RIVISTA MILITARE 2022 N.3

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UN OCCHIO UN SUL CAMPO CAMPO INTERVISTA A MAURIZIO MOLINARI Periodico trimestrale 3/2022€ 4 (in Italia)www.esercito.difesa.itData prima immissione 04/10/2022
MILANO - BRESCIA - PIACENZA - BOLOGNA - REGGIO EMILIA - VICENZA - TREVISO ciakroncato.com

Care lettrici, cari lettori, l’argomento che ha monopolizzato l’attenzione di tutto il mondo dallo scorso 24 febbraio è la guerra. Un tema che – per le dimensioni delle forze in campo, le modalità operative e, soprattutto, per la ferocia sviluppata – sembra rigurgitato dai libri di storia.

Invece è attualità e tutti colpisce. Per provare a districarsi nella comprensione del nodo ucraino è fondamentale la presenza di reporter sul campo: senza il loro lavoro la guerra sarebbe un

intervista al Dott. Maurizio Molinari, direttore de “la Repubblica”, che verte proprio sull’ampio

– Rivista Militare è lieta di poterlo diffondere a tutti i suoi lettori – perché traccia chiaramente il individuati (manovra a contatto, non a contatto, terza dimensione, difesa integrata e logistica distribuita) ed altrettante le capacità abilitanti (spazio, comando e controllo, guerra elettronica, cyber e robotica) descritte e connesse fra di loro. Non va sottaciuta, poi, l’importanza della dimensione terrestre. L’uomo con “i piedi per terra”, non nell’accezione metaforica, ma in interviste ai reduci, foto e documenti nuovi a cura del nostro redattore Ten. Pierluigi Bussi. Gli con una scheda riportante le principali unità colà impiegate. È un lungo elenco, doveroso di gratitudine nei confronti di Paolo Caccia Dominioni. Al termine della guerra egli ricercò nel deserto le salme di tutti i caduti, per dargli degna sepoltura. Ne recuperò dal campo di battadel Prof. Walter Barberis, dedicato alla tradizione militare sabauda. In merito ai grandi studiosi Dott. Niccolò Lucarelli. Buona lettura!

n. 3/2022 I Rivista Militare Nel prossimo numero Vittorio Bottego, l’esploratore
L’editoriale
SOMMARIO L’EDITORIALE
Da 150 anni al servizio del Paese di Niccolò Lucarelli Mondi diversi, esperienze simili di Pierfrancesco Sampaolo 1 38 42 68 8 12 16 68 72 62 RUBRICHE PERCHÉ SI DICE COSÌ 30 DONNE 26 IL PUNTO 6 LE STORIE DELLA STORIA 20 FOTO D’AUTORE 31 L’INTERVISTA 34 Angeli custodi di Luisa Migliaccio Una rivoluzione al servizio
di
Gaglione Quando il passato ti porta nel futuro di Elio Cimiraglia ENGLISH SUMMARY 98 MILITARIA 90 PROPOSTE DI LETTURA 100 FORTI E RESISTENTI 76 GENITORI CON LE STELLETTE 74 VALOR MILITARE 84 SOLDATO DEL GIORNO 86 ARMI 88 Milestone e la sua pietra miliare di Fabrizio Luperto IN
Le donne nelle Forze Armate di Anna Maria Isastia 42 Cultura e meritocrazia come ostacoli di Walter Barberis 46 38 Casa per casa di Andrea Spada Livio Cavallaro Il “padre” del bombardamento strategico di Eric Lehmann 50 La leadership ieri e oggi di Andrea Castiello d’Antonio 54 Atleti Militari orgoglio dell’Esercito di Alessio Cao 80 54 I più cliccati 29
NOTIZIE E CURIOSITÁ
dell’uomo
Enzo
PRIMO PIANO
Norme di collaborazione
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Elaborazione PDF: Marcello Ciriminna IN COPERTINA
74 90
foto del Graduato Aiutante Marco Valentino

Il punto

DALLE OPERAZIONI COIN ALLA CONFLITTUALITÀ PEER-TO-PEER

L’invasione militare dell’Ucraina da parte della Russia rappresenta uno spartiacque nella storia contemporanea e costituisce una cesura storica netta che proietta i prossimi anni in un mondo caratterizzato sempre più dal ritorno della competizione strategica tra grandi-senta la cartina di tornasole di un ulteriore cambiamento avvenuto in corso: il tramonto della stagione delle operazioni di controinsorgenza (COIN – counterinsurgency ) e peer-to-peer“ War on Terroroperazioni condotte in teatri quali a distanza di oltre vent’anni dal tragico attentato delle Torri Gemeloperazioni COIN non siano statemissioni in Iraq e Afghanistan non si sarebbero potute affrontare diversamente: le operazioni COIN costituivano l’unico modo per con-

trastare categorie di avversari qua-pace post Guerra Fredda e la profossero risorse economiche a suf-

di sistemi lanciarazzi: l’11 settem-trica e sul confronto con attori di rango non-statale.re come una delle problematicheconsista nel fatto che vengono impiegate in incarichi che non sono loro e che non appartengono ai loro valori e alla loro storia: tale cri-trinale e culturale dovuto proprio alle operazioni COIN. In tale otti-che negli ultimi anni ha cercato di limitare la portata dell’Operazionere il numero di effettivi impiegati nella missione. Tale tipologia di per le Forze Armate in quanto va a operazioni e incarichi non naturali per un militare. Il ritorno alla competizione pe-

er-to-peer crescente attenzione verso le opein seno allo US Army proprio come-spetto al confronto tra superpotenze del secolo scorso: mentre durante la Guerra Fredda vi era laconvenzionale che coinvolga direttamente la NATO.ti-dominio da sole non bastano:zione delle acquisizioni dei sistemi d’arma meno sclerotica e non più legata a Urgent Operational Requirements . È infatti fondamentale in una situazione di possibile con-bisogni del presente per dotarsi di uno strumento militare che sia imnon futuribile: si fa la guerra con i i sistemi lanciarazzi che si hannobero avere fra 10 o 20 anni.

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Rivista Militare
Rivista Militare 8 Riivi v t sta a M Miililitaare r I n n. 3/2202022 All’ovest niente di nuovo niente nuovo MILESTONE E E LA SUA PIETRA MILIARE Notizie e curiosità
di Fabrizio Luperto
n. 3/2/2022 I Rivissta ta Mililit i arre

Germania, in un piccolo paese si fe-no tra fanfare, applausi e donne che abbandona la parata e attraverso unaincita i giovani studenti ad arruolarsi come volontari richiamandoli al dovere buttando a terra libri e quaderni, convinti che la guerra sia più importante(USA, 1930), tratto dal romanzo di Eridella guerra sovvertendo gli schemi che il cinema bellico aveva attuato allora erano stati offerti agli spettatoripietra miliare non solo del cinema di guerra, ma del cinema in generale sia per contenuti e modernità narrativa, se poi teniamo conto che il sonoro aveva fatto la sua comparsa solo 3 anni di Alan Crosland in cui la parte parlata era di poco più di un minuto (il restoviamo dinanzi a qualcosa di davverogia da cinema muto, ma andrebbe esplorato fotogramma per fotogramma per meglio poter apprezzare tutte

scena si può apprezzare il montaggio alternato con tre differenti carrellate che mostrano la linea dei soldati tedeschi, quella dei soldati francesi e la soggettiva di una mitragliatrice che -

volgono con lo sguardo direttamente allo spettatore mentre sullo sfondo si può vedere una distesa di croci bian-

ritorno a casa del soldato che, dopo essere stato al fronte, non riesce più -

mente sfruttato, basti pensare al mera--

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che vivevano negli Stati Uniti, furono-

brevemente alcune sequenze che, per contenuti e tecnica, ci sveleranno

bellezza e della tecnica, anticipa involontariamente quello che sarà nella Germania nazista il rogo dei libri (10 maggio 1933) promosso degli Studenti Tedeschi coordinati -

nel trasportare e piazzare le macchine da presa impediscono agli operatori di riprendere quello che accade in battala vita di trincea, sui feriti, sulla fame evisto e offerto al consumo di massa sono soldati dal morale altissimo, benesperienza e alla rappresentazione suoi colleghi che il regista partorisce -

Cercherà qualcosa che possa avvicinarsi quanto più possibile alla realtà, abbracciando molti degli aspetti che ruotano intorno a una guerra, dallatare realisticamente), passando per gli -

italiano nel 1950, venne più volte reconcessa solo nel settembre 1955 e il con la famigerata Commissione per lediane sospettate di avere legami con se cittadino americano, in un periodo di caccia alle streghe pagava le proprie origini visto che in realtà si chiamavaviaggio nel cinema che guarda con oc-

Un viaggio percorso volutamente al e che si conclude con quello girato prima di tutti) per poter meglio apprezzare il percorso morale dei grandi registioltre a fare spettacolo (ovviamente lo scopo principale), hanno denunciato, dato delle informazioni, fornito spunti dino e tentato di gettare semi sperando che cadessero su un terreno fertile al e in particolare di quanti erano ormaimar Bergman, probabilmente il regista che meglio ha impresso suil cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere

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curiosità

DA150 ANNI AL SERVIZIO DEL PAESE

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e
Carta della città di Tripoli, anni Trenta.
Notizie
di Niccolò Lucarelli

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Sopra: Una sala del Museo. Militare. Il Salone affrescato della Biblioteca Attilio Mori.

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Stato Maggiore (1861-1872), Istituto To--

la produzione attuale, le tendenze e le prospettive

Il Database di Sintesi Nazionale (DBSN) dell’Istituto GeograMilitare di Firenze.

BIBLIOGRAFIA

Notizie e curiosità

MONDI DIVERSI, ESPERIENZE SIMILI Storia di due fraintesi

working class statunitense, cresciuto a Freehold, nello Stato del New Jersey, in una famiglia di origini modeste. Le sue canzoni parlano di e delle contraddizioni sociali, degli sfortunati. Quando cominciò la guerra nel Vietnam, poco più che adolescente, suonava nei “Castiles”. Nel 1967 il batterista Bart Haynes venne arruolato e dall’estremo oriente non tornò mai più. L’anno dopo anche il “Boss” ricevette la “cartolina” ma lui in Vietnam non ci andò mai a causa di un trauma che aveva riportato in un incidente l’anno precedente. La storia del suo amico e collega Haynes e l’in-

Quanto è importante essere compresi? E per un artista, è ancora più importante? Forse non tutti sanno che il “Boss”, Bruce Springsteen, e Vladimir Vysockij, celeberrimo

cantautore moscovita dell’epoca sovietica, hanno una storia comune di incomprensione o meglio di fraintendimento.

Kovic (autore di “Nato il 4 luglio”) e Bobby Muller (uno dei fondatori del Vietnam Veterans of America) coinvolsero molto il cantautore nella questione Vietnam ispirando diverse canzoni che poi costituiranno l’album “Nebraska” e un pezzo dal titolo, appunto, “Vietnam”, la storia di un reduce di umili origini di ritorrespinge. Nel 1981 Springsteen fu contattato dal regista Paul Schrader che gli inviò la sceneggiatura per il quale gli propose di scrivere una canzone; era la storia di due fratelli che suonano in una band e

madre estremamente religiosa: il

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Bruce Springsteen, concerto a Berlino Est nel 1988. A destra: Vladimir Vysockij. di Ciccillo Cacace di Pierfrancesco Sampaolo

pronte, tra cui “Vietnam”, ma visto -

Nel gennaio del 1982 Springsteen è a Colts Neck, nella sua casa in New Jersey, intento alle registrazioni di “Nebraska” e lì incise la prima -

talmente acustica, chitarra e voce. John Landau, il produttore, non era d’accordo però nell’inserire il brano in “Nebraska”, troppo diversone riposto in un cassetto. Qualche mese più tardi Springsteen decise di rivitalizzare il pezzo e, grazie ai suoi musicisti della “E Street band”, in sole due sessioni arrangiò e reconosciamo adesso. Nel 1984 uscì il disco omonimo che consacrò de18 milioni di copie (impensabile anche ora nell’era digitale) e scalando regista Paul Schrader era pronto in the ” ormai troppo famosa il “Boss” si fece perdonare scrivendone un’altra”, “Light of dayle sale). Ma nonostante la canzone denunci in maniera ironica e amara le contraddizioni del sogno americano che dimentica chi ha servito il proprio paese in guerra mettendodiventò, al contrario, il simbolo del patriottismo statunitense tanto che quale inno per la campagna elettorale delle presidenziali del 1984.in considerazione, solo dal titolo. Quello che intendeva denunciare, in un solo colpo, era stato manipolato e travisato facendolo addirittura diventare un’icona della retorica di quegli anni, quella narrazione dell’“American dream ” che lui contestava profondamente. Dall’altra parte della Cortina di Ferro, qualche anno prima, a Mosca, viworking class un po’ diversa, quella

originario di Kiev, la madre un’interprete di tedesco. I genitori tenta-

ingegneria, ma Vladimir lasciò quasi subito per dedicarsi al teatro e alla musica. L’incontro con il cantautorenante per l’inizio della sua carriera musicale. Nei primi anni Sessanta fu assunto al teatro Taganka di Mosca, un posto con un grande fermento artistico e intellettuale, non tanto per le sue doti di recitazione ma quanto -

tore. In breve tempo divenne un attore famoso, anche nel mondo del cinema. Ma quello che veramente fece breccia nel cuore dei suoi concittadini furono le sue canzoni. Ne scrisse centinaia che interpretavapagnandosi con la chitarra, canzoni che parlavano degli ultimi, dei derelitti, dei più sfortunati, dei soldati altraddizioni del mondo in cui viveva, con piccoli gesti di ribellione, quasi innati e impercettibili che, però, parevano così stridenti con il confor-

mismo e la retorica della canzone sovietica dell’epoca. Le sue esibizioni, ignorate dalle luci del mainstream

frequentatissime e il suo pubblico in costante ascesa, anche nelle comuFrancia e Germania, dove si esibì diverse volte. Chiunque andasse ai suoi concerti aveva con se un registratore portatile e le cassette venivano copiate a migliaia e distribuite ovunque, di mano in mano. Sebbene Vysockij non fosse un “oppositore” egli fu sempre inviso al Ministero della Cultura sovietico per via dei temi delle sue canzoni che non rispecchiavano la narrazione retorica

e sferzante da alcolista e fumatore, del suo modo di esibirsi, sempre un po’ sopra le righe, che rendeva i suoi concerti delle esperienze uniche alle quali il pubblico assisteva in religioso silenzio. Sin dall’inizio della sua carriera fu oggetto di violente campagne sulla stampa perché ritenuto un pericoloso esempio per le nuove generazioni. Ma, molto probabilmente, non c’era un russo che non

avesse una sua cassetta, che non ascoltasse le sue canzoni, anche in segreto, anche gli stessi agenti del KGB che lo tenevano d’occhio costantemente. E questo Vysockij lo sapeva e ne soffriva; non era un oppositore e non si considerava tale, era un artista che amava profonda-

fatto che il suo Paese lo vessasse e lo denigrasse impedendogli anche, di fatto, di esibirsi a livelli maggiori (nonostante la sua enorme noto-nostante le centinaia di migliaia di bootleg amatoriali in circolazione) lo costrinse progressivamente a un’enorme frustrazione che sfociò nell’alcolismo e nell’abuso di droghe. Vladimir nel 1969 sposò Marina Vlady, un’attrice francese di origine russa conosciuta due anni primanio avrebbe potuto dargli l’occasione per emigrare, magari in Francia,franto da questa situazione, scrisse una lettera direttamente al Comitatolamentava la persecuzione nei suoi confronti chiedendo sinceramente

ti, nei dormitori degli studenti, negli auditorium accademici e in qualsi-

Sovietica, le mie canzoni vengono cantate. Voglio mettere il mio talenservizio della promozione delle idee io sia l’unico a cui importi. Non è un problema semplice, ma è giusto affrontarlo cercando di zittirmi o pro-

La lettera non ebbe alcuna risposta e, qualche anno più tardi, la notte frasca resa surreale per via delle Olimpiadi, Vladimir Vysockij fu trovato morto nel suo appartamento, a soli 42 anni, ucciso probabilmente dalle conseguenze dell’alcolismo e degli abusi di droga.

Moskva”, i media non ne diedero notizia per non turbare il trionfale clima olimpico, ma per il suo funerale si -

te, vennero a rendere omaggio; fu la più grande manifestazione spon-

delle case di Mosca e in moltissimi altri luoghi del Paese si potevano

-

ascoltare, con un volume appena percettibile, le sue canzoni. Con lara di Vysockij fu rivalutata e portata alla giusta considerazione, anche internazionale con riconoscimenti e monumenti che lo ritraggono, in patria e nel mondo. Bruce Springsteen, invece, continua tutt’oggi ad essere uno degli artisti più importanti del pianeta. Ma essere incompresi working class di quei tempi, anche se in maniera diversa, anche se ai lati opposti della Cortina di Ferro.

SITOGRAFIA

https://www.matrioska.info/uncategorized/lettera-di-vladimir-visockij-al-comihttps://www.ilfoglio.it/artico-sockij-poeta-e-attore-cantautore-e-ubriacone-71792/ https://www.storiedicanzoni. in-the-u-s-a/ born-in-the-u-s-a-di-bruce-springsteene-ancora-attuale/

born-in-the-u-s-a-storia-della-copertinadellalbum-piu-frainteso-di-springsteen/.

Vladimir Vysockij e Marina Vlady
18 Rivista Militare I n. 3/2022
Bruce Springsteen, Roskilde Festival 2012.
1 n. 3/2022 I Rivista Militare

Le storie della Storia

MA CHE BEL CASTELLO!

