevo, troppi mesi dall'inizio delle ostilità, e la guerra è considerata diversamente da quello che dovrebbe essere quando è combattu ta da alleati, che si debbono prestare aiuto scambie vole secondo le circostanze le mosse del nemico, e non col criterio di rimanere e piuttosto occupare questa che quella posizione.

186 LA RIPRESA

Il dovere degli uomini di governo 187

Con tutto ciò vi sono nei vari Stati uomini consci della grave responsabilità che pesa su di loro : uo mini di Governo e personalità politiche che com prendono la necessità di sacrificare tutti qualche cosa per mantenere vivo questo accordo balcanico che ha saputo imporsi all'Europa, e col quale essi po tranno prosperare ed affermare sempre più la pro pria indipendenza politica ed economica. Sono que sti uomini, animati, come si dice, dal fuoco sacro, sui quali bisogna contare, sperando sappiano al mo mento opportuno affrontare l'impopolarità, con la serena coscienza di rendere un grande servizio al loro paese, come ora sanno spesso intervenire per correggere le intemperanze della stampa, per chia rire qualche equivoco, per indirizzare una parola cortese allo Stato col quale vi è conflitto d'interessi. Assai probabilmente, come sempre è accaduto in simili casi, nessuno avrà proprio tutto quello che voleva. Qualche cosa bisognerà sacrifichino tutti quanti, e contro coloro che avranno ceduto si scate nerà la bufera, e saranno forse anche chiamati tra ditori, come è capitato a Cavour. Tra le cose preve dibili, vi è quella che l'uno dopo l'altro siano co stretti a lasciare il potere gli uomini che metteranno la loro firma ai protocolli coi quali si divideranno le spoglie. Ma anche un'ecatombe di Ministeri sarà ben poca cosa, se cadranno dopo avere fatto opera di giustizia, di concordia, di pace.

Sofia, 14 febbraio.

II.

QUESTIONE DI DENARO ?

I PROBLEMI CHE LA BULGARIA DEVE RISOLVERE.

Da parecchi giorni non si smentisce più nemmeno qui a Sofia che delle trattative di pace siano in cor so. Ma regna ancora il più grande mistero intorno al modo col quale sono condotte. Non si sa nem meno in modo positivo dove si svolgono, per quan to s'inclini a credere che anche questa volta sia sta ta scelta Londra come l'ambiente più indicato. Un ambiente cioè, nel quale sono piuttosto vive le sim patie per i popoli balcanici, senza che, per questo, vi siano animosità eccessive o un partito preso con tro la Turchia. Siamo però sempre qui a domandarci se tale sospensione di ogni azione militare sia anch'essa un sintomo che accrediti maggiormente la notizia di queste trattative, e queta volta con la speranza che si arrivi ad un risultato, o se realmente ogni operazione sia impedita dalla inclemenza della stagione. In realtà si direbbe che, senza sia pro clamato o sottoscritto, si sia in un periodo d'armi stizio. Non si ha nemmeno notizia di quegli scontri di pattuglie o fucilate agli avamposti, difficili ad im pedirsi anche quando un armistizio è ufficialmente proclamato. Altro sintomo di un tacito accordo per la sospensione delle ostilità è sembrata la comparsa, sia pure per brevissimo tempo, di uno dei coman danti supremi dell'esercito bulgaro. Non avrebbe lasciato anche per due giorni il teatro della guerra se non avesse avuto la certezza che nel frat

188 LA RIPRESA DELLA GUERRA

Quanto costa la guerra 189

tempo nulla di nuovo avrebbe potuto accadere. Ma tale certezza si osserva il generale può averla anche per il fatto, che, realmente, la neve è così alta da impedire qualunque movimento di truppe. In ogni modo da qualche giorno nemmeno qui a Sofia si smentiscono più le trattative di pace. Nei corridoi della Camera si può ben adoperare que sta nostra locuzione parlamentare, sebbene al So branie non esistano i corridoi come a Montecitorio e i deputati stiano quasi sempre nell'aula se ne parla apertamente, e i deputati circondano spesso i ministri raccomandando loro di non cedere sopra questa o quella condizione. Fra le difficoltà da supe rare per arrivare ad una conclusione, la più grave, sulla quale il Governo bulgaro, d'accordo con l'opi nione pubblica unanime, finora almeno, pare insi stere in modo assoluto, è quella della indennità. Si era mostrato disposto a rinunziarvi; per lo meno l'aveva lasciata passare in seconda linea nelle prime trattative. Ma, oggi, dopo altri due mesi, la Bulgaria ha dovuto far fronte ad una maggiore spesa calco. lata anche se la pace dovesse essere firmata in questi giorni a circa 300 milioni. Se la pace, poi, non dovesse essere conclusa prima del 15 o del 20 marzo, oltre alla maggiore spesa di guerra, biso gnerà aggiungervi quella necessaria per provvedere in qualche modo a un'annata di raccolto perduta, dal momento che i soldati non potranno essere con gedati in tempo utile per poter lavorare la terra. Si va facilmente ad una cifra che oltrepassa il mezzo miliardo, e addirittura a 7 od 800 milioni se a que sta cifra si dovrà aggiungere quella per la parte spettante alla Bulgaria del Debito Pubblico ottomano per i territori che saranno annessi al regno.

Credo che la Bulgaria si accontenterebbe come in dennità di guerra della cifra che rappresenterà la sua quota parte del Debito Pubblico ottomano. Vor rebbe, dopo gli enormi sacrifizi sostenuti, non essere

DELLA GUERRA

costretta almeno a versare del denaro. Tanto più, osservano i bulgari, che la perdita delle provincie europee non rappresenta un danno per le finanze ottomane. Il Governo turco spendeva per queste pro vince più di quanto esse versavano all'erario.

I turchi naturalmente rispondendo non possono negare il fatto; ma osservano a loro volta che ciò avveniva perchè le continue rivolte dei cristiani ren devano necessarii gli invii di truppe, le misure di difesa e tutta quella organizzazione dispendiosa alla quale la Turchia fu obbligata quando intervennero le Potenze ad imporre le famose riforme. Quindi aggiungono se quelle provincie non rendevano, non era colpa nostra.

Ragionamento, come si vede, molto semplicista, col quale la Turchia non tenterebbe nemmeno di persuadere i suoi avversari se non sapesse che la questione della indennità, trattandosi di un paese come la Turchia, oberato di debiti e nel quale hanno tanti e così varii interessi le Potenze, non è una questione che riguarda solamente i belligeranti, ma anche i creditori della Turchia, ed è quindi europea.

Nulla di più naturale quindi che la Turchia si sia rivolta alle Potenze, chiedendone più o meno uffi cialmente la mediazione quando la Bulgaria ha po sto innanzi domande e condizioni che interessano queste ullime : l'indennità e la linea di confineMidia Rodosto.

Per quello che riguarda Rodosto, è molto proba hile la domanda sia stata fatta unicamente per chè nelle trattative giova sempre chiedere di più. Su Rodosto, anche se arrivasse a cedere la Turchia, non cederebbero le Potenze, poiché alla concessione alla Bulgaria di uno sbocco nel Mar di Marmara è con nessa la questione degli Stretti, e quindi quella di Costantinopoli. Di più sarebbe forse un fattore nuo vo nei problemi che maturano nell Asia Minore. La Bulgaria non si era illusa di poter avere Rodosto, se

190 LA
RIPRESA

Un exposé del Ministro delle Finanze 191

condo me, nemmeno quando, alla ripresa della guerra, sperava che, con la sollecita caduta di A drianopoli, avrebbe potuto trattare direttamente con la Turchia, evitandoquella mediazione e l'intervento delle Potenze. ai quali oggi malvolontieri ma per necessità si rassegna.

Per cui, oggi come oggi, par proprio tutto si riduca oramai a una questione di denaro, ed è, co me dicevo, sulla indennità che la Bulgaria insiste. Ho qui sotto gli occhi un exposé pubblicato e distri buito di qua e di là dal Ministero delle finanze, nel quale sono condensate in tre o quattro pagine le ra gioni per le quali la Bulgaria è costretta ad insistere sull'indennità. La pubblicazione emana anzi più pre cisamente dalla « Direzione del Debito Pubblico e debiti garantiti dello Stato » . Non a caso certamente la pubblicazione figura dovuta alla iniziativa di que sta direzione generale del Ministero delle Finanze... Uno degli argomenti posti innanzi per convincere le Potenze e la finanza europea della necessità di concedere al giovane regno l'indennità di guerra, accenna precisamente.... anche ai debiti della Bul garia. È bene ricordare, scrive il signor Teodoroff poichè, sebbene non firmato, tutti si accordano nell'attribuire al ministro delle finanze, che è la per sonalità più spiccata del Gabinetto, lo scritto del quale parliamo che gli Stati creditori della Tur chia sono anche creditori degli Stati balcanici allea ti, e che se il timore di veder peggiorare la situazione finanziaria della Turchia, pel fatto che essa possa essere costretta a pagare una indennità di guerra, è fondato, questi creditori hanno esattamente lo stesso interesse a non far peggiorare la situazione finan ziaria degli Stati alleati, che dispongono di minori risorse della Turchia e che hanno in prospettiva delle spese così considerevoli per mettere in valore i ter ritori abbandonati dall'Impero turco. Non v'è ragione, dicono i bulgari, che sopportia

DELLA GUERRA

mo noi tutti i sacrilizi ingenti resi ancora necessari perchè la Turchia ha voluto riprendere la guerra. Le Potenze, che avevano consigliato alla Turchia d'accettare le prime condizioni ritenendole eque, sanno benissimo come non sia colpa nostra l'attuale stato di cose che ci costringe ad insistere.

Le spese che incomberanno, appena fatta la pace, alla nuova Grande Bulgaria saranno enormi , e al cune specialmente riusciranno gravi al Governo, co me per esempio quella relativa alle pensioni. Per la prima volta un documento ufficiale fa ora un ac cenno alla entità delle perdite, che tutti credono però parecchio al disotto del vero, dando la cifra di 25 mila morti e di 25.000 invalidi. Solo per le pensioni alle famiglie ed agli invalidi è calcolata per 25-30 anni una spesa annua di circa 10 milioni. Una somma ingente, anche se si concludesse la pace in questi giorni, sarebbe ugualmente necessaria per sopperire alla deficienza del raccolto; il quale, se pure potrà esser fatto, si calcola che, per i mancati lavori nel l'autunno, non potrà rendere che una metà di quello che rende un'annata media.

Ma poi vi sono, del pari ingenti, altre spese per i territori annessi, dove regna la desolazione. L'ele mento turco è fuggito seguendo l'esercito in ritirata, e dopo la pace una parte solamente ne ritornerà : i cristiani sono stati massacrati, si sono dispersi di qua e di là cercando asilo e protezione. Il signor Ghenadieff, già ministro col compianto Petkoff, al quale è succeduto come capo del partito stambulo vista, col quale discorrevo giorni sono, e che ha percorso ritornando da Ciatalgia tutta la zona fra Ciatalgia e l'antica frontiera, mi ha fatto un quadro veramente impressionante dello stato nel quale sono ridotti quei territori. Per decine e decine di chilo metri par di attraversare un deserto. Non si vede traccia di vita : nemmeno una casupola. Solo, di quando in quando, degli avanzi di modestissime a

192 LA
RIPRESA

te potemiche di un Ministro delle Finanze 193

bitazioni bruciate, qualche cadavere, o un gruppo di cadaveri non ancora seppelliti indicano la via se guita dagli eserciti turchi in ritirata, fra gli incendi e le stragi. È il deserto in una regione la cui ferti. lità è proverbiale fino dagli antichissimi tempi! Non vi sono più strade, non più ponti, non passag gi dove sia qualche corso d'acqua. Tutto è ora da creare dal nulla. Accenno alle spese indispensabili, urgenti, a quelle necessarie, come si dice, per vivere, perchè non peggiorino ancora le condizioni di quei paesi e di tanta povera gente. A tali spese il Governo bulgaro deve provvedere subito, il giorno dopo la conclu sione della pace. Ma c'è tutto da rifare anche nel l'antica Bulgaria, e si considera urgente del pari, in un momento nel quale l'Europa è più che mai in vasa dalla febbre degli armamenti di pensare all a sercito. Altre spese che rivestono ugualmente un carattere d'urgenza sono quelle per le ferrovie; due almeno destinate ad allacciare quelle già esistenti coi porti dell'Egeo, e quelle per questi porti, poichè da essi e dal loro sviluppo dipenderà l'avvenire del la Bulgaria. Sebbene si tratti di un piccolo Stato che potrà arrivare ai 7 milioni di sudditi coi nuovi ingrandimenti, si tratta, come si vede, fra le spese già sopportate e quelle alle quali dovrà andare in contro a guerra finita, di cifre enormi : e per le quali naturalmente, si dovrà provvedere col credito e con nuove imposte. Appena si riuniranno ufficialmente i delegati per trattare la pace, assai probabilmente il ministro Teodoroff partirà di nuovo per fare un giro in Europa a trattare il primo prestito. Per ora polemizza abilmente con le Potenze e con i banchieri per la questione dell'indennità, che è strettamente collegata a quella dellla assunzione di una parte del Debito Pubblico ottomano, la quale per la quota spettante alla Bulgaria sarebbe stata indicatadalle Potenze nella cifra approssimativa di MANTEGAZZA. La guerra balcanica.

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300 milioni. La Bulgaria sa di giuocare una partita difficile, non con la Turchia, ma coi creditori della Turchia, ed è quindi specialmente alla Francia ed ai giornali francesi che si dirige meravigliandosi del consiglio dato da qualcuno d'essi di abbandonare la pretesa della indennità.

« Il fatto che l'indennità di guerra non è stata messa all'ordine del giorno - egli scrive - durantele trattative di Londra, poichè doveva essere discus sa dopo risoluta la questione territoriale, non deve essere interpretato nel senso che gli Stati balcanici alleati non abbiano avuto l'intenzione di chiederla e che non siano fondate le loro domande » .

Quanto alla misura di questa indennità, l'ho già detto, credo che all'ultimo la Bulgaria, vista la resi stenza delle Potenze, arriverebbe ad accontentarsi soltanto della cifra rappresentata dalla parte spettan tele per il Debito Pubblico ottomano. Quello che do manda, dopo gli enormi sacrifici sostenuti, è di non doverne fare degli altri; di non dovere ancora dare del denaro.

L'impressione generale qui è che oramai la Tur chia sia disposta a cedere sulla questione di Adria nopoli, che ci si avvicini ogni giorno più alla pace, e che la difficoltà che finora impedisce alle trattative ufficiose di trasformarsi in trattative ufficiali sia questa dell'indennità. È una questione di denaro.

Può essere doloroso, sconfortante il pensare che mentre là, sui campi della Tracia, a Gallipoli, vi è tanta gente che soffre, che muore di freddo, fra i Gabinetti si discutano questioni di denaro, e che da queste discussioni e dall'esito loro dipendano la ces sazione delle sofferenze e forse la vita di quegli uomini. Ma è così ! Decisamente la politica del sentimento è finita da un pezzo

Sòfia, 4 marzo. per tutti.

194 LA RIPRESA
DELLA GUERRA

III.

ITALIA E SERBIA

Dei quattro alleati balcanici la Serbia è quella che ha finito più presto il compito suo. In poche sel timane essa ha raggiunto i suoi obbiettivi. Ha occu pato tutta quanta la Vecchia Serbia, si è spinta dalla parte dell Albania fino a Durazzo e ha preso pos sesso di Monastir secondo quanto era stato stabilito negli accordi scritti fra Serbia e Bulgaria, rimanendo inteso che Monastir era occupato dai Serbi per conto della Bulgaria alla quale sarebbe toccato al momento della ripartizione delle spoglie.

Raggiunto questo obbiettivo la Serbia ha potuto mandare una parte del suo esercito in aiuto degli alleati che assediano Scutari e Adrianopoli, che, mentre scrivo, paiono agli estremi .

Il primo e più importante obbiettivo era, natural mente, la occupazione d'una parte del Sangiaccato e della Vecchia Serbia, cioè dei paesi serbi per ec cellenza e che più hanno sofferto in questi ultimi anni specialmente della oppressione musulmana, per la lotta atroce degli Albanesi contro i Serbi, i quali a poco a poco erano stati sterminati, cacciati, o costretti a fuggire, in modo che erano, davvero, ora solamente popolati da Albanesi, paesi, dove prima non ve ne erano a fatto.

Il nome di Vecchia Serbia dato alla regione che corrispondeva presso a poco all'antico vilayet di Kossovo della circoscrizine turca, è di data piuttosto recente. Prima della creazione del Principato non esisteva che una sola Serbia, la quale si estendeva

L'azione della Serbia 195

DELLA GUERRA

dalla Sava al Danubio fino quasi all'Egeo fino cioè dove incontrava le popolazioni greche del lito rale. Ebbe infatti carattere essenzialmente serbo tutto il movimento di rivolta contro l'oppressione ottomana incominciato nei primi anni del secolo scorso, tanto in Serbia e nel Montenegro, e che con dusse alla graduale liberazione di tanta parte dei territori della Penisola Balcanica. Dopo la creazione del Principato, la denomina zione di Vecchia Serbia, data ai paesi rimasti sotto il giogo ottomano, sorse spontanea. E parve tanto più naturale, inquantochè quella regione, esclusiva. mente popolata da Serbi, è la terra sacra della razza e della nazione serba. È di lì che ai tempi del Grande Impero di Duchan, la cui incoronazione ebbe luogo ad Uskub, irradiò quella potenza serba che mandò i suoi eserciti vittoriosi fino sotto le mura di Co stantinopoli. È in quell'altipiano che va da Mitro vitza fino ad Uskub che furono combattute le grandi lotte contro l'Islamismo, fino a quella celebre bat taglio di Kossovo nella quale, malgrado i prodigi di valore dei Serbi e dei capitani che li guidavano, i Turchi ebbero la vittoria e distrussero, per sempre, il grande Impero Serbo (1).

La grande battaglia fu combattuta a poca distanza da Pritchina, e la ricordano a chi visita questa re gione - ed erano ben rari gli europei che fino a poco tempo potevano arrivarci - le modeste tombe dei due portastendardi degli eserciti combattenti, poste: lì una vicino all'altra, le colonne inuguali, sul posto ove fu seppellito Rifaat Pascià, il Gran Visir del Sultano Murad caduto combattendo al pari dello Czar Lazzaro. I turchi vincitori hanno voluto che il Sultano Murad fosse ivi sepolto, e il monumento di un gusto molto discutibile, eretto sulla sua tomba è stato considerato come la con sacrazione della conquista, e fino a poco tempo fa,

(1) Vedi Macedonia di Vico Mantegazza. Milano, 1903, F.lli Treves.

196 LÀ RIPRESÀ

Dopo cinque secoli! 197

un soldato o un guardiano turco, mostrava con or goglio al forestiero quel monumento e quella tomba, dicendo che il Sultano Murad, sebbene morto, ave va preso possesso di quel territorio. Ugualmente, a poca distanza da Pritchina, verso sud sorge il vecchio monastero serbo il Gratcha nitza, con la bella chiesa che è una delle grandi meraviglie dell'arté serba, e nella quale, nell'ottobre scorso, con una solenne funzione fu celebrata la riconquista del paese con le vittorie dell'esercito serbo, dopo cinque scoli di servaggio.

I conventi serbi, bulgari e greci in Macedonia, avevano avuto, fino ad ora, un po' il carattere di luoghi di asilo, di posti di rifugio, dinanzi ai quali, se non sempre, spesso si fermavano esitanti, pen sando alle conseguenze che avrebbero potuto avere pr l'intervento delle grandi Potenze, i loro atti di brigantaggio, i soldati turchi e le bande albanesi.

Di tutte le popolazioni, fino a qualche mese fa, soggette alla Turchia, i serbi di questa regione della Vecchia Serbia erano le più infelici, e le più martirizzate, impossibilitate ad opporre la me noma resistenza agli Albanesi, ai quali il Sultano aveva riconosciuto, come è noto, il privilegio di portare armi, mentre per i cristiani vi era il più assoluto divieto.

Quando la Russia e l'Austria stavano elaborando, nel 1904, il famoso progetto di riforme, il Governo di Belgrado insistette vivamente a Vienna ed a Bel grado, perchè ottenesse dal Sultano il disarmo degli Albanesi. Tutte le riforme mi diceva giustamente Re Alessandro Obrenoviel durante un colloquio che ebbi in quel volger di tempo a Belgrado non avranno il benchè menomo resultato nella Vecchia Serbia, fino a che gli albanesi potranno andare armati e i cristiani no, e mi fece vedere alcuni dei rapporti che gli pervenivano giornalmente e nei qua li erano narrati e descritti gli oltraggi, le prepotenze,

DELLA GUERRA

la brutalità degli albanesi contro i cristiani inermi.... Ma AbdulHamid nulla poteva, nè voleva fare con tro gli Albanesi, dei quali aveva, come è noto, for mato la guardia fidata della sua persona, e che invece colmava sempre di favori e di privilegi.

La vita era così intollerabile per quelle popolazioni, che aveva finito per decidere un movimento di emi grazione verso la Serbia che è andato sempre più accentuandosi in questi ultimi anni. Il Governo di Belgrado cercò sempre di frenare questo movimento, temendo che con l'assottigliarsi della popolazione serba, potessero un giorno diminuire i titoli e il suo diritto su quelle provincie. Ma l'esodo continuò. E la vita di quella povera gente diventò sempre più intollerabile, giacchè crebbe il numero dei turchi e degli albanesi.

« Se le cose dovessero durare così, aggiungeva , Re Alessandro, nel colloquio di dieci anni fa, al quale ho accennato credo che i Serbi finirebbero per scomparire quasi completamente dal vilayet di Kossovo. » E la facile profezia si stava pian piano avverando ! Nel 1890 la Serbia mandò a Pritchina un console, appunto per incoraggiare le popolazioni serbe a resi stere. Ma appena ilconsole arrivò, gli albanesi fecero sapere al console che malgrado l'autorizzazione data per la sua nomina dal loro grande protettore, il Sultano, non erano affatto disposti a tollerare che un console venisse a sorvegliarli e ad occuparsi dei fatti loro. Lo invitarono quindi a riprendere la via di donde era venuto. Dall'invito passarono subito alle minaccie, e, siccome il console naturalmente non obbedì a tali intimazioni, lo assassinarono, di giorno, in mezzo alla strada, sapendo benissimo, che tanto gli assassini , come quelli che ne avevano ar mato il braccio sarebbero rimasti impuniti. Il con sole che la Serbia mandò dopo questo assassinio, dovetle vivere per anni e anni, senza uscire quasi

198 LA RIPRESA

L'Austria-Ungheria e i Serbi 199

mai, con la casa di giorno e di notte militarmente sorvegliata. E Pritchina non era, nemmeno a stretto rigore, il posto peggiore. Un proverbio di questi paesi di ceva: Se costruisci una casa a Ipek non aprire una finestra verso strada a Pritchina puoi forse farne al primo piano e a Pritzrend, con delle spranghe di ferro, puoi arrischiarti ad aprirne qualcuna an che al piano terreno. Pritchina, più a nord, e verso il Sangiaccato, era diventata l'ultimo baluardo dei Serbi. Tutto il resto dell'antico vilayet di Kossovo era stato occupato dai musulmani, che ne avevano cacciato i Serbi. Si era ivi rifugiato anche il metropolita serbo stabi ·lendovi la sua residenza : avendo dovuto abbando nare Pritzrend di fronte alla invasione albanese. Come si poteva fare, tenendo conto di tutte queste circostanze di fatto, a negare alla Serbia il diritto di annettersi Pritzrend, Diakofo e Ipek, sulle quali pare finalmente l'Austria si sia decisa a malincuore, a non insistere più, perchè rimangano all'Albania ?

Non è mai stato un mistero per nessuno, che nella Vecchia Serbia, e in queste tre città, come altrove, gli albanesi sono sempre stati incoraggiati e più o meno direttamente aiutati in questa loro lotta contro l'elemento serbo dai consoli austro-ungarici , spesso abili ed attivissimi strumenti della politica di Vienna, sempre indirizzata ad impedire lo sviluppo e l'in grandimento della Serbia. Negli archivi del ministero degli esteri di Belgrado debbono essere assai volu minosi gli incartamenti contenenti i documenti che dànno la prova degli aiuti di armi e di denaro, con tinuamente fornito per questa lotta contro l'elemento serbo.

La Serbia e il Montenegro, cioè i due rami indi -pendenti della razza serbia, sono i due Stati che hanno dovuto lottare e lotteranno ancora perchè non sia diminuito il frutto delle loro vittorie. La que

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stione albanese che ha per noi un solo aspetto, ne ha due per l'Austria-Ungheria, alla quale interessa non solamente che gli slavi del sud non abbiano uno sbocco nell'Adriatico, ma, altresì, che la nuova Serbia non sia troppo grande, in modo da rappre sentare sempre un maggior pericolo per la Duplice Monarchia e un centro di attrazione per i serbi ad essa sospetti.

Per quanto riguarda lo sbocco serbo, e quindi slavo nell'Adriatico, possiamo forse, fino ad un certo punto, avere un interesse comune. E ho detto appo sitamente « forse », perchè anche per questo non bisogna esagerare. Certo in un avvenire lontano, quando quasi 200 milioni di slavi, gli slavi deila Russia, (comprendendo tutta la popolazione dell'Im pero) e gli slavi del sud arrivassero ad esercitare una egemonia sull'Europa disponendo di formida bili eserciti e di flotte potentisime, potrebbe rappre sentare -- rappresenterebbe certo un pericolo per noi, lo sbocco nell'Adriatico. Ma, in tal caso chi può prevedere, o prevenire la storia? Se a questa egemonia arriveranno un giorno le razze slave, si apriranno da loro quel varco nell'Adriatico che ora abbiamo loro chiuso. Inutile quindi fondare la no stra politica, su ipotesi di avvenimenti così lontani. Oggi come oggi, non è verso l'Adriatico che la Russia cerca uno sbocco. Non è in un mare chiuso, e già in mano d'altri che può pensare ad aprirsi la strada verso il Mediterraneo, ma se mai verso l'Egeo, a Costantinopoli, nel mare aperto. I pericoli d'unporto iugo-slavo nell'Adriatico sono forse meno gravi di quelli che a tutta prima ci siamo figurati, sia che si tratti della Serbia, o di una maggiore slavizzazione delle coste orientali di questo mare il giorno nel quale, l'elemento slavo, numericamente più forte, prendesse, come molti credono debba fatalmente av venire, il sopravvento nella monarchia dualista. Poichè, in fondo, potrebbe fare argine a un altro

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Diversità d'intonazione 201

pericolo che abbiamo temuto fin qui, e che non è scomparso : quello del pangermanismo. La Germania ha assecondato l'Austria nel negare alla Serbia lo sbocco a Durazzo o altrove sulle coste albanesi, non solo come alleata, ma perchè è forse la più interes. sata a impedire l'affacciarsi dei serbi in questo mare, che già percorrono i suoi vapori mercantili. Continua così a seguire le tradizioni della sua politica al Con gresso di Berlino, contro il panslavismo, e conside rando l'Austria come la sua avanguardia nella di scesa delle genti germaniche verso il sud. Fra i due pericoli che ne minacciano nell'Adriatico quale è il più forte e il più vicino ? Ecco una domanda alla quale non è facile la risposta. Il tempo e gli avve nimenti che maturano potranno soltanto dare tale risposta. Ed è per questo che, pur avendo seguito la stessa politica dell'Austria, in tale questione, non abbiamo sempre gli stessi interessi, e quindi dovreb be esserci, a mio modo di vedere, una diversa into nazione da parte nostra. Quando dico dovrebbe es serci, non intendo dire che non vi sia stata. Nella questione, per esempio, di Pritzrend, Iacovo e Ipek, l'Italia si è subito mostrata conciliante, e ha mostra to il suo buon volere verso la Serbia, riconoscendo la legittimità delle sue aspirazioni. Voglio dire sol tanto che, questa differenza di intonazione fosse più sovente e meglio accentuata, e fossero evitate coincidenze e circostanze, che paiono di poco mo mento, ma che hanno una grande importanza, per le nostre relazioni con la Serbia ; un paese cioè nel quale sono sempre vivissime le simpatie per il no stro, e che può essere subito, appena ristabilita la calma, un ottimo sbocco per le nostre industrie. Bisognerebbe assolutamente che la nostra azione di plomatica, anche se spesso deve essere consentanea a quella del vicino Impero, avesse, come dicevo, un'altra intonazione. Un paese come questo che sente sempre di essere minacciato da un vicino potente,

che ha dovuto rinunziare a quello che era il suo grande ideale, che è ancora sotto il peso di una grande disillusione, è naturalmente suscettibile, an che per cose che, in un altro paese, e in altre cir costanze passerebbero inosservate. Giorni sono, per esempio, ha provocato un senso di amara tristezza, il fatto che, nella questione di Scutari, e nel dichia rare, che, qualunque cosa accada, questa città deve rimanere all Albania, la nota, che aveva tutto il ca ratiere di un comunicato ufficioso, comparsa sulla « Tribuna » era redatta quasi con le stesse parole della nota pubblicata dal « Fremdenblatt ». Il porto libero sull'Adriatico rappresentava per la Serbial'indipendenza politica e l'indipendenza eco nomica. Ora le ragioni per le quali l'Italia glielo ha conteso, non possono essere le stesse di quelle che hanno determinato l'Austria ad opporsi: quelle cioè di mantenere la Serbia sotto la sua soggezione economica, e quindi politica. Dal 1880 finoal 1906 come osserva il Teodorovitch ministro dell Agri coltura e del commercio, in un recente scritto, per l'appunto sulla questione della sbocco serbo nell'A driatico, - tutto il commercio di esportazione e di importazione è stato legato all'Austria che aveva più del novanta per cento del commercio del Regno nelle sue mani.

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« La tendenza di tutta l'Europa scriveva qual che mese addietro il Teodorovitch,difendendo l'idea del porto serbo nell'Adriatico - è di mettere, nel campo dell'industria mondiale nel non lontano av venire a disposizione del commercio, tutti i mezzi della concorrenza mondiale per ottenere i più granl di possibili vantaggi, dal commercio medesimo. Un giorno, in Europa, non vi saranno più nè regioni doganali, nè barriere al commercio ed agli scambi : ma perchè questo tempo arrivi quanto prima, i li velli commerciali in tutta l'Europa si devono più o meno bilanciare. Di tutti i paesi dell'Europa, i Bal

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L'idealismo... pratico di un uomo politico 203 ) ) .

cani sono all'infimo livello commerciale, e, in questi Stati, si deve ancora molto lavorare per giungere al grado di progresso e di cultura dei popoli occiden tali europei. Quelle provincie delle terre balcaniche che la Serbia ha riconquistato, e specialmente le re gioni presso il mare Adriatico, che cent'anni addie tro erano fiorenti, sono ora totalmente decadute. Durante tutto il secolo scorso, in questi paesi non vi-fu cultura. Tutto quanto esiste ancora di cultura è il resto della cultura serba nel Medio Evo che si spense per l'invasione turca. Quando la Serbia nelle terre oramai redente porta oltre la libertà, anche tutto ciò che è necessario per elevare il livello eco nomino ed intellettuale delle masse, i suoi sforzi do vrebbero essere apprezzati ed aiutati....

Tutto ciò può sembrare l'appello di un uomo poli tico troppo idealista, specialmente quando l'autore accenna a una Europa nella quale saranno cadute tutte le barriere doganali. L'appello non fu ascol tato, ma l'idealista si è mostrato subito dopo un uo mo pratico, quando ha accettato senza esitare la presidenza del Comitato italo-serbo per il maggiore sviluppo delle relazioni tra i due paesi. È cosi un membro del Governo di Belgrado, un caldo ed ap passionato amico del nostro paese, che conosce e scrive perfettamente la nostra lingua, che ci indica la via da seguire e lo scopo al quale dobbiamo far convergere i nostri sforzi : la penetrazione economi ca nella Serbia, nel paese cioè della Penisola Bal canica ove tale penetrazione, chiesta e desiderata, sarà più facile, eche agevolerà anche per quello che riguarda gli altri paesi dei Balcani.

Data una tale situazione, non è egli evidente, che, pur essendo concorde la politica nostra, nelle sue grandi linee, con quella dell'Austria-Ungheria, deve differirne nella applicazione ?

Malgrado le necessità della grande politica, è com pletamente diversu qui la posizione nostra da quella

GUERRA

del vicino impero, e mai si presentò un complesso di circostanze così a noi favorevole, dal momento che, per rimediare in parte e fin dove può al danno del mancato sbocco libero e sottrarsi alla dipendenza economica dell'Austria, i Serbi, come si vede, fanno assegnamento su di noi, e proteggono e incoraggiano le iniziatice italiane. Sapranno le industrie nostre approfittarne, oppu re continueranno a parte qualche eccezione a considerare i Balcani, come un paese lontano e ine. splorato, al punto che un impiegato di una grande casa lombarda non più tardi di qualche anno fa trovò naturale di domandare al viaggiatore che ve niva da queste parti per fare un primo tentativo di introdurre i suoi prodotti, se vi erano degli elefanti ? Speriamolo. Speriamolo, anche perchè giovando alla Serbia economicamente, gioveremo economica mente e politicamente a noi stessi. Quello economico e quello politico sono due ordini di considerazioni che non si possono disgiungere. Dopo gli incidenti del « Manouba» che, forse, hanno contribuito ad affrettare la rinnovazione della Triplice alleanza, senza dubbio le relazioni nostre con l'Austria -Ungheria sono assai migliorate. Ma non è completamente scomparsa una certa diffidenza. Correnti che oggi paiono non influire, o influire meno di prima sulla politica di Vienna possono, da un momento all'altro, prendere di nuovo il soprav vento, e destare preoccupazioni. A proposito della politica austriaca, sono sempre difficili le previsioni. Quante volte se ne sono vedute mutare le direttive nel corso di pochi anni sia per quello che riguarda le sue relazioni con la Russia, come con noi. In un paese nel quale la politica estera è fatta dalla Corona e dai suoi consiglieri, i quali sentono assai poco l'O pinione delle masse e del parlamento, dove è stato possibile senza il concorso di questo la spesa enorme di una mobilitazione come quella di questi mesi,

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quale garanzia si può avere di una continuità d'in dirizzonelle relazioni con un paese come il nostro, col quale pure essendo i più buoni amici del mondo, è fatale si accentuino sempre più le rivalità econo miche nell'Adriatico, nella Penisola Balcanica, e specialmente nell'Albania ? Il modo col quale, orga nizzato sotto gli auspicii delle autorità austriache, si è svolto il congresso albanese di Trieste può es sere sintomatico, se non fosse altro, per far vedere che l'Austria non rinunzia così facilmente a quella che, dal Congresso di Berlino in poi , considera come la sua plitica tradizionale. Indipendentemente da questo, per la sua stessa compagine, formata com'è da un miscuglio di razze, vi è sempre da attendersi delle sorprese. Epperò, pur facendo voti che le buo ne relazioni continuino e si consolidino, nessuno può escludere l'ipotesi che un giorno, sotto la pressione di avvenimenti nuovi e di nuove circostanze, le cose mutino. Delle relazioni di salda amicizia fra l'Italia e la Serbia possono voler dire nel caso di un conflitto, la necessità da parte dell'Austria di avere una parte considerevole del suo esercito, immobi lizzato qui, alla sua frontiera orientale, pensando a qualche possibile movimento da parte di questo pic colo regno che arriverà ora verso i 5 milioni, con un esercito di 350 mila uomini che ha fatto le sue prove.... e agli altri milioni di slavi sudditi austriaci che guarderanno da questa parte non dissimulando le loro simpatie....

Si comprende d'altra parte, come non avendo po tuto raggiungere direttamente l'obiettivo principale che la Serbia si era proposto, quello dell'indipen denza economica che le sarebbe stata assicurata con uno sbocco libero al mare, cerchi di raggiungerlo ora indirettamente, e a questo fine si prepari ad in dirizzare tutta la sua politica. L'Austria-Ungheria sentendo benissimo che la Serbia le sfugge, ha cer cato di tenerla ancora pronta a concessioni anche

L'amicizia Italo-Serba 205

DELLA GUERRA

importanti, purchè facilitasse con accordi speciali la sua esportazione. Ma la Serbia ha lasciato ca pire in modo assai chiaro di non potere addivenire a convenzioni di questo genere.

Pur troppo, con la firma della pace con la Turchia, non sarà chiusa l'èra delle difficoltà per la Serbia, e fra le altre, si presenta come gravissima quella per la ripartizione dei territori conquistati, sopra tutto per Monastir, su cui i bulgari non paiono di sposti a transigere. Ed è fatale, che, in tutte le que stioni, grandi o piccole, che toccano la Serbia, que sta si trovi sempre di fronte l'Austria-Ungheria, o, per lo meno, debba sempre preoccuparsi dell'atteg giamento del suo grande vicino, le sia amico od avversario. Fu l'Austria che, nel 1885, la spinse con tro la Bulgaria, quando il Principato Bulgaro, ap pena 'costituito era considerato come una provin cia russa. Oggi, sarebbe certo esagerato il dire che tutte le simpatie sono per la Bulgaria, considerata come lo Stato che può mettere un freno alle mire della politica di Belgrado. Ma non v'è dubbio, che, in Austria, non mancano coloro i quali si rallegrereh bero se per la questione di Monastir dovesse scop piare un'altra guerra fratricida, come quella del 1885, della quale parlano già come di unacosa possi bile alcuni giornali austriaci ed ungheresi. Nel 1885 una Bulgaria troppo forte sarebbe stata un'avanguar dia russa minacciante l'Impero degli Absburgo alla sua frontiera meridionale attraverso una Serbia troppo debole. Oggi invece la Bulgaria indipendente un po' più grande non rappresenta però un pericolo, mentre preoccupa la politica di Vienna una Serbia troppo grande. Per questo vi è sempre qui un certo sospetto che l'Austria e la Bulgaria possano arrivare ad una intesa a danno loro, ed è da questo punto di vista suggestivo per i serbi il ricordo di quanto av venne cinque anni fa quando la Bulgaria proclamò le sua indipendenza, mentre l'Austria-Ungheria si

206 LA RIPRESA

annetteva la Bosnia e l'Erzegovina. Adesso si muove qui rimprovero alla Bulgaria di essersi completa mente disinteressata della questione di Durazzo, nel momento in cui la Serbia aveva cercato sulle prime di resistere, così come fu notato che il Daneff ple nipotenziario bulgaro a Londra, passando da Belgra do nel ritorno, non si fermò a Belgrado, mentre vi si fermò il Venizelos, che si spinse poi fino a Sòfia. Su questo secondo punto non si può non convenire che, da parte del Daneff, vi sia stata mancanza di tatto, interpretata come mancanza di riguardo. Non così per quello che riguarda la questione di Duraz zo. In questa, la Bulgaria nulla assolutamente po teva fare e sarebbe stato errore un atteggiamen to da parte sua che avesse potuto incoraggiare e spingere la Serbia. Ma, insomma, questi piccoli at triti che continuano, mentre si dovrà trovare la so luzione alla grossa questione di Monastir non gio vano certo. Contuttociò la Serbia è ora un paese che ha di nuovo fede nei suoi destini; quellafede, che per un momento parve perduta all'indoma ni dell annessione della Bosnia : sa, ora, di poter contare sul suo esercito che ha dato nobili prove di valore e di abnegazione; proprio su quell'esercito che pareva finito ed incapace per i partiti nei quali si era diviso, e le polemiche di parecchi anni in torno agli ufficiali regicidi. Mobilizzandosi tutto l'e sercito, anche questi ufficiali che erano passati alla riserva furono richiamati temporaneamente in ser vizio. Ma da una parte e dall'altra tutto è stato di. menticato, e tutti hanno fatto il loro dovere. Appena superate le difficoltà contro le quali do vrà ancora lottare per la liquidazione se così si può dire della guerra e di tutte le questioni che si dovranno risolvere, si aprirà per questo paese una êra nuova. Senza dubbio vi sar!, dal punto di vista economico, un periodo di crisi. Ma, anche, da que sto punto di vista il paese ha in sè la forza di resi

L'esercito serbo 207

RIPRESA DELLÀ GUERRA

stere, e, per molti sintomi , si vede già non gli man cherà il credito necessario per mettere in valore i territori conquistati lasciati nella desolazione dopo cinque secoli di oppressione, e nei quali vi è asso lutamente tutto da fare.

Una sola cosa vi è da augurarsi : che cioè le lotte dei partiti per la conquista del potere non ripren dano quel carattere acre che ebbero in molte occa sioni, paralizzando l'opera del Governo. Pur troppo in questi giovani paesi , sono state tali lotte, quasi sempre a base di persone più che di idee, ciò che ne ha ritardato e talvolta addirittura arrestato per parecchi anni lo sviluppo. Una tregua si è po tuta stabilire per la guerra; ma guai se i partiti e gli uomini che ne sono alla testa non si convinces seroche questa tregua è ora più che mai necessaria ora che si tratta di dare al paese un assetto de finitivo e di fare in modo che questa Serbia ingran dita, la cui bandiera sventola a Skoplié dove s'in coronavano i suoi antichi re, all'apogeo della poten za serba, riprenda, ed al più presto, il suo posto, fra le nazioni civili dell'Europa. Belgrado, Marzo 1913.

IV.

LO SBOCCO AL MARE. LA QUESTIONE DI MONASTIR.

Tempo fa, scrivendo da Sofia, prevedevo facile previsione del resto un'ecatombe di Ministeri nei paesi balcanici a guerra finita. Ed ecco che qui a Belgrado già si discorre della possibilità di una cri si. Per ora sono ancora voci vaghe e le notizie corse a questo proposito su parecchi giornali delle grandi

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Cof . né239 ) ti razlümolt c . Dimidicht Gen savol

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I GENERALI BULGARI
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CHUKRI PASCIÀ, DIFENSORE DI ADRIANOPOLI.

capitali europee sono certamente premature ed esa gerate. Il vecchio Pasic, come lo si chiama spesso in Serbia, è un uomo che sa tener testa alle bufere, ora frenando, ora secondando abilmente l'opinione pub blica. Questa volta, di fronte al malcontento piutto sto vivo che si è manifestato per il timore che egli possa cedere ancora alle Potenze come ha ceduto nella questione di Durazzo, il Pasic ha tirato fuori la suavecchia energia. Ed ai rappresentanti diplo matici all'estero ha dato istruzione di dichiarare che la Serbia non intende affatto cedere sulla questione dei confini dell'Albania. Per quello che riguarda Du razzo, i Serbi si rendono perfettamente conto che non si poteva fare altrimenti. Ma muovono i più a cerbi rimproveri al vecchio uomo di Stato di aver ceduto troppo presto.

Se non si fosse compromesso subito nella que stione dello sbocco all'Adriatico essi osservano avremmo adesso in mano un pegno e si potrebbe discutere molto meglio con le Potenze. Si potrebbe cedere, ora, ma ottenere qualche qualche compenso : non foss'altro di vedere riconosciuti come dovuti as solutamente alla Serbia territorii che ci si vogliono ancora contestare.

Il ragionamento che pare a tutta prima cosi logico non tiene conto evidentemente della situazione nella quale il Pasic si è trovato due mesi or sono, e di una circostanza, quella cioè che le Potenze non avrebbero accettato dilazioni e che la resistenza del la Serbia poteva far nascere le più gravi complica zioni che essa aveva invece tutto l'interesse a evi tare.

