RIVISTA MILITARE 2017 N.1-2-3

Page 1

•RivistaMilitare_1_Cop_42.5x21.qxp_Layout 1 08/09/17 07:37 Pagina 1

PERIODICO DELL’ESERCITO FONDATO NEL 1856

Periodico fondato nel 1856

..... ..... o

~ o

C ')

N

Q)

e

o

"iii

·e U)

E

111

E

·;::

c.

s111

Cl

I

:i Ig

e

""'\IJ" I

..... ..... o

~

C')

.....

1-3/2017

Rivista Militare

I

e Q)

eU)

Q)

E ·;::

-8

'o

o

·;:: Q)

a..

• Intervista al Ministro della Difesa • Presentazione Blindo armata Centauro Il

11 9

770035

111

?ooo,

698008

111111111111111


•RivistaMilitare_1_Cop_42.5x21.qxp_Layout 1 08/09/17 07:37 Pagina 2

ÈVICINA Al MILITARI DELL'ESERCITO ITALIANO IN ITALIA E ALL'ESTERO


1-3_in visione progetto sommario 1-2.qxp_Layout 1 08/09/17 09:16 Pagina 1

• In questo numero sono stati realizzati diversi cambiamenti, grazie anche ai feedback dei lettori. Nello specifico abbiamo rinnovato la copertina, il sommario, i titoli e l’impaginazione, continuando a focalizzare l’attenzione sulla scelta degli articoli. Questi infatti, nell’offrire pluralità di punti di vista e opportunità di approfondimento, spaziano dal “Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa” alle innovazioni di natura tecnologica, dalle riflessioni sull’identità militare alla formazione del Volontario in ferma prefissata, da un confronto “oltre i confini” alla tutela del patrimonio artisticoculturale nelle operazioni di stabilizzazione. Sempre più ricercata, inoltre, la pubblicazione di peculiarità afferenti alla Grande Guerra. Senza dimenticare la valorizzazione e la condivisione della cultura militare negli ambienti accademici, che continueranno a svilupparsi in occasione della presentazione dei sette volumi della “Collana Techne”, pubblicati dal 2009 al 2016. Il primo di tali incontri, in collaborazione con la Società Napoletana di Storia Patria, si è tenuto nella prestigiosa sede di Castel Nuovo (Maschio Angioino). Buona lettura! Colonnello Domenico Roma

Incontro di studi sul tema

Il ruolo trainante della cultura militare nell'evoluzione tecnologica

..;

~-

:~

Società apoletana di Storia Patria

in occasione della presentazione della collana "TECHNE"

Introduce

Prof. Giovanni VITOLO Vicepresidente della Società Napoletana di Storia Patria Intervengono

Gen. D. Giuseppenicola TOTA Capo del V Reparto Affari Generali dello Stato Maggiore de/l'Esercito

Prof. Giovanni MUTO Prof. Francesco STORTI

Castelnuovo (Maschio Angioino) - Napoli

Università di Napoli Federico II Conclude

lng. Flavio RUSSO autore della collana "TECHNE "

Sponsorizzato da Per informazioni: Società Napoletana di Storia Patria tel.: 08155 10353; email: info@storiapatrianapoli.it

DIFESA SERVIZI


1-3_in visione progetto sommario 1-2.qxp_Layout 1 08/09/17 09:16 Pagina 2

• ...................................................................... rio Sommario Intervista al Ministro della Difesa, Sen. Roberta Pinotti

pagina 12

Prendendo spunto dall’approvazione del disegno di legge delega al governo (10 febbraio 2017) per gli interventi normativi necessari per dare seguito alla riforma della Difesa, così come previsto nel “Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa”, e al fine di illustrare compiutamente ai nostri lettori gli aspetti cardine che caratterizzano tale documento, proponiamo la seguente intervista.

pagina 4

12 Presentazione “Centauro II” pagina 22

di Elio Babbo

Regola, tradizioni, conte- 38 nuti - riflessioni sull’identità militare di Marcello Marzani

Da casa alla caserma. 44 Vita e formazione del Volontario in ferma prefissata di un anno (VFP1) di Valentina Cosco

pagina 30

16 Intervista al Generale Nicholas Carter, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito britannico

Gli Stati Maggiori dei Comandanti

52

di Generoso Mele

di Andrea Ungari

Obiettivo sul fronte di Angela Crespi

58

pagina 38

22 La minaccia RAM di Luca Vitali

pagina 58 2

30 Le operazioni militari terrestri. L’approccio combined arms alla Manovra di Giuseppe Tempesta

Il 235° FANTERIA: 6 feb. 1917 - 4 nov. 1918. STORIE DI SOLDATI di Aniello Santonicola

62


1-3_in visione progetto sommario 1-2.qxp_Layout 1 08/09/17 09:16 Pagina 3

RIVI MILITARE ........................................................... RIVISTA

Periodico dell’ Esercito fondato nel 1856

74

Creare qualcosa dal nulla. Il Capitano Riccardo Noel Winderling, l’inganno e la geniale difesa del forte di Monte Festa: 30 ott. - 7 nov. 1917

Settembre 2017 Proprietario Ministero della Difesa Editore Difesa Servizi S.p.A - C.F.11345641002 Direttore responsabile Colonnello Domenico Roma

di Franco Del Favero

Capo Sezione Coordinamento attività editoriali e Redattore capo Tenente Colonnello Antonino Longo

80

Applicazione dei principi dell’arte militare alla battaglia di El Alamein

pagina 74

di Giuseppe Di Frino

Coordinamento attività editoriali e Redazione Filippo Antonicelli, Marcello Ciriminna, Raimondo Fierro, Annarita Laurenzi, Stefano Massaro, Lia Nardella, Ubaldo Russo, Pasquale Scafetta, Domenico Spoliti Segreteria e diffusione Giuseppe Ammirati, Claudio Angelini, Sergio Gabriele De Rosa, Sergio Di Leva, Gabriele Giommetti, Ciro Visconti Sede Via di S. Marco, 8 - 00186 Roma Tel. 06 6796861 Amministrazione Difesa Servizi S.p.A., Via Flaminia, 335 - 00196 Roma

90

pagina 80

Esercito: un brand sempre più marketing oriented

Stampa Fotolito Moggio S.r.l. Strada Galli, 5 - 00010 Villa Adriana (RM) Tel. 0774.381922 - 0774.382426

di Mario di Girolamo

Distribuzione Agenzia Romana S.r.l. Via di Torre Spaccata, 172 - 00169 Roma (RM) Tel. 06.23260188

94 La tutela del patrimonio artistico-culturale nelle operazioni di stabilizzazione

pagina 94

di Umberto Montuoro

pagina 102

-

[!].

[!]l'r

108

·-

-

[!] I' ' •

• :-r

...

.::r.....:11

Norme di collaborazione IN COPERTINA

112 Vignetta di Stefano Massaro

Abbonamenti A decorrere dal primo numero utile successivo alla data del versamento, Italia: - Euro 20,00: 6 numeri di Rivista Militare (nuovi abbonati) - Euro 15,00: 6 numeri di Rivista Militare (condizioni valide per chi ha sottoscritto un abbonamento nel corso del 2016 ed entro il 31.01.2017) Estero: Euro 20,00 (più spese di spedizione) Un fascicolo arretrato Euro 4,00 (più spese di spedizione a carico del richiedente) L’importo deve essere versato sul c/c postale 000029599008 intestato a Difesa Servizi S.p.A. Via Flaminia, 335 - 00196 Roma oppure tramite bonifico intestato a: Difesa Servizi S.p.A. - codice IBAN IT 37 X 07601 03200 000029599008 - codice BIC/SWIFT BPPIITRRXXX. In alternativa si può effettuare l’abbonamento on line su www.rodorigoeditore.it

100 L’archivio del Genio Militare di Palermo - esempi di archeologia bellica siciliana - i casi palermitani di Stefano Lo Piccolo e Patrizia Lo Sardo

Ufficio Amministrazione dello Stato Maggiore dell’Esercito Via Napoli, 42 - 00187 Roma

Blindo armata “Centauro II”

Iscrizione al Registro della Stampa del Tribunale Civile di Roma n. 944 del 7 giugno 1949 ISSN 035-6980 Periodicità: trimestrale © 2017 Tutti i diritti riservati INDIRIZZI WEB Internet: www.esercito.difesa.it Intranet: www.sme.esercito.difesa.it INDIRIZZI E-MAIL presentazione di proposte editoriali: statesercito@esercito.difesa.it abbonamenti: rivistamilitare.abbonamenti@esercito.difesa.it comunicazioni varie: rivistamilitare@esercito.difesa.it Finito di stampare il 18 settembre 2017


4 10_intervista ministro difesa buono2017.qxp_Layout 1 30/08/17 14:44 Pagina 4

I N T E R V I S TA AL MINISTRO DELLA DIFESA S E N . R O B E R TA P I N O T T I a cura dell’Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione del Gabinetto del Ministro

Il Disegno di Legge che darà valenza normativa al “Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa” è attualmente all’esame del Parlamento. Può spiegarci questo passaggio così importante per la Difesa? Sin dall’inizio del mio mandato, uno dei miei primi impegni è stato quello di progettare ed iniziare a realizzare una “strategia” che potesse consentirci di gestire meglio il cambiamento anche nel settore della sicurezza e della difesa. Questa strategia ha trovato la sua traduzione organica nel “Libro Bianco”, approvato dal Consiglio 4

Rivista Militare


4 10_intervista ministro difesa buono2017.qxp_Layout 1 30/08/17 14:44 Pagina 5

Supremo di Difesa il 21 aprile 2015. Con l’approvazione del disegno di legge di delega al Governo del 10 febbraio scorso, dopo tre anni di intenso lavoro, si è dato l’avvio all’iter normativo per attuare la riforma in una prospettiva di medio termine. Il ddl è costituito da 11 articoli e prevede disposizioni di diretta applicazione inerenti alla governance, all’alta formazione, alla sanità, all’avanzamento dei dirigenti militari; conferisce delega al Governo per la revisione del modello operativo delle Forze Armate, la rimodulazione di quello professionale nonché del sistema di formazione. È inoltre prevista l’introduzione di modelli organizzativi per assicurare la collaborazione tra la Difesa, l’industria, il mondo universitario e della ricerca. L’auspicio è che l’iter legislativo, grazie alla costruzione del largo consenso politico necessario a questa radicale ridefinizione degli assetti organizzativi del nostro intero sistema di difesa, possa con-

settembre 2017

cludersi presto. Ciò ci consentirebbe di consegnare al Paese uno strumento di difesa più efficace ed efficiente nel fronteggiare le attuali sfide, anche grazie alle razionalizzazioni di spesa che tale innovativa connotazione interforze consentirà, pur salvaguardando le peculiarità delle nostre singole Forze Armate. Questa edizione del “Libro Bianco” è profondamente diversa dalle precedenti. Come si è arrivati alla stesura del documento? Il Libro Bianco rappresenta un momento di reale svolta per una funzione, quella della sicurezza e difesa, che è fondamentale per lo Stato e di reale interesse per i cittadini, ma che non sempre è stata discussa e approfondita nella sua multiforme complessità e a un livello adeguato. Per questo, nel-

l’elaborazione del documento, ho ritenuto fondamentale ampliare quanto più possibile la riflessione sui temi della Difesa, coinvolgendo nella discussione non solo il Governo, il Parlamento e, più in generale, la politica, nella sua più nobile accezione, ma anche la più ampia comunità scientifica, industriale, sociale e culturale del Paese. Con tale consapevolezza, abbiamo inizialmente presentato al Consiglio Supremo di Difesa e successivamente inviate al Parlamento, le “Linee Guida” per la realizzazione del Libro Bianco, redatte con la collaborazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. A questo documento di “sintesi iniziale” è seguita l’apertura di un canale di dialogo diretto con i cittadini, rendendo pubblici tutti i documenti e i contributi più significativi che sono stati raccolti nel tempo e, soprattutto, attivando uno specifico indirizzo e-mail mediante il quale chiunque ha potuto fornire,

5


4 10_intervista ministro difesa buono2017.qxp_Layout 1 30/08/17 14:44 Pagina 6

in piena libertà, il proprio contributo. Sono stati realizzati diversi momenti di incontro con studiosi di relazioni internazionali, con il mondo della ricerca tecnologica e con rappresentanti delle industrie del comparto difesa. In particolare, presso il Centro Alti Studi Difesa sono state organizzate una serie di conferenze di alto livello che hanno visto la partecipazione di rappresentanti, istituzionali e non, del mondo della ricerca e dell’industria. Sono stati inoltre ascoltati esperti di alcune importanti nazioni a noi più vicine e importanti organizzazioni europee, quali l’Agenzia Europea Difesa. 6

Qual è il ruolo che il “Libro Bianco” riconosce alla Difesa Europea? Il Libro Bianco ha un forte contenuto europeo. Ritengo che oggi, parlare di integrazione europea, anche nel campo della Difesa, non sia solo una scelta, ma costituisca una vera e propria necessità. Da molti anni, ormai, nessun Paese europeo è più in grado di far fronte da solo alle esigenze di difesa e sicurezza. E ogni giorno vede confermata questa valutazione sul piano operativo, politico, finanziario, industriale e tecnologico. Oggi “più

Europa” significa molte cose: innanzitutto avere la capacità di innovare le istituzioni che si occupano di Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC); poi, poter disporre di un “piano d’azione” comune per fornirsi delle capacità necessarie. L’attuale Piano d’Azione della Difesa Europea costituisce una buona intelaiatura all’interno della quale poter promuovere gli interessi degli Stati membri. Il documento, alla cui definizione l’Italia sta fornendo un significativo contributo, prevede di rafforzare le capacità di pianificazione e condotta delle missioni e delle operazioni europee. Obiettivo che può essere conRivista Militare


4 10_intervista ministro difesa buono2017.qxp_Layout 1 30/08/17 14:44 Pagina 7

competenze per poter sostenere lo sviluppo capacitivo e permettere al proprio settore dell’industria della Difesa di svolgere un ruolo dinamico in un ambiente altamente competitivo. I Paesi europei che intendono muoversi in direzione di una maggiore cooperazione nel settore della Difesa dovranno probabilmente prepararsi a sostenerne l’onere iniziale, nella convinzione che i costi e gli sforzi d’avvio verranno ripagati da una maggiore efficacia ed efficienza della nostra capacità di modellare il nostro ambiente di sicurezza. Tali sforzi non dovranno sottrarre capacità agli attuali impegni, ma piuttosto rafforzare la capacità dell’Europa di contribuire alla Difesa della regione europea e di proiettare stabilità in aree d’importanza critica per la nostra sicurezza comune. Il risultato a lungo termine sarà un pacchetto di capacità europeo più poderoso e impiegabile che andrà anche a favore del rafforzamento dell’Alleanza Atlantica. Può dirci in quale misura le esigenze di sicurezza e difesa legate al Mediterraneo hanno influenzato il testo finale del documento? Il Mediterraneo ha confermato in questi anni di essere una vera e propria emergenza: è lì che si affacciano i principali conflitti, è lì

che cresce il terrorismo ed è da lì che partono i principali flussi migratori. Nel Libro Bianco, fin dalla presentazione delle Linee Guida, abbiamo indicato la criticità della situazione nell’area mediterranea e la necessità di concentrarvi gli sforzi di pacificazione e stabilizzazione. Voglio evidenziare, solo per citare un esempio, che il nostro Paese è stato il primo a rispondere all’emergenza immigrati nelle

seguito attraverso una maggiore integrazione civile e militare, lo sviluppo della base tecnologica e industriale europea, meccanismi più efficaci di finanziamento comunitari delle attività di sicurezza e difesa, una complementarietà d’azione con l’Alleanza Atlantica che rimane il riferimento per la difesa collettiva E dal punto di vista della cooperazione dell’industria della Difesa? L’Europa ha bisogno di valorizzare e rafforzare ulteriormente le sue settembre 2017

7


4 10_intervista ministro difesa buono2017.qxp_Layout 1 30/08/17 14:44 Pagina 8

acque del Mediterraneo, soprattutto grazie alle Forze Armate e in particolare alla Marina Militare: mi riferisco, in particolare, all’operazione umanitaria “Mare Nostrum” e alla partecipazione alle operazioni EU “Triton” ed EUNAVFORMED “Sophia”. Lei ritiene che le nostre Forze Armate siano mature per recepire il senso del cambiamento che è insito nel Libro Bianco? Uno dei temi di riflessione su cui si concentra il Libro Bianco è, come ho già detto, il cosiddetto “Modello Operativo”, ovvero la strutturazio8

Rivista Militare


4 10_intervista ministro difesa buono2017.qxp_Layout 1 30/08/17 14:44 Pagina 9

ne, la dimensione, la qualità e la prontezza delle capacità che le Forze Armate dovranno possedere per adempiere ai compiti assegnati. La complessità di tale tema è significativa, in quanto coinvolge numerosi aspetti anche esterni alla stessa Difesa, richiede un’attenta riflessione e comporta una pianificazione delle scelte e degli investimenti necessariamente in una prospettiva stabile e di lungo termine. In tale prospettiva, vorrei evidenziare come questa riflessione sia ulteriormente resa complessa da uno scenario internazionale in continua evoluzione, ove gli elementi di insicurezza e di indeterminazione sono crescenti. Lo strumento militare costituisce un vero e proprio “sistema integrato” di ca-

settembre 2017

pacità, che sono tra di loro interconnesse e interdipendenti e che devono operare in modo unitario. Per tale motivo, le Forze Armate devono essere analizzate, proporzionate e determinate nella loro globalità. Entro il 2024 la Difesa passerà dal modello a 190 mila a quello a 150 mila in una logica che punterà più sulla qualità che sulla quantità delle risorse disponibili. Può spiegarci attraverso quali provvedimenti saranno conseguiti questi obiettivi? La Difesa rappresenta una parte importante dello Stato perché vi la-

vorano direttamente 200.000 persone fra militari e civili, oltre ai Carabinieri, e perché il Bilancio rappresenta una parte importante della spesa pubblica, anche se inferiore alle esigenze e ai livelli di riferimento della NATO. Gli obiettivi che intendiamo perseguire in futuro sono fondamentalmente due: contenerne i costi di funzionamento e aumentarne l’efficienza. L’Italia già da oltre un decennio ha abbracciato un modello di tipo professionale per le Forze Armate che è risultato essere nel complesso funzionale ed efficace. Il passo successivo sarà quello di renderlo anche pienamente efficiente, completando il processo avviato con la legge 25 del 1997 di Riforma dei Vertici e teso al definitivo superamento di

9


4 10_intervista ministro difesa buono2017.qxp_Layout 1 30/08/17 14:44 Pagina 10

quella struttura organizzativa “pesante” e “robusta”, frutto delle esigenze della Guerra Fredda. In tale ottica, le direttrici lungo le quali si è ragionato riguardano una struttura del personale più giovane, snella e flessibile, con criteri di arruolamento e progressioni di carriera più moderni e supportati da un corpo normativo più vicino alle esigenze di un modello di Forze Armate di tipo professionale. Quale seconda linea d’azione, appare evidente l’esigenza di agire sulle modalità di governance del sistema, che consentiranno una più efficace direzione politica delle grandi scelte e la possibilità per le Forze Armate di agire armonicamente come uno strumento unico e sinergico. Lo scopo non è certo quello di creare un sistema con ulteriori sovrastrutture burocratiche, quanto piuttosto quello di assicurare l’unitarietà delle scelte strategiche e l’economicità di gestione, preservando e rafforzando nel contempo la capacità di una efficace azione a ogni livello per la soluzione dei problemi. Il disegno 10

di riforma dello Strumento militare delineato dal Libro Bianco si inquadra esattamente in questa logica. Il nostro obiettivo è quello di continuare ad assicurare la sicurezza e la protezione dei nostri cit-

tadini e del nostro territorio utilizzando ancora meglio le risorse che il Paese ci mette a disposizione attraverso uno Strumento militare efficace, efficiente e “strutturalmente” sostenibile.

Rivista Militare


11 15_babbo.qxp_Layout 1 01/09/17 12:36 Pagina 11

OFFERTA RISERVATA AL PERSONALE DELL'AMMINISTRAZIONE DELLA DIFESA Grazie all'accordo con Agos, oggi puoi realizzare più comodamente i progetti tuoi e della tua famiglia.

> Puoi chiedere fino a 30.000 € < per ogni tua esigenza. OFFERTA ZERO SPESE:

0€

commissioni di istruttoria

I

0€

di bolli su rendiconto annuale e di fine rapporto.

I

0€

imposta di bollo su finanziamento.

I

0€

spese mensili di gestione pratica.

I prestiti AGOS ti offrono la massima comodità: t PUOI SALTARE LA RATA una volta l'anno e per tre volte nel corso del prestito, rimandandone il pagamento.

t PUOI MODIFICARE LA RATA una volta l'anno e per tre volte nel corso del prestito.

t RICEVI IL PRESTITO IN 48 ORE in caso di approvazione.

LA RICHIESTA È SEMPLICE E LA NOSTRA CONSULENZA È SEMPRE GRATUITA. Per accedere alle condizioni di convenzione, basta esibire il presente volantino .

NUMERO VERDE

Per una co nsul enza telefonica o per fi ssa re un appuntamento in un a delle circa 230 fili ali AGOS in tutta Italia.

800.12.90.10 dal lun. al ven. dalle 8.30 alle 21.00 e il sab. dalle 8.30 alle 17.30

Per la richiesta ti basterà presentare pochi documenti: carta di identità, codice fiscale e documento di reddito

GOS

Semplice, veloce, credito VEDIAMOCI CHIARO Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Per le informazioni precontrattuali e per conoscere le condizioni economiche dell'offerta si rinvia al documento "Informazioni europee di base sul credito ai consumatori" (SECCI) che potrà essere richiesto in allenzia unitamente a copia del testo contrattuale. La richiesta del prestito flessibile è soggetta ad approvazione di Agos Ducato S.p.A. e puo essere esercitata nel rispetto dei limiti contrattualmente previsti e in caso di regolarità nei pagamenti. Il TAEG rappresenta il costo totale del credito espresso in percentuale annua e include solo gli interessi. Salvo approvazione Agos Ducato S.p .A.


11 15_babbo.qxp_Layout 1 01/09/17 12:36 Pagina 12

P R E S E N TA Z I O N E

di Elio Babbo*

I

l 19 ottobre 2016, presso il Comprensorio Militare della Cecchignola (Roma) alla presenza di autorità civili, militari e rappresentanti della Società Consortile Iveco-Oto Melara, ha avuto luogo la presentazione ufficiale della Blindo Armata Centauro II. L’evento si è svolto presso il Comando dei Supporti Logistici, l’ente dell’Esercito preposto alla preparazione e all’aggiornamento professionale del personale degli enti logistici della Forza Armata e alla ricerca e sviluppo nel settore logistico. Nell’arco dell’evento si sono succeduti gli interventi di Autorità dell’Esercito e dei vertici del consorzio, finalizzati a illustrare il progetto sia dal punto di vista spiccatamente militare sia da quello industriale, in un’unica sinergia d’intenti. In partico-

CENTAURO Il: Mobilità Gruppo Motopropulsore J;;,

Motore 8V da 20L, 715 CV, Euro 3

J;;,

Iniezione elettronica common rail

J;;,

Bi-fuel, certificato NATO

J;;,

Architettura CAN-bus

J;;,

Cambio automatico a 7 marce con rallentatore

lare, i lavori sono stati introdotti dal Direttore degli Armamenti Terrestri, Tenente Generale Francesco Castrataro che, dopo aver posto l’accento sul gap capacitivo della Centauro attualmente in servizio, si è soffermato sulla coperazione dei diversi attori in campo: enti della Difesa, Ministero dello sviluppo economico e società esterne, ponendo particolare attenzione agli sviluppi tecnologici, necessari all’industria nazionale per disporre di una gamma di prodotti in linea con le esigenze del mercato internazionale, con

Un momento della presentazione ufficiale della Blindo armata “Centauro II”

12

Rivista Militare


11 15_babbo.qxp_Layout 1 01/09/17 12:36 Pagina 13

le conseguenti ricadute positive, in termini industriali, per l’intero Paese. Segnatamente alle innovazioni tecnologiche della nuova piattaforma, il Generale Castrataro ha illustrato i principali cambiamenti, soffermandosi principalmente sulla sicurezza del personale e sugli innovativi sistemi di Comando e Controllo in grado di interagire con l’intero spettro elettromagnetico, requisito oggi essenziale vista la configurazione del moderno scenario operativo in cui la Centauro si troverà a essere impiegata. Il Dott. Vincenzo Giannelli, Presidente della Iveco Defence Vehicles, dopo un breve cenno sull’evoluzione dello scenario internazionale, si è soffermato sullo scafo del veicolo, ponendo particolare attenzione all’innalzamento del livello di

Sotto Tabella comparativa tra la Centauro e la Centauro II

ARMAMENTO Riserva m unizioni 120 mm 6 colpi

Hitrole RCWS Paratie

MG 7,62 mm Coassia le

protezione balistica rispetto alla versione precedente, consentendo così di raggiungere standard elevatissimi di protezione antimina e anti IED

CONFRONTO DATI HCNICI CENTAURO

Equipaggio Armamento principale Munizioni Alzo Lunghezza (con cannone) Lunghezza (scafo) Altezza Larghezza (scafo) Altezza dal suolo Carreggiata Peso massimo Motore Rapporto potenza/peso Velocità max. (strada) Gradiente Gradiente laterale Autonom ia (strada 70 km/h) Gradino Trincea Guado (senza prep.)

* Con torretta Hitrole settembre 2017

Il

4 120 mm 31 -7° I +16° 8,26 m 7,63 m 3,65 m* 3,12 m 0,40 m 2,65 m - 30 t lveco 8V 715 CV 23,8 CV/t > 105 km/h 60% 30% 800 km >0,6 m >2m > 1,5 m

CENTAUOO

4 105 mm 40 -6° I+15° 8,52 m 7,40 m 2,71 m 3,05 m 0,42 m 2,505 m 27 t lveco MTC 6V 540 CV 20 CV/t >100 km/h 60% 30% 600 km 0,55 m 1,55 m 1,2 m

(Improvised Explosive Disposal – ordigni esplosivi improvvisati). “Sono state adottate fino a 14 diverse ricette balistiche in funzione delle diverse geometrie dello scafo cercando di minimizzare l’impatto delle corazze sul peso del veicolo…”, ha affermato nel corso dell’intervento, proprio a testimoniare la minuziosa opera di studio effettuata dalla sua azienda nel settore della sicurezza. L’Ing. Gianpiero Lorandi, Capo Divisione della Leonardo Sistemi Difesa ha, invece, trattato la parte relativa alla torretta, enfatizzando in particolare le principali componenti che la contraddistinguono: dall’armamento all’optronica, fino a giungere alle comunicazioni radio. Il nuovo veicolo, completamente all’avanguardia nel suo campo, è perfettamente integrato con i moderni sistemi di Comando e Controllo e permette all’equipaggio di operare in sinergia con tutte le altre unità presenti sul terreno e nella 3^ dimensione. Il tema della “sicurezza del soldato” è stato richiamato anche dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Danilo Errico, che ha posto l’accento sullo sforzo ingegneristico e industriale che ha permesso, partendo dagli ottimi livelli di sicurezza raggiunti con il VBM 8 x 8 “Freccia”, di conseguire l’attuale livello di protezione della Blindo Centauro II. Ha, poi, ribadito come Esercito e industria razionalizzeranno e ottimizzeranno le poche risorse disponibili per portare a ter13


11 15_babbo.qxp_Layout 1 01/09/17 12:36 Pagina 14

*

ESERCITO

-=-mine

il progetto. L’argomento è stato richiamato dall’Onorevole Gioacchino Alfano, Sottosegretario di Stato alla Difesa, che ha attribuito particolare rilevanza alla collaborazione tra industria nazionale e Difesa, a testimonianza del ruolo di quest’ultima nell’economia dell’intero sistema Paese. Dopo i diversi interventi, l’attenzione è stata rivolta alla vera protagonista dell’evento, la Centauro II che, dopo essere stata presentata ufficialmente alla nutrita platea, ha mostrato le sue potenzialità sulla pista di prova degli autoveicoli del Comando dei Supporti Logistici. Nel corso della

dimostrazione pratica, sono state simulate diverse situazioni operative, come il superamento di alcuni ostacoli e pendenze particolari, il guado e il movimento su terreni particolarmente sconnessi. Inoltre è stata evidenziata la dinamicità e la versatilità dell’impiego, simulando il palesarsi di bersagli e testando il livello di prontezza e di adattabilità del veicolo. Particolare enfasi è stata data alle potenzialità dello scafo e alla possibilità della torretta di muoversi in completa autonomia al fine di ingaggiare obiettivi anche in movimento, rendendo la piattaforma ancor più aderente ai nuovi scenari operativi.

I ,.... __ ..,_, · - - Il --"· ·--·- evoluzione -· ·-·· ·-=--La Centauro II, naturale della prima versione, rappresenta quindi un veicolo in grado di inglobare le caratteristiche di mobilità, protezione, potenza di fuoco, velocità, versatilità e interoperabilità. In particolare, la piattaforma è costituita da un veicolo 8x8 e da una torretta Hitrole che permette all’equipaggio di utilizzare l’armamento senza doversi esporre all’esterno del mezzo. L’armamento principale è costituito da un cannone da 120/45 mm (bocca da fuoco simile a quella utilizzata dai carri armati) montato su uno scafo ruotato anziché cingolato. Tale caratteristica rende il mezzo estremamente versatile, anche perchè dotato di sistemi di comando e controllo digitali, di diversi sistemi di comunicazione e dei più moderni sistemi di protezione dagli IED. Il progetto rappresenta una testimonianza reale di ciò che l’Industria italiana della Difesa può creare quando due soggetti indipendenti, come Iveco DV e Leonardo DS collaborano e combinano le loro capacità umane e tecnologiche all’interno di un sistema unitario (CIO: Consorzio Iveco-Oto Melara) con la Difesa. Un sistema che trova una sua motivazione grazie all’insostituibile ruolo di indirizzo strategico del Mini-

A sinistra e sopra Due momenti della presentazione della Blindo armata “Centauro II”, che ha visto l’intervento del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Danilo Errico

14

Rivista Militare


11 15_babbo.qxp_Layout 1 01/09/17 12:37 Pagina 15

A sinistra e sopra Due momenti della dimostrazione delle sue potenziabilitĂ sulla pista di prova del Comando dei Supporti Logistici, in secondo piano la Centauro

stero della Difesa nelle sue articolazioni operative (Stato Maggiore della Difesa e Stato Maggiore dell’Esercito) e tecnico amministrative (Segretariato Generale della Difesa e Direzione Armamenti Terrestri), mostrando al mondo la competitività del sistema Paese con le proprie Forze Armate come strumento di traino anche tecnologico. *Colonnello

settembre 2017

15


16 21_ungari.qxp_Layout 1 30/08/17 14:47 Pagina 16

INTERVISTA AL GENERALE NICHOLAS CARTER CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO BRITANNICO di Andrea Ungari*

Resa degli onori al Capo di Stato Maggiore britannico

Lo scorso 19 aprile il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Danilo Errico, ha incontrato il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito britannico, Generale Nicholas Carter. L’incontro, a Palazzo Esercito, è iniziato con una breve visita alla Biblioteca Storica e alla Sala della Memoria (luogo dedicato ai militari Caduti in servizio per la Patria), ed è proseguito con un briefing illustrativo sull’attuale situazione dell’Esercito e sulle possibili prospettive di sviluppo, in linea con i principi e gli obiettivi definiti nel Libro Bianco della Difesa. Nel pomeriggio, presso il Raggruppamento Logistico Centrale (Ra.Lo.Ce), il Generale Carter ha assistito ad una simulazione di impiego di un Targeting and Communication Command Kit (TCCK), sistema utilizzato per la gestione digitalizzata e integrata del fuoco di supporto per l’ingaggio di un obiettivo, e ha visitato la mostra statica allestita con i principali mezzi e materiali in dotazione all’Esercito Italiano. Tra questi, gli equipaggiamenti e le tecnologie più avanzate come, ad esempio, la Blindo armata “Centauro II”, il mezzo del genio militare “Orso” in diverse configurazioni, il VTLM “Lince” e il VBM “Freccia”. Al termine della visita, il Generale Carter ha concesso un’intervista a “Rivista Militare” che vi proponiamo, tradotta in italiano.

16

Rivista Militare


16 21_ungari.qxp_Layout 1 30/08/17 14:47 Pagina 17

Il Gen. Errico e il Gen. Carter durante la visita alla Biblioteca Storica dello Stato Maggiore dell’Esercito

L’“Army 2020 Refine” è l’implementazione della Strategic Defense and Security Review del Governo britannico risalente al 2015. Generale, potrebbe evidenziare i punti focali del programma e cosa è stato realizzato ad oggi? Credo che, per comprendere meglio gli aspetti attuativi di questo programma, dobbiamo tornare indietro alla riforma del 2012 che ha riguardato la ristrutturazione dell’Esercito britannico, sulla base delle esperienze operative maturate fino ad allora e in funzione delle pressanti esigenze finanziarie che hanno caratterizzato quel periodo. La conseguenza è stata che il personale dell’Esercito regolare (non riservista) è stato ridotto del 20%. In effetti, si è trattato di una vera e propria ristrutturazione, la prima dopo cinquant’anni, ed è stata davvero significativa. Che cosa è successo dal 2012? L’esperienza acquisita attraverso la nostra partecipazione ai conflitti scaturiti dalla lotta al terrorismo e alle nuove minacce globali ci ha imposto di rivedere l’organizzazione militare dell’Esercito nel progetto di riforma che aveva come arco temporale di sviluppo il periodo 2012-2020. Tra le maggiori novità da evidenziare, la possibilità di avesettembre 2017

I due Capi di Stato Maggiore nella Sala della Memoria di Palazzo Esercito

17


16 21_ungari.qxp_Layout 1 30/08/17 14:47 Pagina 18

La firma dell’Albo d’Onore

re un Esercito integrato con le forze di riserva in 180 giorni (tempo previsto per formare i nostri riservisti), che consente di impiegare in operazioni una forza complessiva di 140.000 uomini, di cui 80.000 regolari e tra 30.000 e 60.000 riservisti. Questa è la vera novità: poter prevedere una struttura capace di integrare perfettamente le forze regolari e i riservisti. A ogni battaglione regolare sarà affiancato un analogo battaglione di riservisti, che, come partner paritetico, si addestrerà per conseguire una comune capacità operativa. Questo modello è realizzabile perché nel nostro Paese abbiamo una forte tradizione e cultura militare e sono migliaia i riservisti pronti a essere richiamati in servizio per affiancare le unità regolari. Inoltre, alcune professionalità del mondo civile sono d’interesse per la Forza Armata; basti pensare ai medici, agli esperti in comunicazione, agli analisti e agli specialisti informatici; capacità che non sempre è possibile trovare nell’Esercito regolare e che sarebbero comunque costose da mantenere per tutti gli aspetti legati all’addestramento e all’aggiornamento professionale. 18

Il Gen. Carter, accompagnato dal Gen. Errico, visita la mostra statica allestita all’interno della caserma “Macao”, sede del Raggruppamento Logistico Centrale Ra.Lo.Ce.

Rivista Militare


16 21_ungari.qxp_Layout 1 30/08/17 14:47 Pagina 19

Dal primo gennaio 2017, il Regno Unito ha assunto il comando della Very High Readiness Joint Task Force della NATO, di cui fanno parte 14 Nazioni partner dell’Alleanza. Generale potrebbe parlarci delle sfide e delle opportunità di operare in questo contesto multinazionale? Quanto sono state importanti le esercitazioni svolte per preparare questa forza multinazionale e renderla il più integrata e interoperabile possibile? Tutti sono consapevoli che nel mondo in cui viviamo la dimensione delle Forze Armate è ancora molto importante e tutti aspirano ad avere grandi eserciti. Ma, nel contempo, siamo obbligati a moderare questa legittima aspirazione in ragione dei costi che la sua realizzazione comporta. Pertanto si rende necessario unire le forze e lavorare insieme. D’altro canto, la politica ci chiede di essere efficaci, ma lo fa mettendo a disposizione risorse diverse rispetto a 20 anni

fa. Dal nostro punto di vista, il meglio che possiamo fare è cercare un’autentica interoperabilità con i nostri partner NATO, non con tutti (perché è difficile interagire con tutti), ma sicuramente con quelli tradizionali e affini. Ciò ci permette, innanzitutto, di disporre di capacità aggiuntive (che magari non abbiamo come singola Nazione) e, in secondo luogo, di conseguire un valore aggiunto sul piano politico, derivante dall’operare insieme agli altri nel contesto attuale. Sul terreno, l’interoperabilità non è né scontata né facile da conseguire perché significa poter interagire in termini di condivisione di flussi di comunicazioni e informazioni sicure e di adozione di procedure standard condivise in un comune contesto operativo. Questi sono i pilastri che assicurano una perfetta interoperabilità. Cosa ci incoraggia ad andare in questa direzione? La dimensione umana: le persone comunicano tra loro molto più facilmente e si capiscono molto meglio rispetto alle

macchine e ciò, ancorché spesso non parlino la stessa lingua. Credo, pertanto, che bisognerebbe incoraggiare ancora di più gli accordi tra le Nazioni che prevedano scambi di personale militare sia in attività di formazione avanzata sia in attività addestrative, oltre a esercitazioni congiunte che consentano di affinare le procedure operative comuni. Un ulteriore sforzo deve essere quello di far confluire gli investimenti su progetti tecnologici comuni. Il Capitolo 42 del Comunicato del Summit di Varsavia ha sottolineato l’impegno dell’Alleanza a trovare un adattamento della struttura atlantica per fronteggiare le crescenti sfide e le minacce provenienti da Sud. Questo impegno si focalizza sul potenziamento della capacità della NATO di proiettare stabilità attraverso partnership regionali e di sviluppare capacità operative.

