RIVISTA MILITARE 2021 n. 3

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Periodico trimestrale 3/2021 - € 4 (in Italia) - www.esercito.difesa.it - Data prima immissione 15/09/2021

RESTARE PER RESISTERE

IL COLONNELLO MONTEZEMOLO


LE COLLEZIONI DI RIVISTA MILITARE Nel prossimo numero, solo per gli abbonati, in regalo il n.1 di Rivista Militare del 1856

NON FARTELA SCAPPARE, abbonati subito!


L’editoriale Cari lettori,

Colonnello Franco Di Santo

Con questo numero di Rivista Militare mi congedo da voi poiché in procinto di cedere la Direzione di questo prestigioso periodico e di lasciare il servizio attivo, dopo più di 38 anni di vita militare che hanno fatto di me quello che sono. Tale occasione mi permette un¶ulteriore riÀessione sulla professione militare da me vissuta in questi decenni. 2gni giorno mi sono chiesto cosa signi¿casse essere militari, una condizione unica e atipica nel panorama dei servitori dello Stato, e ne ho tratto una personale risposta che ho il piacere di condividere con voi. La condizione militare deriva da una disponibilità illimitata al servizio che è necessaria premessa di af¿dabilità origina dalla subordinazione degli interessi personali a quelli dell’organizzazione militare per contribuire all’ottimale funzionamento di quest’ultima, dalla lealtà all’Istituzione ed agli scopi da questa perseguiti coerentemente alla Costituzione e alle leggi è concretizzata dalla coscienza di servire sempre la comunità è garantita dall’imparzialità dei militari che si fonda sulla loro estraneità alle lotte politiche e sociali, fedeli solo al giuramento prestato verso lo Stato fondato sui principi democratici, garantiti dalle libere Istituzioni previste dal nostro ordinamento costituzionale. La militarità è, in ultima analisi, una “Regola” spirituale, chiara e vincolante per tutti, che deve essere intimamente accettata perché ne rappresenta l’atipicità, la peculiarità e la distinzione. Solo la quotidiana pratica della “Regola” ci rende degni del sacri¿cio di chi ci ha preceduto, del patto di ¿ducia instaurato con i cittadini e delle speranze che il Paese ripone in noi. Dirigere la Rivista Militare, ancorché per un tempo limitato che però si assomma al precedente periodo svolto come Capo Redattore, ha signi¿cato molto per me che della Rivista Militare sono stato giovane lettore in anni ormai lontani: anche a tale lettura di allora faccio risalire la mia convinta e fortunata scelta della vita militare. Per questo ho sentito forte la responsabilità ma anche profondo l’orgoglio di diventarne Direttore, consapevole come nessun altro dell’indispensabile strumento di conoscenza e riÀessione sul mondo militare e non solo rappresentato dal nostro autorevole periodico, oggi come ieri. Concludo con un grato pensiero alle superiori autorità, ai predecessori nel prestigioso incarico tra loro, mi sia consentito di citare i Direttori Marco Centritto e Marco Ciampini che mi hanno insegnato il “mestiere” e molto altro ancora e a tutti i miei preziosi collaboratori senza i quali nulla sarebbe stato possibile, augurando al mio successore Col. Giuseppe Cacciaguerra, a cui sono legato da profondi sentimenti di amicizia e di stima, ogni brillante successo professionale e piena soddisfazione personale nel solco della migliore tradizione della Rivista Militare, invitto e solitario caposaldo culturale e. dell’Esercito e del Paese.

Nel prossimo numero Il Centenario del Milite Ignoto


SOMMARIO 1

L’EDITORIALE NOTIZIE E CURIOSITÁ

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L’uomo ha bisogno di riti di Simone Tarantino L’abbonato record di Pieluigi Bussi /D 6FXROD GL $SSOLFD]LRQH H OD ULQDVFLWD GL 7RULQR di Maria La Barbera

12 /RUHQ]R *LDFRQLD YLQFH LO SUHPLR 0RQWHFXFFROL di Pieluigi Bussi 14 ODQFL SULPD GHO successo di Pierfrancesco Sampaolo 16 8Q EUDQG LQ HYROX]LRQH di Francesco Greco 19 , SL FOLFFDWL

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RUBRICHE

LO SPECIALE 28 /H V¿GH GHO .RVRYR di Sarah Ibrahimi Zijno Matteo Bressan 32 /D .RVRYR 6HFXULW\ )RUFH di Vincenzo Stella

PENSIERO 34 Giuseppe Cordero Lanza GL 0RQWH]HPROR di Sabrina Sgueglia della Marra 38 /D *UDQGH ,OOXVLRQH GL 1RUPDQ $QJHOO di Giuseppe Cacciaguerra 42 Conference of European Armies 2021 di Bruno Pisciotta 45 /¶DUWH RSHUDWLYD VRYLHWLFD di Carlo Conte 48 ,WDOLDQL LQ $IULFD di Andrea Crescenzi 50 8Q SRODFFR QHOOD OLEHUD]LRQH di Sylwia Zawadzka

20 PERCHÈ SI DICE COSÌ

AZIONE 21 FOTO D’AUTORE ADDESTRAMENTO

25 L’INTERVISTA 88 FORTI E RESISTENTI

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102 RECENSIONI

54 /¶RSHUDWRUH &\EHU GHOO¶(VHUFLWR di Luca Iuliano 58 $GGHVWUDUH OH IRU]H ORFDOL di Antonio Merenda OPERAZIONI

Afghanistan 62 di Massimiliano Marchitiello 66 L’Esercito Italiano per “Irini” di Pasquale Domenico Miccichè UNITÀ MEZZI ARMI EQUIPAGGIAMENTO E PROGETTI

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68 7HFQRORJLD H QXRYL VFHQDUL di Giovanni Lastella


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72 VTLM 2 NEC di Francesco Di Berardino

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76 Centauro II di Paolo De Benedetto

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DEDIZIONE

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80 2ELHWWLYR TXDOLWj GHOOD YLWD di Antonio Garofalo

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82 Gioco e fantasia di Stefano Fiorentino 84 8QD )RUPD]LRQH ,QWHUQD]LRQDOH di Elpidio Crispino

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SPORT & FITNESS

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96 8QD GLVFLSOLQD GD GXUL di Davide Dallago VALOR MILITARE IL SOLDATO DEL GIORNO

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Norme di collaborazione IN COPERTINA Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo

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NOTIZIE E CURIOSITÀ

L’UOMO HA BISOGNO DI RITI Le cerimonie ai tempi del Covid di Simone Tarantino

Saremo in grado di tornare alle “vecchie abitudini”, oppure dovremo riscrivere il modo di fare Cerimoniale (o di essere cerimonieri) una volta per tutte? Quale tipologia di rivoluzione stiamo vivendo? Che metamorfosi avverranno negli eventi pubblici? L’uomo ha bisogno di riti. Il coronavirus ha rivoluzionato e, talvolta, ribaltato le nostre abitudini e il nostro modo di interagire con gli altri e generando tuttora eccezioni. E si sa, con il tempo, le eccezioni diventano consuetudini e le consuetudini regole. I nostri giorni sono caratterizzati da una sorta di sconvolgimento, si pensi all’utilizzo quotidiano della mascherina oppure dei quasi scomparsi abbracci o strette di mano 4

Rivista Militare I n. 3/2021

come gesti di affetto e saluto. Si vedono sempre meno nelle cerimonie i momenti dello scambio dei doni da parte delle autorità e, ad oggi, sono bandite le parate militari. Il tutto a favore di sempre maggiori videoconferenze, a sostituzione d’incontri, lezioni, eventi. L’esempio più eclatante di questa tendenza è rappresentato dalla costituzione dell’Ambasciata Virtuale degli Stati Uniti d’America a San Marino: il simbolo rappresentativo del governo di una Nazione assieme all’esigenza di mantenere i rapporti uf¿ciali tra due interi Stati sono stati posti ai minimi termini creando un sito internet dedicato. Il cosiddetto “effetto pandemia” ha colpito particolarmente il comparto

del Cerimoniale che fa delle relazioni sociali un punto cardine, ma che è riuscito in un ristretto lasso di tempo ad adattare la propria struttura ed il proprio modus operandi con nuove metodologie, in piena sicurezza e nel rispetto delle normative emergenziali. Risuona, infatti, continuamente l’imperativo del distanziamento sociale ma il concetto di spazio non è assolutamente estraneo al protocollo. Sin dagli albori della civiltà, infatti, la distanza è direttamente proporzionale al rispetto attribuito all’autorità e strettamente collegata con la sicurezza dell’autorità stessa. Al giorno d’oggi abbiamo il dovere di tenerci “a distanza” e, poiché ad ogni distanza corrisponde un signi¿cato ben preciso, con il trascorrere


del tempo ci abitueremo a cambiare il senso del distacco e conferiremo alla prossemica un valore ancora più pregnante e profondo. Appare evidente, tuttavia, come l’esasperazione di tale dimensione porti a una maggiore essenzialità della cerimonia stessa che deve assolutamente essere mantenuta, a costo di attuarla in solitudine, al contrario di quanto si possa pensare, forma e sostanza non costituiscono entità distinte o separate né tantomeno gerarchicamente ordinabili, ma la prima, della seconda, è la sua più autentica espressione. Vengono così a fondersi in un’unica essenza il signi¿cato della cerimonia e il gesto dell’autorità che conferiscono all’evento maggiori intensità e coinvolgimento spirituale. Si pensi, ad esempio, alla deposizione della corona all’Altare della Patria da parte del Capo dello Stato in occasione del 75° anniversario della Liberazione, il 25 aprile 2020 quando il pubblico è materialmente inesistente, Piazza Venezia avvolta in una sorta di isolamento e, in primo piano, soltanto il Presidente della Repubblica e la corona nel loro incedere verso il monumento ai Caduti mentre, in una quiete surreale, le note del “Silenzio” risuonano solenni e profonde, quasi viscerali. Questi pochi elementi costituiscono fattivamente l’essenza stessa della cerimonia e il pubblico, che segue l’evento da casa, rimane quasi assorto nel mirare tali fattori dei quali, in passato e attorniato da una ¿umana di gente, non sarebbe mai riuscito a godere appieno. In questo contesto, sempre più complesso e mutevole, il V Reparto Affari Generali dello Stato Maggiore dell’Esercito è chiamato a operare per affrontare con ef¿cacia gli impegni istituzionali sempre serrati. L’esigenza di ridurre il protocollo in termini di persone coinvolte, ovvero in termini di programma, impone anche una maggiore attenzione nelle scelte. L’invito esteso a una tipologia di ospiti piuttosto che a un’altra, nonché la scelta di determinate fasi all’interno del programma possono comportare un “taglio” diverso all’evento e indirizzare l’attenzione verso differenti focus. Qui il Cerimoniale è chiamato a intervenire n. 3/2021 I Rivista Militare

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con molta Àessibilità rendendo il protocollo aderente alle varie occasioni. Nell’ultima cerimonia di avvicendamento nella carica di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, a cui hanno partecipato le più alte cariche militari e politiche regionali, l’eminenza degli ospiti assieme alla semplicità del protocollo hanno reso questo evento più solenne e signi¿cativo: il passaggio della Bandiera di Guerra dell’Esercito ha catalizzato totalmente l’attenzione anche da parte del pubblico che seguiva l’avvenimento in streaming e, nell’estrema austerità della cerimonia, ha dato più forza alla solennità dell’evento. La “Àessibilità coerente” ha fatto sì che venissero realizzati gli eventi essenziali a discapito di quelli ritenuti superÀui. Questo processo selettivo ha, di fatto, consolidato nuovi contenuti di carattere etico, istituzionale e simbolico che hanno indotto modi¿che sul protocollo, attagliandoli alle varie circostanze. Nelle occasioni in cui il Capo di SME ha voluto salutare il personale alle sue dipendenze è venuta meno la possibilità di organizzare un qualsivoglia meeting di grande portata, come accaduto negli anni scorsi. I cosiddetti “gesti di barriera” non hanno però bloccato l’esigenza delle cerimonie perché le relazioni umane le richiedono costantemente ed è inconfutabile che nell’essenza della società stessa è insito il concetto di rito. Nella cultura occidentale gran

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parte dei gesti di affetto, benvenuto o stima si racchiudono in una stretta di mano di varia intensità oppure in una mano sulla schiena o una pacca sulla spalla o semplicemente in un abbraccio. È facile notare come la tendenza attuale stia sostituendo tali comportamenti con il gesto di giungere le mani o di portare la destra al cuore. È sempre più sconsigliabile prevedere un pranzo formale in quanto la distanza tra i commensali per limitare la diffusione del virus comprometterebbe la convivialità dell’evento. Non solo, anche le portate sarebbero ridotte ad algide monoporzioni igienizzate che potrebbero risultare poco gradevoli. Queste precauzioni in termini di sicurezza, però, non devono assolutamente instillare dubbi o ansia nei partecipanti anzi, hanno l’onere di regalare loro la consapevolezza di partecipare all’evento in massima sicurezza e serenità. Il lavoro del Cerimoniale, a questo punto, diventa sempre più complesso. Ad ogni cerimonia o manifestazione ne corrispondono esattamente due: una strutturata on line e l’altra organizzata materialmente in loco. Ambedue poi hanno la stessa importanza in quanto, per la caratura e i numeri degli ospiti, sono egualmente fondamentali per l’ottima riuscita dell’avvenimento stesso. I partecipanti “a distanza”, con una ¿tta corrispondenza più o meno formale, vengono fatti sentire parte integrante della ce-

rimonia. La produzione di brochure, cartoncini o lettere d’invito, introduzioni esplicative dell’evento o qualsiasi altra forma di prodotto cartaceo o informatico comporta un maggiore dispendio di energie organizzative a vantaggio dell’ospite il quale, dall’altro capo del computer, deve essere aggiornato sull’evolversi della manifestazione e deve possedere gli strumenti adatti per avere la possibilità di intervenire con cognizione di causa e in ogni momento. D’altro canto, la partecipazione fattiva di una ristretta cerchia di invitati impone meticolosità. Ogni singolo particolare passa al vaglio dei cerimonieri i quali si devono raffrontare con una visione dell’attività reale ma tenendo anche in considerazione l’occhio delle telecamere che risulta impietoso di fronte anche al singolo particolare fuori posto, come uno sfondo imperfetto o un rumore di troppo. Anche il grande Charles Bukowski sentenziava che “un dettaglio è una cosa minuscola, ma cose di questa grandezza riescono a fare la differenza”. La pandemia sta lanciando una grande s¿da al Cerimoniale chiedendo di essere quanto mai Àessibile e creativo rimanendo tra i massimi canoni di sicurezza, non tralasciando la cultura che appartiene ai popoli e facendo continuamente af¿damento allo stretto connubio che intercorre tra uomo, riti e società.


NOTIZIE E CURIOSITÀ

L’ABBONATO RECORD di Pierluigi Bussi

Parla Giovanni Cremascoli, fedele abbonato di Rivista Militare dal 1953, non ha perso un numero del periodico dell’Esercito Italiano: “Nel corso degli anni ci sono state importanti novità con rubriche interessanti, ma la rivista ha comunque conservato le sue tradizioni, incentrate sulla difesa dei valori ed il senso di appartenenza nei confronti delle istituzioni”. Giovanni Cremascoli, 88 anni, è entrato a tutti gli effetti nel guinness dei lettori storici di Rivista Militare, ne conserva la raccolta da ben sessantotto anni. Sin dalla giovane età, ha mostrato interesse verso il mondo militare. In particolare, ha svolto il servizio di leva, frequentando il 23° corso per $llievi 8f¿ciali di Complemento a Lecce e la Scuola Allievi 8f¿ciali e Sottuf¿ciali di Artiglieria a Foligno. Fu poi assegnato al 9° rgt. artiglieria pesante Trento, dove completò il servizio di prima nomina. Ma nonostante questo forte legame con il mondo militare, improntò la sua carriera nel mondo civile, quale dirigente, presso l’Amministrazione Comunale di Monza, dove ricoprì incarichi quale Comandante della Polizia Locale, Vice Segretario Generale e poi Segretario Generale reggente. L’attività lavorativa svolta, tuttavia, non intaccò minimamente il suo appassionato interessamento al settore militare, che proseguì con la naturale adesione alle Associazioni d’Arma. Attualmente, è iscritto all’Unione Nazionale Uf¿ciali in Congedo d’Italia, è Presidente della locale sezione

“Ho la fortuna di possederli tutti, ordinati e protetti come oracoli” dell’Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia di Monza e Vice Presidente provinciale dell’ASSOARMA di Monza e della Brianza. Lei è il più fedele abbonato di Rivista Militare. Perché questa scelta? C’è un’immagine nella sua memoria che ricollega al momento in cui ha deciso? “Fin da giovane ho sempre avuto una sorta di venerazione verso il mondo militare. In un primo momento sono stato trascinato dalla curiosità, ma in seguito la passione si è arricchita e c’è stata la voglia di coltivare sempre di più nozioni su quelli che sono i principi che caratterizzano l’apparato delle Forze Armate. Agli inizi degli anni ’50, esistevano poche pubblicazioni che si occupavano di “cultura militare”. Rivista Militare era l’unico periodico che potesse soddisfare le mie esigenze, sicuramente un canale molto utile per approfondire la materia. Ho la fortuna di possedere tutti i numeri, probabilmente la mia è una passione innata”. Ci racconti il suo rapporto con Rivista Militare e com’è cambiato nel tempo? “Sicuramente un rapporto positivo.

In questo lungo periodo da lettore ho riscontrato alcune trasformazioni e la volontà di accostare le esigenze del mondo militare a quello civile. Per esempio, ritengo molto interessanti alcune sezioni come la rubrica “Valor Militare” che mette in risalto le capacità spesso nascoste dei nostri soldati, le interviste alle alte cariche dell’Esercito Italiano, le anticipazioni e informazioni sui bilanci e spese sostenute dalle Forze Armate. Molto apprezzati gli articoli di geopolitica e tecnologia militare, dai droni ai robot, argomenti seppur complicati per noi anziani, ma che hanno implicazioni e risvolti di grande interesse. Inizialmente alcuni articoli erano particolarmente tecnici, se si considera la mia limitata conoscenza della materia; in seguito la rivista si è arricchita di contenuti che mi sembrano utili e ben inseriti nel nostro contesto sociale. Nonostante le innovazioni, il periodico ha comunque conservato le sue tradizioni, incentrate sulla difesa dei valori e il senso di appartenenza nei confronti delle istituzioni”. La nostra Rivista può essere uno strumento utile per il “soldato del futuro”? “Penso proprio di sì, sempre salvaguardando le sue origini e la sua identità. È un periodico che ha sempre approfondito aspetti storici, eviterei un salto generazionale con contenuti di stampo giornalistico, non mi scosterei troppo dal passato, seppure ritengo molto avvincente la nuova veste moderna, adeguata ai nostri tempi”. Qual è il suo rapporto con il mondo militare? “Direi ottimo, essendo anche iscritto all’U.N.U.C.I. ho la possibilità di continuare a vivere seppur indirettamente la realtà militare. Inoltre, la stessa partecipazione alla vita delle Associazioni d’Arma mi consente di mantenere un positivo scambio di notizie ed opinioni contribuendo, in tal modo, a tenere desta e sempre più allargata la cosiddetta “cultura della Difesa” anche nell’ambito della società civile”. n. 3/2021 I Rivista Militare

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NOTIZIE E CURIOSITÀ

LA SCUOLA DI APPLICAZIONE E LA RINASCITA DI TORINO Palazzo Arsenale di Maria La Barbera

Il 6 maggio scorso, dopo diversi anni di volontà di rinnovamento, espressa dal Segretario Generale della Fondazione “Compagnia di San Paolo”, Dott. Alberto Anfossi, e dal Capo di Stato Maggiore dell’Istituto di formazione, Generale di Brigata Roberto De Masi, e un anno di lavori completati con successo nonostante la pandemia, è stato inaugurato il piazzale di Palazzo Arsenale, rimodernato con una preziosa pavimentazione in pietra Luserna, contenente lo stemma storico della Scuola, e un sistema di illuminazio-

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ne all’avanguardia. La cerimonia e il taglio del nastro hanno rivestito un importante signi¿cato, un atto simbolico ma anche concreto nei confronti della cittadinanza torinese a cui, attraverso visite organizzate e guidate, il Palazzo viene restituito. Un vero e proprio debutto, dunque, ma anche la rappresentazione di una città che rinasce, che si proietta in un nuovo futuro. Il progetto di restauro e valorizzazione, avvenuto in un’ottica di riquali¿cazione ambientale, è stato possibile grazie al sostegno della

Fondazione di Intesa Sanpaolo e della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, che ne ha anche coordinato i lavori sotto la supervisione della Soprintendenza competente. Il Generale di Divisione Salvatore Cuoci, Comandante per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, ha ringraziato gli Enti contributori per il decisivo apporto nel preservare la sede che ospita l’istituto di formazione militare che costituisce un’eredità culturale e storica per la città di Torino.


Nel corso della cerimonia, il Presidente della “Compagnia di San Paolo”, Prof. Francesco Profumo ha sottolineato come, dal 1563, la fondazione si prenda cura del patrimonio culturale del territorio a favore del bene comune perché anche le generazioni future possano bene¿ciare di questa ricchezza. +a aggiunto poi come Palazzo Arsenale sia uno dei più imponenti edi¿ci torinesi, unica testimonianza rimasta del complesso infrastrutturale “Regio Arsenale”, di cui costituiva il cuore e la cui edi¿cazione settecentesca, ispirata a planimetrie juvarriane, sia perdurata nel tempo. Il Presidente di Banca Intesa Sanpaolo, Prof. Gian Maria Gros-Pietro, ha commentato: “Il nostro contributo alla restituzione di questo luogo storico e artistico è un’ulteriore testimonianza dell’attenzione che la Banca rivolge alla promozione del patrimonio culturale e conferma la centralità del legame di Intesa Sanpaolo con Torino”. Il Presidente della Consulta, Dott. Giorgio Marsiaj, ha proseguito affermando: “Il tempo che stiamo YLYHQGR FL PHWWH GL IURQWH D V¿GH di portata storica: è evidente che

sono le alleanze e il fare sistema che possono portare i migliori risultati. Vogliamo contribuire a diffondere sapere e bellezza nella consapevolezza che la cultura è leva economica di sviluppo e volano di inclusione sociale”. Con l’occasione è stata presentata l’opera monogra¿ca “Palazzo Arsenale”. Edita da Sagep e con le belle e suggestive immagini dell’architetto Pino Dell’Aquila, raccoglie l’importante storia architettonica e gli avvenimenti prestigiosi di cui è stato testimone l’edi¿cio che costituisce, inoltre, un ¿ero riconoscimento ai meriti accademici e universitari della Scuola, autorevole istituto di preparazione militare, uno dei più importanti d’Europa. Il Professor Walter Barberis, storico, docente universitario, Presidente della Giulio Einaudi Editore e curatore del libro, ha osservato: ”La Scuola di DOWD IRUPD]LRQH GHJOL 8I¿FLDOL SULPD SLHPRQWHVL SRL LWDOLDQL ¿Q GDL VXRL HVRUGL VL q LOOXVWUDWD SHU OD YDOHQ]D VFLHQWL¿FD GHL VXRL LQVHJQDQWL H la severa selezione dei suoi allievi. 2JJL FRPH LHUL ULPDQH XQR GHJOL Istituti maggiormente reputati a liYHOOR LQWHUQD]LRQDOH RUJRJOLR GL 7R-

rino e dell’Italia” Il libro è un viaggio negli imponenti spazi, nella storia prestigiosa, nell’architettura maestosa di Palazzo Arsenale, una volta Regie Scuole Teoriche e Pratiche di Artiglieria e Forti¿cazione, oggi Scuola di Applicazione dell’Esercito Italiano. Un luogo profondamente legato alla città di Torino, testimone straordinario di genio e formazione politecnica, di gloriosi dialoghi scienti¿ci ed accademici, orgoglio della società e della cultura piemontese, laboratorio all’avanguardia, contenitore e arte¿ce singolare di formidabili invenzioni utilizzate successivamente dall’agricoltura, dall’industria e dalla società civile italiana per opera e merito del lavoro delle migliori menti della storia piemontese e italiana che qui transitarono. Sfogliando le pagine del libro, corredate dalle meravigliose fotogra¿e e dagli scritti d’eccezione di Chiara Devoti, Elena Giannasso, Vittorio Marchis ed Edoardo Greppi, si scorge un edi¿cio dalle forme grandiose, dal pro¿lo regolare, in linea con l’urbanistica sobria della Torino settecentesca, di un fabbricato quadrangolare di tre piani e

Inaugurazione stagione estiva Teatro Regio presso cortile di Palazzo dell’Arsenale. Foto di Pino Dell’Aquila. n.. 3/2021 n 3//2 20 02 21 I R Rivista ivis iv ista ista aM Militare ilitta il arre

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otto padiglioni che poggia su strutture binate, decorato da ¿nestre rettangolari e quadrate, sollevato dal porticato, ornato da una torre barocca e uno scalone a doppia branca, un complesso dal temperamento forte e autorevole. La realizzazione del volume è un importante progetto di valorizzazione che rappresenta Palazzo dell’Arsenale superando la comune percezione che lo identi¿ca, forse troppo spesso, esclusivamente come espressione dell’istituzione che rappresenta, l’Esercito Italiano questa monogra¿a vuole offrire una visione diversa, eterogenea e inedita, di un luogo dalla vocazione molteplice, patrimonio dell’architettura italiana, frutto, nei secoli, del lavoro di eccellenze militari e civili, avamposto della cultura scienti¿ca e tecnologica. Questo è Palazzo dell’Arsenale, un elemento pressoché naturale del paesaggio di questa città, un punto di riferimento rassicurante e instancabile, un onorato monumento all’illustre biogra¿a di Torino

che ospita la Scuola di Applicazione, frequentata ogni anno da circa 1.500 uf¿ciali frequentatori di corsi universitari e formazione militare che da più di tre secoli animano le stanze e gli ambienti del palazzo. Da questo istituto sono passati studenti illustri come Cavour e insegnanti celebri come Lagrange. Oggi a condividere le aule con gli uf¿ciali dell’Esercito Italiano ci sono circa 300 studenti universitari civili che contribuiscono, tramite l’acquisizione e l’apprendimento, alla diffusione della “cultura della Difesa”. La Scuola è stata e continua ad essere, dunque, un’eccellenza che ha contribuito alla fondazione del Politecnico di Torino e dell’Accademia delle Scienze e costituisce un modello di riferimento per le Università italiane. Per celebrare il rinnovamento del piazzale di Palazzo Arsenale, contribuendo ulteriormente allo spirito della ripresa e della rinascita, è arrivato anche l’accordo con il Teatro Regio. Dal 15 giugno al 22 settembre, infatti, nello splendido cortile

rinnovato, il “Regio Opera Festival. A Difesa della Cultura” prevede 4 mesi di intensa programmazione artistica tra opere, concerti e appuntamenti. Il festival ha il Patrocinio dei Ministeri della Difesa e della Cultura. Il Comandante della Scuola, Generale di Divisione Salvatore Cuoci, ha dichiarato: “Le Forze Armate sono vocazionalmente a servizio del paese e l’operato di questi ultimi anni è una testimonianza coVWDQWH GL VHPSUH PDJJLRU HI¿FDFLD LQ RJQL VHWWRUH GL LQWHUYHQWR DQFKH quelli meno tradizionali”. La Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino si è fatta dunque arte¿ce di un nuovo risorgimento a sostegno della città che la ospita e della società civile, una rinascita che arriva dopo un periodo di dif¿coltà e insicurezza. Collaborazioni, sinergie e attività parallele volte al conseguimento di uno stesso ¿ne hanno prodotto risultati di eccellenza. La Scuola di Applicazione ha scritto e continua a scrivere la storia del territorio.