Ostia Antica Medievale e Rinascimentale. Un

Ostia Antica. Prima di entrare nell’area archeologica è una rocca poderosa, il Castello di Giulio II. Attorno, è un piccolo borgo medievale: mura antiche circondano poche case a schiera, tre strade, una piazza una chiesa. Il borghetto è quasi sconosciuto: i turisti ci capitano quasi per caso, attratti più dalle rovine di Ostia Antica che da questa piccola città seminascosta dal castello di Giulio II. Eppure ha una lunga storia altrettanto interessante. Di fronte al castello, è la chiesa di sant’Aurea, cattedrale di Ostia Antica. Oggi si presenta con forme della fine del 1400, ed è costruita probabilmente sulla tomba di Aurea, martire ad Ostia nel III secolo dopo Cristo: seppellita qui, perché qui in età romana doveva essere una grande necropoli, esterna alla città vera e propria. Per cui prima vi si seppellisce la Aurea, poi sulla tomba di lei si costruisce la chiesa, certamente in piedi alla fine del IV secolo dopo Cristo. Attorno alla cattedrale nasce la città medievale di Ostia e tutta la zona da necropoli (città dei morti) diventa un piccolo centro abitato (città dei vivi), un villaggio certamente molto meno esteso della grande città di Ostia di età romana, ma non per questo meno importante. Gregorio IV, papa tra 827 e 844, la fortificherà e la chiamerà con il suo nome: Gregoriopoli. Gregoriopoli diventerà un avamposto sulla strada di Roma, punto di passaggio obbligatorio per chi volesse arrivare in città, via fiume. Più di seicento anni dopo sarà necessario presidiare ancora meglio la zona con il Castello di Giulio II. Austero, imponente, tutto in mattoni, con una grande torre circolare e un fossato, è costruito da Giuliano della Rovere (poi Giulio II) tra 1483 e 1486. Nasce fortezza sulla riva

del Tevere, perché il fiume passava esattamente ai suoi piedi, dove oggi corre la strada moderna. Nel 1557, un’alluvione cambia il corso del fiume e quel castello resta a secco: e si trasforma in una prigione. Potrebbe raccontare tante storie, quel castello. Scegliamone una, l’ultima legata alla difesa di Roma nella metà del XVI secolo. È la fine dell’estate del 1556. L’imperatore Carlo V rinuncia al suo impero a favore dei suoi figli: a Ferdinando I spetta il titolo di imperatore, nonché i domini ereditari di Casa d’Austria e le corone di Boemia e Ungheria. A Filippo II il titolo di re di Spagna, le colonie d’America, i regni italiani di Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna. E assieme all’Italia, Filippo II eredita una bella gatta da pelare: un’altra guerra con la Francia. Una guerra dichiarata da un vecchio nemico della casa di Spagna, il papa Paolo IV Carafa. Naturalmente teatro della guerra è ancora una volta l’Italia. E, sul palcoscenico di questa grande storia, noi andiamo a trovare alcune comparse, recuperando fatti e personaggi solo apparentemente minori. Al servizio dell’impero di Spagna combatte Fernando Alvarez de Toledo, appena un poco più noto alla storia come il duca d’Alba. Nel 1556 con le sue truppe invade lo Stato pontificio, tentando di arrivare fino a Roma. E, per arrivare a Roma, anche Alvarez de Toledo deve passare per Ostia. Fernando Alvarez de Toledo risale il corso del Tevere e trova di fronte a sé quel castello di Giulio II costruito una settantina di anni prima in riva al fiume. Parola di Alessandro de Andrea, cronista di guerra contemporaneo agli avvenimenti raccontati: “Una gagliardissima muraglia, con due alte e fortissime torri per fianchi, quella di verso Tramontana rotonda, posta

Rivista Militare I n. 3/2022 20
di Umberto Broccoli

quasi sù l’acqua, l’altra all’incontro quadra, ambedue con spesse bombardiere, con un fosso d’acque non molto profondo sotto la muraglia.” Il duca d’Alba, allora, decide di muovere contro la rocca di Ostia il 23 ottobre del 1556 al comando di tremila armati, prevedendo un assedio lungo e difficile. Dentro la rocca è un giovane capitano trasteverino, Orazio dello Sbirro, al comando di 114 fanti romani. Viveri a sufficienza, una fortezza imponente, ma poche munizioni: su questo poteva contare dello Sbirro e su questo doveva contare dello Sbirro trovandosi di fronte i tremila armati del duca d’Alba. Affacciandosi dalla rocca di Ostia al mattino del 23 ottobre, Orazio dello Sbirro vede il corso del Tevere e – soprattutto – vede un brulicare di spagnoli nella pianura di Ostia, accanto alle rovine della città di età romana. Per sette giorni Orazio dello Sbirro vede costruire fortini con palizzate di legno, per sette giorni vede

tendere un ponte di barche sul fiume, per sette giorni vede piazzare cannoni con la bocca rivolta verso il suo castello, consapevole del fatto che da quel castello dipendeva la difesa di Roma e del papato.

Per sette giorni dello Sbirro può solo vedere: le munizioni sono scarse e vanno impiegate per resistere all’assedio, in attesa che ne arrivino delle altre. Da parte sua il duca d’Alba, non sapendo quale fosse la forza effettiva del suo rivale, prepara un’offensiva per vincere la battaglia e – se possibile – chiudere tutta la guerra: prendere Ostia significava prendere Roma e prendere Roma voleva dire battere il papa. Per cui, organizza le squadre, studia come attaccare il castello, chiama Bernardo Buontalenti da Pisa a costruire le fortificazioni e il ponte di barche. Il primo novembre del 1556 comincia a far bombardare a cannonate la rocca di Ostia. I muri potenti resistono e da dentro nessuna risposta se non qualche

21 n. 3/2022 I Rivista Militare
Il Castello di Giulio II dopo i bombardamenti del 1556.

Si decide

archibugiata sui soldati spagnoli, inevitabilmente a segno. Dopo quindici giorni di assedio e più di mille tiri, si apre una breccia in uno dei due torrioni, lasciando intravedere una cavità. Gli spagnoli esultano e si preparano ad entrare. Ma Orazio dello Sbirro, immaginando il tipo d’assalto, sa come rispondere. All’interno della cavità nel torrione fa costruire una barricata con botti, terra, mattoni lasciandovi feritoie rivolte verso la breccia aperta dalle cannonate spagnole. Trecento soldati del duca d’Alba vanno verso il fossato e cominciano ad entrare nel torrione. E se fino a quel momento nessuno dei castellani aveva sparato un colpo, ora è il finimondo: chi riesce ad entrare viene accolto a fucilate al pari di chi è rimasto fuori. La barricata voluta da Orazio dello Sbirro funziona egregiamente. C’è sconcerto nell’accampamento spagnolo. Non si riesce a comprendere la strategia degli assediati: prima lasciano danneggiare il castello e poi rispondono tutto in una volta. Sta di fatto che il duca d’Alba conta più di trecento morti. Si decide per un secondo assalto, questa volta co-

secondo assalto, volta co spara, spara bene. Ma nel Orazio dello

mandato da un capitano: Alvaro d’Acosta. Parola di Alvaro d’Acosta, registrata dal solito Alessandro de Andrea: “Niente è difficile all’huomo, ogni volta, ch’ei si disponga à volerlo fare. Noi siamo al cospetto di tanti occhi aperti, non solamente della nostra natione, ma della straniera ancora”. È il 17 novembre del 1556 quando d’Acosta, dopo aver parlato, tenta di entrare nella rocca d’Ostia con i suoi uomini. Stessa tattica di avvicinamento per guadagnare la breccia nel torrione e stessa fine degli altri assalitori. Altri trecento morti: d’Acosta, con una palla nella gamba, morirà di cancrena. E a complicare le cose ci si mette anche una batteria del duca d’Alba che, per coprire le spalle alla squadra d’assalto, spara una bordata verso il castello colpendo castello e squadra. Le pallottole, si sa, non hanno occhi. Il duca d’Alba chiama gli uomini a ritirata: in due giorni ha perso un terzo della sua forza: pensa seriamente a lasciare l’assedio, non sapendo come avere ragione su una guarnigione che spara poco, ma quando spara, spara bene. Ma nel frattempo Orazio dello

R Riviviststa a Mi Milliitatarre e I n n. 3//2202022 22
per un

Sbirro ha tutt’altri pensieri: è riuscito a tener fronte a due assedi e non ha munizioni per sopportarne un terzo. Interpreta la ritirata del duca d’Alba come una pausa per sferrare l’ultimo e definitivo attacco e immagina la furia del nemico sul castello e sui suoi soldati. Probabilmente ha paura, si sente abbando-

nato dallo Stato per cui combatte e nel quale crede, ma che non gli manda munizioni e rinforzi, e decide di alzare bandiera bianca. Il 18 novembre del 1556 un duca d’Alba incredulo occupa la rocca di Ostia e imprigiona dello Sbirro e i suoi 113 fanti sotto la torre maestra. Qui moriranno di stenti in 113 e non in 114:

Il Castello di Giulio II oggi. Chiesa di sant’ Aurea, cattedrale di Ostia Antica.

un fante era caduto durante l’assedio. E chi vuole andare a rivedere i luoghi di questa piccola storia, vada – allora – ad Ostia Antica. Il castello è ancora là, con la sua torre maestra e i suoi torrioni. Nel 1983, scavando vicino al castello, quasi di fronte all’ingresso agli scavi di Ostia Antica, ho trovato una barca a tre metri di profondità. Una barca piena di blocchi di tufo, affondata artificialmente sulla riva del fiume Tevere che passava proprio lì, sotto al Castello tra questo e la città romana. Oggi, la barca è tornata sottoterra e forse era il ricordo, l’ultimo ricordo materiale di quel ponte di barche teso sul Tevere per espugnare il castello di Ostia. Sul punto dove era la barca affondata, c’ è una cabina della corrente elettrica e in compenso non c’è più il Tevere, che un tempo lambiva la rocca: un anno dopo l’assedio e la morte di dello Sbirro, il Tevere cambia percorso in seguito a quella alluvione e si scava un letto a due chilometri dal luogo della battaglia. Sdegnato – dice una leggenda – dalla fine ingiusta del giovane capitano trasteverino.

Immagini concesse dall’Archivio Fotografico del Parco Archeologico di Ostia Antica.

Umberto Broccoli, archeologo, scrittore, conduttore radiotelevisivo, già sovrintendente ai Beni Culturali di Roma Capitale, docente universitario. Libri, articoli su riviste, quotidiani e settimanali. Da sempre legato alle Forze Armate. Vive tra accademia e palcoscenico, senza dimenticare lo sport: pallavolista nel secolo

Donne

Se fosse uno slogan, diremmo che esistono donne di tutti i giorni e donne che non ti aspetti. In entrambi i casi conosceremo donne che hanno dimostrato carattere, spirito di gruppo e coraggio, e le potremo incontrare al supermercato, in una corsia d’ospedale, oppure sul campo di battaglia. Arrivano da ogni tempo, e da ogni luogo del mondo. E hanno in comune una storia da raccontare, perché ogni donna di tutti i giorni è una donna che non ti aspetti.

DONNE DI TUTTI I GIORNI

Sei una donna abituata a lottare per il prossimo, che non si risparmia e che antepone i bisogni degli altri ai propri. Una donna di tutti i giorni che si può incontrare in ospedale o per la strada. Un’eroina moderna. Nel tuo piccolo: unica. Ti sei sposata a diciannove anni e in poco tempo hai dato alla luce i maschietti con problemi comportamentali e traumi, che avevano bisogno di mamma eroina, tu sei anche una moglie e un medico. E quando tuo marito raggiunto come medico militare per aiutare il tuo paese. Ce ne vorrebbero tante di donne come te. Ti chiami Olga, e la guerra ti ha appena uccisa.

Olga Semidyanova, 48 anni, era già considerata una persona speciale prima

un’eroina prima di scendere sul campo di battaglia, perché da sempre combatteva le sue battaglie in trincea, come medico che salva vite. Per questo il passo successivo non deve esserle apparso inconcepibile, ma probabilmente è arruolata unendosi al suo popolo per respingere l’invasione russa. Ha contivano proiettili, un lavoro all’ultimo sangue. Non che Olga non lo sapesse, o suo paese aveva bisogno d’aiuto e Olga non sarebbe rimasta a guardare, non mento era imminente, si doveva ripiegare immediatamente. Olga decide di chiamano mamma. Olga è una madre, una moglie, un medico, che ha dedicato la sua vita agli altri, e per gli altri ha dato la vita.

di Alessandra Startari
“Ogni donna di tutti i giorni è una donna che non ti aspetti”
che non ti aspetti
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di tutti i giorni

DONNE CHE NON TI ASPETTI

Sei sempre stata una signora molto coraggiosa, oltre che una grande artista, scialuppe di salvataggio per attraversare il mare e tornare nella terra in cui sei casa, e convinto di averlo ucciso si costituisce, per poi suicidarsi in galera. Tu Maria Lai vita dedicata all’arte del cucire, il mettere insieme, legare altri col tutto. La sua re inosservata. Può essere calpestata, ma l’immagine del cielo si ricompone ma diventa altro, qualcosa che nessuno si aspetta. Tutto sembra evocare una to accaduto nella seconda metà dell’Ottocento. C’era una casa ai piedi della montagna, e quando il costone crollò la casa venne sotterrata insieme alle tre bambine che vi abitavano. Solo una di loro si salvò, era uscita per rincorrere peva bene che non solo la montagna e il dono sacro della leggenda avevano coraggio. Si trovano tra noi, basta voltare lo sguardo e le riconosceremo.

Scrittrice romana, giornalista dal 2004, da oltre vent’anni si occupa di attualità e società, cercando di indagare attraverso mirati programmi televisivi

ce, conduttrice e curatrice, il sistema strati sociali, e i cambiamenti che subiAutrice di diversi articoli di successo e di documentari, con lo pseudonimo Alessandra Star ha pubblicato “Come

miglior narrativa d’autore. “Amorever-

ALESSANDRA STARTARI

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Perché si dice così ROMPERE LE SCATOLE

“Rompere le scatole” è un’espressione che, sicuramente, avrete utilizzato almeno una volta nella vita, vuol dire provocare noia, fastidio, in modo pesante ed è tra le più usate e diffuse nella nostra lingua; indica una situazione di disturbo, come ad esempio una persona che con il proprio comportamento ci tormenta, spesso, con inutili problemi. Il detto è davvero particolare, e risale alla Grande Guerra. Infatti, questo modo di dire ha un’origine che viene dall’ambiente militare. Pare infatti che “rompere le scatole” fosse l’ordine impartito dai comandanti per invitare i soldati ad aprire le scatole

che contenevano le cartucce dei fucili per prepararsi all’azione. Questo voleva dire correre il rischio di non farcela e, quindi, l’ordine di “rompere le scatole” causava un certo senso di angoscia. Bisogna quindi immedesimarsi in un soldato mentre sta compiendo questa operazione

con un epilogo che sarebbe potuto diventare tragico. Per fortuna, in tempi moderni, i vari -

ne sono diventati meno drammatici, anche se conservano una connotazione negativa e irritante. Dalla sensazione di ansia, si è arrivati a quel-

la di fastidio. Quante volte siamo in compagnia di qualcuno che “rompe le scatole”, che scompiglia le nostre abitudini e interferisce troppo nella nostra vita privata? Anche a parti invertite, di frequente capita che qualcuno ci dice di non rompergli le scatole, ci invita a non annoiarlo, ci dice di lasciarlo in pace ma spesso lo sottovalutiamo o non gli diamo la giusta importanza. Meglio, quindi, allontanare le persone negative ed evitare di essere anche noi come -

sibilità e riservatezza, esempio di concetto comune utile a tutti come stile di vita.

SFIDA FOTOGRAFICA

OBIETTIVO

Valorizzare il lavoro svolto dal personale dell’Esercito in Italia eda” è aperta a tutto il personale dell’Esercito, militare e civile. Le foto devono cogliere un dettaglio, un’emozione, mettere in evidenza le capacità militari professionali del personale di ogni Arma/ Corpo/Specialità dell’Esercito Italiano.

UTILIZZO DELLE IMMAGINI

Le immagini, inedite, saranno utilizzate a corredo di articoli pubblicati su “Rivista Militare” e, principalmente, per selezionare la foto di copertina. Le immagini potranno essere scattate con fotocamere digitali, tablet, smartphone. I file dovranno essere in formato JPEG, con una di-mensione di almeno 5 MB e 300 dpi per file. Sono ammesse fotografie a colori e in bianco e nero “possibilmente” con inquadrature in formato verticale e, in seconda battuta, in orizzontale. Le pervenire al seguente indirizzo di posta elettronica rivistamilitare.ei@gmail.com corredate da una didascalia esplical’Ente il

Centro Pubblicistica dell’Esercito a riprodurre e utilizzare, a titolo gratuito e senza limiti di tempo, le immagini pervenute (sarà richiesta apposita liberatoria in caso di pubblicazione della/e foto). I diritti relativi alle opere presentate restano di proprietà dell’autore, mavistico, divulgativo, promozionale, didattico e culturale. Sarà in tal caso garantita la citazione dell’autore.

PREMIO

Gli autori delle foto pubblicate in una delle pagine di copertina riceveranno un abbonamento annuale in omaggio alla “Rivista Militare” ed un volume. Agli autori delle foto pubblicate all’interno del giornale sarà inviata una copia del numero.

NOTA:

Si rammenta il rispetto delle norme per la sicurezza delle informazioni nonché di quelle afferenti alla sicurezza sul lavoro.

31 n n. 4/2021 I Rivista a Militare
n. 3/2022
FOTO D’AUTORE
Graduato Aiutante Marco Valentino Brigata “Pinerolo” Esercitazione Salamandra 2022 - Persano

L’’ intervista del direttore

UN DIRETTORE SUL CAMPO

DIRIGERE UN GRANDE GIORNALE MANTENENDO L’OCCHIO DEL CRONISTA

Maurizio Molinari ci parla di giornalismo, tra fake news, pandemia, guerra e crisi internazionale

Maurizio Molinari, intervistato dal Colonnello Giuseppe Cacciaguerra, Direttore di “Rivista Militare”, racconta la strategia di comunicazione di un importante quotidiano evasione russa in Ucraina e le nuove trasformazioni ener-zio Molinari, specializzato in politiGerusalemme, prima di laurearsi--

sviluppo della tecnologia”

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L’opinione pubblica spesso ritiene che la vera guerra non sia quella armata, ma quella imposta dal mainstream. Come riesce, il Direttore di una grande testata, a gestire il suo ruolo durante unOgnuno fa riferimento alla propria esperienza, io ho trascorso buona parte della mia carriera a coprire aree di

34 Rivista Militare I n. 3/2022

La sua redazione giornalistica come gestisce e filtra le notizie durante una guerra? Le informazioni che ricevete, spesso, possono essere delle fake news oppure di difficile interpretazione, anche perché molte arrivano dai social network. Non c’è il rischio che la frenesia e la sovrapposizione dei contenuti possano provocare facili fraintendimenti?