Al Gen. Carter viene mostrata la Blindo armata Centauro II settembre 2017

19


16 21_ungari.qxp_Layout 1 30/08/17 14:47 Pagina 20

Due diversi momenti della visita alla mostra statica

In che modo l’Esercito britannico si sta organizzando per garantire il perseguimento degli obiettivi dell’Alleanza? Credo che questo sia un compito importante non solo per l’Esercito britannico. In primo luogo ritengo che per le sfide comuni dell’Alleanza, le Forze Armate britanniche debbano operare a fianco degli altri partner, perché oggi più del passato non possiamo agire singolarmente. Ci è stato affidato il compito di garantire la protezione di quello che oggi è denominato il Northern Flank (fianco Nord) dell’Alleanza, assicurando la presenza tra i Paesi baltici e la Polonia e, dal gennaio 2017, l’Inghilterra ha assunto il comando della Very High Readiness Joint Task Force che programmiamo di schierare entro quest’anno. Tra l’altro, dal 2018, ne farà parte anche una Brigata italiana. Ma l’Esercito britannico è coinvolto anche in attività di monitoraggio condotte sul fianco Sud dell’Alleanza e, dal prossimo anno, sarà presente sul Mar Nero con la propria Aviazione. Se riflettiamo sull’area coperta dalla NATO, ci rendiamo conto che essa è estesa e, quindi, dobbiamo necessariamente parlare di aree in termini di “Flanks”, in un contesto multidi20

Rivista Militare


16 21_ungari.qxp_Layout 1 30/08/17 14:47 Pagina 21

Il Professore Andrea Ungari intervista il Generale Carter per “Rivista Militare”

mensionale dove dobbiamo guardare, a Nord, verso i Paesi Baltici e, a Est, dobbiamo affrontare la questione delle migrazioni e le sfide conseguenti, sia dal punto di vista delle possibili infiltrazioni terroristiche sia dal punto di vista delle problematiche connesse a importanti e continui flussi migratori, tenendo presente che la popolazione africana entro il 2030 arriverà a 2 miliardi di persone. È un problema che sarà sempre più difficile da controllare e va risolto, collettivamente, da tutti i Paesi NATO. Le Forze Armate britanniche sono, quindi, coinvolte su tutti i fronti delle sfide della NATO. La Partnership Interoperability Initiative (PIL) è stata presentata al Summit in Galles nel 2014 al fine di garantire e stimolare ulteriormente la collaborazione tra la NATO e i suoi partner esterni. Quanto incide, secondo Lei, su questo aspetto, l’interoperabilità settembre 2017

tra l’Esercito britannico e gli altri dell’Alleanza? E tra l’Esercito britannico e gli altri europei? Abbiamo una molteplicità di relazioni con i nostri partner. Tradizionalmente, abbiamo un rapporto privilegiato con l’Italia, che è stato ulteriormente rinforzato nel 1991, quando venne costituito il NATO Rapid Deployable Corps (NRDC) italiano e concordammo che l’Inghilterra avrebbe fornito il Vice Comandante al Comando NRDC italiano e l’Italia avrebbe fornito il Vice Comandante dell’Allied Rapid Reaction Force (ARRC). In questi due Comandi multinazionali si registra una forte presenza numerica di personale britannico e italiano che si è alternato negli anni. Tra i nostri Eserciti ci sono poi relazioni molto forti anche sul piano più strettamente operativo. Ricordo la mia personale esperienza a Bassora, in Iraq, negli anni 2003-2004 quando, fianco a fianco con i militari italiani, eravamo chiamati a fronteggiare gli insurgents

o quando in Afghanistan, per un breve periodo, ho avuto il privilegio di comandare anche gli italiani in qualità di Vice Comandante del Regional Command South. Ovviamente, abbiamo cooperato in Libia e nei Balcani, dove ancora una volta ho avuto il privilegio di comandare una compagnia di Carabinieri per sei mesi in Bosnia e anche in Kosovo. Quindi, per me, la collaborazione con l’Italia è iniziata veramente tanto tempo fa. Negli ultimi vent’anni abbiamo collaborato anche con la Germania e con la Francia, ma in maniera diversa. Molto dipende dalle capacità che cerchiamo, dalle forze che vogliamo mettere in campo sulla base degli accordi bilaterali e da come interpretiamo concretamente il concetto di interoperabilità.

*Professore aggiunto dell’Università LUISS-Guido Carli e Ufficiale della Riserva Selezionata 21


22 28_vitali 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:49 Pagina 22

LA MINACCIA RAM di Luca Vitali*

uando si sente parlare di minaccia proveniente dalla terza dimensione si pensa normalmente soltanto a piattaforme ad ala fissa o ad ala rotante. Tuttavia, negli ultimi anni, sono emersi nuovi gruppi di minacce provenienti dalla terza dimensione con particolare riferimento ai cosiddetti velivoli slow movers (categoria nella quale rientrano gli ultraleggeri, i deltaplani, i droni commerciali a basso costo e facilmente reperibili sul mercato) nonché la cosiddetta minaccia RAM, acronimo dei termini inglesi Rockets, Artillery e Mortars. Nello specifico, quest’ultima è rappresentata dalla possibilità di sferrare attacchi mediante l’utilizzo di artiglierie, razzi e mortai. Nell’accezione anglosassone la stessa è indicata, inoltre, con l’abbreviazione IRAM (Improvised Rocket-Assisted Mortar oppure Impro-

Q

22

vised Rocket-Assisted Munition), per ricomprendere anche la minaccia rappresentata dall’utilizzo di mezzi improvvisati (indirect fire) e apparati di fortuna creati manualmente come, ad esempio, rudimentali rastrelliere e/o rampe da cui lanciare razzi indirizzati verso bersagli areali (a causa della rudimentalità dei citati sistemi di lancio, il tiro per questi sistemi improvvisati è infatti fortemente impreciso per cui, per avere una qualche efficacia, deve essere rivolto verso obiettivi di grandi dimensioni come aeroporti, basi militari, centri abitati). Come è facile comprendere, i bassi costi, la versatilità e la semplicità d’impiego dei sistemi utilizzati unitamente alla loro straordinaria mobilità, sono caratteristiche destinate ad incrementare l’impiego di questo tipo di armi negli scenari operativi, attuali e futuri. Rivista Militare


22 28_vitali 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:49 Pagina 23

L’EVOLUZIONE DELLA MINACCIA RAM L’ampia disponibilità di armamenti e munizioni in molte aree del mondo, unitamente all’affermarsi di nuove e peculiari tattiche, tecniche e procedure d’impiego (TTPs ) (1) ha decretato il successo e la rapida diffusione di questo tipo di minaccia che si avvale principalmente di razzi e mortai di piccolo calibro, facili da impiegare e a bassissimo costo (2) di realizzazione o acquisto, e comportanti footprint logistico praticamente nullo. Un altro fattore che ha decretato il successo di tale minaccia è la possibilità di utilizzare questi sistemi anche nell’ambito di aree densamente abitate (si pensi ad esempio ai tetti dei palazzi, ai cortili), che ne rende estremamente difficile l’individuazione. Nello specifico, tale tipo di minaccia manifestatasi inizialmente nell’ambito del confronto israelo-palestinese, nel corso del quale si fece per la prima volta ricorso all’utilizzo di razzi posizionati su rampe di fortuna facilmente dispiegabili, si è diffusa “a macchia d’olio” negli ultimi vent’anni e, in particolare, dopo la seconda guerra in Iraq, grazie all’abbondante disponibilità di sistemi d’arma, razzi, bombe e ordigni esplosivi, che costituiscono una delle eredità più “pesanti” derivanti dai tanti conflitti svoltisi nella regione e dallo smantellamento degli arsenali dei regimi disgregati (ad esempio: Iraq, Libia, Afghanistan). Le modalità di attuazione della minaccia RAM sono molteplici e dipendono da numerosi fattori tra cui, in primo luogo, la disponibilità di mezzi, la preparazione e le TTPs utilizzate dalle forze/gruppi/milizie che li impiegano. Gli settembre 2017

attacchi con l’uso di razzi vengono infatti effettuati spesso con tecniche non convenzionali ovvero per mezzo di lanciatori improvvisati (rotaie, tubi, rastrelliere, cumuli di sassi) e attivati anche con timer o da bordo di automezzi. Va tuttavia evidenziato, come già accennato in precedenza, che questi sistemi improvvisati non garantiscono ovviamente la stessa precisione ottenibile mediante l’impiego di sistemi d’arma più complessi, in quanto vengono semplicemente indirizzati verso l’obiettivo da colpire e successivamente attivati. Per questo sono per lo più utilizzati contro basi o infrastrutture caratterizzate, per dimensioni, da una elevata probabilità di essere comunque colpite. Tuttavia, ancorchè non ci siano danni ingenti all’infrastruttura, oggetto dell’attacco, come vedremo più avanti, ancorché , i morti, i feriti, i danni potenzialmente causati e il loro conseguente effetto sulla popolazione e sul morale delle forze militari impiegate, garantiscono un risultato apprezzabile, in termini di costi-efficacia. Purtroppo, come dimostrato dal recente passato, gli attacchi portati con questo tipo di sistemi non consentono di discriminare gli obiettivi e provocano dunque vittime e danni sia tra la popolazione civile sia tra le forze regolari. Per ricordare solo alcuni eventi: in Afghanistan, l’attacco portato con mortai alla Forward Operating Base “ICE” dell’Esercito Italiano, il 24 marzo 2012, ha causato un morto e 5 feriti, di cui uno gravissimo (3). In Israele, nella città di Sderot e nella zona del Negev occidentale, il 12 marzo 2014, sono stati lanciati circa 70 razzi contro infrastrutture e popolazione civile nel giro di poche ore (4). 23


22 28_vitali 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:49 Pagina 24

Sopra Residuati di razzi Qassam e di razzi artigianali presso la stazione di polizia di Sderot in Israele In apertura Il sistema C-RAM “Porcupine”, Leonardo – Finmeccanica

COME CONTRASTARE LA MINACCIA RAM L’attacco portato con le diverse metodologie e sistemi fino ad ora descritti è solo una delle azioni di un ciclo più complesso e articolato. l’atto finale costituisce, quindi, solo parte di un più ampio processo di pianificazione, come dimostrato anche dagli attacchi terroristici condotti dall’ISIL (Islamic State of Iraq and the Levant), in territorio europeo, che hanno visto le fasi di ricerca delle risorse, ricognizione degli obiettivi, svolgimento dell’atto terroristico e rivendicazione dell’attentato (5). In particolare, per quanto attiene alla minaccia RAM, 24

tale sviluppo si può riassumere nelle seguenti fasi: • reperimento delle risorse: comprende la ricerca del supporto in termini di personale, di materiali/equipaggiamento (inclusa la logistica) e il relativo sostegno economico; • pianificazione (6): consiste nella scelta e nell’identificazione del bersaglio dell’attacco ed è necessariamente il risultato di una preventiva azione di ricognizione e sorveglianza; • esecuzione: una volta trasferito il materiale nell’area di lancio, secondo la modalità di attivazione (con timer, con filo di comando, o manuale), si esegue l’attacco, che include la fuga del gruppo, basilare anche per “tesaurizzare” le competenze tecniche e tattiche maturate, per valutare l’esito dell’azione allo scopo di migliorare/ottimizzare le TTPs, nonché per propagandare il successo dell’operazione. Per contrastare tale minaccia occorre disarticolare e inibire il ciclo so-

pra descritto. In tale quadro, già nel 2004, come risultato del NATO Summit di Istanbul, la Conferenza degli Armaments Directors lanciò l’iniziativa Defence Against Mortar Attacks (DAMA). Da tale iniziativa scaturì il cosiddetto DAMA model, ripreso poi nel tempo da più Eserciti per contrastare la minaccia RAM. Esso è volto ad inibire, disarticolare e contrastare la minaccia da fuoco indiretto contro installazioni fisse, elaborando le seguenti sette funzioni o cosiddetti “pilastri”: • prevenire le azioni del nemico è capire il suo modus operandi, al fine di evitare o far fallire l’attacco; • avvistare il bersaglio, prevedendone l’area di impatto, al fine di poterlo identificare e ingaggiare; • avvisare il personale che si trova nell’area di impatto in tempo reale al fine di consentirgli di trovare riparo (considerata funzione fondamentale); • intercettare il bersaglio, al fine di poterlo distruggere prima che raggiunga l’obiettivo; Rivista Militare


22 28_vitali 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:49 Pagina 25

US ARMY C-RAM PILLARS

POSSIBILITÀ DI UNA CAPACITÀ COUNTER-RAM

• proteggere: incrementare le protezioni fisiche dell’obiettivo/base da difendere e fornire ripari per il personale; • attaccare in tempo reale o successivamente la sorgente di fuoco; • dotarsi di un sistema di Comando e Controllo che possa integrare le funzioni sopra descritte, interfacciandosi sia con il sistema di difesa della base che con il sistema di difesa controaerei della forza di intervento, al fine di evitare l’abbattimento di aeromobili amici. La minaccia può quindi essere contrastata non solo agendo sui vettori quando questi sono già in volo (razzi, bombe da mortaio) ma agendo sia in maniera preventiva con azioni mirate ad evitare che tale minaccia si concretizzi, sia sulle procedure di allarme al fine di consentire alle truppe e ai civili di proteggersi. In figura 1, elaborata dallo US Army, è rappresentato graficamente il concetto appena descritto distinguendo le misure in proattive e reattive. settembre 2017

I comparti industriali nazionali e internazionali propongono diversi sistemi d’arma, di cui alcuni ancora in via di sviluppo, che con approcci diversificati consentono di intervenire per contrastare o ridurre la minaccia agendo in una o più delle funzioni sopra delineate. Si tratta di sistemi complessi che devono poter individuare target in volo di ridottissime dimensioni, sparati anche a brevi distanze, e distruggerli prima che impattino sul bersaglio. Questi sistemi, come precedentemente delineato, consentono quindi di garantire l’avvistamento, l’identificazione, l’allarme e l’intercettazione del target, ovvero assolvono a due funzioni fondamentali: una cinetica relativa all’intervento e una non cinetica connessa all’avvistamento, all’identificazione e allarme, detta anche Sense & Warn. Nello specifico, al fine di neutralizzare la minaccia, esistono sostanzialmente due diversi sistemi di intervento sul target. Il primo prevede l’abbattimento tramite missili o salve/raffiche di colpi calibro 20 mm, che ne causano la distruzione perforandone le pareti esterne. Questo approccio, per essere efficace, deve tuttavia poter disporre di proiettili/schegge con una densità sufficiente a penetrare il target stesso: in altre parole penetrare la superficie esterna del razzo, della bomba da mortaio o della granata di artiglieria. Il secondo prevede di investire il tar-

Fig. 1

get con una nuvola di schegge di elevate dimensioni e velocità che, impattando sulla spoletta, ne generi l’esplosione innescando l’ordigno in volo. Questo può avvenire tramite l’utilizzo di un proietto con un calibro più consistente da 35 o 76 mm (7) a frammentazione guidata che, grazie a dati di volo e tempi di esplosione rilasciati elettronicamente dal vivo di volata della bocca da fuoco, esploda in volo in prossimità del target, generandone a sua volta l’esplosione. Ancorché non maturi, nell’alveo dei futuri sistemi d’arma Counter RAM (C-RAM) sono inoltre da menzionare quelli ad energia diretta (laser), allo studio presso alcune società di settore. Dalle capacità auspicabili per operare negli scenari in cui la minaccia è più presente, derivano i requisiti che la componente C-RAM dovrà soddisfare. Nello specifico, in considerazione: • del tipo di minaccia, che consiste in target di dimensioni ridottissime che utilizzano traiettorie curve spesso con distanze ravvicinate agli obiettivi che intendono colpire; • della necessità di schierarsi anche in ambienti urbani altamente congestionati (Mega cities); • della crescente disponibilità di materiale bellico nei Teatri Operativi; • dell’esigenza di garantire la deconfliction nella terza dimensione dovuta al numero crescente di assetti operanti; • della necessità di operare in contesti joint e combined, integrando25


22 28_vitali 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:49 Pagina 26

si con altre Forze Armate e altri Paesi; • dell’elevato numero di militari dedicati alla protezione delle basi/infrastrutture durante una campagna. Le future piattaforme dovranno: • garantire una efficacia di intercetto a brevissime distanze e realizzare la distruzione del target in volo prima che impatti; • assicurare in tempo reale l’avvistamento, l’identificazione della minaccia e la diffusione dell’allarme per incrementare la possibilità di protezione del personale (anche il solo cercare protezione dietro un muro o in adeguati ricoveri al segnale di allarme delle sirene riduce l’effetto delle schegge); • avere dei sistemi di intercettazione che assicurino la distruzione dei colpi inesplosi e un ridotto effetto collaterale di ricaduta degli stessi; • essere in grado di operare ognitempo e a temperature elevate in 26

ambiente desertico; • integrarsi nel sistema di Comando e Controllo dello spazio aereo, in quello del campo/base, infrastruttura vitale da difendere, e con quello del sistema di Comando e Controllo della forza di intervento; • contribuire, in real time, all’aggiornamento della Recognised Air Picture (8) e alla designazione degli obiettivi a favore di tutti gli assetti operanti nell’Area di Operazioni (ad esempio, una volta individuata la sorgente di fuoco, su questa l’intervento potrebbe avvenire da parte di differenti assetti); • essere modulari rendendo indipendenti le capacità di fuoco e intercettazione da quella di sorveglianza e allarme. Non necessariamente in tutte le basi/infrastrutture e per tutte le fasi di una operazione sarà richiesta la capacità di contrastare la minaccia RAM, il che implica avere la possibilità di schierare degli assetti completi

dotati anche degli attuatori del fuoco o, in alternativa, in maniera ridotta, schierare una capacità che consenta di acquisire la minaccia e dare l’allarme al personale (Sense & Warn); • garantire la possibilità di dislocare le consolle del sistema di Comando e Controllo all’interno del Tactical Operation Centre della base/infrastruttura da proteggere, al fine di creare un unico centro di Comando e Controllo; • essere facilmente e velocemente schierabili e trasportabili; • essere gestite da una squadra di impiego di ridotte dimensioni. Infatti, i sistemi che provvederanno e contribuiranno alla protezione delle basi, oltre al compito per il quale sono schierati, dovranno consentire di poter operare con minimo impiego di personale, al fine di avere una gestione poco onerosa in termini di impegno delle truppe e gravare il meno possiRivista Militare


22 28_vitali 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:49 Pagina 27

bile sul totale della forza o contingente impiegato nel Teatro di Operazioni. SFIDE FUTURE

principali tipi di minaccia: quella convenzionale, tipica delle organizzazioni statuali; quella irregolare, rappresentata da organizzazioni criminali, terroristiche e insurrezionali che combattono confondendosi tra la popolazione, sfruttando la sorpresa per colpire obiettivi di opportunità, anche non militari; infine quella cosiddetta ibrida, che vede l’impiego combinato di diverse tecniche e metodologie di lotta, sia simmetriche sia asimmetriche (attività militari regolari, guerriglia, terrorismo, banditismo) che identificano, di fatto, una differente e più complessa forma di combattimento, in cui l’avversario agisce in modo anche illegittimo e non segue le norme di diritto internazionale umanitario e dei conflitti armati, creando situazioni in cui i diritti primari vengonono messi in discussione. Una delle conseguenze di questi cambiamenti è che le forze terrestri devono, oggi più che in passato, essere in grado di contrastare anche minacce irregolari e ibride, operare in contesti fortemente urbanizzati, interagendo costantemente con la popolazione civile. Le parti in conflitto non sono infatti più rappresentate semplicemente da eserciti regolari ma, al contrario, tra i nostri potenziali avversari vi sono nuovi soggetti con uno status ambiguo: civili che imbracciano le armi all’improvviso e simpatizzanti di qualche formazione a volte evanescente che sfruttano armi e sistemi disponibili anche a bassa o bassissima tecnologia. In queste circostanze la protezione delle basi/infrastrutture ha acquisito un’importanza fondamentale. In-

fatti, alcuni dei metodi usati in passato non sono più ulteriormente applicabili, il collocamento delle basi in luoghi diradati e isolati non è sempre possibile mentre la costruzione di ostacoli letali come campi minati non è più concepibile. La distruzione di edifici che ostruiscono il settore di osservazione per l’intervento a fuoco a protezione dell’area è, inoltre, un’opzione difficilmente praticabile. A ciò si aggiunge la consapevolezza, maturata sulla base delle più recenti esperienze scaturite nei Teatri Operativi, che la protezione delle basi, durante un’operazione militare, ha un grande impatto in termini di personale impiegato, e può richiedere fino al 20-30% delle forze militari disponibili (escludendo il supporto logistico). Questo sforzo, per tipo e dimensioni, influisce dunque in maniera importante sull’assolvimento della missione. La protezione delle forze (9), della popolazione civile e delle infrastrutture sensibili è inoltre il perno attraverso il quale garantire il supporto all’operatività delle forze terrestri, nelle varie condizioni di impiego, in quanto è fondamentale per assicurare libertà di movimento alle forze di manovra. In tale quadro, occorre poi considerare che le forze terrestri operano da basi permanenti o semipermanenti, e la minaccia da fuoco indiretto non è sempre al massimo livello, dal primo all’ultimo momento in cui la forza mette piede in Teatro, in quanto la campagna è scandita da diverse fasi, caratterizzate da differenti livelli di intensità. Pertanto

La fine della “Guerra Fredda”, fondata sull’equilibrio tra blocchi contrapposti, e il venir meno della certezza del nemico hanno prodotto, negli ultimi 25 anni, un cambiamento epocale nella condotta delle operazioni militari e, in generale, un clamoroso aumento dell’instabilità internazionale. In tale contesto, i Teatri di Operazione del prossimo futuro saranno caratterizzati dalla presenza di tre Sopra Il sistema C-RAM “Skyshield, Rheinmetall A destra Lancio di un razzo Qassam contro Israele settembre 2017

27


22 28_vitali 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:49 Pagina 28

https://www. youtube.com/watch?v=ylUzySZb3L8, 27/11/2016. Il video evidenzia come l’attacco sia stato portato dopo attenta osservazione e pianificazione, che hanno permesso all’attaccante di sfruttare oltre al terreno anche la conoscenza delle procedure dell’avversario. (7) Cfr. “Proietto MULTI-P 76 mm per impiego counter rockets artillery and mortars”, Segretariato Generale della Difesa e Direzione degli Armamenti terrestri, Ricerca Tecnologia ed Innovazione, Rapporto 2014, p. 29. (8) Rappresenta la situazione in tempo reale dell’insieme di tutti gli aeromobili in volo (con e senza pilota) presenti in un determinato spazio aereo, all’interno del quale vengono categorizzati come amici, nemici o sconosciuti. (9) Anche l’Esercito Britannico considera la protezione delle forze tra le capacità primarie che le forze terrestri devono essere in grado di garantire nel futuro ambiente operativo. Cfr. Agile Warrior Report 2014/2015, UK Ministry of Defence edizione 2015, in cui viene studiato il futuro ambiente operativo al 2035.

Sopra Rampe di lancio e razzi Qassam, scoperte dall’Esercito israeliano A destra Resti di diversi modelli di razzi Qassam lanciati contro Israele

BIBLIOGRAFIA

non in tutte le citate fasi sarà necessaria la capacità Counter RAM nel suo complesso, con sensori e attuatori; la stessa potrà inoltre essere utilmente affiancata o sostituita da quella Sense & Warn costituita da sensori, e dalle capacità di avvistamento, identificazione e allarme. In conclusione, la minaccia RAM potrà essere contrastata utilizzando un ampio spettro di strumenti e procedure messi a sistema tra loro che andranno dall’utilizzo degli organi di intelligence, per prevenire il verificarsi dell’attacco, ai sistemi di sorveglianza; per rilevare in anticipo la preparazione dell’atto materiale alle strutture e ai sistemi d’arma Counter RAM; per contrastare e neutralizzare il target, una volta lanciato, alla rete di Comando e Controllo idonea a mettere a sistema tutte le risorse disponibili. *Tenente Colonnello NOTE (1) Tactics, Technics & Procedures. (2) Il costo per la costruzione di un razzo Qassam varia da 150 dollari per un

28

Qassam I, sino a 800 dollari per un Qassam IV. Sul tema cfr. https://www.jewishpolicycenter.org/gaza-watch-theterrorist-threat/,10/12/2016. (3) Alessandro Sala in http://www. corriere.it/esteri/12_marzo_24/afghanistanagguato-base-italiana-fob, 10/10/ 2016. (4) Maurizio Molinari in http://www. lastampa.it/2014/03/13/esteri/bombe-sugaza-israele-replica-ai-razzi-su-sderotA4UJ87TkmHgjxW 3eE1HMbK/pagina.html,15/10/201. (5) Guido Olimpo in http://www.corriere.it/esteri/15_novembre_17/attentatiparigi-ecco-schema-d-attacco-usato-terroristi, 20/11/2016. (6) Sul tema della pianificazione cfr. la ricostruzione The battle of COP Keating – October 3rd 2009 effettuata dall’U.S. Army Joint Training Counter IED Operations Integration Center – JTCOIC in

Segretariato Generale della Difesa e Direzione degli Armamenti terrestri, “Proietto MULTI-P 76 mm per impiego counterrocketsartillery and mortars”, Ricerca Tecnologia ed Innovazione, Rapporto 2014. NATO Industrial Advisory Group (NIAG), Final Report of NIAG Study Group 170, “Engagement of low, slow and small aerial targets by GBAD”, 16/09/2013. NATO Bi-Strategic Command Capability Codes and Capability Statements, Supreme Allied Commanders Europe and Transformation, 26/01/2016. NATO Industrial Advisory Group (NIAG), Final Report of NIAG Study Group 188, “GBAD sensor mix optimisation study for emerging threats”, 16/07/2015. SMD III Reparto - Centro Innovazione Difesa, Concept paper Evoluzione della terminologia nella descrizione di conflitti – impiego del termine ibrido, 2015. Porro G, Studi di diritto internazionale umanitario, Giappichelli editore, 2004. NATO Allied Joint Procedure - 3.14(A), “Allied Joint Doctrine for Force Protection”, April 2015. UK Ministry of Defence, Agile Warrior Report 2014/2015, edizione 2015. Rivista Militare


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 29

Il nuovo CORAX FBP® è composto da materiali compositi avanzati e può essere utilizzato sia per giubbotti ICW sia come piastre Stand-Alone.


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 30

LE OPERAZIONI MILITARI TERRESTRI

L’’APPROCCIO COMBINED ARMS ALLA MANOVRA di Giuseppe Tempesta*

I nuovi scenari operativi con le loro continue e mutevoli sfide hanno comportato l’evoluzione del concetto di combined arms. In particolare, attraverso l’analisi delle lessons learned, nel tempo si è evidenziata la sempre maggiore necessità di preparare le unità a integrare efficacemente diversi assetti capacitivi e agire autonomamente, fino ai minimi livelli. Nell’ambiente operativo contemporaneo, contraddistinto da particolare complessità e in continua evoluzione, nell’ambito del quale l’avversario tende a diradare le proprie forze e impiegare una combinazione di tecniche regolari e irregolari, non esistono soluzioni single arm alle sfide tattiche che i Comandanti delle minori unità si troveranno ad affrontare.

30

Rivista Militare


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 31

DEFINIZIONE ED EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI COMBINED ARMS La dottrina della NATO (1) definisce il combined arms quale l’impiego simultaneo e sincronizzato di diversi assetti e capacità, integrati nell’ambito di unità strutturate in funzione della missione assegnata e ottimizzate per i compiti che devono assolvere. Tale definizione è in linea con quelle presenti nella dottrina militare della maggior parte dei Paesi dell’Alleanza Atlantica. In un ambiente operativo particolarmente complesso e in continua evoluzione, contro un avversario spiccatamente adattivo e difficilmente prevedibile, l’impiego sincronizzato e simultaneo degli assetti capacitivi a disposizione del Comandante determina la realizzazione di effetti di gran lunga più rilevanti di quelli che sarebbe possibile ottenere impiegando gli stessi assetti separatamente o in sequenza. Il concetto di combined arms ha radici molto antiche. Già l’Esercito macedone, guidato da Alessandro Magno, conquistò l’Impero persiaA sinistra Bersaglieri fanno fuoco con un mortaio da 120 mm Thomson-Brandt

no anche grazie alla combinazione sinergica dell’impiego di cavalleria pesante, cavalleria leggera, fanteria pesante (ordinata in compatte falangi armate con la lunga picca chiamata “sarissa”), fanteria leggera, arcieri e macchine d’assedio (assimilabili all’odierna artiglieria). Analogamente, le legioni romane furono praticamente invincibili per circa cinquecento anni perché utilizzavano tecniche di combattimento basate sulla combinazione di diverse armi. Il primo “laboratorio” della più moderna accezione di combined arms maneuver è stato rappresentato dai campi di battaglia della Prima guerra mondiale dove, al prezzo di enormi perdite in termini di vite umane, si comprese l’importanza dell’integrazione degli effetti dei diversi sistemi d’arma ed ebbe inizio la sperimentazione di un diverso impiego tattico dell’artiglieria, il cui obiettivo divenne la neutralizzazione della capacità di combattimento avversaria in supporto alle azioni offensive delle truppe di fanteria accompagnate da elementi del genio. L’importanza dell’impiego di combined arms team in grado di agire in modo indipendente, ampiamente provata e corroborata dalle lezioni apprese dalla storia militare, è stata

enfatizzata dalle esperienze maturate nelle più recenti operazioni, in cui il diradamento della manovra (2), dovuto alla necessità di mantenere il controllo di vaste aree di responsabilità, ha imposto il decentramento di capacità specialistiche fino ai livelli ordinativi più bassi. L’attuazione di una manovra combinata richiede una complessa integrazione di leadership, information sharing e di tutte le funzioni operative (3) sia durante il processo di pianificazione sia durante la condotta di operazioni. Tale integrazione a tutti i livelli ordinativi consente di ottenere notevoli vantaggi sul nemico sotto l’aspetto: • fisico (conquista di key terrain, controllo di risorse critiche, ecc.); • temporale (capacità di dettare l’operational tempo e decidere quando ingaggiare con sistemi letali e quando con sistemi non letali l’avversario, in modo da inibire la sua capacità di reazione); • cognitivo (capacità di influenzare la popolazione civile, capacità di infondere timori e incertezze nell’avversario e di plasmarne le percezioni). Il principale fattore di successo della manovra combined arms risiede nel fatto che forme multiple e simultanee di contatto provenienti da

Soldati italiani sbarcano da un CH-47 “Chinook” in Afghanistan

settembre 2017

31


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 32

direzioni inaspettate generano una “pressione operativa” tale da costringere il nemico alla reazione, facendogli svelare la propria natura, le proprie intenzioni e le proprie vulnerabilità e privandolo così dell’iniziativa. Tale manovra si fonda primariamente su principi di agilità, flessibilità e adattabilità, e impone il decentramento delle risorse e l’iniziativa da parte dei Comandanti a tutti i livelli, così da garantire la condotta di attività tattiche autonome e indipendenti, ma sempre coordinate. L’attuazione di questo tipo di manovra richiede un’accurata task organization, basata sulle caratteristiche proprie della specifica missione da assolvere e tendente a incrementare la versatilità delle unità, a razionalizzare l’impiego delle risorse e a limitare la possibilità di subire la sorpresa avversaria. Attualmente nella Task Organization, l’approccio Combined Arms, a livello tattico è rappresentato dalla Brigata pluriarma (Combined Arms

Brigade), concepito e strutturato per esprimere in autonomia una vasta gamma di capacità: dalla condotta di azioni di combattimento alla gestione delle relazioni con l’ambiente socio-culturale. L’attuazione di una efficace mano-

Sopra Un carro “Centurion” israeliano sulle alture del Golan nel 1973 A destra Carro “Merkava III” ed elicottero Bell AH 1 “Cobra”

Artiglieri dei Marines in azione a Fallujah in Iraq nel 2004

32

Rivista Militare


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 33

vra combined arms impone: • standard addestrativi elevati, ottenibili attraverso l’attuazione di cicli formativi del personale e addestrativi delle unità il più possibile improntati al realismo e aderenti alla continua evoluzione degli scenari operativi; • una leadership competente e vigorosa, in grado di attuare processi decisionali improntati su pragmatismo, rapidità d’azione e implementazione del concetto di mission command (4), tendente a incoraggiare l’iniziativa disciplinata a tutti i livelli; • una dottrina d’impiego aderente all’evoluzione dell’ambiente operativo e costantemente aggiornata in funzione delle lezioni apprese nel corso di attività addestrative e impieghi operativi. LEZIONI APPRESE L’esperienza israeliana Fino alla guerra del Kippur, combattuta nel 1973 tra Israele e una coalizione composta da Egitto e Siria, l’Esercito israeliano aveva basato la settembre 2017

propria forza essenzialmente sulle unità corazzate. Questa scelta si fondava sul concetto secondo il quale il combattimento terrestre era principalmente devoluto alla manovra della componente corazzata, derivante dal fatto che le truppe israeliane avevano conseguito numerosi successi militari impiegando unità corazzate, soprattutto nell’ambito di attività militari offensive, contro un avversario spesso scarsamente addestrato ed equipaggiato. Gli eventi della guerra del Kippur hanno dimostrato, invece, la “debolezza tattica” e la vulnerabilità dell’impiego di unità corazzate contrapposte a un avversario essenzialmente strutturato secondo un rudimentale ma efficace concetto di combined arms. Infatti, le forze della coalizione siro-egiziana basavano la propria azione sull’impiego concomitante e coordinato di: • unità corazzate e meccanizzate, equipaggiate prevalentemente con BRDM (5) di fabbricazione russa; • unità di fanteria leggera, equipaggiate con sistemi lanciamissili controcarro di fabbricazione russa AT-3 “Sagger”, lanciarazzi RPG-7

e cannoni senza rinculo a canna liscia da 82 mm e 107 mm; • unità di artiglieria, equipaggiate con cannoni da 85 mm e 100 mm e obici da 122 mm; • unità del genio. Le numerose perdite che, specialmente nelle fasi iniziali del conflitto, subirono le unità corazzate israeliane, impiegate autonomamente e senza alcun coordinamento con le unità di fanteria leggera, meccanizzate e di artiglieria, costrinsero i vertici militari israeliani a elaborare un rapido e radicale cambio di strategia che consentisse di recuperare il terreno perduto. Tale cambio di strategia si basò principalmente sulla riarticolazione organica delle Divisioni e sul conferimento di maggiore mobilità al supporto di fuoco. Nell’estate del 2006, durante l’offensiva israeliana nel sud del Libano, si assistette a un ulteriore cambio di rotta nell’impiego delle unità corazzate che, sebbene equipaggiate con sistemi di ultima generazione, subirono un’importante battuta d’arresto nel momento in cui furono ingaggiate in combattimento all’interno di centri abitati, per via dello scarso coordinamento con le unità di fanteria legge33


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 34

~

r

I

Una pattuglia motorizzata italiana in Afghanistan

ra. Le ragioni di tali esiti sono da ricercarsi nel fatto che nel corso del precedente decennio le truppe israeliane erano state impiegate prevalentemente in attività di contrasto a piccoli gruppi di militanti armati, paragonabili per capacità e atteggiamento tattico a una squadra di fanteria leggera scarsamente addestrata. Ciò contribuì a generare l’erronea convinzione che l’impiego delle forze corazzate non fosse più rilevante in “conflitti a bassa intensità” e, conseguentemente, si assistette a un sensibile abbassamento degli standard addestrativi e alla riduzione del livello di integrazione con le altre componenti della Forza Armata. Le operazioni in Iraq Un particolare case study è rappresentato dalla battaglia di Sadr City che, nel 2004, vide impegnate le truppe statunitensi nella città di Bagdad. Questi scontri sono stati 34

una delle più chiare dimostrazioni di come nel moderno ambiente operativo non possano esistere soluzioni tattiche che non tengano conto in alcun modo dell’attuazione del concetto di combined arms. Infatti, la situazione di impasse nella quale si trovarono le truppe statunitensi, impegnate in aspri combattimenti che si protrassero ininterrottamente per sei settimane, fu risolta con successo solo grazie all’impiego integrato e simultaneo di forze corazzate, nuclei sniper e forze speciali, efficacemente supportate da un sistema di assetti di Intelligence, Surveillance and Reconnaissance (ISR) e dall’efficace attuazione di un sistema di Comando e Controllo adeguatamente decentralizzato. Le attività di counterinsurgency in Afghanistan Alla luce delle tante lezioni apprese,

a partire dal Kippur, si è assistito a un radicale cambiamento dell’approccio al concetto di manovra da parte dei Paesi dell’Alleanza Atlantica. I Comandanti delle unità sono diventati responsabili di vaste aree e, di conseguenza, è stato necessario decentrare gli assetti capacitivi a disposizione e incentivare l’iniziativa a tutti i livelli, per garantire la condotta di attività coordinate ma indipendenti. Allo scopo di adattarsi a tali cambiamenti si è provveduto alla costituzione di unità spiccatamente versatili e “task-organizzate” che fossero: • in grado di operare e sostenersi autonomamente; • dotate di assetti per l’esplorazione e la ricognizione; • in grado di relazionarsi culturalmente con la popolazione locale; • addestrate all’attuazione di procedure d’impiego pluriarma. Inoltre, la conformazione prevalentemente urbanizzata delle aree di operazioni ha imposto l’impiego siRivista Militare


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 35

multaneo e integrato di: • unità di fanteria leggera, particolarmente agile e adatta a manovrare diradata e fornire protezione dalla minaccia controcarri; • unità corazzate, in grado di fornire copertura e una maggiore potenza di fuoco alla fanteria; • componente genio, necessaria a garantire la mobilità e la contromobilità; • componente elicotteri d’attacco, idonea a supportare la manovra da una posizione tattica privilegiata. A incrementare l’efficacia di questa integrazione e amplificarne gli effetti, si sono aggiunti nel corso degli ultimi anni sofisticati sistemi di Comando e Controllo, comunicazione, navigazione terrestre e protezione delle forze.

fetti intenzionalmente non-letali, determinanti per la conquista dei “cuori” e delle “menti” dei componenti del tessuto sociale nell’ambito del quale spesso l’avversario si muove e opera. Un ulteriore obiettivo fondamentale che il Comandante dovrà perseguire nella condotta della sua manovra è quello di ostacolare, utilizzando gli strumenti disponibili al livello tattico (quale ad esempio la guerra elettronica), la propaganda e il processo decisionale avversario. Tale azione non può prescindere dalla considerazione che l’incalzante innovazione tecnologica, specie nel settore dell’informatica, ha esteso il concetto di Teatro Operativo, conglobando anche l’ambiente informativo e, in par-

complesse dinamiche generate da espressioni emergenti del combat power, circoscrivendo così la visione del Comandante agli elementi fisici dell’area di operazioni. Questa breve analisi della complessità e della mutevolezza dell’ambiente operativo e delle multiformi sfide che da essa derivano evidenzia la necessità di un approccio spiccatamente adattivo alla condotta delle operazioni militari. Tale flessibilità può essere consolidata solo avendo riguardo alle lezioni apprese dalle precedenti esperienze ma, al contempo, cercando di guardare avanti e di prepararsi, in termini capacitivi, alle possibili sfide future. Ciò riveste considerevole importanza, anche nella considerazione del

ticolare, la dimensione cibernetica. Infatti, nell’odierno mondo iper-connesso, il dominio cibernetico rappresenta di fatto un moltiplicatore di forza ma, al contempo, un fattore di potenziale vulnerabilità. Ciò è dimostrato dal fatto che organizzazioni terroristiche e attori statuali sono sempre più orientati a sfruttare le potenzialità di tale dominio per il reclutamento, l’addestramento e la radicalizzazione dei propri combattenti e per “delocalizzare” le proprie strutture, costituendo cellule virtuali pronte a materializzarsi all’occorrenza nei domini naturali (passando dall’utilizzo del cosiddetto soft power a quello dell’hard power). La più tradizionale accezione di combined arms si limita alla considerazione degli strumenti classici di combattimento e non contempla le

fatto che la capacità di interoperare, di integrare diversi assetti capacitivi e di concepire e condurre azioni indipendenti e complesse, non si può improvvisare, ma va costruita e mantenuta con l’addestramento, la formazione e la standardizzazione delle procedure e dei sistemi.