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NOTIZIE E CURIOSITÀ

LORENZO GIACONIA VINCE IL PREMIO MONTECUCCOLI di Pierluigi Bussi

L’Allievo Istruttore si è distinto con una tesina che analizza i lineamenti essenziali della campagna napoleonica del Danubio (1805), e sviscera come la manovra militare tattica operativa, coordinata e sincronizzata con le altre, può ancora oggi costituire fattore di successo nelle operazioni militari terrestri. Grande soddisfazione ma anche un’esperienza formativa per il vincitore. “Approfondire l’intelligenza tattica di Napoleone è affascinante, le sue strategie di guerra possono essere ancora utilizzate in un teatro più moderno caratterizzato dalla tecnologia”. Il Premio “Raimondo Montecuccoli”, istituito nel 2016 dallo Stato Maggiore dell’Esercito è dedicato agli allievi dell’Accademia Militare di Modena che si sono distinti nel campo della Tattica e della Dottrina Militare. Presenta opere inedite di storia militare e contributi di pensiero riferiti a temi di carattere storico dottrinale. Il concorso letterario è un punto di partenza per i “futuri Comandanti di uomini”, da valorizzare già durante la frequenza degli istituti di formazione. La Forza Armata, con questo premio, si pre¿gge lo scopo di legittimare la Dottrina come elemento necessario nel conseguimento degli obiettivi, considerando la conoscenza della dottrina militare un fattore essenziale per ogni combattente e in particolare per gli Uf¿ciali. Ventitré anni, di Velletri, ¿glio d’arte, Lorenzo Giaconia entra in Accademia nel biennio 2018-19; appassionato di arti marziali, è un grande lettore di romanzi di fantascienza, ama la storia ma non si ritiene un esperto conoscitore della materia. Il cadetto spiega in un’intervi12

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sta a Rivista Militare come ha vissuto questa avvincente esperienza. “Sono VWDWR VHOH]LRQDWR LQ TXDQWR FODVVL¿FDWR tra i primi nella materia di Arte Militare in Accademia, il mio compito era quello di approfondire l’analisi della manovra; inizialmente non è stato facile, in quel SHULRGR HUR VWDWR TXDOL¿FDWR FRPH LQquadratore e non avevo molto tempo a disposizione, ma nelle mie brevi pause mi sono dedicato costantemente alla studio della materia”.

L’Allievo ci tiene a sottolineare la grande emozione vissuta dopo aver ricevuto la notizia: “Una soddisfazione indescrivibile, soprattutto una esperienza formativa”. Durante l’elaborazione della tesina Lorenzo è rimasto affascinato dalla ¿gura di Napoleone e dalla sua intelligenza tattica: “Un uomo carismatico, è impressionante come ha preparato la battaglia di Ulm ed ha organizzato l’esercito, una visione moderna fuori da ogni schema


in quell’epoca”. Giaconia ritiene che le strategie messe in campo dal genio militare francese possano essere utilizzate anche oggi: “Ovviamente con le dovute accortezze e aggiustamenti. Il concetto di guerra si sta evolvendo ma i principi di base, per esempio muovere ed aggirare il nemico utilizzando l’occultamento, sono attuabili anche oggi. Attraverso la cyberwarfare, oppure cercando di disturbare gli apparati di sorveglianza si può ricreare quello che era l’occultamento realizzato da Napoleone DYYDOHQGRVL GHO WHUUHQR ,Q GH¿QLWLYD una trasformazione di quella manovra però collocata in un teatro più moderno caratterizzato dalla tecnologia”. L’autore nel suo lavoro mette in luce la lungimiranza di Napoleone Bonaparte nell’attuare con maniacale rigore il concetto di manovra. “/¶HI¿FDFLD della manovra del Generale francese, non fu quella di tentare di aggirare il nemico bensì nella sua capacità di muovere in maniera estremamente rapida le sue truppe sfruttando l’occultamento del terreno collinare che caratterizzava l’area circostante. Lungo il Danubio, la Grande Armata copriva un fronte di 200 chilometri. I vantaggi erano triplici: 1) l’estensione non permetteva al nemico di sapere da quale punto sarebbe provenuto l’attacco più massiccio; 2) permetteva a Napoleone di intrappolare il nemico in qualsiasi luogo egli avesse deciso di concentrare le forze; 3) il nemico era spinto a schierare le sue formazioni per coprire tutti i settori dello schieramento francese diradando di molto le sue truppe. Tuttavia, la dispersione iniziale lasciava il posto ad una fase di concentramento graduale a mano a mano che il momento dello scontro si avvicinava. In tal modo, Napoleone fuse marcia, combattimento e inseguimento in un’unica azione continua. Ciò che premiò questa manovra fu, di fatto, la velocità di spostamento delle sue truppe (si parla di Blitzkrieg di Napoleone) e il grande numero di uomini da lui impiegato (concetto di massa). Questa rapidità era resa possibile da tre fattori: l’autodisciplina; l’indipendenza dei Corpi d’Armata; il non aver impiegato lunghi e lenti convogli di scorte, utilizzando le risorse locali”. Il Premio intitolato a Raimondo Monte-

Ritratto di Raimondo Montecuccoli (1609-1680).

cuccoli (1609-1680) ricorda la storica ¿gura di uomo, soldato, letterato europeo. Principe di Montecuccoli, Conte dell’Impero; Luogotenente Generale e Feldmaresciallo; Signore di Hohenegg, Osterburg, Gleiss e Haindorf; Presidente dell’Imperial Consiglio Aulico Militare; Gran Maestro dell’Artiglieria e Forti¿cazioni; Governatore della Raab e Colonnello - proprietario di un reggimento di cavalleria; Reale Consigliere Segreto; Camerlengo e Cavaliere dell’Ordine del Toson d’Oro. Nato nel Castello di Montecuccoli, un tempo compreso nel territorio del Ducato di Modena, oggi appartenente al Comune di Pavullo nel Frignano, fu celebre condottiero, militò al servizio dell’Impero nella Guerra dei Trent’anni e in altre campagne, fra cui quella contro i turchi, da lui scon¿tti nella battaglia di San Gottardo nel 1664. Montecuccoli è stato un Maestro nel campo della cosiddetta «Strategia Globale». Perfetto conoscitore delle relazioni tra politica e guerra, comprese come questa fosse caratterizzata da una sostanziale irrazionalità. Aveva ben chiare le cause psicologiche, sociali e religiose delle guerre del suo tempo. Aveva intuito che la guerra era un insieme variegato di fattori, ognu-

no bisognoso di necessario approfondimento al ¿ne di aver garantita la vittoria. L’addestramento, l’ordinamento, le infrastrutture, la logistica sono tutti elementi imprescindibili per l’ottimale funzionamento dell’esercito. Montecuccoli fu anche scrittore, teorico, ¿losofo, poeta. Uno dei migliori autori letterari del XVII secolo. Famosi i trattati d’arte militare, che furono curati ed editi da Ugo Foscolo. Le sue doti di prosatore vigoroso e conciso spiccano principalmente nei famosi Aforismi dell’arte bellica. Anticipò, poi, con i suoi scritti l’approfondimento di tematiche oggi di grande attualità come la guerra psicologica, le operazioni speciali nonché i principi della lotta antiterroristica. Le sue esperienze militari gli diedero una visione della guerra molto più articolata e chiara rispetto ai tempi, proponendolo per lungo tempo come un indiscusso conoscitore e innovatore dell’Arte militare.

BIBLIOGRAFIA Di Santo F., Raimondo Montecuccoli: Uomo, soldato, letterato europeo, Fascicolo Rivista Militare, Roma, 2009.

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NOTIZIE E CURIOSITÀ

26 LANCI PRIMA DEL SUCCESSO Il soldato Hendrix di Pierfrancesco Sampaolo

Chi l’avrebbe mai detto che una delle più celebri icone del rock blues mondiale degli anni ’60 avesse un passato in uniforme? Ebbene sì, James Marshall Hendrix, detto Jimi, esattamente 60 anni fa, dal 31 maggio del 1961 a luglio del 1962, ha prestato servizio da paracadutista presso la 101^ Airborne Division a Fort Campbell, nel Kentucky. Ma senza un passato militare il soldato Hendrix sarebbe diventato lo stesso Jimi Hendrix? L’ingresso dell’artista nell’Esercito non fu certo frutto di una vocazione o di una sua personale aspirazione, tutt’altro. Infatti, nel 1961 l’ancora non celebre cantautore e chitarrista fu arrestato a Seattle, sua città natale, perché alla guida di un’auto rubata. Dopo qualche giorno di prigione ¿nì davanti al tribunale che gli propose una doppia scelta: la prigione o arruolarsi nell’Esercito degli USA. Con grande stupore da parte di chi lo conosceva, compreso il padre James Allen (Al), scelse la seconda ipotesi e, dopo 8 settimane di corso di addestramento a Fort Ord in California, fu assegnato al 801° battaglione mantenimento e supporto della 101^ come addetto ai rifornimenti della Repair Supply Section, sotto il comando del Serg. James Spears (Comandante di Plotone) e del Cap. Gilbert Batchman (Comandante di Compagnia). 14

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Sin dai primi tempi, la scarsa attitudine militare del soldato Hendrix appare lampante ai suoi superiori: svogliato e poco rispettoso delle regole, insoddisfatto delle sue mansioni, bisognoso di essere controllato durante i turni di servizio, poco af¿dabile e completamente assorbito dal suonare la chitarra (speditagli alla Base dal padre Al). Durante i turni di riposo, infatti, Jimi non fa altro, suona la chitarra e a volte disturba anche i suoi commilitoni. C’è da dire, però, che durante quest’anno di servizio il soldato Hendrix fece ben 26 lanci nell’ultimo dei quali si fratturò una caviglia; si era appassionato al paracadutismo “Quando stai per lanciarti”, racconta, “pensi: ma che cavolo ci faccio qui … chi me lo ha fatto fare? Poi, appena ti butti è un’esplosione di adrenalina … se riesci a tenere gli occhi aperti, provi emozioni che non hanno eguali …”. L’infortunio fornì un ulteriore elemento per velocizzare il suo congedo, avvenuto comunque con onore nel luglio del 1962 (due anni prima della scadenza della ferma) e che fu motivato con numerosi rapporti redatti dalla sua linea di comando, divenuti poi celebri per gli appassionati. Raccontata così, con solo questi elementi, non si può certo dire che l’esperienza militare di Jimi Hendrix abbia avuto qualche risvolto positivo, maga-

ri un lieto ¿ne, come le canzoni con una lunga coda che va ad libitum. Ma non è proprio del tutto vero, non fosse altro perché di lì a poco Jimi Hendrix diventò il grande artista che tutti conosciamo. A novembre del 1961, poco dopo il suo arrivo a Fort Campbell, il soldato Hendrix conosce un suo commilitone, più grande di lui di un anno: il soldato Cox, Billy Cox. Quel ragazzo di 21 anni, non molto alto, sarà il celebre bassista con il quale Jimi collaborerà i primi anni della sua carriera musicale e con cui, poi, fonderà le band Gypsy Sun and Rainbows (nel 1969 suoneranno al Festival di Woodstock) e The Band of Gypsys. Il rapporto tra i due si consolidò quasi per caso. Andò circa così: Cox in una notte piovosa di novembre, dopo essere uscito da un cinema, trovò riparo davanti alla porta di un vicino Service Club, un posto dove i soldati potevano noleggiare strumenti e una sala prove gratuitamente. “Ero fuori, aspettando che smettesse di piovere”, racconta Cox. “/D ¿QHVWUD GHO &OXE HUD DO]DWD di un paio di centimetri. Dopodiché, sento questo chitarrista. Aveva cominciato a suonare le prime note con OD FKLWDUUD QRQ HUD PROWR ÀXLGR 7XWtavia, ho notato che c’era qualcosa di unico in lui.” Cox entrò nella sala prove e si mise a improvvisare con


Hendrix. I due formarono subito una band chiamata in un primo momento i Sandpipers e successivamente i King Kasuals e si esibirono in molti club nel circondario di Clarksville nel Tennessee, prima del congedo. Il resto della sua breve vita e della sua folgorante carriera fa parte della storia. Diviene uno degli artisti più rivoluzionari e innovativi di sempre, membro d’onore della Rock’n’Roll Hall of Fame e fonte continua di studio e ispirazione per le generazioni presenti e future. Tornando però, per un attimo, al soldato Hendrix e ai rapporti dei suoi superiori che hanno preceduto il suo congedo, leggendoli bene, in special modo quello del Serg. Spears, traspare tra le righe non solo il tentativo di inclusione da parte dell’Esercito ma anche il fatto di aver saputo riconoscere e capire la diversa natura di quell’uomo. Chissà, quindi, se senza l’esperienza militare il soldato Hendrix sarebbe diventato Jimi Hendrix. Forse sì, forse avrebbe conosciuto qualcun altro anziché il commilitone Billy Cox, meritevole di averlo compreso prima degli altri; forse il James Marshall Hendrix del 1961, diciannovenne, peraltro afroamericano in un Paese che ancora vedeva agli albori la lotta alla segregazione (mancavano ancora due anni alla marcia su Washington di Martin Luther King), sarebbe sbocciato diversamente e non sarebbe stato congedato “con onore” da un mondo, quello militare, a cui sicuramente lui non apparteneva ma che, in qualche modo, ha saputo comprenderlo e proteggerlo prima degli altri, lasciandolo libero di prendere la sua strada. E che strada!

Jimi Hendrix (a sinistra) suona con un commilitone.

SITOGRAFIA http://www.thesmokinggun.com/documents/crime/jimis-private-parts https://www.ondamusicale.it/musica/12581-il-soldato-jimi-hendrix/ https://www.lifegate.it/rock_files_today_02_luglio-jimi-hendrix https://www.military.com/veteran-jobs/career-advice/military-transition/famous-veterans-jimi-hendrix.html http://www.thesmokinggun.com/file/jimis-private-parts.

Jimi Hendrix (a sinistra) e Billy Cox (a destra).

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NOTIZIE E CURIOSITÀ

UN BRAND IN EVOLUZIONE Il Recruiting Marketing dell’Esercito

di Francesco Greco

Come le grandi aziende e, più in generale, tutte le Forze Armate, l’Esercito ha seguito con attenzione quella che possiamo de¿nire la rivoluzione digitale del marketing e, di conseguenza, ha adattato i propri dogmi all’evoluzione del contesto. Il marketing digitale è portato a contrapporsi a quello di tipo tradizionale, o RIÀ LQH, che si avvale di strumenti come la carta stampata, le ¿ere, la pubblicità e di tutti i mezzi che da anni fanno parte dei piani di comunicazione e promozione delle aziende e delle Istituzioni a sostegno del loro brand, delle vendite e dell’immagine in generale. Il digital marketing, invece, si svolge prevalentemente online attraverso siti internet, canali web e social e piattaforme e-commerce. Il termine ha origine da digital market al quale viene aggiunto il gerundio -ing per indicare una partecipazione attiva da parte delle aziende al mercato digitale, uno spazio online che ospita un tipo di comunicazione pubbli16

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citaria digitale e non convenzionale. Quanto all’orientamento delle campagne di marketing, va sottolineato che il core business dell’Esercito, differentemente dalle aziende commerciali, non è rappresentato dalle vendite o dal pro¿tto, quanto dalla necessità di promuovere la cultura militare e favorire il reclutamento. Da lì, la necessità per la Forza Armata di dotarsi di organi capaci di muoversi in questi settori speci¿ci. Per questo è oramai consuetudine parlare di “Recruiting Marketing” che, ad oggi, rappresenta uno dei pilastri della comunicazione istituzionale dell’Esercito. Una volta si parlava in termini distintivi di reclutamento, come speci¿ca competenza della branca personale, e di marketing, che rientrava nell’ambito della promozione (Uf¿cio DAP, Documentazione Attività Promozionali). In realtà, in ambito Forze Armate, queste due discipline trovano una solida base comune nella Legge 25/97 sul Riordino dei Vertici

che sottolinea l’esclusiva competenza dei Capi di Forza Armata in materia di impiego del personale e di promozione del reclutamento. Si può dunque affermare che il recruitment abbia da tempo incontrato il mondo del marketing e che da questo abbia mutuato il concetto di customer care istituzionale. Un esempio tra tutti, l’orientamento a trattare i candidati ai concorsi militari come clienti, anche se non acquistano nulla (almeno non materialmente), ma sono interessati a valori, cultura e tradizioni del brand Esercito che, di fatto, li identi¿ca, in senso lato, come tali. Il Recruiting Marketing diviene dunque una funzione strategica, utile ad attrarre, coinvolgere e poi mantenere vivo l’interesse verso la Forza Armata dei candidati, clienti e anche dei colleghi militari. Per questo l’Esercito mette in atto una serie di iniziative volte a far conoscere al pubblico a cui si rivolge le proprie attività e opportunità professionali, stabilendo un primo contatto


con gli interessati. Ciò diventa fondamentale per attrarre i potenziali “clienti” che cliccano su un contenuto, mettono un like sui social, si iscrivono alla newsletter di Forza Armata tramite un infopoint, ma che, magari, ancora non hanno aderito a un processo di selezione/concorso. Quello su cui si fa leva è la curiosità del candidato, motivo per cui la promozione del reclutamento è inevitabilmente collegata agli sforzi di posizionamento del brand (partecipazione a saloni e ¿ere, attività di co-branding con aziende di elevata caratura a livello nazionale ed internazionale) e a tutte le azioni outbound (ossia in uscita con messaggi che vanno verso il candidato) per portare sempre più visite al sito dell’Esercito e, di conseguenza, alla pagina dei concorsi

(tattiche push, ovvero “di spinta”). La più recente iniziativa di Recruiting Marketing è stata la partecipazione (per la prima volta) con il nuovo brand Esercito a Pitti Immagine 2021, svoltosi dal 30 giugno al 2 luglio 2021, con uno stand e capi di abbigliamento dedicati. La partecipazione è stata promossa e sostenuta da Difesa Servizi SpA, Società in house del Ministero della Difesa la cui mission generale ha per oggetto la gestione economica di beni e servizi, anche immateriali, derivanti dalle attività istituzionali del Dicastero ed il cui asset storico è appunto rappresentato dalla gestione e valorizzazione dei marchi delle Forze Armate. La collezione upcycling primavera/estate marchiata Esercito, ha proposto capi realizzati con mate-

riali ed equipaggiamenti impiegati nell’ambito di missioni nazionali e internazionali. Inoltre, è stata promossa una ¿loso¿a ecocompatibile in linea con la recente svolta green delle Pubbliche Amministrazioni. È così quindi che paracadute in materiale sintetico diventino giacche performanti dall’elevata resistenza e coperte, opportunamente trattate, e altri materiali destinati a essere accantonati, si trasformino in cappotti, acquisendo un elevato valore rispetto all’origine. Materiali che altrimenti non avrebbero goduto di una seconda vita, ma che in questo caso creano un profondo legame fondato su valori e ideali comuni, diffondendo un messaggio positivo per le nuove generazioni rafforzando, con contenuti nuovi e sostenibili, le campagne di reclutamento.

Stand dell’Esercito a Pitti Immagine 2021.

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PERCHÈ SI DICE COSÌ

PER IL ROTTO DELLA CUFFIA Questa antica espressione sta ancora oggi a designare l’azione di chi esce miracolosamente da una situazione dif¿cile. Si richiama all’antico gioco della “quintana”, la giostra di origine medievale nella quale i cavalieri, armati di lancia, correvano contro una sagoma girevole (a volte vestita da “saraceno” e lì quindi chiamata “giostra del saraceno”) armata di scudo da un’estremità e da un lungo braccio dall’altra, senza farsi disarcionare. In questo torneo cavalleresco era ritenuta valida anche la prova di

Arezzo, giostra del Saracino.

quel concorrente che veniva colpito, perdendo l’elmo, solo sulla “cuffia” (copricapo di cuoio indossato sotto la celata), senza però cadere da cavallo. Ancora oggi, in molte parti d’Italia e d’Europa, vengono rievocati i giochi medievali come la giostra della quintana rendendo il termine “salvarsi per il rotto della cuffia” non solo metaforico ma, in questi casi, pratico. Attualmente, fra i tornei cavallereschi più celebri e partecipati al mondo ci sono la Quintana di

Ascoli Piceno, risalente al IX D.C., con oltre 1.500 partecipanti fra cavalieri, musici, sbandieratori, artigiani e ¿guranti, e il torneo di Kaltenberg, in Baviera (Germania), con una capienza di oltre 10.000 spettatori e 1.200 partecipanti fra musicisti, ballerini, artisti, artigiani, gruppi storici. La lunghissima tradizione di queste manifestazioni e il grande interesse che suscitano nel pubblico hanno portato queste, nel tempo, ad assumere caratteristiche di sempre maggior realismo, spettacolarità e suggestione.


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FOTO D’AUTORE C.le. Magg. Ca. Sc. QS Daniele DI BENEDETTO 9° reggimento alpini

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L’INTERVISTA DEL DIRETTORE

ADRIANA CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO

“IL SUO PIÙ GRANDE INSEGNAMENTO È STATO L’ESEMPIO DELLA SUA VITA” La ¿glia dell’eroe della Resistenza parla con noi

Adriana Cordero Lanza di Montezemolo è l’ultimogenita del Colonnello Giuseppe Montezemolo, il capo del Fronte Militare Clandestino di Resistenza, Medaglia d’Oro al Valor Militare, eroe della Resistenza, massacrato alle Fosse Ardeatine nel pomeriggio del 24 marzo 1944, assieme agli altri 334 prigionieri politici, ebrei, detenuti comuni che erano stati prelevati dalla prigione nazista di via Tasso e dal carcere di Regina Coeli, a seguito dell’attentato di Via Rasella a Roma. Nella sua abitazione romana, proprio sulla Via Ardeatina, custodisce le PHPRULH GL VXR SDGUH FRQ LO FRPSLWR GL GLYXOJDUOH H QRQ IDUOH DIÀHYROLUH FRVu FRPH SULPD GL OHL IHFH OD PDGUH Juccia (Amalia), scomparsa nel 1983.

“Al momento dell’occupazione dei tedeschi non ha avuto un attimo di dubbio” Perché suo padre intraprende la carriera militare? È una vocazione personale o intende portare avanti la tradizione familiare?

Sicuramente intraprendere la carriera militare è stata una vocazione personale che lo ha fatto partire volontario a 17 anni nella Grande Guerra, e che poi, HVVHQGR VWDWR FRQJHGDWR DOOD ¿QH GHOOD JXHUUD OR KD fatto partecipare e vincere un concorso per rientrare nell’Esercito in servizio permanente effettivo, pur avendo un ottimo lavoro da ingegnere. Non escludo, però, che le tradizioni militari della famiglia fossero nel suo dna. Quando capisce che il fascismo è un regime oppressivo che avrebbe portato l’Italia alla rovina?

Già negli anni Trenta, dopo la guerra di Spagna, diceva che il fascismo non era più quello di prima e si preoccupava dell’amicizia di Mussolini con Hitler perché temeva l’intervento dell’Italia in guerra, dato che si rendeva perfettamente conto della nostra impreparazione. Quando decide di resistere ai nazifascisti?

Al momento dell’occupazione dei tedeschi del Ministero della Guerra dove era il Comando della Città $SHUWD QRQ KD DYXWR XQ DWWLPR GL GXEELR KD UL¿XWDWR di accompagnare il Generale Calvi in prigionia ed ha iniziato la resistenza. Riuscì a far arrivare qualche messaggio alla famiglia e ai suoi collaboratori durante la prigionia? n. 3/2021 I Rivista Militare

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Sì. È riuscito a inviarci tre bigliettini in cui dava LQIRUPD]LRQL SHU PHWWHUH LQ JXDUGLD DOFXQL XI¿FLDOL attivamente ricercati dai tedeschi; dava consigli su come impostare la sua difesa in un eventuale SURFHVVR H LQ¿QH SHU GLUH TXDQWR DPDYD OD PDPPD H che rimpiangeva soltanto noi.

Il suo più grande insegnamento è stato l’esempio della sua vita e lo dobbiamo ricordare per la sua assoluta onestà nei pensieri e nelle azioni, per il suo coraggio, per la fedeltà al dovere e per il suo amore per la Patria che anteponeva anche a quello per la famiglia.

Qual è il suo più grande insegnamento, perché il Colonnello Montezemolo dev’essere ricordato?

In collaborazione con la dottoressa Sabrina Sgueglia della Marra

Famiglia Montezemolo a Roma nel 1941, Adriana è la più piccola, vestita di bianco al centro.

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NUOVO SUV 3008 Plug-in Hybrid Scoprite i vantaggi a voi riservati negli showroom Peugeot

Peugeot è orgogliosa di offrire a tutti i componenti dell’Esercito Italiano condizioni esclusive su tutta la gamma. Fino a 1.000€ di vantaggi extra in aggiunta alle promozioni in corso. Provate l’eccellenza tecnologica Peugeot, con l’innovativo Peugeot i-Cockpit®, motori fino a 300CV, i sistemi avanzati di aiuto alla guida ADAS e le versioni Plug-in Hybrid o 100% elettriche.  Gamma Nuovo 3008 Plug-in Hybrid: Emissioni di CO₂: da 28 a 41 g/km - Autonomia in modalità 100% elettrica: 59 km. Gamma Nuovo 3008 termico: consumi ciclo combinato (l/100 km): da 4,6 a 7,8. Emissioni CO₂: da 122 a 178 g/km. Valori determinati utilizzando la nuova procedura di prova WLTP. I dati possono variare secondo le condizioni effettive di utilizzo e in base a diversi fattori. Maggiori info su peugeot.it

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LO SPECIALE

LE SFIDE DEL KOSOVO Verso l’integrazione euro-atlantica di *Sarah Ibrahimi Zijno **Matteo Bressan

I risultati delle ultime elezioni politiche, le quarte in sei anni, il possibile impatto della presidenza Biden, le prospettive del dialogo Belgrado – Pristina e l’importanza della missione KFOR segnano i principali trend del Kosovo, nel suo 13° anno di indipendenza. Il paese si avvia verso la trasformazione della Kosovo Security Force (KSF) e ottiene il riconoscimento internazionale da parte di Israele. Lo scorso 14 febbraio il Kosovo è tornato alle urne, dopo la prematura sfiducia (25 marzo 2020) del governo del Premier Albin Kurti, leader di Vetëvendosje! (Movimento per l’Autodeterminazione), e la breve parentesi del governo guidato da Avdullah Hoti, insediatosi nel giugno 2020. La Corte Costituzionale del Kosovo aveva annullato, il 21 dicembre 2020, il voto con il quale, il 3 giugno 2020, il Premier Hoti aveva ricevuto, con un solo voto di scarto, la fiducia in Parlamento, contestando il voto decisivo del deputato Etem Arifi, condannato lo scorso anno per corruzione ad un anno e tre mesi di reclusione (1). A questa instabilità politica si sono andate ad aggiungere le dimissioni del Presidente Hashim Thaci, arrestato lo scorso novembre con l’accusa di crimini di guerra. L’esito della tornata elettorale ha registrato la 28

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netta affermazione (circa il 48% dei voti) del partito antisistema, progressista e nazionalista di Vetëvendosje! guidato da Albin Kurti. Usciti fortemente ridimensionati i partiti tradizionali con il Partito Democratico del Kosovo dell’ex presidente Hashim Thaci fermo al 17,4%, la Lega Democratica del Kosovo del premier uscente Avdullah Hoti al 13,1% e l’Alleanza per il Futuro del Kosovo dell’ex premier Ramush Haradinaj al 7,4%. I giovani nati dopo la guerra, la diaspora e la componente femminile dell’elettorato intercettata dalla lista Vetëvendosje!, grazie alla presenza di Vjosa Osmani, la presidente del Parlamento poi eletta Presidente del Kosovo, spiegano, insieme alla possibilità di riscatto, alla lotta alla corruzione e alla creazione dei posti di lavoro, le ragioni dell’affermazione di Kurti. È presumibile che il Presidente Biden mostrerà maggiore predisposizione al dialogo con gli europei, rispetto a Donald Trump. Tale diversa postura statunitense potrebbe avere conseguenze positive sul dialogo Belgrado – Pristina sotto egida dell’Unione Europea. Il rappresentante UE Josep Borrell ha esortato le parti a mostrare “coraggio politico” e “spirito di compromesso e pragmatismo”.