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Molinari Maurizio, giornalista e scrittore italiano (nato a Roma nel 1964). Dopo aver studiato all’Università Ebraica di Gerusalemme ed al Manchester College di Oxford, si è laureato in Scienze Politiche e in Storia all’Università “La Sapienza” di Roma. Giornalista professionista dal 1989 ha lavorato per “La Voce Repubblicana” prima di diventare corrispondente per “La Stampa” da Gerusalemme, Bruxelles ma soprattutto da New York. Specializzato in politica estera e questioni internazionali, dal 2016 al 2020 è stato direttore del quotidiano di Torino e dallo stesso anno dirige “la Repubblica”. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui: “Il paese di Obama” (2009, Vincitore del Premio Capalbio 2011), “Gli italiani di New York” (2011), “Governo Ombra” (2012), “L’Aquila e la farfalla” (2013), “Il califfato del terrore” (2015), “Jihad. Guerra all’Occidente” (2015), “Duello nel ghetto” (2017), “Il ritorno delle tribù” (2017), “Perché è successo qui. Viaggio all’origine del populismo italiano che scuote l’Europa” (2018), “Assedio all’Occidente. Leader, strategie e pericoli della seconda guerra fredda” (2019), “Atlante del mondo che cambia” (2020) e “Il campo di battaglia. Perché il Grande Gioco passa per l’Italia” (2021).

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35 n. 3/2022 I Rivista Militare

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pagamento, molto spesso (non sempre, purtroppo!) le no--giornalista sul terreno, soprattutto un giornalista che-che ci spiegarono che, in realtà, era stato lanciato dai -

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36 Rivista Militare I n. 3/2022
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di forze della protesta, sensibili a tutte le istanze che drammaticamente--

count digitali di cui erano titolari attori russi e cinesi hanno diffuso dei mes---

un ottimista per natura, ritengo che la scelta giusta, il nostro Paese sarà

e, mi consenta di dirlo solamente daio li ho conosciuti sul terreno, sono siamo tutti assolutamente in debito!

L’invasione dell’Ucraina da parte degli interrogativi. Quali saranno i costi umani ed economici che il termine per i paesi direttamente coinvolti, ma anche per l’Europa e per il resto del mondo? La crisi potente nelle mani del Cremlino?

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nel macrosistema delle relazionirilegittimata la sua missione origisolo immaginare cosa sarebbe successo se la Polonia, la Repubblicatà e di difesa delle libertà e dei dirittine profondamente neutrale, come opinione dicono che la maggioran---occidentali sono gli unici che han--da una parte, di emanciparci dalla dipendenza dei paesi a rischio e, della transizione ecologica e della “carbon neutrality”, che risponde,

37 n. 3/2022 I Rivista Militare

CASA PER CASA

Le operazioni in ambiente urbano e la loro continua evoluzione

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le Urban Operations--

Alla luce di quello che è successo e sta succedendo in Ucraina, com’è cambiato, o come dovrà necessariamente cambiare, il concetto di guerra urbana, o Urban Operations?

Il concetto di guerra urbana è in continua evoluzione per due motivi: l’inarrestabile sviluppo tecnologico delle armi e il costante aumento delle dimensioni delle città (mega cities), spesso concentrate nelle zone costiere, con infrastrutture molto complesse e popolazioni assai eterogenee. In Ucraina sono stati ampiamente confermati tutti i principi basilari dellegià decisamente consolidati nel corso della Seconda Guerra Mondiale, che era l’unico esem-

urbana combattuta in un contesto “convenzionale”. Nel recentissimo passato, il combattimento urbano è stato condotto contro degli insorti, faccenda molto diversa dall’attuale confronto in Ucraina. È da molto tempo infatti che i think tank militari esortano al “ritorno” all’addestramento per le e per le quali la storia militare riferita alla Seconda Guerra Mondiale offre innumerevoli lezioni apprese. Per completare la risposta, vedo nei droni la vera novità. Ciò implica maggior vulnerabilità delle unità dicessità di sviluppare nel più breve tempo possibile un’adeguata capacità anti-drone.

In ambito internazionale si sta “studiando” quello che avviene nei combattimenti urbani in Ucraina, considerati come lezione fondamentale. Il problema dei combattimenti nelle città, secon-

Lo studio dei comportamenti in ambiente urbano delle unità ucraine etante per mettere a confronto le capacità e gli effetti dei nuovi sistemi d’arma e di sorveglianza con la dottrina e le procedure in uso, soprattutto a livello tattico. A volte può capitare che un sistema innovativo non sia perfettamente integrato con

38 Rivista Militare I n. 3/2022
di Ciccillo Cacace
In primopiano
di Andrea Spada e Livio Cavallaro

la dottrina e le procedure di chi lo utilizza. A mio parere, l’aspetto più

molto spesso chi attacca non tiene conto delle lezioni apprese durante la Seconda Guerra Mondiale. Per esempio, nonostante la loro supre-

proprie unità con bombardamenti a tappeto prima (aspetto che rende un abitato più favorevole alla difesa) e con l’impiego in massa delle unità terrestri poi, secondo il principio a loro caro della “qualità della quantità”. Spesso, inoltre, i mezzi corazzati operano nei centri urbani senza il fondamentale supporto ravvicinato della fanteria e di conseguenza le perdite sono elevatischi sarà sulla difensiva sicuramente combatterà nelle aree urbane, per gli enormi vantaggi che queste offrono rispetto a una difesa in campo aperto. Ma attenzione, prima o poi anche chi difende dovrà contrattaccare e dovrà, pertanto, disporre di adeguate capacità.

È ancora valida la regola empirica che le forze d’attacco devono superare i difensori di 10 a 1, perché i difensori hanno il vantaggio di conoscere il territorio?

No non è più valida (sono ironico!). Recenti studi americani portano questo rapporto dai 13 ai 15 a 1. Il vantaggio dei difensori è enorme, non solo per la conoscenza del terreno, ma per molti motivi. Per i difensori i principali vantaggi sono: protezione offerta dagli edifici, protezione dalle zone non battute dal fuoco nemico, dominio delle vie di approccio ecc. Per gli attaccanti i principali svantaggi sono: settori di tiro limitati, impiego delle armi di supporto limitato, impiego dei mezzi limitato, frammentarietà degli episodi di combattimento, carenza di consapevolezza della situazioneSarebbe un suicidio inviare carri armati o veicoli corazzati nelle

possono manovrare a dovere. Per conquistare le città secon-

professionale molto motivata oppure è necessaria qualche altra componente?

Al contrario, sarebbe un suicidio per la fanteria (sia in attacco sia in difesa) non avere il supporto dei carri o veicoli corazzati. Pur con evidenti limiti, tali piattaforme mobili offrono indiscutibili vantaggi a chi li impiega in modo accorto. Per esempio, riguardo il supporto fornito dall’esterno dell’area urbana, tali piattaforme offrono: capacità di colpire bersagli nella parte periferica dell’area urbana e capacità di isolare l’area urbana. Mentre riguardo il supporto dall’interno di quest’area, le medesime piattaforme forniscono: potenza di fuoco contro bersaglifavore della fanteria, di munizioni,parati radio protetti per le comuni-so il nemico e supporto psicologico per le truppe amiche. Anche tutti gli altri supporti sono assolutamente necessari, a partire dal genio, che è fondamentale per garantire la mobilità e la contro mobilità, per non parlare dell’artiglieria, delle comunicazioni e degli elicotteri. Un cenno fondamentale va rivolto alla logistica, il cui supporto nelle è assolutamente determinante, basti pensare al consumo munizioni, che negli abitati è più del doppio di quello normalmente utilizzato in campo aperto.

Nel 2016-17, l’Esercito iracheno ha avuto bisogno di otto mesi per sgominare alcune migliaia di jihadisti dello Stato Islamico asserragliati a Mosul. A suo avviso, ci sono differenze nella condotta di Urban Operations in Europa rispetto ad altre aree

qualsiasi esercito?

39 n. 3/2022 I Rivista Militare

È sempre molto difficile per qualsiasi esercito. I principali fattori che possono accelerare i tempi per un esercito in attacco sono: armamento e, soprattutto, addestramento superiori a chi si (motivazione) superiore a chi si

comunicazioni radio del difensoper individuare bersagli e loro consistenza, abilità ecc. e, infine, la capacità di svolgere operazioni in ambienti sotterranei e di notte. Un motto coniato nel secolo scorso recitava: “la notte non ha amici”, nel senso che non avvantaggia ne l’attaccante ne il difensore in modo decisivo. Oggi, grazie alla capacità offerta dai visori notturni, questo gap è in parte superato a vantaggio di chi dispone di tali sistemi ed è addestrato a impiegarli nelle aree urbane.

John Spencer, del “Modern War Institute” dell’Accademia militare americana di West Point, eaecaadestot,aaffe rm a ch e i co mb at ti me nti nelle ci tt à so no u n fe nome no rel at iva-

40

mente moderno. Lei è d’accordo con questa affermazione?

onosco personalmente e stimo John Spencer, eppure questa sua affermazione mi sorprende un po’. Le faccio alcuni esempi, ma sono la punta di un iceberg: pensiamo

romane attaccarono quest’ultima città dividendosi i settori a destra e sinistra del con movimenti in avanti coordinati tra i due lati della strada e uncontrollava le due ali. Può sembrare banale e intuitivo, ma questa procedura è valida ancora oggi: la fanteria dovrebbe evitare le grandi strade, naturali ricorda nulla? Ovvero, l’impiego del genio nelle città contese? Anche Waterloo, al 90% fu battaglia campale ma le azioni decisive si svolsero alla Haye Sainte, al castello di Hougoumont (complesso di grandi di Plancenoit. I Lanzichenecchi a Roma, poi Porta Pia, e mi fermo…. Concordo con John che nei tempi moderni il fenomeno sta aumentando in termini di frequenza, infatti da più di un secolo esso è insito nel dotedequea,attda di un secolo esso è insito nel concetto di gu g erra totale.

In primopiano

LE DONNE NELLE FORZE ARMATE

Il dibattito alla Costituente

Cittadino è colui che difende la patria in armi e di conseguenza ha il diritto di voto. È quello che

la rivoluzione americana e con la rivoluzione francese quando i soldati mercenari sono stati sostituiti dai cittadini in uniforme. Le donne restano escluse da questo passaggio epocale e dovranno battersi a lungo per conquistare il diritto al voto e il diritto ad indossare una divisa militare. Non è affatto casuale che nel mondo anglosassone, dopo essersi impegnate in attività di volontariato nella Grande Guerra, britanniche e statunitensi abbiano ottenuto il voto. In Italia invece l’impegno femminile indusse il parlamento a legiferare legit-

poter svolgere tutte le attività lavorative, abolendo nel contempo l’odiosa autorizzazione maritale. Il diritto di votare ed essere votate

Guerra Mondiale, mentre la questione della donna in divisa fu affrontata, ma solo marginalmente, durante i lavori dell’Assemblea Costituente per essere poi ripresa, ma senza convinzione, qualche decennio dopo.

Gli Atti dell’Assemblea Costituente ci danno indicazioni preziose sulla cultura giuridica e politica dei costituenti, ma raccontano molto anche sui pregiudizi di genere e si prestano a una molteplicità di letture. Le ventuno donne Costituenti, in un’Assemblea di 556 deputati, avevano molte questioni da discu-

tere e far accettare e la “poca sensibilità maschile nel non voler far giustizia nei riguardi della donna” fu più volte rilevata da Maria Federici (deputata della Democrazia Cristiana) che chiedeva che alla parola “tradizione” si sostituissero le parole “merito” e “preparazione”. Per gli stessi motivi chiedeva anche di non usare mai la parola “capacità” per eventuali limitazioni, ma “idoneità”. I Costituenti cioè non dovevano ragionare basandosi sui preconcetti del passato, ma riconoscendo alla donna gli stessi diritti degli uomini. La questione delle “capacità” femminili era stata trattata quando si era affrontato

1946 la terza sottocommissione cominciò a discutere sulla parifi-

Le 21 Donne dell’Assemblea Costituente e Maria Federici. D Doonnne de dellll’A’Assemblea Coostituenntte e e M Maaria Federi r ci di Ciccillo Cacace Anna Maria Isastia

cazione dei sessi negli impieghi pubblici. Gli articoli proposti chiarivano che non dovevano esserci restrizioni “tranne quella della capacità” per l’impiego pubblico. Immediata la reazione del deputato calabrese Enrico Molè, avvocato che intervenne per dire che si op-

dei sessi per quanto riguardava “le funzioni giudiziarie e militari”, contestato da Maria Federici che trovava inammissibile l’affermazione della incapacità femminile a ricoprire funzioni giudiziarie; per l’attività di carattere militare fece invece notare “che si vanno sviluppando i così detti servizi ausiliari, compiuti da donne e che, anche nella polizia è preveduto l’impiego delle donne”. -

denza di Terracini, fu affrontata la questione della difesa della patria e si aprì un ampio e lungo dibattito tra i fautori della coscrizione obbligatoria e quanti proponevano invece la sua abolizione a favore di un servizio militare su base volontaria. La discussione si protrasse per diverse sedute data l’importanza

49 diventato poi l’art. 52 della Costituzione. A noi in questa sede interessa l’intervento di Roberto Bencivenga che era stato comandante militare clandestino della città di Roma durante la Resistenza, con un passato di militare di carriera, giornalista e politico. Prendendo spunto da un emendamento (presentato da Ezio Coppa) con il quale si chiedeva di esplicitare che il servizio militare doveva essere limitato ai cittadini di sesso maschile, Bencivenga affrontò il tema dell’impiego della donna in guerra facendo riferimento a quanto fatto dagli americani che avevano istituito speciali corpi di donne marina che nell’esercito e in aviazione. I risultati erano stati molto

In alto: Partigiane a Milano. Al centro: Partigiane a Pistoia. A destra: Deputati dell’Assemblea Costituente in un’immagine dell’epoca. A pag. 42: Maria Federici e le 21 donne dell’Assemblea Costituente.

-nal d’Italia e attualmente è presidente della condirettrice della collana “La memoria e le fonti. Identità e socialità”, segretaria nazio-sociazione nazionale reduci dalla prigionia, dai campi di concentramento e dalla guerra

chiariva che secondo lui “considera-siologico” escludevano la donna dal mondo militare anche se “nell’ultima guerra la donna ha partecipato egregiamente attraverso i servizi ausiliari” e la Croce Rossa è preziosa in tempo di guerra. Anche Aldo Moro intervenne per chiarire la sua contrarietà ad ogni possibile “estensione del servizio militare”. L’unico Costituente che si espresse in modo positivo, oltre a Bencivenga, fu Giuseppe Togni che riprese l’esempio anglosassone Inghilterra tutte le carriere, da quella militare a quelle professionali, erano aperte alle donne.

ausiliarie volontarie arruolate fu-

Bencivenga che le donne avevano dimostrato particolari attitudini “al disimpegno di compiti delicatissimi” ottenendo risultati migliori rispetto agli uomini. Erano state impiegate nei trasporti per via aerea o automobilistica, nei servizi di intercettazione, nei servizi di vigilanza, nei e riparazione dei paracadute, nel montaggio di aeroplani. L’anziano militare che aveva combattuto nella Grande Guerra e poi nella Resistenza faceva notare che le guerre future sarebbero state completamente diverse damento. Non era dunque esagerato affermare che la difesa del territorio nazionale avrebbe richiesto un vero esercito disseminato all’interno “per i servizi di segnalazione tempestiva, per l’uso di mezzi intesi a neutralizzare quelli di offesato per fronteggiare le tragiche conseguenze delle devastazioni derivanti dalle offese nemiche”. Dimostrando una modernità e ampiezza di vedute non scontata inga aggiungeva che l’esercito del futuro doveva essere formato da

persone, giovani, intelligenti, “capaci di usare i delicati strumenti dei quali dovrà far uso la difesa”: dunque non un esercito di massa ma un esercito di élite. Era questo il contesto nel quale vedeva bene l’inserimento della donna: “Indubbiamente la donna potrà portare in questo campo un grande contributo” con l’ulteriore vantaggio che contadini e operai avrebbero potuto continuare a lavorare nei vantaggio per l’economia. Continuando il suo articolato intervento Bencivenga ricordava che le forze femminili inquadrate dagli americani erano tutte volontarie istituite regolarmente sulla -

nato, ma non escludeva la possibilità che in assenza di un numero adeguato di volontarie si potesse ricorrere alla coscrizione. Anzi si diceva sicuro che le donne avrebbero accolto “con disciplina” un eventuale provvedimento legislativo. Non ci sono riferimenti all’esperienza partigiana né ad altre formazioni militari in divisa, ma è evidente che il relatore parlava con cognizione di causa. In conclusione chiedeva che non ci fossero preclusioni nei confronti delle donne per “non ipotecare l’avvenire”. In risposta a Bencivenga, Coppa

I Costituenti respinsero, come risulta dai resoconti dei lavori pre-nalizzati a puntualizzare nel testo della Costituzione che l’obbligo militare era riservato solo ai cittadini di sesso maschile; e questo anche se era sicuramente assai diffuso il pregiudizio culturale che voleva la donna priva del “requisito attitudinario” necessario a svolgere determinate funzioni.

Nella stesura definitiva l’art. 52 recitava saggiamente: “Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”. Eppure negli anni immediatamente precedenti, l’Italia aveva avuto settantamila donne appartenenti ai gruppi di difesa, trentacinquemila partigiane, di cui più di seicento fucilate e dodici decorate con Medaglia d’Oro. Ad alcune di queste donne fu riconosciuto un grado

il comando di duemila uomini nei giorni dell’insurrezione armata del 1945 nel modenese e per le funzioni di comando svolte le fu riconosciuto il grado di Capitano. Maria Giulia Cardini, “partigiana combattente” piemontese con ruoli di grande rilievo e responsabilità, divenne

informazioni militari nord Italia) e ricevette dagli statunitensi importanti riconoscimenti nell’immediato dopoguerra. All’estero in tutti i paesi le donne avevano collaborato allo sforzo bellico e per molte si sarebbero

Rivista Militare I n. 3/2022 44
“Il volontariato militare nel Risorgimento. La partecipazione alla guerra del 1859”, -

aperte le porte del mondo militare, prima nei servizi ausiliari e poi integrate nelle Forze Armate. Negli anni sessanta e settanta tutti i Paesi della NATO iniziarono ad arruolare personale femminile mentre in Italia negli anni settanta se ne cominciò a parlare!

In alto: Maria Federici, foto I-Italy

A destra: Maria Giulia Cardini.

In basso: Roberto Bencivenga.