La rinuncia allo sbocco libero nell'Adriatico fu certamente un colpo terribile per questo paese, poi chè si è infranto così quello che era l'ideale vagheg giato da tanto tempo. La necessità di avere un porto sul mare era stata sentita subito dai serbi anche

MANTEGAZZA. La guerra balcanica, 14

Contro Pasic 209

quando pareva lontano il giorno nel quale sarebbe stato proclamato un regno indipendente. E pochi , forse, ricordano ora che vi fu un tempo nelquale la Serbia aveva anch'essa una marina mercantile. Le sue navi non erano certo numerose, nè il loro tonnellaggio complessivo raggiungeva certo una ci fra molto alta, ma infine la bandiera serba era co nosciuta nel Mar Nero, nell'Egeo, e nell'Adriatico. Per accordi intervenuti fra la Turchia e il Princi pato, quest'ultimo aveva un porto speciale a Costan tinopoli sotto la sorveglianza diretta di un suo rap presentante e di varii funzionari serbi. Fu per pa recchi anni comandante la capitaneria del porto serbo di Costantinopoli il signor Franassovich, un sérbo-dalmata padre del generale che fu una delle più spiccate personalità della politica serba durante i regni di Re Milano e di Re Alessandro. Natural mente, la Turchia, alla dichiarazione di guerra del 1876, chiuse il porto e così finì la marina mercantile serba della quale nessuno si occupò nel Trattato di Berlino. Tale ricordo suggestivo è ciò che forse ha fatto pensare alla possibilità di fare qualche cosa di si. mile a Salonicco se questa città rimane alla Grecia : e basterebbe questa circostanza a spiegare la sem pre maggiore cordialità di relazioni che si manife sta per non dubbii segni, e nel linguaggio della stam pa dei due paesi. Ma vi è chi accarezza ed ha posto innanzi anche un altro progetto, quello cioè di a vere verso l'Egeo, e per uno sbocco in quel mare, quel corridoio che la Serbia non ha potuto avere verso l'Adriatico. A un simile progetto la Grecia na turalmente sarebbe favorevole per un doppio ordine di considerazioni. Prima di tutto, anche se dovesse avere uno sbocco a parte, Salonicco, la cui sorte non può a meno di preoccupare, ove fosse staccata dal suo hinterland diventato bulgaro, avrebbe tutto da guadagnare, e non avrebbe certo da temere la con

210 LA

note ufficiose 211

correnza della Serbia. In secondo luogo alla Grecia giova tutto ciò che può diminuire la Bulgaria. Ora, il famoso corridoio del quale si parla ora vagamente, presuppone una parte dell'antico vilayet di Monastir e la sua capitale in mano dei serbi, poichè dovrebbe correre dal più al meno lungo la sponda sinistra del Vardar, e sboccare nel golfo di Salonicco. E la questione di Monastir minaccia, pur troppo, di essere il pomo della discordia fra la Serbia e la Bulgaria, che fino ad ora avevano dato così bella prova di solidarietà e di fraternità d'armi di fronte all'antico oppressore.

Da una parte e dall'altra si è su questo punto as solutamente intransigenti, e lo spirito pubblico in entrambi i paesi è ogni giorno più eccitato quan tunque i due Governi facciano tutto il possibile per calmare gli animi. Non più tardi di qualche giorno fa, il Samouprava, giornale ufficioso serbo, e il Mir, ufficioso bulgaro, avevano contemporaneamente due articoli, evidentemente concordati, coi quali si met teva in guardia il pubblico contro le notizie non sempre disinteressate, tendenti a far credere affievo lito l'accordo fra i due paesi. Maquesta schermaglia diplomatico-giornalistica, non inganna più nessuno. E quando i due giornali ufficiosi dicono contempo raneamente, che per oggi bisogna pensare sopra tutto a imporre la pace al nemico, rimettendo a più tardi tutte le altre discussioni, tanto qui a Belgrado quanto a Sofia si risponde che alla soluzione da dare a quelle gravi questioni è bene pensarci fino da ora e non lasciarsi cogliere di sorpresa. Se veramente sia stata mandata a Sòfia una nota per formulare le nuove domande serbe in seguito alla mutata si tuazione, come qui si afferma, non sono in grado di dire. Inclino invece a credere che finora non vi sieno state note scritte, ma un attivo scambio di ve dute fatto verbalmente per mezzo dei ministri ri spettivamente accreditati presso le due Corti. È

Due

difatti la seconda o la terza volta, nel corso di due o tre settimane, che lo Spalaikovich, ministro di Serbia a Sòfia, viene qui, e il Tocheff, ministro di Bulgaria qui a Belgrado, è da parecchi giorni a Sòfia. Giorni sono i capi dei varii partiti serbi hanno chiesto un'udienza al Pasic per parlare della situazione. Nulla è trapelato intorno alle deliberazioni o al ri. sultato di tale conversazione : ma si sa che la que stione di Monastir è stata quella sulla quale più si è parlato e che desta le maggiori preoccupazioni. Quasi contemporaneamente qualche cosa di simile è acca duto a Sòfia. Ciò che più rende grave la situazione è il fatto che, come succededal più al meno in tutti i paesi dopo una campagna fortunata, l'elemento militare ha preso il sopravvento a Belgrado, come a Sòfia, come ad Atene... L'elemento militare, in questi paesi dove ad esso specialmente si appoggia la Co rona, può finire per trascinarla, peraverladalla sua. E quale è allora il Governo che può resistere?

In questi cinque mesi di guerra abbiamo già assi stito a tanti mutamenti repentini, a situazioni che da un giorno all'altro si sono addirittura rovesciate, che si può ancora sperare prevalgano a un dato momento i consigli di calma e di prudenza e che le questioni gravissime da risolversi, fatta la pace con la Turchia, possano essere esaminate e discusse con uno spirito conciliante e col sincero desiderio di arrivare ad una intesa, sacrificando un po' tutti qualche cosa. Oggi, mentre si sente che in un modo o nell'altro alla pace si arriverà presto, lo spirito pubblico, come dicevo, è qui in Serbia molto agitato, come lo è in Bulgaria e ad Atene. Nè possono ingannare le dichiarazioni ottimiste dei capi di Governo, come quelle contenute nel discorso che il Ghescioff faceva ieri al Sobranie. Due sono le grosse questioni che la Serbia ha da risolvere una volta firmata la pace della Turchia : quella della ripartizione dei territori macedoni con la Bulgaria che è senza dubbio la più grave e si

212 LA
RIPRESA DELLA

teme possa arrivare fino alpunto da determinare una rottura e l'altra dei confini dalla parte dell'Alba nia, che coinvolge il problema delle relazioni col l'Austria e dellefuture vie di comunicazione con l'Adriatico. Da questo punto di vista la questione di Scutari interessa vivamente la Serbia. Nessuno a Belgrado si dissimula le difficoltà che la nuova Ser bia ingrandita avrà dalla parte dell'Albania. Essa ha tutto l'interesse a veder rimpicciolito il nuovo Stato albanese, ad allontanare quanto più è possibile la sua capitale, e ad evitare che possa essere scelta co me tale Scutari dove l'elemento cattolico, posto sotto la protezione austro-ungarica, è preponderante, e quindi efficace e continua la propaganda ostile ai ser bi ortodossi. Scutari diventerebbe, di fronte alla nuova Serbia, quello che è stato fino ad ora, di fronte alla Serbia piccola, Uskub, dove è specialmente sulla religione che si è imperniata la propaganda anti-ser ba, sopra tutto dopo la costruzione di una chiesa cattolica diventata centro di attrazione dei cattolici albanesi , costruita per pubblica sottoscrizione per modo di dire, poichè non è mai stato un mistero per nessuno che i quattro quinti della somma necessaria furono forniti dal bilancio della Bosnia-Erzegovina, del quale, come è noto, il famoso governatore Kallay poteva disporre per la propaganda e la politica au striaca nei Balcani senza render conto ad altri che all'Imperatore. Del resto avviene lo stesso anche a Belgrado, dove l'unica chiesa cattolica è la chiesa austriaca, come si dice, annessa alla Legazione di Sua Maestà Apostolica.

Con i precedenti di Uskub, ai quali ho accennato, è evidente come debba essere preoccupante per la Serbia l'idea che l'Austria invochi questo suo diritto di protezione sui cattolici di quelle provincie, che, per effetto delle nuove annessioni diventeranno sud diti di Re Pietro. A parte la questione, dirò cosi, mo rale per la quale la Serbia si sentirebbe offesa di ve

Le
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chiese cattolico-austriache

dersi trattata come un paese incivile che nonoffre sufficienti garanzie per la tutela ed il rispetto di tutte le credenze religiose, e quindi menomata la sua so. vranità, non può a meno di pensare agli incidenti, che, inevitabilmente, tale stato di cose darebbe luo go fra Belgrado e Vienna. Epperò, malgrado tutte le smentite, è naturale si sia cercato subito di av. viare trattative con la Santa Sede per veder se è possibile arrivare ad un concordato. Per il quale, del resto vi è già un precedente.

Il Montenogro si è trovato su per giù nelle stesse condizioni,quando dopo la guerra del 1878 ebbe An tivari, la cui popolazione è in buona parte cattolica, Il clero di Antivari, che dipendeva dall'Austria, era apertamente ostile alla politica del Principe al quale creò non pochi imbarazzi. Per un po' il Principe la. sciò fare cercando e sperando che l'Austria, o per meglio dire, le autorità religiose che obbedivano ai consigli di Vienna, mandassero ad Antivari sacer doti più concilianti e non dei croati avversari dei serbi. Vista fallire ogni speranza, si decise a rivol gersi direttamente al Pontefice. L'amico Voinovich, che era mesi or sono a Londra come rappresentante del Montenegro, fu il negoziatore di quel concordato, col quale fu posto fine a quello strano stato di cose. E l'arcivescovo Millinovich, morto due anni or sono, un patriota entusiasta, potè quindi, senza timore di avere seccature, sostituire pian piano con sacerdoti patrioti come lui, quelli che non nascondevano la loro animosità contro i serbi... ed accogliere gli a mici italiani che si recarono anni or sono ad inau. gurare il porto di Antivari, dando, come sidice, lo spunto, perchè ad un banchetto, i commensali in. tonassero delle canzoni patriottiche italiane! Qui in Serbia si desidererebbero due sedi vescovili: una nella vecchia Serbia dove sono due nuclei cattoli ci, ed una qui a Belgrado, come capitale, sebbene i cattolici vi sieno poco numerosi. Sono trattative

214 LA RIPRESA DELLA GUERRA

che, pur troppo, vanno sempre per le lunghe, e che questa volta devono necessariamente mettere in una posizione imbarazzante il Vaticano, combattuto cer tamente tra il desiderio di fare cosa grata ai catto lici serbi e la preoccupazione di contrariare la po litica austro-ungarica. I cattolici serbi tendono ine vitabilmente ad allontanarsi da un clero che sanno così ostile alla patria loro. E non pare dubbio che, sia pure attraverso incertezzee difficoltà, la preoc cupazione dell'interesse religioso debba prevalere su quello politico. Ma qui si vorrebbe il che mi pare assai difficile, per non dire impossibile una soluzione rapida, appunto per evitare gli incidenti che sorgeranno ora nel primo periodo difficilissimo nel quale si tratterà della ripartizione dei territori conquistati fra gli Alleati e della loro organizzazione. Malgrado la risposta degli Alleati alle Potenzela quale, ripeto quanto scrissi in un precedente ar ticolo, va considerata come una nota dilatoria, alla turca, per prender tempo qui si sente la pace oramai vicina. E si fanno quindi ogni giorno più vive le preoccupazioni per il domani.L'èra delle dif ficoltà sarà tutt'altro che chiusa con la firma del trattato di pace con la Turchia, che cede in blocco agli Alleati i territori da questi conquistati. Sono im pressionanti le parole che anche qui, come a Sofia si sentono ripetere da persone autorevoli, abitual mente misurate nel loro linguaggio, dalle quali sem brerebbero addirittura da una parte e dall'altra di sposte alla guerra piuttosto che cedere sulla quc stione di Monastir..

Un anno dopo la guerra bulgaro-serba, quando lo Stoloff, il compianto uomo di Stato bulgaro, passò da Belgrado assieme ad altre due personalità del gio vane principato, per andare in giro per le capitali d'Europa ad interessare i Governi alle sorti della Bulgaria rimasta senza principe, Re Milano lo in vitòa fermarsi desiderando salutarlo. E andò incon

Trattative
215
col Vaticano

DELLA GUERRA

tro allo Stoloff, porgendogli la mano, con queste parole :

La guerra è stata il più grande errore che si po teva commettere!

Nella presente situazione, purtroppo, non si vede ancora una via d'uscita nella questione di Monastir, sulla quale si è assolutamente intransigenti e per le ragioni alle quali ho altra volta accennato, da una parte e dall'altra. Ma si sente però da tutti quali ter ribili conseguenze potrebbe avere per l'avvenire dei Balcani un'altra guerra fratricida. E giova sperare che una soluzione si troverà...

Belgrado, marzo. V.

LA SERBIA E I SUOI ALLEATI.

Belgrado ha ripreso subito il suo aspetto normale, all'indomani della prima fase della guerra. Dei quat tro Alleati balcanici la Serbia è quella che ha termi nato più presto il compito suo raggiungendo gli scopi prefissi. E continuerebbe ora la guerra con le armi al piede se non avesse mandato di qua e di là parte delle sue forze in aiuto agli altri. Per cui, come dicevo, nessuno potrebbe pensare che siamo nella capitale di un paese ancora in istato di guerra, se non ce lo ricordassero qualche ufficiale o qualche soldato ferito che si trascina zoppicando ed appog giandosi al bastone, e l'andarivieni di medici e di infermieri col bracciale della Croce Rossa. Mentre a Sòfia il teatro è chiuso, e debbono chiudere a mez: zanotte tutti i caffè, qui questi rimangono aperti fino ad ora assai tarda; ed al teatro vi è rappresentazione

216 LA RIPRESA

delegati degli alleati a Belgrado 217

ogni sera, quasi sempre con pubblico affollato e pre disposto all'entusiasmo, specialmente quando vi si recitano drammi del repertorio patriottico nazionale. La stampa, che per un certo tempo deve essere stata anche qui sottoposta alla censura, è di nuovo libera, e gli uomini di parte, i gruppi politici, hanno ripreso il loro posto, preparandosi alle future battaglie par "lamentari. Si preparano, ma senza provocare polemi. che acri. Anche l'opposizione mantiene un contegno riservato e corretto, ben comprendendo come, sino a che dura la guerra, sia per essa un dovere il non creare imbarazzi al Governo, al quale non mancano certo le preoccupazioni in questo momento in cui, dati i tentativi per la pace, bisogna incominciare a discutere oltre alle condizioni di essa, anche tutte le questioni riguardanti la divisione territoriale e le future relazionitra gli Alleati. Oggi per l'appunto debbono essere arrivati a Bel grado idelegati degli altri Stati per intendersi sulla questione della indennità di guerra, sulla quale, malgrado le pressioni delle Potenze, che li hanno sconsigliati, i quattro Stati paiono determinati ad in sistere. Ma è facile comprendere che se l'indennità è lo scopo principale della riunione vi si discuteran no altresì questioni che si collegano alle trattative di pace, ed all'atteggiamento degli Alleati di fronte alla mediazione delle Potenze. In generale, tanto a Sofia quanto qui a Belgrado si è molto scettici intorno al risultato della mediazione delle Potenze, data la pro cedura lenta e complicata che esse debbono necessa riamente seguire per esercitare una azione qualsiasi. E forse al punto al quale sono giunte le cose, non dispiace agli Alleati che si vada per le lunghe, spe rando sempre che la notizia della caduta di Scutari e di Adrianopoli possa venire da un momento all'al tro a mutare la situazione. In fondo, per quanto il suo compito sia finito, questo deve essere anche il desiderio della Serbia, poichè, a parte il vantaggio

I

GUERRA

diretto che può avere da condizioni di pace migliori pergli Alleati, essa pensa che se si ingrandiscono gli altri Stati, questo debba essere per essa un titolo a qualche compenso per mantenere un certo equli brio; tanto piùdopo la rinuncia al porto libero sul l'Adriatico, alla quale ha dovuto rassegnarsi.

Il porto commerciale e la ferrovia internazionaliz zata la soluzione cioè escogitata per dare una certa soddisfazione alla Serbia sono ancora di là davenire. Passeranno certamente parecchianni, nel la migliore ipotesi, prima che le merci serbe pos sano prendere quella strada. Ed è preoccupandosi dell'avvenire immediato, nella speranza di potersi sottrarre subito, almeno in parte, alla soggezione austriaca, coll'aprirsi un altro sbocco verso il mare oltre l'unico sul Danubio che aveva fino ad ora, che la Serbia si è sentita attratta ad un'amicizia sempre più intima e cordiale verso la Grecia. Se Salonicco rimarrà a quest'ultima, con opportuni accordi, que sta città potrebbe diventare il porto più comodo per il commercio serbo.

L'intimità delle relazioni fra i due Regni, ha fatto nascere addirittura il sospetto di tenebrose macchi nazioni e di patti segreti fra i due paesi , a danno di un altro Alleato, la Bulgaria, per ilgiorno nel quale potessero nascere con questa delle contestazioni sulla divisione delle spoglie. Si è persino parlato - e pre cisando i patti che si sarebbero stabiliti di una alleanza serbo-greca contro la Bulgaria! Ora, se de gli esaltati e ve ne sono in tutti i paesi possono tenere un simile linguaggio, non è menvero che tutte le persone di buon senso e l'opinione pubblica in generale sono convinte dell'assoluta necessità diman tenere in vita, anche dopo la pace, l'accordo balca nico pel quale gli Stati non solo hanno vinto la Turchia, ma si son potuti imporre all'Europa. E la Serbia, per la sua posizione geografica e le relazioni sempre così difficili e preoccupanti con il vicino im

218 LA RIPRESA DELLA

che diceva Milovanovich 219

pero, si rende conto ancor più degli altri alleati di codesta necessità.

Quanto alle sue relazioni con la Bulgaria, certo difficoltà non mancheranno; ma non devono e non possono essere insuperabili, come diceva il com pianto Milovanovich, che, com'è noto, fu uno dei principali artefici della Quadruplice Alleanza.

Nessuno dei due paesi - soleva dire - potrà mai diventare così forte da soverchiare completa mente e distruggere l'altro. Ed allora, malgrado tutti i nostri dissensi, avremo sempre tutto l'interesse di andare d'accordo, di unirci e di stare uniti contro i grandi che possono, approfittando delle nostre scis sioni, minacciare l'unoe l'altro.

Non più tardi di ieri un giovane e studioso pro fessore serbo constatando ancora una volta come i due popoli siano uniti anche per la lingua -- poichè bulgari e serbi, incontrandosi, continuano a parlare ciascuno il proprio linguaggioe si capiscono perfet tamente - diceva che fra cent'anni , assai probabil mente, quando saranno un popolo solo e leggeranno nella storia delle lotte e dei dissensi bulgaro-serbi si domanderanno se i bulgari e i serbi dell'oggi e rano dei pazzi. In una parte della classe intellettuale è sempre vivo questo sentimento della solidarietà jugo-slava e si seguono con profondo e non dissi mulato dolore le manifestazioni di questi dissensi che oggi si imperniano sopra tutto nella questione di Monastir; questione delicata e complessa, alla quale ho già accennato altre volte, spiegando le ra gioni per le quali i bulgari si mostrano intransigenti e dichiarano nel modo più assoluto di non poter cedere.

I serbi non negano che Monastir, nei patti stabiliti prima di intraprendere la guerra,spettava alla Bul garia, e dichiarano che non avrebbero mai pensato a sollevare altre pretese, nè chiesto di modificare quei patti, se tutto fosse andato secondo le previsioni, e

Ciò

se non si fosse venuta creando una situazione com pletamente nuova che nessuno poteva prevedere. La guerra è stata provocata dalla questione della Ma cedonia, e i patti tra serbi e bulgari non potevano perciò che riguardare la spartizione della Macedonia, cercando, come si fece, di mantenere un certo equi librio nell'accrescimento di territorio dei due paesi. Nessuno pensava che la Bulgaria avrebbe potuto an nettersi tutta o quasi la Tracia : cioè un territorio vastissimo e tra ipiù fertili del mondo. L'equilibrio - quel tale equilibrio delle forze al quale alludeva il Milovanovich ----- sarebbe rotto, secondo il punto di vista serbo, ove la Serbia non avesse a sua volta qualche compenso. Non si parla di compenso per la rinunzia a Durazzo, perchè questa città è fuori della Macedonia, ed era quindi fuori dei patti, e la Serbia non può pensare a rivalersi per questo sulla Bul. garia, quantunque anche per la questione di Durazzo, non so con quale fondamento, si accusi da taluno la Bulgaria di non aver manifestato abbastanza viva mente la sua solidarietà con la Serbia. Vi è stato un momento nel quale la Serbia pareva volesse giuocare la gran carta e resistere... La Bulgaria avrebbe di chiarato di non poter seguire la Serbia in quella linea di condotta. Se tutto ciò è vero, non si è tenuto forse qui abbastanza conto della situazione militare, non si è pensato che tutto poteva andare a fascio ove fossero nate altre gravi complicazioni, e si è invece creduto, a torto, che la Bulgaria potesse giuocare a doppio gioco.

Ma, tutto ciò, se può avere dato luogo a qualche polemica incresciosa, a qualche manifestazione iso lata, se può preoccupare per le trattative che si do vranno iniziare appena firmata la pace con la Tur chia, non ha influito sulle relazioni fra i due Go verni, che si mantengono in continuo contatto, e la più cordiale fraternità d'arme regna fra le truppe dei due paesi che circondano Adrianopoli; mentre

220 LA RIPRESA

L'aiuto della Serbia al Montenegro 221

qui si continuano a fabbricare munizioni che si man dano a Ciatalgia e ad Adrianopoli per le une e per le altre,

I serbi politicamente e militarmente hanno fatto nobilmente il loro dovere. Terminato il loro compito hanno mandato i loro reggimenti qua e là dove si è manifestata la necessità di rinforzare gli eserciti al leati. Che se questo aiuto loro ha potuto sembrare tardivo per quanto riguarda il Montenegro e la que stione di Scutari, la responsabilità non è davvero nè del Governo, nè del supremo comando militare serbo. L'offerta di tale aiuto fu fatta dalla Serbia pa recchie volte, e la prima volta, si può dire, quasi al principio della guerra. Quando le truppe montene grine e serbe vennero a contatto nel Sangiaccato di Novi-Bazar, e il generale Giuvkotich ebbe terminato il compito che si era prefisso, si pose a completa di sposizione di Re Nicola, pronto a concorrere con le sue forze all'impresa di Scutari, Il Montenegro ri fiutò allora, come altre due o tre volte ancora, quel l'aiuto che recentemente ha dovuto domandare, quan do si dovette convincere della impossibilità di pren dere Scutari con le forze esigue con le quali si è accinto alla difficile impresa, e che sono ora decimate dopo parecchi mesi di guerra, in un terreno così difficile e nel più rigido inverno. Nuove truppe serbe sono partite per Scutari e debbono già essere sul posto da parecchi giorni con un certo numero di quei cannoni d'assedio la cui mancanza ha tanto nociuto al successo degli Alleati nella seconda fase della campagna.

Pur troppo le relazioni fra il Montenegro e la Serbia sono complicate da una questione dinastica. Sono due rami di uno stesso ceppo; due popoli se parati solamente perchè retti da due diverse dinastie. Prima, quando il Sangiaccato di Novi-Bazar occu pato dall'Austria-Ungheria, era come un cuneo che li separava, e non si poteva immaginare che un gior

DELLA GUERRA

no sarebbero venuti a contatto, confinando l'uno coll'altro, l'eventualità di una unionepareva impos sibile o, almeno, così lontana che non metteva nem meno il conto di occuparsene. Adesso la situazione è d'un tratto mutata. Senza rendersi conto del come ciò potrebbe avvenire a scadenza più o meno lunga, di tale eventualità si discorre. Le divisioni che da Belgrado, da Nisih e da Shoplje sono partite per an dare in aiuto ai soldati di Re Nicola, sono andate con entusiasmo a combattere e a versare il loro sangue, non per il Montenegro soltanto, ma per la grande patria serba. È naturale e umano che al Montenegro vi sia qualche timore che un piccolo paese come il giovane Regno possa essere un giorno assorbito nel regno più grande come una provincia e perdere dei van taggi. Nè deve ciò meravigliare quando si pensa co me anche nei paesi costituiti da secoli, permanga vivo il sentimento e la tradizione di antiche auto nomie. Ma non vi è in Serbia, nè nella politica serba, il menomo sintomo che si voglia o si possa pensare ad affrettare per ora la realizzazione di un grande ideale, col quale sarebbe realizzato ad Antivari il programma vagheggiato da secoli dello sbocco dei serbi nell'Adriatico, secondo le tradizioni dell'epoca del grande Duscian che portava fra gli altri il titolo di Czar del litorale. Per ora l'obbiettivo che anima la politica serba è sopra tutto quello di mantenere salda l'unione balcanica alla quale si deve di aver potuto avviare la Serbia a più alti destini, a quattro anni soltanto di distanza dal giorno nel quale ill'indomani del l'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina, si era disperato delle sorti della patria e la Serbia pareva finita. Per la realizzazione di questo grande ideale della nazione serba tutta unita, proprio qui a Bel gradoquindici anni addietro, in un celebre brindisi, essendo ospite di Re Alessandro, ha fatto i più

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RIPRESA

fervidi voti anche Re Nicola, quando quelle sue parole sembrarono un guanto di sfida gettato al l'Europa e alle Potenze che parevano convinte che il famoso statu quo dovesse durare eternamente. La Serbia domanda ora soltanto di essere un ele mento di tranquillità e di pace, dirigendo la sua politica al consolidamento di quell'Alleanza, che mantenendosi viva, può garantire un risultato dura turo di quei successi militari ai quali con legittimo orgoglio si compiace di aver contribuito colvalore del suo esercito. E sente ora di poter guardare con maggiori speranze all'avvenire. -- Anche l'Italia -sogliono dire i serbi specialmente se parlano con noi -- si è fatta a poco per volta, a tappe. E ag giungono: --- Nessuno può prevenire o mutare il corso fatale della storia ! Poichè quest'Italia alla quale si sentono legati da vincoli tradizionali attraverso il periodo nel quale ebbero così frequenti contatti con la Repub blica veneta, tanto che una figlia della Serenissima cinse la corona reale, ha sempre le più grandi e profonde simpatie nel cuore dei serbi. Gli uomini politici si rendono perfettamente conto della situa zione per la quale non era possibile al paese nostro il seguire una diversa linea di condotta, e apprez zano il linguaggio dei giornali, come il vostro, nel quale ho l'onore di collaborare da tanti anni, che pur sostenendo ed approvando l'indirizzo dato in questa circostanza alla nostra politica, lo han sem pre fatto con una intonazione favorevole e simpatica per i serbi. I quali della loro affezione e calda am mirazione per l'Italia e la cultura nostra dànno an che in questo momento una nuova prova, creando nuovamente una cattedra di lingua italiana qui , nell'Università di Belgrado. Belgrado, 10 marzo.

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Simpatie serbe

VI.

SITUAZIONE COMPLICATA . IL PERICOLO SLAVO ?

Parecchi anni or sono, all'epoca del fidanzamento del nostro Sovrano, ebbi l'onore di essere invitato dall'attuale Re del Montenegro a prendere parte ad una gita verso il confine del Principato, organizzata così da un momento all'altro, ed alla quale presero parte, insieme al Principe regnante ed al Principe di Napoli, soltanto i loro aiutanti di campo. Arrivati a Sputz, dove poi fu improvvisata alla meglio e con cibi frugali una modesta refezione, il Principe Ni cola fece riunire intorno a sè i pochi abitanti del piccolo paese e incominciò a discorrere con loro, chiamandone parecchi col loro nome di battesimo e domandando a ciascuno notizie della sua famiglia e dei suoi affari. (1)

Li aveva divisi, facendo passare da una parte quelli che avevano preso parte alle ultime campagne, e dall'altra quelli che non avevano ancora combat tuto. Scherzando bonariamente, destava in questi ultimi l'emulazione, domandando loro se avrebbero paura di andare alla guerra. Diventereste pallidi, tremereste al rumore del. le cannonate ? No, no - rispondevano in coro. Speriamo bene - soggiunse allora il Principe ma fino adesso la vostra sciabola non ha servito . che a tagliare l'insalata.... Ma lo so, lo so, tutti quanti farete come i vecchi il vostro dovere.... E come lo hanno fatto ! Sono quei giovani d'al

(1) Vedi : Vico Mantegazza, Il Montenegro, Successori Lemonnier, Fi. renze, 1898.

224 LA RIPRESA DELLA GUERRA
RE FERDINANDO DI BULGARIA ALLA TESTA DELLE TRUPPE .
RE COSTANTINO DI GRECIA,

lora, che oggi combattono una lotta ineguale, e sfidano ogni giorno la morte, intorno a Scutari, rinnovando le gesta eroiche dei tempi andati.

A un certo punto il Principe Nicola, proprio co me un vecchio capo di famiglia, che si compiace talvolta di domandare sopra una data cosa il parere dei suoi parenti, domandò loro se erano contenti avesse dato la sua figliuola Elena al figlio di Re Um berto. Tutti risposero con una acclamazione vivis sima all'indirizzo del Principe Vittorio Emanuele, che, visibilmente commosso assisteva a quella scena Così serenamente affettuosa, così patriarcalmente bella. Quindi si riprese la conversazione fra il So vrano e i suoi sudditi, e chi gli domandava una cosa, chi un'altra, baciandogli devotamente la mano nel l'atto di allontanarsi. A un tratto uno dei contadini che circondavano i due Principi, dopo aver mani festato la sua soddisfazione per l'annunziato matri monio, rivolse a bruciapelo al Principe un'altra domanda :

Perchè non dài un'altra delle tue figliuole al Re di Serbia ?

' Il Principe allora gli spiegò bonariamente come, avendo un principe della casa degli Obrenovich te nuta a battesimo una delle sue figlie, o per altro motivo che non ricordo bene, vi fosse fra loro un certo grado di parentela che secondo i canoni orto dossi non permette il matrimonio. È vero che anche per gli ortodossi, come per i cattolici, vi sono per questo caso dispense e permessi dati facilmente. In ogni modo, era una spiegazione.

La quale, però, non persuase completamente il contadino che crollò il capo con una certa intona zione di tristezza.

-- Basta, rispose dopo un breve silenzio, - tu fai quello che vuoi. Quello che io ti posso dire è che noi si sarebbe tutti contentissimi anche di quest'al tro matrimonio.

Col
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Re del Montenegro
MANTEGAZZA. La guerra balcanica. 15

DELLA GUERRA

Un matrimonio di quel genere avrebbe suggellato un concetto politico : l'ideale di tutti i patriotti mon tenegrini e serbi : l unione anche in quel modo ce mentata di tutti i serbi liberi. E quindi una maggior forza d'attrazione la Bosnia e l'Erzegovina non erano ancora state annesse al vicino Impero per tutti i serbi sudditi di altri paesi. Ho ricordato il simpatico aneddoto, perchè, oggi, più che mai, con una Serbia ingrandita, è vivo que sto sentimento di solidarietà fra tutti i Serbi e più forte la speranza che in un'epoca più o meno lon tana, l'antica e grande nazione serba possa ricosti tuirsi. Il valore, per quanto sfortunato, dei monte negrini, che hanno avuto il torto di combattere an cora come quando, secoli addietro, sfidavano gli eserciti dei sultani contando solamente sul loro leggendario eroismo, ed i successi dovuti non al valore soltanto, ma all'ottima preparazione degli eserciti di Re Pietro preparazione che è stata una grande sorpresa per l'Europa, ancora sotto l'impressione dei tristi avvenimenti di anni sonohanno rialzato il prestigio e il nome serbo. Le vit torie di Kumanovo e di Monastir hanno avuto una eco profonda anche al di qua del Danubio, dove si sono veduti croati, che -- pur appartenendo an ch'essi alla stessa razza, giacchè non sono altro che dei serbi cattolici - erano implacabili avversari dei serbi, acclamare ai successi di questi ultimi.... Una grande Serbia e l'unione della Serbia col Montenegro, con la quale la questione del porto serbo sarebbe da sè risoluta con lo sbocco ad Anti vari, senza più bisogno di Durazzo e di altri porti degli antichi Vilayet dell'Albania turca, sono consi derate, al di qua del Danubio, comeun grande pe ricolo per la compagine dell'Impero austro-unga rico e per la egemonia tedesco-magiara. Epperò è sopra tutto codesta questione del serbismo che ha preoccupato e determinato tutta l'azione diploma

226 LA
RIPRESA

tica di questi ultimi tempi, sia che si tratti dello sbocco a Durazzo, come dell'assedio di Scutari. Come all'epoca del Congresso di Berlino, lo spet tro del panslavismo adesso si dice spesso con frase più moderna : il pericolo slavo - si è fatto apparire di nuovo minaccioso all'orizzonte. La ten sione austro-russa, che per parecchi mesi ha tenuto in ansia l'Europa fino al punto da far temere immi nente lo scoppio di quella guerra generale che da tanti anni la diplomazia si affatica di evitare, è stato uno dei tanti episodi di questo eterno duello fra il panslavismo e il pangermanismo, del quale, di fronte ai popoli slavi, l'Austria è in certo modo l'avanguardia, fino a che rimane costituita, così com'è, sotto l'egemonia tedesca. Ma, mentre per la Germania, con un concetto assai semplicista, è con siderato nemico tutto ciò che è slavo, per cui è relativamente stata molto semplice la sua politica balcanica ostile agli Stati slavi (anche indipendente mente da ragioni di altra natura, come quella dei grandi interessi e della posizione speciale nella Tur chia europea) in Austria si fa differenza fra slavi e slavi. Non è il pericolo slavo che preoccupa, ma il pericolo serbo. Tanto vero che, come sempre, mentre per la questione di Monastir le relazioni fra Serbia e Bulgaria sono piuttosto tese e destano timori, la stampa di Vienna non dissimula le sue simpatie per la Bulgaria. E, come suol dirsi, getta Olio sul fuoco.

Da questo al vedere già nella Bulgaria ingrandi. ta, una avanguardia, un baluardo dell'Austria con tro la Russia, per quanto già ciò sia preconizzato da qualcuno, ci corre. Ma una Bulgaria, come lo sarà ora, forte ed ingrandita, amica della duplice Mo narchia, è evidente che può servire di freno e di contrappeso alle ambizioni serbe.

Si vede quindi in questo momento, malgrado l'ac cordo apparente e solennemente proclamato dell'Eu

Austria
227
e Russia

GUERRA

ropa, come il lavoro, che mira completamente a fini opposti, della Russia e dell'Austria continua. La seconda mira a disunire e fomentare la discor dia fra gli Stati balcanici. La Russia invece lavora per vedere se è ancora possibile mantenere in vita la loro alleanza. Non solo, ma come si è visto, si è adoperata per dare una soluzione equa al conflitto bulgaro rumeno, in modo da amicarsi anche i ru meni, e avviarsi a sottrarli un giorno all'influenza austro-tedesca. E ciò malgrado l'abbandono del Montenegro, con quella nota severa e aspra anche nella forma - che ha prodotto così grande im pressione -- nella quale il Governo dello Zar ha apertamente disapprovato e in certo qual modo scon fessato il suo maresciallo : il maresciallo russo nella persona di Re Nicola, al quale quattro anni fa lo Czar conferiva tale supremo grado militare come se dovesse essere, alla testa delle truppe montenegri ne, l'avanguardia degli eserciti russi. Il cambiamento d'indirizzo della politica russa, e questo abbandono improvviso, prima della Serbia, e, poscia dello Sta to balcanico, col quale esistevano i vincoli più stretti, sono stati una grande sorpresa. Tanto maggiore, in quanto che non è un mistero per nessuno che, fino a pochi giorni prima, dalla Russia erano stati mandati aiuti, e l'esercito montenegrino era stato trasformato in gran parte a spese della Russia, rap presentata a Cettigne militarmente da una specie di ispettore, un colonnello che assisteva regolar mente alle esercitazioni in piazza d'armi e alle istru zioni in campagna, e sorvegliava - diciamo pure la frase poco diplomatica generalmente adoperata come si spendevano i denari mandati da Pietro burgo. Il Montenegro e gli altri Stati balcanici erano così apertamente incoraggiati, e lo sono stati dalla diplomazia moscovita fino all'ultimo momento. È un po' la specialità dei diplomatici russi quella di non agire sempre in perfetta corrispondenza con la

228 LA
RIPRESA

I rappresentanti della Russia nei Balcani 229

politica del loro Governo. Tutti sanno oramai che, quando l'anno scorso l'attuale presidente della Re pubblica francese, allora ministro degli esteri, si decise a partire improvvisamente per Pietroburgo, quel viaggio fu determinato dal fatto che il Poin caré non sapeva più orizzontarsi fra quello che l'ambasciatore francese da parte dello Sazonof gli diceva, e le idee dell'ambasciatore russo a Parigi l'Isvolski che non sempre erano all unisono con quelle del suo capo. È accaduto forse qualche cosa di simile nei Balcani. A Belgrado, per esempio, il rappresentante dell'Impero russo è un panslavista vivace, che non si dà la menoma preoccupazione di nascondere i suoi sentimenti. Del suo atteggia mento è stato un sintomo anche l'incidente relativo alla modificazione di alcune parole nella nota delle Potenze al Governo serbo. Sarebbe forse andare troppo in là il credere che da Pietroburgo si dieno sempre istruzioni, diremo così ufficiali, ed altre che consentono ai diplomatici.... di fare addirittura l'op posto. Ma quando codesta discordanza passa il se gno, il Governo sa reagire, e risolutamente. L'esem pio dello Ciarikoff, bruscamente sostituito a Costan tinopoli, informi.

Il che tenderebbe a far ritenere che, come già è avvenuto tante volte a proposito delle relazioni austro-russe, si tratti d'una tregua, pur rimanendo ancora circondate da un certo mistero le cause che l'hanno determinata col rapido e quasi improvviso mutare di atteggiamento della politica di Pietrobur go. Si è ripetuto questa volta precisamente ciò che avivenne parecchi anni or sono col convegno di Mürtzeg e l'improvviso accordo d'allora, a pochi giorni di distanza da quelli nei quali un ministro russo a Sofia diceva a tutti che la Bulgaria dovrebbe tenersi pronta a marciare da un momento all'altro e ciò che seguì quattro anni fa quando, dopo aver da principio protestato in modo vibrato contro l'an

nessione della Bosnia e dell'Erzegovina, la Russia si rassegnò al fatto compiuto....

Ha la Russia cedutoperchè non si crede ancora economicamente e militarmente pronta, o perchè, vedendo maturare altri avvenimenti nel Medio Orien te e nell Asia Minore, vuole poter premere di più da quella parte, ove ha interessi che la toccano di rettamente ed ambizioni territoriali ? Oggi vaghiamo ancora nel campo delle induzioni. Certamente l'accordo, sia pure soltantoformale, ma che si è mantenuto anche quando è stato necessario un principio di azione con la dimostrazione navale, ha già reso un grande servizio all'Europa. Ha allon tanato il pericolo di gravi complicazioni e della te muta conflagrazione, non solo : ma ha reso possibile la pace, alla quale la Turchia si è, pare, persuasa, per l'appunto quando ha veduto svanire la speranza di quelle complicazioni sulle quali aveva contato. Può essere doloroso e poco simpatico che l'accordo si sia ottenuto per la prima volta per mettere l'Eu ropa contro un piccolo popolo di poco più di due centomila anime. Ma non si possono domandare atteggiamenti simpatici alla politica internazionale, fatta tutta di transazioni fra i vari egoismi .

E dopo essersi rallegrati che, per il momento, si sia riusciti ad allontanare il pericolo, vi è però anche un'altra constatazione dolorosa da fare. Quella cioè, che, mentre si sperava che, risoluta in qualche mo do la questione d'Oriente, l'Europa sarebbe stata sottratta all'incubo degli armamenti continui e del pericolo di grandi conflitti, mai come ora la corsa degli armamenti è stata vertiginosa e grave e com plicata, tanto per l'intervento di nuovi fattori, come gli Stati balcanici e la Rumenia, che dispongono di forti ed agguerriti eserciti, quanto per l'affacciarsi di nuove questioni. Mai come ora, vi fu -- malgrade il proclamato accordo -- tanta nervosità nelle rela zioni internazionali; mai come ora, nella stampa,

230 LA RIPRESA DELLA

nei parlamenti, si è parlato così apertamente della possibilità di grandi conflitti. Dopo due anni o quasi di guerra, la nostra e quella dei Balcani, pare che tutti quanti si siano abituati a parlare della guerra probabile. I primi scontri nei quali caddero alcune centinaia di uomini hanno provocato da principio una grande impressione. Adesso non ne hanno più fatto nemmeno i dieci o dodicimila morti all'assalto di Adrianopoli. Non arriverò fino a ripetere ciò che mi diceva giorni sono un colto e spiritoso diplo matico, che se non abbiamo, ora che ci siamo abi. tuati, di quando in quando la notizia di qualche battaglia con le relative ecatombi, ça nous manque...

Ma è un fatto che di queste eventualità si discorre ora diversamente di qualche anno fa. E che tutti paiono prepararvisi, come a cosa inevitabile.

Triste e dolorosa constatazione ! Belgrado, aprile.

LA PACE.

Il 1° marzo ilGoverno ottomano, per mezzo del suo Ambasciatore a Londra, Tewlik pascià, domandò ufficialmente alle Potenze la loro mediazione per delle nuove trattative di pace. Nel fare questa doman da senza formulare alcuna riserva, parve a tutti implicita la rinunzia ad Adrianopoli. In questo senso del resto si espressero anche uomini di governo di scorrendo con gli ambasciatori, dichiarando invece che non potevano assolutamente acconsentire a pa gare una indennità di guerra. Sapendo, del resto, che, su questo punto, la Turchia avrebbe trovato della stessa opinione e pronte a sostenerla le Po tenze. Il 3 ed il 4 Marzo le Potenze informarono uffi

La pace 231

cialmente i Gabinetti di Sofia, Belgrado, Atene e Cettigne di questo passo della Turchia. Occorsero parecchi giorni prima che gli Stati Balcanici si mettessero d'accordo sulla risposta da dare alle Potenze. Tanto più che, dopo aver fatto questo passo, da Costantinopoli giungevano notizie che sulla questione di Adrianopoli la Turchia non pareva più, come prima, disposta a cedere. Queste oscillazioni nel contegno della Turchia erano de terminate dalla situazione interna. I Giovani Turchi che avevano fatto il colpo di stato sopratutto per la questione di Adrianopoli, si trovavano in una cu riosa e ben difficile posizione di fronte all'opinione pubblica se, ora, si acconciavano anch'essi a per dere la città sacra. D'altra parte, proprio in quei giorni, anche Janina cadde, e la guarnigione si arrese all'esercito greco. Resisteva però sempre Scutari. A Sofia dove mi trovavo in quei giorni , si aveva l'impressione che i Gabinetti di Sofia, Belgra do ed Atene rimandassero da un giorno all'altro questa risposta nella speranza che, nel frattempo, cadessero Adrianopoli e Scutari. Ecco il testo della nota di risposta alle Potenze, rimessa alle rispettive Legazioni e contemporaneamente nelle quattro ca pitali balcaniche la sera del 13 marzo :

1. Come base dei negoziati per la delimitazione ter ritoriale fra la Turchia e gli Alleati si prenderà la li nea che da Rodosto va al capo Malatra ( a sud-est di Midia ). Esclusa la penisola di Gallipoli, che resterà alla Turchia, tutto il territorio compreso ad ovest di que sta linea, comprese le piazze di Adrianopoli e Scutari, deve essere ceduto dalla Turchia agli Alleati.

2. La Turchia dovrà cedere le isole del Mar Egeo.

3. Essa dovrà disinteressarsi completamente dell'i sola di Creta.

4. La Porta dovrà consentire in massima al paga mento agli Alleati di una indennità di guerra, il cui ammontare sarà fissato al momento della conclusione della pace, nonchè al pagamento di particolari inden nità per danni la cui causa è anteriore alla guerra.

232 LA RIPRESA DELLA GUERRA

Gli Stati Alleati dovranno partecipare alla fissazione di queste indennità.