Pristina, foto di Globalpedia n. 3/2021 I Rivista Militare

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Un accordo finale dovrebbe risolvere le numerose questioni rimaste aperte, quali lo status delle aree del Kosovo popolate dai serbi, i risarcimenti di guerra, il futuro dei siti religiosi serbo – ortodossi e altri aspetti legati alla normalizzazione economica tra i

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due paesi, in parte avviata a Washington lo scorso settembre nel corso del vertice alla Casa Bianca tra il Presidente Vucic e il Premier Hoti. Entrambi i governi dovranno affrontare situazioni politiche potenzialmente esplosive in patria, dove ogni concessione all’altra

parte non ha mai il favore delle rispettive opinioni pubbliche. Il nostro Paese continua, attraverso la partecipazione all’operazione NATO KFOR, a garantire la stabilizzazione del Kosovo, svolgendo un ruolo equilibrato e riconosciuto sia dalla popolazione kosovara albanese sia da parte della minoranza serba. KFOR è la missione più longeva della NATO e fonda la sua legittimità sui compiti assegnati dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle NU 1244 (12 giugno 1999) e sul Military Technical Agreement siglato con la Serbia (9 giugno 1999). La missione KFOR, con la sua componente di manovra e con assetti multinazionali fortemente innovativi, si conferma essere un elemento di stabilizzazione un sensore avanzato nella regione per prevenire il riaccendersi di tensioni antiche ed emergenti. Il reciproco riconoscimento tra Israele e Kosovo ha comportato anche il riconoscimento di Gerusalemme, da parte del Kosovo, come capitale di Israele e la conseguente apertura di una ambasciata in loco. Tale de-


cisione ha determinato una levata di scudi nella comunità internazionale. In effetti, la risoluzione 478 delle Nazioni Unite non riconosce l’annessione di Gerusalemme Est, avvenuta nel 1967 in seguito alla Guerra dei Sei Giorni, e pertanto lo spostamento della capitale operata dagli israeliani è considerata illegale, così come, conseguentemente, lo spostamento delle ambasciate. Oltre alle prese di posizione della Turchia e della Serbia, anche l’Unione Europea, che nel favorire l’avvicinamento del Kosovo alle proprie politiche e per favorirne lo sviluppo ha speso, dal 2008 ad oggi, circa due miliardi di euro, non ha potuto vedere di buon occhio una mossa politica che sostanzialmente allontana il paese dall’UE invece che avvicinarlo. Nonostante i progressi, anche in termini capacitivi raggiunti dal

Kosovo, confermati dall’invio del primo contingente delle Forze di Sicurezza del Kosovo (KSF) all’estero (Kuwait) sotto il comando statunitense, la regione dei Balcani si conferma terreno di confronto tra attori regionali e globali. Hanno riacceso motivi di discussione i recenti documenti “non-paper” circolati in ambienti diplomatici che sostanzialmente andrebbero a suggerire un riassetto dei confini di alcuni paesi dei Balcani. Nello specifico, la Bosnia – Erzegovina, attraverso una “pacifica dissoluzione” verrebbe ridefinita tra Croazia e Serbia, il Kosovo si unirebbe all’Albania e vedrebbe la creazione nella parte settentrionale di una regione autonoma a maggioranza serba. Ipotesi di riorganizzazione delle frontiere che ad oggi non trovano consensi ma

che confermano la circolazione di soluzioni alternative.

NOTE (1) Isu¿ P., Kosovo Sets Election Date Amid Constitutional Controversies, Balkan Insight, 7 gennaio 2021. *Dott.ssa in Scienze politiche internazionali e dell’amministrazione e analista dell’Osservatorio per la stabilità e sicurezza del Mediterraneo Allargato (OSSMED – LUMSA) **Docente di Relazioni internazionali e studi strategici presso la LUMSA. Coordinatore didattico dei corsi sul terrorismo e le guerre irregolari presso la SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale). Analista della NATO Defense College Foundation.

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LO SPECIALE

LA KOSOVO SECURITY FORCE di Vincenzo Stella

Un ruolo chiave nell’architettura di sicurezza del Kosovo è in mano alla Kosovo Security Force (KSF), che riveste insieme al Ministero della Difesa una funzione centrale nel processo evolutivo dello Stato balcanico, in quanto espressione della sovranità nazionale e strumento d’integrazione nel sistema internazionale. La costituzione della KSF fu proclamata il 21 gennaio 2009, il giorno dopo l’annuncio dei circa 1400 nomi di appartenenti al Corpo di Protezione del Kosovo (KPC), sciolto alcuni mesi dopo, ritenuti idonei a farne parte ed esserne impiegati a tutti i livelli. La Kosovo Security Force celebra il suo anniversario, il “Giorno della Forza”, il 27 novembre. La data è legata alla prima apparizione pubblica dell’Esercito di liberazione del Kosovo, nel 1998, nella regione di Drenica nel corso dei funerali di un insegnante locale ucciso dalla polizia serba. Il compito assegnato alle Forze di Sicurezza kosovare, fu quello di condurre Crisis Response Opera32

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tions (CRO) in patria e all’estero, attività di protezione civile ed assistenza alle autorità responsabili della gestione delle operazioni di soccorso a seguito di disastri naturali e speci¿che emergenze. La missione implicava lo sviluppo di capacità quali Search and Rescue (SR), boni¿ca di ordigni esplosivi e sminamento, controllo e boni¿ca di materiali pericolosi, antincendio e compiti di assistenza umanitaria. La Kosovo Force (KFOR) a guida NATO fu incaricata della formazione della KSF per portarla alla piena capacità operativa secondo gli standard NATO. In breve tempo si iniziarono a vedere i primi risultati; nel 2010 la Forza di Sicurezza dimostrò di essere capace di intervenire due volte nel nord dell’Albania per fornire supporto a seguito di inondazioni. Nel marzo 2012, furono avviate delle consultazioni di esperti locali e dei cittadini, sulla base delle quali venne redatto la Strategic Security Sector Review (SSSR), che proponeva la revisione della

National Security Strategy, la redazione della Defence Strategy e un nuovo National Response Plan. La SSSR evidenziava anche la mancanza della capacità di Difesa Territoriale e indicava i cambi necessari che tutte le istituzioni del Paese dovevano intraprendere per trasformare il Ministero della KSF (MKSF) in Ministero della Difesa e la KSF in Kosovo Armed Force (KAF). Il rapporto ¿nale della Strategic Security Sector Review, redatto a marzo 2014 e approvato dal Primo Ministro del governo del Kosovo, stabiliva che la KAF sarebbe stata una forza composta da non più di 5000 persone attive e 3000 truppe di riserva, orientata alla difesa dei con¿ni nazionali assumendo la responsabilità “della difesa dei cittadini, delle proprietà e degli interessi dello Stato”. Pertanto, il Ministero della KSF avviò il processo di piani¿cazione generale per la trasformazione in KAF, organizzazione necessaria ad assicurare la Difesa Territoriale


del Kosovo, de¿nendone la struttura delle forze, le responsabilità e le capacità di acquisire. Fu deciso di implementare la piani¿cazione, completata a febbraio 2017 nel “Comprehensive Plan For Kosovo Security Force (KSF) Transformation Into Kosovo Armed Forces (KAF)”, con un approccio “scalabile” che ancora prevede lo sviluppo bilanciato del reclutamento, addestramento, equipaggiamento, costruzione di infrastrutture, sviluppo delle capacità operative e disponibilità di fondi da allocare negli anni dal 2019 al 2028. Il piano, come quello successivo e de¿nitivo del 2018, “The Kosovo Security Force Comprehensive Transition Plan” (CTP), prevede la trasformazione attraverso un processo trasparente suddiviso in 3 fasi: Fase 1: creazione delle condizioni strategiche in termini di riferimenti legislativi, linee di dottrina e concetti operativi. In questa fase la KSF continuerà ad assolvere il ruolo di struttura di risposta alle emergenze nazionali ¿no al conferimento di tali capacità ad altre istituzioni di sicurezza del Kosovo (Ministero degli Affari Interni e Agenzia per la Gestione delle Emergenze). In

questa fase si prevede che le forze continuino ad incrementare la cooperazione con gli stati amici al ¿ne di addestrarsi e acquisire le competenze per eventualmente partecipare in operazioni congiunte con partner a livello regionale o con organizzazioni internazionali quali ONU, NATO, UE e OSCE. Il processo di integrazione nelle suddette istituzioni è correlato all’integrazione della Repubblica del Kosovo; Fase 2: ulteriore sviluppo e modernizzazione delle principali capacità operative, compresa quella di comando, controllo e comunicazione. Continuazione del completamento delle forze con equipaggiamento individuale e collettivo; Fase 3: ¿nalizzazione dei progetti di sviluppo. Raggiungimento della piena capacità operativa per ogni livello di comando. Il quadro giuridico entro il quale realizzare la trasformazione fu fornito da tre nuove leggi approvate dal Parlamento ed entrate in vigore il 18 gennaio 2019, data di avvio della trasformazione del Ministero e della Kosovo Security Force. Al ¿ne di evitare il mancato rispetto della Costituzione, la modi¿ca del nome della KSF in KAF non è avvenuto.

Tale decisione ha provocato anche reazioni di scetticismo da parte della NATO, Unione Europea e Nazioni Unite mentre è tuttora fortemente sostenuta da alcuni Paesi, in particolare da Stati Uniti, Turchia e Albania. Infatti, secondo la Risoluzione ONU 1244, KFOR è l’unica formazione militare legale autorizzata in Kosovo. Pertanto, il NATO Advisory and Liaison Team (NALT) dal 2016 continua a supportare lo sviluppo della Forza di Sicurezza per gli aspetti di sviluppo di capacità, formazione e addestramento nel rispetto del primo mandato. Anche l’Italia, come ribadito nel corso di un recente incontro bilaterale tra il Ministro Guerini e il Ministro della Difesa del Kosovo Anton Quni, è vicina al Governo del Kosovo confermando l’invariato impegno nel rispetto del primo mandato della KSF. Infatti sono stati offerti corsi di Search and Rescue, Medicina Militare, gestione di salvataggi a seguito di incidenti o incendi, oltre a incontri di esperti tra carabinieri e polizia militare della Kosovo Security Force, sullo sminamento umanitario e sugli ordigni inesplosi, sull’inquinamento ambientale.

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PENSIERO

GIUSEPPE CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO Il capo del Fronte Militare Clandestino di Resistenza di Sabrina Sgueglia della Marra

Il Colonnello Montezemolo a cavallo durante una parata.

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Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo nacque a Roma il 26 maggio del 1901 in una famiglia di antica tradizione militare originaria di Mondovì, in provincia di Cuneo. Arruolatosi volontario a soli diciassette anni e assegnato alle truppe mobilitate in zona di guerra del 1° reggimento Alpini, ricevette il battesimo del fuoco il 31 agosto del 1918. Al termine del conÀitto, promosso Sottotenente di complemento e assegnato al 1° reggimento Genio, il 2 novembre del 1919 prestò giuramento di fedeltà al Re e ai suoi successori. Nel gennaio successivo, si congedò e riprese gli studi universitari, interrotti due anni prima, al Regio Politecnico di Torino. Conseguita la laurea in Ingegneria civile, il 29 luglio 1923, trovò lavoro come ingegnere progettista e, nell’agosto successivo, sposò Amalia Dematteis, da cui avrà cinque

¿gli: Manfredi, Andrea, Lydia, <solda e Adriana. La vocazione militare, però, non era sopita: il 18 dicembre del 1924 fu nominato Tenente del Genio. Nel gennaio del 1928, col grado di Capitano, ottenne il comando della 1ª Compagnia del reggimento Ferrovieri del Genio di Torino e cominciò a insegnare Scienza delle Costruzioni alla Scuola di Applicazione di Artiglieria. Dal 1930, per tre anni, frequentò la Scuola di Guerra ove si classi¿cò primo e il 27 novembre del 1934 fu nominato 1° Capitano al comando del Corpo d’Armata di Torino. Allo scoppio della guerra d’Etiopia, nell’ottobre del 1935, Montezemolo venne richiamato a Roma all’Uf¿cio Servizi del Corpo di Stato Maggiore. In seguito, ottenuto il comando di un battaglione del 1° reggimento Genio a Vercelli, nel settembre del 1937 si

arruolò nel Corpo Truppe Volontarie italiano in partenza per la Spagna e, divenuto capo di Stato Maggiore della Brigata “Frecce Nere”, ottenne la promozione a Tenente Colonnello per merito di guerra e una Croce di Guerra al Valor Militare. Alla vigilia dell’entrata in guerra del Regno d’Italia, il 4 giugno del 1940, fu trasferito al Comando Supremo dell’Esercito e posto a capo dell’Uf¿cio Operazioni dello scacchiere africano. Nel maggio 1943, ottenne la promozione a Colonnello con anzianità primo luglio 1942 e gli venne conferita la croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. La sua presenza fu determinante nei principali vertici militari con le autorità tedesche: partecipò anche al drammatico incontro di Feltre, il 19 luglio 1943, quando ormai era profondamente deluso dal fascismo e persuaso che la scon¿tta

Montezemolo secondo da sinistra, con dei colleghi.

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Targa presso l’abitazione romana di Montezemolo in via Giovanni Battista Vico 31.

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fosse inevitabile. Ebbe infatti un ruolo di spicco nel progetto volto a destituire Mussolini promosso dal capo di Stato Maggiore Generale Ambrosio, succeduto a Cavallero. Dopo la caduta del regime fascista, il nuovo capo del governo, Badoglio, lo volle accanto a sé e gli af¿dò la direzione della sua segreteria particolare. Ma a Montezemolo non poteva che andar stretta una mansione di tipo politico e, sollevato dall’incarico su sua esplicita richiesta, si mise a disposizione del Generale Carboni che lo pose al comando dell’11º Raggruppamento Genio motocorazzato. L’armistizio con gli Alleati, l’8 settembre 1943, lo sorprese mentre era impegnato nell’allestimento dell’unità combattente. Nelle ore immediatamente successive, la furia tedesca si abbatté sulla capitale. Il Colonnello, lasciato senza ordini superiori, partecipò strenuamente alla difesa di Roma e fece parte della delegazione italiana che il 10 settembre raggiunse il comando del Maresciallo Kesselring per concludere la resa, ottenere il riconoscimento dello status di città aperta per la capitale e stabilire i rapporti che sarebbero intercorsi con le autorità occupanti. Calvi di Bergolo, comandante della città aperta, lo pose a capo della direzione dell’Uf¿cio affari civili e quando, il 23 settembre 1943, venne fondata la Repubblica Sociale, Montezemolo non ebbe esitazioni: ri¿utò di prestare giuramento di fedeltà al fascismo rinato a Salò e riconobbe nel Governo del Sud l’unico legittimo. È proprio in quelle ore che in lui prese corpo il progetto di un’organizzazione militare clandestina che resistesse ai nazifascisti e proteggesse la popolazione: il Fronte Militare Clandestino di Resistenza. In pochi mesi, il FMCR poté contare su un organico che raggiunse dodicimila patrioti operanti nelle bande interne, entro le mura della capitale, e diciassettemila effettivi nelle bande esterne che, grazie a Montezemolo, vennero legittimamente riconosciute come un Reparto delle Forze Armate italiane rimasto isolato in territorio occupato, formato da combattenti regolari in servizio militare presso le varie zone d’operazione. L’organiz-


zazione clandestina stabilì un contatto radio col Comando Supremo trasferitosi a Brindisi che, tra le sue prime comunicazioni, designò il Colonnello suo diretto rappresentante in Roma col compito di predisporre e dirigere la lotta di liberazione. Siglati da una “M”, i messaggi che quotidianamente il FMCR fece pervenire al Governo del Sud e, suo tramite, agli Alleati, rappresentarono un’inestimabile fonte di informazioni strategiche che agevolarono grandemente le operazioni angloamericane. Il 10 dicembre del 1943, per de¿nire e precisare i compiti af¿dati al dispositivo militare, Montezemolo scrisse di suo pugno le “Direttive per l’organizzazione e la condotta della guerriglia” e le diramò ai comandanti militari regionali del FMCR. In esse si chiariva che, per evitare rappresaglie tedesche sulla popolazione, la guerriglia sarebbe stata ammessa esclusivamente al di fuori del territorio urbano. Tale impostazione strategica era in netto contrasto con quella adottata dai partiti, soprattutto dal Partito Comunista, le cui avanguardie armate praticavano la

lotta aperta senza quartiere anche all’interno delle mura cittadine. Ma per Montezemolo le divergenze ideologiche e tattiche non avrebbero dovuto pregiudicare l’unione di tutte le forze antifasciste. La cooperazione con esse doveva essere cercata, promossa e consolidata superando ogni pregiudiziale politica ed istituzionale per dare al movimento di liberazione qualche speranza di successo. Grazie all’impegno del suo capo, il FMCR fu in grado di instaurare un rapporto di costante e pro¿cua collaborazione coi partiti del Comitato di Liberazione Nazionale e fu il punto di riferimento delle organizzazioni di Resistenza dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Marina e dell’Aeronautica, che afferirono ad esso come centro di coordinamento delle azioni di sabotaggio, per il sostegno ¿nanziario e per il rifornimento di armi e di documenti falsi. Come affermò Kappler, a Roma Montezemolo era il nemico numero uno dei tedeschi e per questo mise una grossa taglia sulla sua testa. L’occasione propizia per arrestarlo

si presentò nei giorni successivi allo sbarco di Anzio, avvenuto il 22 gennaio 1944. Montezemolo fu fermato il 25 gennaio, verosimilmente in seguito a delazione. Rinchiuso per cinquantotto giorni nella cella 1-a del carcere di via Tasso, venne barbaramente torturato. Ma a nulla valsero gli estenuanti interrogatori: il Colonnello non parlò e, al contrario, riuscì a far trapelare dalla prigionia informazioni assai utili per i suoi collaboratori. Ogni tentativo di liberarlo risultò vano. Non venne sottoposto a processo né condannato a morte perché, evidentemente, era una personalità troppo conosciuta e le autorità tedesche paventavano una sollevazione della cittadinanza. Poi, il 24 marzo del 1944, Kappler ebbe ¿nalmente modo di sbarazzarsene quando lo inserì personalmente nelle liste dei 335 Todeskandidaten, i detenuti meritevoli di morte, trucidati alle Fosse Ardeatine. Nel luglio del 1944, al Colonnello Montezemolo è stata concessa dal Re motu proprio la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Museo della Liberazione di via Tasso, cella dove fu detenuto il Colonnello Montezemolo.

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PENSIERO

LA GRANDE ILLUSIONE DI NORMAN ANGELL di Giuseppe Cacciaguerra

Il primo ministro britannico Neville Chamberlain nel 1938 al rientro dalla conferenza di Monaco.

Il premio Nobel per la Pace Norman Angell scrisse La Grande Illusione all’inizio del 1900. La lettura di questo testo consente ancora oggi una profonda riÀessione sul fenomeno della guerra e su quanto ingannevoli siano i risultati che con essa si possono conseguire. Lo scontro bellico rappresenta un male ancestrale dal quale si può guarire facendo perno sul benessere che 38

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solo la pace è in grado di assicurare. Le strette interconnessioni economiche tra gli Stati, infatti, sono tali da rendere ogni avventura militare una illusione perché dalle radici della violenza nasceranno solo povertà e distruzione regredendo il genere umano allo stato di natura. Sir Norman Angell nacque in Inghilterra il 26 dicembre del 1872 da una famiglia di mercanti dalle agiate con-

dizioni economiche. Ben presto mise in luce doti intellettuali rimarchevoli che af¿nò nel corso dei suoi studi in Inghilterra, Francia e Svizzera. Vero cosmopolita, all’età di 17 anni si recò negli Stati Uniti dove rimase dal 1890 al 1898 facendo i lavori più disparati, tra cui il cowboy, per poi approdare al giornalismo. Ritornato in Europa si iscrisse nel 1920 al Partito Laburista, divenendo anche parlamentare


(1929-1931), ma è nel suo impegno a favore della pace e contro l’aggressività dei regimi dittatoriali che ebbe riconosciuti i maggiori meriti – nel 1933 ricevette il premio Nobel per la Pace. Angell fu un proli¿co autore, dal 1910 ¿no alla sua morte nel 1967, all’età di 94 anni, scrisse un libro ogni anno: i suoi temi preferiti furono l’economia, la politica e gli affari internazionali. Il suo nome divenne famoso presso il grande pubblico proprio grazie ad uno dei suoi primi scritti: La Grande Illusione. Quest’opera fu più volte rivista ed aggiornata nel corso degli anni e come progetto nacque dall’ampliamento di un pamphlet del 1909 che suscitò notevole interesse in tutta Europa. Angell incentra i suoi studi sui rapporti economici e ¿nanziari degli Stati che, essendo sempre più connessi e so¿sticati, rendono di per sé impossibile farsi la guerra. A differenza di altri autori non si occupa, se non marginalmente, degli sviluppi tecnici degli armamenti favorendo la mera speculazione economico-politica delle relazioni internazionali. L’incipit di Angell è relativo alla corsa agli armamenti tra Germania e Regno Unito, sforzo che discende da un erroneo assunto per cui il benessere di una nazione si ottiene solo tramite l’espansione territoriale e l’uso della forza contro gli altri. La prosperità raggiungibile tramite una politica di potenza, che è direttamente proporzionale alle proprie Forze Armate, apparteneva ai secoli precedenti, perché oggi lo sviluppo industriale e i traf¿ci commerciali sono tali da slegare l’acquisizione della ricchezza dalla aggressività concretizzata nel militarismo, braccio operativo della politica statale espansiva. Angell non accetta l’assioma economia ¿orente in virtù di forza militare che, in sintesi, rappresenta una visione darwinistica dei rapporti tra le nazioni. Il commercio tra gli Stati è del tutto indipendente dalla loro forza militare, è semplicemente una questione di qualità-prezzo di un prodotto da piazzare sul mercato: quello più competitivo vince. Angell, sul tema, è critico anche con il suo paese, soprattutto nei confronti della Royal Navy, che per lui rappresenta

Sir Norman Angell.

un’inutile spesa ai ¿ni di un Àorido commercio mondiale, che non si cura della forza, ma dei prodotti in sé. Il grande paradosso è proprio la futilità delle conquiste: sono la “Grande Illusione” di tutta l’Europa, il miraggio da inseguire. L’autore inglese rimarca con decisione questo concetto e si aiuta con l’esempio della Germania. Quest’ultima nel 1869, cioè prima della guerra vittoriosa contro la Francia, aveva una emigrazione attestata su 70.000

unità; nel 1872 la cifra raddoppiò a 154.000. Fatto singolare dopo una campagna vittoriosa, soprattutto perché gli emigranti non erano originari dell’Alsazia o della Lorena, ma della Prussia. L’errore che per Angell si continua a perpetrare è quello di sempli¿care i rapporti tra Stati utilizzando popolari stereotipi. Si tende a tratteggiarli con personalità individuali, ma gli Stati sono organismi complessi con molteplicità di interessi, n. 3/2021 I Rivista Militare

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di natura morale e materiale, che dif¿cilmente si riescono a sintetizzare in formule standardizzate. All’immutabilità della natura umana, base teorica dei sostenitori della guerra quale fattore persistente dello sviluppo dell’umanità, Angell contrappone gli incredibili sviluppi fatti dall’uomo dacché, animale tra gli animali, combatteva per accaparrarsi il cibo o addirittura praticava il cannibalismo. Per sostenere meglio le sue tesi, egli sfrutta il caso della Spagna, ove il militarismo e l’espansione coloniale di vecchio stampo (spoliazione delle 40

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ricchezze dei territori acquisiti) non hanno arricchito Madrid, ma l’hanno dissanguata demogra¿camente ed economicamente. I riferimenti alla Spagna e alle lezioni del passato sono indirizzati alla Germania, considerata la società più militarista del Continente. Angell la invita a slegarsi dalla decantata vita nelle caserme e ribadisce come la “forza ¿sica” non moltiplica lo sviluppo di una nazione. In generale, però, uno Stato non deve essere del tutto sprovvisto di una Forza, ma l’unica utile è quella della Polizia. Essa è strumento di cooperazione sociale, ciò in quanto coloro che delinquono non hanno alcuna intenzione di cooperare: il bandito vuole vivere come un parassita. Angell osserva con attenzione il progresso umano, ne è compiaciuto, e per questo non intende in alcun modo sottoscrivere le datate teorie dell’immutabilità della ferocia umana, insomma il classico homo homini lupus. Parimenti, le idee di una guerra “fucina” di uomini nuovi, “palestra di vita” o “scuola di morale” sono un desueto cliché. L’uso della forza militare, ancor prima di consumare l’avversario, usura chi la impiega, occorrono capitali ingenti per mantenere eserciti moderni di grandi dimensioni. Il militarismo, inteso come corsa

agli armamenti, è un errore non giusti¿cabile con la dicotomia difesa-aggressione. È un circolo vizioso: in Europa gli Stati mantengono e rafforzano i propri eserciti con la necessità di prevenire le intenzioni aggressive altrui. L’unico modo per rompere questo cerchio è quello di introdurre la ragione; Angell è convinto che il reciproco sospetto sia alimentato dalla inossidabile idea che, in ¿n dei conti, da un conÀitto si possano trarre bene¿ci economici in virtù delle conquiste territoriali. Purtroppo, per molti, si tratta ancora di un azzardo sostenibile. Angell ama la logica e la ragione, crede in una haute politique ed è deluso dallo spettacolo offerto a livello internazionale: intrighi, accordi, cambi di schieramento; ovunque sembra regnare la passione e non la riÀessione. Tutto il mondo è in movimento, i progressi nella meccanica sono straordinari, le banche e i capitali ¿nanziari spaziano ovunque, perché non dovrebbe avvenire nell’ambito delle idee? Se ciò ancora non è successo, secondo lui, è da attribuire alla relativa poca forza ed impegno di chi si è occupato di queste tematiche; in buona sostanza si è fatto troppo poco rispetto ai conservatori. Le conferenze sulla pace, i trattati di arbitrato e le federazioni internazio-


nali hanno solo lavorato sul metodo, che consiste nel proporre nuove procedure per evitare le guerre o risolvere le controversie tra Stati. Bisogna lavorare, invece, sulle idee di fondo che sottendono questi metodi. La speculazione economica, sociale e diplomatica è stata lasciata libera di svilupparsi nel campo avversario conservatore, lì, di conseguenza, bisogna concentrarsi per guadagnare il consenso e diffondere l’alternativa. Angell non muove critiche dirette ai militari, non fanno altro che il loro lavoro, è necessario, invece, convincere il popolo, la massa elettorale, della concretezza di queste idee. La forza morale ed emotiva dei movimenti paci¿sti è straordinaria, ma non tale da far breccia nel pensiero uniformato delle compagini militariste e ¿nanziarie mondiali. Quest’ultime hanno avuto facile gioco, in passato, nel sostenere una presunta superiorità del proprio pensiero, quello patriottico, su quello paci¿sta. È su questo piano che bisogna spostare l’azione: il paci¿sta non è contro la patria, anzi, egli è certo che le sue idee porteranno benessere e sicurezza contro distruzione e povertà. La tensione concettuale di Angell è qui condensata. La vecchia realpolitik non migliora la vita delle masse, così come è assurdo considerare la guerra inevitabile. Il progresso economico procede con la pace, esso non è garantito dalle baionette, ma dall’operoso lavoro dei cittadini. L’opera di Angell nella Grande Illusione vuol dimostrare questo.