In primopiano

CULTURA E MERITOCRAZIA COME OSTACOLI

In meno di un anno e mezzo, l’Esercito sabaudo disperdeva la sua fama e una tradizione che aveva maturatolanti di Custoza e di Novara, chiudeva per l’indipendenza italiana. Il tricolore con al centro lo stemma di casa Sa--

battività, la disciplina, l’armamento, il comando, tutto ciò che aveva reso diversa la reputazione di “sodezza” dei Piemontesi rispetto ad altri Italiani, al europei se ne andava sbiadendo fra molte recriminazioni.no relazioni pubbliche e riservate emersero disparità di vedute fra i vertici dell’Armata, la ricerca di personali

attenuanti, quando non lo scambio di reciproche accuse. Perché si raffreddasse la materia e si

passare alcuni anni. Il 1855 fu l’anno che vide manifestarsi i primi tentativi di interpretazione, insieme con i rimbalzi di opinioni che erano maturate a caldo. Un osservatore lontano, non ancora celebre per il suo sodalizio con

annotava che le “batterie pesanti daria da campo sarda la più pesante del continente” (1): mezzo secolo dopo le imprese di Napoleone, quello era un commento non privo di indicazioni. Certamente più incisivo dei precedenti, intesi a sollevare questioni di carat-

austriacante” annidato alla corte di Torino. Con accenti forti, ma in fondo consonanti, Carlo Cattaneo aveva parlato

delle incapacità ovvie di un “esercitocamera” (2). Sembrava un’eco della affermazione del Generale Eusebio Bava, il quale aveva scritto che per-inutili affatto alle circostanze” (3). Certo, qualcosa doveva essere avvenuto piemontese se Carlo Alberto aveva af-nando Pinelli, metteva insieme i pezzi del mosaico militare piemontese andato in frantumi (4). Intanto – diceva – Carlo Alberto non era stato all’altezza della situazione: presuntuoso, pallido e smunto,

messa . Non era stato un re capace

di Ciccillo Cacace Walter Barberis

elettrizza le masse”, era “inetto pertanto sul campo […] titubante e incerto nel potenza come l’Austria con un simile condottiero non era di buon auspicio. Pinelli scriveva a chiare lettere che,prova del campo vecchi, impreparati ma supponenti. Come spesso suc-tato di una marzialità che era stata usurpata. Gli uomini che avevano fatnon erano più in condizione di mon-

ed è qui che si comincia a vedere il vero problema – privi di nozioni stra: non si erano studiati il terreno, non conoscevano i loro uomini e addirittura ne dalla fatica, detestavano le privazioni e pensavano soltanto alla cura della propria persona. Non avevano noziocreduto in una carriera tutta fatta lon-no recalcitranti di fronte al precipitare pochi, spiritose e incapaci di quel senso di molto diversa dalla fanteria: istruzio-

scriveva: “Buoni erano i zappatori del […] Non abbastanza numerosa l’arti-tutto l’Esercito… . Insomma, si misuravano allora i risultati di un’ostilità profonda che la più retriva aristocrazia piemontese aveva nutrito nel secondo Settecento verso le armi “colte”: ovvero nei confronti di studi, quelli che non erano nobili per nascita, quelli che dovevano adope-

solo che si sapesse tirare di scherma e montare a cavallo come si convenivaro passati secoli dalla mitica arte dellaneo, come se i cavalieri di un tempo continuassero a trasmettere nei

dalla fondazione delle Scuole Teoriche disprezzo nei confronti di quei tecnici specializzati nell’ distante dalle attitudini e dalle prospet-prima si erano opposti – letteralmente architetti, chimici, matematici, idrauuna posizione ausiliaria, sottoposta,riamente, avevano preteso per decen-

ni che i cannoni restassero inchiodati sulle fortezze: come avrebbero potuto scendere sul campo a contendere il -

no stati molto più avanzati nelle loroquecento e poi Carlo Emanuele I e più oltre Vittorio Amedeo II. Per non dire, in Europa, Carlo Gustavo di Svezia, oro Gabaleone di Salmour presentava -

service que peut rendre à une armée une nombreuse artillerie, lestement équipée, et servie avec vivacité, est en parlerco né ardito dunque e, tuttavia, respinil Salmour continuava, evidentemente inascoltato, quanto meno nella sostan-senza tuttavia avere peso nella strutcampo esisteva sulla carta, ma era benressero ormai nozioni di balistica, di di tecnica militare, non riusciva a penetrare ai vertici dell’Armata. Qualche virtuoso aristocratico di formazione più cosmopolita cercava di illuminarene della formazione del corpo di trupfrontiere alpine, si resero necessari

-mendatore di Châtillon aveva proposto una biblioteca militare e brevi corsipatta era stata l’opposizione “di tutti i nobili, che temevano che quandotilità dello studio, si volesse anche esima inseriva elementi di meritocraziauno “semplicemente” di nobili natali. continentale nelle loro Scuole Teoriche

fondante dell’Accademia delle Scienze -

mini e le loro colte ricerche rimasero spesso ebbero successo trasferendo le loro macchine nel campo dell’industria tessile e meccanica. Alcuni di loro nome –, ma i nobili che occupavano le piazze di comando dell’Esercito pie-

Quando – e non a caso – le Armate napoleoniche occuparono il Piemonte, l’Esercito fu sciolto, a eccezionequalità tecniche e militari – nell’Armée-co oppure in posizioni di carriera e di

il Piemonte sabaudo, ricco di storia e di tradizione, all’appuntamento con la Prima Guerra per l’Indipendenza d’INOTE ,

versità di Torino. Ha pubblicato numerosi studile della Storia d’Italia 18. Guerra e pace” (Ei--

(2) C. Cattaneo, , in “Il 1848 in Italia. Scritti 1848-1851”, a cura di (3) , Torino 1848, p. 54. (4) F. A. Pinelli, , (5) , (AST), sez. I, Materie Militari, Intendenza (6) , n. 18. Bersezio: (8) Cfr. Pinelli,

Rivista Militare I n. 3/2022 48
WHEN SITUATI I ONAL AWAARENESS BECOME VITAL SO L UZ I ONI I TAR F REE PE R LA N AVI G AZI ONE E POI N TI NG DI MEDI A E D A LTA AC C U RATE ZZA PE R OG NI TI PO DI SC ENA RI O . N OR THOP G RUMMAN I TALI A DA 60 ANNI A L SE RVI ZI O DE LLE FOR ZE A RMATE
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IL “PADRE” DEL BOMBARDAMENTO STRATEGICO

Giulio Douhet

Sin dal libro pionieristisco “La doctrine de guerre du général Douhet” del Colonnello francese Paul Vauthier,zione del pensiero militare di Giulio le tappe della sua maturazione. Nelria douhettiana: la prima, formulata

la natura eminentemente offensi-zioni concettuali: in primo luogo, ilmente alcune sue precedenti affer-

e della marina, in secondo luogo la descrizione del tipo di aereo ideale,-

Rivista Militare I n. 3/2022 50
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Bombardamento di Trapani del 1943. di Ciccillo Cacace
In primopiano
di Eric Lehmann

Pur con qualche benemerita eccezione, gli studiosi del potere aereo si sono mossi sulla scia dello schema elaborato da Vauthier. Per esempio, la medesima scansione cronologica è stata riproposta in tempi più recen-

Force Philipp S. Meilinger in un saggio dal titolo “Giulio Douhet and the origins of air power theory”.gico di Douhet non nacque con la-italiane del periodo.

Douhet non comprese subito il paradosso della battaglia di materiali -

chilometri in una logorante guerra sostanzialmente statica paragonabile a un gigantesco assedio recipro-

gico potesse essere superato impegnando una grande massa di uomini e di mezzi sullo Schwerpunkt del -

Ma dopo pochi mesi, Douhet mo-bardamento della rete di trasporto e del tessuto industriale austro-unimpasse della guerra di logoramento potesse essere superata solo impegnando una massa di bombardieri portatori

due promemoria scritti nel gennaio--

elastico e dinamico composto da sette grosse squadriglie in grado sia di attaccare in massa le basi aeree austro-ungariche sia di costi-

51 n. 3/2022 I Rivista Militare
Norwich bombardata dai tedeschi.

Bombardamenti sulla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale.

partito che la esercita ha acquistatorina sarebbero stati ridimensionatite di concentrare tutti i mezzi aerei in una terza arma del tutto indipenproposta sarebbe stata duramente si spinse a chiedere esplicitamente soltanto nella seconda edizione deRivista Militare I n. 3/2022 52

per la difesa nazionale, in quanto i che sarebbe stato più opportuno de-stilato dal Ministero della Guerra. forza aerea indipendente sarebbe

del nemico nonché di terrorizzare la sua popolazione al punto da spingerla a imporre la resa incon-per bombardare la rete di trasporto ed i centri industriali tedeschi, e poi

Éric Lehmann, Phd (Université Paris-Nanterre), è membro del comitato editoriale della rivista «Nacelles. Passé et présent de l’aéronautique et du spatial». Ha dedicato diversi lavori alla storia aeronautica e militare: “Le ali del potere. La propaganda aeronautica nell’Italia fascista” (2010), “La guerra dell’aria. Giulio Douhet, stratega impolitico” (2013); “La Grande Guerra aerea. Sguardi incrociati italo-francesi” (2017); “Alliées et rivales. L’Italie et la France dans la Grande Guerre” (2021) et dans Grande

stata in grado di neutralizzare “il cuore del nemico” isolando il fronte operativo dalle sue basi logistiche, egli giudicava “arbitrarie e vane” tutte le distinzioni fatte tra gli aerei delle varie specialità, perché in ogni caso “occorre[va] muoversi nello spazio non ostante l’opposizione nemica”. Raccomandava quindi di impiegare due soli tipi di aereo, anzitutto un caccia pesantemente armato ed eventualmente un apparecchio da bombardamento, ed esprimeva senza veli la sua opposizione recisa all’esistenza

stessa delle aviazioni ausiliarie: “Nel ‘Dominio dell’aria’ non ho voluto dire una parola su ciò che, secondo me, dovrebbe essere l’aviazione ausiliaria, perché avrei dovuto dichiarare che la ritengo

della guerra, e so per prova che le idee, dirò così rivoluzionarie, bisogna emetterle poco per volta”. Questa posizione intransigente, concepita nel biennio 1915-1917, sarebbe stata instancabilmente morte nel 1930, dapprima nelle

pagine del periodico “Il Dovere”, una pubblicazione da lui stesso fondata di cui scrisse la maggior parte degli articoli e che uscì tra aprile 1919 e dicembre 1921, poi nelle due edizioni de “Il dominio dell’aria”, i cui capitoli I, II, III, IV, VI e VII ricalcano quasi testualmente sei pezzi usciti su «Il Dovere» tra

negli articoli scritti nella seconda metà degli anni Venti, in particolare quelli pubblicati dalla “Rivista Aeronautica” tra dicembre 1927 e novembre 1929.

Sotto, da sinistra a destra: Torino bombardata. Illustrazione di Igor Belansky.

In primopiano

LA LEADERSHIP IERI E OGGI IERI E

(PARTE 1)

Gli studi sulla leadership hanno una lunga storia e fin dall’inizio è stata posta la domanda fondamentale “Chi è il leader?”, interrogandosi sulle qualità che la persona dovrebbe possedere per dimostrare di avere leadership. Tradotto in termini psicologici questo primo interrogativo si è posizionato sulla questione della personalità, cioè dei tratti della personalità emergenti in quelle figure che dimostrano o hanno dimostrato (nella storia) doti di leadership (Kets de Vries, 2010; Isaacson, 2010); persone che hanno quindi realmente messo in campo qualità personali esteriormente percepibili e valutabili come tali. Fin da questi primi studi – interessanti e fondativi, e in un certo senso sempre attuali – sono emerse delle capacità di base che contraddistinguevano quelli che oggi chiamiamo i best performers , i modelli, o i campioni, se così vogliamo definirli, di un dato campo di attività: capacità come l’intelli-

genza, la fiducia in se stessi, l’energia personale, l’ambizione e la tenacia, tra le altre.

Ai tratti di personalità – su cui si potrebbe disquisire a lungo e che possono certamente essere qualificati con maggiore precisione (ad esempio: di quale tipologia di intelligenza si parla?) – sono state associate le tradizionali quattro funzioni del leader-capo: pianificare, organizzare, dirigere e controllare (Fayol, 1925). Quattro funzioni che, ad essere precisi, fanno riferimento al management piuttosto che alla leadership, ed anche da tale punto di vista molto è stato detto, osservato, scritto ed elaborato al fine di distinguere il manager dal leader. Un aspetto che non è teorico, come potrebbe apparire, ma ha risvolti operativi importanti, ad esempio nel campo della promozione di una risorsa a ruoli di maggiore responsabilità – volendo evitare di perdere un buon manager per farne un cattivo leader!

È il tema dell’ assessment delle qualità manageriali e della leadership (Castiello d’Antonio, 2013; 2020), visibile anche nel classico esempio della leadership dello spogliatoio: “il leader nello spogliatoio è il grande giocatore di football che è diventato allenatore. Il giocatore ha imparato ad avere successo correndo forte e veloce, facendo passaggi e placcaggi e realizzando delle mete. Quando diventano allenatori, cercano di correre ancora più forte e veloce, di fare ancora più placcaggi, passaggi e mete. E poi vengono licenziati perché la squadra perde” (Owen, 2018, p. 242).

Partendo dunque da impostazioni che ormai possiamo definire classiche, legate appunto al concetto dei “tratti della personalità” da un lato, e delle “funzioni-base” della leadership dall’altro, nel corso del tempo si è sviluppato un mondo, forse anzi sarebbe più esatto dire si sono sviluppati molti mondi, al cui interno si sono delineate diver-

56 Ri Riviviststa a Mi Mililitatare re I n. n 3/2/202022

se teorie del management e della leadership. È così abbastanza presto tramontata l’attenzione ad alcuni stili di leadership, di gestione delle persone, che sembravano inizialmente racchiudere tutto ciò che vi era da sapere sul tema – questi stili sono, classicamente, lo stile democratico, autoritario, partecipativo e lassista. Non che tali modi di incarnare la figura del “capo” siano tramontati, anzi; il più delle volte ciò che si osserva nella realtà – e, quindi, ciò che ci interessa maggiormente – è un mix di due o più componenti di queste quattro inclinazioni. Ed è anche molto istruttivo collegare i quattro stili di leadership ad alcune tipologie-base dell’essere umano (ma seguire questa traccia ci condurrebbe troppo lontano). Il fatto è che questi stili non coprono tutto il campo dell’imprinting nella gestione delle risorse umane e vi è quindi stato bisogno di andare oltre, pur conservando (e utilizzando, quando opportuno) l’insegnamento del passato. Un passaggio importante circa la comprensione della dimensione della leadership è stato quello in cui dallo studio della personalità del leader ci si è indirizzati verso l’analisi dell’interscambio tra leader e follower , aprendo quindi la visuale sulla squadra, sul gruppo nel suo insieme: in una parola, sull’interazione tra chi comanda e chi esegue – tema su cui si è sviluppata la cosiddetta Leader–Member Exchange (LMX) Theory (Graen, Uhl-Bien, 1995). Cosa rende un team altamente performante? Quali sono gli stili di leadership più adatti in relazione ai tanti fattori interagenti tra cui, appunto, la “fisionomia” del team da gestire, le peculiarità dei suoi membri, la situazione in cui si è collocati, le dinamiche ambientali e il risultato da raggiungere? Ecco emergere l’attenzione sul compito da eseguire e sull’obiettivo che deve essere raggiunto dall’insieme di persone composto dal capo e dai membri, nel contesto di una nuova visione che considera una sorta di continuum

Andrea Castiello d’Antonio (Roma 1954) è psicologo e psicoterapeuta, già Professore Straordinario presso l’Università Europea di Roma, esercita attività libero-professionale nelle aree della psicoterapia, della psicologia clinica e della psicologia delle organizzazioni. Esperto di diagnosi psicologica e testing , si occupa di campi specifici come la psicologia militare e la psicologia dell’aviazione. Nell’area della psicologia del lavoro è consulente indipendente di management , gestione, formazione e sviluppo del capitale umano, svolge attività di executive coaching e orientamento professionale. Nell’area della psicologia clinica opera come psicoterapeuta in setting individuali e di coppia per mezzo di psicoterapie dinamiche brevi e a lungo termine, e svolge consulti e consulenze psicologiche. Cultore di storia della psicoanalisi ha scritto la prima biografia italiana su Karl Abraham (1981). Ha pubblicato un migliaio di recensioni, oltre 200 articoli scientifici e divulgativi, e 21 volumi. Tra i libri più recenti: “Il capitale umano nelle organizzazioni”, “Metodologie di valutazione e sviluppo della prestazione e del potenziale” (2020); “Conflitti. Come leggere e gestire i contrasti per vivere bene” (2019) scritto con Luciana d’Ambrosio Marri; “Interviste e colloqui nelle organizzazioni” (2015); “La selezione psicologica delle risorse umane” (2015); “Come quando e perché la formazione non funziona” (2014); “L’ assessment delle qualità manageriali e della leadership” (2013); “La paura di volare” (2012).

della dimensione della leadership: una leadership, per così dire, che può essere classicamente centrata sul capo, ma anche centrata – o decentrata – sul gruppo: che può essere condivisa, che può fornire alimento alla coesione di gruppo. In sostanza, vedere colui che comanda come qualcuno staccato dal gruppo può essere, e di fatto lo è, molto rischioso; il costo di situazioni di questo genere è, ad esempio, la limitata responsabilizzazione diffusa nei membri del gruppo mentre oggi sappiamo molto bene che è proprio portando la responsabilità verso i livelli più bassi, più operativi, che si ottiene il maggiore coinvolgimento dei singoli. Ciò è del resto fortemente connesso con il tema della comunicazione e della diffusione delle (opportune) informazioni nella squadra: solo chi sa, chi è informato, può agire consapevolmente. Altrimenti l’azione, pur messa in atto, rischia di essere priva di quel plus che offre

il commitment. Come è stato detto da un noto consulente di management statunitense alcuni anni fa, il leader dovrebbe essere un CMO, cioè un Chief Meaning Officer : una persona che dà significato a ciò che si deve fare, che diffonde il senso dell’azione e con ciò lega a sé i follower

Come sa chiunque abbia esercitato una qualche forma di leadership sul campo, non si può prescindere dal considerare il contesto, l’ambiente, la situazione in cui l’azione si svolge. Ecco dunque nascere il concetto di Situational Leadership (Hersey, Blanchard, 1982), di leadership situazionale, che accompagnerà per lungo tempo non solo gli studi su questo tema ma anche gli interventi di formazione (Castiello d’Antonio, 2011). Il modello della leadership situazionale ha teso a soppiantare altri modelli come quello basato sulla cosiddetta assertività –Assertive Leadership (v. Phillips, 2002) – pure importante perché il

57
n. 3/2022 I Rivista Militare

concetto di comportamento assertivo non solo è utile e pragmaticamente riscontrabile, ma si presta anche a essere un buon oggetto di formazione e di “modellamento” (come si suole dire nell’ambito della teoria comportamentistica ove il modello è nato).