NUOVE SFIDE Nell’ambiente operativo contemporaneo, particolare importanza è rivestita dai fattori socio-culturali che, a livello strategico, impongono l’attuazione di un approccio omnicomprensivo e multidimensionale alle operazioni, consistente, in buona sostanza, nella capacità di bilanciare l’impiego degli strumenti di potenza nazionale (soft power e hard power), la cui adeguata combinazione conduce a quello che viene definito come smart power. A livello tattico, tale considerazione si traduce nel fatto che, allo scopo di mantenere l’iniziativa e consolidare nel tempo i risultati conseguiti, i Comandanti dovrebbero intendere a più ampio spettro la propria manovra combined arms, includendo in essa anche ulteriori attività, quali: • l’inganno (deception), che contribuisce in modo sostanziale alla protezione delle forze; • le Psychological Operations – PSYOPS che, a seconda della situazione contingente, possono essere mirate alla ricerca del consenso di gruppi-obiettivo neutrali o alla deterrenza di gruppi-obiettivo ostili; • la pubblica informazione, che rappresenta l’interfaccia ufficiale della componente militare tra i media e il pubblico. Tali attività hanno lo scopo di influenzare l’ambiente operativo e la capacità di agire degli avversari e di tutti gli attori coinvolti, generando efsettembre 2017

*Maggiore NOTE (1) NATO AJP - 3.2, Allied Joint Doctrine for Land Operations. (2) Dottrinalmente la manovra è definita quale la capacità di combinare fuoco e movimento sul campo di battaglia per ottenere una posizione di vantaggio sull’avversario da cui poterlo ingaggiare nel modo 35


29 36_tempesta 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 14:50 Pagina 36

Alpini in addestramento all’impiego con aeromobili

più conveniente. Il diradamento della manovra implica la saturazione dell’Area of Responsibility (AOR) attraverso l’impiego di complessi tattici pluriarma, in grado di agire in modo indipendente per il conseguimento dell’intento del Comandante. (3) L’insieme di attività militari a carattere omogeneo che, combinate tra loro, consentono l’efficace sviluppo di un’operazione militare. (4) Tale concetto, elaborato inizialmente nel 1806 nell’ambito dell’Esercito prussiano, costituisce oggi un pilastro centrale sia della dottrina alleata sia della dottrina nazionale. Consiste nell’esercizio da parte dei Comandanti della propria autorità attraverso l’emanazione di mission orders che lascino spazio a una disciplinata iniziativa da parte dei Comandanti subordinati, in modo da conferire alle unità maggiore agilità e adattabilità nel perseguimento dell’intento del Comandante. (5) Autoblindo leggera con equipaggio di 4 uomini, protetta con corazzatura in acciaio saldato da 10 mm e dotata di armamento primario KPV cal. 14,5 mm e armamento secondario mitragliatrice PKT cal. 7,62 mm. 36

BIBLIOGRAFIA Pubblicazioni Nota Dottrinale, Principi generali e approccio alle Operazioni Militari Terrestri, SME, ed. 2013. Nota Dottrinale, L’ambiente operativo e le forze terrestri, SME, ed. 2014. Nota Dottrinale, La manovra delle forze terrestri, SME, ed. 2014. PID/O-3, La dottrina interforze italiana per le operazioni, SMD, ed. 2014. Le operazioni militari terrestri, SME, ed. 1998. Approccio Nazionale Multi-Dimensionale alla gestione delle crisi, documento di riflessione congiunto Ministeri Esteri-Difesa, ed. 2012. NATO AJP 3 (B), Allied Joint Doctrine for the Conduct of Operations, ed. 2011. NATO AJP 3.2, Allied Joint Doctrine for Joint Operations, ed. 2016. Opere Barcomb K., From Sea Power to Cyber Power, in Joint Force Quarterly, n. 69, 2013. Rokke E. J., Drohan T. A., Pierce T.

C., Combined Effect Power, in Joint Force Quarterly, n. 73, 2014. Gen. Starry D. A., Combined Arms, 1978. Johnson D., Competent, Concealed, Congested: the challenges of future warfare, speech 2014. House J. M, Combined Arms Warfare in the Twentieth Century, 2001. House J. M., Toward Combined Arms Warfare: a survey of twentieth century tactics, doctrine and organization, 1984. Weller J., Combined Arms Teams Recent Middle East Experience, 1974. Armée de Terre Francaise, Foundamentals of Combined Arms Maneuver, 2012. Lt. Col. Franc C., Reasserting the fundamentals of the combined arms maneuver, 2013. Frediani A, Le grandi battaglie di Alessandro Magno – L’inarrestabile marcia del condottiero che non conobbe sconfitte, e-Newton Saggistica, 2010. Mattesini S., Le legioni romane L’armamento in mille anni di storia, Gremese editore, 2006. Dunstan S., Centurion Vs T-55 nella guerra del Kippur, Osprey Publishing, 2012. Rivista Militare


37 43_marzani 2017.qxp_Layout 1 01/09/17 13:39 Pagina 37


37 43_marzani 2017.qxp_Layout 1 01/09/17 13:39 Pagina 38

REGOLA TRADIZIONI CONTENUTI

Riflessioni sull’identità militare

di Marcello Marzani*

el 2012, l’allora Capo di SME, Gen. Claudio Graziano, in una lettera indirizzata ai Comandi di Vertice e agli Alti Comandi dell’Esercito, ribadiva il concetto di “identità militare” quale «tratto distintivo e specifico di uno status etico e giuridico diverso - e certamente più impegnativo - rispetto a quello degli altri cittadini», esaltandone gli elementi caratterizzanti: disciplina, integrità morale e spirito di Corpo. L’articolo che segue, in linea con quanto già espresso nella citata lettera, è frutto di una serie di considerazioni sull’identità militare e sul ruolo degli istituti di formazione nella edificazione e salvaguardia “del senso di appartenenza” all’Esercito e più

N

38

in generale alle Forze Armate. Dall’analisi di un tema evidentemente complesso e articolato, come prevedibile, non è scaturita una tesi univoca e definitiva; le riflessioni hanno tuttavia portato all’individuazione di tre concetti essenziali: la regola, le tradizioni e i contenuti. Sulla base di questa categorizzazione, nel periodo compreso fra novembre 2016 e febbraio 2017, il Comandante per la Formazione, Specializzazione e Dottrina dell’Esercito ha elaborato altrettante lettere aperte rivolte ai vertici delle dipendenti scuole militari e finalizzate alla capillare sensibilizzazione dei Quadri su un tema cruciale per il presente e il futuro della nostra Istituzione.

LA REGOLA È un vocabolo fra i più utilizzati in ambito militare, in una comunità tradizionalmente fondata su presupposti di ordine e disciplina. Associato al verbo latino regere (dirigere, guidare) e utilizzato inizialmente per indicare lo strumento di misura – il righello – il sostantivo regola, col tempo, ha assunto anche il significato di norma, principio o canone. Gli ambiti nei quali le regole governano l’azione umana sono numerosi: fra di essi la scienza, l’arte, la politica, la finanza e lo sport. Un oggetto realizzato “a regola d’arte” è per antonomasia ben fatto, mentre una diffusa “assenza di regole” evoca scenari di approssimazione e caos. Nella tradizione cristiana attraverso la regola si punta a conseguire la perfezione spirituale: su di essa Benedetto, Agostino, FranRivista Militare


37 43_marzani 2017.qxp_Layout 1 01/09/17 13:39 Pagina 39

cesco hanno gettato le basi dei rispettivi ordini monastici. L’etica militare è intimamente legata alle regole sin dall’antichità: il codice cavalleresco ha segnato l’ingresso nella cultura delle armi di un’immagine edificante, quella del guerriero che difende i più deboli e che per tale ragione assurge al rango di araldo di giustizia. Il rispetto delle regole garantisce efficacia ed efficienza degli eserciti e distingue le “truppe regolari” dalle compagini di “irregolari”, imprevedibili e poco rassicuranti. La condisettembre 2017

visione delle regole, non soltanto in ambito militare, è presupposto essenziale per la reciproca identificazione in un gruppo sociale; il loro rifiuto comporta l’esclusione e l’allontanamento dalla comunità. Ciò nonostante l’essere umano mostra da sempre un irrefrenabile istinto a infrangere le norme. Illuminanti, al riguardo, sono le parole di Voltaire: “È molto singolare che tutta la natura, tutti i pianeti, debbano obbedire a leggi eterne e che possa esserci un piccolo animale, alto cinque piedi, che a dispetto di queste leggi possa agire a suo piacimento, seguendo solo il suo capriccio”. L’avversione per la norma è incompatibile con il mestiere delle armi, anche in virtù della stretta correlazione fra regola e disciplina, quest’ultima intesa nella sua accezione di istituto giuridico che assicura la coesione delle Istituzioni militari. La disciplina, accettata liberamente e consapevolmente per effetto di una scelta di vita, contribuisce a formare l’habitus mentale necessario al militare per agire in ogni circostanza con coerenza e responsabilità. Fra gli esempi di regole di vita quotidiana comuni a ciascun militare vi sono il saluto, la cura della persona e dell’uniforme, il rispetto delle gerarchie, la scrupolosa cura dei materiali. A queste si aggiungono prescrizioni specifiche riguardanti l’ad-

destramento, la sicurezza, la riservatezza, il cerimoniale, l’amministrazione, la logistica, ecc. Il denominatore comune resta l’intima convinzione dell’individuo ad avvertire le norme non come sterile consuetudine, bensì quale strumento per mantenere e rafforzare l’efficacia, l’efficienza e la credibilità dell’Istituzione alla quale appartiene. Se l’osservanza consapevole di una norma accresce l’orgoglio di appartenenza, la sua imposizione tout court la relega al rango di irragionevole prescrizione priva di alcun valore.

39


37 43_marzani 2017.qxp_Layout 1 01/09/17 13:39 Pagina 40

LE TRADIZIONI Secondo pilastro dell’identità militare sono le tradizioni cioè la trasmissione, anche orale, da una generazione a quella successiva, di memorie, simboli, usi e costumi. Nozione con forti implicazioni religiose, antropologiche e giuridiche, la tradizione si ritrova nel diritto romano, in teologia e in filologia. In ambito militare l’esempio più emblematico si rintraccia nella cultura greca classica, laddove i Caduti in battaglia sono celebrati come eroi. La nostra Istituzione conserva e trasmette le proprie tradizioni con il duplice intento di preservare la propria identità e fornire ai più giovani dei chiari riferimenti valoriali. L’ambito in cui tutto ciò assume contorni più percettibili è il Corpo e più segnatamente il reggimento che generalmente custodisce la bandiera di guerra. Della tradizione militare fanno parte aspetti eterogenei che vanno dal già citato culto dei Caduti alla sacralità del vessillo, dalla foggia dell’uniforme alle decorazioni, dal ricordo di fatti e personaggi alla ritualità cerimoniale, fino all’araldica e alla musica militare. In assenza di specifiche norme, la tradizione può talora legittimare usi e costumi ancora in attesa di regolamentazione ufficiale: gli stemmi di alcuni dei nostri reggimenti, ad esempio, furono adottati nel Seicento, ma sanciti con Regio Decreto soltanto all’indomani della Grande Guerra.

Per districarsi nel mare magnum delle tradizioni militari – o presunte tali – occorre una precisazione: quelle italiane, con le dovute eccezioni, discendono in massima parte dall’eredità storica risorgimentale, alla quale ricondurre le basi dell’attuale identità nazionale. Sebbene la storia della Penisola sia particolarmente ricca e travagliata, è con il Risorgimento, esteso fino al Primo conflitto mondiale, che si plasma l’Esercito degli italiani, diretto risultato della coincidenza fra Istituzioni sovrane e comunità culturale. Come detto a proposito della regola, anche una tradizione esclusivamente autoreferenziale e priva di attendibili nessi storici da potente elemento unificante si traduce in fattore limitante. In tal senso, ogni comportamento tradizionale in palese antitesi con la più aggiornata capacità operativa va abbandonato senza alcun indugio. Una possibile classificazione delle tradizioni militari secondo criteri di preminenza potrebbe essere la seguente. Tradizioni e simboli nazionali Sono le memorie condivise dal cittadino e dal soldato: il Tricolore, l’Inno nazionale, l’emblema della Repubblica, la Costituzione. A queste tradizioni sono intimamente legati i valori che caratterizzano l’identità militare, fra i quali la sacralità della bandiera, del giuramento e il culto per i Caduti.

40

Tradizioni legate a fatti d’arme e alla storia del Corpo di appartenenza Sono i luoghi, le vicende, i protagonisti della storia militare e i simboli che ne discendono: le stellette, la cravatta rossa indossata dal Savoia Cavalleria a ricordo dell’assedio di Torino (1706), gli alamari concessi ai Granatieri all’indomani della battaglia dell’Assietta (1747), il fez guadagnato dai Bersaglieri in Crimea (1855) sono esempi di tradizioni le cui radici affondano nelle attività più peculiari della nostra Istituzione, il combattimento. Tradizioni varie Sono quelle che nascono dalla contiguità fra società militare e civile. Pur caratterizzando fortemente la storia e la quotidianità dell’Esercito, sono consuetudini mutevoli nel tempo, di pari passo con l’evoluzione dei costumi e delle istituzioni nazionali. La foggia dei Rivista Militare


37 43_marzani 2017.qxp_Layout 1 01/09/17 13:39 Pagina 41

copricapo, buona parte degli inni e delle marce militari, l’araldica, il cerimoniale sono parte di questo gruppo di tradizioni, molte delle quali nate in ambito castrense, ma oramai appannaggio anche di altre realtà sociali del Paese.

T

False tradizioni Potrebbero essere indicate con termini più appropriati quali vezzi o mode: indossare capi di corredo “fuori ordinanza” con la convinzione di innalzare il prestigio personale e del Corpo di appartenenza; convincersi che i tatuaggi o le barbe incolte siano sufficienti per essere annoverati fra gli appartenenti ai reparti d’élite; ostentare la propria anzianità di servizio – in molti casi risibile – attraverso un atteggiamento irrispettoso nei confronti della gerarchia. Sono tutte immagini poco edificanti e in antitesi con l’immagine di uno strumento militare moderno, affidabile e professionale. Il punto di partenza per valorizzare le vere tradizioni e spazzare il campo da tutto ciò che nella migliore delle ipotesi è inutile orpello è lo studio della storia, specie di quella militare. La conoscenza del nostro passato, anche delle pagine più controverse, deve far parte del bagaglio culturale del soldato con lo scopo di suscitare interesse per l’Istituzione della quale si indossano i colori, per accrescere la consapevolezza della scelta professionale compiuta e per stimolare un sano orgoglio di appartenenza. Diceva Thomas S. Eliot: “La tradizione non si può ereditare; e chi la vuole deve conquistarla con grande fatica”.

nanziaria, temporale, legislativa, logistico-infrastrutturale. Ciononostante, l’ostacolo apparentemente più facile da superare, ma che sovente si palesa come il più insidioso, è interno all’organizzazione e risiede nella forma mentis dei principali attori dell’iter formativo. Prevenzione nei confronti delle novità, preconcetti e mancanza di entusiasmo, in alcuni casi, pregiudicano l’evoluzione della didattica impedendo o ritardando vitali cambi di rotta. Il core business della formazione

militare è la preparazione del combattente. Venendo meno all’imperativo di fornire ai nostri soldati gli strumenti per assolvere con efficacia il compito assegnato in ogni possibile scenario operativo, si mettono a repentaglio l’incolumità dell’individuo e la credibilità della nostra Istituzione. Come perseguire allora l’efficace trasmissione di saperi? Soffermarsi sui seguenti concetti può offrire utili spunti di riflessione.

I CONTENUTI I contenuti, terzo e ultimo pilastro dell’identità militare, sono i saperi necessari al proficuo esercizio del mestiere delle armi. Per conseguire un’adeguata preparazione culturale, fisica e tecnico-professionale occorre che la cultura militare sia diffusa attraverso un efficace processo formativo imperniato su un’altrettanto solida architettura di contenuti. La trasmissione dei saperi nella nostra Istituzione deve fare i conti con un sistema rigido e complesso – si pensi ad esempio all’esigenza di armonizzare gli insegnamenti militari con quelli accademici – e sul quale gravano numerosi vincoli di natura economico-fisettembre 2017

41


37 43_marzani 2017.qxp_Layout 1 01/09/17 13:39 Pagina 42

militare e nello specifico di chi agisce nel delicato settore della formazione. L’individuo resiliente è adattabile agli imprevisti, reagisce alle difficoltà con intraprendenza e dinamismo, oppone la propria tenacia e motivazione agli inevitabili ostacoli di una professione faticosamente entusiasmante. Attitudine all’insegnamento

affrontare una minaccia in continuo mutamento; dunque non basta concentrare gli sforzi sull’analisi delle vicende belliche passate, ma occorre un approccio lungimirante per essere pronti a mutamenti di direzione, a cambi di mentalità e azione repentini, per precorrere i tempi e intuire lo sviluppo della minaccia senza subirla passivamente. Resilienza È un vocabolo che trae le sue origini dalla metallurgia (l’indice di resilienza individua la capacità di un metallo di assorbire energia di deformazione elastica) e metaforicamente descrive l’attitudine di un corpo a riprendere il proprio aspetto originario dopo una sollecitazione. La resilienza è una prerogativa del

Dietro questo concetto si cela un aspetto sostanziale del processo formativo. L’insegnante e l’istruttore devono innanzitutto conoscere a fondo la propria materia, esserne “padroni”. Un istruttore che non è in grado di maneggiare con sicurezza l’arma in dotazione non risulta credibile ai propri allievi. Un ulteriore aspetto riguarda la capacità di instillare il proprio sapere – i contenuti – ai discenti. Un individuo erudito può rivelarsi un pessimo docente e per essere all’altezza di questa delicata missione occorrono molte qualità oltre la mera conoscenza della materia: umiltà, entusiasmo, pazienza, metodo, volontà di mettersi in gioco. L’improvvisazione non è pagante ed è imprudente affidare il compito di trasformare il cittadino in soldato a personale incompetente. Ogni docente conferisce ai propri studenti, specie ai più giovani, un vero e proprio imprinting con risvolti indelebili sul loro futuro umano e professionale. Da qui la necessità di disporre di un corpo docente affidabile, capace e motivato. Aggiornamento professionale Si tratta di un concetto intimamente legato al precedente, tuttavia merite-

Spirito di adattamento Per preparasi a cogliere nuove sfide occorre un grande spirito di adattamento. L’evoluzione degli strumenti, delle procedure e della tecnologia impone una incessante trasformazione della dottrina e della didattica. Le “lezioni apprese” che ci offre la storia, e sulle quali si è fatto cenno parlando di tradizione, hanno un valore inestimabile, ma non sono sufficienti ad 42

Rivista Militare


37 43_marzani 2017.qxp_Layout 1 01/09/17 13:39 Pagina 43

ni, la loro educazione e istruzione, è al contempo una enorme responsabilità e un grande privilegio; le loro aspettative non possono e non devono essere deluse. Giuseppe Mazzini, nello scritto sui Doveri dell’uomo, al riguardo ebbe a dire: “Senza educazione voi non potete scegliere giustamente tra il bene e il male. L’educazione è il pane delle anime nostre”. CONCLUSIONI

vole di alcune considerazioni ad hoc. La locuzione “salire in cattedra” sottintende l’inclinazione di alcuni insegnanti ad assumere atteggiamenti arroganti e indisponenti nei confronti di chi sta loro intorno. Si tratta di una posa dietro alla quale si può nascondere l’insicurezza di chi, dovendo rivolgersi a un pubblico critico, rifiuta a priori il confronto. Con l’avvento dello strumento professionale può accadere che il docente si trovi di fronte ad allievi che abbiano già maturato importanti esperienze professionali. In questo caso il buon senso e l’umiltà sono indispensabili, come lo è anche la capacità dell’insegnante di individuare nei propri studenti elementi utili all’arricchimento didattico. Inoltre, è essenziale per un buon insegnante dedicare tempo ed energie all’aggiornamento professionale. Il dibattito sulla opportunità di avvicendare o meno, con una certa frequenza, gli insegnanti è destinato a restare aperto: la necessità di iniettare nuova linfa

si scontra con il pensiero di coloro che prediligono l’esperienza dei docenti. L’aggiornamento professionale resta comunque un aspetto vitale che ricade in primis sulla coscienza del singolo. Il docente di storia, pur profondo conoscitore della materia,

deve sempre fare i conti con la scoperta di fonti inedite che possono gettare una luce diversa su episodi sino ad allora reputati adeguatamente lumeggiati. L’aggiornamento non discende esclusivamente dalla frequenza di corsi istituzionali, ma è soprattutto frutto di un interesse personale continuo: la lettura di riviste di settore, la partecipazione a dibattiti pubblici, le relazioni con il mondo accademico, imprenditoriale e istituzionale sono strumenti sovente “a costo zero” attraverso cui approfondire e migliorare le proprie competenze. Il contatto con le giovani generaziosettembre 2017

Come anticipato nella premessa, questo scritto non ha certo la velleità di proporre una soluzione definitiva all’annoso tema della formazione, del consolidamento e della salvaguardia della identità militare. Se i valori che caratterizzano quest’ultima costituiscono una certezza, la contestuale evoluzione degli scenari e l’incessante trasformazione della società impongono l’adeguamento degli strumenti, dei mezzi e delle pro-

cedure per garantire la puntuale istruzione ed educazione dei nostri soldati. I concetti individuati quali pilastri del processo formativo – la regola, le tradizioni e i contenuti – sono il punto di partenza per approfondire ed estendere le riflessioni su cosa fare e come fare per rafforzare il “senso di appartenenza” alla nostra Istituzione. Una Istituzione, l’Esercito, da sempre in prima linea per la sicurezza, il benessere e il progresso del Paese. *Tenente Colonnello 43


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 14:59 Pagina 44

DA CASA ALLA CASERMA

VITA E FORMAZIONE DEL VOLONTARIO IN FERMA PREFISSATA DI UN ANNO (VFP1) di Valentina Cosco* “Rivista Militare” prosegue il suo viaggio all’interno degli Istituti di Formazione dell’Esercito entrando nella caserma “Oreste Salomone”, sede del Centro Addestramento Volontari (CAV) e del 17° Reggimento Addestramento Volontari (RAV) “Acqui”, per vivere con i protagonisti di questi Istituti, i Volontari in Ferma Prefissata di un anno (VFP1), la loro prima esperienza formativa militare. Supponiamo che un giovane, per inclinazione caratteriale, per ambizione professionale, per desiderio di servire il proprio Paese o anche per semplice curiosità , voglia “misurarsi” con sé stesso, affrontare nuove sfide, far parte di un gruppo e condividerne valori e obiettivi: sicuramente avrà le giuste motivazioni per intraprendere un percorso formativo nell’Esercito Italiano, come Volontario. Il sito di Forza Armata (www.esercito.difesa.it) riporta tutte le informazioni necessarie sui concorsi in atto, fornendo indicazioni specifiche per ogni tipologia di arruolamento. A seguito della pubblicazione del bando, il candidato in possesso dei requisiti previsti potrà compilare la domanda di arruolamento on-line, specificando eventuali preferenze sulla regione nella quale vorrebbe essere impiegato e l’eventuale gradimento dell’assegnazione a reparti selezionati; verrà poi convocato per essere sottoposto all’iter selettivo che prevede prove di efficienza fisica e accertamenti psico-fisici e attitudinali. Coloro che supereranno questa prima selezione saranno convocati presso uno dei seguenti Reggimenti Addestramento Volontari (RAV), il 17° RAV “Acqui” di Capua, l’85° RAV “Verona” con sede a Verona e il 235° RAV “Piceno” ad Ascoli Piceno.

44

Rivista Militare


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 14:59 Pagina 45

Iniziamo il nostro reportage all’interno del 17° RAV “Acqui”. Sono quasi le otto del mattino e davanti all’ingresso della caserma “Oreste Salomone” si affollano i 700 giovani (degli oltre 1.500 complessivi tra uomini e donne vincitori del concorso VFP1 - 3° Bando 2° Blocco 2016) che, accompagnati da parenti e amici, attendono che si aprano i cancelli. Sui volti dei presenti, espressioni e stati d’animo contrastanti: ansia e preoccupazione nei genitori, battute e sorrisi da parte degli amici, carezze e abbracci da parte di fidanzati e fidanzate. Per molti di loro si tratta della prima esperienza fuori casa, lontano dagli affetti più cari. Alle lacrime di qualche genitore si contrappongono i sorrisi degli amici e le carezze delle fidanzate che hanno voluto accompagnare i loro “eroi” fino all’ingresso della caserma. Varcato l’ingresso si respira un’aria diversa: le attività di “incorporamento” iniziano fin da subito con la ricezione e il riconoscimento dei candidati da parte di team specializzati. In fila indiana e con valigie al seguito i giovani vengono indirizzati ai bus che li accompagnano nell’infermeria della caserma dove verranno sottoposti alle visite mediche per verificare il mantenimento dell’idoneità fisica, riconosciuta durante l’iter selettivo. L’accoglienza degli “aspiranti Volontari” rappresenta un momento importante nel percorso formativo di base del VFP1. Si cerca di proporre, in una prospettiva militare, la conoscenza delle regole, dei doveri, dei possibili sviluppi del percorso intrapreso al fine di consentire una consapevole riflessio-

settembre 2017

ne sulla scelta operata. Il momento forse più desiderato in queste prime fasi dell’incorporamento (che mediamente richiedono tre giorni) è quello connesso con la vestizione: indossare l’uniforme. Davanti ai magazzini, in attesa di ritirare il corredo militare, i graduati istruttori spiegano la classificazione dei gradi e delle categorie del personale dell’Esercito, i primi ordini di istruzione formale, il saluto militare al basco, la presentazione al superiore e le relative modalità di esecuzione: AT – TENTI e RI – POSO. Per tutto il giorno, durante le attese davanti alle palazzine delle compagnie o di fronte all’ingresso della mensa, prima di entrare per la consumazione dei pasti, i giovani Volontari, inquadrati, continuano ad addestrarsi provando la presentazione individuale formale: «Comandi! Soldato…, effettivo al 17° Reggimento Addestramento Volontari “Acqui”, secondo Battaglione “Salento”, quarta compagnia “Falchi”, primo plotone, prima squadra, comandi!» Normalmente, nel corso di questi primi giorni, qualcuno decide di rinunciare e tornare alla “vecchia vita”, mentre la maggior parte dei Volontari arriva fino alla fine superando le difficoltà iniziali di adattamento. In effetti, le rinunce durante il periodo di “tirocinio” sono molto basse, segno del fatto che - come sottolinea il Comandante del 17° “Acqui”, il Colonnello Nicola Cucinieri - “[...] questi giovani sono ben consapevoli di quello che hanno scelto per la loro vita, sono estremamente determinati, motivati e ispirati”.

“GIORNATA TIPO AL RAV” La giornata è scandita da orari ai quali corrispondono attività ben precise: • 06.30 sveglia da lunedì a venerdì (sabato e domenica sveglia 07.30); • 07.00 colazione da lunedì a venerdì (sabato e domenica colazione 07.30); • 07.45 adunata pre-Alzabandiera; • 08.00 Alzabandiera da lunedì a venerdì, (sabato e domenica alle 08.30); • 08.10 inizio attività addestrative; • 12.00 /13.00 pranzo; • 13.30 adunata e ripresa attività addestrativa e lavorativa; • 16.30 fine orario di servizio; • 17.30 libera uscita da lunedì a giovedì (venerdì alle ore 13.00, sabato e domenica alle 09.30); • 23.00 rientro da libera uscita (da domenica a giovedì; venerdì e sabato alle ore 23.30); • 23.15 contrappello (da domenica a giovedì; venerdì e sabato alle 23.30).

45


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 14:59 Pagina 46

LA PAROLA AL COMANDANTE INTERVISTA AL GENERALE DI BRIGATA GIUSEPPE FARAGLIA Il Centro Addestramento Volontari (CAV) dell’Esercito Italiano coordina l’addestramento di base dei Militari di Truppa. La missione del Centro è quella di contribuire a formare i graduati e i militari di truppa della Forza Armata, attraverso una preparazione tecnico-professionale di base e la formazione di una cultura militare e di valori identitari che rafforzino in loro la consapevolezza del ruolo istituzionale che rivestiranno e dei compiti che saranno chiamati ad assolvere. Il CAV dipende dalla Scuola di Fanteria di Cesano e ha alle dipendenze l’85° RAV “Verona”, il 235° RAV “Piceno” e il 17° RAV “Acqui”, quest’ultimo dislocato nella stessa sede di Capua. Il Generale di Brigata Giuseppe Faraglia è al comando del CAV dal 2 ottobre 2015.

Signor Generale, Lei è il Comandante del Centro Addestramento Volontari e ha la responsabilità di tre grandi centri e di oltre 7.000 giovani soldati che ogni anno varcano la soglia di queste caserme. Cosa significa gestire una realtà così importante? Non nego che il mio trascorso professionale, legato prioritariamente al mondo altamente specialistico delle Forze Speciali, agli incursori del 9° Reggimento d’Assalto “Col Moschin” e alla loro costante ricerca dell’operatività più spinta, alle operazioni condotte soprattutto all’estero, si è sviluppato, fino al mio arrivo qui a Capua, in un ambito molto diverso dalla realtà che caratterizza il Centro Addestramento Volontari (CAV). Tuttavia, considero quello al quale sono stato chiamato un compito altrettanto onorevole, fondamentale e complesso al quale mi lega un forte senso di responsabilità e di orgoglio. Gestire la formazione militare di base dei giovani futuri soldati, anche se orientata inizialmente ad attività di servizio in caserma ed impiego prevalentemente sul territorio nazionale, è sicuramente una sfida entusiasmante e carica di responsabilità. L’ambizione è quella di riuscire a riversare in questi ragazzi insegnamenti che potrebbero risultare importanti per il loro futuro, derivanti 46

dalla mia esperienza professionale di Soldato e Comandante di lunga data, di trasmettergli “un sistema di riferimenti” con cui poter affrontare le future sfide e i contesti umani e professionali in cui presumibilmente si muoveranno. In tale ottica, penso sia un grande privilegio poter non disperdere ciò che si è imparato grazie alle opportunità avute in tanti anni di carriera ma renderlo fruibile

alle nuove generazioni di militari. Essere Comandante del CAV significa, dunque, porre grande attenzione sull’attività formativa incentrata sull’individuo, affinché questa avvenga secondo degli standard elevati, con l’ambizione che il cambiamento auspicato non rimanga tale solo sulla carta, ma che produca risultati positivi concreti. Oltre che fornire gli strumenti base del “mestiere”, ritengo fondamentale educare gli allievi ad un approccio mentale e comportamentale che gli consenta di valutare e agire per il meglio in diversi contesti non solo di tipo militare. La formazione deve essere vista come un processo continuo a 360° che non può e non deve essere altalenante e frammentario. Ciò che insegniamo nell’arco di poche settimane è paragonabile ad un seme prezioso che porteranno dentro per il resto della vita. Non importa se degli oltre 7.000 allievi che il CAV vede passare ogni anno all’interno dei suoi tre reggimenti addestrativi, solo una parte rimarrà nell’Esercito. Quel che conta è fornire una preparazione valida che, accanto alle necessarie conoscenze e capacità tecnico-professionali di base proprie del soldato moderno, trasmetta dei valori sani, dei principi fondamentali, un approccio fisico e mentale proprio delle persone di valore, consegnando alla Nazione cittadini migliori, uomiRivista Militare


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 14:59 Pagina 47

ni e donne su cui tutta la comunità, la società, può contare. Il Quadro permanente del CAV e dei RAV credo avverta lo stesso grande dovere e onore. Nella quasi totalità dei casi i nostri uomini e le nostre donne sono la prima interfaccia istituzionale con cui gli allievi si misurano. L’immagine iniziale delle Istituzioni che riusciamo a trasmettere sarà quella che probabilmente questi giovani conserveranno a lungo e diventerà il messaggio che veicoleranno dentro e fuori le caserme.

ne formati il cui risvolto per la società italiana può essere positivo o negativo a seconda di quello che riusciamo a seminare. La nostra ottica è anche quella di educarli ad essere dei cittadini responsabili, fieri del proprio Paese, in grado di valorizzare le qualità che caratterizzano “l’Italianità”, come l’equilibrio, la cultura, i grandi senti-

una serie di prove atte ad accertare l’idoneità fisica e quella psico-attitudinale, secondo degli standard previsti dalla Forza Armata. Preventivamente i candidati sono sottoposti all’idoneità culturale volta ad accertare il grado di istruzione posseduto, per assicurarsi che abbiano una preparazione di base adeguata alla comprensione delle materie insegnate durante i corsi. A

menti e l’umiltà che hanno sempre caratterizzato il nostro agire di uomini e di soldati. É importante insegnare loro il valore delle grandi virtù, della forza sia fisica che morale, della determinazione, del coraggio ma anche il senso di umanità e di solidarietà. Far capire loro che sono qualità da mettere al servizio del Paese per difendere quello che ogni Stato democratico definisce il suo “bene comune”, opponendosi ad interessi di parte, a propositi maligni, a tentativi di prevaricazione violenta che minacciano il nostro diritto e le nostre libertà conquistate con la fatica e il sacrificio di tutti.

oggi, la maggior parte degli affluiti è in possesso del diploma di scuola secondaria, mentre una piccola percentuale è addirittura in possesso della laurea di primo o secondo livello.

Circa 7.000 VFP1 vengono reclutati ogni anno. Quanti di questi riescono poi a passare in servizio permanente? Ogni anno arrivano nei reggimenti addestrativi circa 7.000 nuove unità, tra uomini e donne. Di questi, 1.400 circa riusciranno a proseguire il percorso in Forza Armata e a passare in servizio permanente. Un rapporto inferiore di 1 a 4. Davanti a questi numeri sarebbe spontaneo interrogarsi sulle proporzioni e se questo sistema non produca uno spreco nella formazione. Ebbene, posso sicuramente dire che non esiste spreco. Sono convinto che i ragazzi che non riescono o scelgono di non rimanere all’interno della Forza Armata e ritornano nel “mondo civile” faranno comunque tesoro del loro anno di ferma e ritorneranno ad essere cittadini con una “marcia in più”, con una forma mentis diversa, una consapevolezza più matura di poter affrontare difficoltà e sacrifici, di potersi mettere al servizio del bene comune. In tale ottica, il Servizio Militare rimane ancora un’opportunità di crescita personale che è difficile trovare altrove. Ad esempio, mi è capitato di incontrare, al controllo in aeroporto, un ragazzo che aveva fatto il VFP1 in passato. Nel suo modo di fare, nella sua postura si riconoscevano i tratti del soldato. Riscontrare, nel mondo civile, i frutti del lavoro svolto in questi reggimenti riempie di soddisfazione e rende tutti noi dell’Area Formativa ancora più consapevoli di quanto sia importante puntare sulla qualità della formazione individuale. 7.000 VFP1 reclutati all’anno significano 70.000 individui in dieci anni, un numero enorme di uomini e donsettembre 2017

Come si accede all’arruolamento? Il reclutamento avviene attraverso bandi di concorso pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale (in genere tre l’anno), mentre gli afflussi sono divisi in quattro blocchi. L’obiettivo della Forza Armata è quello di arruolare 7.000 volontari l’anno dividendoli in 4 blocchi da 1.750 unità. Il bando di gara prevede che i candidati siano in possesso di determinati requisiti da soddisfare per avere accesso all’iter selettivo presso uno dei due Centri: Roma o Foligno. La selezione prevede

Quali sono i criteri di suddivisione dei candidati all’interno dei tre RAV? Il criterio seguito è sostanzialmente quello del bilanciamento numerico sulla base dei posti disponibili presso i tre Reggimenti Addestramento Volontari nelle sedi di Capua (17° Rav “Aqui”), Ascoli Piceno (235° RAV “Piceno”) e Montorio Veronese (85° RAV “Verona”). Il primo è il più grande con una capacità ricettiva di circa 2.000 unità, l’ultimo è il più piccolo con una capienza massima di circa 450 persone, mentre Ascoli Piceno ha una capacità di circa 600 posti. Al momento della suddivisione si riempiono prima i due con capacità ricettiva minore e poi quello di Capua. Questa scelta organizzativa è voluta per ottimizzare le attività addestrative e, al contempo, riuscire a gestire in maniera efficace i servizi all’interno delle caserme (mensa, circoli ricreativi, infermeria, strutture ginnico sportive e aree addestrative). 47


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 14:59 Pagina 48

Parliamo di donne. Quante sono? Qual è la percentuale di abbandono?