Trattative di Pace presso il Lord Mayor di Londra “ La Domenica del Corriere”, 5 gennaio 1913. n. 3/2021 I Rivista Militare

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PENSIERO

CONFERENCE OF EUROPEAN ARMIES 2021 di Bruno Pisciotta

La Conference of European Armies (CEA) ha riaperto i battenti nel 2021 con un nuovo appuntamento. Dopo lo stop del 2020 causato dalla pandemia Covid-19, i colloqui si sono svolti dal 15 al 17 giugno a Wiesbaden (Germania). Alla conferenza hanno preso parte i comandanti delle forze terrestri di circa 40 Paesi alleati e partner europei, dell’area mediterranea, del Canada e, ovviamente, degli Stati Uniti. La 28a edizione è stata organizzata dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito statunitense, Generale James Charles McConville, con il supporto del comando dello U.S. Army Europe and Africa (USAREUR-AF). Dalla prima edizione del 1998 a oggi, grazie alla grande enfasi posta da parte della leadership statunitense e al crescente interesse dei land forces commanders europei, l’incontro ha assunto un ruolo sempre più rilevante, non solo nel consolidare le relazioni interpersonali tra i Comandanti ma anche nel condividere i principali aspetti di sicurezza e difesa e dare vita a opportunità addestrative e progetti di cooperazione, al ¿ne di incrementare le potenzialità e l’interoperabilità tra le forze terrestri e promuovere la stabilità e la pace. Il tema dell’edizione è stato: “Modernization: Regional Perspectives on Land Power”, delineato in quattro sessioni (“Modernization”, “Complementarity: Fielding Capable Forces”, “Modernizing and Maintaining a Ready Force”, “Land Force Modernization: Initiatives, Challenges, Fiscally Constrained Environments”). Nel corso degli incontri i 42

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partecipanti si sono espressi sull’argomento secondo la prospettiva nazionale, al ¿ne di stimolarne il dibattito. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, Gen. C.A. Pietro Serino, è intervenuto in qualità di relatore ai lavori della seconda sessione, illustrando le priorità del processo di trasformazione in atto nella Forza Armata, per rendere lo Strumento pronto ad affrontare ef¿cacemente le s¿de degli scenari odierni e futuri. L’Esercito Italiano sta revisionando la propria policy addestrativa, sviluppando un nuovo modello di preparazione delle forze che, tramite percorsi formativi/addestrativi ciclici e mirati, si concentri sulla prontezza a 360 gradi, piuttosto che sull’approntamento per speci¿che missioni. Un altro aspetto evidenziato dal Capo di SME riguarda l’orientamento intrapreso per diventare un “esercito di nicchia”, cioè in cui ogni Arma e specialità, concentrandosi sulle precipue competenze, diventi espressione di un alto livello di specializzazione, valorizzando le numerose eccellenze che contraddistinguono le varie unità e garantendo, di fatto, forze sempre più quali¿cate. Sul piano dei sistemi d’arma, è stata intrapresa la strada del prolungamento della vita tecnica delle piattaforme attualmente in servizio. Come riportato dal Capo di Stato Maggiore dello U.S. Army, Gen. McConville, per vincere le guerre e le s¿de del domani, bisogna essere pronti a “giocare” da protagonisti nelle s¿de di oggi. Pertanto, le principali progettualità future del settore


terrestre, oltre a essere subordinate a una disponibilità di fondi non sempre adeguata, necessitano di almeno 10/15 anni per l’entrata in linea, rendendo di fatto necessario ammodernare l’esistente per evitare pericolosi gap capacitivi, nell’attesa del rinnovamento dell’intero parco. Questo, infatti, permetterà all’Esercito di continuare a disporre e impiegare determinati assetti e, soprattutto, di non disperdere le capacità logistiche, addestrative e dottrinali maturate nel corso degli anni da parte delle nostre unità. Il Capo di SME ha condiviso ulteriori obiettivi da perseguire in collaborazione con i partner e gli alleati, quali l’incremento e la perequazione delle attività addestrative e le esercitazioni multinazionali. Queste, infatti, oltre ad essere un’insostituibile veri¿ca di prontezza, costituiscono altresì l’unico vero metodo per saggiare e incrementare l’interoperabilità tra i diversi eserciti. Nel complesso, è signi¿cativo evidenziare come, da parte dei senior leader intervenuti alla conferenza, ci sia stata una sostanziale convergenza di pensiero nell’identi¿care le priorità più urgenti e le possibili soluzioni da perseguire. Prima tra tutte è il ritorno al training ZDU¿JKWLQJ, nella considerazione che gli ultimi due decenni di impiego nelle counter insurgency operations hanno, di fatto, eroso il capitale addestrativo maturato negli anni per condurre operazioni di tipo convenzionale a livello multidivisione e multicorpo. Un secondo aspetto riguarda le criticità per il reclutamento, che assumono connotazioni eterogenee a seconda delle diverse Nazioni; mentre in Italia diventa dif¿cile stabilizzare il personale appartenente alla categoria dei graduati, ci sono Eserciti che hanno dif¿coltà ad “attrarre” le giovani leve, sia per carenze motivazionali sia per la presenza di un mercato del lavoro che offre maggiori opportunità rispetto a quello italiano. Molti dei partecipanti hanno identi¿cato nella limitata disponibilità di fondi, rispetto alle reali esigenze di ammodernamento e rinnovamento, un fattore critico su cui è necessario concentrare gli sforzi nell’immediato futuro. Questo, soprattutto in un momento in cui la spinta alla digitalizzazione rischia, oltre che di incrementare la distanza n. 3/2021 I Rivista Militare

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tecnologica tra gli Eserciti, anche di creare problemi di comunicazione e interoperabilità tra mezzi di differente generazione all’interno della stessa realtà nazionale, in¿ciandone pesantemente le eventuali potenzialità esprimibili. I convenuti hanno evidenziato anche come l’estrema frammentazione e ridondanza dei sistemi d’arma tra le Forze Armate europee rappresenti un ulteriore elemento di criticità nel continente, in quanto i 27 Paesi membri mantengono 180 sistemi d’arma diversi (a fronte dei 30 degli USA). Come evidenziato dal Generale Serino, tale frammentazione sottende più a logiche di politica industriale, dal momento che ogni Paese cerca di orientare gli investimenti per trarne anche un ritorno ¿nanziario. Sarà quindi di fondamentale importanza ricorrere a collaborazioni internazionali per lo sviluppo e l’acquisizione di piattaforme di nuova generazione, al ¿ne di ridurre dispersioni e disporre delle necessarie risorse ¿nanziarie e tecnologiche, oggi imperative per la maggior parte dei singoli Paesi. Questo è ancor più vero se riferito all’ormai improcrastinabile rinnovamento dei mezzi delle forze c.d. pesanti (Armored Infantry Fighting Vehicle, Main Battle Tank e derivati), esigenza comune a molti eserciti europei che dispongono oggi di piattaforme ormai datate e non del tutto idonee ai nuovi requisiti operativi. In conclusione, la CEA si è confermata quale irrinunciabile e pro¿cuo appuntamento per sincronizzare gli sforzi delle Forze Terrestri del Continente europeo e dei loro alleati e partner. Sulla scia di questo consolidato successo, si pro¿la l’opportunità di creare un “Centro di Competenza delle Forze Terrestri” che funga da coordinatore e catalizzatore del pensiero militare terrestre, capace di guardare al futuro connettendo in modo permanente gli eserciti NATO ed europei, le Istituzioni internazionali e nazionali e, possibilmente, l’industria e i centri di ricerca. L’ampia partecipazione e la profonda condivisione dei temi trattati e delle soluzioni proposte dimostrano, infatti, che la soluzione alle s¿de di domani non è alla portata del singolo Paese ma richiede un impegno comune ad affrontare gli scenari futuri in piena sinergia tra tutti gli attori coinvolti. 44

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PENSIERO

L’ARTE OPERATIVA SOVIETICA /D VÀGD GHO FLEHUVSD]LR di Carlo Conte L’Arte Operativa Sovietica (AOS), “disciplina della scienza e dell’arte militare che si pone come obiettivo quello di donare pertinenza strategica all’azione tattica” (1), è il frutto di una effervescente attività intellettuale di un gruppo di giovani Uf¿ciali dell’Armata Rossa, sulla scorta degli insegnamenti della Grande Guerra e della guerra civile russa. Oggi, con un contesto totalmente diverso, dove attori statuali, non statuali e “ibridi” sfruttano a proprio favore il ciberspazio, lo studio dell’AOS potrebbe essere utile a comprende-

Scuola Militare russa.

re come svolgere le operazioni nel quinto dominio del conÀitto, il ciberspazio, ambiente arti¿ciale e frutto dell’attività umana, dove la minaccia è anonima, sfumata e asimmetrica per de¿nizione. L’AOS fu alla base dell’operazione Bagration, la blitzkrieg della primavera del 1944 dell’Armata Rossa condotta sul settore orientale. La riÀessione dei pensatori sovietici si era basata sull’analisi critica dell’impasse della Grande Guerra, mettendo in discussione l’idea di Clausewitz di ottenere il successo

in una sola battaglia decisiva. Al contrario, essi insistettero sul bisogno di puntare alla completa disarticolazione del dispositivo nemico, ¿ne ultimo dello shock operativo (udar), che mirava alla paralisi del sistema tramite la dissociazione e la neutralizzazione dei suoi differenti elementi. Questo approccio rivelò una nuova disciplina dell’arte militare nella quale si decidevano i conÀitti: l’arte operativa, il mezzo di realizzazione della strategia. L’obiettivo generale è quello di provocare la paralisi della formazione


Operazione Bagration in Bielorussia.

nemica attraverso la manovra operativa (c.d. battaglia multilivello). Nell’AOS è quindi centrale l’idea di un avversario concepito in maniera sistemica (centri politici, sistemi industriali, vie di comunicazione, zone vitali, livelli di comando, ecc.), da combattere facendo ricorso a tutti i mezzi a disposizione, incluso (e non limitato a) quello militare. Solo in un periodo relativamente recente i pensatori occidentali si sono interessati al pensiero operativo sovietico, sempli¿cando i concetti originari e considerando l’operativa come un livello organico di condotta delle operazioni joint. Si creava così un ambiente speci¿co militare, riservato dalla montante ingerenza della politica nel livello strategico, ma più nobile e distaccato (anche in termini di responsabilità di esecuzione delle operazioni) del livello tattico. Tale visione non ha inizialmente colto il ¿ne ultimo dell’operatika (2) – la disarticolazione del sistema nemico – e si è concentrata esclusivamente sul mezzo, ovvero le operazioni interforze. In questo modo però, suddividendo l’arte del-

la guerra in livelli gerarchici compartimentati, si corre il rischio di interrompere la logica fra obiettivi strategici e operazioni tattiche. Malgrado la trasposizione del concetto sovietico nella dottrina occidentale resti imperfetto, i principi dell’AOS sono ancora attuali, tali da poter essere impiegati nei contesti operativi moderni, dove ai domini tradizionali si è aggiunto quello cyber. La necessità di condurre operazioni nello spazio cibernetico e mantenere la libertà d’azione è tanto una necessità condivisa, quanto ancora una mera dichiarazione di intenti. Infatti, come notato da Jeffrey Carr, uno dei più grandi esperti di cyber intelligence, la complessità e riservatezza dello spazio cibernetico starebbero confondendo il pensiero strategico dei principali responsabili della sicurezza nazionale dei Paesi. Nel ciberspazio, attori statuali e non cercano di sfruttare le vulnerabilità nei sistemi di informazione per estrarre, corrompere o distruggere dati o per ottenere prestigio, un vantaggio politico o militare, oltre che

pro¿tto, in quanto la libertà di azione nel ciberspazio può essere importante quanto il controllo su terra, mare, aria o spazio. Proprio in considerazione delle caratteristiche del ciberspazio, così come per la sua portata globale, pervasiva e interconnessa, i principi dell’AOS sembrano poter ritrovare tutta la loro forza e modernità, in quanto la condotta di operazioni cibernetiche necessita di un approccio sistemico e per effetti (ad esempio un attacco a un singolo dispositivo potrebbe sviluppare effetti a cascata in più punti su scala globale). Peraltro, anche i concetti di tempo e velocità trovano una loro nuova dimensione, data la rapidità con cui si diffondono le informazioni; inoltre, gli attori che si muovono nel ciberspazio sono sfuggenti e inde¿niti, potendo celare la propria identità ed il loro intento. Le caratteristiche di tempo, velocità, anonimato e indeterminatezza rendono il ciberspazio un ambiente permissivo, suscettibile all’applicazione dello shock operativo (udar) attraverso l’inganno (maskirovka) e la sorpresa. n. 3/2021 I Rivista Militare

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Ciberspazio.

Se i domini naturali della guerra rimangono con¿nati nelle due dimensioni (tempo e spazio) per sincronizzare la manovra tra fuoco, movimento, attacco, protezione, sorpresa e preparazione, nel ciberspazio tutte queste azioni possono essere svolte contemporaneamente e in luoghi diversi. L’operazione cibernetica può quindi simultaneamente assicurare profondità, velocità e continuità all’operazione militare, organizzando le risorse secondo una sequenza vantaggiosa, per mantenere l’iniziativa e negare la possibilità di reagire all’avversario. Anche il concetto tradizionale di concentrazione delle forze non solo ritrova applicazione nella guerra cibernetica, ma si espande per includere effetti concomitanti in luoghi (virtuali, ma anche ¿sici) diversi. Il rinnovamento dell’AOS potrebbe quindi passare per una nuova declinazione dei principi originali, nella lotta contro un avversario asimmetrico o addirittura “ibrido”, diluito nella profondità della zona d’operazione virtuale. La dif¿coltà operativa attuale consiste nel creare lo shock di fronte al vuoto dello spazio virtuale, su un ne47

Rivista Militare I n. 3/2021

mico sfuggente, celato nell’ambiente operativo cibernetico. La chiave operativa potrebbe, ad esempio, consistere nell’attrarre e forzare la concentrazione delle forze avversarie in uno “spazio cibernetico” se non de¿nito, almeno controllato, nel quale ricreare lo shock operativo. In questo quadro, l’inganno non mirerebbe più solo a generare e sfruttare una debolezza del nemico ma, al contrario, a creare nell’avversario un sentimento illusorio di superiorità, portandolo a concentrarsi e quindi a manifestarsi. Il concetto di profondità potrebbe essere attualizzato in termini di profondità temporale (tempi d’intervento), sviluppando la capacità di anticipare le azioni nemiche (centralità della cyber intelligence) Inoltre, un Comando moderno non può non considerare la profondità virtuale del cyberspace, una sorta di “porto sicuro” che permette all’avversario di ¿nanziarsi, creare o imporre il consenso, organizzare la sua manovra sfruttandone gli effetti con la propaganda. Considerare la minaccia cyber (così come le operazioni elettromagnetiche) un elemento distaccato del dispositivo avversario, senza integrare la

manovra cyber nella piani¿cazione operativa, ma lasciarla al mero ambito tecnico di presunti “specialisti”, dimostra quanto l’approccio attuale resti (troppo) ancorato al concetto di distruzione ¿sica. In conclusione, scoprire o rileggere l’AOS è senza dubbio un esercizio di arricchimento di cultura e storia militare. Molti elementi mantengono tutta la loro pertinenza di fronte alle s¿de strategiche contemporanee e una loro analisi, seppur critica, potrebbe contribuire ad “operazionalizzare” lo spazio cibernetico. Peraltro, l’eredità principale che lascia l’esperienza dell’AOS consiste nell’esortazione alla riÀessione libera e originale da parte dei giovani Uf¿ciali sovietici, che furono in grado di interpretare meglio di tutti come l’evoluzione tecnologica aveva cambiato e stava rivoluzionando l’arte militare.

NOTE (1) Mass, Mobility, and the Red Army’s Road To Operational Art, 1918-1936, Dr. Jacob W. Kipp, 1989. (2) Arte operativa.


PENSIERO

ITALIANI IN AFRICA Il 2° FRQÁLWWR DQJOR ERHUR di Andrea Crescenzi

La guerra anglo-boera è ricordata dall’opinione pubblica mondiale per le vicende del conflitto che oppose le due piccole Repubbliche sudafricane del Transvaal e dell’Orange al colosso britannico. Quasi unanime fu il sostegno a favore dei Boeri che si battevano per la propria indipendenza nonostante la sproporzione delle forze. Anzi, se l’opinione pubblica prese posizione a favore dei Boeri durante la guerra dichiarata (1899-1900), simpatie ancor più profonde suscitò la causa boera quando, sopraffatte dalle armate britanniche, le due Repubbliche furono cancellate dalla carta geogra¿ca ed annesse all’Impero coloniale britannico e la lotta durò ancora sotto forma di guerriglia. Fu in questa fase che si

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Rivista Militare I n. 3/2021

veri¿carono i peggiori eccessi, con la creazione, da parte britannica, di campi di concentramento nei quali, per la prima volta nella storia del mondo civile, furono deportati donne e bambini Boeri, con una elevatissima mortalità per fame, freddo e malattie. Se tutto ciò è ben noto, pochi invece sono a conoscenza che nella prima fase del conflitto, quella della “guerra regolare”, ai Boeri si affiancarono nuclei di volontari di varie nazionalità, fra cui non pochi italiani. Il loro comandante era Camillo Ricchiardi che scrisse anche un prezioso diario, pubblicato subito dopo il suo ritorno in Italia (La Legione italiana nella guerra anglo-boera. Diario del Colonnello C. Ricchiardi, Commandant

Uidander-Corps-Zuid-Afrikaansche Republiek), opera oramai dimenticata e sconosciuta. Ufficiale effettivo di Cavalleria nel Regio Esercito italiano, nel 1891 si era recato nel Siam come istruttore militare; era stato poi negli Stati Uniti e corrispondente di guerra di giornali statunitensi nella guerra cino-giapponese, forse corrispondente di guerra in Eritrea nel 1896. Nel 1898 aveva combattuto con gli insorti filippini, a fianco del Generale Emilio Aguinaldo, contro gli spagnoli. Camillo Ricchiardi ed un piccolo gruppo di italiani parteciparono alla prima brillante operazione condotta da elementi del corpo di esploratori e guide costituito su


A destra Camillo Ricchiardi, l’italiano che fece prigioniero Winston Churchill (a sinistra).

suo suggerimento: la cattura di un treno blindato britannico. Fra i prigionieri vi era anche il giornalista Winston Churchill, giovane Tenente del South African Ligth Horse e corrispondente di guerra del “Morning Post”, allora noto soltanto come figlio di Lord Randolph Churchill, figura politica di primo piano in Inghilterra. Winston Churchill, già in quella fase alla ricerca di notorietà, dedicò a quell’episodio ampio spazio in un volume pubblicato nel 1900. Egli scrisse di essere stato fatto prigioniero da due uomini non in uniforme, ciò che farebbe pensare a due volontari, in quanto l’esercito boero vestiva la divisa. Ma non esiste alcun documento per affermare o per negare che il giovane Churchill sia stato catturato proprio dagli italiani; sembra che lo stesso Ricchiardi lo salvò dalla fucilazione per il possesso illegale di alcuni proiettili ad espansione. Con l’arrivo di altri volontari, gli italiani raggiunsero la forza di un plotone, anche se non è possibile precisarne il numero esatto, in quanto si trattava per lo più di italiani già residenti nel Transvaal o nell’Orange (un gruppetto giunse dall’Argentina); la distanza impediva un più largo afflusso di volontari dall’Europa. Anche Umberto Cristiani, inviato del giornale “Il Secolo” di Milano, lasciò la penna per imbracciare il fucile. Del re-

parto italiano fecero parte anche gli italiani di terre sotto il dominio austriaco, alcuni trentini e triestini, fra cui il Capitano Edgardo Rossegger, ed un fiumano, Adolfo Aiaccio. L’Italiaansche Verkennings Corps (Corpo degli Esploratori italiani), poi Legione italiana, al comando del Ricchiardi, fu impiegato soprattutto in rischiose azioni di esplorazione, avanscoperta, sabotaggio, colpi di mano, azioni di retroguardia durante la ritirata. I legionari italiani si comportarono ovunque con grande coraggio e Camillo Ricchiardi si dimostrò, oltre che valoroso, abile comandante, tanto che il 1° settembre 1900 fu promosso Colonnello e posto a capo di tutti i corpi volontari stranieri: Legione tedesca, Corpo austriaco, Corpo internazionale, Brigata irlandese, Corpo francese, Esploratori americani, in tutto, un migliaio di uomini, compresa la Legione italiana. Alle perdite subite in combattimento dagli italiani della Legione vanno aggiunte quelle di numerosi operai civili, in gran parte italiani, uccisi o feriti nell’esplosione della fabbrica di munizioni di Johannesburg. Un altro italiano, di cui è indicato il solo cognome, Dell’Isola, accusato di aver fatto parte di un complotto per uccidere il comandante in capo delle forze britanniche, Lord Roberts, fu condannato a

morte e giustiziato a Pretoria. Con la capitolazione delle forze regolari boere, il 22 settembre 1900 i corpi volontari furono sciolti. Ricchiardi ed altri legionari rimpatriarono, via Mozambico, ed al loro arrivo a Trieste furono accolti con grande entusiasmo. Se la Legione italiana si distinse nelle file dei Boeri, va ricordato, nel contesto della partecipazione italiana al conflitto, che vi furono sudditi britannici, di origini italiane, che combatterono con le truppe britanniche. Tra costoro il Dottor Tommaso Fiaschi di Firenze, Maggiore medico, e il più noto Giuseppe Garibaldi detto “Peppino”, nipote del grande condottiero, decorato di medaglia di bronzo della Regina Vittoria. Scelta singolare la sua di combattere per gli inglesi, data l’ispirazione politica e la tradizione liberale e repubblicana della famiglia. Sembra che fu sollecitata dal padre Ricciotti sia per riconoscenza verso l’Inghilterra per l’aiuto dato alla causa dell’indipendenza italiana, sia per dovere nei confronti del Paese di adozione, in considerazione anche della nazionalità della madre. Nell’Italia di quegli anni si crearono, secondo l’uso allora in auge di fabbricare nuovi dolciumi a commemorazione di fatti o eventi di particolare rilevanza, quei famosi cioccolatini con la ciliegia sotto spirito ancora oggi noti come “Boeri”. n. 3/2021 I Rivista Militare

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PENSIERO

UN POLACCO NELLA LIBERAZIONE Il Generale Anders di Sylwia Zawadzka

Wladyslaw Anders, il generale polacco che scelse di essere sepolto a Montecassino con i suoi soldati, sognava una Polonia libera. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, combatté sia i tedeschi sia l’Armata Rossa. Spezzò la resistenza tedesca aprendo agli Alleati la via verso Roma. “Czerwone maki na Monte Cassino”(Papaveri rossi di Montecassino) cantavano i soldati polacchi nel maggio del 1944, prima dei combattimenti nell’omonima battaglia. Il parallelismo tra il vermiglio del sangue versato e il tappeto di papaveri che ricopriva la montagna fu ben azzeccato; oltre 1000 furono infatti i soldati del II Corpo d’Armata polacco seppelliti in loco, tra loro anche il Comandante, il Generale Wladyslaw Anders che, pur essendo morto in esilio a Londra nel 1970, volle essere sepolto insieme ai suoi uomini. La letteratura sul Generale Anders circoscrive in genere la sua attività a quella militare, in verità la sua visione politica e la dimensione umana ne facevano una ¿gura che andava ben oltre quella di un 50

Rivista Militare I n. 3/2021

comandante militare. Anders nacque nel 1892 a Báonie, nell’attuale voivodato di àydĨ (ai tempi Impero russo) e iniziò la sua carriera militare già durante la Prima Guerra Mondiale, quando fu chiamato alle armi nell’esercito russo per poi frequentare l’Accademia di San Pietroburgo; una volta congedato, nel settembre 1917, si arruolò nel risorto esercito polacco, dove prese parte alla rivolta della Grande Polonia e alla guerra polacco-bolscevica. Singolare fu il suo rapporto con un altro personaggio di spicco della politica polacca dell’epoca, il maresciallo Jyzef Piásudski (1867-1935). Anders, fedele al giuramento militare prestato, nel corso del colpo di stato del maggio 1926 si schierò con il legittimo Presidente, Stanisáaw Wojciechowski, dirigendo la difesa del palazzo Belweder e predisponendo il trasferimento delle autorità a Wilanyw. Pilsudski, una volta preso il potere, non solo non lo rimosse ma, consapevole del valore e delle qualità morali dell’uf¿ciale, gli af¿dò il comando della 2^ Brigata autonoma di cavalleria e, nel 1934, lo nominò Generale di brigata.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Anders combatté sia i tedeschi sia l’Armata Rossa; nel settembre 1939 venne ferito e fatto prigioniero dai sovietici. La storia intanto faceva il suo corso e il 30 luglio del 1941, con la firma del patto Sikorski-Majski, venivano ripristinate le relazioni diplomatiche polacco-sovietiche; come conseguenza diretta vennero liberati dai campi di prigionia migliaia di prigionieri polacchi, ucraini, bielorussi, ebrei, tra cui Anders stesso che fu a breve giro nominato comandante delle forze militari polacche in Unione Sovietica. Gli fu affidato il compito di organizzare un esercito nazionale composto dagli ex prigionieri di guerra con il placet di Stalin, che sarebbe dovuto restare in URSS per combattere i nazisti a fianco dell’Armata Rossa. Il generale però, conoscendo bene le problematiche interne del paese, specie quelle correlate con la logistica dell’Armata Rossa, e consapevole dell’inadeguatezza dell’equipaggiamento polacco, decise altrimenti. Fra il marzo e l’agosto


1942, con il consenso di Stalin e contravvenendo agli ordini impartiti (con conseguenti inevitabili tensioni con il governo polacco in esilio e in particolare, il Generale Sikorski), egli riuscì a evacuare e trasferire in Persia le proprie truppe e circa 40.000 civili, azione per cui mai venne deferito al tribunale militare e che egli stesso considerò il maggior successo della sua vita, addirittura più della campagna di Montecassino. Fu qui che, nel luglio del 1943, nacque il sopracitato II Corpo d’Armata dell’esercito polacco di cui Anders fu nominato comandante. Nel marzo 1944 Anders fu convocato allo Stato Maggiore dell’8^ Armata britannica, dove il Generale Leese gli propose, dandogli dieci minuti per decidere, di spezzare la difesa tedesca nel massiccio di Montecassino. Anders era ben consapevole della natura dell’operazione assegnata e sapeva che nelle tre battaglie precedenti le truppe alleate avevano subito pesanti perdite, peraltro senza ottenere risultati soddisfacenti. L’alternativa di combattere in un’altra catena montuosa o nella Valle del Liri, inoltre non dava certo una prospettiva migliore; di contro la presa dell’Abbazia (o ciò che ne restava) e il forte valore simbolico dell’atto avrebbero attirato l’attenzione internazionale sulla causa polacca ponendo inoltre ¿ne alla propaganda sovietica secondo la quale i polacchi evitavano lo scontro diretto con i tedeschi. L’11 maggio, il Generale Anders fece leggere il seguente ordine ai soldati:

Generale Wladyslaw Anders.

[…]Soldati! -per l’attacco bandito dei tedeschi alla POLONIA, per la spartizione della POLONIA insieme ai bolscevichi, per migliaia di città e villaggi distrutti, per gli omicidi e le torture di centinaia di migliaia di nostri fratelli e sorelle, per i milioni di polacchi deportati come schiavi in Germania, per OH PLVHULH H OH GLVJUD]LH GHO SDHVH SHU OH QRVWUH VRIIHUHQ]H H SHU LO QRVWUR YDJDERQGDUH &RQ¿GHQWL nella giustizia della Divina Provvidenza, andiamo avanti con il santo motto nei nostri cuori: “DIO! ONORE e PATRIA!”. […] [Traduzione a cura dell’autore] Come risultato della quarta offensiva, nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1944, il II Corpo d’Armata polacco, il V Corpo d’Armata britannico e il II Corpo canadese, spezzarono la resistenza te-

desca insieme alla Linea Gustav e aprirono così agli Alleati la via verso Roma. In seguito Anders fu nominato comandante del fronte adriatico e in tale veste guidò le operazioni che portarono alla

liberazione di Ancona (18 luglio 1944). Qui, nella fase finale della battaglia, il Generale iniziò i preparativi per l’attacco alla Linea Gotica di cui, a cavallo tra agosto e settembre 1944, le unità sfondan. 3/2021 I Rivista Militare

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Soldato polacco nella campagna di Polonia del 1939.

rono il margine anteriore. A metà ottobre il II Corpo fu rimandato al fronte sull’Appennino emiliano con il compito di proteggere l’ala occidentale dell’8^ Armata, operante lungo la linea da Ancona in direzione Bologna. L’11 febbraio 1945, intanto si era conclusa la conferenza di Jalta in cui Stalin ottenne di estendere i suoi confini in Polonia. Alla fine della guerra il Generale si trasferì in Gran Bretagna, dove ebbe luogo la smobilitazione. Per il governo britannico egli era diventato una figura ingombrante che avrebbe potuto mettere a rischio i rapporti con l’alleato sovietico e Churchill, da fine diplomatico quale era, non desiderava certo creare tensioni fra i due governi. Così alla parata della vittoria nè il Generale, nè tantomeno i suoi soldati o i piloti polacchi del 303° squadrone coinvolti nella Battaglia d’Inghilterra, vennero invitati. In effetti, dopo la rottura dei rapporti diplomatici con il governo polacco da parte di Stalin nel 1943, Anders, accusato di tradimento insieme ad altri 75 alti ufficiali, venne addirittura privato della cittadinanza polacca (restituita solo nel 1989) e, conseguentemente, dei gradi. Per tutto il periodo della Repubblica Popolare di Polonia prevalse un atteggiamento negazionista e denigratorio delle

Generale Wladyslaw Anders a colloquio con i suoi uomini.