Se l’idea di base della leadership situazionale è molto semplice, quasi scontata (adattare il proprio stile di gestione alla situazione, in senso ampio), il quadro diviene assai più complicato quando si prendono in esame le coordinate in base alle quali si deve valutain modo tale da “ritagliare” la moguidarlo. Ecco emergere il tema globale della maturità del collaboratore, la sua motivazione, la disponibilità al compito, ma anche il livello e la qualità della competenza professionale espressa, e così via. I quattro stili che quindi compongono la matrice della leadership situazionale – prescrivere-dirigere, addestrare-vendere, coinvolgere-sostenere e delegare – non sono affatto semplici da met-

tere in atto, soprattutto se si pensa che a metterli in atto dovrebbe essere una stessa persona!

Al leader, dunque, viene richiesta flessibilità, intelligenza emotiva, capacità autocritica, visione della situazione, rapidità di adattamento propositivo, e così via, nel quadro di una matrice che vede l’orientamento al compito-obiettivo e l’orientamento alle relazioni come i due assi su cui si dovrebbe muovere lo stile di gestione del capo.

BIBLIOGRAFIA

Castiello d’Antonio A., (2011), (a cura di), La formazione del personale pubblico. Modelli innovativi per amministrazioni di eccellenza, Franco Angeli, Milano.

Castiello d’Antonio A., (2013), L’assessment delle qualità manageriali e della leadership . La valutazione psicologica delle competenze nei ruoli di responsabilità organizzativa , Franco Angeli, Milano.

Castiello d’Antonio A., (2020), Il capitale umano nelle organizzazioni. Metodologie di valutazione e svilup-

po della prestazione e del potenziale , Hogrefe, Firenze.

Fayol H., (1925), Direzione industriale e generale , Franco Angeli, Milano, 1973.

Graen G. B, Uhl-Bien M., (1995), Relationship-based approach to leadership: Development of leader-member exchange (LMX) theory of leadership over 25 years: Applying a multi-level multi-domain perspective . The Leadership Quarterly, 6, 2, 219–247.

Hersey P., Blanchard K., (1982), Leadership situazionale , Sperling & Kupfer, Varese, 1987.

Kets de Vries M.F.R., (2009). Reflections on Character and Leadership , Wiley, London.

Kets de Vries M.F.R., (2010), Figure di leader . Raffaello Cortina, Milano, 2010.

Isaacson W., (2010), Profiles in Leadership. Historians on the Elusive Quality of Greatness, Norton & Company, New York.

Owen J., (2018), Avere successo. Da buon manager a grande leader , Giunti Psychometrics, Firenze, 2018.

Phillips A., (2002), Assertiveness and the Manager’s Job , Radcliffe Publishing, Abington.

58 Ri Riviviststa a Mi Mililitatare re I n n. 3/2/202022
Rivista Militare 59 n. n 3//2200222 I Riivviisstta a M l il i it itaarre

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QUANDO IL PASSATO IL PASSATO TI PORTA NEL FUTURO TI NEL L’Aerostato Vincolato Rivista Militare I n. 3/2022 62
Capacità

CARATTERISTICHE TECNICHE

ground air

winch)

discesa 60 m/min. La seconda parte, c.d. air • dell’hangar; •-

Chi avrebbe mai pensato che gli antichi e pittoreschi le più moderne tecniche di addestramento? Ebbene, è così. Il “ Tethered Gas Balloon for Parachutists Training (TGB - PT)”, meglio noto come Aerostato Vinco--

Lindstrand Technologies Ltd, leader nel panorama. Non a caso, il patron dirigibili e delle mongolfiere, si sostenta grazie alla spinta del gas elio, che è più leggero dell’aria e non è infiammabile, e galleggia, secondo il principio di

genza che preservano il personale di bordo in caso sia manovrabile, è in grado, in extrema ratio , di per--tivo, condotto dall’ European Union Aviation Safety Agencyverso la popolazione sorvolata).ad hoc , che hanno permesso al personale della Brigata-

-

63 n. 3/2022 I Rivista Militare

La formazione iniziale del persoLindstrand Technologies , che co--•• -

• • l’operatore dell’argano ( winch ),lancio;

•gar alla Zona di Lancio (ZL) se• il Comandante di plotone AV chelancistica dall’AV, la F.A. si è dota-

prodotto dalla francese SAFRAN Aerosystems EPC (Ensemble de Parachutage du Combattant) che meglio corri---

proteggerlo dalle intemperie meteorologiche, la F.A. ha realizzato, a

Rivista Militare I n. 3/2022 64

Capannori (LU), vicino Tassignano,grossi portelloni frontali elettrici adticale, che consentono l’ingresso e John Cage, compositore e teorico americano del Novecento, dice---altre F.A., e dei Corpi Armati dello-massimo di 15.000 lanci l’annosettore aviolancistico, così come-molto attento. Il progetto AV rappresenta anche di addestrarsi e le aspettative delre della gente di Tassignano che lo

Rivista Militare I n. 3/2022 66

BIBLIOGRAFIA

Ammodernamento della Capacità aviolancistica della Difesa

SMA UCAM 216 SISTEMA TETHERED GAS BALLOON - AEROSTATO VINCOLATO (AV) PER ATTIVITÀ AVIOLANCISTICA Manuali di volo e di manutenzione del TGB-PT , Lindstrand Technologies lanci-da-mongolfiera-in-belgio.

html.

67 n. 3/2022 I Rivista Militare

ANGELI CUSTODI

di

Il Reparto Supporto Operativo alla Guerra Elettronica 68 Rivista Militare I n. 3/2022
Ciccillo Cacace
Luisa Migliaccio

Era la mattina del 17 maggio 2010 quando Demis Ramadù, 1° C.le Magg. impiegato a Milano nell’Operazione “Strade Sicure”, venne a sapere che uno dei due militari dell’Esercito Italiano di stanza in Afghanistan morti in un attentato nella notte, era suo fratello Massimiliano. I militari coinvolti appartenevano al 32° reggimento genio guastatori della Brigata alpina “Taurinense”, inquadrato all’interno della task force Genio in Afghanistan nella missione ISAF. Il “lince” su cui viaggiavano, incolonnato tra altri blindati partiti da Herat, di cui facevano parte anche soldati spagnoli, afghani e statuni-

tensi, doveva portare rinforzi alla task force nella base Columbus. “L’esplosione è avvenuta a 25 chilometri da Bala Murghab e non si è -

talia” precisò la Farnesina. Ma al cuore degli italiani sì. Uno strappo nell’anima delle famiglie distrutte dal dolore per quelle improvvise morti così come nell’anima di chi aveva già vissuto la stessa tragedia. Ancora una volta era bastato un “click” per uccidere, il tasto di un telecomando controllato a distanza dai terroristi per innescare l’ordigno esplosivo. Parliamo di congegni che, insieme ad altri altrettanto le-

tali, vengono quotidianamente resi inoffensivi dal lavoro certosino e altamente specializzato del reparto Supporto Operativo alla Guerra Elettronica (reSOGE). È un’unità dell’Esercito Italiano, unica nel suo genere, il cui personale, composto da tecnici e ingegneri, garantisce la protezione a uomini, mezzi ed elicotteri oggetto di aggressioni in cui bisogna difendersi da un nemicotrici). Il Reparto è inquadrato nella Brigata Informazioni Tattiche dell’Esercito ed è nato dall’esigenza di proteggersi dai potenti e letali RCIED (Radio Controlled - Improvised

69 n. 3/2022 I
Rivista Militare

Explosive Device), ordigni esplosivi improvvisati radiocomandati. Grazie alla competenza del suo all’occhiello dell’ingegneristica di Forza Armata, destinato a operare nello spettro elettromagnetico in cui sono onde e frequenze, e non i grilletti dei fucili, a mettere a rischio l’incolumità delle persone. Nei laboratori del reSOGE tutto si svolge dapprima su un piano virtuale, sorta di realtà parallela in cui, grazie ai continui studi, le donne e gli uomini del reparto effettuano sperimentazioni e simulazioni in scenari operativi sempre diversi. La lunga preparazione viene poi messa

in pratica sul terreno. Infatti, i militari si recano con convogli e strumentazione nelle aree dove i nostri soldati sono oggetto di attacchi RC-IED riuscendo a sventare non solo aggressioni mortali in teatro operativo (le missioni dei nostri militari all’estero), ma anche in Italia.

È importante che la reazione a possibili attacchi sia tempestiva e coordinata, elementi necessari per prevenire le mosse del nemico, anche attraverso il costante aggiornamento delle proprie competenze, per fronteggiare l’evolversi di agguati sempre più preOggi il team del reSOGE, formato in gran parte da giovani di diversa

età e grado, porta avanti un lavorovezza di vite umane, oltre che alla salvaguardia delle risorse economiche del Paese.

Uno spirito, questo, capace di stimolare un surplus di competenza e professionalità riconosciute nei consessi più prestigiosi, tra cui la NATO dove questo reparto rappresenta l’Italia agli incontri tra esperti sulle contromisure elettroniche. Tra gli elementi di spicco vi è proprio Demis Ramadù (oggi in forza al reSOGE); il grande dolore vissuto dopo la morte del fratello Massimiliano non è stato vano, gli ha dato maggiori motivazioni nel

70 Rivista Militare I n. 3/2022

dedicarsi con grande passione a questo lavoro. Il suo attaccamento va oltre, è tanta la voglia di migliorarsi attraverso strumentazioni sempre più all’avanguardia grazie anche al supporto costante del Capo Reparto, il Tenente Colon-

nello Roberto Morino, e del Comandante della Brigata, il Gen.B. Maurizio Fronda.

Le missioni di verifica nei vari scenari operativi da parte dei militari del reSOGE sono sfide sempre più intense tanto dal punto di vista fi-

sico quanto emotivo, ma non sono niente rispetto alla riconoscenza letta negli occhi di coloro ai quali hanno potenzialmente salvato la vita. Il loro ringraziamento è la più grande soddisfazione, maggiore di una medaglia al valore.

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

UNA RIVOLUZIONE AL SERVIZIO DELL’UOMO

Il Centro Nazionale Amministrativo Esercito

Rivista Militare I n. 3/2022 72
Ri Rivi v st sta a Mi Mili l ta tare e n. n 3//2202022 7 Enti

Lo strumento militare, per sua natura, è un sistema in continua evoluzione per poter essere in grado di assolvere ai propri compiti in un quadro di riferimento che è spesso mutevole. Negli ultimi decenni si è cercato, anche attraverso una spinta alla digitalizza-riamente sostenibile a supporto della il soldato, con le sue esigenze logistiche in termini di mezzi, materiali e competenze stipendiali. La spending review (Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95) e la Legge di Stabilità del 2014 (l’art. 1, c. 402) hanno ulteriormente dato un chiaro indirizzo verso la digitalizzazione imponendo l’obbligo di avvalersi delle procedure informatiche del Ministero dell’Econo-

gamento delle competenze al personale del Ministero della Difesa (già dal 2013 per il personale civile e dal 2016 per i militari). -

stema unico di gestione del personale -

duare soluzioni in grado di garantire i medesimi servizi stipendiali pur nella nuova cornice normativa.

condotto ad una standardizzazione dei servizi, l’esigenza di razionalizzare e ottimizzare l’organizzazione amministrativa ha imposto una centralizzazione delle risorse umane ed economiche dedicate al settore; di conseguenza, l’Esercito ha accentrato la gestione amministrativa del personale con la creazione del Centro Naziona-

per la gestione del servizio matricolare dei militari e del trattamento economico dei dipendenti in attività e in ausiliaria.

coinvolti nell’organizzazione stipendiale e matricolare

nonché una spinta alla digitalizzazione sono state le linee di sviluppo di questo neo-nato Ente. Grazie ad uno sforzo corale dell’organizzazione amministrativa della Difesa, dal livello periferico a quello centrale, per proseguire e migliorare l’attività di settore, si è garantita, cambiamento durante, la corretta e tempestiva trascrizione delle variazioni matricolari e l’attribuzione del trattamento economico al personale

e capillare che si traduce mensilmente nel cedolino stipendiale.

Direzioni Generali per il personale, la componente industriale della Difesa etare problemi comuni e giungere ad una gestione delle funzioni stipendiali e matricolari sempre più al servizio del personale amministrato che tende ad un modello gestionale integrato, dinamico e tecnologicamente avanzato.

In tal modo e in linea con gli obiettivi

alle dipendenze del Comando Commissariato nell’ambito del Comando Logistico dell’Esercito, è giunto all’impiego di un modello organizzativo che si compone di quattro elementi strettamente

• l’insieme delle informazioni relative alla posizione amministrativa del singolo dipendente che giungono dai rispettivi Enti di impiego, tramite l’utilizzo di piattaforme informatiche e gestionali, da cui discendono le variazioni matricolari da trascrivere nel relativo documento curriculare digitale (c.d. stato di servizio) e le competenze stipendiali da corrispondere;

• la digitalizzazione dei processi gestionali, secondo elemento del modello, consente di tradurre le informazioni segnalate in trascrizioni matricolari ed emolumenti al personale;

• terzo elemento è la dematerializzazione della documentazione amministrativa, un ausilio imprescindibile per la gestione accentrata che vede in itinere un progetto quadriennale con il Centro di Dematerializzazione e Conservazione Unico della Difesa di Gaeta. Quest’opera porterà ad una razionalizzazione degli spazi d’archiviazione e all’immediata disponibilità della documentazione per la consultazione presso il

• l’accentramento della gestione am-sigenza informativa degli amministrati venga soddisfatta da operatori designati presso ciascun Reparto, formati e in stretto contatto con il Centro, nonchè dai servizi di assistenza on line, che completano il quarto tassello e vengono resi disponibili per garantire, seppure a distanza, la necessaria aderenza ed attenzione che ogni amministrato merita.

giungere e mantenere un modello organizzativo, performante e all’avanguardia, in grado di “gestire l’amministrato senza dimenticare l’uomo”.

Rivista Militare 73

Genitori

con le Stellette

UNA RISORSA IN PIÙ

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74 Rivista Militare I n. 3/2022

Alice Sciucchino nasce a Orvieto nel 1985. Dopo aver lavorato come tata per dieci anni, l’amore per questa professione e per i bambini l’ha spinta a studiare, presso il Centro Nascite Montessori, il metodo Montessori per la fascia di età 0-3 anni, che ha poi messo a frutto come strumento di sostegno pratico alla genitorialità. Con il desiderio di stare accanto alle mamme e ai papà con più efficacia nei loro primi momenti, nel 2017 si è formata come Doula (figura professionale, in grado di potenziare le capacità genitoriali, che assiste emotivamente e praticamente la famiglia durante la gravidanza e dopo il parto). È laureanda in Scienze dell’educazione.

REALIZZAZIONE DEL DEL MASSIMO POTENZIALE POTENZIALE DEL
a cura
*Raoul
**Alessio
LA
SOLDATO Forti e resistenti
di
Gariano
Martelloni

Come ormai abbiamo avuto modo di esporre in modo approfondito nei vari articoli precedenti, è assodato come il Condizionamento Fisico organizzato in un processo programmatico e razionale rappresenti sia il presupposto fondamentale per la realizzazione della miglior espressione di “prestazione” del soldato, vero “atleta ibrido” nel pieno senso del termine, sia il miglior modo per prevenire possibili infortuni.

In Tabella 1 “La piramide delle priorità del movimento”, lo scheletro funzionale dei criteri di organizzazione e strutturazione di un programma di condizionamento fisico. Dopo aver illustrato, nei numeri precedenti i primi tre gradini della piramide, in questa occasione ci dedicheremo agli ultimi due, vera concretizzazione del modello di prestazione del soldato.

LANCI E SALTI

Dopo aver sviluppato ottimali livelli di forza nelle esercitazioni di spinta, adeguata funzionalità del corsetto addominale nella sua funzione dinamica di trasmissione degli impulsi dal treno inferiore a quello superiore e un’adeguata stabilità della spalla, potremo riversare queste capacità in esercitazioni di tipo balistico come lanci o percussioni con gli arti superiori. Allo stesso modo, dopo aver sviluppato ottimali livelli di forza nelle esercitazioni di accosciata e affondo del treno inferiore, adeguata funzionalità del corsetto addominale nella sua funzione di stabilizzazione, un adeguato controllo del piede nella sua funzione di “tampone dell’equilibrio”, potremo concentrare queste abilità in espressioni balistiche come salti e percussioni con gli arti inferiori. Di fatto, in maniera consequenziale, dopo aver acquisito livelli adeguati di forza, coordinazione e controllo si porta il soldato nelle condizioni fisiche migliori per poter effettuare movimenti di tipo “balistico”, ossia espressioni di movimenti alla massima velocità

possibile che possano far spostare rapidamente un oggetto lontano dal corpo, il corpo stesso al di là di un ostacolo ovvero segmenti corporei, come gambe e braccia in calci e pugni, verso un possibile elemento ostile. Si pensi al soldato impiegato in teatro operativo che si trovi nella contingenza di dover reagire a un eventuale elemento ostile impiegando tecniche di combattimento ravvicinato (MCM) quali calci o pugni: il soldato che ha sviluppato elevati livelli di forza esplosiva allenandosi con balzi e lanci sarà sicuramente più efficace. Allo stesso modo, si pensi a un soldato impiegato in altro teatro operativo durante un’attività di pattuglia appiedata e si trovi a dover superare degli ostacoli naturali o artificiali: grazie alla forza esplosiva sviluppata sarà sicuramente facilitato nel superamento degli ostacoli in quanto ha acquisito una miglior capacità di gestire il proprio corpo nello spazio in maniera dinamica.

Consigli per migliorare la capacità di salto di lancio:

Box Jump

Posizionati con gambe larghezza delle anche saltare sopra al box. Si consiglia di effettuare almeno 3 serie con un numero di ripetizioni tale da mantenere elevata la qualità e la coordinazione. Con il progredire del proprio livello di forma si può aumentare il numero di salti o l’altezza dell’ostacolo.

77 n. 3/2022 I Rivista Militare
Tab. 1

Broad Jump

Posizionati con gambe larghezza delle anche saltare in avanti più lontano possibile, si riprende una posizione comoda e si effettua un altro salto. Si consiglia di effettuare almeno 3 serie con un numero di ripetizioni tale da mantenere elevata la qualità e la coordinazione. Con il progredire del proprio livello di forma si può aumentare il numero di salti consecutivi diminuendo il tempo di latenza tra un salto e il successivo.

Wall Ball

Di fronte a una parete con piedi larghezza delle anche e palla in posizione di raccolta al petto. Si effettua un piegamento sulle gambe per poi accelerare rapidamente il corpo verso l’alto e sfruttando questa inerzia si lancia più in alto che si può la palla zavorrata. Si consiglia di effettuare almeno 3 serie con un numero di ripetizioni tale da mantenere un’elevata qualità e velocità del movimento. Con il progredire del proprio

livello di forma si può aumentare il peso della palla zavorrata o aumentare il numero di ripetizioni consecutive.