Una equa partecipazione da parte loro al Debito pub blico Ottomano, e ai pesi finanziari dei territoriche saranno loro attribuiti. La Turchia sarà invitata a prendere parte ai lavori di questa commissiione.

Le Grandi Potenze dichiarano nel tempo stesso che, dal momento che tali condizioni saranno accettate le ostilità dovranno cessare.

Il 5 Aprile i Governi alleati consegnarono ai rap presentanti delle Potenze la risposta alla loro nota del 20 Marzo.

Adrianopoli intanto era caduta. Ecco il testo di quella nota:

« Gli Stati Alleati esprimono la loro riconoscenza alle Grandi Potenze per gli sforzi tendenti a condurre alla conclusione della pace e, desiderandola sinceramente, faciliteranno il còmpito accettando le loro condizioni per la mediazione con le seguenti riserve : Nella determinazione definitiva della frontie ra del'a Tracia la linea ideata nelle condizioni formu late dalle Potenze sarà presa come base, non come li neadefinitiva;

( 1.

Le isole del Mar Egeo saranno cedute dalla Turchia agli Alleati;

Gli Alleati ritengono che essi debbano cono scere in precedenza le frontier progettate per l'Alha nia, sperando che saranno conformi a quelle che essi proposero a Londra;

La domanda di indennità di guerra deve es sere accettata in massima lasciandosi la cura di fissa re l'ammontare alla Commissione che studierà le que stioni finanziarie, nella quale gli Alleati saranno rap presentati;

« 5. Gli Alleati accettano che le operazioni di guer ra cessino appena le condizioni suesposte saranno fa vorevolmente accolto ed ammesse;

Gli Stati Alleati si riservano di regolare col trattato definitivo di pace il trattamento da accordarsi ai loro sudditi ed al loro comniercio nell'Impero otto mano, le questioni di nazionalità nonché le garanzie riguardanti i privilegi della chiesa ortodossa e le ga ranzie di diritto pubblico che dovranno esser date ai loro fratelli di razza, sudditi ottomani; Le operazioni di guerra non saranno inter

<<2. « 3. <<4. 46. (17. rotte » ,

Nota
233
dei Governi Alleati

Tali condizioni parvero eccessive alle Potenze ed alla Conferenza degli Ambasciatori a Londra che le esaminò e discusse d'accordo coi rispettivi Ga verni. Il 20 Marzo una nuova nota delle Potenze fu rimessa agli alleati che faceva proposte diverse e cioè :

1. La frontiera dell'Impero Ottomano in Europa partirà da Enos, seguirà il corso della_Maritza, poiil corso dell'Ergene per finire a Midia. Tutti i territori posti ad ovest di questa linea saranno ceduti dalla Turchia agli Stati Alleati, ad eccezione dell'Albania, della quale il regime e la delimitazione saranno sta biliti dalle Potenze;

2. La questione delle isole dell'Egeo sarà regolata dalle Potenze;

3. La Turchia si disinteressa completamente del l'isola di Creta;

4. Le Potenze non possono mostrarsi favorevoli a una domanda di indennità, ma ammetteranno gli Al leati a prendere parte allediscussioni della commissio ne internazionale che si riunirà a Parigi per fissarla.

L'8 Aprile la Conferenza degli Ambasciatori deci de di rispondere a questa comunicazione con una nuova nota agli Stati alleati, stabilita sulle seguenti basi :

1 . Per la nuovafrontiera turco-bulgara, invece del la linea di Enos-Midia, assolutamente dritta, proposta dalle Potenze, le Potenze accettano, come proponela Bulgaria, una linea irregolare che va da Midia alla stazione di Murrati dove occuperà la linea ferroviaria di Costantinopoli. Da questo punto farà un leggero gomito, poi seguirà una linea dritta fino ad un punto ad est di Enos;

2. Le Potenze si riservano di stabilire la sorte del le isole dell'Egeo delle quali la maggior parte passa alla Grecia;

3. - Le Potenze rifiutano di ammettere il principio dell'indennità; tale questione come tutte le questioni finanziarie che risultano dalla guerra saranno stu diate dalla Commissione finanziaria che si riunirà a Parigi, e nella quale i governi degli Stati Balcanici saranno rappresentati;

234 LA RIPRESA DELLA
GUERRA

Nuova nota degli Alleati

4. Le Potenze hanno già fissata la frontiera nord e nord-est dell'Albania e discutono ora intorno a que sta parte della frontiera che rimane ancora da stabi lire. Faranno conoscere tali frontiere agli alleati, ap pena saranno stabilite . Infine le Potenze raccomandano agli Alleati di ces sare le ostilità.

Quanto alla Turchia, fino dal 1 Aprile aveva ri messo agli Ambasciatori una nota nella quale di chiaravadi accettare le condizioni di pace delle Po tenze.

Gli Alleati si fanno un dovere di ringraziare le Gran di Potenze dell'ultima comunicazione e secondo la quale :

1. La linea Enos-Midia sarà presa come base delle trattative e non come linea definitiva;

2. - La cessione delle isole dell'Egeo da parte della Turchia è ammessa, con riserva delle decisioni da preri dersi relativamente ad alcuna di esse;

3. Le Grandi Potenze sono pronte a far conoscere fino da ora la delimitazione progettata dal nord e dal nord -est dell'Albania, e faranno conoscere quella del sud-est appena l'avranno stabilita;

Continua ancora per parecchi giorni lo scambio di vedute fra le Potenze e gli Alleati. Finalmente il 21 Aprile gli Alleati inviano loro questa nota: e -

4. La soluzione di tutte le questioni finanziarie, essendo stata riservata ad una commissione tecnica che si riunirà a Parigi ed alla quale prenderanno parte i delegati dei Governi Alleati, le Potenze sono d'avviso che non vi è ragione,di discutere per il momento, sul principio dell'indennità.

Gli Stati Alleati constatano che le condizioni di cui sopra, alle quali le Potenze consentono ad intervenire come mediatrici in vista della conclusione della pace con la Turchia, differiscono sensibilmente da quelle formulate nella loro risposta del 5 aprile. Tuttavia, nel loro sincero desiderio di facilitare e ili far riuscire la sua mediazione offerta, gli Stati Alleati pregano di nuovo le Potenze di voler ammettere il rincipio della indennità di guerra.

Dichiarano che accettano questa mediazione, riser bandosi nel corso dei negoziati di discutere con le Gran .

235

di Potenze le questioni che si riferiscono alle isole e alla fissazione definitiva delle frontiere della Tracia e di tutta l'Albania.

Art. 1. Le ostilità sono sospese a Ciatalgia e Boulair fino al 23 aprile. Art. 2. Se i negoziati per la pace non approdas sero, questo periodo di tempo potrà essere prolungato di comune accordo.

Art. 3. Una commissione che sarà designata dalle due parti fisserà una zona neutra tra i due eserciti. Art. 4. Nel caso di ripresa delle ostilità le due parti dovranno darsi un preavviso di 48 ore. Questo termine decorrerà dal giorno nel quale il preavviso sa rà stato comunicato alla parte avversariae dalle ore 8. Art. 5. Durante la sospensione delle osti'ità, la flotta ottomana non si opporrà al rifornimento dell'e sercito bulgaro di viveri e munizioni, tra il golfo Aros e il Mar Nero.

Nel frattempo la Turchia e la Bulgaria si erano messe d'accordo (15 Aprile) per sospendere le osti lità per un periodo di 8 giorni sulle seguenti basi : e

Poco dopo, il termine di questo armistizio fu pro rogato fino al 4 Maggio e vi aderirono alle stesse con dizioni la Grecia e la Serbia. Il 3 Maggio tanto gli Alleati che la Porta facevano sapere alle Potenze che accettavano la loro media zione. Il Governo Ottomano designò subito i suoi plenipotenziari dicendo che, per parte sua avrebbe veduto con piacere scegliere Londra per sede dei negoziati. Gli Alleati espressero lo stesso desiderio.

Una volta ottenuta l'adesione delle due parti, la Conferenza degli Ambasciatori procedette alla reda zione del testo del Trattato di pace che sottopose ai plenipotenziari degli Stati belligeranti appena si riunirono a Londra.

Ma, come al solito, le trattative dopo parecchi giorni non lasciavano ancora intravvedere una solu zione, quando il 27 Maggio Sir Edward Grey, d'ac cordo con gli ambasciatori si decise a fare un passo

236 LA RIPRESA DELLA

Iniziativa di Sir Edward Grey 237

energico e risoluto per vedere di troncare gli indugi. Invito a recarsi da lui i capi delle cinque delegazioni, ai quali diede lettura a ciascuno successivamente di una dichiarazione redatta il giorno prima dagli ambasciatori, nella quale era detto che « essendo già passata una settimana con delle vane trattative fra gli Alleati e i loro avversari ottomani ed alcun resultato pratico non essendo possibile raggiungere con questo sistema, le Grandi Potenze pensavano che era venuto il momento per i belligeranti di firmare il progetto di Trattato da essi compilato senza cercare di farvi alcuna modificazione » .

Sir Edward Grey commento tale dichiarazione con parole energiche, mettendo bene in rilievo che la deliberazione delle Potenze era definitiva, e che bisognava assolutamente venire alla conclusione e finire.

Qualunque domanda di garanzie relativa alle que stioni che le Potenze si sono riservate di regolare detto in tono risoluto è inutile. Vi abbiamo promes so che sarete sentiti quando tali questioni si tratteran no. Manterremo la promessa. D'altra parte non è per il fatto che qualche parola può essere tolta od aggiun ta da voi nel testo già, in massima accettato dai vo stri Governi, che le Grandi Potenze, se avessero inten zione di agire verso di voi ingiustamente, si asterreh hero dal farlo. Le vostre modificazioni nulla cambie ranno alle decisioni prese () da prendere. Quindi le Delegazioni che vogliono firmare la pace lo facciano immediatamente. Quanto alle altre, non vi è ragione alcuna prolunghino il loro soggiorno a Londra.

Il linguaggio energico del Ministro Britannico ebbe il suo effetto. All'indomani i capi delle Dele gazioni fecero sapere a Sir Edward Grey, di aver ricevuto dai loro Governi le istruzioni che permette vano loro di firmare il protocollo.

IL TRATTATO PRELIMINARE.

Il 30 maggio, a mezzogiorno e un quarto, in pre senza di Sir Edward Grey, nella grande sala dei ritratti del palazzo di St. James i preliminari di pace erano firmati in cinque esemplari. Eccone il testo :

Art. 1. Vi sarà a datare dallo scambio delle ratifi che del presentetrattato, pace ed amicizia in perpetuo fra S. M. I. il Sultano di Turchia da una parte, e le Loro Maestà i Sovrani alleati, come fra i loro eredi e successori, i loro stati e sudditi rispettivi.

Art. 2. S. M. I. il Sultano cede alle LL. MM. i So. vrani alleati tutti i territori del suo impero sul conti nente europeo a l'ovest di una linea da Enos sul Mare Egeo, a Midia sul Mar Nero, ad eccezione dell Aubania. Il tracciato esatto della frontiera da Enos a Midia sarà determinato dauna commissione nominata, ecc., ecc.

Art. 3. S. M. I. il Sultano e LL. MM. i Sovrani alleati dichiarano di rimettere a S. M. l'Imperatore e Re d'Ungheria, al Presidente della Repubblica Fran cese, ` a S. M. il Re dela Gran Bretagna ed Irlanda, Imperatore delle Indie, aS. M.il Re d'Italia, e S. M. l'Imperatore di tutte le Russie la cura di stabilire la delimitazione delle frontiere dell'Albania e di tutte ile altre questioni che concernano l'Albania.

Art. 4. S. M. I. il Sultano dichiara di cedere alle LL. MM. i Sovrani alleati l'isola di Creta e di rinun ziare in loro favore a tutti i diritti di sovranità e altri che possedeva sull'isola.

Art. 5. - S. M. I. il Sultano e LL. MM . i Sovrani al leati dichiarano di confidare a S. M. l'Imperatore di Germania, a S. M. l'Imperatore d'Austria e Re d'Un gheria, al Presidente della Repubblica Francese, S. M. il Re d'Italia, S. M. l'Imperatore di tutte le Russie la cura di decidere sulle sorti di tutte le isole ottomane dell'Egeo eccettuata Creta e della Penisola del monte Athos.

Art. 6. - S. M. I. il Sultano e LL. MM. i Sovrani al leati, dichiarano rimettere ai Sovrani alleati la cura di regolare le questioni di ordine finanziario risultanti dallo stato di guerra che finisce, e delle cessioni terri toriali qui sopra menzionate alla Commissione inter

238 LA RIPRESA DELLA
GUERRA

nazionale convocata a Parigi alla quale hanno dele gato i loro rappresentanti.

Art. 7. Le questioni che concernano i prigionieri di guerra, le questioni di giurisdizione, di nazionalità e di commercio saranno regolate da convenzioni spe ciali.

I delegati Turchi e Balcanici tennero ancora altre sedute per regolare le altre questioni ; ma senza riuscire a mettersi d'accordo. Il 9 Giugno tennero la loro ultima seduta approvando una risoluzione che constatava come all'accordo non si fosse potuto arrivare, secondo il testo seguente proposto dal delegato Serbo Pavlovich :

Cercando di poter eseguire d'accordo le disposizioni dell'art. 7 del trattato di pace, 17-30 maggio 1913, i de legati dei Paesi rappresentati alla Conferenza, han do vuto riconoscere che si arriverà più facilmente a un resultato definitivo se il trattato di pace sarà comple tato da atti separatamente stipulati fra i Governi ri. spettivi. In conseguenza hanno deciso: 1.° di lasciare ai rispettivi Governi la cura di procedere alla stipula zione di questi atti fra loro; 2.° di por fine con quella d'oggi alle sedute della Conferenza.

LA CONFERENZA FINANZIARIA.

La Conferenza finanziaria di Parigi, riunita in se duta plenaria il 16 Giugno, approvò il suo regola mento interno, nel quale l'art. 2 relativo al sistema di votazione stabiliva che le decisioni dovevano es sere prese alla unanimità dei voti degli Stati rap presentati. Le Delegazioni Austro-Ungarica ed Ita liana accettarono, ma con la riserva della approva zione dei rispettivi Governi. La delegazione tedesca declinò ogni responsabilità sulle difficoltà alle quali si andava incontro che tutte le questioni dovessero essere risolute alla unanimità.

Il Signor Stancioff delegato bulgaro fece a nome dei delegati Balcanici la dichiarazione seguente :

239
La Conferenza finanziaria

DELLA GUERRA

Gli Stati balcanici che non sono stati consultati sul progran ma relativo alle deliberazioni dele Grandi Po tenze, si presentano alla Commissione nelle condizioni stabilite dall art. 6 del trattato di pace. Credono quindi che tutte questioni finanziarie risultanti, sia dalla guerra, siadada occupazione di territorîannessi,sieno l'egolate dalla Commissione che siede a Parigi ed alla quale gli Alleati sono rappresentati. Opinano che l'at tribuzione agli Stati balcanici di una quota parte dei debiti che incombono alla Turchia debba avere per con seguenza dei compensi pecuniari che la Turchia deve dare agli Stati balcanici.

240
LA RIPRESA

LA CREAZIONE DELL'ALBANIA. LA QUESTIONE DI SCUTARI.

MANTEGAZZA. La
16
guerra balcanica,

L'EUROPA CONTRO IL MONTENEGRO.

Quattro anni fa a Cettigne. Austria e Russia d'accordo ! La Russia non era pronta. Una questione di amor proprio nazionale. L'Austria ha dovuto cedere su tutto. Il blu f. I due periodi. Come all'epoca dell'annessione della Bosnia Erzegovina. L'Italia e il Montenegro. L'Italia e l'Albania. L'opinione di Rénè Pinon. La pulce ! II grande Impero tenuto in iscacco. Cercava un pretesto? Provocazioni austriache. In Asia Minore. Il Montenegro sacrificato !

L'EUROPA CONTRO IL MONTENEGRO.

Chi avrebbe mai potuto immaginare quattro anni fa, quando i Governi e le Corti d'Europa facevano a gara nel testimoniare la loro deferenza verso il vecchio Sovrano del Montenegro, in occasione delle feste per l'incoronazione, che, a cosi breve distanza di tempo, quegli stessi Governi e quelle stesse Corti si sarebbero trovati tutti, tutte d'accordo in un'azio ne contro il Montenegro e il suo Re ? In questo mo mento più che mai, mi si affaccia alla mente il ricordo del giorno, nel quale con una grande solen nità, l'inviato speciale dello Czar consegnò al nuovo Re il bastone emblema del grado di maresciallo russo. Il vecchio Re, che l'avo dello Czar attuale, in un triste periodo della Storia dell'Impero moscovi ta, quando questo pareva avere contro di sè tutta l'Europa, chiamò il suo migliore amico, indossò per la prima volta in quella occasione la nuova uni forme dell'esercito montenegrino, che è, in fondo, l'uniforme russo. Re Nicola, del quale sono così popolari i ritratti e le illustrazioni che lo raffigurano vestito dell'antico costume montenegrino che suole

DELL'ALBANIA

portare abitualmente, pareva trovarsi un po' a disa gio in quell'uniforme militare moderna. Ma, l'onore di essere considerato, come si disse allora, il coman dante supremo del Corpo di avanguardia dell'eser cito russo in un eventuale conflitto contro l'Austria ed il Pangermanismo, valeva bene il sacrificio della dalmatica azzurra, riposta per un po' di giorni nel guardaroba !

Quel bastone di maresciallo sembrò allora un simbolo ; una promessa. Nel momento nel quale una corona reale si posava sul capo del valoroso sovrano del piccolo paese, parve a tutti che con quell'atto lo Czar volesse affermare ed avvertire. Affermare una volta di più la sua amicizia per il nuovo Regno, ed avvertire l'Europa che il Monte negro era oramai sotto la sua protezione. Durante quelle feste durate parecchi giorni, l'inno russo fu molte volte ripetuto ed acclamato, e, naturalmente, non s'intese, fuorchè nelle circostanze imposte dal l'etichetta, l'inno austriaco.

Dopo quattro anni Austria e Russia si trovano d'accordo nell'imporre al Montenegro di rinunziare a Scutari. È la rivincita dell'Austria. E il governo dello Czar, in quella nota del ministero degli esteri, diplomaticamente senza precedenti per l'asprezza del suo linguaggio, ha trattato ben duramente.... il maresciallo russo, togliendogli qualunque illusione di poter ancora contare sul suo appoggio ove inten desse ribellarsi al volere delle Potenze. Illusione che, fino all'ultimo momento, l'atteggiamento di Pie troburgo aveva contribuito ad alimentare.

Perchè, in fondo, il Montenegro, aveva ragione di sperare ancora, quando, essendo intervenuto l'ac cordo delle Potenze, la Russia, pur dichiarando di approvare la dimostrazione navale, non volle natu ralmente parteciparvi . Che cosa poteva voler dire questo riserbo se non una prova che la Russia si associava ai passi diplomatici delle altre Potenze

244 LA CREAZIONE

Se Scutari fosse caduta prima!... 245

non volendo rompere l'accordo europeo ; ma non dissimulando però le sue simpatie per il piccolo Regno ? Che cosa è intervenuto in questo frattempo, per indurre la politica di Pietroburgo a mutare il suo atteggiamento e ad usare un linguaggio così duro contro il Montenegro ? Per spiegare tutto questo si è costretti a navigare nel mare delle induzioni. Il Montenegro è stato disgraziato. Questa volta la fortuna ha tradito questo pugno di valorosi, che, per secoli, quando tutta la Penisola Balcanica era sotto il giogo ottomano seppe tener testa all'esercito della Mezzaluna... Se Scutari fosse caduta due mesi fa, e anche qualche giorno prima o dopo la presa di Adrianopoli, le cose avrebbero preso tutta un'al tra piega. Chi avrebbe potuto cacciarne Re Nicola deciso a morire piuttosto che cedere ? E avrebbe l'Austria rischiato una guerra.... per dare Scutari al nuovo Stato albanese ? È lecito dubitarne. Ma, in queste ultime settimane, e, specialmente dopo la presa di Adrianopoli, la situazione si è viep più complicata. La questione di Scutari per la po litica austro-ungarica, è oltre a tutto una questione di amor proprio nazionale. Specie per il partito mi litare del quale tutti sanno quanto sia sempre gran de l'influenza. Dalla dichiarazione di guerra degli alleati in poi, l'Austria-Ungheria, ha dovuto sempre cedere su tutto, e rinunziare completamente al pro gramma che fu la base della sua politica dal giorno nel quale ottenne dal Congresso di Berlino il man dato di occupare ed amministrare la Bosnia e l'Er zegovina. Cedere ancora nella questione di Scutari, sarebbe stato -- si dice del resto apertamente dalla stampa austro-ungarica ispirata da quei circoli un riconoscere la nostra importanza e, quindi, più che mai menomata la posizione dell'Impero di fron te all'Europa. Ed allora ha incominciato, come suol dirsi, a fare la voce grossa. Ma anche per un'altra ragione. Perchè cioè si vide chiaro che dall'altra

parte - dalla parte della Russia non vi era l'in tenzione di fare la guerra, anche, se, mesi sono, per un certo periodo, essa sembrò decisa a ricorrervi, date certe eventualità. All'Austria con la sua mobi litazione è riuscito anche questa volta il « bluff » , al quale ha dovuto l'atteggiamento dell'Europa all'e poca dell'annessione della Bosnia-Erzegovina. E su per giù è passatoper le stesse fasi di quattro anni fa l'atteggiamento della politica di Pietroburgo. Allo scoppiare della crisi pareva decisa a tutto. Man ma no che la situazione andò complicandosi e la possi bilità d'un conflitto parve accentuarsi, si fecero stra da le apprensioni. La Russia non è ancora pronta. Per quanto sieno in gran parte rimarginate le fe rite dell'ultima guerra dell'Estremo Oriente, non crede di essere arrivata a quel tal grado di poten zialità economica e militare da potersi lanciare in una nuova guerra con la certezza del successo. Ed ha preso il sopravvento nei Consigli dell'Impero la corrente che ritiene favorevoli alla Russia tutte le soluzioni che hanno un carattere provvisorio : ri. mandando le soluzioni veramente definitive al gior no nel quale lo sviluppo economico e la potenzialità militare della Russia sarà tale da permetterle di par lare alto e forte e di lanciarsi all'occorrenza anche in una guerra con tale prevalenza numerica da as sicurarle il successo.

Se ben si considera l'azione diplomatica di questi ultimi mesi, si vede che essa può dividersi in due periodi ben distinti. Nel primo l'Austria in armi minaccia, e alla minaccia risponde prontamente la Russia ammassando dei battaglioni alla frontiera. Vi sono stati in quel primo periodo dei giorni di ansia nei quali pareva realmente, che il conflitto potesse scoppiare da un momento all'altro. Allora, tal quale come quattro anni fa, la Germania tenne un contegno riservato. Per quanto Germania e Russia appartengano a due gruppi diversi di alle

246 LA CREAZIONE

La politica tedesca 247

anza, non vi è fra loro quell'antagonismo che può far tenere un conflitto. Una frase profferita molti anni fa da un uomo politico caratterizza assai bene il carattere delle relazioni fra i due grandi imperi. Fra la Russia e la Germania, diceva quell'uomo po litico, non vi è mai nulla di irrimediabile... Meno che mai, quindi, la Germania poteva essere trasci. nata alla guerra, solamente per l'Austria. Quando si sente che assolutamente la Russia non vuol lasciarsi trascinare alla guerra, incomincia quello che si può chiamare il secondo periodo. Ed allora è quanto mai evidente l'analogia con quanto avvenne quattro anni fa. Come all'epoca dell'annes sione della Bosnia, la Germania esce dal riserbo e prende posizione al fianco della sua alleata, pronta a sguainare la spada... quando si sa che le spade rimarranno nel fodero. Allora i capi di governo e i Ministri degli esteri diventano loquaci , e dalla tri buna proclamano la necessità, se occorre, di mi sure coercitive contro gli Stati balcanici che non vorranno sottomettersi e si verifica per la prima volta il miracolo di un'Europa tutta quanta coaliz zata contro il più piccolo dei suoi stati: contro il Montenegro! La flotta internazionale, anche questa volta comandata da un ammiraglio britannico, si presenta, come trentadue anni fa, nelle acque del Montenegro. Ma con uno scopo assolutamente op posto. Allora, era per costringere la Turchia e gli alba nesi a cedere Dulcigno al Montenegro e lasciare Scu tari agli albanesi. Forse, anche questa volta, co me allora, i comandanti delle navi hanno l'ordine di non sparare un colpo di cannone e di non sbar care nemmeno un uomo. Trentatré anni fa fu con questa condizione, che si potè ottenere la parteci pazione di tutte le potenze alla dimostrazione. Ma questa volta, a parte questa condizione, la situazione non solo è diversa, ma è molto più grave. Allora si trattava di far cedere Dulcigno al Montenegro. In

DELL'ALBANIA

fondo le flotte internazionali erano là per costrin gere la Turchia e gli albanesi ad eseguire le deli berazioni del Congresso di Berlino. Oggi è per far rispettare... la volontà dell'Austria contro il Mon tenegro.

L'Italia, malgrado le simpatie sue vivissime per il valoroso popolo Montenegrino, e i vincoli dai quali sono unite le due Dinastie, non poteva esimersi dal prendere parte alla dimostrazione. Non poteva, giac chè bene o male si era arrivati a questo accordo eu ropeo, assumersi la responsabilità di romperlo. Ma a me sembra avrebbe potuto avere un atteggiamento direi così, più passivo, tanto nel primo come nel se condo periodo della complessa azione diplomatica alla quale ho accennato. Nel primo periodo, quando era tutt'altro che esclusa l'eventualità di una guerra fra la Russia e l Austria, non sarebbe stato forse meglio starsene molto in disparte, non impegnarsi, come si suol dire, a fondo, e lasciare che altri rac cogliesse tutta l'animosità da parte di popoli che si vedevano ostacolati nelle loro legittime aspirazioni?

I patti della triplice sono segreti, è vero. Ma pare evidente non possono costringere l'Italia a prendere le armi in favore dell'Austria, se questa si lancia in una guerra di conquista, come sarebbe stata quella tante volte minacciata contro la Serbia. Malgrado l'alleanza che ci unisce, abbiamo da pertutto, con l'Austria, interessi in contrasto. So pratutto poi per quanto riguarda la Penisola Balca nica. Noi abbiamo seguito con la più viva simpatia, e, non da ora soltanto, il movimento per la indipen denza delle varie nazionalità della Penisola. L'Au stria, che nell'alternarsi di queste nazionalità e nel loro sviluppo ha sempre veduto un grande pericolo per la sua costituzione interna e per le sue mire espansioniste, le ha sempre osteggiate. Noi abbiamo sempre fatto voli dal giorno della dichiarazione della guerra per il trionfo degli Alleati balcanici; in Au

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stria si è invece sempre sperato nel successo delle armi ottomane.

Tale nostro atteggiamento e le continue manifesta zioni di simpatia per i popoli balcanici, avevano completamente fatto dimenticare a questi ultimi, il risentimento provato per la firma del trattato di Losanna, all'indomani dello scoppio della guerra fra loro e la Turchia. Standocene un po' in disparte potevamo mantenere e crescere tali simpatie che hanno pure il loro grande valore e la loro grande importanza. Nè si dica con una delle solite frasi fatte e più che mai di moda in questi ultimi tempi, che quando si parla e si discute sulla base delle simpatie, si fa della politica di sentimento, cioè una politica non pratica e sterile. Quando queste sim patie o antipatie possono condurre a favorire i no stri prodotti... 0 a farli boicottare, mi pare non si tratti solo di sentimento ma di veri e propri inte ressi materiali.

Avvenuto l'accordo si sarebbe potuto ancora avere, se non altro come mi pare di aver già accennato in un precedente articolo alla Rassegna Contempo. ranea (1) una intonazione un po' diversa. Comprendo perfettamente la grave responsabilità che nella intricata situazione internazionale pesa su chi regge la nostra politica estera, e come sia pericoloso il formulare dei giudizi senza conoscere fatti e circostanze che, naturalmente, non possono essere di ragione pubblica. Non si sa ancora, nè si sapranno certo per un pezzo i particolari relativi alle trattative che si sono svolte in tutto questo pe riodo, specialmente per tutto quello che riguarda le relazioni nostre con l'Austria-Ungheria, ed alle ra gioni e al modo col quale siamo stati trascinati ad assumere con l'Austria in parti uguali l'odio sità di un'azione coercitrice ed antipatica contro la Serbia e il Montenegro. Vi devono essere state cer (1).Dove anche questo articolo fu pubblicato.

L'alleggiamento dell'Italia 249

tamente delle forti ragioni perchè si manifesti ora tra questo nostro atteggiamento e l'intonazione del l'ultimo discorso del marchese di San Giuliano, co sì chiaro nello stabilire quale doveva essere la con dotta dell'Italia, una certa contraddizione. Vi de vono certamente essere delle ragioni che sfuggono a chi non può avere in mano tutti gli elementi di giudizio, per spiegare come, dal momento che un accordo simile si è stretto con l'Austria, a proposito dell Albania, non si sia pensato, o non si sia potuto fare in modo mentre tutto pare far credere che l'Austria abbia avuto bisogno di noi che ci si tro vasse di fronte al nuovo Stato che si sta creando in condizioni perfettamente uguali, con l'abbandono da parte dell'Austria del suo protettorato sui catto lici albanesi, o trovando il mezzo per cui tale pro tezione appartenesse d'ora innanziall'Austria e al l'Italia allo stesso titolo. Nel nuovo Stato dipendente o semi-indipendente vi sarà così una gran parte del la popolazione, una parte cioè della nuova Albania -- e principalmente Scutari centro cattolico - sotto il protettorato austro-ungarico. Per questo, fino da quattro mesi fa quando la questione dell'Albania, sebbene già sul tappeto, non preoccupava ancora l'attenzione dell'Europa allora rivolta ai campi di battaglia della Tracia e della Macedonia, io sostene va in una lettera al Giornale d'Italia che se un'Alba nia si doveva creare doveva essere uno stato asso. lutamente indipendente, nel quale, evidentemente, non vi può essere posto per protezione da parte di altri Stati che menomano i diritti di sovranità di un paese . Un'Albania autonoma mi scriveva in quei giorni Renè Pinon sarà necessariamente une Al banie autrichienne.

E questo è evidentemente uno degli scopi ai quali ha mirato sempre e continuerà a mirare la politica di Vienna. La quale non ha mai fatto misteri delle sue intenzioni, nè prima nè dopo gli avvenimenti

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Iniziative Austro-Ungariche 251

che si stanno svolgendo. A tale proposito non mi pare inopportuno richiamare l'attenzione su un certo movimento che già si nota in Austria. Dopo il Con gresso albanese tenuto a Trieste, e della cui orga nizzazione pare si sieno occupati attivamente Impe riali Regi funzionari, ecco che già si annunzia nei giornali la costituzione di una società di studio per l'Albania, che qualcuno considera già come una specie di Colonia Austro-Ungarica. Mi condurrebbe troppo per le lunghe se volessi, fin da ora, discu terne il programma e cercare fra le righe dei di scorsi pronunziati in una seduta che ebbe luogo per la sua costituzione e i comunicati pubblicati dai giornali, il fine che la Società si proporrà. Ma non è nemmeno necessario. I nomi dei promotori parlano da sè, e lasciano capire ogni cosa. Figurano fra essi alcuni dei più noti italofobi. E sta bene. Ognuno è nel suo diritto. Ma quello che si sta già facendo in Austria dovrebbe servire d'ammonimento per noi, e quel che si è fatto per la Libia dovrebbe farsi an che per l'Albania dove, malgrado l'attiva propaganda dell'Austria, anzi appunto per questo, e perchè tutti capiscono tutto ciò non essere disinteressato, qual che punto d'appoggio possiamo trovarlo noi pure.

Nel volere assolutamente Scutari albanese l'Au stria -Ungheria ha mirato a un doppio scopo. Quello di fare un'Albania più grande, e di impedire a sua volta al Montenegro di ingrandirsi. Bisogna aver vissuto in Austria, e aver frequentato i circoli uf ficiali, e sopratutto il mondo militare, per poter for marsi un'idea di una cosa che pare impossibile, trat tandosi di un vasto e potente Impero e di un piccolo paese di poco più di 200 mila abitanti; dell'odio in tenso dell'Austria per il Montenegro: per questa pulce noiosa come dicono con accento di disprez zo gli umciali dell'esercito -- che possiamo schiac ciare quando vogliamo... Viceversa questa pulce per adoperare la parola dei circoli militari - è riu

DELL'ALBANIA

scita più di una volta a tenere in iscacco il potente Impero. Ed è questo che li esaspera. Il Montenegro è un pruno nell'occhio dell'Austria per due ragioni principalmente. Prima di tutto perchè, interposto fra l'Austria e l'Albania, le impedisce di espandere la sua influenza direttamente da quella parte. Cosa che le duole ora più che mai dopo che si è veduto chiudere per sempre la via di Salonicco. In secondo luogo perchè dei paesi serbi, è quello che è sempre sfuggito alla sua influenza, e che, qualche volta, grazie allo spirito ed alla furberia di Re Nicola si è anche preso giuoco di lei. Dei paesi serbi, il Monte negro è quello che le è sempre sfuggito, che più volte l'ha sfidata impunemente, e contro il quale, specialmente dopo l'abbandono del Sangiaccato di Novi Bazar e la rinunzia all'art. 27 del trattato di Berlino relativo al porto di Antivari, non ha più modo di agire. Contro la Serbia poteva chiudere i mercati d'oltre Danubio, facendo dichiarare da due veterinari compiacenti che nel bestiame serbo vi era l'epizoozia o qualche altra malattia. E' il mezzo al quale la politica di Vienna ha ricorso fino ad ora tutte le volte che ha voluto esercitare una pressione. D'altra parte non è un mistero per nessuno che le bande albanesi della Vecchia Serbia han sempre ri cevuto armi e denari magari col tramite dei preti cattolici, e questo serve a sottolineare che cosa vuol dire a volteil protettorato austriaco sui cattolici al banesi - per combattere i serbi, che pian piano ave vano finito per abbandonare il loro paese e rifu giarsi nel vicino Regno onde sfuggire alle vessazioni, alle prepotenze ed alle crudeltà da parte degli alba nesi.

Ma contro il Montenegro non vi era nulla da fare. Chè anzi, come si è visto due anni fa, una parte della popolazione albanese simpatizzava col Montenegro, dove trovavano rifugio e protezione da parte di Re Nicola quando erano in lotta con la Turchia. E dopo

252 LA CREAZIONE

Congresso di Berlino 253

la liberazione - chiamiamola cosi del porto di Antivari , e le nuove comunicazioni da quella parte con la Capitale, non ha più potuto nemmeno eserci tare quel controllo, che sarebbe più esatto chiamare spionaggio, dal momento che si leggevano anche le lettere, quando per andare a Cettigne bisognava as solutamente sbarcare a Cattaro e tutto passava da quella parte. La storia si ripete. Oggi, come trentaquattro anni fa, tutta la politica austriaca pare avere come unico scopo, quello di umiliare il Montenegro - e per il Montenegro come paese indipendente, e perchè col pendo il Montenegro sa di colpire la razza serba, in quella che finora era stata considerata un po' come la sua rocca inespugnabile. A Berlino furono, natu ralmente su proposta dell Austria, sostanzialmente modificati i confini che il Trattato di Sanstefano a. veva assegnato al Principato Montenegrino. Come è noto, mentre in alcuni articoli erano state stabilite le cose in modo da isolare quasi completamente i figli di questa terra classica della indipendenza serba dai loro fratelli delle altre regioni, con altri articoli, il Principato era stato messo e vi rimase fino a quattro anni fa sotto alcuni punti di vista alla dipendenza dell'Impero Austro-Ungarico. Con l'occupazione mista del Sangiaccato di Novi-Bazarcioè col diritto di tenere guarnigione in un paese ricco di tante memorie per la patria serba mentre l Austria si era garantita dei posti avanzati sulla via di Salonicco, aveva messo un cuneo fra i Serbi del Regno e i loro fratelli del Montenegro. Impe dendo al Principato di aver navi da guerra, e stabi lendo che la polizia niarittima dei porti e della costa Montenegrina dovesse essere esercitata dall'Austria, aveva reso pressochè impossibile ogni sviluppo com . merciale su quella costa. Ma come ciò non bastas se e perchè l'Austria avesse ancora una più efficace garanzia, con un altro articolo del trattato fu in

Al

corporato alla Dalmazia, vicino ad Antivari, con un lembo di territorio, il comune di Spitza dalle cui al ture si domina il portoe se ne può impedire l'accesso, Spitza che i battaglioni Montenegrini avevano con quistato a prezzo di tanto sangue.

L'Austria-Ungheria ha intensificato tutta la sua azione durante questa guerra contro i serbi, ed ha trascinato l'Europa a seguirla, con lo spauracchio della guerra europea; prima nella questione di Du razzo e dello sbocco serbo nell'Adriatico, ed ora con quella di Scutari. Ad ogni momento durante lo svol gersi degli ultimi avvenimenti, è sorto qualche in cidente austro-serbo del quale la stampa dell'Impero, come se obbedisse ad una parola d'ordine, ha esa gerato l'importanza, facendo temere delle compli cazioni. Ma una vera campagna fu montata per i spirazione del partito militare dopo la missione del Principe Hohenlohe a Pietroburgo, quando la con segnadeila lettera imperiale allo Czar, una nota uf ficiosa russa assicurò l Austria aver dato la sua pa rola di non attaccare la Serbia : nota che non essendo stata pubblicata d'accordo col governo di Vienna, provocò nella stampa austro-ungarica un vivo ri sentimento, e dei commenti asprissimi . E' bene no tare, che tali polemiche col relativo seguito di retti fiche e di smentite, si svolgevano in un momento che poteva essere decisivo per le sorti di Scutari e del Montenegro. Quando cioè erano arrivati sotto Scu tari i battaglioni serbi, e si attendevano da un mo mento all'altro i cannoni di assedio, mandati da Belgrado, coi quali pareva certo la piazza sarebbe caduta in pochi giorni, e la politica austriaca si rese ben conto che ove Re Nicola fosse entrato in Scutari, l'Europa avrebbe finito per accettare come sempre il fatto compiuto. Fu quello il momento nel quale la politica austro-ungarica intensificò le sue minac ce, e la stampa dell'Impero cogliendo pretesto da una quantità d'incidenti, sorti o provocati in buon

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Per non lasciarla sola... 255

punto, domandò al governo di essere energico di fronte alle provocazioni serbe, attaccando piuttosto vivamente il Bertcholdt per la sua debolezza e il suo atteggiamento irresoluto. Per eccitare l'opinione pub blica, una parte della stampa ricorse anche al solito mezzo delle notizie inventate di sana pianta. Così fu scritto da un giornale che otto suore erano cadute vittime del fanatismo ortodosso. E un giornale che rappresenta tutto ciò che vi è dipiù semita a Vienna, la Freie Presse, sciolse un inno alle martiri cristia ne, morte fra gli oltraggi e i supplizi piuttosto che abiurare la loro fede... Sembrò evidente che nell'ingrossare tutti questi in cidenti, la politica di Vienna cercasse un pretesto per intervenire. La provocazione non poteva porsi in dubbio. Voleva realmente la guerra, o si è trattato anche questa volta di un grande e colossale bluff come - lo si vide dopo - è stato, in fondo, quello di quattro anni fa? Difficile poter rispondere a tale domanda. Il suo atteggiamento è statoforse la resul tante delle diverse correnti dell'opinione pubblica. Non si è fatta la guerra: ma una soddisfazione è stata data al partito militare minacciandola e prepa randosi, ed ottenendo di impedire l'espansione dei due rami indipendenti della razza serba. Comunque sia, alla minaccia -- anzi alle ripetute minaccie J'Europa ha creduto. Sono state quelle che, come diceva, hanno operato il miracolo di mettere l'Eu ropa tutta quanta d'accordo in una azione così poco simpatica, contro un pugno di valorosi, che, anche questa volta come nei tempi andati, si erano impo sti alla sua ammirazione. Le potenze si sono unite all'Austria per non lasciarla sola... Messa cosi in una situazione difficile, di parità con le altre Potenze, a questa parità si rassegna mal yo lentieri, e vuol subito fare qualche cosa di diverso per mettersi in certo modo in prima linea. Appena l'accordo è stabilito, ecco che i suoi battaglioni van no a fare le loro esercitazioni al confine montene

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grino e ad eseguirvi dei tiri d'artiglieria, coll'evi. dente doppio scopo di intimidire il Montenegro e di accattivarsi le simpatie del nuovo Stato albanese.... Deve in qualche modo apparire evidente che l'Au stria ha, anche nell'accordo, una posizione diversa dalle altre Potenze, e che il Montenegro ad essa de ve cedere! Le navi che bloccano le coste Montene grine, sebbene comandate da un ammiraglio britan nico, paiono prendere gli ordini da Vienna. Dopo quattro anni da che Antivari è stato dichiarato porto libero, invece della piccola cannoniera che l'Au stria aveva diritto di tenere in quel porto per la polizia marittima a lei aflidata dal Trattato di Ber lino, vi manda le sue corazzate. Le batterie austro-ungariche mandate a fare le esercitazioni di tiro al confine montenegrino, come i cannoni di Semlino puntati su Belgrado sintetizzano la politica dell'Impero degli Absburgo nei Balcani: politica, che, naturalmente, ha le sue ripercussioni all'interno che possono da un momento all'altro diventare minacciose per la compagine dello Stato. E' la minaccia continua, incessante, e più forte dopo che la Russia ha deluso le speranze in essa riposte a Belgrado e a Cettigne. Scutari albanese vuoldire, secondo quanto si dice apertamente a Vienna, la fine del Montenegro, e, nel tempo stesso, il mezzo per l'Austria, con gli albanesi cattolici, di molestare la Serbia : di avere sempre pronto al momento oppor tuno qualche incidente per creare difficoltà o minac ciare il regno vicino. Scutari in mano amica è quindi perl'Austria una posizione contro il Monte negro, e contro la Serbia. L'èra delle complicazioni non si chiuderà certamente con la firma del Trat tato di pace, e nemmeno quando sarà avvenuta, da parte degli alleati balcanici, la divisione delle spoglie e sarà creato il nuovo Stato albanese. Non si può credere, malgrado l'aspro linguaggio della nota rus sa alla quale ho accennato al principio di questo articolo, che la politica di Pietroburgo abbia abban

256 LA CREAZIONE
IL PRINCIPE EREDITARIO DI RUMENIA. 6
UN CAMPO BULGARO DAVANTI AD ADRIANOPOLI .

Il Montenegro sacrificato 257

donato completamente al loro destino i popoli slavi della Penisola, che, ognora, avevano contatoe sperato sul suo aiuto. Anche in questo stesso documento, nel quale è così acerbo il rimprovero per il Monte negro, mentre, in sostanza, lo lascia in balia della sua grande avversaria, la Russia ha però fatto l'apo logia dell'opera sua in favore delle nazionalità balcaniche. Si afferma ancora in certo qual modo come la loro grande protettrice.... proprio mentre l'abbandona e nel momento nel quale stavano per raggiungere la mèta delle loro aspirazioni na zionali. Questo accordo Austro-Russo non è forse una tregua. Ed il caso non è nuovo nelle relazioni fra i due Imperi a proposito delle questioni bal caniche. Già altre volte l'Europa ha trepidato per il timore di un conflitto e quando pareva più im minente, le nubi si sono diradate e sono venute fuori la notizia di un accordo, e delle relazioni cor diali ristabilite. Meno che mai dopo gli insuccessi dell'Oriente Estremo, la Russia può disinteressarsi di quello vicino. Dell'accordo così solennemente proclamato con la nota contro il Montenegro, non va esagerata l'importanza ! Altri avvenimenti maturano ai suoi confini meri. dionali. Chiusa, o per lo meno finita per quanto riguarda la Turchia, la questione Balcanica, la que stione d'Oriente non è finita : si sposta. Si hanno già i primi sintomi che lasciano comprendere come tra poco vedremo ripetersi nell'Asia Minore ciò che accadde in Macedonia : popoli che invocano l'appli cazione delle promesse riforme ; la Turchia, in capace di rinnovarsi, con governi e funzionari più che mai rapaci, spingere alla disperazione le popo lazioni; e, finalmente, le Potenze indirizzare la loro azione al mantenimento del famoso statu quo... La Russia a quegli avvenimenti, che da un certo punto di vista la interessano più da vicino, sta pre parandosi. E il Montenegro è stato sacrificato.