Quali sono i criteri con cui viene effettuata l’assegnazione agli enti di impiego?

La presenza delle donne per ogni blocco oscilla tra il 7-8% e il 10%. Ad esempio, nel secondo blocco, di previsto afflusso avremmo dovuto avere 1.552 allievi di cui 114 donne, invece gli effettivi sono stati 1.518 di cui 111 ragazze. Per le donne l’ingresso nell’Esercito è vissuto come una vera scelta ragionata, difficilmente sono spinte dalla sola curiosità o dalla volontà di fare un semplice tentativo. Sono molto motivate e determinate tanto è vero che raramente si registrano abbandoni tra quelle che si presentano a frequentare il corso basico. Se lo fanno è solo perché costrette, per sopraggiunti problemi di altra natura. Dal mio punto di vista, una mamma che ha fatto il soldato ha qualcosa di diverso, perché la formazione militare lascia, certamente, un segno più tangibile nelle donne, non fosse altro per lo sforzo in più che devono fare, rispetto ai colleghi maschi, per vivere e adattarsi a un ambiente nato e rinnovato nel tempo come esclusivamente maschile, ma che oggi le ospita e le integra in perfetta armonia.

Come detto, le assegnazioni vengono gestite direttamente dallo Stato Maggiore dell’Esercito mediante un processo automatizzato che, a seconda delle esigenze, destina gli allievi e le allieve nelle unità operative di diverso livello, dove saranno impiegati per attività di servizio. Alcuni di loro che hanno dimostrato caratteristiche idonee durante gli addestramenti, possono essere inseriti anche in alcune Operazioni Nazionali come “Strade Sicure”.

Cosa è previsto dopo il corso basico? Dopo le 10 settimane di corso basico l’allievo volontario frequenta senza soluzione di continuità un ulteriore modulo addestrativo di 8 settimane, il cosiddetto modulo “K”. Terminato con successo quest’ultimo modulo, il volontario viene inviato, su decisione dello Stato Maggiore dell’Esercito, agli Enti di Impiego per completare l’anno di ferma prefissata. La condotta del modulo “K” ricade sotto la responsabilità della Scuola di Fanteria. Esso è svolto di norma nelle sedi di Cesano, Capua (presso il 17° RAV), Pisa per gli aspiranti Paracadutisti e Brunico (in alternativa Aosta) per gli aspiranti Alpini. Durante le dieci settimane di corso basico, gli allievi hanno infatti la possibilità di fare domanda per accedere ai reparti Alpini, Paracadutisti e Bersaglieri, previo superamento di specifiche ulteriori prove ginnico-sportive. 48

praffare gli altri e aiuta a migliorare la società. Formare, allora, ma con sapienza, utilizzare l’esperienza e le lezioni apprese e trasformarle in dottrina. Negli anni non è cambiata la sostanza degli insegnamenti, ma l’attenzione e gli approfondimenti utilizzati, oggi più precisi e più attagliati alle generazioni multimediali.

Quanto è cambiata la formazione del Volontario negli ultimi 15 - 20 anni? Non bisogna mai cadere nell’errore di “etichettare” con facili luoghi comuni, le nuove generazioni. Ognuno è figlio del proprio tempo. Oggi la difficoltà maggiore è quella di trovare un linguaggio adatto per aiutare gli allievi a comprendere l’importanza del rispetto delle regole come valore fondamentale, anche quando la società trasmette costumi diversi. Essere giusti, forti e retti nella propria vita rende diversi e riconoscibili nella mischia, avere la capacità di assumere sempre una posizione coerente con il proprio essere fa di ciascuno di noi un cittadino coscienzioso. Vivere secondo dei valori, portare avanti degli ideali, consente di affrontare e anche di fermare quelli che provano a so-

Rivista Militare


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 14:59 Pagina 49

LA SUB~AGENZIA DI SOCIOPSICOLOGIA E COMUNICAZIONE D AT I A L L A M A N O Da una chiacchierata con i Tenenti Emanuele Conte e Claudia Colaninno, Ufficiali psicologi effettivi al Centro Addestramento Volontari nell’ambito della Sub-Agenzia di Sociopsicologia e Comunicazione, emerge lo spaccato di una generazione che si avvicina alle Forze Armate, in maniera diversa.

I

ragazzi arrivano nei RAV più informati, grazie anche ai social e al web dove possono scambiarsi opinioni e notizie sui vari blog che li rendono meno sprovveduti rispetto al passato. Conseguentemente a questo cambio generazionale anche l’Esercito ha dovuto adattare il modus operandi per accompagnarli nel miglior modo possibile lungo il percorso di dieci (modulo addestrativo di base) o diciotto settimane (modulo addestrativo di base e modulo K). La prima cosa da far comprendere agli allievi è che “l’ambiente” in cui si trovano non è ostile ma, al contrario, è un luogo che vuole farli crescere e formare militarmente. Per questo motivo l’addestramento al RAV rappresenta oggi una vera e propria “introduzione alla vita militare”. L’impatto psicologico ed emotivo nei primi quindici giorni comporta per i nuovi arrivati un inevitabile stress, cosa del tutto normale, nonché funzionale. Si tratta, infatti, di un periodo strutturato in modo tale da accelerare il processo di ingresso dei ragazzi nel nuovo mondo oltre che favorirne una scelta più consapevole, essendo questo il periodo utile all’eventuale proscioglimento volontario immediato. La preoccupazione di dover memorizzare una serie di informazioni, indicazioni, regole, il dover imparare a fare “il cubo”, saper ripiegare le uniformi nello zaino durante la vestizione, imparare a convivere con persone sconosciute, mangiare, dormire, vivere e orientarsi in ambienti completamente nuovi, sono fasi iniziali oggettivamente più difficili per chi è alle “prime armi”. La gestione dello stress da adattamento, in questo periodo, è compito degli Ufficiali psicologi e viene agevolato in particolare mediante una lezione in cui viene illustrato ai Volontari ciò a cui andranno incontro nel corso dell’addestramento e come potervi far fronte: un percorso fatto su misura che li porterà a confrontarsi e superare costantemente i loro limiti, attraverso difficoltà sempre crescenti ma al loro livello. Un percorso in cui non sono mai soli. Gli allievi hanno dei punti di riferimento, dal Comandante di squadra e di plotone al Comandante di reggimento, dagli psicologi al cappellano militare. L’obiettivo è, dunque, quello di affiancarli, aiutandoli a superare le piccole crisi, trasmettendo loro la sicurezza e l’esperienza di quanti prima di loro le hanno affrontate e superate con successo. Il tutto nel rispetto della gerarchia militare e senza annullare le basi della dottrina che rimangono le stesse di sempre. Il risultato di tanto lavoro è nei numeri e nella soddisfazione che, al termine del corso, i Volontari esprimono, ormai da anni, attraverso i questionari di feedback. Un esempio significativo è quello relativo all’anno 2015: dei 7.239 volontari reclutati nei 12 mesi, 6.794 hanno frequentato e completato il corso basico e solamente 445 di questi hanno rassegnato le dimissioni entro i primi quindici giorni. settembre 2017

49


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 15:00 Pagina 50

MODULO ADDESTRATIVO DI BASE Il programma addestrativo di base si sviluppa in 10 settimane per un totale di 460 periodi addestrativi (di cui 60 notturni) ed è suddiviso in 2 moduli: 1° MODULO, addestramento basico di 1° livello (5 settimane); 2° MODULO, addestramento basico di 2° livello (5 settimane). L’iter formativo del corso basico ha lo scopo di conferire al Volontario una preparazione psico-fisica, morale e tecnica che costituisca la formazione militare individuale per tutti. In particolare, le conoscenze di base riguardano: ⦁ l’acquisizione dei principi dell’etica militare, dei valori e dei regolamenti alla base dello status di militare; ⦁ un assetto formale e preparazione fisica coerente con lo status di militare e di soldato; ⦁ le conoscenze di base per impiegare l’armamento individuale e di reparto, le armi bianche e l’equipaggiamento individuale; ⦁ le conoscenze e capacità di base del combattente; ⦁ le capacità di attuare le pratiche basilari di auto/mutuo soccorso, di valutazione della situazione sanitaria; ⦁ le capacità di affrontare con adeguata efficacia situazioni di stress e delle strategie di adattamento alla vita militare. Le principali materie d’insegnamento sono rappresentate da Addestramento Individuale al Combattimento (AIC), Topografia e Trasmissioni, Educazione Fisica, addestramento al CAGSM (Circuito Addestrativo Ginnico Sportivo Militare), Istruzione Sanitaria, Regolamenti, Armi e tiro, Istruzione Formale, Difesa Individuale Nucleare Biologica e Chimica. In questo periodo gli allievi svolgono i primi poligoni con le armi individuali, conducendo attività sia in bianco al FATS (Fire Arms Training Simulator) o con munizionamento a salve sia a fuoco, utilizzando poligoni in galleria e all’aperto ed effettuano un intenso addestramento al lancio di bombe a mano utilizzando sia simulacri che bombe attive da guerra. Durante il corso i Volontari sono sottoposti a verifiche periodiche ai fini della valutazione finale la cui sufficienza è necessaria per il superamento del corso. Particolare menzione merita la cerimonia di Giuramento svolta, in genere, verso la metà delle 10 settimane alla presenza di numerose Autorità militari, civili e religiose, nonchè dei familiari, parenti e amici dei Volontari, presieduta dal Comandante del Centro Addestramento Volontari. È ormai consuetudine che alla cerimonia di Giuramento partecipino anche numerose Associazioni Combattentistiche e d’Arma e i gonfaloni dei comuni e delle provincie su cui insistono le caserme dei tre RAV. Chi supera il corso basico accede alla successiva fase formativa denominata modulo “K”.

MODULO “K” Il modulo “K” consiste in un periodo di ulteriori otto settimane svolte presso la Scuola di Fanteria di Cesano, il 17° RAV di Capua (il Reparto è infatti composto da due battaglioni il 1° e il 2° che si occupano alternativamente di modulo basico e “K” – ndr) oppure, nel caso in cui il Volontario abbia scelto di aspirare alla specialità Alpina o Paracadutista, presso il Centro Addestramento Alpino (CAALP) o il Centro Addestramento Paracadutismo (CAPAR). Il modulo “K” rappresenta un periodo addestrativo intenso ricco di attività ed esercitazioni pratiche nel corso delle quali il Volontario affina le sue capacità militari in varie discipline: armi e tiro (poligoni, tiro istintivo), addestramento operativo, attività notturne, lancio della bomba a mano in movimento, topografia, trasmissioni, lavori sul campo di battaglia, sopravvivenza, Crisis Response Operation e combattimento nei centri abitati, metodo di combattimento militare e, infine, storia e tradizioni delle Armi e dei Corpi dell’Esercito. Simbolicamente il corso termina con la condotta di un’esercitazione a fuoco di squadra di fanteria appiedata, simulando un attacco a postazioni nemiche scarsamente organizzate a difesa, che rappresenta uno degli atti tattici elementari dell’unità base di impiego del combattimento.

*Giornalista, Tenente della Riserva Selezionata presso la “Rivista Militare”

50

Rivista Militare


44 51_impaginato reportage.qxp_Layout 1 30/08/17 15:00 Pagina 51

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

OFFRIAMO Al CLIENTI HORECA SERVIZI PENSATI AD ARTE

1989: Partesa, distribuzione di bevande Da più di 25 anni siamo accanto ai nostri Clienti e, dalla vendita alla distribuzione, passando per la consulenza e la formazione, ci mettiamo tutto il nostro impegno e talento. A voi dire "È un capolavoro!"

www. pa rtesa. it


52 56_mele 2017.qxp_Layout 1 30/08/17 15:01 Pagina 52

GLI STATI MAGGIORI DEI COMANDANTI di Generoso Mele*

Le Scuole di Guerra si svilupparono attraverso i secoli XVII – XIX ed ebbero un percorso similare, per incertezza e travaglio, a quello degli Stati Maggiori. Si ebbe dapprima la “funzione di Stato Maggiore” (SM) (1), conseguenza diretta delle guerre e dell’enorme accrescimento degli Eserciti. Giunsero così i primi Ufficiali di SM (Maggiori, Aiutanti Maggiori, Sottoaiutanti Maggiori), contrassegnati da un netto divario tra responsabilità e preparazione. Questo evidenziò la necessità di costituire apposite scuole di formazione chiamate Scuole di Applicazione di SM, esperienza che durò circa un secolo in Europa. Infine, si istituirono le “Scuole di Guerra”, vere matrici degli Stati Maggiori, impostesi come indispensabili tessuti connettivi degli Eserciti. LA GENESI DEGLI STATI MAGGIORI Storicamente lo sviluppo degli Stati Maggiori è strettamente connesso con l’ampliarsi degli eserciti in termini di personale e mezzi a loro disposizione. Si dovette attendere a lungo per avere una preparazione e un ordinamento permanente del personale e delle funzioni di SM. I Marescialli di Campo, i Generali Maggiori, i Quartiermastri, ecc., esercitavano solo parzialmente funzioni di SM quali oggi s’intendono. Il primo a normare questo importante servizio fu Gustavo Adolfo (2). La nascita degli Stati Maggiori moderni fu dovuta alla sua genialità (3). L’organizzazione dello SM, di cui gli si conferisce il merito, fu utilizzata dalla maggior parte degli Eserciti europei presso i quali si trasferirono gli Ufficiali che avevano militato nell’Esercito del sovrano svedese. Tale organizzazione stabiliva una catena di dipendenza secondo il 52

Sopra Napoleone Bonaparte valica il San Bernardo. Olio su tela di Jacques-Louis David A sinistra Gustavo Adolfo Re di Svezia

principio della specializzazione degli incarichi. Non era una vera novità ma, piuttosto, l’applicazione dei metodi dei Grandi Capitani dell’antichità, imposta da nuove esigenze e tecniche. L’impiego di forze sempre più numerose in spazi sempre più ampi, l’importanza tattica assunta da artiglieria, genio e fortificazione l’utilizzo della cavalleria come massa d’urto e le esigenze logistiche per campagne dalla durata indefinibile, Rivista Militare


52 56_mele 2017.qxp_Layout 1 30/08/17 15:01 Pagina 53

Il Principe Bernard de Saxe-Weimar

imposero la partecipazione di elementi qualificati a supporto del Comandante Supremo e degli Alti Comandanti (4). Questa attività di sostegno ai Comandanti, consisteva tanto nell’elaborazione dei piani, quanto nella condotta delle operazioni. Lo SM svedese del Quartier Generale e dei Comandi periferici era costituito dal Comandante e dai responsabili di definite funzioni operativo-logistiche. L’organizzazione dello SM, così come concepita da Gustavo Adolfo (5) viene recepita dalle grandi potenze europee in particolare sotto il regno di Federico Guglielmo (6) nel Brandeburgo (1635), in Francia quando Richelieu (7) assume in servizio Bernard de Saxe-Weimar (1639) (8), in Inghilterra, quando Cromwell costituisce il New Model Army (1650). In Piemonte viene istituito il Real Corpo di SM sotto il Ducato di Carlo Emanuele II (1655) (9). In Spagna, e nel Vicereame dell’Italia meridionale, il sistema è perfezionato con la distinzione tra le funzioni logistiche (Quartiermastro Generale) e quelle di rifornimento corrente al comando di un Ufficiale Delegato. Nonostante tale evoluzione, ancora nel XVIII secolo la preparazione degli Ufficiali Maggiori (tabella 1) e degli Alti Ufficiali Specializzati dei comandi non era curata e le loro funsettembre 2017

zioni spesso si sovrapponevano con quelle degli Aiutanti di Campo. Tale inadeguatezza divenne evidente nella Guerra dei Sette Anni, sia da parte prussiana sia francese. Federico II di Prussia rileva come la mancanza di un buon SM per il Quartieremastro Generale sia causata dalla scarsa preparazione degli Ufficiali di SM nei settori della topografia, delle fortificazioni e del superamento di ostacoli. Per ovviare a tali carenze opera in tre direzioni (10): • rende i Capi degli Stati Maggiori corresponsabili della concezione delle operazioni; • cura la preparazione degli Ufficiali di SM mediante l’istituzione, nel 1765, di un’Accademia di Guerra; • recluta gli allievi dell’Accademia di Guerra tra i Capitani che hanno dato buona prova e dimostrato attitudine a servire nello SM. Questi provvedimenti furono ripresi nel secolo successivo e si dimostrarono i più validi per i moderni Stati Maggiori. Appena un anno dopo la fine delle ostilità, è istituita in Francia una Scuola di SM a Grenoble, affidata al

Federico II di Prussia

Generale Bourcet. L’impostazione data da Bourcet riflette l’odierno processo logico di valutazione degli elementi del problema operativo che prepara, analizzando i diversi aspetti della situazione amica e nemica, la decisione del Capo. Fin dagli albori, nella preparazione Tab. 1

CATENA FUNZIONALE

DEGLI 11 UFFICIALI MAGGIORI"

Ufficiale Maggiore Generale dell’Armata

Ufficiale Maggiore di Brigata

~

Ufficiale Maggiore di Reggimento

Aiutante Maggiore

Sotto Aiutante Maggiore

53


52 56_mele 2017.qxp_Layout 1 30/08/17 15:01 Pagina 54

Tab. 2

ESERCITO ITALIANO ORGANICI DEL CORPO DI STATO MAGGIORE 10 Colonnelli; 20 Luogotenenti Colonnelli; 28 Maggiori; 92 Capitani; 60 Tenenti; Totale 210 di cui 31 assegnati all'Ufficio Superiore del Capo di SM e 179 impiegati come Capi di SM dei Corpi d'Armata, delle Divisioni attive e territoriali. Costituzione del Corpo di SM in base al R.D. 24 gennaio 1861. UFFICIO SUPERIORE DEL CORPO DI SM

l

l

1

UFFICIO

UFFICIO

UFFICIO

DIREZIONE SCUOLA APPLICAZIONE DELLO

TECNICO

M ILITARE

CONTABILE

SM

degli Stati Maggiori, due sono le impostazioni matrici: una tecnica, che abbraccia il campo topografico e della fortificazione e una umanistica, che si estende al campo del ragionamento puro (11). Con le guerre napoleoniche le funzioni del Quartiermastro Generale cambiano da logistiche a vero e proprio sostegno al comando. La potente macchina bellica napoleonica rese necessaria l’istituzione di un

Il Maresciallo Louis Alexandre Berthier

54

l

!

organismo che elaborasse la situazione operativa e garantisse la trasmissione degli ordini. Nasce così la figura del moderno Ufficiale di SM e del servizio di SM organizzato dall’opera del Maresciallo di Francia Louis Alexandre Berthier (17531815), a cui va il merito di aver tradotto in direttive precise ed efficaci la genialità militare di Napoleone. In Piemonte, la prima costituzione organica di uno SM risale al 1796, quando, con Regio Viglietto del 19 novembre, fu istituito il Corpo di SM dell’Armata, comprendente i due Stati Maggiori di fanteria e cavalleria e la Direzione Superiore della Topografia Reale, fino ad allora separati e autonomi. Il modello di riferimento fu quello francese del 1783. Dopo appena due anni, il Paese fu occupato dalle Armate repubblicane francesi e il suo Esercito cessò di esistere. A seguito della Restaurazione, il Corpo di SM venne ricostituito con la nuova denominazione di Corpo di SM Generale (12 novembre 1814), modificato nel 1850 in Corpo Reale dello SM, nuovamente modificato con la nascita del Regno d’Italia (12). La personalità di Napoleone, che si manifesta sempre in diretti interventi nelle operazioni, non valorizza certo le funzioni degli Stati Maggiori, ma ne provoca indirettamente l’evolu-

Il Generale Antoine Henri Jomini

zione: lo Scharnhorst (13), dopo la battaglia di Jena (1806), riorganizza lo SM prussiano; il Jomini dopo la battaglia di Bautzen quello russo (1813); il Guvion de Saint Cyr quello francese (1818). Sebbene Berthier (14) avesse messo a fuoco una delle più importanti esigenze del servizio di SM, la celerità, - e su tale concetto avesse creato un’organizzazione funzionale- l’intervento costante e diretto dell’Imperatore lasciava agli Ufficiali di SM funzioni di semplici trasmettitori di ordini. Lo Schanhorst, il JomiRivista Militare


52 56_mele 2017.qxp_Layout 1 30/08/17 15:01 Pagina 55

cia e Russia) si preoccuparono di migliorare l’organizzazione formativa esistente o di crearne una. Nell’ambito dell’ordinamento dell’Esercito Italiano (R.D. 24 gennaio 1861), all’atto dell’unificazione, su proposta del Generale Fanti (15), fu istituita la Scuola di Applicazione del Corpo di SM, in luogo della scuola provvisoria formata, con R.D. del 13 dicembre 1860, per rinforzare le file degli Ufficiali di SM. Potevano essere ammessi, senza esami e a scelta del Ministero, Ufficiali subalterni delle Armi di Fanteria e di Cavalleria già in servizio presso il Corpo di SM quali Ufficiali aggiunti. La realtà, però, frenò molti entusiasmi e impose provvedimenti straordinari prima anIl Tenente Generale Gerhard Johann David von Scharnhorst

ni e il Gouvion de Saint Cyr cercarono, invece, di costituire, attraverso apposite scuole, un Corpo di Ufficiali di SM. Le origini degli Stati Maggiori sono dunque da ricercare, tra il XVII e la seconda metà del XIX secolo, nei più importanti Stati europei dell’epoca: Francia, Germania, Russia. Va evidenziato che gli uomini che intuirono e crearono il Corpo e la Scuola di Stato Maggiore erano profondamente influenzati sia dalla dottrina sia dall’organizzazione tatticologistica di Napoleone. La Restaurazione impedì che fossero seguiti rapidamente analoghi indirizzi negli altri Stati europei, Inghilterra compresa. Mentre in Francia il Corpo e la Scuola di Applicazione dello SM acquistarono progressivamente fisionomia e prestigio e in Germania il Muffling perfezionò e offrì al tocco magistrale del Moltke un valido strumento, in Italia solo nel 1861 si ebbe il riordinamento del Corpo (tabella 2) e l’istituzione di una Scuola di Applicazione di SM, sul modello francese del 1833. L’ISTITUZIONE DELLA SCUOLA DI GUERRA Come evidenziato a conclusione del paragrafo precedente, la fondazione di apposite Scuole, idonee a un Corpo di Ufficiali di SM all’altezza del compito, divenne improcrastinabile. Così, i tre Eserciti europei con maggiore esperienza (Germania, Fransettembre 2017

Il Maresciallo dell’Impero Gouvion de Saint Cyr

cora che gli Ufficiali della Scuola alimentassero il Corpo di SM. Dal 1861 al 1865, infatti, si attuò l’imponente ristrutturazione dell’Esercito Italiano in un periodo di profonda crisi economica e militare. Il ridimensionamento dell’Esercito riguardò la ricostituzione delle Unità dei vecchi Stati sovrani, in particolare di quelle del Regno delle Due Sicilie. Le Unità lombarde, toscane ed emiliane erano state riordinate anteriormente al 1861. Si trattò di organizzare un terzo dell’Esercito Italiano. Molti Quadri di SM si erano o erano stati dimessi per motivi istituzionali, livello di preparazione inadeguato, età, o per aver seguito le spodestate monarchie. La crisi economica, dovuta all’imponente organizzazione amministrati-

Il Generale Efisio Cugia

va del nuovo Stato, al trasferimento della capitale da Torino a Firenze (1864), alle spese per far fronte al brigantaggio (1861-1870) e alle sollevazioni popolari in Sicilia (1848), pesava sulla ristrutturazione dell’Esercito. Inoltre, si acuì lo stato di disagio causato dalle drastiche selezioni nei Quadri dell’Esercito meridionale e delle formazioni garibaldine, oltre che dalle continue riduzioni del bilancio militare. Nel periodo in esame (1861-1866) numerosi furono i provvedimenti adottati al fine di risolvere il problema degli Stati Maggiori. Tali misure manifestano il gigantesco sforzo dell’autorità per riunire, amalgamare, organizzare, istruire e condurre in battaglia un Esercito passato in soli 4 anni da 70.000 uo-

Il Generalfeldmarschall Helmuth Graf von Moltke

55


52 56_mele 2017.qxp_Layout 1 30/08/17 15:01 Pagina 56

mini a 180.000, incrementabile per mobilitazione a 312.000. Numeri elevatissimi per uno SM che comprendeva solo 79 Ufficiali e 19 Assistenti in organico al Corpo di SM dell’Armata Sarda. Quanto appena detto determinò gli insuccessi della campagna del 1866. Alla luce delle criticità riscontrate, appena conclusa la campagna fu nominata una commissione per lo studio di un nuovo ordinamento che tenne massimo conto delle condizioni finanziarie del Paese. Su parere di tale Commissione furono presentate le proposte intese a riordinare il Corpo di SM e a istituire la Scuola Superiore di Guerra. Proposte che arrivarono mentre il Parlamento, per fronteggiare la crisi finanziaria conseguente alla campagna del 1866 e le accresciute esigenze dell’unificazione, deliberò drastiche riduzioni nel Corpo di SM, nei Comandi, nelle Grandi Unità e nei Quadri. Il progetto di istituzione della Scuola Superiore di Guerra rappresentò quanto di più consapevole e coraggioso potesse disporsi. L’atto di nascita della Scuola di Guerra fu rappresentato dalla relazione a Sua Maestà con la quale, l’11 marzo 1867, in Firenze, il Ministro della Guerra, Generale Cugia, (16) propose il riordino del Corpo di SM e l’istituzione della Scuola Superiore di Guerra in Torino. Nel 1882 fu istituita la carica di Capo di SM dell’Esercito, devoluta al Comandante del Corpo. Il primo Capo di SME italiano fu il Generale Enrico Cosenz. Il Regio Decreto 20 aprile 1920 soppresse il Corpo di SM che fu sostituito dal Servizio di SM e nel 1923 si costituisce lo SM Centrale, che, due anni dopo, riprese la denominazione di SM del Regio Esercito (SMRE). Nel 1925 furono istituite le cariche di Capo e Sottocapo di SM Generale. L’ordinamento del 1926 ricostituì il Corpo di SM e nel 1927 ha termine l’abbinamento tra le cariche di Capo di SMRE e di Capo di SM Generale. Nel 1935 lo SM fu strutturato in un Corpo di SM del quale fanno parte gli Ufficiali di SM e il servizio di SM. In Italia lo SM costituì, fino all’agosto 1935, un Corpo comandato dal Capo di SME con un Sottocapo comandante in seconda. Col citato ordinamento dell’agosto 1935, pur essendosi mantenuto il Corpo di SM, gli si af56

fiancò un servizio di SM. Il Corpo fu costituito di soli Colonnelli e Tenenti Colonnelli in numero fissato dalla legge; i Maggiori, i Capitani e i Tenenti (la cui idoneità al servizio di SM fu constatata attraverso i corsi dell’Istituto Superiore di Guerra e un anno di tirocinio) facevano parte della seconda categoria con numero indetermi-

Il Generale Enrico Cosenz, primo Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano

nato. Gli Ufficiali del Corpo di SM fruivano di un vantaggio nella promozione da Tenente Colonnello a Colonnello. Con il Decreto del principe Umberto di Savoia, Luogotenente Generale del Regno, del 16 novembre 1944, furono soppressi sia il Corpo sia il servizio di SM; successivamente le cariche a essi attribuite furono ricoperte da Ufficiali in possesso del titolo di Scuola di Guerra (t. SG) o, in seguito, dell’Istituto Superiore SM Interforze (t. ISSMI) (17). Gli alamari dorati bordati di blu rappresentano la mostreggiatura che caratterizza gli odierni Ufficiali dell’Esercito in servizio di SM.

(2) Re di Svezia dal 1611 al 1632, ebbe un ruolo centrale nella Guerra dei Trent’anni. (3) Black, p. 73. (4) Rogers, 241-278. (5) Parker, 1999, p. 44. (6) Principe elettore di Brandeburgo, Duca di Kleve e di Prussia della dinastia degli Hohenzollern. (7) Cardinale, politico e Vescovo cattolico francese. Fu nominato Primo Ministro dal Re Luigi XIII di Francia. (8) Duca di Sassonia-Jena, sesto figlio del Duca Guglielmo di Sassonia-Weimar e di Eleonora Dorotea di AnhaltDessau. (9) Duca di Savoia, Principe di Piemonte, Marchese di Saluzzo, Conte d’Aosta, Conte di Moriana e Conte di Nizza dal 1638 al 1675. (10) Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, “Memorie storiche militari, 1981”, Ed. 1982, p. 351-352. (11) Vego M. N., Joint Operational Warfare: Theory and Practice, p. V-13. (12) http://www.esercito.difesa.it/storia/Ufficio-Storico-SME/Documents/F4.pdf, pp. 5-6. (13) Capo dello Stato Maggiore Generale prussiano. (14) Maresciallo dell’Impero, 1° Principe di Wagram, Neufchatel e Valangin. (15) Generale d’Armata, Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito nell’Italia meridionale e Ministro della Guerra del Regno d’Italia 23 marzo - 6 giugno 1861. (16) Efisio Cugia di Sant’Orsola è stato un Generale e un politico italiano. (17) http://www.esercito.difesa.it/storia/Ufficio-Storico-SME/Documents/F4.pdf, pp. 7-31.

BIBLIOGRAFIA Parker G., The Military Revolution, 1500–1800: Military Innovation and the Rise of the West, seconda edizione, 1996. Black J., A Military Revolution? Military Change and European Society, 15501800, Londra, 1991. Rogers C. J., The military revolution of the hundred years’ war, The journal of military history, Vol. 57, n. 2, 1993.

*Tenente Colonnello SITOGRAFIA NOTE (1) Stato Maggiore indica un organismo posto alle dirette dipendenze del Comandante, di un reparto o del responsabile di un Ente.

Vego M. N., Joint Operational Warfare: Theory and Practice, su https://books.google.com. http://www.esercito.difesa.it/storia/Ufficio-Storico-SME/Documents/F-4.pdf. Rivista Militare


57 60_Crespi qxp.qxp_Layout 1 30/08/17 15:03 Pagina 57

Cl VUOLE POCO PER AVERE TANTO. VALORE.

NUOVA TIPO SPORTE, completa di tutto, è pronta a sorprenderti. Forma compatta , stile dinamico e tante caratteristiche uniche: un bagagliaio ai vertici della categoria , abitabilità best in class, infotainment con tecnologia Uconnect™. E, naturalmente, tutta la sicurezza che cerc~i, grazie a ESP, Hill Holder e 6 airbag. Nuova Tipo 5Porte, più valore alla tua scelta . Consumi ciclo combinato gamma Tipo 5Porte: bz/ds da 3,7 a 5,7 {V100km); GPL 8,3 {V100km). Emissioni CO2 ciclo combinato gamma Tipo 5Porte: da 98 a 146 (g/km).

www.fiat.it


57 60_Crespi qxp.qxp_Layout 1 30/08/17 15:03 Pagina 58

Dall’8 dicembre al 31 gennaio, presso l’Accademia Militare di Modena, è stata inaugurata la mostra fotografica “Obiettivo sul Fronte - Carlo Balelli fotografo nella Grande Guerra”: 240 foto che documentano la quotidianità e l’umanità della vita nelle trincee, la tensione che precede l’azione, così come la bellezza dei luoghi e la meraviglia dei soldati di fronte a essi, nonché lo sviluppo delle tecniche fotografiche utilizzate in tempo di guerra sia a fini documentaristici sia strategici. Carlo Balelli - “primo operatore” della squadra fotografica della Terza Armata e poi della squadra telefotografica da montagna della Quarta Armata - fa acquistare alla vita di trincea ed alle fasi cruciali del conflitto sul Col di Lana, Monte San Michele, Valderoa, forma e immagine, restituendo alla riflessione del visitatore il tributo offerto da migliaia di giovani italiani. La mostra, curata dal Centro Studi “Carlo Balelli per la storia della fotografia” di Macerata, è stata patrocinata dal Comune di Modena e promossa dall’Accademia Militare unitamente all’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra – Sezione di Modena e si inserisce nel quadro delle commemorazioni che l’Esercito Italiano ha promosso su tutto il territorio nazionale per ricordare il Centenario della Grande Guerra. La mostra, ad ingresso libero, ha previsto, tra l’altro, un calendario di visite guidate riservate agli alunni delle scuole primarie e secondarie di 1° e 2°grado e ha registrato complessivamente più di 8000 presenze. A seguire le testimonianze di una studentessa che ha voluto esprimere, in una lettera, il suo particolare coinvolgimento emotivo durante la vista della mostra. di Angela Crespi*

58

Rivista Militare


57 60_Crespi qxp.qxp_Layout 1 30/08/17 15:03 Pagina 59

La guerra è una realtà che sembra così lontana e parallela rispetto a quella che ogni giorno viviamo, senza considerare che non lo è affatto. Tuttora in tantissimi Paesi ci sono scenari di guerra: si tratta di luoghi dove tutti i giorni dei bambini si svegliano con il rumore delle armi che li potrebbero colpire molto presto. Sembra così assurdo solo il pensiero e perciò non ci facciamo nemmeno caso. Non ci pensiamo abbastanza, neghiamo tutto, e forse è anche questo il motivo per il quale ho apprezzato la mostra “Obiettivo sul Fronte” che ho visitato con la mia classe lo scorso gennaio. La verità raccontata senza mezzi termini attraverso fotografie storiche. Il bianco e nero ora ha il suo fascino, ognuno di noi è ormai abituato a modificare con effetti grafici e giochi di saturazione di colori le proprie foto, magari scattate con una scatoletta magica chiamata cellulare di ultima generazione. Noi siamo l’ultima generazione e per questo dovremmo tenere in mente che fra le

settembre 2017

mura di cartongesso alla quale sono appese centinaia di fotografie risalenti alla Prima guerra mondiale non ci sono poi storie così singolari, così lontane dal presente. Mi sono persa in bambini-soldato felici e sorridenti, fra piccoli luccichii che un tempo furono accampamenti nemici che brillavano come

Sopra La studentessa Angela Crespi

Sotto Prima guerra mondiale, fanti italiani in trincea

fuochi d’artificio a Capodanno, fra le parole che chi fu fotografato avrebbe voluto dire, o che io ho immaginato dicessero attraverso le loro espressioni.. Ho pensato a quanto ognuno di noi è viziato, per colpa di un passato che nessuno vuole rivivere… condizione che ci ha permesso di desiderare sempre di più. Senza mai fermarci.

59


57 60_Crespi qxp.qxp_Layout 1 30/08/17 15:03 Pagina 60

Bisognerebbe fermarsi decine di minuti davanti a ogni foto per comprendere davvero quello che c’era dietro l’obiettivo della maccchina fotografica: la paura, il coraggio, la forza e tanta determinazione. Riflettere sul passato che non deve essere dimenticato, ma che probabilmente lo sarà. Durante il percorso della mostra ho deciso di rimanere in coda alla fila, da sola, a guardare e a leggere ogni didascalia e ogni frase scritta a caratteri cubitali sul muro dai colori scuri, forse simbolo della morte di centinaia di persone. La cosa che ho apprezzato maggiormente è che si trattava di una vera mostra. Un vero percorso d’immaginazione. Non c’è nulla che ti possa condizionare, perché solo tu hai il potere di immaginare ciò che è accaduto dopo che fu scattata la foto che ammiri per tanti minuti, anche se sembrano essere passati co-

sì in fretta fra un pensiero e l’altro. Da anni mi sono appassionata alla fotografia e da qualche tempo ho preso seriamente in considerazione l’idea di fare in futuro il concorso per entrare in Accademia Militare, magari dopo l’Accademia delle Belle Arti; forse sarà bizzarro, ma perché no! Ammiro tanto chiunque vuole cambiare il mondo senza ‘ma’ e senza ‘se’. Chi ha il coraggio e la forza per farlo. Chi sogna per una vita intera di poter salvare vite, proteggerle. Quest’uscita per la mostra fotografica è sicuramente stata la mia preferita negli ultimi anni anche se una visita relativamente breve. Penso che il fascino dell’Accademia Militare e la sensazione di camminare all’interno di un luogo storico che ha

dato così tanto da scrivere sia assolutamente da provare e adesso posso dire di averla provata, dopo tanto tempo che la immaginavo. Credo che anche con altre dieci pagine di testo non riuscirei a spiegare nulla di quello che si prova anche solo osservando attraverso una teca di plastica o vetro i materiali che furono utilizzati per scrivere la storia che ora sembra tanto noiosa da studiare. I modelli in scala e le riproduzioni minuziose delle postazioni difensive fanno sicuramente riflettere, potendo guardare con i propri occhi le trincee dell’epoca. Surreale ma reale. *Angela Crespi Istituto Superiore A. Venturi di Modena

Classe II C

A destra Afflusso di pubblico in visita alla mostra Sotto Il Generale di Divisione Salvatore Camporeale, Comandante dell’Accademia Militare, e Adriano Zavatti, Presidente dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra - Modena (ANMIG)

60

Rivista Militare


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:56 Pagina 61

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

ecopneus il futuro dei pneumatici fuori uso, oggi

Il riclico degli pneumatici a 360°

Come mettere insieme il valore della Difesa con l'attenzione all'Ambiente? L'Esercito Italiano ha di recente intrapreso la collaborazione con Ecopneus, società senza scopo di lucro che si occupa di gestione dei PFU (Pneumatici Fuori Uso) in Italia. Ecopneus, costituita da sei principali produttori di pneumatici operanti nel nostro Paese (Bridgestone, Continental, Goodyear Dunlop, M arangoni, Michelin e Pirelli) cui nel tempo si sono aggiunte molte altre aziende di produzione e importazione di pneumatici, coordina una rete su tutto il territorio nazionale formata da circa 100 imprese. " Ecopneus - dichiara il direttore generale, l'ingegner Giovanni Corbetta - è tra i principali responsabili in Italia della gestione e del recupero degli Pneumatici Fuori Uso: ogni anno sono circa 250.000 le tonnellate, 1.000 per giornata lavorativa, raccolt e presso gli operatori che su tutto il t erritorio nazionale effettuano la sostituzione di pneumatici. Un sistema efficace, che pone l' Italia in posizione di eccellenza in Europa e che ha posto fine, con l' awio del sistema di gestione nazionale, ai fenomeni di abbandono che avevano caratterizzato il passato, che in alcuni casi avevano portato anche alla costituzione di siti di abbandono di PFU di grandi dimensioni che a volte per decenni hanno tratteggiato il profi lo di tanti territori, da Nord a Sud". Quali sono oggi i principali ambiti e obiettivi di impegno di Ecopneus? " L'impegno di Ecopneus nell'interpret are con massima efficienza e qualità il ruolo affidato dalla legge si è da subito concent rato nella promozione dei diversi impieghi della gomma da riciclo ottenuta dai PFU raccolti, per innescare dinamiche positive di circular economy che, oltre a essere un obiettivo assunto anche a livello europeo, costituiscono una concreta prospettiva di sviluppo economico per il nostro Paese. Da qui la realizzazione di numerose iniziative per sensibilizzare e promuovere la conoscenza dei numerosi impieghi della gomma da PFU per realizzare superfici sportive polivalenti indoor e out door, campi da calcio, asfa lti "silenziosi" e duraturi, come isolanti acustici, mat eriali antivibranti, come energia e ancora in molti aItri settori".