AGILITÀ

L’ultimo gradino della piramide rappresenta la fusione di tutte le abilità acquisite precedentemente, che rappresentano i presupposti fondamentali per la realizzazione della stessa. L’agilità, infatti, è la capacità di cambiare in modo efmaniera adeguata allo scopo, richiedendo l’integrazione di capacità motorie isolate ed utilizzando una combinazione di equilibrio, coe resistenza. Rispettando la Piramide della priorità dei movimenti, la scelta dei dovrà prediligere la scelta di movimenti multiplanari (in relazione ai tre piani del movimento: frontale, sagitale e traverso) e multiarticolari (tipologia di esercizi che coinvolgono più di un’articolazione), caratterizzati da accelerazioni, decelerazioni e stabilizzazionimentare l’abilità nei movimenti, nonché un’elevata correlazione con gli schemi motori fondamentali. Come conseguenza delle indicazioni espresse, avremo un coinvolgimento di intere catene cinetiche, aderenza biomeccanica con la gestualità operativa, elevata stimolazione della propriocezione e dei muscoli stabilizzatori del tronco. Se avremo rispettato la

criteri razionali, progressivi e programmatici saremo in grado di far esprimere il massimo potenzialespletamento dei propri compiti.

*Tenente Colonnello, Capo dipartidell’Accademia Militare.

78 Rivista Militare I n. 3/2022
1

ATLETI MILITARI

Orgoglio dell’Esercito dell’Esercito di Alessio Cao di Alessio

Centro Sportivo Olimpico Esercito

Grado: Graduato Nome Mattia

Cognome: Busato

Età: 29

Specialità: Karate – Kata (individuale, squadra)

Palmarès: Mattia Busato ha conquistato in carriera 6 bronzi mondiali di cui due individuali, due a squadre e due universitari.

Dal 2014 è sempre andato a medaglia ai Campionati Europei, con 10 medaglie totali tra individuale e squadre.

Un argento e un bronzo ai Giochi Europei a cui ha partecipato, in Azerbaigian e in Bielorussia.

Dal 2006 non è mai sceso dal podio italiano con 28 medaglie tra cui 4 ai campionati italiani universitari.

Mattia si avvicina a questa arte marziale da piccolo. A circa nove anni inizia a muovere i primi passi sul tatami e a tirare calci e pugni in allenamento. Fin dalle prime gare regionali e nazionali si distingue in entrambe le specialità del karate (kata e kumite). Dopo aver conseguito alcune vittorie in entrambe, decide di specializzarsi nell’esecuzione dei kata.

Nel 2012, da atleta più piccolo della categoria, riesce a vincere il Campionato Italiano Seniores, ma la consacrazione tra i grandi la raggiunge nel 2014 quando con la nazionale italiana compete a livello continentale a Tampere, Mattia si laurea il più giovane campione d’Europa seniores di sempre.

che gli offre la possibilità di raccogliere 4 titoli italiani e due medaglie di bronzo mondiali in competizioni universitarie. Nel 2018 si laurea in scienze infermieristiche.

Dal 2016 entra a fare parte del Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito, facendo della propria passione il suo lavoro. -

ticipata tramite ranking. Purtroppo alle Olimpiadi non riuscirà a raggiungere la medaglia.

Le due medaglie di bronzo consecutive ai campionati del mondo (2018-2021) lo confermano però ai vertici mondiali.

“Questa arte marziale mi ha dato veramente tanto e giorno dopo giorno sto cercando di costruire qualcosa che mi faccia arrivare ancora più in alto”

Mattia vive a Castelfranco Veneto, è un amante della natura,

le sue mete preferite per escursioni e relax.

“Immerso nella natura sento un’energia unica: impari a gestire situazioni imprevedibili e ti insegna a vivere in equilibrio con quello che ti succede intorno”.

81 n. 3/2022 I Rivista Militare

Centro Sportivo Olimpico Esercito

Grado: Caporale

Nome: Carola

Cognome: Casale

Età: 23

Specialità: Karate (Kata)

Palmarès: Vice campionessa europea u21 (2018), Vice campionessa del mondo u21 (2019), Campionessa d’Europa u21 (2019), Bronzo italiani assoluti 2019, Bronzo italiani assoluti 2021, Vice campionessa europea a squadre senior 2019, Campionessa europea a squadre senior 2021, Bronzo mondiale a squadre senior 2022, Campionessa europea a squadre senior 2022.

Carola Casale pratica sport sin da giovanissima.

“Ho iniziato a 5 anni a fare danza classica e mi sono avvicinata al mondo del Karate a 7 anni per merito di mia mamma, anche se io non volevo praticarlo.

Per due anni ho fatto sia danza classica che Karate poi, appena ho iniziato a fare le gare, ho smesso la danza. Nel 2013 sono entrata nella Nazionale giovanile, da lì è iniziato un percorso che mi ha portato a gareggiare a livello internazionale e non mi sono più fermata.

Nella Nazionale giovanile ho gareggiato solo con la squadra, dall’under 21 ho iniziato invece a partecipare anche individualmente e ho preso parte al mio primo Mondiale under 21 in Cile nel 2019, portando a casa un secondo posto.

L’8 giugno 2021 sono entrata a far parte del Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito e anche grazie al supporto che mi ha dato, a novembre del 2021, ho conquistato il bronzo Mondiale a squadre a Dubai. Vivo a Verona da quando sono entrata a far parte dell’Esercito e mi alleno con un’altra ragazza, anche lei atleta militare, insieme alla mia maestra storica.”

Centro Sportivo Olimpico Esercito

Grado: Graduato

Nome: Angelo

Cognome: Crescenzo

Età: 28

Specialità: Karate - Kumite 60kg

Palmarès: Campione del Mondo (2018), Gran Winner Premier League (2015 - 2021), Campione Italiano (2017 - 2018), Argento ai Campionati del Mondo (2021), Argento ai Campionati Europei (2018 - 2019 - 2022), Bronzo ai Campionato Europei (2017).

Angelo entra in palestra all’età di 5 anni seguendo il fratello Michele. Dopo qualche anno passato a praticare la Kick Boxing e un Campionato Italiano giovanile vinto, all’età di 10 anni decide di cambiare società sportiva e avvicinarsi al mondo del Karate. Anno dopo anno inizia a raggiungere traguardi di rilievo, vincendo competizioni Nazionali ed Internazionali, tanto che, nel gennaio 2009, all’età di 15 anni la Nazionale Italiana Fijlkam lo convoca per il suo primo Campionato Europeo dove conquista una medaglia d’argento. Da lì seguirà un secondo argento nel 2010 (Campionato Europeo Juniores a Izmir) e la medaglia d’oro nel 2011 (Campionato Europeo Juniores a Novi Sad). Compiuti 18 anni Angelo inizia da subito a gareggiare nel circuito Premier League ottenendo importanti piazzamenti. Nel 2015, grazie a 1 oro e 2 argenti, conquista il titolo di Gran Winner 2015, concludendo l’anno al primo posto nel ranking mondiale. Nel giugno 2017 entra a far parte del Gruppo Sportivo Esercito. Nel novembre 2018 a Madrid conquista il titolo di Campione del Mondo diventando il primo atleta italiano “iridato” nella categoria 60 kg. Allo stesso tempo, con l’ingresso del Karate alle Olimpiadi di Tokyo 2020, nel settembre 2018 inizia il percorso di al 2021 a causa della pandemia. Il Karate arriverà a Tokyo come sport addizionale, di conseguenza Angelo gareggerà nella categoria 66 kg. La parentesi Olimpica si interromperà al primo dei cinque incontri del girone, quando sarà fermato dai dottori a causa di un infortunio. A pochi mesi dalle Olimpiadi, riprende le competizioni e ritorna subito sul podio internazionale. Prima a Mosca nella Premier League dove conquista una medaglia di bronzo, e d’argento. Il 2022 inizia da subito con una medaglia d’argento della Premier League di Matosinhos, seguita da un’altra medaglia d’argento ai Campionati Europei Senior svolti a Gaziantep, in Turchia.

Se dovessi trovare una parola permorire per un incidente, l’unico me-

Al Cap.f.(par.) spe RSU Ferdinando Salvati, nato il 12 marzo 1957 a Torino, con la motivazione:

“Ufficiale incursore paracadutista addetto alle informazioni militari presso il comando dell’operazione umanitaria ONU di “Peace Keeping” in Somalia, si offriva volontario per partecipare ad una pericolosa missione di ricognizione nella quale veniva coinvolto in un’imboscata condotta da miliziani somali. Benché più volte ferito svolgeva efficace azione di fuoco dimostrando freddezza e lucidità, consentendo ad altri elementi del nucleo di raggiungere riparo. Incurante del fuoco avversario tentava, contemporaneamente, di stabilire un contatto radio per chiedere rinforzi ma, vistane l’impossibilità, riprendeva la sua azione di fuoco rimanendo ulteriormente ferito. Caduto prigioniero manteneva un comportamento esemplare, ignorando le sofferenze causategli dalle ferite riportate e sostenendo i militari che avevano condiviso la sua sorte. Chiaro esempio di alto senso del dovere, indomita determinazione ed elevate doti di ardimento”.

Mogadiscio, 18 luglio 1994.

Chi parla è il Gen.B. Ferdinando Salvati, Ufficiale del 9° reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” in congedo, ferito e fatto prigioniero durante un agguato il 18 luglio 1994 a Mogadiscio. Era un giovane Capitano, incursore paracadutista e partecipava all’operazione ONU di Peace keeping in Somalia.

In quel periodo la situazione era apparentemente tranquilla, io mi occupavo di intelligence, di raccolta di informazioni, i nostri rapporti dicevano che era tutto apparentemente -

te) che trasportavano armi pesanti, avevano trovato un punto d’equilibrio, ma si stavano preparando per un’escalation successiva. Questo rapporto contrastava con la versione che avevano gli americani per cui il Comandante della missione, il Generale Abu Saman per far meglio comprendere la reale situazione, ritenne necessario avere degli scatti presenza di quelle tecniche. Voleva mandare un team di ranger malesi, io mi offrii volontario perché ritene-

vo che essi non avessero la stessa conoscenza dell’area che avevamo noi che la frequentavamo tutti i giorni. Fu così che organizzammo la pattuglia di ricognizione e mentre stavamo per rientrare trovammo una zona che costringeva un rallentamento perché la strada aveva una grossa pozzanghera che l’allagava. In quell’attraversamento era stata predisposta un’imboscata con una disposizione a “L” ed appena abbiamo rallentato ci hanno subito colpiti, uccidendo lo staff Sergent Azman Mohd Tahir, poi feriti altri cui perse la vita il Caporale Ghani ak Binye. Io fui ferito quando scesi dalla macchina e poi per altre due volte. A quel punto un somalo ci venne incontro chiedendo di arrenderci. Fui fatto prigioniero e portato

84 Rivista Militare I n. 3/2022 VALOR MILITARE
Gen.B. M.B.V.M. Ferdinando Salvati

a casa di uno degli esponenti del partito di Aidid con tre malesi di cui due feriti e un neozelandése, anchescussione tra chi voleva ucciderci, chi voleva rimandarci indietro gratuitamente, e chi, invece, voleva durata poco più di 12 ore. Ha temuto il peggio?pre avuto ecco perché sostengo chesere considerata come un ripiego. Ritornando a quel giorno e agli atti-

mi di prigionia io avevo la sensazioavevo preoccupazione.

La sua carriera militare da quel giorno è cambiata?

cambiata la visione che ho del militare. Rifarei tutto e se potessi parlare ai ragazzi che intendono entrare nelle Forze Armate consiglierei di far parte

ti cambia, forse quel nastrino serve più per chi lo vede e per il messaggio indiretto che trasmette. Quando ho ricevuto la Medaglia di Bronzo ricordo la bellissima cerimonia militare che fu organizzata al reparto, sensazioni molto belle anche se, ripeto, noi quel giorno dovevamo prendere informazioni e nell’adempiere ad un ordine rischi che possono esserci, ma certaatto bellico

a cura del Ten. Col. M.O.V.M. Gianfranco Paglia
85 n.3/2022 I Rivista Militare

Come tutti i giorni il Graduato. Jessica Freddosi è al suo posto di lavoro, scrupolosa, pignola e attenta ma sempre sorridente. Ha conciliato la sua professione di militare con il ruolo di mamma, fornendo al reggimento il suo prezioso contributo e salvaguardando anche il suo ruolo di madre e moglie a casa. Ma c’è un aspetto che la rende “speciale”: oggi è all’8° mese della sua seconda gravidanza ed è ancora presente in servizio, indossando la tuta ginnica, seduta nella postazione a svolgere il suo lavoro quotidiano, senza mai lamentarsi, con serenità, equilibrio e passione. “Conciliare la nostra attività di servizio, il ruolo di mamma e portare avanti una gravidanza non è facile, ma con una corretta organizzazione familiare abbiamo raggiunto con mio marito il giusto equilibrio per non far sono una ‘super mamma’ come ogni tanto qualche collega simpaticamente mi chiama. Fortunatamente questa seconda gravidanza, seppur in un periodo segnato dall’emergenza Covid-19, sta proseguendo per

Graduato Jessica Freddosi

Nata a Palermo il 26 luglio 1990. Coniugata con il Graduato Aiutante Giovanni Italiano e già mamma di un bambino di 5 anni. Si arruola nel 2010 ed è assegnata al 4° reggimento Genio Guastatori di Palermo e successivamente, dopo due anni, trasferita presso il 24° reggimento Artiglieria Terrestre “Peloritani” di Messina dove è impiegata in più occasioni nell’operazione “Strade Sicure” nelle città di Palermo, Reggio Calabria e Vibo Valentia. Nel 2019 è trasferita al reggimento “Lancieri di Aosta” (6°) di Palermo e a dicembre 2020 diventa volontario in servizio permanente con l’incarico di operatore delle comunicazioni. Attualmente è impiegata quale addetta ai comandi presso

86 Rivista Militare I n. 3/2022
SOLDATO DEL GIORNO

e questo mi consente di poter rimanere in servizio e dare il mio contributo al Reparto. Tutto ciò mi rende orgogliosa, fornendomi una carica permettermi di affrontare con serequotidiana. Prestare servizio nell’Esercito è stata sempre la mia pasda piccola e poterlo fare anche nel corso della mia seconda gravidanza è molto stimolante in un ambiente fortemente motivante e familiare come quello del mio reggimento”. La sua dedizione al servizio non è passata inosservata: “pur ritenendo di non aver fatto nulla di eccezionale ma solo il mio dovere, mi ha fatto molto piacere ricevere nei giorni scorsi la graditissima e inaspettata telefonata del Comandante delle Forze Operative Sud, Gen.C.A. Giuseppenicola Tota, che mi ha espresso i complimenti per il mio attaccamento al servizio”.

RM277: LA MASSIMA EVOLUZIONE DEL BULLPUP

Uno degli effetti secondari delle grandi competizioni organizzate dalle Forze Armate per il rinnovamento dei loro sistemi d’arma è lo sviluppo di prodotti che, pur non risultati vincenti, contribuiscono a elevare il livello tecnologico generale con soluzioni innovative e spesso inaspettate. È questo il caso del fucile RM277 e della sua munizione con bossolo polimerico, elaborati da un consorzio di aziende capeggiato dalla texana Lone Star Future Weapons, con la partecipazione, per lo sviluppo, il testing e la produzione di componenti essenziali, della Beretta USA.

CONCORSO NEXT GENERATION SQUAD WEAPON DELL’ESERCITO DEGLI STATI UNITI

Nell’ambito di uno sforzo complessivo per dotare le proprie Forze destinate alle operazioni a contatto di armi e strumenti atti a garantire una superiorità tattica (combat overmatch) nei possibili conflitti futuri, l’Esercito degli Stati Uniti ha avviato, nel 2017, un programma denominato Next Generation Squad Weapon (NGSW), per la sostituzione della carabina M4 e della mitragliatrice leggera M249 Squad Automatic Weapon (SAW), nonché di alcuni strumenti di puntamento e designazione del bersaglio. Come sarà sicuramente noto ai lettori di “Rivista Militare”, la gara è stata aggiudicata, nell’aprile 2022, alla ditta Sig Sauer, che fornirà il fucile e la mitragliatrice leggera al momento denominati XM5 e XM250, entrambi camerati per una munizione cal. 6,8x51 con bossolo bimetallico brevettata dalla stessa azienda. Fino all’ultimo, tuttavia, la competizione tra i due finalisti, ovvero la citata Sig Sauer e il consorzio partecipato da Beretta USA, è risultata serrata ed entrambe le offerte hanno dimostrato di superare i requisiti richiesti, pur adottando approcci decisamente differenti. In particolare, l’offerta classificatasi al secondo posto, che indicheremo con il nome dell’arma, RM277, ha evidenziato un contenuto di innovazione decisamente più elevato della concorrente, sia nella struttura della munizione sia in quella dell’arma vera e propria.

LA MUNIZIONE CON IL BOSSOLO IN PLASTICA

Brevettata dalla ditta True Velocity, la munizione per l’arma RM277 ha il bossolo in polimero plastico (Fig. 1), una

Fig 1

soluzione che ha dimostrato nel tempo la propria maturità tecnologica e la possibilità di adattarsi a una molteplicità di calibri, per applicazioni civili e militari.

I vantaggi evidenziati dal produttore risiedono nella possibilità di ottimizzare la volumetria del polimero, rispetto alle tecniche tradizionali di fabbricazione dei bossoli in ottone, per massimizzare la resa del propellente e la costanza della sua combustione, e nell’isolamento termico garantito dal materiale impiegato, con abbattimento del trasferimento di calore all’arma e al bossolo stesso. Altri vantaggi riscontrati riguardano il risparmio ponderale, stimato nel 30% del peso di un’analoga munizione tradizionale, nel minor costo delle materie prime e nella facilità di produzione dei bossoli plastici, anche in impianti shelterizzati dislocabili a ridosso delle zone di operazione. Si è evidenziata, inoltre, la possibilità di convertire alcune armi già in servizio nella nuova munizione, con la sostituzione della canna ma senza altri interventi di messa a punto. Un dato tecnico importante, che ha connotato l’impianto generale del sistema RM277, è il contenimento della pressione in camera di cartuccia, limitata ai canonici 65.000 psi, limite normalmente accettato per le munizioni per arma lunga: l’efficienza della balistica interna della nuova munizione ha consentito di ottenere la velocità alla bocca richiesta dai requisiti dell’US Army, ma non ha potuto prescindere dalla necessità di utilizzare una canna relativamente lunga e questo ha suggerito l’uso dell’architettura bullpup sull’arma offerta.