MANTEGAZZA. La guerra balcanica, 17

NOTE E DOCUMENTI.

Scoppiata la guerra, le Potenze furono sorprese dal precipitare degli avvenimenti e l'Austria -Un gheria non dissimulò la sua preoccupazione vedendo che oramai lo statu quo aveva finito di esistere.

LA POLITICA DELL'AUSTRIA.

A questo proposito fece una grande impressione un comunicato ufficioso da Vienna pubblicato dal Berliner Tageblatt e del seguente tenore :

La politica dell'Austria-Ungheria deve essere così de finita : prima della guerra abbiamo avuto la formula di Poincaré garantendo lo statu quo. Questa formula non ha impedito la guerra balcanica. Si tratta ora di sapere se una guerra europea può essere evitata. L'Au stria -Ungheria ha dei diritti di eredità nella Penisola Balcanica, come la Francia al Marocco. Per prevenire l'azione dell'Austria si è trovata la formula di Poincaré.

Oggi l'Austria aspetta il programma elaborato da Poincaré e dal Sazonoff. Sequesto programma impe disce ai popoli balcanici di conquistare dei territori, l'Austria -Ungheria rinuncerà a qualunque idea di riven dicazione: ma se le Potenze abbandonano questo pro programma, o non hanno la forza di farlo rispettare, l'Austria-Ungheria non si considererà più come legata e, al posto della politica europea che ha fatto finora, è fermamente decisa a inaugurare la politica degli in teressi austro-ungarici.

Non è certo l'Austria responsabile degli sconvolgi menti. Non dimentichiamo che l'atteggiamento passivo dell'Austriadi fronte alla occupazione del Sangiaccato da parte delle truppe serbe deve essere provvisoria. Nel

258 LA CREAZIONE DELL'ALBANIA

La stampa austriaca e successi serbi 259 caso in cui non si tenesse conto dei suoi interessi, l'Au stria è fermamente risoluta a intervenire attivamente negli avvenimenti dei Balcani.

Era questa del resto l'intonazione di tutta la stampa ufficiosa, sopra tutto preoccupata dei successi delle armi di Re Pietro e dalla più Grande Serbia che queste vittorie serbe parevano annunziare. Per la stessa ragione allarmarono a Vienna i primi suc cessi delle armi Montenegrine che nel mentre pote vano sempre più dar forza all'elemento serbo nella Penisola Balcanica, compromettevano l'esistenza di un'Albania destinata a impedire degli sbocchi nel \'Adriatico dell'elemento slavo rafforzato dai suc cessi della guerra.

Una parte della stampa però si rendeva conto che, di fronte alle rapide vittorie degli alleati, anche la politica dell'Austria-Ungheria doveva mutare un po' le sue direttive. La politica dello statu quo ave va fatto completo fallimento. Bisognava intervenire il più prestopossibile per impedire maggiori danni all'Austria, che già aveva dovuto rinunciare alle sue antiche aspirazioni. In un capitolo precedente (cap. Situazione rovesciata) è accennato alle preoc cupazioni della politica austriaca, alle straordinarie misure prese per essere pronta agli avvenimenti.

Ma da Belgrado si rispondeva manifestando in vece la più ferma intenzione di arrivare all'Adria tico.

La Serbia diceva il Presidente del Consiglio Pa. scich al corrispondente del Daily Telegraph ha sem pre desiderato uno sbocco sull'Adriatico coi porti del l'antico regno di Serbia, Alessio, San Giovanni e Du razzo. Il territorio che la Serbia reclama è la culla dello stato serbo e delle sue tradizioni nazionali. La Serbia spera che i suoi soldati, con l'aiuto di Dio, sbarazzeranno questo territorio da un oppressore bar baro e che l'Europa benedirà l'opera realizzata dopo tanti secoli di sofferenze. Malgrado le note della Ballplatz e le dichiara

zioni assai chiare del Pascich, fino a un certo punto l'impressione generale era che l'Austria-Ungheria si era rassegnata. Il fatto è che non ha protestato nè quando le truppe serbe invasero il Sangiaccato nè quando occuparono Uskub e Re Pietro vi fece il suo ingresso trionfale. Ma la nota energica, addi rittura comminatoria contro la Serbia del Fremden blatt venne quando occuparono Pritzrend con l'in tenzione di arrivare all'Adriatico attraverso l'Albania.

Allora incominciarono le note minacciose, mentre la stampa unanime protestava, dicendo che par tili in guerra col programma: i Balcani ai popoli Balcanici doveva essere rispettato anche il po polo albanese e una Albania, che comprende tutti i territori popolati da Albanesi doveva essere eretto in Stato indipendente, o, almeno, autonomo.

Il Ministro Austro-Ungarico a Belgrado chiamato a Vienna dal conte Bertcholdt ritorna alla sua resi denza con istruzioni precise e l'11 novembre precisa in una conversazione col Paschich le intenzioni e le esigenze dell'Austria-Ungheria e cioè : 1.° Garan zia completa all'Austria-Ungheria dei suoi sbocchi economici in Oriente e libertà della via commerciale che conduce a Salonicco; 2.° Integrità dell'Albania. All'indomani il 12 sera - altra nota dell'organo ufficioso del Ministero degli esteri, dal Fremden blatt così concepita :

« Dal principio della guerra l'Austria-Ungheria ha mostrato da sua simpatia per gli Stati balcanici e nes sun dubbio può sussistere sulleposizioni da essi prese. L'Austria-Ungheriariconosce pienamente l'indipenden za economica degli Stati balcanici. Essa trova pure per fettamente necessario alla Serbia di ottenere un porto per la sua esportazione, con la sola restrizione però che questo porto non si trovi sull'Adriatico. L'Austria ha provato che nutre intenzioni più che benevoli verso gli Stati balcanici » .

A A queste note austro-ungariche e specialmente a quella nella quale il Fremdenblatt aveva detto che

260 LA CREAZIONE

Una nota ufficiosa serba 261

ogni movimento serbo da Pritzrend verso ovest sa rebbe stato ingiustificato, il Samuprava, organo uf ficiale del Governo serbo, aveva risposto con queste osservazioni:

Che considerazioni di ordine nazionale, poli tico ed economico pongono la Serbia nella necessità di procurarsi uno sbocco sul mare;

« 2. Che nella guerra attuale gli albanesi si sono messi dalla parte dei turchi contro i serbi; « 3. Che gli albanesi non hanno mai domandato un territorio speriale;

« 1. (

« 4. Che nel Medio Evo gli albanesi hanno vissuto su territori dello Stato serbo o di quello bizantino; «< 5. Che questa è la prova migliore della loro in capacità a reggersi come Stato indipendente;

« 6. Che la creazione di un territorio speciale al banese sarebbe pericolosa per la pace balcanica e per il progresso degli altri Stati balcanici, superiori per ci viltà agli albanesi. Questi si sgozzano fra di loro come nel passatoe sarebbero nellemani di terzi comesono sempre stati sino ad oggi. Non vi è ragione, né dal punto di vista europeo, nè dal punto di vista della ci viltà, che per gli albanesi esista un territorio specia'e. E' al contrario evidente che nell'interesse della civiltà europea il territorio speciale non è necessario.

Intanto cadeva Salonicco in mano dei Greci, i Serbi entravano a Monastir dopo una cruenta bat taglia e continuavano la loro marcia su Durazzo, città nella quale entravano poco dopo. Il conflitto austro-serbo si faceva sempre più grave. La Serbia non si mostrò decisa a cedere nem meno quando fu evidente che la Russia sulla quale aveva contato non era disposta a battersi per lo sbocco serbo nell'Adriatico.

Il 14 novembre una informazione della ufficiale Politische Korrespondenz da Pietroburgo diceva : che il Gabinetto russo non ha altra mira che quel la di rimanere fedele alla missione storica dell'Impero degli Zer, aiutando i popoli balcanici e ortodossi.

Tale politica di cooperazione aggiungeva assume però sotto nessuna forma di fronte alla Serbia non

DELL'ALBANIA

un carattere atto a provocare una grave tensione. Ko kovzof e Sazonof sono guidati unicamente dal desiderio di evitare tutto ciò che potrebbe contribuiread acuire le divergenze di opinione. Il Governo di Pietroburgo è deciso ad astenersi da qualsiasi ingerenza circa la questione di un eventuale porto per la Serbia. Sareb be desiderabilissimo che all'estero tale politica russa, ispirata al sincero amore per la pace, venisse giusta mente apprezzata.

L'ATTEGGIAMENTO DELLA TRIPLICE.

A questo punto interviene l'azione della Germania e dell'Italia, concorde nel sostenere il punto di vista austro-ungarico. L'una e l'altra fanno dei passi presso il Governo di Belgrado. Una nota ufficiosa italiana diramata anche all'estero stabilisce il carat tere e l'intonazione dell'azione dell'Italia.

L'Italia, diceva la nota, è d'accordo con gli al lcati per opporsi allo smembramento del'Albania , e ha voluto far conoscere ufficialmente il suo modo di vedere alla Serbia. Ma ciò non significa affatto che l'Italia nutra sentimenti ostili verso la Serbia e gli altri Stati balcanici. L'Italia dà prova de'la sua amicizia per la serbia collaborando attivamente per una soluzione coil. ciliante, e tenendo conto del legittimo desiderio della Serbia di avere uno sbocco commerciale nell'Adriatic

Inoltre l'Italia si sforza di calmare l'Austria, che ha abbandonato l'intransigenza che aveva da principio e si è avvicinata all'idea di unatransazione. D'altra parte l'Italia è decisa a sostenere la libertà economica della Serbia, ed è stata una delle prime Potenze ad accettare la formula dei Balcani agli Stati balcanici.

Quindi, se l'Italia, in seguito al suo accordo con l'Au stria per l'Albania, e per difendere l'equilibrio dell'A driatico, vuole l'autonomia dell'Albania, non deve per questo essere considerata come ostile a'la Serbia , e que sta, dal punto suo, deve pur tener conto degli interessi dell'Italia,

262 LA CREAZIONE

proclamazione dell'Indipendenza albanese 263

L'INDIPENDENZA ALBANESE.

Il 28 novembre i delegati delle varie tribù albanesi riuniti a Vallona proclamarono l'indipendenza al banese e costituirono un Governo provvisorio sotto la presidenza di Ismail Kemal bey, presidente e mi nistro degli esteri. Cristiani e musulmani furono destinati a far parte di questo ministero provvisorio. Primo atto del nuovo Governo fu quello di notificare ufficialmente la proclamazione alle Potenze. Nel tempo stesso Ismail Kemal bey telegrafò a Durazzo, occupata in quello stesso giorno dalle truppe di Re Pietro, di non opporre resistenza « l'Albania doven dosi considerare oramai come un territorio neutra lizzato che le Potenze stesse difenderanno sulla base del principio : i Balcani ai popoli balcanici » .

IL BOMBARDAMENTO DI VALLONA.

Intanto il 3 dicembre due cannoniere greche bon bardarono Vallona. La notizia, che produsse una grande impressione, fu data dalla Stefani col seguen te dispaccio :

Due cannoniere greche hanno bombardato la città che non è fortificata. Uno « shrapnell » è scoppiato fra il Consolato italiano e quello austro-ungarico.

Ismail Kemal hey, visto il panico de la popolazione, ha inviato a bordo dei parlamentari ai quali il coman dante greco ha risposto di avere ordinedi bloccare la costa albanese, quale territorio turco, e perciò ha detto di ritenere d'avere agito secondo il suo diritto. jisse che la città doveva arrendersi alla Grecia che avrebbe trattato fraternamente gli albanesi. Dopo di ciò le due cannoniere si sono allontanate.

Ismail Kemal bey ha diretto subito una protesta tele grafica alle grandi Potenze,

La

LA PROTESTA DEL GOVERNO PROVVISORIO.

Il Governo provvisorio con la stessa data mandò il seguente telegramma ai principali giornali ita liani, protestando.

« Due navi da guerra greche che operano il blocco lungo la costa, dopo aver tirato a varie riprese contro il cavo internazionale di Vallona sono apparse stamane davanti all'imboccatura del porto e hanno tirato sul'a bandiera albanese, sugli edifici pubblici e sulla città cagionando dei danni.

« Portiamo questi fatti a conoscenza del publbico eu ropeo, le cui simpatie non mancano mai verso le na zioni che cercano la loro emancipazionee l'assicurazione dela esistenza nazionale. Gli albanesi, senza distinzione di religione, si stringono intorno al Governo nazionale e fanno appello ai popoli civiliperchè agiscano in loro favore e facciano riconoscere i loro diritti legittimi .

« Il primo Gabinetto del Governo provvisorio, sotto la presidenza di Ismail Kemal bey ela vice-presidenza di mons. Kacciorri del clero cattolico di Durazzo, è stato composto definitivamente avendo per membri mu sulmani Mufid bey di Libohova, Mehmet pascià di De rhalla, Abdi bey di Toptani, Midhat bey di Fracheri e membri cristiani il prof. Luigi Buracuchi, cattolico di Scutari, e Pietro Noga, Lef Nosi e Pandel Tazi, orto dossi ».

Il 6 dicembre i ministri d'Italia e d Austria-Un gheria ad Atene dichiararono al Governo Ellenico che i due Governi rispettivi non potevano dare il loro assenso al possesso di Vallona e dell'isola di Sasseno da parte della Grecia.

LA NEUTRALIZZAZIONE DELL'ALBANIA.

Nella sua protesta per l'occupazione di Durazzo da parte dei Serbi, Ismail Kemal bey aveva alluso alla neutralizzazione dell'Albania, evidentemente

264 LA CREAZIONE DELL'ALBANIA

Un articolo del « Fremdenblatt » ) 265

avendo già avuto assicurazioni dai Governi d'Italia e d'Austria coi quali si mantenne sempre in con tatto. Difatti il 10 dicembre il Fremdenblatt pubblicò un importante articolo su questo argomento.

In seguito agli avvenimenti, dicev l'articolo dell'u ficioso austriaco, l'attenzione delle Potenze e l'interesse simpatico del pubblico, si sono rivo'ti sull'Albania la cui inviolabilità avvenire è stata più volte discussa, specie da quando le truppe serbe si sono avanzate sino all'Adriatico attraverso il territorio di lingua albanese.

Il giornale ufficiosoricorda poi la proclamazione del l'indipendenza de l'Albania da parte dell'assemblea. na zionale di Valloria e la costituzione del Governo prov. visorio con a capo Ismail Kemal bey, nonchè i numerosi telegrammi di saluto e di rallegramento pervenuti al nuovo Governo dalle varie parti del paese e dagli a'ba nesi residenti all'estero.

La comunicazione fatta dal Governo provvisorio ai Governi europei ha fatto impressione sull'opinione pub blica europea ed oggi gli albanesi possono constatare con comprensibile soddisfazione che l'idea della costi tuzione di un'Albania autonoma ha trovato ovunque in Europa un'eco simpatica e diverrà in un prossimo av venire realtà.

11 Fremdenblatt aggiunge che l'Europa vorrà pure avere il desiderio di dimostrare la sua benevolenza per gli albanesi con il garantire in ogni senso anche per l'avvenire il territorio del futuro Stato autonomy.

L'avviso predominante sembra essere in proposito quello che la miglior garanzia possa consistere nella neutralizzazione dell'Albania secondo il modello degli Stati neutralizzati in Europa, cinè che la sua neutra lizzazione sia possibilmente posta sotto la garanzia di tutte le grandi Potenze.

Il Fremdenblatt rileva le ragioni che militano a favore di una simile soluzione osservando fra l'altro che gli alhanesi appartenendo, dal punto di vista della civi tà. alle nazioni più giovani, hanno interesse a non essere distratti dal pensiero di assicurarsi l'esistenza come Sta to e a poter invece dedicare leloro intere forze, ispiran dosi al pensiero della loro nazionalità, all'unico còmpito delo sviluppo interno. La neutralizzazione dell'Albania corrisponde non soltanto ai desiderii più immediati del l'Austria -Ungheria e dell'Italia, ma anche, per quanto si può giudicare finora, non urta contro l'opposizione

DELL'ALBANIA

delle grandi Potenze. Essa costituirebbe inoltre la più sicura garanzia che anche in questa parte dei Balcani verrà costituito uno stato. di cose duraturo e darebbe ad un popolo dotato di felici qualità la possibilità di svilupparsi in corrispondenza di esse.

A questo articolo fece eco il seguente articolo della Tribuna, dimostrando il perfetto accordo dei due Governi.

« Come i nostri lettori hanno già appreso nei giorni scorsi, il Governo provvisorio costituitosi in Albania ha portato ufficialmente il fatto compiuto a conoscenza del l'Europa, facendo notare alle Potenze che un'Albania autonoma o indipendente può diventare un elemento di equilibrio nei Balcani ed esprimendo la speranza che l'Europa accolga questo fatto con benevolenza e pro tegga il nuovo Stato costituito contro eventuali attacchi o minacce o tentativi di smembramento. E a queste spe ranze espresse dal Governo provvisorio albanese hanno fatto eco non solo gli albanesi residenti nel territorio, ma anche quelli sparsi per ogni parte del mondo. E per questo rispetto sono notevolissimi e meritevoli di ogni considerazione i voti che gli albanesi italiani hanno presentato al nostro Governo e di cui nei giorni scorsi noi abbiamo data notizia.

« I legittimi desiderii espressi dagli albanesi sono stati accolti benevolmente in generale dalle Potenze le quali, dopo aver proclamato il principio della nazionalità nei Balcani, non potevanocerto fare per l'Albania un'ecce zione negativa; e in più specia'e considerazione li han no presi le due Potenze più direttamente interessate per varî rispetti alle sorti dell Albania e cioè l'Itali, e l'Au stria.

« Secondo nostre informazioni, che abbiamo ragione di ritenere esatte, i Governi italiano e austriaco, dopo una lunga discussione svoltasi nelmodo più amichevole in proposito, non solo hanno accolto favorevolmente i voti degli albanesi, corrispondentidel resto ai loro stessi interessi, ma hanno inoltre studiato il modo per cui la creazione di un'Albania autonoma o indipendente potesse essere validamente garantita anche nel futuro; é i due Governi sono venuti nella decisione che la mi gliore garanzia in proposito dovrebbe trovarsi nella neu tralizzazione dell'Albania, applicata secondo g'i esempi già esistenti di altri Stati neutralizzati in Europa, prov verlendo inoltre che la neutralità dell'Albania sia posta

266 LA CREAZIONE

Comunicato della conferenza degli ambasciatori 267

possibilmente sotto la garanzia di tutte le grandi Po tenze. Questa soluzione, che corrisponde più particolar mente aidesiderii dell'Italia e dell'Austria, non avreb be, secondole nostre informazioni, incontrato finora nes suna opposizione da parte delle altre Potenze » .

La Tribuna a queste notizie faceva seguire un com mento in cui rilevava che una tale soluzione della que stione albanese aveva il vantaggio:

1. Di assicurarci contro qualunque occupazione di Vallona o di altri porti importanti albanesi da parte di una Potenza o di uno Stato marittimo o che possa diventare marittimo e che di per sé o per mezzo di una combinazione qualunque possa portare un e'emento di perturbazione nell'equilibrio dell'Adriatico.

2. La neutralizzazione dell'Albania viene a stabilire una condizione di perfetta eguaglianza fra l'Austria e l'Italia in quel territorio che rimarrà aperto così al a gara economica e commerciale dei due paesi & all'in fluenza della rispettiva civiltà.

3. Un ultimo, ma non minore vantaggio è questo che la garanzia delle Potenze alla neutralità a'banese ci libererebbe da qualunque preoccupazione avvenire an che riguardo a un mutamento nei rapporti italo-au striaci.

Qualche giorno dopo - il 17 dicembre - si riu niva a Londra la conferenza degli ambasciatori e, dopo tre sedute, comunicava alla stampa la nota seguente:

Gli ambasciatori hanno raccomandato ai loro Go verni, che l'hanno accettato, il principio dell'autonomia albanese, con una proposta per garantire alla Serbia uno sbocco commerciale nell'Adriatico.

I sei Governi sono in massima d'accordo su questi due punti.

Ma quando si trattò di procedere alla delimita zione deila nuova Albania, sorsero grandi difficoltà che tennero in ansia l'Europa per parecchie setti mane, specialmente perchè a proposito di questa delimitazione si accentuò più che mai il dissidio austro -russo, la Russia mostrandosi favorevole alle pretese serbe e montenegrine per quello che riguar daya Scutari e Djakovo. Finalmente, raggiunto

DELL'ALBANIA

l'accordo il 13 marzo, una nota comparsa contem poraneamente a Vienna e a Pietroburgo, dopo uno scambio di lettere fra i due Imperatori, dava notizia che i due Governi si erano messi d'accordo per smobilizzare.

Le Potenze furono quindi d'accordo nello stabi lire che Scutari dovesse rimanere all'Albania anche se fosse caduta in mano dei Montenegrini che, mal grado l'invito delle Potenze a cessare le operazioni militari, continuava ad essere assediata. In quel periodo, per quanto Austria e Italia fossero perfet tamente d'accordo, risultò evidente che, mentre l'Austria-Ungheria aveva assunto una intonazione continuamente minacciosa, l'Italia non voleva as sumersi, per molte ragioni che facilmente si com prendono, delle parti odiose. Oltre ai legami fra le due Dinastie, il Governo italiano non poteva non tener conto delle vive simpatie del nostro paese per la patria della nostra regina, simpatie che ebbero clamorose manifestazioni in varie città. Lasciò quin di all'Impero alleato di prendere l'iniziativa del l'ultimatum al Montenegro, che il ministro austro ungarico presentò a Cettigne il 23 marzo, doman dando che le operazioni militari intorno a Scutari cessassero fino a che non avesse finito di uscire tutta la popolazione civile, dichiarando che si sarebbe adoperata la forza militare contro il Montenegro in caso contrario. A questo passo si associarono per mezzo dei loro ministri a Cettigne tanto l'Italia che la Russia, ma passando in certo qual modo in se conda linea, perchè, per conto suo, l'Austria aveva già presentato un ultimatum il 20 reclamando, oltre ciò che chiese dopo insieme all'Italia e alla Russia, una inchiesta per la morte di un frate francescano avvenuta in condizioni sospette, secondo quanto dissero i giornali austriaci, la cessazione immediata delle conversioni forzate di cattolici albanesi all'or todossia, e, da ultimo, una soddisfazione immediata

268 LA CREAZIONE

La dimostrazione navale 269 per l'incidente del vapore Skodra, del quale era stato sequestrato il carico.

Il 28 marzo le Potenze fanno un nuovo passo collettivo per ottenere la sospensione delle ostilità, fino a che essendosi firmato l'armistizio dagli altri belligeranti il comandante di Scutari avesse ricevuto l'ordine daCostantinopoli, relativo alla sor tita dei non combattenti. A questa comunicazione, il 31 marzo il Governo di Cettigne rispose con una nota che aveva tutto il carattere di une fin de non recevoir, dichiarando che per quello che riguardava le frontiere nord e nord est dell'Albania, si riservava di consultare i suoi alleati. È à notarsi che nel frattempo i serbi erano accorsi in aiuto dei Montenegrini a Scutari.

LA DIMOSTRAZIONE NAVALE.

In seguito alla resistenza del Montenegro, le Po tenze deliberarono la dimostrazione navale e il 5 aprile le navi della squadra internazionale appar vero nelle acque montenegrine ed iniziarono il blocco. Russia, pure aderendo, non mandò navi. Il comando della flotta fu dato al vice ammiraglio inglese Burney come l'ufficiale più elevato in grado. Il 6 aprile il comandante della flotta mandò al Go verno montenegrino un messaggio telegrafico invi tandolo a rispettare le deliberazioni delle Potenze. Il Governo Montenegrino rispose rifiutando e dicen do che considerava come una flagrante violazione della neutralità l'intervento, riaffermando la sua decisione di continuare le operazioni militari a qualunque costo.

Sulla deliberazione presa dalle Potenze per la di mostrazione navale, la Tribuna aveva pubblicato il 3 aprile una nota importante, dalla quale apparve chiaro, ciò che era stato del resto inteso dalla opi

DELL'ALBANIA

nione pubblica, che cioè non sarebbe stato possibile all'Italia altra linea di condotta poichè l'Italia ancora più delle altre Potenze doveva avere interesse ad impedire che l'Austria-Ungheria agisse da sola. Era il pericolo che bisognava a qualunque costo evitare. Ecco la nota pubblicata dalla Tribuna il 3 marzo:

« Le ultime notizie hanno messo fuori di dubbio in modo assoluto il carattere della dimostrazione navale che si sta per compiere di fronte al Montenegroper ricondurlo al senso della realtà e al riconoscimento delle decisioni prese dall'Europa. Questa dimostrazione avrà un carattere internazionale e in ciò l'azione corrispon derà all'unanimità delle decisioni prese a Londra dalla conferenza degli ambasciatori. Una azione internazio nale è stata ritenuta conveniente per evitare qualsiasi azione isolata e le complicazioni che ne potrebbero se guire.

« Lo svolgersi della crisi balcanica ele sue ripercus siuni diplomatiche, hanno messo in rilievo la necessità di mantenere questa unanimità nelle deliberazioni e nel l'azione anchese essa implica, come è inevitabile, par ziali sacrifici da parte di ogni Potenza per sè stessa. Le critiche che si fanno a queste deliberazioni sono al trettanto facili quanto difficile era la situazione che si è dovuta affrontare, ma anche dal punto di vista dei puri principii è doveroso riconoscere che in tutta la sua azione la diplomazia europea si è mantenuta fedele al pinto fondamentaleposto fin dall'inizio della crisi bal canica e cioè di risolverla secondo il principio di nazio nalità. Molto è stato sacrificato da qualche Potenza in omaggio a questo principio accettato e non è quindi ingiusto, come appare a quelli che lasciano prendere il sopravvento dalle considerazioni sentimentali, richie dere anche al Montenegro la rinunzia di una ambizione che con tali principii veniva a trovarsi in conflitto. » >

LA RUSSIA CONTRO RE NICOLA.

La Russia spiegò il suo atteggiamento con una nota pubblicata il 10 aprile.

270 LA
CREAZIONE

La nota russa contro il Montenegro 271

« La conferenza degli ambasciatori diceva la notaha ora assolto il grave compito di delimitare le frontiere nord e nord-est del 'Albania. Gli interessi di quest'ulti ma erano in opposizione con quelli del Montenegro o della Serbia, avendo entrambi questi paesi una ten denza molto naturale alla loro espansione. D'altra parte, gli interessi albanesi erano protetti dall'Austria-Unghe ria e dall'Italia, le quali consideravano il mantenimento della statu quo nell'Adriatico come un vitale interesse. Esse non ammettevano alcuna obiezione a tale propo sito. Dopo alcuni negoziati si pervenne ad un compro messo risultantedareciproche concessioni . Avendo con segnato Prizrend, Ipek, Giacova e Dibra agli slavi, la Russia credette di dover consentire alla annessione di Scutari all'Albania .

«« Tale concessione fu fattaper il mantenimento della pace. Una guerra provocata da tale causa sarebbe parsa una evidente assurdità, essendo Scutari una città pu ramente albanese. Tali ragioni sono pienamente con fermate dai rapporti del vice-console russo a Scutari, i quali dimostrano, con le prove alla mano, l'azione esclu sivamente militare dei montenegrini, i quali sono stati incapaci di assimilare le parecchio migliaia di albanesi cattolici e musulmani che si stabilirono entro le fron tiere del Montenegro fissate trentacinque anni orsono. Perciò l'annessione di una parte del Sangiaccato di Scu tari non farebbe che indebolire continuamente il Mon tenegro, il quale sarebbe così minacciato di diventare un'Albania montenegrina. Il vice-cons le russo a Scutari crede che l'unione al Montenegro di un numero consi derevole di cattolici romani non avrebbe potuto fornire a questo paese l'occasione di consolidare i suoi vincoli con l'estero.

« Il Re non tenne in alcun conto l'impegno preso di prevenire la Russia prima di dichiarare la guerra, e di domandarne il suo consenso. Nondimeno l'Imperatore dette un m :agnifico aiuto al Montenegro, procurandogli risorse e dando la sua assistenza alla popolazione. Quando la questione di Scutari venne risolta, il Re fu amichevolmente prevenuto. Gli si fece notare la grande responsabilità che egli si sarebbe assunto nel caso in cui avesse continuato la resistenza. I passi fattipresso il Re del Montenegro rimasero infruttuosi e risultò evi dente che il Re basava i suoi calcoli sulla ingerenza della Russia e delle grandi Potenze negli affari balca nici, e anche sopra una guerra europea. Il Governo russo non poteva sottrarsi all'obbligo delle misure dive

DELL'ALBANIA

nute necessarie in seguito al rifiuto di Re Nicola di sottoinettersi delle decisioni dele Potenze.

« Il Governo imperiale non ha perduto la speranza che il Montenegrocesserà i suoi sforzi ostinati e consi dererà che il suo amor proprio non sarebbecolpito per il fatto che egli si sottomette alla volontà dell'Europa. Iu questo caso l'Europa saprà trovare i, modo di solle vare la situazione del piccolo,StatodelMontenegro,che è affranto dai sacrifici resi necessarî dall'assedio di Scu tari.

« Il Governo imperiale non può perdere di vista la sua responsabilità primordiale dinanzi al popolo russo, laquale implica ildovere di far sì che non venga ver sato neppure una goccia di sangue russo, a meno che lo esigano gli interessi della Patria. La Russia, grande Potenza slava ortodossa, non ha mai lesinato soccorsi e sacrifici verso isuoi fratelli;e questi ultimi , da parte loro, hanno specialmente il dovere, del quale non si sono sempre ricordati, di rispettare i consig.i, di cui la Russia non abusa, e di ricordarsi che, se questa è fiera atl loro successo, questo non avrebbe potuto essert ottenuto senza la Russia, la quale dà vita a quei popoli. «.Le relazioni della Russia con gli Stati slavi esclu dono qualsiasi ostilità contro le altre nazioni. Cosciente del suo assolutodovere e dellapropria forza, la Russia non ha bisogno di passare dall'inquietudine alleminac ce, che non esprimono la forza dei popoli. »

Il 22 aprile a mezzanotte, dopo sei mesi d'assedio, le truppe Montenegrine occuparono Scutari, con un accordo fra Re Nicola ed Essad pascià, coman dante della piazza, in virtù del quale le truppe otto mane uscirono libere dalla città con armi e cannoni. La caduta di Scutari sconcertò la diplomazia Euro pea, ed alla Conferenza di Londra, malgrado che Re Nicola avesse risposto fieramente alla nota Russa, l'ambasciatore di Sua Maestà lo Czar cercò di op porsi alle proposte dell'Austria tendenti ad ottenere l'approvazione di misure energiche contro il Mon tenegro. La Russia avrebbe voluto temporeggiare ancora. L'Austria non voleva indugi decisa anche ad agire sola. L'accordo fra le Potenze fu più volte sul punto di rompersi.

272 LA CREAZIONE
TAKE
TRATTATIVE
1
JONESCO, MINISTRO DELL'INTERNO, DELEGATO A LONDRA PER LE
CON LA BULGARIA.
PRINCIPE GHITZA, MINISTRO DIRUMENIA A SOFIA.

Il 29 i giornali di Vienna pubblicavano la nota seguente :

Come è noto, l'Austria si è riservata il diritto d'adot tare per conto suo le misure necessarie per ottenere l'e vacuazione di Scutari, nel caso in cuile Potenze non riuscissero a mettersi d'accordo.

Poichè l'accordo non si è ottenuto alla riunione degli ambasciatori di ieri, tale eventualità si presenta. Ri mane solo da aggiungere che, in questo momento, è at tivissimo lo scambio di vedute fra Roma e Vienna.

La Reischspost, organo del partito militare e del l'entourage dell'Arciduca ereditario, commentava questa nota con questa dichiarazione che produsse una grande impressione: « in un avvenire prossimo si riconoscerà quanto sia errata l'opinione predomi nante in parecchi stati che l'atteggiamento dell'Au stria-Ungheria sia stato un bluff ».

Intanto si ann'inziavano concentramenti di truppe alla frontiera montenegrina.

Il Montenegro rispondeva in ritardo alle Polenze con una lunga nota nella quale dopo aver spiegate le ragioni per le quali non poteva rinunziarea Scu tari, diceva che « il R. Governo aveva l'onore di di chiarare che rimaneva fermo nella comunicazione sua alle Grandi Potenze del 8-21 aprile e che si ri servava di discutere la questione di Scutari il giorno in cui, durante il corso delle trattative di pace con l'Impero Ottomano, gli alleati discuteranno con le Grandi Potenze intorno ai confini definitivi dell Al bania .

Ma appena conosciuta tale risposta per la quale la situazione pareva più che mai senza uscita si eb be il fatto nuovo che mutò d'un tratto la situazione.

Nella sera dello stesso giorno, il Ministro del Mon tenegro a Londra Papavich si recò da sir Edward Grey per dichiarargli che il Montenegro poteva ac consentire alla evacuazione di Scutari, se ricevesse altri compensi territoriali. La Conferenza degli Am

273
Risposta del Montenegro
MANTEGAZZA. La guerra balcanica,

basciatori informata l'indomani di questo nuovo at teggiamento del Montenegro decise di informare i rispettivi governi e di attenderne le istruzioni. Rin viò le sue sedute al 5 maggio.

ITALIA ED AUSTRIA D'ACCORDO.

Era continuato nel frattempo lo scambio di ve dute fra Austria e Italia. Il Governo di Vienna aveva fatto conoscere a Roma il suo piano di operazioni militari. Il nostro ministro degli esteri declinò l'in vito di partecipare a una operazione militare contro il Montenegro, manifestando il desiderio che anche l'Austria se ne astenesse. Quando poi il conte Bert choldt parlò delle operazioni che in ogni modo, a vrebbe dovuto intraprendere contro Scutari, la di plomazia italiana ricordò all'Austria che in seguito agli accordi relativi all'Albania, qualunque azione militare in Albania doveva essere concertata fra i due Stati. Il Governo italiano deve anche aver ricor dato a questo proposito che pochi mesi prima il Go verno Austro-Ungarico aveva protestato per il nostro bombardamento a Prevesa. Per cui si poteva se mai procedere ad un intervento, ma d'accordo. E poichè l'Austria voleva andare a Scutari per rimettervi l'or dine altrettanto avrebbe fatto l'Italia a Vallona. Nelle cancellerie europee questo accordo fu inter pretato come un avviamento alla spartizione dell'Al bania. Intanto la si divideva in due zone d'influenza separate dal fiume Strimbi.

A Brindisi si iniziarono subito i preparativi per il concentramento del corpo di spedizione destinato a sbarcare a Vallona, quando le truppe austriache sbarcassero a Durazzo.Immediatamente però in Austria sbollirono gli entusiasmi per un'azione energica contro Scutari. Il marchese di San Guliano aveva manovrato bene. Era

274 LA CREAZIONE
DELL'ALBANIA

Re Nicola cede 275

sottinteso che noi non ce ne saremmo andati da Val lona che quando le truppe austriache avrebbero la sciato Scutari. Quindi , per l'Austria, spedizione inu tile se doveva andarsene, e svantaggiosa se rimaneva perchè sarebbe rimasta in mano nostra Vallona.

Ma la Russia ritornò a far pressione a Cettigne e alla vigilia della nuova riunione della conferenza de gli Ambasciatori (il 4 sera) Re Nicola informava sir Edward Grey chesi sottometteva alle decisioni delle Potenze col seguente dispaccio :

Il mio Governo ha esposto, nella nota del 30 aprile, le ragioni del suo atteggiamento nella questione di Scu tari. Questa condotta era conforme ai principii impre scrittibili della giustizia. Affermo ancora una voltacol mio popolo il nostro diritto consacrat dalla storia e dalla conquista. La mia dignità, comequella delmio popolo, non permettendomi di sottomettermi a intima zioni isolate, rimetto le sorti della città di Scutari nelle mani delle Potenze.

Il Re del Montenegro fece fare la consegna di Scu tari alle forze internazionali il 14 maggio. Le trup pe internazionali avevano la forza di 1000 uomini e cioè 200 italiani, 200 austriaci, 200 francesi, 300 in glesi e 100 tedeschi.

I CONFINI DELL'ALBANIA E DELLA GRECIA.

La Conferenza degli Ambasciatori continuò inter mittentemente le sue sedute e l'esame di tutte le questioni riflettente l'Albania decidendo di farne uno stato indipendente, e stabilendo il modo col quale il nuovo stato dovrà essere organizzato.

La questione dei confini settentrionali continuò ad essere oggetto di discussione; ma dopo la rinunzia del Montenegro alla città di Scutari la maggiore delle difficoltà era eliminata. Come compenso al Mon tenegro fu stabilito di consentirgli un prestito per riparare ai danni della guerra. Ma mentre scrivo --

DELL'ALBANIA

fine settembre le modalità non ne sono ancora stabilite.

La questione dei confini meridionali sempre rin viata fu risoluta solamente ai primi di settembre, la Conferenza di Londra avendo accettato le proposte dell'Italia in contrasto con le pretese della Grecia che avrebbe voluto portare i confini molto più a nord in modo da essere padrona delle due sponde del Ca nale di Corfù. A Londra la Francia si schierò com pletamente dalla parte della Grecia non solo nella questione dei confini dell'Albania ma anche per la questione delle isole che abbiamo occupato all'epoca della nostra guerra con la Turchia, sostenendo che dovessero da noi: essere consegnate alla Grecia. L'at teggiamento decisamente ostile della politica fran cese verso di noi destò una penosa impressione e suscitò nei due paesi aspre polemiche. Tantopiù dopo che il Temps u ficioso del quai d'Orsay aveva detto apertamente che la Francia doveva mirare a creare nella Grecia una nuova potenza marittima le cui navi al momento opportuno si schiereranno allato della Francia contro la Triplice.

L'Italia sostenne naturalmente, che la questione elle isole da noi occupate, in virtù del Trattato di Losanna è una questione che riguarda esclusiva mente l'Italia e la Turchia. E la sua tesi, malgrado l'opposizione dell'ambasciatore francese fu adottata dalla Conferenza di Londra, così come dopo lunghe discussioni furono stabiliti secondo la proposta ita liana strenuamente appoggiata dall'Austria e dalla Germania i confini meridionali dell'Albania.

Ma delle questioni che riguardano i confini meri dionali dell'Albania che oggi sono risoluti in massi ma, poichè coinvolgono quella della nostra posizio ne nell'Adriatico e nel Mediterraneo, mi sono limi tato a questo rapido cenno perchè saranno più am pliamente svolte in un volume di prossima pubbli cazione che tratta per l'appunto di questi argomenti.

276 LA CREAZIONE

IL CONFLITTO BULGARO-RUMENO. L'ARBITRATO PER SILISTRIA.

I. LE DIFFICOLTÀ PER SILISTRIA. UNA QUESTIONE ANTICA.

A Londra. I crediti militari approvati a Bucarest. Un avanzo di 70 milioni. · Dopo 34 anni, In compenso della perdita della Bassarabia. L'irredentismo bulgaro. Accordi prima della guerra. La scelta del delegato per le trattative. Il timore di complicazioni.

II. GIORNI D'INCERTEZZA,

Mentre si discute a Pietroburgo. Attraversando il Danubio. Quel che pensano i Circoli militari rumeni. Un simbolo. L'aritmetica militare. Preoccupazioni per l'avvenire. A un tournant della sua storia. Irredentismi . Il Re e la Danubio -Adriatico.

III. LA SECONDA INDIPENDENZA. L'ORA DELLA RUMENIA.

Dopo trentacinque anni. Una nuova politica, I consigli di Vienna e di Pietroburgo. La pedina decisiva. Popolazioni rumene in altri paesi. Le tappe dell'ascensione rumena . I partiti politici concordi. Le sorprese della politica orientale. Pensarci sempre e non par larne mai.

I.

LE DIFFICOLTÀ PER SILISTRIA. UNA QUESTIONE ANTICA.

Mentre a Londra si tratta fra i plenipotenziari del la Bulgaria e della Rumenia per la questione dei compensi chiesti da quest'ultima, a Bucarest la Ca mera ha approvato, alla unanimità, dei crediti mi. litari straordinari, per la cospicua somma di 150 milioni. La Rumenia può permettersi questo lusso, poichè con un bilancio che si chiude ogni anno con un avanzo di 60 o 70 milioni, si trova ad essere lo Stato dell'Europa che ha la situazione finanziaria più florida. Può permettersi questi lussi, e, natu ralmente, pensa che si discorre e si tratta meglio quando si ha sotto mano un esercito pronto e sono pronti anche i denari.

I rumeni però protestano quando sentono parlare di compensi. Quello che essi chiedono alla Bulgaria, non come compenso della loro neutralità, ma come una garanzia per la pace, per la tranquillità e per la sicurezza del loro paese è una rettifica di confini, senza della quale non credono si possa considerare chiusa la questione d'Oriente. Rimarrebbe ancora, secondo una frase ormai adottata nel linguaggio di plomatico, della materia infiammabile. È nell'inte

-RUMENO

resse di tutti che si tolga di mezzo anche questa, se l'assetto della penisola balcanica e in genere del l'Oriente europeo che uscirà dalla guerra attuale deve essere definitivo definitivo, sia pure fin dove e quando sono definitive tutte le cose umane. Questa dei confini fra la Bulgaria e la Rumenia dalla parte della Dobruscia non è una questione nuo va : è una questione che risorge ora più viva dopo 34 anni, e che ha la sua orgine nel trattato di Berlino, col quale, come è noto, la Bessarabia abitata da ru meni fu data alla Russia, mentre, in compenso, fu data alla Rumenia quella parte della Dobruscia do ve era numerosa, e, per quanto ora meno d'allora, è ancora numerosa la popolazione bulgara. Il Wad dington plenipotenziario francese, il Corti, italiano, e l'Andrassy, rappresentante dell'Austria -Ungheria, appunto perchè era stata tolta alla Rumenia la Bes. sarabia, pensavano -- e proposero al Congresso di Berlino che i confini rumeni fossero portati più a sud includendo la città di Silistria, secondo un tracciato che va da Silistria inclusa, fino a Kavarna sul Mar Nero. Ma tale proposta non fu caldeggiata dalla Russia, in quel momento offesa dalle manife stazioni non dubbie di risentimento dei rumeni per la forzata cessione della Bessarabia all'Impero mo scovita. Come è noto, fu, in più di una circostanza, il valore dell'esercito rumeno che decise delle sorti della lotta. Il vedersi ricompensati a quel modo non poteva a meno di provocare tale risentimento. E si può dire sia stato proprio tale contegno della Russia verso la sua alleata la determinante dell'o rientamento della politica di Bucarest verso Vienna. Molti uomini politici russi non hanno ora difficoltà a riconoscere che quell'atteggiamento del loro pae se verso l'alleato che aveva dato loro un così efficace aiuto fu un grave errore!...

I rumeni, ripeto, protestano quando, a proposito di codesta questione, sentono parlare di compensi.