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autorità nei confronti del Generale e dei suoi soldati. Solo dopo la caduta della Cortina di Ferro, il II Corpo d’Armata venne ufficialmente riabilitato per quanto la verità da tempo serpeggiasse non solo negli ambienti intellettuali.


n. 3/2021 I Rivista Militare

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AZIONE

L’OPERATORE CYBER DELL’ESERCITO Formazione e addestramento di Luca Iuliano

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L’Esercito ha avviato un iter ad hoc capace di formare “da zero”, in dieci mesi, la ¿gura professionale dell’operatore cyber militare, una ¿gura in grado di piani¿care e condurre operazioni in ottica multidominio, attraverso e nel cyberspace, sia dal punto di vista prettamente tecnico-cyber, sia dal punto di vista delle relazioni con gli altri “domini”. Lo sviluppo esponenziale delle telecomunicazioni e il sempre maggiore ricorso a strumenti informatici per il raggiungimento di obiettivi militari, ha rafforzato la relazione esistente tra “spazio cibernetico” e “mondo ¿sico”, con inevitabili effetti sulle operazioni. Tale relazione ha assunto un ruolo così importante che la NATO, durante il Summit di Varsavia del 2016, ha riconosciuto il cyberspace come il quinto dominio delle operazioni. La nascita di questo nuovo dominio ha richiesto, naturalmente, di adeguare lo strumento militare anche alle nuove potenziali minacce che ne derivano.

Il processo di digitalizzazione che negli ultimi anni ha investito ogni settore, sia pubblico sia privato, ha raggiunto un livello tale da inÀuenzare non solo il comparto industriale, ma anche tutti gli altri aspetti della società, compresa la Difesa. La quarta rivoluzione industriale, esplosa agli albori del XXI secolo per mezzo della digitalizzazione progressiva delle imprese e della connessione logica degli oggetti (“Internet delle cose”), oltre ad incrementare la velocità e l’ef¿cienza del settore produttivo in cui si è sviluppata, ha introdotto una serie di cambiamenti signi¿cativi nella politica, nel sistema economico e nel tessuto sociale tali da richiedere un vero e proprio processo di adeguamento. Sebbene la componente tecnologica ricopra un ruolo centrale, quella “umana” risulta essere altrettanto cruciale. Pertanto, formazione e addestramento di altissimo livello continuano a rappresentare la chiave del successo nella condotta delle operazioni anche in questo nuovo contesto.

Il processo di sviluppo della componente umana, quindi, richiede la concezione e la formazione di nuove ¿gure professionali in grado di fronteggiare la minaccia cibernetica e mantenere il controllo sul nuovo dominio per garantire l’iniziativa preservando la libertà d’azione e, conseguentemente, la libertà di manovra delle unità. Il principio cardine è stato quello di un “DNA dell’operatore cyber” che tenga conto del comparto accademico per la ricerca scienti¿ca e del comparto industriale per le nuove tecnologie, ai quali af¿ancare la “visione militare”, con tutta l’expertise tecnica maturata e consolidata negli anni. Tuttavia, per creare un iter ef¿cace, è stato necessario analizzare le tecnologie che compongono la porzione cyber del contesto delle operazioni e che, a causa della loro eterogeneità, lo rendono di così dif¿cile comprensione. Pertanto, con il lavoro sinergico del Dipartimento Impiego del Personale e


del Reparto Sicurezza Cibernetica (RSC) del Comando Trasmissioni, la scelta è stata quella di istituire un processo di internalizzazione della formazione. È stato quindi individuato personale con un elevato livello di preparazione, non solo nell’ambito tecnico-cyber ma anche nelle capacità comunicative e di insegnamento, al quale è stato assegnato il compito di approfondire e armonizzare i tre elementi alla base del principio ispiratore del DNA dell’operatore cyber dell’Esercito. Con una rielaborazione delle principali nozioni di insegnamento mutuate da istituti di formazione civili, tenendo conto dei prodotti realizzati dall’Industria, il Comando Trasmissioni ha raggiunto lo scopo di redigere un percorso formativo che è: • essenziale, con un corso “Cyber Core”, di 4 mesi, con lo scopo di fornire le nozioni indispensabili per affrontare la complessità del dominio, e una successiva fase di specializzazione, di 6 mesi, che prepara il personale su ciascun settore cyber per le attività

di “Cyber Defence” – operatore di primo livello, e per le “Cyber Operations” – operatore di secondo livello; • continua, ¿nalizzata a mantenere un livello d’eccellenza sia nelle materie già oggetto di formazione essenziale, sia in quelle emergenti. Al termine della formazione, a seconda del settore di specializzazione, si consegue la quali¿ca di operatore cyber, di primo o di secondo livello, in: • Information Technology (IT), afferente al mondo delle reti informatiche, dei suoi dispositivi e dei suoi protocolli; • Operational Technology (OT), afferente al mondo dell’automazione industriale e dei Supervisory Control And Data Acquisition (SCADA); • Disruptive Technology (DT), afferente allo studio dell’impatto delle tecnologie emergenti sull’Ambiente operativo, quali Intelligenza Arti¿ciale, 5G e computer quantistici; • Information Collection (Inf.Coll.),

afferente ai nuovi mezzi e ai nuovi elementi tecnici da introdurre nella raccolta informativa; • Cyber Command Staff & Forensic Operations (CSS FO), afferente allo sviluppo delle capacità necessarie per operare all’interno dello staff del Comandante in operazioni, per la piani¿cazione e condotta delle operazioni multi dominio e delle attività forensi. Il primo corso di operatore cyber di primo livello, erogato dal Reparto Sicurezza Cibernetica, è stato a favore del personale dei Computer Incidente Responce Team per aumentare la capacità di Cyber Defence della rete EINET ma ad af¿ancare lo sviluppo delle capacità vi è anche un addestramento costante con esercitazioni interforze e multinazionali, con l’intento di misurarsi e condividere conoscenza con gli altri attori internazionali. La vastità della materia, infatti, unita alla velocità con cui la stessa evolve, ha reso necessario suddividere il cyberspazio in diversi ambiti e associare a ciascuno di questi ¿gure professionali speci¿che.


INFORMAZIONE PUBBLICITARIA


AZIONE

ADDESTRARE LE FORZE LOCALI Security Force Assistance di Antonio Merenda

Gli interventi di stabilizzazione intrapresi nell’ultimo trentennio rimarcano che il baricentro della politica estera e di difesa italiana sia costituito dall’area MENA (Middle East and North Africa), dove si concentrano la maggior parte degli interessi strategici nazionali che devono essere

assolutamente tutelati sia attraverso le iniziative delle organizzazioni e alleanze già consolidate (ONU, UE e NATO) sia per mezzo di nuovi accordi bilaterali o multilaterali. Seguendo l’evoluzione dei moderni scenari operativi, il contributo che l’Esercito fornisce nell’ambito delle

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operazioni internazionali non è limitato alle tipiche operazioni militari, legate alla presenza di un conÀitto armato, bensì comprende forme d’intervento che afferiscono alle fasi di pre-crisi, crisi e transizione post-conÀitto. In tale ambito si colloca la Security Force Assistance


(SFA), che si sostanzia nel promuovere la stabilizzazione di Stati in dif¿coltà o in crisi, attraverso lo sviluppo delle capacità operative delle forze di sicurezza locali, per renderle capaci di contrastare le minacce interne ed esterne, che spesso rappresentano un pericolo per l’intera comunità internazionale. L’Esercito Italiano impiega quotidianamente quasi 1.500 militari in attività SFA allo scopo di aumentare le capacità operative e l’effettività delle autorità locali nel settore della sicurezza tutelando in tal modo gli interessi nazionali all’estero (¿gura 1). Prima di descrivere le attività sul campo, è utile de¿nire il concetto di SFA come l’insieme delle attività (¿gura 2) volte a generare o sviluppare in modo sostenibile le capacità delle forze di sicurezza e delle istituzioni ad esse associate di uno Stato in crisi o in una fase post-conÀitto. Le operazioni SFA si inquadrano nel più ampio ambito degli interventi multidimensionali di Stabilization &

Recostruction (S&R) e sono sempre af¿ancate da iniziative umanitarie e di cooperazione politico-economica che concorrono alla stabilizzazione dell’area d’intervento. In tale ambito, sebbene le operazioni SFA siano spiccatamente interforze, l’Esercito, avendo già da tempo un approccio ben strutturato in materia, si pone come riferimento assoluto della Difesa italiana. Infatti, già nel 2016 nasceva un Centro di Eccellenza SFA col compito di condurre attività addestrative/formative e contribuire allo sviluppo della dottrina in tale ambito. A seguito di una riorganizzazione del settore, nel 2018 dal Centro SFA è stato enucleato lo SFA Center of Excellence della Alleanza Atlantica (NATO SFA COE), mantenendo una Sezione SFA nazionale quale polo di riferimento per l’Esercito. In ragione di tali processi, l’approccio italiano e la dottrina SFA nazionale sono pienamente allineati alla dottrina NATO. Passando ora in rassegna le princi-

pali operazioni SFA dell’Esercito, si evidenzierà l’ef¿cacia di tale approccio, i risultati apprezzabili al momento e le tendenze di sviluppo futuro. Sebbene appena conclusa, l’esperienza in Afghanistan, per l’impegno e la complessità della missione, costituisce un riferimento assoluto della concezione moderna di SFA. Dopo venti anni d’intervento, l’impegno della NATO si è evoluto ¿no a diventare una pura missione SFA (denominata Resolute Support), grazie alla quale si è realizzato un concreto sviluppo delle capacità militari e un incremento del livello di ef¿cacia e autonomia delle Afghan National Defense and Security Forces (ANDSF). In tale ambito, il contingente italiano, ha operato in prima linea nella condotta di attività di training alle unità afghane e advice e assist nei confronti dei Comandanti per migliorarne la capacità di piani¿care e condurre operazioni. In Iraq, l’Operazione Inherent Resolve (OIR), nata da una coalition

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of willing, ha prodotto nel giro di poco tempo ottimi risultati operativi nel confronto tra il sedicente “stato islamico” (ISIS o Da’esh) e lo Stato iracheno. I fattori di successo in Iraq sono stati: • la comunione d’intenti (la scon¿tta del Da’esh era un obiettivo fortemente voluto sia dalla popolazione, sia dalle Forze di Sicurezza irachene e curde, sia dalle Forze della coalizione; • gli strikes aerei (in funzione enable) a supporto delle azioni terrestri delle Forze irachene e curde; • il ciclo SFA basato sul training nelle retrovie (denominato Building Partner Capacity - BPC) e advice and assist (A&A) alle truppe schierate al fronte (¿gura 3). Al momento, visti i buoni livelli di ef¿cacia raggiunti dalle Forze Armate irachene, si assiste ad una generale ricon¿gurazione che sotto la guida della NATO Mission Iraq (NM-I) potrebbe avere un focus su attività di advice. Nell’ambito di un accordo del 2015, la Missione Militare Bilaterale Italiana in Libano (MIBIL) è un altro esempio di intervento ben strutturato che

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attraverso programmi di formazione e addestramento sta sviluppando signi¿cativamente le capacità delle Lebanese Armed Forces (LAF). Il successo di MIBIL è dovuto ai seguenti fattori: • una programmazione pluriennale che permette uno sviluppo strutturato delle LAF; • un pieno coinvolgimento delle Autorità libanesi; • una struttura molto agile, basata su un Core Team di circa 15 elementi in loco che piani¿ca e coordina tutte le attività che vengono svolte da Mobile Training Team (MTT) immessi di volta in volta dall’Italia. In futuro, la MIBIL potrebbe consolidare l’accesso alle accademie e sviluppare capacità specialistiche al ¿ne di creare una ¿delizzazione capace di effetti di spillover anche in altri settori. Passando all’Africa, l’intervento in Libia, appare tra i più complessi a causa di un ambiente operativo dominato dall’incertezza, la precaria unità d’intenti delle autorità locali e le forti inÀuenze di attori esterni, non sempre interessati alla stabilizzazione. La Missione di Assistenza e

Supporto Italiana (MIASIT) rientra in un’iniziativa bilaterale basata su due pilastri, il supporto sanitario e il supporto nello sviluppo di capacità militari. La costituzione di un governo unitario e gli accordi di cooperazione tecnico-militare dovrebbe favorire l’avvio di: • training in ambito sanitario, da sviluppare presso l’ospedale da campo di Misurata; • training e mentoring a favore di team specialistici per interventi di sminamento. Con un impegno iniziato nel 2019, la Missione Bilaterale di Supporto al Niger (MISIN) sviluppa attività di training a favore di truppe avioportate e Forze Speciali. Attraverso l’impiego di MTT, vengono svolti corsi di aviolancio, addestramento di fanteria e attività specialistiche (C-IED, sniping, primo soccorso, ecc.). Gli ottimi risultati raggiunti sono testimoniati sia dall’incremento delle attività operative sia dalla sistematizzazione dell’impegno che potrebbe trasformarsi nel medio termine in un programma di sviluppo pluriennale. In Somalia l’Italia è alla guida della European Union Training Mission


(EUTM), che mira a rafforzare il governo somalo attraverso attività di advice in ambito Difesa e training delle Somali National Security Forces. Le attività SFA sono sviluppate in centri d’addestramento locali e si concretizzano in mentoring degli addestratori somali per migliorare i metodi di addestramento e zz di fanteria leggera a favore di personale dell’esercito somalo. In aggiunta, l’Unione Europea impiega speci¿ci fondi per la fornitura di equipaggiamenti e materiali tesi a potenziare le capacità delle Forze Terrestri Somale e dei training centers in Mogadiscio.

In¿ne, nell’ambito di un’operazione dell’Unione Europea in Mali, sono schierati alcuni nuclei di addestratori a supporto delle Forze Armate maliane, che sono impegnate nell’iniziativa “G5 Sahel” volta a contrastare i gruppi jihadisti operanti nell’area sub-sahariana. La panoramica fornita ha evidenziato come l’Esercito stia contribuendo in modo ef¿cace e quali¿cato alle attività di stabilizzazione volte a limitare le tante crisi di tipo identitario/sociale, umanitario e migratorio che mettono a rischio la sicurezza internazionale e che hanno proprio nell’ area MENA il loro fulcro. Oc-

corre comunque ricordare che, af¿nché le operazioni SFA diano dei risultati durevoli, è fondamentale che siano integrate e coordinate con altre iniziative di cooperazione politico-economica e sincronizzate con gli interventi di altri Stati operanti in tal senso. La crescita dell’ef¿cacia delle attività SFA unita all’impegno e alla professionalità delle unità dell’Esercito sono e saranno un utilissimo strumento per stabilizzare le aree di crisi e rendere la posizione dell’Italia, quale ponte tra Africa, Asia ed Europa, un’opportunità piuttosto che un rischio.

Fig.3

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AZIONE

AFGHANISTAN L’esperienza di un medico di Massimiliano Marchitiello

È da poco rientrato in Italia l’ultimo militare impiegato in missione in Afghanistan, concludendo, di fatto, un ciclo iniziato nel 2001. Una prima presenza nell’embrionale ISAF a Kabul evolutasi poi in “Resolution Support” ¿no al 2021, con la parentesi dell’impiego di un reggimento operativo in “Enduring Freedom”, per poco più di un semestre nel 2003 in una missione diversa da tutte le altre per tipologia e regole d’ingaggio. Nel febbraio 2003, la Task Force “Nibbio” fu impiegata a Khowst nell’operazione “Enduring Freedom” nel capoluogo della provincia della Paktia, al con¿ne con il Pakistan (Waziristan), la cosiddetta “tribal zone” dove i legami tribali pashtun possono essere più saldi di quelli nazionali; il governo italiano decise di partecipare su richiesta degli Stati Uniti e vide gli alpini prima e i paracadutisti poi sostituire nella Forward Operational Base (FOB) “Salerno” un reggimento di fanteria di montagna statunitense. 62

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FOB “Salerno” occupava un vecchio campo di addestramento di Al Qaeda dove l’unico edi¿cio in muratura era una vecchia stalla, poco distante dalla catena montuosa di Tora Bora (dove sembra trovasse rifugio Bin Laden). All’interno della base, oltre al Role 1 italiano, era dispiegato un Forward Surgical Team (FST) statunitense (Role 2) con il compito di garantire LLE (Life, Limb and Eye) e, nel caso, trasferire i pazienti stabilizzati al Role 3 a Bagram, presso il comando di missione alle porte di Kabul. Il contesto operativo era diverso dalle precedenti missioni internazionali e la particolarità della missione ebbe risvolti anche nell’impiego degli Uf¿ciali medici che furono, per la prima volta, impiegati in ambito operativo a sostegno delle truppe sul campo. Il dispositivo sanitario tattico, negli anni successivi, subì un’evoluzione sull’esempio anche degli statunitensi che prevedevano la presenza di un Medic per le prime cure del ferito e

non esclusivamente di un medico o di un infermiere. La presenza del Forward Surgical Team (FST) faceva da collante lungo la catena medica, tra il contingente italiano e il comando grazie ad un rapporto di stretta collaborazione instauratosi tra i colleghi a Stelle e Strisce e il nostro team sanitario, rapporto che sfociò anche in diretto supporto e portò ad interventi diretti sul personale della coalizione ferito in combattimento. In base, la presenza statunitense era completata da un elicottero di supporto alla manovra e medevac e da un team di collegamento con il comando superiore. La particolarità e l’intensità della missione era analizzata in approfondimenti settimanali su argomenti di interesse medico contestualizzati all’ambiente in cui si operava, una novità per i nostri medici. Un episodio coinvolse le truppe statunitensi il 21 aprile 2003 (un vener-


dì), ricordato poi come “Black Friday”. Una pattuglia motorizzata su HUMMER fu bersaglio di un’imboscata. L’attacco provocò dieci feriti. Per le capacità recettive del FST, la situazione era paragonabile a una mass casualty. Ironia della sorte, si era programmato, proprio in quel giorno, un’esercitazione reale di mass casualty con lo scopo di “allenare” i sanitari alla stabilizzazione del ferito e, soprattutto, al triage sul campo. Erano 9,30 circa, dalle tende del Role 2, non si vedeva “anima viva”, una situazione inusuale con un silenzio di tensione da parte di tutti e una certa frenesia nella emergency room. A qualcuno sfuggì la notizia dell’imboscata per giusti¿care il clima differente (solitamente cordiale e giovia-

le) di quel mattino. Le notizie erano confuse, il numero dei feriti incerto. Quando venne confermato che i feriti erano una decina circa, gli statunitensi chiesero un contributo nelle prime cure. Poco prima di mezzogiorno giunsero i primi che, purtroppo feriti non lo erano più… dopo mezzora arrivò un ferito agli arti inferiore da scoppio di granata. Il paziente stabile. Terza ondata, primo pomeriggio, giunsero altri quattro feriti, tra cui un afghano e tra questi vi era un militare con ferita alla coscia. Ogni militare giunto riportava trascritto sul collo un numero. Rappresentava l’ordine di evacuazione dal campo di battaglia. Il militare con ferita alla coscia, aveva il numero 4. Le sue condizioni si presentarono subito critiche. Era ipo-

teso, aveva bisogno di sangue. La situazione era caotica e i medici italiani non coinvolti direttamente nella emergency room selezionavano, in base alla documentazione sanitaria, i militari compatibili per gruppo sanguigno per un’eventuale donazione. In un’ora, davanti alle tende del Role 2, sostavano già 28 soldati pronti a dare il loro contributo. Sette di loro avrebbero donato il sangue. Una giornata epocale, un impegno massivo, diretto, urgente di tanti specialisti che, con l’occhio analitico, evidenziarono l’importanza del triage. O meglio l’importanza di un triage corretto. Quando viene applicato? Quando le capacità di cure sono sopraffatte dalla richiesta di cure, pertanto la sua applicazione

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si veri¿ca in eventi bellici, calamità o grandi eventi al ¿ne di salvare il maggior numero di vite umane. Il sistema è concepito per classificare i pazienti per classi di gravità identificate da un colore e da un numero al fine di applicare con correttezza la procedura di eva-

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cuazione dal campo. Se il triage in ambito civile segue in maniera rigida una scala di priorità legate alle condizioni cliniche del paziente nell’ambito della quale bisogna cercare di salvare il maggior numero di feriti, lo stesso non vale in ambito bellico. Il salvataggio del fe-

rito nella golden hour, sul campo di battaglia, pone il medico di fronte a scelte coraggiose da compiere con importanti risvolti etici e morali e, tra l’altro, in un clima ostile. Ciò che si chiede all’operatore sanitario è decidere chi ha maggiori chance di salvataggio nella golden hour. Richiede un’attenta preparazione tecnica da parte del medico ma, allo stesso tempo, una presa di coscienza del ruolo che è chiamato a ricoprire potendo potenzialmente divenire padrone della vita o della morte di un compagno in armi. Bisogna quasi andare contro natura, e avere il freddo coraggio di pensare “tu, hai poche chance di sopravvivenza e dovrai aspettare…”. L’esperienza vissuta è stata una vera palestra: il sopraggiungere di feriti ormai esanimi portò a riÀettere sul coraggio e l’estrema razionalità che ognuno è chiamato a dimostrare in caso di necessità, all’allenamento mentale che dovrebbe effettuare ogni sanitario di qualsiasi livello e di qualsiasi età o esperienza, potendo trovarsi, in situazioni simili a quelle del “Black Friday” di Kwost in una missione, quella vissuta dal 9° reggimento alpini prima e dal 187° reggimento paracadutisti poi, particolare per tipologia e regole d’ingaggio. Una missione che ha contribuito a portarci alla maturità operativa. Medici e non solo.


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AZIONE

L’ESERCITO ITALIANO PER “IRINI” di Pasquale Domenico Miccichè

Quante volte ci siamo soffermati davanti alla TV o a un articolo di giornale per leggere qualcosa sul mare e la sua bellezza, oppure abbiamo pensato di trascorrervi una bella e spensierata giornata. Il mare per eccellenza degli italiani, sin dai tempi dei Romani, è il Mediterraneo. Quante volte lo abbiamo fatto, tuttavia, senza pensare alla storia travagliata che il Mare Nostrum è in grado di raccontarci, né all’importanza strategica che questo ha avuto nel corso della storia. Una via di comunicazione tra culture e genti di tre continenti con le loro aspettative e le inevitabili frizioni. Un “punto 66

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caldo” che l’Europa vuole presidiare. Sono proprio questi i presupposti in base ai quali il Consiglio dell’Unione Europea, a seguito del “rilancio” dell’embargo come obiettivo principale deciso dalla Conferenza di Berlino di fine gennaio 2020, ha posto fine all’Operazione “Sophia” e ceduto il testimone all’Operazione “Irini”, pace in greco, una pace che tanti popoli non hanno e che da anni vengono a cercare nel vecchio continente. L’European Union Naval Force Mediterranean (EUNAVFORMED) - “Irini”, è un’operazione interforze ed internazionale di sicurezza marittima europea, che opera nel

Mediterraneo centrale. Guidata dall’Ammiraglio Fabio Agostini, ha come core task l’implementazione dell’embargo delle armi dirette e provenienti dalla Libia, per contribuire a prevenirne il traffico nel teatro di operazione e nelle zone di interesse in conformità alle risoluzioni delle Nazioni Unite. “Irini” si avvale di assetti aerei, navali e satellitari e, a conferma dell’importanza strategica che il Mediterraneo ha per tutti i paesi dell’Unione Europea, ben 24 stati membri sono contributori. Nonostante l’Operazione sia principalmente navale, anche l’Esercito Italiano, nel solco delle tradizioni


che lo contraddistinguono dal 1861, concorre con il proprio personale contribuendo all’affermazione dell’Italia quale attore protagonista della scena europea; espressione, questa, dei più alti valori di solidarietà, tutela dei diritti umani e difesa della pace secondo il suo motto “Salus rei pubblicae suprema lex esto”. Un impegno per l’Esercito che entra in gioco, questa volta, non come pedina operativa, ma alla guida strategic-militare dell’Operazione, con il suo personale più qualificato, più esperto e con particolari capacità. La Forza Armata, fra le altre cose, è impegnata nel delicato e importante lavoro del sistema di interpretariato che vede il personale con conoscenze di lingua araba, alle dipendenze dell’Operation Commander, curare, dal quartier generale dell’Operazione, il canale di comunicazione con le autorità libiche. Non secondario, da parte degli interpreti, il supporto linguistico a tutte le branche, e in particolare a quella operativa e di intelligence per una “corretta” lettura della documentazione in lingua araba. Non ultima, la presenza costante e

quali¿cata di personale dell’Esercito Italiano nell’ambito della Media Cell, un assetto che, in virtù dell’importanza mediatica e strategica che l’Operazione ha assunto nel corso di questo primo anno di attività, risulta di grande importanza. L’Esercito è presente anche nella cellula CJE (Effetti), il cui compito principale è quello di stabilire chiari collegamenti tra obiettivi, effetti, azioni e attività dell’operazione oltre a occuparsi degli aspetti organizzativi dello SHADE MED (1), nella Cellula CJ9 (CIMIC) quale interfaccia tra il contingente militare e l’ambiente civile presente in area di operazione. Tante e diverse professionalità della Forza Armata formate in addestramento ma anche e soprattutto in tanti anni di impegni fuori dai con¿ni nazionali. Personale con conoscenze tecnico professionali e con esperienza impiegato in ambito non propriamente land, ma, grazie alla preparazione e alla professionalità, in grado di dare un valido contributo. Un’Operazione, quella nel Mediterraneo, che quasi quotidianamente si confronta con la realtà “sul campo”, con attori statuali e regionali, con interessi diversi e talvolta op-

posti sempre con l’obiettivo di fornire un output operativo che possa agevolare la stabilità e lo sviluppo, condizioni necessarie per riportare la speranza in aree martoriate. Un impegno a tutto campo, anche in ambiti non tradizionalmente dell’Esercito, che vede il personale militare operare quotidianamente, in diverse regioni del mondo, sotto egida NU, UE e NATO.

NOTE (1) Lo SHADE MED (Shared AwareQHVV DQG 'H FRQÀLFWLRQ IRU WKH 0HGLterranean Sea) è un forum nel quale i rappresentanti di diverse nazioni e organizzazioni interessate all’area del Mediterraneo possono incontrarsi per raggiungere obiettivi comuni. La conferenza SHADE MED rappresenta un’opportunità unica di incontro, di scambio e di condivisione di informazioni ed esperienze tra i diversi attori coinvolti nell’area del Mediterraneo. Mira a evitare sovrapposizioni e ridondanze e, ove possibile, a coordinare le risorse militari e civili, le operazioni e le pratiche industriali per ottenere la massima ef¿cienza ed ef¿cacia per tutti.