La vostra più recente realizzazione è addirittura un campo equestre in gomma riciclata ... "Esattamente. Il 9 giugno a Orvieto per la prima volta in Italia è stata realizzata una struttura per cavalli interamente in gomma riciclata da Ecopneus in collaborazione con UISP, Unione Italiana Sport Per tutti. Un'innovazione già sperimentata in un centro equestre vicino a Nantes, in Francia, e che è stata poi adattata al contesto italiano per questa "prima volta" nel nostro Paese. Nel campo di lavoro esterno del centro ippico Happy Horse di Orvieto è stato realizzato un sottofondo con 2.500 piastre di gomma riciclata su cui sopra, al posto della sabbia normalmente utilizzata in questi contesti, sono st ati posati oltre 30.000 kg di granulo di gomma riciclata "nobilitato" , ossia rivestito di un pigmento acrilico colorato, in questo caso marrone, che garantisce una maggior durata del materiale e lo preserva dagli agenti atmosferici. Questo tipo di superficie tra l' altro consentirà di ridurre l'insorgenza di patologie articolari e respiratorie nel cavallo. All'inaugurazione della struttura hanno presenziato anche alcuni rappresentanti del Centro Militare Vet erinario di Grosseto" .

Che cosa rappresenta per voi l'intervento a Orvieto anche in vista di future collaborazioni? " L'intervento a Orvieto sintetizza il nost ro approccio allo sviluppo dei mercati delle applicazioni della gomma riciclat a da PFU. Siamo partiti dalle analisi di esperienze internazionali, abbiamo studiato le ricerche scientifiche condotte sul campo, le abbiamo adattate alla realtà del mercato italiano, migliorandone inolt re anche alcuni aspetti e le abbiamo poi realizzate mettendo insieme le migliori competenze nei rispettivi settori: medicina veterinaria, enti di promozione sportiva ed aziende dell'economia circolare italiana. Il nostro obiettivo è quello di consolidare quelle applicazioni in cui la gomma riciclat a può rappresentare un vero e proprio elemento di svolta rispetto ad alt ri mat eriali analoghi" . Quali progetti legano Ecopneus all'Esercito Italiano? "Stiamo sviluppando il dialogo con il Centro Militare Vet erinario di Grosseto che definirà un accordo di collaborazione per la realizzazione di strutture con gomma da PFU nell'ambito del centro stesso. Un'opportunità unica per Ecopneus, per la qualità e il prestigio del nost ro interlocutore, che ci permetterà inoltre di raccogliere nuove esperienze e riscont ri sulla performance della gomma riciclata da parte di esperti di così alto livello. La presenza, di cui siamo stati onorati, di rappresentanti del Centro di Grosseto con il loro Colonnello comandante, in occasione della recente inaugurazione dell'impianto equestre a Orvieto ha rappresentat o una significativa tappa nel percorso di collaborazione che auspichiamo di inaugurare al più presto" .

www.ecopneus.it


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:56 Pagina 62

IL 235° FANTERIA 6 FEBBRAIO 1917 – 4 NOVEMBRE 1918

STORIE DI SOLDATI di Aniello Santonicola*

C’è la storia e poi ci sono le storie. La prima è narrata dagli studiosi, le seconde sono vissute dagli uomini. A volte, in circostanze fortunate, capita che l’una e le altre si incrocino e allora il quadro che ne discende diventa più ricco, tridimensionale, quasi vivente. Non succede spesso, perché ciò che crea la storia, ovvero il tempo trascorso, tende a distruggere specularmente il ricordo e le testimonianze vissute, che con il passare degli anni perdono di forza e si offuscano (1). Nell’articolo che segue però un incontro del genere in un certo senso è avvenuto. Aprendo cassetti, sfogliando album di famiglia, consultando documenti ufficiali e girando tra i mercatini dell’antiquariato sono state rinvenute alcune foto, cartoline, lettere e testimonianze che completano in modo formidabile la storia conosciuta del 235° Reggimento Fanteria.

Q

ueste poche righe hanno l’ardire di voler ripercorrere i luoghi della memoria del 235° Reggimento fanteria della Brigata “Piceno”, un percorso nello spazio e nel tempo che ha per protagonisti storie individuali, lettere, cartoline, documenti, dove la grana della carta cercherà di lasciar spazio all’intreccio delle voci, divenendo una sorta di racconto dove l’inchiostro prende lentamente vita sino a proferir parola. Immagine tratta Tutto inizia

il 24 maggio del 1915, quando l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria. Con il finire del 1916, tramonta definitivamente la possibilità che la guerra trovi una soluzione a breve termine e si comincia ad intravedere

I

da una cartolina del 235° Reggimento Fanteria \

(

./

62

Rivista Militare


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:56 Pagina 63

la realtà, ovvero una lunga ed estenuante guerra d’usura. In questo drammatico contesto, il 6 febbraio 1917, dal Deposito del 17° Reggimento Fanteria in Ascoli Piceno, si costituisce in provincia di Vicenza il 235° Reggimento Fanteria. Quest’ultimo, assieme al gemello, il 236°, costituisce la Brigata “Piceno” (inquadrata nell’ambito della 55^ Divisione). L’unità è strutturata su di un Comando di reggimento, tre battaglioni, ognuno su quattro compagnie di fucilieri e tre compagnie mitraglieri. È presente inoltre nel reggimento, dalla costituzione sino al termine della guerra, un Tenente Cappellano Militare, Don Quirico Lupacchini proveniente da Fermo, classe 1886. Dopo un lungo periodo di esercitazioni, utile specialmente per le classi più giovani, che costituiscono il 20% della sua forza, il 235° Reggimento dal 9 aprile del 1917 passa ad operare in prima linea, in zona Monte Matassone − Pian delle Fugazze − Vallarsa (Settore di Vallarsa), con il compito di presidiare le quote che vanno dal Matassone a Malga Zugna (2). Nel maggio del 1917 il reggimento subisce la prima perdita umana, hanno così inizio gli atti eroici dei Fanti del Piceno. L’Aspirante Ufficiale Guido Ghezzi ferito gravemente a seguito di un attacco nemico il 6 maggio, morirà due giorni dopo nell’Ospedaletto da campo n. 179 per ferite riportate in combattiCartina dell’XI battaglia dell’Isonzo

mento. A seguito dell’eroico comportamento manifestato gli fu concessa alla memoria la Medaglia d’Argento al Valor Militare, con la seguente motivazione: “Comandante di pattuglia attaccata di notte da forze soverchianti, incitava i propri uomini a strenua difesa. Per due volte colpito, con mirabile coraggio e sangue freddo continuava a tener testa al nemico fino all’arrivo di altra pattuglia che costringeva l’avversario a fuga disordinata. Decedeva in seguito alle ferite” Pendici di Zugna Torta, 6 maggio 1917. Il 235° rimane in Vallarsa fino alla fine del mese di giugno, esplicando quotidiana attività di pattuglia e di trincea. I primi di luglio del 1917, il Comandante di reggimento, Colonnello Ernesto Cabiati (3) riceve l’ordine di partire per ignota destinazione a mezzo ferrovia dalla stazione di Schio. Nel salutare i soldati della “Piceno”, scrive il Comandante del V Corpo d’Armata: “[…] Dopo alcuni mesi di permanenza nel V Corpo d’Armata, rifarete il compiuto cammino per recarvi all’altra fronte. Vi accompagni il mio saluto beneaugurante. Vigili vegliaste alle trincee della Vallarsa con l’animo saldo e l’insidia nemica sempre pronti a combattere vi ritrovava: poi con fervida fatica moltiplicaste difese e ripari validamente concorrendo alla sistemazione di quel settore, – a nuovi cimenti chiamati, rispondete ora con ardore e con fede!”.

A metà di luglio il 235° Reggimento si trova nella zona di Soleschiano e svolge attività addestrative presso il poligono di Redipuglia. Successivamente, verso la fine di luglio si schiera in prima linea, nella zona di Selo, in sostituzione del 2° Reggimento “Granatieri di Sardegna” . Il 14 agosto giunge l’ordine di riprendere l’offensiva e di assumere lo schieramento d’urto. Il 15 agosto, pertanto, il reggimento si schiera nuovamente nella zona di Selo. Il 18 agosto arriva al Comandante del 235° una comunicazione scritta da parte del Comandante della Brigata, riservatissima personale, che recita “[…] ordino che lo scatto delle fanterie sia effettuato contemporaneamente su tutta la fronte della Brigata, in unione a quella dell’Armata, domani mattina 19 corrente (giorno n) alle ore 5.33 (ora h uguale cinque e trentatre primi ) […]”. Il 19 agosto le prime ondate (1° e 2° battaglione del 235°) muovono all’attacco occupando, nonostante fiera resistenza, la linea nemica di vigilanza, ove catturano numerosi prigionieri, armi e materiali vari. L’avanzata si fa però difficile, specie per l’ala sinistra. In quei giorni scrive ai propri genitori il Capitano Pensieri, Comandante del 1° battaglione del 235°: “Ebbi contro i gas lacrimogeni, e cento mitragliatrici mi sparavano addosso. In un momento l’onda degli uomini tentennò, s’arrestò. Mi misi alla testa di tutti, come un soldato qualunque e andai all’attacco con la compagnia

-....._- ....................

,, Pao'SB .D.

d>o,ny1-,,

( 1 es,:

----

Trincee in Vallarsa

settembre 2017

63


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:56 Pagina 64

LAT • Ano

un

QUINTA EDIZIONE

UNA QUINTA EDIZIONI!

N, m.

zu ;

d’assalto. [...] L’impeto s’arrestò, per riprendere subito con lena maggiore. Sette volte diedi l’assalto, finché la vittoria arrise. Chi mi seguiva non eran più soltanto i miei soldati, ma soldati di tutti i battaglioni, che seguivano chi mostrava più fede nella vittoria!”. E poi, ancora: “Non s’è bevuto per quattro giorni, né s’è mangiato. Particolare caratteristico: si stava digiuni ed assetati da due giorni, ci avevano finalmente raggiunto un po’ di rancio, dell’acqua e le pagnotte. Tutti gli occhi eran fissi lì. In quel momento mi arriva l’ordine di correre di nuovo verso il nemico che tentava la riscossa ed i soldati han lasciato marmitte, barili e pagnotte per seguirmi nell’attacco e restare ancora due giorni senza bere e senza mangiare”. E ancora: “Quanti nemici e quanta roba abbiamo presa: più di mille, più assai col mio battaglione e poi cannoni, macchine, munizioni, armi e viveri; allora s’è mangiata la roba nemica, s’è bevuto il cognac, il rum degli austriaci, delle brave bottiglie di acqua minerale che andavan giù come l’olio. Una festa dopo, una vera festa: l’avanzata senza perdite, l’avanzata piena e sicura per tre chilometri di profondità, sotto il cannone nemico che non sapeva più colpirci, preceduti dal nostro a soli cinquanta passi. Il Paese non avrà mai fiori sufficienti per offrirne ai miei soldati, che han preso Selo e Korite.” E ancora… scrive il Comandante del 235° Reggimento Fanteria,

Medaglia d’Argento al Valor Militare concessa al 235° nell’agosto 1917


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 65

Colonnello Cabiati, al Comando Brigata nel primo pomeriggio del 19 agosto del 1917: “[...] Le ultime notizie danno i nostri a 500-600 metri dalle trincee austriache. Morale buono malgrado le perdite. Riordinate le forze i nostri reparti saranno in efficienza. Occorre un battaglione per dare il cambio al 1° battaglione che per le fatiche e le perdite può essere di poco aiuto”. Per capire meglio cosa accadde quel giorno, riprendiamo parte dell’articolo pubblicato sul numero 253 della Tribuna del 13 settembre del 1917, dal titolo «La Brigata “Piceno” e la conquista della linea Korite-Selo»: “Quartier Generale, 11 settembre. Sono state consegnate le ricompense al campo ai valorosi della brigata che s’intitola dal forte e generoso Piceno, per l’azione recente sul ciglio del vallone di Brestovizza. La brigata Piceno (235° e 236° fanteria) [...] si impadronì dell’agguerrita quota che intacca la linea K, la famosa linea di sbarramento, tra Castagnavizza e l’Hermada. Per la prima volta la brigata Piceno, composta in buona parte di elementi giovani, si cimentava in un’azione di così alta importanza, a fianco di soldati valorosi per antiche e recenti tradizioni, quali i Granatieri di Sardegna. E i bianco-rossi della Piceno non vollero essere da meno di questi invitti guerrieri. [...] Viene chiamato per primo il capitano Pensieri Gennaro del 235°, nativo di Montefino (Teramo), già due volte decorato e nominato ef-

Il Colonnello Ernesto Cabiati

Cartolina del 235°: XI Battaglia dell’Isonzo

Postazione in grotta


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 66

fettivo per merito di guerra splendido rappresentante di quella forte razza d’Abruzzo che arricchisce ogni giorno più la storia del valore italiano. «Sette volte arrestato da una rabbiosa difesa – dice la motivazione – con indomita fede e con tenace ostinazione, sotto l’infuriare delle artiglierie e mitragliatrici, fra dense nubi di gas, marciava superbamente in testa al suo battaglione, e ritornava all’assalto, finché, raggiunte le posizioni nemiche, le conquistava, disperdendone i difensori e catturando oltre 1000 prigionieri. Più tardi, stretto d’ogni parte da un gruppo di nemici che tentava di farlo prigioniero, con stoico sangue freddo, in mezzo al gruppo che lo serrava, lasciava esplodere una bomba a mano, i cui effetti riuscivano a disimpegnarlo e a sbandare gli avversari - Quota 247 - Selo, 19 agosto 1917». Quando il generale appunta sul petto del capitano Pensieri la medaglia d’argento, un fremito di commozione e di ammirazione passa sul campo. La ricompensa al comandante del 1° battaglione del 235° sveglia una quantità di ricordi e di palpiti. Alle 5:33 del 19 agosto la brigata Piceno scattò con entusiasmo all’assalto, fra dense nubi di gas lagrimogeni. I soldati volavano sulle posizioni nemiche per sfuggire a quel tormento, ma il giungervi non fu facile. Protetto dalle nubi di gas,

il nemico aveva prima del nostro attacco scaglionato sui nostri fianchi alcuni reparti di mitraglieri che flagellavano. Urgeva difendersi ai fianchi, mentre bisognava sfondare di fronte. Si avanzava conquistando il terreno metro per metro, buca per buca, dolina per dolina. Le prime doline, Venzel e Donau, erano conquistate. Il primo battaglione del 235°, che formava le prime ondate, già sei volte era andato all’assalto ed era fermo dinanzi ad un reticolato dai varchi insufficienti. In piedi sulle trincee, gli austriaci fulminavano con bombe a mano, miravano a colpo sicuro, gli ufficiali per disgregare la compagine degli assalitori. Un ponte sui reticolati Una compagnia era affidata a un aspirante, un’altra ad un sergente. Il battaglione che poteva forse decidere delle sorti dell’attacco cominciava ad ondeggiare. Il capitano Pensieri, ricevuto dal comando di reggimento un’ondata di rincalzo, si slancia per la settima volta all’assalto. Non è un assalto: è qualche cosa che rassomiglia agli antichi arrembaggi. Mantelline, coperte, teli da tenda, tascapani, giubbe, tutto ciò che viene sottomano, è gettato sui reticolati. I ponti sono fatti: i fanti montano sulle trincee con la baionetta fra i denti, bombe alla mano. Ma non hanno più bisogno di adoperare le armi. I feroci difensori di poco prima sono diventati degli agnellini: alzano le braccia; implorano pietà,

13 pdr Shrapnel Shell Scale 1/9

Without fuze

With fuze

Rappresentazione grafica di una granata Shrapnel

gettano le armi e corrono spaventati verso la nostra linea di partenza. La breccia è aperta. Tutto il 235° dilaga, tutta la brigata avanza… Comincia una caccia affannosa dolina per dolina, alla ricerca di tutti i buchi, a scovare i timidi e gli insidiatori. Migliaia di prigionieri affluiscono alle retrovie. Prima di sera, Selo è conquistata e sorpassata. Dalle puntate di arditi hanno già toccato la linea K, la famosa linea di sbarramento fra Castagnavizza e l’Hermada. Per il bisogno di perlustrare tutte le buche e tutte le doline, i re-

Onore delle armi al primo Ufficiale Caduto del 235°, Vallarsa 1917


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 67

parti organici devono dividersi in tante piccole squadre che su di un terreno nuovo ed informe necessariamente si smarriscono e camminano in tutti i sensi prima di rincontrare il proprio ufficiale, il proprio reparto. Per lo stesso motivo, nei primi momenti, i porta-ordini girano senza più ritrovare la strada, le corvées non arrivano mai a destinazione. E, la sera del 19, la brigata Piceno, portata avanti dal proprio slancio con un terreno immenso da ripulire e difendere, aveva ridotto la sua linea di protezione. Ufficiali di tutti i gradi, dai più elevati ai minori, giravano a raccogliere sbandati a metterli nella buona direzione. Il comandante del 235°, colonnello C., un casalese che, l’anno scorso, alla testa del suo battaglione, entrava primo o fra i primissimi a Gorizia, personalmente si recava sulla linea a stabilire il collegamento fra i reparti che minacciavano in quel caos di diminuire i frutti dell’epica giornata. Solo con due soldati! Fu in questo momento che il secondo premiato, il giovanissimo tenente Giovanni Anemone del 235°, chiudeva con un nuovo atto di va-

Santa Messa celebrata al fronte

lore la giornata nella quale si era generosamente profuso, prima incitando ritto sulla trincea i soldati che andavano all’assalto, poi comandando gruppi di arditi e infine girando tutta la notte a stabilire la posizione dei singoli reparti. In questo giro egli arriva con due uomini soli al momento in cui un nucleo di austriaci aveva circondato il suo comandante di battaglione. Questi, difendendosi con bombe a mano, ne aveva sbaragliati una parte; ma il tenente Anemone con i suoi due uomini si getta alle spalle degli assalitori, intima loro la resa con tanta sicurezza di sé, che gli avversari parte si sbandano, parte depongono le armi. Il generale gli appunta la medaglia d’argento sul petto e lo bacia. Un altro ardito si avanza: il tenente Umberto De-Flaminis, del 236°, comandante di una sezione pistole, sotto il vivo fuoco delle mitragliatrici avversarie, si spingeva all’attacco delle mitragliatrici stesse e riusciva a catturarle con tutti i serventi. Sublime nella sua semplicità. Ricevono ancora la medaglia d’argento tre graduati e un soldato: sergente maggiore Costantino Piaggio, sergente Antonio D’Orazio, sergen-

te Pietro Manfredini, tutti e tre del 235°, e il soldato Giuseppe Vana del 236°. Il Piaggio, circondato da austriaci che gli intimano la resa, si libera a viva forza e combatte strenuamente per quattro giorni. Il D’Orazio, comandato di servizio nelle retrovie, chiede di essere sostituito per partecipare all’azione, ed in essa si copre di valore sostituendo l’ufficiale caduto. Il Manfredini, fatto prigioniero e condotto in una caverna, riesce a ritornare fra i combattenti in prima linea ed a farsi fare nuovamente prigioniero dagli… italiani. Il Vana, un soldatino giovanissimo che sembra una fanciulla, piange mentre il generale si congratula con lui. Nel giorno dell’azione, egli, ritto sulla trincea nemica, incitava i compagni ad imitarlo. Ricevono ancora la Medaglia di bronzo il sergente Antonio Marchionni, i caporali Giovanni Gattoni e Enrico Vitali, il soldato Pietro Padovani, tutti del 235°; il sergente Francesco Ravasi, il caporale Aldo Buriani, e il soldato Luigi Bianchetti del 236°. Con un duplice, vigoroso evviva alle bandiere dei due gloriosi reggi-


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 68

menti ha termine la semplice e commovente cerimonia”. Di seguito ancora alcune frasi scritte dal Maggiore Cabiati in una lettera alla famiglia: “Mi potrete saper morto, ma mai prigioniero”. In un’altra indirizzata sempre alla stessa, “[...] il caporal maggiore Dondero manda un soldato ad avvertirlo: «Un shrapnel è scoppiato trenta metri lontano. Dobbiamo ritirarci? − Dite a Don Elvio che quando il nemico ci avrà stesi cadaveri, ci sarà sempre qualcuno che penserà a portarci indietro» [...]”. In un’altra lettera del 17 settembre diretta al M. Rev. Parroco Don Elvio Misantone dice: “Ieri in uno scintillio di sole mi hanno consegnato la medaglia e, se fossi un vanitoso, ti direi qui che è bella soddisfazione per un uomo quella di essere premiato per il primo in tutta una Brigata. Qualsiasi altro si riterrebbe solo per questo fatto un verissimo eroe: io continuo ad avere la solita comune opinione”. Ma chi era il Comandante del 235° Reggimento Fanteria? Il Colonnello Ernesto Cabiati dal 21 maggio del 1917 fu il Comandante del 235° fanteria. Egli conobbe l’aspro suolo del Carso con le sue doline e per l’azione sua a Selo e Korite ebbe la Medaglia d’Argento così motivata: “In cinque

giorni consecutivi guidò il proprio reggimento alla conquista di importanti e ben munite posizioni ed alla cattura di numerosi avversari e di rilevante materiale di guerra. Nei momenti più gravi del cimento, recandosi di persona fra le prime ondate dei combattenti, con la prontezza delle decisioni, con la calda parola e con l’esempio di mirabile coraggio, seppe infondere nei dipendenti entusiasmo e sprezzo del pericolo eccitando in essi l’emulazione” (Selo, 18-22 Agosto 1917). Dallo stato di servizio del Colonnello Cabiati si legge: “Il Colonnello Cabiati, l’eroe del Calvario di Gorizia ove fu con i Gialli (da Maggiore comandò il 2° battaglione del glorioso 2° Reggimento Fanteria della Brigata Casale), è ora l’eroe di Selo […]. Nelle giornate di Selo sotto il suo valoroso ed efficace impulso portava alla gloria il suo reggimento che fu citato sul bollettino del Comando Supremo. Era presente al fatto d’armi di Selo-Korite del 19-22 Agosto 1917, pel quale il 235° fanteria da Lui comandato ebbe la Madaglia d’Argento al Valor Militare”. Per il contegno eroico tenuto dal 235° Reggimento nei quattro giorni di agosto del ‘17 (19-22) fu concessa la medaglia d’Argento alla Bandiera di Guerra con la seguente motivazione: “Con meraviglioso ir-

resistibile impeto irruppe in munitissimi trinceramenti nemici, oltrepassandoli, pur flagellato da numerosi mitragliatrici, che i suoi Fanti snidarono in epica gara di sanguinoso individuale ardimento. Sulle posizioni conquistate s’affermò con incrollabile tenacia respingendo con serena fermezza i violenti contrattacchi dell’accanito avversario” (Selo-Korite, 19-22 agosto 1917). Per tali fatti d’armi la Brigata “Piceno” viene citata sul Bollettino di Guerra n. 819 del 21 agosto del 1917: “[...] Le valorose fanterie del XXIII C.A. ancora una volta si sono coperte di gloria: le Brigate Granatieri (1° e 2°), Bari (139° e 140°), Lario (233° e 234°), Piceno (235° e 236°) e Cosenza (243° e 244°) hanno gareggiato in bravura riuscendo ad oltrepassare le poderose difese nemiche tra Korite e Selo verso la forte posizione di Stari Lokva […]”. La battaglia di Selo-Korite (19-22 agosto 1917) è stata senza dubbio la più ardita prova di coraggio sostenuta dai fanti del 235°. I costi in termini di vite umane furono altissimi: 6 Ufficiali e 33 soldati morti, 115 dispersi e 250 feriti. Le fonti documentali rilevano solo i nomi degli Ufficiali caduti in combattimento, di seguito le motivazioni dei decorati al Valor Militare:

SOTTO QUESTI MAS I !COIIIJOLll GIACCIONO I SOlDll \UL\~ \ SORPRESI DALLO S(OPPlO ~ELLE

Ml E AU 1 lACl E IUL\lMl <13

RZO 1918 l

.Ci.O.C.Ca. \91

Targa commemorativa sul Pasubio

Galleria Piceno


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 69

• Tenente Federico Frigerio: “Comandante di una Compagnia Mitragliatrici animando i suoi uomini con l’esempio e con la parola, li conduceva con slancio e ardimento mirabili all’assalto sotto il fuoco nemico, e conquistata brillantemente la posizione, vi resisteva tenacemente, finché venne colpito a morte. (Carso, 20 agosto 1917)” (Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria); • Tenente Giuseppe Lupis: “Quantunque ammalato e consigliato a recarsi al posto di medicazione, non volle abbandonare il comando della propria Compagnia, per prendere parte ad un’azione offensiva, durante la quale superava con mirabile ardimento una forte posizione nemica, mentre poi, con entusiastico slancio e sprezzo del pericolo, primo fra tutti, in piedi, incitava i suoi soldati a proseguire nella lotta, cadde eroicamente colpito a morte (Carso, 19 agosto 1917)” (Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria); • Aspirante Ufficiale Pietro Cerutti: “Volontario in tutte le operazioni più ardite, in varie e difficili esplorazioni, faceva numerosi prigionieri e catturava delle mitragliatrici avversarie. Dopo tre giorni di dura lotta, mentre guida-

Foto ricordo sul Pasubio

va arditamente all’assalto alcuni superstiti del battaglione, venne colpito a morte (Selo, 19-22 agosto 1917)”. (Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria); • Aspirante Ufficiale Enrico Santucci: “Aspirante Ufficiale Comandante di una sezione lancia torpedini, si portò coraggiosamente con la sua sezione dei reticolati per battere più efficacemente le posizioni nemiche. Con la sua

grande calma ed il suo mirabile coraggio, mantenne alto lo spirito del proprio reparto finché cadde colpito a morte (Vrsic - Carso, 18-19 agosto 1917)” (Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria); Al termine della battaglia, il 23 agosto del 1917, scrive il Comandante della Brigata “Piceno” ai propri uomini: “[…] Voi avete espugnato due forti posizioni e avete

Denti del Pasubio targa commemorativa collocata in una postazione di prima linea


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 70

respinto per due chilometri il nemico di trincea in trincea, gli avete catturato un grande numero di uomini, molte mitragliatrici […] Ne va merito al vostro valore e al vostro slancio […]. Parecchi dei vostri compagni sono caduti: onore a loro che sono morti per la Patria![...]. Bravi militari della giovane e valorosa Brigata Piceno. Riordinatevi e apparecchiatevi ad altri cimenti. A prossime prove nuova gloria […]”. Di lì a breve, il 15 ottobre del 1917, il reggimento è inviato sul fronte del Pasubio (sottosettore Porte di Pasubio), nuovamente nell’ambito del V Corpo d’Armata. Scrive il Comandante del V Corpo d’Armata all’atto dell’arrivo della Brigata “Piceno” (235° e 236° fanteria) nel proprio settore di competenza: “[...] Oggi voi ritornate fieri dell’opera compiuta, stretti intorno alle vostre bandiere che ormai sanno l’eroismo del sacrificio ed il palpito della vittoria…. Nel nuovo compito che io vi assegno, recate altrettanta la fiamma dell’ardore, altrettanta virtù di volere! Siate fermi ed ostinati come la roccia che presidierete!” Il 26 ottobre il reggimento è schierato sul “dente italiano” del Monte Pasubio. La conformazione morfologica del crinale principale del Monte è caratterizzata dalla presenza di due speroni rocciosi, posti l’uno di fronte all’altro, divisi da una selletta (Selletta delle sette Croci).

Cartolina spedita dal fronte

Dopo le prime fasi del conflitto il dente meridionale, Dente italiano, viene fortificato dagli italiani e quello settentrionale, Dente austriaco, dagli austriaci. Si tratta di vere e proprie fortezze naturali, in cui vengono scavati ricoveri, postazioni d’artiglieria e feritoie. Sul Pasubio il 235°, oltre a espletare attività di vigilanza e di pattuglia, partecipa ai lavori di rafforzamento della linea difensiva e allo scavo delle gallerie (purtroppo iniziano anche i casi di congelamento, il tempo è pessimo e trascorre tra tormente e nevicate). Il Monte Pasubio, con i suoi 2.200 metri, è il monte di confine fra lo Stato italiano e quello austro-ungarico e, per questo motivo, ospita uno dei più completi sistemi difensivi in caverna della Prima guerra mondiale. La più famosa via d’accesso al Pasubio è costruita nel corso della guerra e rappresenta una delle maggiori opere belliche di tutto il conflitto, che non ha probabilmente pari in nessun luogo. Si tratta della strada delle 52 gallerie, una mulattiera che permette all’Esercito Italiano il collegamento fra la base del monte e la zona alta, al riparo dal tiro nemico in ogni stagione dell’anno. La 46^ galleria porta il nome della Brigata “Piceno”. Infatti i suoi fanti, nel novembre del 17, sono impegnati nella costruzione della strada delle gallerie e partecipano proprio allo scavo della 46^. Nel 1918 il reggimento è sempre sul Pasubio – Dente italiano, ove, da gennaio a marzo, contribuisce a rendere sicura la difesa di quegli importanti baluardi montani.

Proprio la zona dei due Denti (italiano-austriaco) è Teatro della guerra di mine, una lotta che vede i combattenti impegnati nello scavo frenetico di gallerie sotto le posizioni avversarie per farle saltare. Dal 29 settembre 1917, data della prima mina italiana, al 13 marzo 1918, ultima mina austriaca, sono cinque le mine fatte brillare dagli italiani e quattro dagli austraci. L’ultima esplosione, quella del 13 marzo 1918, altera completamente il profilo del Dente italiano, riducendo a un cumulo di macigni la parte prospiciente la selletta e costa al reggimento un Ufficiale e 52 soldati. Dopo di essa i due contendenti sospendono questo tipo di azioni, constatandone l’inutilità. All’ingresso del sistema sotterraneo del Dente italiano (sopra la galleria) è ben visibile la Madonnina del Dente, collocata il 15 agosto del 1918 dai fanti della Piceno che in quel periodo presidiavano la fondamentale posizione. Precisamente, il Maggiore Alfonso Binelli, Comandante del 3° Battaglione del 235° Reggimento Fanteria della Brigata “Piceno”, la fece murare all’imbocco del sistema di gallerie da mina del Dente italiano. Sotto l’immagine sacra c’è un’iscrizione: “QUI MI POSERO CUSTODE I FANTI DELLA PICENO, 235° FANTERIA - 15 agosto 1918”. Scrive il Cappellano Militare del 235° Reggimento, Tenente Don Quirico Lupacchini (decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare nel combattimento di Selo per la sua condotta esemplare e di Croce al Merito di Guerra per i


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 71

lunghi e lodevoli servizi prestati in trincea): “Giunti sul Pasubio, poco dopo le vittoriose giornate di Selo, vagheggiai il pensiero di poter erigere in quell’incrollabile pilastro d’Italia un altare alla Vergine Madre, perché la soave immagine di Maria non solo fosse di conforto, di aiuto ai buoni fanti in continua lotta col nemico e con gli elementi, ma nei tempi avvenire fosse anche la custode delle tombe di quanti lassù in epiche lotte avevano immolata la vita. Il giorno 15 agosto, giorno sacro all’assunzione di Maria, la Madonnina era al suo posto, sul Dente, a quota 2200, proprio sopra l’imboccatura della galleria principale, su quella roccia fatale che tante volte era stata scossa bruscamente dall’esplosione delle mine nemiche. [...] Quella bianca Madonnina in quelle rocce, dove ciascuno sapeva di aver sofferto la sua ora di martirio, fu subito circondata da un culto di speciale venerazione, di amore, di simpatia. Una fotografia della Madonnina del Pasubio alla vecchia mamma, alla sposa lontana era l’ambito prezioso ricordo di guerra”. Infine, nell’ambito della nostra offensiva finale (Battaglia di Vittorio Veneto) il 235° il 2 novembre agisce contro la linea Fortino − Rojte Grande − Rojte Piccolo che viene brillantemente superata, procurando la cattura di oltre 700 prigionieri e molto materiale bellico tra cui 16 cannoni. Il 3 novembre, rompendo le ultime resistenze e compiendo numerosi atti di eroismo, entra, con il Comandante di reggimento alla testa, in Rovereto

liberandola dagli austro-ungarici. A questo punto si interrompono le memorie storiche del reggimento.... Il reggimento verrà sciolto nel 1919. Scrive ancora il Cappellano Militare del 235° Reggimento: “Merito primo se la fiamma non si spense nei momenti della terribile prova, merito grandissimo fu quello degli Ufficiali tutti del reggimento che furono sempre i primi ad affrontare, a dividere con i propri soldati i disagi della trincea, le trepidazioni

del combattimento. La predica dell’esempio si traduceva nei soldati in propositi di fiera, di tenace resistenza”. Ma non voglio tralasciare gli uomini comuni che compirono le imprese meravigliose sino ad ora raccontate. Questo è il caso del Sergente Maggiore Amilcare Del Grosso, dei fanti Felice Maggi e Bartolomeo Fabiano, del Sottotenente Emilio Chelotti, ignote figure del 235° Reggimento che, durante il Primo conflitto mondiale,

L’edicola della Madonnina e la sua messa in opera


61 72_impaginato rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 09:57 Pagina 72

compirono il loro dovere di cittadini e di soldati sacrificando le comodità domestiche e il calore degli affetti per amore della Patria. I loro nominativi non risultano né negli elenchi dei Caduti né in quelli dei decorati al Valor Militare ma ciò non sminuisce il loro sacrificio e i patimenti subiti. Ciò che colpisce delle cartoline vergate dalla mano dei due militari è innanzitutto la premura con cui davano informazioni sul proprio stato di salute e, in secondo luogo, l’assenza di lamentele e il senso di speranza. Per le famiglie a casa, ricevere una cartolina dal fronte poteva significare l’alleviarsi di una pena che costantemente le affliggeva. Nell’impossibilità di trovare e ricordare degnamente le molte centinaia di combattenti del reggimento, il Sergente Maggiore Amilcare Del Grosso e il soldato Felice Maggi, venendo fortunosamente a galla tra i flutti della storia, rendono omaggio a tutti gli altri loro colleghi che vissero e combatterono la Grande Guerra. In realtà nulla è veramente finito. Credetemi! La forza di ciò che è stato, il coraggio mostrato in battaglia e la determinazione nel raggiungere gli obiettivi assegnati, ovvero l’insieme dei valori custoditi dai gloriosi fanti del Piceno sono ancora presenti, non ci hanno mai abbandonato. Infatti sono racchiusi nella gloriosa Bandiera di Guerra del 235°, che ho avuto l’onore di custodire dal 24 luglio del 2013 all’11 settembre 2015, nel motto del reggimento “Sempre nella vittoria”, che è anche il mio augurio per tutti i lettori. *Colonnello

NOTE (1) Jacopo Loredan-Direttore del periodico Focus Storia, dall’editoriale di Focus Storia Collection, 1914-1918: La Grande Guerra, inverno 2013, pag. 3, cit.. (2) Sulle alture di Matassone, nell’imminenza della guerra, nell’autunno del 1914, il Genio militare austro-ungarico realizzò un campo trincerato. All’inizio della guerra l’Esercito austro-ungarico decise di portare la propria linea difensiva a Rovereto arretrando e abbandonando quindi la Vallarsa. L’Esercito Italiano fu in grado dunque di avanzare e di occupare, fin dal giugno del 1915, il Monte Matassone. (3) Comandante del 235° Reggimento dal 21 maggio del ‘17 sino al termine della guerra. “Bella tempra di Ufficiale, di condottiero e soldato, sa trasfondere nei Suoi dipendenti la sua stessa fede”, così scrisse di Lui uno dei suoi superiori.

Pensieri G., Figure di eroi 1933 - Immagini e notizie da il Solco Ordine del giorno del Generale Graziani ai difensori del PASUBIO La lotta sul Pasubio, Art. tratto da Rivista di Artiglieria e Genio XLI (63a) annata volume I – 1924, pagg. 68-83

BIBLIOGRAFIA Vittorio Pignoloni. I Cappellani Militari d’Italia nella Grande Guerra. Freilichtmuseum Storia Brigata Piceno 235° e 236° fanteria – fronte del piave.info Let. 1487 prot.. OP. 18 Agosto 1917 – Comando Brigata Piceno – comunicazione Let. 1490 prot. OP. 1° Settembre 1917 – Comando della 27° Divisione – ordine del giorno Let. 2966 prot. OP. 20 agosto 1917 – Comando Brigata Piceno – disposizione per respingere contrattacchi Pensieri G., I Teramani nella Grande Guerra – Il conflitto raccontato nelle pagine del corriere abruzzese anno 1917 –

Lo stemma araldico del 235° Reggimento Fanteria


73 79_DEL FAVERO definitivo6 pag rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 10:04 Pagina 73

Questo favorisce una guida più sicura e una riduzione dei premi assicurativi! Altri motivi per scegliere una polizza telematica personalizzata? I benefici di un allarme automatico in caso di incidente, la possibilità di segnalare una richiesta di assistenza in caso di guasto, la protezione da frodi e la tutela del proprio veicolo in caso di furto . Tutto questo per darti una serenità al volante senza precedenti. Scegliere una polizza in collaborazione con Octo - il partner telematico n° l al mondo - è la soluzione ideale per ottenere un'assicurazione su misura per te!