280 IL CONFLITTO BULGARO

che dicono i rumeni 281

Che compenso sarebbe la cessione -- essi di. cono - di poche decine di chilometri quadrati, di fronte alla vastità dei nuovi territori che si annette ora la Bulgaria? E se chiedessimo qualche cosa per la teoria dei compensi, perchè non dovremmo chie derne anche alla Serbia, che s'ingrandisce essa pure ed è a noi così vicina? Giorni sono parlavo per l'appunto di questa que stione con una illustre personalità rumena, che ha la visione esatta della situazione del suo paese nella presente grande crisi balcanica, e che, conoscendo bene la Bulgaria, ha la maggiore stima di questo paese, ne apprezza le qualità, e non si lascia fuor viare da un eccessivo chauvinisme. Ebbene, -- mi diceva questa spiccata personalità rumena, - noi che abbiamo già, nella Dobruscia, una certa quantità di popolazione bulgara, non abbiamo nessun desiderio e nessun interesse di aumentare ancora il numero dei sudditi del nostro Re, che pos sono considerarsi come irredenti. Assolutamente no. Se chiediamo di annettere al regno rumeno un pic colo territorio, ciò è soltanto ed esclusivamente per considerazioni strategiche: per poter difendere quel lo che abbiamo. E non parlo, per ora, nè per gli uomini che reggono la Bulgaria, nè per il suo Re. Ma gli uomini mutano, e mutano le circostanze... Difatti nessuno può dubitare delle intenzioni del Re e degli uomini che sono oggi al Governo. Non più tardi di poche settimane fa, ho veduto partire da Sofia i due generali che Re Ferdinando ha voluto andassero a Bucarest a rappresentare l'esercito bul garo, per la cerimonia per l'anniversario di Plev na, ricordando come sia stato grazie al valore del l'esercito russo e del suo alleato, l'esercito rumeno, che la nazione bulgara potè ricostituirsi. Re Ferdi nando non ha mai tralasciato occasione per mani festare la sua simpatia e la sua gratitudine verso la Rumenia e il suo Re. Ma ciò non impedisce che, in

Ciò

BULGARO -RUMENO

vece, vi sieno stati dei periodi nei quali in qualche ambiente si sia considerata un po' la Dobruscia co me un paese irredento che, presto o tardi, dovrebbe finire per far parte della grande Bulgaria. Qualche pubblicazione di carattere militare nella quale la Dobruscia è segnata nelle carte come facente parte della Grande Bulgaria, destò a suo tempo delle ap prensioni a Bucarest. Le cortesie e le assicurazioni date dal Governo di Sofia in parecchie circostanze, e la loro lealtà non sono menomamente poste in dubbio. Ma la tutela di un interesse nazionale, si di ce dai rumeni, non può essere assicurata solamente dai sentimenti degli uomini. Questi passano. Biso gna che tale tutela, tale garanzia sia data dalle cose. Ora il solo mezzo di avere codesta garanzia è una nuova frontiera, per la quale la Rumenia abbia nelle sue mani le posizioni forti dalle quali si può difen dere in qualunque caso la Dobruscia, nell'ipotesi che, con altri uomini, la politica di Sofia prendesse un altro indirizzo, e che sorgendo una nuova corrente d'opinioni l'imperialismo bulgaro - questa s'im ponesse al Governo.

Sulle trattative di Londra, iniziate da qualche gior no soltanto e che la Rumenia credo vorrebbe vedere al più presto arrivare ad una conclusione, contem poraneamente, e anche prima, se fosse possibile, della pace fra gli alleati balcanici e la Turchia, re gna un grande mistero. Non vi sono state e sono poco probabili vere indiscrezioni; ma si sa, o per lo meno si presume con molto fondamento, che la nuova frontiera chiesta dalla Rumenia sia su per giù quella che l'Italia, la Francia e l'Austria-Unghe ria volevano darle meno qualche cosa al Con gresso di Berlino.

Sarebbe una nuova linea di frontiera con la quale la città di Silistria sul Danubio dovrebbe diventare rumena. E lo scoglio, la grande difficoltà da superare è tutta lì.

282 IL CONFLITTO

L'opinione pubblica in Bulgaria 283 e

In massima, oramai, quasi tutti convengono in Bulgaria che un accordo con la Rumenia sia oppor tuno e desiderabile. Vi è stata, a questo proposito, una evoluzione abbastanza rapida nell'opinione bul. gara. Come ho detto, per quello che riguarda l'irre dentismo bulgaro della Dobruscia, forse si è data in Rumenia maggiore importanza di quella che non ne avessero realmente ad alcune manifestazioni. Ma, per quello che riguarda la cessione di territorio per la rettifica della frontiera, fino a qualche anno fa non se ne voleva sentir parlare. Solo da qualche tempo, dacchè cioè, prima con la proclamazione dell'indipendenza e poscia con le trattative tante volte interrotte e riprese con gli altri Stati balcanici, si incominciò a preparare il movimento che doveva condurre e non si credeva così presto ! alla Grande Bulgaria, la necessità e l'opportunità di un piccolo sacrificio da quella parte si incominciò a discuterlo e più tardi ad ammetterlo quasi come do veroso di fronte alla lealtà del contegno della Ru menia fin dal primo momento della guerra. Vi è anzi ragione di credere che delle vere e proprie as sicurazioni debbano essere state date da Sofia, dal momento che la Bulgaria -- malgrado tutto il ru more che si era fatto qualche anno fa a proposito del preteso trattato turco-rumeno ha creduto di poter lasciare completamente sguernita di truppe la sua frontiera verso la Rumenia, ritirando persino i picchetti di osservazione che abitualmente vi tiene per il contrabbando.

La questione è insomma impostata in modo da lasciar sperare si possa arrivare presto ad una in tesa. Da una parte si è addimostrata una grande lealtà e, dall'altra, si riconosce codesta lealtà e l'im portanza del servigio reso, poichè è troppo evidente che una Rumenia diffidente e minacciosa avrebbe potuto creare una situazione diversa. Fortunatamen te poi, a Londra, tanto la Bulgaria che la Rumenia

-RUMENO

hanno mandato gli uomini più adatti per la loro mo derazione, il loro tatto e lo spirito conciliante a ben condurre trattative così delicate. Ho già avuto oc casione di parlare del Daneff a proposito della sua scelta come plenipotenziario per la pace. Aggiun gerd ora che il Misciu, plenipotenziario rumeno, col quale ho avuto le più cordiali relazioni in parecchie circostanze potendo così apprezzare la sua profonda conoscenza di tutte le questioni balcaniche, sia l'uo mo più adatto che il Governo di Bucarest potesse scegliere, anche perchè persona gratissima ai bul gari, che lo conoscono e lo apprezzano, poichè è stato parecchi anni a Sofia. Senza averne l'aria, poi. chè, avendo permoglie un'inglese, pare sia a Londra unicamente per accompagnare la moglie dai suoi parenti comesuol fare ogni anno, conduce le tratta tive insieme al Misciu un membro del Governo di Bucarest, il Take Jonesco, ministro dell'interno. Senza dubbio la questione di Silistria, sulla quale si imperniano le trattative, è grave. La ragione per la quale i rumeni vi insistono, é precisamente quella per la quale il sacrificio sembra troppo grave ai Bulgari. Non si difende la Dobruscia senza avere Silistria. Silistria è la chiave di casa della Dobruscia. Posta al vertice dell'angolo, del gomito che il Da nubio descrive per risalire verso il nord, Silistria è stata fino dalla più lontana antichità il punto di pas saggio preferito dalle invasioni barbariche, e, fino dall'epoca del grande Impero bulgaro dello Czar Si meone, per questa sua posizione strategica, teatro di battaglie sanguinose e di lunghi assedi. Nel secolo decimottavo i russi sotto le mura di Silistria furono battuti. Trent'anni dopo invece se ne impadronirono dopo un lungo assedio. E a poca distanza della cit tà sorge il piccolo villaggio di Kutchuck -Kainardij, celebre per il trattato di pace'che vi fu firmato fra Caterina di Russia e Abdul-Hamid. Oltre ad essere una fortezza, Silistria è quindi una città storica, e

284 IL CONFLITTO BULGARO

Speranze d'accordo 285

anche questo contribuisce a creare difficoltà per una cessione. I coefficienti morali hanno sempre una grande importanza.

Ma deve essere vivo l'augurio che ad un accordo addivengano questi due paesi che, per quanto di versi di razza, hanno nella loro storia recente grandi somiglianze, poichè entrambi debbono il loro pre stigio alla forza, al valore dimostrato nella guerra dai loro giovani ma bene organizzati eserciti ed alla fede nei loro destini che ha loro permesso di creare in un brevissimo spazio di tempo due Stati moderni che si sono subito imposti al rispetto e all'ammira zione dell'Europa.

Deve essere vivo quest'augurio fra gli amici della pace, poichè una soluzionedella questione che la sciasse indecisa questa dei confini fra i due Stati di Re Carlo e di Re Ferdinando lascerebbe dietro a sè i germi di un conflitto del quale è impossibile prevedere le conseguenze. Ma una sola cosa si vede ed è certa: che cioè, un conflitto fra la Bulgaria e la Rumenia non potrebbe rimanere localizzato e con durrebbe alle più gravi complicazioni. Da questo punto di vista le trattative bulgaro-rumene interes sano tutta l'Europa e si spiega quindi l'interesse col quale esse sono seguite nelle Cancellerie e come discretamente le Grandi Potenze cerchino, anche in questi, di fare opera di conciliazione.

6 Gennaio.

II. GIORNI D'INCERTEZZA.

Da due mesi si alternano, da un giorno all'altro, a proposito del conflitto bulgaro-rumeno, le speranze in una soluzione amichevole e i timori che una que

stione alla quale nessuno o ben pochi avevano pen sato allo scoppiare della guerra possa provocare an cora delle complicazioni. In questo momento, men tre per discuterla e vedere se vi è mezzo di trovare una via di uscita si sono riuniti gli ambasciatori a Pietroburgo, le preoccupazioni paiono risorgere, ap punto perchè, data l'intransigenza da una parte e dall'altra, non par punto facile trovare questa via di uscita : e da una parte e dall'altra, si protesta con tro l'ipotesi, non so con quale fondamento posta in nanzi dai giornali, che le Potenze, per togliersi d'im paccio, possano proporre una specie di giudizio di Salomone dividendo per metà Silistria fra i due con tendenti. Disgraziatamente per la pace e la tranquil lità dell'Europa, la questione di Silistria è diventata, in Bulgaria ed in Rumenia, una questione di amor proprio nazionale. Da una parte e dall'altra il Go verno ed il paese con le dichiarazioni sottolineate ed applaudite nei rispettivi Parlamenti si sono troppo compromessi.

Dopo che il Re nel suo discrso della Corona ha affermato che la voce del paese sarà ascoltata; dopo le ripetute e tassative dichiarazioni del presidente del Consiglio relative a Silistria , non è più possibile tornare indietro. Sono le parole che, dal più al meno, vi sentite ripetere da tutti quando si discorre della questione.

In mezzo al frastuono della vita così movimentata di questa città di Bucarest, nella quale, a tutta pri ma, pare la gente pensi soltanto a divertirsi, non è facile ad un osservatore superficiale rendersi conto della situazione e dello stato degli animi. Ma, an che in un breve soggiorno, avvicinando persone ap partenenti alle diverse classi sociali, si sente subito che vi è una certa preoccupazione. Non certo per chè manchi la fede nell'avvenire del proprio paese, ma perchè vi è come l'impressione che la Rumenia si sia lasciata sorprendere dagli avvenimenti ed ab

286 IL CONFLITTO
BULGARO-RUMENO

Le trattative di Pietroburgo 287

bia perduto una grande occasione per affermarsi e per prendere posizione. La Rumenia che ha avuto una parte principalissima negli avvenimenti del 1898 e nell'ultimo assetto della Turchia europea, non do veva rimanere in disparte ed essere assente oggi che la questione d'Oriente è stata di nuovo rimessa sul tappeto e si rimaneggia la carta di questa parte del l'Europa! Gli assenti han sempre torto! Epperò si ha qui una fede molto scarsa sui risul tati delle trattative a Pietroburgo, e la tensione fra i due paesi è arrivata a un diapason molto alto, spe calmente dopo la caduta di Adrianopoli. Ci se ne accorge subito anche in viaggio passando da uno Stato all'altro ed attraversando il Danubio che li se para per venire da Rutsciuk a Giurgevo. Giorni sono ho dovuto durare non poca fatica per attraversare con una barca il fiume,alla mattina, per arrivare a tempo a prendere il primo treno che conduce da Giurgevo a Bucarest, senza aspettare il battello che fa il servizio regolare - una sola corsa al giorno -nelle ore del pomeriggio, il che m'avrebbe obbligato a perdere una giornata a Rutsciuk. Il passaporto, sebbene regolarmente vistato, non basta più, e non avrei potuto passare dall'altra parte se non fosse intervenuta a rimuovere le difficoltà la cortesia del prefetto e del commissario di polizia, il quale mi ha fatto accompagnare dai suoi agenti. Sono salito sul la barca passando dinanzi alle sentinelle che pas seggiano su e giù sulla riva al punto d'imbarco, e ho trovato subito le sentinelle rumene sull'altra sponda. Nel breve tratto che separa il punto dove si sbarca dalla città di Giurgevo, ho incontrato parecchi reparti di truppa, specialmente di artiglieria, che manovravano. Si ha l'impressione che il paese sia già in stato di guerra. In realtà sebbene non vi siano ordini per la mobilitazione, della quale si parla da parecchi mesi, è però evidente che la si prepara, perchè possa farsi nel modo più rapido se una tale >

decisione venisse presa. Vi è già, mi pare, una spe cie di mobilitazione deguisée, poichè la Rumenia ha già, intanto, circa 200mila uomini sotto le armi.

Al di qua e al di là del Danubio i Governi che sentono tutta la responsabilità della situazione si tro vano qualche volta impotenti a frenare manifesta zioni pericolose e il linguaggio della stampa, che, certo, non contribuiscono a calmare gli animi.

Da Plewna a Rutsciuk ho viaggiato con membri della delegazione dei bulgari di Silistria andata a Sofia per presentare al Governo e al Parlamento il memoriale-protesta contro ogni idea di cessione di Silistria, redatto nei termini più violenti. Non vo gliono nemmeno sentir parlarne della cessione dei forti... Da Giurgevo a Bucarest ho viaggiato con un maggiore dell'esercito rumeno che andava a requi sire cavalli per l'artiglieria e che mi diceva ciò che poi ho sentito ripetere da una quantità di uffi ciali : Se non ci dànno Silistria, andremo a pren derla, e se sarà la guerra tanto meglio. Nous som mes prêts. Non tutti, ripeto, discorrono allo stesso modo. Tan to nel partito che è ora al Governo il partito con servatore quanto nell'opposizione -- il partito li berale vi sono degli uomini politici che non sono affatto animati da sentimenti di animosità contro i bulgari e che considerano le cose con una grande equanimità. Essi deplorano anzi le manifestazioni e le intemperanze di linguaggio alle quali ho accen nato, vedono con rammarico compromesse le buone relazioni che han sempre legato i due paesi, ce mentate sui campi di battaglia nella guerra del 1876, e dicono, sia pure sommessamente,che si è avuto torto di non pensarci prima, di lasciare che la que stione si invelenisse e Silistria diventasse comeun simbolo, poiché Silistria non merita il conto di una guerra, e di compromettere un'amicizia che può diventare preziosa se la politica di questa parte del

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1 timori della Rumenia 289

l'Europa finisse per prendere un altro orientamento. Non dissimulano però una certa apprensione per quello che qui si chiamal'imperialismo bulgaro. Non posso naturalmente riferir qui tutte le impressioni che ho avuto discorrendo con i principali uomini politici coi quali ho parlato e che hanno avuto la bontà di manifestare con me apertamente le loro opinioni, i loro desiderii, le loro speranze e le loro apprensioni nell'attuale momento politico. Ma mi è sembrato che la principale loro preoccupazione sia il timore di quello che si chiama qui l'imperialismo bulgaro. Uno di questi uomini politici, discorrendo per l'appunto di questo timore, mi faceva vedere in alcuni documenti la Corona bulgara con gli attributi, se così si può dire, di una Corona imperiale... Vi è insomma, il timore che la nuova Grande Bulgaria possa mirare ad esercitare nella penisola balcanica e nei territori che formavano una volta la Turchia d'Europa una egemonia che ne turberebbe l'equili brio, ed alla quale la Rumenia, che fu la prima a costituirsiin regno e ad entrare nel novero delle Po tenze europee, non può rassegnarsi. E, viceversa, si sente da parecchi che in una intesa fra i due paesi, l'uno e l'altro avrebbero forse da guadagnare negli avvenimenti che a più o meno lunga scadenza pos sono prepararsi. Vi è come il vago presentimento che questa crisi, per quanto sia destinata a scacciare quasi completamente dal vecchio continente la Tur chia, non sia ancora l'ultima, e che la soluzione, quale possa essere, non darà ancora un assetto defi nitivo all Oriente europeo, al di là come al di qua del Danubio. Perciò la Rumenia sente di aver bisogno di allea ti : di alleati con i quali possa trattare alla pari, di sillusa dall'esperienza delle alleanze coi più potenti e della parte secondaria alla quale in tal caso deb bono rassegnarsi, non dirò i deboli, perchè questo non è davvero il caso, ma i piccoli Stati, anche

MANTEGAZZA. La guerra balcanica. 19

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quando sono relativamente forti e valorosi. Dall'al tra parte, anche in Bulgaria vi ha chi incomincia a dire che la Bulgaria non può mettersi in lotta con tutti. Anche dopo la pace con la Turchia, non sono poche nè lievi le difficoltà che la aspettano con gli altri Stati balcanici , e le buone relazioni con la Ru menia basate su una certa comunità d'interessi pos sono rappresentare per i bulgari una garanzia. È vano illudersi su una definitiva soluzione di tutte le questioni che agitano questa parte del vecchio con tinente, nel quale la lotta delle nazionalità si va fa cendo ogni giorno più viva, e più accentuate le aspi razioni nazionali. Quindi, nella condotta e nell'o rientamento della sua politica la Rumenia deve pen sare, non soltanto all'oggi, ma al domani. Posta com'è per la sua posizione geografica fra due po tenti vicini, essa avrebbe tutto il vantaggio a non rimanere isolata. In un'epoca nella quale, senza le circonlocuzioni con le quali si parlava una volta, quando si discorre di equilibrio si discorre aperta mente di equilibrio delle forze, e si fa per così dire dell'aritmetica militare, si vede subito quale influen za potrebbe esercitare nella politica internazionale una intesa fra i due popoli che oggi paiono armati l'uno contro l'altro. Un blocco di più di 800 mila uo mini , quanti ne possono mettere assieme ora e senza un grande sforzo i due Stali, può far pesare la bi lancia da una parte anzichè dall'altra, e dar quindi molto da pensare anche ai vicini potenti. Potrebbe permettere alla Rumenia una politica diversa e più energica.

Le preoccupazioni che si manifestano non riguar dano soltanto il presente, ma anche e forse più l'av venire. Si sente che la Rumenia si trova a ciò che si dice un tournant de son histoire, e che tutti gli sguardi sono rivolti su di essa, perchè il suo orien tamento potrebbe decidere di molte cose. Si sentiva da tutti, in Europa, che sarebbe venuto un giorno

290 IL
CONFLITTO

Questione di puntiglio 291

nel quale questo paese, che fino ad ora pareva aver messo ogni studio a far parlare il meno possibile di sè, avrebbe finito per diventare un fattore impor tante della politica europea. Esso vi si preparava organizzando, coi sacrifici che può permettersi gra zie al floridissimo suo bilancio, un esercito nume roso che di nulla difetta e che ha le più belle e gloriose tradizioni. Questo giorno è venuto più presto di quello che generalmente si credeva. Le circo stanze e gli avvenimenti hanno costretto la Rumenia ad uscire dal suo riserbo. Mentre scrivo, a Pietroburgo si riuniscono gli am basciatori; non so quindi se, quando questa mia vi perverrà, la questione sarà risoluta, o se continue ranno ancora le ansie e le preoccupazioni. Oggi come oggi, la situazione, malgrado tutte le conside razioni alle quali ho accennnato, non pare ancora chiara, e i timori di nuove complicazioni sono tut t'altro che svaniti. Per quanto sia stata smentita la notizia data stamane da parecchi giornali che i cen tomila uomini che circondavano Adrianopoli abbiano avuto l'ordine di concentrarsi alla frontiera rumena, per quanto i giornali ufficiosi da una parte e dall'al tra cerchino di porre un freno alle notizie che pos sono eccitare gli animi, le preoccupazioni persistono e paiono anzi aggravarsi. Di Silistria, come dicevo da principio, si è fatta una questione di puntiglio nazionale, e anche coloroche forse pensano cheper il possesso di questo punto non mette conto di lan ciare il paese in un'avventura e in una guerra, non possono dirlo. Nel Ministero stesso vi sono noto riamente due correnti, e in ogni modo il risultato dellamediazione non favorevolealle aspirazioni della Rumenia avrebbe come conseguenza immediata una crisi, con la sostituzione dei liberali ai conservatori attualmente al Governo. Le questioni di politica estera premono quindi sulla politica interna, e que sta su quelle. E si sentono anche le influenze dei

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rumeni che non sono sotto lo scettro di Re Carlo, ma che seguono con ansia e trepidazione le vicende dei loro fratelli di razza. La Rumenia questo paese che in poche diecine di anni di vita libera ha saputo arrivare a un grado di sviluppo così avan zato, che ha un esercito modello e un bilancio che dà ogni anno un centinaio di milioni di sopravvanzo ha sempre avuto la sua politica dominata da due irredentismi. Vi sono più di quattro milioni di ru meni soggetti alla corona degli Asburgo e più di due milioni in Bessarabia sotto lo scettro degli Czar. In ogni passo, in ogni atto nella politica di Bucarest, non può a meno di trapelare la preoccupazione per l'avvenire di quelle popolazioni, anche se qualche volta, magari per gli anni , le esigenze delleattuali relazioni internazionali hanno potuto far credere all'oblio. Cosicchè oggi alla questione della rettifi cazione dei confini e della soluzione che proporranno le Potenze mediatrici è indirettamente connessa quella dell'orientamento che potrà avere in seguito sia pure a scadenza non immediata, la politica ru mena, e se rimarranno nell'orbita della Triplice Al leanza. Così una questione come quella di Silistria, che da principio non è stata ben compresa e pareva di lieve importanza, minaccia di diventare addirittura il perno della politica internazionale.

Non si era ben compreso da principio tutto l'in teresse che questo paese aveva a seguire gli avveni menti non solo dal punto di vista politico e militare, ma anche da quello economico. Quella famosa linea Danubio-Adriatico, della quale si parla da parecchi anni e alla quale si dovrà certamente mettere mano assai presto, è destinata ad agevolare il commercio di esportazione e d'importazione della Rumenia con l'Italia e con l'Occidente.

Il Re Carol, in un colloquio che ebbi con lui, trattenendomi a discorrere delle cose più svariate, di

292 IL CONFLITTO

I rumeni e l'Italia 293

politica, di arte e di letteratura, per più di un'ora e mezzo, mi parlò col più vivo interesse di questa linea dalla quale la Rumenia si ripromette non lievi van taggi, e che è, fra le altre cose, certamente desti nata a far conoscere un po' più fra loro i due popoli quando si potrà andare da Bucarest in Italia in meno di un giorno e mezzo. Ora i rumeni hanno delle attenuanti se non vengono sempre numerosi a Ro ma. Per loro rimane assai lontana. Ma non per questo le simpatie sono meno vive. V'è dappertutto, in questa parte dell'Europa, un risveglio di simpatie per l'Italia. E' un risveglio che assume le forme più gradite per noi perchè si incomincia dal voler diffon dere la conoscenza della nostra lingua. Giorni sono, scrivendo da Belgrado, ho annunziato la creazione di una cattedra di italiano a quella Università. L'altra sera, ad un pranzo, sedendo fra il nostro ministro, barone Fasciotti, e il ministro dell'istruzione pub blica, signor Disesco, ho preso parte alla discussione con la quale si sono gettate lebasi per la creazione di una terza cattedra d'italiano obbligatorio, qui a Bucarest. E nel fare un brindisi assai cortese all'in dirizzo dell'Italia, ha incominciato il ministro Dise sco a parlare nella lingua di Dante... Bucarest, Aprile.

LA SECONDA INDIPENDENZA

L ORA DELLA RUMENIA.

Dopo trentacinque anni l'esercito rumeno ha attra versato di nuovo i Balcani e quelle terre dove com battè allora, valorosamente, a fianco dell'esercito russo. Fu in quella guerra che la Rumenia conqui stò veramente la sua indipendenza. Allora si era

-RUMENO

mossa contro i turchi per liberare le popolazioni bulgare oppresse ; oggi l'esercito di Re Carlo è ar rivato fino alle porte di Sofia contro il bulgaro ; e una strana coincidenza ha voluto che entrasse a Plewna, dove trentacinque anni fa rifulse il suo valore, proprio nel giorno in cui la cavalleria turca rientrava ad Adrianopoli!

L'impressione prodotta in Europa per l'inter vento della Rumenia, non giova dissimularlo - oggi specialmente che tale impressione pare vada mu tando non è stata buona, come già non lo fu pa recchi mesi or sono quando il Governo di Bucarest, durante la guerra tra gli Alleati balcanici e la Tur chia, domandò perentoriamente alla Bulgaria la ret tifica dei confini. Chi scrive queste righe non può essere sospettato di scarsa simpatia per la Rumenia. Per l'appunto parecchi mesi or sono, quando la stampa europea parlò addirittura di ricatto, ricordo i precedenti che giustificavano quella domanda, osservando che la Bulgaria nel suo stesso interesse avrebbe dovuto fare di tutto per arrivare ad un componimento. Pure non può a meno di rilevare che adesso la Rumenia avreb be potuto essere meno intransigente e non spingere il suo esercito fino a pochi chilometri dalla capitale bulgara, anche ammettendo la ragione per la quale si vuole giustificare ancor questo, e cioè che solo essendo pronta ad entrare aSofia prima che vi en trino greci e serbi, la Rumenia può salvaguardare quell'equilibrio balcanico pel quale si è decisa ad agire, nell'interesse suo e anche dell'Europa.

Dopo le disillusioni che seguirono la guerra del 1878, quando dovette cedere la Bessarabia alla Rus sia in cambio della Dobrugia, la Rumenia si era co me appartata, preparando le armi nel raccoglimento, con la convinzione che, presto o tardi, sarebbe venuta la sua ora. La forzata cessione della Bessa rabia alla Russia doveva necessariamente gettarla

294 IL CONFLITTO

Il viaggio del Principe Carol 295

in braccio all'Austria ed alla Triplice. Che un vero trattato d'alleanza con l'Austria abbia esistito, fu detto e ripetuto, e più volte smentito. Però, legata o no, la politica della Rumenia, sebbene necessaria mente oscillante per la posizione geografica del pae se, stretta com'è fra due potenti vicini , fu per lo più orientata verso l'Impero dualista. Più che mai sem brò che ciò fosse, quando, mesi sono, furono le assi curazioni e i consigli di Vienna che parvero ferma re la Rumenia già fino da allora decisa ad agire. Essa assistette così alla guerra contro la Turchia con le armi al piede e sempre pronta, poichè il turbamento dell'equilibrio balcanico poteva avere la sua ripercussione al di là del Danubio. Ma già diplomaticamente, era uscita da quella specie di effacement e di isolamento al quale aveva fino al lora informato la sua politica. Il primo atto in questa nuova via, del quale a tutta prima non fu abbastanza rilevata l'importanza, fu il viaggio del Principe Carol in Italia, preceduto da quello di un ministro che venne del pari fra noi, dicendo apertamente che si doveva da una parte e dall'altra lavorare per rendere più attive le relazio ni commerciali... e politiche. Questa non fu affatto unamossa contro l'Austria; con l'Austria la Rumenia ha grandi conflitti di interessi... e quasi quattro milioni di rumeni sono sotto lo scettro degli As burgo. Con l'Italia, invece, vi può essere comunità; anzi, identità d'interessi. La Rumenia continuò nel suo orientamento verso la Triplice : ma con questa iniziativa sembrò cercare appoggio sopra tutto dal l'Italia, cresciuta di prestigio nei consigli delle Po tenze dopo la guerra di Libia.

Il giovane Regno aveva sempre ascoltato solo i consigli di Vienna e di Pietroburgo. Pareva non si potesse muovere senza il beneplacito di quei Go verni. Ma, mutata pian piano la sua situazione di plomatica, appena scoppiata la seconda guerra bal canica la decisione di agire fu presa.

I rumeni fino a poco tempo fa si risentivano quan do si annoverava il loro paese fra gli Stati balcanici. Adesso la Rumenia è diventata uno Stato balcanico, non solamente per il fatto del territorio esteso al di qua del Danubio, ma perchè essa è diventata l'ar bitra della situazione nella penisola, e non può ri manere indifferente a ciò che vi accade.

Una Bulgaria troppo grande si presentava dap prima come una minaccia per la Rumenia; poi que sta minaccia venne dalla Serbia e dalla Grecia. Ep perciò si spiega la sua politica diretta a mantenere l'equilibrio balcanico, e pertanto contraria ad una soverchia menomazione della Bulgaria.

La Rumenia più che di fare nuove conquiste ha bisogno di sentirsi sempre sicura dalla parte del sud, mentre nuove complicazioni potrebbero sor gere in Europa. E per formulare un giudizio quale che sia sul suo atteggiamento nel momento attuale, non si può non tener conto di questa situazione.

Quando, come e in seguito a quali circostanze, la Rumenia potrebbe entrare in iscena ancora nell'av venire, nessuno può dire oggi. Chi poteva prevedere un anno fa che il suo esercito avrebbe percorso, contro i bulgari, quelle stesse strade per dove passò in altri tempi combattendo per la redenzione di questo popolo ? Una metà solo delle popolazioni rumene è sotto lo scettro di Re Carol! Per quanto i rumeni evitino di parlare di questo fatto, pensando che per ora nulla vi è da tentare, essi sono unanimi nel concetto che il loro Paese debba sempre tenersi pronto agli avvenimenti, tanto più che pare destino che nello scacchiere della politica internazionale quella della Rumenia debba essere, a momenti dati, la pedina decisiva. Lo è stata nel 1878, salvando l'esercito russo a Plewna in un momento assai critico per le armi dello Czar. Lo è stata ancora in questa seconda guerra balcanica, cercando forse di salvare, mal

296 IL CONFLITTO BULGARO-RUMENO

La rivincita dopo 34 anni 297

grado quello che è avvenuto, la Bulgaria da una maggiore menomazione. Chi può sapere se non lo sarà ancora nel giorno di nuove e forse ancora più gravi complicazioni per la Turchia asiatica?

Le date menzionate segnano anche le tappe del l'ascensione rumena. A Plewna il popolo rumeno ha conquistato la sua indipendenza sul campo di battaglia. Ieri con l'atteggiamento assunto anche prima del passaggio del Danubio da parte delle sue truppe, la Rumenia aveva già conquistato, mostran dosi decisa a fare oramai una politica sua, quella che chiamerei la sua seconda indipendenza. Oggi il convegno di Bucarest, dove si decidono le sorti della Penisola balcanica, consacra la posizione che d'ora innanzi la Rumenia avrà nella politica euro pea, della quale non tutti avevano intuito che, in situazioni delicate e complicate, essa sarebbe stata un importantissimo fattore.

- Abbiamo aspettato tanti anni -- dicono gli uo mini politici a Bucarest, senza distinzione di partito non dissimulandosi l'impressione non troppo favo revole prodotta dall'atteggiamento del loro poese. -- Sono le circostanze che determinano il momento di agire, ed è naturale che se una partita è aperta, ci si decida a entrare nelgiuoco, quando si hanno degli atout in mano.

La Dobruscia arrotandata e l'intervento decisivo attuale sono un po' la rivincita della Rumenia per quanto avvenne trentacinque anni fa e per la situa zione creatale allora, ed alla quale non si è mai ras segnata. Parafrasando un celebre motto nel quale un uomo politico francese sintetizzò il programma patriottico del suo paese, anche in Rumenia, di questa specie di rivincita, come delle aspirazioni sue ad una più grande Rumenia in un'epoca, sia pu re lontana fin che si vuole, si è detto... che biso gnava pensarvi sempre e non parlarne mai! Trenta cinque anni fa le sue proteste, le sue invocazioni

alle grandi Potenze per un trattamento più equo, rimasero senza risultato. Fu considerata un po' come una quantità négligeable. Adesso, è, e sente di es sere, il perno della situazione. E i due grandi Im peri vicini... la lasciano fare.

La Rumenia, che ha mosso guerra alla Bulgaria, accenna a diventarne, non dirò l'alleata, ma certo ad agire nel suo utile. Il programma sul quale s im pernia ora la sua azione diplomatica è chiaramente espresso nelle parole ponderate della stampa più autorevole di Bucarest. L'opposizione che fa capo al Bratiano è perfettamente d'accordo col Governo quando dice : « È evidente che la parola equilibrio esclude la distruzione di una delle forze delle quali deve essere la resultante. E dovrebbe essere cosi anche per l'equilibrio balcanico. Non si può ammet tere che ognuno intenda per equilibrio la sua pre ponderanza sugli altri, così come vi è chi crede l'e guaglianza possa consistere nel prendere il posto del vicino. Questo equilibrio non può essere ottenuto con lo schiacciare uno degli Stati, e, in generale, con delle soluzioni leonine... ))

Concludendo, anche qui siamo all'impreveduto, come accade quasi sempre per tutto ciò che riguar da l'Oriente. La Rumenia può fare una grande o pera pacificatrice: còmpito non impari all'avvedu tezza e al senno del suo Sovrano, assicurandosi l'ap provazione e la simpatia dell'Europa. L'atteggia mento suo benevolo per la Bulgaria è, come ho detto, una sorpresa in questo momento. Però va no tato che, sempre, anche nel periodo delle polemiche più vivaci fra Sofia e Bucarest, al di qua come al di là del Danubio, molti furono quelli che dicevano essere necessario che i due paesi, eliminate le ra gioni di contesa, procedessero d'accordo.

31 Luglio

298 IL CONFLITTO
BULGARO-RUMENO

Una nota dei giornali rumeni 299

NOTE E DOCUMENTI.

DICHIARAZIONE DI NEUTRALITÀ

(1).

Appena la guerra fra gli Stati balcanici e la Tur chia apparve inevitabile, nella stampa rumena si fece viva la discussione intorno all'atteggiamento che a vrebbe dovuto serbare la Rumenia. Ed incomincia rono fino da allora le esortazioni al Governo di co gliere il momento opportuno, e trattare subito con la Bulgaria, che in tale circostanza si diceva --sarebbe arrendevole, per la rettifica dei confini. Il 4 ottobre i giornali di Bucarest pubblicarono una nota dalla quale traspariva chiaro che pur serbando la neutralità, era intenzione del Governo di fare qualche passo al momento opportuno. La nota uffi ciosa diceva :

Siamo autorizzati da fonte ufficiosa, a dichiarare che il Governo rumeno è d'avviso che la condotta della Ru menia, di fronte a una eventuale guerra nei Balcani deve essere quella delle Grandi Potenze. La Rumenia deve mantenersi in aspettativa.

Il Governo non diede quindi alcun ordine di mo bilitazione, come ne era corsa voce.

Dopo le prime vittorie bulgare.

Ma le prime e clamorose vittorie bulgare desta rono le più vive preoccupazioni in Rumenia. Il 28 ottobre in seguito ad una crisi, si costituiva il ga

(1) Per tutto ciò che riguarda la Rumenia vedi il volume di Vico Mantegazza, La Rumenia durante la guerra balcanica. Roma, 1913. Bontempelli, editore.

binetto tuttora in carica sotto la presidenza del si gnor Majoresco Ministro degli Esteri. Re Carol ri cevendo i nuovi ministri e dopo che ebbero pre stato giuramento pronunziò un breve discorso che produsse una grande impressione, e del quale tutta la stampa europea riprodusse il testo :

.

È con una grande soddisfazione disse il Re che saluto la formazione del nuovo Governo, sopratutto nelle attuali circostanze. Queste circostanze ci impongono il dovere diprendere delle importanti deliberazioni. Sol tanto un Governo forte, anche appoggiato dalla fiducia del Paese può far fronte a queste necessità. Fortu natamente un tale Governo si è costituito. Dal prin cipio della guerra neiBalcani, tutti gli sguardi sono rivolti su di voi, e la Bulgaria vede aumentare il suo prestigio in ragionedella parte importante che è chia mata ad avere sugli avvenimenti. Allontaniamo e fac ciamo tacere tutte le nostre discussioni interne,per oc cuparci esclusivamente della situazione politica del pae se, che, senza dubbio, è difficile, ma, alla quale la nostra forza militare, è la dignità del nostro paese saprà far fronte.

Il 9 dicembre in occasione dell'apertura della nuo va Camera Re Carol nel discorso della Corona ha accentuato più che mai questa nota :

La Rumania, egli disse, desiderosa di contribuire alla localizzazione della guerra, ha mantenuto la neutralità, di fronte agli stati belligeranti, seguendo tuttavia con la più grande attenzione, lo svolgersi degli avvenimenti che toccano molteplici interessi del nostro Stato. Siamo in diritto di sperare che questa nostra condotta darà dei resultati favorevoli, per quanto concerne le nostre buone relazioni con gli Stati balcanici nella loro nuova organizzazione.

La Rumenia è considerata come un fattore importante del concerto europeo, e, al momento del regolamento definitivo di tutte le questioni sollevate dalla crisi bal canica la sua voce sarà ascoltata.

La fiducia che la nazione ha nel valore dei suoi sol dati è pienamente guistificata. L'esercito è in grado di rispondere a questa fiducia. Nuovi crediti visaranno domandati per l'esercito che nel vostro illuminato pa triottismo troverete giustificato.

300

Le lrallative bulyaro-rumene 301

Nel gennaio dopo una visita di Daneff a Bucarest, visita durante la quale la questione della rettifica dei confini fu discussa amichevolmente, si inizia rono a Londra le trattative fra la Bulgaria e la Ru menia condotte da Daneff e dal signor Misu, Mini stro di Rumenia a Londra. Il signor Take Jonesco Ministro dell'interno rumeno che era in quel mo mento a Londra partecipò a queste trattative. La Rumenia domandò la cessione di Silistria e una ret tifica della frontiera anche dalla parte del Mar Ne ro, indicando una linea di frontiera fra Silistria e il Mar Nero. La Bulgaria, considerando quella della Rumenia come una domanda di compenso, cercò di rimandare la soluzione dopo la pace, quando cioè la Bulgaria avrebbe potuto sapere esattamente che cosa otteneva dalla guerra e quindi proporzio nare in certo qual modo il compenso.

Tali trattative durarono tutto il mese di gennaio senza resultato, altro che alla firma d'un protocollo nel quale erano elencate le domande della Rumenia e le concessioni alle quali si mostrava disposta la Bulgaria, rimanendo stabilito che le trattative sa rebbero state riprese a Sofia o a Bucarest. Il signor Daneff però d'accordo con tutta la stam pa bulgara, in replicate interviste dichiarava asso lutamente impossibile la cessione di Silistria, e la frontiera domandata sul Mar Nero perchè troppo vicina a Varna. Ma nemmeno a Sofia, dove le tratta tive continuarono durante tutto il febbraio (dele gato rumeno il principe Ghika Ministro di Re Carol a Sofia) si riuscì a mettersi d'accordo. Pur troppo l'intonazione violenta della stampa di Bucarest come di quella di Sofia contribuirono non poco a rendere difficili le trattative.

Verso la fine di febbraio s'incominciò a parlare della possibilità di una mediazione da parte delle Fotenze, nel momento nel quale parve più volte im minente la rottura e si annunziava decisa la mobi

litazione dell'esercito rumeno. Da Sofia da Buca rest si aderì, in massima all'idea della mediazione, ma non negli stessi termini. La Bulgaria era dispo sta ad accettare l'arbitrato delle Potenze : mentre la Rumenia accettava solamente l'idea della media zione, senza impegni. Dopo lunghe trattative fu sta bilito la mediazione delle Potenze che avrebbero trattato la questione in una Conferenza di amba sciatori a Pietroburgo.

Dopo varie sedute l'ultima seduta della Confe renza di Pietroburgo ebbe luogo il 15 aprile ecco quali furono le decisioni delle Potenze rappresen tate alla Conferenza proposte all'approvazione della Bulgaria e della Rumenia.

La nuova frontiera bulgaro-rumena partirà del Da. nubio, a tre chilometri ad ovest della periferia di Si listria. Girerà intorno a questa, a questa stessa distanza di tre chilometri, tagliando, prima, la strada di Chu mla, poscia la strada di Varna, e, sempre a tre chi lometri da Silistria, arriverà alla frontiera attuale. Nessun'altra modificazione ai confini di prima. Una commissione mista che potrà aggregarsi dei pe riti di altre Potenze stabilirà il tracciato sul terreno. Delle indennità saranno pagate dal Governo rumeno agli abitanti bulgari di Silistriae della periferia, che faranno sapere, in un periodo di tempo di 6 mesi la loro volontà di cessare dall'abitarvi.

La Bulgaria non costruirà fortificazioni lungo la fron tiera, da Silistria al Mar Nero.

e di

Il Governo rumeno avrà il diritto di controllare sovvenzionare le scuole e le chiese Kutro-valacche nelle provincie macedoni annesse alla Bulgaria.

La creazione di un episcopato rumeno in queste re gioni è ugualmente consentita.

Le Potenze alla Conferenza di Pietroburgo avevano trovato una soluzione equa che i due stati accetta rono firmando il 10 maggio, sempre a Pietroburgo, un protocollo in base alle proposte della conferenza, con qualche maggiore vantaggio per la Rumenia. Il protocollo è così concepito :

302 IL CONFLITTO
BULGARO-RU'MENO

Il protocollo di Pietroburgo 303

1. La città diSilistria con tutte le sue fortificazioni sarà ceduta alla Rumenia, come pure tutto il territorio che si estende a tre chilometri di là dai forti, vale a direilterritorio compresoin un raggio approssimativo di 13 chilometri a partire dal limitedella città. La fron tiera futura della Dobrugia partirà dal punto chiamato Popina sul Danubio, località che verrà ceduta alla Ru menia.

«

« 2. Considerando chele frontiere geografiche naturali sono le frontiere più sicure fra i vari paesi; conside rando d'altra parte che il trattatodel 1878 di Berlino, cedeva alla Rumeniauna porzione della Dobrugia senza assicurarle la possibilità di difesa, non è che un atto diequità riparare l'inguistizia arrecata alla Rumenia nel 1878 e concederle una frontiera naturale che seguirà la cima delle montagne di Babuk, di Aflatar e di bey Bunar, fino al punto chiamato Kokardja.

« 3. D'altra parte, prendendo in considerazione l'op posizione del Governo bulgaro che per ragioni interes santi la difesa del porto di Varna non può cedere tutto il golfo che si estende fino al promontorio di Kalakra, la frontiera della Dobrugia verso il Mar Nero a partire da Kokardja seguirà lavetta dei monti Korales e Gar galuk fino al capo Sciabla che rimarrà territorio bul garo. »

La firma di questo protocollo non fu accolta con entusiasmo nè da una parte nè dall'altra. Le pole miche dei giornali, i comizi tenuti a Sofia e a Buca rest, avevano eccitato gli animi. Ma, gli uomini di governo, da una parte e dall'altra, in complesso si rallegrarono che in tal modo un conflitto fosse stato evitato.

Pur troppo, una nuova guerra scoppiava poco do po fra gli alleati, e, malgrado il protocollo che pa reva aver posto fine al conflitto, la Rumeniamobiliz zò ed intervenne decidendone le sorti. La Bulgaria, come si vedrà nel capitolo seguente, in questa lotta impari contro cinque stati, perdette quasi tutti i ter ritori conquistati a prezzo di tanto sangue dal va lore dei suoi figli.

ALI RIZA PASCIA.

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- . TYPCKH . BOEHEH3 MHC PYKTOPS 3 ( 10° 11 1912) : CARTOLINA-CARICATURA DEL MARESCIALLO VON DER Goltz'

LA TRAGEDIA BULGARA.