UN BULLPUP INNOVATIVO

I fucili bullpup, in servizio in molti eserciti, sono caratterizzati dall’avere il caricatore situato posteriormente alla

88 Rivista Militare I n. 3/2022
IL DI COLONNELLO DELL’ESERCITO ESPERTO DI ARMI FABIO ZAMPIERI

leva di sparo: la culatta dell’arma si colloca così nella zona normalmente riservata al calcio, consentendo, a parità di lunghezza complessiva, di utilizzare una canna più lunga rispetto ai fucili tradizionali.

Un dato caratterizzante del programma NGSW è l’elevata energia alla bocca richiesta, che colloca l’arma tra i battle rifle piuttosto che tra gli assault rifle. Un elemento sicuramente limitante dei battle rifle tradizionali (M14, FN FAL, HK G3) è l’ingombro, essendo essi dotati di canne lunghe, secondo una struttura non più compatibile con gli standard di mobilità attualmente richiesti.

Mentre la soluzione di Sig Sauer si è incentrata sulla munizione, elaborando un bossolo bimetallico in grado di operare a 85.000 psi e oltre, l’offerta RM277 ha preferito impiegare una munizione a pressione ordinaria, per quanto a elevato rendimento, e un’arma a canna lunga ma dall’ingombro contenuto in ragione dell’architettura bullpup impiegata. A fronte, quindi, di una canna di ben 19 pollici (48 cm), la lunghezza complessiva del fucile è di soli 29 pollici circa (74 cm) (Fig. 2).

esplica anche una funzione di freno di bocca ed è pensato per essere montato permanentemente sul fucile; dalle informazioni acquisite, la sua vita tecnica eccederebbe quella della canna, dunque senza aggravi logistici legati al suo impiego.

MASSIMA MOBILITÀ

Come già detto in precedenza, il programma NGSW prevedeva anche l’approvvigionamento di un’arma di supporto, declinata dalla Sig Sauer sotto forma di mitragliatrice a nastro e dall’offerta RM277 nelle vesti di “fucile mitragliatore”, ovvero di un’arma sostanzialmente analoga alla versione rifle, ma dotata di bipiede e di canna più lunga (Fig. 4). Questa soluzione ricorda la scelta effettuata dal

Un elemento inedito e innovativo in un’arma militare di questa categoria è lo sforzo messo in atto dai progettisti per la gestione del rinculo: l’elevata energia sviluppata dalla munizione (stimabile in circa 400 kgm) rischia infatti di essere stressante e difficilmente gestibile dal tiratore con un fucile dal peso limitato. RM277 impiega dunque dei sistemi brevettati per distribuire l’impulso della forza di rinculo su un tempo tale da facilitare il controllo dell’arma, tra i quali un sistema di funzionamento a corto rinculo di canna e recupero di gas, con un pistone dotato di corsa relativamente lunga, che ricorda, almeno a prima vista, quello del noto ARX160. L’arma prevede, inoltre, un moderatore di suono (Fig. 3) che

Corpo dei Marine di abbandonare la mitragliatrice M249 SAW per il fucile automatico M27, privilegiando la mobilità e la precisione dell’ingaggio al fire power Comunque, RM277, sia nella versione fucile sia in quella fucile mitragliatore, opera secondo due distinte modalità di funzionamento, ovvero a otturatore chiuso nel tiro semiautomatico, per una migliore precisione, e a otturatore aperto in quello automatico, per agevolare il raffreddamento della canna e diminuire la probabilità di autoaccensione delle cartucce, una soluzione che può ricordare il Fallschirmjägergewehr 42, sviluppato dalla Rheinmetall negli anni ‘40 e annoverato tra i capolavori della progettazione armiera.

CONCLUSIONI

Come osservato da alcuni commentatori, le ragioni della vittoria dell’offerta Sig Sauer su quella RM277 possono anche essere ricondotte alla volontà del committente di diminuire i rischi connessi all’adozione di un sistema d’arma radicalmente nuovo, sia sotto l’aspetto industriale e tecnologico, sia sotto quello operativo. Ciò non toglie che, per quanto è dato sapere, la soluzione presentata da Lone Star-True Velocity-Beretta USA abbia aspetti di grandissimo interesse, coniugando una precisa cognizione dell’impiego tattico delle armi e dell’importanza strategica di avere munizioni economiche, sicure e di facile produzione, con soluzioni tecniche e progettuali all’avanguardia.

L’autore ringrazia l’ing. Gabriele de Plano, Vice President, BDT Marketing & Operations, per il gentilissimo supporto fornito.

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Fig
ARMI Fig 2
3 Fig 4

soldatini VESTIRE ALLA USSARA

Se spesso la moda militare si è ispirata a quella civile, in epoca napoleonica avviene il contrario. Negli anni della Rivoluzione francese in cui gli abiti si fanno esagerati ed eccentrici, l’esoticità delle uniformi dei reggimenti di ussari non possono che affascinare.

In particolare la moda femminile del Consolato e dei primi anni dell’Impero si dota di capi di abbigliamento e decori che si ispirano chiaramente alle pelisse e ai dolman di questi famosi guerrieri a cavallo; galloni, cordelle minuziosamente ordite e intrecciate tra loro rivestono molti capi di abbigliamento delle più estrose fanciulle di Francia. Tutto ciò porta anche i responsabili dell’esercito a orientare l’attenzione verso questo tipo di tenute. Napoleone avendo necessità di mostrare al meglio il suo esercito, doterà alcuni corpi della sua Guardia di uniformi da parata alla ussara.

Il decreto datato 8 settembre 1800, stabilisce che le nuove uniformi dei Cacciatori a cavallo della Guardia devono essere confezionate alla ussara.

L’artiglieria a cavallo della Guardia sarà anch’essa abbigliata all’identico modo.

I Marinai della Guardia creati nel settembre 1803, mentre Napoleone al campo di Boulogne sta preparando l’invasione all’Inghilterra, saranno rivestiti di uniformi alla ussara. I personaggi che illustrano queste righe, riprodotti in scala 1/30 e realizzati come pezzi unici scolpiti e dipinti a mano, indossano uniformi alla ussara senza però essere inquadrati in reggimenti di ussari.

Honoré Baston de La Riboisière si mostra in uniforme da ufficiale dell’Artiglieria a cavallo della Guardia ed è con questo elegante abbigliamento alla ussara che si fa ritrarre dal famoso pittore Antoine Jean Gros.

Il giovane ufficiale fu presente alla battaglia di Wagram come aiutante di campo di suo padre, il Generale Jean Ambroise Baston de La Riboisière comandante dell’Artiglieria della Guardia Imperiale. Al ritorno dalla Campagna di Russia fu nominato Ciambellano e Ufficiale d’Ordinanza di Napoleone.

Jacques de Trobriand si arruolò nei Cacciatori a cavallo della Guardia partecipando a tutte le grandi battaglie

dell’Impero e, nel 1813, Napoleone gli affidò il compito di organizzare il 2° Cacciatori della Guardia detto “Giovane Guardia”.

Il figurino indossa l’eclatante uniforme alla ussara di questo corpo.

Alla fine dell’epopea napoleonica Trobriand combatterà in America del Sud al seguito di suo cugino Simon Bolivar.

Jean Pierre (Jacques) Tempie comandò durante la Campagna di Russia i Marinai della Guardia Reale Italiana, che svolgevano principalmente funzione di pontieri.

Come i loro colleghi francesi anche i marinai italiani vestivano alla ussara.

Al ritorno dalla Russia, il vicerè De Beauharnais ordinò a Tempie di riorganizzare a Peschiera la Flottiglia del Garda. Nel febbraio 1814 la flottiglia italiana attaccò quella austriaca affondando tre cannoniere nemiche.

Federico IV Principe di Salm- Kyrburg indossa la sua uniforme, considerata una delle più eleganti dell’epopea napoleonica e ora conservata al Musée de l’Armée di Parigi.

Il regolamento delle uniformi per gli ufficiali d’ordinanza di Napoleone fino al 1809 prevedeva un abito alla francese da cavalleria leggera completamente verde.

In questo caso il principe ha modificato l’aspetto dell’uniforme facendosi confezionare a proprie spese un abbigliamento alla ussara; solo il verde riprende il colore dell’uniforme regolamentare.

Oscar Bernadotte e il Generale De La Hamelinaye ad Amburgo nel 1809.

Oscar, figlio del Maresciallo Jean-Baptiste Bernadotte, nel 1823 sposò Giuseppina di Leuchtenberg, figlia di Eugéne De Beauharnais e nel 1844 fu incoronato re di Svezia. L’utilizzo di uniformi da ussaro per i figli di principi e di alti ufficiali all’epoca fu molto di moda. In alcuni casi i ragazzini militarono realmente nei reggimenti di cui indossavano le uniformi.

In questo caso il giovane Oscar veste l’uniforme degli aiutanti di campo del padre gialla e azzurra, colori nazionali scandinavi, come il Generale Hamelinaye che lo accompagna nella sua passeggiata a cavallo.

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DI CONSULENTE OPLOLOGO E UNIFORMOLOGO, SCULTORE DI FIGURINI STORICI PIERSERGIO ALLEVI

MILITARIA

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Rivista Militare
Honoré Baston de La Riboisière. Federico IV Principe di Salm-Kyrburg. Oscar Bernadotte e il Generale De La Hamelinaye. Jacques deTrobriand. Jean Pierre (Jacques) Tempie.

I GRANATIERI UNIFORMI

Già agli inizi del 1670 nel reggimento di Guardia era stato creato l’incarico di “capitano dei granatieri” il cui compito era quello di addestrare un certo numero di soldati allo speciale servizio, già molto curato nell’Esercito francese; nel 1681 i granatieri vennero ufficialmente istituiti in tutte le compagnie dello stesso reggimento, in ragione di 20 uomini nella compagnia Colonnella e di otto in ciascuna delle altre compagnie. Nella primavera del 1685 in ogni reggimento d’ordinanza, compreso quello della Marina, riunendo tutti quelli presenti nelle varie compagnie fu istituita la “Compagnia di Granatieri”, per la quale il 28 maggio di quell’anno venne anche pubblicato l’apposito regolamento di esercizio; a questa regola fece eccezione il reggimento di Guardia nel quale i granatieri rimasero in forza alla propria compagnia riunendosi, ma solo sul campo, in una compagnia di formazione. I granatieri non portavano il cappello – che sarebbe stato d’ostacolo durante il lancio delle granate a mano – ma una berretta o “bonnetto” secondo il lessico militare piemontese, di maglia di lana con la punta ricadente all’indietro, simile a quella indossata all’epoca dai granatieri dell’esercito francese. Verso la metà degli anni ’80 i colonnelli dei vari reggimenti si diedero da fare per abbellire questo copricapo che così com’era aveva un aspetto dimesso e ben poco “militare”. In due dipinti opera del fiammingo Pietro Maurizio Bolckman (1) risalenti al 1684-85 ed entrambi ambientati a Torino, il primo dei quali raffigurava l’ostensione della Sacra Sindone e l’altro la “Piazza di Castello”, appare evidente l’evoluzione nella forma di questo particolare copricapo. Nel primo dipinto, tra i reparti che assistevano alla cerimonia, appare infatti un intero reggimento di fanteria vestito di grigio con mostre rosse, i cui granatieri indossano un berretto di panno rosso con la punta arrotondata e ripiegata all’indietro, la cui base appare interamente circondata da un’orlatura di pelliccia di colore bruno chiaro. Nel secondo dipinto (a destra), che ritraeva aspetti di vita quotidiana nella piazza, appariva in un angolo un

gruppo di cinque soldati, tre dei quali giocavano a carte osservati dagli altri due. Di questi cinque soggetti uno, vestito di rosso, era sviz-

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DI STUDIOSO DI STORIA MILITARE STEFANO ALES Particolare di “Piazza Castello”, Pietro Maurizio Bolckman, immagine concessa dal Museo Civico d’Arte Antica di Torino.

zero ed indossava il classico cappello di feltro mentre gli altri quattro erano dei granatieri che indossavano tutti il loro particolare copricapo raffigurato tuttavia in due versioni completamente diverse tra loro.

Per due di costoro, uno dei quali appartenente al reggimento di Guardia e l’altro, stando alle mostre turchine dell’abito, al reggimento di Savoia o a quello di Monferrato, il berretto era in panno del colore distintivo con la base ornata di pelliccia di colore bruno chiaro mentre per gli altri due, entrambi appartenenti ad un reggimento di fanteria grigia con mostre rosse, il copricapo era di forma completamente diversa, costituito da una piastra di ottone sagomata sulla quale spiccavano chiaramente delle insegne araldiche – si trattava probabilmente o delle armi Ducali oppure di quelle del colonnello, secondo l’uso del tempo – e da una lunga coda di panno rosso con l’estremità ricurva e terminante a punta, che però non pendeva libera come negli altri due berretti ma era irrigidita da un’imbottitura probabilmente di stoppa. Riguardo ai tamburini della compagnia granatieri il pri-

MILITARIA

mo dipinto del Bolckman ci riserva un’ulteriore sorpresa poiché questi indossano un berretto in panno rosso con bordo di pelliccia simile a quello dei propri commilitoni, ma con la coda, che pendeva fino a toccare la schiena, ornata da una serie di galloni di colore bianco tagliati a “V” rovesciata. Appare quindi chiara la convivenza in questo periodo di due diversi modelli di berretto da granatiere, uno molto semplice e l’altro più elaborato che sembrava costituirne l’evoluzione e che anticipava quella che sarà negli anni a venire la rapida trasformazione di questo particolare copricapo, il quale assumerà il suo aspetto definitivo solamente verso i primi anni del nuovo secolo.

NOTE

(1) Pieter Borgomans o Bolckman (Gorinchem, Utrecht 1640 - Torino 1710) pittore di origine fiamminga che soggiornò prima a Roma e poi in Piemonte nel 1679.

war games

COMMAND MODERN OPERATIONS

“Incrociatori, sottomarini, caccia, batterie terrestri e persino satelliti sono tuoi, da dirigere come meglio credi: dal più umile skiff pirata alla più potente portaerei, dai biplani ai caccia stealth, dalle bombe della WW2, ai radar ultramoderni, satelliti di ricognizione multispettrali, armi stand-off autoguidate, siluri da 200 nodi e missili balistici ipersonici. Ogni sensore e sistema d’arma è modellato in dettagli meticolosi…”. Così si presentava nel 2014 il gioco Command Modern Air Naval Operation con 45 scenari preimpostati, un

wargame completo di operazioni militari aeree e navali dal post Seconda Guerra Mondiale al prossimo futuro. Le unità combattono, vincono o muoiono in base a ciò che i loro sistemi nella realtà possono e non possono fare. Il terreno, sia terrestre sia sottomarino, può nasconderti dal nemico ma può anche bloccare le tue armi dal fuoco. Fattori come la temperatura dell’acqua e gli strati termici possono decidere il duello sottomarino - nave. La pioggia può rendere inutili le tue bombe a guida laser. Il campo di battaglia di Command è spietato

come quello reale e gratificante per coloro che lo capiscono e lo sanno usare…impressionante?

Non più da quando i programmatori di Slighterine (Casa di produzione del gioco) hanno migliorato un prodotto praticamente perfetto rendendolo il regalo sotto l’albero di appassionati e Forze Armate. Nel 2021 è stato rilasciato Command Professional Edition 2.0 (Command PE / CPE) il superset orientato ai professionisti che ha preso d’assalto la comunità di serious game

DI SERGENTE MAGGIORE DELL’ESERCITO ESPERTO DI WARGAMING DANIELE JACOPUCCI
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MILITARIA

La conquista del mondo Militare

JD McNeil CFO di Slitherine dopo aver passato decenni a ricercare i dati per il database incluso nel gioco, afferma che gli analisti piuttosto che i combattenti tendono ad essere i principali utenti. Gli specialisti non utilizzano il gioco in senso ludico; lo usano per la logistica e la pianificazione. “Inseriscono tutti i tipi di dati analitici che non vedremo mai per scopi che non ci vengono detti perché è tutto in un ambiente classificato”.

Tale è la sua precisione, che il software di Command per esempio determina l’agilità di un aereo in relazione al peso delle sue bombe o da quanto carburante ha nei serbatoi.

L’affondamento dell’incrociatore Moskva

Il blog Weapons Release , dedicato ai simulatori e ai Wargames, ha provato a capire come sia stato possibile l’affondamento dell’incrociatore russo “Moskva” nel Mar Nero utilizzando il simulatore della Slighterine che, oltre a guardare alla guerra dal punto di vista strategico, è in grado di rappresentare scenari militari tattici.

I blogger hanno quindi ricostruito la posizione del Moskva e il possibile attacco dei due missili Neptune dalla

vicina costa ucraina. Attraverso la modifica dei valori del ciclo decisionale del simulatore, il blog ha provato a ipotizzare tempi e reazioni a bordo dell’incrociatore. Fino ad arrivare a simulare la somma di fattori che verosimilmente avrebbe portato la nave ad affondare. Le cause reali sono ancora allo studio ma le opportunità di training date dal simulatore sono eccezionali.

La conferenza

di Matrix Games

Nel settembre 2021, Matrix Games ha ospitato l’8th Command PE User Conference fuori dai cancelli della Marine Corps Base di Quantico. I partecipanti all’evento rappresentavano oltre 35 diverse organizzazioni di difesa e hanno condiviso, sia formalmente che informalmente, come stanno usando il simulatore per raggiungere i loro obiettivi, tra cui: sviluppo concettuale, wargaming, istruzione e analisi logistica.

Il Tenente Colonnello T. Silier ha mostrato come la Luftwaffe tedesca sfrutti il gioco per aumentare le lezioni di Air Power dell’Air Force Academy per i nuovi Ufficiali.

R. Reeder del Marine Corps Warfighting Lab ha mostrato come Command venga usato per lo sviluppo concettuale. Il laboratorio ha guidato alcune nuove funzionalità

chiave che sono state sviluppate, tra cui l’Amphibious Landing Planner e il Passive Coherent Location Systems.

R. McKendrick di Northrup Grumman ha condiviso come Command sia servito quale ambiente di addestramento per la sua Intelligenza Artificiale nella Gamebreaker Challenge di DARPA.

Il Tenente Colonnello Downey ha evidenziato come la US Marine Corps University utilizza il simulatore per supportare l’educazione scolastica degli Ufficiali Superiori nell’apprendimento del processo decisionale del Corpo dei Marines.

Ambienti virtuali: la chiave del realismo nell’addestramento militare Command PE è già in uso in diversi paesi tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Germania e Francia, e un certo numero di dipartimenti statunitensi lo stanno utilizzando per scopi diversi. Gli appaltatori della difesa includono BAE Systems e Lockheed Martin, e il pubblico è destinato a crescere. Creare scenari di addestramento che riflettano accuratamente la guerra moderna è una sfida, ma gli ambienti sintetici possono aiutare ad aumentare il realismo nell’addestramento militare.