Visita il sito octotelematics.com

DCTO

The intelligence behind insurance innovation


73 79_DEL FAVERO definitivo6 pag rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 10:04 Pagina 74

CREARE QUALCOSA DAL NULLA Il Capitano Riccardo Noel Winderling, l’inganno e la geniale difesa del forte di Monte Festa (30 ottobre - 7 novembre 1917) di Franco Del Favero* Il settimo dei 36 Stratagemmi militari cinesi, raccolti attorno al XV secolo da monaci guerrieri in un unico compendio, prescrive di “creare qualcosa dal nulla”, cioè di creare una falsa idea nella mente del nemico, in modo da fargli credere di avere qualcosa che invece manca, di avere forza quando si è deboli, di avere l’iniziativa, quando in realtà la si sta subendo. All’inizio di novembre del 1917, nel mezzo della battaglia del Tagliamento, un Ufficiale d’artiglieria del Regio Esercito, a cui era stata assegnata una missione pressoché disperata, quale quella di rimettere in piena efficienza un forte dismesso senza uomini e senza munizioni, riesce a resistere per sette giorni, arrestando per oltre 48 ore l’avanzata nemica. Il bollettino di guerra austriaco dell’8 novembre 1917 riporta: “[…] Anche sui monti gli italiani offrirono in numerosi punti accanita resistenza. A sud di Tolmezzo, dietro la nostra fronte, con l’appoggio delle opere di San Simeone, un valoroso gruppo italiano, sotto gli ordini del Comandante della 36^ Divisione, poté sostenersi durante parecchi giorni contro gli attacchi avvolgenti delle nostre truppe da montagna e dei cacciatori germanici”. L’Ufficiale d’artiglieria si chiamava Riccardo Noel Winderling, il forte era quello del Monte Festa, nelle Prealpi Friulane. Il presidio era formato da uomini provenienti da reggimenti di artiglieria da fortezza e da reparti di fanteria di linea senza esperienza di combattimento: la situazione era disperata, la posizione indifendibile. Questi uomini fecero il loro dovere, salvando la vita a molti loro commilitoni. Questa è la loro storia.

••••••••••••

[…] “Sono indotto ad affermare che il contegno del Capitano Winderling come Comandante del forte di Monte Festa sia da giudicarsi pienamente conforme alle leggi dell’onor militare”. Tenente Generale Sachero, Direttore Generale dell’Artiglieria, Ministero della Guerra (già Comandante dell’Artiglieria della Zona Carnia) 13 maggio 1919

I

l forte di Monte Festa, collocato sulla sommità dell’omonimo monte nelle Prealpi Friulane, a quota 1000 metri circa sul livello del mare, si trova in una posizione strategicamente importante, in corrispondenza della confluenza dei fiumi Fella e But nel Tagliamento. Il forte permetteva di controllare gli sbocchi delle vie di comunicazione che, dall’Austria, attraverso i valichi di Tarvisio e di Montecroce Carnico, raggiungono la pianura friulana. I lavori di fortificazione del Monte Festa erano iniziati nel 1910, ma allo scoppio della guerra non erano stati ancora definitivamente completati. Con l’inizio delle ostilità, il forte passa alle dipendenze del Comando della Fortezza “Alto Tagliamento-Fella”, ma non partecipa agli scontri principali, a causa della distanza dalla prima linea. Nel mese di settembre del 1917 la Piazza “Alto Tagliamento-Fella”,

Lo scacchiere nord orientale all’inizio della Grande Guerra. L’ubicazione del forte di Monte Festa è indicata dal pallino rosso, in corrispondenza della confluenza dei fiumi Tagliamento e Fella

74

Rivista Militare


73 79_DEL FAVERO definitivo6 pag rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 10:04 Pagina 75

rimasta comunque fino ad allora in piena efficienza, pur senza partecipare attivamente alla manovra del Regio Esercito, viene considerata “radiata” dal Comando Supremo. Degli elementi che la costituivano – personale, armamento, munizionamento e materiali – una parte doveva essere assorbita dal Comando Zona Carnia (XII Corpo d’Armata), mentre la rimanente sarebbe stata gestita dal Comando Supremo. Ciononostante, in alcuni forti della Piazza “Alto Tagliamento-Fella” (in particolare, quello di Chiusaforte, quello di Monte Ercole e quello di Monte Festa), in via precauzionale, viene lasciato l’armamento principale, riducendo al minimo il personale di guarnigione e, in maniera significativa, il munizionamento. Questa decisione, come vedremo, influirà in maniera determinante sul corso degli avvenimenti. Durante l’offensiva austro-tedesca lanciata nella notte del 24 ottobre del 1917 contro le posizioni tenute dalle

A destra Il Comandante del forte di Monte Festa, Capitano Riccardo Noel Winderling Sotto Il forte di Monte Festa in una fotografia degli anni ‘20 del secolo scorso

settembre 2017

Unità della 2^ Armata nel settore del Medio Isonzo, tra Plezzo e Tolmino, i forti ancora attivi della Piazza “Alto Tagliamento-Fella” vengono a trovarsi in prima linea. Quando, il 26 ottobre 1917, si delinea chiaramente la rottura del fronte tenuto dalla 2^ Armata, il Comando Supremo impartisce le direttive per il ripiegamento sulla linea del Tagliamento e delle Prealpi Carniche, dopo aver ordinato ai Comandi della 4^ Armata (schierata in Cadore) e del XII Corpo d’Armata (zona Carnia) di sgomberare le artiglierie di grosso e medio calibro meno antiquate e meno mobili, per evitare che cadano in mano nemica (1). Tra il 26 e il 27 ottobre, il Comando Supremo prende la decisione di organizzare la difesa sulla linea del Tagliamento e delle Prealpi Carniche. Diventa perciò indispensabile rimettere in piena efficienza le opere di Chiusaforte, del Monte Festa e di Monte Sflincis-Stivane (quest’ultima batteria consentiva di controllare gli sbocchi della Val Fella, della Val Aupa e della Val Resia, all’altezza di Moggio Udinese). Secondo gli ordini impartiti dal Comandante Supremo, i forti di Chiusaforte e Monte Festa dovevano resistere a oltranza e fungere da sbarramento, sul fianco delle truppe schierate sulla linea del Tagliamento, mentre la batteria del Monte Sflincis aveva il compito di agire come

“batteria frontale” per la difesa della stretta di Resiutta. Per la messa in efficienza del forte di Monte Festa viene scelto il Capitano Riccardo Noel Winderling (2), Ufficiale di artiglieria, Comandante di batteria sul fronte del Pal Piccolo, in Alta Carnia. Dalla linea del Pal Piccolo, a piedi prima e in automobile poi, il Capitano Winderling raggiunge Tolmezzo, dove ha sede il Comando

75


73 79_DEL FAVERO definitivo6 pag rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 10:04 Pagina 76

dell’artiglieria di Corpo d’Armata. Qui, l’Ufficiale riceve l’ordine di organizzare la difesa “a oltranza” del forte di Monte Festa. Il compito della difesa del forte, come comprende subito il Capitano Winderling, è molto difficile (3). L’armamento principale è costituito da due batterie: la prima di cannoni da 149A in cupole corazzate leggere del tipo “d’alta montagna” e la seconda di obici da 149G “in barbetta” (4). Entrambe le batterie sono fornite di riservette munizioni in caverna e di elevatori. Nelle vicinanze del forte (sul lato nord) è posizionata una sezione di artiglieria con pezzi da 75 per la difesa antiaerea, che verrà poi utilizzata per il tiro terrestre. Il munizionamento per la batteria da 149G è costituito da 900 colpi in tutto, ma mancano almeno una trentina di cariche. I colpi disponibili per la batteria da 149A sono circa 3800, di cui però 1360 inservibili dal momento che le spolette sono

Zona Carnia: traino di un pezzo d’artiglieria in direzione di Tolmezzo

76

difettose. La carenza più evidente è però quella di mezzi per la difesa vicina: mancano ostacoli passivi e non ci sono trincee. Infine, il personale del forte è sprovvisto di bombe a mano, ci sono soltanto 15 fucili e 2 mitragliatrici Perino, queste ultime non completamente efficienti. Quando, il 27 ottobre, il Capitano Winderling assume il comando del forte, giunge da Osoppo la 7^ compagnia dell’8° reggimento artiglieria da fortezza, formata da 3 Ufficiali e 120 Soldati. La compagnia, a cui è stato assegnato il compito di difendere il forte, è però quasi completamente disarmata. Preso atto della situazione e dell’inconsistenza delle risorse a disposizione per garantire un’efficace difesa vicina, il Capitano Winderling chiede al Comando di Corpo d’Armata un rifornimento urgente di circa 200 fucili, munizioni per artiglieria e spolette, oltre all’assegnazione di una stazione radiotelegrafica e di un proiettore “da 50”. Con il personale a disposizione, Winderling organizza due osservatori: il primo sulla vetta del San Simeone

(un’altura a est del forte), il secondo a Forcella Amariana, a nord del forte, oltre il Tagliamento. Questo secondo osservatorio, a causa del precipitare degli avvenimenti, cadrà rapidamente in mano nemica. Dopo soli due giorni dal suo arrivo sul Festa, Riccardo Winderling si trova a dover affrontare una situazione completamente nuova per un Comandante di fortezza: le unità italiane provenienti dalle valli del Fella, del But e dalla valle di Resia si sono ritirate sulla riva destra dell’Isonzo, dopo aver distrutto i ponti. Il forte, costruito per agire dalle retrovie, viene quindi a trovarsi improvvisamente in prima linea. All’alba del 30 ottobre, su iniziativa del Capitano Winderling, il forte di Monte Festa entra in azione, iniziando a battere i punti di passaggio obbligato in corrispondenza di Stazione per la Carnia e gli sbocchi delle valli del Fella e del But. Per ben due giorni, fino al 2 novembre, l’azione di fuoco del forte riesce ad annullare i tentativi avversari di superare da nord il Tagliamento, consentendo il ripiegamento delle unità italiane sulla riva destra del fiume.

Rivista Militare


73 79_DEL FAVERO definitivo6 pag rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 10:04 Pagina 77

Ispezione del Comandante Supremo, il Generale Cadorna, alla Fortezza “Alto Tagliamento – Fella” prima che quest’ultima venisse disarmata

Tra il 4 e il 5 novembre, la 63^ Divisione, attestata tra Cavazzo Carnico, Somplago, Interneppo e Bordano, inizia a ripiegare verso ovest, attraverso la Val di San Francesco. Il 5 novembre, anche la 36^ Divisione (Maggiore Generale Taranto) completa il ripiegamento attraverso la Val d’Arzino (a ovest di Tolmezzo), lasciando la guarnigione del Monte Festa del tutto isolata in territorio ormai completamente

settembre 2017

occupato dal nemico, il quale ha posizionato anche delle batterie di medio calibro alle spalle del forte stesso, che investono con un violento fuoco di controbatteria la posizione ancora strenuamente tenuta dagli uomini di Winderling. Nella notte tra il 5 e il 6 novembre, il reggimento Pappritz della Divisione tedesca “Jäger” attacca, da est, il forte, senza riuscire ad avere la meglio sulla guarnigione che però è già ridotta allo stremo (5). Al mattino del 6, viene effettuato un altro tentativo, questa volta da ovest, nuovamente respinto dagli italiani, che ricorrono anche al lancio di pietre. Il nemico è ormai in vista del forte. Il

Comando della 10^ Armata austriaca invia una delegazione formata da un Ufficiale e due Soldati a chiedere la resa al Capitano Winderling, il quale è rimasto con pochi uomini in grado di combattere, senza munizioni per le armi leggere e con soli 300 colpi d’artiglieria, completamente inutili per la difesa vicina. Tutto sembra giocare a sfavore di Winderling: la posizione accerchiata, le forze esigue a disposizione e il tempo. L’unico di questi elementi che può tentare di condizionare è proprio il tempo. Così, anziché liquidare frettolosamente la delegazione nemica o accettarne la proposta di resa, il Comandante del forte offre

77


73 79_DEL FAVERO definitivo6 pag rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 10:05 Pagina 78

Resti della batteria da 149A del forte di Monte Festa (2015)

un’abbondante colazione ai tre emissari del Comando austriaco, facendo loro credere che le scorte di viveri siano ancora tali da permettere una resistenza prolungata. Quindi, dopo aver chiesto all’Ufficiale austriaco quale indirizzo indicare sulla missiva di risposta alla proposta di resa, gli consegna una busta chiusa, con la richiesta di recapitarla sigillata al Comando d’Armata. La lettera del Capitano Winderling contiene una sola frase: “Ho l’onore di rispondere negativamente”. Riccardo Winderling ha così sfruttato l’unica possibilità offertagli dal nemico: ha guadagnato delle ore preziosissime per poter rendere inefficienti le bocche da fuoco, ma soprattutto ha avuto l’informazione che cercava sulla ubicazione del Comando della 10^ Armata austriaca. Si tratta di Tolmezzo. E proprio su questa località Winderling dà l’ordine di concentrare il tiro del forte, esaurendo le ultime munizioni rimaste. Alle 16:00 circa del 6 novembre, raduna tutti gli uomini ancora in grado di combattere e comunica loro l’intenzione di tentare di forzare l’accerchiamento per cercare di ricongiungersi con le truppe italiane in ritirata, che però sono lontane oltre due giorni di marcia. Il comando del forte è lasciato al Tenente Mingardi, al quale il Capitano Winderling indica le modalità di distruzione dei materiali e dei documenti sensibili e ordina di non alzare, per alcun motivo, la bandiera bianca. Alle 17:30 sono fatte saltare in aria le due batterie d’artiglieria da 149. Mezz’ora più tardi i pezzi da 75 e le due mitragliatrici vengono resi inservibili. Alle 18:00, la colonna comandata dal Capitano Winderling, formata da circa 100 uomini, tra cui 7 Ufficiali, lascia il forte, per un sentiero che scende sul versante occidentale del monte. Dopo circa mezz’ora, la colonna individua un reparto nemico che sta salendo lungo la strada militare che conduce al forte. Winderling capisce che si tratta di una pattuglia in 78

avanscoperta e che il grosso dell’unità avversaria si trova nelle vicinanze. L’unica via che consente di forzare l’accerchiamento è attraverso la zona paludosa tra il Lago dei Tre Comuni e Somplago, dove è possibile il guado. La volontà di riuscita però si scontra con le difficoltà, per una colonna di oltre cento uomini, a muovere in silenzio, all’interno di una boscaglia, in vicinanza del nemico. Un rumore tradisce gli uomini di Winderling che sono fatti oggetto di un intenso fuoco di fucileria e obbligati ad arrendersi. Rimasto isolato con soli sei uomini, riesce fortunosamente a evitare la cattura, ma, dopo quaranta giorni di marcia, quando è quasi giunto in vista delle linee italiane del Monte Grappa, viene catturato nei pressi di Fonzaso e fatto prigioniero.

Winderling e i suoi rischiano però di essere fucilati come spie. Infatti, durante il loro lungo e difficoltoso avvicinamento alle linee italiane si erano dovuti liberare delle uniformi e avevano vestito abiti borghesi. Giunti però sulla linea del fronte, questo particolare aveva reso sospettosi gli austriaci che, allarmati anche dalla perfetta conoscenza del tedesco da parte dell’Ufficiale, erano persuasi di aver catturato delle spie. Per fugare ogni dubbio, Winderling chiede di essere messo a confronto con l’Ufficiale che era stato inviato a chiedere la resa del forte di Monte Festa, il quale lo riconosce, salvando lui e i suoi uomini dalla fucilazione come spie. Condotto al Castello del Buonconsiglio di Trento per essere interrogato, ed eventualmente giustiziato nel caso in cui fosse stato riconosciuto come Rivista Militare


73 79_DEL FAVERO definitivo6 pag rev 30 mar.qxp_Layout 1 08/09/17 10:05 Pagina 79

NOTE (1) Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Dall’Isonzo al Piave vol. I, pag. 156, Roma 2013. (2) Riccardo Winderling, milanese, era ingegnere civile. Discendente di una famiglia di origine tedesca, che aveva scelto, dopo l’unità d’Italia, di rimanere nel capoluogo lombardo, pri ma dei fatti ri portati in quest o saggio aveva retto il comando della 232^ batteria d’assedio sul fronte del P al P i ccol o. N el 1916 er a st at o decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare per aver dimostrato risolutezza e sprezzo del pericolo durante l’azione dello Zellonkofel (Monte Cellon, in Alta Carnia) del 20 giugno 1916. (3) Le informazioni qui riportate sono state ricavate dal “Sunto degli avvenimenti che condussero nel giorno 6 novembre 1917 alla caduta del forte di Monte Festa, tratto dalle relazioni del Capitano Winderling c h e l o c o m a n d a v a e d e i Te n e n t i Ferrari, Tomei, Fanelli e Del Duca, che facevano parte del presidio”. Il documento originale è conservato dall’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito in Roma. (4) Armi “allo scoperto”, protette soltanto da traversine e/o da bassi terrapieni. (5) Krafft von Dellmensingen, Konrad, 1917 Lo sfondamento dell’Isonzo, Ugo Mursia editore, Milano, 1981, pag. 288.

cittadino austriaco, il Capitano Winderling viene quindi rinchiuso in un campo di prigionia in Tirolo, da cui riesce a fuggire. Nuovamente catturato, è trasferito in un campo di concentramento in Boemia, da dove viene liberato alla fine delle ostilità. Il 7 novembre del 1918, a un anno esatto dalla fine della resistenza del forte di Monte Festa, Riccardo Winderling torna in Italia. Prima di recarsi a casa a Milano, raggiunge Claut, un paesino ai piedi delle Dolomiti friulane dove, un anno prima, durante la lunga marcia per raggiungere le linee italiane, aveva occultato la documentazione classificata e il diario storico della fortezza. Per la sua condotta nella difesa del Monte Festa e, successivamente, durante i numerosi interrogatori e nel periodo di prigionia, al Capitano Riccardo Noel Winderling sarà

~~.,

J .

concessa, nel 1922, la Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione: “Durante il ripiegamento al Piave, incaricato della difesa di un forte già disarmato in posizione ove il nemico avanzava, spiegò la massima attività per metterlo in efficienza in breve tempo, e contrastò l’avanzata del nemico con tutte le sue energie ed il vigore delle sue forze, impiegando tutti i mezzi di cui disponeva fino ad esaurirli. Avvolta l’opera da ingenti forze nemiche, si aperse un varco coi resti del presidio e, affrontando con forte animo per oltre un mese stenti e pericoli, cercò di raggiungere le nostre linee. Forte Festa (Tagliamento), 27 ottobre – novembre 1917”. *Tenente Colonnello

BIBLIOGRAFIA Bibliografia di riferimento (di parte italiana): ⋅ Bencivenga R., La sorpresa strategica di Caporetto, Saggio critico sulla nostra guerra, Gaspari Editore, Udine 1997; ⋅ Gatti A., Caporetto. Diario di guerra (maggio – dicembre 1917), Il Mulino, Bologna, 2014; ⋅ Stato Maggiore dell’Esercito-Ufficio Storico, Dall’Isonzo al Piave, Roma, 2013. Bibliografia di riferimento (di parte austriaca e tedesca): ⋅ Krafft Von Dellmensingen K. (a cura di G. Pieropan), 1917: Lo sfondamento dell’Isonzo, Ugo Mursia Editore, Milano 1999; ⋅ Rommel E. (a cura di F. Mini), Fanteria all’attacco. Dal fronte occidentale a Caporetto, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 2004.

79

settembre 2017

:~~

-~-.~\···.;

>

,._;.


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 80

APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DELL’ARTE MILITARE ALLA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN di Giuseppe Di Frino*

SITUAZIONE Nel deserto del Sahara presso la località di El Alamein, in arabo “Due Bandiere”, non si consumò una singola battaglia ma una serie di combattimenti che si protrassero dal 30 giugno al 4 novembre 1942. Quattro mesi di violenti scontri che diedero una svolta al secondo conflitto mondiale ponendo fine al progetto di Hitler di raggiungere l’Egitto e impadronirsi dei preziosi pozzi di petrolio che si trovavano in Iraq, Iran e Siria. In particolare, verrà analizzata quella che è conosciuta come la seconda battaglia di El Alamein (o terza, per quegli autori che hanno voluto chiamare seconda battaglia di El Alamein la battaglia di Alam Halfa) che venne combattuta tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1942. La scelta del luogo dello scontro non

- ---·- --· ·----i:,- --··- ---· .... _ .·-·.

80

fu casuale ma venne decisa dai Britannici già nel 1941 per le caratteristiche naturali che si prestavano ottimamente alla difesa contro gli eventuali attacchi rivolti verso Est e il Delta del Nilo. Tutto ciò per evidenti ragioni territoriali e logistiche: • il Sahara egiziano in quel punto si restringeva formando un passaggio di soli 60 km delimitato da un lato dal mare e dall’altro dalla inospitale depressione di el Qattara; • una linea ferroviaria e una strada costiera univano questo luogo ad Alessandria, la principale base logistica distante poco più di 100 km. In questa battaglia si fronteggiarono le truppe britanniche e quelle italo– tedesche; quest’ultime, comandate dal Feldmaresciallo Rommel, schieravano da nord: • tra il mare e la depressione di el Mireir: il 7° •Reggimento la •-;i:,i:,u••-••- Bersaglieri; --•--i::,n-••J •-

164^ Divisione di fanteria tedesca; le Divisioni di fanteria “Trento” e “Bologna”; due battaglioni della Brigata paracadutisti “Ramcke”; • tra la depressione di el Mireir e Qaret el Himeimat: la Divisione di fanteria “Brescia”; la Divisione paracadutisti “Folgore”; la Divisione di fanteria “Pavia” e due battaglioni della Brigata paracadutisti “Ramcke”; • a nord: la Divisione corazzata “Littorio” e la 15^ Divisione corazzata tedesca; • a sud: la Divisione corazzata “Ariete” e la 21^ Divisione corazzata tedesca; • in riserva, la 90^ Divisione leggera tedesca e la Divisione motorizzata “Trieste”. Le forze inglesi, invece, comandate dal Generale Montgomery, schieravano:

Rivista Militare


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 81

• tra il mare e il costone del Ruweisat: la 9^ Divisione di fanteria australiana; • tra il Ruweisat e Qaret el Himeimat: la 50^ Divisione di fanteria britannica; • a nord: la 1^ e 10^ Divisione corazzata inglese; • a sud: la 7^ Divisione corazzata inglese. In totale, l’intero schieramento dell’Asse a El Alamein comprendeva (ma i numeri variano secondo le fonti): 104.000 uomini, 751 pezzi di artiglieria, 535 carri armati e 345 aerei. Mentre lo schieramento britannico contava: circa 200.000 uomini, 1.200 carri armati, 939 pezzi di artiglieria, 1.200 aerei. LA BATTAGLIA Alle 20:40 del 23 ottobre scattò l’offensiva inglese denominata “Operazione Lightfoot”: quasi 1.000 cannoni illuminarono a giorno un tratto di 60 km di fronte. L’attacco colse impreparati i vertici delle truppe italo-tedesche che non si aspettavano un’azione del genere in quella data. Nonostante ciò, gli Inglesi non riuscirono nel loro intento principale: aprire dei varchi nei campi minati in modo da sfondare con i loro mezzi corazzati. Malgrado la confusione, i reparti di prima dell’Asse reagirono con ,-• •• ··- •••linea ·-- --·· . --- •--a··-··--· •

_,,

L

,,,..

prontezza; tra queste, le Divisioni “Ariete”, la “Littorio” e la “Folgore” furono quelle che subirono il maggior numero di attacchi. A nord, gli Australiani attaccarono con scarsi risultati le posizioni del 7° Bersaglieri mentre tra Tell el Elisa e il Kidney Ridge gli avamposti della “Trento” e della 164^ dovettero cedere dopo aspri combattimenti. Montgomery non poteva certamente essere soddisfatto dell’andamento dell’attacco: malgrado qualche piccolo successo, il grosso delle sue forze era ancora bloccato davanti ai campi minati antistanti lo schieramento difensivo. Il 25 ottobre Rommel, che si trovava a Berlino per qualche problema di natura fisica, fu costretto a un tempestivo rientro in Africa dove venne messo a conoscenza sui dettagli dei combattimenti. Il 28 ottobre riprese intenso l’attacco dell’8^ Armata a Nord, dove le truppe inglesi volevano superare l’altura di Kidney Ridge, ma la risposta dei capisaldi nemici non si fece attendere seppur con forti perdite. A sud, le compagnie della “Folgore” tennero le posizioni a prezzo di ulteriori perdite e stessa sorte ebbero gli attacchi notturni, che spinsero quindi Montgomery a bloccare le offensive in quel settore e a concentrarsi in quello nord. Consapevole di questo, Rommel decise di spostare la 21^ panzer, la 90^ Divisione leggera e

,..--··--·, ·- -- -···-·-··- ·-i:,a-·- -

~

('~

settembre 2017 I

/

l

la “Trieste”. Il 29 ottobre l’8^ Armata tornò all’attacco. La Divisione australiana sfondò le difese tedesche della 90^ leggera e dilagò fino alla costa accerchiando un battaglione bersaglieri e due tedeschi che riuscirono però ad aprirsi un varco poche ore dopo. All’una di notte del 2 novembre iniziò l’attacco britannico decisivo che fu chiamato “Operazione Supercharge”: 800 carri e 360 cannoni entrarono in azione per permettere alla fanteria di raggiungere la collina di Tell el Aqqaqir: gli Inglesi non riuscirono a raggiungere gli obiettivi prefissati ma a fine giornata, Rommel rimase con soli trentacinque carri armati operativi e le forze di fanteria più che dimezzate. Al 3 novembre la pressione esercitata sulle truppe dell’Asse rendeva necessario il ripiegamento ma, lo stesso giorno, Rommel ricevette da Hitler l’ordine di “vittoria o morte” che fermò la ritirata. Il 4 novembre l’offensiva inglese riprese con nuovo slancio e vigore da nord a sud e le forze dell’Asse dovettero cedere. A questo punto iniziava la disperata ritirata. “Dopo 12 giorni di lotta violenta ed accanita, l’Ottava armata ha inflitto una grave sconfitta alle forze italotedesche comandate da Rommel.”. (Estratto del messaggio del Generale Alexander (UK), Comandante del Teatro operativo Middle East, al 1° Ministro ........ _... _Churchill).

-··-·-·····,·

r, r1

81


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 82

ANALISI Passiamo ad analizzare come l’applicazione dei principi dell’Arte della Guerra influisce sull’andamento delle operazioni militari durante la seconda (o terza) battaglia di El Alamein. Di seguito, sono riportati i principi utilizzati dai due schieramenti e come questi hanno influito sull’esito della battaglia. Ovviamente non sono stati l’unica ragione che ha condotto al successo gli Inglesi, ma sono molto utili per analizzare la battaglia e quindi per trarne i giusti insegnamenti nell’approccio alle moderne operazioni.

me, non potendo così occuparsi personalmente dei preparativi per la battaglia. Inoltre, il 24 ottobre cadde anche il Generale Stumme e il Generale von Thoma prese il comando. Solo alle ore 23:25 del 25 ottobre, tutti i reparti dell’Asse sul fronte di El Alamein ricevettero il messaggio “Ho ripreso il comando della Panzerarmee - Rommel”. MORALE “Il morale è uno stato d’animo, una condizione psicologica dell’individuo o di un gruppo di individui. Tale principio rappresenta uno dei

MENTALITÀ OFFENSIVA “È il principale fondamento cui un Comandante deve far riferimento per piegare gli eventi alla propria volontà. Rappresenta la forma mentale necessaria per acquisire e mantenere l’iniziativa e la libertà d’azione indispensabili per il successo in qualsiasi tipo di operazione […]”. La mentalità offensiva fu certamente fondamentale per gli Inglesi, forti della loro superiorità numerica e dei loro armamenti rispetto a quelli dell’Asse. Ciò viene dimostrato dalla decisione di attaccare per primi, i continui e ripetuti attacchi durante la battaglia e soprattutto dal lancio della nuova Operazione “Supercharge” per cercare di distruggere le rimanenti forze italo-tedesche e mantenere l’iniziativa, nonostante negli otto giorni precedenti non si erano ottenuti i risultati desiderati. Nell’applicazione di questo principio si è vista tutta la bravura e la preparazione militare del Generale Montgomery che fu un grande protagonista della battaglia. MASSA

UNITARIETÀ DI COMANDO “L’unitarietà di comando si attua ponendo le forze agli ordini di un unico Comandante al quale è attribuita la responsabilità dell’operazione e, contestualmente, conferita l’autorità di impiegare tali forze per il raggiungimento dell’obiettivo fissato […]”. Per quanto riguarda l’unitarietà di comando, nella seconda battaglia di El Alamein, c’è stata senz’altro dalla parte Alleata grazie alla presenza e alle capacità del Generale Montgomery, mentre le truppe dell’Asse non hanno potuto fare completo affidamento sull’esperienza e sulle capacità del Feldmaresciallo Rommel. Infatti, il 22 settembre la “volpe del deserto” tornò in Germania per curarsi un’infezione nasale e per l’aggravarsi di disturbi al fegato, lasciando il comando al Generale Georg Stum82

maggiori fattori di successo, in quanto in grado di esaltare o ridurre l’efficacia di altri fattori di carattere organizzativo o tecnologico […]”. Parlando di stato d’animo e condizione psicologica ad El Alamein, possiamo dire sicuramente che le truppe italo-tedesche sono arrivate molto più stanche e molto più provate psicologicamente allo scontro decisivo rispetto agli avversari. Questo perché, durante la campagna d’Africa, hanno dovuto affrontare molte altre battaglie e una lunga traversata che inevitabilmente hanno inciso sul loro morale. Inoltre, combattimento durante, i vertici militari dell’Asse avevano capito che la situazione era critica e non ci sarebbe stata altra soluzione se non quella della ritirata, che però venne negata dal Führer incidendo in modo ancor più negativo sulla loro condizione psicologica.

“Il successo di un’operazione è fortemente condizionato dalla capacità di concentrare rapidamente la forza nel momento e nel luogo decisivo[...]. La rapidità nella concentrazione e nella dispersione delle forze presuppone la disponibilità di un efficace sistema di Comando Controllo e Comunicazioni […]”. Il fallimento degli attacchi contro la “Folgore”, le forti perdite subite e il fatto che non si era ancora verificata la rottura del fronte avversario, indussero Montgomery a sospendere le operazioni nel settore sud e a dirigere tutte le sue forze in un attacco nel settore nord, ove la difesa aveva parzialmente ceduto. Quindi rallentò momentaneamente il ritmo delle operazioni, per riorganizzare le forze e far affluire le nuove riserve verso quell’area. Questo è un chiaro esempio di come la capacità di concentrare la forza nel momento e nel luogo deciso siano fondamentali per raggiungere il successo. Grazie anche a questa mossa Montgomery riuscì a sfondare le linee nemiche. Rivista Militare


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 83

ECONOMIA DELLE FORZE “È il principio complementare a quello della massa. Esso viene attuato mediante un impiego e una distribuzione delle forze attenta e oculata, assegnando ad ogni componente uno o più compiti eventualmente scanditi nel tempo. Poiché l’economia delle forze non consente di essere forti ovunque, è necessario scegliere il luogo e il momento opportuno per realizzare la massa […]”. Essendo il principio complementare alla massa, l’economia delle forze si può intuire molto bene vedendo quale è stata la risposta di Rommel all’azione del suo avversario descritta nel precetto precedente. Infatti egli, preoccupato per l’affondamento di due cisterne di carburante, consapevole della sua inferiorità numerica e convinto che lo sforzo principale degli Alleati si sarebbe esercitato a nord del fronte di El Alamein, decise di muovere una parte delle sue riserve corazzate in quella zona, lasciando più scoperta la zona meridionale. Questo principio è anche applicato quando, al momento dell’inizio dell’Operazione “Lightfoot”, le artiglierie dell’Asse effettuano solo un ridotto fuoco di contro artiglieria per risparmiare le munizioni che scarseggiavano.

nu ltl1l, I Llntt drU

.,,..,."..

sr

ampi minati dtll' t

orpo d' miala

Xlii

rpo rn11t1

I J cr,

MANOVRA “La manovra è la combinazione del movimento delle forze e della gestione del fuoco realizzata allo scopo di assicurarsi un vantaggio sull’avversario e sfruttare il successo tattico per raggiungere gli obiettivi operativi e strategici […]”. A El Alamein la manovra per i Britannici fu di fondamentale importanza in quanto le forze avversarie erano fortemente organizzate a difesa e ben addestrate. Senza un giusto utilizzo di questo principio sarebbe stato impossibile sfondare le linee nemiche. Nonostante questo però, abbiamo visto anche come sia stato necessario cambiare lo schema di manovra dato che nei primi giorni di combattimento, con quella adottata, gli Alleati non erano riusciti a sfondare. Da non sottovalutare anche le numerose azioni degli aerei della RAF che settembre 2017

83


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 84

hanno contribuito in maniera definitiva alla vittoria. I loro bombardamenti oltre a colpire efficacemente posizioni chiave hanno impedito un adeguato flusso di rifornimenti dell’avversario (interdizione aerea degli itinerari utilizzati dalla logistica italo-tedesca). SORPRESA “Può essere considerata la prima arma psicologica utilizzabile a tutti i livelli. Lo scopo di questo principio è quello di creare confusione e paralisi nella catena di comando dell’avversario, intaccandone la coesione interna, il morale e la voglia di combattere […] è necessario riuscire a tenere la propria azione celata all’avversario in modo che quest’ultimo non abbia il tempo per reagire

84

con efficacia […]. La sorpresa è un moltiplicatore di potenza […]”. Possiamo tranquillamente affermare che la sorpresa è uno dei principi più importanti dell’Arte della Guerra perché senza di essa è difficile che un attacco vada a buon fine. Questo lo sapeva molto bene il Generale Montgomery che adottò proprio questo principio per attaccare le forze dell’Asse. Infatti quando decise di far partire l’Operazione “Lighfoot”, l’incessante raffica di colpi di artiglieria colse del tutto impreparati i vertici delle truppe italo–tedesche che si sarebbero aspettati un attacco a settentrione ma non in quella data, quindi ore di completa confusione colsero lo Stato Maggiore della Panzerarmee. Per garantire l’effetto sorpresa si decise di utilizzare la parola “Zip” per comunicare l’inizio dell’attacco e il significato di

questo codice lo conoscevano solo il Primo Ministro Winston Churchill, il Capo di Stato Maggiore imperiale Alan Brooke e il Generale Harold Alexander, Comandante in capo del Teatro del Medio Oriente. AMMAESTRAMENTI L’applicazione dei principi dell’Arte della Guerra è ritenuta fondamentale e irrinunciabile ai fini del conseguimento del successo. Ad El Alamein, la manovra, la sorpresa, ma soprattutto la mentalità offensiva e la massa dei Britannici hanno fatto sì che le forze dell’Asse fossero sopraffatte, nonostante la loro accanita resistenza e la loro buona organizzazione militare. Infatti, come detto in precedenza, malgrado l’imponente inferiorità sia

Rivista Militare


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 85

numerica sia di armamenti, gli Italo-Tedeschi nei primi 8 giorni di combattimento erano riusciti a contrastare molto bene gli attacchi degli Alleati, ma grazie all’abilità del Generale Montgomery nell’applicare i sopraccitati principi, questa fondamentale battaglia ha avuto l’esito che noi tutti conosciamo. Se gli Inglesi non avessero sfruttato la sorpresa per attaccare gli avversari quando meno se lo aspettavano, oppure se non avessero mantenuto sempre l’iniziativa senza dare libertà d’azione agli avversari o, ancora, se non avessero applicato correttamente i principi di massa e manovra, probabilmente la battaglia si sarebbe evoluta in un altro modo. Per quanto riguarda gli Italo-Tedeschi invece, nonostante la buona preparazione del campo di batta-

settembre 2017

glia, della strategia di difesa e la grande voglia di non piegarsi all’avversario, non hanno potuto far altro che combattere fino allo stremo delle risorse loro disponibili. Probabilmente se Rommel non si fosse allontanato durante i preparativi della battaglia e se fossero arrivati dei rinforzi, l’armata italotedesca avrebbe potuto fare qualcosa di più, ma tenendo sempre conto della loro stanchezza fisica e morale e soprattutto della grande superiorità numerica e di armamenti degli avversari dubito che l’esito della battaglia sarebbe stato diverso. Lo studio di molti conflitti del passato e il loro confronto con le recenti operazioni internazionali, ci hanno insegnato che i principi dottrinali sono validi ancora oggi anche se lo scenario di riferimento è

totalmente differente. Infatti, difficilmente troveremo nuovamente una situazione in cui più armate si scontrano su 60 km di fronte, in mezzo al deserto e utilizzando tutti quei mezzi corazzati. Questo però non vuol dire che i principi non devono più essere analizzati, ma semplicemente dobbiamo essere noi ad interpretarli e usarli in maniera diversa. La massa, in un conflitto moderno, non consisterà più nello spostare la maggior parte dei mezzi corazzati in una determinata zona del fronte avversario, ma ugualmente si dovrà cercare di concentrare la forza nel momento e nel luogo decisivo. A oggi, saper collocare le armi di reparto in una specifica posizione durante un’attività di pattugliamento, ci permette di avere un maggiore

85


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 86

volume di fuoco in un settore che noi riteniamo più pericoloso e questo significa applicare il principio di massa. Allo stesso modo, la manovra non consisterà più nell’attaccare porzioni diverse di un fronte utilizzando la fanteria per aprire corridoi nei campi minati e mezzi corazzati per l’azione decisiva, ma ugualmente si dovrà cercare la combinazione

86

di fuoco e movimento allo scopo di assicurarsi un vantaggio sull’avversario e raggiungere gli obiettivi. Nel nostro caso, durante un assalto di squadra, muovere senza avere copertura di fuoco risulta deleterio, quindi questo alternare fuoco e movimento può essere un esempio di manovra. Anche l’unitarietà di comando deve essere interpretata in modo diver-

so in quanto nei conflitti moderni è diventata sempre più “unitarietà degli sforzi”, ovvero il coordinamento e la cooperazione tra tutte le forze poste sotto Comandi diversi, che agiscono per il conseguimento di un medesimo scopo. Questo perché, in quasi tutte le attuali campagne, si opera sempre più a stretto contatto con eserciti diversi provenienti da tutto il mon-

Rivista Militare


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 87

do e la collaborazione è fondamentale. Non a caso le Forze Armate di tutte le nazioni utilizzano i principi dell’Arte della Guerra che, pur presentando alcune differenze nel numero, non mutano nella sostanza. Detto ciò, per la condotta delle operazioni, i suddetti precetti devono essere integrati con altri criteri più moderni che possano ren-

settembre 2017

derli applicabili a tutti i nuovi scenari. Ecco perché, un approccio multidimensionale alle crisi e uno strumento militare capace di operare in molteplici situazioni, sono ai giorni nostri indispensabili. Inoltre, a mio avviso, un altro aspetto molto importante da integrare con i principi dottrinali è quello di sviluppare la mentalità offensiva e lo spirito di iniziativa in ogni soldato,

in modo da alzare il livello di professionalità del dispositivo militare e affrontare al meglio le sfide future. Il cosiddetto “caporale strategico”, capace di agire di iniziativa in situazioni improvvise e in assenza di ordini, sta diventando sempre più fondamentale nelle crisi odierne, caratterizzate da complessità dello scenario e l’emergere di nuove minacce.