LA PACE DI BUCAREST.

I. LA LOTTI FRA GLI ALLEATI. SPERANZE DI ACCORDO , Prevale l'ottimismo. Terra serba e vagone bulgaro. I due presidenti. Argomenti efficaci. La rinunzia a Salonicco. Lo Czar riprende le redini. La crisi ministeriale bulgara. Per evitare la guerra fratricida.

II. LA SANTA RUSSIA E GLI SLAVI. DALLA LOTTA PER LE NAZIONALITA' ALLE LOTTE DI RAZZA.

La politica russa . Il dizionario politico. I sovrani balcanici e lo C'zar. I piccoli fratelli. Le dimostrazioni della Duma a Daneff. Gli stessi avversari in Asia.

III. ALL'INDOMANI DELLA VITTORIA. PER LA TERZA VOLTA

!

Le sconfitte bulgare. Nessuno poteva prevedere. Le note collettive... viste da vicino. Cieca intransigenza ! A Salonicco avevano tacita mente rinunziato. Politica austriacá... con ministri russofili. Un vaticinio! - L'Italia e l'equilibrio balcanico.

Nei telegrammi che giungono dalle capitali bal caniche, le notizie allarmanti, e quelle che possono fare ancora sperare in una soluzione amichevole di tutte le questioni che tengono ancora in armi gli uni contro gli altri gli Alleati che con tanto entu siasmo avevano iniziato la guerra contro la Turchia, si alternano d'ora in ora. Ma si direbbe che tanto l'opinione pubblica europea, quanto quel termome tro ancora più sensibile e impressionabile che è la Borsa si sieno abituati a queste alternative, e, in fondo, abbiano la convinzione che la soluzione o le soluzioni si finiranno per trovare. Oggi prevale sen za dubbio l'ottimismo, malgrado i telegrammi nei quali sono descritti con lusso di particolari i prepa rativi degli Stati Alleati per essere pronti ad ogni evenienza, e si dà notizia di scontri sanguinosi av venuti qua e là fra soldati bulgari e soldati greci, fra bulgari e serbi, e delle entusiastiche dimostra zioni di solidarietà tra serbi e greci. L'intonazione dei giornali, a Sofia, a Belgrado e ad Atene parte qualche eccezione, come quella del Mir, orga a

BULGARA

no del Ghescioff, che pare si ritiri non è più quella dei giorni scorsi. Incominciano a discutere. Ed è già qualche cosa. È molto quando si pensa che, giorni sono, non si voleva: nemmeno discutere. La detente è evidentemente dovuta al colloquio Pasic-Ghescioff, al quale i due Governi di Sofia e di Belgrado sono finalmente arrivati, superando difficoltà che, da prin cipio, era parso assolutamente impossibile di vin cere, tenuto conto specialmente dello stato di ecci tazione degli animi .

In certe circostanze, cose che, a tutta prima, pa iono non avere una grande importanza, finiscono per averne una grandissima. A volte è il caso di dover rinunziare anche ad iniziative che possono condurre a grandi resultati per delle piccole que stioni di forma, e magari di etichetta. Anche da lon tano, conoscendo i personaggi e l'ambiente, è facile immaginare come abbiano potuto ritardare codesto colloquio dei due presidenti del Consiglio delle pic cole questioni di forma. Sopra tutto, dovendosi sce gliere per il convegno un punto alla frontiera, dove cioè sono ancora vivi e dovevano più che mai essere evocati nelle attuali circostanze, mentre si parla di un nuovo conflitto, i ricordi della guerra fratricida del 1887. E' evidentemente in seguito a una transa zione, accolta dalle due parti come una felice solu zione, che il colloquio ha avuto luogo in territorio serbo, ma in un vagone bulgaro. Entrambi i presi denti del Consiglio hanno desiderato assistessero e prendessero parte al colloquio due diplomatici, la cui scelta, tanto da una parte che dall'altra, indicó lo spirito di conciliazione dal quale erano animati i due Governi. Il Pasic volle con sè il ministro serbo a Sofia, il signor Spalaicovich, che, considerato co me il braccio destro del compianto Milovanovich, fu, fin da parecchi anni sono, uno dei più caldi fautori dell'alleanza balcanica, e che a raggiungere questo risultato ha dedicato tutta la sua attività, dacchè

308 LÀ
TRAGEDIA

il Convegno di Tzaribrod 309

rappresenta la Serbia a Sofia. Il Ghescioff volle es sere coadiuvato dal Rizoff, che chiamò con un tele gramma da Roma. Il Rizoff è uno dei più antichi fautori di un'alleanza serbo-bulgara. Passato dal giornalismo alla diplomazia, fu mandato ministro a Cettigne, quando erano piuttosto fredde, improntate anzi ad una certa dissimulata diffidenza, le rela zioni fra Bulgaria e Montenegro. Si deve in gran parte all'opera sua se, dopo poco tempo, codeste re lazioni diventarono cordialissime e l'amicizia fra i due paesi ebbe la sua consacrazione nella visita di Re Ferdinando a Cettigne e nelle festose accoglien ze con le quali fu ricevuto. Da Cettigne passò a Bel grado e continuò nella stessa linea di condotta, che seguì ancora a Roma, con un'azione che per essere indiretta non era meno efficace, poichè si svolgeva d'accordo col Milovanovich, allora ministro serbo a Roma, e poi presidente del Consiglio.

È noto quale parte importante ebbero nella conclu sione dell'alleanza balcanica il Pasic e il Ghescioff. Per cui si potrebbe dire che nel convegno di Tzari brod, i ministri e diplomatici che vi han preso parte erano un po' là per difendere, per salvare l'opera loro, nel momento più grave.

Che la questione di Monastir dovesse arrivare ad uno stadio acuto, fino a far temere, da un momento all'altro lo scoppio di una nuova guerra fratricida, si sapeva da parecchi mesi. Appunto per questo si e vitava, per quanto possibile, di parlarne : di allon tanare il giorno nel quale la questione si doveva ri solvere. E la questione è sempre sembrata grave, appunto perchè non si può stabilire con un taglio netto, da qual parte sia la ragione e il torto. Da una parte e dall'altra si adducono argomenti dei quali non è possibile negare il valore. Quando i serbi, e 'ultimamente per bocca del loro nuovo ministro a

l'interesse a concludere la pace con la Turchia, l'han continuata per far avere Adrianopoli alla Bulgaria, dà loro dei nuovi diritti nel regolamento finale, e che quindi il sangue sparso intorno a quella città fanno certamente un ragionamento logico. Viceversa è del pari logico e vero ciò che dicono i bulgari, quando asseriscono che le sorti della guerra potevano essere ben diverse nello scacchiere macedone, e, in ogni modo, ben più difficili le battaglie serbo-turche se i bulgari in Tracia non avessero trattenuto con grande sacrifici di vite, e di denaro i più numerosi e più agguerriti eserciti turchi.

Disgraziatamente la questione si è inacerbita per l'intervento della Grecia, e l'accordo di quest'ultima con la Serbia contro la Bulgaria. Alleanza od ac cordo che sia, era naturale avvenisse, e fu facilmen te preveduto fino da mesi sono, appena il conflitto serbo-bulgaro si accentuò. Ma forse, con un atteg giamento un po' diverso, la Bulgaria poteva evitar lo, quando, a Sofia, anche i più caldi amici della Bulgaria dicevano ai suoi uomini politici: Vous ne pouvez pas vous mettre tout le monde sur le dos. Poichè, in fondo, la verità è che, tacitamente, i bulgari a Salonicco avevano finito per rinunziare. Ciò risullava chiarissimamente da parecchi sintomi due mesi fa. Fra gli altri il fatto che preparandosi un vasto progetto per le linee ferroviarie del quale ho la carta tracciata al Ministero delle ferrovie, Sa lonicco era completamente lasciata fuori. Le due grandi linee ferroviarie all'Egeo secondo quel pro getto si dirigono l'una a Dede Agach, l'altra a Cavalla. Visto aprirsi la questione della spartizione, le ri. vendicazioni degli altri, e Silistria data alla Rume nia, è risorta, ed ha preso subito nuovamente un carattere acuto la questione di Salonicco. Il Ministro Ghescioff del quale si annunziano le dimissioni già date o da darsi ha dovuto evi

310 LA
TRAGEDIA

Crisi ministeriali in vista 311

dentemente obbedire anche a considerazioni di po litica interna.

Fui facile profeta, quando due o tre mesi fa scri vevo dai Balcani, che alla conclusione della pace si avrà una ecatombe di ministri nelle capitali balca niche. Per arrivare ad un accordo edoggi non si dispera di arrivarvi - tutti dovranno sacrificare qualche cosa . Quindi, o colpiti dalla impopolarità o per evitarla, i ministri stati al potere fino ad ora dovranno andarsene. Ha ceduto e dovrà cedere an cora Venizelos sulla questione delle isole e dei con fini con l'Albania, ha ceduto forzatamente sullo sboc co al mare il Pasic, ha ceduto su Silistria e pare deb ba cedere ancora su altro, poco o molto, il Ghescioff. Che quest'ultimo specialmente preferisca andarsene, è naturale e si spiega. Anche perchè in questo mo. mento nemmeno il Gabinetto, o per lo meno la con centrazione che lo sostiene, è concorde. Il Danelf, capo del partito russofilo, in tutto questo periodo ha avuto l'aria di posare a gran protettore del Mini stero, ed è ancora oggi in prima linea. La sua fede nell'amicizia russa che dovrebbe essere l'arbitra fra il suo paese e la Serbia, non è punto scossa. Ma, appunto per questo, non approva, pare, qualche atto della politica bulgara che ha potuto far credere a un orientamento verso Vienna, pensando che da Vienna possono sempre dare una mano alla Bulgaria per con tenere la Serbia. I telegrammi da Sofia accennano al la possibilità di un ritorno al potere del Malinoff capo del partito democratico. Circa il significato che una tale scelta potrebbe avere in questo momento siamo nel campo delle induzioni. Il Malinoff che un bel giorno Re Ferdinando chiamò al potere, sebbene alla Camera il suo partito non disponesse che di due voti (!), ha reso veramente dei servigi in momenti difficili. Re Ferdinando, abilmenle, in questi momenti pre ferisce i democratici al Governo... anzichè in piazza,

Servono mentre sono al potere e sono sciupati quando se ne vanno! Non è possibile affermare con certezza se, con lo stesso Malinoff, lo Czar bulgaro vo glia ripetere il giuoco, così ben riuscito altre due volte. Si vede, in ogni modo, che il Re, ha ripreso nelle sue mani la direzione della politica estera che, qualche mese, sembrò ostentare di lasciar fare ai suoi ministri senza far sentire la sua autorità. E po trebbe darsi che col Malinoff, o con altri, o con un rimpasto, pensasse a uno di quei cosidetti ministeri di concentrazione: i grandi ministeri coi quali, com promettendo tutti i parliti e i principali uomini loro, si possono affrontare le responsabilità gravi.

Delle crisi ministeriali che si minacciano e di cui si parla, evidentemente quella che pare sia scop piata a Sòfia è la più importante. Poichè è dall'atteg giamento del Governo bulgaro, secondo sarà più o meno animato da spirito di conciliazione, che dipen de la situazione.

In ogni modo, un primo passo importante che, come dicevo, permetterebbe oggi un certo ottimismo, sia pure relativo, è quello del colloquio Pasic-Ghe scioff e delle pratiche che si stanno facendoper il col loquio dei ministri dei quattro Stati balcanici alleati. Se questi riescono ad organizzare il convegno, sarà un secondo passo importante verso una soluzione per il mantenimento della pace. Per quanto gli ani mi siano conciliati, e oltremodo vivaci le polemiche fra i giornali dei diversi paesi, pare vadafacendosi strada ogni giorno più la convinzione che è meglio risolvano tutte le questioni fra loro senza l'interven to delle Potenze. Malgrado in Macedonia, ai confi ni della zona neutrale, i soldati serbi e greci frater nizzino mentre a poca distanza luccicano le baionet te delle sentinelle bulgare, se non nel mondo mili. tare, nel mondo politico dei vari Stati si ricomincia ad avere la visione chiara che, all'indomani di una lotta fratricida, essi sarebbero più deboli che non

312 LA TRAGEDIA BULGARA

Le ultime speranze di un accordo 313

prima della guerra con la Turchia e che, tanto per i vinti quanto per i vincitori, sarebbero stati così inutili gli immensi sacrifici sostenuti nella speran za di un avvenire grande per la patria loro. Sta be ne che la Turchia è ormai ridotta a non avere più in Europa che la capitale con un piccolo hinterland; ma essi ridiventando deboli, comprendono che le Po tenze che hanno interessi nei Balcani potrebbero in molte circostanze imporre la loro volontà. La Serbia minaccerebbe più che mai di cadere nell'or bita austro-ungarica; ne potrebbe procedere come ha fatto finora sulla via dello sviluppo una Bulgaria che, sebbene ingrandita, sarebbe insidiata da tut te le parti. Questo si sente nelle capitali balcaniche, insieme al disagio economico che inevitabilmente segue sempre alla guerra e più che mai in paese non ancora molto innanzi sulla via del progresso civile. Un falso amor proprio impedisce spesso di dire alla stampa tutta la verità; ma è certo un buon sintomo che in un paese e nell'altro, pur dicendo di non temerla, si affermi dai capi del Governo che la guerra, e una guerra fratricida, sarebbe la peg giore delle soluzioni. 4 Giugno.

LA SANTA RUSSIA E GLI SLAVI

DALLA LOTTA PER LE NAZIONALITA'

ALLE LOTTE DI RAZZA.

Che l'energico intervento dello Czar per evitare una nuova guerra nei Balcani , mentre è stato salu tato con simpatia da per tutto dovesse suscitare un certo malumore in Austria-Ungheria era facilmen te prevedibile. Come tutte le altre Potenze -- e, da un certo punto di vista, più delle altre, per il grave e

disagio economico di cui soffre in conseguenza del suo atteggiamento durante la guerra - l'Austria-Ungheria deve ora desiderare che la pace non sia nuo vamente turbata. Ma questa specie di protettorato russo sui regni balcanici, proclamato con tanta $0 lennità nella lettera dello Czar ai due Sovrani, non può a meno di preoccupare seriamente la politica di Vienna, per le ripercussioni che può avere fra le popolazionislave dell'Impero. Non è solamente nel le provincie meridionali dell'Impero che spesso han no luogo, con dimostrazioni di simpatia alla Rus sia, delle manifestazioni panslavistiche. Qualche an no fa, durante un Congresso, sono stati mandati da Praga, al presidente della Duma, entusiastici tele grammi di solidarietà panslavistica.... La politica russa ha un po' abituato l'Europa a questi colpi di scena. Dopo aver avuto l'aria, per mesi e mesi, di subire gli avvenimenti mettendosi quasi a rimorchio delle altre Potenze, e cedendo come nella questione di Scutari e del Montenegro - anche là dove non si sarebbe creduto possibile, questa volta la Russia, mutando d'un tratto atteg giamento, non si è più contentata di intervenire con note diplomatiche o comunicazioni ufficiose; ma ha fatto parlare lo Czar, il quale si è diretto con tono imperativo e perentorio ai due Sovrani balca nici in nome della fede comune e dei vincoli di raz za che uniscono i loro popoli al popolo russo.

Il secolo finito da pochi anni è stato il secolo del le nazionalità. Sarà la lotta di razza la caratteri stica del secolo ventesimo?... La stirpe latina è sem pre divisa. Italia e Francia appartengono per le lo ro alleanze a gruppi diversi : ancora incerta sul proprio orientamento è la Spagna, che fino a pochi mesi or sono, a causa della questione del Marocco pareva potere essere spinta verso la Germania; e il Portogallo, così repubblicano come monarchico. è completamente nell'orbita anglo-sassone. Ma, da

314 LA
TRAGEDIA

Pangermanismo e Panslavismo 315

parecchi anni specialmente, con forme meno appa riscenti di una volta, ma più efficaci, hanno preso maggior vigore il pangermanismo e il panslavi smo. Anche le parole sono nuove, e hanno trovato posto, relativamente da poco tempo, nel dizionario politico.

La parola « panslavismo » è nata nella prima me tà del secolo scorso verso il 1830; e la crearono i ne mici della Russia : quando la Russia, ricordando una celebre frase di Napoleone, era considerata un po' come la nemica dell'Europa e si manifestavano qua e là i primi sintomi di quel risveglio delle na zionalità jugo-slave dal quale dovevano poi sorgere e svilupparsi gli attuali regni balcanici. Il panslavi smo prese in Russia, a poco a poco, il posto del Tellenismo, e si comprende che la Russia possa fi no a un certo punto parlare come ha parlato lo Czar nel suo recente telegramma ai Sovrani di Serbia e di Bulgaria, quando si pensi che questi regni balca nici devono tutto alla Russia : poichè, senza il suo aiuto, mai sarebbero arrivati alla indipendenza; nè forse, conquistatala. avrebbero potuto conservarla. A Belgrado come a Sòfia l'influenza austro-ungarica ha, naturalmente, cercato sempre i controbilain ciare l'influenza russa; e qualche volta anche è riu scita a tenerla in iscacco. Ma, in realtà, è sempre stata la politica russa che sia pure con qualche interruzione e qualche eclisse più o meno lungo ha dominato, e finito per vincere. Re Milano, che rappresentava la politica austro fila, un bel giorno è costretto ad abdicare; il Bat tenberg, in Bulgaria, deve andarsene quando si ribella all'autorità dello Czar. Più tardi cade la di nastia degli Obrenovic; e a Belgrado tutti sanno che la sorte di essa -- a parte il modo col quale la fecero finire fu decisa dal giorno nel quale si seppe che la Czarina non avrebbe ricevuto la Regina Dra ga e che Re Alessandro aveva dovuto rinunziare al yiaggio a Pietroburgo,

È rimasto sul trono, e da principe vassallo è di ventato Czar della grande Bulgaria, il Coburgo, seb bene osteggiato dalla Russia, grazie alla sua me ravigliosa abilità. Ma, ad un certo punto, ha dovuto egli pure entrare nell'orbita della Russia; e la con versione all'ortodossia del Principe ereditario Boris è stata, ccime è noto, il pegno della riconciliazione bulgaro -russa. Allo stesso modo che il popolo russo si consi dera il protettore dei popoli jugo-slavi, lo Czar tiene a legarne a sè, o con vincoli di parentela o con altri mezzi, le dinastie. È stato padrino nella conversione al Principe Boris; doveva esserlo per l'erede di Ales sandro Obrenovic; ed è diventata granduchessa russa una principessa montenegrina. Tanto a Belgrado quanto a Sofia, per un pezzo, i nomi degli uomini politici, assai più che una ten denza nella politica interna, indicavano l'orienta mento verso l'Austria-Ungheria o verso la Russia.

In questo momento non vi sono più in Serbia e lo si comprende, dopo gli ultimi avvenimenti di quattro anni fa, ai quali sè ora aggiunta la guerra balcanica -- nè partiti nè uomini politici austrofili: vi sono invece uomini politici che rappresentano una diversa gradazione di austrofobia, e di russo filia.

E lo stesso avviene in Bulgaria; dove, da questo punto di vista, è quanto mai significante la scelta del Daneffccime capo del Governo in sostituzione del Ghescioff. Le due gradazioni del russofilismo in Bulgaria sono rappresentate da coloro ai quali si attribuisce il motto : « Prima la Russia, e poi la Bulgaria » , e da coloro che dicono: « Prima di tutto la Bulgaria, d'accordo con la Russia fin che si può; ma anche contro questa, se fosse necesario per la nostra indipendenza » . Il Daneff, a torto od a ra gione, figura come il capo della prima tendenza : è il russo ilo ad ogni costo; e ciò spiega l'accoglienza

316 LA TRAGEDIA

ta Russia e gli alleati balcanici 317

trionfale che egli ebbe, mesi or sono, a Pietroburgo nel pubblico, nella stampa, ed anche alla Duma, dove fu entusiasticamente acclamato. Quelle dimostrazioni della capitale russa e della Duma al plenipotenziario bulgaro non furono sola mente una grande manifestazione panslavistica, ma altresì una protesta contro l'atteggiamento del Go verno, giudicato troppo remissivo; e si possono con siderare come uno dei primi sintomi di questo ri sveglio della corrente panslavista, che ha finito per forzare la mano al Governo. La notizia della qua druplice alleanza e della dichiarazione di guerra fu accolta col più grande entusiasmo in tutta la Rus sia: e l'ansia con la quale furono seguite le vicende della guerra turco-balcanica fu molto maggiore di quella che simanifestò all'epoca della guerra in Man ciuria. Sebbene la Russia non vi abbia preso parte essa vi si considevava come impegnata, dal mo mento che sui campi della Tracia e in Macedonia combattevano degli slavi : « i piccoli fratelli », come i russi sogliono chiamare gli slavi del sud. La guer ra col Giappone non fu mai popolare : ma la guerra balcanica, in cui si combatté per l'ortodossia e per gli slavi, sì. La Russia fu la sola Potenza che ap plaudì veramente, con entusiasmo fino all'ultimo, alle vittorie degli alleati, così come era stata la sola a manifestare sincere simpatie per noi, quando com battevamo ugualmente contro il nemico degli slavi e dei cristiani nell'Oriente europeo. Agli Alleati essa mandò, fino all'ultimo, armi, denaro e aiuti in tutti i modi .

Tutto ciò, come l'ultimo gesto dello Czar, può sem brare in contraddizione con la remissività con cui ha abbandonato, di fronte all'atteggiamento dell'Au stria-Ungheria, prima la Serbia e poi il Montenegro; ma tuttavia, attraverso queste contraddizioni e que ste incertezze, non è difficile trovare quello che chia merei il filo conduttore della politica russa. Poteva

importare fino a un certo punto, alla Russia, che i regni balcanici ottenessero un lembo di più o di meno di territorio, fino a che essa aveva la certezza che l'alleanza non si sarebbe rotta, o che, per lo meno, la pace fra gli Alleati non sarebbe stata turbata; ma è intervenuta quando ha veduto dav vero imminente il pericolo dello sfacelo..... Le pa role dello Czar ricordano quelle pronunziate da Alessandro III alla vigilia della guerra russo-turca. Anche allora l'Europa non riesciva a mettersi d'ac cordo e ad imporsi alla Turchia per ottenere garan zie per le popolazioni cristiane dei Balcani: « Il sen timento nazionale e cristiano della Russia disse allora l'avo dell'attuale Czar la quale è così vi cina a quei disgraziati paesi ai quali è legata da tanti vincoli, non può limitarsi a delle simpatie platoni. che». E poco dopo aggiungeva: « se gli altri non agiscono, ho la ferma intenzione di agire da solo; e son certo che, in questo caso, tutta la Russia ri sponderà al mio appello... ):

Il compito di arbitro e di paciere che la Russia si è imposto è certamente arduo e difficile. Ma essa non poteva sottrarsi: non poteva lasciare intentato alcun mezzo per evitare una guerra fratricida. L'al leanza balcanica, anche se limitata ai tre Stati slavi ha dato vita e può mantener viva quella che fu già chiamata una nuova grande Potenza che può spo stare l'equilibrio europeo... Questa alleanza ha fer mato l'Austria nella sua discesa verso l'Egeo : sfa sciandosi e, peggio ancora, se gli Stati che la compongono uscissero indeboliti da una nuova guer ra , sarebbe nuovamente aperto il varco alla in fluenza dell'Austria, che il panslavismo considera come l'avanguardia del pangermanismo. In questo momento specialmente, in cui, con le nuove leggi militari, la Germania prepara un formidabile eser cito, mentre la Russia non ha ancora raggiunto quel grado di sviluppo delle sue forze di terra e di mare

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TRAGEDIA

al quale spera di arrivare fra qualche anno, il blocco balcanico può essere per la Russia stessa un forte punto di appoggio; sopra tutto di fronte alle com plicazioni, che già si intravedono, per quella che nelle Cancellerie si designa già col nome di nuova questione d'Oriente.

Quando il principe di Bismarck, cercando di spin gere la Russia verso l'Estremo Oriente, diceva: « La Russia non ha nulla da fare nel Vecchio Continen te: vada in Asia, dove rappresenta l'Europa e la ci viltà » , i continenti erano ancora nettamente divisi, e parevano, così, lontani l'uno dall'altro. Oggi, i con tinenti si sono avvicinati, si coimpenetrano l'uno nel l'altro; e le lotte e le rivalità europee si manifestano senza soluzione di continuità di là dal Bosforo. Sen-. za poter ancora precisare quale forma assumeran no, e dove si accentueranno, tutti sentono che pre sto nuove complicazioni si minacciano, e che un nuovo incubo peserà chi sa per quanti anni sulle Potenze, le quali, direttamente o indirettamente, hanno interessi in quelle regioni.

Il Mediterraneo orientale è diventato un lago, nel quale si preparano le lotte future; e su questo lago si è ora affacciata la Grande Bulgaria : una nazione giovane e gagliarda, che, indipendentemente dalle sue forze di terra, diverrà un fattore di una certa importanza anche per le sue forze di mare, se essa vi darà, come è nel suo programma, un rapido svi luppo, con la stessa energia con la quale ha saputo formarsi in pochi anni un esercito che ha dato così belle prove di sè.

La Turchia non conta più in Europa; e i Regni balcanici, alleati e forti, e legati da vincoli di rico noscenza alla Russia, possono permettere a que st'ultima una maggiore libertà di movimenti in caso di possibili e probabili lotte. Essi costituivano l'avan guardia della grande nazione slava quando questa temeva ed aveva obiettivi verso Occidente: possono

L'avanguardia
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slava

BULGARÀ

costituirne la retroguardia, la forza che la garanti sca alle spalle, ora che le aspirazioni di essa mirano dalla parte opposta. Non più preoccupata dell Estre mo Oriente, par che la Russia già accenni a concen trare i propri sforzi, tutta la propria azione e la pro pria attività, politica, diplomatica, e, naturalmente militare, verso l'Oriente Medio e l'Asia Minore. Que sta politica non solo è conforme alle sue tradizioni, non solo continua così la missione della Santa Rus sua; ma serve mirabilmente ai suoi interessi : al di qua dal Bosforo difende, secondo le tradizioni, l'or todossia e gli slavi; al di là non vi sono nè ortodossi, nè slavi, ma interessi vitali, ed essa mira a prendere quella posizione che, malgrado le proprie vittorie, le impedirono di prendere le Potenze europee adu nate al Congresso di Berlino, all'indomani della guerra russo -turca del 1872. Al di qua fu il pansla vismo che guidò e incoraggiò sempre la politica mo scovita; al di là, si tratta di un movimento che si può chiamare imperialista. Però, come dicevo, le lotte europee continuano anche in Asia; e, data la invadenza germanica in quelle regioni - a proposito della lotta fra le grandi razze, alla quale ho accen nato da principio, si trovano di nuovo di fronte il pangermanismo e il panslavismo, sebbene non vi siano, nè germanici, nè ortodossi, nè slavi...

È difficile per non dire impossibile fare oggi previsioni sull'esito dell'arbitrato imposto dalla Rus sia e accettato con non dissimulate riserve dei con tendenti. Ma è relativamente facile, come si vede, spiegare i movimenti che hanno spinto la Russia di Nocolò II ad agire da sola ed energicamente come quella di Alessandro II. 19 Giugno.

320 ÍÀ TRAGEDIA
FE 00
RE PIETRO E PASIC LASCIANO LA SCUPCINA DOPO LA SEDUTA REALE E LA PROCLAMAZIONE DELLA GUERRA
.
TE SALONICCO . 1

III.

ALL'INDOMANI DELLA VITTORIA . PER LA TERZA VOLTA!

Solo coloro che come me hanno seguito, si può dire, giorno per giorno, il meravigliososviluppo del la Bulgaria, che ricordano l'epoca nella quale ap pena liberato dall'oppressione turca, questo popolo che ha stupìto il mondo colle sue vittorie era an cora un popolo di contadini, che mandava alla Ca mera deputati che si presentavano scalzi ai ricevi menti del Sovrano, possono rendersi conto dell'im pressione di profondo dolore che provocano in que sti giorni negli amici della Bulgaria le notizie delle sue sconfitte. Nessuno aveva preveduto che le cose potessero ar rivare a questo punto: che la splendida pagina scrit ta nella storia dai quattro regni confederati, potesse essere a così breve distanza di tempo, se non can cellata, fatta dimenticare dalle lotte sanguinose che si stanno ora svolgendo: che la Macedonia ridiven tasse di nuovo il teatro di atrocità senza nome. Ep pure non sono mancati alla Bulgaria i consigli di moderazione, che, se seguiti, avrebbe evitato la ca tastrofe, senza sminuire per nulla il suo trionfo. Non sono mancati, nè da parte della diplomazia, nè da parte della stampa. In queste stesse colonne (1), tre mesi fa, scrivendo da Sofia, dicevo per l'appunto, che con la politica intransigente verso i suoi alleati, la Bulgaria avrebbe finito per avere contro tutti quanti, e che per quanto forte il piccolo paese non avrebbe potuto far fronte a tanti nemici. E ripetevo a questo proposito durante uno dei periodi più (1) Corriere della Sera.

Politica
321
intransigente

acuti del conflitto con la Rumenia quanto mi di ceva un antico ministro diplomatico bulgaro, che pure è un nazionalista fervente come del resto lo sono tutti : On ne peut pas tout avoir, sopra tutto essendo ormai certi di avere molto più di quello che si spera.

Si vedeva chiaro che le nubi si addensavano. In una forma più o meno deferente, secondo il grado di simpatia delle rispettive Potenze, i ministri esteri accreditati a Sòfia, fino da allora, hanno più volte cercato di trattenere la Bulgaria sulla china peri colosa, anche indipendentemente da quelle note col lettive, con le quali, in varie circostanze, l'Europa ha sperato di far cessare la guerra ed evitare nuovi conflitti. Mi sono trovato più volte in quella sala da biliardo del club nella quale, tra una partita e l'al tra, ammirando i bei colpi del conte Tarnoski, il simpatico gentiluomo che rappresenta a Sòfia l'Im peratore Francesco Giuseppe, i ministri esteri si concertavano per questi passi collettivi presso il Go verno di Re Ferdinando. Questi passi collettivi... visti da vicino, non hanno tutta quella solennità, che forse si attribuisce loro leggendone le notizie e i commenti nei telegrammi sui giornali. A Sòfia, e specialmente in tempo di guerra, le distrazioni non sono molte e i ministri anzichè andarsi a cercare l'un l'altro preferiscono trovarsi ogni giorno prima dell'ora del pranzo al club. Quante volte ho sentito deplorare, dai veri amici della Bulgaria, la sua cieca intransigenza. E certa mente fu dovuta a questi consigli la tacita rinunzia a Salonicco. Il primo e grande errore del Governo di Sòlia in questa seconda fase delle complicazioni balcaniche, fu il suo atteggiamento verso la Grecia. Dal momento che la questione di Monastir pareva rendere inevitabile la guerra con la Serbia, il più elementare buon senso doveva consigliare di transi gere con la Grecia : di venire ad un accordo con

322 LA
TRAGEDIA

Gli errori del Governo bulgaro 323

questa per non averla essa pure nemica. Tanto più, ripeto, che se ufficialmente non era mai stata annun ziata, la rinunzia a Salonicco era già nel program ma e non se ne faceva mistero. L'altro errore è stato quello di lesinare su qualche chilometro quadrato di più o di meno nella questione con la Rumenia, non rendendosi conto che, nella partita che si sen liva sarebbe presto impegnata, quella della Rume nia poteva essere la carta decisiva. Nel momento in cui bisognava, in vista delle complicazioni, para Tizzare a costo di qualunque sacrifizio tratta ormai più di sacrifizi importanti, poichè, co me dico, quello di Salonicco era già stabilito al meno la Grecia e la Rumenia, l'intonazione della politica bulgara diventò invece più aggressiva. E ciò. in gran parte pel mutamento di Ministero, pel di verso temperamento e di diversi precedenti del nuo vo capo del Governo, il Daneff. Il Ghescioff, tempe ramento più calmo e con una mentalità più occi dentale, era assai più abile nel barcamenarsi fra le difficoltà evitando di brusquer le situazioni. Duran te tutto il periodo della guerra e delle trattative per la pace e nella questione rumena fu continuo il dis senso fra il Daneff, che posava a gran protettore del Ministero del quale facevano parte parecchi uomini del suo partito che han conservato il portafoglio nel nuovo, e il presidente del Consiglio Ghescioff. Ho sentito che a Sòfia chiamano ora il Daneff il mini stro della rovina. Ma non è nato ora il malcontento per il Daneff che, fino da mesi sono, era giudicato severamente anche da uomini che pure non sono suoi avversari politici. Il Daneff mandato a Bukarest e poi a Londra, non solo per la sua posizione po litica, ma anche perchè era considerato come un uomo calmo, si era completamente trasformato in poche settimane. Era diventato l'uomo più loquace che si potesse immaginare, e molte cose ha rovinato realmente con le sue interviste inopportune, e con

e non si

dichiarazioni che avrebbe dovuto evitare. Si era, co me si dice, lasciato emballer. E non è un mistero per nessuno a Sòfia, che le cose furono compromes se specialmente perchè non sempre egli ha seguito le istruzioni del suo Governo. Forte nella sua posi zione parlamentare, credeva di poter agire di sua iniziativa. E nelle trattative diplomatiche non ebbe l'abilità di nascondere il suo giuoco. A Bucarest, per esempio, a incominciare dalRc-- e me lo disse Re plersonalmente, e non è più ora un'indiscrezione l'alludere alle sue parole --- tutti ebbero l'impres sione, che egli cercasse di canzonare tirando in lungo: facendo della politica alla turca. A Londra. mentre aveva avuto istruzione di cedere su alcuni punti: di dare, mettiamo, dieci, offrì assai meno : solamente otto. Cercò il successo personale, con la speranza che, riuscendo, tutti i meriti si facessero risalire a lui. Determinata da un complesso di ra gioni, una volta assolutamente deciso a ritirarsi il Ghescioff, fu fatale la scelta del Daneff. E può essere sembrata, da parte del Re, di una grande abilità la scelta di un presidente del Consiglio russofilo, mentre egli stava facendo invece una politica ne cessariamente austro ila, dal momento che pareva diventare ogni giorno più inevitabile un conflitto con la Serbia. ll Daneff è l'uomo politico bulgaro che una volta ha detto la Bulgaria non dovesse ave re una politica sua ma semplicemente seguire la politica russa...

Detto questo, bisogna anche riconoscere, che la situazione era diventata difficilissima, e che qua lunque altro uomo politico - a parte questi errori iniziali ai quali hoaccennato si sarebbe trovato imbarazzato a fronteggiarla. Bisognava avere il co raggio di affrontare risolutamente l'impopolarità. E non tutti, anzi pochissimi sono gli uomini politici che hanno tale coraggio. In fondo, la verità è che non l'ha avuto nemmeno il Ghescioff, il quale se

324 LA
TRAGEDIA

Il timore dell'impopolarità 325 n'è andato, nel momento in cui vi sarebbe stato maggiormente bisogno dell'opera sua. Nel giudizio severo che è stato emesso nel paese e all'estero per ilDaneff, sarebbe ingiusto non concedergli qualche attenuante. I successi avevano inebriato la Bulgaria. Il sangue sparso, gli enormi sacrifici sostenuti du rante sei o sette mesi di guerra, avevano creato un tale stato di esaltazione nelle masse, per cui nes suno osava più accennare alla possibilità di rinun cia. A Sofia era diffusa la convinzione che non solo sarebbe stato immediatamente rovesciato il Governo se vi avesse acconsentito, ma che sarebbe addirit tura scoppiata la rivoluzione. Bisognava, ripeto, ave re il coraggio di affrontare la impopolarità e i peri coli interni. Coraggio che ebbero, in momenti dif ficilissimi per la Bulgaria, altri uomini, come lo Stambuloff e il Petkoff, morti vittime di questo loro coraggio; ma che hanno reso con tale condotta i più grandi servigi al loro paese, come lo hanno di poi riconosciuto anche molti di coloro che furono fra i più implacabili avversari dei due ministri as sassinati.

I successi militari nella Tracia avevano alimen tato l'illusione inconcepibile, che un paese di meno di quattro milioni di abitanti (poichè non si può te ner conto di quattro o cinquecentomila maometta ni), potesse tenere testa a quattro o cinque paesi contro di esso collegati. E tener testa con un eser cito, che ha avuto circa 40.000 morti e 60.000 uomini fuori combattimento dei quali una metà soltanto sono ritornati sotto le bandiere, e, nel quale i vuoti soni stati riempiti da ragazzi di diciassette anni e da vecchi...

Svanito il sogno della sua cgemonia nei Balcani, che sarebbe stata incontestabilniente il risultato della guerra balcanica, se avesse avuto più moderazione nelle sue pretese e più abilità nella sua politica, la Bulgaria è posta oru i durissima prova. Gli errori

che l'hanno trascinata alla catastrofe all'indomani della gloria, non possono offuscare le belle pagine scritte nella storia col sangue dei suoi figli. Pur. troppo anche questa volta si è avverato il vaticinio ricordato quando nulla poteva far prevedere si av verasse ancora, per cui già due altre volte la nazione bulgara è stata colpita terribilmente, proprio quan do i suoi eserciti erano arrivati fin sotto le mura di Costantinopoli. Ma è un popolo forte, che saprà forse ritemprarsi nelle sventure e riacquistare il pre stigio e la simpatia con la quale l'Europa . civile l'ha seguita nella sua ascensione. Una Bulgaria abbastanza forte è ora più che mai necessaria a quell'equilibrio balcanico, che essa ha sperato per un momento di rompere, stabilendovi la sua egemonia. A questo concetto è ispirata l'a . zione delle Potenze, e specialmente di quelle più interessate nei Balcani. E quanto avviene ora è an che la giustificazione di quella nostra politica, a proposito dello sbocco nell'Adriatico che non trovo tutti consenzienti... Poichè l'Italia, dal punto di vi sta suo e dei suoi interessi, non può e non deve, a mio modo di vedere, lasciarsi trascinare dalle sim patie per questa o per quella delle nazioni balca. niche, ma deve considerarre la Penisola tutta come un insieme, nel quale nessuno degli Stati abbia un eccessivo predominio: giacchè solo con questo equi librio, i singoli Stati potranno, parallelamente, svi lupparsi, e non uno a danno dell'altro col continuo pericolo di turbare la pace. Della quale tutti questi Stati hanno estremo bisogno, e per loro stessi, e perchè riprendano fra l'Europa e l'Oriente europeo quelle relazioni normali, con le quali tanti interessi, non soltanto politici, ma economici, commerciali ed industriali non saranno più continuamente minac ciati. 16 Luglia,

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BULGARA

NOTE E DOCUMENTI.

Prima ancora della firma del Trattato di pace, si era andato accentuando il dissidio fra la Grecia e la Bulgaria e Serbia. Combattimenti sanguinosi erano già avvenuti in parecchi punti tra greci e bulgari, mentre dal canto suo la Serbia ammassava delle truppe dalla parte della Bulgaria, e presentava al Governo di Sòfia una domanda per la revisione del Trattato d'alleanza, domanda, alla quale malgrado la premura con la quale era sollecitata, la Bulgaria non diede risposta. Intanto delle navi greche in crociavano dinnanzi a Cavalla.

Il 1° giugno, alla frontiera bulgaro-serba ebbe luo go un incontro fra i due presidenti del Consiglio di Serbia e di Bulgaria che si posero in massima d'ac cordo per provocare una riunione dei capi dei Go verni dei quattro Stati Balcanici, che avrebbero dovu to cercaredi mettersi d'accordo su tutte le questioni interessanti gli alleati. Ma le trattative per tale riu mione subirono una sosta per la crisi ministeriale bulgara. Il presidente Guescioff presentò le sue di missioni al Re, il quale diede l'incarico al Daneff di costituire il nuovo ministero. Questa crisi e la sostituzione del Daneff al Guescioff fu fatale per l'alleanza e per la Bulgaria. Forse, un giorno, quan do si conosceranno in tutti i loro particolari le vi cende diplomatiche di quel periodo che precedette lo scoppio della seconda guerra balcanica e l'atteg giamento delle Potenze, si concederanno al Danell, oggi ritenuto responsabile della catastrofe, delle al

Crisi
327
ministeriale bulgara

tenuanti. Poichè sembra che, fino all'ultimo, assi. curazioni della Russia lo abbiano incoraggiato. Ma, beninteso delle attenuanti soltanto, poichè è un fatto che ha dato subito alla politica bulgara un carat tere di intransigenza. Del resto il Guescioff si ritirò precisamente perchè non era mai andato d'accordo col Daneff, del quale aveva subito a malincuore la inframmettenza spesso pericolosa. Due giorni prima dell'incontro dei due presidenti del Consiglio bulgaro e serbo, il Pasic aveva pro nunziato un discorso nel quale aveva spiegato quale fosse il punto di vista serbo nelle relazioni coisuoi alleati.

In tale questione disse Pasic il Governo ser bo si ispirerà tanto agli interessi serbi, quanto a quelli dell'Alleanza balcanica. Esso spera che si addiverrà ad un'equa ripartizione dei territori conquistati secondo i sacrifici compiuti da ciascuno.

« La delimitazione della frontiera serbo-montenegrina sarà facile, poichè i due popoli desiderano da lungo ternpo una frontiera comune. Se sorgessero difficoltà si ricorrerebbe ad un referendum della popolazione, per chè questa possa optare. In caso di divergenze, si ricor rerebbe all'arbitrato.

« Le frontiere nord e nord -est dell'Albania indicate dalle grandi Potenze non sono nè geografiche, nè stra tegiche, nè economiche, nè etnografiche. La linea di frontiera nella regione del Drin Nero è stata, a quanto pare, tracciata in maniera da impedire l'attuazione del progetto della ferrovia dell'Adriatico. Speriamo che i delegati delle grandi Potenze si renderanno conto di questa difficoltà e vorranno evitar'a » .

Circa la frontiera serbo-greca, Pasic fece notare che l'abbandono del litorale Adriatico al quale la Serbia fu costretta, indusse la Serbia a desiderare una frontiera comune con la Grecia. Se gli altri Stati vicini, per una qualsiasi ragione, volessero impedire od ostacolare l'esportazione e l'importazione serbe attraverso ai loro territori, la Serbia potrebbe assicurarle soltanto attra verso il territorio greco.

328 LA TRAGEDIA
BULGARA

Il discorso di Pasic 329

I territori contestati. Passando a parlare dei rapporti serbo-bulgari, il presidente del Consiglio dichiarò che essi sono ami chevoli come conviene fra alleati. Pasic svolse la tesi serba circa la necessità della revi. sione del trattato d'alleanza con la Bulgaria, in seguito ai risultati e alle vicende della guerra completamente di versi dalle previsioni su'le quali si fondava il trattato stesso :

· I fatti sui quali si basa il trattato di alleanza e la convenzione militare disse si sono modificati in tale misura che restava intatta soltanto la linea di confinedella Macedonia. Questa linea fu tracciata se condo fatti previsti per ipotesi da questo stesso trat tato. È quindi logico che questa linea debba subire anch'essa modificazioni. Secondo iltrattato, tutto il ter ritorio conquistato spetta ai due alleati. Il trattato pre vede i territori contestati e non contestati. I territori a nord ed a ovest dei monti Sciar (Sciar-Dag sono in contestabilmente serbi e quelli ad est dello Struma o dei monti Rhodope e il lago di Ochrida sono contestati e possono essere organizzati in provincia autonoma o essere ripartiti, se le due parti riconoscono che l'orga nizzazione autonoma è impossibile o contraria agli in teressi della Serbia e della Bulgaria. In caso di ripar tizione, questa sarà fatta secondo gli interessi dellena zionalità su una base prevista dal trattato e intorno alla quale la Bulgaria e la Serbia sono in disaccordo.