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AZIONE

TECNOLOGIA E NUOVI SCENARI La fanteria oggi di Giovanni Lastella

Albert Einstein così rispondeva a una domanda speci¿ca fattagli da un giornalista “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”. Il contesto che si presentava al grande scienziato, rispetto a oggi, era piuttosto semplice: due blocchi contrapposti con un potenziale atomico mediamente equivalente che in 68

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caso di conÀitto si sarebbero reciprocamente annientati. Lo scenario in cui si sviluppano oggi i conÀitti ha subito una mutazione ed un’evoluzione, accelerata dall’impiego massiccio delle tecnologie, che vede da un lato la presenza di attori nuovi che operano al di sotto della soglia dello scontro armato, dall’altro gli stati-nazione che hanno sempre maggiore dif¿coltà a impor-

re la propria volontà politica, culturale, tecnologica e strategica. Ne discende che sia fondamentale quindi pensare a un approccio più ampio e che coinvolga tutti i domini: terra, mare, aria, cyber e spazio. L’arma di fanteria, “regina delle battaglie”, è pienamente coinvolta in questo processo. Una delle ultime radicali evoluzioni/rivoluzioni della fanteria è stata la sua meccanizzazione durante


il XX secolo che ha comportato da un lato, la variazione del modo di condurre le operazioni, dall’altro una trasformazione epocale della percezione dell’essere soldato. Nel XXI secolo, lo spazio, il cyber, la guerra elettronica e le informazioni sono le componenti chiave delle operazioni indirizzando la selezione di molteplici piattaforme e sistemi. In quest’ottica, la Difesa, da tempo, ha

avviato il processo di trasformazione dello Strumento Militare per gestire l’instabilità degli eventi. L’Esercito ha avviato, a cavallo degli anni 2000, la digitalizzazione della fanteria, un progetto ambizioso che intende impiegare in maniera pervasiva le tecnologie. Il primo vero segno tangibile di tale processo è stata l’introduzione della piattaforma VBM “Freccia” e del sistema “Soldato Futuro”, struttura portante di questa nuova fase evolutiva della fanteria. Il VBM “Freccia” possiede una combinazione di capacità di fuoco e ISR nonché di protezione e resilienza che lo rendono idoneo a condurre operazioni continuative in situazioni altamente degradate ed in un contesto congestionato (come ad esempio quello urbano); non è solo un mezzo trasporto truppa, come troppo banalmente si tenderebbe a considerarlo a prima vista, ma deve essere pensato e gestito come una piattaforma da combattimento interattiva capace di condurre e/o supportare operazioni nel moderno campo di battaglia. Le unità digitalizzate sono in grado di realizzare un’architettura di comando e controllo integrata costituita da una rete di sensori sul terreno (una sorta di “internet tattico sicuro”) che garantisca la gestione ef¿cace delle risorse disponibili e una risposta più aderente. La complessità di questo processo decisionale ha bisogno di una leadership consapevole, con conoscenze ampie e profonde, capace di gestire l’automatizzazione (in futuro anche attraverso l’intelligenza arti¿ciale), di confrontare i dati per ricercare momenti decisivi (¿nestre d’opportunità) nel tempo e nello spazio e generare un netto vantaggio sul nemico. L’82° reggimento fanteria “Torino” è stata la prima unità a essere digitalizzata divenendo protagonista dell’evoluzione della fanteria, contribuendo a disegnare un nuovo approccio alle operazioni, cambiando anche radicalmente il mind – set del personale che, a tutti i livelli, ha dovuto rapidamente acquisire nuove competenze in un ambito inesplorato. Il primo impulso a questo processo è stato l’impiego in Afghanistan n. 3/2021 I Rivista Militare

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dal 2010 al 2011, in tre turni operativi condotti dalle tre compagnie fucilieri impegnate in scorte convogli, cinturazione, check point, pattugliamento e deterrence. Il valore aggiunto dato dal mezzo si è concretizzato nella capacità di osservazione, soprattutto notturna, e nell’acquisizione di informazioni, divenendo un sensore fondamentale per l’aggiornamento della situazione dell’area di operazione. Per quanto riguarda il personale, si è vista una naturale evoluzione nella capacità di gestione di nuove tecnologie e nell’operare in ambienti complessi, dominati da ambiguità e caos (per esem-

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pio nella gestione del flusso dati) portando ad un aumento della resilienza, sia fra i comandanti sia fra gli operatori. Con il processo di digitalizzazione della fanteria si è raccolta una sfida importante per il futuro ovvero intercettare, comprendere e impiegare quelle tecnologie che possono contribuire al cambiamento del “carattere della guerra”. Una costante attenzione nell’analisi dei trend tecnologici e geopolitici potrà garantire lo sviluppo di uno Strumento Militare che possa affrontare efficacemente le sfide, sia in campo nazionale sia nei contesti internazionali.

BIBLIOGRAFIA TRADOC Pamphet 525 – 3 – 1, “The U.S. Army in Multi – Domain Operations 2028” ed.2018. Stato Maggiore Difesa – Centro Innovazione Difesa, Nota Concettuale 002 “Tendenze future di lungo termine e possibili implicazione per la Difesa”, ed.2019. The Rotarian, intervista ad Albert Einstein, ed.1948.

SITOGRAFIA Cont S., “Ecco la guerra del futuro. Arrivano le operazioni multi dominio” http://www. formiche.it/ 02/02/2020.


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AZIONE

VTLM 2 NEC Al via il rinnovamento delle piattaforme leggere di Francesco Di Berardino

All’inizio dell’anno sono stati consegnati all’Esercito i primi 16 esemplari del VTLM 2 NEC, veicolo di produzione nazionale, che riunisce in sé lo stato dell’arte della tecnologia meccanica e delle comunicazioni. Le nuove piattaforme sono state assegnate alla Brigata meccanizzata “Pinerolo” che, per la pluriennale esperienza maturata in ambiente net-centrico, potrà valorizzare al meglio questi sistemi impiegandoli presso i suoi reggimenti. Altri 18 mezzi completeranno la prima tranche di acquisizioni. Il progetto nasce quale evoluzione dei VTLM di prima generazione, veicoli sicuri e versatili che si approssimano a raggiungere i venti anni di intenso impiego in tutte le attività addestrative e nelle operazioni in Patria e all’estero. Sotto il pro¿lo meccanico, la piattaforma 72

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veicolare VTLM 2 offre ai reparti operativi incrementati standard di sicurezza, di maneggevolezza e di capacità di carico; il rinforzo del telaio consente una capacità di carico di circa 1500 kg. Tali caratteristiche, unite all’aumento della potenza del motore e alla capacità di operare in un range di temperature da – 32°C a +49°C forniscono un’idea dell’ampia versatilità operativa di questo nuovo mezzo, che garantisce anche un elevato livello di protezione balistica per salvaguardare l’equipaggio sia dal tiro diretto sia dalle esplosioni. Il mezzo è dotato di un dispositivo per poter creare cortine nebbiogene per rendere meno agevole l’individuazione del veicolo e consentirne il disimpegno in situazioni di necessità. Relativamente alla sicurezza della circolazione, il VTLM 2 è il primo veicolo tattico leggero dotato dell’ESP

(Electronic Stability Program), il sistema di controllo della stabilità che ¿no ad oggi ha equipaggiato unicamente il segmento commerciale di F.A. e le nostre autovetture private. I VTLM 2 in con¿gurazione NEC consegnati ai reparti operativi, nonostante le dimensioni comparabili a quelle di un moderno SUV, non sono tuttavia solo dei veicoli ma veri e propri sistemi integrati dalle enormi potenzialità operative grazie alla spinta componente CIS (Communication Information Systems). A bordo del veicolo prodotto dalla Iveco Defence Vehicles, sono stati integrati i più evoluti apparati radio e satellitari sviluppati dalla società Leonardo Company nell’ambito del Programma Forza NEC (Network Enabled Capabilities). Il VTLM 2 NEC racchiude quindi in se le migliori risorse


tecnologiche nel campo dei sistemi di Comando e Controllo, degli apparati radio e dei terminali satellitari. In particolare, sono integrati a bordo: • il sistema di Comando, Controllo e Navigazione (C2N) Blue Force Situational Awareness (BFSA), che consente al personale di visualizzare lo stato, la posizione e la manovra delle unità amiche e avversarie; • la radio quadri-canale SDR VQ1 (6RIWZDUH 'H¿QHG 5DGLR 9HKLcular Quad-channel Type 1), un apparato che sostituisce, in un unico dispositivo, quattro radio tradizionali in fonia e dati. Questa nuova radio consente di impiegare contemporaneamente le diverse forme d’onda necessarie per comunicare, nella cosiddetta “bolla NEC”, con i livelli superiori, contermini e ¿no al soldato appiedato equipaggiato con il Sistema Individuale di Combattimento (SIC) “Soldato Sicuro” già disponibile presso i reparti operativi in circa 6.000 esemplari; • la stazione radio L3 HARRIS ANPRC/152 per le comunicazioni TACSAT terra - bordo - terra e che, tra l’altro, in caso di abbandono del mezzo, può essere portata al seguito dall’equi-

paggio assicurando le principali modalità di comunicazione voce sicura (è la cosiddetta funzione jerk and run); • il SOTM-X (Satellite On the Move in banda X – una delle bande dello spettro delle microonde), terminale satellitare a banda larga che consente ai comandanti di esercitare, anche in movimento, il Comando e Controllo delle unità schierate sul terreno; • un sistema di collegamento satellitare BGAN (Broadband Global Area Network) per l’interoperabilità verso i sistemi già in servizio di Blue Force Tracking e per le comunicazioni in emergenza in banda Ka; • un sistema di posizionamento, navigazione e timing sicuro attraverso un ricevitore GPS - SAASM; • un apparato per la protezione dalle minacce RC-IED (5DGLR Controlled - Improvised Explosive Device – ordigni esplosivi improvvisati radio controllati). Sui nuovi veicoli può essere installata la torretta remotizzata Hitrole Light che consente di impiegare mitragliatrici cal. 12,7 mm o 7,62 mm oppure un lanciagranate da 40 mm. Il nuovo sistema riunisce in sè le

capacità previste dal processo di digitalizzazione che consente di collegare in rete tutte le entità schierate sul terreno, abilitando ¿nanche l’interazione diretta tra il singolo soldato e i livelli decisionali superiori mediante comunicazioni in fonìa e dati. La rete è un moltiplicatore di forza ed ef¿cienza, che comprime i tempi di piani¿cazione e consente a chi opera sul terreno di cogliere con immediatezza tutte le opportunità operative, consentendo quindi di gestire in tempo reale la mutevolezza degli scenari con maggiore precisione d’ingaggio. Un progetto così ambizioso ha richiesto intensi sforzi per perseguire lo sviluppo, il testing, la realizzazione e la consegna ai reparti operativi del VTLM 2 NEC. Infatti, dopo un intenso periodo di prove tecniche svolte presso il Centro Polifunzionale di Sperimentazione del Comando Logistico dell’Esercito, il sistema è stato testato dagli esperti di settore della Forza Armata presso la Scuola Traporti e Materiali, la Scuola di Fanteria e il Comando Trasmissioni. In¿ne, è stato portato al “banco di prova” costituito dai TRIALS di Forza NEC e dalla Sessione di Integrazione Operativa 2020, esercitazioni sperimentali organizzate dalla Brigata meccanizzata “Pinerolo”, sotto la guida del IV Reparto Lo-

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gistico dell’Esercito, per veri¿carne il grado di interoperabilità con gli assetti digitalizzati ¿nora sviluppati in ambito Difesa. La sperimentazione è stata fondamentale per raggiungere la piena integrazione del VTLM 2 NEC in ambiente net-centrico; i “pareri a caldo” degli operativi hanno infatti permesso di ottimizzare le prestazioni di una piattaforma così evoluta. Sono stati proprio i “ritorni dal campo” a consentire di percorrere rapidamente il proverbiale ultimo miglio che ha portato, nell’ottobre del 2020, all’emissione del certi¿cato omologativo del VTLM 2 NEC da parte della Direzione degli Armamenti Terrestri. Inoltre nello scorso mese di luglio, il VTLM 2 è stato schierato con brillante esito nella 2a sessione di Integrazione Tecnica (SIT) 2O21, una campagna di sperimentazione ¿nalizzata a testare il livello di integrazione dei sistemi digitalizzati mediante la condotta di attività tattiche costruite “ad hoc”. La consegna dei mezzi segna un vero e proprio punto di svolta per la componente operativa dell’Esercito e sottolinea l’azione congiunta della Difesa con il comparto industriale nazionale tesa a contrarre i tempi progettuali e di procurement.


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AZIONE

Alla ¿ne del 2020 è stato siglato un altro importante e storico contratto con la Società Consortile Iveco Oto Melara (CIO) che consente all’Esercito di continuare con l’approvvigionamento della Nuova Blindo Centauro (CENTAURO II). Dopo le prime 10 piattaforme contrattualizzate nel 2018, con le quali è stata avviata l’alimentazione della Scuola di Cavalleria, il contratto 76

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¿rmato lo scorso 30 dicembre dalla Direzione Armamenti Terrestri prevede l’acquisizione di ulteriori 96 CENTAURO II sulle 150 previste dall’intero programma. A circa 30 anni dall’introduzione in servizio, l’Esercito si appresta a dotarsi di una nuova piattaforma più performante della precedente, colmandone i gap capacitivi in termini di protezione, mobilità e leta-

lità d’ingaggio e mantenendo una consistente continuità logistica con le piattaforme da cui deriva e con i sistemi d’arma acquisiti nel frattempo, tra cui il VBM 8x8 FRECCIA. Infatti, la CENTAURO II è la naturale evoluzione tecnologica dell’attuale sistema di combattimento, che nasce negli anni ’90 quale piattaforma esplorante per le unità di cavalleria di linea, orientata


CENTAURO II di Paolo De Benedetto

principalmente alle attività di ricognizione tattica terrestre. Nei prossimi anni, la nuova piattaforma sarà assegnata agli squadroni blindo pesanti di tutti i reggimenti di cavalleria inquadrati nelle Brigate Pesanti, Medie e Leggere. Tale orientamento è stato deciso tenendo in considerazione le peculiarità del reggimento di cavalleria di linea che rappresenta l’u-

nità organica fondamentale per la condotta della ricognizione tattica terrestre, i cui compiti principali, comprendono anche la sicurezza e la protezione, attività tattiche abilitanti dove possono essere ulteriormente esaltate le qualità della Nuova Blindo Centauro in termini di letalità, mobilità e protezione. Oggi la CENTAURO II rappresenta, a livello tecnologico, quanto di

meglio l’industria italiana possa esprimere nel settore della Difesa terrestre. Nelle recenti apparizioni, alla presenza di Autorità di Vertice politiche e militari, italiane e straniere, il veicolo ha impressionato per imponenza, solidità, potenza, e celerità di tiro. Veicolo da combattimento unico al mondo, dal pro¿lo tipico di un veicolo caccia-carri, rispetto alla precedente n. 3/2021 I Rivista Militare

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versione è caratterizzato da un sensibile incremento della protezione balistica ma soprattutto antimina e anti-IED, dando un chiaro segno di come la F.A. sia attenta alla sicurezza dei propri soldati. Nello speci¿co, lo scafo è stato realizzato con un accentuato pro¿lo a “V” con l’obiettivo di indirizzare verso l’esterno l’energia cinetica originata da eventuali esplosioni di mine o di ordigni improvvisati (Improvised Explosive Device - IED). Il conseguimento dell’elevato livello di protezione è stato facilitato, in termini ingegneristici, anche dalla caratteristica driveline prodotta esclusivamente da IVECO DV, ovvero la trasmissione a forma di “H” che caratterizza tutti i veicoli della famiglia “Centauro”. Infatti, tale con¿gurazione prevede che sotto la pancia del veicolo non siano presenti gruppi meccanici e, quindi, in caso di esplosione sotto scafo, si riduce notevolmente la possibilità che ci siano “proiettili secondari” che danneggino la crew cell o che possano colpire il personale imbarcato. Nel cuore dello scafo un nuovissimo gruppo motopropulsore, sviluppato in seno al CIO da Iveco DV in cooperazione con FPT Industrial, è costituito dal nuovo motore turbodiesel FPT VECTOR 8V. In particolare, il motore a differenza di quelli

precedenti presenti sulle piattaforme legacy è ad iniezione diretta, dotato di sistema common rail, sovralimentato, della cilindrata di 20 litri che eroga 720 CV con capacità policarburante, potendo utilizzare gasolio e cherosene militare (JP8). La potenza di questo motore, unitamente ad una ottimale distribuzione dei pesi, ha consentito il raggiungimento dell’obiettivo imposto dalla F.A. ottenendo un veicolo con un rapporto potenza/peso di 24 CV/t tale da garantire una mobilità elevata con un’accelerazione e una ripresa superiori all’attuale Centauro e al VBM 8x8 Freccia. Pilotare una piattaforma con queste caratteristiche, sicuramente farà provare differenti sensazioni anche grazie ad una postazione per il pilota più curata ed ergonomica che, tra l’altro, prevede un sistema di visione indiretta che viene montato per la prima volta sui veicoli da combattimento. Se, come abbiamo visto, lo scafo rappresenta un enorme salto tecnologico rapportato a quello di cui è dotata la versione precedente della blindo armata, la torre non è sicuramente da meno. Infatti, anche in questo caso tanto è stato fatto in termini di incremento di protezione dell’equipaggio evitando accuratamente di aumentare considerevolmente i pesi, alleg-

gerendo ancora di più la torre con il passaggio dagli asservimenti idraulici dell’attuale versione agli asservimenti totalmente elettrici della CENTAURO II in grado di fornire una precisione, velocità e accelerazione di brandeggio ed elevazioni superiori. Infatti, la nuova torre HITFACT 2, sviluppata dalla Divisione Sistemi di Difesa di Leonardo Company, conserva la modularità della versione precedente potendo integrare sia la massa oscillante con il precedente cannone ad anima rigata 105/52 mm sia la nuova massa oscillante con il nuovo cannone e più letale da 120/45 ad anima liscia. Si può impiegare il cannone da 120 mm sullo scafo anche grazie all’introduzione di nuovi organi elastici a cilindri laterali (non più coassiali) e ad una corsa di rinculo incrementata che consentono di ridurre la forza di contraccolpo rendendola compatibile con l’assorbimento tipico di un veicolo ruotato di tali dimensioni. Non da ultimo il nuovo cannone può utilizzare munizionamento da 120 mm di nuova generazione quale quello perforante tradizionale o con penetratore in carburo di tungsteno, che garantisce livelli di perforazione molto elevati, ma può impiegare, per la prima volta su un veicolo da combattimento italiano,


anche le munizioni programmabili che consentono un utilizzo diversificato in relazione all’obiettivo grazie alla possibilità di impostare la modalità di detonazione (impatto, impatto ritardato, air burst). L’incremento del livello di letalità della piattaforma, anche in terreni compartimentati e in aree urbane, è dato dall’integrazione sul cielo di torre del sistema a controllo remoto Hitrole-L che può essere equipaggiata non solo con mitragliatrici cal. 12.7 mm e 7.62 mm ma anche con un lanciagranate da 40 mm che permette di operare nei vari contesti operativi a portelli chiusi aumentando così la protezione dell’equipaggio. Per quanto concerne i sistemi di condotta del tiro e le ottiche del veicolo, è evidente il grande salto tecnologico e qualitativo compiuto. Oltre alla Mini Colibrì che equipaggia la citata Hitrole-L, vi sono l’ottica del cannoniere Lothar SD, innovata rispetto alla sua “cugina” installata su VBM 8x8 Freccia, e l’ottica panoramica per il capocarro, la nuova Attila D, che per le sue elevate prestazioni è stata scelta anche per essere installata sui prototipi e poi sulla serie dei carri Ariete in corso di ammodernamento. Inoltre, la CENTAURO II è dotata di sistemi C2 tecnologicamente avanzati quali il SICCONA (Sistema di Comando Controllo e Navigazione), che consente alla piattaforma di operare in ambiente digitalizzato, la Software Defined Radio (SDR) quadricanale, un sistema radio innovativo che consente di disporre di un unico apparato di differenti forme d’onda i cui parametri di trasmissione possono essere completamente riconfigurati digitalmente in base alle esigenze d’impiego e in ultimo, non per importanza, è giusto annoverare il nuovo sistema di caricamento semi-automatico del colpo, denominato “Agevolatore”. Tale sistema è dotato di un tamburo rotante da 6 colpi, che, grazie ad un sistema elettrico, consente di allineare la munizione prescelta al blocco di culatta, spingerla dentro la bocca da

fuoco e provvedere alla chiusura meccanica dell’otturatore. Ovviamente, in caso di avaria del sistema, l’equipaggio può effettuare manualmente tutte le operazioni previste e continuare a combattere. L’innovazione di questo sistema, dal punto di vista tecnologico e operativo, non è trascurabile se si pensa che consente di effettuare un’attività a fuoco molto rapida, preservando l’operato del servente che può dedicarsi all’impiego dell’armamento secondario (Hitrole-L) o utilizzare gli apparati di comando e controllo. Le novità ¿n qui elencate rappresentano solo una parte dei miglio-

ramenti capacitivi introdotti dalla CENTAURO II, che rappresenta un sistema d’arma complesso, capace di fronteggiare con grandissima ef¿cacia gli attuali e i futuri scenari operativi operando in ambiente net centrico, con elevata mobilità e altissima letalità. Lo sviluppo e la realizzazione della Nuova Blindo Centauro ha richiesto una stretta collaborazione tra l’Esercito e l’industria, a testimonianza della volontà della F.A. di introdurre in servizio mezzi da combattimento altamente performanti ed allo stato dell’arte dotate delle più so¿sticate tecnologie disponibili.

Torretta Hitrole-L.


DEDIZIONE

OBIETTIVO QUALITÀ DELLA VITA Le agenzie di supporto alle famiglie dei militari di Antonio Garofalo

Il benessere del militare è anche una sintesi tra lavoro e famiglia. Lo Stato Maggiore dell’Esercito, per il tramite del V Reparto Affari Generali, sta attuando importanti revisioni per aumentare le attenzioni verso le esigenze del proprio personale: nascono così le Agenzie di Supporto con il preciso compito di fornire al personale trasferi80

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to un aiuto morale e materiale. Le misure a sostegno del proprio personale, di competenza del V Reparto, rientrano in una profonda revisione del comparto e del concetto stesso di benessere per la F.A.. Le misure adottate aspirano a creare e mantenere una condizione di armonia tra la persona e l’ambiente, presupposto fondamen-

tale per condizioni lavorative ottimali. L’obiettivo è quello di abbandonare gli stereotipi, ampliando la nozione di benessere del personale a settori non più solo limitati alla salute, ma che spaziano anche nell’area psicologica e mentale del dipendente. La promozione del benessere del personale militare, a mente dell’articolo


1829 del Codice dell’Ordinamento Militare, è ¿nalizzata all’incremento della produttività e al miglioramento della qualità dei servizi mediante interventi in favore del lavoratore e della sua famiglia, in quanto più una persona si sente parte di un’organizzazione perché ne condivide i valori, le pratiche e i linguaggi, tanto più trova motivazione e signi¿cato nel suo lavoro. In quest’ottica l’Esercito ha elaborato un piano che mira a garantire un più alto grado di benessere psicologico e sociale per il proprio personale, mediante anche la creazione di Agenzie di Supporto per le famiglie dei militari. Queste organizzazioni nascono dalla necessità di assistere in maniera adeguata i militari che vengono trasferiti presso un’altra sede di servizio, al ¿ne di porre loro stessi e i loro familiari nelle migliori condizioni per affrontare il nuovo contesto personale e lavorativo. I nuovi orientamenti del V Reparto, hanno portato allo sviluppo di un progetto volto a costituire, su tutto il territorio nazionale, delle realtà che hanno il preciso compito di fornire al personale trasferito tutto il supporto necessario. Le ¿nalità sono quelle di favorire l’inserimento nel “nuovo” tessuto sociale, con particolare attenzione alla ricerca di soluzioni abitative, sanità, scuole, asili nido, attività ricreative, strutture sportive, offerte commerciali. Nella prima fase del progetto, del dicembre 2020, è stata costituita l’Agenzia Nazionale di Supporto presso lo Stato Maggiore dell’Esercito e venti Agenzie Regionali, pronte a fornire al personale trasferito tutta una serie di notizie inerenti a iniziative e opportunità esistenti nella nuova sede di servizio, nonché ogni utile informazione connessa con il settore alloggiativo e quello del benessere e della promozione sociale. Una particolare attenzione è stata posta all’uniformità del servizio (che deve essere facilmente accessibile da parte del militare e del familiare), con informazioni da fornire ai potenziali fruitori attraverso un sistema di funzionamento sul modello “hub & spoke”. Dal punto di riferimento nazionale hub, dipendono venti Agenzie spoke dislocate in ogni Regione amministrativa all’interno di Comandi Militari costituite da personale con speci¿ca esperienza nel set-

tore individuato nell’ambito dell’Ente, costituiscono il punto di contatto primario per il personale in afÀusso nell’area di interesse, sia in modalità “front RI¿FH” sia di “FDOO FHQWHU” e svolgono funzioni di “LQIRUPDWLRQ GHVN” nella Regione di competenza. Il loro compito è di gestire gli alloggi di servizio e le relative modalità di richiesta, gli organismi di protezione sociale e la loro fruizione (Circoli Uni¿cati, Foresterie e servizi alloggiativi, Asili Nido, Centri Ricreativi, Soggiorni, Stabilimenti Militari, Strutture Sportive di Forza Armata), le convenzioni nazionali stipulate a favore del personale dell’Esercito, nonché l’implementazione del settore delle offerte commerciali con gli “operatori” pubblici e privati, gli indirizzi e i numeri di telefono degli uf¿ci comunali/provinciali delle strutture

sanitarie e delle scuole pubbliche e private, i musei/teatri/principali centri commerciali e ogni altra informazione ritenuta utile. Sulla scia del forte entusiasmo mostrato per il programma, nei primi mesi di quest’anno è stata avviata la seconda fase del progetto caratterizzata dalla costituzione delle Subagenzie in ogni Ente della Forza Armata, con l’ambizioso obiettivo di offrire un servizio capillare su tutto il territorio attraverso. Una s¿da, quella di migliorare la qualità della vita dei militari che, nella creazione di questo sistema di agenzie, ha segnato un altro passo in un cammino di costante ricerca e ascolto delle esigenze dei propri addetti. Consapevoli che un militare sereno è un militare più disponibile ed af¿dabile.