MODELLISMO

IL SEMOVENTE M42

DI “MONTEBELLO”

Prendendo spunto dai successi ottenuti dai cannoni semoventi tedeschi, anche in Italia si ritenne opportuno sviluppare un mezzo di questo tipo, basandosi sul carro M e usando come bocca da fuoco l’obice da 75/18. Il 16 gennaio 1941 all’Ansaldo vennero ordinati trenta esemplari, ottenuti con scafi M40, consegnati dal maggio 1941 al Regio Esercito. Dopo altri 30 semoventi su scafo 40, furono prodotte 162 unità su scafi M41 e tutti diedero un ottimo risultato operativo: si passò quindi allo scafo M42, più lungo di diciotto cm, motore alimentato a benzina, griglie dei radiatori molto più grandi e due altre griglie sugli sportelli di accesso al motore. I semoventi su scafo M42 nei primi mesi del 1943 furono distribuiti a vari depositi, scuole e reparti di complemento carristi di stanza nell’Italia centro settentrionale e ai reggimenti di Cavalleria della 135a Divisione “Ariete II”. Questa unità nel luglio 1943 venne dislocata a difesa di Roma e all’indomani dell’armistizio, i suoi reparti si scontrarono con i tedeschi, anche nell’abitato della capitale, infliggendo pesanti perdite agli ex alleati. La mancanza di direttive e gli accordi di resa raggiunti con i tedeschi, fecero cessare nel Lazio le azioni del Regio Esercito nel tardo pomeriggio del 10 settembre 1943. Il rgt. “Lancieri di Montebello” (8°) usò anche semoventi su scafo M42 a Porta San Paolo: i mezzi, prima e dopo gli scontri, vennero fotografati, le immagini sono molte note ma da ultimo sono state pubblicate da Paolo Crippa su “I reparti corazzati del Regio Esercito e l’Armistizio” vol. 1. In particolare, quelle relative al mezzo targato R.E. 6225 del 5° squadrone del II Gruppo al comando del Cap. Sabatini, semovente colpito in via Ostiense, consentono una precisa riproduzione di questo carro con il kit in 1/35 che Italeri ha dedicato al 75/18 su scafo M42, modello evoluzione di quello dedicato dal 1973 alla versione su scafo M41: la stampata delle ruote del treno di rotolamento, i pezzi dedicati alla sovrastruttura e armamento principale sono identici. Diversa la stampata inerente la parte bassa del semovente e un quarto telaietto con pezzi riproducenti vari particolari interni ed esterni; c’è inoltre una piccola lastra di foto incisioni per targhe posteriori e il simbolo del R.E. (era in metallo e veniva portato sino al 25 luglio 1943 sul frontale dei vari mezzi); i cingoli in vinile, per un maggiore realismo finale, vanno sostituiti con gli ottimi maglia per

maglia in resina della Model Victoria. Le decals sono per tre esemplari usati dai tedeschi dopo l’armistizio e per il citato mezzo di “Montebello”; molto chiaro il foglio istruzioni che è pure abbastanza preciso nel descrivere gli schemi mimetici dei soggetti proposti dalle decals. Il prodotto Italeri può essere montato anche come da scatola avendo diversi pezzi per gli interni; risente però del fatto di essere impostato su un prodotto uscito molti decenni fa con alcuni errori nell’esattezza della riproduzione di particolari che oggi, grazie alla documentazione disponibile, possono essere corretti da chi vuol spingersi in un maggior dettaglio. L’assemblaggio non richiede particolari abilità; va usato pochissimo stucco, ad esempio sulla sovra struttura e in particolare nella delicata giunzione fra il pezzo raffigurante la piastra frontale e il gradino anteriore del semovente. Sull’esemplare italiano non va messa la leva caccia fango sulla ruota posteriore e le taniche esterne; visto il numero di targa sul retro del mezzo è da ritenersi più probabile la presenza dei due rulli di riserva e non della cassettina al posto di quello destro. La colorazione degli interni era per lo più in bianco opaco a eccezione degli sportelli d’accesso che erano verniciati con il giallo sabbia della mimetica esterna. All’inizio del 1943 in fabbrica veniva usato per i carri del R.E. un giallo sabbia ma, dopo essere arrivati nei reparti, sulle superfici esterne degli stessi mezzi venivano dipinte grandi e irregolari macchie di due colori, un verde e un marrone rossiccio che quasi non lasciavano più spazio al giallo di fondo. Per riprodurre questi colori ho usato smalti Humbrol 103 (sabbia) 149 (verde) e 107 (marrone) dati ad aerografo. Il semovente R.E. 6225 aveva stilizzato in bianco sulla destra della piastra frontale dell’armamento principale il simbolo reggimentale che ho ricavato dal foglio decals suppletivo RCR D01. La targa anteriore era dipinta mentre quella posteriore era in rilievo: per la prima basta usare solo la decalcomania offerta dal kit Italeri, per la targa posteriore ho usato la foto incisione dipinta di bianco cui poi ho applicato l’altra decal del kit. Dipinti le maglie di cingoli con un alluminio opaco, ho leggermente invecchiato il modello (il mezzo reale ha avuto una brevissima vita operativa) con terre di colorificio nere e marroni, senza ulteriori segni di usura.

96 Rivista Militare I n. 3/2022
DI STUDIOSO DI STORIA MILITARE GABRIELE LUCIANI
97 n. 3/2022 I Rivista Militare
MILITARIA

121150 YEARS IN THE SERVICE OF THE COUNTRY

This article retraces and celebrates the history of the Military Geographical lnstitute, from its founding before the unification of ltaly, to the present day. Tracing its history also means explaining the role played in building the country's identity, through its geographical representation and the technicalrole played alongside the Armed Forces engaged in various operational contexts. Finally, the article mentions the IGM's relevance as historical archives, Vvith itsMuseum anditscollectionof geographicalmaps, as well astheextensive Library,which alsohousesprecious publications ofthe past.

DIFFERENT WORLDS, SIMILAR EXPERIENCES

Bruce Springsteen, an icon of world music, and Vladimir Vysockij, the famous Moscow singer-songwriter of the Soviet era, have a shared history of misunderstanding. The article tells the stories of the two well-known artists, born on apposite sides of the lron Curtain but united in being misunderstood, the first for his best-known song, "Born in the USA", and the second for being considered an opponent by the regime although he was not.

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THE STATESMAN OF NEW ITALY

The article addresses the issue of women in uniform during the work of the Constituent Assembly, a discussion that would be resumed, unlike other Western nations, a few decades later. Starting from the binomia! defence of the homeland in arms and the right tovote, the author analyses the interventions of some constituent fathers on whether it was appropriate to employ women in the Armed Forces and the attention paid by women present in the constituent assembly not to demean the female figure in the various determinations of the Constitution. The author compares different approaches to the problem.

Some Western nations had more liberal attitudes and abrupt decisions in this regard than the time it took in ltaly to allow women to vote first and then serve the country in uniform.

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HOUSE BY HOUSE

From the siege of Troy to the use of drones, how have "UrbanOperations"changedandvvtiatdevelopments are foreseeable for the future? In history, during wars, cities were mostly besieged andnotalways fighting wouldtake piace inside them. Fromthe Second Wortd War, things began to change, evolving to see real metropolises as battle theatres. To find out a little more, we have interviewed Lt. Col. Livio Cavallaro, a leading expert in combat inthistype of environment.

CULTURE AND MERITOCRACY AS OBSTACLES

The Savoy army dispersed its fame and a tradition, which had matured over the centuries, after the notso-brilliant episodes of Custoza and Novara, closing the first campaign for ltalian independence with a defeat.

The backwardness of thought and the lack of attention to culture as an added value to mere courage and resoluteness characterized Piedmont's army of that period. In particular, except for Engineers Corps and Artillery officers, who were mocked for their culture and knowledge, other officers lacked sufficient tactical and strategie notions to conduct military actions.

Culture and knowledge were considered unnecessary and, at times, even harmful. With this mentality, Savoy Piedmont presented itself at the appointment with the First War for the lndependence of ltaly. And so, it was defeated.

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100 Rivista Militare In, 3/2022

so I

THE"FATHER"OF STRATEGICBOMBING

Inthisdetailed article,the authortracesthe essential stages of Giulio Douhet's strategie thinking and its evolution, its changes. Starting from his criticism of auxiliaryaviation to the theorizationof the command of the air and the perfect aircraft, the fighter piane, to strategie bombing, where he even theorized the possible disappearance of ground and navy forces, given the decisivedominance of the air forces.

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WHENTHEPASTTAKES YOUTOTHEFUTURE

"You don't always have to give up the past to enter the future", never were the words of the joumalist and composer John Cage so actual when referring to the Tethered Gas Balloon for Parachutists Training (TGB - PT), better known as the Tethered Aerostat. Since last June 15, it has become a new asset on Which the "FOLGORE" Brigade will rely - alongside the traditional Air Force and Army aircraft - to carry out airdrop training with static line.

The operating principle is the same as the old airships and hot-air balloons, supported by the thrust ofhelium, which, being lighterthan airand non-flammable, floats according toArchimedes' principle, i.e. to the volume of air it can move. lt can reach 350 meters in height and launch up to 12 paratroopers for each flight exercise.

The Tethered Balloon is atraining gym whichwill optimise training times, increase airdrop activities (training andmaintenance) ata meagre cost, and allowto carry out, based on preliminary studies/evaluations, about 15,000jumps peryearwith the static line.

In addition, itwill help to significantly reduceenvironmental (lower emissions) and noise pollution. forming part ofthe broader ecologica! protection project to which the Army is very attentive.

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GUARDIANANGELS

The button on a remote control had been enough to trigger the terrorists' explosive device. We are talking about aprocedurethattogetherwithotherequallylethal ones aredefused everyday bythemeticulousandhighly specialized work ofthe Reparto Supporto Operativo alla Guerra Elettronica (Operational Support for Electronic Warfare unit - reSOGE), a unique ltalian Army unit whose personnel, consisting in technicians and engineers, guarantees protection to men, vehicles and helicopters objectofaggression inwhichit isnecessary to defend against anunidentifiable enemy (asymmetric attacks). Subordinate to the Brigata Informazioni Tattiche (ArmyTactical lnformation Brigade) and set up to neutralize above all the powerful, lethal RC-IEDs (Radio Controlled lmprovised Explosive Devices), this unit, thanks tothe expertise ofits staff, is considered aflag-ship ofthe engineering ofthe Army. lntended to operate in theelectromagneticspectrum in which it is\'1/aves and trequenciesand not rifles'triggers that put people's safety at risk.

New School for Social Researchgente comune”, è affrontato con granmale è il collante di questo studio e la è legato alla persona e non al crimine,taccamento al nostro “io” o meglio aci farà dire, allorquando necessario, al posto di “questo non devo farlo” semplicemente “questo non posso farlo”.pre in compagnia di qualcuno (cioè me stesso), con l’isolamento, invece, sono veramente solo. Catone scrivevado non faccio nulla, mai meno solo di quando sono con me stesso”. Il pen-

in terre lontane, -

per il commercio e per la gloria. Daculture “altre” è da sempre stato ri-va sfoggio in tutte le capitali e queprofessore universitario di storia antica, conduce un’accuratissima ricer-te quelle vere, quelle presunte così-tentavano di convincere i naviganti-sandro Magno (“il successo macedone fu il risultato dell’impiego accortovirtus dei

1950-1992,

Imponente volume dal grande formato (24x30cm) è la maggiore opera sviluppata sull’argomento. Ottimamente strutturata, essa descrive lo sviluppolativi concetti tecnico-tattici e costruttivi, i principali armamenti impiegatiordinativa ed organica dei reparti dimetrie, foto degli allestimenti interni,ma “ad aria fresca” per le camereteriale da 90/32 “Mecar”, argomentoma molto valida e dotata di grande i protagonisti di allora affrontarono-

PROPOSTE DI LETTURA
Matteo Chiaruttini, Filippo Cappellano, Enzo Mosolo, La fortezza degli Alpipermanente Avventurieri
100 Rivista Militare I n. 3/2022

raccontato nel passato ci apra dellela giornalista e attivista martire del quonel 2004 una tela a tinte forti sul suo mercato verso una sorta di “restaura-interviste, storie collettive e personali--nomica, la propaganda, il ruolo dei serprecedenti, gli orrori della Cecenia, ilumanità nel quale tutte queste storie si ritrovata morta, con un colpo di pistolasore di casa sua a Mosca. Il mandante è tuttora sconosciuto.

Rosso & l’Oro, Curie Conseils, Trélazéno, affronta il tema del mondo fem-sta Militare sta già seguendo e continuerà a fare con approfondimenti monotematici. Pertanto, questo volume non poteva passare inosservato. Neigiata non come semplice corollario tempi era patriarcale e marcatamen-egli “infrange consolidate regole im-dona due piccole monete nel tesoro del tempio o salva l’adultera dalla lapima pure un approfondimento storico

La Russia di Putin,rie immagini, foto, disegni e documenti (complessivamente oltre 300), è il primo di una collana (saranno quattro i tomi) dedicati alla storia e all’analisi delle uniformi, dell’equipaggiamento-dio e della ricerca uniformologica. Levano per lo splendore), sono meticolo-que il volume non sia un testo di storia reclutamento di queste unità. Le “cacapitano gran giudice all’interno del reggimen-precavano” tra questi, con orgoglio dipregevole opera.

considerata “enigmatica e portatrice di un tremendo mistero per i suoi cicli”, in lei si “riscontrano oscure potendonne sono annoverate fra i “discepoli e diventano testimoni della sua pasa caso l’ultimo tentativo per salvarlo donna, dunque, non di un uomo.

101 n. 3/2022 I Rivista Militare
Il Luigi Rossi, Le donne nel Vangelo. -

La grande guerra dai nostri inviati, Mursia, Mi-

-

accompagna il lettore in un viaggio culturale nella storia, con il proposito di indagare su due fondamentali consono il tema del lavoro e le si ana-giorni. Il volume è strutturato in due parti, articolate su otto capitoli, con e pensieri principali sono riportati innendo un percorso lungo millenni insione del presente, ma invita i lettori ad una “sana utopia” con veri e prosono contenuti nell’ultimo capitolo, peroratio, ove sono condensati in--periorità tecnico-militare, economica, industriale e dottrinale-militare non

Storia del Bibbia al Jihadismo,all’assalto,quale i reporter di guerra si sentono dei “voyeurstori è dedicato il piacevolissimo lii giornalisti di guerra per poi tratteg-accattivante, ci racconta di alcune italiano di prima linea e d’avventura, “l’uomo non è di legno”. Di Civinini,tutti dei giganti della carta stampata,funerale eravamo quattro gatti”.

fonti, soprattutto scritte (lettere priaddestrative), consente di immedesimarsi nei panni dei protagonisti delle dure vicende narrate, relativesto è incentrato sul diario di guerra

forte, disinvolta”. Il coraggio e l’ardi-all’assalto “in epica gara con i fanti”. Non c’è da meravigliarsi, il decalogo del guastatore al primo puntodescrivono le fasi di addestramento e di impiego operativo dei vari maalle mine). Le lettere private dei militari ai genitori e parenti sono molto soprattutto di conto la tua salute e procura di non farmi stare in pen--

102 Rivista Militare I n. 3/2022

Byung-Chul Han, Il profumo del tempo: l’arte di indugiare sullere il consenso verso i propri leadercarla, delineandone volta per volta personali sempre misurate e attentaIl volume è una notevole sintesi del meglio del pensiero militare mondiale,tata, connette con disinvoltura le varie peraltro, con oggettivo distacco. Il contro le infrastrutture civili di un paese – alla nota dottrina Petraeus – sulla counterinsurgency – per approdare – i cui paradigmi sono la “de-escalaoffre “una articolata teoria della guertratta, insomma, di un volume densoofferto un ampio ventaglio di idonei strumenti interpretativi dei volti nuovi

“Il nome della crisi odierna del tempo un ordine all’interno del tempo, al puntocissima, per goderla appieno – quale contraltare –, si cerca di puntaredissolvono con la stessa velocità conmo, vissuta in compagnia di apparenprofumato; nell’antica Cina l’incenso veniva usato quale segnatempo. L’intempo. Oggi, invece, il lavoro è il vero il tempo (K. Marx, non a caso, vede nell’uomo l’animal laborans). Lungo le pagine di questo intenso volume, Hanstare il suo posto nella nostra vita; solo cose e a goderne il profumo.

riuscire a comunicare correttamente un determinato evento, infatti, occor---adeguate riserve, poi, è errore da ma-menceau quando riteneva la guerra essere cosa troppo seria per i militari? strutturata e ragionata, lungo le pagi-lettori segnaliamo di soffermarsi sui capro espiatorio” e “L’equipaggiamen-

103
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n. 3/2022
Rivista Militare
Guerre ibri- Luigi Chiapperini, -

Dopo il 16delazioni (1943-1944),

L’alba del passerotto. La resistenza di un soldato italiano dopo l’8 settembre 1943: dalla battaglia di Rodi all’internamento in un Lager nazista,

padre dell’autore, è raccontata in muove in maniera disinvolta tra laun’Italia impostata ideologicamentevani di allora non avevamo aderito al fascismo. Ci eravamo nati dentro, e questo ci aveva esentato dalle-come il campo della morte. Cometro non erano neppure considerati prigionieri di guerra, ma IMI ovvero li privava di qualsiasi tutela previstatronde essendo dei “traditori” per i-

--talia. Con quell’atto si rompeva unagente non fu facile; scarso l’equipagun numero 39”) e l’addestramento fuli ripercussioni. Non a caso il primo morto fu registrato per una affrettanumero di caduti a causa di incidentilia. Mesto il rientro in patria. Il testo è -

La F.E.B.,1944-1945,fascista della capitale. I principali-uomini e una donna. Prima di quellati, ma non erano considerati nemici sempre secondo le leggi italiane,partigiane nella capitale, dei car-

104 Rivista Militare I n. 3/2022
LE COLLEZIONI DI RIVISTA MILITARE NON FARTELo SCAPPARE! UN UOMO - PAOLO CACCIA DOMINIONI UN UOMO - DOMINIONI Sconto del 70% riservato agli abbonati Sconto del 70% riservato abbonati Prezzo di copertina: 35,00 + spese di spedizione Prezzo di + spese di spedizione Per ordinare il volume contattaci su Per volume su rivistamilitare.abbonamenti@esercito.difesa.it o allo 06.6796861 o allo 06.6796861

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