87


80 88_di Frino seppia.qxp_Layout 1 30/08/17 15:16 Pagina 88

CONCLUSIONI I principi dell’Arte della Guerra sono da sempre dei punti di riferimento per la condotta delle operazioni militari, e lo sviluppo tecnologico di armi, mezzi e materiali non ha inciso sulla loro validità. Anche se non costituiscono una certezza categorica per il successo, devono essere assimilati per capire meglio l’approccio alle attività tattiche e la sfida è quella di capire come combinare i diversi principi nel giusto ordine di applicazione e priorità. Per utilizzarli serve un’attenta analisi dello scenario e vanno usati solo quando sono chiari Ends, Ways and Means. Inoltre, si possono applicare per una verifica della progettazione dell’operazione eseguita secondo lo schema Forza, Spazio, Tempo perché, se vanno in contrasto con esso, molto probabilmente possono portare

88

a un insuccesso. Vanno dunque adoperati “con giudizio” e solo quando abbiamo le idee chiare. Lo studio di questi principi, oltre a servirci per analizzare le situazioni avvenute nel passato, ci può aiutare a intraprendere con il piede giusto le future operazioni in cui saremo impegnati, perché integrandoli con i sopracitati criteri forniscono una guida per condurre l’azione militare. Tutto ciò si lega perfettamente all’idea del Generale Mattis, già Comandante di Divisione USMC nella 1^ battaglia di Fallujia e Comandante di USCENTCOM (United States Central Command), che afferma che alcune caratteristiche della Guerra sono “Timeless”, ovvero rimangono invariate nel tempo le sfide fondamentali e le relative soluzioni. Proprio per questo si può definire la dottrina come una disciplina empirica, cioè che ci permette di impa-

rare dall’esperienza. Ecco perché analizzare la battaglia di El Alamein o un altro fatto d’arme del passato è fondamentale per applicare i principi dell’Arte della Guerra ai conflitti moderni. *Allievo Ufficiale Scelto del 197° Corso “Tenacia” dell’Accademia Militare di Modena

All’autore dell’elaborato è stato conferito il premio “Raimondo Montecuccoli”, in quanto «[...] particolarmente meritevole per contributi di pensiero scritti nel campo della Dottrina Militare»

Rivista Militare


89 92_di girolamo 2017.qxp_Layout 1 08/09/17 10:11 Pagina 89

Nel solco delle tradizioni della Rivista Militare, intesa come strumento aperto ad un sano e costruttivo confronto di opinioni, riportiamo integralmente alcune osservazioni inviate da Carlo Cadorna, nipote del Tenente Generale Luigi Cadorna, in merito all’articolo “Dal Carso all’Adamello - trincee 1915-1918”, di Mario di Girolamo, pubblicato nel numero 6/2016. La strategia di Cadorna fu quella classica di economizzare le forze sul fronte montano allo scopo di poterle concentrare sull’Isonzo: l’offensiva era obbligata, agli ordini del comando alleato, per gli accordi che il governo aveva sottoscritto a Londra e sui quali il Re aveva dato la sua parola, non avendone probabilmente valutato appieno le conseguenze militari. Gli ordini del comando alleato erano conseguenti alla scelta di assegnare al fronte del Reno il ruolo decisivo: l’Italia doveva impegnare e logorare l’Austria. A seguito del venir meno dell’impegno russo che mutò i rapporti di forze, fu Cadorna (non certo chi venne dopo di lui), con l’approvazione del Re ma contro il parere degli alleati, a modificare questa strategia con il passaggio alla difesa ad oltranza prima sull’Isonzo e poi sulla linea accorciata e più forte, perchè appositamente preparata, del Grappa - Piave. La tattica non rientrava tra i compiti di Cadorna che fu sempre rispettoso dell’autonomia dei dipendenti, come prescritto dal Regolamento di Disciplina in vigore. Purtuttavia, allo scopo di uniformare l’addestramento nell’Esercito, egli emanò una circolare per l’addestramento dei Quadri e delle truppe, semplice ma di non facile applicazione. In essa il ruolo principale viene assegnato all’artiglieria (manovra del fuoco) e alla cooperazione con la fanteria: due armi che, provenendo da Accademie diverse, avevano difficoltà ad intendersi. Dalle testimonianze risulta che non molto fu fatto dai comandi di divisione responsabili per l’applicazione dei principi contenuti nella circolare: nell’articolo se ne estrapola una frase, riferita all’impiego delle riserve, applicandola ad un contesto differente da quello originale allo scopo di ottenere un risultato completamente diverso (quello di sacrificare le truppe anzichè di risparmiarle come prevede la circolare). Si afferma anche che Cadorna riteneva che la guerra sarebbe stata breve (6 mesi) come gran parte del mondo politico: tale affermazione è smentita dalle lettere familiari dei primi giorni di guerra ("operazioni lente e difficili") nelle quali non poteva prevedere l’allungamento determinato dall’uscita della Russia. Inoltre, nell’articolo viene ignorato l’enorme lavoro svolto dal Genio Militare sotto la direzione, spesso personale, di Cadorna. Le trincee vennero dotate di comode caverne adiacenti, allo scopo di assicurare la sicurezza e il benessere dei soldati. In una circolare Cadorna prescrive di tenere in trincea soltanto una minima rappresentanza dei soldati per assicurarne la sorveglianza. Carlo Cadorna

SISTEMI RADAR PER LA PROTEZIONE DI FOB E PER LA RICERCA MILITARE

APRTATTICI

BLACK KNIGHT SISTEM IDENTIFICAZIONE E TRACCIAMENTO DRONI OSTILI


89 92_di girolamo 2017.qxp_Layout 1 08/09/17 10:11 Pagina 90

ESERCITO UN BRAND SEMPRE PI Ù MARKETING ORIENTED Mario di Girolamo*

L

o scorso mese di dicembre ha visto la chiusura del 2° Corso in Comunicazione di Marketing, pianificato, organizzato e condotto dall’Ufficio Marketing e Regolamenti dello Stato Maggiore dell’Esercito. L’idea di dar vita a questo corso nell’ambito della Formazione avanzata nasce dalla necessità di creare figure ad hoc nel settore professionale del marketing, in forte espansione nell’ambito della Forza Armata. Prima di approfondire quali sono state le tematiche toccate dal Corso e a chi si è rivolto, è opportuno sottolineare le principali competenze dell’Ufficio Marketing e Regolamenti e in particolare della 1a Sezione Comunicazione di Marketing. Tale articolazione del V Reparto Affari Generali si occupa principalmente della pianificazione, dell’organizzazione e condotta dei grandi eventi della F.A., della tutela e valorizzazione economico legale del brand

Esercito Italiano, della gestione dei loghi della Forza Armata, della valorizzazione dell’identità visiva ovvero la corporate identity, nonché della

realizzazione grafico contenutistica del CalendEsercito. Proprio per le numerose peculiarità del settore, è nata l’esigenza di organizzare un percorso formativo atto a creare delle figure professionali in grado di interfacciarsi con lo Stato Maggiore dell’Esercito, al fine di coordinare i flussi di comunicazione necessari a rendere operative sul terreno le strategie di marketing studiate dal V Reparto Affari Generali. Il Corso, oltre a fornire ai frequentatori una vision ampia e completa sulle tematiche tecnico – giuridiche conSopra Partecipanti al Corso durante una lezione A sinistra L’intervento del dottor Sacripante, Direttore Business Development & Sales Management di EXPO 2015

90

Rivista Militare


89 92_di girolamo 2017.qxp_Layout 1 08/09/17 10:11 Pagina 91

L’intervento del dottor Carriero, esperto di Social Media

nesse alla corretta gestione delle diverse Convenzioni stipulate dalla Forza Armata con la Società Difesa Servizi S.p.A., ha sottolineato l’importanza della promozione dell’immagine della Forza Armata in Italia e all’estero. L’attività didattica frontale è stata preceduta da una fase selettiva, volta a ricercare Ufficiali con particolari attitudini relazionali e con precedenti esperienze nel settore. Successivamente, mediante una fase a distanza, i frequentatori ammessi al corso hanno dovuto approfondire le principali normative afferenti al settore marketing e Forza Armata. La fase residenziale, della durata di una settimana, ha visto una sostanziale equiparazione tra le ore di lezione svolte da personalità del mondo accademico aziendale e docenti dell’Ufficio Marketing e Regolamenti, appositamente formati in virtù di un background giuridico – economico, di comprovata esperienza lavorativa nello specifico settore. La didattica del Corso è stata attagliata all’obiettivo primario, ossia comprendere come la comunicazione di marketing nella Forza Armata sia ormai orientata al confronto continuo e costante con tutti gli attori (stakeholders) sociali ed economici che quotidianamente utilizzano le strategie del marketing e il valore percepito del brand nei più importanti settori di riferimento (pubblicità, abbigliamento, oggettistica, sponsorizzazioni ecc.). In tale quadro, è necessario far comsettembre 2017

prendere il ruolo dell’Esercito quale Istituzione che comunica gli elementi valoriali strettamente legati alla percezione del brand nella società. Il marchio Esercito porta con sé un nome, una storia, tradizioni e valori. Tali elementi di forza devono essere sfruttati favorevolmente attraverso l’azione efficace di un’Istituzione marketing oriented capace di trasmettere in maniera integrata all’interno e all’esterno della Forza Armata l’agire quotidiano dei nostri uomini e donne in uniforme. Il taglio delle lezioni è stato volutamente di tipo pratico–divulgativo con numerosi esempi di problemi e casi concreti, affrontati quotidianamente dall’Ufficio Marketing e Regolamenti, tale da permettere un approccio tipicamente “esperienziale”, più adatto e rispondente all’interesse dell’uditorio. In particolare il programma della fase residenziale (12–16 dicembre) ha trattato le seguenti macroaree: • identità visiva e valorizzazione del brand Esercito; • pubblicità; • sponsorizzazioni, partnership e rapporti con Difesa Servizi S.p.A.; • organizzazione di grandi eventi. Tra i relatori meritano una citazione particolare il dott. Giovanni Sacripante, che ha illustrato brevemente la sua esperienza come responsabile del marketing di Expo 2015 con particolare riferimento alle capacità di creare e “vendere” il brand della manifestazione internazionale, facilitando l’afflusso di importanti risorse economiche tramite le cosiddette spon-

I

sorship e partnership. Il dott. Cristiano Carriero e il dott. Francesco Antonacci, entrambi esperti di comunicazione attraverso i Social Media e di SEO (Search Engine Optimization, Digital Marketing, e –commerce) e autori di numerosi produzioni editoriali sul nuovo modo di comunicare e “vendere” marketing, nonché collaboratori di prestigiose Università quali la LUISS e la Bocconi. Le nuove frontiere della comunicazione passano attraverso le attuali tecniche marketing oriented, come ad esempio, saper “indirizzare” un motore di ricerca sul web in maniera favorevole alla propria azienda e saper pubblicizzare un’attività o un evento mediante lo storytelling ovvero attraverso l’utilizzo di procedure narrative atte alla promozione di valori e idee in grado di creare dinamiche di influenzamento sociale. Un interessante intervento è stato quello del Ten.Col. dell’Arma dei Carabinieri Angelo Carusone (Capo Area Brand, Media Pubblicità e Sponsor di Difesa Servizi S.p.A.), il quale ha delineato in maniera chiara e inequivocabile le numerose attività poste in essere da Difesa Servizi S.p.A, società in house del Ministero della Difesa. Questa nuova realtà è nata dall’esigenza di rinnovamento nella gestione e organizzazione delle attività. In particolare, l’esperto manager ha mostrato quanto tale società sia innovativa nel suo genere, in quanto è caratterizzata da due particolari peculiarità: la prima riferita al cosiddetto modello organizzativo, di matrice comunitaria – in house providing – e la seconda per gli obiettivi, volti a reperire risorse aggiuntive, creare ricchezza e attuare una gestione razionale degli assets delle Forze Armate. La giornata conclusiva del corso ha visto il completamento delle tematiche trattate con due autorevoli interventi relativi al marketing profit privato. Il primo, del dott. Pier Paolo Mancuso, Ufficiale della Riserva Selezionata, direttivo nei quadri della Zètema Progetto Cultura S.r.l., società partecipata al 100% dal comune di Roma il cui core business è la gestione di attività, servizi culturali e turistici, il quale ha approfondito l’approc-

91


89 92_di girolamo 2017.qxp_Layout 1 08/09/17 10:11 Pagina 92

cio organizzativo dei grandi eventi della Capitale. Il secondo, del dott. Nicolò Dalla Valle, responsabile della pubblicità di MEDIAMOND (Gruppo Mondadori – Mediaset) che ha sviscerato tutti i settori della comunicazione audiovisiva, passando da quella radio/televisiva a quella prettamente visual della carta stampata, concludendo con le nuove forme di pubblicità legate sempre più all’utilizzo

92

massiccio dei social network. I relatori hanno riscosso il plauso unanime dei frequentatori che, grazie ai loro interventi, hanno potuto toccare con mano e comprendere la differenza tra la gestione di un’azienda profit e quella di un’Istituzione come l’Esercito, che, pur essendo di tipo no profit, deve racchiudere in sé tutte le logiche del marketing oriented atte ad aumentare il valore percepito del nostro brand. L’attenzione al posizionamento di quest’ultimo e al suo riconoscimento sociale sono i principali compiti istituzionali dell’Ufficio Marketing e Regolamenti che, attraverso la rinnovata immagine dell’Esercito legata al nuovo marchio, pianifica e coordina, in stretta sinergia con altre articolazioni dello Stato Maggiore dell’Esercito, una serie di attività e di grandi eventi che hanno come unico comune denominatore l’accrescimento della cultura identitaria degli appartenenti all’Esercito, la promozione dei suoi valori, della sua storia e delle sue tradizioni. Questo approccio legato a una sempre maggiore presenza di uomini e donne in uniforme sul territorio nazionale, grazie alla intrinseca capacità dual use dell’Esercito, permetterà ai nostri concittadini di imme-

Il Capo del V Reparto Affari Generali dello SME, Generale di Divisione Giuseppenicola Tota, con i frequentatori del 2° Corso in Comunicazione di Marketing

desimarsi in tutti coloro che quotidianamente aiutano il Paese per i più disparati motivi. Il nostro pay off “NOI CI SIAMO SEMPRE” racchiude l’idea dell’Esercito quale Istituzione al servizio dei cittadini all’estero così come in Italia, passando dall’emergenza migranti a quelle sismiche, climatiche e di sicurezza e controllo del territorio nelle principali città del nostro Paese. L’intensa settimana di corso, ricca di importanti nozioni di marketing e interessanti spunti di riflessione grazie ai numerosi interventi di docenti esterni, si è conclusa con l’intervento del Generale di Divisione Giuseppenicola Tota, Capo del V Reparto dello SME, che, nel salutare e ringraziare tutti i partecipanti, ha sottolineato l’importanza della diffusione dei principali temi trattati in un settore così strategico come quello della comunicazione istituzionale. *Tenente Colonnello Rivista Militare


93 99_montuoro 2017allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:18 Pagina 93

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

POLITECNICO DI TORINO

'

rUNIVERSITA AL SERVIZIO DELLA DIFESA ma del Corso di Laurea in Scienze Strategiche. Inoltre tutti gli Ufficiali del Corpo degli Ingegneri conseguono la Laurea Magistrale presso il Politecnico di Torino. Ma la collaborazione con le Forze armate non si esaurisce nell'ambito della formazione tradizionale : insieme condividiamo Master professionali e progetti di ricerca congiunti, in un rapporto di collaborazione che sta evolvendo verso una piena partnership". Quanto è importante il fatto che la formazione dei militala collaborazione tra il Politecnico di Torino e l'Esercito Italiano ha radici profondissime. In pratica si potrebbe affermare che la sua esperienza nasca dall'antica scuola di artiglieria dell'Esercito di fine '700. E oggi la collaborazione continua a partire dalla formazione dei militari in Ateneo anche e soprattutto nell'ambito delle nuove tecnologie. Vi sono vari progetti in essere e in studio, tra cui corsi e master, ma anche la riqualificazione di alcuni immobili militari dismessi. Ce li illustra il professor Marco Gilli, Magnifico Rettore del Politecnico di Torino. Come e quando è nata la collaborazione con l'Esercito Italiano? "Direi da sempre. La Regia Scuola di Applicazione per gli Ingegneri, da cui ha tratto origine il Politecnico di Torino, nasce dall'esperienza delle Scuole militari di Artiglieria e Genio . Un legame che si esprime significativamente guardando alla figura del più grande matematico piemontese e forse italiano, Giuseppe Ludovico Lagrangia (noto altrimenti come Joseph-Louis Lagrange), che fondò l'Accademia delle Scienze di Torino e del quale abbiamo da poco celebrato il centenario della morte, avvenuta nel 1813. Lagrange all'età di appena diciannove anni fu nominato dal Re Carlo Emanuele 111, "Maestro di matematica" nelle Regie Scuole di Teoria di Artiglieria, e avvalendosi dell'esperienza maturata a Torino nel 1794 fu tra i fondatori dell'Ecole Polytechnique (che ancora oggi è una Scuola militare, che dipende dal Ministero della Difesa Francese) sul cui modello si sono formate tutte le Scuole Tecniche sorte nella metà del XIX secolo. Solidi fondamenti scientifici e nelle discipline di Ingegneria sono poi stati per molti anni alla base della formazione degli Ufficiali dell'Esercito, presso la Scuola di Applicazione di Torino, soprattutto nelle Armi del Genio, dell'Artiglieria e delle Trasmissioni".

ri passi dall'Università? "Nei prossimi anni ci attende una rivoluzione tecnologica, che avrà un grande impatto sociale, culturale ed economico. Tecnologie emergenti come l'intelligenza artificiale, la robotica avanzata, la navigazione autonoma, il Big Data e l'Internet of Things, con la connessione di svariati miliardi di oggetti fisici, trasformeranno profondamente la nostra società, il mondo del lavoro e sicuramente anche la realtà della Difesa. In futuro sarà sempre più importante assicurare agli Ufficiali un 'adeguata e approfondita conoscenza delle Tecnologie, con un approccio trasversale che sappia contemperare saggiamente discipline ingegneristiche, scienze strategiche, umane, sociali ed economiche. Magari recuperando un po' la tradizione scientifica della regia Accademia Militare di Torino, dove peraltro si sono formati illustri statisti, con grande apertura mentale e visione strategica, primo tra tutti Camilllo Benso, Conte di Cavour". Può darci un cenno al recente accordo sulla riqualificazione di alcuni immobili e, se vi saranno, agli altri progetti per il futuro? "Un ambito di grande interesse per i Territori e per l'intero Paese è quello della valorizzazione degli immobili militari dismessi . Abbiamo recentemente siglato un accordo di collaborazione con il Ministero della Difesa, l'Agenzia del Demanio, la Provincia autonoma di Bolzano e l'Università di Bolzano che riguarda formazione, ricerca e iniziative finalizzate alla riqualificazione del parco infrastrutturale in uso alla Difesa e degli immobili non più utili ai fini istituzionali, presenti nel territorio della Provincia Autonoma di Bolzano . Sarà prevalentemente coinvolta la nostra Scuola di Architettura, che si avvarrà di un team interdisciplinare di ricercatori e studenti, con competenze che spazieranno

Quali sono le fasi di tale collaborazione oggi? "Oggi con- dal Restauro alla Storia, dalle Infrastrutture alle Tecnologie tenuti tecnologici e ingegneristici fanno parte del program- dell'Informazione".


93 99_montuoro 2017allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:18 Pagina 94

LA TUTELA DEL PATRIMONIO ARTISTICO-CULTURALE NELLE OPERAZIONI DI STABILIZZAZIONE di Umberto Montuoro*

94

Rivista Militare


93 99_montuoro 2017allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:18 Pagina 95

LA PROPOSTA ITALIANA PER I “CASCHI BLU” DELLA CULTURA La stipula, nel febbraio 2016, del Memorandum of Understanding (MoU), accordo bilaterale ItaliaUNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), relativo alla costituzione di una Task Force di Caschi Blu specializzati nella tutela del patrimonio culturale durante e dopo i conflitti armati, segna, nell’odierno scenario di devastazioni sistematiche e intenzionali, uno straordinario avanzamento nella predisposizione di concreti presidi operativi d’intervento. In questa prospettiva, sono attualmente in corso di definizione i compiti e la struttura della stessa Task Force. La latitudine della riflessione istituzionale e dei negoziati bilaterali si allarga alle prospettive e opportunità che tale importante e innovativo strumento può offrire alla Comunità Internazionale. Il nostro Paese rappresenta un partner privilegiato dell’UNESCO, in questo specifico campo, grazie all’incomparabile patrimonio di esperienze accumulato nel tempo sul piano della conservazione, della progettazione del restauro, del contrasto del traffico internazionale di oggetti d’arte, della custodia e garanzia dei beni culturali. L’Italia,

settembre 2017

dunque, è naturale depositaria di un vasto spettro di conoscenze specialistiche di settore e riconosciuto riferimento della collettività internazionale nel campo della difesa e tutela del patrimonio culturale. Il secondo comma dell’art. 7 della “Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato”, del 1954, recita: “Le Alte Parti contraenti si impegnano a predisporre o costituire, sin dal tempo di pace, nell’ambito delle proprie Forze Armate, servizi o personale spe-

Sopra Il Monastero di Decane in Kosovo vigilato da bersaglieri italiani nel 2003 A sinistra Il sito archeologico di Palmira, dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO, devastato dagli uomini di Daesh, è stato liberato dalle truppe russe e siriane e ancora oggi sottoposto a vigilanza dall’Esercito siriano Sotto Il vice segretario generale per le operazioni, Mr. John Manza, visita il Monastero di Visoki (KOSOVO), accompagnato da COMKFOR, Gen. D. Giovanni Fungo

95


93 99_montuoro 2017allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:18 Pagina 96

Sopra Sito archeologico di Palmira, la distruzione del Tempio di Baalshamin ad opera dei miliziani dell’ISIS A destra Sito archeologico di Palmira, il tempio di Bel prima e dopo la distruzione

cializzati, aventi il compito di assicurare il rispetto dei beni culturali e di collaborare con le autorità civili incaricate della loro salvaguardia”. Esso costituisce la chiave di volta e la prima base normativa della proposta italiana volta alla formazione di unità specializzate di Caschi Blu preposti alla garanzia del patrimonio culturale durante e dopo i conflitti armati. La scelta delle soluzioni presentate sul tavolo negoziale, relative alle modalità procedurali di impiego, di costituzione dei contingenti/squadre o alla designazione di singoli consiglieri, allo status, all’estrazione e formazione professionale del personale, nonché, in particolare, ai meccanismi di interoperabilità e di inserimento nei contingenti multinazionali e nel loro ciclo di pianificazione operativa, determineranno l’efficacia o meno di questo futuro nuovo dispositivo operativo. Il progetto di risoluzione che l’Italia ha presentato al Consiglio esecutivo dell’UNESCO, sotto il tema di di96

scussione dedicato alla rilevanza della cultura nelle aree di conflitto e al connesso ruolo e responsabilità della citata organizzazione, ha riscosso subito l’apprezzamento delle autorità preposte, di fronte al primo concreto atto di promozione di un nuovo strumento giuridico diretto a

un effettivo contrasto alla distruzione intenzionale del patrimonio artistico iracheno e siriano. In merito alla costituzione dei contingenti di Caschi Blu della cultura, gli orientamenti iniziali sono volti a prevedere delle Task Force in grado di fornire assetti specialistici di nicRivista Militare


93 99_montuoro 2017allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:18 Pagina 97

Blindato russo in pattugliamento nell’area archeologica di Palmira

chia composti da esperti, studiosi, archeologi e forze militari in grado di proteggere i siti monumentali e di contrastare il traffico illecito di beni mobili saccheggiati. L’azione dei Caschi Blu dovrebbe svilupparsi in maniera modulare in relazione alla tipologia di intervento di garanzia da realizzare: interventi di natura militare, mediante l’impiego di forze da prevedere all’interno dei contingenti multinazionali di pace, e interventi di “ricognizione” (ter-

mine inteso in una accezione atecnica), volti alla verifica dello stato di conservazione dei beni e di catalogazione e inventario degli stessi, infine, l’attività di ricovero e restauro ove le condizioni di sicurezza e la situazione ambientale lo permettano. In conclusione, la proposta si sviluppa sulla previsione della costituzione e impiego di Task Force specializzate nella complessa opera di garanzia, protezione e salvaguardia di aree culturali, anche sottomarine.

Attività di sminamento nell’area archeologica di Palmira

In merito all’inserimento di aliquote di Caschi Blu a fianco o nei contingenti multinazionali in operazioni di peacekeeping, quindi, durante lo svolgimento di conflitti armati, a mio avviso, è necessario fare riferimento all’odierna dottrina relativa alla condotta delle operazioni. La pianificazione operativa rappresenta un insieme complesso di procedure scandite da una intensa modularità e segmentazione temporale, di impiego delle risorse umane e materiali, di fattori condizionanti, di scopi e obiettivi diversificati per livello politico, strategico e operativo. UN TRINOMIO DA CONSOLIDARE: CONSIGLIO DI SICUREZZA, SEGRETARIATO DELLE NAZIONI UNITE E UNESCO “A breve combatteremo nell’Europa continentale battaglie destinate a salvaguardare la nostra civiltà. Inevitabilmente, nel corso della nostra avanzata incontreremo monumenti storici e centri culturali che simboleggiano agli occhi del mondo quel che noi stiamo preservando con le armi.


93 99_montuoro 2017allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:18 Pagina 98

È responsabilità di ogni Comandante proteggere e rispettare questi simboli ovunque possibile” (1). La prospettiva d’azione per i Comandanti nel dispiegamento delle forze sul campo e nel concepimento delle operazioni di terra, a fronte delle devastazioni perpetrate in modo sistematico dal terrorismo internazionale non solo nel Medio Oriente, si è completamente ribaltata rispetto alla Seconda guerra mondiale. Emerge un ulteriore dovere procedurale nel disegnare la mappa delle operazioni. In precedenza, gli obblighi esistenti durante la condotta delle attività operative si limitavano, in estrema sintesi, ad evitare danni ai beni culturali che si trovavano in zona di combattimento. Oggi, invece, appare opportuno censire i siti monumentali e di interesse artistico che insistono nell’area di operazioni, al fine di porli sotto la tutela delle forze militari con mandato ONU. Ciò al fine di impedire ai terroristi di distruggerli, di commercializzarne i frammenti per autofinanziarsi, anche solo minacciando tale eventualità come potente deterrente. 98

I nuovi scenari offerti dalla distruzione intenzionale dei beni monumentali implicano un rapporto sinergico tra obiettivi, competenze e attività espresse dal Department of Peacekeeping Operations (DPKO) e dall’UNESCO. A titolo esemplificativo, la risoluzione 2100 del 2013, relativa alla Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali (MINUSMA), rappresenta un paradigma avanzato (attuale e sperimentato con discreto successo) di condivisione degli obiettivi di protezione, individuati dal Consiglio di Sicurezza, dal Segretariato delle Nazioni Unite e dalla stessa UNESCO. La salvaguardia dei beni culturali deve essere uno specifico task nel complesso processo di individuazione delle Forze dal quale scaturisce l’entità e la composizione del contingente multinazionale delle Nazioni Unite. In altre parole, quell’”abbraccio” che nell’ambito delle operazioni militari viene riservato alla protezione delle popolazioni civili deve essere esteso anche ai siti storici per una tutela più efficace, già du-

rante i conflitti armati. Per inciso, appare strumentale evidenziare a chiare lettere che, dopo la liberazione delle aree in precedenza ostaggio della violenza armata del terrorismo, si può unicamente constatare l’avvenuta realizzazione di molti danni premeditati. Oggi, emerge un obbligo di protezione ulteriore e diverso, rispetto alle pur articolate previsioni convenzionali vigenti, da inscrivere espressamente nel mandato conferito dalle Nazioni Unite ai contingenti militari inviati in missione. L’obiettivo aggiunto è salvaguardare dalla distruzione intenzionale i beni culturali presenti nei territori feriti dalla violenza armata posta in essere da una parte combattente. Beni che costituiscono irrinunciabili declinazioni immobili e mobili, materiali e immateriali del patrimonio dell’umanità, certamente, non appartenenti o facenti capo solo alla identità o alla memoria storica di quei gruppi in armi attualmente stanziati in quelle aree. Questo orizzonte concettuale di distruzione intenzionale e sistematica Rivista Militare


93 99_montuoro 2017allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:19 Pagina 99

A sinistra Palmira, l’arco di trionfo com’era prima della distruzione perpetrata dai miliziani dell’ISIS. A destra L’area archeologica di Palmira liberata, sottoposta a vigilanza dall’Esercito siriano

delle consistenze storiche e artistiche, presenti nella sfera territoriale sottoposta al dominio effettuale di un gruppo armato di insorti, non poteva che essere del tutto assente nella esperienza dei negoziatori dei testi convenzionali anche più recenti, compreso il II Protocollo, firmato a l’Aja nel 1999 (2). L’altissima soglia di violenza armata nella conduzione delle operazioni di conquista e difesa dei territori, da parte dei combattenti dell’ISIS, non lascia alternativa sulle misure di contrasto del fenomeno adottabili dalle forze in intervento di protezione della popolazione civile. Solo un uso intenso della forza da parte di grandi e articolati assetti interforze può opporsi a una simile violenza bellica, realizzata senza il rispetto di alcuna regola del diritto internazionale. Analogamente, la pianificazione delle operazioni di terra e di aria a garanzia dei siti storici (e delle persone che vi abitano) deve essere strutturata e adeguata, sul piano militare, per quanto attiene anche ai mezzi in dotazione. Successivamente, una volta assicurata la sopravvivenza dei siti monumentali e ripristinata una minima cornice di sicurezza, potranno e dovranno entrare in azione le Task Force specializzate, con il loro ampio, efficace e insostituibile spettro di competenze specialistiche e capacità di nicchia. FUTURE INTESE TECNICHE DEL MEMORANDUM BILATERALE ITALIA-UNESCO L’Italia, che vanta a ragione un’immensa esperienza nel campo della tutela, del restauro, della conservazione dei beni culturali e del contrasto al traffico illecito internazionale di beni mobili, ha ottenuto un importante riconoscimento sul piano internazionale con la stipula del Memorandum bilaterale con l’UNESCO, accordo internazionale di evidente valore programmatico, oltre che giuridico. settembre 2017

Infatti, a fronte dell’asciutto articolato redatto dai negoziatori, saranno le future intese tecniche discendenti dal MoU a configurare gli strumenti internazionali di intervento in Teatro Operativo. Il Consiglio Esecutivo dell’UNESCO, in conformità a quanto statuito nella risoluzione 38 C/48, naturalmente valuterà le proposte presentate da parte italiana, sulla base della validità e percorribilità negoziale delle soluzioni tecniche individuate, con particolare riferimento anche alle composite dinamiche interne alle Nazioni Unite. Sul piano dei negoziati bilaterali Italia-UNESCO, anche le positive esperienze maturate invece, in sede universale nella precitata missione in Mali, potrebbero assumere un carattere sintomatico e di orientamento procedurale. In tal senso, infine, si evidenzia la necessità dell’inserimento della “tutela dei beni culturali” nell’ambito del “Processo di Pianificazione Operativa”, elaborato in Teatro a cura dei Comandi interforze multinazionali. Dimensione tecnica di notevole importanza volta a fugare il rischio che la tutela dei beni culturali risulti “ancillare” rispetto al cuore della missione. In conclusione, si può anche ag-

giungere che l’esperienza maturata dall’Esercito nei vari Teatri Operativi (per esempio: Kosovo, Libano) può costituire “Lessons Learned” per individuare anche il contributo che l’Esercito potrà fornire per la costituzione dei Caschi Blu della cultura. *Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare NOTE (1) Disposizione emanata dal Generale D.D. Eisenhower il 26 maggio 1944. (2) Leanza U., Caracciolo I., “Il secondo Protocollo aggiuntivo del 1999: la protezione rafforzata”, in Il diritto internazionale: diritto per gli Stati e diritto per gli individui, Parti speciali, Giappichelli editore, Torino, 2010, p. 324 e ss..

BIBLIOGRAFIA Report of the UN Secretary-General, Mission Concept, CONOPS, Integrated Strategic Framework, Result-Based Budgeting, RoE (Military) and DUF (Police). Leanza U., Caracciolo I., Il diritto internazionale: diritto per gli Stati e diritto per gli individui, Parti speciali, Giappichelli editore, Torino, 2010.

99


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 100

L’ARCHIVIO DEL GENIO MILITARE DI PALERMO

ESEMPI DI ARCHEOLOGIA BELLICA SICILIANA I CASI PALERMITANI di Stefano Lo Piccolo* e Patrizia Lo Sardo**

L

a fortificazione alla moderna (o all’italiana) è un tipo di fortificazione che venne elaborata, a partire dal XV secolo, per ovviare al problema posto dallo sviluppo dell’artiglieria. Fino a quel momento l’efficacia delle fortificazioni era legata soprattutto alla loro altezza, limitata solo dai costi e dalle possibilità strutturali: più una muraglia era alta più difficile sarebbe stato scalarla e migliore sarebbe stato il dominio visuale della zona circostante. Le azioni difensive più efficaci attuate dalla sommità di tali mura, denominate “difesa piombante”, erano costituite principalmente dal getto dall’alto di oggetti offendenti e liqui-

100

di bollenti. Le tecniche di assedio prevedevano invece la scalata o comunque il raggiungimento della sommità delle mura. L’artiglieria del XV secolo rivoluzionò tale situazione. Nonostante la polvere da sparo e l’artiglieria fossero state inventate da tempo, solo lo sviluppo di artiglierie portatili poteva mettere in discussione le tradizionali fortificazioni basate sulla difesa piombante. Per ovviare alla novità tecnologica delle artiglierie, si

iniziarono a seguire due diverse pratiche, che nel corso del tempo si influenzarono a vicenda: da una parte, l’adattamento delle esistenti murature – abbassamento e ispessimento delle muraglie e sostituzione delle torri a pianta quadrata o

Rivista Militare


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 101

con spigoli facilmente danneggiabili con torri rotonde – dall’altra, l’elaborazione di modelli di fortificazioni completamente nuovi, a partire non più dalle condizioni del terreno e dalle necessità interne del luogo da fortificare, ma dalle linee di tiro e dai principi di copertura. Inizialmente si adattarono le vecchie fortificazioni, ammodernando le cinte urbane. Fu però presto evidente che il continuo progresso tecnico delle artiglierie richiedeva un totale ripensamento del tracciato delle mura. Subito emersero personalità di rilievo che cominciarono a teorizzare e costruire nuovi tipi di fortificazione; spiccano sia come costruttori sia come sperimentatori, intorno agli anni ottanta del XV secolo, i fratelli Sangallo, che idearono il bastione pentagonale, e Francesco Di Giorgio Martini che è spesso considerato il vero padre della fortificazione alla moderna, soprattutto grazie alla sua attività di trattatista. Le principali preoccupazioni degli architetti di quegli anni erano rivolte alla protezione delle cortine edilizie fra torre e torre o fra bastione e bastione, principale bersaglio delle artiglierie d’assedio che potevano facilmente battere in breccia, cioè

smantellare e rendere possibile un attacco di fanterie contro un semplice muro dritto, non importa quanto robusto. Una volta praticato un varco, il passo successivo era di sferrare un attacco di fanteria per introdursi nella città. Per controbattere questa tattica si sperimentò il cosiddetto “fuoco di rovescio”: una struttura sporgente appositamente irrobustita e provvista di postazioni d’artiglieria che poteva colpire le fanterie che cercassero alla disperata di lanciarsi d’assalto della breccia. A sua volta però quest’opera era sempre più esposta al tiro delle artiglierie nemiche la sua protezione poteva essere affidata a pochi cannoni di piccolo calibro, mentre l’attenzione di cannonieri e fortificatori si rivolgeva ai bastioni. Mentre le forme teorizzate da Francesco Di Giorgio Martini e dai suoi seguaci non rispondevano più all’esigenza di evitare gli angoli morti, dove il tiro dei difensori non poteva giungere, i fratelli Antonio e Giuliano Sangallo riuscirono a concretizzare i loro progetti in una serie di opere rilevanti per omogeneità e coerenza: la fondamentale innovazione non riguardava tanto la pianta, quanto il profilo del sistema. Muratura in mattoni, più economici e facili da usare

rispetto alla pietra, ma anche più elastici per meglio resistere all’artiglieria; “cuciture” verticali realizzate in pietra per decorare e irrigidire le lunghe cortine in laterizio; bastioni pentagonali bassi e spesso con gli spigoli arrotondati per evitare di essere scantonati o indeboliti facilmente, sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano l’architettura militare realizzata dai Sangallo e che perdurò per diversi secoli. A tutto ciò fece seguito la trasformazione dell’architettura militare (offensiva e difensiva) in una vera e propria branca della geometria. Tenuto conto che le piante disegnate dovevano essere trasferite sul terreno con la massima esattezza, gli architetti idearono complessi sistemi di tracciamento e ingrandimento dei disegni. A cavallo fra il XV e il XVI secolo, la nuova tipologia di difesa si diffonde sia in Europa che in tutta Italia: ognuna delle numerose entità politiche in cui l’Italia è suddivisa sviluppa un sistema di fortificazione e spesso un proprio gruppo di ingegneri militari. Le innovazioni tecniche furono imitate e perfezionate da una serie di architetti militari che daranno vita alle due mag-

Avamposto con riservetta lungo la costa a Cinisi (PA)

settembre 2017

101


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 102

giori scuole nordeuropee, che rapidamente eclisseranno la fama degli italiani, la scuola fiamminga e quella francese che raggiungerà il suo apice alla corte di Luigi XIV di Francia. Dato il carattere principalmente pianeggiante delle regioni contese, i tracciati simmetrici avranno presto il sopravvento su quelli che seguono le asperità del suolo, forzosamente preferiti sull’accidentato suolo della penisola.