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DEDIZIONE

GIOCO E FANTASIA Gli asili nido aziendali dell’Esercito di Stefano Fiorentino

L’Esercito è alla continua ricerca di soluzioni per incrementare il benessere del proprio personale, tra queste ha un ruolo centrale il supporto alla genitorialità; un’attenzione che, nell’ultimo decennio, ha portato alla realizzazione di sette asili nido “aziendali” all’interno di infrastrutture della Difesa. Le strutture educative, oltre a fornire un supporto ai nuclei familiari, migliorano la qualità della vita del personale militare, contribuendo a portare più armonia fra il ruolo del genitore e la vita del soldato spesso impegnato per lunghi periodi lontano da casa e 82

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dagli affetti. L’asilo nido “Gioco e fantasia” presso la cittadella militare “Cecchignola”, è stato inaugurato dal Comando per la Formazione, Specializzazione e Dottrina dell’Esercito nell’ottobre 2011 e dal febbraio 2016, l’asilo nido aziendale è gestito dal Comando Comprensorio “Cecchignola”. Il servizio educativo è af¿dato ad esperti del settore che contribuiscono a renderlo un luogo di accoglienza, di socializzazione, di educazione e di sviluppo della prima infanzia. La struttura romana, in grado di ospi-

tare ventiquattro bambini di età compresa tra i dodici e i trentasei mesi, è molto richiesta e oggi tante famiglie ne richiedono l’accesso in un trend in costante aumento. Ogni anno, al bando per l’ammissione le domande sono quasi il doppio delle possibilità generando così delle liste di attesa. Utilità della struttura e qualità del servizio offerto oltre che un rapporto costo/bene¿cio nettamente favorevole sono i fattori del successo. Il servizio educativo è organizzato nel rispetto del Modello educativo dei nidi e delle scuole d’infanzia nonché ba-


sato su un progetto educativo che accompagna e integra l’opera genitoriale con eventi, promuovendo esperienze di partecipazione dei genitori alla vita in asilo nido, di aggregazione sociale e di scambio culturale sui temi legati all’educazione. Un progetto complesso e inclusivo mirato a realizzare un clima di rassicurazione e intimità, condividendo con le famiglie, giorno dopo giorno, le esperienze vissute dai loro bambini e i progressi di crescita cognitiva in un’età cruciale dove ambiente, sfera affettiva ed emozioni rappresentano elementi fondamentali per lo sviluppo. L’ammissione all’asilo nido aziendale della Città Militare della Cecchignola, ¿ssata sulla base di criteri di priorità determinati da sede di servizio e Forza Armata di appartenenza, costituisce un servizio educativo e sociale a domanda e, pertanto, è soggetto alla partecipazione dei genitori alle spese di gestione. Le tariffe dovute, diverse secondo le modalità di frequenza, sono equiparate alle rette dovute per gli asili nido di Roma e proporzionali all’ISEE con una quota parte, a carico dell’Amministrazione Difesa, che concorre al raggiungimento del costo per posto/ bambino ¿ssato in sede di af¿damento contrattuale. L’asilo nido aziendale, aperto dal lunedì al venerdì, articola il proprio orario di entrata e uscita dei bambini coerentemente all’orario di lavoro dei dipendenti dell’AD, offrendo la possibilità di frequenza in modalità full time, dalle 07.30 alle 17.00, o part-time, dalle 07.30 alle 14.30. Molte sono le attività e i servizi proposti a partire dalla rilevante e preziosa presenza in sede del pediatra che monitora le condizioni di salute generali, lo sviluppo delle abilità sensoriali, percettive, motorie e cognitive di ogni singolo utente. E ancora, collaborazioni con dietista, psicomotricista e insegnante di musica, realizzazioni di spazi dedicati allo sviluppo espressivo, all’esplorazione e alla creatività dei bambini, laboratorio per l’apprendimento della lingua inglese attraverso la lettura di libri e ¿lastrocche, laboratorio di cucina per promuovere l’educazione alimentare attraverso il gioco, il tutto integrato da iniziative rivolte anche ai genitori

come ad esempio, le gite, le feste a tema, la partecipazione, per una intera giornata, delle mamme o dei papà alla vita del nido. L’emergenza sanitaria COVID-19, ha comportato, all’inizio del mese di marzo 2020, l’interruzione del servizio educativo, costringendo a ripensare “in toto” le modalità organizzative per garantire una successiva ripresa dell’attività in piena sicurezza a tutela della comunità infantile, educativa e genitoriale. Il Comandante del Comprensorio “Cecchignola” Gen. B. Massimo Margotti ha ricordato che: “l’emergenza pandemica è stato un banco di prova per la tenuta dell’intera organizzazio-

ne... e ci sprona a continuare nell’ottica di ottimizzare sempre più l’offerta educativa.” L’asilo nido “Gioco e fantasia” è solo un esempio delle iniziative di welfare intraprese dall’Esercito che tendono a coinvolgere famiglie e Forza Armata in un ambiente di vita sano e di aggregazione. Attenzioni concretizzate nel “Piano nazionale delle strutture socio-educative dell’Esercito” che prevede la realizzazione di ulteriori strutture tra cui, in numero signi¿cativo, altri asili nido. Un sostegno familiare che contribuisce a rendere i giovani genitori con le stellette sereni avvantaggiando così anche l’operatività professionale. n. 3/2021 I Rivista Militare

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UNA FORMAZIONE INTERNAZIONALE Il personale estero alla Scuola di Applicazione di Elpidio Crispino

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Ad inizio anno si è dato il via al Piano delle Ammissioni di personale nale straniero ai corsi presso Enti e Istituti delle Forze Armate Italiane, per il nuovo -22 che sta Anno Accademico 2021-22 per cominciare. rmazione e Il Comando per la Formazione Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, da cui dipende l’Accademia glierà, come Militare di Modena, accoglierà, ali e gli Uf¿ogni anno, gli Allievi Uf¿ciali ciali frequentatori, nazionalili e stranieri. o vedrà coinIl nuovo anno accademico anieri provevolti 82 frequentatori stranieri otale di circa nienti da 22 Paesi, su un totale 1.400 allievi. ’ambito del Da diversi decenni, nell’ambito itica estera quadro generale di politica zza le prodel Paese, l’Italia valorizza azione svolprie strategie di collaborazione gendo anche attività di assistenza ore militare. e cooperazione nel settore nice dei più In particolare, nella cornice ionali bilaampi rapporti internazionali terali e multilaterali tra le Nazioni, ano è forteil comparto Difesa italiano mente orientato alla formazione, a specializall’addestramento e alla ppartenente zazione di personale appartenente esi alleati e alle Forze Armate di paesi ndere infatti amici. Non deve sorprendere ontesti mulche la formazione in contesti onnotazione tinazionali, spesso a connotazione joint (tra diverse Forze Armate) e azioni), procombined (tra diverse Nazioni), prio per la complessità degli attuali scenari, rappresenta un fattore stratati, europei tegico comune a tanti Stati, e non. La Forza Armata ha da temer il mantepo iniziato un progetto per nimento di un rapporto duraturo nel tranieri che tempo con gli Uf¿ciali stranieri si di formaabbiano frequentato corsi zione in Italia. L’Accademia Militare e la Scuola ercito prodi Applicazione dell’Esercito e straniero pongono al personale pia, che si un’offerta formativa ampia, egli anni in è rinnovata nel corso degli perativi. Si relazione ai requisiti operativi. e integrata, tratta di una formazione za dotbilanciata tra conoscenza trinale, preparazione tecniestraco-professionale e addestramento ginnico-sportivo. gleL’utilizzo della lingua inglese negli insegnamenti, un aapproccio multidisciplinare per la risoluzione dell n. 3/2021 I Rivista Militare

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“problema” militare, lo studio della Storia Militare e dei fatti d’arme più rilevanti delle vicende storiche passate sono solo alcuni degli aspetti caratterizzanti i corsi formativi. Nell’ultimo decennio 379 Allievi Uf¿ciali, appartenenti a 30 Paesi, sono stati ammessi ai Corsi universitari e tecnico-professionali dell’Accademia Militare di Modena. Di questi, 179 Uf¿ciali frequentatori provenienti da 24 Paesi, dopo aver concluso con successo il biennio modenese, hanno proseguito i Corsi universitari a Torino. Le collaborazioni con i Paesi dell’area balcanica (Montenegro, Macedonia, Albania), del continente africano (Libia, Niger e Senegal per citarne alcuni) e dell’area asiatica (Afghanistan, Giordania e Thailandia) sono ben solide e durature. Più recenti, invece, risultano le adesioni da parte di numerosi frequentatori dell’Arabia Saudita, per il conseguimento della laurea triennale, e di alcuni dei paesi del Sud America. Da evidenziare un dato in evoluzione: le ammissioni non riguardano più solo le varie armi. Infatti, nell’ultimo decennio, diversi Uf¿ciali della Giordania hanno partecipato ai corsi del corpo degli Ingegneri, un Uf¿ciale della Repubblica del Montenegro del Nord al corso dell’arma Trasporti e Materiali e un Uf¿ciale della Somalia al corso del Corpo di Commissariato. Altri dati interessanti riguardano,

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da un lato, l’ammissione ai corsi di Chirurgia e Medicina di frequentatori provenienti da Afghanistan, Camerun, Giordania e Niger, dall’altro, la partecipazione di personale dall’Afghanistan, Albania e dalla Somalia ai percorsi formativi dell’Accademia per l’arma dei Carabinieri. Il programma di internazionalizzazione degli Istituti di formazione, in particolare quello della Scuola di Applicazione, è oramai una realtà consolidata; l’utilizzo della lingua inglese, lo studio di una seconda lingua (francese e/o arabo), la partecipazione dei frequentatori al “Common Security and Defence Policy” e “/DZ RI $UPHG &RQÀLFWV´ GHOO¶(UDVPXV Militare, la possibilità per alcuni di un tirocinio pratico all’estero, lo scambio di selezionati docenti e studenti tra i diversi Istituti militari e universitari, sono elementi che si sposano perfettamente con la partecipazione degli Uf¿ciali stranieri ai corsi di formazione in Italia. La formazione avanzata ha visto dal 2012 ammettere al corso di Stato Maggiore dell’Esercito 42 Uf¿ciali provenienti da 15 Paesi. Nell’ottica di una formazione interforze aperta anche a Paesi non NATO, nelle ultime edizioni hanno partecipato due Uf¿ciali della Marina della Repubblica Popolare Cinese (edizione 2017) e un Uf¿ciale della Forza Aerea del Brasile (edizione 2019). Corsi “ad hoc” per comandanti di com-

pagnia/squadrone/batteria svolti in favore di Niger e Qatar, sono stati sviluppati secondo speci¿che esigenze. Nello stesso periodo, presso il Centro Studi 3RVW &RQÀLFW 2SHUDWLRQV (CSPCO) di Torino, sono stati ammessi 91 Uf¿ciali da 21 Paesi per lo “6WDELOL]DWLRQ DQG 5HFRQVWUXFWLRQ 0DQDJHPHQW 6HQLRU &RXUVH” e un complessivo di 102 Uf¿ciali da 22 Paesi per lo “Stabilization and ReFRQVWUXFWLRQ 2ULHQWDWLRQ &RXUVH”. Esercitarsi nella piani¿cazione anche attraverso il ricorso a sistemi di simulazione digitali e non digitali, quali il VBS3 (9LUWXDO %DWWOH 6SDFH 3), il Sand Table (un campo di battaglia fedelmente riprodotto con la sabbia) e la MRE (0LVVLRQ 5HKHDUVDO ([HUFLVH) sono alcuni degli elementi portanti e largamente utilizzati. I Paesi esteri, per il tramite dei propri Addetti militari accreditati, prospettano le proprie esigenze formative allo Stato Maggiore della Difesa che, in stretta coordinazione con il Ministero per gli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, le valuta sotto il pro¿lo politico-militare. Il personale straniero che partecipa come frequentatore deve essere accuratamente selezionato perché i lunghi periodi di formazione richiedono ai partecipanti grande impegno e forza di volontà. Nella quotidianità dei rapporti, l’attuazio-


ne del Piano delle Ammissioni presenta anche delicati aspetti culturali, religiosi, alimentari, a volte di ambientamento, da curare con particolare attenzione. La necessità di garantire la didattica ha rappresentato una s¿da, soprattutto in considerazione dei piani di studio universitari e delle dif¿coltà linguistiche per gli allievi stranieri. Per questo, il tutoraggio attivo rappresenta una priorità che si pone quale fulcro dei rapporti internazionali tra gli Stati. L’emergenza Covid-19 ha imposto agli Istituti importanti sforzi organizzativi, soprattutto in termini di potenziamento della piattaforma digitale Moodle e della copertura WiFi per la didattica a distanza permettendo agli Istituti di proseguire l’attività formativa. Il nuovo Anno Accademico inizia sotto i migliori auspici con istituzione e personale docente consapevole di preparare “alle armi” uomini e donne, anche di terre lontane, che avranno, al termine dell’iter formativo, vissuto una straordinaria opportunità professionale e di vita.

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RESISTENTI

FORTI a cura di *Raoul Gariano

**Alessio Martelloni

IL CICLO DI CONDIZIONAMENTO FISICO

Una delle dif¿coltà maggiori che si devono affrontare quando ci si approccia all’attività ¿sica è la scelta della tempistica e modalità delle sedute di condizionamento ¿sico. Quello che di seguito andremo ad illustrare è quanto abbiamo sperimentato e applicato agli Allievi Uf¿ciali del 201º e 202º corso d’Accademia durante l’ultimo anno che ha portato risultati estremamente positivi, anche nella prevenzione infortuni. La prestazione del soldato, in linea generale e in funzione delle proprie linee di impiego, è caratterizzata principalmente da due elementi fondamentali: la forza e la resistenza. Sarà su questi due 88

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elementi che dovremo lavorare nell’ambito della pianificazione con l’obiettivo, al termine dell’intero periodo di condizionamento, di essere semplicemente più forti, riuscire a fare più trazioni alla sbarra o più piegamenti alle parallele, avere le gambe in grado di sollevare più peso o addominali in condizioni migliori per proteggere la schiena oppure, più semplicemente, riuscire a correre non meno di 5 km più velocemente. Il programma proposto agli Allievi è stato suddiviso in quattro fasi suddivise durante tutto l’Anno Accademico, con l’obiettivo finale di presentare ai corsi di specializza-

zione estivi, rispettivamente Corso di Abilitazione al Lancio con il paracadute e Corso di Pattugliatore Scelto, personale fisicamente pronto e motivato. La prima fase, cosiddetta di adattamento è quella in cui l’organismo, che è una macchina biologica in grado di modificare le proprie caratteristiche in base agli stimoli a cui è sottoposto, percepisce ogni stimolo di allenamento come un’ “aggressione” dalla quale deve difendersi e lo fa modificando la propria struttura in modo tale da poter reggere una seconda “aggressione” dello stesso tipo. È necessario precisa-


re che le capacità di adattamento del nostro organismo sono limitate e per evitare di esaurirle subito, e quindi di compromettere lo sviluppo delle capacità stesse, è necessario sottoporre l’organismo a stimoli tassativi ma sostenibili e progressivamente crescenti. In questa fase il soldato sta creando le basi per sviluppare al massimo le potenzialità del proprio organismo, predisponendo i muscoli e i tendini a sostenere dei carichi maggiori ed il cuore, polmoni e sistema circolatorio a sostenere i muscoli nei lavori di resistenza. In questa fase, inoltre, è fondamentale anche prendere coscienza della corretta esecuzione della tecnica degli esercizi per evitare il rischio concreto di infortuni. Durante la seconda fase, detta di accumulo di volume, il concetto di volume è inteso sia in termini di incremento di carichi di lavoro sia di numero complessivo di ripetizioni di ogni esercizio. L’obiettivo, infatti, è quello di introdurre nell’organismo degli adattamenti di tipo metabolico a livello muscolare che permettano di eseguire, a parità di carico, molte più ripetizioni rispetto a prima. Questo processo avviene perché i muscoli riusciranno ad accumulare più riserve energetiche e l’organismo saprà contestualmente rendere disponibi-

le altre energie accumulate da altre parti del corpo, non coinvolte nel movimento speci¿co, immettendole nel torrente sanguigno. Di conseguenza, grazie ad un cuore più ef¿ciente ed una vascolarizzazione piu estesa, queste potranno raggiungere piu facilmente i muscoli coinvolti dallo sforzo. In questa fase le intensità saranno medio alte ma la fatica sarà identi¿cata dagli alti volumi di lavoro che saranno crescenti nel tempo. Anche qui, è importante mantenere un’elevata qualità del movimento. La terza fase, quella più impegnativa del programma, prende il nome di picco d’intensità. Infatti, dopo aver insegnato all’organismo a sopportare elevati volumi di lavoro e averlo spinto a sostenere lavori di resistenza molto faticosi, lo si spingerà alla ricerca delle alte intensità intese come massima espressione di forza e potenza. Il corpo, infatti, se da un lato ha imparato ad immagazzinare una grande quantità di energia e a renderla disponibile ai muscoli per protrarre lo sforzo molto a lungo, dall’altro ora deve insegnare ai muscoli a sfruttare al massimo questa energia esprimendo elevati livelli di forza e potenza. Dobbiamo immaginare il corpo come un’auto da corsa: se nelle fasi precedenti abbiamo fatto in modo che il serbatoio di carburante

fosse il più ampio possibile e che potesse alimentare al meglio il motore, adesso dobbiamo far girare il motore al massimo dei giri possibili. In questa fase le intensità saranno molto alte e verrà richiesto un impegno sempre crescente ed il fattore di successo per ottenere il massimo sarà la propria determinazione. È importante anche qui, a fronte delle alte intensità e dell’impegno che verrà richiesto, che la qualità dell’esecuzione dei movimenti sia sempre perfetta ed ottimale al fine di evitare e prevenire eventuali infortuni. La quarta ed ultima fase del programma di condizionamento fisico è la cosiddetta fase di scarico alla quale si è arrivati con l’organismo che ha affrontato sforzi crescenti. È necessario un taglio netto dei volumi di allenamento per consentire all’organismo di rigenerare le proprie capacità di adattamento. A fronte di una riduzione delle richieste di allenamento, in poco tempo si prenderà coscienza della realizzazione di un incremento notevole delle prestazioni con la forte e piacevole sensazione di sentirsi in forma. Al termine di questo periodo si potrà nuovamente chiedere all’organismo un periodo di sforzo con l’inizio di un nuovo ciclo condizionante.

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AZIONE DEDIZIONE

ATLETI MILITARI Orgoglio dell’Esercito di Davide Dallago 90

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1° C.le Magg. Robert Antonioli. n. 3/2021 I Rivista Militare

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Centro Sportivo Olimpico Esercito Grado: 1° C.le Magg. Nome: Robert Cognome: Antonioli Età: 31 anni Specialità: Scialpinismo Squadra Nazionale A Palmares: 17 vittorie in coppa del mondo 6 ori mondiali 6 argenti 2 bronzi 3 ori campionati europei 4 coppe del mondo generali e 20 volte campione italiano assoluto. In coppa del mondo ha esordito giovanissimo, gareggiando ancora nella categoria Espoir, nella stagione 2008/2009 anno che segna tra l’altro la sua entrata in squadra nazionale. Ha ottenuto la prima vittoria assoluta. Il 25 gennaio 2014, nella specialità individuale a Courchevel (FRA) nonostante appartenesse ancora alla categoria giovanile. Sono ben 16 le vittorie conseguite nel massimo circuito assoluto. In carriera ha vinto 4 coppe del mondo generali, la prima nella stagione 2016/2017, per poi riconfermarsi consecutivamente per tre stagioni di ¿la dal 2018 al 2020. Ai campionati del mondo vanta sei medaglie d’oro, la prima storica a Verbier (SUI) il 6 febbraio 2015 nella specialità Sprint. Il 1° Caporal Maggiore Robert Antonioli può vantare nel suo palmares altre sei medaglie d’argento e due di bronzo ai campionati mondiali assoluti. Nelle varie edizioni dei campionati europei, da quando fa parte del Centro Sportivo Esercito, ha conquistato tre medaglie d’oro. Nel circuito delle Grande Course, Antonioli ha vinto le ultime due edizioni consecutive del trofeo “Mezzalama” e della “Patrouilles des Glaciers” ¿rmando di quest’ultima gara il record storico da battere. Nel suo palmares anche una vittoria nella classica a tappe del “Pierra Menta”. Per concludere il suo curriculum sportivo, l’atleta di Valfurva si è laureato per ben venti volte campione italiano assoluto tra le specialità individuali e di team. Antonioli, leader trainante del movimento dello sci alpinismo del Centro Sportivo Esercito, punta ad arrivare alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 per coronare il sogno di una vita.

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Centro Sportivo Olimpico Esercito Grado: 1° C.le Magg. Nome: Michele Cognome: Boscacci Età: 31 anni Specialità: Scialpinismo Squadra Nazionale A Palmares: 6 vittorie in coppa del mondo 3 ori e 2 argenti mondiali 1 oro e 1 argento ai campionati europei 2 coppe del mondo generali 12 volte campione italiano assoluto. Arruolato nel Centro Sportivo Esercito dal 2013, il 1° Caporal Maggiore Michele Boscacci è instancabilmente uno dei pilastri della nazionale italiana, punto di riferimento nelle gare a staffetta. Proprio in questa specialità vanta due medaglie d’oro ai campionati del mondo e due argenti individuali. Nell’ultima stagione agonistica ha conquistato la prima storica medaglia d’oro nella specialità Long Distance. L’Alpino si è aggiudicato la sua prima vittoria individuale nella gara specialità sprint a Prato Nevoso (CN) il 29 marzo 2015, confermandosi ad altissimi livelli salendo altre cinque volte in carriera sul gradino più alto del podio nel massimo circuito. Molto più numerosi i podi in coppa del mondo dove arriva 10 volte secondo e 6 volte terzo. Di Albosaggia, figlio d’arte di papà Graziano sci alpinista di livello, il 1° Caporal Maggiore Michele Boscacci vince nella stagione 2015/2016 e 2017/2018 la coppa del mondo generale (overall) in una costante gara a due con il compagno di squadra 1° Caporal Maggiore Robert Antonioli. A concludere il suo palmares sportivo, la vittoria per tre edizioni di fila del trofeo “Mezzalama” - gara internazionale con attrezzatura classica che si svolge sul massiccio del Monte Rosa, una vera maratona dei ghiacciai - negli anni 2015/2017/2019 e due edizioni della “Patrouilles des Glaciers” negli anni 2014 e 2018.

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Centro Sportivo Olimpico Esercito Grado: 1° C.le Magg. Nome: Alba Cognome: De Silvestro Età: 26 anni Specialità: Scialpinismo Squadra Nazionale A Palmares: 3 vittorie in coppa del mondo 4 ori mondiali cat. Espoir 2 ori mondiali assoluti 2 argenti mondiali assoluti 1 bronzo mondiali assoluti 2 ori categoria Espoir campionati europei 11 ori campionati italiani assoluti. Un giovane talento della Val Padola, il 1° Caporal Maggiore Alba De Silvestro dopo aver svolto qualche stagione agonistica nelle categorie Children con lo sci alpino, si innamora dello sci alpinismo quasi per gioco. La sua corporatura troppo esile per diventare una forte discesista, diventa il suo punto di forza in quello che adesso è il suo lavoro. Forte in salita, accattivante in discesa, l’Alpina si toglie moltissime soddisfazioni a livello giovanile, entrando nel 2017 tra le fila del Centro Sportivo Esercito ancora appartenente alla categoria Espoir. In quell’anno porta a casa quattro ori mondiali e tre vittorie stagionali di categoria, vincendo la classifica generale di coppa del mondo di categoria. L’anno successivo il passaggio nella categoria senior non la spaventa, anzi, riesce ad ottenere una serie di lusinghieri risultati. Il 26 gennaio 2019 arriva la prima vittoria in coppa del mondo assoluta nella gara specialità individuale, ad Andora, e nella stagione 2019/2020 conclude al secondo posto nella classifica generale di coppa del mondo. Il suo palmares vanta due medaglie d’oro mondiali, a staffetta e Long Distance, due argenti e un bronzo mondiali individuali. Ai campionati italiani assoluti ha vinto undici medaglie d’oro salendo quindici volte sul podio. Il 1° Caporal Maggiore Alba De Silvestro ha partecipato a due edizioni del trofeo “Mezzalama” la prima del 2018, giungendo seconda al traguardo, per poi rifarsi in un’edizione dalle dif¿cilissime condizioni atmosferiche e vincere la prestigiosa manifestazione.

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Centro Sportivo Olimpico Esercito Grado: C.le Magg. VFP4 Nome: Giulia Cognome: Murada Età: 23 anni Specialità: Scialpinismo Squadra Nazionale A Palmares: 16 vittorie in coppa del mondo cat. Espoir 4 ori mondiali cat. Espoir 1 oro mondiale assoluto long distance 1 argento mondiale assoluto a coppie 11 medaglie campionati italiani di cui 4 ori Espoir, 5 ori assoluti, 1 argento, 1 bronzo. La giovanissima valtellinese è la più piccola della squadra, ma non per questo meno dedita allo scialpinismo, ed i risultati parlano chiaro. Tra tutti forse è colei che può aspirare maggiormente a vincere una medaglia olimpica a Milano-Cortina 2026. Il Caporal Maggiore Giulia Murada ha iniziato a praticare lo scialpinismo all’età di 12 anni assieme a suo padre, ed è stato un colpo di fulmine. Agli esordi di una lunga carriera nella categoria juniores vanta un palmares di tutto rispetto: numerosi infatti i successi in coppa del mondo in questa categoria, dominando in maniera assoluta. Arruolata nel 2017 ancora Espoir, l’Alpina ha ottenuto risultati eccezionali di categoria, con 4 medaglie d’oro ai campionati del mondo di categoria, 19 podi in coppa del mondo di cui 16 vittorie. Il Caporal Maggiore Giulia Murada si aggiudica consecutivamente dalla stagione 2018/2019 alla 2020/2021 la classi¿ca generale di coppa del mondo Espoir , ottenendo il 21 dicembre 2019 ad Aussois (FRA) il primo podio nella categoria assoluta classi¿candosi al terzo posto. Da qui il vero salto di qualità per la sci alpinista di Albosaggia, schierata al ¿anco del 1° Caporal Maggiore Alba De Silvestro nella gara a coppie dei campionati mondiali di Villars (SUI) nel 2019 conquistando la medaglia d’argento. Nella stagione agonistica appena conclusa vanta due medaglie d’oro ai campionati mondiali Espoir di Andora specialità Vertical e individuale, e la medaglia d’oro, forse la più importante della sua carriera, ai campionati mondiali Long Distance (Pierra Menta) il 12 marzo 2021 nella località francese di Areches Beaufort assieme alla collega e compagna di squadra 1° Caporal Maggiore Alba De Silvestro.