« Ma la principale divergenza serbo-bulgara non si riferisce alla interpretazione del trattato, ma consiste in quella questione: è il trattato rimasto valido o no dato che numerosi obblighi non sono stati adempiuti? Gli oneri previsti non furono adempiuti e una influenza venuta dal di fuori modificò l'estensione dei territori conquistati. Secondo il trattato, la Serbia aveva diritto incontestabile ad un accesso territoriale sul litorale adriatico caramente da essa pagato. A domanda del l'Austria-Ungheria, le Potenze hanno privato la Serbia del litorale e con ciò è stata annullata la clausola del trattato che attribuiva questo litorale alla Serbia, clau sola che avrebbe permesso alla Bulgaria di ottenere il territorio dello Struma e del Rhodope sino ad Adriano poli, se la clausola fosse stata mantenuta in ciò che concerne la Serbia. Se anche tale modificazione fosse

stata unica, sarebbe stata sufficiente per affermare il diritto della Serbia ad un compenso da parte della Bul gariaper l'abbandono della sua più importante conqui sta. Tale modificazione, che deve essere presa in consi derazione, e che deriva dall'abbandono del litorale, fu imprevista ed è derivata da un caso di forza maggiore.

La conquista di Adrianopoli.

«« Un'altra modificazione consiste nel pro ungamento della guerra dopo l'armistizio. Essendo stato già rag giunto lo scopo principale della guerra, questasarebbe terminata se la Bulgaria non avesse chiesto Adriano poli e la regione ad est di Adrianopoli. La Serbia, compiendo coscienziosamente il suo dovere di alleata al di là di quanto era previsto dal trattato, il che la Bulgaria non aveva il diritto di attendersi rimase in armiper altri cinque mesi, consentendo sempre sa crifici di uomini e di materiale da guerra con cui la Bulgaria ha ottenuto Adrianopoli che essanon preten deva al momento della conclusione del trattato, avendo dichiarato tali regioni nella sfera di Costantinopoli e deg'i Siretti. La Serbia consenti agli enormi sacrifici domandati nella convinzione che avrebbe avuto diritto a richiedere compensi territoriali. Così la Bulgaria ot tiene molto di più di quanto il trattato prevede e la Serbia perde in confronto a ciò cui essa ha diritto in base al trattato medesimo. »

A queste modificazioni principali occorre aggiun gerne ancora due: il concorso di centomila uomini che la Serbia, in base al trattato, aveva diritto nel raggio di azione di guerra del Vardar, non venne accordato perchè la Bulgaria aveva bisogno di tale effettivo in Tracia . Invece la Bulgaria fece appello alla Serbia che inviò cinquantamila uomini e tutti i parchi di assedio moderni in Tracia, invio previsto nel trattato .

« Questi continuò Pasic sono gli avvenimenti che hanno cambiato la base del trattato, e per questa ragione domandiamo la revisione del trattato e non la applicazione di un solo articolo di esso. Già dallo scor.

330 LA TRAGEDIA
.

Le fronliere della Serbia 331

so febbraio rivolgemmo proposte scritte al Governo bul garo per una revisione del trattato dopo avere espres si verbalmente tale desiderio; pregammo il Governo bulgaro di risolvere la questione fra i due Governi sen za agitare l'opinione publica o lasciare che le grandi Potenze si immischiassero nel a questione della sud divisione dei territori. Il Governo bulgaro non condi vise la nostra opiniene e non entrò in trattative con noi. Recentemente abbiamo fatto un nuovo passo pres so il Governo bulgaro ed abbiamo esposte le ragioni che militano a favore del nostro punto di vista . Spe riamo che il Governo bulgaro apprezzerà amichevol mente le nostre conclusioni esposte nella nota e discu terà le questioni importantiper i'interesse dei due po poli e il mantenimento dell'alleanza » .

Pasic aggiunse essere sopra tutto la perdita del litorale adriatico che impone alla Serbia di spingersi al sud in maniera da avere una frontiera comune con la Grecia e di aprirsi la via di Salonicco.

« Le relazioni con la Bulgaria egli ha osservato sono ora amichevoli; mai tempi possono cambiare senza nostra colpa come al tempo dell'annessione della Bosnia-Erzegovina. In tal caso l'Austria-Ungheria e la Bulgaria potrebbero circondarci ed obbligarci ad accet tare le condizioni che piacesse loro di dettare. »

Un'offerta segreta

Pasic ha continuato dicendo che le frontiere della Serbia debbono essere tracciate in modo da soddisfare gli interessi economici della Serbia assi curandone l'indipendenza, ed ha concluso :

Coloro che domandano che il trattato rimanga nei suoi termini, sono contrari all'alleanza balcanica. Noi siamo favorevoli a questa alleanza e perciò ne deside riamo la revisione in modo da dare a tutti gli Alleati gli stessi vantaggi. La nostra attitudine leare nella esecuzione del trattato è provati da questo fatto: Du rante le trattative per l'autonomia dell'Albania e lo sgombero delle truppe serbe dal litorale Adriatico, ver

ne offerta alla Serbia tutta la valle del Vardar con Sa lonicco se si fosse volontariamente ritirata dal litorale adriatico, ma la Serbia rifiutò l'offerta quantunque assai vantaggiosa per essa, perchè contraria agli inte ressi degli Alleati. Si fece anche sapere alla Serbia che non aveva interesse a soccorrere i bulgari per la presa di Adrianopoli, ma la Serbia non prestò ascolto a tale voce nella certezza che il suo aiuto leale, seb. benè non obbligatorio, sarebbe stato compensato. La Serbia fu sempre a fianco dell'alleata nella difesa de g'i interessi di essa, ed ora che domanda la revisione del trattato è animata da eguali sentimenti di amicizia. Il dovere dei quattro Alleati è di regolare fra loro so lidalmente tutte le questioni in modo che le relazioni di alleanza ne rimangono rafforzate e fondate su più larga base.

LA TESI BULGARA.

La tesi bulgara fu esposta quasi contemporanea mente dal Daneff in un intervista del 31 maggio col giornale il Temps:

La Serbia - egli disse - giudica che il nostro trat tato con gli Alleati non è più applicabile e conseguen temente non esiste più. Noi ci ribelliamo contro tali pretese della Serbia. La Bulgaria e la Serbia hanno negoziato questo trattato con un'estrema cura. Ess reca in sè stesso il modo con cui le due parti devono re golare ciò che non poteva essere previsto quando il trattato è stato firmato. Il trattato contiene una clau sola che obbliga le due nazioni a deferire a'l'arbitrato della Russia ogni nuova divergenza causata dagli av venimenti e dalle circostanze.

« Oggi ci troviamo di fronte alla divergenza più grave. La questione che si agita è questa : Il nostro trattato esiste o è divenuto nulo? Non vi possono es sere che tre modi per risolvere la divergenza :

« 1. Che la Serbia consenta a ritirare la sua propo sta, che il trattato sia considerato nullo o che la Bul garia accetti la proposta stessa. Questa soluzione è evidentemente divenuta impossibile.

« 2. Che la Serbia accetti, come vi è obbligata, nello stesso tempo di noi, di deferire all'arbitrato della Rus sia la nuova questione, secioè il trattato esista ancora

332 LA TRAGEDIA
BULGARA

Nuove trattative 333

e se è applicabile. Se l'arbitro scelto antecedentemente da noi si pronunzia in favore della non esistenza del trattato, noi ci troveremo dinanzi ad una situazione netta. Noi avremo eliminata la questione di massima che domina tutta la vertenza. Ci sarà permesso allora soltanto, di continuare ad accettare da le due parti l'arbitrato della Russia od anche, seciò è giudicato opportuno, di andare dinanzi al tribunale arbitrale dell Aja per la soluzione. «« 3. La guerra, io non esito a dirlo senza temerne i risultati, è la peggiore maniera di risolvere Ja que stione. »

Quasi contemporaneamente altre trattative erano iniziate tra la Bulgaria e la Grecia, e il signor Sa rasof si incontrava il 30 maggio con Venizelos a Salonicco. Pare che Venizelos, in questo colloquio sul quale tanto la stampa di Atene che quella di Sofia non diedero spiegazioni, avrebbe proposto con una certa insistenza un arbitrato, non solo fra Gre cia e Bulgaria ma, per risolvere tutte le questioni fra alleati. Disgraziatamente i frequenti scontri che avveni vano fra greci e bulgari, come fra serbi e bulgari, avevano grandemente eccitato gli animi . Per quanto i Governi cercassero d'accordo di togliere impor tanza a tali incidenti, il loro succedersi rendeva sem pre più tesa la situazione, e la rottura fra gli al leati sembrava fosse inevitabile e imminente.

IL TELEGRAMMA DELLO CZAR.

Tutte le comunicazioni di frontiera fra la Ser bia e la Bulgaria erano sospese, e sui pochi treni internazionali i viaggiatori erano sottoposti a se verissime perquisizioni . Lo Stato d'assedio era sta to proclamato a Sòfia e in tutti i distretti dalla parte della Serbia. Più che inevitabile, la guerra sem brava imminente quando un ultimo tentativo fu fatto dallo Czar il quale intervenne personalmente

(8 giugno) indirizzando al Re di Bulgaria e al Re di Serbia il seguente telegramma :

« La notizia dell'incontro progettato a Salonicco fra i presidenti dei quattro Stati Alleati, che potrebbero poi incontrarsi a Pietroburgo, mi ha fatto il più grande piacere; questa intenzione sembrando indicareil de. siderio degli Stati balcanici di intendersi e di consoli dare l'alleanzit che fino ad ora ha dato i più brillanti risultati. E ' con un senso di pena che apprendo che questa decisione non è stata ancora eseguita e gliStati balcanici sembrano prepararsi a una guerra fratricida, capace di oscurare la gloria che hanno acquistato in comune.

« In un momento così grave faccio appello diretta mente a Vostra Maestà; ilmio diritto ed il mio dovere mi obbligano a fare ciò.

« E' alla Russia che i popoli bulgaro e serbo hanno rimesso, con un patto della loro alleanza, la decisione di tutti i conflitti. Domando dunque a Vostra Maestà di rimanere fedele agli obblighi contratti e di riferirsi alla Russia circà lasoluzione del conflitto attuale fra la Bulgaria e la Serbia. Io considero la funzione di arbitronon come una prerogativa, ma come un penoso ogbligo cui non potrei sottrarmi.

« Credo di dover avvertire Vostra Maestà che una guerra fra gli Alleati non potrebbe lasciarmi indiffe rente. Tengo a stabilire che lo Stato che cominciasse questa guerra sarebbe responsabile davanti alla causa slava e che io mi riservo tutta la libertà circa l'atti tudine che sarebbe adottata dalla Russia di fronte al risultato eventuale di una lotta così criminosa » .

LA RISPOSTA DI RE FERDINANDO.

Re Ferdinando rispose :

C« Ricevetti il telegramma con cui V. M. nella sua sollecitudine per la pace e per la causa slava si rivolge firettamente a me riguardo alla grave crisi che stanno subendo le nostre relazioni coi nostri Alleati e che di sgraziatamente non fu suscitata da altri che da essi stessi.

« Debbo in verità far presente a V. M. che, profon damente convinto della responsabilità che avrebbe as.

334 LA TRAGEDIA

Sumo seguendo altra via, il mio Governo rispose gia al desiderio di Vostra Maestà. Dal 13 aprile infatti es so si rivolse a Sazonuft pregandolo ui fur cessare l'ec citazione esistente da ambo le parti della frontiera ed invitando le due parii a rimettersi all arbitrato pre visto dal loro trattato di alleanza Questo invito fu fat to e in mio Governo immediatamente lo accettò.

« Invece il Governo serbo continuo la sua politica, di cui l'ultima manifestazione fu la dichiarazione fatta ua Pasic alla Scupcina, dichiarazione che produsse nel la mia inazione una impressione tanto maggiore in quanto che fu letta nel momento in cui si stava pre parando l'incontro dei presidenti del Consiglio.

«« V. M. non rifiuterà dunque di riconoscere che la Bulgaria fu federe alla parola data ed essa attende sempre che l'arbitrato siaanche e secondo il mio esem pio accettato dalla Serbia, ed è proprio il Governo serbo che sottraendosi a questo arbitrato, accumu lando manifestazioni ostili contro la Bulgaria, conti nua a provocare pericoli di una lotta fratricida. Tan to io quanto il mio Governo deploriamo tale lotta più di qualunque a tra e vogliamo sinceramente evitarla. Pero non possiamo andare incontro agli unanimi sen .timenti diindignazione che destano presso tutto il mio popolo all'indomani di sforzi inauditi e di gloriose vit wie i tentativi dei nostri Alleati che vogliono strap parc , üd onta del diritto e aella fede giurati, ipiù sacrifrutti di questi sforzi e di queste vittorie. La Bul garia non soltanto ha diritti sulla Macedonia, ma ha duveri imprescendibiui verso la popolazioneche fu sen pre e vuole restare a ogni costo bulgara. V. M. vorrà bene ricordarsi che questi doveri furono durante lun ghi anni riconosciuti dalla Russia stessa, Il telegramma di risposta del Re di Serbia non fu pubblicato. Si sa soltanto che, in esso, il Re spie gò ancora le ragioniper le quali non poteva cedere rimettendosene peròalla Russia nella cui protezio ne metteva tulle le sue speranze.

LA DICHIARAZIONE DI GUERRA. Intanto che i due Governi di Sofia e di Belgrado si scambiavano ancora lunghe note a proposito della domanda di revisione del loro trattato di alleanza,

La
335
guerra

erano state iniziate le trattative per un convegno dei Presidenti del Consiglio serbo e bulgaro a Pie troburgo, onde rimettere conformemente a una clau sola del trattato di alleanza e dopo di suo imperioso appello, ogni decisione allo Czar.

Il 24 giugno il Daneff, diventato Presidente del Consiglio, si accingeva a partire per Pietroburgo. Da Belgrado si annunziava del pari decisa la par tenza del Pasic, il quale, però, aspettava per par tire che la Scupcina, convocata per il 26, approvasse questa linea di condotta, che molti, in Serbia, non approvavano, ed alla quale era decisamente avverso il partito-militare. In ogni modo però pareva ormai sicuro che i delegati balcanici si sarebbero riuniti a Pietroburgo e che, così, il conflitto sarebbe stato evitato. Il Governo Russo aveva chiesto ai Governi di Belgrado e di Sòfia dimandarglii relativi prome moria, che avrebbero dovuto servire di base per studiare la questione e procedere alla sentenza ar bitrale. I due Governi inviarono difatti i loro pro memoria coi relativi documenti. Alla Scupcina la proposta di accettare l'arbitrato dello Czar sollevò una vivissima discussione, e dopo fieri attacchi al Governo fu approvata con una debole maggioran za (82 voti contro 69). Ma, in quei giorni , gli scontri fra le truppe bul gare e le truppe serbe si erano fatti più frequenti. E quel giorno, quando, dopo la tumultuosa discus sione e il voto che l'aveva chiusa, la seduta stava per essere tolta, giunse la notizia di un grave com battimento a poca distanza da Ichtip. Le notizie giunte a Belgrado dicevano che le truppe serbe erano state improvvisamente attaccate dai Bulgari. La Scupcina, ritornando sul suo voto, dichiarò che dopo l'aggressione bulgara considerava la guerra come dichiarata e votava per acclamazione l'invio di un telegramma al generale Putnik capo di Stato Mag giore dell'esercito serbo augurando la vittoria.

e

336 LA TRAGEDIA
« La
| UN C'ONSIGLIO DI GUERRA PRESIEDUTO DA RE CARLO DI RUMENIA. 8

ritorio che aveva domandato parecchi mesi prima. L'Austria -Ungheria ebbe parte nel consigliare alla Bulgaria di fare quest'ultimo tentativo, e cercò di persuadere la Rumenia ad accettarlo. Ma anche per questo, era troppo tardi. La Rumenia non si con tentava più di una rettifica di frontiera, e faceva dire molto chiaramente non essere per tale scopo che mobilizzava il suo esercito. Ciò che la Rumenia vuole diceva una di queste note ufficiose non è un aumento più o meno grande di territorio, ma il mantenimento dell'equilibrio balcanico : per im pedire la formazione di una Grande Bulgaria. Il 10 Luglio, giorno nel quale la mobilitazione dell'esercito rumeno era compiuta, il Governo di Bucarest trasmetteva a quello di Sofia la seguente nota come dichiarazione di guerra :

« Il Governo rumeno ha avvertito in tempo il Gover no bulgaro che nel caso in cui gli Alleati balcanici si fossero trovati in istato di guerra, la Rumenia non avrebbe potuto mantenere il riserbo che si era imposto finora nell'interesse della pace, e sarebbe stata costret til a entrare in azione.

« Il Governo bulgaro non ha creduto necessario di rispondere a tale comunicazione. Sgraziatamente anzi la guerra è scoppiata in seguito a improvvisi attac chi dei bulgari contro le truppe serbe, senzanemmeno che fossero osservate le regole elementari della previa intimazione, che avrebbero manifestato il rispetto delle convenzioni e degli usi internazionali.

« In causa di tale situazione il Governo rumeno ha dato ordine all'esercito rumeno di penetrare in Bul garia ».

« Non è soltanto la frontiera strategica diceva una nota ufficiosa pubblicata contemporaneamente alla dichiarazione di guerra chò che vuole la Ru menia. La Rumenia vuole, altresì, che l'assetto defi nitivo nei Balcani non sia stabilito senza di essa. Colla dichiarazione di guerra, la Bulgaria rispose dichiarando ufficialmente che le truppe bulgare non avrebbero opposto resistenza, e dando l'ordine al

338 LA TRAGEDIA
BULGARA

Anche la Turchia contro la Bulgaria 339 ministro di Bulgaria a Bucarest di rimanere al suo posto, mentre da Sofia era richiamato il ministro rumeno. Nel tempo stesso mandava una nota di protesta alle Potenze contro quella che qualificò l'aggressione rumena. Il giorno dopo l'esercito ru meno occupava Silistria senza colpo ferire, e in pochi giorni le sue avanguardie giungevano a poca distanza dalla capitale bulgara, avendo operato il suo collegamento con l'ala sinistra dell'esercito serbo. Quasi contemporaneamente alla Rumenia decise d'intervenire anche la Turchia, mandando il 3 lu glio una nota alla Bulgaria nella quale le domanda va di abbandonare i territori fino alla linea Enos Midia e una rettifica della frontiera in modo che l'Ergene servisse di delimitazione. Era appena fir mato e col concorso delle Potenze un trattato di pace, e la Turchia aveva ancora l'aria di rispet tarlo. Non pensava forse che l'Europa si sarebbe rassegnata a vederlo lacerato, e cercava solamente di approfittare della situazione difficile nella quale si trovava la Bulgaria. Nel tempo stesso trattava coi suoi ex-nemici diventati i nemici della Bulgaria. Da Sòfia, visto questo nuovo e grave pericolo, fu man dato a Pietroburgo il Nachevich antico presidente del Consiglio, il più turcofilo degli uomini politici bul gari per vedere di intendersi con la Turchia. Ma la missone Nachevich era fatalmente destinata all'in successo. Il 13 luglio, il governo di Costantinopoli cedeva alle pressioni del partito militare e dava l'or dine di iniziare una nuova campagna contro la Bul garia al generalissimo Izzet pascia. Il 23 l'avanguar dia comandanata da Enver bey entrava ad Adriano poli. Il 20 luglio il governo ottomano aveva mandato una nota alle Potenze per spiegare e giustificare la sua condotta :

BULGÁRA

« Nonostante la premura che, il Governo bulgaro ha manifestato per firmare i preliminaridi pace diceva questa nota esso ha riutato di sgornbrare i terri torî che debbono rimanere all'Impero ottomano. Esso agiva certamente con lo scopo manifesto di assicurarsi una frontiera conforme alla interpretazione erronea che esso intendeva dare alla denominazione « linea Enos-Midia » . D'altra parte, il Governo imperiale, pre occupato di avere la possibilità di difendere la capitale e lo stretto dei Dardanelli, insistette sempre nel rile vare che la frontiera, avendo per punto di partenza Enos, doveva essere segnata da una linea che piegas se verso il nord e seguisse il corso della Maritza. Se tale tracciato non è stato fissato, doveva esserlo nel testo del trattato di pace. Ciò si spiega indubitabil mente con il desiderio che le Potenze avevano di al lontanare le difficoltà allora sollevate dalla Bulgaria e di assicurare così il più rapidamente possibile la riu nione dei delegati a Londra.

«In quest'ordine di idee, con lo scopo principale di evitare complicazioni, il Governo ottomano sirivolse direttarnente al Governo bulgaro per comunicargli le ragioni che lo costringevano ad insistere sul tracciato della frontiera delia Maritza sino a Adrianopoli.

« Il Governo ottomano avrebbe sperato di risolvere la questione con la Bulgaria per via diplomatica. Disgra ziatamente, gli orrori ai quali i bulgari si abbandona rono nei territori da essi occupati, le barbarie ed il vandalismo indescrivibili che gli ex-aileati hanno potu to constatare, impediscono al Governo imperiale di at tendere la soluzione diplomatica. D'altra parte, l'espe rienza ha dimostrato che tutte le trattative iniziate con ia Bulgaria sono destinate a trascinarsi indefinitita mente.

« In tali condizioni il Governo imperiale è costretto ad occupare sin da ora la frontiera in questione (linea della Maritza), impegnandosi a fissare, d'accordo con le Potenze, la sorte futura della Tracia, e si affretta ad aggiungere che, nel desiderio di rispettare le decisioni delle grandi Potenza da una parte e di stabilire con la Bulgaria relazioni normali e durevoli dall'altra, con sidera il suddetto tracciato come frontiera definitiva, impegnandosi a non varcarla sotto alcun pretesto.

La situazione della Bulgaria era disperata. Il Da neff considerato come il principale responsabile, do vette presentare le dimissioni.

340 LA TRAGEDIA

Re Ferdinando chiede la pace 341

D'altra parte la sua presenza al Governo rendeva più difficili le trattative diplomatiche. Si costituì un nuovo gabinetto sotto la presidenza del Radosla voff col Ghenadieff ministro degli esteri.

L'8 luglio la Bulgaria aveva fatto appello alla me diazione della Russia la quale si era rivolta ai Gabi netti di Belgrado ed Atene chiedendo di farle cond scere le loro condizioni di pace. Ma questo passo non ebbe alcun risultato, poichè Serbia e Grecia ichia rarono che volevano trattare firmare direttamente con la Bulgaria dei preliminari di pace, e non ar mistizio.

Re Ferdinando si rivolse allora all'Imperatore di Austria domandandogli d'intervenire. L'Imperatore dolente di nulla poter fare in quel momento (risi gliò Re Ferdinando a rivolgersi e mettersi d'accordo con la Rumenia come egli aveva sempre consigli 10. Il 17 Re Ferdinando telegrafava a Re Carol doman dandogli le condizioni di pace.

La Bulgaria, cedendo nella questione dei territori domandato dalla Rumenia avrebbe voluto trattare separatamente con la Rumenia. Ma questa rispose che non poteva accettare di trattare separatamente. Il 21 luglio un comunicato annunziava che la Bul garia si era rassegnata ad accettare tutte le condi zioni messe dalla Rumenia e cioè: la cessione del territorio limitato dalla linea Turtukai-Balcik e l'ini zio immediato dei negoziati di pace con la Serbia e con la Grecia, per i quali essa ha già nominato i plenipotenziari.

Lo stesso giorno 21 il Governo bulgaro dopo molle esitazioni aveva deciso di mandare a Nisch dei plenipotenziari per trattare direttamente con la Gre cia e con la Serbia, e in un secondo telegramma che Re Ferdinando mandava a Re Carol, gli accennava a questo invio dei plenipotenziari a Nisch come la prova che la Bulgaria non aveva a fatto l'intenzione

BULGARA

di continuare la guerra contro la Serbia e la Grecia se il Re di Rumenia accoglieva favorevolmente la sua domanda di fermare lamarcia delle sue truppe, che, come ho già avvertito, erano alle porte di Sòfia. Re Carol fermò la marcia delle sue truppe. Ma, continuavano invece i combattimenti dei serbi e dei greci contro i bulgari. I governi di Atene e di Bel grado si rifiutavano di firmare un armistizio, se le condizioni della pace non erano contemporaanea mente accettate. A questo punto Re Ferdinando si rivolse per la terza volta, pesonalmente a Re Carol domandandogli d'interporsi per sollecitare la con clusione della pace e il Re di Rumenia si rivolse con un identico telegramma al Re Costantino e a Re Pietro, affermando che un interesse comune con sigliava di arrivare il più presto possibile a un ar mistizio, dopo aver preso le misure militari più ur genti. Ogni maggior spargimento di sangue - ag giungeva Re Carol - non può che peggiorare la situazione.

Tanto il Re di Grecia che il Re di Serbia rispo sero che non potevano concludere un armistizio se la Bulgaria non accettava che le condizioni della pace fossero quelle dei preliminari. In altri termini volevano trattare la pace senza sospensione d'armi. Convennero però su proposta della Rumenia di man. dare i loro delegati a Bucarest per trattare. La con ferenza dei delegati balcanici si riunì a Bucarest il 30 luglio.

LA PACE DI BUCAREST.

La sua prima deliberazione fu la sospensione delle ostilità per un periodo di 5 giorni che poscia fu pro rogato di altri tre.

I delegati furono:

Per la Serbia, Pasic, presidente del Consiglio, Spalai kovitck, ex -ministro di Serbia a Sofia, con altre tre, quattro persone, fra le quali due ufficiali superiori.

342 LA TRAGEDIA

Per il Montenegro, il presidente del Consiglio Ver kovich e l'ex -ministro Matanovich.

Per la Grecia, Venizelos e il signor Panas,ex-ministro di Grecia a Sofia , e tre altre persone, fra le quali un capitano di Stato Maggiore.

Per la Bulgaria, Ghenadieff ministro degli esteri, ge nerale Fitcheff capo di Stato Maggiore, Radeff pubbli cista.

Per la Rumenia, il presidente del Consiglio Majoresco, Take Jonesco ministro dell'interno, e altre quattro per sone.

La Conferenza u, come d'uso presieduta dal De legato del paese ove ebbe sede la conferenza. Nella discussione, fin dal primo giorno resultò evidente l'intenzione e l'accordo per schiacciare la Bulgaria. La generosità verso il vinto, al quale gli alleati balcanici dovevano in gran parte le loro vit. torie, perchè la vittoria non avrebbe certo loro arriso se i bulgari non avessero fermato in Tracia la parte migliore e più forte dell'esercito ottomano, fu com pletamente bandita. Alla Bulgaria furono imposte condizioni durissime: l'abbandono di tutta o quasi la Macedonia e la cessione di Cavalla. Vi fu un mo mento nel quale parve che la guerra dovesse ripren dere : guerra di disperazione. L'accordo fra i dele gati serbi e greci con quelli bulgari pareva impos sibile a raggiungersi. Alla Bulgaria non pareva possibile rassegnarsi alla cessione di Cavalla alla Grecia, cessione con la quale venne a perdere un importante sbocco nell'Egeo, e quello che avrebbe dovuto essere il suo gran porto militare. Ma nella sesta seduta (4 agosto) l'atteggiamento della Rume nia tolse ogni speranza di poter riprendere la lotta. alla Bulgaria. Il presidente del Consiglio rumeno dichiarò che il protocollo firmato fra i plenipoten ziari rumeni e quelli bulgari parecchi giorni prima per la sospensione delle ostilità, accordando alla Ru menia quanto questa aveva domandato, era « parte integrante di un tutto, e quindi senza valore se non

La
343
discussione

intervenivano altri accordi fra le potenze amiche della Rumenia e la Bulgaria che risolvessero tutte le questioni in litigio » . Dichiarò inoltre che propo nendo una proroga della sospensione delle ostilità per tre giorni, era inteso nel modo più assoluto che nessuna altra proroga sarebbe stata concessa.

Era sembrato per un momento che l'Austria e la Russia volessero intervenire con qualche energia per conservare Cavalla alla Bulgaria. Il contegno della Russia in favore della Bulgaria provocò anzi um malumore assai vivo e non dissimulato in Fran cia, dove, invece, sempre per giovare a favorire lo sviluppo della marina greca contro la Triplice, si sosteneva che Cavalla dovesse essere assegnata alla Grecia. Ma, le Potenze non intervennero efficace mente, sebbene Austria e Russia avessero manife stato l'intenzione di veder il trattato di pace sotto posto alla revisione delle Potenze, specialmente per la questione di Cavalla. L'8 agosto, il Radef a nome della delegazione bulgara fece la seguente dichia razione :

I delegati bulgari, essendo stati preventivamente in formati dal Governo di Rumenia delle comunicazioni della Russia e dell'Austria fatte a mezzo dei loro ri spettivi ministri a Bucarest al presidente della Con ferenza, dichiarano che queste comunicazioni li hanno determinati a firmare le condizioni di pace.

La Bulgaria aveva sperato ancora nell'intervento delle Potenze per la revisione del trattato. Ma dopo parecchi giorni di discussione fra i Gabinetti euro pei, dalla quale risultò che non era possibile arri vare ad un accordo, anche l'idea della revisione fu Ubandonata, come poco dopo l'Europa, malgrado il trattato di pace firmato a Londra con la media zione dell'Europa, lasciava la Bulgaria di fronte alla Turchia nella questione di Adrianopoli. A Sofia non potevano rassegnarsi a firmare un

344 LA TRAGEDIA

Il testo del Trattato di Bucarest 345 trattato così schiacciante per la Bulgaria, e fino al l'ultimo momento sperarono di migliorare le con dizioni. L'autorizzazione di firmare fu data ai de legatiquando questi telegrafarono a Sòfia le seguenti parole: « Siamo col coltello alla gola. Non possiamo far aliro »).

Il 10 agosto, mentre i cannoni dei forti tuonavano e suonavano le campane, il trattato di pace veniva firmato..

Eccone il leslo : LE NUOVE FRONTIERE

<< Essendosi fortunatamente raggiunto l'accordo, fu deciso quanto segue:

Art. 1. Esisteranno pace ed amicizia fra il Re dei bulgari e gli altri Sovrani nonchè fra i loro eredi e suc cessori.

Art. 2. Là frontiera rumeno- ulgara, ratificata con formemente a l'annesso protocoll's 5, partirà dal Da nubio a monte di Turtukai e finirà al Mar Nero al sud di Ekrene. E' formalmente inteso che la Bulgaria sman tellerà entro due anni le fortificazioni esistenti a Ru stciuke Sciumta e nella zona a venti chilometri intor no a Balcik. Una commissione mista stabilirà entro quindici giorni sul terreno il nuovo tracciato e proce derà alla divisione dei terreni tag iati dalla nuova fron tiera. In caso di divergenza un arbitro deciderà in ul. tima istanza.

Art. 3. La frontiera serbo-bulgara è fissata in con formità dell'annesso protocollo 9. Essa partirà dall'an tica frontiera alla montagna Pataritza; seguirà l'antica frontiera turco-bulgara e la linea spartiacque fra il Var dar e lo Struma; con l'eccezione che l'alta valle della Strunitza rimarrà alla Serbia. La frontiera giungerà alle montagne Belascika, ove si collegherà colla fron tiera bulgaro-greca. Una commissione mista stabilirà entrouna quindicina di giorni il nuovo tracciato è pro cederà alla diviisone dei terreni tagliati dalla nuova frontiera. In caso di divergenza un arbitro deciderà in ultima istanza,

Art. 5. La frontiera greco-bulgara è fissata con formemente al protocollo 9. La frontiera partirà dalla nuova frontiera bulgaro-serba, seguirà le creste di Be lascika e Planina e terminerà alla foce del Mesta sul Mar Egeo. (L'articolo prevede una Commissione mista e l'arbitro come gli articoli precedenti). E' formalmente inteso chela Bulgaria abbandona fin da ora qualsiasi pretesa sull'isola di Creta.

Lo sgombero delle truppe.

Art. 6 - I quartieri generali dei rispettivi eserciti saranno informati della firma del trattato di pace. Il Governo bulgaro si impegna a smobilizzare il giorno dopo quello della firma. Le truppe che si trovano di guarnigione nella zona di occupazione degli eserciti bel ligeranti saranno inviate in altre località dell'antica frontiera bulgara e potranno raggiungere le loro guar nigioni abitua'i soltanto dopo losgombero della zona dioccupazione.

Art. 7. Lo sgombero del territorio bulgaro comin cerà subito dopo la smobilitazione dell'esercito bulgaro e sarà compiuto al più tardi entro 15 giorni.

Art. 8. Durante l'occupazione dei territorî bulgari gli eserciti conserveranno il diritto di requisizione die tro pagamento in denaro. Essi avranno libero uso delle ferrovie per il trasporto di truppe e l'approvvigiona mento, senza accordare indennità. Le autorità i'ocali, i malati ed i feriti saranno sotto la protezione di detti eserciti.

Art. 9. Non appena possibile, saranno reciproca mente restituiti i prigionieri di guerra. I Governi si pre senteranno rispettivamente lo stato delle spese dirette per la cura ed il mantenimento dei prigionieri.

Art. 10. Il presente trattato sarà ratificato e le ra tifiche saranno scambiate a Bucarest entro un termine di 15 giorni o più presto se sarà possibile. In fede di che i rispettivi plenipotenziari hanno firmato ed ap posto i loro sigilli. Fatto a Bucarest il 28 lug'io (vec chio stile, 10 agosto) 1913 » .

L'articolo 4 è apposto come post scrptum ed è così concepito:

« Le questioni relative alla vecchia frontiera serbo bulgara saranno risolte mediante l'accordo intervenuto frale due parti contraenti in conformità del protocollo

346 LA TRAGEDIA

L'atto della firma 317

La seduta dellaConferenza si è aperta alle ore 10,15. Il segretario Pisosky lesse il testo ufficiale del trattato chefu firmato dai delegati per ordine alfabetico. I soli capi missione apposero i sigilli.

La chiusura della Conferenza.

Mentre le salve dai forti di Bucarest annunziavano a tutta la città che, in quel momento la pace era con clusa, Venizelos che aveva voluto assistere alla se duta sebbene fosse indisposto a nome della Confe l'enza, espresse l'unanime riconoscenza al presidente Majoresco per la imparzialità ed il tatto, nonchè per gli illuminati consigli offerti al'e Delegazioni nelle riu nioni particolari. Aggiunse che il nome di Majoresco va pronunziato con riconoscenza profonda e con rispetto da tutti i popoli a cui il trattato di Bucarest rese final mente la pace. I membri della Conferenza in piedi l'ac clamarono.

Majoresco, visibilmente commosso, rispose ringra ziando e ripartendo il merito dei risutati fra le mis sioni il cui spirito di conciliazione formò per esse un titolo di gratitudine presso i loro popoli. Constatò che la Conferenza di Bucarest, cominciata il 30 luglio, potè chiudere i suoi lavori il 10 agosto, dopo un attivo la voro che ridonderà certamente a onore della civiltà. « Signori egli concluse possiamo separarci con la coscienza di aver fatto il nostro meglio per tutelare gli interessi degli Stati che noi rappresentiamo, col sen timento che i legami personali stabiliti fra noi durante il nostro comune lavoro saranno preludio dei buoni rap portiche presto si stabilirannofra i nostri Stati. »

Il discorso di Majoresco venne assai acclamato da tutti i de'egati. Egli dichiarò quindi chiusa la riunione ufficiale.

La Conferenza si riunirà per l'ultima volta martedì prossimoper adempiere alle formalità accessorie e rive dere il protocollo finale, recante il numero 12.

La seduta è terminata con una conversazione gene ra'e fra tutti i delegati, che si è svolta fra grande cor dialità. All'uscita dal Ministero degli esteri, la folla ha acclamato calorosamente le missioni e le acclama zioni si sono ripetute durante tutto il percorso sino alla cattedrale, dove fu cantato un Te Deum per la firma della pacé. Il Re, la Regina, le principesse Maria ed Isabella assistevano alla cerimonia,

Su'proposta di Spalaikovic tutti i delegati sisono re cati in corpo al palazzo reale alla fine del Te Deum per inscriversinel registro del palazzo.

Il Re conferì le decorazioni seguenti: Pasic, che già era insignito del Gran Cordone della Stella, ricevette il ritratto del Re con dedica; Venizelos e Vukotic ebbero il Gran Cordone della Stella; Spalaikovic e Panas il Gran Cordone della Corona. La missione bulgara espres se il desiderio che le decorazioni si accordassero soltanto dopo la ripresa delle re'azionidiplomatiche e la inau gurazione di un' ra di cordialità tra la Rumenia e la Bulgaria.

UN VIBRANTE PROCLAMA DI RE FERDINANDO. Firmata la pace, Re Ferdinando indirizzò all'eser cito un ordine del giorno nel quale lerano ricordate le vittorie riportate contro la Turchia, nelle quali le truppe bulgare meravigliarono il mondo col loro valore e fecero rivivere la gloria degli antichi czar dei bulgari. L'ordine del giorno che desto grande impressione in Europa, accennando apertamente alle idee di una rivincita rimandata a tempi migliori così conti nuava :

Soldati! Nel momento in cui dovevate ritornare alle vostre case, un nuovo flagello si abbatte su di noi. I nostri alleati coi quali abbiamo trattati precisi ci tra dirono e vollero strapparci ciò che era stato riscattato dal sangue di diecine di migliaia di eroi. Indignata per questa fellonia, la nazione bulgara intera, dal capo dello Stato fino all'ultimo contadino e operaio, non po teva rassegnarsi a tale spoliazione. Nessun patriota bulgaro poteva rinunciare di buon grado e senza lotta a Monastir, a Ochrida, a Dibra, a Pen'epè, a Salonicco, a Serres e ad altre terre bulgare, ove vivono i nostri fratelli di razza .

Provocati dai nostri antichi nemici, noi dovevamo, nostro malgrado, ricominciare una difficile lotta, la qua le sarebbe stata coronata da successo, se una serie di circostanze politiche impreviste non avesse paralizzato le nostre forze.

318 LA TRAGEDIA
BULGARA

L'alleggiamento delle Polenze 349

Combattuti da ogni parte, noi fummo costretti a fir mare la pace di Bucarest, non trovandosi la nostra pa tria in grado di lottare con i nostri cinque vicini, senza correre il rischio di perdere tutto. Tornate alle case continuava il proclama rate ai vostri figli, ai vostri nepoti gli atti di valore del soldato bulgaro per prepararli a compiere un giorno l'opera gloriosa da voi incominciata.

LA QUESTIONE D'ADRIANOPOLI. LA PACE TURCO -BULGARA.

e nar

Regolate tutte le questioni fra la Bulgaria e i suoi tre ex-alleati, con la pace di Bucarest, rimanevano da risolvere le questioni fra la Bulgaria e la Tur chia, che aveva fatto marciare i suoi battaglioni alla riconquista dei territori perduti in Tracia. Le trup pe bulgare avevano avuto l'ordine da Sofia di riti rarsi senza opporre resistenza, e i turchi avevano potuto così fare il loro ingresso ad Adrianopoli sen za colpo ferire. A Costantinopoli, vi era stata un po' d'esitazione, prima di decidersi alla nuova impresa. Anche fra i membri del Governo v'era chi credeva la Turchia dovesse ritenersi legata dal Trattato di Londra, che aveva fissato i nuovi confini della Tur chia in Europa. D'altra parte, le potenze consiglia vano in termini energici il rispetto al trattato, e qualcuna di esse aveva lasciato anche intravedere la possibilità di un'azione. Ma, dopo che l'Austria aveva rinunziato a chiedere la revisione del trattato di Bucarest, non essendo stato possibile di raggiun gere l'accordo fra tutte le Potenze, anche il Governo turcomutò atteggiamento, e non esito più. Il partito militare del resto, si impose. Non sarebbe stato pos sibile a nessun Governo di resistere al partito mi litare e all'opinione pubblica, che in questo caso si manifesto veramente unanime. Il Sultano correva il

rischio di essere detronizzato. A Costantinopoli si erano persuasi ben presto che, come al solito, pur facendo la voce grossa, delle Potenze, nessuna si sa rebbe mossa, malgrado gli appelli della Bulgaria. E ne era convinta anche la Bulgaria, tanto è vero, che, mentre si rivolgeva alle Potenze mandò a Co stantinopoli dei delegati ufficiosi per trattare diret tamente con la Turchia, il generale Savoff e il Na ciovich, l'ex-ministro ed ex-presidente del Consiglio, noto per aver sempre sostenuto, anche in altri tem pi, la necessità di un accordo con la Turchia. Dopo alcuni giorni di trattative ufficiose, quando resultò evidente che le Potenze si erano completamente di sinteressate, rassegnandosi a veder lacerato il tratta to di Londra, i delegati furono designati come veri e propri plenipotenziari, e si iniziarono le trattative ufficiose.

Il 15 settembre un comunicato ufficioso ottomano annunziava che l'accordo circa alla frontiera fra i due Stati era stato in massima raggiunto, natural mente lasciando alla Turchia Adrianopoli, Kirk-Ki lisse, Bunar Hissar, Lule Burgas, i territori cioè dove i bulgari avevano riportato le più grandi e san guinose loro vittorie lasciando sul campo decine di migliaia di morti. In quella seduta i delegati turchi avevano insistito perchè fossero prese decisioni de finitive dichiarando che ulteriori ritardi avrebbero, potuto condurre alle più gravi conseguenze : cioè la ripresa della guerra. La Bulgaria abbandonata dalle Potenze, di fronte alle ingenti forze radunate in Tracia dalla Turchia più di 300 mila uomini e allo stato del suo esercito, dovette piegare il capo.

Ma le trattative non finirono quel giorno. Re golata la questione della frontiera, sú molte altre, la discussione si prolungò ancora per quasi due set timane, e solamente il 29 settembre alle 6 e mezzo i delegati, postisi d'accordo su tutti i punti contestati, poterono procedere alla firma del trattato, nella

350 LA TRAGEDIA

sala del Ministero degli esteri dove avevano avuto luogo le sedute incominciate il 7 settembre. Appena firmato il trattato, il Gran Visir che pre siedeva quel giorno la seduta pronunziò un breve discorso in questi termini :

Permettetemi di felicitare l'assemblea qui riunita ha detto il Gran Visir di aver potuto con la con cordia e la conciliazione terminare la sua opera di gran dezza e di pace. Ringrazio i delegati bulgari ed i consi glieri, del concorso che dettero ai lavori. Sono convinto che la pace sarà seguita da un'era di prosperità, di gran dezza e di felicità per le due nazioni.

Il generale Savoff, capo della Delegazione bulgara, così rispose :

Tengo a ringraziarvi, a nome dei delegati bulgari, della vostra grande cortesia e delle agevolazioni che incontrammo nel compimento della nostra missione. Grazie a molteplici sforzi di buona volontà ed allo spi rito di conciliazione dimostrato nell'esamedelle que stioni che avemmo a trattare, lo stato di cose esi stente da circa un anno fra i due paesi e che pesava grandemente su di loro, è eliminato. Il trattato che ora firmammo segna la ripresa tra la Bulgaria e la Turchia di felici relazioni di accordo e di amicizia. Sentiamo tutto l'onore di aver collaborato a questo nobile còm pito. Siamo felici di vedervi un pegno dello stabilirsi fra i due paesi di saldi e durevoli rapporti di amicizia e prosperità per il maggior bene delle due nazioni.

IL TRATTATO .