102

IL SISTEMA DI DIFESA IN SICILIA In Sicilia, proprio per il fatto di essere un’isola e quindi in una situazione di isolamento, soprattutto se in stato di guerra, due sono le necessità: da un lato la difesa del proprio territorio, dall’altro la lotta alla sopravvivenza. Un sistema di controllo diventa di vitale importanza per la difesa dell’intera isola. Inoltre per la sua posizione geo-

grafica e strategica al centro del Mediterraneo, la Sicilia è stata sempre una terra molto ambita, teatro di battaglie navali e terrestri. L’esigenza di un sistema di sorveglianza costiera, secondo una concezione moderna, si rese necessaria maggiormente nel momento in cui iniziarono a imperversare nei mari siciliani navi di corsari che rapidamente saccheggiavano le coste e l’immediato entroterra.

Rivista Militare


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 103

Sopra Postazione sul litorale di Carini (PA) a struttura circolare e copertura a calotta A sinistra in alto Postazione mimetizzata e inglobata nel costone roccioso nel territorio di Cinisi (PA) A sinistra in basso Postazione con ambiente di riposo raggiungibile attraverso una scalinata scavata nella scogliera posta tra i territori di Terrasini e Trappeto (PA)

Da qui la necessità della Deputazione del Regno di Sicilia di munire i litorali di torri di guardia, in grado di poter comunicare vicendevolmente attraverso segnali luminosi o sonori. Fra il XVI e il XVII secolo in Sicilia si mise in atto un radicale rinnovamento territoriale: il viaggio di Carlo V nel 1535 rappresentò l’inizio del processo di rifondazione dell’intera isola, settembre 2017

innescando un graduale ma inesorabile cambiamento nel ruolo dei Viceré che d’ora in poi saranno sempre più coinvolti nelle operazioni del ridisegno urbano e nei nuovi programmi edilizi destinati alla città. Le preoccupazioni della corona spagnola sembravano esclusivamente rivolte al problema della difesa del territorio siciliano, in particolar modo delle città costiere. Per quanto concerne la città di Palermo, la constatazione delle carenze difensive del territorio spinse il Viceré Ferrante Gonzaga ad affidare all’ingegnere bergamasco Antonio Ferramolino, grande esperto della materia, uno studio per le difese “della felice città di Palermo” e la redazione di un programma complessivo di intervento. L’architetto fiorentino Camillo Camilliani nel XVI secolo fece una descrizione dell’isola e dell’ubicazione di queste costruzioni di architettura mi-

litare nella sua opera “Descrizione della Sicilia”. Egli stesso ne fu progettista e ricevette l’incarico da parte del Parlamento Siciliano nel 1583. Le torri d’avvistamento, dal punto di vista geometrico, si sviluppavano lungo l’asse tridimensionale dell’altezza che risulta decisamente maggiore rispetto alla base. Quelle a base circolare erano staticamente più affidabili, ma non tanto facili da costruire, dato che i conci di pietra dovevano essere tagliati con facce interne inclinate. Esistono sia torri costiere sia torri edificate nell’entroterra, quest’ultime in taluni casi realizzate dai proprietari dei fondi agricoli, che nel tempo sono diventate parte integrante della struttura urbana moderna. Si costruirono edifici difensivi ancora durante il XIX secolo per le invasioni delle Armate napoleoniche. Nei secoli successi non vennero più 103


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 104

costruiti edifici di architettura militare. Solo con l’avvento delle guerre mondiali si intraprese la costruzione dei bunker e delle casematte. LE ULTIME COSTRUZIONI MILITARI DEL XX SECOLO Dal 1930 e sino alla fine della Seconda guerra mondiale fu prodotta dal Ministero della Guerra una cospicua serie di importanti circolari contenenti direttive, indicazioni pratiche e progetti sulla difesa costiera, difesa delle coste siciliane e fortificazione delle frontiere marittime. Nel 1941 l’isola presentava numerosi litorali praticamente indifesi e quindi ideali allo sbarco: i bunker erano pochi, spesso privi di armi e camuffamenti, assolutamente insufficienti i reticolati di filo spinato, le zone minate e gli ostacoli anticarro disposti in riva al mare. In questi anni il Generale Mario Roatta attuò un vero e proprio sistema di provvedimenti allo scopo di potenziare la difesa delle frontiere: si ebbe la necessità di provvedere alla costruzione di un sistema di difesa costiera con la realizzazione di diverse tipologie di strutture fortificate allo scopo di impedire o contrastare eventuali sbarchi nemici. Per l’occasione furono istituite delle Divisioni costiere con reparti che avevano il compito di costituire dei posti di osservazione, nuclei fissi e mobili e posti di blocco costieri. Seguendo i dettami di Hitler, l’Organizzazione Todt (impresa di costruzioni che operò nel periodo nazista) concepì la fortificazione

104

Regelbau. Il concetto di Regelbau era semplice: si trattava di attribuire una numerazione standard a ogni tipologia di bunker, ciascuna con un compito specifico. Questa gestione così ordinata permise all’Organizzazione Todt di fortificare in tempi rapidi ogni zona da difendere in relazione alle condizioni locali, strategiche, tattiche e geografiche. I bunker vennero suddivisi in categorie, denominate serie. La serie 100 fu introdotta dopo il 1939 e comprendeva tutti i modelli definiti sino a quel momento. La serie 200 consisteva principalmente in tre differenti tipologie: postazioni Flak, postazioni per la direzione di tiro e postazioni per cannoni. Nel 1943 venne introdotta la serie 300 in cui si definirono nuovi criteri per i Flak Bunker. Seguirono a breve distanza la serie 400 e 500 che si basavano su costruzioni dalla ridotta corazzatura per risparmiare sui costi. La serie 600 entrò in servizio a partire dal 1942 e divenne la categoria di riferimento per tutte le linee difensive tedesche. Nel 1944 il catalogo dei Regelbuaten era formato da circa 700 tipi di bunker differenti. In Italia la Todt realizzò principalmente tre tipologie di Regelbauten: il Ringstand, ideata nel 1942, venne ampiamente apprezzata sia per la sua economicità sia per la sua efficacia. Antesignana della postazione fortificata, nel 1943 vennero pubblicate le linee guida per la sua costruzione:

è una fortificazione di tipo permanente in cui, accanto alla postazione di fuoco, devono essere realizzati uno o più rifugi sotterranei per il ricovero dei serventi e delle munizioni; offrono protezioni da colpi di piccoli calibri e dalle schegge, devono essere realizzati in cemento armato e ricoperti da una grande massa di terra, soffitto, pareti e pavimenti devono rispettare uno spessore di 0,40 m di cemento armato. La caratteristica specifica dei Ringstand è il fatto di essere completamenti interrati e di lasciare alla vista solo l’anello superiore formato dal restringimento a imbuto capovolto verso la superficie del soffitto. Sulle linee difensive italiane l’Organizzazione Todt realizzò principalmente Ringstand per la difesa ravvicinata, l’osservazione e l’illuminazione per la contraerea e per la postazione di mortai. LA RETE DI DIFESA DELLA GRANDE GUERRA NEL TERRITORIO PALERMITANO Nelle zone passibili di sbarchi nemici, la fortificazione costiera siciliana e in particolare quella palermitana, fu organizzata con la dislocazione delle strutture difensive sui rilievi attorno alle città, spesso abilmente mascherati alla vista, di-

Rivista Militare


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 105

sposti a caposaldo e in punti di fondamentale importanza quali strade, spiagge, torrenti ecc. allo scopo di proteggerne gli accessi e fornire reciproca assistenza di attacco e protezione al fuoco. Il Genio Militare settore infrastrutture di Palermo, conserva una restituzione grafica, georeferenziata e non datata delle strutture maggiormente rappresentative e diffuse sul territorio siciliano. I progetti presenti in archivio ci danno informazioni circa le dimensioni e l’uso degli avamposti realizzati e permettono di individuare la tipologia più ricorrente anche in rapporto alla campagna sopralluoghi effettuata. Troviamo una ricca casistica di strutture, dalle più semplici a quelle più articolate, suddivise in funzione del carico, piccolo (p.c.) e medio (m.c.) da assorbire, per esempio: postazione per mitragliatrice con ricovero in calcestruzzo e riservetta in roccia, gruppo di cinque postazioni per mitragliatrice in calcestruzzo collegate da camminamenti in roccia; postazione a due piani per pezzo anticarro e mitragliatrice in calcestruzzo; postazione per mitra-

gliatrice in calcestruzzo sia alla prova dei m.c. sia dei p.c., postazione con riservetta per mitragliatrice in calcestruzzo alla prova dei p.c., postazione per mitragliatrice tipo serbatoio d’acqua; postazione per pezzo anticarro mascherato a casetta; osservatorio per artiglieria con ricovero; postazione binata per pezzo anticarro e mitragliatrice in calcestruzzo con camminamento in roccia, postazione per pezzo anticarro in calcestruzzo, postazione anticarro circolare in calcestruzzo, postazione per una mitragliatrice in muratura di pietrame e copertura in calcestruzzo antischegge, postazione interrata per mitragliatrice, gruppo di quattro opere in calcestruzzo collegate da camminamenti. Dal censimento attualmente effettuato nella sola provincia di Palermo si contano circa 2.075 postazioni suddivise nel seguente modo: A1, postazione per una mitragliatrice scavo in roccia; A2, postazione per una mitragliatrice in scavo in roccia; A3, postazione per una mitragliatrice in muratura e pietrame; A6, postazione per una

mitragliatrice in calcestruzzo; L3, ricovero in muratura e pietrame; B1, postazione per un pezzo controcarri (c/c) in calcestruzzo; B6, postazione per un pezzo c/c in muratura, pietrame e calcestruzzo; A+B2, postazione per una mitragliatrice e per un pezzo c/c in scavo in roccia; C2, postazione per due mitragliatrici in scavo in roccia; C5, postazione per due mitragliatrici in roccia rivestita di calcestruzzo; F6, postazione per un pezzo c/c e una mitragliatrice in muratura, pietrame e calcestruzzo; H1, postazione con riservata 1 pezzo c/c in calcestruzzo; H4, postazione con riservetta 1 pezzo c/c roccia e calcestruzzo; I1, postazione a due elevazioni con riservetta per un pezzo c/c in calcestruzzo; J1, batteria da costa in calcestruzzo; O1, sbarramento stradale in calcestruzzo; T1, batteria 4 bocche da fuoco (b.d.f.) in calcestruzzo; T3, batteria 4 b.d.f. in muratura e pietrame; V1, batteria artiglieria controaerei (c/a) 4 pezzi in calcestruzzo; V6, batteria artiglieria (c/a) 4 pezzi in muratura, pietrame e calcestruzzo. Il sistema difensivo dell’area palermitana da Balestrate a Pollina, alla luce delle opere rimaste, è riferibile essenzialmente a due tipologie: postazione pluriarma e postazione circolare monoarma. Nel dettaglio la struttu-

Sistema a più postazioni e struttura di ricovero nel territorio di Bagheria (PA)

settembre 2017

105


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 106

ra è una robusta casamatta in calcestruzzo, dello spessore di 60 centimetri, resistente ai tiri di piccolo e medio calibro. La camera di combattimento, generalmente con pianta circolare (di diametro pari a 3,20 metri) o rettangolare (di dimensioni pari a 4,10 e 2,70 metri) e copertura sempre a calotta antischeggia, con uno spessore di 30 centimetri e una luce libera all’interno della postazione di 2 metri, presenta un piccolo vano d’ingresso interrato o in superficie in cui sono presenti feritoie multiple dotate di strombature (da un minimo di 3 fino a un massimo di 8). Queste postazioni, disposte singolarmente o a gruppi spesso delle stesse dimensioni, possiedono diversi tipi di ingressi: quelli delle postazioni a gruppo spesso sono comunicanti tra di loro con tunnel sotterranei e, inoltre, possono contenere anche dei piccoli ambienti sempre sotterranei per l’alloggiamento di qualche militare o per deposito di armi e munizioni. I sopralluoghi hanno dimostrato la varietà e l’unicità dei singoli apprestamenti militari: in alcuni casi si è di fronte ad una complessa articola106

zione degli spazi e dei volumi (suddivisi su 2 o 3 elevazioni) e in altri casi alla cura del dettaglio, specialmente quando si tratta di bunker mascherato. LA STRATEGIA DEL MASCHERAMENTO Il mascheramento di un’opera era il tocco finale dell’artista: rendere invisibile e far credere roccia, terra o baita una struttura pronta a bloccare con il fuoco delle armi un nemico invasore. “La fortificazione, oltre che scienza, è arte e il mascheramento è il suo importante completamento. Esso costituisce la veste architettonica delle opere di ingegneria militare e deve quindi essere curato e studiato come nelle costruzioni civili si cura la parte architettonica”. Terminato il blocco in cemento con il tetto a forma di calotta veniva effettuata la rettifica del perimetro con murature per dare alla costruzione la forma di parallelepipedo. Il tocco finale per trasformare l’opera militare in una casa rustica era dato dai piccoli accorgimenti, quali cumuli di pietra rotta posizionata

Sopra Casamatta a protezione della strada e della linea ferrata. Esempio di mascheramento con tetto scoperchiato e tracce di muratura diruta a Trappeto (PA) A destra Postazione a protezione del litorale a Trappeto (PA). Demolita per motivi di sicurezza febbraio 2017

sulle coperture, con materiali appoggiati alle murature, mangiatoie, coloriture delle pareti intonata all’ambiente con macchie, screpolature e affumicamenti. Nel 1935 la direzione del Genio creò una squadra di esperti, denominata Nucleo Mascheratori, con il compito specifico di curare la mimetizzazione delle opere di difesa. Compito del mascheratore durante le varie fasi di costruzione delle fortificazioni erano l’esame in sede di progetto dei provvedimenti da attuarsi per il mascheramento delle opere, le precauzioni per evitare che i lavori di difesa potessero essere visti durante l’esecuzione, il riposizionamento dello strato terroso o roccioso esterno rimosso all’inizio dei lavori e il ricorso alla costruRivista Militare


100 107_losardo lopiccolo 2017 allungato.qxp_Layout 1 30/08/17 15:20 Pagina 107

zione di rocce artificiali riproducendo quelle naturali esistenti nelle vicinanze. Anche la cura della vegetazione circostante era studiata (un allegato della Circolare n. 800 del Comando del Corpo di Stato Maggiore contenente le disposizioni tecniche di costruzione delle opere fortificate approfondiva il concetto di mascheramento dell’opera). Ad esempio, nel territorio di Carini, in prossimità del centro abitato, una postazione è camuffata in abside di un luogo di culto e presenta decorazioni a stucco e tre strombature, a Montelepre in un piccolo castello con merlature di coronamento; mentre a Bagheria si trasforma in una piccola palazzina a ridosso della strada provinciale, a Trappeto e Balestrate diventa una casa diruta, a Cinisi e Caccamo sono parte integrante del contesto ambientale. CONCLUSIONI La maggior parte delle postazioni militari si sono conservate integre sino alla fine della Seconda guerra mondiale (17 agosto 1943) alcune non avendo subito di fatto alcun atsettembre 2017

tacco diretto e tante non essendo state utilizzate. L’Agenzia del Demanio, in cooperazione con il Ministero della Difesa e con gli altri Enti territoriali interessati, promuove in concessione, allo scopo di valorizzarli e sottrarli al degrado, una rete di immobili pubblici di pregio: fari, ville, palazzi, castelli, archeologie industriali, architetture militari e civili, beni di proprietà dello Stato situati in contesti di assoluta bellezza e carichi di suggestione, che possono essere recuperati e riutilizzati anche a fini turistico-ricettivi. Progetto pioniere è stato quello riguardante i Fari inseriti nel circuito di “Valore Paese”. Esso mira alla valorizzazione di questi beni partendo da un’idea imprenditoriale innovativa e sostenibile a livello ambientale, come avviene già in Europa, negli Stati Uniti, in Canada e in Australia. Questi Paesi già da tempo hanno sperimentato il modello del lighthouse accommodation: una formula turistica in chiave “green” a sostegno della conoscenza, dello sviluppo e della salvaguardia del territorio. Il recupero del patrimonio pubblico dismesso su cui si fonda il proget-

to è inteso in una prospettiva di partenariato pubblico-privato non più semplicemente come costo, ma come significativa leva di sviluppo dei territori e di rilancio del sistema economico. Nel caso specifico, i bunker oltre a essere valorizzati con il progetto proposto dall’Agenzia del Demanio, potrebbero essere inseriti in percorsi tematici ora diretti, cioè legati ai sistemi di difesa dislocati nel territorio, ora traversali, cioè ricadenti lungo i sentieri escursionistici di parchi e riserve naturalistiche nazionali. *Sottotenente di Vascello **Ingegnere, Architetto BIBLIOGRAFIA Boglione M., L’Italia murata, Blu Edizioni, Torino, 2012. Albergoni A., Guida alle Postazioni militari e Batterie Antiaeree nel territorio di Palermo (1940-1943), Officina Trinacria Edizioni, Palermo, 2010. Tadini G., Ferramolino da Bergamo. L’ingegnere militare che nel ‘500 fortificò la Sicilia, Poligrafiche Bolis, Bergamo, 1977.

107


108 112_recen 1 2 2017 bis.qxp_Layout 1 08/09/17 10:25 Pagina 108

B ROGI

Paolo Brogi, Impiccateli! Le storie eroiche di Cesare Battisti e Nazario Sauro a cento anni dalla morte, Imprimatur, Reggio Emilia, 2016 pp. 172, euro 15,00 Il 1916 fu l’anno della Strafexpedition, la spedizione punitiva austriaca nei confronti dell’Italia. Nello stesso anno, a un mese di distanza, l’uno dall’altro, furono giustiziati Cesare Battisti e Nazario Sauro, due irredentisti, forse i più noti, che alla causa italiana dedicarono, fino all’estremo sacrificio, la loro breve vita. Il racconto delle loro imprese è racchiuso in queste pagine scritte dal giornalista Paolo Brogi. Cesare Battisti nacque a Trento il 4 febbraio 1875. Ultimato il liceo a Trento, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Graz, in Austria. Scrisse su vari giornali, fino ad arrivare alla direzione del nuovo quotidiano socialista “Il Popolo”. Nel 1911 Battisti venne eletto al Parlamento austriaco ma proprio in quegli anni maturò la decisione di andare via dall’Austria che non ha mai considerato come Patria. Nel giugno del 1914 scrisse: « la patria in Austria non esiste. L’Austria è una bolgia infernale, nella quale le patrie si accavallano l’una sopra l’altra.[…] » L’8 agosto 1914 Battisti si rivolse al Re d’Italia per chiedere di entrare in guerra contro l’Austria, ufficializzando, in questo modo, la sua posizione irredentista. Quattro giorni dopo lasciò l’Austria per recarsi in Italia. Il 29 maggio 1915 Cesare Battisti si arruolò come volontario nel 5° Reggimento Alpini di stanza a Milano e fu nominato sottotenente. Nel corso di una operazione

108

n,ill militare contro gli austriaci fu fatto prigioniero, condannato per alto tradimento e giustiziato il 10 agosto 1916 mediante capestro. Nazario Sauro nacque a Capodistria il 20 settembre 1880. Dopo i primi insuccessi scolastici, a quindici anni, cominciò il suo addestramento alla vita di mare, lavorando sulle imbarcazioni del padre. Il 30 dicembre 1904 si diplomò all’istituto nautico di Trieste e iniziò a lavorare per la società armatrice Lloyd Adriatico. Decise poi di lavorare per conto del padre e ottenne il comando del piroscafo San Giusto. In quegli anni si avvicinò ai circoli irredentisti. Il 21 maggio 1915 Nazario Sauro si arruolò nella Regia Marina con il grado di Tenente di Vascello di complemento. Il 30 luglio 1916, nel corso di una operazione militare con un sommergibile, venne fatto prigioniero dagli austriaci e il 10 agosto fu condannato per alto tradimento e giustiziato per capestro. Toccò quindi la stessa sorte ai due irredentisti, accomunati da un forte sentimento patriottico per l’Italia, nati in un territorio appartenente all’Austria che non avevano mai sentito come loro patria.

Gianlorenzo Capano

Antonio Fruttu, Francesco Fruttu Lettere dall’Africa 1935-1946 - Campagna d’Etiopia, colonia, guerra e prigionia attraverso le lettere alla famiglia di un giovane ufficiale sardo riordinate dal figlio settant’anni dopo, Gutenberg Edizioni, Fisciano (SA), 2016, pp. 280, euro 18,00

Antonio Fruttu consegna ai lettori questo frammento di vita (dal 1936 al ’46) del padre Francesco e della generazione cui apparteneva, quella che fu chiamata “dalla Patria a portare la civiltà nel Continente nero”, secondo la retorica del tempo. Il Sottotenente del genio Francesco Fruttu, dunque, a 24 anni parte per l’Etiopia per progettare ponti, strade, aeroporti, inquadrato nella Divisione Sabauda, e per dodici anni mantiene una costante relazione epistolare con i genitori. A loro comunica i suoi stati d’animo, sempre accompagnati da un convinto entusiasmo per l’impresa coloniale, che non decade nemmeno quando viene fatto prigioniero dagli inglesi. Anche durante i sei anni passati dietro il filo spinato, infatti, Francesco cerca di tenere, censura permettendo, informati i genitori, comunque addolcendo la sua condizione e sollecitandoli a “prendersi cura della salute e a non privarsi di buon cibo per tenergli da parte i soldi che gli invia”. Qui una nota patetica va forse sottolineata perché Francesco non sa cosa intanto sta accadendo in Patria ai “civili”. Il tono delle lettere di Francesco cambia però inesorabilmente dopo l’8 settembre: delusione e smarrimento degli ideali si insinuano in lui man mano che prende coscienza della tragedia che incombe sulla Patria. Il volume che Antonio Fruttu ha realizzato è anche il coronamento delle intenzioni del padre, che aveva già raccolto il materiale necessario alla pubblicazione di un “diario africano” prima che la morte, avvenuta del ’79, gli impedisse di portare a termine il progetto. È intervenuto allora il figlio Antonio con questo volume in cui le lettere sono corredate da alcuni documenti che fanno luce sugli eventi che in contemporanea accadono in Italia e alla famiglia. Si possono così ripercorrere alcuni anni di storia, dalle operazioni militari per la conquista dell’Etiopia all’insediamento della colonia italiana. Al di là del valore storico e delle vicende umane in esso narrate, il libro si fa apprezzare perché richiama all’attenzione del lettore una pratica antica ormai spazzata via dalla tecnologia: la scrittura di lettere (“cara mamma”, “caro amico”, “caro”...), magari firmandosi con teneri nomignoli, come “Cicittu”. Rivista Militare


108 112_recen 1 2 2017 bis.qxp_Layout 1 08/09/17 10:25 Pagina 109

ANDREA A CON GASTONE DORNO BRECCIA

llii 1:°Ci LE MISSIONI, LE BATTAGLIE .., DI UN EROE ITAL1~!~0RMAZIONE

Andrea Adorno con Gastone Breccia, Nome in Codice: ARES - Le missioni, le battaglie, la formazione di un eroe italiano, Mondadori, Milano, 2017, pp. 167, euro 18,00

La letteratura militare degli ultimi anni ha raccontato principalmente le avventure eccezionali di militari, nella maggior parte dei casi ex appartenenti alle forze speciali, che, una volta congedati, hanno narrato le loro missioni portate a termine in contesti operativi particolari. Non aspettatevi nulla di ciò dalla lettura di questo libro. Nome in codice: ARES non è il racconto nudo e crudo di un’operazione militare e non è nemmeno la storia romanzata di un “super uomo” che percorre chilometri e chilometri nella giungla o nel deserto per affrontare “preponderan-

ti forze nemiche” in uno scontro a fuoco dall’esito scontato. Questo libro racconta la storia di un ragazzo normale che, arruolatosi nell’Esercito, cresce come professionista militare e come Uomo. È il racconto ordinario di un militare che ha scelto, coscientemente, di seguire un percorso professionale non comune, costellato di sacrifici e rinunce. Lontanissimo dalla retorica in cui rischiano di cadere questo genere di storie, in quella del Sergente Adorno non si raccontano solo i fatti ma anche le tante emozioni che accompagnano le sue esperienze lavorative e professionali. Prime fra tutte l’entusiasmo, la paura e il coraggio che riportano alla mente il memoir, ossia il racconto delle proprie “memorie emotive”, narrazione delle emozioni e delle sensazioni vissute in determinati momenti della vita. Si capisce chiaramente che il giovane Adorno, la recluta diciottenne, in caserma si trova subito immerso nell’ambiente che aveva sempre desiderato, dove trova una famiglia, quella militare, che, in parte, sostituisce quella d’origine. Con questo entusiasmo, con questa baldanza giovanile, affronta un lungo periodo di addestramento e crescita professionale che lo porterà dal Reggimento Addestramento Volontari alla Task Force 45, i reparti speciali italiani in Afghanistan. Il filo narrativo che cuce i diversi momenti della storia è sì quello del militare professionista, del ranger del 4º Reggimento Alpini

Paracadutisti “Monte Cervino” addestrato a operare nei diversi ambienti operativi, ma è soprattutto quello del giovane, del compagno, del padre, dell’uomo. A raccontare la sua storia non è solo il Sergente Adorno (Medaglia d’Oro al Valor Militare, promosso per meriti eccezionali) ma anche il professore Gastone Breccia, autore di altri volumi di successo che interpreta le paure, i dubbi e le insicurezze di tutti quei militari che si sono trovati a vivere situazioni operative particolarmente pericolose. È sicuramente un libro che rifugge dallo stereotipo del militare innamorato del rischio, della “testa di cuoio” che si sente al sicuro quando fischiano i proiettili. È lo stesso autore che ci spiega che essere coraggiosi non significa non avere paura. Chi non ha paura non è coraggioso! È solo incosciente e anche irresponsabile perché le proprie azioni sono dettate dall’istinto e non dal dovere e dal senso di responsabilità. La storia di Andrea Adorno non finisce qui. Quella raccontata, invece, ha il suo epilogo nella mattina del 4 novembre 2014 al Vittoriano quando il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito all’allora Caporal Maggiore Capo Adorno la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Ma questa è un’altra storia. Ancora tutta da scrivere. Per il momento non si può che essere orgogliosi di quella già scritta. Buona lettura. Mai strac!

tutti i mesi in edicola dal 1993 L’immagine d’epoca, sempre puntuale e di elevata qualità, è una delle caratteristiche salienti di questo mensile che si avvale della collaborazione dei più affermati specialisti nei vari settori storico-militari.

Fondata da Erminio Bagnasco e diretta da Maurizio Brescia

68 pagine - € 7,00 • www.edizionistoriamilitare.it Per sottoscrivere l’abbonamento a “STORIA militare” è necessario effettuare un bonifico di Euro 77,00 sul c/c intestato EDIZIONI STORIA MILITARE Srl presso Banca Passadore, Sede di Genova, IBAN: IT 80I 03332 01400 000000947741, inviando copia della ricevuta alla seguente e-mail: abbonamenti@edizionistoriamilitare.it

settembre 2017

109


108 112_recen 1 2 2017 bis.qxp_Layout 1 08/09/17 13:51 Pagina 110

'' ',]I Ili

])I

P I RI I I Ol'ltk,\110' \l I I \I \'\Il \k[O t IH l lO'\H 1111 \k\ l \ 11 (

Il

J , 11

I

ld1(,r1<,1oln, \ rnhtrt,,\1,n1uoro, ~nlro 1/lr ~/ud, pala n,J~,a

Conflitti armati interni e regionalizzazione delle guerre civili a

cura di

Ida Caracciolo e Umberto Montuoro

La collana è curata da Ida Caracciolo, professoressa ordinaria di diritto internazionale nel Dipartimento di Scienze Politiche “Jean Monnet” della Seconda Università di Napoli, e dal Tenente Colonnello dell’Aeronautica Militare Umberto Montuoro, Consigliere giuridico e Capo Sezione Studi del Dipartimento di diritto internazionale umanitario e delle operazioni militari presso il CASD.

G. Giappichelli Editore - Torino

Ida Caracciolo e Umberto Montuoro, Conflitti armati interni e regionalizzazione delle guerre civili, G. Giappichelli Editore, Torino, 2016, pp. 152, euro 18,00 Il 19 febbraio del 2015 a Roma, presso il Centro Alti Studi per la Difesa (CASD) si è tenuto il Convegno su: “Conflitti armati interni e regionalizzazione delle guerre civili”. Questo volume, primo di una collana promossa dal CASD e dedicata agli studi sul diritto internazionale umanitario e sul diritto dei conflitti armati, raccoglie gli interventi sul tema della giornata di studio che si propone come un momento di riflessione sulle nuove modalità che le guerre contemporanee hanno assunto e sui conseguenti problemi giuridici che ne derivano. Gli scenari di riferimento sono quelli attuali: dalla c.d. guerra globale contro il terrorismo ai conflitti regionali come la guerra in Siria e in Iraq; i soggetti giuridici considerati sono certamente gli Stati ma anche tutti gli altri stakeholders (entità statuali e non) che di fatto prendono parte ai conflitti definiti classicamente interni o internazionali e a quelli che non sono più tipicamente interni ma che, pur coinvolgendo in vari modi Stati terzi, non possono essere definiti come internazionali. Il filo conduttore di tutti gli interventi riportati resta quello della tutela della popolazione civile e dell’individuazione delle responsabilità penali internazionali di tutti coloro che, nei vari scenari di conflitto considerati, hanno violato le norme del diritto internazionale umanitario e, ancor di più, i diritti umani. 110

Matteo Bressan, Stefano Felician Beccari, Alessandro Politi e Domitilla Savignoni, (a cura di), Eurasia e jihadismo, Guerre ibride sulla Nuova Via della Seta, Carocci editore, Roma, 2016, pp. 192, euro 18,00 Il volume “Eurasia e jihadismo – Guerre ibride lungo la nuova Via della Seta” si presenta per il panorama editoriale italiano come una novità assoluta in termini di metodologia di ricerca e contenuti. Il libro, con una introduzione dell’ex-Ministro degli Esteri Franco Frattini, ingloba uno sforzo di analisi multidisciplinare di ben quindici tra ricercatori, analisti strategici, economisti, giornalisti e militari coordinati da Matteo Bressan, Stefano Felician Beccari, Alessandro Politi e Domitilla Savignoni. Lo spazio geopolitico dell’Eurasia – concetto caro ai lettori del Nodo di Gordio – è il pivot attorno al quale sono state ipotizzate e scritte migliaia di pagine sulla valenza globale del Rimland marittimo e dell’Heartland terrestre. Oggi tuttavia il dato fondamentale di interesse strategico – a prescindere dal quadro teorico ed accademico – è l’enorme flusso di interessi economici e l’addensarsi di linee di frattura geopolitiche che da

Shanghai raggiungono Rotterdam attraverso la rinascente “nuova Via della Seta” lanciata dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 sotto il nome di “One Belt, One Road”. Un progetto economico e politico (Alberto Negri del Sole 24 Ore) di durata decennale i cui effetti sulla libertà di movimento delle merci lungo l’asse est-ovest potranno mutare la distribuzione della ricchezza globale e, non dimentichiamolo, del benessere europeo ed italiano (Romeo Orlandi). Intorno a questa nascente rete infrastrutturale di matrice cinese tuttavia si addensano minacce endogene (Zhou Qi) ed esogene le cui radici affondano spesso nella storia, ma la cui drammaticità è cronaca di tutti i giorni: le atrocità dell’Isis in Siria, Libia e nella vecchia Europa sono solo alcuni esempi (Matteo Bressan). Il volume affronta, grazie alla condivisione di esperienze tra gli autori, quali siano le cause degli attentati che negli ultimi anni hanno colpito il continente euroasiatico soffermandosi non solo sul fenomeno jihadista ma anche sulle rivendicazioni dell’etnia iugura nello stato dello Xinjiang in Cina (Alessandra Cappelletti e Elenoire Laudieri di Biase); le tensioni nell’Asia Pacifica (Stefano Felician Beccari) l’alto rischio terroristico nell’area che va dall’AFPAK fino al Caucaso, in cui i fenomeni sintetizzati da Claudio Bertolotti, Valery Mikhaylenko e Ekaterina Mikhaylenko rischiano di minare l’anello centrale della Via della Seta. Il fenomeno del terrorismo viene anche affrontato dal punto di vista della comunicazione mediatica da Domitilla Savignoni (inviata del Tg5) nelle sue componenti essenziali, ma anche nelle possibili misure di difesa da parte del mondo Occidentale. Chiude il volume un saggio del Professor Alessandro Politi, direttore della Nato Defence College Foundation, che delinea la vera opportunità per noi mediterranei: “Poichè le paci costano meno delle guerre, ma comunque hanno bisogno di essere finanziate per funzionare almeno nella fase di transizione, la Nuova Via della Seta potrà generare quelle ricchezze in grado di alimentare, insieme ad altri contributi internazionali, la ricostruzione della pace tra Israele, Palestina e SYRAQ”. Un tema che da solo vale la lettura di questo libro ricco di domande, ma anche di riflessioni e proposte positive per il futuro. Matteo Bressan Rivista Militare


108 112_recen 1 2 2017 bis.qxp_Layout 1 08/09/17 10:25 Pagina 111

FIOCCHI SMALL ARMS AMMUNITION


108 112_recen 1 2 2017 bis.qxp_Layout 1 08/09/17 10:25 Pagina 112

OC)o.

..----:::>-:>

·- n--Lb-=-

çif1()44a@!(

~,cy>-..

-..~

~~

obbvie missione

territorio


•RivistaMilitare_1_Cop_42.5x21.qxp_Layout 1 08/09/17 07:37 Pagina 2

: / • .._

r..__..-.,

t?/ _........ ~

", '

-.

La gamma lveco DV di veicoli multiruolo, autocarri tattici e logistici e veicoli blindati da combattimento copre la totalità dei requisiti militari e rappresenta una risposta globale ed efficace alle esigenze delle missioni fuori area. Tali requisiti cambiano continuamente in funzione dell'evolversi delle minacce e del contesto operativo. L'individuazione in una fase iniziale di questi fat-

lveco Defence Vehicles 1-39100 Bolzano - via Volta, 6 +390471905111 - dvdbzcom@cnhind.com

tori fa parte dell'impegno dell'azienda nei confront i del cliente. L'Ufficio Progettazione genera un flusso continuo di miglioramenti in termini di carico utile, di mobilità e di capacità di protezione e l'intera gamma dei prodotti è sottoposta a un continuo processo di sviluppo. Ove necessario, sono sviluppate famiglie complete di nuovi veicoli.

IVECO DEFENCE VEHICLES


PERIODICO DELL’ESERCITO FONDATO NEL 1856

•RivistaMilitare_1_Cop_42.5x21.qxp_Layout 1 08/09/17 07:37 Pagina 1

BEVANDE A CONSUMO LIBERO E A COSTO FISSO PER LE VOSTRE MENSE Acqua microfiltrata naturale e gassata

I

Bibite e Bevande naturali in vari format:

.,/ SLOW BEVERAGE senza coloranti e con materie prime dalle regioni italiane Aranciata Siracusa

Gazzosa Taormina

Mela Trentino

Cedrata Calabria

.,/ TUTTOFRUTTA bevande naturali a base di frutta Arancio biondo

ACE

Mirtillo rosso

Pompelmo

Pera

Pesca

Ananas

.,/ BEVI LIGHT a ridotto contenuto calorico e senza aspartame Cola Zero

Cola Light

Aranciata Light

Aranciata Zero

Tè Light

Gassosa Light

ACE Light

.,/ BEVI SANO con Aloe vera e Stevia rebaudiana (dolcificante naturale) Mela

Mirtillo

Tè Verde

Agrumi

.,/ BEVI EQUO bevande con materie prime equo-solidali certificate Fairtrade® Equo Cola

Equo Gassosa

Equo Bitter

Equo Chinotto

Equo Tè al Limone

Equo Tè alla Pesca

Rivista Militare

Chinotto Liguria

.,/ LIBERI DI BERE format base con bibite e bevande naturali Cola & Cola

Green Cola con Stevia

Cola Light

Aranciata

Gassosa

Tè al Limone

Tè alla Pesca

1-3/2017

Servizio realizzato sulla base delle specifiche tecniche dei C.A.M. - Criteri Ambientali Minimi della Ristorazione


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.