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AZIONE DEDIZIONE

UNA DISCIPLINA DA DURI Lo scialpinismo di Davide Dallago

Lo scialpinismo è una disciplina sportiva invernale che unisce la pratica dello sci fuoripista a quella dell’alpinismo. Si pratica al di fuori dei comprensori sciistici, si cercano itinerari d’avventura lontani dal caos e dall’affollamento delle piste da sci. È uno sport che avvicina chi lo pratica ad una montagna più intima e personale rispetto alla concezione turistica dello sci da discesa. Si utilizza del materiale dedicato: gli sci sono più leggeri rispetto a quelli da sci alpino, attacchi che permettono lo svincolo del tallone e scarponi che hanno un selettore per permettere la mobilità o il blocco della caviglia. Per la risalita è necessario applicare sotto gli sci delle strisce adesive chiamate “pelli di foca”; queste strisce setolose impediscono allo sci di scorrere all’indietro nella fase di salita. Oltre a questo materiale necessario per il movimento è fondamentale avere con sè il materiale per l’autosoccorso. Parliamo dell’ARTVA, apparecchio ricetrasmittente a onde elettromagnetiche da portare addosso sotto i vestiti, oltre a pala e son96

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da da valanga. Questa attrezzatura permette una rapida individuazione e disseppellimento di uno scialpinista travolto da una valanga. Lo sci nasce in Norvegia e si sviluppa in tutta la Scandinavia dove la morfologia del terreno più morbida rispetto alle pendenze alpine, le distanze più lunghe e le nevi più fredde da un lato impongono lo sci come mezzo di spostamento, dall’altro ne facilitano l’impiego. Quando lo sci è arrivato sulle Alpi si sono dovuti affrontare terreni più ripidi e nevi più dure quindi si sono sviluppati sci con le lamine scarponi più massicci. Il battesimo degli sci sulle Alpi si ha con la salita al colle di Pragel in Svizzera compiuta nel 1893 da quattro alpinisti. Tre scelgono di affrontare la salita con gli sci, uno preferisce le racchette da neve, in salita tengono lo stesso passo, ma in discesa non c’è gara: gli sciatori battono il ciaspolatore dandogli un’ora di distacco. Lo sci è diventato subito un mezzo di trasporto veloce per il movimento su neve e fin dalle origini utilizzato dai militari e dagli esplo-

ratori. Già nel 1564 l’esercito di Svezia, in guerra contro la Danimarca, schierava tra le proprie fila un’armata composta da quasi 4000 soldati sciatori. Ai giorni nostri questa disciplina, abbandonata in parte la sua vena eroica quando gli scialpinisti erano, di fatto, un po’ sciatori un po’ esploratori e alpinisti, coraggiosi avventurieri che hanno aperto la strada a un nuovo modo di vivere la montagna, ha avuto un’evoluzione verso l’agonismo che ha stimolato un miglioramento costante dei materiali. Le competizioni scialpinistiche sono organizzate sempre in ambiente selvaggio ma lungo gli itinerari è presente l’assistenza; questo ha portato a ridurre all’essenziale l’equipaggiamento. I tipi di competizioni sono diversi e si differenziano per dif¿coltà e lunghezza del percorso. GARA A SQUADRE È la forma più tradizionale e rappresentativa, con squadre costituite da due o tre atleti a seconda della manifestazione. Si tratta di eventi spetta-


colari che devono includere almeno tre salite e tre discese, mentre nelle gare su lunga distanza possono essere in numero maggiore. Gli atleti devono utilizzare, se necessario, del materiale alpinistico come quello per le vie ferrate, ramponi e piccozza per risalire i canali più difficili. Una gara a squadre standard dura un massimo di tre ore e copre un dislivello positivo totale di circa 2.000 metri. Alcuni eventi su lunga distanza possono avere sviluppi maggiori e durare più di un giorno (percorsi a tappe). Per tutti gli eventi la sicurezza è della massima importanza, per questo la tracciatura e la messa in sicurezza dei tratti più esposti sono affidate e coordinate dalle Guide Alpine. GARA INDIVIDUALE Come tipologia di percorso è molto simile alla gare a squadre solo che si fa individualmente; si trovano ancora tre salite e tre discese ed almeno una sezione a piedi con gli sci legati allo zaino. La loro durata è, normalmente, da un’ora e mezza a due ore. SPRINT Si tratta sicuramente della

prova più spettacolare. Una prova individuale compressa, che combina tutte le caratteristiche essenziali e le tecniche dello scialpinismo, con una salita, un tratto a piedi con sci sullo zaino e una singola discesa. Come suggerisce il nome si tratta di un evento molto veloce che si basa sul completamento del percorso in circa tre minuti per gli atleti più veloci. Il dislivello totale si attesta intorno ai 100 m, con partenza e arrivo quasi nello stesso punto. Il primo turno è una quali¿cazione individuale, si accede poi ad un tabellone ad eliminazione diretta dove i concorrenti si affrontano in batterie da sei. Anche se la salita è solitamente su neve ben tracciata, la discesa può essere fatta fuori pista e per incrementare ulteriormente la spettacolarità possono essere aggiunti piccoli salti naturali o arti¿ciali. STAFFETTA Come in molti sport, anche nello ski alp è presente la staffetta, che si svolge con una squadra di tre o quattro elementi che effettuano un giro del circuito uno dopo l’altro. È una tipologia di gara piuttosto veloce, circa 15

minuti a giro, comprendente due salite e due discese, ed una sezione corta con gli sci sullo zaino. VERTICAL Nel mondo delle competizioni esiste anche una gara di sola salita, la vertical. Solitamente viene svolta in una sola e lunga ascesa, con partenza in linea o a cronometro, in pista o fuori pista. LA GRANDE COURSE è una serie di competizioni storiche che si completa nell’arco di due stagioni agonistiche. Le gare principali sono: il trofeo “Mezzalama” (in ricordo di Ottorino Mezzalama primo ascensionista italiano del Monte Bianco nel 1927) e il “Tour du Rutor” in Valle d’Aosta, “Pierra Menta” in Francia, “Adamello Ski Raid” in Lombardia, “Patrouille des Glaciers” in Svizzera. Si tratta delle competizioni più belle e famose delle Alpi, di fatto appuntamenti imperdibili per gli appassionati della specislità. Si effettuano con squadre di due o tre elementi, mentre la classifica finale è individuale, perciò si può correre ciascuna prova con compagni diversi di qualunque nazionalità. n. 3/2021 I Rivista Militare

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VALOR MILITARE

Caporale M.B.V.M. Massimiliano Zaniolo

Al Caporale par. Massimiliano Zaniolo, nato il 12 ottobre 1973 a Milano, con la seguente motivazione: «Caporale paracadutista di leva, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il 183 rgt. par. ‘Nembo’ al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati dai miliziani somali, mentre a bordo di un veicolo corazzato effettuava fuoco mirato a sostegno dell’azione condotta dalla propria squadra, veniva inquadrato dal tiro dei cecchini ma, imperturbabile, proseguiva nell’azione. Coinvolto nell’esplosione di un razzo controcarri che colpiva il mezzo sul quale operava, subiva in più parti del corpo ferite che gli procuravano anche menomazioni SHUPDQHQWL 0DQWHQHYD ¿QR DO VRSUDJJLXQJHUH GHL VRFFRUVL LO SURSULR SRVWR DO ¿DQFR GHL FRPPLOLWRQL LQFLWDQGROL DOOD ORWWD &KLDUR HVHPSLR di elevatissimo senso del dovere e della disciplina, di coraggio e di saldezza d’animo». Mogadiscio, 2 luglio 1993 “Ho sempre desiderato essere un militare, un paracadutista come mio padre. A diciotto anni, essendo il servizio di leva obbligatorio partii per Pisa e ancora ricordo l’ansia e l’emozione quando mi comunicarono che ero entrato a far parte del 183° reggimento “Nembo”. Era il primo passo per poi continuare quella professione, io volevo essere nei Corpi Speciali. Quel basco amaranto ha un suo significato tanto che, dopo la Battaglia del checkpoint “Pasta” (Mogadiscio 2 luglio 1993 n.d.r.) avendo riportato varie ferite, decisi di

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congedarmi non potendo continuare quel percorso così come lo avevo immaginato.” Inizia così il suo racconto per “Rivista Militare” Massimiliano Zaniolo. Attualmente responsabile amministrativo per una ditta lombarda, è sposato ed ha due figli. “Quando mi dissero che dovevo partire per una missione, non pensai ai rischi ma solo che si stava realizzando un sogno. I primi mesi furono abbastanza tranquilli e quel famoso 2 luglio io ero a Balad, con altri compagni ci spostammo verso il centro di Moga-

discio per un’azione di rastrellamento, eravamo alla ricerca di armi. Mentre raggiungevamo il centro, vedemmo delle barricate e la presenza di donne e bambini si intensificava: la situazione iniziò a diventare pesante. I miliziani cominciarono a colpire i mezzi ed arrivò l’ordine di tornare indietro. A metà strada ci dissero che la tensione nei pressi del Checkpoint “Pasta” era degenerata, decidemmo di ritornare, ci venne a prendere la Compagnia dei Diavoli Neri, io e la mia squadra entrammo nel mezzo in cui c’era Pa-


a cura del Ten. Col. M.O.V.M. Gianfranco Paglia squale Baccaro (uno dei tre militari che perse la vita n.d.r.) appostato alla torretta. Ritornammo quindi a Mogadiscio ed è lì che lo scontro divenne violentissimo, un razzo squarciò il carro, fui colpito al torace, al braccio, alla gamba e alla mano, riportai ferite ovunque. Fino a quando non fu aperto il portellone eravamo tutti ammassati tra pezzi di carne e continuammo, per quel che si poteva, a dare una mano. Non c’era tempo per pensare e, non avendo mai perso la lucidità, capii subito che la mia vita sarebbe cambiata e che quella sarebbe stata la mia ultima volta da soldato, perchè tutte le professioni, questa in particolare, vanno fatte bene ed io non ero più il ragazzo di prima. Quel giorno mi ha segnato indelebilmente, per anni non ho sopportato i rumori anche quelli dei fuochi d’artificio; accettarsi a diciannove anni con un corpo diverso non è stato semplice però, devo anche ammettere, mi ha dato la forza di reagire, ho studiato ed ora ho un impiego completamente opposto, ma che svolgo con lo stesso metodo che ho appreso durante il servizio di leva. Non sono pentito delle scelte fatte in quel giorno, anzi se non avessi dato il mio contributo, oggi vivrei con un continuo senso di colpa. Ho fatto tutto con convinzione e nessuno mi ha obbligato, sono tornato in-

dietro perché lo ritenevo giusto, i miei fratelli erano in difficoltà. Lo spirito di corpo che si crea è indescrivibile, si è davvero un’unica famiglia ed io sono rimasto in contatto con molti di loro.” Cosa ha raccontato ai suoi figli? “Non è stato facile, sono ancora piccoli ma non avendo due dita della mano sinistra mi hanno chiesto cosa fosse accaduto. In un primo tempo ho raccontato di uno squalo a mare, poi ho spiegato che non tutto il mondo è in pace e che ci sono zone in cui i popoli sono in guerra, ho detto che ero militare e che ho combattuto per la pace, i segni evidenti che porto sul mio corpo sono la testimonianza di quel giorno. Hanno capito e reagito bene.”

Se uno di loro o entrambi decidessero di intraprendere la carriera militare, lei cosa consiglierebbe? “Sarei molto contento, ma lo sarò per tutte le decisione che prenderanno per il loro futuro. Cerco di non influenzarli perché ogni scelta dovrà essere autonoma per non avere rimpianti”. Un’ultima domanda, lei che era di leva, è favorevole al ritorno della leva obbligatoria? “Non sono favorevole all’obbligatorietà, ma incentiverei e formerei al meglio chi decide liberamente di entrare nelle Forze Armate evidenziando che il sacrificio è la prima parola che dovrà entrare nel nuovo vocabolario della propria vita.”

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SOLDATO DEL GIORNO

Allievo Capo Scelto Marco Zulian

Effettivo al 1° plotone della 7a compagnia del 201° Corso “Esempio” dell’Accademia Militare di Modena, è nato a Dolo (VE) il 14 marzo 2000. A soli 16 anni inizia il percorso di vita militare presso la Scuola Navale Militare “Morosini” – dove consegue nel 2019 il diploma di maturità scienti¿ca e dove matura il desiderio di rinnovare la propria scelta concorrendo per diventare un Allievo Uf¿ciale dell’Accademia Militare. L’iter concorsuale si conclude brillantemente e, a settembre 2019, accede in Accademia. Conclude il primo anno accademico con un profitto notevole nelle quattro aree valutative (attitudine militare e professionale, discipline universitarie, istruzioni pratiche e attività ginnico-sportive), posizionandosi quarto nella graduatoria di corso e ottenendo la qualifica di Allievo Capo Scelto. Durante il secondo anno accademico, grazie all’ottimo rendimento in attitudine militare, è stato chiamato ad assumere il ruolo di qualificato di inquadramento degli Allievi Ufficiali del primo anno. Questo delicato compito gli consente di essere parte integrante del processo di formazione dei “cappelloni”, nei confronti dei quali ha puntato sin da subito ad essere costantemente d’esempio, ponendosi sempre in prima linea anche nelle attività più faticose. Nelle attività esercitative, ha dimostrato grande professionalità e preparazione, coadiuvando efficacemente la Linea di Comando. Inoltre, ha compreso e ha fatto comprendere ai cadetti più giovani che, nonostante il regolamento accademico preveda una costante valutazione degli Allievi, durante l’addestramento l’errore, all’inizio inevitabile, deve essere visto come una risorsa per migliorarsi, a patto che questo non sia ripetuto per scarso impegno o mancanza di concentrazione, convinto che la formazione debba prevalere sulla valutazione. Marco Zulian, Allievo Capo Scelto, rivela alcuni lati del suo carattere a Rivista Militare, e, in una informale chiacchierata con il nostro Redattore, spiega come riesce a conciliare la vita militare con quella civile, un gioco di equilibri che, visti i risultati, gestisce magistralmente. “Cerco, nei limiti del possibile, di separare la mia vita tra le due realtà e trovare un giusto equilibrio attraverso anche un distacco mentale. Quando sono in caserma sono un militare e mi comporto come tale, fuori, seppur riconosco di essere un soldato con i miei obblighi e le dovute responsabilità cerco di dedicarmi alla mia vita privata che non è diversa da quella di un qualsiasi vent’enne fatta di interessi, curiosità e, perché no, di divertimento”. 100 Rivista Militare I n. 3/2021

Schietto e diretto, il giovane allievo ci tiene a sottolineare che la sua esperienza in Accademia pur affascinante, è impegnativa, stretta tra le tante attività da portare a termine, siano esse didattiche, ginniche, o tecnico-pratiche. “Un impegno continuo e costante“ sottolinea e invita i futuri cadetti che si vogliono affacciare al mondo militare a valutare preventivamente la scelta con la giusta consapevolezza. “Ancor prima di decidere il percorso da intraprendere, consiglio di approfondire la realtà militare senza trascurare nulla, perché una volta che si vince il concorso e si decide di iniziare la carriera, non bisogna mai avere ripensamenti ma credere in quello che si fa con grande deter-

minazione. La vita dell’Accademia ti richiede concentrazione e dedizione, essenziali se vuoi portare a termine il tuo percorso. Il cadetto veneto ritiene che il “soldato del futuro” si deve far trovare pronto “la giusta motivazione è la nostra forza, quindi è importante vivere con passione e orgoglio il nostro percorso in divisa, un percorso che per me sarà ancora lungo ma che mi ha già regalato grandi richieste e grandi soddisfazioni” “Il mio ruolo di inquadratore mi permette di trasferire ai compagni più giovani le mie esperienze. Cerco di far comprendere ai cadetti più giovani che, nonostante il regolamento accademico preveda una costante valutazione degli Allievi, durante l’addestramento l’errore,


risulta inevitabile, ma deve essere visto come una risorsa. Un modo per migliorarsi”. L’Allievo Capo Scelto Zulian è un esempio di come l’addestramento,

soprattutto in ambito accademico, debba promuovere l’iniziativa in un percorso che è prevalentemente di formazione prima che di valutazione. Un giovane che, quale futuro

Uf¿ciale si mette in gioco disposto a uscire dalla propria comfort zone, perché quale comandante si potrà trovare a prendere decisioni spesso non facili.

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RECENSIONI

Marco Petrelli (prefazione di Debora Corbi), Qui non si salva nessuno. Cinque storie di donne nell’inferno della guerra, Eclettica Edizioni, 2021, pp. 162, € 16,00. “Finished with my woman ‘cause she couldn’t help me with my mind/ People think I’m insane because I am frowning all the time” Vittoria adorava Paranoid, canzone che aveva scoperto guardando un canale online dedicato alla musica nella Guerra del Vietnam. Il ritmo travolgente dei Black Sabbath accompagnava i voli degli elicotteri-icona del conÀitto, compreso l’UH-1/ AB“205” sul quale si era formata come pilota. Trentadue anni, da Castel Viscardo, il Capitano dell’Aviazione Esercito Vittoria Greco era al suo primo turno in Afghanistan. Era nata laddove un tempo sorgeva il più bell’aeroporto mai costruito, l’Aeroporto di Orvieto - Castel Viscardo di Pierluigi Nervi, capolavoro del razionalismo la cui memoria si era tramandata solo grazie alle foto prebelliche. La storia del Capitano Vittoria Greco (e delle altre protagoniste del nuovo libro di Marco Petrelli) prosegue nelle pagine di “Qui non si salva nessuno. Cinque storie di donne nell’inferno della guerra”, in libreria dal 1° febbraio con Eclettica Edizioni. Una spia francese nell’Italia del ’44, una guerrigliera vietcong, una infermiera volontaria italiana in Somalia, un soldato del “Grande Uno Rosso”, un pilota dell’Aviazione Esercito: donne di età e di trascorsi diversi, accomunate da un 102

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passato… che non vuole passare. E finite nel bel mezzo di conflitti in terre lontane per motivi altrettanto differenti: chi per dovere, chi per scelta, chi perché costretta. Tutte dovranno prendere delle strade che segneranno il loro futuro e quello delle persone che hanno intorno, decisioni influenzate dalla drammaticità e dall’orrore del contesto in cui sono prese. È opinione dell’Autore infatti che “la guerra muta radicalmente la percezione della realtà, delle priorità, nonché gli equilibri nei rapporti fra le persone”. L’arco narrativo copre circa 60 anni, dalla Seconda Guerra Mondiale alla Missione ISAF in Afghanistan, omaggio di Petrelli alle passioni letterarie (We were soldiers, la saga dei “dannati” di Sven Hassel, The Short-Timers, Quell’ultimo ponte), ai suoi studi e a pubblicazioni dedicate. Quanto ai personaggi: “Nel 2019 avevo moderato un incontro del Comune di Amelia sui vent’anni della Legge 380 che permise l’ingresso delle donne nelle FFAA Italiane. Evento che ha accresciuto la curiosità verso la realtà femminile nel mondo militare. Un rapporto, quello fra mondo delle donne e guerra, chiaramente ben più antico: basti pensare alla figura di Artemisia… Il Novecento, tuttavia, ha offerto un ampio spettro di figure, aneddoti, esperienze, di spunti importanti per la stesura delle storie. Quanto ai singoli personaggi, il primo a nascere è stato il G.I. del Big Red One nel dicembre 2017… su un foglio di carta. Poi, il primo lungo lockdown ha fornito l’occasione (e lo stimolo) per dare forma a “Qui non si salva nessuno”, primo test narrativo e libro decisamente anti-femminista. Già, perché in disaccordo con quel femminismo urlato, piazzaiolo, affetto da misandria, ritengo che l’uomo e la donna siano meno diversi di quanto si possa pensare. Se proprio si vuole cercare un discrimine, infatti, questi è solo la capacità di affrontare i problemi, grandi e piccoli, del quotidiano: c’è chi li affronta tentando di risol-

verli, chi invece si abbandona allo sconforto”. Gli episodi sono arricchiti da dettagli che omaggiano le passioni dell’Autore per la musica, per i viaggi, per la fotografia, per il reportage e per la storia militare. Qui non si salva nessuno è dedicato (alla memoria) a Sorella Maria Cristina Luinetti, Sottotenente delle Infermiere volontarie caduta in Somalia nel 1993 e al Capitano Pilota Maria Angela Valentini dell’Aeronautica Militare, caduta in seguito all’incidente aereo di Ascoli del 2014 insieme ad altre tre colleghi.

Giovanni Iacono – Salvatore Reale: Tre giorni vissuti da Eroi. Le voci dei protagonisti. Gela 10-12 luglio 1943, edito dagli autori, 2020, pp. 328, € 20,80. Fino a pochi anni fa la Campagna di Sicilia e la battaglia di Gela erano state dimenticate dalla storiografia ufficiale. La ricerca degli autori, basata su materiale dell’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, nonché su testimonianze di reduci e civili del luogo incrociate con le ricerche sul campo, mira a far conoscere il ruolo avuto dai soldati italiani nella battaglia. I fatti. La notte tra il 9 e 10 luglio del 1943 gli Alleati misero in atto la più grande operazione anfibia mai tentata fino ad allora, chiudendo la Sicilia sud orientale in una morsa di fuoco ed acciaio. Nel settore di Gela l’urto iniziale


fu sostenuto dalle unità della XVIII Brigata costiera. La reazione dei Comandi italiani fu immediata. Alle 05.00 del 10 luglio il Gruppo mobile “E”, di stanza a Niscemi, mosse al contrattacco riuscendo a penetrare dentro l’abitato di Gela, ma, dopo aver subito ingenti perdite a causa del fuoco delle artiglierie navali, dovette ripiegare sulle posizioni di partenza. La mattina dell’11 luglio le Divisioni Livorno e H. Goering mossero al contrattacco. Alle 11.00 gli uomini della Livorno erano alle porte di Gela, ma ancora una volta l’intervento dell’artiglieria navale fu decisivo. I Reparti, decimati, dovettero ripiegare sulle posizioni di partenza. In due giorni di combattimento la Divisione Livorno aveva perso la propria capacità operativa lamentando la perdita, tra morti feriti e dispersi, del 65% degli effettivi. Dalla lettura dell’opera, che ha ricevuto il patrocinio gratuito dello Stato Maggiore Esercito, emerge la capacità degli autori di mettere in risalto, oltre alla condotta delle operazioni dei Reparti italiani, lo stato d’animo dei soldati italiani che compirono numerosi atti di eroismo, spesso sconosciuti ai più. Inoltre, per onorare la memoria di quei soldati, spesso dimenticati, gli autori hanno dedicato ampio spazio alle numerose iniziative locali che mirano a creare un vero e proprio “percorso della memoria”.

Fabrizio Giardini, Domenico Spoliti, Emilio Tirone, %ROOHWWLQR GHOO¶8I¿FLR 6WRULFR , Ed. Stato 0DJJLRUH GHOO¶(VHUFLWR 8I¿FLR 6WRrico, Roma, 2021, pp 550, € 15,00.

Il Bollettino dell’Uf¿cio Storico riprende una consolidata tradizione dell’Uf¿cio Storico dello Stato Maggiore Esercito. Giunto al quarto volume della Nuova serie, riproposta nel 2017, vuole fornire a un pubblico di studiosi e appassionati degli elementi innovativi di ricerca e utili strumenti per l’accesso ai fondi dell’Archivio Storico dello Stato Maggiore Esercito. Le radici storiche del Bollettino risalgono all’idea del Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, Alberto Pollio, che nel 1909 propose di raccogliere in maniera aperiodica i contributi dei militari storici in maniera da diffondere la cultura storica dell’Esercito, ma soprattutto per aiutare la piani¿cazione dei conÀitti futuri. Le Memorie Storico Militari furono sospese nel 1915 per essere poi riprese tra il 1926 e il 1934 come Bollettino dell’Uf¿cio Storico, trimestrale di informazione storica, ma anche ¿nestra sul “mondo culturale delle forze armate”, italiane e straniere. Fu poi nel 1977 che venne riproposto al pubblico di studiosi la nuova serie di Memorie Storico Militari, pubblicato ¿no al 2009, a cui venne aggiunto nel 2001 il Bollettino dell’Archivio dell’Uf¿cio Storico, pubblicato ¿no al 2012 . Il volume 2019-2020, la cui copertina è stata concessa dall’artista Ennio Naso, si compone di quattro sezioni. La prima è frutto di ricerche presso l’Uf¿cio Storico dello Sato Maggiore Esercito da parte di Militari - storici e studiosi che hanno evidenziato aspetti interessanti su tematiche di interesse per la Forza Armata. Tra i saggi si segnala quello del Colonnello Filippo Cappellano, il più importante militare – storico in circolazione, su un tema di interesse corrente come l’occupazione italiana nei paesi balcanici, nel caso speci¿co quello del Montenegro. Per la seconda sezione si segnala un intervento, frutto di ricerca d’archivio in loco, relativo all’atteggiamento dell’Amministrazione Militare Britannica e il cimitero italiano di Cheren (Eritrea). Danno lustro al volume le recensioni di importanti studi storico - militari, sia italiani sia in lingua straniera, come ad esempio i volumi in lingua russa sulla situazione del fronte durante la Prima Guerra

Mondiale, per giungere ¿no ai testi spagnoli sulla Civile, passando per il più importante studio tedesco sulla guerra franco – prussiana. Chiude il volume la sezione dedicata agli strumenti di ricerca, utile ausilio soprattutto per gli studiosi che si recano presso l’Archivio Storico dello Stato Maggiore Esercito. Infatti riporta uno schematico interventi sulle nuove acquisizioni di fondi utili ad integrare gli studi di quelli istituzionalmente conservati. Il Bollettino si pone in linea con le ¿nalità istituzionali di diffusione e studio della cultura miliare e tale scopo è suggellato dal Comitato tecnico-scienti¿co che supervisiona ogni singolo intervento.

Michele Dell’Agli e Francesco Lamberti, ,O 3HDFHNHHSLQJ ¿QH di un (falso) mito, Giuffrè Francis Lefebvre S.p.a. 2021, pp. 350, € 36,10.

³,O 3HDFHNHHSLQJ ¿QH GL XQ IDOVR mito” di Michele Dell’Agli e Francesco Lamberti è un libro che pone innumerevoli interrogativi. Cosa rappresentano oggi le Nazioni Unite? Svolgono ancora un ruolo determinante nel preservare e garantire la pace? Ha ancora senso parlare di peacekeeping nella sua originaria accezione? È un’opera facilmente comprensibile e ordinata, permette di avere un quadro documentato di tutti gli aspetti relativi agli interventi militari e civili, statali e non statali che si portano dietro un grande dilemma. Le operazioni di peacekeeping sono state veramente ideate per essere operazioni di pace e di difesa dei n. 3/2021 I Rivista Militare

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diritti umani? Seppur affronta tematiche spinose, però, è un testo che è attento a non sottovalutare gli strumenti per capire e cercare di trovare un modello d’intervento umanitario che implichi la non belligeranza. Il libro si distingue per la trasparenza degli autori nell’ammettere evidenti distorsioni del diritto internazionale, mettendo in risalto le evidenti contraddizioni circa gli scopi delle operazioni, i costi e i pro¿tti, le limitazioni e l’effettiva utilità di risorse materiali e umane messe a disposizione. Michele Dell’Agli e Francesco Lamberti hanno fornito una serie ¿ttissima di motivi per togliere anche ai più disinformati ogni dubbio non soltanto sulle operazioni, ma sulle corrette scelte della politica internazionale degli ultimi trenta anni.

sa azione di Premuda di Rizzo, Aonzo e Gori (notte sul 10 giugno 1918). 'DUGDQHOOL parte da più lontano, dall’azione di forzamento dello stretto dei Dardanelli del 18-19 luglio 1912 (nell’ambito della guerra italo-turca) ad opera di una squadriglia di Torpediniere al comando del Capitano di vascello Luigi Millo, come perno da cui prende avvio un racconto che vede il protagonista Carlo, orfano di uno dei partecipanti a quell’impresa e, volontario nella guerra di Spagna, vivere intensamente la propria epoca, porre in dubbio la propria adesione al fascismo, per giungere ad affrontare serenamente la meritata vecchiaia. Non mancano, nel racconto, le sorprese. Si tratta, in definitiva, di un libro interessante e godibile che lascia al lettore una sensazione di freschezza e la consapevolezza di aver appreso, con leggerezza, qualcosa di più della storia della Marina Militare e, con questa, della nostra Italia.

Giuseppe Sfacteria, Dardanelli!, Ed. Libertà, 2020, pp. 144, € 14,00. Con 'DUGDQHOOL l’autore, Ufficiale commissario della Marina Militare, ci riprova, e “fa centro”, con un racconto, nella forma del romanzo breve, in cui - come nel precedente 'L PDUH H GL JXHUUD - l’occasione del racconto è data da un episodio della storia militare e tale occasione è, in realtà, il pretesto per raccontare la storia di personaggi di pura fantasia che pure, calati nel contesto Ligure, terra d’origine dell’autore e da questi efficacemente ricostruito, tanto hanno di concreto e, certamente, spingono ad una riflessione. In 'L PDUH H GL JXHUUD il pretesto guerresco era offerto dalla glorio104

Rivista Militare I n. 3/2021

Pier Luigi Villari, Sotto Assedio, la battaglia per la difesa di Roma 8-10 settembre 1943, Ed. IBN, 2021, pp. 370, € 23,00. Granatieri, Lancieri, Carristi, Fanti e Carabinieri, insieme a moltissimi civili, formarono le Divisioni italiane poste a difesa della capitale, e quella che troppo spesso viene ricordata come la mancata difesa Roma fu un’aspra battaglia in cui caddero 416 militari e 183 civili. Attraverso un lungo lavoro di ricerca, e grazie alle testimonianze estra-

polate da numerose pubblicazioni, l’autore ci fa rivivere i tre durissimi giorni di combattimenti dando voce agli stessi protagonisti di una vicenda spesso fraintesa e mal narrata. Roma era sotto assedio e la battaglia per la sua difesa, 8 - 10 settembre, vedrà schierati soldati e molti civili che con coraggio ne tentarono l’eroica difesa dall’assalto dei reparti tedeschi. Difesa - o meglio mancata difesa di cui molto si è discusso nel corso degli anni. Ma cosa accadde in quei tre giorni? Chi furono i protagonisti della vicenda? Cosa provarono in quei tre giorni interminabili? Come la vicenda dimostra, facendo parlare gli stessi protagonisti in maniera viva ed avvincente con dialoghi sia immaginari che reali, a mancare e a non garantire una difesa furono gli apparati governativi che, sottovalutando la necessità di mantenere una rappresentanza a Roma per fronteggiare un momento così tragico e delicato, si concentrarono sul loro “trasferimento” generando confusione nell’emanazione di ordini. Avvincente, emozionante e incisivo nel riportare alla memoria le vicende di quegli eroi che si immolarono per la libertà e la Patria, per quei valori che si erano ormai dati per scontati; eroi che nel corso di tre giorni di combattimenti, narrati con la puntualità della ricerca storica e lo slancio emotivo del romanzo, ci permettono di poter prender parte alla vicenda, al loro fianco. Paura, sofferenza, coraggio e gesta riprendono forma tra le pagine e forniscono un senso più profondo ad una pagina di storia spesso confusa, quasi - a peccato - dimenticata. Molte sono state le pagine di polemica scritte sulla mancata difesa di Roma e sullo sbando dei militari dopo l’8 settembre, ma in quest’opera l’esposizione della battaglia è resa viva e commovente al punto da farci soffermare ulteriormente sulle pagine, nei dialoghi e nella gesta, per assorbirne i valori più profondi e poterli così tramandare.




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