Il

preambolo è così concepito :

« S. M. Imperiale il Sultano degli Ottomani e S. M. il Re dei Bulgari, animati dal desiderio di regolare all'a michevole e su di una base durevole lo stato di cose creato dagli avvenimenti verificatisi dopo la conclusione del trattato di Londra e di ristabilire le relazioni di a micizia e di buon vicinato così necessarieper il benes sere dei loro popoli, hanno risolto di concludere il pre

11 Trattalo 351

sente trattato e hanno scelto rispettivamente a tal uopo perplenipotenziari... (seguono i nomi e le qualità dei ple nipotenziari bulgari e ottomani), i quali dopo essersico municati i loro pieni poteri trovati in buona e debita forma, hanno convenuto quanto segue. Seguono nume rosi articoli, di cuii principali sono i seguenti: rontiera. Il tracciato della frontiera è quello al quale si è più volte accennato e per effetto del quale ri torna allaTurchia quasi tutta la Tracia con Adriano poli, Kirhilisse, Luleburgas, ecc. Sgombro e smobilitazione. Dieci giorni dopo la fir ma del presente trattato da parte dei suddetti plenipo tenziari, gli eserciti delle due parti contraenti, che in quel momento occupassero dei territoriispettanti all'al tra parte, si affretteranno a sgombrarli e nello spazio dei quindici giorni venienti li consegneranno, confor memente alleregole e agli usi, alle autorità dell'altra parte. Ben inteso che i due Stati si affretteranno a smo bilitare i loro eserciti nello spazio di tre settimane, par tendo dalla data del presente trattato.

Amnistia. - Amnistia piena e intera è accordata dalle alte parti contraenti a tutte le persone che hanno pre so parte alle ostilità o che si sono compromesse negli avvenimenti politici anteriori al presente trattato. Gli abitanti dei territorii ceduti godranno della stessa amni stia. I benefici di questa amnistia cesseranno dopo un termine di due settimane, stabilito dalle autorità legal mente costituite almomento della rioccupazionedei ter ritorii spettanti alla Bulgaria e debitamente fatto cono scere alle popolazioni.

Prigionieri.- I prigionieri di guerra e gli ostaggi saranno scambiati in un periodo di un mese a datare dalla firma del presente trattato o più presto, se possi bile. Lo scambio avrà luogo per cura di commissari spe. ciali, nominati da una parte e dall'altra. Le spese di mantenimento dei detti prigionieri di guerra e ostaggi saranno acarico del Governo, nel cui potere si trovano. Tuttavia il soldo degli ufficiali sarà rimborsato dallo Stato da cuidipendono.

Nazionalità. Nella questionedelle nazionalità un terminedi quattro anni è accordato perla opzione.

Beni della Corona e della dinastia. I beni privati di S. M. Imperiale il Sultano, come quellidei membridella dinastia imperiale, saranno mantenuti e rispettati.

Beni « vakuf». I beni « vakuf» e le decime yakuf» nei territorii ceduti, come risultano attualmente dalle leggi ottomane, saranno rispettati. Saranno ammini

( ) )

352 LA
LA FIRMA DEL TRATTATO DI PACE DI BUCAREST . RE CARLO ESCE DALLA CATTEDRALE DOPO IL TE DEUM PER LA PACE DI BUCAREST .

)

strati da chi di diritto. Il loro regime non potrebbe es sere modificato che da un giusto e previo indennizzo. I diritti delle istituzioni religiose e di beneficenza del l'Impero ottomano sui redditi « vakuf » nei territorii ceduti saranno rispettati.

Relazioni diplomatiche. Le relazioni diplomatiche, come pure le comunicazioni postali, telegrafiche e fer roviarie,saranno riprese trale parti contraenti subito dopo la firma del presente trattato. La convenzione re lativa ai « mufti » , che è annessa al presente trattato, sarà applicabile in tutti i territorii bulgari.

Ferrovie. La Bulgaria si sostituisce ai diritti, gra vami e obblighi del Governo imperiale ottomano verso la Compagnia delle ferrovie orientali per quella parte della linea ad essa concessa e situata sui territorii ce duti. Il Governo bulgaro si impegna a restituire senza ritardo il materiale rotabile e gli altri oggetti che spet tano alla detta Compagnia e da esso sequestrati.

Trattato di Londra. Le disposizioni del trattato di Londra sono mantenute per quanto concerne il Gover no imperiale ottomano e il regno di Bulgaria in quanto non saranno abrogate o modificate dalle clausole pre cedenti.

Andata in vigore del trattato. Il presente trattato entrerà in vigore subito dopo la sua firma. Le ratifiche saranno scambiate entro 15 giorni da oggi. In fede di che i plenipotenziari rispettivi lo hanno firmato.

Il trattato di pace comprende altriarticoli riguar danti la rimessa in vigore dei vecchi trattati di com mercio, il soggiorno e i diritti dei privati, ecc. Esso è cccompagnato da una serie di annessi protocolli e processi verbali che completano o precisano il suo significato o che dànnodelle nuove, speciali garanzie. 0

Così, per esempio, per la questione della Tracia Occidentale, per la quale è stato firmato un processo verbale nella seduta del 9-22 settembre del seguente tenore :

Circa le difficoltà che le autorità reali bulgare du rante il loro trasferimento nei territorii della Tracia oc cidentale, spettanti alla Bulgaria, potranno incontrare in seguito all'effervescenza manifestatasi fra la popola zione di quelle regioni e desiderando facilitare nello stesso interesse di quegli abitanti come in quello dei

MANTEG4ZZ4. La guerra balcanica.

11
353
Trattato
23

due Stati, il compitodel Governo di Bulgaria, per quan to concerne la pronta pacificazione diquellecontrade e prevenire così una nuova effusione di sangue, il Go verno imperiale ottomano, dietro domanda del Governo bulgaro si dichiara pronto a far comprendere a quelle popolazioni le necessità risultanti dal nuovo stato di cose e a prodigare loro i suoi buoni consigli perchè si sottomettano alla autorità del Governo reale di Bul garia.

Dei protocolli speciali reggono le questioni dei ma trimoni misti e delle conversioni forzate, ecc. Le difficoltà che potrebbero sorgere circa l'esecuzione del trattato saranno sottoposte all'arbitrato della Corte dell'Aja. Arbitro sarà il Re di Svezia, o quello di Norvegia o di Danimarca.

Firmata la pace bulgaro-turca, incominciarono le preoccupazioni per le trattative di pace fra la Tur chia e la Grecia, delle quali si è temuto più volte la rottura. Nell'ottobre Re Costantino che era a Parigi ritornò precipitosamente ad Atene, e sospese l'ordine di smobilitazione che era già pronto.

Con la pace di Costantinopoli e lo scambio di ma nifestazioni cordiali fra i due antichi avversari, è stata iniziata evidentemente da parte della Bulga ria una politica per la quale una nuova situazione va pian piano delineandosi nei Balcani.

CAMBIAMENTO DI FRONTE. LA NUOVA QUESTIONE MACEDONE.

« Pace sì, armonia no », disse uno dei plenipoten ziari bulgari, mentre si stava per procedere alla fir. ma del trattato di Bucarest. All'indomani della con

354 LA TRAGEDIA
BULGÁRÅ

Come l'llalia dopo Novara 355 clusione della pace lo Zar Ferdinando, nel proclama ai suoi soldati, ebbe tutta l'aria di lanciare un grido di guerra. « Ritornate alle vostre case egli disse fieri di aver fatto il vostro dovere, ma pensando che la patria può di nuovo aver bisogno di voi »). Quel proclama del Sovrano, così come l'interruzione del plenipotenziario, furono severamente criticati dalla stampa europea. A Sofia un diplomatico, al l'indomani della firma del trattato e del proclama reale, senza avere menomamente l'aria di voler muo vere biasimo e discorrendo assolutamente come un privato con un uomo politico bulgaro, gli faceva notare la stranezza del caso: è un fatto nuovo e senza precedenti che si dichiari di pensare e di voler preparare la rivincita proprio all'indomani della pa ce. Al che l'uomo politico bulgaro rispose pronta mente che non era proprio il caso di mostrare tanta meraviglia, dal momento che era del pari nuovo e senz precedenti tutto quanto era accaduto in quei giorni... compreso lo spettacolo dell'Europa, che do po essere faticosamente arrivata a imporre un trat tato di pace, aveva lasciato e lasciava che tutti lo lacerassero.

In fondo aggiunse l'uomo politico bulgaro si è visto che ognuno può fare quello che vuole, senza preoccuparsi troppo dell'Europa. Chi vivrà vedrà! E non possiamo ne dobbiamo lasciarci pren dere dallo sconforto come non si è lasciata prendere dallo sconforto l'Italia dopo Novara.

In Bulgaria, grazie ai numerosi ufficiali che han no studiato alla nostra scuola di guerra, è assai no ta la storia del nostro Risorgimento, e il ricordo di Novara ricorre frequente dopo la pace di Bucarest nella stampa di Sofia.

Questo popolo bulgaro che ha dato un così no bile esempio di virtù militari, di coraggio, di fede, di abnegazione nei giorni del successo, ha dato e sta continuamente dando una prova meravigliosa

BULGARA

della sua tempra di fronte alla sciagura, accettando con virile rassegnazione le conseguenze della disfal ta, (1) ma senza che per questo, sia venuta meno la fede nei destini della patria. Ho sentito dire da un deputato bulgaro, che è stato di passaggio in Italia in questi giorni, una frase curiosissima, che da sola rivela la mentalità e lo stato d'animo dello sfortunato paese : « La Bulgaria mi disse ave va bisogno diuna lezione » . E naturalmente, sebbe ne non abbia aggiunto altro, era evidente un'aggiun ta sottintesa : ne profitterà. In Bulgaria, difatti, considerano ormai tutto quanto è accaduto come una tappa verso l'unità, che questa volta non han potuto raggiungere. Il Paese, il Go verno, la Corona, si sono rimessi all'opera tal quale come un quarto di secolo fa, quando era ancora un sogno la Bulgaria indipendente. La partenza dello Czar Ferdinando per le sue terre d'Ungheria è la pro va più evidente della tranquillità del paese, e della nessuna base delle notizie messe in giro nella stam pa, di disordini , di rivolte e di manifestazioni e com plotti antidinastici. Il popolo bulgaro, il contadino bulgaro poichè di contadini è composta la massa del paese è eminentemente oratico. Non ha eti cismi nè idolatrie. Anche in religione non ha affatto il fanatismo di altre popolazioni slave.Così la per sona del Re non solleva entusiasmi ed applausi che eccezionalmente, quando vi è una ragione determi nante. Il Re, secondo la mentalità bulgara, è vera mente il primo e più alto funzionario dello Stato;

(1) Dalla statistica pubblicata nel settembre dal Ministero della guerra bulgaro, risultano le seguenti cifre delle perdite subite nelle due guerre : Nella guerra con la Turchia : uccisi 313 ufficiali, 29.711 soldati ; feriti 915 ufficiali 52.550 soldati; scomparsi 2 ufficiali, 3193 soldati. Nella guerra con la Serbia, la Grecia ed il Montenegro : uccisi 266 ufficiali. 14.600 soldati; feriti 816 ufficiali, 50.305 soldati ; scomparsi 69 ufficiali, 4560 soldati. Si calcolano a 10.000 coloro che saranno invalidi per tutta la vita, in seguito alle ferite riportate.

330 LA
TRAGEDIA

Ghenadieff ministro degli esteri 357

credono di poterlo giudicare liberamente in tutti i suoi atti, spesso e volentieri ne dicono male fin che sono nel regno, ma ne parlano col più profondo ri spetto appena varcano i confini o discorrono con dei forestieri.

Con questo spirito pratico, all'indomani delle scia gure che hanno colpita la patria, mentre forse in altri paesi la dinastia una dinastia importata e straniera -- avrebbe corso qualche pericolo, in Bul garia si è rafforzata. La sventura ha più che mai unito il popolo e la Corona. È unanime e generale come ne è corsa voce e come si continua a ripetere ad Atene e a Belgrado. Il fatto positivo è che delle relazioni veramente cordiali si sono ristabilite fra i due paesi, che la Bulgaria sa di non avere nulla temere dalla Turchia e che questa dal canto suo è del pari convinta e sicura che la Bulgaria pensa ad altro ed ha fatto... un cambiamento di fronte. Non guarda più ad oriente, ma ad occidente: preparan dosi a trarre profitto degli avvenimenti che posso no svolgersi dinuovo, oggi, domani o tra dieci anni! Questa cordialità di relazioni con la Turchia e quelle abbastanza buone con la Rumenia che vanno ogni giorno migliorando sono oggi, mi pare, i ca pisaldi della politica di Sofia, dove si riconosce che è stata assolutamente colpa della Bulgaria se non si è arrivati in tempo, con un accordo con Bucarest, ad evitare tutto quello che è accaduto. Quando si potrà scrivere -- in tutti i suoi particolari la sto ria di quelle lunghe trattative bulgaro-rumene sarà messa ancora più in evidenza la cecità del Governo di Sofia, che non seppe approfittare delle circostan ze favorevoli e delleofferte di Bucarest e la logica dell'atteggiamento della Rumenia.

Del.resto il fatto stesso della presenza nel Gabi netto del Ghenadieff, macedone e capo del partito stambulovista come ministro degli esteri, mostra chiaro quale sarà l'orientamento della politica bul

gara. Il Ghenadieff è oriundo di Monastir, cioè della città nella quale il contestato possesso fra la Bulga ria e la Serbia ha scatenato la seconda guerra bal canica. Oratore genialissimo ed efficace, di una col tura vasta e profonda, non ha esitato ad assumere col potere le più dolorose responsabilità, in un'ora tristissima per la Bulgaria e per la terra ove egli nacque, dove, essendone partito da bambino, spe rava di ritornare dopo tanti anni, all'ombra del tri colore bulgaro. Nessuno in Bulgaria guarda più ora alla Tracia riperduta, dove la popolazione bulgara non è numerosa. Ma il cuore dei bulgari sanguina pensando ai bulgari macedoni, ed all'opera di sna zionalizzazione che si sta compiendo in quella re gione. Il Governo, pur non dissimulando che suo primo dovere è quello di fare in modo che il paese si rilevi il più rapidamente possibile, per essere preparato agli avvenimenti ed alle sorprese che non mancano mai nella penisola balcanica, respinge nel modo più assoluto le idee che gli si attribuiscono talvolta in Europa, di pensare a una possibile rivin cita. La Bulgaria ha bisogno assoluto di pace dopo i disastri dai quali è stata colpita. Ma non può ri manere insensibile di fronte alla sorte dei bulgari macedoni. Liquidate tutte le questioni con la Tur chia, il grande pericolo per la tranquillità dei Bal cani è ancora, come dieci anni or sono, la questio ne macedone, che si presenta sotto una forma non molto diversa di prima coi nuovi conquistatori. E ricordando di che cosa sono stati capaci quei bulgari macedoni, quando numerosi eserciti otto mani in permanenza sul piede di guerra erano ac campati in quelle regioni, si comprende come la si tuazione debba ispirare delle serie inquietudini. Sol tanto una politica di conciliazione e di pacificazione da parte dei paesi che hanno ora sotto di sè delle for ti agglomerazioni di popolazioni bulgare, potrebbe dissiparle,

358 LA TRAGEDI.

Purtroppo una guerra come quella della quadru. plice balcanica contro la Turchia, proclamata in nome del principio di nazionalità, si è risolta in pa recchie regioni a danno di questo principio. Si è vi sto, che come nelle contese fra i grandi Stati, an che in quelle fra gli Slati minori, il principio del l'equilibrio che, ben inteso, ognuno intende a modo proprio e vuole a sè favorevole, preme sul principio di nazionalità. Tranne che al Congresso di Parigi sot to l'ispirazione di Napoleone III,che fu considerato come un idealista, il principio di nazionalità fu qua si sempre sacrificato. E' sopra tutto dell'equilibrio che si occuparono le Potenze al Congresso di Berlino, come è stata ancora la preoccupazione principale nelle trattative di Bucarest. E' stata creata con quel trattato una situazione oltremodo difficile e compli cata nei Balcani, e sopra tutto in quella Macedonia che ha tenuto per tanti anni in ansia l'Europa e che è stata la causa della guerra. Oramai dopo quanto è avvenuto a proposito del trattato di Londra, è certamente molto scarsa la fiducia nell'azione del le Potenze, quando non sono in gioco i loro inte ressi diretti.Ma sarebbe imperdonabile negligenza se fin d'ora non si rendessero conto dei nuovi pericoli che non possono ignorare, e lasciassero aggravare una situazione senza tentare di far opera di conci liazione e, consigliando la moderazione, vedere di as sopire gli odii che fanno temere ancora nuove scia gure e nuovo sangue. Settembre.

Situazione difficile 359

NOTE E DOCUMENTI.

L'11 novembre dopo vari mesi di alternative che in vari momenti fecero adirittura temere una ripresa della guerra fra la Turchia e la Grecia e si diceva, che appunto in vista di questa eventualità la Bulga ria e la Turchia avessero trascinato per le lunghe le trattative per lo sgombero del territorio bulgaro oc cupato da turchi e continuante con la Grecia la pace fra la Turchia e la Grecia fu firmata ad Alene l'11 novembre. A fare affrettare la firma del Trattato pare abbia molto contribuito l'intervento della Ru menia. In quel volgere di tempo, e mentre le notizie pessimiste parevano prevalere sulle ottimiste, fece un soggiorno di una settimana nella capitale elleni ca il signor Take Jonesco, ministro dell'interno ru meno, che fu accolto con manifestazioni di grande simpatia. Mentre, da una parte con tali manifesta zioni si mirò evidentemente a sottolineare vieppiù e col carattere di un monito alla Bulgaria l'accordo greco-rumeno, dall'altro la diplomazia rumena col se l'occasione per affermare la sua influenza nelle cose balcaniche. Fu anzi il Take Jonesco, che, all ul timo momento, quando si manifestò più grave il ti more della rottura, propose la formola e il compro messo accettato dai delegati dei due paesi. Il contenuto dell'accordo greco-turco sulle questio ni che avevano reso così difficile le trattative, fu il seguente : Tutti i trattati e le convenzioni esistenti prima della guerra sono rimessi in vigore. E' accordata un'amnistia alle persone compromesse negli avvenimenti della guer ra ; le persone domiciliate nei territorii ceduti diven gono sudditi ellenici, salvo se nel termine di tre anni

360 DOCUMENTI

L'allegato segreto 361

optano per la pazionalità ottomana, trasferendo il loro domicilio fuori della Grecia. Gli abitanti dei territori ceduti continueranno a conservare le loro proprietà in quei territori. Nessuno può essere privato della sua proprietà, fuorchè per causa di utilità pubblica e,al lera otterrà una indennità adeguata.

Fu risoluta in modo piuttosto favorevole alla Tur chia la questione dei vacuf.

E furono lasciate alle decisioni della corte arbi trale dell'Aja le questioni seguenti:

1° Il costo del mantenimento dei prigionieri di guerra ;20 Differenza di opinione circa l'interpretazione del protocollo circa la resa di Salonicco ; 3º La questione riguardante i danni e le perdite provenienti dalla confisca di piroscafi greci al principio della guerra ; 4º La questione dei beni della Corona.

La questione delle isole fu completamente elimi nata dalla discussione, ogni decisione intorno ad esse essendo stata riservata alle Potenze dal proto collo di Londra .

La pace con la Grecia non fece cessare le preoccu pazioni , che anzi ricomparvero e sempre più gravi a proposito della questione delle Isole appena se ne cominciarono ad occupare le potenze, e la Triplice intesa propose l'annessione di Chio e di Mitilene alla Grecia .

Nel novembre le rivelazioni di un giornale fran cese, il Matin, sull'accordo Serbo-Bulgaro del 1912, sollevò le più vive polemiche non solo nelle capitali balcaniche, ma in tutta la stampa europea. Il gior nale francese pubblicò il testo dell'allegato segreto del Trattato d'Alleanza, e tale pubblicazione, oltre l'interesse storico, ha una grande importanza per che ha rivelato in modo preciso, che, tanto la Bul garia quanto la Serbia, facevano esclusivamente as segnamento sulla Russia, al corrente di tutto, e della

quale i due Stati dovevano sollecitare il consenso prima di attaccare la Turchia.

Il primo articolo infatti dice in sostanza :

Nel caso in cui uno dei due Stati contraenti rite nesse opportuno di attaccare la Turchia, inviterà l'altro Stato ad uno scambio di vedute. Se perverranno alla conclusione di un accordo,dovranno comunicarlo subito alla Russia e nel caso in cui la Russia non vi si op poga, i dueStati inizieranno l'azione in base alla con venzione militare; anche nel caso iri cui non si mette ranno d'accordo, dovranno darna notizia immediata alla Russia. L'opinione espressa da questa Potenza sarà obbligatoria per lo due parti.

E prosegue :

Se la Russia si asterrà dal dare la sua opinione e le due parti non potranno mettersi d'accordo, quella che sarà favorevole all'azione militare, la intrapren derà a suo rischio e pericolo ; l'altra parte sarà obbli gata a mantenere una neutralità amichevole o a mo bilitare per essere pronta a intervenire, se un terzo dovesse intervenire a favore della Turchia.

Il secondo articolo stabilisce con grande copia di particolari topografici la linea di espansione dei terri tori che avrebbero potuto essere occupati in Macedonia, fissando le zone che dovevano appartenere in modo definitivo all'uno e all'altro Stato, e la zona intermedia che doveva essere divisa secondo certe stipulazioni ufficiali, L'articolo finisce con queste parole:

La Bulgaria s'impegna ad accettare questa fron tiera se S. M. lo Zar di Russia, che sarà invitato a fungere da arbitro supremo in tale questione si pro nuncerà a favore della linea stessa. E' inutile aggiun gere che le due parti contraenti si impegnano ad accet tare come frontiera definitiva la linea che l'Imperatore di Russia avrà giudicato meglio corrispondente agli interessi delle due parti.

Gli altri tre articoli sono del seguente tenore : Art. 3. Copia del trattato e del presente allegato segreto verrà comunicata al Governo imperiale di Rus sia, che sarà pregato in pari tempo di prendere atto e

362 DOCUMENTI

Trattato segreto greco-bulgaro 363

di adottare l'attitudine benevola per lo scopo che i due alleati si propongono e infine di pregare S. M. l'Im peratore diRussia di degnarsi di accettare e approvare le mansioni destinate aLui e al suo Governo.

Art. 4. Tutte le divergenze che potranno sorgere circa l'interpretazione e la esecuzione di una qualsiasi clausola del trattato e dell'allegato segreto e della con venzione militare saranno sottoposte alla decisione defi nitiva della Russia, appena una delle due parti con traenti avrà dichiarato di giudicare impossibile un ac cordo mediante trattative dirette.

Art. 5. Nessuna delle disposizioni di questo alle gato segreto potrà essere pubblicata o comunicata ad altro Stato, senza un accordo preventivo delle due parti e senza il consenso della Russia.

Lo stesso giornale pubblicò anche il testo del Trat lato segreto concluso nel 1912 fra la Bulgaria e la Grecia.

Il Matin continuò la pubblicazione dei documenti politici e diplomatici che accompagnarono la pre parazione della coalizione balcanica nella primametà dello scorso anno. Dal testo del trattato segreto di alleanza e di amicizia, concluso per tre anni nel maggio del 1912 fra la Bulgaria e la Grecia, appare che l'alleanza aveva un carattere puramente difen sivo. Le due parti contraenti non prevedevano af fatto la possibilità di un attacco generale degli Stati balcanici contro la Turchia.

Questo carattere politico pacifico è esplicitamente precisato dalla lettera stessa del documento chemi ra a « favorire l'intesa degli elementi greco e bul garo in Turchia, che vuole bandita ogni tendenza aggressiva nell'accordo puramente difensivo, di pa ce e di protezione reciproca, e si propone di invi tare i connazionali che vivono in Turchia a contri buire alla coesistenza pacifica dei vari elementi che formano la popolazione dell'Impero Ottomano ».

« Soltanto nel caso che uno dei due paesi sia attac cato dalla Turchia o nel suo territorio direttamente o per una sistematica violazione dei diritti fondamen

tali delle genti, l'altro davrà aiutarlo con tutte le sue forze militari e non concedere la pace se non d'ac cordo con esso. Nel caso però di una guerra fra la Grecia e la Turchia per la ammissione dei deputati cretesi nel Parlamento greco, la Bulgaria sarà obbli gata soltanto ad una benevola neutralità » .

Invece la convenzione militare conclusa quattro mesi dopo, rettifica completamente il trattato di al leanza, dando ad esso anche un carattere offensivo. In caso di guerra dice mossa da uno dei due contraenti alla Turchia, l'alleato dovrà aiutarlo sia sul territorio nazionale sia altrove: la Bulgaria con almeno 300.000 uomini, la Grecia con almeno 120.000. La flottagreca dovrà cercare di rendersi padrona del l'Egeo per interrompere le comunicazioni fra la Tur chia asiatica e quella d'Europa.

In caso di guerra dichiarata da uno degli Stati contraenti ad un altro Stato che non sia la Turchia, l'alleato sarà tenuto soltanto ad una benevola neu tralità.

La convenzione militare stabliiva, inoltre che, se la Grecia e la Bulgaria avessero già mobilitato per muovere guerra ad un altro Stato e la Turchia attac casse la Grecia per la questione di Creta, allora la Bulgaria sarebbe stata tenuta ad aiutarla militar mente.

Fino al momento nel quale si stampano queste pa gine, primametàdi gennaio, non hannoancora condottoalla firma di un trattato, le trattative labo riose e difficili che, da parecchi mesi, si svolgono fra la Turchia e la Serbia. Ma si crede però, le difficoltà possano essere da un momento all'altro superate. In ogni modo, data la posizione geografica dei due stati che più non hanno confini comuni, questo prolun garsi delle trattative non desta grandi inquietudini .

36:
DOCUMENTI

INDICE.

IN ALBANIA E IN MACEDONIA, LA GUERRA INEVITABILE.

I. - I DIVERSI ASPETTI DELLA QUESTIONE ALBANESE. L'albania e l'Ara. bia . La tomba degli eserciti turchi. L'Arabia e l'Inghilterra. Un paese privilegiato. Intorno al Sultano. Col nuovo re gime. Peruna messa rifiutata. Albanesi e Serbi in Mace donia e nella Vecchia Serbia . Col lume acceso . - A Monastir. Lo rivolte albanesi il Sultano. Nell'Adriatico. - Gli Alba nesi e Dulcigno. Anche i Musulmani contro Costantinopoli. La consegna dei fucili quattro anni fa. Rassegnazione apparente 3 II. QUESTIONI CONNESSE. Le due Albanie e le due Autonomie . Un eufemismo diplomatico. - I termini del problema. Autonomia locale e autonomia regionale. I confini. Contro i Serbi. L'odio contro gli slavi. Il memorandum al Congresso di Ber lino. Contro l'espansione slava. - I timori d'allora. La lega di Prizrend. Il reggimento Macedone a Napoli. Il Papa in viaggio per l Albania. Altro è dire seguitemi che andate. Nemmeno allora l'Europa fu d'accordo. Difensori dei turchi. Le aspirazioni diverse. Conflitti di razze e di nazionalità. Sperando ancora nello statu quo 10 III. AL DI QUAEAL DI LÀ DELDANUBIO. Le relazioni Austro-Biga: re . Grecia e Austria contro l'Italia in un trattato segreto che non fu stretto, Lo Czar Ferdinando non è infeudato ad alcuno. In un quarto di secolo ! La Bulgaria darà il segnale. La mar cia dell'Austria, Gli accordi con la Serbia.. Per un'intesa balcanica. Se uno si muove, gli altri seguiranno. Dove è il pe ricolo. Guai se si perde anche questa occasione! Il barome tro della Rumenia. 17

Le'

IV. IL FUOCO È CESSATO. L'incidente turco-montenegrino. ostilità erano già incominciate. Il Ministro Ottomano a Cetti gne .capro espiatorio. Trentaquattro anni fa. Come il Mon tenegro dichiarò la guerra . Un telegramma di Garibaldi tra smesso in tutto il Montenegro dal Principe. Alle feste di due anni fa. Maresciallo russo. La Russia e l'esercito Montene grino. Le Potenze. Una leggenda infondata. L'ode al turco. 23

V. LA STORIA ' SI RIPETE , Il caos nell'Impero Ottomano. Le crisi passate. Tre Sultani in un giorno. Tremante sotto un muc chio di tappeti. La burletta delle riforme. L'iniziativa del Ministro Austro-Ungarico. La tassa per vivere. - Il Sultano Abdul Medjnd Un Gran Visir riformatore - L'Inghilterra nei consigli dei vilayet. Cristiani.... scelti. La Conferenza del 1876. Il cannone annunzia la Costituzione Il Concerto non ha mai imposto le riforme con la forza. Il decentramento del Mi nistro Bertchold . Siamo sempre nel vago. Autonomia .... ana. tomia. 30

VI L'AGITAZIÓNE POPOLARE IN BULGARIA. - La politica esicra e lá .

INDICE

Le situazione interna L'eccitazione dell'opinione pubblica . parole di un Ministro. Si spera ancora di eccitare un conflitto Un grande allarme di parecchi anni fa. A Sòfia. Il piano di guerra d'allora. Consiglio di ministri in vagone. L'occasione è passata. La Bulgaria è finita ! - Il Re e il Governo cercano calmare il paese. Perchè la Bulgaria vuole assolutamente la guerra , - I Macedoni. La circolare segreta. L'accordo delle Grandi Potenze 36

LA PRIMA FASE DELLA GUERRA. I BULGARI ALLE PORTE DI COSTANTINOPOLI.

I. GLI STATI BALCANICI E L'ALBANIA. In marcia su Scutari. Gli al banesi e il Califfo. La lotta etnografica. Nella Vecchia Serbia. Contro il bulgaro. Secondo gli avvenimenti. Nell'Epiro. Dopo le sconfitte della Serbia. Lo tradizioni storiche. Una carta etnografica. Le aspirazioni degli Stati alleati sull'Albania. Perchèil Montenegro ha dichiarato primo la guerra. Se fos sero fra i vinti! Gl interessi dell'Italia e dell'Austria.

II. LA GRANDE BULGARIA SULLA VIA DI BISANZIO. Una frase del Prin. cipe di Bismarck. Dopo il Trattato di Berlino. La Bulgaria del Trattato di Santo Stefano Un mistero che non vi fu. Come furono condotte le trattative. Al di là d'ogni speranza. L'impreveduto. Le Potenze rassegnate, La Tracia perduta per la Turchia. Dalla parte di Monastir. L'entrata trionfale a Costantinopoli. L'attacco di Adrianopoli simulato. Il gene rale Fitcheff III. - ANALOGIE, Å trentaquattro anni di distanza. Armistizio...? ma coi preliminari ci pace. Perchè i russi non entrarono a Co stantinopoli. Un dispaccio intercettato.

SITUAZIONE ROVESCIATA. L'ATTEGGIAMENTO DELLE POTENZE .

61

67 75

I. TRAVERSANDO L'AUSTRIA. Ansie ed incertezze. Si sono tutti in gannati. Anche l'Austria sorpresa. L'occupazione del San. giaccato. La politica Austro-Ungarica crollata. Armamenti... e stati d'assedio. Salonicco perduta. Lotta di razze. L in. vasione Slava. Tedeschi e magiari d'accordo. Lo sbocco ser bo e l'Albania . L'avvenire per noi. 101

II. L'ATTEGGIAMENTO DELLE POTENZE. La conferenza degli ambascia tori. Il discorso del Cancelliere tedesco, Il comunicato del Foreign Office. Le dichiarazioni del presidente del Consiglio russo Dichiarazioni di Sir Edward Grey. Discorso del Mar. chese San Giuliano L'accordo per l'Albania. 115

DURANTE L'ARMISTIZIO.

LE TRATTATIVE DI LONDRA. IL COLPO DI MANO DI COSTANTINOPOLI.

I. SALONICCO E ADRIANOPOLI. Se la guerra continuasse. Lo czar dei bulgari. Il governo dei democratici. Dopo la nostra pace. Il governo pacifista dichiara la guerra. Discorrendo col pre sidente del Consiglio. - I nazionalisti, L'occupazione mista di Salonicco. Re Ferdinando a Salonicco. I due Re . Coi cap potti turchi Risparmio di vite. A Ciatalgia. Un pro gramma diverso

366
135

II. - SOFIA. Il regime dei passaporti. - A Semlino. L'Espress Orient soppresso. L'aspetto della città. La passione dei bul. gari per la politica. Una sola dimostrazione. Gli schizzi del barone Acton. Non manca il denaro. I turchi della Bulgaria e la guerra. I contadini. Soldati sperduti. - Tra padre e figlio. La gente in lutto. Un sogno realizzato 143

III. GIORNID'ANSIA. Un attacché militare in prigione. Il cor rispondente del Times e il suo cavallo bianco. Aspettando... l'imprevisto e la sorpresa. Gli scherzi della gotta. Re Fer dinando e l'on. di San Giuliano. La cartolina di Von der Goltz. La storia dei francobolli Il gran porto di Cavalla. La Nizza bulgara. La mano piccola ma la Bulgaria grande! 151 .

I. LE DIFFICOLTA' DELLA SPARTIZIONE E L'ANDAMENTO DELLA GUERRA. La stampa europea e i resultati della guerra. Le polemiche negli Stati alleati. Entusiasmi svaniti Nero sul bianco. Dopo l'abbandono di Durazzo e l'occupazione serba di Monastir. Mi naccie bulgare. La questione di Salonicco. Salonicco porto della Confederazione balcanica. L'unione doganale. Più di 50 mila morti. Il maggiore sforzo è stato della Bulgaria . Eca . tombe di Ministeri

LA RIPRESA DELLA GUERRA, IN BULGARIA B IN SERBIA. 179

II. QUESTIONE DIDENARO?I problemichelaBulgaria deverisolvere: Le trattative di pace. L'azione militare sospesa. Un co mandante d'esercito che ritorna a Sofia. Indennità e debito pubblico. Rodosto e l Asia Minore. Il deserto ... in un terreno fertile. Le spese che saranno necessarie. Per concludere il primo prestito. La politica del sentimento abbandonata da tutti 188 III. ITALIA E SERBIA. La Vecchia Serbia. Kossovo. Gli alba nesi contro i serbi. Parlando con il Re Alessandro. Lo sbocco slavo nell'Adriatico. Serbia e Montenegro. 200 milioni di slavi, Fra due pericoli. Il ministro del Commercio e il Comi. tato ltalo -Serbo. Un êra nuova 195 IV. LO SBOCCOAL MARE. La questione diMonastir. il vecchio Pa sic. Gli attacchi al governo, Il porto serbo a Costantinopoli. Il corridoio verso Salonicco. partiti militari. Situazione difficile fra Sòfia e Belgrado. I cattolici delle nuove provincie serbe e l'Austria . Un vescovo patriotta. Un grande errore !.., 208 V. LA SERBIA EI SUOI ALLEATI. - Belgrado durante la guerra. La stampa libera. I delegati degli altri stati a Belgrado. Non si crede alla mediazione delle Potenze. Le difficoltà serbo-bul gare . Ciò che diceva Milovanovich. Situazione mutata . Gli aiuti al Montenegro. La questione dinastica 216

VI. SITUAZIONE COMPLICATA. Il pericolo slavo? Re Nicola e il principe ereditario d'Italia. Un contadino montenegrino che dà consigli a Ro Nicola. La patria serba. Panslavismo e ser bismo. L'unione della Serbia e del Montenegro. La diplo maziarussa. Il lavoro della politica austriaca. Il rappresen tante della Russia a Belgrado. La questione d'Oriente si sposta. 224

LA CREAZIONE DELL'ALBANIA. LA QUESTIONE DI SCUTARI.

L'EUROPA CONTRO IL MONTENEGRO. Quattro anni fa a Cettigne. Austria e Russia d'accordo ! La Russia non era pronta. Una questione di amor proprio nazionale. L'Austria ha dovuto ce.

INDICE 367

dere su tutto. Il bluff. I due periodi. Conie all'epoca del. l'annessione della Bosnia Erzegovina. L'Italia e il Montcne. gro. L'Italia e l'Albania, L'opinione di Rénè Pinon. La pulce! Il grande Impero tenuto in iscacco, Cercava un pre testo ? Provocazioni austriache. In Asia Minore. Il Mon. tenegro sacrificato ! 243

CONFLITTO BULGARO -RUMENO .

L'ARBITRATO PER SILISTRIA.

I. LE DIFFICOLTA' PER SILISTRIA, Una questione antica. A Londra. I crediti militari approvati a Bucarest. Un avanzo di 70 mi lioni. Dopo 34 anni. In compenso della perdita della Bassa rabia. L'irredentismo bulgaro. Accordi prima della guerra. La scelta del delegato per le trattative. il timore di compli cazioni 279

II. GIORNI D INCERTEZZA, Mentresi discute a Pietroburgo. At traversando il Danubio. Quel che pensano i Circoli militari ru meni. Un simbolo. L'aritmetica militare. Preoccupazioni per l'avvenire. A un tournant della sua storia . Irredentismi. Il Re e la Danubio -Adriatico 285

III. LA SECONDAINDIPENDENZA.L'oradella Rumenia. Dopo tren: * tacinque anni. Una nuova politica. I consigli di Vienna e di Pietroburgo. La pedina decisiya. Popolazioni rumene in altri paesi. Le tappe dell'ascensione rumena. I partiti po litici concordi. Le sorprese della politica orientale. Pensarci sempro e non parlarne mai

. 293

LA TRAGEDIA BULGARA. LA PACE DI BUCAREST.

J. II .

III.

LA LOTTA FRA GLI ALLEATI, Speranze di accordo. Prevale l'ottimi . smo. Terra serba e vagone bulgaro. I due presidenti. Ar gomenti efficaci. La rinunzia a Salonicco. Lo Czar riprende le redini. La crisi ministeriale bulgara. Per evitare la guer. ra fratricida 307 LASANTA RUSSIA EGLI Slavi. Dalla lotta per je nazionalità alle lotte di razza, La politica russa, Il dizionario politico. I sovrani balcanici e lo Czar. I piccoli fratelli. Le dimostra zioni della Duma a Daneff. - Gli stessi avversari in Asia 313 ALL'INDOMANI DELLA VITTORIA . Per la terza volta. Le sconfitto bulgare. Nessuno poteva prevedere. Le note collettive... viste da vicino. Cieca intransigenza ! - A Salonicco avevano tacita mente rinunziato, Politica austriaca... con ministri russofili. in vaticinio ! L'Italia e l'equilibrio balcanico 321

368
INDICE

VICO MANTEGAZZA

Questioni di Politica Estera

(Ogni volume, L. 5.)

Anno 1 ( 1906), con 23 incisioni e ritratti. Il nuovo regno di Norvegia. La Conferenza d'Algesiras e il Marocco. L'imperialismo americano. La Somalia settentrio nale. L'Eritrea e l'Etiopia. Nell'Oriente europeo. La Mace donia e le Riforme. La rivalità anglo-tedesca. Italiani e croati. Americani e giapponesi. La Persia costituzionale.

Anno II (1907), con 13 incisioni fuori testo. La Conferenza dell Aja. Un ospite asiatico (11 Re del Siam ). La rivoluzione in Rumenia. L'assassinio del ministro Petkoff. Nella Penisola balcanica. L'estate storica. ll Marocco e le relazioni franco-germaniche. Nell'Estremo Oriente. L'accordo anglo-russo. Nel mondo diplomatico.

Anno III (1908), con 28 incisioni fuori testo. La tragedia portoghese. Il conflitto e l'accordo Nippo-Ame ricano. Le rivoluzioni ad Haiti. Una congiura al Montenegro. Verso una nuovatriplice? Eritrea e Benadir. La rivoluzione in Persia. La questione del Marocco. La morte del Conte Tor nielli. Il parlamento ottomanó. *

Anno IV ( 1909), con32 incisioni fuori testo. Fra le alleanze e le ententes ,. La quistione di Creta. Un grave dissidio al Benadir. Maometto V. In Albania Gli spa gnuoli al Marocco. La rivoluzione persiana. Iniziative ita liane al Montenegro. I viaggi dello Czar. In Bosnia dopo l'annessione. La rivolta araba.

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Anno V ( 1910), con 17 incisioni fuori testo. La morte di Edoardo VII. Giorgio V. La fine del grandu cato di Finlandia. Il conflitto greco-rumeno. Italia e Rumenia. La China militare e l'Europa. L'Egitto agli Egiziani. Un nuovo re (Montenegro). La Macedonia in rivolta. Austria e Russia nei Balcani. Un accordo turco -rumeno. Nell'America latina. La rivoluzione portoghese.

Anno VI (1911), con 16 incisioni fuori testo. L'IMPRESA DI TRIPOLI. Tripoli e le nostre alleanze. Si va o non si va? Il diritto dell'Italia è riconosciuto. Tripoli e le trattative di Berlino. Il dovere del Governo. Politica Estera e democrazia. Dal trattato di Berlino a Tripoli. Arabi e Turchi. Il combattimento di Bengasi e la situazione inter nazionale. La guerra e la Triplice. Con chi avremo ancora da fare. Sceik Said francese o turca? I diritti della civiltà. Nella terra del paradosso. L'Egitto staccato dalla Turchia. Come imporre la pace? Dal Mediterraneo all'Adriatico. Note e ricordi a proposito dell'impresa di Tripoli. IL Nazio IL CONFLITTO FRANCO -TEDESCO. Una questione che risorge. Il Marocco e l'equilibrio mondiale. Nella fase decisiva. Il colpo di scena. La conversazione di Berlino. Po litica europea e politica mondiale. Un impero tedesco sud africano ? Note e documenti. GLI OSPITI DELL'ANNO. Dopo sette anni di regno, Re Pietro. L'ospite scandinavo. Abbas II. Lord Kitchener.... e la maniera forte. Un paese che si tras forma. La rivoluzione fatta dal re. Le nostre rappresentanze diplomatiche e consolari.

NALISMO. -

Anno VII (1912), con 16incisioni fuoritesto. IL DIARIO DELLA GUERRA. LE TRE GUERRE. Tripolitania e Ma rocco. La guerra santa.... contro i turchi. GLI INCIDENTI FRANCO-ITALIANI.Il sequestrodel Carthage. L'arrestodeiTurchi sul Manouba, Situazione mutata. I Consoli di Francia, A Tri

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poli e a Rodi. NELL'EGEO. I Dardanelli. Le flotte che li hanno passati. Dinanzi a Beirut. L'isola tragica. Chios. L'av venire è sul mare. L'Europa e l'Asia nell'Egeo. La sorte delle Isole Rodi e la tomba di Maometto II. L'ORA DELLA Russia. A poche miglia dal Bosforo. L'inc ta della Russia. In attesa dell'incontro fra il Kaiser e lo Zar. Qualche osser vazione sull'andamento della guerra. Anche al tempo delle stragi armene. L'Italia doveva forzare i Dardanelli. LA PACE. Quale pace vuole il paese. L'idillio di Ouchy. Le due guerre e la pace. La pace a queste condizioni si poteva con cludere dieci mesi fa. Si scontano gli errori della guerra. L'esempio della Bosnia. A proposito dell'intervista Bertolini. Il trattato di Losanna. Il rappresentante del Sultano. LA DISCUSSIONE DEL TRATTATO ALLA CAMERA. Note e ricordi. Nel mondo diplomatico. Riddad'ambasciatori. Il barone Marschall.

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MILANO - FRATELLI TREVES, EDITORI FTE Prezzo DEL PRESENTE VOLUME: Lire 7,50 Fuori Milano: Lire 8,25 DAVUA NTUT NELL'ANNO DELLA GUERRA DI GUALTIERO CASTELLINI Con 37 incisioni fuori testo. LIRE 3,50. L'ASSEDIO DI SCUTARI (Sei mesi dentro la città accerchiata ). DI GINO BERRI Con 42 incisioni e due carte. e LIRE 3,50. DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE LA MISSIONE FRANCHETTI IN TRIPOLITANIA
Gebel) Indagini econonomico-agrarie della Commissione inviata in Tripolitania dalla Società Italiana perlo Studio della
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Libia Sen. L. FRANCHETTI. Condizionisocialiedeconomichedegli Indigeni. - Conclusioni generali. Prof. A. STELLA. Topografia, Geologia ed Acque. Prof. R. PAMPANINI.
spontanea. Prof. O. MANETTI · Agronomia ed
agraria. Prof. C. Pucci . Prof. C. GUGNONI Pastorizia.

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